La follia più sublime di Me91 (/viewuser.php?uid=25338)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Questa storia si è
classificata al Primo
posto nel contest "Schizofrenici a piacimento"
di miseichan,
di cui vi lascio il link: Schizofrenici
a piacimento
Spero che vi piaccia, buona lettura! :)
La
follia più sublime
Capitolo
1
Il
sole splende in quel limpido cielo primaverile.
Il
vento, dolce e delicato, sospinge in aria petali
rosa, rossi e gialli; si tengono per mano in un girotondo danzante.
E
i suoi folti capelli riccioluti ruotano e ballano
al vento, mentre il suo sguardo azzurro si perde intanto verso il mare.
Com’è
bello il mare... l’acqua calma, appena
increspata, accarezza la spiaggia candida, con
un’amorevolezza simile a quella
di un padre con la sua bambina tra le braccia.
Il
ragazzo è incantato da tanta bellezza e tutto ciò
non fa altro che incrementare il suo dolore, la sua malinconia
così imprecisa,
indefinita, che infine lo spinge a decidersi e alzarsi lentamente in
piedi.
Chissà
come sarà morire in una così bella giornata...
Pensa
semplicemente, sospirando.
Oscilla
un attimo, ritrovandosi poco stabile sulle
tegole rosse del tetto, poi abbassa gli occhi, solo un secondo, giusto
per
osservare il giardino situato tre piani sotto di lui; li rialza subito
dopo,
attratto e incantato da quello stormo di uccelli che è
appena giunto per
danzare con i petali e le nuvole.
Fa
vagare la mente, trovandosi a seguire quella
danza con loro, leggero, spensierato; allunga lentamente una gamba,
lasciando
il piede sospeso nel vuoto, e chiude gli occhi, con un’aria
pacata in viso,
pronto a portare in avanti il peso per poi lasciarsi cadere nel vuoto
e, forse,
arrivare a volare davvero.
«Ehi!
Ehi! Aspetta!»
Barcollando,
sorpreso, si sbilancia indietro e
finisce seduto sulle tegole con un tonfo, per poi sporgersi dal tetto
per
guardare giù.
Là
sotto c’è una ragazza. È stata lei ad
urlare di
fermarsi e ora sta agitando le braccia, saltellando sul posto.
«Ma
che fai? Sei impazzito?» esclama, allarmata
«Dai, vieni giù da lì!»
Il
ragazzo sbatte più volte le palpebre, confuso.
La
giovane ha dei capelli rossicci, scuri, e una
pelle chiara e lievemente puntellata di lentiggini, per quanto riesce a
scorgere da lassù. Indossa un vestitino leggero, blu, che
mette in risalto la
sua bella chioma. Lei è bella. E lui, nonostante non
l’abbia mai vista prima,
si sente come attratto; si sente quasi al sicuro.
È
questa strana sensazione che lo convince.
«Ar...
arrivo» balbetta, grattandosi un attimo il
capo.
Mentre
inizia a gattonare fino la piccola finestra
posta tra le tegole, scorge con la coda dell’occhio la
ragazza portarsi una
mano sul petto per trarre un sospiro, rassicurata.
«Che
ti è saltato in testa?!» proferisce lei,
avanzando verso il ragazzo appena uscito in giardino «Volevi
davvero buttarti?»
Lui
si ferma e lancia uno sguardo in alto, verso il
tetto.
«Io...
io credo di sì» commenta, un po’
stordito,
tornando lentamente a guardare lei.
La
ragazza scuote il capo, dicendo:
«Fortuna
che passavo da queste parti e ti ho visto!
Ma perché lo volevi fare, eh?»
Il
ragazzo rimane un istante in silenzio, poi
risponde sinceramente:
«Non
lo so»
La
giovane storce le labbra, squadrandolo da capo a
piedi.
«Certo
che sei un tipo strano, tu...» in quel
momento allunga una mano verso di lui per presentarsi «Beh,
comunque sia, la
tua salvatrice si chiama Marie. Molto piacere»
Lui
rimane un attimo spiazzato, poi va a stringerle
la mano, dicendo:
«Io
sono Louis»
La
ragazza rimane come pensierosa.
«Louis...»
mormora, quasi sorpresa, però poi si
riprende subito:
«È
un bel nome»
«Grazie»
arrossisce il giovane.
Marie
gli sorride.
«Dovresti
usare un po’ più la testa, Louis»
commenta, portandosi le mani ai fianchi «Sarebbe un peccato
che un bel ragazzo
come te morisse in questo modo orribile»
Louis
si sente arrossire ancor di più.
«Me
lo ricorderò...»
Lei
sospira e dice:
«Adesso
devo andare...» fa un paio di passi
indietro, indicando con il capo il cancello aperto del giardino.
Lui
annuisce in silenzio.
Marie
gli fa un cenno con la mano e si volta.
«Marie...»
la chiama, colto da uno strano impulso.
Lei
gira il capo per guardarlo.
«Vorrei
rivederti» ammette spontaneamente, mettendo
da parte la timidezza.
Marie
rimane sorpresa, con le labbra lievemente
dischiuse. Si ritrova a fare cenno di sì con la testa, e
mormora:
«Volentieri...»
«Allora
a presto?» fa lui, speranzoso.
Lei
gli concede un altro piccolo sorriso.
«A
presto».
E
se ne va.
Mentre
scompare dietro l’angolo, Louis è attratto da
un guizzo nero, simile ad una coda sottile di un gatto, che segue la
ragazza.
Non
vi dà peso e rientra in casa.
Giunto
in camera, Louis va a sedersi alla scrivania
accanto la finestra, mentre alle sue spalle si sentono un gemito
assonnato e un
fruscio di coperte.
Il
ragazzo alza gli occhi verso lo specchio ovale
posto di fronte a lui, proprio all’altezza del suo viso, e
sospira, rivolto
all’altro:
«Alla
buon’ora, André»
Dallo
specchio vede André tirarsi su a sedere sul
letto, sbadigliare e stiracchiarsi per bene.
«Ma
che ore sono?» borbotta il ragazzo, passandosi
stancamente una mano tra i capelli scuri e ricci.
Louis
storce le labbra e risponde:
«Le
undici»
«Che
cosa?!» esclama André, scansando di colpo le
coperte e iniziando a frugare tra un mucchio di vestiti posati su una
sedia «E
perché diavolo non mi hai svegliato prima?! Tra poco torna
mamma e se mi trova
ancora così mi romperà le palle tutto il giorno!
Se questa sera non mi fa
uscire ti uccido, Louis!»
Louis
ha intanto puntato lo sguardo fuori e ha
appoggiato il mento al palmo di una mano, vagando tra i profili delle
case in
lontananza. Ignora completamente André, intento ad infilarsi
i pantaloni in
piedi, saltellante, con in bocca un calzino ed in mano
l’altro.
«Lo
sai che devi svegliarmi alla mattina, Louis!
Invece di pensare solo per te, dannazione!» sbotta ancora il
ragazzo,
infilandosi la maglia.
Non
ottenendo risposta, André si ferma e si volta a
guardare l’altro, sbottando:
«Ehi,
ma mi senti? Sto parlando con te!»
Louis
rimane un attimo senza dire niente, poi
mormora, pensieroso:
«Ci
ho provato di nuovo»
André
alza le sopracciglia.
«Hai
provato di nuovo a buttarti di sotto?!»
Louis
annuisce lentamente con il capo.
André
si fa duro.
«Louis,
guardarmi» gli ordina.
Questi
sospira brevemente poi volta lo sguardo verso
lo specchio, in cui si riflette la sua immagine e quella di
André, dai suoi
stessi capelli ricci, gli stessi occhi azzurri e gli stessi tratti del
viso.
Però, al contrario di lui, André è
serio, forse arrabbiato. Anzi, sicuramente
arrabbiato.
«Louis,
dannazione, ne abbiamo parlato fino alla
nausea» esordisce il suo gemello, stringendo i pugni con
rabbia «Devi piantarla
con queste tue manie suicida, hai capito? Smettila di fare
l’idiota»
«André,
tu non capisci...»
«Infatti!
Non capisco che diamine ti passa in testa
ogni volta!» esclama, esasperato «Mi dici che ne
sarà di me se tu ti
ammazzassi? Me lo dici?»
Louis
storce le labbra, a disagio.
«Promettimi
che non lo farai più» dice André
seriamente.
Dopo
un attimo di esitazione, il fratello annuisce
con il capo, lentamente.
«Voglio
che tu lo dica ad alta voce» insiste André,
senza distogliere lo sguardo.
«Te
lo prometto» cede Louis, affondando poi il volto
tra le mani e chiudendo stancamente gli occhi.
«Bene»
sentenzia il gemello, finendo di vestirsi,
poi esce dalla stanza senza aggiungere altro.
«Sono
a casa!» annuncia la donna, chiudendosi la
porta alle spalle e iniziando a slacciarsi il cappotto.
Un
grugnito di risposta giunge dalla cucina a fianco
l’entrata.
La
donna sospira, posa il cappotto all’attaccapanni
e si avvia in cucina, dirigendo lo sguardo al riccioluto ragazzo
intento a
mangiare voracemente un pacco di patatine su una sedia di fronte la tv.
«André?»
fa lei, storcendo mestamente le labbra.
«E
chi altri?» sbotta lui, senza nemmeno staccare
gli occhi dallo schermo su cui scorrono le immagini caotiche di una
partita di
basket.
Sua
madre scuote un istante il capo e si avvicina ai
fornelli, iniziando a tirare fuori pentole e padelle.
«Ti
passerà l’appetito se ti abbuffi in quel
modo»
commenta senza enfasi, dando le spalle al ragazzo mentre si mette a
preparare
il pranzo.
«Lo
dici tu»
risponde seccamente André, finendo in quel
momento il sacchetto,
arrotolandolo e lanciandolo sul tavolo distrattamente.
«Louis
dov’è?» chiede a quel punto la donna
affettando una zucchina.
«Boh,
in camera» André alza le spalle, noncurante.
In
quel momento la sua squadra riesce ad ottenere il
canestro vincente; il ragazzo balza in piedi con un urlo euforico.
«Verrà
a pranzo?» lo interroga ancora la madre,
ignorando i festeggiamenti del figlio.
«E
che cazzo so! Tra l’altro non m’importa»
esclama
André, improvvisando un balletto per celebrare quella
vittoria.
Sua
madre gli lancia uno sguardo pensieroso e decide
di non aggiungere altro.
«Sta
sera la festa sarà una bomba!» André si
lascia
cadere supino sul letto, portandosi poi le mani dietro la testa e
fissando il
soffitto.
«Ci
saranno tutti i miei amici: non posso mancare!»
aggiunge, annuendo convinto con il capo.
Louis,
rannicchiato sul suo letto, evita di voltarsi
verso il fratello, preferendo continuare a fissare il muro accanto a
sé.
«Dov’è
che la fanno?» mormora senza entusiasmo, seguendo
con lo sguardo una piccola crepa sulla parete.
«Al
paese vicino, ovviamente» André gli lancia uno
sguardo «È lì che stanno i miei amici,
mica sono come te che preferisci
accontentarti di quelle mezze seghe che abbiamo qua»
«Guarda
che non sono così male» sospira Louis
«Non
capisco che cosa ti hanno fatto»
«Sono
degli stupidi secchioni, ecco cosa!» taglia
corto il gemello, voltandosi dalla parte apposta all’altro,
abbracciando il
cuscino e mettendosi a dormire.
Louis
allora si mette seduto sul letto, cingendosi
le gambe con le braccia.
Il
volto di Marie torna dolcemente a irradiare la
sua mente.
Ha una voglia matta di
rivederla!
Continua...
Ringrazio in anticipo chi ha letto e vedrò di aggiornare al
più presto, in circa un paio di giorni.
Alla prossima! ;)
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Capitolo
2
«Che
cosa?!»
«Ho
detto di no» ribadisce la donna, seria ma
pacata.
André
va su tutte le furie.
«Non
capisco che cosa ti ho fatto per meritarmi
questo!»
«Niente,
non hai fatto niente» si passa una mano sul
volto stanco «È solo che preferisco che tu non
vada»
«Che
vuol dire “preferisco che tu non vada”?»
il
ragazzo stringe i pugni, irato «Perché ti devi
sempre immischiare nei fatti
miei, eh?!»
«Perché
sono tua madre» sta volta il tono si fa
davvero deciso «E ti proibisco di andare a quella
festa»
«Va
al diavolo!» esclama il giovane con un gesto
della mano, voltandosi di scatto e tornando in camera sua facendo
sbattere la
porta.
Lei
abbassa lo sguardo, fissando il pavimento con
gli occhi tremanti e un’ombra scura sul volto, poi si
allontana lentamente,
andando a preparare la cena.
Louis,
seduto alla scrivania e intento a leggere un
libro sotto la piccola abat jour, alza gli occhi verso lo specchio di
fronte a
lui, osservando il fratello dare prima un calcio alla sedia accanto il
letto,
per poi gettarsi sul materasso con il volto premuto sul cuscino.
«Qualcosa
non va?» chiede tranquillamente.
«Va
a quel paese, Louis» sbotta l’altro senza alzare
il volto dal cuscino.
Louis
sospira e torna a leggere, commentando:
«Lo
sai che odia i tuoi amici. Dovevi immaginarti
che ti avrebbe impedito di uscire»
«Ah,
grazie tanto per il conforto!» André si porta
il cuscino sopra il capo, chiudendo lì la questione.
Qualcuno
bussa alla porta.
«La
cena è pronta» annuncia una voce dolce.
«Grazie
mamma, ma proprio oggi non ho fame... vado a
dormire presto» risponde Louis, tornando a rivolgere lo
sguardo fuori dalla
finestra.
«Louis...
stai male per caso?» si preoccupa lei.
«No,
no... tutto a posto...» la rassicura, sperando
non chieda spiegazioni.
La
maniglia si abbassa un po’, mentre lei dice:
«Posso
vederti un attimo?»
«Non
provare ad entrare!» la minaccia André,
mettendosi seduto sul letto con un’aria irritata
«Non voglio proprio vedere la
tua faccia! Vattene!»
Si
sente chiaramente la donna trattenere il fiato e,
forse, le lacrime.
Louis
scuote il capo e, ad occhi chiusi, afferma
delicatamente:
«Sto
bene, mamma, davvero. A domani»
«Sì...»
mormora lei, per poi allontanarsi.
André
allora si alza di colpo, si porta davanti
all’altra finestra della stanza e la apre con un gesto secco.
Louis
torna a guardare il gemello allo specchio,
alzando un sopracciglio e chiedendo:
«Scappi
di nuovo?»
«Non
sono affari tuoi» allunga una mano e afferra un
ramo dell’albero che si trova al livello della finestra,
tirandosi su sul
davanzale.
«Quando
pensi di tornare?» insiste Louis.
«Quando
mi pare!» risponde seccamente André, per poi
balzare sull’albero e scendere a terra.
Corre
fino la vecchia decapottabile rossa di sua
madre e vi sale dentro, mettendo in moto con le chiavi che aveva preso
precedentemente in cucina, convinto di avere il permesso di andare alla
festa
con la macchina. Parte sulla stradina di terra con una piccola sgommata
a causa
delle ruote lisce, e si avvia al paese vicino, decidendo di andare
comunque a
quella festa.
«Che
palle!»
Con
un calcio, André colpisce la ruota della
macchina, per poi appoggiarsi di peso con la schiena contro lo
sportello.
«Perché
mamma non si ricorda mai di fare benzina?»
sospira, seccato, incrociando le braccia e lanciando uno sguardo alle
luci del
paese distante ancora qualche chilometro.
Gira
il capo dall’altra parte, scorgendo non molto
lontane le luci di casa sua; meno di mezzora a piedi.
Sospira
di nuovo, alzando il volto in alto per
osservare le stelle con una smorfia scocciata.
«Ciao
Louis»
André
volta il capo alla sua destra, attratto da
quella voce dolce e allegra.
La
luce argentea di quella luna luminosa gli
permettere di scorgere la figura di una ragazza, ad un paio di metri
dalla
macchina; porta uno scialle nero sulle spalle, ma sotto è
vestita con un abito
leggero, rosso cupo come i capelli, mossi e fluenti, che le ricadono
sulle
spalle. Gli occhi verdi risplendono, lucidi e belli, risaltando sul suo
viso
delicato e pallido.
Il
ragazzo storce un poco le labbra, pensieroso e
comunque ancora seccato, ma risponde con calma:
«Louis
è mio fratello. Io sono André»
«Oh,
ma siete identici!» si sorprende lei,
avvicinandosi e iniziando poi a curiosare dentro e intorno la macchina
«Comunque io sono Marie»
«Ah...»
si limita a dire l’altro, osservandola con
un’aria meditabonda.
«Ma
che fai?» chiede dopo un po’, tra il sorpreso e
l’infastidito.
Marie
si volta con un sorriso verso di lui,
rispondendo:
«Hai
davvero una bella macchina! Mi piacerebbe molto
farci un giro...»
«Con
questo catorcio?» sbuffa André, alzando le
spalle «Figurati, è a secco»
«E
allora come farai a tornare a casa?»
«È
qui a due passi...» dice lui noncurante, portandosi
le mani in tasca.
Marie
si appoggia alla macchina di fianco a lui,
chiedendo ancora:
«Dove
andavi di bello?»
«A
una festa» torna a corrucciarsi «Mia madre voleva
impedirmi di andarci... quella rompipalle!»
«Beh,
ad ogni modo ormai non puoi andare più da
nessuna parte...» le esce una piccola risata.
André
la guarda imbronciato.
«Non
hai niente di meglio da fare che scocciarmi?»
«Mah,
facevo solo una passeggiata...» fa spallucce,
tranquilla «Non ti preoccupare, me ne vado»
Si
raddrizza e fa un segno di saluto con la mano,
avviandosi poi per la strada, passando proprio davanti il ragazzo.
André
alza le sopracciglia, colto alla sprovvista e
allarmato allo stesso tempo: in qualche modo sente di non doverla
lasciarla
andare... si sente bene con lei.
«Aspetta»
Le
ha afferrato una mano delicatamente, fermandola.
Marie
si volta indietro, piacevolmente sorpresa.
«Possiamo
fare due chiacchiere... se ti va» aggiunge
lui un po’ impacciato.
Perché
quella ragazza gli crea così tanta
confusione?
Marie
gli sorride e ritorna indietro, tornando ad
appoggiarsi alla macchina di fianco al ragazzo.
Passa
diverso tempo; l’aria si fa pungente e André
posa il suo giubbetto sulle spalle della ragazza, che lo ringrazia con
uno
sguardo così acceso e brillante da far invidia alle stelle.
Si
ritrovano a parlare di tutto; della loro vita,
dei loro sogni.
Marie
è straordinaria. Così piena di energia,
così
intelligente, così... così perfetta, che
André non riesce a distogliere lo
sguardo da lei. Non si è mai sentito così bene
con nessuno e si sente sereno e
a suo agio. Riesce a confidarsi, a parlare della sua rabbia che si
porta dentro
dalla morte di suo padre, accaduta diversi anni prima. E si sorprende
nello
scoprire che parlarne con Marie è così facile,
così liberatorio. E allora continuano
a parlare e lei gli racconta di non aver mai conosciuto i suoi
genitori, di
aver sempre vissuto con i suoi nonni, ma comunque di essere felice.
È una
ragazza così solare che André decide di
divertirla, raccontandole buffe
storielle che girano per il paese vicino, oppure scherzando con lei,
solleticandola, rincorrendola, fino a rotolare insieme sul ciglio della
stradina sterrata, in mezzo all’erba.
Senza
smettere di ridere, Marie si mette seduta e dà
un’occhiata all’orologio. Lanciando un piccolo
fischio, esclama:
«Accidenti!
Sono quasi le tre del mattino!»
«Così
tardi?» si stupisce André, verificando a sua
volta «È vero!»
Marie
torna a guardarlo dolcemente, dicendo:
«Forse
dovrei rincasare...»
«Vuoi
che ti accompagni?» si propone subito lui
gentilmente.
Entrambi
si alzano in piedi e lei scuote il capo,
rassicurandolo:
«Abito
a cinque minuti da qui, non ti preoccupare»
Rimangono
ancora un attimo a guardarsi, poi lei gli
concede un altro piccolo e luminoso sorriso.
«Devo
andare...»
Fa
un paio di passi indietro, poi si gira
completamente e inizia a camminare per la strada.
André,
però, non riesce a trattenersi.
«Marie!»
la chiama, sporgendosi in avanti.
Lei
si ferma e si volta verso di lui.
«Resta
solo altri dieci minuti...»
La
ragazza dischiude un po’ le labbra, esitante;
vorrebbe, ma è tardi...
«Io...
io non credo che...»
«Concedimi
qualche minuto» André fa un altro passo
avanti, quasi supplicandola «Solo per un ballo»
«Un
ballo?» ripete lei, sorpresa.
«Non
ho mai ballato con una ragazza e... e mi piacerebbe
farlo con te» la sua voce è sincera.
Marie
abbassa un attimo lo sguardo, portandosi una
mano al petto; nemmeno lei ha mai ballato in vita sua e quella proposta
le
sembra così... così tremendamente bella.
«Non
credo di saper ballare...» dice a mo’ di scusa,
con un sorriso timido.
André
increspa le labbra, divertito.
«Nemmeno
io» ammette, sbuffando e trattenendo a
stento le risate.
Il
sorriso di Marie si allarga.
«Allora
va bene»
Mentre
lei si avvicina, André apre lo sportello
della macchina e si allunga per accendere l’autoradio.
«Vediamo
che cosa danno a quest’ora...» dice,
cercando una frequenza “pulita”.
Girando
fra le varie stazioni radio passa
distrattamente in una proprio nel momento in cui inizia una canzone che
fa
sussultare Marie.
«Aspetta,
torna indietro!»
Lui
gira la manovella, fermandosi al segnale della
ragazza.
«Adoro
questa canzone» fa lei, sorridente come
sempre «È un nuovo singolo!»
André
rimane un attimo in ascolto, poi alza le
spalle.
«Mai
sentita» afferra la mano di Marie, guardandola intensamente
mentre l’avvicina a
sé «Ma questo non importa»
...
You have stolen my heart *
André
va a cingere i fianchi della ragazza,
lentamente, delicato, tanto da farla appena sussultare; Marie allora
allunga le
braccia, per poi appoggiare la mani sulle spalle del ragazzo, senza
distogliere
lo sguardo dagli occhi di lui. Iniziano quindi a muoversi a piccoli
passi,
girando su se stessi e muovendosi un po’ lateralmente.
Invitation only, grant farewells
Crash the best one, of the best ones
Clear liquor and cloudy eyed, too early to say
goodnight
«È
una bella canzone» si ritrova a commentare André.
«Bellissima...»
mormora lei, con lo sguardo fisso sui
brillanti occhi del ragazzo.
Lui
avvicina impercettibilmente il viso a quello della
ragazza e sussurra spontaneamente:
«Tu
sei bellissima»
Il
suo volto pare illuminarsi al complimento.
«Anche
tu» risponde Marie, colta da un fremito.
André
va a posare dolcemente una mano sulla guancia di
lei, attratto dalle sue labbra rosse. Si avvicina ancora un
po’, socchiudendo
gli occhi; si avvicina ancora a quelle labbra irresistibili...
Marie
ha appoggiato due dita sulla bocca del ragazzo,
continuando a guardarlo intensamente.
«Devo
proprio andare»
André
rimane in silenzio, mentre lei si scioglie
dall’abbraccio delicatamente. Inizia ad arretrare,
guardandolo, e poi gli
promette:
«Ci
rivedremo presto»
Lui
si limita ad annuire con il capo, ancora intento a
contemplarla. Marie si volta e si allontana con calma per la strada,
mentre la
canzone va sfumando le ultime note alle sue spalle...
You have stolen my heart...
Continua...
Nel capitolo precedente mi ero scordata di aggiungere che gli elementi
che dovevo inserire erano:
Canzone:“Stolen”
dei Dashboard Confessional
Luogo: Biblioteca
Fiore: Girasole
Li
segnerò con un asterisco colorato.
Spero che il capitolo vi sia
piaciuto, ci sentiamo tra un paio di giorni! :)
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Capitolo
3
Il
sole torna di nuovo a splendere in quella bella
mattina calda. Un’aria piacevole fa ondeggiare le vaporose e
pallide tende
della grande finestra, donando alla sala circolare sfumature
d’oro e d’argento.
In
quella bella atmosfera e in quel silenzio pacifico,
contornato dai canti degli uccelli, Louis dà le spalle ai
vetri aperti, seduto
ad un lungo tavolo con un libro tra le mani.
La
bella biblioteca *
comunale è ancora vuota, avendo
aperto da appena mezzora, e permette a Louis di leggere in pace,
lontano dai
rumori del suo paesino che, seppur abbastanza tranquillo, è
sempre in pieno
fermento tra turisti e le varie attività agricole.
La
biblioteca si trova arrampicata in una torretta che
una volta era stata un faro; una vecchia ma solida costruzione,
ristrutturata e
composta da tre piani, ricchi di scaffalature con libri e lunghi
tavoli.
L’ultimo piano è il preferito di Louis,
perché maggiormente baciato dalla luce
del sole; per accedere ad ogni sala ci sono delle scale a chiocciola di
legno
massiccio, che lui di solito sale di corsa, eccitato all’idea
di giungere per
primo all’interno della bella biblioteca.
Eppure
quel giorno si sente a disagio.
Posa
improvvisamente il libro sul tavolo e si volta indietro
verso la finestra.
Rimane
lì immobile a fissarla.
Perché
quella sensazione di stretta allo stomaco? Che
cosa lo inquieta così tanto nell’osservare le
tende volteggiare e il sole
riflettere sui vetri aperti?
Si
sente la bocca asciutta.
E
perché ancora quella dannata voglia di tuffarsi nel
vento?
Inaspettatamente
un miagolio forte e deciso risuona
nella stanza, rimbombando e stordendolo; Louis balza di colpo in piedi,
guardandosi attorno assiduamente... ma del gatto non
c’è traccia.
«Scusa...
ti ho spaventato?»
Sussultando
nuovamente, sta volta si gira verso le
scale, arretrando di colpo verso il muro. Però, appena
intravisto chi è stato a
parlare, l’ansia svanisce del tutto, facendo posto a tante e
rumorose farfalle
che iniziano a rimbalzare contro le pareti del suo stomaco.
Di
fronte le scale, con un piccolo libro stretto sul
petto di quell’abito bianco e azzurro, si trova Marie.
«N...
no» riesce a balbettare, meravigliato da tanta
bellezza «Ero solo... sovrappensiero, tutto qui».
«Allora
non ti dispiace se mi siedo al tavolo con te?»
Marie sorride dolcemente.
«No,
no! Vieni pure!» risponde subito, un po’
impacciato.
Lei
si avvicina, poi posa il libro sul tavolo, davanti
la postazione del ragazzo, e torna a rivolgergli un sorriso furbo,
indicandolo
con un dito.
«Louis,
giusto?» fa, decisa.
Lui
annuisce timidamente con il capo.
«Ti
ricordi...»
«Oh,
sì... sta notte ti ho scambiato con tuo fratello,
sai? Ma adesso vi riconosco bene entrambi» gli fa
l’occhiolino.
«Come?
Hai conosciuto André?» Louis alza sorpreso le
sopracciglia.
Ecco
perché suo fratello gli sembrava così...
così
perso, quand’era tornato quella mattina verso le quattro.
Allora non era andato
alla festa?
«Sì»
Marie mostra un sorriso sincero e spontaneo a
quel pensiero «Mi... ha tenuto compagnia questa
notte»
La
piccola esitazione fa leggermente incupire Louis.
Che cosa è successo tra suo fratello e quella ragazza?
Avrebbe interrogato
André a casa.
«Che
leggi di bello?»
Louis
torna alla realtà sbattendo più volte le ciglia.
«Come?»
«Cosa
leggi?» chiede di nuovo lei, alzando il libro
del ragazzo per leggere il titolo in copertina «Wow, L’interpretazione dei sogni di
Freud! Che bel libro!» sembra
davvero eccitata.
«Ti
piace davvero?» il ragazzo è piacevolmente
stupito; immaginava che Marie avrebbe storto le labbra o commentato
“ma che
libro noioso!”, come soliti fare suo fratello e qualche altro
suo amico,
invece...
«Ma
certo! Guarda io che cosa ho preso...» alza il suo
libro per mostrargli la copertina.
«Raccolta di
opere di Sándor Ferenczi?»
legge sorpreso Louis «Lo psicanalista ungherese?»
«Amico
di
Freud, tra l’altro» Marie allarga il suo sorriso.
«Come
mai ti
piace questo genere?» chiede lui interessato.
«Come
mai
piace a te?» ribatte lei ridacchiando allegramente.
Louis
si fa
sfuggire un sorriso divertito.
«Voglio
laurearmi in psicologia» ammette spontaneo, scacciando di
colpo la timidezza.
«Davvero?
Che
bello!» gli occhi di Marie si illuminano «Io invece
leggo per hobby... mi piace
“scavare” nella psiche umana»
«Potresti
iscriverti anche tu a psicologia...» Louis si interrompe,
arrossendo
leggermente, in imbarazzo.
Ma
lei gli
rivolge uno sguardo dolce, commentando:
«È
una bella
idea...»
Rimangono
a guardarsi negli occhi, entrambi
pensierosi, poi abbassano lo sguardo nello stesso istante, lasciandosi
entrambi
sfuggire un risolino divertito.
Marie
apre il libro e lo sfoglia per cercare la pagina
desiderata. Louis inizia a fare lo stesso, ma non può
trattenersi nel lanciarle
delle veloci occhiate, arrossendo.
Perché
quella ragazza lo mette così tanto a disagio?
Riflettendo
su questo, una folata di vento scuote
ancora le tende e lui percepisce un groppo in gola, ricordandosi
dell’ansia che
provava prima fissando quella finestra alle sue spalle. Che cosa
significa
tutto questo?
«Louis»
Lui
alza gli occhi di scatto; percepisce di stare
sudando freddo.
Marie
lo sta guardando, forse allarmata.
«Sei
un po’ pallido, va tutto bene?»
«Certo...»
esita un attimo «Cioè... non so»
Lei
mostra un piccolo sorriso gentile, si alza e va a
sedersi nel posto accanto a lui, che percepisce il cuore in gola da
quanto gli
batte forte.
«Ci
sono io» lo rassicura con un profondo sguardo.
Louis
non può far altro che annuire con il capo,
incantato. Tornando entrambi alle loro letture.
Trascorrono
un’oretta in biblioteca, poi, quando un
po’ per volta iniziano ad entrare alcuni studenti, un paio di
pensionati, poi
tre bambini che si devono preparare per una ricerca scolastica, e
quindi
iniziano ad alzarsi brusii e movimenti di sedie, decidono di andare a
fare una
passeggiata insieme.
Escono
dalla biblioteca con i libri sotto braccio,
ridendo sull’acconciatura di una ragazza che avevano
incrociato precedentemente
sulle scale della biblioteca.
«Cioè,
i capelli fucsia? Ma la decenza dov’è
finita?»
ride Marie, scuotendo il capo.
«E
vogliamo parlare del taglio?» sbuffa Louis, ridendo
a sua volta.
«Meglio
di no! Ahah!»
La
strada che conduce al paesino serpeggia immersa in
un bellissimo campo di girasoli.
Ridendo
ancora, Marie abbandona l’asfalto e si immerge
tra i fiori, così alti da arrivarle al mento; continuando a
correre si volta
verso Louis, esortandolo a seguirla.
Lui,
rimasto incantato da quella fiamma rossiccia dei
suoi capelli che volteggia in quel mare giallo, si riscuote e, senza
pensarci,
si mette a correre a sua volta, non potendo fare a meno di ridere.
Si
inseguono tra quei bellissimi fiori, finché poi lui
riesce a raggiungerla e afferrarla da dietro, alla vita, alzandola un
poco e
facendola roteare; Marie ride sempre più forte,
così allegra, così bella.
Louis
non si è mai sentito così bene.
La
posa a terra e lei si volta verso di lui con un
sorriso bianco; si guardano ancora negli occhi intensamente, poi lei si
volta e
va a sedersi poco più avanti, in un punto in cui i girasoli sono
più radi. Si sdraia a terra,
rivolgendo il viso al cielo, e lui si mette al suo fianco, ruotando
però il
capo verso di lei, rimirando la pelle d’avorio, gli occhi
brillanti, le piccole
lentiggini.
«Se
solo avessi avuto le ali, a quest’ora sarei lassù
ad ammirare questo bellissimo campo» sospira lei, osservando
pensierosa uno
stormo di uccelli.
Allora
Louis alza gli occhi al cielo a sua volta,
osservando lo stormo come lei.
«Ho
pensato tante volte anch’io di voler volare...»
commenta in un sussurro.
Lei
gli rivolge lo sguardo.
«Perché
volevi buttarti di sotto ieri?» chiede a mezza
voce.
Lui
socchiude gli occhi.
«Non
lo so»
«Come
puoi non saperlo? È una scelta importante da
fare... ci dev’essere un motivo serio, non credi?»
«Probabilmente
c’è» sospira brevemente «E a
quanto
pare me ne sono dimenticato»
Lei
va inaspettatamente ad afferrargli una mano.
Louis
le rivolge subito lo sguardo, colto da un
piccolo brivido per quel dolce contatto, e nota piacevolmente che anche
lei è
attraversata da un fremito.
«I
tuoi occhi sono così tristi...» Marie lo guarda
profondamente
addolorata «Vorrei aiutarti».
«Come?»
mormora il ragazzo.
«La
prossima volta che vorrai morire, pensa a me
Louis... Io sarò lì per chiederti di non
farlo» socchiude un po’ gli occhi,
stringendo di più la presa sulla mano «E ti
salverò la vita».
Louis
rimane per un attimo in silenzio, poi chiede
lentamente:
«Perché
ti preoccupi così tanto per me?»
Anche
lei ci mette un istante per rispondere.
«Non
lo so...» esita ancora «Può darsi
perché mi
piaci».
Lui
non sa che dire.
Si
guardano ancora, ma poi si muovono insieme.
I
loro visi si avvicinano all’unisono, finché le
labbra non si toccano.
«Possiamo
vederci domani?» le chiede, speranzoso.
Lei
gli rivolge uno di quei sorrisi dolci che ama così
tanto.
«Certo;
alla biblioteca, che ne dici?»
«È
perfetto»
Si
tengono ancora per mano. Adesso sono sul ciglio
della strada; fiancheggiano il campo di girasoli, mentre il pomeriggio
è già
iniziato da un paio d’ore.
«Ti
sei un po’ scottata la pelle...» con un piccolo
sorriso, Louis le sfiora una guancia arrossata.
«Oh,
sì, mi capita spesso!» ridacchia lei, portandosi
una mano sul viso caldo «Ma è anche vero che siamo
sdraiati al sole da diverse
ore...»
«Allora
domani ci fermeremo all’ombra di un albero»
commenta lui, allegro.
«Sì,
direi!» e Marie ride ancora.
Louis,
senza lasciarle la mano, va a spezzare un
piccolo girasole*, per
poi posaglielo su un orecchio;
il giallo acceso risalta tra quei capelli rossi.
«Grazie»
sorride lei, grata.
Rimangono
ancora un po’ in silenzio, poi lei lancia di
nuovo uno sguardo all’orologio.
«Adesso
devo andare, Louis...»
«Sì...»
dice lui con poco entusiasmo.
Le
dita si sciolgono e a malincuore ritirano entrambi
la mano.
«A
domani...» dice lei e si volta, incamminandosi per
strada.
Luis
la guarda, non riuscendo a staccare lo sguardo, e
alla fine, non potendo più trattenersi, corre verso di lei,
afferrandole di
nuovo la mano; Marie si gira sorpresa, e lui va a posare le dita sulla
sua
guancia, baciandola ancora dolcemente.
Lei
ricambia, chiudendo gli occhi e appoggiando la
mano libera su quella del ragazzo ancora posata sul suo viso; il bacio
dura
lunghi istanti, mentre qualche macchina passa al loro fianco senza che
i due si
accorgano di niente.
È
lei a dividere ancora le labbra, ripetendo:
«Devo
andare, Louis... i miei nonni saranno preoccupati».
Lui
annuisce con il capo e abbassa la mano che teneva
sul suo viso.
Lei
inizia ad arretrare; i due ancora hanno le dita
intrecciate, le braccia si allungano, poi, quando sono del tutto tese,
le mani
si sciolgono e sta volta Marie è costretta a correre via o
non sarebbe mai
riuscita ad andarsene.
Louis
la osserva allontanarsi senza dire niente.
C’è
silenzio intorno a lui; un silenzio strano, teso.
È
un piccolo e indifeso miagolio a richiamare
l’attenzione del ragazzo, che si volta immediatamente verso
il campo di
girasoli, poi in direzione della strada. Ma, ancora, del gatto non
c’è traccia.
Un
po’ inquietato, decide di andarsene, ma poi, lungo
la via, torna l’euforia e la felicità a farlo
sorridere.
Continua...
La storia inizia a movimentarsi (per modo di dire)! ;)
Come sempre, l'aggiornamento tra un paio di giorni! A presto!
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Capitolo
4
Louis
rientra in casa leggero, come se camminasse tra le nuvole.
Facendo
giravolte su se stesso, si avvia in cucina, ignorando di proposito
André intento a dargli le spalle e a guardare una partita di
basket, e si
avvicina al frigo, aprendolo, trovando gli avanzi del pranzo, per poi
mettersi
a mangiare con il piatto d’insalata in mano mentre guarda
fisso il cielo fuori
dalla finestra del cucinino.
Percepisce
André voltarsi per guardarlo, anche se non si gira verso di
lui.
La faccia del gemello si rispecchia sul vetro della finestra e i due si
guardano dritti negli occhi. Alla fine è Louis a cedere,
facendosi sfuggire un
sorriso.
André
alza un sopracciglio, commentando seccamente:
«Sorridi?»
«Oh,
sì» si limita a dire l’altro, mangiando
un bel boccone di foglie
verdi, tornando a rivolgere l’attenzione alle nuvole
passeggiere.
«Andare
a studiare ti diverte così tanto?» ridacchia il
fratello, scuotendo
il capo e tornando a guardare la tv.
«Ridi,
ridi pure... ma intanto io ho passato una giornata stupenda»
ribatte
Louis tranquillamente, posando il piatto sul piano cottura davanti a
lui e
appoggiando lì le mani, alzando poi lo sguardo in alto con
fare sognante «Ho
baciato una ragazza» confessa con un sospiro incantato.
André
scoppia spontaneamente a ridere, voltandosi di nuovo a guardarlo;
Louis scorge il suo viso sul riflesso del vetro della finestra: sembra
si stia
davvero divertendo.
«E
dimmi, come sarebbe la fortunata?»
si porta una mano all’occhio per asciugarsi le lacrime per il
gran ridere
«Assomiglia ad una balena ed è piena di
acne?» scoppia ancora a ridere.
Le
labbra di Louis si increspano in un sorriso soddisfatto e, continuando
a
dare le spalle al fratello, risponde con aria di superiorità:
«È
una ragazza bellissima. E per
di più, tu la conosci»
«Ah
sì? E chi sarebbe?» André non riesce a
smettere di ridacchiare.
Louis
alza fieramente il mento e gira lo sguardo a guardare il riflesso
dell’altro sul vetro, rispondendo:
«Marie»
Vede
il volto del gemello trasfigurarsi, divenendo rigido come pietra.
«Sorpreso,
eh?» lo deride, beato.
«Stai
scherzando» afferma cupamente André.
«Ti
sembro in vena di scherzi?» Louis torna con calma ad
afferrare il suo
piatto d’insalata e a mangiare.
André
stringe i pugni con forza, irrigidendosi.
«Come
è successo?» chiede, non volendo darsi pace.
«Come
vuoi che succedano certe cose?» dice tranquillamente il
fratello,
mandando giù il boccone «È successo e
basta»
«Che
razza di risposta è?!» scatta André,
alzando la
voce.
Louis
lancia uno sguardo al riflesso del gemello sul
vetro; uno sguardo freddo, controllato. E inizia a dire lentamente:
«Ti
rode, André? Ti rode il fatto che io sia
riuscito a far innamorare di me una ragazza del genere... senza il tuo
aiuto?
Di non aver avuto bisogno di te,
per
far accadere una cosa così meravigliosa? Ma soprattutto, di
averla fatta innamorare
di me, e non di
te?»
«Taci»
sibila l’altro, duro.
«In
qualcosa sono stato migliore di te, dunque... e,
a quanto sembra, non ho più bisogno della tua
presenza» conclude il fratello, con un piccolo
sorriso.
«Taci,
Louis!» sbotta André, alzandosi dalla sedia e
uscendo di casa a passi svelti.
La
porta si chiude con forza alle sue spalle.
E
Louis si lascia andare ad un sospiro rilassato,
voltandosi di nuovo a guardare il cielo.
André
si dirige con decisione al punto in cui ha
incontrato Marie per la prima volta. Ci arriva correndo, impiegando
appena
mezzora, ma quando finalmente giunge a quello spiazzo erboso subito
accanto lo
strada sterrata, si lascia cadere sfinito a terra; dapprima sulle
ginocchia,
poi di fianco, infine a pancia in su. Ansima pesantemente con gli occhi
serrati; ha bisogno di riprendere fiato, ma sente la bocca impastata e
ogni
respiro è acido bollente che gli infiamma il petto.
Dopo
alcuni istanti, in cui è rimasto fermo ad
ansimare, sbatte entrambi i pugni al suolo, digrignando i denti.
Perché
è corso fin lì? Non sa dare una motivazione
precisa, è stata una cosa impulsiva. Comunque adesso sente
che è arrabbiato:
vorrebbe strozzare Louis con le sue mani. Le sbatte ancora a terra,
irritato.
Intanto,
si sente come scivolare via. Percepisce a
poco a poco sempre meno ciò che lo circonda, come se stesse
cadendo in una
sorta di profondo torpore.
Che
mi succede?
Pensa
in un soffio, respirando sempre più
debolmente. Il corpo freme, formicola, mentre la mente si annebbia.
Ti
rode, André, di averla fatta innamorare di me, e non di te?
Un
tremito più forte, che lo fa sussultare.
A
quanto sembra, non ho più bisogno della tua presenza.
È
tutto sempre più annebbiato, mentre questa frase
rimbomba dentro la sua testa. Un’eco sempre più
debole, sempre più fioca, e
tutto si fa sempre più nero...
Non
ho più bisogno... più bisogno... tua presenza...
«Louis?
Oh, Louis! Ma che hai?»
Questa
voce...
Lentamente,
il corpo torna sensibile e l’aria entra
prepotentemente nei suoi polmoni, facendogli quasi male; con una
smorfia, serra
ancor di più le palpebre.
«Stai
male? Louis, rispondimi!»
Una
mano calda afferra la sua, che sa essere ghiacciata,
mentre altre morbide dita si posano sulla sua guancia.
Questo
profumo...
«Louis!
Louis!»
Il
ragazzo strizza ancora un attimo gli occhi, poi
li riapre pian piano. Ci impiega qualche istante per riuscire a vedere
bene;
inizialmente riesce solamente a scorgere come una fiamma accesa,
morbida, che
circonda un’ovale di porcellana, su cui risplendono due
bellissimi smeraldi. A
poco a poco il tutto si fa finalmente nitido: le fiamme non so altro
che i
fluenti capelli di Marie, così come gli smeraldi i suoi
occhi.
«Io
sono André» riesce a pronunciare con fredda
lucidità, prendendo di nuovo coscienza di sé.
«André?
Oh...» fa lei, sorpresa.
«Lo
so... avresti preferito Louis» storce le labbra,
socchiudendo un po’ le palpebre.
Lei
alza di un poco le sopracciglia, attenta e
calma.
«Perché
dici questo?»
«So
cos’è successo tra di voi» il ragazzo
distoglie
lo sguardo cupamente.
Marie
prende un respiro un po’ più lungo, poi gli
rivolge uno sguardo dolce, tirando però un po’ le
labbra, come preoccupata.
«Sei
arrabbiato con me?»
Lui
rimane a fissare l’erba ancora per qualche secondo,
in silenzio, poi si mette seduto con un po’ di fatica, grazie
anche l’aiuto
della ragazza che lo solleva afferrandogli un braccio. Rimane ancora
silenzioso, intento a guardare un piccolo fiore ondeggiare al lieve
vento, poi
volta lo sguardo
verso di lei, che lo
sta osservando, e chiede a mezza voce:
«Perché
non hai voluto che ti baciassi?»
Lei
sospira brevemente e abbassa un po’ gli occhi,
pensierosa.
«Ti
conosco appena...» commenta, tornando a
guardarlo.
«Si
può dire lo stesso di Louis» ribatte subito
André, scuro in volto.
«Sì,
ma con lui c’è stata una specie di... di scossa
elettrica. Di morsa allo stomaco... di... di attrazione, a cui non sono
riuscita a resistere» fa lei, quasi sognante, e sincera.
Sta
volta André sembra quasi rattristato.
«Cos’ha
lui che io non ho?»
Marie
sta per rispondere che Louis è più sensibile,
se lo sente più vicino, più vero
- e
al momento non saprebbe dire il perché di questo pensiero -,
ma si ferma,
notando in quel momento gli occhi lucidi del ragazzo. Lo guarda
intensamente,
quasi a scavargli l’anima, e non risponde alla sua domanda,
bensì si ritrova a
farne un’altra:
«Perché
il ballo, André?»
Lui
alza un poco un sopracciglio, non capendo. Lei
allora ripete:
«Perché
hai voluto ballare con me? Perché non
chiedermi di fare una passeggiata, di cantare insieme una canzone, di
mangiare
qualcosa, in quegli ultimi dieci minuti che c’erano
rimasti?»
André
rimane con la bocca lievemente aperta a
guardarla, come se stesse riflettendo. Poi alla fine si decide e inizia
a dire
a voce bassa:
«Perché,
appena ti ho visto per la prima volta,
Marie, il cuore ha iniziato battermi così forte da farmi
male; come un
palloncino troppo gonfio, sentivo sarebbe esploso da un momento
all’altro, se
non avessi fatto subito qualcosa. Un malessere che aumentava a poco a
poco ti
conoscevo sempre di più, durante la nostra chiacchierata;
una sofferenza così
intensa alla quale dovevo trovare rimedio. Poi, quando mi sono trovato
abbracciato a te mentre rotolavamo sull’erba, è
successo qualcosa di
incredibile: ho sentito il tuo cuore batte all’unisono con il
mio. E questo ha
allentato la tensione che provavo ed è così che
ho capito: dovevo abbracciarti
di nuovo. E quale modo migliore di farlo con una musica di sottofondo?
Marie...» le va ad afferrare una mano; lei, rimasta incantata
da quelle parole,
sussulta al contatto, colta da un brivido, così simile alla
scossa elettrica
che ha provato toccando Louis.
«Marie...»
riprende a dire intensamente «Quel ballo
è stato così bello... non mi sono mai sentito
così bene. I nostri cuori sono
tornati a battere insieme, l’ho sentito chiaramente! Ed
è stata la sensazione
più stupenda di tutta la mia vita»
Marie
dischiude le labbra, stupita.
Questo
è davvero André?
Batte
più volte le palpebre, come a tornare alla
realtà, poi abbassa il capo, forse confusa, e scuote
leggermente la testa,
iniziando a dire a mezza voce:
«Io...
io non... oddio, ma è bellissimo...»
Torna
a guardarlo negli occhi, mentre lui rimane
semplicemente in silenzio.
«Sono
così confusa...» mormora, mentre percepisce
gli occhi farsi lucidi.
André
le raccoglie dolcemente una lacrima con un
dito, poi affonda la mano tra i suoi morbidi capelli. Lei
l’afferra e vi si
appoggia con il volto, socchiudendo gli occhi e puntando lo sguardo nel
vuoto.
«Ma
dove sei stata tutto questo tempo, Marie...?»
sussurra André, osservando il suo volto angelico, i suoi
lineamenti delicati,
fino all’ultimo dettaglio della sua pelle.
Lei
rialza lo sguardo nei suoi occhi.
André
allora l’avvicina lentamente a sé e lei non
riesce a ritrarsi, come incantata dalla bellezza e la dolcezza del
ragazzo.
Soprattutto perché si rende conto che anche il suo cuore
batte così forte da
farle male e solo adesso che si sta avvicinando a lui il dolore si sta
alleviando.
Ma perché accadeva la stessa cosa con Louis?
Non
c’è più distanza tra di loro; le labbra
infine
si raggiungono e si uniscono in un bacio.
Continua...
Eccomi di nuovo qua! Siamo quasi a metà storia; la vicenda
si fa più complicata...
Come sapete, l'appuntamento è tra un paio di giorni!
Ringrazio sempre chi ha letto e... a presto! :)
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Capitolo
5
Louis
sta giocherellando con una matita, facendola
rotolare sulla sua scrivania, spensierato.
Guarda
fuori dalla finestra il bel tramonto; il sole
cala delicato, spruzzando di rosso e arancio il mare e la spiaggia.
Ah,
che bello.
D’un
tratto, due figure attraggono la sua
attenzione. Louis abbassa lo sguardo, per poi pietrificarsi.
Là
fuori ci sono André e Marie. Si tengono per mano
guardandosi negli occhi. Sono arrivati al cancelletto rosso e si sono
fermati lì.
Louis
si alza, avvicinando il volto al vetro.
André
posa dolcemente una mano sulla guancia di lei,
mentre Marie gli stringe le braccia intorno i fianchi. Allora lui
affonda
entrambe le mani tra i suoi capelli rossicci, afferrandole il capo, e
si china
su di lei per baciarla. Un bacio appassionato e lungo.
Louis
si sente morire dentro.
Poi
Marie se ne va salutando con la mano.
E
una rabbia ceca prende il posto dello sconforto.
«Louis,
sei tu?» chiede sua madre dalla cucina,
mentre il portoncino si richiude alle sue spalle.
«No,
sono André» risponde tranquillamente,
togliendosi le scarpe sporche di fango e lasciandole lì
vicino l’entrata per
non sporcare.
La
madre nota il gesto e rimane sorpresa.
«André?»
ripete, come in dubbio.
Lui
si volta a guardarla alzando un sopracciglio.
«Perché
usi quel tono?»
«Diciamo
che... mi hai piacevolmente stupita» si
limita a rispondere lei, pensierosa.
André
alza le spalle e si avvia al piano superiore
camminando solo con i calzetti.
«La
cena è quasi pronta, a proposito!» annuncia la
donna.
«Va
bene, va bene...» fa il ragazzo, sempre sereno e
con la testa vuota.
Quasi
vuota.
In mente ha solo lei.
Giunge
davanti la porta della camera con un sorriso
e la apre per entrare.
Rimane
sull’uscio a guardare. Louis è ancora fermo
davanti la finestra, rigido e dritto; ha i pugni serrati e in una mano
tiene
ancora salda una matita. André non l’ha mai visto
così.
Percependo
che qualcosa non va, chiede subito:
«Ehi,
che ti prende?»
Il
corpo del gemello inizia ad essere scosso da
alcuni fremiti, mentre la presa sulla matita si fa più
salda; proprio quando
questa si spezza con uno schiocco, Louis mormora, teso:
«Che...
che mi prende?»
André
si fa serio, avanzando qualche passo.
«Louis,
ma che hai?»
«Che
cos’ho?» ripete l’altro alzando la voce,
colto
da un fremito più violento.
André
lo ha quasi raggiunto.
«Louis,
ma...»
André
viene colpito in pieno volto e finisce a
terra, dolorante; si porta subito una mano sul naso, gemendo ad occhi
chiusi,
mentre il sangue gli sporca le dita.
Louis
freme come non mai; il pugno è arrossato a
causa del colpo e forse anche un po’ indolenzito, ma al
momento il ragazzo
sembra non sentire per niente il dolore.
«Cosa
ne pensi, André? Ti ho colpito troppo piano
forse?» esclama ad alta voce, rabbioso.
«Ma
sei impazzito?!» riesce a dire il gemello,
voltandosi su un fianco e cercando di fare leva per alzarsi.
«Come
hai potuto?!» continua Louis, conficcandosi le
unghie nella carne, da quanto stringe i pugni «Come hai
potuto portami via
Marie?!»
«Marie
è mia!» ribatte André, irritato.
Louis
digrigna i denti, sospinto da una furia cieca,
e si abbassa verso il fratello, afferrandogli con una mano la maglia e
colpendolo di nuovo al viso con l’altra; André,
ancora sorpreso dal primo colpo
e accecato dal dolore del naso rotto, non riesce ad evitare il secondo
pugno:
lo incassa con un gemito, colpito ad un occhio.
Sta
volta il dolore alla mano si fa sentire;
probabilmente è rotta. Anche Louis geme leggermente,
ritirandola e
guardandosela, confuso, forse incredulo di quello che sta facendo.
Approfittando
della sua distrazione, André si
solleva di un po’, riuscendo ad aprire solo un occhio, e
afferra Louis per il
magliotto con entrambe le mani; rotolano poi a terra e André
riesce così a
portarlo sotto di lui. Arrabbiato a sua volta colpisce forte il
fratello al
viso, spaccandogli un labbro.
Louis
lo afferra per i polsi, cercando di
scostarselo di dosso, ma adesso è accecato dalle lacrime che
gli riempiono gli
occhi per il dolore e il gemello è troppo forte.
André lo colpisce ancora nello
stesso punto, facendogli anche sbattere la faccia di lato sul pavimento
e
ferendogli un sopracciglio, da cui inizia ad uscire copiosamente sangue.
«Ma
che succede?! Basta! BASTA!»
urla la madre, entrando in camera di corsa.
Louis,
a causa del colpo ricevuto alla testa, perde
lentamente i sensi, mentre sente sua madre giungergli a fianco,
spostare André
e chinarsi su di lui.
Poi,
più niente.
Dapprima
il buio che lentamente si dirada, lasciando
il posto ad una piacevole luce soffusa.
Poi,
immediatamente dopo, il dolore che si espande
come una macchia d’olio bollente su tutto il capo e spicca
particolarmente
sulla mano destra.
Louis
geme, aprendo quasi del tutto gli occhi.
Sua
madre si china immediatamente su di lui,
preoccupata.
«Come
stai tesoro?»
«Mamma...»
rantola, rauco «Mi fa male tutto...»
«Lo
so, lo so...» gli accarezza amorevolmente i
capelli, mentre qualche lacrima le riga le guance «Mi
dispiace così tanto di
non poter rimediare... di non essere riuscita ad evitarlo...»
«Ma
mi fa male soprattutto il cuore» dice
debolemente, sopraffatto anche lui dalle lacrime «Come ha
potuto... come ha
potuto André portarmi via l’unica mia fonte di
felicità?»
Sua
madre serra le labbra, dispiaciuta da morire.
Louis
si rigira su un fianco dolorosamente e chiude
gli occhi, lasciandosi sfuggire qualche singhiozzo.
«Louis...
oh...» mormora lei, accarezzandolo ancora.
«Il
mondo mi sta crollando addosso» piange,
portandosi la mano sana al petto e stringendosi forte la maglia
«Perché il
cuore fa così male? Cos’è questo peso
che ho nel petto, che mi impedisce di
respirare, che non mi permette di non piangere? Questo dolore
così attroce che
mi rode l’anima... questo dolore... come se avessi perso
qualcuno per sempre.
Probabilmente... probabilmente è così»
si lascia sfuggire un gemito.
«Tesoro
mio...» anche sua madre piange, tremando.
«Lei
non c’è più per
me» sussurra, strizzando gli occhi.
«Louis»
la donna lo abbraccia forte, posando una
mano sul suo capo «Adesso calmati... torna in te...»
«Tu
non capisci» singhiozza, scuotendo il capo.
«Louis,
torna in te» ripete lei, serrando le
palpebre umide e mordendosi un labbro.
Lui
riapre un po’ gli occhi, colto come da una
strana sensazione di deja-vu, e non dice nulla per un attimo, smettendo
persino
di piangere.
Poi,
lentamente, si lascia persuadere da quella
stanchezza che si è impossessata del suo corpo, e si
addormenta.
Continua...
Scusate il leggero ritardo, ma ho sempre così tanto da
fare... :S
Siamo giunti a metà storia; spero che fin qui vi sia
piaciuta. :)
Ci sentiamo tra un paio di giorni, ciao!
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Capitolo
6
È
la dolce luce di quel primo sole mattutino a
risvegliarlo, solleticandogli le palpebre abbassate.
Louis
si volta, notando solo in quel momento di
essere sdraiato sul lettone di sua madre. Forse lei lo aveva portato in
braccio
lì, la sera prima, per separlarlo da André.
Inizialmente rimane a pensare a sua
madre, sempre così forte in tutte le circostanze, nonostante
il suo fisico
asciutto ed esile. Poi il pensiero di André, di
ciò che ha fatto, del dolore
che gli ha causato, prende il posto di tutto il resto, togliendogli il
respiro.
Abbassando
gli occhi vede il biglietto che gli ha
lasciato sua madre.
Vado
a comprare qualche altra benda per cambiarti le fasciature
più tardi e una paio
di antidolorifici, in caso il dolore si intensifichi.
Louis,
non fare cose impulsive, ti prego.
Ti
voglio bene, mamma.
Il
ragazzo sospira, non sapendo cosa pensare.
Parla
bene, sua madre, dicendogli di non fare cose
impulsive... ma lui in realtà ha solo una gran voglia di
tornare da André,
probabilmente in camera loro, e riempirlo ancora di pugni. Qualcosa gli
dice
che il gemello avrà lo stesso pensiero.
Qualcuno
suona alla porta una sola volta.
Ricordandosi
di essere solo a casa con suo fratello,
si mette seduto con un gemito di dolore, e si alza in piedi, un
po’
barcollante.
Forse
è sua madre, che è uscita senza chiavi. A
volte le capita nella fretta.
Si
infila le ciabatte che la donna gli ha portato
accanto il letto, riflettendo che forse no, non è lei. Una
strana sensazione
gli dice che non è lei.
Scende
le scale con una mano sul capo e gli occhi
socchiusi, colto da una fitta di mal di testa ad ogni gradino.
Infine
giunge alla porta e la apre.
Ecco
che di nuovo gli manca il fiato e il cuore
torna a far male più che mai.
«Louis,
ma che hai fatto al viso?!»
Marie
sembra davvero allarmata.
Lui,
rigido, serra di più la presa sulla porta e
spinge l’uscio per richiuderlo, senza riflettere oltre.
La
ragazza, allora, afferra la maniglia, riaprendolo
prima che si chiuda.
«Aspetta!
Non chiudere!»
«Vattene
via, Marie!» esclama Louis con le lacrime
agli occhi, arretrando di un passo.
Lei
rimane paralizzata da quella reazione.
«Louis...
io non capisco...»
«Non
capisci? Non capisci?!» le lacrime si fanno più
intense «A che gioco stai giocando, Marie? Che cosa
c’è tra te e André?»
Lei
alza entrambe le sopracciglia, stupita.
«Louis!
Ma non c’è...»
«Non
dirmi che non c’è niente! Lo so che non
è
così!» ribatte lui con forza «Vi ho
visto... vi ho visto, Marie. E non c’è
scusa che tenga: non voglio più vederti!»
Muove
di nuovo il braccio per richiudere, ma Marie
va a prenderlo per il polso, fermandolo. Il contatto è stato
così dolce, così
delicato, che al ragazzo viene da sussultare.
Si
sono immobilizzati entrambi, adesso, e si
guardano negli occhi.
Ora,
anche Marie è colta dalle lacrime, ma la sua
voce risulta ferma e sincera.
«Stavo
per dire che non c’è niente, da me e
André,
che non ci sia tra me e te»
mormora
lei intensamente, senza distogliere lo sguardo.
Louis
dischiude un po’ le labbra, sorpreso.
«Intendi
dire che...»
«Che
amo entrambi, Louis» sospira lei, sofferente
«Ma è così... difficile da spiegare.
Oh, come posso spiegarti Louis?»
Il
ragazzo scuote leggermente il capo, commentando:
«Non
puoi amare entrambi»
«Oh,
Louis!» si morde un labbro, colta da un
fremito.
«A
chi tieni di più tra noi due?» chiede lui
immediatamente, teso, temendo la risposta, ma allo stesso tempo
desideroso, bisognoso, di sapere.
Una
lacrima si fa strada tra le lentiggini sulla
guancia, quando Marie, gli occhi tremanti, gli afferra entrambe le
mani,
facendo attenzione a quella fasciata, e confessa con emozione:
«Io
tengo di più al mio
Louis»
André
torna in sé lentamente, svegliato dalla luce
del sole che filtra dalle candide tende.
Si
mette a sedere con un po’ di fatica, portandosi
una mano sul volto per sfiorarsi il naso gonfio e fasciato.
Probabilmente è
stata sua madre, brava dottoressa di uno studio privato, a praticare la
fasciatura; non si ricorda molto della sera precedente.
Gira
immediatamente lo sguardo verso il letto di
Louis, trovandolo vuoto. Probabilmente starà dormendo nella
camera
matrimoniale, il cocco della mamma.
Storce
le labbra, irritato.
Delle
voci di fuori attirano la sua attenzione.
Facendo
una smorfia per le fitte alla testa, si alza
in piedi e si avvicina alla finestra semiaperta, sbirciando poi fuori,
non
notato.
Ciò
che vede lo fa congelare: rabbia e gelosia
prendono subito possesso del suo corpo.
Sull’entrata
si trovano Marie e Louis. Stanno
entrambi piangendo e stanno parlando.
Il
primo impulso è di uscire fuori e pestare suo
fratello, ma ciò che dicono lo trattiene, curioso di sapere.
«Non
puoi amare entrambi» commenta in quel momento
il suo gemello.
«Oh,
Louis!» sospira Marie e André si fa attento per
ascoltare.
«A
chi tieni di più tra noi due?»
È
la domada di Louis.
André
rimane in tensione tanto quanto suo fratello,
in febrile attesa della risposta. Poi, quel che accade gli fa fermare
il cuore.
Marie
ha preso tra le sue le mani di suo fratello e
ora gli sta sussurrando qualcosa.
«Io
tengo di più al mio
Louis»
André
si appoggia al muro, privo d’aria nei polmoni
e con la sensazione di soffocare.
Gli
viene da piangere, ma non riesce a fare nemmeno
quello.
Portandosi
una mano sul collo, bocchecciando in
cerca di aria, strizza gli occhi, mentre un dolore fitto gli esplode in
petto.
Intanto,
fuori, Louis non ha potuto evitare di
baciarla.
Si
baciano intensamente, piangendo entrambi ad occhi
chiusi; le mani di uno affondati nei capelli dell’altro;
entrambi i corpi
frementi per l’emozione.
«Verrai
in biblioteca con me questa mattina? E poi
seduti all’ombra di un albero? Proprio come avevamo deciso
ieri...» mormora
Marie, appena si staccano dal bacio.
Louis
non riesce a staccare gli occhi da lei.
«Certo.
Farò una doccia, poi verrò da te» le
promette.
«Allora
ti aspetto» gli sussurra e si baciano ancora
per salutarsi.
André
lentamente torna a respirare, mentre un
pensiero si fa strada nella sua mente.
Se
Marie non può essere sua... allora farà in modo
che non sia nemmeno di suo fratello.
Louis
risale le scale con la testa ancor più
dolorante di prima. Raggiunge il bagno poco stabile sulle gambe stanche
e vi
entra, sperando che la doccia lo possa rigenerare.
Una
mano forte lo spinge improvvisamente dentro,
facendolo sbattere con un fianco contro il lavandino, e poi la porta
viene
chiusa di colpo e inchiavata dall’esterno.
«André!»
capisce subito Louis, raddrizzandosi e
portandosi davanti la porta, iniziando a tempestarla di pugni
«André, apri!
Maledizione, apri!»
Fuori
il suo gemello fissa il legno, atono e freddo,
con la chiave in mano.
«André!
Che cosa hai intenzione di fare?! Apri!
Apri!»
«No»
si limita a rispondere lui, secco e deciso.
«Ma
che cosa fai?! Perché mi hai chiuso dentro?!
Apri!»
«Sarò
io ad andare da Marie, Louis. Non tu» sibila
André, scuro in volto.
Louis
si sente raggelare.
«Che
cosa vuoi fare? Rispondimi!»
«Chiuderò
la questione una volta per tutte» risponde
freddamente André, con occhi folli
«Farò in modo che Marie non possa più
farmi
del male... e farò in modo di annientare il tuo essere, Louis».
Detto
questo si allontana, mentre Louis urla,
disperato, continuando a sbattere contro la porta.
Continua...
Ciao a tutti gli affezionati lettori! Spero che finora la storia non vi
abbia deluso e vi informo che siamo sempre più vicini alla
conclusione... ;)
Grazie a chi continua a seguirmi e... alla prossima settimana con un
nuovo capitolo!
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Capitolo
7
Quando
André giunge all’ultimo piano della
biblioteca silenziosa la vede là, seduta, calma, con lo
sguardo perso tra le
fitte righe del libro che sta leggendo.
Oh,
quanto è bella, così luminosamente baciata dai
raggi del sole.
Ma,
ormai, il suo fascino sembra non riuscire più a
colpirlo come prima; rimane freddo, deciso, controllato.
I
suoi passi la fanno voltare.
Forse
è dall’espressione che il ragazzo ha sul viso
che Marie capisce di chi si tratta.
«André?»
Il
suo tono è davvero sorpreso.
«Lo
so, lo so... come sempre, avresti preferito
Louis» esordisce lui lentamente, continuando ad avanzare con
passo controllato
e il volto scuro.
Marie
si ritrova in piedi, preoccupata.
«André,
ma cosa...?»
«Smettila,
smettila di prendermi in giro» sibila
duramente «Sono qui per fare in modo di farti smettere
definitivamente»
Marie
arretra, toccando il tavolo dietro di lei con
la schiena.
«André,
ti prego, non fare così... mi fai paura...»
sembra davvero terrorizzata.
«Ti
sei presa gioco di me tutto questo tempo, non è
così?» c’è solo un lungo
tavolo a separarli; André inizia a fare il giro per
raggiungerla, continuando:
«E
dimmi, ti sei divertita? Anzi, vi siete divertiti
tu e Louis alle mie spalle?»
«Non
è come credi! André!» esclama lei,
spaventata,
salendo seduta sul tavolo e pronta a scappare via.
«Smettila
di mentire!» urla lui, finendo finalmente
di fare il giro e scattando verso di lei con rabbia.
Marie,
strillando, balza in piedi sul tavolo e
inizia a correre; André, per lo slancio, finisce per
sbattere contro il legno
con una gamba. Il tavolo finisce quindi contro la parete al suo fianco,
e il
movimento brusco fa sbilanciare la ragazza che, con un altro urlo
acuto, si
ritrova a cadere contro un finestrone aperto.
In
una sola frazione di secondo André realizza che è
la fine.
Marie
cade nel vuoto, giù dalla cima di quel vecchio
faro.
Come
in trance, André scosta il tavolo e si avvicina
alla grande finestra, affacciandovisi.
Non
riesce a scorgere il corpo di Marie tra le rocce
sottostanti; continua a cercarla con lo sguardo, la bocca aperta e il
corpo
pietrificato.
Miao
Un
piccolo miagolio lo fa improvvisamente
sussultare; si volta subito alla sua destra, trovandosi davanti un
grazioso
gattino bianco e nero, dagli occhi di un vivissimo giallo, in piedi sul
cornicione esterno che circonda completamente il vecchio faro.
I
battiti del suo cuore si fanno più intensi, mentre
non riesce a staccare lo sguardo dagli accessi occhi del felino.
Miao
Di
nuovo, un miagolio. Ma il gatto non ha aperto la
bocca, né si è mosso di un millimetro. Sembra
pietra... anzi, lo è: diviene di
colpo pietra - pietra nera, come gli scogli sottostanti -, e, pesante
com’è,
cade di sotto, rigido e freddo, fino a spaccarsi a terra in tanti
frammenti.
L’urlo
si gela nella gola di André che,
completamente fuori di sé, scappa via di corsa, evitando la
sorpresa
bibliotecaria accorsa per verificare cosa significassero le grida che
aveva
udito, e si dirige all’esterno. Il suo intento è
quello di correre a casa senza
fermarsi, ma una morbida chioma rossa al lieve vento attira
inesorabilmente la
sua attenzione.
Si
blocca, senza fiato, e dirige lo sguardo alle
pietre scure poco più in là, tra cui si intravede
quella chioma.
Troppo
fuori di sé per controllarsi o andarsene
senza prima aver verificato, si ritrova ad avvicinarsi, tremando.
Marie
è lì, proprio lì; è bella
come sempre. Anzi,
ora la sua bellezza sembra immortalata in una foto; ora
durerà per sempre.
Confuso,
stordito, André si inginocchia accanto a
lei e la prende tra le braccia dolcemente.
Lei
ha gli occhi chiusi, pare dormire. Il ragazzo
non riesce a distogliere lo sguardo da quello splendido viso.
Miao!
Di
nuovo, forte sta volta, il miagolio sconosciuto;
André lascia di colpo il corpo, che torna scompostamente
sdraiato sulle rocce,
e si ritrova coperto di sangue; sangue che prima non aveva notato.
Torna
di nuovo a correre più velocemente possibile,
evitando di un pelo di essere investito da un’auto, poi
tagliando per il campo
di girasoli, e infine fiondandosi nel vialetto di casa spalancando il
cancelletto rosso con una spinta. Si fionda dentro casa passando dalla
porta-finestra aperta; attraversa la cucina sempre di fretta, poi
giunge in
salotto, deciso a raggiungere la camera.
«Louis
aspetta, aspetta!» lo ferma la madre,
arrivata da poco e ancora nel salotto.
«Lasciami!
Lasciami stare!» grida, terrorizzato,
sconvolto «L’ho uccisa! L’ho uccisa
io!»
Lei
lo stringe a sé ancor più forte, ribadendo:
«Calmati
Louis, calmati!»
«Sono
André! André!» grida lui, chiudendo con
forza
gli occhi, isterico.
Il
corpo della madre si irrigidisce di colpo;
afferra il ragazzo per le braccia e lo tiene fermo e dritto in piedi
per
guardarlo decisa in volto.
«No,
Louis. Non sei André. Sei tu,
sei tu e basta»
la voce ferma è tradita dagli
occhi da cui traspare una profonda afflizione e stanchezza. Si sente
stanchezza
anche nel suo tono, così come una forte malinconia.
André
sbatte più volte le palpebre, più confuso che
mai.
«Io
sono André» ripete, spento, lontano, con lo
sguardo perso nel vuoto «Louis... Louis
è...»
«“È ”
dove?» chiede sua madre, ferma.
Il
ragazzo impiega qualche istante per rispondere.
«È...
è di sopra, nel bagno» riesce a dire a fatica,
ancora confuso.
La
madre trattiene a stento un sospiro teso.
«E
va bene» dice e lo prende per un polso,
costringendolo a seguirla di sopra.
Giunti
davanti il bagno, la donna raccoglie la
chiave che il giovane aveva lasciato precedentemente cadere a terra e
apre la
porta.
«Dov’è?»
insiste lei, mostrandogli il bagno. Vuoto.
André
spalanca gli occhi.
«Come
ha fatto ad uscire?» si ritrova a chiedersi,
colto da un brivido.
«Qui
non c’è perché sei tu, Louis»
la donna è
tornata a guardarlo negli occhi.
«No!»
esclama lui con decisione «Io sono...»
«Vuoi
altre prove?» lo interrompe lei, aprendo la
porta della loro cameretta con una mano.
Lo
costringe poi a guardare dentro.
«Non
ci sono mai stati due letti, vedi? Ce n’è uno,
solo uno»
Il
ragazzo rimane immobile a guardare.
Solo
un letto... solo un letto dentro quella stanza.
«No...»
mormora, mentre i tremiti si intensificano.
«Tutto
questo perché c’è una
sola persona: Louis. Tu»
conclude lei «E tu non hai ucciso Marie»
«No...
no...» André scuote un po’ il capo,
scioccato, e abbassa gli occhi sui suoi abiti: questi, che prima
credeva
sporchi totalmente di sangue, sono solo sudati a causa della corsa, ma
per
niente macchiati di rosso.
La
madre lo porta davanti lo specchio ovale della
stanza.
«Guarda»
gli dice, mostrandogli il suo volto.
Il
ragazzo si costringe a guardare, sbiancando.
Nota
la fasciatura sul naso, così come l’occhio
gonfio, a causa dei pugni; ma, allo stesso tempo, si accorge di avere
un labbro
ferito e un cerotto sul sopracciglio destro. Lentamente, si alza la
mano
destra: è fasciata e in quel momento percepisce che gli fa
male.
«Non
è... non è vero... non...» balbetta,
colto ora
dal panico «Non è... possibile...»
Si
sente svenire e tutto si fa buio.
Continua...
E mentre ci avviciniamo sempre di più alla conclusione, la
verità inizia a venir fuori...
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e... a presto! :)
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Capitolo
8
Il
ragazzo torna in sé lentamente.
Vede
sua madre al suo fianco; gli tiene un panno
fresco sulla fronte.
«Hai
un po’ di febbre...» sussurra lei, guardandolo
con uno sguardo dolce e premuroso, ma preoccupato allo stesso tempo.
Lui
sospira, annuendo con il capo.
La
donna rimane qualche attimo in silenzio, poi mormora:
«...
Louis?»
Il
giovane le rivolge lo sguardo; uno sguardo mesto,
profondo.
«Sì...»
conferma stancamente.
«Louis
e... basta?» chiede ancora conferma.
Lui
le fa cenno di sì con la testa.
«Louis
e basta»
La
madre lo aiuta a sedersi, poi si accomoda al suo
fianco.
Si
trovano sul letto del ragazzo, è quasi sera.
Rimangono
in silenzio per un po’; lui ha lo sguardo
fisso nel vuoto, lei lo guarda apprensiva.
«Che
cosa...» esordisce Louis ad un certo punto,
senza muoversi «Da cosa è nato
André?»
La
donna capisce il senso della domanda allora
inizia a raccontare.
«Sei
anni fa è morto tuo padre. Avevi quasi dodici
anni, ricordi?»
Louis
impiega qualche secondo per rispondere.
«Mi
ricordo»
«È
accaduto in un incidente stradale. Lui stava...»
«Stava
venendo a prendermi» conclude per lei il
ragazzo con un tuffo al cuore e una smorfia addolorata.
Il
ricordo di quel giorno si fa improvvisamente
nitido.
Lui
giocava nel campetto di calcio di fronte la casa
di un amico; i due bambini erano gli unici rimasti visto che si era
fatto buio
ed era arrivata l’ora di cena. Ma si divertivano troppo,
nonostante Louis se ne
sarebbe dovuto andare al tramonto. Suo padre era in pensiero per lui,
per
questo motivo aveva preso la macchina per raggiungerlo; appena dieci
minuti di
strada con l’auto, mentre a piedi ci avrebbe impiegato
nemmeno mezzora. Eppure
è accaduto; una curva percorsa un po’ troppo
velocemente, la vecchia auto che
sbanda e finisce per rotolare giù per un fosso, e suo padre
morto nel colpo.
Morto a causa sua.
«Stava
venendo a prendermi...» riprende Louis con le
lacrime agli occhi e la disperazione nella voce «È
colpa mia se è morto...»
La
madre gli cinge le spalle con un braccio,
accarezzandogli il capo.
«Non
è vero, Louis, non è vero» gli dice per
rassicuralo, anche lei toccata dal ricordo del marito
«È stata solamente una
fatalità. Se tuo padre fosse ancora qui ti direbbe che va
tutto bene, che tu
non ne hai colpa»
«Ma
lui non c’è più» il ragazzo
le rivolge uno sguardo
angosciato «È morto perché doveva
venire da me... ho determinato io la sua
morte!»
La
donna trae un breve sospiro triste.
«Ora
capisci Louis? È nato tutto da questo» gli
accarezza
una guancia dolcemente.
Lui
rimane in ascolto.
«Una
parte di te si angosciava al pensiero, mentre
l’altra venne invasa da una rabbia, un frustrazione
così intensa, perché
riteneva quella morte ingiusta, priva di senso, che tutto questo
determinò una rottura
dentro di te, una separazione
del tuo essere... le due parti si divisero nettamente e il tuo dolore
creò
André, ovvero quella parte di te nella quale si concentrava
tutto quel rancore
che ti portavi dentro. Il dolore, invece, rimase in Louis, divorandolo,
e
facendolo lentamente appassire.
È
stato un passaggio graduale. Nei primi due anni ti
ho portato tutti i giorni da uno psicanalista per aiutarti a superare
quel
dolore e devo dire che pian piano ci stavi riuscendo. Così
abbiamo smesso di
andarci, ma è stato un errore. Con il passare degli anni il
tuo... malessere psicologico
è peggiorato, fino
a portare ad una separazione del tuo essere. Alla creazione di
André» fa una
pausa per trarre un sospiro.
Louis
non riesce a dire nulla, in parte sorpreso, in
parte confuso. Sembra tutto così assurdo... ma dentro di
sé, in qualche modo,
sa che è la verità.
«Non
ti ho portato più da quello psicologo» riprende
lei «Credevo ti servisse solamente cambiare aria... credevo
di riuscire a guarirti da sola. Per
questo ti ho
portato qui, su questa piccola isola, dove ho trovato un lavoro e ho
iniziato a
farti scuola privata. I primi tempi sembrava andare meglio; eri
riuscito
persino a farti degli amici in questo paesino e in quello adiacente.
Credevo
andasse tutto bene... mi sbagliavo. Troppo tardi ho capito che Louis
cercava di
integrarsi qui, in questo paese, mentre André
tentava di scappare il più lontano possibile, frequentando
brutta gente lontano
da casa. Inoltre Louis era sempra più triste e... hai
tentato un paio di volte
a tagliarti le vene dei polsi e un giorno sono riuscita appena in tempo
a
salvarti con una lavanda gastrica dopo che avevi ingerito un medicinale
in
grande quantità»
Si
ferma con gli occhi lucidi.
Louis
rimane ancora silenzioso, non riuscendo a
focalizzare bene i fatti che sua madre gli sta raccontando. Ha bisogno
ancora
di sapere.
La
donna prende un bel respiro e continua, notando
di avere la sua attenzione:
«Così,
circa un anno e mezzo fa, ho iniziato ad
impedirti di uscire la sera, oppure ti facevo controllare di nascosto
da alcuni
miei amici quando andavi in giro da solo; ho iniziato a tenere da parte
alcune
taniche di benzina in modo da fare rifornimento solo la mattina per
andare al
lavoro e impedirti quindi di andartene con la macchina,
perché la sera era
sempre a secco. Credevo ancora di riuscire a guarirti... è
stato un errore. Non
miglioravi, anzi; andava sempre peggio. André era sempre
più furioso,
nevrotico, mentre Louis sempre così depresso e con istinti
suicida... una cosa
terribile»
Il
ragazzo abbassa lo sguardo, colto da un capogiro.
Sembra tutto così assurdo... ma anche così vero.
La
madre gli concede qualche attimo di tempo per
digerire tutte quelle notizie sconvolgenti. Sa bene che il giovane
è confuso e
spaesato... forse non ha nessun ricordo di tutto questo. Glielo legge
negli
occhi, il suo smarrimento.
«E
quindi...» mormora lui d’un tratto, con gli occhi
tremanti «E quindi anche Marie è... è
un’illusione?» pronuncia l’ultima parola
con una stretta al cuore. L’ha amata così tanto...
la ama ancora. Si è
inventato tutto, persino quell’amore?
Inaspettatamente,
la donna scuote il capo,
rispondendo lentamente:
«No,
Louis. Marie è veramente esistita»
Lui
la guarda con occhi spalancati dallo stupore.
La
donna si alza e va a prendere una cosa fuori
dalla stanza. Il ragazzo non sa bene dove sia andata; torna poco dopo
con un
piccolo album di foto.
Glielo
tende.
Lui
lo afferra tremante. L’album ha una copertina di
pelle blu notte, morbida; quel contatto gli ricorda qualcosa, come un
deja-vu,
di nuovo, ma non riesce bene a spiegarsi il perché.
Mentre
lo apre con cautela, curioso quanto nervoso
di sapere, sua madre spiega:
«La
conoscevi da sempre»
La
prima foto, perfettamente conservata, ritrae
Louis, un bambino di appena quattro anni vestito con un grembiule blu,
accanto
una bimba della stessa età, pallida e lentigginosa, dai
capelli arancio
raccolti in una treccia. Si stanno facendo scherzosamente la
linguaccia, uno di
fronte all’altro.
Quella
è Marie.
Louis
trattiene il fiato.
Ma
certo, ma certo... l’asilo. Andavano all’asilo
insieme.
Voltando
pagina ritrova una foto di classe delle
elementari; si trova subito, secco come uno stecco tra i bambini
più bassi,
imbronciato perché lo avevano sistemato di fianco a Jean, un
bambino che gli
stava molto antipatico. E nelle ultime file, tra le più
alte, si trova lei, di
nuovo Marie; graziosa e allegra nel suo grembiule bianco e rosa e
capelli
ancora raccolti.
Anche
le elementari...
Un
improvviso ricordo fa fremere il ragazzo.
Marie
chiude la piccola mano a pugno e tende il mignolo verso di lui.
«Coraggio,
stringi!»
Louis
fa lo stesso e così vanno ad incrociare i loro mignoli.
«Saremo
per sempre amici! Questa è una promessa!»
scandisce lei limpidamente, con la
piccola e candida voce di una bambina di nove anni.
«Sì!»
esulta lui, allegro.
Lei
ride, scuotendo i bei capelli legati in simpatici codini sopra il capo.
Quel
sorriso lo ha sempre incantato.
«Quando
entrambi avevate dieci anni, lei e i suoi
nonni se ne andarono dalla città, trasferendosi
altrove» riprende sua madre,
riscuotendolo «Senza che lo sapessi, loro si erano trasferiti
qui, in questo
isolotto. Proprio qui, infatti, hai ritrovato Marie, circa un anno e
mezzo
fa... e vi siete innamorati»
Louis
alza entrambe le sopracciglia.
Sì...
sì, ora ricorda. Era una splendida giornata
quando l’aveva riconosciuta seduta in riva al mare, con
indosso solo un abito
leggero che lasciava trasparire il costume rosso come i suoi capelli...
era
stato subito amore; e come non poteva non essere così?
Marie, così bella, così
dolce, così perfetta...
«Ma...»
dice lui a quel punto, adombrandosi «Ma
adesso... dov’è?»
La
donna tira un po’ le labbra, tesa e addolorata.
«Credevo
ti ricordassi...» mormora, dispiaciuta.
Lui
fa un leggero cenno di no con il capo, iniziando
ad intuire, incupendosi.
Sua
madre sospira.
«Marie
non c’è più, Louis» lo guarda
tristemente «È
morta da un anno, ormai»
Continua...
Scusate l'enorme ritardo nell'aggiornamento, ma sono stata sommersa da
una marea di impegni!!!
Questo è il penultimo capitolo, poi avremo l'ultimo e
l'epilogo... spero vi sia piaciuto e alla prossima! :)
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Capitolo 9
Le labbra del ragazzo fremono, come i suoi occhi.
Le lacrime scivolando silenziose lungo la sua pelle e le mani vanno a stringere con forza le coperte.
Ora sì, si ricorda. Si ricorda perfettamente.
Marie è morta.
Come anticipando un suo pensiero, sua madre si sbriga a rassicurarlo:
«Louis, nemmeno la sua morte è stata a causa tua».
Lui, con gli occhi lucidi, scuote un po’ il capo, confuso.
«Perché mi dici questo?» chiede, senza capire realmente.
«Perché ti sei sempre incolpato anche della sua, di morte» trae un breve sospiro «Se proprio vogliamo incolpare qualcuno, possiamo incolpare quel gatto».
Louis si pietrifica.
«Il... gatto?» deglutisce a fatica «Quale gatto?».
«Non ricordi? La seguiva spesso, perché lei gli dava da mangiare... in realtà era un randagio» sfoglia l’album di foto, fino a soffermarsi quasi in fondo «Gli aveva fatto una foto e te l’aveva regalata... eccolo. Micio, lo chiamava».
Louis abbassa gli occhi sulla foto; questa ritrae un micetto bianco e nero dal simpatico muso e gli occhi di un giallo acceso.
Inorridito, chiude di scatto l’album con un gemito, colto da un’improvvisa immagine.
Marie che cade dal faro con un urlo e lui che non può far altro che assistere.
«No, no!» si avvicina le gambe al petto, abbracciandosele, e affonda il viso tra di esse, tremando e singhiozzando con disperazione.
«Louis! Louis!» la madre va ad abbracciarlo, ma lui la scosta con un braccio senza alzare il capo.
«Non mi toccare! Marie! Marie, no!» grida, angosciato, strizzando gli occhi carichi di lacrime.
«Ti prego, Louis... lo so che è dura, ma devi accettare ciò che è successo» anche lei è tornata a piangere, così triste nel vederlo in quello stato «Se solo tu ricordassi, sarebbe tutto più facile...».
«Ma io mi ricordo!» prorompe allora lui, alzando gli occhi su sua madre, con il volto una maschera di sofferenza «Per questo... per questo sto così male...» aggiunge, abbassando il tono della voce.
Torna di nuovo ad affondare il capo tra le ginocchia, mentre ricordi insistenti e lucidi vorticano nella sua mente.
«Louis? Sei davvero tu?» è così sorpresa nel vederlo, ma, allo stesso tempo, è felice; il ragazzo glielo legge negli occhi.
Louis allarga le braccia, facendo intendere di volerla abbracciare, colto anche lui da una contentezza inimmaginabile.
Marie allora si alza in piedi e lo raggiunge di corsa, stringendosi forte a lui.
«Sono così contenta di vederti!» gli dice sinceramente, scoppiando a piangere.
«Mi sei mancata così tanto» le sussurra lui, piangendo a sua volta.
Tornano a guardarsi negli occhi, complici e legati da una sorta di filo indistruttibile, che non è riuscito a separarli nemmeno in tutti quegli anni.
«Marie... io ti amo» le dice spontaneamente, poco dopo che si sono seduti sugli scogli per rimirare il mare in quella bellissima notte.
Lei dischiude le labbra, colta da una forte emozione, e rimane a guardarlo in silenzio, come se non sapesse cosa dire.
«L’ho capito quando ci siamo rivisti la settimana scorsa dopo tutto questo tempo» continua Louis, non riuscendo a fermarsi; le afferra una mano e lei sussulta al piacevole contatto «Ed è diventata una conferma in questi giorni, in queste sere in cui siamo usciti insieme, in queste mattine in cui siamo andati insieme in biblioteca... Marie, io ti amo. Sono così certo del mio sentimento che te ne parlo senza dubbio alcuno. Anzi, lo urlerò alla notte per te!»
Le lascia la mano e si alza in piedi, sotto lo sguardo stupito della ragazza. Si porta entrambe le mani intorno la bocca e urla al cielo:
«Io ti amo, Marie!»
Lei inizia a piangere, commossa. Si alza a sua volta, mentre Louis torna a guardarla, e si mette dritta al suo fianco, portando anche lei le mani alla bocca e urlando con gioia alle stelle:
«E io amo te, Louis!»
Ora si guardano negli occhi e si avvicinano fino ad abbracciarsi.
Mai un bacio ha avuto sapore più dolce.
Il fiato caldo della ragazza sotto di sé va a legarsi al suo, mentre entrambi ansimano leggermente.
Nient’altro che nuvolette d’aria, semivisibili nel blu cupo di quella notte stellata, che si infrangono sui loro visi, mentre le loro labbra tornano a sorridersi.
Louis si abbassa fino a sfiorare la punta del naso di Marie con la sua, strisciando poi la mano sulla sabbia per immergere le dita tra i fluenti capelli rossi vaporosamente posati sui fini granelli umidi e freddi. L’altra mano del ragazzo va ad accarezzare il braccio nudo di lei, scoprendolo gelato a causa dell’aria pungente.
Anche Marie si muove, alzando le braccia ed abbracciando i fianchi nudi del ragazzo, che freme, un po’ per il freddo, un po’ per l’emozione.
«Sei ghiacciata, amore mio...» mormora lui, scostandole delicatamente una ciocca da davanti il viso.
«Anche tu...» ribatte lei con un piccolo sorriso.
Louis scosta la mano che teneva sul suo braccio per andarla a posare dolcemente sul seno scoperto di Marie, mormorandole sinceramente:
«È stato così bello...»
Lei gli posa una mano sulla guancia, dicendo con il suo sorriso:
«Ti amo, Louis»
Un vortice rapido di emozioni e ricordi e immagini; il sorriso di Marie, i loro baci, la felicità di quei giorni, la prima discussione poi risolta facendo l’amore, di nuovo il suo sorriso, le giornate sempre così belle al suo fianco, la biblioteca... il gatto.
Louis stringe ancor più forte gli occhi, mentre quell’ultimo ricordo lo assale.
Un miagolio distrae la loro lettura.
Marie si guarda subito intorno, in cerca di Micio.
«Accidenti, fin quassù mi ha seguita?» nella sua voce c’è un misto tra scocciato e divertito.
Si alza per cercarlo tra i tavoli sotto lo sguardo dolce di Louis, che ha un piccolo sorriso sereno dipinto sul volto.
«Sei troppo buona con quel gatto» le fa notare senza rimprovero nella voce, bensì tanta tenerezza.
Lei ride, senza smettere di cercare.
«Il fatto è che Micio è così carino!»
«Ammetto di essere geloso di quel gatto».
«Ma piantala!»
Si mettono entrambi a ridere, tranquilli perché quella sala della biblioteca è ancora vuota e quindi non disturbano nessuno.
Finalmente Marie riesce a capire da che parte provengono i miagolii.
Si affaccia ad un grosso finestrone aperto; il davanzale è effettivamente un po’ basso, le arriva appena ai fianchi.
«Micio!» esclama con sorpresa, trovandolo in piedi sul cornicione esterno «Ma come sei arrivato lì?»
Il gattino miagola ancora, spaventato.
Louis si volta indietro verso di lei, rimanendo ancora seduto, e l’ammonisce, preoccupato:
«Stai attenta, amore».
«Sì, sì: mi basta solo sporgermi un altro po’...» risponde lei noncurante, allungando un braccio verso il gattino.
Si sporge un po’ di più e riesce ad afferrarlo per la groppa, pronta a tirarlo dentro. Ma il gatto, terrorizzato dall’altezza, si scansa di colpo indietro con un miagolio, facendola sbilanciare.
«No, Micio! Non... Ah!» strilla Marie, troppo allungata in avanti, perdendo di colpo l’equilibrio e cadendo nel vuoto insieme al gatto.
«MARIE!» urla Louis con tutto il fiato che ha in corpo, affacciandosi alla finestra proprio nell’istante in cui, con uno schizzo di sangue scuro, Marie si ritrova tra gli scogli sottostanti...
«Marie!» ripete lui, disperato, con sua madre che lo abbraccia forte.
Si lascia andare alle lacrime tra le sue braccia, non riuscendo a trovare conforto.
«Perché tutte le persone a cui tengo muoiono?» singhiozza, stringendosi a sua madre e serrando le palpebre «Che cos’ho che non va?»
«Niente, Louis, niente» gli accarezza il capo, toccata dal suo dolore «Mi dispiace, tesoro mio, mi dispiace così tanto... credimi...»
Ci vogliono lunghi e interminabili minuti prima che Louis riesca a calmarsi. Smette pian piano di tremare e il respiro si fa un po’ più regolare, ma gli occhi ora sono gonfi e arrossati e ancora carichi di lacrime.
Ormai si è fatto buio e sua madre è rimasta al suo fianco tutto il tempo; gli sta ancora accarezzando il capo in silenzio.
Lui, inaspettatamente, si stacca da lei e si raddrizza, fissando cupamente il vuoto.
Sua madre attende che sia il ragazzo ad iniziare a parlare per primo.
Louis esita ancora qualche attimo, poi trae un bel sospiro e chiede con la voce rauca di chi, come lui, ha pianto a lungo:
«È successo un anno fa?»
La madre annuisce con il capo.
Lui sospira ancora.
«Che fine aveva fatto André in quei mesi in cui stavo con lei?»
La donna, dapprima sorpresa dalla lucidità della domanda, va a rispondere con calma:
«Inizialmente, nei primi giorni in cui avevi iniziato a frequentare Marie, André era ancora presente. Marie aveva intuito che in te ci fosse qualcosa di... strano, ed era venuta da me a parlarmene. Le raccontai tutto, come mi chiese, e rimasi stupida di fronte la sua reazione. Non sembrava affatto preoccupata, anzi, mi disse di volermi aiutare a guarirti. Infatti aveva notato che con lei sia Louis che André si comportavano nella stessa maniera; erano dolci, divertenti e innamorati. Anch’io notai un cambiamento in entrambe le due personalità; lentamente si stavano riconciliando, tornando ad essere lo stesso ragazzo allegro, gentile e dolce di un tempo. Marie stava compiendo un miracolo.
All’inizio, tra le due personalità ci fu uno scontro. Ti sorpresi spesso a litigare con l’altro te stesso, cosa che era avvenuta anche altre volte, ma ora era diverso. Era sempre Louis a vincere, ad avere ragione.
Poi accadde d’un tratto: André se ne andò. Tu lo giustificasti dicendo che “era scappato di casa; sta volta per sempre”, ma per me questa era più di una vittoria: era una vera gioia. Il mio Louis era ritornato!» mostra un leggero sorriso spontaneo, poi riprende a raccontare:
«Non smisi mai di ringraziare Marie. Mi disse che nei primi giorni era stato così difficile frequentarti perché a volte ti presentavi a lei come Louis, mentre altre eri André. E quando era venuta a sapere da entrambi che i “due fratelli” se la stavano contendendo, ambedue innamorati di lei, e quindi quando si era trovata davanti ad una scelta, ha rischiato tutto: ha dichiarato a Louis di amare lui, perché era quello reale, mentre ha lasciato André, che quindi è “scappato di casa”. Ma aveva funzionato! Eri tornato in te, Louis, e presto ti avremmo raccontato la verità, facendoti accettare una volta per tutte che ormai André era solo un ricordo lontano; sapevamo avresti capito e l’amore di Marie e il tuo amore per lei ti avrebbero aiutato ad andare avanti.
Stava andando tutto benissimo... finché non è accaduto ciò che è accaduto».
Sta volta sospirano entrambi e poi tornano a guardarsi con gli occhi lucidi.
«Appena Marie è morta» riprende sua madre tristemente «André è tornato. Sta volta lo shock è stato ancor più violento che, oltre André, sono arrivate le immaginazioni».
Louis si mostra cupo, intuendo che cosa intenda sua madre.
«Ricominciavi a vedere Marie, ad uscire con lei, a baciarla... e quindi di nuovo il conflitto con tuo “fratello”, solo che sta volta non finiva mai bene. Ti incolpavi così tanto della morte di Marie, perché non eri riuscito ad impedirla, che nella tua immaginazione la uccidevi davvero tu. E ogni volta tornavi a sconvolgerti più di prima...»
«Aspetta un attimo» la interrompe, confuso, e sua madre capisce che sono arrivati al temuto “punto cruciale”.
«Che cosa intendi con...?»
«Louis» lei gli afferra una mano, comprensiva quanto sofferente «Questa è la terza volta che facciamo lo stesso discorso nell’ultimo anno. Da quando è morta Marie, nella tua immaginazione tu l’hai uccisa altre tre volte»
Louis sbatte più volte le palpebre, confuso.
«Non ti seguo» confessa, spaesato.
«Dopo appena un mese dalla sua morte, e dal tuo peggioramento, sei tornato a casa in preda alle allucinazioni, convinto di averla spinta giù dall’ultimo piano della biblioteca» gli spiega con un sospiro stanco e malinconico «Allora ho dovuto farti tornare in te, dimostrandoti che André non esiste e spiegandoti come sono andate realmente le cose. Devo dire che ti sei un po’ ripreso; André era scomparso di nuovo e per tutto il mese successivo era andato tutto abbastanza bene... finché non sei ricaduto di nuovo nella follia».
Louis è davvero incredulo. Non riesce a capire; non ricorda quello che sua madre gli sta dicendo...
«Cos...?» fa, stupito, ma lei riprende subito a dire:
«Sta volta André e Marie sono rimasti per più tempo, prima che il tutto finisse nella stessa identica tragedia della prima volta; più di tre mesi, poi, di nuovo, sei tornato a casa sconvolto, dicendo di averla uccisa. Per riprenderti ci hai impiegato di più; per diversi giorni hai evitato di mangiare e te ne stavi in camera a piangere. Poi un giorno hai smesso semplicemente di piangere e sei tornato ad essere te. Pensavo che quella fosse la volta decisiva, visto che avevi impiegato più tempo; credevo che avessi finalmente accettato il dolore e messo alle spalle quanto successo.
Mi sono sbagliata» fa una pausa, scuotendo il capo «Il mese scorso, o poco più, André è sceso in cucina a fare colazione con i suoi soliti modi scontrosi. Non ho detto niente, non ho fatto niente... ho aspettato semplicemente che arrivasse il giorno in cui il tutto sarebbe sfociato nell’assassinio di Marie per poterti, di nuovo, raccontare la verità».
Louis è sconvolto da quelle rivelazioni. Non ricorda niente, niente, di tutto ciò...
«Louis»
Il tono dispiaciuto e sofferente di sua madre lo fa rabbrividire.
«Louis, perdonami... perdonami, ti prego, ma ho preso una decisione» gli occhi le brillano di lucide lacrime «Ho... ho deciso che... che se sta volta torneranno di nuovo André e Marie... se sta volta non riuscirò ad impedirne il ritorno... ti porterò ad un istituto psichiatrico».
Louis ha un tuffo al cuore e sua madre si porta una mano sul viso, piangendo.
«Non riesco più a sopportare tutto questo... perdonami, Louis...».
Il ragazzo abbassa lo sguardo, mesto.
Come può avercela con sua madre? È sempre stata così forte... ma dentro è fragile e ora è arrivata al limite.
La donna va a stringergli una mano e lui ricambia la stretta dolcemente.
Non può che darle ragione e volerle bene, per aver sopportato tutto questo in tutto questo tempo... solo per lui. |
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Capitolo 10 *** Epilogo ***
Dopo tanto tanto tempo, eccomi qua a concludere questa storia :)
Il mio stile è un po' cambiato nel tempo, ma sono ancora molto soddisfatta di questo racconto. Per chi se lo fosse perso, spero abbiate apprezzato la lettura. ^^
Epilogo
Se sta volta torneranno di nuovo André e Marie... se sta volta non riuscirò ad impedirne il ritorno... ti porterò ad un istituto psichiatrico.
Louis sospira per l’ennesima volta.
Sua madre ha ragione, è il momento di darci un taglio.
Posa il mento sul palmo della mano, appoggiando poi il gomito sulla scrivania e guardando fuori.
A detta di sua madre, si trovano a fine estate. Non lo sapeva, questo.
In effetti, l’aria si è fatta un po’ più fresca e oggi il sole è coperto da soffici nubi candide. Comunque, in quell’isola, il clima rimane abbastanza piacevole anche durante l’inverno; insomma, non si sta male.
Fa vagare la mente, osservando il cielo perlaceo e ripensando a quante cose gli ha detto sua madre l’altro giorno.
Ti porterò ad un istituto psichiatrico.
È arrivato a capire che sarebbe meglio evitarlo; non vuole andare in un istituto.
Per tutta la settimana sua madre è rimasta a casa con lui, osservandolo e sostenendolo. Louis non ha dato segni di squilibrio; è rimasto tranquillo, parlando poco e a volte preferendo non mangiare. Però non ha pianto più; forse ha esaurito le lacrime. Secondo sua madre potrebbe essere un buon segno. E quel giorno è tornata al lavoro.
Louis abbassa gli occhi, rivolgendo l’attenzione all’album di foto che ha di fronte a sé sulla scrivania.
Si mette dritto sulla sedia e inizia a sfogliarlo lentamente, soffermandosi sulle foto che lo colpiscono di più ed evitando di proposito quella in cui è ritratto il gatto; gli mette ancora i brividi.
Sfoglia le pagine con la mano sinistra, visto che la destra è ancora fasciata. Sua madre gli ha detto che è stato uno spettacolo agghiacciante: si stava colpendo da solo. È strano veramente il fatto che lui credeva che fosse tutto reale... cosa non può fare la mente! Ecco perché la psicologia lo affascina da sempre.
Si sofferma su una delle ultime immagini.
È un primo piano di Marie; alle sue spalle c’è il mare. Sorride delicatamente, con gli occhi verdi che brillano, dolci, e con le simpatiche lentiggini in risalto sulla pelle avorio. Oh, che bella che è!
Louis sospira di nuovo.
Istituto...
Socchiude un po’ gli occhi, con lo sguardo ancora fisso sull’immagine.
Ti porterò ad un istituto...
Come sei bella, Marie.
Chiude serenamente gli occhi, con il pensiero di lei inciso nella sua mente.
Ti porterò... ti porterò... istituto psichiatrico...
«Sei proprio uno stupido, Louis» commenta André con quell’aria da superiore, alzando un sopracciglio «Non riesci proprio a fare a meno di me?»
«Ti sbagli, André» ribatte Louis tranquillamente, riaprendo gli occhi e tornando a rivolgere l’attenzione alla foto, ignorando il riflesso di suo fratello allo specchio, che nota è seduto sul suo letto.
«Il fatto è che... non riesco a fare a meno di lei» spiega Louis con un sospiro.
André scuote il capo, deridendolo aspramente:
«E sei disposto a farti rinchiudere per rivederla?»
«Se accetto il fatto che tu sei reale, allora riuscirò anche a rivedere lei» afferma l’altro, accarezzando l’immagine dolcemente «Se ricadere nella pazzia è il prezzo che devo pagare per stare di nuovo con lei, allora mi sta bene».
«Sei proprio uno stupido» ribadisce André.
Louis lo ignora volutamente e si concentra, cercando di focalizzare la figura di Marie. Come fare per incontrarla di nuovo? Come ha fatto tutte le altre volte? Credeva che, appena riapparso André, Marie sarebbe apparsa insieme a lui, invece... invece ancora non c’è.
Improvvisamente ha l’illuminazione.
La prossima volta che vorrai morire, pensa a me Louis... Io sarò lì per chiederti di non farlo.
Queste parole Marie gliel’ha dette veramente, ne è certo. Forse era venuta a sapere dei suoi precedenti tentativi di suicidio, ecco perché gli aveva detto questo... è vero, le sue erano immaginazioni, ma erano ispirate a fatti veramente accaduti. Per davvero un giorno avevano corso tra quei girasoli e lei aveva pronunciato quella frase. Una frase che gli è rimasta impressa nella mente e in quel momento capisce che è così che è riuscito a rivederla tutte le altre volte.
E ti salverò la vita.
Si alza in piedi di scatto, passando davanti André, ancora seduto sul letto con un sorriso soddisfatto, e corre in soffitta, fino ad uscire di fuori sul tetto.
Ecco, così era accaduto le altre volte; ora si ricorda davvero tutto.
Mentre guarda di sotto il bel giardino, con i capelli al lieve vento, gli viene da pensare che forse è ancora in tempo per tornare indietro... in qualche modo sa per certo che, appena riapparirà Marie, lui dimenticherà tutto di nuovo e la storia si ripeterà daccapo. E sua madre sarà costretta a farlo rinchiudere in un istituto.
Sì... magari sarebbe meglio evitare tutto questo... ma sa che non può.
Come potrebbe vivere senza Marie? Non può, non può; non senza di lei.
Scusami mamma... ma devo farlo... spero tu possa capire.
È il suo ultimo, lucido pensiero.
Alza gli occhi in alto, seguendo uno stormo di uccelli; forse sta emigrando verso paesi più caldi.
Inspira l’aria a pieni polmoni, godendo di quella bella sensazione; con la mente sta già volando in alto insieme gli uccelli.
Allunga il piede, pronto a farlo, scacciando via tutti i pensieri.
Inizia a chinarsi in avanti, preparandosi a cadere di sotto e, chissà, finalmente volare.
«Ehi! Ehi! Aspetta!»
È una limpida voce a chiamarlo.
Louis si ritrae, sbilanciato, e finisce seduto sulle tegole.
Ancor prima di affacciarsi di sotto per vedere chi lo ha fermato, un leggero, ma sincero, sorriso, va a delinearsi sul suo volto, senza sapere il perché.
Oh, quant’è felice adesso!
Fine
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