La follia più sublime

di Me91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Questa storia si è classificata al Primo posto nel contest "Schizofrenici a piacimento" di miseichan, di cui vi lascio il link: Schizofrenici a piacimento
Spero che vi piaccia, buona lettura! :)

La follia più sublime

 
 
Capitolo 1
 
Il sole splende in quel limpido cielo primaverile.
Il vento, dolce e delicato, sospinge in aria petali rosa, rossi e gialli; si tengono per mano in un girotondo danzante.
E i suoi folti capelli riccioluti ruotano e ballano al vento, mentre il suo sguardo azzurro si perde intanto verso il mare.
Com’è bello il mare... l’acqua calma, appena increspata, accarezza la spiaggia candida, con un’amorevolezza simile a quella di un padre con la sua bambina tra le braccia.
Il ragazzo è incantato da tanta bellezza e tutto ciò non fa altro che incrementare il suo dolore, la sua malinconia così imprecisa, indefinita, che infine lo spinge a decidersi e alzarsi lentamente in piedi.
Chissà come sarà morire in una così bella giornata...
Pensa semplicemente, sospirando.
Oscilla un attimo, ritrovandosi poco stabile sulle tegole rosse del tetto, poi abbassa gli occhi, solo un secondo, giusto per osservare il giardino situato tre piani sotto di lui; li rialza subito dopo, attratto e incantato da quello stormo di uccelli che è appena giunto per danzare con i petali e le nuvole.
Fa vagare la mente, trovandosi a seguire quella danza con loro, leggero, spensierato; allunga lentamente una gamba, lasciando il piede sospeso nel vuoto, e chiude gli occhi, con un’aria pacata in viso, pronto a portare in avanti il peso per poi lasciarsi cadere nel vuoto e, forse, arrivare a volare davvero.
«Ehi! Ehi! Aspetta!»
Barcollando, sorpreso, si sbilancia indietro e finisce seduto sulle tegole con un tonfo, per poi sporgersi dal tetto per guardare giù.
Là sotto c’è una ragazza. È stata lei ad urlare di fermarsi e ora sta agitando le braccia, saltellando sul posto.
«Ma che fai? Sei impazzito?» esclama, allarmata «Dai, vieni giù da lì!»
Il ragazzo sbatte più volte le palpebre, confuso.
La giovane ha dei capelli rossicci, scuri, e una pelle chiara e lievemente puntellata di lentiggini, per quanto riesce a scorgere da lassù. Indossa un vestitino leggero, blu, che mette in risalto la sua bella chioma. Lei è bella. E lui, nonostante non l’abbia mai vista prima, si sente come attratto; si sente quasi al sicuro.
È questa strana sensazione che lo convince.
«Ar... arrivo» balbetta, grattandosi un attimo il capo.
Mentre inizia a gattonare fino la piccola finestra posta tra le tegole, scorge con la coda dell’occhio la ragazza portarsi una mano sul petto per trarre un sospiro, rassicurata.
«Che ti è saltato in testa?!» proferisce lei, avanzando verso il ragazzo appena uscito in giardino «Volevi davvero buttarti?»
Lui si ferma e lancia uno sguardo in alto, verso il tetto.
«Io... io credo di sì» commenta, un po’ stordito, tornando lentamente a guardare lei.
La ragazza scuote il capo, dicendo:
«Fortuna che passavo da queste parti e ti ho visto! Ma perché lo volevi fare, eh?»
Il ragazzo rimane un istante in silenzio, poi risponde sinceramente:
«Non lo so»
La giovane storce le labbra, squadrandolo da capo a piedi.
«Certo che sei un tipo strano, tu...» in quel momento allunga una mano verso di lui per presentarsi «Beh, comunque sia, la tua salvatrice si chiama Marie. Molto piacere»
Lui rimane un attimo spiazzato, poi va a stringerle la mano, dicendo:
«Io sono Louis»
La ragazza rimane come pensierosa.
«Louis...» mormora, quasi sorpresa, però poi si riprende subito:
«È un bel nome»
«Grazie» arrossisce il giovane.
Marie gli sorride.
«Dovresti usare un po’ più la testa, Louis» commenta, portandosi le mani ai fianchi «Sarebbe un peccato che un bel ragazzo come te morisse in questo modo orribile»
Louis si sente arrossire ancor di più.
«Me lo ricorderò...»
Lei sospira e dice:
«Adesso devo andare...» fa un paio di passi indietro, indicando con il capo il cancello aperto del giardino.
Lui annuisce in silenzio.
Marie gli fa un cenno con la mano e si volta.
«Marie...» la chiama, colto da uno strano impulso.
Lei gira il capo per guardarlo.
«Vorrei rivederti» ammette spontaneamente, mettendo da parte la timidezza.
Marie rimane sorpresa, con le labbra lievemente dischiuse. Si ritrova a fare cenno di sì con la testa, e mormora:
«Volentieri...»
«Allora a presto?» fa lui, speranzoso.
Lei gli concede un altro piccolo sorriso.
«A presto».
E se ne va.
Mentre scompare dietro l’angolo, Louis è attratto da un guizzo nero, simile ad una coda sottile di un gatto, che segue la ragazza.
Non vi dà peso e rientra in casa.
 
Giunto in camera, Louis va a sedersi alla scrivania accanto la finestra, mentre alle sue spalle si sentono un gemito assonnato e un fruscio di coperte.
Il ragazzo alza gli occhi verso lo specchio ovale posto di fronte a lui, proprio all’altezza del suo viso, e sospira, rivolto all’altro:
«Alla buon’ora, André»
Dallo specchio vede André tirarsi su a sedere sul letto, sbadigliare e stiracchiarsi per bene.
«Ma che ore sono?» borbotta il ragazzo, passandosi stancamente una mano tra i capelli scuri e ricci.
Louis storce le labbra e risponde:
«Le undici»
«Che cosa?!» esclama André, scansando di colpo le coperte e iniziando a frugare tra un mucchio di vestiti posati su una sedia «E perché diavolo non mi hai svegliato prima?! Tra poco torna mamma e se mi trova ancora così mi romperà le palle tutto il giorno! Se questa sera non mi fa uscire ti uccido, Louis!»
Louis ha intanto puntato lo sguardo fuori e ha appoggiato il mento al palmo di una mano, vagando tra i profili delle case in lontananza. Ignora completamente André, intento ad infilarsi i pantaloni in piedi, saltellante, con in bocca un calzino ed in mano l’altro.
«Lo sai che devi svegliarmi alla mattina, Louis! Invece di pensare solo per te, dannazione!» sbotta ancora il ragazzo, infilandosi la maglia.
Non ottenendo risposta, André si ferma e si volta a guardare l’altro, sbottando:
«Ehi, ma mi senti? Sto parlando con te!»
Louis rimane un attimo senza dire niente, poi mormora, pensieroso:
«Ci ho provato di nuovo»
André alza le sopracciglia.
«Hai provato di nuovo a buttarti di sotto?!»
Louis annuisce lentamente con il capo.
André si fa duro.
«Louis, guardarmi» gli ordina.
Questi sospira brevemente poi volta lo sguardo verso lo specchio, in cui si riflette la sua immagine e quella di André, dai suoi stessi capelli ricci, gli stessi occhi azzurri e gli stessi tratti del viso. Però, al contrario di lui, André è serio, forse arrabbiato. Anzi, sicuramente arrabbiato.
«Louis, dannazione, ne abbiamo parlato fino alla nausea» esordisce il suo gemello, stringendo i pugni con rabbia «Devi piantarla con queste tue manie suicida, hai capito? Smettila di fare l’idiota»
«André, tu non capisci...»
«Infatti! Non capisco che diamine ti passa in testa ogni volta!» esclama, esasperato «Mi dici che ne sarà di me se tu ti ammazzassi? Me lo dici?»
Louis storce le labbra, a disagio.
«Promettimi che non lo farai più» dice André seriamente.
Dopo un attimo di esitazione, il fratello annuisce con il capo, lentamente.
«Voglio che tu lo dica ad alta voce» insiste André, senza distogliere lo sguardo.
«Te lo prometto» cede Louis, affondando poi il volto tra le mani e chiudendo stancamente gli occhi.
«Bene» sentenzia il gemello, finendo di vestirsi, poi esce dalla stanza senza aggiungere altro.
 
«Sono a casa!» annuncia la donna, chiudendosi la porta alle spalle e iniziando a slacciarsi il cappotto.
Un grugnito di risposta giunge dalla cucina a fianco l’entrata.
La donna sospira, posa il cappotto all’attaccapanni e si avvia in cucina, dirigendo lo sguardo al riccioluto ragazzo intento a mangiare voracemente un pacco di patatine su una sedia di fronte la tv.
«André?» fa lei, storcendo mestamente le labbra.
«E chi altri?» sbotta lui, senza nemmeno staccare gli occhi dallo schermo su cui scorrono le immagini caotiche di una partita di basket.
Sua madre scuote un istante il capo e si avvicina ai fornelli, iniziando a tirare fuori pentole e padelle.
«Ti passerà l’appetito se ti abbuffi in quel modo» commenta senza enfasi, dando le spalle al ragazzo mentre si mette a preparare il pranzo.
«Lo dici tu»  risponde seccamente André, finendo in quel momento il sacchetto, arrotolandolo e lanciandolo sul tavolo distrattamente.
«Louis dov’è?» chiede a quel punto la donna affettando una zucchina.
«Boh, in camera» André alza le spalle, noncurante.
In quel momento la sua squadra riesce ad ottenere il canestro vincente; il ragazzo balza in piedi con un urlo euforico.
«Verrà a pranzo?» lo interroga ancora la madre, ignorando i festeggiamenti del figlio.
«E che cazzo so! Tra l’altro non m’importa» esclama André, improvvisando un balletto per celebrare quella vittoria.
Sua madre gli lancia uno sguardo pensieroso e decide di non aggiungere altro.
 
«Sta sera la festa sarà una bomba!» André si lascia cadere supino sul letto, portandosi poi le mani dietro la testa e fissando il soffitto.
«Ci saranno tutti i miei amici: non posso mancare!» aggiunge, annuendo convinto con il capo.
Louis, rannicchiato sul suo letto, evita di voltarsi verso il fratello, preferendo continuare a fissare il muro accanto a sé.
«Dov’è che la fanno?» mormora senza entusiasmo, seguendo con lo sguardo una piccola crepa sulla parete.
«Al paese vicino, ovviamente» André gli lancia uno sguardo «È lì che stanno i miei amici, mica sono come te che preferisci accontentarti di quelle mezze seghe che abbiamo qua»
«Guarda che non sono così male» sospira Louis «Non capisco che cosa ti hanno fatto»
«Sono degli stupidi secchioni, ecco cosa!» taglia corto il gemello, voltandosi dalla parte apposta all’altro, abbracciando il cuscino e mettendosi a dormire.
Louis allora si mette seduto sul letto, cingendosi le gambe con le braccia.
Il volto di Marie torna dolcemente a irradiare la sua mente.
Ha una voglia matta di rivederla!


Continua...


Ringrazio in anticipo chi ha letto e vedrò di aggiornare al più presto, in circa un paio di giorni.
Alla prossima! ;)

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
 
«Che cosa?!»
«Ho detto di no» ribadisce la donna, seria ma pacata.
André va su tutte le furie.
«Non capisco che cosa ti ho fatto per meritarmi questo!»
«Niente, non hai fatto niente» si passa una mano sul volto stanco «È solo che preferisco che tu non vada»
«Che vuol dire “preferisco che tu non vada”?» il ragazzo stringe i pugni, irato «Perché ti devi sempre immischiare nei fatti miei, eh?!»
«Perché sono tua madre» sta volta il tono si fa davvero deciso «E ti proibisco di andare a quella festa»
«Va al diavolo!» esclama il giovane con un gesto della mano, voltandosi di scatto e tornando in camera sua facendo sbattere la porta.
Lei abbassa lo sguardo, fissando il pavimento con gli occhi tremanti e un’ombra scura sul volto, poi si allontana lentamente, andando a preparare la cena.
Louis, seduto alla scrivania e intento a leggere un libro sotto la piccola abat jour, alza gli occhi verso lo specchio di fronte a lui, osservando il fratello dare prima un calcio alla sedia accanto il letto, per poi gettarsi sul materasso con il volto premuto sul cuscino.
«Qualcosa non va?» chiede tranquillamente.
«Va a quel paese, Louis» sbotta l’altro senza alzare il volto dal cuscino.
Louis sospira e torna a leggere, commentando:
«Lo sai che odia i tuoi amici. Dovevi immaginarti che ti avrebbe impedito di uscire»
«Ah, grazie tanto per il conforto!» André si porta il cuscino sopra il capo, chiudendo lì la questione.
Qualcuno bussa alla porta.
«La cena è pronta» annuncia una voce dolce.
«Grazie mamma, ma proprio oggi non ho fame... vado a dormire presto» risponde Louis, tornando a rivolgere lo sguardo fuori dalla finestra.
«Louis... stai male per caso?» si preoccupa lei.
«No, no... tutto a posto...» la rassicura, sperando non chieda spiegazioni.
La maniglia si abbassa un po’, mentre lei dice:
«Posso vederti un attimo?»
«Non provare ad entrare!» la minaccia André, mettendosi seduto sul letto con un’aria irritata «Non voglio proprio vedere la tua faccia! Vattene!»
Si sente chiaramente la donna trattenere il fiato e, forse, le lacrime.
Louis scuote il capo e, ad occhi chiusi, afferma delicatamente:
«Sto bene, mamma, davvero. A domani»
«Sì...» mormora lei, per poi allontanarsi.
André allora si alza di colpo, si porta davanti all’altra finestra della stanza e la apre con un gesto secco.
Louis torna a guardare il gemello allo specchio, alzando un sopracciglio e chiedendo:
«Scappi di nuovo?»
«Non sono affari tuoi» allunga una mano e afferra un ramo dell’albero che si trova al livello della finestra, tirandosi su sul davanzale.
«Quando pensi di tornare?» insiste Louis.
«Quando mi pare!» risponde seccamente André, per poi balzare sull’albero e scendere a terra.
Corre fino la vecchia decapottabile rossa di sua madre e vi sale dentro, mettendo in moto con le chiavi che aveva preso precedentemente in cucina, convinto di avere il permesso di andare alla festa con la macchina. Parte sulla stradina di terra con una piccola sgommata a causa delle ruote lisce, e si avvia al paese vicino, decidendo di andare comunque a quella festa.
 
«Che palle!»
Con un calcio, André colpisce la ruota della macchina, per poi appoggiarsi di peso con la schiena contro lo sportello.
«Perché mamma non si ricorda mai di fare benzina?» sospira, seccato, incrociando le braccia e lanciando uno sguardo alle luci del paese distante ancora qualche chilometro.
Gira il capo dall’altra parte, scorgendo non molto lontane le luci di casa sua; meno di mezzora a piedi.
Sospira di nuovo, alzando il volto in alto per osservare le stelle con una smorfia scocciata.
«Ciao Louis»
André volta il capo alla sua destra, attratto da quella voce dolce e allegra.
La luce argentea di quella luna luminosa gli permettere di scorgere la figura di una ragazza, ad un paio di metri dalla macchina; porta uno scialle nero sulle spalle, ma sotto è vestita con un abito leggero, rosso cupo come i capelli, mossi e fluenti, che le ricadono sulle spalle. Gli occhi verdi risplendono, lucidi e belli, risaltando sul suo viso delicato e pallido.
Il ragazzo storce un poco le labbra, pensieroso e comunque ancora seccato, ma risponde con calma:
«Louis è mio fratello. Io sono André»
«Oh, ma siete identici!» si sorprende lei, avvicinandosi e iniziando poi a curiosare dentro e intorno la macchina «Comunque io sono Marie»
«Ah...» si limita a dire l’altro, osservandola con un’aria meditabonda.
«Ma che fai?» chiede dopo un po’, tra il sorpreso e l’infastidito.
Marie si volta con un sorriso verso di lui, rispondendo:
«Hai davvero una bella macchina! Mi piacerebbe molto farci un giro...»
«Con questo catorcio?» sbuffa André, alzando le spalle «Figurati, è a secco»
«E allora come farai a tornare a casa?»
«È qui a due passi...» dice lui noncurante, portandosi le mani in tasca.
Marie si appoggia alla macchina di fianco a lui, chiedendo ancora:
«Dove andavi di bello?»
«A una festa» torna a corrucciarsi «Mia madre voleva impedirmi di andarci... quella rompipalle!»
«Beh, ad ogni modo ormai non puoi andare più da nessuna parte...» le esce una piccola risata.
André la guarda imbronciato.
«Non hai niente di meglio da fare che scocciarmi?»
«Mah, facevo solo una passeggiata...» fa spallucce, tranquilla «Non ti preoccupare, me ne vado»
Si raddrizza e fa un segno di saluto con la mano, avviandosi poi per la strada, passando proprio davanti il ragazzo.
André alza le sopracciglia, colto alla sprovvista e allarmato allo stesso tempo: in qualche modo sente di non doverla lasciarla andare... si sente bene con lei.
«Aspetta»
Le ha afferrato una mano delicatamente, fermandola.
Marie si volta indietro, piacevolmente sorpresa.
«Possiamo fare due chiacchiere... se ti va» aggiunge lui un po’ impacciato.
Perché quella ragazza gli crea così tanta confusione?
Marie gli sorride e ritorna indietro, tornando ad appoggiarsi alla macchina di fianco al ragazzo.
 
Passa diverso tempo; l’aria si fa pungente e André posa il suo giubbetto sulle spalle della ragazza, che lo ringrazia con uno sguardo così acceso e brillante da far invidia alle stelle.
Si ritrovano a parlare di tutto; della loro vita, dei loro sogni.
Marie è straordinaria. Così piena di energia, così intelligente, così... così perfetta, che André non riesce a distogliere lo sguardo da lei. Non si è mai sentito così bene con nessuno e si sente sereno e a suo agio. Riesce a confidarsi, a parlare della sua rabbia che si porta dentro dalla morte di suo padre, accaduta diversi anni prima. E si sorprende nello scoprire che parlarne con Marie è così facile, così liberatorio. E allora continuano a parlare e lei gli racconta di non aver mai conosciuto i suoi genitori, di aver sempre vissuto con i suoi nonni, ma comunque di essere felice. È una ragazza così solare che André decide di divertirla, raccontandole buffe storielle che girano per il paese vicino, oppure scherzando con lei, solleticandola, rincorrendola, fino a rotolare insieme sul ciglio della stradina sterrata, in mezzo all’erba.
Senza smettere di ridere, Marie si mette seduta e dà un’occhiata all’orologio. Lanciando un piccolo fischio, esclama:
«Accidenti! Sono quasi le tre del mattino!»
«Così tardi?» si stupisce André, verificando a sua volta «È vero!»
Marie torna a guardarlo dolcemente, dicendo:
«Forse dovrei rincasare...»
«Vuoi che ti accompagni?» si propone subito lui gentilmente.
Entrambi si alzano in piedi e lei scuote il capo, rassicurandolo:
«Abito a cinque minuti da qui, non ti preoccupare»
Rimangono ancora un attimo a guardarsi, poi lei gli concede un altro piccolo e luminoso sorriso.
«Devo andare...»
Fa un paio di passi indietro, poi si gira completamente e inizia a camminare per la strada.
André, però, non riesce a trattenersi.
«Marie!» la chiama, sporgendosi in avanti.
Lei si ferma e si volta verso di lui.
«Resta solo altri dieci minuti...»
La ragazza dischiude un po’ le labbra, esitante; vorrebbe, ma è tardi...
«Io... io non credo che...»
«Concedimi qualche minuto» André fa un altro passo avanti, quasi supplicandola «Solo per un ballo»
«Un ballo?» ripete lei, sorpresa.
«Non ho mai ballato con una ragazza e... e mi piacerebbe farlo con te» la sua voce è sincera.
Marie abbassa un attimo lo sguardo, portandosi una mano al petto; nemmeno lei ha mai ballato in vita sua e quella proposta le sembra così... così tremendamente bella.
«Non credo di saper ballare...» dice a mo’ di scusa, con un sorriso timido.
André increspa le labbra, divertito.
«Nemmeno io» ammette, sbuffando e trattenendo a stento le risate.
Il sorriso di Marie si allarga.
«Allora va bene»
Mentre lei si avvicina, André apre lo sportello della macchina e si allunga per accendere l’autoradio.
«Vediamo che cosa danno a quest’ora...» dice, cercando una frequenza “pulita”.
Girando fra le varie stazioni radio passa distrattamente in una proprio nel momento in cui inizia una canzone che fa sussultare Marie.
«Aspetta, torna indietro!»
Lui gira la manovella, fermandosi al segnale della ragazza.
«Adoro questa canzone» fa lei, sorridente come sempre «È un nuovo singolo!»
André rimane un attimo in ascolto, poi alza le spalle.
«Mai sentita» afferra la mano di Marie, guardandola intensamente mentre l’avvicina a sé «Ma questo non importa»
...
You have stolen my heart *
 
André va a cingere i fianchi della ragazza, lentamente, delicato, tanto da farla appena sussultare; Marie allora allunga le braccia, per poi appoggiare la mani sulle spalle del ragazzo, senza distogliere lo sguardo dagli occhi di lui. Iniziano quindi a muoversi a piccoli passi, girando su se stessi e muovendosi un po’ lateralmente.

Invitation only, grant farewells
Crash the best one, of the best ones
Clear liquor and cloudy eyed, too early to say goodnight
 
«È una bella canzone» si ritrova a commentare André.
«Bellissima...» mormora lei, con lo sguardo fisso sui brillanti occhi del ragazzo.
Lui avvicina impercettibilmente il viso a quello della ragazza e sussurra spontaneamente:
«Tu sei bellissima»
Il suo volto pare illuminarsi al complimento.
«Anche tu» risponde Marie, colta da un fremito.
André va a posare dolcemente una mano sulla guancia di lei, attratto dalle sue labbra rosse. Si avvicina ancora un po’, socchiudendo gli occhi; si avvicina ancora a quelle labbra irresistibili...
Marie ha appoggiato due dita sulla bocca del ragazzo, continuando a guardarlo intensamente.
«Devo proprio andare»
André rimane in silenzio, mentre lei si scioglie dall’abbraccio delicatamente. Inizia ad arretrare, guardandolo, e poi gli promette:
«Ci rivedremo presto»
Lui si limita ad annuire con il capo, ancora intento a contemplarla. Marie si volta e si allontana con calma per la strada, mentre la canzone va sfumando le ultime note alle sue spalle...
 
 You have stolen my heart...

Continua...

Nel capitolo precedente mi ero scordata di aggiungere che gli elementi che dovevo inserire erano:

Canzone:“Stolen” dei Dashboard Confessional

Luogo: Biblioteca

Fiore: Girasole

Li segnerò con un asterisco colorato.

 Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ci sentiamo tra un paio di giorni! :)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 
Il sole torna di nuovo a splendere in quella bella mattina calda. Un’aria piacevole fa ondeggiare le vaporose e pallide tende della grande finestra, donando alla sala circolare sfumature d’oro e d’argento.
In quella bella atmosfera e in quel silenzio pacifico, contornato dai canti degli uccelli, Louis dà le spalle ai vetri aperti, seduto ad un lungo tavolo con un libro tra le mani.
La bella biblioteca * comunale è ancora vuota, avendo aperto da appena mezzora, e permette a Louis di leggere in pace, lontano dai rumori del suo paesino che, seppur abbastanza tranquillo, è sempre in pieno fermento tra turisti e le varie attività agricole.
La biblioteca si trova arrampicata in una torretta che una volta era stata un faro; una vecchia ma solida costruzione, ristrutturata e composta da tre piani, ricchi di scaffalature con libri e lunghi tavoli. L’ultimo piano è il preferito di Louis, perché maggiormente baciato dalla luce del sole; per accedere ad ogni sala ci sono delle scale a chiocciola di legno massiccio, che lui di solito sale di corsa, eccitato all’idea di giungere per primo all’interno della bella biblioteca.
Eppure quel giorno si sente a disagio.
Posa improvvisamente il libro sul tavolo e si volta indietro verso la finestra.
Rimane lì immobile a fissarla.
Perché quella sensazione di stretta allo stomaco? Che cosa lo inquieta così tanto nell’osservare le tende volteggiare e il sole riflettere sui vetri aperti?
Si sente la bocca asciutta.
E perché ancora quella dannata voglia di tuffarsi nel vento?
Inaspettatamente un miagolio forte e deciso risuona nella stanza, rimbombando e stordendolo; Louis balza di colpo in piedi, guardandosi attorno assiduamente... ma del gatto non c’è traccia.
«Scusa... ti ho spaventato?»
Sussultando nuovamente, sta volta si gira verso le scale, arretrando di colpo verso il muro. Però, appena intravisto chi è stato a parlare, l’ansia svanisce del tutto, facendo posto a tante e rumorose farfalle che iniziano a rimbalzare contro le pareti del suo stomaco.
Di fronte le scale, con un piccolo libro stretto sul petto di quell’abito bianco e azzurro, si trova Marie.
«N... no» riesce a balbettare, meravigliato da tanta bellezza «Ero solo... sovrappensiero, tutto qui».
«Allora non ti dispiace se mi siedo al tavolo con te?» Marie sorride dolcemente.
«No, no! Vieni pure!» risponde subito, un po’ impacciato.
Lei si avvicina, poi posa il libro sul tavolo, davanti la postazione del ragazzo, e torna a rivolgergli un sorriso furbo, indicandolo con un dito.
«Louis, giusto?» fa, decisa.
Lui annuisce timidamente con il capo.
«Ti ricordi...»
«Oh, sì... sta notte ti ho scambiato con tuo fratello, sai? Ma adesso vi riconosco bene entrambi» gli fa l’occhiolino.
«Come? Hai conosciuto André?» Louis alza sorpreso le sopracciglia.
Ecco perché suo fratello gli sembrava così... così perso, quand’era tornato quella mattina verso le quattro. Allora non era andato alla festa?
«Sì» Marie mostra un sorriso sincero e spontaneo a quel pensiero «Mi... ha tenuto compagnia questa notte»
La piccola esitazione fa leggermente incupire Louis. Che cosa è successo tra suo fratello e quella ragazza? Avrebbe interrogato André a casa.
«Che leggi di bello?»
Louis torna alla realtà sbattendo più volte le ciglia.
«Come?»
«Cosa leggi?» chiede di nuovo lei, alzando il libro del ragazzo per leggere il titolo in copertina «Wow, L’interpretazione dei sogni di Freud! Che bel libro!» sembra davvero eccitata.
«Ti piace davvero?» il ragazzo è piacevolmente stupito; immaginava che Marie avrebbe storto le labbra o commentato “ma che libro noioso!”, come soliti fare suo fratello e qualche altro suo amico, invece...
«Ma certo! Guarda io che cosa ho preso...» alza il suo libro per mostrargli la copertina.
«Raccolta di opere di Sándor Ferenczi?» legge sorpreso Louis «Lo psicanalista ungherese?»
«Amico di Freud, tra l’altro» Marie allarga il suo sorriso.
«Come mai ti piace questo genere?» chiede lui interessato.
«Come mai piace a te?» ribatte lei ridacchiando allegramente.
Louis si fa sfuggire un sorriso divertito.
«Voglio laurearmi in psicologia» ammette spontaneo, scacciando di colpo la timidezza.
«Davvero? Che bello!» gli occhi di Marie si illuminano «Io invece leggo per hobby... mi piace “scavare” nella psiche umana»
«Potresti iscriverti anche tu a psicologia...» Louis si interrompe, arrossendo leggermente, in imbarazzo.
Ma lei gli rivolge uno sguardo dolce, commentando:
«È una bella idea...»  
Rimangono a guardarsi negli occhi, entrambi pensierosi, poi abbassano lo sguardo nello stesso istante, lasciandosi entrambi sfuggire un risolino divertito.
Marie apre il libro e lo sfoglia per cercare la pagina desiderata. Louis inizia a fare lo stesso, ma non può trattenersi nel lanciarle delle veloci occhiate, arrossendo.
Perché quella ragazza lo mette così tanto a disagio?
Riflettendo su questo, una folata di vento scuote ancora le tende e lui percepisce un groppo in gola, ricordandosi dell’ansia che provava prima fissando quella finestra alle sue spalle. Che cosa significa tutto questo?
«Louis»
Lui alza gli occhi di scatto; percepisce di stare sudando freddo.
Marie lo sta guardando, forse allarmata.
«Sei un po’ pallido, va tutto bene?»
«Certo...» esita un attimo «Cioè... non so»
Lei mostra un piccolo sorriso gentile, si alza e va a sedersi nel posto accanto a lui, che percepisce il cuore in gola da quanto gli batte forte.
«Ci sono io» lo rassicura con un profondo sguardo.
Louis non può far altro che annuire con il capo, incantato. Tornando entrambi alle loro letture.
Trascorrono un’oretta in biblioteca, poi, quando un po’ per volta iniziano ad entrare alcuni studenti, un paio di pensionati, poi tre bambini che si devono preparare per una ricerca scolastica, e quindi iniziano ad alzarsi brusii e movimenti di sedie, decidono di andare a fare una passeggiata insieme.
Escono dalla biblioteca con i libri sotto braccio, ridendo sull’acconciatura di una ragazza che avevano incrociato precedentemente sulle scale della biblioteca.
«Cioè, i capelli fucsia? Ma la decenza dov’è finita?» ride Marie, scuotendo il capo.
«E vogliamo parlare del taglio?» sbuffa Louis, ridendo a sua volta.
«Meglio di no! Ahah!»
La strada che conduce al paesino serpeggia immersa in un bellissimo campo di girasoli.
Ridendo ancora, Marie abbandona l’asfalto e si immerge tra i fiori, così alti da arrivarle al mento; continuando a correre si volta verso Louis, esortandolo a seguirla.
Lui, rimasto incantato da quella fiamma rossiccia dei suoi capelli che volteggia in quel mare giallo, si riscuote e, senza pensarci, si mette a correre a sua volta, non potendo fare a meno di ridere.
Si inseguono tra quei bellissimi fiori, finché poi lui riesce a raggiungerla e afferrarla da dietro, alla vita, alzandola un poco e facendola roteare; Marie ride sempre più forte, così allegra, così bella.
Louis non si è mai sentito così bene.
La posa a terra e lei si volta verso di lui con un sorriso bianco; si guardano ancora negli occhi intensamente, poi lei si volta e va a sedersi poco più avanti, in un punto in cui i  girasoli sono più radi. Si sdraia a terra, rivolgendo il viso al cielo, e lui si mette al suo fianco, ruotando però il capo verso di lei, rimirando la pelle d’avorio, gli occhi brillanti, le piccole lentiggini.
«Se solo avessi avuto le ali, a quest’ora sarei lassù ad ammirare questo bellissimo campo» sospira lei, osservando pensierosa uno stormo di uccelli.
Allora Louis alza gli occhi al cielo a sua volta, osservando lo stormo come lei.
«Ho pensato tante volte anch’io di voler volare...» commenta in un sussurro.
Lei gli rivolge lo sguardo.
«Perché volevi buttarti di sotto ieri?» chiede a mezza voce.
Lui socchiude gli occhi.
«Non lo so»
«Come puoi non saperlo? È una scelta importante da fare... ci dev’essere un motivo serio, non credi?»
«Probabilmente c’è» sospira brevemente «E a quanto pare me ne sono dimenticato»
Lei va inaspettatamente ad afferrargli una mano.
Louis le rivolge subito lo sguardo, colto da un piccolo brivido per quel dolce contatto, e nota piacevolmente che anche lei è attraversata da un fremito.
«I tuoi occhi sono così tristi...» Marie lo guarda profondamente addolorata «Vorrei aiutarti».
«Come?» mormora il ragazzo.
«La prossima volta che vorrai morire, pensa a me Louis... Io sarò lì per chiederti di non farlo» socchiude un po’ gli occhi, stringendo di più la presa sulla mano «E ti salverò la vita».
Louis rimane per un attimo in silenzio, poi chiede lentamente:
«Perché ti preoccupi così tanto per me?»
Anche lei ci mette un istante per rispondere.
«Non lo so...» esita ancora «Può darsi perché mi piaci».
Lui non sa che dire.
Si guardano ancora, ma poi si muovono insieme.
I loro visi si avvicinano all’unisono, finché le labbra non si toccano.
 
«Possiamo vederci domani?» le chiede, speranzoso.
Lei gli rivolge uno di quei sorrisi dolci che ama così tanto.
«Certo; alla biblioteca, che ne dici?»
«È perfetto»
Si tengono ancora per mano. Adesso sono sul ciglio della strada; fiancheggiano il campo di girasoli, mentre il pomeriggio è già iniziato da un paio d’ore.
«Ti sei un po’ scottata la pelle...» con un piccolo sorriso, Louis le sfiora una guancia arrossata.
«Oh, sì, mi capita spesso!» ridacchia lei, portandosi una mano sul viso caldo «Ma è anche vero che siamo sdraiati al sole da diverse ore...»
«Allora domani ci fermeremo all’ombra di un albero» commenta lui, allegro.
«Sì, direi!» e Marie ride ancora.
Louis, senza lasciarle la mano, va a spezzare un piccolo girasole*, per poi posaglielo su un orecchio; il giallo acceso risalta tra quei capelli rossi.
«Grazie» sorride lei, grata.
Rimangono ancora un po’ in silenzio, poi lei lancia di nuovo uno sguardo all’orologio.
«Adesso devo andare, Louis...»
«Sì...» dice lui con poco entusiasmo.
Le dita si sciolgono e a malincuore ritirano entrambi la mano.
«A domani...» dice lei e si volta, incamminandosi per strada.
Luis la guarda, non riuscendo a staccare lo sguardo, e alla fine, non potendo più trattenersi, corre verso di lei, afferrandole di nuovo la mano; Marie si gira sorpresa, e lui va a posare le dita sulla sua guancia, baciandola ancora dolcemente.
Lei ricambia, chiudendo gli occhi e appoggiando la mano libera su quella del ragazzo ancora posata sul suo viso; il bacio dura lunghi istanti, mentre qualche macchina passa al loro fianco senza che i due si accorgano di niente.
È lei a dividere ancora le labbra, ripetendo:
«Devo andare, Louis... i miei nonni saranno preoccupati».
Lui annuisce con il capo e abbassa la mano che teneva sul suo viso.
Lei inizia ad arretrare; i due ancora hanno le dita intrecciate, le braccia si allungano, poi, quando sono del tutto tese, le mani si sciolgono e sta volta Marie è costretta a correre via o non sarebbe mai riuscita ad andarsene.
Louis la osserva allontanarsi senza dire niente.
C’è silenzio intorno a lui; un silenzio strano, teso.
È un piccolo e indifeso miagolio a richiamare l’attenzione del ragazzo, che si volta immediatamente verso il campo di girasoli, poi in direzione della strada. Ma, ancora, del gatto non c’è traccia.
Un po’ inquietato, decide di andarsene, ma poi, lungo la via, torna l’euforia e la felicità a farlo sorridere.

Continua...

La storia inizia a movimentarsi (per modo di dire)! ;)
Come sempre, l'aggiornamento tra un paio di giorni! A presto!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
 
Louis rientra in casa leggero, come se camminasse tra le nuvole.
Facendo giravolte su se stesso, si avvia in cucina, ignorando di proposito André intento a dargli le spalle e a guardare una partita di basket, e si avvicina al frigo, aprendolo, trovando gli avanzi del pranzo, per poi mettersi a mangiare con il piatto d’insalata in mano mentre guarda fisso il cielo fuori dalla finestra del cucinino.
Percepisce André voltarsi per guardarlo, anche se non si gira verso di lui. La faccia del gemello si rispecchia sul vetro della finestra e i due si guardano dritti negli occhi. Alla fine è Louis a cedere, facendosi sfuggire un sorriso.
André alza un sopracciglio, commentando seccamente:
«Sorridi?»
«Oh, sì» si limita a dire l’altro, mangiando un bel boccone di foglie verdi, tornando a rivolgere l’attenzione alle nuvole passeggiere.
«Andare a studiare ti diverte così tanto?» ridacchia il fratello, scuotendo il capo e tornando a guardare la tv.
«Ridi, ridi pure... ma intanto io ho passato una giornata stupenda» ribatte Louis tranquillamente, posando il piatto sul piano cottura davanti a lui e appoggiando lì le mani, alzando poi lo sguardo in alto con fare sognante «Ho baciato una ragazza» confessa con un sospiro incantato.
André scoppia spontaneamente a ridere, voltandosi di nuovo a guardarlo; Louis scorge il suo viso sul riflesso del vetro della finestra: sembra si stia davvero divertendo.
«E dimmi, come sarebbe la fortunata?» si porta una mano all’occhio per asciugarsi le lacrime per il gran ridere «Assomiglia ad una balena ed è piena di acne?» scoppia ancora a ridere.
Le labbra di Louis si increspano in un sorriso soddisfatto e, continuando a dare le spalle al fratello, risponde con aria di superiorità:
«È una ragazza bellissima. E per di più, tu la conosci»
«Ah sì? E chi sarebbe?» André non riesce a smettere di ridacchiare.
Louis alza fieramente il mento e gira lo sguardo a guardare il riflesso dell’altro sul vetro, rispondendo:
«Marie»
Vede il volto del gemello trasfigurarsi, divenendo rigido come pietra.
«Sorpreso, eh?» lo deride, beato.
«Stai scherzando» afferma cupamente André.
«Ti sembro in vena di scherzi?» Louis torna con calma ad afferrare il suo piatto d’insalata e a mangiare.
André stringe i pugni con forza, irrigidendosi.
«Come è successo?» chiede, non volendo darsi pace.
«Come vuoi che succedano certe cose?» dice tranquillamente il fratello, mandando giù il boccone «È successo e basta»
«Che razza di risposta è?!» scatta André, alzando la voce.
Louis lancia uno sguardo al riflesso del gemello sul vetro; uno sguardo freddo, controllato. E inizia a dire lentamente:
«Ti rode, André? Ti rode il fatto che io sia riuscito a far innamorare di me una ragazza del genere... senza il tuo aiuto? Di non aver avuto bisogno di te, per far accadere una cosa così meravigliosa? Ma soprattutto, di averla fatta innamorare di me, e non di te
«Taci» sibila l’altro, duro.
«In qualcosa sono stato migliore di te, dunque... e, a quanto sembra, non ho più bisogno della tua presenza» conclude il fratello, con un piccolo sorriso.
«Taci, Louis!» sbotta André, alzandosi dalla sedia e uscendo di casa a passi svelti.
La porta si chiude con forza alle sue spalle.
E Louis si lascia andare ad un sospiro rilassato, voltandosi di nuovo a guardare il cielo.
 
André si dirige con decisione al punto in cui ha incontrato Marie per la prima volta. Ci arriva correndo, impiegando appena mezzora, ma quando finalmente giunge a quello spiazzo erboso subito accanto lo strada sterrata, si lascia cadere sfinito a terra; dapprima sulle ginocchia, poi di fianco, infine a pancia in su. Ansima pesantemente con gli occhi serrati; ha bisogno di riprendere fiato, ma sente la bocca impastata e ogni respiro è acido bollente che gli infiamma il petto.
Dopo alcuni istanti, in cui è rimasto fermo ad ansimare, sbatte entrambi i pugni al suolo, digrignando i denti.
Perché è corso fin lì? Non sa dare una motivazione precisa, è stata una cosa impulsiva. Comunque adesso sente che è arrabbiato: vorrebbe strozzare Louis con le sue mani. Le sbatte ancora a terra, irritato.
Intanto, si sente come scivolare via. Percepisce a poco a poco sempre meno ciò che lo circonda, come se stesse cadendo in una sorta di profondo torpore.
Che mi succede?
Pensa in un soffio, respirando sempre più debolmente. Il corpo freme, formicola, mentre la mente si annebbia.
Ti rode, André, di averla fatta innamorare di me, e non di te?
Un tremito più forte, che lo fa sussultare.
A quanto sembra, non ho più bisogno della tua presenza.
È tutto sempre più annebbiato, mentre questa frase rimbomba dentro la sua testa. Un’eco sempre più debole, sempre più fioca, e tutto si fa sempre più nero...
Non ho più bisogno... più bisogno... tua presenza...
«Louis? Oh, Louis! Ma che hai?»
Questa voce...
Lentamente, il corpo torna sensibile e l’aria entra prepotentemente nei suoi polmoni, facendogli quasi male; con una smorfia, serra ancor di più le palpebre.
«Stai male? Louis, rispondimi!»
Una mano calda afferra la sua, che sa essere ghiacciata, mentre altre morbide dita si posano sulla sua guancia.
Questo profumo...
«Louis! Louis!»
Il ragazzo strizza ancora un attimo gli occhi, poi li riapre pian piano. Ci impiega qualche istante per riuscire a vedere bene; inizialmente riesce solamente a scorgere come una fiamma accesa, morbida, che circonda un’ovale di porcellana, su cui risplendono due bellissimi smeraldi. A poco a poco il tutto si fa finalmente nitido: le fiamme non so altro che i fluenti capelli di Marie, così come gli smeraldi i suoi occhi.
«Io sono André» riesce a pronunciare con fredda lucidità, prendendo di nuovo coscienza di sé.
«André? Oh...» fa lei, sorpresa.
«Lo so... avresti preferito Louis» storce le labbra, socchiudendo un po’ le palpebre.
Lei alza di un poco le sopracciglia, attenta e calma.
«Perché dici questo?»
«So cos’è successo tra di voi» il ragazzo distoglie lo sguardo cupamente.
Marie prende un respiro un po’ più lungo, poi gli rivolge uno sguardo dolce, tirando però un po’ le labbra, come preoccupata.
«Sei arrabbiato con me?»
Lui rimane a fissare l’erba ancora per qualche secondo, in silenzio, poi si mette seduto con un po’ di fatica, grazie anche l’aiuto della ragazza che lo solleva afferrandogli un braccio. Rimane ancora silenzioso, intento a guardare un piccolo fiore ondeggiare al lieve vento, poi volta  lo sguardo verso di lei, che lo sta osservando, e chiede a mezza voce:
«Perché non hai voluto che ti baciassi?»
Lei sospira brevemente e abbassa un po’ gli occhi, pensierosa.
«Ti conosco appena...» commenta, tornando a guardarlo.
«Si può dire lo stesso di Louis» ribatte subito André, scuro in volto.
«Sì, ma con lui c’è stata una specie di... di scossa elettrica. Di morsa allo stomaco... di... di attrazione, a cui non sono riuscita a resistere» fa lei, quasi sognante, e sincera.
Sta volta André sembra quasi rattristato.
«Cos’ha lui che io non ho?»
Marie sta per rispondere che Louis è più sensibile, se lo sente più vicino, più vero - e al momento non saprebbe dire il perché di questo pensiero -, ma si ferma, notando in quel momento gli occhi lucidi del ragazzo. Lo guarda intensamente, quasi a scavargli l’anima, e non risponde alla sua domanda, bensì si ritrova a farne un’altra:
«Perché il ballo, André?»
Lui alza un poco un sopracciglio, non capendo. Lei allora ripete:
«Perché hai voluto ballare con me? Perché non chiedermi di fare una passeggiata, di cantare insieme una canzone, di mangiare qualcosa, in quegli ultimi dieci minuti che c’erano rimasti?»
André rimane con la bocca lievemente aperta a guardarla, come se stesse riflettendo. Poi alla fine si decide e inizia a dire a voce bassa:
«Perché, appena ti ho visto per la prima volta, Marie, il cuore ha iniziato battermi così forte da farmi male; come un palloncino troppo gonfio, sentivo sarebbe esploso da un momento all’altro, se non avessi fatto subito qualcosa. Un malessere che aumentava a poco a poco ti conoscevo sempre di più, durante la nostra chiacchierata; una sofferenza così intensa alla quale dovevo trovare rimedio. Poi, quando mi sono trovato abbracciato a te mentre rotolavamo sull’erba, è successo qualcosa di incredibile: ho sentito il tuo cuore batte all’unisono con il mio. E questo ha allentato la tensione che provavo ed è così che ho capito: dovevo abbracciarti di nuovo. E quale modo migliore di farlo con una musica di sottofondo? Marie...» le va ad afferrare una mano; lei, rimasta incantata da quelle parole, sussulta al contatto, colta da un brivido, così simile alla scossa elettrica che ha provato toccando Louis.
«Marie...» riprende a dire intensamente «Quel ballo è stato così bello... non mi sono mai sentito così bene. I nostri cuori sono tornati a battere insieme, l’ho sentito chiaramente! Ed è stata la sensazione più stupenda di tutta la mia vita»
Marie dischiude le labbra, stupita.
Questo è davvero André?
Batte più volte le palpebre, come a tornare alla realtà, poi abbassa il capo, forse confusa, e scuote leggermente la testa, iniziando a dire a mezza voce:
«Io... io non... oddio, ma è bellissimo...»
Torna a guardarlo negli occhi, mentre lui rimane semplicemente in silenzio.
«Sono così confusa...» mormora, mentre percepisce gli occhi farsi lucidi.
André le raccoglie dolcemente una lacrima con un dito, poi affonda la mano tra i suoi morbidi capelli. Lei l’afferra e vi si appoggia con il volto, socchiudendo gli occhi e puntando lo sguardo nel vuoto.
«Ma dove sei stata tutto questo tempo, Marie...?» sussurra André, osservando il suo volto angelico, i suoi lineamenti delicati, fino all’ultimo dettaglio della sua pelle.
Lei rialza lo sguardo nei suoi occhi.
André allora l’avvicina lentamente a sé e lei non riesce a ritrarsi, come incantata dalla bellezza e la dolcezza del ragazzo. Soprattutto perché si rende conto che anche il suo cuore batte così forte da farle male e solo adesso che si sta avvicinando a lui il dolore si sta alleviando. Ma perché accadeva la stessa cosa con Louis?
Non c’è più distanza tra di loro; le labbra infine si raggiungono e si uniscono in un bacio. 

Continua...

Eccomi di nuovo qua! Siamo quasi a metà storia; la vicenda si fa più complicata...
Come sapete, l'appuntamento è tra un paio di giorni! Ringrazio sempre chi ha letto e... a presto! :)

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
 
Louis sta giocherellando con una matita, facendola rotolare sulla sua scrivania, spensierato.
Guarda fuori dalla finestra il bel tramonto; il sole cala delicato, spruzzando di rosso e arancio il mare e la spiaggia.
Ah, che bello.
D’un tratto, due figure attraggono la sua attenzione. Louis abbassa lo sguardo, per poi pietrificarsi.
Là fuori ci sono André e Marie. Si tengono per mano guardandosi negli occhi. Sono arrivati al cancelletto rosso e si sono fermati lì.
Louis si alza, avvicinando il volto al vetro.
André posa dolcemente una mano sulla guancia di lei, mentre Marie gli stringe le braccia intorno i fianchi. Allora lui affonda entrambe le mani tra i suoi capelli rossicci, afferrandole il capo, e si china su di lei per baciarla. Un bacio appassionato e lungo.
Louis si sente morire dentro.
Poi Marie se ne va salutando con la mano.
E una rabbia ceca prende il posto dello sconforto.
 
«Louis, sei tu?» chiede sua madre dalla cucina, mentre il portoncino si richiude alle sue spalle.
«No, sono André» risponde tranquillamente, togliendosi le scarpe sporche di fango e lasciandole lì vicino l’entrata per non sporcare.
La madre nota il gesto e rimane sorpresa.
«André?» ripete, come in dubbio.
Lui si volta a guardarla alzando un sopracciglio.
«Perché usi quel tono?»
«Diciamo che... mi hai piacevolmente stupita» si limita a rispondere lei, pensierosa.
André alza le spalle e si avvia al piano superiore camminando solo con i calzetti.
«La cena è quasi pronta, a proposito!» annuncia la donna.
«Va bene, va bene...» fa il ragazzo, sempre sereno e con la testa vuota.
Quasi vuota. In mente ha solo lei.
Giunge davanti la porta della camera con un sorriso e la apre per entrare.
Rimane sull’uscio a guardare. Louis è ancora fermo davanti la finestra, rigido e dritto; ha i pugni serrati e in una mano tiene ancora salda una matita. André non l’ha mai visto così.
Percependo che qualcosa non va, chiede subito:
«Ehi, che ti prende?»
Il corpo del gemello inizia ad essere scosso da alcuni fremiti, mentre la presa sulla matita si fa più salda; proprio quando questa si spezza con uno schiocco, Louis mormora, teso:
«Che... che mi prende?»
André si fa serio, avanzando qualche passo.
«Louis, ma che hai?»
«Che cos’ho?» ripete l’altro alzando la voce, colto da un fremito più violento.
André lo ha quasi raggiunto.
«Louis, ma...»
André viene colpito in pieno volto e finisce a terra, dolorante; si porta subito una mano sul naso, gemendo ad occhi chiusi, mentre il sangue gli sporca le dita.
Louis freme come non mai; il pugno è arrossato a causa del colpo e forse anche un po’ indolenzito, ma al momento il ragazzo sembra non sentire per niente il dolore.
«Cosa ne pensi, André? Ti ho colpito troppo piano forse?» esclama ad alta voce, rabbioso.
«Ma sei impazzito?!» riesce a dire il gemello, voltandosi su un fianco e cercando di fare leva per alzarsi.
«Come hai potuto?!» continua Louis, conficcandosi le unghie nella carne, da quanto stringe i pugni «Come hai potuto portami via Marie?!»
«Marie è mia!» ribatte André, irritato.
Louis digrigna i denti, sospinto da una furia cieca, e si abbassa verso il fratello, afferrandogli con una mano la maglia e colpendolo di nuovo al viso con l’altra; André, ancora sorpreso dal primo colpo e accecato dal dolore del naso rotto, non riesce ad evitare il secondo pugno: lo incassa con un gemito, colpito ad un occhio.
Sta volta il dolore alla mano si fa sentire; probabilmente è rotta. Anche Louis geme leggermente, ritirandola e guardandosela, confuso, forse incredulo di quello che sta facendo.
Approfittando della sua distrazione, André si solleva di un po’, riuscendo ad aprire solo un occhio, e afferra Louis per il magliotto con entrambe le mani; rotolano poi a terra e André riesce così a portarlo sotto di lui. Arrabbiato a sua volta colpisce forte il fratello al viso, spaccandogli un labbro.
Louis lo afferra per i polsi, cercando di scostarselo di dosso, ma adesso è accecato dalle lacrime che gli riempiono gli occhi per il dolore e il gemello è troppo forte. André lo colpisce ancora nello stesso punto, facendogli anche sbattere la faccia di lato sul pavimento e ferendogli un sopracciglio, da cui inizia ad uscire copiosamente sangue.
«Ma che succede?! Basta! BASTA!»  urla la madre, entrando in camera di corsa.
Louis, a causa del colpo ricevuto alla testa, perde lentamente i sensi, mentre sente sua madre giungergli a fianco, spostare André e chinarsi su di lui.
Poi, più niente.
 
Dapprima il buio che lentamente si dirada, lasciando il posto ad una piacevole luce soffusa.
Poi, immediatamente dopo, il dolore che si espande come una macchia d’olio bollente su tutto il capo e spicca particolarmente sulla mano destra.
Louis geme, aprendo quasi del tutto gli occhi.
Sua madre si china immediatamente su di lui, preoccupata.
«Come stai tesoro?»
«Mamma...» rantola, rauco «Mi fa male tutto...»
«Lo so, lo so...» gli accarezza amorevolmente i capelli, mentre qualche lacrima le riga le guance «Mi dispiace così tanto di non poter rimediare... di non essere riuscita ad evitarlo...»
«Ma mi fa male soprattutto il cuore» dice debolemente, sopraffatto anche lui dalle lacrime «Come ha potuto... come ha potuto André portarmi via l’unica mia fonte di felicità?»
Sua madre serra le labbra, dispiaciuta da morire.
Louis si rigira su un fianco dolorosamente e chiude gli occhi, lasciandosi sfuggire qualche singhiozzo.
«Louis... oh...» mormora lei, accarezzandolo ancora.
«Il mondo mi sta crollando addosso» piange, portandosi la mano sana al petto e stringendosi forte la maglia «Perché il cuore fa così male? Cos’è questo peso che ho nel petto, che mi impedisce di respirare, che non mi permette di non piangere? Questo dolore così attroce che mi rode l’anima... questo dolore... come se avessi perso qualcuno per sempre. Probabilmente... probabilmente è così» si lascia sfuggire un gemito.
«Tesoro mio...» anche sua madre piange, tremando.
«Lei non c’è più per me» sussurra, strizzando gli occhi.
«Louis» la donna lo abbraccia forte, posando una mano sul suo capo «Adesso calmati... torna in te...»
«Tu non capisci» singhiozza, scuotendo il capo.
«Louis, torna in te» ripete lei, serrando le palpebre umide e mordendosi un labbro.
Lui riapre un po’ gli occhi, colto come da una strana sensazione di deja-vu, e non dice nulla per un attimo, smettendo persino di piangere.
Poi, lentamente, si lascia persuadere da quella stanchezza che si è impossessata del suo corpo, e si addormenta.

Continua...

Scusate il leggero ritardo, ma ho sempre così tanto da fare... :S
Siamo giunti a metà storia; spero che fin qui vi sia piaciuta. :)
Ci sentiamo tra un paio di giorni, ciao!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6
 
È la dolce luce di quel primo sole mattutino a risvegliarlo, solleticandogli le palpebre abbassate.
Louis si volta, notando solo in quel momento di essere sdraiato sul lettone di sua madre. Forse lei lo aveva portato in braccio lì, la sera prima, per separlarlo da André. Inizialmente rimane a pensare a sua madre, sempre così forte in tutte le circostanze, nonostante il suo fisico asciutto ed esile. Poi il pensiero di André, di ciò che ha fatto, del dolore che gli ha causato, prende il posto di tutto il resto, togliendogli il respiro.
Abbassando gli occhi vede il biglietto che gli ha lasciato sua madre.
Vado a comprare qualche altra benda per cambiarti le fasciature più tardi e una paio di antidolorifici, in caso il dolore si intensifichi.
Louis, non fare cose impulsive, ti prego.
Ti voglio bene, mamma.
Il ragazzo sospira, non sapendo cosa pensare.
Parla bene, sua madre, dicendogli di non fare cose impulsive... ma lui in realtà ha solo una gran voglia di tornare da André, probabilmente in camera loro, e riempirlo ancora di pugni. Qualcosa gli dice che il gemello avrà lo stesso pensiero.
Qualcuno suona alla porta una sola volta.
Ricordandosi di essere solo a casa con suo fratello, si mette seduto con un gemito di dolore, e si alza in piedi, un po’ barcollante.
Forse è sua madre, che è uscita senza chiavi. A volte le capita nella fretta.
Si infila le ciabatte che la donna gli ha portato accanto il letto, riflettendo che forse no, non è lei. Una strana sensazione gli dice che non è lei.
Scende le scale con una mano sul capo e gli occhi socchiusi, colto da una fitta di mal di testa ad ogni gradino.
Infine giunge alla porta e la apre.
Ecco che di nuovo gli manca il fiato e il cuore torna a far male più che mai.
«Louis, ma che hai fatto al viso?!»
Marie sembra davvero allarmata.
Lui, rigido, serra di più la presa sulla porta e spinge l’uscio per richiuderlo, senza riflettere oltre.
La ragazza, allora, afferra la maniglia, riaprendolo prima che si chiuda.
«Aspetta! Non chiudere!»
«Vattene via, Marie!» esclama Louis con le lacrime agli occhi, arretrando di un passo.
Lei rimane paralizzata da quella reazione.
«Louis... io non capisco...»
«Non capisci? Non capisci?!» le lacrime si fanno più intense «A che gioco stai giocando, Marie? Che cosa c’è tra te e André?»
Lei alza entrambe le sopracciglia, stupita.
«Louis! Ma non c’è...»
«Non dirmi che non c’è niente! Lo so che non è così!» ribatte lui con forza «Vi ho visto... vi ho visto, Marie. E non c’è scusa che tenga: non voglio più vederti!»
Muove di nuovo il braccio per richiudere, ma Marie va a prenderlo per il polso, fermandolo. Il contatto è stato così dolce, così delicato, che al ragazzo viene da sussultare.
Si sono immobilizzati entrambi, adesso, e si guardano negli occhi.
Ora, anche Marie è colta dalle lacrime, ma la sua voce risulta ferma e sincera.
«Stavo per dire che non c’è niente, da me e André, che non ci sia tra me e te» mormora lei intensamente, senza distogliere lo sguardo.
Louis dischiude un po’ le labbra, sorpreso.
«Intendi dire che...»
«Che amo entrambi, Louis» sospira lei, sofferente «Ma è così... difficile da spiegare. Oh, come posso spiegarti Louis?»
Il ragazzo scuote leggermente il capo, commentando:
«Non puoi amare entrambi»
«Oh, Louis!» si morde un labbro, colta da un fremito.
«A chi tieni di più tra noi due?» chiede lui immediatamente, teso, temendo la risposta, ma allo stesso tempo desideroso, bisognoso, di sapere.
Una lacrima si fa strada tra le lentiggini sulla guancia, quando Marie, gli occhi tremanti, gli afferra entrambe le mani, facendo attenzione a quella fasciata, e confessa con emozione:
«Io tengo di più al mio Louis»
 
André torna in sé lentamente, svegliato dalla luce del sole che filtra dalle candide tende.
Si mette a sedere con un po’ di fatica, portandosi una mano sul volto per sfiorarsi il naso gonfio e fasciato. Probabilmente è stata sua madre, brava dottoressa di uno studio privato, a praticare la fasciatura; non si ricorda molto della sera precedente.
Gira immediatamente lo sguardo verso il letto di Louis, trovandolo vuoto. Probabilmente starà dormendo nella camera matrimoniale, il cocco della mamma.
Storce le labbra, irritato.
Delle voci di fuori attirano la sua attenzione.
Facendo una smorfia per le fitte alla testa, si alza in piedi e si avvicina alla finestra semiaperta, sbirciando poi fuori, non notato.
Ciò che vede lo fa congelare: rabbia e gelosia prendono subito possesso del suo corpo.
Sull’entrata si trovano Marie e Louis. Stanno entrambi piangendo e stanno parlando.
Il primo impulso è di uscire fuori e pestare suo fratello, ma ciò che dicono lo trattiene, curioso di sapere.
«Non puoi amare entrambi» commenta in quel momento il suo gemello.
«Oh, Louis!» sospira Marie e André si fa attento per ascoltare.
«A chi tieni di più tra noi due?»
È la domada di Louis.
André rimane in tensione tanto quanto suo fratello, in febrile attesa della risposta. Poi, quel che accade gli fa fermare il cuore.
Marie ha preso tra le sue le mani di suo fratello e ora gli sta sussurrando qualcosa.
«Io tengo di più al mio Louis»
André si appoggia al muro, privo d’aria nei polmoni e con la sensazione di soffocare.
Gli viene da piangere, ma non riesce a fare nemmeno quello.
Portandosi una mano sul collo, bocchecciando in cerca di aria, strizza gli occhi, mentre un dolore fitto gli esplode in petto.
Intanto, fuori, Louis non ha potuto evitare di baciarla.
Si baciano intensamente, piangendo entrambi ad occhi chiusi; le mani di uno affondati nei capelli dell’altro; entrambi i corpi frementi per l’emozione.
«Verrai in biblioteca con me questa mattina? E poi seduti all’ombra di un albero? Proprio come avevamo deciso ieri...» mormora Marie, appena si staccano dal bacio.
Louis non riesce a staccare gli occhi da lei.
«Certo. Farò una doccia, poi verrò da te» le promette.
«Allora ti aspetto» gli sussurra e si baciano ancora per salutarsi.
André lentamente torna a respirare, mentre un pensiero si fa strada nella sua mente.
Se Marie non può essere sua... allora farà in modo che non sia nemmeno di suo fratello.
 
Louis risale le scale con la testa ancor più dolorante di prima. Raggiunge il bagno poco stabile sulle gambe stanche e vi entra, sperando che la doccia lo possa rigenerare.
Una mano forte lo spinge improvvisamente dentro, facendolo sbattere con un fianco contro il lavandino, e poi la porta viene chiusa di colpo e inchiavata dall’esterno.
«André!» capisce subito Louis, raddrizzandosi e portandosi davanti la porta, iniziando a tempestarla di pugni «André, apri! Maledizione, apri!»
Fuori il suo gemello fissa il legno, atono e freddo, con la chiave in mano.
«André! Che cosa hai intenzione di fare?! Apri! Apri!»
«No» si limita a rispondere lui, secco e deciso.
«Ma che cosa fai?! Perché mi hai chiuso dentro?! Apri!»
«Sarò io ad andare da Marie, Louis. Non tu» sibila André, scuro in volto.
Louis si sente raggelare.
«Che cosa vuoi fare? Rispondimi!»
«Chiuderò la questione una volta per tutte» risponde freddamente André, con occhi folli «Farò in modo che Marie non possa più farmi del male... e farò in modo di annientare il tuo essere, Louis».
Detto questo si allontana, mentre Louis urla, disperato, continuando a sbattere contro la porta.

Continua...

Ciao a tutti gli affezionati lettori! Spero che finora la storia non vi abbia deluso e vi informo che siamo sempre più vicini alla conclusione... ;)
Grazie a chi continua a seguirmi e... alla prossima settimana con un nuovo capitolo!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
 
Quando André giunge all’ultimo piano della biblioteca silenziosa la vede là, seduta, calma, con lo sguardo perso tra le fitte righe del libro che sta leggendo.
Oh, quanto è bella, così luminosamente baciata dai raggi del sole.
Ma, ormai, il suo fascino sembra non riuscire più a colpirlo come prima; rimane freddo, deciso, controllato.
I suoi passi la fanno voltare.
Forse è dall’espressione che il ragazzo ha sul viso che Marie capisce di chi si tratta.
«André?»
Il suo tono è davvero sorpreso.
«Lo so, lo so... come sempre, avresti preferito Louis» esordisce lui lentamente, continuando ad avanzare con passo controllato e il volto scuro.
Marie si ritrova in piedi, preoccupata.
«André, ma cosa...?»
«Smettila, smettila di prendermi in giro» sibila duramente «Sono qui per fare in modo di farti smettere definitivamente»
Marie arretra, toccando il tavolo dietro di lei con la schiena.
«André, ti prego, non fare così... mi fai paura...» sembra davvero terrorizzata.
«Ti sei presa gioco di me tutto questo tempo, non è così?» c’è solo un lungo tavolo a separarli; André inizia a fare il giro per raggiungerla, continuando:
«E dimmi, ti sei divertita? Anzi, vi siete divertiti tu e Louis alle mie spalle?»
«Non è come credi! André!» esclama lei, spaventata, salendo seduta sul tavolo e pronta a scappare via.
«Smettila di mentire!» urla lui, finendo finalmente di fare il giro e scattando verso di lei con rabbia.
Marie, strillando, balza in piedi sul tavolo e inizia a correre; André, per lo slancio, finisce per sbattere contro il legno con una gamba. Il tavolo finisce quindi contro la parete al suo fianco, e il movimento brusco fa sbilanciare la ragazza che, con un altro urlo acuto, si ritrova a cadere contro un finestrone aperto.
In una sola frazione di secondo André realizza che è la fine.
Marie cade nel vuoto, giù dalla cima di quel vecchio faro.
Come in trance, André scosta il tavolo e si avvicina alla grande finestra, affacciandovisi.
Non riesce a scorgere il corpo di Marie tra le rocce sottostanti; continua a cercarla con lo sguardo, la bocca aperta e il corpo pietrificato.
Miao
Un piccolo miagolio lo fa improvvisamente sussultare; si volta subito alla sua destra, trovandosi davanti un grazioso gattino bianco e nero, dagli occhi di un vivissimo giallo, in piedi sul cornicione esterno che circonda completamente il vecchio faro.
I battiti del suo cuore si fanno più intensi, mentre non riesce a staccare lo sguardo dagli accessi occhi del felino.
Miao
Di nuovo, un miagolio. Ma il gatto non ha aperto la bocca, né si è mosso di un millimetro. Sembra pietra... anzi, lo è: diviene di colpo pietra - pietra nera, come gli scogli sottostanti -, e, pesante com’è, cade di sotto, rigido e freddo, fino a spaccarsi a terra in tanti frammenti.
L’urlo si gela nella gola di André che, completamente fuori di sé, scappa via di corsa, evitando la sorpresa bibliotecaria accorsa per verificare cosa significassero le grida che aveva udito, e si dirige all’esterno. Il suo intento è quello di correre a casa senza fermarsi, ma una morbida chioma rossa al lieve vento attira inesorabilmente la sua attenzione.
Si blocca, senza fiato, e dirige lo sguardo alle pietre scure poco più in là, tra cui si intravede quella chioma.
Troppo fuori di sé per controllarsi o andarsene senza prima aver verificato, si ritrova ad avvicinarsi, tremando.
Marie è lì, proprio lì; è bella come sempre. Anzi, ora la sua bellezza sembra immortalata in una foto; ora durerà per sempre.
Confuso, stordito, André si inginocchia accanto a lei e la prende tra le braccia dolcemente.
Lei ha gli occhi chiusi, pare dormire. Il ragazzo non riesce a distogliere lo sguardo da quello splendido viso.
Miao!
Di nuovo, forte sta volta, il miagolio sconosciuto; André lascia di colpo il corpo, che torna scompostamente sdraiato sulle rocce, e si ritrova coperto di sangue; sangue che prima non aveva notato.
Torna di nuovo a correre più velocemente possibile, evitando di un pelo di essere investito da un’auto, poi tagliando per il campo di girasoli, e infine fiondandosi nel vialetto di casa spalancando il cancelletto rosso con una spinta. Si fionda dentro casa passando dalla porta-finestra aperta; attraversa la cucina sempre di fretta, poi giunge in salotto, deciso a raggiungere la camera.
«Louis aspetta, aspetta!» lo ferma la madre, arrivata da poco e ancora nel salotto.
«Lasciami! Lasciami stare!» grida, terrorizzato, sconvolto «L’ho uccisa! L’ho uccisa io!»
Lei lo stringe a sé ancor più forte, ribadendo:
«Calmati Louis, calmati!»
«Sono André! André!» grida lui, chiudendo con forza gli occhi, isterico.
Il corpo della madre si irrigidisce di colpo; afferra il ragazzo per le braccia e lo tiene fermo e dritto in piedi per guardarlo decisa in volto.
«No, Louis. Non sei André. Sei tu, sei tu e basta» la voce ferma è tradita dagli occhi da cui traspare una profonda afflizione e stanchezza. Si sente stanchezza anche nel suo tono, così come una forte malinconia.
André sbatte più volte le palpebre, più confuso che mai.
«Io sono André» ripete, spento, lontano, con lo sguardo perso nel vuoto «Louis... Louis è...»
«“È ” dove?» chiede sua madre, ferma.
Il ragazzo impiega qualche istante per rispondere.
«È... è di sopra, nel bagno» riesce a dire a fatica, ancora confuso.
La madre trattiene a stento un sospiro teso.
«E va bene» dice e lo prende per un polso, costringendolo a seguirla di sopra.
Giunti davanti il bagno, la donna raccoglie la chiave che il giovane aveva lasciato precedentemente cadere a terra e apre la porta.
«Dov’è?» insiste lei, mostrandogli il bagno. Vuoto.
André spalanca gli occhi.
«Come ha fatto ad uscire?» si ritrova a chiedersi, colto da un brivido.
«Qui non c’è perché sei tu, Louis» la donna è tornata a guardarlo negli occhi.
«No!» esclama lui con decisione «Io sono...»
«Vuoi altre prove?» lo interrompe lei, aprendo la porta della loro cameretta con una mano.
Lo costringe poi a guardare dentro.
«Non ci sono mai stati due letti, vedi? Ce n’è uno, solo uno»
Il ragazzo rimane immobile a guardare.
Solo un letto... solo un letto dentro quella stanza.
«No...» mormora, mentre i tremiti si intensificano.
«Tutto questo perché c’è una sola persona: Louis. Tu» conclude lei «E tu non hai ucciso Marie»
«No... no...» André scuote un po’ il capo, scioccato, e abbassa gli occhi sui suoi abiti: questi, che prima credeva sporchi totalmente di sangue, sono solo sudati a causa della corsa, ma per niente macchiati di rosso.
La madre lo porta davanti lo specchio ovale della stanza.
«Guarda» gli dice, mostrandogli il suo volto.
Il ragazzo si costringe a guardare, sbiancando.
Nota la fasciatura sul naso, così come l’occhio gonfio, a causa dei pugni; ma, allo stesso tempo, si accorge di avere un labbro ferito e un cerotto sul sopracciglio destro. Lentamente, si alza la mano destra: è fasciata e in quel momento percepisce che gli fa male.
«Non è... non è vero... non...» balbetta, colto ora dal panico «Non è... possibile...»
Si sente svenire e tutto si fa buio.

Continua...

E mentre ci avviciniamo sempre di più alla conclusione, la verità inizia a venir fuori...
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e... a presto! :)

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8
 
Il ragazzo torna in sé lentamente.
Vede sua madre al suo fianco; gli tiene un panno fresco sulla fronte.
«Hai un po’ di febbre...» sussurra lei, guardandolo con uno sguardo dolce e premuroso, ma preoccupato allo stesso tempo.
Lui sospira, annuendo con il capo.
La donna rimane qualche attimo in silenzio, poi mormora:
«... Louis?»
Il giovane le rivolge lo sguardo; uno sguardo mesto, profondo.
«Sì...» conferma stancamente.
«Louis e... basta?» chiede ancora conferma.
Lui le fa cenno di sì con la testa.
«Louis e basta»
La madre lo aiuta a sedersi, poi si accomoda al suo fianco.
Si trovano sul letto del ragazzo, è quasi sera.
Rimangono in silenzio per un po’; lui ha lo sguardo fisso nel vuoto, lei lo guarda apprensiva.
«Che cosa...» esordisce Louis ad un certo punto, senza muoversi «Da cosa è nato André?»
La donna capisce il senso della domanda allora inizia a raccontare.
«Sei anni fa è morto tuo padre. Avevi quasi dodici anni, ricordi?»
Louis impiega qualche secondo per rispondere.
«Mi ricordo»
«È accaduto in un incidente stradale. Lui stava...»
«Stava venendo a prendermi» conclude per lei il ragazzo con un tuffo al cuore e una smorfia addolorata.
Il ricordo di quel giorno si fa improvvisamente nitido.
Lui giocava nel campetto di calcio di fronte la casa di un amico; i due bambini erano gli unici rimasti visto che si era fatto buio ed era arrivata l’ora di cena. Ma si divertivano troppo, nonostante Louis se ne sarebbe dovuto andare al tramonto. Suo padre era in pensiero per lui, per questo motivo aveva preso la macchina per raggiungerlo; appena dieci minuti di strada con l’auto, mentre a piedi ci avrebbe impiegato nemmeno mezzora. Eppure è accaduto; una curva percorsa un po’ troppo velocemente, la vecchia auto che sbanda e finisce per rotolare giù per un fosso, e suo padre morto nel colpo. Morto a causa sua.
«Stava venendo a prendermi...» riprende Louis con le lacrime agli occhi e la disperazione nella voce «È colpa mia se è morto...»
La madre gli cinge le spalle con un braccio, accarezzandogli il capo.
«Non è vero, Louis, non è vero» gli dice per rassicuralo, anche lei toccata dal ricordo del marito «È stata solamente una fatalità. Se tuo padre fosse ancora qui ti direbbe che va tutto bene, che tu non ne hai colpa»
«Ma lui non c’è più» il ragazzo le rivolge uno sguardo angosciato «È morto perché doveva venire da me... ho determinato io la sua morte!»
La donna trae un breve sospiro triste.
«Ora capisci Louis? È nato tutto da questo» gli accarezza una guancia dolcemente.
Lui rimane in ascolto.
«Una parte di te si angosciava al pensiero, mentre l’altra venne invasa da una rabbia, un frustrazione così intensa, perché riteneva quella morte ingiusta, priva di senso, che tutto questo determinò una rottura dentro di te, una separazione del tuo essere... le due parti si divisero nettamente e il tuo dolore creò André, ovvero quella parte di te nella quale si concentrava tutto quel rancore che ti portavi dentro. Il dolore, invece, rimase in Louis, divorandolo, e facendolo lentamente appassire.
È stato un passaggio graduale. Nei primi due anni ti ho portato tutti i giorni da uno psicanalista per aiutarti a superare quel dolore e devo dire che pian piano ci stavi riuscendo. Così abbiamo smesso di andarci, ma è stato un errore. Con il passare degli anni il tuo... malessere psicologico è peggiorato, fino a portare ad una separazione del tuo essere. Alla creazione di André» fa una pausa per trarre un sospiro.
Louis non riesce a dire nulla, in parte sorpreso, in parte confuso. Sembra tutto così assurdo... ma dentro di sé, in qualche modo, sa che è la verità.
«Non ti ho portato più da quello psicologo» riprende lei «Credevo ti servisse solamente cambiare aria... credevo di riuscire a guarirti da sola. Per questo ti ho portato qui, su questa piccola isola, dove ho trovato un lavoro e ho iniziato a farti scuola privata. I primi tempi sembrava andare meglio; eri riuscito persino a farti degli amici in questo paesino e in quello adiacente. Credevo andasse tutto bene... mi sbagliavo. Troppo tardi ho capito che Louis cercava di integrarsi qui, in questo paese, mentre André tentava di scappare il più lontano possibile, frequentando brutta gente lontano da casa. Inoltre Louis era sempra più triste e... hai tentato un paio di volte a tagliarti le vene dei polsi e un giorno sono riuscita appena in tempo a salvarti con una lavanda gastrica dopo che avevi ingerito un medicinale in grande quantità»
Si ferma con gli occhi lucidi.
Louis rimane ancora silenzioso, non riuscendo a focalizzare bene i fatti che sua madre gli sta raccontando. Ha bisogno ancora di sapere.
La donna prende un bel respiro e continua, notando di avere la sua attenzione:
«Così, circa un anno e mezzo fa, ho iniziato ad impedirti di uscire la sera, oppure ti facevo controllare di nascosto da alcuni miei amici quando andavi in giro da solo; ho iniziato a tenere da parte alcune taniche di benzina in modo da fare rifornimento solo la mattina per andare al lavoro e impedirti quindi di andartene con la macchina, perché la sera era sempre a secco. Credevo ancora di riuscire a guarirti... è stato un errore. Non miglioravi, anzi; andava sempre peggio. André era sempre più furioso, nevrotico, mentre Louis sempre così depresso e con istinti suicida... una cosa terribile»
Il ragazzo abbassa lo sguardo, colto da un capogiro. Sembra tutto così assurdo... ma anche così vero.
La madre gli concede qualche attimo di tempo per digerire tutte quelle notizie sconvolgenti. Sa bene che il giovane è confuso e spaesato... forse non ha nessun ricordo di tutto questo. Glielo legge negli occhi, il suo smarrimento.
«E quindi...» mormora lui d’un tratto, con gli occhi tremanti «E quindi anche Marie è... è un’illusione?» pronuncia l’ultima parola con una stretta al cuore. L’ha amata così tanto... la ama ancora. Si è inventato tutto, persino quell’amore?
Inaspettatamente, la donna scuote il capo, rispondendo lentamente:
«No, Louis. Marie è veramente esistita»
Lui la guarda con occhi spalancati dallo stupore.
La donna si alza e va a prendere una cosa fuori dalla stanza. Il ragazzo non sa bene dove sia andata; torna poco dopo con un piccolo album di foto.
Glielo tende.
Lui lo afferra tremante. L’album ha una copertina di pelle blu notte, morbida; quel contatto gli ricorda qualcosa, come un deja-vu, di nuovo, ma non riesce bene a spiegarsi il perché.
Mentre lo apre con cautela, curioso quanto nervoso di sapere, sua madre spiega:
«La conoscevi da sempre»
La prima foto, perfettamente conservata, ritrae Louis, un bambino di appena quattro anni vestito con un grembiule blu, accanto una bimba della stessa età, pallida e lentigginosa, dai capelli arancio raccolti in una treccia. Si stanno facendo scherzosamente la linguaccia, uno di fronte all’altro.
Quella è Marie.
Louis trattiene il fiato.
Ma certo, ma certo... l’asilo. Andavano all’asilo insieme.
Voltando pagina ritrova una foto di classe delle elementari; si trova subito, secco come uno stecco tra i bambini più bassi, imbronciato perché lo avevano sistemato di fianco a Jean, un bambino che gli stava molto antipatico. E nelle ultime file, tra le più alte, si trova lei, di nuovo Marie; graziosa e allegra nel suo grembiule bianco e rosa e capelli ancora raccolti.
Anche le elementari...
Un improvviso ricordo fa fremere il ragazzo.
Marie chiude la piccola mano a pugno e tende il mignolo verso di lui.
«Coraggio, stringi!»
Louis fa lo stesso e così vanno ad incrociare i loro mignoli.
«Saremo per sempre amici! Questa è una promessa!» scandisce lei limpidamente, con la piccola e candida voce di una bambina di nove anni.
«Sì!» esulta lui, allegro.
Lei ride, scuotendo i bei capelli legati in simpatici codini sopra il capo.
Quel sorriso lo ha sempre incantato.
«Quando entrambi avevate dieci anni, lei e i suoi nonni se ne andarono dalla città, trasferendosi altrove» riprende sua madre, riscuotendolo «Senza che lo sapessi, loro si erano trasferiti qui, in questo isolotto. Proprio qui, infatti, hai ritrovato Marie, circa un anno e mezzo fa... e vi siete innamorati»
Louis alza entrambe le sopracciglia.
Sì... sì, ora ricorda. Era una splendida giornata quando l’aveva riconosciuta seduta in riva al mare, con indosso solo un abito leggero che lasciava trasparire il costume rosso come i suoi capelli... era stato subito amore; e come non poteva non essere così? Marie, così bella, così dolce, così perfetta...
«Ma...» dice lui a quel punto, adombrandosi «Ma adesso... dov’è?»
La donna tira un po’ le labbra, tesa e addolorata.
«Credevo ti ricordassi...» mormora, dispiaciuta.
Lui fa un leggero cenno di no con il capo, iniziando ad intuire, incupendosi.
Sua madre sospira.
«Marie non c’è più, Louis» lo guarda tristemente «È morta da un anno, ormai»

Continua...

Scusate l'enorme ritardo nell'aggiornamento, ma sono stata sommersa da una marea di impegni!!!
Questo è il penultimo capitolo, poi avremo l'ultimo e l'epilogo... spero vi sia piaciuto e alla prossima! :)

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

 

Le labbra del ragazzo fremono, come i suoi occhi.

Le lacrime scivolando silenziose lungo la sua pelle e le mani vanno a stringere con forza le coperte.

Ora sì, si ricorda. Si ricorda perfettamente.

Marie è morta.

Come anticipando un suo pensiero, sua madre si sbriga a rassicurarlo:

«Louis, nemmeno la sua morte è stata a causa tua».

Lui, con gli occhi lucidi, scuote un po’ il capo, confuso.

«Perché mi dici questo?» chiede, senza capire realmente.

«Perché ti sei sempre incolpato anche della sua, di morte» trae un breve sospiro «Se proprio vogliamo incolpare qualcuno, possiamo incolpare quel gatto».

Louis si pietrifica.

«Il... gatto?» deglutisce a fatica «Quale gatto?».

«Non ricordi? La seguiva spesso, perché lei gli dava da mangiare... in realtà era un randagio» sfoglia l’album di foto, fino a soffermarsi quasi in fondo «Gli aveva fatto una foto e te l’aveva regalata... eccolo. Micio, lo chiamava».

Louis abbassa gli occhi sulla foto; questa ritrae un micetto bianco e nero dal simpatico muso e gli occhi di un giallo acceso.

Inorridito, chiude di scatto l’album con un gemito, colto da un’improvvisa immagine.

Marie che cade dal faro con un urlo e lui che non può far altro che assistere.

«No, no!» si avvicina le gambe al petto, abbracciandosele, e affonda il viso tra di esse, tremando e singhiozzando con disperazione.

«Louis! Louis!» la madre va ad abbracciarlo, ma lui la scosta con un braccio senza alzare il capo.

«Non mi toccare! Marie! Marie, no!» grida, angosciato, strizzando gli occhi carichi di lacrime.

«Ti prego, Louis... lo so che è dura, ma devi accettare ciò che è successo» anche lei è tornata a piangere, così triste nel vederlo in quello stato «Se solo tu ricordassi, sarebbe tutto più facile...».

«Ma io mi ricordo!» prorompe allora lui, alzando gli occhi su sua madre, con il volto una maschera di sofferenza «Per questo... per questo sto così male...» aggiunge, abbassando il tono della voce.

Torna di nuovo ad affondare il capo tra le ginocchia, mentre ricordi insistenti e lucidi vorticano nella sua mente.

«Louis? Sei davvero tu?» è così sorpresa nel vederlo, ma, allo stesso tempo, è felice; il ragazzo glielo legge negli occhi.

Louis allarga le braccia, facendo intendere di volerla abbracciare, colto anche lui da una contentezza inimmaginabile.

Marie allora si alza in piedi e lo raggiunge di corsa, stringendosi forte a lui.

«Sono così contenta di vederti!» gli dice sinceramente, scoppiando a piangere.

«Mi sei mancata così tanto» le sussurra lui, piangendo a sua volta.

Tornano a guardarsi negli occhi, complici e legati da una sorta di filo indistruttibile, che non è riuscito a separarli nemmeno in tutti quegli anni.

 

«Marie... io ti amo» le dice spontaneamente, poco dopo che si sono seduti sugli scogli per rimirare il mare in quella bellissima notte.

Lei dischiude le labbra, colta da una forte emozione, e rimane a guardarlo in silenzio, come se non sapesse cosa dire.

«L’ho capito quando ci siamo rivisti la settimana scorsa dopo tutto questo tempo» continua Louis, non riuscendo a fermarsi; le afferra una mano e lei sussulta al piacevole contatto «Ed è diventata una conferma in questi giorni, in queste sere in cui siamo usciti insieme, in queste mattine in cui siamo andati insieme in biblioteca... Marie, io ti amo. Sono così certo del mio sentimento che te ne parlo senza dubbio alcuno. Anzi, lo urlerò alla notte per te!»

Le lascia la mano e si alza in piedi, sotto lo sguardo stupito della ragazza. Si porta entrambe le mani intorno la bocca e urla al cielo:

«Io ti amo, Marie!»

Lei inizia a piangere, commossa. Si alza a sua volta, mentre Louis torna a guardarla, e si mette dritta al suo fianco, portando anche lei le mani alla bocca e urlando con gioia alle stelle:

«E io amo te, Louis!»

Ora si guardano negli occhi e si avvicinano fino ad abbracciarsi.

Mai un bacio ha avuto sapore più dolce.

 

Il fiato caldo della ragazza sotto di sé va a legarsi al suo, mentre entrambi ansimano leggermente.

Nient’altro che nuvolette d’aria, semivisibili nel blu cupo di quella notte stellata, che si infrangono sui loro visi, mentre le loro labbra tornano a sorridersi.

Louis si abbassa fino a sfiorare la punta del naso di Marie con la sua, strisciando poi la mano sulla sabbia per immergere le dita tra i fluenti capelli rossi vaporosamente posati sui fini granelli umidi e freddi. L’altra mano del ragazzo va ad accarezzare il braccio nudo di lei, scoprendolo gelato a causa dell’aria pungente.

Anche Marie si muove, alzando le braccia ed abbracciando i fianchi nudi del ragazzo, che freme, un po’ per il freddo, un po’ per l’emozione.

«Sei ghiacciata, amore mio...» mormora lui, scostandole delicatamente una ciocca da davanti il viso.

«Anche tu...» ribatte lei con un piccolo sorriso.

Louis scosta la mano che teneva sul suo braccio per andarla a posare dolcemente sul seno scoperto di Marie, mormorandole sinceramente:

«È stato così bello...»

Lei gli posa una mano sulla guancia, dicendo con il suo sorriso:

«Ti amo, Louis»

Un vortice rapido di emozioni e ricordi e immagini; il sorriso di Marie, i loro baci, la felicità di quei giorni, la prima discussione poi risolta facendo l’amore, di nuovo il suo sorriso, le giornate sempre così belle al suo fianco, la biblioteca... il gatto.

Louis stringe ancor più forte gli occhi, mentre quell’ultimo ricordo lo assale.

 

Un miagolio distrae la loro lettura.

Marie si guarda subito intorno, in cerca di Micio.

«Accidenti, fin quassù mi ha seguita?» nella sua voce c’è un misto tra scocciato e divertito.

Si alza per cercarlo tra i tavoli sotto lo sguardo dolce di Louis, che ha un piccolo sorriso sereno dipinto sul volto.

«Sei troppo buona con quel gatto» le fa notare senza rimprovero nella voce, bensì tanta tenerezza.

Lei ride, senza smettere di cercare.

«Il fatto è che Micio è così carino!»

«Ammetto di essere geloso di quel gatto».

«Ma piantala!»

Si mettono entrambi a ridere, tranquilli perché quella sala della biblioteca è ancora vuota e quindi non disturbano nessuno.

Finalmente Marie riesce a capire da che parte provengono i miagolii.

Si affaccia ad un grosso finestrone aperto; il davanzale è effettivamente un po’ basso, le arriva appena ai fianchi.

«Micio!» esclama con sorpresa, trovandolo in piedi sul cornicione esterno «Ma come sei arrivato lì?»

Il gattino miagola ancora, spaventato.

Louis si volta indietro verso di lei, rimanendo ancora seduto, e l’ammonisce, preoccupato:

«Stai attenta, amore».

«Sì, sì: mi basta solo sporgermi un altro po’...» risponde lei noncurante, allungando un braccio verso il gattino.

Si sporge un po’ di più e riesce ad afferrarlo per la groppa, pronta a tirarlo dentro. Ma il gatto, terrorizzato dall’altezza, si scansa di colpo indietro con un miagolio, facendola sbilanciare.

«No, Micio! Non... Ah!» strilla Marie, troppo allungata in avanti, perdendo di colpo l’equilibrio e cadendo nel vuoto insieme al gatto.

«MARIE!» urla Louis con tutto il fiato che ha in corpo, affacciandosi alla finestra proprio nell’istante in cui, con uno schizzo di sangue scuro, Marie si ritrova tra gli scogli sottostanti...

 

«Marie!» ripete lui, disperato, con sua madre che lo abbraccia forte.

Si lascia andare alle lacrime tra le sue braccia, non riuscendo a trovare conforto.

«Perché tutte le persone a cui tengo muoiono?» singhiozza, stringendosi a sua madre e serrando le palpebre «Che cos’ho che non va?»

«Niente, Louis, niente» gli accarezza il capo, toccata dal suo dolore «Mi dispiace, tesoro mio, mi dispiace così tanto... credimi...»

Ci vogliono lunghi e interminabili minuti prima che Louis riesca a calmarsi. Smette pian piano di tremare e il respiro si fa un po’ più regolare, ma gli occhi ora sono gonfi e arrossati e ancora carichi di lacrime.

Ormai si è fatto buio e sua madre è rimasta al suo fianco tutto il tempo; gli sta ancora accarezzando il capo in silenzio.

Lui, inaspettatamente, si stacca da lei e si raddrizza, fissando cupamente il vuoto.

Sua madre attende che sia il ragazzo ad iniziare a parlare per primo.

Louis esita ancora qualche attimo, poi trae un bel sospiro e chiede con la voce rauca di chi, come lui, ha pianto a lungo:

«È successo un anno fa?»

La madre annuisce con il capo.

Lui sospira ancora.

«Che fine aveva fatto André in quei mesi in cui stavo con lei?»

La donna, dapprima sorpresa dalla lucidità della domanda, va a rispondere con calma:

«Inizialmente, nei primi giorni in cui avevi iniziato a frequentare Marie, André era ancora presente. Marie aveva intuito che in te ci fosse qualcosa di... strano, ed era venuta da me a parlarmene. Le raccontai tutto, come mi chiese, e rimasi stupida di fronte la sua reazione. Non sembrava affatto preoccupata, anzi, mi disse di volermi aiutare a guarirti. Infatti aveva notato che con lei sia Louis che André si comportavano nella stessa maniera; erano dolci, divertenti e innamorati. Anch’io notai un cambiamento in entrambe le due personalità; lentamente si stavano riconciliando, tornando ad essere lo stesso ragazzo allegro, gentile e dolce di un tempo. Marie stava compiendo un miracolo.

All’inizio, tra le due personalità ci fu uno scontro. Ti sorpresi spesso a litigare con l’altro te stesso, cosa che era avvenuta anche altre volte, ma ora era diverso. Era sempre Louis a vincere, ad avere ragione.

Poi accadde d’un tratto: André se ne andò. Tu lo giustificasti dicendo che “era scappato di casa; sta volta per sempre”, ma per me questa era più di una vittoria: era una vera gioia. Il mio Louis era ritornato!» mostra un leggero sorriso spontaneo, poi riprende a raccontare:

«Non smisi mai di ringraziare Marie. Mi disse che nei primi giorni era stato così difficile frequentarti perché a volte ti presentavi a lei come Louis, mentre altre eri André. E quando era venuta a sapere da entrambi che i “due fratelli” se la stavano contendendo, ambedue innamorati di lei, e quindi quando si era trovata davanti ad una scelta, ha rischiato tutto: ha dichiarato a Louis di amare lui, perché era quello reale, mentre ha lasciato André, che quindi è “scappato di casa”. Ma aveva funzionato! Eri tornato in te, Louis, e presto ti avremmo raccontato la verità, facendoti accettare una volta per tutte che ormai André era solo un ricordo lontano; sapevamo avresti capito e l’amore di Marie e il tuo amore per lei ti avrebbero aiutato ad andare avanti.

Stava andando tutto benissimo... finché non è accaduto ciò che è accaduto».

Sta volta sospirano entrambi e poi tornano a guardarsi con gli occhi lucidi.

«Appena Marie è morta» riprende sua madre tristemente «André è tornato. Sta volta lo shock è stato ancor più violento che, oltre André, sono arrivate le immaginazioni».

Louis si mostra cupo, intuendo che cosa intenda sua madre.

«Ricominciavi a vedere Marie, ad uscire con lei, a baciarla... e quindi di nuovo il conflitto con tuo “fratello”, solo che sta volta non finiva mai bene. Ti incolpavi così tanto della morte di Marie, perché non eri riuscito ad impedirla, che nella tua immaginazione la uccidevi davvero tu. E ogni volta tornavi a sconvolgerti più di prima...»

«Aspetta un attimo» la interrompe, confuso, e sua madre capisce che sono arrivati al temuto “punto cruciale”.

«Che cosa intendi con...?»

«Louis» lei gli afferra una mano, comprensiva quanto sofferente «Questa è la terza volta che facciamo lo stesso discorso nell’ultimo anno. Da quando è morta Marie, nella tua immaginazione tu l’hai uccisa altre tre volte»

Louis sbatte più volte le palpebre, confuso.

«Non ti seguo» confessa, spaesato.

«Dopo appena un mese dalla sua morte, e dal tuo peggioramento, sei tornato a casa in preda alle allucinazioni, convinto di averla spinta giù dall’ultimo piano della biblioteca» gli spiega con un sospiro stanco e malinconico «Allora ho dovuto farti tornare in te, dimostrandoti che André non esiste e spiegandoti come sono andate realmente le cose. Devo dire che ti sei un po’ ripreso; André era scomparso di nuovo e per tutto il mese successivo era andato tutto abbastanza bene... finché non sei ricaduto di nuovo nella follia».

Louis è davvero incredulo. Non riesce a capire; non ricorda quello che sua madre gli sta dicendo...

«Cos...?» fa, stupito, ma lei riprende subito a dire:

«Sta volta André e Marie sono rimasti per più tempo, prima che il tutto finisse nella stessa identica tragedia della prima volta; più di tre mesi, poi, di nuovo, sei tornato a casa sconvolto, dicendo di averla uccisa. Per riprenderti ci hai impiegato di più; per diversi giorni hai evitato di mangiare e te ne stavi in camera a piangere. Poi un giorno hai smesso semplicemente di piangere e sei tornato ad essere te. Pensavo che quella fosse la volta decisiva, visto che avevi impiegato più tempo; credevo che avessi finalmente accettato il dolore e messo alle spalle quanto successo.

Mi sono sbagliata» fa una pausa, scuotendo il capo «Il mese scorso, o poco più, André è sceso in cucina a fare colazione con i suoi soliti modi scontrosi. Non ho detto niente, non ho fatto niente... ho aspettato semplicemente che arrivasse il giorno in cui il tutto sarebbe sfociato nell’assassinio di Marie per poterti, di nuovo, raccontare la verità».

Louis è sconvolto da quelle rivelazioni. Non ricorda niente, niente, di tutto ciò...

«Louis»

Il tono dispiaciuto e sofferente di sua madre lo fa rabbrividire.

«Louis, perdonami... perdonami, ti prego, ma ho preso una decisione» gli occhi le brillano di lucide lacrime «Ho... ho deciso che... che se sta volta torneranno di nuovo André e Marie... se sta volta non riuscirò ad impedirne il ritorno... ti porterò ad un istituto psichiatrico».

Louis ha un tuffo al cuore e sua madre si porta una mano sul viso, piangendo.

«Non riesco più a sopportare tutto questo... perdonami, Louis...».

Il ragazzo abbassa lo sguardo, mesto.

Come può avercela con sua madre? È sempre stata così forte... ma dentro è fragile e ora è arrivata al limite.

La donna va a stringergli una mano e lui ricambia la stretta dolcemente.

Non può che darle ragione e volerle bene, per aver sopportato tutto questo in tutto questo tempo... solo per lui.

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Capitolo 10
*** Epilogo ***


Dopo tanto tanto tempo, eccomi qua a concludere questa storia :)

Il mio stile è un po' cambiato nel tempo, ma sono ancora molto soddisfatta di questo racconto. Per chi se lo fosse perso, spero abbiate apprezzato la lettura. ^^


Epilogo

 

 

Se sta volta torneranno di nuovo André e Marie... se sta volta non riuscirò ad impedirne il ritorno... ti porterò ad un istituto psichiatrico.

Louis sospira per l’ennesima volta.

Sua madre ha ragione, è il momento di darci un taglio.

Posa il mento sul palmo della mano, appoggiando poi il gomito sulla scrivania e guardando fuori.

A detta di sua madre, si trovano a fine estate. Non lo sapeva, questo.

In effetti, l’aria si è fatta un po’ più fresca e oggi il sole è coperto da soffici nubi candide. Comunque, in quell’isola, il clima rimane abbastanza piacevole anche durante l’inverno; insomma, non si sta male.

Fa vagare la mente, osservando il cielo perlaceo e ripensando a quante cose gli ha detto sua madre l’altro giorno.

Ti porterò ad un istituto psichiatrico.

È arrivato a capire che sarebbe meglio evitarlo; non vuole andare in un istituto.

Per tutta la settimana sua madre è rimasta a casa con lui, osservandolo e sostenendolo. Louis non ha dato segni di squilibrio; è rimasto tranquillo, parlando poco e a volte preferendo non mangiare. Però non ha pianto più; forse ha esaurito le lacrime. Secondo sua madre potrebbe essere un buon segno. E quel giorno è tornata al lavoro.

Louis abbassa gli occhi, rivolgendo l’attenzione all’album di foto che ha di fronte a sé sulla scrivania.

Si mette dritto sulla sedia e inizia a sfogliarlo lentamente, soffermandosi sulle foto che lo colpiscono di più ed evitando di proposito quella in cui è ritratto il gatto; gli mette ancora i brividi.

Sfoglia le pagine con la mano sinistra, visto che la destra è ancora fasciata. Sua madre gli ha detto che è stato uno spettacolo agghiacciante: si stava colpendo da solo. È strano veramente il fatto che lui credeva che fosse tutto reale... cosa non può fare la mente! Ecco perché la psicologia lo affascina da sempre.

Si sofferma su una delle ultime immagini.

È un primo piano di Marie; alle sue spalle c’è il mare. Sorride delicatamente, con gli occhi verdi che brillano, dolci, e con le simpatiche lentiggini in risalto sulla pelle avorio. Oh, che bella che è!

Louis sospira di nuovo.

Istituto...

Socchiude un po’ gli occhi, con lo sguardo ancora fisso sull’immagine.

Ti porterò ad un istituto...

Come sei bella, Marie.

Chiude serenamente gli occhi, con il pensiero di lei inciso nella sua mente.

Ti porterò... ti porterò... istituto psichiatrico...

«Sei proprio uno stupido, Louis» commenta André con quell’aria da superiore, alzando un sopracciglio «Non riesci proprio a fare a meno di me?»

«Ti sbagli, André» ribatte Louis tranquillamente, riaprendo gli occhi e tornando a rivolgere l’attenzione alla foto, ignorando il riflesso di suo fratello allo specchio, che nota è seduto sul suo letto.

«Il fatto è che... non riesco a fare a meno di lei» spiega Louis con un sospiro.

André scuote il capo, deridendolo aspramente:

«E sei disposto a farti rinchiudere per rivederla?»

«Se accetto il fatto che tu sei reale, allora riuscirò anche a rivedere lei» afferma l’altro, accarezzando l’immagine dolcemente «Se ricadere nella pazzia è il prezzo che devo pagare per stare di nuovo con lei, allora mi sta bene».

«Sei proprio uno stupido» ribadisce André.

Louis lo ignora volutamente e si concentra, cercando di focalizzare la figura di Marie. Come fare per incontrarla di nuovo? Come ha fatto tutte le altre volte? Credeva che, appena riapparso André, Marie sarebbe apparsa insieme a lui, invece... invece ancora non c’è.

Improvvisamente ha l’illuminazione.

La prossima volta che vorrai morire, pensa a me Louis... Io sarò lì per chiederti di non farlo.

Queste parole Marie gliel’ha dette veramente, ne è certo. Forse era venuta a sapere dei suoi precedenti tentativi di suicidio, ecco perché gli aveva detto questo... è vero, le sue erano immaginazioni, ma erano ispirate a fatti veramente accaduti. Per davvero un giorno avevano corso tra quei girasoli e lei aveva pronunciato quella frase. Una frase che gli è rimasta impressa nella mente e in quel momento capisce che è così che è riuscito a rivederla tutte le altre volte.

E  ti salverò la vita.

Si alza in piedi di scatto, passando davanti André, ancora seduto sul letto con un sorriso soddisfatto, e corre in soffitta, fino ad uscire di fuori sul tetto.

Ecco, così era accaduto le altre volte; ora si ricorda davvero tutto.

Mentre guarda di sotto il bel giardino, con i capelli al lieve vento, gli viene da pensare che forse è ancora in tempo per tornare indietro... in qualche modo sa per certo che, appena riapparirà Marie, lui dimenticherà tutto di nuovo e la storia si ripeterà daccapo. E sua madre sarà costretta a farlo rinchiudere in un istituto.

Sì... magari sarebbe meglio evitare tutto questo... ma sa che non può.

Come potrebbe vivere senza Marie? Non può, non può; non senza di lei.

Scusami mamma... ma devo farlo... spero tu possa capire.

È il suo ultimo, lucido pensiero.

Alza gli occhi in alto, seguendo uno stormo di uccelli; forse sta emigrando verso paesi più caldi.

Inspira l’aria a pieni polmoni, godendo di quella bella sensazione; con la mente sta già volando in alto insieme gli uccelli.

Allunga il piede, pronto a farlo, scacciando via tutti i pensieri.

Inizia a chinarsi in avanti, preparandosi a cadere di sotto e, chissà, finalmente volare.

«Ehi! Ehi! Aspetta!»

È una limpida voce a chiamarlo.

Louis si ritrae, sbilanciato, e finisce seduto sulle tegole.

Ancor prima di affacciarsi di sotto per vedere chi lo ha fermato, un leggero, ma sincero, sorriso, va a delinearsi sul suo volto, senza sapere il perché.

Oh, quant’è felice adesso!

 

Fine

 

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