La Senatrice

di BluCAstle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** l'incontro ***
Capitolo 3: *** preparativi ***
Capitolo 4: *** la cena ***
Capitolo 5: *** lo scrittore e' tornato ***
Capitolo 6: *** sorprese ***
Capitolo 7: *** la favola della buonanotte ***
Capitolo 8: *** paura ***
Capitolo 9: *** sentimenti ***
Capitolo 10: *** election day ***
Capitolo 11: *** la chiave ***
Capitolo 12: *** morning after ***
Capitolo 13: *** il ballo ***
Capitolo 14: *** gelosie ***
Capitolo 15: *** il ritorno del playboy ***
Capitolo 16: *** equivoci ***
Capitolo 17: *** l'anello ***
Capitolo 18: *** Eric Vaughn ***
Capitolo 19: *** perdite ***
Capitolo 20: *** lunga notte buia ***
Capitolo 21: *** ritrovarsi ***
Capitolo 22: *** spiegarsi ***
Capitolo 23: *** l'anello e l'alba ***
Capitolo 24: *** a cena con i suoi ***
Capitolo 25: *** le cirque ***
Capitolo 26: *** sposami ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Sembrava nervosa.

Apparentemente sorridente,perfetta nel suo tailleur Armani blu,il trucco leggero e luminoso.

Ma lui sentiva come una corrente sotterranea che la percorreva in profondità' lasciandola scossa.

Nessuno pareva farci caso. La stava osservando da un po’.
Era li per sostenerla,il suo amico Weldon,un tempo sindaco, era diventato Governatore e sponsorizzava la campagna per diventare Senatrice di Katherine Beckett.

Di lei si era parlato molto l’anno prima quando era stata quasi uccisa da Locksat,l’organizzazione criminale che aveva sgominato per dare giustizia alla sua ex squadra dell’FBI uccisa per farla tacere.

Quella sera Katherine Beckett stingeva mani,sorrideva,parlava coi suoi sostenitori e sembrava a suo agio,rilassata e bellissima. Ma si sentiva a pezzi.

Ancora non riusciva a capire com’era finita in quel tritacarne che e’ una campagna politica.

Riservata e schiva,si era ritrovata improvvisamente sotto i riflettori e la cosa la stava esasperando.
C’era una scossa interiore che la faceva tremare nell’intimo.

 

“Rick,non puoi mancare!”

“Accidenti,Bob,ho un impegno venerdi e non voglio rimandare”

“Me lo immagino il tuo impegno amico,quarta di reggiseno,bionda,mozzafiato!”

“Sei un idiota,Bob.Governatore,certo,ma comunque idiota!”

“Rick,credimi.mi ringrazierai. Ti ho sistemato al tavolo d’onore,proprio davanti al palco. Lei e’ una favola,toglie il fiato.
Ma sembra fatta di ghiaccio. Ho pensato che ti avrebbe incuriosito.
E che la curiosita’ ti avrebbe fatto scucire un generoso assegno per sostenere la campagna della Senatrice Beckett.”

“Maledizione Bob,finisco sempre per fare quello che vuoi tu in queste occasioni. Va bene,spostero’ il mio impegno e verro’.”

Richard Castle aveva chiuso il telefono sorridendo.
Il suo amico Bob Weldon era stato Sindaco di NY e durante quegli anni avevano giocato a poker regolarmente.

Da quando era diventato Governatore era piu’ difficile combinare. Ma anche se si vedevano di meno Bob lo conosceva bene.

Sapeva che quella donna lo avrebbe intrigato.

Aveva letto la  storia  di Katherine Beckett sul NY Times che l’aveva descritta come un’eroina senza macchia e senza paura.

La piu’ giovane detective della omicidi nella Polizia di NY,quella col numero piu’ alto di casi risolti.
Da quando era arrivata al 12’ distretto il numero di assassini assicurati alla giustizia era triplicato e la cosa non era passata inosservata.
Dopo una serie di colloqui era stata assegnata alla squadra speciale del Procuratore Generale a Washington,una posizione di grande prestigio in seno all’FBI.

Anche li si era presto messa in luce.

Era rapida,efficente,determinata. Nulla sembrava toccarla.

Katherine Beckett non lasciava mai trasparire le sue emozioni.

Con gli uomini era come sul lavoro,decisa ma distaccata. Prendeva quello che voleva per il tempo che decideva poi,quando le veniva chiesto di piu’, si voltava e se ne andava,sempre.

Non c’era mai stato nessuno capace di andare oltre la corazza che si era costruita.

La sua carriera era progredita velocemente ,aveva guadagnato posizioni e scalato graduatorie.

Finche’ non si era imbattuta in Locksat, l’organizzazione criminale che aveva sterminato la sua squadra dell’FBI ed aveva tentato di  uccidere anche lei.

Ma Katherine Beckett aveva reagito e contrattaccato. E aveva sconfitto un mostro che si nutriva dell’ombra del Potere da anni.

Era quasi morta per riuscirci. Ma le ripercussioni delle sue gesta erano state incredibili. Politici,potenti uomini d’affari,cinici trafficanti.

Come un castello di carte Katherine Beckett aveva fatto crollare l’intero sistema minandolo prima alla base e abbattendo poi il suo vertice.

Mentre lei si dibatteva tra la vita e la morte in un letto di ospedale l’FBI aveva arrestato decine di persone molto in vista grazie alle prove da lei raccolte e la sua storia e le sue foto erano rimaste in prima pagina per giorni.

Quando si era ripresa KB era profondamente cambiata. Quella guerra l’aveva sfinita. Aveva bisogno di una pausa.

Si era rifugiata per tre mesi nello chalet di montagna che suo padre aveva sugli Adirondack.
E li si era leccata le ferite.

Il vuoto che sentiva crescerle dentro la stava divorando.

Mai come ora la perdita di sua madre,assassinata proprio da coloro che aveva cosi’ ferocemente combattuto e vinto,invece di essere meno dolorosa, le bruciava l’anima.

Richard Castle aveva seguito la vicenda della giovane agente dell’FBI che praticamente da sola aveva sgominto una potente organizzazione criminale con a capo un Senatore deciso a correre per la Presidenza.


Era un periodo nero per lo scrittore. Il suo secondo divorzio l’aveva lasciato frustrato e amareggiato.

Sua figlia era cresciuta e sembrava capace di camminare con le sue gambe incontro al suo Futuro.

E sua madre era a culmine di una seconda giovinezza grazie ad un nuovo spettacolo di successo a Broadway che faceva il tutto esaurito da mesi.

Richard Castle si sentiva smarrito.

Stava per compiere 40anni e si annoiava da morire.
Faceva fatica a scrivere e sprecava il suo tempo con ragazze belle ma senza cervello in serate mondane che lo lasciavo ogni giorno piu’ svuotato.

Mentre leggeva per la prima volta l’incredibile storia di quella donna straordinaria aveva provato  ad immaginare cosa dovesse motivare tanto coraggio e tanta abnegazione.

Gli sarebbe piaciuto creare un nuovo personaggio ispirato a lei.

Mesi dopo, quando il suo amico Governatore l’aveva chiamato, si era detto che sarebbe stato interessante conoscerla,finalmente.

Osservarla da vicino lo incuriosiva.
Guardare oltre la maschera di gentilezza e disponibilità sarebbe stato intrigante.
Non poteva immaginare che quell’incontro avrebbe cambiato la sua Vita.

 

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Capitolo 2
*** l'incontro ***


“Dovrebbe farlo più spesso”

La voce bassa e roca veniva da un angolo poco illuminato alle sue spalle.

“Che cosa?” si ritrovo’ a rispondere Katherine Beckett prima di ragionarci su.

“Sorridere con gli occhi come sta facendo ora.

Dev’essere il messaggio di una persona importante se le accende quella luce negli occhi.”

Katherine Beckett guardo’ quell’uomo alto e attraente emergere dalla penombra incuriosita.

“Per tutta la sera il suo sorriso non e’ mai arrivato agli occhi.Un vero peccato ora che vedo l’effetto che ha sul suo viso”.

“Ci conosciamo?Ha un volto familiare”.

“Mi chiamo Richard Castle”.

“Ma certo,lo scrittore.L’amico del Governatore Weldon. Mi avevano detto che sarebbe venuto.

E’ un piacere conoscerla” gli disse allungando la mano.

“Ed ecco che torna il sorriso di circostanza e si spegne la luce” disse lui avvicinandosi e prendendole la mano tra le sue.

“Cosa la fa sorridere davvero, Kate?” le chiese fissandola con degli incredibili occhi blu.

Katherine Beckett rimase in silenzio turbata dal suo tocco.

Stava per ritrarsi quando lo scrittore la precedette.

“Non serve allarmarsi,ne’ deve rispondermi”  disse lasciandole la mano e facendo un passo indietro.

Era strano.Sembrava che le leggesse dentro.

La guardava negli occhi e le arrivava nell’anima.

“Io…mi scusi signor Castle,mi sono gia’ assentata abbastanza.Si staranno chiedendo dove sono finita! E’ stato un piacere fare la sua conoscenza.”

E piu’ veloce delle ombre al sole ,si era voltata ed era scomparsa dietro alla porta che dava sul salone principale dove si stava tenendo il ricevimento .

Ric Castle rimase appoggiato ad una colonna assaporando la sensazione di pienezza che l’aveva assalito tenendo tra le sue la mano delicata della donna.

Quando si era avvicinato per stingerle la mano aveva avvertito un profumo che gli aveva ricordato le ciliegie mature.

Era davvero bella,alta e slanciata,e giovane,molto giovane per essere in lista per il Senato.

Aveva compiuto 32 anni mentre era in ospedale e la sua eta’ era stata sottolineata piu’ volte dai servizi giornalistici.

Se avesse vinto la corsa sarebbe stata la piu’ giovane Senatrice del Paese.

Di certo avrebbe votato per lei.

 

Quella sera a casa Kate,nonostante fosse esausta,non riusciva a prendere sonno.

Continuava a rivedere quegli incredibili occhi blu che l’avevano scrutata come se potessero davvero leggerle dentro.

Aveva sempre desiderato conoscere Richard Castle.

Era lo scrittore preferito di sua madre.

Quando era stata assassinata aveva trovato un suo libro sul comodino e aveva cominciato a leggerlo per sentire sua madre piu’ vicina.

E in quei mesi di dolore indicibile leggere i libri di Richard Castle era stata una consolazione.

Negli anni aveva sorriso leggendo le cronache mondane del famoso scrittore playboy miliardario. Lo avevano fotografato spesso alle serate di gala con top model o attrici famose.

Era sempre con una donna diversa appesa al braccio,elegante e sexy.

Se non si ricordava male aveva divorziato due volte ed aveva una figlia gia’ grande.

Era esattamente il tipo d’uomo che avrebbe fatto svenire il suo consulente politico tanto era inadatto per qualsiasi tipo di incontro con lei ad eccezione della sua firma su un generoso assegno a favore della sua campagna.

Allora perche’ non riusciva a smettere di pensare a lui?

 

 

Erano passate due settimane da quella serata e Richard Castle era seduto al tavolo verde nel salotto del suo loft col Governatore Weldon,il Giudice Markway e il capo della Polizia Montgomery.

La chiamavano la serata Gotham City e lui si immaginava di essere Batman.

Aveva sempre avuto una immaginazione sfrenata.

Mentre giocavano a poker Bob inizio’ a stuzzicarlo:”Allora Ric,che ne pensi di Katherine Beckett?Non e’ stupenda?”

“Tanto stupenda quanto glaciale.Ho provato ad andare oltre la superficie con lei ma si e’ immediatamente ritirata come in un guscio .Non credo che sia una donna semplice.”

“Oh via,amico,tu non sei uno che si ferma davanti agli ostacoli ,se ti interessa una donna.”

“Sembri dimenticare che quella non e’ il tipo di donna per un’avventura per la quale superare gli ostacoli e’ sufficiente.Penso che mi gelerebbe il cuore con uno sguardo se solo osassi avvicinarmi troppo. Eppoi non e’ fidanzata con un cardiochirurgo che e’ spesso in Africa ad operare bambini malati?”

“Si sono lasciati,Ric.Il dottore non reggeva il ritmo della campagna.Non era il tipo giusto per lei.Tu lo saresti!”

“Come ci pensi,Bob! la Senatrice Beckett e’ una donna di quelle che ti portano direttamente ad un altro livello.E con tutti miei casini ora lei e’ tutto quello che non mi ci vuole”.

Allora perche’ non riusciva a smettere di pensare al luccichio di gioia che aveva acceso gli occhi verdi di quella donna enigmatica mentre leggeva un sms che sembrava farla felice?

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** preparativi ***


 

Kate era sfinita dal ritmo della campagna senatoriale.

Detestava quei discorsi fatui che era costretta a pronunciare e si era stancata di dire quello che i suoi consiglieri politici ritenevano piu’ adatto per accaparrarsi voti.

Non poteva andare avanti cosi.

Era una donna d’azione.Non un politico.

L’avevano convinta dicendole che avrebbe potuto fare la differenza ed invece non poteva fare neppure un discorso come voleva lei.

Si era infuriata leggendo l’ennesimo vuoto insieme di parole senza significato che avrebbe dovuto pronunciare l’indomani.

Aveva chiamato il capo del Partito minacciando di andarsene se avesse dovuto pronunciare ancora cose banali come quella che aveva sotto gli occhi.

Pretendeva di avere un nuovo responsabile per la stesura dei discorsi elettorali.

Era stata convocata una riunione d’urgenza a cui aveva partecipato anche Bob Weldom che aveva avuto la brillante idea di fare il nome del suo amico scrittore Richard Castle come nuovo capo dello staff di comunicazione di Katherine Beckett.

Era brillante,democratico e molto bravo a convincere gli altri delle sue idee.

Era perfetto.

Eppoi dentro di se' era convinto che quei due vicini avrebbero fatto scintille.

Katherine tento’ di opporsi ma quando seppe che lui aveva accettato capitolo’ con la promessa che avrebbero provato per un mese a vedere se la cosa poteva funzionare altrimenti avrebbe potuto scegliere lei chi assumere.

 

 

“Cosi ci rivediamo”.

“Pare che oltre a rivederci dovremo passare un po’ di tempo insieme perche’ io possa farmi un’idea di come vuole impostare i suoi prossimi discorsi.”

“Certo. Chiedero’ alla mia assistente di fissare un incontro quanto prima.”

“Perche’ non a cena” ribatte’ lui.

”Stasera.So che si era presa la serata libera.Ho fatto i compiti.”

Katherine rimase paralizzata,l’espressione tipica del cerbiatto abbagliato dai fari.

Duro’ solo un attimo ma a Castle la cosa non era sfuggita.

“Veramente io..”

“Suvvia lo so che non ero in programma.Ma abbiamo poco tempo.

Il prossimo discorso importante e’ tra una settimana a Washington e voglio avere il tempo di prepararmi bene.Ma non posso farlo senza di lei Katherine.Non si faccia pregare.

La sua agenda e’ una follia nei prossimi giorni”.

Sorrise ammiccando prima di aggiungere: “La sua assistente e’ una mia fan cosi’ ne ho approfittato.”

Kate era allibita dalla sua sfacciataggine.

Ma aveva ragione.

Aveva sognato un lungo bagno caldo,un bel libro e il silenzio del suo appartamento .

Accetto’ a malincuore.

Non poteva esimersi.

“Ottimo,passo a prenderla alle 20.So dove abita.” sorrise malizioso prima che lei riuscisse a parlare e scomparve cosi come era apparso.

Cos’era appena successo,si chiese Kate allarmata.

Perche’ si sentiva come se avesse appena accettato un appuntamento con un uomo? 

Era solo lavoro,si disse piu’ volte mentre tornava nel suo ufficio.

 

 

Kate era sotto la doccia e non riusciva a dissimulare l’agitazione che sentiva per quella cena.

C’era qualcosa in quell’uomo che la faceva sentire vulnerabile ed insicura.

Era sempre riuscita a tenersi alla larga da situazioni che la facevano sentire cosi.

Da quando era finita con Josh,il dottore,che insisteva che lasciasse la politica per seguirlo in Africa si era detta che non ne voleva piu’ sapere di uomini fino a quando tutta questa follia della politica non fosse finita.

Aveva molti pretendenti ma nessun uomo era lasciato avvicinare piu’ del necessario.

E avrebbe continuato cosi’.

Mancavano due mesi alle elezioni.

Meno che mai si sarebbe fatta distrarre  dai profondi occhi blu e dalla parlantina spigliata dello scrittore playboy.

L’avrebbe tenuto alla larga,penso’, mentre si truccava preparandosi alla loro cena.

intanto Ric era davanti all’armadio e non riusciva a scegliere la cravatta.

L’abito blu notte con la camicia bianca gli era sembrata una buona scelta,elegante e non troppo formale.

Ma si era bloccato alla cravatta.

Sua figlia Alexis entro’ in camera mentre scartava la quarta che provava.

“Papa’, dove vai cosi in tiro?Hai un appuntamento galante?”

“Niente di che, Zucca,solo una cena di lavoro.”

“Gina?”

“No tesoro.Vado ad incontrare la candidata al Senato per lo stato di New York.Mi hanno proposto di essere il responsabile del suo staff per la comunicazione e sono curioso di capire se posso farlo.”

“Papa’ parli di Katherine Beckett, l’agente dell’FBI che ha sgominato quell’organizzazione criminale potentissima praticamente da sola? Per noi studenti del primo anno  alla Columbia e’ un mito.”

“Proprio lei Zucca. Approposito,sei tornata prima dal Campus,come mai?”

“Avevo finito il bucato pulito!”

“Non avete lavatrici nel dormitorio  vero tesoro?” ridendo le fece una carezza sui capelli rossi e riprese a provarsi cravatte.

“Papa’ devi mettere quella blu,ton sur ton, e’ perfetta con i tuoi occhi.”

Lo scrittore la provo’ e guardandosi allo specchio decise che sua figlia  aveva ragione.

“Lei ti piace Papa’?”

“Oh,lei e’ incredibile,ma in senso professionale,Alexis.

Non lo sto incontrando come donna,ma come candidata.”

“Beh,Papa’,e’decisamente diversa dalle donne che frequenti ultimamente”.

“Che vuoi dire tesoro?”

‘Voglio dire che non ha tette al silicone,scollature vertiginose e Q.I. sotto la media nazionale!”

“Eih,cosi mi ferisci!Non esco solo con oche giulive..”

“Papa’!” lo interruppe la giovane guardandolo seria.

“Va bene Zucca,forse hai ragione.

Ultimamente forse ho abbassato un po’ lo standard ed ho esagerato con modelle ed aspiranti attrici.E’ che sono rimasto traumatizzato dal mio secondo naufragio matrimoniale e l’idea di un’altra  Gina che voglia fare sul serio mi spaventa.”

“Papa’,quando ti deciderai a crescere?”lo prese in giro sua figlia prima di abbracciarlo sorridendo e tornarsene in salotto.

Quando Ric usci’ dalla sua camera Alexis stava ridendo con sua nonna.

“Eih,guardate che eleganza il mio ragazzo. So che hai un appuntamento speciale,questa sera.”

“Dai mamma,non mettertici anche tu!Non e’ un appuntamento.E’ lavoro!”

Cercava di convincere soprattutto se stesso.

Se lo avesse ripetuto a sufficienza forse ci avrebbe creduta davvero.

Allora cos’era quello sfarfallio allo stomaco ogni volta che Katherine Beckett gli veniva in mente?

Quanti anni erano che una donna non lo faceva sentire cosi?

 

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Capitolo 4
*** la cena ***


Erano le otto in punto quando bussarono alla porta.

Kate ando’ ad aprire e si trovo’ davanti il sorriso luminoso di Richard Castle.

“Puntualissimo!”

“Non potrei mai far aspettare qualcuno come lei che ha il tempo contato”

Il tono con cui pronuncio’ la frase diceva ben altro.

Lui aveva questo modo di fare scanzonato che le donne di certo adoravano.

Ma lei non era le altre donne!

“Bene,andiamo.” disse senza accennare ad invitarlo ad entrare.

Era una cena di lavoro, non c’era bisogno di essere ospitali.

Lui le cedette il passo scortandola ad una sobria mercedes blu di cui si mise personalmente alla guida dopo averle aperto la portiera e averla fatta sedere.

Era convinta che si sarebbe presentato con un autista oppure con la famosa Ferrari rossa con cui spesso era stato fotografato insieme alla starlette di turno.

Un punto a suo favore,penso’.

Guardo’ le sue mani curate appoggiate sul volante e si trovo’  a pensare che erano mani abituate a trovare la strada giusta lungo il corpo di una donna.

Arrossi’ al solo pensiero.

Come le veniva in mente di pensare certe cose?

Per fortuna nel buio dell’abitacolo lui non si rese conto del rossore che le aveva colorato il viso.

Lo scrittore guido’ in silenzio dopo averle chiesto se le piaceva la cucina italiana.

Altro punto a suo favore.

Era un uomo che sapeva quando tacere,apparentemente.

Non era quello che si era aspettata.

Si fermo’ davanti ad un locale di NY che non conosceva.

L’insegna diceva Osteria Toscana.

Aveva pensato che l’avrebbe portata in uno di quei ristoranti di lusso in cui sfoggiarla e invece aveva scelto un posto intimo e riservato.

Altro punto a suo favore.

Era gia’ a tre e la loro cena non era neppure iniziata.

Il playboy miliardario Richard Castle sembrava un uomo tranquillo e giudizioso stasera.

Mentre le faceva strada nel locale ,vennero accolti dal proprietario che sembrava conoscere lo scrittore molto bene.

“Richard,che piacere.Quando mi hanno detto che avevi prenotato mi sono permesso di lasciarti il tuo tavolo preferito,davanti alla vetrata.”

“Ottima idea,Francesco. Lascia che ti presenti Katherine Beckett,la futura senatrice dello stato di New York.”

“E’ un onore,signora.Votero’ di certo per lei.Sono ammirato per quello che e’ riuscita a fare contro quei criminali.Abbiamo bisogno di persone come lei a rappresentarci.”

Ric aveva osservato Kate intimidirsi davanti ai complimenti di Francesco e aveva sorriso.

Quella donna era davvero un bell’enigma.

E a lui era venuta voglia di risolverlo.

 

Erano seduti ad un tavolo appartato davanti ad una vetrata che mostrava l’Hudson e lo skyline della città illuminata da milioni di luci scintillanti.

Avevano mangiato un antipasto di burrata e pomodorini e poi una pasta favolosa alle verdure che le aveva lasciato l’acquolina in bocca.

Il vino era fantastico e le parole tra loro erano state leggere,facili.

Non si erano resi conto di essere assorti in un fitto dialogo da quasi tre ore.

Non c’era più nessuno ai tavoli del ristorante.

Tutti gli altri ospiti se n’erano andati da tempo.

Il rumore di un piatto caduto ad un cameriere li riscosse da quella bolla incantata in cui si erano persi a raccontarsi idee,visioni,prospettive e storie passate.

Kate batte’ gli occhi sentendo il forte rumore della ceramica che si infrangeva a terra.

Nel suo sguardo una paura istintiva e raggelante.

Era l’effetto dello stress post traumatico.

Il cuore le era balzato in gola credendo che si trattasse di uno sparo.

Ric intercetto’ il suo sguardo smarrito e allungando istintivamente una mano attraverso il tavolo strinse la sua cercando di rassicurarla.

“Va tutto bene,Kate.E’ solo un piatto che e’ caduto a terra.Va tutto bene.Guardami,Kate.”

Lei gli rivolse lo sguardo di un  animale spaventato e solo dopo qualche secondo si rese conto di aver stretto di riflesso la mano di Ric e che continuava a tenerla stretta.

La lascio’ di colpo, imbarazzata.

“Mi dispiace”,sussurro’.

“Eih,va tutto bene,Kate,davvero.”

Erano passati al tu con naturalezza poco dopo essersi seduti al tavolo.

Lei gli aveva raccontato cose di se’ che non confidava a nessuno da anni.

E lui l’aveva ascoltata,compresa,ammirata.

Dopo l’episodio del piatto si resero conto di essere rimasti soli nel locale.

“Ma che ore sono?”gli chiese incredula.

Lui la guardo’ altrettanto sconcertato.

“Non ne ho idea.Ma dove sono finiti tutti?

Francesco,che ore sono?” chiese al suo amico appoggiato al bancone che gli sorrideva complice.

“E’ quasi mezzanotte, Ric.”

Si guardarono incapaci di capire dov’erano scappate quelle ore da quando si erano seduti,un attimo prima secondo la loro percezione.

“Sara’ meglio andare” disse lei senza guardarlo.

“Ma certo,vieni,ti accompagno.”

Sotto casa sua Ric scese per scortarla al portone e mentre lei cercava le chiavi nella borsa avvertirono una lieve tensione renderli vigili.

Lo scrittore si avvicino’ a Kate che era in ansia convinta che l’avrebbe baciata.

Invece ricevette solo un lieve bacio sulla guancia.

“Sono stato benissimo” le sussurro’ mentre le sorrideva.

“Buonanotte Ric”

“A domani,Kate.”.

Con un ultimo sguardo si congedo’ scomparendo nella notte lasciandola turbata e inquieta.

Richard Castle si era rivelato molto diverso dall’idea stereotipata che si era costruita leggendo delle sue avventure a pagina 6 del Ledger.

Era riuscito a farla aprire,era andato oltre la sua corazza,l’aveva incuriosita e fatta divertire.

Penso’ che non passava una serata cosi rilassante e lieve con un’altra persona accanto da molto,molto tempo.

 

 

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Capitolo 5
*** lo scrittore e' tornato ***


“Ehi,ragazzo,sei tornato!E sobrio, per giunta.”

“Madre,tu invece sei almeno al terzo bicchiere,a vederti.”

“Non essere insolente,ragazzo.Dimmi invece com’e’ andata la serata con la tua bella Senatrice.”

“Non e’ mia e non e’ Senatrice.”

“Via,ragazzo,lo sara’ presto…Senatrice, voglio dire.”

Martha si divertiva a stuzzicarlo.

Erano anni che lo vedeva perdere tempo con donne senza sostanza e non alla sua altezza.

I divorzi lo avevano ferito profondamente.

Il primo matrimonio si era reso necessario per dare una famiglia alla bambina che aspettava da Meredith.Era giovane ed ingenuo e quando la madre di sua figlia lo aveva tradito e se n’era andata a Los Angeles lasciandolo a 23 anni con una neonata da crescere,credeva di non farcela.Ma si era impegnato ed era diventato un padre single  premuroso e presente.

Quello che lui non aveva mai conosciuto.

Poi c’era stata Gina.Era la sua agente e con lui Richard si era illuso di dare una madre ad Alexis ma si era rivelato l’ennesimo sbaglio plateale.

E ora sembrava accontentarsi di attricette da due soldi belle e sciocche con cui divertirsi una notte prima di dire loro addio.

Questa serata era stata diversa,glielo leggeva negli occhi.

“Non vuoi dirmi com’e’ stata la tua cena?”

“E’ stata  interessante.Kate e’ una donna complessa,profonda.Rigorosa nel suo lavoro.

Ma ha una ferita dentro che le impedisce di lasciarsi andare..”

“Pero’!”Per averla appena incontrata l’hai radiografata per bene.”

“L’ho ascoltata.Ma soprattutto l’ho osservata.E’ come uno specchio .Riflette  tutto quello le arriva addosso. Finche’ non trovi la porta per andare oltre le apparenze.

E’ una donna straordinaria.”

“E che cosa hai intenzione di fare con lei?Non e’ una delle tue solite ragazze da una botta e via!”

“Mamma!”

“Che c’e’?E’ vero.Di solito una suite al Regency  e una cena a Le Cinque e tutte ti cadono ai piedi.E tu la mattina dopo sei gia’ annoiato.Katherine Beckett mi sembra di tutt’altra categoria,tesoro.Stai attento a quello che fai.”

“Mamma,il nostro non e’ un rapporto uomo/donna.E una cosa di lavoro.”

“E’ sempre una cosa uomo/donna,Richard,non fare l’ingenuo.

“Vado a letto,madre”taglio' corto lo scrittore. “Dovresti farlo anche tu!”

“Certo certo “ rispose Martha versandosi un altro calice di champagne.

Ric ando’ nel suo studio e si sedette alla scrivania.Erano mesi che faceva fatica a scrivere.

Quella sera invece aveva un desiderio incredibile di mettere sulla carta le idee che gli erano venute per un nuovo personaggio.

Una poliziotta dalle gambe chilometriche e bellissimi occhi verdi che era il vanto del suo Distretto e che non demordeva mai fino a che non aveva portato giustizia nella famiglia della vittima.

Scrisse fin quasi all’alba.

E prima di buttarsi sul letto penso’ che Kate Beckett era davvero una donna straordinaria e che gli sarebbe piaciuto conoscerla meglio.

Molto meglio.

 

Erano passati due giorni dalla loro cena e Kate aveva ripensato spesso alla sensazione di sicurezza che aveva provato quando lui le aveva stretto la mano dicendole che andava tutto bene.

Il rumore forte,simile ad uno sparo per la sua mente traumatizzata,l’aveva travolta e aveva sentito il panico dilagarle dentro.

Ric era riuscito ad evitarle di precipitare nel vortice  del terrore che solitamente la lasciava sfinita ed angosciata.

Sentiva ancora la dolcezza nella voce di lui che le ripeteva che era tutto a posto mentre lei gli si aggrappava alla mano come un naufrago ad un salvagente.

Era difficile scacciare il pensiero di lui,sebbene se lo fosse imposto.

Aveva troppe cose da fare e non poteva distrarsi.

Di solito funzionava,stavolta invece i suoi occhi blu riuscivano a superare tutte le sue barriere.

Stava rispondendo alle e-mail durante uno spostamento tra New York e Washington quando il responsabile dei suoi pensieri confusi arrivo’ improvviso attraverso un messaggio di posta.

 

“Ciao Kate.

 Ho parlato col capo del tuo staff e con i due giovanotti che di solito scrivono i tuoi discorsi.

 Mi sono fatto dare un traccia di quello che volevano farti dire all’incontro di domani sera coi lavoratori portuali di NY e mi sono messo al lavoro.

Ti allego la bozza del discorso che ho pensato essere adeguato per te.Leggila e dimmi che ne pensi.

PS. Francesco mi ha chiesto se la deliziosa signorina che era con me l’altra sera aveva gradito la burrata perche’ gli stanno arrivando dall’Italia delle Bufale artigianali e voleva mandartene un paio a casa.Potrei vestirmi da fattorino,per rivederti!”

 

A Kate sfuggi un sorriso.Era raro che succedesse.Ma Ric Castle aveva la capacita’ di strapparle un sorriso nei momenti piu’ impensati.

Apri’ l’allegato e il discorso che le aveva scritto le sembro’ un estensione dei suoi pensieri .

Era deciso ma mai duro,conteneva speranza ma mai illusioni,era sentito ma mai falso.

Era perfetto!

Gli rispose subito

 

“Richard, e’ davvero un discorso ottimo.Hai assolutamente colto nel segno.Grazie mille per il tuo aiuto.

PS.Di a quel fattorino che si meriterebbe mancia doppia!”

 

Cosa stava facendo,flirtava con il suo scrittore preferito?

Forse. Ma era solo un gioco innocente,si ripete’ piu’ volte quella settimana rispondendo alle mail che via via lui le scriveva.

Il discorso era stato un successo. Il NY Times lo aveva commentato in un articolo di fondo in cui la definiva “finalmente un politico che non ha paura di affrontare la realtà.”

Il suo staff era entusiasta dagli articoli che stavano celebrando la sua svolta realista.

E Kate aveva ringraziato lo scrittore inviandogli  a casa del vino italiano che si era fatta consigliare da un amico esperto sommelier.

Ric le aveva telefonato la sera in cui lo aveva ricevuto per dirle che lo avrebbe aperto solo quando avrebbero potuto berlo insieme.

 

“E’ un invito,scrittore?”

“Lo e’ di certo,Senatrice.”

“Allora dovremo aspettare che io abbia vinto le elezioni,visto che l’invito e’ rivolto alla Senatrice.” 

Si stuzzicavano.Parlavano spesso al telefono,soprattutto la sera quando lei riusciva a rimanere finalmente sola.Lui aveva cominciato a mandarle sms divertenti che avevano il potere di alleggerire le sue interminabili giornate.

Le aveva scritto altri due discorsi e stava lavorando alla dichiarazione che serviva per la chiusura della Campagna,la sera prima dell’Election day.

Intanto il suo nuovo personaggio prendeva corpo e le pagine del nuovo libro si accumulavano.

Se continuava a scrivere con quel ritmo il manoscritto sarebbe stato pronto prima che ci fossero le votazioni.

“Tuo padre e’ in piena fase creativa,cara ” disse Martha ad Alexis una domenica sera mentre lo sentivano battere furiosamente sui tasti.

“E’ chiuso nel suo studio da giorni.Non esce la sera.

Non frequenta le sue solite bionde siliconate. Non partecipa ai party notturni e non beve.

Tutto questo dopo la cena con la sua Senatrice.

Deve averlo davvero folgorato” aggiunse la donna.

“Si sono rivisti,nonna?”

“No,ma lui le telefona spesso,la sera.Ho sentito come le parla.E’ attratto da lei,te lo assicuro.”

“E pensi che lei sia interessata a lui?Sarebbe una piacevole novita’ per la sua vita amorosa.”

“Non lo so tesoro,ho come l’impressione che lei lo tenga a distanza.Ma nonostante questo tuo padre e’ come rifiorito.E’ allegro.Si prende cura di se’.Scrive per ore.E’ un piacere vederlo cosi’.”

 

“Ehi,voi due rosse! Pronte per la nostra cena domenicale?Ho prenotato al giapponese preferito di Alexis.Andiamo?”

Martha e sua nipote si guardarono sorridenti.

Era davvero bello vederlo cosi di buon umore dopo tanti mesi di avvilimento e depressione.

La cena fu allegra e spensierata e quando tornarono a casa lui si ritiro’ nello studio dove lo sentirono parlare al telefono per almeno mezz’ora prima di rimettersi a scrivere.

Il loro Richard Castle era tornato.

 

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Capitolo 6
*** sorprese ***


Due settimane dopo, durante le quali Kate aveva con gentile fermezza evitato qualsiasi contatto diretto con lui, Richard si presentò al suo appartamento con un cappello da fattorino e una borsa di provviste fornite direttamente da Francesco dell’Osteria Toscana.

Si era fatto dire dall’assistente di Kate gli impegni della settimana e aveva capito che quella sarebbe stata la serata che dedicava a se stessa, tappata nel suo appartamento.

Si sentiva nervoso e insicuro. 

Un adolescente che tenta di conquistare un appuntamento con la più bella della classe. 

Aveva paura di essere invadente.

Il desiderio di rivederla e stare un po’ con lei in quelle settimane però era salito tanto da farlo decidere ad agire.

Il portiere lo fece entrare con un sorriso: aveva scoperto la volta scorsa che era un suo fan ed era passato qualche giorno dopo a portargli il suo ultimo libro con dedica.

Gli aveva fatto credere che Kate lo stesse aspettando mostrando le borse della cena e ricambiando il sorriso complice.

Davanti alla sua porta si era sentito le mani sudate e il cuore in gola.

Aveva esitato prima di bussare.

“Chi è?”.

“E’ il fattorino con la cena”.

A sentire la sua voce il cuore di Kate aveva perso un battito.

Si era guardata. 

La vecchia tuta della facoltà di Stanford, la t-shirt bianca con lo scollo rovinato, i piedi nudi.

Non poteva farsi vedere così.

“Dai Kate, apri, non importa come sei vestita. Ai fattorini piace quando la mancia comprende un po’ di pelle da ammirare”.

Divertita decise di aprire e vedendolo con quel ridicolo cappello in testa scoppiò a ridere.

“Richard, che ci fai qui?”.

“Mi guadagno la mancia che mi è stata promessa”.

“Non ti aspettavo...” gli disse appoggiata allo stipite della porta sorridente e bellissima.

“Certo che no! Altrimenti che sorpresa sarebbe stata. Ho pensato che dopo tanti impegni pesanti ti meritassi una serata tutta per te, per staccare la spina. E cosa c’è di meglio, per coccolarti, delle delizie di Francesco a domicilio? Naturalmente il fattorino consegna la cena e se ne va” le disse sorridente, allungandole i pacchetti profumati.

Kate lo guardò.

Era diventato un amico.

Parlavano spesso la sera.

Con lui riusciva ad aprirsi.

E ora l’idea di una bella chiacchierata seduti al bancone della sua cucina, all’improvviso, non le sembrava poi così male.

Lo aveva evitato con cura, era vero.

Qualcosa in lei cedeva quando si trovava davanti i suoi occhi blu pieni di calore.

Voleva evitare complicazioni in questo momento della sua vita.

Ma, ora era lì. E lei ne era felice, si rese conto all’improvviso.

“Entra, accomodati. Metti tutto sul bancone della cucina mentre vado a mettermi qualcosa di più consono”.

“No, Kate, non farlo. Me ne vado subito. Non voglio importi la mia presenza nell’unica sera che riesci ad avere per te dopo giorni di impegni pressanti”.

“Non essere sciocco. Mi fa piacere vederti. Una cena veloce e a letto presto, che ne dici?”.

“Insieme? A letto, voglio dire” scherzò lui facendola ridere di nuovo.

“Nei tuoi sogni, scrittore”.

“Nei miei sogni…”.

Lo sguardo tagliente che lei gli rivolse lo invitò a non continuare.

Alzò le mani e sorrise mentre la guardava dirigersi verso quella che doveva essere la zona notte della casa.

Tornò dopo dieci minuti con dei jeans che lui non poteva non notare per come le accarezzavano le curve perfette.

Si impose di non guardarla troppo.

La camicia bianca con le maniche arrotolate le davano un’aria giovane e rilassata.

Era davvero bellissima con quella tenuta casual, i capelli raccolti in una semplice coda e senza trucco.

Ric rimaneva sempre sorpreso davanti alla sua bellezza quando l’aveva davanti.

Mentre la aspettava aveva apparecchiato cercando nelle ante della cucina tutto il necessario ed aveva aperto il vino che era parte della consegna.

Cenarono, parlarono, risero, si stuzzicarono e di nuovo persero il senso del tempo.

Era di nuovo mezzanotte quando si riscossero dalla bolla magica dove finivano ogni volta che si trovavano insieme.

Anche lui era in jeans e camicia e Kate aveva pensato spesso, nel corso della sera, che sembrava più giovane e molto attraente.

“E’ meglio che vada, prima che scocchi la mezzanotte e la mia carrozza si trasformi in zucca” scherzò lui alzandosi.

Lei lo accompagnò verso l’uscita col un sorriso disteso sul viso.

Erano fermi davanti alla porta ancora chiusa e si stavano guardando.

“Grazie per la cena e per la compagnia. Hai avuto una splendida idea, Ric”.

“Figurati, è stata una bellissima serata per me”.

Rimasero a fissarsi immobili per un tempo lunghissimo finché lui si piego verso di lei per baciarla sulla guancia.

Kate stava trattenendo il fiato.

Per un attimo aveva pensato - sperato? - che la baciasse.

Voleva sentire il sapore delle sue labbra, il calore delle sue mani sulla pelle, la delicatezza di una sua carezza tra i capelli.

Avrebbe risposto al bacio, pensò, mentre lo guardava sorriderle attraverso le porte dell’ascensore che si chiudevano.

Chiuse le porte dell’ascensore, Ric Castle si abbandonò contro la parete di metallo sospirando pesantemente.

Era stato difficilissimo non baciarla.

Per un attimo aveva pensato che lo desiderasse anche lei. 

Ma, non voleva spaventarla.

Era stata guardinga per settimane tenendolo a distanza e lui non voleva rovinare tutto.

Ma, maledizione, era stato terribile non stringerla a sé affondando la testa nell’incavo del suo collo che sapeva di ciliegie mature.

Era una forza potente quella che lo attirava verso di lei.

Non si sentiva così con una donna da…forse non si era mai sentito così con una donna.

L’idea gli diede il capogiro.

Kate intanto aveva chiuso la porta col cuore in gola.

Il desiderio che lui la baciasse era stato travolgente.

Poteva sentirlo scorrerle nelle vene.

Doveva essere impazzita!

Era nel pieno di una campagna per diventare Senatrice e si metteva a fantasticare come un’ adolescente.

Rimase appoggiata alla porta con una mano a coprire la bocca, come ad impedirsi di parlare.

Ma, come poteva smettere di pensare a lui che invadeva i suoi spazi più segreti?

Dopo la cena improvvisata Kate fu travolta da un tour di dieci giorni in cui visitò trenta città e strinse più mani che in tutto il resto della sua vita.

Era letteralmente sfinita.

Mancavano ancora due giorni al suo rientro a NY e si era convinta che non sarebbe riuscita ad arrivare in fondo tutta intera.

In tutto quel caos l’unico che le strappava un sorriso era Ric Castle.

I suoi messaggi divertenti e i suoi consigli intelligenti la riconnettevano col mondo.

Quella sera però era proprio arrivata al capolinea, fisicamente e mentalmente.

Era a Mount Vernon e aveva appena finito di parlare a un gruppo di investitori visitando con loro la casa di George Washington.

Già si immaginava il lungo bagno caldo che avrebbe sostituito la cena.

Era troppo stanca anche solo per telefonare al servizio in camera.

Quando entrò finalmente nella sua stanza si sbarazzò subito delle scarpe e della giacca e si buttò sul letto vestita.

Aveva appena chiuso gli occhi quando sentì il suono di un messaggio in entrata.

Allungò la mano verso il comodino per afferrare l’Iphone.

Quando aprì il messaggio vocale il timbro caldo e affascinante di Richard Castle invase la stanza.

“Non pensare di dormire vestita e senza neppure cenare, Kate”.

Si tirò su di scatto. Come faceva a saperlo?

Un altro messaggio comparse sullo schermo illuminato del telefono.

“Alzati, Kate, e vai ad aprire la porta”.

Incerta, si diresse verso la porta della sua stanza accostandola e affacciandosi sul corridoio.

Fuori era in attesa un cameriere con un carrello.

“Buonasera signora. Le lascio tutto qui come mi è stato ordinato”.

Perplessa, non ebbe il tempo di ribattere che il cameriere si era già eclissato.

Poi notò il biglietto appoggiato sotto alla bottiglia di vino.

“Per goderti un bel bagno caldo e rilassarti. Un solo bicchiere. E prima mangia”.

Trascinò il carrello delle vivande nella sua stanza e si accorse che c’era una fantastica caprese con la burrata della Trattoria Toscana e una fumante zuppa calda.

Il suono dell’ennesimo messaggio la fece sorridere.

“Mangia. Fatti il bagno caldo che stai sognando da ore col tuo bicchiere di Barolo.

Poi dormi almeno otto ore. Domani è un altro giorno”.

Quel gesto premuroso aveva sciolto qualcosa di antico dentro di lei.

Un gelo che arrivava da lontano.

Da quanto tempo nella sua vita non c’era qualcuno che si prendesse cura di lei, che si preoccupasse del suo benessere, che si interessasse a lei facendo qualcosa per farla stare meglio? 

Forse da quando sua madre era morta.

Una lacrima le scivolò lungo la guancia e Kate non si curò di asciugarla.

Prese il telefono per chiamare Ric, ma venne preceduta da un nuovo messaggio.

“Non piangere, Kate. Sei solo esausta. Non preoccuparti di chiamarmi, stasera.

Goditi il tuo tempo. Rilassati. E fai bei sogni. A domani, senatrice”.

Quell’uomo era incredibile.

Le leggeva nell’anima come mai nessuno prima.

Seguì le istruzioni con un sorriso.

Ma, aveva voglia di chiamarlo.

Lui le faceva bene, pensò appena prima di afferrare il telefono dopo essersi asciugata e preparata per la notte.

 

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Capitolo 7
*** la favola della buonanotte ***


Ric Castle a New York sorrideva.

Chissà se Kate era riuscita a godersi la cena.

Aveva fatto il diavolo a quattro per convincere il direttore dell’hotel a consegnare a Kate le delizie che si era fatto preparare dall’Osteria Toscana, fatte arrivare in elicottero, e poi per orchestrare tutto al meglio affinché la sorpresa riuscisse esattamente come l’aveva immaginata.

Era il minimo che potesse fare per la donna che aveva riacceso la sua vena creativa.

Aveva praticamente finito il nuovo romanzo.

Stava già procedendo con la minuziosa revisione del manoscritto, come era solito fare prima di affidarlo al suo editor.

Il personaggio principale, la detective Nikki Heat, era in tutto e per tutto uguale a Katherine Beckett.

E di certo il giornalista investigativo che le stava sempre tra i piedi, Jameson Rook, era un riflesso di se stesso.

I due facevano scintille tra le sue righe. 

Aveva messo in quelle pagine tutta la fascinazione e le fantasie che Kate Beckett gli accendeva nel cuore.

Ne erano uscite anche un paio di scene davvero bollenti.

Sorrise tra sé al pensiero di far leggere a Kate il suo manoscritto.

Ma, lo escluse subito.

Sarebbe stato troppo imbarazzante.

Lei avrebbe pensato che aveva fatto accadere tra i protagonisti di carta quello che lui immaginava potesse accadere tra loro.

E avrebbe capito quanto spazio lei ormai occupasse nei suoi pensieri.

Stava rimuginando tra sé quando entrò sua madre euforica e su di giri come al solito.

“Ragazzo! Un’altra serata tutto solo a casa? Non vorrai prenderci l’abitudine! Potrei pensare che ti sei stancato delle tue pupe bionde a causa di una mora favolosa che vive nelle tue fantasie”.

“Non dire sciocchezze, madre! Sto solo lavorando e quando sono in fase creativa non ho voglia di stare in mezzo alla gente, lo sai”.

“Certo, Richard. Sono sicura però che se la tua senatrice fosse in città la voglia di uscire la troveresti…”.

‘Mamma!”.

“NON E’ LA MIA SENATRICE!”.

“Accidenti tesoro. Dev’essere proprio seria stavolta se ti scaldi tanto per una battuta”.

E così com’era comparsa si volatilizzò su per le scale verso la sua camera.

“Maledizione!” mugugnò a voce bassa Ric prima di tornare nel suo studio.

Non sapeva spiegarsi perché la frase di sua madre lo avesse irritato tanto.

Lo squillo del telefono lo distolse dai suoi pensieri negativi e rispose senza neppure guardare chi fosse.

“Richard?”.

Il cuore gli balzò in gola nel riconoscere la  voce.

Kate per tutta la sera aveva continuato a pensare all’autore di quella piacevole sorpresa, indecisa se chiamarlo o seguire invece le sue istruzioni e mettersi direttamente a letto.

Si era convinta che Richard Castle fosse un uomo davvero enigmatico.

Non riusciva a capirlo fino in fondo.

Quando si erano incontrati aveva immaginato di avere davanti il solito miliardario egocentrico e viziato abituato ad avere ai suoi piedi tutte le donne che voleva, superficiale e dedito ai piaceri facili della vita.

E invece durante le loro cene si era trovata a parlare con un uomo sensibile e un po’ insicuro, dietro alla maschera dello scrittore di successo.

Era intelligente e molto divertente, affascinante e decisamente attento ai dettagli che la riguardavano.

I suoi occhi blu scintillavano quando parlava delle sue rosse, sua madre e sua figlia.

Sembrava un padre premuroso e dedito e un figlio generoso e presente.

La facciata del playboy disincantato che era solito presentare al mondo con lei non era mai emersa.

Continuava a tornarle in mente il suo profumo delicato e fresco e l’apparente morbidezza delle sue labbra spesso sorridenti.

Si riscosse di colpo dalle sue fantasticherie reprimendole a voce alta.

“Devo essere impazzita” si disse guardandosi allo specchio.

Si preparò per la notte, ma mentre si infilava sotto le lenzuola decisa a dormire afferrò il cellulare mettendoselo vicino.

Resistette un quarto d’ora alla voglia di chiamarlo.

Poi, si disse che non poteva non ringraziarlo.

Non era certo una maleducata!

“Kate! Bello sentirti”.

Com’è che il cuore gli batteva così forte nel petto da pensare che potesse sentirlo anche lei a centinaia di chilometri di distanza?

“Richard, volevo ringraziarti. E’ stato magnifico trovarmi alla porta quelle delizie e non dover neppure fare una telefonata per procurarmele”.

Come mai mentre gli diceva queste cose nel suo stomaco svolazzavano decine di farfalle impazzite?

“Mi hai regalato una serata splendida. Non so come ringraziarti”.

“Beh, un modo ci sarebbe” sussurrò lui ambiguo.

“E cioè?” titubò lei.

“In natura”.

“Prego?”.

“Certo! Dovrai ricambiare cucinando con le tue mani per me la tua prima cena da senatrice”.

Per un attimo Kate aveva temuto - o sperato? - che le avrebbe chiesto qualcosa di più…intimo.

Rise divertita.

Era un vero buffone.

La telefonata andò avanti per almeno un’altra ora.

Martha, scendendo in cucina per prendere un bicchiere d’acqua, ne sentì alcuni stralci, ma soprattutto vide lo sguardo e il sorriso di suo figlio attraverso la porta aperta del suo studio.

Brillava.

Si era innamorato.

Era cosi evidente.

Possibile che lui non se ne rendesse conto?

Kate la mattina dopo si svegliò rilassata e serena.

Si era addormentata parlando con Ric Castle che, sentendola sbadigliare, l’aveva fatta infilare sotto le lenzuola con la luce spenta e il viva voce e le aveva raccontato una favola della buonanotte.

Non ricordava quando era passata dalla veglia al sonno.

Ricordava solo quella voce calda e ipnotica che la cullava e la faceva sentire al sicuro.

Come avrebbe fatto a stare senza di lui quando non avrebbero più dovuto collaborare?

Non voleva pensarci.

Tra poche ore aveva un incontro con gli studenti della Cornell University ad Itacha.

Il discorso che Ric aveva preparato era così intenso che l’aveva imparato a memoria alla seconda lettura, tanto le era sembrato suo.

Era come se pensassero gli stessi pensieri.

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Capitolo 8
*** paura ***


“Richard!”.

Si svegliò di soprassalto udendo il tono di urgenza nella voce di sua madre.

Era stordito perché dopo aver parlato con Kate si era rimesso a scrivere e aveva chiuso il computer ben dopo l’alba.

Doveva essersi addormentato al massimo da un paio d’ore.

“Svegliati Richard!”.

“Che succede, Alexis sta bene?”.

“C’é appena stata una sparatoria alla Cornell University”.

“Mio Dio!” urlò.

“Kate doveva tenere lì il suo discorso stamattina”.

“Lo so, tesoro, per quello ti ho svegliato. Non sanno ancora se sia stata colpita. I servizi segreti l’hanno portata via nel caos che é seguito alla sparatoria e la CNN non è stata in grado di dare notizie certe in tal senso”.

“Devo andare da lei mamma”.

Si vestì in fretta e furia mentre telefonava alla compagnia dei jet privati per prenotarne uno.

Mentre andava con l’autista al jet terminal per salire sul Gulfstream che era riuscito a farsi mettere a disposizione, aveva parlato con il capo della sicurezza di Kate.

L’agente lo aveva informato che la candidata senatrice Beckett era stata portata in ospedale d’urgenza, ma non gli era stata comunicata la gravità delle sue ferite.

Erano morti quattro ragazzi, un poliziotto e l’attentatore, un sociopatico antigovernativo che era stato già individuato.

Ric Castle sentiva scorrere dentro di lui angoscia pura.

Aveva provato a chiamare Weldon, ma il suo telefono risultava staccato e non aveva risposto a nessuno dei suoi messaggi.

L’idea che le potesse essere successo qualcosa di grave lo faceva impazzire.

Non riusciva a calmarsi.

Era andato due volte dal pilota a chiedere quanto tempo mancasse all’atterraggio.

Si sentiva sconvolto e terrorizzato e faceva fatica ad analizzare i sentimenti che si alternavano dentro di lui.

In meno di novanta minuti arrivò all’aeroporto Tompkins, ad appena quattro miglia dall’università dove era avvenuta la sparatoria.

Le strade erano bloccate e per riuscire a dirigersi verso l’ospedale il suo autista aveva dovuto aspettare il permesso che Ric aveva chiesto al capo della sicurezza.

Ci erano voluti venti interminabili minuti e lui aveva voglia di urlare.

Mentre stava per cominciare a farlo squillò il suo telefono.

Era Bob Weldon.

“Ric, dove sei?”.

“Sono qui ad Ithaca, Bob”.

Ci fu un prolungato silenzio dall’altra parte.

“Quando sei arrivato? O eri già qui?”.

“Sono appena atterrato con un aereo privato, Bob. 

Quando ho saputo della sparatoria mi sono precipitato. 

Come sta, Bob, dimmi la verità”.

L’angoscia nella voce dell’amico diede al Governatore Weldon molte più risposte di quelle che gli servivano.

“Calmati, Ric, ho notizie frammentarie, ma pare che sia stata ferita solo lievemente”.

“Dio ti ringrazio!”.

“Devi farmi entrare nell’ospedale e nella sua stanza. 

Chiama la sicurezza e fammi mettere nell’elenco degli autorizzati”.

Bob esitò prima di parlare.

“Ric, l’ospedale è letteralmente invaso dalla stampa. 

Se ti vedono qui cominceranno a farsi delle domande…”.

“Bob, non mi importa niente della stampa. Sarà sotto shock dopo gli eventi dello scorso anno.

Devo assolutamente vederla! Ti prego”.

Dopo un ulteriore silenzio Bob Weldon rispose che lo avrebbe aiutato.

“Va bene, Ric. 

Vai all’ingresso secondario e cerca di renderti invisibile se ci riesci. 

Farò venire un’agente dei servizi segreti ad aspettarti per condurti da lei”.

“Grazie Bob, ti devo un favore”.

“Ne parleremo quando arriverò lì anche io, credo nel pomeriggio”.

Chiuse la telefonata con un sospiro.

La situazione era più seria del previsto.

Intanto Ric stava aspettando impaziente che arrivasse l’agente a prelevarlo e il tempo sembrava non passare mai.

Era esausto.

Tenere sotto controllo il terrore che lo attanagliava lo aveva sfinito.

L’idea che lei potesse essere stata ferita gravemente, o addirittura uccisa, non lo lasciava.

Aveva bisogno di vederla e accertarsi con i suoi occhi che stava bene.

Avrebbe dovuto rassicurarla. 

Era certo che fosse terrorizzata. Lo sentiva nel cuore, con una forza che lo spaventava.

Quando finalmente riuscì ad arrivare davanti alla porta della sua stanza, si fermò un attimo a riprendere fiato.

Non si era accorto di star trattenendo il respiro.

Mentre cercava il coraggio di entrare venne un medico a chiedergli se era il signor Castle,capo della comunicazione della Senatrice Beckett.

Lo aveva mandato Bob per aggiornarlo sul bollettino medico.

Gli disse che era stata ferita di striscio a una spalla e che non erano affatto allarmati per lo stato fisico.

Quello che li preoccupava era lo stato di shock da cui sembrava non riuscissero a farla riemergere.

Avevano dovuto sedarla per calmare i suoi tremiti.

Lo sapeva.

Lui dentro lo sentiva che lei era terrorizzata.

Era come se riuscisse a percepire i suoi pensieri.

Ricordava la sua reazione all’Osteria Toscana quando il piatto si era infranto a terra.

Voleva rassicurarla come aveva fatto quella sera.

Voleva essere lì per lei.

Sapeva di non averne nessun diritto.

Ma, voleva esserci.

Non se ne sarebbe andato via.

Aprì la porta pattugliata da due agenti con delicatezza.

Si trovò in una stanza in penombra il cui unico rumore era il bip dei macchinari che monitoravano le attività di base del suo organismo.

Lei era stesa sul letto, pallida come un fantasma e bellissima, come sempre, ai suoi occhi.

La fasciatura alla spalla era macchiata di sangue e il lenzuolo le copriva il seno da sguardi indiscreti.

Pensò che non si era mai sentito tanto vicino a nessuna altra donna prima.

Kate era un mix di bellezza, forza, vulnerabilità, perseveranza e insicurezza che la rendeva irresistibile ai suoi occhi.

Restò seduto accanto al letto per almeno mezz’ora prima di trovare il coraggio di farle una carezza.

Solo quando la sentì emettere un gemito di dolore le afferrò istintivamente la mano per rassicurarla.

Le carezze delicate e ipnotiche che Castle le tracciava col pollice sul dorso della sua mano destra l’avevano scossa dal torpore.

Quando si era resa conto chi era l’autore di quelle carezze così delicate, il suo cuore aveva preso a battere al doppio della velocità.

Aveva pensato a lui ossessivamente mentre, intorno a lei, era scoppiato il caos durante la sparatoria.

Gli uomini della scorta le si erano buttati addosso, mentre lei sembrava essersi paralizzata quando era stato esploso il primo colpo di pistola

Mentre tutti urlavano e scappavano lei, in preda ad un attacco di panico, aveva un solo pensiero razionale in testa: gli occhi gentili e pieni di calore di Richard Castle.

Ora accorgersi che si era come materializzato al suo fianco la fece emozionare e i macchinari rilevarono quel ritmo impazzito e cominciarono a suonare.

Ric convinto che stesse rivivendo la sparatoria si avvicinò al suo orecchio per sussurrarle che era tutto a posto e che non doveva preoccuparsi perché lui era lì con lei e non avrebbe permesso a nessuno di farle del male.

Ripeté quelle frasi almeno dieci volte riuscendo a calmarla.

Il ritmo del suo cuore tornò normale e quando i medici arrivarono, richiamati dall’emergenza, era tutto tornato sotto controllo.

Mentre i dottori lasciavano la stanza, lacrime silenziose scesero lungo il viso della donna ferita.

“Kate” sussurrò lui mentre le asciugava le lacrime con una carezza gentile.

Lei aprì gli occhi verdi terrorizzati trovandosi quelli azzurri di Ric ad un soffio dai suoi.

“Oh Kate, sono così felice di vederti”.

Nuove lacrime vennero a sostituire le altre.

“Va tutto bene, Kate, sono qui. La ferita è solo un graffio. Andrà tutto bene”.

Le strinse la mano per rafforzare le sue parole.

Si sentiva spezzare il cuore a vederla così sofferente.

Da quando Kate Beckett era diventata così importante per lui?

 

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Capitolo 9
*** sentimenti ***


Kate era intontita dai medicinali e si era riaddormentata cullata dalla voce calda di Richard Castle.
Da qualche parte, nel suo cuore, pensava che lui era l’unica persona che potesse farla sentire meglio ed era lì con lei.

La sua parte razionale invece le diceva che non doveva permettergli di avvicinarsi troppo.

Ma, forse era già tardi per questo.

Le sue barriere erano crollate settimane prima.

Questa era solo l’ennesima prova che continuava a mentire a se stessa quando diceva che lui non era poi così importante per lei.

Un’ora dopo arrivò il Governatore.

Castle uscì dalla stanza lasciando a malincuore la sua mano per andare a parlare con Bob.

“Ric…”.

“Bob, ciao”.

“Che succede, Ric? Vuoi dirmelo? Sei arrivato qui prima di chiunque altro. Che cosa c’è tra te e Katherine Beckett?”.

“Lei è mia amica, Bob. Quando mia madre mi ha detto cos’era successo sono corso qui. Ero preoccupato”.

“Ric, non mentirmi. Avevi un tono talmente angosciato quando ci siamo sentiti. La stampa andrà a nozze con questa storia. Già mi vedo i titoli in prima pagina: il playboy miliardario Richard Castle corre al capezzale della bella poliziotta candidata al Senato.
Oppure: il playboy e l’integerrima agente speciale candidata al Senato sono segretamente innamorati? Questa storia potrebbe costarle la vittoria Ric!”.

“Bob, ma cosa stai dicendo? Non c’è niente tra noi. Non l’ho neppure mai baciata, credimi. E poi la stampa non sa nemmeno che sono qui”.

“Ric devi essere onesto con me. Le prossime due settimane saranno decisive per lei. Se c’è qualcosa che devo sapere è meglio che la sappia ora”.

“Dio Bob, voi politici siete tutti uguali. Lei è in un letto di ospedale ferita, spezzata nell’anima e terrorizzata e tu pensi a come usare tutto questo a suo vantaggio per racimolare voti. Sei incredibile!”.

“Non essere ingenuo, Ric. Questo ferimento farà schizzare le sue preferenze alle stelle. Se scrivi il discorso giusto, per condannare la violenza che ha causato la morte di quattro ragazzi innocenti e di un poliziotto, non avrà più rivali. Il Senato sarà suo. Sarà la più giovane senatrice della storia degli Stati Uniti”.

Richard scosse la testa disgustato.

Non sapeva come facesse una donna limpida come Kate a sopportare tutto questo.

Dopo alcune ore Kate si svegliò e cercò Ric con lo sguardo appannato.

“Ehi” gli sorrise vedendolo in piedi in fondo al suo letto.

“Ehi, tu, bella addormentata. Come ti senti?”.

“Domanda di riserva, per favore” cercò di scherzare Kate.

Lui le sorrise dolcemente e il cuore di Kate fece una capriola.

Si sentiva un’adolescente in preda agli ormoni davanti al ragazzo più carino della classe.

“Ha chiamato tuo padre Kate. Ho parlato con lui e l’ho rassicurato sul tuo stato di salute. Mi ha chiesto di farlo richiamare non appena ti fossi svegliata” aggiunse allungandole il telefono.

“Grazie Ric”.

Tra loro era sceso un lieve imbarazzo.

L’intimità di alcune ore prima si era sciolta insieme all’effetto dei sedativi nel sangue di Kate.

“Senti Kate, è stato qui il Governatore Weldon. E’ preoccupato che la mia presenza possa crearti dei problemi. Vuoi che me ne vada?”.

“No!” rispose con irruenza.

“Ti prego, resta un altro po’” aggiunse in un sussurro.

Con lui accanto non aveva paura.

Si sentiva al sicuro come mai prima.

“Sei sicura, Kate? Non voglio essere motivo di imbarazzo per te né crearti inutili problemi”.

Lo guardò intensamente negli occhi.

“Sei il mio scrittore, non è così?”.

Lui sorrise per l’involontario doppio senso di quella frase, che Kate sembrava non aver colto.

“Ora più che mai” ribadì lui, stando al gioco.

“Sto già pensando cosa scrivere per la dichiarazione che dovrai rilasciare appena riuscirai ad alzarti da quel letto”.

La guardava e un pensiero lo trafisse improvviso.

Se n’era innamorato senza neppure accorgersene.

Come avrebbe affrontato questi suoi sentimenti a senso unico?

Solitamente con le donne era rilassato e disinvolto.

Con lei invece si sentiva imbarazzato come un adolescente alla sua prima cotta.

Pensò che era tutta una novità per lui.

Aveva avuto decine e decine di ragazze tra le braccia e nel suo letto.

Ma si rese conto che era la prima volta che una le entrava cosi' nel cuore.

“Chiamo mio padre” disse lei, sentendosi in imbarazzo sotto al suo sguardo insistente.

“Certo, scusami” si riscosse Ric.

“Ti lascio la tua privacy” le disse prima di uscire dalla sua stanza.

Andò in bagno a lavarsi il viso con l’acqua fredda.

Si guardò allo specchio e per la prima volta si rese conto che qualcosa era cambiato dentro di lui in quei mesi.

Aveva praticamente finito un nuovo libro.

Non era più uscito con nessuna.

E soprattutto si era davvero innamorato, probabilmente per la prima volta nella sua vita.

L’idea di sfiorare una donna che non fosse Kate gli dava la nausea.

Era proprio nei guai.

Questa nuova consapevolezza lo intimidiva.

Ora rientrare nella stanza di Kate gli sembrava più difficile che mai.

Probabilmente lei gli avrebbe letto in viso cosa provava e questo l’avrebbe imbarazzata, visto che lei non provava la stessa cosa per lui.

Forse doveva andarsene.

Si decise ad entrare almeno per salutarla

Bussò piano.

“Vieni, Ric”.

“Ehi, tutto a posto con tuo padre?”.

“Si, grazie”.

“Ric, io…”.

Stava per dirgli qualcosa quando irruppe nella stanza il capo della sua campagna.

“Kate! Sono felice che tu stia bene! Dobbiamo rilasciare subito una dichiarazione. Ci penserò io a farlo. Castle, tu corri a scrivere un comunicato stampa che rassicuri l’elettorato e che insieme condanni la violenza di cui Kate è stata vittima. I medici dicono che già domani mattina potrai lasciare l’ospedale. A quel punto organizzeremo una conferenza stampa con te in piedi, triste ma decisa a sconfiggere il male! Tu Richard intanto prepara anche il canovaccio di questo discorso. Abbiamo preso delle stanze in un hotel qui vicino e le abbiamo trasformate in uffici. Puoi andare lì a lavorare”.

Da quel momento in poi erano stati travolti dal caos.

Prima di andarsene l’aveva guardata e lei gli aveva rivolto uno sguardo di scuse.

Per Ric era stato terribile doversi separare da Kate.

Tutto quello che lui desiderava era che sparissero tutti per poter restare da solo con lei e ascoltare quello che aveva cominciato a dirgli prima che venissero bruscamente interrotti.

Invece non ci fu più verso di riuscire a vederla o a parlarle.

Erano le ventidue quando sul telefono di Castle apparve un suo messaggio: “Ric, GRAZIE per oggi”.

Lui rispose quasi subito

“Sono il cavaliere dalla scintillante armatura. Non potevo non correre in soccorso di una donzella in pericolo”.

Passarono quasi un’ora a messaggiarsi.

Ric avrebbe voluto correre da lei, era così vicina, gli sarebbe bastato attraversare la strada.

Ma, era stato avvertito di non fare sciocchezze in quel senso.

La stampa era dappertutto e nessuno avrebbe saputo giustificare la presenza di Richard Castle nella stanza della futura Senatrice Katherine Beckett a quell’ora di sera.

Voleva che riposasse, così le diede appuntamento alla mattina seguente per rivedere il discorso prima della conferenza stampa.

“Buonanotte Scrittore”.

“A domani, Donzella”.

L’ultimo messaggio fu di Kate che gli spedì un cuoricino pulsante.

Kate, nella sua stanza silenziosa, mise via il telefono con un sospiro.

Ed un gran sorriso negli occhi.

Quello che ultimamente le procurava pensare a Richard Castle.

Quando quella mattina si era risvegliata confusa e smarrita, dopo l’attentato, e aveva sentito la mano di Ric carezzare dolcemente la sua aveva, compreso quanto quell’uomo fosse diventato importante per lei. Molto importante.

Sentiva lo stomaco stringersi ogni volta che se lo trovava davanti.

E si riduceva a una ragazzina insicura.

Come avrebbe fatto a gestire i suoi sentimenti per lui?

Rifletté sulla parola che aveva usato nella sua testa.

Sentimenti?

Ne era attratta.

Ma, non c’era modo di approfondire quello che sentiva.

Lui era off limits per lei.

L’avevano avvertita.

Non poteva fare sciocchezze a due settimane dalla conclusione della campagna elettorale.

Non poteva assolutamente distrarsi.

Eppure, i suoi pensieri erano assolutamente distratti da quegli occhi blu penetranti che non riusciva a scacciare dalla sua mente.

Per fortuna lei non era il suo tipo.

Si circondava sempre di bionde mozzafiato con taglie di reggiseno molto più abbondanti delle sue.

Questo la metteva al sicuro dai suoi stessi desideri.

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Capitolo 10
*** election day ***


Erano state le due settimane più frustranti della sua vita.

Richard Castle era al limite della nevrosi.

Non poter trovare un attimo per parlare con Kate vis a vis era stato troppo stressante.

Quella sera erano tutti al quartier generale della senatrice Kate Beckett, al Plaza di NY, in attesa dei risultati dell’elezione.

Kate era stanca e provata e aveva dei cerchi neri sotto gli occhi, ben celati dal trucco ma evidenti per Castle che non le toglieva lo sguardo di dosso.

La sparatoria l’aveva prostrata e di notte le capitava di piangere in preda al panico.

In quei momenti avrebbe voluto che ci fosse stato Ric con lei, come quando si era risvegliata in ospedale.

Ma, era ben decisa a non lasciarlo avvicinare troppo.

Il pensiero dello scrittore era diventato così prepotente dentro Kate che la minima falla l’avrebbe fatta crollare e lui avrebbe capito quanto era diventata dipendente dalla sua presenza.

Per evitare che Richard capisse i suoi sentimenti Kate si era impegnata a tenerlo distante.

Aveva usato ogni scusa possibile per evitare di rimanere sola con lui.

Richard aveva scambiato il distacco di Kate nei suoi confronti per fastidio.

Si era convinto che la vicinanza forzata che le aveva imposto quelle prime ore in ospedale l’avessero fatta allontanare da lui.

Si era convinto che Kate avesse intuito i sentimenti che provava per lei e si fosse sentita imbarazzata non provando lo stesso per lui.

Per questo si era ritirato in buon ordine e non aveva mai insistito per creare l’occasione di restare da solo con Kate.

Anche quella sera, che doveva celebrare la sua vittoria, Richard le era stato distante per evitare di metterla inutilmente in imbarazzo.

Eppure tra tutta la gente presente nel salone dei ricevimenti Castle riusciva sempre a localizzarla.

Era come se avesse un radar tarato su di lei.

La guardava da lontano e pensava che doveva essere sfinita.

Desiderava solo prenderla in braccio e portarla lontana da tutti quelli che volevano qualcosa da lei, che le stavano addosso, che la blandivano e la soffocavano.

Un paio di volte i loro sguardi si erano incrociati.

Lui le aveva sorriso intimidito.

Lei aveva ricambiato con grazia.

Erano a tre quarti dello scrutinio e Kate era in netto vantaggio sul Senatore uscente che si era ricandidato.

All’ennesimo abbraccio mellifluo, questa volta del governatore della California, un muscoloso ex attore di Hollywood che si congratulava con lei per l’imminente vittoria e la cui mano era scesa troppo in basso sulla sua schiena, Castle aveva avuto bisogno di una boccata d’aria.

La cravatta lo stava soffocando.

Non riusciva più a respirare.

Kate lo notò uscire in terrazza seguito poco dopo da una bionda con una scollatura mozzafiato e si sentì improvvisamente gelosa.

L’aria gelida di novembre sferzò il viso dello scrittore.

Un lungo sospiro uscì dalle sue labbra tirate.

“Pensieri molesti?” disse la voce un po’ stridula di un’attrice che aveva conosciuto anni prima a Los Angeles e con cui si era divertito una notte lontana anni luce dai suoi pensieri.

“Ehi, Chelsey, pensieri molto molesti stasera”.

“Posso fare qualcosa per farti rilassare?” gli chiese invadendo il suo spazio personale, poggiandogli una mano sul petto e guardandolo con malizia.

“Non sto bene, Madison. Ho problemi di salute. Non ti conviene avvicinarti a me”.

Meglio farle credere che fosse contagioso di qualsiasi cosa piuttosto che tollerare un altro minuto il suo atteggiamento da bambolina sexy che trovava insopportabile.

La donna lo guardò stranita e se ne andò immediatamente.

Castle emise un gemito di frustrazione.

Non poteva andare avanti così.

Avere Kate così vicina eppure tanto irraggiungibile lo stava uccidendo.

Doveva andarsene.

Avrebbe aspettato l’annuncio ufficiale, le avrebbe fatto i complimenti per la vittoria che ormai era certa e poi sarebbe corso a casa.

Sua figlia era a Londra per un mese di scambio culturale e sua madre era in tournee per altre sei settimane col suo ultimo spettacolo.

Avrebbe avuto il loft tutto per sé.

Poteva leccarsi le ferite in pace senza doversi giustificare.

Poteva ubriacarsi e girare per casa in pigiama senza sentirsi rimproverare.

Si sarebbe pianto addosso e si sarebbe fatto pena da solo.

Si era innamorato di una donna stupenda che non lo vedeva nemmeno.

Si sarebbe compatito in silenzio nella sua tana.

Intanto Kate era distratta dal pensiero che Richard Castle si stesse sollazzando con quell’oca bionda che lo aveva seguito in terrazza.

Non era un tipo geloso, lei.

Allora perché si sentiva soffocare all’idea della bionda mezza nuda avvinghiata al suo scrittore?

Le immagini che le si formavano in testa erano cosi vivide che dovette scuoterla per scacciarle.

“Che c’è, perché scuoti la testa, non vedi che i sondaggi ti danno per super favorita?” le disse il capo del suo staff.

“Scusa Mark, stavo pensando a un’altra cosa”.

“Pensavi a un’altra cosa? Adesso? Ma sei impazzita Kate? Vuoi farmi venire un infarto? Concentrati per favore. Non è il momento di distrarsi!”.

Non lo era mai per Mark Whyndam.

Lei invece era totalmente distratta dal pensiero di Castle e di un’altra donna.

Forse doveva smetterla di tenerlo a distanza.

Forse era venuto il momento di fargli capire quello che provava.

Cosa aveva da perdere in fondo?

Il Senato?

La dignità?

E se invece ci avesse guadagnato lui?

Un’ora dopo era il caos.

Kate era la nuova Senatrice dello stato di NY.

Lo champagne scorreva a fiumi.

Palloncini rossi, blu e bianchi scendevano dal soffitto a migliaia.

La musica era trionfale e a tutto volume.

Per un attimo gli occhi di Kate incrociarono quelli di Ric Castle.

I loro sguardi si incatenarono.

Non riuscivano a smettere di fissarsi da lontano.

In tutta quella confusione sembrava che fossero rimasti solo loro nel salone.

Ric alzò il calice in un brindisi immaginario.

Kate gli fece cenno di avvicinarsi per rendere quel brindisi reale.

Ric superò l’accalcamento di gente che le si stringeva addosso per congratularsi.

“Ehi, scrittore. Ti devo una cena cucinata con le mie mani, ricordi?”.

Ric sorrise compiaciuto che si ricordasse del loro scambio che sembrava lontano anni luce.

“Certo che lo ricordo. E io ho una bottiglia di vino da aprire per l’occasione che mi ha regalato una persona molto speciale, ricordi? Ma, non avrai molto tempo per cucinare d’ora in avanti”.

“Sono sicura che lo troverò” gli disse, fissandolo con intensità e facendogli perdere un respiro.

Poi gli si avvicinò per baciarlo sulla guancia e ringraziarlo.

“Non te ne andare” gli sussurrò ad un orecchio.

Ric Castle si sentì stringere lo stomaco.

I suoi piani di fuga erano appena naufragati contro quel sussurro dedicato solo a lui.

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Capitolo 11
*** la chiave ***


Dopo un’altra interminabile ora se n’erano andati quasi tutti.

Kate sorrideva forse un po’ brilla a forza di brindisi.

La decisione di Ric di restare era stata immediata dopo la richiesta della neo Senatrice.

L’aveva colta a guardarlo da lontano un paio di volte e si era emozionato.

Sentiva che era cambiato qualcosa in lei.

O forse stava solo immaginando quello che desiderava accadesse.

Mentre era immerso in mille pensieri contrastanti gli vibrò il cellulare in tasca.

Pensando fosse un messaggio di Alexis lo lesse subito.

“Stanza 1904. La chiave è nella tua tasca destra”.

Il messaggio era di Kate.

Incredulo mise la mano nella tasca.

Sentì il talloncino rettangolare di plastica e perse un battito.

La tirò fuori per osservarlo e si rese conto che era davvero una chiave elettronica e che aveva sul retro il celebre stemma dell’hotel dove si trovavano.

Doveva avergliela fatta scivolare nella giacca quando lo aveva abbracciato per ringraziarlo.

La cercò con lo sguardo e lei sorrise complice.

Si sentì elettrizzato.

Si defilò con discrezione e salì al diciannovesimo piano dirigendosi verso quella che scoprì essere la suite edoardiana con due camere da letto e un ampio salotto pieno di decori dorati.

Non accese la luce.

Cercava di immaginare perché lei lo avesse voluto lì e continuava ad andare avanti e indietro col pensiero, tra speranza e disillusione.

Gli sudavano le mani.

Era dal giorno dell’ospedale che non riusciva a parlare da solo con lei.

C’erano mille cose che voleva dirle.

Quando sentì la serratura scattare gli mancò il fiato.

Lei era lì, nella penombra della stanza, illuminata solo dalle luci che filtravano dalla vetrata che dava su Central Park.

Più bella che mai nel suo vestito blu di seta scollato.

“Kate”.

“Ric…”.

Lui fece un passo verso di lei.

“Volevo congratularmi con…”.

Non lo fece finire.

Lo tirò verso di sé cancellando la distanza tra i loro visi.

Coi tacchi era alta quasi quanto lui.

Lo baciò mettendogli entrambe le mani sul viso, ad incorniciarglielo.

“Scusa Ric” sussurrò sulle sue labbra.

Lui era confuso e la staccò lievemente prendendola per le mani.

“Che cos’é successo?”.

“Scusa se ti ho tenuto lontano quando l’unica cosa che riuscivo a pensare era che ti volevo così, vicino, proprio come siamo ora. Non ho fatto che pensarti in queste due settimane. Scusami”.

E lo baciò di nuovo.

Fuori pioveva.

Un lampo squarciò il buio della stanza.

Non si era aspettato questo.

Le parole della donna si stavano facendo largo nella sua mente annebbiata dai suoi baci.

Un tuono più forte degli altri lo riscosse dallo stato di trance in cui era finito.

Kate gli stava accarezzando le labbra con le dita.

La fissò pensando che non aveva mai visto niente di più bello.

La spinse con foga contro la porta e la baciò con tutta la passione trattenuta in quei mesi.

Le baciò le labbra, il viso, il collo stringendosela addosso come se non potesse sopportare un altro istante di essere lontano da lei.

Lei gli allacciò le braccia dietro al collo e gli mise le mani tra i capelli come aveva immaginato di fare mille volte.

Lui era perso tra le sue labbra, il suo viso, il suo seno.

“Dio, Kate! Ho desiderato farlo dalla prima volta che ti ho vista sorridere mentre leggevi l’Sms la sera che ci siamo conosciuti”.

Kate appoggiò la fronte sulla sua sorridendogli con dolcezza, occhi negli occhi.

“Lo sai cosa diceva l’Sms?” gli disse sulle sue labbra.

“No, cosa?” le rispose incantato.

“Era di Lanie, la mia amica anatomopatologa. Diceva di stare attenta al rude fascino del mio scrittore preferito, il playboy miliardario dagli occhi blu che sapeva avrei incontrato quella sera”.

“Davvero?”.

Era incredulo, stretto a lei, completamente perso nel suo profumo.

“E chi è il tuo scrittore preferito?” scherzò baciandola.

“Stavo ridendo leggendo il messaggio e tu mi sei comparso davanti come se le mie fantasie ti avessero evocato”.

Lo baciò di nuovo con passione.

Poi gli prese la mano e lo tirò verso una delle stanze da letto.

Le parole non furono più necessarie.

Ric si perse sulla sua pelle.

Kate annegò nei suoi occhi.

Si amarono con la passione divorante trattenuta per mesi.

Non capivano dove finisse l’uno ed iniziasse l’altro.

Era una fusione di anime, oltre che di corpi.

Le ore della notte scivolarono lente verso il mattino.

Non ne avevano mai abbastanza.

Stava albeggiando quando, finalmente, si addormentarono parlandosi piano, uno addosso all’altra, col rumore della pioggia sui vetri a cullarli.

 

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Capitolo 12
*** morning after ***


Il mattino dopo Ric Castle si sveglio’ in un letto che non era il suo.

Subito non capi’ dove si trovava.

Poi la vide.

Era in piedi sulla porta con indosso solo la sua  camicia bianca  e due tazze di caffe’ in mano e gli  sorrideva.

Si tiro’ su col cuore che gli batteva forte nel petto.

“Allora non e’ stato un sogno!”.

“No,decisamente non e’ stato un sogno.”  gli rispose Kate col più  bel sorriso che gli fosse mai stato rivolto.

“Kate,non potevo immaginare che sarebbe stato cosi bello…”

“Shhhh,non dire nulla” gli disse Kate mettendogli due dita sulle labbra.

Ric le bacio’ le dita prima di sussurrare “quindi non stai facendo sul serio con me.

E’ stata una cosa tipo: oh sono diventata Senatrice, voglio festeggiare, divertiamoci un po’ questa notte..”.

“Ric, no, non e’ stata solo una notte di festeggiamenti, non per me”.

“Bene” sorrise lui “neanche per me”.

“Ok, bene “ rispose in un sussurro lei con un sorriso timido.

“Come faremo a gestirla questa cosa tra noi,Ric?

Sono stata appena nominata al Senato e non posso fare l’innamorata dello scrittore miliardario la settimana della nomina!”.

“Non correre, Kate. Un giorno alla volta.

L’unica cosa che conta e’ che tu mi voglia nella tua vita. Poi troveremo anche il modo”.

Le sorrise.

Era un sorriso che le scaldava il cuore.

“Ho messo il cartello non disturbare fuori dalla porta.

E ho detto al mio staff che non volevo vedere ne’ sentire nessuno fino a stasera quando dovrò partecipare al Party che e’ stato organizzato per festeggiare la nomina.

Spero che ci sarai”.

“Come potrei perdermelo? 

Ora pero’ vieni qui. Abbiamo la mattinata libera se ho capito bene..”

“Sei un ragazzo sveglio, scrittore” sorrise lei avvicinandosi a Ric che aveva gia’ cominciato a farle scivolare la camicia dalle spalle mentre la attirava a se’ per baciarla.

 

Si riscossero che era gia’ pomeriggio.

Kate doveva prepararsi e Ric doveva riuscire ad uscire dalla suite senza farsi notare.

Per fortuna la stanza aveva due uscite e una delle due era situata vicino alle scale di emergenza.

Infilandosi disinvolto per l’uscita secondaria raggiunse il piano inferiore e poi un ascensore di servizio che gli permise di evitare la stampa accalcata nella lobby.

 

Mentre prendeva un taxi per raggiungere il loft gli pareva di camminare sospeso su una nuvola.

Quelle ultime dodici ore con lei erano state magnifiche.

Aveva immaginato molte volte come sarebbe stato fare l’amore con Kate ma non si era nemmeno avvicinato alle sensazioni che averla addosso gli aveva suscitato.

Si erano accorti che una chimica potente li legava e una totale sintonia aveva guidato i loro movimenti.

Come se li avessero sempre compiuti.

I gesti che uno iniziava  venivano conclusi dall’altro.
Le carezze erano state sorrisi sulla loro pelle accaldata.

Non erano riusciti un attimo a smettere di baciarsi, sfiorarsi, stringersi, guardarsi.

Per lui era elettrizzante.

Non si era mai sentito cosi’ a suo agio con una donna prima e contemporaneamente tanto eccitato.

Era abituato a sentirsi solo, in coppia.

Con Kate invece aveva una connessione tale che la sentiva accanto anche quando era a migliaia di chilometri di distanza.

Arrivo’ a casa canticchiando.

Il portiere lo apostrofo’ allegro: “Bella giornata, signor Castle?”.

“ La migliore, James!”.

 

Il loft era vuoto e silenzioso.

Per una volta avrebbe voluto trovare le sue rosse a casa per condividere la sua gioia.

Pero’ doveva essere discreto.

Lo aveva promesso a Kate.

La stampa scandalistica era sempre in agguato. 

C’era la giornalista del Ledger,Wendy Peterson, che gli stava continuamente col fiato sul collo.
Aveva gia’ scritto un articolo sottolineando che il suo impegno come scrittore dei discorsi della bella candidata al Senato aveva calmato i suoi bollenti spiriti insinuando che fosse invaghito di lei.

In dettaglio la giornalista si chiedeva se fosse stata la bellezza bruna di Katherine Beckett a far sparire le numerose bionde dal panorama notturno dello scrittore.

Nessuno ci aveva badato più di tanto visto che non esistevano immagini di loro due in atteggiamenti equivoci.

Ma dovevano stare attenti perché quella donna era una vipera e l’aveva notata osservarli con attenzione la sera prima durante la festa.

Buttandosi sul divano dimentico’ presto questi pensieri lasciandosi invadere dalle sensazioni meravigliose che gli erano rimaste addosso dopo aver avuto per dodici ore Kate tra le braccia.

Un sorriso enorme gli spunto’ sul viso.

Era decisamente felice.

 

Intanto Kate era stata riassorbita dal vortice della politica.

Riacceso il cellulare aveva trovato centinaia di sms,decine di chiamate e di messaggi in segreteria. Stava rispondendo ai più importanti.

E lo faceva sorridendo.Non riusciva a togliersi dalla testa le ultime ore trascorse tra le braccia del suo scrittore.

Penso’ a cosa avrebbe detto sua madre. Era sicura che Ric le sarebbe piaciuto molto.

In fondo era grazie a lei che lo aveva conosciuto, attraverso i suoi libri.

Per la prima volta da molto tempo il pensiero di sua madre fu dolce nel suo cuore e non le procuro’ il solito dolore tagliente.

I miracoli dell’amore, penso’.

Poi si paralizzo stupita dei suoi stessi pensieri.

Amore.

Si era innamorata?

Era accaduto in un punto qualsiasi tra il primo incontro e quel indimenticabile bacio che si erano scambiati. ieri sera contro la porta della suite?

Si sentiva eccitata e terrorizzata insieme.

Non aveva mai provato prima quelle sensazioni totalizzanti.

Come avrebbe fatto a tenere tutto sotto controllo?

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Capitolo 13
*** il ballo ***


La sala da ballo del Plaza era illuminata ad arte e la musica suonava allegra e trionfale.

Un’immagine gigante della giovane e bellissima senatrice Katherine Beckett capeggiava sullo sfondo del palco da cui si sarebbe tenuto il discorso della Vittoria.

Decine di camerieri in giacca bianca si aggiravano tra gli ospiti servendo champagne e finger food. Era tutto perfetto.

Mancava solo lei, la protagonista della serata.

Ric Castle, elegante e sorridente nel suo smoking inamidato, aveva appena ricevuto un sms.

“Sarà difficile evitare di far capire a tutti quello che vorrei fare quando sarò davanti a te”.

“Davvero? Cosa vorresti farmi?”.

“Vorrei esplorare quelle tue labbra morbide e invitanti”.

Non se lo aspettava.

Non si era aspettato niente di quello che era successo la notte precedente, non si era aspettato quella incredibile mattina con Kate tra le sua braccia, più bella che mai alla luce del giorno.

Aveva scoperto una donna sensuale e insieme timida, appassionata e dolce.

Molto lontana dalla facciata fredda e distaccata che di sé mostrava al mondo.

“Kate, se fai così questa sarà una lunga, lunghissima serata. Finirò per passarla in bagno a lavarmi la faccia con l’acqua gelata. Forse dovrei procurarmi del ghiaccio per calmare i bollenti spiriti perché ogni volta che chiudo gli occhi ti vedo su di me nuda e bellissima”.

“So fare dei giochini con i cubetti di ghiaccio, scrittore. Sono sicura, ti piacerebbe…”.

“Dio, Kate! Ora sono assolutamente nei guai! Non puoi continuare a provocarmi e pensare che te la farò passare liscia. Te la farò pagare. In natura!”.

“Non vedo l’ora Ric”.

Poco dopo si era sentito un mormorio eccitato e la Senatrice Beckett era apparsa dalla porta principale.

Era una visione. L’abito di seta blu scollato le aderiva addosso sottolineando le sue forme aggraziate.

I capelli raccolti le scoprivano il collo e la facevano assomigliare a un meraviglioso cigno.

Con i tacchi alti, e il trucco perfetto, era stupenda.

L’uomo vicino a lui emise un sonoro sospiro.

Ric si voltò a guardarlo e l’uomo, sorridendogli complice, gli disse a bassa voce: “cosa darebbe per infilarsi sotto le lenzuola di una dea simile? Dio immagino già…”

L’occhiata feroce di Castle lo convinse a non continuare.

Si concentrò su Kate.

Mentre tutti applaudivano, la vide guardarsi intorno e con una stretta al cuore capì che stava cercando lui.

Quando i loro sguardi si incrociarono una luce calda comparve nei suoi occhi verdi.

Ric le sorrise complice.

Dio, ne era follemente innamorato.

Si chiese se non fosse chiaro a tutti quello che lei gli faceva provare.

Il cuore gli martellava in petto così forte che pensò che lo avrebbero sentito prima che gli scoppiasse.

I flash dei fotografi sembravano impazziti.

La bellezza della neo Senatrice aveva incantato tutti.

La sua grazia nel muoversi tra gli ospiti era notevole.

Nonostante il sottile imbarazzo che Ric le leggeva nei gesti, sembrava fatta per quello.

Alternava sorrisi e strette di mano a discorsi intelligenti.

Era stupenda.

Richard Castle sapeva di essere assolutamente di parte nel suo giudizio, ma la maggioranza degli uomini presenti in sala dovevano pensarla come lui, visti gli sguardi che leggeva loro in viso. Passò gran parte della serata ad osservarla da lontano, mentre evitava le avance di donne che erano attirate dal suo ruolo e dalla sua fama di playboy generoso e caldo.

L’unica cosa che lo faceva resistere era il pensiero che, alla fine di tutto quel circo, solo lui se ne sarebbe andato a casa con lei, la avrebbe avuta tra le sue braccia per tutta la notte.

Un sorriso enorme gli spuntò sul viso, insieme ai ricordi della notte precedente.

Proprio in quel momento gli si avvicinò l’ultima persona al mondo con cui avrebbe voluto avere a che fare.

“Signor Castle, non trova che la nostra Senatrice sia incantevole?”.

“Wendy, lei lo è di più stasera”.

“Lei è proprio un dongiovanni, signor Castle. Perché non mi rilascia una dichiarazione ufficiale sulla Senatrice Beckett?”.

“Wendy, siamo qui per festeggiare, stasera. Non è tempo di discorsi seri. Tenga”.

Le porse un calice di champagne intercettato da uno dei camerieri che giravano in sala.

“Brindi con me”.

La donna gli sorrise facendo tintinnare il calice contro quello dello scrittore.

Ma, non si arrese.

“Invece credo che sia assolutamente la sera giusta per le parole, questa. Quelle che ha pronunciato poco fa la Senatrice erano particolarmente ispirate. E so che è lei a scriverle i discorsi. Sembra averla compresa molto bene. Da quando si occupa dei suoi discorsi, il ritmo della sua campagna è totalmente cambiato e la vittoria è stata schiacciante”.

“Wendy, di certo non è merito mio se Katherine Beckett è stata votata a così larga maggioranza.

Immagino che il suo curriculum parli da solo”.

“Certo, Richard. Ma, credo che avere accanto un brillante scrittore di ampie vedute come lei abbia di certo giovato alla Senatrice. Come sono i vostri rapporti?”.

“Wendy, i nostri rapporti sono ottimi. Rispetto molto l’impegno della Senatrice e sono ammirato dal coraggio che ha dimostrato nello svolgere il suo dovere in passato. Se ho accettato di essere il suo capo della comunicazione scritta è perché credo che sarà un ottimo rappresentante del nostro Stato al Governo. Qualcuno di cui essere fieri”.

“Ric, ma dove sei stato tutta la serata? Mi scusi signora ma devo rubarglielo, è ora che questo giovanotto faccia un ballo con la Senatrice, sei uno dei pochi a non averlo ancora fatto. Ric, non ti riconosco più!”.

Bob Weldon era venuto a salvarlo dalle grinfie di Wendy per lanciarlo in mare aperto senza salvagente.

“Un ballo, Bob? Kate mi sembra molto impegnata stasera”.

“Via ragazzo, non farti pregare. Voglio vedervi ballare insieme. Voglio divertirmi un po’ anche io stasera”.

E così dicendo lo condusse in mezzo alla pista dove interruppe il ballo di Kate con il Sottosegretario di Stato, con la scusa di doverci parlare.

“Mi dispiace interromperti Jimmy, ma ho bisogno di te. Scusaci, Kate. Devo rubarti il Sottosegretario.

Ma, in cambio ti lascio il mio amico scrittore”.

E davanti a un Ric Castle stordito dal profumo di lei che gli era arrivato addosso, scomparve dalla pista lasciandoli soli.

Rimasero per un attimo a fissarsi.

“Dovremmo ballare Ric o sembrerà strano”.

“Certo, Kate, hai ragione. E’ che sei stupenda e non riesco a staccarti gli occhi di dosso”.

Poi si avvicinò e la prese tra le braccia.

Li stavano guardando in molti.

“Ci guardano, Ric”.

“Nessuno può guardare nella mia testa per fortuna…”.

Kate fece il primo sorriso spontaneo della serata, quello che arrivava agli occhi.

“Hai ragione, nemmeno nella mia, altrimenti sarebbe molto imbarazzante”.

“Davvero, Kate? Hai pensieri imbarazzanti riferiti al sottoscritto?”.

Mentre glielo sussurrava fece scorrere un dito sulla parte nuda della sua schiena.

Fu solo un attimo ma procurò una lunga serie di brividi a Kate.

“Smettila, Ric…”.

“Hai cominciato tu coi messaggi”.

“E finirò io con i cubetti di ghiaccio stanotte, scrittore…”.

“Kate! Ti prego. Potrebbe diventare estremamente imbarazzante se non mi dici qualcosa che spegne il fuoco”.

“Tipo pensare a quella giornalista del Ledger che sente questa conversazione?”.

“Ecco, questo funziona abbastanza”.

La donna in questione aveva chiesto al suo fotografo di fare una serie di foto a quel ballo.

A guardarli da fuori erano una coppia magnifica.

Alti, belli, eleganti.

Sorridevano con le stelle negli occhi.

La giornalista era convinta che lo scrittore fosse molto interessato alla Senatrice e domani gli avrebbe dedicato un bell’articolo.

La musica stava cambiando e Kate, sorridendogli, gli disse che ora voleva sedersi e lo salutò per evitare pettegolezzi.

“A dopo, Ric. Usa la tua chiave e aspettami”.

“Non vedo l’ora, Kate”.

La festa continuò per un’altra ora.

Quando venne il momento dei saluti, il rito era mettersi in fila per salutare la Senatrice stringendole la mano mentre era circondata dal Governatore Weldon e dal capo dei Democratici.

Doveva sottoporsi anche lui al rito.

Non ci si poteva esimere.

“Richard Castle!” lo salutò affabile il capo del Partito.

“Ottimo lavoro George”.

“Ric, puoi dirlo forte” si intromise Weldon.

“Dobbiamo tutti ringraziarti, sei stato essenziale, non credi Kate?”.

“Direi insostituibile” disse lei con una luce maliziosa negli occhi sorridenti.

A Ric andò di traverso l’ultimo sorso di champagne che aveva bevuto per sembrare disinvolto e non guardarle, troppo insistentemente, la scollatura.

“Ehi, Ric, non soffocarti” lo prese in giro il suo amico Weldon battendogli una mano sulla schiena.

Kate lo guardava divertita.

“Va tutto bene, signor Castle?”.

Lui allungò la mano per stringere la sua e sentì un calore improvviso propagarsi lungo il braccio fino al centro del suo petto.

“Meravigliosamente, Senatrice. Lei è la donna giusta al momento giusto”.

Con la mano stretta alla sua Kate pensò all’SMS che Ric le aveva mandato prima di arrivare al party.

“Stasera quando sarò davanti a te e vorrei tanto poterti baciare ma non potrò farlo, ti stringerò la mano per salutarti. E allora tu immagina che io ti stia accarezzando il viso stringendoti a me per un lungo, lunghissimo bacio”.

Emozionata, gli aveva riposto d’istinto.

“E tu immagina che io risponda al tuo bacio passandoti una mano tra i capelli”.

Occhi negli occhi, stavano pensando alle loro parole e non riuscivano a lasciarsi la mano.

Bob Weldon li guardò incuriosito.

Quel saluto era durato decisamente più del necessario.

“Ehi, Ric” intervenne riscuotendoli dal loro fissarsi.

“Non andartene. C’è una bionda attrice di teatro, amica di mia moglie, che vuole assolutamente conoscerti prima della fine della serata. Ha insistito per essere presentata. Potresti essere fortunato”.

Kate lo guardò con un sopracciglio alzato.

“Non mi pare il momento, Bob”.

“Ric, con te è sempre il momento di una bionda”.

Poi si girò verso Kate ridendo.

“Il nostro scrittore, qui, è un vero Casanova, Kate. Gli stia alla larga”.

“Ma certo, me lo ricorderò, Bob”.

Poi si voltò verso l’ospite successivo senza più degnarlo di uno sguardo.

Ric fece una smorfia a Weldon come a dire ‘grazie tante, amico!’ prima di scendere dal palco.

Il Governatore era intrigato dal linguaggio dei corpi di quei due.

Erano come due magneti irresistibilmente attratti l’uno dall’altra.

Ma, non aveva ancora capito quanto fossero coinvolti.

Avrebbe tenuto gli occhi aperti.

 

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Capitolo 14
*** gelosie ***


Si erano messi d'accordo di vedersi dopo il party nella stessa suite che era prenotata per Kate fino al giorno dopo.

Ric aveva la sua chiave stretta in mano nella tasca dei pantaloni e, come la sera prima, precedette Kate.

Quando lei finalmente arrivò non le diede neppure il tempo di fare un passo dentro la stanza che l’aveva già avvolta in un abbraccio mozzafiato.

La stava aspettando impaziente appoggiato con la schiena contro la porta.

“Dio, Kate, è troppo difficile dividerti con tutta quella gente fingendo indifferenza. Stavo per prendere a pugni quell’idiota di Senatore della California quando mi si è avvicinato per commentare la tua bellezza e per dirmi che un giro se lo sarebbe fatto volentieri sulla tua giostra!”.

“Ric, lo so, è stata dura anche per me. Sentire Weldon offrirti con tanta leggerezza quella bionda da portarti a casa mi ha chiuso lo stomaco”.

“Ehi, tesoro, lo sai che non lo farei mai vero?”.

Kate sorrise colpita da quell’appellativo dolce a cui non era più abituata. Sua madre la chiamava così…

“Lo so Babe, ma non è facile fingere per tutto il tempo. Non so come riuscirci”.

“Vieni qui, lasciati spogliare. Voglio solo sentirti addosso e cancellare il resto del mondo per qualche ora. Voglio che siamo solo tu ed io”.

E mentre le slacciava il vestito continuava a baciarla e a tenerla stretta.

Poi le parole si erano confuse coi baci, i gesti con le carezze appassionate e i sospiri coi gemiti di piacere.

Loro erano dentro.

Tutto il mondo fuori.

La mattina arrivò troppo presto.

Kate aveva un aereo da prendere per raggiungere a Washington il gruppo di orientamento del Partito Democratico, coi suoi vertici che avevano fissato due giorni di incontri con lei e i suoi collaboratori.

Lo lasciò nudo sul letto ancora addormentato, premurandosi di lasciare il cartello NON DISTURBARE fuori dalla porta.

Quando Ric si svegliò non trovarsela accanto fu più difficile di quello che aveva immaginato.

C’era un biglietto sul cuscino.

“Sto andando a Washington. Ci vediamo tra un paio di giorni bell’addormentato. Ci sentiamo al telefono questa sera. PS. Ti è piaciuto il gioco coi cubetti di ghiaccio scrittore?”.

Al pensiero Ric Castle sentì subito caldo.

Lei lo eccitava come non gli era mai successo prima.

E ne aveva avute di donne.

Ma, con lei era diverso.

La loro intesa mentale si trasferiva tra le lenzuola lasciandolo senza fiato.

Era quasi spaventato da quanto già Kate gli fosse entrata sotto la pelle.

Quei due giorni senza poterla vedere gli sembravano già troppo difficili da sopportare.

Quella mattina sembrava essere partita col ritmo sbagliato.

Sul Ledger c’era una sua foto in cui guardava Kate con occhii sognanti mentre si stringevano la mano la sera prima.

La didascalia diceva: il playboy Richard Castle incantato dalla bella Senatrice.

Il suo fascino da Casanova sarà sufficiente per sciogliere il cuore della Principessa di ghiaccio?

La cosa lo aveva irritato parecchio.

Naturalmente era opera di Wendy Peterson.

Kate gli aveva mandato un sms per prenderlo in giro.

“Che dici, scrittore, mi farai sciogliere?”.

Lei la stava prendendo molto meglio del previsto.

Sembrava allegra e rilassata.

Per lui, invece, quello era stato solo l’inizio di una pessima giornata.

Nel pomeriggio aveva avuto uno scontro piuttosto deciso con Gina che aveva da ridire su alcune caratteristiche del suo nuovo personaggio che lui non aveva nessuna intenzione di modificare.

Per finire, un sito di gossip della capitale aveva pubblicato una foto di Kate a pranzo con l’idiota di senatore californiano.

L' ex attore di Hollywood, muscoloso e pieno di sé, che la sera dello scrutinio avrebbe volentieri preso a pugni .

E che ora avrebbe volentieri preso a calci mentre lo guardava nella foto dire qualcosa all’orecchio di Kate procurandole un sorriso divertito, .

L'immagine era un primo piano e non si capiva bene dove fosse stata scattata, ed ebbe il potere di fargli saltare i nervi definitivamente leggendone il titolo: il freddo stato di New York e il caldo sole della California sembrano decisi a mescolare le temperature, a Washington.

‘Ti diverti?’ le aveva scritto via sms Ric dopo aver guardato la foto almeno dieci volte.

‘Veramente sono esausta’ 

‘Di sorridere al beach boy?’

‘Che significa Ric?’

Il silenzio che aveva fatto seguire lo aveva fatto sentire un perfetto idiota.

Dio, era geloso!

Non lo era mai stato in vita sua con una donna.

Stava impazzendo.

Non le aveva risposto.

Ad un certo punto Kate era riuscita a ricavarsi un attimo da sola e a chiamarlo per capire cosa stesse succedendo.

“Ric”.

“Kate” aveva risposto asciutto.

“Che succede Ric, sei sparito. Sembri arrabbiato”.

“Davvero?”.

Kate era rimasta in silenzio, confusa dal suo atteggiamento.

In fondo non si conoscevano poi così bene.

Questo suo modo di fare non lo capiva.

E non gli sembrava il solito Ric.

“Hai visto il blog di AVATARCAPITAL?”.

“Non guardo mai quella spazzatura, Babe”.

“Forse oggi dovresti”.

Lei si collegò al sito scandalistico e realizzò immediatamente che il suo scrittore era in preda ad una vera e propria crisi di gelosia.

La cosa la face sorridere.

“Ric! Sei geloso!”.

“NO!...SI! Si, va bene? Si! Sono geloso!”.

“Ma Ric! Credi davvero che potrei anche solo guardare un tipo come quello? Lo sai cosa penso di lui”.

“Allora perché sembri divertita mentre lui ti sta così addosso?”.

“Ric! Eravamo in dieci a quel pranzo oggi. La foto è evidentemente tagliata per dare l’impressione che fossimo soli. E stavo ridendo per una battuta del tuo amico Weldon. Franzen ne ha approfittato per sussurrarmi all’orecchio che ero bellissima quando ridevo. L’ho rimesso al suo posto immediatamente”.

“Mi fai sentire un vero idiota, Kate”.

Silenzio.

“Va bene, hai ragione, sono un vero idiota. Ma, detesto dover fingere che non mi importa niente di te e guardare gli altri uomini che, pensandoti single, si sentono autorizzati a corteggiarti. Li odio!”.

“Babe, sei così tenero”.

“Kate, non prendermi in giro”.

“Non lo sto facendo Ric. Parlo sul serio. Sei adorabile. Scommetto che hai quella tua irresistibile espressione da cucciolo contrariato. Lo sai che vorrei essere lì con te, vero?”.

“Davvero tesoro?”.

“Ma certo Babe”.

Quei giorni di lontananza sembravano infiniti a tutti e due.

 

 

 

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Capitolo 15
*** il ritorno del playboy ***


Lunedì Kate sarebbe tornata in tarda serata a New York e Ric era deciso a vederla.

“Vieni da me Kate”.

“Come faccio a venire da te, Ric. E’ troppo rischioso”.

“Ti mando il mio autista all’aeroporto. E’ una persona di totale fiducia. 

Ti fa scendere nel mio garage e con l’ascensore privato sei direttamente nel mio attico. Fidati. Nessuno ti vedrà”.

“Sei sicuro, Ric?”.

“Lo sono, tesoro. Non posso aspettare un altro giorno per vederti”.

“Va bene. Arrivo alle 20.45. Fammi aspettare agli arrivi con un cartello con scritto Weldon” rise lei. “Capirò che è il tuo autista”.

“Non vedo l’ora Kate. Verrei io se solo fosse possibile farci vedere insieme, lo sai vero?”.

“E’ troppo rischioso Ric. Ma non vedo l’ora di arrivare”.

Sembravano due ragazzini al primo amore, non due adulti di successo che si erano appena incontrati.

Invece non poté resistere.

Chiamo Luis e gli disse che sarebbe andato anche lui all’aeroporto.

Si infilò nella berlina scura coi vetri oscurati e aspettò impaziente che il volo di Kate atterrasse.

Quando il suo autista scese, lui rimase nei sedili dietro chiudendo il vetro divisorio e battendo il piede nervosamente contro il fondo dell’auto in attesa di lei.

Appena Kate mise dentro la testa accorse che Ric era lì con una rosa in mano.

Le diede a malapena il tempo di sedersi e di far chiudere la portiera all'autista prima di attirarsela contro stordendola con un bacio infinito.

“Però, Ric, questo si che è un bentornato”.

Aveva gli occhi ridenti.

“Dio, Kate, mi sei mancata. Non riuscivo ad aspettare a casa”.

Questa loro storia segreta aveva anche i suoi lati positivi.

 

I giorni diventarono settimane e il loro rapporto andava a gonfie vele.

Ogni tanto inciampavano in piccole gelosie o insicurezze ma erano affannosamente alla ricerca di un equilibrio in quella follia fatta di eccitazione e segretezza.

Gina pretendeva che Ric proseguisse il tour di promozione dell’ultimo libro di Derrik Storm che celebrava la morte del suo personaggio più famoso, quello che l’aveva consacrato nell’olimpo degli scrittori di best seller.

Ric invece era restio a staccarsi da Kate per troppo tempo.

Figuriamoci tre settimane.

Non pensava di riuscirci.

Il suo desiderio di averla vicina lo meravigliava.

Nei suoi rapporti precedenti, brevi o lunghi che fossero stati, due mogli comprese, la noia era sempre stata la sua compagna abituale.

Con Kate invece tutto era perfetto.

Non si stancava mai di ascoltarla parlare delle idee che aveva per promuovere una legge sul controllo delle armi, delle sue posizioni politiche, della sua storia,delle sue letture,sei suoi giorni passati.

Non si stancava mai di ridere con lei.

O di starle vicino in silenzio.

A guardare un film o ognuno immerso nei propri impegni, lui a scrivere e lei a lavorare al suo progetto di legge.

Kate andava a Washington almeno due giorni a settimana.

Il capo del loro schieramento avrebbe voluto fossero quattro, ma lei aveva resistito accordandogli due notti e tre giorni quando serviva.

Anche per lei era diventato difficile stare lontana dal suo scrittore.

Questa cosa la meravigliava e terrorizzava insieme.

Non era mai stata tanto vicina a un uomo in vita sua.

Le sere in cui doveva uscire a cena per lavoro erano le più difficili per lei.

Le pesava non poter chiedere a Richard di accompagnarla.

Sentiva che non poterle stare accanto rendeva Ric insicuro.

Lo feriva dover stare nascosto.

Ma, Kate non sapeva come affrontare questa cosa.

Quella settimana sarebbe dovuta stare a Washington per quattro giorni, da lunedì, per poi andare a Miami venerdì per un convegno sulla sicurezza dove era stata invitata a parlare.

Ric invece sarebbe partito martedì per Los Angeles, per un tour promozionale di una settimana.

Lunedì si erano salutati come se dovessero separarsi per mesi invece che per dieci giorni.

La sera stessa Gina  aveva organizzato una cena con Ric e  la sua editrice francese, una splendida bionda quarantenne che in passato si era dimostrata molto interessata anche all’aspetto privato del rapporto con lo scrittore.

Sapendo che ora era divorziato, a cena fu particolarmente espansiva.

Tanto che Gina a un certo punto inventò una scusa per andare via prima del dolce, lasciandoli soli.

Ric aveva tentato di dissuaderla senza riuscirci.

Sparita la sua ex moglie la serata si era trasformata in un incubo.

Da venti minuti stava subendo stoicamente le attenzioni della francese.

Faceva fatica a sopportare le mani della donna che continuavano a sfiorargli il braccio, accarezzandoglielo di sfuggita con le unghie laccate di rosso.

Le occhiate languide culminarono in una proposta piuttosto esplicita.

Erano al Le Cirque.

Il tavolo era volutamente centrale, per attirare l’attenzione secondo le intenzioni di Gina.

Ric sapeva che c’erano sempre dei fotografi appostati nel locale pronti ad immortalare le celebrità nei loro momenti privati.

Faceva parte del gioco.

“Che ne dici di prendere il dessert nella mia suite, Richard?”.

Glielo sussurrò all’orecchio sporgendosi addosso a lui in maniera esagerata.

Il fotografo del Ledger non si lasciò sfuggire l’immagine.

Lo scrittore sorrideva, la donna aveva il seno in gran parte scoperto appoggiato al suo braccio e la bocca sul suo orecchio, tanto che gli aveva macchiato il colletto della camicia col rossetto.

Era un po’ che non riuscivano a cogliere lo scrittore con una delle sue conquiste.

Quella foto avrebbe procurato un bel gruzzolo al fotografo che li seguì all’uscita e li immortalò di nuovo mentre un galante Richard Castle teneva lo sportello aperto alla donna che si aggrappava alla sua mano per salire in auto.

Quelle due immagini, il mattino dopo, capeggiavano a tutta grandezza a pagina sei.

“Il ritorno del playboy” diceva il titolo.

Avevano cerchiato il colletto della sua camicia bianca sporca di rossetto e a guardare la foto sembrava palese come sarebbe finita la serata tra i due.

Nessuno poteva immaginare che lo scrittore avesse fatto infuriare la sua editrice francese, lasciandola nella hall dell’hotel con la scusa che la mattina dopo aveva un aereo per Los Angeles all’alba.

Una volta a casa aveva provato a chiamare Kate per darle la buonanotte, ma aveva trovato il telefono staccato.

Le aveva scritto uno dei suoi sms sdolcinati e si era messo a letto.

Aveva davvero il volo all’alba e gli restavano a male pena quattro ore per dormire.

Ma, non riusciva a prendere sonno.

Era preoccupato.

Sua figlia sarebbe rientrata quella settimana da Londra e la settimana successiva sarebbe rientrata anche sua madre.

Come avrebbero fatto a quel punto a vedersi con Kate?

Fin qui il loft era stato il loro rifugio, ma con il ritorno della sua famiglia sarebbe stato impossibile continuare nello stesso modo.

La casa di Kate era troppo esposta e li avrebbero scoperti subito.

La sua necessità di riservatezza si sarebbe rivelata un ostacolo difficile da superare.

Ric si addormentò pensando che doveva assolutamente trovare una soluzione.

 

 

  

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Capitolo 16
*** equivoci ***


 

“Wow, il nostro playboy si è divertito ieri sera!”.

Bob Weldon era intento a leggere il Ledger, seduto sul divano della sede del Partito a Washington durante una pausa della riunione, e mostrò le immagini a Kate che gli era seduta accanto.

Vedere Ric con quella bionda mozzafiato incollata addosso, e mentre teneva la sua mano per aiutarla a salire sulla Ferrari, le fece venire un nodo in gola.

Ripensò alla sera in cui lui le aveva fatto vedere la macchina nel suo spazioso  garage privato.

Avevano finito per fare l’amore su quei sedili di morbida pelle italiana.

Pensare a lui con un’altra in quell’auto le diede la nausea.

Ma, fece buon viso a cattivo gioco.

Sorrise e abbozzò una battuta.

E dentro si sentì morire.

Aveva trovato il suo messaggio dolce al risveglio, ma non era riuscita a parlargli perché era già in aereo diretto a Los Angeles.

Per quando lui sarebbe riuscito a riaccendere il telefono Kate sarebbe stata nel pieno della seduta al Campidoglio, impossibilitata a liberarsi fino a mezzanotte a causa della cena con le rappresentanti della Red Cross internazionale.

Ric avrebbe presentato il libro alle 21.

Col fuso orario della West Coast a complicare le cose

sarebbe riuscita a sentirlo solo nel cuore della notte.

Non riusciva a pensare ad altro che a quelle foto.

Le unghie rosse della donna sul suo braccio.

Il suo colletto sporco di rossetto.

Le sembrava di soffocare.

Non poter parlare con lui per tutto il giorno l’aveva fatta impazzire.

Era stata tradita?

Si era fidata di lui fin da subito e aveva creduto che con lei non si sarebbe comportato com’era abituato a fare in passato, uscendo tutte le sere e portandosi a letto una donna diversa ogni volta.

Non riusciva a crederci.

Non poteva essere il suo Ric quello che si vedeva in quelle foto.

Ma si frequentavano da pochi mesi.

Cosa ne sapeva davvero di lui?

Tutte le sue paure tornarono a galla.

Stizzita, spense il telefono.

 

Non riuscirono a parlarsi fino al mattino dopo.

Ric le aveva scritto i suoi soliti messaggi dolci che lei aveva ignorato.

Lui pensava che fosse precipitata in una di quelle giornate infernali in cui non aveva neppure il tempo di respirare.

Finché non ricevette un messaggio da sua figlia Alexis.

‘Il lupo perde il pelo ma non il vizio?’

Allegate c’erano le immagini del Ledger che lui non aveva ancora visto, con un articolo firmato da Wendy.

'Il ritorno del playboy' diceva il titolo.

Maledizione!

Doveva parlare con Kate immediatamente.

Ora capiva il suo prolungato silenzio.

Odiava quel giornale. Odiava quella giornalista. 

Ma, più di tutti odiava la sua ex moglie che lo aveva messo in quella situazione.

Kate continuava ad avere la segreteria.

Le lasciò un messaggio.

“Kate, tesoro, ho visto ora le foto pubblicate sul Ledger. 

Mi dispiace. Davvero. Posso spiegarti. Chiamami tesoro, ti prego”.

Ric tentò più volte di parlarle e si arrese solo dopo innumerevoli tentativi.

Le aveva chiesto di chiamarlo a qualsiasi ora.

Passò una notte agitata finché, alle quattro, squillò il suo telefono.

A Washington erano le sette.

“Kate!”.

“Ric…”.

“Tesoro non è quello che sembra, te lo giuro”.

“Davvero? Perchè il tuo amico Bob ieri se la rideva dicendo che era proprio una tipica serata Castle!”.

“Kate, no! Quella è la mia editrice francese”.

“Perfetto, una romantica serata con una bionda europea..”.

Era ferita.

Insicura. Non si riconosceva. E questo la faceva infuriare.

“Kate, ti prego, ascoltami! Non è successo nulla. Non farei mai una cosa simile alle tue spalle.

Devi credermi. E’ stata Gina ad organizzare la cena e sul più bello se ne è andata lasciandomi solo con quella piovra”.

“Povero Ric! Non riesci proprio a sfuggire a nessuna bionda mezza nuda incroci il tuo cammino”.

“Kate!”

Silenzio.

“Kate, parlami, non tagliarmi fuori. Ti prego Kate. L’ho riaccompagnata in hotel e sono tornato a casa.

Non mi importa  niente di nessun altra, Kate. Ci sei solo tu”.

Silenzio.

“Kate…”.

“Richard, sono nervosa, ho dormito poco e male e tra mezz’ora ho appuntamento con quindici rappresentanti statali della lobby delle armi. Devo concentrarmi. E questa storia mi ha già distratta abbastanza. Ci sentiamo stasera!”.

E chiuse la telefonata arrabbiata più con se stessa che con lui.

“Maledizione!”.

Ric Castle scagliò il telefono contro il letto da cui lei lo aveva fatto balzare in piedi.

“Maledizione!” ripete’ angosciato.

Non potevano continuare così.

Erano troppo esposti con la stampa.

E ogni loro mossa finiva per allontanarli.

Non ne poteva più.

Chiamò Gina e si sfogò con lei, urlandole al telefono che non aveva più intenzione di sostenere il suo gioco di farlo passare per uno stupido Casanova.

“Da quando ti fai tutti questi problemi rispetto alla tua immagine, Richard?”.

Esitò un attimo di troppo.

“Da quando mia figlia deve mandarmi un sms per chiedermi chi è la mia fiamma del momento. Che esempio credi le stia dando?”.

“Non mi preoccuperei per Alexis, Richard. Tua figlia è molto più seria di te. 

E ora che ha 18 anni mi sembra un po’ tardi per preoccuparsene. Forse hai motivi diversi che non vuoi dividere con me”-

“Lasciami  in pace Gina. Ricordati solo che non ho più intenzione di collaborare. Dillo anche a Paula.

Ho smesso di essere il vostro giocattolo”.

Poi sbatté giù il telefono, frustrato e teso.

Voleva solo andare da Kate.

Invece era bloccato a migliaia di chilometri di distanza.

E gli scoppiava la testa.

 

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Capitolo 17
*** l'anello ***


Kate di nascosto si era asciugata una lacrima solitaria.

Si sentiva esposta e smarrita.

Nessun uomo mai prima l’aveva fatta sentire tanto coinvolta.

E tanto fragile come si sentiva in quel momento.

Il suo cuore le diceva di credere a Ric.

La sua affilata mente da ex detective ed agente speciale le diceva che le prove erano evidenti e che non esistevano le coincidenze.

Avrebbe dovuto aspettare una settimana prima di poterlo guardare negli occhi e capire la verità.

I due giorni che ancora doveva passare a Washington, d’improvviso, le sembrarono impossibili da sopportare.

Ma, soprattutto le sembrava insopportabile andare poi a Miami a parlare davanti a mille persone di tecniche di investigazione innovative legate alla sicurezza, le stesse che aveva usato per sgominare Locksat.

Inizialmente aveva pensato di fare una sorpresa a Ric e di andare a Los Angeles subito dopo il convegno in Florida.

Ma, ora si sentiva troppo confusa e decise d’istinto che si sarebbe ritagliata il fine settimana per sé, magari al mare alle Keys, visto che era già lì.

Il miglior amico di suo padre, John Vaughn, aveva una tenuta a Marathon Island dove Kate aveva trascorso spesso le vacanze di Natale con tutta la sua famiglia, quando era una ragazzina.

Chiese alla sua assistente di cambiarle il volo e chiamò John.

“Ehi, piccola. Ora che sei diventata Senatrice non credevo che mi avresti più degnato di attenzioni”.

“Non scherzare zio John! Lo sai quanto ti voglio bene. Ho ricevuto il tuo regalo la sera dell’insediamento. Grazie mille”.

“Hai una voce strana, Kate. Che succede?”.

Quell’uomo era come un secondo padre per lei e la capiva all’istante.

“Sono esausta zio John. Davvero esausta…”.

“Devi rallentare, Kate. La tua salute e’ già stata messa abbastanza alla prova quest’anno. Non hai bisogno di nuove sfide da affrontare. Devi andare più piano.

Questo tuo correre continuamente verso nuovi obiettivi, sempre più difficili, ti fa perdere di vista i dettagli. Che sono la cosa che conta di più nella vita. 

Quante volte ce lo siamo detti?”.

“Hai ragione, zio. Ho proprio bisogno di una pausa. 

Sarò a Miami venerdì per una conferenza. 

Pensi che potrei usare la Casitas per riposarmi un paio di giorni senza avere nessuno intorno?”.

“Mi pare un’ottima idea piccola. 

Chiamo subito Maria e le dico di prepararti tutto. 

Ma, perché non ti fermi un po’ di più? Ne hai bisogno, Kate. 

Lo sento dalla tua voce. Stai trattenendo le lacrime. 

Sei sicura che vada tutto bene?”.

“Sono stanchissima, te l’ho detto. Sogno già il silenzio della Casitas”.

“Va bene piccola, allora ci sentiamo venerdì, così mi dici se tutto è apposto. 

Ti voglio bene, lo sai vero Kate?”.

“Ti voglio bene anche io zio John”.

Kate concluse la telefonata con un nodo in gola.

Pensava che a Ric sarebbe piaciuta quella piccola casa bianca, tutta vetrata, davanti al mare azzurro del Golfo del Messico.

Era la dependance della grande tenuta che John Vaught,  magnate delle telecomunicazioni, aveva in Florida ed era piacevolmente isolata e tranquilla, circondata da ettari di vegetazione tropicale selvaggia.

La tenuta era come un fortino, guardata a vista dalla secutity dello zio John e la Casitas era la sua estensione sul mare.

La piccola spiaggia privata su cui era appoggiata, faceva assomigliare tutto ad un idilliaco resort esclusivo.

Era perfetta per riprendersi, isolarsi e riflettere sulle cose che le stavano succedendo nel cuore.

 

I giorni seguenti furono estremamente frustranti per Richard Castle.

Le sue giornate in California erano tutte interamente pianificate fino a domenica, minuto per minuto, e lui cominciava a sentirsi soffocare.

Kate gli sembrava sempre più distaccata e questo lo faceva sentire triste e inadeguato.

Venerdì, al colmo della frustrazione, chiamò Gina per dirle che doveva cancellare i suoi impegni del weekend perché aveva un serio problema personale di cui occuparsi.

Litigarono ferocemente ma Ric, a differenza del solito, tenne il punto e non cedette ai ricatti emotivi della sua ex moglie.

Sapeva che Kate era a Miami quel pomeriggio, ma che poi si sarebbe liberata.

Voleva raggiungerla, ovunque lei avesse deciso, per chiarirsi e stare insieme da qualche parte, lontani da tutti.

Il suo telefono era staccato.

Dopo averle lasciato quattro messaggi in segreteria, e averle scritto almeno dieci sms, decise di chiamare la sua assistente.

“Ciao Angela, sono Ric Castle. Devo mettermi in contatto con la Senatrice, ma non riesco a raggiungerla. Puoi darmi il nome dell’hotel di Miami dove lasciare un messaggio?”.

“Mi dispiace, signor Castle. La Senatrice Beckett ha lasciato l’hotel un’ora fa e ha spento il telefono. Ha deciso di prendersi un paio di giorni di riposo e ha detto di non voler essere disturbata. 

Per nessun motivo. 

Mi contatterà prima di sera, per confermarmi il rientro a New York la prossima settimana”.

Ric rimase per un attimo senza parole.

“Angela...é molto importante…”.

“Capisco signor Castle. Se vuole può lasciare a me un messaggio. Appena la Senatrice si farà sentire glielo farò avere, stia tranquillo”.

“Dille che DEVO ASSOLUTAMENTE parlare con lei entro questa sera. A qualsiasi ora. Grazie Angela, conto su di lei”.

Chiuse la telefonata con un senso di disagio crescente.

Naturalmente Kate non l’aveva chiamato e un’imbarazzatissima Angela qualche ora dopo confermò a Castle che il messaggio era stato riferito.

Alla fine, aveva ricevuto da Kate un messaggio vocale in cui gli diceva che era molto stanca, che aveva bisogno di riflettere e stare sola e gli chiedeva di darle lo spazio di cui necessitava.

L’avrebbe chiamato lunedì.

Richard Castle imprecò come non era abituato a fare.

Tutta questa storia stava diventando ridicola.

Rientrò a New York all’alba del sabato e passò i due giorni successivi a girare in tondo al loft, come una tigre in gabbia.

In quelle ore infinite scrisse a Kate una lunga mail, in cui le chiedeva di credere in loro perché quello che avevano era troppo importante.

Il suo telefono continuava ad essere staccato e a quel punto la casella della segreteria era troppo piena e non registrava più messaggi.

La domenica mattina si svegliò con un furibondo mal di testa, dovuto allo scotch che lo aveva aiutato a non sentirsi troppo solo la notte prima.

Dopo una doccia fredda e due caffè molto forti pensò che non potevano andare avanti così.

Non potevano continuare a nascondersi inseguiti dalla stampa scandalistica ed avere quel tipo di stupidi fraintendimenti.

Kate era troppo importante per lui.

La amava.

Era in piedi davanti alle vetrate del suo studio a New York.

La mattina era calma e silenziosa.

Sorrise al pensiero dell’ultima domenica che avevano trascorso pigri a letto incapaci di staccarsi le mani di dosso.

E fece la cosa più giusta che avesse mai fatto in vita sua: uscì per andare da Tiffany a comprarle un anello.

Aveva aspettato abbastanza.

 

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Capitolo 18
*** Eric Vaughn ***


Era domenica sera.
Ric Castle era seduto sul divano a leggere e ogni tanto mandava un sms a Kate, il cui telefono continuava a restare spento.

“Mi manchi” diceva l’ultimo.

Si sentiva stranamente calmo.

Aveva la scatola con l’anello sul tavolino davanti a sé ed era pieno di ottimismo.

Il giorno dopo avrebbe visto Kate e tutto sarebbe andato a posto.

La calma della sera fu interrotta dalla voce squillante di sua madre che lo salutava.
Era rientrata in anticipo e lo aveva gia' fatto ammattire.

“Ehi, tesoro! Che ci fai a casa? Sei triste perché la tua bella Senatrice è al mare a spassarsela con Eric Vaughn?”.

“Che cosa?” disse stridulo.

“Non hai visto il Ledger?”.

Ric si precipitò nel suo studio ed aprì la pagina di pettegolezzi più letta del Paese.

La foto di Kate in un ridotti bikini rosso sdraiata sul lettino in una spiaggia candida, con accanto Eric Vaughn seduto sullo stesso lettino, in calzoncini da mare, che le spalmava la crema sulle spalle, capeggiava in primo piano.

Sotto ce n’erano anche altre due in cui si abbracciavano e nell'ultima Kate appoggiava il viso nell’incavo del collo di quel bellimbusto come era solita fare con lui.

Il titolo recitava: ‘Il ghiaccio della senatrice si scioglie tra le braccia del miliardario’.

Lanciò contro il muro, mandandolo in mille pezzi, il bicchiere da scotch che aveva lasciato sulla scrivania sabato sera.

“Ric!” accorse sua madre spaventata.

“Che cosa succede?”.

“Non lo so cosa succede, mamma!”.

“Perché reagisci così, per quelle foto? C’è qualcosa che non so?”.

“Non posso parlartene, mamma, l’ho promesso…”.

Lo sguardo che gli rivolse sua madre era fin troppo esplicito.

Aveva bisogno di sfogarsi e lei era sempre stata un’ottima consigliera.

“E va bene! La amo mamma. E non capisco cosa stia succedendo! Andava tutto così bene tra noi. Poi lei è partita e Gina ha organizzato la maledetta cena, sono uscite quelle stupide foto di me con l’editrice francese, sono dovuto andare a Los Angeles e Kate a Miami e tutto è impazzito. Non vuole parlarmi. Non so dov’e’. E ora queste foto. Erich Vaughn mamma! Uno degli uomini più carismatici e di successo di questo secolo. E’ cosi’ affascinante! E guarda come la stringe…”.

“Richard! Calmati. E’ tutto molto confuso. Tu e Katherine Beckett state insieme?”.

“Si, mamma. O, almeno, così credevo fino a stasera. E io, stupido, che sono anche andato a comprarle un anello stamattina!”.

“Oh tesoro! Un anello...
 Vedrai che chiarirete. C’è  sicuramente una spiegazione”.

“Certo! Mi sembra piuttosto esplicito quale sia la spiegazione!”.

“Richard Castle! Ho visto le tue foto con l’editrice francese e mi sono immaginata una serata brava delle tue”.

“Ma non è successo nulla, mamma, te lo giuro!”.

“Appunto! Lo stesso varrà per queste foto. Ci sarà sicuramente una spiegazione valida. Non essere precipitoso. Non essere aggressivo. Devi avere fiducia in lei”.

“Come lei l’ha avuta in me?”.

“Richard! Smettila di comportarti come un bambino! Chiama Katherine e chiedile di spiegarti. E concedile il beneficio del dubbio”.

“Maledizione, mamma, è così difficile…”.

Rimasto solo con i suoi pensieri rifletté a lungo sulle parole di sua madre.

Si sentiva così confuso.

Le foto lo avevano devastato.

E poi capì…

Anche Kate doveva essersi sentita così guardando le sue foto con la francese.

Eppure lui sapeva che tra loro non era successo assolutamente nulla e che le immagini erano state scattate e manipolate per fare il massimo danno.

Voleva credere che lo stesso valesse per le foto di Kate con Eric Vough.

Una parte di lui, quella più insicura e fragile, continuava a chiedersi perché Kate fosse su una spiaggia candida, abbracciata in quel modo a uno degli scapoli più ambiti in circolazione.

Ma, voleva credere in loro.

Lo aveva ripetuto talmente tante volte nei suoi messaggi a Kate, negli ultimi giorni, che ora non poteva ignorarlo.

Decise di inviarle un messaggio vocale, visto che il telefono era sempre staccato e la segreteria disabilitata.

‘Kate, ho appena visto le tue foto con Eric Vaughn.

Ora capisco come devi esserti sentita l’altro giorno, quando il Ledger ha pubblicato le mie foto con l’editrice francese.

Ma, ti prego, smettila con questa congiura del silenzio. Sto impazzendo.

Sono sicuro che, come nel mio caso, c’è una spiegazione per quell’abbraccio che sembra così romantico e che mi ha trafitto il cuore.

Se non ti conoscessi direi che si tratta della vendetta perfetta.

Ma tu non sei così.

Noi non siamo così.

Mi manchi.

Mi manca la tua voce.

Ti prego, chiamami’.

 

Il messaggio vocale era accorato e Kate lo trovò alla fine di una serie infinita di messaggi di Ric, non appena accese il telefono .

Andò a guardare le foto sul Ledger.

“Eric! Maledizione!
Credevo che questa casa fosse protetta dai paparazzi!”.

“Ehi, che succede Kate?” disse un trafelato Eric Vaughn apparso in salotto mezzo nudo.

Aveva solo un corto asciugamano attorno alla vita e sgocciolava sul parquet di quercia.

Era evidentemente uscito di corsa dalla doccia, richiamato dalle grida della donna.

Kate gli si avvicinò appoggiando distrattamente una mano sul braccio ancora bagnato per mostrargli il telefono.

“Hai visto queste foto?”.

“La principessa di ghiaccio si scioglie al sole della Florida tra le braccia muscolose dell’inventore miliardario Eric Vaughn” lesse a voce alta.

Sorrise.

“Siamo venuti bene, non trovi?”.

“Non fare l’idiota Eric” gli disse dandogli un pugno sul petto nudo.

Lui le afferrò la mano trattenendosela addosso.

“Dai, Kate. Che ti importa. Tu sei single. Io sono single. Lascia che parlino”.

“Maledizione, Eric! Ero venuta qui per stare lontana da tutto questo. Per riposarmi e rilassarmi. Poi sei arrivato tu e tutto è precipitato”.

“Mi dispiace, Kate. E’ tutta colpa mia. Quando arrivo a Marathon la stampa mi sta sempre addosso. Alcune volte usano delle barche per piazzarsi a largo della spiaggia, coi loro potenti teleobiettivi, sperando di fotografarmi in atteggiamenti privati. Non ci faccio mai caso. Non ho pensato ad avvertirti”.

“Dio, Eric. Sono una Senatrice degli Stati Uniti, non posso andarmene in giro in bikini ad abbracciare uomini affascinanti sulle spiagge tropicali della Florida”.

“Kate, piccola, sei anche una bellissima donna di 32 anni che può decidere di passare un weekend con un amico affascinante, come hai detto tu, a divertirsi, non credi?”.

E se la tirò addosso abbracciandola.

“Eric!” protestò lei.

“Sei tutto bagnato!”.

“Non sono sexy così, Kate?”.

“Smettila di fare il buffone” sussurrò, schiacciata contro il suo petto muscoloso.

Pensò che doveva chiamare Ric.

Ma, prima aveva bisogno di un momento di pausa.

Strinse le braccia attorno alla vita di Eric Vough che le stava baciando i capelli e sospirò.

Non sarebbe stato facile spiegargli tutto.

 

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Capitolo 19
*** perdite ***


Ric Castle continuava a chiamare.

Ora il telefono di Kate risultava acceso, ma lei lo lasciava suonare a vuoto e questo lo stava terrorizzando.

Il fatto che non gli volesse parlare lo aveva sprofondato in paure le cui radici affondavano nel senso di abbandono che aveva sperimentato fin da bambino.

Crescere senza sapere chi è tuo padre produce effetti, a lungo termine, sulla psiche.

“Richard, smettila di camminare avanti e dietro in quel modo!”.

Sua madre lo guardava e, sotto sotto, le veniva da ridere.

Finalmente, il suo ragazzo si era innamorato.

Era così evidente.

Non frequentava più da mesi quelle modelle bionde da strapazzo, che stavano con lui solo per finire sui giornali e avere i loro dieci minuti di celebrità accanto al famoso scrittore.

E i suoi occhi erano pieni di una luce che non gli aveva mai visto, quando parlava della bella Senatrice.

Martha Rodger si era fatta un’idea precisa della donna.

Sentiva che era quella giusta.

L’aveva ascoltata parlare durante la campagna, e prima ancora aveva letto la sua storia sui giornali.

Era considerata una moderna eroina.

Il suo impegno e la sua serietà sarebbero stati una piacevole novità nella vita di suo figlio, sensibile e delicato, che amava nascondere la sua vera natura dietro la maschera del playboy di successo.

Ma, lei era sua madre e sapeva quanto l’avessero ferito i tradimenti di Meredith, la madre di sua figlia, prima e quello di Gina, la sua seconda ex moglie, dopo.

Non si era più lasciato avvicinare davvero da una donna.

Aveva chiuso il suo cuore.

C’era posto solo per sua figlia Alexis e per lei, sua madre.

Martha lo capiva.

Ma, desiderava per lui più di notti alcoliche tra le braccia di ragazze di cui il giorno dopo non ricordava neppure il nome.

E forse quel momento era arrivato.

Ma, andava supportato.

Il suo Richard aveva la tendenza ad essere impulsivo e imprudente.

Era eccessivo.

Tutto in lui era troppo.

Emozioni troppo forti lo agitavano.

Sentimenti troppo profondi abitavano il suo cuore.

Azioni troppo eclatanti, di solito, lo mettevano al centro dell’attenzione.

Con una donna come Katherine Beckett, meno era meglio di più.

Doveva aiutarlo a capire questa cosa.

Con lei avrebbe dovuto essere più delicato che mai.

Martha Rodger era certa che ne sarebbero venuti fuori alla grande.

Sembravano fatti per stare insieme e non sarebbero state delle foto scandalistiche a separarli.

Doveva solo convincere suo figlio a respirare e calmarsi.

“Richard, sei troppo agitato. Siediti. E aspetta che lei ti richiami. Le hai gia’ detto tutto. Non assillarla”.

 

“Kate, perché sei così agitata?”.

Eric Vaughn aveva tentato inutilmente di tenere Kate nel suo abbraccio e ora la guardava andare avanti e dietro, leggendo messaggi sul suo telefono.

“C’è qualcosa che non mi stai dicendo, Kate?”.

“Eric, non capisci! Non posso farmi fotografare così con te…”.

“Kate, la gente domani se ne sarà già dimenticata. Anzi, adesso ci vestiamo eleganti, ce ne andiamo a cena a Miami Beach e poi a ballare, così diamo loro qualcosa di cui parlare un altro po’!”.

“Non essere sciocco, Eric…”.

“Kate, smettila di fissare il telefono. Lo vedo che sta lampeggiando, anche se è silenziato. Perché non rispondi? Chi è che continua a chiamarti da dieci minuti così insistentemente?”.

Il sospiro che la donna fece lo preoccupò non poco.

“Kate…c’è qualcuno a cui devi dare spiegazioni su questa nostra piccola fuga d’amore?”.

“Eric! Non parlare in questo modo!”.

L’uomo tacque fissandola.

“Va bene, si! C’è qualcuno a cui devo una spiegazione”.

“E quando pensavi di dirmelo?”..

“Non lo so, Eric! Non lo so!”.

“Ok, piccola, calmati. E’ tutto apposto. Vedrai, risolveremo tutto. Ti aiuto io. Vieni qui”.

Provò di nuovo ad abbracciarla, ma Kate si divincolò.

“Grazie Eric, ma questa è una cosa che devo fare da sola. E ora scusami”.

“Dove vai?” le chiese l’uomo allarmato.

“A preparare la valigia. Devo tornare a New York. Chiama il tuo autista e digli di aspettarmi fuori per accompagnarmi in aeroporto”.

“Kate, ragiona, a quest’ora non trovi nessun volo libero per rientrare. E’ domenica sera, i voli saranno tutti pieni”.

“Non mi importa, Eric! Prenderò il primo volo disponibile. Ma voglio andare in aeroporto, ora!”.

“Accidenti, Kate…non ti avevo mai vista così…allora è una cosa seria questa volta…Vuoi dire che tra noi è tutto finito?”.

“Smettila subito, Eric! E fa quello che ti ho chiesto”.

“Va bene, Kate. Chiamo il mio pilota e gli dico di concordare il piano di volo con la torre di controllo. Ti porterà lui a New York, così in tre ore sarai a casa. Io resterò qui a leccarmi le ferite”.

“Non sei mai serio, vero Eric?”. 

“Kate, tu lo sei abbastanza per tutti e due. E’ sempre stato così tra noi. Mi hai sempre spezzato il cuore”.

Kate sbuffò innervosita e lo piantò in asso per andare a prepararsi.

Erich Vaughn rimase a guardarla pensieroso.

Sembrava disorientato e un po’ affranto, a ben guardarlo.

Andò ad infilarsi una t shirt e un paio di boxer per poi tornare in salotto, dove lo aspettava una Katherine Beckett bellissima e austera, in un tailleur pantalone blu di Armani con camicia bianca di seta e i capelli lasciati sciolti sulle spalle.

“Sei splendida, Katie. Sicura di non voler restare? Pensa alla cena favolosa che potremmo goderci e alla notte scatenata di Miami Beach. Domani saremmo la nuova coppia nazionale, su tutti i giornali scandalistici non si farebbe che parlare di noi”.

Kate, di nuovo in versione Senatrice, lo guardò con una smorfia.

“Ciao Eric. Grazie per l’aereo. Ti telefono quando atterro a New York”.

“Tu mi spezzi il cuore, Kate! Dimmi almeno da chi stai correndo così velocemente. Penso di avere il diritto di saperlo”.

“Diritto, Eric?”.

“Ok, ok, non cominciare a cavillare con le parole. Dovevi fare l’avvocato, lo diceva sempre tua madre…”.

“Eric, fermati qui”.

“Ehi, scusa piccola”.

La raggiunse e la strinse tra le braccia.

“Oh Kate, come vorrei che restassi…”.

Lo disse a voce così bassa che pensò che lei non lo avesse nemmeno sentito.

Kate ricambiò il suo abbraccio e si voltò per andarsene.

Eric Vaughn la accompagnò all’auto portandole la borsa.

Non aveva mai sentito tanto di non poterla avere, come in quel momento.

 

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Capitolo 20
*** lunga notte buia ***


“Ric!”.

“Kate! Finalmente! Dove sei?”.

“Sono sull’aereo di un amico. Sto per partire da Miami. Tra tre ore sarò a New York. Possiamo vederci?”.

“Il tuo amico è Eric Vaughn? E’ suo l’aereo, Kate?”.

“Si, Ric, è suo. Quando arrivo ti spiego tutto. Credo sia arrivata l’ora di parlare”.

“Di certo, Kate”.

Aveva il cuore stretto in una morsa.

Non poteva pensare a Kate tra le braccia di un altro.

La voleva nella sua vita come non aveva mai voluto nessuno.

Stava malissimo.

Le immagini del loro abbraccio continuavano a passargli davanti agli occhi.

Ma, voleva sentire dalle sue labbra il motivo di quella fuga romantica.

Gli si sarebbe spezzato il cuore, se lei non fosse rimasta.

Se gli avesse detto che era stata una reazione avrebbe provato a perdonarla.

Odiava i tradimenti.

Ma, odiava di più l’idea di vivere senza di lei.

“Ti mando l’autista, dammi i dettagli”.

“Arrivo al Jet Aviation, a Teterboro, Ric, intorno all’una del mattino”.

“Luis sarà lì per te”.

Dopo un lungo sospiro aggiunse: “Ti aspetto a casa, Kate”.

Kate Beckett era seduta sul lussuoso sedile del Jet privato di Eric e pensava a Richard Castle.

Quando era diventato tutto così difficile tra loro?

Se ripensava al loro incontro, aveva ancora il cuore in gola per l’emozione.

Il suo scrittore era riuscito a superare tutte le sue barriere, abbattendole una dopo l’altra, capendo i suoi silenzi e le sue ritrosie.

L’aveva lasciata allontanarsi quando ne aveva avuto bisogno e c’era stato quando aveva avuto paura.

Con lui riusciva a ridere di tutto, a sentirsi al sicuro e compresa.

Richard Castle, lo scanzonato playboy protagonista delle cronache mondane newyorkesi, si era rivelato sensibile e attento.

L’aveva circondata di delicate attenzioni, l’aveva ascoltata, l’aveva stretta e l’aveva sorpresa.

Lentamente, ma con costanza, aveva scavalcato il muro che la difendeva dal mondo e se l’era trovato accanto sorridente.

I suoi occhi blu l’avevano guardata fin dentro l’anima.

Non poteva essersi sbagliata così tanto.

Lui non poteva essere come Joker, e farle vedere sola la faccia che decideva di mostrare.

Non aveva mai permesso a un uomo di arrivarle così vicino.

Se si fosse accorta di essersi sbagliata, sarebbe stata una delusione irreparabile.

Ripensò all’ultima notte, trascorsa tra le sue braccia.

I corpi riflettevano la sintonia delle loro anime.

Il piacere scorreva denso e in profondità, tra loro.

I gesti erano appassionati, intensi, mai uguali.

Ric era un amante generoso, fantasioso e complice.

Con lui riusciva ad abbandonarsi completamente alle sensazioni.

Riuscivano a scherzare anche mentre facevano l’amore.

Non era mai stato tanto leggero avere qualcuno così addosso.

In questa ultima settimana, gli era mancato tutto di lui.

I suoi sms divertenti, le sue parole dolci la sera quando al telefono la lasciava addormentare, raccontandole sempre una storia diversa.

Gli erano mancati i suoi baci che le toglievano il respiro.

Gli era mancato Ric, il suo amore.

Doveva spiegargli, fargli capire che avrebbero risolto tutto.

Non sapeva come.

Ma, ce l’avrebbero fatta.

Dovevano farcela.

Non riusciva ad immaginare la vita senza il suo scrittore.

Sarebbe tornata nel grigio desolato e freddo in cui viveva prima di incontrarlo.

Ma, se un tempo era riuscita a conviverci, ora che aveva sperimentato la fiamma che alimentava il suo cuore grazie agli occhi di Richard Castle, non avrebbe potuto più sopportarlo.

Sospirò forte.

Non vedeva l’ora di arrivare e affrontarlo.

Meglio sapere subito se c’era spazio per comprendersi e perdonarsi.

A New York, intanto, un Richard Castle sempre più nervoso, si aggirava per il loft come un fantasma.

Sua madre aveva tentato di rasserenarlo ma, davanti alla sua ennesima follia verbale riguardo al motivo per cui sarebbe andato tutto male, si era stancata e se n’era andata a dormire.

Furono le ore più lente della sua vita.

Ad un  certo punto chiamò Luis per annullare il pick up di Kate e uscì personalmente con la sua Mercedes.

Voleva andare lui a prenderla e portarla negli Hamptons.

Aveva bisogno di averla tutta per sé, voleva che fossero liberi di parlarsi senza sua madre o sua figlia in giro per il loft o, peggio, senza doversi nascondere dai giornalisti appostati sotto casa di Kate.

Mise la scatolina azzurra di Tiffany nella tasca della giacca e pregò di avere la possbilità di dirle quanto la amava e di chiederle di dividere la sua vita con lui.

Kate era atterrata e dalla pista si era diretta verso il terminal per guadagnare l’uscita il più' velocemente possibile.

Superate le porte degli arrivi, se lo trovo’ davanti e si irrigidì.

“Ric…che ci fai qui?”.

“Anch’io sono felice di vederti, Kate…”.

“Ric, ti prego...”.

“E’ notte, Kate. Non c’è nessuno in giro. E avevo bisogno di essere qui. Andiamo”.

Erano tesi, circospetti.

Le prese la valigia dalle mani e le fece strada verso il parcheggio dove aveva lasciato l’auto.

Kate lo seguì in silenzio, il cuore stretto in una morsa.

Alzò gli occhi a guardare il cielo.

Le stelle erano nascoste dalle nuvole e dalle troppe luci di NewYork.

Sospirò.

Sarebbe stata una lunga notte buia.

 

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Capitolo 21
*** ritrovarsi ***


Salirono in auto, in un silenzio greve.

“E’ stato imprudente, Ric…”.

“Non me ne importa niente, Kate!”.

Lei sussultò.

Non l’aveva mai visto reagire così.

Erano seduti, rigidi e lontani sui grandi sedili di pelle della Mercedes con cui lui era andato a prenderla per la loro prima cena.

Non sapeva perché i pensieri si erano focalizzati su quel particolare, che però le sciolse lievemente la tensione che sentiva nella schiena.

Sembravano due estranei.

Muti, distanti.

Poi Ric d’istinto si sporse verso Kate e la attirò a sé.

Il profumo di lei gli invase il cervello.

“Dio, Kate, mi è sembrato di impazzire. Che cosa sta succedendo?”.

Presa alla sprovvista Kate, inizialmente, si oppose al suo abbraccio mettendogli una mano sul petto.

Ma, appena il calore di lui gli si propagò dalla mano al braccio e poi al cuore, in un’unica emozione fortissima, ricambiò l’abbraccio abbandonandoglisi contro.

Era quello il posto dove voleva stare.

Se ne rese conto con una forza dirompente.

Aveva ragione lui, non le importava dei giornalisti, dei pettegolezzi, della gente che avrebbe potuto vederli e riconoscerli.

Le importava di lui.

Di loro.

Senza rispondere gli mise una mano sul viso in una carezza piena di dolcezza.

Poi lo baciò.

Lo baciò come se non ci fosse niente altro al mondo.

La luce che aveva visto negli occhi di Ric le faceva battere il cuore all’impazzata.

Non le importava se c’era stata un’altra.

Se lui gli aveva mentito.

Sarebbero ripartiti da qui, dalle sue labbra morbide, dal suo sapore intenso, dalla sua pelle che bruciava a contatto con la propria.

Ric si aggrappò a quel bacio naufragandoci dentro.

Pensò che averla tra le sue braccia era tutto quello che voleva.

Non gli importava se Kate l’aveva tradito, se gli aveva mentito.

Sarebbero ripartiti da qui, da quel bacio che sembrava farli rinascere, dalla sua bocca che sapeva di paradiso, dal suo profumo che gli incendiava i sensi.

Kate continuava a baciare le sue labbra, il suo viso, il suo collo e Ric si era abbandonato a quelle sensazioni totalizzanti ricambiando i baci con i baci, le carezze con le carezze, i sospiri con i sospiri.

“Ti amo, Kate”.

Il cuore della Senatrice perse un battito.

Non glielo aveva mai detto.

Si sentì sciogliere dentro.

Anche lei lo amava.

Lo sapeva da settimane.

Ma, aveva avuto paura a confessarglielo.

Ric, come al solito, era più coraggioso nell’aprirle il cuore.

Aveva appoggiato la fronte alla sua e la guardava dritto negli occhi, con quel blu scintillante che la emozionava sempre.

“Ti amo come non sapevo si potesse amare, Kate. Non avevo mai amato nessuna così, prima.

Non c’è e non ci sarà mai nessun’altra per me…”.

Le sue parole erano sussurrate, ma le arrivarono dentro come se lui gliele stesse gridando.

“Ric…”. Il suo era un sospiro.

Gli fece una delicata carezza sul viso.

“Oh Ric…ti amo anche io.

 Ti amo, Babe”.

Quella notte l’avrebbero ricordata per sempre, ne erano certi.

Il cuore dello scrittore martellava forte nel suo petto.

Aveva l’impressione che qualcuno avesse acceso una luce fortissima e che tutto ne fosse illuminato.

Invece era solo il sorriso di Kate.

“Tesoro…”.

Ricambiò la carezza e le sorrise a sua volta.

“Ti va di venire in un posto con me?”.

“Vengo dove vuoi tu, Ric”.

Lui sorrise ancora, non riusciva a smettere, gli si sarebbe paralizzata la faccia a forza di farlo.

Le diede un ultimo, tenerissimo, bacio sulle labbra e mise in moto.

Le cento miglia che li separavano dagli Hamptons di notte scorsero via velocemente.

Impiegarono meno di due ore, chiusi in un silenzio cauto, reso dolce dalla mano di lei restata per tutto il tempo sulla gamba di lui, che gliela tenne  stretta come un sigillo.

Quando Ric deviò dalla strada principale e si infilò in un viale privato, rallentando davanti ad un imponente cancello bianco, Kate si riscosse dal suo lieve assopimento.

“Dove siamo Babe?” gli chiese, mentre Ric si fermava davanti ad una grande casa bianca.

“Siamo a casa mia, negli Hamptons”.

Si voltò verso di lei, sorridendole. 

“Vieni?”.

Senza aggiungere  nulla la portò in casa e la fece salire direttamente al primo piano, in una splendida camera matrimoniale.

Un grande camino acceso che conteneva, curiosamente, un’ancora che doveva essere appartenuta a qualche bastimento d’altri tempi, illuminava il letto sapientemente disposto davanti alla vetrata affacciata sul mare.

“E’ splendido, Ric”.

“Tu lo sei”.

Erano giorni che non si toccavano.

Erano in piedi, uno davanti all’altra, occhi negli occhi.

Si sfiorarono, delicatamente.

Poi, la passione ebbe la meglio e si ritrovarono a combattere con vestiti che intralciavano carezze che non potevano più aspettare.

In un attimo erano nudi sul letto, illuminati dalla luce calda del fuoco che ardeva nel camino, persi in un loro mondo fatto di sospiri e gemiti e pelle contro pelle, avvolti da un piacere che non li deludeva mai.

“Sei mia, Kate?”.

“Lo sono, Ric, sono tua più di quanto tu possa immaginare. 

E tu, Ric, tu sei mio?”.

“Per sempre, Kate”.

Non ci fu più bisogno di parole per molto, molto tempo.

 

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Capitolo 22
*** spiegarsi ***


Esaurita la passione restarono abbracciati in silenzio.

“Kate…”.

“Ric…”.

Parlarono in contemporanea.

“Vorrei spiegarti com’è andata la sera con la mia editrice francese”.

Castle era spaventato a morte dalle spiegazioni che voleva chiedere a lei, ma non osava.

Erano in una bolla di armonia e calma ed era restio a sentirsi raccontare di Eric Vaughn.

Così cominciò da lontano, parlando per primo.

Le spiegò cos’era successo, come si era comportato, il litigio che aveva avuto con Gina, perché non aveva piu’ intenzione di fare la figura dello stupido Casanova quando il suo cuore batteva per una sola donna.

Kate lo ascoltò in silenzio, attenta, partecipe e fiduciosa.

Glielo leggeva in quei bellissimi occhi blu che le stava dicendo la verità.

E ora toccava a lei spiegare.

Ric si accorse di star trattenendo il fiato quando lei si staccò dal suo abbraccio e si mise seduta a gambe incrociate sul letto.

Così facendo, il lenzuolo le scivolò lungo il busto per andare ad accumularsi intorno alla vita lasciandole il seno scoperto.

Ric ebbe un momento di distrazione.

Era sempre così bella.

Era la donna più sexy che avesse mai conosciuto.

Lo accendeva con un gesto, con un semplice sguardo.

Si costrinse a distogliere gli occhi da quello spettacolo e si tirò su, a sua volta, per guardarla negli occhi.

Sapeva già che l’avrebbe perdonata, avrebbe fatto male, avrebbe bruciato, ma era disposto ad andarle incontro questa volta.

Era nato tutto da una serie di equivoci causati in prima istanza da lui e avrebbe fatto buon viso a cattivo gioco.

Mentre pensava confusamente tutto questo, gli tornavano in mente le immagini delle mani di quell’uomo sulla schiena di Kate, loro due abbracciati sulla spiaggia.

Deglutì pesantemente.

Non sarebbe stato facile.

“Ric…”.

“Eric ed io…”.

“Kate, ti prego, non mettere mai nella stesa frase la congiunzione tra il tuo nome e quello di Eric Vaughn!”.

Quando era nervoso diventava pedante.

“Ric, per favore, ascoltami. Eric ed io ci conosciamo da sempre”.

“Vuoi dire che siete stati insieme a lungo e questo è stato un ritorno di fiamma?”.

Non riusciva proprio a restare calmo.

“Ric!”.

“Scusa!”.

“Eric ed io siamo cresciuti praticamente insieme. Le nostre famiglie si frequentano da quando noi siamo nati. Lui ha solo un paio d’anni più di me e abbiamo fatto molte cose insieme”.

“Kate…così non mi aiuti…lo sai che sono uno scrittore e, se mi dici che avete fatto tante cose insieme, la mia mente produce immagini che non voglio avere nella testa”.

“Accidenti Ric, smettila”.

Stava ridendo di lui?

Della sua pena?

Che donna insensibile.

Era sicuro di darle l’anello?

“Eric ed io…”.

“Kate! Smettila di dirlo! Non lo sopporto!”.

“Ok Babe, come vuoi che te lo dica?”.

“Dillo e basta…ci sei andata a letto, non è così? Ti sei voluta vendicare? In realtà non volevi farlo, ma poi lo hai rivisto e avete avuto un piccolo amarcord?”.

Era tenerissimo.

Kate lo guardava con gli occhi ridenti.

“Ric, Eric è come un fratello per me. Non ci sono andata a letto, devi credermi. Non c’è niente tra noi e non c’è mai stato. A parte il fatto che mi ha insegnato a baciare con la lingua quando avevo 14 anni!”.

Ora, rideva apertamente.

“Dio, Kate! Non prendermi in giro, ci sto male…”.

“Ric, tesoro, come devo dirtelo? Mio padre e suo padre hanno fatto l’università insieme ad Harvard e sono sempre stati amici. Abbiamo passato Natali, vacanze estive e molti compleanni insieme. Finché mia madre non è stata uccisa, le nostre famiglie si sono sempre frequentate. Lo considero il fratello che non ho mai avuto”.

Richard Castle respirò a pieni polmoni, per la prima volta da ore.

“Kate, magari tu lo consideri un fratello ma lasciatelo dire da un uomo, lo sguardo di Eric addosso a te non aveva nulla di fraterno!”.

“Dai, Ric, hai a malapena visto una foto”.

“Credimi, sono un uomo, lo so come ti vede un altro uomo”.

“Smettila!”.

“Lui ti vuole, Kate, credimi”.

“Richard Castle! Lui è solo un caro amico, uno di famiglia. Non hai nessun motivo di essere geloso”.

“Ti sbagli, ma va bene. Vorrei solo che evitassi, in futuro, di passare romantici week end su bianche spiagge tropicali con amici come Eric Vaughn, d’accordo?”.

“Sei geloso!”.

Ric la guardò dritta negli occhi.

“Certo che lo sono. Con te mi sono scoperto assurdamente geloso!”.

“Sei dolce, Babe…e voglio confessarti un segreto…”.

Si erano accoccolati di nuovo sotto le lenzuola dopo che Ric aveva rinvigorito il fuoco nel camino, che ora li illuminava con fiamme dorate.

Gli occhi di Kate erano caldi e innamorati.

Riflettevano la luce che splendeva in quelli blu dello scrittore.

“Quale segreto?”.

Intimidita gli si strinse contro parlandogli all’orecchio.

“Sono gelosa anche io. Mi vergogno a dirlo, ma è la verità. Non sapevo cosa fosse la gelosia prima di incontrarti. Poi ti ho visto con quella donna addosso e mi è esplosa dentro questa sensazione di possesso ed ansia insieme. Mi sono spaventata a morte”.

Un Richard Castle molto lusingato la tirò ancora di più contro il suo petto.

“Amore” le disse tenero.

Era la prima volta che la chiamava così.

Kate sentì il cuore riempirsi di emozione.

E gli occhi riempirsi di lacrime.

Quello era il modo in cui suo padre aveva sempre chiamato sua madre.

Aveva pensato che a lei non sarebbe mai successo.

Che la perdita violenta e inaspettata di sua madre le avesse precluso ogni possibile felicità.

Ora, invece, si sentiva a casa.

Sorrise tra le lacrime.

Sua madre avrebbe approvato.

Gli sarebbe piaciuto quello scrittore pazzo e pieno di dolcezza.

Si strinse a lui, che le stava accarezzando la schiena con gesti lenti e sensuali.

Chiuse gli occhi e smise di pensare.

Era felice.

Felice.

 

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Capitolo 23
*** l'anello e l'alba ***


Fecero di nuovo l’amore.
Lenti, appassionati, intensi.
Erano persi l’uno nell’altra.
Si trovarono, insieme, nell’apice del piacere, occhi negli occhi.
Fuori, il cielo era passato dal nero al blu che precede l’alba.
Il mare all’orizzonte era una massa indistinta, del colore del piombo fuso, tipico dei mesi invernali.
L’aria era gelida. Alcuni solitari fiocchi di neve mulinavano nel cielo.
“Alzati, Kate. Devi venire con me”.
La donna, assonnata e soddisfatta, lo guardo’ come se fosse impazzito.
“Uhm…non e’ ancora nemmeno giorno, non abbiamo dormito tutta la notte, dove vuoi andare?” mugugno’.
“Vieni, fidati di me”, le disse deciso, allungando una mano per tirarla su dal letto.
Le mise la sua camicia che le arrivava a meta’ coscia e le appoggio’ una coperta di cashmere sulle spalle per scaldarla.
Ai piedi le infilo’ un paio di Ugg che erano di Alexis.
Kate si lascio’ vestire come fosse una bambola, sorridendogli, deliziosamente spettinata.
Ric si infilo’ i boxer, una t shirt a maniche lunghe e anche lui si appoggio’ una coperta blu sulle spalle, come un mantello.
Poi, la prese per mano e la porto’ verso il fondo della stanza, dove c’era una scala che non aveva notato la sera prima.
Era una scala in cristallo trasparente, nascosta da una pianta che era alta più di Kate.
“Dove mi stai portando, Ric?”.
“Vedrai, ti piacerà”.
Salirono la scala tenendosi per mano e, arrivati in cima, Kate si trovo’ in una stanza, ricavata sul tetto, completamente in vetro.
Dominava la proprietà e sembrava sospesa tra cielo e mare.
Il sole non era ancora sorto, la nebbia che precede l’alba stava gia’ salendo dall’infinita massa d’acqua grigio piombo.
Da qualche parte, in lontananza, il richiamo acuto di un gabbiano trafisse il buio.
Gli unici arredi presenti nella stanza erano un tavolo, anche quello trasparente, dove immagino’ il suo scrittore perso nei mondi che creava, e una panca messa davanti al panorama, pensata per non distogliere l’attenzione dalla bellezza che li circondava.
Kate spalanco’ gli occhi meravigliata.
Si volto’ verso Ric e gli sorrise.
“Babe, e’ magnifico!”.
“E’ il mio rifugio, Kate, il mio luogo segreto. Non ho mai portato nessuno quassù, ad eccezione di mia figlia e mia madre.
Tu sei la prima”.
Lei gli prese la mano guardandolo con tutto l’amore che provava per lui.
Un piccolo tarlo l’aveva assalita da quando erano arrivati la sera prima.
“Non dirmi che in questa enorme casa non hai mai portato le tue tante conquiste, Castle”.
Non era riuscita a trattenersi.
Sapeva che lui aveva avuto molte donne e questa cosa la rendeva insicura.
Il suo scrittore non evito’ la domanda.
Tenendole sempre la mano e guardandola negli occhi le rispose.
“Non posso negare di aver portato altre donne in questa casa, Kate, ma nessuna di loro era te. E nessuna e’ mai stata quassù, dove siamo ora. Solo tu amore mio”.
Abbasso’ il viso intimidita.
Si strinse a lui appoggiandogli il capo sulla spalla, senza più parole.
Quelle di lui erano sempre cosi’ giuste per lenire le sue insicurezze e arrivargli nel cuore.
Seduti sulla panca, rimasero a guardare il sole sorgere dal mare  sotto un’unica coperta, vicini e in pace.
Stupefatti, assistettero in silenzio al miracolo che si rinnovava ogni mattina, le mani intrecciate come le loro anime.
Era tutto perfetto.
Il sole aveva appena fatto capolino sullo sfondo, rischiarando il cielo.
L’aria era cosi’ tersa che lo sguardo poteva spaziare per miglia in tutte le direzioni.
Gabbiani solitari si libravano in volo accrescendo la bellezza dell’immagine che avevano davanti e intorno, a 360 gradi.
Kate penso’ che non si era mai sentita cosi’ a casa come in quel momento, seduta accanto al suo scrittore, in silenzio, immersa in quell’amore con cui lui l’aveva avvolta e travolta.
La bellezza del paesaggio, le sue emozioni che emergevano a fior di pelle, la mano di Ric nella sua. Ogni cosa sembrava giusta e insostituibile.
Richard Castle scelse proprio quel momento per parlare.
 
“Ti amo, Kate” le disse.
Le teneva la mano.
Ancora.
Sempre.
Senza lasciarla si sposto’ davanti a lei e le si inginocchio’ davanti.
Aveva nella mano libera un magnifico anello di diamanti.
La donna lo guardava stupefatta.
“Katherine Houghton Beckett, vuoi sposarmi?”.
Dopo un istante di sbalordito silenzio, scatto’ in piedi davanti a lui ancora inginocchiato.
“Oh mio Dio, mi stai chiedendo di sposarti?”.
“Ok, sei sorpresa” sorrise lo scrittore mettendosi in piedi davanti a lei.
“Certo che sono sorpresa!”.
Lo guardo’ con gli occhi ridenti.
“Sei cosi’ serio!”.
“Certo che sono serio, questa e’ la cosa più seria che abbia mai fatto”.
Poi, gli corse incontro mettendogli una mano sul viso e una intorno al collo 
“Vieni qui!” gli sussurro’ prima di baciarlo.
“Lo prendo per un si?”.
“No, aspetta…” disse d’istinto Kate.
“No?” ripete’ allibito Ric.
“Nononono, non quel no!”.
“Allora e’ un si!” ripete’ ancora Castle.
“Ahhhahhh…” titubo’ lei.
“Non e’ un si?” disse ancora lui, sempre piu’ confuso.
“No, non e’ questo…ma …io…si, insomma…”.
Ric Castle, guardandola tra il divertito e lo sconcertato, aggiunse:
 “Sai come funziona in questi casi, vero?”.
Lei lo guardo’ dritto negli occhi: “C’e’ una cosa che devo dirti”.
L’uomo si concentro’ su di lei, lasciandola proseguire.
“Mi hanno chiesto di spostarmi al Senato in maniera permanente”.
“A Washington?”.
“Ric, io ti amo, ma non posso lasciare tutto adesso, ho preso un impegno. Ascolta, se la mia decisone cambia qualcosa fra noi, o quello che provi…”.
“Kate, non ti ho chiesto di sposarti per trattenerti qui o perché ho paura di perderti. Voglio sposarti perché non riesco ad immaginare la mia vita senza di te. Se ci sono difficolta’ che vanno affrontate insieme, io sono pronto. E, mi auguro che tu sia disposta a farlo con me”.
Era cosi’ dolce, con gli occhi blu luminosi, lo sguardo serio e innamorato.
Era impossibile resistergli.
“Beh, in tal caso, Richard Edgar Alexander Rodgers Castle, si! Si. Voglio sposarti!”.
Gli occhi negli occhi, i sorrisi splendenti, sentirono che quello era il momento che le loro strade diventavano una.
Ric le sollevo' la mano e le infilo’ l’anello.
Kate lo guardo’ estasiata.
“Forse e’ un po’ troppo grande’ disse la Senatrice, ammirando l’anello che scintillava colpito dai raggi del sole che si levava all’orizzonte.
“Hai delle dita incredibilmente sottili” scherzo’ Castle, sorridendole ancora.
Si presero le mani.
“Riusciremo a farlo funzionare, vero?” gli chiese lei in un sussurro.
“Saremo perfetti. Washington sarà perfetta, te lo prometto” rispose con convinzione lui, stringendola a se’.
Passarono la giornata a recuperare il tempo perso, a coccolarsi e abbracciarsi e a starsi addosso.
Quello era solo l’inizio.
Del resto della loro vita insieme.

 

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Capitolo 24
*** a cena con i suoi ***


Erano passate due settimane dalla loro alba piena di  magia.

Kate e Ric rilucevano di felicita’.

Gli articoli scandalistici su Eric Vaughn e la senatrice erano continuati ad uscire sostenuti da un’intervista rilasciata dall’inventore miliardario in cui diceva ridendo che Katherine Beckett era l’amore della sua vita.

La donna l’aveva chiamato per insultarlo ridendo.

Non riusciva proprio ad arrabbiarsi con nessuno in quel periodo.

Era troppo felice.

“Eric, sei proprio un idiota”.

“Kate, tesoro, mi preparo ad avere il cuore spezzato.

Intanto mi godo i miei cinque minuti di celebrità col mio nome scritto accanto al tuo”.

“Sei in viva voce, sbruffone.

E qui accanto a me c’e’ un uomo che non e’ molto felice delle tue recenti dichiarazioni”.

“Mon dieu! Chiedo venia, signore. Ma lei mi ha strappato dalle braccia l’unica donna che abbia mai amato. Porti pazienza. Lei almeno e’ li con lei e credo che ci rimarrà a lungo se questa telefonata serve per dirmi ciò che immagino”.

“Immagina bene, signor Vaughn! Ho chiesto a Kate di sposarmi e lei..”

“Lei ha detto si!” si intromise allegra la donna.

“Congratulazioni signor…?”.

“Castle. Richard Castle”.

“Lo scrittore? Kate! Mi hai tenuto all’oscuro per tutto questo tempo.

Tu mi ferisci, bambina..”

“Eric, ti presento Richard Castle.

Lui e’ molto importante per me quindi comportati bene se vuoi essere invitato al matrimonio”.

Ric le sorrise felice.

“Piacere Eric, sarò’ lieto di conoscerla di persona al matrimonio”.

“Piacere mio, Richard. Si lasci dire che lei e’ un uomo molto fortunato”.

“Lo so”.

“Davvero?”.

“Oh si, Eric, glielo assicuro.

Ne sono assolutamente consapevole”.

Kate lo abbraccio’ da dietro dandogli un bacio sulla schiena.

Tutto fluiva serenamente tra loro.

Quando Kate era in città si vedevano come al solito al loft dove era piu’ facile depistare la stampa.

Avevano parlato di affrontare la situazione ma prima dovevano risolvere la questione delle loro famiglie.

Martha, dopo aver saputo dell’evoluzione del rapporto tra suo figlio e la bella senatrice, aveva portato Alexis in un tour delle università che la nipote aveva selezionato per l’autunno successivo.

Avevano avuto la casa tutta per loro fino alla sera prima .

Ric,rientrate le sue rosse, aveva organizzato una cena con Kate e suo padre per far conoscere le famiglie.

La serata fu allegra e spensierata, il buon umore del padrone di casa e le attenzioni che la coppia si rivolgeva aveva reso tutti felici e le due famiglie alla fine della cena sembravano gia’ una più grande.

C’era stato solo un attimo di tensione quando Ric aveva preso in giro sua madre per un dolce che sembrava avesse fatto lei quando invece arrivava dalla più famosa pasticceria di Manatthan.

“La cucina non e’ uno dei suoi talenti, Martha?”.

“Beh, ecco non esattamente..diciamo che conservo la mia energia creativa per perfezionare un’arte molto più nobile, la recitazione”.

Visto lo sguardo sperduto del futuro suocero Ric era intervenuto.

“E lei Jim, come procede la sua vita da avvocato?”.

“Sono alle prese con una class action che mi tiene molto occupato”.

“Interessante” aveva detto lo scrittore sorridendo prima a Jim e poi alla sua Kate a cui stringeva la mano sopra al tavolo.

Il pericolo sembrava scampato ma sua madre intervenne di nuovo.

“Spero che lei riesca a trovare il tempo per rilassarsi e concedersi qualche svago”.

Martha era sempre eccessiva nelle sue movenze,sopra le righe e Ric sempre teso quando erano in situazioni pubbliche a cui teneva, come in questo caso.

“Beh,certo, mi piace guardare le partite di Baseball ogni tanto”.

E aveva sorriso a sua figlia con cui spesso aveva diviso quell’hobby quando lei era ancora una ragazzina.

“Oh cielo, il baseball. Non e’ terribilmente noioso?”

Martha gli servi’ il dolce con una smorfia, disgustata dall’idea di quello sport che le era sempre sembrato incomprensibile.

Il silenzio che seguì la frase gelo’ tutti per un attimo.

Jim ribatte’ sorridendo tra se’.

“In effetti, richiede una certa dose di pazienza”.

Kate chiuse gli occhi per un attimo mentre stringeva forte la mano a Ric in attesa di una reazione di Martha che non si fece aspettare.

“Ah ah, una certa mancanza di brio, vorrà dire.

Jim la guardo’ stranito.

Kate intervenne per salvare il momento.

“Credo che mio padre apprezzi sopratutto la peculiarità del gioco”.

“Ah, beh, certo,  devo ammettere che se anche…”

Intervenne Ric.

“Mia madre voleva dire che non e’ esattamente…movimentato..”.

Kate sfilo’ la mano da quella di Ric.

Poi guardando lui aggiunse: “Certo, dipende da che punto di vista lo guardi..”.

Jim aggiunse: “Suppongo che sia uno sport adatto alle persone più serie, più..perspicaci”.

Ric spalanco’ gli occhi.

Erano vicini alla catastrofe.

Anche Kate trattenne il fiato.

“Jim, potrebbe spiegarmi che cosa significa?”.

Il tono della donna non prometteva nulla di buono.

Jim si stava divertendo, era evidente.

Kate conosceva questo aspetto di suo padre ma non lo vedeva all’opera da tanto tempo.

Voleva dire che apprezzava davvero Martha e sollecitarla ero il suo modo di conoscerla meglio.

“Soltanto che gli attori per natura non sono le persone più serie del mondo, giusto?”.

“Ah, e’ cosi’ che la pensa, non mi considera una persona seria”.

Era decisamente contrariata.

Jim continuava a trattenere un sorriso.

Kate ricevette una telefonata importante a cui non poteva non rispondere e Castle approfitto’ per alzarsi e andare a preparare il caffè.

Alexis si offri’ di aiutarlo e si trattennero in cucina tutto il tempo della telefonata di Beckett.

Che alla fine si rifugio’ con loro in cucina.

“Dobbiamo andare a vedere cosa succede di la papa’, c’e troppo silenzio” scherzo' Alexis.

“Credete che stia andando davvero cosi male?" aggiunse Kate.

“Beh,dico che ci sono state cene peggiori” cerco’ di alleggerire la situazione Castle.

“Si? Quali?” disse una Beckett lievemente abbattuta.

“La  scena della cena in Alien, per citare un esempio!”.

Alexis rise alla battuta di suo padre.

Stavano per rientrare  in sala da pranzo,  tutti e tre titubanti.

“Immagino che non potremo evitarli per sempre” sussurro’ Kate.

“No, ma sai una cosa, che importanza ha se non vanno d’accordo, loro non  sono noi..” rispose Ric andando verso l’altra stanza.

Kate lo segui sorridendogli incerta.

Poi si blocco’ paralizzata dalla scena che  le si paro’ davanti.

“Come e’ potuto succedere?” sussurro' ad un Richard altrettanto meravigliato.

Jim e Martha erano in piedi davanti al camino  e chiacchieravano animatamente, divertiti e distesi.

Martha prese il viso di Jim tra le mani sorridendogli e Jim la lascio’ fare allegro.

“Non lo so, ma ho la sensazione che stia andando bene.

“Papa’” disse Kate andandogli incontro e trovandosi abbracciata a lui.

Martha fece un sospiro’ deliziato davanti a quella scena.

Il resto della serata fu sereno e rilassato, pieno di chiacchiere e sorrisi.

 

Più  tardi Kate e Ric stretti nel letto parlarono divertiti di come Jim Beckett avesse guardato Martha durante tutta la cena dicendosi che di certo l’aveva trovata ‘esotica’.

Alexis invece era sembrata decisamente contenta per suo padre e molto disponibile con Kate.

Ora non restava che dirlo al resto del mondo.

Ric aveva proposto a Kate di andare a cena fuori quel sabato per uscire finalmente allo scoperto.

Kate era titubante mentre lo scrittore sembrava divertito.

Alla fine la Senatrice aveva capitolato sull’onda dell’entusiasmo del suo fidanzato.

Cosi’ Ric aveva avvertito Bob Weldon che il sabato seguente avrebbe invitato a cena la Senatrice Katherine Beckett perché i suoi sentimenti per lei erano ormai troppo seri per essere ignorati.

E Kate aveva avvertito il suo staff di prepararsi all’attenzione mediatica che sarebbe seguita alla cena di sabato sera tra lei e lo scrittore Richard Castle.

“Sei pronta per tutto questo, Kate?’

“Assolutamente si, Babe. Non ho più voglia di nascondermi o di togliermi l’anello la mattina quando esco dal tuo letto. Ho voglia di sentirmi libera di fare una passeggiata con te a Central Park se ci viene in mente o di una semplice cena al ristorante senza essere costretta a riservare una sala privata. Ho voglia di normalità, di quotidianità insieme a te.

Ti amo. E voglio che lo sappiano tutti.

E se agli elettori questo non dovesse piacere, me ne faro’ una ragione  e tornero’ al mio lavoro da agente speciale, al termine del mandato. Tra la politica e te, non ho dubbi su chi scegliere, Babe. 

Questa sua dichiarazione le fece guadagnare un bacio da togliere il fiato.

E tu, tu sei pronto Ric?. Potrebbe essere pesante. Per te e per la tua famiglia” gli chiese Kate staccandosi da lui.

“Kate, amore, io ti amo.

E non c’e’ nulla che non farei per te. Attraverserei un tornado, se fosse necessario..”

Lei gli si strinse contro.

Lo bacio’ tirandoselo addosso.

Per quella sera avevano parlato abbastanza.

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Capitolo 25
*** le cirque ***


Il sabato tanto atteso era arrivato. 

Martha e Alexis erano in cucina a bere un bicchiere di vino quando Richard, decisamente emozionato, usci’ dalla sua stanza con in mano i gemelli e le mani che gli tremavano. 

“Richard! Calmati! E’ solo una cena con la tua fidanzata. Nulla che tu non abbia gia’ fatto”.

“Grazie madre, tu si che sai come calmarmi i nervi”.

“Vieni papa’, ti auto. Sei emozionato,si vede…”.

“Alexis, mi tremano le gambe…”.

“Sei cosi’ dolce, papa’. Andrà tutto bene, Kate e’ splendida e insieme siete una coppia fantastica”.

“Grazie, tesoro. Dove sono le rose che erano qui sopra?”.

“Sono li’, papa’”.

Luis lo aspettava in garage. 

“E’ il gran giorno, signore. Finalmente, lei e la senatrice vi farete vedere insieme. Ho sempre pensato che fosse uno spreco nascondervi…”.

“Grazie Luis, sei un amico”.

Sotto all’appartamento di Kate scese con in mano le rose, elegante nel suo completo di Gucci blu notte e la cravatta di Hermes dello stesso tono dei suoi occhi. 

Gliel’aveva regalata lei dicendogli proprio quello nel dargliela.

Noto’ subito il fotografo, sull’altro lato della strada, che lo inquadrava. 

Kate gli aveva detto che da settimane c’era uno del Ledger appostato sotto il suo appartamento quando lei era in casa.

Sfodero’ il suo sorriso più affascinante e sali’ a prenderla.

Quando gli apri’ la porta rimase senza fiato. 

“Dio, Kate, questo e’ un attentato. Forse dovremmo restare a casa!” le disse, baciandole il collo per non rovinarle il trucco. 

Lei invece gli stampo’ un sonoro bacio sul colletto della camicia.

“Ora sei marchiato. Vedrai che lo noteranno tutti” sorrise. 

Aveva un tubino blu, scollato sulla schiena, che le arrivava a meta’ coscia. 

Sembrava disegnato sul suo corpo. 

Evidenziava la sua figura, snella, e le sue gambe chilometriche.

“Sei bellissima” le disse emozionato. 

“Grazie, Ric. Anche tu non sei male”.

Si sorrisero intimiditi.

Era ora di dare inizio allo spettacolo. 

Arrivarono a Le Cirque nell’ora di punta di un sabato sera particolarmente movimentato. Ric scese per primo per fare il giro dall’auto e aprirle personalmente la portiera. 

Apparvero prima le sue lunghissime gambe nude, che gli procurarono un notevole nodo in gola.

Kate tese la mano ad afferrare quella dello scrittore e gli sorrise timida. 

Ric si sporse a sussurrarle all’orecchio che era bellissima, mentre le sistemava la stola di cashmere sulle spalle.

Entrarono, mano nella mano, provocando un brusio generale nella sala affollata. 

Erano alti, bellissimi, eleganti. Sembravano una coppia di attori usciti direttamente da una commedia romantica di Hollywood.

“Ci stanno fissando tutti, Ric”.

“Fissano tutti te perché sei stupenda. E, invidiano me perché sono con te. 

Non guardarli tesoro, guarda me”. 

Il maitre di sala li fece accomodare ad un tavolo di quelli dove tutti potevano guardarli mentre loro potevano beatamente ignorarli. 

Ric le scosto’ la sedia con fare galante e le sposto’ i capelli dal viso prima di sedersi.

Lei inclino’ il capo aggraziata per godersi la carezza che segui’ il suo gesto. 

Erano belli da vedere.

Luminosi.

Stavano decisamente calamitando l’attenzione degli altri ospiti. 

Mentre Kate guardava il menu’, Ric Castle guardava lei.

 

Aveva la mano sinistra appoggiata sul tavolo. 

“Hai messo l’anello…”le disse afferendogliela.

“Si. Ho pensato che se dovevamo uscire allo scoperto, tanto valeva farlo per bene”.

“Direi allora di farlo alla grande, Kate”.

“Definisci alla grande” lo provoco’ lei da sotto le lunghe ciglia lanciandogli  con uno sguardo decisamente sexy.

Richard Castle era un estremista, nella vita. 

Uno che non si tirava mai indietro davanti ad una sfida.

Senza lasciarle la mano, si alzo’, giro’ attorno al tavolo e le si sedette accanto, sul divanetto semicircolare.

La fisso’ intensamente prima di spingersi verso di lei e di travolgerla con un bacio che le tolse il fiato. 

Quando entrambi ebbero di nuovo bisogno di respirare si staccarono restando pero’ con le fronti appoggiate. 

“Direi che questo e’ abbastanza alla grande, Ric. 

Domani saranno fuochi d’artificio sui giornali” ma sorrideva. 

Lui le fece un’ulteriore, tenerissima, carezza prima di tornare a sedersi al suo posto. 

Sorrideva con gli occhi blu scintillanti.

Non era mai stato cosi’ felice.

La cena fu divertente. 

Lui le faceva assaggiare le pietanze imboccandola e lei pretese di dividere il dolce usando solo il suo cucchiaino. 

Si erano presto dimenticati dov’erano e perché. 

Questa era la loro magia.

Quando erano insieme la parole fluivano leggere, ininterrotte, i gesti erano naturali ed intimi e il resto del mondo scompariva. 

Il tempo volo’ e quando Ric ebbe pagato il conto si avviarono all’uscita tenendosi stretti. 

Fuori li aspettava una piccola moltitudine di fotografi che li accecarono con i flash urlando i loro nomi.

“Signor Castle!” su tutte la voce acuta di Wendy Peterson. 

“Wendy, quale onore trovare lei in persona all’uscita del ristorante…”.

“Direi che l’occasione meritava la mia attenzione, signor Castle! 

Vuole rilasciarmi una dichiarazione?”.

“Perche’ no, Wendy, lo sa che lei mi e’ simpatica. Mi ha sempre prestato cosi’ tante attenzioni in questi anni” chioso’ ironico.

“Lo scrittore e la senatrice, dunque. Vi state frequentando? E’ una cosa seria?”.

Ric si volto’ verso Kate sorridendole.

“Ci stiano frequentando, Kate? Fai sul serio con me?”.

Era il solito buffone disinvolto e irresistibile.

Lei alzo’ un sopracciglio guardandolo divertita e annuendo.

“Si, Wendy, ci stiamo decisamente frequentando”.

“E’ suo quel solitario da almeno quattro carati al dito della Senatrice Beckett, signor Castle?”.

“Oh no, Wendy, e’di Kate, quell’anello. Vero tesoro che e’ tuo?”.

Lei sorrise ancora piu’ divertita. 

“Vuole dirmi qualcosa su questa serata romantica. Ric?”.

“Certo, Wendy. Voglio dirle che e’ stata la serata piu’ romantica della mia vita perche’ trascorsa insieme alla donna piu’ straordinaria che abbia mai conosciuto. E ora, se mi vuole scusare, non vorrei trascurarla troppo. Abbiamo un impegno che ci aspetta e non possiamo fare tardi”.

La giornalista era allibita. Spiazzata. Non si era aspettata niente di tutto questo. 

“Senatrice Beckett, due settimane fa era su una spiaggia abbracciata ad Eric Vaught…”.

“Vaught chi?" scherzo' Kate sorridendo a Ric che fece una smorfia alla giornalista.

Poi le strinse la mano, tirandola verso la macchina dove l’autista li aspettava con la portiera aperta. 

“Ci scusi, Wendy. Come ha detto Ric, abbiamo fretta”.

Salirono in macchina ridendo.

“E’ stato piu’ divertente di quanto immaginassi” disse Kate sporgendosi a dargli un bacio sul collo e lasciandogli l’impronta del suo rossetto rosso.

“Ti amo, Kate. E ora lo sa tutto il mondo!”.

“Ti amo anche io, Ric. Ti ha mai detto nessuno che sei un adorabile pazzo? Dov’e’ che stiano andando cosi’ di fretta?”.

“Ho voglia di fare l’amore con la mia fidanzata ufficiale. Non vorrei farla aspettare troppo”.

“La tua fidanzata e’ deliziata dall’idea. Ti va di venire da me?”.

“Assolutamente si, amore”.

“Ci sara’ un fotografo ad aspettarci anche li’ e quando mi vedra’ scendere e seguirti in casa la tua reputazione di gelida e solitaria eroina verra’ meno, lo sai?”.

“Ric, non sono ne’ solitaria ne’ gelida”.

“Non ricordarmelo” sussulto’ lui allargandosi il colletto della camicia che si era fatto improvvisamente troppo stretto. 

 

 

 

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Capitolo 26
*** sposami ***


 

Era domenica mattina.

La domenica mattina.

Kate era abituata ad alzarsi presto, ma la sera prima il suo scrittore l’aveva tenuta sveglia a lungo quando erano rientrati dalla cena al Le Cirque.

Era un amante appassionato e generoso.

E lei non si stancava mai di stare tra le sue braccia.

Apri’ gli occhi nella stanza in penombra e lo guardo’ dormire.

Richard Castle nudo nel suo letto, penso’ con un sorriso.

Com’era potuto accadere?

‘Oh, mamma, se solo potessi raccontarti come lui mi fa sentire…’ penso’ con nostalgia.

Ammiro’ il suo viso rilassato, il torace glabro che si alzava ed abbassava al ritmo quieto del sonno.

Si sporse per appoggiargli le labbra sul cuore, a sigillo di quella notte in cui erano ufficialmente diventati una coppia agli occhi del mondo.

Era curiosa di leggere cosa si erano inventati i giornali.

Senza fare rumore si sciolse dal suo abbraccio e scivolo’ fuori dalla camera da letto.

Andò decisa verso l’ingresso per prendere i quotidiani che si faceva recapitare ogni mattina.

Il Ledger era quello che aveva calcato più la mano.

Tutta la pagina sei era dedicata a loro, con un richiamo importante in prima pagina, dove si vedeva Richard Castle che la teneva per mano sorridendole mentre entravano al Le Cirque.

All’interno la foto piu’ grande era dedicata al loro bacio durante la cena, un’altra al loro rientro a casa di lei dopo cena e, per concludere, una foto di loro che durante la cena si tenevano per mano con evidenziato l’anello al dito di Kate.

‘Lo scrittore miliardario Richard Castle, noto playboy, ha una nuova fiamma.

E che fiamma! La gelida ed integerrima neo senatrice Katherine Beckett sedotta dal suo fascino ribelle.

I due ieri sera a cena al Le Cirque sembravano non riuscire a tenere le mani lontane l’uno dall’altro.

La passione scorreva impetuosa ieri sera tra i due, a stento trattenuta.

Evidentemente, il fuoco dello scrittore ha sciolto il gelo della senatrice che appariva rilassata e a suo agio mentre entrava nel ristorante, mano nella mano, con il noto playboy.

Il solitario davvero notevole che sfoggiava alla mano sinistra ci racconta di un colpo di fulmine.

Solo due settimane fa la bella politica si era concessa un romantico weekend al mare con l’irresistibile inventore e filantropo Eric Vaught mentre lo scrittore era stato fotografato in atteggiamenti decisamente intimi con una bionda molto vistosa di origini francesi.

Non ci aspettavamo niente di quello che abbiamo visto ieri sera.

Potra’ la leggerezza dello scrittore, abituato a cambiare partner molto di frequente, resistere alla composta serieta’ della Senatrice?

Le dichiarazioni del signor Castle sono state piuttosto esplicite.

Ha ammesso che si stanno frequentando e che stanno facendo sul serio.

Lo scrittore ha gia’ due divorzi alle spalle mentre l’ex agente speciale non si e’ ancora mai sposata.

Riuscira’ la bella Katherine a far mettere la testa a posto allo sregolato playboy e a diventare la terza signora Castle?

Ve lo faremo sapere presto.

Sara’ nostro preciso impegno seguire l’evolversi di questa storia da vicino.

Voi lettori diteci la vostra partecipando al sondaggio sul nostro sito.

Lui le sara’ fedele?

A voi l’ultima parola’.

“Simpatica, Wendy” sussurro’ a bassa voce Kate.

Non si era accorta che Castle si era alzato e le era arrivato alle spalle spettinato e con indosso solo un paio di attillati boxer a righine bianche e blu.

Le bacio’ il collo abbracciandola da dietro.

“Allora, che dicono? Abbiamo dato scandalo?”.

“La tua amica Wendy e’ convinta che non mi sarai fedele”.

“Beh, si sbaglia. Sono sei mesi che non sfioro un’altra donna nemmeno col pensiero.

Esattamente dalla sera che ti ho incontrata.

E non ne sento assolutamente la mancanza.

Non potrei mai, tesoro”.

“Babe, non sono abituata a tutta questa attenzione…prima l’indagine su Loksat, poi la politica.

E ora la cronaca mondana. E’ davvero tanto, per me”.

La voce era bassa, il tono incerto.

“Amore, vedrai che durera’ poco.

Si stancheranno presto, Kate, te lo prometto.

Quando vedranno che non diamo scandalo, che non facciamo scenate in pubblico, che non ci tradiamo, che siamo felici, gli verremo a noia.

E noi potremo vivere finalmente la nostra vita come meglio ci pare.

Dobbiamo solo resistere un po’”.

“Sei sicuro, Ric?”.

“Te l’assicuro, Kate. Vieni qui piccola” le disse, facendola voltare verso di lui e stringendola a se’.

Senza tacchi era decisamente piu’ bassa di lui e la sua testa poteva infilarsi nell’incavo del suo collo, a perfezione.

“Pero’ siamo bellissimi in queste foto. Chiamero’ Wendy per farmele mandare. Voglio incorniciarle” sorrise divertito.

“Sei completamente pazzo, Ric Castle”.

“Vero, Kate Beckett, pazzo di te!”.

“Un po’ scontata come battuta, per essere uno scrittore!”.

“E’ colpa tua, tu mi confondi. La tua bellezza mi lascia senza parole”.

“Oh mio Dio, ma fai sul serio?” lo prese in giro Kate, prima di zittirlo con un bacio.

La mattinata la passarono a letto ed uscirono di casa tardi solo per un brunch al Balthazar.

I giornalisti accampati sotto casa, quando uscirono, li circondarono come uno stormo di avvoltoi ma la sicurezza di Ric che le stringeva la mano aiuto’ Kate a passare indenne tra tutto quel caos.

“Signor Castle, che ci fa a casa della Senatrice?”.

“Indovini, Matt!” scherzo’ lui allegro.

Nascosta dietro ai grandi occhiali scuri e coi capelli sciolti sulle spalle dell’impermeabile chiaro, Kate sorrise suo malgrado.

“Allora avete dormito insieme!” urlo’ un altro giornalista.

“Dormito? Chi ha detto che abbiamo dormito?”. 

Lo scrittore era abituato a scherzare con la stampa e Kate lo lascio’ condurre il gioco un po’ intimidita.

“Kate, che fine ha fatto Erich Vaughn?”.

“Signori, per favore, fatelo per me. Non nominate quel nome invano!”.

Con un’ultima battuta dello scrittore e la risata di molti dei giornalisti presenti si infilarono nell’auto che era arrivata a prenderli.

“E’ stato difficile, tesoro?”.

“Tu sembri cosi’ a tuo agio Ric”.

“No, Kate, io ci sono abituato, ma la smetteranno presto. Dobbiamo solo dargli tempo”.

“Non sara’ facile, babe”.

“Lo so amore, ma devi fidarti di me. Ti prego”.

“Va bene Ric, ci provo”.

“Brava tesoro!” le disse, sigillando il loro patto con un bacio.

Al Balthazar si ripete’ la scena della sera prima, molti si girarono a guardarli mentre andavano a sedersi al tavolo che Ric si era fatto lasciare.

Molti bisbigliarono guardando verso di loro.

Kate era un po’ a disagio, ma resto’ concentrata sugli occhi di Ric che non la abbandonavano mai, ridenti e pieni di luce.

Piano piano si rilasso’ e fini per godersi il brunch, ridendo alle battute del suo fidanzato e lasciando che lui le tenesse la mano per tutto il tempo.

“Dici che dovro’ abituarmi a mangiare con una mano sola?” scherzo’ lei.

“Ti conviene, Kate, io non ti mollo”.

“Ora cominci a spaventarmi” sorrise, guardando le loro dita intrecciate sul tavolo.

“Dovresti, lo sai che uccido persone per mestiere”.

“Dovresti sapere che io agli assassini metto le manette”.

“Si, ti prego, ammanettami presto…”.

“Non riesci ad essere serio per piu’ di dieci minuti di fila,vero? E’ che ti diverti, si vede”.

“Certo che mi diverto. Sono seduto con la donna piu’ bella del ristorante, che per inciso e’ la mia fidanzata ed ha accettato di sposarmi presto. Sono uscito dal suo letto molto molto soddisfatto non piu’ di un’ora fa. Sono in procinto di invitarla per il prossimo week end a venire con me alle isole Vergini dove devo presentare il mio ultimo romanzo che, per l’appunto, si ispira alle sue gesta da super poliziotta. Sono innamorato perso di lei e non riesco a tenere le mani apposto.

Direi che divertirmi e’ sminuire quello che sento. Direi piuttosto che sono al settimo cielo”.

Lui era cosi’.

Cominciava giocando e finiva per farle battere il cuore piu’ velocemente.

“Vieni qui, scrittore” gli chiese, facendolo avvicinare al suo viso e dandogli un lieve bacio sulle labbra.

“Ti amo”.  

“Ti amo anche io, Kate”.

La domenica era iniziata nel migliore dei modi.

E fini’ con Ric Castle che chiamo’ seriamente Wendy Peterson per farsi spedire le foto, lasciandola senza parole.

“E’ che siamo venuti benissimo, Wendy, lei non crede?

Vorrei proprio averle”

“Signor Castle, lei e’ davvero un uomo bizzarro”.

“Wendy, in realta’ io sono solo un uomo innamorato…”.

“Scrivero’ di questa cosa, lei lo sa?”.

“Va bene, Wendy, basta che in cambio mi spedisca quelle foto”.

Kate, seduta sul divano, stava ridendo divertita da quella conversazione surreale.

“Cosa ne pensa la Senatrice, Ric. Non sara’ imbarazzata da tutto questo?”.

“Aspetti che glielo chiedo. Kate, ti imbarazza che abbia chiesto a Wendy le nostre foto?”.

“Vede, mi ha sorriso, lo sa Wendy, sono irresistibile, lo ha scritto anche lei tante volte, Kate mi perdonera’ per questo mio entusiasmo”.

“Sei impossibile, Ric” lo colpi’ al petto Kate con un pugno lieve e un gran sorriso.

“Ma tu non puoi resistermi, confessalo!”.

“Stupido!”.

“Stupida tu!”.

 

Le settimane seguenti furono movimentate.

Erano nell’occhio del ciclone mediatico.

Programmi di intrattenimento fecero speciali su di loro e una nuova impennata di pubblicita’ si ebbe quando fu annunciato il nuovo romanzo dello scrittore, la cui protagonista era una poliziotta integerrima e molto sexy che assomigliava in maniera imbarazzante alla senatrice Beckett.

Si scatenarono le illazioni sulla durata della loro storia, su quanto fosse ispirata a Kate la nuova eroina dei romanzi di Castle e sul loro futuro.

Molti li indicavano come la nuova coppia di potere, lei in politica, lui al centro delle cronache mondane, belli e sempre sorridenti.

L’unica che era sempre rimasta in silenzio, senza mai rilasciare dichiarazioni ufficiali, era proprio la Senatrice.

Tutte le volte che i giornalisti la prendevano d’assalto si rifugiava dietro al sorriso che sfoggiava sempre e tirava dritto.

La sua vita era continuata sui soliti binari.

Andava a Washington a lavorare, con la differenza che spesso lo scrittore la raggiungeva per cenare insieme e passare la notte con lei.

Era molto difficile separarsi.

Dormire da soli per loro era diventato innaturale.

Kate si stupiva della facilita’ con cui si era adattata a quel vivere insieme.

Era sempre stata una solitaria.

Ed ora non poteva stare una notte senza di lui.

Si era trovata a chiamarlo per chiedergli di raggiungerla nella capitale la prima settimana che ci era andata da sola. E a dividere con lui una cena alla Casa Bianca le cui foto avevano fatto il giro del Paese.

Castle era, come al solito, travolgente ed esagerato in privato, la ricopriva di attenzioni e la coccolava. 

Bisognava pero’ riconoscergli lo sforzo di essere discreto almeno in pubblico e di non averla mai messa in imbarazzo.

Insieme erano splendidi ed erano diventati la copertina preferita di molte riviste.

Gli elettori di Kate, inizialmente titubanti, davanti al romanticismo della loro storia alla fine avevano ceduto e il suo gradimento gia’ alto era salito alle stelle.

La telefonata entusiasta di Weldon a Castle ne era la prova.

“Amico, non pensavo che la tua presenza nella vita di Kate sarebbe stata tanto positiva!

Anzi, pensavo che le avresti nuociuto”.

“Bob, io la amo. Non farei mai nulla per farle del male o crearle problemi”.

“Ragazzo, l’hai presa proprio grossa la sbandata! Avevo capito che eri invaghito di lei quando ti sei presentato ad Ithaca alla velocita’ della luce, ma non pensavo che sarebbe finita con un matrimonio. Avevo perso le speranze con te…”.

“Bob, devo ringraziarti per avermi spinto a conoscerla. Ti saro’ riconoscente per sempre”.

“Potreste chiamare Robert il vostro primo figlio” scherzo’ l’uomo.

“Spiacente, ma il mio primo figlio maschio lo chiamero’ Cosmo”.

“Non ci credo che Kate ti permettera’ di farlo, Ric!”.

“Vedremo…”.

“A proposito, Kate mi ha detto che ti trasferisci anche tu a Washington”.

 

Una sera mentre erano abbracciati sul divano della suite dell’hotel W di Washington, dove di solito stavano quando erano insieme in citta’, Ric diede una chiave a Kate.

“Che cos’e’?” gli chiese lei.

“Una chiave”.

“Questo lo vedo. Ma a che cosa serve?”.

“Serve per aprire la porta di casa nostra”.

“Casa nostra?”.

“Si, Kate. Il loft e’ troppo affollato. E soprattutto e’ troppo lontano da dove sei tu.

 Questa casa e’ qui, a Washington”.

“Qui?” ripete’ confusa Kate

“Si, amore, una casa tutta per noi qui a Washington. Visto che e’ qui che stai, allora staro’ qui anche io. Non vorrei che i nostri tre figli fossero confusi sul loro indirizzo”.

“Tre bambini, Ric?”.

“Si amore mio, tre. Non chiedermi come lo so, ma lo so”.

Lei lo abbraccio’ commossa.

“Ma tua madre, Ric? Ed Alexis?”.

“Mia madre si dara’ ai party non appena io mi trasferiro’ qui ed Alexis ormai usa il loft solo per i weekend o per i periodi estivi. Ha la sua vita e non ha piu’ bisogno della mia presenza costante.

E potremo vederle tutte le volte che vogliamo. Quella sara’ sempre casa nostra quando vorremo stare a NY. Ma io posso scrivere dove voglio. Ed e’ qui, dove stai tu, che voglio farlo.  Va bene per te?”.

“Babe! Certo che va bene per me! Ora, se dobbiamo avere tre bambini, forse dovremmo iniziare ad allenarci. Cominciamo dal primo, che dici?” lo stuzzico’ Kate.

Lei era sempre capace di stupirlo.

Lo riempiva di orgoglio e meraviglia.

Era lei. Finalmente l’aveva trovata e non l’avrebbe piu’ lasciata andare.

Voleva passare il resto della sua vita con lei.

“Sposami, Kate!”.

“Ti ho gia’ detto di si, Ric” rispose confusa.

“Sposami adesso!”.

“Adesso quando?”.

“Domani. Prendiamo un aereo, voliamo a NY a prendere Alexis, mia madre e tuo padre e andiamo negli Hamptons e chiediamo a Bob di sposarci davanti al mare all’alba, quando tutto e’ come piace a noi. Dimmi di si, Kate”.

Lei sorrise.

“Si, Ric, si”.

I giornali ebbero di che scrivere, in quei giorni.

La notizia accese la fantasia di tutte le donne del Paese.

La loro era una favola d’amore.

La foto che concessero alla stampa li ritraeva allacciati di spalle davanti al mare, in una cornice di bellezza magica.

Quello era solo l’inizio del resto della loro vita.

Insieme.

Sempre.

 

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“Si conobbero.

Lui conobbe lei e se stesso, perche’ in verità non s’era mai saputo.

E lei conobbe lui e se stessa,

perche’ pur essendosi saputa sempre, 

mai s’era potuta riconoscere cosi’”.

Italo Calvino, Il barone rampante

 

Voglio concludere questa storia con una frase di Calvino che mi ha sempre colpito molto.

I sentimenti sono spesso la chiave per entrare in luoghi che altrimenti ci sarebbero preclusi, per primo proprio dentro di noi.

E cosa, meglio dell’amore che proviamo, puo’ farci da guida nelle nostre anime?

Sono stata felice di dividere questa storia con voi.

A presto

Blu

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