L'odio dei puri

di koralblu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -Capitolo 1 Incontri ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 Poteri ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 Seconda prova e finale a sorpresa ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 Scontri (prima parte) ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 Scontri (parte seconda) ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 Scontri (parte terza) ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 Ricordi dal passato ( parte prima) ***
Capitolo 8: *** Capitolo 5 Ricordi dal passato (parte seconda) ***
Capitolo 9: *** Capitolo 6 Promesse ***
Capitolo 10: *** Capitolo 7 Musoda (parte prima) ***
Capitolo 11: *** Capitolo 7 Musoda (parte seconda) ***
Capitolo 12: *** Responsabilità ***



Capitolo 1
*** -Capitolo 1 Incontri ***


Nella vita si possono compiere molte scelte. A volte si decide di stare dalla parte del bene, rinunciando alla propria vita per salvare quella degli altri; altre volte, invece, si intraprende la strada del male, lasciando che ciò che di più nascosto e infido c'è in noi, prenda il sopravvento. Infine, vi è quella categoria di persone a cui appartengo io; persone che pur di raggiungere il proprio scopo sono capaci di non guardare in faccia nessuno, calpestando ogni cosa intralci il loro cammino. Persone la cui ira, insita nel profondo del cuore, non lascia scampo a nulla che non sia la vendetta. 
Tutto è partito da questo. 
Un disperato e ossessivo bisogno di vendetta
 
                                                                                        Capitolo 1 
 
La stanza in cui si trovavano i circa quattrocento aspiranti Hunter era buia e spaziosa, facile per chi, come me, non voleva farsi notare. Erano passate circa le undici e non vi era ancora la minima traccia dell'esaminatore. Cominciavo a stufarmi. Sbuffai, sistemandomi meglio contro la parete a cui ero appoggiata da circa un'ora. Il cappuccio e il mantello che indossavo erano un ottimo travestimento. Non volevo che nessuno mettesse gli occhi su di me, puntandomi. La mia presenza doveva passare inosservata; avrei solo dovuto ottenere la licenza di Hunter, per continuare con il piano, com'era stato stabilito. Nulla doveva fermarmi. 
Avvertii, però, lo sguardo insistente di un concorrente su di me. Era un tipo strano, vestito con abiti stravaganti; indossava un abito da clown e fra le sue mani continuava a far ruotare delle carte da gioco. Non mi piaceva assolutamente; la sua aura era malvagia e spietata, degna dei più crudeli assassini. Era un tipo da tenere d'occhio, poco ma sicuro. 
-Leorio, Kurapika! Guardate quanta gente- 
Mi girai nella direzione di quella voce e notai il gruppetto che era appena entrato nella sala. Un gruppo davvero stravagante. Non potei fare a meno di chiedermi cosa ci facessero insieme un bambino con una canna da pesca, un adulto vestito elegantemente e un ragazzo biondo in quel posto. Di solito a presentarsi come aspiranti Hunter erano energumeri alti e robusti, e raramente si vedevano persone così giovani. ''Mai giudicare un libro dalla copertina''. Io ne ero la prova vivente. 
Il ragazzo biondo si accorse dei miei occhi puntati su di loro. Si girò di scatto, e per pochi secondi i nostri sguardi entrarono in contatto. Distolsi subito lo sguardo, cercando di calmare il cuore che batteva all'impazzata. Non mi era mai successa una cosa del genere. Scossi la testa, intimandomi di restare concentrata sulla missione. 
Improvvisamente un uomo con una sorta di campanello in mano fece la sua comparsa dall'alto, richiamando l'attenzione di tutti. Tirai un sospiro di sollievo, dando una veloce occhiata al ragazzo biondo prima di prestare attenzione all'esaminatore.
-Il tempo destinato all'accettazione è terminato in questo istante.- 
Fece una pausa, atterrando tra i partecipanti -Bene; ora avrà inizio l'esame per diventare Hunter- 
Tutti i presenti lo guardarono con più serietà, preparandosi a fare sul serio. Perfino il ragazzo di prima aveva assunto uno sguardo più grave. Come se fosse impaziente di iniziare..
-Prego, seguitemi- disse l'esaminatore, iniziando a camminare fra la folla a passo spedito. -Per pura formalità, vorrei informarvi che l'esame per diventare Hunter è particolarmente severo; se si ha sfortuna, se si ha scarse abilità, se si viene feriti si rischia facilmente la morte- 
In sottofondo si sentì una richiesta disperata di aiuto che venne, però, ignorata dai quattrocento presenti, concentrati al massimo sulle parole dell'esaminatore. 
Egli riprese il discorso come se nulla fosse - I signori che ritengono che ciò che sia irrilevante sono pregati di seguirmi.- 
Tutti i presenti, compresa io, iniziarono a muoversi dietro l'esaminatore. ''Era ora'', pensai. 
Ignorai la battuta ironica che egli pronunciò dopo, concentrandomi unicamente sull'obbiettivo che avrei potuto, finalmente, raggiungere.
                               
                                                                                                ***
La prima prova consisteva in una corsa che aveva lo scopo di mettere alla prova la nostra resistenza. 
Nulla di più facile. Si poteva ben distinguere il gruppo che sarebbe passato e coloro che non c'è l'avrebbero fatta.
Mentre, infatti, molti partecipanti iniziavano a mostrare segni di stanchezza o addirittura a fermarsi, altri sembravano perfettamente riposati, come se stessero facendo una passeggiata. Fra questi vi era anche il gruppetto di prima, a cui si era aggiunto un'altro bambino dai capelli bianchi. Siccome trovavo la prova estremamente noiosa, decisi di osservarli attentamente.
Il bambino con la canna da pesca era sicuramente il più giovane di tutti, eppure non sembrava affatto preoccupato o impaurito. Percepii una forza straordinaria in lui. Senza dubbi sarebbe diventato un Hunter.  Uno smagliante sorriso era dipinto sulle sue labbra, mentre cercava gentilmente di calmare una lite fra l'altro bambino e il signore in giacca e cravatta. Anche lui un tipo strano. Non riuscivo a capire quanti anni avesse, ne il motivo per cui avesse deciso di unirsi a dei bambini. Doveva avere un qualche tipo di potere nascosto, perchè in lui al momento non percepivo una gran forza. Al contrario l'altro bambino era sicuramente il più forte del gruppo, forse anche uno tra i più forti di tutti i presenti. L'energia che percepivo in lui raggiungeva un livello che avevo percepito solo in poche persone. ''Un ottimo candidato'', l'avrebbe definito mio padre. 
E poi c'era lui. 
Anche il ragazzo biondo era potente, ma non quanto i due bambini. Avvertivo in lui una volontà ferrea, nonchè una determinazione senza eguali. Eppure un senso opprimente di odio e vendetta avvolgeva il suo cuore. Fu proprio questo a stupirmi. Credevo che nessuno, oltre a me, potesse raggiungere livelli simili; eppure a quanto paro mi ero sbagliata. 
Un sorriso amaro mi si dipinse sul volto. Chissà cosa era successo a lui, per farlo arrivare a questo punto.
Erano passate circa tre ore e un numero sempre maggiore di partecipanti aveva gettato la spugna, troppo stanchi per continuare. Il gruppetto di prima, invece, continuava senza problemi ad eccezione del signore vestito elegantemente che aveva iniziato a rallentare il passo e a respirare affannosamente. 
Tutto il gruppo si era fermato, distaccandosi dalla folla che correva. 
Li superai anch'io, tenendo, però, le orecchie aperte. Erano tipi da non sottovalutare, perciò li avrei tenuti sott'occhio. 
 
Era trascorso un bel po' e del gruppetto di prima non c'era ancora traccia. Avevo avvertito che si trovassero in pericolo, e per un solo istante mi era balzata nel cervello l'idea di correre ad aiutarli. Avevo scosso energicamente la testa, come se questo gesto potesse aiutarmi a scrollarmi di dosso questa stupida idea. Non conoscevo quei ragazzi, e nella mia mente doveva esserci un unico scopo. 
Ma non potei fermare il senso di sollievo che avvertì quando la parete di roccia davanti a noi crollò e comparirono i ragazzi di prima, fortunatamente illesi. 
Rimasi colpita dal legame che si era creato fra loro. Avvertivo fiducia l'uno nei confronti nell'altro, soprattutto nel bambino con la canna da pesca. 
Amicizia. 
Era una parola che non avevo mai capito prima e tutt'ora mi era difficile capirne il significato; mio padre mi aveva sempre insegnato che nella vita non vi era alcun bisogno dell'amicizia. L'unica cosa che contava era il potere. 
Credetti a queste parole, trascorrendo tutta la mia vita nella più completa solitudine, poichè ''Essere soli ti permette di non abbassare mai la guardia. Se ti fidi, sei morto''.
Cresciuta con questi insegnamenti e con scopi ben precisi da seguire non feci mai posto a sentimenti come l'Amicizia. 
Ma ora, vedendo questi ragazzi ridere e aiutarsi fra di loro, una sorta di malinconia mi attraversa, facendomi pensare a quanto sarebbe stato bello avere degli amici.
Questi pensieri vengono interrotti da un'improvvisa luce che ci colpisce in viso. 
''Finalmente è finita'', penso sollevata. 
 
-Le terre paludose di Numere, soprannominate il nido del truffatore- annuncia l'esaminatore, dando un nome al luogo in cui ci troviamo. 
-Per arrivare sul luogo della seconda prova dovremo attraversarle. Le paludi sono abitate da animali rari, che vivono solo qui. La maggior parte di loro sono creature subdole e avide, che ingannano gli esseri umani con l'unico scopo di farne del cibo.- ci spiega.
La porta alle nostre spalle si chiude, mentre un altro partecipante è rimasto indietro. 
Prima che tutti possano girarci un uomo, gridando, compare sulla scena,  accusando l'esaminatore di essere un impostore e di aver preso il suo posto e mostrando come prova un essere orripilante, avvolto in un telo. 
Ne segue in una discussione infinita su chi sia il vero esaminatore, che ben presto mi fa perdere la pazienza. 
Fra le urla e gli spintoni di tutti, nessuno si accorge del sorriso malizioso compiaciuto del clown. Ci metto poco più di due secondi per rendermi conto di come stiano i fatti, e decido di porre fine alla questione che mi sta solo facendo perdere tempo. 
E' un attimo. 
La mia katana affonda nel petto dell' uomo comparso sulla scena poco fa, facendolo cadere a terra come un fantoccio. Gli occhi di tutti sono puntati su di me, soprattutto quelli del ragazzo biondo. Non oso girarmi nella sua direzione. ''Da quando sei diventata una codarda?''
-Ehi tu!- mi urla contro il signore elegante. -mi dici perchè diavolo l'hai fatto?!- 
Dal suo tono di voce capisco che è tutta scena. Lui, come almeno la metà dei presenti, è solo felice del fatto che qualcuno abbia risolto la situazione. 
Mi limito a fissarlo, il viso ben nascosto dal cappuccio.
-Era l'impostore. Ho solo fatto risparmiare tempo a tutti.- gli spiego pacata, girandomi verso l'esaminatore. -Non è così?-
Un accenno di sorriso compare sul suo volto, mentre inizia improvvisamente ad applaudire
-Eccellente- 
Ci fa cenno con una mano di proseguire il cammino, riprendendo a correre. 
Sono immersa nei miei pensieri, maledicendomi per l'azione avventata appena commessa, quando sento scuotermi la manica.
-Scusami- mi chiede timidamente il bambino con la canna da pesca, gli occhi carichi di imbarazzo. -Mi scusi se la interrompo..ma vorrei sapere come ha fatto a capire quale fosse l'esaminatore falso- 
Sorrido, addolcita dalla tenerezza di questo ragazzo. 
-Me lo sentivo, semplicemente- gli rispondo, guardandolo in viso.
-Le credo- mi risponde, sorridendomi a sua volta
-Io sono Gon, piacere di conoscerla- 
Sto per presentarmi a mia volta, quando mi ricordo di un vecchio insegnamento di mio padre; mai rivelare la propria identità agli sconosciuti.
-Lieto di conoscerti.-
-Non vuoi dirmi il tuo nome?- mi domanda Gon, guardandomi con uno sguardo triste.
Scuoto la testa, dandogli un buffetto sulla testa. Il bambino riprende a parlare immediatamente, la tristezza completamente sparita dal suo viso. 
-Voglio presentarti i miei amici!- Esulta entusiasta, indicandomi uno a uno i ragazzi del gruppo. 
-Lui è Leorio!- lo saluto con un cenno della testa, mentre lui si apre in un sorriso sospettoso. -Lui è il nostro nuovo amico Killa!- 
-Killua, razza di deficiente!- lo rimprovera il diretto interessato, dandogli un pugno sulla testa. Mi scappa una risatina dalla bocca, che freno subito, indurendo lo sguardo. 
-Scusami Killua- gli risponde mortificato Gon, massaggiandosi la parte lesa. -E infine lui e Kurapika- 
Non appena i miei occhi incrociano quelli del ragazzo biondo, il cuore inizia di nuovo a trottare e una nuova sensazione di calore mi invade. E succede che per la prima volta in tutta la mia vita le mie guance prendono fuoco, e mi costringono a rifugiarmi sotto il mio cappuccio. 
-Lieto di conoscerti- Si inchina, come segno di saluto, guardandomi incuriosito. Rispondo con un cenno della testa, non facendo minimamente caso alle occhiatine maliziose lanciate da Leorio e Killua. 
-Allora, vorresti unirti a noi?- 
Rimango perplessa dalla domanda spontanea di Gon. 
-Perchè mai dovresti volere nel gruppo una persona di cui non sai nemmeno il nome?- Il mio tono esce più duro e ironico di quanto non voglia, tanto che ho paura di aver offeso quel bambino tanto dolce. Ma con un sorriso gentile mi risponde - Sembri simpatico e sei molto divertente!- 
Mi viene da ridere e mi esce spontaneo accarezzare la testa di quel bambino. 
-Sei un bambino davvero strano- 
   
                                   

Salve a tutti! Mi presento, sono Koralblu. Sono felicissima ed eccitata per questa storia che pian piano sta nascendo dentro la mia testa. Cercherò di seguire il meglio possibile gli avvenimenti dell'anime, anche se sarò costretta a fare delle modifiche, a volte minime e a volte grosse. Cercherò di essere puntuale nell'aggiornare e spero davvero che la mia storia possa prendervi e trasmettervi qualcosa. E' la prima volta che scrivo su un anime, quindi vi prego di essere clementi. Mi auguro davvero che il primo capitolo soddisfi le vostre aspettative e che vi piaccia. 
Ringrazio tutti coloro che hanno speso del tempo per leggere questo capitolo, e a tutti coloro che in futuro, spero, recensiranno e mi seguiranno. 
Sono emozionatissima e non vedo l'ora di continuare.
A presto, la vostra Koralblu <3

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 Poteri ***


                                                                                                 Capitolo 2 
La seconda prova era iniziata.
Stavamo correndo da molto tempo ormai. Man mano che andavamo avanti il terreno della palude diventava sempre più viscido e scivoloso. L'aria era impregnata di un odore rivoltante, tanto che molti si erano coperti il naso con gli indumenti. 
Quello che mi preoccupava, però, non erano ne il terreno ne la puzza. La nebbia si stava intensificando man mano che procedevamo, tanto che mi era difficile vedere l'esaminatore in testa al gruppo. Poi c'erano quegli occhi maligni che non avevano fatto altro che fissarmi dall'uccisione dell'impostore.
Cercavo di non farci caso, concentrandomi sui discorsi assurdi di Gon, ma era inutile. Una sensazione terribilmente familiare mi scuoteva da cima a corpo, impedendomi di ragionare lucidamente. 
-Tutto bene?- mi chiese gentilmente Kurapika, guardandomi attentamente. 
-Si si- mi affrettai a dire, distogliendo subito lo sguardo. 
Ero arrabbiata con me stessa, poichè mai in diciassette anni mi era successa una cosa del genere. Proprio io che non mi facevo scrupoli ad uccidere chiunque ostacolasse i miei piani, dovevo farmi mettere in soggezione da un ragazzo conosciuto da poche ore?
-Signore, perchè è diventato tutto rosso?- 
Fissai lo sguardo negli occhi di Gon, trovandovi una curiosità e ingenuità spiazzanti.
-Fa caldo- risposi solo, cercando di mascherare l'agitazione che sentivo dentro. 
-Ehi, non vi sembra che la nebbia si stia intensificando?- chiese sospettoso Leorio, mentre Kurapika di fianco a lui annuiva. 
Gon li incoraggiò a correre più veloce, non prestando minimamente attenzione alle parole di Leorio.
-Forza ragazzi! Killua, aspettami- gridò all'albino che correva tranquillo a circa dieci metri davanti a noi.
Leorio e Kurapika, rallentarono il passo, guardandosi intorno sospettosi.
-Ho una brutta sensazione- 
-Anch'io- annuì Leorio.
-Non perdiamo tempo. Non dobbiamo perdere il gruppo o per noi potrebbe essere la fine- 
I miei occhi, questa volta, saettarono involontariamente verso Kurapika, cercando una conferma alle mie parole. 
-Ha ragione lui. Dobbiamo muoverci- 
Mentre Kurapika pronunciava questa parole sentimmo delle urla agghiaccianti provenire dalla coda del gruppo. 
Mi fu subito chiaro chi fosse l'artefice di quella strage. 
-Andate via subito!- intimai loro, già pronta per raggiungere il clown.
-Non se ne parla nemmeno! Vuoi affrontare Hisoka da solo!?- mi urlò contro Leorio, trattenuto da Kurapika. Allora anche loro avevano capito.
Cercai di nuovo il suo sguardo per pregarlo di scappare, ma nei suoi occhi vidi la stessa determinazione che vi era in quelli di Leorio. 
-Come volete- mi arresi, intenzionata a non perdere un altro minuto. 
Iniziai a correre disperatamente in direzione delle urla, cercando di captare anche il più piccolo movimento. Il mio cuore batteva talmente forte che il rimbonbo nelle orecchie copriva ogni suono. 
Quando arrivammo sul luogo, tutti e tre rimanemmo disgustati per la scena che ci trovammo davanti. Circa una ventina di uomini era a terra, privi di vita, immersi in un lago di sangue. Gli occhi aperti, però, erano la cosa più spaventosa; l'orrore e la morte che era impressa in essi avrebbe fatto rabbrividire chiunque, persino il più esperto degli assassini. Furono le carte conficcate nei loro corpi a darmi la conferma dei miei sospetti: Hisoka. 
Il mantello che indossavo iniziò a vibrare, mentre un fuoco sempre più vivo iniziò a bruciarmi dentro. Il corpo prese a tremare, mentre gli occhi stavano perdendo la loro tonalità verde brillante, diventando rossi come il sangue che macchiava la terra scura. 
Non dovevano morire così. Non era giusto. 
La morte di una persona non era un gioco. Mi era stato insegnato ad uccidere solo quando strettamente necessario. A dispetto di ciò che si potrebbe pensare, davo un valore enorme alla vita. 
Quel pagliaccio schifoso non aveva nessun diritto di giocarvi. 
L'avrebbe pagata cara. 
-Proprio quello che volevo- 
Sentimmo una risata maligna provenire da un punto non definito della palude. Hisoka, però, non si mostrava, sfruttando la nebbia a proprio vantaggio. Questo mi fece infuriare ancora di più, tanto che le mani avevano iniziato a prendere fuoco. E non era una buona cosa. Stavo perdendo il controllo e non doveva assolutamente succedere ora. Almeno non mentre ero con Leorio e Kurapika. Nessuno doveva sapere, tanto meno loro. Cercai di calmarmi; gli occhi riacquisirono la loro solita tonalità e le mani smisero di bruciare. 
-Non ti trattenere.. voglio vedere il tuo potere all'opera.- 
-Fatti vedere, vigliacco!- gridò Leorio, in preda all 'ira. 
Mi girai verso di loro, con l'intento di intimargli di scappare; ma mi bloccai. Gli occhi di Kurapika erano diventati scarlatti, e non vi era più nessuna traccia della consueta pacatezza e gentilezza; al contrario, essi erano intrisi di odio puro e cieco.Ed erano gli stessi miei occhi nel momento in cui perdevo il controllo.
Un brivido mi attraversò la schiena, gelandomi il sangue. Quegli occhi preannunciavano solamente una cosa: morte.
-Toglietevi di mezzo voi due..- La voce di Hisoka si era fatta più vicina, anche se ancora non riuscivo ad individuare la sua posizione. 
-Non è con voi che voglio combattere-
Fu un attimo. Prima che una carta, scagliata con una velocità inaudita potesse trafiggere Leorio, mi misi di fronte a lui, parando il colpo con la mia Katana.
-Ti ringrazio- mi disse riconoscente Leorio, asciugandosi il sudore dalla fronte. 
Ma prima che potessi rispondergli, un'altra carta sfrecciò nella direzione di Kurapika.
Terrore.
 Ecco cosa provai. Un assoluto e spiazzante senso di terrore.
Iniziai a tremare come una foglia, mentre il sangue mi si era gelato nelle vene. 
Ma avevo sottovalutato il ragazzo biondo. Kurapika aveva velocemente schivato l'attacco, procurandosi solo un superficiale graffio sulla guancia. 
E a quel punto persi definitivamente il controllo. 
Intorno a me iniziò a girare in circolo il vento, che andava via via alzandosi e intensificandosi.
-Come hai osato..- 
L'ira si era completamente impossessata di me. Non riuscivo più a ragionare. L'impeto con cui aumentai la mia aura fece volare via Kurapika e Leorio, che caddero a terra svenuti. Ma stavano bene. Si sarebbero ripresi.
 L'unica cosa che volevo, in questo momento, era fare a pezzi quel mostro. 
-Finalmente soli- rise Hisoka, guardando divertito alle mie spalle i corpi svenuti di Leorio e Kurapika. -Qual buon vento ti porta qui, Asuka?- 
Sobbalzai quando quell'essere mi chiamò per nome. Come faceva a conoscermi? 
-Oh, non fare quella faccia; sappi che io e tuo padre siamo ottimi amici.- 
Amici, diceva?
Mio padre non aveva amici se non il suo smisurato e incontrollato desiderio di potere. Lui era il suo unico compagno, la sua unica ragione di vita. Non vi era spazio per nient'altro; nemmeno per sua figlia.
-Ripeto la domanda..- disse, scroccandosi le nocche delle mani con sguardo fintamente amichevole. -Qual buon vento ti porta qui?- 
-Non sono affari che ti riguardano, clown- sputai con tutto l'odio che avevo in corpo, mentre l'aura continuava ad intensificarsi. 
In risposta Hisoka rise di gusto, avvicinandosi lentamente ad un corpo senza vita con in mano una mazza. 
-Non trovi buffa l'espressione che assumono le persone quando muoiono?- mi chiese lui, in modo tanto normale da farmi paura.
Il mio odio nei suoi confronti crebbe a dismisura, mentre scariche elettriche avevano iniziato a uscirmi dai palmi delle mani.
-E così questo è il potere dei cinque elementi? Assolutamente strabiliante- Il suo sguardo strabiliato e malizioso non faceva che aumentare ancora di più la mia ira, e questo lui lo sapeva.
 E lo eccitava.
 Per lui questa era una caccia. Io era la preda succulenta che stava per essere sbranata mentre lui era il predatore inebriato dell'idea di ucciderla.
-Forza Asuka.. fammi vedere quanto sei diventata forte- 
Non me lo feci ripetere due volte. 
Corsi nella direzione di Hisoka provando a colpirlo con un pugno elettrico, ma lui parò il colpo con facilità. Cercai, così, di colpirlo con un calcio alla base del collo, ma anche questo colpo fu prontamente bloccato. Mi afferrò il piede e mi scaraventò contro una roccia. La mia aura attutì il colpo, mentre la rabbia dentro di me cresceva sempre di più. 
-Tutto qui quello che sei in grado di fare? Non capisco perchè tuo padre tenesse tanto a preservare il tuo potere- mi provocò. 
Sapevo di non dovergli dare retta, poichè il suo intento era solo quello di farmi perdere ulteriormente il controllo. Ma non riuscivo a fermarmi. 
Le scariche elettriche si mischiarono al fuoco, mentre il vento intorno a me continuava ad intensificarsi. 
-Non ti conviene provocarmi..- gli sibilai contro, gli occhi iniettati di collera e odio. 
-Fatti sotto allora- 
Riprendemmo il combattimento. 
Per quanto i miei colpi fossero potenti e veloci, Hisoka riusciva a schivarli tutti con facilità. Mentre io stavo sprecando man mano sempre più energia, lui sembrava non risentire di alcuno sforzo. 
''Ma come diavolo fa?''
-Avanti, so che non stai facendo sul serio..- mi provocò, l'espressione divertita sempre stampata su quell'odioso viso. -Voglio vedere TUTTO il tuo potere all'opera- 
Mi bloccai all'istante, il viso paralizzato dalla sorpresa. 
-Chi ti dice che i miei poteri non siano solo questi?- 
A discapito di tutte le mie aspettative, Hisoka iniziò a ridere a crepapelle. La sua risata mi irritava parecchio. Come si permetteva? 
Ma avevo bisogno di sapere quanto lui conoscesse i miei poteri; ne andava del mio piano. 
Attesi pazientemente che Hisoka si calmasse, cercando di rilassarmi. Dopo cinque minuti avevo quasi del tutto recuperato il controllo; gli occhi erano tornati verdi, mentre il vento, il fuoco, e le scariche elettriche si erano placate. 
-Vuoi rispondere alla mia domanda?- sputai irritata, quasi sul punto di perdere la pazienza. Il clown si alzò pian piano da terra, cercando di darsi una regolata. 
-Ti chiedo scusa ma la tua domanda era così divertente- 
Il suo sorriso furbo mi fece capire che anche questa era una provocazione;questa volta, però, non avevo nessuna intenzione di cascarci. 
Percìò rimasi in silenzio, lo sguardo fisso su di lui. 
-Conosco bene i tuoi poteri, mia giovane Asuka. Non solo possiedi un energia fuori dal comune  ma che sai  anche  padroneggiare alla perfezione i cinque elementi: terra, fuoco, aria, acqua, ed elettricità. Non mi stupisce che tuo padre ti abbia tenuta nascosta per quasi tutta la vita. In fondo sarebbe un peccato se un bruco ancora immaturo come te si facesse del male e non riuscisse a diventare una bellissima farfalla-
-Non hai ancora risposto alla mia domanda!- 
Sul viso di Hisoka uno sguardo serio prese il posto del solito sorriso maligno, facendomi rabbrividire. 
-Non dirò a nessuno dell'altra capacità che possiedi, Asuka- 
Il cuore prese a battere all'impazzata, mentre un sudore freddo scendeva lungo la schiena. 
-Si, parlo proprio del potere che tuo padre ha assorbito da tua madre per trasmetterlo a te- 
Mi paralizzai completamente, mentre le lacrime avevano iniziato a scendere copiose. 
-Io non volevo- ammisi atona, guardando un punto indefinito del terreno. -Io non volevo- ripetei, come un'automa. 
I ricordi di quel giorno erano ancora vividi nella mia memoria, tanto da non lasciarmi nemmeno un minuto di pace. Ricordo ancora bene le urla di mia madre prima della sua morte; le mani di mio padre che le strappavano il suo potere per poterlo trasmettere a me. 
Ricordo di essermi ribellata, di aver urlato con tutto il fiato che avevo in gola; ma non c'era stato nulla da fare. 
Quel potere enorme e terribile allo stesso tempo era stato trasferito in me, senza aver potuto opporre la minima resistenza. Esso mi aveva permesso di raggiungere un livello che mai mi sarei sognata, ma allo stesso tempo mi fece diventare una macchina da guerra senza sentimenti e priva di ogni inibizione. Era un potere oscuro, fatto solo per provocare morte e distruzione. 
Per questo motivo non ero mai entrata in contatto con nessuno dopo quell'episodio. L'unico che potevo vedere era mio padre, che ogni giorno si allenava con me per permettermi di controllare il nuovo potere. 
All'inizio lo odiai nel profondo del cuore, negandogli ogni tipo di contatto o comunicazione. Ma con il passare del tempo il mio rancore scemò, grazie alla convincente storia che mi aveva rifilato. 
Quanto ero stata stupida a crederci. Erano tutte delle bugie. 
Lo capii all'età di dodici anni, dopo aver origliato una conversazione tra lui e i suoi sottoposti. Da quel momento il mio odio diventò incontrollato, senza ogni misura. Ma non ero più una stupida ragazzina. Sapevo bene che l'unico che avrebbe potuto insegnarmi come controllare i miei poteri era mio padre. 
Così finsi per tre anni di essere una figlia prediletta e affettuosa, dimostrandogli una devozione totale. Ma quando all'età di quindici anni ebbi raggiunto un livello tale da permettermi di controllare perfettamente i miei poteri, scappai di casa, con la promessa di ritornare non appena fossi stata abbastanza forte da vendicare mia madre. 

-Sei ancora troppo debole per sconfiggermi, Asuka.. ma non temere. Un giorno combatteremo di nuovo e credo che mi divertirò davvero tanto.-
Sentii i passi di Hisoka allontanarsi sempre di più, mentre nella mia testa continuavo a sentire le urla di mia madre che mi chiedeva aiuto. 
Mi rannicchiai a terra, iniziando ad urlare più forte per sovrastare quelle urla. 
Non avrei mai potuto vendicarla; come potevo, se al solo ricordo di tutto quello che era successo mi riducevo in questo stato? 
Non potevo permettermi di essere così debole. Eppure, per quanto mi sforzassi, le urla non cessavano, anzi; diventavano sempre più forti. 
Senza rendermene conto mi sentii afferrare, e un profumo pino e di camelia mi investì, facendomi riprendere lucidità. Trovai gli occhi azzurri di Kurapika fissarmi intensamente, pieni di preoccupazione. 
Smisi immediatamente di gridare e di tremare come una foglia. Rimanemmo a fissarci per un tempo che parve infinito. 
Una sensazione di caldo e di pace mi intorpidì completamente, facendo scomparire ogni sorta di preoccupazione e odio nel mio cuore. 
Venimmo interrotti dai lamenti provenienti nella direzione di Leorio, e distogliendo lo sguardo lo soccorremmo, aiutandolo ad alzarsi. 
-Ahi ahi, che botta ragazzi..- si lamentò Leorio, massaggiandosi la testa.
-Dov'è finito Hisoka? E di cosa stava parlando prima che svenissimo?- 
Lo sguardo di entrambi si spostò su di me, mentre io continuai a tenere il viso girato verso il punto in cui era sparito il clown. 
-Il divertimento era concluso, così ha deciso di andarsene..- dissi. 
Era la verità, in fondo.
-E di cosa stava parl..- inziò Leorio, prima che la mano di Kurapika si spostasse sulla sua bocca. 
-Fa silenzio per favore. Questo non è il momento di fare domande; dobbiamo raggiungere gli altri- 
Ma era una scusa. Sapevo che in fondo la sua era una scusa per proteggermi. Lo avvertivo. 
-Andiamo- dissi, sorridendo grata al ragazzo biondo. Non ero ancora pronta per rivelargli tutta la mia storia.
-Un giorno, quando sarai pronto ci spiegherai tutto..- sussurrò, prima di passare in testa al gruppo. 
Forse, un giorno lo farò. 
           
Arrivammo per ultimi, ma prima dello scadere del tempo. Gon e Killua si precipitarono nella nostra direzione; Gon saltellava intorno a Leorio e a Kurapika, investendoli con mille domande, mentre Killua se ne stava a qualche metro di distanza, un accenno di sorriso sul volto. 
Mi girai, allontanandomi da loro. 
-Signore..- la voce di Gon mi richiamò, prima che potessi fare un'altro passo. - Lei ha cercato di salvare quelle persone da Hisoka?- mi chiese. Non riuscii a fare nient'altro che sorridere a quel bambino dall animo puro, mentre un sorriso si apriva sul suo viso. -L'avevo detto io che era una persona buona! Vorrei tanto che si unisse al nostro gruppo. Per favore..- mi supplicò lui, mettendosi anche in ginocchio. 
Risi, abbassandomi alla sua altezza. 
-Solo se anche i tuoi amici saranno d'accordo- 
-Certo, per me non c'è nessun problema- annuì Leorio, rivolgendomi un sorriso dolce. Anche Killua annuì. 
Si girarono tutti nella direzione di Kurapika, che aveva gli occhi fissi su di me. Il cuore inziò a battere come un forsennato quando il ragazzo biondo si avvicinò a me e mi tese la mano in segno di amicizia. L'afferrai senza la minima esitazione, esprimendo con un sorriso tutta la mia riconoscenza. 
-Allora, farai parte del nostro gruppo?!- squittì entusiasta Gon, facendomi ridere. 
- Con molto piacere Gon- 
E non mi pentì della scelta. Perch forse loro avrebbero potuto insegnarmi che cosa volesse dire avere degli amici.
 
Salve a tutti! in questo capitolo ci sono davvero tanti e piccoli frammenti della storia della nostra Asuka. (finalmente conosciamo il suo nome!) Quello che  stato introdotto, però, non  altro che l'inizio di una storia che, come potete vedere, nasconde tanto dolore. 
E' bellissimo creare il rapporto fra Asuka e Kurapika; sarà un lavoro duro e faticoso ma spero che i risultati si vedranno nel corso della storia. 
Oltre al rapporto fra Asuka e Kurapika, però, mi impegnerò anche a creare un legame d'amicizia fra lei e il resto del gruppo. Perchè l'odio ha due nemici: l'amore e l'amicizia.
Voglio ringraziare immensamente tutti coloro che hanno recensito, letto e seguito questa storia. Siamo solo all'inizio, lo so, ma spero con tutto il cuore che questa storia possa appssionare sempre più di voi. Davvero grazie per tutto il sostegno che mi avete dato. 
Un grosso abbraccio a tutti voi. Koralblu!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 Seconda prova e finale a sorpresa ***



                                                                                                              Capitolo 3

 -E' giunto il momento- 
Gon fissava intrepidante l'enorme porta di fronte a noi, pronto per la prossima sfida. 
-Sta crescendo la tensione- aggiunse Kurapika, il viso segnato dalla determinazione.
-Già, non sappiamo nemmeno che sfida ci aspetta- concluse Leorio, la mano ben premuta sulla parte dolorante della testa.
-Dovresti fasciarla- 
Tutti si girarono verso di me, guardandomi incuriositi -Si beh, se la fasciassi non saresti costretto a tenere premuta la mano. Potrebbe essere più comodo per te- 
Mi vergognavo come una ladra e gli altri dovevano essersene accorti. Da quando avevo incontrato questi quattro non facevo altro che imbarazzarmi e arrossire, soprattutto a causa di Kurpika. 
-Ma come sei gentile..- 
Il ghigno sulla faccia di Killua scomparve in meno cinque nano secondi, grazie al pugno ben assestato che gli avevo tirato in testa.
-Ora che sono nella squadra non voglio nessuno che mi rallenti. Non sono gentile, sto solo facendo i miei interessi-. Misi il broncio, alzando il mento in maniera altezzosa. 
Ma Gon, Leorio e Kurapika, contro ogni mia aspettativa, iniziarono a ridere, riscaldandomi il cuore. 
-Che ho detto!?- mi finsi indignata, aumentando così le loro risate. 
E se fuori facevo la finta offesa, dentro ero felice e spensierata, come non lo ero mai stata prima; soprattutto sapendo di aver fatto ridere Kurapika
Killua si rialzò da terra, fulminandomi con lo sguardo. 
-Hai visto il bernoccolo che mi hai lasciato?!- gridò furioso nella mia direzione, mentre indicava ripetutamente il punto dolorante. 
Alzai le spalle, guardandolo indifferente.
-Così impari a stare zitto, bamboccio- 
-Bamboccio a chi, razza di vecchio!- 
Oh no, questo non doveva proprio dirlo..
-Killua, forse è meglio se inizi a scappare..- affermò Leorio, tirandosi indietro. 
-Non ci penso nemmeno- rispose determinato l'albino, guardandomi con sguardo di sfida. 
Glie l'avrei fatta pagare cara a quel bamboccio insolente. 
Chiamarmi vecchio! Pua!
Ma purtroppo, prima che potessi fare a pezzi quell'insolente, le porte di fronte a noi iniziarono ad aprirsi lentamente, mentre l'orologio segnava le dodici in punto. 
Trenta secondo dopo esse erano completamente aperte, rivelando alla nostra vista una giovane donna, che se ne stava seduta su un divanetto, e dietro di lei, un uomo dieci volte più grande che si grattava la pancia, guardandoci con aria gentile.

-Eccoci qui- iniziò la ragazza, per poi voltare la testa verso l'omone - Hai abbastanza fame, Buara?-  La risposta alla domanda della ragazza fu un rumoroso gorgoglio del suo stomaco, mentre aggiungeva -Come puoi sentire, morirò di fame se non mangio qualcosa, Mewnchi- 
-Quel qualcosa dovremmo essere noi?- chiese sottovoce Killua a Gon, fingendosi terrorizzato. Un piccolo sorriso comparve sulle mie labbra. 
Che burlone. Diedi un buffetto sulla testa di entrambi, intimandogli di fare silenzio.
-Ma è stato lui!- si lamentò piagnucolando Gon
-Silenzio voi! Volete essere eliminati subito?!- 
I capelli di Gon e Killua si rizzarono, mentre fissavano terrorizzati la ragazza dai capelli rosa che li stava trucidando con lo sguardo. 
-N..no, no la prego! Ci scusi- dissero entrambi in coro, abbassando la testa come due cuccioli bastonati
-Molto bene..- riprese - Come immaginerete, i giudici della secondo prova d'esame siamo noi, gli Hunter buongustai-
-Gli Hunter buongustai?- chiese Leorio perplesso, dando voce alla domanda nella mia testa.
-Eh? E chi sarebbero?- 
Gon alzò nuovamente la testa, guardando confuso i due giudici di fronte a noi. Anche Killua alzò il capo, alternando lo sguardo da Gon agli esaminatori. 
-Gli Hunter buongustai cercano qualsiasi tipo di ingrediente in tutte le parti del mondo, nell'instancabile ricerca di sempre nuovi, quanto raffinati sapori. Ovviamente sono essi stessi cuochi di prima categoria- spiegò Kurapika, con il suo fare da esperto. E per quanto poteva, da una parte, essere irritante, dall'altra era dannatamente attraente.
''Ma che diavolo mi salta in mente?!"
-Mmm..quindi questo significa che..?- iniziò un ragazzo pelato, dall'aria pensierosa. Non riuscì a finire la frase -Si, esatto..l'argomento su cui verterà questa sfida- iniziò Mewnchi, guardandoci come polli che stanno per essere spennati. - sarà mettere alla prova le vostre abilità  in cucina-
-CUCINA?!- 
Un esclamazione di terrore, preoccupazione e rassegnazione scosse le mura della sala dove ci trovavamo. Stava per caso scherzando?!
-Questa è un'assurdità! Sarei arrivato fin qui per farmi mettere ai fornelli!?- gridò un uomo poco distante da noi, puntando il dito contro i due esaminatori. 
E per quanto mi costasse ammettere, ero d'accordo con lui. 
-Esattamente. Per cui tu se hai qualcosa da ridire, vattene di qui. C'è qualcun'altro che vuole accompagnarlo?!- 
Urla, minacce e offese seguirono le parole di Mewnchi. 
-Questa è un'assurdità!- iniziò un ragazzo, appoggiato da altri di fianco a lui. -Sono d'accordo-. -Si, che razza di sfida è mai questa?!- 
-Silenzio!- 
Mi coprii immediatamente la bocca, rendendomi conto, però, di non essere stata io a parlare. 
-Mewnchi e Buara sono i giudici di questa prova. Poco importa che la sfida sia di nostro gradimento; se vogliamo diventare Hunter dobbiamo affrontarla in ogni caso.- 
La determinazione di Kurapika mi stupiva ogni giorno di più. Non avevo mai incontrato nessuno come lui prima d'ora. 
Mi persi nell'osservarlo, notando come tutti i muscoli della sua schiena fossero contratti per la tensione, mentre le mani erano strette così forte da far diventare le nocche bianche. 
Ma ciò che mi attirava di più era la luce che splendeva nei suoi occhi. Potevo sentire molto bene l'odio e la vendetta radicate nel profondo del suo cuore; esse, proprio come per me, erano l'obbiettivo che lo spingeva ad andare avanti, a sopportare la morte e la distruzione che dovevano esserci state nel suo passato. Ma non c'era solo questo. Dall'altra parte, la profonda fiducia e l'affetto nei confronti dei suoi amici era ciò che riusciva a trascinarlo via dai suoi incubi. Kurapika era un ragazzo dolce, gentile e profondamente altruista. Per quanto i suoi demoni potessero essere grandi, lui era buono. Profondamente buono.
Non avrebbe mai fatto del male alle persone a cui voleva bene. 
Ma mi accorsi immediatamente che, proprio come me, c'era un'altra persona che guardava intensamente Kurapika; una ragazza, per essere precisi. Gli occhi di Mewnchi erano fissi sulla figura di Kurapika, pieni di ammirazione e qualcos'altro che mi mandava letteralmente il sangue al cervello.
 -Quali sono i patti che dovremmo cucinare?-
Buara prese la parola - La prova si svolgerà in questo modo: per prima cosa dovrete cucinare ciò che vi chiederò io-
-E infine, dovrete cimentarvi nella preparazione di una pietanza da me scelta. In parole povere, se entrambi diremo ''è buono'', avrete passato la secondo prova d'esame.- concluse la ragazza, distogliendo gli occhi da Kurapika.
-Ma è impossibile! Il senso del gusto non è assoluto e varia da persona a persona-  Noi potremmo anche ritenerlo buono, ma non significa che sia di gradimento di voi giudici!- 
-Calma, calma..- li riprese Mewnchi, battendo le mani per richiamare l'attenzione. -Come ho detto già prima, se qualcuno di voi non vuole sostenere la prova d'esame può benissimo andarsene. Su andate pure. Addio- 
-Non dire sciocchezze!- esclamò Leorio, agitando i pugni in aria - Ora che siamo arrivati fin qui non ci tireremo di certo indietro- 
Grida di assenso si alzarono dalla folla dietro di lui. Iniziò così una piccola rissa, subito placata dalla voce di Gon. 
-Per favore, potresti concludere il tuo discorso?- 
Il suo tono dolce e gentile era disarmante. Di certo era il bambino più buono che avessi mai incontrato. 
-Dunque, la prova finirà nel momento in cui entrambi saremo entrambi sazi.- 
-Cavolo, non credevo avremmo dovuto affrontare una prova del genere..- si lamentò sconsolato Leorio, mentre Kurapika di fianco a lui annuiva. 
-Io so cucinare!- saltò su Gon, saltellando contento. 
-E che piatti sapresti cucinare?- gli chiese scettico Killua, mentre lo guardava storto.
-La zia mi ha insegnato molte cose, ma il piatto che mi riesce meglio è il riso con l'uovo sopra-
-Gon..quello non è un piatto difficile-  gli rispose amaro Leorio 
-Davvero?- 
Lo sguardo stupito di Gon fece  sospirare Killua, mentre io e Kurapika ridacchiavamo. 
-Ordine, per favore. Buara, vuoi cominciare tu?- L'uomo battè le mani felice, annuendo. -Il piatto che dovrete cucinare è il maiale arrosto.- 
-Cosa!? Maiale arrosto?!?- 
Tutti i partecipanti erano attoniti e ognuno dimostrava il proprio dissenso o sbuffando, o imprecando sottovoce, o piagnucolando. 
-Esatto, il maiale arrosto, ovvero il mio piatto preferito- 
Buara sembrava non accorgersi di nulla, al contrario di Mewnchi che non faceva altro che lanciare occhiatacce a destra e a sinistra. 
-Il maiale che dovrete cucinare, però, non è un semplice maiale; è il più pericoloso esistente in natura e vive proprio in questi boschi. In pratica dovrete catturare e cucinare il ''Grande Calpestatore''. Buona fortuna- 
A nulla servirono le proteste e i lamenti degli aspiranti Hunter; la prova, per quanto assurda, doveva essere portata a termine. 
-Forza ragazzi!- esclamò felice Gon, correndo dietro a Killua e urlandogli di aspettarlo.
-Mi sa proprio che dovremo portare avanti questa pazzia..- sospirò rassegnato Leorio, abbassando la testa.
-Forza Leorio, c'è la faremo. Vero?- mi chiese Kurapika, girandosi nella mia direzione e sorridendomi incoraggiante. 
-Vero- risposi. -Sarà divertente dare la caccia ad uno degli animali più pericolosi di questi boschi.- 
-Così non mi aiuti!- 
Risi, correndo in direzione del bosco. 
Finalmente avrei potuto sgranchirmi le gambe. 

Catturare il ''Grande calpestatore'' era stato facilissimo. Dovevamo solamente capire quale fosse il suo punto debole e una volta scoperto colpirlo in quel punto. Mi era bastato osservare Kurapika per capirlo. 
Un colpo secco alla testa e il maiale era andato KO.
-Mmm è delizioso!- -Oddio, anche questo è buonissimo- 
Buara sembrava in estasi. 
Ogni piatto che assaggiava era la più buona delle pietanze. Con un sospiro di sollievo aveva dato l'ok a tutti i nostri piatti, facendoci i complimenti per la nostra bravura. -Non è stato poi così difficile. Supereremo la prossima prova in due minuti- esclamò Leorio verso di noi, battendosi il pugno sul petto. 
Le ultime parole famose... 
-Senti un po'!- iniziò Mewnchi furiosa, fulminando Buara con lo sguardo - vorresti farmi credere che tutti i piatti che hai assaggiato erano buoni?- 
Buara la guardò tranquillo, sorridendole - Proprio così Mewnchi-
La ragazza sospirò - Sei troppo buono.- Poi, rivolgendosi verso di noi disse - Io non sarò altrettanto clemente. Vi avverto che non sarò buona come lo è stato Buara.- 
Mewnchi si diresse verso un gong poco distante, e vi battè sopra l'attrezzo che aveva in mano. -La prima parte dell'esame culinario è stata passata con successo da settanta partecipanti; congratulazioni!- 
Esclamazioni di gioia seguirono le sue parole. Gon e Killua saltellavano contenti, mentre Leorio, Kurapika ed io sorridevamo, soddisfatti.
-Bene, ora passiamo alla seconda parte della seconda prova!- 
A quelle parole tutti si zittirono, attenti a non perdersi nemmeno una parola. Mewnchi ci fissò uno ad uno, soffermandosi un po' troppo su Kurapika; strinsi i pugni, mentre la voglia di andare li e spaccarle la faccia si faceva sempre più grande. Dopo quasi un minuto di attesa, che lasciò tutti con il fiato sospeso, Mewnchi esclamò -Il piatto che dovrete cucinare per me sarà il sushi!-
Sushi?
-Sushi?- esclamarono tutti i partecipanti in coro, guardando Mewnchi come se fosse un alieno.
-Sbaglio o vi vedo alquanto preoccupati?- 
Il suo tono altezzoso e provocatorio mi stava facendo irritare sempre di più. 
Dovevo stare calma. 
Feci lunghi e intensi respiri, cercando di concentrarmi su pensieri positivi. 
Mewnchi riprese a parlare, facendoci sobbalzare tutti dalla sorpresa. -Si tratta di cucina etnica, è naturale che non ne abbiate mai sentito parlare- 
Ci stava prendendo in giro?
- Ci stai forse prendendo in giro!?- urlò in sua direzione Leorio, i pugni serrati lungo i fianchi. -Dicci un po', vuoi forse prenderti gioco della nostra pazienza? Come credi che riusciremo a preparare un piatto di cui non abbiamo mai sentito parlare?!- 
Successe tutto in un nano secondo. Mewnchi, ad una velocità spaventosa, aveva tirato fuori dalla fodera uno dei suoi coltelli, lanciandolo dritto verso Leorio. 
Ma ero arrivata in tempo. 
Il coltello era fermo nelle mie dita, mentre delle gocce di sangue sgorgavano dalla mia mano. 
Regnava un silenzio attonito, mentre gli sguardi di tutti si alternavano da Mewnchi a me, impegnate a fulminarci con lo sguardo. I miei occhi, carichi d'odio, si riflettevano nei suoi, in cui vi era rabbia e stupore per aver saputo parare il colpo. 
-Avresti potuto uccidermi se non ci fosse stato lui a parare il colpo!- 
Leorio era a dir poco furioso, tanto che ci vollero sia Kurapika che Gon a tenerlo fermo. 
-Così la prossima volta imparerai a rimanere in silenzio..- rispose indifferente lei, girandosi dall'altra parte. -E poi in quanto Hunter, dovresti essere in grado di fermare un coltello. Forse, questo vuol dire che non sei ancora all'altezza..- 
Il sorrisino furbo di Mewnchi si spense in un secondo. 
Il coltello che poco prima aveva lanciato contro Leorio andò a conficcarsi nella parete alle sue spalle, a due centimetri dalla sua testa. 
-Vedi di portare più rispetto verso i canditati all'esame. Puoi essere brava quanto vuoi, ma questo non ti autorizza a mancarci di rispetto in questo modo- 
Le parole uscirono da sole, senza aver potuto fare nulla per fermarle. 
Erano parole vere e in assoluto meritate da quella ragazza, ma forse avevo esagerato. Dovevo ricordarmi di essere in una posizione svantaggiosa, poichè lei avrebbe potuto eliminarmi senza problemi. 
-Come osi tu..- 
Abbassai la testa, la rabbia verso me stessa che aumentava sempre di più. Ero stata una sconsiderata, e ora ne avrei pagato le conseguenze. 
-Su ora smettila Mewnchi- disse Buara, un tono duro che non gli avevo mai sentito pronunciare. -Sei stata avventata a lanciare quel coltello contro uno dei nostri partecipanti, e quel ragazzo non ha fatto altro che difendere il suo amico. Chiedi immediatamente scusa.- 
L'espressione sulla faccia di Mewnchi era impagabile e non dovevo averlo pensato solo io; tutti quanti avevano gli occhi fissi sulla scena, un sorriso divertito dipinto in faccia. Mewnchi continuava a guardarmi storto, mentre batteva il piede a terra nervosa. -Non ci penso nemmeno!- urlò arrabbiata. 
-MEWNCHI!- 
Un grido assordante uscì dalla bocca di Buara, costringendoci a tapparci le orecchie con le mani. 
-E va bene..- rispose lei indignata, massaggiandosi le orecchie che non aveva fatto in tempo a coprire. -Ti chiedo scusa..- 
Il suo non era un tono rammaricato, ma un ringhio represso; a Buara, però, sembrava andare bene lo stesso, mentre sorrideva tutto contento verso di noi. 
-Ora se volete seguirci vi faremo vedere le vostre postazioni- 
-Ti ringrazio davvero..mi hai salvato per la seconda volta- 
Il sorriso grato di Leorio mi scaldò il cuore, facendomi sorridere in risposta. -Figurati. Fra compagni di squadra ci si aiuta, no?- 
Sentii un calore dietro alla schiena, e girandomi vidi Gon che, come un koala, si era attaccato a me. -Ti ringrazio tantissimo! Hai salvato Leorio!- 
Mi fermai, per poi  staccarlo piano da me, mettendomi alla sua altezza. 
-Gon, devo ringraziare te se ho salvato Leorio; sei stato tu a farmi capire quanto sia importante aiutare i propri compagni di squadra. Sono io a doverti ringraziare- 
E contro ogni mia aspettativa, Gon si buttò fra le mie braccia, stringendomi come non aveva fatto nessuno. Ricambiarlo mi venne spontaneo, mentre lacrime di commozione scendevano dai miei occhi. 
Era forse questa, l'amicizia?
L'abbraccio venne interrotto dalla voce di Mewnchi che aveva iniziato a spiegare l'uso di ogni strumento e ad elencarci gli ingredienti che avevamo a disposizione. 
-Avete due ore di tempo per completare il vostro piatto. Potrete fare tutti i tentativi che volete, fino a quando non mi dichiarerò totalmente sazia. Due ore a partire da ora!- 
Tutti i partecipanti si misero ai loro posti, iniziando a girare e rigirare gli strumenti che avevano sul tavolo.
-E' inutile, non sapremo mai come preparare questo piatto- 
Gon provò a rassicurare Leorio, mentre io guardavo con la coda dell'occhio Kurapika, intento a fissare concentrato gli strumenti davanti a se. 
-Hai scoperto qualcosa?- 
Mi dispiacque interrompere i suoi pensieri, ma non avevamo tempo da perdere. 
-Niente, purtroppo..- sospirò lui, passandosi la mano sulla fronte, l'aria sconsolata. Non riuscivo a vederlo in quello stato. E senza rendermi nemmeno conto, mi venne spontaneo poggiare la mano sulla sua spalla. -Troveremo una soluzione.- 

L'ora successiva fu in assoluto la più caotica della mia vita. C'era una confusione spaventosa; oltre al casino che avevamo creato, rovesciando più volte il riso per terra, il rumore delle pentole e di tutti gli strumenti che sbattevano per terra, che venivano lanciati o distrutti aveva reso l'atmosfera assolutamente e completamente invivibile. 
Mewnchi ci osservava attentamente, esaminando il nostro lavoro con occhio critico ed esperto. In questo dovevo riconoscere che era davvero brava. Quando qualcosa stava per bruciare, il suo sopracciglio destro di alzava, mentre se avvertiva il riso cuocere troppo un piccola ruga si formava sulla sua guancia. Era proprio grazie a questi due trucchetti, scoperti con Kurapika, che eravamo riusciti a creare dei piatti apparentemente decenti. 
-Non saranno bellissimi ma credo siano buoni- 
Kurapika era soddisfatto del suo piatto, quasi orgoglioso; puntava molto su di esso. 
-E' IMMANGIABILE- strillò Mewnchi, buttando via il piatto di Leorio, che si depresse di colpo. 
-Non è possibile..eppure ci avevo sperato..- gli sentimmo sussurrare, mentre ci passava di fianco sconsolato. I prossimi furono Gon e Killua, entrambi bocciati per i piatti orrendi, a detta di Mewnchi, che avevano proposto. 
Fu il turno di Kurapika. 
Gli occhi di Mewnchi, più che osservare il piatto, erano fissi nei suoi, mentre sbatteva le palpebre come una gatta in calore. 
-Assaggiamo questo piatto..- disse serafica, abbassando il tono della voce. 
Kurapika non sembrava essersi minimamente accorto delle intenzioni di Mewnchi, concentrato nel giudizio del suo piatto. 
Ma a me non erano sfuggite le intenzioni della ragazza. Un senso sempre più crescente di rabbia si stava impossessando di me, mentre le unghie della mano libera erano conficcate così a fondo nella mia carne da farmi uscire del sangue. 
-Mi dispiace tesoruccio, ma non ci siamo ancora- 
Il responso irritò parecchio Kurapika, che abbassò il capo, ringraziando e già pronto per andarsene. Ma Mewnchi gli afferrò la mano, costringendolo a voltarsi e ad abbassarsi al suo livello, lasciandogli un bacio sulla guancia. Rimanemmo tutti basiti, mentre Kurapika aveva sgranato gli occhi, diventando tutto rosso. 
-Questo è perchè il tuo piatto era il più buono fra quelli che ho mangiato fino ad ora- 
Lasciò così andare Kurapika, che ci mise un po' per riprendersi e iniziare a tornare al suo posto. 
Ma un tonfo lo fece fermare, mentre gli occhi di tutti erano puntati nella mia direzione.
Dire che ero furiosa era un'eufemismo. Non mi ero mai sentita tanto il collera come in questo momento. Avrei veramente voluto prenderla e farla a pezzi, staccandole per prima cosa quella bocca dalla faccia. Il fuoco che sentivo quando stavo per perdere il controllo si stava propagando sempre più velocemente in me; inoltre, facevo sempre più fatica a bloccare i miei poteri e i miei occhi rossi. 
-Ma guarda che casino hai fatto!- sbraitò in mia direzione Mewnchi, indicando il piatto che si era rovesciato a terra. -Pulisci tutto- mi ordinò, altezzosa. 
E il suo tono arrogante, unito alla rabbia cieca che sentivo mi fece esplodere del tutto. 
-Non ci penso nemmeno- sibilai, mentre il mantello iniziava a vibrare per la rabbia. Sei solamente un' oca presuntuosa.-
-Ma come ti permetti!- 
L'urlo rabbioso di Mewnchi non mi fece il minimo effetto, mentre molti davanti a lei si ritrassero spaventati. 
-Su, non c'è bisogno di fare così..- 
Scansai malamente la mano di Leorio che aveva poggiato sulla mia spalla. -Non toccarmi e non immischiarti-
-Per favore, cerchiamo di stare calmi..- provava a calmarci Buara, cercando inutilmente di trattenere Mewnchi. -Per favore, stai calma..- 
Ma era tutto inutile. La ragazza, come me, aveva perso il controllo, tirando fuori dalla fodera i due coltelli affilati. 
Due secondi dopo ero su di lei, mentre cercava di schivare i miei attacchi. 
Ma lo scontro durò poco. Troppo poco. 
Mewnchi, senza che potessi fermarla, mi aveva sfilato il mantello, lasciando che una cascata di lunghi capelli rossi  ricadesse sulle mie spalle. 
Dannazione. 
Il silenzio si era fatto tombale. Tutti quanti, in sala, erano caduti in una sorta di stato di shock. Sentivo lo sguardo dei miei compagni di squadra perforarmi la schiena, ma solo uno di essi mi stava facendo tremare dalla paura. 
Cosa  avrebbero pensato ora di me?
-U..una ragazza?- domandò attonito un uomo poco distante, gli occhi sbarrati dalla sorpresa. -Come può una ragazza avere quelle abilità?- 
Mi girai nella direzione di quella voce, fulminandolo con il peggiore degli sguardi. -Senti un po'..non ti hanno mai insegnato a tenere la bocca chiusa?- 
Ma non c'era rabbia nelle mie parole, bensì solo un immenso fastidio. 
La mia copertura era saltata. 
Non avrebbero mai dovuto scoprire che fossi una ragazza, sopratutto i miei compagni. Non volevo che mi guardassero in un altro modo o che la loro opinione cambiasse in base a questo. Volevo che le cose rimanessero com'erano state fino a quel momento. In più, se qualcuno di loro conosceva mio padre, e di conseguenza anche me, sarei stata costretta a lasciare tutto quanto e sparire. Di nuovo.
Stringevo i pugni talmente forte da sentire il dolore. Ero stata una stupida ad abbassare così la guardia. 
Una risata acuta interruppe il silenzio che si era creato in sala. Hisoka, appoggiato alla parete di fondo della stanza, mi guardava canzonario, negli occhi impresso un messaggio che solo io potevo decifrare: '' sei in trappola''.
-Lo sapevo che eri una ragazza..- 
Mewnchi mi guardò fisso, mentre il mio cuore prese a battere all'impazzata. -I tuoi movimenti erano troppo femminili per essere di un uomo.- 
Accidenti un'altra volta. 
-Su, ora tornate sui fornelli. Vi rimane un'altra ora. Svelti, forza!- 
Senza guardare nessuno e con lo sguardo basso tornai alla mia postazione, la presenza di Kurapika di fianco a me che era come un macigno sullo stomaco. 
-E' così sei una ragazza- affermò Leorio, guardandomi attentamente. -Che sciocco, come ho fatto a non accorgermene prima?- 
Il sorriso sul suo volto mi fece perdere qualche battito. 
-Non sei arrabbiato per avervi nascosto la mia vera identità?- gli chiesi confusa, attendendo nervosa una sua risposta. 
-Certo che no! Avrai avuto le tue buone ragioni per farlo, o sbaglio?- 
Un sorriso amaro spuntò sul mio volto, mentre annuivo alla domanda di Leorio. In poco tempo ci raggiunsero anche Gon e Killua, che mi guardavano ancora shoccati. -Allora lei non è un uomo..- disse tranquillamente il primo, il sorriso sempre gentile stampato in volto. -Quindi adesso ci puoi dire il tuo nome!- 
Annuì, sorridendo ai due bambini che mi guardavano in attesa. 
-Il mio nome è Asuka, lieta di potermi presentare- 
-Che bel nome!- esclamò il più piccolo, mentre il secondo scrollava le spalle, fingendosi indifferente. - E che bei capelli rossi!- 
I complimenti di Gon mi fecero arrossire, mentre il bambino mi tirava i capelli lisci che arrivavano fino alla base della schiena. 
-Forza voi, che aspettate a iniziare!?- ci riprese Mewnchi, guardandomi storto. 
-Non la sopporto quella- disse sottovoce Leorio, tornando a cucinare il riso.
-Guarda che ti ho sentito!- 
Tornai anche io a dedicarmi al mio piatto, gli occhi insistenti di Kurapika che sentivo ancora addosso. Non avevo la minima idea di cosa pensasse lui della scoperta di poco fa; temevo che avrebbe pensato che fossi una bugiarda e che il mio scopo fosse solo quello di ingannarli. Non avrei potuto sopportarlo. 
-Kurapika..- iniziò Leorio -vuoi smettere di fissare la nostra Asuka con sguardo sognante e concentrarti sul tuo piatto?- 
Girai di scatto la testa, notando come Kurapika fosse diventato completamente rosso. 
-S..si scusa- 
Con grandissimo sollievo notai che nei tratti del suo viso non c'era nessuna traccia di rabbia o fastidio, bensì solo un forte senso di imbarazzo. 
Fu come se il mio cuore si fosse liberato di un macigno, tanto che sorrisi felice, tornando a cucinare.

-Uffa, non me ne viene bene uno!- 
Gli sbuffi di Leorio interrompevano costantemente il mio lavoro, tanto che per un attimo mi era passata per la mente l'idea di lanciarlo fuori dalla sala con un calcio ben assestato. 
Lo guardai indispettita, mentre per l'ennesima volta gli intimavo di fare silenzio. 
Con la coda dell occhio, però, notai che dietro di lui un ragazzo aveva l'aria tranquilla, mentre preparava due diversi tipi di piatti, uno tenuto ben nascosto.
-Zitto un'attimo..- 
E prima che Leorio potesse dire qualunque cosa, Kurapika gli aveva tappato la bocca. -Hai scoperto qualcosa?- 
Quelle parole furono come una scarica elettrica, poichè erano le prime che mi rivolgeva da molto tempo. 
.P..può darsi- mi uscì un sussurro spaurito, mentre cercavo di riprendere il controllo. -Aspettate qui- 
Mi avvicinai pian piano al banco di lavoro del ragazzo pelato, che scoprii chiamarmi Hanzo. 
-Ehi tu..?- lo chiamai gentile, un piano già formato nella mia mente. 
Assunsi lo sguardo più civettuolo possibile, ricordandomi di quello fatto poco fa da Mewnchi. -Perdonami, io non so come fare e ho visto che tu sei un vero esperto in questa pietanza.. potresti darmi qualche consiglio?-
Il tono civettuoso stava funzionando; sbattei in aggiunta le palpebre, avvicinandomi a lui. -Ti prego..- lo supplicai, sperando che cascasse nella mia trappola. 
-V..va bene certo- disse imbarazzo lui, il viso completamente rosso. 
Mentre si era avvicinato per raccontarmi tutto nell'orecchio, sentivo uno sguardo carico di rabbia addosso. Non mi voltai in quella direzione, poichè ero convinta fosse quello di Mewnchi, intenta a inveirmi contro per aver usato le sue stesse carte contro di lei. 
-Un piatto di riso avente forma rettangolare e posizionato sopra di esso una fetta di pesce crudo?! Tutto qui!?- 
Stupida. Ecco cos'ero. 
Una stupida e impulsiva. Avevo appena rivelato a tutti com'era il piatto da preparare. 
Tornai immediatamente alla mia postazione con la testa abbassata per i sensi di colpa, non prestando nemmeno caso alle occhiate furenti di Kurapika; di certo era arrabbiato per aver rivelato a tutti come cucinare il sushi..
-Ottimo lavoro; peccato tu non sappia tenere la bocca chiusa- mi punzecchiò Killua, beccandosi un altro pugno in testa. 
-Ahia! Sei veramente una megera!- piagnucolò lui, guardandomi male.
-Stai zitto e inizia a cucinare, bamboccio-

-Per quanto abbiate potuto comprendere la forma, non avete la ben che minima speranza di creare un piatto anche solo lontanamente vicino a ciò che ho chiesto.- 
Il sospiro rassegnato di Mewnchi ci fece capire che eravamo in guai seri; nessuno, nemmeno Kurapika, era riuscito a soddisfare le esigenze di quella folle. Avevo come il presentimento che fossimo in un mare di guai. 
-Non vi preoccupate; fino a quando non sarà sazia potremo tentare e ritentare..- disse Leorio a me e a Kurapika, intenti a fissare attentamente le reazioni di Mewnchi.
-Sapete cosa vi dico?- iniziò lei, mettendosi le mani sulla pancia. -Mi dispiace molto, ma sono sazia-
La mascella mia cadde a terra, mentre vidi il mio stesso terrore riflesso negli occhi di tutti i settanta aspiranti Hunter riflessi nei miei.
-Che..cosa?-  
-Proprio così. La prova si è conclusa e nessuno di voi ha superato l'esame. Mi dispiace, tentate l'anno prossimo- 
Un uomo si avvicinò a Mewnchi tanto rapidamente da farla indietreggiare, gli occhi iniettati di rabbia. 
-Non può finire così..- 
La sua voce era bassa e roca, come quella di un assassino che sta per colpire. -Non posso tornare a casa e dirmi ''ok, sarà per il prossimo anno'' a causa di una stupida prova di cucina. Io voglio diventare un Bleak list Hunter, e non posso accettare di essere stato buttato fuori da una ragazzina che gioca a fare l'esperta.-
Benchè l'uomo tenesse lo sguardo fisso e deciso, la sua determinazione venne meno quando Mewnchi si alzò di scatto in piedi, puntato minacciosa il dito verso di lui. 
-Ragazzina che gioca a fare l'esperta, hai detto?!- 
La rabbia nella sua voce era tangibile. Quell'uomo aveva passando il limite. 
-E va bene..te la farò vedere io. Vi darò una dimostrazione di quanto la professione di Hunter buongustaio sia difficile; datemi un'ora e preparerò un piatto che vi farà ricredere.- 
Non ci diede nemmeno il tempo di capire appieno le sue parole che era già sparita dalla vista. 
Era inutile aspettare in piedi; mi sedetti per terra, appoggiando la schiena contro un banco lavoro. Chiusi gli occhi, cercando di riprendere il fiato dopo le due ore appena trascorse.
-Quindi possiamo sfruttare quest'ora per conoscerci meglio!- esclamò all'improvviso Gon, posizionandosi tra me e Killua. 
-Posso chiederti il motivo per cui vuoi sostenere l'esame per diventare Hunter?- 
Il mio cuore perse un battito ed automaticamente strinsi tra le mani i pantaloni di cotone.
-Il motivo, hai detto?- 
Il mio era un sussurro appena accennato, ma nella mia testa fu un urlo a squarciagola. 
-Devo vendicare una persona- 
Tutti e quattro trattennero il respiro, completamente attenti a ciò che avrei detto dopo. 
-Devo vendicare l'assassinio di una persona morta ingiustamente  a causa di un uomo spietato e senza cuore. L'unica persona a cui abbia voluto bene e che mi è stata portata via senza pietà.- 
La rabbia iniziò a scorrermi nel corpo e il fuoco iniziò a bruciarmi dentro. 
-Posso chiederti chi è questa persona?- 
Il tono di Kurapika era dolce e cauto, un balsamo per il fuoco che mi divorava dentro. 
Un sorriso duro si dipinse sulle mie labbra. -La persona che devo vendicare è mia madre.- 
Cercai di far uscire la voce più pacata possibile, ma pronunciare quelle parole ad alta voce era stata una pugnalata nel petto. Cercai di bloccare le lacrime, poichè nessuno avrebbe mai dovuto vedermi piangere. Era successo solo due volte; e due dovevano rimanere. 
-Io invece voglio diventare Hunter per incontrare il mio papà; lui è un Hunter professionista e il mio scopo è quello di trovarlo e di conoscerlo!- raccontò Gon, la leggerezza nelle sue parole. Sorrisi, rincuorata che non avesse chiesto nulla riguardo mia madre. 
Tutti guardammo Killua, attenendo la sua risposta.
-Perchè mi fissate tutti?- chiese infastidito, incrociando le braccia al petto. -Non c'è una ragione precisa. Mi annoiavo-
-Il solito superficiale..- commentò Leorio.
-Taci, vecchio!- 
-Vecchio a chi, razza di insolente!? Porta rispetto per i più grandi!- 
-Non per i vecchi rincitrulliti!- 
Kurapika cercava inutilmente di placare le acque, mentre Gon iniziò a farmi mille domande riguardanti il luogo da cui venissi, la mia età e molto altro. 
-Ti racconterò tutto dopo Gon; ora pensiamo a placare queste due scimmie-
-SCIMMIE A CHI!?- esclamarono in coro i due che litigavano, guardandomi con sguardo indignato. 
-Leorio, qual'è il motivo che ti ha spinto a diventare Hunter?- chiese Gon, salvandomi da una situazione scomoda. 
-Perchè, mi chiedi?- 
Il suo sguardo si era fatto improvvisamente sognante, mentre si era alzato in piedi, gridando -PER I SOLDI NATURALMENTE!- 
Lo guardai scettica, fissandolo intensamente. -Davvero?- 
-In realtà Leorio vuole diventare un medico- rispose al suo posto il bambino, guardando tranquillo Leorio che aveva assunto un aria terrorizzata. 
-Ma cosa vai dicendo?! Non è assolutamente vero- 
Ma mi bastò un piccolo sguardo a Kurapika per capire che Gon diceva la verità; Leorio aveva un'animo buono e gentile, corazzato da una finta aria da sbruffone e menefreghista.
Kurapika si irrigidì, lo sguardo serio e concentrato sui ricordi che dovevano essere assai dolorosi per lui.
-Lo scopo per cui voglio diventare Hunter è..- 
Ma non fece in tempo a finire la frase che un rumore assordante ci costrinse a tapparci le orecchie; Mewnchi era tornata, e si era subito messa al lavoro con la preparazione di una strana pietanza. Dopo circa dieci minuti, sbattendo la pentola sul piano lavoro, esclamò -Et voilà!- E' pronto..chi vuole assaggiare?-
Nessuno si fece subito avanti. Il riso era cosparso di uno strano ingrediente, che emanava un'odore non esattamente invitante.
-Su non fate i timidi..avanti!- 
Si girò in direzione di Kurpika, lanciandogli un sorrisino malizioso che lui però non notò.
-Lo assaggio io..- ringhiai fra i denti, dirigendomi verso di lei a passo spedito. Il suo sguardo era incuriosito e provocatorio allo stesso tempo, ed io non vedevo l'ora di emettere il mio giudizio sul suo cibo. 
Presi una grande cucchiaiata di cibo, esaminandolo accuratamente. -E' commestibile?- 
La mia domanda a fece andare su tutte le furie.
-Certo che è commestibile! Sei un'incompetente, non puoi di certo capire! Mangia e taci- 
La guardai male, tappandomi il naso e mettendomi in bocca il riso.
-Allora, com'è?- mi chiese Leorio incuriosito, mentre settanta paia di occhi erano fissi su di me.
Mi veniva da piangere. 
Per quanto mi costasse ammettere, quello era il piatto più buono che avessi mai mangiato; probabilmente se ne accorse anche lei.
-Visto? Cosa vi dicevo?.- si vantava, battendosi i pugni sul petto. -La professione di un Hunter buongustaio è complicata e talvolta anche pericolosa. Vedete il muschio che ho messo sul riso?- 
Tutti fissarono lo sguardo sul poco riso rimasto, mentre io continuavo a mangiare come un'ossessa. 
-Questo non è semplice muschio; è un muschio del corno di un ''Orso dalle grandi corna'', i cui pochissimi esemplari vivono sul monte Raul, al di là delle terre di Numera. Un gusto raffinato e rarissimo, quasi introvabile-
Tutti sbarrarono gli occhi, rimanendo a fissare sbalorditi Mewnchi.
-Quindi tu avresti passato le terre di Numera e saresti tornata in un'ora nemmeno?- chiese stranito Kurapika.
Menwnchi annuì, un sorriso vittorioso stampato in viso.
-E non credo che qui vi sia qualcun'altro in grado di affrontare questa impresa..-
Una piccola risata scappò involontaria dalla mia bocca.
-Che c'è tu, credi forse di saper fare di meglio!?- mi sfidò Mewnchi, guardandomi male. 
-Oh certamente- le risposi, sfidandola con lo sguardo. -Ti procurerò quel muschio in mezz'ora.- 
-CHE COSA!?- urlarono tutti in coro, creando una confusione pazzesca. 
-Trenta minuti a partire da..- guardai l'orologio, sorridendo poi in direzione del mio gruppo -..ora.

Ci impiegai esattamente ventotto minuti e quattro secondi. Quando entrai nella sala con il muschio non seppi contare quante mascelle abbassate c'erano; le facce di Gon e gli altri, poi, erano impagabili. Mi guardavano sbalorditi, gli occhi fuori dalle orbite. Ma ciò che mi diede più soddisfazione era la faccia indignata di Mewnchi; la sua espressione corrucciata e il viso solcato dalle rughe d'espressione non avevano assolutamente prezzo. 
-Hai imbrogliato..-
La guardai, preparata ad una frase del genere. 
-E come avrei fatto? Il muschio che hai raccolto tu, come tu stessa hai affermato, si trova solo sul corno di certi esemplari rari, che vivono oltre le terre di Numera. Assaggia pure se non ci credi-
La rabbia prese subito il posto dell'indignazione, mentre l'esaminatrice era trattenuta da Buara per le spalle. -E' autentica- confermò lui, guardando preoccupato la ragazza che cercava di liberarsi dalla sua presa. -Su Mewnchi calmati..- 
-Calmarmi!?- urlò, in preda ad un attacco isterico. -Questa bamboccia viene qui e crede di farmi impressione con i suoi trucchetti!? Non ci penso nemmeno a farmi mettere i piedi in testa da una ragazzina!- 
I suoi attacchi isterici non avevano fatto altro che provocare le mie risate, che cercavo di coprire alla meglio con le mani
-Ridi, anche?! Bene, sai cosa ti dico? Sei bocciata- 
Le mie risate si fermarono all'istante, il corpo totalmente paralizzato.
-Co..sa?- 
Non badai nemmeno al tono strozzato di Kurapika. Ero concentrata a cercare di controllarmi, per non far fuori quella oca da quattro soldi.
-Avete capito bene; Asuka è definitivamente bocciata. Puoi tornare a casa, cara- marcò bene sull'ultimo aggettivo, tanto da essere paragonabile ad un insulto.
-Tu non boccerai proprio nessuno, Mewnchi..- 
Una voce sconosciuta mi riportò alla realtà, facendomi girare la testa di scatto; un uomo anziano, con un codino bianco e vestiti stravaganti si stava avvicinando a noi, spostando lo sguardo da me all'oca.
-Cos'è successo qui?- chiese pacato, fissando intensamente Mewnchi. -Signor Presidente Netero, quale onore..-. Detto ciò, questa iniziò a raccontargli tutto; dalla prima frase che aveva pronunciato per ''accoglierci'', alla decisione presa pochi minuti fa.
-Capisco; quindi hai deciso di bocciare tutti i candidati e questa ragazza sia perchè i primi non sono riusciti a soddisfare i tuoi gusti, sia perchè questa ragazza nella sfida che lei hai lanciato ti ha ''battuta''. E' così?-
Non c'era ironia nelle sue parole, ma solo una pacata e inconsueta serietà.
-Proprio così..- affermò lei, annuendo energicamente con la testa.
-E tu Buara? Sei d'accordo?- 
L'omone ci mise qualche secondo per capire bene che si stesse rivolgendo a lui, rispondendo con un tono di sottomissione - N..no non sono d'accordo con la decisione di Mewnchi- 
Il Presidente sorrise in direzione di Buara, iniziando a meditare. Rimase fermo per qualche minuto, gli occhi chiusi e l'espressione concentrata. 
-Che ne diresti, Mewnchi..- iniziò lui, tenendo gli occhi ancora chiusi - ..di proporre un'altra sfida e dare ai partecipanti un'altra possibilità?-
Un'esclamazione di gioia seguì le sue parole, il sorriso che tornava a poco a poco sul viso dei partecipanti.
-Come vuole lei, Presidente..Il tema della prova sarà: l'uovo sodo-
Sospirai di sollievo.
-Questa si che è fortuna- disse Killua a Gon, mentre quest'ultimo esultava felice.
-Finalmente qualcosa alla nostra portata- 
Kurapika annuì alle parole di Leorio, mentre io incrociai le braccia al petto sorridendo.
-Signor Presidente, potrebbe portarci su sulla montagna laggiù?- chiese gentilmente Mewnchi al Presidente, indicando una grossa montagna al di là della palude. 
-Con molto piacere- 

Arrivati sulla cima della montagna Mewnchi, dopo averci portati sull'orlo di un burrone vi si gettò dentro, tornando con in mano un uovo dai colori strani.
-Questo è un uovo di aquila ragno..il vostro compito sarà procurarvene uno e bollirlo successivamente. Ma state attenti, la corrente del fiume che si trova sotto di voi è molto forte e potrebbe trascinarvi via in un batter d'occhio.- 
Tutti guardammo giù, non riuscendo però a vedere il fondo di quel burrone. 
-Allora, chi  si tuffa per primo?- 
Guardai Kurapika negli occhi, un sorrisino di sfida dipinto sul mio volto.
-Io per prima!- esclamai, lanciandomi senza paura nel burrone. 
-Ehi, non vale!- sentii la voce di Kurapika seguirmi, a pochi metri da me.
Mi aggrappai ad una tela con una mano, afferrando prontamente un uovo di aquila-ragno. 
-Io ho fatto- dissi a Kurapika, mostrandogli l'uovo che tenevo nella mano destra.
-Non mi hai dato abbastanza tempo- sbuffò lui, afferrando un'uovo. -Gon, Killua, Leorio; avete fatto?- chiese Kurapika ai diretti interessati.
-Si, Kurapika!- rispose contento Gon, iniziando a risalire grazie alla sua canna da pesca. 
Killua si limitò semplicemente a mostrare l'uovo, risalendo velocemente la parete di roccia. Leorio, invece, aveva avuto qualche difficoltà nel restare in equilibrio sulla tela, così sia io che Kurapika lo aiutammo. 
-Grazie ragazzi- ci sorrise lui, cercando di risalire.
-A chi arriva primo?- 
Accettai la sfida di Kurapika, partendo senza preavviso; non gli diedi nemmeno il tempo di accorgersi dei miei movimenti, che ero già arrivata in cima. 
-Mi sa che ho vinto io!- 

-Bene, ora dovrete bollire l'uovo; state molto attenti, avrete solamente un secondo per tirare fuori l'uovo, poichè se lo lascerete troppo o troppo poco la cottura non verrà perfetta e sarete eliminati. Tutto chiaro?-
Annuimmo, pronti per porre l'uovo nella grande vasca di acqua calda dove avrebbe dovuto cuocersi.
-Via!- 
Immergemmo prontamente le nostra uova nella vasca, fissandole con ansia. 
-E ora come facciamo a sapere quale sarà il momento giusto?- chiese ansioso Leorio, mentre muoveva nervosamente fra le mani il suo retino. 
Buara richiamò la mia attenzione con un piccolo colpo di tosse, facendomi un cenno con il capo.
-Ora!- dissi immediatamente, tirando subito fuori il mio uovo dalla vasca. Tutti mi seguirono prontamente, mentre Mewnchi iniziò a inveire contro Buara per averci aiutati.
-Molto bene Presidente Netero..- iniziò lei, guardando attentamente il vecchio davanti a lei -Sono soddisfatta di questa prova. Totale dei promossi, quarantadue-
Esclamazioni di gioia e felicità esplosero di colpo; Gon e Killua si diedero il cinque, mentre Leorio raggiunse me e Kurapika e ci stritolò in un abbraccio. -Senza di voi non sarei qui..grazie ragazzi- 
-Figurati- rispondemmo in simultanea io e Kurapika, sorridendoci a vicenda. 
Era bello fare parte di un gruppo, sapere di poter contare su delle persone e poterti fidare di loro. Forse ciò che mi aveva insegnato mio padre non era la verità. Forse l' Amicizia era davvero più importante di ogni altra cosa.
Salimmo tutti sul dirigibile, impazienti di intraprendere la prossima sfida. 
Si era fatta notte. Vari partecipanti dormivano profondamente, altri chiacchieravano tranquillamente fra di loro, mentre le due piccole pesti avevano deciso di andare in esplorazione sull'isola. 
Io uscii fuori, il vento che passava fra i miei capelli, dandomi una sensazione di benessere.
-E' bello il cielo sta sera, non è vero?- 
La voce di Kurapika mi raggiunse, mentre il solito rossore comparve sulle mie gote.
-Kurapika.. sei tu- 
Il ragazzo si posizionò di fianco a me, lo sguardo rivolto verso il cielo. 
Era bello. Maledettamente bello.
Mi diedi mentalmente della stupida per ilgenere di pensieri che stavo facendo; ma non riuscivo a frenarli.
Ero come incantata. Non riuscivo a staccare gli occhi da quei capelli biondi come il miele, che gli ricadevano disordinati sulla fronte e sulle spalle, dagli occhi azzurri, così tranquilli e allo stesso tempo tormentati, e da quelle labbra piccole e carnose, come petali di rose rosse.
''Ma cosa vado farneticando, dannazione?!" 
Io non avevo mai pensato a queste cose. Non mi ero mai fermata a guardare un ragazzo, tanto meno a notare se fosse attraente o meno.
Non dovevo pensare a queste cose; nella mia testa doveva esserci solo un'obbiettivo: la vendetta.
-Posso farti una domanda?- gli chiesi, uscendo da una sorta di trance e fissandolo intensamente.
-Dimmi- rispose lui, girandosi a guardarmi.
-Anche tu cerchi vendetta, non è così?- 
Le sue pupille si dilatarono, mentre uno sguardo duro prendeva il posto dell'espressione sorpresa che aveva assunto in un primo momento.
-Come riesci a capirlo?- 
Sorrisi amaramente, mettendogli una mano sul cuore per poi porre la sua sul mio.
-Ho imparato a riconoscere i sentimenti intrinsechi nel cuore delle persone. Il tuo batte esattamente allo stesso modo del mio. Ecco perchè lo so-
Kurapika assunse un'espressione triste, mentre ritraeva lentamente la sua mano e la serrava intorno al braccio libero.
-Hanno sterminato il mio clan e rubato gli occhi della mia gente, considerati una delle meraviglie del mondo. Ecco perchè voglio vendetta.-
Il cuore iniziò a battere come un forsennato, mentre la gola mi si era completamente seccata in meno di un secondo.
-Di qualche clan facevi parte?- chiesi a fatica, la voce ridotta ad un sussurro strozzato.
-Appartenevo al clan dei Kuruta.- 
Impallidì all'istante, mentre sentivo come una voragine sotto i miei piedi. 
Avrei voluto sparire all'istante, mentre le lacrime premevano per uscire.
Conoscevo bene quel clan. 
Lo conoscevo bene perchè gli occhi scarlatti che avevo appartenevano a loro. 
Lo conoscevo bene perchè avevo un legame con esso; un legame indissolubile.
Lo conoscevo bene perchè cinque anni prima, ero stata io a sterminarlo completamente.

Buongiorno a tutti! Questo capitolo è davvero LUNGHISSIMO. Non pensavo che c'è l'avrei fatta a finirlo tutto. Ma eccolo qui. Ci sono davvero tantissimi elementi nuovi. Finalmente si è scoperto della vera identità di Asuka!. Non vedevo l'ora di descrivere questa parte, sopratutto la reazione di Kurapika. Che dire poi, sulla scenata di gelosia? Temevo veramente che Asuka l'avrebbe uccisa. Kurapika non si tocca. 
Inoltre ho cercato e cercherò di sviluppare al meglio, oltre al rapporto fra il nostro biondino e Asuka, anche il rapporto d'amicizia del gruppo, aspetto che ritengo indispensabile per la buona riuscita della storia. 
E dulcis in fundo, la batosta finale. Capisco che nella vostra mente frulleranno mille idee diverse e mille ipotesi; ma non temete. Tempo al tempo. Intanto godetevi la storia e cercate di tenere bene a mente tutti i particolari, che saranno fondamentali successivamente. 
Grazie per tutto quanto. Grazie per tutte le persone che hanno letto e recensito questa storia. Vi prego di farmi sapere, anche in posta privata, le vostre impressioni, così che io possa migliorare gli aspetti in cui vengo a mancare.
INFINITE GRAZIE. Il cammino è molto lungo, ma sarà bellissimo grazie a voi. 
Un bacio, alla prossima. Koralblu!




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Capitolo 4
*** Capitolo 4 Scontri (prima parte) ***


                                                                                            Capitolo 4


Le parole di Kurapika continuavano a martellarmi in testa senza sosta, procurandomi ogni volta fitte acutissime al petto.
Il clan dei Kuruta. 
Morte.
Occhi rossi. 
Erano stati questi gli unici pensieri fissi nella mia mente quella notte. 
Per vendetta. Per vendicare l'unica persona che avessi mai amato e che mi era stata strappata via ingiustamente. 
L'unica mia ragione di vita. 
Ma era stato un madornale errore. Loro non avevano colpa per la morte di mia madre. Loro non c'entravano nulla.
 Eppure li ho sterminati  tutti. Non ho avuto pietà per nessuno; non per i bambini, che urlavano disperati chiamando la loro madre. Non per i mariti che si erano posizionati davanti alla loro famiglia, per proteggerla. Non per le donne, che correvano disperate, cercando di mettere al riparo anziani e bambini.
Non ho avuto nessuna pietà.
Mi ero trasformata in un mostro assetato di sangue e vendetta. Assetato di morte. 
E lo sono ancora. 
Ogni volta che mi guardo allo specchio non riesco a fare a meno di vedermi come quella notte. Ogni giorno combatto con il desiderio di farmi uccidere, per mettere fine al senso di colpa. 
Certe notti gli incubi sono troppo vividi e reali, e quasi mi sembra di rivivere di nuovo l'orrore di quella notte. L'unico modo per placare anche solo di un po' il dolore, è procurarmene a mia volta. 
Come ora. 
Strinsi forse la katana nel palmo della mano, assaggiando il dolore che esso mi provocava.
Me lo merito. Ecco cosa penso ogni volta. Anzi. 
Questo è niente rispetto al dolore che dovrei provare per pagare i miei peccati. Questa è solo un'altra stupidissima goccia nell'oceano. Il prezzo da pagare sarà la mia vita. Un giorno, quando avrò compiuto la mia vendetta, offrirò essa alla morte, per avere finalmente un po' di pace. 
E nel frattempo dovrò scontare la mia colpa con queste piccole gocce.
Spinsi la katana ancora più in profondità, intensificando il dolore. Le gocce di sangue bagnavano il pavimento, spargendosi davanti a me velocemente. 
Mollai la presa, chiudendo gli occhi e iniziando a tremare. 
Troppo sangue era stato versato a causa mia. 
E ora, la vista di Kurapika me l'avrebbe ricordato ogni dannato momento della mia vita. 
Ero riuscita a controllarlo, dopo anni e anni di pianti disperati e dolore inflitto a me stessa. Ero riuscita a controllare questo senso di colpa, illudendomi ingenuamente di essere stata ingannata e persuasa a fare ciò. 
Ma vedendo Kurapika, vedendo il dolore che IO gli avevo procurato, tutte le mie scuse erano crollate. 
Lui era il passato che non avrei mai scordato; il passato che mi avrebbe sempre perseguitata, ricordandomi chi ero stata, e chi sono tutt'ora: un mostro. Un essere abominevole, che non merita altro che il dolore eterno. 
Chissà cosa farebbe se sapesse la verità. Probabilmente mi ucciderebbe. Mi ridurrebbe in mille pezzi, come io ho fatto con la sue gente. Mi infliggerebbe le stesse pene, lo stesso trattamento. E io gliene sarei grata. Mi libererebbe dal tormento e dal dolore. Probabilmente lo ringrazierei, dopo averlo pregato di farlo e non esitare. 
Kurapika mi odierebbe e me lo meriterei.
 Ma solo il pensiero che lui mi guardi con occhi pieni di odio e disprezzo, anche se meritato, è qualcosa che non riusco a sopportare. 
Non posso permettere che lui scopra chi sono. 
Lui non merita altro dolore. 
Diventerò Hunter, portando a termine la mia vendetta, per poi togliermi la vita, così com'è giusto che sia. 
Ma come posso uscire fuori da questa stanza, e combattere contro i miei demoni senza che lui se ne accorga? Come posso fingere di essere sua amica, pur volendolo con tutta me stessa? Perchè vorrei davvero essere sua amica; sarebbe un dono dal Cielo. Un dono che non meriterei nemmeno in un'altra vita. Un dono troppo bello per essere vero. E pur desiderandolo con tutte le mie forze, come posso fargli questo? Come posso nascondergli che io sono l'assassina che lui cerca, e per cui agogna vendetta? Come posso nascondergli che sono io la causa della sua sofferenza e della sua solitudine? 
Non posso perdonarmi di avergli fatto del male. Non posso perdonarmi di essere io la causa dell'odio radicato nel suo cuore. 
E senza rendermene nemmeno conto, iniziai a piangere a dirotto, spossata dai singhiozzi che non davano segno di volersi fermare. Avrei voluto urlare, distruggere ogni cosa per poi rintanarmi in qualche angolo e rimanere li per sempre. Ma non potevo. 
Dovevo riprendermi e ricordarmi della mia missione: la vendetta. Avrei cercato quell'essere immondo che mi aveva ingannata e lo avrei ucciso. 
Questo era il piano che doveva essere portato a termine a qualunque costo. I demoni nel mio cuore, fino ad allora, dovevano rimanere chiusi, come avevo fatto fin'ora. Anche se sarebbe stato più difficile d'ora in poi, dovevo affrontare Kurapika senza dar segno di cedimenti. 
Fu davvero difficile, però, rialzarmi, asciugandomi le lacrime con i palmi sporchi di sangue. Mi recai in bagno, stando ben attenta a non guardare dentro lo specchio, poichè se avessi rivisto il mio viso sporco di sangue e lacrime, probabilmente sarei crollata un'altra volta.
 Restai sotto la doccia per un tempo indefinito, quasi come in una sorta di trance. Tolsi ogni residuo di sangue; il suo odore acre e metallico era stato sostituito da un profumo dolce di vaniglia. In un certo senso, però, preferivo il primo. Si addiceva di più a me, al mostro che ero.
Uscita dalla doccia, pulii il taglio sulla mano e lo fasciai con una benda, disinfettandolo prima con cura; quando finì di fare ciò, creai un piccolo omino d'acqua, con il compito di ripulire il sangue della mia ferita vicino al letto. Non avrei potuto farlo io. Ne avevo avuto abbastanza di sangue, per oggi. Quando esso tornò in bagno, capii che aveva svolto il suo compito. Esso si dissolse in una pozza d'acqua, che ripulii facendolo evaporare. 
Ritornata in camera dovevo solo vestirmi con  dei panni puliti, attenta a coprire ogni singolo taglio sia sulle braccia che sul resto corpo. Le cicatrici erano infinite, quasi avevo perso il conto. Alcune erano di pochi mesi prima, mentre altre erano vecchie di anni; alcune erano diventate rosa pallido, confondendosi con il colore della mia pelle, mentre altre, più recenti, erano ben visibili. 
Davanti allo specchio, intenta a contemplare una parte dell'espiazione della mia colpa, non vedevo una ragazza dai capelli rossi, lisci e lunghi fino alla base della schiena. Non vedevo una ragazza di diciassette anni dagli occhi verdi e grandi, le labbra carnose, il fisico magro ma allenato. Non vedevo questa ragazza allo specchio. Ciò che vedevo io era un mostro ricoperto di sangue, dagli occhi maligni e crudeli. Il mostro che ero. 
Girai il viso di lato, vestendomi con abiti leggeri e freschi per quella notte tranquilla e calda. 
Provai a chiudere gli occhi, costatando che era una pessima idea; volevo evitare quelle immagini come la peste. Presi, così, a fissare un punto indefinito del soffitto, iniziando a contare. 
Era un vecchio metodo insegnatomi dalla mamma; l'unico che riuscisse a farmi dormire, anche solo per qualche ora. 
Iniziai a sentire l'intorpimento del sonno solo dopo aver contato fino ad un milione; gli occhi iniziarono a farsi pesanti, mentre un inaspettato caldo torpore mi avvolgeva, facendomi sprofondare pian piano in un sonno, per la prima volta dopo anni, tranquillo. L'ultima immagine fissa nella mia mente fu un sorriso dolce e due occhi azzurri guardarmi con dolcezza e..amore.

A svegliarmi furono gli insistenti pugni che qualcuno stava tirando alla porta. 
-Asuka! Asuka, fannullona sei sveglia!?- gridava una voce con tono scocciato, mentre continuava a battere senza sosta il pugno sulla porta. 
-Si Killua arrivo..- biascicai, alzandomi dal letto e accorgendomi di essere completamente fradicia di sudore. -Il tempo di una doccia veloce e di vestirmi e sono da voi-
-Sarà meglio che ti sbrighi! Stiamo aspettando solo te per la colazione!- 
Che cosa avesse da sbraitare tanto quel bambino ancora non me lo spiegavo.
Dopo una breve doccia, indossai degli indumenti lunghi e coprenti, così da non mostrare nemmeno una cicatrice. Legai i capelli in una treccia, per poi uscire dalla porta. 
Presi un grosso respiro, facendomi forza. 
Dovevo ricordarmi del mio obbiettivo, e sotterrare i sensi di colpa nel più profondo del mio cuore. 
-Finalmente sei pronta!- 
Fu la voce di Gon a risvegliarmi dai miei pensieri, mentre il primo sincero sorriso dopo quella che mi era sembrata un'eternità, faceva capolino sul mio viso. 
Dietro di lui si trascinava un Killua dall'espressione decisamente scocciata e un Leorio dall'aria ancora assonnata; anche lui doveva essere stato tirato giù dal letto nello stesso modo in cui Killua aveva fatto con me. 
Cercai, invece, di non fare caso alla folta chioma bionda che mi guardava attentamente, quasi volesse mettermi a nudo. Dovevo aspettarmi una reazione del genere, dopo essere scappata via come un fulmine ed essermi rifugiata in camera mia. 
- Andiamo a fare colazione - dissi rivolgendomi a Gon, sorridendogli anche più del solito. Non volevo che nessuno si accorgesse dei sussulti del mio cuore e delle lacrime che stavano lottando per uscire.
Kurapika e tanto meno il resto del gruppo avrebbe dovuto scoprire chi ero. Dovevo proteggerli da una verità che li avrebbe distrutti. E soprattutto, dovevo proteggerli da me stessa. 

A colazione non mangiai molto, fissando attentamente le uova strapazzate nel mio piatto. 
-Non le mangi quelle?- mi chiese con la bocca piena Killua, fissandomi con occhi luccicanti. In risposta gli versai le uova nel piatto, guadagnandomi, forse per la prima volta, un sorriso di gratitudine da parte sua. 
-Dovresti mangiare qualcosa.. non va bene non fare colazione - 
La dolcezza di Gon mi disarmava tutte le volte, alleggerendo di un poco il peso sul mio cuore. 
-Lo so Gon, ma oggi non ho proprio fame.- gli risposi, mentre sentivo ancora addosso gli occhi indagatori di Kurapika.
-Ma oggi abbiamo la terza prova e chissà che cosa ci chiederanno di fare! Potremmo non mangiare per giorni e giorni! Ti prego, mangia qualcosa.-
E fu per gli occhi pieni di preoccupazione e di gentilezza di Gon che mangiai quel poco di pancetta che c'era nel mio piatto, mentre Leorio mi versò buona parte delle sue uova. Non potei nemmeno replicare, perchè una forchettata di carne mi venne ficcata in bocca a tradimento da Killua, mentre stavo per aprire quest'ultima per replicare. 
- Bamboccio, me la pagherai..- sibilai, la bocca ancora piena. Un pezzo di carne mi andò di traverso, facendomi tossire come una dannata. Leorio mi passò immediatamente un bicchiere d'acqua, battendomi la mano dietro la schiena. Quando smisi di tossire, lanciai all'albino un occhiata di fuoco.
-Killua, stai ben attento durante la terza prova, perchè giuro sulla tua testa che se trovo un burrone non ci penserò due volte a buttarti dentro..- 
Ma nemmeno il tono basso e minaccioso che usai scalfì la sua espressione beata, anzi. Un sorrisetto di sfida era dipinto sulla sua faccia, e davvero in quel momento avrei voluto prenderlo a schiaffi. 
- Provaci se ci riesci, nonnina..- mi sfidò lui.
Nonnina? 
Non ci pensai due volte a lanciargli addosso una forchetta. Peccato che il moccioso la schivò facilmente, ed essa andò a conficcarsi nella parete dietro di noi.
- Si dice che uno dei sintomi della vecchiaia sia la lentezza..- 
Stavo davvero per strangolare quel bamboccio arrogante, quando mi accorsi che la mano bendata era sul tavolo, ben visibile agli occhi di tutti. La ritrassi immediatamente, nascondendola dietro la schiena. 
Non avrei potuto nasconderlo a lungo, ma non volevo interrompere questo momento ''sereno'' insieme a loro. 
Risposi a Killua con una linguaccia, che lo fece sghignazzare. Tornò così a dedicarsi al suo piatto, rubando a Gon le salsicce e cercando non farsi beccare, mentre il più piccolo era distratto nel dare da mangiare ad un uccellino che era entrato dalla finestra. Tirai un sospiro di sollievo, costatando che anche Leorio era distratto, intento a leggere il giornale. 
Ma sapevo che non l'avevo scampata. Sentivo ancora addosso gli insistenti occhi di Kurapika, e mi bastò ciò per capire che aveva notato la mia mano. 
Non avevo nemmeno il coraggio di girarmi, e chiedendo scusa mi alzai da tavola per prendere un po' di aria fresca e allontanarmi da quegli occhi. 
Era ancora più difficile del previsto. 
-Cos'è successo alla tua mano?- 
Sussultai, sentendo la voce di Kurapika vicinissima al mio orecchio. Mi girai di scatto, trovando il suo viso a pochi centimetri dal mio. I suoi occhi erano seri e fissavano i miei con tanta intensità che placai a fatica il desiderio di retrocedere. 
-Nulla, un piccolo incidente..- provai a giustificarmi, distogliendo lo sguardo dal suo. 
-Ripeto la domanda e gradirei che tu non mi mentissi; cos'è successo alla mano?- 
La sua determinazione mi metteva a disagio, tanto che mi costò non poca fatica mentirgli, risultando il più sincera possibile. 
-Sono solo scivolata e mi sono tagliata; non volevo farvi preoccupare inutilmente. Davvero non è niente- 
Questa volta la mia scusa sembrò convincerlo, tanto che addolcì lo sguardo, prendendomi delicatamente la mano fasciata. 
-Stai attenta, per favore. La prossima volta, se dovessi farti male, vieni da me.- 
Il suo tono gentile e preoccupato erano una lama a doppio taglio; da un lato la sua preoccupazione sia mi lusingava sia mi mandava in subbuglio lo stomaco. Dall'altra, però, sapevo di non meritarmela e i sensi di colpa tornarono a galla ancora più prepotentemente. 
-Gra..zie Kurapika- dissi svelta, liberandomi della sua presa e tornando al tavolo dagli altri. Ma non feci nemmeno due passi che il braccio di Kurapika mi afferrò, facendomi girare. -Perchè sei scappata via ieri sera?- 
Il cuore inziò a battermi all'impazzata. Vedevo la delusione e la tristezza nei suoi occhi; sapevo di averlo ferito, e ciò faceva stare male anche me. Ma non potevo dirgli la verità. Così, per l'ennesima volta, fui costretta a mentirgli. -Mi sono sentita male; un piccolo conato di vomito, forse dovuto al troppo stress e a dirigibile che sobbalzava. Scusami se ti ho fatto preoccupare.-
Mi sorrise, poco convinto della mia spiegazione. Ma non chiese nulla, limitandosi a lasciare la presa e precedermi, iniziando a camminare in direzione della sala ristoro. 
-Sai..- iniziò, gli occhi rivolti verso il nostro gruppo, il più rumoroso di tutta la sala. - Siamo tutti felici che tu ti sia unita a noi. Si sono già tutti affezionati a te..- 
Le sue parole furono come un pugno nello stomaco, mentre le lacrime avevano iniziato a solcarmi le guance. Non meritavo tutto questo. 
-Resteremo insieme fino alla fine, tutti insieme. Promesso?- 
Kurapika non si girò, mentre le lacrime non davano segno di volersi fermare. 
Non li meritavo. Nessuno di loro. 
-Promesso..- 

Un autoparlante annunciò a tutti gli aspiranti Hunter di recarsi nella sala comune dopo aver raccolto le proprie cose, poichè nel giro di tre ore saremmo arrivati sul luogo della terza prova d'esame. 
Dopo aver raccattato i pochi vestiti che possedevo e fissato la katana appoggiata alla cintura, mi diressi nella sala comune, dove con gli altri avevamo accordato di vederci. 
Entrai nella sala, dirigendomi verso gli altri che se ne stavano in un angolo a parlottare. Mi unii a loro, cercando di evitare come la peste lo sguardo di Kurapika.
-Chissà che cosa dovremo affrontare questa volta..- stava dicendo Leorio, la mano sul mento e gli occhi concentrati. 
-Speriamo solo che non sia un altro esame di cucina..- sospirò Gon, mentre Killua annuiva energicamente.
-Non devi preoccuparti Gon, non è possibile che venga ripetuta una prova uguale alla precedente..- gli spiegò il ragazzo biondo con un sorriso dolce. -Vero Asuka?- 
Annuì, cercando di non guardare negli occhi il ragazzo che cercava di coinvolgermi nella conversazione. 
-ASUKA!- Urlò Gon all'improvviso, come se si fosse ricordato di qualcosa di vitale importanza. -Devi ancora dirci quanti anni hai!- 
Un piccolo sorriso spuntò sulle mie labbra, mentre gli occhi di tutti erano fissi su di me, curiosi.
-Ho diciassette anni..- risposi al bimbo, chiedendogli a mia volta quanti ne avesse lui. -Io dodici invece.. sono ancora un bambino- rispose, grattandosi la testa in imbarazzo. -Invece sei molto più maturo di tante persone che ho conosciuto-
-Dici davvero?- 
I suoi occhi si illuminarono all'istante. 
-Dico davvero..- 
Ma ovviamente quel guastafeste di Killua intervenne, dicendo che comunque rimaneva un marmocchio. 
-E sentiamo, quanti anni avresti tu?- gli chiesi indispettita, fissandolo truce. 
- Quattordici - disse orgoglioso, pavoneggiarsi.
-Rimani comunque un moccioso..- si intromise Leorio, dando il cinque a Gon. Ne nacque una gara senza fine di insulti; Leorio continuava a dare a Killua del moccioso, mentre quest'ultimo ribatteva dandogli del vecchio. 
E mentre questi due continuavano una lite senza fine, io Gon e Kurapika ridevamo come pazzi, accasciati a terra per le risate. 
Quando ero con loro i sensi di colpa sembravano sparire, sostituiti da sentimenti che non avevo mai provato. Mi sentivo leggera, senza pensieri..libera. Per la prima volta ero libera di essere me stessa, libera di ridere senza sentirmi in colpa per rubare una felicità che non meritavo. 
Quando sono con loro, tutto questo succede, come per magia. 
Forse è questo il miracolo dell'Amicizia. 

Il viaggio fu breve e in poco tempo ci ritrovammo tutti fuori dal dirigibile, sulla superficie più alta di un'enorme torre. Ad attenderci trovammo un piccolo ometto dall'aria simpatica, il quale, non appena fummo tutti vicino a lui, iniziò a parlare. 
-Benvenuti giovani aspiranti Hunter- ci accolse lui, alto non più di un metro. -La Torre Trabocchetto su cui vi trovate sarà la sede della terza prova d'esame. Il vostro compito sarà quello di scendere incolumi fino alla base della Torre. Il tempo che avete a disposizione è di settantadue ore. Buona fortuna.-
-Una Torre?- chiese stranito Gon, guardando Killua in cerca di una spiegazione. 
-Non sarà un' impresa troppo semplice?- chiese Leorio, sicuro di se.
-Affatto. Questa sfida sarà veramente difficile..- 
Tutti si girarono a guardarmi, senza capire il significato delle mie parole. 
-Ma dai! E' così semplice! Basta scendere dall'esterno. In meno di un giorno dovremmo arriv..- 
La frase di Leorio fu interrotta da un urlo disperato di uno dei concorrenti. Corremmo tutti nella sua direzione; una sorta di avvoltoio stava beccando crudelmente le carni del concorrente, che, a quanto sembrava aveva, avuto la stessa idea di Leorio. Esso cadde giù, urlando con tutto il fiato che aveva in gola. 
- Non possiamo scendere dall'esterno..- affermò Leorio, allontanandosi dal bordo della Torre. 
-Ci dev'essere per forza un modo..- 
Cercai di spremermi le meningi come non avevo mai fatto, cercando il pezzo mancante ed essenziale per la scoperta della soluzione. 
-Ho trovato!- urlai euforica dopo un po' di tempo. 
Ma sì, la soluzione era così semplice e logica da essere quasi stupida.
-Che stupida! Come ho fatto a non pensarci prima?-
-Ci vuoi dire di cosa stai parlando?- mi chiese acido Killua. 
Gli lanciai uno sguardo di tralice, prima di mettermi a carponi e iniziare a tastare il terreno. 
-Se non è possibile scendere questa torre dall'esterno, ci dev'essere per forza un'altro modo; l'unica altra opzione e scendere dall'interno, giusto?- 
Tutti e quattro annuirono, attenti alla mia spiegazione. 
-Guardate i concorrenti, non vi sembrano di meno rispetto a mezz'ora fa? -Quattro paia di occhi si girarono di scatto, dando conferma alla mia domanda. -Dunque ci dev'essere per forza un'entrata, anzi. Sospetto che siano più di una. Tastate il terreno e non perdiamo tempo-
Ci mettemmo subito alla ricerca di questa entrata, cercando un increspatura o uno spiffero d'aria. La ricerca fu estenuante, poichè il sole era alto e bruciava; i vestiti che avevo addosso, poi, non erano leggeri come quelli degli altri, poichè dovevano coprire ogni centimetro di pelle. 
-L'ho trovata!- esclamò ad un certo punto Gon, e tutti corremmo nella sua direzione. 
Provò ad alzare la ''mattonella'', ma dopo pochi secondi si abbassarono delle sbarre, impedendone il passaggio. 
-Ne può passare solo uno di qui..- disse Kurapika, osservando attentamente il meccanismo innescato. -Se vogliamo passare tutti insieme, dobbiamo trovare cinque passaggi vicini.- 
Così riprendemmo a cercare, il caldo che diventava via via sempre più insopportabile e facendomi barcollare come un'ubriaca.
-Ti senti bene, Asuka?- mi chiese gentile Leorio, porgendomi una borraccia. 
-Si Leorio, non preoccuparti..grazie infinite- 
Bevvi avidamente gran parte dell'acqua nella borraccia, scusandomi ancora con Leorio. 
-Ti ho praticamente finito l'acqua..perdonami- gli dissi mortificata.
-Non preoccuparti. L'importante è che tu stia bene.- 
Mi venne naturale sorridergli gentile e porgergli la mano, per farmi aiutare a tirarmi su. 
Sentii lo sguardo penetrante di qualcuno addosso, e quando mi girai per controllare vidi Kurapika fissarci insistentemente, per poi tornare a cercare l'entrata.
-Rimettiamoci al lavoro..- disse Leorio, fissando pensieroso Kurapika. 

-L'ho trovata!- 
Accorremmo tutti al grido di Killua in un batter d'occhio. 
-Ne hai trovate ben cinque! Ben fatto moccioso!- disse Leorio, dando il cinque all'albino. 
-Però non siamo sicuri che ci porteranno tutti sulla stessa strada..- 
Il ragazzo biondo smorzò in un attimo l'entusiasmo generale. Forse aveva ragione, ma quale possibilità avevamo?
-Non abbiamo scelta..- 
Lo guardai dritto negli occhi, sperando che capisse.
-Hai ragione..-
-Quindi cosa facciamo?- chiese Killua, l'espressione seria e concentrata. 
Gon rispose alla sua domanda in un modo che non ci saremmo mai aspettati. Aprì la prima entrata, scivolandovi dentro. 
-Ecco a te la risposta, moccioso- 
Scendemmo tutti e quattro nel tunnel, trovando Gon che osservava uno strano ripiano a pochi metri da lui. 
-Beh, è stata una breve separazione..- ironizzò Leorio, concentrando poi la sua attenzione su Gon. -Che hai trovato?- 
- Sono dei bracciali che dobbiamo indossare. Sono molto belli- disse tutto contento, ammirando il bracciale appena indossato al polso. 
Kurapika si avvicinò al ripiano, notando che sopra vi era una piccola bacheca. 
-La via della decisione a maggioranza..- iniziò a leggere - voi cinque dovrete ultimare il percorso che vi condurrà alla meta, procedendo per scelte stabilite dal voto espresso dalla maggioranza.- 
Ognuno di noi prese un bracciale e lo allacciò al polso. Non appena tutti i bracciali furono posizionati, sulla destra si aprì una porta che prima era nascosta.
-Guardate, si è aperta una porta!- 
Gon era concentrato ma allo stesso tempo su di giri. Non avevo mai visto un bambino tanto tranquillo nel sapere di dover affrontare certi pericoli; era davvero unico nel suo genere. 
-Calma Gon, prima dobbiamo scoprire a cosa servono questi pulsanti..- lo frenò Leorio, toccando ripetutamente il bracciale. 
-Fermo!- urlai, bloccandogli la mano. -Toccando i pulsanti a caso potresti far scattare delle trappole nascoste- 
Leorio si grattò la testa in imbarazzo, scusandosi per la sua impulsività.
Kurapika sospirò e girandosi verso di me disse che non c'era tempo da perdere, e che avremmo scoperto tutto strada facendo. 
All'improvviso si sentì un rumore metallico, seguito da una voce sconosciuta che inziò a parlare. -Benvenuti nella via della decisione a maggioranza. Nella torre sono stati preparati numerosi percorsi e a voi è toccato uno dei più complessi e difficoltosi. Vi auguro di avere successo e state attenti ai trabocchetti.-
La voce smise di parlare, facendo cadere il silenzio tra di noi.
-Fantastico..- mormorò sarcastico Killua, iniziando a camminare in direzione della porta. -Vogliamo muoverci?- 
Iniziammo anche noi a camminare, stando dietro al bambino. Quando tutti passammo la porta, essa si chiuse, lasciandoci nel buio quasi totale. 
-Aspettate, dovrei avere una torcia nello zaino..-
Poco dopo Gon tirò fuori da una tasca una piccola torcia, che ci risultò molto ultime per evitare trabocchetti nascosti. Arrivammo di fronte ad un muro su cui vi erano disegnate una croce e un cerchio.
-Se volete andare a destra premete il cerchio, per andare a sinistra croce- 
Facemmo la nostra scelta.
Tre voti destra, due sinistra.
-A destra?- sussurrò terrorizzato Leorio, guardando la porta che doveva apparirgli come una tomba infuocata. -Ma andare a destra non è pericoloso?- 
Io e Kurapika, prendendolo per le braccia, lo trascinammo nell'entrata, preceduti da Gon e Killua che parlottavano fra di loro. 
-Studi di ricerca hanno constato che le persone di fronte ad un bivio tendono ad andare a sinistra; quindi, è naturale pensare che sulla strada di sinistra,che è la più ovvia, sia stata posizionata una quantità maggiore di trabocchetti e trappole rispetto alla strada di destra.- 
- Sapientino..- mi scappò a bassa voce, ma non abbastanza. Kurapika mi lanciò un'occhiataccia, facendomi abbassare il capo imbarazzata.
In poco tempo vedemmo davanti a noi una piccola luce, che, man mano che procedevamo, divenne sempre più intensa. 
Arrivati alla fine del tunnel ci fermammo di scatto. Davanti a noi vi era una piccola pedana lunga nemmeno due metri; allo stesso modo questa pedana vi era anche dall'altra parte, e sopra vi erano ad aspettare cinque tipi incappucciati. Ma la cosa che più faceva effetto era il grosso ring sospeso in aria al centro della stanza e circondarlo il vuoto. 
Un uomo, dall'altra parte della stanza, si tolse il mantello, avanzando con aria spavalda e sicura. 
-Ben arrivati!- 
Il sorriso che aveva stampato sul volto era tutt'altro che amichevole; non preannunciava nulla di buono. Era un uomo davvero imponente, con i suoi quasi due metri di altezza e i muscoli ben accentuati. Un colosso. 
-Noi siamo stati ingaggiati dal comitato d'esame per mettervi alla prova..- iniziò a spiegare l'uomo. - Come immaginerete, voi cinque dovrete battervi con noi.  Ci si batterà uno contro uno, e ciascuno potrà disputare un solo incontro- continuò lui, l'aria sempre più spavalda e sicura. -Chi avrà totalizzato un minimo di tre punti avrà vinto questa sfida. Il tipo di competizione verrà deciso dagli sfidanti. Non è ammessa parità, e se uno dei due sfidanti dichiarerà la sconfitta, la vittoria di quell'incontro passerà immediatamente alla squadra avversaria. Tutto chiaro?-
Annuimmo tutti e cinque, i miei occhi fissi in quelli del colosso. Mi sembrava un volto familiare, ma non riuscivo a capire dove e quando l'avessi già incontrato. 
-Decidete un po' voi se accettare le sfide o no; il primo a cominciare sarò io.-
La sua aria da sbruffone mi irritava a morte; gliel'avrei fatta vedere io.
-La tua sfidante sarò io.- 
Tutti si girarono verso di me, increduli. Dall'altra parte ci furono delle grosse risate, mentre il colosso mi guardava come se fossi un uccellino da spennare. 
-Ma..ma Asuka..- provò a parlare Leorio, gli occhi sgranati dalla sorpresa. 
-State tranquilli, gli farò abbassare le penne in un batter d'occhio.-
Sorrisi al mio gruppo, rassicurando Kurapika con lo sguardo; mi guardava dubbioso, la preoccupazione evidente nei suoi occhi. -Andrà tutto bene- aggiunsi, procedendo lungo la pedana che si era allungata, gli occhi ora fissi sul mio obbiettivo. 
Arrivai sul ring in poco tempo, sentendo il rumore della pedana che si ritraeva. 
-Mi dispiace dolcezza, ma la sfida che proporrò potrebbe sfigurare il tuo bel faccino. Sei sicura di non volerti arrendere?- 
-No no, accetto tutto ciò che proporrai- risposi sicura.
Un sorriso maligno si formò sul viso dell'uomo di fronte a me, mentre iniziò a scroccarsi le nocche. 
- Io propongo una sfida all'ultimo sangue. Vince chi avrà fatto fuori il suo avversario.-
Credeva forse di intimorirmi?
-Ci sto.- accettai la sfida, sorridendo nella sua direzione. 
-Ne hai di fegato, eh ragazza?- mi prese in giro lui, mettendosi in posizione da combattimento. 
-Sei sicuro di non volerti arrendere?- lo provai, scatenando le risate del suo gruppo. 
-Sicurissimo, dolcezza; al massimo sei tu quella che dovrebbe arrendersi!-
Mi annoiava veramente tanto questo tipo. Parlava troppo per i miei gusti. 
Con uno scatto fulmineo, senza nemmeno che se ne rendesse conto, mi ritrovai dietro di lui, un sorriso vittorioso dipinto sul volto; non aveva scampo. Caricai al meglio il mio pugno, attenta però a non metterci troppa potenza per non ucciderlo. Il colosso fece un volo di oltre sette metri, uscendo dal ring. Ma prima che potesse cadere nel burrone lo afferrai per la caviglia, ributtandolo sul ring. 
Sentivo gli sguardi increduli di tutti puntati addosso, e per la prima volta non mi dispiaceva affatto. Per la prima volta potevo mostrare a Kurapika di che pasta ero fatta; potevo, per la prima volta, essere alla sua altezza. 
-Allora, ti arrendi?- chiesi spavalda al colosso, che a fatica si rialzò, lanciandomi uno sguardo di fuoco. 
-Tu, brutta puttana!- urlò furibondo lui, scagliandosi con violenza contro di me. 
Fu facilissimo per me schivare i suoi colpi, che erano lenti e goffi. 
-Tutto qui?- 
Provocarlo e farlo arrabbiare era troppo divertente; i suoi pugni diventavano sempre più feroci, e io con sempre maggiore agilità riuscivo a schivarli.
Dopo cinque minuti di combattimento il colosso di fronte a me si allontanò, per riprendere fiato. 
-Devo complimentarmi con te, sai? Sei davvero forte per essere solo una ragazzina- disse lui, asciugandosi il sudore dalla fronte.
-Ti ringrazio. Anche tu non sei niente male per essere solo un ammasso di muscoli senza cervello.-
La mia provocazione non sembrò andare a segno. Il colosso aveva assunto un'aria pensierosa, scrutandomi attentamente per diverso tempo. 
Il suo sguardo iniziò a preoccuparmi. 
-Beh, perchè continui a fissarmi? Stai aspettando il momento buono per arrenderti?- lo provocai, non ottenendo nessuna risposta da parte sua.
Dopo pochi minuti, che mi sembrarono eterni, il colosso sorrise raggiante, puntandomi il dito contro. 
-Ma si! Ora ricordo. Ecco dove ti ho già vista!- 
Rimasi totalmente paralizzata, il sudore freddo che mi scendeva lungo la spina dorsale. 
-Tu sei la figlia di..- 
Non gli diedi il tempo di finire la frase. 
Il suo corpo cadde a terra senza vita, in un lago di sangue. 
Il gong suonò, decretando così la mia vittoria. 
Non ero fiera di quello che avevo fatto. Non volevo ucciderlo.
 Avrei voluto far si che si arrendesse, così da non dovermi prendere un'altra vita inutilmente. Il senso di colpa tornò prepotentemente a galla, mentre gli occhi bruciavano per le lacrime che stavo trattenendo a fatica. 
Ma era stato necessario. 
Nessuno doveva scoprire la mia identità.
 Nessuno doveva scoprire di chi ero figlia. Per nessuna ragione al mondo.
 
 
Buongiorno a tutti! Abbiamo molte cose di cui discutere, perciò andiamo per ordine.
Asuka. Che dire di lei? In questo capitolo abbiamo visto la parte più sofferente e nascosta della nostra protagonista. Abbiamo ancora pochi elementi per ricostruire alla perfezione gli avvenimenti di quella notte, ma gli indizi che vi ho fornito dovrebbero farvi capire. anche se solo di poco, quanto sia staziante e doloroso per lei vivere con il peso dello sterminio di un intero clan. E' un argomento che ritroveremo, d'ora in poi, sempre più frequentemente e sempre in sviluppo.
Passiamo a Kurapika. Il nostro biondino non ha idea dell'identità della sua amica. Nessuno di loro ne ha idea. Riuscite a immaginare cosa succederebbero se lo scoprissero?
Sarebbe come far scoppiare una bomba ad orologeria. 
E che dire dei litigi fra tra Asuka e Killua? o tra Leorio e Killua? Io mi diverto un mondo a leggerli. Sono fantastici. 
Credo di aver detto tutto. Scusate per la ''cortezza'' del commento, ma non sono molto brava. 
Questa è solo la prima parte, poichè se avessi continuato con il capitolo avrei finito per scrivere la seconda Illiade. 
Ringrazio tutti coloro che fino ad adesso hanno seguito e commentato questa storia, o semplicemente chi vi ha dedicato del tempo per leggerla. Vi ringrazio davvero enormemente, perchè senza di voi ''L'odio dei puri'' non esisterebbe. 
Grazie infinite. 
A presto. Koralblu!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 Scontri (parte seconda) ***



                                                                                           Capitolo 4 ( parte seconda)

Pov Kurapika


Tutti erano in silenzio.
Asuka procedeva sulla passerella con lo sguardo basso, senza che nessuno di noi potesse riuscire a capire che cosa pensasse e come stesse. 
Non riuscivo a capacitarmi di ciò che avevo appena visto sul ring. In una frazione di secondo Asuka era riuscita a uccidere facilmente un uomo come quello contro cui stava combattendo; le sue capacità andavano oltre la media, anzi. Doveva tenere ben nascosta la sua vera forza. Ero sicuro che non avessimo visto ancora nulla di ciò che realmente sapesse fare. 
E poi c'era stato quel dialogo. Non avevo ben capito di cosa stessero parlando, ma una cosa mi aveva colpito e scosso nel profondo. Quella frase. Continuavo a ripensarci senza sosta. ''Tu sei la figlia di..''
Di chi era figlia quella misteriosa ragazza dai capelli rossi? Perchè non aveva dato tempo all'uomo di finire la frase?
-Sei stata grande Asuka!- Leorio si complimentò con la ragazza, non appena ella ebbe raggiunto la nostra pedana. 
Ma lei non rispose, continuando a tenere lo sguardo basso e le braccia strette al corpo. 
C'era qualcosa che non andava, e anche Gon e Killua dovevano essersene, poichè fecero segno a Leorio di tacere. 
- Stai bene Asuka?- azzardò timidamente Gon. 
Il bambino ottenne come unica risposta un cenno del capo, mentre Asuka riprese a camminare, per poi accovacciarsi in un angolo buio della sala, il viso nascosto dalla folta chioma rossa. 
Avrei voluto fare qualcosa. Il mio istinto mi gridava di andare da lei e stringerla. Quella ragazza non era così forte come voleva far credere. Il suo cuore era come il mio; ricolmo di odio e vendetta. Due anime tormentate in cerca di pace..di giustizia. 
E seppur il mio cuore mi gridasse di fare ciò, il mio corpo era immobile, ancorato saldamente al terreno. 
Leorio mi guardò preoccupato, facendomi un cenno con la testa di andare da lei. 
Ma negai. 
Per quanto mi facesse male, dovevamo concentrarci sulla sfida e lasciare Asuka in pace. Non dovevamo darle fretta. Quando avrebbe voluto raccontarci la sua storia, noi saremmo stati li, pronti per ascoltarla e capirla. 
Ma avevo come il presentimento che Asuka nascondesse qualcosa di davvero importante; qualcosa che avrebbe sconvolto per sempre il rapporto d'amicizia che avevamo costruito. 
Avevo paura di perderla.
E se succedesse, non potrei davvero sopportarlo.

-Allora, vogliamo darci una mossa?- ci gridò dall'altra parte della stanza uno dei quattro incappucciati, le braccia muscolose incrociate al petto. 
Annuimmo, mentre uno di loro, forse il più basso del gruppo, si apprestò a camminare sulla passerella, togliendosi il mantello solo dopo essere arrivato sul ring. 
Era un uomo piccolo e gracile, i lunghi capelli marrone chiaro che ricadevano ai lati del viso, coprendo per metà due occhi maligni e furbi. 
Quel tipo non mi piaceva per niente. 
-Lo affronterò io!- 
Tutti ci girammo verso Gon. Il bambino aveva posato il suo zaino contro una parete, già pronto per la lotta. 
-Sei sicuro Gon? Quel tipo potrebbe essere pericolos..- 
Leorio non riuscì a finire la frase, che venne interrotta da un Killua decisamente seccato. - Ha detto che andrà lui; non cercare di fermarlo. Può benissimo prendere le sue decisioni da solo- 
Leorio stava trucidando l'albino con lo sguardo; dire che avrebbe potuto bruciarlo con lo sguardo era dire poco.
-Senti tu, razza di..-
-Ha ragione Killua.- 
Per la seconda volta, Gon ci zittì tutti. Perfino Asuka aveva girato lo sguardo, per seguire la scena con più attenzione. 
-Leorio ti sono grato per la tua preoccupazione, ma non voglio essere trattato come un bambino; questa è anche la mia sfida e voglio aiutare il gruppo e contribuire alla nostra vittoria.-
Gon era davvero un bambino speciale. Non riuscivo davvero a immaginare questo gruppo senza di lui. Se tutti noi eravamo li, insieme, era solo grazie a lui. Gli dovevamo tutto.
Leorio annuì alle parole di Gon, alzando il pollice in su come segno di porta fortuna. 
Killua ed io, invece, ci limitammo ad un sorriso appena accennato, lo sguardo serio e preoccupato. 
''Stai attento Gon''.
Il bambino si apprestò a camminare sulla passerella, raggiungendo in poco tempo il ring al centro della stanza.
I  due avversarsi si scrutavano attentamente, mentre dall'altra parte della sala sentii due del gruppo parlare fra di loro.
- Ha fatto proprio una brutta fine il poveretto eh?- 
Una figura più minuta di fianco a lui annuì, guardando attentamente Asuka. 
-Quella ragazzina ha qualcosa che non mi piace.. E' come se nascondesse qualcosa di oscuro e malvagio. Mi fa rabbrividire solo guardandola.- 
Mi girai lentamente verso Asuka, trovandola nella medesima posizione di dieci minuti prima. 
Come poteva questa ragazza far rabbrividire degli individui del genere? 
Che cosa nascondeva? 
-Beh, l'importante è vincere altre due sfide, così da poter ottenere un condono di settantadue anni. Sarà un gioco da ragazzi per Sedokan battere quel ragazzino. Dobbiamo solo avere un po' di pazienza.-
Tutti quanti sentirono quelle parole, tanto che perfino Gon, concentrato nel studiare il suo avversario, si girò verso il gruppo degli incappucciati.
-Un condono? Questo significa che..- 
Già. Era come temevo. 
-Si, Leorio. Sembra siamo criminali macchiatisi di crimini gravissimi, il cui periodo di detenzione supera i cento anni. Se riuscissero nel loro intento di impedirci di uscire dalla torre trabocchetto, presumibilmente verrà ridotta loro la pena da scontare.Quindi, litigare fra noi servirà solo a fare il loro gioco- conclusi, cercando lo sguardo di Killua e Leorio. -Cerchiamo di restare più uniti possibile.-
Entrambi annuirono, concentrando lo loro attenzione su Gon e Sedokan.
-Che genere di sfida sarà la nostra?- chiese Gon al suo avversario con tono tranquillo.
-Cosa ne diresti se provassi a proporre qualcosa io?- rispose, in maniera apparentemente gentile e calma. 
A prima vista non avrei mai detto che fosse un criminale. Non percepivo nessun istinto omicida in lui; doveva avere una pericolosità totalmente differente da quella dell'avversario di Asuka. 
Asuka..
Non si era mossa dall'angolo nemmeno per un istante. Solo poco prima, durante la discussione fra Leorio e Killua la sua attenzione era stata deviata da chissà quali pensieri; ma era durato poco, poichè nel giro di pochi secondi si era di nuovo girata, sprofondando in quell'abisso da cui ci teneva lontani.
-Come potrai notare, io non ho molto fiducia nella mia prestanza fisica..- continuò Sedokan, attirando nuovamente la mia attenzione verso i due avversari - non sopporto il banale prendersi a pugni.-
-Peccato, è proprio il mio punto forte..- sospirò Gon. - non sono molto bravo a pensare, io..preferisco le cose semplici da capire.-
-Allora, credo proprio che questo gioco piacerà anche a te..-
Gon strabuzzò gli occhi, che in un batter d'occhio tornarono speranzosi come prima. Sedokan mise le mani dietro la schiena, tirando fuori due candele apparentemente uguali. 
A quella vista strabuzzai gli occhi, incredulo. Come poteva un criminale voler giocare con delle candele? 
Doveva per forza esserci un tranello. 
Gon non era la persona adatta per questa sfida. Lui era un bambino buono e ingenuo; se ci fosse stato un trucco non lo avrebbe di certo capito. 
Dannazione. Sarei dovuto andare io al suo posto. 
-Stai tranquillo, non è dinamite..sono solo delle candele- lo rassicurò Sedokan, avvicinandosi al bambino. -Il gioco è molto semplice: il primo a cui si spegnerà la candela avrà perso. Che ne dici?- 
-Sì, è facile da capire. Mi piace questo gioco!- 
Gon si era entusiasmato; anche lui si stava avvicinando al suo avversario, un sorriso sereno dipinto sul volto. 
-In tal caso..- iniziò Sedokan, scoprendo la parte finale delle candele - scegliete quella che volete.- Tutti rimanemmo di sasso; una delle due candele, infatti, era più corta dell'altra.  - Per quella corta premete il cerchio, mentre per quella lunga la croce.-
Lo sapevo. 
Me lo sentivo che c'era qualcosa che non andava.
Ci avevano teso..
-Una trappola!- urlò Leorio in preda all'agitazione, le mani che tiravano spasmodicamente i capelli. -La candela più lunga deve contenere per forza una trappola!- 
-Questo è quello che penserebbero tutti..- iniziai, riflettendo attentamente. - ciò porta all'aumento delle probabilità che il tranello si trovi nella candela più corta.-
-Si, però così..- 
-Lo so Leorio. Se iniziamo a dire così non ne usciremo mai.-
Eravamo nei guai. 
-Che facciamo allora? mi chiese teso Killua. 
-Kurapika..- mi chiamò Leorio, la voce rotta dall'indecisione. 
-Gon!- 
Ci girammo tutti nella direzione di quella voce, gli occhi sgranati per la sorpresa. -La decisione spetta a te; ci fidiamo del tuo istinto selvaggio. Scegli tu quale candela prendere!- 
Cercai insistentemente lo sguardo di Asuka. Volevo più di ogni altra cosa sapere come stesse. 
Gon si girò nella direzione della ragazza, sorridendole sorpreso.
-Sicura? Posso scegliere io?-
-Si Gon. Noi ci atterremo alla tua decisione.-
-Asuka..- 
La mia voce uscì rauca e sottile, ma bastò per richiamare la sua attenzione. 
Fu una pugnalata al cuore. I suoi occhi erano lucidi, intrisi di tristezza e tormento. C'era qualcosa che la stava divorando dentro.
-Asuka..- ripetei, avvicinandomi cautamente a lei. 
Arrivò una seconda pugnalata, quando la ragazza dai capelli rossi fece un passo indietro, guardandomi spaventata. -Non ora Kurapika..- 
La sua voce era bassa, quasi un sussurro. Ma la cosa che più mi faceva male è che essa era fredda come il ghiaccio. Senza emozioni.
Mi girai, i pugni stretti convulsamente e la rabbia che stava pian piano affiorando. 
Non sopportavo l'idea di non poterla aiutare; e ancora meno non sopportavo l'idea che fosse proprio lei a non volere aiuto. 
Avevo come l'impressione che da quella sera sul dirigibile qualcosa si fosse spezzato. Avevo paura di aver detto qualcosa che non andava o di aver fatto qualcosa che le avesse dato fastidio. 
Non era vero che andava tutto bene.
 C'era come un muro fra di noi ed io non potevo sopportarlo. 
-Bene, allora io scelgo la candela più lunga..- 
L'attenzione di tutti fu rivolta verso le parole di Gon, che ci lasciarono perplessi. 
-Posso sapere il motivo della tua scelta?- chiese stranito Sedokan. 
-E semplice..- iniziò il bambino, guardando tranquillo l'avversario davanti a se. -La candela che ho scelto, essendo più lunga, ci metterà meno tempo a spegnersi.-
La bocca di tutti era spalancata; perfino Asuka era rimasta sconcertata dalle sue parole. 
L'ingenuità di quel bambino era veramente disarmante. 
-D'accordo..- sorrise Sedokam, camminando verso due pilastri che contenevano del fuoco. -Al mio tre accendiamo la candela. Pronto?-
Gon annuì, iniziando anche lui a dirigersi verso il fuoco. 
-Uno..due..- 
Tutti stavamo trattenendo il fiato, concentrati sulla scena davanti ai nostri occhi. 
-..Tre!-
Entrambi accesero le proprio candele contemporaneamente. Gon tornò felice al posto in cui si trovava prima, guardando gioioso la propria candela. 
Ma lo sguardo soddisfatto con cui Sedokan guardava il bambino non era affatto incoraggiante; e bastò un occhiata al viso corrucciato di Asuka affinchè i miei sospetti avessero conferma. 
E nel giro di pochi secondi la fiamma della candela di Gon iniziò a divampare, mentre la cera si scioglieva come burro sotto il sole. 
-Ma cosa diavolo sta succedendo?! Lo sapevo che la candela più lunga conteneva un trabocchetto!- urlò Leorio in prenda alla rabbia e al panico. 
-Se continuerà così, ci vorranno meno di tre minuti prima che la candela si spenga totalmente..siamo nei guai-
Non potei fare altro che dare ragione a Killua, mentre guardavamo impotenti la scena davanti a noi. Gon continuava a dimenarsi e urlare per il dolore alle dita. 
-E' diventata più corta di un pollice..- 
La voce preoccupata di Killua non era affatto un buon senso. Avevo come la sensazione che avremmo perso questa sfida.
Bastarono trenta secondi per far mollare la presa a Gon; la candela cadde a terra, fortunatamente ancora accesa grazie al fiume di cera che era colato.
Successe tutto in un secondo. 
Gon sorriso all'improvviso e con uno scatto fulmineo si avvicinò alla candela di Sedokan, soffiandoci sopra. 
Il gong suonò, decretando così la nostra vittoria. 
Leorio e Killua saltarono, urlando per la felicità, mentre Asuka chiuse gli occhi, sorridendo felice. 
Mi incantai, beandomi del torpore che il suo sorriso mi stava donando. E automaticamente, come se le sue azioni fossero strettamente legate alle mie, mi ritrovai a sorridere anch'io, il cuore che batteva all'impazzata. 
Gon tornò sulla piattaforma, battendo il cinque a tutti e abbracciando la ragazza dai capelli rossi. 
-Stai meglio?- le chiese dolce, guardandola negli occhi.
- Sto meglio Gon, non preoccuparti.- gli rispose lei, accarezzandogli la testa. 
Sorrisi, intenerito dal rapporto di affetto che si era creato fra i due. Sembravano quasi fratello e sorella. Gon era l'unico che riuscisse a farla sempre sorridere. 
Il sorriso svanì immediatamente dal mio viso, sostituito da una smorfia di fastidio e tristezza. 
Già. Solo Gon riusciva a far sorridere davvero Asuka. Solo lui. 
Al contrario, avevo come l'impressione che quando Asuka mi guardasse si sentisse a disagio, come se ci fosse qualcosa che le impedisse di aprirsi totalmente con me. 
Questa cosa mi stava dilaniando dentro. 
Avevo sicuramente sbagliato qualcosa con lei, e il fatto che non volesse nemmeno farsi toccare da me lo dimostrava. 
Avevo bisogno di parlarle e chiarire tutto. 
Lei era importante per me. Era parte del mio gruppo. 
Era mia amica. 
Amica. 
Perchè questa parola mi dava fastidio? Perchè sentivo di stare mentendo a me stesso?
- Sei stato bravissimo Gon. E ora, grazie alla forza mia e di Kurapika vinceremo sicuramente i prossimi due incontri.-
Killua fulminò con lo sguardo Leorio e pestandogli il piede con forza. 
-E io scusa!?- sbuffò indignato Killua, tappandosi le orecchie a causa delle forti urla di Leorio. 
-Se ti prendo!- urlò furibondo quest'ultimo, saltellando come un coniglio sul piede buono e cercando di afferrare l'albino. 
In un altro momento mi sarei sicuramente piegato in due dalle risate; ma ora no. 
In questo momento i miei pensieri erano concentrati totalmente su Asuka. 
La ragazza non mi guardava; teneva gli occhi fissi sul ring e sulle macchie di sangue ormai asciutte dell'uomo che aveva ucciso. 
-Non dovresti commettere un errore così grossolano, ricorrendo a questi trucchetti..- 
Un uomo dall'aria imponente rimproverò Sedokan, che era appena tornato sulla piattaforma. -Va bene..- continuò, portando gli occhi sul nostro gruppo. - Il prossimo sono io.-
Era l'occasione perfetta. 
Dovevo assolutamente concentrarmi su qualcosa che non fosse Asuka, altrimenti i miei nervi sarebbero saltati. 
-Perfetto. Il tuo sfidante sarò io.- 
Mi feci avanti, camminando sulla passerella. Lo stesso fece l'uomo davanti a me, il quale, non appena raggiunse il ring, si tolse il mantello, rivelando tutta la sua imponenza. 
-Fin'ora ho ucciso diciannove persone..- disse lui, indicando i cuori che aveva disegnati su un pettorale. - Ma io odio il numero diciannove, mi urta il sistema nervoso- 
E mentre pronunciava queste parole, l'uomo di fronte a me iniziò a scroccarsi le dita. -Perciò ora sono contento, poichè ho trovato la mia ventesima vittima. Purtroppo io non riesco a entusiasmarmi fino a che non vedo sangue, viscere e visi contorti dal dolore! Perciò ti avverto, la sfida che sceglierò sarà un combattimento all'ultimo sangue, che finirà solo con la resa o con la morte di uno dei due.-
-A me sta bene, non c'è nessun problema.-
Non attendevo altro. Mi tolsi la tunica del mio clan, poichè mi era scomoda in combattimento, rimanendo solo con una leggera canottiera . Mi misi in posizione di attacco attendendo la mossa dell'avversario, il quale non faceva altro che fissarmi come se fossi pazzo.
In un attimo, prima ancora di sentire l'urlo di Leorio, il mio avversario caricò il pugno e partì all'attacco. Lo schivai per un pelo, le mani incrociate davanti al viso per proteggermi dai pezzi di piastrella che si erano staccati dal pavimento. 
-Che aspetti Kurapika! Ritirati, ritirati!-
Ma non sentii le parole di Leorio. Non sentii più alcun suono quando i miei occhi videro dietro la schiena di quell'uomo il ragno dalle dodici zampe. 
Tutto sembrò fermarsi. 
In un colpo le immagini di quella notte riaffiorarono, facendomi ribollire il sangue nelle vene. 
Vedevo tutto nero. 
Ricomparvero gli occhi scarlatti, l'unica cosa che ancora mi legava al mio clan. 
Ricomparve tutto l'odio e la rabbia di quella notte. 
-Beh, cosa ti succede? Hai perso completamente la voce? - mi provocò il mio avversario, uno sguardo di vittoria dipinto sul volto. -Lo so, lo capisco.. di fronte ad uno dei quattro re celesti della brigata dell'illusione, non si può che rimanere pietrificati dalla paura! Mi chiamano Majitani. Il primo pugno era per saluto, mentre dal prossimo inizierò a fare sul serio. Se vuoi ritirarti fa pure, capisco che davanti ad un membro della brigat..-
-STAI ZITTO!- 
Mi bloccai, completamente paralizzato da quell'urlo talmente rabbioso da far accapponare la pelle. Non riuscii a muovermi nemmeno quando una figura si mosse alla velocità della luce, andando a conficcare la katana dritta nel cuore del mio avversario. 
Ero pietrificato, tanto che, quando Asuka si girò, non riuscii a muovere nemmeno un muscolo per lo sconcerto. 
Perchè quando Asuka si girò verso di me, vidi che i suoi occhi avevano cambiato colore. 
Non erano più verdi. 
Erano scarlatti.
Erano uguali ai miei. 
Erano gli occhi che appartenevano al clan dei Kuruta. 
 
Buongiorno/buonasera a tutti! 
Ta daaan!
Il colpo di scena finale era immancabile eh?
Non odiatemi per aver ri-diviso quest'altro capitolo, ma davvero la terza prova è davvero lunga e i colpi di scena davvero tanti. Quindi perdonatemi, ma il capitolo quattro avrà una terza parte. 
Inziamo con ordine. 
Vi aspettavate un Pov di Kurapika? Io assolutamente no. Ho iniziato a scrivere senza rendermene conto. Spero non mi ucciderete per aver cambiato ( solo per questo capitolo) il punto di vista del personaggio. Spero di aver reso al meglio il suo personaggio, i suoi pensieri, le sue emozioni..
Povero uomo! Tormentato dall'idea di aver sbagliato qualcosa. Mi sono sentita davvero crudele. 
I litigi di Killua e Leorio mi fanno morire ogni volta. Danno quel tocco giocoso in più che riesce a spezzare la tensione. Sono felice di poterci giocare e di potervi far divertire con loro. 
Passiamo alla parte finale. Mi dispiace continuare a fare uccidere persone ad Asuka, ma in un qualche modo era necessario per fini che vedrete più avanti.
E ora arriva il momento sclero. KURAPIKA! OCCHI ROSSI! CHE COSA CAVOLO TI E' SALTATO IN MENTE?!
Far scoprire gli occhi rossi di Asuka al quarto capitolo potrebbe essere un po' azzardato, lo capisco..ma non preoccupatevi. Tutto ha un senso. 
Spero di cuore che questo capitolo vi sia piaciuto. Un enorme ringraziamento a tutti coloro che hanno letto, seguito e recensito questa storia. Davvero grazie infinite.
Al prossimo capitolo. 
Un grosso abbraccio. Koralblu!
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 4 Scontri (parte terza) ***


                                    
                                                                                       Capitolo 4  (parte terza)

Il silenzio tombale che era sceso nella sala fu rotto solamente dal suono del gong, che assegnò un' altro punto alla squadra avversaria. 
Ma non me ne importava nulla.
Il mio sguardo era incatenato a quello di Kurapika; non riuscivo a distoglierlo dal suo. 
Occhi scarlatti dentro occhi scarlatti. 
L'assassino davanti alla vittima. 
Non avrei mai voluto che lo scoprisse così.
Non avrei dovuto per nessun motivo perdere il controllo. Ma quando avevo visto quell'impostore spacciarsi per uno della brigata, non ci avevo visto più. Seppur da una parte fossero ladri e assassini spietati, dall'altra erano anche eccezionali combattenti, devoti al loro capo. Non tolleravo che uno sbruffone buono a nulla si pavoneggiasse in questo modo. 
Ma ero stata avventata.
E ora cosa avrei raccontato a Kurapika?
Di certo non avrei potuto raccontagli la verità; ma come gli avrei spiegato gli occhi rossi appartenenti alla sua tribù? Come?
Inaspettatamente il ragazzo dai capelli biondi, continuando a tenere lo sguardo nel mio, si avvicinò pian piano a me, facendo qualcosa che mai mi sarei aspettata.
Mi abbracciò. 
Sentire le sue calde braccia avvolgermi fu come se tutti i miei tormenti fossero scomparsi in un istante. 
Un brivido mi percorse la schiena, mentre gli occhi iniziarono a bruciare.
E poi, Kurapika iniziò a piangere.
Mi strinse ancora più forte, quasi avesse paura di perdermi, mentre sentivo le sue lacrime bagnarmi il collo. 
E allora nemmeno io potei bloccare l'argine che si era frantumato. Non potei bloccare le lacrime che uscirono copiose dai miei occhi. Piansi come una disperata, aggrappandomi a Kurapika con tutte le mie forze, come se lui fosse un salvagente in un mare in tempesta. 
Una parte di me urlava di gioia, felice come non lo era mai stata prima. Ma l'altra, invece, continuava a ripetermi di essere un mostro. Continuava a ripetermi che non meritavo nessuno di loro, men che meno Kurapika; continuava a ripetermi che l'unica cosa che meritavo erano soltanto il dolore e la morte.
Non sapevo quanto tempo fosse passato e nemmeno mi importava. Cercai di sopprimere il soffocante senso di colpa che stava urlando dentro di me, continuando a tenere Kurapika stretto tra le mie braccia.
Non volevo lasciarlo andare. Non mi ero mai sentita così bene come in quel momento. Avevo un disperato bisogno che lui non mi lasciasse, che continuasse a tenermi stretta a lui, anche se sapevo di non meritarlo affatto. 
Ma lui non mi lasciò. 
Continuò a tenermi stretta, mentre i nostri singhiozzi diventavano sempre più forti e profondi. 
Ci inginocchiammo entrambi, non lasciandoci nemmeno per un'istante. 
Kurapika iniziò ad accarezzarmi i capelli, il pianto che si faceva via via sempre meno copioso. Delicatamente, il ragazzo alzò la testa dalla mia spalla, dov'era stata fin'ora,  e prese a guardarmi intensamente, quasi volesse imprimere nella mia anima il suo sguardo. 
E ci riuscì.
Non mi sarei mai dimenticata di come mi guardò quella volta. 
Non mi scorderò mai il suo sguardo acceso, illuminato da una luce nuova, che mai prima d'ora gli avevo visto. Una luce che faceva risplendere il suo sguardo di una speranza e di una felicità totali. 
Lo sguardo di qualcuno che ritrova una via d'uscita, dopo anni e anni di nebbia fitta e soffocante. 
Lo sguardo di chi, per la prima volta dopo tanto dolore e solitudine, ritrova la sua casa.
-Grazie-
Bastò una semplice parola per far crollare definitivamente ogni difesa. Bastarono sei lettere per far crollare ogni muro che avevo costruito intorno a me. 
Tutti i miei piani, i miei progetti, i miei scopi andarono in frantumo dopo quella singola parola. 
Tutto il dolore, l'odio e la vendetta erano stati spazzati via in un lampo, lasciando spazio ad un senso di totalità che mai avevo provato prima.
Mi sentivo bene. 
Mi sentivo come se per la prima volta valessi qualcosa. 
Mi sentivo importante per qualcuno. 
E questo era il regalo più bello che qualcuno avesse mai potuto farmi. 
Quel grazie diceva ogni cosa. 
Grazie, perchè non sono più solo. 
Grazie per avermi dato di nuovo la speranza. 
Grazie per avermi ridato finalmente una casa.
Un grazie che valeva più di ogni altra cosa. 
Un grazie che mi fece sentire importante, ma allo stesso tempo inadeguata, meschina. 
Un grazie che non meritavo..che sapevo di non meritare. 
Ma nonostante sapessi tutto ciò, nonostante odiassi me stessa per quello che avevo fatto e che stavo facendo, sorrisi a Kurapika. 
Fu il primo vero sorriso che gli rivolsi. 
Anche se lui non poteva vederlo, in quel sorriso c'era tutto il dispiacere per ciò che avevo fatto a lui e alla sue gente. C'era tutto il rammarico per un delitto del quale non mi sarei mai liberata. 
Ma c'era anche tutta la gratitudine per avermi fatta sentire in pace, per una volta. C'era un grazie ancora più significativo del suo. 
Un grazie che avevo rivolto solo ad una persona: mia madre. 
Il ragazzo biondo mi sorrise a sua volta, alzandosi e trascinandomi su con lui, senza lasciarmi mai. Insieme iniziammo a camminare lungo la passerella, arrivando alla piattaforma in cui tutti ci fissavano allibiti, senza però dire una parola. 
Kurapika, però, non fece caso a loro, facendo altri due passi e appoggiandosi contro la parete su cui si fece scivolare. 
-Siediti con me..- mi chiese dolcemente, guardandomi come se fossi l'oggetto più prezioso del mondo. 
Ed io, come incantata, feci ciò che mi chiese senza battere ciglio, posizionandomi a fianco a lui.
Kurapika mi prese per la vita, facendomi sussultare, per poi tirarmi ancora più vicino a lui, quasi avesse un disperato bisogno di sentire fisicamente la mia presenza.
Non opposi nessuna resistenza, lasciandomi cullare dal suo profumo dolce e dal calore del suo corpo contro il mio fianco. 
Sentivo lo sguardo penetrante di tutti addosso, ma non me ne curai minimamente. Stavo così bene fra le braccia di Kurapika che, l'unica cosa che volevo, era restare li per sempre, senza dover pensare più a niente. 

-Allora, vogliamo continuare con le sfide?- 
Una voce dall'altra parte della stanza interruppe la serenità di quel momento. Kurapika non fece nemmeno caso a quella frase, continuando a tenere gli occhi chiusi e un sorriso luminoso sul volto. 
-Dateci solo un minuto!- urlò in risposta Leorio, continuando a tenere lo sguardo fisso su di noi.
-Asuka, quando questa sfida sarà finita avremo bisogno di risposte. Lo capisci, vero?- 
Annuì, riuscendo a compiere solo quel gesto, essendo le parole bloccate in gola.
Leorio annuì in risposta, richiamando l'attenzione di Gon e Killua, ancora intenti a fissarci sotto shock.
-Forza, lasciamogli un po' di privacy- sussurrò loro Leorio, dandogli una pacca sulla spalle e facendoli così girare. -Il terzo sfidante sarò io.- 
Leorio si avviò lungo la passerella, che non si era ancora ritirata, le mani in tasca e l'aria sicura. 
Dall'altra parte della sala una figura minuta iniziò ad avanzare, arrivando sul ring davanti a Leorio in poco tempo. 
Con una mossa fulminea l'avversario di Leorio si levò di dosso il mantello, scoprendo che quella figura minuta era in realtà una donna. 
Sgranai gli occhi, notando come anche Kurapika aveva  posto l'attenzione a quel colpo di scena inaspettato. 
La donna fece un risolino, sventolando la mano davanti alla faccia.
-U..una donna?- chiese sconvolto Leorio, incredulo davanti a quella figura da capelli rossi raccolti in due codini e gli occhi azzurri, vispi e maliziosi.
-Su su, non fare quella faccia; in fondo non credo che io sia la prima donna che tu abbia mai visto, o mi sbaglio?- 
Leorio spalancò la bocca, non riuscendo a formulare nessuna parola.
-Beh, che ne diresti se ti proponessi un bel gioco di scommesse?- 
Nessuno sapeva cosa rispondere, men che meno Leorio.
Che cosa intendeva?
-Che cosa intendi? Che cosa vorresti scommettere?- chiese seccato Killua, alzando la voce per farsi sentire. 
La risposta non arrivò dalla donna, bensì da un grosso tabellone che si alzò dal terreno e su cui vi erano cinque  tacche illuminate di giallo. 
ll sorriso della donna si allargò, mentre continuava a tenere lo sguardo fisso in quello di Leorio, acceso da una luce che non era affatto rassicurante.
-E' molto semplice, miei cari..- inziò la donna, passando in rassegna con lo sguardo tutti noi. - ciò che ad entrambe le squadre sta più a cuore: il tempo.-
Il tempo?
-Mi scusi signorina, ma io credo proprio di non aver capito-  disse Gon, sventolando il braccio per attirare la sua attenzione. 
La donna rise ancora, sorridendo falsamente gentile al bambino che la guardava con attenzione. 
-E' molto semplice. In questo gioco di scommesse punteremo le ore che ci restano. La puntata minima è di dieci ore, ma ovviamente se sei sicuro di vincere potrai puntare di più. Si continuerà a scommettere fino a che uno dei due gruppi non avrà finito le ore a disposizione. Il tema è libero e verrà proposto a turno.-
-Ma come facciamo se dovessimo perdere tutte le cinquanta ore?- chiese curioso Gon.
-Siete arrivati a cinquantanove ore, per cui ve ne rimarrebbero solo nove per raggiungere il punto d'incontro.- 
- E se sarete voi a finire il tempo?- 
La voce di Killua era sempre più seccata, tanto che sentii nelle sue parole un ringhio soffocato.
La donna spostò lo sguardo su Killua, guardandolo attentamente. 
-Se saremo noi a finire il tempo a disposizione, la nostra reclusione aumenterà di altri cinquant'anni. Allora, accettate?- 
Leorio si girò verso di noi, gli occhi intrisi di indecisione. 
Ma così come avevamo lasciato totale fiducia a Gon, allo stesso tempo dovevamo lasciarne a Leorio.
Bastò uno sguardo affinchè lui capisse, e rigirandosi accettasse la sfida. 
-Magnifico!- esultò la donna, avvicinandosi a Leorio con sguardo malizioso. -La prima a cominciare sarò io.- 
Tutti rimanemmo con il fiato sospeso. Perfino Kurapika ora era totalmente concentrato sulla sfida, sebbene non avesse mollato la presa sul mio fianco nemmeno per un istante. 
-Dunque, scommetteremo su questo..- iniziò la donna, guardando Leorio come un leone guarda la sua preda. - secondo te, sono un uomo o una donna?- 
Tutti rimanemmo con il fiato sospeso. guardando la donna come se fosse impazzita..
-Scusate, ma che senso ha questa scommessa?- chiese perplesso Gon.  - a guardarla è evidente che sia una donna- 
-Non è detto; in certi casi l'apparenza può ingannare- gli rispose pensieroso Killua, gli occhi chiari fissi attentamente sulla donna. 
-Tu che ne pensi?- mi chiese sottovoce Kurapika, facendomi sussultare un'altra volta. 
Mi girai a guardarlo, trovandolo intento a esaminare la situazione sul ring. 
-Non ne ho assolutamente idea..- 
Questa volta ero davvero in confusione. C'erano così tanti elementi a sostegno dell'idea che lei fosse una donna; ma la domanda a bruciapelo che aveva posto aveva insinuato il dubbio, facendo così vacillare la nostra sicurezza. 
-E tu, Kurapika?- 
Solamente dire il suo nome ad alta voce mi faceva venire la pelle d'oca. 
Il ragazzo biondo si girò verso di me, rispondendomi -Nemmeno io ho un'idea chiara della situazione. Non lo so..- 
Il dubbio lo divorava e non riuscivo a sopportare di vederlo così. Gli misi una mano sul braccio, accarezzandoglielo dolcemente.
Ma cosa stavo facendo?
-Dobbiamo fidarci di Leorio..-
Kurapika annuì, ponendo la sua mano sopra la mia. Fu come se una scarica elettrica mi attraversasse lungo tutta la spina dorsale. Ancora non riuscivo a spiegarmi come Kurapika riuscisse a farmi provare tutto ciò. 

-Ma come farò a verificare che tu dica la verità una volta fatta la scommessa?- 
La donna sorrise maliziosa, accarezzandosi i capelli. -Semplice: se vorrai, potrai controllarlo di persona.- sussurrò lasciva la donna, suscitando il mio ribrezzo.
Mi salì un conato di vomito, mentre le guance mi andarono a fuoco. Come poteva essere così poco rispettosa del suo corpo? 
Io mai prima d'ora mi ero fatta toccare o guardare intimamente da qualcuno. Il massimo del contatto fisico che avevo avuto erano stati gli abbracci con Gon e Kurapika. 
Solo l'idea che qualcuno di sconosciuto mi mettesse le mani addosso mi faceva accapponare la pelle; come poteva avere così poco pudore e rispetto per se stessa? 
-Accetto!- esordì senza nessuna esitazione Leorio, lasciandomi a dir poco sconcertata.
-Il solito sporcaccione!- sbuffò Killua, coprendo successivamente gli occhi a Gon.
Non riuscii a sostenere lo sguardo su quella scena, così posi il viso nell'incavo del collo di Kurapika. 
-Cosa ti turba?- mi chiese dolce il ragazzo, notando, però, nel suono della sua voce una punta di ironia. 
-Non riesco a concepire come una donna abbia così poco rispetto del proprio corpo tanto da scommetterci sopra..- risposi risentita, lasciando Kurapika senza parole. 
Alternò lo sguardo dalla scena sul ring al mio viso imbronciato, sorridendo. 
-Cos'hai da sorridere?- gli chiesi infastidita, scostandomi bruscamente da lui. 
Kurapika scosse più volte la testa, riavvicinandomi a lui. -Non fraintendermi, non mi sto prendendo gioco di te per ciò che hai detto, sia chiaro.- mi spiegò seriamente, incatenando il suo sguardo al mio. - Questo mondo è molto più complicato di quanto sembri; il valore della pudicizia che tu hai giustamente difeso, purtroppo, è un valore che da molto è passato in secondo piano. Non fraintendermi, non tutte sono così come l'avversaria di Leorio. Ci sono persone come te che tengono ancora alla propria dignità e al rispetto per la loro femminilità. E ti ammiro, Asuka. Ti ammiro davvero tanto per questo tuo valore. Ma non tutti la pensano così. E questo, malgrado ti sia difficile da capire, devi accettarlo. Io ho sempre lasciato vivere gli altri come meglio credevano, andando avanti per la mia strada seguendo i miei ideali e i miei valori. Fai così anche tu, senza arrabbiarti se qualcun'altro non è in linea con ciò che pensi e con ciò in cui credi. Purtroppo il mondo è fatto così, e l'unica cosa che noi possiamo fare è accettarlo e vivere secondo le nostre scelte.- 
Le sue parole mi avevano toccato nel profondo; sembravano le parole di un padre premuroso che spiegava una lezione di vita alla propria bambina. 
Mio padre era stato quasi sempre assente nella mia vita. Mi voleva bene, questo era scontato.  Ma l'unica cosa che mi aveva insegnato era stato ciò a cui mia madre si era opposta con tutte le sue forze, fino alla sua morte. Dopo che lei morì, anche lui sembrò sprofondare nell'abisso della disperazione, dimenticandosi di avere una figlia. Non mi faceva domande sui tagli che mi vedeva sulle braccia, sugli occhi perennemente gonfi o sui lividi marcati sulla mia pelle. Non avevo ricevuto nessuna consolazione da lui, nessun gesto d'affetto. Nulla di tutto ciò. Solo un massacrante allenamento per padroneggiare i miei poteri. 
E in questi pochi minuti Kurapika era stato più padre di quanto non lo fosse stato quell'uomo in tutta la mia vita. 
Un sorriso di gratitudine spuntò sul mio volto; un sorriso che Kurapika non riuscì comprendere a fondo. Perchè lui non poteva ancora capire il vuoto che mi portavo dentro a causa di quell'uomo. 
Un sorriso che venne ricambiato immediatamente, mentre la stretta sul mio fianco divenne ancora più forte.
-Ha finito..puoi tornare a guardare.-
Non rialzai subito lo sguardo, volendomi ancora beare del profumo di Kurapika. A malincuore, però, dovetti spostarmi, tornando a posare lo sguardo sui due avversari in campo.
-S..si. Posso confermare che è una donna.- disse Leorio, completamente rosso e un filo di bava che gli usciva dalla bocca.
La donna davanti a se rideva soddisfatta, mentre sul tabellone scomparvero due tacche dalla nostra colonna, andandosi a depositare su quella della squadra avversaria.
Dovetti compiere uno sforzo enorme per cercare di ignorare il sorriso languido sul volto della donna. 
''Ignorala'', continuavo a ripetermi.
-Allora, dottor Leorio..adesso tocca a te proporre la prossima scommessa. Non è così dottore?- lo provocò lei, uno sguardo che metteva i brividi.
-Basta, la vuoi fare finita con questo ''dottore''?- 
-Avanti, quanto vuoi farmi aspettare?- 
Il suo tono era apparentemente calmo e gentile, ma il mio istinto mi diceva che non c'era assolutamente da fidarsi di lei; nascondeva un aura malvagia molto potente, ed ero sicura fosse dotata di una pericolosità davvero particolare.
-Coraggio, cosa stai aspettando dottore?- 
-Aspetta, non riesco a farmi venire in mente niente!- urlò in risposta Leorio, tormentandosi i capelli con le mani.
-Ma come, sei un dottore e non sei nemmeno in grado di proporre una scommessa?- 
Le sue provocazioni stavano andando a segno, poichè Leorio si stava innervosendo sempre di più. 
Quella donna mi dava ai nervi; avrei voluto veramente prenderla a sberle.
-La vuoi smettere!? Ma quanto chiacchieri.. ''dottore'', ''dottore''. Quante volte devo dirtelo che non lo sono?!- 
Stava perdendo sempre di più il controllo, quando ormai il gioco di quella donna era chiaro.
-Mantieni la calma, Leorio. Non vedi che quella donna vuole solo provocarti?- gli urlò Killua. -Cerca di ragionare con il cervello, invece che con qualcos'altro!- 
-KILLUA!- strillai indignata, correndo a tappare le orecchie a Gon.
-Eh? Non ho capito che cosa intendevi Killua..puoi ripetere?- chiese ingenuo lui, scatenando il rossore sul mio viso. 
-Nu..nulla Gon. Killua è solo stanco e dice cose senza senso.- 
La mia scusa lasciò Gon ancora più confuso, mentre Killua stava aprendo bocca per ribattere. 
-Tu stai zitto! Ne hai già combinate abbastanza per oggi.- 
E per la prima volta, il mio sguardo omicida sembrò andare a segno, poichè l'albino abbassò il capo, tornando a fissare i due avversari in campo. 
Anche Gon, dopo avermi lanciato un'occhiata molto confusa, tornò a concentrarsi su Leorio, ignaro della discussione appena avvenuta. Feci un sospiro di sollievo, sentendo improvvisamente una presenza dietro di me. Mi girai, vedendo che il ragazzo dai capelli biondi si era alzato e mi aveva raggiunto sulla piattaforma. 
-Che cos'hai da ridere?- gli chiesi seccata, notando come le sue labbra fossero incurvate in su sorriso divertito. 
Lui scosse la testa, cercando di tornare serio, ma senza successo. 
-La tua ingenuità a volte è davvero buffa.- disse lui, facendomi irritare ancora di più. 
Mi girai offesa, incrociando le braccia al petto com'ero solita fare quando ero arrabbiata.
-Non è un insulto Asuka, anzi. Lo trovo molto dolce.- 
Il mio cuore prese a battere all'impazzata, mentre le mie guance si tinsero di un rosso porpora simile al colore dei miei capelli. 
Ma non diedi nessuna soddisfazione a Kurapika, continuando a tenere lo sguardo duro fisso sul ring. 
Il ragazzo dietro di me sospirò, facendo un'altro passo e posizionandosi così alla mia sinistra. 
-Allora, vuoi farmi invecchiare qui?- chiese la donna a Leorio, innervosendolo ancora di più. -Forse, non riesci a dare una risposta perchè non conosci così bene te stesso come credevi, o mi sbaglio dottor Leorio?- 
-Come dici!?- 
Il tono di Leorio era intriso di sorpresa e nervosismo; avevo davvero paura che quella donna avesse trovato il punto debole del mio amico.
-Che ne dici, se invertissimo i ruoli? Io il dottore e tu il paziente..- 
I suoi occhi brillavano di una luce malvagia che prima aveva sempre tenuto nascosto. Strinsi forte i pugni, poichè la voglia di saltare sul ring e riempirla di pugni era sempre più forte. 
-Sai Leorio, io riesco a capirti molto meglio di quanto tu non creda. So che sei un uomo alla'apparenza duro e forte, ma sotto sotto sei un bonaccione; un uomo che nutre un profondo rispetto e una grande fiducia verso i proprio amici. Ma c'è dell'altro; tu ti porti nel cuore un grosso trauma, una ferita che ancora oggi fa molto male.- Leorio era pietrificato, completamente paralizzato al suo posto. I suoi occhi erano vitrei, lontani, ricordando forse quel trauma che l'aveva segnato. -Non sarà che una persona alla quale volevi bene è morta a causa tua?- 
Spalancai la bocca, annaspando in cerca di aria. Kurapika di fianco a me si era irrigidito, mentre Leorio sul ring era caduto in ginocchio, schiacciato dalle parole di quella donna. 
-Allora è così!- urlo lei, lo sguardo da pazza che metteva i brividi. -Sei stato tu il responsabile di quella morte; e magari era anche tuo amico, o sbaglio?- 
-No..n è and..ata così..- biascicò come in trans il mio amico, i pugni serrati e lo sguardo basso. 
-Si invece. Tu hai lasciato morire un tuo amico. La sua morte è solo colpa tua. E il ciclo si ripete.. per colpa tua e delle tue perversioni, hai perso venti ore del vostro tempo, danneggiando non solo te stesso ma anche i tuoi amici. Guarda i loro sguardi pieni di odio! Guarda come sono uguali a quello del tuo amico prima di morire! Guarda che cosa hai combinato, Leorio- Tutto questo è solo e unicamente colpa tua!- 
Era completamente pazza. Il suo sguardo non solo metteva i brividi, ma faceva veramente paura. 
Ormai avevo capito di quale pericolosità fosse dotata; quella donna usava il terrore psicologico per destabilizzare le proprie vittime e per farle poi crollare definitivamente. 
-Avanti Leorio rialzati. Tutti noi nutriamo grandissima fiducia in te! Non farti deviare dalle parole di quella pazza!- urlai con tutto il fiato che avevo in gola al mio amico.
-Si, Asuka ha ragione! Ti prego Leorio rialzati!- mi appoggiò Gon, urlando anche lui per farsi sentire. 
-E' inutile. Tutto ciò che direte non servirà a nulla.- 
Non potevo accettare le parole di Killua, e ripresi a chiamare ripetutamente il mio amico, sostenuta da Gon e Kurapika. 
All'improvviso, però, il bambino più piccolo tirò fuori la canna da pesca e la lanciò addosso a Leorio, facendolo ruzzolare a terra.
-Allora Leorio vuoi deciderti a scegliere l'argomento della sfida!?- 
Il nostro amico si rialzò a fatica, grattandosi la parte dolorante. -Ahi ahi, che male. Eh? Scommessa hai detto? Ah già! La scommessa!- 
- Gon, la prossima volta cerca di non mirare alla testa..- 
Il tono che usò Kurapika mi fece sorridere involontariamente; ma, ricordandomi di essere arrabbiata con lui, lo cancellai subito, mascherandolo con uno sbuffo infastidito. 
-Ecco! Ci sono! Siccome non riesco a pensare a nulla mi affiderò alla fortuna; sarà una sfida alla morra cinese-
-MORRA CINESE?- urlammo in coro io, Gon e Killua, la mascella che toccava quasi il pavimento. 
-Ah, il solito incosciente..- commentò sarcastico Killua
-Perchè? A me sembra che vada bene come sfida..- chiese Gon all'albino.
-Il gioco della morra cinese non è un semplice gioco di fortuna; esso si basa sul calcolo delle probabilità, sulle percentuali e sulla psicologia..-
-Sulla psicologia hai detto? E che cosa c'entra con il calcolo delle probabilità?-
Gon interruppe Kurapika nella sua spiegazione, gli occhi marroni sempre più confusi. 
-Tenendo conto solo del calcolo delle probabilità si perde una volta su tre..gli altri due risultati possibili sono la parità e la vittoria. Questo vuol dire che in una normale sfida la percentuale di vittoria è del settanta per centro.- 
-Ma questo vale anche per l'avversario..- conclusi io al posto di Kurapika. 
-Esatto. Inoltre sorge un altro problema: Leorio in questa sfida è decisamente in netto vantaggio.-
Il suo tono si era fatto più acuto, quasi stridulo. Una vena sul collo si era fatta più pronunciata, mentre le mani era serrate a pugni.
Mi avvicinai a lui, posandogli la mano sulla spalla e guardandolo dritto negli occhi. -Calmati Kurapika. Leorio ha bisogno di noi; non agitarti, peggiorerai solo le cose.-
Le mie parole sembrarono andare a segno, poichè le spalle che prima erano contratte si rilassarono e le mani serrate si sciolsero. 
Gli sorrisi, allontanando delicatamente la mano dalla sua spalle. Ma non me lo permise. Infatti, Kurapika ci posò sopra la sua, nello sguardo una richiesta muta che, però, nella mia mente era stata urlata.
Resta.
Feci come mi chiese, le nostre mani una sopra l'altra. Il calore che sentivo avrebbe potuto sciogliere un intero ghiacciaio. Avevo paura di essere arrossita nuovamente, così con la mano libera iniziai a farmi aria al viso, chiedendo retoricamente quanto caldo facesse in quel posto. 
Gon mi rispose di non preoccuparmi e che presto ce ne saremmo andati di li, offrendomi anche di farmi aria, mentre Killua mi guardava con un sorriso sarcastico stampato in volto, che, se avessi potuto, gli avrei cancellato a suon di pugni.
-Perchè non ti togli solo il sopra della tunica Asuka? Sembra davvero pesate..- mi disse gentilmente Kurapika, diventando poi della stessa colorazione dei miei capelli. -Cioè, io non intendevo quello! Mi sono spiegato male! Killua non guardarmi così!- 
Era davvero buffo vederlo agitarsi in quel modo, il viso che era ormai viola dall'imbarazzo. 
-Io non sto insinuando nulla. Hai fatto tutto tu.. - rispose malizioso l'albino, corrugando poi la fronte non appena fissò gli occhi sul tabellone.
-Cos'è successo?- chiese ora serio Kurapika, fissando anche lui gli occhi sul tabellone.
-L'avversaria di Leorio ha puntato tutte le sue ore.- 
Cosa?!
Senza perdere un secondo mi girai anch'io nella direzione del ring, constatando che Killua non mentiva. Tutte le tacche sul tabellone della squadra avversaria lampeggiavano, segno che quella pazza stava facendo sul serio.
-Iniziamo.- incitò la donna, mettendosi in posizione
-Bim..bum..- iniziò Leorio, sventolando il pugno in aria.
Il cuore mi batteva all'impazzata, mentre le mani dei due avversari di abbassarono contemporaneamente. 
-..bam.- concluse la donna al posto di Leorio, rivelando che entrambi avevano compiuto la stessa mossa: carta.
Tirai un sospiro di sollievo, così come il resto della nostra squadra. 
Vedemmo Leorio in difficoltà, il viso corrucciato e lo sguardo pensieroso. 
-Vuoi che te lo dica? Io butterò giù carta.- 
La donna rise, mostrando la mano aperta a Leorio. Il nostro amico era, però, sempre più in crisi, le mani tra i capelli, gesto tipico di quando era completamente in palla. 
-E' facile! Se butti forbici vincerai. Su che aspetti!- gridò Gon al nostro amico, facendomi scappare un sorriso dolce. Gon era il bambino più ingenuo e buono del mondo. Lui non sapevo cosa fossero l'inganno e la menzogna.
-Stai zitto!- gli urlò in risposta Leorio, trucidandolo con lo sguardo.
Ma Gon continuava a sbracciarsi per richiamare la sua attenzione, tanto che dovette intervenire Killua, che gli bloccò le braccia e gli tappò la bocca. 
I due sfidanti si misero di nuovo in posizione, i pugni alzati alla medesima altezza. 
-Bim..bum..- dissero in coro, agitando la mano in aria. 
..-bam.- 
Non potevo crederci. 
Leorio aveva ri-gettato sasso, mentre la donna aveva la mano aperta, come aveva annunciato prima. 
-Che stupido. Te l'avevo anche detto che avrei gettato carta.-
Leorio si era trasformato in una statua di pietra; non muoveva un solo muscolo, tanto che Gon aveva afferrato con le gambe la canna da pesca, pronto per tirarla nuovamente in testa al nostro amico. 
-Beh, voglio concederti un'altra possibilità; ci giocheremo tutte le ore a disposizione e se riuscirai a vincere, vi indicheremo la strada più breve per raggiungere il punto d'incontro. Ci stai?- 
Fu come se Leorio si risvegliasse da una sorta di trans. Si girò lentamente verso di noi, chiedendo aiuto con lo sguardo. 
Cosa dovevamo fare?
Guardai prima Kurapika, poi Killua e Gon. Tutti eravamo indecisi sul da farsi, poichè se Leorio avesse perso, avremmo avuto solo nove ore per raggiungere gli altri. D'altro canto, però, se Leorio avesse vinto, avremmo avuto la possibilità di arrivare in un batter d'occhio al punto d'incontro, risparmiandoci trappole e possibili altre sfide di questo genere. Era davvero un'offerta conveniente, ma il dubbio che quella donna rifacesse il gioco meschino di prima ci faceva titubare tutti. 
Poi Killua prese la parola, lasciando tutti sorpresi.
-Senti tu, razza di imbecille. Vedi questa volta di vincere, altrimenti non esiterò un'attimo a soffocarti nel sonno.- 
Le sue parole che potevano risultare dure e sprezzanti, in realtà, avevano dissolto in un attimo i dubbi di Leorio, il quale, dopo aver alzato il pollice in su, si girò nuovamente verso il suo avversario, mettendosi in posizione di gioco. 
Pregavo con tutte le mie forze che Leorio vincesse. Dovevamo vincere. Non potevamo permetterci di perdere queste poche ore che ci erano rimaste. 
-Bim..bum..- ricominciarono i due avversari in coro, gli occhi puntati uno dentro l'altro. 
-..BAM.- urlarono, le braccia protese in avanti. 
In un attimo fu come se la terra mi crollasse sotto i piedi. 
Forbici contro carta. 
Avevamo perso. 
Le due tacche rimaste sul tabellone sparirono in un istante, mentre il nostro amico cadde in ginocchio, la testa tra le gambe. Non appena comparve la nostra passerella, non esitai un attimo a corrervi sopra e a prestare aiuto a Leorio. 
Riuscii a fatica ad alzarlo, venendo poi aiutata da Kurapika. Lo portammo sulla nostra piattaforma, facendo bere un po' d'acqua dalla borraccia. 
Era come caduto in trance, gli occhi vitrei che facevano quasi paura. 
-E' colpa mia..è tutta colpa mia..- 
Le lacrime scorrevano dai suoi occhi, mentre le mani erano serrate intorno al busto. 
Non potevo sopportare quella scena, così feci la prima cosa che mi saltò in mente. 
Gli diedi una sberla. 
Nemmeno io mi capacitai di come mi saltò in mente un gesto del genere, ma sembrò, anche se di poco, riportare il nostro amico alla lucidità.
-Guardami Leorio.- gli ordinai perentoria, premendo con forza le mani sulle sue guance e costringendolo ad alzare lo sguardo. I suoi occhi vitrei si scontrarono nei miei, duri e accesi di determinazione e serietà. 
-Non è colpa tua, Leorio. Ne questa sconfitta, ne la morte del tuo amico. Noi ti vogliamo bene, siamo tuoi amici.. non siamo arrabbiati con te. Va tutto bene. Te lo giuro. Va tutto bene..-
Fu come se il suo corpo fosse scosso da una scarica elettrica. Le lacrime si bloccarono e i suoi occhi sembrarono tornare alla normalità, la solita luce che li contraddistingueva a splendere al loro interno.-
-Grazie, Asuka..- mi disse, abbracciandomi. 
Ricambiai immediatamente quella stretta, cercando di trasmettergli tutto il conforto di cui aveva bisogno. 
Anche Gon ricambiò l'abbraccio, trascinando contro il suo volere anche Killua, mentre Kurapika ci raggiunse poco dopo, inginocchiandosi di fianco a me a circondando con le braccia sia me che Leorio. 
Sentii una sensazione nuova, strana, mai provata prima. Era come se per la prima volta facessi parte di un qualcosa che andava ben oltre la semplice alleanza. Un qualcosa che mi dava sicurezza, conforto..affetto. 
Eravamo come..una famiglia. 
Quella parola mi scosse nel profondo, tanto che rimasi destabilizzata per qualche secondo. 
Poi, la consapevolezza di ciò che avevo detto fu come un pugno nello stomaco; le lacrime  iniziarono ad uscire, sebbene cercassi in tutti i modi bloccarle e di nasconderle. 
Ma nessuno sembrò notarle, poichè tutti tenevano gli occhi chiusi, forse beandosi di quel medesimo calore che sentivo io. 
Quando l'abbraccio si sciolse, fu come se una voragine mi si aprisse nello stomaco. Ne avevo ancora bisogno. Avevo bisogno di sentire ancora quel calore familiare che mai in vita mia avevo provato. Era stato come farmi assaggiare il cibo più prelibato del mondo e avermelo subito strappato via.
Mi abbracciai da sola, sentendo una sensazione di gelo pervadermi per tutto il corpo. L'unico che se ne accorse fu Kurapika, poichè gli altri tre erano intenti a parlottare, cercando di capire che tipo fosse l'avversario di Killua. 
Con la coda dell'occhio vidi il ragazzo biondo sfilarsi il mantello della sua tunica e depositarlo sulle mie spalle. 
Mi sentii male. 
Quel mantello apparteneva al clan del Kuruta, e indossarlo era un insulto alla loro memoria. Me lo tolsi immediatamente dalle spalle, restituendolo al proprietario. 
-Sto bene.- dissi dura, allontanandomi in fretta da Kurapika. 
Sapevo di averlo ferito. Mi era bastato un veloce sguardo ai suoi occhi per capire di avergli fatto male con il mio rifiuto. 
Sapevo di non essermi comportata affatto bene con lui, ma indossare quel mantello era come indossare un masso di oltre una tonnellata. Quando quel mantello era stato sulle mie spalle, avevo sentito di nuovo nella mia mente tutte le urla e il dolore di quella notte. 
Non avrei mai potuto indossarlo. Mi faceva sentire più sporca di quanto non fossi già.
I miei pensieri furono interrotti da un suono strano, come un pugno in una parete di roccia. Alzai di poco lo sguardo, notando che l'ultimo degli sfidanti della squadra avversaria stava avanzando lentamente lungo la passerella, il viso ancora coperto e tra le mani un pezzo di roccia che stava sgretolando pian piano. 
-Killua, non puoi combattere con quell'uomo. In fondo l'esame ci sarà anche l'anno prossimo. Dobbiamo accettare la cosa, poichè in questo preciso istante ci ritiriamo dalla..EHI! MA CHE DIAVOLO STAI FACENDO?!- 
L' albino stava avanzando lentamente sulla passerella, le mani in tasca e lo sguardo annoiato. 
-Taci, vecchio. Non fermarmi ora che anch'io mi posso divertire..- 
Il tono della sua voce era seccato, ma io notai una punta di eccitazione. Questo scontro si sarebbe rivelato davvero interessante.
Quando entrambi furono arrivati sul ring, l'uomo alto sei volte Killua si tolse il mantello, facendo sussultare tutti noi. 
-Ma quel..lo.. è..- sussurrò con voce strozzata Leorio, indicando il colosso che si trovava sul ring.
-Si..quello è Jones lo smembratore.- conclusi io al posto di Leorio, gli occhi di tutti ora puntati su di me. - Si dice essere uno dei più crudeli e spietati assassini della storia.- 
-E allora?- rispose annoiato Killua, sbadigliando. -Quanta gente avrà fatto fuori?- 
-Non è certo questo il punto.-
La voce di Leorio era un fascio di nervi, mentre guardava Killua come se fosse un alieno. 
-Ufficialmente le sue vittime sono centoquarantasei, tutte fatte a pezzi con la forza smisurata delle sue mani. Si dice che le vittime furono smembrate in più di cinquanta pezzi. Nessuna esclusa. Il nome è adatto, non vi sembra? - 
Tutti si girarono, fissando quel colosso, in particolare le sue mani sporche di polvere. 
-Hai capito adesso!? Non puoi affrontare quel mostro, Killua. Non importa se dovremo ripetere l'esame. Ritirati e basta!- 
-Ti ho già detto di stare zitto, vecchio! Non mi faccio dare ordini da un buono a nulla che ha perso a morra cinese contro una donna!- 
-Questo non c'entra nulla! Non stiamo palando di questo ora, razza di asino senza cervello! Lo vuoi capire che ti farà a pezzi?-
-E tu lo vuoi capire che devi stare zitto!?- 
-Giuro su Dio che se non ti farà a pezzi lui, quando tornerai su questa dannata piattaforma ci penserò io a compiere questo enorme piacere.-
Le loro urla erano talmente fastidiose che anche Jones si tappò le orecchie, mentre gli altri due membri della squadra avversaria ridevano maligni, gustandosi i litigio fra i due. 
-Smettila, Leorio.- lo riprese duro Kurapika. - Killua sa quel che fa.-
Lo sguardo del nostro amico non era affatto convinto, ma le parole del ragazzo biondo riuscirono a farlo stare in silenzio. 
-In bocca al lupo, Killua!- urlò Gon nella direzione dell'albino, sorridendogli incoraggiante. 
-Finalmente dopo tanto tempo potrò affondare le mani nella tenera carne.- sussurrò con tono eccitato Jones, guardando Killua come se fosse una bistecca da divorare. 
Quelle parole fecero trasalire Leorio, mentre Kurapika si irrigidì all'istante.
Gli unici che sembravano tranquilli eravamo io e Gon. 
Conoscevo quell'uomo e sapevo che Killua c'è l'avrebbe fatta senza problemi.
-Quella che proporrò sarà un massacro a senso unico. Non mi  importa nulla del condono o della pena; l'unica cosa che voglio è affondare le mani nella tenera carne, gustandomi l'ebbrezza del sangue caldo scorrere sulla mia pelle. Voglio questo. Nulla di più. Ci stai?- 
Leorio era totalmente terrorizzato; anche Kurapika iniziava a preoccuparsi seriamente, tanto che urlò più volte all'albino di ritirarsi immediatamente. 
-Chi muore per primo perde, giusto?- chiese tranquillo Killua, gli occhi accessi di una luce che era tutt'altro che paura. 
-Esatto. Prima, però, devo fare un saluto ad una vecchia conoscenza.- 
Il terrore attraversò i miei occhi quando lo sguardo di Jones incontrò il mio. 
Lui mi conosceva bene. 
Avevo seriamente pensato che, non avendo proferito parola sulla mia vera identità fino a questo momento, non mi avesse riconosciuta, poichè l'ultima volta che ci eravamo visti era stata anni prima. 
- Sei cresciuta davvero molto dall'ultima volta che ci siamo visti, Asuka.-
Il respiro mi si era mozzato, mentre gli arti erano diventati completamente di pietra. Non riuscivo a muovere un muscolo, tanto meno a parlare. Gli occhi di tutti erano puntati su di me. Potevo immaginare cosa stessero pensando i miei compagni. Dovevo darmi una mossa o avrebbero finito per farsi un'idea totalmente sbagliata di questa faccenda. 
- E tu non sei cambiato minimamente da quando ti ho catturato, Jones..- 
Il mio tono sembrava tranquillo e rilassato, ma il mio corpo tremava e non potevo fare nulla per impedirlo. 
- Come sta tuo padre? E' molto che non lo vedo..- mi provocò lui, conscio di ciò che sarebbe successo se avesse rivelato ciò che sapeva e ignorando volutamente ciò che avevo detto prima
- Non posso saperlo, Jones..lo sai che sono anni che non ho più sue notizie.- 
Dovevo stare calma. Quell'uomo mi stava solo provocando, aspettando il momento adatto per far saltare la bomba. 
Killua mi guardò e basto solo un sguardo affinchè lui capisse che quell'uomo non doveva parlare oltre. 
Si posizionò dietro di lui e con uno scatto fulmineo si ritrovò dall'altra parte, nelle mani il suo cuore. Jones impiegò alcuni secondi per capire bene cosa fosse successo; si girò lentamente, guardando con orrore il suo organo nelle mani dell'albino. 
-Ri..ridammelo.- ordinò senza convinzione Jones, la voce flebile, quasi un sussurro.
La risposta di Killua fu un sorriso maligno, mentre la mano strizzò l'organo, facendolo esplodere. 
Jones, con sguardo ormai rassegnato si accasciò a terra in un lago di sangue,esalando il suo ultimo respiro.
Gon esultò felice, mentre Leorio e Kurapika guardavano Killua con gli occhi fuori dalle orbite. 
Ringraziai l'albino con lo sguardo, ricevendo come risposta un cenno del capo. La passerella scorse e tutti ci apprestammo a camminarvi sopra, raggiungendo Killua che si era già arrivato alla piattaforma avversaria. I due membri rimasti della squadra avversaria si fecero da parte, lasciandoci passare. 
Non appena varcammo la porta tirai un sospiro di sollievo. Ci ritrovammo in una stanza in cui vi erano tre divani, una libreria e un tavolino al centro. 
Gon e Killua si buttarono a capofitto sui divani, tirando fuori dai loro zaini due panini enormi e iniziando a divorarli come se non mangiassero da decenni. 
Leorio si sedette sul terzo divano, incrociando le braccia e iniziando a fissarmi. 
-Ti ascoltiamo.- 
Quattro paia di occhi si fissarono su di me e con un sospiro di rassegnazione mi sedetti, cercando di inventare una storia credibile. L'unica cosa da fare era raccontare una parte della verità, omettendo tutto ciò che potesse far insospettire Kurapika
- Mia madre apparteneva al clan dei Kuruta.- 
A quel nome, Kurapika trattenne il respiro, lo sguardo perso ma concentrato allo stesso tempo. 
- All'età di quindici anni si innamorò di un uomo affascinante e magnetico, con qualche anno in più di lei. Mia madre era solo una ragazzina, perciò vedere che uomo più grande e affascinante come lui si interessasse a lei le fece perdere totalmente la testa. La relazione, però, doveva restare nascosta, poichè secondo le regole della tribù, nessuno poteva sposare un uomo o una donna che non appartenessero ai Kuruta.- Kurapika annuì, confermando le mie parole -Così mia madre scappò con lui, e seppur con il cuore a pezzi per aver lasciato la sua famiglia e i suoi amici, era felice di poter rifarsi una vita con l'uomo che amava più di ogni altra cosa al mondo.- Feci una pausa, le mani strette fra di loro in una morsa d'acciaio. - I primi anni furono magici; quell'uomo si rivelò essere ancora più dolce e premuroso di quanto mia madre immaginasse. L'amava, tanto che abbandonò il suo losco giro d'affari  per rifarsi una nuova vita lei. Anche lui era completamente pazzo di lei; avrebbe fatto qualsiasi cosa per vederla felice. Le cose stavano andando bene, fino a che mia madre non rimase incinta e nacqui io.- mi bloccai, chiudendo gli occhi e cercando di ignorare il magone che avevo in gola. - Avevo gli stessi occhi e gli stessi capelli di mia madre. Sembravo la sua copia sputata. Non avevo preso nulla da mio padre, se non una piccola voglia a forma di farfalla sulla spalla sinistra. Mio padre stravedeva per me; ci amava più di ogni altra cosa. Ma dopo un solo anno, i soldi iniziarono a scarseggiare. Il nome di mio padre era conosciuto e temuto, perciò non riuscì a trovare nessun lavoro che potesse mantenerci. Così, dopo una litigata furiosa con mia madre, riprese il suo vecchio lavoro. Il pane tornò sulla tavola e mia madre, seppur contraria al suo lavoro, lo amava e si fidava di lui, illudendosi che non sarebbe mai cambiato e sarebbe rimasto l'uomo che amava alla follia.
In poco tempo mio padre divenne uno dei più temuti e pericolosi assassini della zona, controllando innumerevoli gruppi che svolgevano dei lavori per lui. 
Tutto mi sembrava andare per il meglio. Non sospettavo minimamente della doppia vita di mio padre e mia madre era impegnata a crescermi, ignorando volutamente ciò che suo marito faceva per mantenerci. Presto ci trasferimmo in una villa in campagna, dove vissi fino a pochi anni fa. 
Mia madre si trovò subito bene in quel nuovo posto, lontano dalla città e dalle continue voci sul conto di mio padre e dei suoi scagnozzi. Eravamo felici li.- 
Le nocche sbiancarono, mentre la mia stretta si faceva sempre più serrata. Ora arrivava il peggio, l'inizio della mia fine.
Fino a nove anni vissi spensierata, non avendo la minima idea di quale lavoro svolgesse mio padre per vivere. 
Una sera, però, sentii i miei genitori urlare come non avevano mai fatto; piansi come una disperata, battendo i pugni sulla porta per farmi aprire. 
A notte fonda le urla cessarono e mio padre aprì la porta. Mia madre era a terra che piangeva come una disperata, gli occhi rossi e intrisi di paura. Non capii che cosa mio padre le avesse fatto e iniziai a picchiarlo, per quanto potessero essere forti i pugni di una bambina di nove anni. Ma lui  non ci fece nemmeno caso, e prendendomi per mano mi costrinse a salire in macchina, sul posto del passeggero. 
Piansi, strillai, ma lui non disse e fece nulla. Era come se non fosse più il padre premuroso che era stato per quei nove anni. 
Dopo circa un'ora accostò la macchina ad un grande palazzo in città. Scese e lentamente venne ad aprirmi la portiera, guardandomi, per la prima volta dopo tutto quel tempo, negli occhi. 
Non dimenticherò mai il suo sguardo. 
Per la prima volta vidi chi era veramente mio padre. 
Mi resi conto di aver vissuto nella menzogna per tutta la vita. Mi resi conto che mio padre, in realtà, era un'assassino. 
Il suo sguardo era freddo come il ghiaccio, senza nessuna emozione. Uno sguardo che preannunciava solo una cosa: morte. 
Fu la prima volta in vita mia che provai veramente paura. Divenni pallida e iniziai a tremare, tanto da non sentire più le gambe. Mio padre mi fece scendere dall'auto e prendendomi per mano mi trascinò all'interno del palazzo, che si rivelò essere un hotel a cinque stelle. 
Ma io ero come in trance; non capivo nulla di quello che stava succedendo intorno. Non ricordo il tragitto che feci poi; ricordo solo che mi ritrovai, senza rendermene conto, davanti ad una stanza e che un signore ci venne ad aprire. Aveva l'aria superba, arrogante.. da qui capii che lui doveva essere un uomo importante, un ''pezzo grosso'' come li chiamava mia madre. Ci fece accomodare, come se ci stesse aspettando. Ma non feci in tempo a sedermi che mio padre gli aveva puntato un coltello alla gola, lo sguardo da assassino che mi fece accapponare la pelle. 
-Uccidilo.- 
Non realizzai subito ciò che disse, ancora intenta a capire cosa fosse successo. 
-Uccidilo.- mi ripetè, il tono atono e gli occhi da assassino che mi guardavano severi. -Se vuoi iniziare ad essere alla mia altezza devi farlo. Non vorrai di certo deludere tuo padre, vero Asuka?- 
Quelle parole furono come una pugnalata al petto. Mi sentivo morire.
Non avrei mai voluto uccidere una persona, io che fino al giorno prima portavo a casa gli uccellini con le ali spezzate per curarli. 
Io non ero fatta per uccidere. Ero solo una bambina. 
Ma mi bastarono quelle parole per seppellire definitivamente ciò che ero e obbedire agli ordini di mio padre. Gli volevo così tanto bene e avevo così tanta paura di deluderlo che non potei fare altro. Seppure si fosse rivelato un uomo spietato e senza cuore, lui era sempre mio padre e io pur sempre la sua piccola guerriera.
Chiusi gli occhi, affondando il coltello, che mio padre mi aveva dato, nel cuore di quell'uomo. 
-Apri gli occhi.- mi ordinò lui, il medesimo tono di poco prima. 
 E in quell'istante morì. Morì la ragazzina di nove anni che ero stata fino a quel momento. Morì la bambina buona, generosa e dolce che aiutava chiunque senza chiedere nulla in cambio. 
Morì. 
Semplicemente quella notte morì.
L'ultima frase che sentii prima di svenire fu -Sono fiero di te.- 
 E quelle parole furono come un macigno che mi portai dietro per anni e anni. 
Quando tornai a casa, non appena scesi dall'auto dopo essermi ripresa, vidi mia madre aspettarci sull'uscio della porta in lacrime 
Mi strappò via dalle mani di mio padre non appena uscimmo dalla macchina, urlandogli contro ogni sorta d'insulto.
Ricordo che mi portò in bagno e mi diede un bacio sulla fronte. Con mia madre l'argine crollò e iniziai a piangere come una disperata. Vedevo ancora il sangue di quell'uomo versato sul pavimento, i suoi occhi che imploravano pietà e il suo corpo privo di vita a terra. 
Piansi per lo schifo che provavo per me stessa e per ciò che doveva pensare mia madre di me. 
Ma lei mi disse solo -Rimarrai per sempre la mia bambina.- 
Quelle parole furono come un balsamo che lavò via ogni cosa. 
Andammo al lavandino, e prendendomi le mani iniziò a insaponarle, lavandole con cura. Sentivo, però, ancora il calore del sangue sulle mani e mia madre lo capì in un istante  poichè, spogliandomi delicatamente, mi fece entrare nella doccia, lavandomi con cura e facendomi sentire un po' più pulita.- feci una pausa, aprendo gli occhi ma tenendoli comunque bassi.- E questo è tutto ciò che c'è da sapere al riguardo.- conclusi. 
Quando finii di parlare, fu come risvegliarsi da un lungo sonno. 
Non avevo il coraggio di alzare gli occhi, poichè sapevo che nello sguardo dei miei compagni avrei visto ciò che temevo di più: disprezzo. 
Disprezzo per ciò che avevo fatto e per ciò che ero diventata. Disprezzo per il sangue di quel delitto che ancora mi sentivo addosso, come una coperta soffocante incollata alla pelle. 
Ma non ci fu. 
Perchè quando Gon mi disse di alzare lo sguardo, vidi che dai suoi occhi stavano scendendo un fiume di lacrime. Il mio cuore ebbe un sussulto e quando mi girai, notai che anche Leorio stava piangendo, mentre Killua aveva gli occhi tristi e bassi. 
In un lampo me li ritrovai addosso tutti e tre, mentre piangevano come bambini sulle mie spalle. 
-M..mi dispiace così tanto Asuka.- singhiozzava Leorio senza controllo, mentre Gon cercava di asciugarsi il pianto sulla maglia di Killua. E fu ancora più strano come l'albino non disse nulla, facendosi così sporcare da Gon.
Sorrisi, intenerita dalle reazioni di questi tre pazzi. 
Ero felice, poichè nessuno dei tre mi aveva giudicata per ciò che avevo commesso.
 Ma mancava qualcosa. 
Kurapika continuava a stare fermo al suo posto, girato di spalle così che nessuno potesse vederlo.
-Kurapika, tu non vieni?- gli chiese tra i singhiozzi Gon, aprendo le braccia per far posto anche a lui.
Ma il biondino non rispose. Continuò a stare fermo al suo posto, le spalle rigide e contratte da spasmi. 
Immediatamente i tre sciolsero l'abbraccio, guardandosi sorpresi. 
-Avanti Kurapika.. non fare il cretino e vieni anche tu qui.- gli ordinò infastidito Leorio, ricevendo la medesima risposta di Gon: il silenzio.
Leorio così si alzò, prendendo Kurapika per la spalla e facendolo girare con la forza.
E ciò che vidi frantumò il mio cuore in mille pezzi, pietrificandomi sul posto. 
Perchè gli occhi di Kurapika erano diventati scarlatti e guardavano Leorio come se volesse bruciarlo vivo. 
-Lasciami in pace!- urlò lui, scostando bruscamente la mano dalla sua spalla e andandosi a posizionare nell'angolo più lontano della stanza. 
Volevo scappare. 
Quelle pareti divennero tutto un tratto troppo piccole, tanto che iniziai a sentire un senso di soffocamento invadermi. 
-Asuka, cosa ti succede?- mi chiese preoccupato Gon, inginocchiandosi di fianco a me. 
Non riuscii a rispondere, iniziando a respirare affannosamente e sentendomi sbiancare. 
-Asuka ti prego, fai dei respiri profondi e calmati.- mi ordinò Leorio, anche lui inginocchiato di fianco a me mentre cercava di tenermi per le spalle.
Ma non ci riuscivo. Non riuscivo a calmarmi. 
Sentivo l'aria mancarmi, tanto che i respiri erano diventati singhiozzi strozzati, il sudore che mi bagnava il viso.
-Presto, portami la mia valigetta!- urlò Leorio a Killua, l'aria seria ma allo stesso tempo terrorizzata sul volto. 
Sentii un pizzico sul braccio e immediatamente un senso di intorpimento pervadermi, per farmi sprofondare sempre più velocemente in un sonno tranquillo. L'ultima cosa che vidi prima di chiudere gli occhi fu un ciuffo biondo e due occhi color del cielo.

Quando mi risvegliai tutto era immerso nel buio. Non mi mossi, cercando di capire bene cosa fosse successo. 
Ci misi un po' per mettere tutte le immagini in ordine e ricostruire i fatti. Dovevo aver avuto un attacco di panico e Leorio doveva avermi somministrato un calmante. Questo spiegava il mio atroce mal di testa. 
Poi l'immagine del ciuffo biondo e degli occhi azzurri mi fecero tornare in mente Kurapika. 
Una lacrima scappò involontaria al mio controllo; non mi presi nemmeno la briga di asciugarle, lasciando sfogare silenziosamente il dolore. 
-Sei sveglia?- 
Bastarono due parole a placare il mio pianto. 
Non mi mossi, facendo finta di dormire.
-So che sei sveglia..- 
-Che cosa vuoi?- risposi dopo un'attimo di incertezza, il tono che esprimeva tutto il mio dolore. 
-Mi dispiace per prima, non avrei dovuto reagire così.- 
Sentivo il dispiacere nelle parole di Kurapika, ma ciò, invece che rassicurarmi, non fece altro che trasformare il dolore in rabbia. 
-E per cosa?! Per avermi fatto capire ciò che pensi di me?- ringhiai sottovoce, la rabbia che non poteva più essere fermata. 
-Ma cosa stai dicendo?- 
-Dico quello che ho visto; i tuoi occhi rossi parlavano chiaro. Se ti faccio così schifo per ciò che ho fatto perchè sei ancora qui a perdere tempo con me?!- 
Non potevo guardarlo negli occhi a causa del buio, ma riuscivo a percepire dal suo respiro mozzato che era rimasto spiazzato.
-Schifo? Per quale motivo dovresti farmi schifo?- chiese sconcertato lui, muovendosi nel buio e sedendosi alla base del divano su cui ero sdraiata. 
-Perchè ho ucciso un uomo per soddisfare i desideri di mio padre. Perchè ho calpestato la mia umanità diventando un'assassina..perchè sono un mostro.- 
L'ultima frase uscì strozzata, seguita da un singhiozzo che non potei controllare. 
E senza rendermene conto mi ritrovai tra le braccia di Kurapika, stringendo la sua tunica con tutte le mie forze. La sua stretta intorno a me era forte, ma non abbastanza. Lo strinsi ancora di più, e lui capii. Capii e mi abbracciò ancora più stretta. E mentre piangevo silenziosa contro la sua spalla, lui mi accarezzava dolcemente i capelli, lasciandomi sfogare tutto il dolore.
-Tu rimarrai sempre la mia Asuka, qualunque cosa succeda.- 
Il mio pianto si fermo all'istante, mentre gli occhi si spalancarono dallo stupore. Dalla bocca non mi usciva nessun suono e sentivo la gola secca. Nel silenzio di quella stanza, oltre ai tre respiri regolari, sentivo battere come un forsennato il mio cuore e quello di Kurapika. Battevano allo stesso ritmo, alla stessa velocità, quasi fossero legati l'uno all'altro. 
Mi venne spontaneo sorridergli, anche se il buio gli impediva di vederlo. Cercai la sua mano nelle tenebre e la trovai a metà strada. 
Fu naturale per me intrecciare le mie dita alle sue, stringendo per non lasciarlo andare. 
-Resta vicino a me.- 
Non seppi nemmeno io come questa frase uscì dalla mia bocca. E ancora di più non riuscii a spiegarmi come tutto ciò mi sembrasse così naturale. 
Stavo così bene con Kurapika che non mi imbarazzai minimamente a fargli spazio sul divano e a buttarmi tra le sue braccia, senza che le nostre mani si staccassero un attimo. Fu così naturale il suo bacio sulla fronte e il suo ''buonanotte'' che, non appena chiusi gli occhi, crollai in un sonno profondo e completamente sereno, per la prima volta dopo otto anni.

Fu un fastidioso bip a interrompere quel sonno tranquillo, che mi era parso durare poco più di cinque minuti. Una luce accecante mi stava distruggendo gli occhi, che mi coprì con una mano. 
Sentivo dei risolini divertiti, ma essendo ancora mezza addormentata mi sembravano far parte di un sogno. 
Sbuffai scocciata, girandomi sull'altro fianco che sentivo ardere. 
-Sono proprio teneri.- disse una voce, troppo vicina affinchè appartenesse ad un sogno. Aprii piano le palpebre, abituandomi pian piano alla luce che mi feriva gli occhi. 
-Ben svegliata.- 
Sentii la voce di Leorio molto vicina e non appena riuscii a inquadrare il suo viso, vidi un sorriso malizioso solcare le sue labbra.
Notai come di fianco a lui anche Killua avesse il medesimo sorriso, mentre Gon mi guardava con occhi sognanti.
Ci misi poco a realizzare a cosa fossero dovute quelle facce. Non appena abbassai lo guardo, infatti, vidi Kurapika ancora addormentato di fianco a me, la nostre mani ancora intrecciate dalla sera prima. 
Saltai in piedi in un istante, facendo cadere Kurapika per terra.
-Ma cos..- disse lui, sfregandosi gli occhi ancora assonnato. 
-Buon giorno anche a te.- 
Il tono malizioso di Leorio lo fece saltare in piedi in un istante, il viso ancora più rosso dei miei capelli, mentre cercava, balbettando, di inventare una scusa.
-Si si, certo certo..- continuava a ripete Killua, mentre Leorio rideva come un pazzo e Gon aveva ancora quello sguardo sognante stampato in faccia. 
-Non p..pensate male per l'amor del Cielo! Non stavamo facendo nulla!- 
-Si si, certo certo..- ci sfotteva ora Leorio, scatenando le risate incontrollate di Killua. 
-Forza, dobbiamo andare.- dissi con voce strozzata, notando come il display su cui erano segnate le ore stava lampeggiando. 
Quasi corsi in direzione della porta aperta, prendendo al volo la mia borsa e la mia katana. 
Ero in testa al gruppo, procedendo spedita, senza girarmi. Non sapevo se temere di più gli sguardi maliziosi di Killua e Leorio o gli occhi sognanti di Gon.
Ma erano solo scuse, infondo. 
Poichè l'unico motivo per cui non volevo girarmi era l'imbarazzo che avrei provato guardando Kurapika e di cosa avrebbe pensato se avesse visto il sorriso a trentadue denti stampato sul mio viso. 

Fu difficile raggiungere l'ultima sala, poichè dovemmo attraversare innumerevoli ostacoli e trabocchetti. Sudati e stanchi, però, eravamo quasi arrivati alla fine. 
La voce metallica che ci aveva accolto e ci aveva fatto i suoi complimenti per essere arrivati quasi alla fine della sfida riprese a parlare. -Questa sarà la vostra ultima scelta a maggioranza. Davanti a voi si trovano due porte. Quella con il cerchio sopra è la più lunga e potrete passare tutti e cinque. Quella con la croce, invece, è la più corta e potrete accedere solo quando due di voi si saranno ammanettati alla parete; ciò significa che solo tre di voi potranno passare e che gli altri due concluderanno la loro prova qui.- 
Il silenzio scese dall'altra parte dell'interfono. L'istinto mi diceva che c'era di più e prima che i quattro potessero premere il cerchio, li bloccai. Dopo un minuto circa, infatti, i miei sospetti vennero confermati  e la voce metallica riprese a parlare. -Per la strada lunga impiegherete circa quarantacinque ore ad arrivare, mentre per quella corta solo tre minuti. In bocca al lupo.- 
Dannazione. Volevo davvero prendere a pugni il muro e spaccare tutto. 
-Cosa facciamo?- chiese Gon pensieroso, guardando il suo bracciale con tale intensità che temevo si sarebbe fuso.
-E' ovvio. Due di noi devono restare qui.- rispose sicuro Killua, incamminandosi verso la parete con le manette. 
-No, aspetta. Dev'esserci un'altro modo.- 
Ma nemmeno Leorio credeva alle sue parole. 
Nessuno di noi voleva rinunciare alla licenza. Tutti avevamo le nostre motivazione e i nostri piani. 
Questa prova ci sta distruggendo piano piano. 
Passavano i minuti e nessuno muoveva un muscolo. Eravamo tutti pietrificati ai nostri posti e l'unica cosa che spezzava quel silenzio pesante erano i nostri respiri veloci. Non sopportavo più quell'atmosfera, così mi diressi verso una parete e mi ci gettai contro, scivolando per sedermi a terra. L'urto, però, fece involontariamente cadere un'ascia, che evitai per poco. 
Tutti mi guardarono preoccupati, chiedendomi se andasse tutto bene. Tutti tranne Gon, che fissava l'ascia come incantato. 
-Massì!- gridò euforico lui, tanto velocemente da farci saltare in aria. 
-Ragazzi, scegliamo tutti il passaggio più lungo! Fidatevi!- 
-Ma così non raggiungeremo mai il punto d'incontro!- protestò Leorio, guardando il bambino come se fosse pazzo. 
-Fidatevi..- ripetè lui, fissandoci negli occhi uno ad uno. 
Lo feci. Premetti il cerchio e così dopo di me il resto del gruppo. Senza perdere tempo il bambino prese l'ascia e iniziò a rompere la parete in comune con l'altro passaggio. 
In un lampo il suo piano mi fu chiaro e afferrando un'altra ascia appesa al muro mi misi di fianco a lui a scavare.
Bastò poco affinchè anche gli altri capissero e ci raggiungessero, aiutandoci a scavare. Eravamo uno di fianco all'altro, come una vera squadra, scavando senza sosta per raggiungere l'altro passaggio.
In pochi minuti aprimmo un buco nell'altra parete e vi ci fiondammo dentro in un batter d'occhio. 
-Ci rimangono solo due minuti!- gridò in preda al panico Leorio, guardando lo schermo che era appeso alla parete. 
Gon saltò fuori dal passaggio in un secondo, tornando poco dopo con in mano uno scudo. 
-Tutti dentro.- ci ordinò serio, posizionandosi davanti e iniziando a spingere con un bastone.

Arrivammo al punto d'incontro tre secondi prima che il gong suonasse. 
Ci abbracciammo tutti quanti, ridendo e saltellando di gioia.
Eravamo passati. 
C'era mancato poco, ma c'è l'avevamo fatta. 
Una porta si aprì, facendo entrare la luce del sole che non vedevamo da tre giorni. Quasi mi fiondai fuori correndo, stiracchiandomi e godendomi il calore del sole sulla palle.
-E' stato letteralmente un ''o la va o la spacca''- disse ridendo Kurapika, mostrandoci le sue mani piene di calli e tagli. 
Ridemmo tutti della sua battuta, complimentandoci con Gon per la sua meravigliosa idea.
-E' stato grazie a te Asuka che ho avuto quell'idea. Alla fine gran parte del merito è tua.- 
mi disse Gon sorridendo e facendomi arrossire. 
-Non è vero Gon! Per una volta prenditi i meriti che ti spettano-
La nostra conversazione venne interrotta da un uomo che si avvicinò e di cui riconoscemmo la voce. 
- Vi faccio le mie più vive congratulazioni per aver passato anche questa sfida. Mi presento; sono Rippo, l'esaminatore di questa terza prova d'esame.- 
L'uomo schiocco le mani e subito sentimmo dietro di lui un rumore assordante. Un enorme dirigibile saltò fuori all'improvviso e Rippo ci fece segno di procedere. 
Salimmo a bordo, guardando la Torre Trabocchetto diventare sempre più piccola e il sole splendere su di essa. 
Era stata una sfida davvero dura, ma c'è l'avevamo fatta. 
Ed eravamo tutti qui, insieme e ancora più uniti di prima, pronti per affrontare la quarta prova d'esame. 

 

Buonasera a tutti!
Ve lo giuro, è stato un vero e proprio parto scrivere questo capitolo. Ci ho messo più di due giorni, ma alla fine eccolo qui!
Poco lunghino eh? 
Davvero chiedo scusa per la lunghezza, non credevo di scrivere così tanto e soprattutto aggiungere così tanti particolari. 
Allora, da dove partiamo?
Ci sono così tante cose da dire che alla fine credo mi perderò.
Dunque, partiamo dal principio; cosa dire della prima scena strappalacrime? Strappalacrime. Letteralmente. Ho pianto come una fontana dalla prima parola all'ultima; la dolcezza di Kurapika e il dissidio interiore di Asuka mi hanno spossata nel profondo. Ogni giorno mi rendo sempre più conto di quanto questi personaggi, in realtà, siano tanto profondi da avere sempre qualche lato nascosto pronto a far riflettere. A questo proposito aggiungo che, le parole messe in bocca a Kurapika erano una piccola riflessione personale che ho deciso di inserire per cercare di far riflettere ( ovviamente non era fatta per offendere e chiedo scusa se qualcuno può essersi sentito offeso). E che dire della scena nella stanza delle cinquanta ore (la chiamo così per dare un idea generale). E' stata così intensa da farmi venire i brividi sulla pelle. 
Insomma, questi due sono così dolci e pronfondi da spossarmi nel profondo. Il loro rapporto sta diventando sempre più intimo; stanno iniziando a costruire quel legame che sarà il filo conduttore di tutta la storia. E non posso che essere fiera dei miei personaggi; perchè si, potrebbe sembrare da pazzi, ma sono fiera di loro. Fiera della loro forza, del loro coraggio, di ciò che hanno dovuto affrontare e perfino delle loro paure. 
E poi, cosa dire di Leorio, Gon e Killua? 
Io li amo. Semplicemente li amo. 
Perchè è grazie a loro che la storia è viva, colorata, divertente per certi aspetti; è grazie a loro che Kurapika e Asuka hanno riniziato a sorridere, a sentirsi accettati e parte di una famiglia. (Poi diciamoci la verità, chi non ama i batibecchi fra Leorio e Killua?) 
E arriviamo così al nucleo, ciò per cui mi sono dannata l'anime per intere notti. 
La storia di Asuka. 
Questa è solo una piccolissima parte, diciamo una prima visione generale di ciò che è successo. Ciò da cui tutto è partito, ecco.
D'ora in avanti avremo sempre più indizi, poichè *DRIZZATE BENE LE ORECCHIE* stiamo entrando nel vivo della storia. 
Io spero con tutto il cuore che questi -purtroppo pochi- capitoli vi stiano piacendo. Vi chiedo davvero di farmi sapere cosa ne pensate, poichè è da ciò che io posso migliorarmi e fare sempre meglio. 
Voglio ringraziare, infine, tutti coloro che hanno recensito, seguito o semplicemente letto questa storia. 
UN GRAZIE IMMENSO COME L'UNIVERSO. Davvero. 
A presto! 
La vostra Koralblu.
p.s Perdonatemi; non credo che riuscirò mai a mettere dritta la scritta del capitolo in alto. Portate pazienza e prendetela come una caratteristica di questa storia

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 Ricordi dal passato ( parte prima) ***


                          
                                                                                        Capitolo 5 ( prima parte)



Il sole di mezzo giorno splendeva attraverso le finestre del dirigibile; erano ormai passati due giorni, e finalmente quella mattina era arrivato l'annuncio tanto atteso - Aspiranti Hunter, arriveremo presso il luogo della quarta prova d'esame circa verso le tre del pomeriggio; siete pregati di farvi trovare pronti sulla pedana di atterraggio entro quell'ora. Grazie e buon proseguimento.- 
Io e gli altri ci eravamo trovati poche ore dopo nella sala ristoro, dove avevamo deciso di pranzare tutti insieme.
-Chissà in che co..sa consis..terà la prova d'esame.- stava blaterando Leorio, masticando a bocca aperta mentre sputava involontariamente brandelli di cibo e saliva dalla bocca.
Kurapika si era allontanato da lui, il viso contratto in una smorfia di disgusto, mentre un pezzo di carne gli era finito fra i capelli senza che lui se ne accorgesse.
-Ti prego Leorio, cerca di chiudere quella bocca quando mangi.- 
Cercai di non ridere, tappandomi la bocca con le mani e continuando a tenere gli occhi fissi sui suoi capelli.
-Ti ho già vista; è inutile che cerchi di nasconderlo..- 
-M..mi dispiace Kurapika, è che h..ai..- lasciai la frase a metà, poichè le risate mi impedirono di continuare. 
Indicai il pezzo di carne sulla testa del biondo e subito lui andò a tastarsi i capelli, trovandosi nelle mani una poltiglia informe.
-LEORIO, FAI VERAMENTE SCHIFO!- urlò lui, alzandosi di scatto e correndo verso il bagno a lavarsi le mani. 
Gon e Killua non riuscirono più a trattenere le risate, mentre Leorio si guardava intorno a disagio, poichè tutti si erano girati verso il nostro tavolo.
Cercammo di ritornare seri, ma l'espressione imbarazzata di Leorio ci faceva ogni volta ricominciare da capo.
-Allora, Asuka; dato che ti piace tanto prendere in giro..- iniziò lui, impressa negli occhi una luce che non mi piaceva affatto -Ora che non c'è Kurapika, potresti dirci il motivo per cui eravate abbracciati in quella stanza l'altra notte?- mi chiese malizioso Leorio, prendendomi completamente alla sprovvista e facendomi andare di traverso l'uovo fritto che stavo ingoiando. 
Tossì, diventando completamente rossa sia a causa dell'uovo, sia a causa della domanda a bruciapelo che mi aveva posto. 
-Ecco..vedi..noi stavamo..- farfugliai, cercando una scusa per giustificare quel momento intimo tra me e Kurapika.  
-Scusa ma a te cosa interessa?- cambiai tono all'improvviso, con l'idea di rovesciare la frittata. -Vedi di farti un po' gli affari tuoi!- alzai la voce, cercando di mascherare l'imbarazzo con l'irritazione.
-Non funziona così, cara mia..- rispose ironico l'albino, mentre guardava di sottecchi Leorio e sorrideva complice nella sua direzione.
-Lo sappiamo che c'è qualcosa..- gli diede man forte il più grande, lo sguardo divertito e serio allo stesso tempo. -Su, confessa.- 
-Non c'è nulla da dire! Io e Kurapika siamo solo amici, punto! La questione è chiusa.- 
Mi resi conto di aver urlato per tutta la sala quando sentii gli occhi di tutti puntati addosso; e fu solo quando mi girai per chiedere scusa a tutti i presenti,  che rimasi completamente impietrita sul posto, poichè gli occhi azzurri di Kurapika erano fissi nei miei, e mi guardavano con uno sguardo indecifrabile
-Stai bene?- gli chiese Leorio, ottenendo come unica risposta un cenno del capo. Il ragazzo biondo si sedette al suo posto, gli occhi bassi e il viso poggiato su una mano.
Il pranzo riprese, una calma apparentemente tranquilla che aleggiava nell'aria. Apparente, appunto. 
Non riuscivo a distaccare gli occhi dalla figura di Kurapika, mentre lui continuava a mangiare poco e niente, l'espressione di prima che non era mutata di una sola virgola.  
Gon e Killua continuavano a farsi i dispetti, mentre si rubano del cibo dai rispettivi piatti e si guardavano in cagnesco.
-Quella era la mia salsiccia!- sibilò Killua imbronciato, cercando in tutti i modi di rubare il bacon dal piatto di Gon, che lo teneva lontano con i piedi.
-Hai iniziato tu, rubandomi le uova..- ribattè il più piccolo, difendendosi dall' ''assalto'' dell'albino.
-Smettetela voi due! Con che razza di bambini ho a che fare? Bambini poi.. io direi più delle scimmie!- commentò Leorio, alzando lo sguardo dal giornale che stava leggendo e guardandoli male. 
-Senti chi parla, razza di gorilla pervertito!- ribattè Killua, gustandosi il rossore comparso sul viso di Leorio. 
-COME HAI DETTO!?- urlò in risposta il più grande, completamente rosso dalla vergogna e dalla rabbia. 
-Hai sentito bene..o forse sei diventato anche sordo?- continuò a provocarlo l'albino, scatenando la furia omicida di Leorio. 
-Se ti prendo giuro che ti scuoio vivo e vendo la tua pelle al mercato nero!-  gridò furibondo, lanciando addosso a Killua la saliera e rovesciando tutto il suo contenuto a terra. 
-Se ti prendo..- ringhiò, correndo dietro a Killua, che se l'era data a gambe. 
Gon sospirò, mentre Kurapika si scusava con i presenti per la scenata dei nostri amici e rimetteva tutto a posto. 
-Posso darti una mano?- mi offrì io gentile, alzandomi dalla sedia con l'intento di aiutarlo.
-No, non serve.- rispose freddo lui, continuando con il suo lavoro. Mi risedetti al mio posto, la delusione e lo sconforto impressi sul mio viso. 
Ritornammo a mangiare in silenzio, Gon che continuava a fissarci insistentemente. In un primo momento non ci feci caso, concentrata ad osservare i movimenti e le espressioni del biondo. Poi, però, il suo sguardo iniziò davvero ad innervosirmi, tanto che dopo poco tempo non resistetti più e sbottai. -Allora, che cosa c'è?! Che hai da guardare?!- 
Il bambino fu preso alla sprovvista, mentre uno sguardo colpevole apparve sul suo viso. 
-Killua dice che dovrei tenere per me  i miei pensieri, però..- iniziò lui, fissando il tavolo in imbarazzo, per la prima volta da quando ci eravamo incontrati. Sbattei le palpebre, confusa da questo suo strano comportamento. 
Gon rialzò lo sguardo, guardandoci entrambi così intensamente che fu solo grazie alla mia forza di volontà che riuscì a non abbassare lo sguardo.
-Siete una bella coppia voi due.- disse infine, lasciandoci entrambi ammutoliti. 
Si alzò poi dal tavolo, chiedendo scusa e avvertendoci che sarebbe andato a cercare Leorio e Killua.
L'imbarazzo che era sceso tra di noi, era palese. Nessuno dei due spiccicava parola; non Kurapika, che continuava a spiluccare cibo dal suo piatto guardando con fin troppa attenzione le venature del tavolo, e nemmeno io, che avevo abbandonato completamente il mio cibo, dedicandomi ad un accurato studio della sala. 
Nessuno dei due osava rompere il silenzio imbarazzante che si era creato o alzare lo sguardo verso l'altro. Entrambi, infatti, avevamo il capo abbassato, il viso completamente rosso dall'imbarazzo. 
Dopo pochi minuti, però, Kurapika si alzò all'improvviso, facendomi sobbalzare dalla sedia. -Vado a sistemare le mie cose in camera..- annunciò a gran voce, senza nemmeno attendere una risposta e  fiondandosi subito fuori dalla sala ristoro.
Non si voltò indietro, lasciandomi sola con tutti i presenti che non facevano altro che fissarmi con uno sguardo curioso e impaurito allo stesso tempo. 
-Beh? Che avete da guardare?- chiesi infastidita, facendo scattare le teste dei presenti verso i loro piatti. -Lo spettacolo è finito.-
Mi avviai anch'io verso l'uscita, sentendo un magone sullo stomaco. 
Perchè quello strano comportamento? 
In fondo, non avevo detto nulla di male. 
Eravamo amici. 
Cosa c'era di sbagliato?
Perchè lo trovavo sbagliato?

Passarono le ore e di Kurapika non c'era traccia. Io, Leorio, Gon e Killua eravamo riuniti in un corridoio del dirigibile, ammirando le nuvole che danzavano leggere nell'aria. Mi persi nel contemplarle, pensando a quanto sarebbe stato bello essere una di loro. 
-Ma dov'è Kurapika?!- chiese nervoso Leorio, interrompendo i miei pensieri. -Fra poco dovremo scendere e lui sparisce così! A volte vorrei proprio prenderlo a sberle!-
-Lascialo stare..magari si sarà addormentato nella sua stanza. Smettila di urlare e rilassati- rispose freddo Killua, tendendo gli occhi chiusi e le braccia incrociate dietro la nuca.
- Leorio, sono d'accordo con Killua. Magari starà riposando nella sua stanza. Manca ancora mezz'ora, diamogli del tempo..se non arriverà entro l'ora stabilita lo andremo a cercare.-
Il mio tono uscì sereno e tranquillo, mentre dentro ero divorata dalla preoccupazione e dall'angoscia.  
Cos'era successo? Che cosa avevo sbagliato?
-Forse, dovrem..- 
-Ah, eccolo là! Ciao Kurapika!- 
Gon interruppe a metà la frase di Leorio, mentre si sbracciava per attirare l'attenzione del ragazzo biondo a pochi metri da noi. 
-Potresti non urlare come una scimmia?- lo ammonì Killua, nella medesima posizione di poco prima
-Si può sapere dove sei stato!? Manca poco all'atterraggio e di te non c'era traccia.- lo rimproverò Leorio, l'aria severa ma al tempo stesso nauseata sul viso. 
-Perdonatemi, avevo solo bisogno di rimanere solo per un po'.- 
Qualcosa non andava. 
Non avevo mai sentito Kurapika così abbattuto e spento. Aveva gli occhi fissi sul terreno e i pugni serrati in una morsa d'acciaio. 
-Sei sicuro che vada tutto bene?- 
E non ero stata l'unica ad accorgermene.
Leorio gli si avvicinò cauto, mettendogli una mano sulla spalla in un gesto di conforto. 
-Si, sto bene. Non devi assolutamente preoccuparti- 
Il tono del biondo ora era più dolce, e mentre alzò lo sguardo per sorridere a Leorio, i nostri sguardi si incrociarono.
Fu come essere attraversata da mille scariche elettriche, mentre le mani e le gambe iniziarono a formicolare. 
Sebbene il contatto fosse durato una manciata di secondi, essi erano stati sufficienti a farmi perdere la lucidità e a mandare completamente in subbuglio il mio stomaco. 
Mi aggrappai al corrimano della parete, chiudendo gli occhi e dandomi della stupida. 
Ero arrabbiata con me stessa. 
Arrabbiata poichè non riuscivo a controllare questo subbuglio di emozioni che ogni volta mi mandavano in tilt il cervello e lo stomaco; arrabbiata perchè nonostante tutto erano inevitabili e sfuggivano alla mia volontà. Arrabbiata perchè era proprio Kurapika, a farmi provare tutto questo. 
Continuavo a chiedermi, ''perchè proprio lui''? Perchè con tutti i ragazzi sulla faccia della terra doveva succedermi proprio con lui?
L'unica persona che avrei dovuto tenere alla larga, era l'unica che volessi davvero vicino ogni singolo momento della giornata. 
Perchè dopo l'abbraccio dell'altra sera, non riuscivo più a dormire serenamente, sentendo continuamente una sensazione di vuoto al mio fianco. 
Perchè forse, provavo qualcosa di più di una semplice amicizia per lui. 
Il nostro rapporto non era come quello che avevo instaurato con Gon, Killua e Leorio. 
C'era qualcosa di più. 
Volevo molto bene a quei tre svitati, che ogni giorno mi facevano sorridere, ridandomi a poco a poco quella spensieratezza che per anni mi era mancata. 
Loro erano miei amici, ma non era la stessa cosa. 
Perchè quando vedevo Kurapika, il mio cuore aumentava automaticamente i suoi battiti, quasi rispondesse a dei comandi propri. Lo stomaco andava in subbuglio e le gambe iniziavano a tremare. Quando lui mi era vicino, poi, a mala pena riuscivo a controllarmi. La voglia di risentire il calore di quell'abbraccio, la delicatezza di quelle labbra sulla mia pelle e il contatto fra le nostre mani mi stava mandando letteralmente fuori di testa. 
Non riuscivo a togliermi quelle sensazioni di dosso e ogni volta che ci ripensavo, un brivido mi correva lungo la schiena.
Non poteva essere la stessa cosa. 
C'era sicuramente qualcosa di più. 
Qualcosa che cercavo disperatamente di ignorare, dandomi mille giustificazioni vane. 
Kurapika non era la stessa cosa, eppure facevo finta di nulla, continuando a fingere e non volendo ammettere la verità con me stessa.
-UN' ISOLA! SI VEDE UN ISOLA!- gridò entusiasta Gon, saltellando sul posto come un canguro e distogliendomi dai miei pensieri. 
Mi affacciai anch'io alla finestra, vedendo sotto di noi un' isola dalla forma strana, circondata da relitti. 
-Guarda Gon, è circondata da relitti!- aggiunse Killua, osservando attentamente il luogo sul quale il dirigibile si stava dirigendo. 
-Mi va bene qualsiasi posto, purchè possa scendere da qui- 
La voce di Leorio era laconica, flebile come un sussurro. Continuava a tenersi la pancia stretta fra le braccia, il viso di un colorito verdognolo molto accentuato. 
-Stai male?- gli chiesi apprensiva, abbassandomi alla sua altezza. 
Lui non rispose, contraendosi ancora di più come se volesse vomitare. 
-Arrivo subito.- 
Corsi immediatamente verso l' infermeria del dirigibile, che avevo notato in una delle mie camminate notturne, e chiesi all'addetta una pastiglia anti-nausea. 
La donna doveva avere circa trent'anni; era alta, magra, i capelli castani legati in una coda alta, gli occhi verdi che mi guardavano sorpresi, quasi non credessero a ciò che stavano vedendo.
Un guizzò di gioia attraversò il suo sguardo, lasciandomi alquanto confusa
Poi lei, senza alcuna spiegazione, si girò verso un mobile dietro il bancone e prese da un ripiano una scatola intera di pillole, che mi porse nelle mani. 
-Me ne basta una, la ringrazio.- le sorrisi gentile, porgendole di nuovo la scatola. Ma lei mi bloccò il polso, negando con la testa. 
Rimasi spaesata da questo suo strano comportamento.
La donna si girò nuovamente, dopo avermi fatto segno di stare in silenzio. Annuì confusa, mentre la donna mi prese delicatamente la mano e vi pose sopra altre due scatole dal contenuto sconosciuto.
-Ti saranno utili più avanti.. fanne buon uso.- sussurrò lei, iniziando a camminare verso il retro dell'infermeria. 
-Aspetta.- la bloccai, facendola arrestare a metà strada. -Perchè?- le chiesi solo, troppo confusa per formulare una domanda più elaborata.
 -Ti chiami Asuka, non è vero?- sorrise lei, gli occhi velati una tristezza che non riuscivo a spiegarmi. 
Rimasi completamente impietrita, lo sconcerto nei miei occhi che parlava per me. 
-Conoscevo tua madre.. eravamo molto legate.. quello che ti ho dato ti sarà utile per tenere a bada Lui. Fanne buon uso e stai attenta.- 
Quasi rischiai di crollare a terra, mentre la donna era corsa in un lampo fuori dall'infermeria. 
Non riuscivo a crederci.
Mille domande affiorarono nel mio cervello, procurandomi un mal di testa atroce. 
Come faceva quella donna a sapere?
Come aveva conosciuto mia madre?
Che cosa le aveva raccontato? 
Non riuscivo a darmi pace. Non riuscivo a spiegarmi il comportamento di quella donna e tanto meno come lei facesse a sapere. 
Fu difficile riacquisire quella poca lucidità che mi permettesse di mettere un piede davanti all'altro e ricordarmi il corridoio su cui si trovava il mio gruppo.
Quando li raggiunsi ero ancora stralunata; ripensavo insistentemente a quella conversazione e cercavo di dare delle risposte ai miei interrogativi. Notali solo in un secondo momento Leorio che non era riuscito a trattenersi e, chino su un cestino del corridoio, stava rimettendo anche l'anima, sostenuto da Gon e Kurapika. Killua, invece, se ne stava seduto contro il muro dalla parte opposta, gli occhi disgustati che si erano spostati rapidamente da Leorio a me. 
-Ma quanto ci hai messo. Il vecchio non è riuscito a trattenersi e per poco non mi ha vomitato sulle scarpe!- 
L'albino era veramente innervosito, ma quando mi guardò bene in faccia cambiò subito atteggiamento. -Ti prego, non dirmi che ti senti male anche tu..- 
- Forse le uova di oggi non sono state una buona idea..- risposi, ancora sovrappensiero. 
Ero ancora intenta a pensare alle parole di quella donna quando porsi la scatola delle pillole a Kurapika, senza prestargli minimamente attenzione. Lui mi guardò con uno sguardo strano, senza però dire nulla e continuando a sostenere Leorio che non accennava a volersi fermare.  
Leorio si riprese a poco a poco; dopo aver finito di rigettare tutto il pranzo ingerito, infatti, aveva ingoiato la pillola, stendendosi contro il muro con gli occhi chiusi. 
Noi altri, invece, guardammo il dirigibile atterrare sulla pista, notando due vecchi che si sbracciavano per richiamare l'attenzione. 
Mancava poco all'atterraggio. 
Issai bene in spalla le mie cose, spostando la katana e allacciandola alla vita mentre Gon, Kurapika e un riluttante Killua aiutarono Leorio a mettersi in piedi e a scendere dalla pedana di atterraggio. 

Un vento fresco e leggero mi scompigliò i capelli, e un sorriso involontario spuntò sulle mie labbra. Mi persi, contemplando quella distesa marina che per notti e notti avevo sognato e che ora era davanti a me. 
Pochi lo sapevano, ma il posto che preferivo in assoluto era il mare. Avrei passato giorni e giorni stesa sulla spiaggia, ammirando le sfumature che il sole dipingeva sull'acqua e gustandomi la tranquillità e la pace che quel luogo mi trasmetteva. 
E mentre tutti i presenti continuavano a guardarsi intorno, chiedendosi su che isola fossero capitati, i vecchietti di poco prima si fecero avanti, due sorrisi dolci dipinti sul viso. 
-Signori partecipanti all'esame..- iniziarono loro, aprendo le braccia in segno di benvenuto. - siamo lieti di darvi il benvenuto sulla nostra isola.-
-Sono loro gli esaminatori della quarta sfida?- chiese Leorio a Killua, che si scostò da lui, timoroso che il grande potesse tentare nuovamente di vomitargli sulle scarpe. -No, non penso.- 
-E come fai a saperlo?- 
-Non mi è venuto il batticuore, per dare una risposta alla Gon- 
-E questo che significa?- chiese confuso Leorio, guadagnandosi un' occhiataccia da parte di Kurapika. -Fa silenzio.- lo ammonì, tornando a concentrarsi sulle parole della vecchia. 
-Lasciate che mi presenti; il mio nome è Burner e sono la proprietaria di questo albergo. Quest'uomo, invece, è mio marito Giner.- concluse lei, indicando con la mano rugosa un uomo di fianco a lei. -Lieto di conoscervi.- 
-Scusate, avete detto albergo?- intervenne Hanzo.
-Si. Ho modificato io stesso una sezione della nave adibendola ad uso alberghiero. Pensate che molti anni fa abbiamo avuto come ospiti i reali di Negur..- 
-Facciamo a meno del prologo..- lo interruppe il ragazzo pelato, guadagnandosi un' occhiataccia da parte della vecchia. - siete voi gli esaminatori della prova, dico bene?- 
-Che cosa?- chiese confuso il vecchio, mentre sua moglie intervenne immediatamente. -Mi sono dimenticata di dirvi una cosa importante, che sbadata che sono; il comitato degli Hunter ha regalato a tutti i presenti tre giorni di riposo, per riprendersi dalle fatiche dell'esame e riacquistare appieno le forze. Alloggerete qui, su quest'isola e partiremo fra tre giorni.-
Sosrpiri di sollievo e urla di gioia si levarono in aria a quelle parole. 
-VACANZA! VACANZA!- urlavano in coro Gon e Killua, saltellando entusiasti come due scimmie. 
-Ah, ci voleva proprio una bella doccia..- disse rilassato Leorio, avviandosi verso l'entrata dell' hotel, seguito da tutti gli altri. 
-Credo che una bella vacanza ci rimetterà in sesto.- sorrise Kurapika, mandando in tilt, -per l'ennesima volta- il mio cervello. 
-Un momento, per favore.- ci fermò la vecchia, attirando gli sguardi di tutti noi -Il pagamento va anticipato; il costo è di un milione di monete a camera..- 
Le nostre mascelle toccarono terra, gli occhi sgranati dalla sorpresa. 
-Bisogna pagare?- 
-Ma è..- iniziò sconcertato Killua, interrotto da Kurapika. -..è un prezzo esorbitante.-
-MA SIETE FORSE IMPAZZITI?!- 
Le urla di Leorio ci costrinsero a tapparci le orecchie, mentre lui continuava a sbraitare furibondo. -AVETE IDEA DELLA CIFRA CHE STATE CHIEDENDO? CON CHI CREDETE DI AVERE A CHE FARE?! CON LA FAMIGLIA ZOALDYECK?!- 
-Ehi! Quella cifra è alta anche per noi.- sbuffò offeso Killua, guardando male l'amico più grande, che continuava, incurante delle sue parole, a gridare contro i due vecchi, appoggiato dal resto dei partecipanti all'esame. 
-Come osate approfittarvi di noi in questo modo? Credete forse che possediamo una tale cifra?- incalzò un'uomo poco distante da noi, agitando i pugni in aria.
Le urla e le minacce sembravano non finire mai; i due vecchi, però, attesero pazientemente che tutti si sfogassero, prendendo poi la parola. 
-Siamo spiacenti, ma senza il pagamento non ci sarà possibile ospitarvi nel nostro albergo.- 
Solo i borbottii e sbuffi irritati dei partecipanti rompevano il silenzio teso che si era creato; nessuno parlava, ognuno concentrato nel trovare una soluzione. Ma per quanto mi sforzassi, non riuscivo a pensare ad altro che all'incontro di poco prima. 
- E va bene, vorrà dire che dormirò sulla spiaggia. In fondo preferisco dormire lì che stare sotto lo stesso tetto di questi due approfittatori.-
-Non possiamo.- rispose immediatamente Kurapika, lo sguardo severo rivolto verso Leorio. -Il problema principale sarebbe l'acqua. Su un' isola di queste dimensioni non credo ci siano fonti d'acqua potabile, a meno che non piova. Ma con questo sole, nel giro di tre giorni prosciugheremmo le nostre energie, arrivando alla quarta prova stanchi e disidratati.- 
-Accidentì- imprecò il più grande, rivolgendo un'occhiataccia ai due vecchi. -Beh, non c'è un'altro modo? Siate ragionevoli, dannazione.-
I due vecchi sembrarono pensarci su, e dopo pochi minuti di riflessione, che parvero secoli, ci comunicarono  -A dire la verità c'è un'altra soluzione.- 
Tutti noi drizzammo le orecchie, attenti alle parole dei due coniugi.
-Stiamo parlando di un pagamento in lavoro.-

-Non riesco ancora a crederci! Lavoro, ah! Ve lo dico io; tutto questo è soltanto una scusa per arricchirsi, altrochè!- 
I continui lamenti di Leorio iniziavano davvero ad innervosirmi. 
Non solo dovevo sorbirmi l'afa delle quattro di pomeriggio, che mi stava letteralmente facendo sciogliere nei miei vestiti coprenti, ma ora ci si metteva anche lui con le sue infinite lamentele.
-Smettila di lamentarti e continua a cercare.- 
Killua mi tolse le parole di bocca, rivolgendo uno sguardo di fuoco a Leorio e tornando poi a concentrarsi sul baule che aveva trovato.
 -Asuka, non hai caldo con quei vestiti?- mi chiese preoccupato Gon, gli occhi puntati sulla tunica di cotone che indossavo. 
Negai con la testa, continuando a cercare tra i relitti ciò che ci avevano chiesto i due vecchi, le loro parole ancora impresse nella mente. 
-Noi ci occupiamo della gestione di un commercio di oggetti d'arte; come avrete visto ci sono numerosi relitti qui intorno. All'interno di essi e delle navi affondate troverete sicuramente tesori o merce di valore. In cambio dei ritrovamenti noi saremo disposti ad affittarvi una camera. Il livello della stanza che vi sarà assegnato verrà stabilito in base alla stima degli oggetti che troverete.- 
-Non dirmi cosa devo fare, moccioso! Non hai il diritto di parlare dopo avermi dato del gorilla pervertito!-
-Ah, senti chi parla! Chi pensi abbia iniziato, dandomi della ''scimmia''?- 
-Beh ho solo detto la verità..-
-Tu, razza di..- 
Mi allontanai alla svelta, facendo segno a Gon di seguirmi. Ma lui rifiutò, cercando di calmare le acque fra Leorio e Killua, ormai prossimi a prendersi a pugni.
Quando uscii dal relitto che stavamo controllando, mi affrettai ad allontanarmi il più possibile, desiderosa solo di un po' di pace e tranquillità. 
Mi recai su una spiaggia poco distante, e, dopo essermi accertata di essere sola, mi spogliai dei vestiti ingombranti, rimanendo solo in intimo. 
Fu come liberarsi di un macigno. 
Mi sentii subito leggera e libera; finalmente potei godermi il calore del sole sulla pelle e il vento fresco fra i capelli. Senza nemmeno rendermene conto mi ritrovai in acqua, intenta ad osservare il mio riflesso sulla sua superficie. 
Il mare era così caldo e limpido che riuscivo a vederne il fondo. La sabbia era morbida e liscia, l'acqua calda e rinfrescante; un vero balsamo per i tagli e le ferite che mi portavo dietro dalla terza prova.
Ero intenta ad ammirare le piccole conchiglie incastonate nella sabbia bianca, quando vidi a pochi metri da me un'ombra nera avvicinarsi lentamente. 
Non riuscii a fare nemmeno un passo, completamente paralizzata dalla paura; e quando quell'ombra spuntò fuori all'improvviso, saltai all'indietro, urlando con tutto il fiato che avevo in gola. 
-Oh mio Dio..- 
Tirai un sospiro di sollievo nel vedere una chioma bionda e due occhi azzurri fissarmi divertiti e dispiaciuti allo stesso tempo. 
-Perdonami. Ti ho spaventata?- rise di sottecchi Kurapika, incrociando le braccia al petto e guardandomi in attesa. 
-SEI FORSE IMPAZZITO? MI HAI FATTA MORIRE DI PAURA!- 
Le mie parole fecero scatenare le sue risate incontrollate, mentre il mio viso diventava dello stesso colore dei miei capelli. 
-Mi dispiace Asuka, ma non ho resistito..- ammise lui fra una risata e l'altra, alzando le mani in segno di resa e avvicinandosi pian piano. -Merito una punizione; fammi tutto ciò che vuoi.-
A quelle parole divenni ancora più rossa, le gambe che avevano iniziato a tramare, mentre mille pensieri poco consoni avevano iniziato a frullarmi in testa. 
Kurapika teneva gli occhi chiusi, aspettandosi una vendetta per lo scherzo di poco prima. Ma non riuscivo a muovermi, notando solo ora il suo ''stato''. Kurapika, infatti, si era tolto la maglietta, rimanendo solamente con i pantaloni della tuta. Mi persi ad ammirare le sue spalle larghe e i muscoli appena accentuati, che però bastarono per mandare completamente in tilt ogni fibra del mio corpo. 
Arrossì come un peperone pensando a quando sarebbe stato bello stringerlo a me in quel frangente, e ancora di più a scoprirmi pensare a quelle cose. 
-Beh? Non vuoi vendicarti?- chiese stupito lui, aprendo appena un'occhio e sgranandolo subito dopo. -Come mai sei diventata rossa come un peperone?- 
Avrei voluto sotterrarmi. 
Non riuscivo a credere che Kurapika non si fosse ancora accorto della situazione imbarazzante in cui ci trovavamo. Insomma, eravamo mezzi nudi, immersi nell'acqua solo fino al bacino. 
Possibile che non se ne rendesse conto?
Il ragazzo davanti a me arrossì all'improvviso, coprendosi gli occhi con le mani e iniziando a scusarsi, imbarazzato come non l'avevo mai visto, e pensai quasi che fosse riuscito in un qualche modo a leggere i pensieri nella mia mente
-Devi perdonarmi, Asuka. Davvero scusami, scusami, scusami..- 
Il suo viso era ancora coperto dalle sue mani, tanto che non riuscì a vedere il sorriso di tenerezza spuntato sulle mie labbra.
Volevo rassicurarlo, dicendogli che non importava più. 
Ormai era successo. 
Kurapika era stato il primo a vedermi in questo modo così ''intimo'', e sotto sotto non mi dispiaceva nemmeno così tanto. 
Alzai il braccio con l'intento di abbassare le sue mani, ma l'occhio mi cade su un piccolo segno bianco su di esso. 
Fu come un pugno nello stomaco. 
Ritrassi immediatamente la mano, coprendomi il copro il più possibile.  
Ero stata una stupida.
Come potevo essermi scordata di tutte le ferite che mi ero inferta? Come avevo potuto dimenticarmi del mostro che ero anche fuori?
Erano così scontate e insignificanti le cicatrici sul mio corpo per me che non ci facevo nemmeno più caso, quasi fossero dei nei o delle lentiggini. 
Ma non lo erano. Non per Kurapika. Per lui non sarebbero state scontate, e non potevo assolutamente permettergli di scoprirle.
Mi abbassai di scatto in acqua, rassicurando velocemente Kurapika e iniziando a nuotare verso un relitto poco distante. 
-Asuka, ma dove stai andando?-
La sua voce era poco distante, ma feci finta comunque di non sentirla, cercando di nuotare il più velocemente possibile. 
Raggiunsi la cabina del relitto in pochi minuti, notando con piacere come essa fosse buia e impolverata, l'unica fonte di luce che proveniva da una fessura piccolissima. 
-Ma cosa diavolo ti è saltato in mente?! Poteva essere pericoloso! Perchè sei scappata così? - ringhiò Kurapika fra i denti, raggiungendomi, un tono che non gli avevo mai sentito prima.
Era veramente furioso.
Forse non era stata la migliore delle idee scappare da lui e rifugiarmi in questo relitto. In fondo non sapevamo cosa vi fosse dentro e quanto potesse resistere. 
Abbassai il capo, rendendomi  conto della stupidata che avevo commesso. 
-Mi dispiace..- sussurrai mortificata. 
-Andiamocene da qui..- disse solamente, prendendomi per mano e conducendomi verso l'uscita. 
Ma qualcosa me lo impedì. 
Feci resistenza, tirando la mano di Kurapika per attirare la sua attenzione. 
- Cosa c'è?- 
Mi limitai ad indicare un punto preciso della cabina, da cui apparve uno strano bagliore. 
-Non muoverti..- sussurrò lui, avvicinandosi cauto a quella strana luce. 
Solo il rumore dei battiti forsennati del mio cuore e i nostri respiri accellerati spezzavano il silenzio teso di quella stanza. 
Ero pronta; le mani erano protese in avanti, il calore che mi scorreva nel corpo, segno che avrei potuto attivare i miei poteri all'istante. 
Non mi importava che lui vedesse; proteggerlo era più importante.
Kurapika tirò su un medaglione d'oro, avente la forma di un animale indefinito; al centro era incastonato un rubino, circondato da una serie di piccoli e raffinati diamanti. 
Mi incantai, ammirando la bellezza di quel gioiello.
Non avevo mai visto un oggetto tanto bello in vita mia. 
Mi avvicinai a Kurapika, arrivando al suo fianco e allungando la mano per toccare quel tesoro. 
Ma il biondo non me lo permise. Chiuse immediatamente il pugno, nascondendo il gioiello alla mia vista. 
E fu solo quando alzai lo sguardo per chiedergli spiegazioni, che notai i suoi muscoli contratti, l'espressione corrucciata e gli occhi lucidi, sull'orlo di una crisi di pianto. 
-Kurapika..- 
Bastò un sussurro per far crollare definitivamente ogni sua difesa. 
Lo afferrai tra le braccia, lasciando sfogare il suo pianto straziante. 
I sensi di colpa tornarono prepotentemente a galla, mentre quella voce urlava nella mia testa. 
Assassina. 
E' colpa tua. 

Non c'era bisogno che lui parlasse per capire dove ci trovavamo. Potevo sentire il rumore della morte urlare attraverso queste pareti di legno, le immagini di quella notte che tornarono a galla, mentre un senso d' angoscia mi schiacciava sempre di più, facendomi respirare affannosamente. 
Dovevo calmarmi e andarmene di lì.
Cercai di tirare su Kurapika; non fu facile, poichè il biondo era come caduto in uno stato di catalessi, incapace di compiere qualsiasi movimento. 
Lo trascinai fuori a fatica, adagiandolo contro la ringhiera della prua e respirando per riprendere fiato. 
Lo presi di nuovo fra le braccia, e lasciai che lui si arpionasse al mio corpo, piangendo per il dolore che aveva dentro. 
Un dolore che io stessa gli avevo procurato. Un dolore indelebile, che non sarebbe mai andato via. 
Un dolore che avrei pagato con la mia vita. E forse nemmeno quella sarebbe stata sufficiente per ripagarlo. 
Meritavo di soffrire ogni giorno della mia vita, e di essere uccisa proprio dallo stesso Kurapika, quando lo stesso avrebbe scoperto la verità.
Lui meritava giustizia, ed io solo dolore. 
Meritava di sapere. 
Meritava di conoscere la verità. 
Meritava di vedere il mostro che ero realmente.
E ancora di più, meritava di uccidermi con le proprie mani. 
Ne aveva l'assoluto diritto. 
Ma per quanto i miei pensieri fossero fermi e decisi, le parole era incastrate in gola. 
Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a pronunciare una sola sillaba.
Ero una codarda. 
-Grazie, Asuka. Mi dispiace, ti sembrerò un frignone.- sorrise appena lui, asciugandosi le ultime lacrime con le mani.
Non risposi, i sensi di colpa che mi stavano schiacciando sempre di più.
-Questo medaglione..- iniziò lui, fissando intensamente l'oggetto tra le sue mani. - apparteneva alla mia tribù. Era un vero tesoro. Anzi.. diciamo che era molto di più.- 
Lo guardai confusa, indecisa se chiedergli o meno che cosa intendesse. Lui mi guardò negli occhi, abbozzando un sorriso. - Puoi chiedermelo, non devi trattenerti.- 
-Cosa intendi?- sussurrai, una vocina dentro di me che continuava a urlarmi contro.
-Vedi, questo era il medaglione che la tribù mi regalò per il mio compleanno, proprio la notte in cui i Kuruta furono sterminati.- 
Mi sembrò che il cuore si fosse fermato. 
O forse era ciò che avrei voluto in quel momento. Che tutto finisse. 
Volevo farla finita una volta per tutta, farmi uccidere da Kurapika e porre fine al dolore che mi stava dilaniando dentro. 
Dovevo dirgli la verità, ma non ci riuscivo. 
Le parole non volevano venire fuori, e quella maledetta voce ringhiava con tutto il fiato che aveva in gola.
Assassina. 
Traditrice.

Codarda.
Ecco cos'ero. 
Un'assassina. Una traditrice. Una codarda. 
Non meritavo Kurapika. 
Non l'avrei meritato nemmeno in cento vite.
-Ti senti bene, Asuka?- mi chiese dolce lui, prendendomi il viso fra le mani. Annuì, il viso che sentivo sempre più pallido, mentre le forze mi stavano via via abbandonando. 
-Sei sicura?- mi chiese incerto, cercando un contatto, che stavo attentamente evitando. -Continua.- 
Masochista.
Lui mi guardò scettico, riprendendo, però, il suo racconto. -Quella notte eravamo tutti riuniti proprio per festeggiare quell'avvenimento. Erano tutti presenti: mia madre, mio padre, la mia sorellina Yuki e mio fratello maggiore Tatsuya, insieme a tutti i Kuruta. Non mancava nessuno. Tutti erano li per festeggiarmi. Fu un giorno che non dimenticherò mai.- i suoi occhi si fecero nuovamente lucidi, mentre il macigno sul mio stomaco diventava sempre più forte e sempre più pesante, quasi non mi permettesse di respirare.
-Mia madre impiegò tutto il pomeriggio per prepararmi al meglio. Era tradizione che, il giorno del proprio compleanno, ognuno avesse dipinti sul proprio corpo i simboli sacri dei Kuruta. 
Era tutto pronto. 
I festeggiamenti iniziarono; donne anziane e giovani erano in cerchio attorno al fuoco, danzando al suono dei tamburi, che erano suonati dai giovani guerrieri della nostra tribù. 
Tutti mangiavano, bevevano, ballavano e ridevano felici, gustandosi la spensieratezza che impregnava  l'aria. Era tutto perfetto..- la sua voce si fece bassa, mentre le mani stringevano spasmodicamente un'asse del pavimento. - fino a che non sentimmo un ringhio agghiacciante provenire dalla foresta. Le danze e la musica cessarono in un istante, mentre tutti si erano ammutoliti, guardando con terrore gli alberi che venivano abbattuti ad una velocità sovra umana. Mia madre prese me e mia sorella e ci disse di correre nel bosco, mentre tutti stavano cercando di scappare verso le navi. Ma io non potevo lasciare la mia famiglia. Così fermai la nostra corsa disperata, abbassandomi all'altezza di Yuki e guardandola negli occhi. Ricordo ancora cosa le dissi. -Corri alla nave e non fermarti fino a quando non sarai arrivata e ti sarai messa in salvo.-
Poi le diedi il medaglione, abbracciandola forte. I suoi occhi erano così spaventati e tristi, ma non oppose resistenza, annuendo e baciandomi sulla guancia. Iniziò a correre, sfrecciando tra gli alberi. Sparì alla mia vista dopo pochi secondi, il timore che quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei vista. Con il cuore spezzato iniziai a correre ancora più veloce nella direzione opposta, pregando di ritrovare la mia famiglia ancora viva.- 
Interruppe il suo racconto, afferrando la mia mano e portandosela alle labbra.- Ma fui uno stupido. Inciampai e battendo la testa contro un sasso caddi a terra, svenuto.- 
Una risata di scherzo uscì dalle sue labbra, mentre i suoi occhi si erano fatti via via sempre più vitrei e spenti. 
- Mi svegliai solo il giorno dopo. Credevo di aver sognato tutto. Lo speravo con ogni fibra del mio corpo. Ma quando vidi i primi corpi esanimi a terra mi si gelò il sangue nelle vene. Ero come in un sogno; sentivo tutto ovattato, e nella mia mente continuavo a ripetermi che non era vero niente, e che i miei familiari erano ancora tutti vivi, pronti ad aspettarmi per festeggiare il mio compleanno.
Mi incamminai come in trance verso il villaggio, notando da lontano del fumo denso e scuro.- 
Ora i suoi occhi erano scarlatti, rossi come il sangue che era stato versato quella notte, le lacrime che solcavano le sue guance.
- Non dimenticherò mai ciò che vidi quel giorno. I corpi  della mia tribù erano stati dilaniati, immersi in un lago di sangue. Ma ciò che non riuscirò mai a dimenticare, furono gli incavi degli occhi vuoti. 
Tu non sai per quante notti sognai quella scena, vomitando e piangendo per il disgusto di ciò che era stato fatto alla mia gente. Non riuscì nemmeno a guardare in faccia la mia famiglia, il corpo di mia madre vicino a quello di mio padre, le mani ancora unite; il loro legame che nemmeno la morte era riuscito a distruggere.- concluse Kurapika, ancora intento a baciare la mia mano, gli occhi scarlatti bui e vuoti, come non li avevo mai visti. 
Non potei fare altro. 
Mi sottrassi bruscamente a quel contatto, e prendendogli il viso fra le mani, lo baciai. 
Non riuscì a spiegarmi come mi venne in mente un tale gesto.
Da una parte, il senso di colpa era come un pugnale nel petto, tanto vivido e reale da poterne assaporare il dolore fisico. Dall'altra, però, c'era una tale sensazione di disperazione e smarrimento nel vedere Kurapika in quello stato, da superare ogni altro sentimento. 
Riuscivo a sentire il suo dolore sulla mia pelle, e questo mi annientava totalmente. 
Avrei voluto poter prendere sulle mie spalle tutto quel dolore; assorbirlo nel mio cuore, permettendogli così di non provare altro che pace e serenità.
Ed era proprio ciò che stavo cercando di fare con questo bacio. 
Con il mio senso di colpa avrei fatto i conti più tardi; ora, veniva prima di tutto Kurapika.
Avrei fatto qualsiasi cosa per far tornare il sorriso sulle sue labbra. 
Qualsiasi. 
Così continuai, assaporando una sensazione mai provata prima. 
Non riuscivo a spiegarlo a parole; era come essere in paradiso e all'inferno nello stesso momento. 
Era la sensazione più dolce e allo stesso tempo straziante che avessi mai provato. 
Una sensazione talmente vivida e reale che avevo paura avrebbe marchiato la mia anima per sempre. 
Una sensazione che cancellò in un istante ogni mio dubbio. 
Perchè ora lo sapevo: ero completamente e totalmente pazza di Kurapika. 
E non avrebbe mai e mai dovuto succedere. 
Perchè la pace e il senso di colpa non avrebbero mai potuto convivere. Perchè Kurapika era la luce che io non meritavo, e che non avrei mai nemmeno sognato di avere. 
Io ero un mostro, il buio, la causa della sofferenza profonda di Kurapika.
Io ero un'assassina. 
Io ero ciò che di più sbagliato c'era al mondo. 
Non avrei mai scontato la mia pena. 
E come avrei potuto? 
Una sola vita dannata, per quella di centinaia di vittime innocenti?
Era uno scambio impari, troppo misero per sanare quel debito enorme. 
Troppo misero, per sanare i miei sensi di colpa. 
Mi staccai da lui, gli occhi velati di lacrime e di rimorso, il viso pallido e il corpo mosso da spasmi. 
-Oddio, Asuka!- urlò in preda al panico Kurapika, mentre un conato di vomitò mi fece piegare in due. 
Rigettai quel poco cibo che avevo ingerito a pranzo, scansando Kurapika che cercava di sorreggermi.
-Lasciami..qui.- singhiozzai, i conati che non mi davano un attimo di tregua. 
Ma era giusto così. 
Forse avrei potuto morire in quel modo. 
''E' la fine che merito'', pensai, prima di sprofondare in sonno fatto di morte e sangue.

 

Buonasera a tutti!
Sarò breve oggi, promesso. 
Innanzitutto mi scuso per aver diviso un'altro capitolo ( nuovamente) a metà. Prima che possiate arrivare sotto casa mia con mazze chiodate e forconi -fareste anche bene- voglio spiegarvi i motivi che mi hanno portato a prendere questa scelta. Questo capitolo ha raggiunto un livello tale di pathos che, continuare, avrebbe l'avrebbe inevitabilmente spezzato. Inoltre ho davvero dato troppi e tanti piccoli indizi su una verità che Asuka ancora nasconde, che avevo paura di rivelare troppo. 
Prometto che entro la fine della settimana posterò l'altra parte ( già pronta e corretta ) 

Asuka. 
In questo capitolo mi ha straziato davvero il cuore. Vorrei davvero essere riuscita a spiegare e descrivere al meglio il divario che c'è in lei; il senso di colpa, che non le lascia via di scampo da una parte, e l'amore che sta nascendo incontrollato per Kurapika dall'altra. Non è affatto facile spiegare le sue emozioni, il dolore e lo schifo che prova per se stessa. Il suo desiderio di mettere fine a tutto, che si oppone con il bisogno disperato di proteggere Kurapika e la sua paura di perderlo. 
Vorrei veramente riuscire a spiegare tutto questo in poche righe, ma so che è impossibile. 
Non basterebbe un libro intero per descriverlo.
Eppure ci provo, anche se a volte confesso di non sentirmi all'altezza. 

E poi, la storia di Kurapika. Avevo la pelle d'oca dalla prima all'ultima parola. La sua storia è stata straziante almeno quanto quella di Asuka. Forse per certi sensi anche di più. Mi sembrava, perciò, doveroso creare un passato alle spalle di questo personaggio, affinchè venisse giustificato il desiderio di vendetta per lo sterminio della sua tribù.

So che vi starete chiedendo, ''chi è diavolo è questo Lui?'' e ancora. ''Cosa c'entra la donna dell'infermeria con Asuka e sua madre?''
Promesso. Tempo al tempo, e tutto sarà spiegato. Non dimenticatevi di lei, poichè avrà una parte importante in un futuro non molto lontano. 

Ancora grazie. Grazie a tutti coloro che continuano a seguire questa storia, a chi recensisce, e anche ai lettori silenziosi. Grazie, perchè dovete avere veramente a cuore questa storia per sorbirvi questi spoloqui infiniti.
Solamente grazie. 
A prestissimo! 
Un grosso abbraccio.
 
La vostra Korablu!

P.s Alla faccia? E questo commento sarebbe breve, Koral? :P
                                                      



 

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Capitolo 8
*** Capitolo 5 Ricordi dal passato (parte seconda) ***


                                 
                                 
                                                                                            Capitolo 5 (seconda parte)
 
Pov Killua
 
-Senti, Kilua..- iniziò Gon guardandomi, incerto se parlare o meno. 
-Mh?- 
-Secondo te, come finirà tra Asuka e Kurapika?- mi chiese, gli occhi velati di preoccupazione.
Sospirai, spostando da una mano all'altra lo scettro d'oro che poco prima Gon aveva trovato. 
-Non so come risponderti..- 
Decisi di non mentire a Gon. Era vero che non sapevo cosa dire al riguardo. Da una parte quei due si piacevano tantissimo, ormai anche i sassi se n'erano resi conto; ma dall'altra, invece, sapevo che nessuno dei due avrebbe fatto il primo passo. Troppo cocciuti e orgogliosi com'erano. 
-Secondo me, invece, loro due si amano tantissimo e presto se ne renderanno conto.. e vivranno così felici e contenti!- esclamò a gran voce Gon, gli occhi sognanti e i pugni in aria. 
Un piccolo sorriso scappò involontario al mio controllo per l'ingenuità di quel bambino; per lui non esistevano vincoli o ostacoli. Lui vedeva tutto in modo semplice e genuino, senza mai notare il lato nascosto delle cose. 
Non me la sentii di contraddirlo; mi allontanai, tornando a cercare qualche tesoro nascosto nella nave che stavamo setacciando.
 
-Ma dove saranno finiti Asuka e Kurapika?- chiese all'improvviso Gon, richiamando la mia attenzione. Guardai l'orologio, notando che erano passate più di due ore dall'ultima volta che li avevamo visti. 
Un sorriso malizioso comparve sulle mie labbra, mentre Gon inclinò la testa di lato, non capendo. 
Caro, piccolo, ingenuo Gon. 
-Perchè hai quell'espressione, Killua?-
Il suo sguardo si fece ancora più confuso, mentre il mio sorriso si accentuò.
-Nulla, nulla- mi affrettai a dire, scuotendo la testa per togliermi quelle idee dalla mente. 
-A volte mi tratti proprio come un moccioso..- disse offeso lui, girandosi di spalle e camminando nella direzione opposta alla mia. 
Mi sorpresi dal suo comportamento, tanto che per qualche secondo rimasi imbambolato sul posto.
-Beh, non vieni?- mi chiese lui, ancora girato di spalle. 
Annuii, anche se lui non poteva vedermi. Lo raggiunsi, e mentre camminavamo mi venne un'idea geniale. 
Le labbra si stesero in un sorriso diabolico; mi sarei preso la mia vendetta per le salsicce di questa mattina. 
-Ehi Gon..- iniziai, il tono più fintamente entusiasta possibile. -Ho sentito dire che se ci si affaccia dalla nave e si guarda il proprio riflesso in queste acque, si potrà vedere il proprio aspetto fra dieci anni!- 
-Dici davvero?!- 
L'urlo acuto di Gon mi fece tappare le orecchie, mentre nella mia mente il sorriso diabolico si stava allargando sempre di più. 
-Dico davvero!- 
-WOW!- 
Gon corse al bordo della nave, guardando attentamente il proprio riflesso nell'acqua. Mi avvicinai di soppiatto, nascondendomi dietro di lui. 
-Ehi Killua, io non vedo nie..AHHHH!- 
Mi accasciai a terra per le risate, mentre Gon continuava a sputare acqua e a muovere freneticamente le braccia.
-KILLUAAAA!- 
Corsi più veloce possibile, rincorso dal moccioso completamente fradicio e arrabbiato come non l'avevo mai visto, mentre le risate non volevano cessare.
-Ma dai Gon, era solo uno scherzetto innocente!-
-Bene, quindi se è stato solo uno scherzetto innocente, posso fare lo stesso, giusto?- 
A quelle parole il mio ghigno si spense in un istante, mentre iniziai a tremare di paura. 
Io e l'acqua non andavamo affatto d'accordo; anzi. Si poteva dire che io e l'acqua non eravamo assolutamente compatibili. 
''Corri Killua, per l'amor del cielo!''
 
Mi fermai per prendere fiato, Gon che non si vedeva più da nessuna parte. Tirai un sospiro di sollievo, accasciandomi contro l'albero maestro di una nave quasi intatta e chiudendo gli occhi. 
Mi sembrava strano che Gon fosse completamente sparito, ma conoscendolo doveva aver trovato qualcosa che aveva catturato la sua attenzione e doveva essersi fermato per contemplarla. 
Decisi, così, di schiacciare un pisolino, mentre i raggi del sole caldo e rassicurante mi donavano una sensazione di pace e serenità.
Ma abbassai la guardia, non accorgendomi dello scricchiolio del legno proprio sopra di me. 
Commisi un fatale errore, sottovalutando le doti vendicative del mio compagno di squadra, e ritrovandomi così completamente fradicio.
Un sorriso di vittoria era dipinto sul volto di Gon, quando egli scese dall'albero maestro sul quale si era appostato. 
-Devo riconoscerlo, sei stato veramente furbo..-
-Dici davvero? Beh, questo e altro per vendicare il mio bacon!-
Sbuffai irritato, sentendo già i brividi di freddo corrermi lungo la schiena. 
-Guarda, Killua!- 
Le parole di Gon richiamarono la mia attenzione, mentre il piccoletto mi indicava uno strano scintillio sotto l'acqua. 
-Che cos'è?- mi chiese, stranito e curioso allo stesso tempo.
-Non lo so, ma lo scopriremo presto-
Mi tolsi gli indumenti,  rimanendo solo in boxer e canotta così che il resto dei vestiti potesse asciugarsi sotto il sole. Gon fece lo stesso, e ci tuffammo in mare. 
Impiegammo poco tempo per individuare il punto da cui era apparso quel bagliore; un baule aperto si presentò davanti ai nostri occhi, carico di gemme e monete preziose. 
Gon strabuzzò gli occhi sott'acqua, mentre nuotava freneticamente per raggiungere quel tesoro. 
Era pesante e ci volle non poco per tirarlo su. Ma grazie alla forza smisurata di Gon riuscimmo a portarlo fuori.
-E' davvero un tesoro! Guarda Killua, ci sono tantissime gemme preziose. Piacerebbero un sacco alla zia Mito!- 
Un sorriso spuntò sulle mie labbra, mentre Gon continuava a saltellare come una scimmia impazzita intorno al baule.
-Si, non è male. Forza, portiamolo all'albergo.- 
Issammo in spalle il baule, ed iniziammo ad incamminarci verso il resto del gruppo. 
-Senti Killua..- iniziò Gon, la voce stranamente cupa. 
Mi bloccai all'istante, girando la testa di scatto e guardando preoccupato il piccoletto.
-Ecco..- continuò, gli occhi bassi, -Tu credi che stasera ci sarà il dolce al cioccolato come ieri?-
-Sei veramente un ingordo! Lo sai?!-
 
Eravamo tra gli ultimi ad essere arrivati all'albergo. Senza perdere tempo, andammo dritto davanti ai due vecchi, aprendo il baule e mostrandogli il contenuto. 
Il vecchio prese una piccola gemma rossa, che esaminò con cura e con occhio da vero esperto.
-Che dice, varranno almeno cento miliardi..- 
-Beh..- rispose incerto lui, dando un'ultima occhiata alla gemma. -Diciamo più dieci milioni-
- E perchè?!- chiesi stizzito, ripensando a tutta la fatica che avevamo fatto per trovare quel baule e portarlo fin li
-Le pietre sono scheggiate e piene di scalfitture e inoltre sono state mischiate a dei diamanti; quindi..- 
Sua moglie si sporse, consegnandoci una chiave di ottone. -Per voi cabina di seconda classe.- 
Mi allontanai stizzito, sbuffando come una locomotiva, mentre Gon trotterellava al mio fianco con un'aria un po' delusa ma allo stesso tempo tranquilla.
Lasciai correre, non volendo nemmeno sapere che cosa frullasse nella testa di quella scimmia.
Vedemmo Leorio poco distante arrancare dietro ad un baule gigante; corremmo nella sua direzione, aiutandolo a posarlo per terra.
-Fantastico, Leorio!- esultò su di giri Gon.
-Si, puoi dirlo. Grazie a questo anche io diventerò miliardario!-
-Oh.. Quindi non intendi farlo stimare?-
-Esatto. Ora che sono in possesso di un simile tesoro non ho più bisogno di farlo stimare. Diventerò ricco!- 
-Parli sul serio?- mi intromisi nella conversazione, guardando scettico Leorio.
-Certo che si, razza di moccioso di mala fede.-
Aprì di scatto il baule, continuando a blaterare orgoglioso fino a quando non vide il contenuto al suo interno. 
-Che cosa sarebbero?- chiese curioso Gon, accucciato davanti al baule come me.
-Quelle sono palle di cannone!- 
-E valgono molto?- 
-Chiedilo a Leorio..- dissi solo, mentre entrambi ci girammo nella sua direzione.
-Hai fatto i conti? Potrai spassartela tutta la vita?- 
Ma Leorio non rispose, uno sguardo cupo e perso sul volto.
Quell'atmosfera di serenità, però, fu presto interrotta da un grido  disperato di aiuto.
Ci girammo di scatto verso quella voce, il cuore che batteva all'impazzata e un sudore freddo che scendeva lungo la spina dorsale. 
Kurapika corse disperato fino al nostro gruppo, tra le braccia il corpo di Asuka, tremante e pallido come un fantasma. 
-Per di qua.- disse solo la vecchia, mentre Kurapika la seguiva svelto e completamente sconvolto. 
-Presto, chiamate l'infermiera del dirigibile!- urlò immediatamente Leorio, mentre Gon e altri due uomini annuirono e presero a correre velocissimi. 
Seguì Leorio, il cuore che martellava sempre più forte e mille domande che nascevano nella mia mente. 
Arrivammo ad una camera con un letto matrimoniale, su cui Kurapika aveva disteso delicatamente Asuka. 
Non l'avevo mai visto così.
Sembrava completamente pazzo. 
Le teneva spasmodicamente la mano, continuando a ripetere sotto voce il suo nome, quasi fosse una preghiera che avrebbe potuto risvegliarla, mentre calde lacrime sgorgavano a fiumi dai suoi occhi.
Occhi scarlatti, di un colore talmente vivido da farmi rabbrividire.
Occhi spenti, vuoti..
Occhi di chi teme più di qualsiasi altra cosa di perdere la persona che ama. 
Perchè sì. 
Quegli occhi amano. 
Quegli occhi temono. 
Quegli occhi stanno pregando di non lasciarlo più solo. 
E' uno sguardo disperato, quello di Kurapika. 
Uno sguardo implorante, che prega con tutte le sue forze di non restare più solo. 
Perchè il modo in cui lui sta guardando Asuka, non lascia più dubbi. 
Lei è la sua casa. Lei è la sua speranza. Lei è l'unica opportunità che gli rimane per vivere. Vivere di nuovo. 
La porta si spalancò all'improvviso, facendomi sobbalzare. Una donna saettò in direzione di Asuka; le guardò il viso, e sbiancò anch'essa, mentre trafficava con la borsa per cercare qualcosa. 
-Uscite tutti!- ordinò repentina, una siringa già pronta nelle mani. 
-NO!- 
L'urlo disperato di Kurapika mi fece tramare le gambe. 
Come gli si poteva chiedere una cosa simile? 
Strinse ancora più stretta la sua mano, guardando l'infermiera con uno sguardo implorante e furibondo allo stesso tempo. 
Lei sospirò, facendo un cenno con il capo a Leorio. 
Successe tutto in un'attimo. 
Leorio arrivò alle spalle di Kurapika, prendendolo in modo tale che non potesse ribellarsi.
-LASCIAMI! LASCIAMI RAZZA DI STRONZO! MOLLAMI O GIURO CHE TI AMMAZZO!- 
Le urla di Kurapika erano cariche di rabbia e disperazione, mentre tentava in qualunque modo di divincolarsi dalla stretta di Leorio. 
-TI PREGO! TI PREGO! LE DEVO STARE VICINO! NON POTETE FARMI QUESTO.- 
Mi si spezzò il cuore a vederlo così. Ma sapevo che era la cosa più giusta da fare.
-Killua..- mi richiamò lui, e bastò un solo sguardo per capirci. 
Corsi dietro di loro, lasciando l'infermiera sola con Asuka, le urla di Kurapika che si facevano sempre più acute e strazianti.
-Passami la scatola bianca nella valigetta!- ordinò perentorio Leorio. 
Gli passai ciò che aveva chiesto, mentre Gon cercava di calmare Kurapika. 
-Ora Gon, lo affido a te.-
Lui annuì, lasciando che fossero le sue braccia a circondare Kurapika e a tenerlo fermo. Anch'io lo aiutai, mentre Leorio preparava una siringa contenente del calmante. 
-LASCIATEMI! LASCIATEMI! DEVO ANDARE DA LEI!- continuava ad urlare lui, non arrendendosi.
-Mi dispiace Kurapika..è per il tuo bene.- disse Leorio, iniettandogli nel braccio il calmante. 
Immediatamente la resistenza di Kurapika si fece più debole, fino quasi a diventare nulla. 
-D...de..vo veder..la.- sussurrò, sprofondando in un sonno profondo. 
 
Pov Leorio
 
Era ormai sera inoltrata. 
Kurapika continuava ad agitarsi nel letto, ancora addormentato grazie al calmante che gli avevo somministrato. 
Avevo lasciato con lui Gon e Killua, mentre mi stavo dirigendo verso la stanza di Asuka, per accertarmi delle sue condizioni. 
Bussai piano alla porta, e dopo pochi secondi l'infermiera del dirigibile venne ad aprirmi, le occhiaie pronunciate ma un sorriso tranquillo dipinto sulle sue labbra. 
Mi rasserenai all'istante, notando solo in quel momento quanto fosse bella quella donna. 
I suoi capelli erano racconti in un coda alta, ormai quasi del tutto sfatta. La sua pelle era pallida e  sudore le impregnava ancora la fronte.
Ma era bella. 
I suoi occhi, simili a quelli di Asuka, erano magnetici, intensi. 
Un brivido mi percorse lungo la schiena, mentre mi ritrovai ad arrossire come un poppante alle prime armi. 
-Ehm..ecco.- iniziai impacciato, cercando di calmarmi. -Come sta?- 
Tornai serio, ricordandomi che non era il momento per certe cose. 
-Sta meglio, grazie al cielo.. credo sia stato solo un violentissimo attacco di panico. Ma si riprenderà presto.- sorrise dolce, guardandomi così intensamente da farmi rabbrividire. 
-Ti devo ringraziare, Leorio.. se non ci fossi stato tu a portare via quel ragazzo, non credo sarei riuscita a fare il mio dovere.- 
-Non ti devi preoccupare. Ho fatto solo ciò che ho potuto.-
Le sorrisi anch'io, perdendomi nel contemplarla.
-Senti, posso chiederti una cosa?- mi chiese imbarazzata lei, richiudendo la porta alle sue spalle. Annuì, aspettando la sua domanda. 
- Quei due..beh, ecco..in che rapporti sono?- 
- Quei due sono dei caproni testardi. Tutti si sono resi conto di quanto si piacciano, tranne loro due. Credo che dovrò fare due chiacchiere con Kurapika..- 
La donna era stranamente seria. Manteneva lo sguardo fisso in un punto indefinito dietro di me, le sopracciglia aggrottate e le braccia incrociate al petto.
-C'è qualcosa che non va?- le chiesi perplesso, facendola risvegliare da una sorta di trance.
-Eh? No no, mi stavo solo domandando..ah, nulla. Sono solo un po' stanca.- 
-Posso offrirti un caffè?- 
Non dovevo perdermi per nessun motivo questa occasione. 
Lei mi sorrise dolce, annuendo e ringraziandomi per la gentilezza. Ci incamminammo, così, verso la caffetteria, e dopo averla fatta accomodare mi sedetti al mio posto. 
-Sei un vero gentiluomo, Leorio.- sorrise imbarazzata lei, una luce maliziosa nello sguardo. 
-Beh, credo che le donne siano gli oggetti più preziosi del mondo e vadano coccolate ogni volta.- 
-Ma non eri tu quello che sbraitava quanto fossero ''inutili'' e '' stoccafisse'' le donne, quando la cuoca della mensa ti versò sui pantaloni la minestra bollente?- 
Mi rallegrai, sentendo dietro di me la voce del moccioso insolente avanzare sempre di più.
-Non dire cretinate, Killua..- l'ultima parola mi uscì come un ringhio, mentre cercavo di giustificarmi in ogni modo con la donna davanti a me, il suo sguardo furioso che avrebbe potuto incendiarmi vivo. 
-Come sta Kurapika?- chiese quest'ultima all'albino, mentre sorseggiava il suo caffè.
-Ha iniziato a farneticare roba tipo '' Kuruta'' ''Devo salvarla'' e altre parole strane a cui non ho fatto nemmeno caso..-
La donna rimase impietrita sul posto, lo sguardo perso mentre guardava Killua. 
-Crede sia normale?- 
Lei non rispose, mentre continuava a fissare impietrita Killua. 
-Va tutto bene?- le chiesi apprensivo. 
Lei scosse la testa, mentre si abbracciò da sola e mise le mani sulle spalle. 
.S..si.- rispose incerta, facendomi insospettire ancora di più.
Guardai Killua, e lui capì.
-Va bene. Io vado a controllare Kurapika. Vi dirò qualcosa nel caso dovesse svegliarsi.- 
La donna annuì, ancora persa, mentre la stretta intorno alle sue spalle diventava sempre più forte. Mi alzai piano, accucciandomi vicino a lei. 
-Posso chiederti come ti chiami?- 
Lei si girò di scatto verso di me, mentre i suoi occhi intrisi di tristezza e dolore mi guardavano senza vedermi. 
-Caren..- disse solo, tornando a fissare il caffè davanti a lei. 
-Beh, Caren.. ti andrebbe di fare un giro all'aria aperta? C'è un cielo davvero stupendo stasera.-
Le parlai come se fosse una bambina, cercando di rassicurarla con le parole. Lei annuì, alzandosi come un automa e seguendomi fuori. 
 
L'aria era meravigliosamente fresca. Il chiarore della luna sull'acqua era talmente bello che fece splendere anche gli occhi della donna di meraviglia. 
Lei continuava a guardare l'acqua, mentre i miei occhi erano fissi su di lei. 
Era così bella. 
-Mi dispiace per prima.. ho solo ricordato alcune cose che avrei voluto dimenticare.- 
-Fanno così male?- 
Caren si girò di scatto, mentre gli occhi le diventarono lucidi. Annuì solamente, tornando a fissare il riflesso della luna nell'acqua. 
-Sai..- iniziò, sedendosi delicatamente sulla sabbia - conoscevo la madre di Asuka. Eravamo molto legate un tempo.- 
Rimasi totalmente spiazzato, mentre guardavo la donna con la bocca aperta e un'espressione di sconcerto sul viso. 
Lei mi sorrise, facendomi segno di sedermi vicino a lei. 
- Asuka non lo sa, ma sono stata io a farla nascere. L'ho presa in braccio tantissime volte, e passavo con lei tantissimo tempo..beh, fin quando mi è stato possibile vederla.-
-Che significa?- chiese ancora più sconvolto, cercando di riorganizzare tutte le informazioni ricevute. 
-Significa che dopo la morte di sua madre non mi è stato più possibile vederla. Suo padre l'ha isolata dal resto del mondo..- 
-Ma che razza di..-
Quell'uomo era un mostro. Se solo l'avessi avuto sotto mano, l'avrei preso a pugni fino a fargli implorare pietà.
Strinsi spasmodicamente i pugni, mentre sentivo una rabbia incontrollata bruciarmi nelle vene. 
Caren mi guardò comprensiva, mettendo le sue mani sulle mie spalle. 
-Calmati, Leorio.. ormai è passato. Lei non è più sotto il suo controllo, e con voi sta rinascendo l'Asuka di un tempo. Voi le state donando la spensieratezza che le è stata strappata via; non potrò mai ripagarvi abbastanza per questo.- 
Una piccola lacrima scappò al suo controllo. Alzai delicatamente la mano, asciugandola con il pollice. 
La mia pelle bruciava  a contatto con la sua. Un fuoco incandescente bolliva nelle mie vene. 
Staccai velocemente la mano dalla sua guancia, arrossendo come un pomodoro per i pensieri che affollavano la mia testa. 
-Lei è nostra amica. E faremo di tutto per proteggerla e aiutarla.- 
-Me lo prometti?- 
Mi girai verso di lei, trovandola a fissarmi con uno sguardo intenso e serio. -Mi prometti che vi prenderete cura di lei?- 
-Si, te lo prometto.- 
Lei sorrise grata, sporgendosi verso di me e abbracciandomi. 
Rimasi completamente gelato, mentre sentivo il suo corpo premere contro il mio. Era una sensazione mai provata prima. Una sensazione così piacevole che fu difficile staccarsi, quando il moccioso insolente prese a chiamarci a gran voce dall'entrata dell'hotel.
-Beh, sarà meglio che io vada. Nel caso dovessero esserci complicazioni con Asuka, chiamami immediatamente. E' stato un piacere, Leorio-
Caren iniziò ad avviarsi verso il dirigibile, mentre io continuavo a rimanere li come un pesce. 
-Caren!- la richiamai a gran voce, alzandomi con uno scatto e raggiungendola in pochi secondi. -Ci rivedremo?- 
Uno sguardo incerto attraversò i suoi occhi, e un tuffo al cuore mi gettò nello sconcerto. 
No. Non potevo accettare di non vederla più.
Tirai subito fuori dalla tasca della giacca una piccola penna e un foglietto, dove le scrissi il mio numero di telefono e il mio indirizzo. 
-Nel caso dovessi avere bisogno di me. Nessuno di quei quattro zucconi ha il cellulare, perciò se volessi sapere dove si trova Asuka o come sta, puoi sempre chiamare me..- 
La donna continuò a fissare a lungo il foglietto che le avevo dato, quasi volesse imprimerlo nella mente. 
-Grazie, Leorio..- disse solo, prima di avviarsi verso il dirigibile e sparire alla mia vista. 
 
Pov Kurapika
 
La testa mi pulsava dolorosamente e gli arti non volevano smettere di tremare. Tutto sembrava urlarmi ''resta giù e non ti muovere''. Ma non potevo. 
Mi costrinsi a fatica ad aprire gli occhi, l'immagine di Asuka svenuta tra le mie braccia ancora vivida nella mia memoria. 
Dovevo vederla. 
Dovevo sapere come stesse. 
La luce mi investì, costringendomi a richiudere le palpebre e a ripararmi il viso con un mano. 
Quando mi fui abituato alla luce, aprii gli occhi, e scoprì di trovarmi in una piccola stanza, Gon che dormiva su una poltrona di fianco al letto.
Cercai di mettermi a sedere, e dopo molti tentativi ci riuscii, scoprendomi ancora più debole di quanto immaginassi. 
Ma questo non doveva fermarmi. 
Dovevo andare da lei. 
Mi feci forza. Mi alzai dal letto e presi a camminare lentamente verso la porta. 
Quando mi ritrovai nel corridoio, però, capii di essere fregato. Non sapevo dove mi trovassi e ne tanto meno dove fosse la camera di Asuka. Iniziai, così, a vagare per i corridoio dell'albergo, mentre il mio corpo tornava sempre più in forze.
-Kurapika!- 
Mi sentì chiamare, e voltandomi vidi Leorio e Killua correre nella mia direzione. 
-Ma cosa ci fai in piedi? Dovresti riposarti, sei ancora molto debole..- 
-Portami da lei.- risposi solo, un tono perentorio che non ammetteva repliche. 
-Io non so se..- 
-Portami da lei.- ripetei, con ancora più enfasi, afferrando il braccio di Leorio e iniziando a scuoterlo. -Portami da lei, dannazione!- 
Le mie parole furono quasi un ringhio soffocato; dovetti usare tutto il mio autocontrollo per cercare di calmarmi e parlare civilmente con il mio amico. 
Lui guardò incerto Killua, che annuì, per poi tornare a guardarmi. 
-D'accordo, ma devi prometterci che resterai calmo.- 
-Per quale motivo mi stai chiedendo di restare calmo? Cosa le è successo?- 
-Niente, tranquillo..lei sta bene. Ma devi promettercelo, o non potremo portarti da lei.- 
Cercai di placare le emozioni. Qualunque cosa le fosse successa, dovevo mantenere la calma. L'unica cosa contava, era che lei stesse bene. Annuì, incapace anche solo di pronunciare una parole. 
I due mi fecero segno di seguirli, e dopo aver girato un paio di corridoio arrivammo davanti ad una porta. 
I due si guardarono, per poi aprire piano la porta e farmi segno d'entrare. 
Mi avvicinai cauto alla ragazza, che dormiva nel letto, il peso sul cuore che si alleggerì non appena la vidi riposare tranquilla e al sicuro. 
Ero totalmente concentrato sul suo volto. Non notai minimamente il fatto che indossasse solo una maglietta sgualcita e quasi trasparente. Non notai nulla che non fosse il suo viso. 
Le presi la mano, notando come fosse fredda e sudata. Presi così un panno, e andando ad asciugarle il sudore mi accorsi di quanto fossi stato cieco fino a quel momento. 
Cicatrici. 
Ecco cosa c'era sulla sua mano. Tantissime cicatrici che prima d'ora non avevo mai notato. 
Mi alzai di scatto dalla sedia su cui mi ero seduto, continuando a fissare sbigottito la sua mano. 
-E non è tutto..- disse una voce, troppo lontana perchè potessi riconoscerla. -Guardale le braccia.-
E così feci.
Alzai lo sguardo sulle sue braccia, e dovetti reggermi al materasso per non svenire. 
La scoprì completamente.
Eccola la realtà sbattuta in faccia.
Segni.
Lividi.
Cicatrici.
Tagli.
Come avevo fatto ad essere così cieco? 
Come? 
Come avevo fatto a non notare quanto Asuka avesse sofferto e che cosa le era stato fatto? 
Mi ero sempre concentrato su futilità, non comprendendo quanto in realtà lei stesse soffrendo per ciò che era stata costretta a diventare.
Non avevo mai veramente conosciuto Asuka.
-Mi dispiace, Kurapika..- 
Quelle parole furono come una coltellata al cuore. 
Rendevano tutto reale. 
Tutto quello era vero. 
Il suo dolore era vero, concreto, tanto da poterne sentire il peso in quella stanza. 
Un dolore straziante, che lei aveva portato da sola per anni e anni. 
Un dolore che la stava uccidendo lentamente dall'interno, e del quale io non mi ero mai accorto. 
Ma non l'avrei più permesso. Non avrei mai più permesso che qualcuno le facesse del male. 
Lei era la mia occasione per ricominciare. 
Lei era l'unica speranza di riavere indietro una vita da vivere. 
Non sarei mai più stato debole. Non potevo più permettermi di essere sorretto da lei. 
Asuka aveva bisogno di un punto fermo, di qualcuno che condividesse con lei il suo dolore. 
E io avrei dato tutto me stesso per questo. 
Non sarebbe mai più stata sola. 
Era una promessa. 
 
I rumori di passi veloci riecheggiarono nella stanza, interrompendo il silenzio teso che si era creato. 
Gon apparve sul ciglio della porta, gli occhi spalancati dalla preoccupazione.
-Che cosa è successo?- chiese sottovoce Killua, il tono agitato che traspariva ugualmente. 
Il bambino diede un'occhiata veloce ad Asuka, per poi farci segno con la mano di seguirlo. 
Restai li, inchiodato al terreno, lo sguardo ancora fisso sui segni del suo corpo. 
Mi sentii improvvisamente tirare per un braccio. 
-Kurapika, lasciamola riposare..- mi disse Gon, sorridendomi gentile. -Abbiamo bisogno di te. Ti prego, fallo per Asuka.- 
Quelle parole sembrarono risvegliarmi da una sorta di trance, mentre annuì al bambino e lo seguii. 
-Aspetta..- 
Mi diressi verso il letto, coprendo il corpo di Asuka con la coperta e dandole un bacio sulla fronte. -Tornerò presto, tesoro mio. Te lo prometto.-
 
Quando arrivammo sulla terrazza dell'albergo, un rumore sordo e un vento devastante ci investirono. Riuscì ad alzare di poco il capo, scoprendo sopra di me il dirigibile che voleva. 
Tra di noi regnava lo sconcerto. 
C'era chi correva da una parte all'altra, chi inveiva, e chi semplicemente restava a guardare impotente.
Non appena il dirigibile scomparve alla nostra vista, mille domande riecheggiarono nell'aria. 
-Che cosa è successo?- -Cosa vuol dire questo?- -Perchè ci hanno abbandonati?- 
Era il caos più totale. 
Tutti avevano iniziato a farsi prendere dal panico. Ne Gon, ne Leorio riuscirono a riportare la calma tra i partecipanti all'esame. 
-E' tutto inutile!- esclamò quest'ultimo, tirando fuori dalla tasca il cellulare che aveva appena vibrato. Quando aprì il messaggio, i suoi occhi si spalancarono e un rossore vivido gli tinse le guance. 
-Chi è?- chiese curioso Gon, saltellando per raggiungere il braccio di Leorio, che teneva alzato per non farglielo raggiungere. 
Ma Killua fu silenzioso e veloce; con un salto raggiunse il braccio di Leorio, strappandogli di mano il cellulare.
-State tranquilli e restate uniti fino alla fine. In bocca al lupo, Caren.- lesse il messaggio Killua, facendo sprofondare Leorio nella vergogna più totale. 
-MA COME OSI TU, BRUTTO..- Gon bloccò Leorio prima che potesse accanirsi sull'albino. 
-EHI, ASCOLTATEMI!- Gridò quest'ultimo, richiamando l'attenzione di tutti. -LA RAGAZZA DI LEORIO DICE DI STARE TRANQUILLI E DI RESTARE UNITI. PROBABILMENTE QUESTA E' UN'ALTRA PROVA. PERCIO' CALMATEVI!- 
Dire che Leorio avrebbe voluto uccidere Killua era un eufemismo. 
I suoi occhi ardevano di collera e imbarazzo, a tal punto che nemmeno la forza di Gon riuscì a trattenerlo oltre. Con uno scatto in avanti Leorio riuscì ad afferrare l'albino, che preso totalmente alla sprovvista non era riuscito a schivarlo. 
-Ora vedrai..-ghignò malefico il più grande, mentre vedevo Killua per la prima volta terrorizzato. -Buon bagno, scimmia!- 
E detto questo gettò Killua giù dal terrazzo, dentro il mare. 
Nessuno riuscì a trattenere le risate, e perfino io sghignazzai divertito.
-Me la pagherai, vecchio!- 
La sua voce era lontana, ma la promessa di vendetta era chiara e nitida. 
Gon si precipitò giù dalle scale, urlando a Killua di tenere duro.
Era troppo buono, quel bambino. 
 
Decidemmo di aspettare. Il sole arrivò presto, ma del dirigibile ancora nessuna traccia.
Eravamo bloccati li. 
Non potevamo fare nulla. 
-Sono ormai passate cinque ore da quando i vecchi se ne sono andati con il dirigibile. E' davvero inconcepibile che i gestori di un albergo lascino così trentasei clienti, senza avvertimenti o altri.-
-Sveglia, è una prova d'esame.- rispose seccato Killua, starnutendo per l'ennesima volta. 
-E per quale motivo? Il messaggio non diceva nulla a riguardo!- 
-Perchè poco fa mi sono recato nelle cabine dei gestori, e ho trovato tutti i tesori esattamente al loro posto.- 
Tutti trattennero il fiato alle parole di Hanzo, concentrandosi per cercare una soluzione razionale a quella situazione. 
-Che si siano dimenticati di prenderli?- chiese ingenuamente Gon, le parole subito smentite da Killua.
-No questo è da escludersi a propri. Ci dev'essere un motivo preciso per tutto questo.-
-Quindi potrebbe veramente essere una prova d'esame- intervenne Hanzo.
-Non ne siamo sicuri. L'importante per ora è mantenere la calma e restare uniti.- 
Tutti i presenti annuirono alle mie parole, mentre una voce richiamò la nostra attenzione. -Presto! Quassù!- 
Quando giungemmo nella stanza indicataci dalla ragazza, che di nome faceva Ponzu, trovammo al suo interno uno strano macchinario, probabilmente una vecchia ricetrasmittente.
-Funziona?- provai a chiedere al ragazzo che la stava maneggiando, ricevendo come risposta un segno di diniego. 
-No. Non riesco a trovare nessun segnale.-
-Quindi, noi..- 
-Si. Possiamo considerarci dei naufraghi.- concluse il ragazzo al posto di Hanzo. 
Quest'ultimo non si fece prendere dallo sconforto, e cercò di risollevare il morale. -Su, non tutto è perduto. Possiamo sempre dividerci e cercare indizi.- ci propose, per poi girarsi a parlare al ragazzo. -Te la senti di continuare a provare?- 
Lui annuì, tornando a concentrarsi sul suo lavoro. 
Ci dividemmo. 
Gon e Killua si diressero verso le cabine dell'equipaggio , mentre io e Leorio ci incamminammo verso la cabina dei due vecchi.
-E' come diceva Hanzo.. qui è tutto in ordine.- 
-Non perdere tempo e inizia a cercare.- lo rimproverai, non lasciandolo distrarre. 
-Si scusami, hai ragione.- 
Ci mettemmo all'opera, rovistando in ogni angolo della cabina alla ricerca di un'indizio. 
-Ehi, Kurapika.. forse ho trovato qualcosa!- 
Leorio venne verso di e me mi mostrò un vecchio foglio di carta. 
-Ehi.. ma questa è..- non conclusi la frase, troppo euforico per la scoperta appena fatta.
-Dobbiamo dirlo agli altri.- 
Corremmo a perdifiato verso il ponte della nave-albergo, raggiungendo il gruppo in poco tempo. 
-Avete trovato qualcosa?- chiese speranzoso Hanzo. 
Come risposta Leorio gli porse il foglio, mentre la sua espressione si distese in un sorriso entusiasta. 
-Abbiamo una mappa!- 
Le sue parole fecero trattenere il fiato a tutti i presenti, che guardarono la mappa come se fosse un gioiello prezioso. 
-Si, esattamente. Noi siamo qui, e la traiettoria disegnata ci porta a quest'altra isola, esattamente in quel punto!- 
-Beh, allora il messaggio è chiaro. La prova consiste nel raggiungere l'isola il prima possibile. Che cosa stiamo aspettando?- chiese un ragazzo,  mai visto prima d'ora.
-Calma. Non c'è fretta. Sappiamo la destinazione, ma non sappiamo quanto tempo ci voglia per raggiungerla. Sarebbe più prudente aspettare la venuta della notte e calcolare la distanza grazie all'aiuto delle stelle.-
-E tu vorresti restare qui a perdere tempo in questo modo?! Grazie, ma io non ci sto.- mi contraddisse lui. Iniziò a camminare in direzione delle navi , forse intenzionato ad usare una di essa come imbarcazione.
A nulla valsero i richiami di Hanzo e le imprecazioni di Leorio. 
-Lasciateli andare. Noi non possiamo fare nulla.- dissi solo, guardando il ragazzo e altri compagni, che si erano uniti a lui, cercare di sistemare una nave a riva. 
-Io direi di continuare a cercare altri indizi, che ne dite?- 
-Ottima idea, Kurapika. Forza Gon, torniamo dove eravamo prima!- 
Gon annuì, seguendo l'albino.
-Se dovessimo trovare un qualsiasi altro indizio, ci vediamo sul ponte. D'accordo?- 
-D'accordo.- rispondemmo in coro io e Leorio, dividendoci da Hanzo, che, correndo verso la spiaggia, stava urlando contro gli incoscienti, cercando di fargli cambiare idea. 
-Kurapika, vieni!- 
La voce di Ponzu mi richiamò alla realtà. 
-Arriviamo!- esclamai, correndo sulle scale e raggiungendo la ragazza che mi aspettava sul ciglio della porta. -Ci sono delle novità.-
-Che cosa sta succedendo?- chiedi al ragazzo seduto sulla postazione della ricetrasmittente. 
-Abbiamo captato uno strano segnale. Poche ore fa questa ricetrasmittente era silenziosa, ma ora sento qualcosa. Questo può essere dovuto solamente ad un cambiamento del campo elettromagnetico.-
-In parole povere?- chiese confuso Leorio, alternando lo sguardo da me al ragazzo. 
-In parole povere, c'è stato un qualche cambiamento nel campo meteorologico. Non so dirvi altro, per il momento è tutto.-
-Ho capito, ti ringrazio per le tue informazioni. Ti prego di avvisarci subito se dovesse succedere qualcos'altro.- 
Ci allontanammo, diretti verso il ponte della nave per riferire le novità. Ma non facemmo nemmeno in tempo ad uscire dalla stanza, che delle voci provenienti dalle cabine delle'equipaggio ci richiamarono, costringendoci a cambiare destinazione. 
-Oh cielo, che altro è successo?- esclamò preoccupato Leorio, quando, una volta entrati, trovammo Gon e Killua intenti a leggere un vecchio diario.
-Che cosa avete trovato?- gli chiesi, afferrando il diario che mi avevano allungato. 
-Non so..credo sia un vecchio quaderno o roba simile. C'è appuntata tanta roba sul mare, sulla nave e altro..- disse poco interessato Killua, tenendo le orecchie tese per ascoltare  il mio responso. 
Lo esaminai attentamente, di fianco a me Hanzo, richiamato dalle grida, che faceva lo stesso. 
-Credi che sia proprio il diario di bordo della nave?- mi chiese speranzoso, osservando attentamente l'oggetto che avevo in mano. 
-Non ci sono dubbi.- gli risposi.
-E' fantastico! Forza, proviamo a cercare qualche informazione.-
Mentre scorrevo le pagine da analizzare, la mia attenzione ricadde su una pagina consumata e ingiallita, su cui vi erano incisi dei strani disegni, simili a quelli della mappa. Tornai indietro, e leggendo con cura trovai l'informazione che cercavo. 
-L'isola non dista molto da qui. La si può raggiungere anche con una piccola imbarcazione.-
-Bene!- esclamarono in coro Gon e Killua, mentre Hanzo iniziò a dare ordini per i preparativi delle navi. 
-Un momento.- lo interruppe Gon, le orecchie tese e lo sguardo concentrato. -Sento qualcosa provenire dal mare. E' un rumore che non mi piace per nulla.- 
Anche Killua provò a tendere le orecchie, ma il suo sguardo deluso ci fece capire che lui non aveva sentito nulla. 
-Davvero, sento qualcosa!- 
-Non lo mettiamo in dubbio, Gon. Ma non possiamo basare l'esito di questa prova sui tuoi istinti, lo capisci?- 
-Ma. io..- provò a ribattere il bambino, non d'accordo con le parole di Hanzo. 
-Dunque, come stavo dicendo..- 
-Kurpika, Hanzo. Raggiungeteci immediatamente nella sala del timone..- 
Raggiungemmo Ponzu in un instante, rimanendo sorpresi dalla strana luce che emanava il sole. 
-Ve ne siete accorti, eh?- chiese retorico il ragazzo della ricetrasmittente, indicando con il mento il sole. - Questa è probabilmente un' anomalia meteorologica, la stessa che non ci permetteva di comunicare con la ricetrasmittente. E' solo grazie all'attenuarsi del sole che riusciamo a vederla.-
-Io continuo a sentirlo. E' quel rumore! Viene dal mare, al largo!- 
-Gon, ti ho già detto che..- provò a dire Hanzo, subito interrotto dall'albino
-Shh.- lo interruppe Killua, mettendosi nella medesima posizione del bambino. -E' vero. Ora riesco a sentirlo anche io. Si fa sempre più forte.-
-Guardate, sembra che i gabbiani siano spaventati da qualcosa!- esclamò Ponzu, indicando uno stormo di uccelli che sembrava impazzito. 
Presi immediatamente a leggere il diario, cercando disperatamente qualche informazione che ci facesse venire a capo della faccenda. 
-Quattro luglio. Totale assenza di segnale. Comparse le prime avvisaglie, abbiamo iniziato i preparativi per la ritirata. La mia guarnigione, lascerà la postazione nella prima mattina di domani. Per l'ora del tramonto i miei compagni saranno al riparo, evitando la prima mareggiata.-
 -Prima mareggiata?- chiese sconcertato Leorio, guardandomi in cerca di risposte. 
-Questo evento, si ripete ciclicamente ogni dieci anni.- 
Lasciai improvvisamente il diario, la verità di quelle parole che mi colpi come uno schiaffo in faccia. 
-Presto, dobbiamo far tornare dentro le navi!- 
Corremmo come dei disperati verso il ponte, capendo che ormai non c'era più nulla da fare. Le navi erano ormai quasi tutte troppo distanti per raggiungerle, e la corrente era troppo forte per poter andare in acqua a recuperarle. 
Gon cercò di sporgersi in avanti, la canna da pesca tra le mani. Lo bloccai prima che potesse fare una sciocchezza. -Ma che diavolo vuoi fare? Sono troppo lontani!- 
Provai a portarlo dentro con me, ma con uno strattone, si liberò della mia presa, buttandosi in acqua per salvare un uomo a poche centinaia di metri.
-GON!- Urlò disperato Killua, la paura intrisa nello sguardo. 
-Hanzo, Killua, prendete una barca e legatela. Noi dal ponte vi aiuteremo a tornare indietro.- 
I due annuirono, saltando in una piccola scialuppa e legandola bene con una lunga corda. 
-Buona fortuna!- augurai loro, lasciando che partissero verso il mare in tempesta. 
 
Alla fine Gon riuscì a recuperare l'uomo sulla barca, così come Hanzo e Killua fecero con il bambino. 
La tempesta si era scatenata; l'acqua aveva sommerso il ponte, non riuscendo però ad arrivare alle cabine, in cui Asuka continuava a riposare tranquilla. 
Leorio aveva detto che la dose di calmanti che le era stata iniettata era ancora più massiccia della mia, ed era per questo motivo non si era ancora risvegliata. E forse era meglio così. Asuka non doveva assolutamente prendere parte a questa missione, troppo pericolosa per lei . 
Dovevo proteggerla a qualunque costo, 
Chiesi consiglio a Leorio, e insieme decidemmo che sarebbe stato più opportuno sostarla in una camera più in alto, vicino alla sala del timone. 
Dopo averla adagiata sul letto e averla coperta per bene, ritornammo nella sala principale, dove tutti ci attendevano in trepidante attesa. 
-Kurapika, come sta? Hai scoperto altro riguardo la mareggiata?- 
Guardai Hanzo, sorpreso per la sua sincera preoccupazione verso Asuka. -Sta bene. E' forte, si riprenderà. Piuttosto..- presi il diario nelle mani, andando alla pagine sgualcita e leggendo la parte restante. 
Strabuzzai gli occhi, guardando il gruppo rimasto come se fosse un fantasma. 
-Beh? Cosa hai scoperto?- 
Non riuscì a parlare, così passai il diario ad Hanzo, che ebbe la mia stessa reazione. 
-Fra ventiquattr'ore..-iniziò, la voce che gli tremava per la paura. -Di questo posto non rimarrà più nulla.- 
 
                                                                                                          ***
 
-Mancano venti ore alla prossima mareggiata. Non abbiamo più molto tempo.-
Sospirai, la verità delle parole di Leorio che mi gravava sulle spalle come un enorme macigno. 
-Ciò significa che non possiamo trattenerci oltre in questo posto..- disse sovrappensiero Hanzo, scrutando i vari relitti intorno alla nave. 
-Si, ma come facciamo? Lasciare l'isola è impossibile! Sia via terra che via mare.- aggiunse l'uomo che aveva salvato Gon, guardandomi insistentemente negli occhi. 
-Tu che dici, capitano? Dove la troviamo una nave abbastanza resistente da resistere ad una mareggiata?- mi sfidò lui, facendomi irritare parecchio. 
Fu la voce di Gon a rispondere per me, mentre dalla cima della nave urlava - Una nave per resistere alla mareggiata c'è; e ci siamo proprio a bordo!- 
Il silenzio cadde fra il gruppo, mentre Gon iniziò a scendere dall'albero maestro, seguito da Killua. 
-Potrebbe funzionare..- esclamò Hanzo all'improvviso, e rivolgendosi verso di me disse. -Kurpika, dobbiamo accertarci che i motori siano funzionanti.-
Annuì, e facendo segno a Gon e Killua di seguirmi, ci dirigemmo verso la sala comandi. 
- E' tutto funzionante?- chiesi all'albino, dopo che questi iniziò a mettere mani a una centralina di controllo. 
-Si.. sembra che tutto sia funzionante.-
-Potrebbe veramente funzionare. Se i motori sono ancora resistenti e se la nave non presenta falle, dovremmo solo riuscire a farla staccare dalla scogliera.- dissi, un piano che prendeva forma nella mia mente.
-E' un impresa interessante. Ciò che si potrebbe definire, cambiamento di stile; invece di fuggire dal castello, fuggiamo con tutto il castello.-
Sorrisi ad Hanzo, mortificato di dover demolire, purtroppo, le sue speranze. - Non sappiamo, però, se riusciremo a concludere i lavori in tempo per l'arrivo della seconda mareggiata. E' necessaria la collaborazione di tutti affinchè l'impresa riesca.-
-Conta pure su tutti noi!- esclamò Gon, appoggiato dal resto del gruppo. Sorrisi, felice di avere dei compagni come loro. -Bene, allora possiamo cominciare. Per prima cosa ognuno di noi si occuperà dei vari controlli della nave. Ci troviamo sul ponte fra un'ora esatta.-
 
Hanzo ci richiamò prima del tempo, il tono di voce urgente. 
-Hai trovato i progetti della corazzata?- esclamò sorpreso Leorio, quando il ninja stese a terra il progetto su cui vi era una descrizione dettagliata della nave. 
-Si, e anche il manuale d'istruzioni.-
-Magnifico!- esultò Gon al settimo cielo.
-Dunque, ora non ci resta che analizzare i problemi principali da affrontare. Per prima cosa, dobbiamo trovare un modo per staccare la nave dalla roccia. La fiancata non sarà un problema, ma è la parte posteriore che mi preoccupa.- spiegò pensieroso Hanzo, mentre guardava il progetto in cerca di un'idea. 
Un ragazzo si fece improvvisamente avanti, chiedendo ad Hanzo se fosse intenzionato ad usare degli esplosivi. 
-Chi sei tu?- gli chiese diffidente il ninja.
-Il mio nome è Kiu. Lasciate che mi occupi io degli esplosivi. Ne ho trovate parecchie casse in magazzino e credo che siano sufficienti. -
-Il vero problema..- lo interruppe Hanzo, guardandolo storto - è la parte posteriore della corazzata. E' completamente incastonata nella roccia. Del semplice esplosivo non riuscirà a far saltare in aria un'intera parete rocciosa.-
- A questo punto, non rimane che utilizzare i cannoni della nave.- intervenni, esponendo l'idea che mi frullava in mentre. 
-Vuoi veramente fare affidamento su questa bagnarola?- mi chiese scettico Killua.
 Non diedi peso alle sue parole sarcastiche, continuando nell'esposizione del mio piano. 
-Faremo fuoco continuato con i cannoni di quaranta millimetri, non c'è alternativa.-
-Per fare questo sarà necessario far arrivare l'alimentazione ai cannoni. Seconda cosa, abbiamo le munizioni?- 
-Si. Di questo posso dartene conferma io.- rispose prontamente Leorio, sicuro delle sue parole. 
-Sparando con i cannoni le spaccature che si formeranno sulla parete rocciosa dovrebbero diramarsi fin sotto la nave.-
-Certo! L'acqua entrando nelle spaccature le dilaterà, facendo così staccare la nave.- mi diede ragione Hanzo, guardandomi speranzoso. 
- Ad ogni modo per fare questo, dovremo avviare il motore principale, che si trova nella sala macchine, sotto il livello dell'acqua.- 
-Come pensi di arrivarci?- chiese sorpresa Ponzu al ragazzo al suo fianco.
-Passerò dal condotto dell'aria del ponte C.-
-Allora è deciso. Ci andremo Pocol ed io.- esclamò risoluta la ragazza, annuendo in direzione del ragazzo. 
Ecco,  il nome del ragazzo della ricetrasmittente. 
- Un'altro problema è bilanciare il peso della nave..- continuò Hanzo, elencando gli ultimi problemi di quest'ammasso di ferraglia. -con le modifiche apportate alla nave per adibirla ad albergo, l'equilibrio è cambiato, facendo in modo che questa bagnarola si sbilanciasse.- 
- Di questo possiamo occuparci noi!- disse un ragazzo a poca distanza da Gon e Killua, indicando altri due ragazzi dietro di lui. 
-Benissimo. Allora c'è solo da sistemare il problema delle eliche. Sono piene di alghe e in queste condizioni non possono muoversi.- 
-Non devi preoccuparti di questo, Hanzo. C'è ne occuperemo io e Killua!- 
-COSA?- rispose immediatamente l'albino, uno sguardo terrorizzato dipinto in volto. 
-Anche noi dobbiamo renderci utili! Non possiamo starcene con le mani in mano.- 
Killua sospirò, dando però ragione al bambino, e confermando che avrebbe svolto quel lavoro al meglio.
-Bene. Questi sono i problemi principali. Impegniamoci tutti nella realizzazione dei nostri compiti e vedrete che andrà tutto bene..- 
La frase di Hanzo rimase in sospeso, mentre i suoi occhi si fissarono nei miei, guardandomi in attesa. 
Sospirai, conscio che anch'io dovevo dare il mio contributo. -Ascoltate tutti.- iniziai, guardando uno ad uno tutti i membri del gruppo. -Siamo rimasti in venticinque. Siamo ad un passo dal raggiungimento del nostro obbiettivo. Se rimarremo uniti e collaboreremo insieme, tutto andrà per il meglio. Ognuno è di vitale importanza per la riuscita di questa impresa. Io ho fiducia in voi.-
Guardai per ultimi i miei compagni, sorridendogli incoraggiante. 
Ne ero certo. 
Avremmo superato anche questa sfida. 
 
Tutti erano al lavoro. 
Gon e Killua si erano tuffati in acqua già da un'ora, liberando le elica dalla maggior parte delle alghe. 
Hanzo mi aveva chiamato da poco, confermandomi che i cannoni non avevano subito danni in seguito alla mareggiata, e che avremmo potuto sparare ripetutamente alla parete rocciosa senza nessuna difficoltà.
Tutto sembrava andare per il meglio.
Tutto sembrava procedere per il verso giusto, tranne una cosa. 
Una terribile sensazione che mi stava attanagliando lo stomaco. 
Cercai di non pensarci, concentrandomi al massimo sul manuale che avevo fra le mani. 
Ma era tutto inutile. 
Decisi di andare da Asuka. 
Vederla mi avrebbe sicuramente tranquillizzato.
E fu proprio così.
Non appena entrai nella stanza, il peso di quella sensazione si sciolse a poco a poco, mentre il cuore prendeva a battere all'impazzata e una mandria di elefanti faceva le acrobazie nel mio stomaco. 
Mi avvicinai cauto, cercando di fare movimenti meno bruschi possibile. Non doveva assolutamente svegliarsi. Non in questo momento. Perchè non avrei potuto proteggerla, senza venire meno al ruolo di leader del gruppo. 
Loro avevano bisogno di me e se lei si fosse svegliata, non ci sarei sicuramente stato per loro.
Mi sedetti sul letto, cercando di non guardare altro se non il suo viso. 
Quelle cicatrici erano tanto dolorose, da sentirle sulla mia stessa pelle. 
Che cosa ti hanno fatto, mia dolce Asuka?
Quale inferno hai dovuto sopportare?- 
Le accarezzai delicatamente una guancia, mentre una lacrima, scappata al mio controllo, ricadde su di essa. 
Non era il momento di fare i frignoni. 
Dovevo rimanere concentrato e svolgere al meglio il mio ruolo. 
Per i miei compagni, ma soprattutto per lei. 
Mi sporsi, incerto sul da farsi. Senza pensarci chiusi gli occhi, dandogli un lievissimo bacio sulle labbra.
Ma anche solo quel piccolo contatto, fu in grado di risvegliare in me le stesse emozioni del precedente. 
Non avevo mai provato sensazioni simili. 
Era come volare. 
Un suo bacio riusciva a farmi sentire di nuovo vivo. Di nuovo uomo. 
Non ero più un'anima in pena in cerca di vendetta, quando ero con lei. 
Ero semplicemente Kurapika. 
Una persona in grado di provare di nuovo dei sentimenti, che sembravano ormai dimenticati e seppelliti da tempo. 
Mi allontanai di mala voglia da lei, la sensazione soffocante di prima che ritornava ancora più prepotentemente. 
Mi avviai svelto verso la sala comandi, dove la voce di Hanzo mi chiamava insistentemente.
-Hanzo. Sei ancora li? Scusami, sono stato a controllare una cosa.- 
-Una persona, direi più precisamente..-
Arrossì, sollevato di non poter essere visto da nessuno in quel momento. 
-Volevo solamente aggiornarti sui nuovi sviluppi. I tubi metallici della parete laterale sono stati fatti saltare in aria, mentre Leorio è sceso da poco sul fondale per recuperare le munizioni.-
-Bene, sembra che tutto stia procedendo secondo i piani.-
-Kurapika, abbiamo fiducia in te. So che andrà tutto per il meglio.-
Sorrisi all'interfono, grato ad Hanzo per quelle parole. 
E quando questo si spense, notai fuori  l'insolita colorazione del cielo, dovuta ai raggi del sole, e a nuvole nere che si avvicinavano lentamente ma minacciose.
Corsi all'interfono, cercando Pocle e Ponzu.
-Vi prego, ditemi che avete finito! La tempesta si sta avvicinando.-
-Non ancora..- rispose dura quest'ultima, chiedendo altro tempo.
-Non abbiamo più tempo! Dovete sbrigarvi! Devo iniziare il conto alla rovescia per le operazioni- quasi gridai, la disperazione che si stava pian piano impossessando di me. 
-Faremo del nostro meglio, Kurapika.- disse lei prima di chiudere la chiamata.
Non feci nemmeno in tempo a girarmi che fui richiamato dalla voce di Hanzo, carica di preoccupazione e terrore. 
-Kurapika..abbiamo un problema! Leorio è bloccato sott'acqua! C'è un solo scafandro e c'è il rischio che l'operazione di salvataggio si trasformi in tragedia. Lascio l'ultima decisione a te..-
I miei occhi si spalancarono per il terrore, mentre l'aria faticava ad entrarmi nei polmoni. Caddi in ginocchio, completamente tramortito dall'idea di poter perdere il mio amico. 
-Kurapika. Gon è andato a prenderlo. Affidiamo tutto nelle sue mani.- Tirai un sospiro di sollievo, mentre il cuore aveva iniziato a battere di nuovo. -Piuttosto, guarda fuori. La tromba d'aria si avvicina. Dovresti essere in grado di calcolare la sua velocità. Io andrò con Killua ai cannoni principali, e aspetterò il tuo segnale.-
-Ricevuto.- dissi solo, guardando con occhi sgranati la tromba d'aria che si avvicinava sempre di più.
Presi carta e penna, e dopo aver fatto i conti presi l'interfono e gridai - A tutto l'equipaggio. La corazzata, prima di essere raggiunta dalla tromba d'aria, raggiungerà la linea di galleggiamento grazie all'aumento del livello del mare. Alle diciotto e trenta, tra dieci minuti circa, distruggeremo la parete rocciosa a cui è fissata la prua della nave, facendovi fuoco con i cannoni principali. Contemporaneamente, spingendo i cannoni al massimo della potenza, muoveremo all'indietro, lasciando questa tratta di mare.Ognuno porti a termine il proprio compito con determinazione e coraggio. Ora, sincronizzate gli orologi. Inizio del conto alla rovescia. Prepararsi.-
Non mi resi nemmeno conto degli ordini che diedi all'equipaggio, mosso da una strana forza interiore che mi lasciava stranito. 
-Kurapika, l'equilibrio della nave è stato ripristinato. Lavoro compiuto.-
-Benissimo, hai fatto un ottimo lavoro.- risposi alla voce dell'interfono, contattando immediatamente Pocle.
-Ho appena ultimato la messa a punto dei quattro motori a turbina. La pressione delle dodici caldaie ha già raggiunto il livello critico. Fra un'attimo proverò ad aprire il circuito.-
Furono attimi di pura agonia, mentre aspettavo il responso del lavoro di Pocle.
-Tutti i quattro motori sono attivi. Aprimi il circuito!- 
Le sue parole furono come un soffio di aria fresca nel deserto. Mi ritrovai a sorridere come un bambino, mentre eseguivo gli ordini. 
-Sala di controllo. Trasmissione della forza motrice ai cannoni principali. Aprite i circuiti. Batteria A, B, C. Chiudete le altre.- 
I cannoni furono posizionati. 
-Possono andare?- mi chiese una voce femminile. 
-Si. Non azionarli fino al mio ordine.- 
-Guardai l'orologio, notando che mancavano pochi minuti prima che dovessi dare l'ordine di sparare. Leorio non era ancora tornato, e il peso sulle mie spalle continuava a schiacciarmi sempre di più, lasciandomi tramortito. 
Ma dovevo farcela. 
 
Il tempo era ormai scaduto. Dall'interfono Hanzo continuava ad urlarmi di sparare.
Ma non potevo farlo. 
Non quando Gon e Leorio erano ancora la sotto. 
Si sentì un rumore sordo, poi la voce di Killua irruppe nella stanza. -Hanno recuperato Gon e Leorio. Da l'ordine di sparare, razza di zuccone!- 
Una nuova energia mi scosse le membra, facendomi muovere immediatamente. 
-Bene! A tutto l'equipaggio. Apriremo il fuoco fra trenta secondi. Prepararsi a fare fuoco! Bersaglio a ore..-
-KURAPIKA!-
L'urlo disperato di quella voce interruppe i miei ordini, mentre sentivo che il cuore stava per cedermi.
-LA BATTERIA C! NON PARTE! CI DEV'ESSERE STATO QUALCHE GUASTO, MA NON RIESCO A TROVARE LA FALLA. TI PREGO, RAGGIUNGICI AL PIU' PRESTO- 
Rimasi completamente paralizzato dalla paura. 
Non solo per le parole di quel ragazzo, ma perchè davanti ai miei occhi si erano materializzati i miei più terribili incubi. 
 
 
Pov Asuka
 
La luce della stanza era fioca, debole. Perciò non fu difficile ambientarmi all'oscurità di quella stanza, non appena aprii gli occhi. Mi alzai a sedere di scatto, cercando di capire se fosse la mia testa a farmi vedere tutto quanto ondeggiare, o se stava succedendo qualcosa. 
Avevo una bruttissima sensazione. 
Cercai di muovere i muscoli, e seppure questi fossero ancora doloranti, riuscii a mettermi in piedi.
Durai meno di cinque secondi, poichè qualcosa sbattuto contro la parete mi aveva fatto perdere l'equilibrio.
Girai lentamente lo sguardo verso la finestra, notando che il cielo era stato coperto da uno spesso strato di coltre nera come la pece, e una grossa tromba d'aria era ormai vicinissima alla nave. 
Il mio cuore ebbe un sussulto, mentre il suono dei suoi battiti mi martellava nelle orecchie. 
Kurapika.
Fu quel pensiero a rimettermi in piedi, e, seppur con un enorme  fatica, aggrappandomi alla parete e al letto, riuscii a raggiungere il ciglio della porta. 
Il corridoio era buio, ma non fu difficile trovare l'uscita, poichè un vento potente proveniva da quella direzione.
Mi sentivo senza forze, completamente schiacciata da quella potenza di quel vento, ma non potevo permettermi di arrendermi.
Kurapika e i miei compagni erano in pericolo, ed io dovevo salvarli. A qualunque costo. 
Riuscii a stento ad arrivare all'uscita, il vento ancora più impetuoso che spingeva per trascinarmi indietro. 
Lottai con tutte le mie forte. Arrivai a tentoni alla balconata principale, e lo spettacolo che mi si presentò davanti mi paralizzò sul posto dalla paura.
La nave era quasi totalmente sommersa, mentre molte persone cercavano di sistemare i cannoni principali, puntati contro la parete rocciosa. 
Capii in un attimo quale fosse il piano di Kurapika. Doveva aver stabilito che questa nave era la più adatta per far fronte al mare aperto e che bisognava riuscire in qualche modo a staccarla dalla parete rocciosa. Ma qualcosa doveva essere andato storto.
Forse un circuito difettoso, o un guasto improvviso. 
Non lo sapevo. 
L'unica cosa di cui ero certa, è che avevano bisogno di tempo. 
La paura mi aveva quasi totalmente paralizzata, mentre fissavo con occhi sgranati la mareggiata incombere sempre più minacciosamente verso di noi. 
No. Non potevo fermarmi ora. 
Dovevo farlo per Kurapika. Per proteggerlo.
Dovevo farlo per lui. 
Corsi giù dalle scale senza nemmeno rendermene conto,  arrancando nell'acqua per riuscire a raggiungere il ponte principale. 
Mi posizionai al centro, mentre sentivo gli occhi impauriti di tutti addosso.
-MA CHE CAZZO STAI FACENDO? VAI VIA DI LI!- mi urlò una voce, a cui non diedi nemmeno ascolto, troppo concentrata nel raccogliere tutte le energie rimaste. 
-STUPIDA! CORRI! COSA CREDI DI FARE?!- gridò terrorizzato Killua, la sua voce che mi sembrava lontana anni luce. 
-ASUKA!- 
Ma l'urlo disperato di Kurapika lo sentì. Il tono della sua voce era a dir poco terrorizzato, e, girandomi, vidi i suoi occhi rossi piangere dalla paura. 
Gli sorrisi, cercando di rassicurarlo.
L'avrei protetto a qualunque costo.
E poi, l' unica in grado di fargli guadagnare tempo ero io.
Mi girai per fronteggiare la mareggiata, un'onda alta più di quindici metri che si avvicinava sempre di più, tanto da sentirla incombente. 
Protesi ancora di più le braccia verso il cielo, liberando tutta l'energia e il potere che avevo in corpo. 
Quando l'onda si scagliò sulla nave, la mia cupola d'aria riuscì a respingerla. 
Ma era forte. Troppo forte. 
La sua potenza mi fece cadere in ginocchio, mentre sentivo le forze venirmi meno. 
-FATE PRESTO! NON RESISTERO' ANCORA PER MOLTO!- Urlai con tutto il fiato che avevo in gola, facendomi forza solo grazie al pensiero che se avessi resistito, Kurapika sarebbe stato salvo. 
Furono minuti interminabili, mentre le mani avevano iniziato a bruciare per lo sforzo. 
-VI PREGO! KURAPIKA, TI PREGO!- 
Uno scossone e un suono acuto mi fecero cadere a terra, i palmi sempre rivolti verso l'alto. Cercai di rimettermi in piedi, ma i cannoni continuarono a sparare, incessanti. 
La nave iniziò a muoversi e una sensazione di sollievo si impossessò di me. 
Ma non era finita. 
Continuai a tenere lontana l'onda, facendo in modo che prima di mollare la presa, la nave fosse abbastanza lontana per non essere travolta. 
Fu il dolore più straziante che provai in vita mia. 
Non riuscivo più a sentire le mani, e ora anche le braccia avevano preso a bruciarmi, quasi fosse lava incandescente. Non potei fare a meno di urlare tutto il mio dolore, mentre sentivo di stare dando fondo a tutte le mie energie. 
La nave si muoveva troppo lentamente e ormai io ero al limite. 
Decisi di giocarmi l'ultima carta che mi era rimasta. L'ultima che avrei voluto usare.
- Ti prego! Ti prego Musoda, dammi la tua forza per salvare i miei amici. Ti supplico!-  
E cosa mi darai in cambio, giovane Asuka? 
-Ti libererò. E' una promessa. Ma ora aiutami. Dammi la forza, ti prego.-
Molto bene 
Un improvviso calore mi investì completamente, lasciandomi senza fiato. 
Fu come tornare in vita.
Sentii l'energia scorrere di nuovo attraverso il mio corpo. 
Mi rialzai in piedi, gli occhi rossi fissi sull'onda sempre più potente. 
Camminai in avanti, ormai completamente sopraffatta dal potere che Musoda mi aveva donato. 
Mi preparai per l'ultimo colpo. 
Distesi le braccia, facendo confluire tutta l'energia nelle mani. 
-GOKAKYU!- 
Fu un urlo animalesco, seguito da un' enorme palla di fuoco che venne scagliata in cielo, contro l'onda. Quest'ultima si dissolse in una frazione di secondo. Le fiamme a contatto con l'acqua procurarono un esplosione di vapore, e riuscii a ripararmi il corpo appena in tempo. 
Le forze vennero meno all'improvvisimo, la voce disperata di Kurapika che mi rieccheggiava nelle orecchie. 
Ricordati della tua promessa. 
Fu l'ultima cosa che sentii, prima di svenire a terra, completamente priva di forze.
 
Buonasera a tutti! 
(Anzi, forse sarebbe meglio dire ''buonanotte, data l'ora) 
Innanzitutto voglio chiedervi enormemente scusa per il ritardo nel postare questo capitolo; avevo tutto pronto, ma giovedì sono venuti da noi dei parenti che sono partiti solo poche ore fa, e non sono riuscita in nessun modo a prendere il pc per aggiornare. Vi chiedo ancora una volta scusa. 

Questo capitolo è veramente lunghissimo, e come avrete notato ci sono ben 4 pov!
E' stato divertentissimo scrivere le discussioni tra Gon e Killua, e soprattutto è stato meraviglioso poter buttare in acqua Killua. Una soddisfazione che non potete nemmeno immaginare.
E poi che dire? 
Finalmente sappiamo il nome di questa fantomatica infermiera, 
E quanto sono carini quei due? Appena li ho immaginati insieme, non ho potuto non accoppiarli. Credo che i loro caratteri - per quando ancora non si conosca completamente quello di Caren-  stiano davvero bene insieme. Si equilibrano. 
Vedremo più avanti cosa succeder e che risvolti avrà questo nuovo personaggio nella storia principale. 

La prova?
E' stata in assoluto una delle mie preferite nell'anime. Come non si può non amare il lavoro di squadra del gruppo? Poi, diciamoci la verità, Kurapika al comando è geniale. Credo davvero che lui sia un leader perfetto, e non ho potuto che mantenere questo aspetto anche in questo capiolo. Ho cercato di mantenermi più fedele possibile all'anime, tanto che sono arrivata a impararmi a memoria i dialoghi. E' stato un lavoraccio, anche perchè non volevo fare un copia e incolla. Cerco sempre di trarre ispirazione dall'opera originale, e renderla il più fedele prossima, conferendole quel tocco personale che solo l'autrice/autore può conferire. 
E' stata una prova davvero dura. Sia al livello fisico, che quello mentale. 
Ho sempre sostenuto - e continuerò a sostenerlo fino allo sfinimento- che le prove Hunter siano state strutturate in modo diabolicamente geniale. Vanno a colpire tutti i punti deboli di ogni singolo lato umano. 
Sono perfette. 
Perciò non ho voluto stravolgerle completamente, lasciando comunque il filo originale a farle da guida. 

Parliamo di Asuka? O iniziamo a piangere di nuovo?
Quando scrivo di questo personaggio, ho sempre i brividi. Non solo per il suo rapporto con Kurapika. che sta diventando sempre più forte e sempre più concreto, ma anche per il suo lato umano. 
Perchè lei per me rappresenta in un certo senso il coraggio. La determinazione di andare avanti, nonostante la paura e il rimorso, per proteggere le persone che ama. 
Un coraggio che ha dimostrato fino alla fine, correndo verso il ponte della nave per permettere ai propri compagni di guadagnare tempo, nonostante fosse completamente paralizzata dalla paura. 
Questa è una lezione che mi ha insegnato un anime di qualche anno fa, impresso a fuoco nella mia memoria e nel mio cuore. *non vi dico quale gne gne*
Una lezione che ho tenuto ben presente, e che alle volte mi ha permesso di fare scelte importanti. 

E no, non mi sono di certa dimenticata di questo fantomatico ''Musoda''. Vi prego, lasciate che con il tempo arriviate alle dovute conclusioni. Vi dico solo che è un personaggio FONDAMENTALE, ma di cui per il momento sentiremo solo parlare. Scatenate la fantasia, ma non troppo u.u Vorrei parlarvi di un ultima cosa un po' personale. 
Sono stata sempre criticata per i miei scritti. I miei compagni di classe non hanno fatto molto per incoraggiarmi, e in altri fandom, molti anni fa, ho ricevuto critiche non proprio costruttive, che mi hanno portato alla decisione di cancellare ciò che pubblicavo. 
Da un po' di tempo, però, ho detto basta. Ho messo da parte quelle parole cattive, e ho ricominaciato, partendo da qui. 
''L'odio dei puri'' è un po' come un riscatto.Un modo per dire che anche io posso farcela. 
Perciò, vi chiedo con il cuore in mano, di farmi davvero sapere l'opione che avete riguardo questa storia. Che sia una parola o due o un papiro intero, pubblicato qui sotto o come mail privata non mi interessa. Ciò che davvero voglio è capire se sono riuscita, fino ad ora, a trasmettervi ciò che io provo mentre scrivo. Voglio davvero capire se posso ancora migliorare; capire i miei limiti e che cosa ho smosso in voi. 
Questo è ciò che vorrei, in quanto futura scrittrice. 
E vi prego davvero di non pensare che dica questo per raccimolare popolarità. Non sono proprio il tipo. 
I miei unici scopi sono quelli che vi ho elencato qui sopra. 
E io vi ringrazio. Vi ringrazio ancora una volta per tutto il sostegno che mi dismostrate, e per il tempo che dedicate nella lettura di questi capitoli. 
Grazie. Grazie infinite.
E scusate per l'immenso papiro e l'ora a cui lo pubblico, ma sarà una settimana durissima in cui sarò a casa pochissimo. 

Io vi ringrazio, ancora una volta. 
Un grosso abbraccio! 
La vostra Koralblu.

P.s Gokakyu* è l'italianizzazione della parola giapponese che significa ''sfera di fuoco''
P.s 2 Vi consiglio, durante l'ultima parte, (ovvero il pov di Asuka) di ascoltare la colonna sonora delle battaglie di Sword art Online. E' stata di grandissima ispirazione!
Inoltre, un' ultima piccolissima e forndamentale cosa -che mi sono scordata prima, perchè sono sbadata- 
 Ho trovato il volto di Asuka! Nel senso, ho trovato l'immagine che più la rappresenta. Io non amo molto dare un modello già predefinito, poichè ognuno è libero di immaginare un personaggio come vuole. Però, se mi dite che volete vederla, nel prossimo capitolo provvederò a postare anche una sua foto. 

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Capitolo 9
*** Capitolo 6 Promesse ***



                                                                                                            Capitolo 6 


Pov Asuka

Correvo.
Correvo in quello che sembrava un tunnel infinito, talmente buio da non riuscire a vedere nulla
Asuka
Corsi ancora più veloce, cercando di sfuggire a quella voce che sentivo alle mie spalle.
Dove corri, Asuka? Hai promesso di liberarmi.
-LO FARO'-
Urlai con tutto il fiato che avevo in gola, ma continuando a sentire addosso quella presenza. 
-VATTENE. LASCIAMI IN PACE.-
Non posso e lo sai bene.
Non riuscivo a liberarmene. Il calore del suo alito sul collo, i suoi passi dietro di me.. 
L'ansia continuava a crescermi in corpo sempre di più, il terrore che non mi avrebbe mai lasciata in pace che mi schiacciava completamente. 
-Io non ti voglio. Non ti voglio!- gridai, piangendo.
Ottenni come unica risposta una risalta lugubre, che mi fece accapponare la pelle. 
Noi due ci apparteniamo. Non potrai mai sfuggirmi. 
Mi girai, le ombre di Musoda che incalzavano sempre più velocemente verso di me. 
Era vero. 
Io e lui non avremmo mai potuto dividerci. 
Ero stata maledetta per sempre. 
Lui non mi avrebbe mai lasciata andare. 
Lascia che mi prenda anche il tuo corpo. Lasciati andare a me, Asuka; non dovrai più soffrire. Ti prometto che non soffrirai mai più. Fa come ha fatto tua madre. Fidati di lei..
Inebriata delle sue parole, tesi la mano verso quell'ombra, sentendomi come drogata. 
Forse era vero. Forse avrei potuto lasciarmi andare a lui,  smettere di soffrire per sempre..
Forse la cosa migliore era lasciarmi andare.. 
Forse..
Come un lampo mi apparve davanti gli occhi il viso di Kurapika. 
Mi bloccai all'istante, le lacrime che scendevano lungo le mie guance. Lacrime che ardevano come lava incandescente. Lacrime che mi ricordarono il motivo per cui stavo ancora lottando. 
Kurapika. 
Allontanai di scatto la mano da quelle tenebre, e riniziai a correre più veloce di prima. 
Non potevo lasciarmi andare. Non me lo sarei mai perdonata. 
Sciocca. Ti pentirai di ciò che hai appena fatto.
Caddi improvvisamente a terra, mentre mi sentii afferrare per le caviglie e trascinare indietro, verso le ombre. 
Verso la morte.

Urlai con tutto il fiato che avevo in gola, alzandomi di scatto dal letto su cui ero sdraiata. Mi guardai intorno, rendendomi conto di essere al sicuro. La stanza era illuminata, i timidi raggi del mattino che facevano capolino dalla finestra. 
Niente ombre. 
Tirai un sospiro di sollievo, notando una strana sensazione di bagnato addosso. Premetti la mano sulla fronte, trovandola completamente inzuppata di sudore. Nello stesso momento notai delle bende intorno alle mie mani e mi chiesi che cosa fosse successo.
Ma prima che potessi verificare le altre parti del corpo, la porta si aprì di scatto, rivelando un Gon e un Killua con gli occhi sbarrati, Leorio che arrivò pochi secondi dopo di loro. 
-Ti sei svegliata, finalmente..- urlò il più piccolo sull'orlo delle lacrime, correndo ad abbracciarmi e stringendomi forte. Ricambiai la stretta, cercando di consolare il suo pianto sfrenato.
-Cr..edev..amo fos..si m..orta.- riuscì solo a dire fra i singhiozzi. Un sorriso dolce si dipinse sulle mie labbra, mentre accarezzavo i capelli scombinati di Gon. 
Killua si avvicinò poco dopo, il capo abbassato e le braccia serrate a pugno. 
-Sono contento che tu stia meglio..- 
E in un attimo scoppiò a piangere anche lui, seppure cercasse di nasconderlo in tutti i modi. 
-Vieni qui..- gli dissi, attirando anche lui in quell'abbraccio. 
Guardai Leorio, che si manteneva a distanza e ci guardava intenerito. Capii che per lui avvicinarsi avrebbe significato esplodere definitivamente e lasciarsi andare. E Gon e Killua, seppure forti e coraggiosi, avevano bisogno di qualcuno che li sorreggesse. 
Gli sorrisi grata, poichè sapevo che quando ero addormentata, lui si era preso cura di queste due pesti. 
I pianti di Gon e Killua sembravano non terminare mai. La maglia era ormai completamente bagnata, sia a causa delle loro lacrime, che del mio sudore. 
Ci stringevamo in una morsa d'acciaio, e seppur con i muscoli a pezzi, non riuscivo a lasciarli. 
E quasi non sentii i passi frettolosi che correvano verso la mia stanza. Quasi non mi accorsi di un paio di occhi azzurri, che mi guardavano come se fossi un miraggio.
-Asuka..- mi chiamò una voce. 
La sua voce. 
Una sola parola. 
Bastò una sola parola affinchè ogni mia difesa crollasse. 
La paura di perderlo, di non essere abbastanza forte..
Il desiderio di proteggerlo, che superava qualsiasi cosa; perfino la mia paura. 
Bastò una sola parola a far venire fuori tutto questo. 
E quando tesi le braccia verso di lui, non esitò un'attimo a tuffarvici dentro, Gon e Killua che si erano allontanati, per fare posto a lui. 
A Kurapika. 
Piangemmo entrambi come due bambini. 
Ormai mi sembrava di non fare altro con lui. 
Ma non mi importava. 
Lui era li. 
Ci ero riuscita. 
Lo avevo protetto. 
Ci stringevamo forte, in una morsa talmente stretta da sembrare quasi una cosa sola. Le sue lacrime mi bagnavano i capelli, e i suoi singhiozzi facevano vibrare il mio corpo e sussultare il mio cuore. 
Un pianto che esprimeva tutta la sua disperazione, il suo dolore, la sua paura.. 
Un pianto che doveva aver trattenuto per giorni, facendo in modo che tutte le sue emozioni si accumulassero sempre di più, per poi esplodere incontrollate.
Sembrò passare un eternità, quando Kurapika si alzò in piedi di scatto, guardandomi con occhi rabbiosi.
-COME HAI POTUTO FARE UNA COSA TANTO IRRESPONSABILE! DIMMI COME, ASUKA! AVRESTI POTUTO MORIRE! CHE COSA AVREI FATTO IO SE FOSSI MORTA!?! TE LO SEI CHEISTA?!- 
Urlò in preda ad una crisi isterica, sferrando un pugno talmente forte alla parete  da far vibrare tutta la stanza. 
-Ora smettila, Kurapika!- lo rimproverò severo Leorio, avvicinandosi a lui con l'intenzione di fermarlo.
-No.- 
Tutti mi guardarono sorpresi.. perfino Kurapika.
-Ha tutto il diritto di arrabbiarsi in questo modo. Lascia che si sfoghi..- dissi pacata, continuando a guardare il ragazzo biondo negli occhi.
- Mi dispiace per ciò che hai dovuto passare. Sono stata un'irresponsabile. Ma credimi; l'unico mio scopo era quello di proteggere tutti voi e farvi guadagnare tempo.- 
-POTEVI SCEGLIERE UN'ALTRO MODO! SEI STATA UN' INCOSCIENTE. UNA FOLLE. CI HAI FATTI MORIRE DI SPAVENTO!- Continuava ad urlare lui, in preda ad una rabbia cieca, alimentata dalla paura folle che doveva aver provato. 
-Si, hai ragione. Ma rifletti; quali alternative avevamo? Avresti preferito che tutti morissero? Che annegassimo tutti? Non c'era alternativa e lo sai anche tu..- 
La rabbia nei suoi occhi scemò a poco a poco, mentre pian piano metabolizzava la verità nelle mie parole.
-Ho avuto così tanta paura..- 
Fu un flebile sussurro, che, però, rimbombò nella mia mente come un urlo disperato. Mi avvicinai a lui con urgenza, cercando un contatto con il suo corpo. Afferrai la sua mano, stringendola come se fosse l' unico appiglio per non affogare. 
-Lo so. Ma ora sono qui. Sono qui e non ti lascerò. E' una promessa.- 
Sorrise, lasciando un bacio sul dorso della mano e accarezzandomi i capelli. 
-A proposito..- iniziai, osservando le bende avvolte intorno alle mani. - Perchè queste?- chiesi al biondino, alzando anche l'altra mano per mostrargli di cosa parlassi. 
-Come, non ti ricordi?- mi chiese sconcertato lui, girandosi poi verso Leorio. 
Questi mi guardò attentamente, per poi chiedermi. - Asuka, ti ricordi che cosa è successo?- 
Cercai di focalizzare gli avvenimenti in sequenza, anche se i ricordi erano sfocati e frammentati. 
-Poco. Ricordo solo di essermi precipitata sul ponte della nave e aver bloccato la mareggiata, così da potervi dare il tempo necessario per azionare i cannoni e far muovere la nave.- risposi confusa, raccontando tutto ciò che ricordavo. 
I quattro si guardarono preoccupati. 
-Che c'è? Che cosa è successo dopo?- chiesi preoccupata, guardando Kurapika in cerca di risposte. 
Lui abbassò il viso sulle nostre mani intrecciate, non proferendo parola. 
-Allora?!- incalzai ansiosa. 
Fu Leorio a rispondermi. 
-I cannoni si erano inceppati. Un cortocircuito che avrebbe potuto costarci molto caro. Poi all'improvviso abbiamo visto spuntare te sul ponte principale. Abbiamo cercato di richiamarti, ma non hai ascoltato nessuno..- Leorio non riuscì a continuare, poichè Kurapika lo interruppe, continuando al suo posto il racconto. 
-Ho urlato come un disperato, cercando di farti spostare da li. Ma non c'è stato verso..- strinse ancora più forte la mia mano, nascondendo il viso con l'altra. -Poi, prima che la mareggiata si scagliasse contro la nave, tu hai alzato le braccia al cielo, creando una sorta di cupola sopra la nave. Eravamo tutti sconcertati. Letteralmente pietrificati dalla confusione. Poi tu ti sei caduta in ginocchio, gridandoci di sbrigarci; gridandomi di fare presto. E a quel punto mi sono risvegliato da una sorta di trance e sono corso a riparare il guasto. I cannoni sono partiti; hanno sparato e tu sei caduta a terra, i palmi sempre rivolti verso l'alto. E' stato orribile. Sembravi allo stremo delle forze, sul punto di crollare. Sono stati Leorio e Killua a fermarmi. Poi ti sei improvvisamente rialzata, le braccia che si stavano surriscaldando. Hai urlato una parola, e poi dalle tua mani è uscita una gigantesca palla d fuoco, che scagliandosi contro l'onda ha provocato una nuvola di vapore..- non riuscì a continuare, le unghie conficcate nella pelle, mentre cercava di trattenere i singhiozzi. 
-Eri praticamente morta.. eri completamente ustionata. Il tuo cuore aveva smesso per un secondo di battere..- singhiozzò, non riuscendo più a trattenersi. 
Lo presi tra le braccia, lasciandogli sfogare tutto il dolore. 
-Ma non sono morta. Sono viva e sono qui.- lo rassicurai, accarezzandogli dolcemente i capelli, così come faceva mia madre un tempo.
Lui annuì, e asciugandosi le ultime lacrime tornò a guardarmi. 
-Quanto ho dormito?- 
-Quattro giorni.- disse solo lui, mentre il mio cuore perdeva un battito. 
-L'esame..- ansimai, il panico che mi invase tutto d'un colpo. 
-Di questo non devi preoccuparti.. ci ha pensato il presidente Netero.- rispose sorridendo lui, mentre la mia espressione si trasformò, un punto interrogativo enorme dipinto sul volto. 
-Ti racconteremo tutto dopo. Ora, però, ci devi delle spiegazioni ..- mi bloccò irremovibile Killua, le braccia incrociate al petto e lo sguardo deciso su di me. 
Ma prima che qualcuno potesse iniziare l'interrogatorio o chiedere altre spiegazioni, sentimmo bussare alla porta, una lunga barba bianca che fece capolino dalla soglia. 
-Posso?- chiese educato il presidente Netero. 
-Prego..- dissi solo, guardando stupita il vecchio davanti ai miei occhi. 
Non era di certo un'uomo che passava inosservato. Era alto, e sebbene dimostrava appieno i novant'anni, era in forze, i muscoli ben sviluppati messi in mostra dalla tunica bianca e azzurra. Inoltre, i suoi capelli erano lunghi, legati in un codino, così come la sua barba. 
Un vecchio davvero bizzarro. 
Lui mi guardò dolce e si sedette di fianco a me, dall'altra parte rispetto a Kurapika.
-La vedo bene, signorina Asuka. Sono contento che stia meglio..- 
Sorrisi, grata per la sua gentilezza. 
-Presidente Netero, cosa ne sarà dell'esame? Non mi perdonerei mai se per colpa mia..- 
Lui mi prese la mano libera, facendomi segno con la testa di non preoccuparmi. 
-Dato il suo atto di coraggio e le sue condizioni, insieme al comitato degli Hunter abbiamo deciso di interrompere l'esame e riprenderlo fra due settimane esatto, il tempo concessole per la sua guarigione.- 
Gli occhi mi si erano inumiditi, mentre ringraziai di tutto cuore il presidente per quella concessione. 
-E' il minimo che potevamo fare. Ma la avverto; ha tempo due settimane. Non un giorno in più.- 
-Certo. Mi rimetterò presto.- 
Lui annuì, rivolgendosi poi ai quattro nella stanza. -Dovete perdonarmi, ma avrei la necessità di parlare da solo con la signorina Asuka.- 
Kurapika strinse il pugno libero, mentre aumentò la presa sulla mia mano, quasi avesse paura a lasciarmi sola. 
Lo guardai, cercando di rassicurarlo con lo sguardo. Cedette, e con un sospiro di rassegnazione  mi lasciò andare, seguendo Gon, Killua e Leorio e chiudendosi la porta alle spalle. 

Pov Leorio

-Gon, Killua! Smettete di origliare! E' maleducazione.- li rimproverai, ottenendo come unica risposta una linguaccia. 
Sospirai, rivolgendomi poi verso Kurapika, ancora intento a fissare la porta. 
-Lo so. Anche io sono curioso; ma dobbiamo rispettare il volere del presidente.- 
Lui annuì, girandosi a malincuore verso di me. 
-Hai ragione. Andiamo a prenderci un caffè. Gon, Killua, venite?- 
I bambini si girarono di scatto, e dopo aver chiesto se c'era il dolce e aver ottenuto una risposta positiva, corsero verso la mensa del dirigibile, facendo per la prima volta ridacchiare Kurapika. 
-E' bello vederti più sereno.- ammisi. 
-Ora che Asuka sta meglio, sono più tranquillo..- 
-Certo che ci ha fatto prendere un bello spavento..- 
Iniziai ad incamminarmi verso la mensa, Kurapika al mio fianco che annuiva energicamente. 
-E' un' incosciente.- disse lui, la rabbia che trapelava dalle sue parole.
-Ehi ehi, non esageriamo. In fondo ci ha salvati.- 
Mi incupii all'istante, fermandomi all'ingresso della mensa. 
-Anche tu continui a chiederti come abbia fatto?- 
Kurapika annuì serio, lo sguardo fisso e concentrato nel mio.
-Sono sicuro che siano ancora molte le cose che non sappiamo di quella ragazza..- 
-Che vorresti dire?- sputò fuori Kurapika, gli occhi accessi di irritazione.
-Non guardarmi in quel modo; volevo solo dire che ci sono alcuni lati di Asuka che non conosciamo. Ieri ne abbiamo avuto un esempio..anzi, ben due.- 
Il ragazzo davanti a me strinse i pugni, conficcandosi le unghie nella pelle; doveva soffrire veramente molto per la scoperta dei tagli e delle cicatrici. 
Era stata come un pugno nello stomaco, scoprire quella triste verità. 
Avevo sempre creduto quella che quella ragazza fosse invincibile, e che avesse una forza che andava oltre ogni mia immaginazione. L'avevo sempre considerata forte, più di qualsiasi altro. Una forza che ti permette di non cedere mai. Una forza che ti rende invincibile.
Quanto ero stato cieco.
Mi ero reso conto troppo tardi della sua fragilità, della sua sofferenza.
Troppo tardi avevo compreso che anche lei, proprio come noi, era un essere umano. 
Avrei dovuto chiederle scusa per non essermi reso conto prima di quello che le stava succedendo. 
-Leorio!- mi sentì chiamare. 
Quando alzai lo sguardo, il cuore iniziò a galoppare come un pazzo, le gambe che tremavano per l'emozione. 
-Caren..- 
Il suo sorriso dolce mi mandò completamente in subbuglio lo stomaco, la gola secca e le parole che non riuscivano più ad uscire. 
Il suo sguardo dolce si spostò dapprima alla porta chiusa alle nostre spalle, e successivamente sulla figura di Kurapika. 
-Tu devi essere il famoso Kurapika. Piacere, io sono Caren, l'infermiera del dirigibile. - 
Tese il braccio nella sua direzione, mentre il biondino rispondeva educato, ringraziando vivamente la donna per aver aiutato e curato Asuka. 
-Ho solo fatto il mio dovere. Non cè bisogno di ringraziare.- 
-Invece sì; non so come tu abbia fatto a curare in tempo tutte quelle ustioni.- 
Il suo viso si rabbuiò per un'istante, mentre rispondeva che le era solo stato insegnato bene il proprio lavoro. 
Kurapika smorzò il silenzio che si era creato, chiedendole se volesse unirsi a noi alla mensa. 
-In realtà volevo accertarmi delle condizioni di Asuka..- 
-Il Presidente Netero ci ha chiesto di poter parlare da solo con lei. Nessuno potrà entrare in quella stanza per un bel po'.-
Lei annuì, accettando poi l'invito del ragazzo. 
Riprendemmo a camminare, Caren che rispondeva gentile alle domande insistenti di Kurapika, riguardanti le sue condizioni.
-C'è la farà a guarire in tempo?- le chiese ansioso, facendo agitare anche me.
Dannata empatia.
-Non devi preoccuparti. Si rimetterà completamente in due settimane. E' forte, c'è la farà.- 
Arrivammo alla mensa in poco più di cinque minuti, notando nel tavolo centrale Gon e Killua che si strafogavano di dolci. Il più piccolo si accorse quasi subito di noi, e ci fece segno di raggiungerli, il solito sorriso entusiasta stampato in volto. 
-Siete due ingordi.- esordii io con stizza, notando ben dieci tipi diversi di torta sul tavolo. 
-Ma non è tutta per noi! Ne abbiamo lasciata anche un po' per voi!- 
Mi intenerì all'istante, mascherando, però, il mio sorriso in una smorfia di disgusto. 
-Chissà quanto ci avrà sputato sopra Killua. No, io non ne mangio.- sfidai l'albino, sedendomi a tavola e facendo posto a Caren e Kurapika.
Sentii improvvisamente qualcosa che mi colpì la faccia, lasciandomi un fastidiosissimo appiccicume addosso. 
-Killua..- ringhiai, soffocando a mala pena l'istinto omicida verso quel disgraziato. 
Ma fu la risata cristallina di Caren a farmi calmare totalmente, mentre uno strano calore mi avvolse il cuore. 
Era bellissimo vederla ridere. 
Avrei fatto qualunque cosa affinchè quel sorriso rimanesse sul suo viso per tutta la vita. 
Mi pulii la faccia, prendendo a ridere insieme a lei. 
Era strano, ma da quando avevano incrociato per la prima volta quello sguardo, non facevo altro che pensare a lei. 
Avrei voluto conoscerla di più, parlare da solo con lei come quella sera, e inoltre..
Al solo pensiero mi sentii arrossire. 
E proprio non lo capivo. 
Io, definito anche ''Il conquistatore'', in imbarazzo a pensare di baciare una ragazza?
Ma cos'ero diventato? 
-Allora, Caren..- iniziò il piccoletto, interrompendo il flusso dei miei pensieri. - Posso farti una domanda?- 
-Certo!- rispose lei gentile, gli occhi comunque attenti e vigili. 
-Quanti anni hai?- 
A tutti i presenti cadde la mascella per terra, mentre la ragazza al mio fianco rideva di gusto.
-Sempre il solito impiccione..- lo rimproverò acido Killua, continuando poi a mangiare il suo dolce. 
-Ventinove..- rispose al bambino, chiedendo a sua volta l'età di Gon.
-Davvero? Pensavo fossi più grande..- 
Il bambino arrossì imbarazzato a quel complimento, iniziando poi con l'interrogatorio.
Quando ci si metteva, era peggio di una cozza.
-Suvvia Gon, non è educato fare tutte queste domande a Caren. - lo rimproverò Kurapika, ed io non potei che essere d'accordo con lui. 
-Perchè? Voglio solo poter conoscere meglio l'amica di Asuka..ANZI!- concluse la frase urlando, mentre agitava le mani freneticamente e guardava Caren con occhi sognanti. -Da oggi sarai anche nostra amica.- 
Lei lo guardò confusa, forse non ancora abituata al carattere di Gon.
-Scusa piccolo, non vorrei risultare scortese, ma come fai a definirmi amica, se nemmeno mi conosci?- 
Non c'era ironia nella sua voce, solo un enorme punto interrogativo. 
-Hai salvato Asuka! Questo basta e avanza..- le rispose, un enorme sorriso stampato in viso.
Caren rimase paralizzata qualche secondo dalla sorpresa, per poi sorridere di rimando a Gon e annuire. 
L'atmosfera serena di quel momento fu interrotta dal suono di un cellulare, Caren che si rabbuiò all'istante non appena vide il numero sul display.
-Scusate- disse solo, alzandosi frettolosamente e allontanandosi il più possibile. 
La seguì con lo sguardo, e quando scomparve dietro la porta della mensa continuai a fissare per non so quanto il punto in cui era sparita. 
-Ti piace, eh?- mi chiese malizioso Killua e facendomi arrossire.
-Non dire fesserie!- 
-Ma dai, è quasi più evidente di Kurapika e Asuka..- 
Il sorriso sul viso del ragazzo al mio fianco scomparve in un'instante, mentre le sue gote si tinsero di un rosso acceso e si gonfiarono per l'imbarazzo. 
-Ma co..sa st..state dicendo.- balbettò lui, il capo chino. 
-Siete due citrulli. Se fossi in voi due, mi riterrei molto fortunato.- 
-CHE VORRESTI DIRE?- Urlammo in coro io e Kurapika, avvicinandoci minacciosi verso l'albino.
-Niente..solo che loro sono due belle ragazze, mentre voi due..- non concluse la frase, facendo un gesto di disgusto con la bocca. 
Due pugni furono scagliati a gran forza sulla testa di quel marmocchio insolente, il suo viso che si scagliò con forza contro il tavolo.
Quando alzò il capo, Gon scoppiò a ridere come un pazzo, poichè un grosso bernoccolo rosso era spuntato come un fungo sulla fronte di Killua. 
Mi alzai, lasciando un Killua furioso, che cercava in qualunque modo di colpire il biondino, e un Kurapika divertito, che non faceva altro che prendere in giro l'albino. 
Sospirai, chiedendomi che cosa avessi fatto di male per capitare in un manicomio come quello. 

Pov Caren

-Che cosa vuoi!?- ringhiai, senza lasciare tempo al mio interlocutore di parlare.
-Vedo che sei molto contenta di risentirmi, sorellina..- 
-Dimmi che diamine vuoi e poi sparisci immediatamente dalla mia vita..- quasi urlai, ricordandomi però di non poter alzare la voce in quel luogo.
-Calma, calma.. Non ci sentiamo da anni e questo è il tuo modo di salutarmi? E' davvero maleducato da parte tua..- 
Strinsi ancora più forte il telefono fra le mani, cercando di calmarmi.
-Dimmi che cosa ti serve e poi non farti più sentire..- 
Cercai di essere il più calma possibile, facendo respiri profondi con il naso.
-Caren, Caren, Caren.. chi ti dice che io voglia qualcosa? Non posso semplicemente chiamare mia sorella per chiederle come stia o che cosa stia facendo?-
-O per sapere dove sia Asuka e se il suo potere si stia sviluppando? O sbaglio?!- ringhiai furiosa, afferrando con forza il bordo della maglia e stritolandolo nel mio pugno. 
-Perchè, Asuka è li con te?- mi chiese fintamente sorpreso lui, lasciandomi solo un senso di fastidio addosso. 
-Smettila di fingere. Lo sai benissimo dove si trova Asuka! Altrimenti cosa avresti mandato a fare uno dei tuo scagnozzi qui?-
-Non so proprio di cosa tu stia parlando..- continuò lui con la sua recita, facendomi salire il sangue al cervello.
Ero al limite. Se quella telefonata fosse proseguita oltre, avrei perso veramente il controllo.
-Si che lo sai. Smetti di recitare e dimmi cosa vuoi sapere!- 
Dall'altra parte si sentì un lungo sospiro, seguito da un instante di silenzio che parve infinito. 
-Ha sprigionato il potere di Musoda, non è così?- 
Mi gelai sul posto. 
Per un istante mi parve che tutto si fosse fermato. 
-Rispondi!- urlò lui dall'altra parte, facendomi sobbalzare. 
Era inutile nasconderglielo, quando sapevamo benissimo tutti e due che era perfettamente in grado di percepirlo. 
-Perchè me lo chiedi, se sai già la risposta?- chiesi ironica all'uomo dall'altra parte del telefono. 
Esplose in una risata acuta, maligna. Una risata di vittoria. 
-Credi davvero che il tuo Nen lo terrà a bada? Io lo sento, Caren. Sento il suo potere che cresce di giorno in giorno, senza che Asuka se ne renda conto. Non potrà più controllarlo ancora per molto.- disse in tono di vittoria, canzonario. 
Folle. 
Ecco cos'era quell'uomo.
Un uomo accecato dal potere.
Un uomo senza scrupoli, senza cuore..senza anima.
-Sei un pazzo se credi che lascerò che ciò accada. Non succederà mai più ciò che è successo quella notte al clan dei Kuruta. L'hai istigata a commettere un gesto abominevole, e per colpa tua nessuno la libererà mai dai sensi di colpa! Che razza di uomo sei? Come hai potuto farle questo?! Pensavo che le volessi bene! Lo credeva anche Sakura!- gridai al telefono, piangendo e lasciando che tutto il dolore e il rancore accumulato negli anni esplodesse e finalmente mi liberasse il cuore da quel macigno soffocante.
-Non metterla in mezzo! Non ti azzardare nemmeno a nominarla!- urlò lui di rimando, rompendo la maschera di freddezza e indifferenza che aveva stampata addosso. 
-Lasciaci in pace..lascia che Asuka si rifaccia una vita..- lo supplicai, mettendo da parte l'orgoglio. 
-Non posso..- rispose duro lui, ricomponendo la tua maschera.
-Ti odio! Ti odio per averci rovinato la vita! Dovunque tu passi, lasci morte e distruzione! Ora che lei si sta rifacendo una vita, incominciando a sorridere di nuovo! Non puoi farle questo! Non puoi fare questo ad Asuka!- 
Piangevo disperata, urlando e inveendo contro quel mostro. 
-Lei è mia figlia. Decido io cosa sia meglio per lei e cosa no. Lei è nata per essere come me. Questi due anni sono stati solo un'allenamento, e non ti illudere, poichè fra poco tutta questa storia finirà. Ora che il potere si sta risvegliando, non permetterò che qualcuno rovini tutto. Ti avviso, fatti da parte o ne pagherai le conseguenze, Caren..- 
-TI AMMAZZO! PROVA SOLO A TOCCARLA E IO GIURO CHE TI AMMAZZO! DOVRAI PASSARE SUL MIO CADAVERE PRIMA DI PORTARTELA VIA!- 
-Non mi sfidare.. sai che posso farti fuori in pochi secondi e che non mi farei nessuno scrupolo. Non intralciare i miei piani, o non mi farò nessun problema ad ucciderti, anche se sei mia sorella. -
E riattaccò, lasciandomi un senso accecante di rabbia e disperazione addosso. 
-MALEDETTO!- Urlai, scaraventando il telefono contro il muro.
Iniziai a tirare calci e pugni a quest'ultimo, procurandomi lividi e tagli sulle mani e sulle gambe. 
Ma non sentivo dolore. 
Continuai per un tempo che mi parve infinito, quando all'improvviso mi sentii afferrare dolcemente. Non feci subito caso a chi fosse lo sconosciuto che mi stava stritolando in un abbraccio, e sfogai su di lui tutta la mia rabbia. 
-Shh..- continuava a ripetermi lui, subendo ogni mio pugno senza mai fiatare. 
A poco a poco la rabbia scemò, lasciandomi addosso solo un senso opprimente di paura e disperazione. Mi aggrappai a quello sconosciuto con tutte le mie forze, quasi fosse l'unico appiglio in mezzo ad un mare in tempesta.
E quando mi chiamò, mi paralizzai, alzando il viso di scatto.
-Leorio..- sussurrai laconica, guardandolo con disperazione. -Vog..liono portarmela via. La porteranno di nuovo via da me.- singhiozzai, in preda ad un attacco isterico.
Non mi rendevo conto di nulla. 
L'unica cosa a cui riuscivo a pensare era tutto ciò che avrebbe fatto quell'uomo se si fosse ripreso Asuka. Non avrei mai potuto permetterlo. 
Lui l'avrebbe trasformata di nuovo in un'assassina, con l'unico scopo di uccidere. L'avrebbe usata come strumento per accrescere ancora di più la sua fama e il suo potere.
L'avrebbe trasformata di nuovo in un mostro.
E non avrei potuto sopportarlo. 
Asuka meritava la felicità che questi ragazzi gli stavano finalmente ridando. 
Meritava una vita serena e felice, dove lei fosse padrona di se stessa. 
Ero talmente immersa in questi pensieri, da non rendermi nemmeno conto di essere stata sollevata da terra e portata in una piccola stanza. 
Leorio mi adagiò piano sul letto, sedendosi a fianco a me.
-Riposa un po' Caren.- mi sussurrò lui, continuando ad accarezzarmi i capelli e allontanandosi pian piano. 
-No!- gridai con urgenza, il solo pensiero di rimanere da sola che mi terrorizzava a morte. 
Lui capì, e si sedette di fianco a me. Adagiai la testa sulle sue gambe, e chiusi gli occhi, facendomi cullare dal torpore che il suo corpo emanava. 
Cercai di regolarizzare il respiro, concentrandomi sul battito del suo cuore. 
Era veloce. 
I suoi battiti erano accelerati, e mi piaceva immaginare che fosse a causa della mia presenza. 
Sorrisi imbarazzata a scoprirmi pensare certe cose. 
Avevo ventinove anni eppure con lui mi sentivo una ragazzina. 
-Leorio!- lo chiamai urgente, alzandomi di scatto dalle sue gambe. Lui mi fissò stranito, guardandomi, però, concentrato, in attesa che parlassi. 
-Quanti anni hai?- gli chiesi, facendogli sgranare gli occhi dalla sorpresa. 
-Diciannove..ma questo cosa c'entra adesso?- 
Mi paralizzai, continuando a guardarlo con gli occhi fuori dalle orbite. Come era possibile che fosse così giovane? 
Dimostrava veramente molti anni in più, quasi la mia età.
Non potevo crederci. 
Avevamo dieci anni di differenza. 
-E' un problema?- chiese lui cupo, abbassando lo sguardo ferito. 
Era davvero un problema la nostra età? E problema per cosa, poi?
-No. Non è un problema..- gli risposi dolce, rendendomi conto che in realtà non mi importava nulla di quanti anni avesse. 
L'unica cosa che contava era il modo in cui Leorio riusciva a farmi sentire. 
Nient'altro. 
Lui alzò lo sguardo, una nuova luce che gli brillava negli occhi. 
Posò delicatamente una mano sulla mia guancia, emanando un calore che mi fece rabbrividire. Non riuscivo a staccare lo sguardo dal suo.
Tutto sembrava essere scomparso. 
La paura, la disperazione, l'impotenza..
Tutto cancellato. 
Un istinto incontrollato mi attraversò tutto il corpo, facendomi avvicinare sempre di più a lui. 
Eravamo a pochi centimetri di distanza, quando sentimmo bussare alla porta.
Leorio sgranò gli occhi, rendendosi forse conto di ciò che stavamo per fare, mentre io retrocessi, imbarazzata come non lo ero mai stata. Andò ad aprire la porta quasi come fosse un automa, e quando si ritrovò davanti Killua esplose in un grido rabbioso. 
-IO TI AMMAZZO!- 
E iniziò a inseguirlo, mentre il povero albino scappava, completamente ignaro di cosa avesse interrotto. 
Una risata scappò involontaria al mio controllo; uscì anch'io, e sentì Killua che gridava le sue scuse e che voleva solo venirci a chiamare, poichè il presidente Netero era uscito dalla stanza di Asuka. 

A quelle parole mi precipitai nella stanza di mia nipote, trovando la porta aperta, lei che cercava di rimettersi in piedi, ma senza successo. Sorrisi intenerita, mentre mi tornavano alla mente tanti ricordi, uno tra i quali era proprio il ricordo dei suoi primi passi.
-Non sarai in grado di camminare per qualche giorno..è inutile che sprechi così le tue energie.-
Lei sobbalzò, non aspettandosi che qualcuno la stesse osservando. 
-Odio non potermi muovere.- 
Mi avvicinai, entrando nella stanza e chiudendomi la porta alle spalle. 
-Asuka, mettiti seduta per favore.. abbiamo delle cose di cui parlare.- dissi, sedendomi su una sedia di fianco al letto. Lei fece ciò che le dissi, guardandomi seria e attenta. 
-Abbiamo due settimane per rimetterti in sesto. Seguirai un programma di riabilitazione..''speciale'', diciamo.- cerai di usare le parole più adatte, senza spaventarla troppo. 
-Se ciò mi permetterà di tornare in forze nel lasso di tempo concessomi, sono pronta. Però..- si bloccò lei, guardandomi sospetta. - come posso fidarmi di te? Ci sono così tanti interrogativi nella mia testa.. io non capisco chi tu sia, e ne cosa ti abbia spinta a salvarmi la vita. Vuoi forse il mio potere?- 
-Assolutamente no!- quasi urlai, alzandomi dalla sedia di scatto e guardandola con sguardo di fuoco. -Come puoi pensare una cosa del genere dopo averti salvato la vita due volte?- 
Tre, per la precisione. 
Ma questo non lo dissi ad alta voce. 
Lei abbassò lo sguardo, forse sentendosi in colpa per ciò che aveva detto. 
-Ti chiedo scusa..è solo che non so più cosa pensare..- 
Mi sedetti accanto a lei, guardandola e ricordandomi di sua madre. 
La mia migliore amica. 
C'era Sakura in lei.
I tratti del viso, il colore degli occhi e dei capelli..
Tutto mi ricordava lei. 
Il dolore che la sua perdita aveva lasciato era stato straziante; e in più, il fatto di non potermi più avvicinare ad Asuka mi aveva completamente distrutta. 
Quel pazzo di mio fratello me le aveva portate via entrambe.
Ma non avrei mai più permesso che accadesse una cosa del genere. Non mi avrebbe mai più separata da Asuka.
-L'unica cosa che devi sapere è che io non cattiva; tutto ciò che faccio è per proteggere te. Così come mi chiese tua madre tanti anni fa, prima di morire..-
I suoi occhi si spalancarono, mentre mi fissava come in trance, aspettandosi che continuassi. Ma quando vide che non avevo intenzione di raccontarle oltre, iniziò a farmi timidamente qualche domanda, senza entrare troppo nei particolari.
-Eravate molto amiche?-
Un sorriso involontario si formò sulle mie labbra, mentre mi tornavano alla mentre tutti i ricordi legati a Sakura.
-Lei era come una sorella per me. La conobbi quando tuo padre la fece scappare dal villaggio dei Kuruta; ricordo che la portò a casa mia, chiedendomi di ospitarli per un po. E li legai con tua madre, creando un rapporto che andava oltre l'amicizia. Eravamo come sorelle..- 
Asuka rimase in silenzio per un po', rendendosi conto a poco a poco delle mie parole. 
-Come facevi a conoscere mio padre?- mi chiese a bruciapelo lei. 
Mi resi conto di aver fatto un'idiozia. Avrei dovuto rimuovere quel particolare.
Ero stata una stupida. 
Ma si vede che quel giorno qualcuno doveva aver girato la ruota della fortuna dalla mia parte, poichè Kurapika  precipitò nella stanza di tutta fretta, rendendosi conto solo in un secondo momento di aver interrotto la nostra conversazione. 
-Scusate, torno dop..- 
-No Kurapika, vieni pure. Io me ne stavo giusto andando. Continueremo un altra volta il nostro discorso..- le dissi, precipitandomi di tutta fretta fuori  da quella stanza. 
Quando mi chiusi la porta alle spalle, tirai un sospiro di sollievo. 
L'avevo scampata per quella volta. 
Ma sapevo che non avrei potuto tenerle nascosta la verità per molto. 
Un giorno avrei dovuto rivelarle chi ero io.
Sua zia. 
La sorella di suo padre. 
Colei che l'aveva condannata a soffrire per tutta la sua vita.

Pov Asuka

Rimasi impietrita per qualche secondo, la curiosità per quella risposta mancata che mi procurava un senso di fastidio irrefrenabile. 
E in più, avevo come la sensazione che quella donna mi fosse stranamente familiare. 
A prima vista non me ne ero resa subito conto; ma guardandola più da vicino, mi ero accorta di una certa familiarità. L'avevo già vista prima, ma non riuscivo a capire che rapporti avesse con la mia famiglia. 
Avevo come il presentimento che non mi avesse raccontato tutto, e che ciò che mi stava nascondendo fosse qualcosa di davvero importante. 
Mah. 
Forse erano solo mie paranoie. 
Scacciai quei pensieri.
Nulla ora aveva importanza, se non la figura del ragazzo biondo, che mi aveva raggiunta in due falcate, e che si era precipitato fra le mie braccia. 
-E' stato uno strazio stare lontano da te.- mi confessò, procurandomi uno scompenso cardiaco, mentre cresceva dentro di me, l'impulso sempre più forte di baciarlo ancora, come avevo fatto sul ponte della nave. 
Era come una droga. Non riuscivo a non pensarci, ora che tutto era finito. 
Le sue labbra erano come un frutto invitante, pronte per essere morse, leccate.. 
A quei pensieri le mie guance andarono completamente a fuoco, facendo comparire un punto interrogativo sul viso di Kurapika. 
-Hai forse caldo? Ti apro la finestra?- mi chiese premuroso lui, mentre io negavo con la testa. -Allora di cosa hai bisogno?- 
Come potevo rispondere a questa domanda?
Come potevo avere il coraggio di chiederglielo? Di chiedergli di baciarmi?
Girai il viso di lato, fissando un punto indefinito della stanza. 
Mi sentì afferrare le guance, e senza rendermene conto mi ritrovai le labbra di Kurapika sulle mie. 
Tutto il mio corpo fu scosso da brividi; mi aggrappai al corpo del ragazzo biondo, finendo a cavalcioni su di lui.
Non pensavo a nulla.
Nulla che non fossero le labbra di Kurapika, sempre più avide di baci e sempre più intraprendenti.
Piccoli morsi sulle labbra, che non facevano altro che accrescere il mio desiderio.
Piccoli baci sul collo, che mi fecero perdere il controllo. 
Senza rendermene pienamente conto, gli afferrai i bordi della maglietta, facendogli, così, capire le mie intenzioni. 
Non se lo fece ripetere due volte. 
Gli sfilai velocemente la maglietta, facendolo rimanere solo con una leggera canotta addosso. 
Non provai vergogna ad accarezzargli i muscoli delle braccia, inebriandomi del calore che questi emanavano a contatto con la mia pelle. 
Li assaggiai, chiedendomi come avevo fatto a resistergli tutto quel tempo. Dovevo avere un autocontrollo davvero ferreo per non essergli saltata addosso quel giorno, in mare.
Solo a ripensarci mi veniva la pelle d'oca. 
Provai un immediato senso di fastidio quando la mia bocca entrò in contatto con la stoffa della canotta. Tolsi immediatamente anche quell'indumento, lasciandolo a petto nudo.  Le mie mani finirono automaticamente sulla sua pelle, procurandogli un brivido lungo tutta la schiena. 
Bastò un'attimo. 
Bastò un semplice sguardo per farci perdere completamente il controllo. 
Con uno scatto Kurapika invertì i ruoli, trovandosi a cavalcioni sul mio bacino. 
Arrossii, sentendo per la prima volta il desiderio di un uomo a contatto con il mio corpo. 
Lui mi guardò, gli occhi ricolmi di desiderio che mi guardavano con una devozione e un'amore tale, farmi sentire totalmente nuda, seppure spessi strati di vestiti ricoprissero il mio corpo. 
E provai per la prima volta il desiderio di essere toccata da quelle mani, che sapevo sarebbero state le uniche che avrei accettato sulla mia pelle. 
Perchè Kurapika era l'unico con cui avrei mai condiviso tutto questo. 
Lui e nessun'altro. 
Lo baciai, inarcando di poco il bacino, e facendogli così capire ciò che volevo. Mi guardò intensamente, chiedendomi se ne fossi davvero sicura.
Annuì, tornando a baciarlo dolcemente, mentre le sue mani si muovevano sotto la mia maglia, e la tiravano su lentamente, quasi volesse imprimere nella propria mente il ricordo di questo momento.
E quando rimasi a petto nudo davanti a lui, seppur indossassi il reggiseno, arrossì, chiudendo gli occhi per l'imbarazzo. 
-Asuka..guardami.-
Aprì gli occhi, completamente assuefatta da lui. E quando immersi il mio sguardo nel suo, mi resi conto di una verità che non potevo più nascondere. 
Di una verità che non poteva più essere negata. 
Lo amavo. 
Amavo Kurapika come non avevo mai fatto con nessuno. 
Tra le sue braccia mi sentivo viva, finalmente libera da tutto. 
Non esisteva nulla in quella stanza che non fossimo io e lui, le nostre anime strette in un abbraccio morboso, indissolubile. 
E senza rendermene conto una lacrime scappò al mio controllo. 
Il suo pollice la asciugò subito, mentre i suoi occhi si fecero tristi, credendo forse che qualche ricordo doloroso fosse riuscito a penetrare attraverso la bolla che avevamo costruito intorno a noi.
-Perchè piangi?- mi chiese in un sussurro, accarezzandomi delicatamente i capelli. 
Non riuscii subito a rispondere, ancora persa nell'oceano di pace dei suoi occhi.
-Perchè sono felice.- risposi, dopo un tempo che parve interminabile. 
Non ci vide più. 
Intrappolò nuovamente la sua bocca nella mia, chiedendomi il permesso di approfondire quel bacio. Glielo concessi senza esitazioni, mentre le nostre lingue si intrecciavano, danzando in un modo tutto nuovo, che mai avrei pensato di provare. 
Le sue mani risalirono lungo la mia pancia, ed andarono a posizionarsi sulla mia schiena, dove percorse con le dita la mia spina dorsale. 
Si bloccò all'improvviso, sgranando gli occhi e interrompendo il bacio. 
Mi ci volle poco per capire cosa avesse toccato, e subito mi scostai da lui, coprendomi come una vigliacca. 
-Asuka..- 
Non risposi, il viso coperto dalle mani, le lacrime che premevano per uscire. 
Non doveva vederle. 
Non avrei sopportato il dolore nei suoi occhi. 
-Asuka..- mi richiamò, cercando di scostare le mie mani dalla faccia. -Guardami, ti prego..- 
Non lo ascoltai, conficcando le unghie nella carne. 
Non doveva vederle.
-Asuka, lo sapevo già.- 
Mi pietrificai, spalancando gli occhi dalla sorpresa. Allentai la presa, dandogli così la possibilità di spostarmi le mani dal viso. 
Cercò insistentemente il mio sguardo, e quando finalmente mi decidi a guardarlo, vidi una luce diversa che gli brillava negli occhi. 
Mi afferrò per le guance, per poi baciarmi delicatamente sulla fronte, in un gesto che mi fece sciogliere totalmente. 
-Ti proteggerò, Asuka. Non permetterò più che ti accada nulla. Non sei più sola. Ci sono io qui adesso.- 
Amore. 
Il mio cuore era pervaso da un senso totalizzante d'amore per questo ragazzo. 
Gli presi la mano, e la portai sul mio cuore. 
Lui mi guardò stranito, non capendo quello strano gesto.
-E' tuo. Per sempre.- 
Lui rimase completamente spiazzato, gli occhi sgranati e il respiro mozzato per l'emozione. 
Gli occhi si erano fatti lucidi; intrecciò le nostre mani, per poi prendere la mia e posizionarla sul suo cuore, ripetendo il mio gesto. 
-E questo è tuo, Asuka. Fino alla fine dei miei giorni e anche oltre.- 
Rimasi paralizzata per l'emozione, lacrime di gioia che solcavano le mie guance e bagnavano le lenzuola sotto di noi. 
Mi baciò.
Un bacio breve, dolce..
Un bacio che sigillò per sempre la promessa che ci eravamo fatti.
La promessa di proteggerci per sempre, fino al giorno della nostra morte.
La promessa di sostenerci a vicenza, senza mai più farci sentire soli. 
La promessa di esserci per l'altro. Sempre.
Ci abbracciammo, nel cuore nient'altro che non fosse una gioia pura, viva. Una gioia che mai avrei difeso a costo della vita, e da cui nessuno mi avrebbe più separato. 

                                       
Le due settimane passarono in un soffio. 
Non avevo rivelato nulla di ciò che era successo sul ponte. Le domande di Killua e Leorio si erano fatte via via sempre più insistenti, ma non avevo mai ceduto. 
Il presidente Netero mi aveva proibito di parlarne, pena la bocciatura.
La riabilitazione, inoltre, era stata davvero estenuante. Caren -così avevo scoperto chiamarsi l'infermiera che mi aveva salvata- aveva passato otto ore al giorno nella mia stanza, applicando il suo Nen guaritivo sul mio corpo per due settimane intere. 
Era stato estenuante per lei, e più volte le avevo chiesto di interrompere quella terapia, che le succhiava via ogni briciolo di forze. 
Ma lei aveva dissentito categoricamente ogni volta, dicendomi di fare silenzio poichè doveva concentrarsi. 
Ma funzionò.
In due settimane nemmeno avevo recuperato totalmente le energie. 
Quando Kurapika aprì la porta, il giorno della quarta prova, mi ritrovò per terra, intenta a completare la serie da cinquecento flessioni. 
Attese pazientemente, guardandomi divertito e facendomi così innervosire. 
-Beh? Che hai da guardare? Ridi perchè credi di potermi battere?- lo sfidai, rialzandomi da terra ed entrando in bagno, con l'intento di lavarmi via il sudore dalla faccia. 
-Sbagli. Non è che lo credo; io lo so.- 
Mi seguì in bagno, chiudendosi la porta alle spalle e, prendendomi per i fianchi, mi fece girare. 
-Sono sudata..- gli dissi, completamente inebriata dal suo profumo. 
Lui si avvicinò piano, baciandomi il pomo d'Adamo e facendomi sospirare. 
Da quel giorno io e Kurapika avevamo passato ogni momento libero insieme. Questa stanza era diventata il nostro rifugio, in cui niente e nessuno poteva entrare. 
C'erano momenti in cui ci confidavamo con l'altro, raccontando tanti piccoli dettagli sulla nostra vita, e momenti  in cui la passione diventava irrefrenabile, e ci voleva tutta la nostra forza di volontà per fermarci in tempo, così da non andare oltre a quel limite che aveva tacitamente stabilito. 
Perchè nonostante avessimo raggiunto un buon livello di intimità, nessuno dei due era ancora pronto per fare il grande passo. 
Nessuno dei due sapeva bene che cosa eravamo. Non ci eravamo mai fatti domande, e andava bene così, per il momento. 
Sicuramente non eravamo semplici amici, questo era poco ma sicuro. 
Però non potevamo definirci una vera coppia.
La verità è che avevamo paura delle definizioni. Ne avevamo passate così tante, e seppur fossi certa dei miei sentimenti, non volevo costringerlo a fare nulla. 
Per il momento andava bene così.
Mi bastava.
Mi bastava tenerlo fra le braccia la notte, quando sgattaiolava via dalla sua stanza per venire nella mia.
Mi bastava svegliarmi con i suoi baci, abbracciarlo e dargli il buongiorno. 
Mi bastava. 
Ma tutto questo era solo nel nostro rifugio. 
Davanti agli occhi di tutti facevamo finta di nulla, cercando di comportarci normalmente. Come se fosse possibile. 
Non riuscivamo a parlarci in pubblico, ricordandoci di ciò che era successo poche ore prima e arrossendo come pomodori. 
Leorio e Killua ci guardavano sempre sospettosi, ma non dissero mai nulla. Caren, invece, sembrava aver capito tutto, poichè ogni giorno guardava me e Kurapika con occhi maliziosi e dolci allo stesso tempo.  L'unico che sembrava non accorgersi di niente era Gon, ancora troppo piccolo per capire certe cose. 
Caren e io avevamo legato molto in queste due settimane. Mi aveva raccontato tantissimi aneddoti sulla mamma, rivelandomi dei suoi lati nascosti di cui ignoravo completamente l'esistenza; come quella volta in cui la mamma, per farle un dispetto, le tagliò i capelli corti come un maschio, facendola vergognare talmente tanto da farla chiudere in casa per quasi due mesi.
Tutto sembrava andare per il verso giusto. 
E per la prima volta sentivo di riavere una famiglia. 
L'idea con cui ero partita quando avevo iniziato questo viaggio, stava scemando a poco a poco, lasciandomi il desiderio di restare con loro per sempre. 
L'odio non avvolgeva più il mio cuore, e i sensi di colpa, seppure sempre presenti, erano diventati meno insistenti, facendomi finalmente godere e apprezzare il tempo che passavo con i miei amici. 
-A che pensi?- mi chiese Kurapika, facendomi tornare alla realtà. Guardai il nostro riflesso allo specchio, e mi venne spontaneo alzare una mano e accarezzargli la guancia. 
Quanto era bello.. 
-Sono felice.- ammisi, perdendomi completamente nei suoi occhi.
-Lo sono anche io.- rispose lui, depositando un piccolo bacio sulle mie labbra. 
-Ci stanno aspettando..- disse sospirando, interrompendo il contatto tra i nostri corpi. 
Annuì, prendendo le mie cose e lanciando un ultimo malinconico sguardo al nostro rifugio.
-Mancherà anche a me..- disse lui, intuendo i miei pensieri. 
Aprì la porta, e lo seguì fuori, raggiungendo gli altri, che si trovavano nella sala principale, insieme a Caren. 
Corsi ad abbracciarla, un senso di tristezza che mi pervase, poichè presto saremmo state costrette a separarci. Avevo trovato in lei un'ottima amica con cui parlare e divertirmi. Non mi sarei mai aspettata di legare così tanto con un'altra ragazza, com'era successo a noi. 
Lei ricambiò l'abbraccio, raccomandandomi di fare la brava e strizzandomi l'occhio, senza farsi vedere da nessuno. Salutò poi Gon, Killua e Kurapika, stringendoli in un abbraccio affettuoso.
E poi fu il turno di Leorio. Questi lasciò cadere la valigetta a terra, e strinse la donna in una morsa d'acciaio, mentre le sussurrava all'orecchio parole dolci. Non si sarebbero potuti vedere per molto tempo, poichè da quel momento ci era stato vietato di interagire con lei, dato il rapporto confidenziale che si era creato. 
Niente favoritismi. 
Ci allontanammo, dando la dovuta privacy ai due.
Si piacevano, e loro, al contrario di me e Kurapika, non esitavano a mostrarlo. 
Andavano in giro mano nella mano, scambiandosi baci sulle guance e sguardi infuocati davanti a tutti. Killua storceva il naso tutte le volte, disgustato dai gesti di affetto di quei due, mentre Gon li guardava con aria sognante e a volte imbarazzata. 
Io e Kurapika, invece, invidiavamo fortemente il loro coraggio di mostrarsi in pubblico, fregandosene dell'opinione altrui. 
Presto fu annunciato l'arrivo sul luogo della quarta prova d'esame; salutammo tristi Caren, e scendemmo lungo la pedana. 
Sentii l'adrenalina crescere nelle vene.
Finalmente avrei potuto rimettermi in gioco. E questa volta, nulla avrebbe potuto fermarmi. 
Avrei dimostrato a tutti quanto ero forte. 
Non vedevo l'ora di iniziare. 
 

 

Buon pomeriggio!
Scusatemi tantissimo per il ritardo, ma sono tornata ieri dal mare e ho avuto un sacco da fare. 

Questo capitolo è stato molto importante,
Finalmente è stata svelata l'identità di Caren -La zia? E chi se lo sarebbe mai aspettato?- Il suo personaggio inizia veramente a prendere forma, e a malincuore deve farsi da parte, poichè durante la quarta prova non è prevista la sua presenza. 
Il rapporto tra lei e Leorio, inoltre, è davvero bellissimo. Sono semplici. Sono veri. Hanno superato il problema dell'età, lasciandosi guidare solo dai propri sentimenti e da ciò che provavano; dovrebbe essere d'insegnamento a tutti. 

Abbiamo, inoltre, avuto un piccola introduzione di quello che sarà, in un secondo momento, uno dei personaggi principali della storia. Un tipetto simpatico il padre di Asuka, eh?
Non voglio dirvi nulla, ma anche questo personaggio si rivelerà davvero interessante e ricco di sorprese. 

Asuka e Kurapika, in questo capitolo, mi hanno davvero fatto piangere di commozione. Sono così veri, così vivi che posso sentirli, sentire le loro emozioni e i loro sentimenti. 
Adoro il rapporto che hanno creato, anche se credo siano davvero degli stupidi a non ufficializzare il loro rapporto. Si piacciono e si vede. U.U
Due caproni, come li definirebbe Killua. 
D'ora in poi, il loro rapporto prenderà una piega sempre più inaspettata, sempre più bella..

Voglio ringraziare tutti coloro che hanno letto questo capitolo, spendendo parte del loro tempo per questa mia storia. Voglio ringraziare tutti voi per il sostegno che mi dimostrate.
Davvero, grazie mille per tutto. 

A prestissimo! 
Un abbraccio.

La vostra Koralblu.

P.s Oggi lala connessione fa i capricci, per cui non riuscirò a pubblicare l'immagine di Asuka. Prometto che a aggiungerò nel prossimo capitolo

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Capitolo 10
*** Capitolo 7 Musoda (parte prima) ***



                                                                                          Capitolo 7 (parte prima)
 
Pov Asuka

Il sole splendeva alto nel cielo. Era un giornata bellissima; per qualche istante, mi persi nel contemplare la bellezza dell'oceano che ci circondava, ammirando le sfumature dorate che il sole dipingeva sulle onde in leggero movimento. Una fresca brezza mi scompigliava i capelli, raccolti in una rigorosa treccia laterale. Non mi piaceva lasciarli sciolti; seppur lisci, infatti, erano ingestibili e disordinati. Mi ritrovavo sempre con qualche capello in bocca o nel cibo, e questo mi dava un enorme fastidio. Se solo non fossero piaciuti così tanto a Kurapika, non ci avrei pensato due volte a tagliarli. 
Ci radunammo in cerchio, circondando l'esaminatore della quarta prova d'esame, di nome Rippo. 
Egli prese la parola, guardandoci con un sorriso malizioso. 
-Voglio dare il benvenuto ai ventiquattro partecipanti ancora in gara. Ormai alla conclusione della gara mancano solo due prove - le più difficili, a mio parere-.- Fece una piccola paura, soffermando il suo sguardo su di me per qualche secondo. - E proprio per quanto concerne questa prova, vorrei che voi partecipaste ad un sorteggio.- riprese lui, schioccando le dita e facendosi portare davanti una grossa scatola colorata. -All'interno della scatola che vedete è stato inserito un biglietto per ognuno di voi. Siete pregati di estrarne uno a testa, rispettando l'ordine di uscita dalla Torre trabocchetto.- 
Un'assistente prese immediatamente la parola, chiamando il nome di Hisoka. Bastò solo il suono di quel nome, per farmi rabbrividire. Kurapika mi lanciò un'occhiata veloce, in cui potevo scorgere tutta la sua tensione. 
Non avrei mai dovuto raccontargli ''dell'interesse'' che quell'uomo aveva per me; questo non aveva fatto altro che metterlo in agitazione ogni qualvolta l'avevamo scorto in giro per il dirigibile. Kurapika era diventato iper protettivo con me, e sebbene questo da una parte mi lusingasse, dall'altra mi irritava parecchio; sapevo cavarmela benissimo da sola. 
Se quel clown avesse provato a farmi del male, avrebbe trovato pane per i suoi denti. 
Hisoka estrasse il foglio, e subito una brutta sensazione si impossessò di me. 
Tremavo. 
Intrappolò il mio sguardo, leccandosi le labbra e fissandomi come se fossi una bistecca succulenta da divorare. 
Kurapika se ne accorse, ed emettendo un ringhio gutturale si pose davanti a me, lanciando al clown sguardi d'odio. Lui alzò le mani in segno di resa, e facendo scomparire il foglietto con un trucco di magia tornò al suo posto, fischiettando contento. 
Ero ancora scossa quando chiamarono il mio nome all'appello; mi incamminai, gli occhi fissi a terra e compiendo gesti da automa. Estrassi un numero a caso, e per poco non mi venne un'infarto. 
Fissai quei tre numeri come se fossi in una sorta di trance, convincendomi che tutto questo doveva essere solo uno stupido scherzo. 
Non era possibile. 
Lanciai un'altra occhiata a quel biglietto, metabolizzando a poco a poco che non si trattava di uno scherzo, ma della semplice e crudele realtà.
Quando tornai al mio posto, mi affrettai ad assumere un'espressione più normale possibile, e a nascondere immediatamente il biglietto. 
-Come avrete notato, sui biglietti che avete estratto sono riportati dei numeri; ciascuno di essi corrisponde al numero di matricola d'esame di ognuno di voi partecipanti rimasti. Sappiate che tramite questo sorteggio è stato stabilito chi sarà il cacciatore, e chi verrà cacciato.- 
Il mio cuore ebbe un sussulto a quelle parole; la maschera di indifferenza che avevo creato si ruppe per un solo secondo, lasciando che Killua notasse l'ombra che era passata attraverso i miei occhi. Mi guardò intensamente, ed io feci finta di non vederlo, prestando attenzione alle parole dell'esaminatore.
-In altre parole la prova consiste nel rubarsi a vicenda la targhetta su cui è scritto il vostro numero.- 
Venti tre respiri si fermarono, mentre il clown, in fondo al gruppo, se la rideva alla grande.
-Il partecipante il cui numero di matricola corrisponde a quello estratto..- si interruppe volutamente, puntandoci il dito contro. -..è la vostra preda designata.- 
Tutti avevano nascosto la propria targhetta, guardandosi diffidenti l'uno dall'altro. Se nella scorsa sfida avevamo dato prova di un grande gioco di squadra, in questa, invece, dovevamo dare retta solamente al nostro interesse personale.
In pratica, ognuno doveva pensare per se stesso. 
-Adesso ascoltate..- richiamò la nostra attenzione l'assistente di poco prima, facendoci girare tutti nella sua direzione. - il numero riportato sul biglietto che avete estratto verrà immediatamente registrato. Quindi se desiderate farlo, dovrete essere voi a liberarvene. Di fatto esso non è più di alcuna utilità.-
L'esaminatore sorrise, prendendo la parola al posto dell'assistente. 
-Come vi ho già detto prima, l'obbiettivo è quello di impossessarsi della targhetta della propria preda. Ma ciò che vi viene richiesto per superare questa prova d'esame è di totalizzare un punteggio complessivo di sei punti.-
Tutti si guardarono sorpresi, e Hanzo chiese un'ulteriore spiegazione. 
-Per la quarta prova è stato assegnato un valore a ciascuna targhetta. Quella indossata dal bersaglio che avete sorteggiato vale tre punti, così come la vostra targhetta. In pratica, se riuscirete a rubare la targhetta al vostro bersaglio e nel frattempo a tenere la vostra, avrete superato questa sfida. Tutte le targhette che non appartengono alle sopracitate categorie valgono un punto. La cosa importante è che totalizziate i sei punti; non importa come.- 
Ci guardò con un sorriso di sfida, mentre continuava a parlare. - La permanenza sull'isola Zebil è di una settimana. Il terreno di gioco comprende l'intera isola. Vi è concesso qualunque mezzo per impossessarvi delle targhette. Buona fortuna.- e così dicendo, si diresse verso il dirigibile, mentre noi rimanemmo li, su quella nave che ci avrebbe portati in poche ore verso la quarta prova d'esame. Ignorai bellamente le inutili chiaccihere dell'assistente, andandomi a sedere più lontano possibile da occhi indiscreti.
Avevo bisogno di restare sola. 
Non avrei mai potuto dargli la caccia. 
Togliergli la possibilità di realizzare il suo sogno sarebbe stato come tradire tutto quello che avevamo costruito insieme. 
Ma la parte più codarda e infida di me, mi gridava di fregarmene, poichè il mio compito era la vendetta. 
Ma tutto era cambiato, da quando avevo conosciuto quello strano gruppo. Tutte le mie certezze, i miei piani, i miei ideali erano crollati, distrutti..
Perchè grazie a loro avevo capito cosa significasse essere amati ed accettati; per la prima volta da tanto tempo, mi sentivo bene, quasi in pace con me stessa. 
Loro erano la mia nuova famiglia.
Non potevo tradirli.
Sentii dei passi dietro di me. Non mi girai, pronta a mandare via Kurapika. Non avrei sopportato di doverlo affrontare ora. 
-Hai avuto sfiga, eh?- 
Sorrisi amaramente alla domanda di Killua, dandogli come unica risposta un'alzata di spalle. 
Lui capì, e non ci fu bisogno di dire altro. 
-Beh, cerca di tenerti stretta la tua targhetta e di rubarne altre tre. Non è tutto perduto.-
Mi voltai lentamente, fronteggiando gli occhi risoluti dell'albino di fianco a me. 
Gli sorrisi grata, senza però muovere un muscolo. Non c'era bisogno di altro. 
Killua capiva. 
Lui aveva un cuore buono tanto quanto Gon; solo che non l'avrebbe mai ammesso. Forse nemmeno lui si rendeva conto. Più volte lo avevo visto incupirsi; forse ricordandosi di qualcosa che aveva fatto, o forse semplicemente perchè come me, credeva di non meritare la felicità che quei tre ragazzi ci stavano donando. Su questo aspetto io e Killua eravamo identici. Entrambi con le mani sporche di sangue, e il cuore intriso di rimorso per ciò che avevamo fatto e per quello che eravamo stati. 
Certo, per lui e la sua famiglia uccidere era un mestiere; un lavoro come un altro. Ma se Killua era scappato da loro, significava che aveva capito ciò che stava facendo. E aveva deciso di essere diverso. 
Non avevo mai incontrato un ragazzo più coraggioso di lui. 
Aprii la bocca per parlare, ma venni interrotta da dei passi pesanti dietro di me e una voce che ci chiamava. -Killua! Asuka!-
Gon ci corse incontro, dietro di lui Leorio e Kurapika che camminavano lenti. Fissai lo sguardo sulla figura del biondino, che teneva lo sguardo basso e schivo. 
Il bimbo più piccolo si sedette vicino all'albino, senza dire una parola. L'albino lo fissò allibito, completamente esterrefatto per la sua reazione. 
-Ma come? Non ci salti addosso tempestandoci di domande?-
Gon scrollò le spalle, buttandosi a terra e chiudendo gli occhi. Killua era ancora allibito, un velo di inquietudine negli occhi. 
-Andiamo Gon. Io e te dobbiamo parlare.- disse, trascinandolo letteralmente via di li. 
Leorio sospirò. - Vado a fare un riposino. Non credo che nella prossima settimana avremo tempo per dormire.- e così dicendo, si andò a sistemare sotto una tettoia del ponte principale, in cui altri partecipanti stavano riposando. 
Kurapika non disse nulla per molto tempo. Ci limitammo semplicemente a restare in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Il mio sguardo era fisso sull' oceano. Il mare mi trasmetteva tranquillità, e mai come in quel momento ne avevo bisogno. 
Sentii una leggera pressione sulla mano destra. Non c'era nemmeno bisogno che guardassi giù. Ormai conoscevo a memoria la sensazione che mi donava la pelle di Kurapika a contatto con la mia. Lo guardai solo, leggermente spaesata dal suo improvviso slancio di affetto. 
-Qualcuno potrebbe vederci..- dissi, perdendomi nell'intensità dei suoi occhi. 
-Non ci vedrà nessuno. Siamo troppo distanti.- 
Tornai a posare lo sguardo sulla distesa d'acqua davanti a noi, estraniandomi completamente dal resto del mondo. 
-Ti darà la caccia, non è così?- 
Non risposi, il mio silenzio che valeva più di mille parole. 
-Non permetterò che ti faccia del male..- disse risoluto, aumentando la stretta sulla mia mano. 
-Kurapika..- sospirai, aprendo lentamente gli occhi. 
-No, Asuka. So quanto tu sia forte, ma non permetterò che quel malato ti dia la caccia. Non sappiamo cosa potrebbe fare. E' pericoloso. Lo sappiamo benissimo tutti e due.- 
-Kurapika, è la mia sfida. Mia, non nostra. Smettila con questa apprensione, so cavarmela benissimo da sola.- 
-Si è visto, quando ti sei fatta quasi ammazzare!-  sputò acido lui, cercando di moderare il tono della voce. 
-Scusami tanto, ma se non fosse stato per me, ora il tuo regalo fondo schiena non sarebbe seduto su questo ponte. Nessuno di loro sarebbe qui!- quasi urlai, alzandomi in piedi di scatto e fronteggiandolo a viso aperto. 
-Avrei preferito morire, piuttosto che vederti su quel ponte.- disse freddo, guardandomi con occhi pieni di dolore. 
-Kurapika..- provai a chiamarlo, pentendomi immediatamente di tutto quello che avevo detto. Lui non mi ascoltò, e voltandomi le spalle raggiunse Gon e Killua, dalla parte opposta alla mia. 
Caddi a terra, le mani nei capelli e le lacrime che scendevano lungo le mie guance. 
Gli avevo fatto male un'altra volta. 
E quando i singhiozzi iniziarono, mi ritrovai stretta in un abbraccio familiare. 
-Leorio..- singhiozzai, aggrappandomi al collo del mio amico. 
Lui mi cullò dolcemente, accarezzandomi i capelli delicatamente, come faceva una volta mia madre. 

Quando riuscii a calmarmi, l'autovparlante stava annunciando il nostro arrivo sul luogo della quarta prova. 
Mi asciugai in fretta le lacrime, ringraziando Leorio .Lui mi scompigliò i capelli, sorridendo.
-Basta solo che tu stia meglio, non c'è bisogno di ringraziamenti.- 
Gli sorrisi in risposta, raccogliendo in fretta le mie cose e seguendolo a testa bassa. 
Non mi degnò di uno sguardo.
Proseguì spedito in testa al gruppo, il più lontano possibile da me. Sospirai, ed una mano si posò sulla mia spalla. 
Gon mi sorrise incoraggiante, i suoi occhi pieni di dolcezza e ingenuità. Mi venne naturale, così, ricambiare il suo sorriso, e dargli un piccolo buffetto sulla guancia. 
Non mi sarei mai stancata di dirlo. Quel bambino era la persona più pura che avessi mai incontrato.
La nave attraccò. Tutti fremevano per poter iniziare. L'aria era intrisa di una tacita impazienza, la quale, anche se solo per un attimo, mi procurò una scarica di adrenalina lungo la schiena. 
-Siamo arrivati sull' isola Zebil, luogo della quarta prova d'esame. L'ordine da rispettare sarà il medesimo di quello adottato per il sorteggio di poco fa, ovvero l'ordine con cui siete usciti dalla Torre Trabocchetto. Adotteremo questo metodo.. una volta scesa una persona, quella successiva attenderà due minuti prima di scendere a sua volta. Si faccia avanti il primo!- esultò lei tutta pimpante, facendo segno a Hisoka di farsi avanti. 
Lui non se lo fece ripetere due volte, e dopo avermi lanciato un'occhiata maliziosa e raccapricciante allo stesso tempo, sparì nella vegetazione.
Sospirai, sentendo la rabbia che cresceva dentro di me. 
Sapevo di essere io la sua preda; e questo lo aveva mandato totalmente in estasi.
Avrei dovuto tenere gli occhi ben aperti, e muovermi con cautela per tutto il tempo. 
Ma perchè proprio io? Continuavo a chiedermi. 
Perchè il destino doveva essere così ingiusto con me?
Perchè proprio io?
Il tempo trascorse più veloce del solito. 
Arrivò il turno di Gon. Si voltò verso di noi, sorridendoci e dandcoci l'imbocca al lupo
Chissà chi aveva pescato lui..
Due minuti dopo, Leorio scese dalla pedana. 
-Mi raccomando. Non fatevi rubare la targhetta. Non voglio essere costretto a inseguire altre persone.-  disse, correndo in direzione del bosco. 
Kurapika si mise in posizione, gli occhi chiusi e le mani intrecciate fra di loro. 
Quei pochi centimetri che ci separavano, parevano interi chilometri. 
Mi ero rassegnata all'inevitabile; l'avevo ferito un'altra volta, e ora lui non avrebbe più voluto parlarmi.
-Asuka..- 
Fu come essere colpiti da un fulmine. 
Alzai di scatto la testa, il suo sguardo che catturò il mio.
-Stai attenta. Per qualsiasi cosa io ci sarò. Lascia dei segni e io li riconoscerò. Non permetterò che quel pazzo ti faccia qualcosa..- 
I due minuti scadettero e mentre Kurapika stava correndo nella direzione presa da Leorio, mi toccai inconsapevolmente una guancia, trovandola completamente bagnata.

Quando l'assistente mi disse che potevo andare, non me lo feci ripetere due volte, schizzando avanti come una scheggia. Grazie alla potenza del mio Nen, riuscivo a correre più velocemente di chiunque altro su quest'isola. 
Beh, forse con una sola eccezione. 
Era ovvio che quel pagliaccio conoscesse già da molto tempo la tecnica Nen. L'avevo appurato durante il nostro scontro, nelle paludi di Numere. La sua velocità era impressionante, e il suo occhio riusciva a prevedere le mie mosse ancora prima che le mettessi in atto. 
Non era semplice intuito. Erano anni e anni di esperienza nei combattimenti. 
E per quanto fossi brava, non avrei mai potuto sconfiggerlo senza adoperare la potenza completa del mio Nen. 
Sospirai, saltando da un ramo all'altro sovrappensiero. 
Chissà che cosa stava facendo Kurapika. 
Speravo con tutto il cuore che il suo cammino non si incrociasse con quello del clown. Se non fossi arrivata in tempo, Hisoka si sarebbe divertito tantissimo a torturarlo, prima di ucciderlo. 
Lui non era stupido, men che meno cieco; aveva capito prima di chiunque altro il rapporto che si stava creando fra me e Kurapika. Forse l'aveva compreso anche prima di noi due.
Mi fermai su un ramo, e con un balzo arrivai oltre la cima, scoprendo di essere quasi dall'altra estremità rispetto alla nave.
Decisi che per quella notte mi sarei accampata su un albero, al limite con la spiaggia. 
Scelsi con cura il mio rifugio; dopo una buona mezz'ora trovai ciò che stavo cercando. 
Era un grosso albero, alto quasi quindici metri. A due terzi di distanza da terra, presentava una vegetazione più fitta. Mi bastarono due balzi per arrivarci, e, dopo aver constato con sollievo che i rami erano abbastanza robusti da sostenermi, mi appollaiai contro il tronco, chiudendo gli occhi. 
Annullai la mia presenza, così che Hisoka non potesse trovarmi. 
Prima di addormentarmi, lanciai un ultima occhiata al mare, facendomi cullare dal torpore del suono delle onde contro la spiaggia.
Mi svegliai di soprassalto, l'eco di un urlo disumano che ancora riecheggiava nell'aria. 
Mi mossi svelta e silenziosa, il cuore che batteva a mille per il terrore che quella voce provenisse da uno dei miei compagni.
Quando arrivai sul posto, ben nascosta dalla fronda degli alberi, la parte più meschina di me esultò, poichè quell'uomo non era uno sconosciuto; la mia parte più umana, invece, gridava di rabbia e dispiacere per quel povero uomo, che aveva, forse per pura casualità, incrociato il cammino della persona sbagliata. 
-Ti ho dato la mia targhetta..ti prego ora lasciami andare.- supplicò lui sull'orlo della lacrime, paralizzato contro un tronco d'albero, il braccio che giaceva sanguinante a pochi metri di distanza. 
L'odore del sangue, così familiare alle mie narici, mi diede il volta stomaco, tanto che dovetti coprirmi il naso per non vomitare. 
-Mmm..- fece pensieroso il clown, muovendosi in circolo intorno alla sua vittima. -Beh, potrei anche pensare di farlo..- 
Gli occhi dell'uomo non fecero nemmeno in tempo a brillare per la speranza che subito si dilatarono. Il vuoto li risucchiò in pochi secondi, lasciandoli vitrei e spenti, come solo la morte sapeva fare. 
Distolsi immediatamente lo sguardo, non sopportando la vista di quel corpo senza vita a pochi metri da me. Dovetti far fronte a tutto il mio autocontrollo per rimanere ferma immobile al mio posto e non avventarmi sul clown, facendogli fare la stessa fine della sua vittima. 
Quando parlò, la rabbia esplose dentro di me come una bomba, e un ringhio si levò feroce nella mia testa. 
-Peccato che tu sia solo feccia per me. Non meritavi la mia pietà..- 
Piantai le unghie nel tronco dell'albero, gli occhi che sapevo essere diventati scarlatti.
-Allora..- iniziò Hisoka, facendomi quasi cadere dall'albero. -pensi di giocare ancora molto a nascondino?- 
Mi gelai sul posto, una sensazione orribile che prese possesso del mio corpo, impedendomi anche solo di respirare. 
Scappare era impossibile; quel pazzo mi avrebbe raggiunta in un secondo, e avrei solo rischiato di farlo spazientire. 
Era meglio non giocare con lui. 
La mia unica alternativa era scendere ad affrontarlo. 
Sapevo di non avere speranze, al mio livello attuale; ma non avrei permesso che altre persone facessero la sua fine. 
Con un balzo atterrai di fronte a lui. Guardare il corpo mutilato dell'uomo fu un grosso errore, poichè una nuova ondata di rabbia crebbe smisurata in me. 
Lui sorrise beffardo, non muovendosi dal suo posto di un solo centimetro. Continuava semplicemente a fissarmi, senza dire una parola. 
Questo mi fece infuriare ancora di più. 
-Allora. Che diavolo aspetti ad affrontarmi, razza di feccia che non sei altro?!- ringhiai nella sua direzione, mettendomi in posizione di combattimento. 
La sua espressione rimase immutata. Anzi. Se possibile, il suo sorriso si fece ancora più accentuato. 
-Ora basta!- urlai, scagliandomi contro di lui. 
Ma il mio pugno fu prontamente bloccato, e in un attimo mi ritrovai in una morsa d'acciaio, in cui mi era possibile muovermi. 
-Ah, Asuka, Asuka, Asuka.. Non te l'hanno mai insegnato che non si parte a lottare così impulsivamente? Eppure dovresti essere esperta quanto me..- chiese lui, con voce fintamente sconsolata. 
-BASTARDO! LASCIAMI!- 
Cercai di divincolarmi in ogni modo, ma la sua stretta era troppo ferrea. Non avevo alcuna speranza. 
-Non voglio lottare con te a questo livello.. non mi divertirei abbastanza..- disse lui, leccandomi il lobo dell'orecchio. Rabbrividii a quel contatto, sentendo crescere dentro di me un senso di disgusto mai provato prima. 
Mi lasciò andare improvvisamente, una luce da folle che gli attraversava il viso. 
-Fatti trovare qui fra quattro giorni, alla stessa ora e nello stesso punto. Hai tutto il tempo necessario per concentrarti e far uscire tutta la tua vera forza. Voglio combattere con un avversario alla pari. E cerca di non deludermi.- disse lui, e prima che potesse scomparire, lo bloccai. 
-Aspetta..- 
Dovetti combattere contro ogni briciolo di orgoglio presente in me, per costringermi a proseguire. 
-Ti prego Hisoka, non fare del male ai miei amici. Prometto che farò tutto quello che vorrai, ma ti prego..lasciali stare.- supplicai, lacrime di umiliazione che scendevano lungo le mie guance.
-Devi essere ridotta proprio male, per abbassarti a scongiurare proprio ME.. che cosa direbbe tuo padre?.- rise lui maligno, avvicinandosi a me. 
Mi sollevò il mento con due dita, e asciugandomi con la mano la guancia bagnata se la portò alla bocca, leccandosela. 
-Mmm..- fece roco lui, guardandomi con bramosia. -Adoro il sapore delle tue lacrime.- Arretrai disgustata, sentendo la repulsione per quell'uomo che cresceva a dismisura. 
Lui si ricompose, e lanciandomi un ultimo sguardo malizioso si allontanò, dicendo -Ci penserò.- 
Quando Hisoka scomparve alla mia vista, dovetti appoggiarmi al tronco di una albero per non cadere a terra, tanto le ginocchia mi tremavano. 
Quell'uomo, oltre a farmi schifo, mi faceva veramente paura. 
Sapevo che avrebbe potuto farmi qualsiasi cosa in base alle sensazioni del momento. Il modo in cui mi aveva guardata..
Non lasciava equivoci. 
Ero diventata la sua nuova preda, e non solo in questa sfida. 
Mi avrebbe dato la caccia, fino a quando non si sarebbe stancato. 
Un'ondata di sconforto mi pervase, mentre sentivo una sensazione nuova pervadermi. 
Terrore. 
Una paura completamente nuova, che nulla aveva a che fare con il terrore di essere uccisa o di fare i conti con i fantasmi del mio passato. 
Un terrore più reale, più raccapricciante di ogni sensazione mai provata prima; la paura cieca che quell'uomo avrebbe potuto prendersi anche la parte più intima di me. Perchè Hisoka, se avesse voluto, avrebbe potuto stuprarmi in ogni momento, senza che nessuno potesse fare nulla. 
I suoi occhi tradivano i suoi reali desideri. 
Quell'uomo voleva il mio corpo tanto quanto io avrei voluto ucciderlo. 
Il cuore sembrò fermarsi quando, a poco a poco, metabolizzavo la realtà. Le gambe avevano ceduto, ed ora, un senso di impotenza mai provato prima, mi immobilizzò completamente, facendomi sentire più morta del corpo senza vita che avevo davanti. 
Passarono interminabili minuti, o forse ore, in cui cercai in ogni modo di convincermi che quella era solo una mia paranoia. 
Tempo buttato all'aria, poichè conoscevo benissimo la realtà. 
Conoscevo perfettamente la verità, ma ancora non volevo accettarla. 
Un improvviso scatto d'ira mi pervase, facendomi balzare in piedi e sfogare tutto quello che avevo dentro contro la vegetazione circostante. Sradicai alberi, spazzandone in tronco a mani nude, e spaccai pietre con pugni e calci. 
Non mi ero mai sfogata così tanto prima d'ora. 
Avevo sempre trattenuto la mia forza, per paura di fare del male a persone innocenti. Ma ora, lontana chilometri da qualsiasi persona, stavo dando libero sfogo a tutta la mia rabbia più incontrollata. 
Le mani si incendiarono, e solo un pensiero riuscì a trattenermi dal non dar fuoco all'intera isola: il pensiero che, se non mi fossi trattenuta, avrei rischiato di fare del male ai miei amici. 
Cercai di calmarmi, facendo dei respiri profondi, come un tempo mi aveva insegnato mia madre. 
Cercai di concentrarmi su pensieri positivi; il viso di Kurpika mi apparve come un lampo davanti agli occhi, calmando all'istante ogni istinto omicida in me. 
Mi sentii spaesata, come se mi fossi risvegliata da un sonno profondo. 
Mi guardai intorno, trovando uno spiazzo di terra completamente rasa al suolo. Notai, ad alcune centinaia di metri da me, il corpo dell'uomo rivolto a testa in giù.
Un senso di pietà mai provato prima mi diede la forza per compiere un gesto che mai avevo fatto prima. 
Scavai una buca usando il Nen. Mi tolsi la parte superiore della tunica che indossavo, rimanendo così solo in canotta, e vi avvolsi il corpo dell uomo. Usai dei rampicanti poco distanti per sollevare il corpo dell'uomo e adagiarlo nella buca che avevo creato. Con le mani, poi, lo coprì, facendo tornare il terreno piatto. 
Feci crescere un piccolo mazzo di fiori proprio al centro, e, prima di andare via, giurai che non avrei lasciato impunito quell'omicidio. 
Avrei vendicato quell'uomo. 
A qualunque costo.


Pov Kurapika

-Sbrigati, prima che qualcuno ci trovi.- dissi a Leorio, incitandolo ad aumentare il passo. 
Lui sospirò sconsolato, e con due falcate mi raggiunse, correndomi dietro a stento.
-Solo perchè mi hai aiutato a recuperare la mia targhetta..- 
Gli lanciai un'occhiataccia, aumentando il passo. 
Avevo una bruttissima sensazione. Dovevo trovare Asuka il prima possibile. 
Sapevo che era successo qualcosa. 
Sia io che Leorio avevamo sentito il terreno tremare più volte e una forte energia sprigionarsi in tutta l'isola. 
Solo una persona era in grado di fare questo. 
Recuperata la targhetta di Leorio, che era stata rubata da un tizio con una scimmia, ci eravamo subito messi in marcia per raggiungere Asuka. 
Ero  talmente perso nei miei pensieri, che non mi accorsi della frenata brusca del mio compagno di squadra, così come dell'ombra che ci piombò davanti all'improvviso. 
Impallidii, rendendomi conto dell'identità dell uomo che ci braccava ogni via d'uscita. 
-Hisoka..- sussurrò spaventato Leorio, restando immobile pochi passi dietro di me. 
Lui si avvicinò lentamente, tenendo lo sguardo maligno fisso nel mio.
C'era qualcosa che non andava. 
Hisoka non mi aveva mai guardato così; sembrava mi stesse sfidando. 
Il mio pensiero corse immediatamente ad Asuka, e alla possibilità che quel pazzo gli avesse fatto del male. 
-Bene, bene, bene.. che fortuna incontrarvi qui. Mi avrebbe dato delle noie dovervi venire a cercare.- 
Il sangue mi si gelò nelle vene. Impallidì, e così come me anche Leorio. Entrambi eravamo immobili, totalmente paralizzati dalla paura.
-Non so cosa ci trovi di tanto interessante in te..- disse lui rivolto a me, un tono che trasudava disprezzo. -Insomma, io sono molto meglio..- esordì, dando sfogo a tutta la sua ilarità.
Quelle parole fecero accendere nella mia mente un campanello d'allarme, e un senso di rabbia mai provato prima si impossessò di me. 
-Che diavolo le hai fatto!?- ringhiai, completamente accecato dall'odio. 
Lui ghignò, alzando le spalle. 
-Non le ho fatto nulla. Non mi piace costringere le donne a fare qualcosa; sono un gentiluomo io. Diciamo che aspetterò il momento in cui la dolce Asuka si butterà fra le mie braccia. So essere molto paziente.-
Non ci vidi più.
Mi scagliai con un ardore che mai avrei creduto possedere contro quello schifoso bastardo, colpendolo al viso e facendolo volare per molti metri. E non mi fermai. Avevo appena iniziato. 
Continuai a colpirlo come un'ossesso, sfogando tutta l'ira e l'odio che provavo per lui.
-SE SOLO OSERAI ANCHE SOLO SFIORARLA, NON MI FARO' NESSUNO SCRUPOLO AD AMMAZZARTI. E POSSO GARANTIRTI CHE SARA' UNA MORTA LENTA E DOLOROSA.- Gridai, afferrandolo per il collo e sbattendolo contro il tronco di un albero. 
Lui rise, e con uno scatto fulmineo mi prese per gola e mi alzò da terra. 
-L'unico motivo per cui non ti uccido ora è che toglierei una parte di divertimento ai miei giochi. Fatevi trovare fra quattro giorni sulla spiaggia dell'estremità nord dell'isola. Nascondetevi dietro gli scogli e godetevi lo spettacolo.- disse, senza lasciare andare il mio collo. 
L'aria non arrivava ai polmoni, ed ero sicuro stessi per svenire. 
Mi lasciò appena in tempo, e l'aria mi bruciò in gola quando ripresi a respirare. Leorio mi fu subito vicino, aiutandomi ad alzarmi. 
-Oh, un altra cosa..- disse, fulminandoci con sguardo assassino. -Se proverete ad avvicinarvi a quella zona prima del tempo, vi ucciderò senza pensarci due volte.- 
Sparì in un istante, l'eco della sua risata che ancora riecheggiava nell'aria. 
-Kurapika..- mi chiamò Leorio, preoccupato.
Non lo ascoltai, raccogliendo la mia borsa e iniziando a camminare. 
-Presto. Dobbiamo cercare Gon e Killua.- 
Dovevamo andare da Asuka. 
Non mi importava degli avvertimenti del Clown. Non l'avrei lasciata sola un minuto di più.


Pov Gon

Erano stati due giorni interminabili.
Le mani erano ricoperte di calli e vesciche, e mai prima d'ora mi ero sentito più stanco; ma non m'importava.
Tutti i miei sforzi erano valsi la pena.
Oggi sarebbe stata la prova finale. Non potevo permettermi nessun errore. 
Dovevo a qualunque costo rubare la targhetta di Hisoka. 
Avrei agito nel momento in cui lui fosse stato più vulnerabile: il momento della caccia. 
Perchè avevo compreso che il predatore, nel momento dell'inseguimento, affinava tutti i suoi sensi solo per la vittima, lasciandosi così scoperto da attacchi esterni. 
Quello sarebbe stato il mio momento. 
L'agitazione iniziava a farsi sentire, e dovetti concentrarmi al massimo perchè la paura non mi impedisse di agire. 
Dovevo farlo per i miei amici, per la zia Mito e per papà.
Volevo più di ogni altra cosa renderlo fiero di me; e sapevo che in qualche modo, fallendo questa prova, l'avrei deluso. 
Per questo motivo non potevo assolutamente permettermi errori. 
Una ventata d'aria gelida mi attraversò il corpo, facendomi rabbrividire. Mi strinsi ancora di più  a me stesso, desiderando più di ogni altra cosa trovarmi a casa, nel caldo abbraccio di mia zia. 
Chissà come stava. 
Lei mi mancava ogni giorno, sempre di più. Certo, in questa avventura avevo trovato degli amici fantastici. Killua, Leorio, Kurapika e Asuka sarebbero sempre stati come una seconda famiglia per me; ma la mia dolce zia..
Scossi la testa, tornando a concentrarmi sul mio obbiettivo. 
Non era il momento di pensare a certe cose. 
Ora dovevo concentrarmi. 
Sentì un fruscio in lontananza. Prima lieve, poi sempre più veloce e accentuato. Tesi le orecchie, affidandomi al mio istinto animale. 
Sembrava un inseguimento..
Quasi balzai in piedi, la canna da pesca ben salda fra le mie mani. 
Mi nascosi meglio fra i cespugli, pronto per mettere a punto il mio piano. 
Avrei avuto solo pochi secondi per agire, e non erano ammessi errori.
Dalla vegetazione comparve una figura, che capii subito non essere Hisoka. Mi tenni pronto, la canna da pesca in posizione e l'occhio pronto a cogliere il momento giusto. 
Un rumore quasi impercettibile si udì a pochi metri di distanza, e fu un attimo prima che scagliassi contro Hisoka la canna da pesca, strappandogli di dosso la targhetta e correndo come un razzo nella direzione opposta. 
Non riuscivo a contenere la gioia. 
Già immaginavo la faccia che avrebbe fatto Killua quando gli avrei mostrato la mia conquista. Correvo a perdifiato, cercando di seminare il clown, che sapevo si fosse dato al mio inseguimento. 
Un sorriso a trentadue denti era stampato sul mio viso, quando mi sentì improvvisamente colpire da qualcosa, e caddi a terra, senza riuscire a muovere un muscolo. 
Non capivo che cos'era successo. 
Ero come paralizzato.
Una risata riempì il silenzio di quella radura, e un uomo, che avevo già visto precedentemente, si fece avanti; chinandosi, raccolse le due targhette che possedevo.
-Ti ringrazio. Mi hai reso tutto più facile in questo modo.- e detto questo si allontanò, senza che io potessi far nulla. 
Stupido, stupido, stupido. 
Quanto ero stato ingenuo. 
Cercai di allunga una mano verso la canna da pesca; tentativo totalmente inutile. Era troppo lontana.
-Mi hai sbalordito.- 
Mi pietrificai.
Alzai lo sguardo e fu come se tutti i miei peggiori incubi si fossero materializzati. 
Hisoka era davanti a me, e io a terra, totalmente inerme e paralizzato. Se avesse voluto uccidermi, non avrebbe avuto nessuna difficoltà.
-Magnifica la tecnica che hai usato; attendere che io fossi totalmente assuefatto dalla mia caccia per cogliermi impreparato e rubarmi la targhetta. Davvero ammirevole devo dire.- mi disse, lanciandomi davanti le targhette rubatemi poco fa. 
-Questo che significa?- gli chiesi sospetto. 
-Significa che ho già totalizzato i miei sei punti, e che di queste targhette non me ne faccio nulla. Invece per te sono preziose. Beh, ci vediamo.- 
-Aspetta.- lo fermai. - dove credi di andare? Non voglio nessun favore da te. Prenditi queste targhette e sparisci.-
Lui rise, riprendendo a camminare. 
-Ho detto fermati!- 
Mi costò uno sforzo enorme, ma cercai in ogni modo di alzarmi in piedi. I muscoli urlavano di dolore, ma l'umiliazione che sentivo dentro bruciava ancora di più.
-Riprenditele.- gli ordinai perentorio, cercando di farmi forza per rimanere in piedi. 
In un attimo mi fu addosso. Il suo pugno mi colpì diritto in faccia, lanciandomi molti metri indietro. 
-Facciamo così; quando riuscirai a colpirmi come ho fatto io ora, saremo pari e potrai restituirmi la targhetta. Fino ad allora la custodirai tu.- 
Il dolore che sentivo non era mai stato più forte. A stendo avevo compreso le parole di Hisoka. 
-Ah un ultima cosa..Sperando che il veleno che ti è stato iniettato prima non ti tenga paralizzato per troppo tempo, voglio che fra due giorni tu sia sulla spiaggia dell'estremità opposta alla nave. Non puoi mancare.- 
E detto questo sparì nel nulla, quasi fosse un fantasma. 
Strisciai fino alla base di un albero, dove mi riparai in una piccola insenatura. 
Le lacrime, dovute sia al dolore che all'umiliazione, uscirono prepotenti dai miei occhi, senza che potessi fermarle. Ripensai al viso della zia Mito e alla fotografia di mio padre. 
Sentivo di averli delusi. 
Non ero stato abbastanza forte. 
Rimasi così; rannicchiato su me stesso e le guance ancora bagnate dalle lacrime.
Il domani sarebbe stato un altro giorno. 
Avrei sorriso e sarei stato il bambino allegro di sempre.
Ma solo per sta sera, mi sarei permesso di lasciare sfogare tutta la mia tristezza, la mia paura, la mia debolezza. 
Mi addormentai senza nemmeno rendermene contro, le tenebre che mi inghiottirono, facendomi sprofondare in un sonno agitato. 

-Gon..- 
Sentivo una voce chiamarmi, ma appariva troppo lontana alle mie orecchie per prestargli attenzione.
-Gon..- ripetè, questa volta più forte e più vicina. 
Mi sentii come scosso, mentre quella voce continuava a chiamare il mio nome.
-Svegliati, ti prego!- 
Aprii gli occhi di scatto, vedendo Kurapika e Leorio di fianco a me, gli occhi pieni di preoccupazione. 
-Oh, grazie al cielo..- sospirò di felicità quest'ultimo, abbracciandomi stretto.
Kurapika si limitò a sorridermi felice, un velo di nervosismo che, però, gli copriva il volto. 
Ricambiai l'abbraccio di Leorio, balzando in piedi con lui e saltando per la felicità.
-Oh, ma..- mi bloccai, guardandomi sbalordito. -Riesco a muovermi!- 
-Tutto merito di Leorio. E' riuscito a neutralizzare gran parte del paralizzante che avevi in circolo.-
Guardai riconoscente l'uomo che avevo di fronte, mentre lui arrossiva imbarazzato.
-Non ho fatto nulla. Tra amici ci si aiuta, no?- 
Annuì, abbracciandolo ancora più stretto. 
Presi Kurapika per l'altro braccio, trascinandolo nel nostro momento di affetto. 
Quando ci staccammo, notai che il sole era quasi tramontato e mi tornò in mente ogni cosa. 
-Quanti giorni sono passati?!- 
-Due, da quando ti abbiamo trovato svenuto. E dobbiamo raggiungere l'estremità dell'isola al più presto.- 
Guardai confuso Kurapika di fronte a me, quando mi tornò in mente in un lampo uno stralcio di conversazione avuta pochi giorni prima
-Hisoka..- sussurrai, facendo irrigidire Kurapika.
-Anche tu..?- mi chiese stranito. 
- Vi racconterò tutto strada facendo. Ora dobbiamo trovare Killua.- dissi, correndo verso una caverna davanti a cui, tre giorni prima, avevo incontrato il mio amico. 


Pov Asuka

Era scaduto il tempo a disposizione per la mia meditazione. 
Il tempo sembrava essersi fermato, mentre restavo immobile al centro di questa radura, a pochi passi dalla spiaggia. 
Erano stati quattro giorni di assoluta immobilità, in cui avevo potenziato al massimo la mia forza. 
Era un addestramento che ero abituata a svolgere ogni giorno, quando ancora vivevo con mio padre. 
Un'antica tradizione di famiglia, così la definiva mio nonno.
Una tradizione antica di secoli, che aveva fatto della mia famiglia una delle più potenti al mondo.
Sentii un lieve fruscio, che mi costrinse ad aprire gli occhi di scatto. 
Sentii il Nen di Hisoka avvicinarsi a velocità spaventosa, e mi alzai lentamente in piedi, la forza che sentivo scorrermi in ogni vena del corpo. 
Pochi secondo dopo, la figura del clown mi apparve davanti, sorridendo in preda ad un' eccitazione pura. 
-Finalmente!- esclamò completamente in estasi lui, facendomi rabbrividire dal disgusto per le occhiate che mi lanciò. 
-Fammi vedere di cosa sei capace, bambolina.- 
Alzai una mano, e rasi al suolo ogni forma di vegetazione nel giro di due chilometri. Non avevo nessuna intenzione di dargli un luogo dove nascondersi. 
Ci saremmo affrontati a viso aperto, senza sosta.
Strinsi i pugni, concentrandomi al massimo per sprigionare il potere che sentivo bruciare nel mio corpo. 
L'aria intorno a me iniziò a farsi sempre più calda, sempre più pesante. 
Gli occhi di Hisoka brillarono per l'eccitazione, mentre i miei cambiarono improvvisamente colore, diventando scarlatti. 
Ero quasi pronta. 
Nella mano destra apparve la mia  katana, creata esclusivamente con il Nen della materializzazione. 
La rafforzai, fino a renderla dura come il granito.
Il clown davanti a me sembrava sempre più impaziente di cominciare. 
Gli lanciai un'occhiata e lui capì.
Partimmo all'attacco nel medesimo istante, veloci come schegge. La mia katana era veloce e potente, ma lui lo era altrettanto; schivava ogni mio colpo, quasi conoscesse già le mosse che avrei utilizzato. 
Mi lanciai di nuovo all'attacco, cercando di essere ancora più veloce; gli arrivai alle spalle, e riuscì a colpirlo con un calcio volante. Hisoka volò per circa una dozzina di metri; ma prima ancora di partire al contrattacco, lui era già in piedi. Ripartì con una velocità sovra umana, tanto che ci mancò poco prima che due carte mi colpissero la testa. Le tranciai di netto, sostandomi velocemente di lì. 
Mi accorsi appena in tempo della presenza di Hisoka alle mie spalle; ma invece di indietreggiare, lo affrontai, abbassandomi appena in tempo e colpendolo allo stomaco con un pugno ben assestato. 
Questo colpo lo sentì, poichè il suo viso si contrasse, e una smorfia di dolore gli fece mutare quella maschera di strafottenza che aveva dipinta in faccia. 
Non mi fermai, continuando a colpirlo senza sosta. Riuscii ad assestargli altri due pugni, prima che lui mi afferrasse per la gamba e mi scagliasse con forza contro il tronco di un albero. Il calcio nelle costole che mi arrivò mi fece annaspare, in cerca d'aria. Ignorai il dolore bruciante che sentivo, e mi abbassai, schivando il suo colpo. 
-Avanti. Butta quella spada e fammi vedere i tuoi poteri all'opera.- 
Lo ignorai, continuando ad attaccarlo senza successo. La lama non riusciva nemmeno a sfiorarlo. 
La rabbia crebbe dentro di me a dismisura. 
Mi mossi sempre più veloce e abile, ignorando completamente il dolore e la stanchezza. 
L'unica cosa a cui pensavo era uccidere. 
Non mi sentivo così da tempo. 
Da una parte, l'istinto animale che si era impossessato di me era inebriante. Mi faceva sentire totalmente libera. Dall'altra, però, era terribilmente pericoloso. 
L'ultima volta in cui mi ero sentita così, avevo sterminato un intero popolo. 
Ma più cercavo di riacquisire il controllo, più lo perdevo. 
Sapevo di stare correndo un rischio enorme, ma non riuscivo a fermarmi. 
-Si, così. Fallo uscire fuori. Voglio combattere contro di lui.- 
Mi paralizzai, Musoda che ruggiva dentro di me. 
Fammi uscire!
Ignorai quella voce che stava urlando nella mia testa, facendo dissolvere la katana e utilizzando i miei poteri. 
Dalle mie braccia feci scorrere dei rampicanti, i quali, una volta toccato il terreno, si nascosero in esso, inseguendo il clown che stava scappando.
Persi di vista Hisoka per pochi attimi. Quando lo individuai, riuscii a ripararmi appena in tempo; usai i rampicanti come scudo, riuscendo così a coprirmi dalla pioggia di carte che il bastardo aveva scagliato contro di me. 
Feci dissolvere anche quest ultimi, e corsi in direzione del mare. 
Mi concentrai, riuscendo a sollevare una grossa quantità d'acqua e a circondare Hisoka. 
-Non puoi sfuggirmi.- 
Sorrisi beffarda, facendo ruotare sempre più veloce il mulinello d'acqua che avevo creato intorno al clown. 
Quando raggiunsi la velocità giusta, lo gelai, intrappolandolo così in una sorta di ghiacciaio. 
Ma non nemmeno tempo di sospirare di sollievo, che una carta si conficcò nel mio braccio, facendomi urlare di dolore. 
Una risata lugubre riecheggiò nell'aria, mentre i miei occhi divennero ancora più fiammeggianti d'ira.
-MUSODA.- Urlò lui, guardandomi feroce. -ESCI E AFFRONTAMI.- 
Ringhiai, l'istinto animale che si stava impossessando di me.
NO, NO, NO. 
MALEDIZIONE. 
Piantai le unghie nella carne, facendomi sanguinare i palmi delle mani. 
Non doveva uscire.
Non potevo permetterlo. 
FAMMI USCIRE. 
L'urlo nella mia testa risuonò con prepotenza, bruciando come lava incandescente. 
-NO!- Gridai, cadendo in ginocchio, le mani fra i capelli e il viso nascosto nelle ginocchia. 
-LUI NON DEVE USCIRE. UCCIDERA' TUTTI!.- 
Hisoka rise maligno, facendo urlare ancora di più quella voce nella mia testa. 
-SMETTILA. PER FAVORE BASTA! LUI NON PUO' USCIRE.- 
-E se ti dicessi che ho fatto fuori i tuoi amichetti?-
Alzai il viso di scatto, gli occhi iniettati di sangue e di odio puro.
-Stai mentendo.- ringhiai nella sua direzione, cercando la verità nel suo sguardo. 
-Oh, no..- disse lui, lanciandomi contro qualcosa. 
Urlai d'orrore, indietreggiando, il cuore che sembrava essersi fermato.
-Ho anche le altre teste se vuoi..- 
Non lo ascoltai, continuando a tenere fisso lo sguardo negli occhi vitrei di Kurapika, cercando di illudermi che fosse tutto un incubo, che davanti a me non ci fosse la testa mozzata del ragazzo che amavo più di ogni altra cosa al mondo. 
Musoda ruggì dentro di me, e questa volta non feci nulla per trattenermi. 
Lasciai che prendesse pieno possesso del mio corpo. 
I nostri pensieri erano per una volta i medesimi. 
Uccidere. 
Uccidere quello schifoso bastardo nel più atroce dei modi. 
I muscoli bruciarono, urlando di dolore. 
Sentii la trasformazione avvenire pian piano, mentre le mie sembianze umane mutavano completamente; le gambe divennero più lunghe e pelose, così come le braccia. Un paio di artigli affilati sostituì le mie unghie sempre smangiucchiate, mentre mi alzai sempre di più, fino a raggiungere quasi tre metri di altezza. Dalla base della mia schiena apparvero cinque code, intrecciate fra di loro. Poi venne la volta del mio viso; un muso grigio prese il posto del mio volto umano. Una lunga fila di denti aguzzi spuntò dentro la mia bocca, mentre un ringhio feroce fece tremare il terreno circostante. 
Ma gli occhi rimasero gli stessi. 
Rossi come il sangue. 
Lasciai il completo controllo del mio corpo a Musoda, imponendogli una sola condizione. 
Uccidilo, Musoda. 
Uccidilo nel più atroce dei modi. 

Lui annuì, sprigionando una potenza tale da radere al suolo l'intera vegetazione dell'isola.
Uccidilo
Lo incitai, prima che lui potesse partire all'attacco per distruggere quel bastardo. 
E non avere nessuna pietà.


 

Buona domenica a tutti!
Prima di iniziare a commentare, volevo ringraziarvi di cuore per le meravigliose parole di incoraggiamento che mi avete rivolto in un momento così difficile per me. Sono state davvero una grande gioia, in un momento davvero difficile. 
Voglio ringraziarvi tantissimo per tutto ciò che avete fatto per me. 
Siete meravigliosi. 
Davvero. 
Voglio, inoltre, chiedervi perdono per il ritardo. So che avrei dovuto pubblicare prima questo capitolo, ma tra gli esami e tutto ciò che è successo non mi è stato possibile. 

Musoda. 
Finalmente sappiamo chi sia ( anche se qualcuno di voi l'aveva già intuito), anche se non conosciamo che animale sia. 
E' un personaggio strano, controverso a volte. Un personaggio che in questa parte della storia sarà solo un piccolo ''contorno'', mentre più avanti avrà un ruolo massiccio, e scopriremo anche il suo passato.
Per ora dovremo solo accontentarci della sua comparsa. 

Prima che qualcuno di voi venga sotto casa mia con un fucile per uccidermi, voglio ricordare che anche Hisoka sa usare il Nen, che a volte può essere anche illusorio. Quindi state tranquilli.
Non è stata tranciata nessuna testa.
Come potrei fare questo a Kurapika?

Parliamo di Hisoka. In questo capitolo ha un ruolo massiccio, quasi predominante. E' un personaggio molto difficile di interpretare; ma spero davvero di riuscire a renderlo al meglio, perchè è uno dei miei preferiti in assoluto. Ho inserito, in questa storia, anche un interessamento più malato verso Asuka, da cui è attratto non solo per la sua forza, ma anche per il suo aspetto esteriore. Questo è un elemento da non trascurare, e che sarà fondamentale in futuro. 

Ancora un grazie infinite a tutti. Grazie per avermi sostenuto, soprattutto nei momenti difficili. Grazie per le meravigliose parole di conforto, che mi hanno scaldato il cuore. 
Grazie.
Davvero. 

A presto!
Un grosso abbraccio a  tutti.  

Vostra Koralblu

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 7 Musoda (parte seconda) ***



Pov Caren

Era come se tutti i miei peggiori incubi si fossero materializzati in un istante. Sbattei le palpebre più volte, convinta di stare ancora dormendo e che presto mi sarei svegliata nel mio letto, urlando e piangendo come ormai d'abitudine.
Ma non questa volta. 
L'incubo era realtà.
La pura e semplice realtà.
Musoda. 
Bastava solo il suo nome per scaturire in me una paura cieca, folle, tanto forte da dovermi ogni volta aggrappare a qualcosa, per non cadere a terra.
Il nome che aveva popolato i miei incubi da quella fatidica notte. 
Avevo agito da incosciente, da irresponsabile, pensando di fare, per una volta, la cosa giusta. Mi ero lasciata manipolare da mio fratello, l'unico che conoscesse alla perfezione tutti i miei punti deboli; l'unico capace di sfruttarli a suo piacimento in ogni situazione. 
E aveva vinto anche quella volta.
Ero completamente distrutta, annientata dal senso di colpa e dal dolore; troppo cieca per comprendere lucidamente la realtà dei fatti. Asuka aveva bisogno di un sostegno, di qualcuno che le stesse vicino. 
E invece l'ho tradita. 
Collaborai con suo padre, certa di stare facendo la cosa più giusta, per un bene che andava oltre.
Non pensai minimamente alle conseguenze. Credevo che Asuka sarebbe stata abbastanza forte da sopportarlo. 
Lo speravo.
Non pensai minimamente a quello che lei avrebbe dovuto sopportare. Fui egoista, rovinando la vita all'unica persona che mi era rimasta da amare. 
E adesso, ora che Musoda si era impadronito del suo corpo un'altra volta, non riuscivo a non pensare che tutto questo fosse colpa mia. 
Un ringhio acuto e penetrante mi ridestò dai miei pensieri, facendomi ripiombare nell'incubo di quella realtà. 
Rimasi pietrificata sul posto, gli occhi puntati su quell'enorme creatura che, seppur a decine di metri sotto di noi, sentivo a pochi centimetri di distanza. 
Nessun aggettivo umano avrebbe potuto descriverlo. 
Sembrava quasi irreale. 
Il pelo nero e lucente che ricopriva il suo corpo lo faceva assomigliare ad un demone, la materializzazione delle paura più intrinseche dell'animo umano.
Ma il suo portamento, la fierezza e la superiorità che trasmetteva il suo sguardo, avrebbe fatto inginocchiare al suo cospetto ogni re, sovrano e imperatore vissuto e vivente su questa terra. 
Musoda era in ogni modo, in ogni aspetto superiore a qualsiasi creature vivente che io avessi mai visto. 
La sua forza, poi, doveva essere straordinaria. 
Era stato incatenato per anni nel corpo di Asuka, e solo una volta si era risvegliato. Di certo doveva essere ancora frastornato e stanco; ma percepivo ugualmente una forza spaventosa in lui; qualcosa che andava oltre ogni immaginazione. Una potenza che, se sprigionata al massimo, avrebbe potuto distruggere intere nazioni in pochi secondi.
Hisoka era stato un incosciente, un folle. Aveva risvegliato dagli inferi un demone dormiente, ed ora tutti noi ne avremmo pagato le conseguenze.
Il momento per agire era davvero poco. Presto si sarebbe ripreso completamente, assorbendo definitivamente Asuka dentro di se, così che di lei non sarebbe mai più rimasta traccia. 
L'unica chance che avevamo erano quei pochi minuti di vantaggio che il suo intorpidimento ci stava regalando. Dovevamo agire immediatamente, attivando il sigillo e pregando che Asuka facesse il resto.  
Mi girai verso gli altri. Leorio, Gon e Killua erano totalmente immobili, quasi si fossero tramutati in statue di pietra. Lo stupore e lo sconcerto sul loro viso era palpabile, quasi concreto. 
Ma non era nulla in confronto alla confusione e al terrore dipinto sul volto di Kurapika. I suoi occhi erano diventati così spenti che, per un solo attimo, ebbi paura che il suo cuore si fosse fermato. Continuava a guardare sotto di lui, senza però vedere realmente. 
Ebbi come la sensazione che se l'avessimo anche solo sfiorato, il suo corpo sarebbe andato in mille pezzi, diventando cenere. 
Sentì un tocco gentile sulla spalla, e girandomi, vidi il Presidente Netero farmi un cenno con il capo. Quello era il segnale. Sentimmo un leggero spostamento d'aria, e capii che il dirigibile di soccorso doveva essere arrivato; tutti quanti dovevano salire su di esso, allontanandosi il prima possibile da quel luogo. 
-Dovete andarvene.- pronunciai laconica, sapendo benissimo che avrei ottenuto quattro categorici rifiuti. 
-Stai scherzando, spero..- pronunciò minaccioso Killua, guardandomi come se fossi pazza. 
-No, Killua. Qui è diventato troppo pericoloso. Abbiamo chiamato il dirigibile di soccorso che in pochi minuti vi porterà lontani da qui. Non possiamo permetterci vittime, e in questo momento..- mi morsi il labbro, conscia che ciò che stavo per pronunciare, avrebbe fatto esplodere definitivamente il rimanente autocontrollo di Kurapika. 
-.. e in questo momento, Asuka rappresenta un pericolo. Rappresenta il nemico. - dissi tutto d'un fiato, chiudendo gli occhi e aspettandomi lo scoppio definitivo. 
Ma non arrivò.
Aprii lentamente gli occhi, rimanendo totalmente sgomenta davanti a quella scena, che mai mi sarei aspettata di trovarmi di fronte. 
La mano di Leorio era protesa a mezz'aria, mentre Kurapika gli stava bloccando il polso, impedendogli così di colpirmi. 
I miei occhi si riempirono di lacrime, fissando quelle pozze azzurre che mi guardavano con un'odio che mai avrei creduto possibile. 
Mi sentii annientata, completamente distrutta. 
I suoi occhi fecero più male dello schiaffo che, se non ci fosse stato Kurapika, lui mi avrebbe sicuramente tirato. 
-Non è questo che vorrebbe Asuka..- sussurrò lui, lasciandogli stizzito il polso e fissando il suo sguardo nel mio. 
-Non salirò su quel dirigibile.- disse atono, senza nessuna inflessione della voce. Tornò a guardare in basso, e il suo sguardo vuoto vacillò per un secondo, riempendosi di quello sconforto e di quell'urgenza che rivelavano realmente il tumulto di emozioni dentro di lui. 
Fu un attimo. 
Si lanciò senza pensarci giù dal dirigibile, Gon e Leorio che lo chiamarono inutilmente, disperati per le sciocchezze che avrebbe potuto commettere. 
Li fermai appena in tempo, colpendo entrambi in modo che cadessero svenuti a terra. 
-Killua, sei il solo su cui possa contare in questo momento.- gli dissi con urgenza, cercando di trasmettergli l'importanza del suo compito. 
-Nessuno deve scendere da questo dirigibile. Dovete andarvene, e in fretta.- 
Lui annuì, avendo capito la gravità della situazione. 
-Conta su di me.- 
Annuì, seguendo il presidente Netero che si era lanciato anch'egli giù dal dirigibile. 
Creai un piccolo cuscino di Nen, in modo tale da attutire la caduta. 
Mi rialzai in fretta, cercando con urgenza Kurapika intorno a me. 
Lo trovai poco distante, zoppicante. Lui non sapeva ancora maneggiare il Nen, e per quanto le sue capacità andassero oltre la norma, un salto di oltre cinquanta metri doveva essersi fatto sentire. Mi avvicinai a lui, cercando di  fare il meno rumore possibile. 
-Kurapika..- sussurrai, facendo volgere verso di me la sua chioma bionda. 
-Non è questo il momento di agire. Dobbiamo aspettare che il Presidente Netero neutralizzi Hisoka; solo a quel punto potrà bloccare Musoda, così da permettermi di attivare il sigillo. Per favore, sii ragionevole.- lo supplicai, sperando che la sua parte razionale prevalesse sul suo istinto. 
Lui scosse la testa, lanciandomi uno sguardo di fuoco. 
-Non ho alcuna intenzione di aspettare che quel mostro faccia ancora del male ad Asuka.- pronunciò solenne, senza nessuna esitazione. 
Lo scongiurai con lo sguardo, cercando di afferrarlo prima che fosse troppo tardi.
Ma lui non mi ascoltò, ed alzandosi di scatto zoppicò in direzione del campo di battaglia. Scattai  nella sua direzione, e dopo averlo agguantato per una manica lo trascinai indietro, per farlo desistere. 
-MOLLAMI!- urlò lui, cercando di divincolarsi dalla mia presa. 
Tremai, completamente terrorizzata dalla possibilità che Musoda avesse potuto sentirci. 
-Ti prego, Kurpika..- lo scongiurai, quasi con le lacrime agli occhi. 
Ma lui negò con la testa, urlandomi ancora una volta di lasciarlo andare. 
E fu quando egli urlò più volte il nome di Asuka, che la creatura si girò, distraendosi dalla battaglia feroce che aveva intrapreso contro Hisoka. 
I suoi occhi vacillarono per un istante, increduli davanti a quella visione. 
Lacrime di gioia iniziarono a scendere lungo le mie guance.
Era mia nipote. 
La riconobbi inconfondibilmente, dietro a quelle iridi troppo scure per essere le sue. Ma la vidi. 
Eravamo ancora in tempo. 
Fu un attimo. 
Bastò un secondo di distrazione perchè quel bastardo approfittasse della situazione, conficcando nella spalla della creatura la katana che era caduta dalla cintura di Asuka durante la trasformazione. 
Un ululato agghiacciante uscì dalla bocca di Musoda, e in esso riconobbi inconfondibilmente l'urlo di dolore di Asuka. 
Un singhiozzo proruppe dalla mia gola, mentre vidi il corpo di Kurapika tremare dalla rabbia. 
-Kurapika..- provai a chiamarlo con un filo di voce, sperando che non commettesse pazzie. 
Ma lui non mi ascoltò, correndo come una disperato nella direzione di Hisoka. 
-TI UCCIDO, BASTARDO!- 
Accadde tutto il pochi secondi. 
Kurapika venne scaraventato via da un colpo di coda di Musoda, andando a sbattere contro un mucchio di rocce che gli mozzò il respiro. Ma non svenne, continuando a tenere gli occhi fissi in quelli della creatura. 
Musoda indietreggiò, quasi fosse incredulo per ciò che aveva appena fatto. Si prese la testa fra le mani, emettendo ululati disperati e feroci, che fecero tremare la terra sotto i nostri piedi. 
Il presidente Netero non perse nemmeno un secondo. 
Atterrando Hisoka con un colpo ben assestato alla schiena, si diresse spedito verso la creatura, bloccandole le braccia dietro la schiena. 
-Riuscirò a trattenerlo per poco. Presto!- mi incalzò, guardandomi severo. 
Toccava a me. 
Mi ridestai in un istante, concentrando il Nen nella mano destra. 
Tremavo. 
Le gambe parevano di piombo, e per un attimo tutto intorno a me si fece nero. Le immagini di quella notte si sovrapposero alla scena che avevo davanti agli occhi, facendomi sussultare. 
-Presto, Caren!- mi incalzò il Presidente, guardandomi con un'urgenza tale da farmi riprendere. 
Non dovevo esitare. Non questa volta. C'erano in gioco le vite delle persone che amavo, e che questa volta avrei protetto a tutti i costi.
Arrivai in un baleno davanti a Musoda, e per un attimo i nostri sguardi si incontrarono.
E vacillai. 
Tremai come una foglia, il cuore che batteva talmente forte da rimbombarmi nelle orecchie. I suoi occhi promettevano solo morte. Non c'era nessuna traccia della mia Asuka. Non c'era più traccia di quel color verde smeraldo che tanto avevo amato, risucchiato dall'oscurità di quegli occhi bestiali. 
In un attimo le ferite del passato si riaprirono, mozzandomi il respiro e appannando la mia vista di lacrime. Rividi mio fratello strapparmi dalle mani Asuka, intimandomi di non farmi più vedere. Rividi i suoi occhi terrorizzati quando, quella notte, mi aprì la porta, in preda alla disperazione totale. E poi rividi lei. Sakura. La mia migliore amica.  La rividi su quel letto, coperta di sudore, gli occhi fasciati e zuppi di sangue, la sua preghiera che ancora risuonava nella mia mente, indelebile. 
Prenditi cura di Asuka.
Mi fece promettere. 
Mi strinse la mano prima di morire, sorridendomi dolce. 
Lei non ebbe paura. Affrontò anche la morte con il sorriso sulle labbra, a testa alta come aveva sempre fatto. 
Mentre io ero qui, ferma davanti alla creatura che aveva rovinato le nostre vite, e che voleva portarmi via l'unica persona al mondo che ancora riuscissi ad amare.
Fu come uno schiaffo in pieno viso.
Non potevo permetterlo. 
Avevo fatto una promessa, e l'avrei mantenuta anche a costo della vita. 
Ricaricai il Nen nella mano, e con una rabbia che nemmeno pensavo di poter provare, feci un grosso balzo, arrivando all'altezza del cuore di Musoda. 
-Non questa volta.- lo sbeffeggiai, sorridendogli in segno di sfida.
I suoi occhi si riempirono di rabbia, e prima che potesse sfuggire alla presa del presidente Netero, il mio palmo si scontrò con il suo petto, rilasciando il Nen che attivò il sigillo.
Ci allontanammo immediatamente da Musoda, in preda a spasmi e urla agghiaccianti. 
Le sue mani erano artigliate al terreno, mentre la sua schiena si incurvava in maniera innaturale, quasi disumana. 
E poi lo sentimmo. 
Un grido. 
Una voce. 
La sua voce. 
E crollai a terra, le gambe che non riuscivano più a reggere il peso del mio corpo. 
Stava tornando. 
Asuka stava tornando da noi. 

Pov Asuka

Tutto era confuso. 
Luci, colori, odori, sensazioni; era tutto così diverso, tutto così strano ma al tempo stesso familiare. 
Un torpore rassicurante mi avvolgeva, facendomi sentire per la prima volta serena, in pace con tutto. 
Non erano mai esistite la morte, la distruzione, i sensi di colpa, la disperazione. Era tutto un bruttissimo incubo. 
Perchè era quella la vera vita. 
Quel calore familiare era stata la mia vita. 
Nulla avrebbe mai potuto strapparmici via. Non esisteva niente e nessuno. Solo quella sensazione. 
Vaghi e offuscate immagini comparivano a tratti nella mia mente; volti e nomi che credevo di aver sognato, in quell'idilliaco ed eterno sonno in cui sapevo di trovarmi.
Un solo volto mi procurava una fitta al cuore, qualcosa che non riuscivo a spiegare. Erano ricordi sfocati, quasi sbiaditi, ma riuscivo ad intravedere ugualmente i lineamenti di quel viso. Quei capelli biondi, quel sorriso dolce, e quegli occhi color oceano erano troppo vividi, troppo reali per appartenere solo ad un sogno. 
Iniziai ad agitarmi, e quell'oscurità che prima mi era sembrata così rassicurante, ora aveva iniziato ad irritarmi. 
Volevo sapere di più.
Aprii gli occhi, ritrovandomi davanti scene che si susseguivano velocemente l'una all'altra, e da cui non riuscivo a capirci nulla. 
Vedevo un uomo vestito in modo strano, che ghignava sadico nella mia direzione. schivando i colpo che il mio corpo stava lanciando. 
Il mio corpo..
Strinsi i pugni, cercando di controllare i movimenti; ma non ci riuscivo.
E non capivo. 
Perchè non riuscivo a controllarmi? 
Perchè il mio corpo non rispondeva a ciò che gli ordinavo?
Era così frustante. 
Mi voltai, volendo solo tornare a quel torpore idilliaco che fino a pochi secondi prima mi stava avvolgendo, regalandomi una sensazione di pace mai provata prima. 
Ma qualcuno me lo impedì.
Lui, me lo impedì.
Di nuovo, l'immagine di quel ragazzo mi colpì come un fulmine, facendomi arretrare di qualche passo. Ma più io mi allontanavo, più lui mi inseguiva, con i suoi occhi pieni di amore e il sorriso dolce sulle labbra. 
Un sensazione totalizzante mi appannò la vista, costringendomi a fermare la mia ritirata. Il cuore batteva come un forsennato, mentre le orecchie avevano preso a fischiare rumorosamente. Improvvisamente, senza alcuna ragione, mi portai una mano sul viso, scoprendo le guance stranamente bagnate. 
E fu come se un pugno mi avesse colpito in pieno petto, mozzandomi il respiro. Una scarica di adrenalina mi pervase, lasciandomi totalmente pietrificata sul posto. 
Lasciai cadere le lacrime, comprendendo a poco a poco che quel torpore, quella che io avevo considerato ''Vita'', era in realtà una prigione. 
Mi resi conto che questo non era il mio vero corpo. 
Io avevo vissuto fuori di li, in un mondo in cui il cielo era azzurro, e i prati verdi, in cui il brusio dei villaggi si alternava al suono pacifico del vento che soffiava sulle onde del mare. 
Compresi che in realtà io avevo avuto intorno persone che mi avevano amata, protetta. 
Ma non ricordavo altro.
Non riuscivo a ricordare nient'altro. 
C'era come un muro; un divisorio tra la verità e quel mondo fatto di finzione. 
Come mi chiamavo realmente? 
Qual era il mio nome?
Più cercavo di ricordarlo, e più la testa mi doleva. 
Così tanta confusione, eppure lo sapevo. 
Dietro quel muro c'erano tutte le mie risposte. C'era la mia vita, i miei ricordi..
Perchè non riuscivo ad abbatterlo?
Perchè, dannazione?!
Ero sul punto di mollare, di lasciar perdere tutto quanto, quanto sentii una voce. 
Mi girai di scatto, mentre l'immagine di quel ragazzo dai capelli biondi mi ricomparve davanti, questa volta, però, completamente diversa. 
Correva verso la mia direzione, gli occhi vitrei solcati da un terrore così penetrante, che di riflesso sbarrai gli occhi, spiazzata da quella scena che mi sembrava surreale. 
Perchè stava soffrendo così tanto?
D'istinto mi mossi verso di lui, desiderosa di raggiungerlo e di stringerlo così forte da fargli dimenticare per sempre quel dolore. 
E non riuscivo a capacitarmi dell'assurdità dei miei pensieri. 
Perchè, benchè fossi conscia di non sapere minimamente chi lui fosse, il mio unico desiderio era quello di proteggerlo dal mondo intero.
E disse ancora quel nome. 
Mi sporsi ancora più verso di lui, fremendo per sapere che nome stesse pronunciando. 
Ancora. 
Ma io non lo colsi. 
E così urlai, chiedendogli di alzare la voce, perchè non riuscivo a comprendere: perchè non volevo comprendere. 
Perchè la realtà era che quel nome, io non lo volevo ascoltare. 
Qualcosa, dentro di me, mi diceva che, se lo avessi conosciuto, tutto sarebbe tornato come prima; quel dolore, che qui dentro sentivo così assurdo e lontano, sapevo sarebbe tornato a sommergere la mia vita, facendomi annegare un' altra volta in quel mare di disperazione e sensi di colpa che qui, credevo di poter dimenticare. 
Ma, dentro di me, qualcosa mi diceva che non sarebbe servito a nulla. Vivere in questo modo, in un mondo fatto di illusioni e falsità, avrebbe solamente reso la mia esistenza come un guscio vuoto, privo di ogni significato. Quella parte, che ora stava urlando a squarciagola dentro la mia testa, mi ripeteva che non potevo più vivere nella paura. Non potevo più nascondermi. 
Non potevo più scappare da me stessa.
Così, senza pensare a niente, mi lasciai andare, seguendo per la prima volta il mio coraggio, e non la mia codardia. 
Aprii le orecchie, pronta ad ascoltare quel nome e tutto ciò che esso avrebbe portato con se. 
-ASUKA!- urlò quella voce, in modo talmente disperato da lasciarmi per un attimo senza respiro. 
Asuka.
E allora ricordai ogni cosa.
I ricordi di diciassette anni di vita apparvero nella mia mente come un fiume in piena, non dandomi nemmeno il tempo di rendermi conto di ciò che stesse succedendo. 
Immagini, ricordi, sensazioni.
Ogni cosa. 
Capii che la mia vera vita era li fuori, al fianco di quel ragazzo, che continuava a guardarmi disperato, nel tentativo di cogliere anche un solo, piccolissimo segno della mia presenza. 
E lo chiamai. 
Chiamai il suo nome con tutto il fiato che avevo in gola, facendo tremare il corpo della bestia che mi aveva intrappolato. 
Ma un dolore lancinante mi pervase così improvviso, da farmi cadere a terra senza respiro, mentre dalla mia bocca uscivano urla strozzate e agonizzanti. 
Vidi Kurapika correre come un pazzo nella mia direzione, e cercai di fermarlo in ogni modo. 
Ma Musoda lo scaraventò contro una roccia, strappandogli un gemito di dolore che fece più male della pugnalata di pochi istanti prima. 
Mi pervase un senso di impotenza mai provato prima.
Avevo lasciato che Musoda lo ferisse. 
Le immagini di quella notte riapparvero subdole nella mia memoria, facendomi urlare con tutto il fiato che avevo in gola. 
Volevo morire in quell'istante.
Volevo che, per una volta, quei sensi di colpa avessero la meglio, trascinandomi in quel baratro buio che mi avrebbe finalmente restituito la serenità.
Ma qualcuno mi chiamò.
Una voce strana, quasi surreale, che continuava imperterrita a chiamarmi, esortandomi ad alzarmi. 
Alzare il viso fu davvero faticoso, poichè la testa sembrava pesare quanto un macigno. Ma non appena i miei occhi si scontrarono con quelli della figura di fronte a me, il corpo sembrò sciogliersi come ghiaccio su un vulcano. 
I suoi stessi occhi.
I suoi stessi capelli. 
-Alzati, Asuka. Riprenditi ciò che è tuo.- incalzò quella voce, sorridendomi dolce. Poi si voltò, lasciandomi nell'oscurità più completa. 
Restai li per terra ancora per un po', incapace di formulare qualsiasi pensiero logico, incapace anche solo di respirare, completamente annientata dai sensi di colpa. 
Perchè l'avevo riconosciuta. 
Avevo riconosciuto quella donna dai tratti angelici fin dal primo momento, troppo simile al figlio per avere anche solo il più piccolo dubbio. 
E le lacrime intanto scorrevano, incapaci di fermarsi.
Forse ero io, a non volerle fermare. 
Perchè per una volta, era giusto che venissero fuori. 
Piangevano quel corpo senza vita che io stessa avevo mutilato, accecata dalla rabbia e dal desiderio di vendetta. 
Era colpa mia.
Era solamente colpa mia.
Alzati. Non lasciarti sopraffare ancora. Combatti.
Ancora lei. 
Un un ultimo singhiozzo proruppe involontario dalle mie labbra. Mi rialzai a fatica, cercando di asciugare le lacrime che mi appannavano la vista. Tutto era sfocato, confuso. Non riuscivo più a distinguere cosa fosse reale e cosa una finzione. Tutto ciò che riuscivo a percepire era solo il battito del mio cuore, completamente impazzito. Chiusi gli occhi concentrandomi, così come mi aveva insegnato anni prima mio padre. 
Non era più il momento di pensare.
Dovevo sentire. 
Dovevo sentirlo. 
Così cercai Musoda.
Cercai quelle catene, simbolo del nostro legame interno. Simbolo della nostra prigionia. Cercai di afferrarle, ma esse mi sfuggivano, forse comandate dal loro proprietario. Anche lui stava cercando di combattere. 
Non gettai la spugna. Il viso di quella donna, ancora vivido nella mia mente, continuava a ripetermi di non arrendermi. E così feci. Non mi arresi. Questa volta avrei combattuto. Musoda non avrebbe più fatto del male alle persone che amavo. 
Lottai con tutte le mie forze. 
Lo dovevo a loro. 
Tutti loro mi avevano dato, ogni giorno, la forza per superare le mie paure e i miei sensi di colpa. 
E non potevo permettere che mi fossero strappati via. Dovevo tornare da loro. A qualunque costo.
Riuscii a prendere il sopravvento su Musoda, e anche se furono appena pochi secondi, bastarono perchè qualcuno lo afferrasse da dietro, dando la possibilità a Caren di attivare il sigillo. 
Maledetta.
Musoda si oppose, cercando di sfuggire a quelle catene che lo avevano intrappolato per anni, e che ora, rischiavano di essere spezzate per sempre. 
Urlai con tutto il fiato che avevo in gola, alimentando con il mio Nen la potenza delle catene. 
-RIDAMMI IL MIO CORPO!- 
Una luce accecante proruppe nel buio, e così, come molti anni prima, sentii le catene avvolgere il corpo di Musoda, che ululava furibondo in mia direzione. 
Il dolore della conversione dei corpi fu fin da subito atroce, alimentato da quella ferita al braccio che continuava a sanguinare incessantemente. 
Ma prima che le catene potessero rinchiuderlo definitivamente, prima che egli fosse messo finalmente a tacere, riuscì per un'ultima volta a sfruttare quel legame, facendomi vedere un immagine presa dal futuro. 
E morì.
Quando i miei occhi si posarono su quell'immagine, tutto venne distrutto, annientato, cancellato definitivamente. 
-E sarà ancora una volta colpa tua.- sorrise maligno Musoda, prima di scomparire completamente sotto le catene di Nen.
Ed aveva ragione. 
Sarebbe stata ancora una volta colpa mia


Pov Caren

-Come sta?- 
Chiusi la porta dell'ufficio del Presidente alle mie spalle, sospirando sconfortata. Mi voltai verso la sua direzione, rimanendo impalata a fissare il pavimento. Nonostante tutto ciò che era successo, la sua presenza mi incuteva ancora un po' di soggezione. Lui sembrò captare i miei pensieri poichè girandosi, mi invitò con un sorriso dolce ad avvicinarmi.
Mossi pochi passi, fermandomi ad alcuni metri da lui.
-Non bene..- risposi sconfortata, le sue urla che ancora erano vivide nella mia memoria. 
-Deve aver subito un trauma..- 
Si strofinò i baffi, lo sguardo perso in pensieri che non mi era lecito conoscere.
-Non è solo quello..- aggiunsi, torcendomi le mani per il nervosismo. 
Lui mi guardò confuso, non capendo cosa intendessi. 
-C'è qualcosa di più..- cercai di spiegarmi meglio. -L'altra volta..- mi bloccai, un magone che impedì alle parole di uscire. 
Abbassai il capo, cercando di farmi forza per non versare lacrime. 
Il Presidente non disse nulla, forse intuendo il dolore che quel racconto portava con se. Presi un respiro profondo, riprendendo a parlare. - sembra che ci sia qualcosa che la terrorizzi. Sembra caduta in uno stato di catalessi. Non mangia da giorni, non vuole vedere nessuno e non fa altro che tapparsi gli occhi, piangere e urlare. Sono seriamente preoccupata Presidente. Di questo passo Asuka rischia di..- e non riuscì a terminare, un singhiozzo che sfuggì involontario al mio controllo. 
- E' una situazione davvero complicata..- aggiunse lui sovrappensiero, continuando a grattarsi i baffi; era un gesto solito fare quando cercava di trovare una soluzione ad un problema. 
-Avete provato con il supporto psicologico?- 
Annuii, sempre più sconfortata per quella situazione. 
-Non vuole parlare. Si rifiuta categoricamente di pronunciare anche solo una parola. E' già tanto che voglia vedere me. Sono l'unica che riesca ad avvicinarsi..- 
-Capisco. Quindi sei l'unica che riesca ad avere un contatto diretto con lei.- 
-Si. Non vuole vedere nessun'altro.. nemmeno Kurapika. Anzi; soprattutto lui.- 
-Che intendi dire?- mi chiese il Presidente, guardandomi attentamente. 
-Abbiamo tentato di persuaderlo a non avvicinarsi a lei.. ma sa com'è fatto.- pronunciai con un tono amaro, ricordandomi della caparbietà di quel ragazzo. -è riuscito ugualmente ad entrare, e..- mi bloccai, un brivido che mi percorse la spina dorsale. - ed Asuka ha avuto un attacco di panico molto violento, per cui è stata sotto sedativi per ben due giorni. Appena lo ha visto ha iniziato ad urlare come se si fosse presentato davanti a lei un fantasma.- 
-Forse è proprio così.- concluse sovrappensiero il Presidente, agitando il capo a destra e a sinistra. -Dev'essere successo qualcosa quando Asuka si trovava all'interno del corpo della Creatura. Non vedo altra spiegazione. E ciò dev'essere connesso con il ragazzo.- 
Sgranai gli occhi, la consapevolezza delle sue parole che mi colpì pian piano. 
-Effettivamente potrebbe avere ragione. Non ci avevo pensato. Credevo fosse solo una reazione allo shock per ciò che era successo..- 
Mi diedi della stupida, non avendo ancora una volta capito nulla. 
Restammo in silenzio per molto tempo, ognuno immerso nei proprio pensieri. 
-E il ragazzo come sta?- chiese improvvisamente lui, riscuotendomi dai miei pensieri. 
-Male..- 
Molto male. 
-Non riesce a darsi pace. Abbiamo dovuto sedare anche lui per un po'. Ora sta meglio, ma anche lui non vuole vedere nessuno. La depressione di Asuka ha colpito inevitabilmente anche Kurapika.- 
Il Presidente annuì, un luccichio strano negli occhi. 
-Quei due ragazzi faranno molta strada. Hanno entrambi delle potenzialità enormi, che verranno fuori con l'allenamento e l'esperienza; e soprattutto diventeranno forti sostenendosi l'un l'altro. Non posso sfuggire a ciò che vuole il Fato.- 
Le sue parole mi colpirono, e il tono deciso e fiero con cui egli le pronunciò le rese ancora più significative. 
Ma poi ricordai che, alla base del loro rapporto appena nato, vi era un enorme e immenso ostacolo che difficilmente sarebbe stato superato. 
-Non sei d'accordo con me, Caren?- mi chiese lui, notando il mio repentino cambiamento d'umore. 
Scossi la testa, mordendomi la lingua per intimarmi di mantenere il silenzio. - No no, sono pienamente d'accordo con lei.- mentii, non riuscendo a fingere nemmeno lontanamente. 
- Sono a conoscenza di ciò che successe durante la notte dello sterminio della tribù Kuruta; e anche chi fu il responsabile.- 
Sgranai gli occhi, non riuscendo a credere a ciò che le mie orecchie avevano appena sentito.
-Lei..come..- chiesi con un filo di voce, le parole che uscirono strozzate. 
-Come faccio a conoscere la verità? Beh, semplice; fui io, pochi giorni dopo l'accaduto, a rintracciare ed interrogare un testimone di un villaggio vicino che, recatosi nel bosco per raccogliere dei frutti, assistette impotente a quello sterminio. Lui parla di un enorme Creatura con l'aspetto di un lupo mannaro, che sterminò in pochi minuti tutto il villaggio. Ho così riconosciuto dalla sua descrizione la Creatura di cui parlava; che destino orribile quello di sua nipote. Mi dispiace veramente.- concluse, un'espressione di sincera afflizione impressa sul suo volto. 
-Ovviamente lei è informato anche di questo..- dissi ironica, senza scompormi. 
-E' mio dovere informarmi scrupolosamente su chiunque venga ingaggiato nel mio Team di collaboratori.- mi spiegò gentile lui, senza alcun tipo di irritazione nella voce. 
-Lo capisco, e mi scuso per la sfacciataggine della mia affermazione.- 
Abbassai il capo, mordendomi la lingua per la mia impulsività nel parlare. A volte ero davvero una maleducata. 
-Suvvia, non c'è bisogno di scusarsi. In fondo, è un'affermazione che avrei fatto anche io.- mi sorrise comprensivo lui, rincuorandomi un poco. 
Una domanda nacque improvvisa nella mia mente, e dovetti mordermi a sangue la lingua per non rivolgerla immediatamente al Presidente. 
-Chiedimi pure ciò che stai cercando di trattenere.- 
Mollai la presa sulla lingua, stupendo ancora una volta di quanto egli fosse perspicace. 
-Ecco.. volevo chiederle; per quando riguarda gli esami..Asuka..- 
Lui mi guardò dispiaciuto, scuotendo la testa in segno di diniego. -Non posso passare sopra a ciò che è avvenuto su quell'isola; per quando mi dispiaccia, non posso permettere ad Asuka di continuare il suo esame. Inoltre, credo che le condizioni in cui versi non gliel'ho consentiranno ugualmente. Non posso aspettare che si riprenda; non questa volta. Mi dispiace molto Caren.- 
-No, la capisco. E' giusto che sia così.- gli risposi, conscia che non vi era altra soluzione. - E per quanto riguarda Kurapika?-
-Se il ragazzo si riprenderà in tempo, potrà senz'altro partecipare all'ultima prova. In fondo, si è classificato avendo portato a compimento l'obbiettivo della quarta prova anche prima del tempo prestabilito.-
-Si, capisco. Spero si riprenda in tempo.-
Sentimmo un piccolo colpo alla porta, e il segretario del Presidente entrare nella stanza. 
-Buongiorno Presidente. Buongiorno dottoressa.- ci salutò cortesemente lui, facendomi arrossire per il nome con cui mi aveva salutata. 
-Volevo solo avvisarla che l'incontro con i partecipanti all'esame inizierà fra pochi minuti.- disse tutto d'un fiato, attendendo la risposta del Presidente. 
-Ti ringrazio per avermi avvisato. Sarò nella sala principale in pochi minuti; lasciami solo congedare dalla Dottoressa.- rispose lui, sorridendomi complice quando pronunciò quell'appellativo
E le mie guance si tinsero ancora una volta di rosso, mentre il segretario annuì, uscendo silenziosamente dalla stanza.
-Temo che la nostra conversazione dovrà essere ripresa in un secondo momento..- mi disse il Presidente, avviandosi verso la porta principale. 
Lo seguii, scuotendo leggermente la testa. 
-Non si preoccupi Presidente; se ci saranno novità, verrò a riferirgliele immediatamente.- 
-Senz'altro..- rispose, una strana espressione in viso. -Mi dispiace molto per le sofferenze di quella ragazza. Spero si riprenderà nel minor tempo possibile; in tal caso..- fece una piccola pausa, fissando il suo sguardo serio nel mio. - in tal caso, vorrei veramente poterla allenare in quanto mia allieva. Ha molte cose da imparare, e una guida è ciò di cui lei ha bisogno.- 
Rimasi completamente paralizzata dalle parole del presidente, troppo confusa per credere che ciò che avevo appena sentito non fosse  un sogno. 
-L..ei..lo farebbe..?- gli chiesi, completamente sconvolta. 
Chi mai vorrebbe prendere come allieva una ragazza che custodisce al suo interno l'anima di un demone?
-Asuka ha delle potenzialità enormi, oltre ad una forza straordinaria, completamente estranea alla Creatura all'interno del suo corpo. Se le venisse insegnato a padroneggiare la propria forza, a controllare l'anima del demone che è dentro di lei, potrebbe davvero arrivare ad un livello straordinario. Vorrei veramente poter essere il suo maestro. Ma non sta a me decidere..- concluse, guardandomi eloquentemente. 
-Io non ho alcun potere in merito, Signor Presidente..- gli dissi sconsolata, ben conscia della cruda realtà di quelle parole. - è suo padre a decidere, fin tanto che Asuka non avrà compiuto l'età per decidere da sola.- 
Sul viso dell'anziano davanti a me comparve un sorriso strano, quasi ironico, completamente diverso da ogni espressione che gli avevo visto fare da quando lo conoscevo. 
-Caren; credo che sia passato da un pezzo il tempo in cui Asuka sia soggiogata al padre. O sbaglio?- 
E mi lasciò così, chiudendosi la porta alle spalle, la verità di quelle parole che ancora volteggiava nell'aria di quello studio. 
Era vero. 
Asuka era diventata adulta già da un po'. 


Pov Killua

Eravamo in questa stanza ormai da diversi minuti. Gon, al mio fianco, non faceva altro che battere il piede a terra, creandomi un immenso senso di fastidio. 
-La vuoi piantare?!- lo rimproverai stizzito, sbuffando.
La situazione era già abbastanza tesa senza che lui contribuisse. 
-Scusami Killua..- sospirò, guardandomi dispiaciuto.
Addolcii lo sguardo, intuendo i motivi del suo nervosismo. In fondo, essi erano anche i miei. 
Kurapika se ne stava in disparte appoggiato alla parete, gli occhi chiusi e le spalle abbassate, apparendo totalmente fragile e vulnerabile. 
Nessuno di noi riusciva più a vederlo così. Lui stava soffrendo più di tutti. La nostra preoccupazione e il nostro dolore doveva essere solo essere una punta, rispetto a tutto ciò che doveva affliggerlo in questo momento. Avevamo provato a consolarlo in ogni modo, standogli vicino come in ogni modo; ma lui non si lasciava aiutare, preferendo isolarsi da tutto e tutti. 
Il suo viso era sciupato, stanco; le occhiaie marcate rivelavano le sue notte insonni, di cui eravamo al corrente, date le urla che si espandevano di notte in tutto il dormitorio. Più volte eravamo corsi nella sua stanza, trovandolo sudato e in lacrime, gli occhi scarlatti ricolmi di dolore e sofferenza.
Non feci in tempo a rispondere a Gon, che il Presidente Netero apparve dalla porta, seguito da tutti gli esaminatori delle varie prove dell'esame. 
Si  fermò davanti a noi, restando in religioso silenzio ad osservarci, soffermando il suo sguardo attimi in più sulla figura di Kurapika, alle nostre spalle. 
-Voglio farvi le mie congratulazioni per aver superato egregiamente anche la quarta prova. Avete svolto tutti un ottimo lavoro.- esordì lui, aprendosi in un sorriso sincero. -Qui riunite ci sono le nove persone che passeranno..- ma non riuscì a finire la frase, poichè qualcuno lo interruppe bruscamente.
-Come sarebbe a dire nove!?- urlò su tutte le furie Kurapika, rivolgendo al Presidente Netero occhiate di fuoco. 
-Esattamente ciò che ho detto: nove.- gli rispose tranquillo lui, lasciando che Kurapika si sfogasse. 
-Non può! Asuka.. lei..- non riuscì a concludere, la voce che si incrinò e gli occhi che si riempirono di lacrime. 
-Mi dispiace molto ragazzo..- ammise sinceramente dispiaciuto il Presidente. -Purtroppo Asuka non sarà in grado di riprendere l'esame, date le sue condizioni. Potrà ritentare senza dubbio l'anno prossimo.- 
Kurapika tacque, forse ricordando ciò che era avvenuto alcune notti fa, quando Asuka aveva urlato alla sua vista, allontanandosi da lui come se fosse un mostro. Kurapika era rimasto scioccato dal suo comportamento, tanto che, per alcuni giorni, non parlò con nessuno, chiudendosi in un mutismo assoluto. 
Fu quando gli comunicammo che Asuka si stava riprendendo pian piano che lui si rasserenò; lo convincemmo del fatto che, se avesse voluto parlare con lei, non poteva di certo mostrarsi in quello stato, poichè allora lei lo avrebbe veramente preso per un mostro. Fu con quella battuta che Leorio riuscì a strappargli il primo, vero sorriso, dopo settimane intere in cui l'unica espressione che aveva stampata in viso era quella della sofferenza. 
E con la scusa di saperne di più su Asuka, l'avevamo convinto a presentarsi alla riunione, in cui ora, aleggiava un'aria tesa, triste.
-L'esame finale si terrà fra tre giorni in un hotel gestito dal comitato, affittato per l'occasione; recuperate le forze per superare quest'ultima prova al massimo delle forze.- concluse, sorridendoci incoraggiante. 
-Ora, Kurapika, potresti seguirmi un'attimo nel mio ufficio?- 
Tutti i nostri sguardi saettarono immediatamente nella direzione del diretto interessato, increduli e confusi. 
Kurapika fissò il Presidente come se stesse guardando una forma di vita sconosciuta, ma non si oppose, iniziando a camminare in sua direzione. 
E quando la porta si chiuse, accennati bisbigli riempirono l'aria della sala principale. 
-Cosa vorrà dirgli?- - Si tratterà forse di quello che è successo sul luogo della quarta prova d'esame?- -Sono così curioso!- 
Poi, improvvisamente, una risata sadica interruppe quel vociare, zittendo tutti i presenti. 
Lanciai sguardi di fuoco nella direzione di Hisoka, cercando di polverizzarlo con la sola forza dello sguardo. 
-Guarda che non riuscirai a farmi fuori con le tue occhiatacce..- mi sfidò lui, un ghigno strafottente stampato in viso. 
Sentii il sangue ribollirmi nelle vene, e un sadico desiderio di ucciderlo si fece presto largo in me. Ma Gon mi fermò, mettendomi una mano sulla spalla e scuotendo la testa. 
-Non ne vale la pena..- mi sussurrò, piantando poi lo sguardo sulla figura del clown. 
-Andiamo..- 
Leorio ci prese per le braccia, scortandoci fuori dalla stanza prima che la situazione precipitasse. 
-Vorrei spaccargli quella faccia da schiaffi a suon di pugni.- ammise feroce lui, torcendosi le mani per il nervosismo. 
Gon gli diede una pacca sulla spalla, sorridendogli gentile. -Non prendertela. Lui è fatto così.- 
Ed aprendosi in un sorriso ingenuo, ancora una volta mi fece perdere la pazienza.
-Come fai ad essere sempre così tranquillo?- sbottai, sinceramente stupito dalla sua tranquillità.
-Perchè cerco di pensare alle cose più importanti. E in questo momento la nostra priorità sono Asuka e Kurapika.- 
Io e Leorio annuimmo, sapendo già che cosa avremmo dovuto fare. 
-Innanzitutto dobbiamo cercare Caren; potrebbero esserci delle novità.- consigliai, guardando eloquentemente Leorio, intento a fissare insistentemente i piedi. 
Gon sorrise, contento di potersi finalmente rendere utile, ed incamminandosi ci intimò di sbrigarci. 
-Arriviamo, aspetta solo un'attimo.- sbuffai in sua direzione, facendogli capire con lo sguardo di lasciarci soli per un po'. Gon annuì, sparendo dietro l'angolo e lasciandoci così un po' di privacy.
-Non puoi evitarla per sempre.- passai subito al punto, senza girarci intorno. 
Lui alzò la testa di scatto, guardandomi stralunato. 
-Ma io non sto..- provò a giustificarsi. 
-E invece si. Stai scappando. Fai l'uomo per una volta e affronta le conseguenze delle tue azioni; la situazione è già abbastanza tesa, e dobbiamo tutti cercare di rimanere il più uniti possibile.-
Leorio non si mosse. Continuò a guardarmi ancora con quello sguardo stordito, come se volesse chiedermi qualcosa ma non ne trovasse il coraggio. 
-Tu..- iniziò incerto, spostando lo sguardo su un punto indefinito del pavimento. - ..dici che mi perdonerà?- chiese titubante, spaventato da una possibile risposta negativa.
-Tu l'avresti colpita?- gli chiesi a mia volta. senza inflessione della voce. 
-No!- quasi urlò lui, alzando il tono della voce. 
Gli feci un piccolo sorriso ironico, rivelandogli così la mia risposta. Lui mi sorrise, capendo. 
-Grazie, Killua.- 
Non seppi come rispondere; con una veloce alzata di spalle mi diressi verso il corridoio principale, felice di poter essere stato utile a quel vecchio noioso almeno per una volta. 


Pov Caren

Sospirai, le lacrime che mi offuscavano la vista e la testa che girava vorticosamente. 
Chiusi la porta alle mie spalle, ed appoggiandomi alla parete adiacente chiusi gli occhi, cercando di spazzare via dalla mia mente ciò che avevo appena visto. 
-Caren!- 
Sentì una voce chiamarmi; ma non ebbi la forza di rispondere, tanto il mio corpo era spossato. 
-Caren, che ti è successo?- 
Qualcuno mi scosse, con un urgenza tale da farmi spalancare immediatamente gli occhi. Mi ritrovai davanti due pozze color acquamarina; il cuore iniziò a trottare come un forsennato, mentre le gambe iniziarono a tremare, sfuggendo al mio controllo. E senza rendermene conto, mi tuffai nelle sue braccia, piangendo per ciò che i miei occhi avevano visto pochi secondi prima. Lui non mi respinse, stringendomi al contrario a lui, talmente forte da mozzarmi il fiato. 
-No..n posso..veder..la così.- singhiozzai disperata, sentendo ancora il calore del suo sangue sulle mie mani. 
Lui mi strinse, se possibile, ancora più forte, accarezzandomi i capelli, per tranquillizzarmi. Ma non ci riuscì. Passò molto tempo prima che i miei singhiozzi terminassero, prima che le lacrime smettessero di bagnarmi le guance e il respiro si regolarizzasse. 
Cercai di darmi un contegno, non volendo attirare troppo l'attenzione su di noi. 
Alzai piano il viso dall'incavo del suo collo, stando ben attenta a non incrociare il suo sguardo. Solo allora mi accorsi delle altre due presenza che, per tutto il mio sfogo, erano state alle spalle di Leorio, silenziosi, rispettando il mio dolore.
-Ci siete anche voi..- 
Loro mi sorrisero dolci, facendomi capire di comprendermi, di sostenermi anche in questa situazione. Abbracciai di slancio entrambi, trasmettendogli tutto l'affetto che provavo per loro. Era vero, ci conoscevamo da poco; ma le circostanze ci avevano portato a legare molto gli uni con gli altri. Noi dovevamo essere la forza e il sostegno di Kurapika e Asuka. E per essere ciò, dovevamo restare uniti. Nel bene e nel male. 
Perciò non potevo avercela veramente con Leorio. Ciò che avevo detto era sbagliato, e ne comprendevo la gravità; lui aveva solo reagito impulsivamente, mosso dalle emozioni del momento. 
E poi sapevo che non mi avrebbe realmente colpito. 
O almeno, lo speravo. 
-Ora ci vuoi dire che è successo?- mi chiese impaziente Gon una volta sciolto l'abbraccio.
Il mio sguardo si incupì, e quel poco di serenità che avevo ritrovato con i loro abbracci, svanì completamente.
-Io non so se..- provai a dire, essendo, però, immediatamente interrotta da Killua. 
-Non siamo dei bambini; almeno, non mentalmente. Puoi dirci quello che è successo senza preoccuparti di spaventarci.- disse lui, mentre Gon annuiva, dandogli man forte.
E ancora una volta, mi stupii della maturità di entrambi; all'apparenza potevano sembrare dei bambini, ma in realtà mostravano in ogni situazione una forza d'animo davvero invidiabile. 
-D'accordo.- acconsentii, guardandomi intorno per accertarmi che non vi fosse nessuno. 
-Sono stata da Asuka prima..- iniziai, stringendo forte le unghie nella carne, in modo da mantenere lucidità. -Non la trovai subito. Provai a chiamarla, ma lei non mi rispondeva. Iniziai seriamente a preoccuparmi, quando sentii un singhiozzo provenire dall'armadio. Lo aprii e trovai al suo interno un' Asuka completamente sconvolta, le mani e e braccia piene di tagli che..- sbattei un pugno sul muro, cercando di scaricare la rabbia e il dolore che sentivo. - ..che si era procurata lei. Continuava a ripetere che era tutta colpa sua, e che lo sarebbe ancora stata. Ora è sotto sedativi, e sta volta ho raddoppiato la dose, in modo da tenerla più sotto controllo.-
Non ebbi il coraggio di alzare il viso e vedere il mio stesso dolore riflesso nei volti degli altri. Così tenni gli occhi bassi, cercando di placare il tumulto di emozioni che si era scatenato dentro il mio corpo.
Tutto era in silenzio; nessuno riusciva a parlare. 
Improvvisamente, però, sentimmo un rumore, e quando ci accorgemmo di chi aveva origliato la conversazione, era troppo tardi; Kurapika era già corso via. 
-No, fermo.- bloccai Leorio, lanciandogli un occhiata eloquente. -Tocca a me parlargli. Per favore.- lo pregai. 
Lui acconsentì, il dubbio che aleggiava comunque nel suo sguardo. 
E così mi lanciai all'inseguimento di Kurapika, pregando che non commettesse un'altra delle sue pazzie. 



 

Buon pomeriggio a tutti!
Prima che iniziate ad alzare i forconi, voglio scusarmi tantissimo per il ritardo mostruoso con cui pubblico questo capitolo. E' passato davvero molto tempo, e vi chiedo davvero scusa. Sono successe talmente tante cose che mi hanno scombussolata che non basterebbe una giornata intera per raccontarle. Mi dispiace seriamente, e vi chiedo scusa con tutto il cuore. 

Bando alle ciance, passiamo al commento di questo capitolo. 
Sono successe un sacco di cose, tutte talmente forti che non so davvero dove cominciare. 
Partiamo in ordine alfabetico. 
Asuka.
E' uno strazio farle passare tutti questi dolori; mi sento un mostro a gettare su di lei tutto questo dolore. Forse qualcuno potrebbe trovare esagerato il suo modo di reagire. Ma, come forse qualcuno ha capito, ciò che vede va ad annientare la sua più inconscia speranza di felicità. Musoda la conosce, sa ciò potrebbe distruggerla; ha sfruttato ancora una volta questo legame per ferirla, distruggerla. 
Ma non abbiatecela con lui. Se Musoda si comporta così c'è una spiegazione, che al momento rimane bloccata nella mia (contorta) mente, ma che prometto vi spiegherò più avanti.
Sembra non esserci nessuna speranza per questi due poveri disgraziati di cominciare una relazione stabile. Ma non vi preccupate. Tempo al tempo e vedrete che le cose si risistemeranno. 
Kurapika. 
Quanto sono stata male in queste settimane pensando a cosa gli avrei dovuto far passare. Il dolore e la chiusura di Asuka si riflettono inevitabilmente anche su di lui; come potrebbe essere altrimenti? E per quanto sia inevitabile, tutto questo sarà necessario per la sua crescita. 
Caren e Leorio (*hanno forse cambiato l'alfabeto*)
Non avrei mai lasciato che Leorio la colpisse; e non dobbiamo nemmeno fargliene una colpa, perchè se non ci fosse statao Kurapika non l'avrebbe comunque colpita. Si sarebbe sicuramente fermato in tempo. 
Ho scelto di scrivere questa scena perchè volevo rendere Leorio umano; nei suoi pregi e nei suoi difetti, nelle cose giuste e negli sbagli. 
E credo che Caren questo lo abbia capito, e lo abbia ampiamente perdonato. Lei è saggia, e ha capito. 
Amo sempre di più questo personaggio, così come amo sempre di più i due piccoli del gruppo. Li ho sempre ritenuti estremamente maturi per la loro età ( anche se comunque a volte la loro natura da bambini esce fuori); in questo capitolo volevo mettere in luce questo aspetto, cercando di renderlo al meglio. 
Da adesso in poi mi darò una regolata, e cercherò il meglio possibile di organizzare tutti gli impegni tra casa e scuola. 

Vi ringrazio davvero per la pazienza che avete avuto; soprattutto a coloro che aspettano il mio commento alle recensioni da un'po. 
Provvederò il prima possibile. 
Vi ringrazio davvero tanto e mi scuso ancora immensamente. Grazie a coloro che hanno speso del tempo per leggere questo capitolo, a coloro che mi seguono e che mi hanno sempre sostenuta. 
Un grosso abbraccio.
A presto! 
La vostra Koralblu

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Capitolo 12
*** Responsabilità ***


Pov Caren 

Correvo a perdifiato, cercando in ogni angolo di quel maledetto edificio. Non c'era. Di Kurapika non c'era alcuna traccia. Lo cercai in ogni corridoio, in ogni stanza. Ma nulla. Era tutto inutile. 
Mi gettai sconfortata contro la parete, cercando disperatamente di formulare un'idea. 
-Dannazione, dove si sarà cacciato quell'idiota!?''- sputai frustata, passandomi una mano sulla faccia. 
E improvvisamente, mi venne un'illumuinazione. 
Corsi sulle scale di emergenza e con affanno spalancai la porta che dava sul terrazzo.
-Sei qui..- ansimai, sollevata e allo stesso tempo esausta per la corsa. 
Lui mi non rispose.Girato di spalle, aveva il viso rivolto verso il sole che stava tramontando. 
Mi avvicinai cauta, cercando di fare il meno rumore possibile. Mi sedetti al suo fianco, cercando di non creargli fastidio con la mia presenza. 
Volevo fare qualcosa per lui.
Dovevo fare qualcosa per lui. 
-Forse è arrivato il momento che io ti racconti il passato di Asuka.-  
Attirai immediatamente la sua attenzione. Gli occhi erano sgranati dallo stupore, mentre il suo petto si alzava e abbassava rapidamente. 
Cercai una sua conferma; lui annuì, concentrandosi totalmente su di me.
-Sakura , la madre di Asuka, era una ragazza bellissima..- iniziai, prendendo un grosso respiro. Sarebbe stato difficile, questo non potevo negarlo; ma arrivati a questo punto, Kurapika meritava di sapere tutto..o quasi.
-Aveva dei meravigliosi e particolari capelli, di una strana sfumatura tra il rosso e il rosa. Non sai quante volte la presi in giro per questa sua peculiarità.- sorrisi, ricordandomi dei bronci offesi che faceva ogni volta che nominavo i suoi capelli. - Ma in realtà li adoravo, come tutto di lei.-mi strinsi nelle spalle, il vuoto nel mio cuore che si riapriva, inghiottendomi come una voragine. -La prima volta che ci incontrammo ebbi un fastidioso moto di gelosia nei suoi confronti; era solare e spontanea, dolce e buona. Insomma, tutto il contrario di quello che ero io. Ci volle un po' prima di fare amicizia. Era davvero difficile far sciogliere un tipo come me, ma lei ci riuscì. Diventammo inseparabili. Io, lei..- feci una pausa, prendendo coraggio. Meritava di sapere. - .. e mio fratello, il padre di Asuka.- buttai fuori, sospirando. Era come se un grosso peso si fosse sciolto dal mio cuore. 
Kurapika si irrigidì completamente, smettendo perfino di respirare. -Quando me li ritrovai davanti, quella notte, ebbi quasi la tentazione di sbattergli la porta in faccia. Come ti ho già detto, quello con Sakura fu odio a prima vista, mentre con suo padre, i rapporti si erano incrinati già da un po' di tempo, a causa delle pericolose bande con cui a cui si era unito ..- feci una piccola pausa, osservando la reazione di Kurapika. Non sembrava sorpreso. Lui sembrò capire al volo, rispondendo alla mia tacita domanda -Asuka ci aveva accennato della professione di suo padre. Non era una novità.- 
Rimasi per un attimo senza parole.
-Davvero?- 
Lui annuì, incalzandomi -Riprendi..- mi chiese trepidante, gli occhi ricolmi di attesa. 
- ..fatto sta che, fidandomi dello sguardo supplicante di quei due, li accolsi in casa mia, facendomi immediatamente rivelare cos'era successo.- strinsi i pugni, ricordandomi della rabbia che mi investì durante la sua spiegazione. -Quell'idiota! Aveva sedotto un'altra ragazzina, facendole addirittura abbandonare il suo villaggio e la sua famiglia. Quella volta, però, c'era qualcosa di diverso in lui. I suoi occhi erano ricolmi di un sentimento nuovo, strano; sembravano più dolci, più gentili. Poi capì che lui di Sakura era perdutamente innamorato. E presto, così come per lui, Sakura divenne per me una costante, una delle persone più importanti della mia vita. Divenne mia sorella.- una lacrima scappò involontaria al mio controllo, mentre Kurapika abbassò il capo, distogliendo lo sguardo, dandomi il tempo di cui avevo bisogno in quel momento per riprendere il controllo. Dopo qualche minuto, il mio pianto silenzioso cessò, e ripresi a raccontare, con l'intenzione di non lasciarmi più sopraffare dalle emozioni. Dovevo essere forte. - Dopo poco, il padre di Asuka trovò un lavoro; se ne andarono di casa dopo appena qualche mese, pronti per iniziare la loro vita insieme. Passarono gli anni; nacque Asuka, che divenne la gioia della nostra famiglia. Era il collante che ci teneva tutti uniti e che ci rendeva felici. Ma quando quel bastardo... - feci un grosso respiro, ripetendomi di non lasciarmi sopraffare dalle emozioni. ..- un giorno riprese i contatti con quel mondo che credevo avesse abbandonato per sempre, ritornando quel pezzo di merda che era una volta. Ma Sakura faceva finta di nulla, fingendo che niente fosse cambiato. Litigammo spesso per questo motivo; il nostro rapporto si incirnò, così come quello con mio fratello. Litigammo come dei pazzi, arrivando quasi a scagliarci l'uno contro l'altro. Ogni volta ci sputavamo in faccia insulti indicibili, offendendoci come i peggiori dei nemici. Forse sbagliai ad approcciarmi in questo modo.. ma in fondo gli volevo bene, ed ero preoccupata per lui.- sorrisi amaramente. Volere bene a quell'uomo aveva causato la distruzione delle nostre vite
-Ma ogni sentimento d'affetto nei suo confronti venne spazzato via non appena mi rivelò che avrebbe fatto diventare anche Asuka come lui. A quelle parole, persi totalmente il controllo di me stessa, arrivando a fare qualcosa che mai mi sarei aspettata; lo colpì con un pugno, spaccandogli il setto nasale. Lui non disse nulla. Si limitò a sorridermi maligno, senza dire una parola. Io ero totalmente schoccata; non sapevo cosa fare, cosa pensare..- Kurapika mi mise una mano sulla spalla, dandomi un piccolo gesto d'affettò che mi rincuorò, seppur di poco. Gli sorrisi grata, riprendendo il discorso. -Provai ad avvisare Sakura di quello che quel bastardo aveva intenzione di fare, ma non appena mi vide, un urlò di  rabbia uscì dalle sue labbra. Mi chiuse la porta in faccia, intimandomi di non farmi mai più vedere. Provai in ogni modo a contattarla, ma lei non ne volle sapere nulla. Non riuscii ad avvisarla del pericolo che stava correndo Asuka, fino a che, una notte, quando mio fratello non era in casa, decisi di approfittarne, intrufolandomi dalla finestra. Sakura urlò spaventata, correndo lontana da me.. chissà cosa le aveva detto quel bastardo. Ma riuscii a calmarla, e a spiegarle ciò che lui mi aveva rivelato. All'inizio non mi credette, com'era logico che fosse. Mi cacciò malamente di casa, dicendomi che se mai mi avesse rivista in giro, avrebbe usato il potere dei suoi occhi contro di me. Passarono due anni da allora. Non la cercai più e per quanto fossi addolarata e piangessi ogni notte, mi dissi che ormai non c'era più niente che potessi fare.- un sorriso amaro si dipinse sulle mie labbra, il rimpianto di quella decisione ancora vivido in me. - Fu quando Sakura mi chiamò tra le lacrime, che capii di essere stata solo una codarda. Se Asuka vi ha raccontato la storia di quella notte, sai benissimo di cosa parlo.- Lui annuì, lo sguardo serio e livido di rabbia. - Inutile dire come reagì Sakura; quando mi precipitai da lei, la trovai completamente sconvolta, in preda ad un violento attacco di panico. Riuscii a calmarla solo dopo molto tempo e con l'aiuto dei farmaci. A quel punto era evidente che sia lei che Asuka dovevano allontanarsi da quel bastardo, ed in fretta.-
Kurapika annuì, come per darmi ragione. 
-Escogitammo un piano; ma avrebbe dovuto tenere duro ancora per un po', dandomi il modo di organizzare la fuga e trovare un posto dove nasconderci.- 
Kurapika mi strinse la mano, conscio che il peggio stava arrivando.
- Era la sera prima della partenza, quando sentii suonare con insistenza alla porta. Mi precipitai immeditamente ad aprire, credendo che Sakura avesse anticipato i tempi; rimasi totalmente sconvolta, trovandomi di fronte mio fratello, gli occhi iniettati di terrore. Non feci domande, e mi limitai a seguirlo, un senso d'angoscia che cresceva sempre di più dentro di me.- Un piccolo respiro, e ripresi immeditamente a parlare, conscia che se mi fossi fermata, avrei mandato a monte quel poco di autocontrollo che avevo faticosamente mantenuto. -Quando entrai in casa, mio fratello mi fece scendere in un piano sotterraneo, in cui scoprii un enorme laboratorio. Su un lettino poco distante trovai Sakura. O quello che ne restava..- Kurapika mi abbracciò, sentendo il tono della mia voce incrinarsi. -Non sembrava nemmeno più lei. Era diventata uno scheletro, gli occhi divuti ormai vitrei, quasi vuoti. Il suo petto si muoveva a stento, quasi fosse uno sforzo enorme anche solo ricevere aria nei polmoni. Mio fratello mi disse che tutto quello era opera dei Kuruta. Un'enorme tempesta si era abbattuta sui loro campi solo pochi giorni prima, portando alla distruzione di tre quarti delle loro piantagioni. Così, credendo che la responsabile fosse la traditrice di molti anni prima, decisero di vendicarsi, avvelenandola. O almeno, questo era ciò che lui mi disse. Questo era ciò da cui mi lasciai convincere. Prima che esalasse il suo ultimo respiro, mi ringraziò di tutto, chiedendomi di prendermi cura di Asuka.- Non resistessi più, e mi aprii in un pianto liberatorio. Faceva male. Quel ricordo, di ormai molto tempo fa, faceva maledettamente male. Kurapika non disse nulla, rispettando il mio dolore. Si limitò a stringere ancora più forte la mano, facendomi capire che lui condivideva il mio dolore. 
''Io ci sono'', sembrava voler dire. 
Non potei fare a meno di pensare a quanto fosse ingiusto il destino. 
Perchè Asuka si doveva innamorare proprio di lui? Perchè proprio dell'ultimo superstite della tribù che mia nipote aveva sterminato?
Mi ero resa conto troppo tardi della bugia di mio fratello. In ogni modo, anche io avevo una parte delle responsabilità. Questo lui lo doveva sapere. 
-Sono stata io a mettere Musoda all'interno di Asuka.- 
Gli confessai, facendo diventare quel tocco così caldo e confortante, come un blocco di pietra scura e fredda. 
-Mi lasciai convincere da mio fratello; mi disse che l'enorme potere di Musoda non poteva andare perduto e nemmeno gli occhi di Sakura..- 
Kurapika si staccò immeditamente da me, colto da uno spasmo d'orrore. Mi guardava spaesato, quasi non credesse alla verità celata dietro quelle parole. -Si, hai capito bene; ho fatto un trapianto di occhi. Quelli sono gli occhi di sua madre.- 
Doveva sapere. 
Era giusto così.
Non mi importava se mi avrebbe odiato. Era giusto che lui sapesse. 
-Tu..le...hai..- quasi non riusciva a parlare, mentre le gambe avevano iniziato a tremare, quasi come foglie scosse dal vento. -..non è possibile..- continuava a ripetersi tra sè e sè, guardandomi completamente sconvolto. 
Annuì, come per dargli un'ulteriore conferma delle mie parole.
Cadde all'indietro, gli occhi divenuti scarlatti, ricolmi di odio e rabbia. 
-Fai bene ad odiarmi.. tutt'ora, non riesco a capacitarmi di ciò che feci. Ero totalmente soggiogata dal desiderio di vendetta da non rendermi conto della verità.-
-Stai zitta..- sussurrò lui, quasi sputando quelle parole. - non osare fare la vittima!- alzò la voce, in un urlo strozzato di dolore.  -Tu hai distrutto la vita di Asuka. Sei tu l'unica responsabile.- 
Fece male. 
Seppur conscia dell'assoluta verità di quelle parole, facevano ugualmente male. 
-Lo so. Io sono l'unica responsabile. E non mi perdonerò mai per questo. Ma ti prego lasciami finire..- 
-NO!- continuò ad urlare, tappandosi le orecchie, in un disperato e infantile tentativo scappare da quella conversazione. 
Improvvisamente, però, si alzò di scatto, gli occhi scarlatti velati dall' atrocità della verità che fino a quel momento si era celata delle mie parole. 
Capii immeditamente, e con due falcate lo raggiunsi, scuotendolo violentemente. 
-Non pensarci nemmeno!- gi urlai contro, sentendomi un vero e proprio mostro. 
-Asuka non c'entra niente con lo sterminio del tuo Clan! Suo padre raccontò solo a me quella bugia, mentre ad Asuka disse semplicemente che sua madre era morta e per preservare il suo potere io le avevo trapinatato Musoda e gli occhi di sua madre.- 
Ero un mostro.
Gli stavo mentendo, come non avevo mai fatto nella mia vita.
Ma non potevo fare questo a lui e ad Asuka. 
Per il momento, doveva andare così; se Kurapika avesse scoperto TUTTA la verità, probabilmente sarebbe diventato pazzo. 
Era tutto per proteggerli, continuavo a ripetermi. 
Mi sarei addossata anche questa colpa, pur di tenerli al sicuro. 
-Asuka scoprì solo in seguito della spaventosa verità dietro la morte di Sakura: in realtà, era stato mio fratello a ridurla in quello stato, con l'unico obbiettivo di poter controllare l'enorme potere di Musoda. Voleva creare un'arma straordinaria, che avrebbe potuto controllare a suo piacimento, come non era più possibile per Sakura. Lui ci ha ingannate tutte.- 
Kurapika non resse più; mi spintonò lontano, sparendo completamente dalla mia vita. 
Non ebbi il coraggio di seguirlo.
In fondo, lui aveva tutto il diritto di orìdiarmi; ero io la vera responsabile dello sterminio di quella gente. 
Perchè ero stata io, quella notte, a darle l'ordine, facendomi promettere che non avrebbe lasciato nemmeno un superstite. 

 
Avevo questo capitolo fermo già da un po'; ero davvero indecisa se pubblicarlo o meno, poichè in questi mesi, la sfiducia nel mio modo di scrivere è cresciuta parecchio.
Non vi chiederò perdono per il ritardo; perchè questi mesi di assenza mi hanno aiutato a riflettere su tantissime cose, a maturare un nuovo stile che fa parte della me ormai cresciuta. Quella parte romantica che c'era in me, a causa di molte vicissitudini personali si è un po' spenta, e per questo ero un po' titubante a riprendere in mano questa storia caratterizzata dall'amore tra Kurapika e Asuka. Credevo di non riuscire più a trasmettere ciò che ero riuscita a dare nei capitoli precendenti. 
Ho lavorato molto su me stessa, così come sto continuando a fare. 
Non prometterò di essere regolare ogni settimana, perchè vi mentirei. L'università mi porta via moltissimo tempo e i numerosi progetti a cui ho aderito pure; però sono sicura che qualche capitolo al mese verrà fuori o, se non sarà così, vi avviserò per tempo. 
Posso capire se alcuni di voi decideranno di non seguire più il lavoro di una scapestrata come me; ma è anche grazie al vostro sostegno che sono qui, quindi vi ringrazio per tutto. 
A presto. 
Koralblu.

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