Una Lunga Storia d'Amore

di roby347
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La mia vita ***
Capitolo 2: *** Decisioni ***
Capitolo 3: *** Incontri in biblioteca ***
Capitolo 4: *** Vita universitaria ***
Capitolo 5: *** nuove possibilità ***
Capitolo 6: *** Colloquio ***
Capitolo 7: *** Scambio di mail ***



Capitolo 1
*** La mia vita ***


Sola al mondo. Si sentiva estremamente sola Roberta, mentre passava un fine settimana con la sua famiglia. L'idea era di trascorrere del tempo insieme, lontano da Ridolma e dalla confusione della metropoli. Spesso decidevano di partire per delle brevi gite, per poi ritrovarsi a non sapere di quale argomento discutere. Marta, la primogenita, aveva portato con sé il suo fidanzato storico, il quale puntualmente riusciva a rovinare qualsiasi momento di più preziosa intimità.
Non si poteva certo dire che fosse una famiglia perfetta; al giorno d'oggi è quasi impossibile trovarne una, forse. Ma Roberta aveva sempre idealizzato la propria famiglia, convinta che fosse possibile trascorrere insieme una giornata felice.
Invece si sentiva estraniata da tutto e tutti. Desiderava che per qualcuno la sua opinione fosse davvero importante, e non considerata una semplice chiacchiera. Desiderava essere più indipendente, ma non per il senso d’indipendenza in sé, ma per l'opinione che gli altri altrimenti avrebbero avuto di lei. Smaniava, cercava di liberarsi da un'invisibile camicia di forza che le era stata avvolta attorno da una società che pretendeva cose che lei non era pronta a dare. Roberta viveva ancora felice nel mondo dell'ingenuità, della protezione domestica, della fanciullezza. Era cresciuta nel corpo, ma non nell'anima. Guardava i bambini quasi con invidia, non costretti a giustificarsi di nulla, liberi di poter essere innocenti. Nel viso di Roberta splendeva il candore tipico dei fanciulli, che solo il padre sapeva apprezzare, o almeno difendere. Le amiche si chiedevano il perché lei, all'età di venticinque anni, non avesse ancora sperimentato l'amore, ma non l'Amore di cui effettivamente Roberta andava alla ricerca, ma quelle storie destinate a durare il tempo di un battito di ciglia. Ed erano proprio le amiche, le persone vicine a lei che la facevano sentire terribilmente in difetto. Aveva deciso di sforzarsi e gettarsi nel mondo caotico e distratto degli adulti. 
La decisione era presa. Finito il massacrante fine settimana avrebbe iniziato a inviare curriculum a diverse società, negozi, imprese. Qualsiasi cosa pur di non dover passare le sue intere giornate chiusa in casa a studiare materie inutili di un corso di laurea ancora più inutile, almeno per le sue aspirazioni personali. Sì, era convinta della decisione presa, in quanto voleva, o meglio doveva volere, che da lì in avanti la sua vita avrebbe preso una svolta diversa.
Improvvisamente la sua voglia di parlare svanì in quel divano a righe gialle e arancioni in un posto disperso nel verde della campagna ridolmese. Sparì il desiderio di “dimostrare” qualcosa ai propri familiari.

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Capitolo 2
*** Decisioni ***


Tasto Invio. Anche l'ultima email era stata inviata e poteva finalmente recarsi a dormire nel suo piccolo letto. Roberta divideva la camera con Marta. Anche se dividere non era forse il termine più appropriato. Marta si era impossessata di gran parte dei mobili della stanza per poter ordinare il suo rifornitissimo armadio alla moda. Ma a Roberta non interessava più di tanto, il suo guardaroba infatti non contava numerosi capi di vestiario, in quanto odiava la sua figura. Non era secca e statuaria come la sorella, ma anzi aveva curve prosperose, anche nei posti sbagliati, che sarebbero state adeguate decenni prima e non ora, in una società che richiedeva fisici piatti e senza alcuna forma femminile. Inoltre preferiva utilizzare l’armadio prevalentemente come ulteriore nascondiglio in cui poter mettere i suoi amati libri.
La decisione di lavorare non era condivisa dal padre per l’enorme paura che la figlia non avrebbe proseguito gli studi. Stefano aveva un rapporto speciale con la sua bambina, fatto di alti e bassi naturalmente, ma Roberta quando aveva bisogno di qualcuno era dal padre che si rifuggiva. La complicità era l'aspetto più importante, più bello del loro rapporto. Non importava quel che accadeva, si spalleggiavano l'uno con l'altra e soddisfatti si scambiavano sguardi complici. Stefano era un padre diverso rispetto ai canoni del tempo, amava le sue figlie, amava passare del tempo con loro e non le lasciava mai davanti ad uno schermo privo di contenuti, ma le coinvolgeva sempre nei suoi mille progetti, mentre Anna era a lavoro.
La madre possedeva una piccola ma graziosa bakery. La decisione era stata quella di avviare l'attività non nel centro della cittadina, bensì nella periferia, con l'intento di dar vita ad un negozio che fosse soprattutto un luogo d'incontro per le persone del quartiere. Roberta nel tempo libero correva a dare una mano, soprattutto in cucina. Amava perdersi nel mondo delle pentole e dei frullatori. 
Il tenore di vita di Roberta era molto semplice per una ragazza che vive in una generazione portata all’eccesso, forse anche troppo semplice. Quel tipo di persona che amava sognare ad occhi aperti, leggere un buon libro piuttosto che passare le sue serate in discoteca, nella spasmodica ricerca di trovare un ragazzo, del quale il mattino dopo non avrebbe neanche ricordato il suo nome. Forse era proprio la lettura di un numero eccessivo di romanzi d’amore che le avevano creato l’illusione di poter effettivamente trovare un ragazzo che la amasse completamente, una sorta di anima gemella. E forse proprio per questo ancora non era mai stata fidanzata. Una ragazzina, ecco come la definivano molti dei suoi parenti, un fantasma, ecco cos’era per tutti. La sicurezza di sé non era mai appartenuta al suo carattere e purtroppo lo rispecchiava anche esternamente.
Roberta chiuse gli occhi, pregando che l’indomani portasse qualche lieta novità.  

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Capitolo 3
*** Incontri in biblioteca ***


La sveglia suonò precisamente alle 8:15. Poiché gli esami erano ancora lontani poteva concedersi qualche ora in più di sonno. Aprendo gli occhi, si stiracchiò nel letto e con una mano accarezzò Principessa, il suo cane, che ogni notte dormiva accanto a lei. Alzarsi da quel letto avrebbe dato inizio a una giornata identica a quelle precedenti, ma pur controvoglia lo fece.
“Ciao papà.” Stefano era seduto nel solito angolino a guardare le ultime novità al notiziario.
“Ciao.” E con gli occhi iniziò a seguire la figlia, pensando ad un modo per passare il tempo. “Ti va di uscire stamattina?”
“Devo andare all’università.”
“Come mai? Non mi dire che inizi a frequentare le lezioni.”. Il tono di voce di Stefano sembrava scherzosamente impaurito.
“Devo semplicemente andare in biblioteca a consegnare dei libri.”
“Vuoi che ti accompagni?”
“Ehm…Se ti fa piacere.” Rispose forse con troppo entusiasmo. “Tra mezz’ora usciamo da casa. Prima sistemo la mia stanza e mi preparo.”. Scappò dal salone non dando così al padre neanche l'opportunità di tirarsi indietro, e nel mentre sentì Stefano ridacchiare notando la sua veloce fuga.
In cucina Roberta si avvicinò ad un foglio attaccato al frigo, per ricordarsi cosa dovesse mangiare quel giorno. Da anni era sempre a dieta sviluppando quello strano, ma assai comune fenomeno, soprattutto nelle donne, di dimagrire velocemente digiunando quasi, perdendo molti chili, per poi riassumerli altrettanto rapidamente una volta ripreso a mangiare. Ma questa volta si era affidata alle mani di un nutrizionista, stanca di essere considerata da tutti la grassottella bruttina. La volontà c’era, ma non era accompagnata da un aiuto reale in casa. La madre il più delle volte cucinava non seguendo le porzioni assegnate o cambiando le portate a seconda di ciò che vi era nel frigorifero, ponendo davanti a Roberta piatti pieni di cibo poco adatto ad una persona che voleva perdere qualche chilo, rendendo quindi la dieta una vera e propria missione. L'attività di famiglia di certo non aiutava; infatti tutti i dolci che non erano stati venduti venivano regalati ad amici, parenti o persone più bisognose, ma alcuni erano portati anche a casa e rappresentavano una continua tentazione.
Non ricordava persona che almeno una volta non l'avesse fatta considerare inadeguata nel suo corpo, anzi a scuola era sempre stata vittima di scherno e derisione. Questo aveva accresciuto l'insicurezza e l'inadeguatezza che Roberta avvertiva nei confronti del mondo che la circondava.
Una veloce doccia sembrò migliorare la giornata, scacciando via i brutti pensieri. In fondo le cose potevano sempre tornare come prima, quando la sua casa era un porto sicuro in cui ormeggiare mentre fuori infuriava la tempesta.
In macchina Roberta accese la radio, sintonizzandosi su un canale sportivo. Il calcio era uno di quegli argomenti di discussione che riusciva a coinvolgere tutta la famiglia, unita nel tifo della squadra della città, Ridolma.
Arrivata all’università, scese dalla macchina e si diresse a passo veloce e con gli occhi puntati a terra verso la biblioteca, che ormai conosceva perfettamente. Un luogo silenzioso in cui l’abilità nel conversare non era un requisito richiesto. E di questo la timidezza di Roberta non poteva che ringraziare.
“Salve signora Ineri. Dovrei consegnare questi libri.”
“Sbrigativa come al solito eh?” La signora Ineri era una donna anziana che lavorava presso la biblioteca universitaria da generazioni e si vantava di aver conosciuto tutti i ragazzi che si erano laureati nella facoltà di lettere. Roberta non poté far altro che sorridere. “Sei la ragazza più timida e chiusa che io abbia mai conosciuto, e credimi ne ho viste di facce io. Non sono riuscita a scoprire nulla su di te in questi tre anni accademici.”
“Non c’è molto da scoprire.” Roberta corrugò la fronte, sorpresa dalla direzione che la conversazione stava prendendo. Non capita certo tutti i giorni di parlare con delle persone così schiette.  Era lampante che si trovasse in difficoltà, ma l’anziana signora continuò.
“Potresti confidarti con me. Parlare un pochino. Molte ragazze ad esempio lo fanno. E ad una vecchietta come me non rimane che questo. I libri e i ragazzi che di essi si nutrono quotidianamente. Non pensi che già da tempo avrei potuto ritirarmi nella mia casetta in montagna e lavorare la lana? Ma quando rimani sola al mondo, senti il bisogno di mantenere rapporti con il genere umano. Solo questo mi resta.”
Trascorsero attimi di silenzio, durante i quali la signora Ineri si perse con lo sguardo nel vuoto. Roberta rimase toccata da quella confessione, ma continuò a tacere, colpita dalle parole della signora. “Possiamo cominciare con il nome per quest’oggi. Qualcosa di semplice.”
“Roberta. Mi chiamo Roberta.”
“Possiamo considerarlo un passo avanti, anche se conoscevo il tuo nome perfettamente, trattando le tue pratiche. Tu puoi chiamarmi Giovanna. Non tutti hanno questo privilegio, ma in te vedo qualcosa di speciale.” Confessò indirizzandole un occhiolino. “Sai ti voglio confidare un segreto. Anch’io da giovane ero proprio come te. Impaurita dal mondo, con una gran voglia però di conquistarlo.”. Giovanna indirizzò alla ragazza un sorriso d’intesa. “Ma con gli anni ho scoperto che la timidezza derivava da nient’altro che una forte sfiducia infusa dalle persone a noi vicine. Non proprio un bel regalo. Ma ti posso garantire che scomparirà nel momento esatto in cui incontrerai quella persona che eliminerà qualsiasi tipo d’insicurezza, che ti farà sentire bene con te stessa. E sarà proprio quella persona a diventare il centro del tuo universo. Attenzione non parlo obbligatoriamente di un uomo, né di un fidanzato, anche se certamente è preferibile.”. Giovanna indirizzò a Roberta un largo sorriso.
“A trovarla quella persona.” Il commento per metà sarcastico e per metà sconsolato uscì involontariamente dalle labbra di Roberta.
“Ah, sono riuscita a farti confidare finalmente.” Giovanna con quelle parole sembrò aver messo fine alla conversazione, girandosi per disporre su di uno scaffale i libri riconsegnati. Roberta si chinò per prendere la borsa appoggiata precedentemente a terra e stava per andarsene. “Troverai quel che cerchi. Sembra che la timidezza sia una buona esca per gli uomini migliori.”. E con queste parole la signora Ineri abbandonò la stanza.
“Finora non è stato così.” Borbottò tra se e se Roberta, quando ormai Giovanna era lontana.
 

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Capitolo 4
*** Vita universitaria ***


"Robbi."

Due ragazze si precipitarono verso di lei e la strinsero in un caloroso abbraccio.

"Valentina n-non riesco a re-respirare." Disse Roberta scherzando e osservando l'attraente amica che aveva di fronte. "Mary, anche tu. Mi state spezzando una costola." Marianna era bassa e con qualche chilo di troppo, e forse proprio per questa ragione aveva una particolare sintonia con lei. Si erano conosciute al liceo e da quel momento erano state accomunate da un destino molto simile, che riuscì solo a rinsaldare ancor di più il loro legame. Entrambe non avevano mai avuto un fidanzato ed erano costrette ad ascoltare le mille avventure di Valentina, avvenente ragazza che con un solo sguardo riusciva ad attrarre tutti i ragazzi e uomini di una sala. A volte uscire con lei era veramente frustrante. La sua abilità nel corteggiare era un tratto di lei a momenti invadente e spesso Valentina, senza cattiveria, faceva pesare alle due amiche la loro mancanza di esperienza.

"Ci sono delle novità." Esultò Vale entusiasta. "Marianna oggi ha finalmente incontrato un ragazzo con il quale è riuscita a tenere una sottospecie di conversazione davanti al distributore delle merendine e... si sono scambiati il numero di telefono. In realtà sono dovuta intervenire io per questo' ultimo passaggio, ma era la prima volta che la vedevo così rilassata davanti ad un maschio.". Aveva dato particolare enfasi a quella parola. "Dovevo pur far qualcosa."

"Non puoi capire l'imbarazzo quando si è intromessa nella conversazione. 'Si vede che vi piacete allora prendi il telefono, carta e penna o quel che ti pare e segna il numero della mia amica'.". Imitò Marianna. "Volevo sotterrarmi all'istante, sembrava una di quelle scenette tipiche tra quindicenni."

"Questo perché tu sembravi una quindicenne. Intanto grazie a me hai grandi possibilità di ricevere un invito per un appuntamento.". Si vantò Valentina.

"L'hai terrorizzato. E' fuggito via pensando che fossi pazza." Scherzò Marianna ed entrambe scoppiarono a ridere. Roberta sgranò gli occhi divertita per il teatrino organizzato dalle due amiche. In realtà sentì un pizzico d'invidia all'altezza dello stomaco. Avrebbe voluto lei parlare tranquillamente con un ragazzo ed ottenere lei un appuntamento, ma alla veneranda età di venticinque anni non aveva mai dialogato con un ragazzo da sola per più di due minuti, e questo pallino diventava sempre più grande man mano che passavano i giorni. Da sempre condivideva questo peso con Marianna, la quale si trovava nella sua medesima situazione. Ora non sarebbe stato più così.

Il silenzio prolungato di Roberta insospettì Mary, che la guardò fissa negli occhi e decise di cambiare argomento. "Personalmente ero convinta che non saresti venuta. Sai quante volte disdici all'ultimo momento?".

"Non è vero. Sarà successo al massimo due volte." Ribatté Roberta sorridente e grata a Marianna. Era convinta che l'amica avesse percepito il suo malessere. "Andiamoci a prendere qualcosa al bar. Ho bisogno di ingurgitare molti carboidrati.".

"Ed io te lo impedirò. Non voglio vederti morire collassata continuando a svolgere quella ginnastica fai da te.". Valentina capiva in pieno le difficoltà delle due amiche ad accettare il proprio corpo e, ogni volta che poteva, cercava di stemperare il tutto, tentando di farle convivere al meglio con se stesse. Se Valentina possedeva un corpo da modella, quindi adatto ai canoni dell'epoca moderna, Marianna e Roberta possedevano curve formose più simili a quelle di Marilyn Monroe, da molti reputate non più idonee allo stile odierno. Soprattutto i ragazzi di oggi non sapevano apprezzare quelle bellezze, quelle curve tanto in voga nel passato, che oggi erano invece sinonimo di "grassa".

"Un giorno di questi ti ucciderò nel modo più lento possibile." Roberta nel pronunciare quelle parole cercò di mantenere un minimo livello di serietà, ma non ottenne l'effetto sperato.

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Capitolo 5
*** nuove possibilità ***


Sedute al bar Roberta, Valentina e Marianna parlavano degli esami universitari, del loro futuro.

"Non sono per niente sicura della scelta che ho fatto." Roberta, affascinata dalle città straniere e da tutto quello che potevano esprimere, aveva scelto la facoltà di lingue. In realtà tutti avevano iniziato a chiederle delle risposte circa gli studi da intraprendere in un momento di grande confusione e alla fine aveva fatto una scelta affrettata e per nulla soddisfacente, almeno per i suoi sogni nel cassetto. Sin da piccola amava scrivere anche brevi racconti, poesie da poter far leggere ai suoi familiari o alle sue maestre. Amava intrecciare il reale con il fantastico e compiere voli pindarici con la sua mente, racconti che avrebbero aiutato molta gente a sognare. Era convinta che in molti si fossero dimenticati la gioia dell'essere bambini, ed era sicura che le sue storie avrebbero riportato le persone a cercare l'isola che non c'è, quel luogo magico dove tutto era possibile. Solamente aveva il brutto difetto di lasciare le cose sempre a metà. Nessuno di quei racconti possedeva la parola "fine". Però, c'era un campo in cui riusciva a completare sempre quello che iniziava, dove si sentiva padrona della situazione e dell'ambiente che la circondava. E questa era la cucina. Amava perdersi tra mille e più ingredienti. Passava ore a studiare e analizzare le ricette di altri cuochi e per vederla felice bastava proporre un sabato pomeriggio passato tra librerie e supermercati.

"Tornare indietro ora è impossibile." Esordì Marianna con il tono tipico di chi era convinto della propria scelta. Legge non era ciò che amava, ma ciò che le avrebbe garantito un futuro, grazie al famoso studio Tonioli gestito dal padre.

"Non sono d'accordo. Se non ti piace la tua scelta, cambia. Sei giovane e puoi rimediare. Meglio ora che tra vent'anni." Valentina è quel genere di persona che riesce ad infondere sempre molta sicurezza e coraggio.

"Ci devo pensare. In fondo questa facoltà mi piace, ma... "

"Non dovresti aver alcun ma, al terzo anno ormai di università. Dovresti essere una studentessa soddisfatta e impaurita solo dai ragazzi più grandi. A proposito guarda che bel sederino sta passando a ore tredici.".

"Valentina!" Urlò Marianna divertita, ma con un tono di voce un po' infastidito. "Sei davvero incorreggibile."

Mentre rideva, Roberta si accorse che il suo telefono stava vibrando. Non conosceva il numero.

"Chi è?" S'impicciò Valentina

"Non lo so. Fate silenzio un attimo." La telefonata fu breve e Roberta quando riagganciò non emise un suono.

"Allora?" Insisteva Valentina curiosa.

"Forse non lo vuole dire. Dai lasciala in pace." Si vedeva chiaramente che anche Marianna moriva dalla voglia di sapere, ma possedeva quella sensibilità che le proibiva di intrufolarsi prepotentemente negli affari altrui.

"No, non è questo. Ho iniziato ad inviare qualche curriculum per cercare un posto di lavoro e proprio ora mi hanno presa in considerazione. Domani alle sei avrei un colloquio."

"Non ti vedo molto soddisfatta però." Valentina era tornata seria e guardava Roberta con apprensione.

"No, no. Diciamo che non sono entusiasta dell'offerta. E' un call center di vendite promozionali. In poche parole dovrei diventare quel personaggio antipatico che chiama a casa per venderti un'enciclopedia o qualcosa del genere al quale tutti attaccano il telefono in faccia.".

Tutte e tre le amiche scoppiarono a ridere.

"Non chiamare me." Ribatté Marianna. "Ti attaccherei anch'io il telefono in faccia, per quanto ti possa volere bene."

"Dai che t'importa. Come prima esperienza, poi l'importante è che ti paghino." Disse Valentina, estraniandosi poi dal discorso, per poter fissare i ragazzi che passavano attorno a lei.

"Diciamo che non rappresenta proprio il mio sogno nel cassetto."

"Secondo me non dovresti accettare." S'inserì timidamente Marianna, questa volta più seriamente.

"Mi sembrate il diavolo e l'acquasanta. Sarete mai d'accordo su qualcosa voi due?" Esclamò Roberta, guardando le sue due amiche. Erano totalmente differenti, ma s'incastravano perfettamente l'una con l'altra, come una chiave con la sua serratura.

"Cambiando discorso, tra qualche giorno c'è una festa organizzata dall'università." Valentina sembrava elettrizzata all'idea. "Che ne dite?"

Le espressioni di Marianna e Roberta non erano entusiaste e Vale subito cambiò tono.

"Lo sapevo, mai contente per un evento mondano. Ma vi prometto che questa volta non vi abbandonerò per il primo ragazzo che incontro.". Fece una piccola pausa, aspettando che qualcuno parlasse o ribattesse, ma ancora i visi di Roberta e Marianna non esprimevano nulla, se non accuse. "E va bene neanche per il secondo. Dai ragazze, ci divertiamo un po'."

"Mi hai convinta." Era stata Marianna a parlare. "Così forse incontro il ragazzo di stamattina." Roberta guardò malissimo Marianna, avendo appena perso la sua alleata.

"Mi state in poche parole costringendo a venire?" Chiese scoraggiata.

"Si." Urlarono in coro Marianna e Valentina.

"Accetto." borbottò Roberta controvoglia.

"Perfetto. Vi vengo a prendere io con la mia macchina verso le otto." L'evento era tra qualche giorno, ma era stato già tutto programmato.

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Capitolo 6
*** Colloquio ***


Il colloquio era alle tre del pomeriggio e Roberta sostava con la macchina della sorella sotto l'edificio prestabilito pensando a come agire.

Infine aveva deciso che l'idea di Valentina non era sbagliata. Come primo lavoro si poteva pure accettare. Ma seduta nell'auto non era più così decisa. E l'ostacolo che non riusciva proprio a sormontare era la timidezza. Avrebbe preferito rimanere nel suo bozzolo d'innocenza piuttosto che dover affrontare quel patibolo. Ma doveva affrontarlo, doveva perché a casa sua la crisi economica di cui tanto parlavano i giornali non era soltanto un argomento di discussione capace di riempire le ricche tavole delle grandi famiglie italiane. Arrivare alla fine del mese stava diventando sempre più complicato, e le volte che lei e sua madre si recavano al supermercato con i soldi contati sempre più frequenti. Oltre che fuggire da una realtà in cui non si sentiva più bene, voleva contribuire portando soldi a casa, non nascondendo inoltre il desiderio di conquistare una piccola indipendenza economica.

Finalmente trovò coraggio e decise di parcheggiare. Dopo un lungo respiro, iniziò a camminare sicura, abbastanza, di se stessa. Entrata nel palazzo dalle vetrate aperte fu accolta da un uomo anziano, basso e con i capelli bianchi.

"Posso esserle d'aiuto, bella signorina?"

"Sì. Stavo cercando l'ufficio del signor Ludovico Marvagli. Avevo prefissato un colloquio per quest'orario.". Le parole uscirono dalla bocca di Roberta tutto di un fiato. L'agitazione iniziava a crescerle in petto e a farle tremare le mani. Ogni situazione nuova la rendeva insicura, e riusciva a concentrare le sue forze solo nella quotidianità.

"Secondo piano, terza porta a sinistra." Il vecchietto sorrise e le indicò con un dito le ante dell'ascensore. "E' sicura di voler disputare questo incontro?" Lo strano guardiano continuava a sorridere, ma ora l'espressione sembrava spenta. Ingenuamente, non capendo il significato di ciò che le aveva chiesto, Roberta lasciò quella domanda senza una risposta e si avviò.

Appena spinto il pulsante, le porte dell'ascensore si spalancarono su di un vano elegante, circondato da specchi opachi e luce suffusa. L'intero elevatore profumava di un gradevole aroma di lavanda, che ebbe il potere di tranquillizzarla per pochi istanti, almeno fino a quando le porte dell'ascensore non si aprirono di nuovo e ben presto si ritrovò davanti alla soglia dell'ufficio indicatole dal portiere al piano terra. All'interno della stanza vi era un uomo che aveva già oltrepassato la cinquantina, stempiato e dal viso rubicondo. Non aveva ancora notato la presenza di Roberta, impegnato a leggere dei documenti sparsi sulla scrivania.

Roberta bussò con le nocche sulla porta. "Salve, è pe..permesso?" La voce le era uscita alquanto tremolante e dentro di sé cercò di imporsi calma e serenità. Immaginalo in una situazione strana, per esempio al bagno, erano queste le parole di Valentina che le ritornavano in mente. Sembrava un consiglio sciocco al momento, ma sembrò funzionare.

"Deve essere la signorina Salvati lei, non è vero?" L'uomo non aveva neanche sollevato lo sguardo nel pronunciare quelle parole. "La stavo aspettando impaziente. Mi presento, mi chiamo Ludovico Marvagli. Prego si accomodi." Mentre Roberta percorse il breve tragitto, che la separava dalle poltrone poste accanto alla scrivania, il signor Marvagli puntò il suo sguardo dritto verso di lei.

"Bene, bene. Come le ho già detto la stavo aspettando impaziente. Leggendo il suo curriculum sono rimasto veramente colpito."

Strano, pensò Roberta, non avendo intrapreso ancora alcuna esperienza lavorativa. "Devo essere sincera e dirle che mi trovo alquanto impacciata al momento. E' il mio primo colloquio di lavoro e non saprei proprio da dove cominciare." Sedendosi, l'ansia che l'aveva pervasa fino a quel momento sembrò affievolirsi leggermente.

"Non si preoccupi. Sono noto a tutti per la mia abilità nel mettere a proprio agio le persone. Vede, ho il pregio di essere sempre molto diretto e arrivare al punto della questione, mantenendo il rigore e l'educazione che ogni rapporto umano impone." Lo sguardo del signor Marvagli continuava a rimanere fisso e penetrante.

"Sono fortunata allora. Ci sono persone che parlano dei propri colloqui come delle esperienze da dimenticare."

"Mi complimento per il sorriso, come d'altronde per tutto il resto. Avevo visto la foto del suo curriculum ed ero ansioso di ehm, come dire, conoscerla.". Ludovico iniziò a scrutarla dall'alto verso il basso molto lentamente e, alzandosi dalla sua sedia, fece il giro della scrivania, ponendosi vicino a Roberta, i cui battiti cardiaci avevano iniziato ad aumentare in modo incontrollato. Le parole del signor Marvagli le sembravano alquanto spudorate e inappropriate per un uomo che si vantava di mettere a proprio agio le persone.

"Sarà questo un incontro un po' particolare, giacché per adesso voglio descriverle nei dettagli il lavoro e come io desidero che sia svolto." Ludovico si appoggiò alla scrivania, molto vicino alla ragazza, tanto da sfiorarle una gamba. "Sono un uomo che ha dedicato la propria vita al lavoro, sacrificando il concetto di famiglia, decidendo quindi di non farmene una. Per far funzionare la società, sono disposto a mettere in gioco tutto me stesso, trascorrendo molte notti in piedi a pensare e pensare." Prendendosi una pausa, Roberta distaccò momentaneamente gli occhi, un po' confusa.

"Mi piacciono molto le finte timide, ma adesso torna a guardarmi gentilmente."

Roberta sgranò gli occhi, sbalordita per il percorso che la conversazione stava prendendo. "Ma..."

"Ti prego fammi finire." Disse sbrigativo e in modo abbastanza maleducato. "Nel corso degli anni ho avuto diverse collaboratrici, tutte molto contente del proprio lavoro. Mi piace intraprendere un rapporto lavorativo affiatato, dove una stretta collaborazione prevale su tutto il resto."

Roberta non si trovava per nulla a proprio agio in quella conversazione e in quel preciso momento avrebbe voluto essere ovunque ma non in quell'edificio, non accanto a quell'uomo.

"Pago molto bene le mie assistenti, perché da loro pretendo che siano a disposizione in qualsiasi momento del giorno e della notte. Mi capisce?" Il signor Marvagli allungò una mano per accarezzarle una ciocca di capelli ma Roberta infastidita si allontanò prontamente.

"Inizio a non seguirla sinceramente." Il tono di voce era agitato e un pizzico preoccupato.

"Sarebbe troppo sfacciato da parte mia chiederle di alzarsi? Voglio essere molto chiaro con lei. Mi piace circondarmi di persone di bell'aspetto.".

"Mi scusi la franchezza, ma sono alquanto sicura di non essere interessata al lavoro." Uno sguardo accusatorio e contrariato apparve sul volto della ragazza, che decisa si alzò dalla sedia per poter andare via.

"Guardi che lei sta fraintendendo. Ritorni seduta, perché le assicuro che le sta per sfuggire una grande opportunità.".

"Può darsi." Roberta voltò le spalle al signor Marvagli e a tutto il suo mondo, sicura di non volerne far parte.

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Capitolo 7
*** Scambio di mail ***


Col passare delle ore le persone avevano dato giudizi diversi riguardo la scelta di terminare anticipatamente il colloquio. Appena tornata a casa Roberta, seduta fuori al terrazzo, aveva raccontato nei minimi dettagli alla madre ciò che era successo.

"Un molestatore, ecco cos'era." Esclamò agitata. "Sarebbe da fare una denuncia alla polizia!" Il tono di voce di Anna stava crescendo secondo dopo secondo.

"Non fare l'esagerata." Intervenne Stefano dal salone. A volte era impressionante la sua capacità nell'udire tutto ciò che veniva detto in quella casa.

"Lascia stare tuo padre. E' uno sconsiderato." Sbuffò sonoramente. "Storie come queste si sentono tutti i giorni al telegiornale. Povera la mia bambina. Chissà quali scempi aveva in mente quell'uomo.".

Roberta non sapeva cosa replicare. Era convinta che la madre stesse esagerando, ma era altrettanto sicura di aver fatto bene ad andarsene. Questo primo colloquio non era stato sicuramente il massimo come approccio nel mondo del lavoro, ma per fortuna non era rimasta scioccata. Aveva avuto la prontezza di prendere in mano la situazione; ecco un lato del suo carattere che Roberta non conosceva. Probabilmente aveva frainteso tutto, ma poteva anche essere uno di quei casi in cui la prevenzione poteva averla salvata da qualche peggiore esperienza.

"Da oggi dovresti inviare curriculum solo ad aziende note e professionali. Hai visto per caso se le poste assumono?" Proclamò Anna, cambiando discorso. La madre era sicura che solo i lavori statali potessero garantire un futuro solido. "Non ti licenzieranno mai in questo modo" era solita dire quotidianamente.

Recandosi in camera propria, accese il computer e nello stesso tempo si tolse il completo elegante che aveva deciso di vestire per l'incontro e indossò una tuta blu con un maglione pesante che portava solitamente dentro casa.

Stabilì di inviare una mail alle proprie amiche per informarle dell'accaduto:

Sono appena tornata dal colloquio, se così si può definire. Sono andata via prima ancora di sapere bene il lavoro che avrei dovuto svolgere. Il tizio mi ha dato idea di essere una persona poco raccomandabile, diciamo così.".

Mentre cancellava le varie offerte pubblicitarie arrivate sul suo indirizzo di posta, un trillo la avvisò dell'arrivo di una nuova mail.

Era di Marianna: Hai fatto bene. Nella vita è meglio prevenire che ritrovarsi in un film drammatico.

 

Il tono della sua email sembrava molto serio, ma Roberta le era grata di esserle sempre molto vicina e saperla confortare in qualsiasi situazione. Di natura Mary era una persona razionale e compassata, non amava mettersi in mostra. In realtà le davano fastidio quelle persone che volevano porsi a tutti i costi in primo piano, rubando la scena e facendola quindi sentire sempre fuori posto.

 

Un nuovo trillo, che spezzò il silenzio nella stanza di Roberta, la fece tornare al presente. Lascia correre i consigli della suorina. Se era un bel tipo, qualche "palpeggiata" ci poteva pure stare. Purtroppo di solito, per quel che so io, a fare i colloqui non ci sono certamente dei modelli. P.s. Posso immaginare mentre scrivo la tua faccia e ti dico rilassati, altrimenti ti vengono troppe rughe. Stavo scherzando. Vale.

 

Ops. Valentina aveva inviato l'email in copia conoscenza anche a Marianna, come erano solite fare. Il fatto era che Roberta sapeva che nel suo caso Valentina era ironica, ma non era la medesima cosa per quanto riguardava Marianna. Era stata incredibilmente indelicata conoscendo quanto fosse suscettibile l'amica circa l'argomento. Sapeva perfettamente che né Roberta né Marianna avevano mai avuto una storia con dei ragazzi e anzi, solitamente cercava di aiutarle a sdrammatizzare. Ma forse il commento era passato inosservato.

 

Si scoprì in seguito che non era andata esattamente in quel modo.

 

Qualche ora più tardi Roberta decise di chiamare Marianna. Dopo molti squilli finalmente dall'altra parte della cornetta qualcuno rispose.

 

"Ciao." Esordì Roberta.

 

"Ciao." Passarono dei secondi durante i quali il silenzio divenne sempre più ingombrante.

 

"Allora non mi chiedi niente del colloquio?"

 

"Pensavo che avessi raccontato tutto attraverso la posta elettronica." La sua voce era atona, senza alcuna minima inflessione o altro.

 

"Sì, certo..." Roberta percepiva adesso una reale difficoltà nel fare una normale e fluida conversazione.

 

"Arriva al dunque. So cosa stai pensando." Roberta sorrise. Per fortuna stavano parlando al telefono, cosicché Marianna non poteva vedere la sua espressione divertita. Nonostante tutto, le due amiche si conoscevano molto bene.

 

"Ti ho chiamata per quel che ha scritto Valentina. Ero sicura che il suo commento ti avesse in qualche modo colpito..."

 

"Ma?" Ingiunse Marianna incalzante.

 

"Ma... tu conosci Valentina. Non bisogna mai prendere sul serio ciò che dice."

 

"Perché no?! Perché non si deve mai prendere Vale sul serio? Non è una scusante, né una giustificazione. Non è più una bambina e deve capire che le parole hanno un peso e possono ferire."

 

"Non credi che dovresti dire a lei quello che ti reca fastidio? Senza che si creino dei malumori inutili tra di noi.". Farle parlare forse era la cosa migliore. Probabilmente Valentina era ignara di quel che aveva provocato con la sua email.

 

"Inutili? Certo, finché si parla di me è sempre tutto inutile. Sinceramente non sento il desiderio né la voglia di parlarle ora come ora."

 

"Non è forse un po' esagerata come reazione? Vale stava comunque scherzando, anche se in un modo totalmente errato."

 

"Lascia perdere." Marianna sospirò pesantemente. "Robbi non sono assolutamente arrabbiata o offesa con te e non voglio parlare di questo adesso. Vado con i miei genitori per

 

una settimana in campagna. Forse nella pace campestre riuscirò a studiare più tranquillamente, lontana dalle distrazioni della città."

 

"Va bene." Adesso ero veramente senza parole. "Allora ci sentiamo."

"Sì." E dall'altra parte del telefono non vi era più nessuno.

Roberta si passò le mani sul viso, non sapendo cosa fare e come comportarsi. Preferendo non pensarci al momento, si lasciò cadere sul letto e agguantò il libro che stava leggendo in quei giorni: Il Cavaliere d'Inverno. Amava quel libro, l'ambientazione, la storia d'amore che aleggiava sullo sfondo di un paesaggio molto più grande: la seconda guerra mondiale. Leggendo quel libro Roberta si era convinta che nessun ostacolo era veramente insormontabile. Bisogna a volte crederci nel destino.

Perdendosi nel mondo delle pagine scritte, non si era accorta che Marta era rientrata a casa e le strappò di mano il libro. "Non ti stancherai troppo a frequentare l'università pigrona?" La pungolò ridendo. "Oggi le lezioni sembravano non finire mai. Vorrei solo chiudere gli occhi adesso e lasciare il mondo fuori." Si gettò sul letto, andando a finire addosso a Roberta.

"Niente te lo vieta." Rise dandole un pizzicotto sul fianco.

"Infatti." Sbadigliò Marta. "Svegliami per cena." Riuscì a biascicare sonnolente. "E ricordami di chiederti più tardi com'è andato il tuo colloquio." Sorridente, terminò la conversazione girandosi sul fianco.

La quiete della stanza fu interrotta dal telefono cellulare di Roberta che squillava. Anonimo. Solitamente non rispondeva mai a quel genere di chiamate, preferiva che la persona dall'altra parte della cornetta si mostrasse visibile. Quella volta non fece nessuna eccezione

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