The man who lived twice

di Lady Lara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incipit ***
Capitolo 2: *** Cuore spezzato ... ***
Capitolo 3: *** Incontri che lasciano il segno ***
Capitolo 4: *** Fatale incontro ***
Capitolo 5: *** Conseguenze inaspettate ***
Capitolo 6: *** Il colore della purezza ***
Capitolo 7: *** Grandi delusioni ***
Capitolo 8: *** Imperdonabile ... ***
Capitolo 9: *** Onde d'oro lucente ***
Capitolo 10: *** Sorprese impreviste ***
Capitolo 11: *** Dubbi chiariti ... ***
Capitolo 12: *** Lost Boy ***
Capitolo 13: *** Verità ***
Capitolo 14: *** Tradimenti e sospetti ***
Capitolo 15: *** Qualcosa di tenero tra noi ***
Capitolo 16: *** Qualcuno nell'ombra ... ***
Capitolo 17: *** Amore inarrestabile ***
Capitolo 18: *** Inseguendo il giorno e l'amore ***
Capitolo 19: *** Sincero amore o illusione ***
Capitolo 20: *** Prezioso piccolo amico ***
Capitolo 21: *** Il tempo della rosa ***
Capitolo 22: *** Stella cadente ***
Capitolo 23: *** Dalle ceneri la vita ***
Capitolo 24: *** Fantasmi che ritornano ***
Capitolo 25: *** La felicità nell'aver amato ***
Capitolo 26: *** Sotto copertura (parte 1) ***
Capitolo 27: *** Sotto copertura (parte 2) ***
Capitolo 28: *** Andrew Smith ***
Capitolo 29: *** Il ritorno della Fenice ***
Capitolo 30: *** Come un fantasma ... ***
Capitolo 31: *** Verità bella e perfetta? ***
Capitolo 32: *** Legami con i capelli il cuore ... ***
Capitolo 33: *** Fiducia e fiducia ***
Capitolo 34: *** Sorprese scoperte ***
Capitolo 35: *** Acqua e fuoco ... ***
Capitolo 36: *** Facce della verità ***
Capitolo 37: *** Verità o bugie? ***
Capitolo 38: *** Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. ***
Capitolo 39: *** Un insolito Cupido ***
Capitolo 40: *** Matrimonio?! ***
Capitolo 41: *** Il significato di una rosa ***
Capitolo 42: *** La ragazza con la pistola ***
Capitolo 43: *** Chiodo scaccia chiodo ***
Capitolo 44: *** Incontro al Killer ***
Capitolo 45: *** Quell'anello nella tasca ... ***
Capitolo 46: *** Ultimi saluti ... ***
Capitolo 47: *** Incontrarsi ancora ***
Capitolo 48: *** Ancora e sempre sarò il tuo brivido più grande ***
Capitolo 49: *** L'assassino alla porta ***
Capitolo 50: *** Vecchi ricordi e nuove promesse ***
Capitolo 51: *** Amore sotto copertura ***
Capitolo 52: *** L'ultimo inganno (Prima parte) ***
Capitolo 53: *** L'ultimo inganno (seconda parte) ***
Capitolo 54: *** Appuntamento letale ... ***
Capitolo 55: *** Risvegli drammatici ***
Capitolo 56: *** Obiettivo finale ***
Capitolo 57: *** Obiettivo finale II parte ***
Capitolo 58: *** Obiettivo finale III parte ***
Capitolo 59: *** Ti ritroverò sempre (Epilogo) ***



Capitolo 1
*** Incipit ***


The man who lived twice
 
 
Incipit
 
Una mano maschile inserì e girò le chiavi sotto il volante del grosso suv nero. Il motore in moto fece sentire il suo sommesso ruggire.
Nello svolazzo di un impermeabile nero, un uomo saltò agilmente dalla scala di sicurezza, posta nel retro dell’alta palazzina fatiscente.
L’uomo vestito di nero si guardò indietro, verso le scale che aveva appena percorso. Fece un cenno della testa guardando verso la prima balaustra. Una sagoma scura rispose al suo cenno con un gesto inconfondibile del  pollice e l’indice che si univano in un cerchio, mentre l’arma che teneva nell’altra mano lanciava un veloce bagliore nel buio notturno.
L’uomo in nero, guardandosi intorno furtivamente, tirò su il collo dell’impermeabile, si passò le dita tra i capelli che gli ricaddero nuovamente sulla fronte, rendendo del tutto vano quel gesto.  Velocemente si diresse verso l’auto in moto. Con gesto deciso e veloce aprì lo sportello al lato anteriore del passeggero, trattenendo l’impermeabile si introdusse nell’abitacolo  e, con un tonfo secco, lo richiuse dietro di sé. 
 
– Vai!
 
L’uomo alla guida rispose con l’azione a quell’imperativo, inserendo la prima, mollando la frizione, schiacciando l’acceleratore e sgommando via dal buio vicolo, lasciando che le cartacce, ammucchiate fuori dai secchi della spazzatura, svolazzassero ogni dove  per lo spostamento d’aria. Un gatto randagio, spaventato, saltò fuori, strillando, da uno dei bidoni, andando a cercare rifugio dietro a degli scatoloni che sarebbero stati portati via, da lì a poche ore, dal servizio di nettezza urbana.
Il dedalo di vicoli che stava percorrendo il Suv, a quella velocità, finì presto sulla strada principale, illuminata a giorno dai lampioni.
 
– Maledizione! Frenaaa!
 
L’autista inchiodò all’unisono freno e frizione, provocando una spinta brusca a se stesso e al passeggero al suo fianco, pronti al contraccolpo, bloccandosi senza conseguenze, grazie alle cinture di sicurezza che avevano indosso.
Una giovane pallidissima era sbucata di corsa da uno dei portoni dei vecchi condomini e si era portata al centro della strada. Le sue mani affusolate e tremanti si poggiarono sul cofano del suv, miracolosamente illesa. Era palesemente disperata, chiedeva aiuto. Si portò sul lato del passeggero cercando di aprire lo sportello.
 
– Aiutatemi vi prego!
 
Avendone capito le intenzioni, il passeggero in nero chiuse automaticamente la sicura dell’auto già nel vederla portarsi verso il suo lato. La giovane sentì lo scatto e ancora più disperata batté le mani contro il vetro scuro, senza poter vedere chi si trovasse nell’abitacolo.
 
– Sbrigati parti!
 
L’uomo al volante fece una smorfia e ripartì nuovamente sgommando.
 
– Non era male la biondina! Veramente carina direi!
“Carina?”
 
Probabilmente, se glielo avessero chiesto, l’uomo in nero l’avrebbe descritta:
 
 “Bella da mozzare il fiato!”
 
Non rispose nulla e guardò dallo specchietto retrovisore sullo sportello. La ragazza era ricaduta in ginocchio, lì dove l’avevano lasciata, vestita con un paio di Jeans neri aderenti ed un maglioncino bianco, stava piangendo disperatamente con le spalle curve che sussultavano ai suoi singhiozzi.
L’autista la guardò velocemente dal retrovisore centrale.
 
– Peccato lasciarla per strada così! Non ti fa nessuna pena ovviamente! Non ti avrebbero definito “Cuore di ghiaccio” altrimenti!
 
L’uomo in nero aveva ancora il volto della ragazza impresso nella mente. Quando l’aveva vista poggiare le mani al vetro del suo lato, avrebbe voluto allungare una delle sue per asciugarle la lacrima che le scendeva sullo zigomo sinistro. Aveva visto quegli occhi verdi smeraldo tristi e profondamente angosciati, sicuramente aveva subito un dolore lancinante. La sua bocca tumida e rosso ciliegia era schiusa in quella richiesta di aiuto …
 
“Gli occhi limpidi della purezza e labbra da baciare …”
 
Un pensiero che sarebbe rimasto chiuso nella sua mente, non si sarebbe permesso di esternarlo nemmeno a se stesso.
 
– Siamo scelti per quello no? Da quando tu hai il cuore tenero? Ora sta zitto Winter Soldier e vediamo di raggiungere l’aeroporto! L’aereo per Dublino partirà tra mezzora!
– Come desideri “mio Capitano”!

Winter Soldier rispose ironicamente, ridacchiando e accelerò nuovamente. Il “Capitano” guardò ancora dal retrovisore. In una frazione di secondo la ragazza era diventata un puntino invisibile, ma era riuscito a vedere che qualcuno le si era avvicinato per soccorrerla.
 
“Mi dispiace … mi dispiace veramente … ma il mio cuore deve restare di ghiaccio!”
 
La sua mente se ne stava facendo una convinzione e stava alzando dei muri spessi intorno a quel cuore. Ne aveva bisogno perché … perché quegli occhi verdi e quella bocca di ciliegia, erano riusciti a scalfire quel ghiaccio irrimediabilmente!
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
Ciao a tutti! No, questo non è il seguito che ho annunciato della mia “For love. Only for love”. Non mi chiedete da dove sia partita, so solo che questa mattina mi sono svegliata con questa pazza idea in stile giallo. Vi regalo questo incipit, fatemi sapere se lo trovate intrigante abbastanza da portarlo avanti. Ho in mente la storia, una CaptainSwan AU, credo sia intuibile di chi si parla in questo pezzetto iniziale, ma per il resto ancora vi lascio nel mistero, non so se sarà una long, ma non la voglio fare di oltre 50 capitoli come l’altra, quindi si vedrà. Purtroppo non so se posterò a cadenza precisa, visti gli impegni (per questo ho detto che è una mia pazzia), intanto concluderò “For love …”.
Un grazie a chi avrà la pazienza di leggere e recensire.
Vostra Lady Lara
 
 

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Capitolo 2
*** Cuore spezzato ... ***


2 Capito

Cuore spezzato
 
 
Notte del 18 maggio 2008
Pronto Soccorso dell’ Hospitality Homes di Boston.
 

Non ci riusciva … Proprio non ci riusciva a lasciare quella ragazza in quella situazione!
Mary Margareth Blanchard, Signora Noland da meno di due settimane, era in piedi, con le braccia incrociate, davanti alla vetrata della medicheria del Pronto Soccorso.
La bionda giovane, che lei e suo marito David avevano soccorso in mezzo alla strada, era seduta sul lettino della medicheria. Aspettava l’arrivo del medico di turno per essere visitata. Aveva il viso triste, lo sguardo affranto di chi ancora non ha finito di piangere. Le sue guance erano arrossate per la tensione emotiva della sofferenza. Indossava il giubbino  di pelle rossa che Mary aveva trovato sull’asfalto, vicino a lei, un paio di Jeans scuri e un maglioncino bianco di lana soffice. Teneva le mani giunte tra le gambe incrociate alle caviglie. Le spalle curve, come se un enorme peso le schiacciasse.
Si chiamava Emma … “Emma Swan”. Questo era riuscita a dire a Mary Margareth quando glielo aveva chiesto. Non era nemmeno un’ora che era accaduto e Mary stava ripensando a quel momento in cui la sua vita e quella di David si erano incrociate con quella della giovane. 
 
-o-
 
– David … non capisco perché hai preso questa strada! Allunghiamo un pezzo per arrivare a casa!
 
Stavano tornando dalla luna di miele, si erano sposati dieci giorni prima, in una tranquilla chiesetta di campagna, intima e accogliente, proprio come Mary l’aveva sempre sognata. Era stato un rito cattolico, celebrato dal suo caro amico Padre Alec Simmons, un sacerdote cinquantenne che l’aveva molto aiutata nel suo percorso di Educatrice Professionale, spronandola a mettere a frutto le sue doti e il dono che Dio le aveva dato, come diceva lui, aprendo una Casa Famiglia proprio lì a Boston. Le era sembrata la cosa più giusta che il  suo matrimonio con David fosse celebrato da Padre Alec. Seguendo il suggerimento di quello che era stato il suo padre spirituale e amico, aveva iniziato le pratiche notarili per avviare la Casa Famiglia ed era stato proprio in quello studio notarile che, quattro anni prima, aveva conosciuto il giovane e brillante avvocato David Noland. Ancora non riusciva a credere che il loro amore fosse sbocciato in un colpo di fulmine. Era stato tutto così … magico! Era entrata in quello studio notarile e l’aveva accolta proprio David, con il suo sorriso sincero, gli occhi chiari, limpidi, onesti. Lui era rimasto altrettanto colpito, non tanto dall’aspetto fisico, lei stessa si considerava troppo rotondetta e priva di sexappeal, quanto dalla sua solarità, il suo ottimismo e il suo viso gentile e sorridente. Nel giro di pochi minuti, mentre lei gli parlava del suo progetto, dei suoi sogni e del desiderio di aiutare bambini e adolescenti in difficoltà, in lui la stima per lei cresceva di secondo in secondo. Gli ideali di Mary corrispondevano ai suoi e si era offerto di aiutarla anche oltre l’impegno lavorativo che Mary aveva richiesto allo studio notarile.
 
In quei quattro anni David aveva supportato Mary Margaret nei suoi progetti ed era nata la Casa Famiglia “Biancaneve e i sette nani”. Lo stesso David aveva suggerito quel nome, dicendole che il suo viso dolce ricordava la Biancaneve di Disney, inoltre la Casa Famiglia aveva una capienza al momento per sette minori.
 
Era stato un nome perfetto per quell’ambiente a misura di bambino e quando l’avevano inaugurata insieme, tre anni prima, erano ormai fidanzati e intenzionati a sposarsi quanto prima. Ora, a trenta anni d’età lui e ventisette lei, erano finalmente uniti in matrimonio.
 
Era buio quando finalmente stavano tornando a casa dal viaggio di nozze. In quei dieci giorni Mary aveva telefonato tutti i giorni ai suoi collaboratori, per sapere di come stessero i loro piccoli ospiti, le mancavano! L’avevano tranquillizzata, supplicandola di non pensare ad altro che a suo marito, ma lui stesso la incoraggiava a chiamare. Mary viveva nella Casa Famiglia e David sarebbe andato a vivere lì con lei. Costituivano, per i giovanissimi ospiti, una coppia genitoriale vera e propria.
 Mary si era resa conto presto che David era molto bravo con i bambini e quando lo vedeva alle prese con loro, il suo sguardo diventava ancora più dolce ed amorevole nei suoi confronti. Non vedeva l’ora di potergli regalare lei stessa un “piccolo Noland”.
 
– Tesoro questa è una zona ben poco trafficata il venerdì sera! È un quartiere vecchio, popolato soprattutto dagli studenti che frequentano il vicino Campus Universitario. Sono pochi quelli che restano per il fine settimana … allunghiamo di poco il percorso, ma siamo sicuri di non restare imbottigliati nel traffico che troviamo di solito a quest’ora sulla solita strada e, soprattutto, ci evitiamo incidenti!
 
David non aveva fatto in tempo quasi a finire la frase, che un grosso Suv, a velocità non consentita, gli stava attraversando la strada.
 
– Attentooo!
 
Mary aveva gridato spaventata e lui istintivamente aveva inchiodato, per fortuna non stava correndo, era sempre molto prudente alla guida, specialmente se portava passeggeri e soprattutto se il passeggero era sua moglie.
 
– Ma che bisogno avrà quello di correre così?! Bel macchinone però … mi pareva un Maserati se non sbaglio …
- Santo Cielo David! Per poco non ci faceva fuori e tu stai pensando al tipo di macchina?!
– Dai amore che non è successo nulla in fin dei conti …
- Hai ragione David … mi sono solo spaventata … ma l’importante è che stiamo bene.
 
Erano proprio simili! Due ottimisti, pronti a perdonare e a trovare il meglio negli altri!
David svoltò  proprio nella direzione da cui era arrivato il Suv nero.
 
– Dio mio David! Frena! C’è una ragazza in mezzo alla strada!
– L’ho vista Mary … l’ho vista!
– Povera cara che le sarà successo?!
 
La giovane aveva forse si e no vent’anni. Era molto carina, esile, capelli lunghi e biondi. Piangeva disperatamente, singhiozzando, inginocchiata nel bel mezzo della strada. Vicino a lei, non molto distante, c’erano una tracolla e un giubbino in pelle rossa.
David aveva fermato l’auto al bordo della strada e Mary era scesa velocemente, dirigendosi verso la ragazza. Aveva cercato di tirarla su, ma quella aveva reagito spaventata, spingendola via. Mary non si era arresa. Qualcosa di veramente tremendo era capitato alla ragazza.
 
– Tesoro stai tranquilla! Non vogliamo farti del male … vogliamo aiutarti … Io sono Mary Margareth, sono un’educatrice professionale e lui è mio marito David … è avvocato … Ti hanno fatto del male? Come ti chiami?
 
La ragazza la lasciò avvicinare e inginocchiare davanti a sé. Una nuova ondata di lacrime scorse sulle sue guance mentre, singhiozzando, rispondeva all’ultima domanda di Mary.
 
– Emma … mi chiamo Emma Swan …
- Ti puoi alzare Emma? Ti portiamo in ospedale …
- Nooo! Non mi serve l’ospedale!
 
La giovane si liberò con uno strattone dalle mani che Mary le aveva poggiato sulle spalle.
 
– Stai calma Emma … a tutto c’è rimedio … sei sotto shock, ti dobbiamo portare ad un Pronto Soccorso … ti daranno un calmante …
- Non c’è nulla che si può rimediare! Ormai non si può fare più nulla! Il mio Kim … il mio Kim … me lo hanno ucciso!
 
David si era avvicinato e aveva sentito tutto. La ragazza era disperata, aveva visto uccidere “questo” Kim che diceva e, probabilmente, da come ne parlava era un uomo a lei molto caro. Mary tentò di far dire altro alla ragazza, ma questa si chiuse nel pianto.
 
– Mary … aiutiamola a salire in macchina! È importante portarla al Pronto Soccorso! Poi sarà necessario chiamare la polizia …
 
Mary annuì con la testa e si rivolse nuovamente alla ragazza.
 
 – Emma vedrai che il tuo Kim avrà giustizia … vieni con noi intanto, poi chiameremo la polizia …
 
Riuscirono a metterla in piedi e a farla entrare in macchina. Dal sedile anteriore Mary, voltata verso di lei, continuava a rivolgerle qualche domanda. Tra i pianti e i singhiozzi, la giovane riuscì a dire che Kim era il suo ragazzo, che era andata al suo appartamento, non molto distante dall’Università che lei frequentava, e lo aveva trovato con un uomo vestito di nero che lo minacciava con una pistola. Kim le aveva gridato di fuggire, poi tutto si era svolto troppo velocemente. L’uomo in nero aveva sparato …
 
Non riuscì a spiegare oltre, poiché la disperazione e il dolore per la perdita del ragazzo che amava, la spezzò nuovamente, provocandole ancora il pianto.
 
-o-
 
Era da più di un ora che si trovavano lì al Pronto Soccorso. Non era un codice rosso e non si erano occupati subito della ragazza. Mary le era stata vicina, seduta al suo fianco, tenendola abbracciata. Aveva un’aria da “bambina sperduta” quella ragazza! Mary conosceva bene quello sguardo! Lo vedeva tutti i giorni sui visi dei bambini che le arrivavano in Casa Famiglia.
David intanto era andato a chiamare la Polizia e presto sarebbe arrivata.
 
– Emma … tra poco ti visiteranno e io e David dovremmo andare a rilasciare la nostra deposizione alla Polizia. Tieni questo …
 
Le aveva messo in mano un biglietto da visita della sua Casa Famiglia.
 
– Sopra ci sono i nomi mio e di mio marito e i nostri numeri di cellulare … Se hai bisogno di noi chiamaci … per qualsiasi cosa Emma!
 
La giovane aveva annuito, con gli occhi bassi, gonfi ed arrossati dal pianto e i lunghi capelli biondi scompigliati. Dopo poco era stata chiamata da un’infermiera e ora si trovava su quel lettino, seduta in attesa del medico.
Mary non era ancora riuscita ad allontanarsi. David arrivò nello stesso momento del medico di turno. L’infermiera chiuse le tende davanti agli occhi di Mary Margareth.
 
– Amore … dobbiamo andare alla Polizia per la nostra deposizione. Arriverà una volante tra poco e se Emma non verrà ricoverata la porteranno alla “Centrale”, altrimenti la interrogheranno qui!
– Non è ferita … se non nell’anima! Credo che la dimetteranno con un calmante e la ritroveremo alla “Centrale” David …
- Le hai dato i nostri recapiti?
– Si certo!
– Hai fatto bene! Non credo che alla Polizia ci consentiranno di parlarle … se come dice lei c’è stato un omicidio … la prima indagata sarà proprio lei!
– Povera ragazza! Non solo ha assistito all’uccisione del ragazzo che ama … dovrà subire anche chissà che interrogatorio?!
- È possibile purtroppo … io potrò offrirmi come suo avvocato!
– Oh David! Sei un tesoro! Questo è uno dei motivi per cui ti amo! Sei un cuore d’oro!
– Naaah!
 
Mary Margareth si sollevò sulle punte dei piedi, portando le braccia al collo del marito e, mentre lui le cingeva la vita con le sue, gli diede un dolce bacio sulle labbra. 
 
 
Distretto di Polizia di Boston, qualche ora dopo.
 
Il Sergente Rogers guardava la giovane donna di razza caucasica che aveva difronte. Era stata prelevata dal Pronto Soccorso e portata da lui, in Centrale, circa tre ore prima. Non era stata ferita, non aveva subito forme di violenza fisica e aveva dichiarato che le avevano ucciso il ragazzo davanti agli occhi. Era palesemente affranta. Si stava ancora asciugando le lacrime con i polsini del maglioncino bianco che sporgevano dalle maniche del suo giubbino in pelle. Doveva interrogarla da capo. Qualcosa non quadrava in quello che aveva detto.
 
Rogers prese un pacchetto di fazzolettini di carta dal cassetto della sua scrivania e li porse alla biondina. Anche se di etnia diversa, quella ragazza le ricordava sua figlia Vivienne. Stessa età e stessa corporatura. Certo Emma Swan era bianca come il latte e sua figlia, come lui, era color cioccolata. Immaginò sua figlia nella stessa situazione e il suo cuore di padre provò pena per la giovane bionda. Non era il caso di ricominciare dai dati anagrafici, quelli li conosceva bene e corrispondevano a quanto già accertato. La giovane Emma Swan era nata a Chicago venti anni prima, figlia di un musicista e di una insegnante. Orfana dall’età di quattro anni. Residente a Boston, presso la zia materna fin dalla morte dei genitori. Frequentante con ottimo rendimento il secondo anno della  Facoltà di Psicologia presso la prestigiosa Harvard University, diplomata anche alla famosa Berklee College of Music, una virtuosa del clarino … Nessun precedente penale … una vita morigerata come quella della famiglia …
 
- Emma … Sei una brava ragazza e non vedo l’ora di rimandarti a casa da tua zia …
 
Emma aveva sollevato gli occhi sul viso bonario del robusto sergente di colore. C’era qualcosa che non andava, la sua voce lo faceva capire! Erano tre ore che stava lì e il Sergente aveva fatto e ricevuto diverse telefonate.
 
– Purtroppo nell’appartamento vicino all’Università che ci hai indicato … non c’è traccia né di colluttazione né di sangue!
– Non c’è motivo per cui debba esserci sangue nell’appartamento! Kim è stato ucciso sulle scale di sicurezza! Ho visto il suo corpo esanime e la camicia bagnata di sangue! Era sul pianerottolo sottostante, ha cercato di inseguire il suo assassino!
– Emma … figliola … non è stata trovata traccia di lui nemmeno sul pianerottolo che dici! Hai una sua fotografia?
 
Emma abbassò lo sguardo tristemente. Non aveva sue foto … non avevano avuto molte occasioni per fare foto … si erano incontrati così poche volte e quelle poche … non avevano avuto tempo di pensare a far fotografie!
 
Scosse la testa bassa in segno di diniego. Rogers si passò una mano sugli occhi stanchi, abbandonando la schiena alla spalliera della sedia girevole. Lunga nottata quella! Malediceva quei turni notturni e situazioni come quella che aveva coinvolto la ragazza davanti a lui.
Si vedeva da un miglio che fosse una ragazza inesperta e ingenua, sicuramente studiosa e colta, ma mancava nell’esperienza di vita. Aveva incontrato sicuramente un balordo che aveva approfittato della sua ingenuità!
 
 Le credeva, credeva a tutto ciò che gli aveva raccontato. Il cadavere comunque era sparito e l’appartamento era stato ripulito prima dell’arrivo della polizia. Inoltre il proprietario dell’appartamento non sapeva nemmeno di avere un inquilino in casa, erano mesi che l’appartamentino era sfitto! Almeno così credeva il proprietario! Non era la prima volta che dei delinquenti usassero case disabitate per i loro loschi intrallazzi!
 
Quel Kim Steward, che aveva incasinato Emma, doveva essere proprio un delinquente di quella risma. Decise di chiamare l’addetto all’archivio e vedere se avessero trovato qualche scheda segnaletica sul ragazzo.
 
 – Si Rogers! Sta venendo da te il Sergente Jefferson … è passato lui a prendere le schede segnaletiche … dovrebbe essere già lì veramente …
- Grazie Paul!
“Maledizione! Jefferson non ci voleva, la cosa si fa più complicata ora!”
 
La porta a vetri satinati del suo ufficio vibrò, sotto i due colpi battuti dal pugno di Jefferson. Rogers ne riconobbe la sagoma.
 
 – Avanti!
– Ciao Rogers! Piacere di vederti!
– Non mi sento di dire lo stesso di te Jefferson!
– Lei è Miss Emma Swan suppongo! Sono il Sergente Sebastian Jefferson!
 
Emma guardò il poliziotto appena arrivato. Si era presentato senza provare a darle la mano, gliene fu grata, non aveva nessun desiderio di aver contatti fisici, con nessuno in quel momento. L’uomo aveva tra i trenta e i quaranta anni, piuttosto piacente, occhi chiari e capelli neri. Aveva un sorriso beffardo dipinto sul volto che infastidì la giovane. Nonostante il suo piacevole aspetto, quel tipo di sorriso le suggerì di non fidarsi di lui.
 
– Vediamo un po’ cosa ha appuntato il nostro amico Rogers …
 
Jefferson si era messo seduto con una natica sulla scrivania di Rogers e gli aveva sottratto gli appunti da sotto il naso e li stava leggendo velocemente.
 
– Jefferson sei pregato di togliere il culo dalla mia scrivania! Prenditi una maledetta sedia se proprio devi fare il tuo lavoro!
 
L’uomo si alzò dalla scrivania e si appoggiò alla parete, difronte alla ragazza.
 
– Così lei conosceva la vittima da un mese circa!
– Si … cinque settimane …
- Quante volte lo ha incontrato in queste cinque settimane?
 
Emma abbassò gli occhi, quell’uomo aveva un’aria giudicante che non le piaceva e la imbarazzava. Conosceva veramente poco Kim … eppure si era innamorata di lui perdutamente nel giro di poche ore!
 
– Ci siamo incontrati sei volte in tutto …
- Sei volte?! E dice che era il suo fidanzato?
– Io non ho detto che fosse il mio fidanzato … stavamo insieme …
- E che significa per lei a vent’ anni stare insieme ad un uomo? Andarci a letto quando ne ha voglia? Una media di una a settimana?
– Ma come si permette! Chi pensa che io sia?!
– Jefferson stai attento a come parli alla ragazza!
– Miss Swan … o lei è un’ingenua o è una ragazza un po’ troppo facile no? In pratica non sa nulla di un uomo che le è stato ucciso sotto il naso e che lei dichiara fosse il suo ragazzo! In più il corpo non si trova dove lei dice! È sicura che si chiami Kim Steward il tipo?
– Io … io non sono sicura più di nulla … io l’amavo e l’ho visto morire senza poter far nulla … con me si è sempre comportato bene … era gentile … dolce … 
- Le ha detto di essere innamorato di lei?
 
Quello non glielo aveva mai detto. Kim non le aveva mai detto cosa provasse per lei, questa era la verità, ma era stato così amorevole e attento con lei che aveva pensato che anche lui provasse i suoi stessi sentimenti. Ora si stava rendendo conto che era stata veramente ingenua e le lacrime ripresero a correrle giù per le guance, mentre in un gemito rispondeva quella verità.
 
– No … non me l’ha mai detto!
– E lei studia Psicologia …
 
Doveva aspettarsela quell’osservazione! Non c’aveva capito niente di Kim?! Non poteva essere!
 
- Jefferson stai esagerando! La ragazza ha appena iniziato il secondo anno di Psicologia! Vedi di non offenderla gratuitamente, si vede ad un miglio che è una brava figliola! Non ha esperienza e un bel giovanotto potrebbe averla ingannata!
– Ora vediamo chi è questo “bel giovanotto” Miss Swan!
 
Emma si asciugò le lacrime con il fazzolettino di carta, ormai maciullato, che le aveva offerto Rogers.
Jefferson pose sul tavolo una cartellina gialla, dentro c’erano delle schede segnaletiche.
 
– Guardi attentamente queste foto Emma!
 
Il poliziotto le mise davanti tre fotografie.
 
– In archivio abbiamo tre segnalati con il nome che lei ci ha fornito!
 
Emma guardò le foto e per poco non ebbe un malore. Il suo Kim era nella fotografia centrale. Una foto segnaletica di qualche anno prima. Poteva avere sui diciannove anni in quella scheda segnaletica. Le si riempirono nuovamente gli occhi di lacrime. Kim era veramente un delinquente comune?!
 
 – Io … io non posso … crederci … mi aveva detto di essere un avvocato … ci vedevamo il venerdì sera a casa sua … gli altri giorni era sempre fuori per lavoro …
- Questo le aveva detto? E bravo il nostro Kim! È fortunata di non aver fatto una brutta fine anche lei Miss Swan! L’uomo che indica fa, o meglio faceva, parte della criminalità organizzata nello spaccio di droga. Abbiamo ritrovato il suo cadavere non nell’appartamento ma nel fiume Mystic!
 
Rogers sussultò.
 
– Coosa?!
– Si Rogers … un’oretta fa. Vuole procedere al riconoscimento Miss Swan?
– No … non me la sento Sergente … non mi obblighi la prego …
 
Mentre la giovane ricominciava a piangere, Rogers guardava torvo Jefferson. Non era necessario che lei riconoscesse il cadavere. Il cellulare di Jefferson squillò nella sua tasca.
 
– Ecco! Vai a rispondere di là Sebastian, almeno smetti di torturare la ragazza! Emma non è necessario il riconoscimento, non è stato in acqua troppo tempo … sarà confrontato con la foto!
 
 
Dublino, contemporaneamente.
 
L’uomo di spalle sedeva ad una scrivania cosparsa di documenti. Non poteva aspettare oltre e aveva alzato la cornetta restando ancora nel dubbio di chiamare o meno. Poi, tormentando con le dita della mano sinistra i due ciondoli della catena che portava al collo, si era deciso. Passando la cornetta dalla destra alla sinistra, aveva smesso di torturare i ciondoli e aveva composto il numero.
Winter Soldier aveva risposto dopo alcuni squilli.
 
– Il corpo è stato ritrovato?
– Ovviamente my Captain!
– La ragazza?
- È stata soccorsa  da una coppia di coniugi …
- Chi sono? Sai che voglio sapere ogni dettaglio!
– Dai “Cuore di ghiaccio”! Non ti arrabbiare! Sono un avvocato, David Noland e sua moglie Mary Margareth! Due bravi cristiani! Hanno una casa famiglia nella periferia di Boston …
– Lei come sta?
– In una valle di lacrime direi! Ma non poteva essere diversamente, se non sbaglio le hanno ammazzato l’uomo di cui si è innamorata no?
 
All’altro capo si sentì solo silenzio, poi Winter Soldier avrebbe giurato di aver sentito un sospiro. Non poteva vedere “Cuore di ghiaccio” che stava tormentando nuovamente i ciondoli della sua catena, stringendoli nel pugno, quasi volesse distruggerli e tirandoli tanto da sentire il metallo della catena conficcarsi dietro il collo. Dopo qualche secondo si sentì nuovamente la sua voce calda e direttiva.
 
– Fai in modo che abbia tutto il supporto psicologico di cui ha bisogno! Sai chi devi chiamare!
– Come desideri mio Capitano.
 
L’uomo alla scrivania riattaccò la cornetta e rimase a fissarla con i suoi occhi azzurri. Si passò la mano destra sulla fronte, affondando con le dita tra i capelli neri ribelli. Gli ricaddero sulla fronte e lui portò la mano dietro la testa, poggiandosi all’alta spalliera della sedia ergonomica. La sedia dondolò leggermente all’indietro. Chiuse gli occhi e rivide quelli verdi della ragazza, la sua disperazione, mentre batteva le mani al vetro scuro del Suv Maserati, chiedendo aiuto.
 
“Mi dispiace Baby … non puoi immaginare quanto mi dispiace tutto questo …”
 
 
 
Angolo dell’autrice

Abbiamo scoperto cosa è accaduto alla giovane in mezzo alla strada e saputo chiaramente di chi si tratta. Ha perso crudelmente il ragazzo di cui si è innamorata ed ha scoperto che non era il “bravo ragazzo” che credeva. Una brutta situazione quella in cui si è trovata Emma Swan. Non si sa ancora nulla di preciso sulle cause e le dinamiche e … sull’assassino. Tutto darà una svolta particolare alla sua vita, anche l’incontro con Mary e David avrà la sua importanza per la sua crescita personale e per superare il dolore. Nel prossimo capitolo Emma incontrerà una persona che per lei sarà molto speciale e sarà lo sprono per diventare la persona che è ai giorni nostri. Staremo a vedere. Il prossimo capitolo è in stesura, ma non so quando lo pubblicherò, spero tra un paio di Domeniche. Date un’occhiata, magari mi ritrovate quando meno ve lo aspettate. Grazie a chi ha recensito e a chi lo farà, a chi legge in silenzio e a chi ha inserito nelle varie categorie.
Buona settimana a tutti.
Lara
 

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Capitolo 3
*** Incontri che lasciano il segno ***


 
Capitolo 3
Incontri che lasciano il segno …
 
 
Boston, notte del 18 maggio 2008
 

La schiuma del sapone scivolava via con l’acqua …
I vetri della cabina-doccia erano opachi per il vapore e impedivano di distinguere, nitidamente, la sagoma che all’interno stava usufruendo di quel caldo e rilassante getto d’acqua.

Mani femminili scorrevano lentamente, massaggiando le membra stanche con il bagnoschiuma all’odore misto di Cannella e Ginseng. Le narici della donna inspiravano quel piacevole profumo che, associato al massaggio dell’acqua e delle sue stesse mani, alleviavano la stanchezza di una giornata di intenso lavoro, rigenerandola in una sorta di aroma-terapia. Le mani chiusero l’acqua, rimettendo al suo posto il doccino. Scorsero lentamente, ma decise, sui capelli neri, lunghi fino alla base del collo, togliendo il grosso dell’acqua, per poi strizzarli ulteriormente. Gli sportelli vitrei della cabina doccia si aprirono e un braccio nudo ne uscì, per afferrare l’accappatoio bianco appeso al gancio di fianco. Una lunga gamba snella uscì dalla doccia, sporgendo dall’apertura dell’accappatoio. Il primo piede cercò la ciabatta spugnosa, seguito poi dall’altro. La donna afferrò un piccolo asciugamano e vi avvolse i capelli, strofinando con attenzione. Accese l’asciugacapelli e indirizzò l’aria calda verso la specchiera appannata dal vapore. Lentamente lo specchio si aprì in un cerchio sempre più grande che le restituì l’immagine di una bella donna sui quaranta anni d’età, sicuramente ben portati. Si asciugò i capelli, cercando di domarli con una spazzola e facendoli ricadere in morbide onde. Il risultato non le dispiacque … si tolse l’accappatoio e completò il massaggio rilassante con una crema per il corpo, dallo stesso odore del bagnoschiuma. Infilò una morbida vestaglia e decise di completare il suo momento personale di relax serale, con la lettura di un buon libro. Era mezzanotte, ma non le importava, era abituata a fare almeno le due di notte! Si diresse verso la sua chaiselongue in alcantara beige e le venne incontro un bel gatto a pelo lungo.
 
– “Generale” soffri d’insonnia anche tu? Ma per te è normale! Sei un gatto! Vieni … due coccole ancora e una manciata di croccantini … poi a ninna nella tua cuccetta!
 
Generale non era d’accordo, non lo era mai a quell’ora! Mangiati i croccantini decise che sarebbe stato più comodo al calduccio sulle gambe della sua padrona. Lei lo lasciò fare, le piaceva quando quel piccolo amico peloso le faceva le fusa sulle gambe. Un sorriso si dipinse sul suo volto piacevole ma austero e, con il libro in una mano, si sporse verso il gatto per fargli un’ulteriore gradita carezza.
Riaprì il libro e inforcò un paio di occhiali dalla montatura metallica. Lo squillo del suo cellulare le impedì di riprendere il segno da dove lo aveva lasciato la volta precedente.
 
– Lorna Stone …
- Lorna! Bellezza!
– Solo tu potevi essere a quest’ora! Perché non sono sorpresa? Che avete combinato questa volta?
– Il “Capitano” ha chiesto di chiamarti …
- Mmm … è a Dublino?
– Si … è rientrato da poco … Devi intervenire su una ragazza … è al distretto di Polizia in questo momento … ha appena assistito all’omicidio del … suo ragazzo …
- “Cuore di ghiaccio” in persona vuole aiuto psicologico per la ragazza?!
– Si Lorna … la ragazza non doveva essere lì … sai che non posso dirti altro …
- Ovviamente … Il tempo di rivestirmi e sono lì!
–  Amore sei nuda?
– Non fare l’idiota Winter Soldier! Sai che con me non te lo puoi permettere!
– Sei in compagnia?
– Si Sebastian! Ho un Generale sulle gambe!
– Non preferiresti invece un aitante Sergente … tra le tue splendide gambe?
– Jefferson … sei alla centrale anche tu?
– Si Tesoro … ti è venuta voglia?
– Si Jefferson … tanta voglia di spaccarti la faccia!
 
Il Sergente Sebastian Jefferson rise all’altro capo del telefono. C’era da sempre, tra lui e la Dottoressa Lorna Stone, quel modo di flirtare che in realtà era un semplice e puro gioco di seduzione, che non aveva mai portato a nulla. La Psicologa e Psicoterapeuta Lorna Stone, specializzata in Criminologia, non era una donna facile da conquistare!
 
Tre quarti d’ora dopo al Distretto di polizia.
 
Una donna snella, alta circa un metro e settanta, vestita con un impermeabile chiaro, di foggia maschile, su un tailleur giacca e pantaloni grigio, con una ampia borsa, tipo valigetta, si presentò all’ingresso del Distretto di Polizia. Il poliziotto, di guardia al gabbiotto, la guardò con evidente ammirazione e la salutò militarmente.
 
– Maggiore Stone! Anche questa notte farà gli straordinari?
– A quanto pare Mel …
- Il Sergente Jefferson l’attende al terzo piano … solita stanza …
- Grazie Mel!
 
La Dottoressa Stone si avviò decisa verso l’ascensore  e in breve si ritrovò al terzo piano. Jefferson l’attendeva all’uscita, con il suo sorriso furbo e lo sguardo malizioso. Che la Dottoressa Stone gli piacesse parecchio non era un mistero e l’idea di infilarsi nelle sue mutandine era nella sua mente dal primo momento che l’aveva conosciuta! Si era ripromesso che prima o poi l’avrebbe fatta capitolare ma, nonostante fossero passati parecchi anni dal loro primo incontro e nonostante il suo indubbio fascino, la donna non sembrava essere mai stata attratta da lui più di tanto. Jefferson era convinto che l’avvenente Criminologa fosse ancora innamorata del suo ex marito, un ginecologo che amava un po’ troppo il gentil sesso per mantenersi fedele. Lei lo aveva lasciato proprio per la sua infedeltà, anche se l’uomo le aveva dichiarato di amare solo lei e che le altre erano solo scappatelle. Lorna era una “tosta” e il suo orgoglio viaggiava alla pari con la sua severità. Jefferson non solo la desiderava, la stimava e l’ammirava profondamente. Se mai ci fosse stata una possibilità per lui di innamorarsi di qualcuna … quella sarebbe stata Lorna Stone!
L’ascensore si aprì.
 
– Ciao Dottoressa …
- Ciao Jefferson … dimmi quello che non hai potuto a telefono!
 
L’uomo le si avvicinò sensuale. Troppo vicino per i gusti di Lorna.
 
– Vuoi veramente che ti dica quello che non ho potuto a telefono e che non mi sono ancora permesso di dirti?
– Jefferson! Smettila con i doppi sensi e gli scherzi! Stiamo lavorando e non voglio perdere tempo!
 
L’uomo ridiventò serio, la prese per il braccio e, avvicinandosi al suo fianco, le si accostò all’orecchio.
 
– Hai ragione Lorna … scusami … ma non è uno scherzo che quando ti vedo e mi sei vicina … ho voglia di fare l’amore con te!
– Si Sebastian … nei tuoi sogni forse lo vedrai avverare … ora dimmi cosa è successo!
– Non te ne pentiresti Lorna … lo sai!
– Seeb!!
 
Nel giro di un quarto d’ora Winter Soldier fece rapporto al Maggiore Stone, questa, accigliata, annuiva a labbra strette. Finito il rapporto dell’uomo, la Criminologa emise una sorta di sospiro.
 
– Questo non avrebbe dovuto succedere! Siete stati addestrati appositamente per evitare simili coinvolgimenti! Un’innocente ora pagherà per i vostri errori!
 
Jefferson aveva abbassato la testa … la Dottoressa aveva ragione! Quante volte nei suoi seminari aveva parlato di quell’argomento?
 
– Siamo uomini Lorna …
- Deficienti! Ecco cosa siete!
 
Un’altra sua caratteristica: non le mandava a dire! Era molto diretta!
---
 
Un’ennesima telefonata fece alzare la cornetta al Sergente Rogers.
 
– Si … ho capito … va bene … la informo subito …
 
Emma aveva capito che era lei che doveva essere informata.
 
– Emma … in casi come il tuo … tra le buone prassi … lo Stato ti mette a disposizione un sostegno psicologico … il Maggiore Stone ti aspetta nella stanza predisposta.
– No Sergente … sono stufa di parlare con poliziotti … non ho bisogno di un Maggiore! Ho solo bisogno di andarmene a casa!
 
Aveva alzato la voce, ma quello che avrebbe voluto gridare era il suo vero bisogno.
Aveva bisogno di Kim! Delle sue braccia, delle sue labbra sulle sue … non si era mai sentita bene con nessuno come si era sentita con lui … ma ormai tutto era finito. Le lacrime scesero ancora copiose dai suoi occhi.
 
– Emma … Emma il Maggiore Stone è una Psicologa molto brava ... ha il grado di Maggiore perché ha avuto anche una formazione militare … credo che potrà aiutarti. Tu stessa studi psicologia no? Sai quanto può essere importante un sostegno psicologico in certi casi!
 
Il Sergente Rogers, con tono paterno, le aveva dato un nuovo fazzoletto e le lasciò anche il resto del pacchetto. Emma emise un singhiozzo incontrollato e, rassegnata, acconsentì con un cenno della testa.
 
– Ricomponiti un attimo … ti accompagnerò io stesso …
---
 
La Dottoressa Stone aprì personalmente la porta quando sentì bussare. 
 
– Emma Swan?
 
La ragazza non rispose verbalmente, ma fece un cenno con il capo. Rogers salutò il Maggiore e si congedò con un saluto anche alla giovane.
 
– Sono la Dottoressa Lorna Stone Emma … posso darti del tu?
– Faccia come crede …
 
La giovane era molto laconica, ma era già qualcosa che avesse risposto!
 
– Allora lo farò Emma e tu … potrai fare lo stesso …
- Dottoressa … l’avverto subito che non ho intenzione di rispondere ad un altro interrogatorio … non voglio più sentire domande e non voglio più vedere quell’odioso Sergente Jefferson!
– Jefferson?! Ti ha maltrattata?
– Mi ha trattata da sgualdrina solo perché conoscevo Kim da poco più di un mese!
 
Le lacrime ripresero i solchi già segnati sulle guance della ragazza.
 
– No Emma … non dovrai riparlare necessariamente con Jefferson e io non ho intenzione di farti nessun interrogatorio … Mi interessa sapere solo come ti senti …
 
Emma rimase in silenzio, con la testa incassata tra le spalle e il viso arrossato basso. Aveva comunque apprezzato quel modo di porgersi della Psicologa Stone.
 
“Già … come mi sento … come mi posso sentire? Da schifo è poco!”
 – Vedi Emma … ci sono situazioni in cui ci si innamora in un secondo e un mese insieme può sembrare più lungo di quel che è, soprattutto se si è molto affiatati! È altresì vero che la perdita, in questa fase di innamoramento, è molto dolorosa … poiché spezza le speranze di un futuro che stava iniziando …
 
Emma ebbe una nuova ondata di pianto.
 
– Sei nella fase iniziale del lutto, lo shock! Vivi nell’incredulità di ciò che è successo e ti senti morire anche tu … il mio aiuto questa sera sarà molto relativo … ma ti servirà per lanciare le basi della tua risalita … Ho visto la tua scheda … sei una ragazza forte … non è il primo grande lutto che vivi.
 
Emma si asciugò le lacrime con il dorso della mano e tirando su con il naso accennò un si con la testa bionda. 
 
– Mamma e papà … li ho persi che avevo circa quattro anni, ma quello l’ho superato … almeno credo
– Ti va di parlare un po’ di come ti senti?
 
Emma fece una profonda inspirazione, sembrava voler prendere fiato per iniziare un lungo discorso.
 
– Mi sento spezzata dentro … è vero … non riesco a credere di aver perso Kim, non può essere! Lo vedo ancora così vivo, sorridente … così … così speciale! Poi sento rabbia … tanta rabbia per chi me lo ha ucciso … vorrei ucciderlo io stessa l’assassino … sento impotenza … tanta impotenza … non ho potuto fare nulla … nemmeno arrivare da lui su quel pianerottolo e mi sento in colpa … le mie vertigini … non riesco a guardare in basso nei posti alti  …
- Da quanto soffri di vertigini?
– Dalla morte dei miei genitori … dall’incidente che ho avuto con loro …
- Che altro senti Emma?
 
Questa volta la ragazza rimase a pensarci più lungamente, non era perché stava cercando di capire cosa sentiva, sapeva perfettamente cosa sentiva era che se ne vergognava …
 
- Il senso di fallimento … un profondo senso di fallimento!
 
Alla fine l’aveva buttato fuori con un tono arrabbiato.
 
– Fallimento per che cosa?
– Per quello che dovrei essere e per quello che dovrei capire!
 
Lorna inclinò leggermente la testa interrogativamente.
 
– Studio Psicologia … sto per dare gli esami della seconda annualità … ho una media alta e dovrei iniziare a capirci qualcosa degli esseri umani! Invece, come ha sottolineato quello “stronzo” di un Sergente, non ho capito nulla di Kim! Pensavo che fosse tutta un’altra persona e questa sera scopro che era un delinquente, ucciso per i suoi loschi traffici! Non credo che la facoltà di Psicologia sia adatta a me … non sono in grado di farlo questo lavoro, mi conviene abbandonare tutto!
– Questo sarebbe un grave errore Emma!
 
La ragazza rise beffardamente.
 
– L’errore più grande che ho fatto è stato di innamorarmi di Kim, lasciare la Facoltà di Psicologia è la cosa più saggia che possa fare! Che Psicologa potrei essere un giorno? Una che non vede oltre il suo naso?!
– Emma … già questa tua autoironia e l’esame di coscienza che ti stai facendo … sono una grande dimostrazione della tua sensibilità e capacità introspettiva … Hai poca esperienza, ma non ti mancano le qualità e l’intelligenza per affrontare una materia che ti appassiona … sempre che per te sia una passione!
– Lo è stata fino ad ora … era il mio sogno …
- Non lasciare che questa esperienza distrugga i tuoi sogni …
- Quello che era diventato il mio sogno più bello è stato ucciso Lorna!
– Sarà stato pur ucciso Emma! Ma tu sei viva e devi continuare a vivere non a sopravvivere! Non essere pentita di aver amato se si è trattato di un sentimento puro da parte tua! Farà parte del tuo bagaglio e ti farà capire meglio anche negli altri certi sentimenti! Non credere inoltre che anche lo Psicologo migliore del mondo non prenda cantonate! Fa parte della nostra parte debole. Il segreto è saperla riconoscere, affrontarla, accettarla e amarla… perché è parte di noi stessi … della nostra umanità … Ci rende completi insieme alla nostra parte forte. Non lasciare la Facoltà di Psicologia per questo Emma … non farlo!
– Tu ti sei mai sentita come mi sento io adesso?
– Il fatto che tu me lo chieda … mi dice che hai capito molto tra le righe di quello che ti ho detto … si … si Emma, so come ci si sente quando un amore viene distrutto … quando ti rendi conto che forse non hai capito nulla e ti sembra che dovessi avere l’obbligo di capire! So cosa si prova … e so che non mi sono arresa … mi sono rialzata e ho ricominciato a combattere!
 
Gli occhi verdi di Emma erano incatenati ai castani di Lorna. In quel momento la giovane donna sentì di poter avere un legame con l’altra, sentivano nel profondo della loro anima la stessa sofferenza, sapevano l’una dell’altra cosa provassero. Emma non conosceva Lorna così bene da sapere i suoi motivi, sicuramente Lorna conosceva piuttosto bene i suoi. Rifletté, la giovane Emma, e si rese conto che quello che le diceva Lorna era una grande saggezza. Doveva rialzarsi e combattere … lo avrebbe fatto, avrebbe fatto in modo di mettercela tutta. Non avrebbe abbandonato i suoi studi di Psicologia, non avrebbe distrutto lei stessa un suo sogno … Il sogno di avere per sempre Kim purtroppo non lo avrebbe realizzato ma, nonostante tutto, non era pentita di averlo amato così intensamente. Era stato un sentimento puro quello per lui.
 
– Hai ragione Lorna … non devo buttare via i miei sogni … non lo farò … ma non potrò mai dimenticarmi di “Lui”!
– Cosa ti torna in mente di Kim?
– I suoi meravigliosi occhi azzurri … erano l’unione del cielo e dell’oceano per me …
 
Non erano solo gli occhi di Kim a tornarle in mente. In un attimo rivide se stessa con lui. Distesi nel letto matrimoniale di quello che credeva fosse il suo appartamento. La sua gamba era leggermente piegata e lentamente si stendeva accarezzando con il piede quella di lui. Egli era tra le sue gambe, la stringeva con passione tra le braccia, il suo bel viso era affondato tra i suoi capelli biondi e le baciava il collo e il seno, mentre si muoveva dentro di lei. Si rivide a chiudere gli occhi e a respirare il suo piacevole odore, mentre assecondava con i movimenti del bacino le sue spinte. Sentiva ancora il tremito e lo spasmo dei suoi visceri nell’ eccitazione e nel piacere dato dal loro amplesso. Sentiva i capelli morbidi e bruni tra le sue dita, mentre le sue braccia candide lo tenevano stretto a lei e i suoi umori si scioglievano accogliendolo ancora e … ancora. Anche quello le sarebbe mancato di lui … il suo modo di amarla, la sua passionalità e la generosità nel farlo  e quel farla sentire una vera donna a venti anni, lei che, prima di lui, non aveva ancora conosciuto un uomo.
 
 - Come l’hai conosciuto?
 
Quella si che era una bella domanda! Se ripensava a tutta la situazione e a come il tutto si era svolto, ancora arrossiva per l’imbarazzo. Poteva raccontare tutto alla Dottoressa Stone? Che idea si sarebbe fatta di lei?
Forse poco importava … era una Psicologa no? Il suo compito non era certo di giudicarla! Si costrinse a tornare indietro di cinque settimane, quando tutto stava per cominciare e lei ancora non sospettava che la sua vita avrebbe avuto un altro drastico cambiamento …





Angolo dell'autrice

Emma incontra una persona che per lei sarà molto importante, una sorta di mentore e ... non solo.
Credo che la prossima domenica pubblicherò il 4° capitolo, ho scritto già anche il 5°. Chi segue "Again for love, only for love" dovrà aspettare un pochino, questi giorni sarò in viaggio e niente scrittura.
Ringrazio chi sta seguendo, chi commenta volentieri e chi ha inserito nelle varie categorie. 
Una buona settimana a tutti.
Lara

 

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Capitolo 4
*** Fatale incontro ***


Capitolo 4
 
Fatale incontro …
 


5 Settimane prima del 18 maggio 2008.
 

Regina era euforica quel pomeriggio! Aveva ottenuto il beneplacito del Professor Robert Gold sui capitoli finali della sua Tesi di Laurea! Il Professore non aveva avuto nulla da obiettare né da correggere. Si era complimentato con lei e le aveva detto che per la sessione di metà Giugno avrebbe potuto discutere la sua “brillante tesi”.
 
– Dio mio Emma! Ti rendi conto?! Il famoso “arcigno” Professore Robert Gold ha detto proprio così: “Brillante Tesi”!
– Avevi dubbi Regina? Hai una media eccellente, hai seguito tutti i suoi seminari di “Storia dell’arte Medioevale”, la tesi verte sui suoi argomenti preferiti, li hai trattati con attenzione e con linguaggio lineare e professionale … Non potevi che ottenere un risultato brillante! Ne era sicuro anche lui ovviamente o non ti avrebbe chiesto di fargli da assistente tirocinante se non ti considerasse una sua pupilla!
 
Regina si era buttata sul letto a braccia allargate e i corti capelli neri sparpagliati sul cuscino. I suoi occhi castani brillavano e il sorriso, steso sul suo viso, era il riflesso della gioia che stava provando in quel momento. Aveva tre anni più di Emma e stava finendo il suo percorso nella Facoltà di Storia dell’Arte, nel vicino, prestigioso, Ateneo frequentato anche dalla giovane Swan.
Si conoscevano da ormai diversi anni e nonostante quei tre brevi anni di differenza d’età, si capivano, andavano d’accordo e si volevano un bene dell’anima. La madre di Regina, la severissima Signora Cora Mills era una cara amica di Ingrid Frosen, zia materna di Emma.
 
Dalla morte dei genitori, Emma si era trasferita a Boston, da sua zia, ed era cresciuta con le sue due figlie: Elsa, coetanea di Regina, ed Anna, appena di un anno più piccola della cugina.
 
Regina e Cora frequentavano assiduamente la bella villetta in periferia di Ingrid. Elsa era compagna di classe di Regina, ma non aveva con lei l’affiatamento che questa aveva con Emma. Per la verità Elsa non aveva affiatamento quasi con nessuno, era sempre un po’ fredda e distante nel rapporto con il prossimo ma, come sapeva ormai bene Emma, era solo per timidezza e paura. Elsa aveva un cuore d’oro, in realtà, ed era una ragazza seria e leale. Da compagne di classe spesso Regina ed Elsa si incontravano per studiare insieme, poi, finito il liceo, avevano fatto scelte differenti. Mentre Regina si era inscritta alla Facoltà di Storia dell’Arte, Elsa aveva ottenuto una borsa di studio per entrare, come studente meritevole, alla Facoltà di Biologia Marina e, dopo i primi due anni, si era trasferita in Irlanda. Si era laureata nella precedente sessione invernale e stava eseguendo uno stage presso un istituto irlandese che si occupava di studi oceanografici.   
 
Regina aveva dovuto combattere parecchio con sua madre per la scelta della Facoltà Universitaria! La Signora Cora era vedova da pochi anni, suo marito era morto per un infarto e lei si era fissata con le malattie cardiache. Il Signor Mills era morto tra le sue braccia e lei aveva vissuto un gran senso d’ impotenza. Il suo più grande desiderio era che sua figlia Regina diventasse, un giorno, Cardiochirurgo. Quindi, a tale scopo, aveva  cercato di convincerla a sostenere il test per accedere alla Facoltà di Medicina. Regina e sua madre avevano avuto liti furibonde per quel motivo! La giovane mora amava la Storia dell’Arte e l’arte in se stessa, diversamente odiava la vista del sangue e aveva il terrore di malattie e infezioni. Alla fine Cora Mills si era fatta persuasa a lasciar libera sua figlia di scegliere cosa fosse meglio per lei.
 
 I Mills erano molto benestanti. Possedevano una catena di boutiques. Cora era un’ottima manager e, dopo l’improvvisa dipartita di suo marito, era diventata la “regina” di quel piccolo “Impero finanziario”. Per farsi perdonare da sua figlia le aveva acquistato un appartamentino vicino all’Università e spesso, per non sentire troppo la solitudine, Regina invitava da lei Emma.
Quello era uno dei giorni in cui Emma avrebbe pernottato da Regina, l’amica voleva condividere con lei quel momento di gioia ed era intenzionata a festeggiarla con cena a base di pizza da asporto, chiacchierando di Università, moda, cinema e, soprattutto, di “bei ragazzi”.
 
Regina si era innamorata, ricambiata, di un  giovane commesso di una delle boutiques di sua madre. La cosa la sapeva solo Emma. Il giovane venticinquenne Daniel aveva ottenuto un diploma di scuola superiore e ancora non aveva completato gli studi universitari di Economia. La sua famiglia versava in gravi difficoltà economiche. Il padre era infermo da anni, a causa di un brutto incidente sul lavoro, e sua madre era costretta a svolgeva piccoli lavori di collaborazione domestica part time, per avere più tempo da dedicare all’accudimento del marito e dei due figli. Daniel aveva fatto sempre in modo di rendersi utile e di non pesare sulle scarse possibilità economiche familiari. Aver trovato quel lavoro di commesso dalla “snob” Signora Cora Mills, era stato un bel colpo di fortuna. Poteva avere uno stipendio decente e pagarsi gli studi. Peccato che Cora fosse comunque molto tirata e lo sfruttasse parecchio! Il tempo del giovane non era mai abbastanza per lo studio ed era rimasto indietro con gli esami.
 
Daniel e Regina si erano conosciuti lo stesso giorno che il giovane era stato assunto, circa tre anni prima. Lei aveva vent’anni e lui ventidue. Non era stato certo un colpo di fulmine! Daniel era molto rispettoso e Regina un po’ smorfiosa e viziata. L’aveva fatto penare parecchio quel povero ragazzo! Mettendolo in imbarazzo anche davanti a Cora e a qualche cliente. Nonostante l’arroganza di Regina, lui aveva continuato a comportarsi educatamente e gentilmente con lei, cosa che gli veniva spontanea per il suo buon carattere, più che per il bisogno di lavorare.
Regina faceva in modo di andare spesso in quella boutique maschile, con la scusa di essere la figlia della padrona, intenzionata a controllare gli affari di famiglia. Non mancava mai di tormentare il giovane. Finché Daniel, già  innamorato di lei, credendo di non aver nessuna speranza con quella “bellissima” e “terribile” ragazza e soffrendo troppo, per il suo apparente disprezzo, non aveva deciso di licenziarsi.
Una sera, prima della chiusura, in una delle occasioni di presenza di Regina, le aveva detto quello che pensava e che aveva intenzione di fare …
 
- Regina … voglio essere sincero con te … non ho paura a dirti quello che penso … non mi importa se ti vorrai vendicare facendomi licenziare da tua madre … tanto ho già pronta la lettera di dimissioni! Da domani non verrò più a lavorare qui … non posso continuare in questo modo! So bene che ci separa un ceto sociale diverso, ma non mi sento inferiore a te, ne a nessuno. Sei stata veramente cattiva con me, fin da quando ci siamo conosciuti … Non so perché ti sei comportata così con me … forse per antipatia … disprezzo? Per me non è mai stato così nei tuoi confronti! Ti trovo bella, intelligente e nonostante tu ce la metta tutta per farti odiare … io non ci riesco … non ci riuscirò mai! Ho visto dei momenti di dolcezza nel tuo sorriso … rari purtroppo! So che con tua madre le cose non vanno bene … ma questo non ti da il diritto di rovesciare sugli altri l’odio che hai per lei e forse ancor di più per te stessa. Sei migliore di quello che vuoi sembrare … sai essere gentile e altruista … No, non mi chiedere perché dico questo … lo so … ti ho vista quando hai soccorso quella bambina per strada … ho visto il tuo atteggiamento amorevole verso quella piccola sconosciuta … ho visto il tuo sorriso, sincero e buono, in quel momento. Non ti avevo mai vista più bella … In quel momento ho capito di amarti … di amare tutto quello che sei, la tua luce come la tua oscurità. Me ne vado proprio per questo … perché ti amo e perché tu non proverai mai lo stesso per me …
 
Il giovane aveva preso le sue poche cose e si era diretto verso l’uscita. Regina era rimasta spiazzata. Aveva trovato Daniel molto piacevole fin dal loro primo incontro, ma il proprio carattere, ombroso e arrogante, le aveva fatto tirare fuori il peggio di se stessa. Non voleva che il ragazzo andasse via … aveva bisogno di lui, si era resa conto che non poteva passare un giorno senza vederlo, era per questo che andava in boutique praticamente tutti i giorni! Come avrebbe fatto senza di lui?! E lui? Non aveva un altro lavoro e lei sapeva che non navigasse nell’oro.
Gli era corsa dietro e lo aveva abbracciato stringendolo alla vita, da dietro le spalle, poggiando la guancia alla sua schiena.  Non era riuscita a trattenere le lacrime nel parlargli.
 
– Sono stata un mostro con te Daniel … perdonami! Non voglio che tu vada via!
 
Daniel si era voltato, nel suo completo blu con cravatta turchese, la sua elegante divisa da lavoro. Le aveva preso il volto rigato di lacrime tra le mani e l’aveva guardata intensamente in viso. Lei teneva le mani poggiate sul petto del ragazzo.
 
– Perché Regina? Perché non dovrei andar via?!
– Perché io … io …
- Tu cosa Regina? Hai intenzione di torturare ancora il mio cuore?! Te lo sei preso già da un pezzo! Dimmi perché non dovrei fuggire da te …
- Perché ti amo! Ti amo Daniel!
 
Daniel aveva letto la sincera verità negli occhi di Regina. Era da tanto che avrebbe voluto sentirla dire quelle due parole. Sentì il cuore nel petto battere furiosamente e il desiderio di impossessarsi delle carnose e sensuali labbra di Regina gli fu impossibile cancellarlo dalla  mente. Agì quel desiderio con irruenza, ricambiato da lei con eguale irruenza e passione. I sentimenti che provavano l’uno per l’altra non potevano più essere tenuti repressi. Esplosero in quell’avido abbraccio, in quell’unione delle loro labbra, nell’intrecciarsi famelico delle loro lingue.
Da quella sera le cose cambiarono completamente tra loro. Iniziarono ad aver bisogno l’uno dell’altra in modo sempre più intimo e totale. Cora si era accorta del cambiamento di sua figlia nei confronti di Daniel e iniziò ad impedirle di recarsi in quella boutique, con la scusa che doveva pensare a studiare. I due giovani avevano capito bene l’antifona e iniziarono a vedersi di nascosto. L’appartamentino di Regina diventava spesso il loro rifugio, lo spazio dove potersi sentire liberi di amarsi senza pudori e tabù. L’intento dei due era di coronare il loro amore con il matrimonio, mettendo Cora davanti al fatto compiuto. Per giungere a realizzare il loro desiderio, era intenzione di Regina finire gli studi e aprire una sua attività lavorativa. Daniel avrebbe finito anche lui l’Università, lei lo avrebbe aiutato economicamente. Fino ad allora la loro relazione doveva restare segreta. Cora non doveva scoprire nulla o avrebbe rivolto la sua ira sul ragazzo. Quel lavoro da commesso poteva ancora essergli utile per un po’, finché non avesse trovato un altro lavoro pagato meglio di quello.
 
 
Regina stava per laurearsi finalmente e aveva anche una proposta del Professor Gold di diventare sua assistente! Ne aveva parlato quella mattina con Daniel, la boutique era chiusa per il giorno di pausa settimanale, si erano visti nel suo appartamentino dopo aver avuto il responso di Gold. Daniel era stato felice per lei e non aveva resistito dal prenderla tra le braccia e sollevarla in una giravolta. Poi, travolti dalla passione del loro sentimento, erano finiti a fare l’amore sul tappeto del piccolo soggiorno di Regina, dimenticandosi anche di mangiare all’ora di pranzo.
 
 
– Allora Emma! Quando ti deciderai di accettare di uscire con Neal Cassidy?
– Ancora con Neal Regina?!! 
- Povero caro! È stato due settimane a pregarmi di esserti presentato! Ti muore dietro e tu non lo degni di uno sguardo!
– Regina ti prego! Già ne abbiamo parlato! Neal è un simpatico ragazzo ma …
- Ma?
– Ma non … non mi ha dato nessun “brivido” ecco!
– Aaah! È il “brivido” che cerchi?
 
Regina rise, mentre prendeva uno dei pezzi di pizza Margherita.
 
– Mmmm questa si che da i brividi di “piacere” Emma!
 
Si passò sensualmente la lingua sul labbro superiore, lì dove era rimasto del succo di pomodoro. Emma scoppiò a ridere a sua volta e afferrò invece uno degli anelli di cipolla fritti che adorava.
 
– Dio Regina! Se ti vedesse Daniel come stai mangiando quella pizza … sei proprio oscena!
– Piccola … tu non sai cos’è l’osceno! Daniel è abituato a ben altro!
 
Emma era arrossita e per poco non le andava per traverso il cibo.
 
– Vedi? Quasi ti strozzi solo per questa “innocente” frase! Mica ti ho detto a cosa è abituato Daniel!
– Non voglio proprio saperlo Regina!
– Non ho intenzione di raccontarti di cosa faccio con il mio ragazzo, non vorrebbe nemmeno lui! Però, cara la mia “verginella”, un po’ di ripetizione in materia di sesso ti servirebbe!
– Regina … di teoria ne so abbastanza credo e di pratica …
- Lì difetti proprio cara!
 
Regina rise ancora, ma non era un riso di scherno il suo, era piuttosto di tenerezza nei confronti di Emma. La conosceva così bene! Sapeva quanto fosse pudica per certi argomenti. Era una brava ragazza, forse un po’ troppo all’antica per alcuni principi inculcati dalla famiglia! Dopotutto, conoscendo sua zia Ingrid e sua cugina Elsa, apparentemente così fredde e poco socievoli, Emma, per essere cresciuta in un clima di difesa e protezione, era comunque socievole e solare, piena di amore per gli altri, generosa ed altruista. Regina era consapevole che Emma non sarebbe stata con il primo che le facesse il filo tanto per fare esperienza, per lei il “brivido” che diceva, doveva essere un sentimento d’affetto profondo. Emma cercava “l’amore vero”! Le si poteva dare torto? Regina conosceva l’amore, lo viveva per il suo Daniel. Lui era stato il suo primo vero amore ed era pentita che non fosse stato il primo ragazzo con cui avesse fatto sesso. Già, sesso! Solo di quello si era trattato la prima volta! Fatto per capriccio, per esperimentare, per sentirsi più grande dei suoi quattordici anni. Non ci aveva preso un bel niente e aveva riprovato con altri ragazzi. Pura attrazione fisica! Se li sceglieva belli! Ma il “brivido” che diceva Emma, lo aveva vissuto solo con Daniel. Con lui non era “fare sesso” era “fare l’amore”. Sorrise alla sua bionda amica.
 
– Sai che ti dico Emma? Io l’ho fatto la prima volta a quattordici anni! Sembrava che la verginità fosse un peso da togliermi quanto prima … Ero una stupida a pensarlo! Con nessuno ho provato quello che provo con Daniel! E sai perché? Perché non amavo nessuno di quei ragazzi! Avrei potuto aspettare e il primo sarebbe stato lui! Gli avrei regalato qualcosa di prezioso, lui lo avrebbe apprezzato di sicuro! Quindi … hai ragione a credere in certi valori … quando troverai quello che ti fa sentire il brivido che tu dici … probabilmente sarà quello giusto! In fin dei conti non c’è fretta no?
– Ho vent’anni Regina …
- Ancora ci vorrà un po’ per diventare una vecchia zitella … stai tranquilla! Male che vada Neal sarà lì ad aspettarti anche tra cento anni!
 
Risero insieme questa volta e poi finirono la pizza. Completarono la serata con un film dell’orrore, un classico sui vampiri, scelto proprio da Regina.
 
– A pensare che tu non sopporti la vista del sangue!
– Emma … lo guardo proprio per gioire dell’aver scampato alla Facoltà di Medicina che mi voleva imporre mia madre! Bleah!
– Sono sicura che se tua madre non te lo avesse imposto, tu avresti fatto il test e l’avresti superato brillantemente! Non sono sicura che tu abbia veramente repulsione per la Medicina, ne tantomeno per la vista del sangue! È stato solo il tuo modo per ribellarti a tua madre, anche se comunque ti piace veramente Storia dell’Arte!
– Uffa Emma! Vuoi fare la Psicanalista  con me questa sera? Dai godiamoci il film!
– Ma qualcosa di un po’ più romantico non c’è?
– Dai! Non vorrai mica vedere Giulietta e Romeo?!
– Che ci sarebbe di male? !
– Ma se finiscono morti tutti e due!
– Almeno loro muoiono per amore! A questo muoiono tutti azzannati da un assetato vampiro!
 
Riuscirono a ridere ancora e finirono con il prendersi a cuscinate. Fu una bella serata quella, come ne avevano avute altre. Nessuna delle due si aspettava che da lì a poche settimane la loro vita si sarebbe riempita di tristezza …
 
La mattina dopo
 
- Che fai questa mattina all’Università?
– C’è l’ appello per l’esame di Psicologia dell’età evolutiva … vado a sentire … a me tocca lunedì prossimo!
– Un esame tosto?
– Non particolarmente! Adoro quella branca, parla dello sviluppo psicologico dei bambini …
- Vuoi lavorare in quel campo? Faresti più soldi come Psicanalista secondo me! Sai quante amiche riccone di mia madre vanno in seduta?! Magari te le presenta così inizi a farti conoscere!
– Un po’ presto … non ho ancora fatto gli esami del secondo anno, non ho fatto un’ora di tirocinio … vorrei essere ben preparata … è una questione di responsabilità nei confronti della persone stesse che un giorno verranno da me …
- Come vuoi tu! Ma temo che sarai portata più a fare la Salvatrice della Patria che a guadagnar soldi!
– Riuscire ad aiutare gli altri è comunque una soddisfazione secondo me!
– Se lo dici tu! Secondo me non ti ringrazieranno nemmeno!
– Che importanza ha? L’importante è riuscire nell’aiutare!
– Sei proprio un’idealista Emma!
– Tu che fai questa mattina?
– Farò un giro per le tipografie. Devo far stampare e rilegare la tesi. Poi andrò a vedere in una confetteria per farmi preparare delle bomboniere rosse per la laurea!
 – Mi piacerebbe accompagnarti per quello!
– Non ti preoccupare, pensa all’esame!
 
Parlando del loro programma della mattinata, uscirono dalla porta della palazzina dove abitava Regina. Si erano alzate tardi, succedeva sempre quando Emma restava a dormire dall’amica. Erano quasi le dieci, l’esame doveva essere iniziato. Emma portava un paio di libri tra le braccia. Indossava un vestitino di cotone verde acqua con un giacchino di una tonalità appena più scura e delle ballerine nere ai piedi. I suoi capelli lunghi e biondi, ben pettinati, in onde lucenti, risaltavano parecchio sotto il sole. Regina amava i tailleur e ne indossava uno giacca e gonna blu, molto elegante, con una camicetta di seta bianca. La gonna era aderente e sopra il ginocchio, fasciava le sue belle curve e rendeva molto giovanile il completo che altrimenti sarebbe sembrato quello di una “vecchia professoressa”.
Si salutarono sul marciapiede, per prendere poi vie opposte, ma fatti due passi Regina ricordò una cosa da chiedere ad Emma e si voltò chiamandola ad alta voce …
 
 - Emma!  Scusami! Avevo dimenticato … Se sei libera oggi pomeriggio, ti andrebbe di venire con me a scegliere un vestito per la discussione della tesi?
 
Per la sua migliore amica Emma avrebbe fatto questo ed altro! Con un grande sorriso le rispose affermativamente, poi salutandosi di nuovo si voltò in un mulinello di capelli biondi e riprese la sua strada con passo allegro
 
Non fece caso al BMW nero parcheggiato lungo il marciapiedi, a pochi metri da lei. Non fece caso che il finestrino scuro, dal lato della guida, era stato abbassato di pochi centimetri da che lei e Regina erano uscite dall’edificio.
Si fermò proprio all’altezza dell’auto … rigirò i libri schiacciandoli contro il seno per cercare nella sua tracolla il cellulare che stava suonando insistentemente.
 
– Anna! Ciao!
– Emma sei ancora da Regina?
– No sono per strada … sto andando in Facoltà … che è successo?
– No … nulla! Tranquilla! Volevo solo accertarmi che Regina non fosse con te!
 
Sua cugina Anna non sembrava sorella di Elsa, né figlia di Ingrid. Era completamente diversa! Sia fisicamente che caratterialmente. Mentre madre e sorella erano biondissime, lei era castana, molto allegra di carattere … forse anche troppo! Passionale e piena di calore umano … anche quello forse un po’troppo! Aveva diciannove anni, stava finendo il liceo, presto l’attendevano gli esami di maturità, ma non sembrava prendersela più di tanto. Sembrava avere solo un pensiero per la testa e quel pensiero aveva un nome ed un cognome: Kristoff Iceman.
 
In quegli ultimi tre anni di liceo, Anna non aveva combinato molto e aveva fatto disperare più volte sua madre. Il merito, o colpa, era proprio del giovane svedese che tre anni prima si era trasferito a Boston con la sua famiglia. Il biondo e aitante ragazzo si era iscritto nella stessa sezione di Anna e si erano attratti l’un l’altra fin da subito. Kristoff era un atleta, giocava come attaccante nella squadra di hockey su ghiaccio e Anna non si perdeva una partita. A costo di congelarsi stava sempre in prima fila, incappucciata e con i guanti di lana alle mani, pur di far il tifo per quello che in due settimane era diventato il suo ragazzo.
 
Se Emma ci pensava, le veniva da ridere! Anna si che aveva sentito il “brivido” con Kristoff! Di freddo sicuramente!
Lei e sua cugina condividevano la stanza fin da quando era andata a vivere con la sua famiglia. Emma sapeva che, da tempo, la relazione, tra sua cugina e il giovane svedese, si era evoluta in un sentimento e un’attrazione fisica tale da portarli a vivere in modo completo il loro legame. Dopo due settimane che Anna stava insieme con Kristoff, una sera, nella loro camera, le era caduta la borsetta e sul pavimento erano finite le varie cose che vi erano contenute. Tra queste una scatolina rettangolare di farmaci. Emma istintivamente aveva cercato di aiutare la cugina e aveva raccolto la scatola.
 
– Anna! Stai prendendo la pillola?!
– Sssht! Zitta! Vuoi che mamma ti senta?!
– Stai con Kristoff da due settimane! Hai sedici anni! Non ti pare un po’ presto?
– Emma come sei antiquata! Che ne sai tu di cosa proviamo io e Kristoff! Non ci possiamo di certo sposare al momento no? Abbiamo iniziato ad aver rapporti … è saggio usare l’anticoncezionale! Non voglio ritrovarmi incastrata con  una gravidanza ancora non desiderata e non voglio che si senta incastrato lui!
– Non volevo giudicarti Anna … solo che mi sono preoccupata per te … sei sicura dei vostri sentimenti?
– Emma … Io lo amo così tanto!
– Che lui abbia una bella cotta per te si vede a chilometri … quindi  … è quello giusto?!
 – Si … ne sono convinta! Oh Emma! Non sai come sono felice … è un ragazzo meraviglioso! Gentile, premuroso …
- Soprattutto un figo da paura! Sono contenta per te Anna … terrò il becco chiuso stai tranquilla! In fin dei conti alla mamma non dispiace il tuo ragazzo svedese!
 
 
Erano passati tre anni da allora, Anna e Kristoff erano sempre più affiatati e sicuramente si sarebbero sposati molto presto. Kristoff aveva finito il liceo l’anno prima, non aveva voluto andare all’ Università, lavorava nella ditta di trasporti ittici di suo padre, stava facendo la gavetta, suo padre lo pagava come operaio e quello faceva! Mister Iceman voleva che suo figlio imparasse a gestire la ditta capendo le singole esigenze e necessità dei vari ruoli rivestiti dai suoi sottoposti, per questo l’aveva fatto iniziare dal gradino più basso!
 
 
– Non vedo che problema hai con Regina Anna!
– Nessun problema in verità … solo che ti distoglierebbe da quello che sto per chiederti!
– Cosa mi vuoi chiedere?
– Un favore … piccolo piccolo!
– Detto con quel tono temo che non sia così piccolo!
– Te la faccio breve! Devi assolutissimamente venire con me al Rabbit Hole domani sera!
– Domani sera al Rabbit Hole? Ma è un postaccio Anna! Lo sanno tutti che è pieno di drogati, spacciatori e gente poco raccomandabile!
– Si … si lo so! Però è venuto dalla Svezia un cugino di Kristoff e un suo amico gli ha detto che lì i drinks sono speciali, fanno anche lo spettacolo acrobatico quando li preparano! Gli ha chiesto di andare lì! Kristoff non è riuscito a dirgli di no! Lo so che c’è pure gentaglia, ma mica sono tutti così no?! Noi li eviteremo! Staremo con Kristoff, suo cugino Olaf e … Hans!
– Hans?! Lo sai che mi è antipatico quello! Ci prova sempre!
– Vedrai domani sera farà il bravo!
– Ci credo poco! Comunque a Regina lo dico lo stesso, magari mi da un consiglio su come vestirmi … lì è pure discoteca se non sbaglio!
– Si, si può ballare! Allora vieni? Siamo sicure?
– A che ora?
– Per le 21.00 va bene …
- D’accordo al Rabbit Hole domani alle 21,00 … ricordati che mi devi un favore!
 
Sbuffando rimise il cellulare nella tracolla, sentì il ronzio del finestrino che si richiudeva, ma non vide l’uomo che dall’interno l’aveva guardata fino a quel momento da dietro un paio di Ray Ban da sole.
 
 
L’appello d’esame fu interessante. Ascoltando le domande del professore si rese conto di essere adeguatamente pronta per ottenere un buon voto, pensò che, tutto sommato, il giorno dopo, anche se di venerdì, avrebbe ben potuto uscire con sua cugina e farle il favore che le aveva chiesto.
Rientrò a pranzo da sua zia Ingrid che le chiese come era andata la mattinata all’Università. Le raccontò dell’appello e della sua sicurezza per l’esame del lunedì seguente.
Ingrid era una bella donna di cinquantacinque anni, si manteneva bene, si regolava molto con l’alimentazione, sana ed equilibrata, e non mancava di fare una buona attività fisica; le piaceva molto passeggiare nel verde e tutte le mattine presto faceva una lunga camminata nel parco. Adorava sentire il solletico dell’erba sotto i piedi e, quando non c’era nessuno, si toglieva le scarpe da Trekking e, non vista, passeggiava scalza. Sua figlia Elsa la rimproverava per quell’abitudine, temendo che sua madre potesse finire, accidentalmente, sull’ago di qualche siringa abbandonata da casuali tossicodipendenti, che spesso si appartavano tra gli alberi per “calarsi” una dose di eroina. Ingrid era in realtà molto attenta, una salutista come lei non poteva non esserlo, ma quel contatto con la natura le dava un gran senso di libertà e la ricaricava. Come la sua amica Cora, era rimasta vedova troppo presto! Per la verità si erano conosciute proprio in ospedale, nel reparto di cardiologia. Suo marito era stato operato da poco e il marito di Cora sarebbe stato operato i giorni seguenti. Purtroppo nonostante gli interventi chirurgici, i due uomini avevano avuto la stessa sfortuna. Mentre Cora era rimasta proprietaria di un piccolo impero finanziario, con le sue boutiques, per Ingrid era stato più difficile gestire la famiglia e la pasticceria-gelateria dove lavorava personalmente. La situazione era già complessa per l’arrivo di sua nipote Emma, rimasta orfana a quattro anni. Ritrovarsi con tre bambine, di 10 anni Elsa, sette anni Emma e sei Anna, bisognose anche di una figura paterna, era stato preoccupante e faticoso. La sua preoccupazione maggiore era stata proprio Emma, che dopo la morte dei genitori si era molto affezionata allo zio Ector. Non ci voleva proprio a quella piccola un altro lutto! Conoscere Cora e sua figlia Regina, coetanea di Elsa e sua compagna di scuola, era stata una buona cosa. Emma si era trovata molto bene con la piccola Regina, anche lei figlia unica, condividevano un dolore simile, ambedue adoravano il proprio padre e ne erano ricambiate, quella fu una delle cose che aiutò entrambe a superare il lutto.
 
– Mamma …
- Si Emma?
 
Ad Ingrid si apriva il cuore ogni volta che sua nipote la chiamava mamma, lo aveva fatto presto dalla morte dei genitori, in fin dei conti lei e sua sorella Gretel erano molto somiglianti!
 
– Non credo che Anna te ne abbia ancora parlato …
- Non so tesoro … di cosa si tratta?
– Domani sera usciamo con Kristoff e suo cugino Olaf, appena giunto dalla Svezia, andiamo in un locale con discoteca …
- In centro?
– No … è più verso il porto direi, lungo la confluenza del Charles con il Mystic …
- Più sul Charles o sul Mystic?
– Direi il Mystic …
- Viene a prendervi Kristoff?
– No … credo che andremo con l’autobus, per fortuna qui a Boston la rete di trasporti è fittissima!
– Anna in effetti non mi aveva detto nulla …
- Lo ha detto a me solo questa mattina alle dieci, lo aveva appena saputo …
- Io d'altronde   non la vedo dalle otto! Ma arriverà presto … sempre se non si ferma con Kristoff!
 
Ingrid fece una smorfia di fastidio. Non era per Kristoff, Emma lo sapeva bene! Era per la distrazione dallo studio che rappresentava per lei.
 
– Riuscirà a prendere il diploma questa benedetta ragazza?
– Mamma … non sarà per l’uscita di domani sera no? Sabato non c’è scuola, quindi è salva da interrogazioni e impreparati!
– Guarda … solo perché vai con lei e perché sei più giudiziosa!
– Anna comunque è maggiorenne … avrebbe potuto anche non dirmi niente e andare sola con i ragazzi!
– Tesoro mio … Anna sa bene che qui non vive in un albergo! Finché è in questa casa dovrà rispettare le regole di sua madre … e pure tu Emma, anche se avrete ottant’anni!
 
Risero abbracciandosi, poi Emma aggiunse:
 
- Verso le sedici mi vedo con Regina, andremo a comprare qualcosa di adatto per domani …
- Hai il denaro sufficiente?
– Ho risparmiato un gruzzoletto con le tue paghe settimanali per l’aiuto in gelateria!
- Brava! Prenditi comunque altri dollari nel mio portafogli, non vorrei che non ti bastassero.
– Non ti preoccupare, comprerò una maglietta un po’ particolare … per il resto l’adatterò con i jeans e il giubbino rosso!
 
Ingrid era molto orgogliosa di come era cresciuta Emma. Era una ragazza coscienziosa, affettuosa, collaborativa, sapeva gestirsi e gestire i suoi averi.
In realtà Emma aveva da parte molto di più del gruzzoletto fatto con paghette settimanali! Con l’incidente capitato ai suoi genitori e a lei, l’assicurazione aveva dato un risarcimento molto consistente, per cui la ragazza avrebbe potuto vivere di rendita. Ingri era stata suo tutore fino ai diciotto anni e aveva investito quei soldi in Borsa, facendoli fruttare quasi il doppio. Per le sue figlie aveva fatto lo stesso con i risparmi suoi e di suo marito. Era stata bravissima a giocare in borsa, Cora le aveva dato una mano all’inizio, per capirci qualcosa, poi si era scoperta in gamba! Ora avrebbe potuto permettersi di smettere di lavorare, ma la pasticceria-gelateria le dava molte soddisfazioni e con l’aiuto di Emma ed Anna, c’era sempre il pienone di clienti. Le due ragazze erano molto brave, soprattutto con i piccoli, erano riuscite ad allestire una sala per festeggiare i compleanni e loro, oltre che servire, facevano a turno le animatrici. La Pasticceria-gelateria “Regina delle Nevi” era diventata una delle più quotate di Boston!
 
– Sono a casaaa!
 
La voce allegra e squillante di Anna si fece sentire sull’uscio. Ingrid fece l’occhiolino ad Emma. La più piccola delle sue figlie era stata puntuale! Si vedeva che aveva una richiesta da fare a sua madre …
 
Il pomeriggio con Regina sembrò volare! Era sempre così quando si divertivano e provare abiti era una delle cose più divertenti che facevano insieme. Alla fine Regina prese un tubino nero, corto fino sopra il ginocchio, per la sua discussione di Laurea, accompagnato da un corto giacchino bianco, in stile Coco Chanel. Emma aveva provato diverse combinazioni con pantaloni, ma alla fine, per l’uscita della sera dopo, rimase sull’idea iniziale e prese, su suggerimento di Regina, una maglietta lunga fino ai fianchi, tempestata di paillettes. Il colore predominante ea il verde smeraldo, con inserti dorati. Sui jeans skinny neri, con il suo giubbino in pelle rossa e un paio di tronchetti alti, sarebbe stata perfetta. Per “trucco e parrucco” l’avrebbe aiutata Regina, si divertiva da matti a farle acconciature con quei meravigliosi capelli lunghi e biondi!
 
***
 
Venerdì sera …
- No Regina! Troppo ombretto sugli occhi non mi piace!
– Ma se è appena un velo! Il fatto che non ti trucchi mai ti fa pensare che hai un chilo di trucco addosso! La matita ti sta benissimo con quegli occhi da gatta che ti ritrovi! Il rimmel è necessario … niente storie! Poi il rossetto rubino, effetto acqua, mi sembra ottimo per la discoteca … abbiamo solo evidenziato il meglio del tuo viso! I capelli, così ondulati e lucenti, sono la perfezione finale! Se fossi un ragazzo ti filerei pure io!
 
Risero e si scambiarono un abbraccio. Emma sarebbe andata da sola in autobus, partendo dall’appartamento di Regina, avrebbe trovato gli altri già lì al Rabbit Hole. Regina le aveva prestato una pochette che richiamava il giubbino in pelle, aveva una lunga catenella dorata che le consentiva di portarla a tracolla o di farla sparire all’interno per portarla a mano.
 
***
 
L’autobus percorreva la strada che costeggiava la confluenza dei due fiumi di Boston. Le giornate si stavano allungando. Era piacevole osservare lo skyliner della città, sotto le striature bluastre e rossicce dell’ultima luce del tramonto. Emma emise un sospiro, augurandosi che quell’idiota di Hans non le rovinasse la serata. Già entrare in un locale “chiacchierato” come il Night Rabbit Hole era una cosa un po’ forte per i suoi gusti!
 
Ci volle un’ora abbondante per arrivare alla fermata più vicina al Night. Emma si sentiva osservata, non era solo un’impressione, era una realtà di fatto! Diversi ragazzi e uomini adulti, che si apprestavano ad entrare nel locale, le lanciarono occhiate di eloquente apprezzamento. Fosse stato per lei si sarebbe resa invisibile, ma visto che non era possibile, fece buon viso e con fare deciso e apparentemente sicuro di sé entrò nel locale, passando sotto il naso del buttafuori, che si voltò a guardarla con un sorrisino ammirato sulle labbra.
 
Il locale all’interno non era male, c’era un lungo banco – bar con sedili alti. I colori predominanti erano il rosso, il bianco e il nero. Vari tavolini rotondi erano distribuiti intorno ad una pista da ballo, il cui bordo era ornato da decine di piccoli fari che emanavano coni di luce da terra. Al soffitto varie luci psichedeliche si accendevano e spegnevano, con una tale velocità da far sembrare che tutti si muovessero al rallentatore. Sulla parete di fondo c’era un palco con delle aste inserite e delle ragazze ballavano usandole come supporto, erano ben poco vestite e si sporgevano mostrando le loro grazie agli uomini che si erano fatti più vicini, eccitati da quell’invitante e sensuale mostra.
Emma distolse lo sguardo, disgustata da quello show, e cercò tra la gente la testa castana di sua cugina Anna e la testa bionda di Kristoff. Loro la videro per primi, come non avrebbero potuto! Un faro stava illuminando Emma proprio in quel momento e le paillettes della sua maglietta avevano rilanciato una miriade di bagliori! La bionda vide Anna saltellare con le braccia in alto per richiamare la sua attenzione. Sorrise alla vista della ragazza e, con un movimento veloce si diresse verso il gruppetto di giovani. Forse un po’ troppo velocemente, non si rese conto che uno dei camerieri sopraggiungeva in quel momento, con un vassoio carico in mano. Non fu uno scontro vero e proprio, il cameriere, abituato a quelle situazioni, la evitò all’ultimo momento, ma le urtò il braccio destro, facendole cadere la pochette dalla spalla. Emma si voltò per vedere dove fosse finita la pochette e abbassarsi a riprenderla. Qualcun altro lo stava già facendo al suo posto.
 
Un giovane vestito di colori scuri, la cui testa bruna era abbassata, si era chinato per raccoglierle la pochette tra la gente. Emma lo vide rialzarsi, a causa delle luci intermittenti, come al rallentatore, sollevare il busto e poi il viso verso di lei. Il faro che ruotava e illuminava a turno il contorno della pista, tornò su loro due, investendoli di luce. Il giovane indossava un paio di jeans neri e una camicia egualmente nera, con il colletto alla coreana, aperto di almeno tre bottoni, su un petto villoso che appariva atletico, sotto il taglio sagomato della camicia portata a pelle. Fu impossibile non vedere ogni tratto del suo viso rasato di fresco.
Un viso molto piacevole …
 
Il giovane aveva un’espressione sbarazzina e insieme dolce, le sue labbra carnose e sensuali le fecero un sorriso, mentre le sorridevano anche i suoi occhi, due laghi blu, bordati da ciglia scure che ne esaltavano maggiormente il colore. Il giovane sollevò le sopracciglia espressivamente, mentre le restituiva la pochette.
 
– Credo sia tua …
 
Si era accostato maggiormente con il viso ad Emma, costretta a guardarlo dal basso, visto gli oltre venti centimetri di differenza di altezza. Gli occhi del giovane, visti più da vicino, erano di un azzurro spettacolare. Emma rimase un attimo senza respirare, con lo sguardo allacciato al suo. Prese la pochette che lui gli porgeva e balbetto nel ringraziarlo.
 
 –G –grazie! 
- Di nulla!
 
Lui continuava a sorriderle, mentre sembravano non volersi staccare da quel contatto visivo. Ritraendo la mano, il giovane uomo le sfiorò le dita che tenevano la pochette, con un tocco così leggero che le fece sentire una sorta di scossa elettrica e un brivido estremamente piacevole lungo la schiena. Emma deglutì, sgranando gli occhi. Non aveva mai provato quel tipo di “brivido” in vita sua! Provò un timore improvviso di se stessa. Che diavolo le stava succedendo? Doveva andar via da lì, lontano da lui …
 
 
Il giovane non si mosse da lì, lei si voltò senza dire altro e si diresse verso i suoi amici. Due passi dopo si voltò ancora verso di lui … era ancora là che la guardava con il suo sorriso dolce e gli occhi penetranti.
 
Emma salutò gli altri, Hans le andò subito incontro, intenzionato a darle un bacio sulla guancia, smargiasso e arrogante come suo solito! Lei lo evitò e si accostò ad Anna, che lanciò un’occhiata a Kristoff, con l’intendo di fargli capire che doveva calmare i bollenti spiriti del suo amico. Kristoff non ci fece caso, intenzionato a presentare Olaf alla nuova arrivata.
Chiacchierarono tra il suono bombardante della musica, che aveva richiamato diverse persone sulla pista da ballo.
 
Bevvero dei drinks analcolici, ma poi Hans iniziò a proporre qualcosa di più “forte”, Olaf ne era interessato. I due  barmen al banco, intanto, preparavano cocktail, facendo volare e riprendendo al volo gli ingredienti e le bottiglie, scambiandoseli con un ritmo studiato. Emma dovette ammettere che erano veramente abili. La gente al banco li applaudiva e ordinava drinks.
 
Gli occhi di Emma vagarono sui clienti, cercando il giovane di prima. Lo vide all’estremità opposta del banco - bar. Era seduto su uno degli sgabelli alti, una gamba piegata con il piede poggiato al poggiolo metallico dello sgabello e l’altra poggiata a terra.
Non aveva solo un bel viso … era snello, alto. Quella camicia che indossava gli fasciava il torace perfetto, evidenziando le spalle ampie e i fianchi stetti. Emma immaginò di sbottonargli gli ultimi bottoni chiusi della camicia e accarezzargli quell’attraente torace … Arrossì al suo stesso pensiero, accorgendosi che il ragazzo, ora, con un sorriso maliziosamente sghembo sulle labbra, la stava guardando a sua volta, mentre, con uno shot nella mano destra, sollevava il bicchiere nella sua direzione, lanciandole uno sguardo, di una tale sensualità, che Emma sentì un’altra serie di brividi percorrerle la schiena.
 
“Dio mio che figura! Mi sono fatta beccare a guardarlo! Minimo penserà che sono una che ci sta! Non devo guardarlo più! Non devo guardarlo più! Emma fingi indifferenza o verrà qua! Signore fa che non si avvicini … fa che non si avvicini!
 
Hans attirò la sua attenzione, distogliendola dall’imbarazzo  provato con il moro!
 
– Emma! Possibile che sei sempre così musona? Nemmeno mi hai risposto!
“Che?! Perché mi hai parlato?!”
– Scusa ma con questa musica non ti ho sentito!
 
Hans si accostò strafottente, cercando di strusciarsi a lei. Emma si irrigidì visibilmente.
 
– Ti ho chiesto se ti va di ballare! Non ti sei accorta nemmeno che Anna e Kristoff si sono buttati nella mischia?
“ Cavoli! Veramente?! Ma quanto tempo sono rimasta a fissare “quello”?!”
– Ma … sai … non sono proprio in vena di ballare!
– Ti va di fare altro?!
 
Hans faceva chiare avances, come al solito ben poco gradite!
 
– Dio come sei fredda Emma! Ti va una “caramella” per scioglierti un po’?
 
Hans aveva fatto uscire dal taschino dei jeans una piccola bustina trasparente, contenente piccole pastigliette di tutti i colori. 
 
– Non ci penso nemmeno Hans! Non so cosa sia quella roba ma sicuramente è robaccia! Falla sparire dalla mia vista o me ne vado immediatamente!
– Va bene … va bene “Suor Emma”! Permetti che ti offra un drink almeno? Un Cuba libre se ti piace rum e coca cola o, se preferisci rum e limone, un Daiquiri magari?
– Vada per la coca cola, con pochissimo rum però!
– Oook! Un Cuba libre per la Signora! Io prendo il Daiquiri … magari ce lo scambiamo che dici?
 
Emma sollevò gli occhi al cielo infastidita e lasciò che Hans si dirigesse a ordinare i due Drinks. Attese seduta sul suo sgabello, guardando verso la pista e, con la coda dell’occhio, cercando di fare l’indifferente, cercò di dare un’altra sbirciata al moro. Questa volta lui non la stava guardando, sembrava guardare verso Hans che stava prendendo in mano i due bicchieri appena preparati. Vide il moro accigliarsi infastidito. Non vide Hans, che le mostrava le spalle,  far cadere, nel suo Cuba libre, una delle piccole pastiglie colorate ….
 
 
 
Angolo dell’autrice
La nostra giovane Emma, davanti alla Dottoressa Stone, sta ricordando cosa è successo cinque settimane prima. Il fatidico venerdì che  incontrò  un ragazzo per lei molto speciale! Sarà il primo incontro con Kim o con qualcun altro?
Le tematiche di questo capitolo sono: il risveglio sessuale nell’adolescenza, la prima volta, la contraccezione, l’amore e i pericoli che qualsiasi giovane può incontrare in ambienti di “divertimento”.
Anche il più smaliziato, fidandosi e distraendosi, può cadere in tranelli. Hans sta per propinare ad Emma una “caramella” molto, molto pericolosa. Si tratta di Ecstasy, la droga che più frequentemente si può trovare nelle discoteche. È una droga che può uccidere! Che succederà ad Emma?
Non voglio fare la bacchettona moralista, mi sento solo di sensibilizzare chi legge, a certi argomenti, per aiutare a combattere delle situazioni che sono vere piaghe sociali per i giovani di oggi.
Fare sesso è più bello se è amore e meglio ancora quando una prova d’amore è data dal rispetto reciproco. Se si sente di essere maturi abbastanza e se la persona si sente che sia quella giusta … proteggersi reciprocamente è la cosa migliore. Anna e Kristoff lo hanno capito.
Emma sapeva che quel locale fosse pericoloso! Non sapeva quanto potesse essere pericoloso qualcuno che credeva un amico! Non bisogna mai abbassare la guardia. Il tradimento arriva proprio dagli amici. Dai nemici ci si guarda meglio!
Ringrazio chi ha letto e chi avrà intenzione di lasciare un commento. Mi farà piacere se qualcuno vorrà approfondire lasciando i suoi pareri sugli argomenti trattati. So che i lettori silenziosi a volte lo sono perché pensano di non essere bravi abbastanza a commentare. Non vi preoccupate, nessuno vi vuole giudicare ed esprimere il proprio parere può aiutare voi e amici che conoscete …
Con affetto auguro una buona settimana a tutti.
 
Lara
 

 
 
 

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Capitolo 5
*** Conseguenze inaspettate ***


Capitolo 5
Conseguenze inaspettate …
 


Quella notte di 5 settimane prima del 18 Maggio 2008.
 

Sentiva le palpebre pesanti sugli occhi. Troppo pesanti per essere sollevate! Le tempie dolevano e tutti i muscoli del corpo sembravano essere stati sforzati fino allo spasmo.
Fastidio … fastidio per qualcosa che le stava dando un gran magone! Ruotò la testa sul cuscino … sentì una fitta agli occhi ancora chiusi … la luce doveva essere rimasta  accesa nella stanza. Si chiese perché cavolo non l’avesse spenta prima di mettersi a letto …
Si chiese che ore fossero … si chiese che giorno fosse … Sembrava avere la testa vuota oltre che indolenzita. Si stropicciò gli occhi e decise di aprirli …
 
Si … come aveva capito aveva lasciato la luce accesa o forse l’aveva lasciata Anna … non ricordava! Ma … ma il lampadario non era quello della sua stanza! Nemmeno le lenzuola del letto erano quelle del suo letto! Il pigiama? Dio!! Era completamente nuda sotto le lenzuola?! Ma dove diavolo era finita?! Soprattutto … come c’era finita?!
Si sollevò leggermente con la testa, guardandosi intorno ancora stordita. Fu allora che lo vide …
 
La giovane Emma Swan sgranò gli occhi esterrefatta e spaventata. Si ritrovò velocemente seduta sul letto matrimoniale, ritirando le gambe verso l’addome, rannicchiandosi e tenendosi il lenzuolo, stretto tra i due pugni, portandoselo fino al collo per coprire la sua imbarazzante nudità … 
Davanti a lei, ai piedi del letto, stava in piedi, di spalle, un uomo. Stava facendo zapping con il telecomando della televisione, appesa come un quadro alla parete di fronte. Cambiava velocemente canale, senza trovare qualcosa che lo interessasse veramente. Era nudo fino ai fianchi, avvolti da un corto asciugamano bianco.
Nonostante il profondo sgomento e la confusione mentale, Emma non poté fare a meno di notare la sua fisicità. Era giovane, capelli scuri e corti … belle spalle larghe … un atletico dorso a V …
Chi diamine era? E come era finita lì? C’era andata a letto? Aveva fatto sesso con quello sconosciuto? No, non poteva essere! Non era da lei! Nemmeno lo conosceva quello!
L’uomo si accorse del suo movimento nel letto e, ancora con il telecomando in mano, si voltò verso di lei, regalandole un sorriso ironico e un brillio dei suoi occhi azzurri.
 
“Dio Mio! Il ragazzo del Rabbit Hole?!!”
– Ti sei svegliata finalmente Swan!
 
Il giovane gettò il telecomando sulle coperte e a sua volta si buttò di traverso sul letto, davanti ad Emma, a poca distanza dalle sue gambe rannicchiate.
Lei non riusciva a dir nulla … sentiva tra l’altro la lingua impastata e la gola secca ed arsa … aveva una gran sete … sembrava non bevesse da giorni …
Il giovane la guardava con il sorriso sghembo e lo sguardo malizioso, poggiandosi sul braccio sinistro. Alla luce del lampadario le sembrò ancora più bello che alla luce intermittente del Rabbit Hole. Ricordava di aver avuto la fantasia di sbottonargli del tutto la camicia, attratta dal suo torace apparentemente atletico, desiderando di accarezzarlo …
Sentì le guance andare a fuoco, tentò di distogliere lo sguardo. Non era solo un’apparenza! Il giovane moro aveva veramente un torace atletico, in più la peluria bruna che lo copriva, faceva risaltare maggiormente i suoi muscoli scolpiti.
 
– Certo Swan che sei una vera “tigre” a letto!
Ad Emma cadde quasi la mandibola. Che stava dicendo? Avevano fatto “veramente” sesso insieme? Non era assolutamente possibile! Non ricordava nulla! Assolutamente niente di niente! Possibile che quella che sarebbe stata la sua “prima volta” non la ricordava nemmeno? Cercò di sentire le sensazioni del proprio corpo. Immaginava di dover sentire qualcosa in un certo punto tra le gambe, qualcosa di diverso, un indolenzimento forse o … del piacere? In realtà lì non percepiva nulla, se non la reazione di umori che si stavano sciogliendo in quel momento, ad averlo davanti agli occhi!
 
– Come sai il mio nome?
 
Lui la guardò interrogativamente.
 
– Come sarebbe come so il tuo nome?! Secondo te mi porto a letto una, senza sapere nemmeno come si chiama?
– Senti … io … io non so come sono finita qui, ne chi tu sia … e non credo di aver fatto sesso con te!
– Non ti ricordi che abbiamo fatto “sesso selvaggio” Baby?! Ti è pure piaciuto mi sembra! Sono offeso! Non ho lasciato il segno a quanto pare! Se vuoi ricominciamo!
 
Il giovane fece il gesto di togliersi l’asciugamano dai fianchi, sorridendole seducentemente e osservando la reazione del suo volto.
 
Emma non sapeva a che grado di rosso fosse arrivato il suo viso, ma se fosse stato relativo alla vergogna che stava provando, sarebbe stato minimo un rosso pomodoro!
 
– No, no, non ci provare nemmeno! Non credo di averlo fatto! Non l’ho mai fatto in vita mia!
– Cosa? Il sesso selvaggio o il sesso e basta?!
– Non l’ho mai fatto e basta! E non ho intenzione di farlo con uno sconosciuto!
– A chi la vuoi dare a bere? Mi sei saltata addosso tu!
 
Emma non solo era a occhi sgranati, stava restando a bocca aperta, trasecolando del tutto. Era consapevole solo di una cosa … che quel ragazzo, dal primo momento che l’aveva visto, le aveva dato un brivido come nessun’altro prima di lui. Non ricordava un accidenti, ma sapeva di aver pensato che con uno così, non le sarebbe dispiaciuto avere la sua prima esperienza. Era successo veramente? Perché non ricordava nulla?
 
Il giovane si era fermato. Non aveva intenzione di togliersi l’asciugamano. Il suo sorriso seducente si era spento e aveva lasciato il posto a quello dolce che le aveva rivolto quando le aveva restituito la pochette al Rabbit Hole.
 
– Oh Emma! Vedessi che faccia hai in questo momento! Non ricordi veramente nulla?
 
Non avesse avuto almeno quel terribile mal di testa che le annebbiava la capacità di ricordare!
Accigliata Emma abbassò lo sguardo sulle sue ginocchia rannicchiate e cercò di tornare indietro con la memoria. Guardò l’orologio che aveva al polso, erano le 4,30 di notte! Erano passate  sette - otto ore dal suo ingresso al Rabbit Hole?!
Che fine avevano fatto Anna e gli altri? Erano tornati a casa? La stavano cercando? Dio! Ingrid! Aveva già chiamato la Polizia per la sua scomparsa?
 
Ricordava perfettamente quel giovane che aveva davanti. Lo ricordava mentre le raccoglieva la pochette, lo aveva trovato bello e su quello non si era sbagliata affatto, ora vedeva bene che lo era forse anche di più. Ricordava di aver continuato a guardarlo quando aveva raggiunto Anna e gli altri. Lui aveva ricambiato lo sguardo, non si erano tolti gli occhi di dosso in verità! Ricordava che Hans le aveva parlato e lei non lo aveva nemmeno sentito, come non si era accorta che Anna e Kristoff si fossero spostati sulla pista a ballare con Olaff. Aveva temuto che il “moro” la scambiasse per una “facile” e aveva smesso di guardarlo, anche se la tentazione di continuare era fortissima. Poi Hans era andato a prendere i due drinks … lei aveva bevuto un Cuba libre, ancora ne sentiva il sapore amarognolo. Lo aveva bevuto sorseggiandolo di tanto in tanto, non le era piaciuto granché, non era un’intenditrice ma l’unica volta che ne aveva assaggiato uno se lo ricordava meno amarognolo … forse avevano messo più rum che coca-cola in quello!
 
Hans aveva continuato a dire idiozie, poi lei aveva cominciato a ridere alle sue battute. Si chiedeva ora che avessero di divertente, poi … il caldo!
Non era abituata al rum! Sicuramente l’alcool la stava mandando un po’ su di giri! Ricordava di aver tolto il giubbino, si sarebbe tolta anche la maglietta per quanto sentiva il fuoco addosso! Aveva pensato di avere la febbre, ma si sentiva contemporaneamente così bene che non era possibile. La compagnia di Hans stava diventando sempre più piacevole, anzi, più rideva con lui, più lo guardava e più gli sembrava carino! Non si era mai accorta che lo fosse così tanto! Ricordava che lui aveva ripreso ad accostarsi, a cercare di baciarla prima su una guancia, poi aveva provato sulle labbra. Non le era sembrata una cosa tanto male, ma gli aveva messo una mano sul petto e ridendo lo aveva respinto. Lui l’aveva incoraggiata a bere ancora il Cuba libre, ne aveva un altro mezzo bicchiere, e lei aveva preso un altro amarognolo sorso. Ricordava di avergli detto che in quel drink c’era troppo rum per i suoi gusti e Hans aveva riso con uno sguardo furbo. Mentre anche lei aveva ripreso a ridere, ed ora si chiedeva “di che?”, qualcuno le si era accostato. Si era voltata, poggiando i gomiti indietro sul banco e facendo penzolare dallo sgabello una delle sue snelle gambe, vestite dai jeans aderenti, mentre l’altra toccava con la punta del piede il pavimento. Il “bel moro” dagli occhi azzurri era davanti a lei, lo aveva guardato dalla testa ai piedi, ora si rendeva conto, in modo sfacciato e strafottente, gli aveva sorriso in modo ammiccante, cosa che non avrebbe mai fatto in altre occasioni e si era sporta verso di lui con il seno. Che le fosse passato per la testa in quel momento non riusciva a capirlo, ma allora le era sembrato giusto, voleva sedurlo? Ricordava l’espressione del giovane in quel momento. Non le sorrideva come prima, per la verità non sorrideva affatto, aveva i lineamenti induriti in un cipiglio che le era sembrato anche troppo serio per la sua età. Quando poteva avere? 26 o 27 anni?
Il “moro” aveva allungato la mano verso di lei, mostrandole il palmo.
 
– Balla con me!
 
Il suo tono era stato imperativo, non era una richiesta, era un ordine!
Lei aveva sfoderato un sorriso ironico e sfacciato, pensando che fosse un  arrogante sicuro del suo fascino. Si era voltata nuovamente verso Hans, cercando di fare la sostenuta e, ridendo, gli aveva risposto:
 
– Cosa credi Mister Fascino?! Io non sono ai tuoi ordini! Prova a chiedermelo in un modo più carino!
 
Lui le aveva preso la mano gentilmente, con il tocco leggero che aveva avuto nel restituirle la pochette, quando le aveva sfiorato intenzionalmente le dita. La sensazione che Emma aveva sentito ora, ricordava che fosse arrivata amplificata rispetto alla precedente.
 
– Mia splendida Principessa … mi faresti l’onore di ballare con me?
 
Lo sguardo del giovane in quel momento aveva qualcosa di magnetico, impossibile per Emma non restare con il proprio incatenata al suo. Poi lui fece qualcosa che non si sarebbe aspettata. Portò la sua mano alle labbra e vi depose un leggero bacio sulle nocche, continuando a fissarla maliziosamente. Emma non poteva negare di aver sentito una serie di brividi lungo la schiena e di essere eccitata all’idea di ballare con lui, era così maledettamente sexy quel ragazzo! 
Come avesse fatto a rispondergli con quella scioltezza, ora le sembrava impossibile, ma gli aveva risposto senza tabù.
 
– Vedi? Se le cose le chiedi così … potresti chiedermi anche di venire a letto con te e lo farei!
– Se questo è il metodo da usare con te mia Principessa!
 
Tenendola per mano e continuando a guardarsi negli occhi, lui l’aveva guidata in mezzo agli altri che ballavano.
 
Più ricordava  e più si vergognava di se stessa e di come si era comportata. Possibile che con un po’ di alcool in corpo avesse perso ogni inibizione?
 
Se ricordava come aveva ballato con lui! Ora avrebbe voluto che il letto, in cui stava rannicchiata, si aprisse come una voragine, inghiottendola e facendola sparire definitivamente agli occhi del giovane seduto sul materasso.
 
Si erano mossi al ritmo della musica martellante, lei si era strusciata a lui ripetutamente con i glutei, muovendo i fianchi e le spalle in modo lento e sensuale, scendendo leggermente sulle ginocchia e rialzandosi, sollevando i capelli, ruotando davanti a lui e passandosi la punta della lingua sulle labbra, mentre mantenevano il contatto occhi negli occhi, poi gli si era accostata e aveva fatto scorrere le mani sul suo petto, partendo dal collo e accarezzandolo sul triangolo di epidermide villosa lasciato scoperto dall’apertura della camicia. La reazione del giovane era stata immediata, l’aveva stretta a se in un attimo, sollevandole la maglietta sui glutei e infilando le mani nelle tasche posteriori dei suoi jeans aderenti, accostandosela al bacino. Lo aveva sentito chiaramente … non era così esperta, ma aveva capito di avergli provocato un’ evidente  erezione in quel momento. La cosa l’aveva stuzzicata all’inverosimile. Anche lei era eccitata. Gli aveva portato le mani al viso, mentre lui continuava a tenerla stretta con le sue sui  glutei. Emma aveva iniziato a respirare più velocemente, dilatando le narici, respirando il suo odore e muovendosi con il seno contro il suo petto. Lui aveva schiuso le labbra e si stava accostando alle sue. Aggrappata al suo collo, stretti in un abbraccio vietato ai minori di diciotto anni, strofinandosi in quel modo, in un’altra occasione sarebbero stati arrestati per atti osceni in luogo pubblico. Ora ne era consapevole! Ma in quel momento era la cosa  più giusta da fare! Fu pronta ad accogliere le labbra del giovane, a sentire la sua lingua che cercava la sua, in modo avido, passionale, possessivo. Aveva risposto a quel bacio, perdendo la cognizione del tempo, assaporandosi reciprocamente, nel gusto dei drinks che avevano ambedue bevuto. Si vergognava ad ammetterlo ora … le era piaciuto quel bacio … le era piaciuto tantissimo, come le piaceva lui. Ricordava che egli aveva interrotto il bacio e le aveva parlato sulle labbra.
 
– Vieni via di qui … vieni via con me!
 
Ricordava che avrebbe voluto veramente andar via di lì con lui, continuare quel bacio e andare oltre, ma ricordava di non averlo fatto e di avergli risposto in modo talmente esplicito che solo a ripensarci non credeva di essere stata lei a parlare.
 
– No … non posso …
- Perché non puoi?
– Perché lo vorrei troppo e tu … tu sei pericoloso …
- Pensi che io sia pericoloso?
– Si … lo sei …
- Perché?
– Perché ho voglia di aprirti questa camicia e toccarti …
- Mi sembra un programma interessante …
- No … è terribile …
- Cosa ci sarebbe di terribile?
– Che non ti conosco … e io voglio di più … non sarebbe nei miei principi …
- Voglio solo portarti fuori da qui …
- No … no … devo tornare dai miei amici …
 
Ricordava di averlo lasciato sulla pista da ballo e, sgomitando tra gli altri, era tornata al banco-bar. Aveva buttato giù il resto del Cuba libre. Hans si era infastidito del fatto che fosse andata a ballare con lo sconosciuto e non con lui. Anna e gli altri stavano ancora sulla pista e lei aveva chiesto ad Hans di andar via di lì. Cosa era successo dopo era tutto confuso. Erano usciti a piedi, questo lo ricordava, si sentiva sempre più euforica e felice, si sentiva volare, poteva fare qualsiasi cosa … dopo … il buio! Cosa avesse fatto veramente dopo, non aveva la più pallida idea! Sapeva solo di essersi risvegliata nel letto di quel ragazzo che aveva lasciato sulla pista da ballo!
 
 
Lui ancora la stava guardava, serio e assorto.
 
– Non ricordi nulla quindi … nemmeno il tuffo che hai fatto nel Mystic?
 
Non aveva intenzione di dirgli cosa ricordava, se ne vergognava troppo, ma contemporaneamente era terrorizzata da quello che non ricordava.
 
– Ho fatto un tuffo nel Mystic?!
– Emma perché pensi di essere nuda in questo letto?
 
Lei era arrossita nuovamente.
 
– Ti stavo prendendo un po’ in giro prima … non abbiamo fatto sesso! Credimi … mi sarebbe piaciuto parecchio poterlo fare con te … ma preferisco le donne attive e coscienti. Voglio essere sicuro di essere io a farle godere e non che sia merito di una pastiglia colorata che hanno buttato giù nello stomaco!
– Pastiglia colorata?
– Non sai cosa ti sei “calata” Emma?
– “Calata” di che?! Io non mi sono mai drogata in vita mia e non ci penso proprio! Non volevo nemmeno andarci in quel postaccio!
– E cosa ci sei andata a fare se non ti volevi … “divertire”?
– Sai che divertimento! Sono andata per fare un favore a mia cugina!
– Certo per una che studia Psicologia sei ancora nel mondo dei sogni Emma!
– Come fai a sapere che studio Psicologia?
– Ho dato un’occhiata tra i tuoi documenti nella borsetta, quando ti ho portata qui! – Pure?! E come sono finita così?
– Senza abiti? Quelli te li ho tolti io … non fare quella faccia, ho dovuto, erano bagnati, ti stavi gelando e dovevi invece sudare per liberarti degli effetti della pastiglia che il “tuo amichetto” ti aveva messo nel Cuba libre.
– Il mio amichetto?! Quell’idiota di Hans dici?
– Non so se si chiami Hans … ma che sia un idiota ne ho la certezza! Quando si è avvicinato a me per ordinare da bere al barman, l’ho visto chiaramente buttare nel Cuba libre una pastiglia colorata, sicuramente era Ecstasy, visto gli effetti che ti ha fatto! Lo sai che la chiamano anche pasticca dell’amore o dello stupro? Abbassa tutte le inibizioni … quel tizio non ci avrebbe messo nulla a violentarti e tu saresti sembrata più che consenziente. Ti ho allontanata da lui con la scusa di ballare … volevo portarti via da là, iniziavi già ad avere i primi effetti …
 
Emma non poteva crederci, ma tutto era molto verosimile a quello che ricordava. Il giovane almeno non stava infierendo su come lei si fosse comportata con lui!
 
– Non hai voluto venire con me … sei tornata da quello stronzo e poi ci sei uscita insieme dal locale. Si vedeva ad un chilometro che intenzioni avesse! Vi ho seguiti con la mia auto … siete andati lungo il corso del Mystic River, vi siete seduti alle panchine della veduta e lui ha iniziato a metterti le mani addosso …
 
Il giovane nel raccontare, ogni tanto, nei momenti di pausa, stringeva la mascella, sembrava piuttosto arrabbiato.
 
– Fortuna che hai un caratterino forte e combattivo, evidentemente! Anche sotto l’effetto della droga sei riuscita ad allontanartelo staccandoti da quella panchina. Sei finita sul bordo del marciapiede che costeggia il fiume. Ti sei messa a ballare e a dire cose senza senso sul poter volare, hai fatto una giravolta e poi hai perso i sensi cadendo in acqua. Io avevo parcheggiato là vicino e stavo venendo a prenderti, quando ti ho vista cadere. Quell’idiota che stava con te è scappato terrorizzato.  Saresti annegata in quelle condizioni …
 
-  Tu … tu mi hai ripescata?
 
Il giovane annuì tristemente.
 
– Quindi noi … io e te non …
- No … io e te non abbiamo fatto niente … se non una bella sauna e una doccia insieme …
- Abbiamo fatto sauna e doccia insieme n-nudi?!
– Non so te, ma io la sauna e la doccia non la faccio mai vestito! Non eri cosciente … non avresti potuto da sola … poi ti ho messa a letto e hai dormito fino ad ora …
- Quindi sei stato una specie di  “Buon Samaritano” con me …
- Beh non era quella la mia intenzione quando ti ho vista!
 
Era ridiventato malizioso e l’aveva guardata in un modo da farla sentire anche senza il lenzuolo addosso. Arrossì ancora e si tirò  più su il lenzuolo. Lui si accorse del suo imbarazzo. Le si avvicinò maggiormente, sdraiandosi ora al suo fianco e reggendosi il mento con la mano.
 
– Veramente non l’hai mai fatto Emma?!
 
Lei non sapeva più dove guardare, ruotò gli occhi tutt’intorno alla stanza, pur di non guardarlo nei suoi, che sembravano leggerla dentro.
 
– Eppure non sei il tipo al quale nessuno fa il filo … Ho capito! Sei una delle ultime rimaste che vogliono il “grande amore”, poi il matrimonio, una casettina tipo “due cuori e una capanna” e dei bambini …
 
L’imbarazzo di Emma lasciò il posto al fastidio.
 
– Sarebbe tanto illegittimo per te che una ragazza abbia certi principi?
– No … non lo è … è soltanto … raro ai giorni d’oggi!
 
Emma si guardò ancora intorno …
 
- Se cerchi i tuoi vestiti … li trovi nell’asciugatrice … nell’altra stanza.
 
– Non è che me li prenderesti?
– Nemmeno se me lo chiedi con le buone maniere!
Il giovane rise ammiccando verso di lei. Emma lo maledì mentalmente. Voleva vederla camminare nuda fino all’altra stanza? Non aveva visto abbastanza di lei?
 
Con un gesto deciso e veloce lo spinse con le gambe. Lui cadde dal letto e lei si tirò dietro il lenzuolo, cercando di avvolgersi con esso. Cercò di dirigersi verso la porta dell’altra stanza. Lui ridendo si rimise in piedi e in un balzo fu alle sue spalle. La prese per la vita stringendosela al torace. Affondò il viso nei lunghi capelli dietro la  nuca di Emma che lo sentì inspirare il suo odore. Lei non sapeva più cosa provare. Era molto attratta da quel giovane, ma in quel momento la paura e l’eccitazione stavano viaggiando parallelamente, senza trovare un punto d’incontro. Lui la baciò lungo il collo, accarezzandolo sensualmente con la punta della lingua e facendola rabbrividire, mentre con la mano sinistra le stringeva un seno. Emma si rese conto che la propria eccitazione stava diventando maggiore della paura, sentiva i suoi umori fluire incontrollabilmente. I suoi teneri capezzoli si erano tesi sotto la stoffa del lenzuolo e lui ne stava stimolando uno con movimenti lenti e circolari del dito medio, poi le si avvicinò all’ orecchio destro con le labbra e le parlò con tono basso e sensuale.
 
 – Ora sei cosciente Emma … sarebbe bello adesso … e tu mi sentiresti senza l’inganno della droga. Ma non sarà questa notte … non sarà finché tu non lo vorrai!
 
Detto questo la sciolse dalla sua presa.
 
– Scordatelo proprio …
 
Lui la prese nuovamente per la vita e la ruotò davanti a sé, la guardò intensamente negli occhi e con convinzione aggiunse:
 
– Sono sicuro che prima o poi tra noi succederà, sarai mia … senza trucchi e senza inganni, solo perché tu vorrai me!
 
Poi, con un sorriso furbo, la lasciò andare.
 
Emma entrò nella stanza da bagno. Si chiuse la porta dietro e rimase con le spalle poggiate alla parete. Che lo stesse desiderando come mai nessun’altro in vita sua era già vero! Ma non lo conosceva … non sapeva nulla di lui, nemmeno il suo nome, anche se aveva la forte sensazione che fosse un giovane positivo … in fin dei conti si era preoccupato per lei e l’aveva soccorsa, probabilmente le aveva anche salvato la vita … forse conoscendolo meglio poteva nascere tra loro qualcosa di più della forte attrazione che sentivano l’una per l’altro …
Rimase a pensare all’idea di conoscere meglio le persone. Uno sconosciuto l’aveva aiutata e invece quello che pensava fosse una persona amichevole, s’ era rivelato un gran bastardo … Hans l’aveva drogata a sua insaputa, sicuramente con le intenzioni che aveva pensato il “moro” nell’altra stanza!
Aprì l’asciugatrice e si rivestì dei suoi abiti. La maglietta nuova era stropicciata, i jeans pure, ma aderenti com’erano … non si sarebbe notato. Si rivestì in un baleno. Si guardò allo specchio. Era pallida e aveva i capelli in disordine. Si pettinò usando le dita. La sua pochette era sulla sedia che aveva visto vicino al letto, doveva riprenderla e andar via, fuggire da quel giovane, come aveva pensato in discoteca.
Era notte fonda, quasi mattina in verità! Chissà Ingrid che avrebbe detto! Si era fidata a mandarla con Anna proprio perché  la considerava più responsabile! Era un dolore al cuore rendersi conto che avrebbe perso la fiducia di colei che le faceva da madre, ormai da anni! Cosa avrebbe dovuto fare? Raccontare la verità era più da lei, ma la verità era imbarazzante! Decise che ci avrebbe pensato sulla via del ritorno. I mezzi pubblici erano attivi anche a quell’ora, certo, molto meno affollati!
Intanto doveva tornare nell’altra stanza e affrontare nuovamente il “ragazzo più affascinante” che avesse mai incontrato. Mise la mano sulla maniglia e prima di aprire con decisione, fece una profonda inspirazione. Aprì la porta e se lo trovò che camminava per la stanza da letto infilandosi una camicia blu, aveva indossato già dei jeans. Rimase a guardarlo, forse per una frazione di secondo di troppo, l’aria inspirata uscì completamente, lasciandola senza respiro. Si rese conto che l’effetto che le aveva fatto al Rabbit Hole, era minore rispetto all’ attrazione e al desiderio che stava provando per lui in quel momento. Non era un risultato della droga quello! Era proprio lui che riusciva a mandarle in tilt gli ormoni! Era sconvolgente e inammissibile tutto ciò per lei. Non poteva succedere una cosa del genere con un tizio appena conosciuto! Si rifiutava di ammetterlo! Non sapeva nemmeno quale fosse il suo nome!!
 
“A proposito di nome …”
– Swan tutto bene?
 – Si perché?!
 
Il giovane le si avvicinò velocemente e le sollevò il mento con due dita della mano sinistra. La guardò negli occhi con sguardo indagatore.
 
– Ho avuto l’impressione che avessi difficoltà a respirare …
“Nooo! Te ne sei accorto? Sei tu che mi togli il fiato!”
– No … no tutto bene! Sono solo preoccupata di tornare a casa quanto prima e di aver dato una preoccupazione e una brutta delusione a mia zia … si fidava di me.
 
Gli occhi di Emma erano lucidi, avrebbe voluto piangere, ma riuscì a trattenere le lacrime. Lui aveva sicuramente capito, poiché invece le fece un sorriso dolce e comprensivo, togliendole le dita dal mento e portando tutta la mano sinistra sulla sua guancia, accarezzandola teneramente.
 
– Vivi con tua zia? 
- Si, sono anni ormai … da quando ne avevo quattro … dalla morte dei miei genitori.
– Sei felice con tua zia Swan?
 
Si stava preoccupando veramente se fosse felice con sua zia?! Quel ragazzo era veramente particolare! Aveva delle premure per lei, l’aveva praticamente salvata dall’annegamento, aveva cercato di farle smaltire l’effetto dell’Ecstasy, non aveva approfittato di lei, nonostante fosse inerme e totalmente alla sua mercé!
 
“ Come non ci si potrebbe innamorare di uno come te?!”
– Si sono felice con Zia Ingrid e le mie cugine, è mia madre ormai … non so come sarebbe stata la mia vita senza di lei … senza di loro. Sono la mia famiglia!
 
Lui continuava ad accarezzarle la guancia ascoltandola. I suoi occhi azzurri la scrutavano attentamente, viaggiando dai suoi, verdi, alle sue labbra, soffermandosi su di esse.
 
– Swan … sono contento che tu abbia avuto loro vicino a darti il calore che i tuoi genitori non hanno potuto darti …
– Continui a chiamarmi Swan?
– Ti dispiace?
– No … come lo pronunci tu … non mi dispiace, ma non so perché preferisci chiamarmi così …
- Non è solo il tuo cognome Emma! Amo i cigni … da sempre per me incarnano la bellezza e la purezza … così candidi … soavemente eleganti. Così come sei tu, con la pelle candida e morbida del tuo corpo … bellissima e pura …
 
Le aveva portato anche l’altra mano al viso, leggera e confortevolmente calda. Con il pollice le stava accarezzando le labbra, in un tocco sensuale che le fece schiudere e fremere. Emma lo vide avvicinarsi di più al suo volto con il suo, vide le ciglia brune scendere su quei meravigliosi occhi azzurri, mentre anche lui schiudeva le sue labbra per baciarla. Ricordò il bacio rovente che si erano scambiato in discoteca. Desiderò fortemente quelle labbra sulle sue, desiderò provare ancora quella sensazione magica che aveva provato sotto le luci psichedeliche e tra la folla che ballava. Le loro labbra si sfiorarono, sentì la punta della lingua di lui entrare in contatto con il proprio labbro superiore, per iniziare ad assaporarla ed incoraggiarla a ricambiare.
Bastò quell’inizio di contatto a dare una scarica elettrica ad Emma. In una frazione di secondo rivide se stessa al Rabbit Hole, le sensazioni fasulle e amplificate dalla droga, il desiderio di andare oltre, di avere quel ragazzo per se e di essere sua …
 
“No! No Emma non farlo!”
Si diede quell’imperativo categorico e riprendendo fiato si allontanò da lui, lasciandolo deluso, ma non sorpreso. Il giovane la prese automaticamente tra le braccia trattenendola a sé, aveva riaperto gli occhi e la guardava con sguardo languido. Lei sapeva benissimo che la stava desiderando come lei desiderava lui.
 
– Swan?!
– Tu come ti chiami!
 
Glielo aveva chiesto a bruciapelo, senza dargli il tempo di riflettere.
 
– Ki …
 
Il giovane si rimpadronì di se stesso, si  stacco da lei, ridiventando serio.
 
– Kim … mi chiamo Kim!
 
Lei gli sorrise dolcemente.
 
– Non hai anche un cognome Kim?
 
Lui le sorrise a sua volta ma con un cipiglio malizioso.
 
 – Steward …
 - Piacere di averti conosciuto Signor Kim Steward! Che cosa fai nella vita?
 
Kim aveva capito che lei avesse bisogno di sapere più informazioni possibili su di lui, in fin dei conti anche sotto l’effetto dello stupefacente, gli aveva detto che non era una che andasse con gli sconosciuti!
 
– Mi occupo di affari, sono laureato in Legge, lavoro per un’agenzia finanziaria, sono un consulente … Viaggio parecchio … tra Boston e Dublino …
- Dal tuo accento non direi che sei di qui, direi che non solo lavori tra Boston e Dublino ma sei anche di origini irlandesi …
– Mmm abbiamo una detectiv in erba qui! Ops! Mi scusi Dottoressa! Dovevo dire una “Psicologa in erba”!
– Spiritoso! Non ho ancora iniziato gli esami del secondo anno … Ho tanto da imparare ancora e …
  • E?
– Beh! Si è visto no? Ci sono caduta con tutte le scarpe allo scherzetto di quel bastardo di Hans!
 
Vide Kim serrare la mascella e stringere i pugni.
 
– Mi prometti che quello lo eviti da ora in poi?! Non voglio che ti ronzi intorno … non è uno raccomandabile!
– E tu? Tu lo sei Kim Steward?
 
Lui la guardò serio e, scuotendo lentamente il capo le rispose:
 
- No Swan! Per i tipi come te non sono raccomandabile … non ti puoi fidare di me  … ne di nessuno. Tutti ti vorrebbero portare a letto ma tu non sei il tipo che ci starebbe, fai bene …
- Ma tu tecnicamente mi ci hai portato veramente a letto e … non hai approfittato … - Swan già te l’ho detto … se le circostanze fossero state altre … ancora saresti in quel letto e ti ci avrei tenuta ancora un bel po’!
 
Emma suo malgrado era arrossita ancora. Kim era un tipo molto diretto. La stava mettendo in guardia da lui e questo, invece che allontanarla, la faceva avvicinare maggiormente. Avrebbe dovuto non fidarsi, eppure lei sentiva che poteva fidarsi di lui … non sapeva perché, ma sentiva di poterlo fare. Distolse lo sguardo dai suoi occhi e abbasso il viso, doveva andar via e stava diventando difficile lasciarlo.
 
– Devo tornare a casa … Dove siamo qui? Mi devo regolare con l’autobus …
- Siamo vicini all’Università … la tua facoltà non è molto distante da qui.
– Bene allora siamo vicini alla linea del tram! Prenderò il primo che passa  …
- No Swan! Non ci penso proprio a mollarti così! Ti accompagno io a casa. Voglio essere sicuro che non ti capiti altro per questa notte.
 
Emma sorrise compiaciuta e con tono tra lo scherzoso e l’ironico proclamò:
 
– Un vero gentiluomo d’altri tempi!
– Non crederci Swan e soprattutto non ti ci abituare!
 
Continuò a guardarlo mentre si infilava un giubbino in pelle nera. Cercò di imprimere nella mente ogni particolare del suo viso e del suo corpo atletico. Quel giubbino gli donava molto, pensò che avrebbe potuto fare il modello o l’attore per la sua avvenenza!
Si chiese se l’avrebbe rivisto e si rispose che sarebbe stato meglio di no. Era capace di farle perdere la concentrazione, la spiazzava completamente con quel suo magnetico sex appeal. Sentiva nei suoi confronti un’attrazione che temeva avesse qualcosa di animalesco, primitivo, istintivo allo stato puro. Quello che sentiva la eccitava e la spaventava contemporaneamente. Forse lui aveva veramente ragione nel metterla in guardia da se stesso. Era pericoloso per una con i suoi principi! Quanto avrebbero impiegato i suoi principi a crollare, tra le sue braccia? Ammise a se stessa che l’Ecstasy era stata una buona scusa per tirar fuori i suoi istinti nei confronti di Kim, ma ora era lucida, la ragione poteva prevalere senza scusa alcuna. Peccato che quello che aveva sentito fortissimo per lui, lo avesse sentito già prima di aver ingerito la droga. Sapeva che Kim aveva detto anche un’altra verità … prima o poi sarebbe stata sua e l’avrebbe voluto lei! Quello era un buon motivo per evitare di incontrarlo! Doveva fuggire da lui, mentre  era ancora in tempo! Ma era ancora in tempo?
 
 – Andiamo!
 
Kim la stava invitando ad uscire dall’appartamento e lei non se lo fece ripetere. Si ritrovarono sul pianerottolo e mentre lui chiudeva a chiave la porta, lei si rese conto che fossero piuttosto in alto. Al centro delle scale c’era un ascensore di vecchio tipo, uno di quelli aperti, fatto di sbarre di metallo. Ad Emma si gelò il sangue quando lui schiacciò il pulsante per chiamare l’ascensore.
 
– M- ma a che piano siamo?
– Al sesto!
– Non potremmo scendere a piedi?
– A piedi?! Potremmo certo ma con l’ascensore facciamo prima no?!
– Si si certo! Siamo saliti con quel coso prima?
– Ovvio Swan! Eri svenuta! Ti ho dovuto portare in braccio! Per quanto io sia forte, sei piani con il tuo peso … Ma hai un problema con gli ascensori? Soffri di claustrofobia? Questo è aperto … 
– No … no … soffro di vertigini veramente, è una … reazione traumatica mi hanno detto …
- Una reazione a che trauma?
– Dell’incidente con i miei genitori … ero con loro quando la macchina finì nella scarpata … da allora ho una fobia per i luoghi troppo alti e soffro di vertigini.
 
Lui la guardò pensieroso, ascoltandola con un’espressione di preoccupazione. Poi le sorrise.
 
– Allora facciamo così Swan … Abbracciami e chiudi gli occhi. Scenderemo senza che tu debba guardare dall’alto. Che ne dici?
 
Emma stava riflettendo sulla proposta. Non le sarebbe dispiaciuto stringersi a lui, ma i suoi propositi di allontanamento da quel ragazzo, non avrebbero mantenuto la coerenza.  Lui la guardò divertito, immaginando probabilmente il suo imbarazzo, cosa non difficile da individuare visto il rossore che lei sentiva nuovamente spargersi sulle guance!
 
– Che scrupolo ti stai facendo ora? Ti imbarazza abbracciarmi? Abbiamo ballato insieme in modo molto più … erotico direi …
 
Eccolo là che stava facendo riferimento a come lei gli si era strofinata in discoteca e a come si erano stretti l’una all’altro e poi anche baciati …
 
- Inoltre in questo ascensore già ci sei stata tra le mie braccia no? Temi di non resistere al mio fascino?
 
Emma si era ormai rassegnata al proprio colore paonazzo. Tanto valeva rispondere alla sfida con la stessa moneta.
 
– Si può fare, in effetti hai ragione … potresti però essere tu a non resistere al mio di fascino!
 
Lui la guardò ancora con un sorriso divertito sulle labbra e le rispose abbassando la voce e la testa verso di lei, per accostarsi al suo viso e guardarla dritto negli occhi.
 
– Non ci resta che tentare! Vieni qua!
 
Nuovamente il suo tono imperativo, come in discoteca. Allo stesso modo aveva allungato la mano destra mostrandole il palmo per accogliere la sua mano. Questa volta Emma gli porse subito la sua. Lui teneva un piede già nell’ascensore, l’attirò velocemente al suo petto facendola entrare.
 
– Ora chiudi gli occhi Swan e abbracciami …
 
Emma gli circondò il torace con le braccia e poggiò la guancia sul suo petto. Respirò il suo odore, lo trovò piacevole, come qualcosa che le si confacesse e le appartenesse. Dal battito improvvisamente veloce che percepì attraverso il giubbino in pelle, si rese conto che si era posata sul lato del suo cuore. Sorrise tra i capelli che le ricadevano sul viso, chiedendosi se anche lui stesse sentendo i battiti impazziti del suo. Lui le circondò le spalle con le braccia e la tenne stretta a sé, come se avesse paura che potesse scappar via, poi chiuse il cancello del vecchio ascensore e schiacciò il pulsante per la discesa. Lei strinse maggiormente le palpebre e volle perdersi nel suo profumo e nel battito del suo cuore, pensò che se fosse stato un sogno non avrebbe voluto svegliarsi. Si sentiva così bene tra le braccia di Kim! Era caldo e rassicurante! Pensò che l’unico uomo che l’avesse  fatta sentire così protetta in vita sua era stato il suo adorato papà. Una lacrima stava per spuntarle all’angolo dell’occhio e ingoiò per impedirsi di piangere.
 
– Emma tutto bene?
 
Kim si era accorto del suo momento di tristezza. Come avesse fatto non lo aveva capito, ma si ritrovò con la sua mano che le accarezzava la testa, tenendola protettivamente, mentre le deponeva un casto, piccolo, bacio sulla sommità della fronte. Sentì che le loro anime in quel momento erano più vicine dei loro corpi e seppe che ormai era perduta, si era innamorata in poche ore di lui!
 
L’ascensore scese anche troppo velocemente. Era proprio vero! Le cose belle finiscono sempre troppo presto! Emma non avrebbe voluto sciogliersi da quell’abbraccio e forse nemmeno Kim, visto che si soffermò a tenerla stretta a sé  ancora un poco dopo l’arrivo al pianoterra. Poi lui tolse un braccio dalle sue spalle e aprì il cancello dell’ascensore.
 
– Mia principessa puoi riaprire gli occhi siamo a terra!
 
Il sogno era finito! Emma rispose al suo sorriso e si avviò alla porta d’ingresso. Uscì seguita da Kim. Si guardò intorno per orientarsi e capì perfettamente in quale punto vicino all’Università si trovassero. Era il vecchio quartiere residenziale degli studenti. Era poco trafficato il venerdì sera. La maggior parte degli studenti fuorisede tornavano a casa per il fine settimana.
 
– Aspettami qui davanti, vado a prendere la mia auto.
 
Emma ubbidì, possibile che avesse sempre un tono così imperativo? Quell’uomo era proprio portato per il comando!
Lo attese un paio di minuti. Poco dopo infatti arrivò un’auto nera, una BMW per la precisione e lei ebbe l’impressione di averla già vista, ma non ricordava dove.
Kim scese e le aprì lo sportello, da perfetto gentiluomo. Lei gli lanciò un sorriso ironico e lui la ricambiò con il suo malizioso.
Erano circa le cinque di mattina. Iniziava a vedersi l’aurora, con i suoi strali rosati. Nei dieci minuti seguenti spuntò i sole e i suoi raggi invasero l’abitacolo dell’auto, inondandoli con la loro luce. Kim guidava con attenzione, lo sguardo puntato in avanti ed Emma guardava il suo bel profilo, così illuminato dal sole. Lui percepì il suo guardo e si voltò sorridendo verso di lei. Emma sentì il cuore sciogliersi a quel sorriso radioso.
 
– Baby che dirai a tua zia?
– Credo che le dirò la verità … non so mentire e a lei meno che a chiunque altro …
- La verità è una gran bella cosa Emma … ma a volte non si può affrontarla …
- Perché la pensi così? Io credo che la verità renda liberi …
- Si … sicuramente è così … ma ci sono situazioni in cui non ci si può permettere di essere sinceri … situazioni più grandi di noi …
 
Cosa intendesse Kim, Emma allora non lo aveva capito. Iniziava a rendersene conto solo ora che era davanti a Lorna Stone. Kim nel loro primo incontro le aveva detto e cercato di far capire, molto di più di quanto lei avesse creduto …
 
Non gli aveva chiesto altre spiegazioni su quel pensiero, aveva solo realizzato di essere a pochi isolati da casa sua. Kim sapeva anche dove lei abitasse? Ma si! Certamente! Lo aveva detto lui stesso di aver guardato tra i suoi documenti!
 
Il giovane fermò l’auto verso la fine del piccolo parco che costeggiava la casa di Ingrid, non visibile da essa.
 
– Forse è meglio che ti faccia scendere qui …
- Si va bene così grazie Kim! … Pensi che ci rivedremo?
– Emma … mi piacerebbe rivederti … tanto credimi, ma … è meglio per te che non avvenga …
 
Lei abbasso e voltò la testa, allungando una mano per aprire lo sportello, cercando di non mostrargli la sua espressione delusa e dispiaciuta. Lui si sporse verso di lei e le prese il mento tra  le dita per farla voltare verso di sé.
 
– Emma io …
 
Gli occhi verde smeraldo di lei erano puntati in quelli azzurri di lui. Il giovane non riuscì a dire altro. Emma continuò a guardarlo, lui spostò lo sguardo sulle sue labbra e le accarezzò con il pollice. Emma sapeva che quando aveva fatto quel gesto nel suo appartamento, poi aveva cercato di baciarla e lei si era tirata indietro. Ora lo voleva quel bacio … sarebbe stato il loro bacio di addio, lui le aveva appena detto che non si sarebbero rivisti. Cosa le disse il suo istinto per renderla audace, lei stessa, ricordando davanti a Lorna, ora non sapeva spiegarselo. Schiuse le labbra e con la punta della lingua sfiorò sensualmente il polpastrello del pollice di Kim. Dall’espressione languida del bel viso del ragazzo, capì di avergli fatto perdere un battito cardiaco. Lo vide deglutire e prendere fiato. Poi stringere la mascella e guardarla serio.
 
– Non giocare con me Emma!
 
Lei lo guardò maliziosamente.
 
– Non accendere un fuoco che potrebbe scottarti!
– E se io decidessi che voglio scottarmi?
– Allora bruceremo insieme!
 
Kim l’afferrò velocemente con la mano destra dietro la nuca e con la sinistra alla vita, portandola verso di sé. Il bacio che non si erano dati nell’appartamento si sviluppò ora come un vero incendio. Lei gli portò la mano destra sul viso, accarezzandolo. Lui si impossessò meglio di lei, portando anche il braccio destro intorno alla sua vita e lei, con più passione ancora, gli mise le braccia intorno al collo, affondando le dita nei suoi capelli, scoprendoli soffici e piacevoli, come piacevole e meraviglioso si rivelò quel bacio.
Fu doloroso interromperlo, ma dovevano. Le loro fronti erano poggiate l’una all’altra e il loro respiro era ansimante.
 
– Vai ora Emma … vai o finirò con il rapirti!
 
Un altro piccolo bacio sulle labbra e lei uscì dall’auto dirigendosi verso casa.
-o-
 
Lorna la guardava assorta e silenziosa, mentre Emma raccontava del primo incontro con Kim.
 
– In questo modo l’ho incontrato … mi sono innamorata di lui senza volerlo … perdutamente e … immensamente … doveva essere la prima e l‘ultima volta che ci incontravamo … non è stato così … Come potevo immaginare che dietro quell’apparenza meravigliosa lui fosse un delinquente? Con me non si è mai comportato da delinquente …
- Emma … non ho nessuna intenzione di giudicarti. Hai vissuto nei suoi confronti quella che viene definita “Attrazione fatale”. C’è stato un magnetismo pazzesco tra voi due, la cosa è stata reciproca direi!
– No … lo pensavo all’inizio … poi quel  Sergente Jefferson mi ha buttato in faccia un’altra verità …
- Quale verità?
– Mi ha chiesto se Kim mi avesse mai detto di amarmi …
- Quindi?
– No … non me l’ha mai detto!
– Cosa significa per te questo?
– Significa che in effetti non mi amava … era solo un desiderio fisico il suo evidentemente!
– Ti sembra così evidente ora?
– Non so più nulla della verità ora … quale essa sia!
–Ti ha cercata lui dopo o sei stata tu?
 
 
A questa domanda ad Emma sembrò di voltare la pagina di un libro e leggervi dentro la trama di una storia che continuava, infarcita di splendidi disegni.
In quelle immagini lei rivide se stessa e Kim ….
 
 



Angolo dell’autrice
 
Come promesso rieccomi nello stesso giorno e con due capitoli nuovi delle mie due FF, sempre se si pubblicano, visto i capricci di internet! Ve l’ho detto che a volte odio la tecnologia?
Allora carissimi amici! La nostra giovanissima Emma affronta le conseguenze inattese di quel maledetto drink, o sarà stato benedetto?! Si vedrà si vedrà … Al momento non pare che le sia andato tanto bene l’incontro con l’affascinante Kim. Già, è morto alla fine, le ha spezzato il cuore, se lo sta piangendo e avrà ancora da raccontare e da riflettere …. Attendete con fiducia, c’è un bel moro dal cuore di ghiaccio e gli occhioni egualmente azzurri e magnetici da qualche parte che la pensa.
 
Riguardo agli effetti dell’Ecstasy … la descrizione del risveglio di Emma è realistica. Le è andata bene che almeno è viva, capita anche che provochi la morte, purtroppo. Lei è stata fortunata a trovare “il buon samaritano”, l’ha aiutata ad accelerare lo smaltimento della sostanza, realistica anche la tecnica. I risvolti sentimentali … beh quelli capitano solo a Emma Swan probabilmente!
Grazie a chi legge e a chi recensisce.
Un Abbraccio!
Lara
 

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Capitolo 6
*** Il colore della purezza ***


Capitolo 6
 
Il colore della purezza
 
  1984, Irlanda, Lough Tay nel Wicklow’s National Park.
 
La luce era quella giusta in quella Domenica mattina di Primavera.
I raggi del sole si riflettevano splendidamente nell’acqua limpida del piccolo Lough Tay, incastonato tra le basse e tondeggianti colline del Wicklow’s National Park.
Il cavalletto di legno era stato posizionato dietro il canneto che bordava il lato ovest del lago, in modo da restar celato alla fauna che viveva in quell’habitat e sfruttare l’inclinazione dei raggi del sole al meglio.
Una elegante mano maschile stendeva, con precisione e delicatezza, un baffo di turchese sulla tela grezza, montata su un telaio 50 per 60.
Lo sguardo azzurro dell’uomo passò dalla tela all’acqua lucente del lago. Si tirò leggermente indietro, per confrontare il colore, appena spalmato, con quello della trasparente acqua che gli si parava davanti.
L’uomo scosse la testa insoddisfatto. Decise che era necessario un tocco di luminosità maggiore nel turchese che aveva creato. Posò il pennello nel contenitore, accanto alla sua sediola pieghevole, e cercò, nella valigetta di legno, la tonalità di giallo che avrebbe usato per dare un maggior aspetto realistico all’acqua del suo lago. Tra i tubetti di colori ad olio, trovò la tonalità di giallo cadmio che cercava. Si, era perfetta per i suoi intenti!
 Aprì il tubetto e, tenendolo nella mano sinistra, con la destra riprese il pennello e attinse direttamente dal suo imbocco. Il brillante giallo cadmio uscì pastoso in seguito alla leggera pressione che l’uomo esercitò con le dita.  Mescolò direttamente sulla tela quelle linee di giallo con il precedente turchese. Bastarono poche striature per rendere il tutto più realistico.
Un frullo d’ali e un rumore di schizzi d’acqua lo fecero guardare verso la vicina riva del lago d’origine glaciale. Sorrise, con il cuore che si riempiva di quel piacere estetico che sentiva, frequentemente, quando si trovava a riempire gli occhi delle meraviglie della natura.
Un bellissimo esemplare di cigno selvatico si era posato sul pelo dell’acqua e si muoveva elegante, piegando con grazia il suo sinuoso e mobile collo.
Vista la sua dimensione, il pittore valutò che fosse un maschio. Rimase a guardarlo incantato, fissando la sua immagine nella memoria, con l’intento di riprodurlo nella delicata posa in cui gli appariva in quel momento.
 
– Papaaà! Papà!
– Ssht! Fai piano piccolo! O spaventi il cigno!
– Un cigno?!
 
Un frugolo dai capelli bruni, di circa tre anni d’età, era corso improvvisamente verso il solitario pittore. Era un bambino allegro, vivace, snello ed alto per la sua età. Ancora le sue guance conservavano la rotondità della prima infanzia e sotto il ciuffetto che gli ricadeva sulla fronte, spiccavano due grandi occhi azzurri, bordati da ciglia brune, che ne risaltavano maggiormente il colore e la gioia dell’espressione.
 Il padre gli fece cenno di abbassare la voce portandosi l’indice perpendicolarmente davanti alle labbra. Il piccolo bisbigliò.
 
- Non ho mai visto un cigno … dov’è?
– Vieni qui …
 
L’uomo prese in braccio suo figlio e con la mano libera spostò alcune canne che impedivano la visuale al bambino.
 
 – Ooooh!
 
 
La boccuccia rosea del piccolo disegnò quella O di meraviglia, mentre con il braccino si teneva alla spalla di suo padre.
 
– Papà è bellissimo … lo dipingerai?
– Si figliolo. Penso che lo metterò in questo quadro.
– Sembra una fotografia papà! Quel verde è proprio bello! È uguale a quello del lago. Sei bravissimo!
 
L’uomo sorrise del complimento che suo figlio gli aveva rivolto. Era sempre bravissimo per suo figlio! Sapeva di essere il suo idolo. Il bambino era proprio nell’età giusta per iniziare ad identificarsi nella figura genitoriale del proprio genere sessuale.
 
– Si … è un verde molto particolare … vedi che trasparenza dà all’acqua del lago?
– Si! Si vedono anche le pietre sotto l’acqua … e i pesciolini!
– Si, è vero … l’acqua è così pura e pulita qui … quel verde è proprio il colore della purezza!
– Il “colore della purezza” … posso dipingere con te?
– Non preferisci andare a giocare con tuo fratello?
– Nooo! William sta aiutando la mamma ad apparecchiare per il pranzo!
 – Forse la mamma ha bisogno anche del tuo aiuto ometto!
– No, no! Io voglio aiutare te!
L’uomo capì che non avrebbe distolto suo figlio da quell’intento e, rassegnato, dopo averlo rimesso a terra,  prese un foglio da disegno dallo spesso album che aveva sempre con sé  e, con un carboncino, lo diede al piccolo.
 
– Va bene … allora prova a disegnare quello che vedi!
– Io voglio disegnare quel cigno …
- Provaci, ma non ti passare il carboncino sulla faccia o tua madre si arrabbierà!
– Io sono bravo papà … non mi sporcherò vedrai!
 
L’uomo sorrise con sguardo amorevole verso suo figlio, immaginandolo, già da lì ai seguenti cinque minuti,  come si sarebbe conciato.
 
Il bambino, molto coscienziosamente, si mise seduto su un sasso e con il foglio sull’album, poggiato sulle ginocchia, iniziò il suo piccolo “capolavoro” .  L’adulto continuò il suo lavoro per un altro quarto d’ora prima di guardare in basso verso il piccolo e, quando lo fece, rimase meravigliato dalla destrezza manuale che il bambino aveva mostrato nel copiare, in modo pedissequo, quanto aveva visto.
L’orgoglio si mescolò allo stupore, nemmeno lui a quell’età aveva mai mostrato tanta destrezza! Che suo figlio fosse molto sveglio e intelligente lo sapeva benissimo! Ma che avesse una tale capacità artistica … non l’aveva nemmeno mai sperato!
 
– Guarda papà! Ti piace?
– Figliolo è meraviglioso … sei stato bravissimo! Hai indovinato le proporzioni del cigno e sei riuscito a catturare anche le sfumature del chiaro-scuro è … è eccezionale!
 
L’uomo si era inginocchiato affianco al figlio e aveva preso il foglio tra le mani per guardarlo da vicino. Il piccolo si illuminò, con un ampio sorriso compiaciuto sul viso.
 
– Vero che sono bravo come te?
– Tesoro … sei anche più bravo di me!
– No sei tu il più bravo papà! Sei il papà più bravo del mondo!
 
L’uomo fece una carezza al figlio, passandogli la mano tra i capelli e notando, con una piccola risata, di come si fosse impiastricciato per bene il viso con il carboncino.
 
– Breeen! È con te il piccolo?
– Nora? Si amore è qui con me!
 
Una bella donna, sui ventisette anni, esile e con i capelli biondi raccolti in una coda di cavallo, si avvicinò ai due, i suoi occhi celesti sembravano spenti, nonostante sorridesse al marito e al figlio.
 
 – Il pranzo è pronto! Non avete fame voi maschiacci?
– Io ho una fame da lupo mamma!
 
Il piccolo si era girato verso sua madre, pronto ad abbracciarla, ma lei appena vide come era conciato lo respinse con le braccia in avanti.
 
 – Mio Dio come ti sei conciato! Hai tutto il viso nero! Che gli hai fatto fare?
 – Ma nulla amore! Ha solo disegnato con i carboncini! Guarda! È stato bravissimo tra l’altro!
Il bambino sorrideva orgoglioso, anche se guardava preoccupato e un po’ mortificato verso sua madre.
La donna non degnò di uno sguardo il disegno di suo figlio!
 
– Stupidaggini senza importanza … vai subito a lavarti la faccia! Di a tuo fratello maggiore d’ aiutarti!
 
Il bambino, ora veramente mortificato e con il sorriso spento sul viso, scappò via correndo in direzione della loro roulotte.
 
– Nora … era necessario trattarlo così bruscamente? Non hai nemmeno guardato il disegno che ha fatto … nostro figlio è un piccolo genio! Potevi farglielo un complimento no?
– Sono stanca Bren! Tu non ti rendi conto di quanto quel bambino sia vivace! Non è come suo fratello! Ha l’argento vivo addosso e io non ce la faccio a stargli dietro! L’ho mandato da te per dedicarmi al barbecue e tu lo hai fatto conciare in quel modo!
- È semplicemente un bambino molto intelligente e curioso! È ovvio che sia vivace! William è più grande ed ha un’indole diversa! Crescerà e maturerà, ma non bisogna scoraggiarlo nelle sue capacità!
– Le sue capacità! Sarà anche bravo a disegnare! Avrà ripreso da te! Ma se dovesse fare la tua stessa carriera,  sai come la tira avanti una famiglia?!
 
Colpito e affondato! Riecco lì la vecchia storia che da anni gli rinfacciava la ricca e acculturata famiglia di sua moglie!
 
“L’artista mediocre e squattrinato che aveva trovato l’amore di una giovane ragazza di ottima famiglia, un fallito incapace di portare il pane a casa se non fosse stato per la generosità dei suoi suoceri”
 
– Anche se non apprezzi il mio lavoro, potresti tenere il bambino mentre dipingo! È ovvio che se mi sta vicino rischia di sporcarsi con carboncini e colori!
– Sai benissimo che preferisce stare con te! È praticamente la tua ombra! Ti adora!
– Forse se tu lo trattassi con la stessa dolcezza che usi con Liam, starebbe più volentieri anche con te Nora! Voleva abbracciarti quando sei arrivata e tu lo hai subito rimproverato che era sporco e lo hai respinto!
– Era la verità mi pare!
– Si, Si certo! Era la verità! Ma le cose si possono far capire anche con modi più gentili! C’è rimasto malissimo!
– Ecco! Tutto per dirmi che non sono una buona madre!
 
Due grosse lacrime caddero dalle ciglia di Nora e suo marito si sentì in colpa per averla fatta piangere. Non poteva vederla in quelle condizioni e la prese tra le braccia.
 
– Amore … amore mio! Non è vero e non lo penso! Lo so che sei stanca e che due bambini piccoli e vivaci danno da fare! Siamo venuti in campeggio qui al Tay per farti rilassare e io per preparare questi dipinti paesaggistici … mi frutteranno un bel guadagno … l’acquirente me li pagherà bene vedrai! Domani sera saremo già a Dublino. Abbiamo scelto il Parco Nazionale di Wicklow anche perché è a poca distanza da casa … in poche ore domani saremo là! Dai non piangere … scusami … non volevo offenderti ... i nostri figli hanno bisogno del tuo affetto e delle tue attenzioni, specie il piccolino e … anche io ho bisogno di te!
 
Le aveva preso il viso tra le mani e con i pollici le stava asciugando le lacrime. Lei annuì con gli occhi bassi e tirò su con il naso. L’uomo avvicinò le labbra a quelle di sua moglie e la baciò teneramente. Poi si sciolsero da quell’abbraccio e lei, passandosi il dorso della mano sulle guance, si avviò verso il punto dove si erano accampati.
Un profumo di carne alla brace arrivava da quella parte e le narici dell’uomo ne furono stuzzicate.
 
– Sistemo le mie cose e arrivo subito!
 
Nora non rispose e,  a spalle leggermente incurvate, tornò da dove era venuta.  Il marito la guardò tristemente. Dalla seconda gravidanza Nora non era più la stessa. Avevano avuto il primo figlio desiderandolo fortemente. Era stato un modo per Nora di fuggire dalla sua famiglia “troppo per bene”. Amava quello che con il matrimonio riparatore era diventato suo marito. Il disaccordo dei suoi genitori sull’amore che li univa, aveva rinforzato quel sentimento. Nora aveva sempre apprezzato le capacità artistiche del suo amato e l’aveva sempre difeso davanti ai suoi genitori e a suo fratello Henry.
 
 “Non è l’uomo adatto a te! Sei abituata al lusso! Che vita farai con un artista squattrinato?”
 
L’uomo si rendeva conto che aveva in parte deluso le aspettative di sua moglie. Con il suo lavoro guadagnava, era apprezzato per i suoi meravigliosi paesaggi irlandesi, ma non aveva potuto mai garantire il tenore di vita che sua moglie aveva prima di sposarlo.
La seconda gravidanza non era stata ben accettata da Nora. Erano passati quattro anni dalla nascita di William, tutto sommato era tempo di avere un altro figlio. Forse lei sperava più in una femminuccia, ma in realtà stava vivendo un forte disagio psicologico. Verso la metà della gestazione aveva iniziato ad avere crisi di pianto e panico. Non aveva potuto prendere farmaci, per non danneggiare il feto, e alla fine aveva affrontato il parto con un’angoscia che non aveva conosciuto al precedente. Dopo la nascita di quel bellissimo bambino, moro come il padre, mentre William somigliava maggiormente alla madre, lei si era rifiutata di allattarlo. Le crisi di pianto si susseguivano. Si sentiva inadeguata e i medici diagnosticarono una vera e propria Depressione post partum. Le avevano prescritto degli antidepressivi e alla fine aveva allattato artificialmente il bambino, lasciando la maggior parte dell’accudimento a suo marito. Dopo tre anni Nora ancora non ne era uscita completamente e la loro vita coniugale ne stava risentendo drasticamente. Nonostante suo marito continuasse ad amarla e a desiderarla, lei metteva a dura prova la sua devozione e la sua pazienza. Non aveva mai voglia di fare l’amore con lui, nonostante egli si prodigasse con mille attenzioni nei suoi confronti, era spesso astiosa nei suoi confronti e gli rinfacciava sempre più spesso di essere un “fallito” e che la sua famiglia aveva avuto ragione a suggerirle di non sposarlo.
 
Bren pulì i pennelli a setole dure con l’acqua ragia, li sistemò nella valigetta con i colori ad olio. Richiuse il cavalletto e se lo mise a tracolla tramite l’apposita cinghia. Con il quadro, quasi finito, in una mano e la valigetta nell’altra, si apprestò a tornare dalla sua famiglia.
I suoi occhi azzurri scrutarono ancora una volta il verde dell’acqua purissima del lago, si chiese dove fosse finita quella stessa purezza che un tempo albergava nei sentimenti suoi e di sua moglie. Vide il cigno spiccare il volo. Pensò che fosse un animale fortunato, libero da vincoli, preoccupazioni e con la capacità di volar via in qualsiasi momento. Con un sospiro, ruotò su se stesso e tornò alla roulotte.
***
Nora era stata infastidita, per tutto il viaggio di ritorno, dalle voci allegre dei suoi due figli. Non aveva fatto che rimproverarli di continuo. Bren aveva proposto di cantare insieme delle canzoni folcloristiche, i bambini ne erano stati entusiasti ma sua moglie aveva spento l’entusiasmo di tutti dicendo di aver mal di testa. Bren non aveva risposto, William aveva mugugnato qualcosa sottovoce e il fratellino aveva protestato con la sua vocetta squillante che voleva cantare con suo padre.
 
– Voglio un po’ di silenzio! Già immagino quando saremo a casa! Con tutto il bucato che avrò da fare  mi ci vuole anche questo mal di testa!
– Bambini la mamma non ha tutti i torti! Cercate di schiacciare un pisolino, prima di casa ci fermeremo a mangiare da Mc Donald’s così mamma non dovrà preparare la cena né lavare i piatti!
– Evviva! Io voglio tante patatine papà!
– Vedremo, ma senza esagerare però!
 
William non disse nulla in proposito, ma alzò il pollice verso suo fratello, strizzando l’occhio. Il piccolo rispose con un ampio sorriso, mostrando le due fila di dentini bianchi, era contento che le patatine andassero benissimo anche a lui.
 Nora sembrò soddisfatta, Bren sapeva bene che lei, ormai, non aveva più nemmeno il gusto di cucinare.
 
Arrivarono a casa verso le 22,00. Erano tutti stanchi, ma il frugolo di tre anni ancora non accennava ad avere sonno. Nora chiese a Bren di farlo addormentare e, con santa pazienza, l’uomo si diresse nella stanza dei suoi due figli. William era crollato e non l’avrebbero svegliato nemmeno le cannonate. Il piccolo ancora saltava allegramente sul letto.
 
– Giovanotto non ti pare l’ora di chiudere gli occhi e dormire?
– Ma io non ho sonno papà!
– Eh! Lo vedo bene!
– Mi racconti una storia?
– Va bene ma tu inizia ad infilarti sotto le coperte!
 
Il piccolo obbedì, contento di sentire qualche storia di quelle che gli piacevano.
 
– Mi racconti la storia di Captain Hook?
– Ti pareva! È proprio la tua preferita! Quale versione vuoi? Disney o Barrie?
– Lo sai che quello del film di Disney non mi piace, con i baffoni e i boccoli! Preferisco quello di Barrie, ha i capelli neri e gli occhi azzurri!
– Ti piace perché è più carino?
– Mi piace perché quando racconti penso che somigli a te!
– Sui capelli neri e gli occhi azzurri ci siamo … mi manca solo l’uncino!
 
Il bambino rise divertito.
 
– Prendi l’uncino di una stampella no?
– Giusto genietto!
 
Bren prese veramente una stampella e iniziò a raccontare la storia in versione James Matthew Barrie. In alcuni punti la recitò interpretando lui stesso Captain Hook e suo figlio ne apparve estasiato. Dopo quasi un’ora di racconto il piccolo sembrava più sveglio di prima.
 
– Senti un po’ ragazzino … io ora sono un Captain Hook morto di sonno! Possibile che a te ancora non arrivi?!
 – Mi racconti ancora un altro po’?
– No, no furbacchione! Qua se c’è un vero pirata bello e buono, con gli occhioni azzurri e i capelli neri, sei proprio tu! Se mi prometti che adesso ti metti a cuccia e spegniamo la luce, ti do un regalo che ho preso per te!
 
Il bambino sgranò gli occhi.
 
– Un regalo?!
– Si! Ma solo se vai a nanna!
– Va bene promesso, ma me lo dai subito il regalo? Cos’è?
– Il regalo è nella tasca dei miei pantaloni ed è una cosa da vero pirata!
 
Il piccolo incuriosito saltò fuori dalle lenzuola.
 
– No! Non ci siamo! Captain Hook sarà pure un pirata, ma è anche un gentiluomo di parola! Se vuoi essere come lui devi stare ai patti!
 
Con sguardo furbo e malandrino, il piccolo si rimise a letto. Suo padre si portò una mano alla tasca destra dei pantaloni e ne estrasse lentamente una catena metallica. Rallentò l’uscita dalla tasca guardando suo figlio che tirava su il collo per sbirciare e, sorridendo, alla fine gli porse una brillante catena con due ciondoli annessi.
 
– Papaaà è bellissimissima!! Questa è proprio da pirata!
 
Il bambino si rigirò tra le mani i due ciondoli: un teschio ed un pugnale. Poi si mise la collana intorno al collo.
 
– Forse per dormire è meglio che la lasci sul comodino, non vorrei che ti strangolassi con la catena!
 
Il bambino si tolse la collana e la tenne stretta in mano, sul suo viso era dipinta la felicità per quel regalo di suo padre.
 
– La terrò sempre con me papà! Ti voglio bene!
– Anche io ti voglio bene … ora però …”ninna”!
– Va bene! Grazie papà! Buonanotte!
– Buonanotte anche a te Killian!
 
Lasciando una piccola abat-jour accesa e dando un ultimo sguardo affettuoso a suo figlio, Brennan Jones  chiuse la porta della camera dei ragazzini e si diresse verso la stanza matrimoniale, dove sua moglie Nora già era a letto.
Si svestì e si infilò nel letto con solo i boxer. Era un bell’uomo, aveva una trentina d’anni e il fisico asciutto e atletico. Nora era sveglia, ma gli dava le spalle. Si sdraiò al suo fianco e le accarezzò i capelli biondi, lunghi fino alle spalle. Poi gentilmente le accarezzò una spalla, facendole scivolare lungo il braccio la spallina della corta camicia da notte di seta. Nora ebbe un piccolo brivido, Bren se ne accorse e iniziò a deporle piccoli baci sulla spalla.
 
– Bren  … per favore … non sei stanco? Cerca di dormire!
– Amore, siamo a casa non nella roulotte … questi giorni passati non siamo riusciti ad avere un momento per noi … ti desidero tanto …
- Questa sera non mi va Bren … forse domani …
- Nora … da quando è nato Killian non lo facciamo più come prima … mi manchi troppo lo sai?
– Possibile che voi uomini pensiate solo a quello?
 – Va bene, va bene! Ho capito … niente da fare come al solito! Dormi va! Almeno domani non mi potrai dire di essere stanca!
– Ecco, bravo!
 
Nora non si era voltata un attimo verso di lui e lo aveva scoraggiato con la sua freddezza.
Bren non si arrese comunque e facendole passare le braccia intorno alla vita,  la strinse a sé portandola con la schiena contro il suo petto. Le diede un ultimo bacio dietro la nuca e si accontentò di tenerla vicina così.
 
– Buonanotte Nora!
 
Lei fece un piccolo sospiro rassegnato e gli rispose:
 
- Buonanotte Brennan.
 
***
 
Dublino. Notte del 18 maggio 2008
 
Non riusciva a trovare pace! Continuava a tormentare i ciondoli della collana che portava al collo. Si sbottonò la camicia e si diresse in bagno. Aprì l’acqua nel lavello e si bagnò il viso e i capelli sulla fronte. Si guardò allo specchio. L’acqua scorreva sgocciolando dalle sue guance, rasate quella stessa mattina come tutte le mattine. Si guardò dritto negli occhi. Gli sembravano scuri. Come se il loro solito colore azzurro riflettesse la colpa del delitto di cui si era macchiato. Guardò l’orologio da polso e lesse l’ora. Fece un breve calcolo del fuso orario. A Boston potevano essere le quattro di notte ormai. Per colpa sua una ragazza innocente stava piangendo. La vista di quegli occhi verdi pieni di lacrime lo tormentava. Non si sarebbe mai perdonato il male che le aveva fatto! Sperò che Lorna Stone le fosse stata d’un qualche aiuto. La conosceva da anni, sapeva che fosse dannatamente in gamba! Ma un lutto di quel genere non era facile da superare, lo sapeva fin troppo bene!
Si guardò ancora nello specchio e provò schifo per se stesso. Si passò una mano sul mento per togliere le ultime gocce d’acqua. Si rese conto che, dalla mattina, già si sentiva la ricrescita della barba. Decise che l’avrebbe fatta crescere, non aveva voglia di riprendere il rasoio. L’unica cosa che voleva prendere era la cornetta del telefono e chiamare Lorna. Voleva sapere della ragazza. Cercò di resistere ancora un po’, poi fu più forte di lui. Corse nell’altra stanza e prese il telefono. Digitò il numero di Lorna.
– Si?
– Ciao Lorna … sono Killian …
 
***
 
Boston. Centrale della polizia. Notte del 18 Maggio 2008
 
Emma rievocò il ricordo del secondo incontro con Kim e rispose alla domanda della Dottoressa  Lorna Stone.
 
– Non l’ho cercato io. Non avevo nemmeno il suo numero di telefono … sarei dovuta andare al suo appartamento … non l’avrei fatto, ma avrei voluto tanto rivederlo! Non so se fu un caso o se lui lo fece intenzionalmente, ma il lunedì seguente verso le 13,00, dopo aver dato l’Esame di Psicologia dell’età evolutiva II, lo incontrai a poca distanza dall’uscita della facoltà. Per la verità pensai che fosse lì con intenzione, ora, dopo altre cose che sono capitate … penso che avesse incontrato magari qualcun altro da quelle parti. Non gli avevo detto dell’esame, ma lui mi sorprese chiedendomi come fosse andato. Lo guardai sbigottita, ma doveva essere per il fatto che avevo con me i libri ed ero vestita in un certo modo, infatti si mise a ridere e mi disse:
“Hai l’aria di una che si è tolto un esame, sei vestita a puntino e porti i libri tra le braccia. Dalla tua espressione si direbbe a distanza che l’esame ti è andato anche bene!”
Avevo preso anche la lode quel giorno e quando l’avevo visto spuntare dietro l’angolo, sicuramente la mia espressione era stata di gioia. Mi faceva saltare il cuore in petto ogni volta che lo vedevo! Non ho mai provato una cosa così forte per nessun altro. Sono stata una pazza!
 
– Come avete continuato ad incontrarvi?
– Quel giorno mi disse che sarebbe ripartito per l’Irlanda da lì ad un paio d’ore, aveva un po’ di tempo e mi chiese se volevo bere una cosa con lui … era ora di pranzo e io dovevo tornare a casa … non accettai e lui mi disse che sarebbe stato a Boston per il fine settimana … mi chiese se mi andava di cenare con lui il seguente sabato sera …
 
Emma si fermò dal raccontare, Lorna capì che le immagini dei ricordi le stavano passando nuovamente davanti agli occhi e le diede il tempo per fare le sue elaborazioni.
 In effetti Emma stava ricordando come si era svolta quella conversazione.
 
-o-
 
– Mi stai veramente invitando a cena Kim?
– Credo proprio di si Swan!
– Ma non sei stato tu quello che ha detto che era meglio per me se ti stavo alla larga? Che non ci saremo più rivisti … che fosse meglio così?
– Swan … si è vero … ma evidentemente sono un incoerente, perché da venerdì notte che ti ho riportato a casa … beh ecco …
 
Aveva abbassato la testa e si era portato l’indice verso l’orecchio, un chiaro segnale d’imbarazzo. Emma non ci poteva credere! Uno così sicuro di sé si imbarazzava a chiedere di uscire ad una ragazza? Chissà quante gli morivano dietro!
 
– Insomma Emma … avevo voglia di vederti e sarei contento se veramente cenassi con me sabato sera. Vorrei portarti ad un ristorante italiano. La cucina è ottima ed è un posticino carino …
- Cibo italiano dici? Mmm … ci devo pensare bene! Pensato! Vado matta per il cibo italiano! Credo che si possa fare! Dove ci vediamo?
– Passo a prenderti a casa tua se ti fa piacere …
- Se è un invito ufficiale si, sarebbe giusto! Ma rischi d’ incontrare mia zia Ingrid e che lei si faccia idea che magari hai intenzioni serie con me! Cosa che ovviamente non credo che sia!
– Ovviamente!
– Mmm … io accetto di uscire a cena con te, ma dopo mi riporti tranquillamente a casa, non ho certe intenzioni che tu potresti pensare, ovviamente!
– Ovviamente!
– Sarà solo un modo per passare piacevolmente una serata e conoscerci un po’ meglio, chiaramente!
– Chiaramente!
 
Kim le rispondeva e la guardava con quel suo sorriso sghembo e un sopracciglio alzato, con un’espressione maliziosa che Emma trovava adorabile.
 
“Non è facile dirti di no Kim!”
– Penso che sia meglio se ci incontriamo al parco vicino casa mia, dove mi hai lasciato l’altra mattina! Si, è meglio!
– Decisamente meglio!
 
Ad Emma era tornato in mente anche il modo focoso in cui si erano lasciati, ancora sentiva sulle labbra il sapore del lungo e passionale bacio che si erano scambiati, si chiese se anche a lui fosse tornato in mente e, dalla sua espressione maliziosa, pensò che probabilmente ci stava pensando e come!
 
– Ah ! Mi viene in mente che in caso d’imprevisto non hai il mio numero, né  io ho il tuo!
– Certo che ho il tuo numero Swan!
– Come sarebbe?!
– L’altra mattina, mentre eri in bagno, l’ho preso dal tuo cellulare e se guardi nella rubrica sotto la K trovi il mio!
 
Emma era sbigottita, prese il cellulare e guardò. Tra i nomi che iniziavano per K, proprio all’inizio, c’era solo una K maiuscola e un numero registrato. Schiacciò il tasto per la chiamata e si sentì un suono provenire dalla tasca interna del giubbino di Kim. Egli prese il cellulare ed Emma vide sul display apparire la sua foto.
 
– Non ci posso credere! E quella dove e quando l’hai scattata?
 
Nella foto, Emma si rese conto di indossare il vestitino verde acqua della mattina che era scesa dall’appartamento di Regina, aveva i libri stretti al petto e l’altra mano portata all’orecchio per rispondere al cellulare.
 
– Giovedì mattina … ti ho vista che uscivi da una palazzina con una morettina sexy … non mi hai visto, ero nella mia macchina, parlavi al telefono con una certa Anna …
- Già, mia cugina, mi aveva chiamato per dirmi del Rabbit Hole!
– Si, ho sentito che vi davate appuntamento lì per la sera seguente!
– Cielo! Non sarai uno stalker! Sei pericoloso veramente Kim! Non dirmi che sei andato al Rabbit Hole perché sapevi che ci fossi anche io!
– Non ti montare troppo la testa bellezza! È stata una coincidenza! Dovevo incontrare un cliente, era già in programma, ma l’idea che c’eri anche tu ha reso più piacevole la cosa! Non sono uno stalker!
– Se lo dici tu! Poi questa tua mania di frugare nella mia borsetta …
- Se è per quello ti ho pure spogliata, fatto fare una sauna e una doccia!
– Non potresti dimenticarlo ed evitare di ricordarmelo Kim?! Ancora mi scaverei una buca per nascondermici!
– Non ci penso proprio a dimenticarmi il tuo splendido corpo tra le mie braccia. Anzi, sono pronto a ripetere l’esperienza!
– Kim! Forse alla fine dei conti non è proprio una buona idea che io accetti il tuo invito a cena! Ti ho già detto che non ho “certe intenzioni”!
 
Emma, nel suo miglior rosso pomodoro, si era un po’ piccata, ma Kim aveva riso divertito!
 
– Swan, ti prometto che Sabato sera non accadrà nulla che tu non voglia che accada!
 
Aveva un sorriso così bello e coinvolgente quel giovane! Per Emma era irresistibile.
 
– Ok! Lo hai promesso! Poi dritti a casa mia, senza tardare troppo!
– Promesso!
 
Kim aveva messo anche la mano destra sul cuore e aveva fatto un’espressione fintamente seria.
 
– A proposito di tornare tardi a casa … come è andata con tua zia l’altra mattina?
 – Volevo raccontarle tutto, ma non ce ne è stato bisogno …
– Come mai?!
– Quando sono arrivata ed ho aperto la porta, lei dormiva tranquilla. Anna mi ha raccontato che al suo ritorno le aveva detto che io mi ero fermata da Regina per la notte, ogni tanto lo faccio, ho raccontato a lei cosa è successo con Hans, lei non si era preoccupata aveva pensato che me ne fossi andata con lui per finire in “bellezza” la serata …
- L’avresti finita proprio bene la serata! Ti rendi conto che con la droga in corpo, il tuffo che hai fatto nel fiume e la fuga di quell’idiota ora non saresti qui?
 
Kim si era accigliato, aveva un’espressione furente. La situazione era stata veramente grave. Se non fosse stato per lui che aveva avuto la prontezza di buttarsi in acqua e ripescarla!
 
– Mi hai salvato la vita Kim … non ti ho ringraziato per quello … è stato tutto così strano l’altra sera!
– Ok, andiamo avanti, non mi devi ringraziare, ma “quello”, come ti ho già detto, non lo devi più frequentare, stagli alla larga!
– Certo! Non ci penso proprio, anzi, se lo incontro penso che gli romperò il naso con un pugno!
 
Kim sorrise.
 
– Ti ci vorrei vedere con quei grossi pugni che hai Swan!
– Non mi credi? Stai attento a te Steward! Mi alleno con la box due volte a settimana in palestra, con la mia amica Regina!
- La mora sexy?
– Si, propr … ma ti piace parecchio la mia amica o sbaglio?!
– Direi che è uno schianto! Ma tu mi piaci molto di più Emma …
 
Non le aveva dato il tempo di aggiungere altro, aveva annullato la distanza tra loro e prendendola per la vita con il braccio sinistro e con la mano destra, carezzevole, sulla guancia, l’aveva attirata a sé iniziando a darle piccoli baci sulle labbra che la indussero a ricambiare, trasformandoli in un unico bacio, profondo e sensuale. Si staccò lui per primo e continuò a tenerla tra le braccia, guardandola negli occhi e poi spostando di nuovo lo sguardo sulle sue labbra umide.
 
– Emma … Emma, le tue labbra sono come la droga … danno dipendenza e ogni volta che ti bacio ne voglio di più!
 
Si fusero ancora in un altro bacio, allacciati l’una all’altro in un modo impetuoso, come impetuosamente battevano i loro cuori. Non curanti di essere nel Campus Universitario, con il via vai di studenti e non solo.
 
– Mmm … Kim …
- Mmm?
- Mmm … Perderai l’aereo …
- Mmm … che aereo?
– Mmm … non dovevi partire per lavoro tra poco?
 
Lui le prese il viso con ambo le mani e le diede altri due baci a stampo sulle labbra.
 
– Si, purtroppo devo andare! Ci vediamo sabato sera al parco per le 18,30!
– Si …
 
Emma ricordava che quella settimana sembrava non passasse mai. Aveva raccontato a Regina di cosa le fosse capitato e dell’incontro con quel bellissimo ragazzo. Tutta la settimana l’aveva tormentata parlandogli di lui e lei in un’occasione le aveva risposto:
 
- Direi proprio che questa volta non solo hai sentito il “brivido”, hai subito una scossa di terremoto al massimo grado della scala Richter! Anche lui non mi sembra che sia indifferente al tuo fascino! Non sarei sorpresa se sabato sera ci finissi a letto e questa volta non a dormire!
– No Regina! Gli accordi sono accordi! Dopo cena a casa!
– Si … la sua!
– Regiinaa!
 
Il tanto atteso sabato arrivò. Non si erano sentiti durante la settimana. Lei non aveva voluto disturbarlo, né sembrare una ragazzina assillante innamorata cotta!
Kim la chiamò il venerdì sera, per darle la conferma di essere tornato, desideroso di passare la sera seguente con lei. Tutto andò come programmato e come “accordato”.
 
Emma sapeva che a Boston ci fossero varie comunità di immigrati. Nella zona a nord sicuramente Kim si sarebbe trovato a suo agio, erano soprattutto Irlandesi, c’erano numerosi Pub e ristoranti con la loro cucina tipica. Gli Italiani si trovavano in particolare a East Boston e i loro ristoranti erano famosi per le prelibatezze di una cucina apprezzata in tutto il mondo. Kim, come scoprì Emma, adorava la pizza e, come le disse lui, quella “veramente buona” era solo Italiana!  Aveva scelto infatti un ristorantino italiano a East Boston. Aveva prenotato evidentemente, poiché il cameriere li fece accomodare, subito, in una zona riservata.
Kim fu un perfetto gentiluomo. Le spostò la sedia per farla accomodare e la riempì di piccole attenzioni e galanterie. Tra queste anche una confezione di cioccolatini chiamati “Baci”, fatti di cioccolata fondente, con all’interno una crema alla granella di nocciole e una nocciola in cima, rivestita di fondente. Erano di una famosa marca Italiana e Kim le disse maliziosamente che adorava sia il loro sapore che la loro forma, facendola arrossire quando sottolineò che la forma gli ricordava quella dei suoi “dolci seni”.
 Gustarono una cena a base di pesce. Ad Emma piacquero molto gli spaghetti ai frutti di mare. Mangiò di tutto, dall’antipasto al secondo, non disdegnando anche una porzione di pizza Margherita. Kim era sorpreso e divertito.
 
– Swan se mangi sempre così voracemente, lo credo che vai in palestra … a smaltire! – Lo ammetto, sono una golosa, ma non mangio sempre così, non mi capita tutti i giorni di mangiare italiano! Se andassi a vivere in Italia diventerei una cicciona in men che non si dica!
– Qualche chilo in più non ti starebbe male … ma così sei perfetta, lo so con certezza!
 
Le fece l’occhiolino ed Emma gli lanciò un’occhiataccia. Possibile che ogni tanto le ricordava di averla vista come mamma l’aveva fatta? Lui rise, avendo colto bene il significato dell’occhiataccia.
 
Passeggiarono lungo il Mistyc dopo cena e parlò soprattutto Emma, mentre Kim preferiva ascoltarla, farle domande ed evitare di farsene fare.
Si fermarono lungo una veduta illuminata dalle luci dei grattacieli che sorgevano sulla sponda opposta. L’acqua scintillava, per il riflesso di quelle luci, e scorreva blu come la notte stellata che li sovrastava. La luna era piena e l’atmosfera era molto romantica. Emma poggiò le mani al parapetto che bordava l’affaccio sul fiume e sentì Kim che le cingeva la vita da dietro. La strinse a sé e lei sentì il suo calore dietro la schiena, una sensazione dolce e tenera la invase. Sollevò la testa, voltandola verso di lui e gli diede modo di trovare le sue labbra. Iniziò quel nuovo assaporarsi che continuò con Kim che la ruotò verso il suo petto, baciandola in modo sempre più passionale.
 
– Andiamo nella mia auto Emma!
La Bmw nera non era parcheggiata molto distante. Il giovane mise in moto e si  avviarono verso la periferia di Boston, in direzione della casa di Ingrid. Emma era un po’ delusa, avrebbe voluto ancora i suoi baci. Ma gli accordi dicevano di tornare presto a casa. Kim si fermò un po’ prima del punto della volta precedente, ma non aveva nessuna intenzione di farla andar via. Sapevano ambedue cosa volessero, ma volevano anche rispettare gli accordi.
 
– Swan nel nostro accordo non abbiamo stabilito che non ci possiamo baciare e fare coccole no?
– No, non mi pare!
– Bene! Allora siamo in regola!
 
Si riavvicinò nuovamente alle labbra sorridenti e schiuse di Emma e ricominciarono, perdendosi l’uno nell’altra. Desiderando sempre di più spazi tra i loro abiti, dove far scorrere le loro mani, cercandosi, esplorandosi reciprocamente, accarezzandosi in modo sempre più sensuale. I capelli di Emma, allacciati in una alta coda, furono sciolti da Kim.
 
– Quando sei con me ti voglio con i capelli sciolti Swan!
 
Le sue mani erano leggere sulla sua pelle, calde, gentili. Il morbido abito setoso che indossava Emma, di colore rosa cipria, dotato di una gonna ampia, diede modo al giovane di sfiorare con la mano sinistra il suo ginocchio e poi, insinuarsi sotto la gonna e accarezzarle la coscia fino alla linea dei glutei. Lei lo lasciò fare, mentre intanto aveva le dita delle mani affondate nei suoi capelli bruni e rispondeva ai suoi baci voracemente. Il desiderio reciproco aumentava proporzionalmente al tempo e alle carezze che si stavano scambiando. Emma non resistette oltre e si portò a cavalcioni su Kim, passando sul suo lato. Lui aveva tirato indietro il sedile per darle più spazio tra il poco che c’era con il volante dell’auto. Le loro labbra erano saldate e le loro lingue si accarezzavano e avviluppavano l’un l’altra. Kim portò ambedue le mani sotto la gonna della ragazza, prima accarezzandole l’esterno delle cosce, prive di collant, e poi arrivando alla rotondità dei glutei, vestiti con un basso slip di pizzo, li strinse possessivamente. Lei si muoveva istintivamente, senza consapevolezza, sui suoi pantaloni, lì dove, ormai, tiravano  sulla sua erezione.
 
– Emma … ti ho fatto una promessa … decidi tu se vuoi che io la rispetti o meno, perché, sinceramente, se continui a muoverti così, mi renderai difficile mantenerla!
 
La ragazza tornò in sé e rendendosi conto della situazione, arrossì violentemente, ritirandosi sul suo sedile imbarazzata. Kim le sorrise con dolcezza e le accarezzò le labbra.
 
– Guarda che a me non dispiacerebbe poter evitare di mantenere la promessa, ma ci sono posti più comodi di un’ automobile per “fare le cose bene” e, francamente … con te non vorrei che fosse una cosa sbrigativa!
 
Emma non sapeva cosa rispondere, “aveva fatto un’altra delle sue figuracce” pensò.
 
 – Meglio che io vada a casa ora!
– Aspetta! Ti accompagno un altro pezzo a piedi!
 
Uscirono dall’auto e ad Emma passò un brivido di freddo. Il vestito che indossava era senza maniche e scollato anche dietro la schiena. Kim se ne accorse.
 
– Tieni questo …
 
Si era tolto di dosso il suo giubbino in pelle nera e lo aveva posto sulle spalle di Emma, facendoglielo indossare. Conservava il suo calore e lei se ne circondò volentieri. L’accompagnò fino al cancelletto di legno della casa di Ingrid e si salutarono con un altro piccolo bacio.
 
– Il tuo giubbino …
- Me lo ridarai la prossima volta che ci incontreremo Emma, ora tienilo, io sto morendo di caldo, credo che farò una doccia fredda!
 
Quel giubbino in pelle fu Galeotto, poiché fu la scusa per rivedersi e quella volta fu anche la prima volta che Emma e Kim fecero l’amore.
-o-
 
- Ci rivedemmo anche il giorno dopo … e poi i seguenti venerdì. Lui tornava di solito il fine settimana e io inventavo la scusa che passavo il week – end da Regina. Poi sono accadute cose che mi hanno fatto decidere di andar via da lui …
- Cosa è successo?
– Venerdì scorso mi ha detto che sarebbe ripartito l’indomani, aveva un affare importante da concludere per una banca, almeno così mi aveva detto! Lunedì pomeriggio avevo appuntamento con la mia amica Regina alla sua facoltà. Non era vero che Kim fosse partito! L’ho visto con una donna, alta, mora, molto bella ma sicuramente di qualche anno più grande di lui. Parlavano fitto fitto, poi lei gli ha messo le braccia al collo e si sono baciati. Mi è crollato il mondo addosso! Credevo di essere la sua unica ragazza e invece avevo appena avuto la dimostrazione che non era così. Ero molto vicina e sono rimasta come paralizzata.  Era un bacio appassionato e io mi sono sentita morire … hanno smesso e Kim … è stato come se si accorgesse di essere guardato. Si è voltato verso di me e mi ha vista …
- Cosa è successo?
– Ha fatto finta di nulla! Ha preso quella donna per la vita e se né andato con lei verso la sua auto! Io sono scappata via. Non volevo più vederlo! Poi mercoledì è successo un incidente a Regina e, per la situazione, bisognava chiedere consiglio ad un avvocato. Ho detto a Regina che avrei chiamato Kim, lui diceva di essere un avvocato, magari pure se non si occupava dell’argomento di Regina ci suggeriva un collega competente! Gli ho mandato un messaggio, dicendogli che avevo bisogno di parlargli ed avere un chiarimento. Mi ha risposto che potevamo vederci questa sera al suo appartamento, come al solito.
Sono andata e la porta era socchiusa. Ero arrabbiata e pensavo che se si aspettasse di fare l’amore con me come era diventato il nostro solito, gli avrei dato qualcosa in testa.  Sono entrata, ma ho sentito strani rumori. L’ho chiamato e ho sentito chiaramente che si azzuffava con qualcuno. Sono corsa nel salotto e lì c’era un uomo con un impermeabile nero e un passamontagna in testa che gli puntava una pistola contro. Lui mi ha gridato di scappare e mettermi in salvo. Ha cercato di disarmare il tizio, ma quello lo ha colpito al viso ed è uscito dalla finestra che era aperta. Kim gli ha gridato: “Vigliacco! Ti faccio vedere io!” e lo ha inseguito fuori dalla finestra, lungo le scale di sicurezza. Poco dopo ho sentito uno sparo e ho temuto il peggio … Kim non era armato! Sono corsa alla finestra, ho visto il suo corpo riverso a terra, sul pianerottolo sottostante. Ho gridato il suo nome, ma ho capito che era gravissimo, una macchia di sangue si stava allargando sul suo petto, si vedeva bene sulla camicia bianca che indossava! Non si muoveva più … volevo scendere da lui ma non …
 
Emma scoppiò nuovamente a singhiozzare disperata. Lorna le passò dei fazzoletti di carta.
 
– Le tue vertigini ti hanno bloccata … hai cercato aiuto scendendo a piedi i sei piani di scale, per non usare l’ascensore aperto e, per strada, hai incontrato quella brava coppia di sposini che so ancora sono qui, ti hanno portata in ospedale e poi sei arrivata qui.
Emma … temo che oltre al dolore della perdita, tu stia soffrendo anche per il senso di colpa. Ti senti in colpa per non essere riuscita a giungere da lui a causa delle vertigini e, in più, perché eri arrabbiata con lui e gli avresti voluto tu stessa fare del male. Qualcuno gli ha fatto del male veramente ed è come se si fosse realizzato un tuo cattivo pensiero.
– Si, si! È anche questo che sento!
– Tu non hai nessuna colpa Emma. Eri giustamente arrabbiata, avevi vissuto il tradimento. Soffri perché comunque lo amavi e volevi una spiegazione che lui non può più darti!
– Io lo amo ancora così tanto!
 
Per Kim Emma ancora aveva lacrime da piangere! Lorna lo sapeva molto bene. Ma pian piano  la giovane Emma Swan ne sarebbe uscita. Lei avrebbe potuto aiutarla e glielo propose.
 
– Emma … è molto tardi ormai e tua zia è stata avvertita, sarà qui a momenti, dovrai dare qualche spiegazione anche a lei se non sa tutto su Kim. Io ho uno studio privato proprio qui a Boston, ecco l’indirizzo …
 
Lorna scrisse su un foglietto via e numero civico.
 
– Ti aggiungo il mio biglietto da visita. Tra tre giorni vieni da me, ti prendo in carico, non dovrai nemmeno pagarmi la parcella, è un servizio gratuito collegato al mio lavoro di collaborazione con la Polizia.
– Grazie Lorna, ci vediamo lunedì! Va bene la mattina verso le dieci?
– Le dieci sono perfette, ti aspetto!
 
Qualcuno bussò alla porta. Rogers annunciò che la Signora Ingrid Frosen era arrivata per riprendere sua nipote. Emma uscì dalla stanza e trovò ad attenderla sia Ingrid che i coniugi Nolan. Avevano già parlato con sua zia, mentre che aspettavano la fine del colloquio tra la Psicologa e la giovane. Emma non era accusata di nulla, David non ebbe modo di rendersi ulteriormente utile. Mary Margaret abbracciò la ragazza e la invitò nuovamente a farsi sentire se ne avesse avuto il  bisogno. Sia lei che suo marito avrebbero fatto di tutto per aiutarla. Ingrid e sua nipote ringraziarono la coppia e poi ognuno tornò a casa sua.
 
 
Lorna sistemò le sue scartoffie nella grande borsa che portava con sé.
 
“Kim Steward”
 
Quel nome non le era nuovo. Uscì dallo studio e tornò da Rogers.
 
– Sergente! Potrei vedere la scheda segnaletica della vittima?
– Certo Maggiore Stone. In archivio c’erano tre pregiudicati con quel nome … ecco quello riconosciuto dalla Signorina Swan.
 
Le mani curate di Lorna Stone presero delicatamente la cartellina gialla e l’aprirono. La fotografia di un giovanissimo Kim Steward gli apparve nella sua adolescenziale e seducente bellezza. Lo conosceva molto bene! Lo aveva conosciuto proprio quando era stato arrestato la prima volta. Era stata coinvolta professionalmente per la particolarità della situazione.
 
“Sei cresciuto Kim e a modo tuo non hai smesso di combinare guai! Cara Emma! Lo credo che ti sei innamorata perdutamente! Sei finita tra le braccia del “Principe dei seduttori” e tra i Principi il più “Pirata”! Ora molte cose mi sono chiare. Spero che tu venga veramente all’appuntamento di lunedì.”
 
Restituito il fascicolo al Sergente, Lorna chiese di Jefferson e seppe che era già andato via.
 
“Meglio per lui!”
Si rimise in macchina e guidò verso il suo appartamento. Erano quasi le cinque e aveva il tempo di dormire un paio d’ore soltanto. Avrebbe impiegato poco per arrivare, a quell’ora il traffico ancora non si svegliava del tutto.
 
Aprì la porta e Generale le corse incontro miagolando.
 
- Beato te che hai dormito amico mio! Io sono distrutta!
 
Si tolse l’impermeabile e lo buttò sulla sua chaise longue in alcantara beige. Si diresse in camera da letto e iniziò a buttar via le scarpe. Uno squillo del suo cellulare le fece interrompere la sua operazione di svestizione.
 
“Nooo! Che altro c’è ancora?!”
 
Prese malvolentieri il cellulare, il numero era intercontinentale di sicuro, ebbe la certezza di chi si trattasse. Rispose:
 
- Si ?
– Ciao Lorna … sono Killian …
- Ovvio che sia tu!
– Già!
– Lo sai che ore sono?
– Si …
- Non sei riuscito a dormire scommetto! E a causa tua io neppure! Sono appena tornata …
- Mi dispiace Lorna …
- Dovresti dirlo ad Emma che ti dispiace!
– Come sta?
– Me lo chiedi pure?
– Ti ho mandata da lei per aiutarla …
- Sta soffrendo da cani! L’ho presa in carico, ci vedremo questo lunedì mattina, ma sai che non potrò dirti nulla di lei, quindi non mi richiamare per farmi l’interrogatorio!
– Conosco le regole! Ti chiedo solo di aver cura di lei …
- Anche io avrei qualcosa da chiederti, ma immagino già la risposta!
– Cosa?
– Dovevi necessariamente uccidere Kim Steward?
– Stava diventando troppo pericoloso per lei!
– Solo per lei o anche per te “Cuore di ghiaccio”?
 
Dall’altra parte si sentì il silenzio, poi …
 
- Non posso permettermi sentimentalismi …
- Forse te ne sei permessi anche troppi questa volta. Hai coinvolto un innocente!
– Non era calcolato, è stato un caso … lei si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato!
– Dovevi pensarci prima Killian, dal primo momento!
– Vai a riposare Lorna, tra poco dovrai rimetterti a lavoro!
– Vale anche per te Killian!
 
Riattaccarono i telefoni. Lorna scaraventò il suo sul letto.
 
A chilometri di distanza la mano sinistra di Killian Jones metteva giù la cornetta del telefono. Con l’altra mano tirò fuori dalla tasca dei pantaloni il cellulare. Digitò su “rubrica”, lettera E.  Apparve la foto di una giovane bionda, dai lunghi capelli ondulati, vestita con un vestitino verde acqua, i libri di Psicologia stretti al petto e nell’altra mano il cellulare portato all’orecchio.
 
Con pollice e indice dilatò l’immagine all’altezza del viso, evidenziando in primo piano gli occhi verdi della giovane.
 
– Mia dolce Emma … ho inquinato la purezza di questi specchi d’acqua lacustre … non avrei dovuto … non avrei dovuto cedere. Non posso permettermi sentimentalismi!
 
Voleva ancora convincersene? Sapeva che stava mentendo anche a se stesso!
 
 
Angolo dell’autrice
 Buona domenica a tutti, in vacanza o a lavoro! Non credevo di riuscire a pubblicare questa settimana, ma è capitato. Diciamo che sarà contenta qualche amica di penna che mi dice di aver sviluppato una certa dipendenza ;))
Abbiamo incontrato per bene Killian Jones in questo capitolo! Descritto come un bimbo adorabile prima e un gran bast … dopo!
Credo che con questo capitolo si sia capita abbastanza la situazione e qualche mistero si sia svelato ( più o meno), ma non finisce qui.
 
Un tema trattato è quello della sindrome depressiva post partum, di cui è affetta la mamma del piccolo Killian. Una situazione poco piacevole che porta i suoi danni. Che altro sarà capitato al giovane Killian per diventare “Cuore di ghiaccio”? Che influenza avrà avuto suo padre su di lui?
Lorna e il giovane Kim? Quello è un mistero ancora da chiarire, ma sarà utile vista la dipartita ormai del giovane?
Va bè, finisco qui. Ringrazio chi segue e chi lascia un commento. Spererei di pubblicare l’altra FF per domenica prossima, ma ormai non posso più fare promesse, sono incoerente come Kill … ops! Kim.
Baci! Lara
 
 

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Capitolo 7
*** Grandi delusioni ***


Capitolo 7
Grandi delusioni …
 
Boston, domenica 20 Maggio 2008.
 
Il candore del salotto di Ingrid Frosen ricordava un paesaggio innevato. Il bianco predominava su ogni pezzo dell’arredamento, dalle tende di lino inframmezzate di pizzo macramè, al divano con chaise longue, alla poltroncina su cui sedeva, comodamente, la padrona di casa, mentre leggeva il quotidiano della domenica. 
La figura di Ingrid si rifletteva nel grande specchio circolare che sormontava il divano. Un oggetto di rara eleganza, incorniciato di cristalli finemente lavorati, in modo da riprodurre un insieme di forme simili a quelle dei bellissimi, stellati, cristalli di neve.
Ingrid era assorta a leggere la notizia in prima pagina e quasi non  si accorse di Emma, che, piccola macchia nera, in quel candore, era entrata nella stanza e si era rannicchiata sul divano.  Distolse lo sguardo dall’articolo e lo rivolse, preoccupata, e sinceramente dispiaciuta, a quella che considerava ormai sua figlia. Sicuramente aveva pianto ancora. La vedeva con gli occhi arrossati, mentre indossava quel maglioncino nero che rifletteva il lutto che albergava in quel momento nel suo giovane cuore innamorato. Ingrid aveva saputo di Kim dal primo appuntamento che sua figlia aveva avuto con lui, per una romantica cena, un sabato di alcune settimane prima. Sapeva che lo frequentava, ma non aveva mai sospettato che i week – end, in cui la ragazza le diceva di stare da Regina, li passasse in realtà con quel giovane.  Che Emma ne fosse molto innamorata lo aveva capito chiaramente! Era oltre un mese che la vedeva raggiante, sognante … La capiva, sapeva cosa significasse amare profondamente e profondamente soffrire per il lutto di quel tipo d’amore. Lo aveva provato anche lei con la morte prematura del suo amatissimo Ector.
 
Due sere prima era andata a riprendere la ragazza alla centrale di Polizia. Quella sera aveva capito delle bugie dei fine settimana di Emma. C’era rimasta male. Non per le bugie in sé, quanto per la mancanza di fiducia di Emma nei suoi confronti. Avevano sempre avuto un ottimo rapporto e un bel dialogo. Se avesse saputo meglio come stavano le cose l’avrebbe consigliata, non certo impedita di incontrarsi con il ragazzo che le aveva rubato il cuore!  Anche quel venerdì sera Emma le aveva detto che sarebbe andata da Regina invece …
 
Una lacrima scivolò nuovamente lungo la guancia di Emma e la sua mano sinistra fu pronta e veloce nel cancellarla, non voleva farsi vedere ancora piangere da sua zia, quasi si pentì di essere scesa in salotto, ma non ce la faceva più a starsene sul suo letto. Ingrid non disse nulla, come non aveva detto nulla venerdì notte, mentre in macchina la riportava a casa. Emma le era stata grata per quel silenzio, poiché lei stessa non aveva più voglia di parlare. Aveva parlato tanto con i poliziotti e ancor di più con la Dottoressa Stone. Si sentiva completamente svuotata e quando era arrivata a casa era caduta sfinita sul letto, addormentandosi e non trovando riposo tra gli incubi che avevano infestato il suo mondo onirico.
Ingrid, con il suo bel viso altero e la sua espressione contemporaneamente dolce e materna, la stava guardando. Lei sentiva il suo sguardo su di sé, sentiva che era arrivato il momento di parlarsi.
Fu Ingrid a rompere il ghiaccio, era sempre una sua prerogativa abbattere il gelo che a volte si creava tra lei e gli altri.
 
– Tesoro come ti senti?
– Mi sento morta dentro mamma!
 
Ingrid si alzò dalla sua poltroncina preferita e si mise seduta vicino ad Emma, avvolgendola in un abbraccio materno. La giovane si poggiò sulla sua spalla e a sua volta le portò le braccia intorno al torace, come faceva da piccola, dopo la morte dei genitori, quando la prendeva lo sconforto della loro perdita.
Ingrid la sentì così indifesa in quel momento, che le sembrò veramente di essere tornata indietro di anni, quando Emma era appena arrivata da lei, dopo la tragedia dell’incidente. Era sopravvissuta per miracolo a quel mortale incidente. Era rimasta gravemente ferita alla milza, operata con la massima urgenza e in terapia intensiva per giorni. Ancora la cicatrice di quell’intervento si disegnava sull’ addome della sua bambina, indelebile ricordo di ciò che aveva vissuto. Ora un’altra cicatrice segnava la giovane, una cicatrice che non si vedeva, ma che le aveva segnato per sempre il cuore.
 
Altre lacrime scivolarono sulle guance di Emma, ma questa volta le lasciò correre via, sentendo il conforto del calore affettuoso dell’abbraccio di Ingrid.
 
– Dimmi come si fa a smettere di amare mamma! Aiutami! Perché io continuo ad amare Kim, nonostante tutto quello che ho scoperto … nonostante tutto … nonostante non ci sia più! Forse se smetterò di amarlo smetterò di soffrire …
- Tesoro mio … se ami veramente qualcuno … non si può smettere di amare. Se ti ha dato qualcosa di buono, ama quella parte di lui, per il resto … dimentica e non restare vincolata al rancore né al ricordo … devi andare avanti, trovare altri scopi nella vita. Realizzare i sogni che avevi prima di lui!
– In un certo senso è quello che mi ha detto Lorna … mi ha dato un appuntamento per domani …
- Una buona idea questa! Vai all’appuntamento. Parlare ti farà bene. Puoi parlare anche con me tesoro, lo sai, lo hai sempre fatto … non so perché questa volta mi hai tenuto nascosto che ti vedevi i fine settimana con lui … non te lo avrei impedito, ma forse ti avrei dato qualche consiglio.
– Ho fatto degli errori di valutazione mamma, ma se tornassi indietro … li rifarei se incontrassi di nuovo lui!
– Era così speciale per te?
– Lo era mamma … lo è ancora purtroppo! Non so come sia possibile che una persona bella, come lui si è mostrato per tanti giorni, potesse nascondere una vita da delinquente! Mi ha ingannata e … tradita!
– Ho letto ora il giornale Emma … è uscito un articolo sul ritrovamento del suo cadavere nel Mistyc …
- C’è anche la sua foto?
– No, non ci sono foto nette di lui, tranne la sagoma coperta dal telo nero su una barella spinta da un poliziotto … Meglio che non ci siano, sarebbe più doloroso per te se volessi leggere l’articolo.
– Non voglio leggerlo! Dimmi tu cosa dice …
- Le solite cose più o meno, tipo “Un faccendiere invischiato nel mondo della droga, ritrovato nel Mistyc, dopo un regolamento di conti tra cartelli rivali”. Fanno il suo nome, dicono che era un avvocato prestato a quell’ambiente … una brutta situazione e tu Emma hai corso rischi pazzeschi a frequentarlo, potevano uccidere anche te. Dio se ci penso! E tu eri in quell’appartamento! E chissà quante volte ci sei stata!
– Non così tante mamma … siamo stati molto poco insieme, a parte un paio di week end … venerdì non sarei rimasta … ero andata da lui per chiedergli un favore per Regina e ho trovato quella situazione …
- Il Sergente Rogers mi ha raccontato tutto … non è necessario che ricordi nuovamente quel brutto momento!
– Eppure mamma, anche se non vorrei ricordare … ho bisogno di farlo! Mi manca terribilmente!
– Lo so Emma, è stato lo stesso per me quando ho perso tuo zio Ector!
– Ma tu l’hai superato mamma!
– Lo supererai anche tu Emma … ci vorrà tempo, scopi da raggiungere, sogni da realizzare e … un nuovo grande amore …
- Non lo so se sentirò più lo stesso sentimento per un altro uomo!
– Forse ne sentirai uno ancora più forte … chi lo può sapere?
– Tu non l’hai trovato …
- Si che l’ho trovato!
- Veramente?
– Tesoro mio … sei tu con Anna ed Elsa … Non sempre l’amore più grande è  per un uomo. Per me sono le mie tre figlie!
 
Emma sapeva che Ingrid avrebbe voluto incoraggiarla in tutti i modi possibili ed immaginabili, ma lei era veramente convinta che non avrebbe mai più trovato un ragazzo in grado di farla sentire come l’aveva fatta sentire Kim e non pensava che avrebbe avuto figli.
 
Mentre quell’abbraccio continuava tra “madre e figlia”, lo squillo del telefono le distrasse dalle loro confidenze. Anna rispose dalla cucina, usando il cordless, Emma la sentì nominare Regina. Erano rimaste d’accordo che lei l’avrebbe richiamata dopo aver parlato con Kim, ma tutto era andato  “diversamente”. Non solo Emma non aveva richiamato la sua migliore amica, non le aveva nemmeno risposto alle numerose telefonate che da sabato pomeriggio le stava facendo. Non ce l’aveva fatta a risponderle, avrebbe dovuto metterla al corrente di quanto successo! Sentì Anna salutare Regina con l’ultima frase:
 
“Le dirò che hai chiamato … si … certo sta parecchio giù di tono … si … ovviamente … ciao … grazie …”
 
***
La mano affusolata di Regina aveva appena messo giù la cornetta del telefono e il suo bel bracciale in argento, guarnito di numerosi charms, era scivolato leggermente lungo il polso. Rimase seduta sulla poltrona vicino al telefono. Si era arrabbiata con Emma, per il fatto che non le avesse risposto alle chiamate ed era ancora più arrabbiata poiché aveva temuto che avesse passato la notte a fare sesso con quel bieco individuo che si era rivelato “Mister K”. Emma stessa le aveva detto di averlo visto baciare un’altra!
 
“Sporco traditore … fare questo ad un angelo come Emma!”
 
Se non fosse stato per quello che era capitato a lei, Emma non sarebbe nemmeno andata da quel ragazzo!
La sorpresa più grossa l’aveva avuta quella mattina, leggendo il giornale. Era ancora sconvolta, non si aspettava di leggere che quel giovane fosse un faccendiere colluso con il mondo della droga, assassinato proprio venerdì notte e gettato nel Mistyc. Dopo si era sentita ancora più in colpa nei confronti della sua bionda amica  e non aveva potuto non chiamarla al telefono di casa sua, almeno lì qualcuno le avrebbe risposto e dato notizie di lei!
Anna era stata molto gentile, ma si sentiva il dispiacere nella sua voce. Emma non voleva parlare con nessuno, lo aveva detto chiaramente ai suoi familiari. Anna le aveva raccontato che la cugina si era chiusa nella sua stanza, senza voler nulla da mangiare, da venerdì notte, dopo che Ingrid l’aveva riportata a casa dalla Centrale di Polizia.
 
 
Regina abbandonò la testa all’indietro, sulla spalliera della poltrona e pensò a quanto strano e crudele potesse essere il fato. Nel giro di pochi giorni, sia lei che la sua migliore amica, avevano perso qualcosa di molto importante, subendo una grande delusione. Erano passate dalla maggiore felicità alla più profonda tristezza e tutto nei pochi giorni della settimana precedente! Con la testa poggiata alla spalliera, chiuse gli occhi e rivide le immagini nitide e risentì i dialoghi che erano capitati in quei giorni da dimenticare.
 
-o-
Era il pomeriggio del lunedì precedente a quel fatidico venerdì. Regina aspettava alla Facoltà di Storia dell’Arte che arrivasse Emma. Era il loro giorno d’allenamento in palestra. La bella “mora” indossava un’elegante tuta vellutata, blu cobalto. Con la borsa da palestra era corsa al luogo preciso dell’appuntamento, temendo di essere in ritardo, invece Emma ancora non era arrivata. Aveva atteso un quarto d’ora e poi si era decisa a chiamarla. Non le aveva risposto, la segreteria la dava “non raggiungibile”. Non le rimase che avviarsi verso la palestra da sola, al limite si sarebbero viste lì.
 
Fu proprio in palestra che la trovò.
Aveva già indossato i suoi pantaloncini in rasatello rosso, con uno spacchetto dai bordi arrotondati sull’esterno coscia, che le rendevano ancora più sexy le belle gambe lunghe e snelle. La canotta grigia, aderente, le metteva in evidenza il seno,  alto e sodo, mentre zone più scure del tessuto, dicevano chiaramente da quanto e di quanto la giovane Swan stesse sudando. Aveva i guantoni da boxer infilati sui pugni e stava sferrando dei dritti e dei ganci micidiali ad un indifeso sacco in cuoio, ripieno di sabbia. Le sue braccia, dai muscoli ben tonificati da quello sport, erano lucide per il velo di sudore che le copriva, come lo stesso il viso arrossato, il petto e le spalle. Continuava a saltellare con i piedi e a tirare di pugni, mentre la sua espressione facciale era chiaramente furente.
 
– Sono contenta di non essere al posto di quel sacco! Hai intenzione di “ucciderlo” per caso?
 
Emma aveva visto con la coda dell’occhio Regina che era entrata senza far rumore, o se l’aveva fatto, non l’aveva sentita!
 
– Si, in questo momento lo ucciderei veramente il “bastardo”!
 
Regina si era sporta in avanti verso l’amica, mettendo le mani sui fianchi, piegando leggermente di lato la testa e strizzando gli occhi guardandola.
 
– Ho come una strana sensazione che tu non ti stia riferendo proprio al sacco di cuoio!
 
Emma non rispose, ma sferrò una batteria di pugni al sacco che lo fecero oscillare parecchio.
 
– Non mi dire che hai litigato con il tuo “adorato” Kim?!
– Non lo nominare nemmeno Regina, non lo voglio più nemmeno sentire il suo nome!! 
- Wow! Cosa ti ha fatto il tuo “Mister K”?
 
Regina era quasi divertita delle reazioni di Emma e pensava semplicemente che fosse in crisi per il loro primo litigio da innamorati.
 
– Già, “MIO”, quello credevo!
– Cosa cosa?! È quello che temo?
– Immagino che tu abbia capito Regina! Il mio “adorato Mister K” altro non è che un traditore! L’ho beccato poco fa non distante dalla tua Facoltà a baciarsi appassionatamente con una “tipa”, stile modella … alta, capelli lunghi e neri e credo più grande di lui! Una tipo “donna fatale”!
– Ooh! Emma mi dispiace tanto … da come ne parlavi sembrava cotto di te quanto tu di lui!
– Ma quale “cotto”! Quella che si è scottata sono solo io! Bastardo maledetto!
 
Emma aveva ripreso a dare una gragnola di pugni al sacco, con più violenza e rabbia di prima. Regina era rimasta basita. In effetti da quel poco che Emma le aveva raccontato, “Mister K” si era sempre comportato con lei in modo molto galante, gentile, premuroso e anche piuttosto amorevole! Possibile che Emma non ci avesse capito nulla? Studiava Psicologia, ma di uomini era piuttosto inesperta. Possibile che si era solo illusa e Kim l’avesse semplicemente usata per puro piacere sessuale? Poteva essere tranquillamente! Gli uomini erano così, generalmente, no?
 
– Emma … non mi va di fare ginnastica questa sera … fatti una doccia che andiamo a bere qualcosa da “Favole di Esopo”…
- Non ho intenzione di bere per dimenticare Regina! Fossi stata in me quando l’ho incontrato, forse le cose sarebbero andate diversamente!
– Ma non è stato per aver solo bevuto … lì il problema era stato quello che ti avevano messo nel drink!
– Si, ma io avevo accettato di bere alcoolici e ho giurato a me stessa di non farlo più! – Come vuoi! Sfogati allora con il sacco … poi se ti va parliamo ancora!
 
Dopo la palestra erano andate a casa di Regina. Emma era ancora arrabbiata e dispiaciuta. Avevano ordinato due pizze ai peperoni ed Emma aveva sbranato la sua,  più un pezzo di quella di Regina, infine avevano dato fondo alla scorta di tavolette di cioccolato che Regina teneva tra i dolciumi, o meglio … Emma aveva dato fondo a tutte le tavolette di cioccolata! Il risultato ne era stato un mal di stomaco da indigestione, seguito dal vomito. Regina ancora ricordava lo spettacolo pietoso di Emma inginocchiata davanti al water a svuotarsi delle schifezze che aveva ingurgitato quella sera, mentre lei le teneva i capelli con la sinistra e la fronte con la destra. Poi erano tornate a sedersi sul divano.
 
– Che peccato Emma! Poteva essere una bella serata! Io avevo la bella notizia che domani farò la mia prima correzione degli scritti di un gruppo di studenti del Professor Gold!
– Beh! Questa è comunque una bella notizia lo stesso! Sono felice per te!
 
Emma aveva risposto respirando con una certa fatica e iniziando a boccheggiare stranamente.
 
– Emma?! No, no Emma! Sul tappeto nooo!
 
Purtroppo fu tardi, perché un altro conato di vomito aveva impegnato la giovane Swan proprio sul tappeto del salottino di Regina!
 
La mattina dopo Regina era uscita di casa lasciando Emma che ancora dormiva. La bionda non aveva saputo più come scusarsi la sera prima, per il disastro sul tappeto, e quella mattina le aveva detto che avrebbe provveduto di persona a farglielo pulire e disinfettare.
Regina era contenta di andare in Facoltà, non solo per allontanarsi dal puzzo che aleggiava nel suo appartamentino, ma soprattutto perché avrebbe passato la mattinata con l’affascinante Professor Robert Gold, a correggere l’esame scritto degli studenti del primo anno.
Aveva indossato uno dei suoi tailleur eleganti, ma giovanili, in fresco lana verde petrolio, con una camicia in raso di una tinta più chiara ma perfettamente assonante. Si era truccata poco, curando in particolare la sua bocca carnosa, con un rossetto non troppo acceso e un filo di matita per risaltare i suoi grandi occhi castani.
Aveva bussato poi alla porta dell’ufficio di Gold e, quando lui le aveva aperto personalmente la porta, gli aveva rivolto un sorriso smagliante. L’aveva fatta accomodare e, mentre lei gli passava davanti, non si era potuta accorgere dello sguardo carezzevole e lascivo su ogni sua curva che l’uomo le aveva rivolto.
 
La prima ora di lavoro procedette tranquillamente. Lui le aveva mostrato le griglie di correzione, per alcune parti a quiz dell’esame, e un testo che Regina conosceva a menadito. Dopo la prima mezzora Gold si era sciolta la cravatta e tolto la giacca, invitando anche lei a togliere la giacca, nella stanza faceva caldo in effetti e l’aria condizionata non sembrava funzionare bene.
Alla fine della prima ora l’uomo era passato dalla parte opposta della scrivania, sedendosi al suo fianco, sfiorandole casualmente con un ginocchio la parte scoperta della gamba destra. Si era scusato con Regina e lei aveva risposto con un sorriso educato, senza prestar molta attenzione alla cosa. In seguito il Professore si era alzato portandosi dietro la spalliera della sedia di Regina e, chinandosi verso la sua spalla, per guardare lo scritto che lei stava correggendo, aveva allungato un braccio per indicarle un passaggio e poi aveva portato anche l’altro braccio in avanti, tanto che Regina si era trovata nel mezzo delle braccia di Gold, con l’odore del suo dopobarba un po’ troppo vicino. Aveva iniziato a sentire una sorta di campanello di allarme. Una specie di pizzicorino dietro la nuca. Si era detta che fosse una sensazione esagerata, quello era lo “stimato Professor Gold”! La considerava la sua “Pupilla”, di certo non altro!
Gold le aveva lasciato, poi, il foglio tra le mani e si era riportato dritto, dietro la sua sedia, ma questa volta le aveva posato le mani sulle spalle. 
 
– Complimenti Regina … ho scelto bene! La tua preparazione è ottima!
– Grazie Professore!
 
L’uomo aveva trattenuto le mani sulle sue spalle e le aveva mosse lungo i deltoidi della giovane laureanda, come per farle una carezza di incoraggiamento e stima, almeno così aveva “voluto” credere Regina. Poi la mano destra di Gold aveva iniziato a giocherellare con i suoi capelli dietro la nuca, accarezzandole, con un leggero sfiorare, il collo.
 
– Hai capelli bellissimi e morbidi Regina …
 
Lei si era toccata i capelli, togliendoli dalla mano dell’uomo, voltandosi piano, con un debole sorriso sulle labbra, senza dire nulla, ma sentendosi sempre più a disagio.
Lui si era allontanato e Regina aveva tirato, mentalmente, un sospiro di sollievo, senonché si accorse che lui stava girando la chiave nella serratura della porta, chiudendola.
Regina era scattata in piedi allarmata, poggiandosi alla scrivania con i fianchi e le mani.
 
– Professore perché ha chiuso la porta?!
– Non ti spaventare cara … è solo per impedire a qualche studente inopportuno di disturbarci mentre finiamo le correzioni …
 
L’uomo si era riavvicinato, accarezzandole il braccio, facendo scorrere la mano sulla bella camicia in raso della giovane, provocandole un brivido.
 
 – Siediti pure mia cara … continuiamo.
 
Regina non era molto tranquilla, ma aveva pensato che, tutto sommato, non significasse nulla. In fin dei conti non le dispiaceva la compagnia di quell’uomo affascinante ed estremamente colto. Ricevere dei suoi complimenti inoltre la lusingava molto!
Avevano continuato a correggere ancora altri scritti, poi lui l’aveva coinvolta in una interessante discussione sull’espressività delle statue di Michelangelo Buonarroti, passando al Canova,  confrontando la sensualità espressa nell’ “Amore e Psiche di quest’ultimo, con quella dell’ “Apollo e Dafne” del Bernini.
 
– Nel Bernini, nonostante la fuga della bellissima Dafne, Apollo la brama con passione e la motricità espressa dall’artista è sublime nella posa dei due protagonisti, Apollo che cerca di afferrare la sua amata e lei che, quasi innalzandosi verso gli dei, lei stessa ormai deificata, lentamente si trasforma in alloro. Quasi si percepisce il movimento vibrante della carne, come quello delle foglie di alloro, sottili schegge di marmo in cui si rispecchia magistralmente il genio del Bernini. Nell’ ”Amore e Psiche” i corpi dei due amanti sono così protesi l’uno verso l’altra, da anelare all’incontro carnale tra i due, dando idea che sta per compiersi con estrema accondiscendenza di Psiche. Ovvia la simbologia della mente razionale che soggiace all’istinto dato dall’amore …
 
Regina conosceva quelle opere, le amava molto in realtà e condivideva quanto il Professore Gold stava dicendo. Il suo modo di parlare inoltre la coinvolgeva nell’anima e da donna sensibile alla bellezza dell’arte, ricordando le statue e la loro sensualità, aveva iniziato a provare una leggera esaltazione che si stava riflettendo in un’eccitazione inconscia che le stava provocando una reazione fisica di cui provava vergogna.  Si era resa conto che si stava inumidendo e aveva stretto automaticamente le gambe. Gold aveva avuto un sorriso lascivo sul viso e le si era  avvicinato.
 
– Da sempre la bellezza femminile ispira gli artisti, chi meglio sa rappresentarla riesce a dare vita alla pietra e, sempre, il merito principale va alla donna che lo ha ispirato. Io non sono uno scultore Regina …
 
Parlando si era inginocchiato davanti alle sue gambe e le aveva posato le mani sulle ginocchia.
 
– Ma se lo fossi mi piacerebbe rappresentare te, mia bellissima musa! Queste tue eburnee e perfette gambe …
 
Le mani di Gold avevano scorso velocemente sotto la gonna aderente di Regina, accarezzandole lateralmente le cosce. Il prurito adrenalinico, dietro la nuca della giovane, si era fatto sentire improvvisamente più forte e lei era scattata in piedi automaticamente, restando incastrata tra la scrivania e l’uomo. Questi, mentre lei si alzava, non le aveva tolto le mani dalle cosce, anzi, approfittando del fatto che la ragazza si fosse messa in piedi, gli fu più facile far scorrere la gonna su per quell’ultimo pezzo di gambe, fino ad intravvedere il perizoma nero che lei indossava. Nel movimento si era riportato in piedi anche Gold e, con una velocità serpentina, che Regina non avrebbe mai sospettato, le aveva messo una gamba tra le sue, per tenergliele divaricate il necessario per aver accesso alla sua intimità.
 
– Mia bellissima Regina, la perfezione del tuo corpo è una vera opera d’arte, lascia che io possa goderne la  vista! Vorrei che tu posassi per me, come una modella, senza veli e senza pudori …
 
Regina si teneva con le mani poggiata alla scrivania. Era viso a viso con Gold, come ipnotizzata dalle sue parole e stava lasciando che questi le accarezzasse il viso e le labbra, passando poi lentamente al collo e all’abbottonatura della camicetta.
 
- Queste labbra carnose e rosse, come la mela del “peccato originale,” promettono il sapore del nettare degli Dei … Vorrei peccare con te … baciando ogni lembo della tua dolce pelle … questi morbidi seni …
 
Parlando in quel modo Gold stava soggiogando Regina. Lei era come paralizzata e, contemporaneamente piacevolmente colpita da quelle attenzioni, non si stava rendendo conto, realmente, del significato di cosa stava facendo il “diabolico” Professore Robert Gold. Era arrivato ad aprirle buona parte dei bottoni della camicetta e le sue mani erano sui suoi seni, coperti dal leggero strato di pizzo del reggiseno abbinato al perizoma. Le sospirava all’orecchio quelle parole che, pur sensuali, erano volte a plagiarla. La bocca di Gold si accostò al suo collo e iniziò a darle umidi baci lungo la giugulare. La sua mano sinistra intanto si era spostata dal seno, dietro la schiena di Regina, tenendola saldamente a sé, la destra, a sua volta, mentre le labbra di Gold la distraevano con i baci sul collo, si stava dirigendo in basso, verso il centro delle sue gambe, tenute divaricate da quella di lui. Il corpo di Regina stava reagendo incontrollato a quella serie di stimoli e lei stessa non riusciva a realizzare cosa le stesse accadendo.
 
Gold, con la lentezza del serpente che avvolge nelle sue spire la preda, fino a stritolarla, le aveva portato la mano al pube. Rendendosi conto dell’abbondante umidore della giovane, aveva affrettato il movimento della mano. Spostando facilmente di lato il piccolo perizoma si era insinuato tra le pieghe bagnate dell’intimità della ragazza. Non trovando ostacoli, velocemente l’aveva penetrata con due dita, muovendole ritmicamente, in una sorta di amplesso alternativo che Regina stava subendo passivamente.
Quell’improvvisa intrusione dentro di sé, aveva ridestato però la ragazza. I suoi muscoli pelvici ebbero uno spasmo involontario, sentiva il tremore delle gambe, che quasi non la reggevano più, mentre il piacere di un orgasmo non voluto, la irradiava fino al cervello. In quel preciso momento Regina si era resa finalmente conto di cosa il suo “stimato” insegnante, le stava facendo veramente. La sua mente iniziò a gridare
 
“No, no, noooh!”
 
L’aveva portata nel giro di pochi secondi nel baratro dell’”oscurità” che era il suo mondo interiore. Si, questo sentiva in quel momento Regina. Gold non era quello che sembrava con la sua facciata di severità e perbenismo! Era un Signore dell’Oscurità, era la personificazione del male e quello le stava insegnando veramente. Stava diventando una sua adepta? Gli aveva permesso di usare il suo corpo, soggiogata da un fascino che “non esisteva”! Quell’uomo non era il suo “amato Daniel”!
 
Il confronto con l’affetto e l’amore che Daniel le mostrava e le dava, fu la spinta che Regina aveva trovato per ribellarsi a quelle lascive e “schifose” azioni di Gold.
 
“Daniel amore mio … cosa sto facendo?! Cosa lo sto lasciando fare?!”
 
Finalmente era riuscita a gridare il no che aveva dentro.
 
– No, non voglio, non voglio!
 
Le mani di Regina non erano più poggiate sulla scrivania. Erano puntate contro il petto di Gold, nel tentativo di allontanarlo, mentre le sue gambe cercavano di chiudersi al suo tocco e di calciarlo via!
 
– Cooosa?! Come non vuoi? Puttanella! Ti sei presa il tuo piacere! Hai goduto! Ora devi fare godere me e ti tiri indietro come una verginella oltraggiata?!
 
Gold non aveva intenzione di mollare la presa sulla sua studentessa. Il suo intento era ormai ben chiaro a Regina! Si era aperto velocemente la patta dei pantaloni e voleva completare quello che aveva iniziato. Le aveva preso i polsi torcendoglieli, tentando di portarla a pancia in sotto sulla scrivania, il perizoma non sarebbe stato un ostacolo, come non lo era stato poco prima. Dalla bocca di Gold uscirono una serie di oscenità, ben diversamente dalle parole che aveva detto precedentemente per incantarla e plagiarla lentamente.
 
Forse era stata la forza della disperazione oltre al pensiero di Daniel? Regina, mentre ricordava quel vergognoso episodio, ancora non sapeva dirlo, ma era riuscita a dargli una fortissima ginocchiata nelle parti basse, facendolo piegare per il dolore.
Aveva poi afferrato la giacca e la borsa, senza nemmeno risistemarsi la gonna e la camicetta e si era precipitata alla porta. La chiave era rimasta inserita e, velocemente, l’aveva  girata nella serratura, per poter fuggire da quella stanza. Gold le aveva gridato dietro.
 
– Sei una stupida puttana! Ti sei giocata la tua discussione della tesi bellezza! Per te l’Università chiude i battenti adesso!
 
Regina ricordava di essere corsa via trafelata, con il viso sconvolto. Non aveva incontrato nessuno lungo il corridoio e nessuno aveva sentito nulla. Si era poi infilata in uno dei bagni e si era data una risistemata. Le gambe ancora le tremavano, ma non per l’orgasmo involontario, bensì per la paura, l’angoscia e … soprattutto la vergogna.
 
Era tornata a casa e si era chiusa a chiave dentro. Aveva tolto gli abiti che indossava e si era infialata sotto la doccia. Aveva fatto scorrere l’acqua quasi bollente su di sé, mentre stava accovacciata, rannicchiata sul piatto doccia a piangere per la sua vergogna, per non essere stata forte come era di solito. Per non aver capito subito i segnali, per non averli voluti ascoltare. Per non essere riuscita ad impedire immediatamente cosa stava per succedere e, soprattutto, per aver sentito piacere in quelle lascive, luride “carezze” che quel “bastardo” le aveva  imposto!
Era rimasta sola con se stessa quella sera. Non aveva chiamato Emma né Daniel. Il suo fidanzato in verità doveva andare da lei quella sera e puntuale alle 20.00, dopo la chiusura della boutique, si era presentato alla sua porta, ma lei non gli aveva né risposto né aperto. Era andato via e l’aveva chiamata al cellulare, lei non aveva risposto ma dopo gli aveva inviato un breve messaggio.
 
“Perdonami … non posso vederti questa sera”
 
Forse Daniel aveva pensato ad un impegno improvviso con sua madre Cora e le aveva risposto con un semplice.
 
“Ti amo”
 
Avrebbe dovuto concludere lei, con un ennesimo “Anche io ti amo”, ma non se l’era sentita, sentiva di averlo tradito e quelle parole le sarebbero sembrate un prenderlo in giro in quel momento.
Il giorno seguente, mercoledì, non aveva messo il naso fuori di casa e non aveva risposto alle telefonate ricevute. Emma aveva una doppia chiave del suo appartamentino e, avendo ricevuto una telefonata preoccupata di Daniel, già impegnato al negozio, era andata da lei. Aveva aperto la porta e l’aveva trovata prostrata come non mai.
 
 
La sua amica “studentessa di Psicologia” l’aveva alla fine fatta parlare.
 
– Sei stata plagiata Regina e hai ricevuto un abuso sessuale a tutti gli effetti! Lo devi denunciare, non puoi sottostare pure al suo ricatto!
– Cosa dirà lui? Che ci stavo?
– Ha abusato di te Regina!
– Emma io …
- Tu cosa?
– Io … io ho avuto un orgasmo e lui se ne è accorto benissimo!
– Il corpo reagisce agli stimoli, anche se la volontà non vorrebbe, il sistema nervoso vegetativo è autonomo! Non fissarti su quello che hai sentito fisicamente! Conta quello che hai provato emotivamente! Gli hai detto di no e lui ha cercato di violentarti! Ci sarebbe riuscito se non ti liberavi con il colpo che gli hai assestato!
– Emma io mi sento sporca, mi sento veramente come se fossi una donnaccia! Come potrò guardare ancora negli occhi il mio Daniel!
– Ti ama, capirà!
– No, non credo che capirà, penso io stessa di essere in parte colpevole! Dovevo dirgli subito che non gradivo una eccessiva vicinanza, magari non si metteva idee in testa! Io non ho detto niente quando ha iniziato ad avvicinarsi!
– Regina tu hai subito una fascinazione iniziale per il Professore, ti ha riempita di lodi e complimenti, ma secondo me ti aveva messo gli occhi addosso già da un po’!
 – Questo significa che può essere una farsa anche il suo “ottimo” giudizio sulla mia tesi!
– Non dire stupidaggini! La tua tesi è eccellente veramente! Ci manca solo che adesso pensi una cosa del genere!
– Non potrò laurearmi più in questa Università, me lo impedirà in ogni modo!
– Andremo dal Rettore con la denuncia sporta Regina! Ti daranno un Relatore d’ufficio, hai fatto tutto quel lavoro! Non può andare sprecato!
– Non lo so … non so che fare …
- Ascolta … per il momento non dire nulla a Daniel. Parliamo con un avvocato …
- Daniel studia legge lo sai!
– Si certo … ma gli dovresti dire tutto e subito e non mi sembri intenzionata al momento! Posso chiedere io a Kim un parere …
- Proprio a “Mister K” Emma? Il bastardo che ti ha tradita lunedì pomeriggio? No non te lo posso permettere! Se è della stessa pasta di Gold avrebbe un’altra scusa per riportarti nel suo letto!
– Non ci penso proprio! Sono troppo arrabbiata con lui per permetterglielo e comunque oltre alla tua questione voglio un chiarimento!
-o-
 
Regina, ancora con il capo poggiato alla spalliera della poltrona, ricordava che si erano lasciate con quell’intenzione di Emma. Temeva che l’amica avrebbe potuto cedere nuovamente al fascino di Kim, ne era innamorata perdutamente, lo sapeva benissimo! Certo non immaginavano in quel momento, nessuna delle due, cosa sarebbe successo il venerdì sera seguente.
 
Il cellulare di Regina squillò riportandola al presente.
 
“Un messaggio di Daniel!”
 
Da quel martedì non aveva voluto più vederlo e non gli aveva dato una spiegazione. Aveva smesso di rispondere sia alle chiamate che ai suoi messaggi. Daniel era accorato, non riusciva a capire cosa le stesse succedendo, le chiedeva di incontrarla, le diceva che nemmeno Emma rispondeva più alle sue chiamate, voleva sapere cosa stesse succedendo, perché lo stava evitando in quel modo crudele.
Non rispose nemmeno questa volta. Sapeva che doveva andar via, fuggire da quella situazione. Lei non era la donna per lui! Non lo meritava un ragazzo meraviglioso come Daniel!
Si alzò dalla poltrona e si diresse nella sua stanza. Aprì l’anta laterale del suo guardaroba e tirò fuori una valigia, l’aprì e iniziò a decidere cosa buttarci dentro. Boston era diventata troppo piccola per lei. Sarebbe andata lontano per un po’, a ricucire le sue ferite. A Daniel avrebbe mandato un messaggio dopo. L’avrebbe odiata, lo sapeva.
 
“Meglio il tuo odio che il tuo disprezzo amore mio!”
 
 
Irlanda, stesso giorno.
 
Era pomeriggio inoltrato a Dublino e stava piovendo. Killian Jones era appena rientrato nel suo appartamento. Il suo lavoro non conosceva giorni di festa, specialmente quando era in corso una missione come quella di cui si stava occupando da qualche mese. Si tolse l’impermeabile nero e lo appese dietro la porta della sua stanza. Aveva i capelli bagnati, non aveva portato con sé l’ombrello e l’acqua era entrata dal collo dell’impermeabile, bagnandogli la camicia che indossava. Avrebbe fatto volentieri un bagno caldo nella sua vasca e si apprestò a realizzare la sua intenzione. Sbottonandosi la camicia e togliendola, si avviò verso il bagno per aprire i rubinetti. Lasciò correre l’acqua, regolando la temperatura e quando ve ne fu abbastanza, vi si immerse scivolando anche con la testa. Rimase in apnea per un certo tempo, ogni volta faceva quel gioco, come lo faceva da bambino con suo fratello, quando si allenavano in mare, nei giorni che lo zio Henry li portava sul suo piccolo veliero. Ogni volta riusciva a restare più tempo senza aria, ma ovviamente poi doveva uscire da quell’elemento che adorava per poter finalmente riempire nuovamente i polmoni.
Riemerse dall’acqua della vasca e si poggiò con la testa sul bordo, lasciando le braccia e le mani egualmente poggiate sul bordo laterale. Dal venerdì dell’assassinio di Kim l’aria gli mancava veramente! Tante immagini si affastellarono nella sua mente in quel momento e fu distolto da esse grazie al suono del suo IPhon. Lo metteva sempre sullo sgabello vicino alla vasca quando si faceva un bagno, meglio tenerlo a portata di mano subito, potevano esserci improvvise novità dai suoi collaboratori e non poteva permettersi di non essere irrintracciabile!
 
Allungò il braccio verso l’IPhon e non credette ai suoi occhi. Erano anni che non riceveva chiamate da quel numero, né gliene faceva lui!
Rimise l’IPhon sullo sgabello senza rispondere. Dopo poco si sentì il suono di un sms. Guardò lo schermo … stesso numero. Aprì il messaggio.
 
“Killian, lo so che sei arrabbiato con me. Mi dispiace tanto. Per tutto! Ho bisogno di vederti, di parlarti! Per favore non mettermi fuori dalla tua vita ancora una volta!
Se sei a Dublino chiamami, sono qui. Tra pochi giorni torno in America, ho delle cose importanti da dirti.”
“Papà”
 
Killian fece una smorfia di fastidio e si tolse di mano il cellulare. Suo padre era l’ultima persona al mondo che avrebbe voluto vedere in quel momento.
 
“Non sono stato io a metterti fuori dalla mia vita! Ti ci sei voluto mettere tu papà! Non so che cosa vuoi adesso e non mi interessa assolutamente saperlo! Vuoi il mio perdono? Mi dispiace! Non lo avrai mai!”
 
Si immerse nuovamente con la testa sotto l’acqua. Non voleva pensare, almeno non a suo padre. Cercò nella mente di far sparire le immagini di tristi ricordi collegati a lui e a sua madre. Cercò di sostituirle con un’immagine ben più piacevole. Non ci volle molto a trovarla. Era sempre nei suoi pensieri felici.
Lei, la “sua” lei, la donna che amava! Rivide il suo sorriso dolce, la sua pelle liscia e morbida. Immaginò di sentire ancora le sue mani su di sé, piccole, affusolate, carezzevoli, amorevoli. Rivide se stesso che le accarezzava i capelli e il collo, per poi sbottonarle la camicetta, mentre lei faceva lo stesso con lui, prima di abbandonarsi l’una nelle braccia dell’altro.
 
– Amore mio … mi manchi da morire lo sai? Ma ti rivedrò presto, te lo prometto!
 
Poi gli venne un’idea, forse suo padre lo aveva ispirato un minimo?
 
Uscì dall’acqua e si asciugò in fretta. Si lasciò l’asciugamano bianco avvolto ai fianchi e a piedi scalzi si diresse nell’ingresso.
L’armadio a muro conteneva un sacco di cianfrusaglia sportiva, dalla racchetta da tennis al caschetto da bici ai guantoni da boxer. C’era anche il suo vecchio cavalletto di legno, chiuso e allacciato con una cinghietta in cuoio. Una tela bianca era lì da qualche anno. L’aveva comprata e poi non l’aveva usata. La valigetta con i colori ad olio e i carboncini erano poggiati sul fondo dell’armadio, si chiese se ancora fossero buoni o se si fossero seccati. Dare un’occhiata sarebbe servito!
Prese quello che gli serviva e portò il tutto vicino alla finestra del soggiorno. Quando il tempo era buono quella era la stanza più luminosa dell’appartamento. Lì avrebbe avuto la luce giusta per realizzare il suo piccolo progetto!
 
 
Angolo dell’autrice
 
Carissimi amici di penna e lettura buona domenica a tutti! Un capitoletto un po’ pesante questo, vero? Le nostre Emma e Regina hanno subito delle delusioni grandissime. Regina è stata abusata con la tecnica del plagio, dall’uomo che più stimava. L’argomento principale è stato proprio l’abuso sessuale. Tanti episodi di cronaca ci parlano di situazioni plagianti, dove la vittima viene fatta scivolare lentamente in una situazione in cui poi subisce violenza sessuale. Sono tra gli abusi le situazioni più infide, poiché spesso, oltre a sentirsi in colpa, la vittima viene ulteriormente colpevolizzata dalla società. Sono stata molto realistica nella descrizione, non solo dell’azione ma anche delle reazioni della vittima, ho raccolto personalmente deposizioni di questo genere e vi assicuro che situazioni simili possono capitare a qualsiasi ragazza e donna adulta. Attente alla fascinazione che si può provare per un uomo o anche per un’altra donna, vale anche per il sesso opposto ovviamente! Si finisce come la preda di un serpente!
Abbiamo visto anche un pezzettino finale di Killian. Che sarà successo con suo padre? Lo so che vi sto creando sempre più dilemmi! Ma il bello è proprio leggere le vostre supposizioni. Spesso fantasiose ed altre volte anche ispiranti!
Vi ringrazio per le letture, per le categorizzazioni e per i commenti.
Un affettuoso saluto a tutti.
Lara
 
 

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Capitolo 8
*** Imperdonabile ... ***


Capitolo 8
 

Imperdonabile …
 
Brennan Jones sapeva perfettamente che suo figlio fosse a Dublino. Lo aveva visto rientrare nella sua palazzina, mentre, nascosto dentro la vecchia cabina telefonica in disuso, all’angolo della piazzetta antistante all’edificio, lo aveva atteso tornare. Non aveva avuto il coraggio di andargli incontro e aveva preferito chiamarlo al cellulare, dopo essere stato un’altra mezzora sotto casa sua, indeciso se suonare al citofono o meno. Killian non gli aveva risposto e alla fine gli aveva inviato quell’sms, sperando che anche per il figlio fosse un modo più facile per riavvicinarsi. Era rimasto a guardare lo schermo e aveva visto che il messaggio era stato letto, ma Killian non aveva risposto. Brennan sapeva che la cosa era intenzionale.
 
Rimise il cellulare in tasca e guardò verso le finestre del terzo piano. La finestra sulla sinistra si illuminò improvvisamente e lui vide la sagoma di suo figlio, con un lungo oggetto tra le mani, muoversi dietro la tenda bianca. Stava armeggiando con quell’oggetto, lo intravvide abbassarsi e rialzarsi e alla fine capì cosa Killian stava facendo. Sorrise tra sé, Killian aveva ripreso a dipingere? Quello era il vecchio cavalletto che gli aveva regalato quando aveva dieci anni? Conoscendolo sicuramente era lo stesso! Killian era un sentimentale, nonostante l’apparente odio che nutriva per lui e nonostante la “corazza di ghiaccio” che sembrava mostrare.
Brennan fu felice di credere che suo figlio avesse ripreso a dipingere. Era sempre stato talentuoso, “geniale” per meglio dire! Fin da piccolo aveva mostrato una capacità fuori dal comune, peccato che quella capacità lo avesse messo anche nei guai!
L’ombra dietro la finestra si allontanò e poi tornò con un oggetto rettangolare tra le mani. Brennan fu certo. Suo figlio aveva ripreso a dipingere, aveva messo una tela sul cavalletto!
 
Un colpo di tosse lo colse improvvisamente, mentre guardava in alto. Era una tosse stizzosa, gli toglieva il fiato e lo faceva ansimare. Si portò un fazzoletto alla bocca. Guardò poi il contenuto della stoffa … due gocce di sangue.
Si disse che quell’umidità che stava prendendo non gli faceva di certo bene, anche se indossava un impermeabile ed un cappello a falde larghe sul capo, anche esso di stoffa impermeabile. Non gli era mai piaciuto usare l’ombrello, ma con quel tempo forse era meglio non uscire senza. Un altro colpo di tosse lo fece quasi piegare. Doveva mettersi all’asciutto! Meglio tornare nel suo albergo. Se suo figlio lo avesse chiamato, di certo non lo avrebbe fatto subito, era un tale “caparbio”! In più era arrabbiato e offeso nei suoi confronti!
A pensarci non poteva dargli tutti i torti! Lo aveva deluso profondamente e gli aveva fatto una promessa che non era riuscito a mantenere. Killian non glielo aveva mai perdonato.
Mentre si riprendeva dal colpo di tosse, guardò un’ultima volta verso la finestra, la luce si era spenta. Killian non avrebbe dipinto nulla per quella sera, non c’era la luce giusta e il tempo era brutto, ma sicuramente l’intenzione c’era, questo era già importante.
 
Brennan ruotò su se stesso e si avviò verso il suo albergo. Non gli andava di prendere l’autobus né il taxi, preferiva andare a piedi, nonostante la pioggia. Presto avrebbe smesso e lui avrebbe potuto guardarsi intorno, per quella vecchia strada di Dublino, magari si sarebbe infilato in un caratteristico Pub per bere una buona Guinnes, la migliore birra irlandese che in quegli anni di permanenza negli Stati Uniti gli era mancata. Pensandoci bene ricordò che da Bellavue Street, dove si trovava, andando verso il suo Hotel, passando per Sant James’s Gate, avrebbe incontrato la Guinness Storehouse. Se avesse affrettato il passo sarebbe arrivato per l’ultimo accesso prima delle 19.00. Decise che l’avrebbe fatto e in pochi minuti avvistò la vetrata con la scritta sormontata dal tipico simbolo dell’Arpa Celtica Irlandese.
 
Un paio di ore dopo, Brennan era semisdraiato sul letto della sua stanza d’albergo. Aveva acquistato una confezione di sei bottiglie di birra e già la seconda era semi vuota. Portò la bottiglia alle labbra e ne bevve un ennesimo lungo sorso. Fece una smorfia e si pulì la bocca con il dorso dell’altra mano. Pensò ancora al suo secondogenito, sempre più consapevole che Killian non lo avrebbe richiamato.
La sua mente si riempì di ricordi e immagini. Rivide il suo piccolo Killian all’età di sette anni. Rivide i suoi occhi azzurri, così simili ai suoi, accigliati, preoccupati e timorosi.
-o-
 
– Papà mi prometti che non lascerai la mamma?
– Ma che stai dicendo Killian?! Non ho nessuna intenzione di lasciare vostra madre!
 
Con il tempo il rapporto con sua moglie Nora aveva preso sempre di più una brutta piega. Aveva avuto pazienza con lei! Tantissima pazienza! Aveva sopportato i suoi continui malumori, la sua insoddisfazione, ma ad un certo punto l’insoddisfazione era diventata reciproca.
 
– Basta Nora! Non ne posso più delle tue mancanze! Questa casa sta diventando un porcile ogni giorno di più!
– Se tu mi dessi una mano non sarebbe così!
– Nora io devo lavorare! Non posso fare tutto io no?
– Se tu mi permettessi di farmi aiutare da una collaboratrice domestica …
- Come la pago una collaboratrice domestica? Ho già le rette scolastiche dei ragazzi e le utenze, oltre alle spese quotidiane! Perché non ti trovi un lavoro part time? Qualcosa che ti dia soddisfazione e ti dia una piccola autonomia economica! Oltre a farti uscire da questo stato di depressione continua. Non hai voluto farti curare, ma penso che sia ora che tu ti decida!
– Pensi che io sia pazza? È questo che vuoi dirmi?!
– Non sto dicendo affatto questo! Credo che tu abbia bisogno veramente di un aiuto, ma per uscire da questa condizione! Non eri così prima Nora! Ti rivoglio come eri una volta, solare, sorridente!
– Ho ben poco da sorridere Bren!
 
Sapeva che Nora incolpava lui della sua depressione e questo lo uccideva dentro. Le discussioni erano all’ordine del giorno e i debiti si accumulavano. Nora non sapeva spendere adeguatamente. Tendeva ad acquistare oggetti ed abiti lussuosi, come era abituata prima del matrimonio e ad un certo punto era stata costretta a riportarli indietro ai negozi dove li aveva acquistati, non potendo saldare i conti. Bren sapeva che lei provasse anche vergogna per quello e diventava sempre più astiosa nei suoi confronti.
Quella sera aveva minacciato di lasciarla e i figli avevano sentito tutto. Killian era corso ad abbracciarlo alle gambe, quasi per trattenerlo, spaventato che suo padre volesse andar via veramente.  
 
– Killian ti prometto che non lascerò mai la mamma!
– Perché glielo hai detto allora?
 
Il piccolo aveva le lacrime agli occhi e la voce incrinata. Brennan sentì stringersi il cuore. Si inginocchiò davanti a suo figlio e lo prese sotto le braccia.
 
– Tesoro … quando si è arrabbiati si rischia di dire tante cose brutte!
 
Il bambino si stava asciugando gli occhi con il dorso delle manine.
 
– Perché sei arrabbiato con mamma … lei non è cattiva …
- Lo so Killian che non è cattiva … mamma non sta tanto bene e io voglio che si curi … se lei starà meglio tante cose torneranno al loro posto!
– Papà io posso aiutarla a mettere le cose a posto! Non serve che tu debba pagare una collaboratrice alla mamma … lo faremo io e Liam! Ora vado a mettere in ordine i miei giochi, così tu non ti arrabbi più!
 
Brennan sentì una grande tenerezza per la sensibilità del suo figlio più piccolo. Killian si era sentito in colpa per il fatto che lui si era arrabbiato con la mamma per il disordine e voleva rimediare di persona. Non era giusto che quel dolcissimo bambino vivesse una simile situazione, né per lui né per suo fratello più grande, che comunque mostrava una maggiore capacità di estraniarsi dalle liti dei genitori. William aveva allora undici anni, era un ragazzino silenzioso ma molto osservatore. Aveva i suoi interessi, quali il modellismo navale e il collezionismo di fotografie di navi di ogni tipo. Brennan trovava che Liam somigliasse molto al ramo della famiglia materna, sia per fattezze che per interessi. Suo cognato, il Professore Henry O’Danag, era un grande appassionato di navi. Possedeva un piccolo veliero nella Baia di Dundalk, dove la ricca famiglia di Nora si trasferiva in estate, da Dublino, nella loro bella casa che dava sul mare. Brennan in comune con Henry aveva giusto la passione per il mare, spesso andavano insieme ai suoi due figli sul veliero del cognato e i ragazzi restavano sempre incantati da quel loro zio bello, alto, robusto, dai capelli rossi e gli occhi verdi che, vestito con una divisa da capitano, dava gli ordini e contemporaneamente insegnava loro come governare la nave.
 
William quella sera non aveva detto nulla, restando con un’espressione indecifrabile sul viso. Aveva guardato il fratellino aggrapparsi alle gambe del padre e aveva sentito il discorso che egli aveva fatto sul non voler lasciare la loro mamma.
Brennan ora, dopo tutti quegli anni, si era convinto che William non gli avesse mai creduto e questo suo scetticismo, con il tempo, gli aveva dato la possibilità di abituarsi agli eventi che si erano poi succeduti. Killian no! Killian si fidava di suo padre e per questo in lui si era poi sviluppato un rancore insolubile.
 
Se le cose fossero andate diversamente! Ormai era tardi! I danni conseguenti agli errori commessi erano stati fatti. Come poteva chiedere a Killian di perdonarlo?
 
Quante volte era tornato indietro nei ricordi, per capire quale fosse stato il momento in cui aveva smesso di amare sua moglie? L’immagine di Nora gli tornava in mente, nella sua bellezza, sorridente e solare come l’aveva vista la prima volta, lui studente all’Accademia d’arte e lei studentessa di Architettura. Era un’ottima studentessa Nora, sarebbe diventata un promettente Architetto, ma la gravidanza di William aveva portato, non solo al matrimonio riparatore, aveva impedito a Nora e a lui di continuare gli studi. La famiglia di lei li aveva aiutati molto, economicamente, Brennan doveva ammetterlo, ma con il tempo quell’aiuto economico era diventato per lui come un laccio che lo stringeva alla gola. I suoceri avevano regalato ai due giovanissimi sposi l’appartamento dove ora viveva Killian e avevano dato loro la possibilità di usufruire, ogni volta che avessero voluto, della casa al mare. Non avevano fatto una brutta vita i primi anni di matrimonio, ma a Brennan non piaceva quella situazione di dipendenza. Lui era il capofamiglia della sua famigliola e come tale doveva provvedere ai suoi cari. Sua moglie doveva essere la “sua Signora”, non voleva che andasse a lavorare, preferiva che si occupasse della casa!
Con il tempo, e la depressione post partum di sua moglie, aveva cambiato molte idee e le aveva proposto di trovarsi un lavoro part time.
Quella sera del litigio e della minaccia di lasciarla, era stata decisiva per Nora. Killian aveva avuto anche lui il suo merito in quello. Come aveva chiesto a suo padre di promettergli di non lasciare la mamma, a lei aveva chiesto di promettergli di curarsi e ridiventare la mamma sorridente che solo Brennan e William ricordavano. Nora si era commossa davanti al piccolo di casa e quando lo aveva visto correre a risistemare i suoi giocattoli, per aiutarla nelle faccende, si era resa conto delle proprie mancanze. Nei giorni seguenti Nora era entrata in terapia da un bravo Psicoterapeuta e, grazie a delle conoscenze di suo fratello Henry, aveva trovato lavoro presso lo studio di uno stimato Architetto di Dublino. Nel giro dei sei mesi seguenti, la donna era migliorata moltissimo. Il lavoro la stava gratificando, sia professionalmente che economicamente. Aveva deciso di riprendere gli studi di Architettura e si era inscritta al terzo anno, riprendendo dal punto in cui aveva lasciato.
La situazione economica dei Jones, grazie al contributo di Nora, si era risollevata e la donna, impegnata con lavoro, studio e figli, si era potuto permettere l’aiuto in casa che aveva chiesto mesi prima.
Il miglioramento avrebbe dovuto riportare la serenità nella coppia, ma Brennan aveva iniziato lui a sentire un maggiore disagio. Nel giro di quasi due anni sua moglie era prossima alla discussione della tesi di laurea e lui non aveva combinato niente. Sembrava non aver più ispirazione per dipingere e le sue opere non avevano più lo spessore artistico delle precedenti.
Una sera Nora era tornata tardi a casa con i bambini, lo aveva chiamato nel pomeriggio, avvisandolo che avrebbero tardato. Avrebbero fatto un giro di shopping al vecchio centro commerciale Ilac Center che, da quando era stato ristrutturato esteticamente, era diventata una bella meta sia per gli autoctoni che per i turisti. Nora amava quel posto ed era orgogliosa del risultato della ristrutturazione, poiché vi aveva lavorato proprio lo studio del suo “Capo” e lei si era occupata dell’arredamento di alcune boutique, ricevendo i complimenti sia dei proprietari che del suo superiore.
Con i due figli avevano scelto tra Mac Donald e Burgher King, di cenare al secondo e per questo avevano tardato ulteriormente. Al ritorno a casa Brennan si era fatto trovare ubriaco fradicio e non era stata una bella scena da vedere per i due figli, quando, litigando con Nora, l’aveva colpita al mento facendola cadere svenuta a terra.
Vedere sua moglie a terra lo aveva ridestato dall’annebbiamento dell’alcool. Non era mai stato un violento! Impulsivo si, ma violento mai, soprattutto con le donne e specie con quella che amava. Si era chinato su di lei chiamandola e chiedendo perdono. William era corso a prendere un asciugamano bagnato per sua madre e Killian, incredulo che suo padre avesse fatto male alla sua mamma, era rimasto come paralizzato, con gli occhi sgranati, facendosi la pipì addosso. Nora si era ripresa e alla fine era stata lei a riconsolare il marito dispiaciuto e pentito, poi si era occupata di Killian, lo aveva lavato e gli aveva fatto mettere il pigiama per la notte. Brennan, come suo solito, era andato in seguito nella stanza dei bambini. Ancora gli girava la testa per l’alcool ingerito, ma voleva leggere qualcosa a suo figlio minore, prima che si addormentasse.
 
– Ti va che ti legga qualche pagina del tuo Captain Hook?
– No … questa sera non mi va …
- Perché? Non ti stancheresti mai di sentire quella storia!
– Perché Hook è un gentiluomo e non colpirebbe mai una donna!
 
Brennan aveva capito chiaramente il messaggio del piccolo Killian. Si sentì ancora più in colpa. Vide che suo figlio aveva messo la catena con i ciondoli da pirata sul comodino, aveva perso l’abitudine di tenerla in mano durante la notte. Da quella sera il bambino iniziò ad essere più guardingo nei suoi confronti, lo aveva deluso per la prima volta in vita sua e, purtroppo, quella non sarebbe stata l’ultima volta!
 
Passò un altro anno. Non si erano più verificati episodi come quello. Tra Brennan e Nora sembrava che le cose procedessero nella norma, lei stava collezionando successi ed era diventata socio dello studio di Architettura, ormai laureata con Lode.
Per Brennan sembrò aprirsi un periodo positivo anche riguardo al suo lavoro. Gli fu commissionato di realizzare una serie di quadri che rappresentassero immagini di dee celtiche, fate e altre figure femminili della mitologia irlandese. Il committente era il proprietario di una piccola catena di Centri estetici e quella tipologia di quadri avrebbe decorato perfettamente gli ambienti delle sue Beauty farm.
Brennan aveva chiaro in mente come procedere. Già immaginava le situazioni, i corpi dei personaggi, le ambientazioni. Aveva bisogno di una modella per realizzare quanto aveva in mente e si rivolse all’Accademia d’arte, dove conosceva la responsabile che si occupava della scelta e l’assunzione delle modelle. Si raccomandò che fosse una professionista e non una ragazza alle prime esperienze. Una professionista l’avrebbe capito al volo e non gli avrebbe fatto perdere tempo. La Signora O’Sullivan gli consigliò la Signorina Dorin Kilkenny, una ventiquattrenne che già da tre anni posava per gli studenti dell’Accademia.  La O’ Sullivan lo condusse direttamente nella sala  dove in quel momento la ragazza stava posando per gli studenti del primo anno. Brennan riconobbe quella stanza e sentì una sorta di nostalgia per il periodo in cui era stato uno di quegli studenti. La giovane Dorin, in quel momento, era sdraiata su un divano, in posa come la statua di Paolina Bonaparte e egualmente nuda fino ai fianchi. I suoi capelli neri erano tenuti allacciati in stile neoclassico e la sua pelle eburnea la faceva somigliare ancora di più alla statua originale. Brennan la trovò perfetta per rappresentare le dee che aveva in mente. Il suo busto delicato, con il piccolo seno alto e appuntito, era ciò che avrebbe dipinto per la “dea arcera”. Le avrebbe fatto indossare un corto vestito monospalla che le avrebbe lasciato scoperto il seno destro, mentre con il braccio sinistro avrebbe tenuto l’arco e con la mano destra avrebbe teso la corda, incoccando la freccia …
 
La giovane, chiamata dalla Signora O’Sullivan, si alzò dal divano e si tirò su la leggera stoffa che le aveva coperto fino ad allora i fianchi, coprendosi anche i seni. Vedendola in piedi Brennan immaginò la rappresentazione che avrebbe fatto della “dea madre”. Solo i capelli neri avrebbero stonato, ma una parrucca bionda, dai lunghi capelli fluenti, avrebbe dato il tocco finale.
 
Parlando con lei Brennan scoprì che Dorin abitava a Dundalk. Era un’ottima notizia! Per il periodo di lavoro lui intendeva utilizzare la casa al mare. Era già stato a vedere la luce migliore per i quadri che doveva preparare, quella piccola coincidenza sarebbe stata positiva per la ragazza, abitava lì vicino e non avrebbe dovuto nemmeno darle il rimborso per il viaggio! Il giorno dopo si videro nel suo studio per definire l’accordo economico e stabilire l’inizio dei lavori. Avrebbero iniziato il lunedì seguente e si diedero appuntamento in un Pub di Dundalk che conoscevano entrambi. Da lì Brennan le avrebbe fatto strada fino alla casa sul mare.
 
Nora era rimasta perplessa alla notizia che per una mesata suo marito si sarebbe trasferito alla casa al mare. Non le andava di restare troppo tempo senza di lui, specialmente da quando anche la loro vita intima aveva ripreso la normalità dei primi anni di matrimonio. Nora si era riscoperta innamorata di suo marito e gli mostrava le attenzioni che per troppo tempo aveva dimenticato nei suoi confronti. Brennan era felice di quel ritorno d’interesse di sua moglie. Quanto l’aveva desiderata così?!
 
– Nora, amore … nei week end sarò a casa o se vuoi puoi venire tu con i ragazzi!
– Forse è meglio se torni tu, ancora è freddo per il mare, non vorrei che si raffreddassero e perdessero giorni di scuola.
 
Alla fine avevano deciso che sarebbe tornato lui per i fine settimana.
 
Il mese passò con un ritmo lavorativo piuttosto serrato per Brennan. Dorin era veramente brava nel suo lavoro e riusciva a restare in posa per tempi molto lunghi, consentendogli di accelerare il lavoro. Nei momenti di pausa la ragazza indossava una vestaglia sopra i succinti costumi necessari alle varie interpretazioni e scambiava due chiacchiere con il pittore e pranzavano insieme con qualcosa cucinato dallo stesso Brennan. Dopo un paio di settimane di lavoro, Dorin prese l’abitudine di portare lei il pranzo, diceva “cucinato con le sue manine”. A Brennan faceva piacere avere qualcosa già pronto, gli consentiva di non perdere quei minuti per cucinare. Giorno per giorno la confidenza tra il pittore e la modella cresceva in modo proporzionale alla quantità di tempo che passavano insieme.
Iniziarono a prendere l’abitudine di uscire a cena insieme la sera, dopo il lavoro. La conversazione tra loro era sempre piacevole e vivace. Brennan pensava che fosse a causa della giovane età che Dorin fosse così vivace. Le sorrideva spesso mentre lei parlava, intenerito dall’entusiasmo che la ragazza sembrava provare per ogni cosa, dal cibo al lavoro a … lui. Dorin gli aveva detto di ammirare molto il suo lavoro e questo stava nutrendo il suo narcisismo d’artista come da tanto non accadeva.
 
I quadri erano quasi del tutto terminati e gli ultimi giorni di quel pesante mese, Brennan li avrebbe dedicati alla raffigurazione della “dea madre”.
Procurò a Dorin la parrucca dai capelli lunghi e biondi e preparò un piedistallo coperto da stoffa azzurra che doveva simboleggiare le onde del mare da cui la dea sarebbe nata. Per la prima volta la sua modella avrebbe posato per lui completamente senza veli, unico vezzo una catenella che scendeva sui suoi fianchi, ornata di stelle marine e conchiglie.
 
– Dorin se sei pronta iniz …
 
La ragazza mentre lui era voltato, si era già tolta la vestaglia ed era salita sul piedistallo. Girandosi verso di lei Brennan era rimasto senza fiato e le parole si erano interrotte sulle sue labbra. Sembrò rendersi conto per la prima volta della bellezza di quella giovane ventiquattrenne dal carattere allegro e vivace. Aveva un corpo armonioso, ma lui pensò che fossero stati i capelli biondi della parrucca a dargli quell’effetto particolare che aveva provato nel vederla. I suoi occhi andarono inconsciamente sul pube della ragazza, dove era chiara l’evidenza che non fosse una vera bionda. Eppure quel triangolo scuro gli scatenò una serie di reazioni psicologiche e fisiche, che ricordava di non provare ormai da tanto. Distolse lo sguardo da lei, cercando di concentrarsi sulla tela.
Un bel problema! Doveva guardarla per riprodurla sulla tela!
Decise di dare veloci occhiate giusto per i chiaroscuri e le tonalità del colore della sua pelle, per il resto sarebbe andato a memoria! L'eccitazione che stava provando era però indomabile e ben poco professionale. Per lui sarebbe stata una tortura quella giornata!
La ragazza, apparentemente ignara e inconsapevole dell’effetto che stava scatenando all’uomo, continuò a  restare in posa, finché non lo sentì dire:
 
– Rivestiti Dorin!
 
La cosa le sembrò strana. Era da poco che posava. Era presto per una pausa. Incuriosita scese dal piedistallo e, senza rivestirsi, si avvicinò al pittore, che in quel momento le dava la schiena. Guardò il quadro. Lo sfondo era quasi completo e la figura della dea si stagliava sinuosa nel centro della scena. Brennan si era concentrato sui capelli, che apparivano estremamente realistici.
 
– Dio mio Brennan! Sei bravissimo! I capelli sembrano veri!
 
Lui si era voltato con un sorriso smagliante e orgoglioso sul volto e se la trovò ancora nuda davanti. Lei gli buttò le braccia al collo baciandolo sulle guance e lui si ritrovò con le mani sui suoi glutei. Fu automatico per l’uomo accarezzarne la rotondità e stringerla verso il suo bacino. La ragazza realizzò in che situazione si erano cacciati, ma non sembrò dispiacerle. Invece che allontanarsi o schiaffeggiarlo, come lui si sarebbe aspettato, si aggrappò maggiormente al suo collo, baciandolo sulle labbra.
Brennan rispose istintivamente al bacio e la strinse ancor di più a sé, accarezzando tutta la schiena di Dorin, gioendo reciprocamente di quel contatto. Lei si distaccò dalle labbra del pittore, si tolse la parrucca, buttandola a terra e insinuò le mani tra i loro corpi, per aprirgli la camicia a quadri che lui indossava e privarlo di quelle barriere di stoffa che li stavano separando.
Brennan le afferrò le mani.
 
– Dorin … io non posso …
- Perché non puoi?
– Sono sposato, lo sai!
– Quindi?
– Non ho mai tradito mia moglie e non voglio iniziare ora che le cose stanno andando bene tra noi …
- Io ti voglio Brennan e non puoi negare che anche tu stai morendo dalla voglia di fare l’amore con me!
– L’istinto è un’altra cosa Dorin … non posso permettermelo!
– Tua moglie è lontana Bren cosa ne può sapere? Non dirle nulla! Sarà solo per questa volta. Poi nemmeno ci vedremo più, questo della “dea madre” è l’ultimo quadro della serie … tra due giorni sarai a casa da tua moglie … mi piacerebbe avere questo ricordo di te.
 
Brennan stava perdendo la testa per il desiderio nei confronti della giovane bruna e non riuscì a resisterle oltre. Si abbandonarono al loro istinto sessuale, lì sulla stoffa che avevano usato per rappresentare il mare, avvinghiati l’una all’altro, consapevoli che non avrebbero avuto un seguito di quel momento e desiderosi di goderne appieno e più a lungo possibile.
Due giorni dopo Brennan ripartiva per Dublino. Erano stati due giorni di lavoro intenso e sesso sfrenato. Dorin non era tornata a casa quelle due ultime sere, era rimasta con lui e non avevano certo dormito quelle notti!
 
Brennan non sapeva con quale faccia sarebbe tornato da moglie e figli e, sentendosi rimordere la coscienza, acquistò regali per tutta la famiglia. A William regalò un modellino di sommergibile da costruire, a Nora un vestito rosso che avrebbe fatto risaltare il suo incarnato e i suoi capelli biondi, mentre a Killian, che aveva quasi undici anni, acquistò un cavalletto da pittore ed una valigetta di legno con una serie di colori ad olio e pennelli a setole due, nei vari gradi di misura.
 
I regali furono apprezzati da tutti, ma in special modo da Killian, che da sempre avrebbe voluto un cavalletto come quello del padre e una valigetta professionale per pittori.
Quel pomeriggio Nora chiese a sua cognata Janette se poteva tenere i ragazzi per la cena e la nottata. Janette ed Henry non avevano mai avuto figli e consideravano Liam e Killian come se lo fossero, inoltre i due ragazzini adoravano gli zii e si divertivano un mondo quando stavano nella loro bella casa con giardino, poco fuori Dublino. Janette non era solo una cognata per Nora, era una vera amica e, avendo sempre ricevuto le sue confidenze, capì al volo che Nora volesse passare una serata speciale con il suo bel marito. Puntuale giunse a casa Jones e portò con se i due entusiasti ragazzini, che non mancarono prima di mostrarle i regali ricevuti dal padre.
 
Brennan aveva passato il pomeriggio nel suo studio. Aveva riportato a Dublino solo i quadri ormai asciutti, i rimanenti erano ancora nella casa di Dundalk e li avrebbe ripresi in tempi diversi, secondo la necessità dell’asciugatura. Tornato nell’appartamento in cui abitavano, aprì la porta e si sorprese per il silenzio, mentre le sue narici venivano stuzzicate da un buon odore di cibo. Nora uscì dalla loro stanza per andargli incontro ad accoglierlo con un bacio. Lui rimase sorpreso e senza parole. Il vestito rosso, che le aveva regalato, le stava meglio di quanto avesse potuto sperare. I capelli biondi risaltavano sulle spalle lasciate scoperte dalle bretelle che si allacciavano dietro il collo, mentre i due lembi di stoffa rossa formavano una profonda scollatura che lasciava intravvedere l’incavo del seno. La gonna svasata non andava oltre il ginocchio e, nel complesso, Nora appariva molto più giovane dei suoi trentasette anni.  Brennan la trovò ancora molto desiderabile e pensò che, nonostante la sua età, non avesse nulla da invidiare a Dorin, molto più giovane di lei.
 
Nora gli si avvicinò con un sorriso dolcissimo sul viso e gli occhi che brillavano d’amore per lui, come tanti anni prima. Brennan si sentì tremendamente in colpa nei suoi confronti. Nora in quegli ultimi anni aveva cercato di migliorare in tutto e per tutto. C’era riuscita! Lo aveva fatto non solo per se stessa ma anche per amore di suo marito e dei suoi figli. Perché, allora, lui non riusciva a sentire il vecchio sentimento che sempre aveva provato per lei, nonostante ancora vivesse una certa attrazione fisica per sua moglie?
Lei lo aveva preso per mano, tirandolo verso la sala da pranzo, dove il tavolo apparecchiato lo attendeva con le luci delle rosse candele che lei aveva acceso al centro. Le aveva chiesto dei ragazzi, già sapendo la risposta. Era chiaramente evidente che sua moglie aveva bisogno di lui, di quel momento di intimità che da oltre un mese gli mancava.
Cenarono a base di antipasti di pesce e ostriche. Una cena gustosa e, come commentò Brennan, facendo sorridere maliziosamente Nora, “afrodisiaca”.
Dopo cena Nora non si dedicò a riassettare e lavare i piatti. Aveva intenzione di dedicarsi solo a suo marito e quando lui si mise sul divano proponendole di vedere un film, lei finse di stare al gioco, ma iniziò a distrarlo con piccoli baci sul collo, carezze tra i capelli e sul petto, finché, ridendo sotto i baffi, lui non la prese in braccio e la portò in camera da letto. Lì la passione di sua moglie si accese maggiormente poiché, mentre lui la rimetteva in piedi, lei lo abbracciò con ardore e lo baciò intensamente. Lui le sciolse le bretelle del vestito, dietro il collo, e le due strisce di stoffa, che le coprivano i seni, caddero in basso, lasciandola esposta al suo sguardo.
Nonostante la bellezza di Nora e il desiderio per lei, Brennan si rese conto di non essere pronto a soddisfarla, cosa mai capitata prima di allora. Gli era sempre bastato un minimo di carezze, un bacio o vederla così sexy per avere una reazione fisica imperiosa. In breve si ritrovarono nel loro letto svestiti e nonostante lei si prodigasse nei suoi confronti, con baci e intime carezze, non fu facile per Brennan compiere quell’atto di reciproca soddisfazione.
 
A distanza di anni, in quella stanza di albergo, mentre sorseggiava l’ultima birra della seconda bottiglia, Brennan stava pensando che quello era stato il momento in cui si era reso conto di aver smesso di amare sua moglie. L’aveva confrontata con Dorin, o meglio, con quanto aveva provato con la sua giovane modella in quegli ultimi giorni di esplosa passione. Non era sicuro di amare Dorin, ma era sicuro di non amare più Nora. Solo ora, ormai, si rendeva conto di quanto si fosse ingannato e di quanto quell’inganno fosse costato caro, sia a lui che a sua moglie e a tutte le persone che ne erano state coinvolte!
 
I giorni seguenti aveva detto a Nora di aver necessità di tornare alla casa al mare per controllare l’asciugatura dei quadri e per rifinire gli ultimi. Sarebbe sicuramente dovuto tornare altre volte e probabilmente lo avrebbe fatto nei fine settimana, visto che nei giorni lavorativi si stava dedicando parecchio al suo studio. Nora non aveva avuto nulla da obiettare e lo aveva lasciato andare.
Brennan era ripartito e nel suo animo c’era il forte desiderio di rivedere Dorin, di esperimentare nuovamente quanto aveva provato con lei, ma quando era giunto a Dundalk ci aveva rinunciato. Nora non meritava di essere tradita, il loro matrimonio  meritava di vivere. Non chiamò Dorin, come era sua iniziale intenzione, e passò solitario quel primo week end. La domenica sera era tornato da sua moglie con degli altri quadri che si erano del tutto asciugati e lei ne era rimasta incantata.
 
– Amore mio … questo mese ti ha rigenerato da un punto di vista creativo! Sono stupendi! Esprimono il movimento dei personaggi magnificamente! I colori sono lavorati in modo impeccabile e molto, molto realistico! Dovresti allestire una mostra prima di venderli al committente!
– Non credo sia possibile! Sono in pratica già venduti! Faranno mostra di sé nelle Beauty farms del mio cliente!
– Potrei convincerlo io e organizzarti una mostra, ne curerei io stessa l’allestimento!
 
Brennan era felice dell’entusiasmo di sua moglie, era ridiventata veramente la ragazza che aveva conosciuto!
 
– Puoi provarci Nora! Mi fido di te!
 
Il venerdì seguente Brennan era ripartito e non si aspettava la sorpresa che trovò ad attenderlo.
Il sabato, verso le 14,00, sentì il claxon di una macchina. Si affacciò e vide Dorin, sorridente, uscire dalla sua auto e salire i pochi scalini della villetta. Indossava un paio di pantaloncini corti, bianchi, e scarpe alte, con una aderente maglietta in pizzo che lasciava poco all’immaginazione. I suoi capelli lunghi e neri, ondeggiavano alla brezza marina e gli occhi castani erano felici di rivederlo.
Ne fu felice anche Brennan ed il suo sguardo si soffermò sulle gambe da gazzella della giovane, risalendo lungo i fianchi e poi fermandosi all’altezza della trasparenza che evidenziava il suo seno. La bellezza bruna di Dorin, con quel bellissimo corpo, scatenavano i suoi istinti più bassi. La ragione gli disse che quello in effetti non era amore, bensì semplice desiderio. Per Nora provava altro, forse non era più l’amore della loro gioventù, ma era sicuramente un sentimento molto profondo!
Come successe che finissero nuovamente l’una nelle braccia dell’altro, fu sicuramente istintivo. Si ritrovarono a fare sesso sul tappeto della stanza dove Dorin aveva posato durante il mese precedente. Lo fecero in modo irruento, aggressivo, senza nessuna tenerezza, era puro istinto animale. Una forma di sfogo per Brennan, che sciolse tutte le sue tensioni e i suoi dubbi, facendolo rendere conto che la donna che voleva realmente nella sua vita, era quella che aveva sposato già da anni. Mentre Dorin prendeva posizione, seduta tra le gambe di Brennan, avvinghiando le sue ai fianchi dell’uomo, lui credette giusto dirglielo. Lei non doveva farsi nessuna illusione!
Stava per parlarle quando, improvvisamente,  la porta della stanza si aprì e comparve sull’uscio Nora.
 
Sua moglie portava un sacchetto della spesa tra le mani e il sacchetto le scivolò a terra quando vide la scena di quei due corpi nudi, seduti sul tappeto, incastrati l’uno con l’altro. La bottiglia di Champagne, che aveva acquistato per festeggiare di essere riuscita a convincere il committente ad organizzare la mostra, contenuta nel sacchetto, si ruppe cadendo e il costoso vino si sparse sul pavimento, mentre Nora, vacillando, con gli occhi che le si stavano riempiendo di lacrime, fuggì via da quella scena che rappresentava il “quadro” del tradimento da parte dell’uomo che amava.
 
Brennan non aveva fatto in tempo a fermarla. Voleva gridarle che nonostante quello che aveva visto, la verità dei suoi sentimenti era un’altra, ma ormai era tardi.
Sentì mettersi in moto l’auto di Nora e partire sgommando, ad una velocità esagerata per le strade che doveva percorrere.
Le nuvole si erano addensate dalla mattina e stava già iniziando a piovere. Brennan sperò che Nora non facesse una pazzia. Si rivestì velocemente e cercò le chiavi della propria macchina per inseguire la moglie. Dorin voleva trattenerlo, non le dispiaceva che Nora li avesse scoperti, sperava che lei lasciasse Brennan libero e tutto suo.
 
 – Dorin … è stato solo sesso con te, lo sai! Lo hai detto tu stessa la prima volta! Non lascerò mai mia moglie! Lei è la donna della mia vita, è troppo importante per me!
 
Dorin si era offesa, lo aveva schiaffeggiato e insultato. Lui l’aveva presa per le braccia e aveva cercato di farla calmare. Avevano litigato furiosamente, mentre fuori il temporale imperversava violentemente e il cielo primaverile era diventato buio.
Quando Brennan riuscì a seguire sua moglie, dopo che Dorin se ne fu andata sbattendo la porta, l’acqua faceva a malapena vedere la strada. I tergicristalli, al massimo della velocità, non bastavano a rendere limpido il parabrezza.  Riuscì a vedere però, anche se sfocate, diverse luci rosse e alcune blu, mentre un poliziotto, sotto il temporale, illuminato dai fari e da un fulmine che scoccò in quel mentre, faceva segno di rallentare e deviare il percorso. Un terribile incidente si era verificato da pochi minuti su quella strada costiera. Brennan vide i portantini caricare in ambulanza un lettino. La paziente era intubata. Il vento marino fece svolazzare i lunghi capelli biondi che, inconfondibili, Brennan riconobbe come quelli di sua moglie.
-o-
 
Aveva sofferto Nora? Del tradimento sicuramente sì!
Brennan si apprestò a stappare la terza bottiglia di birra. Sì! Si sarebbe ubriacato! Cosa gli era rimasto ormai? Solo di scontare le sue colpe! Nora era andata in coma irreversibile e lui l’aveva vegliata per una intera settimana. Era disperato! Sapeva che la colpa era solo sua! I figli non sapevano la verità, come poteva dirgliela? Killian gli stava vicino, lo abbracciava per riconsolarlo. Come avrebbe mai potuto dirgli che alla fine lui aveva in un certo senso abbandonato la sua mamma? Sperò che non fossero mai venuti a conoscenza del suo tradimento, non ne andava certo fiero! Purtroppo ora sapeva che i due ragazzi avevano poi saputa la verità. Killian non ci aveva voluto credere e fu per quello che in seguito si mise nei guai!
 
Era stata solo colpa sua! Poteva cercare il perdono di Killian?
Le ore erano passate da quel sms che gli aveva inviato. Si convinse che si era solo illuso. Killian non lo avrebbe mai perdonato!
Guardò l’orologio, mentre teneva ancora la bottiglia di birra nella mano destra. Erano le 23,00. Compose un altro numero sul suo cellulare. Squillò tre volte, poi una  calda e affettuosa voce maschile gli rispose.
– Ciao papà! Sei già arrivato a Dublino?
– Si Liam, sono arrivato nel primo pomeriggio!
– Hai già visto Killian?
– Per vederlo l’ho visto, ma … non vuole parlarmi!
– Lo sai che Killian è molto orgoglioso e pieno di rancore!
– Non ha tutti i torti!
– Non è facile dare un colpo di spugna al passato papà! Killian è quello che ha sofferto più di tutti, è diventato anaffettivo!
“Anaffettivo? Caro William … sei tu che non lo conosci bene! Se c’è una persona al mondo capace di affetto profondo e forti sentimenti … quello è proprio Killian! 
 
***

La tela era montata sul telaio. Killian rimase qualche secondo a guardarla, immaginando come avrebbe realizzato ciò che aveva in mente. Studiò le proporzioni e programmò l’uso di determinati colori. Non avrebbe iniziato quella sera. Era tardi, il tempo brutto, la luce non adatta. Un tuono seguì un lampo e la pioggia sembrò battere più forte. Spense la luce di quella stanza e, ancora con l’asciugamano intorno ai fianchi e il torace nudo, si portò in cucina. Era ora di cena e doveva prepararsi qualcosa di caldo. Il frigo era vuoto, non aveva avuto tempo di fare la spesa. Trovò una scatoletta di fagioli e decise di cucinarli al pomodoro. Mentre i fagioli cuocevano, nel pentolino con un unico manico, prese, dalla sua valigetta 24 ore, la documentazione sul caso che stava seguendo. La rete che costituiva con i suoi collaboratori era giunta ad un ottimo risultato, nel giro di pochi altri giorni avrebbero concluso anche quella missione. Posò il plico di fogli sul tavolo della cucina, mescolò ancora i fagioli e, sbrigativamente, senza impiattarli, portò il pentolino sul tavolo. Il pane non era fresco, ma intinto al sugo era passabile e mangiò, alternando i bocconi alla lettura. Riassettò la cucina e se ne andò in camera sua, portandosi sul letto i fogli che stava finendo di leggere. Nella lettura arrivò al punto in cui si relazionava sull’uccisione di Kim Steward. Smise di leggere. Quella parte la conosceva fin troppo bene e gli dava la nausea. Ripensò ad Emma e sentì un peso sul torace. Si alzò dal letto e prese il cellulare, voleva rivedere la sua foto, ma lo schermo si riaccese sull’ultima operazione effettuata, la visualizzazione del messaggio di suo padre. Rilesse quelle poche parole e una serie di immagini gli tornarono in mente.
-o-
Era sempre contento quando vedeva sua madre così sorridente. Quel giorno era raggiante e si stava preparando per uscire.
 
– Mamma posso venire anche io da papà?
– Tesoro questa volta vado da sola, tra poco verrà zia Janette e tu e William passerete questa sera e domani da lei e zio Henry. Voglio fare una sorpresa a vostro padre. Gli vado a dire personalmente che sono riuscita a convincere il suo cliente a consentire di organizzare una mostra dei quadri che ha realizzato per lui. Ho già contattato anche la galleria che li esporrà. Abbiamo bisogno di un po’ di tempo da soli per decidere il da farsi, torniamo domani sera.
 
Nora aveva abbracciato e baciato entrambi i suoi figli quando era arrivata Janette e Killian l’aveva vista dalla finestra partire con la sua automobile.
Il giorno dopo la mamma non tornò. Una telefonata agli zii, quella sera stessa, portò un alone di tristezza in casa. Gli zii si erano appartati a discutere tra loro, non dissero subito ai nipoti di cosa fosse successo. Volevano farli dormire tranquilli, almeno per quella notte. La domenica mattina, dopo la colazione, lo zio Henry volle parlare con loro e raccontò dell’incidente capitato alla sua cara sorella. La situazione della mamma era gravissima. Lo zio annunciò che poteva morire da un momento all’altro. Lo sconforto aveva stretto il giovane cuore di Killian e anche Liam non riuscì a trattenere il pianto di dispiacere, nonostante i suoi quindici anni d’età. Chiesero entrambi di poter vedere la mamma. Era in terapia intensiva, tenuta in vita da un macchinario. Andarono a trovarla quel pomeriggio, ma la videro solo dietro un vetro. Killian vide suo padre piangere disperato. Gli si avvicinò e lo abbracciò per consolarlo, non aveva parole da dirgli, non sapeva cosa dire, voleva soltanto che la mamma vivesse e che suo padre fosse felice con lei.
 
– Papà la mamma si riprenderà vedrai!
– No Killian … è impossibile … i dottori dicono che è in coma irreversibile … sta morendo!
 
Non ce l’aveva fatta a restare lì. Voleva scappare via dal dolore, dalla disperazione di suo padre e dalla tremenda verità su sua madre. Si allontanò verso un altro corridoio e si imbatté in due infermieri che portavano un letto con un paziente appena operato, lì nello stesso reparto di terapia intensiva di sua madre. Mentre un infermiere spingeva il letto, l’altra teneva l’asta con la flebo che stava inviando un liquido chiaro nel braccio del malato.
Killian si rese conto che il paziente era di statura piccola e si incuriosì. Gli infermieri aprirono la porta di una stanza lungo il corridoio e vi introdussero il letto con il malato. Poco dopo uscirono dalla stanza, parlando tra loro.  Killian si accostò alla porta per guardare dal vetro posto sul lato superiore di essa, ma da quella posizione non si vedeva nulla. Si guardò intorno … non passava nessuno in quel momento e, senza pensarci un secondo,  entrò nella stanza. Si avvicinò al letto e rimase a bocca aperta. Non avrebbe mai pensato che anche un bambino piccolo potesse aver bisogno di un intervento chirurgico e rischiare di morire! Si, morire! Perché se quella bellissima bambina bionda era in quel reparto, come la sua mamma, probabilmente correva gli stessi rischi. Come sua madre aveva una mascherina trasparente sul viso ed era intubata. Davanti al letto della piccola c’era inserita una cartellina, come nel letto di sua madre. Prese la cartella e lesse. Non capiva il significato della parola che descriveva l’intervento subito dalla piccola:
 
“Splenectomia … deve essere una brutta cosa …”
 
Lesse il nome della piccola paziente e la sua età. Era un nome che avrebbe ricordato, era un nome bello, adatto ad una bambina così carina.
 
Si avvicinò nuovamente alla bambina. La guardò attentamente in viso. Come poteva morire un essere così piccolo e bello? Non era giusto! Non era giusto! Se esisteva Gesù Risorto, come gli avevano insegnato al Catechismo, perché non doveva fare un miracolo per quella piccola? Per sua madre Brennan aveva detto che non c’era più nulla da fare, ma per lei?
Sentiva pena e tanta tenerezza per quella indifesa bambina, sconosciuta e sola. Chissà dove erano i suoi genitori! Nessuno l’aspettava fuori dalla porta!
Gli venne spontaneo prenderle la mano priva dell’ago, con la sua. Era fredda quella manina, mentre la sua era più grande e calda. Voleva darle un po’ del suo calore, voleva farla sentire bene.
 
– Ti prego … almeno tu non morire! Promettimi che vivrai Emma … fallo per me!
 
Cosa successe in quel momento non era riuscito a capirlo. Il macchinario che segnava il battito cardiaco della piccola, iniziò a segnare onde più alte, facendo un rumore diverso da prima. Killian si spaventò, ma non lasciò la mano della piccola che, in quello stesso momento, aprì gli occhi. Fu una frazione di secondo, ma il ragazzino di undici anni, rimase con la bocca aperta nel vedere quel colore negli occhi della piccina.
“Verdi … come il colore della purezza …”
 
La piccola Emma richiuse gli occhi, tornando in uno stato di sonno. Killian sentì in quel momento una grande  gioia nel cuore. Forse sarebbe sopravvissuta! Forse se le avesse parlato ancora l’avrebbe fatta svegliare!
Voleva tentare, ma una voce lo fece saltar via dal capezzale della piccola.
 
– Ragazzino! Che ci fai qui?! Solo gli addetti possono entrare!
 
L’infermiere di prima era ritornato nella stanza e lo aveva beccato dove sapeva bene che non avrebbe dovuto essere.
 
– Io … volevo solo farla svegliare … ha aperto gli occhi!
– Sì, come no! Sarà un miracolo se mai li riaprirà!
– Ho detto la verità!
– Fila via moccioso! E Guai a te se ti fai rivedere da queste parti!
 
Uscì di fretta dalla stanza, guardandosi ancora indietro. Aveva tutta l’intenzione di rivederla quella bambina, sentiva che poteva aiutarla in qualche modo!
I giorni seguenti, andando a trovare sua madre, non riuscì ad intrufolarsi nella stanza della piccola, poi purtroppo non poté andare più in ospedale. I medici staccarono il macchinario che teneva in vita sua madre. Suo padre aveva acconsentito e Killian c’era rimasto molto male. Lui non avrebbe mai dato il permesso di far smettere di vivere sua madre. Perché il papà lo aveva fatto? Non voleva più bene alla mamma? Piangendo prese a pugni sul petto suo padre, gridandogli “perché?”.
Brennan non riuscì a reagire. Fu lo zio Henry ad afferrarlo tenendolo tra le sue braccia forti e muscolose.
 
– Tuo padre ha solo fatto smettere di soffrire tua madre! La morte fa anche questo Killian! Fa smettere di soffrire!
-o-
 
Ancora adesso, a distanza di anni, quelle parole gli tornavano in mente.
 
“Si, la morte può essere una buona tecnica per interrompere una sofferenza o … per impedire che avvenga!”

Quanta parte di verità c’era in quelle parole? Non aveva considerato lo zio e poi lui stesso, che chi sopravviveva alla morte di una persona cara, soffriva tremendamente?
 
– Emma …spero tanto che domani mattina tu vada veramente da Lorna!
 
Desiderava veramente che la ragazza andasse dalla Psicoterapeuta che lui conosceva da anni, poteva aiutarla molto!

Guardò ancora il messaggio di suo padre e poi tornò sui suoi intenti iniziali: rivedere ancora una volta la foto di Emma. Cliccò su rubrica e scese fino alla E. Nuovamente con l’indice e il pollice richiamò un primo piano della ragazza e uno zoom sui suoi occhi. Erano gli occhi della prima volta che l’aveva vista. Non avrebbe mai pensato che un giorno l’avrebbe incontrata nuovamente e che fosse diventata ancora più bella.

Sorrise nel ricordarla, poi gli venne istintivo confrontare se stesso con suo padre.  Non aveva mai perdonato Brennan, ma lui? Killian Jones era perdonabile agli occhi di Emma Swan, con quello che le aveva fatto?
Distolse gli occhi dallo schermo del telefono e guardò davanti a sé. La sua immagine a dorso nudo si rifletteva nello specchio sul comò. Si guardò in faccia, la barba iniziava ad ombreggiargli le guance. Si fissò negli occhi e parlò a se stesso:
 
- Sei imperdonabile Killian Jones!
 
 
Angolo dell’autrice
 
Un altro tassello è stato svelato, sul nostro Captain dal cuore di ghiaccio, e aggiunto al puzzle, ma non è tutta qui la sua storia. Il seguito alle prossime puntate! Mi perdoni chi aspetta “Again for love. Only for love”, ma come ho già spiegato non sto riuscendo a portarle avanti contemporaneamente per mancanza di tempo.
Ringrazio tutti i lettori e chi commenta. Credo che il prossimo capitolo sarà pubblicato tra un paio i domeniche, per ora dovrei staccare un po’ la spina!
Un saluto a tutti!
Lara

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Capitolo 9
*** Onde d'oro lucente ***


Capitolo 9
 
Onde d’oro lucente
 
 
Boston, lunedì 21 Maggio 2008
 
Erano passati solo tre giorni dalla tragica scomparsa di Kim. Tre giorni in cui Emma non aveva trovato riposo, se non attraverso dei tranquillanti e dei sonniferi che le avevano suggerito al Pronto Soccorso.
 
Quella domenica notte non aveva voluto prendere nessun sonnifero. Non voleva che la sua vita fosse condizionata da psicofarmaci, già lo era abbastanza a causa degli antibiotici che  prendeva spesso per combattere le infezioni, che si buscava facilmente per la scarsa difesa immunitaria, di cui soffriva dall’intervento alla milza.
Il sonno forzato del farmaco le era comunque mancato. Non aveva chiuso occhio. Aveva cercato di ricordare i momenti belli con il giovane che aveva amato e che sentiva ancora di mare, ma le tornava davanti agli occhi solo il momento peggiore! Era stato un grave trauma e, da studentessa di Psicologia, sapeva perfettamente che le situazioni traumatiche si ripresentassero per mesi, se non per anni, nei pensieri e nei sogni di chi le aveva vissute. Avrebbe dimenticato un giorno il suo Kim?
 
Quel lunedì mattina, per le 10,00, aveva appuntamento con la Dr.ssa Lorna Stone. Una donna che le era sembrata in gamba. Le dava un certo senso di sicurezza e fiducia. Anche Ingrid l’aveva incoraggiata ad accettare di incontrarla ancora.
 
Emma pensò a Regina. Pessimo periodo per ambedue! Stava andando tutto così bene! Poi …
Si sentì in colpa verso la sua amica. Non l’aveva richiamata, mentre invece Regina le aveva telefonato. Certo, anche lei aveva letto il giornale e saputo di Kim!  Immaginava la faccia di Regina all’aver scoperto che Kim era colluso con la mafia. Ancora non poteva crederci nemmeno lei! Come non si poteva credere che un professionista serio e stimato, come il Professor Gold, fosse un tale “porco”!
 
Era inutile restare a letto a rimuginare e a rigirarsi tra le lenzuola! Tanto valeva alzarsi, fare una corsa nel vicino parco, una doccia e poi, prima di andare da Lorna, andare a casa di Regina. Stavano soffrendo tutte e due, chi per un motivo e chi per un altro. Potevano supportarsi a vicenda, come avevano fatto in passato. Regina stava rischiando di perdere Daniel! Voleva andare via! Forse se le avesse parlato sarebbe riuscita a portarla con sé da Lorna! Magari quella stessa mattina …
Si alzò dal letto e, dopo essersi lavato il viso, si mise in tenuta da running.
 
Erano le sei del mattino ed il parco vicino casa sua era molto silenzioso. Non c’era nessuno e lei, mentre correva e sentiva le pulsazioni cardiache variare, provò un piccolo sollievo. Corse ancora più velocemente, fino a doversi fermare e piegare in due senza fiato, con il cuore che risuonava nelle orecchie; lo stesso battito veloce e la stessa sensazione di restare senza fiato di quando vedeva Kim. Si buttò seduta su una panchina, poggiando le mani sul sedile, percependo il freddo del ferro. Tutto intorno le sembrava freddo e grigio, ma non era così, il freddo e il grigio erano solo dentro di lei.
 
“Basta! Non posso continuare così!”
 
Si rialzò e, correndo di nuovo, tornò a casa.
 
***
 
L’autobus per arrivare nel quartiere dove era domiciliata Regina si fermava a pochi metri dalla sua palazzina. Ancora non giungeva alla fermata che dai finestrini vide la sua migliore amica caricare una valigia nel bagagliaio della sua auto, posteggiata davanti al portone dello stabile.
 
“ Che diavolo stai facendo Regina?!”
 
Appena si aprirono le porte dell’autobus la giovane Emma Swan si precipitò verso l’automobile della “mora”.
 
 – Ma veramente Regina?!
– Si Emma! Lo sai! Sono giorni che ci penso … è l’unica soluzione!
– Ma con Daniel?!
– Non sono riuscita a parlargli, non ce la faccio!
– Ti rendi conto che lo uccidi così?!
– Meglio odiata che disprezzata Emma!
– Ti stai comportando stupidamente Regina! Non ti disprezzerebbe! Anzi! Sai che penso? Cercherebbe di aiutarti a denunciare quel “bastardo”!
– Io non voglio denunciare nessuno! Te lo devo ripetere ancora? Passerei per quello che non sono!
– Dove hai deciso di andare?
– Ho dei parenti a Londra! Mi iscriverò all’Università e cercherò di discutere la mia tesi! Mi sono informata per il programma che devono svolgere gli studenti stranieri. Io avevo finito tutti gli esami … non dovrei avere problemi ad integrarmi nell’ultima sessione di laurea e se non sarà così riuscirò a laurearmi  per la sessione di Aprile del prossimo anno! 
- Tua madre? Cosa le hai detto? Era già quasi tutto pronto per la tua festa di laurea!
– A lei ho detto che Gold mi ha consigliato di approfondire ulteriormente la tesi con altro materiale e che lui stesso mi ha suggerito Londra. Quando le ho detto che la cosa serviva per aver maggiori possibilità di restare assistente di cattedra, mi ha creduto e ha approvato senza remore!
– Hai mentito a tua madre …
- Sai che novità?! Per Daniel le ho mentito fino ad ora!
– E vuoi mandare all’aria la storia con lui dopo i sacrifici fatti … Non ti capisco proprio! Hai un ragazzo che ti adora! Tu lo ami! Io non so cosa darei per avere ancora il mio Kim!
– Sono io che non ti capisco ora! Emma … quel ragazzo ti ha ingannata e tradita! Forse è meglio per te che sia sparito dalla tua vita!
 
Emma era rimasta spiazzata da quelle parole di Regina. Le fecero male.
L’amica si rese conto dall’espressione di Emma che forse aveva esagerato.
 
– Emma … scusami! Lo so che lo hai amato sinceramente e che sicuramente sei a pezzi! Ma … pensaci per un attimo! Se quello che dicono i giornali è vero … avresti avuto un futuro con lui? Era invischiato in un mondo che poteva diventare mortale anche per te! Se venerdì sera il killer ti avesse trovato con lui? Forse non eri qui a farmi la paternale ora!
– Venerdì ero da lui quando il killer lo ha ucciso!
– Cooosa?!  Ma i giornali dicono che è stato ritrovato nel Mystic!
– Si … quella è una cosa strana! Io sono scappata a cercare aiuto e l’ho lasciato sul pianerottolo della scala d’emergenza … poi alla polizia mi hanno detto di non averlo trovato dove dicevo io … non so perché chi lo ha ucciso lo ha preso da casa sua e lo ha gettato ne … nel fiume …
 
Ad Emma si erano riempiti nuovamente gli occhi di lacrime. Nel suo cuore e nella sua mente era ancora così vivo!
 
– Il mondo della criminalità ha i suoi modi di procedere … io e te non ne sappiamo abbastanza … non è il nostro mondo …
- Si è vero!
 
Emma aveva ricacciato dentro le lacrime e deglutiva nella speranza di non scoppiare a piangere su quel marciapiede.
 
– Ti va una cioccolata con panna e cannella? Ne ho ancora … non mi servirà più per un po’, la vorrei condividere con te!
– Si … si, va bene!
 
Regina le circondò le spalle con un braccio.
 
– Vieni su da me allora!
 
Si mossero verso il portone del palazzo, ma Emma si bloccò improvvisamente fissando davanti a sé.
 
– Che c’è?!
– Conosci quella donna Regina?
- Quale?
 
A pochi metri da loro, una donna alta, con i capelli lunghi e neri e un paio di grossi occhiali da sole, stava per infilarsi nella sua auto, posteggiata davanti ad un negozio di fiori. Portava un mazzo di fiori che aveva appena acquistato. Prese le chiavi dalla tasca della sua giacca elegante, aprì lo sportello, si infilò nell’auto e dopo aver messo in moto sfrecciò via.
 
– Perché ti interessa?
– Quella è la donna che ho visto baciarsi con Kim …
 
Regina era basita.
 
– La conosci?
– Si Emma! È Milah Gold … la moglie del Professore Robert Gold!
 
Si guardarono entrambe negli occhi restando con i pensieri e le parole sospese.
 
– Vorrei parlare con lei.
– Ma che sei impazzita Emma?! Che vorresti dirle?
– Vorrei capirci qualcosa di più del rapporto che aveva con Kim.
– Cosa vorresti chiederle? Se erano amanti? Se Kim era il “gran figo” che mi hai descritto, conoscendo quel maiale di suo marito, magari non le dava attenzioni per correre dietro alle studentesse e lei se l’è spassata con un bel ragazzo! Gli uomini poi! Sono tutti uguali! Milah è molto bella, anche se più grande d’età del tuo Kim, ti pare che un uomo qualsiasi non le correrebbe dietro? Io fossi in te lascerei perdere!
 – Forse, se lo amava veramente, sta soffrendo come soffro io!
– Allora?! Vorresti fare la “crocerossina” all’amante del tuo ragazzo defunto ora?!
– Vorrei … non so nemmeno io bene cosa vorrei … forse condividere dei ricordi su come lui fosse anche con lei …
- Mio Dio Emma! Tu devi essere proprio masochista! Che vuoi sapere? Come faceva l’amore con lei rispetto a come lo ha fatto con te? Non fare “cazzate” Emma! Tieniti i tuoi ricordi più belli e non li condividere con lei!
– Forse hai ragione … ma non hai ragione per te stessa! Sei tu che fai una “cazzata” se non denunci Gold e te ne vai via così!
– Lascia stare Emma! Quella è una decisione già presa ormai e non sono il tipo che ci ripensa e torna indietro! Ora facciamoci questa cioccolata insieme!
 
Salirono e bevvero la dolce e calda bevanda che Regina, per l’occasione, aveva preparato come piaceva alla sua amica, con una spruzzata di cannella sulla panna montata. Ridiventavano un po’ bambine quando mangiavano insieme la cioccolata e tutte le volte, dopo, si sentivano meglio. Quella volta non fu così! Si stavano salutando e non sapevano quando si sarebbero riviste.
 
– Se Daniel mi dovesse cercare cosa dovrò dirgli?
– Niente Emma! Non raccontargli di Gold! Gli manderò un messaggio dove gli dico che per andare incontro alla mia carriera sono costretta a prendere una pausa di riflessione e sto partendo … gli scriverò dall’aeroporto, così non farà in tempo a raggiungermi. Gli dirò che sarà una pausa di riflessione per entrambe!
– Una “pausa di riflessione” è sempre la scusa per l’inizio di un addio! Credi che lui non se ne renderà conto?
– Certo che se ne renderà conto! È il modo più leggero che ho per lasciarlo … se dovessi rivederlo … non ci riuscirei a farlo e lui vorrebbe delle spiegazioni …
- Daniel è un ragazzo sensibile e molto intelligente Regina … non credo che si arrenderà così, le vorrà delle spiegazioni!
– Avrà la stessa di mia madre, così, se dovessero parlare di me, mentre sono in negozio entrambi, avranno un’unica versione.
 
***
 
Emma sedeva in autobus e ripensava al saluto che si erano appena scambiate con Regina. Sentiva un grande vuoto dentro. Aveva perso l’amore e ora anche la sua migliore amica. Si, certo, si sarebbero mantenute in contatto, ma non era la stessa cosa che incontrarsi e condividere chiacchiere, sogni e passioni. Mentalmente le augurò ogni bene, poi cercò di distrarsi guardando la strada che stava percorrendo nell’affollato mezzo pubblico. Stava attraversando una buona parte di Boston, ma era contenta di rivedere Lorna.
La fermata più vicina, all’indirizzo sul biglietto da visita della Psicoterapeuta, era a tre isolati. Emma non se ne curò più di tanto, le piaceva camminare, era presto per l’appuntamento e sarebbe riuscita ad essere puntuale, come in effetti fu.
 
Il palazzo dove si trovava lo studio della Dottoressa Stone era piuttosto elegante, con numerosi piani. La giovane lesse i nomi, poi schiacciò il pulsante del campanello. La voce pacata e autorevole di Lorna rispose al citofono. Subito dopo si sentì il clack del portone a vetri ed Emma entrò senza esitazioni.
Presa dai suoi pensieri, non aveva fatto caso all’uomo che la guardava da dentro un grosso Suv Maserati di colore  nero.
 
 
– Come ti senti Emma?
 
La domanda era ovvia. Emma se l’aspettava! Cosa avrebbe potuto chiederle una Psicologa?
 
Lorna l’aveva fatta accomodare su un divano bordeaux stile Chesterfield, mentre lei si era posta nella poltroncina omologa di fronte. Un basso tavolino da salotto, con la superficie a  vetrina, le separava. All’interno del tavolinetto c’era una piccola collezione di statuine di gatti, in tutte le fogge e in materiali di vario tipo. Sulla parete dietro di Lorna, erano appese una serie di fotografie rappresentanti tutte lo stesso gatto rosso a pelo lungo, ripreso in vari momenti.
 
– Ami molto i gatti Lorna!
– Si vede?!
 
Emma sorrise rispondendo al sorriso di Lorna.
 
– Ovviamente … quello è il tuo gatto?
– Generale? Si è il mio micio. È adorabile … l’ho fotografato nei momenti più teneri e simpatici …
“Un’altra passione … la fotografia …”
– Hai mai avuto un animaletto Emma?
– Si … una cagnolina … me l’ aveva regalata mio padre … era di razza piccola … tutta bianca … con due occhioni enormi e dolci …
- Preferisci i cani ai gatti?
– Tendenzialmente si … Ava era molto affettuosa e fedele!
- I cani sono molto diversi dai gatti. Il gatto è l’amico meno fedele dell’uomo … ma può essere l’amico più fedele per una donna single …
“Sei una donna sola Lorna … perché?”
– Ava è stata la mia prima amica … ora non ho più nemmeno lei di amica …
- Hai avuto una brutta esperienza anche con un’amica umana?
 
Emma era rimasta sorpresa. Possibile che fosse stata così trasparente? Forse Lorna era più intuitiva di quanto immaginasse.
 
– All’inizio mi hai chiesto come stessi … io non ti ho risposto …
- L’ho notato, come ho notato il tuo sviare il discorso …
- Si ovviamente …
- Come stai Emma?
– Non bene! Ho l’impressione che tutti coloro che amo prima o poi dovranno abbandonarmi! … Pensandoci bene non è un’impressione … è un dato di fatto …
 - L’abbandono …  Sai che è una delle sensazioni tipiche del lutto e tu di lutti ne hai avuti diversi, ma anche chi ci lascia senza morire dà questa sensazione. Chi ti ha abbandonata ora?
– La mia amica Regina … è partita questa mattina …
- L’amica per la quale volevi chiedere un consiglio a Kim?
– Si, proprio lei!
– Perché ti senti così fortemente abbandonata? Regina è ancora tua amica e avrete la possibilità di sentirvi e rivedervi …
- Lei è molto importante per me e forse io lo sono per lei … ci siamo fatte coraggio l’una con l’altra … ci siamo incontrate nel momento in cui io avevo perso i miei genitori e lei suo padre … io avevo quasi cinque anni e lei otto. La nostra amicizia ha aiutato entrambe …
- Ed ora, in un momento per te difficile, di un grave lutto, lei non ti è di supporto perché è partita, per questo ti senti ancora più abbandonata …
- Già! Proprio così. So che è irrazionale … Regina potrà tornare, Ava no!  
- Per quanto tempo hai avuto la tua cagnolina?
– Poche settimane … papà me la portò poche settimane prima che partissimo per l’Irlanda. Non la volevo lasciare, ma non la potevamo portare con noi e la mamma la affidò ad una sua amica. Mi ero così affezionata a lei … era diventato il centro delle mie attenzioni … è durata troppo poco …
“Le è successo similmente a Kim … ecco dove parte il primo abbandono di Emma!”
– Non l’hai ripresa dopo?
- Quando tornai … dopo l’incidente con i miei … zia Ingrid non poté riprenderla. Molto dopo seppi che era stata uccisa con un colpo di pistola da un ladro che si era intrufolato nella villetta dell’amica di mamma. Forse per farla smettere di abbaiare, per non farle dare l’allarme … Sono stata così poco con Ava! Ma la ricordo come fosse ieri!
– Sei una ragazza dai sentimenti molto profondi Emma e questo dice che tu sia una persona anche molto affidabile. Chi ti ha come amica … ha un tesoro!
 
Emma sorrise timidamente.
 
– Grazie Lorna.
– Non era tanto per farti un complimento Emma …
 
Lei annuì e guardò negli occhi Lorna.
 
– L’aver lasciato Ava è stato il tuo primo abbandono forzato, molto vicino temporalmente a quello dei tuoi genitori. Ti va di parlarne?
– Si … penso di potercela fare.
 
Emma tacque un attimo, come per raccogliere i pensieri ed in effetti tornò indietro con i ricordi.
 
--0--
 
Chicago, 16 anni prima.
 
Il Maestro David Swan aveva appena inserito l’ultima valigia nel bagagliaio dell’auto. Si voltò per vedere a che punto fossero sua moglie Judy e la loro piccola Emma. Tirò un sospiro di sollievo. Sua figlia sembrava essersi calmata finalmente! Aveva avuto una pessima idea nel regalarle quella cagnolina poche settimane prima di partire per quel lungo viaggio di lavoro! Non avrebbe mai pensato che la piccola si sarebbe affezionata così tanto a quella cuccioletta bianca e soffice.
Quando le avevano detto che non avrebbero portato Ava in viaggio con loro, Emma aveva pianto disperatamente. David si era sentito in colpa. Odiava essere la causa del pianto di sua figlia, ma dovendo stare fuori dal paese per oltre un mese, a causa del suo lavoro di compositore, aveva preferito viaggiare in quel periodo estivo di vacanze scolastiche e la cagnolina sarebbe stata in disagio, chiusa per ore dentro il suo sportino, quindi l’avrebbero affidata ad un’amica di sua moglie.
 
David aveva ricevuto l’incarico di comporre la colonna sonora per un film ambientato tra l’America e l’Irlanda, una storia romantica vissuta nel diciottesimo secolo. Leggendo dettagliatamente la sceneggiatura, aveva iniziato a pensare alla soundtracks  portante del film e alle musiche adatte ad ogni scena.
La storia d’amore dei due protagonisti si intrecciava con situazioni avventurose piratesche, pregne di battaglie navali e passionali, struggenti momenti d’amore. Nel complesso sembrava la classica storia d’amore tra il Pirata gentiluomo, bello e dannato e la Principessa ribelle, ma vi era in realtà qualcosa in più, che riguardava temi sociali del periodo storico e messaggi ancora attuali. Era tratta da un romanzo scritto da un’autrice ancora sconosciuta, ma reso in film l’avrebbe probabilmente portata alla fama.
 
A David venivano in mente i ritmi incalzanti, veloci e vivaci, tipici della musica irlandese, da mescolare ai suoni della risacca del mare, al vento che soffiava tra i campi d’erica, lo scrosciare della pioggia e lo scorrere allegro dei ruscelli. Voleva andare in Irlanda per registrare i suoni dal vivo e creare poi un mix con le note che avrebbe composto.
Sua moglie Judy insegnava lettere alle superiori e in quel periodo la scuola era chiusa per le vacanze, quindi  avrebbero approfittato del viaggio per regalarsi anche una vacanza in famiglia.
 
Judy arrivò con lo sportino rosa in mano, Ava già era dentro. Emma aveva ancora gli occhi arrossati per il pianto. David le sorrise. Le iridi di sua figlia sembravano ancora più verdi con l’arrossamento della sclera. Aveva un visetto angelico Emma! Ogni volta che la guardava il suo cuore scoppiava per la tenerezza. Aveva ripreso i suoi capelli biondi e folti, mentre gli occhi verde acqua erano di sua madre Judy.
La piccola di quattro anni lo guardò con il suo bel nasino all’insù.
 
– Papà … mi prometti che Ava starà bene dalla Signora Melody?
 – Tesoro vedrai che starà bene! A Melody piacciono molto i cani! Ora Principessa vieni in braccio a papà, che voglio darti tanti baci su quelle guanciotte rosee!
 
Alzò da terra sua figlia e se la strinse al petto, facendola ridere per il solletico.
 
– Papà la tua barba punge!
– Scusami Emma, non l’ho ancora tagliata questa mattina! Ma ora non abbiamo tempo, mettiamo Ava sul sedile posteriore e tu le starai vicina! La portiamo da Melody e poi andremo all’aeroporto.
– Papà! Sul sedile c’è il libro che stai leggendo!
– Oh si! La sceneggiatura del film …
- La posso raccontare ad Ava questa storia, mentre la portiamo dall’amica della mamma?
– Come la mia Principessa desidera!
 
Emma era sempre molto curiosa, gironzolava spesso nello studio di suo padre e si era fatto raccontare il contenuto di quei fogli, quando l’aveva visto leggerli con attenzione. Lei ancora non sapeva leggere, anche se conosceva le lettere dell’alfabeto e le disegnava spesso al contrario, quindi si mise il volume sulle gambe e, girando i fogli, fingeva di leggere la storia alla sua cagnolina.
 
– C’era una volta un Pirata mooolto bello che doveva aiutare una Principessa in una missione mooolto pericolosa. Lui non sapeva che era proprio una Principessa, perché lei portava una parrucca che le copriva i capelli biondi da principessa … lo sai Ava che anche io sono una Principessa? Papà me lo dice sempre!
 
David e Judy ascoltavano la piccola Emma e sorridevano scambiandosi occhiate intenerite, mentre l’uomo guidava.
 
– Poi si sono innamorati e dopo tante cose brutte, che gli sono successe, si sono sposati … Ma le Principesse sposano sempre i pirati papà?
– Nooo! 
- Perché no?
- Non credo che i padri delle Principesse ne siano molto contenti!
 
David in un certo senso stava mettendo avanti le sue preoccupazioni paterne. Judy sollevò gli occhi al cielo, conoscendo suo marito, attaccato com’era ad Emma avrebbe avuto da ridire anche se si fosse trattato di un Principe Azzurro!
 
– Ma in questa storia si sono sposati!
– Beh! Diciamo che il protagonista era un pirata un po’ diverso dal solito, era un nobile corsaro in realtà, un gentiluomo leale e coraggioso …
- E buono e bellissimo!
– Si … anche …
- Se da grande incontro un pirata così lo sposo anche io papà!
 
Questa volta fu David a sollevare gli occhi al cielo.
 
– Ne riparleremo tra qualche anno Emma!
 
Judy sorrise e rivolse delle domande al marito riguardo al film.
 
– Sono già stati scelti gli attori protagonisti?
– Il cast è quasi del tutto completo. La Principessa dovrebbe essere interpretata da un’attrice americana che ha lavorato soprattutto come modella, per il pirata non è stato facile trovare il tipo giusto, ma alla fine hanno trovato un giovane attore esordiente che si è rivelato perfetto per il ruolo, è irlandese per di più, quindi ha non solo un aspetto gradevole, ma  anche l’accento giusto!
***
 
Emma aveva lasciato a malincuore Ava dalla Signora Melody, ma era stata “brava”, non aveva pianto. Poi durante il viaggio ci pensò meno, interessata a tutto ciò che vedeva. Era la prima volta che viaggiava in aereo. Non era mai stata neppure all’aeroporto. Per lei tutto era nuovo e interessante. Era assetata di conoscenza e faceva mille domande ai genitori.
Il volo fu molto tranquillo, non ci furono turbolenze, il tempo era ottimo. Quando poté slacciare la cintura, Emma volle guardare dall’oblò, restando con le manine e il naso attaccati al vetro, meravigliata nel vedere l’azzurro dell’oceano sotto di loro.
 
– Mamma guarda! Il mare è azzurro come gli occhi di papà! È un colore bellissimo!
 
Quando si iniziò a vedere la lunga striscia verde della terra d’Irlanda, David fece riaccostare la bambina all’oblò. Si era appena svegliata da un sonnellino e aveva ancora gli occhi assonnati, ma fu svelta a volare in braccio a suo padre, mettendosi in ginocchio sulle sue gambe, tornando a guardare l’orizzonte. La terra diventava sempre più vicina e si vedevano sempre più nitide le scogliere e le insenature.
 
– Guarda Emma, stiamo per sorvolare le famose isole Aran, questa è la zona della contea di Galway, vedi le tre isole? Si chiamano Inishmor, Inishman e Inisheer. Guarda guarda!! Vedi la grande scogliera? Sono le Cliffs of Moher, in gaelico significa “scogliere della rovina” sai che sono alte 214 metri e lunghe 8 chilometri?
– Che significa “gaelico”? 
- La lingua originaria degli Irlandesi si chiama così, ma parlano anche in inglese.
- Guarda papà! Si vedono tanti uccelli!
- È  vero Emma, qui la natura è incontaminata e gli uccelli nidificano senza essere disturbati, nonostante i numerosi turisti …
 
La meta del volo era l’aeroporto Internazionale di Dublino e sorvolando l’isola, dalla costa Oves alla costa Est, la famiglia Swan ebbe modo di vedere le meravigliose distese verdi che la coprivano, montagne e vallate, fiumi e laghi.
Le radici della famiglia di David erano irlandesi e per lui quel viaggio significava veramente andare alla ricerca di un perduto e sconosciuto passato. L’avrebbe fatto con la ricerca delle musiche folcloristiche e i suoni originali della natura.
 
– C’è tantissimo verde papà!
– Si Principessa! Quest’isola è soprannominata anche “Isola di smeraldo” e “Isola verde”, anche il colore nazionale è il verde e il trifoglio è uno dei suoi simboli, ed è  diventato anche un simbolo della città dove vive tua zia Ingrid.
– Boston?
– Si Emma. A Boston c’è stata tanta immigrazione di Irlandesi!
 
Emma fece altre domande a suo padre sui motivi di quel simbolo e lui gli parlò del Santo nazionale, San Patrizio, e della leggenda che lo legava al trifoglio. La piccola restava sempre incantata a sentire suo padre raccontare e per lui era una gioia vederla così interessata. Judy li guardava entrambi e sorrideva, felice dell’amore che univa la loro piccola famiglia.
***
 
David aveva diversi agganci a Dublino e organizzò il suo impegnativo mese in modo da incastrare i momenti di lavoro con quelli dello svago.
Passarono un mese stupendo, spostandosi prima verso la costa sud-orientale, poi verso la costa occidentale, per tornare, l’ultima settimana di permanenza, verso la Baia di Dundalk, dove avrebbero passato gli ultimi giorni in totale relax. David e July avevano affittato una villetta sul mare, lì il compositore avrebbe raccolto le ultime idee. Il suo lavoro era finito e aveva fatto sentire a sua moglie e a sua figlia la melodia creata, suonando il violino, uno dei numerosi strumenti che sapeva suonare alla perfezione.
 
In quel mese avevano usufruito di un’automobile presa a noleggio in uno dei centri   vicini all’Aeroporto Internazionale di Dublino. Nonostante la guida a destra, David non aveva avuto grosse difficoltà a guidare, nel giro di poche ore si era abituato. Avere l’auto a loro completa disposizione li aveva sicuramente favoriti, nel muoversi a loro piacimento.
 
Quel primo pomeriggio del viaggio verso Dundalk c’era molto vento e le nuvole si stavano accumulando e ingrigendo a vista d’occhio. Ormai avevano lasciato l’albergo di Dublino e non sembrava il caso di tornare indietro, in più avevano appuntamento con il proprietario della villetta per prendere le chiavi e gli ultimi accordi. A David piaceva essere preciso e puntuale.
 
Mentre percorrevano quegli ultimi chilometri della litoranea piena di curve, il tempo aveva avuto un drastico peggioramento. Il temporale era scoppiato fragorosamente buttando giù acqua a catinelle.
 
– Fortuna che Emma riesce a dormire anche con tutto questo frastuono!
– Vero July … ma temo che dovrò fermarmi, non si vede quasi la strada con quest’acqua! Guarda! Non bastano i tergicristalli a liberare il parabrezza! Dopo questa curva vedrò di trovare un posto adatto per fermarci, finché non spiove!
 
July era pienamente in accordo con suo marito. Rallentarono e si apprestarono a superare la pericolosa curva.
Improvvisamente lei emise un grido di terrore che fece svegliare Emma.
 
– Attento David! Ci viene addosso!!
 
Un’automobile giungeva da Dundalk correndo ad una velocità non consentita. Prese la curva in un modo troppo ampio e si ritrovò davanti l’utilitaria della Famiglia Swan.
La donna al volante cercò di sterzare per evitare l’impatto. Le ruote si inchiodarono per il tentativo di frenare e sterzare contemporaneamente. L’auto della sconosciuta ruotò su se stessa e slittò terribilmente sulla strada bagnata, finendo addosso all’auto guidata da David. L’urto fu tremendo e spostò ambedue le macchine fuori strada, facendole precipitare nella scarpata. Poi, per David e Judy Swan, ci fu il silenzio del nulla.
 
--0—
 
 – Amavo tanto i miei genitori! Era stato un viaggio bellissimo, avevamo visto luoghi spettacolari e mio padre aveva realizzato una musica meravigliosa. Poi ho sofferto molto, non solo per la loro mancanza, quella l’ho sentita dopo! Soffrii fisicamente. Fu necessaria una splenectomia. Rimasi tra la vita e la morte per un paio di giorni.
– Cosa ricordi del momento dell’incidente?
- Probabilmente stavo dormendo … ricordo la voce di mia madre, un suo urlo di pericolo. Mi svegliai e sentii un terribile botto, tutto iniziò a girare velocemente, poi mi ritrovai sottosopra, ero attaccata al sedile con la cintura di sicurezza, tutto rotolava intorno a me e io ero sballottolata e tenuta sospesa dalla cintura, poi qualcosa si ruppe e io mi sentii cadere senza poter avere il controllo di nulla. Sentii un dolore fortissimo al fianco sinistro e poi … poi solo il buio fino …
- Fino al tuo risveglio?
– Non ho mai capito se fossi sveglia veramente. Forse stavo sognando! Ricordo che era buio e avevo tanto sonno e dolore alla pancia. Qualcuno era vicino a me. Qualcuno mi aveva preso una mano e mi stava dicendo di vivere … non so chi fosse … mi aveva chiamata per nome … era una voce di bambino … mi sembrava molto triste e mi chiedeva di  vivere … di farlo per lui. Volevo vedere il suo viso … ricordo gli occhi … erano azzurri, mi ricordarono quelli di mio padre … non era lui … Quando mi sono svegliata completamente dal coma non c’era nessun bambino. In effetti era impossibile! Non avevo parenti in Irlanda, perché avrebbe dovuto esserci un bambino nella stanza di terapia intensiva? Ricordo l’infermiera che mi stava togliendo una mascherina trasparente dal viso e l’ossigeno. La prima cosa che le chiesi fu proprio dove fosse il bambino che mi aveva parlato, ovviamente mi rispose che non c’erano bambini con me … sicuramente lo avevo immaginato, ma se era stato un sogno … mi ha aiutato a svegliarmi … Poi fecero entrare mia zia Ingrid … poverina! Aveva preso il primo aereo disponibile, lasciando le mie cuginette con suo marito … zio Ector … ora non c’è più nemmeno lui! Mia zia veniva tutti i giorni all’ospedale, intanto si era dovuta occupare del trasporto intercontinentale dei miei genitori per il loro funerale. Ho saputo con il tempo che loro erano morti sul colpo, la donna che aveva provocato l’incidente morì nel giro di una settimana. Apparteneva ad una famiglia benestante e la loro assicurazione versò una somma molto alta, mia zia è stata la mia tutrice e vivo ancora con lei. Credo che lei conservi ancora i documenti relativi all’assicurazione. Mi ha raccontato che quella donna aveva due figli … per fortuna non erano con lei in macchina!
– Sei stata arrabbiata con quella donna?
– Si, all’inizio si, tantissimo! Quando zia Ingrid mi disse che era una mamma anche lei e che i due bambini erano rimasti orfani come me … non sono riuscita ad essere ancora arrabbiata con lei. Non l’aveva fatto appositamente … è stato un incidente, solo un terribile incidente!
 – Eri in Irlanda e avevi quattro anni … vicino a Dundalk …
 
Emma vide Lorna restare pensierosa. Si chiese cosa stesse rimuginando, ma Lorna le prestò nuovamente attenzione, facendole un sorriso.
 
– Sei stata molto forte Emma, nonostante la giovane età di allora, bisogna ringraziare non solo tua zia e la sua famiglia che ti sono stati vicini, ma anche la tua conformazione caratteriale, non sei una che si arrende! Questa è una buona cosa! Credo che potremo fare un ottimo lavoro insieme. Ti va di tornare lunedì alla stessa ora? Affronteremo altri momenti della tua vita e faremo dei piani insieme per superare al meglio anche questa ultima terribile situazione …
 
 
Emma aveva acconsentito. Mentre usciva dal portone dell’edificio di Lorna si sentiva stranamente più leggera. Si fermò sul marciapiede, il vento le scompigliò i capelli,  si guardò intorno per riprendere l’orientamento. Lungo il marciapiede erano parcheggiate alcune auto, la seconda era un suv Maserati nero. Sentì il ronzio dei vetri che si stavano chiudendo, non se ne interessò più di tanto. Si rimise la tracolla in spalla e si incamminò verso la fermata dell’autobus.
L’uomo nel suv la guardò mentre passava di fianco all’auto, poi, avendo già il cellulare in mano, compose un numero. Soltanto uno squillo e una voce maschile rispose dall’altro capo. L’uomo sorrise prima di parlare. Quella telefonata era “molto” attesa evidentemente!
 
***
 
Dublino, lunedì mattina del 21 Maggio 2008
 
 
Brennan non si era arreso. Era arrivato a Dublino per poter vedere e parlare con Killian e lo avrebbe fatto, fosse stata l’ultima cosa che faceva in vita sua! William, il suo primogenito, gli aveva riferito che Killian lavorasse per un’agenzia internazionale che si occupava di vari settori: finanziamenti, assicurazioni, turismo. Il suo secondogenito aveva un ruolo dirigenziale in quell’agenzia, sicuramente la sua Laurea in Giurisprudenza ed Economia gli era stata utile per ottenere quell’ambito incarico!
 
Brennan poteva dirsi di avere ottimi motivi per essere orgoglioso dei suoi figli.
William era diventato comandante nella Marina Militare Irlandese. Fin da piccolo le navi erano state una sua grande passione, ma quel modellino di sommergibile da costruire, che il padre gli aveva regalato, tanti anni prima, lo aveva influenzato non poco nelle sue scelte di studio e professione. Liam si era laureato a Boston, in Ingegneria meccanica, con una Tesi sperimantale - pratica sui veicoli sottomarini. In quegli anni di vita universitaria, Brennan gli aveva messo a disposizione il piccolo appartamento  di sua proprietà che si trovava in un fatiscente quartiere vicino all’Università, un posto frequentato soprattutto da studenti universitari.
Dopo aver ottenuta la Laurea, con il massimo dei voti, per una brillante discussione della tesi, alla quale Brennan non aveva voluto mancare, era entrato all’Accademia Navale e, grazie al suo titolo, gli era stato facile diventare il comandante di un sottomarino. Da circa due anni ne governava uno che la Marina Militare aveva messo a disposizione per collaborare attivamente con un importantissimo Centro di Ricerche oceanografiche, collegato alla Facoltà di Biologia Marina dell’Università di Cork, la grande città portuale situata a sud del paese.
 
Se Brennan era orgoglioso di William, non lo era meno di Killian, anzi! Ambedue i giovani erano intelligenti e brillanti, ma Killian era a dir poco geniale! Brennan aveva intuito il grande talento del suo secondogenito già a tre anni d’età. Non solo Killian aveva una capacità manuale eccezionale nel disegnare e riprodurre ciò che vedeva, aveva capacità matematiche superiori, non solo a Liam, ma alla norma. Dalle scuole medie alle superiori aveva potuto saltare quattro annualità e, incoraggiato da suo zio Henry, Docente al Trinity College di Dublino, prima di laurearsi in Giurisprudenza ed Economia, a diciotto anni si era laureato in Ingegneria informatica.
 
 
“Si … il mio Killian ha un gran bel cervello! Peccato che abbia anche quel lato oscuro della sua personalità!”
 
Forse il lato oscuro che dimorava nell’animo di Killian, quella zona d’ombra che lo aveva messo nei guai a sedici anni d’età, la doveva proprio a lui, a suo padre …
Brennan rifletteva su questo, mentre, nella cabina telefonica in disuso, attendeva, alle sei di quel lunedì mattina, che il suo secondogenito si alzasse e uscisse di casa.
 
Da quanto gli aveva detto Liam, l’Agenzia per cui il fratello lavorava, si trovava dalla parte opposta di Dublino, rispetto al loro vecchio appartamento in cui abitava e, solitamente, il fratello usciva per le sette del mattino. Quando era in ufficio iniziava dalle otto, ma non aveva mai un orario fisso per tornare a casa, anzi, spesso, durante la settimana, partiva per Boston o New York, secondo le urgenze e gli interessi dei suoi clienti.
 
Dalla sua postazione, nella vecchia cabina telefonica, Brennan aguzzò la vista. Il portone della palazzina si era aperto e Killian stava uscendo con una valigetta nella mano sinistra. Lo vide fermarsi un attimo per cercare qualcosa nella tasca dell’impermeabile nero, forse le chiavi dell’auto parcheggiata non molto distante.
 
Brennan si decise ad uscire dall’ appostamento, non doveva perdere tempo o suo figlio sarebbe entrato in auto e partito. L’aria fredda del mattino, si insinuò nell’apertura della giacca che indossava. Sentì un gran freddo dentro il torace e fu colto da quella stizzosa tosse che da qualche settimana lo stava tormentando, lasciandolo ogni volta senza fiato. Si piegò in due, portando il fazzoletto di stoffa alla bocca.
 
“Maledetta tosse!”
 
Mentre riponeva in tasca il fazzoletto, macchiato nuovamente con delle piccole gocce di sangue, Killian, ignaro, era entrato nella sua Mercedes grigio-argento e aveva avviato il motore.
Brennan aveva iniziato a correre verso l’auto, non poteva farlo andar via senza parlargli! Killian guidava a velocità sostenuta, era ancora in seconda marcia e stava per ingranare la terza, quando si trovò quell’uomo emaciato, dai capelli ingrigiti, che gli si buttò davanti.
Frenò bruscamente e l’uomo si poggiò con le mani sul cofano dell’auto. Erano anni che non si vedevano, ma nonostante il fisico sciupato e i fili bianchi tra i capelli, Killian lo riconobbe.
 
“Papà?!”
 
Brennan, con un’espressione preoccupata sul viso, cercò di rivolgergli un sorriso e alzò la mano per salutarlo.
Killian passò dalla sorpresa ad un forte sentimento di rabbia. In un momento gli passarono davanti agli occhi i ricordi, dalla morte di sua madre, a tutto il periodo della sua adolescenza.
 
“No!”
 
Quel no lo aveva gridato dentro di sé. Non voleva rivedere suo padre! Non voleva parlargli!
In una frazione di secondo, in modo automatico, schiacciò la frizione e ingranò la retromarcia. Sgommando e facendo fischiare le ruote sull’asfalto, fece una veloce inversione ad U, in retromarcia e, facendo rombare il motore, in un modo che somigliava alla sua stessa rabbia, imboccò la strada opposta a quella meno trafficata che stava percorrendo prima di “scontrarsi” con suo padre.
Dal retrovisore vide l’immagine dell’uomo che, con espressione costernata, si chiudeva il bavero della giacca intorno al collo. Ebbe l’impressione che fosse preso da un attacco di tosse.
Distolse i suoi occhi azzurri, corrucciati, dallo specchietto e li puntò decisi sulla strada. Il traffico stava aumentando, doveva stare attento alla guida … doveva stare attento a se stesso, degli altri non gli doveva importare nulla! Non era così che si era comportato suo padre?
 
Brennan si riprese da quel colpo di tosse che era stato più fastidioso del precedente. Sentiva qualcosa che tirava dentro il torace. Cercò di respirare e riempire la cassa toracica d’aria. Sentì una forte fitta sulla destra del petto. Doveva decidersi ad andare dal medico! Lo avrebbe fatto tornando in America. Doveva tornare in Florida, lì, dove si era trasferito da qualche anno, il clima gli era più favorevole rispetto a quello del freddo Maggio irlandese. Prima però avrebbe avuto alcune cose da vedere e sistemare nel vecchio appartamento di Boston. La Polizia aveva messo i sigilli, forse era ora di farli togliere!
 
“Killian … figlio mio! Lo so … lo so! Non vuoi ancora parlarmi, ma almeno sono riuscito a vederti in viso! Dio quanto gli somigli! Stessi occhi .. stessi capelli spettinati e bruni … se non ti fossi fatta crescere la barba saresti una goccia d’acqua con tuo fratello minore. Peccato che tu non abbia voluto frequentarlo … ormai non è più possibile!”
 
Una lacrima scese lungo la guancia destra di Brennan nel ricordare il suo terzogenito, il figlio avuto da Dorin. Un figlio che, diversamente da Killian, non avrebbe più potuto rivedere! Guardando l’auto di Killian che spariva nel traffico, si tirò su il bavero della giacca. Il freddo non lo abbandonava, ma forse non era il freddo del clima, era il gelo che proveniva da dentro …
 
***
 
Erano le 16,30! Killian guardò, per la settantesima volta in quell’ultima ora, l’orologio che aveva al polso sinistro.
Quella mattinata era stata lunghissima! L’incontro con Brennan non l’aveva fatta iniziare con i migliori auspici! Non aveva nemmeno pranzato, assorto nei suoi pensieri non aveva avuto appetito. Seduto alla sua scrivania, diede un’ultima occhiata ai quattro monitor collegati a internet. La situazione era stabile al momento! Riguardò l’orologio. Quasi le 16,31! Non era passato del tutto il minuto da che aveva visto l’ultima volta. A Boston dovevano essere le 11,30! Era ora che avesse la risposta che attendeva.
 
“Basta! Ho bisogno di sapere!”
 
Prese il cellulare. Stava per scorrere la rubrica e l’apparecchio suonò, prendendolo alla sprovvista. Nel nervosismo dell’attesa, per poco non gli cadde di mano. Non aspettò un secondo squillo. Sapeva benissimo chi fosse. Al suo
“Pronto?”
l’uomo gli rispose in modo netto e apparentemente enigmatico.
 
- “Catwoman” ha appena finito di coccolare l’”Anatroccolo”!
 
Killian tirò silenziosamente un sospiro di sollievo, mentre un sorriso si delineava sulle sue labbra.
 
– Bene Winter soldier! Continua a mantenere il controllo!
 
Chiuse la chiamata e rimase a guardare lo schermo che si spegneva. Poi riavviò la rubrica e scorse fino a trovare la E. Toccò, come in una carezza, il nome che cercava e comparve la snella figura di una giovane dai lunghi capelli biondi. La guardò intensamente, poi allargò con pollice e indice l’immagine del viso, fino a vedere il verde degli occhi della ragazza.
 
– Ciao Anatroccolo! Spero che Catwoman ti abbia trattato bene!
 
Un bip lo informò che un messaggio era arrivato. Lo aprì. Winter soldier gli aveva inviato altre immagini della ragazza. Tirava vento a Boston in quel momento. I lunghi capelli biondi della giovane fluttuavano nell’aria, onde d’oro lucente, imprigionate nell’eternità di quello scatto.
 
Con pochi comandi ,“Cuore di ghiaccio” inviò l’immagine al computer e poi attivò la stampante. Il viso della ragazza comparve sul foglio A3 a dimensione naturale.
Le mani di Killian tremarono impercettibilmente nel prendere quella stampa. Emise un flebile sospiro e scosse incredulo la testa.
 
– Dio! Sei ancora più bella di come ti ricordo Emma!
 
 
Angolo dell’autrice
Come molte vittime di violenza fanno, anche Regina ha preferito non denunciare. Peccato! Si sta privando anche dell’uomo che ama, forse l’avrebbe capita e aiutata, come le ha detto Emma. Riguardo alla nostra Swan abbiamo avuto una ulteriore spiegazione sull’incidente che costò la vita ai suoi genitori e si è capito causato da chi. Esiste un legame tra lei e Killian fin da quel terribile incidente, lui lo sa bene, lei lo ignora, almeno per ora. Anche su Killian si è saputo qualche altro dettaglio.
Spero che la storia non stia apparendo troppo lenta. Ringrazio comunque chi la sta seguendo, chi l’ha inserita nelle varie categorie, ho visto che sono molti dei lettori che mi hanno seguita anche in For Love e nella nuova Again For Love. Molti sono quelli che hanno già recensito le mie storie precedenti. Vi ringrazio tanto della vostra presenza, anche se restate silenti. Un bacio ad ognuno di voi e un grazie speciale a chi decide di lasciare un commento.
A presto dalla vostra Lara.
 

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Capitolo 10
*** Sorprese impreviste ***


Capitolo 10
 
Impreviste sorprese
 
Boston.  Lunedì 21 Maggio 2008.
 

Un mazzo di rose rosse, avvolte in una carta crespa verde, galleggiava sui flutti del Mystic River. La carta andava assorbendo velocemente l’acqua e presto, ormai diventata una poltiglia, avrebbe liberato quelle dodici rose rosse.
Una donna alta e snella guardava il destino inesorabile di quel mazzo di fiori e pensava proprio a quanto il destino lo fosse veramente … inesorabile.
Lentamente le rose si sparpagliarono sull’acqua. Nulla più le teneva unite e i flutti le allontanarono l’una dall’altra, portandole via definitivamente.
 
“Inesorabilmente definitivo …”        
 
Quel concetto si ripeteva come un eco nella mente della donna affacciata al parapetto che costeggiava il fiume, mentre il vento di quel fresco mattino di Maggio le scompigliava i lunghi e lisci capelli neri. Attraverso i grandi occhiali da sole scuri osservò sparire l’ultima rosa.
 
“L’ultima rosa … andata via come il mio amore per te Kim … andata via come te … in questo fiume crudele …”
 
Una lacrima rotolò lungo lo zigomo di Milah Gold. Il dolore le dilaniava il petto e non poteva raccontarlo a nessuno. Il suo amore per quel giovane doveva restare un suo segreto. Una parentesi meravigliosa, apertasi e chiusasi nella sua vita nel giro di sei mesi. Si, sei mesi! Lo aveva incontrato casualmente proprio sei mesi prima …
Tutti i lunedì, nel suo giro di shopping, Milah passava dal suo fioraio di fiducia, lo stesso dove quella mattina aveva acquistato quelle dodici rose scarlatte.
Amava i fiori, amava circondarsene. Un vaso di fiori freschi doveva sempre essere presente nella sua casa. Lo posizionava su una consolle nell’ingresso dell’elegante appartamento dove viveva con suo marito, il Professor Robert Gold, un Barone dell’Università più prestigiosa di Boston.
Quel lunedì di sei mesi prima, uscendo dal fioraio, con l’immancabile bouquet, si era diretta verso la sua auto parcheggiata lungo il marciapiede antistante il negozio e aveva avuto la spiacevole sorpresa di trovare uno degli pneumatici anteriori a terra. Avrebbe voluto imprecare, ma le uscì quella semplice esclamazione di negazione che aveva attirato un passante.
 
– Oh nooo!
– Ha bisogno di aiuto Signora?
 
Concentrata sul danno, nemmeno lo aveva guardato in viso quell’uomo, mentre aveva continuato a lamentarsi di non saper come fare per cambiare la ruota.
 
– Ha una ruota di scorta Signora o uno spray riparatore nel bagagliaio?
– Come scusi … uno spray?
 
L’uomo le si era avvicinato e solo allora Milah lo aveva guardato in viso. La domanda le si era spenta sulle labbra, mentre era rimasta quasi senza fiato a guardare il bel viso di quel giovane che a malapena poteva avere ventotto o ventinove anni.
 
– Permette che l’aiuti Signora?
 
Il giovane moro le aveva rivolto un sorriso gentile che aveva dato un tocco di malizia al suo sguardo azzurro. Lei era riuscita a sospirare un “Si grazie … “ incantata da quei magnetici occhi azzurri che la fissavano con un cipiglio quasi divertito.
Il giovane le aveva tolto di mano le chiavi dell’auto e, velocemente, con fare esperto, aveva aperto il bagagliaio e in men che non si dica aveva tirato fuori la ruota di scorta con l’occorrente per cambiare quella danneggiata e aveva riposizionato nel bagagliaio la vecchia.
 
– Sarà il caso che la faccia risistemare quanto prima Signora! C’è un’officina a pochi isolati da qui …
- Si la conosco, grazie Signor …
- Vero … mi scusi, non mi sono presentato … sono Kim Steward, incantato di conoscerla!
- “Incantato … sono incantata anche io!” Io sono Milah Gold … come posso ringraziarla?
- Non c’è da ringraziarmi è un piacere aiutare una bellissima donna come lei, ma mi piacerebbe offrirle un caffè o un drink se preferisce …
- Sarà per un’altra volta Kim, ho premura adesso!
 
Il giovane l’aveva guardata con quel suo sorriso dolce e malizioso insieme e in un attimo le aveva preso gentilmente la mano, portandola alle labbra e deponendovi un leggero bacio sul dorso, mentre i suoi occhi erano puntati in quelli di lei.
 
– Allora arrivederci Milah, ci conto su una prossima volta! Siete in debito con me per un drink!
 
 
Milah aveva provato una punta d’imbarazzo, ma contemporaneamente la sua vanità sopita aveva subito uno scossone. Da quanto un uomo non le faceva quei complimenti e il baciamano?
 
Nei giorni seguenti aveva spesso pensato a quel bellissimo giovane uomo, ma si era arresa alla consapevolezza che una casualità, come quella del lunedì precedente, non si sarebbe verificata facilmente per una seconda volta. Il lunedì seguente capì di essersi sbagliata. All’uscita dal fioraio quasi si urtarono e quella fu l’occasione che iniziò ufficialmente la loro conoscenza. Questa volta andarono veramente in un locale per un drink, poi tutto prese una rotta particolare. Si rincontrarono nuovamente, sempre di lunedì mattina. Diventarono amici. Kim era un consulente legale, era irlandese e viaggiava durante la settimana tra Dublino, Boston e New York, aveva quasi dieci anni meno di lei, era un giovane estremamente piacevole, simpatico, spigliato, un uomo molto seducente. Per lei quell’amicizia si era trasformata in un sentimento sempre più profondo, per lui non era così, ne era sicura. Lei non pretendeva nulla da lui e lui non pretendeva niente da lei. Non le aveva mai fatto avances, finché, un giorno, non la incontrò con quegli enormi occhiali da sole.
 
Mentre lo ricordava, una seconda lacrima scivolò sulla sua guancia. Milah tolse gli occhiali per asciugarsi gli occhi con un fazzolettino di carta. Nessuno poteva vederla in viso in quel momento. Nessuno avrebbe potuto notare quello che anche Kim, quel giorno, aveva visto.
Una macchia violacea si stendeva intorno al suo occhio destro. tamponò piano le lacrime, sperando di smettere di piangere, la tumefazione le faceva molto male e le palpebre di quell’occhio erano quasi del tutto chiuse per quanto erano gonfie. Sotto la camicia setosa, all’altezza dell’avambraccio destro, ancora sentiva il dolore dell’altro livido che lo circondava come un bracciale. 
Ricordò quando Kim aveva scoperto il suo occhio nero. Aveva insistito per farle togliere gli occhiali, voleva guardarla nei suoi occhi grigi, le diceva sempre di trovarli bellissimi e tristi. Lei non voleva toglierli e lui aveva capito che qualcosa non stesse andando. Le aveva detto di non temere nulla e, gentilmente, con lentezza, lui stesso le aveva tolto gli occhiali, facendo un’espressione preoccupata e stizzita insieme.
 
– Dimmi che non è stato tuo marito Milah!
 
Lei, vergognandosi, aveva annuito e aveva visto Kim stringere il pugno sul tavolo.
 
– Mi avevi detto che non ti trattava bene, ma non credevo fino a questo punto! Che scusa ha tirato fuori?
 
Chi avrebbe mai potuto pensare che il serissimo Professore Robert Gold, famoso Docente di Storia dell’Arte della Harvard University di Boston, conosciuto e stimatissimo nel suo ambiente, fosse un uomo con un profondo lato oscuro?
Si erano sposati dieci anni prima, lei aveva 28 anni allora, venti meno di lui. L’aveva affascinata con la sua cultura, le sue belle parole, la corte costante e appassionata che le aveva fatto. Le aveva fatto lasciare il suo ruolo di insegnante di Letteratura inglese presso un istituto superiore di Boston, convincendola che non avrebbe avuto bisogno di lavorare, voleva che fosse la “sua bellissima Signora Gold”, racchiusa in quello scrigno prezioso che era il lussuoso appartamento in cui l’aveva portata a vivere. I primi attacchi erano arrivati con la scoperta che Milah non avrebbe potuto avere figli. Avevano provato per i primi due anni di matrimonio, ma ogni volta che lei iniziava una gravidanza, nel giro di poche settimane perdeva il piccolo spontaneamente. Robert non aveva mostrato nessuna sensibilità nei suoi confronti, appena tornava dall’ospedale lui pretendeva di riprendere la loro attività sessuale, senza preoccuparsi di proteggere sua moglie da ulteriori precoci gravidanze, ne permettendole di usare la pillola. Era talmente ossessionato dall’idea di volere un figlio, che stava distruggendo sua moglie con quelle gravidanze che si interrompevano di continuo, senza darle il tempo di riprendersi completamente dal trauma fisico e psicologico. Quando i medici avevano chiarito che sua moglie non era in grado di portare a termine una gravidanza, per una sua anomalia congenita, Robert aveva iniziato a colpevolizzarla e ogni occasione era buona per farle sapere cosa pensasse di lei. “Mezza donna! Buona solo per essere scopata!” questo le diceva! Poi aveva iniziato a tradirla.
Milah aveva scoperto che spesso si trattasse di giovani studentesse. Suo marito si  vantava con lei delle sue conquiste, paragonava la ragazza di turno con lei in modi volgari e scurrili, sottolineando particolari che la disgustavano. Ma ciò che la disgustava maggiormente era il fatto che quelle povere ragazze, si “povere”, erano ingannate e ricattate non meno di lei.
 
In quegli ultimi otto anni Milah si era sentita annullare ogni giorno di più. Si sentiva morta dentro, non aveva più nessun desiderio sessuale ne voglia di vivere. Se andava dal parrucchiere e a far shopping ben vestita e curata, era solo perché suo marito non la voleva sciatta per casa. Era diventata una sorta di oggetto, era una moglie di rappresentanza, questi erano gli usi che faceva di lei l’ “esimio” Professore Mister Robert Gold!
In alcune occasioni, negli ultimi cinque anni, aveva dovuto organizzare delle cene d’affari per suo marito, far la bella statuina a tavola e sparire ad un suo cenno, quando lui voleva restar solo con i suoi commensali. Erano uomini che a Milah non piacevano affatto. Erano sempre elegantissimi, pieni di gioielli, volgari e non davano l’impressione di essere acculturati come suo marito. Arrivavano con auto di grossa cilindrata, l’autista e uomini che restavano di guardia. Spesso alcuni di essi avevano un rigonfio sotto la giacca.
L’ultima volta che aveva chiesto spiegazioni al marito questi l’aveva malmenata e, proprio in quell’occasione, Kim aveva scoperto il suo occhio nero.
 
Quel giorno, Milah aveva raccontato al suo giovane amico come erano andate le cose. Gli aveva detto di quegli uomini di dubbia moralità e onestà. Non aveva idea di cosa stesse combinando suo marito, ma era sicura che non fosse nulla di buono. Kim l’aveva ascoltata attentamente, in silenzio, e le aveva fatto delle domande molto specifiche. Non le erano sembrate strane, in fin dei conti lui era un legale, certe domande gli venivano di sicuro spontanee! Ad alcune aveva saputo rispondere ad altre non aveva saputo cosa dire. Kim le aveva preso le mani, sul tavolo del Pub dove si erano dati appuntamento, le aveva detto che quella non era una situazione normale, era da denuncia e che lei avesse bisogno di essere aiutata. Milah gli aveva risposto di non averne la forza e aveva iniziato a piangere. Il giovane avvocato le aveva asciugato le lacrime e l’aveva portata via di lì, voleva trovare un posto tranquillo dove permetterle di sfogarsi e, uscendo da Boston con il suo BMW nero, l’aveva portata in un Motel.
 
– Milah esistono centri per donne maltrattate … ti metteranno in sicurezza, tuo marito non saprà dove sei e avrai cure psicologiche per riprenderti! Dovrai denunciarlo ovviamente!
– No Kim! Ho troppa paura di lui! Ha tutte quelle strane conoscenze! Non posso fuggire da lui, ho paura che possa farmi uccidere!
– A maggior ragione Milah! Fai come ti sto dicendo!
 
Lei aveva pianto ancora e lui le aveva preso il viso tra le mani, dandole un piccolo bacio sulle labbra. Era la prima volta che la baciava, era stato un bacio tenero, non aveva intento sessuale. Milah purtroppo era come una piantina bisognosa di acqua e quel bacio era stata una goccia dell’acqua di cui aveva bisogno. Finirono col fare l’amore e non fu l’unica volta che capitò. Allora erano tre mesi che si conoscevano, Milah non lo aveva pensato come un amante, era così più giovane di lei! Ma nei due mesi seguenti il loro rapporto diventò quello di due amanti clandestini.
 
Continuarono ad incontrarsi il lunedì in quel Motel. Lei non aveva voluto lasciare il marito, né denunciarlo e Kim le aveva detto di continuare a tenerlo d’occhio e a riferire a lui il lunedì, come stessero andando le cose e chi Gold incontrasse durante la settimana. In un’occasione, più o meno due mesi prima della morte di Kim, gli aveva detto che Gold aveva ricevuto in casa uno studente, cosa strana per lui, poiché per gli studenti usava il suo ufficio dell’ Ateneo. Kim aveva voluto sapere chi fosse il ragazzo e lei, che aveva risposto al citofono, aveva ricordato facilmente il suo nome. Quando il ragazzo era andato via, Robert era molto arrabbiato e non aveva risposto nemmeno alle domande che lei gli aveva rivolto, ignorandola completamente. Da quell’ evento le cose erano iniziate a cambiare anche con Kim. Nell’ultimo mese e mezzo, avevano continuato a vedersi il lunedì mattina, ma parlavano soltanto, Kim non aveva voglia di far l’amore con lei e sembrava sfuggente. La abbracciava confortandola, le dava qualche tenero bacio sulla fronte e poi andava via, raccomandandole di stare attenta a se stessa e di chiamarlo se c’erano delle novità con Gold, specie se avesse alzato nuovamente le mani su di lei. Le ribadiva sempre che avrebbe dovuto entrare in un programma di tutela, ma lei rispondeva sempre allo stesso modo.
 
La settimana in cui Kim era stato ucciso non si erano incontrati al Motel. Quel lunedì lui le aveva dato appuntamento al parco dell’ Università. Gli aveva raccontato che Robert aveva ricevuto diverse telefonate ed era furente, inoltre le aveva dato uno spintone, facendola sbattere con la schiena al muro, quando aveva provato a chiedergli qualcosa. In più aveva scoperto che stava cercando di circuire un’altra studentessa, una sua laureanda molto bella e brillante. Aveva visto una sua fotografia nello studio del marito, tra le pagine della sua tesi; era una bella moretta dai capelli tagliati in un corto sbarazzino, con begli occhi castani e la bocca carnosa. Aveva notato una piccola cicatrice sul labbro superiore destro della ragazza ma, nonostante il piccolo segno, il sorriso radioso, che mostrava nella foto, non ne era deturpato. Ricordava ancora il nome della studentessa … Mills … Regina Mills.
 
Kim l’aveva ascoltata come al solito, poi le aveva detto che stava per prendere l’aereo per Dublino. Sarebbe stato via alcuni mesi, la loro relazione non poteva continuare! L’aveva pregata di rivolgersi ad un Centro di cui le aveva dato l’indirizzo, ancora conservava il bigliettino. Lei gli aveva chiesto di non lasciarla, ma aveva capito che Kim era già lontano da lei, gli aveva detto addio e con le lacrime agli occhi lo aveva baciato un’ultima volta. Poi era successa una cosa che l’aveva turbata. Kim si era staccato da lei repentinamente e si era guardato intorno. C’era una ragazza dai lunghi capelli biondi che li stava osservando poco distante. Kim si era affrettato a prenderla per il braccio e l’aveva portata in macchina e lei gli aveva chiesto se conoscesse quella biondina. Le aveva risposto che non l’aveva mai vista in vita sua, ma da una lieve incrinatura della sua voce, Milah aveva avuto l’impressione che mentisse.
 
Non aveva idea di cosa fosse successo a Kim nei giorni seguenti. Doveva essere a Dublino e invece i giornali della domenica avevano riportato la notizia della sua morte a Boston e avevano parlato di lui come un complice di trafficanti di droga. Non poteva ancora crederlo! Ucciso per qualche sporco regolamento di conti e gettato nel Mystic. Proprio lì lo avevano ripescato, nel punto dove lei aveva deciso di salutarlo definitivamente con quelle dodici rose scarlatte, un simbolo dell’amore che aveva provato per lui.
 
Milah Gold rimise gli occhiali neri sul naso. Kim era morto, ma lei era viva e, nonostante l’ultima violenza che suo marito le aveva perpetrato la sera prima, voleva restarlo! Mise la mano nella tasca dell’elegante giacca che indossava e tirò fuori il biglietto con l’indirizzo che lui le aveva dato l’ultima volta che lo aveva incontrato. Aveva deciso. Non sarebbe tornata a casa. Sarebbe andata a quell’indirizzo, lo doveva a Kim e soprattutto lo doveva a se stessa!
 
Guardò i flutti che scorrevano un’ultima volta. Le rose erano sparite ormai. Si volse e si diresse verso la sua auto, sapeva quale era la sua meta.
Da un SUV nero, poco distante, un uomo l’aveva osservata fino ad allora e le stava scattando delle foto con il suo cellulare. Milah Gold non se ne accorse, come non si accorse che il SUV continuò a seguirla fino al Centro per le donne vittime di violenza.
 
***
 
Centro Studi Oceanografici di Cork, Irlanda. 28 Maggio 2008.
 

La giovane neo-dottoressa Elsa Frozen guardò il suo orologio da polso, mentre affrettava il passo verso il Centro per gli studi oceanografici dell’Università di Cork.  Si era laureata da un mese presso quell’ Università, era un Biologo Marino finalmente! Laureata cum laude! Si era inserita presso l’Università irlandese con un programma di scambio culturale, gestito dall’Università di Harvard e si era fatta apprezzare per l’ottimo rendimento. In più aveva ottenuto una borsa di studio per altri tre anni, come ricercatrice presso il Centro Studi dove si stava dirigendo con una mezz’ora di ritardo.  Era arrabbiata con se stessa. Non era da lei essere in ritardo! Sua sorella Anna la prendeva sempre in giro per la sua pignoleria e la sua puntualità. La chiamava “Miss Oraspaccata”!
 
Pensare a sua sorella le riportò un po’ di buonumore. Anna era il suo preciso opposto, sia caratterialmente che fisicamente. Sembrava più sua sorella Emma, che le era cugina, che la sua vera sorella! Lei, sua madre ed Emma erano bionde, con la carnagione chiara, differivano solo per il colore degli occhi. Emma li aveva verde acqua, lei e sua madre Ingrid celesti. Anna era castana e aveva una spruzzata di lentiggini sul naso e sulle gote ed era molto più estroversa di Elsa ed Emma.
 
– Signorina! Signorina!
 
Una voce maschile, calda e profonda la distrasse dai suoi pensieri. L’uomo era dietro di lei e stava affrettando il passo per raggiungerla.
 
– Mi scusi Signorina! Non volevo disturbarla … ma le è caduto questo!
 
Elsa si costrinse a fermarsi, anche se infastidita. Cosa le era caduto? Non le sembrava di aver perso nulla!
 
– Oh! Si grazie! Il mio foulard!
 
Non si era accorta che il foulard, che aveva allacciato alla cinghia della tracolla, si fosse sciolto e scivolato sull’asfalto. L’uomo glielo stava porgendo educatamente. Lo sguardo di Elsa andò dalla mano, che reggeva il foulard, al viso dello sconosciuto. Realizzò che indossasse una divisa della Marina Irlandese. Non se ne intendeva di gradi militari, ma ebbe l’impressione che fosse un ufficiale.
Anche l’uomo sembrava aver fretta e si guardarono per pochi secondi in viso. Quel poco tempo bastò per ripetere il “Grazie” da parte di Elsa e far fare un saluto militare all’uomo. Quasi le venne da ridere, pensando che la deformazione militare l’avesse portato a salutarla come un commilitone.
 
– Arrivederla Signorina!
 
In breve l’uomo era andato via. Elsa riprese il suo cammino, seguendolo con lo sguardo.
 
“Un bel tipo!”
 
Ammirò a distanza il portamento dell’ufficiale sui trent’anni. Molto alto, sul metro e novanta. Spalle larghe e belle gambe lunghe e muscolose, i pantaloni bianchi della divisa  ne esaltavano i glutei e i muscoli delle gambe. Sotto il cappello si notavano i capelli corti, ramati e ricciuti. Per quel poco che si erano guardati, aveva notato un bel viso maschio e occhi chiari.  Peccato che fosse stato un incontro così fugace! Elsa si chiese chi fosse, ma sapeva che doveva tenersi la curiosità. Lì a Cork il porto era molto grande e di Ufficiali di Marina ce ne erano a bizzeffe, sempre pronti a partire e ad arrivare. Forse quello era uno in partenza e chissà quando sarebbe tornato!
Proprio in quel momento un gruppo di marinai arrivò dalla parte opposta, li vide salutare militarmente l’ufficiale. Poi, arrivando verso di lei, glielo fecero perdere di vista. Qualcuno dei giovani marinai fece un fischio di apprezzamento nei suoi confronti, facendola arrossire. Odiava quel modo di fare di alcuni uomini, la imbarazzava, mettendo maggiormente in evidenza la sua timidezza.
 
***
– Scusatemi per il ritardo Professor Amilton!
– Dottoressa Frozen! Come mai?! Non è da lei!
– Si … in effetti …
- Non si preoccupi! Non è l’unica in ritardo questa mattina! Venga in ufficio da me, oggi avrà l’incarico che segnerà la sua carriera di ricercatrice! Erano pochi i candidati, la crema dei neolaureati, e lei è stata scelta tra tutti!
 
 Elsa era passata dal rossore iniziale per il ritardo, al pallore per la sorpresa. Quale proposta doveva farle il Professore Sean Amilton?
 
Il Professore le fece strada verso il suo ufficio e, aprendo la porta, disse con il suo tono di voce assertivo:
 
– Comandante William Jones … le presento la nostra migliore neo-laureata, la Dottoressa Elsa Frozen!
 
L’ufficiale, seduto di spalle, si alzò automaticamente, voltandosi e portandosi sull’attenti, facendo un cenno d’inchino alla giovane Dottoressa Frozen che rimase a bocca aperta scoprendo che si trattasse dell’ufficiale che le aveva appena restituito il foulard.
I due si sorrisero e scambiarono una stretta di mano.
 
– Ci siamo rivisti presto Dottoressa!
– Direi di si Comandante!
– Ma già vi conoscete?
– Non così bene come vorrei Professor Amilton! Un semplice incontro fugace mentre venivo da lei, ma io e la Dottoressa Frozen rimedieremo presto!
 
Elsa sgranò gli occhi e diventò paonazza. Jones era un tipo intraprendente, diretto e malizioso, da quel che sembrava! Nella sua frase si potevano leggere dei doppi sensi, che dal risolino divertito del Professor Amilton, evidentemente, aveva colto in pieno.
Un moto di stizza si dipinse sul viso arrossato di Elsa. Il Comandante Jones se ne accorse e sul suo si dipinse un’ espressione ora costernata. Lo vide mordersi l’angolo inferiore del labbro.
 
“Bene! Ti sei reso conto! Meglio così, con me non te lo devi permettere!”
 
– Carissima Dottoressa Frozen, il nostro Comandante Jones è un Ingegnere specializzato in sottomarini ed è al comando del sommergibile che la Marina di Stato ci ha messo a disposizione per le nostre ricerche …
 
Elsa era ora piacevolmente sorpresa e iniziava vagamente a tornare sul primo giudizio che aveva avuto dell’ ufficiale, appena lo aveva incontrato.
 
– Come avrà capito, lei sarà la Biologa che farà parte dell’equipaggio scientifico del Nautilus, naturalmente non mi aspetto rifiuti Elsa! Questa è una grande occasione non trova?
- “Occasione?!! Dio mio! Questo è un sogno che si avvera!” Professore … sono senza parole … questa è una sorpresa inaspettata!
– Beh! Mia cara, le persone in gamba come lei debbono aspettarsi prima o poi simili sorprese no?
 
Questa volta Jones le rivolse un sorriso di stima e  ammirazione.
 
– Accetta?
– Come non potrei Professor Amilton! Sono felice di accettare!
– Benissimo! Allora la lascio con il Comandante Jones, le spiegherà i dettagli dell’operazione, io ho una sessione d’esami che mi aspetta, prepari il suo bagaglio! Starà in mare per minimo tre mesi!
 
Il Professore afferrò velocemente dei registri e uscì dal suo ufficio salutandoli e lasciandoli soli. Elsa era sbalordita.
 
–Tr – tre mesi?!
 
Jones la guardò e sorrise con comprensione.
 
– Mai messo piede in un sommergibile Dottoressa?
 
Elsa era ancora sotto shock.
 
– N - no!
 
Lui sorrise ancora. Elsa notò che avesse un bel sorriso, con denti bianchi e perfetti. Non indossava il cappello, era infatti poggiato sul piano della scrivania, lei valutò che avesse una bella testa proporzionata e un bel profilo.
 
– Stia tranquilla Dottoressa, in tre mesi usciremo praticamente tutti i giorni dal sottomarino, non saremo in immersione continua. Il Nautilus è piuttosto grande e ha un ponte su cui poter passeggiare e sgranchirsi a prender aria e sole. Dal tramonto e per tutta la notte, saremo riemersi. Se non soffre di claustrofobia non avrà nessun problema, sarà come vivere nella cabina di una comune nave!
– Non mi pare di aver mai sofferto di claustrofobia Comandante Jones!
– Vedremo! Me lo auguro! Faremo oggi pomeriggio le prove al simulatore. L’addestrerò io stesso, deve sapere come comportarsi a bordo. Il resto della squadra ha già esperienza, quindi sarà la mia unica allieva. Dovesse avere dei malori o senso di soffocamento dovrà dirmelo tempestivamente! La comunicazione è fondamentale, sempre, non solo a bordo!
– Farò del mio meglio Comandante!
– Mi consente di chiamarla per nome?
– Certamente, mi chiami pure Elsa …
- Elsa … mi chiami Comandante solo quando saremo a bordo o sarò comunque in divisa, diversamente mi chiami Liam.
– Liam?
– Si, il diminutivo di William! Ha domande da farmi Elsa?
– Si …
 
Elsa aveva preso un’espressione sorridente e maliziosa e azzardò quella domanda impertinente che non era tipica della sua proverbiale timidezza e riservatezza.
 
– Mi dica pure …
- Mi incuriosisce la differenza, capisco a bordo e la divisa …
- Quindi?
 – Anche sua moglie la chiama Comandante quando è in divisa?
 
Liam scoppio in una fragorosa risata e guardandola, egualmente con sguardo malizioso, le rispose:
 
 – Elsa … è un modo indiretto di chiedermi se sono sposato?
 
Lei arrossì e in cuor suo Liam pensò che fosse particolarmente bella con quel colorito sugli zigomi.
 
– Nooo! Era veramente una curiosità, ironica se vogliamo! Visto come l’aveva detto!
– Non ci avevo mai pensato, ma credo che se avessi una moglie mi chiamerebbe comunque per nome … non ho ancora questa esperienza! Lei Elsa? Ha un fidanzato nascosto da qualche parte?
– Questo non è un modo indiretto, ma intenzionalmente diretto  Comandante!
– Si, ovviamente e decisamente si, ma non mi ha risposto!
– No .. non ho fidanzati nascosti! Tranquillo ora?
– Si, così so che se la inviterò a cena questa sera non mi dovrò aspettare un tizio intenzionato a prendermi a pugni!
– Ha intenzione di invitarmi a cena Comandante?
– Solo se riuscirai a darmi del tu e a chiamarmi Liam entro i prossimi cinque minuti Elsa!
– Non credo di avere difficolta a darti del tu Liam Jones!
– Benissimo Elsa Frozen! Ti aspetto alle tre al dipartimento della Marina Militare per la simulazione. Se non supererai la simulazione non partirai con me, ma se superi o meno, questa sera sei ufficialmente invitata a cena. Posso avere l’onore di cenare con te?
– Sei un tipo veramente diretto Liam, ti risponderò dopo la simulata!
– Vuoi lasciarmi sulle spine Elsa?
– Sei troppo sicuro di te Comandante! Anche io sarò sulle spine per il risultato della simulata!
– Non pensare di corrompermi Elsa!
 
Liam sorrideva maliziosamente. Lei gli sorrise a sua volta e aggiunse:
 
– E tu non pensare di comprarmi Liam.
– Non mi piaceresti se fossi una da comprare Elsa! Ma ora bando alle chiacchiere e vediamo il progetto della missione di questi tre mesi, ho con me le varie carte.
 
Dopo quella parentesi trascorsa a flirtare esplicitamente l’uno con l’altra, che aveva contribuito a sciogliere il ghiaccio, Liam si mostrò estremamente professionale ed Elsa non fu da meno. Prima di andar via Elsa aveva capito pienamente il valore di quanto avrebbero fatto in quei tre mesi, sperò di riuscire a superare la simulata di quel pomeriggio. Aveva piena fiducia in Liam, sapeva che non l’avrebbe favorita tanto per. Era un ufficiale serio ed era stato molto chiaro. Se avesse avuto problemi di claustrofobia non sarebbe entrata nella squadra di ricerca, ma la cena insieme, anche se lei non lo aveva ancora detto, già aveva deciso di concedergliela.
 
***
 
Boston  11 Giugno 2008
Una nuova settimana stava iniziando! Un nuovo lunedì era arrivato ed Emma non avrebbe saltato quel quarto appuntamento con la Dottoressa Lorna Stone. Si sentiva molto meglio da quando aveva affrontato certi argomenti sulle sue perdite affettive. Avevano iniziato a scavare tra i ricordi della sua infanzia e i rapporti affettivi più importanti della sua vita. La presa di consapevolezza le aveva comportato momenti di tristezza, sogni strani, ma secondo Lorna era tutto normale. Avevano esaminato insieme il contenuto di quei sogni e Lorna l’aveva trattata, in quei momenti, più come una Psicologa-tirocinante che come una paziente. Le piaceva il rapporto che si era instaurato con la Dottoressa Stone, la stimava molto e si era resa conto che Lorna stava facendo veramente tanto per aiutarla a rinforzare la sua autostima ed a superare i suoi traumi. Quel tipo di lavoro Emma lo avrebbe dovuto fare comunque un giorno, prima di esercitare lei stessa la professione di Psicologo, peccato solo che era iniziato precocemente a causa della perdita di Kim.
 
Un groppo le si formò nella gola. Ancora faceva male pensarlo, ma ormai era consapevole che avrebbe continuato a sentire sempre un certo dolore per lui, anche se con il tempo sarebbe diventato sempre più fioco.
Si sentì improvvisamente molto stanca e rallentò la sua corsa. In quei quattro lunedì consecutivi, dall’assassinio di Kim, si era sempre alzata alle sei di mattina per andare a correva nel parco, poi, dopo doccia e colazione, si era recata da Lorna.
Quella mattina sentiva il cuore affaticato più del solito. Smise di correre e iniziò a camminare, facendo esercizi respiratori. Sembrava affamata di aria. Inspirò aprendo completamente la cassa toracica ed espirò lentamente. Ripeté l’esercizio una decina di volte, poi decise di tornare a casa camminando. Era strano … eppure era parecchio allenata, tra corsa e boxe in palestra! Sperò di non essersi beccata qualche infezione o avrebbe dovuto ricorrere nuovamente agli antibiotici, ormai li odiava!
 
Tornata lentamente a casa incrociò Ingrid in corridoio che si bloccò subito guardandola in viso.
 
– Tesoro tutto bene?
 – Si, si!
 
Ingrid la stava guardando di sbieco, con una smorfia sul viso.
 
– Sicura Emma? Sei piuttosto pallida!
– Tranquilla mamma, un po’ di debolezza, devo fare ancora colazione!
 
Ingrid le fece una carezza ad una guancia sbirciandole gli occhi.
 
– Febbre non ne hai … fai una doccia prima, poi una colazione nutriente, vado a prepararti del latte caldo intanto. Ti scongelo dei pancakes o preferisci i fiocchi d’avena?
– Sai che sono golosa mamma … i pancakes andranno benissimo con la marmellata ai mirtilli!
Ingrid sorrise, si aspettava quella risposta da Emma, la conosceva bene, lei stessa, di sua iniziativa, le avrebbe preparato i pancakes!
 
***
Il profumo dolce si era sparso per la casa. Emma uscì dalla sua stanza, dopo essersi asciugata e vestita e, con un sorriso, accolse quel profumo respirandolo golosamente. La sensazione che solitamente le faceva quel profumino, non fu quella solita. Le salì nuovamente un groppo alla gola e una fortissima nausea le provocò un riflesso gastrico che già conosceva. Invece che scendere in cucina si voltò nuovamente verso la sua stanza, proprio mentre Anna usciva dalla porta e Ingrid dal piano di sotto chiamava avvisando che la colazione fosse pronta. Con una mano alla bocca e con l’atra spostando bruscamente Anna, Emma entrò velocemente nella stanza, andando verso il bagno interno alla loro camera.
 
– Che diavolo Emma!
 
Anna si era spaventata, urtata in quel modo repentino, e la seguì verso il bagno, battendo sulla porta.
 
– Emma? Che succede?!
 
Emma non rispose, ma furono chiari i rumori dei conati di vomito.
 
– Vuoi aiuto? Ti sei chiusa pure a chiave?! Ti potevo tenere la fronte!
 
Emma stava rigettando solo l’acido dello stomaco digiuno, inginocchiata davanti al Water. Riuscì a biascicare un:
 
– Non ti preoccupare … passa subito ..
– Va bè! Se lo dici tu!
 
In quel momento squillò il telefono e Ingrid da sotto gridò.
 
– Ragazze rispondete voi per favore?!
 
Anna prese il cordless della stanza che occupava con Emma e rispose lei.
 
– Ciao sorellona!
 
Dal bagno, Emma capì benissimo di chi si trattasse. A quell’ora di lunedì mattina Elsa chiamava sempre! Si tirò su e si guardò allo specchio. Aveva una faccia sconvolta e gli occhi arrossati. Si lavò nuovamente il viso e si sciacquò bene la bocca, si sentiva un saporaccio acido che le risaliva per l’esofago. Non ce l’avrebbe fatta a mangiare i suoi amati pancakes, solo all’idea le tornava la nausea, ma doveva scendere, non voleva far preoccupare inutilmente Ingrid e inoltre voleva fare due chiacchiere con Elsa.
 
Anna si era portato il cordless in cucina e, mentre mugolava a telefono, Emma la vide caciarsi in bocca due pancakes farciti di marmellata ai mirtilli con aggiunta di nutella. Normalmente lei avrebbe fatto anche di peggio, ci avrebbe messo pure la panna! Ma in quel momento il disgusto le diede nuovamente la nausea. Non poteva permettersi di vomitare ancora e tolse di mano ad Anna il telefono, allontanandosi in giardino, con la speranza che un po’ d’aria fresca la rinfrancasse.   
 
– Mmgnam .. che modi Emmaaa! Stavo parlando con Elsa!
– Si lei stava parlando, tu stai mangiando!
 
Anna aveva fatto spallucce e si era gettata nuovamente sul piatto di pancakes.
 
– Emma come stai?
– Così! Tu piuttosto? Qualche novità interessante?
– Sapessi Emma! L’ho detto già ad Anna e lo starà dicendo alla mamma!
– Cosa?
– Tre settimane fa sono stata scelta per un incarico. Sarò in missione di studio per tre mesi con un sottomarino della Marina. Ho superato brillantemente la simulata per accedere al progetto! Liam è stato un tesoro! Durante la simulata è stato severissimo ma è stato più felice di me quando ha visto che non soffrivo di claustrofobia e mi ha detto che potevo iniziare il giorno dopo l’addestramento. Liam è eccezionale Emma, mi ha addestrata lui stesso. Liam ha molta esperienza con il sommergibile sai? Tra l’altro Liam …
- Aspetta aspetta … Hai nominato questo Liam non so quante volte, ma chi è Liam?
– Ecco … Liam … il Comandante Liam Jones … lui … lui è il Comandante del sottomarino Nautilus … partirò con lui e il gruppo scientifico di ricerca oceanografica … lui … io … io e lui …
- Elsa … sei innamorata?!
 
Ad Emma non pareva vero che la sua glaciale cugina, più sorella che cugina, si fosse finalmente innamorata.
 
– Emma ti prego … non dire nulla alla mamma né ad Anna per ora. Ho aspettato di finire il corso di addestramento per dire dell’incarico, non voglio far sapere a loro di me e Liam per ora …
- Con me ne vuoi parlare?
– Mi farebbe piacere ma mi vergogno un po’ … tu … tu hai perso da poco quel ragazzo … so che lo amavi, io ero lontana … non ho potuto esserti vicina …
- Non ti preoccupare Elsa. Non avresti comunque potuto farci nulla, ma mi fa piacere che finalmente qualcuno ti abbia rapito il cuore, dai raccontami!
– Sai, ci siamo piaciuti fin dal nostro primo incontro, proprio il giorno che ho saputo dell’incarico. Lui, come Ufficiale in capo del sommergibile, era presente. Insomma per farla breve! Quel pomeriggio mi ha fatto fare la simulata e lì tutto è andato a gonfie vele! Mi aveva invitata a cena già appena finito il colloquio e io ho accettato dopo il risultato della simulata. Sapessi che bel ragazzo che è Emma! Con quella divisa bianca della Marina fa un figurone! Nei giorni seguenti ci siamo visti tutti i giorni per l’addestramento e praticamente mi ha invitato a cena quasi tutte le sere, poi una sera … beh hai capito no? Lo sai che mi imbarazzano certe cose!
– Insomma … vi siete baciati e poi …
- Si, ci siamo baciati e lui si è dichiarato in verità, ma non è successo subito quello che sospetti!
– Per come mi sembri presa da lui avrei giurato di si!
– Liam è un gentiluomo, non mi ha fatto quel tipo di avances, è stato romantico e molto dolce. Io … insomma Emma, io non ho una grande esperienza per certe cose, l’avrai capito! Lui però è veramente speciale …
- Insomma pensi che sia quello giusto, quello del “brivido” …
- Si, si Emma! Poi, pochi giorni fa, è successo tutto il resto! Mio Dio ancora non posso crederlo Emma! Ho una piccola vera all’anulare adesso, mi ha detto che vuole conoscere la mamma e tutta la famiglia, questo anello è solo una promessa … mi ama e io amo lui pazzamente! Non credevo che avrei provato un sentimento così forte verso un uomo! Tra quattro giorni partiremo con il Nautilus, Liam lo sta finendo di equipaggiare in questi giorni. Quando torneremo, tra tre mesi, conoscerò suo fratello e gli zii che li hanno allevati, il padre l’ho conosciuto ieri mattina, è venuto a Cork per salutare Liam prima di tornare in America, abita in Florida. Da giovane probabilmente era un uomo molto bello, Liam dice che suo fratello ha ripreso da lui, moro come il padre, mentre Liam ha i capelli biondo ramato della sua povera madre!
– Quindi la madre è morta?
– Si, anni fa! Liam non ne parla volentieri, lui e suo fratello hanno sofferto molto per la sua perdita!
– Li capisco …
- Oddio Emma! Scusami sono un’insensibile!
– No, figurati! Sei solo felice perché innamorata! State facendo progetti per il futuro?
– Forse siamo due pazzi, visto che ci conosciamo da poco ma … si, stiamo progettando il nostro futuro insieme, sono così eccitata per tutte le cose che stanno capitando e mi sento in colpa nei tuoi confronti!
– Non devi Elsa! Meriti ogni bene, è il tuo momento, vivilo in pieno! Io sono stata troppo poco con Kim … ma quel poco è stato molto intenso e non lo dimenticherò per il resto della mia vita …
- Oooh Emma! Ti auguro invece di trovare una felicità più grande!
 
 
Parlarono ancora un po’, poi Emma chiuse la telefonata ripetendo a sua cugina la promessa di mantenere il silenzio su Liam.
 
Mentre riponeva il cordless Emma sospirò, ripensando a se stessa nel periodo in cui era presa da Kim come Elsa lo era ora di Liam. Come per Elsa, anche per lei, incontrare Kim era stato da “brivido”, lo aveva considerato quello giusto e aveva deciso che con lui voleva avere la sua prima esperienza sessuale.
Il giorno che lui l’aveva invitata per la prima volta ad uscire insieme per una cena in quel bel locale italiano, aveva preso quella decisione. Kim si era fatto trovare casualmente vicino alla Facoltà di Psicologia, ora, a pensarci, Emma si rendeva conto che c’era andato appositamente per invitarla, pochi giorni dopo il loro primo incontro “imbarazzante”. Credeva che da quella orribile serata al Rabbit Hole non lo avrebbe più rivisto, invece lui l’aveva cercata e sarebbero usciti il venerdì seguente. In quei due tre giorni prima, aveva immaginato vari scenari tra loro, anche erotici. Kim l’attraeva come una calamita! Gli aveva detto di non mettersi idee strane per la testa, lei non era una facile. Nonostante avesse intenzione di non concedersi ad una prima uscita, aveva deciso di premunirsi. Sapeva che Anna facesse uso della pillola contraccettiva, sapeva anche che fosse necessario un controllo ginecologico per la prescrizione, ma si era vergognata troppo ad andare dalla ginecologa di Ingrid o anche da un altro medico. Quel tipo di visita non l’aveva mai fatta!
Alla fine aveva deciso di rubare delle pillole a sua cugina, pensando che non se ne sarebbe accorta, e aveva iniziato a prenderle.
La serata del venerdì era stata molto piacevole e romantica. Quando Kim l’aveva riportata a casa in macchina, si erano fermati poco distanti da casa e, tra un bacio e l’altro, lei era diventata anche troppo passionale. Ora si rendeva conto che si era lasciata trasportare troppo dall’attrazione per il ragazzo. Anche lui era stato ardente, ma l’aveva bloccata, rimproverandola scherzosamente che se avesse continuato a muoversi in quel modo non sarebbe riuscito a resisterle e lei si era ritirata sul suo sedile vergognandosi. Non era successo nulla in realtà e quando avevano fatto l’ultimo pezzo di strada a piedi, nel freddo serale, lui le aveva posto sulle spalle il suo giubbotto in pelle e lei lo aveva tenuto con sé, con l’intento di restituirglielo presto. Quella notte aveva dormito con quell’indumento vicino, sentendo l’odore del profumo  di Kim, impregnato nel giubbotto e aveva fantasticato sulla scusa per rivederlo. Il pomeriggio del giorno dopo era sabato, spesso il fine settimana lo passava con Regina e aveva usato la scusa di doverle restituire degli oggetti per uscire con quella borsa contenente il giubbotto.
 
Aveva cercato la lettera K sulla rubrica e lo aveva chiamato, chiedendogli se fosse nel suo appartamento. Kim le aveva risposto che in effetti era nel suo appartamento vicino all’Università. Si sarebbero visti lì per le 16.00.
Emma ricordava ogni dettaglio di quel sabato, come l’avrebbe potuto dimenticare? Quel sabato aveva fatto l’amore per la prima volta in vita sua e lo aveva fatto con il ragazzo di cui si era innamorata.
Capiva perfettamente Elsa e la sua felicità. Volle ripercorrere mentalmente ogni dettaglio di quel sabato pomeriggio, aveva bisogno di sentirsi ancora felice come in quel momento.
 
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Erano le 16,00 in punto ed Emma stava suonando al campanello di fianco allo stipite della porta dell’appartamento di Kim. Aveva il fiatone, ma era così impaziente di vederlo che non si era dato il tempo di riprendere fiato. Probabilmente lui aveva la stessa impazienza, visto che aveva aperto mentre Emma ancora stava suonando! Perse un battito al cuore quando lui le aprì con quel sorriso splendido sul viso rasato di fresco e non riuscì nemmeno a dirgli “Ciao”.
 
– Accidenti Swan! Non mi dire che hai fatto i sei piani di scale a piedi!
 
Lei aveva risposto quasi boccheggiando.
 
– Si, mi sembra di averti detto  che quel tipo d’ascensore mi da le vertigini!
– Tesoro se mi citofonavi venivo a prenderti giù e salivamo insieme!
– Il portone era aperto … non ci ho nemmeno pensato …
- Come mai da queste parti?
 
Veramente le stava chiedendo una cosa simile? Non era chiaro che voleva vederlo?
 
– Beh … volevo restituirti il tuo giubbotto … me lo hai lasciato ieri sera!
– Oh! Grazie Swan!
 
Kim aveva preso la busta, restando sull’uscio senza apparente intenzione di volerla invitare ad entrare. Aveva buttato la busta di fianco  e aveva riportato la mano destra allo stipite, mentre con l’altra teneva la porta non completamente aperta.
 
– Avevi altro da dirmi?
 
La stava guardando con uno sguardo malizioso e la stava imbarazzando da morire. Che doveva fare? Era andata lì per passare del tempo con lui e, se anche lui avesse voluto, non gli avrebbe detto di no. Invece lui si stava comportando quasi come se non vedesse l’ora che andasse via!
 
– No! Nulla di particolare … ma ti ho disturbato? Eri impegnato? Mi avevi detto di poter venire …
 
Lui continuava a guardarla con quel sorriso sghembo, gli occhi azzurri magnetici e lo sguardo malizioso. Emma sapeva di essere diventata rossa e più ci pensava e più si convinceva che se lui avesse continuato a guardarla in quel modo sarebbe andata a fuoco!
 
– No … non mi hai disturbato affatto Emma …
- Oh! Bene! Quindi … beh … io ti ho restituito il giubbotto … missione compiuta … allora  … ciao … vado!
 
Si era voltata quasi con gli occhi lucidi. Pensava di essersi resa ridicola, era meglio sparire giù per le scale, non voleva che lui si accorgesse della sua delusione.
 
– Emma aspetta!
 
Velocemente Kim le aveva afferrato la mano e la stava trattenendo. Lei si girò di tre quarti verso di lui, quasi vergognandosi di guardarlo negli occhi.
 
– Non ti andrebbe di entrare per un caffè o qualcosa … di più forte?
“Qualcosa di più forte …”
 
Lo guardò in viso e ora sembrava lui quello un po’ intimidito. Si aspettava un rifiuto? Si era deciso finalmente! Emma non avrebbe rifiutato. Gli sorrise lei questa volta e, mordendosi il labbro inferiore, velando leggermente le iridi verdi con le palpebre, non seppe come aveva trovato il coraggio di rispondergli:
 
– Credevo non me lo avresti chiesto!
 
Kim l’attirò a sé portandola dentro e mentre l’avvolgeva con il braccio sinistro, ruotando verso l’interno dell’appartamento, con la destra aveva dato una spinta alla porta, facendola chiudere. Tenendola stretta a sé con un braccio, con la mano le accarezzò la guancia e poi sollevandole il mento come aveva fatto la sera prima, le accarezzò leggermente le labbra con il pollice. Emma sapeva che quel gesto preludeva il suo modo di baciarla e schiuse automaticamente le labbra, mentre i loro occhi si perdevano quelli dell’uno dentro quelli dell’altra.
Anche Kim schiuse le labbra e, chinando la testa verso di lei, iniziò ad assaporare le sue con dei piccoli morsi innocui, mentre le accarezzava languidamente con la punta della lingua, fino al ricambiare di lei, in modo sempre più avido, ambedue interrompendo per guardarsi in viso, sorridendosi e riprendendo più di prima in baci sempre più profondi e passionali.
Le braccia di Kim la circondavano alla vita e lei portò le mani al suo collo, accarezzandogli la nuca e poi facendo scorrere i suoi capelli neri tra le dita.
Finirono verso il muro, lei con la schiena alla parete, baci sempre più appassionati. Poi improvvisamente Kim si staccò da lei ansimando e lasciandola delusa e desiderosa ancora dei suoi baci, con le labbra umide schiuse e gli occhi verdi languidi.
 
– Emma … non è giusto … io non posso!
– C- come …
- Emma tu vuoi una situazione seria, vuoi una situazione stabile, un ragazzo fisso, il matrimonio, la famiglia … Emma quello che posso darti io non è quello che vuoi! Non mi conosci affatto! Io non sono quello giusto per te! Non posso darti quello che vuoi …
- Kim io non ti ho chiesto nulla e non ti chiederò niente …
- Non ne hai bisogno! Ti conosco! Sei una ragazza all’antica! Ti sveglierai dal sogno e scoprirai che era un incubo! Stai lontana da me Emma … fallo finché sei in tempo!
– Io non ti capisco Kim! Mi hai detto già più o meno la stessa cosa, sei venuto a cercarmi tu e mi hai invitato a cena! Sono qui e non ti sto chiedendo di sposarmi … io … io pensavo di piacerti … credevo mi volessi anche tu …
- Emma … tu non hai capito nulla di quello che ti ho detto! Pensi semplicemente che non mi piaci e che io non ti voglia?  Tesoro non immagini nemmeno quanto tu mi piaccia! E non ti accorgi di quanto io ti voglia?
– Allora perché mi stai respingendo?
– Perché è tutto sbagliato! Tu non hai esperienza alcuna e io sono quello sbagliato per averla con me …
- Quella è una mia decisione Kim e ti ribadisco che sono qui …
- Stai dicendo che sono quello per cui “vale la pena”?
– Non ti vedo come una pena, io sento qualcosa per te e mi piaci, ma non voglio costringerti ad un impegno che non vuoi, sei stato chiarissimo per quello!
 
La luce del pomeriggio filtrava dalla finestra e illuminava il viso di Emma, i suoi occhi erano più limpidi del solito mentre lo guardava in faccia e lui si intenerì vedendola così illuminata e sicura di sé.
 
– Dio se sei bella Emma!
 
Non era riuscito a stare lontano da lei, l’aveva ripresa tra le braccia e si era avventato nuovamente sulle sue labbra, mentre lei lo accoglieva con tutte le intenzioni e la passione che le era possibile.
 
– Ti voglio veramente Emma, ti voglio da quando ti ho visto la prima volta! Speravo che venissi da me con la scusa di quel giubbotto, te l’ho lasciato con questa speranza. Ti stavo aspettando! Ma sono un bastardo che ti farà solo del male!
– Ora non mi importa nulla di dopo, ti voglio anche io!
 
Le loro fronti erano l’una poggiata all’altra e con quelle dichiarazioni ripresero il rituale di baci. Le mani di Kim scorsero sotto la camicetta di Emma, accarezzandole la pelle nuda della schiena, risalendo verso il gancio del reggiseno. Poi Kim si scostò nuovamente con lo sguardo carico di desiderio.
 
– Tesoro … non ci potremo fermare da adesso, io non ci riuscirò … sei veramente sicura di volerlo fare?
 
Emma scrutata in quel modo in viso, si sentì in imbarazzo, abbassò leggermente il viso e lo guardò timidamente.
 
– Sono qui …
- Allora ho bisogno di un Condom …
Lui si era guardato intorno come per ricordare dove li avesse messi. Emma sentì un colpo al cuore per la gelosia, pensando che lui avesse chissà quante ragazze ed occasioni, per cui fosse sempre fornito di quegli aggeggi, ma anche lei in fin dei conti si era preparata. Pensò fosse meglio dirglielo.
 
– Non ne avrai bisogno, a meno che non abbia malattie, io non ne ho e prendo la pillola …
- Non ho malattie Emma, ma il sesso sicuro ha i suoi motivi, non pensavo che prendessi la pillola! Mi avevi detto che non l’hai mai fatto! Da quando prendi la pillola?
 
Kim era sembrato veramente sorpreso e la guardava interrogativamente con la testa leggermente inclinata di lato. Emma imbarazzata si portò le mani in avanti giocherellando nervosamente con le proprie dita, tenendo la testa bassa.
 
– Beeeh non da molto in effetti!
– Da quando Emma?
 
Lei guardava di fianco, tentando di sfuggire al suo sguardo, ma Kim le fece sollevare il viso portandole dolcemente l’indice sotto il mento.
 
– Due - tre giorni direi …
 
Un sorriso emozionato illuminò gli occhi azzurri di Kim.
 
- Hai iniziato a prendere la pillola per me?!
 
Emma si chiese se era stata così trasparente lei o se fosse particolarmente bravo lui a leggerla come un libro aperto. Certo che aveva iniziato per lui! Le aveva rubate addirittura a sua cugina le pillole! Ma questo non glielo avrebbe certo detto! Gli rispose sottovoce, con un filo di fiato, abbassando la testa:
 
- Si …
– Allora avevi già deciso Emma … mi vuoi veramente!
 
Emma lo guardò finalmente negli occhi, lui aveva una tale espressione! Tra la gioia, la sorpresa e forse lo sgomento, come se non si sentisse degno di lei. Gli rispose nuovamente in un sussurro.
 
– Si!
– Allora sono qui … a tua disposizione Emma!
 
Non era ironico il sorriso che le stava rivolgendo, anzi! Era molto dolce in verità ed Emma sentì di amarlo tanto, ma rimase anche in imbarazzo, perché lui si era fermato e aspettava una sua prima mossa. Che doveva fare? Non sapeva più se era il caldo, se era la vergogna o cosa, ma sapeva che stava andando a fuoco.
 
– Io … io non so che devo fare …
 
Kim le sorrise, ancora intenerito dalla sua ingenuità.
 
– Oh Emma! Quasi rimpiango l’effetto che ti ha fatto l’ecstasy! Mentre ballavamo mi avevi detto che volevi togliermi la camicia …
“Dio Kim! Devi proprio ricordarmela quell’esperienza?!
– Puoi cominciare così … toccami … voglio che tu sia libera di fare quello che senti …
 
Le aveva preso le mani intanto e se le era portate sul petto. Emma sentì, attraverso la stoffa di cotone azzurro intonato ai suoi occhi, il calore del suo corpo e la tonicità dei suoi pettorali. Desiderò come al Rabbit Hole di togliergli la camicia ed accarezzarlo. Fu quello che fece, aprendo lentamente quei bottoncini e sfilando dai pantaloni i lembi della stoffa. Kim chiuse gli occhi, mentre lei lo accarezzava dal collo ai pettorali, seguendo la linea della peluria che scendeva a segnare gli addominali. Aveva un bel torace, Emma lo trovava perfetto. Kim assaporava le sue carezze inspirando e tirando indietro la testa. Le stava dando l’impressione di essere alla sua mercé e ad Emma quella sensazione di potere su di lui, piacque molto. Gli tolse la cintura, aprendola decisa, risalì con le mani sul suo petto e sulle spalle, facendogli scorrere la camicia lungo le braccia e togliendogliela completamente. Lui continuava ad essere passivo, ma era evidente la sua tensione sessuale. Kim sospirava leggermente e sorrideva con gli occhi chiusi, stava godendo di quel tocco avido di Emma. Poi lei raggiunse il bottone e la lampo dei pantaloni, le mani le tremarono mentre li aprì, rendendosi conto di quanto lui la desiderasse come le aveva detto.
 
– Ora ferma … tocca a me Emma, voglio accarezzarti anche io!
 
Le aveva ripreso le mani e se le era riportate al collo, poi a sua volta aveva iniziato ad aprirle la camicetta bianca. Decisamente era più esperto di lei, Emma ricordò che quando l’aveva ripescata dal fiume, in quella brutta serata al Rabbit Hole, l’aveva dovuta spogliare e poi le aveva fatto fare sauna e doccia. Lei non ricordava  nulla, ma aveva creduto al suo racconto, prova ne era stata che si era svegliata nuda nel suo letto!
 
Emma era rimasta con il reggiseno di pizzo bianco e Kim iniziò a baciarla sul seno, mentre la teneva per i fianchi. Poi la sollevò in braccio e la portò nella camera da letto, dove Emma si era risvegliata quella mattina dopo il tuffo nel Mystic.
Kim fu veloce a toglierle i jeans e lei, seduta sul letto, fece lo stesso con lui. Finirono abbracciati distesi, l’uno al fianco dell’altra. Emma ancora con reggiseno e slip in pizzo e lui con i suoi boxer neri. Kim la sovrastava e la teneva tra le braccia, chinato sul suo volto, incredulo di averla con sé, almeno così sembrava ad Emma. Baci e carezze si erano susseguiti, sempre più sensuali ed eccitanti. Si erano esplorati reciprocamente, togliendo le ultime barriere di stoffa e pizzo, mentre le loro mani avevano raggiunto la conoscenza e la confidenza più dolce della loro intimità. Ambedue bruciavano nel calore dei loro corpi e Kim si portò quasi seduto sul letto, poggiando le spalle ai cuscini.
 
– Emma … voglio che tu faccia come ieri sera in macchina, muoviti come ti viene spontaneo … fai quello che desideri fare …
 
Emma aveva capito. Era eccitata all’inverosimile ormai e si portò sul suo bacino. Era emozionatissima e lo voleva anima e corpo. Fu così che lei  lo prese piano, scivolando lentamente e cautamente sulla sua erezione, fino a sentire un’insolita e sconosciuta sensazione di pienezza. Lui la teneva per i fianchi, senza costringerla in alcun modo e non meno eccitato ed emozionato di lei.
 
– Love sono tuo ora e tu sei mia, lo sai?
 
Emma non si muoveva, stava sentendo una miriade di sensazioni, fisiche ed emotive. Lo guardava negli occhi, con i suoi vagamente intimoriti e le labbra schiuse.
 
– Tesoro … dovresti muoverti …
- Io … non posso …
- Come non puoi?!
– Ho paura ….
 
Kim era sgomento e lei aveva uno sguardo veramente intimorito.
 
– Paura? Love … adesso? Di cosa?
– Ho paura di sentire dolore!
– Ne hai sentito così tanto?
 
Kim iniziava ad avere un’espressione preoccupata.
 
– Non so nemmeno io cosa ho sentito! Del dolore all’inizio si … poi no, ma ora se sentirò dolore?
 
Kim le sorrise teneramente e l’abbracciò baciandola lungo il collo e scendendo sul seno. Giocherellò con i suoi capezzoli, facendole delle piccole carezze con le labbra e la punta della lingua, li sentì indurire e iniziò a succhiarli sensualmente, poi sollevò il viso per guardarla ancora. Quel tocco aveva avuto un nuovo effetto sulla ragazza. Le sorrise sulle labbra e prima di baciarla ancora la tranquillizzò dicendole dolcemente.
 
– Ti prometto che non sentirai più dolore, ma solo piacere, fidati di me …
 
Avevano continuato nel crescendo dell’eccitazione ed Emma seppe che Kim aveva mantenuto la promessa, quando si sentì portare sempre più in alto nel massimo del piacere che riuscì a farle raggiungere, seguendola subito dopo e restando abbracciati stretti a scambiarsi ancora teneri baci e accarezzandosi in silenzio.
 
Per Emma era stato bellissimo e sarebbe rimasta per ore tra le braccia di Kim, avvolta nella sua tenerezza e inaspettata dolcezza.
Arrivò il momento di separarsi e, dopo essersi fatta una doccia insieme, di cui Emma ebbe piena consapevolezza, rispetto alla volta precedente, si rivestirono e scesero insieme con l’ascensore. Kim ricordava bene della fobia di Emma e delle vertigini, le fece chiudere gli occhi come la volta precedente, ma diversamente da allora, scesero con le labbra incollate tra loro, continuando a baciarsi.
Giunsero a pian terreno e prima di aprire il cancello dell’ascensore Kim si offrì di riaccompagnarla a casa con la sua auto.
 
– No non ti preoccupare, andrò in autobus, non vado a casa, passerò la notte da Regina!
 
Kim la guardò nuovamente negli occhi e lei notò nei suoi un lampo particolare. Poi, inaspettatamente Kim la baciò di nuovo, un ultimo bacio prima di uscire da li?
 No, non era quella l’idea del ragazzo! Mentre la baciava, togliendole nuovamente il fiato e scatenandole nuove sensazioni, con la mano destra schiacciò il pulsante e l’ascensore iniziò a salire di nuovo.
 
– Ma Kim?!
– Sssht Chiudi gli occhi e baciami o ti torneranno le vertigini!
– Ma io devo andare da Regina!
– Le telefoni e le dici che hai da fare questa notte!
 
L’ascensore risalì per i sei piani, mentre loro erano ancora incollati bocca a bocca. Lui fu veloce ad aprire il cancello dell’ascensore e la porta di casa, la riprese in braccio e la portò nuovamente nella sua camera. Questa volta Kim si prese la rivincita contro la sua passività precedente, poiché con la stessa dolcezza e passione di prima, la fece nuovamente sua.
---0---
Il ricordo era ancora indelebile. Era stata una notte di passione, romanticismo e amore. Kim era stato veramente quello giusto per lei. Sorrise a quel ricordo, ma i suoi occhi erano tristi. Doveva andare da Lorna, aveva giusto il tempo di prendere l’autobus ed arrivare da lei. Non poteva fare colazione, la nausea non l’aveva abbandonata. Quando lo disse ad una delusa Ingrid, lei non rispose, ma la guardò enigmatica.
 
“ Santo cielo Emma … non sarai … no, no non può essere!”
 
Il pensiero che era balenato nella mente di Ingrid non venne esternato verbalmente e decise di toglierselo dalla mente. Non era il momento per Emma di affrontare una simile situazione. Doveva studiare, doveva trovare la sua strada. No, decisamente non era il caso di avere un altro “problema” per una ragazza così giovane!.
 
Dublino. Stesso giorno stesso momento.
 
– Ciao Campione! Sei a lavoro?
– Liam! Ciao fratello! Si sono nel mio ufficio, tra poco vado a pranzo! Tutto bene?
 
Killian aveva visto illuminarsi lo schermo del suo cellulare ed apparire il bel viso di suo fratello maggiore. Non lo aveva fatto squillare oltre e aveva risposto, contento di sentirlo da dopo qualche settimana.
 
– Tutto benissimo grazie? Tu piuttosto! Alla fine non hai voluto vedere papà!
– Liam … se è per lui che mi hai chiamato puoi pure riattaccare!
– Dio Killian! Sei sempre stato il migliore tra noi due! Quello sensibile e il più affezionato a nostro padre! Vorrei sapere che diavolo ti è successo!
 
 
Quando Liam aveva quel tono imperioso e serio, da paternale, non lo chiamava mai con il diminutivo che usava per lui da quando era piccolo.
 
– Non so come fai tu Liam! Come sei riuscito a perdonarlo. Tutto è successo a causa sua! Se non era per colpa sua la mamma sarebbe ancora viva!
– È stato un incidente Killian! Ancora non riesci a fartene una ragione? Lei correva troppo, sotto un temporale pazzesco! Nostro padre ha pagato parecchio per i suoi errori non credere! Tu gli hai voltato le spalle, la sua seconda moglie lo ha lasciato e poche settimane fa è morto suo figlio … nostro fratello!
– Non voglio nemmeno chiamarlo fratello Liam!
– Sei diventato proprio di “ghiaccio” Killian! Papà era tornato per te! È a pezzi! Voleva rivederti, forse era un modo per sentire ancora vicino anche nostro fratello minore … tu non l’hai voluto conoscere … era molto somigliante a te … papà mi ha detto che ti sei fatta crescere la barba … senza sareste sembrati quasi gemelli! Killian ci sei ancora?
– Si … sono qui …
- Ti costava così tanto incontrarlo e parlargli?
– Liam basta così! Ho da fare adesso!
– Aspetta Killian, ho altro da dirti!
– Se devi farmi un’altra paternale scordatelo Liam, non voglio sentire nostro padre e non serve che mi faccia da padre tu, ci ha pensato zio Henry a quello!
– Non voglio farti da padre … non l’ho mai fatto … sono stato semplicemente tuo fratello e ho avuto le tue stesse esperienze … volevo darti una bella notizia piuttosto!
– Già va meglio Liam e dal tono direi che è un’ottima notizia! Di che si tratta?
– Ho conosciuto una ragazza!
– Non mi pare che sia la prima volta no?
– Non fare l’idiota fratello! Questa non è una ragazza qualsiasi … è speciale! Se la vedessi! Un angelo biondo, bella intelligente, spiritosa, seria quel che deve …
- Wow! Sei cotto Liam?!
– No peggio! Sono pazzo di lei! Ci siamo fidanzati, la voglio sposare …
 
Killian si era tirato più su sulla sedia ergonomica del suo ufficio, interessato a quello che diceva il fratello.
 
– Sposare?
– Ti sembra così strano Killian! Dovresti innamorarti anche tu, ti scongeleresti un minimo ne sono certo! La mia Elsa è un biologo marino. Ci siamo conosciuti tre settimane fa. È una ragazza brillante, viene da Boston, ha perso il padre qualche anno fa e vive con la madre, una sorella e una cugina orfana che è cresciuta con lei …
 
Killian ebbe una strana sensazione.
 
– Scusa … come hai detto che si chiama?
– Elsa … Elsa Frozen …
“Non ci posso credere! Liam si è fidanzato con la cugina di Emma!”
– Ti ho chiamato per dirtelo e per dirti che partiremo tra pochi giorni per uno studio di tre mesi …
- Ovviamente con il tuo Nautilus!
– Ovviamente fratello! Quindi quando torneremo, fatti bello, che te la farò conoscere, forse inviteremo in Irlanda la sua famiglia, voglio festeggiare il nostro fidanzamento ufficiale!
– Vuoi fare proprio le cose per bene?!
– La amo Killian e ti auguro di trovare la donna giusta per te, come io ho trovato Elsa!
 
“La donna giusta!”
 
La telefonata finì con i saluti reciproci e con gli auguri di Killian a suo fratello maggiore.
Posato il cellulare sulla sua scrivania, Killian si allungò con la schiena verso la spalliera della sedia ergonomica, la quale oscillò molleggiando. Guardò verso il soffitto bianco del suo ufficio supertecnologico. Chiuse gli occhi e li massaggiò con il pollice e l’indice della mano destra. Si chiese perché tutto era così facile e semplice nella vita di Liam rispetto alla sua, così ambigua, tesa … complicata. Liam aveva detto che avevano avuto le stesse esperienze. Non sapeva quando fosse in errore! Non immaginava nemmeno quali fossero state le esperienze di Killian. Come avrebbe mai potuto dirgli che aveva conosciuto il loro fratello più piccolo? Lo aveva conosciuto bene e sapeva anche quanto gli somigliasse, come una goccia d’acqua! Sapeva perfettamente che era morto poche settimane prima e non avrebbe potuto dirgli nemmeno perché lo sapeva! Erano tante le cose che Liam non sapeva di lui. Non sapeva nemmeno che l’avesse già trovata la donna giusta, quella da amare per il resto della propria esistenza! Altroché se l’aveva trovata! Dolce, intelligente, bella con due occhi cristallini e puri come l’acqua del  Lough Tay!
 
Aveva bisogno di vederla ancora. Aprì il cassetto alla sua destra ed estrasse una copia a dimensione naturale del suo viso. La posò sulla scrivania, davanti a sé e con l’indice seguì il contorno della sua guancia. Avrebbe voluto accarezzare veramente quella pelle giovane e tonica e quelle labbra, prima di baciarle con sentimento.
Non avrebbe potuto ovviamente. Lei era ancora innamorata di un ragazzo ormai defunto e lui come avrebbe potuto presentarsi da lei?
 
– Devo vederti Emma! Troverò il modo per farlo! Voglio capire se è un incantesimo questo che mi hai lanciato o se è la realtà!
 
 
Angolo dell’autrice
 
Eccovi il ritorno di questa storia! L’aspettavate? Vi si sono chiariti dei dubbi?
Ci sono state diverse sorprese in questo decimo capitolo e si stendono strade per eventi futuri, ma ancora siamo in alto mare per la conclusione, quindi abbiate un pochino di pazienza. Purtroppo non la pubblico costantemente, ma non ho intenzione di abbandonarla incompiuta, mi piace concludere le cose che faccio!
Questo capitolo tratta nel sottofondo la difficoltà ad ottenere la maternità, la prima esperienza sessuale e sentimentale e la contraccezione, il maltrattamento alla donna, sia psicologico che fisico e l’accettazione di impreviste sorprese, qualsiasi esse siano …
Mi piacerebbe sapere quali sentimenti vi ha suscitato fino ad ora, lo so sono quella rompiscatole dei sentimenti e delle sensazioni! Chi mi conosce sa perché lo chiedo sempre, le mie storie le uso in vari modi! Comunque sia ringrazio tutti coloro che seguono, chi ha inserito nelle varie categorie e chi lascia i suoi commenti.
Un abbraccio e un augurio di buona settimana e buona visione della settima stagione di OUAT.
Baci Lara
 
 

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Capitolo 11
*** Dubbi chiariti ... ***


Capitolo 11

Dubbi chiariti …
 

“Swan …”
 
Killian si stava ripetendo quel nome nella mente. Il suo suono sospirato come una dichiarazione d’amore, mentre  le sembianze che gli attribuiva erano per lui magnifiche.
Ricordava vividamente la prima volta che aveva visto un cigno, da piccolo insieme a suo padre.  Le movenze delicate del suo lungo collo inclinato, il suo elegante incedere sull’acqua, il suo candore …
 
“Come te Emma …”
 
Sospirò, pensando contemporaneamente ad Emma ed a suo padre.
Aveva adorato suo padre e aveva passato dei meravigliosi momenti della sua infanzia con lui. Ricordava le favole che gli narrava la sera, prima di addormentarsi. Favole che avevano condizionato alcuni aspetti della sua vita. Captain Hook era uno dei personaggi che aveva amato maggiormente ed era tornato spesso a fargli visita in quegli anni, diventando il suo “indovinato” nickname. Nessun altro soprannome sarebbe stato più adatto per lui, di quello!

Albergava, in Killian Jones, un lato impulsivamente e irruentemente pirata, che gli dava quell’aura oscura e misteriosamente affascinante, affiancata da una insospettabile profondità umana, gentilezza e galanteria d’altri tempi, il tutto unito ad un aspetto molto piacevole: un corpo proporzionato ed atletico, un bel viso, su cui spiccava l’azzurro inconfondibile dei suoi occhi, bordati dalle ciglia brune, come i capelli,  ciglia che ne risaltavano lo sguardo, rendendolo magnetico, furbo, a volte malizioso ed altre, più rare, tenero. La capacità seduttiva era un utile aspetto per il suo lavoro, una sua dote che, come anni prima gli aveva detto Lorna, non necessitava di corsi d’addestramento, poiché era qualcosa che gli veniva  naturale e spontanea. Nonostante la sua indubbia capacità di attrarre e le numerose esperienze avute, Killian restava di fondo un uomo dal carattere insolitamente e inaspettatamente romantico, volto alla fedeltà e all’idealizzazione dell’unica donna che un giorno gli avrebbe rubato il cuore. Era un idealista nei sentimenti e non solo in quelli …
 
 
Smise di scorrere con l’indice sulla guancia della foto di Emma e si portò automaticamente la mano al collo, giocherellando con i due ciondoli della collana da pirata che gli aveva regalato da bambino suo padre Brennan.
Nonostante tutto, ancora la teneva con sé, non riusciva a separarsene. Anche se non la indossava, era sempre con lui, in una tasca dei pantaloni o della giacca o del giubbotto in pelle nera …
 
Lasciò i ciondoli argentati e con la mano destra spostò il polsino sinistro della camicia azzurra che stava indossando, la sua preferita. Lanciò un’occhiata all’orologio.
 
“Stai andando da Catwoman Anatroccolo? È l’ ora! Devo chiedere a Seb di parlare con Lorna, a me non risponderebbe nemmeno, è stata chiara l’ultima volta …”
 
“Anatroccolo”, un altro nickname che aveva coniato lui stesso …
 
Era tornato a guardare il dolce viso che aveva stampato sul foglio davanti a sé. Sorrise ironicamente.
 
“Che strano il destino Emma! Non avrei mai neppure sperato di rivedere un giorno quella bambina bionda che mi aveva intenerito il cuore per la sua bellezza e per la sua triste sorte … non avrei mai immaginato di ritrovarti così … trasformata da anatroccolo in uno stupendo cigno! Hai rischiato di morire allora … come i tuoi genitori. Come potrei perdonare mio padre? Un suo errore  ha portato una reazione a catena, morta mia madre e i tuoi genitori, io che mi sono cacciato nei guai e poi …  Liam ha trovato tua cugina e io ho ritrovato te …  come la prenderà tua zia Ingrid quando scoprirà che si sta imparentando proprio con la famiglia della donna che ha ucciso sua sorella? Ci ritroveremo ancora … per forza di cose … Dovrò inventare una scusa plausibile per Liam … non è ancora ora! Ho tanta voglia di vederti, ma tu non dovrai vedere me … saresti sconvolta! Già aver assistito ad un assassinio è stato troppo! “
 
Già! Cosa avrebbe pensato, detto o fatto la bella Signora Ingrid Frozen? Avrebbe accettato il matrimonio di sua figlia Elsa con Liam?
Killian ricordava molto bene Ingrid. Era una donna algida, aveva uno sguardo severo e un’espressione molto seria …
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Mater Misericordiae University Hospital. Dublino. 16 anni prima.
 
Lo zio Henry aveva fatto scendere dalla sua automobile Killian e Liam e, mentre i due adolescenti si avviavano verso la grande entrata a vetri del Mater Misericordiae Hospital, lui era andato a trovare un parcheggio comodo.
 
Killian ricordava che suo zio si fosse raccomandato di tenere il massimo silenzio nel reparto in cui era ricoverata la mamma.
In seguito all’incidente stradale era stata prelevata con l’elicottero e portata in quel grande ed efficiente ospedale della capitale. Fortunatamente la famiglia viveva a Dublino e farle visita in ospedale non era difficoltoso.
Nora O’ Danag Jones era stata operata urgentemente. Aveva riportato una gravissima frattura cranica. Da tre - quattro giorni era ricoverata in quel reparto estremamente silenzioso. Era un reparto di terapia intensiva, specializzato per i gravi traumi cranici. Il silenzio assoluto, come aveva spiegato lo zio Henry ai nipoti, era necessario ai pazienti in coma farmacologico, poiché il loro cervello stava cercando di guarire e non poteva permettersi stimoli eccessivi, quali quelli dati dai rumori molesti. Non si poteva entrare nella stanza del paziente in gruppo, solo i familiari più stretti avevano il permesso.
 
Quando Killian e suo fratello erano arrivati alla stanza di Nora, avevano trovato il loro papà seduto al suo capezzale. Erano entrati nel massimo silenzio e Brennan li aveva abbracciati forte. Dall’intervento Brennan non aveva lasciato un attimo sua moglie. Killian ricordava le grigiastre occhiaie di suo padre, la barba incolta di quei giorni, la sua espressione di profondo dispiacere.
Nora aveva la testa completamente rasata e bendata. Killian la ricordava pallidissima, con una maschera trasparente sul viso e un ago inserito nel braccio, collegato ad una flebo tramite un lungo tubicino in plastica trasparente. Dal giorno prima non si notava nessun cambiamento nel suo stato comatoso e vedere gli occhi umidi di pianto di suo padre, non accendevano in lui, né in Liam, grandi speranze per la loro povera mamma.
Killian si sentiva soffocare in quella stanza e, come il giorno prima , uscì lentamente e silenziosamente dalla porta. Lo zio ancora non era arrivato, forse non aveva trovato subito parcheggio? Il Mater Hospital era aperto 24 ore su 24, ma nelle ore di visita i parcheggi erano affollati!
 
Dal giorno prima, da che aveva scoperto la piccola Emma Swan, ricoverata sullo stesso piano di sua madre, in una stanza dell’ala opposta, aveva avuto per lei un pensiero fisso. Desiderava tanto rivederla e sperava che si fosse ripresa. Quel piccolo “anatroccolo biondo” aveva aperto gli occhi mentre lui le aveva parlato. Quegli occhi verde acqua lo avevano colpito tantissimo, nonostante fossero rimasti aperti per una frazione di secondo.
Aveva deciso di tornare nell’ala dove l’aveva trovata. Doveva vedere come stesse, non gli importava un fico secco di quel grosso infermiere che il giorno prima gli aveva intimato di stare alla larga da quella stanza! Sperava di trovarla completamente sveglia. Sarebbe entrato educatamente nella stanza, le avrebbe parlato, avrebbe cercato di farla ridere …
Mentre camminava velocemente lungo il corridoio, si guardava intorno con il timore di essere intercettato da qualche infermiera, ma si era reso conto che c’era parecchio movimento, anche se era un movimento che si svolgeva nel massimo silenzio.

Era abbastanza vicino ormai e accelerò maggiormente il passo, mentre il suo cuore stava facendo lo stesso. Una forte emozione lo stava invadendo. Forse perché stava per fare qualcosa che gli era stata proibita? Non voleva fare nulla di male! Voleva solo vedere la piccola!
L’ingresso alla stanza della piccola Swan, aveva un’ampia rientranza lungo il corridoio, tanto che in quel quadrato erano state messe delle sedie per l’attesa di parenti, e agli angoli erano state poste delle piante ornamentali.
Killian stava per svoltare in quella rientranza, ma si bloccò immediatamente nell’udire una voce che conosceva molto bene.
 
– Signora Frozen? Mi scusi per l’intrusione, sono Henry O’ Danag , il fratello di Nora!

“Zio Henry?! Che ci fa qua?!”
 
Killian si era sporto da dietro l’angolo con la testa, quel tanto per vedere uscire dalla stanza della bambina una bella signora bionda sulla trentina.
 
“Sarà la mamma di Emma? Le somiglia … è bella come lei!”
– Perdoni il disturbo Signora … volevo chiederle come sta la sua nipotina …
“Nipotina? Allora è sua zia!”
– La ringrazio dell’interessamento Signor O’Danag, ma Emma non sta ancora bene. Ieri pomeriggio si è svegliata ed ha parlato con gli infermieri, poi si è riaddormentata nuovamente. Sono arrivata ieri notte a Dublino, ma mi hanno consentito di starle vicino da questa mattina. Da allora si è svegliata e riaddormentata, dovrebbe risvegliarsi tra poco e vorrei che mi trovasse al suo fianco …
- Non la disturberò a lungo Signora … permette che la chiami Ingrid?
– Si, si certo, non ho problemi …
- Mi dispiace per la piccola … per la perdita dei suoi genitori … so che non è consolatorio per una così grave perdita, ma volevo dirle che ho un’assicurazione molto forte, con un premio molto alto per un’evenienza come questa. Avevo convinto mia sorella a diventare cliente della stessa assicurazione e lei mi aveva ascoltato …
“I genitori sono morti? L’ assicurazione? Mia mamma …”
– Certo Nora non avrebbe mai pensato di causare un incidente mortale a due innocenti,  lei stessa ne è stata vittima involontaria!
 – Come sta sua sorella?
– I medici l’hanno operata al cervello, ma non ci hanno dato nessuna speranza … è in coma, il suo cervello non risponde e se dovesse miracolosamente uscire dal coma , beh … ecco … non potrà essere più la donna di prima!
“ Noo! È questa è la verità?! La mamma è come se fosse già morta?!
– Ha figli sua sorella?
– Si due maschi, due bei ragazzini, sani e intelligenti William ha sedici anni e Killian ne ha quasi dodici …
- Mi dispiace tanto anche per loro Signor O’Danag!
– Mi chiami pure Henry, la prego …
 
Killian aveva visto Ingrid Frozen annuire, mentre lo zio Henry continuava il suo discorso.
 
– Le dicevo dell’assicurazione … la bambina sarà risarcita con un premio molto alto e io intendo aggiungere un assegno che renda il tutto un piccolo capitale per il futuro di sua nipote. Se lei sarà suo tutore e si affiderà ad un bravo consulente, quando la bambina sarà maggiorenne potrà contare su un vitalizio che le consentirà di studiare nella migliore Università Americana e crearsi un suo futuro.
– Lei è molto generoso Henry …
- La ringrazio Ingrid, è tutto quello che posso fare per quella piccola rimasta orfana.
– La terrò con me … io e mio marito Ector saremo a tutti gli effetti i suoi genitori e le mie figlie saranno le sue sorelle!
– Sono contento che abbia una famiglia, ha delle figlie quindi?
– Si, Elsa ha tre anni più di Emma ed Anna uno in meno, sono due brave bambine …
 - Le mie congratulazioni Ingrid … io e mia moglie non abbiamo avuto figli purtroppo!
 – Ha i suoi nipoti però …
- Si, io e mia moglie li adoriamo quei due ragazzi, sono il più bel regalo che abbiamo avuto da mia sorella e anche io e Janette faremo in modo di star loro vicini …
 
 
Killian era rimasto ad ascoltare ogni singola parola che i due si erano scambiati ed era sconvolto dall’aver scoperto che la causa della morte dei genitori di Emma e del suo grave ferimento era stata proprio sua madre. Non meno lo era all’aver scoperto che Nora stesse peggio di quanto apparisse! Poi sentì Ingrid dire che Emma si era nuovamente svegliata e che doveva rientrare in stanza da lei. Si erano scambiati il numero di telefono con suo zio per accordarsi riguardo all’assicurazione e mentre Ingrid rientrava nella stanza, Henry aveva svoltato all’angolo dove Killian si era appiattito al muro, seminascosto dalla pianta ornamentale alta quanto lui. Henry era passato velocemente, assorto nei suoi pensieri e nelle sue preoccupazioni, per cui non lo aveva notato affatto. Velocemente Killian si era tolto dal corridoio e si era spostato verso la porta della stanza di Emma. Si era accostato piano e aveva sbirciato dal piccolo vetro verticale inserito nella porta bianca.
Un sorriso gli aveva illuminato il volto. La bambina era viva e sveglia! Sua zia le stava accarezzando una guancia e lei le sorrideva. Killian desiderò di essere al posto della Signora Frozen ed essere lui ad accarezzare quella guancia tenera. In quel momento, fu come se Emma avesse sentito il suo pensiero, poiché si voltò improvvisamente verso la porta e lui, con il cuore che sembrava volergli uscire dal petto, rimbombandogli nelle orecchie, si era spostato dal vetro e schiacciato nuovamente contro il muro. Non voleva farsi vedere che la stava spiando, non era una bella cosa!
 
--- 0 ---
“Ti sto spiando ancora e ancora vorrei accarezzare il tuo viso piccola Swan! Non ti piacerebbe se lo sapessi, ma mi devo accertare che nessun altro ti faccia del male. Non permetterò che quel  Hans ti si riavvicini, a causa sua hai rischiato nuovamente la vita! Ancora il rischio c’è … ma non per molto altro …”
 
La mano sinistra di Killian spostò verso di sé una documentazione fotografica che teneva aperta sulla scrivania.
 
“Bravo Winter Soldier! Hai fatto un ottimo lavoro! Brava anche tu Milah! Ti sei decisa finalmente a varcare la porta di quel Centro!”
 
***
 
Boston, un’ora dopo …
 
La porta dello studio si aprì e Lorna accolse Emma con il suo solito sorriso bonario. La giovane  rispose al suo saluto, ma si accorse che Lorna la stava scrutando con uno sguardo indagatore. Si accomodarono come al solito nel salottino Chesterfield bordeaux della Psicologa.
 
– Sei molto pallida questa mattina …
- Si, lo so! Per la verità sono stata lì per chiamarti e dirti che saltavo l’appuntamento!
– Cosa ti è successo?
– Ho avuto delle nausee terribili questa mattina e quando ho tentato di fare colazione ho rigettato a stomaco vuoto! In più questa mattina, durante la mia solita corsa, mi mancava l’aria … spero di non dover riprendere gli antibiotici per qualche altra infezione!
- Ti è capitato già durante la settimana passata?
– No, è la prima volta che mi succede!
– Hai un ciclo regolare Emma?
– Si, molto regolare, anzi tra domani e dopodomani dovrei averlo nuovamente … Lorna la tua espressione non mi piace! Se pensi che io possa essere incinta stai sbagliando di grosso! Ho iniziato a prendere la pillola da che ho conosciuto Kim …
- Lui non usava preservativi?
– Era intenzionato ma io gli ho detto che usavo la pillola!
– Sai … se non per la gravidanza, è un metodo utile anche per malattie sessualmente trasmissibili!
– Nessuno dei due era malato, quindi …
- La stai prendendo costantemente la pillola?
– Veramente ho smesso il martedì dopo aver visto Kim baciare Milah Gold?
– Milah Gold?
– Si, ti avevo raccontato che ero arrabbiata con lui per averlo visto baciarsi con una tizia e quando sono andata da lui quel maledetto venerdì era per dirgliene di tutti i colori e lasciarlo, non avevo più “intenzione” di stare con lui in “quel” senso! La prima volta che sono venuta da te ho scoperto che quella donna fosse la moglie del Professor Gold, me lo ha detto Regina, l’avevamo incontrata vicino casa della mia amica, era andata dal fioraio …
- Insomma è un mese abbondante che non prendi la pillola … e sicuramente hai avuto rapporti con il tuo Kim nell’ultimo week end prima di quel venerdì …
- Si, è così, quindi non c’è rischio di gravidanza!
– Emma … probabilmente è come dici tu. Ma se non fosse così? Se tu aspettassi veramente un bambino?
– Mio Dio Lorna! Sarebbe stata la cosa più bella che avrebbe potuto regalarmi Kim, ne avevamo pure parlato!
– Quindi cosa faresti?
 
Emma aveva sgranato gli occhi con un’espressione incredula nei confronti di Lorna.
 
– Ovviamente lo terrei con me! Lo crescerei con tutto l’amore che ho avuto per suo padre!
– Sei molto giovane Emma, stai studiando, hai dei progetti per il futuro …
- So cosa vuoi dire Lorna … non so se mia zia mi aiuterebbe … forse si, mi vuole bene! Ma cercherei un lavoro, studierei comunque …
- Non è facile portare avanti un bambino piccolo, studiare e lavorare …
- Si, immagino di sì! Ma ora non voglio pensarci, non sono incinta … ma l’idea che Kim mi possa aver lasciato qualcosa di lui è bellissima!
– Un’ultima domanda Emma …
 - Dimmi …
 - Hai preso antibiotici nell’ultimo periodo che sei stata con Kim?
 
Emma ora sembrava preoccupata.
 
– Perché questa domanda?
– Ti capita spesso di doverli prendere a causa della tua pessima difesa immunitaria dovuta all’intervento alla Milza …
- Si, è vero … zia Ingrid voleva farmeli prendere anche questa mattina, pensando che avessi un’infezione! Ma che cosa centra?
– L’antibiotico può annullare l’effetto della pillola Emma!
– Non lo sapevo Lorna!
– Ma il tuo medico non ti ha detto cose di questo genere quando te l’ha prescritta?
 
Emma adesso era arrossita. Si vergognava di raccontare a Lorna che aveva rubato le prime pillole a sua cugina Anna. Poi quando la ragazza se ne era accorta si era parecchio arrabbiata e le aveva procurato una confezione tutta per lei, senza prescrizione medica, quindi in realtà Emma non aveva fatto visite né parlato con un ginecologo.
 
– Evidentemente il mio ginecologo avrà dimenticato di dirmelo!
– Mi sembra strano … ma siamo sicure che tu abbia visto un medico per la prescrizione? Non avrai fatto da te Emma?
 
“Come diavolo fa?!”
 
Emma era meravigliata dall’intuito della Dottoressa Stone ed era rimasta con gli occhi sgranati.
 
– Emma non sono una maga! Sai che sono una profiler, lavoro per la Polizia no? La tua espressione e altri segni del tuo viso e movimenti del tuo corpo mi dicono che stavi dicendo una bugia …
- Vero … mi ha aiutata mia cugina, lei le prendeva e mi ha procurato una confezione. Mi vergognavo d’andare dal medico …
 
 
L’ora con Lorna volò via facilmente, Emma era rimasta in pensiero sulla questione degli antibiotici e iniziava ad avere seri dubbi su una possibile gravidanza. Parlarono ancora di quella possibilità. L’unica cosa di cui fosse certa Emma era che, se fosse stato vero, avrebbe amato con tutto il cuore la sua creatura.
 
– Emma vediamo se avrai un ritardo e poi fai il test, lo trovi anche nei supermarket, chiamami se lo fai prima di lunedì prossimo!
 
Emma annuì, ancora pensierosa e salutò Lorna sull’uscio.
 
Uscendo dalla palazzina della Dottoressa Stone si guardò un attimo intorno e notò un Suv Maserati parcheggiato non molto distante, aveva i vetri oscurati, non si vedeva se dentro vi fosse qualcuno o meno, ma ebbe la sensazione di aver visto quell’auto anche altre volte, pensò che il proprietario abitasse da quelle parti. Non prestandovi altra attenzione si avviò verso la fermata dell’autobus. Il mezzo arrivò subito e lo prese al volo, trovando anche un posto per mettersi seduta.
 
Assorta nei suoi pensieri, mentre guardava la gente e i palazzi scorrere veloci dal finestrino, ripensò alla questione degli antibiotici. Quando li aveva presi l’ultima volta? Poi si accese una lucina tra i suoi ricordi. Ricordò un suo starnuto, un leggero graffiare della cola, sua zia che l’aveva sentita starnutire e le aveva chiesto se le facesse male anche la gola.
 
--- o ---
 
– Emma prendi subito l’antibiotico e portatene due dietro, visto che passerai la notte da Regina, uno questa sera e un altro domani mattina, mi raccomando!
 
Certo era sabato pomeriggio, ma non avrebbe passato la notte con Regina. Stava uscendo per raggiungere Kim nel suo appartamento, per buttarsi desiderosi l’una nelle braccia dell’altro e passare il pomeriggio e la notte nel suo letto! Non poteva più far a meno di lui, della sua vicinanza, del suo affetto, del suo calore, del suo abbraccio, né del suo corpo …
 
Aveva buttato giù velocemente l’antibiotico, sentendone il retrogusto amarognolo risalire dall’esofago, poi si era affrettata ad uscire di casa.
 
– Non ti sei presa il pigiama Emma?
– Oh! Non importa me ne presterà uno Regina!
 
Non avrebbe avuto nessun bisogno del pigiama, era così bello restare abbracciati, lei e lui, pelle contro pelle, anche solo per stringersi l’un l’altra e godere del reciproco tepore!
 
Ricordava di essere scesa dall’autobus e di aver corso verso il fatiscente agglomerato di palazzine non distanti dalla Città Universitaria. Lui l’aspettava impaziente, con una spalla poggiata allo stipite del portone, vestito con i jeans e la camicia azzurra come i suoi occhi, che si illuminarono con il sorriso che le aveva regalato vedendola. Aveva preso l’abitudine di aspettarla all’ingresso, per salire insieme con l’ascensore. Era una buona scusa quella delle vertigini di Emma, per iniziare ad abbracciarsi e baciarsi già salendo, facendo scorrere le mani sulle reciproche schiene, iniziando a cercare spazi sotto la stoffa, senza darsi nemmeno il tempo di entrare in casa, togliendosi reciprocamente quegli indumenti, buttati chissà dove, appena varcato l’uscio, per finire sul divano o con più pazienza sul letto. All’inizio si verificava tra loro quel bisogno urgente di appartenersi, come se una settimana senza vedersi li avesse portati ad una fame insaziabile l’uno dell’altra. Poi, dopo il primo amplesso, subentrava la calma, le pulsazioni rallentavano e restava l’affetto, la voglia di stare vicini, tenersi la mano sdraiati sulle lenzuola di quel letto disfatto come un campo di battaglia, oppure con il capo di lui sul seno di lei o viceversa, lei sul suo torace a perdersi negli occhi di lui  a fantasticare su un futuro che era solo un sogno.
Kim era stato chiaro con lei, quella non era una “storia seria” lui non sarebbe stato quello che lei voleva veramente … Come si era sbagliato Kim! Lui era precisamente ciò che Emma voleva! Anche senza un impegno stabile, senza matrimonio … ma un bambino? Emma ci aveva pensato in quell’occasione! Non sapeva nemmeno lei perché avesse avuto improvvisamente quel desiderio, ma non gli aveva detto nulla.
 
Si era fatto sera amandosi e poi si erano ritrovati affamati di cibo. Kim aveva ordinato a telefono due pizze. Una pizzeria era vicina, era una delle mete preferite dagli studenti che vivevano in quelle palazzine, mezze vuote il fine settimana.
Quando avevano suonato alla porta, Kim era andato ad aprire rinfilandosi velocemente i jeans, restando a dorso nudo. Aveva i capelli in disordine, Emma glieli scompigliava sempre. Era rientrato nella stanza da letto con le due scatole che emanavano un profumino invitante. Emma lo aveva trovato molto sexy, con quei capelli spettinati, i piedi scalzi e solo i jeans addosso, aveva pensato che il ragazzo della pizza avesse capito al volo che Kim era stato piuttosto impegnato fino a poco prima. Aveva sorriso maliziosamente e Kim aveva colto il suo sorriso.
 
-  Stai ridendo di me Swan?
– Rido perché si vede ad un miglio che hai fatto l’amore fino ad ora e il ragazzo della pizza lo avrà capito!
– Se avesse visto te mi avrebbe anche invidiato Swan, ma io non ti avrei mandata di certo ad aprirgli la porta con quel lenzuolo che ti sta avvolgendo ora!
– Basta chiacchiere Steward, tira fuori la pizza ora, ho una fame da lupo!
– Wow Swan! Quella di prima cos’era allora?
– Quella era fame di te stupido!
 
Emma gli aveva tolto le due scatole di pizza dalle mani e gli era saltata addosso, facendolo ricadere ridendo sul letto e baciandolo sul viso, riscendendo sul suo torace.
 
– Love … rimettiamoci in forze che poi continuiamo!
 
Avevano riso insieme e scherzato ancora, mentre addentavano le due pizze e se le scambiavano, visto che erano diverse.
Dopo aver mangiato sul letto come due adolescenti, Emma era scivolata in cucina a prendere un bicchiere d’acqua per l’antibiotico, poi era tornata da lui.  Kim le aveva tolto il lenzuolo di dosso e l’aveva fatta adagiare sul materasso, disseminandole il seno e il ventre di una scia di baci. Si era soffermato ad accarezzarle con la punta delle dita la cicatrice sul lato sinistro della pancia, lei rabbrividiva sempre quando lo faceva e allora lui baciava anche quella cicatrice e la stringeva a sé. La prima volta che era capitato lei gli aveva detto dell’intervento seguito all’incidente con i suoi genitori. Kim era rimasto in silenzio ad ascoltarla, poi aveva dato un bacino alla sua cicatrice e le aveva detto:
 
- Potevi morire Emma e io non ti avrei mai visto, né conosciuta!
 
Poi l’aveva stretta tra le braccia, le aveva accarezzato la guancia e baciato le labbra con un tale trasporto da farla sciogliere come la neve.
 
Anche quella sera avevano continuato a scambiarsi tenerezze fino ad addormentarsi. La notte era passata e la domenica mattina era arrivata con i raggi del sole a bussare ai vetri della finestra della stanza da letto. Emma ricordava di essersi alzata, mentre Kim ancora dormiva della grossa. Aveva preso la sua pillola e un bicchiere di latte nel frigo, poi aveva buttato giù l’antibiotico, la gola ancora graffiava un po’, avrebbe dovuto prendere ancora antibiotici fino almeno al martedì.  Si era affacciata sull’uscio della stanza  e aveva visto che Kim ancora dormiva nella sua nudità a pancia in giù. Aveva ammirato il  suo corpo atletico sorridendo.
 
“Sei bellissimo amore mio!”
 
Si era infilata la camicia azzurra del giovane, sul corpo nudo e si era diretta in bagno. Si era guardata allo specchio. I capelli biondi le sembravano un groviglio di paglia disordinata, se li era pettinati con le dita, ma il risultato non le era piaciuto. Cercando un pettine nel cassetto sottostante il lavello, vi aveva trovato una collana singolare. Da quando conosceva Kim non l’aveva mai vista, né in quel cassetto né al suo collo. Era una catena con due ciondoli: un teschio ed un pugnale. Aveva sorriso, pensando che fosse un oggetto adatto a lui e aveva voluto  indossarla. Aveva lasciato la porta semiaperta e mentre si pettinava, con il pettine che aveva trovato vicino alla collana, Kim si era affacciato alla porta del bagno. Aveva indosso i boxer e ancora era vagamente assonnato.
 
– Swan quella è la mia!
– La collana? Noo, ora è mia!
– Non ci pensare proprio Swan! Sono piuttosto geloso delle mie cose, quella è mia e me la riprendo …
 
Le aveva tolto la catena, con un ciglio alzato e il sorriso sghembo stampato sul viso, mettendosela al collo. Emma gli aveva sorriso e accarezzato la peluria sul petto, mentre con la mano si riaccostava alla collana
 
– Sai … penso che sia perfetta per te Kim, ti da l’aria da pirata …
 
Lui le aveva fatto l’occhiolino.
 
– Swan … tu non lo sai, ma io sono veramente un pirata! 
- Si, uno con la benda su un occhio o un uncino al posto della mano?
– La benda su un occhio non mi piace, ma l’uncino può essere utile non pensi?
– Mmm … potrebbe essere anche sexy!
– Swan … tu mi sorprendi! Comunque anche la camicia è mia, quindi ridammela subito …
 
In un attimo le aveva preso dai fianchi i lembi della camicia e l’aveva fatta scorrere su per il petto di Emma, facendola uscire dalle braccia e dalla testa. Kim non aveva indossato la sua camicia, l’aveva buttata nella doccia e poi era tornato ad accarezzare i fianchi nudi della ragazza. La guardava con desiderio e lei stava già fremendo sotto le sue carezze.
 
– Sei mia anche tu Emma, quindi ti rivoglio ancora!
 
L’aveva sollevata verso di sé e lei gli aveva portato le gambe snelle intorno ai fianchi. Lui, tenendola sotto la rotondità dei glutei, l’aveva riportata sul letto.
Emma avrebbe dovuto tornare dalla sua famiglia verso le dieci, e lui non voleva perdere un minuto di lei, ne lei di lui. Si erano appartenuti ancora con passione reciproca, come succedeva sempre tra loro, rimanendo, dopo, ancora sdraiati in silenzio, assaporando la gioia della loro vicinanza. Kim teneva il braccio destro intorno alle spalle di Emma e lei, con il capo poggiato sul suo petto, giocherellava con i ciondoli della collana, impigliati nella peluria bruna del suo torace. Poi ad un certo punto Emma aveva interrotto il silenzio tra loro.
 
– Se avessimo mai un bambino come ti piacerebbe chiamarlo?
 
Si era pentita subito di avergli fatto quella domanda. Lo aveva sentito irrigidirsi e trattenere il fiato. Poggiata sul suo petto aveva sentito che il suo battito cardiaco era accelerato. Si convinse di averlo spaventato.
 
– Emma … stai prendendo sempre la pillola?
– Era così per dire Kim! Certo che sto prendendo la pillola, pensi che io voglia incastrarti?
– No … no, non lo penso … Henry …
- Come?
– Henry, un figlio, lo chiamerei Henry!
– Un nome che ti ricorda una persona cara?
– Si …
- Tuo padre?
– No, lui è morto ormai! Mio zio … è il nome di mio zio materno, l’uomo che mi ha fatto da padre …
- Come è morto tuo padre?
 
Kim si era accigliato e si era alzato dal letto, iniziando a rivestirsi.
 
– Non ne voglio parlare Emma, non te ne dispiacere, è un capitolo doloroso della mia vita …
- Capisco … quando vorrai parlarne io sarò pronta ad ascoltarti Kim …
 
Lui si era voltato verso di lei e chinatosi l’aveva baciata sulla fronte.
 
– Grazie Emma, sei veramente dolce e tenera come un anatroccolo e bellissima come un cigno! Preparati ora, ti riaccompagno per un pezzo verso casa tua. Parto presto per Dublino oggi …
- Ci vediamo come al solito venerdì?
– Si … certo.
 
Nulla di più falso, il giorno dopo Emma lo aveva visto con Milah Gold e quel venerdì lo aveva visto morire!
--- O ---
 
Mentre l’autobus si avvicinava alla fermata più prossima alla villetta di Ingrid, Emma stava realizzando che se fosse rimasta veramente incinta di lui, era accaduto proprio in quell’ultimo week - end che avevano passato insieme! Il suo dubbio si stava sciogliendo,  soltanto un test per la gravidanza le avrebbe detto la verità, ma voleva aspettare, voleva ancora crogiolarsi nel dubbio, ancora non aveva avuto ritardi, perché sperare che fosse vero? Si, lei sperava fosse veramente incinta! Lo voleva con tutto il cuore un bambino suo e di Kim, aveva pensato che fosse ormai impossibile, ma forse il destino, nonostante la morte dell’uomo che amava, le aveva fatto un regalo!
 
***
Boston. Stessa sera.
Il profumo di cardamomo e patchouli, mescolato ad un’essenza di ginseng, permeava il vapore che si era sprigionato dalla doccia di Lorna.
Asciugandosi delicatamente, come in una carezza autocelebrativa, Lorna inspirava quei profumi, rilassandosi con quella tecnica che usava tutte le sere, dopo le sue lunghe giornate lavorative. L’aromaterapia era per lei molto gratificante e il massaggio con la crema amplificava l’effetto.
Conosceva perfettamente l’effetto del massaggio e sapeva che il massaggio più gratificante sarebbe stato quello reciproco di due corpi che si scambiavano effusioni.
 
Sospirò. Consapevole che, nella sua solitudine, quello era il massimo che poteva permettersi. Era una bella donna e attirava gli sguardi interessati e spesso lascivi di molti uomini, ma lei non si fidava più degli uomini. Le era bastato fidarsi di quello che aveva sposato in abito bianco, in un matrimonio d’amore.
Quanto aveva amato Federik! Cosa ne aveva ricevuto in cambio? Non avevano avuto figli, presi ambedue dalla carriera, scegliendo qualcosa che in quel periodo sembrava ad entrambi più importante della famiglia. Erano spesso lontani, soprattutto a causa del suo lavoro e Federik aveva iniziato a tradirla. L’aveva ferita nel profondo dell’anima, lei non lo avrebbe mai tradito. Nonostante il divorzio non si era più innamorata di nessuno. Erano rimasti comunque buoni amici lei e Federik …
 
“Amici!”
 
Che falsità! In realtà Lorna credeva di amare ancora quello che era stato suo marito: il Dottor Federik Victor Whale, fascinoso ginecologo di origine tedesca, biondo, spiritoso e terribilmente Playboy!
 
Il suono del citofono la distrasse dai suoi pensieri. Prese dal gancio alla parete il suo accappatoio bianco e se lo infilò allacciandolo alla vita. Con le ciabatte di spugna andò ad alzare la cornetta, mentre Generale le correva davanti alle gambe, quasi facendola inciampare.
 
– Micio! Uno di questi giorni mi farai rompere una gamba! Fammi vedere chi è.
 
La voce che aveva sentito all’altro capo era inconfondibile.
 
– Lorna, amore! Il portone è già aperto, sarò da te tra due secondi!
– Seb aspet …
 
Jefferson aveva già riattaccato e lei non avrebbe avuto il tempo di infilarsi qualcosa di meno indecente dell’accappatoio. Il campanello della porta trillò, Pensò che Jefferson avesse fatto le scale quattro a quattro, ci aveva messo veramente pochi secondi! Non le dispiaceva vederlo, anzi!
Seb le piaceva parecchio, ma lei doveva restare distante, sia per il suo ruolo che per difendersi da altre delusioni. Sebastian Jefferson era un uomo attraente, anche più del suo ex marito e Lorna sapeva bene che fosse un maestro di seduzione con i suoi occhi chiari e i capelli castano scuro. Si chiuse meglio lo scollo dell’accappatoio, evitando di mostrare l’incavo dei seni e andò ad aprirgli la porta.
 
– Ciao “bellezza”! Wow! Sei uno schianto con quell’accappatoio, sono stato fortunato questa sera, sei già pronta per me!
 
Seb era appoggiato con l’ avambraccio destro allo stipite della porta, teneva due flute tra le dita della mano e nell’altra, lungo il fianco, una bottiglia di champagne Moet e Chandon. La guardava maliziosamente, come suo solito e i suoi occhi esprimevano l’ammirazione che da anni provava per lei.
 
 “Seb … se non fosse solo ammirazione …”
 
- Non fare l’idiota Seb! Lo sai che con me non attacca no? Come mai sei qui? Abbiamo da festeggiare la fine di una missione conclusa con successo?
– Per ora ancora no, speriamo presto … volevo solo stare un po’ con te e visto che quando ti vedo per me è una festa … eccoti spiegato lo champagne!
– Mmm … dimmi la verità Seb! Ti ha mandato Captain Hook?
Jefferson scoppiò a ridere.
 
– Lorna sei fantastica! Conosci troppo bene lui o troppo bene me?
– Direi che conosco bene ambedue voi idioti! Scordati che io ti dica qualcosa di Emma Swan! Se le cose andranno come penso, sarò io stessa a chiamare il nostro Captain Hook! Questa volta ha fatto una gran cazzata coinvolgendo una ragazza come lei!
 
Seb era ridiventato serio.
 
– Lorna … lo sai che lui è il migliore … tutto quello che fa ha un motivo! Anche il coinvolgimento della ragazza ha un motivo, dovresti saperlo come funzionano queste cose no?
– Lo so perfettamente, ma in questo caso ha fatto dei madornali errori e quell’innocente ne sta pagando le conseguenze!
– Senti … è vero, lui mi ha detto di tirarti fuori qualche notizia su Emma, ma conoscendoti gli ho risposto che non ci avrei nemmeno provato …
- Si, infatti hai portato da bere … pensi di farmi ubriacare? Lo sai che reggo bene gli alcoolici!
– Amore, lo so bene …
 
Mentre parlava intanto Seb stava stappando la bottiglia di champagne. Lorna si passò automaticamente la lingua lungo le labbra. Le piaceva lo champagne e lui lo sapeva, non le sarebbe dispiaciuto bere con lui. Seb notò la sua espressione e sorrise.
 
– Sei un tentatore inguaribile Seb! È da un pezzo che non bevo champagne!
– E da quando non stai con un uomo Lorna?
“Lo sapevo Seb … dritto al punto! Lo so che vuoi venire a letto con me e a me non dispiacerebbe …”
– Seb! Non mi risulta che siano affari tuoi o sbaglio?
 
Sebastian le si era avvicinato con una movenza sensuale, mentre le porgeva il flute pieno quasi all’orlo di ambrato liquido frizzante.
 
– Credo che un po’ siano anche affari miei Lorna … è un pezzo che ti sto dietro … non credo di esserti indifferente … tu mi piaci veramente e lo sai. Sei separata da almeno sei anni da Federik e non ti ho visto frequentare nessun altro, forse alla fine dei conti sono l’unico che frequenti …
- Ti frequento per semplici motivi di lavoro Seb! Questo non deve farti sentire in possibilità o dovere di venire qui con lo champagne!
– Lo sai che ti desidero Lorna … da tanto!
– Giusto quello Sebastian! Potrei desiderarti anche io!
– E allora Lorna?! Perché non abbassi quei muri e mi lasci entrare?!
– Sai cosa sono Seb! E nonostante tutto sono una donna che non immagineresti romantica …
- Vuoi l’amore vero ed esclusivo Lorna? … Lo immaginavo. Tuo marito ti ha ferita profondamente. È stato un idiota, io non ti avrei tradito e non mi sarei fatto scappare una donna come te!
– Non provare a farmi una dichiarazione d’amore adesso Seb!
– Ora no Lorna! Non mi crederesti adesso! Ma arriverà il momento che mi crederai e allora sarai mia!
– Allora aspetteremo quel momento Seb!
 
Lorna sorseggiò lo champagne con un sorriso furbo sulle labbra.
 
– D’accordo tesoro! Ma non si potrebbe avere un assaggino intanto di quel futuro momento?
 
Sebastian aveva posato il suo bicchiere e avvicinatosi a pochi centimetri dal viso della donna, le stava facendo una carezza tra i capelli, sull’orecchio sinistro. Lorna posò a sua volta il flute semivuoto.  La luce del desiderio era vivida nello sguardo di Jefferson, non meno di quanto lo fosse negli occhi di Lorna. Successe tutto in una frazione di secondo. Lei afferrò il bavero del giubbotto in pelle di Sebastian e lo baciò più velocemente e irruentemente di quanto lui si aspettasse. L’uomo ricambiò immediatamente, portandole le mani sulle spalle e spostando verso le braccia lo scollo dell’accappatoio di Lorna. Le mani di lei scorrevano sui capelli di Seb e lui, avidamente, ansimando, dalle labbra di lei era passato a baciarle il collo e il petto, spinto da una passione che Lorna aveva sottovalutato. La freddezza di Lorna tornò ad affacciarsi dopo quel barlume di istintivo desiderio, represso da anni.
 
– Basta ora Sebastian! Questo è l’assaggino che  volevi!
– Dio Lorna! Se questo è il gusto dell’assaggio non vedo l’ora di prendermi tutto il pasto!
 
Le mani di Seb erano passate a stringere i glutei di Lorna, sopra la stoffa dell’accappatoio, accostandosela al bacino, dove si percepiva la sua eccitazione.
 
– Lo so Seb, ma questa sera niente pasto, solo champagne, poi fili a casa tua!
 
Seb era riuscito a staccarsi da lei sdrammatizzando ridendo.
 
– Sei proprio un osso duro Maggiore Lorna Stone! Ma questa sera vada solo per lo champagne … arriverà il nostro momento … ne sono sicuro!
Finirono insieme la bottiglia di champagne, raccontandosi vecchi aneddoti delle missioni compiute insieme, dagli anni dell’addestramento a Quantico fino a quel momento. Poi Jefferson si alzò dalla poltroncina vicino alla chaise longue, dove era sdraiata Lorna. Le belle gambe della donna erano accavallate e lasciate intravvedere dall’apertura dell’accappatoio. Jefferson le percorse con lo sguardo, risalendo verso il viso sorridente della proprietaria. Emettendo un sospiro appena percettibile, si piegò su di lei e le diede un altro bacio a fior di labbra.
 
– Tesoro abbiamo fatto l’una di notte … è tardi, ti lascio andare a letto … purtroppo per me e per te sola soletta!
– Ho Generale a farmi compagnia!
– Ti garantisco che io sono coccoloso non meno di lui, ma ci so fare meglio e di più!
 
Le fece l’occhiolino sorridendo e strappandole una risata.
 
– Bene! Me ne vado … ah! A proposito di Captain Hook …
- Che altro a proposito di “cuore di ghiaccio”?
– Non so se continueremo a chiamarlo anche così!
– Perché?
– Lascia perdere … piuttosto, stavo per dirti che tornerà a Boston per il fine settimana, sarà alla sua base per qualche giorno …
- Che diavolo si è messo in testa?
– Tranquilla! Nessuno si accorgerà di lui, ha una buona copertura …
- Una nuova ovviamente! Speriamo riesca a tenersi sotto un profilo basso e lontano da “gentili donzelle”!
 
Seb ebbe un ultimo sorriso ironico sul viso che lasciò a Lorna una serie di dubbi da chiarire.
 
***
 
Boston, lunedì 18 Giugno 2008. Una settimana dopo …
 
Correva velocemente Emma, sentendosi stranamente libera e felice. Non le sembrava possibile riuscire a provare ancora felicità, nonostante la scomparsa del suo amore, ma celava in seno il motivo di quella felicità.
Non aveva più dubbi ormai. Sapeva di aspettare un bambino da Kim! Qualcosa le era rimasto di lui e quel qualcosa la stava facendo sentire viva come da settimane non si sentiva. Aveva saltato il ciclo quei giorni e i sospetti che Lorna le aveva inculcato nella mente, avevano preso ogni momento di più la concretezza di una realtà. Aveva acquistato un test e per giorni lo aveva tenuto nascosto. Quel lunedì mattina aveva deciso di farlo. Avrebbe portato la notizia a Lorna, positiva o negativa, per le 10,00 sarebbe stata al suo studio.
 
Mentre correva nel parco vicino casa, ricordava l’emozione provata un’ora prima. Si era alzata più presto degli altri lunedì e si era chiusa in bagno per il tempo necessario alla reazione del test. Era rimasta seduta per terra a guardare le due striscioline rosa che comparivano sullo stick.  L’ emozione le aveva tolto il fiato. Gioia e timore si erano alternate velocemente nella sua mente. Aveva nascosto il tutto quando Anna l’aveva chiamata per poter entrare a sua volta in bagno. L’adrenalina le stava scorrendo veloce nelle vene, aveva avuto bisogno di affrettarsi ad uscire di casa, con la scusa di correre. La corsa la stava calmando e più si placava, più  rallentava.  Si era ritrovata infine a camminare. Notò che non era sola quella mattina. Strano! A quell’ora non c’era mai nessuno nel parco, era uscita anche più presto del solito!
Si trattava di un giovane uomo. Dal viso non si capiva l’età, aveva la barba lunga, bruna e folta, un paio di occhiali Ray Ban a specchio, tipo Aviator, un berretto con visiera calato sulla fronte che gli copriva i capelli leggermente allungati sul collo e indossava una tuta da ginnastica blu, con il logo della Nike sul lato del petto del giubbino. Aveva un fisico snello e atletico, che fosse giovane si capiva da quello e dall’abilità con cui stava facendo ginnastica con gli attrezzi disseminati nel parco. Si stava sollevando con le braccia alla sbarra di sospensione.  Emma lanciò un’occhiata poco interessata verso di lui, ma abbastanza da notare che fosse molto allenato e dotato sicuramente di una muscolatura potente. Ebbe l’impressione che l’uomo la guardasse a sua volta. Non voleva essere importunata da uno sconosciuto, meglio non fidarsi. Riprese a correre, ma si accorse che anche il tizio aveva iniziato a correre e, con un ritmo sostenuto, la stava seguendo. Decise di tornare indietro e affrontarlo se ce ne fosse stato bisogno. Sapeva tirare di Boxe. Se avesse provato ad importunarla in modo fastidioso l’avrebbe steso con un gancio al mento. L’uomo la sorprese, deviando il suo percorso sulla stradina laterale a quella che aveva percorso fino a quel momento. Emma provò quasi delusione. Si era incuriosita di vederlo bene in viso e non ne aveva avuto la possibilità. Si diede pure dell’idiota. Il giovane non sembrava intenzionato ad importunarla, stava facendo semplicemente quello che stava facendo lei: una corsa nel parco.
 
Emma accelerò la corsa, ma ad un certo punto iniziò a sentirsi stanca in modo anomalo. Faceva fatica a respirare. Rallentò bruscamente, mentre le girava la testa e iniziava a vederci doppio. Fece pochi passi ed ebbe un mancamento.
 
“Maledizione Emma! Che diavolo ti sta succedendo adesso?”
 
Il giovane con la tuta blu notte la vide rallentare in quel modo repentino e barcollare. Stava per perdere i sensi, erano i segnali tipici!
 
“Cristo Santo Emma! Non avrai problemi con il cuore? Ti manca la milza da un pezzo! No! Stai cadendo!”
 
Killian Jones accelerò la corsa verso la ragazza. Stava perdendo i sensi e sarebbe stramazzata al suolo. Si lanciò verso di lei con un salto in lungo degno di un atleta olimpionico e arrivò a prenderla tra le braccia nel momento preciso in cui lei perse i sensi.
 
Emma aveva sentito qualcuno avvolgerla intorno al torace. La sua testa se ne stava andando in dietro e si stava facendo buio, un viso si era chinato verso di lei. Aveva la barba scura e lei vide il riflesso della sua immagine sugli occhiali del giovane che la stava afferrando per non farla cadere. La sua immagine riflessa fu l’ultima cosa che vide.
 
***
 
– Emma! Tesoro mio rispondimi! Anna prendi i Sali!
– Dove sono mamma?
– Santo cielo Anna! Sembra che tu non viva in questa casa!
– Eccoli, eccoli! Li ho trovati!
 
Ingrid prese dalle mani di sua figlia Anna i Sali e li fece annusare ad Emma. La ragazza scosse la testa iniziando a riprendersi.
 
– Figlia mia cosa è successo? Cosa ti sei sentita?
– Oh mamma! Credo di essere svenuta … come sono arrivata a casa?
– Un bravo giovane ti ha portato in braccio fino a casa. Ero in giardino quando l’ho visto arrivare con te in braccio! Mi è preso un colpo per lo spavento! Il giovanotto mi ha detto che eri svenuta mentre correvi e ti aveva impedito di cadere a terra. Ti ha portato lui dentro casa e ti ha messa sul divano!
– Dov’è lui ora?
- È rimasto giusto il tempo per assicurarsi che stessi in buone mani. Veramente un bravo ragazzo! Ha detto che chiamerà più tardi per sapere come stai!
“Che gentile! Ed io che pensavo volesse importunarmi! Avrebbe potuto pure approfittare di me se fosse stato un maniaco! Santo cielo che rischio ho passato comunque!”
 – Come si chiama? Te lo ha detto?
– Cielo Emma! Ero così agitata per te che non mi sono resa conto di non averglielo chiesto!
– Dici che chiamerà veramente? Mi farebbe piacere ringraziarlo!
– Sorella quello richiama!
– Come fai a dirlo Anna?
– Mi è sembrato preoccupato veramente per te, gli avrai fatto prendere uno spavento! Gli sei caduta davanti! Credo che sia pure carino sotto quegli occhiali e quel berretto!
– Basta ciarlare Anna! Non stare lì ad inventar romanzi!
– Beh se Emma conoscesse un altro bel ragazzo non sarebbe una buona cosa?
– Non credo di aver voglia di conoscere qualcuno e non me lo posso nemmeno permettere!
– Perché dici questo tesoro?!
– Chi vorrebbe avere a che fare con una “ragazza madre”?
 
Se a Ingrid non era preso un colpo per lo spavento di prima, ci mancò poco per la dichiarazione di Emma. Non si era sbagliata quindi, quando il lunedì prima sua figlia aveva avuto quelle violente nausee con vomito!
 
– Ho bisogno di chiamare Lorna! La devo informare … inoltre mi sento troppo debole per andare da lei oggi!
 
***
 
Il cordless emise un suono prolungato e cantilenante. Anna rispose pensando che fosse Elsa, ma dall’altro capo si sentì una voce maschile chiedere della Signorina Emma.
 
– Oh salve è lei? Si mia cugina sta meglio, ma ancora è sul divano, gliela passo, avrà piacere di ringraziarla!
 
Killian aspettò con il cuore in gola di sentire la voce di Emma. In quei pochi secondi che Anna passava il cordless alla cugina, Jones sistemò meglio il filtro sul microfono.
 
– Pronto? Sono Emma Swan!
– Salve Emma! Sono Killian Jones, sta bene?
– Sto meglio grazie e grazie soprattutto per avermi aiutata, è stato gentile Killian!
– Dovere Emma!
– Spero di rivederla per ringraziarla di persona Killian, anche mia zia Ingrid la ringrazia ancora!
– Di nulla Emma! Sono contento che stia meglio, si riguardi! Consulti un medico se necessario! Posso richiamarla per avere sue notizie?
– Si certamente Killian …
 
***
 
Killian Jones spense il microfono e tolse il filtro. Alzò gli occhi verso Winter Soldier che lo stava guardando con un ghignetto sul volto.
 
– Hai qualche problema Winter Soldier?
– Io no Captain Hook! Credo che il problema lo abbia tu! Sei tornato per lei o per la missione? Sei uscito a quell’ora solo per vederla e stavi per far saltare tutto!
– Dovevo lasciarla cadere a terra come un sacco di patate? Si sarebbe fatta male!
– Certo, certo! “Cuore Tenero”!
 
Killian diede un’altra occhiataccia a Jefferson.
Il suo cellulare suonò improvvisamente. Guardò lo schermo.
 
- È Catwoman!
– Ahi! My Captain! Ora sono cavoli tuoi!
– Che vuoi dire?!
– Sei convocato di sicuro!
 
Killian aprì per la risposta.
 
– Ciao Lorna!
– Ciao un corno Jones! Vieni immediatamente al mio studio!
 
Lorna aveva riattaccato bruscamente il telefono, senza aggiungere altro. Killian alzò un sopracciglio guardando con la coda dell’occhio uno sghignazzante Sebastian Jefferson.
 
– Te lo avevo detto no?
 
***
 
Un’ora dopo il Suv Maserati parcheggiava davanti al marciapiedi della palazzina in cui si trovava lo studio di Lorna Stone. Mentre Winter Soldier restava al volante, Captain Hook, con i suoi Ray Ban e il berretto calato sulla fronte, si avviava verso il portone a vetri.  Lorna lo aspettava e non lo fece nemmeno bussare alla porta. Aprì velocemente e con altrettanta velocità prese per il bavero Killian sbattendolo contro il muro.
 
– Che ca …
- Quello lo dico io Jones! Sei una delusione!
– Ma di che parli?!
– Possibile che nonostante il tuo genio, due leuree e tre anni di addestramento a Quantico tu non abbia imparato abbastanza? Ti erano finiti i preservativi Killian? Sei stato uno sprovveduto! Non me lo aspettavo dal mio allievo migliore! Dovevi metterla incinta per forza?!
 
Killian Jones, nome in codice Captain Hook, il migliore agente internazionale sotto copertura della  Drug Enforcement Administration, meglio nota come D.E.A. agenzia federale antidroga statunitense, era rimasto senza parole …
 
 
 
Angolo dell’autrice
Ditemi che siete rimasti anche voi senza parole!
Come avevo premesso con il titolo, dei dubbi si sono chiariti no? Avevo tutto in mente già dall’inizio della storia e pensavo che fosse un’idea originale quella del doppio Kim – Killian. Oggi ho visto la 7x2 è mi sono resa conto che anche i due autori di OUAT, hanno ritenuto buona la stessa idea. Non voglio fare troppi spoiler a chi non l’ha vista, ci sono già O.S. che vi accennano. Comunque mi ha lasciata una certa serenità scoprire che Emma non è morta, anzi! Temevo che per farla uscire di scena definitivamente quei due maramaldi chissà cosa le avrebbero combinato, invece sono stati buoni e le hanno dato una situazione auspicabile. Cara Arya, spero che tu abbia torto e che Jen torni in qualche altra puntata, magari verso la fine della serie, a sorpresa, sarebbe bello!
Ringrazio chi sta leggendo, chi, nonostante la lunghezza dei miei capitoli, riesce a finire la lettura e a non annoiarsi. Il capitolo precedente è stato molto lungo, era un po’ di passaggio e un po’ fluffoso, temo che la parte iniziale su Milah e quella su Elsa abbia scoraggiato ad andare avanti, peccato per chi non lo ha fatto perché si è perso un bel pezzo di Emma e il suo amato, in questo di oggi si scopre che Kim e Killian sono la stessa persona. Nei prossimi si chiarirà ancora meglio la situazione. Ogni passaggio della storia è concatenato e funzionale per i seguenti, quindi, per lanciare ipotesi prestate attenzione!  Non lesinate sui commenti, uno scambio di opinioni aiuta sempre! Grazie ancora a chi sta inserendo nelle varie categorie e a chi esprime un suo parere. Alla prossima!
Vostra Lara
 

 

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Capitolo 12
*** Lost Boy ***


Capitolo 12
 
Lost Boy …
 
 
Boston. Sabato 26 maggio 2008.

Il Sergente Rogers, con il suo paffuto faccione color cioccolato, mise l’ultima firma sul permesso richiesto da Brennan Jones. L’uomo tossì, portandosi un fazzoletto alla bocca e il Sergente lo guardò nel suo caratteriale modo paterno ed apprensivo.
 
– Brutta tosse Signor Jones!
 
Brennan riprese fiato a fatica, gli occhi arrossati per lo sforzo, e aggomitolò il fazzoletto velocemente nascondendo le macchie.
 
– Da qualche giorno non mi molla, sarà stata la differenza di temperatura tra la Florida e l’Irlanda!
- È stato in Irlanda questi ultimi giorni?
– Si, sono andato a trovare i miei figli … il tempo è stato troppo umido. Anche se siamo a Maggio non è caldo come qua!
– Capisco …  Ecco a lei Signor Jones! I sigilli li può togliere tranquillamente e potrà rientrare nel suo appartamento.
– Non si è capito cosa sia successo di preciso?
– Semplicemente un balordo ha approfittato della sua casa vuota … non troverà danni comunque!
– Strano! Ci sono balordi ordinati?
 
Il Sergente Rogers sorrise.
 
– Diciamo che lei è stato fortunato! Solitamente chi si intrufola in un appartamento lo lascia vandalizzato e porta via le cose di valore … nel suo caso non è stato così!
 
Si salutarono e Rogers raccomandò a Brennan di avere cura di sé. Mentre l’uomo usciva dal suo ufficio con il documento in mano,  il Sergente scosse il capo pensando tra sé:
“Brutta tosse … bruttissima tosse!”
 
***
 
Da quanto non metteva piede in quell’appartamento?
Brennan fece due conti mentre saliva i sei piani in ascensore. Aveva acquistato quell’appartamento circa quindici anni prima. Si trovava in un quartiere vicino all’Università. Il prezzo era stato accessibile, era un quartiere fatiscente, popolato per la maggior parte da studenti in affitto; nel quartiere di Cambridge il prezzo sarebbe stato più alto, ma là andava bene lo stesso... Poteva essere un buon investimento per il futuro dei suoi tre figli, magari un giorno lo avrebbero usato per risiedervi se fossero andati lì all’università. La Harvard University di Boston era prestigiosa, i suoi figli erano molto intelligenti e promettevano un brillante futuro universitario. Il pensiero principale andava a Killian, dei tre figli avuti era a dir poco geniale!
 
Con uno scossone il vecchio ascensore  a gabbia si fermò al sesto piano. I nastri della Polizia ancora sbarravano la porta e Brennan si premunì di strapparli via. Introdusse la sua copia di chiavi nella serratura e, quasi con timore, spinse la porta per aprirla. La luce filtrava dalle finestre dando una buona illuminazione all’appartamento. La luminosità era stata una delle variabili per la scelta di quell’acquisto. Era un ottimo posto per dipingere e lui, pittore di professione, se ne intendeva bene. Quando aveva visto per la prima volta l’appartamento aveva pensato che sarebbe stato perfetto per Killian, era molto abile nella pittura, una dote che aveva ripreso da lui, anzi in suo figlio era amplificata. Il ragazzo era in grado di realizzare, fin da piccolo, immagini e colori di un tale realismo che avrebbero fatto invidia a qualsiasi grande pittore!
 
Brennan sospirò pensando a lui. Killian non aveva voluto incontrarlo, non aveva voluto parlargli. Lo aveva perso purtroppo e sapeva che la colpa era soltanto sua, del suo agire sbagliato. Killian non aveva più voluto saperne di lui da quando aveva scoperto la verità e non aveva “mai” usato quell’appartamento. Non era stato comunque un investimento sprecato, poiché William vi aveva soggiornato per tutto il corso Universitario svolto alla Facoltà di Ingegneria Meccanica di Harvard.
 
Si guardò intorno. Tutto era in ordine. Se la Polizia non avesse avuto una segnalazione non avrebbe mai avuto occasione di intervenire e chi si sarebbe accorto che nel suo appartamento c’era un inquilino abusivo? Certo non lui! Erano anni che non metteva piede in quel luogo! Comunque sia il Sergente Rogers aveva avuto ragione … l’inquilino abusivo era un tipo ordinato e pulito. Chissà chi era? Non si era capito da quello che gli era stato raccontato, il tizio si era come volatilizzato.
 
Gironzolò per le stanze. Si, decisamente la luce era ottima! Decise che sarebbe rimasto. Aveva il Campus Medico a poca distanza, doveva fare delle visite e aveva in mente un progetto che in quella casa avrebbe potuto realizzare con successo. Avrebbe approfittato e preso due piccioni con una fava.  Si accarezzò il mento ornato da un pizzetto ingrigito, mentre i suoi occhi azzurri vagavano nella stanza, già immaginando ciò che avrebbe creato.
 
“Mi servono tele nuove e un po’ di tempo … nessuno mi aspetta più in Florida!”
 
Nessuno lo aspettava più ormai …
Stancamente si avvicinò alla finestra assolata e guardò fuori. Da dietro il vetro vide le auto che sfrecciavano lungo la strada e gruppetti di studenti sui marciapiedi. La vita di quei giovani scorreva serena, nello studio, nella salute, nei loro piccoli e grandi problemi quotidiani. Il suo ultimogenito avrebbe potuto essere uno di loro, essere là in mezzo a ridere e scherzare con gli altri, a lamentarsi di un esame andato male o a gioire per uno andato bene …
 
La nostalgia gli strinse il cuore e la tristezza gli salì imperiosamente verso la gola, fino a raggiungere gli occhi, dove si appostò in una lacrima trattenuta a stento dalla barriera fornita della palpebra inferiore. Si chiese perché la sua vita fosse stata tutta sbagliata. Perché finiva sempre con il perdere le persone che amava? Gli restavano solo i ricordi ormai? Si sentiva vecchio e stanco. Si, forse i ricordi erano ancora qualcosa di prezioso su cui soffermarsi …
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Dublino. 16 anni prima.

Erano le undici di un mercoledì mattina. Nora non ce l’aveva fatta ed era spirata da tre settimane. I ragazzi erano a scuola, nel loro costoso College privato. Solo il meglio per quei due ragazzi! Lo aveva voluto Nora e lo aveva voluto anche lui, poco importava aver dovuto tirare la cinghia per le difficoltà economiche! Da quando anche Nora aveva potuto contribuire brillantemente all’economia della casa, non c’era stato nemmeno più il bisogno degli interventi pecuniari di suo cognato Henry. Ora sarebbe stato diverso …
 
Brennan era nel suo studio, situato al piano terra della palazzina dove abitavano. Aveva davanti a sé una tela, inserita nel cavalletto. La sua mente era vuota, non aveva idee se non pensieri e quelli non potevano essere proiettati su quel panno bianco, perché non avevano colore, erano grigi e tristi, rispecchiavano il suo stato d’animo. La pittura per lui era un lavoro, ma era anche gioia. Aveva un blocco ormai che, dalla disgrazia di Nora, gli impediva di essere creativo come suo solito. Nulla lo ispirava e questo era dannatamente drammatico.
Lo squillo del telefono lo risvegliò da quel torpore mentale e come un automa prese la cornetta e rispose.
 
– Ciao Brennan …
 
Era un mese che non sentiva quella voce e non ne aveva avuto nessuna  mancanza. Pensava che non l’avrebbe più sentita. Non voleva sentirla in effetti e non l’avrebbe cercata.
 
– Dorin?!
 
Aveva astio nei confronti di quella donna, non meno di quanto ne avesse nei suoi stessi confronti. L’ultima volta che si erano visti era stata quella dell’incidente di sua moglie. Se Nora era fuggita sotto la pioggia battente, correndo con l’auto, era per colpa loro. Voleva correrle dietro subito, afferrarla per un braccio, trattenerla e dirle che quello che aveva visto non significava nulla per lui, amava lei, come la amava da sempre. Non l’aveva potuto fare, non solo perché era evidente cosa stesse facendo con Dorin quando lei li aveva sorpresi, ma anche perché Dorin lo aveva bloccato, trattenendolo per l’avambraccio.
Ancora nudi si erano fronteggiati e lei gli aveva detto che visto che Nora ora sapeva, lui avrebbe potuto lasciarla per stare con lei. Brennan si era rivestito in fretta e aveva litigato furiosamente con la modella. Non aveva nessuna intenzione di lasciare sua moglie, avevano una famiglia bellissima e Dorin non valeva tanto. Offesa lei lo aveva schiaffeggiato, si era rivestita a sua volta velocemente e se ne era andata sbattendo la porta. La corsa di Brennan dietro Nora era stata purtroppo inutile.
 
– Cosa vuoi Dorin?
– Sentirti …
- Non ho nulla da dirti … ti ho detto già quello che sai …
- Tua moglie è morta ormai …
- Già … e io e te ne abbiamo la colpa!
– Un incidente ha le sue colpe …
- Io sono il primo colpevole. Non dovevo cederti, dovevo restare professionale. Avremmo finito il lavoro e non sarebbe successo nulla di quanto è successo!
– Non credo … c’era troppa attrazione tra noi …
- Solo quello per me … lo sai bene.
– Mi hai illuso Bren …
 - No! Avevamo detto la prima volta che sarebbe stata anche l’ultima. Perché sei tornata da me quel giorno maledetto?
– Per lo stesso motivo per cui ti sto chiamando …
- Che motivo?
– Ti amavo e ti amo ancora!
– Dorin … mentirei se negassi quanto sono stato attratto da te, l’evidenza ha portato le sue conseguenze purtroppo … Ho due figli da tirare avanti senza la madre … Per te non nutro gli stessi sentimenti che nutrivo per Nora … mi dispiace! Con quello che è successo mi sentirei ancora più in colpa a riallacciare i rapporti con te … dimenticami Dorin, vivi la tua vita e lasciami vivere la mia!
– Dimenticarti? Non mi sarà possibile Bren, ci sarà qualcosa che mi ricorderà di te ogni giorno!
– Non vedo cosa Dorin! Non fare la melodrammatica ti prego!
– Aspetto un figlio Brennan … tuo figlio!
 
La cornetta telefonica era scivolata dalla mano di Brennan, dall’orecchio lungo il collo, mentre le sue labbra schiuse non erano riuscite a proferir parola. Era possibile? Si, era possibile, lo sapeva bene! Difficilmente Dorin stava mentendo.
 
 
– Sei sicura?
– Certo … ho fatto le analisi. Sono di cinque settimane e non ho frequentato nessun altro oltre te …
- Cosa vuoi fare Dorin?
– Non pensare che io butti via nostro figlio Brennan! Ho intenzione di tenerlo e voglio che tu gli faccia da padre!
– Riconoscerò il bambino e ti darò un sussidio mensile per il suo mantenimento, non sono il tipo che si tira indietro!
– Non hai capito Brennan? Io voglio anche te! Voglio che tu sia al mio fianco a crescerlo!
– Dorin io non ho intenzione di sposarti! Non posso fare anche questo a Nora e non posso farlo ai miei figli!
 
Dorin rise all’altro capo del telefono.
 
– Lei non c’è più e ti preoccupi di cosa potrebbe dire? Non mi pare che tu ti sia preoccupato allo stesso modo quando l’hai tradita con me ed era viva e vegeta!
 
A sentire Dorin ricordargli sprezzante quella verità, sentì odio nei suoi confronti. Era stato un idiota, accecato dall’istinto scatenato dal suo corpo nudo nell’occasione dell’ultimo quadro che aveva realizzato con lei come modella. Ormai non poteva porre rimedio ai suoi errori.
 
– I miei ragazzi non dovranno sapere che a causa della nostra relazione la madre è morta! Si capirebbe subito se io ti sposassi a così poca distanza dalla morte di mia moglie! William e Killian mi odierebbero!
– Questi sono problemi tuoi Brennan! Trova una soluzione o sarò io ad informare i tuoi figli che presto avranno un fratello o una sorella!
– Dammi qualche giorno per pensare Dorin!
– Una settimana ti dovrebbe bastare Bren!
 
Avevano ambedue riattaccato il telefono e Brennan si era ritrovato nel suo studio boccheggiando come se gli mancasse l’aria. Stava subendo un ricatto morale da Dorin. Non voleva far sapere nulla ai suoi figli per il momento, ma contemporaneamente voleva mantener fede alla parola data riguardo al suo futuro figlio o figlia.
 
Quando i ragazzi erano tornati da scuola aveva cercato di comportarsi come al solito, evitando di far trasparire la sua preoccupazione, ma nonostante i suoi sorrisi il più piccolo si era accorto che qualcosa lo stava turbando. Killian aveva creduto che suo padre stesse pensando nostalgicamente a sua madre e sensibile e affettuoso come al solito, lo aveva abbracciato, cercando di confortarlo. Brennan si era commosso per il modo di essere di quello stupendo ragazzino e aveva ricambiato l’abbraccio con calore. Doveva trovare una soluzione alla situazione con Dorin e lo doveva fare presto. Nei giorni seguenti arrivò ad escogitare una sorta di piano. Sarebbe partito con Dorin. Il suo lavoro gli avrebbe dato la scusa per andar via dall’Irlanda, doveva far credere a tutti che si trasferiva in America per un incarico della durata di minimo un anno. Avrebbe avuto il tempo di veder nascere il bambino di Dorin, di sistemarla in qualche modo e far la spola periodicamente tra Stati Uniti e Irlanda. Avrebbe condotto una doppia vita per un po’, finché William e Killian fossero stati in grado di accettare l’esistenza di un fratello o una sorella. Riguardo a Dorin … non voleva sposarla, su questo era sicuro, ma forse alla lunga poteva avere del positivo dare una nuova madre ai suoi ragazzi.
Doveva parlare con suo cognato Henry, lui e sua moglie Janette avrebbero dovuto accudire i suoi figli durante la sua assenza, si erano sempre preso cura di quei due nipoti come se fossero loro figli, non ne avevano di propri, e sicuramente lo avrebbero fatto ancora volentieri.
 
Due sere dopo la telefonata di Dorin, Brennan e i ragazzi si ritrovarono a cena dai suoi cognati. Janette aveva preparato i cibi preferiti dei nipoti e i due adolescenti ripulirono i piatti con gusto, ritrovando momentaneamente la gioia di una cena in famiglia. Mentre i due figli gustavano il dolce al cucchiaio preparato dalla zia, Brennan chiese ad Henry se avessero potuto ritirarsi nello studio di quest’ultimo per bere un brandy e fare due chiacchiere.
 
Con non poca fatica Brennan riuscì a comunicare al cognato la sua necessità di trasferirsi negli Stati Uniti per almeno un anno a causa di un grosso lavoro che gli era stato commissionato da un miliardario. Henry lo ascoltava silenziosamente, centellinando il suo Brandy con calma. Seduto dietro la sua scrivania il cognato aveva uno sguardo enigmatico. Brennan non riusciva a guardarlo in viso, si vergognava di quelle bugie, Henry avrebbe meritato la verità, ma ormai lui era entrato in un tale tunnel per cui non gli restava che andare avanti nella menzogna.
 
– Quando intendi partire? Immagino presto!
– Purtroppo si … credo entro un paio di settimane … il tempo di preparare l’occorrente e trovare un posto dove stare …
- Se la tua meta è Boston ho degli amici e colleghi che lavorano all’Università … posso fare qualche telefonata per trovarti un appartamento da quelle parti …
- Henry … non so come ringraziarti! Sarebbe perfetto!
– Va bene allora, domani mi metterò al lavoro!
– Grazie! Grazie veramente!
 
Brennan aveva sorriso al cognato con un’espressione meno tirata della precedente. Quasi stava tirando un respiro di sollievo. Henry non aveva avuto remore all’idea di ospitare i nipoti per tutto quel tempo, lui sarebbe tornato almeno una volta al mese per stare con i suoi figlioli, non voleva perdere certo i contatti con loro! Con il tempo le cose si sarebbero sistemate. Si, era solo questione di tempo! Tutto avrebbe preso la piega giusta!
Henry intanto si era alzato e dandogli le spalle si stava versando un altro mezzo calice di Brandy.
 
– Dimmi Brennan … “lei” partirà con te?
– L - lei?!
– Si … la tua amante … partirete insieme?
 
Henry si era voltato verso di lui e lo guardava dritto negli occhi, il suo bel volto  aveva un’espressione freddamente seria. Brennan sentì le ginocchia cedergli. Come sapeva Henry?
 
– Sei sorpreso che io sappia Bren?!
– Non so cosa tu sappia Henry ma posso spiegarti …
- Cosa hai da spiegarmi? Che mia sorella ti ha trovato  con la tua amante in atteggiamenti inequivocabili e sconvolta è fuggita  finendo in un burrone?
 
Brennan non aveva parole per rispondere, ma quella in fin dei conti era la verità dei fatti. Abbassò mestamente il viso, con uno sguardo rammaricato e triste. Sapeva di essere ingiustificabile …
 
- Come …
- Come lo so? Me lo ha detto Nora!
– Lei pensava che io la tradissi?!
– No, affatto! Mia sorella ti amava e si fidava ciecamente di te! Pensava l’amassi anche tu!
– Ed è vero Henry! Io l’ho sempre amata e ancora la amo!
– Non credo che sia l’impressione che lei abbia avuto quel maledetto pomeriggio! Ci aveva lasciato Liam e Killian per correre da te a festeggiare d’essere riuscita ad organizzarti la mostra che tu desideravi! Era euforica quel giorno e voleva passarlo con te. Quando ha iniziato a piovere in quel modo tremendo ho ricevuto una sua telefonata. Era in macchina e piangeva al cellulare. Era disperata, ha farfugliato di aver trovato suo marito con la sua ultima modella che facevano sesso, una certa Dorin … diceva di non poterlo credere, che non si sarebbe mai aspettato questo da te! Le ho scongiurato di calmarsi, di far piano con la macchina, il tempo era sempre peggio. Le ho detto di fermarsi in un albergo, di non tornare con quel temporale. I ragazzi erano al sicuro, doveva pensare a loro e mandarti al diavolo! Ha riattaccato che ancora singhiozzava, dicendomi di dare un bacio ai figli da parte sua e che sarebbe tornata presto … è stata l’ultima cosa che le ho sentito dire!
 
Lo sguardo di Henry era particolarmente duro in quel momento e i suoi occhi erano lucidi.
 
– Se Nora è morta … tu ne sei stato la causa con il tuo comportamento, il resto lo ha fatto il cattivo tempo, la strada sdrucciolevole e forse la sfortuna …
- Anche Janette lo sa?
– No! Non le ho voluto dire nulla e non dirò nulla ai ragazzi, ma tu, se parti con quella donna … forse è meglio che rinunci a loro!
– Non posso non partire con lei … è incinta e volevo nascondere la gravidanza fino a che i ragazzi non avessero superato il lutto della madre e non fossero in grado di accettare la nuova situazione!
– Anche incinta … sei veramente indegno Brennan! Ti ripeto … sparisci dalla vita di William e Killian, non fargli vivere anche la beffa sul danno e il dolore della perdita della madre!
– Io … io non ce la faccio a rinunciare a loro è l’unica cosa che mi resta di Nora … William potrei riuscire a lasciarlo … è più grande … ma Killian no … lui è quello che mi somiglia maggiormente, è troppo sensibile … è come se fosse una parte di me vitale che non posso amputare … non mi chiedere questo sacrificio Henry!
– Vero, Killian è quello che ti somiglia maggiormente e questo mi preoccupa Bren! Pensi di educarlo per il meglio portandolo con te in una situazione che per lui potrebbe rivelarsi infelice? Tu hai un lato oscuro che potrebbe rivelarsi anche in Killian! Non voglio che corra il rischio di soffrire ancora a causa tua!
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Come poteva Brennan cancellare i ricordi? Quella sera dovette dire ai figli che sarebbe partito presto per lavoro e che si sarebbero rivisti mensilmente. Killian gli aveva chiesto di andare con lui in America. Aveva dovuto rispondergli che non era possibile, che in Irlanda la zia si sarebbe occupata di lui e Liam come avrebbe fatto la mamma. Gli chiese di fare il bravo, di darsi da fare a scuola,  di studiare …
 
La promessa ai suoi figli non era stata mantenuta. Dopo un primo anno ne erano passati anche altri. Si erano rivisti sempre più sporadicamente, Killian si impegnava talmente a scuola con genio e buona volontà, tanto che aveva addirittura fatto esami per passare a livelli superiori, maggiori rispetto alla sua età cronologica. Il ragazzo era convinto che completati gli studi sarebbe riuscito a stare con il padre a Boston e si impegnava al massimo grazie a quella motivazione.
 
Dorin aveva partorito un maschietto moro, con gli occhi azzurri come il padre e il fratello. Brennan si era affezionato all’ultimo nato che gli ricordava Killiam per la somiglianza a livello di goccia d’acqua, ma non era riuscito a dire ai figli maggiori che avessero un fratellino che viveva in America insieme a lui e alla sua compagna. Aveva intenzione di aspettare ancora. Lo avrebbe detto prima a William, lui si sarebbe trasferito a Boston per frequentare la prestigiosa Università, avrebbe occupato l’appartamento che, alla fine, grazie ad un amico di Henry, aveva acquistato nei pressi dell’Ateneo. Dopo cinque anni di permanenza a Boston, Dorin aveva insistito per trasferirsi in Florida e Brennan l’aveva accontentata, amando anche lui il clima del posto. Non avrebbe interferito con la privacy di Liam e con Killian avrebbe parlato con calma, portandolo a vivere con lui e la nuova famiglia in Florida. Neppure quell’idea era andata in porto. Quando aveva detto le sue intenzioni a Dorin, questa aveva rifiutato di ospitare Killian in casa loro.
 
– O lui o io Brennan!
 
Perdere Dorin significava perdere anche il loro bambino di ormai cinque anni e alla fine Brennan aveva preferito tenere distante Killian. I nodi però hanno la caratteristica di giungere al pettine e Killian era troppo in gamba per non arrivare a conoscere la verità celata fino a quel momento. Quel momento della scoperta era stato anche quello della vera fine del rapporto tra Brennan ed il suo secondogenito.
 
Guardando ancora dalla finestra dell’appartamento per studenti, il pittore rimpiangeva tutte le occasioni che aveva avuto. Con Dorin le cose avevano iniziato ad andare ogni giorno peggio. Era una donna molto presuntuosa. Voleva farsi mantenere. Amava il lusso, i gioielli, i begli abiti. Era molto diversa da Nora, non aveva la modestia di sua moglie, né la sua attenzione né tantomeno la sua classe e la sua cultura. Nora aveva passato una fase della loro vita matrimoniale in crisi depressiva, ma quando si era ripresa, aveva ricominciato a studiare ed era riuscita ad ottenere un ottimo lavoro. Era ridiventata la moglie meravigliosa che aveva sposato. Dorin era solo un’egoista e Brennan si era pentito ogni giorno di più del suo grande errore. Aveva preso l’abitudine di bere in modo sempre più smodato, tanto per affogare le sue colpe nella nebbia anestetica dell’alcool. Dorin lo aveva lasciato per un altro uomo alla fine, abbandonando anche il loro bambino.
 
Restando da solo con il piccolo da crescere aveva dovuto smettere di recarsi mensilmente in Irlanda dai suoi figli maggiori, sentendoli solo a telefono
Da che i rapporti con Killian si erano interrotti del tutto erano passati circa undici anni. Con Liam le cose erano andate diversamente, aveva accettato l’esistenza di un fratello illegittimo e, grazie al suo buon carattere, aveva voluto conoscerlo, instaurando con lui un sereno e auspicabile rapporto fraterno.
Disgraziatamente negli ultimi tre anni il suo terzogenito si era ammalato di una grave forma di leucemia. Lo aveva accudito di persona, avevano fatto insieme il duro percorso di quel calvario e da poche settimane il ragazzo era passato a miglior vita, mettendo fine alle sue sofferenze. Brennan sentiva tantissimo la mancanza del ragazzo, giunto all’età di sedici anni. Somigliava tanto al suo Killian e aveva sentito il bisogno di rivederlo. Per quel motivo era tornato in Irlanda, ma Killian era stato glaciale con lui. Sembrava che ormai il bambino dolce e sensibile che era stato avesse lasciato il posto ad un oscuro uomo con il “cuore di ghiaccio”.
 
La lacrima, trattenuta fino a quel momento, sgorgò dal ciglio inferiore e rotolò lungo la guancia ispida di Brennan Jones. Il dolore della consapevolezza non era facile da digerire. Sapeva che anche il “cuore di ghiaccio” di Killian pesava sulla sua coscienza e forse gli restava un unico modo per rimediare, un unico modo per fargli sapere che non aveva mai smesso di amarlo e pensarlo …
 
 
Dublin Marzo 1997. Trinity College   11 anni prima.
 

L’erba smeraldina tagliata di fresco di Parliament Square era ancora umida per la pioggia caduta quella mattina. Non erano infrequenti le piogge di quel periodo. Poi un pallido sole, ancora non del tutto primaverile, avrebbe riscaldato e asciugato tutto.
C’erano pochi studenti in quel momento, nel prato antistante l’entrata del famoso e antico Ateneo di Dublino. Era quasi ora di pranzo e la maggior parte dei giovani si erano già diretti verso Dining Hall, il refettorio che si trovava in posizione più arretrata, oltre the Chapel. 
Il Trinity College era stato istituito nel 1592 da Elisabetta I su terre confiscate agli Agostiniani, tanto per scoraggiare i viaggi d’istruzione all’estero dei giovani nobili irlandesi e sottrarli alle influenze cattoliche. Nonostante le forzature del dominio inglese, il Cattolicesimo aveva continuato a resistere in Irlanda e quell’Università era diventata qualcosa di veramente prestigioso, arricchendosi nei secoli seguenti di splendidi edifici.
 
Mentre gli ultimi studenti si avviavano verso il Dining Hall, un giovane di circa diciassette anni era rimasto seduto sotto uno degli alberi che ornavano il piazzale erboso. Con sguardo pensieroso guardava verso il Campanile di Sir Charles Lanyon, l’elegante struttura campanaria poggiata su un arco che, in posizione centrale rispetto a Parliament Square, rappresentava il simbolo del Trinity College.
Seduto a terra si circondava le ginocchia con le braccia, meditando su quanto era capitato meno di un’ora prima.
Una studentessa più grande di lui sorridendogli alzò la mano nella sua direzione per salutarlo. Il ragazzo rispose al saluto alzando a sua volta la mano, poi, con  la stessa mano, si portò in dietro il ciuffo bruno che gli ricadeva ribelle sulla fronte. Non ricambiò il sorriso, non ne era in vena. Forse la ragazza c’era rimasta male, era una di quelle che avevano un debole per lui. Era un ragazzo piuttosto popolare al Trinity College e lo era per più motivi.
Era conosciuto da tutti come un genio.
 
Il brillante nipote dello stimato Professor Henry O’Danag aveva saltato diversi anni di scuola, grazie alla sua intelligenza e alla sua preparazione e a soli diciassette anni stava per laurearsi con eccellenti voti in Ingegneria Elettronica ed Informatica. Oltre al genio che lo contraddistingueva aveva anche un carattere ed un cipiglio simpatico, corredato di una bella presenza che gli dava un particolare successo con le ragazze, solitamente tutte più grandi di lui. Il giovane Killian Jones era tanto apprezzato dai professori e dalle compagne dell’Università, quanto invidiato dagli altri studenti, con i quali riusciva ad essere accattivante ed amichevole, rendendosi sempre disponibile, sia per aiutarli nello studio sia per partecipare a tornei di calcio o altri sport, nei quali, grazie al fisico snello e atletico, riusciva sempre con successo. Era indubbiamente un ragazzo talentuoso, assetato di sapere e conoscenza.
Da quando sua madre era morta e suo padre era poi partito per gli Stati Uniti, si era gettato nello studio. Aveva successo in ogni materia e aveva imparato a suonare il piano e la chitarra. La sua mente vivace e frenetica imparava con una tale facilità che i suoi insegnati delle scuole medie avevano proposto al suo tutore, suo zio Henry O’Danag, di sottoporlo ad esame per passare al maggior grado di istruzione.
Era stato sconvolgente per Killian ritrovarsi a frequentare l’università, saltando le scuole superiori e frequentando ragazzi e ragazze fisicamente e mentalmente più maturi.
Nell’ambiente universitario aveva avuto stimoli culturali sicuramente più adatti alla sua fervida mente, ma anche le esperienze emotive ed affettive erano state per lui piuttosto precoci, grazie all’attrazione che esercitava sulle studentesse con la sua avvenenza. La sua prima ragazza aveva avuto sei anni più di lui e una certa esperienza in campo sessuale. Con lei aveva scoperto i “piaceri del sesso”, ma alla fine dei conti si era trattato solo di quello. Elise si era laureata prima di lui, in letteratura, e aveva intrapreso una nuova relazione con un collega più adulto di lui, ma erano rimasti buoni amici. Non aveva sentito molto la sua mancanza, le ragazze gli giravano intorno come mosche sul miele, ma nonostante il suo successo non gli piaceva approfittare del proprio fascino, credeva che ci fosse qualcosa in più da cercare in una ragazza, ma ancora non aveva trovato quel qualcosa in nessuna.
 
Dalla morte di sua madre Nora la vita di Killian era diventata una specie di corsa. Aveva creduto che accelerando il suo iter scolastico sarebbe riuscito a convincere lo zio Henry a permettergli di trasferirsi a Boston con suo padre Brennan. Gli mancava moltissimo suo padre, non aveva preso bene la sua partenza per gli Stati Uniti. Brennan durante il primo anno era tornato mensilmente in Irlanda, poi la sua presenza era diventata sempre più rara. Suo fratello William era stato più fortunato di lui, era già da un po’ che viveva a Boston, si stava per laureare in Ingegneria Meccanica. Lo aveva sentito recentemente ed era euforico, stava lavorando su una tesi che verteva sulla meccanica dei sottomarini, una sua grande passione!
Liam non abitava con Brennan, viveva da solo in un appartamento vicino all’Università di Harvard. Per Killian era inconcepibile, suo fratello poteva essere vicino a suo padre, vivere con lui e invece abitava in un appartamento per conto suo! Suo fratello era sempre stato meno legato a Brennan rispetto a quanto lo fosse lui, ma la cosa gli sembrava comunque insolita. Liam gli aveva detto di preferire così, scherzando in un’occasione gli aveva risposto che era meglio avere l’appartamento tutto per sé, poteva portarci una bella ragazza ogni tanto senza dover litigare con coinquilini né con il papà. Il diciassettenne aveva accettato quella motivazione, Liam gli era maggiore di quattro anni, sicuramente sentiva più fortemente di lui il bisogno di avere quel tipo di privacy.
 
Negli ultimi quattro anni Killian si era ritrovato come un figlio unico per zia Janette e zio Henry. Gli volevano un gran bene e li ricambiava, anche se alcune volte gli sembravano eccessivamente protettivi e soffocanti. Lo zio Henry era un uomo straordinario, docente di Storia e Filosofia alla Trinity, era sempre stato per lui di grande stimolo culturale. Non c’era domanda alla quale suo zio non sapesse rispondere, a parte argomenti specifici di ingegneria e informatica, sui quali il sapiente era Killian e sui quali riusciva a sua volta ad impartire lezioni allo zio. Spesso rideva di suo zio quando davanti ad un computer gli sembrava come un bambino con uno strano giocattolo misterioso. Per Killian l’informatica e i macchinari elettronici avevano un fascino immenso e li conosceva talmente bene che riusciva a far magie con le sue conoscenze.
 
Da qualche giorno stava meditando di andare a trovare suo padre e suo fratello in America. Non c’era mai stato, sempre preso dallo studio e dalla scuola. Aveva chiesto il permesso a suo zio. Era ancora minorenne e come suo tutore era necessario avere la sua autorizzazione. Henry aveva tergiversato con la scusa della preparazione della sua Tesi di Laurea e della discussione per la sessione estiva.
Un’ora prima il ragazzo era andato nel suo ufficio universitario con l’intento di ottenere ad ogni costo l’autorizzazione, ma suo zio era stato irremovibile. A suo parere non c’era motivo per partire in quel periodo, gli sembrava solo un capriccio da ragazzino.
A sentirsi definire “ragazzino capriccioso” Killian era andato su tutte le furie. Non l’aveva mai considerato “ragazzino” suo zio! Perché cominciava ora che stava per diventare un Ingegnere e voleva un po’ di autonomia? In fin dei conti voleva solo andare a trovare suo padre e suo fratello! Non sarebbe rimasto mesi, bensì due o tre giorni! Per la Tesi da preparare non aveva nessun problema e non avrebbe saltato la sessione estiva per quella brevissima vacanza! Non aveva detto a suo zio che quel periodo era importante per lui poiché il 17 di Marzo anche a Boston sarebbe stato festeggiato San Patrizio, così come in Irlanda. La comunità irlandese a Boston festeggiava alla grande, con la parata, come nel suo paese d’origine. Avrebbe fatto una sorpresa a suo fratello e a suo padre. Si sarebbe reso inizialmente irriconoscibile, truccato di verde e dipinto a  trifogli sul viso. Durante la parata tutti si conciavano in quegli strani modi per ricordare i simboli tipici dell’Irlanda e del suo Santo Patrono, poi quando meno se lo fossero aspettato si sarebbe fatto riconoscere, sorprendendoli e rendendoli felici di averlo lì con loro.
 
Era andato via dall’ufficio dello zio Henry sbattendo la porta, mentre lui gli intimava di tornare indietro e scusarsi. Non aveva nessuna voglia di scusarsi con lui, era convinto di essere nella ragione e di non essere stato rispettato nel suo desiderio.
 
 
Seduto sotto quell’albero stava rimuginando un piano per riuscire nel suo intento. Sarebbe stato a Boston per la parata del 17 Marzo a qualsiasi costo! Come però? Iniziò a pensare in modo inverso. Il suo scaltro cervello stava utilizzando il lato oscuro della sua personalità. Avrebbe usato tutte le sue capacità, ogni mezzo sarebbe stato lecito. Come avrebbe detto il suo Filosofo zio, in una lezione sul Machiavelli,
 
“Il fine avrebbe giustificato il mezzo.”
 
Si alzò da dove era seduto con un ghigno beffardo sul giovane e bel volto. Una lucina diabolica guizzò nell’azzurro incantevole dei suoi occhi. Non era riuscito con suo zio usando le buone? Poco male! Lo avrebbe ingannato! Lo aveva voluto lui no?
 
Risoluto era tornato dallo zio e si era scusato per prima, gli disse che aveva ragione lui, non era il momento di andare in America, doveva impegnarsi per la compilazione della tesi. Henry, con il suo affetto e il suo solito fare bonario, anche se severo, gli aveva sorriso compiaciuto e lo aveva perdonato con una pacca sulla spalla. Killian si era vergognato di sé in quel momento, suo zio si fidava di lui e non si aspettava di certo lo scherzetto che aveva in mente.
Uscito dall’ufficio con suo zio per andare in mensa, aveva continuato a rimuginare per trovare una scusa e nel momento in cui incontrò il suo compagno di studi Jamie Heughan, capitano della squadra di calcio, l’idea gli saltò agli occhi in un baleno.
 
– Ciao Jamie! Hai già pranzato?
– Ciao Killian! Si ho finito ora!
– Peccato potevamo fare due chiacchiere per l’organizzazione dell’amichevole!
– L’amichevole?!
 
Killian aveva fatto l’occhiolino a Jamie, indicando con lo sguardo suo zio poco distante.
 
– Si, si … certo l’amichevole … che pensavi?
– Sarebbe una buona idea organizzarla per i tre giorni di San Patrizio non trovi? Il ricavato in beneficienza …
- Si! Ottima idea!
– Sarà necessario il ritiro …
- Ovviamente Killian … facciamo una riunione più tardi con gli altri …
- Si, ti chiamo dopo pranzo!
– D’accordo Killian!
 
Jamie era andato via lanciandogli uno sguardo strano, aveva capito che il suo amico e compagno di squadra stava combinando qualcosa che il caro zio Prof non doveva sapere! Killian era consapevole che doveva dire in parte il suo intento al suo amico e dopo pranzo lo avrebbe chiamato per spiegargli la situazione.
 
Aveva pochi giorni per preparare tutto l’occorrente per il viaggio. Doveva prenotare i biglietti aerei, ma prima procurarsi altro. Non l’aveva mai fatto ma per lui sarebbe stato un gioco da ragazzi. In quel momento si sentiva come un pirata e ridendo tra sé volle dare un nomignolo a quell’avventura.
 
“Questa sarà l’operazione Captain Hook! Caro papà … presto sarò da te!”
***
 
Alla fine il 15 Marzo si era ritrovato sull’aereo per Boston. Con sé aveva una sola borsa con pochi indumenti. Per un ritiro di due giorni, con la sua squadra e la partita di beneficienza del 17 Marzo, era quanto bastava! Anche suo zio ne aveva convenuto. Un paio di cambi e il resto divisa da calcio.
 
Henry lo aveva accompagnato al solito luogo del ritiro in auto e quando era andato via Killian aveva preso l’autobus per l’Aeroporto Internazionale di Dublino. Avrebbe telefonato tutte le sere agli zii e loro non si sarebbero accorti di nulla fino al suo ritorno.
 
Sull’aereo si sentiva felice, “una piccola carogna felice” in realtà! Al ritorno avrebbe confessato tutto agli zii, gli voleva dimostrare che era stato in grado di fare quel viaggio senza troppo interferire con gli studi. Sorridendo intanto pensava a come avrebbe fatto al suo arrivo. Conosceva l’indirizzo di Liam, era lo stesso che per anni era stato di suo padre Brennan. Non conosceva l’indirizzo attuale di suo padre, ma non sarebbe stato difficile trovarlo.
 
Arrivato a Boston prese una stanza in Hotel e telefonò a suo fratello. Parlarono del più e del meno e tanto per far due “apparenti” chiacchiere gli chiese quali fossero i suoi programmi per il 17, era sicuro che Liam lo avrebbe passato con Brennan.
 
– La mattina sarò a casa, sto ultimando la tesi lo sai! Per le quattordici andrò da papà, ci vediamo in un Pub a South Boston e da lì andremo alla parata.
– Ti metti in verde?
– Giusto una maglietta con la scritta “I am an Irish boy” … sono troppo vecchio per truccarmi!
 
Liam aveva riso e Killian con lui, da piccolo non gli era mai piaciuto truccarsi per la festa del Santo, figuriamoci  ora!
 
Riattaccando il telefono Killian sapeva come si sarebbe comportato. Irriconoscibile si sarebbe appostato sotto l’appartamento di suo fratello e lo avrebbe seguito fino al Pub dove avrebbero incontrato suo padre e lì …
 
“Sorpresa!!”
 
Il ragazzo gongolava all’idea!
Il 17 mattina Killian si era procurato un cappellaccio a tuba e una parrucca arancione. Aveva trovato anche una giacca e un paio di pantaloni perfetti, in tipico stile St. Patrick’s day. Puntuale aveva atteso che suo fratello William uscisse per prendere l’autobus e non destandogli nessun sospetto era salito sul mezzo dietro di lui.
Arrivati a South Boston già parecchia gente iniziava a radunarsi, tra quelle persone Killian si confuse ancor meglio e continuò a seguire Liam fino ad un Pub non troppo affollato.
Non vide subito suo padre. Si guardò intorno e vide improvvisamente un bambino intorno ai cinque anni correre verso Liam. Il bambino aveva un’aria estremamente familiare. Killian rimase stupito. Chi era quel piccoletto? Il bambino si gettò tra le braccia di Liam e questi lo alzò in alto stringendolo affettuosamente a sé. Quel gesto di Liam verso il piccolo e la sua reazione gli ricordarono qualcosa della sua infanzia. Guardò meglio il bambino e gli sembrò di rivedere una sua vecchia fotografia a quell’età. Il piccoletto era bruno di capelli e aveva un bel visetto con due vivaci occhi azzurri. Killian conosceva bene quegli occhi, li vedeva ogni volta che si guardava in uno specchio e tutte le volte che aveva guardato in viso suo padre Brennan.
 
- Willy fai respirare tuo fratello maggiore tesoro!
– Ma no Dorin! Il mio fratellino Liam Junior non mi dà nessun fastidio!
 
Una bella donna mora, alta, dai lunghi capelli  ed un corpo snello e sinuoso era arriva dietro il bambino.
 
“Fratellino?”
 
A Killian sembrò che tutto si fermasse improvvisamente intorno a sé. La gente colorata che passava festosa gli sembrava improvvisamente congelata e scolorita in bianco e nero. Si muoveva solo la scena che aveva davanti agli occhi. Liam, il bambino, la donna e … suo padre! Brennan Jones avanzava dietro la donna dai capelli lunghi. Lo vide prendere in braccio il piccolo Willy e sentì il bambino chiamarlo “Papà”
 
Come era possibile?!
La donna, che suo fratello aveva chiamato Dorin, si accostò a Brennan infilando una mano sotto il suo braccio, mentre egli baciava su una guancia il bambino.
Era un incubo? Stava sognando ad occhi aperti? Killian battè le palpebre incredulo. Suo padre aveva una nuova famiglia e lui non ne sapeva nulla? Il bambino aveva almeno cinque anni! Dove era saltato fuori quel frugolo? Il ragazzo cercò di schiarirsi la vista che si stava riempiendo di lacrime. Guardò meglio la donna. Aveva una faccia conosciuta … dove l’aveva già vista? La sua memoria visiva era eccellente e in un attimo rivide davanti a sé i quadri che suo padre aveva dipinto cinque anni prima per una catena di Beauty Centers. Quella donna era la modella che appariva in tutte le fogge in quei quadri dedicati alla bellezza delle dee, da Diana la cacciatrice a Venere nata dalle acque …
 
Non era necessario essere un “genio” per capire la situazione. Chiunque ci sarebbe arrivato, ma Killian capì molto di più. In una frazione di secondo passarono davanti ai suoi occhi una serie di eventi e il suo frenetico cervello capì tutto ciò che era accaduto. Quella donna c’era già prima della morte di sua madre! L’incidente era capitato sulla strada del ritorno! Sua madre non doveva tornare così presto! Era andata per passare il fine settimana con suo padre, gli aveva fatto una sorpresa, ma evidentemente le sorprese non portavano bene nella sua famiglia! Aveva trovato quella donna con suo padre? Così come l’aveva trovata ora lui? Forse a sua madre era andata anche peggio! Se aveva avuto quell’incidente era possibile che fosse sconvolta! Suo padre Brennan era la causa di tutto?! Liam sapeva! Liam sapeva che suo padre era andato via dall’Irlanda per avere una nuova famiglia! E i suoi zii? Anche loro sapevano! Ecco perché lo zio Henry non voleva farlo partire!
 
Killian sentì qualcosa frantumarsi nel petto. Tutti lo avevano tradito! Tutte le persone che amava di più al mondo gli avevano nascosto la verità! Perché?! Perché?! Suo padre aveva chiamato il suo terzogenito William, teneva così tanto a suo fratello da voler chiamare con lo stesso nome anche il piccolo?! Suo padre lo aveva dimenticato, lo aveva rimpiazzato con un fratellino che gli somigliava incredibilmente! Suo padre non lo amava … questa era l’amara verità che si celava dietro a quella pantomima!
Gli aveva sempre detto che lui era il suo “figlio speciale” …
 
“Bugiardo! Bugiardo!”
 
La rabbia stava montando furente nel petto del giovane Killian Jones. Avrebbe voluto colpire suo padre con un pugnale nel cuore! Se avesse avuto in mano un oggetto di quel genere lo avrebbe usato! Correndo tra la folla lo urtò violentemente ad una spalla, quasi facendolo cadere, e continuò a correre, mentre suo padre, suo fratello e la donna che era con lui, protestavano per il “pazzo scellerato” che non guardava dove stava correndo.
 
Non lo avevano riconosciuto. Non avevano capito chi fosse! Un altro segno che non era minimamente nei loro pensieri!
 
Aveva corso a perdifiato, infilandosi per le strade collaterali a quelle dove la parata si stava facendo sentire con canti e musiche allegre, tipiche della sua “verde isola”. Le lacrime gli rigavano il viso, sciogliendo il verde che vi aveva spalmato con tanta attenzione. Scacciò le lacrime con il dorso delle due mani e si sbaffò ulteriormente il colore sulle guance. Si strappò dal capo il cappello e la parrucca rossa, buttandoli lontano da sé. Voleva fare una sorpresa ai suoi cari, ma la sorpresa l’aveva avuta lui, ed era stata molto amara. Tirò su con il naso. Si sentiva a pezzi. Vide un gruppo di irlandesi entrare in un Pub di quella via secondaria, li seguì …
 
Non era un Pub di gran classe quello! Non c‘erano solo irlandesi, era frequentato da gente che si vedeva a colpo d’occhio che fossero di malaffare. Killian non si era reso conto dove fosse finito di preciso, ma di sicuro si era allontanato parecchio da suo padre e dalla sua nuova famiglia. Ordinò da bere Rum,  Whiskey e tutto ciò che di alcoolico il Pub offrisse. A San Patrizio l’alcool scorreva a fiumi, non avrebbero fatto caso a lui, a chi importava se stavano servendo super alcoolici ad un minorenne? A lui non importava più niente in quel momento. Continuò a ingerire alcool finché non vide tutto girare intorno a sé e non perse i sensi.
 
Non seppe dire quanto tempo era passato dallo svenimento. Si rese conto di avere un dolore di testa tremendo, come se qualcuno l’avesse colpito con una bastonata. Gli facevano male gli occhi e aveva la nausea. C’era un gran puzzo intorno a lui. Scosse la testa e si guardò intorno. Giaceva su un cumulo d’immondizia, in un vicolo cieco. Non sapeva come fosse arrivato lì. Cercò di rimettersi in piedi. Doveva tornare al suo albergo. Doveva ripartire. Voleva andar via da Boston e non tornarci mai più. Barcollò e ricadde sul mucchio di sporcizia puzzolente. Si rialzò ancora poggiandosi alla parete muffida. La nausea lo assalì e vomitò un disgustoso miscuglio acido di alcoolici. Gli occhi gli bruciavano più di prima. Si pulì la bocca con la manica destra e poi cercò di pulirsi le mani sulle tasche della giacca da parata e, in quel movimento, si accorse di non aver più con se il suo portafogli. Si guardò intorno disperato. L’avevano derubato o il portafogli gli era semplicemente caduto? Poi lo vide. Era buttato sul mucchio di immondizia. Tirò un sospiro di sollievo. Lo raccolse, ma scoprì che in effetti era stato rapinato. Non c’era un soldo bucato nel portafogli … c’erano soltanto i suoi documenti. Doveva procurarsi altri soldi … non avrebbe potuto pagare l’albergo e non voleva certo far scoprire che avesse mentito, non poteva chiamare suo zio, né suo padre o suo fratello.    
Gli avevano rubato anche l’orologio e il cellulare. L’unica risorsa gli veniva dal suo genio. Doveva trovare un Bancomat, sapeva come far uscire soldi anche senza la carta di credito. “L’ operazione Captain Hook” doveva continuare anche in quel modo!
 
Girovagò per ore, non sapeva che ore fossero e sospettava che non fosse più il 17 Marzo. Si era svegliato in quel vicolo che era sera e aveva perso completamente l’orientamento. Normalmente avrebbe chiesto aiuto alla Polizia, ma non era quello il caso. Trovò il bancomat che cercava e si mise subito all’opera. Non si rese conto che qualcuno nell’ombra lo stava osservando.
 
Dublin sera di San Patrizio, contemporaneamente …
 

L’ora di cena era passata da diverse ore. Henry O’Danag iniziava ad essere preoccupato, ma non voleva far trasparire i suoi pensieri a sua moglie. Sicuramente la partita era andata bene per la squadra di suo nipote e si erano attardati a festeggiare. Killian gli aveva detto che lo avrebbe riaccompagnato a casa il Dottor Heughan, il padre pediatra di Jamie. La partita di beneficienza avrebbe contribuito proprio alla realizzazione di un progetto pediatrico del suo ospedale e lo stesso Henry, pur non amando il calcio e non partecipando alla partita, aveva acquistato un biglietto con un generoso contributo.
Janette si affacciò dalla porta dello studio. Aveva indossato la sua camicia da notte in seta glicine, ma non era ancora riuscita ad addormentarsi.
 
– Tesoro … sei riuscito a sentire Killian?
 
Janette aveva un’espressione molto materna. Era un peccato che una donna così amorevole non avesse potuto avere figli! Henry l’amava teneramente e non gliene aveva mai fatto una colpa. Si alzò dalla sedia e si avvicinò affettuosamente a sua moglie. Le accarezzò la guancia guardandola negli occhi preoccupati. Le sollevò il mento e le diede un tenero bacio sulle labbra.
 
– Cara lo sai come succede con i ragazzi! Fanno il diavolo a quattro per avere l’ultimo modello ipertecnologico di cellulare e poi non sono mai raggiungibili!
 
Killian aveva ottenuto, per il suo diciassettesimo compleanno, festeggiato il precedente 26 Gennaio, un costoso nuovo modello di telefonino. Era stato un regalo di Henry e Janette, era più che meritato, inoltre il ragazzo andava matto per quegli aggeggi!
 
– Henry … non riesco a stare tranquilla! Perché non chiami a casa Heughan?
– Amore mio è piuttosto tardi! Sean sarà con i ragazzi, magari sua moglie Celine sta dormendo!
– Ti prego Henry! Se non lo fai tu lo farò io!
 
Alla fine aveva acconsentito e rimase meravigliato di sentire all’altro capo del telefono la voce di Sean Heughan.
 
– Henry! Tutto bene? Killian ha avuto un peggioramento?
– Un peggioramento?!
– Jamie mi ha detto che non è potuto venire per un febbrone, ma pure senza il nostro “bomber” la squadra ha vinto per quattro a due, anzi, a proposito, grazie per il tuo generoso contributo!
– Come Sean? Killian non ha giocato?!
 
 
Sean aveva buttato giù dal letto Jamie e questi aveva confessato che era stata tutta una macchinazione di Killian per avere quei tre giorni liberi. Non sapeva di preciso cosa stesse combinando il suo migliore amico, ma gli aveva retto il gioco e la partita si era fatta veramente, apportando un ottimo risultato.
 
Henry non sapeva più cosa pensare. Ricordava perfettamente le rimostranze di suo nipote riguardo a qualche giorno da passare con suo padre e suo fratello. Possibile che fosse partito senza la sua autorizzazione? Aveva preso il passaporto dal cassetto dove lui lo custodiva? E i soldi per il biglietto aereo?
Henry si era precipitato nella stanza di suo nipote e lì aveva trovato il bandolo della matassa.
Il passaporto di Killian era nascosto nel cassetto della sua scrivania e con esso vi erano inchiostri di vario colore, turaccioli di sughero finemente intagliati, riproducenti i timbri statali irlandesi. Diversi fogli di carta e cartoncino erano depositati nello stesso cassetto. Killian aveva usato la sua arte di riprodurre fedelmente immagini e colori e aveva falsificato un passaporto? Possibile che quell’adorabile ragazzo avesse alla fine tirato fuori il lato oscuro che apparteneva a suo padre Brennan?
 
Henry ricadde seduto sulla sedia davanti alla scrivania di suo nipote. Era spiazzato! Aveva sottovalutato la caparbietà di Killian, la sua forza di volontà e il suo genio! Per i soldi come aveva fatto? Aveva un suo gruzzoletto, ma era anche un abile informatico! In che guaio si era cacciato? Arrivando a Boston avrebbe inoltre scoperto una verità che non aveva mai sospettato! Come l’avrebbe presa?
Henry era veramente preoccupato e chiamò Brennan. La preoccupazione superò i limiti quando il cognato gli rivelò che non aveva né  visto né sentito il ragazzo. Liam gli confermò la stessa cosa. Dove diavolo era finito Killian?
 
Ad Henry e Janette non rimase che correre alla polizia. Il loro amato ragazzo mancava da casa da tre giorni!
 
 
La Polizia dublinese fu molto efficiente. Nel giro di pochi minuti raccolsero tutti gli elenchi dei passeggeri in partenza per Boston e non solo. Il nome di Killian Jones non era presente in nessun volo.
 
– Il ragazzo si è allontanato spontaneamente, potrebbe essere ovunque Professore! Magari non è partito ed è ancora qui! È un tipo vendicativo?
– Oddio Commissario! Impulsivo lo è, ma motivi di vendetta non ne ha mai avuti! Non credo che sia quello il motivo della sua scomparsa, io credo che sia partito per Boston, era quello che voleva! Forse nel falsificare il passaporto ha messo un altro nome e non il suo!
– Un ragazzo di 17 anni con tutta questa abilità Professore O’Danag?!
– Mio nipote è un genio Commissario! Ha 17 anni è vero, ma si sta per laureare in Ingegneria elettronica, è un abile informatico e ha un talento eccezionale nel riprodurre colori ed immagini!
– Notevole veramente!
 
Janette intanto non faceva che piangere, preoccupata per il peggio.
 
– Suo nipote può intrufolarsi nei circuiti informatici come un hacker esperto quindi!
–Temo di si Commissario!
– Facciamo un controllo sul suo conto corrente Professore!
 
Il Commissario Adam O’Leary chiamò il suo agente più esperto in informatica e, presto, un’altra brutta sorpresa si palesò agli occhi di Henry O’Danag.
 
– Mi dispiace Professore! Risulta un ammanco sul suo conto il giorno 10 di Marzo e poche ore fa si sono verificati diversi prelievi! Un hacker è entrato sul suo conto, ha usato un pin particolare …
- Che pin?
– Ha usato un nome … “Captain Hook”, un nome da pirata ovviamente! Possiamo sapere anche dove si è verificato il prelievo …
 
L’agente intanto continuava a digitare velocemente sulla tastiera del suo computer e in pochi secondi comparve una schermata degli Stati Uniti.
 
– Boston! Il ragazzo è veramente a Boston! Sicuramente ha usato un nome falso sul passaporto e si è data una diversa età! Controlliamo ancora la lista dei passeggeri, magari a voi parenti viene in mente qualcosa …
 
Henry e Janette scorsero freneticamente i fogli con i nomi dei passeggeri che erano partiti per Boston dal 15 di Marzo. Fu Janette ad avere un’intuizione. Puntò improvvisamente il dito su un nome.
 
– Eccolo Henry! È lui! Sono sicura che si tratti di Killian!
L’agente informatico rientrò nell’ufficio del Commissario O’ Leary.
 
– Mi scusi Commissario! Non so cosa stia succedendo, ma continuano a verificarsi prelievi a nome di Captain Hook anche su altri conti!
– Mi dispiace Professor O’Danag, ma questo è un caso da segnalazione all’Interpol, suo nipote si sta comportando da fine criminale, deve essere fermato prima che sia troppo tardi!
 
“In che guaio ti sei cacciato Killian? Possibile che non sono riuscito a vegliare su di te?”
 
Henry non avrebbe mai immaginato che Killian era nei guai più di quanto avesse potuto pensare ….
 
***
Contemporaneamente a Boston. Notte del 18 Marzo.
 

– Guarda, guarda che oca dalle uova d’oro abbiamo trovato Mouse!
– Si Tom! Veramente una bella ochetta in verde irlandese!
 
Killian aveva appena ottenuto una cospicua cifra di dollari dal Bancomat e sentì gelarglisi il sangue nelle vene al suono di quelle due voci. Si voltò terrorizzato e si trovò davanti due loschi figuri. La sua agilità non riuscì ad aiutarlo, era troppo debole per l’alcool ingerito e per i due delinquenti fu un gioco da ragazzi afferrarlo e portarselo dietro .
 
– Portiamolo da Scarmaker! Ci potrà essere parecchio utile!
Il ragazzo cercava di divincolarsi, scalciando. Ma quello che era stato chiamato Mouse gli diede un colpo tra capo e collo facendolo stramazzare.
***
 
Non sapeva dove si trovasse, non sapeva chi avesse difronte. Sapeva soltanto di essere in grave pericolo. Il terrore gli stringeva il cuore, mentre la testa dolorante gli ciondolava in avanti. Qualcuno lo afferrò per il ciuffo e gli fece alzare il viso.
 
– Pulitelo da quella vernice che si è impiastrata in faccia, voglio guardarlo bene!
 
Mentre il tizio lo teneva per i capelli, un altro aveva preso uno straccio puzzolente bagnato e glielo stava passando in faccia.
 
– Bene! Adesso vediamo che faccia hai “gallinella dalle uova d’oro”!
– Mi venga un colpo! Quanti “cazzo” di anni hai ragazzino?!
 
L’uomo che aveva parlato fino a quel momento, gli stava alitando sul viso con il suo fiato da fogna. Killian, schifato, ebbe un conato di vomito e rigettò l’ultimo alcool rancido che aveva nello stomaco.
 
– Ti sei bevuto tutto il Mistyc ragazzo? Si e no che avrai sedici o diciassette anni! Ci sai fare con i Bancomat, nessuno di noi ha questa capacità! Sarà un gioco da ragazzi con te svuotare tutte le casse della città questa notte!
– Io non svuoto proprio niente bastardo!
 
L’uomo dall’alito di fogna rise sguaiatamente.
 
 – Tu farai quello che cazzo ti ordino io bamboccio o quel bel visino non sarà più tale!
 
Killian, ormai senza più una goccia di alcool in corpo, si stava riprendendo un minimo e, battagliero ed impulsivo come era, non aveva nessuna intenzione di stare agli ordini di quella feccia.
Velocemente puntò sui piedi e si alzò con la sedia attaccata al sedere. Vi era legato con le braccia dietro lo schienale. Come un ariete inferocito diede una testata nel grosso ventre dell’uomo e lo fece cadere a terra. Tom e Mouse lo riafferrarono e lo risbatterono sulla sedia.
 
– Piccolo pezzo di merda! Tenetelo! Ora ti faccio vedere io chi comanda qui!
 
 Killian sentì uno scatto meccanico e vide un luccichio nella mano dell’uomo chiamato Scarmaker. Vide l’appuntito coltello avvicinarsi alla sua guancia destra, sotto l’occhio. Sgranò gli occhi azzurri terrorizzato, mentre i due tizi che lo tenevano ridevano divertiti.
 
– Non esagerare Scar, è tanto bellino lui!
– Solo un ricamino per ricordargli chi comanda Mouse, male che vada acquisterà meglio il fascino del pirata!
***
 
Boston. Lunedì 18 Luglio 2008
Il Maggiore Lorna Stone ancora teneva la mano al bavero dell’Agente Speciale Killian Jones. I suoi indagatori occhi castani fissi in quelli azzurri di lui.
 
Killian era rimasto spiazzato dalla notizia. Emma era incinta! Era rimasto con le labbra schiuse, incapace di dire qualsiasi cosa. Lorna viaggiò con lo sguardo sul suo viso e vide il guizzo nervoso sulla sua guancia destra, la stessa dove si stendeva orizzontale, sotto l’occhio, una leggera cicatrice che non ne deturpava minimamente l’avvenenza dei tratti somatici. Lorna sapeva benissimo la storia di quella cicatrice, come conosceva tutta la storia del miglior Agente in incognito della D.E.A.
 
Gli tolse la mano dal collo nel momento in cui vide la gioia nei suoi occhi di lapislazzulo.
 
– Lei aspetta mio figlio?!
 
Incredulo lo aveva chiesto in un sospiro, mentre l’emozione si rifletteva anche sulle sue sensuali labbra, stese in un sorriso.
 
Lorna Stone, il freddo e distaccato Maggiore, Profiler della F.B.I. esperta psicologa della famosa squadra di “Mindhunters”, provò tenerezza per lui.
Non era la prima volta che Killian Jones le scatenava quel sentimento. Era un sentimento materno che lei aveva provato una sola volta in vita sua. Quando aveva incontrato per la prima volta un giovanetto strafottente di diciassette anni. Sul suo passaporto il nome sotto la fototessera era indicato come Kim Steward …
 
 
Angolo dell’autrice
Ciao a tutti miei cari lettori! Vi ringrazio di essere arrivati fin qui. Continuano le spiegazioni sul misterioso Agente Speciale della D.E.A. Vi è piaciuta la sua storia? Vi ha tenuto in suspence come speravo? Sono cattiva lo so, lo so!
Avete visto la 3 x 7? Io ancora no. Internet oggi è ballerino da queste parti, spero di riuscire a postare e poi a guardare OUAT. Vorrei essere un Hacker esperto come il nostro bel pirata dagli occhi azzurri, ma sono quella che definisco una “imbranata informatica”.
Sperando che riusciate a trovarmi sul sito … vi saluto e ringrazio tutti coloro che seguono e che desiderano lasciare un commentino.

Vi informo, per chi ha iniziato a leggere da pochi giorni, che i capitoli 2,3 e 4 li ho trovati invertiti. Non so come sia successo! Misteri di internet! L’ho detto io che sarebbe meglio avessi le capacità di un Hacker! Comunque li ho risistemati! Vittoria! Ho capito come funzionano le freccette! Pensate come sto messa ;))
Buona settimana a tutti.
Dalla vostra Lara

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Capitolo 13
*** Verità ***


Capitolo 13

Verità
 
 
1997, sede dell’F.B.I. di Boston. 11 anni prima.
 
Il giovane Tenente Lorna Stone entrò velocemente nella sede bostoniana dell’F.B.I.
 
Era il 19 marzo 1997 e la città era stata completamente ripulita dall’immondizia lasciata in seguito ai bagordi del 17. La festa di San Patrizio lasciava sempre qualche conseguenza e, in quei due giorni, si era verificata una serie di furti eclatanti ai danni dei bancomat dell’intera città. Ne era stata data una tempestiva informazione al telegiornale e la polizia si era mobilitata.
L’ F.B.I. era stata informata già la notte del 17 marzo. Il fenomeno, così come si era verificato, aveva dell’eccezionale. Un pirata informatico geniale si era intrufolato nelle reti bancarie e aveva sottratto ingenti somme di dollari. Nel giro di quei due giorni l’hacker era stato catturato, grazie ad un’auto in incognito della polizia, proprio davanti all’ennesimo bancomat. I complici erano riusciti a fuggire, ma il “geniale pirata” era stato preso; era stato condotto alla sede dell’F.B.I. ma teneva la bocca cucita. Grazie all’Interpol, che aveva diramato una foto segnaletica di un giovane scomparso, si era riusciti a capire di chi si trattasse, ma al momento l’F.B.I. manteneva il riserbo per poter giungere ai “pesci più grossi”.
 
 
Il Tenente Lorna Stone, profiler della sezione speciale “Mindhunters” era stata inviata dal suo Comandante di Quantico alla sede bostoniana per interrogare ed esaminare “l’eccezionale” hacker appena arrestato.
 
– Tenente Stone? Il Detectiv Eastwood l’attende nella sala dello specchio.
 
L’aveva accolta un agente di bell’aspetto. Non l’aveva mai visto prima, doveva essere da poco che si era inserito nell’F.B.I.  Era alto sul metro e ottantotto, fisico atletico, capelli a spazzola bruni e occhi azzurri, un sorriso simpatico e accattivante.
Aveva notato che l’agente l’avesse squadrata dalla testa ai piedi appena messo piede nella stanza e, dalla sua espressione, era chiaro che l’avesse trovata più che attraente. L’uomo aveva spostato lo sguardo dalla sua figura alla sua mano sinistra, stringendo leggermente le labbra quando si era accorto della fede all’anulare. Lorna aveva riso tra sé. L’uomo era deluso di aver scoperto che fosse sposata. Meglio così! Non ci avrebbe provato con lei come sicuramente avrebbe voluto fare dal momento che l’aveva vista. Erano due anni che Lorna era sposata con Federik Victor e lo amava tanto. Lo aveva lasciato a letto quando nel cuore della notte aveva dovuto rispondere alla chiamata del suo Capo.
 
– Ha sempre un tempismo impeccabile il tuo Comandante Shatnyr! Non siamo liberi nemmeno di fare l’amore io e te Lorna!
 
Aveva avuto ragione di lamentarsi suo marito! Quando lei aveva afferrato il cordless dal comodino e visto chi fosse, Federik  si era infastidito togliendosi tra le sue gambe. La magia del momento era finita! Lei si era tirata seduta sul letto, ancora nuda e aveva risposto al “Capo”. Si era vestita velocemente: slip, collant, una camicetta sul seno alto e sodo e una gonna aderente grigia. L’impermeabile chiaro completava la sua mise, insieme ad un paio di décolleté nere con il tacco alto. Aveva preso la sua ampia borsa da lavoro e baciando frettolosamente l’uomo, dicendogli che sarebbe tornata presto, aveva preso la sua automobile e si era diretta alla sede dell’F.B.I.
 
Prima di entrare nella stanza dove l’attendeva il Detectiv Eastwood, Lorna fece per togliersi l’impermeabile. L’agente di bell’aspetto le era ancora vicino e galantemente, in modo del tutto spontaneo, l’aiutò a togliersi dalle spalle l’indumento. Le sfiorò il braccio destro con le nocche delle dita e il contatto inaspettato provocò un impercettibile brivido in Lorna. Si voltò verso l’agente dagli occhi chiari, senza rendersi conto della reazione evidente dei propri capezzoli che si evidenziarono inconfondibili tirando la stoffa tesa della camicetta bianca. Nel vestirsi in fretta Lorna non aveva realizzato di aver chiuso l’abbottonatura fino al punto centrale del seno, ma a quanto pareva l’agente ci stava facendo caso e come! I suoi occhi azzurri stavano puntando proprio all’incavo visibile dalla scollatura e la sua espressione fu di chiaro apprezzamento, notando ciò che la stoffa bianca non poteva celare. Lorna in quel momento provò imbarazzo e si odiò per non aver indossato uno dei suoi reggiseni. Tentò di far finta di niente e puntò gli occhi in quelli del giovane agente. Più o meno aveva la sua stessa età, circa 28 o 29 anni.
 
– Qual è il suo nome agente?
– Jefferson Tenente! Agente scelto Sebastian Jefferson!
– Sezione Marines di Quantico?
- Sissignora!
– Uno dei migliori suppongo! Altrimenti non sarebbe nell’F.B.I. ora!
 
Jefferson sorrise compiaciuto. Conosceva di fama il Tenente Stone. Gliela avevano descritta come la migliore profiler della squadra dei “Cacciatori di cervelli”, ma nessuno gli aveva detto che fosse una donna così affascinante!
Lorna si allontanò dall’agente scelto Jefferson per entrare nella “stanza dello specchio”, sentiva il suo sguardo che le scorreva dalla schiena ai fianchi. Si convinse che non si sarebbe dimenticata di lui.
 
Jefferson la seguì con gli occhi, soppesando la sinuosità di ogni sua curva. Era una donna alta, longilinea, notò le sue belle gambe e le caviglie delicate.
 
“Sei uno schianto Lorna Stone! Peccato tu sia sposata!”
***
 
Il Detectiv Eastwood era un uomo alto e segaligno, sui 58 anni d’età, il viso solcato da rughe d’espressione molto marcate. Aveva uno sguardo duro e severo mentre leggeva il fascicolo giunto per fax.
 
– Detective Eastwood!
– Tenente Stone … grazie per essere venuta! Quello è il nostro uomo!
 
Dal vetro che dava sulla stanza degli interrogatori si vedeva l’hacker che era stato da poco arrestato. Era seduto su una sedia con le rotelline. Giocherellava annoiato andando avanti e indietro con la sedia e ruotando con essa.
 
– Uomo?! Certo è alto, bel fisico sviluppato … ma sono sicura che non ha ancora diciotto anni!
– Vero tenente! Come lo ha capito?
–Dal suo atteggiamento Detectiv, dal suo atteggiamento! Nonostante sia d’intelligenza geniale, ha un atteggiamento adolescenziale.
– Dalle notizie che abbiamo risulta avere appena compiuto diciassette anni. È irlandese, scappato di casa pochi giorni fa. Ha falsificato i documenti per poter prendere l’aereo. Sta per laurearsi in Ingegneria informatica e a quanto pare viene da una buona famiglia. Non ha voluto dire nulla, non sa che conosciamo la sua vera identità!
– Il soggetto è veramente interessante da quello che leggo nel fascicolo … mi dia la sua carta d’identità!
– Un falso che si potrebbe definire da grande artista!
– Mmm! Il ragazzo ha molte doti vedo e anche un aspetto piacevole! Che gli è successo alla guancia?
– Non ne abbiamo idea! Quando è stato arrestato aveva una pezza più vistosa sulla guancia. È stato medicato e si è beccato una decina di punti di sutura. Il medico ha detto che si trattava, a suo parere, di una ferita da lama. Il ragazzo non ha voluto dichiarare nulla in proposito.
– Probabilmente è stato minacciato e ricattato! Se non ha parlato è per paura di ritorsioni! Deve essere stato terrorizzato! Solo … in un ambiente sconosciuto … probabilmente è finito suo malgrado tra gente che lo ha sfruttato! Dal suo curriculum vitae non sembra un violento o un tipo con carattere delinquenziale, anzi! Precisamente il contrario!
– Beh! Dottoressa confidiamo in lei, ha già individuato più di quanto io ne sappia! Il ragazzo è tutto suo!
Lorna prese tra le dita affusolate la carta d’identità del giovane e ne lesse il nome scritto ad alta voce.
 
– Kim Steward …
 
Guardò attraverso il vetro e vide che il giovane stava guardando nella sua direzione. Non poteva vederla realmente, dalla parte del ragazzo il vetro era a specchio, ma sicuramente egli sapeva che fosse osservato. Con il documento falso in mano Lorna si diresse verso la porta che  la separava dal giovane bruno. Girò il pomello dorato della maniglia ed entrò decisa e sicura di sé nella stanza.
Il ragazzo interruppe il movimento della sedia, guardandola dalla testa ai piedi e abbozzando un sorrisetto sghembo.
 
– Il Signor Kim Steward suppongo!
– Non le è difficile supporlo … ha la mia carta d’identità in mano!
 
Lorna ricambiò il sorriso sghembo.
 
– Sono il Tenente Lorna Stone …
- Piacere Lorna! Finalmente mi hanno mandato una bella donna!
 
Il ragazzo si stiracchiò sulla sedia, allungando le gambe e le braccia con noncuranza e sicurezza fisica di sé. Poi si alzò e, con sguardo furbo e seducente, si avvicinò al Tenente.
 
– Sei niente male veramente Lorna!
 
Era passato a darle del tu in un attimo.
 
“Mmm il ragazzino vuole giocare a fare l’adulto! Scommetto che è abituato a trattare con ragazze più grandi di lui! In fin dei conti sta finendo l’università precocemente e le sue compagne sono sicuramente tutte maggiori di lui …”
 
– Allora mia bella Lorna! Cosa hai intenzione di chiedermi?
– Voglio sapere come stai Kim …
 
Anche Lorna aveva iniziato a dargli del tu, cosa che piacque al ragazzo, il quale continuò a guardarla maliziosamente.
 
– So che ti hanno già interrogato e tu non hai detto un fico secco a nessuno. Non credo che lo faresti con me e non me ne importa! Il mio ruolo non è di indagare sui tuoi misfatti!
– No?! Sei uno “strizzacervelli” per caso?
– Se ti piace usare quel termine! Sono una Psicologa in effetti!
– Beh se lo vuoi sapere sto benissimo!
 
Il ragazzo aveva incrociato le braccia e ora il suo sguardo era di sfida.
 
– Sai Kim? Non credo che tu stia bene!
– Non so come tu possa dirlo mia cara Lorna!
– Sei sulle difensive, ti sei tirato indietro quando ti sei sentito toccato sul come ti senti. Sei stato ferito e credo non soltanto al volto. Non sei il tipo del delinquente. Hai preso delle somme iniziali adeguate per procurarti il biglietto aereo, non volevi approfittare oltre, non sei un avido. I furti seguenti probabilmente ti sono stati commissionati sotto ricatto. Credo che quel taglio sul viso sia stato un assaggio di qualcosa di peggio che avrebbero potuto farti …
 
Lorna guardando in viso l’irlandese si accorse di aver colto nel segno. Lo vide impallidire e lentamente sciogliere le braccia, mentre i suoi occhi si incupivano e spariva dal viso l’espressione di sfida e sicurezza di sé. Era il momento giusto per entrare più in profondità nell’emotività del ragazzo.
 
– Credo che inizierò a chiamarti Killian adesso … ti si addice di più!
 
Il  giovane abbassò lo sguardo, aveva capito che ormai sapevano della sua vera identità, sicuramente suo zio Henry aveva denunciato la sua scomparsa.
 
– Kim è il diminutivo con il quale mi chiamava mio fratello da piccolo …
– So che tuo fratello è qui a Boston, studia Ingegneria Meccanica e anche tuo padre è qui. Ho letto il tuo fascicolo velocemente Killian. L’F.B.I. è stata informata tramite l’Interpol della tua fuga dall’Irlanda. La tua famiglia è molto preoccupata per te!
– La mia famiglia?! Sono un branco di bugiardi!
 
Lorna vide gli occhi azzurri del giovane Killian inumidirsi. In quel momento entrò nell’anima dell’adolescente Killian Jones, nella sofferenza di un ragazzo che aveva subito una profonda disillusione sulla sua famiglia, si era sentito tradito, ingannato. Provò un trasporto materno nei suoi confronti che cercò di combattere. Non poteva permettersi quel transfert. Killian era ancora classificato come un pericoloso delinquente. Era convinta che lo fosse suo malgrado. Doveva farlo parlare, doveva arrivare alla verità per poterlo aiutare.
 
– La tua famiglia ancora non è stata informata del fatto che ti abbiamo trovato. Sai che dovrai essere estradato e rimpatriato. Dovremmo chiamare tuo padre per farti riportare in Irlanda …
- No! Non voglio più vederlo! È tutta colpa sua se le cose sono andate così, se mia madre è morta, se … se … se …
 
Questa volta gli occhi umidi di Killian versarono lacrime che cercò di cancellare con un gesto della mano, poi, furioso di essersi mostrato debole davanti a Lorna, si voltò e diede un pugno al muro.
 
Lorna si avvicinò alla sua schiena e gli pose le mani sulle spalle.
 
– Calmati Killian! So che sei un ragazzo geniale … usa la ragione e ascoltami! Io so come aiutarti, posso farlo! Ma tu mi devi dire tutto dall’inizio! Non posso e non voglio obbligarti a farlo, ma se rifletti capirai che è la cosa migliore!
 
Killian si voltò verso di lei, con gli occhi bassi. Lei gli sollevò il viso.
 
– Ti fa male quel taglio?
– Ora un po’ di meno, ma mi tirano i punti …
- Sai che dobbiamo prendere i delinquenti che ti hanno fatto questo Killian! Vanno consegnati alla giustizia e tu sarai sotto protezione in quanto testimone. Entrerai in un programma speciale. Io faccio parte di una “squadra particolare”, cerco persone come te, persone geniali, capaci, gente promettente che potrà fare la differenza, ma devo sapere tutto di te. Sei disposto a fidarti di me Killian? Perché sappi che io sono disposta a fidarmi di te!
 
Il ragazzo annuì e, invitato da Lorna, si rimise seduto iniziando il suo racconto. Fu una lunga notte quella per Il tenente Lorna Stone e non meno lunga fu per il diciassettenne Killian Jones. 
….
 
– Questo viaggio è stato solo un disastro alla fine! Mio Zio Henry voleva proteggermi dalla verità, forse anche mio fratello Liam … non posso crederci che in questi anni sono vissuto nella menzogna! Ho sempre fatto del mio meglio per poter tornare con mio padre, invece lui …
- Killian … la verità non è mai unica! Le sfumature della realtà sono sempre molteplici … dovrai un giorno confrontarti con tuo padre … non potrai sfuggire da questo …
- Un giorno?! Forse sarà anche come dici tu Lorna, ma per ora non voglio vederlo né  sentirlo. Mi dispiace soltanto di aver dato una delusione enorme a mio zio Henry e a zia Janette, sono due zii fantastici, non mi perdoneranno mai!
– I tuoi zii non vedono l’ora di riabbracciarti Killian, quindi penso che non avranno difficoltà a perdonarti!  Tuo zio è anche tuo tutore. Lo chiameremo per dirgli che ti abbiamo trovato. Verrà a prenderti per riportarti a casa. Sei sicuro che non vuoi che chiamiamo tuo padre?
– Non voglio vederlo Lorna! Ancora sono troppo arrabbiato con lui!
– Verrà comunque a sapere la verità lo sai? Di conseguenza anche tuo fratello!
– Finirò in galera?
– Ho un modo per non farti finire in prigione Killian, dovrai passare dall’altra parte della barricata!
 
Forse Killian non capì immediatamente cosa volesse dire Lorna, ma quella lunga notte fu l’inizio del suo futuro di Agente Speciale in incognito.

 
Dopo il colloquio con Lorna collaborò al riconoscimento, tramite foto segnaletiche, degli elementi della banda di Scarmaker, che vennero rintracciati e condannati per direttissima. Suo zio Henry O’Danag fu chiamato dalla polizia di Dublino e messo in contatto con la centrale dell’F.B.I. di Boston. Ovviamente non sporse denuncia nei confronti del nipote, i soldi che gli aveva sottratto facevano parte della sua eredità e quindi, capendo la situazione, non fece particolari rimostranze, soprattutto felice di vedere che suo nipote fosse vivo e vegeto nonostante la brutta esperienza che poteva finir peggio.
Lo stesso Henry avvisò Brennan, raccontandogli l’accaduto e dicendogli di non farsi vedere al momento dal figlio. Quello fu sicuramente un errore però, poiché Brennan desiderava vedere il suo ragazzo e spiegargli la verità, non sapeva che anche Killian, nel profondo del cuore, sperava che suo padre si facesse vivo.
Quell’ ennesimo errore, causato in buona fede da Henry, non fece che incancrenire ulteriormente il rapporto ormai incrinato tra Killian e suo padre. Il ragazzo si sentì definitivamente abbandonato dal genitore.
 
L’F.B.I. fece decadere le accuse su Killian prendendo un segreto accordo con lui e con il suo tutore. Il ragazzo sarebbe tornato in Irlanda e avrebbe completato i suoi studi. Laureatosi in Ingegneria elettronica e informatica, si sarebbe poi iscritto alla facoltà di legge, frequentando il corso di addestramento a Quantico. I suoi talenti sarebbero stati preziosi per combattere il crimine organizzato! 
 
Negli anni seguenti Killian Jones seguì anche i seminari di Lorna Stone. Era importante  una formazione comportamentale specifica. Sarebbe stato un Agente in incognito, freddo e calcolatore. Gli venne dato un incarico nella D.E.A. e nel giro di poco, il suo genio gli valse la possibilità di dirigere una succursale sotto copertura della D.E.A. con sede proprio nella sua Irlanda. Il suo ufficio si trovava in una palazzina che apparentemente sembrava un’agenzia di viaggi ed assicurazioni, lui ne risultava il direttore legale. Viaggiava di continuo tra l’ Europa e gli Stati Uniti. Della sua famiglia soltanto suo zio Henry sapeva la verità sul suo lavoro, suo padre e suo fratello sapevano semplicemente che fosse un consulente legale e finanziario per un’agenzia internazionale di assicurazioni.
 
***
 
In quegli undici anni, da che era stato arrestato dalla Polizia di Boston e in seguito arruolato tra i Federali, Killian Jones aveva condotto brillantemente numerose missioni. Lorna era stata sua mentore nei primi anni di addestramento e in quel periodo era passato nella sezione speciale di Lorna anche Sebastian Jefferson. Tra Killian e Sebastian nacque immediatamente una sorta di complicità e, nonostante la differenza d’età, erano lavorativamente affiatati. Entrambi furono assegnati a missioni sotto copertura. Jefferson, Agente Scelto, passò al grado di Sergente. Killian, per i suoi meriti e per le capacità geniali, diventò il più giovane Capitano della D.E.A. in breve tempo. Nonostante il contatto costante con quella che diventò il Maggiore Lorna Stone, le loro strade si divisero per la diversità di incarichi. Il Capitano Jones costituì il suo gruppo di indagine e ricerca utilizzando tra i suoi collaboratori il Sergente Jefferson. Dovendo mantenere le loro coperture fu necessario coniare dei nickname per ogni agente. Jones continuò ad utilizzare il nomignolo di Captain Hook e Jefferson di Winter Soldier. L’addestramento comportamentale svolto con Lorna era servito a renderli freddi e distaccati emotivamente dalle situazioni che affrontavano. Erano ambedue uomini seducenti e il loro fascino era spesso usato per renderli accattivanti quando dovevano intrufolarsi in situazioni di copertura. Era quello che era capitato con Milah Gold.
 
Non era stato un caso che la bella Milah avesse trovato la gomma della propria auto bucata, la mattina che “casualmente” aveva incontrato l’aiuto dell’affascinante Kim Steward. Erano giorni che la donna veniva seguita da Jefferson. Ogni suo movimento  era stato monitorato. Era molto abitudinaria in effetti e il fatto che il lunedì si recasse sempre, alla stessa ora, dal fioraio, al fine di procurarsi un mazzo di fiori per abbellire il suo elegante ma triste appartamento, aveva consentito a Jefferson di bucarle lo pneumatico e poi a Jones di soccorrerla con i suoi modi gentili e affascinanti.
 
Nei seminari sulla seduzione, svolti da Lorna, Killian aveva imparato che un agente sotto copertura dovesse mantenere i sentimenti fuori dall’azione, anche quando la propria copertura implicava dover intrattenere rapporti sessuali con “l’aggancio” di turno. Milah era stata l’aggancio che serviva alla D.E.A. nell’indagine internazionale che stava conducendo. Jones era il tipo giusto per catturare l’attenzione e la fiducia della Signora Gold. Bello, aitante, colto, gentile e affascinante, per questo era stato chiamato dal suo ufficio di Dublino e coinvolto in prima persona. Con lei era riuscito a costruire un rapporto di amicizia e fiducia che per la donna si era trasformato in amore. Per Jones era il modo per arrivare al Professor Robert Gold, sul quale, da un pezzo, si avevano sospetti di collusione con i “Cartelli” della droga.
 
Conoscendo meglio Milah, “Captain Hook” aveva scoperto una donna dolcissima, di buon carattere e molto fragile. Vittima di violenza domestica da parte del marito da una decina di anni. La relazione con lei era diventata più intima proprio con la scoperta degli abusi che il marito le perpetrava.
 
Lorna diceva sempre, nei suoi corsi, di astenersi il più possibile dall’avere coinvolgimenti emotivi e sessuali, a meno che non fosse indispensabile per creare fiducia maggiore nell’ “aggancio”. Con Milah era capitato proprio così e Killian doveva ammettere a se stesso che la cosa era stata molto piacevole per entrambi. Nonostante la differenza d’età, Milah era molto attraente e desiderarla era stata una reazione spontanea per lui. Aveva frequentato la Signora Gold per sei mesi e avevano fatto l’amore per la prima volta dopo diversi mesi che si conoscevano amichevolmente. Milah non era una donna facile, era una donna ferita nella dignità e nell’amor proprio. Killian l’aveva risvegliata nella sua femminilità e oltre che farle riacquistare fiducia in se stessa le aveva dato i suggerimenti giusti per fuggire da suo marito, ottenendo, lentamente, in cambio le informazioni su di lui che necessitavano alle indagini. Era arrivato poi il momento di chiudere il rapporto con lei e Killian lo aveva fatto preparandola al loro distacco. Aveva iniziato a non volere più far l’amore con lei quando si incontravano e poi, il famoso lunedì, prima della morte ufficiale di Kim Steward, l’aveva salutata nel parco della Città Universitaria, annunciandole che doveva ripartire per Dublino per un lungo periodo e quindi aveva intenzione di interrompere la loro relazione. Non gli era pesato troppo staccarsi da lei, fin dall’inizio per lui era stato solo lavoro, ma non poteva ingannarsi. Sapeva benissimo che negli ultimi due mesi qualcosa stava riuscendo a fargli mantenere un atteggiamento emotivamente distaccato da Milah. Quel qualcosa in realtà era qualcuno e aveva un nome e un cognome: Emma Swan.  
 
2008, studio della Dottoressa Lorna Stone.
 

Lorna guardava intensamente in viso il Capitano Killian Jones. Gli aveva dato quella notizia come una sferzata, come uno schiaffo in piena faccia e stava osservando le sue reazioni. Il giovane uomo era spiazzato ma, contemporaneamente, il suo sguardo aveva preso la luce della gioia. Sì, quella notizia per lui era stata una bella notizia. Quel senso di affetto materno, che aveva invaso Lorna nei confronti di Kim Steward, si ripresentò nuovamente nel suo petto. Nonostante tutto Killian era “felice” che Emma aspettasse un figlio da lui. I suoi occhi erano raggianti e il sorriso si era espanso sul suo volto. Lorna provò per lui quella tenerezza che può provare una madre davanti ad un figlio che ha avuto una bella sorpresa. Gioiva di riflesso per lui, ma contemporaneamente sapeva quanto dolore aveva sofferto Emma a causa di Kim, della sua dipartita drammatica. Tutto era così drammatico e terribilmente assurdo per una persona “normale”, ma loro due non erano persone “normali”, no! Vivevano nell’ombra della menzogna il loro vero ruolo. Agivano all’insaputa anche di chi amavano, senza poter dire la verità.
In un soffio Killian aveva ripetuto interrogativamente la frase detta da Lorna:
 
- Lei aspetta mio figlio?!
– Non credo sia possibile che sia di qualcun altro!
– Come l’ha presa?
– Ha importanza per te Killian?
 
Il giovane non rispose e abbassò il volto ruotando di 90° rispetto a Lorna.
 
– Emma è giovane e ha un percorso di studio da affrontare … un bambino non le renderà facile studiare e lavorare per mantenerlo …
- Ha deciso che … lo vuole perdere?
 
La voce di Killian aveva avuto un tremore nel chiedere di quella possibilità e non aveva rialzato la testa verso Lorna. Lei continuava a scrutarlo e non rispose subito. Killian si passò una mano sugli occhi, mandando leggermente la testa indietro e stringendo le labbra in un’espressione di rammarico. 
 
– No! Non ha nessuna intenzione di ricorrere all’aborto! Lo vuole con tutta se stessa quel bambino!
 
Killian si voltò verso Lorna repentinamente, con un’espressione nuovamente incredula e gioiosa. I suoi occhi avevano ritrovato la luce riflessa dell’oceano.
La verità era lampante davanti agli occhi di Lorna.
 
– Tu la ami … ti sei innamorato di lei veramente … la ami non meno di quanto lei ami il “suo” Kim!
 
Killian non rispose, non era necessario! Non poteva nascondere i suoi sentimenti a Lorna nemmeno volendo. Aveva capito sicuramente da subito il suo interesse per la giovane dalla quale l’aveva fatta inviare la sera della morte di Kim.
 
– Sai che hai commesso un errore madornale innamorandoti di un “aggancio”!
– Lei non è un “aggancio” Lorna!
– No?! Mi ero chiesta come fosse entrata in contatto con te! Non mi sembrava di rilevare nulla che potesse farla considerare invischiata in situazioni di tossicodipendenza o spaccio di stupefacenti! Ti sei semplicemente ritrovato a fare il Buon Samaritano per tirarla fuori dall’ “incidente “ del drink drogato?
– Avrei voluto essere sincero con lei fin dall’inizio … dirle il mio nome vero per cominciare … ma sono in missione!
- Già! Appunto! Non so cosa stai seguendo di preciso,  tra le sezioni dell’F.B.I. la mano destra non sa cosa stia facendo la sinistra, ma ho capito che Emma si è trovata in mezzo ad un caso …
- Non è del tutto così Lorna! Forse ci saremmo trovati comunque quella sera al Rabbit Hole, ma quella sera io ero certo che l’avrei incontrata!
– Come sarebbe?!
– Sapevo che lei vi sarebbe andata! La coincidenza è stata che io dovevo andarci per “lavoro” …
 
Mentre parlava con Lorna, iniziarono a dipanarsi nella mente di Killian Jones tutti i ricordi degli ultimi mesi e rivide nitidamente la scena del suo incontro, veramente casuale, con una bellissima studentessa dai capelli d’oro.
 
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Circa tre mesi prima

Era un giovedì mattina e diversamente dal suo solito Milah si era recata dal suo fiorista di fiducia in un giorno diverso. Ci stava impiegando più del solito però!
Killian l’attendeva con il motore spento del BMW nero, posteggiato lungo il marciapiede. Quello era il luogo del loro appuntamento settimanale. Erano circa quattro mesi che la frequentava, dopo che Winter Soldier gli aveva passato un fascicolo dettagliato di notizie sulle sue abitudini. Da quasi due mesi il loro rapporto “amichevole” aveva preso una piega più “intensa”. Quando Milah sarebbe entrata nella sua macchina lo avrebbe baciato con passione e poi lui, riavviando il motore, l’avrebbe portata nel loro Motel abituale. Avrebbe tirato fuori tutta la sua capacità seduttiva e amatoria, l’avrebbe resa felice e poi, mentre avrebbe continuato ad accarezzarla rassicurante, lei avrebbe raccontato qualche dettaglio utile su suo marito Robert Gold e risposto inconsapevolmente alle sue domande “mirate”…
 
Improvvisamente, dall’ingresso della palazzina attigua al negozio del fioraio, uscirono due belle ragazze tra i 20 e i 23 anni d’età. Quella che sembrava leggermente di età maggiore era una brunetta vestita elegantemente, aveva un cipiglio sicuro di sé e un sorriso smagliante, sottolineato da un rossetto rubino. L’altra era bionda, snella. Indossava un vestitino verde acqua e un paio di ballerine ai piedi. Aveva dei libri che teneva con la mano sinistra stretti al petto.
 
“Una studentessa universitaria probabilmente!” Ipotizzò Killian.
 
La bionda non aveva il fascino della mora, ma aveva qualcosa che Killian considerò speciale. Sembrava l’immagine della purezza e dell’innocenza, un angelo biondo disceso dal Paradiso …
Vide le due ragazze salutarsi con un abbraccio e poi separarsi. La bionda decisa a dirigersi nella direzione della BMW.
 
– Emma?!
 
La moretta sexy aveva richiamato la sua amica e quella si era voltata in un turbinio di onde dorate verso di lei, tornando sui suoi passi.
Killian aveva abbassato di poco il cristallo oscurato del finestrino per sentire cosa stessero dicendo e aveva captato un discorso su bomboniere di laurea … scelta di un vestito …
La “moretta”, come aveva immaginato, era più grande dell’altra e stava per laurearsi!
La curiosità sulla giovane bionda aumentò nel sentire il suo nome, un nome che era legato ad un vecchio ricordo della sua preadolescenza. Killian voleva saperne di più! La osservò con maggior attenzione mentre si riavviava verso di lui e le scattò una foto con il cellulare.
 
Era bella! Veramente bella, nella sua semplicità e innocenza. Notò i suoi occhi verde acqua e perse un battito del cuore. All’altezza del suo finestrino, la giovane chiamata Emma si fermò per cercare il cellulare che squillava nella sua tracolla. Voltò i libri nel movimento che fece e Killian lesse sul primo volume il titolo:
 
“Manuale di Psicologia dell’età evolutiva, seconda annualità”.
 
“Sei una studentessa del secondo anno della Facoltà di Psicologia mia bella Emma … vediamo di saperne qualcosa di te!
 
Mentre la ragazza rispondeva al telefono, Killian tirò fuori dal cruscotto del suo BMW un piccolo portatile. Digitò velocemente sui tasti e comparvero una serie di schermate. Da geniale hacker quale era si introdusse nel sito della Facoltà di Psicologia della vicina Università di Harvard. Trovò l’annuario dell’anno precedente e selezionò le ragazze chiamate Emma, fino a trovare la fotografia e le notizie che cercava. Fu velocissimo nell’operazione, un gioco da ragazzi per lui!
Intanto sentì la conversazione telefonica di Emma, che si era fermata affianco alla sua auto, inconsapevole di essere spiata.
Da quanto Killiam capì, un’amica la stava invitando ad una serata al Rabbit Hole, un locale che la giovane considerava malfamato e dove non aveva nessuna voglia di andare ma, a quanto pareva, l’amica a telefono glielo stava chiedendo come un favore personale. Emma era molto titubante, specialmente per la presenza di un certo Hans, un tipo che a quanto pareva la importunava e che a lei non piaceva affatto.
 
“Quante coincidenze Emma Swan! Eri una bambina deliziosa … un anatroccolo tenero e biondo … sei diventata un cigno splendido! Non credevo che ti avrei mai ritrovata! Domani sera avrò occasione di rivederti se vieni veramente al Rabbit Hole! Certo non è il locale adatto ad una brava ragazza come te Tesoro! Hai ragione a dire che è pieno di spacciatori, io ci vado per quello! Comunque c’è la possibilità di ballare e divertirsi, magari riuscirò ad avvicinarti e a ballare con te!”
 
Emma aveva finito di rispondere al cellulare e lo aveva rimesso nella tracolla, riprendendo il suo cammino. Killian era certo di rivederla la sera dopo, la ragazza infatti aveva accettato di accontentare l’amica che l’aveva chiamata.
 
Continuò a guardala dallo specchietto retrovisore, mentre sul piccolo schermo del suo portatile apparivano le ultime notizie disponibili su di lei. Lesse l’indirizzo, abitava leggermente in periferia, probabilmente con la zia, la bella Signora Ingrid Frosen. Killian ricordava ancora quella donna, altera ed elegante, bionda come sua nipote.
 
Milah uscì dal fioraio sorridendo alla vista del BMW, sapeva che lo avrebbe trovato ad attenderla, come sapeva che piega avrebbe preso il loro incontro.
Killian spense il portatile e lo ripose velocemente nel cruscotto. Pur se incuriosito da Emma doveva smettere di pensarla e dedicarsi al suo lavoro. In quel momento il suo lavoro era Milah …
 
La sera seguente Killian portava con sé una partita di Ecstasy. Era entrato come talpa in un giro di spacciatori e al Rabbit Hole aveva appuntamento con uno studente che smerciava all’Università. Il ragazzo gli era stato indicato proprio da Milah che, inconsapevolmente, gli aveva raccontato che il giovane era stato ricevuto, stranamente a casa, da suo marito. Gli aveva fatto nome e cognome e Killian, con l’aiuto di Jefferson, lo aveva fatto pedinare. Avvicinarlo come fornitore all’ingrosso era una tattica per ottenere informazioni sui “pesci grossi” che lavoravano nell’Università. Lo studente era sicuramente agganciato ad uno dei più grossi “Cartelli” di Boston. La tela che Killian stava tessendo con Jefferson e gli altri collaboratori della D.E.A. lo avrebbe portato presto a Robert Gold e di conseguenza agli altri suoi incogniti complici.
 
L’incontro con lo studente si verificò nel retro del locale e Killian gli passò il “prezioso” pacchetto di pillole colorate. Riuscì anche ad applicargli un microchip sotto la cinghietta di una delle maniche del suo giubbotto in pelle. Jefferson lo avrebbe localizzato in un attimo e ascoltato in ogni sua conversazione. La rete che stavano tessendo si sarebbe presto chiusa sulle persone giuste!
 
Lo studente lo salutò e si diresse all’interno del locale, aveva appuntamento con degli amici e anche Killian fece lo stesso, intenzionato a bere un drink e, soprattutto, a rivedere Emma Swan!
 
Erano le 21,00 precise quando la vide entrare nella sala principale del Night. La ragazza era puntuale! Il fascio di luce del proiettore puntò su di lei casualmente proprio al suo arrivo e il bagliore delle paillettes della sua maglietta lo accecarono. Era bellissima quella sera, si era truccata facendo risaltare quei suoi occhi verde acqua in un modo incredibile. Indossava dei Jeans aderenti che esaltavano le sue gambe da gazzella e le sue forme. Emma era sicuramente inconsapevole dell’interesse che stava destando in parecchi uomini che si voltavano a guardarla al suo passaggio. Killian era attratto da lei non meno degli altri, ma era infastidito dagli sguardi lascivi puntati sulla figura delicata di quel “tenero fiore”.
 
La ragazza aveva visto la sua amica che la chiamava dal banco-bar gesticolando e saltellando. La osservò sorridere e dirigersi spedita verso il gruppetto di giovani.
 
“No! Proprio quello è il tuo gruppo?!”
 
Killian era sgomento, nel gruppo di amici di Emma uno di loro stava sollevando un drink verso di lei a modo di saluto, con un sorriso furbo sulle labbra. Era proprio lo studente al quale aveva appena dato il pacchetto di Ecstasy! Si chiamava Hans. Killian ricordò di aver sentito dire da Emma, mentre era a telefono con l’amica, che il tipo indesiderato che la infastidiva, fosse un certo Hans. Non si aspettava che fosse il delinquente con il quale aveva contatti!
 
Si incamminò tra la gente verso Emma, aveva intenzione di attaccar bottone e portarla via di lì, non voleva che lei si insozzasse con un tipo come quello!
Emma, puntando verso i suoi amici, non si accorse di un veloce cameriere che stava per incrociarla e si urtarono. Il cameriere, abilmente, riuscì a non farsi cadere il contenuto del vassoio, invece ad Emma scivolò dalla spalla la sua pochette rossa. Killian era ormai al suo fianco e si chinò per raccoglierla. Quando si sollevò per guardarla in viso e restituirgliela i loro sguardi si incontrarono. A Killian sembrò di essere tornato indietro nel tempo. Ricordava quegli occhi! Non li aveva dimenticati ed ora, occhi ormai adulti e seducenti, non li avrebbe dimenticati mai più!
 
– Credo sia tua!
 
Era riuscito a dirle solo quelle tre piccole parole e lei non ne ebbe di più di lui, rispondendogli, quasi balbettando, un “grazie”.
Continuò a guardarla da dietro andare verso i suoi amici, temendo di aver perso l’occasione giusta, poi si accorse che lei si voltava ripetutamente nella sua direzione. Le sorrise, sapeva dal modo di fare di Emma che l’aveva comunque colpita. Fece in modo di sedersi all’estremo opposto del banco-bar, in una posizione strategica, dalla quale poteva vederla bene ed essere visto.
Iniziò tra loro un gioco di sguardi. Emma era come una calamita per lui  e sembrava lo stesso lui per lei. All’ennesimo sguardo di Emma si accorse che lo stava soppesando, trattenendo più a lungo lo sguardo su di lui.
 
“ Si! Bingo!”
 
L’aveva incuriosita e stuzzicata! Alzò lo shot che stava bevendo in sua direzione, aspettandosi un sorriso da lei e di conseguenza l’incoraggiamento ad avvicinarsi, ma non fu così! Emma distolse lo sguardo quasi infastidita.
 
“No! Non ci siamo! Non sei una facile e temi che io possa pensarlo! Aspetterò ancora un po’ … magari con la musica giusta riesco ad invitarti a ballare!”
 
Continuò ad osservarla, non sembrava intenzionata a ballare con Hans, gli altri amici erano già sulla pista e il ragazzo le si stava avvicinando insistentemente. La vide scuotere la testa. No! Decisamente non gradiva ballare con Hans, ne averlo così addosso! Poi il pusher si staccò da lei per dirigersi più verso il punto in cui Killian sorseggiava il suo drink. Lo sentì chiedere al barman due cocktails al rum e quello li preparò in un lampo, lanciando le bottiglie e riprendendole come un giocoliere.
Posati i due cocktails davanti ad Hans, lo vide portarsi la mano alla tasca dei Jeans e prendere una delle pillole che lui stesso gli aveva venduto poco prima.
 
“Maledetto bastardo! La vuoi drogare per fare i tuoi porci comodi!
 
Non per nulla l’Ecstasy era definita anche “droga dello stupro”! Parecchie vittime erano passate nell’esperienza che stava per fare Emma! Una pillola calata in un drink all’insaputa e la ragazza si sarebbe ritrovata in men che non si dica con quel “porco”!
 
Killian con Jefferson avrebbero monitorato i movimenti di Hans fuori da quella discoteca, proprio per evitare che le pillole che gli aveva venduto facessero danni e per avere una mappa di chi le acquistava! Ma che la prima a farne uso, anche se suo malgrado, fosse proprio Emma Swan!
Killian non poteva permetterlo! Doveva fare in modo di far cadere quel drink “avvelenato” dalle sudicie mani di Hans!
 
Si diresse verso di lui nel momento in cui il ragazzo portava via i Cocktails. Lo avrebbe urtato “accidentalmente”, era facile tra la ressa no?!
 Il suo piano fallì miseramente! Purtroppo altri due avventori gli passarono davanti per ordinare il loro drink e lui perse l’occasione giusta. Fu costretto a vedere Emma bere il cocktail drogato e a vederne i primi sintomi.
 
Era un agente della D.E.A., conosceva tutti i tipi di droga e i loro effetti. Emma avrebbe iniziato ad aver caldo, la temperatura corporea le sarebbe aumentata con la pressione arteriosa e avrebbe iniziato a diventare più disinibita, sentendo un’energia superiore alla sua normalità. In quelle condizioni, se Hans avesse voluto saltarle addosso lei ci sarebbe stata senza pensarci due volte!
 
Killian continuò ad osservare la ragazza e Hans. Quello la incoraggiava a bere il drink, ma lei lo sorseggiava a piccoli sorsi. Comunque l’effetto della droga non ci mise molto ad evidenziarsi. Primo segnale fu che la ragazza si tolse il giubbino di pelle rossa per il caldo e iniziò ad essere meno musona con Hans e a ridere alle sue battute. Di rimando il ragazzo le si accostava maggiormente, cercando di toccarle le lunghe gambe accavallate, mentre lei era seduta sull’alto sgabello davanti al banco-bar.
La vide ancora voltarsi dalla sua parte rivolgendogli un sorriso seducente …
Killian era ormai livido di rabbia e la sua espressione era parecchio accigliata. Decise che fosse il momento di andare da lei ed invitarla a ballare, la musica era giusta! Avrebbe cercato di convincerla ad uscire da lì e l’avrebbe trattenuta fino a farle passare l’effetto della droga, sempre se non avesse avuto qualcuno degli effetti nefasti che l’Ecstasy poteva comportare o l’avrebbe dovuta portare ad un Pronto Soccorso!
 
Mentre Emma flirtava con Hans, Killian le si avvicinò e le chiese di ballare. Realizzò tardi di aver usato con lei un tono un po’ troppo imperativo, retaggio del suo ruolo di “Comando” nella D.E.A.
Quel “Balla con me!”, detto in quel tono e la mano tesa verso di lei, con la sicurezza che non avrebbe ricevuto un rifiuto, ebbe sulla giovane bionda l’effetto opposto a quello da lui desiderato.
 
– Cosa credi Mister Fascino?! Io non sono ai tuoi ordini! Prova a chiedermelo in un modo più carino!
 
Emma si era voltata dandogli le spalle.
 
“Hai ragione Emma, nessuno deve trattarti come un oggetto! Proverò a fare di meglio con te!”
 
Le si era avvicinato ancora e le aveva preso la mano gentilmente, con lo stesso tocco che aveva usato restituendole la pochette.
 
 
– Mia splendida Principessa … mi faresti l’onore di ballare con me?
 
La guardò intensamente nel farle quella richiesta e mentre lei allacciava lo sguardo al suo, Killian, ancora guardandola maliziosamente, si portò la sua mano alle labbra e vi depose un leggero bacio sulle nocche.  La droga stava facendo veramente effetto alla ragazza, infatti gli rispose in un modo che non si sarebbe aspettato dalla Emma Swan che aveva visto vicino al negozio del fioraio!
 
– Vedi? Se le cose le chiedi così … potresti chiedermi anche di venire a letto con te e lo farei!
– Se questo è il metodo da usare con te mia Principessa!
 
La tenne per mano, quasi temendo che lei ci ripensasse e, mentre continuavano a guardarsi negli occhi, la guidò tra gli altri che ballavano sulla pista.
Le inibizioni di Emma erano sicuramente sparite dal suo cervello. Aveva ballato con lui in un modo estremamente sensuale.
Killian ricordava ancora ogni dettaglio e le sensazioni provate. Era attratto da Emma in un modo che non avrebbe mai creduto. Aveva riso di se stesso, pensando che pur non avendo preso droghe, con quella ragazza sarebbero sparite anche le proprie di inibizioni. Era magnifica, eccitante …
Si erano mossi all’unisono al ritmo della musica martellante, sembrava che i loro corpi fossero completamente complementari. Lei si era strusciata a lui ripetutamente con i glutei, muovendo i fianchi e le spalle in modo lento e sensuale, scendendo leggermente sulle ginocchia e rialzandosi, sollevando i capelli, ruotando davanti a lui e passandosi la punta della lingua sulle labbra, mentre mantenevano il contatto occhi negli occhi, poi gli si era accostata e aveva fatto scorrere le mani sul suo petto.
Il tocco delle mani morbide di Emma su di lui, partendo dal collo e finendo sulla pelle nuda lasciata scoperta dai tre bottoni aperti della camicia, lo aveva eccitato all’inverosimile. L’avrebbe presa di peso e portata via di lì per fare l’amore con lei!
La sua reazione era stata immediata, l’aveva stretta a sé  in un attimo, sollevandole la maglietta sulle natiche e infilando le mani nelle tasche posteriori dei suoi jeans aderenti, accostandosela al bacino. Anche lei era eccitata. Gli aveva portato le mani al viso, mentre lui continuava a tenerla stretta con le sue sui  glutei. Emma aveva iniziato a respirare più velocemente, muovendosi con il seno contro il suo petto. Istintivamente Kilian aveva schiuso le labbra per  accostarsi a quelle di Emma e baciarla appassionatamente e possessivamente.
Stretti in un abbraccio che sprigionava l’elettricità della loro attrazione, Emma lo aveva accolto, rispondendo prontamente alle sue labbra, lasciando che lui l’assaporasse lentamente e voluttuosamente, facendo lo stesso lei con lui.
 
Era stato proprio lui ad interrompere quel bacio. Risvegliato da un barlume di razionalità e lucidità.
 
“ Che mi stai facendo piccola Emma?! Non voglio comportarmi come avrebbe fatto Hans! Devo portarti via da qui e farti passare gli effetti della droga! Non sei veramente tu ora e per quanto mi piacerebbe fare l’amore con te, non sarà questa sera e non sarà così! “
– Vieni via di qui … vieni via con me!
 
Con la fronte appoggiata a quella di Emma e la voce arrochita dall’emozione e dall’eccitazione, le aveva fatto quell’invito quasi come un ordine.
 
 
– No … non posso …
- Perché non puoi?
– Perché lo vorrei troppo e tu … tu sei pericoloso …
- Pensi che io sia pericoloso?
– Si … lo sei …
- Perché?
– Perché ho voglia di aprirti questa camicia e toccarti …
- Mi sembra un programma interessante …
- No … è terribile …
- Cosa ci sarebbe di terribile?
– Che non ti conosco … e io voglio di più … non sarebbe nei miei principi …
- Voglio solo portarti fuori da qui …
- No … no … devo tornare dai miei amici …
 
Emma lo aveva lasciato lì, sulla pista da ballo, ed era tornata al banco-bar. Aveva continuato ad osservarla. Lei aveva finito il cuba libre drogato e dopo poco era andata via con Hans.
 
Ormai la ragazza era completamente sotto l’effetto della droga e Hans avrebbe colto l’occasione per approfittare di lei. Killian lo aveva capito perfettamente e arrabbiato per non essere riuscito a convincerla ad andar via con lui, non poté far altro che seguirli per intervenire nel momento del pericolo.
Nonostante gli effetti della droga Emma manteneva ancora i suoi principi, anche se sempre più labili. Killian li aveva seguiti con la sua auto fino lungo il Mystic. Hans era intenzionato a mettere le mani addosso alla ragazza, ma quella rideva e ballava lungo la sponda del fiume. Killian percepì il pericolo con una scarica di adrenalina che gli provocò un brivido per la colonna vertebrale. Hans aveva cercato di abbracciarla ed Emma, ridendo e rifiutandosi, si era ritrovata sul limite del marciapiede che dava direttamente sull’acqua.
 
Killian aveva frenato l’auto ed era uscito velocemente da essa, togliendosi il giubbotto di pelle nera e gettandolo via. Emma era caduta nel fiume e in quelle condizioni sarebbe annegata sicuramente. Correndo verso il punto della sua caduta, Killian, furioso, diede un colpo in petto ad Hans che era rimasto paralizzato ad osservare i flutti, senza far nulla. Mentre Killian si buttava in acqua lo studente scappò via a gambe levate.
 
Non era stato facile ripescare Emma tra i flutti del fiume. La corrente era forte, ma Killian aveva dalla sua parte le ore di allenamento e nuoto in mare, fatte con suo fratello Liam e suo zio Henry.
Grazie al microchip che egli aveva applicato al giubbino di Hans, Jefferson, dal Suv Maserati, aveva potuto seguire quanto stava accadendo  a poca distanza dal Rabbit Hole, poté intervenire a dare aiuto al suo Capitano.
Non c’era nessun altro in quel momento lungo quel punto della banchina del Mystic.
 
Con Emma priva di sensi tra le sue braccia, Killian, aiutato da Seb, risalì le scalette del marciapiedi e la portò verso la BMW.
 
– Che intenzioni hai ora?
– La porto al mio appartamento! Sta gelando! Vedo di farle smaltire l’effetto della “roba” e poi la riporto a casa sua!
– Sarebbe meglio portarla ad un Pronto Soccorso lo sai!
– Lo so benissimo! Ma non ho intenzione di abbandonarla davanti ad un ospedale come un sacco di patate!
– Non ci possiamo permettere coinvolgimenti emotivi!
 
Killian lo sapeva e per tutta risposta diede un’occhiataccia a Winter Soldier. Per la missione che stava portando avanti aveva dato quelle maledette pastiglie colorate ad Hans ed Emma ci aveva rimesso! Si sentiva responsabile nei suoi confronti, ma forse non era solo quello!
 
L’aveva in fine portata all’appartamento che usava come base lì a Boston. Era l’appartamento che suo padre Brennan aveva acquistato anni prima per Liam. Il fratello lo aveva usato durante la frequenza dell’università. Era situato in un punto strategico. Killian aveva fatto un doppione delle chiavi, all’insaputa sia di suo fratello che di suo padre, e vi aveva preso alloggio. In quella palazzina vi era inoltre un ampio scantinato che l’F.B.I. aveva rilevato e Killian, con i suoi agenti della D.E.A., lo avevano adibito a centrale di comando segreta. In quel quartiere fatiscente abitavano soprattutto studenti universitari che, impegnati tutto il giorno, tra lezioni e studio, non prestavano molta attenzione ai movimenti  che si verificavano nello scantinato.
 
Con Emma in braccio era salito al sesto piano usando il vecchio ascensore. Entrato nell’appartamento l’aveva adagiata sul divano e aveva poi aperto l’acqua calda nella cabina doccia, fino a trasformarla in una sauna vera e propria. Doveva far scaldare la ragazza e farla sudare. Attraverso il sudore avrebbe smaltito prima la dose di Ecstasy.
 
Si spogliò restando con i boxer neri indosso e poi provvide a togliere gli indumenti anche ad Emma. Stava sudando freddo mentre lo faceva e gli tremavano le mani. Si sentiva un perfetto idiota! Non era la prima volta che spogliava una donna! Certo era la prima volta che la donna era esanime e non partecipante, ma quella ragazza gli dava un’emozione che non aveva mai provato con nessuna!
Gli sembrava quasi di farle violenza! Se guardava il suo viso angelico inconsapevole, si sentiva una specie di mostro! Ma doveva farlo, la doveva aiutare, era il minimo che poteva fare per lei!
 
Le lasciò indosso il reggiseno e gli slip. L’avvolse in un asciugamano ed entrò con lei in braccio nella doccia. Fortuna che la cabina era abbastanza grande! Rimase seduto con Emma rannicchiata sulle sue gambe, tenendosela stretta al torace.
Il caldo, all’interno della doccia, era quasi insopportabile e iniziarono a sudare ambedue.
Emma non accennava a riprendersi e dopo quella sauna la lavò con la doccia; coprendola con un altro asciugamano asciutto la mise sul letto e, tenendola così, con tatto le sfilò via i due capi di intimo. Le asciugò i capelli con il phon inserito nella presa vicino al comodino, districandoli con le dita e facendoli scorrere dorati tra di esse. Era affascinato dalla loro lucentezza non meno di quanto fosse affascinato dal dolce viso della ragazza.
 
L’aveva lasciata dormire, mentre i suoi abiti si asciugavano nell’asciugatrice posta nel bagno. Poi, aspettando che si svegliasse, aveva acceso la televisione attaccata alla parete. Anche i suoi abiti erano nell’asciugatrice e non si era ancora cambiato, restando con un asciugamano avvolto ai fianchi.
 
Ricordava ancora l’espressione esterrefatta di Emma quando si era svegliata, nuda, nel letto, coperta solo con il lenzuolo. L’aveva presa in giro, facendole credere chissà cosa avessero fatto insieme. Ma quando si era reso conto che veramente l’effetto della droga le aveva provocato un’amnesia, le aveva detto la verità sullo “scherzetto” di Hans e sul tuffo nel Mystic con il relativo salvataggio.
Quando lei, prima di andar via gli aveva chiesto come si chiamasse, per poco non le aveva detto il suo vero nome. Alla fine si era presentato con il suo nome di copertura: Kim Steward.
 
Scendendo insieme con l’ascensore aveva scoperto la fobia di Emma per i luoghi alti e le sue vertigini. L’aveva tenuta abbracciata anche scendendo con quell’ascensore antiquato, fatto come una gabbia. Era stata un’occasione in più per tenerla vicina e respirare il suo profumo. L’aveva riportata a casa con la sua automobile nera e poi …
 
Il “poi” era stato che non era riuscito a togliersela dalla mente e aveva fatto in modo di rivederla ed invitarla a cena.
Gli piaceva Emma! Gli piaceva da impazzire! Non era soltanto attrazione fisica! Quella ce ne era molta ed era chiaramente reciproca! Gli piaceva per il suo modo di essere, per i suoi valori, per i suoi sogni! Si era reso conto che non poteva andare avanti con lei. Rischiava grosso! Sia sentimentalmente che per la sua missione, ma non c’era stato nulla da fare. Erano attratti l’uno dall’altra e con il passare dei giorni e delle settimane Emma era diventata per lui un chiodo fisso nella mente e nel cuore. Non ce la faceva ad aspettare il venerdì pomeriggio per vederla! Aveva preso l’abitudine di aspettarla sul portone per salire insieme con l’ascensore. Per baciarla appassionatamente con la scusa che lei non poteva guardare il vuoto della colonna di salita. Entravano di solito velocemente nell’appartamento e, affamati l’uno dell’altra, si spogliavano reciprocamente buttando gli indumenti dove capitava capitava. Emma aveva la scusa di passare il week end con la sua amica Regina, in quel modo tranquillizzava sua zia Ingrid, ma in verità quei week end erano tutti per loro. Erano usciti insieme soltanto una volta in quei due mesi che si erano frequentati, poi avevano avuto solo bisogno di appartenersi e di amarsi.
 
Killian era consapevole di non aver mai usato il preservativo con lei, un errore fatto in “buona fede”, lei lo aveva tranquillizzato dicendogli che aveva iniziato a prendere l’anticoncezionale. Aveva iniziato per lui … non era stata mai con nessun altro  prima! Era stata solo sua e questo gliela rendeva ancora più preziosa.
 
No! Killian Jones non aveva il minimo dubbio che il piccolo che stava crescendo nel grembo di Emma fosse suo! Sicuramente lei aveva usato degli antibiotici l’ultimo periodo che si erano incontrati! Si, sicuramente! Era raffreddata! Idiota che era stato a non pensarci! Ma era così preso da lei che quando stavano insieme il suo cervello perdeva ogni razionalità. Era stato per quello che aveva deciso di interrompere il rapporto con lei. Non poteva dirle semplicemente che la lasciava. Non ci sarebbe riuscito! Un’ora dopo l’avrebbe già richiamata! Doveva essere qualcosa di drastico per ambedue! L’idea gli era venuta anche per il fatto che Kim Steward doveva sparire agli occhi dei “Cartelli” rivali. La morte di un avvocato, colluso con quel mondo, un omicidio fatto ricadere reciprocamente sui due “Cartelli” avrebbe portato una sorta di guerra tra i Clan e sarebbero giunti allo scoperto i “pesci grossi” che volevano incastrare.
Dall’ultimo incontro con Milah si era visto che Gold era parecchio nervoso e ne aveva ben ragione! Qualcuno stava facendo sparire partite intere di “roba”! Milah non ne sapeva nulla ovviamente! Come nemmeno Gold poteva sapere che dietro quelle sparizioni, che lo stavano mettendo in cattiva luce con il “Cartello”, ci fosse un giovane Capitano della D.E.A. che lavorava in incognito.
 
Tra i “Cartelli” il nome di Kim Steward era diventato conosciuto, la D.E.A. aveva fatto in modo di renderlo tale. Far sparire Steward in contemporanea ad un grosso carico di stupefacenti avrebbe avuto l’effetto di un terremoto!
 
Killian aveva organizzato tutto per quel “nefasto” venerdì. Sapeva che Emma fosse arrabbiata con lui. Lo aveva visto mentre Milah lo baciava nel parco dell’Università. Era stato l’ultimo saluto per Milah, non si aspettava di essere visto da Emma, ma forse era andata bene così! Era sicuro che Emma sarebbe andata al loro solito appuntamento del venerdì pomeriggio, anche fosse stato solo per mandarlo al diavolo e prenderlo a schiaffi!
 
Le cose erano andate come pensava e come aveva organizzato. Quando Emma era giunta al suo appartamento, le aveva fatto trovare la porta socchiusa. Un suo agente, con impermeabile nero e cappuccio, stava simulando una zuffa con lui. Sotto la camicia bianca Killian portava dei piccoli dispostivi che si sarebbero aperti al momento giusto, versando il liquido rosso che contenevano e dando l’impressione che fossero ferite d’arma da fuoco.
 
Emma era entrata trovandolo in quella situazione. Lui le aveva gridato di fuggire. Il suo complice incappucciato gli aveva puntato una pistola contro e aveva provato a fuggire dalle scale di sicurezza, fuori dalla finestra. Killian si era fatto vedere da Emma inseguire l’uomo. Il complice aveva sparato mentre scendeva la scala e Killian aveva fatto esplodere i dispositivi sotto la camicia. Confidava nelle vertigini di Emma e nella sua impossibilità di seguirlo sulle scale e i ballatoi.
 
L’aveva vista affacciarsi terrorizzata dalla finestra e guardarlo rantolante e morente, con la camicia rossa di sangue. Aveva sentito le sue urla e la porta dell’appartamento battere, mentre la ragazza scendeva le scale per cercare aiuto.
Il suo sottoposto si era tolto l’impermeabile nero e lui lo aveva indossato per nascondere la camicia macchiata. Si erano scambiato un segno di OK e, saltando giù dalla scala di sicurezza era entrato nel Suv guidato da Winter Soldier, intenzionati a sfrecciare verso l’aeroporto, dove doveva prendere un aereo per Dublino.
Non credeva che Emma sarebbe stata tanto veloce a scendere dall’appartamento. Jefferson dovette frenare bruscamente per non investirla e lei, disperata e piangente, aveva cercato di aprire lo sportello dal lato di Killian per chiedere aiuto. Con espressione glaciale Killian l’aveva guardata battere le mani sul vetro oscurato. Quei meravigliosi occhi verde acqua guardavano verso di lui senza vederlo. Erano pieni di lacrime e Killian sentì una crepa aprirsi nel suo cuore, come probabilmente si era aperta in quello di Emma.
Mestamente si era dato l’ordine mentale di mantenere quel suo cuore congelato, così come l’addestramento di Lorna imponeva, ma ormai era tardi per lui, perché Emma Swan era riuscita a scioglierlo completamente quel ghiaccio!
 
Lui e Sebastian erano schizzati via come una freccia, lasciando Emma al centro della strada, mentre scivolava sulle ginocchia piangendo. L’aveva osservata dal retrovisore fino a vederla trasformarsi in un puntino, raggiunto da un’utilitaria che si era fermata per soccorrerla.
---000---
 
 
- Hai una grande responsabilità nei confronti di Emma! Devi decidere cosa fare. Lei ha diritto di sapere la verità! Immagino che nella tua operazione fosse necessario uccidere Kim …
- Hai immaginato giusto Lorna! La morte di Kim sta portando una reazione a catena che ci sarà utile. Emma ha dato una maggiore credibilità all’omicidio, anche se il cadavere irriconoscibile è stato ripescato nel Mystic …
- Hai una vaga idea di cosa ha provato quella ragazza?
 – So cosa ho provato io nel doverla perdere e cosa provo a non poterle dire la verità e a non poterla tenere ancora tra le braccia, specialmente adesso che aspetta il nostro bambino!
 
Lorna guardò tristemente Killian. Sapeva che anche lui stava soffrendo la mancanza di Emma. Poi la sguardo triste di Lorna si trasformò in un sorriso.
 
– Ci sono ancora speranze per voi due Killian! Basterà trovare il modo! Vai ora e usa il tuo genio per risolvere il problema!
 
Come inizialmente l’aveva sbattuto al muro, anche ora Lorna non riuscì a mantenere il distacco emotivo e, prima che Killian uscisse dalla porta, lo abbracciò come avrebbe fatto con un figlio.
 
***
 
- Vedo che sei ancora vivo Capitano! Temevo di dover entrare a raccogliere le tue briciole! Lorna quando ci si mette va giù pesante!
– Beh! Non posso dire che ci sia andata leggera! Ma non aveva nemmeno tutti i torti!
– Ah! L’amore! Scioglie anche il “Cuore di ghiaccio”!
– Smettila di sfottere Seb! Non mi pare che Winter Soldier sia rimasto immune, nonostante l’addestramento!
– Vecchio mio! Il mio cuore era già perduto! Ma quella veramente di ghiaccio è “lei”!
 – Possibile che dopo tutti questi anni ancora non sei riuscito a far breccia con Lorna?
– Diciamo che ci stiamo lavorando Capitano!
– Mmm! Questa sì che è una notizia!
– A proposito di  “notizia”…
- Che altro ancora?! Oggi ne avrei avute abbastanza!
– Tuo padre!
– Che centra lui adesso?!
– Diciamo che centra parecchio, visto che è rientrato nell’appartamento vicino all’Università!
– Maledizione! Non se n’è tornato in Florida?!
– No amico! Mouse l’ha visto fare la spola con parecchie tele e un cavalletto, inoltre da qualche giorno fa la spola anche al Campus Medico!
– Starà facendo qualche controllo e intanto ha deciso di lavorare nell’appartamento, c’è una luce magnifica per dipingere! L’avrà scelto per quello quando lo ha comprato!
– Magari aveva pensato che un giorno ci saresti andato anche tu e avresti voluto dipingere!
– Non credo proprio! Per mio padre io vengo dopo il suo ultimo pensiero!
– Sarà! Se lo dici tu! Comunque stai attento a non farti vedere! Dormirai nell’ufficio sotterraneo?
– Ovviamente! Non potrei in ogni caso usare l’appartamento no?
– Se vuoi puoi stare da me!
– No, grazie Seb! Lo sai che devo monitorare la situazione con i macchinari. Siamo agli sgoccioli ormai e non voglio distrazioni!
– Quindi eviterai di cercar di vedere Emma?
 
Killian non rispose subito alla domanda. La tentazione di vederla, senza farsi vedere, era fortissima.
 
– Non la devo pensare nemmeno Seb!
 
Sebastian Jefferson sorrise guardando la strada che stavano percorrendo. Il tono di voce di Killian tradiva i suoi veri pensieri.
 
***
 
Il Maserati si era intrufolato nel retro della palazzina, dove una porta a saracinesca si aprì automaticamente all’ordine del telecomando posto sul cruscotto. Il Suv sparì all’interno e  i due uomini uscirono da esso per entrare nelle stanze della centrale segreta. Quattro agenti lavoravano ai computer ultramoderni sistemati su diverse scrivanie. Killian entrò nel suo ufficio di comando e si mise seduto davanti ai suoi monitor. Si collegò con l’ufficio di Dublino e con l’Ufficio principale della D.E.A.
 
Lavorò fino a tardi. Jefferson era andato via e con lui due dei quattro agenti. “Captain Hook” si massaggiò gli occhi stanchi. Erano passate le 23,00, aveva bisogno di dormire, anche il fuso orario stava facendo i suoi effetti!
Improvvisamente il suo cellulare si illuminò per un messaggio.
 
– Emma?!
 
Non poteva crederci! Emma gli aveva appena inviato un messaggio, la fotografia, che le aveva fatto la prima volta che l’aveva incontrata, era comparsa sullo schermo!
Perché quel messaggio? Non poteva aprirlo. Emma avrebbe visto che era stato letto e, ovviamente, Kim non avrebbe mai potuto farlo!
 
Se Kim non poteva farlo, non si poteva dire lo stesso di un geniale ingegnere informatico! Killian prese da un cassetto un sottile cavo e collegò il cellulare al computer. Digitò una serie di cifre e il messaggio comparve sul monitor del computer. Era una traccia vocale. Avrebbe sentito la voce di Emma! Le mani gli tremarono sulla tastiera mentre si accingeva a dare “invio”.
 
– Non so bene nemmeno io perché ti invio questo messaggio Kim! Sono impazzita del tutto probabilmente! Forse il tuo cellulare è tra i reperti della Polizia o forse è andato perduto … in ogni modo non potrai sentirlo!
 
Killian sentì il singhiozzo e la voce incrinata di Emma.
 
- È strano … forse fa parte della mia follia … eppure ho la sensazione che tu in qualche modo mi possa sentire ancora … probabilmente è solo un mio desiderio! Vorrei dirti quanto mi manchi Kim … e vorrei dirti anche una cosa bella che ci è successa … non so se per te lo sarebbe stata … per me è la cosa più bella che potesse accadermi … aspetto un bambino Kim!
 
Ora Killian sentì la gioia nella voce di Emma.
 
– Si, amore mio! È il tuo bambino! Il nostro piccolo! Non volevo incastrarti, non lo avrei mai fatto! È stato un caso aver annullato l’effetto della pillola con l’antibiotico! Lo ignoravo! Eppure ora benedico quel mal di gola che mi ha fatto prendere il medicinale, perché adesso potrò avere ancora qualcosa di te! Era questo che ti avrei voluto dire Kim, ma tu non potrai mai saperlo e nostro figlio non potrà mai conoscerti! Lo crescerò con tutto l’amore che ho provato per te Kim! Te lo prometto!
 
La voce di Emma si era incrinata nuovamente. Killian capì che aveva iniziato a piangere mentre chiudeva il messaggio che gli aveva inviato.
 
Prese il cellulare. Aprì sull’immagine di Emma. Ingrandì il viso con il tocco dei polpastrelli sul piccolo schermo. Poi si portò il cellulare all’altezza del cuore.
 
– Ho sentito Emma! Vorrei poterti dire anche io quanto ti amo e quanto mi manchi! Se non fossi chi sono, ti avrei detto che sono felice di avere un figlio da te. Sei l’unica con la quale vorrei avere figli, avrei voluto dirtelo quando mi hai chiesto come avrei chiamato un nostro bambino …
 
Chiuse gli occhi, restando qualche secondo con il cellulare poggiato sul petto, pensando a lei. Gli mancava terribilmente, nel corpo e nell’anima! Ricordò l’ultima volta che era stata sua, rivide le proprie mani sul suo candido seno e sentì ancora il suo sapore sulle labbra. Riaprì gli occhi repentinamente. Riprese il cellulare e scorse la rubrica. Sfiorò l’avvio della chiamata e dopo un paio di squilli ebbe una risposta.
 
 – Killian sai che ore sono vero?
– Si Lorna, lo so!
– Bene! Ne sei consapevole! Quale è la tua decisione quindi?
 
Non era stato difficile per Lorna capire il motivo della chiamata.
 
– Emma avrà il nostro bambino! Dovrà avere tutte le cure necessarie! Indirizzala dal tuo ex marito, è un ottimo ginecologo mi sembra!
– Si, uno dei migliori di Boston!
– Soprattutto uno che sa la verità sulla tua professione!
– Capisco …
- Mio figlio avrà tutto ciò di cui ha bisogno e avrà suo padre al suo fianco!
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
Carissimi lettori! Sono tornata. Perdoni il ritardo chi aspetta da un po’ questo seguito! Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Sappiamo qual è stata la reazione di Killian alla notizia che la sua Emma aspetta un bimbo da lui. Ne è felice, ma ancora ha una missione da concludere. Vedremo cosa altro capiterà.
Non faccio promesse sull’arrivo del prossimo capitolo, le mie intenzioni non vanno di pari passo con le possibilità, ma cercherò di mantenere le pubblicazioni di domenica, anche se non tutte le settimane. Fatevi comunque un giro, capitasse di trovar il tempo per scrivere! Un grazie a tutti coloro che seguono e a chi lascia i suoi graditi commenti. Spero che il Natale sia stato sereno per tutti voi. Sono in ritardo per quell’augurio ma vi auguro un nuovo anno di salute, amore e serenità.
Un abbraccio dalla vostra Lady Lara

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Capitolo 14
*** Tradimenti e sospetti ***


Capitolo 14
Tradimenti e sospetti
 
L’ultima settimana era stata pesante per la Dottoressa Lorna Stone!
 
Era ritornata la sera prima da Quantico e quel lunedì mattina si sentiva veramente stanca. Era stata chiamata per redigere un profilo su un assassino, cosa non facile, visti gli scarsissimi indizi, e poi aveva condotto l’ennesimo seminario per la formazione di un nuovo gruppetto di “allievi” per l’F.B.I. Quella domenica notte aveva potuto finalmente dormite nel suo appartamento di Boston, lo stesso in cui aveva il suo elegante studio.
Erano le 8,00 di mattina e stava aprendo le tapparelle, consentendo al sole di illuminare la stanza dove campeggiava l’elegante salottino in pelle bordeaux stile “Chesterfield”.
 
Generale fece sentire il suo miagolio da dietro la porta che separava lo studio dal resto dell’appartamento. Quella zona “lavorativa” era off limits per il micio ed esso lo sapeva bene. Quando vedeva la sua amata padrona entrare in quella stanza,  preferiva farsi aprire la porta che dava sul giardino e passare lì le ore, sonnecchiando al sole o arrampicandosi su per gli alberi.
 
– Arrivo Generale! Arrivo! Avrai i tuoi croccantini e la tua passeggiata! Le gocce anti parassiti te le ho già messe, vedi di non sporcarti quel pelo lungo o ti rifarò il bagno!
 
Il gatto le rispose con un lungo miagolio, come se avesse capito l’antifona e volesse protestare in merito al bagno. Lorna sorrise, sapeva che Generale, come la maggior parte dei felini, non prediligesse particolarmente quel tipo d’igiene. Si abbassò e gli fece una coccola, molto gradita, sulla testolina morbida. Generale chiuse gli occhi e si buttò “coccoloso” per terra, aspettando altre carezze.
 
– Sei il solito ruffiano lo sai? Mi ricordi un paio di uomini che ho conosciuto … Ma tu meriti sicuramente le coccole più di loro!
 
Il gatto rosso intanto faceva le fusa, un suono che lo tranquillizzava e che aveva la capacità di tranquillizzare anche Lorna, in quei momenti in cui, sola in casa e triste, lo teneva sulle gambe accarezzandone il folto pelo.
 
– Basta ora “Tesorino”, ti metto la tua ciotola fuori dalla portafinestra, così quando avrai mangiato farai come vuoi in giardino.
 
Il gatto aveva capito gli intenti della padrona e, con un saltello, la superò, correndole avanti, in direzione dell’armadietto dove teneva la sua pappa e voltandosi ogni tanto per controllare che lei lo seguisse veramente.
 
Lorna richiuse la portafinestra dopo aver dato un’ultima occhiata a Generale che aveva ottenuto la sua ambita colazione e si diresse in bagno. Era tornata talmente tardi la sera prima che non aveva avuto la forza di godersi la sua amata doccia rilassante e decise di usufruirne in quel momento. Aprì l’acqua del box doccia e si voltò verso la grande specchiera che rifletteva il piccolo bagno, facendolo sembrare grande il doppio. Si sciolse il nodo della vestaglia di seta bianca e se la fece scivolare dalle spalle, restando nuda. Si contemplò allo specchio e si vide ancora in forma. Per i suoi 39 anni chiunque l’avrebbe potuta definire una bella donna. Aveva ancora il seno alto e sodo e la pancia piatta e tonica, merito non solo dei tre appuntamenti settimanali in piscina e dell’alimentazione salutista ma, anche, del non aver mai partorito o allattato.
 
“Né partorito né allattato …”
 
Il suo sguardo si rattristò e si portò la mano destra sul pube, all’altezza del punto in cui si trovava l’utero.
Lorna aveva un grande rimpianto nei suoi 39 anni d’età. Quello di non essere mai diventata madre!
Si guardò allo specchio con un sorriso sghembo e amaro. L’orologio biologico stava ancora segnando i minuti, i giorni e i mesi. Quanto altro tempo aveva ancora per un progetto di quel genere? Soprattutto … avrebbe potuto mai permettersi un tal progetto?
 
Si voltò verso la doccia e vi entrò, assaporando il getto caldo sul petto. Si poggiò con le mani alla parete della doccia e infilò la testa sotto l’acqua, restando ad occhi chiusi con la fronte poggiata sulle mani strette a pugno.
Avrebbe voluto che l’acqua, che le scivolava in rigagnoli sulla pelle appena ambrata, portasse via oltre alla stanchezza e alla schiuma del sapone, anche i pensieri tristi e i ricordi ad essi ancora allacciati.
 
Pensò a Killian e ad Emma. Voleva un gran bene al giovane Capitano. Per lei era stata la persona più vicina, sentimentalmente, ad un figlio. Certo non avevano la differenza d’età per poterlo essere! Ma l’affetto che aveva per lui era molto simile a quello materno. D’altro canto sembrava che anche per Killian, dopo la loro conoscenza iniziale e la sua spavalderia, si fosse instaurato nei suoi confronti quel tipo di rispetto, stima e affetto che avrebbe riservato più ad una figura materna che alla sua insegnante. Quante volte Killian, in quegli undici anni, si era aperto con lei? Lo doveva ovviamente anche alla sua professione! Ma il tipo di fiducia che Killian aveva in lei andava oltre la sua accertata professionalità. Lorna sapeva che nel loro rapporto si erano incontrati i loro reciproci bisogni, il suo, di avere un figlio, e quello di Killian, di ritrovare una madre che aveva perduto troppo presto.
Non era mai stata l’Analista di Killian in realtà. Non avrebbe potuto esserlo, visto quel transfert tra loro. Aveva preferito essere una confidente e un’amica, tra un seminario e l’altro. Una confidente con una professione che l’aiutava a dargli delle risposte, senza dimenticare i loro ruoli nell’ F.B.I. e nella D.E.A.
 
Lorna ricordò lo sguardo di Killian nel momento in cui gli aveva rivelato che Emma fosse incinta di lui. Sapeva, per le confidenze da lui ricevute negli anni, che Killian aveva avuto molte ragazze. Era un seduttore nato! Nemmeno se ne rendeva conto!
Ma Lorna sapeva che non si era mai veramente innamorato di nessuna. Non fino a quel momento almeno! Era sempre stato bravissimo a mantenersi distante dai sentimenti, aveva recepito perfettamente le lezioni di Lorna. Non per nulla si era guadagnato il nomignolo di “Cuore di ghiaccio”.
 
“Finchè non hai trovato Emma, piccolo Kim!”
 
Anche Lorna spesso, nei momenti di confidenza, lo chiamava Kim, utilizzando il diminutivo che gli aveva affibbiato il fratello Liam da piccolo e con il quale lei lo aveva conosciuto la prima volta che lo aveva incontrato e interrogato alla centrale dell’F.B.I.
 
“Ti sei innamorato di lei perdutamente e perdutamente ricambiato direi!”
 
L’acqua continuava a scivolare sulle membra lisce di Lorna e i pensieri  fluivano  con essa. Ricordò la telefonata della tarda sera del lunedì precedente. Killian l’aveva chiamata che già si era infilata tra le lenzuola e le aveva chiesto o, meglio dire, imposto, di indirizzare Emma verso un ginecologo di fiducia. Le aveva proposto il suo ex marito, sia per la sua conosciuta professionalità, sia per il fatto che il medico fosse ben a conoscenza del lavoro della  ex moglie.
 
Lorna sospirò mentre l’acqua le colpiva il viso alzato. Era il giorno dell’appuntamento con Emma … se avesse accettato di farsi seguire da Federik Victor, l’avrebbe poi dovuto chiamare!
Si odiava per quell’eventualità e francamente sperava che Emma le dicesse di aver già un ginecologo di fiducia dove poter andare.
 
Da quando non vedeva il suo ex marito? Fece un breve calcolo mentale …
 
“Sette anni, dall’ultima udienza per il divorzio …”
 
Non lo vedeva da allora, ma lo aveva sentito spesso telefonicamente. Era lui che la chiamava di solito. Si ricordava del suo Compleanno e le faceva gli auguri,  oppure la chiamava per le festività, con lo stesso scopo: gli auguri! Lorna non sapeva che farsene dei suoi auguri! L’aveva prima distrutta e poi faceva il “Carino”?
 
Pensare a Federik Victor le faceva ancora male, ma era più un dolore nel suo orgoglio ferito ormai. Si diete della stupida a ripensare a quanto lo avesse amato, a quanto avesse tenuto al loro rapporto, di  quanta stima lo avesse investito, quasi fino ad annullare se stessa! Cosa poteva fare l’amore ad una persona!
 
Non aveva giudicato Emma quando le aveva detto di essersi innamorata come in un colpo di fulmine del “suo” Kim. Lorna non si poneva mai in atteggiamento giudicante, con nessuno, ne tantomeno con i suoi pazienti. In materia d’innamoramento poi, men che meno!
Conosceva bene il “colpo di fulmine”! Lo aveva vissuto proprio per il suo ex marito.
Pensando alle sensazioni provate in quella situazione, ricordò il suo primo incontro con lui e ciò che ne era conseguito.

 
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Si era appena laureata in Psicologia e aveva fatto domanda per entrare nell’F.B.I. Aveva una passione per l’investigazione, oltre che per la Psicologia, ed era convinta che avrebbe potuto dare un suo contributo tra i Federali. Era interessata in particolare alle personalità delinquenziali e il suo sogno era di diventare una “Profiler” esperta.
In breve la sua domanda era stata accettata, aveva un ottimo curriculum di studio, ed era stata chiamata per un colloquio. Pochi giorni dopo aveva ricevuto una raccomandata in cui le si diceva di presentarsi a Quantico per iniziare il suo corso di addestramento e studio nell’F.B.I. Il corso sarebbe iniziato a Settembre e lei avrebbe avuto quell’estate libera per “raccogliere” le idee e per fare un viaggio che da anni desiderava fare. Desiderava vedere l’Austria e in particolare la sua capitale: Vienna.
 
Lorna non veniva da una famiglia ricca, i suoi genitori erano semplici impiegati in una industria  di Boston, ma avevano cresciuto lei e i suoi due fratelli in modo più che dignitoso e decoroso. Sia lei che i fratelli avevano frequentato l’università e avevano contribuito alle spese familiari lavorando part time. Aveva sempre fatto in modo di avere una piccola autonomia economica, per gestirsi le sue spese per gli studi e anche per qualche piccola soddisfazione personale. Per la Laurea i genitori le avevano voluto regalare il viaggio che lei desiderava da tanto.
 
Era partita in quella metà di luglio, subito dopo aver saputo di essere stata ammessa a Quantico e con la sua migliore amica aveva preso l’aereo per Vienna, facendo prima scalo a Londra. Proprio durante lo scalo aveva notato il giovane alto e biondo che, facendole un sorriso simpatico, si era voltato verso di lei mentre depositava il suo bagaglio a mano nel vano dell’aereo. Il giovane occupava un posto più avanti e,  durante l’ultima fase del viaggio, si era voltato più volte a guardarla. Anche Tiny se ne era accorta! La sua amica le aveva dato tante di quelle gomitate che Lorna pensava di averne i lividi sul costato!
All’aeroporto di Vienna si erano persi di vista. Sapeva di lui solo che era atterrato a Vienna e si chiese se l’avrebbe incontrato nuovamente.
Le due settimane seguenti visitò la bella capitale austriaca con la compagnia di quella buontempona di Tiny e gli ultimi due giorni di permanenza decisero di recarsi a visitare la Sigmund Freud-Haus. Per una studiosa di psicologia e ammiratrice del padre della psicanalisi era a dir poco ” d’obbligo” una visita alla casa museo di Freud, in Berggasse 19!

Lorna aveva girato in quelle stanze del primo piano della palazzina, tra i cimeli e gli oggetti antichi che Freud amava collezionare. Mentre osservava la libreria con la vetrina, posta nello studio “del padre della psicoanalisi”, si accorse, dal riflesso nei vetri, di un giovane alto che le giungeva alle spalle. 
 
– Peccato che il divano usato da Freud per le sue famose sedute, sia stato portato via! Si trova a Londra, dove si era rifugiato a causa della persecuzione degli ebrei, qui sono rimaste solo le poltrone!
 
Lorna aveva trattenuto il fiato. Il giovane le aveva parlato sommessamente all’orecchio, con voce sensuale e un lieve accento tedesco.
 
– Ti sarebbe piaciuto allungarti su quel divano e giocare al dottore e la sua paziente con me?
 
Il biondo giovanotto, incontrato sull’aereo, era piuttosto diretto e a Lorna, alla quale non piacevano i mezzi termini, gli fece un sorriso ironico e gli rigirò la domanda.
 
– Magari a te sarebbe piaciuto allungarti su quel divano e giocare al paziente con la sua dottoressa ... con me!
– Sei una donna dominante?
– Forse!
– Ma io sono un “vero” dottore, mi sentirei meglio nella mia parte!
– Ooh! Ma io sono una vera Psicologa e mi sentirei molto bene anche io nella parte del dottore!
 
Erano scoppiati a ridere e poi passati alle presentazioni. Federik Victor aveva origini tedesche e i nonni materni erano austriaci. Abitavano nella palazzina opposta a quella della Casa-museo di Freud e lui, avendola vista in strada con la sua amica, intenzionata ad entrare, l’aveva seguita per conoscerla. Aveva un paio d’anni più di Lorna e si era laureato in medicina pochi mesi prima. Ogni estate si recava a Vienna per passare un po’ di tempo con i suoi anziani nonni e i parenti materni. Viveva a Londra con la madre vedova e un fratello più piccolo, suo padre era stato docente di Matematica applicata e fisica all’Università di Cambridge. Il genitore avrebbe visto di buon occhio che il suo figlio maggiore seguisse le sue orme, ma non si era certo rammaricato di vederlo laureare in medicina, peccato che non aveva potuto vederlo veramente, essendo passato a miglior vita l’anno prima!
 
Tiny li aveva trovati a parlare fitto fitto nello studio di Freud e dietro le spalle di Federik aveva fatto una serie di gesti a Lorna, sgranando gli occhi nell’aver capito che si trattasse proprio del “biondo” dell’aereo.
 
Gli ultimi due giorni di permanenza a Vienna, Lorna li aveva passati con lui, mentre Tiny si dava agli ultimi acquisti di souvenirs. L’ultima sera era stato molto romantico il loro incontro e dopo la cena, insieme ed una bella passeggiata sul Danubio, si erano scambiati il loro primo bacio, con il rammarico di doversi lasciare troppo presto.
Avevano parlato dei loro sogni, dei loro progetti futuri … Lorna aveva detto a Federik del suo prossimo inserimento nella scuola di Quantico e lui le aveva raccontato di voler frequentare una specializzazione in ginecologia in America, probabilmente proprio alla famosa università Bostoniana di Harvard.
 
Il sentimento che era nato tra loro, così velocemente, mescolato ad una forte attrazione fisica, li aveva portati, nel giro di due anni, a decidere di sposarsi.
 
Quando Lorna aveva conosciuto Killian era sposata già da un paio d’anni ed era ormai la “profiler” che aveva voluto diventare nell’unità dei “Cacciatori di cervelli” dell’F.B.I. con il grado di Tenente.
In quell’occasione aveva conosciuto Sebastian Jefferson. Per la prima volta in vita sua Lorna aveva provato un’attrazione fisica fortissima nei confronti di un uomo che non fosse suo marito. Non immaginava certo che l’Agente scelto Jefferson sarebbe diventato uno dei suoi allievi nel seminario sulla seduzione e sull’autocontrollo. Né aveva mai saputo o sospettato che l’Agente Sebastia Jefferson si era iscritto a quel seminario per starle vicino e avere la possibilità di frequentarla.
Sebastian e Killian erano i due Agenti più belli del seminario e sarebbero stati usati nelle azioni di copertura anche con scopi seduttivi. Lorna li aveva preparati a non farsi coinvolgere emotivamente da quelle situazioni e loro due erano sempre stati molto in gamba.
 
– Sulla vostra capacità di seduzione non ho nulla da insegnarvi! Per quello ci ha pensato madre natura! Ma riguardo al coinvolgimento emotivo con i vostri agganci, dobbiamo parlarne per bene!
– Dici che ho buone possibilità naturali di sedurti Lorna?
 
Sebastian era sempre esplicito in modo imbarazzante, spiritoso e gioviale nel farle palesi avances.
 
– Dico che con me hai buone probabilità di ritrovarti con la testa rotta Seb! Specialmente se continui a chiamarmi Lorna invece che Signor Tenente!
 
Killian si ritrovava a guardare sia Lorna che Sebastian ridendo sotto i baffi, sapeva che a Seb lei piaceva veramente, su Lorna aveva dubbi, sapendo che fosse molto affezionata al suo marito medico – ginecologo tedesco!
 
Dopo il seminario i due Agenti speciali erano stati inseriti nella D.E.A e si erano visti più raramente. Nei due anni seguenti Lorna aveva lavorato parecchio e spesso aveva dovuto stare fuori per settimane. Federik si era inserito ormai in un reparto di Ginecologia del Boston Children's Hospital e viveva sempre con maggior insofferenza il lavoro di sua moglie. Sembrava quasi che il lavoro di Lorna fosse un rivale per lui e non mancava occasione per sottolinearlo alla consorte.
 
Quelle due prime settimane di Aprile, di sette anni prima, Lorna era stata chiamata a Los Angeles dalla sezione locale dell’F.B.I. Si trovava a chilometri di distanza da suo marito e mai come in quei giorni ne aveva sentito così tanto la mancanza! Lo aveva chiamato spesso e lo aveva sentito sbrigativo nelle telefonate. “Nulla di strano”, aveva pensato, era in reparto, stava lavorando, ma anche nei momenti di pausa era stato così.
Quei giorni Lorna aveva avuto forti nausee e aveva rigettato ogni mattina, anche prima di colazione. Aveva capito il motivo e ne era felice! Aveva saltato il ciclo e facendo i calcoli dall’ultimo rapporto che aveva avuto con il suo Federik, le probabilità di aspettare finalmente un bambino erano alte. Non aveva resistito a tornare a casa e aveva fatto il test nella camera d’albergo che l’F.B.I. le aveva riservato. Non era nella pelle quando aveva visto comparire le due lineette rosa! Avrebbe voluto chiamare suo marito subito, ma la voglia di vedere la sua espressione quando glielo avrebbe detto era più forte.
Aveva finito il lavoro tre giorni prima del previsto e, con l’intento di fare una doppia sorpresa a suo marito, aveva salutato i colleghi e si era fatta accompagnare da uno di loro all’aeroporto. Avrebbe dovuto rientrare a Boston il Martedì seguente, ma quel sabato, in primo pomeriggio, era già a casa. Sapeva che Federik aveva il turno di riposo in quel week – end, visto che aveva lavorato il precedente, e immaginava di finire subito a letto con lui, per dirgli poi la bellissima novità. Aveva deciso durante il viaggio che avrebbe dato le dimissioni dall’F.B.I. avrebbe continuato il suo lavoro come psicologa e psicoterapeuta privata, dandosi più spazio per la famiglia rispetto al lavoro. Le sembrava giusto nei confronti del nascituro, inoltre suo marito ne sarebbe stato felice!


Non sempre l’idea di fare una sorpresa è un’idea felice! Come era successo a Killian con suo padre, anche a Lorna la sorpresa le si era rivoltata contro!

Aveva aperto la porta dell’appartamento in cui viveva con suo marito e aveva visto subito una giacca da donna e una borsetta sulla sedia dell’ingresso. Aveva pensato che suo marito avesse ricevuto la visita di una collega, capitava a volte, ma non l’aveva sfiorata l’idea peggiore. Era entrata nel living, pensando di trovarli lì o nella stanza attigua adibita a studio, ma non vi era nessuno. Sulla scrivania vi era il cellulare di suo marito e la tentazione di aprirlo fu troppo forte per lei. Lo schermo si illuminò sull’ultimo messaggio ricevuto. Le si gelò il sangue. Era arrivato verso le 11,00 di quella mattina. Era di una certa Patty che diceva:
 
- Amore sono sotto il tuo appartamento, sicuro che tua moglie torna martedì? Non ho portato la camicia da notte …
 
Il messaggio finiva con una faccina che faceva l’occhiolino. La risposta la fece ghiacciare ancora di più.
 
– Amore lo sai che non ti servirà nessuna camicia da notte né altro fino a martedì mattina?
 
In quel momento Lorna aveva scoperto dove e con chi fosse suo marito in quel momento. Era proprio lì, nel loro appartamento, precisamente nella loro camera da letto, nel loro letto!
Sentì la gola seccarsi completamente e ronzarle le orecchie. Era un incubo quello che stava vivendo! Il peggiore che avrebbe potuto spezzare i suoi sogni e le sue speranze!
Quello era il “suo” Federik Victor? Disse che non poteva essere! Quella era solo una storia di sesso! Lei mancava da giorni e lui aveva avuto quel bisogno! Sicuramente quella tizia era una escort a domicilio! Una mercenaria del sesso!
 
Voleva crederlo con tutta se stessa ma il suo pollice automaticamente schiacciò il pulsantino per scorrere i messaggi …

Sentì mancarle il pavimento sotto i piedi. I messaggi precedenti risalivano almeno a tre mesi prima. Si trattava di una relazione sentimentale vera e propria. La donna si sbilanciava più di Federik in quello che diceva. Era a volte sdolcinata nei suoi  messaggi ed altre volgare, faceva riferimento a sensazioni provate con lui nei vari modi possibili dei loro incontri sessuali. Parlava di vivere insieme, dichiarava di volere un figlio da lui. Lo rimproverava di non aver ancora detto a sua moglie che amava lei e che voleva lasciarla. Lui le faceva promesse e dichiarazioni, dicendole che non era facile mollare sua moglie dalla sera alla mattina, ma presto sarebbero andati a vivere insieme!

Lorna sentiva il dolore lancinante che le stava stringendo lo stomaco e i visceri. Come aveva fatto a non accorgersi di nulla? Era stata così presa da se stessa e dal suo lavoro da non essere riuscita a vedere negli occhi di suo marito il cambiamento? Lei lo amava profondamente e lui si stava comportando in quel modo da viscido verme traditore? Aveva portato quella donna nella loro alcova addirittura?! Quante volte era potuto succedere in quei tre mesi? Si rese conto che poteva essere stato possibile!

Decise di salire le scale che portavano alla stanza da letto. Ormai già stava soffrendo. Se doveva farsi del male e spezzarsi definitivamente il cuore, lo avrebbe fatto fino in fondo.
Trovò la porta della stanza appena poggiata, non completamente chiusa. Erano tranquilli nella loro privacy, sapevano che lei era lontana!

 
– Patty sei fenomenale!
 
I gemiti e i complimenti che Federik rivolgeva alla donna accoccolata tra le sue gambe, mentre agiva in una fellatio, fecero provare un profondo schifo in Lorna. In un momento tutto ciò che aveva sempre provato per quell’uomo crollò miseramente.
I cocci di quegli anni di vita insieme sembrarono staccarsi dal suo corpo e finire rumorosamente a terra, sbriciolati come un bicchiere infrangibile ormai infranto.

Quello era stato il loro amore? Un “fragile” bicchiere infrangibile?
 
– Santo Dio Lorna! Non dovevi tornare martedì?
– Si … forse era meglio se fossi tornata martedì Federik! Ma quanto ancora sarebbe andata avanti questa farsa?
 
La donna intanto si era ritirata seduta al fianco di Federik e abbracciata a lui si era tirata su il lenzuolo.
 
– Si copre signorina? Fa bene … si è visto abbastanza di lei ormai! Questa è la sua giacca e questa la sua borsetta. Mi sono presa la briga di portargliela. Si rivesta e vada via da questa casa per favore. Ti aspetto nello studio Federik!
 
Il dolore, dell’amara sorpresa erano diventate rabbia in Lorna. Non sapeva neppure lei come stava riuscendo a mantenere la calma e la freddezza, quando, invece, dentro il suo cuore stava gridando!
Quella donna non aveva particolare avvenenza, aveva forme abbondanti e dei chili di troppo. Lorna pensò che avesse qualità che a lei mancavano, poiché il confronto fisico la feriva violentemente. Era più intelligente di lei? Ci sapeva fare meglio a letto? Aveva concesso a suo marito “cose” che lei non gli aveva concesso? Scendendo in cucina vide che avevano pranzato insieme. I piatti erano ancora nel lavello. Evidentemente presi dalla passione non si erano dati il tempo neppure di lavare i piatti. Il disgusto l’assalì nuovamente. Federik non sapeva cucinare … quella donna aveva cucinato per lui, nella sua cucina, con le sue pentole e i suoi piatti. Ogni intimità con suo marito era stata rubata da quella donna e lui aveva lasciato fare, complice di quel furto ai danni di sua moglie …

 
Aveva sentito i passi per le scale, frettolosi, e la porta dell’ingresso chiudersi.
Suo marito si palesò nello studio dove lei lo aspettava cinerea.
 
– Mi dispiace Lorna … te lo avrei detto in un altro modo, non volevo che lo scoprissi così!
– Come me lo avresti detto? Tramite lettera di richiesta di separazione dell’avvocato? Dimmi perché Federik …
- Mi sono accorto di aver smesso di amarti Lorna!
 
Era abbastanza! Nulla al mondo può far più male che sentirsi dire di non essere più amati! Corrisponde ad una morte! Quello era! La morte dell’amore!
 
Lorna sentì un forte dolore al ventre. Una specie di scoppio. Si piegò in due per il dolore.
 
 – Lorna che hai!
– Vattene via Federik lasciami sola! Non voglio più vederti!
 
Federik era un traditore, uno della peggior specie, ma era un professionista nel suo lavoro e aveva capito che c’era qualcosa che andava oltre nel malore di Lorna. Le corse vicino cercando di tirarla su per farla allungare sul sofà posto nello studio. Lei rifiutava il suo aiuto. Non piangeva, ma faceva smorfie per il dolore. I pantaloni chiari iniziarono a macchiarsi in modo sempre più vistoso di rosso.
 
– Lorna da quando sei incinta? Stai perdendo il bambino!
– Nooo! Non voglio perderlo! Non voglio perdere anche lui!
 
--- 0 ---
 
Lorna ricordava la corsa all’ospedale, la sala chirurgica allestita in fretta ….

Tutto era finito quasi prima di cominciare. Federik aveva lasciato Patty. Per lui non era certo il grande amore! Aveva cercato il perdono di sua moglie, ma Lorna aveva ormai una ferita profonda dentro di sé che pur rimarginandosi avrebbe lasciato una cicatrice vistosa. Non avrebbe mai potuto dimenticare cosa le aveva fatto suo marito. Forse se avesse avuto il loro bambino avrebbe provato a superare tutto. Forse ci sarebbe in parte riuscita per amore del piccolo, avrebbe cercato di lottare per salvare il suo matrimonio, ma ora, nulla la legava più a quell’uomo. Aveva ancora affetto nei suoi confronti, l’avrebbe sempre avuto, ne era certa! Sapeva però che non avrebbe mai più avuto stima nei suoi confronti, ormai lo considerava meno di zero nel suo valore! Quello non sarebbe più tornato come prima e non poteva tornare con un uomo che non considerava più tale!
 
In quei sette anni di separazione e divorzio, Federik aveva provato più volte a riavvicinarsi. Lorna aveva alzato i muri emotivi che insegnava ai suoi allievi. Doveva pur difendersi no? Sapeva che ora  intrattenesse una relazione con un’ostetrica che lavorava con lui. L’altra precedente era un’infermiera del suo reparto che era stata licenziata per comportamenti equivoci anche nei confronti di altri medici. Non era proprio una brava ragazza, da quanto si era visto! Peccato che per una così Federik avesse distrutto la sua famiglia!
 
L’acqua scorreva ancora sul corpo di Lorna e portò via l’ultimo pensiero. Si accarezzò nuovamente il basso ventre.
 
 “Peccato per il mio piccolo innocente che non è mai nato!”
 
Mise ancora il viso sotto il getto dell’acqua prima di chiudere il rubinetto. Anche le due lacrime stillate dai suoi occhi scivolarono via.
 
***
 
Ore 10,00.
Emma era raggiante quella mattina! Quando Lorna le aprì la porta dello studio, per farla accomodare, la giovane le riservò un sorriso smagliante.
 
– Ho il sospetto che tutto proceda meravigliosamente Emma!
– Lorna sono felice come non mi sentivo da tanto! Questo piccolo è la mia gioia ancora prima di nascere!
 
Lorna abbozzò un sorriso intenerita, la capiva, la capiva molto bene!
 
– Le nausee sono ancora forti?
– Questa settimana è andata meglio, mia zia mi ha portata da un bravo ginecologo!
“ Signore ti benedico! Non dovrò parlare con Federik! Emma ha già un suo ginecologo!”
– Mi ha prescritto dell’acido folico! Non ho fatto l’ecografia, poiché sono andata senza appuntamento al pronto soccorso, ma il dottore mi ha dato appuntamento per domani. Farò l’ecografia nell’ambulatorio ospedaliero dove è dirigente medico. Il dottor Federik While è molto simpatico e affabile! Lo hai mai sentito nominare?
“Non ci posso credere!”
– Si Emma … lo conosco bene! È il mio ex marito!
 
Strane le coincidenze che capitano non volendo! Emma spontaneamente era andata proprio dall’ex marito di Lorna. Sarebbe stata una sorpresa anche per Killian, ma Lorna pensò di dirglielo in un modo da tenerlo sulle spine.
 
***
 
Erano le 23,00 e il cordless sul comodino di Lorna squillò insistentemente.
 
– Killian! Possibile che non riesci a chiamarmi in orari più decenti?!
– Scusami Lorna ma si tratta della donna che amo e di mio figlio!
– Si, si Casanova!
-  L’hai convinta ad andare da Federik?
– No Killian, mi dispiace! Ci ha pensato sua zia ad instradarla!
 
Con un sadico divertimento Lorna sentì il silenzio di disappunto dall’altra parte del telefono.
 
– Stai tranquillo Kim! L’ha instradata bene! Le ha trovato un ottimo medico! Lo stesso che volevi tu!
– Vuoi dire che si tratta comunque del tuo ex?
– Esattamente Capitano! Posso tornare a dormire ora!
 
Killian rise dall’altra parte.
 
– Certo Lorna! Scusami e buona notte!
– Sogni d’oro anche a te Capitano!

 
A pochi chilometri di distanza da Lorna,  Killian Jones teneva ancora il suo cellulare poggiato sulla guancia. Il sorriso si spense sul suo viso. Aveva ancora tanto da fare! Il laccio si stava stringendo sempre di più intorno al collo di Gold e dei suoi complici.  Milah si era rivolta al Centro dove l’aveva indirizzata e due Agenti donne, del suo team, erano riuscite a farla parlare in dettaglio di quanto sapeva. Il giovane Hans era stato arrestato per detenzione di sostanze stupefacenti quella stessa mattina, ancora i giornali non ne avevano dato notizia, Emma non poteva ancora saperlo, ma intanto non ci sarebbe stato per lei il pericolo di essere avvicinata in qualche modo da quel “bastardo”! Hans era ancora sotto torchio della D.E.A.
 
Si alzò dalla scrivania e si diresse verso lo specchio che separava la stanza da quella in cui  il giovane stava subendo da ore l’interrogatorio. Aprì l’audio e rimase ad ascoltare. Hans era ad un ottimo punto di “cottura”!
Secondo Killian, ancora pochi minuti e lo spacciatore avrebbe risposto sinceramente ad ogni domanda che gli era stata rivolta fino ad allora in tutte le salse.
 
All’improvviso il ragazzo scoppiò in un pianto isterico.
 
– Il “Professore” mi ha incaricato di trovare altri studenti fidati per smerciare la “roba”, non ho fatto tutto io!
– Chi è il “Professore”?
– Si tratta del Professore Robert Gold, insegna alla Facoltà di Storia dell’arte. Lui non si sporca mai le mani, ma è lui che ha i contatti!
– Hai conosciuto qualcuno di questi contatti?
– Si, un certo Porky! Un grassone vestito sempre elegantemente. È il suo soprannome, guai a chiamarlo così!
– Come si chiama in realtà?
– Non lo so come si chiama! Ma ho sentito uno dei suoi chiamarlo Catania! Penso che sia un altro soprannome, ha un accento strano …
- Che accento?
– Credo sia italiano!
– Che gli ha detto il tizio che lo ha chiamato Catania?
 – Mi sembra che gli abbia detto che un certo Mangaso o Manguso,  non ricordo bene, lo voleva a telefono!
– Anche l’altro aveva quell’accento?
– Si! Era vestito elegante pure lui ed era armato, ho visto la pistola sotto la giacca!
– Chi altro ha spacciato con te degli studenti che hai trovato?
– Una ragazza che mi ha mandato Gold, era una sua studentessa, credo che fosse anche sua amante, ma non so se è vero … me lo ha detto lei di esserci andata a letto, ma stava fatta quando lo ha detto!
– Come si chiama?
– Lucy Anderson, è al terzo anno di Storia dell’arte!
 
Uno dei due agenti che interrogavano Hans uscì dalla stanza e si diresse verso Killian.
 
– Hai sentito Capo?
– Si Alec! I due tizi somigliano alla descrizione fatta da Milah dei tipi andati a cena a casa sua. Fai vedere qualche disegno al ragazzo, vediamo se tra di essi riconosce i due che corrispondono agli uomini detti da Milah. Intanto Seb rintraccerà Lucy Anderson.
 
Mentre Alec prendeva alcuni identikit dall’archivio e li mescolava con i due disegnati sotto descrizione di Milah, Killian telefonava a Jefferson per incaricarlo di rintracciare la ragazza. In due minuti gli aveva inviato i dati che aveva ottenuto intrufolandosi nell’archivio della segreteria universitaria tramite internet,  Jefferson l’avrebbe trovata più facilmente e l’avrebbe tenuta sotto controllo per arrestarla al momento giusto.
 
Tornato al vetro che lo separava da Hans, Killian lo sentì riconoscere i due tizi. Erano precisamente quelli dei due identikit di Milah. Killian sapeva a quale Cartello appartenessero, aveva solo bisogno di prove e testimoni. Hans e Milah lo erano e correvano anche dei rischi. Dovevano essere messi in protezione. Milah già lo era fortunatamente!
 
***
Contemporaneamente. Casa Gold.
 
Robert Gold si rigirava tra le mani il quaderno a fiori che aveva trovato sull’ultimo ripiano della libreria qualche giorno prima. Sua moglie era sparita da qualche settimana ormai. Aveva pensato che fosse stata rapita per un ricatto dal Cartello rivale a quello a cui apparteneva. Aveva informato Manguso chiedendo il suo aiuto per rintracciarla, ma, nonostante i vari agganci  del suo “amico”, di Milah non c’erano tracce. Non aveva potuto chiamare la polizia, troppo delicata la sua posizione, sarebbero uscite delle informazioni su di lui, dei sospetti, e non poteva correre il rischio di essere collegato alla Mafia.
Milah faceva una vita molto ritirata con lui, giusto che usciva per la spesa una o massimo due volte a settimana. Chi avrebbe notato la sua assenza? Non aveva amicizie, era riuscito ad isolarla da tutti! Non aveva parenti. Tutto sommato poteva aspettare di essere contattato da chi l’aveva presa.
Era un periodo strano quello! Diversi carichi di droga erano spariti e i due Cartelli si stavano accusando reciprocamente. Era stato ucciso anche un faccendiere che stava facendo il doppio gioco tra i due Cartelli. Anche Manguso si era fidato di quell’Irlandese, ma a quanto pareva l’avvocato Kim Steward voleva la torta tutta per sé, facendola in barba sia al Cartello degli Irlandesi che a quello degli Italiani. Era stato ritrovato nel fiume, bello farcito di piombo nel petto! Aveva avuto quello che meritava!
Milah era scomparsa qualche settimana dopo e Gold non aveva certo collegato la cosa a quel tizio!
 
– Maledetta puttana! Te ne ho date pure poche! Ho allevato la serpe in seno! Non avevo idea che avesse conosciuto “l’irlandese”. Se non fosse stata così stupida da avere un diario non l’avrei mai sospettato!
 
Robert Gold guardava il quaderno a fiori che aveva trovato pochi giorni prima. Lo aveva letto dalla prima all’ultima pagina. Sua moglie vi scriveva tutti i soprusi che subiva da lui. Ad un certo punto aveva cominciato a parlare di un bel ragazzo che aveva conosciuto per caso. Visto il nome che aveva scritto sulla pagina, contornandolo di cuoricini e fiori, era chiaro che si fosse infatuata di lui. Andando avanti aveva scoperto che con quel suo nuovo amico c’era finita a letto e le era piaciuto parecchio. Lo vedeva tutti i lunedì mattina e andavano in un Motel a fare l’amore.
Gold stritolò con le mani il quadernino.
 
– Maledetta! Non è stata rapita! È scappata di casa! Il bastardo l’aveva mollata raccomandandole di andare in un centro antiviolenza! Scommetto che l’ha usata per carpirle informazioni sui miei affari! In fin dei conti l’irlandese stava facendo il doppio gioco con i suoi clienti del Cartello. Milah non sapeva un granché ma a questo punto non mi posso fidare più. Se è andata veramente a quel “Centro” che lui le aveva consigliato, potrei essere già sotto il mirino della Polizia! Devo “sparire” prima che vengano ad arrestarmi, ma ancor prima ho qualche cosa di urgente da fare!
 
Scaraventò il quadernino accartocciato sul divano e, preso il cellulare, digitò un numero. Una voce dal forte accento siciliano rispose dall’altro capo.
 
– Professore bello! Che ti serve a quest’ora di notte? Ti manca la bella mogliettina ah?!
– La “bella mogliettina” va ritrovata assolutamente Tony! Ti darò l’indirizzo di un Centro. Non è stata rapita!
– Cosa mi dici Prof?!
 
Tony Manguso, boss del Cartello gestito dalla Mafia, era saltato seduto sul letto, la cosa era anomala se quella donna era addirittura fuggita!
 
– Falla trovare Tony! Può danneggiarci! Manda i tuoi ad indagare a partire dal “Centro”, scopri dove la tengono, poi … sai quello che devi fare!
– Peccato! Mi sarebbe piaciuto spassarmela con lei, sempre con il tuo permesso “amico”!
– Non mi interessa Tony! Se la trovi puoi anche spassartela con lei prima di eliminarla!
 
Tony  rise divertito al capo opposto del telefono.
 
– Un’ultima cosa Tony …
- Che?
 – Indaga su Kim Steward!
– Quel traditore? È morto da due mesi ormai!
– Si lo so! Scopri chi lo ha fatto fuori!
– Sono stati i suoi compari irlandesi! Stava fregando anche loro!
– Ne sei certo Tony? Qualcosa mi puzza! Ho scoperto che Milah aveva una tresca con lui!
 
Tony Manguso rimase in silenzio. Nella sua mente iniziarono a profilarsi una serie di possibilità e una di queste aveva un nome in sigla: D.E.A.
 



 

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Capitolo 15
*** Qualcosa di tenero tra noi ***


Capitolo 15
 Qualcosa di tenero tra noi
 
Erano passati pochi giorni da che Emma Swan aveva messo per la prima volta piede nel reparto di Ostetricia e Ginecologia del  Boston Children’s Hospital. 
Quel giovedì mattina aveva appuntamento, per la sua prima ecografia, con il Dottor Federik Victor While.
Zia Ingrid aveva insistito per accompagnarla in macchina e insieme si erano presentate alla reception del grande ospedale. Erano le 11,00 e il Dr. While aveva parecchi appuntamenti quella mattina ma, come disse l’impiegata dell’accettazione, era ad ottimo punto. Solo altre due pazienti dovevano essere visitate prima di Emma, nel giro di un’ora e mezza avrebbe potuto vedere per la prima volta il piccolo embrione che stava crescendo in lei. Era emozionata e nervosa e sua zia, purtroppo, non le era di aiuto per eliminare la sua ansia, visto che appariva più nervosa di lei, nettamente in contrasto con il suo proverbiale aplomb.
La preoccupazione maggiore di Ingrid era proprio per sua nipote. Il fatto che Emma, a causa della mancanza della Milza, fosse soggetta a facili infezioni, la preoccupava non poco. Nella sua condizione poteva correre gravi rischi per sé e per il “fagiolino” che si stava sviluppando nel suo grembo.
 
L’addetta dell’accettazione indicò alle due donne il corridoio che portava alla stanza dell’Ecografo. Mentre Ingrid chiedeva ulteriori informazioni all’impiegata, Emma si guardava intorno impaziente. Improvvisamente vide comparire, dal corridoio che le interessava, una coppia. Sgranò gli occhi al riconoscere i coniugi Nolan.
 
David e Mary Margaret Nolan incedevano parlando tra loro e sorridendosi con sguardi innamorati. Vederli ricordò ad Emma il frangente in cui li aveva conosciuti. Era stato il momento più brutto della sua vita. La sera dell’uccisione di Kim!
Loro erano la coppia che l’aveva soccorsa per strada. Erano stati gentilissimi e premurosi. L’avevano portata al Pronto soccorso più vicino e David che, come aveva scoperto,  era avvocato, aveva fatto chiamare la Polizia e con sua moglie le erano rimasti accanto fino all’arrivo di sua zia. Le avevano lasciato il loro biglietto da visita, dicendole di chiamarli se avesse avuto bisogno.
Il tutto era accaduto un paio di mesi prima e lei non li aveva mai chiamati, nemmeno per ringraziarli ulteriormente del loro aiuto.
I due coniugi erano distratti nelle loro chiacchiere e tenerezze. Non si accorsero di lei, non guardarono nemmeno dalla sua parte.
Emma avrebbe potuto andar loro incontro, chiamarli, salutarli, ma provò un improvviso senso di vergogna. Non aveva voglia di dover rispondere alle loro domande sul come mai si trovasse da quelle parti. Non voleva suscitare in loro sguardi pietosi o dispiaciuti. Lei era felice di aspettare il suo piccolo, anche se quel piccino non avrebbe potuto mai conoscere il suo papà.
Guardò ancora un po’, indecisa, la coppia, notando che Mary Margaret in quei due mesi avesse messo su diversi chili. Si rese conto che con probabilità anche lei fosse lì per il suo stesso motivo, in fin dei conti venivano dalla sala dell’ecografo!
 
Emma invidiò per un secondo gli sguardi affettuosi e complici che David e Mary si scambiavano. Sembravano l’emblema del “vero amore” così uniti e affiatati!  Si vergognò di se stessa,  rendendosi conto di invidiarli perché lei non avrebbe potuto avere ciò che avevano loro, l’amore ricambiato e una famiglia con l’uomo che amava.
L’affiatata coppia si stava avvicinando e lei preferì voltarsi di spalle ed ignorarli completamente. Sentì il saluto di educato buongiorno che rivolsero all’impiegata, mentre si avviavano verso l’uscita. Nemmeno Ingrid li aveva notati, occupata a compilare un questionario che le aveva appena dato l’impiegata.
***
 
– Signorina Swan? Sono Zelina Green, l’ostetrica che affiancherà il Dr. While nel seguirla durante la gravidanza!
 
Mentre attendeva nella sala d’aspetto, da una delle due porte della stanza dell’ecografo, uscì una bella donna, alta, giunonica. L’ ostetrica Green aveva una fulgida e fluente chioma rossa, tenuta allacciata dietro la nuca, in una bassa coda di cavallo. Con il suo sorriso smagliante e i suoi occhi celesti fece subito simpatia ad Emma e ciò la portò a risponderle egualmente con un sorriso.
 
 – Avete compilato il questionario?
– Si, lo ha compilato mia zia, mi conosce fin da piccola e sa tutto di me!
 
Anche Ingrid sorrise, confermando con un cenno della testa quanto sua nipote stava dicendo.
 
– Molto bene! Il Dottor While già l’ha visitata in urgenza ho visto … il questionario è una necessaria prassi per la profilassi individuale e vedo che lei ha subito una esplenectomia …
 
L’ostetrica aveva stretto leggermente le labbra con un cipiglio che Emma lesse di preoccupazione. Sicuramente la sua non era una situazione “normale” ed era giusto che il medico e l’ostetrica avessero tutte le informazioni necessarie per seguire lei e suo figlio nel migliore dei modi.
 
 – Accomodatevi pure. Appena uscirà la Signora che è appena entrata entrerete voi. Vuole assistere alla prima ecografia di sua nipote Signora Frozen?
– Assolutamente si Signora Green!
– Bene! Ma chiamatemi pure Zelina, ci rivedremo spesso nei mesi di gravidanza!
 
Con un ennesimo sorriso perfetto e smagliante, l’ostetrica rientrò nella stanza
 
***
 
Che strana sensazione fu quella che Emma provò nel sentire il cuoricino di suo figlio battere e i suoi piccoli movimenti visti sullo schermo dell’ecografo!
Sapeva di essere incinta, ma vedere e sentire che qualcosa stava vivendo in lei, un tenero germoglio d’amore, le rese più concreta l’idea e le diede un’emozione che le strinse il cuore e la gola. Avrebbe voluto piangere, sfogare tutti i suoi sentimenti di gioia, tristezza, nostalgia. Avrebbe voluto che al suo fianco, a tenerle la mono, ci fosse stato il suo Kim, non sua zia, ma almeno sapeva che qualcuno che le voleva bene era lì con lei a condividere quella emozione.
Ingrid aveva le lacrime agli occhi e prese con ambo le mani quella sinistra di Emma.
 
– Visto Emma? Questo è il tuo piccolo. Posso calcolare una gestazione di quasi dieci settimane. L’embrione è antero posto, ben impiantato. Non noto problemi dell’afflusso del sangue … Guarda l’occhio! Si distingue bene. Vedi le braccine abbozzate e le bambette che stanno prendendo forma? Tra un mesetto sapremo anche di che sesso è.
 
Il Dr. Federik Victor While era un professionista garbato e gentile. Aveva un leggero accento tedesco, ma nonostante quell’accento vagamente gutturale, la sua voce non risultava dura e impositiva come spesso sembrava il parlato dei tedeschi.
 
Quando Emma era entrata nella stanza dell’ecografo già era informata che quella prima ecografia sarebbe stata intrusiva e ciò l’aveva imbarazzata non poco! Soprattutto per una ragazza che, come lei, non aveva mai fatto visite di quel genere prima, nemmeno per la prescrizione della pillola!
Nei giorni precedenti aveva cercato di organizzarsi per vivere l’esame nel minore imbarazzo possibile, pensando intanto al tipo di abbigliamento più adatto e aveva optato per una gonna ampia e delle calze autoreggenti. Non avrebbe dovuto spogliarsi più di tanto, anche se la posizione dell’esame già la imbarazzava.
L’ostetrica le aveva indicato il paravento e lì aveva tolto l’intimo. Quando si era seduta sulla sedia ginecologica Zelina aveva provveduto a coprirla ulteriormente con un panno verde e ad infilarle delle sorta di calzerotti bianchi, lunghi fino quasi all’inguine. La fredda sonda che le era stata inserita non le aveva dato fastidio, anche perché l’ostetrica aveva provveduto ad inserirle prima un divaricatore di plastica trasparente che consentiva un accesso facilitato e più igienico allo strumento. Quando Emma aveva iniziato a sentire il battito cardiaco di suo figlio aveva dimenticato l’imbarazzo e la vergogna, non facendo più caso al movimento della mano che stava muovendo la sonda dentro di lei.
 
– Un utero perfetto Emma, con un canale vaginale profondo. Molto bene! Non rilevo nessun tipo di problematica al momento ma, vista la tua situazione, i controlli dovranno essere costanti.
– Si riferisce all’ esplenectomia dottore?
– Più che altro alle sue conseguenze Signora Frozen! Ovviamente Emma è più soggetta di altri ad infezioni e dobbiamo arginare al minimo questa possibilità, poiché estendendosi al feto possono avere conseguenze nefaste, sarebbero stati necessari dei vaccini prima di entrare in gravidanza, ma da quanto mi ha detto Emma non era programmata. Inoltre per te Emma c’è il rischio di trombosi e ictus a causa della possibilità di una elevata coagulazione del sangue, quindi dovrai fare analisi più spesso di altre pazienti. Ti prescriverò della Cardioaspirina per mantenere la fluidità ematica. Fai una dieta equilibrata, mangia carne ben cotta e verdure egualmente cotte, frutta ben lavata e sbucciata, evita di bere in bicchieri di vetro se vai in un locale pubblico, cerca di evitare zone molto affollate. Ti aggiungerò degli integratori vitaminici. Zelina ti consegnerà un opuscolo riguardo alla dieta e all’igiene.  Per qualsiasi cosa, dai dubbi o a possibili malori tu possa sentirti, chiamami immediatamente.
 
Mentre Zelina l’aiutava a risistemarsi, il Dr. While finiva di prescrivere i farmaci che le aveva consigliato, le analisi necessarie e consegnava il tutto, con il suo biglietto da visita e i recapiti telefonici ad Ingrid.
Zia e nipote uscirono dalla stanza salutando educatamente, ma le loro espressioni facciali erano molto diverse. Emma aveva la gioia dipinta sul volto, mentre Ingrid aveva sulla fronte una ruga corrucciata che tradiva la sua apprensione. La donna immaginava sua nipote sotto una campana di vetro, sapeva quando aveva dovuto penare con lei, per la sua salute, da quel nefasto incidente in Irlanda, dove aveva perso la cara sorella e suo cognato. In cuor suo Ingrid pensava che sarebbe stato meglio un aborto per la ragazza. Le avrebbe evitato una serie di problemi, ma lei quel bambino lo voleva veramente e, conoscendo il carattere caparbio di sua nipote, Ingrid sapeva che se non l’avesse aiutata, sostenuta e assecondata, l’avrebbe persa. Era sicura che Emma avrebbe preferito andar via di casa e gestirsi da sola, ma questo avrebbe comportato probabilmente anche che abbandonasse gli studi e mandasse a rotoli i suoi progetti per il futuro. Sicuramente Emma avrebbe fatto in modo di non prendere infezioni e accudirsi al meglio, ma sola?
Ingrid non poteva esternare i suoi rammarichi e le sue preoccupazioni alla giovane, lei si sarebbe sentita rifiutata e avrebbe sentito rifiutato anche il piccino innocente che aveva appena conosciuto. L’idea di quel piccolo “fagiolino”, intenerì l’animo di Ingrid che cercò di distendere la fronte e non far notare a sua nipote quell’espressione accigliata.
 
“ Se almeno quel Kim Steward non fosse stato il delinquente che era e avesse potuto esserle vicino! Maledetto lui! Ha rovinato la mia bambina!”
 
Uscirono dall’ospedale e ripresero la via di casa con l’auto di Ingrid.
Emma non riusciva a nascondere il suo entusiasmo per l’esperienza che aveva appena vissuto e sua zia l’ascoltava in silenzio, sentendo tenerezza per lei e una punta di pena. Sembrava che Emma non avesse ascoltato minimamente le parole del medico, riguardo ai gravi rischi che correva. Non faceva che parlare del suo “piccino” e dell’emozione provata a sentir palpitare il suo cuore. Ingrid pensò che sua nipote si fosse abituata ormai a convivere con la sua situazione. In effetti era una vita che si curava. Per lei era ormai una cosa normale, ovvia. Per Ingrid non era così, lei calcolava lucidamente i rischi che correva la ragazza. Decise che avrebbe fatto anche l’impossibile per lei, per consentirle di stare bene e avere il suo bambino, incoraggiandola ad andare avanti anche con gli studi. Avrebbe dovuto pensare solo a quello per i mesi seguenti e a fare i dovuti controlli suggeriti da While.
 
Arrivarono alla loro abitazione. Emma iniziò a progettare come sistemare il giardino quando avrebbero avuto il bambino in giro per casa. Ingrid, a sentirla, riusciva a vederla correre dietro un frugoletto biondo, giocare con lui sull’erba, farlo entrare in una casettina colorata posta nell’angolo che Emma stava indicando, o spingerlo su una piccola altalena che stava dicendo avrebbe voluto porre al lato opposto del giardino. Sorrideva Ingrid ed intanto entrarono in casa.
 
– Tutto a suo tempo tesoro mio, ne abbiamo parecchio per organizzare il giardino, prima ci sono altre cose da fare, per te e per lui. Nove mesi sono più lunghi di quel che si potrebbe pensare in fin dei conti.
– Peccato che Elsa sia ancora in missione sul Nautilus, non è facile parlarle! Non vedo l’ora di raccontarle tutto!
– Regina l’hai sentita?
– Si mamma, l’ho sentita ieri! Le ho detto che oggi avrei fatto l’ecografia, mi ha risposto che  mi avrebbe chiamata per sapere come fosse andata.
– Cosa dice di Londra?
– Si trova benissimo! Non ha avuto problemi con gli esami già fatti e in autunno discuterà la tesi che aveva preparato con Gold.
 
Mentre parlavano squillò il telefono.
 
– Emma rispondi tu per favore? Io vado in cucina ad avviare il pranzo! Tra poco torna anche Anna!
– Vado! Potrebbe essere Regina, lupus in fabula … Pronto?
– Pronto … Signorina Emma?
 
Non era Regina. Era una voce maschile a telefono. Una voce che aveva già sentito, ma quando?
 
– Si, sono io. Chi parla?
 
- Forse non si ricorderà di me Emma, mi è rimasto il suo numero di casa, spero di non disturbarla … sono Killian Jones.
– Signor Jones! Che sorpresa! Certo che mi ricordo di lei, mi ha soccorso quando sono svenuta nel parco, un paio di settimane fa. A cosa debbo questa telefonata?
– Stavo scorrendo la  rubrica del mio cellulare e mi è comparso il suo numero … per la verità volevo chiederle come stesse …
- Gentile da parte sua! Sto bene grazie, molto bene!
– Non ha avuto più svenimenti?
 
Emma rise con la sua risata cristallina.
 
– No Signor Jones, grazie per l’interessamento. Farò in modo che non mi capitino più, non posso permettermi di cadere per strada se non c’è un passante gentile come lei a sorreggermi! Aspetto un bambino, era quello il motivo del mio malore!
 
Emma disse la verità a quello sconosciuto, senza nessuna remora. Non sapeva nemmeno lei perché le venisse facile. Non lo conosceva, non lo aveva nemmeno visto bene in faccia quando l’aveva incontrato al parco. Lo ricordava alto, con un bel fisico atletico, ma del viso non aveva avuto molta percezione a causa degli occhiali a specchio e la barba.
 
– Congratulazioni Signorina Emma. Questa è una bellissima notizia, non è una malattia. Ero preoccupato per lei …
- Non mi conosce nemmeno Signor Jones, perché avrebbe dovuto?
– Non mi fraintenda ma, vedere una splendida creatura, giovane e viva come lei cadere improvvisamente in quel modo … non potevo accettare l’idea che lei fosse malata, questa è la verità.
- Ooh! È veramente una cosa gentile questa Killian, ma non si affligga per me, sono abituata alle preoccupazioni per la salute, è una vita che mia zia mi tiene sotto la campana di vetro!
– Posso chiederle perché?
– Certo, non ho segreti, mi è stata asportata la Milza in seguito ad un incidente all’età di quattro anni. So che devo riguardarmi e ormai convivo serenamente con questa realtà.
– Con la gravidanza può avere problemi?
– Ho fatto poco fa la mia prima ecografia e, anche se tutto sta procedendo bene, il dottore mi ha dato delle prescrizioni proprio per evitare i problemi che potrei avere.
 – Poco fa la prima ecografia?
– Si, sono appena tornata!
– Posso chiederle come è stato … cosa ha provato … cosa si vedeva?
 
Emma era sorpresa dall’interesse del Signor Killian Jones. Sentì quasi trasparire dell’emozione dalla sua voce calda. Si disse che forse era solo una sua impressione. Quell’uomo era uno sconosciuto che aveva incrociato la sua strada accidentalmente in fin dei conti. Perché doveva emozionarsi? A meno che non fosse un uomo particolarmente sensibile. Volle rispondergli la verità.
 
– È stato … è stato emozionante! Ho provato una gioia mai provata in vita mia. Vedere il mio piccolo, anche se ancora ha una forma indefinita, sentire il suo cuoricino battere … io non saprei come descrivere la gioia che ho provato, ma è stato bello, commovente e … nostalgico.
– Nostalgico? Perché nostalgico?
 
Emma ebbe una specie di groppo in gola  nel rispondere, ma si sentì di farlo, come se parlasse ad un vecchio amico.
 
– Io … io ho perso il mio ragazzo prima che sapesse che aspettavo nostro figlio … la nostalgia era per lui, non potergli far provare la stessa gioia.
– Mi dispiace tanto Emma, sono sicuro che avrebbe provato la sua stessa emozione.
– Non lo so, non so se avrebbe voluto nostro figlio … non credo che fosse pronto per una cosa del genere … non era programmato in effetti. Forse l’avrebbe rifiutato.
– Non credo Emma. Sarebbe stato un pazzo! L’amava, come avrebbe potuto rifiutare una cosa così bella!
 
Emma sentì indignazione, quasi rabbia, nel tono dell’uomo all’altro capo del telefono.
 
– Fossi stato al suo posto io l’avrei voluto il nostro bambino! Sono convinto che sarebbe stato così Emma!
 
Decisamente quell’uomo si stava immedesimando parecchio. Era veramente un uomo così sensibile il Signor Killian Jones?
 
– La ringrazio Killian, mi sono chiesta molto questi giorni come si sarebbe comportato, mi rincuora avere questo suo pensiero.
– Avrebbe voluto esserti accanto Emma, lo avrebbe fatto se non fosse stato impedito,  credimi!
 
Era così emotivamente coinvolto il Signor Jones che aveva iniziato a darle del tu.
 
– Tua zia ti era vicina durante l’ecografia? Mi scusi … volevo dire “Sua” zia “le” era vicina?
 
Emma aveva notato che avesse continuato inavvertitamente a darle del tu e quando lui aveva fatto quella domanda diretta, aveva sentito come una freccia entrarle nel cuore. Forse era a causa dell’accento dell’uomo che le parlava? Nonostante la voce non fosse la stessa, l’accento era lo stesso di Kim.  Sapeva dalla prima telefonata ricevuta da Jones che fosse irlandese, ma non si aspettava che con quella domanda, fatta così spontaneamente e con quell’accento, le avrebbe ricordato così tanto il modo di esprimersi di Kim.
Chiuse gli occhi, stringendoli per impedire alle lacrime di affiorare. Chiuse gli occhi e le sembrò di vedere Kim dall’altra parte della cornetta. Avrebbe voluto così tanto che fosse veramente lui, ma sapeva che era impossibile. Non riuscì a rispondere immediatamente.
 
– Emma? È ancora in linea?
– Si, si! Sono qui! 
- Io … mi scusi, sono stato indiscreto e non volevo mancarle di rispetto dandole del tu, è stato spontaneo, come se la conoscessi da tanto …
- No Killian, non c’ è nessun problema, possiamo darci del tu in effetti, anche io, stranamente ho come l’impressione di parlare ad un amico. 
– Ti posso chiedere il permesso di richiamarti qualche volta? Non voglio disturbarti, magari per sapere come procede la gravidanza. Penso che sia una cosa molto bella diventare genitore.
– Si, penso che non mi dispiacerebbe risentirti se vuoi. Tu non hai figli Killian?
– No Emma, non ho nemmeno una fidanzata né tantomeno una moglie!
– Nemmeno una fidanzata? Perché se posso chiederlo?
– Forse perché non mi sono mai innamorato veramente e probabilmente perché sono molto impegnato nel mio lavoro!
– Quale lavoro fai Killian?
– Sono il direttore di una grossa compagnia di assicurazioni internazionale. Sono qui nel mio ufficio di Dublino ora.
– Che ore sono lì in questo momento?
 
Killian non rispose immediatamente, forse non aveva l’orologio a portata di mano.
 
– Qui siamo cinque ore avanti rispetto a Boston, sono le 17,00.
– Qui in effetti è ora di pranzo.
– Perdonami, stavi pranzando?
– No, no ti dicevo che sono appena tornata dall’ecografia …
- Ma di questo periodo si può capire il sesso del piccolo?
– Non ancora! Il Dr. While mi ha detto che tra un mese si dovrebbe distinguere abbastanza bene. Per ora si vede l’occhio, le braccine e le gambe appena abbozzate.
– Vorresti un maschio o una femmina Emma?
– Francamente spero solo che stia bene, non ha importanza.
– Hai ragione! La penso come te.
–Ho un unico desiderio per mio figlio ..
– Quale?!
– Maschio o femmina vorrei che avesse gli occhi azzurri di suo padre, erano bellissimi, erano il mio cielo …
 
Dall’altra parte della cornetta, si sentì silenzio, Emma temette che fosse caduta la linea, poi la voce di Killian riprese a parlare.
 
– Se è un tuo desiderio ti auguro che si avveri, ma devo dire che io ho visto bene i tuoi di occhi e, non per farti un facile complimento, ma posso dire che quel verde acqua dà il senso di uno specchio lacustre. Sai, non molto distante da Dublino c’è un parco naturale con un lago che ha lo stesso colore trasparente. Lough Tay, si chiama così. Lo conosco fin dall’infanzia, ci passavo le vacanze con i miei genitori.
– Un posto molto bello immagino …
- Si lo è, ma i tuoi occhi hanno una luce più bella!
 
Emma non si aspettava che la conversazione iniziasse a prendere quella piega. Non aveva voglia di flirtare e non le andava che Jones pensasse il contrario. Forse era il momento buono per chiudere la conversazione, ma non lo voleva fare da maleducata. In fin dei conti lui le aveva fatto un complimento e si era comportato gentilmente.
 
– Killian … devo andare ora … dopo mangiato ho parecchio da studiare …
- Hai un esame all’università? Cosa studi!
– Sono al secondo anno di Psicologia e in effetti ho una serie di esami le prossime settimane.
– Non sarà facile quando avrai il bambino …
 
Ora Emma iniziava ad infastidirsi. Sapeva bene che non sarebbe stato facile, ma aveva intenzione di portare avanti i suoi studi. Gli rispose appena un po’ piccata.
 
– Ho accettato questa gravidanza mettendo in conto tante cose! Ho intenzione di laurearmi, ma se dovessi avere difficoltà e non potessi avere l’aiuto della mia famiglia, rinuncerei agli studi! Mio figlio è più importante!
– Non dubito che tu possa riuscire in ogni tuo intento Emma. Non ti conosco bene ma mi sembri una tosta e questo mi piace molto. Ti saluto anche io ora. Ancora tanti auguri. Ti richiamerò appena potrò Emma. Abbi cura di te e del piccolo.  
– Grazie Killian. A presto!
 
Come Emma, anche Killian chiuse la chiamata, spegnendo il microfono e togliendo il filtro per camuffare la sua voce. Si guardò intorno. Era nel suo ufficio, ma non a Dublino. Era ancora a Boston in effetti. Non c’era Jefferson con lui in quel momento e ne era contento. Gli aveva detto che non aveva intenzione nemmeno di pensarla Emma, figuriamoci di osservarla di nascosto o parlarle a telefono.
Era tutta una balla! La pensava e anche troppo! Le era entrata nel sangue come una droga. Forse tornando veramente a Dublino e mettendo tra loro quei chilometri di distanza lo avrebbe aiutato a pensarla meno? Pia illusione! Nel suo appartamento di Dublino aveva occasione di pensarla ancor di più! Come poteva non pensarla? Era cotto di lei e in più c’era un piccolo dolce pensiero in più, il loro figlio!
Killian avrebbe voluto ridere di se stesso, della sua totale incapacità a mantenere la freddezza insegnatagli da Lorna. Con Emma non ci riusciva affatto a restare freddo. Non poteva nascondersi che era riuscita a farlo emozionare, con la sua gioia per l’ecografia e per quello che aveva visto. Sapere che desiderava che il loro bambino ereditasse i suoi occhi azzurri e che erano il suo cielo … beh! Gli aveva dato il colpo di grazia! Lui era nei pensieri di Emma non meno di quanto lei fosse nei suoi.
 
Aveva saputo da Lorna che Emma avrebbe fatto la prima ecografia quel giorno e aveva trovato quell’escamotage per parlarle, per sapere. Killian Jones era al momento un personaggio neutrale per Emma, voleva entrare in confidenza con lei, ne aveva una scusa grazie al soccorso che le aveva prestato nel parco. Aveva potuto sentire direttamente da lei di come procedesse la gravidanza e aveva fatto in modo di rendersi possibile il richiamarla. Lei si aspettava di essere richiamata, non le dispiaceva troppo. Doveva essere cauto però. Non gli ci era voluto molto a perdere il controllo con il lapsus del darle del tu. Lei lo destabilizzava come nessun altra. Quello era uno dei motivi per cui un agente speciale doveva  desensibilizzarsi per affrontare razionalmente le situazioni più difficili.
Avrebbe tanto voluto esserle vicino quella mattina, tenerle la mano mentre il medico gli indicava il loro cucciolo sullo schermo dell’ecografo! Ma ancora c’era altro di importante che Killian doveva affrontare.
 
Purtroppo una svista e un errore avevano già causato il disastro. Era vicino ad incastrare Gold, invece! Avesse pensato alle varie possibilità che si sarebbe dato quell’uomo! Non era solo sua la responsabilità, ma il capo dell’operazione era lui e a lui spettava dare indicazioni ai suoi uomini. Una piccola mancanza e Gold era sparito nel giro di un paio di giorni!
Grazie al contatto costante che aveva avuto con Milah, in una delle occasione dei loro incontri, mentre lei si risistemava in bagno, aveva potuto prendere le impronte della sua chiave di casa e, la volta seguente, mentre si intrattenevano nelle loro effusioni e il marito era a lezione, i suoi uomini avevano potuto entrare nell’appartamento della coppia e piazzare delle microspie. Gold era più furbo e maligno di quanto si potesse sospettare. Erano anni che stava conducendo una doppia vita. Esimio Professore universitario per l’occhio del pubblico e pericoloso complice dei Boss del Cartello in privato!
Nonostante un mezzo camuffato della D.E.A. si aggirasse dalle parti dell’appartamento dei coniugi Gold, tenendo sotto controllo le conversazioni private dell’uomo e di sua moglie, dalla scomparsa di questa qualcosa era cambiato. Killian aveva avuto sentore che Gold sospettasse di essere spiato. Probabilmente aveva scoperto le microspie e faceva finta di nulla. Era facile che avesse un cellulare non controllato con cui contattasse i suoi complici. Sicuramente era stato così! Non poteva aver organizzato da solo la sua fuga, facendola in barba ad Alec, Mouse e Jefferson. Il furgone della lavanderia, che una volta a settimana faceva servizio a domicilio nel quartiere di Gold, era stato dirottato dai suoi complici. Ormai di questo Killian aveva le prove. Quello che non aveva, purtroppo, era la conoscenza del luogo in cui quel furgone avesse portato Gold, dopo averlo caricato tenendolo nascosto nella grossa cesta di lenzuola dei condomini.
Il Procuratore aveva firmato il mandato di cattura di Robert Gold, ma quando erano andati a casa sua, di lui non si erano viste tracce.
Killian voleva che quella storia finisse presto per potersi rimpossessare della sua vita e finalmente dire la verità ad Emma. Ora tutto era stato rimesso in gioco e quello era un gioco pericoloso. Molto pericoloso …
 
 
Angolo dell’autrice
 
Saluti a tutti coloro che hanno letto. Non è il mio solito lunghissimo capitolo. Ho preferito interromperlo qui, lasciando il più possibile l’attenzione sul bellissimo momento di Emma e Killian, riprendendo questa FF che non pubblico da un paio di settimane. L’esperienza avuta da Emma e trasmessa a Killian ha unito maggiormente le loro anime. Emma ha sentito molto vicino l’uomo che crede uno sconosciuto, ha avuto sensazioni che l’hanno commossa, ma anche Killian non è stato da meno. Ancora il lavoro pericoloso del Capitano li terrà lontani, ma lui si è lasciato una possibilità per sentirla almeno a telefono. Non fosse per il solito Gold!
Ringrazio tutti coloro che stanno seguendo e chi lascia commenti. Vi do un piccolo avviso. Per chi ne ha piacere, ci troviamo mercoledì 14 Febbraio su queste pagine. Per San Valentino voglio farvi un regalo. Troverete il seguito di “L’amore avrà sempre gli occhi tuoi”, scritta un anno fa per la stessa occasione. Sarà una O.S. anche questa, dedicata ai CaptainSwan, la trovate con il titolo “Sei Tu la mia stella”, rating red.
Un abbraccio a tutti!
Lara

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Capitolo 16
*** Qualcuno nell'ombra ... ***


Capitolo 16
Qualcuno nell’ombra …
 
 
Boston, fine luglio 2008
 
Robert Gold aveva ripreso il quaderno a fiori, che Milah usava come diario segreto, da dove lo aveva scaraventato, e lo aveva riletto ancora, come a cercare ulteriori indizi.
Pensò che sicuramente Tony Manguso avrebbe fatto quanto gli aveva chiesto. Se Milah avesse seguito i suggerimenti del suo giovane amante, il sedicente Avvocato Kim Steward, si sarebbe recata al centro per donne maltrattate da lui indicato.
 
Lo scaltro cervello del Professor Gold non aveva smesso di rimuginare e fare i suoi conti. Più ci pensava e più si convinceva che quel Kim Steward fosse qualcosa di più che un “avvocatucolo” colluso con la mafia. Sicuramente era stato un tipo maledettamente arguto per manipolare i cartelli rivali!
Aveva suggerito a Manguso di indagare anche su di lui. Steward aveva avuto accesso alla sua vita privata tramite Milah e questo lo aveva aiutato di sicuro nei suoi intrallazzi.
 
Mentre rileggeva il diario, nella parte in cui Milah parlava del suo primo incontro con il giovane irlandese, Gold immaginò che fosse stato tutto un trucco per agganciare sua moglie. Da poco lui stesso aveva provveduto a farle cambiare le ruote all’auto, era piuttosto sospetto che avesse bucato e casualmente l’avesse soccorsa proprio Steward!  Lesse anche del momento in cui erano diventati amanti e la gelosia, nel rileggere della soddisfazione e del piacere provato da sua moglie, a discapito del confronto che faceva con lui, gli diede una rabbia cieca.
 
Se avesse avuto per le mani Milah sicuramente gliele avrebbe strette intorno a quel suo bel collo elegante, fino a strangolarla! Se Tony Manguso fosse riuscito a trovarla gli aveva dato il permesso di farne ciò che voleva e, conoscendo Tony e la sua crudeltà, Milah sarebbe stata stuprata a morte!
Immaginare la scena violenta gli diede una sadica eccitazione. Lo aveva tradito? Si era divertita e aveva goduto a far sesso con Steward? Per una sorta di legge del contrappasso la sua punizione sarebbe stata quella, avrebbe fatto sesso forzato con tutti gli uomini della banda di Manguso, ne avrebbe avuto quanto ne voleva di “divertimento” e ancor di più!
 
Mentre pensava alle sadiche torture da poter infliggere alla donna che aveva sposato, si avvicinò alla finestra che dava sulla strada e sul parco universitario. Spostò le tende bianche e notò un pulmino nero fermo al parcheggio. Ormai era arrivato alla paranoia continuando a leggere il diario e si rese conto che quel pulmino erano giorni che si fermava allo stesso posto.
In un lampo fu chiaro alla sua mente di essere sotto controllo! Da quanto tempo?
Se lo chiese avendo già la risposta nelle mani. Guardò la data del momento in cui sua moglie aveva fatto l’amore con Steward la prima volta. Certo! Corrispondeva al periodo in cui aveva iniziato a notare quel pulmino circolare dalle parti di casa sua!
 
“E se non fosse stato chi diceva di essere Steward? Devo cercare in casa se ci sono microspie!”
 
Furioso iniziò a rovistare nei punti più improbabili e poi finalmente trovò ciò che cercava.
 
“Come immaginavo!”
 
Non ne fu contento, poiché era la conferma dei suoi sospetti. Prese un bicchiere, lo riempì d’acqua e vi buttò dentro le due microspie. Prese poi una borsa da viaggio, una di quelle pieghevoli e leggere, e iniziò a riempirla di indumenti, il minimo indispensabile. Doveva fuggire prima possibile, sapeva che ormai i federali gli stessero addosso!
Doveva sparire senza lasciar tracce. Aveva bisogno di documenti falsi e di un modo per uscire di casa senza essere visto. Sapeva a chi rivolgersi per quello e aveva un cellulare con una scheda non registrata, sarebbe sfuggito alle intercettazioni dei federali. Era sempre più convinto che ci fossero degli agenti della D.E.A. in quel pulmino.
 
Doveva andare in facoltà quel pomeriggio, doveva incontrarsi con la sua studentessa/amante Lucy Anderson. Non era bella come Regina Mills, nessuna sua studentessa era paragonabile alla Mills, né per bellezza né per il talento! Era stato un peccato che la Mills non si fosse lasciata sedurre! Avrebbe dato soddisfazione a tutte le sue fantasie erotiche con quella splendida bruna e l’avrebbe ricompensata con un ruolo di assistente di cattedra, tenendola con sé e avendola a disposizione per ogni sua voglia. La Mills era sparita, fuggita via scandalizzata, impaurita e schifata, il giorno che aveva provato a farla sua, dopo averla plagiata come solitamente faceva con le studentesse che stuzzicavano i suoi oscuri appetiti.
 
Lucy Anderson non brillava particolarmente per intelligenza, ma era carina e aveva un bel corpo. Con lei non era stato difficile mettere in atto la sua capacità seduttiva e quello che non aveva potuto fare con la Mills lo aveva soddisfatto con la giovane Anderson. Era ancora vergine quando l’aveva avuta la prima volta, era arrossita alle sue attenzioni e, vista la sua inesperienza, temendo che potesse essere restia, era riuscito a renderla  disinibita quanto volesse,  grazie a qualcuna delle pillole di ecstasy che faceva smerciare a quell’idiota di Hans. La stessa Lucy, poi,  in più occasioni, aveva smerciato per il cartello di Manguso, finché quest’ultimo non si era lamentato che la ragazza non fosse affidabile per il fatto che facesse lei stessa uso della sostanza. Non l’aveva più coinvolta in quel mercato, ma per farci sesso andava benissimo, era completamente soggiogata da lui, pronta ad ogni sua richiesta, come una specie di schiava. Aveva intenzione di chiederle di partire con lui e lo avrebbe fatto quel pomeriggio. Entrambi con documenti falsi, facendosi passare per padre e figlia, avrebbero avuto un cipiglio meno sospetto ai controlli della dogana!
***
 
La studentessa lo attendeva lungo il corridoio che portava al suo studio. Gold sorrise a vederla. Tutto sommato provava una strana tenerezza per lei, un sentimento che contrastava con i suoi più turpi pensieri. Lucy era vestita con una gonna ampia, azzurra e un maglioncino senza maniche nella stessa tinta, portato su una camicetta bianca a maniche lunghe. Aveva dei libri tra le mani e sembrava molto più ingenua di quanto fosse veramente, nella sua mise bon ton.
Erano pochi gli studenti che circolavano in quel momento e Gold fu veloce ad aprire e a richiudere a chiave la porta del suo ufficio. La ragazza si gettò con passione tra le sue braccia appena lui si voltò, scatenandogli una furiosa eccitazione. In un attimo le mani dell’uomo furono dovunque sul corpo della giovane, stringendole i seni e poi i glutei, mordicchiandola dal lobo dell’orecchio fino all’incavo della spalla, facendosi largo tra il colletto della camicetta bianca e il maglioncino azzurro. Non gli ci volle molto a sfilarle quei due indumenti e a strapparle letteralmente di dosso il reggiseno.
Facendola camminare a ritroso l’aveva condotta alla sua scrivania e l’aveva bloccata ad essa premendola con il bacino. Lucy non era meno attiva dell’uomo, anche lei velocemente aveva fatto in modo di liberarlo dalla cravatta e dalla giacca, mentre  la camicia, completamente aperta, ancora gli copriva le spalle.
 
– Presto! Sai come ti voglio …
 
Nell’urgenza sessuale le aveva dato quell’ordine e la ragazza, con uno sguardo malizioso e battendo le ciglia sugli occhi azzurri, si voltò di spalle e si alzò la gonna fin sopra ai reni, mostrandogli le terga vestite solo con uno striminzito perizoma. Divaricando le gambe si abbassò in avanti poggiandosi alla scrivania, mentre Robert Gold, avendo già liberato il suo membro, aprendo la patta dei pantaloni, le spostò rudemente il perizoma con una mano, prendendola violentemente, e con l’altra le afferrò i capelli biondo chiaro dietro la nuca, schiacciandola maggiormente, col seno nudo sul ripiano della scrivania. Ambedue erano al limite dell’eccitazione e quell’amplesso si consumò velocemente, dando ad entrambi ciò che volevano.
La maggior parte delle volte andava così tra loro, con quegli amplessi consumati con istinto bestiale da parte di Gold, mentre per Lucy significava rendere felice l’uomo di cui si era innamorata, non vedendo altro che l’affascinante professore, invece della “bestia” che realmente fosse.
***
– Ho intenzione di partire quanto prima Lucy. Devo farlo obbligatoriamente e ho bisogno che tu venga con me!
– Perché così improvvisamente?
– Non farmi domande darling! Ti ho detto che è necessario!
– Va bene Rob, tutto quello che vuoi amore! Quando partiremo?
– Più presto di quanto pensi. Prepara una borsa con poche cose, altro che ti servirà lo compreremo sul posto. Appena avrò i documenti per entrambi partiremo.
– Rob io ho già i documenti validi! Perché dici così?
– Darling, ti ho già detto di non farmi domande! Dobbiamo cambiare identità, dovrai colorarti i capelli, falli castano mogano che mi piacciono di più! Tu sarai mia figlia Belle Franch e io sarò tuo padre Robert Franch!
– Tua figlia?! Non posso essere tua moglie?
– Darling, usalo qualche volta quel tuo cervellino, se non si è polverizzato con l’ecstasy! È poco realistico per la mia età che io sia tuo marito non trovi?!
– Come amante non mi pare che tu ti faccia problemi d’età Robert!
– Non fare l’offesa ora! Guardala da un altro punto di vista! Ci divertiremo a giocare facendo gli incestuosi durante il nostro viaggio! Non ti stuzzica l’idea?
– Se ti penso in quel modo non mi stuzzica affatto l’idea!
– Peccato cara, perché a me stuzzica molto … anzi … visto che siamo ancora qui potremmo giocare ancora un pochino insieme che ne dici? Voltati! Questa volta voglio un’altra parte di te!
 
Le mani di Gold erano nuovamente sotto la gonna di Lucy, la strinse al suo bacino e la fece ruotare di spalle. Lei, consenziente, si allungò ancora con il petto sulla scrivania; ondeggiando i fianchi  schiuse nuovamente le gambe, posizionandosi nel modo più comodo per offrirgli le terga nella maniera alternativa che lui le aveva fatto capire volesse, consentendogli di soddisfare quell’ennesimo suo turpe desiderio bestiale.
 
***
 
Boston . 4  Agosto 2008, base segreta della squadra speciale D.E.A.
 
Sebastian Jefferson era accigliato. Mentre rientrava alla base con il suv Maserati, già immaginava Captain Hook su tutte le furie per la notizia che gli avrebbe dovuto dare.
Non poteva farci niente se le cose non stavano andando secondo i piani! Aprì con il telecomando la saracinesca del garage e, dopo aver fermato la grossa auto, scese  dirigendosi verso gli uffici della base segreta.
 
Captain Hook era alla sua postazione di comando, davanti ai monitor che controllava di continuo. Lo vide sollevare il bel viso nella sua direzione e puntare gli occhi azzurri dritti nei suoi.
 
– Perché quella faccia Winter Soldier? Vedi di non darmi brutte notizie che ne ho avute già abbastanza!
“Andiamo bene! Vedrai adesso!”
– Allora?!
– Allora?! Di Lucy Anderson non ci sono tracce!
– Che cazzo stai dicendo Seb?! Come sarebbe “non ci sono tracce”! Ti ho dato tutti i dettagli! Ti sei rincoglionito come quegli altri idioti che stavano controllando Gold?
– Niente affatto Killian! I tuoi dati non facevano una grinza …  la ragazza è fuggita prima che io arrivassi a lei. Ho controllato …  sono entrato nel suo appartamento e ha l’aria di essere stato lasciato in tutta fretta. Il guardaroba era aperto e buona parte degli indumenti erano per terra. Non c’erano valige o borse da viaggio in giro e ho trovato nel suo bagno un colorante per capelli, diverso dal suo, appena usato …
- Maledizione! Fuggita contemporaneamente a Gold e ha cambiato il colore dei capelli! Hans aveva detto nella deposizione che Lucy gli avesse confidato di essere l’amante di Gold … non era una sua fantasticheria … La ragazza è con lui di sicuro e non credo per semplici motivi sentimentali, gli può dare una parvenza diversa.
 
 
Freneticamente e velocemente, Killian Jones iniziò a digitare sulla tastiera davanti a sé. In pochi secondi aveva allertato l’F.B.I. Il mandato di cattura di Gold era esteso ora anche alla giovane Lucy Anderson.
 
“ …. diramare a tutte le centrali di polizia e le dogane. Cercare una coppia che abbia l’aspetto e i documenti di  padre e figlia. Vi invio gli identikit modificati con vari colori di capelli e uso di barba, baffi e occhiali. I due ricercati hanno sicuramente cercato di cambiare aspetto …”
 
Seb leggeva sul monitor, mentre il Capitano scriveva altre indicazioni e avviava le modifiche agli identikit, su un altro schermo.
 
– Padre e figlia?
– Certamente Seb! Gold non è stupido! Nei suoi panni io cercherei di destare meno sospetti possibili. Una ragazza così giovane al fianco di un uomo della sua età sarebbe vistosa se si presentassero come coppia sposata!
– Potrebbe farla passare per la sua segretaria …
- Non credo! È la sua amante, penso che se abbia “certe intenzioni” con lei, gli verrebbe più facile tenerla al suo fianco condividendo la stessa stanza come padre e figlia, dando meno nell’occhio della coppia sposata o del manager con segretaria! 
- Certo Jones, se non sapessi che sei un fottuto genio, penserei che hai una mente criminale da far invidia anche al peggiore!
 
Killian Jones fece un sorriso sghembo, mentre le sue dita veloci continuavano a volare sulla tastiera.
 
  “Forse è soltanto il mio lato oscuro che si riaffaccia Seb!”
 
 
 Un paio di giorni dopo
 
L’autobus fermò a poca distanza dall’elegante villetta con giardino. Scesero alcuni studenti universitari e con loro scese anche Emma Swan.
La ragazza salutò gli altri alzando la mano e sorridendo, poi, ruotando il busto e scuotendo la testa di lunghi e splendenti capelli biondi, che ondeggiarono sul suo leggero giubbino in cotone rosso, si avviò verso la villetta di sua zia Ingrid.
 
Due maschili occhi azzurri la stavano osservando, malinconici e nostalgici, da dietro un paio di Ray Ban da sole.
 
“Stai bene Emma! Sembri anche più bella. Il tuo viso splende di luce propria. Sei felice per il nostro bambino! Sono felice anche io amore!”
 
Killian guardò la ragazza silenziosamente. Seguì la sua linea sinuosa e i suoi fianchi armoniosi che ancheggiavano leggermente, fasciati in un paio di attillati Jean. A tre mesi di gravidanza ancora non si notava nulla.
 
“ Tra poco non potrai più indossare quei Jean sexy, piccola!”
 
Continuò ad osservarla, finché non la vide sparire in casa, poi rimise in moto il suv nero e ripartì. Doveva rientrare a Dublino entro sera. La sua missione era momentaneamente in un vicolo cieco. A Dublino doveva occuparsi della propria famiglia. Suo zio Henry l’ aveva chiamato. C’era qualche novità di cui voleva parlargli. Avrebbe diretto il suo team dall’ufficio della capitale irlandese.
 
***
 
Un buon profumo di  stufato stuzzicò le narici di Emma appena messo piede in casa.
 
– Mamma sono a casaaa!
– Emma sono in cucina! Vuoi apparecchiare intanto? Anna è con teee?
– No, non è ancora arrivata!
– Come al solito si sarà trattenuta con Kris! Benedetti ragazzi! Dimenticano pure di mangiare per pensare all’amore!
 
Emma sorrise alle parole provenienti dalla cucina. Entrò nel tinello, prese una tovaglia da uno dei cassetti dell’armadio dell’angolo pranzo e la portò sul tavolo. Prima di apparecchiare si tolse il giubbino. Si voltò verso la poltrona preferita di sua zia per poggiarvi l’indumento e la sua attenzione fu catturata da un’immagine che campeggiava sul quotidiano che Ingrid aveva lasciato sulla seduta. Incuriosita raccolse il giornale e lesse il titolo sulla fotografia.
 
“Ricercato dall’F.B.I. il noto Professore Robert Gold, decano della prestigiosa Facoltà di Storia dell’Arte di Harvard”
 
– Non ci posso credere!
 
La fotografia in bianco e nero raffigurava il Docente durante un seminario. Interessata Emma lesse avidamente l’articolo. L’ uomo era stato indagato per i suoi ipotetici traffici illegali e per lui era scattato un mandato d’arresto. Probabilmente aiutato dai suoi complici malavitosi era riuscito a sfuggire all’arresto con un rocambolesco stratagemma, prevenendo i Federali e lasciandoli con le mosche in mano quando si erano presentati a casa sua con il mandato. Il quotidiano definiva Gold “un individuo pericoloso” e aggiungeva che al momento fosse ricercato in tutti gli stati.
 
– Devo chiamare immediatamente Regina! Deve sapere!
 
Senza perdere tempo prese il cordless e, rannicchiata sul divano, digitò il numero di Regina. A Londra dovevano essere le 19,30 circa. Sicuramente la sua migliore amica era già nel suo appartamentino londinese. Era stata fortunata, da quanto le aveva raccontato, ad aver trovato quel bugigattolo vicino all’università e un lavoro da commessa in una boutique per giovani, a poca distanza.
Regina rispose al quarto squillo.
 
– Emma come stai?! Il piccolino?
– Regina io sto bene e il mio tesorino non mi sta dando problemi, né di nausee né di pressione, probabilmente anche grazie ai farmaci che mi ha prescritto il mio ginecologo. Ho una grande notizia per tè però!
– Una notizia per me?! Mi devo preoccupare?
 
La mora aveva riso dall’altro capo, ignara di quanto stesse accadendo a Boston.
 
– Ho appena letto sul giornale che Gold ha avuto un mandato d’arresto per loschi traffici e intrallazzi con malavitosi!
- È .. è stato arrestato?
– Non proprio … è riuscito a fuggire prima dell’arresto ed ora è latitante. Lo stanno ricercando in tutti gli stati … Regina ci sei ancora?
– Si … si Emma, ci sono. Sono rimasta senza parole! Quell’uomo era completamente l’opposto di quello che appariva. Purtroppo l’ho capito sulla mia stessa pelle …
- Regina, visto la situazione potresti anche tornare a Boston per concludere gli studi!
– No Emma! Sto benissimo qui. Ho trovato un bel gruppo di colleghi e ho conosciuto un uomo …
- Regina veramente? Hai dimenticato Daniel?
– Emma … Daniel non potrò mai dimenticarlo! Lui dovrà dimenticare me!
– Tu non ti rendi conto di quanto lo hai fatto soffrire lasciandolo! Sono sicura che avrebbe capito se gli avessi detto la verità, così ha pensato semplicemente che tu non lo abbia mai amato!
– Lo so Emma, ma lui non merita una come me, merita una brava ragazza come te!
– Non riesco a capire perché ti sei fissata così! Potevi anche denunciarlo Gold, anzi, potresti ancora farlo, tanto più che si è capito che bestia sia, avresti anche più credito nel momento in cui lo denunciassi.
– Non me la sento Emma! Voglio dimenticarlo, voglio andare avanti e realizzare almeno uno dei miei sogni.
– Quale sogno vorresti realizzare?
– Vorrei aprire una galleria d’arte dopo la Laurea. Ho un piccolo capitale da parte e lo investirei senza dover chiedere nulla a mia madre.
– La stai sentendo Cora?
– Sto evitando veramente! Lei prova quasi tutti i giorni a chiamarmi.
– Se scoprisse che le hai mentito riguardo al tuo trasferimento!
– Non le parlo spesso proprio per evitare le sue domande, più che altro le mando dei messaggini!
– Spero che questa storia regga fino alla tua Laurea amica mia!
– Non ti preoccupare Emma, pensa solo al tuo piccino! Quando dovrebbe nascere?
– Sono di 13 settimane secondo l’ecografia, dovrebbe nascere per metà dicembre.
– Festeggeremo il Natale con il tuo bambinello allora, sempre se non sarà una femminuccia!
– Per me maschio o femmina va bene uguale, ma ho tanto la sensazione che sarà un maschietto!
– Senti, ma Elsa? Cosa mi dici di lei?
- Le hanno dato un incarico che l’ha resa felicissima! Sta lavorando su un sommergibile della marina irlandese, prestato all’istituto oceanografico dove sta facendo lo stage e non immagini cosa mi ha detto!
– Cosa?
– Ancora non lo sanno nemmeno zia Ingrid ed Anna, vuole dirglielo appena torna dalla missione. Si è fidanzata con il capitano del sommergibile!
– Non ci posso credere! Finalmente il nostro ghiacciolo si e sciolto! Sono felice per lei!
– Ma tu? L’uomo che stai frequentando?
– Lo conosco da poco in verità, ci siamo frequentati quattro volte in tutto. Si chiama Robin, ha un negozio di articoli sportivi poco distante da dove lavoro, è un appassionato di tiro con l’arco, ha vinto parecchi trofei!
– Ti ha già portato a casa sua a vedere la sua collezione di medaglie e coppe?
– Lascia stare quel tono malizioso Emma! No, i trofei li ha esposti al negozio. Se vuoi proprio saperlo ancora non ci sono stata a letto!
– Sei sicura che ti piace?
– Si, è un bell’uomo, ha trentadue anni! Fisico atletico, capelli biondo rossiccio e occhi chiari, un tipico inglese!
– Senti lo stesso sentimento che avevi per Daniel?
 
Dall’altro capo del telefono Regina non rispose subito ed Emma capì da sola la risposta.
 
– Regina … non devi buttarti per forza in una nuova relazione se non senti la scintilla giusta!
– Non è solo questione di scintilla! Sono io che non riesco a lasciarmi andare! Lui avrebbe voluto alla terza volta che siamo usciti insieme. Non ci manca l’attrazione fisica, ma poi io mi sono bloccata!
– Regina tu sei ancora traumatizzata per quel maiale di Gold! Hai bisogno di psicoterapia! Trova qualcuno in gamba lì a Londra …
 
La telefonata era finita in modo malinconico, anche se Regina, con il suo solito cipiglio, aveva cercato di sdrammatizzare e aveva riso, ma Emma la conosceva bene e si era accorta che dietro quella risata, Regina era piuttosto depressa.
 
“Non avesse lasciato Daniel almeno! L’avrebbe aiutata sicuramente! Con lui aveva un affiatamento eccezionale! Speriamo bene con questo Robin!”
 
Dal rumore alla porta, fu chiaro che Anna stava rientrando. Fece sentire la sua voce allegra in un saluto. Benedetta ragazza! Lei si che sapeva riportare il buon umore n famiglia!
 
*** ***
 
Il viso di Emma era così vicino! Era stesa col seno nudo contro il suo torace e lo guardava sorridendo. I suoi occhi erano più limpidi che mai e avevano un’espressione felice e innamorata. Le mani affusolate e tiepide erano poggiate sui suoi pettorali e il mento arrotondato era su di esse. Le piaceva sdraiarsi così su di lui dopo aver fatto l’amore e lui, in quei momenti, le accarezzava i capelli, riportandoli dietro le spalle, accarezzandole piano la schiena con ambedue le mani, seguendo il restringimento della vita, fino alle rotondità dei glutei.
 
– Ti amo Kim, ti amo tanto …
 
L’emozione a sentirla pronunciare quelle parole gli aveva invaso il petto. Non aveva risposto nulla, ma con un colpo di reni l’aveva ruotata sulla schiena, ritrovandosi su di lei. Gli occhi negli occhi e il sorriso raggiante di ambedue. Lei si aspettava forse una risposta? Sarebbe stato giusto risponderle con le stesse parole, ma Kim Steward non poteva. Doveva essere Killian Jones a pronunciare quella frase, non il suo falso alter ego. La stava ingannando, quella era la verità! Si era presentato con un nome falso e doveva continuare la farsa per la sua missione, anche se Emma non meritava bugie. Era così pura quella meravigliosa ragazza dagli occhi di smeraldo!
 
Non aveva risposto a parole, ma lo aveva fatto nelle azioni. Aveva ripreso a baciarle le labbra, a cercarla con le mani e poi l’aveva amata ancora, nel modo più dolce, amorevole e passionale che avesse mai potuto. Voleva che lei sentisse il suo amore.
Quando avrebbe potuto dirgli il suo vero nome le avrebbe dichiarato anche quelle parole preziose e le avrebbe chiesto di essere sua per il resto dei suoi giorni. Emma voleva quello che ogni persona normale vorrebbe dalla vita e lui, nonostante le avesse fatto credere il contrario, era emotivamente pronto a darle quanto desiderasse, un marito innamorato, una casettina per loro e dei bambini.
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L’ hostess fece sentire la sua voce riportandolo alla realtà. Stavano per atterrare all’aeroporto internazionale di Dublino.
 
Killian Jones aprì gli occhi, tenuti chiusi fino a quel momento per rilassarsi durante il volo e per ricordare “lei”.
Aveva scelto il ricordo dell’ultima volta che si erano amati. Allora già sapeva che la settimana seguente avrebbe dovuto spezzarle il cuore con la sua finta uccisione.
 
“ Emma … era giusto risponderti e dirti quanto ti amo anche io? Non l’ho fatto e ho perso la possibilità di darti questa conferma! Pensavo fosse meglio così, ma ti ho negato un’altra verità. Ti amo veramente, ma per te sono morto senza che tu lo abbia mai saputo. Arriverà il nostro momento Emma e avremo il nostro bambino. Aspettami amore mio! Per ora potrò darti solo la voce camuffata dell’uomo che sono veramente. Spero che riuscirai a perdonarmi quel giorno!”
 
L’aereo fece le sue ultime manovre e poi, finalmente fermo, i passeggeri iniziarono ad uscire ordinatamente. Killian prese la sua borsa dal vano, se la mise a tracolla, si passò la mano tra i capelli sulla fronte, cercando di portarli in dietro, ma quelli ricaddero ribelli in avanti. Scese dietro agli altri passeggeri e andò a cercare un taxi per tornare al suo appartamento.
 
Era notte ormai, quando si ritrovò ad aprire la sua silenziosa abitazione. Accese la luce e si diresse verso il tinello. Il cavalletto con la tela erano ancora vicini alla finestra. Aveva ripreso a dipingere da quando Kim Steward era morto. Guardò la tela  completata. I colori ad olio dovevano essere ormai asciutti. Passò le nocche della mano destra sul viso che aveva ritratto. Si, il colore era asciutto.
Tolse delicatamente la tela dal cavalletto e vi mise sopra l’altra pulita che teneva in terra, poggiata alla parete. Riprese la tela completata e la portò con sé nella sua camera da letto, poggiandola sul comò.
Era stanco e aveva solo voglia di fare una doccia e infilarsi a letto. Buttò su una sedia la giacca di lino blu che indossava e iniziò a sbottonarsi la camicia azzurra. Lo specchio sopra il comò, occupato in parte dalla tela, gli restituì la sua immagine atletica. Stava per entrare in bagno ma si bloccò sentendo il suono del suo cellulare. A quell’ora immaginava chi potesse chiamarlo. Prese il cellulare e sorrise.
 
– Zio Henry sono tornato!
– Immaginavo figliolo, ma potevi farmi una telefonata!
– Non è nemmeno mezz’ora che ho aperto la porta zio ed è tardi, non volevo svegliare te e zia Janette!
– Lo sai che io vado sempre a dormire tardissimo, soffro d’insonnia da anni ormai!
 
Killian lo sapeva bene, suo zio soffriva d’insonnia da quando lui era entrato a Quantico. Forse le due cose erano collegate tra loro, ma non aveva nessuna voglia di sentirsi in colpa per quello. Ne sentiva altre di colpe, ben peggiori!
 
– Vieni a pranzo da noi domani?
– Si, penso di riuscirci!
– Bene! Perché dobbiamo parlare di tuo fratello Liam.
– Di Liam? Dovrebbe aver finito la sua missione credo, che cosa è successo?
– Lo sai che si è fidanzato no?
– Ah! Vedo che già te lo ha detto!
– Si e vuole presentarci la sua fidanzata.
– Sapevo che fosse una cosa seria, ma a quanto pare vuole accelerare i tempi!
– Sono un po’ preoccupato per lui Killian!
– Addirittura Zio? Non mi pare che sia un bambino no? E poi mi sembra che lei sia una brava ragazza!
– Non dubito affatto di questo! Tu e Liam non sapete “altro” che potrebbe mettere in forse la loro unione!
“Credi che io non sappia a cosa ti riferisci zio? Stai pensando che Elsa è figlia alla sorella  della donna uccisa da nostra madre. Pensa che io invece sono il bastardo che ha messo incinta la figlia di quella povera donna e l’ha ingannata! Alla fine dei conti la bella Signora Ingrid potrebbe accettare Liam, ma me? Non so nemmeno se mi accetterebbe Emma nel momento in cui venisse a sapere la verità!”
– Zio … forse ti stai preoccupando troppo, ma ne parleremo domani, ora ho bisogno di fare una doccia e dormire!
– Hai ragione figliolo. A domani allora. Buonanotte …
 
Killian chiuse la chiamata e rimase pensieroso a guardare lo schermo che si spegneva. Suo zio era l’unico della famiglia a conoscere tutta la verità sul suo lavoro. Doveva dirgli anche il resto? Doveva raccontargli di Emma e della missione in corso? Non poteva dirgli tutto fino in fondo, ma di Emma doveva metterlo al corrente. Non voleva che la fidanzata di Liam lo conoscesse e arrivasse a ricollegarlo a Kim Steward, poteva passare che arrivasse ad Emma che il Killian Jones conosciuto telefonicamente, fosse casualmente il fratello del suo fidanzato, ma il resto no! Non era ancora ora di far sapere la verità ad Emma e suo zio Henry gli avrebbe fornito la copertura giusta per evitare situazioni imbarazzanti. Una delle cose che doveva evitare era di farsi scattare foto di famiglia con loro, di certo Elsa le avrebbe mandate alla madre e alle sorelle. Se ci sarebbe stato il fatidico  incontro di presentazione, lo avrebbe rinviato più a lungo possibile con la scusa dei suoi viaggi continui di lavoro. Zio Henry gli avrebbe retto il gioco, lavorando anche su zia Janette, come sempre!
L’unica cosa che restava un punto interrogativo era il nomignolo con il quale lo chiamava fin da piccolo Liam. Era stato lui ad inventare l’abbreviativo Kim e lo usava di solito quando erano insieme in confidenza. Sperò che ad Elsa lo avrebbe presentato semplicemente come Killian, era anche la cosa più giusta e formale in fin dei conti!
 
Finì di spogliarsi ed entro in bagno. Doveva studiare bene quel “piano” familiare. Aprì l’acqua calda della doccia e appena fu della temperatura giusta entrò nella cabina, lasciando che il getto d’acqua lo mondasse dai pensieri negativi e dai sensi di colpa. Si poggiò alla parete e chiuse gli occhi. Si abbandonò di nuovo al pensiero di Emma, alla prima volta che l’aveva portata nel suo appartamento per farle smaltire l’effetto della droga con la sauna calda e poi le volte che la doccia l’avevano fatta insieme, con lei pienamente cosciente e consenziente.
 
Con la testa all’indietro, poggiata alle piastrelle, e il getto d’acqua che gli investiva il viso e il torace, cercò di rievocare le sensazioni fisiche provate al tocco delle mani di Emma sul suo petto. Le ricordò morbide, schiumose di bagnoschiuma, che si muovevano su di lui in senso rotatorio, insaponandolo, ridendo e giocando insieme, mentre anche lui la insaponava, accarezzandola e facendole il solletico. Le loro mani sui loro reciproci corpi, i baci voraci sotto l’acqua, il morbido e profumato corpo bagnato di Emma stretto al suo, l’averla rivista quella stessa mattina, serena e bella, con i suoi lunghi capelli d’oro svolazzanti e i fianchi sinuosi in quei jeans attillati …
 
Quando si accorse della sua prepotente reazione fisica, scaturita da quei ricordi, si rese conto di quanto lei gli mancasse. 
Si asciugò con uno dei  grandi asciugamani da bagno e poi lo riappese al gancio sulla parete. Uscì dal bagno per tornare nella sua camera da letto. Guardò ancora il quadro sul comò e poi si infilò, ancora nudo, sotto le lenzuola. Era in un letto matrimoniale, come quello dell’appartamento di suo padre, a Boston. Si sdraiò sul lato destro e prese il cuscino di quel lato stringendoselo al petto. Quel letto gli sembrava più grande e vuoto del solito.
Aveva dormito con Emma nei week-end che si erano regalati in quei due mesi di passionali incontri d’amore e sesso. In verità aveva dormito in quel modo solo con lei. Di tante ragazze che aveva avuto fino a quel momento, con nessuna aveva mai passato la notte insieme. Con nessuna aveva mai voluto passarla! Erano sempre state situazioni fugaci, di poche ore, e poi ognuno a casa sua! Con Emma non era stato così. Con lei aveva sentito il bisogno di continuare a tenerla tra le braccia anche dopo aver soddisfatto il desiderio fisico.
Sapeva cosa significasse dormire così vicini e intimi, svegliarsi con lei al suo fianco e guardarla alla luce del mattino, mentre, ignara, ancora dormiva serena e bellissima, vestita solo della sua candida e vellutata pelle.
Stringendo il cuscino, con la guancia su di esso, Killian sospirò malinconico.
 
“Mi manchi da morire Emma! Vorrei che tu fossi qui con me! Vorrei poggiare la guancia sul tuo ventre, accarezzarlo e dargli piccoli baci, perché saprei che sto accarezzando e baciando il nostro bambino … Ogni ora che passa senza te, ogni giorno che si somma ad un altro senza averti sentita o vista di nascosto … è una tortura! Quanto potrò ancora resistere a starti lontano?”
 
*** ***
 
Centrale della Polizia di Boston. Stessa notte.
 
Il Sergente Martin Roger aveva salutato, con un sorriso ampio sul suo simpatico faccione cioccolato, ed era andato a casa. Era molto tardi e meritava finalmente il riposo. Presto sarebbe andato in pensione e i suoi colleghi, alla sua insaputa, stavano facendo una colletta per organizzargli la festa di commiato e l’acquisto di un regalo da dargli come loro ricordo.
 
L’agente Brocowsky seguì con lo sguardo Roger, mentre si allontanava nel corridoio. Erano in pochi a quell’ora di notte. Quella sera lui era uno di quelli a cui spettava la guardia. Si tolse da sotto la giacca la busta con i dollari che lui stesso stava raccogliendo per la colletta e lanciando un’ultima occhiata al corridoio, fece un cenno con la testa al suo collega che stava al centralino. L’altro vide la busta gialla e capì cosa stava per fare Brocowsky. Ricambiò il suo cenno con un occhiolino e prese dal cassetto della sua postazione le chiavi dell’archivio. Sapeva che il collega avrebbe messo in un cassetto dell’archivio la busta con i soldi e, quando tutti avessero finito di versare la loro quota, avrebbero fatto i conti e acquistato il regalo per Roger.
 
– Ricordati di rimetterla nel mio cassetto Brocowsky, tra poco mi darà il cambio Mel!
– Certo amico! Ci penso io stai tranquillo!
 
Brocowsky prese la chiave e si diresse verso la porta che dava su un secondo corridoio. Lì c’era l’ufficio di Roger, una sala per gli interrogatori e la stanza dell’archivio. Con sguardo circospetto si diede una veloce occhiata intorno. I due colleghi nella stanza di fronte all’ufficio di Roger, nell’attesa di un’emergenza notturna, stavano giocando a carte e non lo guardarono nemmeno. Aprì la porta dell’archivio e rimise intanto la busta con i soldi nella tasca interna della giacca.
Velocemente scrutò l’alfabeto stampigliato sui riquadri dei cassetti. Scorse fino alla “S” e aprì. Le sue mani frugarono veloci ed allenate tra le varie cartelle, poi trovò il nome che cercava: Steward Kim.
Ne trovò addirittura tre di tizi con quel nome, ma solo uno risultava morto di recente. La foto segnaletica mostrava un ragazzo bruno, di bella presenza, posto sia di prospetto che di profilo, con il suo codice di segnalazione sotto. Aveva circa diciassette anni in quelle foto.
 
“ Bene! Hai cominciato presto la carriera di truffatore vedo! Eri pure piuttosto in gamba! E questo?”
 
Sfogliando la cartella, Brocowsky si era imbattuto nel timbro dell’ F.B.I.
 
“ Mmm … avevi fatto tanto di quel casino che ti hanno cercato addirittura i Federali! Ha ragione Manguso! Non eri un comune avvocato disonesto! Eri un genio della truffa a quanto pare! Peccato che l’ F.B.I. abbia preso parte del tuo fascicolo … vediamo, vediamo? Guarda un po’! Anche la dottoressa Stone ti aveva interrogato?! Ovvio, non c’è l’incartamento dell’interrogatorio … se lo sarà tenuto lei all’ F.B.I. la strizzacervelli  ti avrà trovato interessante, so che fa parte di una squadra speciale!
Mmm … questa i giornali non la riportavano però. Senti, senti! Io non ero di turno quella sera, ma qua c’è stato un vero casino!
- La Signorina Emma Swan dichiara di aver assistito all’omicidio del Sig. Steward, avvenuto nell’appartamento dove si incontravano di solito, alle ore … -
Quindi il ritrovamento nel fiume è accaduto perché qualcuno ha tolto il cadavere dall’appartamento per buttarlo nel Mistyc! I giornali non dicevano nulla di questa ragazza! 20 anni d’età? Roger avrà cercato di aiutarla se è incensurata! Fammi controllare se c’è una scheda segnaletica anche su di lei?
 
Le mani di Brocowsky cercarono febbrilmente quel breve nome tra le cartelle.
 
“ Niente! Incensurata! Magari è solo una puttanella che ti scopavi Steward! Una fortuna che non ci abbia rimesso le penne insieme a te!”
 
Guardando nuovamente nella cartella di Steward, un particolare colpì l’agente. 
 
“ Questa è bella! Perché diavolo l’ha interrogata la Stone? Abbiamo il nostro psicologo! Che centra l’ F.B.I. con questa ragazza?! Deve avere qualcosa di interessante! Devo informare subito Manguso!”
 
L’uomo rimise nell’archivio la cartella e si affrettò a fare il numero del Boss che lo pagava per quel suo lavoro da talpa.
La voce gracchiante, dal tirato accento siciliano, rispose al terzo squillo.
 
– Alloora! Che hai scopeerto?!
– Steward è morto nell’appartamento che occupava abusivamente, c’è una testimone che ha assistito!
– Una testimoone ah!
– Si … credo una troietta che gliela dava!
– Che miinghia di notizie mi daai!
– No … in effetti può essere una fesseria, ma la ragazza è stata ascoltata dal Maggiore Lorna Stone …
- E chi minghia è idda?!
– Uno strizzacervelli della squadra speciale “cacciatori di menti” dell’F.B.I. Mi è sembrato strano perché non ce ne era apparente bisogno! Se era traumatizzata abbiamo il nostro psicologo!
– Che vorresti rappresentaarmi?!
– La scheda di Steward in parte è mancante e quando lo arrestarono la prima volta da ragazzo, intervenne lo stesso Lorna Stone! Steward era un truffatore geniale, aveva diciassette anni allora e aveva messo in subbuglio il paese e i federali.
– Miiinghia! Lo dicevo io che quello ci sapeva fare troppo per essere solo un avvocato! Ma questa squinzietta mi interessa! Come si chiama?
– Emma Swan …
- Mandami tutti i dati su di lei! Magari sa più di quello che si possa pensare! Ah! Aggiungimi notizie anche sulla “strizzacervelli”!
 
Brocowsky fece appena in tempo a chiudere la telefonata che sentì un rumore alla porta.
 
– Ehi Mel! Sei arrivato ora?
– Si, ma che ci fai qua? Con chi parlavi?
 
Brocowsky tirò fuori dalla giacca la busta con i soldi.
 
– Sono venuto a mettere in archivio i soldi della colletta no?  Non te l’ha detto Sem? Mi ha appena dato le chiavi! Ancora non ho sistemato i soldi, quella rompiballe di mia moglie mi chiama pure di notte! Penserà che invece che in centrale me la sto spassando con la mia amante! Lei che può dormire passa la notte a divertirsi così!
– Le donne!
 - Tieni la chiave Mel, io ho fatto! Chiudi tu!
 
Lanciando la chiave al collega, Brocowsky uscì dalla stanza con il sorriso sulle labbra, senza il minimo rammarico delle possibili conseguenze dell’ aver consegnato nelle mani di un delinquente una ignara ragazza innocente …
 

Angolo dell'autrice

Per chi ama questa FF finalmente è arrivato il capitolo che vi avevo promesso già per domenica scorsa, ma internet è ballerino purtroppo! Spero che ora funzioni, poco fa ho pubblicato una OS Captainswan ed è andata bene ;))
Grazie a chi segue fedelmente, a chi commenta e a chi categorizza. Un abbraccio a tutti e buona settimana. Per la prossima aspettatevi "Again ..."
Lara
 

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Capitolo 17
*** Amore inarrestabile ***


Capitolo 17
 
 Amore inarrestabile
 
7 Agosto 2008. Dublino
Henry O’Danag aveva ascoltato suo nipote silenziosamente. Conosceva il suo lavoro, sapeva la necessità di tenerlo incognito, ma una delle cose di cui voleva parlargli, in quell’incontro dopo il pranzo, era la possibilità di rivelare anche a suo fratello maggiore Liam la verità, soprattutto ora che la famiglia si sarebbe ingrandita con l’entrata in scena della sua futura moglie.  Per l’altro argomento, di cui voleva parlare a Killian, non ce ne era stata necessità, poiché il giovane lo aveva anticipato, spiazzandolo con la sua conoscenza dettagliata sia dei fatti, che avevano visto la morte di sua madre Nora in quell’orribile incidente, sia per la conoscenza della famiglia delle altre vittime coinvolte.
 
“Strane coincidenze del destino!”
 
Henry vi aveva riflettuto sorridendo. Un nipote innamorato della figlia della sorella della vittima, poteva starci, ma anche l’altro nipote innamorato della figlia stessa della vittima,  era veramente un caso eccezionale e quasi incredibile! Quando poi Killian era passato a raccontargli come avesse incontrato Emma e come si fossero evolute le cose, con l’invischiamento del suo lavoro, la sceneggiata della sua morte e la scoperta che lei fosse incinta, beh! Lì Henry O’Danag era rimasto veramente senza parole.
 
– Zio, di qualcosa per favore!
 
Henry aveva alzato le sopracciglia sgranando leggermente i suoi occhi cerulei, aveva inspirato profondamente e si era passato la mano tra i capelli d’oro rosso, mandandosi indietro il ciuffo. Killian lo guardava con il fiato sospeso. Il giudizio di suo zio era sempre stato molto importante per lui, poiché Henry era la persona che più stimava al mondo. Il suo silenzio era come un macigno sul petto per il giovane.
 
– Hai una grande responsabilità verso Emma e tuo figlio Killian!
– Si, ne sono pienamente cosciente.
– Cosa intendi fare?
– Il mio dovere! Emma non è stata un’avventura per me.  Quello che sento per lei è qualcosa di forte e importante. Voglio che realizzi i suoi sogni, sia nello studio che nel lavoro. Se mi perdonerà, quando saprà la verità, ho intenzione di sposarla, dare a lei e al nostro bambino la famiglia che ha sempre desiderato.
– Come procederai? Per lei sei morto!
– Purtroppo dovrò aspettare di risolvere questo maledetto caso. È una situazione in cui sono coinvolti pesci molto grossi, scaltri e pericolosi. Lei ne doveva stare fuori. Non avevo calcolato di ritrovarla e innamorarmi così di lei. Non so cosa mi abbia fatto, ma ormai fa parte di me.  Per il momento non posso uscire allo scoperto, correrebbe pericoli anche lei e la devo proteggere.  Spero di chiudere il caso prima del parto.
– Quando dovrebbe arrivare il bambino?
– Per la metà di dicembre.
– Pensi di farcela per allora?
– Lo spero! Al momento le cose non sono andate come dovevano. È una situazione molto diversa dal solito. Sono stato coinvolto in prima persona.
– Sapevo che il tuo fosse più un lavoro di direzione, da stanza dei bottoni!
– Per lo più è così, ma questa volta abbiamo adottato una strategia diversa. Dovevamo aver concluso già da un paio di settimane, ma sono capitate delle coincidenze  e degli imprevisti che hanno mandato a monte l’azione.
– Ricordo che Emma dovette subire un intervento urgente con l’asportazione della milza. In quei casi ci possono essere delle controindicazioni per la gravidanza. Sta andando tutto bene?
– So i rischi! Mi sono documentato. Per il momento va tutto bene. Sono in contatto con il suo ginecologo.
– La tua deformazione professionale ti ha dato questa tendenza al controllo assoluto vedo!
– Purtroppo non riesco a controllare tutto! La gravidanza, nonostante le precauzioni, non sono riuscito a controllarla, ma sono felice all’idea di avere un figlio da lei.
– Non ci sono dubbi di sorta che tu la ami veramente!
– Io non ne ho mai avuti su di Emma! Lei è ciò che di più bello sia capitato nella mia vita!
– Spero vada tutto per il meglio Killian! Tu e tuo fratello meritate di essere felici e anche Emma, con tutto quello che ha passato … Ti coprirò con Liam come mi hai chiesto, ma conosci tuo fratello! Non potrai tergiversare a lungo con lui, non è meno intelligente e scaltro di te, lo sai. Inoltre lui, diversamente da te, ha un buon rapporto con Brennan, vorrà coinvolgerlo. 
– Quella di nostro padre sarà una buona scusa per giustificare la mia assenza! Tienimi al corrente dei suoi movimenti con Liam.
 
Guardando negli occhi suo nipote, Henry annuì con un cenno della testa. Poi si alzò dalla sedia della sua scrivania e si diresse verso l’armadietto dove teneva sempre qualcosa da bere, per le conversazioni private con Killian o altri. Quando si chiudeva nel suo studio con un ospite, che fosse un parente o un collega, sua moglie Janette sapeva che quella diventava per lei una stanza preclusa. Lì suo marito aveva il suo consenso di poter fumare un sigaro o bere un bicchiere con il suo ospite di turno.
 
– Ti va qualcosa da bere Killian?
 
Il giovane Capitano della D.E.A. sorrise.
 
– Credo proprio di averne bisogno zio, non è stato facile per me dirti della situazione!
 
Henry lo guardò ancora con i suoi occhi cerulei e annuì nuovamente. Immaginava che per suo nipote non fosse stato facile parlarne e non era facile nemmeno viverla quella situazione! Da uomo saggio e nel suo ruolo paterno per Killian, immaginava quanto fosse per lui duro stare lontano dalla donna che amava, sapendola in  attesa del suo primo figlio. Lui e Janette non avevano avuto figli loro, quel vuoto era stato colmato dai due adorati nipoti. Henry stimava e ammirava moltissimo suo nipote Killian, per le sue doti poliedriche e per il suo temperamento caratteriale. Durante l’ adolescenza aveva dovuto spesso confrontarsi con la sua impulsività e passionalità, cercando di aiutarlo ad indirizzare le sue forti pulsioni affettive, nel modo più razionale possibile. Non era stato facile per Henry, in quegli anni, capire cosa agitasse l’animo del ragazzo. Ora sapeva che Killian avesse scoperto fin da subito alcune verità e, sicuramente, il suo essere un giovane pulito, onesto e di sani principi, dotato di un’intelligenza fuori dal comune, lo avevano portato a soffrire della situazione, molto più di Liam, specialmente quando aveva ricevuto e scoperto le bugie degli adulti, se pur dette con l’intento di un suo bene.
 
Henry si chiedeva tra sé, mentre osservava Killian sorseggiare il rum che gli aveva versato in un bicchiere di cristallo, quanto, di ciò che avesse imparato dagli adulti, lo avesse portato a sviluppare lo stesso meccanismo. Anche Killian, ora, per il bene di Emma, aveva adottato il metodo della menzogna.
 
– So di averti deluso zio …
 
Killian parlava con gli occhi puntati al residuo di rum che aveva in mano, con la fronte corrucciata e due ombre scure sull’azzurro delle iridi, mentre se ne stava seduto sulla poltrona di fronte alla scrivania di Henry.
 
 – Deluso?! No, Killian … non è delusione ciò che provo! In fin dei conti mi hai spiegato bene le circostanze. Hai meno di trent’anni e sei innamorato. Ciò che vorresti con il cuore, è impossibilitato da un dovere maggiore e la tua razionalità ti ha fatto agire secondo quanto hai ritenuto più opportuno. Ma come vedi ci sono sentimenti incontrollabili, nonostante tutta la formazione che tu abbia ottenuto a Quantico. L’amore è inarrestabile … Quello che sento veramente è un senso di pena per la tua attuale impossibilità ad essere con la persona che ami e sono preoccupato, molto preoccupato, per il dopo. Per il momento in cui Emma saprà la verità …
- Lo sono anche io zio. La cosa che mi spaventa … è la possibilità che l’amore che provava possa diventare odio. So che non avrebbe tutti i torti, ma il suo rifiuto mi ucciderebbe!
– Non esagerare ora! E soprattutto non bendiamoci la testa prima! Io non posso conoscere il carattere di Emma, ma tu dovresti conoscerla abbastanza. Hai tu gli strumenti per renderti conto di come possano andare le cose con lei.
– Emma è la persona più pura che io abbia mai conosciuto zio. Nei pensieri e nei sentimenti …
- Spero che si mantenga così allora, significherebbe che hai buone speranze!
– Grazie zio … grazie per il tuo incoraggiamento!
 
***
Era passata una settimana dall’incontro con lo zio Henry e Killian ripensando alle parole di quello che considerava più un padre che uno zio, non poteva che ringraziarlo ancora. Si chiedeva come sarebbe cresciuto se non avesse avuto al suo fianco quell’uomo. Sapeva di avergli dato grandi soddisfazioni ma anche grandi pene. Suo zio era stato il confidente a conoscenza della maggior parte dei suoi segreti e non aveva mai mancato di dargli i suoi saggi suggerimenti e il suo supporto. Anche quando era partito per l’addestramento a Quantico, Henry aveva gestito la cosa tenendo all’oscuro il resto della famiglia. Insieme a Killian aveva preso degli impegni con l’F.B.I, che andavano assolti. Il Maggiore Lorna Stone aveva mantenuto le sue promesse e Killian era intenzionato a mantenere le proprie. Anche in quel periodo Henry gli aveva fornito la necessaria copertura, dicendo che il nipote doveva affrontare gli studi di Legge in America, cosa che era avvenuta veramente, ma con l’inserimento contemporaneo a Quantico.
In quegli anni Henry aveva provveduto al suo sostentamento economico e Killian aveva completato la formazione come agente speciale e come avvocato, ottenendo, a 20 anni d’età, la sua seconda laurea.
 
Era nel suo appartamento quel tardo pomeriggio di lunedì. Il caldo d’agosto si faceva sentire, nonostante il climatizzatore fosse acceso al massimo in quella stanza. Era la stanza più luminosa della casa e Killian, a dorso nudo, con solo i jeans addosso e i piedi scalzi ad assaporare il fresco del pavimento, stava dando gli ultimi ritocchi alla seconda tela che aveva completato. Si tirò indietro per guardare la sua opera e sorrise soddisfatto. Immerse il pennello nel solvente e stemperò il colore ad olio. Gli era venuta fame, guardò l’orologio, era quasi ora di cena! Un’insalata con del tonno in scatola poteva andar bene. Aveva voglia di qualcosa di fresco. Non si spiegò nemmeno lui il perché, ma a pensare a qualcosa di fresco gli venne in mente il sorriso di Emma e il suo viso giovane.
 
“Cosa starai facendo in questo momento amore mio? Sarai andata da Lorna? È lunedì in effetti e so che sei costante con lei! Ho voglia di sentirti, dovresti essere a casa ormai. Come Killian Jones posso chiamarti, anche se non devo esagerare!”
 
Si voltò verso il divano, dove aveva lasciato il suo cellulare. Era riuscito ad installare un congegno per alterare la voce, collegato al numero di telefono di Emma. Si avvicinò per prendere il cellulare e chiamarla a casa, ma lo vide illuminarsi ancor prima di suonare. Leggendo il nome di chi lo stava chiamando, una strana inquietudine gli diede un brivido lungo la schiena nuda, nonostante il caldo. Rispose immediatamente.
 
– Seb?! … Coosa?! Non è possibile! … Quando è successo? … Solo ora mi chiami? Sono passate ore! … L’uomo è morto? … Certo che ci sarà dietro Gold! Ne ha tutti gli interessi! … Ci sono testimoni? … Ovvio! Hanno aspettato il momento migliore! Sono stati più scaltri di noi maledizione! … Cosa fare? Me lo chiedi?! Ricerca a tappeto da parte anche della polizia ordinaria!
 
Killian chiuse la chiamata con un’espressione tetra in volto. Se la polizia non fosse  riuscita nel suo compito sarebbe stato troppo tardi! In un attimo realizzò che Emma fosse in serio pericolo, nonostante il suo fascicolo come testimone della morte di Kim Steward fosse stato segretato. Il cuore iniziò a battergli all’impazzata. Doveva chiamarla immediatamente. Fece il numero di casa sperando che fosse rientrata.
 
– Pronto?!
 
La voce allegra della cugina minore di Emma rispose al secondo squillo.
 
– Signorina Anna, salve!
– Signor Jones!
– Mi ha riconosciuto?!
– Si, ho buona memoria per le voci, specie per le belle voci!
– La ringrazio!
 
Killian aveva riso teso.
 
– Voleva parlare con Emma immagino!
– Si … è un po’ che non la sento e mi chiedevo come stesse e se fosse in casa …
- Emma sta benone, ma è fuori adesso, anzi è un po’ in ritardo devo dire, ma doveva fermarsi in un negozio per compere … ma non ha il suo numero di cellulare? 
- In effetti no Anna, potreb …
 
Anna, con il suo entusiasmo, non lo fece finire di parlare e gli dettò in due secondi il numero di Emma. Se Killian non lo avesse già saputo a memoria, non avrebbe fatto in tempo nemmeno a segnarselo, ma doveva fingere di non conoscerlo, come Jones non aveva mai chiesto il numero del cellulare ad Emma.
 
                             ***          
 
Emma sorrideva serena, mentre stringeva tra le mani quei batuffoli di lana bianca. Guardò dal finestrino dell’autobus e vide che stava per raggiungere la sua fermata, rimise nella tracolla ampia i gomitoli che aveva appena acquistato e l’uncinetto per lavorarli. 
Quella mattina si era alzata un po’ più tardi. L’Università era in pausa e lei aveva completato brillantemente gli esami del secondo anno. Voleva godersi quei giorni di vacanza e riposarsi, avrebbe fatto bene anche al piccino nel suo grembo. Ogni volta che lo pensava la sua mano scendeva ad accarezzarsi il ventre. Non le sembrava vero quel piccolo miracolo di vita dentro di lei. C’erano dei momenti che quasi non ci credeva, ma bastava ricordare l’ecografia e l’emozione meravigliosa provata, per tornare con i piedi per terra.
Quella mattina, scendendo nel salottino di sua zia, aveva trovato lei ed Anna a parlare fitto fitto, sedute sul divano con una rivista sulle ginocchia. 
 
– Cosa state leggendo di tanto interessante?
– Ehi! Pigrona! Ti sei alzata finalmente!
– Oh Emma! Anna ha preso poco fa in edicola questa rivista di moda per bebè!
– Moda per bebè?!
– Emma sapessi che cose dolcissime ci sono! Vieni a vedere!
 
Come al solito l’entusiasmo di Anna era alle stelle. Ora che finalmente aveva completato gli esami di maturità, la sua mente era tutta indirizzata ai progetti di un futuro matrimoniale con il suo Kristoff!  Emma si chiese se Anna non avesse iniziato a pensare di mettere in cantiere un piccolo Iceman, visto l’interesse per una simile rivista!
Nonostante sua cugina fosse più piccola di lei, il suo rapporto con Kris era molto maturo. Ambedue erano persone piuttosto pratiche e come il suo fidanzato, neppure Anna aveva intenzione di andare all’Università, preferendo inserirsi lavorativamente nell’azienda della famiglia di Kris.
 
– Non sono meravigliosi Emma?!
 
Anche lei era rimasta affascinata ad osservare quei piccoli indumenti indossati da bellissimi neonati. Alcuni abitini erano in lana, lavorata ai ferri o all’uncinetto. Ingrid amava lavorare a maglia e aveva puntato un modellino molto grazioso che poteva andar bene sia per un maschietto che per una femminuccia.
Emma aveva scherzato con la cugina facendo sgranare gli occhi ad Ingrid.
 
– Anna per caso aspetti un bambino anche tu?
– Magari!
 
Anna aveva sospirato rispondendo, rivelando un sincero desiderio.
 
– No eh! Una gravidanza per volta figliole! Ora dobbiamo pensare a te Emma! Anna dovrà aspettare almeno il matrimonio con il suo Kris, non facciamo scherzi mi raccomando!
 
Emma ed Anna si erano guardate in faccia ridendo.
 
– Ho comperato la rivista perché mamma me lo ha chiesto. Vuole farti degli abitini a maglia per il piccolino.
– Ma mamma non è un po’ prematuro? Non so nemmeno il sesso ancora!
– Ma che prematuro Emma! Voglio essere la prima a regalarti qualcosa per il piccolo, è una tradizione della nostra famiglia fare qualcosa a mano. Il bambino nascerà in dicembre e farà freddo. Una bella cuffietta e un abitino di lana lo terrà ben caldo. Bisogna iniziare a pensare al suo corredino!
 – Se lo dici tu, ma esistono tante cose già pronte! Quale vorresti fare di questi che hai visto?
– Questo qui all’uncinetto! La lavorazione è perfetta per abbinarci una cuffia e una copertina in tinta, per la carrozzina sai?
– Molto grazioso veramente! In quale colore lo vuoi realizzare?
– Che domande Emma! Bianco ovviamente!
– Ovviamente!
 
Emma ed Anna avevano risposto in coro, ridendo. Il bianco era il colore preferito di Ingrid. Tutto il salotto era in bianco, con le lampade di cristalli e quel magnifico specchio alla parete, sopra il divano, che ricordava i cristalli di neve nella cornice!
 
– Nel quartiere di Lorna ho visto un negozio italiano di stoffe e filati di Vicenza, sono molto pregiati! Tra poco dovrò andare da lei, al ritorno posso fare un salto lì e vedere se trovo qualcosa di adatto!
– Buona idea figlia mia! Se trovi la lana adatta inizio oggi stesso! Mi raccomando! Una lana anallergica per bambini!
---
La fermata era arrivata ed Emma scese dall’autobus. Aveva trovato la lana adatta e sua zia ne sarebbe stata entusiasta. Il cellulare suonò nella tracolla e lei rallentò il passo, fino a fermarsi per prenderlo dalla tasca esterna. Il numero era sconosciuto.
 
 – Pronto?
– Ciao Principessa! Dove sei?
– Killian?! Non mi avevi mai chiamata al cellulare! Come hai il mio numero?!
– Ti ho cercata a casa e tua cugina ha insistito per darmelo, dicendo che eri fuori!
– Anna ha insistito?
 
Emma rideva, quel ragazzo sconosciuto le metteva sempre allegria quando la chiamava.
 
– Beh! Diciamo che non ho dovuto faticare troppo a chiederglielo!
– Si, con Anna immagino! Come mai mi chiami a quest’ora?
– Sentivo la mancanza della tua voce da usignolo!
– Wow Jones! Perché ogni volta che ti sento ho l’impressione che tu ci stia provando spudoratamente?
– Forse perché ci sto provando spudoratamente?
– Dai Killian! Non ci conosciamo nemmeno! Mi hai vista mezza volta!
– Mezza volta, ma ti ho vista bene Emma! Non sarei un uomo se non  facessi il filo a una bellezza come te!
 
Emma rise ancora.
 
– Ma cosa hai bevuto Jones! Hai esagerato con la birra irlandese?
– Ti piacerebbe! Sono sobrio e pienamente cosciente!
– Se lo dici tu! Comunque io non posso dire di averti visto bene quella mezza volta!
– Non ho lasciato il segno! Il mio fascino è in serio declino! Non mi avevi proprio guardato!
– Diciamo che non ero particolarmente in vena di guardare ragazzi! Ti avevo visto, ho notato che sei alto e atletico. Sei sicuramente  bruno di capelli, ma tra occhiali, barba e cappello, il tuo viso era indefinibile.
- Ti andrebbe di conoscermi?
– Vedere il tuo viso? Si sono curiosa ora, ma sei piuttosto distante mi pare! Sei a Dublino?
 – Si sono qui. Ma dicevo sul serio quando ho detto che mi mancava la tua voce Emma!
 
Emma era rimasta in silenzio mentre camminava lungo il parco vicino casa.
 
– Emma sei ancora lì?
– Killian … io … mi fa piacere sentirti … veramente. Apprezzo anche questo tuo tentativo di legare con me ma, è vero non ci conosciamo, non sai nulla di me, come sono veramente, oltre la mia voce e il viso che hai visto. Non mi sento di creare legami campati in aria. Con nessuno. Specialmente ora.
– Pensi ancora al ragazzo che hai perduto?
– Potrei non pensarlo quando aspetto un figlio da lui?
– Mi avevi detto di essere contenta del bambino!
– Ne sono felicissima, ma non credo che sarò appetibile per nessuno con un piccolo da crescere.
– Emma per me lo saresti anche con il bambino. E in fin dei conti avrà bisogno di un padre no?
– Jones tu sei proprio strano! Sembra quasi che mi vuoi sposare!
– Sarebbe così strano?
– Ma sei impazzito proprio oggi?! Sicuro che non hai bevuto qualcosa?
 
Emma rideva di nuovo. 
 
– Come puoi fare tutti questi pensieri su una ragazza che senti a telefono una volta ogni tanto! Stai correndo come un diretto lo sai?
– Magari sono stato colpito da un fulmine quando ti ho incontrata! Potrei essere irreversibilmente innamorato di te! Non credi al colpo di fulmine?
“Se credo al colpo di fulmine? L’ho vissuto in prima persona Killian e ancora sto bruciando!”
– Forse è solo una favola per romantici Jones e per due che come noi scherzano a telefono, in un moment di pausa dal lavoro o mentre tornano a casa a piedi.
– Sei quasi arrivata? Sei lungo il parco?
– Si, sono più o meno dove stavo svenendo quando mi hai soccorsa!
– Allora sei quasi arrivata, si vede la villetta da lì!
 
– Signorina Swan? Emma Swan?
– Si sono io!
 
– Ma con chi stai parlando Emma?
– Due signori che si sono fermati con una grossa auto!
– Non ti fidare di loro Emma!
 
– Mi conoscete?
– Signorina siamo della Polizia! Deve seguirci in Centrale per il caso di Kim Steward!
– Per Kim?
 
– Emma non ascoltarli! Non è possibile che siano poliziotti! CORRI EMMA! VAI VIA DI LÀ! 
 
I due uomini erano usciti entrambi dall’auto. Erano vestiti elegantemente, ma non avevano un’aria raccomandabile.
 
– Non avete un distintivo?
 
Un formicolio adrenalinico dietro il collo fu il segnale per Emma che Killian avesse ragione. Quei due avrebbero dovuto mostrarle immediatamente il distintivo, già prima di chiamarla! Doveva fare come aveva detto Kiillian. Correre!
Il cellulare era ancora aperto e lui era ancora in linea che le gridava di scappare. Provò a farlo.  I due uomini le furono addosso in un attimo. Uno l’afferrò per i polsi, stringendoli talmente forte che il cellulare le cadde per terra, facendo staccare nell’urto la batteria. L’altro la prese per le gambe e, insieme, la caricarono in macchina, sul sedile posteriore, spingendola verso un terzo uomo che le chiuse la bocca con un panno umido di una sostanza dal forte odore. In un attimo Emma perse completamente i sensi.
 
***
 
Killian aveva sentito le urla di Emma, il trambusto della colluttazione, poi più nulla, il cellulare doveva esserle caduto dalla mano. 
 
– No, no, no, Emma Dio mio no!
 
Come una belva in gabbia, ancora a dorso nudo e piedi scalzi, passandosi ambedue le mani tra i capelli, Killian, impotente, andava avanti e indietro nel salotto del suo appartamento. Riprese il suo cellulare e digitò il numero di Sebastian quasi senza vedere la tastiera. Winter Soldier rispose subito.
 
– Seb! Emma è in grave pericolo! Hanno rapito anche lei! Dirama la sua foto a tutte le centrali. Vai a casa di sua zia! L’hanno presa vicino casa, lungo il parco, troverai quello che resta del suo cellulare! Purtroppo le è caduto e non potrò rintracciarla col satellite!
 
***
 
Quel forte odore di cloroformio ancora le invadeva le narici. Fece una smorfia disgustata mentre iniziava a riprendersi. Si accorse di avere la testa ciondoloni sul petto. Non vedeva nulla, una benda sugli occhi lo impediva. Era seduta su una sedia. Cercò di muoversi, ma si rese conto di essere bloccata alla spalliera. Il dolore ai polsi le ricordò la stretta ferrea che le aveva fatto cadere il cellulare e la rese cosciente dei legacci che li trattenevano dietro la spalliera. Tentò di muovere le gambe. Niente da fare! Legate alle caviglie alle zampe della stessa sedia.
Rapita! Era stata rapita. Perché? Cosa aveva fatto lei? Quegli uomini avevano nominato Kim Steward e ovviamente, vista la situazione, non erano della Polizia. Killian lo aveva capito prima di lei! Si chiese come avesse fatto. Le aveva detto letteralmente:
 
“Non è possibile che siano poliziotti!”
 
Strano! Cosa ne poteva sapere? Non li aveva nemmeno visti! Comunque Killian Jones, quello sconosciuto giovane che l’aveva soccorsa settimane prima e con il quale era iniziata una strampalata amicizia telefonica, era l’unico a sapere che fosse stata rapita. Sperò che avesse dato in qualche modo l’allarme. Se quegli uomini avevano a che vedere con Kim, erano individui pericolosi. Kim, da quanto aveva saputo dopo la sua morte, era invischiato nel mondo dello spaccio della droga e in quel mondo di malavitosi, morire era la cosa più facile che potesse capitare. Erano arrivati a lei perché si era saputo che fosse stata la sua ragazza? Eppure il Sergente Roger, come aveva promesso, non aveva fatto trapelare nulla sui giornali che lei fosse la testimone della morte di Kim! Cosa potevano mai volere da lei i suoi rapitori?
 
La paura le stava attanagliando il cuore. Cercò di muovere i polsi, sperando di allentare le corde che li tenevano stretti e uniti. Doveva provare a fuggire. Qualcosa le diceva che non sarebbe tornata viva a casa. Non poteva permettersi di farsi uccidere, lei non poteva permetterlo, perché con lei avrebbero ucciso il suo piccino innocente. Avrebbe voluto piegarsi su se stessa e abbracciarsi la pancia per proteggerlo, ma non poteva fare nemmeno quello. La disperazione le fece uscire lacrime che imbevvero la stoffa che le copriva gli occhi. Iniziò a respirare affannosamente, poi all’improvviso sentì delle urla agghiaccianti provenire da non molto distante. Sentì delle orribili risa riecheggiare insieme a quelle urla  femminili.
 
– Nooo! Maledetti! Lasciatemi!
 
La donna stava cercando di ribellarsi, stava combattendo in qualche modo per salvarsi da ciò che le volevano fare. Emma sentì uno schiocco violento, tipo uno schiaffo dato con forza. Sentì un tonfo e una voce con un forte accento che dava ordini.
 
– Rialzate questa puttana! Spogliatemela e legatela al letto! Ora ti faccio sentire qualcosa che il tuo amichetto Kim Steward era troppo checca per farti provare!
 
La donna continuava a ribellarsi e a gridare, mentre quegli uomini la picchiavano e le strappavano gli abiti di dosso. Ad Emma si era accapponata la pelle e il terrore, unito allo sgomento, nel sentire nominare Kim Steward, la stava facendo sudare freddo. Cosa le avrebbero fatto? Le attendeva lo stesso destino della donna nella stanza vicina?
 
– Maledetta puttana!
 
Un altro ceffone.
 
– Mordi pure? Tieni questo! Se soffochi mi divertirò lo stesso con il tuo cadavere! Uscite voi! Quando avrò finito se c’è rimasto qualcosa ve la prenderete a turno anche voi!
– Capo non ti divertire troppo allora, lasciacene un pezzo!
 
Il tizio dallo strano accento, che avevano chiamato Capo, doveva aver infilato qualcosa in bocca alla malcapitata, per impedirle di gridare. Emma sentì le risa degli altri e il rumore della porta che si apriva e richiudeva, lasciando che quell’uomo soddisfacesse la sua crudeltà con la sua vittima. Lo sentì dire una serie di sconcezze ed emettere versi bestiali di piacere, mentre approfittava di quel corpo indifeso.
Emma aveva il cuore in gola e la disperazione nell’anima, diventando, ogni secondo di più, consapevole che non avrebbe avuto un migliore trattamento della povera disgraziata nella stanza attigua.
Gli uomini che ridevano si erano avvicinati alla sua porta. Sentì che stavano girando la chiave nella serratura. Doveva resistere! Doveva resistere per suo figlio! Inspirò profondamente, cercò di calmarsi, ma la cosa era difficilissima! Forse le conveniva fingere di essere ancora priva di sensi! Forse quegli uomini per il momento non l’avrebbero toccata! Le sue reazioni fisiche potevano tradirla! Doveva annullare la sua mente, svuotarla del tutto per ritrovare uno spazio sereno in cui rifugiare la sua anima! Doveva farlo in pochi secondi! Il sudore le colava dalla schiena, ma era anche il caldo di Agosto e lì dentro si soffocava! Forse li avrebbe convinti!
Reclinò la testa in avanti, ciondoloni, e rimase inerme.
 
– Ehi Porky! La pollastrella non si è ancora ripresa! Ma quanto ce ne hai messo di cloroformio in quel fazzoletto! Non l’avrai mica ammazzata! Manguso ci ammazza a noi!
– E che ne so! Mica a tutti fa effetto allo stesso modo! Ma vedi di non fare nomi!
– E che credi?! Pensi che il capo, dopo, la rimandi a casa?
 
L’uomo rise mentre le si accostava.
 
– Certo che quel bastardo d’un irlandese aveva buon gusto! Milah è una gran figa, ma la pollastrella qua non ci scherza!
 
Emma stava riuscendo a tenersi chiusa in quell’angolo della mente dove sembrava sospesa in un limbo, ma continuava ad ascoltare.
Il rumore della porta vicina, che si apriva e richiudeva di nuovo, distrasse anche i due uomini.
 
– Il Capo deve aver finito con Milah! Dici che sia ancora viva?
– Se non ha usato il coltello alla fine!
– Naah! Ha detto che ci potevamo divertire anche noi. Gold si è spiegato bene sul trattamento che vuole per la moglie!
 
La porta si aprì cigolando e l’uomo dall’accento strano entrò.
 
– Allooora! Ancora svenuta è la picciotta?!
– Capo, Porky ha esagerato con il cloroformio, vuoi che la svegli a schiaffi?
– Mmm! Vuoi rovinare quel bel visetto prima che ci faccia due chiacchiere Jim?
 
L’uomo chiamato Capo si era posto davanti ad Emma e le aveva sollevato il mento per guardarla meglio. Lei doveva recitare la sua farsa. Fu contenta di essere bendata, i movimenti degli occhi non l’avrebbero tradita e sperò che non gliela togliessero.
 
– Guarda che bella boccuccia di rosa!
 
L’uomo dall’accento strano, mentre le teneva alzato il viso, le passò il pollice sulle labbra, inserendoglielo poi in bocca e ruotandolo accarezzandole la lingua. Emma dovette trattenere lo schifo e le colò della saliva dall’angolo della bocca. La cosa convinse maggiormente l’uomo della sua incoscienza.
 
– La “bella addormentata” non reagisce! L’irlandese se la sarà goduta per bene! Un bel bocconcino fresco la picciotta! Peccato che mi sono già svuotato con Milah! Che femmina! Era un pezzo che la tenevo puntata!
– Anche noi Capo!
 
Quello chiamato Porky aveva parlato con un tono allusivo, ridacchiando.
 
– Tranquilli! Ancora ce ne sta pure per voi! Lasciamo perdere la picciotta per il momento! Io me ne vado a pranzo! Voi fatevi un giro con la mora, dopo se la spasseranno pure gli altri. Più tardi torno dalla biondina! Vediamo che mi racconta sull’irlandese!
 
I tre uomini, ridacchiando, uscirono dalla stanza e richiusero a chiave la porta. Emma sentì che riaprivano e richiudevano la porta vicina, dopodiché sentì ancora dire sconcezze nei riguardi di Milah, altri rumori di schiaffi e suoni di dolore soffocati da parte della donna. I due delinquenti si alternarono nel prendersi il divertimento con la loro vittima, che Emma aveva capito ormai chi fosse.
 
Era Milah Gold, la moglie del Professor Robert Gold. La donna che aveva visto baciare Kim, il lunedì pomeriggio di quella maledetta settimana del suo assassinio! Suo marito l’aveva consegnata a quegli uomini per farle pagare il suo tradimento?!
 
Emma non doveva perdere tempo! Avrebbero ucciso Milah e con lei avrebbero alla fine fatto lo stesso? Quegli uomini non sarebbero tornati presto da lei. Il “Capo” era andato via in macchina, aveva sentito mettere in moto e partire. Quando sarebbe durato il suo pranzo? Come poteva fare per liberarsi i polsi dalle corde? Cercò di muovere le mani tirando, cercando di sfilarle. Aveva poco gioco! Poi le venne un’idea. L’orologio!
Aveva un orologio con il bracciale in acciaio! Se fosse riuscita ad aprirlo, magari, con la listarella rigida della chiusura, poteva provare a tagliare le corde. Doveva riuscirci! Ne valeva della sua vita, di quella di suo figlio e di quella della donna nell’altra stanza. Non sapeva perché ma la sentiva emotivamente molto vicina. Milah aveva amato Kim, probabilmente conosceva di lui cose che lei non sapesse, avrebbe voluto parlarle, capire.
 
All’ennesimo tentativo fallito, riuscì finalmente a sganciare il bracciale dell’orologio. Con perseveranza, iniziò a strofinare la piastrina della chiusura ad una delle corde.
I due uomini continuavano a divertirsi nell’altra stanza e più sentiva i loro gemiti e le loro oscenità, più la sua caparbietà aumentava e con essa la velocità delle dita a seghettare la corda.
Non le parve vero! La sentì cedere, si stava sfibrando! Ancora un piccolo sforzo!
 
Gli uomini nell’altra stanza avevano finito, ridevano soddisfatti e si vantavano delle loro reciproche prestazioni e del gusto che avevano provato con una bella donna come quella. Emma non volle nemmeno chiedersi in che condizioni fosse Milah Gold. I due malavitosi uscirono richiudendo a chiave anche la porta della prigione di Milah. Si allontanarono continuando con le loro battute rozze e volgari.
Si sentì battere gli sportelli di un’auto, mettere in moto e partire.
 
La corda si era finalmente spezzata! Emma si liberò le mani da essa e si tolse la benda sugli occhi. Si guardò intorno. Era in un container poco illuminato. C’erano solo due piccole finestrelle, era caldissimo la dentro!
Oltre alla sedia su cui sedeva ce ne erano altre due e un tavolo. Su un lato vide una cucina. Quel container aveva quella funzione? Era una cucina? Mentre si liberava anche le caviglie si chiese dove si trovasse. Un cantiere edile? Un magazzino?
Buttata per terra, vicino alla porta, c’era la sua tracolla. Non le era caduta quando l’avevano presa, grazie al fatto che la portava per traverso da una spalla al fianco opposto. Poi, evidentemente, gliela avevano tolta di dosso prima di legarla.
Si avvicinò alla porta e cercò di aprire la maniglia. Nulla! Era chiusa a chiave. Un’ondata di disperazione invase ancora il suo cuore. Si poggiò con le spalle all’uscio di metallo e scivolò a terra, accovacciata sulle sue stesse gambe, a stringersi le ginocchia con le braccia. Come poteva fare? Se non fosse riuscita ad aprire la porta sapeva che cosa l’aspettasse. Come? Come fare? Le idee non sembravano uscire dalla sua mente, poi un ricordo le affiorò tra i pensieri, un ricordo legato al suo piccino. Il maglioncino che zia Ingrid voleva realizzare! Si! L’uncinetto!
La borsa era lì per terra! L’apri velocemente. La busta con la lana e il piccolo strumento lungo, con la punta ricurva erano lì! Poteva farcela! Doveva farcela!
Per lei era un’impresa ardua ma non impossibile! Non era uno scassinatore e non aveva idea alcuna di come funzionasse quella serratura, ma quando sentì lo scatto le speranze aumentarono. Schiacciò la maniglia e la porta si aprì. Era libera, doveva fuggire più velocemente possibile, ma guardandosi indietro vide la porta vicina chiusa. Dietro quella porta c’era Milah! Doveva aiutarla! Tornò sui suoi passi e usò ancora quell’uncinetto. Fu più facile di prima!
Aprì e si trovò davanti uno spettacolo  raccapricciante!
Era proprio lei. La bella donna dai capelli lunghi e neri che aveva visto baciare Kim. Ora non sembrava così bella. L’avevano denudata e legata mani e piedi divaricati ai quattro angoli di una branda. Le fece una pena infinita vederla così esposta e sporca di sangue. L’avevano pestata e violentata ripetutamente in modo brutale. Aveva lividi su tutto il corpo. Un occhio era pesto e gonfio, con un taglio che le partiva dall’angolo del sopracciglio. Aveva segni di morsi sui seni e del sangue usciva dalle lacerazioni più profonde. Aveva un panno appallottolato infilato nella bocca e fu la prima cosa che Emma le tolse. La donna tossì e vomitò, torcendosi sul letto, ancora legata.
 
– Cerca di stare calma Milah, ti tolgo i lacci! Dobbiamo sbrigarci ad andar via di qui! Presto torneranno!
– Tu … io ti ho già vista!
– Non ha importanza ora! Ce la fai a metterti in piedi?
– Io … non lo so! Ho tanto dolore!
– Ti credo Milah, ma devi sforzarti di camminare. Ti aiuto a rimetterti qualcosa addosso!
 
L’intimo e l’abito strappato della donna erano sparsi per terra, insieme alle sue scarpe con il tacco. Emma l’aiutò a rivestirsi, ma Milah faceva molta fatica. Provò ad alzarsi e si ripiegò su se stessa. Aveva forti dolori al ventre e sanguinava dalla vagina.
 
– Non ce la faccio … non ce la faccio!
 
La donna piangeva per il dolore e la disperazione.
 
-  Devi farcela! Non ti lascio qui a morire! Hai bisogno di cure, stai avendo un’emorragia! Usciamo di qui!
 
Trascinandosi Milah dietro, che barcollava ad ogni passo, ripiegandosi su se stessa, Emma riuscì a portarla fuori di lì.  Un rumore di automobile in arrivo, sulla strada coperta di ghiaia scricchiolante, la fece bloccare.
 
– Sono già qui! Nascondiamoci dietro quella balla!
 
Il posto dove si trovavano sembrava una rimessa di vecchi mezzi per l’edilizia e c’erano varie balle coperte con teloni di plastica. Riuscirono a nascondersi appena in tempo, prima di poter essere viste dall’auto in arrivo.
 
L’automobile era una di quelle lunghe, affusolate. Una Cadillac di recente produzione, in un grigio antracite scuro. Ne uscì un uomo di altezza media, vestito con un abito giacca e pantaloni nero. Anche la cravatta sulla camicia bianca era in tinta con l’abito. Emma notò la sua pancia prominente e il bozzo sotto l’ascella sinistra che tradiva la presenza di un’arma da fuoco.
Mentre le due donne stavano dietro la balla coperta da teli plastificati, Milah rannicchiata per terra ed Emma in piedi che cercava di sbirciare, l’uomo si diresse sicuro verso la porta della prigione di Milah. Emma lo vide inserire la chiave per aprire e tirarsi indietro sorpreso, allo scoprire che la porta già fosse aperta. Il tizio si spostò guardingo, di lato e si portò la mano destra alla pistola custodita sotto l’ascella. La tirò fuori e la portò in alto vicino alla guancia. Improvvisamente poi, aprì con la mano sinistra la porta e si infilò velocemente dentro il container. Emma sapeva che non avrebbe trovato nulla lì dentro ed infatti l’uomo uscì presto, si guardò intorno e si diresse alla porta vicina, quella dove era stata tenuta lei. Ovviamente ciò che constatò, fu egualmente l’uscio aperto e l’assenza della prigioniera. Uscito anche da quel secondo luogo di prigionia, l’uomo si guardò ancora intorno, facendo pochi passi. Mentre camminava e teneva ancora puntata in avanti la pistola, con la mano libera prese il suo cellulare e digitò un numero.
 
– Capo! Sono tornato qui ma delle due donne non c’è traccia … non so come abbiano fatto a fuggire. Qualcuno le avrà liberate di sicuro, le serrature sono scassinate! Dici Capo? Se è così sono ancora nei paraggi! OK! Aspetto gli altri allora!
 
Emma riconobbe dalla voce il tizio chiamato Jim. Le sembrò strano che fosse senza il suo compare Porky.
Jim si rimise in moto con la pistola in mano e con un’espressione di chi ha intenzione di usarla. Emma pensò che sicuramente, dopo quella telefonata, il Capo avrebbe mandato rinforzi.  Si abbassò verso Milah. 
 
– Sta venendo verso di noi sulla sinistra, resta qui e non avere paura, io mi sposto sulla destra, non reagire esageratamente quando ti trova!
– Vai via … salvati almeno tu, io non ce la faccio!
– Zitta ora e fa quello che ti ho detto, non ti lascio qua!
 
Il tizio di nome Jim aveva sentito qualcosa dietro quell’alta balla dalla forma di un parallelepipedo e si diresse verso di essa, con l’intento di scoprire chi si celasse là dietro.
 
– Ooh! La nostra bella Milah! Non sei andata lontano vedo!
 
In un attimo era arrivato sulla donna e l’aveva tirata su per un braccio, mentre la minacciava con la pistola nell’altra mano.
 
– Lasciami … lasciami …
 
Milah aveva ben poca voce ormai e l’uomo se la rideva.
 
– Ora ti riporto nella tua gabbia bellezza, siamo in parecchi ancora a doverci abbeverare del tuo vinello! Ti piacerà vedrai, come ti è piaciuto farti sbattere dall’irlandese!
 
Milah continuava a barcollare, malferma sulle proprie gambe e l’uomo dovette rimettersi la pistola nella fondina ascellare per sorreggerla con ambedue le braccia.
Come fece per voltarsi e trascinarsi dietro la donna, si trovò davanti una silenziosa Emma Swan, esile ed alta nei suoi Jean e maglietta di cotone. Preso alla sprovvista dalla sorpresa, non ebbe il tempo di reagire, ma ebbe il tempo Emma di assestargli velocemente un pugno, da boxer allenata, nel pieno centro del viso, spaccandogli il setto nasale e facendolo stramazzare a terra. Milah era caduta con l’uomo ed Emma la tirò nuovamente in piedi.
 
– Fai un ultimo sforzo Milah! Dobbiamo prendere l’auto di questo porco e scappare da qui!
 
Forse fu l’istinto della sopravvivenza o la disperazione a dare le ultime forze a Milah. Con Emma che la sosteneva, affrontò quei pochi metri che le separavano dalla Cadillac.
L’auto era aperta e la chiave inserita, Jim non si era certo aspettato che le due donne fossero libere e in possibilità di fuggire con la sua auto!
Emma aiutò l’altra ad entrare e sedersi sul sedile del passeggero, mentre lei si mise alla guida. Girò la chiave e mise in moto, il suono le sembrò una dolce melodia, ingranò la marcia, giocò di frizione e acceleratore e partì a tutta velocità. Non aveva idea di dove si trovassero, ma dopo poco iniziò ad orientarsi. Erano sulla zona a sud-sud-est di Boston, una zona periferica, piuttosto distante e ben poco abitata. Doveva correre, evitare di incontrare gli altri uomini in arrivo, portare Milah ad un pronto soccorso ed avvisare la polizia. Avesse avuto con sé il cellulare! Era andato sicuramente distrutto nell’urto, aveva potuto recuperare la sua tracolla ed era lì con lei. Dall’orologio aveva potuto vedere che erano passate quattro o cinque ore dal suo rapimento. Se Killian avesse avvisato sua zia o direttamente la Polizia, sicuramente la stavano già cercando. In ogni caso sua zia si era allarmata non vedendola rientrare, né rispondere al cellulare, e in ogni modo la polizia era stata allertata.
Continuò a fare l’unica cosa che poteva, correre per trovare l’ospedale più vicino. Le strade che stava percorrendo non le erano ben conosciute e iniziavano ad essere trafficate, erano quasi le 17,00 ed era un orario intenso per quello. Doveva trovare le indicazioni per imboccare l’autostrada Southeast Expressway, la I – 93, uscire all’uscita Storrow Drive, da lì uscire poi a Government Center e poco dopo, al primo semaforo, prendere a sinistra verso North Grove Street, per trovarsi finalmente al Massachusetts General Hospital International.
 
– Milah stai sveglia ti prego! Aiutami a trovare le indicazioni per la I – 93, da lì saremo velocemente all’ospedale più vicino!
 
Milah aveva tutta l’aria di una persona che stava per perdere i sensi, ma si ridestò alle parole della ragazza, in fin dei conti quella giovane  stava cercando di salvarle la vita, già lo aveva fatto in effetti.
 
– Come ti chiami?
 
La sua voce era fioca.
 
– Mi ricordo di averti visto al Parco Universitario …
- Mi Chiamo Emma, Emma Swan!
– Che ci facevi lì anche tu?
– Mi hanno rapita, non so cosa volessero, ma credo che sia a causa di una caratteristica in comune: Kim Steward!
– Sei proprio tu allora! Avevo avuto la sensazione che lui ti conoscesse quando ho visto che si è girato verso di te. Sei tu il motivo per cui mi stava lasciando! Mi aveva detto di non sapere chi fossi!
– Io non sapevo nulla di te! Evidentemente si è preso gioco di entrambe.
– No Emma, non credo! Forse si è preso gioco di me, ma non di te!
– Come puoi dirlo? Mi ha fatto credere di lui cose non vere, a te cosa aveva raccontato? Ho saputo solo dai giornali che fosse un delinquente! Non lo avrei mai creduto 
– Lo so! Non posso crederlo nemmeno io Emma. Kim è stato la cosa più bella che potesse capitarmi nella mia triste e vuota vita. L’ho incontrato per caso, siamo diventati amici, mi vedevo con lui una volta a settimana e facevamo due chiacchiere, poi lui ha scoperto le violenze che mi faceva mio marito. Mi è stato più vicino da allora e siamo diventati amanti, l’ho voluto io in fin dei conti, lui non ci avrebbe nemmeno provato, ma io mi ero innamorata di lui. Mi faceva sentire viva come non mi sentivo più da anni. Iniziammo a vederci in un Motel quado lui tonava dall’Irlanda. Sapevo che facesse il consulente finanziario, non sapevo che era invischiato in traffici illegali! Mi aveva sempre parlato in modo incoraggiante, da uomo con sani principi morali ed umani. Fu lui ad indirizzarmi al centro per donne abusate, mi pregò di andarvi quel giorno che ci salutammo per l’ultima volta al Parco Universitario. Erano un paio di mesi che quando ci incontravamo non voleva più fare l’amore con me, avevo pensato che avesse un’altra, ma lui aveva negato, dicendo che avesse solo pensieri di lavoro. Probabilmente aveva anche quei pensieri, in quell’ambiente i rischi che si corrono si sa quali sono ed evidentemente lui sapeva di essere sotto il mirino. Quel lunedì pomeriggio mi disse che doveva rientrare con urgenza a Dublino, che il suo lavoro stava diventando troppo impegnativo e che non si sentiva di continuare la nostra relazione a distanza! Doveva dirmi addio. Io ero angosciata e gli chiesi un ultimo bacio. Poi mi accorsi che si era voltato e lì c’era una giovane con i capelli biondi che svolazzavano al vento. Ricordo la tua espressione Emma. Eri delusa, avevi visto che ci stavamo baciando. Non era vero che tu non eri nessuno per lui! Da quanto lo conoscevi?
– Erano solo due mesi in effetti, i due mesi migliori della mia vita …
- Lui sapeva come renderti felice …
- Si … mi rendeva felice …
- Per me era lo stesso, ma per lui mi accorsi che non era così, ora so perché! Tu eri importante per lui, ti amava, per quello da che ti aveva conosciuto non era più stato con me. Nonostante tutto quello che è capitato dopo … sono felice di averlo conosciuto.
– Per me è lo stesso Milah, io non avevo amato mai nessuno come ho amato lui e porterò con me l’ultima cosa che  mi è rimasta di lui.
 
Mentre guidava Emma tolse la mano desta dal volante e si accarezzo il ventre. Milah capì il gesto.
 
– Un bambino … aspetti suo figlio …
 
Non era una domanda quella di Milah bensì un’affermazione ed Emma con un dolce sorriso sulle labbra, fece un cenno di assenso con il capo.
 
– Capisci perché dobbiamo vivere Milah? Io devo salvare il mio bambino e insieme dobbiamo consegnare alla giustizia gli assassini di Kim. Non ha importanza chi sia stato, ha importanza cosa ha saputo darci. Io l’ho visto morire, sto male ancora adesso al ricordo. Gli uomini che hanno fatto tutto questo a lui, a te e a me, devono finire in galera!
 
Milah aveva gli occhi lucidi mentre la guardava e assentiva con il capo. Non aveva ancora superato il lutto della perdita di Kim, ma stranamente non sentiva gelosia nei confronti di Emma ed era commossa all’idea che qualcosa di lui vivesse ancora in quella giovane coraggiosa che stava cercando di portarla ad un ospedale.
 
Emma lanciò improvvisamente un’esclamazione di trionfo che riattivò l’attenzione della donna al suo fianco, aveva visto le indicazioni stradali per la I – 93, svoltò verso la strada indicata, consapevole che presto avrebbero avuto l’aiuto necessario.
Mentre prendevano la rampa che portava verso la super strada, Emma  si accorse che un’auto nera aveva iniziato a seguire la Cadillac, deviando improvvisamente dal percorso che stava facendo nel senso contrario.
 
– Milah, temo che ci stiano inseguendo! Quel delinquente, se si è ripreso, avrà detto ai suoi amici che abbiamo la sua auto. Il loro Capo ci avrà sguinzagliato dietro i suoi cani. Tieniti forte che ora dovrò accelerare ancora!
 
Milah era terrorizzata all’idea di finire nuovamente nelle mani di quei mostri e iniziò ad agitarsi sul sedile.
 
– Cerca di stare calma e non muoverti troppo, perdi sangue e potresti peggiorare! Vedrai che li semineremo!
 
La giovane Swan lo diceva per incoraggiare anche se stessa, anche lei in realtà era spaventata, ma l’adrenalina nel suo sangue la stava rendendo particolarmente vigile. Le sue, comunque, furono le ultime parole famose, poiché l’auto nera stava accorciando le distanze a vista d’occhio e da quello che Emma vedeva dal retrovisore, chi stava alla guida aveva l’intenzione di tamponarle.
Accelerò ancora, ma l’auto dietro aveva un motore più potente o, probabilmente, un pilota più esperto. Nel giro di una frazione di secondo, l’auto inseguitrice urtò posteriormente la Cadillac, facendola sbalzare in avanti. Emma gridò a Milah di stare attenta. Subirono ambedue uno strattone in avanti e il contraccolpo della cintura di sicurezza che, fortunatamente, si erano messe subito entrando in macchina.
Emma non si scoraggiò e portò a tavoletta l’acceleratore, prendendo uno sprint che la distanziò di parecchio dall’altra auto. Riuscì a sorpassare altre auto e, camminando a serpentina, ne evitò altre che sopraggiungevano dalla parte opposta. I claxon suonavano impazziti per redarguire “la pazza” che guidava la Cadillac, ignari che la giovane stava facendo tutto ciò per la sopravvivenza. Gli inseguitori fecero le stesse manovre di Emma, urtando un’auto che finì fuori strada.
 
Tutto quel movimento e la gran velocità delle due auto, non potevano restare inosservate, infatti Emma e Milah sentirono, con un certo sollievo, il suono lamentoso delle auto della Polizia. Emma ne fu contenta, poiché da diversi punti stavano giungendo diverse auto della stradale, avrebbero fatto il loro dovere con gli inseguitori, ma lei non si sarebbe fermata, Milah intanto, un po’ per le forti emozioni e parecchio per i danni subiti, era svenuta sul sedile. Emma la chiamò ripetutamente ma la donna non rispondeva.
 
Finalmente la Cadillac giunse al semaforo che rappresentava l’ultimo punto di riferimento prima di giungere all’ospedale. Deviò verso la giusta direzione e finalmente Emma avvistò la grande e rassicurante costruzione del nosocomio internazionale.
 
***
 
L’aereo per Boston era appena partito dall’aeroporto internazionale di Dublino. Era notte fonda e quello era il primo volo che Killian aveva trovato disponibile. Non avrebbe dovuto tornare in America quei giorni, ma non gliene importava un accidenti. Doveva tornare per Emma!
 
Distolse lo sguardo dall’oblò dell’aereo, tanto fuori non si percepiva che il buio. Cercò di rilassarsi un minimo sul sedile, inclinando all’indietro la spalliera. Niente! Non ce la faceva a rilassarsi. Si passò la mano sugli occhi inspirando a fondo. Non poteva credere che sia Milah sia Emma fossero state rapite. A pensare che aveva cercato di mettere in protezione entrambe! Milah con la casa famiglia ed Emma facendo segretare dal Sergente Roger, tramite Seb, la sua testimonianza sul fasullo omicidio di Kim Steward.
In tutta quella storia c’era qualcosa che ogni tanto sfuggiva al suo controllo e uno come lui non poteva sopportarlo.
 
Milah era stata rapita nel momento in cui uno degli operatori della casa famiglia la stava accompagnando dall’avvocato che stava curando la sua situazione. Evidentemente era da un po’ che i rapitori controllassero i suoi movimenti e avevano trovato il momento giusto per prenderla. L’operatore che l’accompagnava era stato gravemente ferito ed era in coma in una stanza di rianimazione. Ovviamente dietro il rapimento della donna non poteva esserci altro che la volontà di suo marito Robert Gold e del suo compare Manguso. Gold aveva tutti gli interessi a chiudere la bocca di sua moglie e conoscendo i trattamenti che le aveva sempre riservato, Killian non dubitava che la povera donna avrebbe fatto una fine orribile!
Aveva avuto modo di conoscere bene  Milah per il suo lavoro sotto copertura. Era diventato per esigenze lavorative suo amante, pur non innamorandosi di lei aveva provato dell’affetto  per la persona dolce e fragile che era. Fare l’amore con lei era stato anche un modo per consolarla, farla sentire la donna desiderabile che fosse veramente, anche se aveva perso le sue sicurezze a causa delle violenze domestiche perpetrate da suo marito.
Quando Seb l’aveva chiamato al cellulare per dirgli del suo rapimento, erano già passate diverse ore e lui era andato su tutte le furie. In quei casi bisognava muoversi tempestivamente e, purtroppo, per Milah Killian nutriva poche speranze!
Riguardo ad Emma era invece alla disperazione assoluta!
 
L’aveva chiamata proprio perché sentiva un presentimento nei suoi confronti, non solo per la mancanza che soffrisse di lei pesantemente. In conseguenza a quella telefonata, aveva in pratica assistito in diretta audio al suo rapimento ed era stato lui stesso ad avvisare immediatamente l’ F.B.I.
Aveva chiamato anche Ingrid e quella non era stata una telefonata facile! Ricordava la voce angosciata della donna a telefono, preoccupata per Emma e per il bambino che aspettava.
Gli si era stretto il cuore e ancora aveva un groppo in gola all’idea di perdere la donna che amava e il loro bambino. Si era informato riguardo il primo volo per Boston, aveva dato le ultime direttive alla sua squadra e, prendendo l’indispensabile, era partito per l’aeroporto.
 
Seduto su quel comodo sedile, che mai come in quel momento gli era sembrato fatto di spine, Killian Jones, Capitano della squadra speciale indipendente della D.E.A., cercò di placare la sua angoscia ragionando sul come quegli uomini fossero arrivati ad Emma.
Non conosceva il Sergente Roger di persona, ma aveva letto un fascicolo su di lui procuratogli da Sebastian Jefferson e da quanto scritto si evinceva che fosse un uomo ligio al dovere, un Poliziotto tutto d’un pezzo. Sebastian lo conosceva piuttosto bene, essendo l’agente federale che aveva i contatti diretti con i vari distretti della Polizia di Boston. Winter Soldier si era accordato con Martin Roger per tenere nascosta la testimonianza di Emma. Il cadavere di Steward in fin dei conti era stato ripescato nel fiume, la ragazza era incensurata e non era invischiata nei traffici del morto.  Come avevano saputo di lei? Chi altro c’era alla centrale di polizia la sera che Emma era stata ascoltata?
Su Roger, Killian non aveva dubbi che avesse rispettato l’accordo fatto con Seb. Ma una cosa era sempre più certa nella mente di Captain Hook.
 
“Manguso ha una talpa nella Polizia!”
 
Con rabbia strinse la mascella e un muscolo si tese in un guizzo veloce, sotto la pelle barbuta della guancia. Strinse anche i pugni, quasi a conficcarsi le unghie nei palmi.
 
“Non permetterò che ti facciano del male Emma! Farò tutto ciò che sarà in mio potere per ritrovarti! Non mi importa di far saltare la mia copertura, forse già è saltata! Voglio solo stringerti ancora tra le braccia e sentire che tu e nostro figlio ci siete!”
 





Angolo dell’autrice
 
Dopo un inizio di confidenze con il caro zio Henry e un momento tenero a telefono, sono iniziati i veri problemi! Avete sentito l’angoscia e la disperazione di Emma e di Killian? Spero di non aver provocato danni emotivi a nessuno.
Emma sta giungendo all’ospedale, le cose dovrebbero mettersi bene … forse!
 
Un appunto su zio Henry, immaginatelo come il tipo fisico dell’attore Sir Roger Moore intorno ai 65 anni. Sir Moore ci ha lasciati ormai, ma restano i suoi film, con il suo fascino e la sua simpatia, ho voluto rendergli un piccolissimo omaggio. Da ragazzina ho visto praticamente tutti i suoi lavori.  Mi commuove l’idea che possiamo conoscere persone con simile fascino e bellezza attraverso film e telefilm dove non invecchieranno mai, rendendoli immortali nonostante la caducità della vita e della bellezza. Ho visto le ultime foto di Sir Roger, ma lo ricorderò nei suoi momenti migliori. Se volete, per chi non lo conosce,  fate un giro su internet. Zio Henry sarà più vicino!
Grazie a tutti coloro che leggono, a chi commenta e a chi segue appassionatamente questa storia in silenzio!
Un abbraccio.
Lara

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Capitolo 18
*** Inseguendo il giorno e l'amore ***


Capitolo 18
 
 Inseguendo il giorno e l'amore

 
Il volo delle 22:00, proveniente da Dublino, stava atterrando all’aeroporto internazionale di Boston.
Il Capitano della D.E.A. Killian Jones, nome in codice Captain Hook, viaggiando con il fuso orario all’indietro, aveva inseguito il giorno, partendo con il primo volo disponibile. In verità, ciò che il giovane agente in incognito stava inseguendo era il suo sogno d’amore.
Avrebbe messo lui stesso le ali per raggiungere quanto prima la donna che amava e poterla trarre in salvo da ogni pericolo. Aveva assistito telefonicamente al suo rapimento e dal proprio appartamento di Dublino aveva allertato tempestivamente i  colleghi dell’F.B.I. Non vedeva l’ora di scendere da quell’aereo, telefonare a Sebastian Jefferson per sapere come stavano procedendo le ricerche e se ci fosse qualche novità.
Fu tra i primi a scendere dalla scaletta e con passo veloce si avviò all’uscita dell’aeroporto.  Prese al volo un taxi, comunicò l’indirizzo a cui era diretto all’autista e chiamò Seb. Rimase spiazzato e con il cuore che batteva  impazzito dalla gioia nel sentire che Emma Swan avesse salvato Milah Gold e se stessa …
 
***
 
Il Maggiore Lorna Stone ascoltava in religioso silenzio il racconto della giovane Emma. Era incredibile il sangue freddo che quella delicata ventenne fosse riuscita a mantenere nella situazione che aveva appena vissuto. Aveva tirato fuori risorse e capacità insospettabili, insieme ad un coraggio e ad un altruismo fuori dal comune. Nell’ascoltarla, Lorna rifletteva con ammirazione che un Agente esperto dell’F.B.I. non sarebbe riuscito a far di meglio.
 
Seduta sul piccolo divano di un ambulatorio del Massachusetts General Hospital International, Emma raccontava con dovizia di particolari ed una lucidità sicuramente acuita dall’adrenalina che ancora la permeava. Lorna sapeva che avesse rischiato la vita dall’inizio alla fine di quella disavventura.  Anche la corsa, che era riuscita a compiere per giungere all’ospedale più vicino e mettere in salvo Milah Gold, non era stata facile. La Cadillac che aveva preso ai suoi rapitori era stata inseguita lungo la superstrada e in diverse occasioni i rapitori avevano cercato di farla sbandare e buttarla fuoristrada, non riuscendoci e creando una serie di danni che avevano fatto accorrere la Polizia Stradale. Gli inseguitori erano stati arrestati e la Cadillac, con Emma e Milah a bordo, era sfrecciata via fino al Pronto Soccorso, noncurante del pandemonio che si stava lasciando dietro.
Emma aveva guidato fino all’ingresso del Pronto Soccorso, dove era saltata giù dall’auto e corsa dentro per chiedere aiuto per la donna,  ferita e svenuta, sul sedile affianco a quello di guida. I paramedici erano usciti velocemente con una barella e avevano recuperato la paziente. La sua situazione era grave e l’ottimo medico di guardia aveva avvisato immediatamente la sala operatoria.
Vista la situazione di gravissimo reato di violenza sessuale, perpetrato sulla Signora Gold, e il reato di rapimento, gli operatori del Pronto Soccorso avevano attuato il Protocollo di prassi ed era stata avvisata la Polizia. Dal momento che la segnalazione di rapimento a tutte le stazioni di Polizia era già giunta tramite l’F.B.I., era stato automatico che in ospedale si presentassero direttamente i Federali.
 
I due agenti si erano presentati come Mulan Chang, una giovane di etnia asiatica, vestita con giacca e pantaloni antracite, e un bell’uomo sui quaranta anni, moro e con gli occhi azzurri, un certo Sebastian Jefferson.
I due avevano raccolto la deposizione di Emma e l’agente Jefferson  le aveva proposto di chiamare la Psicologa dell’F.B.I.
Mentre l’agente Chang continuava a raccogliere altri dettagli da Emma, Jefferson era uscito dalla stanza per rispondere ad una telefonata. Emma non poteva sapere che all’altro capo del cellulare dell’agente scelto Jefferson ci fosse un preoccupato Capitano, appena giunto dall’Irlanda per lei.
 
– Mio Dio Lorna! Mi sono sentita al sicuro solo appena la povera Milah è entrata in sala operatoria. L’hanno massacrata quei maiali! Aveva un’emorragia interna, spero riescano a salvarla!
– Credo andrà tutto bene Emma! Sei stata eccezionale lo sai? Nonostante la tua condizione. Ti sei fatta visitare?
– Un’occhiata veloce in verità! Preferirei farmi visitare dal mio ginecologo, ho preso un colpo sulla pancia con la cintura di sicurezza quando hanno tamponato la macchina. In generale sto bene, l’unica escoriazione ce l’ho sulle nocche della mano destra per il pugno che ho dato a quel tizio. Ma l’ho steso però!
 
Lorna sorrise all’orgoglioso entusiasmo di Emma, ricambiando il suo sorriso e provò  tenerezza nei suoi confronti. Se la giovane non avesse avuto la presenza di spirito che aveva dimostrato, sicuramente avrebbe avuto lo stesso trattamento della Gold e dopo sarebbero state uccise. Killian non se lo sarebbe mai perdonato e lei non osava nemmeno pensarlo!
Appena era giunta all’ospedale, chiamata da Sebastian, non si aspettava quanto le era poi stato raccontato da Emma. La ragazza aveva vissuto una situazione veramente agghiacciante!
Lorna aveva trovato Seb a telefono e aveva capito che parlasse con il Capitano. Chiusa la telefonata lui le aveva riferito che Killian fosse appena arrivato e stava in palpitazione per “la sua bella”. Velocemente  le aveva riassunto gli eventi e a Lorna si erano drizzati i capelli in testa, pensando di trovare la ragazza in uno stato pietoso. Nonostante tutto l’aveva trovata invece in uno stato iperattivo e molto lucida, segno che l’apparente carattere mite e tranquillo di Emma, nascondesse un’indole forte, attiva e molto battagliera. D’altra parte se non avesse avuto quel carattere da combattente, Emma Swan non avrebbe superato i vari traumi subiti fin dall’età di quattro anni!
 
Mentre continuava ad ascoltarla nei dettagli che ella stava narrando, Lorna si stava facendo l’idea che Emma avrebbe potuto tranquillamente entrare nell’F.B.I. , ne aveva tutte le doti necessarie, l’unico ostacolo per essere ammessa avrebbe  potuto essere il suo stato organico dovuto alla mancanza della milza, ma visto che Emma non aveva mai manifestato un interesse verso l’Agenzia Federale il problema non si poneva.
 
– Dici che mi lasceranno andare a casa ora? Non ho potuto chiamare mia zia Ingrid, il cellulare mi è caduto quando mi hanno presa ed è andato in pezzi. Chissà se Killian avrà chiamato lui mia zia per dirle cosa mi fosse capitato!
– K-Killian?!
– Oh si! Non è capitato di parlarti di lui nelle sedute!
– No infatti è la prima volta che lo nomini.
 
Lorna era perplessa e incuriosita. L’unico Killian che le veniva in mente era Captain Hook.
 
“Non sarà …”
– Jones! Si chiama Killian Jones, è irlandese. Mi ha soccorso quella mattina che non sono venuta da te perché ero svenuta. L’avevo visto fare ginnastica nel parco vicino casa dove ero andata a fare footing, non l’avevo nemmeno notato più di tanto! Non so nemmeno che faccia abbia!
 
Lorna cercò di camuffare la sua meraviglia.
 
– Come sarebbe non sai che faccia abbia?!
– Sai, tra barba, occhiali da sole e cappello calato con la visiera … e poi io non ero in vena di sbirciare ragazzi, anche se nel complesso quello mi sembrava fisicamente ben messo! Comunque sia, mentre tornavo verso casa lui veniva dietro e mi ha presa appena in tempo per non farmi stramazzare a terra!
“Immagino come ti stesse dietro!”
– Poi cosa è successo?
– Ero svenuta e lui mi ha portata in braccio dritta a casa, era la casa più vicina e avrà pensato che abitavo lì o forse per cercare aiuto. È andato via subito quando ha capito che ero in buone mani e non ho avuto modo di vederlo. Mi ha chiamata a casa dopo, per sapere come stessi e da quel giorno ogni tanto si fa sentire! È diventata una strana amicizia, un po’ strampalata visto che lui sta a Dublino e io non so che faccia abbia! È veramente un tipo particolare, quando mi chiama è sempre un bel momento, flirtiamo a distanza, lui mi fa la corte ed io ci scherzo su! È un rapporto che in realtà non esiste e io non mi monto la testa. Però … come dire … mi fa sentire bene! Pensa che ero a telefono con lui quando quei delinquenti mi hanno avvicinata. Stavamo scherzando sul fatto che quasi mi stesse chiedendo di sposarlo! Che matto! Si è accorto che quei tizi mi avessero chiamata dicendo che fossero della Polizia. Non so come ha fatto a capirlo, ma mi ha gridato di scappare perché non poteva essere vero! Aveva ragione! Ha seguito tutto in diretta! Era preoccupato, l’ho sentito urlare dal cellulare finché non me lo hanno fatto cadere e si è rotto! Credo che, da quando mi ha aiutata quella mattina, abbia un senso di protezione nei miei confronti, come se ci tenesse veramente a me! Non è strano? Non mi conosce in fin dei conti e pur sapendo che aspetto un bambino, continua a farmi la corte. Mi ha fatto capire che lui non si farebbe scrupoli a stare con una ragazza madre e ad accudire insieme il bambino … è stato molto carino … ma, come ti ho detto … non mi faccio illusioni e non lo sto prendendo in considerazione più di tanto …
 
Emma aveva abbassato gli occhi malinconicamente. Lorna sapeva a cosa pensasse: Kim Stevard, a quanto l’avesse amato e a quanto era stata delusa, ferita e a quanto ancora soffrisse per la sua perdita.
 
“E bravo piccolo Kim! Hai trovato il modo per starle vicino mantenendo l’incognito. Killian, Killian! Sapesse che tu e Steward siete la stessa persona! Quando finirà questa storia? Non so chi ora stia peggio, se lei a saperti morto o tu a non poterti avvicinare a lei come vorresti!
– Se questo ragazzo ti fa sentire bene quando lo senti, per quanto strampalata possa essere questa amicizia … mantienila!
– Si, penso di farlo, ma non voglio fissarmi su di lui. Voglio che resti un rapporto così, a distanza, senza illusioni reciproche, lo sa che ancora non ho dimenticato Kim!
– Parlate parecchio per telefono!
– Pensandoci bene, parlo più con lui di quanto parlassi con Kim! Con Kim c’era sempre poco tempo per stare insieme e vedendoci poco finivamo con il fare altro. Con Killian non possiamo che parlare in fin dei conti …
– Di cosa parlate?
– Di noi, della nostra vita, delle nostre esperienze, gusti, desideri, mi parla della sua terra, un po’ tutto! Non potendoci vedere o frequentare, ci autodescriviamo in un certo senso.
– Cosa fa in Irlanda?
– Per strana coincidenza è anche lui avvocato come Kim, ma lavora nel campo assicurativo. Viene in America periodicamente per lavoro. Da quel giorno che mi ha soccorsa però non ha avuto ancora occasione di tornare!
“Ovviamente cara Emma! Come farebbe a mantenere la copertura?! Da come si comporta in quello che ti dice, mantenendosi in una mezza verità, non vede l’ora di rivelarsi! Speriamo lo possa fare presto caro ragazzo!
– Senti Emma, usa il mio cellulare per chiamare tua zia! Io parlo un attimo con l’agente Chang per vedere se possono mandarti a casa, ma francamente sospetto che ti terranno in protezione. Sei un testimone troppo importante!
 
 
L’agente Mulan Chang non aveva abbandonato la porta della stanza, Jefferson l’aveva lasciata a protezione di Emma ed era andato via. Lorna rimase leggermente delusa di non trovarlo, ma sapeva che Seb dovesse raggiungere il suo Capitano.
 
– Signorina Swan, mi dispiace ma al momento non potrà lasciare l’ospedale. Qui è sotto protezione. Il nostro Comandante ha ordinato così, ma può far venire sua zia se crede, per tranquillizzarla del suo stato. Gli uomini con cui ha avuto a che fare fanno parte di una pericolosa banda. Grazie a lei e alla Signora Gold li metteremo al fresco per il resto dei loro giorni, ma finché le cose non saranno chiarite e sistemate lei dovrà essere protetta.
– Non posso certo restare settimane qui in ospedale!
– Vedremo cosa deciderà il mio superiore. Potrebbe anche avere una protezione a casa sua.
– Io aspetto un bambino agente e vorrei tornarmene a casa quanto prima!
– La capisco, ma qui in ospedale avrà anche le cure necessarie in fin dei conti, quindi abbia pazienza e non si lamenti!
 
L’agente Mulan Chang era un tipo irreprensibile e di poche parole. Emma dovette tacere, incoraggiata anche da Lorna.
 
– Emma, io ti consiglierei di farti fare un’ecografia intanto, per vedere se va tutto bene con il piccolo. In fin dei conti hai subito un colpo e un fortissimo stress!
– Credo tu abbia ragione Lorna …
- Tua zia ti ha risposto?
– Si, mi ha detto che arriverà quanto prima, era angosciata! Era stata avvisata subito da Killian e a quanto pare aveva avvisato anche la Polizia. Avevano iniziato le ricerche praticamente subito.
– Invece tu ti sei salvata da sola!
 
***
Killian era arrivato alla base segreta e aveva atteso l’arrivo di Jefferson. Se avesse seguito il suo istinto e i suoi desideri sarebbe andato di filato all’ospedale da Emma, ma fortunatamente la sua razionalità e la sua intelligenza avevano ripreso il sopravvento sui sentimenti.
Quando Winter Soldier era arrivato l’aveva praticamente aggredito con le domande, al punto che Seb aveva alzato le mani in segno di resa, inclinando di sbieco la testa e sgranando un po’ gli occhi azzurri.
 
– Capo! Stai calmo! Lei sta bene innanzitutto! Ora ti racconto tutti i dettagli che ci ha rivelato!
 
Killian era riuscito a tacere e ad ascoltare attentamente Seb. La sua espressione facciale cambiava in relazione ai momenti del racconto. Nel sentire la sorte di Milah si era veramente incupito e aveva aggrottato le ciglia e stretto i pugni furioso. Invece la sua fronte si era rilassata e i suoi occhi azzurri si erano illuminati, a sentire il modo in cui Emma aveva simulato di essere ancora svenuta e poi come aveva aperto la porta, facendo lo stesso per salvare MIlah. Il cuore gli si era riempito di orgoglio per la sua donna e non aveva potuto trattenere il sorriso che si era aperto sul suo volto.
 
 – Lei è stata semplicemente fantastica!
 
Jefferson lo aveva guardato, notando l’ espressione quasi sognante dell’uomo definito, fino a pochi mesi prima, “Cuore di Ghiaccio”. Che fine aveva fatto quel ghiaccio? Sicuramente il fuoco, che gli ardeva dentro per la bella Emma Swan, lo aveva sciolto del tutto. Seb, non riuscì a trattenere la sua battutina.
 
– Si, lei è stata  fantastica e tu invece sei cotto fino al midollo! Che ti è saltato in mente di tornare a Boston?
– Non ce la facevo a restare lontano sapendola in pericolo!
– Volevi buttarti a battere le strade e i quartieri di Boston? La tua copertura sarebbe saltata del tutto!
– Ammetto che per un attimo ho perso la mia proverbiale freddezza.
– Freddezza? Quella ragazza ha proprio sciolto il ghiacciaio direi! Non ti riconosco più Killian!
– Dai ora non esagerare Seb! Non ho perso il lume comunque! Mentre ti aspettavo sono stato in contatto con il resto della squadra. Solo per il rapimento e il reato sessuale, Manguso e i suoi scagnozzi sono sotto arresto. Al momento non si sa dove si sia nascosto! I suoi,  arrestati dalla Polizia Stradale, sono stati trasferiti alla centrale dell’F.B.I. e sono ancora sotto torchio, vediamo se tirano fuori notizie sui rifugi segreti del loro capo, magari anche Gold si nasconde nei paraggi, anche se per lui ho altri sospetti!
– Da quanto sentito da Emma mentre era prigioniera, Gold ha voluto il rapimento della moglie e quel trattamento per vendicarsi della relazione che aveva con te.
– Non capisco come l’abbia scoperto! Controllavo io stesso gli sms di Milah, cancellando ciò che poteva dare sospetto agli occhi di Gold, in più lei non aveva nessun interesse a dirglielo, so che era molto discreta e contemporaneamente terrorizzata dalle violenze del marito!
– Non so che dirti Capitano! Comunque la stanno operando adesso e, se tutto va bene, la sua testimonianza fornirà l’ergastolo sia a Gold che a Manguso.
– Alla fine saranno condannati per rapimento e reati sessuali! Dobbiamo far in modo che tutto il lavoro della D.E.A. non sia inutile. Quei due hanno organizzato un giro pazzesco sul mercato della droga e tanti ragazzi ne pagano le conseguenze, anche in modo nefasto! Dobbiamo spazzar via tutto quello schifo! I nostri stanno agendo proprio in questo momento su un carico destinato al cartello di Boston, ho appena controllato i monitors. Anche questa partita gli andrà a male e potremmo far ricadere reciprocamente la colpa sui cartelli rivali, Kim Steward è morto e non potrà essere sospettato di doppio gioco, dovranno scannarsi tra bande rivali e noi raccoglieremo i cadaveri! Inoltre, se riusciremo ad arrestare Manguso e Gold, arriveremo ai loro fornitori dell’America Latina.
– Si, ovviamente!
– Seb …
- Dimmi Capitano!
– Riguardo ad Emma …
- Cosa?
– Non doveva essere rapita. Nessuno doveva sapere di lei. Nessuno doveva sapere che fosse legata a Steward! Ho sentito con le mie orecchie che i rapitori, quando l’hanno avvicinata, le hanno detto che fossero della Polizia e che si trattasse del caso di Steward. Se a Manguso è arrivata la notizia che lei fosse la ragazza di Kim qualcuno l’ha fatta arrivare. C’è un uccello che canta nella centrale di Roger!
– Una talpa!
– Tu quella sera eri alla centrale per organizzare la simulata sulle schede segnaletiche e hai chiamato Lorna per assistere Emma!
– Si, come secondo il piano …
- Conosci Roger da anni e più o meno tutti gli agenti di polizia del suo dipartimento …
- Si, infatti!
– Cerca di ricordare chi era presente quella notte.
– Ricordo che all’ingresso ci fosse sicuramente Mel, il più anziano in servizio! Sem era appena andato via, l’avevo incontrato arrivando! Non ce li vedo quei due a far da talpa. Sono integerrimi!
– Non è detto che siano loro, non è detto che debba esser qualcuno presente quella sera!
– Verissimo! Una talpa lavora nel sottosuolo! Potrebbe essere chiunque lì al distretto, chiunque sia stato assoldato per guardare nell’archivio!
– Andiamo da Roger! Voglio parlargli subito!
– Killian … ti sembra il caso di venire anche tu?
– Non posso andare da Emma, ma posso indagare su chi l’ha messa in pericolo consegnandola a quei bastardi!
– Come ti presento a Roger? Non possiamo dire tutta la verità!
– Mi presenterai con il mio nome, dicendo che sono un analista dell’F.B.I.!
 
***
Ingrid Frosen stava abbracciando sua nipote Emma, con le lacrime agli occhi.
 
– Figlia mia che angoscia che sono state queste ore! Cosa ti hanno detto? Puoi venire a casa con me?
– No mamma! Sono un testimone oculare sotto protezione. Dovrò aspettare almeno domani mattina per sapere se dovrò restare ancora qui o dove potrò andare.
 
Lorna era andata via da pochi minuti, non prima di aver conosciuto la zia di Emma e di essersi complimentata con lei per la coraggiosa e abile nipote. L’agente Chang era ancora di guardia fuori dalla porta.
 
– Sei sicura di stare bene?
– Sembrerebbe di sì. Dovrebbero farmi un’ecografia, so che hanno chiamato il medico reperibile e tra poco sarà qui.
– Lo aspetterò con te e dopo l’ecografia andrò a casa!
– Sai mamma, se mi sono salvata è grazie anche a te.
– Grazie a me?
– Si! Se tu non avessi voluto fare quel lavoro ad uncinetto per il piccolo …
- Che centra con la tua salvezza?
– Con quell’uncinetto sono riuscita ad aprire la porta della stanza dove mi avevano rinchiusa!
– Mio Dio! Veramente?!
– Si, ho fatto lo stesso anche per la donna imprigionata nella stanza affianco.
– Questo bambino che aspetti è proprio stato una grazia di Dio Emma!
– Lo penso anche io! Mi ha dato tanta consolazione sapere di aspettarlo. Mi è rimasto qualcosa di Kim e non solo.  L’ho detto anche a Lorna prima …
- Cosa le hai detto?
– Potrei sembrarti matta, ma ho come l’impressione che in qualche modo Kim ancora mi sia vicino, come se in qualche maniera volesse proteggermi … Lorna non ha detto nulla, se non che io sia sotto shock, ma lo sento … vivo …
- Tesoro mio! Il bambino è reale, forse sarà per questo che tu abbia queste sensazioni! Inoltre credo che la tua Psicologa abbia ragione. Che c’è ora? Perché quel sospiro? Purtroppo non possiamo farci nulla! Lui non era nemmeno quello che tu pensavi!
– Scusami ma per un attimo mi è venuto in mente Killian Jones! Non centra nulla con Kim, se non il fatto che sia irlandese anche lui, ma chissà come si sarà spaventato quando mi hanno presa! Ero con lui a telefono e ha sentito tutto!
– Lo so! In effetti si è preoccupato tantissimo! Deve essere veramente un gran bravo giovane! Ha chiamato la polizia e ha chiamato anche me, non sapeva come dirmi quello che era successo!
– Vorrei tanto chiamarlo! Era la prima volta che mi chiamava sul cellulare, gli aveva appena dato il numero Anna. Peccato che il mio telefonino è andato distrutto, non potrò nemmeno recuperare la Sim!
– Distrutto? Tesoro, non è così! Killian mi aveva detto che il cellulare ti fosse caduto durante la colluttazione. L’ho recuperato io stessa! Era saltata la batteria nell’urto, lo schermo si è spaccato, non so se ancora funzioni!
– Puoi portarmelo domani?
– Forse posso fare di meglio Emma!
– Come?
– L’avevo messo in borsa quando l’ho ritrovato e da allora non lo avevo tolto. Ce l’ho qui anche ora!
– Oh mamma! Grazie! Dammelo subito, voglio vedere se funziona ancora, male che vada recupero la Sim!
 
Ingrid si era voltata verso la poltroncina dove aveva posato la borsa e la leggera giacca estiva indossata per il fresco notturno. Armeggiò brevemente con la cerniera della borsa e tirò fuori il cellulare malconcio e la batteria.
 
– Eccolo qui, non lo avevo nemmeno rimontato veramente!
– Dammi che provo subito.
 
Emma era impaziente e le tremarono le mani nel prendere i due pezzi del cellulare. In effetti la parte esterna dello schermo era spaccata. Riposizionò la batteria e lo accese. Lo schermo si illuminò, ma si sentì un suono più lamentoso di quello tipico dell’accensione.
– Credo si sia danneggiato parecchio! Provo comunque a vedere le ultime chiamate ricevute con risposta.
 
Emma digitò sui pulsantini necessari e comparve la schermata delle ultime chiamate con risposta. L’ultima era quella di Jones.
 
– Ecco il numero da cui mi ha chiamato, quasi quasi ci provo!
– Ma in Irlanda sarà notte fonda, forse sarà quasi l’alba!
– Hai ragione … non voglio disturbarlo. Provo solo a mandargli un messaggino!
 
Senza pensarci oltre, digitò il messaggio. Si scrisse sullo schermo, apparendo, sparendo e riapparendo. Emma provò a dare l’ invio. Il segnale del consegnato apparve subito dopo.
 
***
 Il Suv Maserati guidato da Sebastian Jefferson, aveva sfrecciato velocemente tra le strade semideserte di Boston notturna. Killian sul lato del passeggero aveva avuto le informazioni sui turni del Sergente Roger e fortunatamente quella sera era di turno alla centrale. Non avevano perso tempo e si erano diretti da lui. Era importante capire chi poteva essere la talpa di Manguso all’interno del distretto.
 
Il bonario faccione color cioccolato di Roger li aveva accolti con un sorriso ironico rivolto a Jefferson.
 
– Sei contento di vedermi Martin?
– Come sempre Seb! Quando arrivi tu i guai sono sempre i più grossi! Chi è il tuo amico?
– Oh scusami! Lui è uno degli analisti dell’ufficio!
– Piacere Sergente, sono Jones!
 
I due uomini si scambiarono una stretta di mano e in breve arrivarono al sodo riguardo la loro improvvisa visita. Nel sentire i sospetti dei due uomini dell’F.B.I. Roger rimase molto mortificato.
 
– Se è così veramente … sono amareggiato! Conosco tutti i miei uomini uno per uno, non saprei chi poter sospettare.
– Chi ha accesso all’archivio?
– In particolare Mel e Sam. Sono loro a custodire anche la chiave! Ma francamente chiunque di noi potrebbe prenderla alla loro insaputa in un momento di assenza di uno dei due. Di solito hanno turni diversi. Questa sera è di turno Mel.
– Lo era anche la sera che la giovane Swan fu condotta qui Martin!
– Si Seb! Mi ricordo anche io. Devo dire che quei due sono tra le persone più fidate. Sono prossimi alla pensione anche loro, hanno avuto sempre un comportamento esemplare.
– Cerchi di indagare su chi questi ultimi giorni ha avuto accesso all’archivio e perché, la talpa è tra coloro che hanno messo piede e “mano” a quell’archivio!
– Sarà fatto Jones, me ne occuperò personalmente!
– Bene Martin, ti lasciamo alla tua nottata vecchio mio!
 
Il cellulare, nella tasca interna del giubbino in pelle nera, di Killian, suonò per un messaggio in arrivo. Lo estrasse in un gesto automatico e controllò lo schermo. Roger vide l’espressione accigliata dell’uomo appena conosciuto distendersi, mentre un sorriso aleggiava sulle sue labbra.
 
– Buone notizie Jones?
 
L’uomo alzò gli occhi azzurri verso il suo faccione sorridente e ricambiò il sorriso.
 
– Ottime Roger! Ottime!
 
Con un cenno Roger li accompagnò alla porta e i due agenti dell’F.B.I. si avviarono nel corridoio per andare verso l’uscita.
 
– Ciao Mel! Alla prossima!
– Alla prossima Seb.
 
Uscendo incrociarono due poliziotti che stavano arrivando per il turno notturno. Uno era Sam. Anche con lui Seb scambiò un saluto, il secondo fece giusto un gesto della testa e rimase a guardare Jones. Killian notò lo sguardo attento puntato su di sé. Non ci fece caso più di tanto. Non aveva mai visto quel poliziotto in vita sua, ma educatamente gli fece un cenno di saluto.
 
***
 
“Ciao Jones! Sono viva e vegeta! Qualcuno ha detto anche eroica ;))  Spero di non averti svegliato, so che ti sei preoccupato! Volevo ringraziarti per tutto ciò che hai fatto per me. Stai tranquillo, sto bene e i cattivi finiranno in prigione. A presto ;*”
 
Mentre Jefferson guidava, Killian rileggeva il messaggio che Emma gli aveva appena inviato.
 
– Che c’è Capitano? Quella faccia mi dice che il messaggio riguarda la tua bella!
 
Killian si girò verso Seb senza rispondergli, ma facendogli un sorriso sghembo. L’altro ne ebbe la conferma.
 
– Se ti ha mandato il messaggio è ancora sveglia no? Perché non la chiami? Stai morendo dalla voglia di farlo!
– Seb, non è che stai frequentando un po’ troppo Lorna ultimamente? Sei diventato anche tu un Profiler adesso?
– Magari!
– Per il Profiler o per Lorna?
 
Killian rise sapendo quale fosse la risposta.
 
– Quella donna mi farà morire di vecchiaia prima!
– Non ci posso credere che continui a non dichiararti una volta per tutte! Deciditi una buona volta. Tu le piaci!
– Si, ha parlato il grande esperto di cuori infranti che da mezz’ora fissa un messaggio senza decidersi a chiamare la donna per la quale è partito!
– Lo pensi tu amico …
 
Velocemente Killian digitò il numero di Emma. Lei rispose prima del secondo squillo, probabilmente era ancora con il telefonino tra le mani! Killian sorrise aspettandosi la sua voce squillante.
 
– Killian ti ho svegliato veramente scusami!
– Emma non ho proprio chiuso occhio! Come stai tu e il bambino?
 
Un dolce calore si impossessò del cuore di Emma a sentirgli chiedere anche del piccolo. Lo faceva sempre e questo le piaceva, sentiva che quell’uomo, praticamente sconosciuto, tenesse molto in considerazione il suo piccolino.
 
– Bene grazie! Dovrebbe venire il medico di turno a farmi un’ecografia tra poco!
– Ti hanno fatto del male?
– Non ci sono riusciti. Ho avuto una paura tremenda, temevo più per il piccolo che per me. Sapessi la poveretta che era stata rapita prima di me! L’anno operata ed è appena uscita dalla sala operatoria …
- Come sta?
“Che dolce, si preoccupa anche di lei!”
– Mi hanno detto che è andato tutto bene, si riprenderà. C’è dietro una brutta storia Killian! Ora saremo ambedue testimoni.
– Vuoi parlarmene?
– Non ora Killian, ne ho parlato così tanto con i Federali e la mia Psicologa! Ma nonostante la paura sono riuscita a liberarmi da sola e a liberare anche Milah, si chiama così!
– Come hai fatto?
– Devo ringraziare mio figlio lo sai? È un bambino veramente voluto dal cielo!
 
Questa volta fu Killian a sentire un calore invadergli il petto e deglutì emozionato.
 
– In che modo ti ha aiutato?
– Mi ha dato la forza per non abbattermi, dovevo vivere per lui, in più avevo con me un uncinetto per lavorare la lana, mia zia mi aveva fatto comprare l’occorrente per fargli un abitino, beh insomma! L’ho usato per scassinare la serratura.
 
Killian chiuse gli occhi facendo un profondo sospiro e sentendo dentro quel calore inconfondibile.
 
– Emma, non sai quanto io ti a …
- Cosa?
– Io … io ti abbraccerei se fossi lì …
- Grazie Killian! Credo che mi farebbe bene se un amico mi abbracciasse in questo momento!
 
Emma non poteva vederlo, ma Killian aveva sul viso l’espressione del rammarico e della nostalgia in quel momento.
 
“Amore mio, ti abbraccerei veramente e ti cullerei per rassicurarti”
– Emma vedrai andrà tutto bene! Riguardati piccola!
– Sono in buone mani Jones, sono in ospedale e l’F.B.I. Ha intenzione di tenermici con un’agente dietro la porta. Una tosta!
 
Killian rise.
 
– Bene! Meglio così, visto che ha a che fare con una più tosta di lei!
– Jones ti devo lasciare! È arrivata l’infermiera, vado a farmi questa ecografia. Un bacio!
– Anche a te Love!
 
Killian chiuse la chiamata restando assorto, ma sereno. Jefferson ridacchiò verso di lui.
 
– Love! Love! Glielo stavi per dire e ti sei bloccato! Vedi che non è facile dichiararsi?
 
Killian lo guardò torvo e gli ringhiò contro.
 
– Non dire un’altra parola Seb!
 
Ridendo Jefferson accelerò ancora e il Suv si riavviò verso la base segreta.
 
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Samuelson e Brocowsky erano entrati insieme negli uffici del distretto di Polizia, ambedue per il loro turno notturno. Varcata la porta si erano visti venire incontro il Federale Sebastian Jefferson e un altro moro che lo seguiva.
 
“Ci risiamo con i Federali questa notte? Chi sarà l’amico di Jefferson?”
 
Il breve scambio di saluti nell’uscire dalla centrale, comportò un breve saluto di cortesia anche da parte dello sconosciuto più giovane. Brocowsky lo guardò intensamente. Il giovanotto era alto sul metro e ottanta, fisico snello ma palestrato, un bel portamento, una bella testa, capelli fuori taglio, un po’ lunghi sul collo …
Aveva qualcosa di familiare per Brocowsky e si chiese cosa. Non ricordava di averlo mai incontrato, eppure se aveva una qualità eccellente era quella di essere molto fisionomista!
Il giovanotto portava la barba piuttosto incolta e non se la radeva da un pezzo, vista la lunghezza! I suoi  occhi colpirono molto il poliziotto. Avevano un bel taglio delle sopracciglia ed un colore azzurro particolare, messo in risalto ulteriormente dal bruno delle ciglia. Lo seguì con lo sguardo mentre gli passava davanti e si soffermò sul suo profilo.
 
“ Dove diavolo l’ho già visto questo qui?”
 
Mel e Sam si diedero il cambio e Brocowsky lanciò la domanda.
 
– Che è successo Mel? Come mai i Federali questa sera?
– Niente di particolare credo! Hanno fatto due chiacchiere con Roger, non sono stati tanto!
– Il più giovane chi è? Mi pare una faccia conosciuta, un federale anche lui?
– Possibile! Non ne sono sicuro veramente, ma se sta con Seb può essere!
– Come si chiama?
– Non lo so, li ho fatti entrare perché Jefferson lo conosco bene, non ho chiesto i documenti in questo caso!
– La prassi lo richiede però!
– Brocowsky! Che ti prende? Ti è piaciuto il ragazzo? Vuoi il suo numero per un appuntamento romantico? Devi rompere proprio a quest’ora? Fammi andare a casa! Tu sei appena arrivato ma io sono ore che sto in servizio!
– Scusa Mel! Hai ragione. Buona notte!
 
Mel, stizzito e stanco,  gli aveva risposto con una smorfia e lanciandogli un’occhiataccia aveva lasciato la sua postazione a Samuelson.
Brocowsky si era diretto alla propria scrivania, ma il profilo dello sconosciuto gli tornava ancora davanti agli occhi. Aveva un bel profilo, non c’era da dire niente! Ma proprio quel profilo gli smosse un ricordo.
 
– Sam!
– Che c’è?
– Domani vado a prendere il regalo per Roger!
– Bene! Tra pochi giorni va in pensione, sarebbe ora che lo prendessi, pensavo ci avessi già pensato!
– No, mancavano i soldi di un paio di noi! Dammi la chiave dell’archivio che vado a prenderli dove li ho messi!
 
Samuelson non se lo fece dire due volte. Prese la chiave dal cassetto dove la custodiva e la lanciò verso il collega.
 
– Sbrigati! Il Capo potrebbe uscire da un momento all’altro!
– Se esce coprimi no?
– Ok vai!
 
Furtivamente, guardandosi intorno, l’uomo aprì la porta dell’archivio e si introdusse nella stanza. Sapeva a quale cassetto rivolgersi. Velocemente e con una certa sicurezza di sé trovò la cartella che gli interessava.
 
“Lo sapevo! Non potevo essermi sbagliato! Sono passati gli anni, è più adulto ora, nonostante la barba camuffi il viso, il profilo è inconfondibile e non mi ha ingannato! Devo avvisare Manguso!”
 
Stando attento che dalla porta col vetro opaco non apparisse nessuno, prese il cellulare che usava per i suoi intrallazzi con la “mala” e digitò un numero che conosceva molto bene. Un accento siciliano rispose infastidito dall’altro capo.
 
– Ho una notizia che ti può interessare … Ricordi il tuo amico Kim Steward? Beh, non so se si chiami veramente così, ma so di certo che gode di ottima salute! No, non è morto! È pure piuttosto in forma, a parte la barba di una mesata o più! Era qui con un altro agende dell’F.B.I. No, non so se è dei loro, ma sospetto che lo sia e nel caso, dal poco che c’è in cartella, deve essere anche un tipo maledettamente in gamba!

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Capitolo 19
*** Sincero amore o illusione ***


Capitolo 19

Sincero amore e illusione
 
 
Il Suv Maserati, guidato dall’Agente Scelto Sebastian Jefferson, entrò nel garage  aperto con il telecomando a distanza. Dalla telefonata ad Emma, Killian Jones era rimasto in silenzio e Jefferson, avendo capito che non fosse in vena di scherzare, né sopportare le sue battute, aveva seguito il suo esempio e aveva taciuto. Le strade ormai erano quasi del tutto deserte, Boston dormiva il sonno dei giusti.
 
Jefferson poteva solo immaginare i pensieri che rimuginavano nel brillante cervello del suo Capitano. Quel giovane uomo aveva grandi responsabilità e ben poche gioie! Sebastian lo stimava e nutriva per lui un grande affetto. Lo conosceva da anni ormai, precisamente dal giorno in cui Killian era stato arrestato nelle vesti di Kim Steward. Quella notte di undici anni prima aveva conosciuto anche Lorna Stone e da quel momento non le era più uscita dai pensieri, né dal cuore.
Mentre rientravano alla base segreta, Seb ripensava a quanto gli avesse appena  suggerito Killian: “Dichiararsi finalmente a Lorna.”
 
“La fa facile lui! Come se lui stesso ci fosse riuscito con Emma!”
 
Erano anni che Sebastian flirtava con Lorna Stone e tra loro il dialogo era sempre stato brioso. Lorna non era una persona facile, era una donna chiusa in una corazza spessa, data sia dal suo ruolo di Maggiore dell’F.B.I, Psicologa e Profiler, sia dalla sua personale situazione sentimentale. Seb sapeva del suo amore tradito e deluso da parte dell’ ex marito. Da allora Lorna era diventata ancor più rigida e, proporzionalmente, lui era diventato più sfacciato, per stuzzicarla e farla reagire. Lei rispondeva sempre a tono e lui sapeva che almeno la mantenesse viva e battagliera.
Era sicuro di piacerle, ne aveva avuto una recente prova, quando poche settimane prima si era presentato a casa sua con due flutes e una bottiglia di Champagne. Si erano baciati quella sera per la prima volta e avevano continuato a farlo, sia per la forte attrazione che nutrivano l’uno per l’altra, sia per il calore dato dall’alcool bevuto. Era stata Lorna ad interrompere le carezze ed alla fine avevano preferito passare la serata a ricordare esperienze comuni, mentre lei se ne stava distesa in accappatoio sulla sua adorata chaise longue …
 
Entrati nel garage scesero dal Maserati. Killian aveva bisogno di dormire, aveva due ombre scure sotto gli occhi e Seb gli leggeva bene la stanchezza sul volto. 
 
– Riuscirai a farti un’ora di sonno Capitano?
– Sarebbe una buona idea, ma sono troppo teso per riuscirci!
– Dovresti provarci almeno, stai sballato pure per il fuso orario! Emma e Milah intanto sono al sicuro no?
– Non mi da tregua il pensiero di sapere ancora Gold e Manguso a piede libero e l’esistenza della “talpa”! Speriamo che Roger arrivi a capirci qualcosa …
 
“Già! Ci mancava anche un traditore all’interno del Primo Distretto di Polizia di Boston!”
 
La cosa dava un enorme fastidio anche a Seb. Si chiedeva chi diavolo potesse essere. Conosceva praticamente tutti in quel distretto e tutti conoscevano lui! Non era d’accordo con Killian a presentarsi insieme da Roger, avrebbe preferito che se ne fosse stato alla base, ma quando Captain Hook si metteva in testa un’idea non era possibile farlo desistere. In quel caso si trattava anche della sicurezza di Emma, figuriamoci! Nemmeno se lo avesse legato alla sedia ci sarebbe riuscito!
 
Mentre guardava Killian stiracchiarsi per sgranchirsi i muscoli tesi, il segnale di un sms partì dal suo cellulare. Non era insolita per lui l’ora, c’era abituato a messaggi e a chiamate nel cuore della notte! Guardò lo schermo illuminato e rimase veramente perplesso, con gli occhi sgranati.
 
– Che c’è?
 
Killian aveva visto la sua espressione stupita e la curiosità, collegata alla sua deformazione professionale, era scattata con la domanda annessa.
 
– Lorna!
– Lorna?!
– Si!
– Dice qualcosa riguardo ad Emma?
 
Sebastian Jefferson rise divertito.
 
– Non tutto è collegato alla tua bella Capitano! Ho una vita anche io sai?
– Wow! Messaggino romantico da Lorna? Non ci credo nemmeno se me lo fai leggere!
– Ah, ah, ah! Divertente!
– Dai Jefferson! Non mi dire che veramente …
- No! Lorna non è tipo da cuoricini!
– Tu dici? Le donne hanno sempre un lato romantico, anche se nascosto!
– Sarà! Di sicuro Lorna lo tiene nascosto sotto una gonna di piombo!
– Le gonne si tolgono se non sbaglio! Comunque che dice?
– Sei curioso veramente allora!
 
Killian ridacchio mostrandogli i suoi perfetti denti bianchi sul viso barbuto.
 
– Dice: “Stai ancora in giro?”
– Tutto lì?
– Già!
– Cosa significa secondo te?
– E che diavolo ne so?! La Psicologa è lei mica io!
– Perché dovrebbe interessarle se sei o meno in giro?
– Non ne ho la più pallida idea!
– Intanto vecchi mio, anche lei è sveglia nonostante l’ora! Magari si sente sola!
 
Sebastian non aveva calcolato quell’ipotesi e rimase a bocca aperta per lo stupore.
 
– Cavolo! Dici che ci sia una possibilità che sia vero?
– Seb … lo dovresti sapere tu come stanno le cose! Io direi che sia il caso che le rispondi e magari vai da lei, tanto qui per questa notte non c’è bisogno di te.
 
Sebastian sembrava indeciso e muoveva nervosamente un piede per terra, lisciando il pavimento.
 
 – Allora ti decidi? Mi sembri un dodicenne Seb! Ti ordino di filar via di qui!
 
Sebastian riprese il suo sorriso ironico e dando un’ultima occhiata sghemba al suo Capitano, girò sui tacchi e uscì dalla base, lasciando Killian che lo guardava sorridendo.
 
“Tu che puoi stare con la donna che ami … saresti un fesso a non farlo Seb!”
 
Con una punta di invidia, Killian si tolse la maglietta di cotone, restando con il bel dorso atletico nudo. Avrebbe fatto una doccia rinfrescante e avrebbe cercato di dormire un’oretta. Prima di entrare nel bagno controllò i monitor.
 
“Cazzo! Anche questa! Maledizione!”
 
***
 
Jefferson era davanti alla porta dell’elegante appartamento di Lorna. Si sentiva un idiota. Alla sua età ancora il cuore gli suonava nel petto a quel ritmo, per una donna?!
 
Era uscito dalla base e salito sul Maserati. Prima di avviare il motore aveva risposto a Lorna, un semplice:
 
“Sto arrivando da te!”
 
Lei aveva risposto immediatamente con un:
 
“Ti sto aspettando …”
 
Non ricordava nemmeno di aver visto le strade percorse mentre correva da lei, guidando automaticamente e completamente a memoria per le vie, ormai poco trafficate di Boston. Era arrivato al portone di quell’elegante edificio e aveva suonato al citofono. Lorna non aveva nemmeno chiesto chi fosse e aveva aperto il portone principale. Ora, con il cuore a mille, appoggiato lì allo stipite, aspettava di vederla aprirgli la porta del suo appartamento.
 
 
Lorna era tornata dall’ospedale, dopo la visita ad Emma. Aveva dato la pappa a Generale, che non si era fatto pregare per mangiare quei prelibati bocconcini di paté di fegato e, mentre il micio rosso se ne stava sulla sua poltrona preferita a leccarsi i baffi e a lisciarsi il lungo pelo, lei si era chiusa in bagno per docciarsi con i suoi saponi aromatici.
Quel momento di relax la induceva sempre a riflettere con calma sotto l’acqua e in quell’occasione aveva ripensato ad Emma e a Killian. Emma aveva rischiato di essere, non solo, violentata come Milah Gold, ma anche di essere uccisa, fine che avrebbero fatto fare anche all’altra. Killian aveva rischiato di perdere l’amore della sua vita e con lei il piccolo che portava in grembo …
 
Riflettendo sulla vita, sulle sue sorprese amare e sulla possibilità di perdere in un batter di ciglia ciò a cui si teneva di più, gli era apparsa nella mente l’immagine sorridente e strafottente di Sebastian Jefferson. Ci teneva a lui … si, ci teneva tanto! Ci teneva da … da quando?
Aveva cercato di rispondere a quella domanda e il ricordo era andato al loro primo incontro. Alla sera che aveva conosciuto Killian Jones sotto la falsa identità del giovane Kim Steward. Ricordò la sensazione avuta nel momento in cui i loro sguardi si erano incrociati e il brivido quando lui l’aveva sfiorata per aiutarla a togliersi l’impermeabile, il suo sguardo di apprezzamento che l’aveva scorsa dal viso ai seni, che si erano tesi, sotto la sua aderente camicetta bianca, resi evidenti dalla mancanza del reggiseno.
C’era stata una immediata chimica fisica tra loro due, una chimica che non era destinata a diventare null’altro. Lei allora era ancora innamorata di suo marito Federik Victor e, nonostante nei giorni seguenti avesse ripensato spesso al bell’Agente Scelto, aveva fatto in modo di toglierselo dalla mente.
Non avrebbe mai pensato di ritrovarselo ben presto tra gli allievi dei suoi corsi! Era più grande degli altri e quei corsi sembravano superflui per la sua esperienza.
Un giorno scherzando le aveva detto che si era iscritto per lei, per poterla vedere muoversi sinuosa in quelle sue gonne attillate. Lo aveva detto con una tale strafottenza che lei lo aveva minacciato di stenderlo con un pugno e lui, sempre scherzando, aveva risposto giocando con i doppi sensi, che con lei si sarebbe steso volentieri.
Fosse stato chiunque altro lo avrebbe cacciato dal corso e sottoposto ad un provvedimento disciplinare, ma Seb sapeva scherzare con un cipiglio simpatico a cui lei rispondeva a tono, dimostrando ai giovani allievi presenti, che anche quello fosse un gioco seduttivo. 
 
Quando l’attrazione fisica che nutriva per lui era diventata un sentimento sempre più profondo?
Sebastian era stato l’amico più vicino quando si era lasciata con suo marito. Le aveva sempre fatto quelle avances che sapeva non avrebbero avuto seguito, ma solo risposte a tono, eppure aveva continuato a farla sentire viva! Avevano lavorato insieme in diversi casi, l’ultimo era stato proprio quello di Emma. Da che era iniziata quella situazione con la giovane Swan e i colloqui con lei, la vicinanza con Seb era aumentata per i controlli che lo costringeva a fare Captain Hook.
La sera che si era presentato con i bicchieri e il vino francese non avevano resistito all’attrazione che c’era tra di loro e si erano baciati, assaporandosi con avidità crescente. Non era successo altro ma, mentre Lorna rifletteva sotto l’acqua che scorreva carezzevole sulla sua pelle nuda, pensava a come sarebbe potuto essere stato fare l’amore con lui. Non lo avrebbe mai saputo di quel passo e in realtà desiderava tantissimo saperlo. Non voleva perdere un’altra occasione, ne aveva perse anche troppe fino a quel momento!
 
Era uscita dalla doccia e si era gettato l’accappatoio addosso. Senza nemmeno aspettare di asciugarsi bene era corsa alla borsa per prendere il cellulare. Forse lui era ancora in servizio o forse stava andando a casa …
Gli aveva inviato un messaggio e lui aveva risposto che stesse andando da lei. Gli aveva riscritto che lo aspettava.
 
Era stato così che, nella breve attesa, si era sciugata e aveva indossato una splendida camicia da notte in seta avorio, con spalline sottili, un merletto che le delineava il seno sodo e non eccessivo, mentre, scivolando sui fianchi, si apriva ampia intorno alle lunghe gambe snelle. Aveva indossato sulla camicia da notte una vestaglia coordinata, anche essa di seta avorio. Si era pettinata i capelli castani, ondulati e lunghi fino alla base del collo, messo due gocce di profumo dietro le orecchie e nell’incavo del seno, un filo di lucidalabbra e aveva atteso impaziente ed eccitata il suo arrivo, guardando distrattamente la televisione accesa che parlava degli avvenimenti della giornata.
Quando il campanello era suonato aveva fatto un salto in piedi dalla chaise longue ed era andata velocemente ad aprire il portone, schiacciando il pulsante del citofono. Sapeva che fosse lui e aveva aspettato dietro la porta che suonasse nuovamente a quella del suo appartamento.
 
 
 
Sebastian aveva appena  suonato che la porta si aprì, rivelando una splendida Lorna Stone, fasciata in un elegantissimo négligé in seta. Non l’aveva mai vista così e con quel sorriso sul volto raggiante. Era felice di vederlo, Seb non ne aveva alcun dubbio, ma era rimasto bloccato a guardarla, invece che dire una delle sue battutine.
Lei lo aveva guardato con desiderio e, senza aspettare oltre, lo aveva preso per il bavero della camicia e se l’era portato dentro casa, attirandolo a sé e baciandolo appassionatamente. Non aveva mai preso quell’iniziativa con Sebastian e lui era rimasto spiazzato, rispondendo automaticamente a quel bacio, ritrovandosi a far scorrere le sue mani sotto la vestaglia, accarezzando quel corpo rivestito dalla morbida e scivolosa seta mentre si inarcava e gli premeva contro. Si era accorto che la camicia da notte, sotto la vestaglia, le lasciasse la schiena completamente nuda, mentre il davanti, fatto con due triangoli di seta e pizzo, che formavano le coppe per il seno, venivano rette da tue sottilissime bretelle che si incrociavano dietro le spalle.
 
Mentre il bacio diventava più rovente e progressivamente la loro eccitazione aumentava, Seb guidò all’indietro Lorna, continuando ad accarezzare il suo corpo attraverso la stoffa. Le strinse possessivamente i glutei e poi li massaggiò con movimenti rotatori delle mani e si avvide che non portava né  slip né  perizoma.
 
– Mi aspettavi veramente Lorna …
- Non sai da quanto Seb …
 
Le loro voci erano arrochite dal desiderio che, represso in tutti quegli anni, era ora palese e bisognoso di esplodere. Lorna apriva intanto gli ultimi  bottoni della camicia di cotone di Seb, accarezzando i suoi atletici pettorali glabri. Lo trovava estremamente desiderabile e sexy, così alto, muscoloso, forte …
La camicia fu lasciata cadere, mentre Sebastian le toglieva la vestaglia, lasciandola con la bella schiena nuda e quei due triangoli di liscia seta e pizzo a separare i suoi capezzoli, ormai duri come noccioli, dal suo petto.
 
– Dov’è quello spione del tuo gatto?
– Povero piccolo! Dorme nella sua cestina!
– Dici che dorma? Quel gatto già mi odia quando vengo da te per parlare, figurati se mi vede intenzionato a fare sesso con te! Mi farà un attentato prima o poi!
 
Lorna gli succhiò e mordicchiò il labbro inferiore  sorridendo.
 
– Non ti preoccupare di lui … è chiuso nel bagno degli ospiti!
– Mmm … sono più tranquillo ora, non mi piace farmi guardare mentre faccio l’amore!
 
Lorna rise alle sue parole e al solletico che Seb le stava facendo baciandola lungo il collo e fino all’incavo del seno.
 
– Dio! La tua pelle Lorna! Mi fa impazzire il tuo odore!
– Ti piace proprio il mio bagnoschiuma …
- No, non è quello! È  il tuo odore di femmina che mi da alla testa, da sempre, dalla prima volta che ti ho vista!
– Non usavo questi aromi allora! 
- È proprio il tuo odore, te l’ho detto!
 
Lei lo guidò intanto verso la sua camera da letto, continuando ad assaporarsi ed a sentire il reciproco gusto ed odore. L’attrazione fisica che c’era tra loro due andava oltre il piacere trovato nella reciproca avvenenza. Era qualcosa di istintivo, quasi animalesco. L’olfatto e il gusto trovavano  il reciproco odore e sapore ideale.
Continuarono a mordicchiarsi avidi le labbra, quasi mangiandosi a vicenda, avvolgendo le loro lingue, succhianti e saettanti, l’una all’altra. Poi, a fatica, riprendendo fiato, Sebastian si sciolse dall’abbraccio.
 
– Aspetta … voglio guardarti!
 
Lei sorrise al suo sguardo desideroso e si lasciò guardare e toccare. Lui le portò, carezzevoli, le mani alle spalle e con gli indici alzò e spostò verso le braccia le sottili bretelle, facendole scivolare  via. I due triangoli di seta e pizzo lasciarono lentamente scoprirsi il suo seno perfetto. Seb emise un sospiro profondo guardandola ammirato. Nel suo metro e settantacinque, Lorna era giusta per la sua altezza, che sfiorava il metro e novanta. Gli occhi di Sebastian non si distoglievano dalle sue rotondità.
 
– Perfetto come l’ho sempre immaginato!
 
Lei rise.
 
– Mi immaginavi spesso Seb?!
– Ti immagino così dalla prima volta che ti ho vista. Dio se eri sexy Lorna! Non portavi il reggiseno e non serviva molta immaginazione per la verità!
– Non avevo fatto in tempo a metterlo! Ero stata chiamata nel cuore della notte!
– Mi avevi fatto un certo effetto anche con il tuo impermeabile di taglio maschile lo sai?
– Mmm … vizioso che sei!
– Si eh?
 
Mentre parlavano Seb si era impossessato di quelle due procaci e morbide rotondità, e lei gli stava aprendo la patta dei jeans.
 
– Si!
 
Non ci mise molto Seb a liberarsi del tutto dei pantaloni e dell’intimo.
 
– Vuoi una piccola confessione Seb?
– Mmm … si dolcezza!
– Sei molto meglio di quanto potessi sperare!
 
Fu lui a ridere, divertito e orgoglioso, avendo capito a cosa lei si riferisse e sentendo le sue mani calde e delicate che ne saggiavano la prestanza.
 
– Vieni qui Lorna … ti voglio da troppo tempo e so che tu vuoi me!
 
Le mise le mani alla vita e, seguendo con una carezza la forma dei suoi fianchi, le fece scivolare da essi, lungo le gambe, la seta della camicia da notte, scoprendole il ventre piatto e il bruno monte di Venere. Strinse appena gli occhi, sorridendo sognante alla sua bellezza.
 
– Mmm … finalmente Lorna!
 
Si lasciarono cadere sul letto e lei si schiuse a lui con lo stesso desiderio. Furono travolti dall’istinto, dal bisogno impellente di appartenersi ed amarsi.
Il loro fu un amplesso maturo, dolce, lento nel goderne attimo per attimo, assaporando ogni singola sensazione. Le mani di Lorna scorrevano sulla schiena di Sebastian fino ai glutei muscolosi, stringendoli e premendoli verso di sé, incoraggiandolo ad affondi maggiori, offrendosi a lui avvicinandosi ritmicamente con il bacino.
Mentre lo sentiva muoversi dentro di sé, riempiendola in quel modo appagante,  cambiando ritmo secondo il suo, toccando ad un certo momento quel punto particolare che la fece iniziare a tremare e a perdere la lucidità, Lorna si chiese come avesse potuto resistere tutto quel tempo a reprimere e a negare l’attrazione e il desiderio che viveva per Sebastian. Avrebbe potuto farne a meno ora che aveva provato quelle scosse  che le stavano  percorrendo i visceri e l’anima? Lui? L’avrebbe tradita e abbandonata come Federik Victor? Era un’ ennesima illusione quell’amore?
 
Non voleva pensarci in quel momento! Voleva solo abbandonarsi a lui, continuare a sentire le sue spinte potenti e profonde, la sua passione, il suo corpo maschio su di sé che vibrava nello sforzo di resisterle e farla godere, le sue labbra che la baciavano e stuzzicavano, succhiandoli, i seni, voleva sentire quella sensazione di pienezza, una sensazione che non le faceva più provare la solitudine, voleva continuare a godere di lui, attimo per attimo, come lui stava godendo di lei.
I loro gemiti, di piacere assoluto, si confusero e spensero nei baci che continuarono a scambiarsi, fino a ritrovarsi uno di fianco all’altra, dopo aver raggiunto l’apice della loro soddisfazione.
 
– Hai una sigaretta Lorna?
– Non fumo lo sai! Mi sembrava non fumassi nemmeno tu! Sei il tipo da fumo post orgasmo?
– Confesso che mi capita!
– Ora come farai senza sigarette?
 – Nel modo migliore dolcezza!
– Quale sarebbe?
– La sigaretta è un altro surrogato di piacere in questo momento, quindi mi prendo un piacere “maggiore”!
– Quale sarebbe un piacere maggiore?
 
Sebastian si voltò verso di lei, portandosi sul fianco e posandole una mano sul pube. Si insinuò lentamente con le dita tra i suoi serici riccioli castani, trovandovi il clitoride teso e ancora umido, stimolandola nuovamente. Si avvicinò con le labbra alla rosea aureola del seno a lui più vicino, lo accarezzò con movimenti rotatori della punta della lingua, facendolo reagire immediatamente, per poi afferrarlo con le labbra e succhiandolo sensualmente, suscitandole un sospiro languido. La guardò amorevole negli occhi e aggiunse:
 
– Sei un Maggiore se non sbaglio! Ho intenzione di riprendere te Lorna!
– Posso sempre ricambiare Sergente!
 
Con un colpo di reni, Lorna si portò in un attimo sul bacino dell’uomo, scivolò fluidamente sul suo rinvigorito turgore, provocando in entrambi un gemito di soddisfazione. I loro movimenti, assonanti e coordinati, esprimevano un’intesa sessuale che non avrebbero nemmeno osato sperare. Si persero ancora l’uno nell’altra unendo affetto e desiderio, mantenendo le loro intenzioni di piacere e gioia reciproca.
 
***
 
 – Come le preferisci le uova al bacon?
 – Ben cotte Lorna, grazie!
 
Erano le otto di mattina. Nonostante avessero dormito ben poco, impegnati in altro, Lorna e Sabastian si erano alzati relativamente presto e con un appetito non indifferente. Lei aveva proposto una colazione calorica e Seb, ridendo, aveva accettato volentieri.
 
– Vedo che sei consapevole che io abbia bisogno di recuperare le energie dopo questa notte con te!
 
Mentre Lorna batteva le uova in una ciotola, il bacon sfrigolava nella padella, emanando un profumino invitante per tutta la cucina.
 
– Seb ci vuoi pensare tu a spremere le arance per favore?
– Agli ordini Signor Maggiore! Un pieno di vitamina C fa sempre bene!
 
Sul top della cucina c’era un cestino di splendide arance e Seb ne prese un paio, dirigendosi verso Lorna che gli dava le spalle, mentre iniziava a versare le uova battute sul bacon.  Erano ambedue a piedi scalzi. Sebastian indossava solo i Jeans e Lorna aveva rinfilato la camicia da notte in seta avorio.  Lui le accarezzò con lo sguardo la schiena nuda fino quasi alla vita. La trovava veramente armoniosa e sexy con quei fianchi che si allargavano al di sotto, coperti dalla seta. Guardò le due arance che teneva nelle mani e con un sorriso malizioso e i pantaloni che improvvisamente gli stringevano sul davanti, le posò sul tavolo. Silenziosamente si avvicinò a lei e con due dita le accarezzò la schiena, dalla base del collo fino al profondo scollo posteriore della camicia da notte. Continuò sulla stoffa, segnando l’incavo tra i rotondeggianti glutei, consapevole che lei non avesse messo l’intimo. Sentì la pelle di Lorna rabbrividire al suo tocco e la vide portare la testa indietro, poggiandosi al suo petto. Le infilò le mani sotto i due triangoli di pizzo che le coprivano i seni e le riempì con quelle due morbide rotondità, stringendole dolcemente e massaggiandole, fino a stuzzicare tra indice e pollice i capezzoli tesi e scuri. Lorna inarcò la schiena e sollevò le braccia all’indietro, accarezzandogli i capelli, godendo del suo tocco e sentendo crescere il desiderio.
 
– Seb … ti avevo detto di spremere le arance …
- Queste sono molto meglio delle arance, anche più grosse direi!
 
Lei rise e lo lasciò fare, lui era abituato ai doppi sensi e lei gliene aveva servito uno inconsapevolmente.
 
 – Sei sempre il solito Seb!
 
Improvvisamente lui la ruotò verso di sé, facendola aderire completamente al suo torace e incastrandola con il bacino al top della cucina. Le fece scorrere le mani sui fianchi e le sollevò la stoffa setosa fino ai glutei, accarezzandoli. Lei gli portò le mani al collo e unirono le labbra in un bacio ardente più di quelli scambiati durante la notte. Sebastian la sollevò fino a farla sedere sul top di marmo rosato. Il freddo sotto la pelle la eccitò maggiormente e aprì automaticamente le cosce. Velocemente lui tirò giù la lampo dei Jeans liberando impaziente la sua erezione.
 
– Seb … fammi spegnere alle uova, le bruceremo …
- No dolcezza, prima spegni me, sto bruciando più di quelle uova tesoro!
 
Mentre le uova si stavano rinsecchendo e la radio accesa trasmetteva canzoni melodiche, loro consumarono quell’improvviso amplesso in un modo molto sensuale ed eccitante, abbandonandosi al ritmo romantico della musica.
Salvarono la loro colazione in extremis, ridendo di loro stessi.
 
– Decisamente sono “molto” ben cotte queste uova!
– Direi che ne hanno avuto di tempo!
– Siamo noi che ne abbiamo di tempo da recuperare lo sai vero Lorna?
 
Seduti finalmente al tavolo con la colazione davanti, lei lo guardò con sguardo malizioso e un sorriso rilassato e appagato sulle labbra.
 
– Con calma Sergente! Facciamo colazione ora. Non vorrai recuperare tutto oggi no?
– Se dovessimo recuperare in proporzione agli anni che abbiamo perso, dovrei impegnare i prossimi undici anni solo per quello Dolcezza!
– Veramente dall’inizio Seb?!
– Mi sei entrata dentro da allora Lorna e vorrei veramente passare i prossimi anni con te!
– Seb … non vorrei che l’esperienza di questa notte ti faccia pensare cose di cui non sei convinto veramente. È stato tutto così … bello, passionale, ma … non vorrei che ci illudessimo!
– Bello e passionale? Cristo Lorna! Solo io ho sentito quello che ho sentito?!! Solo bello e passionale? Sei una Profiler eccezionale per gli altri, ma quando si tratta di te il bacon ce l’hai sugli occhi Lorna! Pensi che io per te  provi solo la voglia di fare sesso!
– Non lo so cosa provi! Dimmelo tu Sebastian!
– Possibile Lorna che non sia evidente? Io … Io ti a …
 

“Identificata, grazie alle notizie trapelate dal Massachusetts General Hospital, l’identità della donna alla guida della Cadillac che ieri pomeriggio, inseguita da malavitosi, ha creato disordini sulla superstrada  I - 93. Si tratterebbe di una giovane ventenne di Boston, Emma Swan, studentessa al secondo anno di Psicologia, definita dagli operatori del nosocomio internazionale: “la Salvatrice”. La giovane pare avesse salvato la vita di un’altra donna che era stata rapita e violentata dai malviventi. Grazie alla fuga e al salvataggio, la giovane, che è incinta di circa quattro mesi, ha condotto l’auto fino all’ospedale, permettendo ai medici di operare e salvare l’altra donna. Da indiscrezioni la donna sarebbe la moglie del conosciuto docente di Storia dell’Arte Robert Gold, attualmente ricercato dal Federal Bureau of Investigation per collusione con la malavita. Ricordiamo che il Professore Gold è riuscito a sfuggire alla cattura ed è tuttora latitante. Gli uomini che inseguivano la Cadillac con a bordo la Salvatrice e la Signora Gold, sono stati arrestati immediatamente e presi in custodia direttamente dall’F.B.I.

Le due donne sono al momento ricoverate in ospedale con prognosi riservata. La giovane Salvatrice, da quanto riportato dalle ultime indiscrezioni, avrebbe sintomi di minaccia di aborto. Auguriamo a questa coraggiosissima giovane di rimettersi quanto prima e superare il pericolo per il suo bambino! Ora passiamo alla prossima notizia … “
 
La dichiarazione di Sebastian gli era morta sulle labbra, mentre la radio aveva interrotto il programma musicale per dare le news.
 
– Quella ragazza non può proprio aver pace a quanto pare! Captain Hook sarà fuori di sé se ha sentito la notizia!
– Non solo per la notizia che qualcuno ha spifferato l’identità e i fatti privati di Emma! C’ è sempre qualcuno, tra gli operatori, che guadagna qualche dollaro passando le notizie ai giornalisti. È disgustoso! Ora anche la notizia sulle minacce d’aborto? Quando sono andata via stava bene. Non sentiva sintomi particolari, le ho consigliato di farsi fare un’ecografia, mi aveva detto di aver subito un colpo con la cintura di sicurezza sulla pancia … le conseguenze sono arrivate dopo evidentemente! Vado da lei tra poco!
– Si, fai bene! Killian starà sulle spine! Io vado da lui, vedo se riesco a dargli una mano e a farlo stare calmo!
– Di solito riesce ad essere freddo e distaccato quando sta svolgendo una missione …
 - Quello era Captain Hook “cuore di ghiaccio” dolcezza! Killian Jones versione innamorato è una specie di mina vagante! Potrei trovare qualche monitor spaccato quando arrivo alla base!
– Vai dal “mio ragazzo” Seb!
– Lo hai sempre considerato più un figlio che un allievo Lorna! L’avevo capito da tempo.
– Gli voglio bene e voglio bene anche ad Emma …
- Sei meravigliosa Lorna! Aveva ragione Killian!
– Su cosa?
– Sul tuo lato dolce e romantico sotto il piombo …
 
Lorna sorrise dolcemente. Killian, nella sua scaltrezza, era uno che sapeva leggere le persone a lui care come un libro aperto. Se lei lo aveva sempre sentito un po’ come un figlio, per il giovane Kim, come spesso continuava a chiamarlo, lei era stata anche una figura materna.
 
***
 
La sera prima
Manguso era furibondo. Quegli idioti dei suoi uomini si erano fatti beccare dalla “Stradale” ed erano finiti dritti in braccio ai Federali. Già quando l’aveva chiamato a telefono quell’altro “cazzone” di Jim, per dirgli che le due prigioniere erano sparite, aveva iniziato a tremare. Aveva dato l’ordine di trovarle ed ucciderle immediatamente, al diavolo sapere di Kim Steward o far spassare i suoi con Milah, come da direttive di Gold! Quelle due, libere, erano pericolose!
 
Aveva violentato e ferito personalmente Milah Gold, poi Porky con Jim avevano seguito il suo esempio. Nessuna corte lo avrebbe salvato dal reato di violenza carnale e vilipendio. Le leggi in proposito erano piuttosto dure e pur se i suoi avvocati avessero offerto un’alta cauzione, il Giudice l’avrebbe potuta respingere.
La telefonata di Brocowsky poi! Non solo Kim Steward non era affatto morto e godeva di ottima salute! Era un agente dell’F.B.I. probabilmente della D.E.A. visto il casino che gli aveva piantato con i cartelli rivali. Ora gli era chiaro il gioco che aveva fatto con Milah Gold! Quale amante?! Sicuramente se l’era fatta, quello era poco ma sicuro, Milah era una gran fica, se l’era goduta volentieri anche lui, certo con quel tizio c’era stata con intenzione e con lui no! Ma questo era un dettaglio! Il problema era che Steward, con la scusa di portarsi a letto Milah, le aveva tirato fuori notizie sugli affari suoi e del marito!
 
“Maledetto! Se scopro chi è veramente e dove sta, lo faccio soffrire come un cane!”
 
Manguso aveva avuto parecchio da rimuginare e diverse telefonate da fare. Nelle ore seguenti aveva saputo altre notizie interessanti  che potevano tornargli utili.
 
“Fortuna che negli ospedali c’è sempre qualche brava persona pronta ad approfittare delle disgrazie altrui per vender notizie ai giornalisti!”
 
Tramite le news del telegiornale aveva scoperto che la giovane Emma fosse incinta di buoni quattro mesi.
 
“Ovviamente il figlio non può essere che di Steward o come diavolo si chiama in realtà!”
 
 Quella era stata un’ottima notizia, sicuramente utile per potergliela far pagare in qualche modo al furbo Agente in incognito!
Saputa la cosa aveva telefonato immediatamente a Brocowsky, ordinandogli di scoprire assolutamente chi fosse il tipo che aveva identificato poco prima come Kim Steward. Poi aveva chiamato il suo compare Gold che, da quando era riuscito a farlo fuggire, se la stava spassando a Santo Domingo con la sua “puttanella”. Come si chiamava?
 
“ Ah! Si Lucy, ora sotto nuova identità Belle French! Che ci trova in quella ragazzina! Meglio Milah di sicuro! Ma a Robert pare che gli faccia sangue la picciotta!
 
Le telefonate seguenti erano state riservate ai suoi consulenti finanziari e ad alcuni amici fidati. Doveva togliere le tende e trovare un rifugio da cui mandar ordini ai suoi fedelissimi. Gli uomini in mano all’F.B.I. non ci avrebbero impiegato molto a “cantare”, soprattutto difronte a qualche allettante promessa di riduzione della pena o altre agevolazioni. Nel suo mondo la fedeltà era un valore estremamente relativo, vigeva la legge del più forte e negli uffici dell’F.B.I. lui non aveva potere, non per il momento almeno!
Qualche idea gli stava frullando per il cervello! Avrebbe potuto ripagare Kim Steward con la sua stessa moneta? Poteva provarci, magari ci sarebbe riuscito!
 
***
 
Emma era rimasta sola. Anche sua zia Ingrid era andata via, non prima di averla abbracciata forte e datole un bacio sulla fronte, facendole una serie di raccomandazioni.
 
Era veramente noioso starsene chiusi in quella stanza. Non poteva ritelefonare a Killian! Era notte a Boston e quasi l’alba a Dublino. Lui le aveva detto di non essere riuscito a dormire, preoccupato per lei. Magari ora ci stava riuscendo!
Era veramente molto caro quel giovane sconosciuto ed Emma in qualche modo sentiva di essersi affezionata a lui, anche se le sembrava pazzesco, non conoscendolo veramente.
In quella saletta d’aspetto c’ era una scacchiera sul tavolinetto ed Emma pensò di “ammazzare il tempo” con una partita a scacchi. Fuori dalla porta c’era l’Agente Mulan Chang, magari se l’avesse invitata ad entrare avrebbero potuto passare un po’ di tempo insieme!
 
Emma aprì la porta e l’Agente Chang, seduta su una sedia con un giornale tra le mani, saltò in piedi immediatamente.
 
– Signorina Swan? 
 
L’ Agente, nonostante sembrasse poco più grande di lei, aveva un’aria molto seria e marziale. Emma, quasi intimorita, cercò di farle l’invito che aveva pensato.
 
– Mi scusi Agente … volevo chiederle se gradirebbe passare un po’ di tempo giocando a scacchi con me. Io mi sto annoiando e non ho sonno e credo che anche lei, a causa mia sia nelle stesse condizioni …
 
L’Agente Mulan Chang sorrise. La ragazza aveva ragione, anche lei si stava annoiando lì fuori e una partita a scacchi poteva essere divertente.
 
– Volentieri Signorina Swan. Posso fare la guardia anche dentro la stanza con lei in fin dei conti.
– Solo a condizioni che la smetta di chiamarmi Signorina Swan. Preferirei semplicemente Emma.
– D’accordo Emma, allora io sarò solo Mulan per la partita a scacchi!
 
La giovane agente orientale entrò nel salottino con Emma e si accomodarono per la partita. Passarono un’oretta,  intermezzando il gioco con la conversazione.
Emma era piuttosto incuriosita dall’Agente Chang. Le sembrava troppo giovane per essere un esperto agente dell’F.B.I.
Parlando si accorse che Mulan fosse molto gioviale rispetto all’aria severa e marziale che mostrava solitamente. Scoprì che avesse circa ventisei anni. Erano già quattro anni che faceva parte del Bureau ed era istruttrice di arti marziali.
Era nata in Cina, ma all’età di sette anni suo padre, un commerciante di seta, aveva voluto trasferirsi a San Francisco dove vivevano due suoi fratelli maggiori. Da allora Mulan aveva frequentato le scuole negli States. Suo padre, come i suoi zii, era maestro nelle arti marziali e lei, unica figlia, aveva avuto un’educazione a dir poco maschile. Forse suo padre avrebbe voluto un figlio maschio, ma non avendone ed essendo rimasto vedovo, aveva concentrato le sue attenzioni su di lei, come se fosse veramente il suo erede maschio. Gli aveva insegnato tutto ciò che era possibile delle loro tradizioni, comprese le arti marziali.
Dopo pochi anni dal loro arrivo negli Stati Uniti, il padre di Mulan aveva ottenuto la cittadinanza per meriti. Aveva dato un notevole contributo all’F.B.I. nello sgominare una banda di criminali che si occupavano di contrabbando. I meriti civili di suo padre non solo gli avevano fatto guadagnare la cittadinanza,  avevano favorito, in seguito, l’entrata di Mulan nell’F.B.I.
Emma più sentiva l’Agente raccontare e più era affascinata dalla sua professione.
 
– Non deve essere facile essere un agente donna!
– Non lo è in generale Emma. Serve sacrificio ed abnegazione. Duro allenamento e molte rinunce nella vita privata! Ci sono agenti che lavorano in incognito, nessuno sa che sono agenti, ma sono quelli che fanno il lavoro sporco, si infiltrano tra i criminali e rischiano la loro vita. Io non ho mai partecipato ad operazioni in incognito, ma ammiro molto chi lo fa.
 
– Ti piacerebbe avere un incarico sotto copertura?
– Confesso di si! Ho compilato anche un questionario per dare la mia disponibilità, ma non ho avuto risposta da Captain Hook!
 
– Captain Hook?
 
Mulan rise.
 
– Si lo so, è un po’ pittoresco vero?
– Singolare … ma che senso ha?
– Chi lavora in incognito non va in giro a sbandierare il suo nome. Captain Hook è il nome in codice di un agente geniale che ha messo su una squadra speciale. Nemmeno io so il suo vero nome, credo lo sappiano in pochi. Dovessi entrare nella sua squadra, non è detto che lo potrei conoscere di persona. Con alcuni agenti che conosco si rapporta solo via internet o telefonicamente. Sembra invisibile e presente ovunque!
 
- Mi sembra un tipo inquietante!
 
Emma aveva sgranato gli occhi e Mulan aveva riso alla sua espressione.
 
– No, se la vedi sotto un altro punto di vista! Pare sia un genio informatico ed ha il controllo su tutta la rete. Tra i miei colleghi c’è chi dice che non esiste proprio ed è una specie di leggenda, ma io credo che esista.
– Hai le prove?
– Direi di sì!
– Quali?
– Non posso rivelartele o poi dovrei ucciderti, già ho parlato troppo del mio lavoro!
 
Dallo sguardo furbo, dal tono di voce e dal sorriso divertito, Emma aveva capito che Mulan scherzasse sulla questione del “doverla uccidere”, ma in effetti aveva parlato di una parte del suo lavoro che forse era bene non raccontare ad altri.  
 
– Scacco matto Emma!
 
Mulan l’aveva battuta a scacchi. Non poteva crederci! Nonostante avesse chiacchierato così tanto si era concentrata più di lei? Non era che l’Agente Mulan conoscesse quel trucco di far distrarre l’avversario con le chiacchiere per prenderlo in castagna? Quanto era vero di ciò che aveva raccontato? Emma non volle darsi risposte. Era stato comunque piacevole quel tempo passato con la giovane agente orientale e poco importava se le avesse raccontato delle balle sul suo vero lavoro!
 
Emma si stiracchiò e volle alzarsi in piedi per sgranchirsi le gambe, ma non fece a tempo che una forte fitta al basso ventre la fece piegare in due.
 
– Aah! Che dolore!
– Che succede Emma?
 
Mulan si era alzata anche lei e la stava prendendo per le braccia, mentre Emma si teneva la pancia all’altezza del pube.
 
– Non so che sta succedendo! Vado in bagno, forse si calma!
– Sicura che non vuoi che io chiami un medico?
– No tranquilla, ora passa …
 
Il sorriso di Emma sembrava incoraggiante, ma Mulan aveva già preso la sua decisione. La lasciò andare in bagno e si preparò a fare come riteneva opportuno, appena Emma fosse uscita dal bagno.
Un grido interruppe il flusso di pensieri di Mulan. L’Agente, senza chiederle il permesso, si era scaraventata alla porta del bagno per soccorrerla. Entrò come un uragano e trovò Emma con un’espressione di terrore sul viso, i Jeans scesi fino a metà cosce e gli slip macchiati di sangue tra le mani.
 
– Perdo sangue Mulan! Troppo! Il mio bambino … il mio bambino!
– Risistemati Emma! Chiamo immediatamente la medicheria!
 
Nelle tre ore seguenti, ad Emma sembrò di vivere un altro incubo. Ci fu un corri corri di infermieri, portantini e medici.
 
– Signorina Swan, queste sono minacce d’aborto lo sa vero?
– Credevo andasse tutto bene, io mi sentivo bene!
– Sulla cartella del Pronto Soccorso c’è scritto che lei ha dichiarato di aver preso un colpo con la cintura di sicurezza ma di sentirsi bene. Avrebbe dovuto fare immediatamente un’ecografia. Se ha subito un grave distacco della placenta non ci saranno speranze. Mi dispiace essere così brusco, ma lei deve essere consapevole. Se è fortunata si tratterà solo di qualche capillare!
 
L’anziano medico di guardia che la stava visitando era sicuramente un uomo esperto, ma ancor più sicuramente era dotato di una certa crudezza nel parlarle. Emma pensò che fosse meglio così, piuttosto che ricevere una serie di bugie pietose.
 
– Vediamo cosa ci dice l’ecografia …
 
Il sanitario continuò a muovere il manipolo sul basso ventre di Emma.
 
– Un maschio?
– Io … io ancora non lo so di preciso …
- Un maschio di sicuro Signorina! Un po’ agitato in questo momento e ne ha ragione. Lei ha avuto delle contrazioni molto forti e il bambino si è svegliato.
– Dio mio! Avrò un maschietto?!
 
Non si aspettava che il medico le spiattellasse su due piedi il sesso del piccolo, ma l’emozione fu tanta nel venirne a conoscenza. Ad Emma sembrò ancora più vera l’esistenza di quella creatura nel suo ventre.
 
- Vedremo se lo avrà questo bambino! Controlliamo bene! … La placenta sembra integra, ma sicuramente ci sono capillari rotti da cui fuoriesce il plasma! Non si vede benissimo a causa dell’accumulo del sangue.
– Quindi?
 
Emma aveva fatto la domanda con il terrore della risposta.
 
– Quindi diciamo che sia il male minore se è così! Ma per ogni precauzione lei dovrà restare a letto per un pezzo! Le faccio il foglio per il ricovero in corsia. Patricia? Pulisci dal gel la Signorina Swan. Poi chiama il portantino, la trasferiamo nel reparto di chirurgia ostetrica!
– Si Dottor Morfy.
– Chirurgia ostetrica?
– Certo Signorina! Non escludo che ci sarà bisogno di un piccolo intervento!
 
Emma deglutì a vuoto un boccone che le sembrò amaro. Quel medico le stava diventando odioso! Possibile fosse così freddo e distaccato e non si rendesse conto di come ad una paziente potessero arrivare certe notizie? Lo giustificò in fine per il fatto che i medici dovessero mantenere quel distacco. Lei non ci sarebbe riuscita, forse nemmeno la sua amica Regina, non per niente Regina non aveva voluto seguire i desideri della madre Cora, preferendo la facoltà di Storia dell’Arte a quella di Medicina e Chirurgia!
 
L’infermiera Patricia le tolse il gel dalla pancia e gettò la carta assorbente nel cestino affianco al lettino da ambulatorio.
 
– Resti allungata. Io vado a chiamare il portantino per il letto da reparto.  
 
In un attimo l’infermiera uscì dalla stanza ed Emma rimase nuovamente sola. Mulan era nell’altra stanza con il Dr. Morfy.
 
***
La grassoccia infermiera si guardò intorno con sguardo furbo. Non c’era nessuno in giro a quell’ora. Si infilò nello stanzino delle pulizie e prese il cellulare dalla tasca del camice.
 
– Ciao Ronny! Ho un’altra notizia succosa sulla Salvatrice … no, bello! Prima mi dici quanto mi dai, poi ti dico le ultime novità!
 
Da vero sciacallo, l’infermiera Patricia, aveva rivelato in fine, dei particolari riservati sulla giovane Emma. Nessuno l’avrebbe scoperta e lei, soddisfatta di aver guadagnato una manciata di dollari, uscì dallo stanzino per andare a chiamare il portantino per il letto da reparto.
 
***
 
A Santo Domingo …
 
La spiaggia di sabbia candida rifletteva il sole dell’alba. Miss Belle French, alias Lucy Andersen, aveva indossato uno dei succinti bichini che Robert Gold, o Robert French come si faceva chiamare adesso, le aveva regalato. Da poche settimane si erano stabiliti nella capitale della Repubblica Dominicana, fuggendo dal mandato di arresto e cattura emesso dall’F.B.I.
 
Inizialmente le era sembrata una follia quella di seguire Robert in quella fuga, facendosi passare come padre e figlia per giunta! Sia lei che Robert si erano tinti i capelli, lui aveva fatto crescere anche i baffi, dopo aver tolto la barba posticcia all’arrivo nei Caraibi.
Lo aveva seguito per amore! Quella era la verità. Era innamorata incondizionatamente dell’affascinante Professore Robert Gold e da sua studentessa era diventata la sua amante. Che Robert avesse gusti “particolari” in materia di sesso, quello era un dato di fatto ormai ma, nonostante i suoi gusti perversi, lei riusciva a vedere in lui altro.
Da quando erano arrivati, avevano affittato un villino con spiaggia privata. La proprietà era ben protetta, uscivano poco e un uomo fidato li riforniva ogni due giorni di cibo, riviste e quanto altro poteva essere necessario. Dalla permanenza su quella meravigliosa grande isola caraibica, erano usciti quattro o cinque volte e in quelle occasioni Rob le aveva comperato gli abiti che non aveva potuto portare con sé nella veloce fuga. Lucy non sapeva come era stato organizzato il tutto e da chi, Robert non aveva voluto rivelarglielo, ma la cosa era stata organizzata per bene. In men che non si dica si erano ritrovati in un aeroporto privato e un piccolo aereo turistico li aveva portati fin lì.
Era convinta che dietro ci fosse quel Mister Manguso che qualche volta aveva sentito nominare inavvertitamente dal suo Robert. Non era un tipo raccomandabile, lei stessa si era ritrovata con quell’altro studente, Hans, a portare in giro della “roba” per la sua ditta. Non lo aveva mai visto e aveva ricordi evanescenti di allora, poiché aveva assunto quelle pillole colorate che gli aveva offerto per la prima volta proprio Robert. Ricordava che l’effetto della prima volta era stato “grandioso”. Era stata l’occasione che aveva fatto l’amore con lui per la prima volta, le aveva detto che l’avrebbero aiutata a disinibirsi, visto che per lei era anche la prima esperienza sessuale ed era piuttosto timida e impacciata. Non sapeva ancora se la forte sensibilità che aveva avuto in quella prima esperienza e il paradisiaco piacere provato con Rob fosse dovuto alla pastiglia colorata o ai sentimenti che nutriva per lui, ma le volte seguenti, pur se le sensazioni erano state più o meno le stesse,  dopo si era sentita sempre di più uno straccio, non ricordando bene come il tutto si fosse svolto.
Aveva voluto smettere di usarle per riacquistare lucidità, ma ogni tanto ne sentiva un improvviso bisogno, come se si fosse trattato di una droga che dava dipendenza. Lei era convinta che non fosse droga, o meglio, se ne voleva convincere! Il suo Robert l’amava, non le avrebbe mai dato delle porcherie! Aveva voluto che usasse la pillola contraccettiva, quello si! Non era il caso di avere un bambino no? Eppure stavano capitando situazioni strane da un paio di giorni a quella parte.
 
Durante quelle settimane di permanenza nel villino, tra la natura caraibica, Robert era stato molto diverso dal suo solito. Aveva assunto nei suoi confronti un atteggiamento più dolce e romantico. Aveva tirato fuori un lato del carattere che lei aveva sempre pensato ci fosse, anche se non si era mai manifestato. Erano stati giorni di passione, amore e romanticismo. Stavano veramente vivendo una “luna di miele” fuori dal mondo, in un angolo dell’universo tutto per loro. Belle non sentiva nessuno, non aveva bisogno di nessun altro se non di Robert, anche se lui stava spesso a telefono e quando lo chiamavano si allontanava sulla spiaggia per non farsi sentire.
Una settimana prima, mentre si portava su di lei, sdraiata sul loro letto, facendole aprire le gambe con il chiaro intento di appartenersi, lui le aveva confidato, baciandola teneramente, che avrebbe voluto avere un figlio. Non ne aveva potuti avere con sua moglie Milah e sperava ora che lei, diversamente, essendo giovane e sana, fosse anche fertile. Le aveva chiesto di smettere di usare la pillola contraccettiva e poi l’aveva posseduta, facendo l’amore in un modo molto più dolce e tenero del solito.
 
“Robert è veramente cambiato! È sparito quel suo lato turpe, non vuole più fare cose strane!”
 
Il sesso perverso e violento, a cui la sottoponeva da quando si erano conosciuti, sembrava sparito dai comportamenti di Robert Gold e lei ne era felice. Lo aveva sempre assecondato, umiliandosi per lui in modo veramente degradante, come fosse stata la sua schiava, solo per compiacerlo, per l’amore che provava per lui. Poi, improvvisamente, la sera prima, Robert si era allontanato nuovamente sulla spiaggia con il cellulare che squillava. Era tornato con un’espressione strana sul viso, lei lo aveva accolto,  aspettandolo accoccolata sul letto, vestita con un baby doll rosso e un quasi inesistente perizoma, che non lasciavano nulla all’immaginazione, convinta che avrebbero consumato un ennesimo amplesso, finalizzato a concepire il loro piccolo.
Le cose non erano andate completamente come lei si aspettava, mentre la prima parte si era svolta sensualmente, e con piacere reciproco, quando erano arrivati all’apice del piacere, lui aveva interrotto repentinamente l’azione, lasciandola delusa e frustrata.
 
– Interrompiamo così darling!
– Ma Rob … avevi detto che volevi avere un figlio …
- E lo avrò darling, ma senza che il tuo splendido corpo si deformi, così potrò continuare ad averti quando e quanto voglio, senza gli impedimenti di un pancione che cresce!
– Non capisco Robert …
- Capirai a tempo debito darling. Tra pochi mesi avremo un bellissimo pargolo, c’è già chi lo sta preparando per noi, fidati di me!
 
Era rimasta spiazzata a quelle parole. Avere un figlio da un’altra donna? Che senso aveva la cosa? Solo per continuare a possederla nei modi e nei momenti a lui consoni? Non sarebbe stato il “loro” bambino quello! Aveva provato a dirglielo, ma Robert le aveva intimato di zittirsi, non le avrebbe dato altre spiegazioni, come al solito!
C’era rimasta malissimo e lui, che se ne era accorto, aveva rimediato dandole il piacere che le aveva negato poco prima. Aveva ripreso a baciarla sulle labbra facendola tacere, mentre con le dita esperte l’aveva frugata tra le pieghe della sua intimità, insinuandosi più a fondo ripetutamente, finché, quando aveva sentito i suoi gemiti soffocarsi nella sua bocca, l’aveva spostata dalle labbra al punto dove l’aveva sostituita alle dita. A lei non era rimasto che aprirsi completamente al suo gioco erotico, perdendosi completamente nel piacere, muovendosi sotto di lui ad un ritmo senza ritegno, fino a raggiungere quell’apice che le aveva fatto dimenticare l’importanza di tutto il resto.
 
 
Il sole si stava alzando infiammando il cielo con le sue strie rossastre. Lucy Anderson, seduta sull’asciugamano steso sulla sabbia nivea,  guardava l’orizzonte. Era confusa. Sentiva di amare Robert, ma iniziava a rendersi conto del potere seduttivo e manipolativo che riusciva ad esercitare su di lei. Quella notte, poche ore prima di quel momento sulla spiaggia, l’aveva portata a convincersi della positività del suo pensiero su un figlio fatto da un’altra donna, con il contentino di un cunnilingus paradisiaco. Si vergognava di se stessa, della sua debolezza a cedergli così facilmente, senza la minima briciola di dignità. Possibile che lui era in grado di farle perdere la testa in quel modo? Non era giusto tutto quello!
 
Era la prima volta che lei se ne stava rendendo conto. Forse perché da settimane non usava più quelle pillole colorate? Si sentiva in effetti più lucida, ma la febbre d’amore che aveva per Robert Gold ancora l’affliggeva. Si alzò dall’asciugamano e camminò verso la battigia. L’acqua lambì i suoi piedi. Era fredda a quell’ora del primo mattino. Un brivido le attraversò le membra e si tirò indietro.
 
– Belle che ci fai qui a quest’ora?
 
Non si era accorta dell’arrivo di Robert e la sua voce a poca distanza da lei la fece sussultare. Non si voltò verso di lui, abbassando il viso con sguardo triste.
 
– Non mi chiami più Lucy nemmeno quando siamo soli Rob e nemmeno quando facciamo l’amore …
- Lo sai che dobbiamo mantenere un’altra identità per il momento no?
– Si lo so …
- Allora quale è il problema?
 
Robert si era avvicinato maggiormente alle sue spalle e iniziava a circondarle la vita con le braccia. Si ritrovò racchiusa tra di esse, con la schiena poggiata al suo torace, lasciato in parte scoperto dalla camicia aperta che lui aveva indossato.
 
– Non vuoi un figlio nostro, mio e tuo … questo è un problema per me, Rob!
 
Dietro di lei Robert Gold non poteva vedere i suoi occhi azzurri riempirsi di lacrime. La strinse maggiormente a sé, deponendole piccoli baci sulla spalla  e fece scivolare la mano destra giù lungo il suo ventre, fino ad infilarsi sotto il triangolino appena accennato del perizoma che lei indossava.
 
– Ti ho chiamato Belle perché è il nome che descrive meglio la tua bellezza Lucy, mi piace chiamarti così, sei bella, sei bellissima per me e vorrei conservarti così per sempre, come una rosa sotto una campana di vetro, senza che il tempo e gli agenti atmosferici la possano corrompere e consumare. Nulla dovrà deturpare la tua bellezza! Sei un’opera d’arte rara darling e sai quanto io ami l’arte …
 
Le parole di Robert riuscivano sempre ad incantarla. Sapeva ammaliarla come un pifferaio magico con la sua musica. Le parole erano la musica di Robert. Al suono di quella melodia, intanto, aveva ripreso a stimolarla. I movimenti concentrici delle sue dita, intorno al bocciolo pulsante del suo centro, le fecero perdere nuovamente la cognizione del tempo e la razionalità. Si voltò verso di lui e cercò disperatamente le sue labbra. Su quelle di Robert sembrava dipinto un ghigno di trionfo. Lei non volle vederlo e chiuse gli occhi umidi, schiudendo le sue e accogliendo la lingua di Rob che vorticò catturando sensualmente la sua. Lui la conosceva bene ormai, sapeva quanto fosse reattiva alle sue carezze, sapeva di dominarla completamente. Continuò lascivamente ad impossessarsi di lei fino a sentirla del tutto pronta e  prossima all’acme.
 
– Vieni con me ora …
 
Raggiunsero l’asciugamano che Lucy aveva lasciato poco distante e la fece sdraiare su di esso.
 
– Siamo così esposti qui!
– Non c’è nessuno Belle! C’è una recinsione intorno alla proprietà, siamo solo io e te su questa spiaggia. Lasciati andare, non l’abbiamo mai fatto in riva al mare …
 
I due laccetti che tenevano il bichini furono sciolti in pochi secondi e lei lo accolse fremente per l’eccitazione, aiutandolo impaziente a liberare la sua erezione dal pantaloncino sportivo e dirigendola verso il suo centro.
 
– Fidati di me Belle …
 
Voleva fidarsi e voleva essere amata. Lui era veramente cambiato? Ancora una volta, abbandonata al suo dominio, trasportata sull’onda di un piacere fisico di cui era ormai completamente succube, Lucy cancellò il suo raziocinio e tutto ciò che lui aveva detto e stava dicendo, per l’ennesima volta, diventò vero. 
 
– Mi fido di te Robert …
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
Amore o illusione? Il confronto tra le relazioni sentimentali di Lorna/Sebastian e Belle/Robert fa riflettere su questo sentimento e su quanto possa essere ingannato. Non aggiungo altro e vi lascio riflettere.
Intanto Emma ha conosciuto una persona per lei speciale, Mulan, ma ha avuto anche una brutta sorpresa, povera! Mai una gioia?! Prima o poi arriverà la gioia, ve lo prometto!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e non sia stato troppo “duro”. Fatemi sapere delle vostre impressioni e sensazioni!
Grazie a chi ha letto e a chi vorrà lasciare un commento. Buon fine settimana a tutti.
Lara

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Capitolo 20
*** Prezioso piccolo amico ***


Capitolo 20

Prezioso piccolo amico
 
 
Voleva fare una doccia e riuscire a dormire un paio d’ore. Invece aveva passato la notte in bianco, arrabbiato con il mondo e soprattutto con se stesso!
Killian Jones aveva voluto sentire le ultime notizie del telegiornale della notte e aveva saputo che qualcuno, dall’ospedale,  avesse spifferato notizie ben precise su quella che era stata definita “la Salvatrice”, Emma Swan, la “sua” Emma!
Da quando aveva iniziato il suo lavoro nella D.E.A. non aveva mai fallito una missione, ma questa volta una missione relativamente facile si stava rivelando più complicata di quanto avesse calcolato inizialmente. Lui, il Capitano di una squadra segreta e altamente specializzata, della D.E.A., sentiva di essere il responsabile del disastro. I due principali indagati erano bellamente sfuggiti, nascosti chissà in quale rifugio segreto, a dar ordini ai loro scagnozzi e solo un paio di questi erano stati catturati quel giorno, mentre, per inseguire Emma e Milah, erano finiti fuori strada, combinando disordini e incidenti sulla superstrada. Certo l’F.B.I. li avrebbe torchiati per bene! Magari avrebbe promesso loro qualche benefit per farli “cantare”!
Il cruccio maggiore era per Emma! Non solo le aveva mentito, provocandole un dolore atroce,  l’aveva messa in pericolo, nonostante tutta la messa in scena della morte di Kim.
Se non ci fosse stata una talpa nel dipartimento di Martin Roger! O meglio ancora: se il suo cuore di ghiaccio non si fosse fatto sciogliere da quegli occhi di verde acqua purissima e quella dolce bocca fatta per essere baciata!
Il fatto che la televisione avesse dato quelle informazioni su Emma, la rendeva ancor di più un bersaglio. Ora, coloro che l’avevano fatta rapire, sapevano anche che aspettasse un figlio da Kim Steward!
Si maledì ancora. Se almeno, come suo solito, avesse usato con lei il preservativo! Innamorandosi come un adolescente aveva proprio perso il lume del suo raziocinio? Emma era rimasta incinta, fidandosi di una pillola contraccettiva, che aveva perso il suo effetto e ora, tra le varie cose, la televisione aveva parlato anche di minaccia d’aborto per la giovane Salvatrice. A quella notizia si era quasi morso le mani per la disperazione!
L’unica cosa positiva era che almeno la sua ragazza fosse già in ospedale, pronta ad essere accudita immediatamente in caso di bisogno e sotto la protezione di un’agente eccellente.
Killian aveva chiesto a Jefferson di chiamare in servizio la giovane Mulan Chang. Aveva ricevuto da non molto il suo curriculum, era interessata ad entrare nella Squadra Speciale di Captain Hook. Egli aveva vagliato la sua richiesta ed esaminato attentamente il suo curriculum, aveva fatto ulteriori ricerche su di lei e l’aveva arruolata senza che lei lo sapesse. In quel momento la giovane agente stava già lavorando per la squadra speciale. Chi meglio di lei poteva svolgere il compito di proteggere Emma? Era cintura nera di arti marziali, sapeva sparare con la precisione di un cecchino e, cosa non indifferente, era una donna! Non gli andava giù l’idea di mettere un uomo al fianco di Emma H24!
Quando verso le 10,00 arrivò Seb, con un sorriso rilassato dipinto sul volto, gli fu chiaro come avesse passato la notte. Finalmente lui e Lorna avevano combinato qualcosa!
Killian fu contento per loro, ma quella contentezza non poteva certo togliergli le preoccupazioni.
 
– Lorna è andata da Emma, tra poco ti farà sapere come sta. Io ho già parlato con l’agente Chang …
- Cosa ti ha detto?
 
Killian era scattato come una molla dalla sedia ergonomica. Seb si rese conto che era un fascio di nervi.
 
– Ha avuto un’emorragia questa notte. Lei ha chiamato i medici e il ginecologo di turno ha fatto l’ecografia ad Emma. Pare che abbia ricevuto un forte colpo con la cintura di sicurezza quando quei criminali hanno tamponato l’auto. Le si sono rotti dei capillari, ma la placenta è in buone condizioni e il piccolo al momento sta bene. Pare sia un maschio Killian!
 
Sebastian conosceva da anni Captain Hook, ma era la prima volta che lo vedeva con una tale emozione dipinta sul viso. Sapere il sesso del figlio che Emma aspettava da lui, glielo rendeva ancora più reale e vicino.
Aveva così tanto desiderio di stringere a sé Emma, baciarla mille volte sul viso e su quel tenero abbozzo di pancia!
 
– Il Dr. Morfy l’ha fatta ricoverare in chirurgia ..
– Chirurgia?!
– Tranquillo, è solo una precauzione, come quella di farla stare a letto e non muoversi se non per andare in bagno!
– Mio Dio! Cosa le ho fatto!
– Non so cosa hai da recriminare contro te stesso, vi amate no? È una cosa spontanea che sia successo! In fin dei conti eravate in due a volerlo!
– Quello che doveva sapere cosa stava facendo ero io Seb!
– Che palle Killian! Sei un maniaco del controllo e non solo per professione! Che le volevi controllare? Smetti di piangerti addosso! Scommetto che non hai chiuso occhio! Sei uno straccio più di quanto ti ho lasciato ieri sera!
– Tu invece sei fresco come una rosa vedo! Vorrei vedere Lorna se sta come te questa mattina!
 
Seb fu contento che almeno Killian si stesse tirando su facendo battute su di lui e Lorna, ma non gli avrebbe detto un fico secco.
 
– Se ti aspetti che ti racconti qualcosa su di me e la mia donna prendi un granchio amico!
– Wow! La “tua donna”! Beh! Direi che hai detto abbastanza Seb!  
- Si, si! Mettiamoci a lavoro piuttosto! Io, come stavamo d’accorso, vado dai nostri “compari” dell’F.B.I. a vedere cosa hanno tirato fuori dalle boccucce di quei criminali! Tu vedi di farti il favore di dormire, Lorna ti chiamerà tra un paio di ore!
 
Il giovane Capitano doveva riconoscere che Sebastian Jefferson fosse un agente molto in gamba e un vero amico. Tra loro il rapporto andava oltre quello del Capitano e il suo subordinato. Seb era più vecchio di lui e aveva anni d’esperienza alle spalle, avendo iniziato a lavorare nell’F.B.I. come Agente Scelto tra i Marines, già da prima dell’arresto del diciassettenne Kim Steward.
Durante l’addestramento di Killian, Seb era stato il suo Tutor e avevano seguito insieme i corsi di Lorna. Killian sapeva che a Seb erano serviti giusto per starle vicino. Aveva notato fin da subito come la guardasse ammaliato! Era ora che iniziassero a considerarsi una coppia quei due!
Decise di dare ascolto al suo Sergente. Doveva calmarsi e dormire un minimo o i suoi nervi non avrebbero retto oltre. Dopo aver parlato con Lorna avrebbe fatto in modo di sentire di persona Emma. Aveva troppo bisogno di sentire la sua voce, di sentire dalle sue labbra che stesse bene, non gli era bastato averla sentita la sera prima!
Jefferson uscì dalla base con il solito Suv Maserati e Killian andò a buttarsi sul letto. La stanchezza lo vinse e si addormentò, lasciando che gli altri due agenti in servizio continuassero a controllare i monitor.
 
***
 
Lorna aveva trovato Emma nervosa e infastidita. Era stata relegata a letto e, dalla notte, ancora non l’aveva visitata nessuno. Il Dr. Morfy aveva finito il suo turno, ma aveva lasciato sicuramente la sua cartella clinica al collega seguente.
La ragazza le aveva chiesto di parlare con il medico in servizio, per sapere se potesse essere trasferita all’Ospedale specialistico dove lavorava il suo ginecologo, alias ex marito di Lorna. Il medico, molto professionalmente, le aveva risposto quanto lei  si aspettasse, ossia che, prima di pensare a trasferimenti o a dimissioni, avrebbe visitato la paziente. Doveva rifare l’ecografia, poi se ne sarebbe potuto parlare!
Erano passate più delle due ore che Seb aveva pronosticato a Killian. Lorna aveva voluto restare con Emma fino a sapere la risposta, per supportare la giovane in tutte le fasi collegate alle notizie che avrebbe ricevuto.
 
Erano passate diverse ore, quando finalmente Lorna poté telefonare.
Killian aveva il cellulare sulla sedia vicina alla branda da accampamento, un letto d’emergenza che poteva usare quando non aveva di meglio, e saltò in piedi immediatamente all’erta. Lorna dovette dire la verità. Il bambino di Emma era ancora in pericolo. Sarebbe stata trasferita all’Ospedale dove lavorava Victor Federik non prima di una settimana. Aveva ricevuto l’obbligo di stare a letto per un tempo ancora indeterminato.
 
– Cristo Santo Lorna! Potrebbe essere anche fino al parto!
– Si Killian … capita a volte. Ma se sarà necessario Emma lo farà! Quel bambino lo vuole con tutte le sue forze!
 
Lo sapeva! Lui lo sapeva bene!
 
– Credo che se il suo ammiratore, un tal Killian Jones, la chiamasse in questo momento le farebbe piacere …
- Ti ha detto …
- Mi ha detto di questo strano uomo sconosciuto che l’ha soccorsa e che era con lei a telefono quando è stata rapita …
- E … cosa pensa di lui?
– Ti piacerebbe saperlo vero? Ma credo lo dovrai scoprire da solo! Pensi che sentire a telefono qualcuno, per quanto simpatico si mostri, lei sia tipo da dimenticare in un batter di ciglia un ragazzo che ha amato profondamente?
 
Killian non sapeva se ridere o piangere. Gioiva all’idea che come Kim Steward fosse così amato da Emma, ma era veramente da piangere se pensava che, come Killian Jones, avesse architettato tutta quella situazione e prima o poi le avrebbe dovuto dire la verità, non sapendo quale sarebbe stata la sua reazione!
Si scambiarono poche altre notizie e si salutarono. Killian aveva intenzione di chiamare subito Emma, come Lorna aveva suggerito, e non perse tempo.
 
– Ciao Sunshine! Tutto bene?
 
L’aveva chiamata con quell’appellativo appena lei aveva detto “Pronto”, cercando di avere il suo solito tono, come se non sapesse nulla delle ultime notizie.
 
– Ciao Killian …
- Swan che succede? Non sei come la notte passata! Che ti è successo?
 
Sentì all’altro capo del telefono, che Emma trattenesse il pianto.
 
– Tesoro stai piangendo! Emma parlami per favore!
– Io … io stavo per perdere il piccolo questa notte! Ora sono costretta a stare a letto e non so fino a quando!
– Love quella è una precauzione lo sai!
– Si, si, lo so! Ma ho tanta paura di perderlo! Specie ora che so che è un maschietto!
 – Vedrai che sarà un combattente come te Emma! Non lo perderai te lo prometto!
– Oh! Kim come fai a prometter … scusami non volevo!
 
A Killian era preso un colpo a sentirsi chiamare Kim da Emma e lei stessa nell’accorgersene dopo, era in imbarazzo e rossa in viso. Killian la immaginò con le gote arrossate e bella come al solito con quell’incarnato di pesca.
 
– Non hai nulla da scusarti Emma … tranquilla!
 
Aveva tanto lui da scusarsi e farsi perdonare!
 
– Killian … io già te l’ho detto! Ti sono grata per il tuo interessamento, ma forse è un grande sbaglio continuare con questo rapporto telefonico. Se ti ho chiamato Kim è … è perché tu me lo ricordi troppo! Nonostante il diverso timbro di voce, lo stesso accento, lo stesso modo di chiamarmi … Perdonami Killian, considerami un’ingrata per tutto quello che hai fatto per me, ma credo che dovremmo smettere di sentirci!
 – Emma che dici?! Io ti voglio sentire e non voglio affatto smettere! Vorrei abbracciarti forte ma non posso! Questo è l’unico modo che ho per stare con te adesso! Le cose si sistemeranno Emma e potrò venire da te! Ho tante cose da dirti!
– No Killian! Finiamola qui! Ogni volta che parliamo io immagino che all’altro capo del telefono ci sia Kim, sono pazza o lo sto diventando, non me lo posso permettere e non è giusto nei tuoi confronti!
– Non posso smettere di sentirti Emma, sto bene solo in questi momenti! Ti prego non lasciarmi così!
– Non sto lasciando qualcuno con cui non ho mai avuto un vero legame Killian!
– Non ci credo a quello che dici! So che un legame con me lo senti, anche se non sai ancora giudicarlo!
– Cosa dovrei sentire?! Tu cosa dovresti sentire per una sconosciuta che trovi semplicemente una “bella ragazza”?
- Emma tu non sei solo una bella ragazza per me! Sei molto di più! E quel bambino, da quando ti conosco e ne parliamo, lo sento anche mio! Vorrei fosse il mio! Ti ho già detto che non avrei problemi a stare con te e lui!
– Basta, basta Killian! O veramente questa diventa una follia collettiva! Non c’è né capo e né coda a quello che stiamo dicendo! Non so nemmeno se riuscirò a portarla a termine questa gravidanza!
– Ce la farai Emma! Il “nostro” bambino vivrà!
– Dio mio Killian! Non è il “nostro” bambino … non lo sarà mai! Non aiutarmi a finire di impazzire ti prego! Non mi chiamare più! Mi fa troppo male!
– Swan ti prego non riattaccare! Io … perdonami! Non voglio importi la mia presenza se non la vuoi, ma sappi che io a te ci tengo veramente …
 
Non sentì la voce di Emma rispondergli. Aveva chiuso la telefonata e lui sentì che aveva voluto veramente chiudere quella relazione con lui, senza dargli il tempo per arrivare pian piano a dirle la verità.
Rimase seduto sulla branda da campo, con i gomiti sulle ginocchia e il cellulare in mano. Non poteva essere finita anche quella piccola speranza di poterla sentire vicina ogni giorno! Lui non si sarebbe arreso, l’amava con ogni fibra del suo essere! Avrebbe riprovato a chiamarla più in là, non voleva sembrarle uno stalker. L’importante era la sua salute, quella del piccolo e la fine di quella maledetta missione!
 
***
 
Passarono due settimane dal ricovero di Emma al Massachusetts General Hospital per essere finalmente trasferita al Boston Children’s Hospital. Lorna andava spesso a trovarla e aveva saputo che avesse chiuso con il giovane irlandese che la chiamava spesso. Se ne era rammaricata, anche perché sapendo la verità, pensava fosse positivo che continuassero a sentirsi. Sarebbe stato meno traumatico e più accettabile il momento della verità. In questo modo Emma aveva reso le cose più complicate e aveva impedito a Killian di potersi prendere quell’unico spazio per avere un contatto con lei, se pur solo telefonico. Da parte sua Killian non l’aveva più disturbata, ma non gli mancavano le notizie tramite  Lorna.
 
Victor Federik era stato molto duro e drastico nella sua diagnosi. Aveva decretato che Emma dovesse restare a letto almeno fino ai sette mesi di gravidanza, dopodiché  avrebbe potuto farla partorire con un cesareo, sempre se la situazione non avesse permesso di giungere ai nove mesi di gestazione. Emma aveva accettato con rassegnazione di passare altri tre mesi in quelle condizioni, l’importante era la sopravvivenza del piccino!
 
*** ***
 
Ultimo mercoledì di fine Agosto 2008

Fortuna che a quell’ora non circolava molta gente in quell’elegante e tranquillo quartiere residenziale! Brocowsky doveva espletare il compito che Manguso gli aveva “affibbiato”, scoprire notizie sul sedicente Kim Steward!
 
Erano passate due settimane da che i due agenti della F.B.I. si erano presentati al suo Distretto e il più giovane, nonostante la barba lunga, era troppo somigliante alle foto segnaletiche del diciassettenne Kim Steward. Con la solita scusa di aggiungere soldi alla colletta per il regalo di pensionamento del Sergente Martin Roger, Brocowsky si era introdotto nuovamente a cercare qualche indizio tra i fogli della vecchia cartella. L’unica cosa che lo aveva attirato, era la presenza, in essi, di alcuni fogli firmati dal Maggiore Lorna Stone, la Psicologa e Profiler dell’F.B.I. In quei fogli non si diceva nulla del ragazzo e questa era una cosa veramente singolare! Si parlava solo di “riserva” e incartamenti in tutela della F.B.I. Rileggendo l’ennesima volta, Brocowsky ebbe un’illuminazione.
 
“La chiave di volta è Lorna Stone!”
 
In quegli ultimi quattro giorni aveva preso le ferie e le aveva usate per indagare sulla vita di Lorna. Doveva capire quali fossero le sue abitudini e i suoi movimenti quotidiani. Non gli era stato difficile seguirla a distanza, dopo aver individuato la sua abitazione. Aveva scoperto che si frequentasse con l’ agente della F.B.I. Sebastian Jefferson. I due erano amanti di sicuro! Due giorni prima Jefferson era andato al suo appartamento tardi. Lo aveva visto entrare dal portone, dopo aver citofonato, e uscirne solo la mattina dopo.
In quei giorni di appostamento aveva avuto occasione di girare intorno al palazzo e scoprire che la casa del Maggiore si estendesse su due livelli. Al primo piano sicuramente c’era la zona notte, mentre al piano terra si trovava lo studio, dove riceveva i suoi pazienti. Il pianoterra aveva una porta a vetri che dava sul retro, aprendosi su un piccolo giardino, e la mattina Lorna la apriva per far uscire il suo gatto persiano dal pelo lungo e rosso.
 
Quel mercoledì sera di fine Agosto era capitata finalmente l’occasione giusta. Verso le 19,30 Jefferson, vestito in modo impeccabile, nel suo completo blu notte e cravatta rossa, aveva parcheggiato una BMW nera davanti all’abitazione di Lorna. Era sceso ed entrato in casa, per uscirne pochi minuti dopo con una affascinante ed elegante Lorna, fasciata in un aderente tubino in seta turchese che, privo di maniche e corto fino a metà coscia, ne esaltava la carnagione leggermente abbronzata.
La donna aveva tirato su i capelli bruni, in uno chignon fintamente disordinato, e aveva ornato i lobi delle orecchie con due cerchi d’oro bianco di dimensione media che facevano notare meglio il suo collo lungo ed elegante. Snella e sinuosa, con i sandali argentei e alti, era una vera bellezza. Brocowsky emise un fischio nell’ammirarne il portamento e le belle gambe. Con il suo cavaliere entrò nell’auto e si avviarono, sicuramente, verso un ristorante per gustare insieme una cena romantica.
 
La “talpa” Brocowsky sapeva di non aver tempo da perdere e, senza essere visto da occhi indiscreti, svoltò sul retro del palazzo. Scavalcò il basso muro di cinta del piccolo giardino e, nascosto dai due alberi di nespolo, che lo ornavano con le  loro verdeggianti chiome, si avvicinò alla porta a vetri. Aveva con sé l’occorrente per forzarla senza rompere il vetro, ma rimase piacevolmente meravigliato a scoprire che la porta fosse schiusa di una decina di centimetri.
 
“Questa sì che è una sorpresa! Scommetto che la nostra Dottoressa Stone l’ha lasciata così per quel gattaccio! Deve essere tranquilla che non ci siano preziosi da rubare in casa, o magari ha un antifurto innescato!”
 
Senza far danni entrò di soppiatto e osservando attentamente nella penombra, si avvide di una lucina intermittente.
 
“Bingo!”
 
Sapeva come disinnescare un allarme di quel genere e lo fece in un paio di minuti. Quella era la stanza che Lorna usava come studio? C’era un salottino in pelle di cui non si distingueva il colore per il buio, ma era sicuramente un modello Chesterfied!
 
“Peccato non poter accendere la luce! Un posticino elegante direi! Vediamo se quella porta nasconde la stanza dell’archivio …”
 
Brocowsky si diresse verso la porta in noce semiaperta. Entrò e se la richiuse dietro. Prese dalla tasca una lampadina a pile portatile e si guardò intorno. Quello era lo studiolo di Lorna. Vide la scrivania in ordine e, voltando il piccolo cono di luce verso il basso, inquadrò la base di un archivio metallico, simile a uno dei tanti che si trovavano anche al suo distretto. Si avvicinò e si rese conto che Lorna fosse veramente una donna metodica e ordinata. Anche lei preferiva usare le lettere dell’alfabeto per la classificazione.
 
“ Se sono fortunato qualcosa trovo di sicuro, vediamo … S o K?”
 
Quello che cercava era sotto la lettera K. Una cartellina blu con scritto sopra soltanto KIM.
 
“Che strano!”
 
Puntando la luce all’interno della cartellina, l’uomo si rese conto che Lorna avesse stabilito un rapporto molto personale con quel diciassettenne. Lesse avidamente una serie di notizie che potevano interessare Manguso.
 
“Killian Jones! Si, è proprio lui! Così alla fine è entrato nella F.B.I. … un maledetto genio a quanto pare! Questa me la porto via! Il Maggiore nemmeno se ne accorgerà!”
 
Intenzionato a richiudere l’archivio, cercò di posare su di esso la cartellina blu, ma quando alzò gli occhi per farlo, due braci accese, che si mossero improvvisamente, lo fecero saltare per lo spavento. Il gatto di Lorna non fu meno spaventato e con uno strillo gli saltò sul viso.
 
– Aah! Maledetta bestiaccia!
 
Brocowsky, dolorante e arrabbiato, estrasse la pistola, con il silenziatore inserito, da sotto l’ascella. Si sentì un rumore attutito partire dalla canna dell’arma e un lamento stridulo provenire dal pavimento …
 
***
 
Era stata una cena a lume di candela, quella che Seb aveva offerto alla sua amata Lorna. Si erano ritrovati spesso ad intrecciare le dita sul piano del tavolo, apparecchiato elegantemente per due, parlandosi e guardandosi con il sorriso felice sulle labbra e il desiderio reciproco nel luccichio degli occhi.
Sebastian aveva scelto il Giacomo’ s Restaurant, in Hanover Streat. Un ristorante italiano con eccellenti recensioni. Vi si cucinava ottimo pesce e ricette italiane tipiche. A fine cena, il proprietario in persona si presentò alla coppia, con una bottiglia di Spumante, un Ferrari Perlè DOC. Scambiarono simpaticamente due chiacchiere con l’ospitale proprietario e poi rimasero soli, con i due flutes colmi di quell’aromatico spumante italiano.
 
– A noi Lorna!
– A noi Sebastian!
 
Avevano fatto tintinnare i due flutes di cristallo e senza distogliere lo sguardo l’uno dall’altra, li avevano portati alle labbra, assaporando lentamente il liquido frizzante. Seb aveva osservato la bocca di Lorna con uno sguardo significativo, quando lei si era passata la lingua sulle labbra.
 
– Credo proprio che adesso ti riporterò a casa!
– Di già?! È ancora presto! Non ti va di fare una passeggiata?
– Non ho detto che ti riporto a casa e finisce la serata Lorna! Più che la passeggiata io avevo intenzione di fare  … altro!
 
Lorna sorrise maliziosamente. L’idea di Seb la stuzzicava parecchio.
 
– Portami a casa allora!
 
Lo disse con una movenza e un tono talmente sensuale che Seb chiamò il cameriere per il conto, con un tale groppo in gola che la voce gli uscì stridula, facendo ridere divertita Lorna.
Uscirono dal ristorante mano nella mano e, prima di arrivare all’auto, la mano di Seb era sul fianco di Lorna. La strinse a sé e prima di aprirle lo sportello non poté fare a meno di baciarla appassionatamente, lei rispose con lo stesso trasporto.
 
– Volevo farlo già nel ristorante, ma saremmo finiti sotto al tavolo! Dio Lorna che effetto mi fai!
 
Lei rise sulle sue labbra e lui la baciò ancora.
 
– Andiamo ora o finirà che ti prendo sui sedili di questa macchina!
– Mmm! Non abbiamo più quell’età Seb! Meglio il mio letto!
– Siii e senza questo tubino che ti fa ancora più sexy!
 
Risero ancora e scambiandosi un altro bacio entrarono finalmente in macchina. Sebastian ripartì veloce e sicuro di sé. Ogni volta che spostava la mano dal cambio, questa finiva sulla gamba di Lorna, accarezzandone la pelle liscia e spostando più  su il tubino, già abbastanza corto.
 
Attraversarono buona parte di Boston, per giungere al quartiere dell’affascinante Maggiore. Mentre Seb parcheggiava, lei era già scesa per aprire il portone condominiale. Lo attese per entrare insieme. Sull’uscio dell’appartamento Sebastian la trattenne con la schiena poggiata allo stipite della porta, riprese a baciarle il collo e le labbra, mentre le sue mani scorrevano lungo la pelle nuda delle gambe, nuovamente facendo risalire il tubino lungo il breve tratto rimasto.
 
– Fammi aprire la porta caro!
 
Lorna era divertita ed eccitata per l’impazienza di Seb, ma anche lei aveva fretta di entrare in casa. Lo fecero accendendo la luce, chiudendosi dietro la porta e riprendendo a baciarsi come due adolescenti.
 
– Andiamo nella tua stanza?
– Ovviamente! Ma prima devo vedere se Generale è rientrato …
- Ma gli hai lasciato la porta che da sul giardino aperta?!
– Si, di solito lo faccio. Lui preferisce uscire per i suoi bisognini. Per la notte lo tengo nel bagno degli ospiti con la lettiera e la sua cestina per dormire.
 
Lorna chiamò il micio, ma per risposta ebbe un miagolio soffocato che proveniva da dietro la poltrona Chesterfield. Preoccupata dal tipo di miagolio, dirigendosi verso di essa, Lorna notò una striscia sottile di sangue che univa la poltrona alla porta del suo ufficio privato.
 
– Mio Dio no! No! Generale!
 
 Sebastian, allarmato dal tono di Lorna, la seguì capendo cosa fosse successo. Generale era sicuramente ferito. Forse era stato morso da un cane?
La bestiola era riversa a terra e respirava a fatica. Due macchie scure si intravvedevano tra il fitto pelo rosso del piccolo torace.
 
– Seb! Seb! Sta morendo! Sta morendo!
– Lorna questo è uno sparo, non è un morso di cane!
 
Lorna singhiozzava e forse non lo stava nemmeno sentendo.
 
– Seb aiutami! Portiamolo alla clinica veterinaria! È aperta anche di notte! Forse … forse possiamo salvarlo!
 
Sebastian guardò Generale e si rese conto che ormai aveva esalato il suo ultimo respiro. Gli occhi erano sbarrati e le pupille dilatate. Il suo piccolo torace non si alzava e abbassava più. Lorna continuava ad accarezzarlo delicatamente chiamandolo amorevolmente, ma il suo tenero amico peloso non poteva più sentirla.
A Seb non rimase che prenderla tra le braccia per impedirle di perdere i sensi. Lorna stava soffrendo troppo. Non la riconosceva. Possibile che fosse così affezionata a quel micio? In fondo era solo un animale no? A pensarci si rese conto che quella bestiola era stata per quei sette o otto anni, il compagno di vita di Lorna. Quello che le dava il benvenuto quando tornava nella sua solitaria casa dopo il lavoro, quello che le allietava le serate con le coccole, le fusa e i suoi modi buffi. Ovvio che per Lorna non fosse un semplice animale!
 
– Lorna sii razionale ti prego! Vediamo di capire come è successo! Glielo devi al tuo amico peloso!
 
La frase di Seb fece ritrovare alla donna lucidità e un briciolo della sua proverbiale freddezza, una freddezza che lui sapeva bene essere solo un’apparenza.
 
– Avevi detto di aver lasciato la porta a vetri aperta per Generale …
- Si …
- Qualcuno l’ha richiusa uscendo. Il sangue non viene dalla porta a vetri ma dal tuo studio. Mi sembra evidente che qualcuno si è introdotto in casa e poi ha ferito Generale!
– Generale spesso si metteva a dormire sull’archivio …
- L’archivio? Andiamo a vedere! Poi penseremo al tuo povero micio!
 
Seguendo la traccia di sangue notarono che in effetti arrivasse fin sotto all’archivio.
 
– Non c’ è nulla in disordine qui! A meno che non cercassero qualcosa tra le tue carte o al piano di sopra. Vediamo sopra.
 
Nelle stanze al primo piano nulla era stato toccato, nemmeno i pochi gioielli di valore che Lorna teneva sul comodino.
 
– Cosa tieni di particolare nell’archivio Lorna?
– Le cartelle dei miei pazienti! Ma a chi dovrebbero interessare? O mio dio!
– Che c’è?
– La cartella di Kim!
– Kim?! Non mi dire che ti sei tenuto del materiale di “servizio” nel tuo archivio privato?!
– Erano fotocopie! Test fatti a Killian quando l’ho conosciuto i giorni seguenti all’arresto! Li ho tenuti per la loro rarità! Lo sai che Killian ha un cervello fuori dal comune!
– E tu collezioni cervelli!
– Detto così è inquietante Seb!
– La cosa inquietante è che qualcuno forse cercava proprio notizie su Kim. Guardiamo!
 
Come sospettavano la cartella di Kim era scomparsa. 
 
– Mi ci giocherei la carriera che questa è opera della “talpa” di Manguso!
– Manguso?!
– Ora ti spiego tutto Lorna e poi vado dal Sergente  Roger.   Tu nel frattempo chiamerai Killian e gli dirai cosa è successo.
 
***
 
Come gli aveva chiesto a telefono, Roger andò da Seb per parlare con lui, in un locale fuori mano. L’uomo, con il suo faccione bonario, rimase dispiaciuto per Lorna e il suo pet. Purtroppo lui non era ancora riuscito a scoprire nulla e se ne rammaricava. Da lì ad una settimana sarebbe andato in pensione e pur se la cosa era spiacevole, aveva tutta l’intenzione di tirare fuori la talpa dal buco. Era per lui la cosa più indegna che un uomo che avesse giurato fedeltà alla giustizia, fosse invece un traditore! Doveva scoprire il colpevole prima di non averne più il diritto legale!
 
– Sai che Venerdì primo settembre festeggio in Centrale il pensionamento Seb?
– Sei arrivato a quel traguardo vecchio mio!
– Già! Mia moglie non vedeva l’ora!
– Tu no?
– Pensa! Passare tutto il giorno a casa con Patty? Quasi quasi chiedo il prolungamento!
 
Risero entrambi, buttando giù il drink che Sebastian aveva offerto all’amico poliziotto.
 
– Vieni anche tu venerdì, mi farà piacere!
– Vedo se posso! A che ora?
– Per le 13.00! Offrirò un rinfresco …
 
Sebastian annuì, poi ognuno dei due se ne andò per la sua strada.
 
***
 
Captain Hook guardava accigliato Winter Soldier.
 
– E così addio alla mia copertura! Ora Manguso sa che sono vivo  e che sono un agente della D.E.A. maledizione! Lorna doveva affezionarsi ai miei test?
– Più che ai test si è affezionata al tuo cervello amico! In fin dei conti lei sta nel reparto “Cacciatori di cervelli”. Diciamo che sei un suo trofeo!
– Già! Ora più di prima dobbiamo trovare il tizio che è entrato in casa sua. Scommetto che sa bene come rintracciare Manguso! A proposito di Lorna … come sta?
– Ha pianto tutta la notte! Questa mattina aveva due occhi gonfi che non si riconosceva! Era troppo affezionata a quel gatto!
– Lo so!
– Questa mattina lo abbiamo seppellito nel suo giardino. Lei ha voluto così, ha detto che l’aiutava a smaltire il lutto. È andata a lavoro dopo e oggi pomeriggio andrà da Emma …
 
A sentir nominare la sua Emma, a Killian si strinse il cuore. Erano diversi giorni che non la sentiva e Lorna era la sua unica risorsa.
 
***
 
Il mercoledì seguente Brocowsky rientrò dalle ferie. Samuelson era alla sua solita postazione.
 
– Bentornato Bro! Fatto buone ferie? Ma che diavolo hai fatto alla faccia? La tua ragazza ti ha beccato con un’altra?
– Ma che dici! Mi sono graffiato con degli ami impigliati mentre ero a pesca! Roger è in ufficio?
– No, oggi ha preso un giorno di permesso!
– Bene! Vado a prendere i soldi ed esco per comperargli il regalo. Dopodomani si festeggia!
– Era ora che ti decidessi a prenderlo! I ragazzi forse lo vorranno vedere prima di darglielo!
– Va bene, va bene! Dammi la chiave dell’archivio ora!
___
 
Arrivò l’ultimo venerdì di servizio per il Sergente Martin Roger ed era sicuramente uno dei peggiori giorni della sua vita. Concludeva la sua carriera lavorativa senza aver scoperto chi tra i suoi uomini fosse un traditore al servizio della mafia e ciò lo rammaricava non poco.
Alle 13,00 iniziò il rinfresco e gli auguri dei suoi colleghi. Jefferson lo aveva chiamato facendogli i suoi  e dicendogli che non sarebbe andato, poiché impegnato con il lavoro.
Nel momento culminante del rinfresco Mel si fece avanti con un pacco tubolare.
 
– Capo, questo da parte di tutti noi! Un pensierino utile per non annoiarti in pensione!
– Che diavolo avete combinato ragazzi?!
– Un’idea di Samuelson e Brocowsky!
Roger scartò il pacco e ammirò la splendida canna da pesca professionale, con annesso l’occorrente per la pesca sportiva.
 
– Grazie ragazzi! Questa è una signora canna da pesca!
– Capo il merito è tutto di Bro! Ha organizzato tutto lui!
 
Samuelson si tolse il merito di quel regalo attribuendolo, giustamente, al collega che era andato a comprarlo e Mel aggiunse ridacchiando:
 
- Capo solo una raccomandazione!
– Quale Mel?
– Attento agli ami impigliati, non fare come Brocowsky che per poco non si cavava gli occhi!
 
 Tutti risero guardando il collega che ancora portava i graffi lungo una guancia, poco sotto l’occhio sinistro. Rise anche Roger ma, guardando bene i graffi di Brocowsky, ebbe un’illuminazione.
 
– Bro dove sei andato a pesca la settimana scorsa?
– Ho fatto un tour per mare con la Eureka Charters, si paga poco e offrono un bel tour!
– Me lo devo ricordare Brocowsky, magari ci vado anche io i prossimi giorni! Hai pescato parecchio pesce?
– Non molto, ma mi sono divertito!
– Lo si vede dalla tua faccia quanto Bro!
 
Una risata generale rinforzò il clima gioioso.
Il rinfresco durò un paio d’ore. In pratica Roger aveva offerto a tutti un vero e proprio pranzo. Approfittò della vicinanza per osservare bene i graffi sul volto dell’agente Brocowsky.
 
“ Decisamente potrebbero essere i segni di quattro unghie di gatto! Profonde e nette! Non mi resta che scoprire se ha avuto accesso all’archivio!” 
- Ti voglio ringraziare personalmente Brocowsky! Un bellissimo regalo veramente! Non mi sono accorto di nulla! Lo avete tenuto nascosto nell’archivio?
– Si, Capo! Scusami ma ho usato l’archivio anche per tenere i soldi della colletta, Samuelson mi ha dato gentilmente la chiave!
– Siete dei gran bricconi ragazzi, ma vi devo veramente ringraziare!
 
In coro risposero tutti.
 
– Dovere Capo!
–Un piacere Capo!
-  Auguri Sergente!
 
Tornato nel proprio ufficio, Roger rimuginava con i pensieri. Accusare un collega innocente sarebbe stato gravissimo, ma per Brocowsky c’erano degli indizi precisi. I giorni precedenti aveva preso le ferie e il tempo per entrare in casa della Stone lo aveva potuto avere! Doveva fare la prova del nove adesso per capire se quegli indizi avrebbero potuto diventare prove certe.
Cliccò sulla tastiera del suo computer e cercò la Eureka Charters. Individuò il numero telefonico e lo compose al telefono di servizio. Rispose una voce di uomo.
 
– Buongiorno! Mi chiamo Martin Roger. Cerco un mio amico che mi ha dato il vostro numero. Dovrebbe essere vostro ospite in questi giorni.
– Mi dica il nome …
- Andy Brocowsky …
- Mi dispiace non abbiamo nessun ospite al momento che si chiami così!
– Mi scusi, forse avrò capito male! Non vorrei che fosse stato da voi la settimana passata! Gli avevo promesso di venire a trovarlo durante la permanenza!
 
– Mi dispiace Signor Roger, ma non abbiamo nessun cliente con quel nome, nemmeno per la settimana passata!
 
A Roger prudeva dietro la nuca per l’adrenalina. Brocowsky aveva mentito! Non ne era contento, ma ora aveva delle prove!
 
– La ringrazio e mi scusi per il disturbo!
– Di nulla Signor Roger!
 
Il Sergente Martin Roger chiuse la telefonata e sospirando si passò la mano tra i radi capelli brizzolati e ispidi. Strinse le carnose labbra e poi, con gesto infastidito, ma deciso, rialzò la cornetta e compose il numero di Sebastian Jefferson.
 
– Il vostro uomo è qui in questo momento! Venite a prenderlo!
 
***
 
Tre ore dopo l’arresto di Brocowsky, Jefferson telefonò dall’ufficio a Lorna.
 
– Ciao tesoro! Volevo dirti che abbiamo arrestato la Talpa. Ora i nostri, sotto la supervisione di Captain Hook in persona, lo stanno torchiando per bene! È lui che ha ucciso Generale …
 
All’altro capo del telefono si sentì un singhiozzo. Seb aveva capito che Lorna avesse ripreso a piangere.
 
– Amore … il sacrificio del tuo micio non è stato vano. È grazie a lui se Roger ha scoperto il colpevole.
– Come?
– Generale era un vero combattente sai? Diciamo che ha venduto cara la pelle! Gli aveva lasciato i graffi sulla faccia a quel bastardo!
 
Dall’altro capo Lorna sorrise e si asciugò la lacrima che stava scivolando sulla sua guancia destra.
 
– Grazie Seb!
– Dovere Lorna! Ah Lorna …
- Si?
– Io … io ti voglio bene lo sai vero?
– Lo so Sebastian! Anche io te ne voglio … tanto!
 


 
 
Angolo dell’autrice
 
Se esiste un Paradiso, anche i nostri amici pelosi perduti vi possono correre e giocare felici!
Un tenero pensiero a loro e a chi li ha amati.
Ciao Mio! Grazie per avermi regalato il tuo affetto e per avermi ispirato i personaggi di Generale e Fuffy. Se quel Paradiso esiste, un giorno giocheremo ancora insieme.
 
Grazie a chi ha letto, a chi segue e a chi vorrà lasciare un commento. Un grazie anche ai numerosi lettori silenziosi che sono sempre presenti.
Lara
 

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Capitolo 21
*** Il tempo della rosa ***


Capitolo 21

Il tempo della rosa
 
 
Era ora che ci fosse una piccola soddisfazione in quel pessimo periodo da “Mai una gioia”!
Questa volta Killian Jones l’aveva avuta la soddisfazione. Il bastardo che aveva passato le notizie a Manguso era stato individuato e arrestato!
***
Quando quattro agenti della F.B.I. si erano presentati alla Centrale di Polizia per prelevare Brocowsky, in seguito alla telefonata del Sergente Roger, l’uomo non aveva sospettato di nulla. In Centrale si respirava ancora aria di festa per il rinfresco del suo pensionamento. Gli agenti si erano diretti dal Capo e poi era stato lui stesso a far chiamare Brocowsky. Non voleva che la cosa fosse eclatante tra i suoi colleghi e quando, tranquillamente, il colpevole era entrato nell’ufficio, dallo sguardo greve di Roger e da quello accigliato dei quattro, si era reso conto di essere perduto. Non provò né a fuggire, né ad inventare scuse. Roger gli consigliò di non fare rimostranze e di seguire gli agenti senza protestare.
Sarebbe stato interrogato negli uffici della F.B.I. perché sospettato di essere una talpa al servizio della Mafia, chiese di poter avere un avvocato e gli fu detto che gli sarebbe stato dato con il diritto di difendersi dalle accuse, ma non prima di essere interrogato.
L’uomo uscì dalla Centrale senza le manette, lo stesso Roger aveva chiesto di non mettergliele, ma uno dei due federali lo teneva per un braccio. I colleghi, sbigottiti, videro il piccolo corteo passar sotto il loro naso, Brocowsky teneva gli occhi bassi, non guardò nessuno e non salutò nessuno. I colleghi rimasero in un funereo silenzio e spostarono, all’unisono, lo sguardo verso Roger. Il sergente ricambiò lo sguardo con un’espressione indifferente che nascondeva la sua vera sofferenza. Mai al mondo avrebbe voluto concludere la sua carriera dovendo far arrestare un collega, ma ormai definirlo  “collega” gli dava un senso di schifo.
 
– Che sono quelle facce? Tornate al lavoro! Non è successo nulla!
 
Come da accordi presi con Jefferson, doveva sminuire la cosa, ce ne era un buon motivo!  Non disse altro ai suoi uomini e tornò nel suo ufficio, poche altre ore e sarebbe stato del tutto fuori da quell’ambiente …
 
***
Fu lo stesso Capitano Killian Jones  a monitorare l’interrogatorio attraverso lo specchio. Poi, non avendo più da nascondere la propria identità all’arrestato, entrò nella stanza dove questi era seduto.
 
– Non penso sia necessario che mi presenti presumo!
 
Il bel volto di Captain Hook era attraversato da un ghigno ironico che non fece presagire nulla di positivo a Brocowsky. Gli azzurri occhi penetranti e l’espressione, decisamente gelida, del giovane Federale, intimorirono l’uomo. Egli sapeva di essersi intrufolato abusivamente  nella sua vita. Da una parte Brocowsky ammirava la sua tipologia di professione, essere un agente in incognito richiedeva essere molto capace e avere un gran coraggio, inoltre aveva scoperto che quello era un giovane con capacità fuori dal comune!
 
– Da quanto hai detto ai miei colleghi non hai ancora passato i documenti rubati della Dottoressa Stone a Manguso …
- No …
- Cosa gli hai detto di preciso?
– L’ho detto già agli altri!
– Ero distratto evidentemente! Quindi ripetilo!
 
Jones era in piedi davanti all’interrogato e, con le mani poggiate ai lati del piccolo tavolo che li separava, non smetteva di tenere lo sguardo fisso negli occhi di Brocowsky, mentre gli aveva dato quell’ordine con un tono che era sembrato un ringhio rabbioso.
 
– Ho accennato che Kim Steward  si chiama in realtà Killian Jones e che per le sue capacità è stato arruolato nella F.B.I. quando ancora era minorenne … poi … poi l’indirizzo di Dublino …
- Solo? Dati sulla mia famiglia?
 
Il tono era sempre lo stesso: imperativo e rabbioso.
 
– Ho fatto il nome di suo zio Henry O’Danag, ma solo perché era segnato come tutore!
– Apri bene le orecchie e stammi a sentire! Hai tradito la fiducia dello Stato, hai tradito un giuramento che doveva essere sacro per un difensore della giustizia! Sai cosa ti aspetta vero?
– Si  … lo so bene …
 
Lo sguardo di Brocowsky si era abbassato, ma Killian non credeva che sentisse un minimo di senso di colpa.
 
 – Le tue spiate hanno messo in serio pericolo degli innocenti, salvati solo per miracolo divino! In questo sei ulteriormente complice delle violenze su Milah Gold e del rapimento di Emma Swan!
– Un momento, calma! Che ne sapevo io che avrebbero preso quelle due?!
 
La mano di Killian prese per il bavero l’uomo e, con una forza che Brocowsky non avrebbe sospettato, lo sollevò dalla sedia, avvicinandoglisi rabbioso al viso.
 
– Che cazzo dici bastardo! Hai servito Emma su un piatto d’argento!
 
L’uomo ebbe un ghigno.
 
– Sei arrabbiato per la tua ragazza?
 
Killian lo strinse più forte, lasciandolo senza fiato e facendolo diventare bordeaux. Da dieto lo specchio Jefferson vedeva e sentiva tutto. Temette che Killian avrebbe veramente strangolato             quel bastardo, cosa che avrebbe fatto volentieri anche lui, sia per Emma sia per la sofferenza causata a Lorna con l’uccisione del suo amato Generale. Non poteva permettere che Killian facesse un simile errore per la rabbia, decise di entrare ma, all’ultimo momento, Killian mise giù l’uomo e lui poté restare dietro lo schermo. Captain Hook era molto convincente e sicuramente ora avrebbe ottenuto qualcosa in più da Brocowsky.
 
– Sei un traditore fortunato Brocowsky! Non sarò io ad ammazzarti … non ora almeno! Ho un accordo da proporti e se sei intelligente avrai la tua convenienza ad accettarlo!
 
Brocowsky si stava massaggiando la gola e boccheggiava, ritrovando il colorito normale sulle guance.
 
– Tu sai come contattare Manguso … sai cosa ti aspetta, ma sai che se collaborerai con noi potrai avere delle agevolazioni …
- Cosa vuoi da me? Mi avete arrestato e conoscendo Manguso sono già un uomo morto! In galera prima o poi mi faranno fuori!
– Di questo puoi esserne certo caro Andy! Abbiamo cercato di non dare clamore al tuo arresto, lo sa Roger e un paio di tuoi colleghi che terranno la bocca chiusa! Quindi per Manguso sei ancora la sua “Talpa”. Io ti propongo di diventare la “nostra”!
– Che dovrei fare?
– Adesso lo chiamerai per dirgli che vai a portargli i documenti su Kim Steward e cerchi di essere convincente, incazzandoti sul compenso che vuoi! Devi portarci da lui, questo è quello che voglio veramente! Tu in cambio entrerai in un programma di protezione per testimoni e avrai una grossa riduzione della pena per la collaborazione prestata, se sarai bravo forse ti verrà condonata del tutto!
– Mi coprirete le spalle?
– Ovviamente! Ti applicherò un dispositivo che segnalerà la tua posizione e trasmetterà quanto state dicendo! Di che religione sei Brocowsky?
– Sono ebreo ma non praticante!
– Non è un problema se non pratichi … una collanina con la stella di David te la regalo volentieri! Starà con te giorno e notte e sarà inutile provare a toglierla, potrò farlo soltanto io!
 
Da quello che aveva letto di Jones, Brocowsky sapeva delle sue capacità ingegneristiche. Pensò che con tutta probabilità aveva inventato lui stesso quel dispositivo minuscolo che pochi minuti dopo gli mise intorno al collo. Nella stella a sei punte vi era inserita una microcamera e una sorta di GPS …
 
***
 
Inizio di settembre 2008
 
Miss Elsa Frosen stava per giungere all’ospedale, dove sua cugina Emma era ricoverata da diversi giorni. Era arrivata dall’Irlanda quella mattina stessa e sua madre era andata a prenderla all’aeroporto. Portava all’anulare una splendida fedina di fidanzamento in oro bianco e, finalmente, si era decisa a dirle di essersi fidanzata con il bel Comandante irlandese William Jones, conosciuto a Cork, durante quella missione oceanografica a bordo del suo sommergibile Nautilus. Le aveva detto anche che il suo incarico al Centro oceanografico, in collaborazione con l’università, sarebbe durato altri tre anni, ma non le aveva detto tutto. Non vedeva l’ora di parlare con Emma, sapere dalla sua bocca come stessero lei e il maschietto che aspettava e confidare a lei il suo piccolo segreto!
 
L’Agente Mulan Chang accolse Elsa presentandosi. Aveva saputo del suo arrivo e sapeva del permesso di visitare Emma. Da settimane ormai era stata incaricata della protezione della giovane Swan ed erano diventate ottime amiche. Emma era ovviamente sdraiata sul letto ed era sottoposta al monitoraggio. Fece per sollevarsi seduta quando Elsa entrò, ma si bloccò sentendo una forte contrazione. Ormai era terrorizzata da quelle contrazioni, poiché potevano indicare l’inizio di un aborto.
 
– Stai ferma Emma, ti abbraccio io, stai tranquilla!
 
Ambedue le ragazze, cugine per parentela, ma sorelle per l’affetto che le univa, avevano gli occhi lucidi. Elsa aveva saputo da sua madre tutti i dettagli del rapimento e di come Emma l’avesse scampata, aiutando anche un’altra prigioniera. Non voleva certo farle ritirare fuori tutta la storia, per non farla agitare. Preferì parlare del bambino.
 
– Senti Elsa! Metti una mano qui, è sveglio e si sta muovendo!
– Mio Dio Emma che sensazione strana e bellissima! Ha fatto un’onda enorme! Ti si è mossa tutta la pancia!
 – Non è una cosa straordinaria?
– Oh si che lo è! Non vedo l’ora che tutto finisca per il meglio Emma! Sarà un bambino bellissimo vedrai!
– Beh suo padre lo era veramente! Vorrei che gli somigliasse!
– Somiglierà anche a te vedrai! Sarebbe giusto no?
 
Emma sorrise.
 
– Immagino di sì! Ma dimmi di te e del tuo affascinante Comandante di sottomarini!
– Oh! Il mio Liam? È un vero tesoro Emma, sono così felice d’averlo incontrato! Finalmente questi giorni sono riuscita a dire a mamma che mi sono fidanzata!
– Lo so, me lo ha raccontato  e ne è contenta!
– Già, ma non le ho detto proprio tutto!
– Dio mio! Cosa non le hai detto?
– Beh ecco! Io e Leam abbiamo intenzione di sposarci … ma abbiamo già iniziato a convivere!
– Aaah! E conoscendo nostra madre e le sue idee conformiste non te la sei sentita di dirglielo! 
- Proprio così! Siamo andati a vivere nel suo appartamento praticamente appena tornati dalla missione sul Nautilus … lo so, un po’ presto, e tu mi dirai che non è da me! Ma io mi sono innamorata di lui pazzamente e lui … mi ama!
– Elsa sono l’ultima persona che si potrebbe mettere a dar giudizi! Io in due mesi mi sono innamorata e sono rimasta incinta! Sono felice per te invece e spero che tu dica alla mamma la verità quanto prima! Se state bene insieme, la convivenza vi farà decidere meglio per il matrimonio. Liam è cattolico?
– Per un irlandese è ovvia la risposta! Vuole un matrimonio cattolico classico in chiesa e io voglio la stessa cosa! Ho conosciuto la sua famiglia tre settimane fa. Siamo stati a pranzo dagli zii materni; sono loro che hanno allevato lui e suo fratello, da dopo la morte della madre per un brutto incidente! C’era anche il padre, era tornato appositamente dalla Florida, vive lì da anni! Non sta molto bene di salute e ha detto che sarebbe tornato entro un paio di giorni qui a Boston per delle visite. Domenica scorsa invece ho conosciuto anche suo fratello. Mio Dio se vedessi che bel ragazzo!
Emma rise per l’entusiasmo di Elsa.
 
– Non mi dire?! Ti piace di più il fratello che Liam?
– Non dire sciocchezze! Amo Liam, ma devo riconoscere che Killian è un giovane affascinante, simpatico e bello sul serio, nei tratti somatici e non solo!
– Scusa come hai detto che si chiami?
– Killian! Gli zii lo adorano! Credo sia sempre stato il loro coccolo. Mi ha detto Liam che a diciassette anni era già laureato in ingegneria elettronica ed informatica! Un vero genio! Poi si è laureato anche in legge qui  a Boston …
Emma era a bocca aperta e non riusciva a parlare. Elsa stava parlando di quel Killian ma sembrava parlasse del Killian che due settimane prima lei aveva mollato a telefono. Da allora non si erano più sentiti e lei ne aveva sentito la mancanza. Non le erano mancate le telefonate di Regina da Londra, né quelle dei suoi compagni d’università, persino Neal Cassidy si era fatto vivo, mandandole dei fiori con un tenero biglietto d’auguri. A proposito di lui, quando l’aveva raccontato a Regina, questa le aveva ribadito che su Neal le conveniva puntarci, era proprio cotto di lei!
Emma apprezzava il ragazzo, ma non era minimamente interessata a lui. Ancora non riusciva a dimenticare gli occhi meravigliosamente azzurri di Kim, il suo sorriso, la sua espressione, la sua voce … tutto di lui! L’unico che l’avesse in qualche modo distratta e fatta sentir bene, dopo la sua morte, era stato proprio Killian. Ricordava che a telefono gli aveva raccontato di sé, della sua infanzia, dell’incidente a sua madre, dei suoi studi … non aveva detto di essere un genio laureato così precocemente … era lui veramente? Era lo stesso …
 
 - Killian Jones?
– Si, ovvio! Jones come suo fratello no? Liam è meravigliato che suo fratello, con tutte le sue capacità, sia diventato solo il responsabile di alcune agenzie assicurative! Pensava avrebbe fatto molto di più! Comunque viaggia tanto per lavoro …
- Si lo so …
- Lo sai? Ma lo conosci?!
– Si e no veramente!
– Si o no? Come lo conosci?
– Lunga storia …
- Abbiamo tempo no? Riparto tra due giorni, sono qui proprio per te! Quindi sono tutta orecchie!
 
 
Emma raccontò di quello strano incontro in cui lui l’aveva soccorsa, di non averlo visto in viso per lo svenimento e tutto il resto, dal rapimento  all’ultima telefonata. Elsa alla fine del racconto era ammutolita.
 
– Non dici nulla?
 
Elsa sgranò gli occhi.
 
– Con tutto quello che ti è capitato con Kim … trovare un ragazzo come Killian! Ti faceva sentire bene solo standoci a telefono! Sembra che si sia preso una sbandata per te! Io che l’ho conosciuto ti posso garantire che è un ottimo ragazzo e pure un gran figo! E tu lo hai mollato?!
– Elsa che diavolo ne sapevo? Quando ha iniziato a far discorsi sul “nostro” bambino mi ha spaventata! Io apprezzo che possa volere me e anche il bambino, ma mi è sembrata una cosa surreale! Inoltre questo mio pensiero per Kim! Pensa che l’ho chiamato così l’ultima volta!
– E lui?
– Lui è stato carino in verità! Mi ha detto di non preoccuparmi! Ti rendi conto? Io parlavo con lui e immaginavo Kim dall’altra parte! Anche questo mi ha spaventata! Mi è sembrato insano da parte mia e ingiusto nei suoi confronti!
– Posso capirti Emma, ma io credo che tu debba mantenere i contatti con lui! Prima o poi lo conoscerai comunque, diventerà mio cognato e … sono sicura che ti piacerà parecchio!
– A pensarci anche Lorna mi aveva detto di mantenere questa amicizia … forse ho fatto veramente un errore a lasciarlo così … gli ho chiuso praticamente il telefono in faccia!
– Puoi sempre recuperare no?
– Beh! Ora mi vergogno parecchio a cercarlo io!
– Magari ti richiama lui! Potrei mettere buona parola che dici?
 
Elsa le aveva fatto l’occhiolino ed Emma era arrossita.
 
– No Elsa! Ti prego non dirgli nulla se lo dovessi vedere … se gli interesso veramente un minimo … potrebbe richiamarmi, se no …
- Se no?
– Niente! Io non credo che lo cercherò!
– Pensaci ancora Emma! Io ora vado. Torno domani a trovarti, poi ripartirò con l’aereo della mattina dopo.
 
Elsa andò via lasciando Emma con un’espressione perplessa. Iniziava ad essere pentita di aver mollato Killian in quel modo e la descrizione di Elsa la incuriosiva sull’aspetto del giovane. Si sforzò di ricordare qualcosa di quell’ aspetto, ma l’immagine era imprecisa, giusto il suo corpo snello e atletico vestito con una tuta blu, mentre faceva ginnastica nel parco vicino casa. Un viso nascosto dalla barba scura e  gli occhiali a specchio …
Nulla da fare! Il viso le sfuggiva del tutto, ma se ripensava alle telefonate, al suo modo di parlare e se avesse voluto aggiungere l’idea che fosse dotato di un bel viso, beh! Gli veniva nuovamente in mente il viso di Kim!
 
“Sono proprio fissata ormai! Kim mi ha veramente segnata per sempre! Vorrei tanto sentire Killian, vorrei chiamarlo, ma mi rendo conto che è la parte di lui che mi ricorda Kim che vorrei sentire e questo è folle veramente! Quello che ha detto Elsa è vero, se lei sposa Liam, io avrò comunque occasione di conoscerlo. Che stupida che sono! Non le ho chiesto nemmeno se ha con sé delle foto con Liam e Killian! Ora la richiamo, forse ancora non ha preso l’autobus … “
 
Il cellulare era sempre a portata di mano, sul comodino da ospedale, vicino al letto e le bastò allungare un braccio per prenderlo. La pancia, che stava diventando ogni giorno più evidente, fece una nuova onda sotto la camicia da notte di cotone bianco a fiorellini rosa.
 
“Calmo piccolino! La mamma chiama zia Elsa e vediamo cosa risponde!”
– Emma che succede?
– No nulla, non ti preoccupare … solo una curiosità! Sei già sull’autobus?
– No sono alla fermata. Penso ci vorranno un cinque minuti per vederlo arrivare, ma che curiosità avevi?
– Oh … beh ecco! Riguardo a Killian …
- Si?!
– Non è che avresti delle foto con lui?
 
Elsa rise dall’altro capo del telefono.
 
– Ah! Ti ho incuriosita con l’affascinante fratello di Liam! Comunque questa è una cosa strana …
- Cosa è strano? Che mi sono incuriosita?
– Ma no che dici! La cosa strana è che non ci sono foto di Killian in giro! Non da ragazzo o adulto almeno!
– Come?!
– Non ne ho idea! Ho visto tante foto sue e di Liam, con il padre, la madre, gli zii … ma solo da bambino! Pare allergico alla macchina fotografica! Pensare che bello com’è dovrebbe essere pure parecchio fotogenico!
– Si?
– Certo che si curiosona! Per quello che ho visto di quando era bambino, era proprio un amore, aveva un sorriso tenero, da bambino buono e quei due occhioni azzurri! Quelli sono sempre gli stessi, magnetici ed espressivi, ma ha perso il sorriso innocente del bambino. Peccato che porti quella barba lunga e folta che gli copre quasi tutto il viso! Credo che se la radesse o ne portasse solo un accenno acquisterebbe!
“Occhi azzurri, magnetici ed espressivi … i capelli bruni …”
 
Pensando a quelle caratteristiche, Emma cercò di tracciare mentalmente una sorta di identikit di Killian, ma appena le comparve nuovamente davanti l’immagine di Kim, con i suoi occhi di un azzurro marino e le sopracciglia molto mobili ed espressive, con il suo sorriso malizioso e a tratti tenero e dolce, cercò automaticamente di passare un cancellino immaginario!
 
“No! Di nuovo! No non posso proprio chiamarlo!”
– Penso proprio che tu debba chiamarlo Emma! Credo che tu ne abbia bisogno!
– Stavo pensando precisamente il contrario Elsa!
– Come vuoi! Ma ho l’impressione che tra voi ci potrebbe essere una forte chimica!
– Ma come fai a dire una cosa del genere?!
– Conosco te e conosco lui! Inoltre, da quello che mi hai raccontato, tu gli piaci e ci tiene a te! Ma tu dimmi! Quale ragazzo ti avrebbe chiamata così spesso solo perché ti ha soccorsa in un’occasione? Nemmeno a dire che ti vuole portare a letto in quattro e quattro otto! Sta lontano chilometri e uno come lui non ha bisogno di cercare tanto per avere una ragazza!
 
L’idea che Killian avrebbe potuto avere qualsiasi ragazza avesse voluto, diede un certo fastidio ad Emma. Non sapeva nemmeno lei il perché di quella sorta di gelosia, era completamente immotivata no? Killian Jones aveva tutte le sue ragioni per volere chi gli pareva …
 
- Mi ha detto che non ha una ragazza …
- Si, questo è vero. Me lo ha detto anche Liam! Non ha una fidanzata al momento, ma credo sia parecchio corteggiato, non posso credere il contrario! Ah! Sta arrivando il mio autobus! Ti saluto ora, ci vediamo domani!
 
Emma sentì, tra i rumori del traffico, il suono stridulo dei freni dell’autobus che si avvicinava alla fermata di Elsa, la salutò e chiuse il contatto.
 
“Forse una possibilità a Killian la devo lasciare …”
 
***
 
Dublino. La domenica precedente.
 
Henry O’Danag guardava Killian stravaccato sulla poltroncina del suo studio. Sorrise a riconoscere la postura tipica che prendeva da adolescente, quando in quello stesso studio lo rimproverava di qualcosa o facevano semplicemente due chiacchiere.
Killian se ne stava con una gamba allungata e l’altra a cavallo del bracciolo della poltrona. Diversamente da quando era ragazzo, ora in mano teneva un bicchiere di cristallo contenente un dito di Rum.
Liam e la sua bella fidanzata erano andati via dopo pranzo e Henry aveva invitato il nipote più giovane a bere qualcosa nello studio. Killian sapeva bene che fosse un modo per appartarsi e parlare di cose che sapevano soltanto loro due.
 
– La tua Emma è bella come la cugina?
 
Killian sorseggiò il Rum e, distaccando il bicchiere dalle labbra, ebbe una smorfia di amarezza.
 
– Sono bellissime entrambe zio!
– Beh! Devo dire che avete ottimi gusti voi due ragazzi! Elsa è una giovane splendida anche nei modi, educati e gentili. Un po’ timida all’inizio … ma poi ha sciolto il ghiaccio! Ho visto che ha legato parecchio con te!
– Si, abbiamo chiacchierato parecchio. Liam ad un certo punto si è ingelosito!
 
Risero entrambi al ricordo dell’espressione di Liam, quando il fratello aveva monopolizzato l’attenzione della fidanzata.
 
– Spererei che metta buona parola per me con Emma!
– Buona parola con Emma? Le hai detto che la conosci?
– No! Ma se dovesse parlarle del fatto che ha conosciuto il fratello di Liam, che guarda caso si chiama Killian Jones, lei ricollegherebbe al tizio che la chiamava al telefono!
– La chiamava? Fammi capire cosa è successo, non la stai sentendo più?
 
Il sorriso di Killian era nuovamente sghembo e amaro.
 
– Beh! Mi ha mollato …
- Mollato? Il motivo? Era solo un’amicizia telefonica per starle vicino o sbaglio?
– Mi ha detto che le ricordo in qualche modo Kim Steward, mi ha chiamato anche Kim per sbaglio!
– Ti sorprende la cosa? Siete la stessa persona! Tra le persone che si amano c’è un filo che le fa riconoscere e ritrovare sempre, non lo sai? Nel tuo modo di parlarle, inconsciamente, ha riconosciuto qualcosa di te! Si, nipote, nonostante i tuoi aggeggi elettronici per camuffare il timbro della tua voce … diciamo che ha parlato la voce dell’amore?
 
Killian sorrise, buttando la testa indietro sulla spalliera della poltrona e passandosi la mano sinistra sugli occhi.
 
– Sei un gran romantico zio Henry, lo sai vero?
– Figliolo … una vena di romanticismo un uomo la deve avere! Come vuoi che possa mantenere vivo il rapporto con una donna senza averne un briciolo? Le donne apprezzano le romanticherie! Se Emma somiglia un minimo a sua cugina! Fidati! Sono oltre trent’anni che sono sposato con tua zia Janette e non manco mai di portarle un fiore o dirle frasi tenere!
 
Killian conosceva le attenzioni di suo zio per l’amata moglie e sapeva quando lei gli fosse devota. Henry stava cercando di suggerirgli di riconquistare Emma con il romanticismo? Per il momento poteva giusto quello! Non poteva ancora farsi riconoscere.
Due giorni prima, finalmente, si era conclamata la cattura e l’arresto di Tony Manguso. Grazie all’uso di Brocowsky, che aveva fatto il triplo gioco su sua commissione!
La Talpa aveva ottenuto l’incontro con Manguso per la consegna dei documenti su Kim Steward e in quell’occasione, monitorata da Captain Hook e i suoi uomini della Squadra Speciale, avevano ottenuto informazioni anche su Gold. Il Professore era fuori dalla giurisdizione degli States, ma il boss mafioso non aveva rivelato dove si trovasse precisamente. Una cosa però aveva detto, che aveva fatto sbiancare Jones nel sentirlo. Manguso aveva chiesto a Brocowsky di portargli notizie su Emma Swan e sulla sua gravidanza, poiché Robert Gold, ormai da lui informato che Kim fosse vivo e vegeto e fosse un agente in incognito, aveva un particolare interesse per il bambino della Swan. Tramite quel bambino voleva arrivare al cuore di suo padre, l’uomo che era stato l’amante di sua moglie e che l’aveva circuita per estorcerle informazioni su di lui!
A Killian si erano drizzati i capelli in testa quando aveva sentito di quell’interesse. Avrebbe dovuto aumentare la guardia su di Emma e poi sul loro piccino! Emma probabilmente avrebbe avuto un cesareo e quindi sarebbe stato programmato dal suo medico qualche tempo prima. Se, come era già successo, uno sciacallo avesse raccontato in giro della situazione della Salvatrice, Gold avrebbe scoperto facilmente il momento giusto per agire!
Killian era sicuro che, con tutti gli agganci che Gold, come Manguso, aveva con la criminalità, avrebbe fatto in modo di organizzare il rapimento del neonato e chissà quant’ altro di peggio per lui e la giovane madre.
Con la cattura di Tony Manguso, in seguito al suo interrogatorio e a qualche trattativa, la Squadra Speciale e il resto della D.E.A.  stavano portando avanti le ricerche e stavano facendo cadere nella loro rete, elementi importanti dei vari cartelli. La lotta contro la droga e i narcotrafficanti non era certo finita e Killian sapeva che con probabilità non si sarebbe conclusa mai.  C’era tantissimo da fare ancora ed era necessario anche un grande aiuto da parte del governo della Colombia. Il problema stava soprattutto nel fatto che quel tipo di commercio portasse un tale carico di introiti, da permettere facilmente di corrompere chi avrebbe avuto ruoli fondamentali per creare i muri necessari ad arginare il fenomeno. Il giovane Captain Hook doveva ammettere amaramente che l’interesse per il denaro era più importante, per la maggior parte della gente, del valore stesso della vita degli esseri umani. Quante altre giovani vittime sarebbero state sacrificate per quel lurido interesse?
Killian Jones, arruolandosi nella F.B.I., aveva scelto poi di lavorare specificamente per la D.E.A. in seguito alla terribile esperienza della morte, per overdose, di uno dei suoi più cari amici. Viste le sue capacità, gli avevano dato carta bianca per creare la squadra di Captain Hook e lui aveva arruolato nella sua “ciurma” i migliori elementi. La lotta continuava e stava dando i suoi frutti, ma egli sentiva che sarebbe stata una lotta ancora impari, finché anche gli elementi corrotti del sistema governativo, non sarebbero stati individuati ed eliminati. Brocowsky era solo una goccia in quel mare, ma Captain Hook lo avrebbe solcato con tutte le sue possibilità, senza lasciare nulla di intentato. Quella era la “sua” missione e nulla lo avrebbe distratto se la sua vita non si fosse incrociata con quella di Emma Swan. Lei stessa era caduta nel tranello di una pillola colorata e nefasta,  a causa della quale ognuno dei due era entrato definitivamente nella vita dell’altro.
 
Seduto su quella poltroncina, in quel modo apparentemente scomodo, Killian ripensava a lei, a quanto l’amasse, a quanto  desiderasse di averla vicina per il resto dei suoi giorni . Alla fine dei conti, pur fuori gioco Tony Manguso e sulla sua scia molti altri, restava Robert Gold l’ultimo ostacolo per poter tornare in chiaro da Emma. Quell’uomo ora meditava vendetta nei suoi confronti e chissà con quale impeto, visto che aveva scoperto che Kim Steward fosse ancora vivo e si celasse dietro un altro nome e un altro ruolo.
Doveva ancora restare nell’ombra per Emma! Ma avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per impedire che il loro bambino fosse rapito da Gold o da chi per lui.
 
Pensò che forse doveva dare ascolto a suo zio, riguardo a tentare di riavvicinarsi a lei telefonicamente. Guardò il bicchiere che aveva in mano, c’era ancora un sorso, lo tracannò sentendo il bruciore nella gola. Pensò ancora ad Emma e poi gli venne un’idea. Suo zio lo vide sorridere, ma preferì non chiedergli nulla, quella luce negli occhi del nipote, gli fece capire che stava architettando qualcosa.
 
– Sono contento che alla fine hai accettato di venire a pranzo e conoscere Elsa!
– Beh! Visto che mio padre è venuto la settimana passata, non correvo il rischio di incontrarlo!
– Non sta molto bene di salute ultimamente … è ripartito presto. Sei sicuro che non lo vuoi incontrare? A lui farebbe piacere!
– Zio per favore! Lo sai bene! Quando avrebbe fatto piacere a me vederlo, lui non era dello stesso avviso! Ora è il suo turno! Sta raccogliendo ciò che ha seminato!
– Ricordala questa frase figliolo! Un giorno ti si potrebbe rivolgere contro …
 
Cosa voleva intendere Henry? Killian non volle soffermarsi su quell’affermazione. Doveva andare, doveva prendere l’aereo per Boston, quella piccola parentesi familiare non poteva durare oltre!
***
 
 
Giovedì seguente. Boston.
 
Era stanca di stare sdraiata! Se continuava così le sarebbero venute le piaghe da decubito!
Emma cercò con cautela di tirarsi su per mettersi almeno seduta. Aveva una flebo attaccata al braccio sinistro e  dalla notte precedente non si erano sentite contrazioni. Durante la visita della mattina il suo ginecologo le aveva detto che se continuava ad andare così, nel pomeriggio quella fastidiosa flebo l’avrebbero tolta.
 
– Come va Emma?
 
L’ostetrica Zelina era entrata con il suo solare sorriso ad illuminare la stanza. Ad Emma era molto simpatica e la simpatia sembrava reciproca.
 
– Nessuna contrazione.
– Benissimo! Allora come ha detto il Dottore posso toglierti la flebo.
 
In pochi minuti Zelina liberò il braccio della giovane e rimasero a parlare di come accudire il bambino alla nascita. La donna sapeva dare ottimi consigli ed Emma l’ascoltava assorbendo ogni dettaglio.
 
Si sentì bussare alla porta. Doveva essere l’agente Mulan Chang, chi altri? Emma non aspettava nessuno. Sua cugina Elsa era partita per Cork quella stessa mattina, Anna era in vacanza con Cris e Zia Ingrid stava portando avanti da sola la gelateria-pasticceria, visto che mancavano le due principali aiutanti!
 
– Si può? Ha finito Ostetrica Zelina?
– Si, si, solo due chiacchiere con la mia paziente preferita.
– Beh! La sua paziente preferita ha un ammiratore che le invia un regalo!
 
Emma era sbigottita. Quale ammiratore?! Non era per caso Neal?
Mulan portò nella stanza un fascio di rose rosse a gambo lungo, bellissime ed eleganti.
 
– Zelina potrebbe trovarmi un contenitore? Che ne dici Emma?
– Sono stupende!
– Guarda che faccia hai fatto! Se avessi visto il giovanotto che le ha portate!
– C’è un biglietto?
– Si, eccolo!
 
Emma prese, impazientemente, la bustina da lettera tra le dita tremolanti e l’aprì. Non era un bigliettino solito, con le classiche due o tre parole di augurio. Era una lettera vera e propria, ripiegata per entrare in una bustina di quella dimensione.
Lesse avidamente quanto scritto con una bella grafia chiara e ordinata.
 
“Qualcuno ha scritto che il tempo speso per la propria rosa è ciò che la rende importante …
Tu sei la mia rosa  Emma ed io ho tutto il tempo del mondo. So che non sarà mai sprecato per te. Ti aspetterò quanto vorrai e non passerà giorno senza che io ti abbia pensata. Ti ho detto che per me sei speciale, non ti ho mai detto quanto, né ho espresso i miei sentimenti. Non voglio farlo a telefono, né su questo foglio. Voglio dirtelo mentre ci guardiamo negli occhi. Per ora il mio dovere è di proteggerti, anche a costo di essere considerato morto da te. Ti ho spaventata l’ultima volta, lo so. Mi dispiace Emma. Non voglio essere pressante. Ho bisogno di sentire la tua voce, ma non ti chiamerò se tu non vuoi. Spero che tu senta un pochino la mia mancanza come io sento tantissimo la tua.
Queste rose non sono belle come la mia rosa, non sono niente e nessuno, ma ti parleranno di me se ho una piccola parte nel tuo cuore. Ricorda le parole che ti ho detto. Ricordale anche se, quando un giorno ci incontreremo, dovessi essere delusa di me.
Tuo KJ
 
– Killian Jones … “
 
Emma aveva letto tutto d’un fiato quella breve lettera. Lui sentiva la sua mancanza e non gli importava di aspettare per incontrarla, lei era la sua rosa e il tempo la rendeva ancora più preziosa. Era stato un gesto molto bello quello di mandarle quei fiori dall’Irlanda e le parole che le aveva scritto l’avevano emozionata.
Alla fine si sarebbe aspettata di leggere la firma per intero, almeno solo Killian, non le iniziali. Che strana coincidenza! Anche Kim, quando le aveva scritto il suo numero di telefono sul cellulare, aveva messo solo la K. Per quel modo di fare lei e Regina lo avevano chiamato spesso Mister K.
Pur non volendo pensare a Kim, quando rifletteva su Killian, in qualche modo, il suo Mister K ritornava sempre. Doveva arrendersi a quella verità!
 
Guardò nuovamente le rose. Belle! Veramente belle! Nel linguaggio dei fiori dovevano simboleggiare l’amore passionale e durevole. L’amore che Emma aveva sempre immaginato. Quel tipo d’amore che faceva sentire il “brivido”. Quante volte Regina l’aveva presa in giro per la sua romantica idea? Con Kim l’aveva vissuto …
 
Improvvisamente notò qualcosa che prima, distratta dal biglietto, non aveva notato. Sul cellofan trasparente, che avvolgeva le rose, non c’era il contrassegno dell’ordine fatto dall’Irlanda.
 
– Mulan scusami!
– Dimmi Emma!
– Prima mi hai detto qualcosa sul ragazzo che ha consegnato i fiori …
- Non ti ho detto nulla veramente! Avevi una faccia sorpresa per i fiori e ti ho detto che saresti stata più sorpresa a vedere chi li aveva portati.
– Descrivimi questo misterioso ragazzo allora!
– Oltre il metro e ottantacinque, fisico atletico, moro con due occhi di un azzurro spettacolare e la barba folta e incolta. Si capisce che, sotto quella barba che gli copre il viso, ha bei lineamenti! Ma lo conosci? Hai nuovamente la faccia sorpresa di prima!
– Pensavo fosse un fattorino invece era lui in persona?! Mio Dio è venuto apposta? Non può essere vero!
– Ma è un tuo amico speciale?
– Si, direi che è veramente un amico speciale! Un amico che devo ringraziare.
“Il Piccolo Principe di Antoine de Saint’Exupéry è uno dei miei libri preferiti! Lo ha letto anche Killian! Ha preso da lì la frase sulla rosa!”
 
Mulan aveva finito di sistemare le rose nel vaso che Zelina aveva procurato, aveva piegato il cellofan e lo aveva messo nel cestino del piccolo bagno inserito nella stanza di Emma.
 
– Ti lascio con i tuoi occhi a cuoricini. Sono qua fuori se hai bisogno di me!
– Grazie Mulan! Non stai facendo solo il tuo lavoro con me, ti stai comportando come una vera amica!
– Naah! Faccio solo il mio dovere!
– Non è solo quello Mulan, sei veramente una persona di buon cuore!
– Si va bene! Ciaooo!
 
Mulan, scherzando, uscì dalla stanza. Era vero! L’agente Chang era diventata sua amica e si comportava come tale. Emma si sentì fortunata ad avere delle persone che le volessero bene senza nessun motivo particolare.
Ora doveva chiamare una di quelle persone: Killian Jones. Le stava dimostrando dei sentimenti che lei non si sarebbe mai aspettati da un estraneo.
Allungò il braccio destro verso il comodino e prese il cellulare. Al primo squillo Killian rispose immediatamente. Evidentemente sperava in quella telefonata.
 
– Swan! Swan! Mi hai chiamato … grazie!
– Ciao mio Piccolo Principe! Sei convinto di voler continuare a curare la tua rosa?
– Ne sono convinto più che mai!
– Lo sai che quello è tra i miei libri preferiti?
– Non lo sapevo, ma è anche uno dei miei! 
- Allora mio Principe! Dove sei in questo momento?
– Sto per prendere un battello sul Mystic e più che un principe mi sento un pirata!
– E questo pirata ha intenzione di andare all’arrembaggio sul Mystic?
– Vado all’aeroporto, ho l’aereo tra poco.
– Sei venuto per il tuo lavoro?
– No Emma … sono venuto per te …
 
 
 
Angolo dell’autrice
Santo zio Henry! La chiacchierata è servita con il nipote. Santa subito anche Elsa che ha fatto quadrare qualche conto ad Emma. Il biglietto di Killian dice molto di più di quanto appare, anche il suo modo di firmarsi è un tentativo di dare degli indizi ad Emma. Non vede l’ora di poterle dire la verità. Chissà se lei ci arriverà da sola o dovrà aspettare di incontrarlo? Intanto alcuni dei “cattivi” sono fuori gioco, ma Gold ancora no. Staremo a vedere.
Grazie a chi ha letto e a chi vorrà lasciare un commento, fa sempre piacere e spesso incoraggia ad andare avanti. Un grazie speciale ai lettori che vedo sono presenti in tutte le mie storie e le hanno categorizzate tra le preferite. Anche se silenti questo è già un messaggio!
Una buona settimana a tutti.
Lara

 

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Capitolo 22
*** Stella cadente ***


Capitolo 22
Stella cadente
 
 
  • Sei venuto per me?!
 
Emma non si aspettava quella risposta diretta da parte di Killian, anche se ammise a sé stessa che la sperasse.
 
– Si Emma. Mi mancavi troppo!
– Sei venuto fin qui davanti alla mia stanza?
– Si …
- Potevamo vederci …
- Non avevo il permesso per vederti e il Samurai di guardia mi avrebbe fatto in due con la sua catana!
 
Emma rise.
 
– Mulan è cinese non giapponese!
– Fidati! Sarà pure cinese ma è veramente come un Samurai!
– Credo che tutto sommato tu abbia ragione! È una vera guerriera! Così giovane e già inserita nella F.B.I.  Siamo diventate amiche, è un tesoro!
– Sono contento per te Emma, sono più tranquillo a sapere che sei protetta!
– Forse anche troppo! Tra lo stare in questo letto d’ospedale e Mulan fuori dalla porta, sembra di stare in prigione!
– Sei una testimone oculare e le persone che ti hanno rapito sono molto pericolose, ho seguito le news della televisione americana!
– Mi sono chiesta come avessi fatto a capire che gli uomini che mi si erano avvicinati non fossero veri poliziotti …
 
Emma sentì il silenzio all’altro capo del telefono, poi Killian rispose con un tono che cercava di essere allegro.
 
– Forse sesto senso per la “ mia rosa”! Avevano avuto un approccio sospetto … non so!
– Non ti ho ringraziato abbastanza per aver chiamato poi la polizia e mia zia.
– L’avrebbe fatto chiunque no? 
- Dall’Irlanda? Io non avrei neppure saputo come fare!
– L’importante è che lo abbia saputo io Love!
– E sicuramente ne sai parecchio … Hai conosciuto mia cugina Elsa domenica scorsa?!
 
L’aveva voluta buttare lì, non sapeva come Killian l’avrebbe presa.
 
– Si, buon sangue non mente, ti somiglia! Mio fratello è fortunato.  Ti ha parlato di me?
 
Allora lui le aveva ricollegate o Elsa aveva sicuramente parlato della sua famiglia!
 
– Si, mi ha parlato di te …
- Spero di non averle fatto una pessima impressione!
– Direi precisamente il contrario, ti ha fatto dei complimenti!
– Wow! Sempre piacevole fare colpo! Ti ha detto quanto io sia affascinante?
 
Emma rise.
 
– No! Ma mi ha detto quanto tu sia  modesto!
 
Questa volta rise Killian, poi improvvisamente Emma lo sentì serio.
 
– A cosa stai pensando Killian?
– Sto pensando a te …
- Cosa stai pensando di me?
– Sto pensando che nei prossimi giorni potrei avere difficoltà a chiamarti …
- Perché?
– Devo partire per il Sudamerica …
- Lavoro?
– Si Swan! Dovrò prendere dei contatti per aprire una succursale dell’agenzia per cui lavoro.
– La tua Agenzia Assicurativa si estende anche in Sudamerica?
– Si, direi in tutto il mondo! Mi prometti una cosa Emma?
– Cosa?
– Non ti scoraggiare mai, qualsiasi cosa possa succedere! Anche mentre sarai costretta a stare a letto per il piccolo, non perdere di vista i tuoi sogni!
 – Killian … cosa dovrebbe succedere? Quasi mi fai preoccupare!
– No, non hai nulla da preoccuparti, pensa a far nascere il bambino e intanto studia. Pur se non potrai frequentare le lezioni, vai avanti con gli studi e gli esami. Realizza ciò che vuoi veramente!
– E tu Killian? Quali sono i tuoi sogni?
– Sono tanti i miei sogni, ma il più importante riguarda te!
 
Una forte emozione invase il cuore di Emma a quelle ultime parole e non riuscì a rispondere nulla.
 
– Ti devo lasciare ora Emma. Ricordati che pure se non ci potremo sentire io ci sono e ti penso! Ti mando un bacio!
– Anche io a te Killian!
 
Chiusero quella telefonata come avrebbero fatto più due fidanzati che due semplici amici. Emma sentì una strana sensazione di mancanza quando lui chiuse la chiamata prima di lei. Si era affezionata così tanto a quel ragazzo che non aveva nemmeno ben visto in viso?
 
Da parte sua Killian sentiva un grande vuoto nel petto. Aveva giurato a se stesso di essere il più possibile sincero con Emma e pur non dicendole tutto, le aveva detto la verità. Stava per partire per la Colombia. Aveva detto di dover  prendere contatti per aprire una succursale dell’agenzia per cui lavorava. Aveva omesso di dire che quell’agenzia era la D.E.A. Il suo compito in Colombia si ricollegava a quanto i suoi uomini erano riusciti a tirar fuori da Manguso. Quello che doveva fare in Colombia era iniziare a preparare una nuova base per poter entrare nella tana dei Leoni della droga. Ancora una volta avrebbe lavorato in incognito e gli sarebbe stato utile farsi passare per un assicuratore. Aveva fatto dei calcoli per quella nuova missione e sapeva che per alcune settimane non avrebbe potuto chiamare Emma, per questo aveva cercato di incoraggiarla a concentrarsi sullo studio, sia per non pensarlo che per realizzare veramente i suoi intenti. Killian sapeva quanto lei amasse la materia che studiava. Aveva visto il suo curriculum universitario e sapeva che Emma fosse una studentessa brillante. Sarebbe diventata sicuramente un’ottima psicologa!
Guardò lo schermo del suo cellulare, il viso di Emma era lì, nella foto che le aveva scattato alla sua insaputa, quando l’aveva vista la prima volta. Sorrise a guardarla, poi con un sospiro rimise il cellulare nella tasca dei jeans. Il battello era arrivato, vi salì. Amava le imbarcazioni e sapeva come governarle grazie agli insegnamenti di suo zio Henry. Era da tanto che non usava il piccolo veliero di famiglia. Pensò che sarebbe stato bello un giorno viaggiare in gita con Emma e il loro bambino. L’idea di diventare padre gli faceva sentire una strana euforia e gli dava la carica per affrontare la nuova missione.
Un mese! Sarebbe stato via un mese! Emma sarebbe stata ancora lì in ospedale? O il buon Federik Victor l’avrebbe rimandata a casa?
Nell’uno o nell’altro caso, Mulan Chang sarebbe stata alle sue costole! Gli ordini che Captain Hook aveva dato a Winter Soldier per Fiore di Loto erano quelli. Chissà se all’agente Chang sarebbe piaciuto il nickname Fiore di Loto? Forse avrebbe preferito un nomignolo più mascolino?
A Ricordare il cipiglio da dura della giovane agente, quando le aveva consegnato le rose per Emma, gli venne da sorridere.
 
“Decisamente non credo che quel nickname le piacerà, ma piace a me e il Capitano della nave sono io!”
 
Inizio di Ottobre 2008
 
Era passato un mese intero e da Killian Jones nessuna telefonata. Vero che le avesse detto che sarebbe stato in probabile difficoltà a chiamarla, ma non aveva risposto neppure ai suoi tentativi. Ne aveva parlato anche con Elsa, ma la cugina e il fidanzato ne sapevano meno di lei. Killian non rispondeva nemmeno a Liam!
 
“Chissà in quale parte del Sudamerica è andato! In effetti non me lo ha detto! Sarà un punto dove non c’è campo. Ci sono zone ancora un po’ arretrate, ma mi sembra strano! Mi ha detto di non scoraggiarmi e io voglio mantenere la promessa. Non ho fatto altro che studiare a letto! Per metà Ottobre dovrei fare gli esami, vediamo cosa mi risponderà il mio ginecologo. Mi ha detto ieri che doveva pensarci bene! Sono le undici e ancora non è passato per il giro di visita! Speriamo bene!”
 
Emma aveva veramente mantenuto la promessa di non abbattersi. Il fatto di non aver avuto i contatti telefonici quotidiani con Killian era stata una forte privazione per lei e si era resa conto di essersi attaccata a lui anche troppo. Studiare l’aveva aiutata a concentrarsi su altro, evitando di annoiarsi stando a riposo forzato. Durante tutto Settembre aveva avuto rari casi di contrazioni forti e il Dr. Federik Victor While, pur non sciogliendo la prognosi, si era mostrato ottimista per rimandarla a casa. Quella mattina doveva darle una risposta definitiva ed Emma era impaziente.
Finalmente, quasi a ora di pranzo, il biondo ginecologo, accompagnato dall’immancabile ostetrica, Zelina, si presentò da lei.
 
– Emma sarò molto chiaro e sincero con te!
 
Già il tono usato dal medico la mise sul chi va là!
 
– Sei entrata nel settimo mese di gravidanza, abbiamo fatto in modo e maniera di farti arrivare a maturare il più possibile il tuo bambino.  È vero che questo mese non hai avuto contrazioni rilevanti, ma il feto ha comunque subito una sofferenza e il suo cuore mi preoccupa. Il settimo mese di gravidanza rappresenta la linea di demarcazione tra la vita e la morte di un feto e bisogna stare molto attenti. La cosa migliore è giungere alla 39 settimana di gestazione, ne abbiamo già parlato! Ma dipenderà tutto da te. Attualmente sei in condizioni di tornare a casa, ma non in condizioni di tornare a svolgere una normale attività quotidiana …
- Vuol dire che posso tornare a casa ma dovrò stare ancora a letto?
– Si Emma, voglio dire proprio questo! Non ti sentirai prigioniera come in ospedale, starai con la tua famiglia, ma riposo assoluto!
– Ho la sessione d’esami tra quindici giorni!
– Capisco Emma e non voglio impedirti di andare avanti con gli studi. Ti farò una certificazione per il Rettore in modo che tu ti possa accordare per fare gli esami tutti nello stesso giorno. Andrai in auto, non certo con i mezzi pubblici, e dovrai usare una sedia a rotelle, non devi strapazzarti assolutamente!
– Le prometto dottore che starò molto attenta! Mia zia è molto severa riguardo alla mia salute e dopo tutto quello che è successo non mi mollerà un momento!
– Bene! Zelina verrà  a trovarti spesso e io verrò una volta a settimana per il monitoraggio a domicilio! Ricordati che se ci dovesse essere qualche problema, dovremmo ricorrere al cesareo prima della trentanovesima settimana!
– Lo so dottore!
– Tra due giorni sarai dimessa Emma.
 
Quegli ultimi due giorni le sembrarono più lunghi di tutta l’intera permanenza, ma finalmente arrivò il momento di tornare a casa. L’agente Jefferson le aveva annunciato che Mulan sarebbe stata al suo fianco anche a casa e sua zia Ingrid non ebbe nulla da obiettare, anzi, le sarebbe sembrato di avere la sua terza figlia in casa, visto che sentiva la mancanza di Elsa.
 
Il certificato medico rilasciato dal suo ginecologo, aiutò Emma ad ottenere la possibilità di fare gli esami in un’unica sessione. Il Rettore fu così gentile, vista la sua situazione di salute e il fatto che fosse sotto protezione, da organizzare per lei una commissione con tutti i docenti.
Quel giorno entrò nell’aula su una sedia a rotelle, come consigliato dal suo medico, accompagnata da Ingrid e da Mulan.
Emma odiava dover sembrare un’invalida, ma lo stava facendo per il suo bambino. Svolse gli esami brillantemente e ottenne il massimo della valutazione. Chiamò Lorna dopo gli esami e la sua Psicologa le fece i complimenti, dicendole che sarebbe andata a trovarla a casa il lunedì seguente, in quello spazio di tempo che solitamente le dedicava al suo studio privato.
***
 
 
Ottobre volgeva al termine, la gravidanza procedeva bene, grazie al riposo assoluto, e anche il Dottor While, quando le faceva il monitoraggio a domicilio, sembrava soddisfatto e ottimista sul far arrivare alla trentanovesima settimana il piccolo. Il pancione di Emma ormai era evidente e cresceva a vista d’occhio, come doveva essere.
Parlando con Mulan, che ormai sembrava veramente un elemento della famiglia Frozen, Emma le chiese se avrebbe potuto ottenere notizie di Milah Gold. Non aveva mai avuto un suo recapito telefonico e avrebbe voluto sentirla. In fin dei conti avevano vissuto una brutta avventura insieme, alla donna era andata molto peggio e aveva dovuto subire un intervento d’urgenza. Mulan le promise che le avrebbe portato qualche notizia e, quando, dopo un paio di giorni, fu sostituita per una settimana da un’altra Agente, ebbe modo di tornare negli uffici della F.B.I. ed informarsi.
 
Al suo ritorno Mulan sembrava diversa, più seriosa del solito. Alle domande di Emma  non raccontò  cosa avesse fatto durante quella settimana, non poteva per ragioni di servizio, ma riguardo a Milah Gold poté soddisfare la sua curiosità positivamente. La donna aveva superato l’intervento, ma aveva avuto una lunga ospedalizzazione. Anche lei era tuttora sotto protezione e non poteva darle un suo recapito telefonico.
La più grande novità che Mulan portò ad Emma, fu la lettera di comparsa in tribunale per il 3 di Novembre. Iniziava il processo a Manguso e sia Emma che Milah erano convocate come testimoni!
***
 
Il giorno del processo, la F.B.I. mise a disposizione della giovane un’auto blindata. Manguso era in galera, ma i suoi amici ancora latitavano. La sua rete era ampia e non era detto che non fosse riuscito a corrompere qualche secondino e a far arrivare in qualche modo messaggi ai suoi. Le disposizioni della D.E.A. erano ferree sulla protezione di Milah ed Emma.
Le due donne ebbero la possibilità di incontrarsi in una stanza a tu per tu, prima di rilasciare la loro testimonianza. Anche Milah fu felice di rivedere Emma e le fece una tenera carezza sulla pancia, informandosi sulla gravidanza, di che sesso fosse il nascituro e augurandole ogni bene. Il bel viso di Milah era un po’ sfiorito, ancora accusava le conseguenze traumatiche della terribile esperienza vissuta. Le raccontò di essere seguita da un bravo psicoterapeuta e che, purtroppo, soffrisse di incubi ricorrenti. Emma si rese conto che non fosse strano come conseguenza di quanto passato. Anche a lei capitava di avere incubi, specie sull’evento della morte di Kim, ma da quando aveva conosciuto meglio Killian, aveva avuto dei miglioramenti. Peccato che ancora non lo avesse risentito, cominciava a pensare che forse lui avesse perso interesse nei suoi confronti!
 
***
 
Ricordare davanti al giudice, alla giuria e agli stessi colpevoli, del proprio rapimento e di quanto capitato poi, non fu piacevole per la giovane Swan. Per Milah fu anche peggio. Gli uomini che l’avevano violentata avevano reagito sghignazzando e dicendole volgarità, tanto che il Giudice, indignatissima, li fece portare via in manette dalla Polizia e ricondurre in prigione.
 
Il Giudice Agata Cooper, una donnona di colore, sui sessant’anni d’età, fu molto comprensiva e solidale con le due vittime, le tranquillizzò e fece lei stessa delle domande, usando molto tatto.
Milah portava un paio di grandi occhiali da sole neri e, diversamente da Emma, fu molto titubante in alcuni momenti della testimonianza, interrompendo il flusso del discorso a causa dell’emozione e delle lacrime che spesso le inondarono le guance.  Emma si rese conto del dolore che la donna provasse a ricordare l’orrore vissuto, la capiva molto bene, avendo sentito in diretta le violenze che le avevano perpetrato e avendo vissuto sulla propria pelle il terrore per la possibile stessa fine.
 
Il processo sarebbe durato ancora giorni, c’erano altri testimoni da sentire. Emma non poteva sapere quanto altro ci fosse dietro a quei loschi figuri che aveva rivisto in tribunale ma, fortunatamente, per lei e Milah, non avrebbero più dovuto rivederli. Non era stato ritenuto necessario dal Giudice Cooper di ascoltarle nuovamente.
***
 
Nel suo grazioso vestitino premaman, bianco e rosso, che le arrivava sopra il ginocchio, abbinato al suo giubbino di pelle in tinta, impossibile da chiudere per il pancione, Emma era uscita dalla sala dell’udienza, sollevata. Non aveva voluto usare la sedia a rotelle quel giorno, nonostante le insistenze di Ingrid e Mulan. Voleva camminare con le sue gambe, in fin dei conti era un breve tratto!
 
Fuori dalla porta chiusa della sala, una decina di giornalisti e reporter l’assalirono con i loro scatti e i loro microfoni, facendole un’infinità di domande. Mulan e altri agenti, tentarono di tenerli lontani.
Mentre gli altri facevano scudo, Mulan e un paio di agenti della F.B.I. scortarono la giovane per una serie di corridoi del Palazzo di Giustizia, fino a raggiungere l’uscita che dava sul retro, in una via poco trafficata, dove l’auto blindata l’attendeva con a bordo l’agente che faceva da autista.
 
Ancora non erano giunti all’auto che, improvvisamente, si sentì un forte rombare di motori. Mulan teneva per un braccio Emma con la mano sinistra. Strinse maggiormente la presa al punto di farle male. Emma stava per lamentarsene, ma voltandosi verso Mulan la vide con l’espressione facciale tesa e in un lampo prendere con la destra la pistola da sotto l’ascella sinistra.
 
– In guardia voi!
 
Mulan, voltandosi velocemente a destra e manca con la testa, stava gridando ordini agli altri due agenti, vestiti con un giubbotto marcato sulla schiena con la sigla F.B.I.
 
Nel giro di pochi secondi si svolse, davanti agli occhi di Emma, la scena di un film poliziesco. Due motociclisti vestiti di nero, con caschi integrali, comparvero con le loro moto e le pistole alla mano, da dietro l’angolo opposto del Palazzo di Giustizia.
Emma, sbigottita, vide una delle pistole, puntata verso di lei e Mulan, sparare freddamente. Mulan la spinse a terra dietro l’auto blindata, schivando insieme la pallottola che colpì al petto uno dei due agenti dietro di loro. L’altro motociclista puntò all’altro agente, ma questo seguì l’esempio di Mulan, gettandosi a terra e prendendo la propria pistola d’ordinanza per rispondere al fuoco. I due motociclisti non desistettero, continuando a sparare diversi colpi e cercando di posizionarsi in modo da poter vedere le persone protette dietro l’auto.
 
– Emma devi cercare di entrare in macchina e metterti al sicuro!
– Non ce la faccio ad alzarmi, ho un dolore fortissimo al basso ventre!
– Maledizione Emma! Devi entrare in questa cazzo di macchina! Jack coprici le spalle!
 
L’agente chiamato Jack si rialzò velocemente in piedi e scaricò la pistola verso i due motociclisti, colpendone uno a morte. L’altro, impennando con la moto, evitò la scarica e si riavviò verso dove era venuto. Gli venne incontro una grossa auto grigio antracite. Sicuramente erano suoi compari. Emma vide che si scambiavano dei segnali. Mulan approfittò del momento per aprire la portiera e, sollevando di peso Emma, che si teneva il pancione, la spinse poco delicatamente all’interno dell’auto. Lei rimase fuori, pronta a rispondere al fuoco della macchina che sopraggiungeva. Era chiaro che chi stava all’interno volesse eliminare gli agenti della scorta. L’uomo al fianco del guidatore e uno dietro, si sporsero dai finestrini con una pistola in mano e spararono contro Mulan e l’agente Jack. Questi si abbassarono dietro la macchina blindata evitando i colpi, che rimbalzarono sul tettuccio dell’auto, andando ad infilarsi nel muro dell’edificio. Con la velocità del vento, Mulan si buttò a terra rotolando e sparando all’autista. La sua eccellente mira lo colpì dritto alla tempia sinistra e l’uomo si accasciò sul volante, privo di vita, perdendo il controllo dell’auto che si schiantò, a quella velocità, sul muro dell’edificio difronte. L’uomo al lato della guida fu sbalzato in avanti, sfondando il parabrezza con la testa. Per sparare con più comodità non portava la cintura di sicurezza e ne pagò nefastamente le conseguenze. Il terzo uomo, sul sedile di dietro, era incolume e dopo l’urto riuscì ad uscire dall’auto con l’intento di fuggire via. 
 
– Fermo o sparo!
 
Mulan aveva dato anche quell’ultimatum con un tono estremamente autoritario. Ad Emma sembrava di non riconoscere la simpatica e affabile ragazza che era diventata sua amica ed era vissuta tutto quell’ultimo mese e mezzo in casa con lei. La giovane agente orientale stava tirando fuori la guerriera addestrata che era in lei!
 
L’uomo non si fermò e, con freddezza, Mulan allungò le braccia. Reggendo la mano destra armata, con la sinistra, per tenerla più salda, prese la mira e sparò alla caviglia destra del fuggitivo. Il colpo giunse a segno precisamente e l’uomo cadde a terra sanguinante, cercando di trascinarsi a quattro zampe per scappare. In pochi secondi Mulan e Jack furono su di lui. La stessa Mulan gli si buttò sopra a cavalcioni della schiena, immobilizzandolo. L’uomo aveva lasciato cadere la pistola e la ragazza rimise nella fondina sotto il braccio la sua. Si portò la mano destra dietro i pantaloni, al di sotto della giacca e tirò fuori un paio di manette.
 
– Ti dichiaro in arresto!
 
Per prassi la giovane gli recitò tutta la tiritera dei suoi diritti, mentre gli piazzava le manette ai polsi. Poi, rialzandosi, lasciò il prigioniero in consegna a Jack e, prendendo il cellulare, chiamò i rinforzi, dicendo che servisse anche l’ambulanza per il collega ferito. L’agente colpito al petto era grave, ma ancora respirava, forse poteva salvarsi.
Tornò all’auto, e si accorse che Emma si stava piegando per il dolore.
 
– Ho contrazioni fortissime Mulan!
– Ogni quanto Emma?
– Non so dirlo con precisione … ne ho avute tre da quando mi hai spinta a terra!
– Dobbiamo portarti subito all’ospedale Emma! Andrew parti immediatamente! Jack se la caverà anche da solo! Stanno arrivando i nostri e l’ambulanza per Hanson!
 
L’agente Andrew non se lo fece ripetere due volte, mise in moto e partì sgommando, filando velocemente verso l’ospedale dove Emma era stata ricoverata in tutto il periodo precedente.
 
– Emma regola la respirazione come ti ha mostrato Zelina! I sette mesi li hai compiuti ormai, puoi partorire! Cerca di farcela! Ho tutta l’intenzione di vederlo questo piccoletto vivace!
 
 Emma le rispose con un debole sorriso che si trasformò in una smorfia per la nuova contrazione.
 
– Sono ravvicinate queste contrazioni! Chiamo l’ospedale per avvisare While!
 
Con molta efficienza, l’agente Chang chiamò il ginecologo di Emma e lo informò della situazione. Il medico era in servizio e avrebbe allestito la sala parto immediatamente.
 
– Tranquilla Emma! Il tuo medico è già sul posto, vedrai andrà tutto bene!
 
Mentre Emma regolava la respirazione, Mulan riprese il suo telefono. Scorse l’alfabeto e si fermò sulle iniziali CH. Cliccò per inviare un messaggio e velocemente scrisse:
 
“Siamo stati attaccati all’uscita dal Tribunale. La “rosa” è sotto la campana di vetro. Sta per partorire e stiamo andando all’ospedale”
 
Schiacciò invio e l’sms partì.
 
Nello stesso momento due occhi azzurri come l’oceano videro illuminarsi lo schermo del cellulare poggiato sulla scrivania. Scattò in piedi leggendo il nome del mittente.
 
“Fiore di Loto!”
 
***
 
L’auto blindata si fermò davanti all’entrata principale dell’ospedale. Un portantino era già pronto con una sedia a rotelle. Mulan aiutò Emma a scendere dalla macchina e a sedersi sulla sedia.
 
– Tutto bene?
– No! Sto morendo di paura! Credo di avere una perdita!
 
Mulan diede un’occhiata veloce all’interno dell’auto, mentre Emma si sistemava sulla sedia. Il sedile era bagnato, ma non di sangue.
 
– Ti si sono rotte le acque Emma, quella è la perdita! Stai tranquilla, vedrai che non è grave!
 
Il portantino spinse con celerità la sedia verso l’interno e Mulan seguì Emma, prendendola per mano, con fare rassicurante. La giovane venne fatta entrare nella saletta del Pronto Soccorso e il medico di turno la visitò immediatamente.
 
– Signora Swan lei ha il parto aperto di cinque centimetri, le acque si sono rotte! Le farò dei prelievi mentre è sul lettino, normale prassi per scongiurare infezioni da salmonellosi per il piccolo. La sala parto è sempre pronta, il suo ginecologo l’aspetta. Tra poco la manderemo in sala travaglio.
 
Dopo aver subito i due tamponi, uno vaginale e l’altro anale, Emma venne trasportata in sala travaglio. Le ostetriche presenti impedirono a Mulan di entrare.
Non avendo l’occorrente con sé per l’ospedalizzazione, le operatrici l’aiutarono a spogliarsi completamente e le fecero indossare un camiciotto di cotone bianco lungo fino a metà coscia. La fecero sdraiare sul letto e le applicarono le cinghie per il monitoraggio, coprendola con un lenzuolo. Una delle due le prese la pressione sanguigna. L’altra esaminò, con le dita rivestite dei guanti di lattice, l’apertura della cervice.
 
– Sento la testolina del bambino, siamo quasi a otto centimetri!
 
L’ostetrica si scambiò un’occhiata d’intesa con l’altra.
 
– In sala parto c’è Zelina?
– Si, è già dentro con While!
– Bene! Signora Swan le faccio i miei auguri! Io sto finendo il turno. La pressione sta bene! Vedo che ha forti contrazioni! Le chiamo Zelina!
 
L’ostetrica in fine turno andò via salutandola, lasciandola con la collega più giovane, forse una tirocinante.
 
 
– Emma cara! Eccomi! Vediamo … si direi che possiamo entrare in sala parto! Vai pure Emily, ci penso io adesso!
 
Su quel letto, che Zelina stava spingendo verso la sala parto, Emma stava combattendo contrazioni sempre più forti e ravvicinate.
 
– Inspira ed espira Emma, come ti ho spiegato! Così, brava!
 
La porta della sala si aprì con la spinta del letto e si ritrovarono in una stanza molto illuminata. Emma, dalla sua posizione, poteva vedere le varie luci appese al soffitto. Il Dr. While già aveva indossato la mascherina e i guanti di lattice. Con lui era presente un infermiere, vestito di verde come il medico e l’ostetrica, anche egli con la mascherina.
Ad Emma, tra il dolore che le squassava i visceri e l’emozione, sembrava tutto surreale. Non le sembrava nemmeno che stesse succedendo a lei. Pregava solo che tutto andasse bene e finisse presto. I dolori fortissimi le stavano facendo perdere lucidità.
 
– Infermiere solleviamola dal letto e poniamola su quello ginecologico!
 
L’infermiere la sollevò tra le braccia come se fosse una piuma, usando delicatezza e attenzione, per posarla poi sull’altro lettino, organizzato con due maniglie ai lati e due supporti divaricatori per le gambe.
 
– Emma sta andando tutto bene! Partorirai senza bisogno del cesareo, Zelina il bisturi per l’episiotomia!
 
Il medico, dall’occhiata veloce, si era reso conto che il parto fosse precipitoso. Per prevenire un possibile prolasso dell’utero, dopo averle iniettato un anestetico, le praticò un taglio laterale, dal perineo all’ano, che Emma appena percepì, visti i dolori forti delle impegnative contrazioni.
 
– Emma,  ora esegui quello che ti dico e in un paio di spinte il bambino sarà fuori!
 
Zelina aveva preso la direzione del parto e cominciò a darle indicazioni su come spingere. Emma, nonostante tutto, si sentiva molto in imbarazzo, eseguiva ma non riusciva a rilassarsi, respirando affannatamente.
 
– La respirazione Emma! Lentamente e quando senti la contrazione spingi forte. Infermiere l’aiuti! Si posizioni dietro la sua schiena, sa cosa fare appena sta per spingere, le tenga la schiena!
 
L’infermiere era stato al fianco di Emma fino a quel momento e si spostò dietro di lei, mettendosi seduto di fianco e circondandole la vita con le braccia. Emma avrebbe potuto usare le maniglie ai lati del letto, ma l’uomo le prese le mani intrecciando le dita alle sue. Emma, più che vedere quelle mani, ne sentì il calore della pelle priva dei guanti di lattice. Sentì il petto dell’uomo dietro la sua schiena e le sue braccia intorno a lei. Si sentì stranamente protetta, avvolta dal calore di quello sconosciuto operatore sanitario. Iniziò a tranquillizzarsi e a respirare con il ritmo giusto. Quando arrivarono le ultime contrazioni strinse talmente forte le mani dell’uomo dietro di lei che temette di spezzargliele. Lui si mosse all’unisono con lei, assecondando i suoi movimenti e tenendola saldamente, fornendole un supporto fisico che per lei fu molto importante. Alla spinta definitiva, Emma contrasse anche i muscoli del collo. Stava grondando sudore.  L’infermiere la sostenne ancora, tenendola più saldamente e portando il viso, coperto con la mascherina, vicino alla sua guancia sinistra.
 
Il bambino uscì finalmente da lei che si rilassò, appoggiandosi al petto dell’infermiere che la teneva ancora con le mani intrecciate alle sue. Lei sentì il respiro di sollievo che emise l’uomo vicino al suo orecchio. Fu in quel momento che si rese conto di avere le mani con le dita intrecciate alle sue, in un gesto che le risultò molto più intimo del necessario. Imbarazzata lasciò immediatamente le mani dell’infermiere, il quale ritirò le sue, portandogliele alla schiena e, delicatamente, alzandosi, l’aiutò a riallungarsi.
Zelina aveva raccolto il bambino e lo teneva avvolto in un panno di cotone sterile. Lo smuoveva e gli apriva la bocca.
 
– Dai piccolo! Fai sentire la tua vocetta!
 
Emma sapeva che fosse importante il pianto del piccolo, lo aveva studiato anche all’università. Serviva per aprire i polmoni del neonato e farvi entrare aria. In caso contrario avrebbe potuto avere danni cerebrali per anossia. Quei secondi che passavano, senza sentire il pianto del bambino, le stavano sembrando eterni, poi finalmente uno strillo risuonò nella stanza. Emma ebbe un sospiro di sollievo. Il suo bambino stava respirando!
 
– Bravo piccino! Vediamo di farti il bagnetto! Poi la visita pediatrica.
 
Velocemente Zelina lavò il neonato che non smetteva di strillare!
 
– Bravo! Fai sentire che ci sei!
 
Il Dr. While intanto ricuciva il taglio dell’episiotomia, provocando altro dolore ad Emma, che per la gioia di sentire il piccolo e distratta a guardare cosa stesse facendo l’ostetrica, non ci faceva nemmeno caso.
 
– Il bambino è piuttosto piccolino Emma! Lo mandiamo nella sala neonati. Lo sai potrebbe avere un’insufficienza cardiaca. Il parto è stato prematuro e precipitoso. Non escludo la necessità di tenerlo in incubatrice!
– Posso tenerlo un pochino prima che lo portiate via?
 
While fece cenno a Zelina e questa gli mise il piccino, ancora nudo, sul petto. Sembrava una magia, il neonato si zittì immediatamente a contatto con sua madre.
Emma baciò la sua testolina, coperta di una soffice peluria bruna, accarezzandogli la schiena morbida. Inspirò il suo odore, così naturale e suo. Un odore che non poteva essere di altri se non di suo figlio.
 
– Ha gli occhi così chiusi! Chissà se sono come quelli del suo papà … erano bellissimi!
– Non sempre li aprono subito! Lui è pure settimino! Ora dobbiamo andare però!
 
Zelina riavvolse il piccino in un panno di cotone. Emma notò che al braccino già gli era stato posto un braccialino con il suo cognome, diede un’ultima carezza alla manina serrata a pugno.
 
 – Infermiere porti il piccolo nella sala pediatrica!
 
Mentre While dava quell’ordine, Zelina passò il neonato nelle braccia dell’infermiere. Emma automaticamente gli prese la mano che ancora era in basso. L’uomo ebbe una sorta di sussulto, non aspettandoselo.
Non poteva vederlo in viso dalla sua posizione. Vide i capelli bruni sotto il cappellino verde da sala operatoria e la mascherina chirurgica che gli copriva il viso. Intravide una zona scura della guancia destra, forse aveva la barba? Gli disse con un filo di voce.
 
– Grazie di tutto, mi scusi se le ho fatto male prima!
 
L’uomo non rispose, né si voltò verso di lei, ma le strinse forte la mano.
Preso il neonato tra le braccia, l’infermiere si avviò verso la porta.
 
– Che nome vuoi dare al tuo bambino Emma?
 
Zelina stava iniziando a riempire la scheda anagrafica del neonato. Conosceva i dati della neomamma, mancavano quelli del figlioletto.
Emma non ebbe esitazioni nel rispondere.
 
– Henry! Il suo papà lo avrebbe chiamato così! Questo sarà il suo nome!
 
L’infermiere si era trattenuto sull’uscio. Voltato di spalle sentì le parole di Emma, strinse al petto il piccino e uscì dalla stanza.
 
 
Un paio di ore dopo
Emma guardava il liquido della flebo che scorreva nel tubicino e finiva nell’ago inserita nella vena sul dorso della sua mano sinistra. Era stata spostata dalla sala parto ad una stanza di degenza singola. Mulan era vicino a lei.
 
– Mulan, ti prego, vai a chiedere qualcosa! Sono passate due ore! Non mi hanno fatto sapere nulla di mio figlio! Voglio vederlo! Dovrò anche allattarlo!
– Emma stai facendo l’antibiotico! While è stato chiaro! Con i tuoi problemi con la splenectomia ti devi riguardare dalle infezioni più di ogni altra donna!
– Mio Dio che condanna! Da quando avevo quattro anni che prendo continuamente questi dannati antibiotici! Non è ancora arrivata nemmeno  zia Ingrid!
– Lo sai che sta all’altro capo della città. L’ho chiamata mentre eri in sala parto, sarà qui a momenti!
 
Mentre parlavano la porta della stanza si aprì. Il Dottor Federik Victor While, entrò con una un’espressione che non era la solita sorridente.
 
– Emma …
 
Emma cercò di mettersi seduta, ma ebbe una smorfia di dolore per i punti dell’episiotomia.
 
– Dottore che è successo?! Come sta il mio bambino?!
– Emma stai ferma! I punti si potrebbero lacerare!
– Non mi importa nulla dei punti! Voglio vedere il mio bambino!
 
 
 
Gli occhi iniziavano a riempirsi di lacrime. Il medico le stava per dare una brutta notizia, lo sentiva! Vide che l’uomo abbassava il viso e, prendendo fiato per parlare, lo rialzava.
 
– Emma devi essere forte e consapevole …
- Noo!
 
Non fu un grido quello di Emma ma un lamento di dolore.
 
– Sapevi della possibilità di una insufficienza cardiaca …
- Nooo, la prego no! Non mi dica nulla la prego!
 
Emma si era portate le mani alle orecchie per chiuderle a qualsiasi comunicazione nefasta del medico e stava piangendo.
 
– Mi dispiace Emma, ma il piccolo non può farcela. Gli è stata messa una flebo … non è servita l’incubatrice ha gravi difficoltà a respirare, gli stanno dando ossigeno, ma …
- Voglio vederlo! Voglio vedere il mio bambino! L’ho tenuto in braccio solo pochi secondi! Non può essere una stella cadente come suo padre! Perché tutto ciò che mi capita di bello deve finire così?!
 
In un attimo Emma si strappò dal dorso della mano l’ago della flebo e cercò di alzarsi, incurante dei punti che tiravano rischiando di strapparsi.
Mulan la prese per le braccia, cercando di farla calmare!
 
– Fermati Emma! Ti farai solo del male così!
– Il mio bambino sta lottando tra la vita e la morte e io non sono con lui! Che madre sono?! Dottore mi faccia andare da mio figlio, per favore!
 
While aveva una faccia veramente dispiaciuta. Era straziante vedere la disperazione di quella giovane mamma che ne aveva passate già tante!
 
– Che sta succedendo?!
 
Una spaventata e preoccupata Ingrid era entrata come un tornado nella stanza, avendo sentito sua nipote piangere e disperarsi in quel modo.
 
- Mamma! Mamma diglielo anche tu! Voglio vedere il mio piccolo prima che muoia! Non mi fate questo vi prego!
 
Ingrid fu sconvolta non meno della nipote.
 
– Che muoia?!
 
Mulan teneva ancora Emma, cingendola con le braccia da dietro,  le fece un cenno di si con la testa e l’espressione mesta.
 
– Ma allora …
- Si Signora Frozen! Quello che temevo si è verificato. Il bambino ha una grave insufficienza cardiaca. Lo stiamo ossigenando, ma non credo che durerà molto.
– Dottore faccia vedere il piccolo a mia figlia!
– Avrei voluto risparmiarglielo Signora Ingrid! Non sarà meno dolorosa la perdita per Emma!
 
Il medico chiamò Zelina e questa accompagnò Emma, insieme a sua zia, tenendola ognuna per un braccio, alla saletta pediatrica. Il Dr. While era già lì con il pediatra. L’uomo stava lavorando proprio sul piccino. Emma, da dietro la vetrata, vide chiaramente che gli toglievano la mascherina per l’ossigeno e gli sfilavano il piccolo ago dalla manina. Il neonato era completamente immobile. Il pediatra si voltò verso la giovane mamma e scosse la testa. Il piccolo Henry non ce l’aveva fatta.
While uscì dalla stanza e si diresse verso le tre donne.
 
– Mi dispiace tanto! Vi porgo le mie condoglianze!
 
Emma piangeva sommessamente, singhiozzando in modo incontrollato. Sua zia la teneva poggiata sulla spalla e le accarezzava la testa spettinata.
 
– Zelina fai portare un letto, non possiamo riportarla con la sedia, i punti le farebbero male.
 
Zelina era pallidissima in viso e aveva le lacrime agli occhi, eseguì la richiesta del medico e andò a chiamare i portantini. In pochi minuti portarono il letto per Emma. Lei vi si rannicchiò sopra continuando a piangere disperatamente.
 
– Signora Frozen … penseremo noi per i certificati e il funerale. Il tempo di far passare le 24 ore. Il piccolo sarà portato in obitorio. Tra tre giorni dimetteremo Emma e potrete celebrare il funerale secondo il rito che professate.
– Per le spese?
– Ne parli con la direzione Signora!
– Grazie dottore!
 
 
Quattro giorni dopo, 7 Novembre 2008       
 
Era stato tutto così veloce!
 
A malapena ricordava il visetto del suo bambino! Lo aveva tenuto sul petto così poco tempo! Eppure non avrebbe mai dimenticato il suo odore e la sensazione provata ad accarezzare la sua tenera pelle morbida.
Ora era lì, in quella piccola bara bianca che stava scendendo in una buca scavata nel terreno del cimitero. Gli occhi verdi di Emma erano gonfi per le lacrime versate. La sua famiglia la circondava. Elsa era tornata per il funerale del suo nipotino, Anna e Kristoff si tenevano per mano, Anna si asciugava una lacrima. Ingrid teneva un braccio intorno alle spalle di Emma. Regina era tornata da Londra e le teneva la mano sinistra. Poco più indietro c’erano Cora Mills, Lorna Stone e Mulan Chang.
 
Elsa prese un pugnetto di terra e lo lanciò sulla piccola bara. A turno, tutti i presenti fecero lo stesso. Emma fu l’ultima. Guardò un’ultima volta la bara della sua piccola stella cadente.
Si, l’aveva paragonato ad una stella cadente!
Kim e Henry, padre e figlio, lo erano stati ambedue nella sua vita. Due splendide fulgide stelle! Erano arrivate inaspettatamente, avevano illuminato improvvisamente il suo cielo, l’avevano resa felice come non mai e poi, nella loro veloce parabola, si erano spente, sparendo per sempre dalla sua vita in una frazione di secondo!
 
Perché il destino doveva essere così crudele? Emma non se lo spiegava. Cosa aveva fatto di male per meritarsi solo dolore nella sua giovane vita? Aveva perso tutti coloro che aveva più amato! E Killian Jones? Aveva avuto ragione nel dire a se stessa di non affezionarsi a lui! Era un’altra stella cadente nella sua vita evidentemente! Non si era fatto più sentire! Sparito nel nulla anche lui? Proprio nel momento in cui l’aveva fatta sentire amata? Perché si ingannava sempre sulle persone? Studiava pure Psicologia? Era stanca! Veramente stanca e delusa! Doveva diventare come una pietra! Doveva fare in modo che più niente e nessuno potesse scalfirla! Doveva difendersi e doveva imparare veramente a conoscere le persone, a capire per prevenire.
 
In quel momento, mentre versava il suo pugno di terra sulla bara bianca, prese una decisione, la decisione che avrebbe cambiato il corso della sua vita! Voleva diventare una Profiler come Lorna! Voleva entrare nella F.B.I. voleva svolgere il training che aveva fatto anche Lorna! Avrebbe seguito la sua passione per la Psicologia, l’avrebbe usata per combattere il crimine. Avrebbe perseguito i suoi sogni. Lo aveva promesso anche a Killian Jones. Le erano rimasti solo quelli ormai e non sarebbero stati una ennesima stella cadente!
 
 
Distante dal gruppo di persone riunite intorno ad una fossa scavata nel terreno, due occhi azzurri, celati dalle lenti a specchio di un paio di Ray Ban Aviator, guardavano quella triste scena. I biondi e lunghi capelli di Emma si muovevano al vento. Li avrebbe voluti accarezzare. Avrebbe voluto stringerla forte a sé. La fissò intensamente, lei si voltò, come se avesse percepito il suo sguardo, ma non poté vederlo. Lui era già sparito dietro l’alta e marmorea statua di un angelo custode …
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
State venendo a cercarmi per caso? Si lo so! Qualcuno ci sarà rimasto parecchio male. Per chi vuole dirmene di tutti i colori accetto recensioni anche negative.
Non disperate dai! Arriverà il momento della gioia, Emma se lo merita e Killian pure!
Intanto Emma cercherà di entrare nella F.B.I. e vedremo cosa capiterà ancora.
Un saluto a tutti, un grazie a chi segue costantemente e a chi vorrà lasciare un commento (spero non troppo minatorio).
Buona settimana a tutti.
Lara

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Capitolo 23
*** Dalle ceneri la vita ***


Capitolo 23

Dalle ceneri la vita

 
 
“ Avvenuto questa mattina alle 11.30 il funerale del piccolo Henry Swan. Purtroppo il neonato, figlio di Miss Emma Swan, la coraggiosissima ragazza che, come i più ricorderanno, alcuni mesi fa salvò se stessa e la Signora Milah Gold da un terribile destino, non ce l’ha fatta! Il piccino era nato prematuramente inseguito all’attentato accaduto alla madre il 3 novembre, giorno dell’udienza per il processo al famigerato boss della mafia Tony Manguso. La nascita prematura e una grave insufficienza cardiaca, sono state le cause del suo decesso. La giovane “Salvatrice”, come era stata soprannominata Miss Swan, si è chiusa nel suo lutto, protetta dall’affetto dei suo familiari. Non ha voluto rilasciare interviste e i numerosi reporter che hanno tentato di scattarle delle foto o video, durante la cerimonia funebre, sono stati debitamente allontanati dalla Polizia. Qualche rara immagine è stata catturata con il teleobiettivo. Il funerale si è concluso presso lo splendido Mount Auburn Cemetery,    in forma strettamente privata. Un pensiero affettuoso di cordoglio anche da questa Redazione! Passiamo ora alla prossima notizia … “

 
Sebastian Jefferson entrò nella stanza in religioso silenzio. La porta dello studio del suo Capitano era aperta e aveva sentito chiaramente cosa  egli stesse ascoltando. Non osava nemmeno immaginare come quel giovane avesse potuto sentirsi. Il suo figlioletto, nato dalla donna che amava, non ce l’aveva fatta a sopravvivere. Jefferson sentiva un misto di pena e rabbia nel petto. Avrebbe voluto far qualcosa per Killian, ma sapeva che non poteva nulla.
 
– Killian …
 
Captain Hook aveva appena tolto il programma sul monitor, riaprendolo su un’altra schermata. Si voltò verso di lui con espressione glaciale.
 
– Volevo farti le mie condoglianze …
 
Il Capitano rispose con un cenno della testa, mantenendo l’espressione facciale impassibile.
 
– Come stai?
 
A quella domanda lo vide sollevare un sopracciglio, la fronte aggrottata.
 
– Sto bene!
 
Seb notò il guizzo del muscolo mascellare sul suo volto. No! Decisamente non stava bene.
 
– Vorrei che fosse vero Killian!
 
Non ebbe risposta. Lo osservò prestare nuovamente attenzione al monitor. Capì che non voleva parlare di quell’argomento e attese che fosse lui ad aprirne un altro. Passarono un paio di minuti, mentre Killian digitava velocemente sulla tastiera, poi improvvisamente lo vide togliere le mani dai tasti e ruotare con la sedia ergonomica verso di sé.
 
– Tra un paio di giorni ripartirò nuovamente per la Colombia.
– Hai scoperto qualcosa su Gold?
– I contatti che ho preso durante il mese passato mi porteranno presto da lui! Emma e Milah non saranno mai del tutto al sicuro con quell’uomo a piede libero!
– Sono ambedue sotto protezione!
– E ci resteranno! Hai visto il 3 novembre no?!
 
Seb abbassò il viso rammaricato. Nonostante la protezione, Emma aveva subito un attentato e di seguito era successo il fattaccio per il piccino che aveva in grembo.
 
– Già, l’attentato ad Emma!
– Non era per Emma l’attentato!
– Cosa?
– L’attentato era per  gli agenti! Li volevano eliminare per rapire Emma!
– A che pro, in fin dei conti aveva già testimoniato!
– Gold è un uomo diabolico! Non era Emma il suo interesse principale, bensì nostro figlio!
– Il bambino?!
– Non hai seguito tutti i dettagli dell’Operazione Talpa Seb!
– No, infatti quello è stato compito tuo e degli agenti che hai mandato dietro a Brocowsky! Io sono il tuo intermediario!
– Sei il mio braccio destro e il mio braccio sinistro Seb, le mie gambe e i miei occhi quando io non posso comparire!
 
Seb sorrise, orgoglioso della stima e della grande fiducia che il suo giovane Capitano riponeva in lui.
 
– Manguso aveva rivelato a Brocowsky dell’intento di rapire mio figlio alla nascita e gli aveva detto di tenerlo informato sulla gravidanza. Emma stava vivendo una gravidanza difficile e si prospettava un cesareo …
- Ma le cose sono andate diversamente!
– Lo sappiamo ormai! Hanno cercato di rapirla in quel modo per farla partorire e poi chissà che altro le avrebbero fatto a lei e al bambino! Il tizio che Fiore di Loto ha arrestato lo ha detto esplicitamente durante l’interrogatorio. Forse è meglio che le cose siano andate come sono andate non pensi?
 
Seb rimase ammutolito. Non sapeva in effetti molti dettagli. Il piccolo era morto, ma almeno sua madre era salva. Se quei delinquenti l’avessero presa … non osava pensare che fine avrebbero fatto ambedue!
 
– Manguso sapeva che dietro Kim Steward ci fosse Killian Jones e sicuramente lo ha fatto sapere a Gold. Quell’uomo è molto vendicativo, lo abbiamo visto con la povera Milah! Con il rapimento di Emma e nostro figlio avrebbe colpito in modo diretto il suo nemico, me!
– L’hai sentita?
 
Killian aveva capito benissimo a chi si riferisse Sebastian.
 
– No! Le avevo detto che mentre ero in Sudamerica non avrei avuto la possibilità di chiamarla!
– Ma  ora sei qui!
 
Killian non rispose. Si, era lì e avrebbe voluto essere con lei! Aveva un bisogno viscerale di stare con lei! Un bisogno che, più della carne, era un bisogno dell’anima. Ma come poteva?  Doveva starle alla larga. Gold poteva avere spie ovunque! Ancora non era il momento di farsi riconoscere e doveva starle lontano anche telefonicamente. Killian Jones non doveva più mostrare interesse per lei! Emma sicuramente stava soffrendo tantissimo e lui non stava soffrendo di meno!
 
 
– Tra due giorni non sarò più qui e lei potrà pensare ad altro. In questo spero che Lorna l’aiuti. Ora ne ha più bisogno di prima!
– Questa volta la missione sarà più pericolosa per te Capitano!
– Ne sono pienamente consapevole!
– Questa volta vengo con te. Ti servirà qualcuno che ti copra le spalle!
– No! Tu resterai qui! Tu sai tutta la verità su Kim Steward e la missione. Sai di Emma e me … devi continuare ad essere il mio tramite e tutto quanto ti ho detto prima. Sai dove e come cercarmi. Se sarà necessario manderò a chiamare Fiore di Loto.
– Lei è una ragazzina Killian! Meglio tenerla con Emma no?
– Quella “ragazzina”, come la chiami tu, è una vera Tigre cinese Seb! Se dovrò trasferire in Cina l’azione, lei sarà fondamentale!
– Stai pensando al traffico di Oppio che si è incrementato di recente?
– Naturalmente Seb! Ho scoperto che i Leoni Colombiani stanno allargando il loro traffico alleandosi con i cartelli Cinesi in via diretta, senza passare attraverso Chinatown e indovina chi è il loro intermediario?
– Non mi dire! Gold in persona?!
– Hai detto giusto Winter Soldier!
– Ma questo significa che Gold si trova in una zona dove si sente tranquillo e fuori dalla giurisdizione degli Stati Uniti, un posto vicino e sicuro!
– Esatto anche questo! Credo che abbia scelto come base la Repubblica Dominicana, è il punto più strategico!
– Non ti conviene andare direttamente lì?
– Lasciando indietro i pesci più grossi dello spaccio mondiale di Cocaina? No amico! Ho strutturato una bella rete durante il mese passato, il caro Avvocato Robert Rogers, Agente assicurativo di una delle più importanti Agenzie assicurative mondiali, ha saputo allacciare dei ponti saldi. Sai come trovarmi se hai bisogno! Ti lascio gli ordini entro domani mattina!
 
***
 
Quella sera …

Lorna tagliava in piccoli pezzi la bistecca che aveva nel piatto e intanto ascoltava Sebastian. Avevano preso l’abitudine di cenare insieme, o a casa di Lorna o a casa di Seb. Quella sera Lorna era andata da lui e lo aveva trovato intento a cucinare due grosse bistecche alla piastra. Aveva sorriso a vederlo con un grembiule da cucina allacciato in vita, le maniche della camicia bianca arrotolate fino ai gomiti e l’espressione assorta di chi si sta impegnando al meglio in quello che sta facendo. Le aveva chiesto come preferisse la cottura della carne e lei aveva risposto che la voleva media. Anche a lui piaceva in quel modo. Mentre Seb finiva di cucinare la carne, lei aveva preparato un’insalata e dei pomodori. Aveva portato una piccola apple pie, aveva scoperto che il suo uomo ne andasse matto e aveva trascorso le ultime ore del pomeriggio a preparargliela con le sue mani.
 
– Come sta lui?
– Cosa vuoi che ti dica Lorna? Hai presente il vecchio “Cuore di ghiaccio”?
– Capisco!
– Sembra impenetrabile, non gli leggi un’emozione sul viso …
- Quello è il suo modo per difendersi Seb. Ironizza o diventa glaciale!
– Non ho mai avuto figli, ma perderne uno non credo sia facile da sopportare!
 
Lorna non rispose e smise di mangiare.
 
– Che c’è?! Non hai più fame Lorna?
– Seb … io devo dirti una cosa!
– Cosa sarà mai?! Hai una faccia!
– Ecco … io so benissimo come ci si sente a perdere un figlio!
– Vuoi dire … lo sai personalmente?
– Si! Anni fa persi il piccolo che aspettavo da mio marito, in seguito al suo tradimento. Forse non dipese da quello, forse doveva succedere … ma io lo volevo quel bambino!
 
Sebastian era rimasto con il boccone che non gli andava né giù né su. Vide gli occhi di Lorna inumidirsi. Si rese conto che la sua Lorna avesse sofferto molto con Federik Victor. Sapeva che lui fosse un donnaiolo e che lei l’ avesse lasciato per averlo colto in flagrante, ma della perdita di un figlio non ne aveva mai saputo nulla!
 
– Lorna io … non sapevo. Scusami. Mi dispiace!
 
Si era alzato dalla sua sedia e si era posto in ginocchio davanti a lei, prendendole le mani e baciandone prima una e poi l’altra. Lei aveva sfilato la destra e l’aveva portata al suo viso. Seb aveva fatto la barba di fresco, e con quella carezza Lorna sentì la pelle del suo viso liscia. Si radeva sempre alla perfezione prima di stare con lei!
 
– Tutto passato ormai! Ma ho sofferto con Emma questi giorni. Non è stato facile supportarla. Mi sono immedesimata molto in lei, ho capito perfettamente il suo dolore e ho fatto fatica a non piangere insieme a lei. Stava uscendo pian piano dal lutto per Kim ed ora vi è ripiombata per il suo bimbo. Mi consola solo il fatto che potrà averne altri e quando questa storia finirà lei e Killian potranno finalmente riabbracciarsi. La chiamasse almeno! Killian Jones è sparito dalla circolazione per lei!
 – Lorna, Killian non può chiamarla! È una questione di sicurezza! Vedi cosa puoi fare per lei!
– Forse sarà lei a fare qualcosa per se stessa Seb!
– Che vuoi dire?
 
Lei iniziò a sbottonargli la camicia, accarezzandogli il petto atletico.
 
- Smettiamo di pensare ad Emma e a Killian ora! Vuoi?
 
Le mani di Lorna su di sé già gli stavano facendo un certo effetto. Sebastian si alzò tirando su anche lei. La strinse a sé ponendole le mani a coppa sui glutei. Lei indossava una gonna a tubo, con una piega laterale che nascondeva uno spacco. Seb spostò la mano destra verso quell’apertura e vi si intrufolò sensualmente, accarezzandole la parte esterna della coscia. Si accorse della sua mise sotto la stoffa.
 
– Wow! Reggicalze? Lo sai che ti adoro con la guepiere!
 
Lei sorrise maliziosa e lui sentì montare la propria eccitazione e il desiderio di averla.
 
– Credo di avere un altro tipo di fame ora!
 
Con movimenti esperti, in un attimo sbottonò la gonna di Lorna, che cadde intorno alle sue caviglie, lasciandola con la camicetta bianca e le calze tenute dal reggicalze che spariva sotto di essa. Lorna continuava a guardarlo maliziosamente, con i suoi occhi da cerbiatta. Seb le aprì la camicetta e la fece scivolare dalle sue braccia. Si allontanò di un passo per guardarla. Sotto gli abiti lei aveva messo veramente una guepiere  di pizzo bianco che, con le sue trasparenze e il reggiseno a balconcino, ne esaltavano le belle forme, rendendole più sexy. La guepiere non aveva spalline e finiva sui fianchi con il reggicalze. Un piccolo perizoma, dello stesso pizzo bianco, le copriva il pube. Sebastian la fece ruotare, riempiendosi gli occhi della sua avvenenza e sentendo i jeans ancora più stretti sul davanti. Le accarezzò le spalle, seguendo la linea della vita, che si ristringeva piacevolmente per riaprirsi con le morbide rotondità dei glutei armoniosi.
 
– Dio cosa sei Lorna!
 
Le accarezzò le natiche e lei si voltò velocemente verso di lui, mettendogli le braccia intorno al collo e baciandolo con desiderio. Lui la strinse a sé con ardore e ricambiò quel bacio. Le mani di Lorna scesero lungo i suoi pettorali, aprendo gli ultimi bottoni della camicia, fino agli addominali scolpiti dal duro allenamento da Marines. Accarezzò il busto del suo uomo, sentendone i brividi di piacere e desiderio. Lui non resistette oltre. La sollevò e la portò in camera da letto, continuando a baciarla. La depose sul copriletto e con l’indice e il medio delle due mani le sfilò via il perizoma.
 
 – Sei sexy da morire Lorna, lo sai vero?
 
Lei rise divertita. Lo sapeva benissimo. Sapeva come sedurre un uomo, ma con Seb era anche troppo facile, visto che era normalmente attratto da lei.
Si mise seduta sul letto con lui davanti, intenzionata a far sparire quei jeans, ma lui fu di un altro avviso. La reclinò nuovamente sul letto e le accarezzò l’interno delle gambe, facendogliele schiudere per poter giungere alla sua intimità.
 
– Ora voglio sentirti urlare di piacere Lorna!
 
Lei non si aspettava quell’attacco diretto e sussultò quando sentì le sue labbra sulla sua intimità e la sua lingua percorrerla carezzevole per poi affondare dentro di lei. Il gemito di piacere che uscì dalla sua gola fu spontaneo e Seb continuò insistentemente, finché non la sentì fremere incontrollatamente sotto di lui e respirare più velocemente. Fu allora che la prese con tutto il desiderio e la passione che provava per lei. Dimenticarono tutto il resto in quei minuti meravigliosi del loro amore, dandosi l’uno all’altra incondizionatamente.
….
 
Lorna si era alzata dal letto. Rimise il suo succinto perizoma e infilò la camicia di Sebastian, lasciandola aperta. Lui si era già alzato ed era sparito in cucina. Dopo aver fatto l’amore aveva sempre bisogno di cibo. Per Lorna non era così.
Era incredibile come il godimento della loro passione avesse effetti opposti su ognuno dei due. Lorna non sentiva il bisogno di mangiare, era appagata già per quanto Seb le aveva dato. Camminando scalza, si diresse in cucina e si poggio allo stipite della porta, guardandolo con le braccia conserte. Seb stava in piedi, a dorso nudo, con i boxer blu e addentava una abbondante fette di apple pie. Si accorse di lei e si voltò con il boccone in bocca. Lei lo guardava sorridente. Era veramente un bell’uomo il suo Sebastian, così alto, con quella splendida muscolatura tonica, il portamento eretto e il fisico atletico. Il sentimento che nutriva per lui, sempre più profondo, era associato alla forte attrazione fisica e, da come la stava guardando, era evidente che lui provasse lo stesso per lei.
 
– Buona la mia apple pie?
– Se è buona?! Mmm! Divina! Non mi sazierei di mangiarla …
 
Seb le si avvicinò con aria sensuale.
 
– Come te Lorna … non mi sazierei mai di te! Il tuo sapore è anche meglio …
 - Seb …
 
Sorrise schiudendo le labbra e accogliendo quelle di Seb, che sapevano di zucchero, limone e cannella, gli ingredienti della sua apple pie.
 
– Andiamo a dormire ora?
– Che?! Dormire Lorna?! Ora che mi sono rimesso in forze? Non ci penso proprio! E tu non mi lasci nemmeno altra scelta!
 
Le spostò i lembi della camicia e le accarezzò il seno, che sporgeva nudo sotto la sua camicia aperta, si chinò per impossessarsi dei suoi capezzoli, succhiandoli sensualmente. Lei si inarcò verso di lui, accarezzandogli i capelli scuri e lunghi fino al collo.
 
– Ti amo Lorna!
– No!
 
Lei si staccò da lui, quasi spaventata.
 
– Cosa?! Perché no?
– Non dirmelo Seb …
- Ma io …
- Non ora! Ora potrebbe essere solo per questo momento! Dimmelo quando sarai sicuro e lucido!
– Io non credo di essere mai stato più lucido tesoro! Forse sei tu che devi essere sicura. Ma ora non mi importa, vieni qui!
 
La strinse forte al suo petto e si gettò sulle sue labbra nuovamente, poi la  riprese in braccio e il resto della notte fu il loro.
 
 
9 Novembre 2008.
 
Emma era andata via dallo studio da circa un’ora. Mulan Chang l’aveva aspettata in macchina per tutta la durata della seduta. Lorna rifletteva sul decorso di quel colloquio, poi prese il suo cellulare, che era rimasto sulla scrivania dello studiolo, e scorse la rubrica. Doveva chiamare Killian, lui doveva sapere alcune cose …
Rispose al secondo squillo e non le diede il tempo di salutarlo.
 
– Lorna dimmi subito come sta Emma!
– Calmo Capitano! Puoi immaginarlo come sta una ragazza che ha perso gli affetti per lei più importanti!
 
Sentì il silenzio da parte di Killian, poi la sua domanda.
 
– Non riesce proprio a riprendersi?
– Sono pochi giorni che ha perso suo figlio ed era l’ultimo stralcio di ricordo che avrebbe potuto avere del suo grande amore! Direi che tutto sommato sta reagendo molto bene!
– Menomale!
– Vuole entrare nella F.B.I. 
– Che?! È impazzita?! No Lorna! No e poi no! Vedi di farglielo togliere dalla testa! Ho tanti di quei pensieri! Ci manca solo il pensiero di saperla in pericolo peggio di quanto non sia?!
– Cosa direbbe lei se sapesse di quello che fai tu?
– Non fare polemiche Lorna! Io sono io e so quello che faccio! Lei è la mia donna e deve stare a casa!
– Se non conoscessi i tuoi motivi, direi che sei un maschilista incallito, lo sai? Non le hai detto di perseguire i suoi sogni?
– Certo che gliel’ho detto! Lo penso veramente! Ma quelli che riguardano i suoi studi! Deve diventare Psicologa. Le piace la Psicologia dell’età evolutiva, si potrà occupare di bambini no? Vuole correre dietro ai criminali adesso?!
– Ti stai scaldando troppo Killian! Lei vuole diventare Profiler, vuole seguire le mie orme e questo mi inorgoglisce! Dovrà superare dei test di accesso lo sai, non si entra facendo una semplice richiesta!
– Tu sei nella commissione mi pare! Fai in modo di bloccarla!
– Non ci penso proprio! Se lei ha capacità non vedo perché l’ Agenzia dovrebbe privarsi di un bel cervello! Con te è stato così no?!
– La tua mania di collezionare cervelli?
– Rifletti Killian! Se lei avrà le capacità per essere selezionata, e credo che le abbia, entrerà a Quantico, completerà gli ultimi due anni che le restano di studi e seguirà i corsi interni. Sarà protetta abbastanza all’interno di Quantico non credi? Mulan l’affiancherà ancora e visto che, se non ricordo male, è istruttrice di arti marziali, le darà lezioni sulla difesa personale. Ricordati che da sola ha salvato se stessa e la Gold, stendendo con un pugno e disarmando il tizio che le minacciava. Di stoffa ne ha da vendere mi sembra!
 
Killian dall’altro capo taceva. Lorna sapeva che stava riflettendo.
 
– Lorna, lo so che Emma ci sa fare! Ha una buona muscolatura e si allena con il kick boxing da un pezzo! Forse tutto sommato, facendo la Profiler non sarà coinvolta direttamente in azioni pericolose, ma i rischi mi preoccupano. Già le ho fatto tanto del male io! Non voglio che abbia altre sofferenze! L’avrei voluta madre serena con il nostro piccolo  da allevare …
Lorna sentì che Killian si era interrotto per l’emozione. Anche “Cuore di ghiaccio” non poteva negare i propri sentimenti.
 
- … è andata diversamente … ma avrebbe potuto lavorare con i bambini … mi avrebbe dato più tranquillità …
- Killian … mi dispiace immensamente per tuo figlio! So che significa! Riguardo ad Emma, temendo che si irrigidisca troppo, le ho dato un suggerimento …
- Quale?
– Le ho detto che l’aiuterebbe svolgere un tirocinio basilare e le ho suggerito di farlo nell’ambito dell’età evolutiva. Il giorno della morte di Kim fu soccorsa da una coppia di coniugi che gestiscono una casa famiglia …
- I Nolan, lo so!
– Ovvio che tu lo sappia! Hai sempre tutto sotto controllo! Ha pensato a loro quando poco fa ne abbiamo parlato. Credo che possa contattarli.
– Sono brave persone da quanto controllammo quella sera!
– Io li vidi di sfuggita, ma furono molto accorti e accudienti con lei, non credo si faranno problemi a prenderla per il tirocinio. Da quanto mi ha detto, le lasciarono un loro biglietto da visita, in caso avesse avuto bisogno.
– L’idea mi sembra buona … Ti chiedo di starle vicino Lorna, io … io sarò lontano per un po’, non so quanto …
- Immagino! Fai il tuo dovere e cerca di tornare prima che puoi. Ritrovare il suo Kim sarebbe fantastico, non solo per lei, ma anche per te!
– Già … purtroppo non dipende solo dalla mia volontà ma da come andranno le cose.
 
Si salutarono e chiusero la chiamata.
 
Killian rimase assorto qualche secondo. Immaginava perfettamente come potesse stare la sua Emma! La ricordò nel momento del parto, ricordò il suo respiro prima affannato e poi più regolare, quando l’aveva tenuta tra le braccia per aiutarla a gestire le contrazioni …
 
Lei non lo sapeva, non poteva nemmeno aver immaginato che dietro la mascherina chirurgica, dell’infermiere seduto dietro la sua schiena, si celasse proprio lui, il padre del suo bambino!
Aveva giurato a se stesso di esserci nel momento della sua nascita! Aveva preso contatti con Federik Victor. Si erano accordati per quando Emma avrebbe avuto il cesareo. Le cose erano andate diversamente. Se non avesse dato il suo numero diretto a Fiore di Loto, non avrebbe saputo il momento preciso del parto!
 
Pochi giorni prima aveva fatto chiamare l’Agente Chang alla centrale dell’ Agenzia. Non si era fatto vedere in viso, le aveva parlato da dietro uno schermo, lei lo aveva visto, o meglio sentito, dal monitor. Si era congratulato con lei per l’ottimo curriculum e per come stava gestendo la sua “protetta”. Le aveva annunciato che era stata reclutata nella sua Squadra Speciale e aveva visto la gioia dipingersi sul viso della giovane orientale nel sapere che Captain Hook in persona le stesse dando il ben venuto. Le aveva detto che per motivi di sicurezza reciproca, non lo avrebbe mai visto in viso e lo avrebbe conosciuto solo con quel nickname, mentre lei stessa avrebbe preso il nomignolo che le era stato attribuito: Fiore di Loto. Dalla sua espressione aveva avuto conferma che non fosse entusiasta di quel nickname e aveva sorriso tra sé e sé, avendolo intuito fin dal primo momento. La giovane agente non aveva comunque recriminato, la disciplina ferrea e il rispetto glielo impedivano. Le aveva chiesto se era disponibile a missioni all’estero e la ragazza aveva risposto affermativamente, se era disponibile a partire immediatamente, secondo la chiamata, e lei aveva risposto di si.
Le caratteristiche di Mulang Chang erano perfette per la Squadra Speciale, ma al momento il suo compito restava quello di proteggere Emma Swan e il bambino che aveva in grembo. In tal proposito le aveva dato il suo numero diretto e le aveva detto di informarlo su ogni situazione, anche di salute della protetta.
Quando quel maledetto 3 di novembre, erano state attaccate da quei criminali, Fiore di Loto lo aveva informato immediatamente dell’accaduto e che Emma stesse per partorire. Aveva avuto il tempo di precipitarsi in ospedale e organizzarsi con Federik Victor per accogliere Emma. Aveva vissuto con lei il travaglio delle doglie e finalmente la nascita del piccolo.
Era stato meraviglioso sentire ancora Emma tra le sue braccia, sentirla rilassarsi al suo contatto, tenerle le mani, anche se lei le aveva strette quasi a spezzargliele. Dalla sua stretta si era reso conto del dolore che sentisse nelle contrazioni. Aveva tirato un sospiro di sollievo insieme a lei quando il piccino era nato e quando finalmente aveva pianto, gridando al mondo di esserci …
 
Era durato così poco! Giusto il tempo di tenerlo in braccio, sentire quell’emozione fortissima di avere suo figlio tra le braccia, il suo odore particolare, l’odore di Emma! L’emozione che gli aveva aperto il cuore in due quando lei aveva detto di voler chiamare il loro bambino Henry!
 
Ancora gli si inumidivano gli occhi al ricordo.
Non era giusto quello che era accaduto … no, non era giusto …
Cercò di ricacciare indietro le lacrime che rischiavano di superare il bordo delle palpebre inferiori.
Abbassò lo sguardo e osservò il piccolo foglietto di carta che aveva davanti, lì sulla scrivania.
Prese la matita che stava usando prima della chiamata di Lorna e completò il disegno, ricalcando le piume ondulate e arricciate. Finì lo schizzo e lo guardò soddisfatto. Era un simbolo, un simbolo che lei avrebbe capito? Avrebbe letto tra le righe come avrebbe dovuto fare con il biglietto inviato con le rose rosse? Si augurò di si.
 
Si alzò velocemente dalla sedia. Si infilò il giubbino di pelle nera e, salutando gli agenti che monitoravano gli schermi, lì nella base segreta, uscì per una piccola missione personale.
 
Aveva scovato il posto giusto che faceva per lui. Aveva poco tempo prima di partire nuovamente per la Colombia e doveva concludere quanto si era prefissato! Strinse il foglietto piegato nella mano e lo mise in tasca.
 
 
10 novembre 2008
 
Ingrid uscì dalla villetta e si diresse alla staccionata in legno dipinto di bianco, che fungeva da recinzione. Aprì la cassetta della posta, vicino al cancello, e quando si abbassò per guardarvi dentro, con la posta trovò un pacchetto cuboidale.
Incuriosita allungò la mano e lo prese. Era un pacchetto incartato con una carta argentea che faceva i riflessi arcobaleno. Era indirizzato ad Emma Swan.
Chi poteva mandarlo? Non c’era un biglietto aggiunto, forse era all’interno! Preso il resto della posta, Ingrid rientrò in casa.
 
Mulan girovagava in cucina, mentre Emma stava studiando un manuale che l’agente le aveva prestato.
Ingrid aveva ascoltato Emma quando le aveva detto della sua intenzione di entrare nella F.B.I., non ne era stata particolarmente entusiasta, ma la stessa Mulan l’aveva tranquillizzata, dicendole che Emma non avrebbe partecipato ad azioni pericolose, in quanto il ruolo di Profiler non lo prevedesse.
 
– Emma! C’è un pacchetto per te!
– Un pacchetto?
 
Mulan era intervenuta allarmata.
 
– Mi faccia vedere Ingrid!
– Mulan non penserai che sia un ordigno vero?!
 
Emma ridacchiò ironica nel vedere tanta solerzia da parte della giovane Agente.
 
– Tu scherza! Ma io devo accertare che sia innocuo per te!
– Se non lo fosse per me non lo sarebbe nemmeno per te no? Vogliamo chiamare gli artificieri?
– Spiritosa! Ora tolgo la carta!
– Non la strappare è così carina!
 
Era intervenuta anche Anna, con la sua solita allegria e una curiosità maggiore di quella di Emma.
 
– Oh! C’è un biglietto sotto la carta! Beh! Questo credo lo debba leggere tu Emma! Credo di aver esagerato nel pensar male … è proprio un regalo per te direi!
 
Emma prese il biglietto e la scatola dalle mani di Mulan. Aprì il biglietto e lo lesse con gli occhi. Le altre videro il suo volto illuminarsi.
 
– Chi lo invia?
– Mamma … scusami! Ho bisogno di restare da sola un attimo!
 
Veloce e con il sorriso sulle labbra, Emma corse su per le scale, infilandosi nella sua stanza e lasciando le tre donne al piano di sotto perplesse a scambiarsi sguardi.
 
– Tranquille! Credo sia quel suo “amico speciale” delle rose!
– Chi?! Che rose?!
– Dai mamma! Se Emma ha un amico speciale è anche un bene no? Con tutto quello che sta passando! Magari è una piccola consolazione!
 
 
Emma si era buttata a pancia in sotto sul suo letto. Non aveva aperto il pacchetto, ma rileggeva le poche righe che portavano al di sotto la sigla K.J.
 
“Killian! Killian Jones! Sei tornato finalmente!”
 
Il biglietto diceva soltanto:
 
“Alla mia rosa, un piccolo promemoria e un augurio.”
 
Guardò il pacchetto sul suo cuscino. Era impaziente di aprirlo, ma voleva ritardare la gioia del momento, pregustandola con l’attesa. Poi si decise. Si mise seduta con le gambe vestite dai jeans incrociate.
 
– Dio mio! È bellissimo!
 
Nella scatola c‘era una piccola pergamena che descriveva l’oggetto.
 
“Pezzo unico. Realizzato in oro con la tecnica della cera persa, su disegno originale.”
 
Emma prese in mano il bracciale, fatto con una striscia di cuoio marrone. La striscia era infilata nei passanti di una medaglia in oro che riproduceva un bassorilievo rappresentante un bellissimo uccello, simile ad un Pavone, ma con la coda fatta di piume che si arricciavano.
 
“È una Fenice! Si, sicuramente è una Fenice! L’uccello mitologico che rinasce dalle sue stesse ceneri! Oh Killian! Hai saputo del mio bambino?! È il tuo modo per incoraggiarmi ad andare avanti e a vivere? Devo chiamarti!”
 
Prese il cellulare e compose a memoria il numero di Killian. Il cuore le batteva impazzito. Temeva che lui non avrebbe risposto, come le volte che l’aveva chiamato durante il mese precedente.
 
– Emma!
– Killian … Killian! Avevo paura che non mi avresti risposto! Sei qui a Boston?
– Sto ripartendo Emma! Sono arrivato l’altra sera e ho saputo dalla televisione … mi dispiace!
– Ho perso il mio piccino …
- Lo so tesoro … lo so! Ne parlavano anche i giornali!
– Volevo ringraziarti per il regalo … è molto bello, dice che è un disegno originale …
- L’ho disegnato per te Emma …
- Tu?! Lo hai disegnato per me?!
– Si … è una Fenice .. sai cosa significa?
– Si lo so, ma l’hai messa tu nella cassetta della posta?
-  Si, sono passato a casa tua …
- Killian potevi suonare al campanello! Potevamo vederci!
– Era notte fonda! Il gioielliere me l’ha potuta dare tardi, l’ha fatta in giornata, il tempo di far raffreddare l’oro!
– Un pensiero bellissimo Killian! Stai ripartendo per l’Irlanda?
– No. Torno in Sudamerica e temo che sarà per diversi mesi …
- Ti ho chiamato durante il mese scorso  …
- Mi dispiace tesoro, ma lì ci sono problemi di campo e non sarò raggiungibile purtroppo e non potrò telefonarti, ma ricordati quello che ti ho scritto nel biglietto delle rose. Leggi tra le righe Emma! Vai sempre oltre l’apparenza!
 
Emma non rispose, non riusciva a capire cosa volesse dire.
 
– Devo andare “mia rosa”! Non mi dimenticare, anche se passerà del tempo!
 
Era stata troppo veloce quella telefonata. Emma avrebbe voluto parlargli ancora, avrebbe voluto raccontargli dell’esame che avrebbe sostenuto di lì a breve per la selezione a Quantico … Niente! Era andata così! Killian era diventato così sfuggente, ma era stato un tesoro a pensarla in quel momento triste e a farle un regalo di quel genere!
 
Posò il cellulare e prese il braccialetto. Lo allacciò al polso sinistro. Era perfetto per il suo braccio. Lo avrebbe tenuto con sé, sarebbe stato il suo portafortuna. Le avrebbe ricordato di non gettare la spugna, nemmeno nei momenti peggiori!
 
Doveva fare come la Fenice: Rinascere dalle proprie ceneri!

 
 
 
Angolo dell’autrice
 
 Buona domenica a tutti! Mi avete un po’ perdonata con questo capitolo? Lo so, lo so! Con il precedente vi ho distrutto! Cercate di fare come suggerisce Killian ad Emma: “leggete tra le righe”!
Come vi ho annunciato cercherò di concludere questa FF, non vi voglio tener troppo appesi con l’ansia ( mi intendi Alex?) e poi riprenderò con l’altra, io stessa non vedo l’ora di far ritrovare i nostri dolcissimi innamorati. Killian sta cercando di dare degli indizi ad Emma, anche lui non vede l’ora di poterla rivedere e dirle la verità. Certo che la mia amica di penna Arya ha ragione! Se Emma vorrà prenderlo a pugni e calci, saranno parecchi i lettori che le daranno una mano ;)))
Bene! Aspettando i vostri commenti ( più o meno minatori) ringrazio tutti coloro che seguono, che considerano tra le preferite questa storia e chi mi fa sapere il suo parere!
Buona settimana!
Lara

 

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Capitolo 24
*** Fantasmi che ritornano ***


Capitolo 24
Fantasmi che tornano
 
 
 
Aveva dichiarato a Jefferson che non avrebbe telefonato ad Emma. Che avrebbe evitato di sentirla per la sua sicurezza. In realtà non aveva resistito a risponderle quando lei lo aveva chiamato.
A chi voleva darla a bere? A se stesso?
Le aveva fatto quel regalo simbolico e le aveva detto di leggere tra le righe, di non fermarsi alle apparenze. Era il suo modo per darle degli indizi. Voleva che lei arrivasse a capire la verità, che avesse iniziato ad intuire che le sue sensazioni di avere all’altro capo del telefono Kim, non fossero solo sensazioni, bensì la verità.
Kim e Killian erano la stessa persona, lo stesso uomo innamorato, che l’amava incondizionatamente e che per proteggere quell’amore l’aveva ingannata in modi crudeli.
Aveva veramente tanto da dirle, da raccontarle, da giustificare e da recuperare. Anche la Fenice era un indizio e si, doveva ammetterlo a se stesso, una buona scusa per farsi chiamare. Era ovvio che Emma lo avrebbe cercato subito!
Non se la sentiva di partire per quella pericolosissima missione, nel peggior rifugio al mondo di narcotrafficanti, senza aver risentito la sua voce. Era stato un modo per avvisarla che sarebbe stato ancora lontano e anche un modo per chiederle di aspettarlo.
Si domandò se fosse giusto mantenerla appesa in quell’attesa. Si rispose di no. In Colombia avrebbe potuto perdere la vita se fosse stato individuato come infiltrato!
Le tradizioni dei vari Cartelli, a partire d quello creato dal famigerato Pablo Escobar, prevedevano assassini di ogni genere e i narcotrafficanti avevano una rete, dedita allo scoprire il nemico, fitta quanto quella che lui stesso stava tessendo. I miliardi di dollari, guadagnati con il commercio di cocaina, avevano consentito di usare le tecnologie elettroniche e telematiche più evolute anche a loro.
Aveva fatto credere ad Emma che avesse avuto difficoltà con il telefono per mancanza di campo e ne avrebbe avuta ancora. Non era vero, altra bugia per starle alla larga! Aveva in dotazione un potente cellulare satellitare, Jefferson lo avrebbe potuto raggiungere telefonicamente in ogni momento. Non aveva dato quel numero ad Emma. Sarebbe stata una grande distrazione per lui, sentirla quando e quanto avrebbe voluto! Non poteva permetterselo. Doveva essere concentrato completamente su ciò che andava a compiere.
 
 
Londra. 14 novembre 2008
 
Il corpo eburneo, della giovane mora, si inarcava contro il petto muscoloso dell’uomo che, disteso al suo fianco, le stava disseminando il collo di piccoli baci succhianti, mentre la sua mano scorreva delicata nell’incavo del suo seno, fino a raggiungere, scendendo lentamente, la sua intimità. Lei sentiva, nell’umidore della sua eccitazione, il delizioso piacere che quelle dita le stavano suscitando. Si aggrappò al torace dell’uomo, cercando le sue labbra e spingendo esplicitamente il bacino verso di lui, che capì e affondò ripetutamente due dita dentro di lei, provocandole un istintivo gemito di piacere. Lei, famelica, gli mordicchiò il mento, coperto di una rada e corta peluria dorata.
 
– Basta con i preliminari Robin! Ti voglio!
– Sei meravigliosa Regina!
– Adesso vedrai quanto!
 
In un movimento veloce, la bella Regina Mills invertì le posizioni, spingendo un divertito Robin  sul letto e portandosi cavalcioni sul suo bacino.
 
– Sei una furia scatenata oggi!
– Mmm! Mi sei mancato questi giorni!
 
In pochi secondi scivolò sulla sua erezione e iniziò a muoversi freneticamente, cercando la propria soddisfazione. Robin cercò di assecondarla, ma lei era troppo sexy per resisterle quanto avrebbe voluto. La trovò bellissima nel suo darsi a lui, con quell’espressione di piacere orgasmico dipinta sul viso. Le labbra carnose e rosse schiuse, la punta della lingua che le inumidiva, mentre chiudeva gli occhi mandando indietro la testa. Quel seno candido, così prorompente ma non esagerato, che oscillava al ritmo dei suoi movimenti.
 
La carica erotica di Regina lo mandava completamente fuori controllo. Doveva calmarsi o non sarebbe riuscito a darle ciò di cui lei aveva bisogno.
 
– Amore, più lentamente, sono cotto a puntino!
 
Lei rise, gettando i capelli corvini, corti fino al collo, in avanti, mentre rallentava il ritmo e si abbassava su di lui per baciarlo dolcemente. Lui si portò seduto e, in quella breve pausa che lei gli stava concedendo, la prese per la vita, reclinandola leggermente e con le labbra si impossessò prima di uno e poi dell’altro seno, facendola rabbrividire di piacere. Regina sentì il bisogno urgente di lui riaccendersi. Tenendogli la testa sul proprio seno, riprese a muoversi con un ritmo più lento e affondi più lunghi, fino a raggiungere quello che voleva …
 
Dopo la reciproca soddisfazione, si ritrovarono su quel letto sfatto, uno al fianco dell’altra, ansimanti e sfiniti.
 
 Robin prese l’accendino e una sigaretta dal pacchetto sul comodino e, portandola alle labbra, l’accese. Dopo un paio di tiri la passò a Regina che, semisdraiata, iniziò ad inspirare la nicotina.
 
– Ne avevi proprio bisogno tesoro!
– Puoi dirlo forte Robin! È stata una settimana tremenda! Non avrei mai pensato di dover assistere al funerale del piccolo della mia migliore amica! Povera Emma! Era distrutta!
– Se ne farà una ragione dai! È giovane! Avrà altri figli!
– Tu non hai capito l’importanza della cosa Robin! Quel bambino era ciò che le restava del ragazzo che amava, morto pochi mesi fa!
– Certo che questa Emma è una gran sfigata!
– Non mi piace che la definisci così! È un tesoro di ragazza! Vorrei il meglio per lei!
– Va bene, va bene! Senti, io vado a fare una doccia! Tra poco vado via!
– Così presto? Ancora non è ora di aprire il negozio e poi hai il nuovo commesso, puoi far aprire a lui no? Dai resta ancora un pochino!
 
Gli si era gettata addosso con un’espressione da bambina capricciosa, ma lui era determinato nelle sue intenzioni e si alzò togliendosi le braccia di lei dalla vita. Regina, delusa, lo vide entrare, nella sua nudità, in bagno. In altre occasioni vi erano entrati insieme e insieme avevano fatto la doccia. Questa volta non ne aveva voglia, né lui glielo aveva chiesto.
 
Rimase a pancia in sotto sulle lenzuola, con le braccia che sporgevano penzoloni dal letto e il lenzuolo mezzo attorcigliato a coprirle il sedere.
Robin le piaceva parecchio. Gli era piaciuto fin dal primo incontro. Ma non si era data a lui facilmente. Erano serviti un paio di mesi di corteggiamento, prima che lei si sbloccasse. Il pensiero di Daniel non era sparito dalla sua mente. Non si poteva dimenticare l’amore della propria vita! Poteva capire Emma e il suo dolore e poteva capire il risentimento e l’odio che, sicuramente, ora Daniel provasse per lei.
 
Robin era un bell’uomo: alto, fisico palestrato, un bel viso maschio, con due fossette sulle guance e lo sguardo intrigante. Sprizzava sesso da tutti i pori e ci sapeva fare!
Da quando finalmente avevano iniziato ad avere rapporti, non era più riuscita a farne a meno. Non era convinta che fosse amore, quello che c’era tra loro, ma che ci fosse un’intesa sessuale strepitosa, era innegabile!
 
Si era laureata nella sessione autunnale e avrebbe dovuto tornare a Boston definitivamente. Lo aveva fatto solo per pochi giorni, il tempo di partecipare al funerale e stare un po’ con Emma, poi era tornata a Londra. Aveva quel piccolo lavoro da commessa, vicino al negozio di articoli sportivi di Robin e, soprattutto, aveva Robin. Lui era il vero motivo per cui non voleva tornare a Boston! Non sapeva se avrebbe avuto un futuro con lui, ma per il momento quello che le stava dando le andava benissimo! Ottimo sesso senza pensieri! Non le importava nemmeno più dei progetti che aveva prima di giungere a Londra!
 
Si alzò dal letto e pensò di andare da lui nella doccia. L’acqua era ancora aperta e le era tornata voglia. Le piaceva farlo sotto l’acqua! Le venne idea di chiedergli di andare a vivere insieme.
Nonostante si vedessero tutti i giorni, per la vicinanza dei negozi, stavano in realtà molto poco insieme. Lei abitava lì vicino, ma Robin dalla parte opposta di Londra e uscivano una o al massimo due volte a settimana. Non avevano mai passato la notte insieme e i loro momenti d’amore capitavano come quel pomeriggio. Lì a casa sua, nell’orario di pausa del negozio, ma anche quello una volta a settimana, se andava bene!
Si incamminò verso il bagno, ma passando vicino alla poltrona dove lui aveva buttato i suoi abiti, colpì con il piede qualcosa. Guardò il pavimento.
 
“Il cellulare di Robin! Gli deve essere caduto …”
 
Lo prese per rimetterlo nella tasca della giacca. Lo schermo si illuminò improvvisamente e il cellulare vibrò. Apparve un nome e un messaggio.
La curiosità fu spontanea. Nemmeno pensò che fosse una cosa sbagliata. Era un nome di donna:  Marian.
Aprì il messaggio e lesse. Le cadde il mondo addosso!
 
“Amore, ti ho chiamato ma non mi rispondi! Sono ancora dal parrucchiere! Vai tu a prendere Roland all’asilo? Mia madre lo aspetta direttamente da lei. Ci penserà lei a  portarlo a scuola domani, già siamo d’accordo. Preparati! Abbiamo tutta la notte per noi, ho preso un completino per festeggiare il nostro anniversario … ti piacerà vedrai ;)
Baci”
 
“Dio mio! Sono stata così cieca? Ecco perché solo briciole! Robin ha una moglie e un figlio!”
 
Lui le aveva taciuto quella verità per tutti quei mesi e lei non aveva sospettato nulla?! Nemmeno a dire che avesse problemi familiari o di coppia! Il messaggio era chiaramente scritto da una moglie innamorata che si stava facendo bella dal parrucchiere per passare con il marito una notte d’amore, festeggiando il loro anniversario!
Regina non sapeva se essere schifata di lui o di se stessa. Poi pensò che poteva esserci un’altra spiegazione. Si era invaghito a tal punto di lei da mettere da parte sua moglie? Questa poteva essere una spiegazione più accettabile per lei, ma restava inaccettabile che lei fosse diventata l’amante di un uomo sposato e padre di famiglia!
 
Robin, con un asciugamano bianco intorno ai fianchi, uscì dal bagno, ancora con le gocce d’acqua che gli scorrevano sugli splenditi muscoli scolpiti. Vide la sua espressione accigliata, ma non capì a cosa fosse dovuta.
 
– Che c’è?
– Mi stavo ponendo una domanda Robin!
 
Lui si tolse l’asciugamano, restando esposto al suo sguardo accigliato, e iniziò ad asciugarsi noncurante. 
 
- Mi dici come può un uomo stare con una donna il pomeriggio, fare l’amore con lei e poi tornare dalla moglie e dal figlio come se nulla fosse, per festeggiare il proprio anniversario nello stesso modo?
 
Infastidito Robin buttò l’asciugamano sulla poltrona e prese i boxer per infilarli.
 
– Che fai guardi il mio cellulare ora?
– Non l’avrei mai fatto se non ti fosse caduto e se tua moglie non ti avesse chiamato!
– Le hai risposto?!
 
L’espressione di Robin ora era di palese timore.
 
– Era un messaggio! Ti aveva già chiamato, ma tu avevi messo il silenzioso, quindi ti ha inviato un sms! Devi andare a prendere tuo figlio a scuola materna e portarlo dalla nonna!
– Non l’hai chiamata vero?
– Disilludere una povera moglie innamorata del marito? Non sono così meschina Robin!
– Grazie sei un angelo!
 
Robin le si era riaccostato cercando di abbracciarla di nuovo e baciarla. Lei lo respinse.
 
– Cosa provi per tua moglie Robin?
– Cosa ti importa ora di mia moglie?! Hai saputo la verità! Che vuoi? È mia moglie no?
 
Regina non poteva credere a quel comportamento.
 
– La ami?
– Ma certo che la  amo!
– La ami e la tradisci?! E per me cosa provi?
– Basta Regina! Smettila ora, devo andare!
 
Lei gli si parò davanti puntandogli un dito al petto.
 
- No! Ora mi dici come stanno le cose!
– Ma dai Regina! Perché tu mi ami?! Sei una gran figa, hai un culo da favola e scopi alla grande! Perché perdermi un bocconcino come te? Ci avrebbe provato chiunque! E poi è piaciuto anche a te! Hai avuto quello che volevi no? Non vorrai farmi la predica da moralista ora!
– Io non sono sposata Robin e tu non mi hai detto di esserlo! Sapendolo non ti avrei nemmeno guardato!
– Appunto! Perché rischiare che scappassi?!
– Ti interessava arrivare solo a quello?
– Tesoro! Non puoi negare che abbiamo un’intesa pazzesca a letto! Interessava anche a te la cosa, pur se mi hai fatto penare un paio di mesi per ottenerla!
 
Regina di una cosa era sicura: Robin la stava deludendo profondamente. Non lo aveva visto così superficiale inizialmente, ma quel pomeriggio stava scoprendo di lui tutto il peggio!
 
– Scommetto che non sono la prima con cui tradisci tua moglie!
– La prima, la seconda … che importanza ha? Vuoi avere il primato Regina? Se ti fa piacere posso dirti che da quando lo faccio con te non mi servono tutte le altre. Te l’ho detto che scopi bene!
 
Sentirlo definire in quel modo volgare ciò che avevano fatto fino a poco prima, con la consapevolezza che avesse avuto contemporaneamente altre amanti, oltre alla moglie, le diede il voltastomaco.
 
– E tua moglie? Anche con lei hai smesso di farlo?
 
Ora Robin volse gli occhi al cielo. Non voleva parlare di sua moglie. Forse aveva un barlume di senso di colpa?
 
– Vuoi sapere tutti i dettagli Regina? Va bene! Con mia moglie ho ridotto parecchio ultimamente!
– A causa mia Robin?
– Basta Regina! Che altro vuoi sapere ancora? Tu mi piaci da impazzire! Starei a letto con te tutto il giorno! Ma non posso lasciare mia moglie e mio figlio! Né per te né per nessun altra!
– Non te lo chiederei nemmeno! Non sono una sfasciafamiglie!
– Questo mi consola, anche perché Marian è incinta di tre mesi e non mi va di farle sapere delle mie scappatelle!
 
“Scappatelle?!”
 
Alla fine questo era lei! Una scappatella! E Marian aspettava il secondo figlio da suo marito?! Ma che razza di uomo aveva davanti?!
Lui intanto si era rivestito e stava per uscire dalla porta. Regina lo guardava esterrefatta. Non riusciva a dire più niente, ma un turbinio di pensieri ruotava nella sua mente.
 
– Tesoro io vado! Ovviamente domani pomeriggio non vengo da te, nemmeno ci vedremo, il negozio lo apre Paul, io ho da fare con mia moglie! Se ti va, dopodomani, per la pausa pranzo, ti porto in un alberghetto che conosco, si mangia bene e poi possiamo restare lì per fare l’amore. Ora vado!
 
Mentre Regina si reggeva addosso il lenzuolo, bloccata come una statua di marmo, lui le diede un bacio a stampo sulle labbra e, come se nulla fosse accaduto, se ne andò via.
 
Le ci volle qualche minuto per riprendersi e quando lo fece si sentì del tutto svuotata. Per Robin sembrava tutto normale! Era intenzionato a continuare così! Era ovvio che fosse abituato a quel comportamento, era un traditore seriale! Un cacciatore di sesso! Era sposato, padre di un figlio e ne aspettava un altro! Aveva ridotto le sue performance con Marian solo perché lei era incinta!
Regina si rese conto che quell’uomo  tenesse a lei ne più e ne meno di quanto tenesse alle altre! Fortuna che non si era innamorata di lui con l’intensità di cui si era innamorata di Daniel!
 
“Daniel! Mio Dio! Cosa ti ho fatto amore mio! Ho lasciato un uomo che mi amava con tutto il cuore per fuggire da Gold, per non dirgli la mia vergogna! Ora cosa dovrei provare? Sono stata con Robin nello stesso modo in cui avrebbe voluto avermi Gold! Sono stata una vera stupida! Ha avuto la faccia tosta di darmi appuntamento dopodomani! Come se non fosse cambiato nulla! Si sbaglia di grosso se crede che io sia ancora qui dopodomani!”
 
Togliendosi il lenzuolo di dosso, Regina iniziò a muoversi nella sua stanza velocemente. Aprì l’armadio ed estrasse una grossa valigia. Iniziò a buttarci dentro tutti i suoi indumenti. Aveva pochi effetti in quel bugigattolo e non le era necessario portarseli a Boston. Si vestì in fretta e poi chiamò la proprietaria del negozio per licenziarsi. La donna rimase dispiaciuta di quella repentina decisione, ma non se ne preoccupò troppo, aveva un’altra commessa che scambiava i turni con Regina, avrebbe fatto fare a lei il tempo pieno e alla fine augurò alla giovane di andare avanti nella carriera che si era prefissa.
 
Quando riattaccò il telefono, Regina si sentiva più sollevata. Doveva solo prenotare il suo volo per Boston e poi sarebbe tornata a casa. Doveva ripartire da se stessa, dai suoi progetti! Voleva essere felice e non era detto che la sua felicità dovesse dipendere da un uomo!
___ ____ ___
 
Un anno dopo
 
Quantico. 4 Novembre 2009
 
I biondi e lunghi capelli di Emma erano sparpagliati sul materassino di gommapiuma. Era sdraiata, con i polsi bloccati sopra la testa dalle mani di August Wooden, mentre l’uomo, tra le sue gambe, le premeva sul pube con la sua evidente erezione.
Con il volto sorridente, lui si accostò alle labbra della giovane, con il chiaro intento di baciarle e le parlò a bassa voce.
 
– Lo sai che non ci siamo per niente mia bella Emma Swan? Se fossi stato un aggressore ora saresti mia in un attimo!
– August vedi di non approfittare troppo! Lo sento che sei …
- Arrapato?! Puoi dirlo pure “anatroccolo”! Da ieri sera che mi hai lasciato così! Non si fa ad un amico!
 
Emma percepì un attimo di rilassamento negli occhi azzurri di August e approfittò per invertire la posizione con un colpo di reni. Bloccò l’uomo con le braccia intorno al collo e le gambe avvitate al suo bacino.
 
– Ora che mi dici? Il mio aggressore non avrebbe via di scampo ti pare?
– Ok! Ok! Credo basti per oggi Emma! Lascialo stare ora, che finisco io di dargli una lezione al nostro Don Giovanni!
 
L’Agente istruttore Mulan Chang era arrivata in palestra da un paio di minuti e aveva assistito e ascoltato quanto stava capitando nell’allenamento tra l’Agente istruttore August Wooden e l’allieva Emma Swan.
 
Emma liberò August e si rimise in piedi, dandogli la mano per farlo rialzare. Le magliette grigie a maniche corte, che indossavano, erano bagnate di sudore. Era un pezzo che August stesse dando lezione di difesa ad Emma! Doveva ammettere che la ragazza fosse in gamba. Era arrivata a Quantico da meno di un anno, dopo aver superato brillantemente i test d’ingresso. Il fatto di essere stata operata per l’asportazione della milza, non era stato considerato inficiante per l’incarico di Profiler, ma le era stato consigliato di non eccedere nell’allenamento con la lotta e le arti marziali. Pur sapendo questo, sia August che Mulan non la trattavano con i guanti bianchi. Nemmeno lei avrebbe voluto! Nonostante fosse improbabile che, come Profiler, si potesse ritrovare un giorno a combattere corpo a corpo, voleva essere in grado di difendersi e difendere gli altri. L’esperienza avuta con Milah Gold era stata abbastanza d’insegnamento per poter trascurare la parte sulla difesa!
 
– Prenditi una pausa Emma e vai a fare una doccia! Se hai da studiare fallo pure, ci vediamo dopo!
– Vado Mulan, ti ricordi che ho il compleanno in Casa Famiglia oggi pomeriggio?
– Si, mi ricordo! Ti accompagno se vuoi!
– No non è necessario! So difendermi bene ormai! E poi penso che dormirò lì, domani andrò direttamente a casa di zia Ingrid.
– Come preferisci!
– Emma ricordati che io sono sempre disponibile per il tiro al bersaglio!
 
Mulan vide August rivolgersi ad Emma facendole l’occhiolino e lei rispondergli con una smorfia e un’occhiataccia. Che August avesse il compito di istruttore per l’uso delle armi d’ordinanza e si occupasse delle esercitazioni al poligono, era fuori di dubbio! Il doppio senso, nel suo modo di dire quella frase, suonò palese all’orecchio fine dell’agente orientale. Quando August, dopo aver guardato eloquentemente  Emma allontanarsi, si rivolse verso di lei, con uno sguardo furbo e un sorriso da simpaticone, lei lo guardò torva e il sorriso si spense sul volto del collega.
 
– Che c’è?
– Lo chiedo io a te che c’è August!
– Che vuoi dire?
– Lo sai cosa voglio dire! Il tuo comportamento con Emma! Che intenzioni hai con lei? Una tacca in più sul calcio della tua pistola?
 
August rise senza prendersela più di tanto.
 
– Sentila, sentila la mia dolce cinesina! Sei gelosa!
- Non dire idiozie August! Emma è una mia amica e le voglio bene! In più è sotto la mia tutela. Se hai intenzione di divertirti con lei contro la sua volontà dovrai vedertela con me!
– Non esagerare ora! Mi sono affezionato all’”anatroccolo”! È per giunta una splendida ragazza! A chi non piacerebbe?
– Cerca di avere un comportamento decente con lei, ho visto come ti strusciavi!
– Se non te ne sei accorta era una simulata di aggressione! Ma lei sa difendersi bene da sola! Stai esagerando nel tuo protezionismo! Sei gelosa di lei Mulan?
 
Mulan era arrossita alle illazioni di August. Voleva veramente bene ad Emma. Sapeva quanto avesse sofferto. Era più di un anno che le stava vicina per proteggerla ed ora per addestrarla. Emma aveva qualità umane che lei amava. Le illazioni di August la fecero riflettere un attimo sui sentimenti che provasse per la giovane recluta. Era qualcosa di più che affetto fraterno e amichevole? A Mulan piacevano i ragazzi, non aveva mai avuto problemi con l’altro sesso. Aveva avuto un paio di fidanzati ma, l’impegno che le aveva richiesto entrare a Quantico e diventare agente e poi agente istruttore, l’aveva allontanata dagli affetti. In quell’ultimo anno Emma e la sua famiglia erano diventate per lei la sua seconda famiglia, ma non credeva proprio di nutrire per Emma sentimenti diversi da quelli per una carissima amica o una sorella. L’idea di essere “diversa” non l’aveva mai sfiorata e a pensarci la spaventava. Sapeva di aver sempre avuto un cipiglio tendenzialmente mascolino, pur mostrando la sua evidente femminilità, ma non credeva di essere omosessuale. Doveva ammettere, invece, che le attenzioni che August rivolgeva ad Emma, non le sarebbero dispiaciute se le avesse rivolte a lei. Sapeva di non essere bella come Emma, ma August le piaceva e le faceva una gran rabbia quell’atteggiamento da Don Giovanni che esternava con tutte tranne che con lei. Sapeva che lui la stimasse professionalmente, gliene aveva dato varie dimostrazioni, ma aveva l’impressione che non la considerasse una vera donna.
 
– Una simulata eh?! Sei ancora eccitato!
 
Lui la guardò maliziosamente.
 
– Forse mi eccitava sapere che tu stavi guardando Mulan!
– Sei un bastardo August!
 
Non aveva resistito e aveva tentato di assestargli un pugno al mento, ma August l’aveva evitato con abilità, bloccandole la mano.
 
– No, no! Sai fare di meglio Mulan! Lo sai che l’emotività non aiuta la concentrazione! Non dovrei insegnartelo io cara collega!
 
Questa volta Mulan rispose con un improvviso colpo di gamba a falce e lo buttò a terra.
 
– Appunto! Caro collega!
 
August rispose con una contromossa che le chiuse le gambe tra le sue a tenaglia, facendola cadere a terra. In un attimo si ritrovarono avvinghiati.
 
– Che volevi dire quando le hai detto che ti ha lasciato “arrapato” da ieri sera?!
– Visto che sei gelosa? Ma forse non di lei!
 
Mulan strinse maggiormente la presa intorno al collo di August.
 
– Rispondimi e non scherzare! Che diavolo è successo quando l’hai riaccompagnata ieri sera?
– C’eri anche tu al Pub! Emma aveva bisogno di bere ieri sera!
– Lo so bene che avesse bisogno di bere! Ieri era l’anniversario della nascita e della morte di suo figlio!
 
August allentò la sua presa su Mulan, ma lei continuò a tenere stretta la sua.
 
– Non lo sapevo questo!
– Non hai seguito la sua storia sui giornali o in televisione?
– Si! Non ricordavo la data dell’evento! Ora capisco!
– Quindi? Hai cercato di approfittare del fatto che fosse brilla?
– L’ho invitata ad uscire con me dal Pab, per fare una passeggiata all’aria! Avresti dovuto impedirle di bere, visto che è una tua protetta, non lo regge l’alcool!
 
Con un colpo di reni August era riuscito, magistralmente, a portarsi sopra l’avversaria. Tenendola schiacciata con il proprio corpo, la guardò intensamente negli occhi.
 
– Lo sai che hai bellissimi occhi Mulan? Mi sono sempre piaciuti … così esotici, misteriosi …
- Non cambiare discorso August! Cosa è successo dopo!
 
Mulan aveva ora invertito lei le posizioni e si ritrovò sopra il collega, che rispose con sforzo.
 
– Ha iniziato ad avere giramenti di testa e a sbandare. L’ho portata qui in macchina e l’ho riaccompagnata alla sua stanza …
 
Mulan strinse maggiormente la presa digrignando i denti.
 
– Poi?
– Poi qualcosa che non mi aspettavo! Mi è saltata al collo e mi ha baciato, cercando di togliermi il giubbotto di pelle!
 
Mulan quasi lo stava strozzando.
 
– Cazzo Mulan! Ora stai esagerando! Vuoi la lotta all’ultimo sangue? So farti male anche io lo sai!
 
Lei si rese conto di aver esagerato e allentò la morsa soffocante. August sbuffò.
 
– Chiaramente non ho potuto fare a meno di rispondere al bacio e avere la reazione conseguente no?
– Figuriamoci! Come avresti potuto permetterti di fare il contrario?!
– Non pensare quello che stai pensando! Ad un certo punto si è staccata chiamandomi Killian, ma se ne è resa conto e, come se avesse smaltito la sbronza all’improvviso, ha fatto un passo indietro. Poi il disastro! Ha avuto conati di vomito! Ha fatto un macello. È scappata in bagno e l’ho seguita per reggerle la testa e i capelli! Ti assicuro che non è stata una serata piacevolmente romantica!
 
Mulan, mentre August andava avanti con il discorso, allentava gradualmente la presa. Alla fine del racconto scoppiò a ridere.
 
– Che hai da ridere? Avrei voluto te al mio posto! Era uno straccio! L’ho fatta mettere a letto e sono andato via!
– Quindi la seratina che avresti voluto è andata a farsi benedire!
– Ma che seratina! Ammetto che Emma mi piace! È una ragazza adorabile e mi sono affezionato a lei, ma non è proprio il tipo che fa per me!
 
Seduti entrambi sul materassino di gommapiuma, si guardavano negli occhi. Mulan aveva ancora un mezzo ghigno ironico sul viso, August invece aveva addolcito la sua espressione e il suo sguardo. Lei si sentì improvvisamente turbata. Cosa stava succedendo? August le si avvicinò lentamente.
 
– Ti conosco da tre d’anni Mulan! Sei sempre così seria e professionale … raramente sorridi e ti sciogli! Mi permetti di avvicinarmi a te solo quando lottiamo. Sento sempre che poni delle barriere tra me e te! Sei un mistero per me … un mistero che mi affascina, come mi affascinano i tuoi occhi scuri e profondi …
 
Lui era ormai pericolosamente vicino al suo viso e aveva sollevato le dita ad accarezzarle la guancia sinistra. Lo sguardo di  Mulan si spostò dagli occhi azzurri di August alle sue labbra, sempre più vicine e schiuse in un sorriso. Non le sembrò reale che si stesse verificando quella situazione, era troppo bello per essere vero! Non era possibile! August sicuramente la stava prendendo in giro! Le palpebre dell’uomo si stavano abbassando e le sue labbra erano ad un soffio dalle sue, egualmente pronte ad accogliere quel bacio promesso. Si sfiorarono e per Mulan fu come sentire una scossa elettrica in tutto il corpo. Si scostò bruscamente, lasciando August deluso.
 
– Non sono una delle tante August!
 
Si alzò velocemente e rimettendosi in piedi si allontanò dalla palestra, lasciando l’uomo ancora sul materassino.
 
– No Mulan! Per me non lo sarai mai!
 
Lo aveva sospirato sottovoce e lei non aveva potuto sentirlo. 
 
***
 
Emma era tornata nella sua stanza e dopo essersi tolta la maglietta umidiccia e il resto degli indumenti, aveva rilassato i muscoli con l’acqua tiepida della doccia.
In quei  mesi aveva stretto un’ottima amicizia con August. Era la prima volta in vita sua che sentiva un così forte legame di amicizia con un uomo. August era un ottimo istruttore lì a Quantico e, come Mulan, l’aveva presa sotto la sua ala protettiva.
Se ripensava a quanto era successo la sera prima!  Ancora arrossiva per la vergogna!
 
Purtroppo non avrebbe mai potuto cancellare dalla memoria i ricordi dolorosi. Quello che doveva essere il giorno del primo compleanno del suo bambino era stato anche l’anniversario della sua morte. Aveva passato la giornata nelle varie esercitazioni previste per il suo programma e le aveva affrontate obbligandosi a scacciare la malinconia che le opprimeva il cuore.
Quando, nel tardo pomeriggio, Mulan le aveva proposto di uscire insieme e passare la serata al Pub, aveva accettato. August le aveva raggiunte quando le aveva viste alla barra a bere shottini.
 
– Anatroccolo! Che ti succede questa sera?
– Ho voglia di bere “fratellone”!
 
August la chiamava “Anatroccolo” da quando aveva sentito il suo cognome. Le aveva detto che essendo la più piccola tra le reclute, per lui sarebbe stata un anatroccolo fino a fine corso, dopodiché avrebbe potuto definirla Swan, cigno!
Le era stato simpatico fin dall’inizio quel ragazzone atletico dagli occhi azzurri e il sorriso leale. Visto il cipiglio protettivo e fraterno che le mostrava solitamente, inaspettato per il loro rapporto di istruttore e allieva, lei aveva iniziato a chiamarlo “fratellone”.
 
La sera prima, al pub, August aveva capito che lei fosse giù di corda, ma non aveva insistito a chiederle il motivo. Neppur lei, in fin dei conti, aveva voglia di parlarne. Mulan, vicino a loro, era abbastanza taciturna, lo diventava sempre quando era presente August e se per caso gli avrebbe parlato, Emma aveva notato che, come al solito, gli avrebbe lanciato frecciate molto ironiche. 
Grazie agli insegnamenti di Lorna e agli studi di psicologia, di cui aveva completato gli esami del terzo anno e si apprestava ad affrontare quelli del quarto, aveva preso l’abitudine, su suggerimento della sua mentore, di tracciare il profilo delle persone che la circondavano. Si era divertita a tracciare quello di Mulan per prima, rassicurata dalla pregressa conoscenza che aveva di lei da un anno, in modo molto ravvicinato, a causa del programma di protezione.
Nell’osservazione che aveva fatto dell’agente orientale, tra le varie caratteristiche, aveva notato che quel modo di ironizzare con August fosse dovuto semplicemente al fatto che gli piacesse molto e non pensasse di poter essere ricambiata. August, dal suo canto, nei confronti della collega sembrava nutrire molto rispetto e stima, ma spesso, osservandolo insieme a lei, Emma aveva notato un addolcirsi dello sguardo che, nel suo cipiglio, altro non fosse che un segno di tenerezza e grande affetto per la collega orientale. Emma si era convinta, ormai, che tra quei due la scintilla fosse scoccata da un pezzo, ma che ancora non ne avessero preso una totale coscienza.
 
Al Pub Emma avrebbe dovuto passare una piacevole serata e allenarsi ad osservare le dinamiche tra i vari avventori, uno degli esercizi dati da Lorna.
Doveva capire dalle loro espressioni e dalle loro movenze, sia il rapporto che li accomunava, che il cipiglio caratteriale e lo stato d’animo del momento. Purtroppo però era stato il suo stato d’animo a non essere dell’avviso giusto per divertirsi ed esercitarsi contemporaneamente!
 
Aveva esagerato con l’alcool e quando August l’aveva invitata ad uscire per farle prendere una boccata dell’aria fredda di novembre, aveva avuto dei mancamenti che avevano convinto l’amico a riportarla all’Accademia.
Da quando era entrata a Quantico le avevano assegnato una stanza, non molto distante da quella di Mulan. August era stato premuroso a riaccompagnarla. Quando erano giunti davanti alla porta, lei non era riuscita ad infilare la chiave nella serratura e lui gliela aveva tolta di mano per aiutarla. Così voltato di spalle, con i capelli corti e bruni, quel giubbotto di pelle nera che gli segnava le belle spalle atletiche, le aveva provocato un déjà vu. Le era sembrato di ritrovarsi sul pianerottolo dell’appartamento di Kim, con lui che, con in dosso un giubbotto simile, le dava le spalle mentre apriva la porta dell’appartamento.
 
Quando August si era voltato guardandola con quel sorriso bonario sul volto e gli occhi azzurri, simili a quelli di Kim, la mancanza si era fatta sentire così fortemente in Emma, che non aveva resistito a saltargli al collo e a baciarlo.
Quello che avrebbe voluto veramente era sentirsi ancora stretta dalle braccia del suo amore e quando August, prima spiazzato, poi aveva ricambiato, stringendola saldamente a sé, si era persa in quel bacio, vedendo, dietro le palpebre chiuse, il bel viso di Kim. Si era sciolta sorridendo da quell’abbraccio e, stranamente, aveva chiamato l’uomo davanti a sé Killian. Era rimasta sconvolta da ciò, non lo aveva chiamato Kim, cosa che sarebbe stata più spontanea, visto che a lui stava pensando! Non lo aveva chiamato August, cosa che sarebbe stata ovvia, facendo sorprendere di sicuro il suo amico, bensì dalla sua gola era uscito il nome Killian!
 
“Killian?!”
 
Non ci aveva capito più nulla! Imbarazzata con August per quel bacio, ancor più imbarazzata per averlo chiamato con un altro nome e sconvolta perché Kim era diventato nella sua mente ubriaca Killian!
 
I conati di vomito le avevano afferrato improvvisamente lo stomaco e aveva completato la figura di “merda” con il povero August, che, nonostante tutto, si era prodigato per aiutarla!
Alla fine del disastro si era addormentata vestita sul letto, crollando per l’obnubilamento dell’alcool e la stanchezza. Sicuramente era stato August a metterle la coperta sopra la schiena prima di andar via …
 
Quando si era svegliata aveva cercato di fare autoanalisi per l’accaduto. Si sentiva un’idiota ad essersi comportata in quel modo con August, ma tutto si era verificato per l’associazione visiva e il ricordo di una scena vissuta con Kim. La cosa che più la turbava e che non riusciva a capire, era perché alla fine lo avesse chiamato Killian.
Mentre si faceva quella domanda aveva guardato il suo polso sinistro, dove teneva da un anno il bracciale con la Fenice che lui le aveva regalato l’ultima volta che si erano sentiti, precisamente un anno prima!
 
Nonostante l’affetto e l’attaccamento che Killian le avesse dimostrato a telefono e con dei piccoli, grandi gesti, non sapeva più cosa pensare di lui. Da quel giorno non lo aveva più sentito. Vero che lui le avesse detto di aspettarlo, che non avrebbe potuto contattarla per difficoltà di campo … Ma era mai possibile che avesse fatto passare tutto quel tempo?!
 
Durante l’estate appena trascorsa, sua zia Ingrid e sua cugina Anna erano partite per l’Irlanda, per andare a conoscere la famiglia di Liam, lei non aveva potuto, poiché era impegnata nelle simulate che venivano organizzate a Quantico e nel tirocinio presso la Casa Famiglia “Biancaneve e i sette nani”.
Sarebbe potuta essere l’occasione per incontrare finalmente il suo “amico speciale”, come lo chiamava Mulan, ma le era stato impossibile.
Sentendo la zia e la cugina a telefono, aveva saputo, invece, che Killian non fosse presente. Era all’estero per lavoro, forse in Sudamerica, non avevano capito bene. Questo le aveva dato la conferma e la certezza che lui fosse ancora in chissà quale punto sperduto dell’America del sud, con tutte le difficoltà  che le aveva annunciato.
Lo pensava spesso, molto spesso, doveva ammetterlo! Il bracciale con la Fenice era veramente un promemoria, ma non le bastava più! Nonostante l’impegno con l’Accademia e la Casa Famiglia, aveva bisogno anche di altro. Aveva bisogno di un contatto umano che non potevano darle né la famiglia, né i colleghi, né Regina, quest’ultima tornata da Londra definitivamente.
 
La sua amica Regina era tornata molto delusa. La storia che stava vivendo con Robin era stata un fallimento. Lui si era rivelato un gran bugiardo e la ragazza lo aveva lasciato senza una parola di addio. Lui l’aveva ricercata a telefono, ma lei non gli aveva mai risposto, almeno questo sapeva Emma!  Regina, dal ritorno,  si era buttata in un progetto che sognava da anni, aprire una galleria d’arte. Ci lavorava ormai da diversi mesi e le stava dando una mano Neal Cassidy, che si era laureato in architettura e le aveva disegnato il progetto.
Un mese prima Regina l’aveva invitata a vedere il luogo dove avrebbe aperto la galleria e, in quell’occasione, Emma aveva rivisto il suo ammiratore. Era dalle superiori che Neal le faceva la corte, lo sapevano tutti che avesse un debole per lei, ma lei, nonostante l’affetto per l’amico sincero, non nutriva altro. Rivederlo, più maturo e spavaldo, rispetto al ragazzo timido di qualche anno prima, l’aveva intrigata e quando lui l’aveva invitata ad uscire insieme per un drink, lei aveva accettato. I giorni seguenti si erano ancora sentiti e avevano trovato varie occasioni per passare del tempo insieme. Neal era sicuramente un ragazzo simpatico, aveva iniziato ad apprezzarlo maggiormente rispetto al passato e, poche sere prima, dopo aver cenato insieme, l’aveva portata in macchina in una zona panoramica. Forse era stato il momento di serenità, le risate che lui le aveva suscitato con le sue spiritosaggini, il cielo stellato ... insomma, Neal l’aveva baciata appassionatamente e lei, nel suo bisogno, aveva ricambiato.
 
Era stata strana la sensazione provata! Lei in vita sua, aveva baciato con quella stessa foga solo Kim e con lui aveva sentito qualcosa che con Neal non era riuscita a provare. Ne aveva avuta poi la certezza, nel momento in cui Neal, sentitosi approvato dal bacio, aveva tentato di approfondire il petting, cercandola sotto gli abiti. In quel momento Emma si era irrigidita. Certe carezze le aveva vissute solo con Kim, desiderate da entrambi, a lui aveva donato la sua verginità, con lui era diventata donna e aveva vissuto una passione travolgente. Non se l’era sentita di andare avanti con Neal. Si era staccata da lui, si era scusata del fatto che “non poteva”. Il giovane era rimasto amareggiato e deluso, ma aveva cercato di essere comprensivo. Conosceva la storia di Emma, del suo amore perduto e del figlioletto e aveva cercato di mostrarle la sua solidarietà quando era stata in ospedale ….
 
Alla fine Neal le aveva detto di non avere nessuna pretesa, né aspettativa particolare da lei. Non voleva forzarla, non era quel tipo di uomo, avrebbe aspettato che lei avesse voluto.  Da quella sera erano passati diversi giorni ormai ed Emma aveva declinato ogni altro invito ad uscire di Neal, con la scusa dello studio, delle esercitazioni e tutto il resto. Sapeva che Neal non fosse stupido e probabilmente aveva capito l’antifona.
 
Aveva bisogno di confrontarsi con Lorna riguardo all’episodio accaduto con August e sulle reazioni avute con Neal. Non era facile fare autoanalisi, Lorna l’aveva avvertita, non si riusciva ad ammettere a se stessi delle verità brucianti!
 
Era felice che Lorna fosse la sua mentore e il suo supervisore, doveva ringraziare Sebastian Jefferson che, la sera dell’omicidio di Kim, aveva chiesto il suo intervento. In quell’occasione lei non aveva visto l’affascinante Agente Scelto, ex marines. Lo aveva saputo di recente, da quando gliene aveva parlato Lorna, rispondendo alla sua domanda del come e del perché intervenisse lo psicologo della F.B.I. nei distretti di Polizia. Lorna le aveva portato l’ esempio diretto del suo stesso caso e le aveva fatto il nome dell’Agente Jefferson. Parlando di lui la  Psicologa si era illuminata in viso, con un’espressione che Emma non le aveva mai visto prima.
Considerata la grande confidenza che ormai aveva raggiunto con Lorna, si era permessa di verbalizzare la sua sensazione.
 
– Lorna, ho l’ impressione che tu e questo Agente Speciale siate … come dire … intimi!
 
Lorna aveva sorriso raggiante, confermandole già in quel modo i sentimenti che nutrisse per l’uomo.
 
– Stai diventando un’ottima osservatrice Emma! Si, vero. Io e Sebastian siamo “piuttosto” intimi! È il mio compagno da alcuni mesi …
- Lorna sono felice per te! In effetti è da un po’ che ti vedo più serena!
– Lo hai notato?! Si, sono felice con lui! Mi corteggiava da anni, da prima del mio divorzio con Federik Victor!
 
In un’occasione in cui Sebastian Jefferson aveva dovuto dare delle comunicazioni a Lorna, durante una sua lezione, Emma aveva potuto conoscerlo. Si era resa conto di averlo già visto in giro per l’Accademia, l’aveva notato proprio per la sua prestanza fisica e il bel volto, avevano scambiato anche qualche parola, ma non aveva immaginato che fosse l’uomo di Lorna. Erano una coppia notevole insieme!
 
“Chissà se posso chiedere a Sebastian di rintracciare Killian in Sudamerica? È un Agente Scelto, ha vari incarichi d’indagine, sicuramente ci riuscirebbe in breve! Ma come glielo dico? Che scusa invento?”
 
Mentre rimuginava sul modo per poter giungere a Killian, sentì la suoneria del suo cellulare, lasciato sul letto mentre era andata a docciarsi.
Ancora con i capelli umidi e avvolta in un accappatoio blu notte, lo prese e lesse: Regina.
Si buttò a pancia in sotto sul letto e sorridendo le rispose.
 
– Ciao Miss Swan! Sei tornata da Ingrid?
– No, sono ancora in Accademia!
– Ma non dovevi tornare oggi? È venerdì!
– Vero, ma ho avuto delle verifiche e un’esercitazione. Oggi pomeriggio vado da Mary Margaret, festeggiamo il compleanno di due bambini della casa famiglia! Se si farà troppo tardi dormirò da lei!
– Tanto per cambiare! Sei tu che fai in modo di fare tardi! Non so cosa ti ha fatto la Casa Famiglia “Biancaneve e i sette nani”!
 
Emma sospirò. Regina aveva ragione! Quando andava dai Nolan per il tirocinio, si sentiva così serena! Mary Margaret e David sembravano nati per quel lavoro, avevano una propensione genitoriale che lei aveva visto di rado!
 
Un anno prima, quando era andata in ospedale per la prima ecografia, li aveva visti uscire dalla sala dell’ecografo. Si era vergognata di farsi vedere e si era voltata di spalle. Loro non se ne erano accorti. Non se l’era sentita di far sapere alle due persone che l’avevano soccorsa la notte dell’omicidio di Kim, che fosse incinta!
Di Kim i giornali avevano detto fosse un delinquente, un avvocato colluso con la mafia e lo spaccio di droga! Non voleva passare per la stupida ragazzina che si era fidata di un delinquente che l’aveva messa incinta!
Eppure, dopo più di un anno, ancora non riusciva a pensare a Kim come un delinquente. Solo a ricordare il suo viso, i suoi occhi meravigliosamente azzurri e puliti!
Si era così tanto sbagliata su di lui che aveva maturato nei mesi di entrare all’Accademia di Quantico e diventare Profiler. Certo conoscere Lorna e Mulan, avere avuto le esperienze terribili che le erano capitate in pochi mesi, avevano dato una svolta definitiva a quella decisione!
 
Lorna l’aveva inoltre consigliata di affrontare un’esperienza più tranquilla in una casa famiglia, a contatto con bambini. Un modo per farle superare, come una terapia d’urto, il trauma della morte di suo figlio. Lei stessa aveva pensato a Mary Margaret e a David Nolan. Aveva dovuto  ritrovare il loro biglietto da visita, rimasto nei jeans che portava quella terribile notte e mai più indossati.
Era stato strano ripescare nell’armadio quei jeans! Pensava che avrebbe sentito nuovamente il dolore della perdita, invece aveva sentito una strana serenità, come se nulla di quanto vissuto quell’orrenda notte, fosse mai capitato! Forse perché era sollevata dell’aver trovato il biglietto da visita?
 
Nonostante avesse ritrovato quel bigliettino il giorno stesso del suggerimento di Lorna, aveva fatto passare un paio di mesi prima di recarsi di persona a quell’indirizzo!
Ancora ricordava quel momento! La casa che si era trovata davanti le sembrava veramente uscita da un libro di favole. Era grande, su due livelli, con un grande tetto di legno spiovente, le finestre con le ante in legno e i davanzali fioriti. Aveva sorriso a guardarla, pensando che il nome Casa di Biancaneve e i sette nani, fosse appropriatissimo!
La casa aveva un ampio giardino, arredato da giochi variopinti per bambini. Era entrata dal cancelletto e, saliti i pochi scalini, stava per bussare, quando la porta si aprì improvvisamente per mano dello stesso padrone di casa, l’avvocato David Nolan.
 
– Oh! Salve! Mi scusi … sono Emma Swan, forse non ricord …
- Emma! Come stai?! È da tanto che io e Mary aspettiamo una tua visita! Ti avevamo detto che potevi contattarci al bisogno! Abbiamo seguito le tue vicende recenti, Mary voleva chiamarti lei, ma con il piccolo Neal e gli altri ospiti della casa famiglia è sempre oberata! Vieni accomodati! Io stavo andando in ufficio, ma entra dai! Maaary! Indovina chi è venuta a trovarci!
 
Era rimasta spiazzata da quell’accoglienza calorosa. David l’aveva presa per mano e letteralmente tirata dentro casa. Non pensava che l’avrebbe riconosciuta!
Mary Margaret era uscita da una stanza con un piccino in braccio di pochi mesi e una bambinetta bionda con gli occhioni celesti, di circa due anni, attaccata alla gonna.
Anche lei come suo marito fu entusiasta nel vederla, talmente entusiasta che le mise in braccio il bambino, per occuparsi della piccina aggrappata alla gonna, che stava per piangere.
 
– Emma prendi Neal per favore, io mi occupo di lei! È arrivata da poco e ha bisogno di molta attenzione! Vieni, vieni, raccontami di tè intanto! Ho saputo dalla televisione delle tue disavventure! Mio Dio! Non oso immaginare quanto sia stato terribile per te!
 
Mary e David erano stati così travolgenti, che non le avevano dato il tempo di riflettere né di dire il perché si fosse recata da loro. Anche metterle con quella fiducia, il loro bambino tra le braccia, l’aveva spiazzata. Non aveva mai accudito bambini, non ne aveva tenuto mai in braccio uno … se non suo figlio per due minuti della sua breve esistenza!
Ritrovarsi con Neal in braccio, così piccolo e tenero, con i suoi capelli castani e gli occhi di un colore indefinibile, fu una forte emozione per lei. Fu istintivo stringerlo protettivamente, guardarne il visetto paffutello. Era un bambino molto bello, cosa da aspettarsi visti i genitori! Le venne spontaneo dargli un bacino sulla fronte, cullarlo, sentire il suo profumo di bimbo pulito e curato. Era stato naturale sentire anche un nodo allo stomaco per il rimpianto e gli occhi riempirsi di lacrime, ma era riuscita a distrarsi con le parole di Mary Margaret e le lacrime erano state ricacciate da dove stavano venendo.
Da quel giorno aveva iniziato il suo tirocinio. Andava dai Nolan due volte a settimana e tutte le volte che aveva del tempo libero. Si era affezionata ai piccoli ospiti, circa sette bambini, e al piccolo Neal.
 
Si, Regina aveva ragione! Era lei stessa a far tardi per avere la scusa di restare! Era più forte di lei! In quei mesi quasi tutti i bambini conosciuti all’inizio erano andati via, tornati dai genitori o dati in adozione. Soltanto la piccina dai lunghi capelli biondi era rimasta. Sua madre ancora era in comunità per disintossicarsi dall’uso di eroina, mentre il padre era morto di AIDS. A quella piccola e a Neal, Emma si era molto affezionata e più crescevano, più anche loro le mostravano attaccamento. Era per loro due che voleva restare anche la notte!
 
– Sarei curiosa di sapere da quanto non torni da Ingrid con la scusa della Casa Famiglia!
 
Con quella domanda Regina la riportò alla realtà. Era un mese che non tornava a casa! Per quel fine settimana avrebbe dovuto assolutamente. Sua zia Ingrid le aveva detto a telefono che aveva bisogno di fare due chiacchiere con lei! Chissà di che cosa?
 
– Sarà un mese che non riesco a tornare, ma domani sarò da mia madre. La tua come sta?
– Oh! E chi la distrugge Cora Mills?! La sai l’ultima?! Il figlio di una sua amica si è specializzato in Cardiochirurgia due anni fa a Londra, ha trovato impiego qui a Boston e lei mi ha organizzato un pranzo a sorpresa!
– Come scusa?!
– Si! Hai capito bene! Mi ha invitato a pranzo e mi ha fatto trovare madre e figlio! Hai capito le sue intenzioni no?
 
Emma scoppiò a ridere.
 
– Matrimonio con il Cardiochirurgo?
– Se lo pensava lei! Non sono minimamente interessata e poi, parlando con lui, ho scoperto che è fidanzatissimo con una sua collega! Mia madre c’è rimasta malissimo, l’amica non lo sapeva nemmeno che il figlio ha una donna!
– Hai scampato il pericolo quindi!
 
Risero entrambe, immaginando l’espressione delusa della raffinata Signora Cora Mills.
 
-   Cara Miss Swan, ho una grande notizia da darti!
– Ovviamente non si tratta di matrimonio!
– Ovviamente cara! Ti annuncio ufficialmente che sabato  prossimo ci sarà l’inaugurazione dell’apertura della mia galleria d’arte!
– Di già?! Fino a pochi giorni fa eri preoccupata di non farcela!
– Quando vieni capirai! Ho avuto un colpo di fortuna che non immagini!
 
Fecero altre due allegre chiacchiere e poi chiusero la chiamata. Emma doveva prepararsi per la festa di compleanno da “Biancaneve e i sette nani”.
 
Quella sera. Casa Frozen.
 
Un’altra settimana stava finendo! Una settimana di tristi ricordi purtroppo!
Ingrid era seduta sul suo confortevole divano bianco. Era venerdì sera. Era rimasta sola in casa, Anna era uscita con il suo Cris ed Emma aveva appena telefonato per dire che aveva fatto tardi in Casa Famiglia e avrebbe pernottato lì.
Il giorno prima era stato il triste anniversario del suo nipotino Henry. Ingrid pensò che fosse naturale che Emma avesse voluto restare in Casa Famiglia con i piccoli ospiti. Quella ragazza sarebbe stata una bravissima mamma per Henry!  Chissà come aveva passato quella giornata? Lei era andata al cimitero. Aveva portato dei fiori bianchi e li aveva posti nel vaso davanti alla croce di marmo. Emma non andava mai su quella tomba. Le faceva troppo male evidentemente!
Il giorno prima aveva detto a sua nipote di voler fare due chiacchiere con lei. Da dove avrebbe cominciato? Non lo sapeva proprio! Come avrebbe potuto dirle quello che aveva scoperto? Pensò alle parole da usare, ma nulla le sembrava adatto, specialmente così vicino alla ricorrenza del giorno prima. I fantasmi del passato dovevano restare lontani, ma purtroppo tornavano. Altroché se tornavano!
Alla fine decise.
 
“No! Non le dirò nulla! Non ancora almeno!
 
 
Una settimana dopo. Sabato 12 novembre 2009.
 
 
Fortuna che aveva pensato a portarsi il vestito in Accademia!
L’inaugurazione della galleria d’arte di Regina iniziava per le 17,30. Erano le 16,00 e lei ancora non si era vestita. Aveva appena finito l’esercitazione al poligono. Era stata talmente nervosa che non aveva fatto un buon punteggio e August gliene aveva dette di tutti i colori. Era un pignolo quando ci si metteva! L’aveva rimproverata perché l’aveva vista con la testa tra le nuvole. Le aveva chiesto a cosa stesse pensando invece che al nemico che aveva di fronte e che l’avrebbe potuta uccidere in un secondo!
Anche se “il nemico”, in quel frangente, era solo una sagoma di cartone, August aveva ragione. Non poteva permettersi distrazioni in una “missione”. Doveva tenere la mente libera! Era stata un disastro solo per pensare che non sarebbe stata puntuale da Regina, figuriamoci se avesse avuto una preoccupazione maggiore!
 
Comunque alla fine, fatta una veloce doccia, si era preparata. Il vestito rosa cipria, con la gonna svasata, le stava d’incanto, aveva ragione Anna, che l’aveva convinta a comprarlo. Il problema erano quelle terribili, bellissime scarpe con il tacco alto! Per Emma erano due ordigni! Ma per l’occasione doveva fare quel piccolo sacrificio!
I capelli erano un ammasso di paglia gialla. Possibile che quando doveva sbrigarsi prendessero una propria vita mettendosi contro di lei? Decise di tirarli su, in una specie di coda di cavallo, appuntata con delle mollettine. Alla fine si trovò quasi decente e si decise ad andare.
 
Come aveva immaginato arrivò con una mezz’ora di ritardo e, mestamente, si diresse dritta dalla sua migliore amica.
 
– Emma che è successo? I Federali ti hanno arrestata?
 
Regina l’accolse con un sorriso smagliante e quella battuta pronta. La Signora Cora Mills era vicina alla figlia ed Emma la salutò congratulandosi anche con lei per il risultato raggiunto dalla figlia. Ingrid ed Anna, con Cris, erano già arrivate e stavano gironzolando osservando  le varie opere esposte.
Emma dovette ammettere che Regina avesse fatto un lavoro eccellente con il suo ottimo gusto e Neal era stato molto bravo nella sua parte. A proposito di Neal, lo vide poggiato ad una parete, che sorseggiava uno dei drink messi a disposizione dai camerieri che Regina aveva assoldato. Uno di questi porse un vassoio pieno di tartine ad Emma, ma lei declinò, putando verso Neal.
 
– Ciao Neal! Volevo congratularmi per l’ottimo lavoro che hai svolto!
– Ah! Si grazie Emma … vuoi un drink?
– Si grazie!
 
Al volo Neal catturò un drink dal vassoio di un altro cameriere che lo stava superando e lo porse ad Emma.
 
– Al volo per te Principessa!
– Sei sempre gentile Neal
– Evidentemente non abbastanza per te Emma!
– Neal io …
- No! Non mi devi spiegazioni! Tranquilla … ho capito da solo. Ma sappi che io sono qui … aspetto solo una tua parola.
 
Detto ciò la lasciò sola con il suo drink e si defilò tra gli ospiti della serata.
 
– Emma, Emma! Sapessi che bei quadri nell’ala per ragazzi!
 
Anna era arrivata con il suo solito entusiasmo, trascinandosi dietro il fidanzato.
 
– Ala per ragazzi?
– Si, ci sono dei quadri che sembrano fotografie per come sono dipinti! Una tecnica che non conosco, ma tu lo sai che sono sempre stata una somara a scuola!
– A scuola eri solo distratta da altro Anna!
 
Emma le rispose ridendo e lanciando un’occhiata a Cris. Da quando aveva conosciuto il fidanzato e presto marito, Anna non aveva più pensato ai libri. Come diceva sua madre era stato un miracolo che fosse riuscita a diplomarsi l’anno prima!
 
– Vai a vedere Emma! Sono eccezionali!
 
Anna era riuscita ad incuriosirla e, dopo aver posato il bicchiere vuoto, si diresse verso il corridoio da cui era sopraggiunta la cugina con il fidanzato. Una stanza si apriva ampia, con la forma di un ferro di cavallo. Regina aveva dato un titolo a quella stanza: Once upon a time.
Emma capì il perché e sorrise nel riconoscere delle scene con personaggi tratti dalle favole, poi si voltò lentamente verso la sua sinistra e …
 
“Non è possibile! Non è possibile!”
 
Il cuore le saltò in gola e le sembrò di soffocare. Doveva uscire da lì! Doveva prendere aria!
 
– Neal cosa hai detto ad Emma?
– Niente di particolare Regina, perché?
– L’ho vista correre via pallida come uno straccio, neanche avesse visto un fantasma!
 
Emma era uscita fuori dall’edificio. Respirava a fatica. Cercava di inspirare più aria possibile, ma le sembrava che il cuore le si fosse fermato nella gola. La sera era serena e si vedeva uno spicchio luminoso di luna. Ancora si chiese come poteva essere possibile ciò che aveva visto. Forse aveva avuto le traveggole. Doveva tornare dentro e guardare nuovamente. Si, doveva farlo assolutamente …
 
“Ma non adesso … non ce la farei ad affrontarlo!”
 
Aveva ragione Ingrid. A volte i fantasmi del passato potevano tornare. Altroché se potevano!
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
Cari lettori buona domenica, spero sia almeno domenica. Non so se il mio modem farà capricci. Se avete letto il capitolo significa che si è comportato bene!
 
Cosa avrà visto di così “spaventoso” ;))) Emma? Immaginabile no?
Cosa avrà scoperto Ingrid? Immaginabile anche quello!
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Fatemi sapere cosa vi ha suscitato nelle varie situazioni.
Ringrazio i nuovi lettori che stanno inserendo nelle varie categorie la mia storia e gli dico “ben venuti a bordo!” Spero di sentire anche le vostre opinioni. Grazie agli affezionati e a chi ha la pazienza di lasciare un commento.
A presto.
Lara
 

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Capitolo 25
*** La felicità nell'aver amato ***


Capitolo 25
La felicità  nell’aver amato
 
 
– Dottoressa … io vado! Sicura che non vuole che resti ancora?
– No Jasmine grazie! Tra poco chiudo e vado anche io!
– A domani allora. Buonanotte Dottoressa Mills!
- A domani, buonanotte anche a te Jasmine!
 
Era stata una serata memorabile. L’inaugurazione della sua galleria d’arte aveva avuto un grande successo e tra gli ospiti aveva avuto ben tre acquirenti, interessati a due sculture e ad un quadro.  Avrebbe voluto condividere le opinioni sulla riuscita della serata con la sua migliore amica, ma quella si era dileguata fuggendo via con una faccia pallida e un’espressione tale che sembrava avesse visto un ectoplasma!
 
“Che le sarà preso?! Quasi quasi la chiamo, sarà a casa da Ingrid ormai! “
– Dottoressa mi scusi …
- Jasmine?! Ma non eri andata via?
– Si … infatti stavo uscendo, ma è arrivato un fattorino con dei fiori per lei!
– A quest’ora?!Sono quasi le 23,30!
– Gli dico di tornare domani?
– Ma no! Fallo entrare e dagli una mancia! Anzi no! Ci penso io, tu vai pure!
 
Si alzò dalla sua scrivania e seguì la giovane indiana che aveva assunto come segretaria. Erano andate via da poco le tre inservienti che si occupavano delle pulizie e tutto era in ordine, pronto per la riapertura del giorno dopo.
Il fattorino aspettava nell’ingresso, con un mazzo enorme di rose rosse infilate in un cesto. Ogni rosa, da quanto notò Regina, era infilata in una piccola provetta con l’acqua. La composizione era bellissima e molto originale, poteva ornare perfettamente l’inizio del primo corridoio. 
 
– Sono bellissime!
– Dove vuole che le metta Signorina?
 – Lì staranno benissimo!             
 
Indicò al giovane paffuto il punto che aveva deciso e quando quello si voltò per salutarla e andar via, gli diede una piccola mancia. Il ragazzo salutò, portandosi la mano verso la visiera del berretto da lavoro con il nome del fiorista impresso su un lato. Regina sorrise a quel saluto, vagamente di sapore militare, e si avvicinò ai fiori. Doveva esserci un biglietto da qualche parte! Chi le mandava quel bellissimo omaggio? Trovò una piccola busta, rossa come le rose, attaccata al bordo del vaso in vimini, rivestito di tulle egualmente rosso.
Doveva ammettere di essere curiosa! Con movimenti agili, delle dita sottili e curate, aprì la bustina e tirò fuori il piccolo cartoncino. Le si strinse il cuore in una morsa nel riconoscere quella scrittura inclinata e ordinata. Lesse con le lacrime agli occhi per l’emozione.
 
“Avevamo i nostri sogni una volta. Uno dei tuoi era questo …
Ce l’hai fatta Regina. Sono felice  e orgoglioso di te.
Sincere congratulazioni.”
 
Il bigliettino non era firmato, ma lei sapeva chi le avesse mandato quel regalo.
Una lacrima sfuggì incontrollata dalla sua palpebra sinistra. L’asciugò velocemente con la mano dello stesso lato, mentre, con il capo chino, ancora guardava quelle parole.
Sentì un leggero rumore alle sue spalle. Non aveva sentito il cigolio della porta a vetri. Si rese conto che avrebbe dovuto provvedere ad una suoneria che avvisasse l’ingresso di chi stesse entrando.
Nel suo elegante tubino nero, corredato di un giacchino in pizzo dello stesso colore e due splendide decolleté tacco dodici, Regina si voltò verso il punto in cui era giunto il rumore. Rimase senza parole, con il labbro tremulo e gli occhi velati dall’emozione, nel vedere l’uomo poggiato allo stipite della grande porta a vetri.
 
– Daniel!
– Ciao Regina!
 
Davanti a lei c’era proprio Daniel! Alto, snello, elegante come un modello, con quel viso signorile che lei aveva amato fin dalla prima volta che l’aveva visto, anche se lo aveva dimostrato lentamente e dopo averlo fatto penare con i suoi dispetti.
Anche Daniel era in nero, con una camicia azzurra aperta al collo e un foulard  di seta rossa che sostituiva con classe la cravatta.
Ancora gli faceva quell’effetto trovarselo davanti! Il cuore le martellava nel petto e l’emozione di rivederlo dopo più di un anno di distanza era fortissima. A Regina sembrava che quel tempo non fosse mai passato, i suoi sentimenti per Daniel erano immutati, nonostante quei mesi di lontananza e nonostante la relazione con Robin. Non voleva nemmeno pensarci a Robin! Le saliva lo schifo per lui e per se stessa. In più quello sfacciato aveva continuato a chiamarla e a mandarle messaggini! Non aveva mai risposto, ma i messaggi li aveva letti. Erano messaggi sempre dello stesso tenore. Non vi vedeva un minimo di pentimento o di sentimento nei suoi confronti. Continuavano ad essere messaggi esplicitamente d’interesse sessuale, dove le diceva che, senza di lei, non aveva più trovato la stessa soddisfazione, né con sua moglie né con altre. Voleva lei!
 
Daniel, nella sua innata eleganza, le si avvicinò  lentamente.
 
– Posso permettermi di baciare la tua mano?
 
Quando mai Robin sarebbe stato così galante e raffinato? L’avrebbe afferrata per la vita e l’avrebbe baciata con irruenza! Si, certo, eccitante la cosa, ma fuori dalle lenzuola era un rozzo! Non era un ignorante Robin, ma sicuramente non aveva la sensibilità e il tatto di Daniel! Non c’erano paragoni!
 
– Si!
 
Aveva risposto solo quel “si” non sapendo nemmeno lei come fosse riuscita ad articolare quel fonema. Daniel, con lo sguardo gentile e il sorriso sulle labbra, si era avvicinato e le aveva preso la mano. L’aveva portata alle labbra, guardandola in viso e aveva chiuso gli occhi nel momento di quel piccolo bacio, come se per lui fosse un sogno che si stava avverando.
 
Era vero? Quella percezione di Regina era forse vera? Daniel non aveva smesso d’amarla come non aveva smesso lei?
 
– Daniel io …
- Non voglio spiegazioni Regina! Non sono venuto per questo!
– Io  volevo ringraziarti per i fiori, io … pensavo che mi odiassi … perché sei venuto?
– Regina, non lo capisci? Questo era uno dei tuoi sogni e lo hai realizzato …
 - Si è vero …
- Volevo solo assicurarmi  che tu fossi veramente felice. Lo sei Regina?
– Io … si lo sono!
– Perché allora quella lacrima sul tuo bellissimo viso?
– Perché … perché ho raggiunto qualcosa, ma ho perso qualcosa di più importante!
 
Gli occhi di Regina erano nuovamente umidi. Daniel le accarezzò delicatamente una guancia.
 
– Cosa pensi di aver perso Regina?
 
Ora le lacrime avevano superato l’ultimo confine e scorrevano sugli zigomi della giovane. Con non poca fatica riuscì ad articolare il pensiero che le passava nella mente.
 
– Ho perso te!
 
Daniel aveva inclinato il viso e la guardava con una profonda tenerezza, mentre con il pollice allontanava una di quelle gocce che brillava sulla sua guancia.
 
– Sono qui tesoro! Non mi hai mai perduto. Sono sempre stato qui. Ti ho aspettata, sentivo che un giorno saresti tornata.
– Oh Daniel! Ti ho fatto del male e tu mi hai aspettata?
– Io ti amo Regina, semplicemente ti amo!
– Ti amo anche io Daniel! Non ti ho dimenticato, non potrei mai!
 
Fu la cosa più spontanea abbracciarsi forte. Mentre Regina bagnava di lacrime la giacca di Daniel, lui le baciava la sommità della fronte consolandola.
 
– Non fare così amore mio! Calmati, ho tante cose da raccontarti!
 
Le prese il viso tra le mani e le pose un casto bacio sulle labbra. Si guardarono negli occhi e vi lessero i reciproci sentimenti. Non riuscirono a non esprimere il loro amore anche nei gesti. Regina gli portò le braccia intorno al collo e lui le cinse la vita.
Fu un bacio dolcissimo, appassionato, desiderato da entrambi come l’aria da respirare …
 
***
 
Quando Ingrid ed Anna rientrarono nella loro villetta, trovarono Emma sul divano di pelle bianca dell’elegante salottino. Era rientrata da un bel pezzo ormai!
 
– Tesoro non ti senti bene? Sei sparita ad un certo punto e non ti abbiamo più trovata. Regina ci ha detto che eri letteralmente scappata! È successo qualcosa con l’Architetto?
 
Ingrid sapeva che durante l’ultimo mese sua nipote avesse frequentato il giovane Neal Cassidy, ma sapeva anche che lei avesse declinato gli ultimi suoi inviti, poiché l’aveva sentita accampar scuse a telefono un paio di volte.
 
– Neal?! Ma no mamma! Neal è il ragazzo più gentile che io conosca! Ero stanca e ad un certo punto stare tra tutta quella gente mi ha fatto sentir mancare l’aria e sono uscita fuori, poi non me la sono sentita di rientrare e ho preso un taxi per tornarmene a casa!
– Sicura che non hai preso qualche infezione? Ti sei misurata la temperatura? Con te non posso mai stare tranquilla!
– Mamma calmati! Non ho la febbre e non ho infezioni in corso! Solo stanchezza, questa settimana l’allenamento è stato piuttosto pesante!
– Figlia mia … già lo sai come la penso! Non voglio toglierti il desiderio di lavorare con la F.B.I., ma lavorare nell’ambito della psicologia dell’età evolutiva forse sarebbe più tranquillo per te e … per me! Inoltre si è capito che hai una passione per la Casa Famiglia, potresti lavorarci in pianta stabile!
– Mamma! Non ricominciare per favore. Sto portando avanti sia l’Accademia che l’impegno in Casa Famiglia e nulla toglie che un domani io possa svolgere il mio lavoro di Profiler e dedicare parte del mio tempo ai bambini della C.F.!
– Emma rifletti! Un domani avrai un marito, dei figli, come pensi di poter avere un impegno lavorativo che ti tiene fuori casa tutto il giorno?
– Non ho nessun desiderio di avere marito e figli mamma! L’ho avuto un bambino e l’ho perso! Mi è bastata quella d’esperienza!
 
Quando Ingrid vide Emma cambiare colore del viso e lo sguardo corrucciarsi, ruotando su se stessa e togliendo il disturbo andandosene a chiudersi nella sua stanza, si rese conto di aver esagerato e che affrontare il tema “marito-figli” non era stata una buona mossa. Voleva scusarsi con lei, ma ora Emma non le avrebbe neppure voluto aprire la porta. Sconsolata guardò Anna che, in silenzio, aveva assistito al dialogo tra sua madre e sua cugina.
 
– Lo so Anna! Non dirmi nulla … ho toccato un tasto dolente!
 
Con un cenno affermativo della testa e le labbra tirate in modo sghembo, Anna confermò alla madre lo stesso giudizio. In silenzio salirono anche loro le scale per andare a dormire.
 
***
 
Emma si era infilata sotto le coltri, ma era agitata. Non era solo la conversazione con Ingrid che l’aveva disturbata. Da una parte giustificava quella che considerava una madre a tutti gli effetti.  Erano normali le sue preoccupazioni. Qualsiasi madre le avrebbe avute. Ma … 
 
- La questione del “marito e figli” se la poteva risparmiare! Non sentirò mai per nessun altro i sentimenti che ho vissuto per Kim. Ne è stata una dimostrazione Neal, nonostante sia un amore di ragazzo! Poi ci voleva il colpo di questa sera per ricordarmelo! Basta! Devo dormire! È stata solo una coincidenza, una somiglianza casuale! Non è possibile che sia proprio lui!
 
Si portò le coperte sopra la testa, dopo aver spento la luce sul comodino, e si decise a dormire.
Dopo un’ora e mezza senza riuscire a trovare una posizione comoda, riaccese la luce e si mise seduta sul letto. Non si faceva persuasa di ciò che aveva visto alla galleria d’arte di Regina. Il viso che era ritratto in uno dei quadri la tormentava. Appena chiudeva gli occhi le sembrava di rivedere quelli magnetici del dipinto.
 
“ Uguale a Kim in modo impressionante! Possibile che l’autore del quadro lo abbia conosciuto e preso come modello? Quando avrà dipinto quel quadro? Non ho letto il nome dell’autore né la data, ero troppo scombussolata! Domani torno da Regina, mi devo scusare con lei per oggi e voglio rivedere il quadro! Chiamerò Mulan in mattinata, la inviterò a venire alla mostra!”
 
Con quei propositi spense nuovamente la luce e si rimise a letto, ma la nottata non fu tranquilla e quando riuscì ad addormentarsi, la sua attività onirica fu frammentata da immagini e scene realmente vissute e altre rielaborate e deformate dal sonno.
 
***
 
La mattina giunse soleggiata, cosa strana per  il mese di novembre! Ma quei raggi di sole che filtravano tra le tende, sembravano forieri di ottimismo. Era domenica e Emma si era svegliata tardi, cosa ovvia dopo una nottata in dormiveglia! Fortuna che non era all’Accademia, non avrebbe avuto nessuna voglia di fare esercitazioni o simulate! Erano le 10,00, Mulan sicuramente era sveglia da un bel pezzo, mattiniera come sempre!
Ancora con il pigiama Emma si mise a gambe incrociate sul letto sfatto e, con il cellulare in mano, digitò il numero dell’agente orientale che ormai era diventata un’amica fraterna. Sentì squillare libero una dozzina di volte, ma Mulan non rispose. Pensò di riprovare dopo un’oretta, intanto avrebbe fatto colazione. Aveva una fame da lupo, non aveva nemmeno cenato la sera prima!
Verso le 11,30 riprovò a chiamare Mulan, ma anche questa volta nessuna risposta.
 
“ Strano! Mi avrebbe richiamata appena visto la telefonata! Non è da lei. Dovrebbe essere a Quantico, mi ha detto che questo mese non sarebbe andata da suo padre! Idea! Chiamo August, anche lui è a Quantico questo fine settimana!
 
Al terzo squillo August rispose allegro come sempre.
 
– Anatroccolo! A cosa debbo l’onore di una tua chiamata di domenica mattina?
– Scusa August, veramente cercavo Mulan! Non mi risponde. L’hai vista in giro per caso?
– Mulan è partita improvvisamente Emma!
- È successo qualcosa a suo padre?
– No anatroccolo! È in servizio. Meglio se non la chiami, potresti metterla in difficoltà. Se potrà ti chiamerà lei!
– Sai dove è andata?
– No e se lo sapessi non potrei dirlo!
– Ooh! Capisco!
– Comunque se volevi qualcuno per passare una domenica insieme io sono disponibile!
– Volevo invitare Mulan a visitare la galleria d’arte della mia amica Regina Mills, se ti interessa il programma potresti venire tu con me!
– Io avrei in mente itinerari più movimentati anatroccolo! Le mostre non fanno per me, mi annoiano!
– Peccato, perché la mostra che ha allestito Regina è molto bella!
– Regina … e lei com’è?
– Direi niente male!
– Bionda o mora?
– Ho scoperto che ti piacciono parecchio le more ultimamente! Regina è una bella mora, ma non ha gli occhi a mandorla. Ti va bene comunque?
 
Emma ridacchiò, facendo capire ad August che avesse scoperto il suo debole per Mulan. All’altro capo August ammutolì.
 
– August? Ci sei ancora o sei svenuto?
– Ci sono, ci sono! Lo sai che cominci ad essere pericolosa come Profiler?
– Pericolosa? Direi forse “utile”! Peccato che lei sia partita. Potevi approfittare della domenica per farle un po’ di corte e dichiararti! È un pezzo che le stai dietro o sbaglio?
– Sei un’impicciona Swan!
– Wow! Mi hai chiamato Swan! Cominci a vedermi cresciuta?
– Non ti montare la testa Emma! Ne hai di strada da percorrere ancora!
– E tu con Mulan? Quanta strada vuoi percorrere ancora prima di farle sapere i tuoi reali sentimenti?
– Semplice per te vero? Mulan è un’arma letale! Prima di scoprire i suoi di sentimenti mi farebbe in due!
– Esagerato! Tu prova ad essere sincero, vedrai che lo sarà anche lei!
– Sai qualcosa che io ignoro per caso? Ti ha parlato di me?
– No!
– Ecco vedi? Non le interesso!
– Conoscendola credo proprio che sia vero il contrario. Non parla di te per non scoprirsi!
– Piccola Swan! Tu mi stai creando delle speranze che potrebbero rivelarsi illusioni lo sai?
– E tu lo sai che “chi non risica non rosica”?
– Saggezza popolare!
– Insomma, vieni con me alla mostra?
– Spiacente Emma! Oggi pomeriggio devo preparare dei test per voi reclute.
– Di che si tratta?
– Niente spoiler “anatroccolo”, non sarebbe giusto nei confronti dei tuoi colleghi!
 
Scherzarono ancora qualche altro minuto e poi chiusero la telefonata. Emma sarebbe andata da sola alla mostra, magari avrebbe trovato lì Regina! In fin dei conti era il secondo giorno d’apertura, era di domenica e la gente era libera da impegni lavorativi, probabilmente ci sarebbe stato il pienone!
 
Nel pomeriggio, verso le 16,00, Emma si fece prestare l’utilitaria da Ingrid e, decisa ad affrontare lo sguardo magnetico del ritratto, partì alla volta della nuova galleria d’arte.
 
***
 
- Signorina Swan! La Dottoressa Mills è impegnata in ufficio con un acquirente. Dovrà aspettare un pochino per parlarle!
 
Emma aveva trovato ad accoglierla la segretaria della sua amica. Fu piacevolmente sorpresa che Regina già avesse acquirenti. Decise di fare il giro che non aveva fatto la sera prima.
 
– Non c’è problema Jasmine! Faccio un giro per la galleria, ieri non ho visto tutto!
 
Mentre la giovane indiana tornava alla sua postazione, Emma si diresse verso la sala “Once upon a time”.
Se da una parte non vedeva l’ora di ritrovarsi davanti a quel quadro, dall’altra aveva il timore di aver avuto le traveggole la sera prima e di essersi sbagliata. Il timore diventò più forte davanti all’ingresso della sala. Poi si fece forza e vi entrò.
Tra i vari personaggi fiabeschi, l’autore aveva voluto dare risalto particolarmente alla favola di Peter Pan. I quadri erano di un realismo impressionante. Aveva ragione Anna nel definirli “fotografie”!
Poi, piano, quasi con timore reverenziale, Emma sollevò gli occhi verso il quadro centrale. Era bellissimo. Lo sfondo riproduceva una veduta marina tra la ragnatela delle cime di una nave. La nave non si vedeva per intero. Si vedeva campeggiare il timone e il capitano che lo impugnava con una sola mano. L’altra mano non c’era. Al suo posto un uncino sembrava voler arpionare l’aria in cerca di vendetta. Il capitano si accingeva a ruotare il timone per invertire la rotta della nave. Sul suo bellissimo volto le labbra, ornate da sottili baffi e un pizzetto curato, sembravano pronunciare un grido, mentre i suoi occhi azzurri bordati di nero, guardavano dritto in viso lo spettatore di turno. Era ovvio che quella fosse la libera interpretazione dell’autore di un inedito Captain Hook!
Emma aveva nei suoi ricordi l’immagine del Capitan Uncino della Disney, con i boccoli e i baffoni, ma a guardare quel magnifico quadro, doveva ammettere che il volto di Kim, con baffi, pizzetto e eyeliner era semplicemente stupendo!
Lesse sotto la didascalia che diceva: “Verso Neverland”.
Il Capitano quindi stava gridando il nome dell’Isola alla sua “sottointesa” ciurma?
Le labbra schiuse in un ampio e smagliante sorriso ironico, gli occhi magnetici che puntavano dritti davanti a sé, incontrando quelli di chi lo guardava, la incantavano completamente. Più guardava quel viso e più si rendeva conto che non poteva essere una coincidenza la somiglianza con il suo Kim!
 
Era dipinto in un modo talmente realistico e a dimensione naturale, che Emma stava pensando che toccandolo avrebbe sentito il calore del suo corpo. Con la camicia nera sbottonata a lasciar scoperto un triangolo di petto villoso e il pastrano che sembrava di pelle, modellato su un torace atletico e snello, l’uomo raffigurato era estremamente sexy! Il viso di Kim era di per sé molto bello, ma non portava la barba né i baffi, con quell’ornamento e il nero intorno agli occhi azzurri, così come era dipinto, il suo fascino veniva esaltato.
 
Emma si avvicinò maggiormente, per osservare ogni dettaglio di quel viso. Allungò la mano verso il triangolo nudo del petto. Quante volte aveva accarezzato i pettorali ben modellati e non esagerati di Kim? Quante volte si era ritrovata in piedi davanti a lui che era a dorso nudo, la sua pelle calda contro quella candida e morbida del suo seno?
Poche volte! Troppo poche! In due mesi il loro amore era sbocciato come una magnifica rosa rossa e come un fiore era stato reciso!
 
Avvicinandosi Emma notò un dettaglio che non aveva ancora notato. Captain Hook portava al collo una collana, cosa che aveva visto subito, ma ciò che non aveva notato prima erano i due ciondoli che vi erano appesi. Il cuore riprese a batterle all’impazzata. Aveva già visto quella collana e quei ciondoli! L’aveva trovata nel cassetto dell’armadietto, nel bagno dell’appartamento di Kim. L’aveva pure indossata, ma lui se l’era ripresa dicendole che non se ne separava mai! Le aveva detto che fosse una collana da pirata, con un teschio che rappresentava il Jolly Roger tipico dei pirati e un pugnale.
Ormai Emma era definitivamente convinta che l’autore del quadro avesse conosciuto Kim e lo avesse usato come modello.
Cercò il nome del pittore sul bordo inferiore del quadro e la data. Lesse un solo nome, non sapeva se fosse direttamente il cognome o il nome del pittore.
 
“Brennan 2008! L’ha dipinto l’anno scorso … “
– Miss Swan! Quale onore! Sei tornata per farti perdonare la fuga di ieri sera?
 
Assorta nei suoi pensieri, non si era accorta dei tacchi ticchettanti di Regina che era arrivata dietro di lei.
 
– Oh! Regina!
– Ti ha incantata vero? Una tecnica impressionante non trovi? Il modello poi è notevole! Visto come l’autore ha esaltato i suoi bellissimi occhi, dando l’idea della loro profondità e del suo spirito di vendetta, come se l’oscurità si agitasse in lui?!
– Si … bellissimo!
– A trovarlo uno con quel bel faccino! Sarebbe da farci un pensierino non credi?
– Si …
- Emma?!
– Si?
– Stai sentendo veramente quello che dico?
– Si perché?
– Dimmelo tu! Sembri completamente rapita! Non ti farai venire la sindrome di Stendhal a furia di guardare questo affascinante e insolito Capitan Uncino?
 – No, no … figurati! È solo che mi ha colpito per la sua originalità! Tutto qui!
– Tutto qui! Mmm … E di ieri sera cosa mi racconti? Eri pallida come un panno lavato quando sei scappata!
– Ho avuto un malore … forse la folla … il caldo … ho dovuto prendere aria e poi non mi sono sentita di rientrare. Scusami, sarei rimasta volentieri!
– Avevo pensato che Neal ti avesse detto qualcosa di sconcio!
 
Emma ritrovò l’allegria e scoppiò in una risata.
 
– Neal?!  Credo che con me non si permetterebbe proprio! È  così dolce …
- Così dolce che hai avuto paura di cariarti i denti a quanto pare!
– Regina …
- Regina, Regina! Da un anno che non frequentavi nessuno! La vita va avanti Emma! Non puoi restare aggrappata ad un ricordo o all’ideale di un ragazzo che ti ha tenuta appesa al telefono e tu non hai nemmeno ancora mai visto! Neal è reale! È presente e ti ama! Proprio non sei riuscita a dargli una possibilità?!
– Non sono venuta per parlare di me e di Neal! Lo sai cosa penso dell’amore, cosa devo sentire per crederci!
– Oh dimenticavo! Il “brivido”! Beh cara la mia Miss Swan! Io ho sentito un brivido per Robin ed ho scoperto che era solo sesso! Tu non hai avuto il tempo di scoprire altro di Kim e credo che ormai tu lo abbia idealizzato. Se lo userai come paragone per tutti, non troverai nessuno!
– Da quando fai tu la Psicologa, Regina?
– Non serve essere psicologi per rendersi conto! Uso solo la mia esperienza personale e quello che conosco di te! Eri persa per Kim, me lo ricordo benissimo!
– Forse non troverò nessuno solo perché lui era l’amore della mia vita Regina!
 
Regina era pronta per rispondere qualcosa, ma a sentire quella affermazione rimase spiazzata e con le labbra schiuse. Iniziò a riflettere che forse Emma poteva aver veramente ragione. Se Kim fosse stato l’amore della sua vita, veramente chiunque altro non sarebbe stato all’altezza di quel sentimento! Chi era lei per poter dire il contrario? Non era egualmente una donna innamorata di un uomo che aveva lasciato e aveva appena ritrovato la era prima? Daniel non era il suo primo amore, ma era l’amore della sua vita! Kim per Emma era stato il suo primo amore e lei lo aveva vissuto talmente in modo intenso e passionale da essere convinta che fosse anche “il vero amore”. Se fosse stato davvero così? 
 
- Emma scusami … Voglio il meglio per te! Veramente! Spero che tu stia sbagliando e lo spero perché significherebbe che hai ancora la possibilità di incontralo il vero amore!
– Non hai nulla di cui scusarti Regina, lo so che mi vuoi bene e lo dicevi per me. Non ti preoccupare. Se il mio destino è di aver già vissuto il vero amore, sono comunque felice di averlo incontrato, anche se mi ha portato sofferenza, so quanta felicità mi ha dato per un breve momento della mia vita!
 
Regina aveva abbassato la testa, sentendosi un po’ in colpa nei confronti di Emma. La sua amica aveva perso l’uomo che amava, lei invece lo aveva appena ritrovato. Doveva dirglielo o era meglio tacere? Pensò che le vere amiche si parlassero in faccia chiaramente, senza mezzi termini! 
 
- Emma ieri sera ho rivisto Daniel!
 
Tipico di lei, dritta al sodo! Emma alzò gli occhi puntandoli nei suoi, piacevolmente meravigliata.
 
– Ieri sera? Dove?
– Qui! È venuto a trovarmi per farmi gli auguri e congratularsi con me!
– Regina lo sai cosa significa vero?
– Si. Mi ama ancora!
Emma aveva fatto un salto verso Regina abbracciandola.
 
– Dio mio Regina! Te lo ha pure dichiarato esplicitamente?
– Si, si!
– Non sei felice?!
– Oh! Emma! Se fossi felice anche tu io riuscirei ad esserlo anche di più di quanto lo sono!
– Sei una sciocca sentimentale Regina Mills! Non pensare a me! Pensa a te e a Daniel! Sono emozionata all’idea che vi siete ritrovati! Voglio tutti i dettagli!
– Proprio tutti? Sei sicura?
– Regina Mills! Hai fatto quello che penso?
– Direi tutta la notte Miss Swan!
 
Emma la guardava ridendo e scuotendo la testa.
 
– Come state messi ora?
- Daniel mi ha chiesto di riprendere a frequentarci …
- Bene! Ma con tua madre?
– Nessun problema ormai!
– Credi si sia rassegnata?
– Non credo si rassegnerà mai all’idea che io possa camminare con le mie gambe e ragionare con la mia testa! Il punto è che ormai non me ne importa più un fico secco del suo parere!
– Anche prima mi sembrava!
– Si, hai ragione! Ma prima Daniel doveva finire gli studi e lavorava per lei. Non potevamo rischiare che lo licenziasse! Da quando l’ho lasciato lui è andato via dalla boutique di mia madre e ha trovato lavoro come segretario in uno studio legale. È stato spronato a studiare da un giovane associato dello studio, con il quale ha stretto una bella amicizia e grazie anche al suo aiuto si è laureato. Ha completato gli esami che aveva in arretrato e ha discusso la tesi circa sette mesi fa. Ora è praticante nello stesso studio e ha uno stipendio per le mansioni che vi svolge, con il vantaggio di poter praticare, seguendo gli altri associati nei vari casi!
-  Sono contenta per lui e per te Regina! Siete fuori dagli strali velenosi di tua madre ormai!
 
Risero insieme e Regina aggiunse.
 
 -  Io, come vedi, ho appena iniziato la mia attività, ma come inizio è stato un successo!
– Ho visto infatti! Guarda quanta gente sta entrando anche ora!
– Si! Infatti è meglio parlare nel mio ufficio, vieni!
 
Dando spazio ai visitatori, Regina guidò Emma verso il suo elegante ufficio.
 
– Molto sobrio ed elegante direi. Questi contrasti tra il bianco, il nero e il grigio fanno veramente un bell’effetto!
– Qui è tutta opera mia! Neal ha solo disegnato la pianta della stanza e la disposizione della scrivania in merito alla luce!
– Neal è molto capace …
- Si, è vero …
- Ma dimmi! Dimmi ancora di te e Daniel!
 
Regina aveva ormai capito che l’argomento Neal era chiuso per Emma.
“Peccato! Un vero peccato. Lui la ama e farebbe di tutto per renderla felice!”
– Daniel vuole migliorare la sua posizione ovviamente! Ci vorranno un altro paio d’anni! Ma anche io devo far crescere la mia galleria d’arte e gli affari! Non avremmo problemi economici grazie all’eredità che mi ha lasciato mio padre! Ma Daniel ha detto che non vuole farsi mantenere da sua moglie!
– Regina? Hai detto veramente quella parola?
 
Regina rise divertita.
 
– L’ha detta Daniel questa mattina!
– Questa mattina … ovviamente!
– Guarda che io non arrossisco Miss Swan! Inutile che fai quella faccetta maliziosa! Si cara! Dopo una notte di passione e sesso, ottimo sesso direi! Questa mattina, mentre facevamo colazione …
- Ah bene a colazione!
 
Regina rideva e parlava.
 
– Si, colazione!
- Quindi in un momento che non eravate ubriachi di ormoni!
– Esatto Miss Swam! Insomma Emma! Fammelo dire! Dio mio sono ancora emozionata! Si, mi ha chiesto di sposarlo! Ha detto che vuole che tutte le notti e le mattine e i giorni della sua vita io sia al suo fianco!
 
Ora Regina aveva veramente le lacrime agli occhi. Emma sapeva che fosse raro per il carattere forte della sua amica. Provò tenerezza e felicità per lei. Non disse nulla ma si alzò dalla sedia e l’abbracciò affettuosamente.
 
– Tu hai trovato veramente il vero amore Regina! Non fartelo più sfuggire!
– Grazie Emma! Ti auguro che tu ancora lo debba trovare!
– Ti prometto che proverò a farlo! Intanto complimenti veramente per la tua mostra! La sezione Once upon a time è spettacolare per la tecnica del pittore. A proposito chi è?
– Oh! Direi che è il mio angelo custode!
– Come?
– Non sto scherzando del tutto Emma! Ti ho detto che ho potuto aprire la galleria perché mi è capitato un colpo di fortuna no?
– Si infatti mi hai detto che me ne avresti parlato ieri pomeriggio, ma io …
- Non fa nulla! Te lo dico ora! Due settimane fa ero angosciata. I due pittori che dovevano riempire quella sala mi hanno dato buca! La cosa avrebbe mandato all’aria l’inaugurazione, invece una mattina, improvvisamente, si presenta questo bell’uomo  dagli occhi di un azzurro raro e mi propone le sue stupende opere. Portava il catalogo fotografico e me le ha mostrate. Beh! Le hai viste! La cosa pazzesca è stata che non voleva un soldo! Me le ha regalate!
– Regalate?!
– Si! Mi ha detto che il suo unico compenso sarebbe stato che io, trasformassi in beneficienza il ricavato di ogni quadro venduto, non vuole nemmeno gli utili!
– Come si chiama questo artista così altruista?
– Ecco uno dei misteri della cosa! So solo il nome, Brennan! Non so ancora il cognome …
- Questa è bella veramente! Ma non hai fatto un contratto con lui per la donazione?
– Non ho ancora potuto! Brennan è tornato un paio di giorni dopo con le sue bellissime opere. Ha detto di non aver tempo per fare il contratto dal notaio queste prossime settimane per un problema di salute. In effetti aveva una pessima tosse e mi ha detto che sarebbe stato ricoverato qualche giorno. Ha aggiunto che sarebbe stata sua cura, appena dimesso, di portarmi il contratto da firmare!
– Deve essere un tipo singolare!
– Un tipo molto affascinante direi!
– Sarei curiosa di chiedergli chi è il modello del quadro di Captain Hook!
– Ti ha colpito al cuore vedo! In effetti ha un viso molto bello! Credo proprio che sia un suo autoritratto Miss Swan!
 
Ad Emma aveva ripreso a batterle il cuore all’impazzata. Come era possibile? Quello era il viso di Kim, non di Brennan! A meno che non fossero la stessa persona, ma la cosa non era possibile, Kim era morto!
 
- Scusa Regina! Avevo l’impressione che l’artista fosse un uomo di una certa età non un trentenne!
– Infatti Brennan avrà sui sessantadue anni!
– Allora perché dici che quello è un autoritratto?
– Credo sia un autoritratto di quando aveva una trentina d’anni! Gli somiglia tantissimo! Inoltre quando gli ho chiesto cosa lo avesse ispirato mi ha risposto “Il momento più felice della mia vita”, quindi ho pensato che si fosse autocelebrato a quell’età!
– Mi piacerebbe conoscerlo!
– Potrai cara! Dovrà pur tornare con il contratto no?!
 
La curiosità era qualcosa che andava soddisfatta assolutamente! Emma era rimasta ancora un’ora da Regina. Aveva visto altre ali della galleria e prima di andar via aveva voluto tornare dal bel Captain Hook. C’era un alone di mistero intorno a quel quadro e quegli occhi azzurri sembravano veramente vivi. Era intenzionata a conoscere questo “Brennan”, voleva parlargli, voleva sapere cosa lo legasse a Kim!
 
Le settimane di Emma ripresero nella routine dell’Accademia, una routine per nulla noiosa, e nel tirocinio in Casa Famiglia. La mancanza di Mulan  si sentiva in modo particolare. Non solo le mancava l’allenamento con lei, per altro sostituito ottimamente con quello con August, le mancavano le chiacchiere con lei e le risate. Anche August sembrava risentire della sua assenza. Non era più gioviale come prima. Nemmeno poteva chiedergli informazioni. Sapeva che non avrebbe aperto bocca riguardo a Mulan e alla sua missione.
In compenso Emma, tramite Lorna, aveva trovato il coraggio di parlare con l’affascinante Agente scelto Jefferson.
L’uomo, un pomeriggio, si era presentato da lei, vestito in un modo sportivo-cuntry, Jeans, stivaletti da Cowboy, una giacca di camoscio con le frange e un fazzoletto rosso al collo. Era un uomo notevole! Lorna era stata fortunata finalmente, dopo la triste esperienza con suo marito!
 
– Miss Swan! La Dottoressa Stone mi ha detto che voleva parlarmi!
 
Emma era arrossita di sicuro! Sentiva le guance scottarle, sia per il timore reverenziale nei confronti dell’Agente scelto, sia per ciò che gli doveva chiedere.
 
– Si, grazie! Lei è stato molto gentile a venire direttamente qui a Quantico per me! La ringrazio anche per avermi dato la possibilità di conoscere Lorna la sera della morte di Kim Steward. Lorna mi ha raccontato che è stato lei a chiamarla per aiutarmi!
– Ho solo eseguito gli ordini del mio superiore Signorina! Ho fatto il mio dovere, non mi ringrazi!
 
Un “superiore” aveva detto a Jefferson di chiamare Lorna?
 
“ Ma certo! Ovvio! Lui è un Agente, per quanto - scelto - ha un superiore che gli da ordini! Dimentico che c’è una gerarchia nella F.B.I.! Comunque un superiore molto accorto!”
– In verità volevo chiederle se per lei fosse possibile rintracciare una persona a cui tengo molto. 
– Un civile?
– Si, si un civile certo!
– Americano?
– Per la verità è Europeo. Irlandese per la precisione.
– Un “amico speciale”?
 
Emma ebbe uno scatto a sentir dire in quel modo. Si era un “amico speciale” come diceva sempre Mulan! Che coincidenza!
 
– Diciamo un amico speciale si! Si chiama Killian Jones, è avvocato, si occupa degli aspetti legali di un’assicurazione multinazionale ha quanto ne so! Si è trasferito in Sudamerica da quasi un anno. Mi ha detto che avrebbe avuto difficoltà a chiamarmi, ma è da troppo tempo che non si fa sentire!
– Mi scusi Emma! Permette che la chiami per nome?
– Si, certo …
- Emma … credo sia necessario vedere varie possibilità. Non conosco il rapporto tra lei e questo giovanotto, ma dopo tutto questo tempo potrebbe essere che lui non sia più interessato non pensa?
– Certo che l’ho pensato! Ma Killian non da notizie da tanto nemmeno ai suoi familiari in Irlanda. Mia cugina è fidanzata con il fratello di Killian, me lo ha confidato lei! Se lui non vuole avere più a che vedere con me non ha importanza! L’importante è sapere che stia bene!
– Vedo che ci tiene veramente tanto a questo ragazzo. Uomo fortunato! Vedrò cosa posso fare. Non sarà facile, non essendo cittadino degli U.S.A!
 
Evidentemente l’Agente scelto Sebastian Jefferson si era dato molto da fare. Dopo un paio di settimane era tornato a farle visita a Quantico.
 
– Emma ho buone notizie per lei! Il suo amico irlandese sta bene! Non è più in Sudamerica però!
- Ha saputo che è rientrato in Irlanda?
– No! Il suo amico deve essere una specie di marinaio! Gira per i sette mari a quanto pare!
Emma sorrise.
 
– Una volta si è definito “Un pirata”!
“Piccola Emma! Ti ha detto tra le righe la verità il nostro Captain Hook!
– Il suo lavoro lo ha portato in Asia in questo periodo. Sono riuscito a rintracciarlo e le manda un messaggio …
- Cosa mi manda a dire?
 
Emma guardava Jefferson con i suoi occhioni verde acqua, speranzosa come una bambina e a Seb fece molta tenerezza. Guardando quel viso pulito e quegli occhi innocenti, capì perché Killian avesse perso la testa per lei.
 
“Ne vali la pena piccola Emma! Siete fatti l’uno per l’altra sicuramente! Speriamo torni presto, sano e salvo soprattutto!
– Una specie di messaggio cifrato che solo lei puoi capire credo! Ha detto “Ricordati sempre della rosa e della fenice”. Non so cosa vuol dire ma lei lo saprà!
 
 Emma aveva annuito e le sembrò di risentire vita dentro il proprio torace.
Jefferson poi l’aveva salutata facendole gli auguri per la sua ultima sessione d’esami. Si, stava finendo i suoi studi! Presto si sarebbe laureata e avrebbe iniziato una fase più attiva nella F.B.I.
 
Il messaggio di Killian era ancora un messaggio d’amore. Ormai sapeva leggere certi segnali. Lui era lontano ma ancora la pensava!
Doveva vederlo! Era indispensabile per capire cosa provasse lei per lui. Sarebbe tornato prima o poi! Non era nemmeno necessario il matrimonio tra Elsa e Liam, ormai anche Ingrid sapeva che vivessero insieme e aveva approvato, convinta che prima o poi quei due avrebbero fatto quel passo per legalizzare la loro unione. Forse Liam aspettava il ritorno del fratello, sarebbe stato giusto!
 
Sapere di Killian le diede una spinta euforica per affrontare le seguenti settimane e gli esami, ma una cosa non mancava di fare almeno una volta a settimana. Fare un salto alla galleria di Regina per avere notizie di Brennan e incontrare ancora “Lui” il viso seducente di Capitan Uncino, il viso e lo sguardo azzurro del suo Kim!
 
 
1 Gennaio 2010
 
Natale era passato ed era arrivato l’anno nuovo. In Casa famiglia ancora i bambini parlavano dei regali avuti dal panciuto Santa Claus che aveva fatto loro visita il 25 dicembre.
Era stato un Santa Claus un po’ strano. Non era molto robusto, nonostante il pancione e aveva una voce che a tratti sembrava femminile. Quando era andato via era arrivata Emma e i due più piccoli presenti le erano corsi incontro.
Neal ormai camminava e sua madre doveva avere gli occhi davanti e dietro. Era sempre felice di “mollarlo” ad Emma, Mary Margaret in quei momenti tirava un sospiro di sollievo, sapeva che il pargolo di casa fosse in ottime mani.
 
– Venite qua voi due che vi mangio di baci! Piccola “Fiordaliso” cosa hai in mano?
 
La piccola dai boccoli dorati e gli occhi celesti ancora era ospite in Casa famiglia e, insieme a Neal, era corsa tra le braccia di Emma che si era inginocchiata ad accoglierli.
 
– Papà pottato galo!
 
Emma aveva sorriso, la sua piccola Fiordaliso, come la chiamava lei per gli occhioni celesti, aveva iniziato a superare il blocco linguistico che aveva all’inizio e ora generalizzava con i nomi. Tutti gli uomini adulti erano per lei Papà, retaggio dell’esperienza di sentire chiamare David papà, sia da Neal che da Mary Margaret.
 
– Tesoro quello era Santa Claus! Ripeti:  Saanta Claus!
– Aanta aaus!
– Un Santa Claus un po’ effeminato direi!
 
David era intervenuto ridendo della performance di Emma, che si era tolta il costume rosso in fretta e furia nella rimessa.
 
– Direi che per quest’anno ci possiamo accontentare amore!
– Grazie Mary! La mia autostima si sta riprendendo!
 
Era stato un Natale meraviglioso per Emma. Il primo passato con quella sua nuova famiglia. Già, per lei David e Mary Margaret erano come genitori e i piccoli ospiti erano non solo bambini da accudire e curare, erano i suoi bambini! A malincuore era tornata a casa la sera, ma era giusto passare almeno la cena di Natale con Ingrid. Erano solo loro in casa. Anna era dai suoceri con il suo fidanzato ed Elsa era rimasta a festeggiare il Natale con la famiglia di Liam, tanto più che mancava ancora il fratello Killian.
Quella sera del 25 dicembre Ingrid le era sembrata strana.
 
– Mamma tutto bene?
– Perché?
– Sei in ansia!
– No ti sbagli!
– Mamma non mentire, lo sai che ho affinato il fiuto per le bugie! Ti tormenti le mani come fai quando sei preoccupata e ti rimetti di continuo quel ciuffo di capelli dietro l’orecchio!
– No … nulla … è tardi e Anna non torna!
 
Emma aveva fatto cadere il discorso. Non poteva trattarsi di Anna, tornava molto più tardi di solito, ancora non era un orario limite!
 
 
Arrivò il 1 Gennaio 2010 e la prima sera dell’anno nuovo Emma era nuovamente sola in casa con Ingrid.
 
- Mamma ora basta!
– Cosa?!
– Lo sai bene! La settimana scorsa era Natale e ho fatto finta di nulla, ma ora sei nelle stesse condizioni e non mi mettere la scusa di Anna che non torna o Elsa che è rimasta in Irlanda! Hai qualcosa da dirmi!
– No, no!
 
Ingrid accese la televisione e si mise più comoda sul suo candido divano.  
 
– Sei sicura di voler vedere la TV?
 
Ingrid la guardò con uno sguardo vagamente colpevole.
 
– Hai ragione Emma! Tanto è inutile rimandare ancora. Da questa estate che sono stata in Irlanda a conoscere la famiglia di Liam che dovevo dirtelo!
– Dirmi cosa Mamma!
– Quando Liam mi ha presentato suo zio, l’ho riconosciuto. Non avevo ricollegato prima, i cognomi sono diversi …
- Cosa dovevi ricollegare?
– La madre di Liam e di Killian è Nora O’Danag!
– Quindi? Ovvio che il cognome è diverso, loro sono Jones!
– Infatti lo zio è fratello della loro povera madre, morta in un incidente d’auto. L’avevo già conosciuto anni fa! Nora è la donna che provocò la morte dei tuoi genitori, morendo in seguito anche lei a causa dello stesso incidente!
 
Ad Emma sembrò girare la testa improvvisamente. Killian era figlio della donna che aveva provocato la morte dei suoi genitori? Si mise seduta sul divano incredula.
 
– Mi dispiace Emma! Tua cugina sposerà suo figlio, spero che tu possa benedire lo stesso le nozze!
 
Emma era senza parole. Come poteva non benedire il matrimonio di sua cugina, quando lei aveva un legame, se pur platonico, con il fratello dello sposo?
 
– Nonostante gli anni ho riconosciuto subito quell’uomo, una bella persona! Un uomo straordinario! Ha allevato lui i due ragazzi! Ho ancora tutte le carte dell’assicurazione di Nora, per il rimborso che ti venne attribuito. Eri troppo piccola e io fui nominata tuo tutore e curatore dei tuoi beni. Ora il capitale è tuo, ne ho fatto il versamento su un tuo conto personale.
 
– Santo cielo mamma! Cosa importa dei soldi! Nemmeno li voglio i soldi macchiati del sangue di quella povera donna e dei miei genitori!
– Henry aggiunse anche una quota in più per i tuoi studi, ci teneva molto.
– Henry?
– Si Henry O’Danagh!
 
“Ultime notizie! Ci è appena giunta in redazione la notizia che il noto Professore Robert Gold, ricercato per collusioni con la mafia e latitante da oltre un anno, è stato ucciso dopo un sanguinoso scontro a fuoco. I federali da tempo erano sulle sue tracce. Pare che l’uomo si fosse rifugiato a Santo Domingo e tirasse i fili dei cartelli Colombiani. Dalle notizie, ancora imprecise, sembrerebbe che la morte del faccendiere non sia avvenuta in America. Si sa che nella sparatoria sono rimaste ferite gravemente alcune persone, indiscrezioni trapelate sostengono che si possa trattare di agenti in incognito …”
 
 
Angolo dell’autrice
 
Buona domenica a tutti. Quanti fortunati tra voi l’hanno passata su una spiaggia assolata a godersi il caldo del primo di luglio? Io sono stata al fresco a scrivere questo capitolo che spero vi piaccia.
I nodi iniziano ad a arrivare al pettine e molti di voi diranno “Era ora!”. Ebbene si, la storia volge al termine, ma ancora non è finita!
Fatemi sapere le vostre opinioni, non siate timidi! Grazie ai lettori affezionati e silenziosi e grazie a quelli che cinguettano il loro parere. Un abbraccio e buone vacanze!
Lara

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Capitolo 26
*** Sotto copertura (parte 1) ***


Capitolo 26
Sotto copertura
(I parte)
 
 
Novembre 2008. Colombia

L’Avvocato Robert Rogers era sceso dalla sua Jeep Cherokee impolverata e guardava l’entrata principale de la “Residencia en la Meseta”. L’edificio era molto ampio, completamente racchiuso da una alta muraglia intonacata di calce bianca. Gli occhi azzurri dell’uomo, dietro i vetri di un paio d’ occhiali da vista in tartaruga, notarono, con apparente noncuranza, le telecamere puntate su di sé. Il muro di cinta era bordato di filo spinato e, nei punti dove si intuiva lo spazio di terrazzini, si vedevano, apparire e sparire, le teste dei guardiani armati della tenuta di Don Antonio Santa Cruz, il maggiore coltivatore di cotone e caffè della zona collinare di Mesa de Yamby, situata tra le cittadine di Miraflores e La Pedrera. Quella era una parte della Colombia del sud, la più vicina all’Amazzonia e, per tal motivo, distanziandosi dalla Cordigliera, degradava in colline ed infine nella zona pianeggiante che confluiva poi, direttamente nell’ampio spazio dell’Amazzonia.
Nonostante il mese di novembre volgesse alla fine, il caldo tropicale si faceva sentire e il candido elegante completo di lino del giovane Avvocato, non gli sembrava abbastanza leggero per il clima. Nel suo ruolo di Responsabile e dirigente di una delle maggiori Agenzie Assicurative Internazionali, era doveroso presentarsi con il giusto abbigliamento e quella camicia azzurra, con la sottile cravatta rossa, accompagnata a quel completo estivo, indossato su un fisico snello e atletico, lo rendevano perfetto.
Prese dal sedile la sua ventiquattrore e si sistemò meglio gli occhiali sul naso con l’altra mano. Il brillio rosso del rubino cabochon, che ornava il grosso anello che aveva all’anulare, colpì gli occhi del guardiano sul terrazzino a destra dell’entrata.
 
– Altolà gringo!
 
L’uomo sul terrazzino gli puntava un mitra contro. Rogers sollevò sia la mano con la valigetta che l’altra.
– Sono Mister Robert Rogers amigo! Sono atteso da Don Antonio Santa Cruz!
 
Come se avesse pronunciato una parola d’ordine, l’uomo abbassò l’arma e fece un cenno con la testa a qualcuno dietro la recinsione. La pesante porta in legno si aprì automaticamente e l’ospite atteso fu immesso in un florido giardino tropicale, abbellito da fontane zampillanti.
Da come si presentava all’esterno la Residencia, non si sarebbe sospettata l’opulenta eleganza interna. Scalinate ornate da vasi ad anfora e aiuole di stupende orchidee, conducevano all’entrata della villa patronale. La veranda che dava sull’uscio era ornata da una chiomosa buganvillea fuxia-violacea.
Rogers osservò che i milioni di dollari di Don Antonio Santa Cruz, gli potessero ben permettere i servigi di abili architetti paesaggisti e di numeroso personale!
 
Uno degli addetti del padrone di casa lo introdusse nell’ampio ingresso, dicendogli di accomodarsi su una delle poltrone in vimini, Don Antonio sarebbe arrivato presto.
Rogers si guardava intorno, sapeva di essere osservato dalle telecamere. Doveva individuarle tutte e contarne il numero. L’impianto per la sicurezza era piuttosto moderno da quanto valutò, non sarebbe stato facile per lui piazzare delle cimici in punti strategici. Un piccolissimo errore gli sarebbe potuto costare la vita.
Un rumore di porta che si apriva e richiudeva, si sentì alla sua sinistra. Si voltò da quella parte, tenendo la valigetta sulle ginocchia.
Una bella donna dai lunghi capelli ondulati e neri, alta sul metro e sessanta, con le curve generose e perfettamente proporzionate, avvolte in un attillato e coloratissimo vestito floreale, dalla scollatura procace, si diresse sinuosa verso di lui. Davanti alle sue gambe, rese più affusolate dai sandali a tacco alto, camminava un bell’esemplare di leopardo, tenuto al guinzaglio dalla sua mano sinistra. La fiera mostrò i denti all’ospite, emettendo il suo profondo verso roco.
Rogers strinse la mascella ornata da una barba ben curata, provocando il guizzo di un muscolo facciale.
 
– Seňor Rogers! Benvenuto a Residencia Santa Cruz! Sono Paula Santa Cruz. Mio marito è impegnato nel suo studio, la riceverà presto! Ha paura della mia Begy?
 
La donna guardava maliziosamente il giovane avvocato, soppesando attentamente ogni dettaglio della sua persona. Rogers cercò di recitare la parte del timoroso e timido giovane assicuratore.
 
– Confesso, madam, che quel ruggito mi abbia intimorito!
 
La donna rise divertita, aprendo le labbra rosse su dei bianchissimi denti regolari.
 
– La mia “micetta” ha solo bisogno di coccole! Non riesce ad essere cattiva con un bel ragazzo!
 
Rogers capì il doppio senso celato nelle parole della donna, associate ad una movenza seducente e ad un batter di ciglia che erano una esplicita avance. Sapeva bene del fascino che esercitava sulle donne e Paula Santa Cruz, a quanto pareva, non ne era immune.
La donna si mise seduta sulla poltrona in vimini, vicina alla sua, e accavallò le gambe in modo sensuale.
 
– Mi parli un po’ di lei mentre mio marito è ancora impegnato! Mi sembra molto giovane per il ruolo che riveste! 
- Le assicuro madam che sono abbastanza vecchio per avere l’esperienza che necessita.
 
Sperò che lei cogliesse il sottointeso doppio senso di risposta al suo precedente, anche se andava a farsi friggere l’aria da timido.
Paula lo guardò di sbieco, sorridendo con la bocca tirata su un lato. Si, aveva colto il messaggio.
 
– Da dove viene Robert? Il suo accento non è tipicamente americano!
– Vero Paula! Sono Irlandese!
 
Le aveva risposto ricambiando il chiamarsi per nome. Il gioco seduttivo era già iniziato tra loro.
 
– C’ è una Seňora Rogers che l’aspetta in Irlanda?
– No, non sono sposato. Il mio lavoro mi porta in giro per il mondo fin troppo spesso per avere una donna fissa!
– Meglio una in ogni porto?
– Può darsi!
– Mia moglie le sta facendo il terzo grado Mister Rogers?
 
Don Antonio Santa Cruz era arrivato in tutta la sua possenza. Era un uomo corpulento, aveva il doppio mento e due grosse borse cadenti sotto gli occhi. I baffi spessi e ingrigiti gli contornavano la bocca, scendendo verso il mento. Rogers calcolò che avesse almeno il doppio dell’età di sua moglie e dal suo aspetto si rese conto del motivo di “bisogno di coccole” della donna. Sicuramente non era stato un matrimonio d’amore quello della bella Paula, o forse era stato solo per l’amore del portafogli rigonfio di Don Antonio!
 
– Assolutamente no Don Antonio, sua moglie è una padrona di casa molto piacevole!
 
Aveva detto le ultime parole voltandosi verso la donna che, ancora seduta, accarezzava Begy, la quale faceva le fusa come un grosso gatto.
 
– Gradisce una fresca bibita al lime Robert?
– Volentieri madam!
 
Quasi apparendo dal nulla, una cameriera si presentò al battito di mani della padrona di casa, per ricevere l’ordine. Poco dopo si ripresentò con una caraffa di bibita verdognola ghiacciata e tre grossi bicchieri di vetro colorato.
Dopo una mezzora di quegli ospitali convenevoli,  Antonio Santa Cruz condusse Rogers nel suo studio per parlare di affari.
Il giovane avvocato aveva da proporre al ricco coltivatore, una serie di formule assicurative molto convenienti …
 
– In base alla quantità di ettari delle sue coltivazioni potrà avere un utile assicurativo di elevata percentuale in caso di disastro ecologico e qualsiasi danno alle sue colture, per parassiti o altri danni esterni che potrebbero diminuire la produzione …
 
Don Antonio lo ascoltava molto attentamente, seduto dietro la sua scrivania in massiccio legno di ebano. Con i gomiti sui braccioli della sua elegante e comoda poltroncina in cuoio, teneva i polpastrelli delle due mani uniti davanti al proprio mento e continuava ad osservare il giovane avvocato, con un sorriso crescente sulle labbra. 
 
– Sei molto giovane per il lavoro che fai!
 
Ad un tratto interruppe Rogers per quell’osservazione poco consona a quanto l’assicuratore gli stava dicendo.
 
– Crede Mister Santa Cruz?
– Quanti anni hai giovanotto?
-  Presto 29! Pensa che la mia età mi renda meno credibile e affidabile?
– No! Credo che se ti hanno dato questo incarico tu sia un tipo che ci sa fare parecchio!
– La ringrazio!
- Dammi del tu e chiamami Antonio!
– Con onore!
– Puoi dirlo amigo! Non lo permetto con tanta facilità! Ma tu mi piaci parecchio! Gradisci un goccetto? Una Tequila messicana?
– Con mucho gusto Antonio!
 
Don Santa Cruz si alzò dalla sua poltrona e si diresse al carrellino poggiato al muro, dove campeggiava un grosso quadro di Fernando Botero. Per quanto poco si potesse intendere di arte, Rogers capì che quello fosse un Botero originale, ne aveva viste di opere di quel pittore al museo nazionale di Bogotà! Al di sopra notò un’altra telecamera che puntava verso la scrivania. Non avrebbe potuto piazzare la cimice sotto il bordo della scrivania, sarebbe stato visto. Si alzò per dirigersi verso il Don e passò la mano lungo il bordo della massiccia superficie di legno, aveva un’altra idea. Il padrone di casa intanto era voltato di spalle.
 
– Le tue proposte sono molto interessanti Robert! Intendo vagliarle una per una …
- Ti lascerò i vari contratti che ti ho proposto Antonio, quando avrai pensato e riflettuto potrai farmi sapere, non ho fretta! Ho diversi clienti da vedere a Bogotà nei prossimi giorni!
– Siamo distanti dalla capitale! Dove alloggi?
– Sono a Miraflores questi giorni, al Thunderbird Principal, mi trovi lì se vuoi!
– Mmm! Ti piace il lusso vedo! È un cinque stelle internazionale!
– Sono del parere che la vita vada vissuta al meglio delle possibilità!
– Il tuo compenso ti permette questo tenore di vita?
– Non quanto vorrei Antonio, ma riesco a trovare il modo per riuscirci!
 
Antonio Santa Cruz gli diede il bicchiere in mano e sorseggiò dal suo guardandolo di sottecchi. Si, il giovanotto gli sembrava “molto” sveglio e per la sua età doveva essere veramente abile se riusciva a vivere in quel modo, mantenendosi un posto di responsabilità!
 
– Vorresti guadagnare di più amigo?!
– I soldi mi piacciono Antonio! Non posso dire il contrario!
– Mi ricordi me alla tua età. Ero affamato di soldi! Mio padre era morto spezzandosi la schiena a lavorare la terra di un padrone e io giurai a mia madre e a me stesso che non avrei fatto la sua fine né io né la mia famiglia. Ho fatto di tutto per arrivare dove sono ora! Non ho guardato in faccia a nessuno. Mia moglie morì dando alla luce mio figlio … oggi avrebbe la tua età e sarebbe stato il mio braccio destro. L’avrei fatto studiare negli Stati Uniti, nella migliore Università …
 
L’uomo ingoiò un altro abbondante sorso di Tequila. Rogers vide i suoi muscoli facciali irrigidirsi, mentre il suo sguardo vagava sul muro di fronte, come se vedesse ancora la moglie e il figlio perduti. In quel momento Rogers si sentì emotivamente vicino a quell’uomo che era in realtà sotto la sua mira.
 
– Mi dispiace Antonio …
- Naah! Sono passati quasi trent’anni ormai! Non fa più male! Paula ha saputo  cancellare il dolore!
– Una donna notevole!
 - Ti piace mia moglie giovanotto?
– Una donna così bella non potrebbe non piacere Antonio.
 
Santa Cruz gli si avvicinò al viso con sguardo profondo, guardandolo negli occhi, penetrando le lenti degli occhiali cerchiati in tartaruga, come se volesse leggergli nell’anima.
 
– Se diventerai un mio fedele amico, ti tratterò come se fossi veramente mio figlio e ti farò miliardario! Tradiscimi e ti passo alla garrota con le mie mani! Paula è la cosa più importante della mia vita. È giovane … troppo giovane per un vecchio come me! Ma l’amo e non esiterei un secondo a distruggere l’uomo che le dovesse solo posare lo sguardo addosso!
– Non ti do torto Antonio! Un gioiello va custodito con la totale sicurezza. Non sono il tipo che tocca la donna di un amico!
 
Santa Cruz sorrise sotto i lunghi baffi grigi.
 
– Ora devo andare! Sarò per altri tre giorni a Miraflores, poi tornerò a Bogotà, fammi sapere … senza impegno naturalmente!
– Naturalmente!
 
Don Antonio gli aprì la porta e gli fece strada verso il corridoio.
 
– Paula il “mio” amigo sta andando via!
– Così presto? Perché non resta a pranzo con noi Robert! Ci potrebbe parlare del suo paese! Non l’ho mai visitato.
– Abbiamo un clima completamente diverso da qui, non so se le piacerebbe Paula! Grazie dell’invito comunque, ma ho affari urgenti!
– Daremo un ricevimento domani sera … cosa ne dici amore mio? Invitiamo il tuo nuovo amico? Ci saranno molte belle seňoritas! Magari qualcuna sarà di suo gusto!
– Perché no amigo! Vieni domani sera! Ti presenterò alla crema di Mesa de Yamby!
– Muchas gracias! Ci sarò! A domani sera.
 
Una guardia scortò Robert Rogers fino all’uscita della cinta muraria e gli richiuse con aria ostile il grande portone dietro. Con la sua ventiquattrore in una mano, prese con l’altra le chiavi dalla tasca della giacca e aprì automaticamente la Jeep, vi salì e ripartì a gran carriera. Sorrise ormai distante. Aveva stabilito il “contatto”!
 
***
 
– Dici che sia pulito Antonio? 
- Spero di si Paula! Potrebbe esserci veramente utile! I miei informatori non hanno trovato nulla su di lui. Vediamo se ci ha lasciato un regalino. Controlla le registrazioni, io controllo lo studio.
 
Mentre Paula eseguiva l’ordine del marito, egli si avviò velocemente nel suo studio. Esaminò il bordo della scrivania, ogni scanalatura. La poltroncina dove il giovane era stato seduto, il carrellino delle bibite, dove lo aveva visto posare il bicchiere e apparentemente in modo casuale la mano sinistra. Ogni punto in cui l’avvocato irlandese si era avvicinato fu esaminato con attenzione.
 
– Allora Antonio?
– Nessun regalino tesoro!
– Pulite anche le registrazioni! Sembra affidabile!
– Me lo dirai domani sera Paula, quanto sia affidabile! Vieni ora, andiamo a pranzo!
 
Con sguardo furbo, Paula si leccò le labbra. Non era il pranzo che stava pregustando!
 
Uscirono dalla stanza e chiusero la porta. Non fecero caso che una mano veloce, come quella di un prestigiatore, avesse inserito una microspia dietro la sottile fessura dello stipite in legno d’ebano che bordava la porta.
 
***
 
Per il ricevimento di quella sera, la Segňora Santa Cruz aveva chiamato a servire altro personale. Tutta gente conosciuta e fidata, abitante nel vecchio villaggio a ridosso della Residencia, lo stesso villaggio dove aveva avuto i natali lo  Don Antonio Santa Cruz. Rogers sapeva che l’uomo, da quando si era arricchito, non solo si era fatto costruire quella “residenza-fortezza”, aveva portato migliorie colossali al villaggio e il benessere per la sua gente. Un uomo così generoso era molto amato, ma anche molto temuto.
 
– Caro Robert! Eccovi qui finalmente!
 
La bella padrona di casa, elegantissima nel suo vestito da sera nero dotato di un lungo spacco laterale, si diresse sicura di sé, ad accoglierlo, tendendogli la mano destra. Rogers prese la mano galantemente e la portò alle labbra.
 
– I miei omaggi madam, siete bellissima ed elegante!
– Mmm! Volete adularmi Robert?
– No Paula, volevo solo evidenziare la realtà!
– Posso evidenziare anche io, mio caro, che anche voi siete particolarmente affascinante con questa mise total black?
 
 
Paula gli si era messa a braccetto e lo stava conducendo verso il punto centrale della ressa di ospiti, dove suo marito teneva banco con le sue battute spiritose.
Tra belle ragazze, donne di mezza età e uomini eleganti, tre individui erano di spalle e conversavano allegramente con il padrone di casa, mentre i camerieri passavano tra loro con i vassoi pieni di bicchieri di bibite, sia alcooliche che analcooliche.
 
– Un mojito Paula?
– Perché no Robert!
 
L’avvocato irlandese prese due bicchieri di mojito dal vassoio che il cameriere gli stava porgendo e ne offrì uno alla donna. Mentre lei sorseggiava il suo drink, Rogers si soffermò a guardarla. Era una vera bellezza latino-americana. La scollatura ad incrocio, del vestito nero che indossava, lasciava intuire che non avesse messo il reggiseno sotto l’abito, ma il seno sodo e procace, risaltava magnificamente. Le spalle erano lasciate nude dai due lembi di stoffa che, incrociandosi sul seno, finivano poi annodati dietro al collo sottile e alto. Aveva optato per un’acconciatura raccolta e gli orecchini lunghi, in oro bianco, che ne esaltavano l’eleganza del collo.
Paula, preso il primo sorso di quell’ottimo drink al lime e rum, lo guardò stendendo le labbra rosse in un sorriso smagliante. Era molto desiderabile! Rogers ne era cosciente, ma ebbe l’impressione che i suoi occhi castani non sorridessero insieme alle sue labbra. Quella donna aveva qualcosa di enigmatico e il sesto senso di Rogers gli suggeriva di stare in guardia.
 
– Venite con me da mio marito Robert, sarà contento che siete venuto!
 
Ancora con il bicchiere in una mano, Paula mise l’altra nuovamente al braccio del giovane, incamminandosi verso Don Antonio.
 
– Eccolo qua il mio giovane amigo irlandese! Stavo giusto parlando delle tue offerte ai miei amigos! Segňores vi presento il Dottor Robert Rogers!
 
Due dei tre uomini, che in precedenza aveva visto di spalle, si voltarono completamente verso di lui.
 
– Don Pedro Savillo, il mio confinante, Don Guy De Torres, mio socio e …
 
Rogers vide voltarsi lentamente il terzo uomo, il meno alto del gruppetto. La sua sorpresa fu fortunatamente celata grazie all’addestramento alla massima freddezza e distacco, ma dovette ammettere che non si sarebbe aspettato di trovare lì quell’uomo.
 
– Mister Robert French, un mio vecchio amico americano che è venuto a trovarmi con la sua bella figlia!
 
In quel momento una ragazza vivace, dai capelli color mogano, si portò al fiano del sedicente Mister French, prendendogli il braccio con ambedue le mani e stringendosi a lui con aria affettuosa.
 
– E questa è la nostra Miss Belle!
 
Padre e figlia erano vestiti elegantemente per la serata. La ragazza indossava un lungo abito di organza azzurra, un colore particolarmente intonato ai suoi occhi, e il “genitore” era in smoking nero con papillon.
 
Rogers fece un sorriso sghembo nell’allungare il braccio per dare la mano in segno di saluto ai primi due uomini e poi al terzo.
 
– Robert Rogers? Irlandese quindi!
– Si Mister French! 
- Peccato! Non mi piacciono gli irlandesi!
– Peccato veramente Mister French se avete un pregiudizio!
– Ho ricevuto un grave torto da un irlandese … difficile da dimenticare!
– Mi dispiace per lei, ma non siamo tutti uguali no?
– Questo è vero! Ma in qualche modo mio caro, lei mi fa pensare a quell’uomo!
-  Deve averle fatto veramente un grave torto allora!
– Mi ha portato via mia moglie!
 
Don Antonio aveva seguito ogni parola scambiata dai due “gringos” e a sentire che la moglie del suo amico era stata soffiata da un irlandese, lo fece guardare verso la propria, che sorrideva sfiorando con le  labbra il drink che si era portato appresso.
 
– Signori miei! Questa sera solo allegria per tutti! Lasciamo stare i brutti ricordi vecchio mio! Il nostro giovane Dottor Rogers non ha nulla a che vedere con le vostre vicende!
 
Don Antonio aveva cercato di sdrammatizzare il momento imbarazzante, dando una pacca sulla spalla ad entrambi gli uomini e poi invitandoli nuovamente a bere. I due cercarono di comportarsi in modo neutrale, ma Rogers notò che Mister French continuasse a guardarlo sospettosamente.
 
L’ Agente in incognito Killian Jones, sotto lo pseudonimo di Robert Rogers, aveva davanti a sé il Professore Robert Gold, ricercato da mesi negli Stati uniti, e la giovane studentessa sua amante Lucy Anderson.
 
“Come immaginavo nel cambiare identità si sono fatti passare per padre e figlia. Difficile crederlo con l’atteggiamento di lei nei suoi confronti! Gold non mi ha mai visto, lo so per certo. Brocowsky non ha dato le mie fotografie a Manguso, era monitorato, ma le informazioni precedenti, se Manguso gliene ha parlato, potrebbero far saltare la mia copertura. Gold sa che Kim Steward è vivo ed è un agente della D.E.A.!”
 
– Caro ragazzo! Ho letto attentamente le tue bozze di contratto!
– Bene! Vedo che ti hanno suscitato curiosità dunque!
– Infatti! Vorrei parlare con te di alcune modifiche che credo si possano portare ai contratti in relazione ai miei prodotti …
- Ne possiamo parlare quando vuoi Antonio!
– Puoi tornare domani pomeriggio? Vorrei condurti direttamente nei campi e mostrarti dal vivo la piantagione!
– Antonio, vengo con piacere anche se devo confessarti che non saprei distinguere una pianta d’insalata da un’altra! Non sono un esperto di botanica!
 
Don Antonio rise divertito.
 
– Non è necessario che tu lo sia, ho i miei agronomi e i miei botanici di fiducia, tutta gente esperta e soprattutto “fedele”.
– La fedeltà è una caratteristica essenziale per mantenere la fiducia, sono sicuro che chi lavora per te lo sia, anche la tua generosità è un incentivo!
 
Don Antonio scrutò attentamente il viso dell’irlandese. Forse aveva visto bene in lui. Era un giovane avido abbastanza da essergli fedele per un bel quantitativo di dollari? Don Antonio lo sperò, poiché quel giovane gli ispirava sentimenti di simpatia.
 
– Posso parlarti un attimo Antonio?
 
Mister French, alias Mister Gold, si era avvicinato ai due con quella richiesta al padrone di casa.
 
– Certamente amico mio, vieni nel mio studio! Con permesso giovanotto!
– Prego Antonio!
 
L’agente speciale in incognito, Killian Jones, guardò allontanarsi i due uomini, mentre Paula gli si riaccostava al fianco.
 
– Stanno per iniziare le danze Robert! Vi piace ballare?
– Se ho la compagnia di una bella dama, si Paula!
– Conoscete il Tango Argentino?
– Abbastanza!
– Allora non vi resta che cercarvi la vostra “bella dama”!
– Ho davanti la più bella della festa! Permettete che vi inviti a ballare con me?
 
Era quanto Paula stesse desiderando che lui dicesse. Rispose con un semplice sorriso ed un inclinare delicato della testa, porgendogli la mano, che lui prese conducendola al centro della pista.
Il primo ballo fu della padrona di casa che, come si conveniva, diede inizio alle danze.
Il tango è di per sé un ballo molto sensuale e il tango argentino lo è più di ogni altra variante.
I presenti assistettero alla performance del giovane Avvocato e della moglie di Don Antonio Santa Cruz. Il loro silenzio era più assordante della musica, nell’osservare le movenze sensuali della coppia. Il nome stesso del ballo, derivante dal latino tangere, implicava il contatto fisico dei corpi e quello che si osservava tra i due stava sprigionando una tale chimica, da lasciare senza fiato e accaldati gli spettatori. I bacini dei due ballerini erano uniti nei movimenti all’unisono delle loro gambe. Ruotarono l’una intorno all’altro. Lui si ritrovò dietro di lei che alzava le braccia nude verso la sua testa, mentre lui le accarezzava, riprendendole le mani e riportandola frontalmente a sé. La mano dell’uomo si muoveva lenta e carezzevole lungo il fianco e la gamba della donna, scoperta dallo spacco dell’abito, fino a prenderla sotto l’incavo del ginocchio, noncurante del sollevarsi sensuale del vestito nero, e facendola aderire maggiormente a sé. Lei rispondeva ad ogni movimento. I visi vicinissimi, con gli occhi puntati negli occhi e le labbra ad un soffio di bacio. Finì la musica del tango e nessun altro aveva preso l’iniziativa di ballare, ognuno incantato dalla sensualità magica che avevano saputo creare i due.
Si sentì un unico applauso.
 
– Molto bravi! Bravi veramente, complimenti!
 
Don Antonio era tornato, accompagnato da Mister French e si stava complimentando per la performance. Il resto dei presenti, a quel caldo consenso, fece sentire con uno scroscio di applausi anche il proprio.
Paula si sciolse dall’avvocato irlandese, lanciandogli un ultimo sorriso e si diresse a dare un bacio e un abbraccio al marito. Si avvicinò anche Rogers.
 
– Non sapevo fossi un abile tanghero  Robert!
– Non lo sapevo nemmeno io Antonio! Merito della vostra Segňora! È lei l’abile tanghera, penso che sarebbe capace di far sembrare un abile ballerino anche un manico di scopa!
 
I presenti, che avevano sentito, risero alla battuta, mentre gli altri ospiti, invogliati dal desiderio di emulare i due ballerini precedenti, iniziarono a concedersi il tango seguente.
Don Antonio riprese ad intrattenere altri ospiti, Mister French, allontanandosi, si riunì a quella che era stata presentata come sua “figlia” e Paula, con non chalance, prese per mano Rogers, conducendolo verso un magnifico angolo del giardino, dove un gioco d’acqua e alberi tropicali, creavano una zona fuori dagli sguardi degli altri ospiti. C’era un ampio dondolo in quel punto e sicuramente durante il giorno si manteneva al fresco con le fronde degli alberi. Paula invitò a sedersi Rogers e, con sua sorpresa, gli si sedette sulle ginocchia.
 
-  Ma Paula cosa st …
 
Lei gli portò le mani agli occhiali in tartaruga e glieli tolse, lasciandolo sorpreso e con un’espressione del viso decisamente preoccupata.
 
– Hai un bel viso lo sai Robert? Avrei voluto toglierti questi occhiali da ieri, è un peccato coprire questi lapislazzuli!
– Sei gentile Paula, ma non credo che dovremmo star …
- Stai zitto Robert!
 
Dandogli quell’ordine categorico, la donna si avventò vorace sulle sua labbra, avvicinandosi con il seno al suo petto e trattenendo la testa di lui con le mani.  Nonostante il desiderio di approfondire quel bacio, da parte della donna, e l’iniziale ricambiare di Rogers, questi ad un certo punto le prese le mani e la staccò da sé.
 
– No Paula! Non è né il momento né il luogo!
– Dimmi dove e quando e io verrò da te!
– Paula io non posso!
– Perché non puoi? Non ti piaccio?
– Sei bellissima, te l’ho già detto! Ma sei la moglie di un mio amico!
– Gli voglio bene, ma non ho quello di cui ho bisogno con lui! 
- Quell’uomo ti ama! Ti fa vivere nel lusso! Cosa non ti da di cui hai bisogno?!
– Due braccia forti e giovani, un corpo come il tuo, così tonico e muscoloso, i tuoi occhi  …
 
Paula stava percorrendo con le mani il torace di Rogers e lui non poteva nascondere che qualche brivido glielo provocasse veramente.
 
– Ti desidero Robert! Voglio che tu sia mio!
 
Con un colpo di reni Rogers si rimise in piedi e riportò in piedi anche la donna.
 
– Non tradisco un amico con la sua donna! Per quanto bella e sexy essa sia! In un altro frangente non avrei avuto nessuno scrupolo. Tu sei tutto ciò che di più importante lui abbia! Non posso fargli una cosa del genere! Perdonami Paula e comprendimi!
 
Dette quelle ultime parole Rogers si riprese gli occhiali posati sul sedile del dondolo, li rimise e si allontanò, tornando verso il resto degli invitati. Paula, con un certo rammarico, lo guadò allontanarsi contro luce. Sorrise tra sé. Il Dottor Robert Rogers aveva “superato la prova”. Antonio avrebbe potuto fidarsi di lui!
La donna rimase ancora un attimo lì, tra le fronde della vegetazione. Osservò sparire tra gli ospiti Rogers. Si portò le dita alle labbra, come a voler risentire il contatto precedente e si passò la lingua su di esse, assaporando ancora la traccia di lime e Rum che aveva condiviso con il giovane.
 
“Avrai pur superato la prova Robert e mio marito ne sarà contento! Ma io ho deciso che sarai comunque mio!”
 
Con un sorriso sensuale ed ironico sul viso, la Segňora Santa Cruz si lisciò felinamente i fianchi, riordinando il vestito che indossava, poi, come se nulla fosse accaduto,  seguì i passi dell’Irlandese, tornando al centro del ricevimento. Incrociò lo sguardo di suo marito e l’occhiata che gli  rinviò fu il tacito segnale che il suo esperimento avesse avuto buon esito. Vide il suo attempato consorte sorridere soddisfatto. Si guardò intorno tra gli ospiti a cercare l’alta ed elegante figura di Rogers. Lo vide che conversava amabilmente con una graziosa segňorita. La ragazza pendeva dalle sue labbra, ammaliata dal suo bel viso. Paula ne provò uno spontaneo fastidio e preferì voltarsi per prestare attenzione alla moglie di Don Savillo, che intenzionata a scambiare due chiacchiere, si stava dirigendo verso di lei con il suo passo sbilenco e la sua mole di grasso tremulante sotto il vestito di seta nera, cucito su misura per lei.
 
– Paula cara! Un ricevimento veramente ben riuscito!
– Grazie Consuelo …
- Ma quel bel giovanotto che sta parlando con la mia Pepita è da molto che frequenta la tua casa?
– No, non è molto …
- Un giovane veramente affascinante e pare interessato alla mia bambina!
– Non mi da questa impressione Consuelo! Sta facendo due chiacchiere come ha fatto con altre segňoritas! È un uomo d’affari molto impegnato, non ha tempo per flirtare!
– Se lo dici tu!
 
Paula aveva risposto con un tono piuttosto acido alla Segňora Consuelo Savillo, infastidita dal possibile interesse che Rogers potesse avere per Pepita e dagli sguardi che molte delle donne presenti riservavano al suo aitante ospite.
Consuelo si allontanò ballonzolando verso un’altra ospite sua conoscente, mentre Paula prendeva un altro drink dal vassoio che le porgeva uno dei camerieri.
Ad un certo punto le si avvicinò uno dei paramilitari di suo marito, che per l’occasione aveva tolto la mimetica per indossare un completo scuro, più adatto alla serata.
 
 
Rogers continuava a sorridere e a conversare con Miss Pepa Savillo, ma non aveva mai distolto l’attenzione da ciò che lo circondava, specialmente da Don Antonio Santa Cruz e sua moglie. Vide uno degli uomini della sicurezza avvicinarsi alla donna e parlarle sommessamente, poi  lei lo seguì velocemente, assentandosi dalla festa senza dire nulla a nessuno.
 
“Che sta succedendo ora?”
 
Killian Jones era troppo osservatore ed esperto per non capire che stesse capitando qualcosa di importante per la sua missione. Doveva fare in modo di scoprire cosa.
La giovane Pepa Savillo gli stava raccontando della sua esperienza universitaria negli States in quel momento, ma lui la dovette interrompere bruscamente con una scusa e gentilmente si accomiatò da lei, lasciandola piuttosto delusa.
Mescolandosi tra gli ospiti, riuscì a giungere lungo la grande piscina dalle acque illuminate da varie luci, poste sui muri interni della vasca. Aveva visto Paula dirigersi da quella parte e, camminando con calma, evitando di sembrare eccessivamente troppo guardingo agli occhi delle telecamere, sparse in vari punti, si inoltrò nelle zone buie, tra il fitto delle piante tropicali, rendendosi invisibile grazie al suo abbigliamento integralmente nero.
Quando sentì la voce di Paula, capì di essere giunto. Spostando le fronde della pianta dietro la quale si era nascosto, vide la schiena nuda della padrona di casa, il suo collo proteso in avanti, mentre sovrastava qualcuno inginocchiato per terra. Vicino alla Santa Cruz c’era l’uomo che l’aveva chiamata.
 
– Sei una piccola idiota Eloise! Sai bene che non devi venire qui e ti sei presentata in pieno ricevimento!
– Segňora Paula mi perdoni! Sono disperata, non so più come provvedere a mia figlia da quando Raimundo è morto!
– Il tuo uomo era più idiota di te! Ha pagato la sua stupidità! Quella roba la doveva vendere non prenderla!
– La prego Segňora! Mi faccia parlare con Don Antonio!
– Per dirgli cosa?!
– Che mi faccia lavorare ancora per lui! La prego ho bisogno di soldi! La mia bambina oggi non ha mangiato! Non l’avrei disturbata se non fossi in queste condizioni!
– Non puoi parlare con mio marito! Non sei nemmeno gravida! Non sei utilizzabile!
– Farò tutto quello che mi chiederete!
– Sei pelle e ossa, nemmeno i tuoi muscoli possiamo usare!
– La prego Segňora, abbia pietà! Non per me ma per la mia bambina, ha appena un anno d’età è troppo piccola per stare giorni senza cibo!
– Se vuoi elemosina da me non ne avrai!
 
Con quel tono aspro Paula prese con una mano il mento della ragazza e lo sollevò. Killian, grazie ad un minimo di luce che colpì la giovane nello spostarsi della Segňora, vide il viso emaciato, ma dai tratti regolari e gradevoli della poveretta. Era veramente pelle ed ossa, aveva i capelli lunghi e di un biondo ramato, con alcune trecce disordinate tra di essi. Le sue condizioni erano pietose, anche l’abito che indossava era trasandato e sporco, di due o tre taglie più grande del necessario, dalla poca luce sembrava essere di un colore rossiccio e sicuramente aveva vissuto, come chi lo stava indossando, periodi migliori.
 
– Hai un bel visetto Eloise! Anche se hai poca carne addosso lo troverai qualche cliente interessato, in fin dei conti quello che interessa agli uomini è di divertirsi! Magari qualcuno ti ingravida e ci tornerai utile. Ora fila via di qui!
 
Con una spinta al viso, Paula la fece ricadere indietro. L’agente Killian Jones, dal suo nascondiglio stava ribollendo di rabbia nel vedere quel trattamento a quella povera disgraziata che a malapena si reggeva sulle gambe.
 
– Segňora la prego! Almeno un po’ di cibo!
 
La ragazza si era aggrappata alle gambe di Paula con la speranza per quell’ultima richiesta.
 
– Sudicia sgualdrina! Toglimi le mani di dosso che mi sporchi il vestito!
 
In un rapido movimento Paula si liberò dalla presa della ragazza e le assestò un calcio nello stomaco. Quella si piegò su se stessa con un lamento di dolore.
 
– Gomez! Buttala fuori di qui! Non farti più vedere a casa mia o tua figlia diventerà il pasto per la mia Begy, sono sicura che gradirebbe carne tenera, ma ti garantisco che si accontenterebbe anche della tua!
 
Mentre l’uomo, che l’aveva chiamata, prendeva per un braccio Eloise, trascinandola per terra senza alcuna gentilezza, Paula ruotò sui suoi tacchi per tornare dagli ospiti.
La stessa luce che aveva illuminato poco prima Eloise, illuminò il suo volto.
 
Schiacciato contro le piante tropicali, senza fiatare né muoversi, per non dar segnali della sua presenza, Killian vide l’espressione dura e crudele che si rifletteva su quel viso che fino a poco prima aveva trovato attraente. Dopo aver visto come si era comportata con quella giovane madre abbandonata a se stessa, per Killian aveva perso qualsiasi attrattiva. Ora sapeva quale potesse essere la pericolosità che aveva intuito dietro il suo sguardo, non sapeva ancora, però, che potesse essere anche peggio di così!
 
***
 
La serata era finita e Killian Jones, tornato a Miraflores, si chiuse dietro la porta della stanza d’albergo che condivideva con uno dei suoi agenti di origine messicana.
Manuel Parilla era seduto al piccolo scrittoio messo a disposizione nella stanza e sollevò gli occhi dallo schermo del portatile.
 
– Ciao Capo! Bella seratina?
– Lascia perdere Manuelito!
 
Il giovane agente rise ironico.
 
– Hai seguito la registrazione del microchip che ho messo ieri nello studio?
– Si Capitano! Ottimo lavoro! Si sente forte e chiaro!
 
Killian sorrise compiaciuto, quel microchip era una sua invenzione, non si trovava in commercio, l’aveva ideato per la sua Squadra Speciale, come altri piccoli oggetti molto utili. Si tolse il grosso anello che indossava all’anulare destro.
Facendo una leggera pressione in due punti precisi della montatura del rubino, ottenne la sua apertura, mettendo in mostra un piccolo vano segreto. Quell’anello gli era caro, non solo per il costo, lo era perché gli ricordava il momento in cui aveva fatto realizzare la Fenice per Emma. Lo stesso gioielliere aveva realizzato contemporaneamente quell’anello di cui Killian  aveva progettato il modello e il meccanismo d’apertura.
 
– Sono riuscito a piazzarne un’altra questa sera …
- Bene, l’attivo immediatamente!
 
Mentre Manuel digitava i comandi per l’attivazione sul potente computer, Captain Hook tirò fuori da una bustina di plastica altri due micochips che introdusse nel vano dell’anello.
 
– Domani Santa Cruz mi porterà a vedere le sue piantagioni, spero che si fidi abbastanza da portarmi alla piantagione di Coca. Vedrò di piazzarne una in uno dei capannoni che abbiamo visto con il satellite!  
 
Sistemate le due microspie nell’anello, si tolse gli occhiali con la montatura in tartaruga. Con un movimento deciso staccò l’asta destra dalla cerniera inserita nel musetto e la passò a Manuel.
 
-  Inserisci la pendrive nel PC, ho scattato interessanti fotografie questa sera. Ho avuto diverse sorprese …
 
Manuel prese l’asta degli occhiali, che altro non era che un dispositivo USB, che collegato agli occhiali, dotati di una microcamera, poteva immagazzinare le foto scattate con la leggera pressione del ponte dell’occhiale o con il semplice tocco dell’asta opposta.
 
– Wow Capo! Questa si che è una bella inquadratura!
– Quale?
 
Killian si affacciò sul monitor e gli si parò davanti il primo piano delle procaci tette di Paula Santa Cruz.
 
– Credo sia la foto migliore della serata Rogers! Eri parecchio vicino, direi che ci stavi dentro con il naso!
– Finiscila Manuel! Non l’ho scattata io quella foto!
 
Manuel ridacchio.
 
– Si certo! Dicono tutti così!
– Si tratta di un selfie involontario! Paula Santa Cruz mi ha tolto gli occhiali e inconsapevolmente ha schiacciato il punto di scatto!
– Come , come?! Che stavate combinando voi due?! È praticamente appiccicata a te per la vicinanza!
– Lascia perdere Manuelito! Poco importa!
– Dai Capo! Una cosina piccante ci sta bene no? Hai provato a sedurla?
– A parte il fatto che è lei che ha provato a sedurmi, cerca di andare avanti! Nelle foto si dovrebbero vedere chiaramente anche Robert Gold e Lucy Aderson!
– Por Dios! Erano lì anche loro?!
– Si amigo! Gold ha chiesto a Santa Cruz di potergli parlare in privato e sono andati nello studio.
– Quindi il tizio che ho sentito parlare con il Don è Gold?
– Esatto Manuel!
– Ha detto cose parecchio interessanti! Ma se penso che sia lui, ora credo lo siano anche di più!
 
Digitando velocemente, Manuel ripropose la registrazione della conversazione avvenuta tra i due uomini.
 
---0---
 
Si sentì la porta dello studio aprirsi con la chiave e i due uomini entrare. Probabilmente non si erano neppure seduti. La prima voce che si sentì, Killian la riconobbe immediatamente come quella di Don Antonio.
 
– Allora vecchio mio? Di cosa dovevi parlarmi con tanta fretta?! Parti domani pomeriggio per Santo Domingo, non potevi aspettare che finisse la festa?
– Mi sembra chiaro di no Antonio! Ti fidi di quell’uomo?
– Chi? L’irlandese?
– Chi altri?!
– Ho fatto controllare le sue credenziali quando mi ha cercato e sono pulite!
– Antonio spero tu abbia ragione e che non ti stia facendo infinocchiare!  La D.E.A. ci sta alle calcagna ormai! Manguso è stato arrestato e io sono latitante da un pezzo. Se non fossi scappato con Belle a Santo Domingo non avrei potuto continuare con i nostri affari! Si è scatenata una guerra tra cartelli a Boston e dietro c’è stato un faccendiere irlandese che sapevo ucciso dai nostri rivali!
– Quindi?
– Antonio datti una svegliata! Stai invecchiando! Era una montatura! Il giovane avvocato irlandese che faceva consulenza ai cartelli, faceva il doppio gioco ed era una talpa della D.E.A. Il suo nome era Kim Steward, ma non è detto che sia il suo vero nome.
– Ma è morto no?
– Questo è il punto! Manguso, grazie alla nostra talpa nella Polizia, è venuto a sapere che è vivo e vegeto! Aveva contattato mia moglie,  con una delle sue messe in scena e ne era diventato l’amante! In questo modo le ha carpito chissà quante informazioni!
– Come sai queste cose?
– Mia moglie è scappata dopo la morte di Steward ed io ho trovato un diario dove scriveva di lui! Se ci penso, ancora avrei voglia di strangolarla con le mie mani!
– Hai trovato anche sue fotografie?
– Noo! Ma lo descriveva come un bel ragazzo bruno, irlandese, avvocato e consulente finanziario … senti, non farmi ricordare le smielate romanticherie di mia moglie o vomito! Comunque un quadro che mi ricorda questo Robert Rogers!
 
Per un po’ si sentì il silenzio pesare nella stanza. Antonio Santa Cruz stava di sicuro riflettendo su quanto Gold gli aveva appena raccontato.
 
– Quindi questo Agente della D.E.A. è ancora vivo e potrebbe essere lui … Sarebbe un peccato! Mi piace quel ragazzo!
– Da quando ti fanno sangue i bei ragazzi Antonio?
 
Gold aveva ridacchiato con una risata da folletto maligno!
 
– Non dire cazzate! Mi è piaciuto nel suo modo di fare, mi ha esposto le proposte in modo brillante … è un giovanotto in gamba e le sue credenziali sono pulite!
– Antonio vai cauto! La D.E.A. ha agenti scelti molto in gamba e creare delle coperture, in collaborazione con la C.I.A, è una sua prerogativa! Mettilo alla prova!
– Non ha piazzato cimici in questa stanza né altrove! Questa sera mia moglie lo metterà alla prova in altri modi!
 
Si sentì nuovamente la risata di Gold.
 
– Vuoi mettere la paglia vicino al fuoco Antonio? Tua moglie è giovane e bella e lui farebbe capitolare qualsiasi donna! La mia era una moglie fedele e succube, non ci ha messo molto per abbindolarla!
– Ora mi stai rompendo veramente le bolas amigo! Mia moglie sarà pure giovane e bella, ma non è una donna repressa! Mi è fedele e il nostro sodalizio va oltre l’amore!
– Scusami Antonio! Ma ho il dente avvelenato per quello che è successo!
– Per questo ti sei portato dietro quella ragazzina? Avevi bisogno di consolarti? Non me la dai a bere! Quella non è tua figlia!
 
Gold ridacchiò lascivo questa volta.
 
– Beh che dirti! Per consolarmi lo sa fare bene! Non mi vorrai giudicare proprio tu che ti sei sposato con una donna che veramente potrebbe essere tua figlia!
– No! Non sono tipo che giudica! Non mi riguarda chi ti porti a letto! Mi interessa solo degli affari che abbiamo in corso!
– Ecco! Questo è un buon argomento! Come sta andando la produzione?
– La produzione va a gonfie vele, potrei dire mai andata meglio! Il cartello di Madellin e Calì presto saranno solo una leggenda rispetto al cartello de Mesa De Yamby!
– Vuoi eguagliare Escobar e El Chapo?
– Eguagliare? No amigo! Io voglio superarli! Loro ormai sono morti, il loro impero è stato sbriciolato dagli antinarcotrafficanti. La D.E.A. degli States e quei pochi imbecilli rimasti puliti del Governo ne hanno decretato la fine! Ormai a Medellin e Cali c’è poca roba! I messicani la stanno facendo da padroni e il mio commercio con loro sta andando benissimo, grazie al mio “geniale chimico”!
– Me lo devi far conoscere prima o poi Antonio! Da quando lavora per te hai triplicato la produzione!
– Si, ma in questo periodo sta migliorando la qualità tagliandola con l’Oppio!
– Antonio, cosa ti importa della qualità! Mica la devi prendere tu no? L’importante è averne abbastanza per saziare gli imbecilli che ne fanno uso!
– Non possiamo rischiare di ammazzare tutti i nostri consumatori tagliando la cocaina con l’arsenico o con il talco! Quella porcheria va bene per i tossici che possono darci fastidio! I peggio sono gli spacciatori che la usano! Non sono affidabili sotto gli effetti della roba e ci possono combinare un sacco di guai. Guarda Raimundo cosa ha combinato! Stava per mandare all’aria un’intera partita, ma il Dottore gli ha rifilato una dose all’arsenico. Ha fatto la fine del topo!
 
Si sentì ridere ambedue gli uomini. Killian ricollegò a quanto avesse detto la giovane Eloise, Raimundo era il suo uomo! Era stato ucciso da una dose letale datagli per impedirgli di parlare evidentemente!
 
– A causa di quell’idiota di Raimundo ho perso la fiducia dei Cinesi! Tra due mesi avrei ottenuto un nuovo carico di oppio, fresco fresco da Hong Kong, invece il Taipan Li Yu Wong mi ha risposto con un bello sberleffo!
– Questa non ci voleva Antonio! Almeno il carico di aprile per il Messico e Santo Domingo partiranno come previsto?
– Quello si! Gli amici degli States ci hanno messo a disposizione un sottomarino dismesso! Fortuna che qualche amico della Marina ha saputo come riciclare quel  “ferro vecchio”! Come al solito la carretta dei miei amici pescatori arriverà all’appuntamento con il sottomarino e quello seguirà due itinerari, Messico e Repubblica Dominicana. Sai quale è il tuo compito amigo!
– Si non ti preoccupare! A Santo Domingo ho una rete formidabile!
– Hai un’altra incombenza Robert!
– Cosa vuoi Antonio?!
– Devi farti un viaggetto in Cina! Devi convincere Li Yu Wong a riprendere il commercio con noi! Senza Oppio, niente qualità e ci perdiamo i clienti migliori!
– Hai ragione Antonio, ma prima di novembre 2009 non potrò organizzarmi!
– Vedi come puoi fare! Mi piacerebbe festeggiare il prossimo Natale con una bella pista bianca e tu e la tua ragazzina siete invitati. Pensi sia disponibile per un festino con l’orgia? Sempre se ti va di condividerla con gli altri amigos!
– La mia ragazza non ha mai partecipato  a questa esperienza, ma non mi ci vorrà molto per convincerla e poi di guardarla insieme ad un altro non l’ho ancora sperimentato!
– Potrebbe piacerti! A me piace guardare Paula! Se l’irlandese si manterrà fedele, magari glielo regalo per Natale!
 
Killian e Manuel li sentirono esplodere in una fragorosa risata e di seguito sentirono che riaprivano e chiudevano la porta dello studio per tornare alla festa. Sottofondo si udiva la musica del tango che in quel momento stavano ballando la padrona di casa e l’ospite irlandese.
---o---
 
– Wow Rogers! Santa Cruz ti offrirebbe a sua moglie come regalino di Natale! Con quelle tette vorrei essere io il suo regalino!
 
Killian alzò gli occhi al cielo. Manuel era un ottimo agente, l’aveva reclutato lui stesso per le sue capacità di tecnico informatico ed elettronico, lo chiamava direttamente con il nome di copertura, sapendo di lui solo il nome in codice: Captain Hook.
 
– Manuelito! Hai sentito solo quest’ultima parte della conversazione?
– No Capo! Qui c’è un sacco di materiale per arrestare tutti e due questi bastardi!
– Verissimo! Ma ci precluderemmo di fare la pesca più grossa!
– Vuoi dire che l’azione si sposterà in Cina come supponevi?
– Direi proprio di si amico mio!
– Allora userai la mia vecchia compagna di corso!
– Esattamente! Dovrò inventarmi la giusta copertura per me e Mulan Ciang!
– Mulan ne sarà felice! So che aveva compilato il questionario per la “Squadra di Captain Hook”!
 
Manuel non poteva sapere che Mulan fosse già stata reclutata da Captain Hook e si stesse occupando della donna che lui amava, ma in fin dei conti Killian preferiva non dire tutto ai suoi uomini, la mano destra non sapeva mai cosa stesse facendo la sinistra, con lui.
 
– Devi fare una piccola indagine pe me Manuel …
- Cosa?
– Mentre ero alla festa ho assistito a qualcosa che vorrei indagare meglio … Informati su una donna, una ragazza sui 26 anni, si chiama Eloise …
- Il cognome?
– Non ne ho idea! So che è la compagna di quel Raimundo che è stato fatto fuori dal “Chimico” di Santa Cruz! Credo viva o lì al villaggio o a Miraflores, non dovrebbe essere difficile trovarla. Sicuramente è stata usata per il trasporto di cocaina mentre era incinta. So che ha una bambina di un anno e Paula Santa Cruz la rimproverava di non essere gravida per poterla usare nuovamente!
– Schifosi! Le avranno fatto ingoiare degli ovuli imbottiti di roba sapendo che non sarebbe passata ai raggi x per la gravidanza!
– Sicuramente Manuel! Lei ci potrà dire come funziona al dettaglio quest’altro tipo di smercio …
 
Un ulteriore sguardo d’intesa tra i due uomini e poi Killian Jones decise che era ora di andare a dormire. Il giorno seguente avrebbe fatto visita nuovamente ai Santa Cruz. Doveva essere molto attento. Gold aveva messo la pulce nell’orecchio al Boss di Mesa De Yamby ….
 
 
Angolo dell’autrice
 
Salve a tutti e buone vacanze a chi sta preparando la valigia o già si sta rilassando in un bel posticino.
Ho saltato una settimana ma spero ne sia valsa la pena. Il capitolo è interamente dedicato alle avventure dell’agente sotto copertura Captain Hook e si dipana contemporaneamente a quando Emma stava vivendo nel capitolo precedente. Mentre Emma sta diventando recluta dell’F.B.I., il suo innamorato si trova in Colombia, nel covo di un Boss del narcotraffico. Ho immaginato Antonio Santa Cruz con il volto dello scomparso attore Anthony Quinn, chi non lo conosce lo può cercare su internet nelle immagini in cui è più anziano. Paula Santa Cruz immaginatela con il viso della bella attrice spagnola Penelope Cruz.
Nonostante le vacanze, spero che riusciate, tra una nuotata e una dormita, a leggere e a commentare. Un grazie a chi lo farà e un grazie ai miei nuovi recensori che timidamente si sono affacciati a lasciarmi il loro gradito commento.
Un bacio e alla prossima settimana.
Lara
 
 
 

 
 
 

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Capitolo 27
*** Sotto copertura (parte 2) ***


Capitolo 27
 
Sotto Copertura
( parte 2)
 
Anche l’ultimo ospite de la Residencia en la Meseta era andato via e, mentre il personale riordinava, i padroni di casa si erano ritirati per la notte.
 
Paula Santa Cruz era seduta davanti alla specchiera della sua camera da letto, una camera matrimoniale che non condivideva sempre con suo marito. Uno dei loro accordi era di dormire in stanze separate, Paula non sopportava il pesante russare dell’attempato consorte.
Sentì il cigolio della porta che si apriva e vide dallo specchio il riflesso di suo marito Antonio. Si era già tolto la giacca da sera bianca e il papillon nero, lasciandosi la camicia di seta sbottonata fino alla cintura. Nel riflesso Paula vide la pancia prominente dell’uomo e la sua peluria grigiastra. Mentre si toglieva i lunghi orecchini in oro bianco, deponendoli nel cofanetto sul ripiano, le venne spontaneo un sospiro nel ripensare ai muscoli tonici e piatti dell’addome dell’Avvocato Robert Rogers, sotto le proprie dita. Sapeva perché Antonio era lì, voleva sapere in dettaglio come era andata con il giovane avvocato irlandese e poi …
 
Si sciolse la fluente chioma corvina, liberando l’alta acconciatura dalle forcine. I capelli ondulati le ricaddero lungo il collo. Antonio le si avvicinò con un sorriso compiaciuto e le mise le mani sulle spalle, in un movimento massaggiante.
 
– Allora? Come è andata con il bel ragazzo?
– Mi sembrava di avertelo fatto capire! Mi ha resistito!
– Lui ti piace?
– Non lo trovo così interessante ma devo ammettere che è un tipo piacente! Le donne presenti se lo stavano mangiando con gli occhi! Specie Pepita Savillo!
 
Tra i vari accordi che avevano preso tra loro, uno riguardava la “fedeltà”. A ben descrivere era uno strano tipo di fedeltà invero!
Antonio aveva sposato Paula già avanti negli anni e si era reso subito conto che a una donna giovane e bella come sua moglie non sarebbero mancate né occasioni né tentazioni. Nell’accordo lui gli concedeva di avere l’amante che più l’aggradasse, ma di essere sincera con lui e di permettergli di assistere ai suoi atti copulatori con il tipo di turno. L’accordo escludeva l’innamoramento, doveva essere un amante occasionale e non avere ulteriori rapporti con lui.
 
Quando suo marito le aveva fatto quella domanda, Paula aveva fatto i suoi calcoli. Non voleva fargli capire quanto in realtà le piacesse Rogers. Aveva intenzione di averlo, non solo una volta e di certo non in presenza di suo marito! Sapeva che Antonio gli avrebbe concesso volentieri un’occasione con il bell’irlandese, avendone anche i suoi vantaggi. Alla sua età difficilmente raggiungeva in modo spontaneo un’erezione, aveva bisogno di forti stimoli, sia fisici che psichici. Il voyeurismo per lui non era una semplice parafilia, era un mezzo per ottenere ciò che in gioventù era più spontaneo e immediato.
 
– Raccontami dettagliatamente come è andata!
– Ma nulla Antonio! L’ho condotto all’angolo con il dondolo, l’ho fatto accomodare e mi sono seduta sulle sue ginocchia. Ha iniziato subito a protestare che non era una cosa giusta nei tuoi confronti. Ho cercato di baciarlo e lui si è staccato. Ha detto che ad un amico non avrebbe fatto una cosa del genere, nonostante la mia bellezza e alla fine è andato via, lasciandomi lì!
– Hai ballato con lui in modo molto sensuale prima …
- Il Tango Argentino è così lo sai …
- Lo so, ma c’era qualcosa nei suoi e nei tuoi movimenti che andava oltre il ballo. Dimmi …
- Cosa tesoro?
– Eri eccitata mentre lui ti accarezzava la schiena e la gamba? Quando sei scivolata lentamente lungo la sua?
 
Antonio iniziava ad avere la voce incrinata dall’eccitazione. Cosa doveva dirgli? La verità? Non le conveniva per i propri intenti nei confronti di Robert Rogers!
Se era eccitata?! Paula sapeva di essere stata una specie di fiume in piena in quel momento!
Sotto il lungo abito con la schiena completamente nuda e quello spacco vertiginoso, indossava solo un perizoma. Con i suoi movimenti sensuali e il tocco leggero delle dita dell’irlandese si era sciolta fino a sentire quel piccolo triangolo di stoffa completamente intriso dei suoi umori. Quando nella figura di scivolamento lungo la gamba tesa del suo ballerino, si era ritrovata a cavalcioni della sua coscia, si era strofinata per dar sollievo a quella parte di sé che stava pulsando impazzita. Forse lui se ne era accorto? Probabile, ma non si era scomposto, mantenendo salda la presa sulle sue braccia, ritirandola su e portandola al petto, rovesciandola poi in un finale casqué con il viso inclinato sul suo, quasi a sfiorarsi reciprocamente le labbra.
 
Cosa doveva dire a suo marito? Che in quel momento aveva desiderato che tutti intorno sparissero per restare lei e il bel giovane a trasformare quel ballo in qualcosa di più piacevole e gratificante per entrambi?
 
– Cosa vuoi sentirti dire amore? Ti sta facendo effetto solo immaginare?
– Dimmi cosa hai provato Paula!
 
Era quasi un ordine  e lei sorrise. Non aveva nessuna intenzione di dire la verità, era qualcosa di suo, suo soltanto!
– Era solo uno stupido ballo sexy Antonio e ti ho detto che non ci trovo nulla di particolare nel tuo amico assicuratore, anche se come ho già ammesso è “carino”!
 
Antonio fece una smorfia non convinto, lei la vide riflessa dallo specchio, poi, con un movimento rapido, suo marito le sganciò i due lembi di stoffa che si annodavano dietro il collo. Con le due mani lui prese ogni lembo e lo lasciò ricadere in avanti, mostrando riflessi nello specchio i due procaci seni di sua moglie.
 
 – Non avresti voluto che ti facesse questo?
 
Facendole scivolare sul petto della donna, riempì le mani con quelle morbide e sode rotondità, stringendole e sentendo nei palmi la reazione della loro punta che era diventata immediatamente rigida.
 
– O questo?
 
Vista la reazione delle due aureole e il brivido sulla pelle di Paula, era passato a stuzzicarle i capezzoli, massaggiandoli deciso tra il pollice e l’indice.
La precedente reazione d’eccitazione, che Paula aveva provato senza soluzione con Rogers, riaffiorò nel ricordo del suo desiderio. Chiuse gli occhi, mentre Antonio continuava ad accarezzarla, per immaginare su di sé mani più giovani e delicate di quelle. Strinse le gambe nell’avvertire anche nelle viscere del suo essere la stessa reazione. Lui se ne accorse.
 
– Sii sincera con me Paula …
 
Lei mentì spudoratamente, pur di difendere il suo pensiero nascosto.
 
- Pur volendolo credi che lui sarebbe stato più bravo di quanto lo sia tu tesoro? Sei tu che mi stai accarezzando Antonio, sei tu che mi stai provocando!
 
Anche la voce di Paula era arrochita ora. Si alzò di scatto dalla sedia della sua toeletta e si aggrappò alla camicia di suo marito, baciandolo appassionatamente. Gli tolse quell’indumento con furia e ciò stimolò l’uomo non poco. Lei se ne accorse dal rigonfio della patta dei pantaloni e sorrise sorniona.
 
– Credo che finiremo bene questa nottata caro!
 
Antonio nell’emozione non riuscì a dire nulla, ma seppe agire. La voltò velocemente e la strinse ai fianchi, avvicinandola al suo inguine. Le aprì la chiusura della gonna e fece cadere la stoffa lungo le sue gambe. Le accarezzò lascivo i lisci emiglobi dei glutei, delineati e resi ancor più attraenti dal filo del perizoma. Infilò l’indice sotto il filo elastico e seguendone il perimetro le tolse quel piccolo pezzo di setosa stoffa nera, poi lei si voltò verso di lui e con una mano sul suo petto lo spinse verso il letto, facendolo camminare a ritroso. Paula non era molto alta e suo marito la sovrastava con il suo metro e ottantacinque. Lui ricadde sul letto e lei, con le gambe rese più slanciate dai sandali tacco dodici che non aveva ancora tolto, gli fu sopra con movenze feline. Sapeva che di stimoli psichici suo marito ne avesse avuti abbastanza, ora, per avere la reazione ottimale, lo avrebbe stimolato anche fisicamente. Sapeva che lui apprezzasse particolarmente il tocco delle sue mani e delle sue labbra. Lo lavorò a mestiere e ottenne quanto volesse. Lui godeva sia nel guardarla muoversi su di lui che nell’atto, poi lei decise di prendersi la sua parte.
 
– Spegni la luce caro!
– Sai quanto mi piace guardarti Paula!
– Mi hai guardata abbastanza Antonio! Ora sentimi e basta!
 
L’uomo, compiacente, allungò un braccio per spegnere la luce con uno dei comandi posti sul moderno comodino. Il buio li avvolse e lei, all’insaputa di Antonio, poté dare sfogo alla sua fantasia. Scivolò lungo la sua asta, si impossessò di lui fantasticando che tra le sue gambe ci fosse il bel Robert Rogers. Il ventre prominente del suo uomo diventò, sotto le sue mani, l’addome duro e tonico del giovane dagli occhi di lapislazzuli. Lo immaginò nei versi di godimento dell’uomo che era veramente con lei. Il buio nascondeva la verità e la rendeva piacevole quanto lei volesse. Si mosse sempre più freneticamente, finché raggiunse la sua soddisfazione. Avrebbe gridato il nome dell’uomo con cui stava immaginando di giacere, ma si fermò in tempo, mordendosi le labbra nell’oscurità.
 
Aveva contrattato di essere “sincera” e “fedele”, ma in quel momento aveva appena tradito suo marito con l’immaginazione. Lui aveva avuto il suo piacere e lei un surrogato di soddisfazione. Mentre si accasciava al fianco di Antonio, lui più distrutto di lei, promise a se stessa che presto Robert Rogers non sarebbe stato solo una fantasticheria, bensì una realtà, a costo di inseguirlo fino in Irlanda!
Quanto forte era il desiderio che le aveva scatenato dal profondo dell’anima?
 
– A proposito di Rogers!
 
Quasi sobbalzò a sentire Antonio nominarlo proprio mentre lo pensava. Aveva le antenne?! Cercò di camuffare il suo disagio.
 
– Uff! Ancora questo Rogers?! Mi stavo appisolando!
– Oh! Perdoname pequeňa! Volevo solo avvisarti che domani verrà a vedere le piantagioni, l’ho invitato per il pomeriggio!
– Hai deciso di accettare una delle sue formule assicurative?
– Si, ma se è pulito come sembra, potremmo utilizzarlo a nostro vantaggio con la scusa della polizza assicurativa.
– Come fai a sapere che lo potresti convincere?
– Gli piace il lusso e vivere alla grande. Mi ha confessato che i suoi introiti non glielo permettono del tutto ma lui fa in modo di riuscirci!
– Beh! Visto il rubino che porta all’anulare, credo che allora si ingegni parecchio per far quadrare i conti!
– Domani, secondo come reagirà, potrei portarlo alla piantagione riservata …
- Mmm … non pensi sia comunque rischioso?
– Si, potrebbe, ma voglio provare ad avere fiducia, sempre se il mio Chimico non ha nulla in contrario!
– Il tuo chimico sa quello che deve fare, al limite eviterà di farsi vedere no?
- Giusto! Buonanotte querida!
– Buonanotte querido!
 
Nel giro di dieci minuti, Paula sentì il russare di Antonio. Era talmente stanco che non era riuscito ad andare nella sua stanza. Con quel rumore non avrebbe chiuso occhio, sbuffò infastidita, ma poi pensò che avrebbe potuto trovare un altro modo per passare la nottata. Riprese a fantasticare su Rogers, mentre la sua mano scivolava in basso, tra le proprie gambe, a cercare un piacere onanistico che sarebbe stato un ulteriore surrogato di ciò che desiderava veramente …
 
***
 
Non aveva dormito tra quattro guanciali Killian! Nonostante fosse tardi e la stanchezza della tensione molta, forse proprio a causa di quest’ultima e della consapevolezza che Gold avesse messo una pulce nell’orecchio di Antonio Santa Cruz, il giovane agente in incognito Captain Hook, aveva dormito poco e male. Ricordava schegge di immagini che si erano succedute nella sua mente in un’attività onirica apparentemente disordinata. Sicuramente se ne avesse potuto parlare con Lorna lei avrebbe tirato fuori una serie di significati da quelle immagini! Quello che ricordava maggiormente erano pezzi di scene con il viso emaciato della povera Eloise e le espressioni che passavano dal piacevole al crudele di Paula Santa Cruz!
 
Aveva bisogno assolutamente di rintracciare quella ragazza cenciosa e sapeva che il suo collaboratore, Manuel Parrilla, ci sarebbe riuscito in breve. Nel momento in cui avesse saputo dove trovarla sarebbe andato da lei di persona.
Si tolse il lenzuolo di dosso e, scoprendo la sua nudità, si alzò dal letto per prepararsi ad affrontare quella giornata che avrebbe potuto essere decisiva o mortalmente pericolosa. Una doccia veloce gli portò via il sudore notturno, si rasò le guance delineando al meglio la peluria del viso. Partendo per la Colombia aveva cambiato il suo look. Aveva smesso quella densa barba che gli copriva completamente le guance e aveva optato per quella più rada e chic che gli aggiungeva inconsapevolmente più fascino di quanto già non ne avesse. Mentre finiva di radersi si rese conto che Manuel, dalla sua stanza, nella stessa suite, stava uscendo dalla porta principale. Ne fu soddisfatto e sorrise tra la schiuma da barba che gli imbiancava le guance. Il giovanotto stava partendo alla ricerca di Eloise.
 
La mattinata passò velocemente, tra l’organizzare le pratiche fasulle per Santa Cruz e i suoi controlli tramite internet. Ad un certo punto uscì sulla terrazza più alta e isolata dell’albergo, per poter telefonare con il satellitare a Jefferson. Quel tipo di telefonata non poteva essere intercettata grazie ad un dispositivo che lui stesso aveva aggiunto al suo cellulare. Aggiornò Sebastian sulla situazione e sulla momentanea presenza di Gold in Colombia. Non avrebbero arrestato per il momento il famigerato Professore, lo avrebbero usato come una pedina, sullo scacchiere che stavano controllando del narcotraffico mondiale. L’intercettazione del dialogo tra Santa Cruz e Gold, aveva dato molte notizie. La rete si stava chiudendo lentamente intorno a quei grossi pesci, ma Captain Hook voleva riempire la stiva della sua nave della maggior quantità possibile di quel pescato!
Finito l’aggiornamento e le indicazioni, Killian non riuscì a trattenersi.
 
– Lei come sta?
Non c’era nemmeno bisogno di dire il suo nome, Sebastian sapeva bene di chi stava parlando Killian!
 
– Sta benone! È entrata brillantemente a Quantico e si sta destreggiando molto bene, tra allenamento e studio. Tra pochi mesi si laurea, sta macinando esami su esami! Inoltre sta frequentando per il tirocinio la casa famiglia dei Nolan …
 
Killian sorrise nell’ascoltare Seb e nell’immaginare Emma davanti a sé che di spalle si voltava velocemente verso di lui in un turbinio di capelli d’oro, guardandolo con un sorriso smagliante. Si chiese con nostalgia quanto avrebbe dovuto ancora attendere per poter vedere quella scena svolgersi nella realtà? Per novembre 2009 Gold sarebbe stato in Cina, era lì che Captain Hook voleva concludere la sua missione e arrestarlo definitivamente, ordinando l’arresto anche degli altri elementi coinvolti, sia nella mafia cinese che nel regno del narcotraffico per eccellenza, l’America Latina! Fino a quel fatidico momento, avrebbe avuto diverse occasioni per tornare a Boston, ma preferiva non farsi né sentire né vedere da Emma. Le avrebbe lasciato lo spazio per realizzare quanto aveva intrapreso senza interferire. Poi sarebbe arrivato il momento giusto e l’avrebbe chiamata a telefono. Da tanto immaginava cosa dirle per giustificarsi di cosa le aveva fatto, facendosi credere morto, e dirle … dirle … si aveva tantissime cose da dirle! Lei lo avrebbe picchiato, ne era convinto, avrebbe incassato di tutto, si sarebbe fatta spaccare volentieri la faccia, pur di espiare i propri peccati e poi riconquistarla! Emma era sua e voleva passare il resto della vita con lei, se lo avesse perdonato! Era nel suo sangue ormai, scorreva nelle sue vene e nutriva il suo cuore e il suo cervello! Le avrebbe detto quel giorno quanto l’amasse …
 
- Ci sei ancora?
 
Sebastian lo aveva riportato alla realtà e finirono la telefonata salutandosi.
 
***
Manuelito tornò verso le 13,00.
 
– Gardener! Si chiama Eloise Gardener, ventisei anni d’età, origine australiana, vedova di Raimundo Rodriguez, che ha sposato due anni fa a Bogotà. Una figlia di circa un anno. Ho rintracciato il morto già da ieri sera! Visto? Mentre tu dormivi beato io ho continuato a lavorare per ore!
– Sul dormire beato ho qualche rimostranza! Sei entrato nel sito dell’anagrafe?
- No, o meglio si, ma non era aggiornata. Ho cercato notizie sui giornali di cronaca nera. Ho letto le rassegne stampa degli ultimi sei mesi. Rodriguez è stato trovato morto in uno dei vicoli più malfamati di Miraflores. Era conosciuto dalla polizia per aver rubacchiato in passato a distributori di benzina. Aveva scontato anche un paio d’anni di galera. Poi si è trasferito per quattro anni a Londra e lì ha conosciuto Eloise. Dopo il matrimonio a Bogotà, di dove lui era originario, si sono spostati a Miraflores. Non riusciva a trovare lavoro e se lo trovava durava ben poco. Aveva iniziato a farsi di coca e a quanto pare la smerciava pure. Anche Eloise ne faceva uso e forse ancora ne fa, visto che con la morte del marito e senza un lavoro, si è venduta tutto quello che aveva, persino la casa. All’anagrafe ci sono stato di persona. Mi sono fatto passare per un esattore delle tasse, dicendo che non avevo il nuovo indirizzo di Eloise. Lì ho scoperto che si è trasferita in una bidonville fuori Miraflores e vi vive con la figlioletta. Ho fatto un giro nella zona, non se la cava bene! Credo che si prostituisca!
– Dammi l’indirizzo preciso, ci andrò di persona, mi prenderanno per un cliente!
– Se vai con la Jeep ti prendono per un riccone e te la smontano mentre sei dentro!
 – Farò in modo di andare con i mezzi pubblici.
– Un autobus ci arriva da quelle parti!
– Bene! Vedimi gli orari, io mi preparo per andare da Santa Cruz!
– Non ti porti la pistola?
– Si come no?! Magari proprio quella d’ordinanza! Perché dovrebbe andare armato un semplice assicuratore?
– Beh! Hai ragione, ma mi preoccupano i sospetti che Gold gli ha messo in testa! Avrai solo la tua intelligenza e le mani per difenderti.
– Visto che conosco bene le arti marziali aggiungerei anche i piedi Manuel! Comunque tu sentirai tutto tramite la microchip nell’anello, attivala subito, male che vada chiamerai la Polizia locale!
– Se dovesse andare storta per te, la Polizia non farebbe in tempo ad arrivare, nonostante le indicazioni precise che potrò dare con il rivelatore di posizione nei tuoi occhiali!
– Ehi! Un po’ di ottimismo mi potrebbe aiutare amigo! Che fine hanno fatto le tue battutine?!
 
Manuel sorrise. Killian sapeva che il ragazzo, di poco più giovane di lui gli fosse affezionato e fosse realmente preoccupato. Lui stesso non era completamente tranquillo! Si salutarono dandosi con complicità il cinque. Poi, con la ventiquattrore in mano Captain Hook uscì dall’elegante albergo per recarsi a Residencia en la Meseta.
 
***
 
Killian Jones guidava da circa tre quarti d’ora. La strada era diventata sterrata e polverosa. Mancava circa un’altra mezzora ad arrivare. Improvvisamente si trovò davanti un posto di blocco. Due grosse auto gli sbarravano la strada. Una aveva entrambe gli sportelli aperti e i tre paramilitari, che ne erano l’equipaggio, erano fuori di essa con i mitra puntati verso di lui.
 
Del sudore freddo corse lungo la schiena di Killian. Sapeva bene che non fossero poliziotti! Ogni boss del narcotraffico, usava armarsi con gente di quel tipo. La maggior parte erano solitamente ex militari degli States. Uomini duri, allenati perfettamente, vendutisi come mercenari al miglior offerente e, soprattutto, erano uomini che non si facevano nessun tipo di scrupolo! Riconobbe sulla sua destra il tizio che la sera prima Paula aveva chiamato Gomez. A sinistra un tipo grosso, alto un buon metro e novanta con due spalle da armadio e i capelli biondi, rasati sulle orecchie e a spazzola sulla testa, gli si avvicinò con un sorriso ironico stampato sul volto. Portava un paio di occhiali da sole neri ed era impossibile vederne gli occhi.
 
– Che succede Signori? Sono ospite di Don Antonio Santa Cruz, mi sta aspettando! Mi chiamo Robert Rogers!
 
Fece per prendere i documenti dalla tasca interna della giacca di lino, ma l’uomo gli puntò il mitra tra gli occhi.
 
– Stai fermo con le mani e tienile in vista! Lo sappiamo chi sei!
– Allora perché mi state puntando le armi! Non sono un criminale! Sono un assicuratore!
– Sta zitto e appoggiati con le mani alla capote della tua auto!
 
Il tono dell’uomo non era di certo amichevole. Killian eseguì quanto ordinato.
 
– Non credo che Don Antonio sarà contento di questo trattamento che mi state riservando!
– Credi bellezza?
 
Il tizio massiccio gli diede un colpo allo stinco destro per fargli divaricare le gambe e poi iniziò a perquisirlo. Le sue mani, palpandolo, indugiarono un po’ troppo sull’inguine di Killian e lui strinse i denti, non potendo reagire come avrebbe fatto normalmente. Aveva capito che se quegli uomini si stavano comportando in quel modo era proprio per ordine di Santa Cruz. Doveva recitare la sua parte fino in fondo.
 
– Credi che nasconda un’arma da quelle parti o ti interessa quello che hai trovato?
 
L’uomo scoppiò a ridere.
 
– Hai sentito Gomez? Che dici? Il damerino qui sarà disponibile per una festicciola?
 
Gomez rise mostrando un buco al posto dell’incisivo sinistro, sotto i baffoni neri e folti.
 
– Beh! Almeno è pulito?
– Niente armi il fighetto! Ma vediamo quanto è pulito! Ora bello spogliati senza fare storie?
– Voi siete pazzi! Perché cazzo dovrei spogliarmi?
– Per farti la festicciola no?
– Non ci penso per niente! Ora chiamo Don Antonio!
 
Killian cercò di prendere il cellulare in auto, ma il tizio biondo lo afferrò malamente per le spalle e lo sbatte al lato della Jeep, schiacciandolo contro di essa con il proprio corpo e strofinandosi volgarmente.
 
– Ma lo sai che sei proprio carina?
– Fottiti idiota!
– Se non ti spogli da solo lo faccio io cara!
 
Le cose si stavano mettendo male. Doveva reagire mostrando le sue capacità di combattimento? Un calcio nei testicoli glielo poteva affibbiare a prescindere e decise di darglielo, ma in quel preciso momento in cui prendeva la decisione, il terzo uomo, anche lui caucasico e non meno grosso del primo, richiamò il biondo.
 
– Miller smettila! Non vedi che tra  poco se la fa sotto?!
– Che cazzo vuoi Stevenson! Devo vedere se ha microchips  addosso lo sai!
– Non serve tutta questa scena! In fin dei conti è veramente un ospite di Don Antonio! Lo scusi Signor Rogers, Miller tratta tutti come checche, ma la checca in realtà è lui, glielo garantisco!
 
Miller intanto si era staccato ridendo!
 
– Si tolga la giacca e la camicia per favore!
 
Anche se il terzo tizio, Stevenson, si stava comportando più gentilmente, non c’era da star tranquilli, ma Killian decise di togliersi quanto richiesto. Mise in mostra il suo torace scolpito e Miller fece un fischio di approvazione. Probabilmente Stevenson aveva ragione su di lui!
 
– Bene, si rivesta! Ora tolga le scarpe, dobbiamo esaminare i tacchi!
 
Era chiaro che la pulce che Gold aveva messo nell’orecchio a Santa Cruz, avesse portato a quel trattamento da parte dei suoi uomini.
Anche le scarpe furono esaminate. Killian si augurò che non volessero esaminare anche gli occhiali e peggio l’anello! Sembrò che Stevenson fosse soddisfatto e alzò una mano verso la seconda auto dai vetri oscurati, che era rimasta immobile e chiusa.
 
Killian non fu sorpreso dal vedere uscire dall’auto Santa Cruz in persona. L’uomo aveva assistito a tutta la scena e, dalla sua espressione, appariva compiaciuto. Killian decise di fare ciò che avrebbe fatto un Robert Rogers innocente e offeso.
 
– Antonio?! Questo è il modo in cui tratti gli amici? Quel maiale sembrava volermi violentare! Se non eri interessato alle mie proposte potevi dirlo subito! Non ho tempo da perdere da queste parti, te l’ho già detto che mi aspettano buoni clienti a Bogotà!
 
Antonio Santa Cruz si era avvicinato abbastanza da poterlo toccare allungando un braccio. Gli sorrise con uno sguardo ironico e Killian accigliò maggiormente il suo.
 
– Perdoname amigo! Dovevo metterti alla prova!
– Alla prova di che?!
– Mi dispiace averti offeso, ma devi capirmi!
– E tu dovresti almeno darmi delle spiegazioni credo!
– Ieri sera il mio amico Robert French mi ha raccontato alcuni particolari che mi hanno portato a sospettare che tu potessi essere una spia …
- In base a cosa avrei dovuto esserlo?
– Il tuo aspetto e il fatto che sei irlandese …
- Quindi questo era il mio peccato? Perciò i tuoi uomini cercavano “cimici” su di me! Posso capire! Sono solo un assicuratore e francamente anche io ho avuto pettegolezzi su di te Antonio!
– Tipo?
– Si dice che tu sia un narcotrafficante  Antonio!
– Ma che cattivoni questi pettegoli! Ti sembro il tipo? Sono un agricoltore!
Antonio ridacchiò e Killian rimase serio.
 
– Sai Antonio?
– Cosa?
– Un peccato che tu non lo sia!
– Perché mai Robert?
– Perche?! Ti ho detto che i soldi mi piacciono e che mi piace vivere lussuosamente. Se tu fossi un agricoltore “particolare” amplierei le polizze assicurative e ne avrei un introito anche io, senza che la mia agenzia lo sappia! Credo sia il momento di gettare la mia maschera Antonio!
 
Santa Cruz lo guardava ora sorpreso e interessato.
 
– Se sono venuto da te a farti le mie proposte era proprio perché speravo fossero veri i pettegolezzi! Per essere un narcotrafficante tu non ti sei mai comportato come un Pablo Escobar. Non ti fai notare più di tanto, non hai cercato di metterti in politica, ma hai una fitta rete di amici importanti …
- Quindi?
– Quindi o è vero che tu non sia un narcotrafficante o è vero che tu abbia invece superato in ingegno e furbizia Escobar e El Chapo!
 
Killian sapeva di aver toccato un tasto speciale in Santa Cruz. Superare i due famosi narcotrafficanti era un suo sogno, lo aveva confessato a Gold nell’intercettazione della sera prima.
 
– Ho fatto i miei controlli incrociati con le banche, prima di venire da te Antonio. Hai un capitale  enorme e questo  come ha interessato me, sono sicuro che possa interessare anche i tuoi nemici. Ho capito cosa voleva dirti il tuo amico French! Le spie che tu sospetti sono sicuramente dell’antinarcotraffico! Posso aiutarti a fregarli!
 
Santa Cruz iniziava ad avere gli occhi che gli brillavano. Aver sentito quello che per lui era un grande complimento lo aveva incoraggiato.
 
– Mettiamo fosse vero quanto tu speri Robert, come potresti fregare i miei “nemici”?
– Con le adeguate assicurazioni per il trasporto dei tuoi prodotti agricoli, potremmo camuffare il trasporto di merce più preziosa. Nel momento in cui il carico sparisce improvvisamente, tu avresti un doppio guadagno. Il primo perché il carico è giunto a destinazione, il secondo perché risulterà un furto e la perdita di un capitale. Sarai rimborsato per la metà della “finta” perdita e avrai guadagnato in realtà un terzo di più. Io ovviamente mi accontenterò di una piccola percentuale sul tuo compenso assicurativo!
– Avevo capito che sei in gamba Robert! Ma non avevo capito di quanto tu sia marcio ragazzo mio! Mi piaci! Mi piaci veramente!
 
Santa Cruz era scoppiato in una grassa risata e gli aveva assestato una pacca sulla spalla, quasi a staccargliela.
 
– Vieni con me in macchina Robert, lascia qui la tua! Ti porto alla piantagione!
 
Era alla piantagione di Coca che lo avrebbe condotto? Killan sperò di si. Se Don Antonio avesse abboccato alla succulenta esca che gli aveva lanciato, per il prossimo invio di Cocaina, la sua squadra speciale lo avrebbe potuto intercettare e far sparire veramente il carico. Certo, poi, la messa in scena del terzo di rimborso assicurativo avrebbe dovuto farglielo avere, per mantenere la copertura e arrivare al carico maggiore dopo gli accordi di Gold con il Tai-Pan cinese!
 
Mentre viaggiavano con la grossa auto di Santa Cruz, Killian non era ancora sicuro di cosa sarebbe accaduto di lì a poco. Visitarono in realtà delle sterminate piantagioni di cotone e caffè, tenute molto bene e curate da molti contadini. Il personale non mancava a Don Antonio Santa Cruz!
Si fermarono nelle varie piantagioni, scendendo dall’auto ed esaminando insieme i prodotti. Antonio amava veramente quelle piante, il suo era di fondo l’animo semplice del contadino. In più occasioni si inginocchiò nella terra per risistemare di persona una pianta di granturco o di caffè.
Dopo quasi tre ore di quel tragitto, Killian iniziava a perdere le speranze che avrebbe visto i campi di Coca. Erano sulla via del ritorno e quello era segno che non doveva pensarci più, peccato!
Improvvisamente l’auto deviò curvando verso un ruscello e gettandosi direttamente tra le acque.
 
– Antonio che fai sei impazzito?
 
Santa Cruz guidava di persona e rideva dello spavento che aveva fatto prendere al giovane. Non gli rispose nemmeno e velocemente si infilò nella foresta tropicale che si stagliava pochi metri oltre il ruscello. Ora Killian sapeva dove si stavano dirigendo!
 
Camminarono per un pezzo tra la boscaglia ombrosa, fino a trovare dei paramilitari in tuta mimetica, armati con mitra non meno dei tre della scorta del Don. Si vedevano diversi strati di filo spinato sparire lateralmente nella vegetazione. Era chiaro che quella fosse la zona che Killian e i suoi avevano individuato con il satellite. Manuel ne avrebbe avuto presto la conferma grazie al rilevatore di posizione nei suoi occhiali.
Gli uomini di guardia aprirono la cancellata e le due auto poterono entrare indisturbate. Killian vide degli enormi baracconi e, toccando l’asta degli occhiali, iniziò a scattare foto senza che il suo accompagnatore se ne accorgesse. Andarono oltre i capannoni. Killian vide diversi uomini portare contenitori carichi di foglie, sapeva cosa andavano a fare.
Quando finalmente Antonio si fermò, scese dall’auto e invitò anche lui a farlo. Il sole stava per tramontare e la luce rossiccia, che filtrava tra le alte piante che si paravano davanti ai suoi occhi, era veramente suggestiva.
Quelle piante erano alte fino oltre i quattro metri. Avevano foglie lanceolate, di colore verde giallastro. Alcune erano in fiorescenza, con piccoli fiori biancastri dalle antere stellate, altre avevano già messo  bacche rosse.
 
Killian era difronte alla piantagione segreta di Don Antonio Santa Cruz! Quelle piante,  che da arbusti divenivano alberi veri e propri, erano piante di Coca Boliviana. Era in Bolivia che originava la coltura della Coca. Addirittura la pianta di Coca faceva parte della bandiera di quel paese. Per i Boliviani era ed è una pianta sacra. L’uso della coca in realtà si perde nel tempo. Masticare le foglie riduce il senso della fame e della stanchezza, con il suo sapore leggermente piccante e speziato, quasi come il cinnamomo, detto in alcune varianti “cannella”. Per gli antichi popoli Andini, abituati a percorrere chilometri, con poco cibo a diposizione e tanta fatica, le foglie di coca avevano veramente qualcosa di miracoloso! Anche l’infuso di quelle foglie, trasformate in tisana, è un corroborante e assunto per via orale non ha gli effetti della parte tossica della foglia, ossia della Cocaina.
 
Killian vide Don Antonio avvicinarsi ad una delle piante, staccarne un paio di foglie, pulirle della polvere, metterne in bocca una e offrirne l’altra a lui. Prese la foglia e imitò l’altro, masticandola insieme a lui. L’Irlandese sentì il sapore leggermente piccante sulla lingua e dopo aver masticato lentamente, facendo uscire il succo della foglia, fece come Antonio, sputò i rimasugli per terra.
 
– Questo è il mio vero tesoro Robert!
- Questo è quello che credo Antonio?!
– Si, questa è la mia piantagione di Coca. Sono migliaia e migliaia di piante! Credo di essere il maggior produttore della Colombia ad oggi! Dai miei calcoli sono secondo solo al Messico! Avevi ragione prima! Ho imparato dagli errori di Escobar e El Chapo. Meglio non rendersi troppo vistosi e lavorare nel sottobosco! Ovvio che delle notizie si spargono, ma solo pochi fidati sanno del luogo della piantagione. Ora tu sei uno di loro! Cosa ne dici?
– Sono piante magnifiche Antonio!
– Si, soprattutto curate con amore.
– Le lavorate direttamente qui le foglie?
– Hai visto i capannoni …
– Si ovvio!  Mi vengono in mente molte possibilità assicurative Antonio …
- Ne parleremo dopo amigo! Se vuoi che io ti dia qualcosa … tu devi dare qualcosa a me!
– Mi piace se parli chiaro Antonio!
– Stipulerò dei contratti con te ragazzo mio! Ma tu sarai legato a me a filo doppio!
– Mi sembra scontato, visto che sappiamo solo io e te che dietro c’è una truffa!
– Non solo per quello Robert! Tu sarai il mio tramite per ampliare il mercato in Europa!
 
Killian era rimasto senza parola. Questo significava che Antonio si fidasse veramente di lui e i suoi dubbi erano ormai fugati! Doveva ancora recitare, non poteva manifestare la sua gioia.
 
– Antonio, questo è un grande onore ma anche un greve onere! Non sono addentrato in questo ambiente! Ho bazzicato solo quello assicurativo, e la mia sicurezza mi ha permesso certi intrallazzi, ma del mondo del narcotraffico non capisco nulla, mi dovrai stare dietro e darmi indicazioni. Non ci tengo a finire in galera o peggio!
 
Antonio rise.
 
– Hai ragione Robert! Dai tempo al tempo e imparerai meglio di quanto tu creda!
 
Nella mente di Killian Jones si aprirono una serie di scenari. Essere uomo di fiducia di Don Antonio Santa Cruz, lo avrebbe portato a contatto dei grossi pesci che stava cercando, ma la sua posizione sarebbe stata sempre più pericolosa.
 
– Vieni, ti porto ai capannoni!
 
Le aspettative di Killian andarono oltre il suo stesso immaginario. Poté fotografare di nascosto,  più di quanto sperasse. Vide i vasconi dove le foglie di Coca venivano fatte macerare per essere poi trasformate in Pasta di Coca. Chili di pani marroncini e beige di quella pasta erano disposti su lunghi tavoli, pronti per le ulteriori lavorazioni. Già quella pasta, con il suo contenuto di due terzi di cocaina, poteva essere fumato in sigarette, mischiata a tabacco o a marijuana!
 
– L’altro capannone è il regno del mio favoloso chimico!
– Devi stimarlo molto Antonio!
– Da quando ho avuto la fortuna di conoscerlo la produzione è aumentata e migliorata la qualità. Mi ha reso miliardario, non posso che essergliene grato non trovi?
 
Killian sapeva quanto guadagno potesse avere un chimico prestato al narcotraffico. Non nutriva nessuna invidia per persone di quel genere. Diversamente dal suo alter ego Rogers, l’agente sotto copertura Jones, non era mai stato interessato al denaro, non più di quanto potesse essergli utile per vivere dignitosamente. Veniva da una famiglia benestante, ma non aveva mai vissuto nel lusso sfrenato. Per lui era altro che contava nella vita. La lotta contro il narcotraffico lo aveva impegnato in quegli ultimi sette anni della sua vita, ma ora c’era qualcos’altro che per lui era veramente importante. Cercò di evitare il pensiero per Emma, doveva essere lucido, pensarla lo faceva sognare troppo e non poteva permetterselo, né per lei né per se stesso.
 
– Questo capannone è pericoloso Robert! Se vuoi fumare una sigaretta non puoi, salterebbe tutto in aria.
 
Dagli odori mischiati nell’aria, Killian capì il perché delle parole di Santa Cruz.
Sicuramente era lì che la cocaina veniva trasformata in Sali dell’alcaloide base. Era a causa dell’aggiunta di etere etilico e della sua evaporazione che l’ambiente diventava pericoloso. Lì si preparava la cosiddetta Freebase, la Cocaina ancora non tagliata, quella adatta ad essere oltre che fumata anche iniettata per via sottocutanea o intramuscolare. L’odore cambiò in breve in quello dell’ammoniaca, era ovvio per l’irlandese che quello era il passaggio per ottenere il Crack, ancora più adatto ad essere fumato e meno pericoloso nella preparazione, vista l’assenza dell’etere etilico.
 
– Il mio Dottore adora fare esperimenti con questa roba!
– Non ne dubito! Ma se rischia di farti saltare in aria io non mi fiderei troppo!
 
Antonio rise divertito. Gli fece strada e lo introdusse in un attrezzatissimo laboratorio, dove alambicchi e oggettistica tipica, dimostravano chiaramente che si trovassero nel laboratorio principale del “Dottore”.
 
– Ehi! Dottore! Ti porto un amico che vuole conoscerti!
 
Killian sbirciò oltre la parete di vetro opaco e vide l’uomo vestito con un lungo camice bianco, pantaloni e sabot ospedalieri anche essi rigorosamente bianchi. Era un ometto magro, più basso della media. Aveva capelli neri sotto il berretto bianco. Indossava una mascherina e occhiali in plastica trasparente.
 
– Salve! Non volevo disturbarla, ma Antonio ha insistito! Sono Robert Rogers e …
 
L’uomo davanti a sé si tolse gli occhiali posandoli sul bancone, poi si tolse la mascherina. Mentre si voltava verso Killian si tolse anche il berretto e i lunghi capelli neri di Paula Santa Cruz, le ricaddero danzanti intorno all’alto collo magro …
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
Buona domenica amici di penna e di lettura!
Killian ha scoperto chi è il chimico di Don Antonio. Nientemeno che sua moglie! Si capisce meglio che strano sodalizio abbiano i due? Paula tra l’altro è estremamente attratta dal nostro bell’ agente in incognito, credo si sia capito ampiamente nella prima parte del capitolo.
Eloise è stata trovata intanto da Manuel, ma  lei la incontreremo nel prossimo aggiornamento. Avrei scritto ancora, ma non avrei pubblicato come mi ero ripromessa. Per le prossime due settimane non credo che mi troverete, quindi volevo salutarvi oggi. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia incuriosito. Le notizie sulla pianta di Coca e il modo di lavorarla sono autentiche. Ogni pianta benefica può trasformarsi in un potente veleno se si elabora la sua parte tossica. Peccato che il genio criminale dell’uomo riesce a trasformare i tesori che ci dona madre natura in strumenti di morte!
Grazie a chi ha letto fin qui e a chi vorrà lasciare un suo pensiero.
Un caro saluto a tutti e buone vacanze a chi sta partendo per le ferie o resta a riposarsi casa.
Lara
 

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Capitolo 28
*** Andrew Smith ***


Capitolo 28
 
Andrew Smith
 
 
Di certo Killian non si aspettava che l’ometto in camice bianco, visto di spalle, fosse Paula Santa Cruz! Era rimasto veramente a bocca aperta quando lei si era voltata e aveva tolto mascherina e cappello.
Non era riuscito ad avere molte notizie sulla moglie di Antonio Santa Cruz. Già il marito faceva una vita piuttosto ritirata, nonostante la sua posizione, e sua moglie, in effetti, conduceva la stessa vita. Non era trapelata nessuna notizia su di lei, né  sul suo passato. Killian non era riuscito  a conoscere neppure il cognome da nubile della donna, figuriamoci sapere che fosse laureata in Chimica! Lo stesso Manuel aveva trovato difficoltà con gli Uffici Anagrafici e per lo Stato Civile, visto che i computer non erano aggiornati.
 
– Sorpreso Robert?
 
Il sorriso dolce e smagliante di Paula si distese sul suo bel viso. Era bella! Indubbiamente bella! Killian doveva essere obiettivo ed ammetterlo, ma doveva considerare ed ammettere anche che Paula fosse una donna estremamente pericolosa. La sua sensualità, aggiunta all’intelligenza e alla spietatezza, ne facevano un elemento da temere. In più, con quanto l’agente in incognito e il suo subordinato avevano ascoltato dalla conversazione tra Gold e Santa Cruz, sapeva che il “Chimico” fosse il responsabile della morte di Raimundo Rodriguez, il marito di Eloise Gardener. La sorpresa, alla fine dei conti, non era stata felice. A Killian dispiacque veramente rendersi conto che Paula fosse un’assassina.
 
“Peccato … peccato veramente … una donna così bella che nasconde dietro questa splendida facciata il suo aspetto diabolico!”
 
– Sono sorpreso, si, molto! Non immaginavo che la bella Seňora Santa Cruz fosse anche il Chimico di Antonio! Complimenti amigo! Hai veramente trovato un tesoro prezioso!
 
Antonio Santa Cruz sorrideva compiaciuto e intanto portò un braccio intorno alla vita di sua moglie, dandole un bacio sulla fronte.
 
– Te l’avevo detto che lei è la cosa più preziosa per me!
– Ora ne capisco meglio il significato Antonio e te ne do atto!
– Sai mi amor? Robert ed io ci stiamo mettendo in affari insieme!
 
Paula andò con lo sguardo dall’uno all’altro, con un cipiglio sorpreso ma sospettoso.
 
 – Spiegami bene Antonio!
– Il nostro amico irlandese ha delle formule assicurative più interessanti di quelle che mi ha mostrato i giorni scorsi …
 
Il boss guardò con uno sguardo d’intesa Killian, che lo ricambiò per mantenere il ruolo che si era dato.
 
– Inoltre diventerà il mio piazzista per l’Irlanda e il resto d’Europa!
– Sempre sotto la tua guida Antonio! Non sono esperto in questo campo, come ti ho già detto!
– Ovvio amigo! Ovvio!
 
Paula si sciolse dall’abbraccio del marito e si accostò a Killian. Puntando i suoi occhi castani in quelli azzurri dell’irlandese, con uno sguardo che voleva dire molto di più delle parole che pronunciò, gli disse:
 
– Quindi Robert avete ottenuto la piena fiducia di mio marito! Non posso che dirvi “benvenuto a bordo”!
 
Killian rispose semplicemente un accenno di inchino con la testa.
Passarono un altro paio di ore nella piantagione di Coca. Paula e Antonio mostrarono al loro ospite il processo completo di lavorazione delle foglie di Coca e, prima di andar via, Killian tirò fuori il falso contratto che aveva preparato per dare copertura assicurativa anche alla partita di droga che avrebbero camuffato con gli altri prodotti agricoli dell’Azienda Santa Cruz. La stessa Paula volle sapere i dettagli, dimostrando ancora una volta che lei era molto attiva nel commercio illegale di suo marito, anzi! La vera mente in quella coppia era proprio lei!
 
Paula e Antonio rimasero al laboratorio, mentre il loro ospite veniva riaccompagnato dai tre paramilitari al punto in cui era rimasta la sua Jeep.
 
– Miller! Mi raccomando! Tratta educatamente il mio amico!
 
Santa Cruz, scherzando, apostrofò il colosso biondo con ironia, memore del trattamento precedente che aveva riservato al suo ospite. Killian sapeva che quella era stata una prassi voluta dallo stesso Antonio e la smorfia di Miller ne fu la tacita conferma.
Durante il tragitto Miller e Gomez occuparono i posti anteriori della camionetta, mentre Killian e il paramilitare che si era mostrato più educato, occuparono i posteriori. Nessuno proferì parola durante il viaggio, Killian era tranquillo ma vigile, scrutava gli uomini che lo stavano accompagnando, cercando di farsi un’idea su di loro. Del terzo paramilitare non conosceva il nome, ma pur se aveva mostrato un atteggiamento più educato, non gli dava affidamento. L’uomo si accorse di essere osservato e, come in un lampo, gli fece un sorriso. Killian non lo ricambiò, restando impassibile.
 
Non si era intrattenuto in convenevoli con i tre scagnozzi di Santa Cruz appena arrivati alla sua auto, ma notò il saluto militare da parte del terzo tizio. Gli rispose con un cenno della testa, in altri frangenti gli sarebbe venuto spontaneo rispondergli egualmente da militare, ma non era quello il caso.
 
Il ritorno a Miraflores fu tranquillo, nella comodità dei sedili di pelle della sua Jeep e dell’aria condizionata. Sperò che Manuel Parrilla fosse riuscito ad ottenere il collegamento con la microspia che era riuscito a piazzare nel laboratorio, era importante sapere cosa si dicesse lì dentro, tanto più ora che sapeva chi fosse il Chimico.
Con grande probabilità era proprio lì dentro che Paula e Antonio prendessero decisioni riguardo la “roba”!
***
 
– Capo tutto ok! Il collegamento funziona forte e chiaro!
 
Il sorriso simpatico di Manuel lo accolse al suo ingresso nella suite.
 
– Se mi dai gli occhiali vediamo le foto che hai scattato! Spero in qualche bel primo piano delle tette della Santa Cruz! Ho sentito che era presente!
– Già, una sorpresa scoprire che è lei il Chimico del Boss! Vestita di tutto punto del suo professionale camice bianco …
- Naah! Addio belle foto allora!
– Dovrai accontentarti di quelle della piantagione! Qualcosa di possente! Lo credo che Santa Cruz si reputa secondo solo ai Messicani!
– Ho sentito che sei riuscito a mollargli il contratto …
- Avrai sentito anche il resto no?
– Ovvio Capo! Non so come farai a gestire tutta sta’ faccenda! Ti vuole come suo piazzista in Europa!
– Un modo per conoscere gli altri suoi agganci! Ora passa le foto sul portatile, poi, mentre tu riorganizzi e fai i bagagli per la capitale, io andrò da Eloise Gardener.
– Ti ho preso la cartina topografica del posto e i biglietti per i mezzi pubblici!
- Grazie Manuelito! Ci vediamo domani sera a Bogotà!
 
Manuel sarebbe ripartito appena svolti quegli ultimi compiti. Killian lo avrebbe seguito il giorno dopo, appena ottenuta la firma di Santa Cruz, dopo di ciò sarebbe stata conclusa la sua prima parte di missione in Colombia. Avrebbe aspettato la partenza del carico  di Cocaina,  l’avrebbe fatto intercettare dagli altri agenti della D.E.A. e avrebbe risposto alla richiesta del compenso assicurativo di Santa Cruz. Avrebbe fatto in modo di fargli avere quei soldi per dimostrargli completamente che poteva fidarsi di lui ciecamente. A quel punto Santa Cruz avrebbe avuto una tale certezza nei suoi confronti, da dargli i nomi dei suoi agganci per smerciare in Europa. Con quei nomi Captain Hook avrebbe avuto veramente in pugno i principali Capi del narcotraffico mondiale e avrebbe potuto dare ordine all’agenzia di arrestarli. Non avrebbe trascurato i complici orientali! C’era il carico di oppio che non sarebbe arrivato prima di novembre! Era Gold che si sarebbe occupato di quel commercio con il Tai Pan cinese. Captain Hook aveva già il piano per arrestare il suo “Coccodrillo” con le mani nel sacco, da lì a pochi mesi sarebbe stato anche lui in Cina e avrebbe avuto al suo fianco l’agente orientale Mulan Chang. La Rete che aveva steso si sarebbe finalmente chiusa e sarebbe tornato da Emma.
 
“Per sempre amore mio! Se mi vorrai ancora sarà per sempre! Smetterò questa vita frenetica. Svolgerò solo il compito di monitorare e controllare. Farò quello che era stato promesso a zio Henry, solo stanza dei bottoni! Niente più rischi! Voglio avere la mia famiglia, la mia donna e dei figli! Non voglio renderti vedova come ho già fatto nelle vesti di Kim Steward! I nostri figli avranno un padre e una madre! Io ho sofferto troppo per la mancanza dei miei genitori. Anche tu hai perso i tuoi … sarò la tua famiglia e tu sarai la mia Emma!”
 
Il pensiero di Emma era sempre il più dolce. Pensando a lei la rivide con il piccolo Henry tra le braccia, appena partorito. Gli venne spontaneo un profondo sospiro, poi si chiuse nella sua stanza per cambiarsi.
Voleva rendersi meno appariscente e si tolse il completo di lino. Indossò un paio di jeans e una camicia azzurra a maniche lunghe, che arrotolò quasi fino ai gomiti. Lasciò i primi due bottoni aperti, si guardò allo specchio del bagno e si ravviò con la mano il ciuffo di capelli sulla fronte, alcuni ricaddero disordinatamente su di essa, dandogli un fascino malandrino di cui in quel momento non si rese conto. Controllò i documenti d’identità che portava con sé e scelse quello che gli interessava al momento. Mise il tutto nel portafogli che inserì nella tasca posteriore dei pantaloni, fece una foto con il cellulare alla carta topografica che gli aveva procurato Manuel e intascò anche il cellulare.
Uscendo dalla suite si riprese gli occhiali; Manuel vi aveva appena rimontato l’asticella che aveva la doppia funzione di pen drive.
 
Era ormai  pomeriggio inoltrato, presto sarebbe tramontato il sole nel suo lago di colori sanguigni. Faceva ancora caldo e i due mezzi pubblici che Killian usò, per arrivare alla periferia della città, erano affollati di gente sudaticcia e maleodorante. Viaggiò in piedi, stando attento a non essere derubato, c’era una varietà di gente povera in quei mezzi e molti occhi interessati a lui!
 
Giunto alla zona della bidonville, lo spettacolo fu quello deprimente che già si aspettava. Dovette chiedere qualche informazione per trovare la Seňora Rodriguez. Qualche donna si rifiutò di rispondergli, un’altra, anziana, sputò  per terra a sentirla nominare e si allontanò svelta. Con gli uomini fu maggiormente fortunato. I due che gli risposero di conoscerla lo fecero scambiandosi uno sguardo complice e un sorriso ironico. Fu chiaro a Killian in che modo la conoscessero. Probabilmente lo avevano classificato come un nuovo cliente. Le indicazioni che i due gli diedero furono comunque esatte. La casupola imbiancata di calce, che gli venne indicata, era sicuramente la casa della donna che stava cercando, ne ebbe la conferma quando vide la camionetta degli uomini di Santa Cruz, parcheggiata nello spiazzo polveroso antistante. Anche gli scagnozzi del Boss si servivano delle grazie di Eloise? Erano tutti e tre lì dentro? Non doveva farsi vedere, ma doveva capire chi fosse in casa con la giovane donna.
Muovendosi con circospezione e cercando di non dare troppo nell’occhio, con movimenti silenziosi e indifferenti, si infilò dietro la parete della casa che, con quella vicina, creava un piccolo vicolo. Una finestrella si affacciava proprio su quel lato del muro e Killian sentì le voci provenire da dentro. C’era solo uno dei tre paramilitari. Tra un grugnito e l’altro di piacere e gli appellativi volgari alla donna, Killian riconobbe la voce dell’uomo.
 
“Miller!”  
 
La finestrella era abbastanza in basso per consentire a Killian di sbirciare dentro solo sollevandosi sulla punta dei piedi.
Se non fosse stato chiaro dai suoni e dalle parole udite, il movimento frenetico dei glutei nudi di Miller, contro le magrissime cosce aperte di Eloise, distesa su un sudicio pagliericcio, così come apparve al suo sguardo, gli diedero la conferma sia di quanto stesse succedendo, che del fatto che Miller era andato da solo a casa della ragazza.
Non gli interessava lo spettacolo, gli interessava che finisse quanto prima e che Miller sparisse di lì. Doveva parlare con Eloise assolutamente! Fu costretto a riappoggiarsi al muro, guardandosi intorno, attendendo la fine di quella performance.
 
-  Adesso girati troia! Facciamo il mio giochetto preferito!
– No! Quella cosa che mi hai fatto l’altra volta no!
- Come no bellezza?! Per la Cocaina che ti ho portato mi devi pagare doppio lo sai! Girati!
– No! Ti ho detto no! Mi fa male!
– Non me ne importa un cazzo se ti fa male! Piace a me!
– No!
– Sporca puttana! Ci penso io a fartelo piacere!
 
Killian sentì il rumore dello schiaffo, il lamento della donna, le sue proteste, altri schiaffi e il forte cigolio della rete del pagliericcio. Intuì che Miller stesse provvedendo di persona a girare di schiena Eloise, nonostante lei non volesse.
L’idea che quel grosso maiale stesse per perpetrare un atto di quel genere ad una donna non consenziente, sodomizzandola brutalmente, gli fece ribollire il sangue nelle vene. Strinse i pugni a conficcarsi le unghie nella carne. Doveva entrare e sbattere al muro quel porco!
 
Eloise non aveva intenzione di soggiacere alle intenzioni di Miller. Killian la sentì agitarsi e tentare di difendersi picchiando a sua volta l’uomo. Questi alzò ulteriormente la voce, picchiandola forte e insultandola sempre più pesantemente, dicendo sconcezze tali da far schifo anche alla prostituta più avvezza.  Killian era pronto per sfondare la porta malferma della catapecchia con un calcio, ma improvvisamente, conseguente alle urla che provenivano dall’interno, si sentì un pianto disperato di bambino.
 
“Cristo Santo! La piccola di Eloise è presente e sta assistendo a questo scempio?!”
 
La bambina piangeva forte ed Eloise se ne preoccupò, nonostante fosse schiacciata con la pancia sul letto e quell’uomo massiccio sopra la stava martoriando.
 
– La mia bambina! La mia piccola! Tesoro non avere paura! La mamma sta bene!
 
Non era certo vero! La bambina era in piedi, in uno sporco box, aggrappata con le manine alla rete sintetica, lì nella stessa stanza. Nonostante avesse circa un anno, aveva capito che alla sua mamma stava succedendo qualcosa di brutto e, spaventata, continuava a piangere disperata.
 
– Dannata mocciosa! Non sopporto i suoi strepiti! Falla stare zitta o le spacco la testa con le mie mani!
– Ha bisogno di essere presa in braccio o non si calmerà!
- Al diavolo tutte e due! Ne ho abbastanza! Me ne vado! Ma la prossima volta, se vuoi la tua dose, prima mi darai quello che non ho avuto oggi! Non ce la farai a resistere senza tre giorni e allora quando verrò ci divertiremo come dico io!
 
Killian tirò un sospiro di sollievo allontanandosi velocemente dalla porta. Probabilmente anche Eloise lo aveva fatto, benedicendo mentalmente sua figlia.
Poco dopo, rimesse le braghe, Miller uscì bestemmiando dalla casupola. Il suo programmino personale era andato a monte  e Killian ne sorrise con una smorfia del viso, mentre lo guardava infilarsi nella camionetta e ripartire sgommando.
All’interno, intanto, Eloise si era buttata addosso il suo stracciato abito rosso e aveva preso tra le braccia sua figlia. Killian la osservò dalla finestrella e attese che la piccola si calmasse con le tenerezze di sua madre. Erano ambedue piuttosto emaciate e mal ridotte, da quello che poteva vedere. Eloise aveva un occhio pesto e un labbro spaccato, ma nonostante il sicuro dolore al labbro inferiore, cercava di canticchiare una canzoncina a sua figlia. La piccina finalmente si calmò, ma si sentivano i suoi improvvisi sospiri. Killian pensò di bussare, non poteva aspettare oltre. Probabilmente la bambina non si sarebbe addormentata presto o forse era affamata. Bussò deciso alla porta e sentì la voce spaventata di Eloise chiedergli:
 
- Chi è?!
 
Le rispose in modo netto e preciso.
 
– Seňora Rodriguez! Sono un Reporter! Mi chiamo Andrew Smith, ho bisogno di parlare con lei!
– Vada via! Non parlo con i giornalisti!
– Eloise … sono un amico … mi faccia entrare e parlare con lei!
– Non ho nulla da dirle! Vada via!
– Non me ne vado Eloise, sono venuto da lontano per aiutarti!
 
Era passato a darle del tu, come se la conoscesse da tempo. Evidentemente la tattica e le parole dette riguardo all’aiuto, ebbero il loro effetto! Eloise Gardener aprì uno spiraglio della porta e, sospettosamente, guardò lo sconosciuto. Killian le fece un sorriso rassicurante e, grazie anche al suo piacevole aspetto, convinse la giovane donna a farlo entrare.
 
– Un reporter ha detto?
– Si Eloise, questa è la mia carta d’identità e il mio cartellino dell’ordine dei giornalisti!
 
Le mostrò le sue credenziali, ovviamente perfettamente falsificate da lui stesso.
Lei le prese e lesse quanto vi era scritto.
 
– Sei irlandese …
- Si,  sono nato a Dublino, ma sono anni che lavoro in America.
– Cosa vuoi da me?
 
Anche Eloise aveva iniziato a dargli del tu.
 
– Sto indagando sulla morte di Raimundo …
- Mio Dio! Non voglio saperne più niente! È morto ormai! Non ho nulla da dire! Meglio che te ne vai! È molto meglio per tutti e due!
 
Eloise aveva avuto una reazione di puro terrore e si era ritirata indietro stringendosi i lembi del vestito sul magro petto.
 
– Non aver paura Eloise! Farò in modo che non ti succeda nulla, né a te né a tua figlia. Tuo marito è stato ucciso lo sai vero? Non era solo una overdose quella che ha preso!
 
La giovane non sapeva dove guardare e si stava quasi rannicchiando su se stessa. La bambina, intanto, guardava silenziosamente Killian dal suo box, poi iniziò ad emettere dei versi e a sorridere.
 
– Paaa … pa … pa … pa!
 
Killian si voltò verso la piccola e le si avvicinò. Aveva un visetto delicato, incorniciato da scompigliati capelli corti e biondi. Lo guardava estasiata con due occhioni azzurri e il nasino sporco. In verità era abbastanza sporca e aveva bisogno che le fosse cambiato il pannolino. Nonostante tutto Killian non riuscì ad essere indifferente. Quel richiamo aveva svegliato il suo istinto paterno.
 
– Cosa vuoi fare alla mia bambina?!
 
Eloise si era accostata preoccupata. Killian semplicemente prese la piccola in braccio.
 
– Ciao Signorina! Lo sai che sei proprio tenera?
 
Eloise non poteva credere che sua figlia sorridesse in quel modo ad un estraneo, specialmente dopo i pianti causati prima dall’altro tizio, ma questo estraneo aveva qualcosa di speciale, anche lei ne era attratta. Le movenze e il tatto che il giovane moro stava mostrando nei confronti di sua figlia, le istillarono fiducia in lui.
 
– Le hai ricordato suo padre … era moro e della tua corporatura …
– Tua figlia è molto bella Eloise, ma è in pessime condizioni. Quando ha mangiato l’ultima volta?
– Questa mattina le ho dato un po’ di latte …
- Solo un po’ di latte?! E da quando non le fai un bagno come si deve?
– Non ho l’acqua in casa …
- E tu da quando non mangi e non ti lavi?
 
La giovane abbassò il viso con le lacrime agli occhi, non rispose, ma non ce ne era bisogno, la sua condizione era palese!
 
– Non vuoi che tua figlia sia curata e accudita? Che cresca libera e sana come ogni bambino dovrebbe? Tu? Non vuoi giustizia per tuo marito e cambiare vita? Tra tre giorni quell’uomo tornerà, ti porterà dell’altro veleno e approfitterà di te come più gli aggrada! Vuoi ancora tutto questo Eloise?
 
Lei scuoteva la testa piangendo.
 
– Nooo! Sono stanca! Tanto stanca! Vorrei morire anche io! Non ce la faccio più! Se mi prostituisco lo faccio proprio per dare da mangiare a lei! Ma sono più gli uomini che mi maltrattano dopo, che quelli che mi pagano!
– Eloise, io posso veramente aiutarti ad uscire da questa situazione! Ma tu dovrai rispondere alle mie domande e dirmi tutto quello che sai!
– No! Ho troppa paura che possano fare del male a mia figlia! Fossi sola non me ne importerebbe più nulla … ma con lei no! Non posso! È l’ultima cosa che mi resta del mio Raimundo!
 
Quell’ultima frase toccò profondamente Killian. Pensò ad Emma, quando gli aveva detto di volere il bambino di Kim con tutto il cuore, poiché era l’ultimo suo ricordo. Eloise aveva amato profondamente suo marito, non meno di quanto Emma avesse amato Kim Steward. Quanto aveva fatto soffrire Emma?! Ma lei era più forte di Eloise e non frequentava quell’ambiente di degrado e malaffare!
Doveva fare qualcosa per quella giovane madre disgraziata. Doveva risarcire un debito morale che da quasi un anno aveva sull’anima. Lo avrebbe fatto tramite Eloise Gardener e sua figlia! Iniziò a cullare la bambina e a canticchiarle una ninna nanna irlandese. Aveva una bella voce melodiosa, la piccola si mise il pollice in bocca e, sotto lo sguardo meravigliato di sua madre, si rilassò talmente che in pochi minuti si addormentò. Killian la depose sul letto sfatto di Eloise e la coprì con il lenzuolo.
 
– Tua figlia ha bisogno di tranquillità, di essere nutrita e accudita. Non potrà sopravvivere in questo ambiente. Posso fare in modo di portarvi negli Stati Uniti. Tu potrai disintossicarti, trovare un lavoro e una casa decente e lei avrà tutte le cure che le servono.
– Sei un Reporter o un Assistente Sociale Andrew Smith?
– Sono un Reporter che si sta occupando di un’inchiesta sul narcotraffico, ma ho degli amici che ti potranno aiutare. Fidati di me Eloise! Saprò proteggerti!
 
Nel giro di un paio d’ore Eloise si affidò completamente a quello che credeva un reporter e rispose alle sue molteplici domande.
L’esperienza della donna era stata veramente drammatica.
 
- … dovevano trovare altri mezzi per portare la droga negli States. Mio marito aveva un amico pilota, proprietario di un piccolo aereo da turismo a Bogotà. Suggerì a Santa Cruz di usare la scusa del turismo per portare dei quantitativi con l’aereo, insieme ai turisti. Nascondere la Cocaina nei bagagli era troppo semplice. Alla dogana si sarebbe scoperto tutto. Ero incinta di tre mesi allora. Nemmeno si vedeva la pancia … Una sera Raimundo tornò a casa dispiaciuto. Si era indebitato con Santa Cruz. Aveva iniziato ad usare la Cocaina e spesso la prendevamo insieme.  Non era riuscito a pagargliela, voleva ripagarlo con lo spaccio gratis fino a esaurimento del debito, ma il Boss non aveva quella stessa intenzione e lo aveva ricattato. Aveva le lacrime agli occhi quando mi chiese di prestarmi al trucco del viaggio turistico. Non sapevo in cosa consistesse veramente. Due giorni dopo venne uno degli scagnozzi di Santa Cruz. Sarei partita da lì a un’ora con l’aereo dell’amico di Raimundo …
- Come si chiama questo pilota? È ancora vivo?
– Si … lui è vivo! Si chiama …
- Puoi dirmelo Eloise!
– Ti prego non mettermi nei guai!
– Non ne ho intenzione lo sai!
– Si chiama Etan Murillo! So anche il suo indirizzo …
 
Killian appuntò l’indirizzo sul notes del cellulare e poi incoraggiò la donna a riprendere il discorso.
 
– Miller venne a casa nostra con un’altra ragazza. Si vedeva la pancia. Era incinta di almeno cinque mesi. Appena che li aveva diciannove anni! Era ben vestita, doveva sembrare pronta per la partenza. Nella valigetta che Miller portava c’erano una serie di piccoli involucri, erano della dimensione di uova di quaglia. Non avevo idea di quello che ci avrebbe chiesto! Ci ordinò, a me e alla ragazza, di ingoiarne una quindicina a testa. Erano involucri che contenevano la Cocaina. Ci disse che a causa della gravidanza non ci avrebbero passate ai Raggi X e l’avremmo potuta far franca. Saremo atterrate a Santo Domingo.
“Lì vi aspetta qualcuno che vi farà deporre le uova, belle gallinelle!”
Maledetto! Così ci disse e così andò veramente! Alla dogana passammo senza intoppi, poi i due uomini che ci aspettavano ci condussero in auto ad una villa che dava sul mare. C’era un uomo americano là, un certo Mister French, così lo avevano chiamato i due uomini che ci avevano prelevate all’arrivo. Credo che in casa con lui ci fosse una ragazza, ma non so chi fosse. Mister French l’aveva appena fatta uscire, non l’ho vista. Ci disse che dovevamo spurgarci in bagno e lavare gli ovuli con attenzione. Io avevo un gran mal di pancia e mi sbrigai. L’altra ragazza si era bloccata e quei due balordi le fecero un clistere per mandarla di corpo. Lei piangeva terrorizzata e loro ridevano divertiti. French li rimproverò, ma non per il bene della ragazza! Solo per la preoccupazione che avrebbero potuto danneggiare qualcuno degli ovuli dentro di lei e perdere la Cocaina!
Poche settimane dopo rifeci la stessa spola con Anita, così si chiamava la mia compagna di sventura. Al terzo viaggio Anita era di sette mesi e già in volo aveva iniziato a non star bene. Non sapeva nemmeno lei cosa si sentisse! Aveva forti dolori al ventre, forse erano contrazioni, non so. In macchina, mentre ci portavano alla solita villa isolata, sul mare, perse i sensi ruotando gli occhi. Mi spaventai per lei e per il bambino, cercai di farla riprendere, ma non ci riuscii. La portarono trascinandola nella villa e, mentre io entravo in bagno per il solito procedimento, la sentii ad un certo punto gridare. Poi la cosa peggiore che io abbia mai sentito in vita mia …
 
Eloise aveva le lacrime agli occhi e non riusciva più a parlare. Le lacrime dell’occhio pesto le bruciarono sulla lacerazione della pelle e si riprese un pochino.
 
– Ahi! Mi fa male l’occhio!
– Hai niente per disinfettarlo?
– No! Te l’ho detto che non ho neppure l’acqua corrente!
– Aspetta!
 
Killian aveva visto una bottiglia d’acqua sul tavolo e la prese. Con un po’ di quell’acqua imbevve un angolo del lenzuolo e cercò di lenire l’occhio di Eloise. Lei ne trovò un po’ di sollievo. Poi, Killian, impietosito da quel viso che celava con lo sporco e il sangue una particolare bellezza, le passò la stoffa umida anche sul resto dello sporco. Alla ragazza si inumidirono nuovamente gli occhi. Non si aspettava quelle delicate e gentili attenzioni.
 
– Gra - grazie … sei gentile …
- Non è nulla Eloise … ti senti di raccontare ancora?
 
Forse anche per gratitudine, lei riprese il discorso.
 
– Quell’uomo … quel French!
– Si?
– Disse una cosa tremenda!
– Cosa?
– Disse a quegli uomini di portare “quella robaccia” nel sotterraneo e “di aprirla”! Dovevano recuperare la droga! Capisci?!! Anita era morta! Io ero terrorizzata e rimasi chiusa nel bagno! Li sentii lamentarsi che gli ovuli recuperati erano solo quattordici. Uno si era decomposto nell’intestino di Anita e il quantitativo di Cocaina l’aveva uccisa! Piansi per lei e il bambino! Mio Dio se penso allo scempio che hanno fatto di lei e del piccolo per recuperare la droga!
 
Questa volta Eloise scoppio in un pianto a dirotto. Killian era agghiacciato. Sapeva di quella pratica e dei rischi che quelle donne che vi si prestavano corressero, ma sentirlo raccontare da una delle dirette interessate era orribile. L’unica cosa che gli venne in mente di fare, fu di abbracciare Eloise e tenerla stretta al petto, come aveva fatto con la sua bambina, mentre lei si sfogava tra lacrime e singhiozzi.
 
– Calmati Eloise … calmati … è passato ormai!
 
Lei tirò su col naso e si pulì con il pezzo di lenzuolo umido.
 
– Non finì lì! French disse ai due di far sparire il cadavere, che non voleva che la sua donna si accorgesse di quello che era successo! Era in spiaggia a prendere il sole “lei”! Poi venne a cercarmi in bagno bussando senza sosta. Io aprii terrorizzata. Mi chiese di quanti mesi fossi, gli risposi che ero al quinto e lui ridendo rispose che un altro “viaggetto” l’avrei potuto ancora fare. Mi portarono via da lì senza dirmi nulla di Anita. Io non chiesi di lei, pregavo solo di poter tornare da Raimundo, temevo che per strada mi avrebbero uccisa! Fortunatamente ancora mi consideravano utile e non mi avrebbero “sprecata” in quel modo. Dopo un paio di giorni mi rimandarono a casa. Raccontai tutto a mio marito e lui mi disse che non avrebbe permesso a nessuno di usarmi ancora. Non voleva che facessi la fine di Anita. Era furibondo e uscì di casa dicendo che voleva parlare con Santa Cruz. Fu l’ultima volta che lo vidi. Fui chiamata dalla Polizia per identificare il suo corpo. Mi dissero che aveva esagerato con la “roba” … non gli ho creduto …. Ma non ho potuto fare nulla. Non mi hanno cercata per altri carichi, poi a sette mesi di gestazione partorii mia figlia. È viva per miracolo. Non avevo nessuno disposto a darmi una mano, fui costretta a vendere le poche cose che avevo, compresa la casa. Ho potuto andare avanti per qualche mese, ma il costo della droga mi ha prosciugato del tutto le risorse economiche! Purtroppo la mia tossicodipendenza mi è costata molto cara, in tutti i sensi! Mi sono rifugiata qui, tra questi poveracci, con gli ultimi spiccioli. Sono andata ad elemosinare da Santa Cruz, ma sono stata malmenata. Non mi è rimasto che vendere anche me stessa! La dose di Cocaina me la porta uno degli scagnozzi del Boss, in cambio di quello che vuole lui!
 
 
Alla fine di quel racconto la donna appariva sfinita e stava piangendo nuovamente.
 
– Eloise, lo sai che sei una testimone oculare? Sei in grave pericolo veramente! Tu potrai consentire alla Polizia di incastrare Santa Cruz e i suoi complici. Sei disposta a ripetere quello che hai detto a me ad un agente Federale?
– Sono già carne da macello Andrew!
– Purtroppo temo che finito il divertimento per Miller ti faranno fare la fine di Raimundo! Devi fuggire prima possibile! Non ti deve trovare qui quando tornerà!
– Come faccio?! Dove vado?!
– Lascia fare a me! Ti procurerò vestiti puliti e un passaggio per gli Stati Uniti. Domani sera, con il buio, lascerai questo posto! Prendi questi soldi e vai a comprare quello che ti serve per te e tua figlia. Io tornerò domani in mattinata e ti manderò una mia amica per aiutarti.
– Io non so come ringraziarti … questi soldi … io posso solo darti quello che ho …
 
Eloise si aprì lentamente i lembi del vestito logoro, scoprendo il due capezzoli rosati che spiccavano su un petto quasi piatto, dove il suo seno risultava piccolo e scarno e  la pelle candida appariva macchiata da lividi. Si stava offrendo a Killian, era quello il suo modo di ricambiare.
 
– No Eloise!
– Non mi vuoi? Sono troppo sporca per te?
– Non centra nulla questo Eloise! Semplicemente non mi devi nulla, ne tantomeno ti voglio usare come un oggetto. Nessuno più dovrà usarti!
 
Eloise aveva un’espressione tra il deluso e il dispiaciuto, ma Killian non aveva nessuna intenzione di approfittare così meschinamente di lei. La vedeva come una povera ragazza bisognosa di cure, tale e quale alla sua bambina. La salutò incoraggiandola ad usare subito i soldi che le aveva dato, poi andò via dirigendosi alla fermata del primo mezzo pubblico per tornare al suo Hotel.
 
Finalmente, a poca distanza dall’albergo, trovò uno spazio solitario nel parco lì vicino. Non visto né sentito da alcuno, telefonò a Manuel Parrilla.
 
- … hai capito bene Manuelito! Trova Etan Murillo, useremo lui e il suo aereo per portare lei e la piccola negli States, non abbiamo tempo di preparare le cose con regola! Mandami immediatamente Sunshine, dovrà farsi passare per un’Assistente Sociale. Eloise si fiderà di lei, già sa che le manderò un’amica a prenderla!
 
Sunshine era il nome in codice di una delle agenti della squadra speciale di Captain Hook. Lo aveva aiutato ad allestire l’agenzia di assicurazioni fittizia di Bogotà. La bionda Gretel Sweethome aveva una bambina in Irlanda. Killian sapeva con certezza che avrebbe aiutato in modo adeguato Eloise e sua figlia.
 
Era tardi quando finalmente rientrò nella suite. Ordinò qualcosa da mangiare in camera e poi, prima di andare a dormire, rimuginò ancora sul piano per portar via la Gardener. Sapeva già come avrebbe collocato lei e sua figlia negli States. La cosa importante era metterle in salvo quanto prima!
Regolò la suoneria del suo cellulare per alzarsi molto presto l’indomani, aveva parecchi giri da fare per organizzare tutto alla perfezione. Preparò anche il suo bagaglio, il pomeriggio seguente, ottenuti i documenti firmati da Santa Cruz, sarebbe ripartito anche lui per Bogotà e poi Boston.  In quella città c’erano delle questioni “private” che voleva controllare di persona …
 
***
 
La mattinata seguente fu impegnativa come Killian aveva pronosticato. L’agente Sweethome aveva viaggiato con l’auto a sua disposizione tutta la notte, procurandosi prima l’occorrente per trasportare una bambina piccola, dal seggiolino alle salviette per pulirla, ai pannolini e gli abitini. Si era presentata all’appuntamento con Killian puntualissima, lo aveva preso a bordo e insieme erano andati da Eloise. La giovane donna, nonostante il vistoso livido all’occhio e il labbro gonfio, si era ripulita e indossava un vestito decente. La piccina fu preparata da lei con l’aiuto di quella che Killian le aveva presentato come un’Assistente Sociale.
Ripartirono insieme e Killian si fece scendere allo stesso punto dove avrebbe ripreso un mezzo pubblico per tornare all’Hotel. Gretel Sweethome riprese la strada per la Capitale, da lì sarebbe partita accompagnando negli States Eloise, usando l’aereo privato di Etan Murillo, già contattato e assoldato da Manuel.
 
***
 
Captain Hook si ritrovò nella hall del grande Hotel internazionale a chiedere le chiavi della suite che occupava. L’addetta alla reception, una mora rotondetta con dei begli occhi castani, nella sua divisa elegante, gli lanciò un sorriso a trentadue denti, non meno delle altre volte che era capitato a lei di dargli o prendere le chiavi. Killian la ricambiò educatamente e si avviò verso l’ascensore. Solo, nella cabina, si rilassò appoggiandosi alla parete. Tutto stava procedendo bene, entro sera Eloise e sua figlia sarebbero state in salvo. Etan Murillo sarebbe stato arrestato all’arrivo, era un utile testimone che avrebbero potuto utilizzare come talpa, se avesse deciso di collaborare per farsi condonare la condanna per complicità e favoreggiamento del narcotraffico.
 
L’ultima cosa che gli restava da fare quel pomeriggio, era di incontrare Santa Cruz per riprendere il contratto firmato. Pur se controvoglia, avrebbe ripreso la Jeep e sarebbe andato alla Residencia in la Meseta.
Il suono inconfondibile, emesso dall’ascensore, annunciò l’arrivo al suo piano. Uscì dalla porta che si aprì automaticamente e con le chiavi nella destra si avviò verso la prima porta del corridoio di sinistra. Aprì e fu investito dal fresco della stanza. L’aria condizionata funzionava bene. Era abbastanza accaldato e, con l’intento di rinfrescarsi meglio, si tolse la camicia che aveva indossato anche il pomeriggio prima. Si aprì il bottone dei jeans e si tolse i mocassini sportivi. Si stiracchiò, provocando un guizzo dei muscoli dorsali …
 
- Ti piace fare palestra Robert?
 
Al suono di quella voce Killian fece uno scatto fulmineo voltandosi dietro di sé.
Paula Santa Cruz era sulla soglia della sua stanza da letto, con una mano poggiata allo stipite della porta e l’altra, che teneva il contratto assicurativo, lungo il fianco.
Ancora una sorpresa da quella donna imprevedibile!
Killian la guardò da capo a piedi. Portava i capelli sciolti sulle spalle e indossava un abitino turchese con variopinti fiori di ibisco che ne tracciavano l’orlo e risalivano lungo il bordo a vestaglia. L’abitino le arrivava una quindicina di centimetri sopra il ginocchio, mettendole in mostra le belle gambe tornite. Con delle pieghe che si arricciavano sul fianco, la stoffa si chiudeva con un grosso bottone gioiello sul lato opposto della vita. Killian notò che quei colori decisi e il modello avvitato dell’abito le donassero molto e i sandali, rossi come i fiori, le cui stringhe si allacciavano incrociandosi lungo le caviglie, contribuivano a rendere più sexy la sua camminata, mentre, sinuosamente, si avvicinava a lui.
 
– Hai un corpo molto atletico Robert!
 
Killian cercò la camicia tentando di rimettersela, ma lei lo bloccò prendendogli le mani.
 
– No! Non rimetterla … stai benissimo così!
– Non è rispettoso nei tuoi confronti Paula! Ma a proposito di rispetto … come sei entrata nella mia stanza?
 
Lei fece un sorrisino sghembo e batté sensualmente le lunghe ciglia truccate con il mascara.
 
– Sono la Seňora Santa Cruz ricordi?
– Non lo dimentico affatto Paula!
– Uff! Sei noioso così Robert!
– Insomma, come sei entrata?
– Mi sono semplicemente presentata con il mio nome, dicendo che avevamo un appuntamento per un contratto e che tu avresti gradito non farmi attendere nella hall! Ti dispiace che ti ho portato io il contratto? Ti ho risparmiato questo viaggio di due ore!
– E Antonio è stato contento così?
– Antonio non ha battuto ciglio quando gli ho detto che venivo a Miraflores per shopping. Poi, quando gli ho detto che era un peccato che avessi l’appuntamento con il mio sarto proprio oggi che saresti venuto da noi e che ti avrebbe salutato anche da parte mia … beh! Lì è stato molto carino a chiedermi di portarti di persona i documenti, così ti avrei potuto salutare direttamente! Non ti ha chiamato per dirtelo?
– Francamente no! Non ne sapevo nulla.
 
In quel momento il cellulare di Killian suonò nella tasca dei jean.
 
– Scommetto che è lui! Rispondi Robert!
 
Preso il cellulare, già dal numero che comparve, Killian capì che fosse veramente Il Boss.
 
– Antonio?
– Ciao Amigo! Spero che tu non ti sia già messo in viaggio! Mia moglie è a Miraflores per dei giri suoi, ti porterà il contratto in albergo appena avrà finito!
– Buona idea Antonio! Non ero ancora partito in effetti! Va bene, così avrò il tempo per preparare le valigie!
– Quando pensi di tornare in Colombia?
– Se servirà quanto prima, altrimenti passerà qualche mese Antonio, Il tempo di organizzare gli affari che stiamo iniziando no?
 
Sentì Antonio ridere compiaciuto all’altro capo.
 
– Ben detto ragazzo mio! Ben detto! Ah! Dimenticavo! Puoi dare a Paula il tuo recapito di Dublino?
– L’indirizzo del mio ufficio è già scritto sul contratto Antonio. Lo uso come recapito in ogni caso!
– Bene Robert! Ci sentiamo presto! Fai buon viaggio e di a Paula di chiamarmi appena arriva da te!
– Lo farò Antonio! Grazie!
 
Mentre chiudeva la chiamata, Paula, con un veloce movimento delle mani, si aprì il bottone gioiello che le chiudeva l’abito. Lo lasciò aprire e se lo fece scivolare dalle braccia fino a terra, restando con un sexy completino in pizzo nero. Killian espirò l’aria che aveva nei polmoni guardandola. Era una piacevolissima visione, non poteva dire il contrario!
 
“Maledettamente sexy! Un’ammaliatrice, non c’è che dire!”
 
Lei sorrideva maliziosamente, mentre gli si avvicinava fino ad annullare la distanza.
 
– Tuo marito mi ha detto di dirti di avvisarlo appena arrivi da me!
 
Paula gli mise i palmi delle mani sugli addominali sodi e piatti, provocandogli un brivido.
 
– Sono già arrivata da te, non ti sembra?
 
Lei usava il doppio senso e entrambi ormai si erano dati del tu  fin dalla sorpresa nell’appartamento.
 
– Si sei arrivata anche troppo vicino Paula! Dovresti rimettere quel bel vestitino, lasciarmi il contratto e andare via!
– Non dovrei chiamare prima Antonio? Perché non gli hai detto che ero appena arrivata?
 
Già! Perché non glielo aveva detto che Paula fosse lì?
 
– Non ci ho pensato … ero distratto evidentemente!
 
Lei rise divertita e risalì con le mani lungo i suoi muscoli tesi. Gli accarezzò i pettorali. Erano all’altezza della sua bocca, lei era più bassa di lui di una quindicina di centimetri, nonostante i tacchi. Inaspettatamente lo baciò al centro del petto.
 
– Paula devi andare via di qui!
 
Lei si portò le mani dietro la schiena e si sganciò il reggiseno, sfilandoselo convinta.
 
“Cristo Santo! Manuelito vorrebbe essere al mio posto in questo momento!”
 
Sollevando le mani verso il suo viso gli tolse gli occhiali e li buttò sul divano dove Killian aveva lasciato la camicia.
 
“Se hai scattato un altro selfye sarà veramente la gioia di Manuelito!”
– Non mentire Robert! Se avessi voluto veramente che me ne andassi avresti detto a mio marito che ero arrivata. Non riesci a smettere di guardarmi le tette! Puoi toccarle sai?!
– Sono un uomo Paula! E tu sei maledettamente bella e sexy! Ma questo non vuol dire che io non abbia dei principi! Ti ho già detto che non ho intenzione di mancare di rispetto ad un amico approfittando di sua moglie!
– Smettila Robert! Mi stai desiderando come io desidero te!
 
Paula gli si era attaccata al torace, poggiandogli contro quei due morbidi e procaci promontori. Lo aveva avvolto con le braccia e aveva ripreso a baciarlo sul petto. Killian cercò di divincolarsi dalla sua presa, provando a prenderle le mani e a staccarla da sé. Lei lo strinse più forte e gli prese un capezzolo tra le labbra, leccandolo con la punta della lingua. La cosa fu per lui molto eccitante suo malgrado. Non poteva nascondere la sua reazione, lei lo sapeva perfettamente. Si rese conto quanto quella maliarda ci sapesse fare.
 
– Vedi Robert che non sto sbagliando? Fai l’amore con me! Mio marito non ne saprà nulla!
 
Con le labbra Paula risalì lungo il collo di Killian. Muovendosi verso di lui lo aveva spinto sempre di più verso il muro. Quando pose le sue labbra su quelle del giovane, ormai lo teneva con la schiena al muro. Con la punta della lingua accarezzò le labbra di Killian, invitandolo a ricambiare il bacio. Lui smise di tentare di liberarsi.
 
– Al diavolo! Non sono di legno Paula! È proprio questo quello che vuoi?
– Siii! Ti voglio Robert!
 
Le mani della donna erano scese sul suo inguine turgido. Il bottone dei jeans era già aperto e lei tirò giù la zip, insinuando le dita carezzevoli tra la stoffa dei boxer e la delicata pelle della sua erezione. Era abbastanza per farlo reagire.
Preso dall’istinto sessuale, Killian le afferrò con la mano sinistra i capelli dietro la nuca e le tirò indietro la testa, approfondendo il bacio che lei aveva voluto. Con l’altra mano si insinuò tra le sue cosce, scostando il triangolo di pizzo che le copriva il pube. Anche lei era eccitata, anche di più di quando avevano ballato il tango insieme. Si era accorto anche allora che lo fosse e, in quell’occasione, non poteva negare che il ballo avesse fatto un certo effetto anche a lui!  
Voleva quello Paula? L’avrebbe accontentata?
In quel momento non c’era spazio nella mente di Killian per riflettere. Lei lo stava soggiogando con la sua carica erotica. Lo stava seducendo con tutte le regole! Gli si strofinò contro la mano volendo di più e lui lasciò scivolare due dita dentro di lei, muovendole in un dolce ritmo che le strappo un profondo gemito di piacere. Quasi gli singhiozzò sulle labbra, tremando talmente che Killian capì di averle provocato con così poco un forte orgasmo. Fu come una frustata per lui! Solo con un’altra donna era successa la stessa cosa in vita sua.
 
“Emma! Emma amore mio! Mi sono abbandonato a lei pensando a te! Mi manchi troppo! Ma lei non è te! No! Non sei tu!
 
Guardò in viso la donna, la quale teneva gli occhi chiusi, assaporando ancora la forte sensazione. Era bella di sicuro, ma era un’assassina! Non aveva nulla a che vedere con Milah, nonostante la stessa bruna bellezza. Per Milah, dopo aver conosciuto la sua fragilità e l’estraneità agli affari del marito, aveva provato tenerezza e diventare suo amante, con la scusa di carpirle informazioni, non gli era pesato, oltre ad aver gratificato la stessa Milah. Poi era arrivata improvvisamente Emma e tutto si era fermato. Nessuna più gli era interessata e anche il lavoro con Milah aveva preso un’altra piega. L’anima di Paula era per lui mostruosa! Non sfiorava nemmeno da lontano la purezza di quella di Emma. Doveva allontanarla da sé, non voleva essere contaminato dalla sua oscurità!
 
In quel momento Paula era come una bambola nelle sue mani. La staccò da sé  e la spinse seduta sul divano. Si tirò su la zip dei jeans, perdendo l’erezione che Paula gli aveva scatenato e velocissimo si rimise la camicia, abbottonandola di tutto punto.
 
– Hai ottenuto quello che volevi Paula? Ora puoi andare!
 
Lei si rialzò dal divano e gli si riavvolse con le braccia alla vita.
 
– Non era così che volevo, ma è stato molto forte! Prendimi Robert, fammi tua completamente!
– Non posso! Non posso veramente!
– Eppure io ti piaccio! L’ho visto! Non è per Antonio! Stavi cedendo! È per un’altra! È vero? Sei innamorato di qualcuna, lo sento! Ti sei sentito in colpa per lei! La ami parecchio quindi!
– Cosa stai dicendo Paula?! Non amo nessuno! Non ho nemmeno il tempo di correre dietro alle donne!
– Non è possibile! Sono loro che ti corrono dietro! L’ho visto anche a casa mia come ti guardano tutte!
– Tu hai fatto di più che guardarmi direi! Ma non posso darti altro! Lo faccio per Antonio! Non potrei più guardarlo in faccia!
– Per Antonio … menti spudoratamente Robert! Ho promesso a me stessa che ti avrei avuto! Ottengo sempre quello che voglio! Prima o poi sarai mio e farò in modo che non ci sia nessun’altra tra noi!
 
Killian riuscì ad allontanarla verso il suo abito con i fiori d’ibisco. Glielo raccolse e glielo porse.
 
– Paula, per favore non insistere! Tra me e te c’è solo tuo marito! Tu mi piaci e lo hai capito. Ti ho detto che ho dei principi, quindi non farneticare con scenate di inutile gelosia!
– Inutile gelosia? Ti prometto che se è come penso la scoverò ovunque si trovi Robert! Sarai solo mio e di nessun’altra!
 
Killian cercò di sorridere per sdrammatizzare. Era meglio tenersela buona quella donna! Ci mancava fosse una minaccia in più per Emma ora!
La convinse a chiamare Antonio per dirgli che fosse arrivata da lui e a richiamarlo dopo avergli consegnato il documento firmato. Evidentemente Santa Cruz non si fidava ancora completamente di Robert Rogers o forse sapeva di quanto piacesse a sua moglie!
Solo quando Paula imboccò l’ascensore, Killian fece un sospiro di sollievo.
 
– Ed ora cerchiamo di tornare a Boston!
 
--- ooo ---
 
Un Anno dopo. Primi di dicembre 2009. Galleria d’arte Mills.
 
Era passato quasi un mese dall’inaugurazione della sua galleria e Regina era entusiasta di come stessero andando gli affari. Aveva un ottimo fiuto per le opere di pregio. Molti artisti si offrivano per riempire la sua galleria con le loro opere, consapevoli di quanto lei fosse in gamba. Non a tutti poteva dire di si, si regolava sulla capacità dell’artista di turno e sulla possibilità reale di vendita delle sue opere. Per alcuni giovani si stava comportando da vera mecenate, incoraggiandoli ad affinare la loro tecnica, cosciente che avrebbero potuto fare del loro meglio.
La galleria era molto frequentata e nel giro di quel mese Regina aveva deciso di creare al suo interno un Pub Artistico-letterario. Aveva contattato numerose scuole per stipulare accordi in merito a visite gratuite per gli studenti e un tesseramento per il Pub. Avrebbe aggiunto vari terminali per consentire di far ricerche ai ragazzi. Il tutto per incrementare la “cultura dell’arte”!
 
Quel venerdì pomeriggio i visitatori erano pochi, ma il visitatore più assiduo era lì, davanti al solito quadro, come ormai capitava minimo un paio di volte a settimana.
 
– Sai Emma? Io sono molto felice che tu venga a trovarmi spesso!
– Mmm?
 
Emma era nuovamente davanti al quadro che rappresentava Capitan Uncino. Assorta talmente da sentirla a malapena. Ormai era evidente che per lei quel quadro avesse un significato profondo, ma Regina ancora non aveva scoperto quale.
 
– Cosa dicevi Regina?
– Dicevo che sarebbe ora che mi spiegassi cosa ci trovi in quel quadro! Lo so che è semplicemente perfetto nella tecnica usata e nella raffigurazione del personaggio! Ma non ti pare che ti stai fissando troppo con lui? Sembri innamorata dell’immagine che vi è rappresentata!
 
Emma sorrise e distolse lo sguardo dai magnetici occhi azzurri bordati di nero del pirata, per puntarli in quelli castani della sua migliore amica.
 
– Emma? Veramente? Capisco che sarebbe un gran figo uno così, ma non è reale no?
– Chi ti dice che non lo sia?
– Ti ho detto che secondo me Brennan ha voluto fare una sorta di autoritratto di quando era giovane! Non ti innamorerai di lui quando lo incontrerai?
 
Emma sorrise ancora. Regina la vedeva “strana” quando restava tutto quel tempo davanti a quel quadro. Come se si rilassasse e facesse un viaggio con la fantasia. La vedeva rasserenarsi e questo le faceva piacere per lei, ma sarebbe stato meglio se quell’effetto glielo avesse fatto un uomo reale no?!
 
– Di Brennan ancora nessuna notizia?
– No purtroppo! Ho avuto anche dei clienti interessati alle sue opere, ma se non parlo con lui non posso vendere nulla!
– Qualcuno voleva comprare anche Captain Hook?
– Si, particolarmente lui!
– Potresti prendermi in considerazione come acquirente e darmi la precedenza se senti Brennan?
 
Questa volta fu Regina a sorridere.
 
– Veramente ho detto a tutti che questa è l’unica opera dell’artista non in vendita!
 
Emma fece un sospiro di sollievo che appena fu percepibile, ma la sua amica se ne accorse e la prese in giro.
 
– Quasi quasi te lo regalo per il tuo matrimonio Emma!
– Ma di che matrimonio parli?!
– Non sto scherzando completamente! Immagina se tu sposassi Neal e tenessi questo quadro in salotto! A quel poveraccio verrebbero i calcoli alla cistifellea per la gelosia, visto come te lo rimiri!
– Sarebbe difficile una simile cosa! Non corre questo rischio Neal! Non ho intenzione di sposarlo. Sto evitando di frequentarlo ultimamente!
– Si lo so! Me ne ha parlato anche lui! Gli manchi parecchio!
– Non voglio creargli ulteriori illusioni. Ho sbagliato a uscirci insieme e a  … niente!
– Ci sei andata a letto?
– Ma che stai pensando Regina?! Non è così facile per me andare a letto con qualcuno, anche se con lui forse lo avrei fatto, almeno per la sua gentilezza e le sue attenzioni, ma quando ci siamo baciati non ho sentito quello che ho provato per Kim e non sono riuscita ad andare oltre in questa storia!
– Del cognato di tua cugina Elsa cosa mi dici?
– Killian? Cosa dirti? Mai visto in realtà, ma con lui avevo un bel rapporto, anche se solo telefonico. Ho avuto un suo messaggio mesi fa, mi ha chiesto di aspettarlo, ma non lo sento a telefono da un anno!
– Che dice Elsa di lui?
– Mi ha confermato che non è in Irlanda e che si è trasferito in Cina da qualche mese per il suo lavoro, come mi aveva annunciato!
– Non ti sembra strano che non si faccia sentire mai? Va bene che sta dall’altra parte del mondo, ma i telefoni esistono anche in Cina!
– Si, in effetti non mi è chiara la situazione, ma lui mi ha chiesto di avere fiducia. Mi ha detto che ha tante cose da dirmi quando ci vedremo!
– Intanto con questa scusa ti tiene in standby e tu ti perdi occasioni!
– Non è lui che mi fa perdere occasioni Regina! Sono io che non me la sento di iniziare un’altra relazione …
- Con Killian la inizieresti subito mi sembra di aver capito!
– Confesso che sono attratta da lui pur senza conoscerne l’aspetto, ma da quello che conosco del suo carattere, gusti, modo di pensare … beh! Mi piace … anche tanto!
– Allora non resta che vedere se quando lo incontrerai sentirai il “brivido “!
 
Risero entrambe, poi Regina la invitò a prendere una cioccolata calda con lei.
Mentre Emma sorseggiava la sua cioccolata, dopo aver mangiato a cucchiaiate la panna con la cannella, Regina la osservava affettuosamente. Sperava in cuor suo che il cognato di Elsa facesse veramente il miracolo per la sua migliore amica. Lo meritava, lo meritava veramente!
 
– Domani torno a trovarti, magari porto anche qualche bambino della Casa Famiglia. Ho letto il libro di Peter Pan e sono tutti contro Captain Hook, magari cambiano idea a vedere la versione di Brennan!
– Siamo sempre allo stesso argomento Emma?
 
La bionda si alzò ridendo dalla sua sedia e stampò un bacio sulla fronte dell’amica.
 
– Grazie della cioccolata Regina! A domani!
 
Guardandola allontanarsi con i lunghi capelli biondi che le oscillavano dietro le spalle vestite con un giaccone invernale, Regina rimase pensierosa.
 
“Eppure qualcosa me lo nascondi Miss Swan! Lo scoprirò prima o poi!”
 
 
Angolo dell’autrice
 
Ebbene sì, sono tornata! Qualcuno ha sentito la mancanza di questa storia? Spero narcisisticamente di si e quindi sono pronta ad ascoltare i vostri commenti. Spero che le vacanze siano andate bene a tutti, anche se il mio pensiero corre a tante persone che hanno avuto brutte esperienze in questi ultimi periodi. Mi riferisco ai terribili fatti di attualità, alle povere vittime del Ponte Morandi in particolare e non solo a loro.
Spero che pur nella drammaticità di quanto ho narrato, per lo più situazioni realistiche del mondo del narcotraffico, abbiate potuto apprezzare. Sicuramente non è stato un capitolo rilassante, gli argomenti trattati non lo sono.
Ci avviciniamo alle ultime battute della storia, nel salto temporale sono tornata ad Emma, un anno dopo gli eventi della parte iniziale. Presto scoprirà la verità, saprete come nel prossimo capitolo. Grazie a chi ha letto, a chi avrà piacere di commentare e a tutti coloro che hanno inserito nelle varie categorie la storia.
Ringrazierò uno ad uno tutti alla fine. Per ora un grande abbraccio!
La vostra Lady Lara

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Capitolo 29
*** Il ritorno della Fenice ***


Capitolo 29
 
Il ritorno della Fenice
 
Prima metà di gennaio 2010. Accademia di Quantico.
 
- … fu in questo modo che si riuscì a formulare le prime schede sulla descrizione comportamentale di quelli che vennero definiti “Serial Killer”. Ad oggi abbiamo una buona nomenclatura per le tipologie di assassini seriali. Il lavoro di intervista e indagine che i cosiddetti   “Cacciatori di menti”, come ancora oggi siamo chiamati, hanno portato avanti, ha riempito anche gli spazi vuoti dei libri di neuropsichiatria dell’età evolutiva. Nessuno nasce cattivo, ma la situazione relazionale che quegli uomini intervistati avevano vissuto, ci ha portato a confermare che molto di ciò che si vive nel rapporto affettivo con il padre e la madre, può condizionare negativamente lo sviluppo mentale e comportamentale dell’individuo. Il “Seriale” è nella maggior parte dei casi di sesso maschile e di razza caucasica, solitamente la sua prima azione di omicidio avviene intorno ai venticinque anni, in seguito allo scattare di un particolare innesco, ma già nella preadolescenza presenta segni di aggressività, rivolta soprattutto verso inermi animali. Ora vi eserciterete a capire quale è stato l’innesco per i tre casi di cui vi fornirò il fascicolo. Ho omesso i nomi dei criminali e le pagine che vi porterebbero a rintracciarne l’identità. Quindi non barate e fate questa esercitazione per il pomeriggio. Mi consegnerete le vostre relazioni domani!
 
Lorna Stone, nelle sue vesti di docente, parlava ad una classe molto esigua di studenti. In tutto erano tre, due uomini e una donna, i migliori candidati che erano stati selezionati per il corso di Profiler. Chi, dei tre, avesse ottenuto il massimo dei voti sarebbe diventato membro scelto della Behavioral Science Unit, la squadra di Agenti speciali preposti alla ricerca e alla formulazione del Criminal profiling.
Uno dei tre studenti sarebbe diventato diretto collaboratore del Maggiore Lorna Stone.
 
La giovane allieva, dai lunghi capelli biondi, alzò la mano. Lorna capì che fosse intenzionata a rivolgerle una domanda.
 
– Allieva Swan?
– Volevo chiedere … la Behavioral Science Unit cerca a vantaggio del Bureau anche le menti criminali più brillanti per altri campi giuridici? Ricordo il caso del giovane Frank Abagnale …
- Swan dici quello del film con Di Caprio?
– Si Graham! Emma si riferisce proprio allo spacciatore di assegni falsi che dopo il suo arresto iniziò a collaborare con la F.B.I. per sgominare falsari come lui. Era capace di scoprire un assegno falso con una sola occhiata e dire come era stato realizzato!
– Ho visto il film Maggiore! Era giovanissimo! Forse sui diciassette anni!
– Si, esatto Olden! Era molto giovane e dotato di un cervello eccezionale, oltre ad abilità grafica, una bella faccia tosta e parecchia ambizione!
– Riuscì a farsi passare per pilota d’aerei, medico e avvocato! Addirittura aveva superato l’esame per l’esercizio alla professione, studiando solo un paio di settimane!
– Vero Graham, senza aver fatto esami universitari e senza aver mai frequentato un’ora di lezione in giurisprudenza!
– Certo Maggiore che la sua capacità di cambiare così facilmente identità è qualcosa di straordinario!
– Si Swan, notevole! Un peccato non averlo conosciuto prima per il Bureau! Sarebbe diventato uno splendido agente in incognito!
– Agente in incognito?
– Come no Emma! A noi serve l’addestramento e le simulate per fare gli attori! Abagnale c’era naturalmente portato!
– Infatti Olden!
– Maggiore!
– Si Swan?
– Le è capitato di conoscere qualcuno come Abagnale nei suoi anni di carriera?
 
 
Lorna, alla domanda di Emma tacque. Doveva rispondere la verità o fingere che non le fosse mai capitato? Aveva incontrato un ragazzo di diciassette anni che aveva superato di gran lunga Abagnale, era diventato criminale suo malgrado e lei, avendone capito le potenzialità, lo aveva aiutato a uscirne pulito, visto che non era consenziente agli atti criminosi, e poi lo aveva fatto inserire all’Accademia. Il suo nome era Killian Jones!
Non poteva dirle tutto, ma il suo orgoglio professionale non le permise di mentire.
 
– Si … intervenni anni fa per un diciassettenne … era un formidabile pirata informatico. Era stato sequestrato da una banda di delinquenti e, torturato, fu costretto a lavorare per loro. Era un genio, veramente un genio!
– È stato utilizzato dal Bureau?
 
Lorna sorrise alla domanda di Emma. Se era stato utilizzato?! Era a capo di una Squadra Speciale, segreta e internazionale, collegata alla D.E.A. e spesso agiva in prima persona, utilizzando le sue doti e calandosi come talpa nel mondo del narcotraffico. Era un uomo in gamba e coraggioso che rischiava la vita di continuo, anche se il suo ruolo principale non lo avrebbe richiesto!
Lorna si era sempre chiesto perché Killian amasse entrare in quei ruoli, che si dava per scovare prove, e si era risposto che fosse per spirito di avventura e sprezzo del pericolo. Alla fine diede la risposta più semplice all’allieva Swan.
 
– Si, credo che il Bureau gli abbia dato qualche incarico di alta specializzazione.
– Ho saputo che esiste una squadra speciale guidata da un Agente in incognito che si fa chiamare Captain Hook. Esiste veramente? Non potrebbe essere quel ragazzo?
– Ma dai Emma! Quella è una leggenda nell’F.B.I.!
 
Olden aveva risposto al posto della Stone.
 
– Credo che l’allievo Olden abbia ragione Swan! Come mai hai pensato che potesse essere vero e ci fosse quel ragazzo dietro?
 
Emma rimase un attimo senza parole. Su Captain Hook ultimamente aveva una vera e propria ossessione! Forse aveva ragione Regina! Quel quadro che rappresentava magnificamente il personaggio della favola le stava condizionando la vita!
 
– Beh … ecco … ho sentito parlare da un’amica Agente, di un questionario per entrare nella Squadra Speciale di Captain Hook, lei stessa mi ha detto che dovrebbe essere una figura fittizia, nessuno lo ha mai visto e conosciuto, ma …
- Ma?
– Non so … ascoltando di quel ragazzo che lei ha definito “Pirata informatico”, ho associato l’idea del pirata al nomignolo tipico del Capitano Uncino della favola di Peter Pan e a quello che mesi fa mi disse la mia amica!
– Potrebbe essere una bella favola all’interno del Bureau, ma non possiamo soffermarci sulle fantasticherie Emma, per quello ci sono altri luoghi!
 
Emma si sentì sciocca e rispose con un tono mortificato.
 
– Mi scusi … ha ragione!
 
I due colleghi la guardarono con un ghignetto sul viso, specie James Graham.
 
– Allora ci vediamo domani alla stessa ora. Mi raccomando le vostre relazioni!
– Sissignora!
 
I tre allievi risposero all’unisono e alzandosi si avviarono all’uscita della piccola aula.
Olden prese il corridoio a sinistra ed Emma con Graham imboccarono quello opposto che portava all’uscita dall’edificio.
 
– Emma come te lo immagineresti questo Captain Hook? Con parruccona a boccoli e baffoni?
 
James ancora ridacchiava e ad Emma la cosa stava dando veramente sui nervi.
 
– Jamie falla finita!
– Dai Emma! Volevo solo sdrammatizzare no?!
 
In pochi minuti si ritrovarono a camminare nei vialetti dell’accademia. Emma camminava svelta e Graham le correva dietro. Poi la chiamò e con un balzo le passò davanti parandosi davanti a lei per fermarla.
 
– Emma dai! Non ti vorrai offendere per questa cavolata!
– Non sono offesa di nulla tranquillo!
 
Lui le si fece più vicino, invadendo il suo spazio personale. Emma sospirò ruotando gli occhi e guardando in cielo.
 
– Jamie che vuoi ora?
 
James Graham era tra gli allievi sicuramente il più aitante. Aveva un corpo scultoreo, lo aveva visto a dorso nudo dopo una partita di baseball, quando si era tolto la maglietta sudata prima di entrare negli spogliatoi. Tutte le allieve presenti avevano lanciato grida di apprezzamento e qualcuna gli aveva gridato anche il proprio numero di telefono e qualche intenzione poco casta. Aveva anche un bel viso e sapeva di piacere. Era tronfio e sicuro di sé. Era un ottimo allievo, eccelleva in tutto ciò che riguardava gli addestramenti fisici e la cosa non sorprendeva Emma. Ciò che la sorprendeva era che avesse il suo stesso interesse per la Criminologia, ma diversamente da lei non era un “secchione”.
 
Graham, muovendosi come un gatto intenzionato a fare le fusa, le prese un boccolo tra le dita e lo arrotolò tra il medio e l’indice, mentre lei, con le mani sui fianchi, battendo il piede per terra, aspettava di sentire qualcuna delle sue idiozie da piacione.
 
– Che ne dici di passare il pomeriggio insieme oggi?
– Per quale motivo?
– Beh! Per tanti buoni motivi …
 
Graham le stava fissando le labbra e molto palesemente il suo sguardo si spostò all’altezza del seno e poi lungo le gambe.
 
– Ne vorrei sentire almeno uno valido Jamie!
– Sono tutti validi te lo posso assicurare! Ma quello che vuoi sentire è sicuramente: “per studiare insieme”! In fin dei conti tu sei una secchiona e una mano potresti darmela per l’esercitazione che ci ha mollato la Stone!
– Potrebbe essere un buon motivo, ma la Stone non ha parlato di lavoro di gruppo o coppia!
– Mmm! Sei difficile Emma! Ci possiamo vedere anche dopo l’esercitazione! Magari vengo a trovarti nella tua stanza o tu potresti venire nella mia!
 
Con uno sguardo malizioso le lasciò il boccolo e con il dorso delle due dita scese con noncuranza i due centimetri che lo distanziavano dal punto in cui si trovava sicuramente il capezzolo del seno sinistro. Nonostante lo spessore del giaccone invernale blu, che lei indossasse, la sensazione della carezza le arrivò forte e chiara e di conseguenza anche la reazione. Non era difficile provare attrazione fisica per uno come James Graham, ma Emma, nonostante le piacesse parecchio, non era tipo che ci stesse così su due piedi! L’atteggiamento di Jamie comunque la indispettì non poco.
Velocemente gli prese il polso e altrettanto velocemente lo fece ruotare portandoglielo dietro la schiena.
 
 – Cazzo Swan! Sei impazzita? Me lo stai spezzando!
– Si?! Ma che peccato! È solo un avvertimento Jamie! Rimettimi le mani addosso in quel modo e te lo spezzo veramente!
 
Bruscamente gli mollò il braccio e si rincamminò svelta. Lui le corse nuovamente dietro.
 
– Emma scusami! Non volevo offenderti!
 
Lei non gli rispose e Graham nuovamente le passò davanti fermandola.
 
– Ancora?! Vuoi che ti dia il resto Graham?!
– Emma! Basta! La verità è che tu mi piaci parecchio!
 
Lei lo fissava accigliata.
 
– Mi piace tutto di te! Mi sei piaciuta fin dall’inizio del corso ed era solo attrazione fisica! Ma conoscendoti meglio … beh! Emma tu hai personalità, intelligenza, una forza di volontà ferrea … Insomma io …
 
Lei lo interruppe.
 
 – Jamie non mi fare il pippone che ti sei innamorato di me, perché non ci credo minimamente! Sei un Don Giovanni e sei stimolato solo dal fatto che sarò rimasta l’unica tra le allieve che ancora non te l’ha data!
 
Graham rise divertito.
 
– Adoro anche la tua ironia Emma! Comunque, per la cronaca, non sei l’unica!
 
Con uno strattone alla mano che la teneva per il braccio, Emma si divincolò dalla sua presa.
 
– Basta Jamie! Non credere che il semplice fatto di essere un bel ragazzo debba far capitolare tutte ai tuoi piedi! Ne ho abbastanza dei bei ragazzi che ti complicano la vita!
 
Lui la riprese per il braccio, facendola voltare e guardandola negli occhi serio.
 
– Sei innamorata di quel  Neal Cassidy?
– Che diavolo ne sai tu di Neal Cassidy?
– Dai Emma! Sono un allievo agente del Bureau e secondo te non indagavo sulla ragazza che mi piace?
– Senti senti! E cosa hai scoperto?
– So che hai avuto una brutta storia con un delinquente, so che hai perso suo figlio! Sei stata rapita per colpa sua dalla gang che lo aveva ucciso e che ti sei salvata da sola, portando in salvo anche l’altra donna che era stata rapita!
– Quella è cronaca che hai letto sui giornali o sentito dalla televisione!
– Credi?! Sei stata male un pezzo per lui e vai dalla Stone per sedute settimanali, la conosci da prima di entrare a Quantico, anche se qui lei ti chiama per cognome e ti da del lei come a noialtri! Fai volontariato in una casa famiglia, la “Biancaneve e i sette nani”, adori i bambini e la Psicologia dell’età evolutiva. Hai iniziato a frequentare quel tizio, Cassidy, forse per dimenticare il dolore che hai vissuto. Hai un’ amica che gestisce una galleria d’arte e passi almeno un pomeriggio a settimana lì da lei da quando l’ha inaugurata! Questa non è cronaca! Sono veramente interessato a te. Non mi sono fatto avanti prima perché pensavo che con “quello” avessi una relazione seria, ma lo hai mollato improvvisamente e ho creduto che potessi finalmente avvicinarmi di più a te, ma non so come stanno le cose con lui. È solo una pausa di riflessione? Se quello è uno dei bei ragazzi che ti ha complicato la vita, non mi sembra tutto questo Adone!
– Neal non sarà un Adone, ma è un ragazzo meraviglioso! Il tipo che tutte vorrebbero sposare  e tu sei uno stalker!
 
Jamie sorrise.
 
– Non sono uno stalker, ho solo usato ciò che ci insegnano e l’ho applicato! Vorrei che tu fossi veramente la mia ragazza Emma e non per un’ora di sesso! Ma se tu non volessi mi accontenterei anche dell’ora di sesso ovviamente!
- Naah! Jamie! Io prendo molto sul serio i sentimenti! Sei un mio collega e, probabilmente, avremo in futuro occasioni di lavorare insieme. Preferisco averti come un buon amico e collega. Non credo nelle relazioni affettive nell’ambito del lavoro! Preferisco lasciare spazi separati alle due cose!
– Forse sbagli Emma!
– Ho i miei principi e regole personali!
– Li accetto e le rispetto … ma ti chiedo di considerare i miei sentimenti per te Emma, sono più profondi di quanto tu possa pensare. Avrai bisogno di un uomo al tuo fianco prima o poi, io sarò qui!
 
Emma gli sorrise e cercò di ironizzare.
 
– Magari mi fidanzo con Captain Hook!
 -  Quello non esiste!
– Ecco! Appunto!
 
In uno svolazzo di capelli, Emma si voltò e riprese la sua marcia veloce, lasciando Graham che la guardava, ancora fermo lì dove l’ aveva lasciato.
 
Certo non si era aspettata che la lezione di Lorna finisse con una dichiarazione d’amore da parte di Graham! Da un lato ne poteva essere lusingata, ma dall’altra era vero che innamorarsi di un bel ragazzo le era bastato! Il bel ragazzo non si era rivelato quello che le era sembrato all’inizio. Era stata tutta una delusione e soprattutto un grande dolore.
A chi voleva farlo credere? Erano passati quasi due anni, stava per laurearsi in anticipo sui tempi, eppure Kim non se l’era ancora tolto né dal cuore né dalla mente. Per un periodo sembrava quasi che ci stesse riuscendo! Merito di Killian Jones, che aveva riempito le sue fantasie, con la sua voce e le sue parole a telefono, senza averlo visto chiaramente in viso. Aver trovato quel quadro nella galleria di Regina, l’aveva riportata indietro di quei due anni. Non aveva detto nulla a Lorna, nelle sedute che ormai erano mensili. Non lo aveva fatto perché sapeva che lei avrebbe risposto che quella fosse una regressione nei progressi fatti e le avrebbe detto di smettere di andare a rimirarlo.
Non aveva mai avuto una foto di Kim, come poteva smettere di andare a cercarlo nel viso dell’uomo ritrattato? Si sentiva un’idiota, ma era consapevole che si sentisse meglio quando passava quel tempo in sua contemplazione. Da Psicologa sapeva che non fosse una cosa positiva, era un’ossessione, era come una tossicodipendenza! Dall’inaugurazione le era capitato fin troppe volte di ripensare a Kim, al momento che si erano conosciuti e tutto il resto, o meglio, non tutto il resto! La fase finale, della sua morte, l’aveva rimossa, faceva troppo male rivedere quelle immagini!
 
Camminando verso lo stabile dove si trovavano le stanze delle allieve, svoltò l’ angolo del palazzo difronte e, immersa nei suoi pensieri, attraversò il vialetto senza rendersi conto del sopraggiungere di una grossa auto nera. Se ne rese conto all’ultimo momento, quando nella velocità delle sue gambe, sentì lo stridere dei freni e il suono forte del claxon. Si ritrovò con le mani poggiate sul cofano dell’auto, spaventata e incredula di non averla percepita.
Guardò nello spazio tra le sue mani. Le sembrò di aver già visto quella scena. Davanti a sé, sulla parte anteriore del cofano del grosso Suv, c’era stampigliato in metallo il simbolo della marca di quel mezzo. Era un tridente, il tridente tipico della Maserati! Le si aprì un sipario nella mente ed ebbe la certezza di ricordare dove le era capitata già quella situazione. Guardò verso il parabrezza. Si! Stesso tipo! Vetri oscurati che impedivano di vederne l’interno!
Il ricordo si fece sempre più nitido in una manciata di secondi.
Quella terribile notte della morte di Kim era stata quasi investita da una macchina di quel tipo! Avrebbe potuto pensare che fosse la stessa, ma chissà quante ne erano state distribuite in quello Stato!
 
– Miss Swan! Tutto bene?!
 
Diversamente da quella notte, ora qualcuno era sceso da questa Maserati, con un tono preoccupato e con l’evidente consapevolezza di conoscerla. Sollevò gli occhi verso lo sportello che si era aperto. Un bell’uomo dai capelli castani e mossi, lunghi fino al collo, vestito con una sportiva giacca scamosciata, sopra un maglioncino dal collo alto, si stava togliendo gli occhiali da sole e la guardava con apprensione.
Lo guardò in viso con sguardo confuso e l’uomo le si avvicinò prendendola per le braccia.
 
– Emma! Ehi Emma! Sono Sebastian Jefferson! Stai bene?
 
Lei lo fissò negli occhi. Si, Jefferson! L’Agente Speciale Jefferson! L’uomo che da alcuni mesi era diventato l’amato compagno di Lorna, l’agente che l’aveva messa in contatto con Killian quando gli aveva chiesto di rintracciarlo!
Lo fissò ancora. Come diavolo aveva fatto a non riconoscerlo quando Lorna glielo aveva presentato? Era convinta allora di non averlo mai visto, ma non era così! Non solo lo aveva visto, ci aveva anche parlato e lui era stato estremamente odioso! Quando lo aveva visto la prima volta, la sera della morte di Kim, lì alla centrale di Polizia, non era vestito in quel modo. Era vestito in modo molto formale e aveva un taglio dei capelli che ricordava i militari. Aveva notato avesse un bel viso, ma era stato talmente odioso, che Il Sergente Jefferson era stata la prima cosa che avesse rimosso di quell’orribile notte!
 
– Agente Jefferson! Sto bene … sto bene!
– Sicura Emma? Eri distratta! C’è qualche problema? Sei ancora preoccupata per il tuo amico in Cina?
– Io … io … si ero distratta e avevo fretta! Chiedo scusa, ma … ma ora devo andare!
 
Non gli aveva voluto rispondere. Non aveva avuto altre notizie da Killian Jones, dopo il messaggio che le aveva fatto recapitare da Jefferson. Ancora ringraziava per quello l’Agente, ma ora, riconoscendolo per il Sergente incontrato nella Centrale di Polizia, era come se, improvvisamente, la realtà si stesse sfaldando in tanti pezzi di un puzzle. Quei pezzi le stavano ballando davanti agli occhi e non riusciva a rimetterli in ordine. Aveva la fortissima sensazione che ci fossero parti che non collimassero come avrebbero dovuto! Si scusò ancora con l’Agente e, girando sui tacchi, corse verso la porta aperta degli alloggi.
 
Entrò nella sua stanza in fretta e, come se il freddo di dicembre le fosse entrato nelle ossa, non si tolse il giaccone di lana e si strinse nelle braccia. Tremava e non sapeva il vero motivo. Aveva preso un virus influenzale? Con il suo problema con le infezioni non sarebbe stata una passeggiata l’influenza! Si sarebbe dovuta rinchiudere in casa per un paio di settimane, monitorata da sua zia Ingrid e imbottita di antibiotici!
No, non era freddo da febbre infettiva! Era qualcos’altro!
Si mise seduta sul letto e si portò le mani alle tempie. Quell’auto nera che quella sera era arrivata da dietro le palazzine a quella velocità pazzesca, inchiodandosi davanti a lei, senza che nessuno uscisse da essa, nonostante la sua disperata ricerca d’aiuto … Gli assassini di Kim avevano forse a che fare con quell’auto? Il Sergente Jefferson lì alla Centrale di Polizia, lui, Agente speciale della F.B.I. e poi il tempestivo intervento di Lorna … Era insolito … si … era stato insolito! Aveva già chiesto a Lorna della prassi del suo intervento, la spiegazione era stata logica e accettabile. Lorna l’aveva seguita per tutti quei mesi del tutto gratuitamente. Altra cosa insolita. Aveva detto che lo faceva volentieri … Quell’auto! Si! Un’auto così era capitato di vederla ferma ai bordi del parco vicino casa! Pensandoci bene anche al parcheggio della palazzina di Lorna! Non ci aveva fatto caso allora! Aveva altro per la testa!
Kim era coinvolto in una storia di droga … L’Agente Jefferson sicuramente faceva parte della D.E.A.! Doveva avere la conferma da Lorna, sicuramente lei ne sapeva di più di quanto potesse sembrare!
Altri pezzi di quel puzzle mentale iniziarono a ruotarle davanti agli occhi. Il cadavere di Kim non era stato ritrovato dove lei lo aveva visto morire. Ancora ricordava quella scena, quando dopo aver sentito i colpi soffocati della pistola era riuscita ad affacciarsi dalla finestra, vedendo la bianca camicia di Kim sporca, in tre punti, di sangue! Non era riuscita ad andare da lui, le vertigini glielo avevano impedito! Era la prima volta che lo vedeva con indosso una camicia candida! Di solito preferiva camice azzurre o magliette …
Il buon Sergente Martin Rogers le aveva detto che il cadavere era stato ritrovato nel Mystic e le aveva chiesto se volesse identificarlo. Non lo aveva voluto fare! Non aveva voluto vedere quel bellissimo viso nel pallore della morte! Non aveva potuto!
I giornali avevano parlato di quel ritrovamento, ma non c’erano foto di Kim sui giornali. Si diceva che fosse stato identificato dalla polizia perché era colluso con i cartelli dello spaccio di droga, era un losco faccendiere! Lei aveva scoperto alla Polizia che fosse già schedato. Lo aveva riconosciuto tra tre schede segnaletiche di persone con il suo stesso nome. Era molto giovane in quella foto segnaletica. Aveva cominciato a delinquere prima dei diciotto anni? Quanto gli aveva dato d’età? 17? 18 anni?
 
“ Si … intervenni anni fa per un diciassettenne … era un formidabile pirata informatico … Si, credo che il Bureau gli abbia dato qualche incarico di alta specializzazione. “
 
Le tornarono in mente le parole udite poco prima da Lorna. Era possibile che Lorna avesse conosciuto anni prima anche Kim? Era intervenuta lei per quel ragazzo?
Emma si fece mentalmente un conto degli anni di servizio di Lorna e dell’età di Kim. Si! Poteva essere! Lorna allora già era in servizio per il Bureau! Ma glielo avrebbe detto che lo aveva conosciuto! E se non lo avesse fatto perché era lo stesso diciassettenne geniale? No, non era lui! Non poteva essere Kim il ragazzo geniale o altrimenti adesso era un elemento dell’F.B.I. con un incarico di alta specializzazione! 
 
“ Dio mio! Fosse vera una cosa del genere Kim sarebbe stato un Agente in incognito! No! Sto perdendo il lume! Sto fantasticando! Inizio ad avere una deformazione professionale con tutto ciò che sto studiando? Sarebbe morto nell’esercizio delle sue funzioni e di lui si sarebbe comunque detto che era un volgare delinquente? Certo … la copertura lo avrebbe richiesto! Basta! Basta o impazzisco! Meglio che mi prepari e vada da Mary Margaret! In quella casa famiglia riesco sempre a trovare un po’ di serenità!”
 
 
Abbandonando quei tormentati e tormentanti pensieri, Emma prese le sue cose e si diresse alla fermata dell’autobus. Aveva deciso di portare alcuni bambini alla mostra di Regina, e aveva tutta l’intenzione di farlo, anche se significava ritrovarsi nuovamente davanti al quadro con le sembianze di Kim!
***
 
Il viaggio in autobus non le servì a non pensare, anzi! Aveva rimuginato ancora, ma quando vide la bella casetta a due piani dei Nolan, tirò un sospiro di sollievo. Aprì il cancelletto di legno bianco ed entrò nel giardino arredato di giochi per bambini. Sentì aprirsi la porta dell’ingresso e sollevò gli occhi mentre saliva i tre scalini.
 
– Daniel?!
– Emma!
 
Era una sorpresa per entrambi. Emma non si aspettava di incontrare il futuro sposo della sua migliore amica dai Nolan. Per Daniel non fu del tutto una sorpresa, almeno da quanto trasmise con la sua espressione. Sicuramente Regina lo aveva informato.
David uscì dietro Daniel, accompagnandolo.
 
– Vi conoscete già?
– Si David, da un pezzo! Da molto prima di iniziare lo stage nel tuo studio!
– Veramente Daniel lavori con David?! Dio mio che piccolo il mondo!
– Non te lo ha detto Regina?
– Sapevo che avessi incontrato un collega che ti aveva dato una mano, ma non credevo fosse proprio David!
– Proprio lui Emma, il nostro “Principe del Foro” David Nolan!
 
David sorrideva con i suoi occhi chiari e il suo viso schietto e sincero. Sorrise anche Emma, pensando che David e Mary Margaret fossero come due luci nella tempesta per il prossimo. Una coppia di una tale positività, che riusciva a portare serenità ovunque fosse! Si sentì orgogliosa di loro e felice per averli incontrati. Forse il destino li aveva messi sulla sua strada la sera della morte di Kim, proprio con l’intento di riportarla da loro? L’avevano soccorsa quella notte e poi l’avevano accolta per il tirocinio, come se fosse la cosa più naturale e spontanea!
 
– Sei qui per lavoro ovviamente!
– Si Emma! Sto seguendo un caso di affidamento particolare e dovevamo vedere alcune strategie con David! Sto andando via adesso! È stato un piacere incontrarti Emma!
– Anche per me Daniel! A Presto.
 
Daniel si accomiatò da David dopo che ebbero parlato qualche altro minuto in giardino ed Emma intanto entrò a cercare i suoi adorati bambini.
 
– Emma! Grazie al cielo sei potuta venire oggi!
 
Mary Margaret sembrava agitata e più indaffarata del solito.
 
– Si lo sapevi che sarei venuta! Che succede?
– Guarda! Una nottataccia! Diversi bambini hanno preso l’influenza! Anche Neal purtroppo!
– La mia piccola Fiordaliso?
– Lei ha buoni anticorpi, per fortuna sta bene!
– Volevo portare lei e Neal alla mostra oggi!
– Forse è una buona idea che porti comunque lei! Meglio stare lontane dal contagio, sia pel lei che soprattutto per te!
 
La piccolina di due anni, accortasi dalla voce che Emma fosse arrivata, le corse incontro e l’abbracciò alle ginocchia. Emma le accarezzò la testolina di boccoli biondi e si accoccolò alla sua altezza.
 
– Ora ci facciamo belle e andiamo a spasso insieme. Che ne dici Fiordaliso?
– Siii! Appasso! Voo appasso!
 
La bambina stava facendo progressi con il linguaggio, da quando Emma l’aveva conosciuta, ma ancora risultava molto rudimentale.
 
Dopo averla vestita e coperta con un cappottino rosa confetto e un berrettino di morbida lana candida, uscirono usando la Giardinetta di Mary Margaret. Era meglio evitare i mezzi pubblici!
Sul seggiolino dietro di Emma, la piccola cercava di parlottare, con l’intento di raccontare qualcosa alla giovane, ma era difficilissimo capirla. Ancora doveva affinare parecchio la pronuncia. Emma mise un disco di canzoncine alla radio e incoraggiò la piccola a cantarle con lei. Era un buon esercizio sia per  l’estensione del vocabolario, sia per la pronuncia.
***
 
La galleria di Regina era molto frequentata quel pomeriggio, ma appena la sua amica la vide con la piccina, le fece un sorriso raggiante. La piccola Fiordaliso aveva conquistato anche lei. Se la mise in braccio e la bambina le accarezzò il viso.
 
– Tu beea!
- Cosa?
– Credo che ti abbia detto che tu sei bella Regina!
– Ooh Grazie tesoro! Ma tu sei più bella lo sai? Vuoi vedere i quadri delle principesse? O, come Emma preferisce, dei pirati?
 
Regina aveva dato un’occhiata ironica e scherzosa alla sua migliore amica e lei aveva risposto semplicemente con un sorriso.
 
– Certo … ad Emma non piacciono proprio tutti i pirati sai? Le piace “UN” pirata! Captain Hook!
– Siii! Hook! Hook!
– Miss Swan! Hai plagiato anche lei? Ancora non l’ha nemmeno visto!
– Le ho raccontato una favola un po’ alternativa su Peter Pan. Con un Capitan Uncino bello ed eroico!
 
Regina sospirò.
 
– Perché non sono sorpresa?
 
Risero insieme e si diressero alla sezione “Once upon a time”.
Regina mostrò le belle principesse, dipinte da un suo amico, alla bambina. La piccola ne fu entusiasta. Emma ancora non le aveva viste. Regina le aveva commissionate da poco per ampliare quella sezione, ma come Emma notò, la qualità del lavoro non era nemmeno lontanamente paragonabile a quella dei dipinti di Brennan.
 
– Scommetto che nemmeno ci avevi fatto caso che avessi riempito questa parete! Hai occhi solo per il quadro centrale!
 
Che ci poteva fare se quella era la verità? Fece spallucce a Regina, poi prese per mano la bambina e insieme si diressero nella stanza principale della sezione.
Emma non si sarebbe mai aspettata la reazione della piccola. Anche Regina rimase basita.
 
– Oooh! Papà! Papà!
 
La bambina saltellava per la gioia. Sembrava avesse visto veramente suo padre!
 
– Papà?
– Non farci caso Regina! Chiama papà tutte le figure maschili!
– Prova anche questo entusiasmo quando vede qualsiasi uomo?
 
Regina era rimasta con le sopracciglia sollevate, in un’espressione di sorpresa e dubbio.
 
– No. Decisamente questo entusiasmo no!
 
Poi la piccola si intristì e prese Emma per la manica della giacca.
 
– Papà male!
– Cosa dici?
– Papà bua!
– No Alice! Quello è Captain Hook! Non è papà!
– No! Papà! Papà bua!
 
La piccola Alice iniziò a battere il piedino per terra contrariata. Forse era il caso di lasciar perdere, inutile farla piangere per un quadro!
 
Ci volle un po’per farla staccare da lì, nonostante Regina le promettesse una cioccolata e delle caramelle.
 
– A quanto pare subisce anche lei il fascino del Capitano! Un giorno mi dirai perché ne sei così attratta Emma?
– Un giorno, forse!
 
***
 
– Siete tornate! Come è andata con la tua Fiordaliso?
– Con Alice tutto bene, è stata brava! Vero tesoro?
– Si! Io baava! Papà bua!
– Qualcuno si è fatto male?
– Ma no Mary! Si è impressionata con il quadro di Captain Hook, a causa dell’uncino al posto della mano! È lui l’uomo con la bua! Poi la sua abitudine di chiamare tutti gli adulti papà!
– Strano, da qualche giorno chiama così solo David. Sono venuti degli operai le mattine scorse e diversamente dal solito non li ha chiamati così!
– Forse è una ragazza di buon gusto e lo fa solo con gli uomini di bell’aspetto!
– Ma com’era questo Capitan Uncino? Non è il solito nasone con baffoni e parruccona nera?
 
Emma rise divertita.
 
– Decisamente no Mary! È rappresentato come un giovane uomo piuttosto bello e affascinante!
– Mi fai venire una curiosità! Devo venirci anche io la prossima volta! L’autore ha avuto un modello?
– Credo di si Mary!
– Allora bisognerebbe conoscere l’originale non credi?
 
Mary Margaret aveva ammiccato, ma Emma si era intristita. La Signora Nolan lo notò e ridiventò seria.
 
– Emma? Tutto bene?
– Si, si tutto bene.
 
Mary cambiò discorso, continuando a scrutarla in viso, non era convinta che andasse tutto bene. Ormai conosceva abbastanza la sua tirocinante.
 
– Sai Emma? C’è una bellissima notizia che riguarda Alice!
– Mio Dio! Non mi dire che …
- Siii!
 
Mary con le mani unite quasi saltellava per la gioia.
 
– Si! Presto la sua mamma avrà il permesso di venire a trovarla! Me lo ha detto poco fa mio marito. Il suo collega Daniel si sta occupando del suo caso ed ha portato la notizia!
– Ha detto che si stava occupando di un caso complesso di affidamento!
– Credo parlasse proprio di lei Emma! Non si tratta solo di tossicodipendenza e disintossicazione, non so tutto ma credo sia coinvolta la tua “amata” F.B.I.!
– La madre di Alice è forse una testimone sotto protezione?
– Non ho idea! So che è a buon punto della sua terapia riabilitativa e le hanno dato il permesso di iniziare gli incontri protetti con sua figlia. Verrà giovedì prossimo alle 16,00. Se ci sei potrai conoscerla. Credo che a lei farà piacere conoscere la persona che ha legato più di tutti con la sua bambina!
– Giovedì prossimo non dovrei avere esercitazioni il pomeriggio. Ci sarò sicuramente, voglio chiederle qualche informazione su Fiordaliso, magari mi potrà essere utile per aiutarla a migliorare il linguaggio!
– Sì, buona idea!
– Come si chiama la Signora?
– Oh! Vero, non te l’ho mai detto! Eloise, Eloise Gardener …
 
***
 
Alla fine, anche quel giorno, Emma rincasò oltre le 21.00. Il fine settimana tornava sempre a casa di sua zia Ingrid e questa ormai aveva perso le speranze di vederla per cena. La maggior parte dei sabati Emma cenava in casa famiglia e sua cugina Anna era dai suoceri.
Emma aprì la porta di casa con le sue chiavi, entrando quasi in punta di piedi e sentendosi in colpa nei confronti di Ingrid. Il matrimonio di Anna era sempre più vicino, Elsa non tornava da mesi, presa dal suo lavoro e dal suo fidanzato Liam, lei stessa era in casa giusto la domenica e Ingrid le aveva confessato di sentirsi piuttosto sola. Emma era del parere che sua zia, ancora giovane e bella, avrebbe dovuto dedicare più tempo a se stessa e magari ad un’amicizia maschile. Dopo la morte del suo amato Ector si era dedicata completamente alle sue tre ragazze e, pur avendo avuto diversi corteggiatori, si era sempre negata una seconda possibilità.
 
– Mammaaa! Sono arrivata!
 
Meglio farsi sentire, piuttosto che rischiare di spaventarla! Sicuramente Ingrid era sul suo candido divano in pelle a guardare la televisione. Si sentiva in quel momento la sigla del telegiornale. Emma sorrise di sé. Puntuale come ogni sabato all’ora del telegiornale!
 
– Oh Tesoro sei arrivata finalmente!
– Si mamma! Eccomi!
 
Emma si chinò verso la fronte di sua zia per darle un bacio.
 
– Quali news ci sono oggi?
- Oh se vuoi ascoltiamo insieme! È appena iniziato il notiziario!
 
Emma si tolse il giaccone di lana blu e, poggiandolo al suo fianco si mise seduta vicino ad Ingrid.
 
– Ma quella è l’Accademia! Un servizio sull’F.B.I.? No, no! Fammi sentire bene?
 
Emma prese dal tavolino ovale, di cristallo, il telecomando e aumentò il volume.
 
“ … con questa ennesima operazione della D.E.A, in sinergia con altre forze internazionali, si direbbe che un’altra profonda stoccata sia stata data al narcotraffico mondiale!  L’operazione ha avuto nel suo mirino uno degli ultimi cartelli più potenti della Colombia. Prove schiaccianti e la testimonianza di persone coinvolte, ha visto l’arresto del potente Don Antonio Santa Cruz e dei suoi complici. La rete del suo traffico, camuffata dall’esportazione dei suoi prodotti agricoli, prevedeva il coinvolgimento anche di un Cartello di Hong Kong! Santa Cruz commerciava con la Cina per ingenti quantitativi di Oppio, necessari al taglio della Cocaina che produceva nelle sue piantagioni segrete. Come ricorderete, alcune settimane fa, l’azione della D.E.A, collaborando con la polizia cinese, era riuscita a rintracciare ad Hong Kong il latitante Professore Robert Gold, non sopravvissuto ad una furiosa sparatoria che aveva coinvolto degli agenti speciali. Gold, dalle ultime notizie rilasciate ufficialmente dal Bureau, era il tramite di Santa Cruz con il Tai Pan  dei cartelli cinesi …”
 
Sullo schermo scorrevano intanto le immagini di un uomo dai capelli grigi e la corporatura robusta, spinto in manette dalla polizia colombiana. Nonostante la situazione, appariva fiero e sicuro di sé. Emma pensò che con i suoi miliardi avrebbe ottenuto la libertà vigilata e forse la completa libertà. C’era così tanta corruzione in quel mondo e i miliardi di dollari accumulati dai narcotrafficanti, li aiutavano a comprare chiunque!
Sullo schermo apparve anche la foto di Gold e il video di un arresto in Cina. Doveva essere il Tai Pan. Emma ne fu sorpresa, poiché si aspettava un uomo più anziano, invece quello arrestato e in manette, appariva giovane e di bell’aspetto. Scorsero altre immagini, compresa la foto di una bella donna dai lineamenti tipicamente latini.
 
“ La Signora Santa Cruz non era presente durante l’arresto di suo marito. È aperto un mandato di cattura anche per lei, si sospetta fortemente che non fosse estranea agli affari del marito. Gli inquirenti temono che abbia avuto occasione di fuggire all’estero. Su di lei c’è anche il sospetto di omicidio …”
 
Ingrid scuoteva la testa.
 
– Una donna così giovane e bella! Sposata con un simile vecchio criminale! Sicuramente l’ha deviata lui!
– Non possiamo saperlo mamma! Si dice che sia sospettata di omicidio! Sarà anche bella, ma è pericolosa!
 
Il telegiornale continuò con altre news, poi iniziò un film.
Emma non era interessata alla storia romantica del film, non lo stava seguendo per niente, rimuginando sulle notizie ascoltate poco prima.
Nuovamente le sembrava di vedere davanti a sé tante tesserine che vorticavano senza trovare il posto giusto. Poi rimise insieme i due nomi dei paesi nominati: Colombia … Cina …
Il pensiero le andò immediatamente ad una sola persona. Killian Jones!
Che coincidenza! In tutto quel periodo, un anno e mezzo abbondante, Killian aveva lavorato proprio in quei posti famosi per il narcotraffico. Le aveva detto che per il suo lavoro di Agente Assicurativo, con ruolo di alto dirigente, era andato in quei paesi per creare nuove basi per l’Agenzia Assicurativa. Un’ Agenzia internazionale che doveva essere piuttosto famosa! Ma a pensarci bene, Killian non le aveva mai detto il nome della sua Agenzia. Emma aveva capito solo che la sua sede centrale si trovasse a Dublino!
 
Le mancava Killian! Stranamente le mancava quanto Kim!
 
Guardò il bracciale che portava sempre al polso. La Fenice … il simbolo della rinascita che le aveva fatto recapitare per incoraggiarla. Perché non glielo aveva dato di persona? Poteva essere l’occasione giusta per incontrarsi veramente! Le aveva detto perché era di partenza per la Colombia, l’aereo lo attendeva …
Non riusciva a seguire il film e preferì dare la buona notte a sua zia e andare a letto.
Salita nella sua stanza entrò nel piccolo bagno e si fece una veloce doccia, poi finalmente posò la testa sul cuscino e spense la luce sul comodino.
Non riusciva a dormire. Ancora due tasselli che ruotavano.
 
Killian … Kim … Kim … Killian!
 
Poi nuovamente qualcosa prese luce tra i suoi ricordi di Kim.
Iniziò a ricordare la sera in cui l’aveva conosciuto al Rabbit Hole. Il momento in cui lui, dopo averla salvata dal tuffo accidentale nel fiume, l’aveva portata a casa sua incosciente e dopo, risvegliata e senza ricordi, l’aveva infine ricondotta a casa.
Ricordò un pezzo della loro conversazione poco prima che lei scendesse dalla sua BMW Nera …
 
“ Baby che dirai a tua zia? “
“ Credo che le dirò la verità … non so mentire e a lei meno che a chiunque altro … “
“ La verità è una gran bella cosa Emma … ma a volte non si può affrontarla … “
“ Perché la pensi così? Io credo che la verità renda liberi … “
“ Si … sicuramente è così … ma ci sono situazioni in cui non ci si può permettere di essere sinceri … situazioni più grandi di noi …”
 
Dopo aver scoperto alla polizia che Kim fosse un delinquente, aveva pensato che quelle parole potessero essere riferite al fatto che lui non si sentisse di dirle la verità sui suoi intrallazzi! Ma, ripensandoci a distanza, poteva significare anche altro!
 
– Sei una deficiente Emma Swan! Graham ha usato quanto ha imparato per far indagini su di tè! Tu hai deciso di diventare profiler proprio dopo che ti sei resa conto che non avevi capito nulla di Kim Steward ed ora? Ora stai per laurearti e ti stai lambiccando il cervello su questi ricordi! Dovresti applicare anche tu ciò che hai imparato e tracciare un profilo di Kim, magari ora ci vedi più chiaro no?
 
Emma rimuginava sotto le coperte e stava cercando di riflettere su ogni parola he Kim le avesse detto dalla loro conoscenza, sul poco che conosceva di lui e sui suoi atteggiamenti, le movenze e le abitudini.
 
– Nei miei confronti aveva l’atteggiamento di un innamorato, non era solo una storia di sesso! Milah me lo ha confermato. Ha interrotto con lei quando mi ha conosciuta! La sua collana da pirata! Dio Santo! Mi ha detto di non separarsi mai da lei, ma io non gliela avevo mai vista addosso. Anche nel quadro di Brennan è presente la stessa collana! Potrebbe essere un ricordo dell’infanzia, un regalo fatto da una persona a cui lui era molto legato! Magari come la maggior parte dei bambini amava le storie di pirati! Sicuramente gli avranno letto la favola di Peter Pan e Capitan Uncino. Nel ritratto è proprio Captain Hook! Regina ha detto che forse è un autoritratto dello stesso Brennan da giovane, poiché gli somiglia. Ciò dice che ci può essere un legame di parentela, tipo padre e figlio! Magari era il figlio di Brennan! No! Non può essere! Kim mi ha detto che suo padre è morto! In realtà a pensarci aveva una strana espressione quando me lo ha detto, come se non volesse ricordarlo. Ho pensato allora per il dolore della perdita, ma sembrava più fastidio nei suoi confronti. Magari non era morto ma lui era arrabbiato per qualche motivo con suo padre è voleva considerarlo tale! Questa cosa del pirata comunque non me la tolgo dalla mente! Se fosse veramente lui il ragazzo che Lorna ha conosciuto anni fa? Le parole dette “sul dire la verità” suonerebbero in un altro modo! Come avrebbe potuto dirmi che stava lavorando sotto copertura, in quanto Agente della F.B.I.? In quel momento i suoi occhi erano tristi, avrebbe voluto dirmi la verità e non poteva! Ecco il motivo! Mi aveva detto anche di non fidarmi di lui, che mi sarei scottata! Ricordo le nostre parole …
 
“ … Pensi che ci rivedremo?”
“ Emma … mi piacerebbe rivederti … tanto credimi, ma … è meglio per te che non avvenga …”
 
Ricordava la carezza sensuale che le aveva fatto sulle labbra e il suo prendergli il dito tra le labbra …
 
“ Non giocare con me Emma! Non accendere un fuoco che potrebbe scottarti! “
“ E se io decidessi che voglio scottarmi?”
“ Allora bruceremo insieme!”
 
Come poteva dimenticare il passionale bacio che si erano scambiati subito dopo? Se Kim fosse stato veramente un Agente le avrebbe detto proprio quelle parole, ma l’attrazione tra loro era così forte che probabilmente anche un agente allenato e nel pieno del principio di non coinvolgersi emotivamente durante un’azione, non ce l’avrebbe fatta a starle lontano.
Emma ricordò che, nonostante l’intento di non rivedersi, lui l’aveva cercata al campus universitario e da lì avevano avuto il loro primo appuntamento e poi la loro storia si era evoluta in passione profonda.
 
– Kim Steward! Se veramente tu fossi stato un agente in incognito quello non può essere il tuo nome! Se fossi veramente il ragazzo che diceva Lorna, con la fissa del pirata, arrestato perché “Pirata informatico”, non sarebbe strano darti un nome in codice come “Captain Hook”! Se avessi avuto ragione e tu fossi esistito veramente come “Captain Hook” Lorna non avrebbe potuto dirmelo e mi avrebbe fatto credere, come ha detto, che sarebbe solo una bella favola! Forse veramente la mia fantasia è illimitata, ma una cosa che ricordo ora è quando ti ho chiesto a bruciapelo come ti chiamassi. Hai avuto un’esitazione …
 
“ Tu come ti chiami!”
“ Ki … Kim … mi chiamo Kim!
“ Non hai anche un cognome Kim?”
“ Steward …”
 
– Hai avuto quello sbandamento perché eri emozionato quanto me? Lo stato emotivo collegato all’attrazione fisica può averti destabilizzato. Per un attimo sembravi indeciso su come ti chiamassi! Avevi perso il controllo. Kim non era il tuo vero nome, forse è un nome che si avvicina a quello vero, tipo Ki di Killian? Se Fossi veramente la stessa persona? Quante volte parlando con Killian ho avuto la sensazione di parlare con te Kim? Quante cose avete in comune? Veramente tantissime e se fosse vero, ovviamente tu non saresti morto! Ora sto esagerando! Ma proviamo a riflettere ancora! Un agente in incognito, con la complicità dei suoi compagni non ci metterebbe molto a simulare la propria morte. Basta un testimone sprovveduto come la piccola Emma Swan, brava ragazza, ingenua e incensurata. Le vertigini che le impediscono di scendere lungo le scale di sicurezza. Un corpo scomparso e ripescato nel Mysic che io non ho visto né identificato! Di lui non ci sono foto se non quella segnaletica, ma trovare un cadavere in un obitorio e farlo passare per lui, il Bureau potrebbe farlo senza problemi! L’auto uguale a quella di Jefferson! Potrebbe aver avuto a bordo te e Jefferson! Non potevi certo soccorrermi per strada, non potevi far saltare tutto, me la sarei cavata! Ma guarda caso poi è arrivata Lorna, che poteva darmi sostegno! Tanti tasselli si stanno combinando alla perfezione! Sarà il sonno che mi da le traveggole? Il Suv Maserati l’ho incontrato diverse volte … mi stavi controllando? Poi improvvisamente incontro Killian Jones al parco! Ero troppo presa dal mio lutto per guardarlo con attenzione! Io se fossi stato te e avessi voluto vedere la mia ragazza, senza farle capire nulla, mi sarei camuffato in qualche modo! Barba lunga? Occhiali a specchio e berretto? Già! Il ritratto del Killian Jones che ricordo nel parco! Un Killian Jones che mi ha soccorso nello svenimento per la gravidanza e che mi ha condotto dritta a casa! Solo se fossi stato Kim avresti saputo quale fosse la mia casa! E il rapimento? Ero a telefono con Killian quando quei delinquenti si sono avvicinati dicendomi di essere della F.B.I. e che si trattava di Kim Steward. Solo lo stesso Kim Steward avrebbe saputo che non era vero, o colui che si era fatto passare per lui! Come poteva Killian Jones gridarmi di fuggire perché quegli uomini mentivano? Killian Jones si è inserito pian piano nella mia vita, ha seguito telefonicamente la mia gravidanza, mi ha fatto capire che mi avrebbe sposata e avrebbe voluto accudire con me il mio piccolo, non gli importava se fosse di un altro! Ovvio, era il tuo e il mio bambino! Kim e Killian che viaggiavano di continuo tra Dublino e Boston, ambedue avvocati, consulenti, ambedue che parlano di Agenzie! Che idiota che sono!
 
Emma rise sotto le coperte.
 
– Lavori si per un’Agenzia, l’Agenzia Federale! Magari sei nella D.E.A. sono sicura che anche Jefferson lo sia. Lo credo che mi poteva mettere in contatto con te!
 
Le tornò in mente l’ultima volta che si erano sentiti a telefono, lei lo aveva chiamato per ringraziarlo del bracciale, lui stava ripartendo per la Colombia. L’ultima frase di Killian:
 
“ Ricordati quello che ti ho scritto nel biglietto delle rose. Leggi tra le righe Emma! Vai sempre oltre l’apparenza!”
 
Le rose gliele aveva mandate in ospedale, poco prima del parto. Aveva scoperto proprio in quei giorni che Killian fosse il fratello del fidanzato di Elsa. Sua cugina era andata a trovarla in ospedale dopo l’attentato che gli uomini di Manguso avevano cercato di attuare nei suoi confronti e le aveva parlato di lui. Ricordò le parole di Elsa nei suoi confronti. Parole che erano un altro tassello che si incastrava in quel puzzle che stava diventando sempre più chiaro.  
 
“ Killian! Gli zii lo adorano! Credo sia sempre stato il loro coccolo. Mi ha detto Liam che a diciassette anni era già laureato in ingegneria elettronica ed informatica! Un vero genio! Poi si è laureato anche in legge qui  a Boston …”
 
– Certo, un genio, una laurea in ingegneria informatica a diciassette anni! Ottimo per diventare un pirata informatico ed essere beccato dalla F.B.I. Lorna poi lo ha aiutato! Ha detto che era stato torturato! Povero amore mio! Ho bisogno di rileggere il biglietto che mi ha lasciato con le rose!
 
Ormai la mente di Emma non avrebbe perso tempo a cercare le braccia di Morfeo! Aveva il ricordo di alcune parole scritte in quel biglietto e, con la smania addosso, si alzò dal letto per prendere il portafogli dove teneva ancora quella lettera. La lesse come fosse la prima volta, cercando di leggere tra le righe cosa Killian avesse voluto dirle veramente.
 

Qualcuno ha scritto che il tempo speso per la propria rosa è ciò che la rende importante …
Tu sei la mia rosa  Emma ed io ho tutto il tempo del mondo. So che non sarà mai sprecato per te. Ti aspetterò quanto vorrai e non passerà giorno senza che io ti abbia pensata. Ti ho detto che per me sei speciale, non ti ho mai detto quanto, né ho espresso i miei sentimenti. Non voglio farlo a telefono, né su questo foglio. Voglio dirtelo mentre ci guardiamo negli occhi. Per ora il mio dovere è di proteggerti, anche a costo di essere considerato morto da te. Ti ho spaventata l’ultima volta, lo so. Mi dispiace Emma. Non voglio essere pressante. Ho bisogno di sentire la tua voce, ma non ti chiamerò se tu non vuoi. Spero che tu senta un pochino la mia mancanza come io sento tantissimo la tua.
Queste rose non sono belle come la mia rosa, non sono niente e nessuno, ma ti parleranno di me se ho una piccola parte nel tuo cuore. Ricorda le parole che ti ho detto. Ricordale anche se, quando un giorno ci incontreremo, dovessi essere delusa di me.
Tuo KJ  

 
- Per ora il mio dovere è di proteggerti, anche a costo di essere considerato morto da te. Ti ho spaventata l’ultima volta, lo so …. Ricorda le parole che ti ho detto … anche se quando un giorno ci incontreremo, dovessi essere delusa di me .
Oh Killian! Delusa perché? Perché vedendoti scoprirei chi sei veramente e saprei che mi hai mentito? Kim è stato costretto a morire! Ecco cosa volevi dirmi con la Fenice!
Solo morendo la Fenice può rinnovarsi, rinascendo dalle sue stesse ceneri. Non era solo per incoraggiarmi dopo la morte di nostro figlio quel regalo! Ha tanti significati anche questo bracciale. Sei veramente un genio! Mi hai dato gli indizi per dirmi che Kim Steward è morto per andare avanti nella sua missione, ma hai fatto in modo di tornare da me con la tua vera identità, cercando di essere il più sincero possibile, omettendo la parte di te che riguardava il tuo lavoro sotto copertura!
 
Emma strinse al petto quel bigliettino. Ormai sapeva la verità.
Kim e Killian erano la stessa persona. La Fenice era veramente risorta dalle sue ceneri!


Angolo dell'autrice.

Sono quasi le due di notte e se internet funziona riesco a mantenere la promssa fatta alle mie amiche di penna. Urrà! Emma finalmente ha messo in uso il suo intuito e ciò che sta imparando! Era ora vi pare?
Grazie a chi segue e a chi vorrà commentare. A presto!
Lara
 
 

 

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Capitolo 30
*** Come un fantasma ... ***


Capitolo 30
Come un fantasma …
 
 
Hong Kong, novembre 2009
 
“Elegantissime, bellissime e, maledizione, altissime!!”
 
Tre superlativi per descrivere le cinque paia di calzature che avrebbe dovuto indossare insieme alle cinque mise appese all’asta dell’armadio!
Poteva permettersi di imprecare solo mentalmente. Una vera modella non si sarebbe minimamente preoccupata di indossare quei meravigliosi trampoli!
Una vera modella! Non l’Agente della F.B.I. Mulan Chang, abituata a scarpe basse di foggia maschile e a completi giacca e pantaloni!
 
– Mei Jing tra poco si inizia! Ma ancora non hai messo il primo abito?
 
Mulan guardò la sua collega distrattamente. Doveva ricordarsi di rispondere immediatamente, quando la chiamavano con il nome della sua copertura. Possibile che ancora non si era abituata ad esso? Si era chiesta spesso se il “Capitano” conoscesse il significato del nome che le aveva scritto sui  documenti falsi.
 
“Mei Jing, Bella e Perfetta! Se voleva farmi un complimento non poteva trovare niente di meglio, ma conoscendo i suoi scopi credo sia stata una felice trovata la sua!”
 
Che tipo il “Capitano”! Non aveva conosciuto mai nessuno come lui! Uno stratega eccellente, pieno di talenti, geniale e perfezionista. Il suo unico difetto? A Mulan veniva da ridere se ci pensava. Si, il suo unico difetto era ciò che lo rendeva umano. Era un uomo innamorato! Certo lui non le aveva fatto confidenze in merito, figurarsi! Era così professionale e metodico!
Guardando le meravigliose mise che lui stesso aveva disegnato e che tra poco lei avrebbe indossato, l’Agente Mulan Chang, pensò che le avesse disegnate immaginandole addosso alla donna che amava. Avevano la stessa taglia in fin dei conti e sarebbero stati magnificamente sul longilineo corpo di quella fortunata ragazza!
 
Si decise a prendere il primo abito. Un abito da giorno, adatto per andare in ufficio in modo formale. Poi avrebbe indossato la mise da pomeriggio, seguita da quella da cerimonia, poi da quella adatta per una serata elegante ed infine quella che avrebbe indossato con più imbarazzo. Le riecheggiarono nella mente le parole del Capitano, le sue istruzioni e i suoi suggerimenti.
 
“Come diavolo ho fatto a finire in questa situazione?”
 
Come aveva fatto? Lo sapeva benissimo come! Le era bastato rispondere ad un questionario per una selezione di Agenti Speciali. Credeva che la Squadra Segreta di Captain Hook fosse solo un nomignolo goliardico! Cavoli! Era una vera squadra! Captain Hook esisteva veramente, anche se si comportava come un fantasma. Appariva e spariva!
 
Si spogliò completamente per indossare l’abito.
 
“Che accidenti di modo di fare! Possibile che le modelle devono stare nude sotto gli abiti che indossano?”
 
Non che Mulan fosse una giovane particolarmente pudica! Era qualcosa che veniva direttamente dalla sua educazione, ma sapeva che per far scivolare meglio sulle curve gli abiti, senza mostrare segni antiestetici, si dovesse fare a meno dell’intimo.
 
“Il colmo è che l’intimo sarà l’ultima mise! Maledizione! Così succinto e su quei sandali alti come un grattacielo! Voglio vedere se riuscirò a fare quello che mi ha ordinato! Ci metterei lui su quei tacchi!”
 
Guardò con disprezzo il micro bichini rosso tempestato di perline, associato ad una mini vestaglietta a Kimono, in seta floreale, della stessa tonalità. Storcendo la bocca allungò le braccia per prendere la prima mise.
Indossò l’abito blu con piccoli puntini bianchi e un colletto egualmente bianco. Infilò le decolleté blu e si guardò allo specchio.
 
“Non male direi!”
 
Camminò verso lo specchio, mettendo un piede davanti all’altro, come le avevano insegnato. La stoffa leggera della gonna si muoveva intorno alle sue ginocchia e, con quella postura e quel passo, acquistava un portamento elegante e sexy allo stesso tempo, ancheggiando sinuosa come una vera modella.
 
Non avrebbe mai pensato, quasi un anno prima, che sarebbe arrivata fin lì. Si rimirò ancora, ruotando su se stessa, e credette di vedere finalmente cosa “Lui” avesse visto in lei quel giorno di metà ottobre dell’anno precedente …
 
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Accademia di Quantico. Metà ottobre 2008
Erano già un paio di mesi che l’Agente Mulan Chang era stata convocata dal suo Comandante e incaricata di proteggere la giovane Emma Swan. Dopo il rapimento e il lungo ricovero in ospedale, per minacce d’aborto, Emma era stata dimessa, ma Mulan era rimasta al suo fianco, vivendo nella stessa casa della Famiglia Frozen. Pochi giorni dopo le dimissioni della sua protetta, l’agente orientale aveva ricevuto la chiamata dal Comandante Shatneer che le aveva ordinato di rientrare immediatamente alla base di Quantico, appena fosse giunta la sua sostituta a casa Frozen.  
 
Aveva incontrato il Comandante lungo il corridoio che portava al suo studio e sembrava avere molta fretta.
 
– Agente Chang, venga immediatamente nel mio ufficio. Per il resto della giornata è esentata dalle sue mansioni!
 
“Addirittura esentata per il resto della giornata?”
– Sissignore!
 
L’uomo, camminando silenziosamente davanti a lei, le aveva aperto la porta del proprio ufficio, invitandola ad entrare.
Seduto su una delle due poltroncine davanti alla scrivania, c’era un uomo dai capelli castani e lunghi fino al collo, con una giacca di pelle scamosciata. L’uomo le dava le spalle. Lei lo riconobbe dalla corporatura robusta e dall’altezza. L’uomo si alzò e si voltò verso di lei.
 
 – Agente Mulan Chang … già conosce l’Agente Scelto Sebastian Jefferson, già Sergente dei Marines!
 
Il Sergente si portò verso di lei e allungò il braccio per darle la mano in segno di saluto. Mulan ricordava la ferrea stretta di Jefferson dalla prima volta che lo aveva incontrato, la ricambiò con la sua, egualmente ferrea. Già la prima volta che si erano scambiati quel saluto, il giorno che lui stesso l’aveva accompagnata all’ospedale da Emma Swan, per lei era stata la conferma che un tipo di quel genere potesse venire giusto dai Marines, se non fosse stato per la lunghezza sbarazzina dei capelli.
 
“Decisamente un bel tipo!”
– Si sieda Agente Chang! Il Sergente è venuto per parlare con lei. Vi lascio soli, ma sappia che avrà in ogni caso il mio permesso!
“Permesso? Per che cosa?”
 
La domanda di Mulan rimase sospesa nella sua mente e il Comandante Shatneer li lasciò veramente soli.
 
L’Agente Scelto Jefferson si voltò verso la scrivania e aprì la ventiquattrore posta su di essa, tirandone fuori alcuni fogli. Mulan li riconobbe immediatamente e l’adrenalina iniziò a scorrerle nel corpo.
 
– Riconosce questo questionario?
– Sissignore! L’ho compilato e firmato pochi mesi fa!
– Esatto! Si ricorda  di cosa si tratta e perché ha avuto idea di firmarlo?
– Certo! È un questionario di manifestazione di interesse e d’intento al reclutamento per missioni speciali e in incognito! I colleghi scherzavano che fosse il passaggio per entrare nella fantomatica Squadra di Captain Hook!
– Fantomatica? Non crede che esista?
– Sembra più una leggenda Signore! Nessuno ha mai visto questo Captain Hook!
– Pensa che se esistesse e guidasse una squadra di specialisti in incognito andrebbe a sbandierare in giro la sua faccia?
– N..no Signore. Certo che no!
– Ebbene cara Signorina Mulan Chang! Captain Hook in persona ha vagliato le sue risposte al questionario e il suo curriculum, ha saputo dell’ottimo lavoro che sta facendo con la Signorina Swan e intende conoscerla!
– Oh! È un onore Sergente! Mi dica dove e quando!
– Qui ed ora!
– Ora?!
– Si ora! Lei ha risposto affermativamente alla domanda se fosse disposta a partire immediatamente ad una chiamata! La chiamata è adesso!
– Adesso incontrerò Captain Hook?
– Più o meno!
- Più o meno?!
– Lui la vedrà attraverso un monitor, ma lei non lo vedrà! Risponderà a tutte le domande che lui le farà, non ne faccia se lui non glielo consente e obbedisca a ogni suo ordine, anche se le sembrerà un ordine strano o incoerente. Si ricordi cosa ha risposto nel suo questionario. Se vuole lo può rileggere mentre andiamo da lui!
 
Jefferson le diede il questionario e lei lo prese. Non avrebbe avuto bisogno di rileggerlo, aveva un’ottima memoria visiva, ma preferì ridargli una guardata mentre, silenziosamente, si spostavano verso gli edifici al limite dell’Accademia.
Aveva sempre creduto che quelle palazzine fossero in disuso, almeno così sembravano dall’esterno. Dovette ricredersi quando Jefferson la fece entrare nel sotterraneo della seconda. Scesero di due piani sotto terra e quando la porta dell’ascensore si aprì, Mulan si trovò dentro una base attrezzatissima. Contò una decina di operatori, occupati ai vari strumenti. Nessuno sembrò interessato a lei e, con Jefferson che le faceva segno di seguirlo, entrò in una stanza semibuia. Sentì chiudersi la porta dietro di sé, si guardò intorno ma non riuscì a percepire nulla. Anche Jefferson sembrava scomparso.
 
– Benvenuta Agente Chang!
 
Una voce maschile, con un timbro giovanile e profondo e un accento che le sembrò di conoscere, proveniva dall’alto. Sicuramente c’era un altoparlante sulla parete alla sua sinistra!
 
– Lei ha dichiarato che per servire il paese sarebbe disposta a qualsiasi chiamata, per qualsiasi missione e senza il minimo scrupolo! Risponda, è così?
– Sissignore l’ho dichiarato!
– Sarebbe pronta a dichiarare ancora la stessa cosa Agente Mulan Chang?
– Sissignore!
– Si considera disponibile per qualsiasi azione le verrà ordinata?
– Sissignore!
– Le ordino di spogliarsi Agente Chang!
“Che cosa?”
 
Non si aspettava quel tipo di ordine. La stava mettendo alla prova? Si rispose che ovviamente fosse così! Se doveva partecipare ad un’azione sotto copertura avrebbe dovuto affrontare qualsiasi evenienza e l’obbedienza sarebbe stata necessaria.
Suo malgrado iniziò a spogliarsi, in modo piuttosto automatico. Si aprì la giacca del completo con pantaloni e la lasciò cadere a terra, non avendo dove poggiarla, poi iniziò a sbottonare velocemente la camicetta bianca.
 
– Mi scusi Agente Chang! Non avevo specificato. Lo faccia lentamente, in maniera sensuale. Sta per fare l’amore con un uomo sconosciuto e deve fingere di volerlo sedurre!
“Bene! Ancora meglio!”
 
Una prova ardua, ma Mulan non era tipo da arrendersi! Si tolse la camicia lentamente, reclinando la testa di lato e scuotendo poi i lunghi capelli corvini e lisci. Il puntino rosso sul fondo della parete indicava sicuramente la presenza di una telecamera. Probabilmente Captain Hook non era veramente presente. Forse la guardava a distanza, attraverso quella telecamera. Puntò lo sguardo verso quel punto rosso e ammiccò con le ciglia, cercando di fare uno sguardo il più possibile seducente. Iniziò ad accarezzarsi i fianchi  e intanto, lentamente, si tolse le scarpe maschili. Sporgendo il petto in avanti si aprì lentamente la zip dei pantaloni e li scese, sempre con lentezza.  Alla fine, ormai giunti alle caviglie, uscì delicatamente da essi, restando con le mutandine e il reggiseno. Sperò di sentire la voce dire “basta così”, ma quell’ordine non giunse e continuò ad accarezzarsi le braccia e il seno, portandosi poi le mani alla schiena per sganciare il reggiseno. Diede le spalle alla telecamera, mentre faceva scivolare le bretelle lungo le braccia, poi si voltò.
 
“Vuoi tutto lo spettacolo bastardo? Lo avrai se sono i tuoi ordini!”
 
Continuando a mostrare uno sguardo lascivo, Mulan si tolse lentamente le coppe del reggiseno, lasciando in mostra il giovane seno sodo ed alto.
Un suono di porta che si apriva giunse dalla sua destra e, nella poca luce, comparve una figura maschile. Era alto e snello, corpo atletico, un bel torace villoso si poteva notare nella semioscurità. Era sicuramente bruno di capelli. Indossava solo i jeans, niente scarpe.
 
“Cavolo! C’è veramente un uomo con cui devo fare l’amore? Mi sembra un po’troppo per una prova!”
 
L’uomo era di bell’aspetto e dal poco che vide del suo viso, le sembrò di origini latino-americane. Non le disse nulla, ma le fece scorrere le dita della mano, dalla spalla alla mano destra. Era una carezza da preludio amoroso. L’ordine era stato chiaro. Doveva fingere di voler fare l’amore con lui!
 
Il giovane le si portò dietro la schiena, le accarezzò i fianchi e risalì verso il suo seno, stringendolo tra le mani con gentilezza, mentre con le labbra le sfiorava il lato del collo. Pur avvertendo una sorta di scossa e una reazione di eccitazione, Mulan pensò che per lui fosse molto più facile che per lei, ma doveva andare avanti!
Si voltò tra le braccia del giovane e, a sua volta, gli mise le mani sui pettorali, risalendo lungo il collo. Lui chinò la testa per baciarla. Era qualcosa di più intimo, ma lei doveva starci. Lo fece, rispose al bacio. Il giovane stava facendo sul serio. Le inserì la lingua tra le labbra, cercandola con pieno convincimento. Lei, nonostante non volesse, acconsentì e lui le portò le mani ai fianchi, iniziando a scenderle le mutandine e premendola verso il proprio pube che dava evidenti segni di eccitazione.
 
– Si difenda immediatamente da lui Agente Chang!
 
Quell’ordine era arrivato improvviso come un secchio d’acqua gelida. Mulan era già pronta allo scatto, lo era stata fin dall’inizio.
Sicuramente nei colpi di karate che inflisse all’uomo, ci mise anche  il carico dell’indignazione e della rabbia che aveva provato per una simile prova.
Colpì ripetutamente l’uomo, che rispose ai suoi colpi con eguale destrezza, ma alla fine fu Mulan ad atterrarlo, sedendosi sulla sua schiena e torcendogli le mani dietro di essa.
 
– Molto bene Agente Chang! Agente Parrilla si ricomponga e non si lamenti! Ha ottenuto quanto meritava non le pare!
– Sissignore!
 
Per la prima volta Mulan sentì la voce del giovane, che chiaramente era un altro Agente della squadra, che si era prestato a quella prova. L’agente si allontanò da lei, guardandola di sbieco e lanciandole un sorriso malizioso, mentre la guardava ancora nella sua nudità.
 
“Che ti guardi ancora?! Sei fortunato che te ne stai andando! Adesso te le darei di mio, stronzo!  
– Si rimetta il reggiseno Agente Chang.
 
La voce le diede il tempo di rimettere l’intimo e poi le parlò ancora attraverso quell’altoparlante.
 
– Ci sono un paio di sandali alla sua sinistra. Li indossi. Sarà illuminata come su una passerella. Dovrà camminare come una modella ad una sfilata di moda. È pronta?
 
Mulan si sistemò i sandali vertiginosi con un certo disappunto.
 
– Sissignore, sono pronta!
 
Una luce si accese su di lei, illuminando il suo corpo seminudo e il percorso. Non era abituata a portare quei tacchi e barcollò nel camminare, ma si sforzò di fare del suo meglio.
 
– Non ci siamo Agente Chang! Deve imparare a camminare sui tacchi e a muoversi come una modella. I prossimi giorni sarà addestrata per interpretare al meglio questa parte. Il Sergente Jefferson le darà tutte le indicazioni. Partirà appena le verrà ordinato, si tenga pronta in qualsiasi momento. Mi scusi per il tipo di prova, ma come avrà capito era necessario. A proposito, il suo nome in codice sarà Fiore di Loto! Le piace?
“Fiore di Loto? Perché non mammoletta? Si è capito che dovrò fare la bella statuina in questa missione! O peggio … la sgualdrina!  
– Allora? Può rispondere!
– Nossignore! Non mi piace affatto!
 
La voce che fino a quel momento era stata autoritaria e fredda, nonostante il timbro che non lo mostrava, si sciolse in una risata divertita.
 
– Benissimo! Come immaginavo! Ma sono contento per la sincerità! Nonostante lei già da due mesi sia stata inconsapevolmente arruolata nella mia squadra, ora le dico ufficialmente: “Ben venuta a bordo della mia nave Agente Mulan Chang!”
 
Era inserita da due mesi? Questa si che era una sorpresa! Nel momento in cui il Sergente Jefferson l’aveva prelevata dall’Accademia, dove era istruttrice di arti marziali, per affiancarla ad Emma Swan, era entrata sotto l’ala di Captain Hook? Cosa centrava la situazione di Emma con gli scopi della Squadra in incognito?
 
– Riguardo al lavoro con Miss Swan … sarà sostituita per una settimana, in modo da svolgere l’addestramento come modella. Quando tornerà dalla sua protetta non dica nulla di cosa sarà successo durante questi giorni. Mantenga il totale riserbo con chiunque. Inoltre, per qualsiasi cosa che possa accadere a Miss Swan, anche problemi di salute, mi contatti immediatamente! Jefferson le darà il mio numero! Sia pronta alla partenza in ogni momento.  Buona fortuna Fiore di Loto!
 
Perché Captain Hook era così interessato ad Emma Swan? Mulan aveva avuto l’impressione che quell’interesse andasse oltre quello lavorativo. Emma avrebbe dovuto presto testimoniare contro Manguso e i suoi uomini, ma l’intuito dell’agente Chang stava già lavorando di fantasia!
 
I mesi si erano poi susseguiti. C’era stato il processo e, quello stesso giorno, un altro tentativo di rapimento ai danni di Emma, con il ferimento grave degli uomini che la scortavano. C’era stato un nuovo suo ricovero per aver rotto le acque cadendo a terra e poi la tragedia del suo bambino …
 
In quei mesi Mulan si era affezionata sempre di più alla giovane e anche lei la ricambiava di profonda amicizia. Poi, dopo aver condotto brillantemente altri esami per la Facoltà di Psicologia, Emma aveva deciso di sottoporsi al test per entrare all’accademia di Quantico. Era stata bravissima ed era riuscita nel suo intento. Mulan si era ritrovata a farle non solo da guardia del corpo, ma anche da istruttrice. Della chiamata in missione, da parte di Captain Hook, intanto, non aveva saputo più nulla, finché tre mesi prima …
 
 
Era un pomeriggio dei primi di novembre 2009, la sera prima Emma aveva bevuto troppo al Pub, per colpa dell’anniversario della morte di suo figlio, ma in quel momento si stava allenando con l’Agente Istruttore August. Mulan era intervenuta nei loro discorsi e appena Emma si era allontanata, aveva iniziato a dare lei una lezione al collega.
L’allenamento tra lei ed August era stata una buona scusa per punirlo del comportamento che le era sembrato avesse avuto con l’allieva Swan e, alla fine, era servito per avere un chiarimento sui reali sentimenti dell’uomo nei confronti di Emma.
Mulan aveva tirato un sospiro di sollievo nel sapere la verità. August non era interessato alla ragazza e le aveva lasciato intendere che avesse invece un interesse per lei. Mentre usciva dalla palestra, lasciando che August la guardasse andar via, il cuore in petto sembrava voler prendere il volo per quanto le battesse contro il torace! Era da un pezzo che nutrisse forti sentimenti per quel gioviale e bel giovanotto. Nonostante Mulan fosse una tipa integerrima, che cercasse di mettere davanti a tutto il lavoro, quando lo aveva sentito allenarsi con Emma e fare delle allusioni, si era veramente ingelosita e la rabbia le era esplosa dentro con la voglia di dargliene di santa ragione! Fortuna che erano state solo stupide battute, Emma stessa aveva reagito nel modo migliore, ma la gelosia le aveva fatto vedere il marcio anche dove non c’era.
Alla fine era uscita contenta dalla palestra, senza sospettare minimamente cosa sarebbe capitato da lì a pochi minuti.
 
Stava per aprire la porta della sua stanza, togliersi la tuta da ginnastica e fare una doccia, quando si sentì chiamare dalla voce del suo diretto superiore. Era strano che il Comandante Kirk Shatneer si fosse scomodato dal suo ufficio e la cercasse di persona! Non le diede il tempo di fare la doccia e le ordinò di seguirlo nel suo ufficio.
Quando il Comandante aprì la porta, a Mulan sembrò di aver già visto quella scena e, in effetti, non sbagliava. Seduto davanti alla scrivania c’era nuovamente l’Agente Scelto Sebastian Jefferson.
 
– Come immagina Agente, la lascio in buona compagnia, credo già sappia di cosa il Sergente dovrà parlarle!
 
Il Comandante tolse nuovamente il disturbo lasciandoli soli e chiudendo la porta.
Seduti l’uno di fronte all’altra, Mulan vedeva bene che Jefferson la guardasse dalla testa ai piedi, soppesandola con un sorrisetto sulle labbra che la infastidiva non poco. Che aveva da sorridere? Si era accorto di quanto fosse sudata e puzzolente? Se gli avessero dato il tempo di fare una doccia! In fin dei conti lei stava lavorando no? O sorrideva sornione perché la volta precedente l’aveva sicuramente vista fare lo spogliarello richiesto da Captain Hook come prova della sua freddezza e capacità di calarsi in una parte? Se pensava a quella prova e all’Agente Parrilla, che aveva avuto il beneplacito di palparla per bene, prendendoci pure gusto, ancora le saliva la rabbia! Avrebbe potuto sfogarsi su Jefferson se avesse continuato ad insistere a guardarla in quel modo!
 
– Fiore di Loto!
– Winter Soldier!
 
Quello valeva come saluto? Forse si, erano i loro nomi in codice. Chissà se Captain Hook si era inventato anche quello di Jefferson?
 
– Come va con i tacchi?
 
Mulan fece una smorfia storcendo la bocca.
 
–  Ho comprato un paio di sandali con il plateau e mi alleno tutte le sere!
- Il passo sensuale e seducente?
– Agente vuole chiedermi anche delle mie prestazioni sessuali? Se mi sono allenata anche in quello? Se mi manda l’Agente Parrilla le faccio una dimostrazione anche subito, ma poi mi dovete lasciare lo spazio per darvene di santa ragione!
 
Jefferson ridacchio divertito. Era palese che a Mulan ancora rodesse per la performance imposta la volta precedente!
 
– Il Capitano doveva chiamarti “Lingua tagliente” non Fiore di Loto!
– Si, lo avrei preferito di gran lunga!
 
Jefferson seduto mollemente sulla poltroncina, si accarezzava il mento con indice e pollice e continuava a ridacchiare divertito, poi si ricompose, diventando serio.
 
– Almeno sul tuo temperamento ha visto giusto!
– Ci diamo del tu Winter Soldier?
– Nella Squadra diamo del tu anche a Captain Hook, Mulan, non vedo perché non dovremmo!
– Se sei qui significa che è giunto il mio momento!
– Perspicace, aggressiva e bella! Si Mulan! È il tuo momento. Tieni!
 
Portandosi la mano nella tasca della giacca scamosciata, Jefferson tirò fuori un passaporto e glielo porse.
Mulan lo aprì incuriosita. C’era la sua foto tessera e i dati della sua nuova identità. Li lesse ad alta voce.
 
– Mei Jing, nata a Pechino il 21 Marzo 1985. Residente a Dublino, professione modella … Lo sai che il nome che mi avete dato significa bella e perfetta?
– No! Non parlo cinese. Ma il Capitano non fa mai nulla a caso, lo avrà saputo di sicuro!
– Questo passaporto è perfetto, non sembra un falso!
– Già! Il Capo ha mille talenti!
- Non mi dire che è opera sua!
– Se non vuoi non te lo dico!
– Winter Soldier lo sai che hai una gran faccia da schiaffi?
– Si! Ho questa dote!
 
Mulan volse gli occhi al cielo, mentre Jefferson si stiracchiava ammiccando.
Poi, improvvisamente, con uno scatto felino, l’uomo si rimise in piedi.
 
– Come ti ho informata l’altra volta, sarai una modella. Figlia di due immigrati, proprietari di una lavanderia a Dublino. In questo fascicolo c’è tutta la tua vita fittizia da imparare. Da adesso sei Mei Jing. Portati il necessario per partire con l’aereo delle 22,00 per Dublino. All’aeroporto ti attenderà una nostra agente. Lei penserà ad alloggiarti e al resto. Ti farà conoscere lo stilista dublinese che verrà con te a Hong Kong e il resto dei tuoi colleghi.
 
– Tu non vieni in Cina?
 
Jefferson sbuffò.
 
– A me mai un po’ di divertimento! Lo avessi saputo sarei rimasto nei Marines! Il Capitano mi vuole qui per sbrigare altre faccende! Magari se fossi stata una bella ragazza mi inseriva come modella!
 
Le fece l’occhiolino e Mulan sorrise con l’angolo della bocca, poi vide lo sguardo di Jefferson rabbuiarsi in un cipiglio preoccupato.
 
– Mi raccomando Agente Speciale Chang … Abbi cura di te! Non sarà solo una passeggiata sulla passerella! Le tue capacità saranno messe tutte alla prova! Entrerai nel mondo della mafia cinese e del traffico di oppio. Dovrai proteggere te stessa e i tuoi compagni, loro faranno lo stesso per sé e per te. Buona fortuna!
 
Le aveva dato una forte pacca d’incoraggiamento sulla spalla e poi era andato via, lasciandola nella stanza, con quel fascicolo in mano.
Non le era rimasto altro da fare che fare finalmente quella doccia rilassante.
                                                                                      …
Si era soffermata sotto il getto d’acqua a pensare. Ormai non poteva più tirarsi in dietro. Doveva partire e lasciare August.
 
“Lasciare?!”
 
Non che stessero insieme in fin dei conti! Lui neppure sapeva dei sentimenti che lei nutrisse nei suoi confronti!
Finì di lavarsi. Si rivestì e preparò l’indispensabile buttandolo in un borsone. Ci mise dentro anche il fascicolo e il passaporto falso. Guardò l’orologio. Erano le 19,30. L’aereo per Dublino sarebbe partito alle 22,00 dall’aeroporto internazionale. Aveva ancora un po’ di tempo e un’ultima cosa da fare.
Uscì di fretta dalla sua stanza e quasi di corsa si avviò verso la sezione degli uomini. Forse lui era ancora nella sua stanza, forse ancora non era andato a cena alla mensa! Doveva provarci!
 
Con il cuore in gola si trovò davanti alla porta di August. Non voleva pensare alle conseguenze del suo intento, a cosa lui avrebbe pensato, detto o fatto! Doveva vederlo un’ultima volta! Bussò imperiosamente alla porta ed August l’aprì quasi immediatamente. Era ancora in pantaloncini e a dorso nudo. Sicuramente anche lui si era fatta una  doccia e, dal profumo del dopobarba e dalla pelle del viso leggermente arrossata, si capiva che si era rasato di fresco.
Lui sgranò gli occhi per la sorpresa e sulle sue labbra si stese un sorriso di gioia.
 
– Mulan?! Che ci fai qui?
 
Lei non chiese nemmeno il permesso di entrare e gli passò di fianco.
 
– Ma prego! Fai come fossi nella tua stanza!
 
August richiuse la porta dietro di sé e la guardò interrogativamente con le sopracciglia alzate e le mani sui fianchi.
 
– Voglio fare l’amore con te August, fosse l’ultima cosa che faccio!
 
Lo aveva spiazzato di sicuro con quel suo modo diretto di dirgli cosa volesse. Lui era rimasto a bocca aperta e con gli occhi sgranati. Poi, distogliendo lo sguardo, imbarazzato, si grattò la testa.
 
– Wow! Scusa tesoro, ma dall’uscita dalla palestra hai scoperto di avere un malanno allo stadio terminale o che diavolo d’altro?
– Niente di questo! So solo che ti voglio …
 
Così diretta Mulan sentì alla fine della frase l’imbarazzo e il timore che lui non provasse i suoi stessi sentimenti e che forse in palestra avesse capito male. Abbassò lo sguardo e le sue guance d’avorio presero una tonalità rosata.
 
– Sempre se anche tu mi vuoi August …
- Accidenti Mulan! Se ti voglio?! Dio solo sa da quanto ti voglio! Ma così su due piedi mi hai lasciato di sale! Non è da te … o meglio! Essere diretta sicuramente è da te! Ma non me lo aspettavo! Io …
 
Lei gli si avvicinò svelta e gli cinse il collo con le braccia.
 
– Non dire altro allora!
 
Gli chiuse le labbra dolcemente con le sue, mentre anche August le portava le braccia intorno alla vita, stringendola, incredulo, al suo torace. Si baciarono teneramente e ripetutamente, assaporandosi, conoscendosi, guardandosi negli occhi per avere ancora conferme e poi …
Poi fu la cosa più naturale amarsi, accarezzarsi, esplorarsi reciprocamente, usare le mani non per lottare, ma per sentire il reciproco calore, per darsi reciprocamente piacere. Fu quello, fu piacere, fu gioia … fu amore!
 
– I tuoi capelli sono lisci come seta nera Amore! Non smetterei mai di accarezzarli e non smetterei mai di guardare i tuoi occhi da cerbiatta, così dolci e misteriosi! Sei bellissima Mulan! Non mi sembra ancora vero che sei qui con me!
 
August, allungato di fianco a Mulan, poggiato sul braccio sinistro, mentre lei era ancora distesa sul suo letto, continuava ad accarezzarle i lunghi capelli e l’ovale del viso, con lo sguardo innamorato e trasognato. Era stato così bello quel loro momento! Un momento che per Mulan sarebbe stato eterno nei suoi ricordi.
Con il piede destro scorse sulla gamba distesa di August, accarezzando, contemporaneamente, con la mano, la sua guancia appena rasata e profumata del suo inconfondibile dopobarba.
 
– Sono qui August! Sono qui solo per poco …
- Aspetta Mulan! Cosa è successo? Non mi vorrai dire che è una toccata e fuga questa! Non ci sto a fare da uomo oggetto sappilo! Ora mi hai compromesso e mi devi sposare lo sai vero?
 
August aveva capito perfettamente che Mulan doveva andare via. A loro Agenti capitava di avere improvvise chiamate. Sapeva che lei non avrebbe potuto dirgli molto. Ma l’idea di perderla, proprio ora che finalmente avevano avuto quel momento tutto per loro e, se tutto fosse andato bene, di non vederla per chissà quanto, gli lacerava il cuore. Aveva voluto sdrammatizzare con quelle battute finali, ma, in quello che aveva detto, l’ultima parte era veramente un suo desiderio.
Mulan sorrise e lo baciò nuovamente con passione, ricambiata immediatamente.
 
– Sei stata chiamata! 
- Si August!
– Quando parti?
– Tra meno di due ore!
– Cazzo! Così presto?! Non passeremo neppure questa prima notte insieme!
 
August si era ributtato sulla schiena guardando il soffitto. Lei si sollevò sul gomito verso di lui.
 
– Riprenderemo direttamente dalla seconda August!
 
Si sporse sul suo viso, con i capelli neri che gli lambirono il petto e suggellò quella specie di promessa con un altro lungo bacio.
 
– Devo andare ora, devo prendere un aereo. Sai che non posso dirti nulla della missione. Non ho fatto in tempo a salutare Emma, ho preferito venire da te e passare quest’ultimo tempo così. So che sarà una missione pericolosa August e non volevo avere rimpianti.
– Rimpianti Mulan? Il rimpianto lo avrò io se ti fai capitare qualcosa! Promettimi di stare attenta e di tornare sana e salva!
– Farò del mio meglio! Di ad Emma che la saluto, che non potrò chiamarla e che non provi a cercarmi!
 
August annuì con la testa.
 
– Ti amo Mulan!
 
Mulan non aveva risposto a quella dichiarazione, non aveva risposto nulla. Aveva sorriso e le si erano inumiditi gli occhi. Non si era sentita di dirgli la stessa cosa, voleva farlo al suo ritorno!
……
 
Il volo era stato tranquillo e quando l’aereo atterrò all’aeroporto internazionale di Dublino, uscendo con il suo borsone e il solito completo giacca e pantaloni, fu individuata immediatamente dalla collega che Jefferson le aveva annunciato. La donna era di bella presenza, alta, longilinea, con i biondi capelli raccolti. Vestiva in modo sobrio e poteva avere due o tre anni più di lei. Mulan immaginò che avrebbe potuto interpretare la modella anche lei.
 
– Sono Gretel Sweethome, il tuo contatto a Dublino. Benvenuta!
 
L’agente irlandese, sicuramente lo era, sentito il suo accento, allungò la mano verso di lei per presentarsi e Mulan le diede la propria presentandosi a sua volta.
Gretel aveva in effetti ventisei anni, da quanto confidò a Mulan durante il tragitto in macchina. Aveva una bambina di quattro anni, ma non era sposata. Per la verità il padre di sua figlia non l’aveva riconosciuta legalmente e a lei la cosa non aveva importato più di tanto, visto che alla fine non aveva una grande stima dell’uomo che le aveva fatto credere lucciole per lanterne! Lavorava per Captain Hook già da tre anni e si barcamenava tra lavoro ed impegni materni, con l’aiuto di una cara amica vicina di casa che credeva lavorasse come segretaria per un’Agenzia Assicurativa internazionale. Con la scusa di dover seguire il capo per i suoi spostamenti all’estero, poteva giustificare alla sua amica le sue, spesso lunghe, assenze.
Gretel la condusse a casa sua. Erano circa le 10 di mattina e già aveva portato la sua bambina all’asilo, prima di andare all’aeroporto a ricevere la cinese.
 
– Questa è lei?
 
Mulan aveva visto la foto di una bambina, seduta sulle ginocchia di Gretel, con i codini castani e un gattino in braccio, nell’ingresso del luminoso appartamento. Gretel, orgogliosa, prese la cornice e con un sorriso tenero, dipinto sul viso, confermò.
 
– Si è la mia Tilly! È adorabile sai!
– Mi sembra una bimba molto sveglia, ha lo sguardo intelligente!
– Vero?! Già sa leggere e scrivere! I suoi insegnanti mi hanno detto che vorrebbero anticipare l’entrata al livello successivo!
 
L’orgoglio e l’amore materno che il viso di Gretel sprigionava erano commoventi per Mulan. Sua madre era morta quando lei era piccola e l’aveva allevata suo padre. Si chiese se sua madre fosse mai stata così orgogliosa di lei o se lo sarebbe stata ora, a saperla Agente Speciale in missione sotto copertura. Non aveva potuto dire nulla nemmeno a suo padre di quella missione e alla fine non avrebbe saputo comunque nulla nemmeno sua madre, se pur fosse stata ancora in vita. Fece un sorriso a Gretel e questa, rimettendo al suo posto la foto, riprese il discorso che avevano interrotto prima.
 
Come aveva voluto il Capitano, Gretel rifornì Mulan dell’equipaggiamento necessario ad una top model e le diede ulteriori dettagli sulla missione.
 
La Squadra di Captain Hook stava lavorando in collaborazione con la D.E.A. Dall’estate 2008 avevano individuato un grosso narcotrafficante Colombiano. Avevano prove schiaccianti contro di lui. Il Capitano era riuscito, in seguito ad un capillare lavoro da infiltrato a fargli saltare la più grossa spedizione di Cocaina che si fosse mai vista, per gli States, ma non aveva dato ancora ordine di farlo arrestare, poiché il Boss colombiano era in affari con un potente Tai Pan di Hong Kong. Le informazioni di Captain Hook erano precise, si sapeva che in quel novembre dovesse partire un grande quantitativo di Oppio dalla Cina per la Colombia, con essa i colombiani avrebbero tagliato la Cocaina e poi l’avrebbero immessa sul mercato. La missione consisteva nello scoprire la data della spedizione, trovare le prove del coinvolgimento del Tai Pan Li Yu Wong e poi procedere all’arresto di tutti i narcotrafficanti coinvolti.
Gretel stessa aveva contribuito a tracciare una sorta di mappa dei punti strategici che quei delinquenti usavano per i loro scambi commerciali e anche l’elenco dei Capi più potenti era ormai compilato. Con quell’ultima operazione, se tutto fosse andato per il verso giusto, si sarebbe eliminato oltre il 65% del narcotraffico mondiale. Un gran successo per Captain Hook e la sua squadra segreta!
 
– Come prende spazio il mio ruolo di modella nell’operazione?
– Ti spiego subito Mei Jing, ti chiamerò così da ora in poi, così ti abitui a rispondere quando ti chiamano. Il Tai Pan gestisce alcune case di alta moda ad Hong Kong e, guarda caso, per la metà di novembre di ogni anno, organizza una sfilata internazionale. Sappiamo che tutto copre il suo vero scopo. Grazie alla moda, al commercio di abiti, al flusso di modelle, lui ricicla il denaro sporco. Inoltre, da quanto abbiamo scoperto, non disdegna di lucrare anche sulla prostituzione di molte modelle. Usa spesso le sue ragazze per festini con altri capi del narcotraffico, non disdegnando orge a base di sesso e cocaina. Sarà lì che entrerà in scena la “bella e perfetta” Mei Jing! Dovrai sedurlo!
“Me lo sentivo che dovevo fare la sgualdrina! Per di più con un vecchio porco bavoso!”
– Un giovane stilista emergente irlandese presenterà i suoi capi alla sfilata internazionale di Hong Kong. Tu sarai una delle sue modelle. Dovrai indossare solo cinque mise sulla passerella. Il Tai Pan sarà lì a guardare. Tu dovrai avere movenze seduttive quando sarai davanti a lui, fargli capire che ti interessa. Gli piacciono parecchio le donne, ma ha una predilezione per quelle della sua etnia. Secondo il Capitano tu sei perfetta sotto ogni profilo. Il fatto di parlare il cinese, oltre esserlo veramente, ti faciliterà nel contatto con il Tai Pan.
– Dovrò vederlo prima, o non saprò chi è. Avete delle sue foto?
– Ovviamente! Andiamo all’Agenzia. Conoscerai lo stilista e ti farò vedere le foto del Tai Pan.
– Lo stilista è informato del fatto che io sia  un agente infiltrato?
– Ovviamente! Come potrebbe collaborare altrimenti?!
 
Prima di recarsi all’ Agenzia di moda, Mulan fu costretta a vestirsi come una modella. Gretel le sistemò trucco e parrucco e le impose un tubino nero che appena le copriva i glutei.
Mentre Mulan si guardava allo specchio, così snella e altissima su quei tacchi vertiginosi, cercando di allungarsi il più possibile l’abito sul sedere. Gretel sorrideva soddisfatta.

– Sopra ci metteremo questo cappotto lungo, beige, farà un bel contrasto con il mini abito e quegli stivali oltre il ginocchio! Sembri una vera modella Mei Jing! Sei bellissima! Folgorerai  Li Yu Wong! Ne sono sicura!
– Fosse per me lo folgorerei a colpi di Karate.
– E lui risponderebbe egualmente a colpi di Karate mia cara! Sappiamo che è un esperto in arti marziali! Per diventare Tai Pan ha sfidato altri Capi Clan in quel modo e ha vinto lui!
– Ma da quanti anni è Tai Pan?
– Oh! È diventato Capo dei Capi all’età di 22 anni, molto giovane! Sono passati quasi quattordici anni e nessuno lo ha spodestato da allora!
– Quattordici anni? Vuoi dire che ha …
- 36 anni ovviamente!
– Pensavo fosse un vecchio bavoso! Invece è un giovane bavoso!
 
Gretel scoppiò a ridere.
 
– Potresti scoprire che non sarà un grosso sacrificio sedurlo Mei Jing!
 
Che voleva dire con quella frase l’Agente Gretel Sweethome?
 
Attraversarono con l’auto di Gretel quasi la metà di Dublino prima di arrivare alla palazzina al cui angolo si apriva un’ampia porta a vetri. Era una palazzina a tre piani, adibiti tutti ad ospitare diversi tipi di agenzie.
Al lato del grande portone a vetri c’erano le varie insegne. Mulan lesse i nomi delle diverse agenzie. Tutte internazionali. Andavano dall’Agenzia di viaggi, a quella Assicurativa, a quella di Consulenza finanziaria  e infine ad un’Agenzia internazionale per l’espansione della moda irlandese.
Al piano terra c’era l’agenzia di viaggi. Gli impiegati sembravano conoscere bene Gretel e guardarono Mulan incuriositi. Uno degli impiegati fece un cenno con la testa a Gretel, indicando una porta, mentre intanto serviva una giovane coppia di clienti che stava prenotando per il loro viaggio di nozze. A Mulan sembrò strano che Gretel passasse per quell’agenzia, entrando in un’altra stanza del suo interno. Ma appena fu nella nuova stanza, capì che tutto l’edificio doveva nascondere altro. In quella nuova stanza c’era un ascensore che portava direttamente nel sottosuolo.
 
– Ora ti presenterò Mister Colin O’ Donegal, lo stilista che ti dicevo!
 
Mulan aveva capito ormai che quella fosse la base irlandese della Squadra di Captain Hook, camuffata dalle varie Agenzie dei piani superiori.
Quando l’ascensore si aprì si trovarono in un piccolo ingresso con un robusto uomo vestito elegantemente in nero. Aveva un auricolare all’orecchio, collegato con un filo a molla che gli finiva nella giacca: una ricetrasmittente. Mulan ne aveva una certa dimestichezza.
 
– Sono arrivate Capo!
 
L’uomo aveva parlato piegando la testa verso il bavero della giacca. Sicuramente ricevette la risposta di farle entrare, infatti indicò la porta che proteggeva con la sua grossa mole.
La porta si aprì con un gesto impercettibile dell’uomo, al disotto della sua scrivania e, davanti agli occhi di Mulan, apparve una stanza piena di monitor, con cinque agenti impegnati a lavorare alle tastiere. Gretel salutò, ricambiata, i presenti e busso alla porta seguente.
 
– Avanti!
 
Quella voce Mulan credette di averla già sentita. Gretel aprì anche quella porta e Mulan vide una sedia ergonomica davanti ad una lunga scrivania semicircolare, con quattro enormi monitor poggiati su di essa.
 
– Mister O’ Donegal? Le presento Miss Mei Jing!
 
Mulan vide la sedia ruotare verso di lei, rivelando l’aspetto del giovane stilista emergente.
Che Mister Colin O’Donegal fosse un nome fittizio, Mulan lo aveva sospettato nel momento in cui erano entrate nel sotterraneo, ma non avrebbe mai immaginato di vedere davanti a sé quel giovanotto di appena una trentina d’anni!
Nonostante fossero passati mesi da quando l’aveva visto la prima volta e nonostante allora portasse una barba che gli copriva quasi tutto il viso, riconobbe immediatamente i bei lineamenti e gli straordinari occhi azzurri del giovane che aveva portato di persona quel meraviglioso fascio di rose rosse a gambo lungo ad Emma Swan, quando era stata ricoverata in ospedale dopo la disavventura con Milah Gold. Era stata proprio lei, di guardia ala porta della stanza, ad accogliere il giovane.
Mister Colin O’ Donegal era Killian Jones, “l’amico speciale” di Emma! Questo era il suo vero nome! In un attimo a Mulan si accesero tante luci nel cervello. Era ovvio ora l’interesse di Captain Hook per Emma Swan! Killian Jones era Captain Hook e visto tutta la situazione di operazione in incognito, era sicura che oltre aver preso il nome di copertura di Colin O’Donegal, in un’altra situazione avesse preso il nome di Kim Steward.
 
– Benvenuta Fiore di Loto!
– Bentrovato Captain Hook!
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 Boston metà Dicembre 2009
Emma Swan aveva passato tutta la notte a rimettere insieme le tessere del suo puzzle mentale. Ormai si sentiva certa che Kim Steward fosse Killian Jones. Pensando e ripensando agli avvenimenti degli ultimi mesi e alla notizia sentita al telegiornale quella sera, aveva fatto combaciare anche le due tesserine riguardanti la Colombia e la Cina. Killian non era andato ad aprire una succursale della sua Agenzia Assicurativa! Sicuramente aveva aperto una “succursale” della sua Squadra speciale! Chissà che lavoro capillare aveva dovuto compiere per trovare le prove inconfutabili sul Boss Antonio Santa Cruz! Dalla Colombia era tornato e si erano sentiti telefonicamente, per la questione del bracciale con la Fenice,  e giusto per sapere che stava ripartendo ancora. Chissà quante volte era andato e venuto, senza farglielo sapere! In fin dei conti era stato chiaro sull’impossibilità di sentirsi! Certo aveva messo la scusa che in Colombia si trovasse in una zona senza copertura! Che doveva dirle? La verità? Non poteva! Ora, realizzando che fosse un abile ingegnere, informatico dall’età di 17 anni, figuriamoci se non aveva i mezzi per prendere contatti con chicchessia!
 
“Santo Dio che ingenua che sono stata! Il corso all’accademia almeno mi ha dato una svegliata! Non avevo nemmeno mai pensato all’esistenza di questo mondo, a parte per quello che si sente in televisione o si legge dai giornali! Sicuramente Jefferson sa tutto di Killian, anche dove si trovi in questo momento. Quel tizio … Santa Cruz, era collegato alla mafia cinese. Probabilmente Killian è andato in Cina come in Colombia. Il notiziario diceva che con l’arresto del Tai Pan cinese, la D.E.A. ha dato un grosso colpo a oltre il 60% del narcotraffico mondiale! Se è così Killian dovrebbe tornare a giorni! Chissà se parla anche cinese? Altrimenti avrebbe avuto bisogno di agganci cinesi che lo aiutassero! Mio Dio! Agganci cinesi?! Mulan è partita improvvisamente senza neppure salutarmi. August ha detto per una missione importante e segreta. Probabilmente nemmeno lui sapeva dove! Ma ormai qualcosa mi dice che, come lei desiderava, è stata arruolata nella Squadra di Captain Hook! Spero di rivedere presto anche lei!”
 
Ormai nella mente di Emma il quadro era completo, a parte qualche dettaglio ancora sfocato. Poi ricordò la notizia riguardo Robert Gold e le passò un brivido per la schiena.
 
“Il notiziario diceva che Gold è morto in seguito ad una feroce sparatoria che ha coinvolto anche degli agenti in incognito! Signore ti prego, ti prego! Fa che non centrino Killian e Mulan! Non può succedergli qualcosa ora che l’ho ritrovato! Sarebbe troppo assurdo e crudele! Devo rintracciare Jefferson! Lui sa tutto! Questo pomeriggio quando sono finita contro il suo Suv mi ha chiesto se ero ancora preoccupata per il mio amico in Cina … maledizione! Potevo chiedergli qualcosa in quel momento, anche se ancora non avevo capito! Lui di certo sa! Potrei chiedere anche a mia cugina Elsa, se suo cognato è tornato dal viaggio in Cina, ma se fosse successo veramente qualcosa forse ancora la D.E.A lo tiene riservato alla sua famiglia! Jefferson è l’unico che mi può dare risposte! Dirò a Lorna che ho bisogno di parlargli. Domani mattina la vedrò a lezione, devo portarle la relazione che ci ha chiesto. Si, domani mattina vedrò di rintracciare l’Agente Scelto Sebastian Jefferson!”
 
Quando la sveglia suonò alle 6,30 della mattina seguente, Emma non poteva dire di aver dormito nemmeno un’ora intera. Era un fascio di nervi. Se ne accorse anche sua zia Ingrid, quando vide che non era riuscita nemmeno a sorseggiare il suo bicchiere di latte. Non era da Emma non mangiare! Aveva cercato di rifilarle un panino al prosciutto da portarsi dietro, ma la ragazza era filata via dalla porta, con i jeans infilati negli stivali, il giaccone ancora sbottonato, buttandosi sulla spalla la tracolla piena delle sue carte.
Ingrid ed Anna si erano guardate in viso perplesse. Emma non le aveva nemmeno salutate!
 
– Peccato! Finirò io i biscotti di Emma!
– Anna! Controllati! Ultimamente stati mangiando più del solito! Il vestito da sposa non ti entrerà più, di questo passo!
– Mmmmgnamm  ho un metabolismo veloce Mamma! Sono addirittura dimagrita  da quando abbiamo stabilito la data con Kris!
 
Ingrid scosse la testa, arrendendosi al tono sempre gioioso e ottimista della sua figlia minore.
 
***
 
– Avete fatto un buon lavoro tutti e tre! Il tuo, allieva Swan, è anche degno di lode! Olden! Tu devi sottolineare maggiormente i dettagli, mentre tu Graham devi prestare una maggiore sensibilità al pensiero del killer. Devi esercitarti di più nell’empatia. So che non è facile essere empatici con uno psicopatico che ha mangiato parti dei corpi che ha violentato e ucciso, ma si può fare, se ritroviamo in lui la parte infantile. I suoi bisogni delusi e traditi di bambino. So che farai meglio la prossima volta … Questi fascicoli che vi lascio ora sono più complessi. Leggeteli attentamente e tracciate il profilo del criminale a voi assegnato. Essendo un lavoro più complesso, vi do una settimana per consegnarmelo. Buon pomeriggio!
 
Lorna Stone raggruppò le sue cose sulla scrivania, pronta per lasciare la stanza, seguendo i suoi tre allievi. Quando sollevò lo sguardo si accorse che Emma era rimasta in piedi vicino alla porta.
 
– Emma?! Hai bisogno di parlarmi? La nostra seduta è tra una settimana!
 
Dall’espressione della ragazza aveva capito che non si trattasse di qualcosa legato alle lezioni, bensì di qualcosa di più personale. Ricordò un momento della sera prima, quando lei e Sebastian si erano ritrovati a preparare insieme la loro cena.
---o---
Affiancati al tavolo, lei puliva le carote, mentre Seb tagliuzzava il sedano. Era adorabile quando cucinava con lei, mettendosi quel grembiule a grandi fiori. Lei rideva tutte le volte che lo indossava. Non gli donava di certo quel piccolo grembiule femminile su quel muscoloso e alto corpo mascolino! Lui, per scherzare, le parlava in falsetto, inscenando un cuoco gay, ma dopo la faceva sempre ricredere, specie come la sera prima, quando dopo la sua ennesima battutina, lui l’aveva sfidata e l’aveva presa sul tavolo, tra gli ortaggi che erano finiti in buona parte per terra.
Dopo aver fatto l’amore sul tavolo, avevano avuto un bell’appetito e si erano sbrigati a cucinare una bistecca per uno, con l’insalata di ortaggi che avevano recuperato e lavato.  Era stato mentre mangiavano con gusto che Seb le aveva detto di aver quasi investito Emma quel pomeriggio, quando era andato all’Accademia per prendere lei.
Le aveva detto che era molto distratta in quel momento e aveva un’aria preoccupata. Lorna gli aveva raccontato delle domande fatte a lezione.
 
– Dici che la piccola Swan abbia iniziato ad intuire la verità su Kim?
– Non so Seb! Devo dire che è molto dotata! Studia molto, è la prima del corso in verità ed ha un intuito ed una perspicacia fuori dal comune. Ha un vero talento per scoprire se il tizio che ha di fronte mente. Certo quando stava con Kim, lui era bravissimo nella copertura e lei troppo innamorata per essere lucida! Ma ora, con le conoscenze acquisite e la lucidità … si,  potrebbe capire da un momento all’altro se trova elementi per fare collegamenti!
---o---
Lorna riportò l’attenzione sulla sua allieva.
 
– Dimmi Emma …
- Lorna ho immediato bisogno di parlare con l’Agente Jefferson! Solo tu puoi aiutarmi a rintracciarlo!
– Vuoi che contatti di nuovo il tuo amico Killian?
– Lorna ti prego! Io non so a che livello tu sia coinvolta in questa situazione, non te lo voglio nemmeno chiedere, perché so che non potresti rispondermi! Ho capito che Kim non è mai morto e che ha fatto in modo di essermi vicino con la sua vera identità!
 
Lorna gettò uno sguardo fuori dalla porta, preoccupata che qualcuno potesse sentire. Chiuse la porta e prese Emma per un braccio, facendola spostare verso la scrivania.
 
– Non si può parlare di certe cose, senza essere sicuri che non ci siano orecchi indiscreti! Non so fino a che punto tu abbia capito! Ma qui c’è di mezzo un’operazione molto importante! Io stessa non sono coinvolta, anche se si, ammetto di aver conosciuto Kim e di non avertelo potuto dire subito. Ovviamente non era il suo vero nome. Era fuggito da casa falsificando lui stesso i documenti. L’ho conosciuto perché fui chiamata per farlo parlare. Era un osso duro il ragazzino! Si, era lui il diciassettenne che ti ho detto ieri. Non posso dirti altro per il momento. Mi dispiace per il dolore che ti ha provocato, lui stesso mi aveva fatto chiamare da Jefferson quella terribile notte perché era preoccupato per te. Sapeva di averti spezzato il cuore! So che ci tiene tantissimo a te. Aspetta che sia lui a dirti tutto! Ti ha mentito suo malgrado, credo tu ormai lo abbia capito!
 
Emma aveva avuto delle conferme da Lorna riguardo a quanto aveva intuito durante la nottata insonne, ma ora ciò che le premeva era di sapere come stesse l’uomo che amava. Se era sano e salvo, se fosse tornato dalla Cina o meno!
 
– Lorna, ti ringrazio per questo che mi hai detto! Sai se sta bene? Se è tornato dalla missione?
– Questo non lo so Emma. Sebastian non mi dice nulla. Non so neppure cosa sia andato a fare in Cina, anche se posso immaginarlo, visto il suo ruolo.
– Chiamami Sebastian per favore, ho bisogno di vederlo subito!
– Mi dispiace Emma! Non posso chiamarlo. È partito questa mattina presto. So che tornerà per il fine settimana. Stai tranquilla. Se ci fossero cattive notizie già si sarebbero sapute, quelle hanno le ali!
 
 
Si erano poi salutate, ma Emma non riusciva ad essere serena. Non restava che aspettare quei pochi giorni. Pensò che sarebbero stati comunque più brevi dei due anni che erano passati dall’ultima volta che aveva visto Kim-Killian.
Si ordinò di pensare alla tesi di laurea, che giaceva sulla scrivania in camera sua. La discussione sarebbe stata in febbraio, stesso periodo del matrimonio di Anna. Chissà perché sua cugina e Kris avevano scelto un mese così freddo per sposarsi! Forse era per sentire ancora il “brivido”? O forse perché così partivano già abituati al clima per il loro viaggio di nozze in Svezia?
Pensare a sua cugina le rimise un po’ di allegria. Cercò altri motivi per essere contenta. Uno era che Lorna le aveva dato la lode per la sua relazione ad esempio. L’altro motivo che le venne in mente in un attimo fu la piccola Alice. Quel giovedì la piccina avrebbe rivisto la sua mamma. Questo era il pensiero al momento più felice nella mente di Emma.
***
 
Arrivò l’attesissimo giovedì, precisamente la settimana prima di Natale. Alice non avrebbe potuto avere un regalo più bello per l’occasione!
 
Quel giorno Emma arrivò più tardi del previsto alla Casa Famiglia. Si era dovuta attardare con Olden e Graham e aveva perso l’autobus. Quando arrivò Mary Margaret l’accolse con Neal in braccio e un grande sorriso.
 
– Fiordaliso?
– Prendi un po’ Neal intanto, io mi devo occupare di Lilly, ora l’influenza se l’è presa anche lei! Alice è con la sua mamma,  nella stanza degli incontri. Eloise è arrivata quasi due ore fa. Avevi ragione! È sotto scorta! I federali sono andati via ora, ma tra poco torneranno a prenderla!
 
Era chiaro che la situazione di Eloise Gardener fosse abbastanza delicata.
Con Neal in braccio, che le tempestava di bacini le guance, Emma si diresse verso la stanza degli incontri. Bussò timidamente. Una bella ragazza, alta e dai capelli biondo ramato, lunghi e con un paio di trecce ai lati delle tempie, aprì la porta sorridendo.
 
– Disturbo? Sono E …
- Emmaa! Mamma quetta è Emma!
 
La piccola Alice si era alzata dal pavimento, dove stava giocando con le costruzioni e le era corsa incontro.
 
– Emma? È un piacere conoscerti! Io sono Eloise, la mamma di Alice. Mary Margaret mi ha detto di quanto tu abbia fatto per la mia bambina, ti ringrazio di cuore!
– Alice è adorabile! Non devi ringraziarmi, non ho fatto nulla di particolare in effetti!
 – Sei stata come una madre per lei in questi mesi che è venuta in Casa Famiglia! Si vede come ti è affezionata!
 
Intanto Emma aveva fatto scendere Neal, che aveva distratto Alice e insieme stavano giocando con i grossi pezzi di costruzioni.
 
– A proposito di Alice … volevo farti qualche domanda, sai, per capire il motivo del suo ritardo nel linguaggio. È una bimba molto intelligente e non sembra avere difetti nella fonazione. Volevo chiederti del suo primo anno di vita, se ha subito dei traumi affettivi, se ha avuto degli spaventi …
 
Nel vedere Eloise abbassare il viso con le lacrime agli occhi, Emma capì che la piccola avesse passato un po’ tutto quello che aveva sospettato. Poi la donna si riprese e guardò dritto negli occhi Emma.
 
– Mary mi ha detto che studi psicologia e sei un allieva dell’accademia del Bureau!
– Si è vero!
– Allora penso che potrò dirti della mia situazione, so che non ne parleresti in giro!
– Ovviamente!
– Se io e mia figlia siamo vive è un miracolo. Io e mio marito eravamo coinvolti nel mondo dei narcotrafficanti. Alice ha perso il padre che ancora non aveva un anno. Era molto attaccata a lui. Quando è scomparso improvvisamente lei ha smesso di parlare. Aveva iniziato a dire delle paroline, quando era con il papà si faceva delle piccole chiacchierate con lui. Anche lui l’adorava. Dissero che fu per una overdose, ma in realtà fu ucciso. Dopo la sua morte ho perso tutto quello che avevo e ho iniziato a prostituirmi. Alice era sempre con me in casa. I clienti venivano lì. Cercavo di mettere una coperta tra il suo box e il letto, per non farle vedere, ma lei sentiva quando qualcuno mi maltrattava. Purtroppo ero avvezza alla cocaina e l’uomo che me la portava si faceva pagare in quel modo. Era un perverso e se non avessi avuto un Angelo Custode, l’ultima volta che l’avessi visto, sicuramente sarebbe stato anche il mio ultimo giorno!
– Un Angelo Custode?
– Diciamo così! Era un Reporter in realtà, un uomo straordinario, gentile e generoso. Mi ha aiutata a fuggire negli Stati Uniti!
– Ma non vivevi qui?
– No, sono australiana ma avevo sposato un colombiano. Vivevamo a Miraflores in Colombia!
 
Ad Emma iniziò a formicolare dietro la nuca a sentir nominare quella nazione.
 
– Come si chiama il tuo Angelo Custode?
– Si chiama Andrew Smith! Venne da me perché stava facendo un’inchiesta sul narcotraffico. Aveva saputo di mio marito. Con i suoi modi gentili e il suo comportamento amorevole con Alice, mi convinse a parlare e a raccontargli quello che sapevo di Antonio Santa Cruz, il boss per cui mio marito Raimundo lavorava …
 
 
Ad Emma si aprì un sipario sulle varie cose che Killian avrebbe potuto fare in Colombia. Ovviamente non era andato con il suo vero nome se stava lavorando sotto copertura!
 
– Che tipo è questo Andrew Smith?
 
Eloise si illuminò e arrossì leggermente, distogliendo lo sguardo. Chiari segni per Emma, che provasse dei sentimenti per quell’uomo.
 
– Avrà sui trent’anni, alto, moro, ha gli occhi molto belli, di un azzurro che non ho mai visto …
- Anche lui colombiano?
– Noo! È irlandese!
 
Ad Emma saltò il cuore nel petto.
 
– Ama i bambini! Con Alice è stato tenerissimo. Lei stranamente lo ha chiamato subito papà, gli ricordava Raimundo per l’altezza e i capelli scuri, con quella barba appena accennata sulle guance! Erano mesi che mia figlia non parlava! Mi aiutò a scappare, grazie ad una sua amica Assistente Sociale. Lui rimase ancora per qualche giorno in Colombia. Io intanto fui ascoltata dalla F.B.I. che ci aspettava all’arrivo. Fu arrestato anche il pilota che mi aveva portato, era anche lui coinvolto con Santa Cruz. Poi entrai nel programma di protezione per testimoni. Mi venne data un’altra identità e fui inserita in una comunità terapeutica. Andrew è venuto a trovarmi diverse volte nei mesi seguenti. Sembrava un fantasma per il suo modo di apparire e sparire per settimane! È stato lui a convincermi di lasciare andare Alice in una Casa Famiglia. Insieme eravamo più facilmente rintracciabili. Non ho potuto vederla in questi mesi poiché, come mi aveva detto Andrew, la D.E.A. stava portando avanti le indagini. Tra pochi giorni ci sarà il processo per Santa Cruz, forse hai seguito la vicenda al telegiornale …
 
Emma annuì.
 
– Da quando non lo vedi il tuo amico?
– Dall’inizio di Novembre. Venne a trovarmi prima di partire nuovamente. La sua inchiesta si allargava anche in altri parti del mondo mi disse. Non so dove fosse andato di preciso, ma temo che gli sia capitato qualcosa. Mi ha telefonato una settimana fa per dirmi che avrei potuto vedere Alice. Ho quasi terminato il programma riabilitativo e Andrew mi ha trovato un lavoro presso un fioraio. Inizierò appena avrò testimoniato contro Santa Cruz.
– Perché pensi che gli sia successo qualcosa?
– Aveva una voce sofferente! Gli ho chiesto cosa avesse e mi ha detto che non era nulla di grave, un piccolo “incidente di lavoro” mi ha detto. Non ho capito. Ma non mi ha voluto dire altro. È un uomo bello nell’anima quanto nel corpo! Sarò eternamente debitrice nei suoi confronti. È l’unico che mi abbia guardata con rispetto e gentilezza. Non ha approfittato di me, nonostante io mi sia offerta a lui per ripagarlo in qualche modo. Non mi ha voluta. Peccato!
 
Eloise era arrossita nel dire quelle ultime cose. Emma aveva intuito che la donna avesse un’infatuazione per Andrew Smith e lei era gelosa, poiché aveva capito benissimo che Andrew Smith fosse un altro nome di copertura usato da Killian.
 
Mary Margaret bussò per annunciare che la scorta era arrivata per riportarla in comunità.  Eloise abbracciò e baciò sua figlia, poi diede un abbraccio anche ad Emma  e si avviò verso il corridoio per uscire dalla Casa Famiglia.
 
La giovane allieva di Quantico rimuginò su quanto detto da Eloise. Era consapevole della propria gelosia per le attenzioni che Killian aveva avuto verso di lei  e la piccola Alice. Con il fatto che la bimba avesse conosciuto veramente Killian, poteva capire l’entusiasmo che aveva provato davanti al quadro di Captain Hook e perché lo avesse chiamato papà.
D’altra parte era infastidita che fosse tornato varie volte e avesse cercato Eloise e mai lei. Il tarlo della gelosia le stava facendo immaginare strani scenari. Le venne davanti agli occhi l’immagine di Killian che teneva abbracciata Eloise e la piccola Alice. Un’immagine di famiglia felice. Eloise aveva una bambina, lei aveva perso il suo piccolino, il figlio suo e di Killian! E se lui si fosse legato sentimentalmente ad Eloise? Era bella, molto bella, giovane, bisognosa di protezione e con una creatura da crescere. Un tipo affettuoso e generoso come Killian poteva legarsi ad una donna con quelle caratteristiche! Si chiese ancora perché non le avesse ancora telefonato. Era malato? Eloise aveva detto di averlo sentito sofferente! Un morso allo stomaco fece tornare in sé Emma. Doveva sapere di Killian! Cosa fosse successo e cosa sentiva veramente per Eloise e per lei. Corse verso la porta che si era richiusa dietro la donnae, voleva farle altre domande su Andrew Smith. Sentì il rumore dell’auto che la portava via. Aprì la porta e vide che un grosso Suv nero si allontanava dalla casa.
In quel momento Emma Swan seppe che l’Agente Scelto Sebastian Jefferson fosse tornato …
 
 
Angolo dell’autrice.
 
Ciao carissimi lettori affezionati! Anche questa domenica vi lascio un nuovo capitolo. Molto incentrato su Mulan come avete visto! Adoro questo personaggio e ho pensato che meritasse una spiegazione della sua parte di avventura, ancora ce ne sarà un pezzo, vedrete. Emma intanto ha conosciuto Eloise ed ha saputo chi è stato il suo Angelo Custode. La lontananza dall’uomo che ama e il suo lungo silenzio, con quanto detto da Eloise, le hanno suscitato gelosia. Sarà abbastanza matura Emma da superarla? Intanto è tornato Sebastian. Chissà cosa sarà successo a Killian Jones?
Un caro saluto a tutti. Grazie per la vostra attenzione e per i vostri commenti.
Buona settimana.
Lara

 
 
 
 
 

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Capitolo 31
*** Verità bella e perfetta? ***


Capitolo 31
Verità bella e perfetta?
 
 
Hong Kong, inizi dicembre 2009
Le prime tre modelle del suo team erano appena rientrate dalla loro performance e già si stavano preparando per indossare il secondo abito, parlando vivacemente, in preda ad uno stato adrenalinico che Mulan sapeva fosse anche il suo.
 
– Mei Jing, tocca a te uscire! Fatti guardare! Si, Colin sarà soddisfatto! Vai ora e mi raccomando il passo sexy!
 
L’agente Mulan Chang sollevò gli occhi al cielo, obbedendo alla sua collega in incognito Gretel Sweethome. Sapeva quale fosse la propria parte in quel piano, sapeva che Colin O’Donegal, presentato a tutti come uno dei migliori stilisti irlandesi emergenti, fosse lì fuori, seduto in platea, a guardarla sfilare con indosso le sue creazioni. Sapeva che, con il suo abbigliamento vivace, lo avrebbe individuato subito tra il pubblico e sapeva che, individuando Colin, avrebbe individuato anche Li Yu Wong, il Tai Pan sul quale avrebbe dovuto cercare di far colpo, seduto al fianco di O’Donegal.
Con passo lungo e sinuoso, ancheggiando mentre poneva un piede davanti all’altro, uscì dalla tenda che si sollevava come un sipario, per sfilare sulla passerella illuminata. Diede una veloce occhiata intorno alla passerella, usando il solo movimento oculare e mantenendo la testa eretta, come le avevano insegnato a fare durante la settimana di addestramento, con due libri in testa e camminando in punta di piedi.
Lo vide subito. Quel vestito rosa confetto, con un foulard rosso al collo e quell’improbabile parrucca, erano il marchio di fabbrica dello stilista Colin O’ Donegal.
Conoscendo il suo vero aspetto a Mulan ancora veniva da ridere, come la prima volta che lo aveva visto, pochi giorni prima …
 
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Mulan Chang aveva difronte Capitan Hook in carne ed ossa. Ora vedeva bene che non fosse un fantasma. Le aveva appena dato il benvenuto e lei aveva ricambiato con un “Bentrovato Captain Hook!”.
 
– Sunshine ti ha detto che da ora in poi ti chiameremo direttamente Mei Jing?
– Sissignore!
– Hai con te la valigia per la partenza?
– Si, è nel bagagliaio dell’auto di Sunshine!
 
Era ovvio a Mulan che quello fosse il nickname dell’Agente Gretel Sweethome. Pensò che fosse un nomignolo adatto alla bionda agente, almeno più adatto di quanto fosse il proprio a lei.
 
“Fiore di Loto! Puah!”
– Benissimo! Spero che tu sia riuscita a riposare durante il viaggio, poiché partiremo tra poche ore per la Cina. Hai studiato le notizie sulla tua identità?
 – Sissignore!
– Se le hai con te lasciale qui, non portare nulla che possa far risalire alla tua vera identità o che possa dare sospetto che quella attuale sia falsa.
– Certamente.  
– Sunshine ti ha detto di sicuro quale sarà il tuo compito …
- Si, sedurre il Tai Pan Li Yu Wong!  Consentendo agli uomini della squadra di entrare nel suo ufficio per scoprire la data della spedizione di oppio!
– Precisamente Mei Jing! Per fare tutto questo insceneremo la nostra partecipazione alla sfilata. Io sarò lo stilista ovviamente! Le altre tre modelle del team sono vere modelle professioniste e non sanno nulla della nostra missione in incognito. Indosserete cinque mise ognuna. Individuato il Tai Pan tra gli spettatori dovrai essere ammiccante nei suoi confronti, molto fluida e morbida nei movimenti, sensuale e seducente. Ricordi la prova che ti ho fatto fare mesi fa?
– Difficile da dimenticare Capitano!
 
L’uomo rise divertito.
 
– Immagino che ancora ti roda quel trattamento! Ma, a parte la camminata con i tacchi, per il resto sei stata perfetta. Sei d’accordo Manuelito?
 
Mulan si voltò verso la direzione in cui Captain Hook aveva chiesto quella conferma. Uno degli agenti di spalle, che lavorava ad uno dei computer nella stanza adiacente, vestito con una camicia di flanella a stampa tartan rosso, si alzò dalla sedia e voltandosi si diresse verso il Capitano.
Mulan strinse la mandibola, mentre gli occhi oblunghi le diventarono come fessure scure nel riconoscerlo.
 
– Sono pienamente d’accordo Hook. Fiore di Loto è stata perfetta!
– Ricordi l’agente Manuel Parrilla?
– Come potrei dimenticarlo … visto l’incontro ravvicinato che abbiamo avuto?
 
Hook sorrise divertito.
 
– Manuel è un ottimo informatico e si occupa anche di fotografia. Partirà con noi e sarà il fotografo ufficiale del Team O’Donegal
– Lui non ha un nome in codice?
 
Mulan guardava ancora torva il giovane agente di origine latino-americana.
 
– Lui è Flash!
– Nel senso di veloce o lampo?
– Questo lo devi interpretare tu mia cara Mei Jing! Io non ho avuto incontri ravvicinati con lui!
 
Al Capitano piacevano i doppi sensi! Mulan pensò che prima o poi lo avrebbe ricambiato allo stesso modo.
 
– Bene! Mentre voi due approfondite la vostra “conoscenza”, io vado a camuffarmi da “stilista emergente”!
 
Un’altra porta  dava su una stanza dove, appena Hook l’aprì, Mulan intravvide una serie di parrucche e degli abiti appesi. Il Capitano si chiuse dentro e la lasciò in compagnia di Manuel e Gretel.
 
– Non vuoi togliere quel cappotto Mei Jing? Io sto soffocando per il caldo qui dentro!
 
Gretel le fece quell’invito, mentre lei stessa si toglieva il suo, appendendolo ad uno dei ganci al muro.
Manuel Parrilla intanto, con il sorriso malizioso sulle labbra, la stava squadrando dalla testa a i piedi.
 
“Guardami ancora un altro poco così e vedi come ti concio! Io questo cappotto non me lo tolgo! Con questo abito che appena mi copre il culo, non voglio darti altre soddisfazioni!”
 
Dallo sguardo truce di Mulan, forse Manuel capì qualcosa, poiché, ridacchiando, le fece una domanda con tono di sfida.
 
– Per interpretare la parte della modella, devo dire che sei una timida! Ti vergogni di farti vedere in minigonna?
“Idiota!”
- Io non mi vergogno del mio corpo … dovresti averlo capito dal nostro primo incontro!
 
Lui rise ancora.
 
– Si, quello è stato di sicuro un bel primo incontro! Ma anche questo non mi sembra male! Sei uno schianto vestita così! Ma potresti toglierti il cappotto!
– Non lo tolgo per te Flash!
– Ti vergogni veramente allora!
– Non fare l’idiota con me! Ti voglio salvaguardare!
– Questa è bella! Da cosa?
– Sai “Manuelito”? Le modelle non portano l’intimo sotto gli abiti …
 
Dicendo questo Mulan, sfidandolo, si tolse sensualmente il cappotto, poi ruotandogli davanti si avvicinò con un passo da sfilata alla sedia ergonomica di Captain Hook e si mise seduta, accavallando sensualmente le gambe rivestite dagli stivali alti fino a metà coscia.
- Temo ti potrebbero esplodere i pantaloni, visto il tuo essere … “veloce”!
 
Manuel era rimasto a guardarla a bocca aperta e con gli occhi sgranati, puntati tra le sue cosce che si erano chiuse troppo velocemente, per capirci qualcosa, con l’accavallare le gambe. Lei lo vide deglutire a vuoto, mentre un velo di sudore gli imperlava la fronte. Fiore di Loto rise tra sé. Gli aveva scatenato parecchio la fantasia al bel Manuelito, nonostante lei avesse messo veramente l’intimo sotto il mini abito!
 
Il ragazzo si riprese presto e facendo un fischio volle risponderle.
 
– Wow Agente Chang! Credo che non avrai difficoltà con Li Yu Wong a farlo cadere ai tuoi piedi!
– A proposito di lui Gretel! Non dovevamo vedere le sue foto?
– Si Mulan! Manuel mostrale la documentazione fotografica del Tai Pan!
 
Felice di fare qualcosa che non fosse rimirare Fiore di Loto, Manuel la invitò a raggiungerlo al computer per mostrarle quanto richiesto. Anche Gretel si affiancò a loro.
Digitando velocemente, Manuel aprì il file che riguardava Li Yu Wong. Oltre una serie di immagini fotografiche, c’erano anche un paio di video.  Mulan notò che, come le aveva annunciato Gretel, fosse giovane, ma quello che non le aveva detto era che fosse un uomo dall’aspetto molto piacevole. Per la sua etnia sicuramente Li Yu Wong era più alto della media. Aveva un viso molto regolare, la mandibola squadrata, gli zigomi alti e uno sguardo intrigante, con quegli occhi tipicamente a mandorla che per Mulan erano estremamente familiari.
 
– Te lo avevo detto che forse potrebbe non essere troppo spiacevole sedurlo no?
 
Gretel le ricordò la frase che le aveva detto in macchina e ora Mulan ne capì il motivo. Il Tai Pan era un uomo dotato di indubbio fascino, ma per Mulan contava solo il fatto che fosse un criminale e questo gli rendeva meno piacevole il suo aspetto. Con un cipiglio serio e uno sguardo che Manuel giudicò enigmatico, Mulan sibilò il proprio pensiero.
 
– Il male si può mostrare sotto splendide sembianze! Ma non bisogna dimenticare che è male!
– Vera saggezza cinese Fiore di Loto?
 
Manuel l’aveva guardata di sbieco, con quel suo sorriso malizioso che Mulan avrebbe preso a pugni.
 
– Saggezza cinese e formazione a Quantico, Flash! Non farsi coinvolgere da una bella faccia è una delle prime regole!
– Con me ti sei coinvolta abbastanza durante il tuo esame!
– Sono stata una brava attrice. Ho fatto ciò che mi era richiesto!
– Il tuo corpo ha risposto alle mie carezza facilmente, quello non puoi averlo simulato!
– Solo una meccanica reazione di riflesso ad uno stimolo fisico! Che dovrei dire io di te? Che ti ho coinvolto particolarmente con il mio fascino? O che ti chiamano Flash per quella velocità?
– Hai sempre risposte pungenti o sono io il fortunato?
– Non cambiare discorso Agente Parrilla!
– Diciamo che avevo appena visto la tua performance nello spogliarello, ero io a registrare, non eri stata niente male!
– Non dirmi che avete conservato quel video!
– Quale sarebbe il problema?
– Se scopro che lo avete conservato e che te lo riguardi ogni tanto, te lo faccio ingoiare!
 
Manuel rise con il suo viso simpatico e leale.
 
– Credi che io faccia una cosa del genere?
– Visto come mi guardi normalmente, ho pochi dubbi in proposito!
– Va bene, va bene, mi arrendo! È stato cancellato  … dopo!
– Dopo cosa?
– Dopo averlo riguardato per esaminare i particolari!
 
Manuel non finì nemmeno di parlare che Mulan gli mollò uno scapaccione tra capo e collo.
 
– Te ne ho date poche quel giorno!
– Vuoi un altro corpo a corpo Mulan? Sono sempre pronto!
 
Non c’era nulla da fare! Mulan non avrebbe mai tolto quel sorriso malizioso e gioviale allo stesso tempo, sul viso di Manuel Parrilla!
 
– Avevo detto di approfondire la conoscenza! Ma qui vedo che siamo parecchio avanti ragazzi!
 
Captain Hook era uscito dalla stanza dove si era cambiato e li aveva sentiti battibeccare. I tre agenti si voltarono verso di lui e rimasero ammutoliti.
 
– Dite qualcosa no? Come sto? Sono irriconoscibile?
– Capo! Non avrei mai sospettato questo tuo lato da Checca Chic! Specie dopo le foto con Paula Santa Cruz in albergo!
 
Mulan non poteva sapere che Manuel si riferisse agli autoscatti che accidentalmente erano partiti quando Paula Santa Cruz aveva lanciato gli occhiali col dispositivo fotografico di Killian, cercando di sedurlo. In quelle foto si vedevano piuttosto bene sia Killian che Paula mezzi nudi.
 
– Ancora con quella storia Manuelito? Il lavoro è lavoro!
– Mi spieghi perché tocca sempre a te quella parte di lavoro?
 
Captain Hook, nel suo travestimento giacca e pantaloni rosa confetto, gli rispose facendo la voce da effeminato.
 
– Sei invidiosa Manuelita?
 
Vista l’espressione infastidita di Manuel, a sentirsi apostrofare in quel modo, Mulan non riuscì più a trattenere la risata che si era imposta di soffocare alla vista di Hook.
In quel momento, per la giovane agente orientale, si sciolse tutta la tensione accumulata nelle ultime ore e si aprì uno spazio nel suo cuore per quelle persone che facevano ora parte della sua stessa squadra. Li avrebbe protetti, come loro avrebbero protetto lei, a costo della sua stessa vita.
Guardò la parrucca bionda mesciata dell’appena comparso stilista Colin O’Donegal, il suo viso completamente rasato, le folte sopracciglia schiarite per l’occasione e quelle lenti scure, di un paio d’occhiali di tartaruga, che nascondevano i begli occhi azzurri del Capitano. Si, si era reso irriconoscibile e quel modo di muoversi e parlare avrebbero fatto pensare che fosse veramente un tipico stilista gay. Mulan pensò ad Emma.
“Chissà che faccia farebbe a vedere il suo amico speciale conciato così!”
– Allora Mei Jing? Tu che sei diretta e sincera … cosa pensi del mio travestimento?
– Terribile! Semplicemente terribile e perfetto per l’occasione. Ti rende insospettabile secondo me!
 
Anche Gretel annuì e Hook si ritenne soddisfatto. Nel giro di altre due ore, il Team O’Donegal, al completo con le altre top model professioniste, si imbarcò per Hong Kong …
 
***
Il viaggio era stato lungo e aveva richiesto due scali. In quelle due occasioni tutto il team era sceso per sgranchirsi le gambe e il resto del viaggio era servito per dormire, guardare dei films o fare due chiacchiere con il vicino di seduta.
Mulan non tornava in Cina ormai da anni. Non era mai stata ad Hong Kong e vedere dall’oblò dell’aereo lo skyline della città fu impressionante. I 1200 grattacieli, tipici della città, svettavano lungo tutta una lingua di terra in modo tale da sembrare quasi nascere direttamente dal mare. Fu impressionante, come fu impressionane, poi, trovandosi in mezzo alla folla, vedere quanta fauna umana si potesse incontrare in quella città che era un immenso bazar. Hong Kong aveva poco o niente della Cina tradizionale, le apparve solo come un mercato immenso, un posto dove i prodotti non erano tassati e si potevano fare ottimi affari. Lei non era interessata allo shopping, era lì per una missione estremamente delicata ma, come le aveva detto il Capitano, avrebbe dovuto comportarsi come le altre top model, frivole ed interessate a parecchia mercanzia. Mentre le tre “colleghe” passavano da una vetrina all’altra o da una bancarella di cibo di strada all’altra, con entusiasmo e allegria, lei cercò di fare lo stesso, ma i suoi pensieri erano altrove.
 
La meta del loro arrivo fu il Ritz Carlton Hotel. Guardando dal basso verso il cielo il grattacielo, Mulan fece mentalmente un’espressione di stupore, pensando che lo stilista Colin O’ Donegal avrebbe presentato un conto delle spese parecchio salato al Bureau. Era ovvio che nell’interpretare quella parte Captain Hook avesse dovuto scegliere un alloggio così scenografico e dispendioso, ma la cosa era stata anche necessaria, poiché la sfilata di moda e l’appartamento del Tai Pan si trovavano in quell’albergo. Essendo un Hotel internazionale piuttosto famoso, Li Yu Wong preferiva avere i suoi incontri d’affari in una cornice che dava l’apparenza della trasparenza. I suoi intrallazzi avevano però anche sedi ben più losche e oscure e questi due aspetti sembravano rispecchiare la sua immagine, apparentemente luminosa e bella nelle sue sembianze, ma buia nella profondità  dell’anima.
 
Mentre le tre top model si diressero ognuna nella rispettiva stanza, O’Donegal fece un cenno a Mei Jing e questa capì che il “Capo” aveva da dare qualche direttiva ai suoi agenti. Sia Mulan che Manuel e Gretel entrarono nella stanza a lui riservata.
 
Captain Hook diede alcune spiegazioni. Prima del loro atterraggio, già da un paio di giorni, erano arrivati elementi della D.E.A. e avevano occupato una stanza sul loro stesso piano, trasformandola in Base di comando. I colleghi della D.E.A. avrebbero monitorato tutti i loro movimenti, non solo per raccogliere prove su Wong, ma anche per proteggere tutti loro. Prima di far uscire Mulan  la bloccò alzando una mano.
 
– Aspetta Mei Jing! Ho un regalo per te!
– Un regalo?
 
Mulan era stupita più che sorpresa. Captain Hook tirò fori dalla tasca una collana dorata con un ciondolo a forma di sole. Al centro del ciondolo c’era un’acqua marina.
 
– Questo ciondolo nasconde una microtelecamera. Portalo sempre al collo, ti terremo sotto controllo. Inoltre metti questo anello. Se lo ruoti si apre la parte superiore e fuoriesce una polverina soporifera potentissima. Fa effetto in meno di un minuto. Saprai quando sarà il momento di usarla. Io ora andrò ad incontrare il “padrone di casa”, farò in modo di indirizzare il discorso su ciò che gli interessa: donne e droga. Questa sera, dopo la sfilata, ci sarà la cena di gala, se andrà tutto come deve, il dopocena toccherà a te. Siamo nelle tue mani letteralmente. Sai cosa dovrai fare, ma fai in modo che lui non arrivi al sodo Mulan, poi potrai farglielo credere. Vai ora. Mi raccomando! Sensuale, sinuosa e puntalo negli occhi, deve capire che lo vuoi! Ci vediamo per la sfilata!
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“Sensuale, sinuosa e puntalo negli occhi, deve capire che lo vuoi!”
 
Le parole di Captain Hook le risuonavano nelle orecchie, mentre camminava con il primo vestito della sfilata. Sfilò sinuosamente come da prassi, con il mento eretto e muovendo solo gli occhi per guardarsi intorno. Quando arrivò all’altezza della passerella dove si trovavano il Padron della serata e O’Donegal, Mulan fece ruotare il vestito intorno alle proprie gambe con grazia, inclinando la testa verso Li Yu Wong in un movimento fluttuante dei lisci e lunghi capelli neri, facendo vedere che lo avesse visto improvvisamente e fosse rimasta colpita da lui. Rimase a fissarlo negli occhi qualche secondo in più del dovuto, nonostante i movimenti di allontanamento da quel punto della passerella. L’annunciatrice intanto descriveva l’abito.
 
– La nostra Mei Jing sta indossando un abito in seta squisitamente elegante, che unisce l’eleganza alla sobrietà necessaria ad un abito da ufficio. Il modello è realizzato dallo stilista Colin O’Donegal!
 
Mentre Mulan rientrava, dando le spalle al Tai Pan, lo scroscio di applausi si sentì forte tra il pubblico. Prima di rientrare,  ruotò un’ultima volta su se stessa, poi fu la volta delle sue colleghe con il secondo abito.
 
All’ultima giravolta l’agente in incognito Chang aveva visto il Tai Pan parlare all’orecchio dello stilista che aveva realizzato il modello da lei indossato. Non poteva immaginare che avesse già suscitato la curiosità di Li Yu Wong. L’uomo infatti, appena sentito il nome della ragazza, annunciato prima della sua uscita, aveva fatto un commento a O’Donegal, sul significato di quel nome.
 
– Un nome d’arte presuntuoso caro O’Donegal! Speriamo che questa sua modella meriti veramente! Lo ha scelto lei il nome?
– Da quanto ne so è il nome che le hanno dato i suoi genitori, ma guardi con i suoi occhi se il nome mente!
 
Nel momento che Mulan era apparsa, a Wong si era tolto il sorriso ironico dalle labbra. La modella era una vera bellezza orientale, rispecchiava tutti i  suoi canoni. Quando lei lo aveva guardato dritto in viso, soffermandosi nel fissarlo, Li Yu Wong aveva avuto un fremito che Captai Hook era riuscito a percepire.
 
– Allora caro Wong? Deluso?
 
L’uomo non aveva risposto subito, ma quando la giovane si era allontanata, dando loro le spalle, Wong aveva detto la sua.
 
– Decisamente un bell’esemplare O’Donegal! Pensa che possa essere disponibile?
– Mei Jing non è il tipo che va con chiunque Wong. Ha bisogno di passione e che il tipo le piaccia veramente!
– Non credo di esserle indifferente da come mi ha guardato!
– Si, ho notato! Donna fortunata! La ragazza ha decisamente buon gusto!
 
Captain Hook,  nella sua copertura di stilista gay, aveva parlato con lo stile effeminato che stava usando dal giorno prima e aveva simulato un sospiro di invidia.
 – Mi dispiace caro O’Donegal, ma sono interessato al gentil sesso. Se vuole le presento qualche bel modello del mio team che potrebbe compiacerla dopo cena!
– Sarebbe un bel regalino Wong!
 
Le modelle sfilarono con le varie mise, finché non si arrivò alla fine della serata e all’ultima uscita di Mulan.
Prima di indossare il succinto bikini e la vestaglia in tinta, Gretel le diede un olio setificante da spalmare su tutto il corpo. Aveva un profumo molto buono, che stuzzicava le narici in modo tale da far desiderare di annusarlo ancora. Con movimenti lenti sulle membra, inspirando voluttuosamente quel profumo, Mulan si unse con quel prodotto di bellezza e si vestì. Non chiese a Gretel perché non avesse dato lo stesso prodotto alle altre, credeva di saperlo già.
 
***
 
Li Yu Wong sapeva che quelli che stava guardando fossero gli ultimi modelli della collezione O’Donegal. Aveva trovato i modelli dello stilista irlandese eleganti e raffinati, disegnati in modo impeccabile. O’Donegal  aveva lasciato per ultimo le mise di intimo e, vedendo cosa indossassero le tre modelle, Wong si era incuriosito in modo ossessivo riguardo a come sarebbe apparsa la modella sua compatriota, Mei Jing. Negli abiti precedenti era stata elegante, sinuosa e, a suo parere, affascinante. L’aveva trovata estremamente proporzionata e armoniosa, ma ciò che l’aveva colpito particolarmente era stato il suo viso, gli occhi, lo sguardo. Non avrebbe saputo definirlo nemmeno lui il brivido che aveva provato lungo la schiena quando lei era rimasta a fissarlo e l’aveva rifatto anche nelle comparse seguenti.
 
Era sempre circondato da bellissime donne, la moda era una delle sue coperture per altre attività meno limpide e più lucrative. Aveva quasi sempre una donna da portarsi a letto la sera, ma per lui era prendere e lasciare, usare i loro splendidi corpi e passare poi alla novità seguente. Se suo padre e sua madre fossero stati ancora in vita lo avrebbero rimproverato del fatto che ancora non avesse una moglie. Ma cosa ne avrebbero mai potuto sapere due poveri contadini cantonesi del mondo dorato e di quello marcio in cui viveva il loro figliolo? Lo avevano fatto studiare con sacrifici, ma presto, fuggendo ad Hong Kong, era entrato nella mafia, attirato da facili guadagni e meno dalla durezza dello studio. Grazie alla sua avvenenza era riuscito ad entrare nel mondo della moda, inserito dal Tai Pan precedente. Sfrenatamente ambizioso e avido di ricchezza, aveva imparato da lui quanto ci fosse di fondamentale da sapere, sia nell’ambiente della moda sia in quello sotterraneo in cui il suo predecessore si muoveva come un ratto nelle fogne. Ben presto aveva scalato la piramide del potere tra i vari clan. Aveva commissionato l’omicidio di chi lo avrebbe potuto ostacolare e si era scontrato con gli anziani dei clan, i quali, mettendolo alla prova, sia in modo fisico che nelle capacità di gestione del mondo malavitoso, alla fine lo avevano eletto come nuovo Tai Pan.
Era un uomo rispettato e, soprattutto, temuto, ma sapeva anche di non avere veri amici tra i suoi accoliti. Doveva sempre guardarsi le spalle e aveva imparato a non fidarsi per primo di coloro che si professavano come amici.
Tra gli intrallazzi illegali di Li Yu Wong, oltre alla prostituzione d’alto borgo,  il maggiormente remunerativo era il commercio di oppio. Da anni ormai era il padrone assoluto del cartello di vendita e spaccio ad Hong Kong. Aveva allargato negli ultimi anni il narcotraffico collaborando con cartelli del Sudamerica. L’oppio era un ingrediente principe nel taglio della Cocaina, ne incrementava la qualità e il guadagno. Di recente aveva mandato all’aria un affare con uno dei maggiori produttori Colombiani, ma questi gli aveva mandato un suo amico a far da tramite e gli aveva dato ottime garanzie su quella che sarebbe stata la più grande consegna degli ultimi tre anni. Il Colombiano non era stato fortunato nei mesi precedenti. Aveva perso il carico spedito verso gli States grazie ad un’incursione della D.E.A. In seguito a quel disastro, Wong non aveva voluto fare altri affari con il Boss Antonio Santa Cruz. Il Tai Pan non poteva dire di nutrire il massimo della fiducia dopo quella disavventura, ma l’uomo che Santa Cruz gli aveva inviato, Robert French, era riuscito ad essere molto convincente. Lo era diventato maggiormente quando era finalmente stato sincero con lui e gli aveva confidato che French non fosse il suo vero nome. L’uomo era ricercato dalla F.B.I. il suo vero nome era Robert Gold.
 
Mentre Li Yu Wong, attendeva con crescente impazienza l’uscita della bella Mei Jing, guardò di fronte a sé, oltre la passerella. Robert Gold, con seduta al fianco quella che gli aveva presentato inizialmente come sua figlia, era stato invitato alla sfilata, la sua finta figlia ne era interessata e Wong l’aveva omaggiata di un abito della sua produzione. Li guardò entrambe seduti oltre la passerella. La ragazza indossava l’ampio abito, in stile neoclassico di organza blu notte, che le aveva regalato.
 
La voce dell’annunciatrice, che stava nominando l’ultima modella, lo fece sussultare. Era strana l’emozione che lo aveva invaso!
La presentatrice descrisse l’ultima mise di Mei Jing, una mini vestaglia  a Kimono in seta rosso bordeaux  a grandi stampe floreali.
 
Le lunghe gambe snelle di Mei Jing, muovendosi su sandali altissimi e dello stesso colore del mini Kimono, avanzavano verso di lui. Lo sguardo della ragazza puntava nuovamente nei suoi occhi. Era intrigante e misteriosa. Li Yu sapeva che presto quel Kimono sarebbe scivolato via dalle sue membra e quasi aveva l’acquolina in bocca all’idea di vederla finalmente senza veli. Quei pochi secondi di attesa gli sembrarono lunghissimi, poi la modella si sciolse il nodo della cinta di seta e, ruotando su se stessa, iniziò a far scivolar via la seta colorata. Poche modelle aveva visto così sexy e seducenti sulla passerella. Non riusciva nemmeno lui a capire da dove partisse il fascino di Mei Jing.
La ragazza rimase con un micro bikini rivestito di perline che riproducevano i fiori variopinti del Kimono. Li Yu fu estasiato alla sua vista. Non perse un dettaglio di quel corpo snello ma muscoloso. I muscoli tonici della ragazza erano messi in risalto dal lucido della sua pelle ambrata. Mentre ruotava su se stessa, facendo vedere i particolari del bikini agli spettatori, il Tai Pan poté ammirare i glutei piccoli e alti lasciati completamente in mostra dal perizoma. Scese con lo sguardo lungo le sue cosce, apprezzandone il guizzo muscolare. Si fece idea che la ragazza praticasse parecchio sport, nonostante la sua delicatezza era sicuramente tonica e forte. L’idea lo stuzzicò ed eccitò. Amava la forza e l’idea di possedere una donna forte, con la quale praticare giochi erotici che richiedessero una certa capacità fisica, era un desiderio non facile da realizzare. Risalì con gli occhi lungo il ventre piatto, il seno e il  viso della modella. Si ripeté il suo nome in mente.
 
“Mei Jing! Bella e perfetta! Lo sei veramente e questa notte devrai essere mia!”
 
La modella si ritirò verso l’uscita con passo ancheggiate, mostrando la nuda bellezza del suo lato B e lui si accorse di respirare più velocemente. Si voltò verso O’ Donegal. Non aveva mai apprezzato i gay, ma ne aveva conosciuti parecchi, specie in quell’ambiente. Questo almeno era veramente talentuoso! Si accorse che l’irlandese lo stesse osservando. Non ne fu infastidito né sorpreso lo stilista gli aveva fatto capire che gli interessasse, ma lui già gli aveva detto quali fossero i suoi gusti e Mei Jing li rispecchiava sotto ogni punto di vista.
 
– O’Donegal …
- Si Caro?
– Quella ragazza sarà al mio tavolo questa sera al galà. Venite insieme, vi riserbo due posti!
– Le interessa veramente la piccola Mei Jing? Le parlerò allora!
 
Li Yu non ebbe bisogno di rispondere a parole, bastò il suo socchiudere gli occhi oblunghi per acconsentire.
 
Gli applausi seguirono Mulan mentre percorreva la passerella per l’ultima volta. La sfilata era finita e per ultima cosa sarebbero usciti gli stilisti circondati dalle loro modelle. O’Donegal lasciò il suo posto vicino al Tai Pan per salire sulla passerella e salutare tutti con il suo team.
 
***
 
Mulan attendeva Captain Hook nel camerino. Lui entrò senza bussare, cosa che la infastidì, ma lo perdonò quando lo vide entusiasta. Hook la prese per gli avambracci.
 
– Perfetta! Sei stata perfetta! Ti vuole conoscere, vuole che tu sia al suo tavolo al galà ed è intenzionato ad avere anche un seguito per la nottata!
 
Mulan rimase impassibile. Doveva essere contenta per il successo della missione, ma significava anche avere un possibile incontro sessuale con un uomo che lei non apprezzava, né amava. Un estraneo e un criminale. Il Capitano la guardò negli occhi e gli morì sul viso l’espressione entusiasta. Intuì cosa poteva essere nell’animo della sua Agente. Mulan non era una sgualdrina e lui la stava usando come tale. Non era giusto nei confronti di quella fedele ragazza. Le prese le mani con intento incoraggiante.
 
– Hai la polvere soporifera, non dimenticarlo! Non sei una prostituta e non voglio trattarti come tale!
– So chi sono! Non perderò la mia dignità, stai tranquillo!
– Mi ha chiesto di dirti di mettere il bikini della sfilata sotto il vestito che indosserai.
- Beh! Le sue intenzioni sono chiare no?
– Appunto! Devi entrare nel suo appartamento e sai come fare!
– Mi ci porterà lui …
 
Si accordarono per il galà e quando si presentarono nella sala del ricevimento, fu Li Yu Wong in persona ad andargli incontro, impaziente di conoscere la bella Mei Jing.
Mentre il resto del team O’Donegal si avviava al buffet, Captain Hook e Mulan seguirono Wong al suo tavolo. Fu in quel momento che Killian Jones vide qualcuno che conosceva bene.
In piedi, vicino al tavolo della loro cena, c’era in attesa Robert Gold, con al braccio la giovane Lucy Andersen. Non fu una sorpresa per il Capitano, sapeva benissimo che Gold era ad Hong Kong in quel periodo e sapeva che fosse lì per mediare tra Santa Cruz e Li Yu Wong. Sperò che Gold non fosse un grande osservatore o lo avrebbe riconosciuto nonostante il suo travestimento.
 
Il Tai Pan li presentò e si accomodarono per la cena. Wong mostrò la sua galanteria con Mulan, nello spostarle la sedia per farla accomodare vicino a lui. Diversamente dall’incontro avvenuto in Colombia, Gold non fu pungente con lo stilista a proposito del suo odio per gli irlandesi, merito sicuramente del cipiglio gay che Killian riuscì a mantenere per tutta la cena. Fu Wong a tenere viva la conversazione tra i suoi ospiti, mentre Lucy- Belle  tempestava di domande sul mondo della moda sia il Tai Pan sia l’irlandese.
La cena di gran galà fu corredata anche dal momento del ballo. Wong non perse tempo e invitò a ballare Mulan immediatamente, trovando quella scusa per poterla tenere tra le braccia. Fu durante il ballo che la invitò a proseguire la serata con qualcosa da bere nel suo appartamento. Mulan fece inizialmente la finta preziosa e Wong si convinse maggiormente dell’interesse della ragazza per lui. Captain Hook non li perdeva d’occhio. Sapeva inoltre che tutto ciò che Wong stava dicendo a Mulan lo stessero ascoltando e registrando i suoi colleghi nella stanza adibita a Base Operativa, grazie al ciondolo che l’agente Chang portava al collo. Guardò verso il punto dove Manuel Parrilla stava sorseggiando un drink e lo vide fargli un cenno prestabilito. Capì che Mulan presto sarebbe entrata nell’appartamento di Li Yu Wong.
 
Educatamente si intrattenne pochi altri minuti con Gold e quella che gli aveva presentato come sua figlia, poi, simulando stanchezza per lo stress della giornata e la tensione per la sfilata, li salutò cordialmente per ritirarsi nel suo alloggio. In realtà si sarebbe diretto nella stanza dei colleghi per seguire quanto Mulan avrebbe trasmesso con il suo ciondolo. Manuel lo avrebbe raggiunto presto, si era soffermato a controllare dal vivo Mulan e il Tai Pan.
 
***
 – Avete manomesso le telecamere a circuito chiuso dell’appartamento?
– Sissignore!
 
Durante la sfilata gli uomini di Capitan Hook avevano provveduto a neutralizzare il sistema di vigilanza interna alla residenza del Tai Pan. Gli ordini e i piani del Capitano erano precisi al dettaglio.
 
– Come sta andando?
– Il congegno di Fiore di Loto funziona bene. Lui l’ ha invitata a salire sul terrazzo, le vuole mostrare il panorama. Sono tornati al tavolo con Gold, Wong si è congedato dicendogli di avere un appuntamento con la Signorina Mei Jing. Stanno salendo in ascensore ora!
 
Mentre l’agente riferiva quanto sentito fino a quel momento, sul monitor comparvero le immagini trasmesse dalla microtelecamera nascosta nel ciondolo di Mulan. Si vide molto vicino il viso di Wong, poi il suo papillon mentre si accostava alla guancia della giovane agente sotto copertura. Le stava parlando sottovoce all’orecchio e si percepì il movimento della sua mano che si alzava verso la guancia di Mulan.
 
– Il tuo nome ti si addice  Mei Jing!
 
Sicuramente le aveva dato un bacio su una guancia. Si vide buio per qualche attino, segno che Wong avesse coperto con il proprio corpo il ciondolo. Si sentì un piccolo mugolio e un respiro più veloce, poi la voce roca di Wong.
 
– Ti dispiacerebbe tanto se andassimo prima nel mio appartamento per un drink?
– Ma non mi volevi mostrare il panorama di Hong Kong?
 
La luce era intanto tornata, poiché Wong si era distanziato da Mulan. Il suo viso si vedeva perfettamente, inquadrato dal ciondolo dell’agente che si trovava precisamente davanti a lui.
 
Mentre Hook e gli altri osservavano le immagini del monitor, arrivò anche Manuel Parrilla e, inspirando profondamente, si mise a guardare lo schermo.
 
– A che punto sono? Sono già sulla terrazza?
– No. Credo che lui voglia consumare quanto prima Manuelito!
– Cheee?!
– Nell’ascensore le ha appena detto che preferirebbe andare nel suo appartamento per un drink!
– Maledizione Hook! Guarda che sguardo! Quello è arrapato come un mandrillo!
– Direi che Fiore di Loto è stata veramente in gamba …
- Ne avevi dubbi Capo! Ma mica deve andarci a letto per forza no?
– Manuel calmati! Che ti prende? Lei sa quello che fa e cosa potrebbe fare se fosse necessario!
 
Manuelito guardava le immagini trasmesse dalla microtelecamera e diventava sempre più nervoso. Ad un certo punto si oscurò nuovamente lo schermo e, dai rumori, fu chiaro che i due nell’ascensore si stessero baciando appassionatamente.
 
  – Le starà mettendo sicuramente le mani addosso quel porco!
 
Manuel era troppo preoccupato per i gusti di Captain Hook. Aveva capito che l’agente Parrilla nutrisse un sentimento possessivo  nei confronti di Mulan. Imprecò mentalmente. Possibile che Manuel si fosse coinvolto emotivamente con Mulan così intensamente in poche ore? Si, poteva eccome! Era successo anche a Wong! Inoltre per la sua personale esperienza non era stato forse lo stesso con Emma Swan? Per lui era bastato uno sguardo! Come poteva giudicare quel ragazzo?
 
Da ciò che si sentì nella trasmissione, Manuel aveva sicuramente ragione. Mulan si era sciolta da quel bacio e stava rimproverando ridendo Wong.
 
– Sei così passionale e irruento Li Yu! Vuoi farlo in questo ascensore per caso?
– Mi hai stregato Mei Jing, anche questo profumo sulla tua pelle così … voluttuoso … mmm … brava … hai messo il bikini della sfilata sotto l’abito … il tuo capo te lo ha detto quindi!
– Si me lo ha detto! Ma se inizi a spogliarmi ora ti perderai lo spettacolo dopo Li Yu! – Hai ragione tesoro, ma i tuoi seni sono così morbidi che non riesco a resistere!
 
Il viso di Wong passò davanti al ciondolo scendendo prima su un seno poi sull’altro. Mei Jing emise un sospiro di piacere.
 
Hook guardò Manuel in viso. Il ragazzo era rosso in faccia e aveva le ciglia aggrottate.
 
– Manuel tra poco toccherà a te entrare in azione! Se non riesci a stare calmo non potrò mandarti lo sai! Devi essere lucido! Non possiamo mandare all’aria tutto per la tua gelosia!
– Io non sono geloso!
 
Il giovane agente gli si era rigirato inviperito.
 
– Sei sotto i miei ordini Manuel! Stai calmo! Cos’è se non gelosia?
– Sono preoccupato per lei e per quello che le potrà fare quel delinquente. Dalla documentazione sappiamo che ha una passione per il bontage! Se la uccide con quella pratica?
– Non ci possiamo fidare di lui … fidiamoci di Fiore di Loto Manuel!
 
Gli altri agenti presenti non parlavano, preferendo tenersi fuori da quei discorsi e prestare attentamente orecchio a quanto veniva detto dai due in ascensore.
 
La salita finalmente finì e il ciondolo trasmise l’apertura della porta automatica e la visuale del corridoio che portava all’appartamento del Tai Pan, situato all’ultimo piano. Si videro chiaramente le spalle dell’uomo che apriva la porta e il suo sorriso quando si voltò verso la ragazza per accoglierla in camera.
 
Mulan riuscì ad inquadrare tutto l’appartamento, mentre osservava i punti in cui si trovavano le videocamere della sicurezza. L’appartamento aveva arredamento moderno e prevaleva il colore dell’ebano nei tratti di boiserie, intramezzati da zone rivestite di carta avorio. Nella prima stanza in cui entrarono si apriva il soggiorno con un lungo divano in pelle bordeaux e due poltrone dello stesso genere.
 
Si vide dallo schermo Wong allungare una mano verso Mulan e prenderle la sua, attirandola a sé con l’intento di baciarla ancora. Lo schermo si oscurò nuovamente in quel contatto. Si scostò e tornò la luce, inquadrando il suo papillon da sera. Mulan si voltò sulla destra e nello schermo si vide il suo riflesso e quello di Wong nello specchio posto su quella parete. Proprio davanti allo specchio c’era un tavolino in cristallo con sopra bicchieri e bottiglie di alcoolici. Mulan si voltò nuovamente verso Wong e questi si vide, trasmesso allo schermo, sedersi sul divano aprendosi la giacca dello smoking.
 
– Preferisci subito un drink o qualcosa di più divertente?
– Cosa proponi di più divertente?
– Qualcosa che sicuramente già hai provato Mei Jing!
– Vediamo!
 
Posta difronte al Tai Pan, la microcamera nel ciondolo lo riprese chiaramente mentre si prendeva dal taschino interno della giacca una bustina con della polvere bianca.
 
– Facciamo prima un tiro Mei Jing, sentiremo maggiormente le nostre sensazioni!
– Sei sicuro Li Yu? Non vuoi sentirmi al naturale? Forse scopriresti che è meglio così!
– Non dirmi che non ti sei mai fatta di cocaina Mei Jing!
– Nel mondo della moda?! La prima volta avevo diciassette anni! Non mi piace prenderla con frequenza, so  che fine ha fatto qualche mia collega che ne è diventata dipendente.
– Per una volta non diventerai una tossicodipendente no?
 
Si sentì ridere Mulan e aggiungere:
 
 - Una volta! Si dice sempre così no? Vorrei che lo facessimo sentendo le nostre vere sensazioni Li Yu!
 
L’uomo aveva già preparato due strisce di polvere bianca sul piccolo tavolo davanti al divano.
 
– Sono abituato così Mei Jing, se non la vuoi non sei obbligata!
 
Si vide Wong chinarsi sul tavolo con la testa e con una cannuccia inspirare dall’inizio alla fine una delle due strisce. Poi si vide rilassarsi poggiando la testa sulla spalliera della seduta, massaggiandosi l’attaccatura del naso con pollice e indice. Risollevò la testa e si vide perfettamente il suo sguardo lascivo.
 
– Mi piacerebbe che adesso ti togliessi quel vestito come hai fatto con la vestaglia di seta sulla passerella!
 
Mulan gli rispose con tono sensuale.
 
– Vuoi uno spettacolino tutto per te Li Yu?
– Si Mei Jing! Ti voglio tutta per me!
 
Dal monitor Hook e gli altri non potevano vedere lo spogliarello di Mulan, ma vedevano bene le reazioni del Tai Pan, che iniziava a portarsi la mano alla patta dei pantaloni, sempre più stretti. Lo videro togliersi il papillon e sbottonarsi il colletto della camicia. Era evidente che lo spettacolo offerto e la droga lo stessero mandando fuori giri. Lo videro alzarsi velocemente e avvicinarsi con irruenza verso Mulan.
Sicuramente l’aveva abbracciata. Si percepì un tramestio di rumori e movimenti, poi si capì che Wong fosse seduto su una delle poltrone e probabilmente Mulan fosse sopra di lui in qualche modo. Poi, in un movimento della ragazza, si inquadrò nuovamente lo specchio e si vide la scena che si stava svolgendo.
 
Mulan era ancora con il bikini rosso bordeaux tempestato di perline. Seduta con una gamba sulla coscia di Wong. Gli stava sbottonando del tutto la camicia da sera, mentre lui le mordeva lentamente la punta di un seno, facendo scorrere i denti sulle perline del reggiseno. Poi un altro movimento di Mulan e scomparve l’immagine riflessa nello specchio. Sicuramente si era abbassata a baciarlo, si vide il petto glabro e muscoloso di Li Yu. Suoni indistinguibili, tra mugolii e sospiri, poi la voce di Wong.
 
– I tuoi capelli sono come seta nera Mei Jing! Non mi stancherei di accarezzarli!
 
La reazione di Mulan fu come se avesse avuto un segnale in quel momento. Hook lo percepì così, mentre osservava ed ascoltava.
La ragazza era scattata in piedi e si era diretta verso il tavolino con gli alcoolici, si vedeva bene dal riflesso dello specchio davanti a lei.
 
– Beviamo un drink ora Li Yu! Mi fa più effetto della cocaina sai?
– Come vuoi mia splendida! Prepara quello che vuoi anche per me, io ho una bella  visuale da questa poltrona e non ho intenzione di alzarmi per perdermela!
 
Sicuramente Wong si riferiva al lato B della ragazza. Dopo poco Hook intravvide le mani di Mulan intrecciarsi in un movimento sull’anello che indossava.
 
“Brava Mulan! Il soporifero! È il momento giusto!”
– Tra meno di dieci minuti uscirai da questa stanza Manuel con l’occorrente. Gli ha messo il soporifero nel drink!
 
Si videro le due mani di Mulan con i calici pieni di un liquido giallognolo andare verso Wong.
 
– Adoro lo champagne Li Yu e questa è una marca molto costosa!
– Per te il meglio mia “bella e perfetta” un Louis Roederer Cristal è altrettanto perfetto!
 
Calcolando l’inquadratura, Mulan si era seduta sulle gambe di Wong, mentre entrambe bevevano il vino francese.
 
– Credo sia giunto il momento che tu sia mia Mei Jing!
 
C’era stato un ennesimo bacio e dal movimento seguente, visto l’alzarsi del livello della visuale, era ovvio che Wong avesse preso in braccio Mulan e la stesse portando nella sua camera da letto.
L’inquadratura mostrò che l’uomo si stesse rialzando dopo averla deposta sul letto per spogliarsi del tutto. Si videro le ginocchia unite di Mulan, poi si vide l’uomo, che le si avvicinava eccitato all’inverosimile, far scivolare le mani verso di lei e ritirarle con il piccolo perizoma di perline in una di esse. Non si vide che fine facesse lo striminzito indumento, ma si vide chiaramente che Wong ponesse le mani sulle ginocchia della ragazza, facendole aprire al suo volere. La testa di capelli neri di Wong si abbassò tra le cosce di Mei Jing e le fece qualcosa che la fece gemere involontariamente di piacere.
 
– Cazzo Hook! Sono passati i dieci minuti! Non gli fa nessun effetto quella roba? Avevi detto che avrebbe agito in un minuto! La sta stuprando!
- È una quantità che atterrerebbe un elefante! Deve essere colpa della cocaina è troppo eccitato!
 
Anche il Capitano, come Manuel, stava sudando. Le loro fronti erano imperlate di piccole gocce brillanti. Captain Hook pensò che di quel passo, volente o nolente, Mulan avrebbe finito per avere un rapporto sessuale completo con quel criminale.
La testa di Li Yu si risollevò guardando verso il viso di Mulan, le sorrise passandosi la punta della lingua sulle labbra, i suoi occhi erano meno vivaci di poco prima.
 
– Hai un sapore squisito Mei Jing e sei pronta per me …
 
Wong si portò con il bacino tra le gambe della ragazza con l’ovvio intento di penetrarla.
Hook si guardò intorno. Gli agenti erano tutti tesi e ammutoliti. Nessuno stava più guardando lo schermo. Manuel aveva abbassato la testa e si era portato la mano sugli occhi, ormai arreso alla realizzazione di quell’atto sessuale estorto all’Agente Chang per servire la missione.
 
– Dio se pesi Wong! Sei crollato finalmente!
 
La voce ironica di Fiore di Loto fece scattare tutti con gli occhi nuovamente al monitor. I visi si illuminarono e Manuel saltò in piedi per prendere gli strumenti che gli sarebbero serviti. Finalmente potevano passare al livello successivo del piano.
Si vide il ruotare di Wong sulla schiena, spinto dalle forti braccia di Mulan che si stava liberando del suo peso. L’uomo non era riuscito nel suo intento. Era crollato addormentato tra i seni della giovane Agente sotto copertura.
Mentre Hook restava nella Sala di Comando. Manuel salì con l’ascensore fino all’appartamento di Wong. Gli aprì direttamente Mulan, che si era rivestita velocemente dei suoi abiti.
 
– Vai Flash! Ho già controllato! Lo studio è quello! La cassaforte è dietro il quadro di Monna Lisa!
 
Mentre l’Agente Parrilla cercava di aprire la cassaforte per fotografare i documenti di Li Yu Wong, Mulan sistemava per bene sul letto l’uomo. Quando si fosse svegliato, doveva avere l’impressione che avessero completato la loro performance. Lo coprì disordinatamente con il lenzuolo fino alla cintola. Il letto sembrava un campo di battaglia ora. Svuotò la bottiglia di Champagne nel lavello del bagno e poi la mise vicino ai due calici che avevano usato prima, doveva sembrare che avessero bevuto tutto il vino fino ad ubriacarsi.
 
– Peccato! Era ottimo e costoso!
 
Prese un foglio e una penna dalla superficie dello scrittoio. Il foglio aveva l’intestazione dell’albergo. Vi scrisse sopra una frase in lettere cinesi.
 
Sei stato fantastico Li Yu. Non posso trattenermi oltre … Domani dovrò riprendere l’aereo per Dublino. Resterai il ricordo più bello di questi due giorni.
Tua Mei Jing
 
Lasciò il biglietto sul cuscino stropicciato affianco a quello di Wong. Poi si diresse nello studio dove Flash stava finendo di fotografare i documenti.
 
– Abbiamo tutto?
– Si, abbiamo tutto! Possiamo andare!
 
Manuel non aveva finito di dire l’ultima parola che squillò il telefono dell’appartamento. Si guardarono in viso sbiancando. Il trillo era insistente. Se Li Yu si fosse svegliato?
 
Mulan non si perse d’animo e velocemente corse al telefono staccando la presa dal muro. Li Yu non si era mosso di un millimetro. Avrebbe dormito fino al mattino di sicuro. Rimisero in ordine le carte nella cassaforte e uscirono silenziosamente dall’appartamento. Era tardi ormai, a quel piano non circolava nessuno e per i pochi piani che scesero con l’ascensore non ci furono altri passeggeri.
Mulan si chiedeva tra sé, mentre scendevano, chi avesse avuto bisogno di chiamare Wong a quell’ora tarda di notte.
 
Pochi minuti prima, in una stanza dello stesso albergo.
 
Robert Gold era nel letto matrimoniale che condivideva con Belle, alias Lucy Andersen. Rimuginava sugli affari che era andato a concludere con il giovane Tai Pan. Era stato un osso duro quell’uomo! Non era stato facile convincerlo a riprendere gli affari con Santa Cruz, ma alla fine era riuscito ad ottenere un accordo molto vantaggioso ed entro i primi giorni di dicembre sarebbe partito un ingente quantitativo di oppio per la Colombia. Il Chimico di Antonio Santa Cruz ne avrebbe avuto di lavoro e loro avrebbero guadagnato miliardi, recuperando anche i soldi perduti con l’intercettazione del carico del maggio prima. Sia Gold che Santa cruz si erano chiesti chi fosse stata la talpa in quell’affare, ma non ne avevano cavato un ragno dal buco. Comunque, come gli aveva raccontato Antonio, grazie all’accordo assicurativo fatto con l’avvocato irlandese Robert Rogers, una buona parte di soldi li aveva recuperati in pochi giorni, con un cospicuo premio. A quanto sembrava Antonio aveva visto giusto su quel Rogers!
 
“Meglio così”
 
Belle si voltò nel letto verso di lui.
 
- Non hai sonno Robert?
– No!
– Ci facciamo le coccole allora?
 
La ragazza era saltata sul letto con la sua solita vivacità e intenti romantico- sessuali nei confronti del suo amante. Gli si era buttata addosso sbaciucchiandolo, ma lui l’aveva respinta infastidito.
 
– Smettila! Cerca di dormire! Non ne ho voglia questa sera.
– Sono settimane che non lo facciamo Robert! Non mi ami più?
– Ti ho mai detto che ti amo forse?
– Tu non lo dici mai esplicitamente Robert, ma so che mi ami …
 
Gold aveva riso alla stoltezza di Belle.
 
– Stai ingrassando troppo per i miei gusti! Ti ingozzi come un maiale ultimamente. Come potrei essere attratto da te?
– Sei crudele Robert, ma so che lo dici per il mio bene! Mi metterò a dieta da domani!
- Meglio così! Non entri più nei tuoi vestiti. Se Wong non ti avesse regalato quell’abito non avresti avuto nulla da mettere questa sera!
– Si amore! Hai sempre ragione! Ma a proposito di vestiti e stilisti …
- Che?
– Secondo te perché gli stilisti più talentuosi sono sempre gay?
– Ma che vuoi che ne sappia io degli stilisti e in particolare di quelli gay! Non è il mio mondo quello della moda! Ero un accademico fino a pochi mesi fa!
– Comunque quel Colin O’ Donegal anche se gay è carino!
– Carino? Ti piacciono le checche ora?
– Che centra! Ha dei bei tratti!
– Dove li hai visti questi bei tratti non lo so proprio!
– Ma non hai visto che bel profilo ha? Anche fisicamente non è messo male, anche se gay!
– Se lo dici tu!
– Sai chi mi ha ricordato?
– Decisamente no Cara!
– Ma si dai! Quell’avvocato irlandese che ci hanno presentato i Santa Cruz mesi fa!
– Rogers?!
– Si, proprio lui!
– Ma che stai dicendo?! Non ha nulla a che vedere con Rogers!
– Forse hai ragione anche questa volta amore. Eppure avesse avuto la barba e senza quegli occhiali e capelli biondi …  Ha anche un anello uguale al suo!
– Un anello?
– Si, quel grosso anello con rubino! Lo aveva anche Rogers. Forse hanno frequentato lo stesso college in Irlanda! Beh! Sai che ti dico? Se tu hai l’insonnia io invece ora ho sonno! Buonanotte Robert!
 
Gold era rimasto talmente pensieroso che non le aveva nemmeno risposto. Iniziò a profilarsi in mente le immagini dei due uomini. Cercò di sovrapporle.
 
– Maledizione! Ci sono parecchie cose che combaciano. Se non sono parenti si tratta della stessa persona e se è così avevo ragione con Antonio. Gli ha pagato il premio assicurativo comunque! A meno che non fosse tutta una messa in scena della D.E.A. In fin dei conti ho saputo che Steward fosse ancora vivo. Un tipo capace di farsi passare per morto deve essere capace di tutto. Se si fosse travestito e avesse recitato la parte dello stilista gay? Chi lo avrebbe sospettato? Devo chiamare Wong per dirgli di stare in campana e far pedinare il tizio!
 
Aveva formulato il numero dell’interno di Wong con il telefono posto sul suo comodino. Aveva sentito l’altro apparecchio in funzione, ma nessuna risposta. Aveva riprovato ancora e ancora, ma il telefono risultava occupato. Alla fine si arrese. Il Tai Pan era con la bella modella che aveva sfilato per O’Donegal e non voleva essere disturbato.
 
“Se fosse anche lei un agente sotto copertura?”
 
Gold sarebbe ripartito per Santo Domingo la sera seguente, doveva indagare sullo stilista e il suo seguito. Se avesse avuto conferma dei suoi sospetti ci avrebbe pensato di persona! Si voltò verso Belle. La ragazza si era addormentata velocemente. Gold si alzò dal letto silenziosamente e si diresse alla sua valigia, aprendola piano. Prese l’oggetto che brillava davanti a sé. Lo impugnò e lo sollevò puntandolo come se avesse avuto un nemico davanti.
 
“ Da tanto non uso questa pistola! Se veramente quello è Kim Steward, avrò la mia vendetta prima che sparisca di nuovo come un fantasma!”
… …

Boston. Metà gennaio 2010
 
Nessuno l’avrebbe potuta scoraggiare dal suo intento. Emma era determinata a fare il terzo grado all’Agente Sebastian Jefferson. Era tornato, lo sapeva. Lo aveva visto guidare quel Suv Maserati che stava riportando in comunità terapeutica Eloise Gardener. Altri tasselli del puzzle avevano trovato la loro collocazione grazie anche al racconto di Eloise.
L’intuito, la preparazione che stava svolgendo a Quantico, la fantasia e la conoscenza di Kim-Killian, il primo per gli atteggiamenti visti di persona e il suo alter-ego reale per tutto quanto le aveva detto telefonicamente, la stavano aiutando a definire minuto per minuto tutta la situazione.
 
Killian aveva lavorato in incognito come Kim Steward lì a Boston. Aveva dovuto passare per morto, probabilmente per depistare i narcotrafficanti con cui era in contatto in quella zona. Poi aveva continuato la sua azione in Colombia, preparando il tutto da mesi, viaggiando avanti e indietro tra Colombia e States. Era sicuramente tra coloro che avevano incastrato quel tizio, Santa Cruz. Lì aveva conosciuto Eloise, sotto le spoglie di un reporter: Andrew Smith. Tra una cosa e l’altra aveva salvato la donna e la sua bambina. Come aveva detto ad Eloise doveva ripartire e lei, Emma, sapeva che la meta fosse la Cina. L’operazione in Cina si era chiusa da almeno un paio di settimane e aveva portato l’arresto del capo mafioso cinese e dei complici colombiani. Il dubbio grosso di Emma era collegato alle notizie di metà novembre!
 
 In quel periodo Killian era già in Cina e il telegiornale aveva parlato della morte di Robert Gold e il ferimento anche di agenti in incognito, in seguito ad una sparatoria. Sentendo dire da Eloise che l’ultima volta che aveva parlato a telefono con Andrew-Killian, questi le fosse sembrato sofferente, le aveva reso chiaro che fosse uno dei feriti di quella sparatoria.
Mentre si rigirava nel letto, insonne, aspettando impazientemente l’arrivo della mattina, sperava che la sua intuizione fosse sbagliata. Lo sperava con tutto il cuore!
 
L’attesa mattina arrivò finalmente e lei, con cipiglio duro e risoluto, prese le chiavi dell’auto di sua zia e uscì di casa. Ingrid la guardò dalla finestra, ignara di cosa dovesse fare sua nipote alle sette di mattina. Doveva essere importante e urgente, sua nipote non aveva fatto nemmeno colazione, cosa che succedeva quando qualcosa in lei era in fermento.
 
***
 
Il Suv Maserati nero era lì davanti a lei. Era sicura di trovarlo lì a quell’ora. Non gliene fregava nulla se avesse beccato Lorna e Sebastian nella loro intimità familiare. Erano quasi le otto. Dovevano pur uscire da quell’appartamento!
Sicuramente erano in piedi ormai. Sapeva che sarebbe apparsa come una pazza o una maleducata, ma si trattava di Killian, dell’uomo che amava più della sua stessa vita. Lo aveva perso già una vola e non intendeva perderlo nuovamente. Suonò al citofono e la voce di Lorna le rispose sorpresa.
 
– Sono Emma. So che Jefferson è lì.
– Emma?! Ti apro la porta dello studio, aspetta due minuti!
 
Lorna sapeva perfettamente dell’urgenza di Emma. In verità aveva raccontato tutto a Seb la sera prima, quando lui era tornato da lei per cenare insieme e condividere tra dolci effusioni la nottata. Sebastian le aveva risposto accigliato.
 
- È ora che quella ragazza sappia come stanno le cose! Ha penato anche troppo! Ma Killian non credo la voglia vedere al momento!
 
Lorna non gli aveva fatto domande. C’erano cose che Seb non diceva nemmeno a lei, ma sperò che le avrebbe potute dire ad Emma.
 
La porta dello studio venne aperta dallo stesso Sebastian. Emma lo guardò speranzosa e leggermente intimorita. Lui passò dal cipiglio duro ad un sorriso di tenerezza nel vederla determinata ma contemporaneamente così preoccupata ed emotivamente fragile.
 
– Lorna ha ragione Emma! Sei in gamba se sei arrivata a ricostruire tutto questo! Si, hai fatto un ottimo quadro della situazione!
 
Emma gli aveva detto tutto il suo pensiero su cosa credeva fosse capitato dalla conoscenza con Kim a quel momento e Seb le stava confermando che non avesse sbagliato.
 
– Killian ha dovuto prendere altre identità tra la Colombia  e la Cina. È grazie al suo genio ed alla sua abilità che siamo riusciti ad intervenire in modo ampio ed efficace!
– Agente Jefferson, per favore! Mi dica di lui ora! Mi dica che è vivo e sta bene o comunque mi dica la verità su di lui!
– Emma mi dispiace ma Killian non vorrebbe!
– Non me ne frega niente di cosa ora vorrebbe o meno! Devo sapere la verità! Lei me lo deve Agente Jefferson, anche per come mi ha trattata male la sera dell’omicidio di Kim!
– Pensavo non mi avessi riconosciuto quando Lorna ci ha presentati!
– Vero, non avevo realizzato in quel momento, ho ricordato di recente.
– Emma … Killian è stato ferito gravemente nella sparatoria con Gold!
– Mio Dio no!
– Stai calma e ascoltami!
 
Emma ricacciò in dietro le lacrime.
 
– Nella sparatoria è stato colpito da una scheggia metallica alla schiena. Se fosse stato il proiettile stesso probabilmente ora sarebbe morto veramente …
 
Emma era pallida come un cencio ma manteneva gli occhi fissi sul viso di Seb.
 
– Cosa gli è accaduto di preciso?
 
Nella mente della giovane si stavano aprendo scenari disastrosi sulla condizione di Killian. Un colpo alla schiena poteva portare molte conseguenze.
 
– I medici l’hanno definita Frattura Maggiore del corpo vertebrale. Nella sfortuna almeno ha avuto la fortuna che la scheggia non abbia danneggiato il midollo. Fu soccorso ad Hong Kong immediatamente. Era in corso l’arresto di Gold e Killian non era solo. I suoi compagni furono tempestivi. Il soccorso medico gli bloccò l’emorragia e la schiena. Fu operato urgentemente per la rimozione della scheggia. Una porzione del corpo vertebrale dell’ultima vertebra toracica era rimasta danneggiata. Nonostante la missione fosse ancora in corso lo abbiamo dovuto riportare in America.
– Mio Dio è qui ora?
– Si Emma è qui …
- Dove? In quale ospedale?
– Ad un Agente del Bureau spetta il ricovero in un ospedale militare …
- Quindi è ricoverato all’Ospedale di Chelsea, appena fuori Boston!
– Si. Ha subito un altro delicato intervento e ancora non ha finito.
– Ancora sta soffrendo …
- Si. Continuava ad avere intorpidimenti alle gambe e difficoltà a camminare, oltre ai forti dolori. I medici hanno deciso di operarlo nuovamente. Gli faranno una Citoplastica con palloncino …
- Non ho idea di cosa sia Jefferson!
– Una tecnica mini-invasiva. In pratica con l’inserimento di un palloncino ortopedico ripareranno ulteriormente la vertebra e gli allevieranno i dolori.
- È pericoloso?
– Chi può dirlo quanto? I medici hanno intenzione di aiutarlo anche con la fusione spinale se sarà necessario. Trattandosi della colonna vertebrale il rischio è sempre quello di …
- Ledere il midollo spinale …
- Esatto Emma!
– Quando ci sarà l’intervento?
– Proprio questa mattina Emma! Credo lo stiano già preparando!
– Chi c’è con lui? Qualcuno di famiglia?  
– No. Non ha voluto far avvisare la famiglia. Loro non sanno nulla, se non che sia in Cina per lavoro!
– Mio Dio è solo ad affrontare questa situazione?! Devo andare da lui immediatamente!
 
Emma già stava girando su se stessa per uscire e correre all’ospedale militare. Jefferson la prese per un braccio.
 
– Non è solo! Mulan è con lui! Non ti farebbe entrare nessuno in quell’ospedale, senza un permesso speciale.
– Sono un’allieva del Bureau! Mi faranno entrare!
– No! Sbagli! Aspetta … ti accompagno io. Con me potrai entrare!
 
 
 
 
Angolo dell’autrice.
 
Buongiorno e buona domenica a chi ha letto. Credo che si siano spiegate molte cose. Sappiamo dove sia finito ora Killian e giustamente Emma ha voluto fare il terzo grado a Seb! Come poteva non dirle la verità?
Anche gli altri personaggi hanno avuto una gran parte in questo capitolo. Mulan è stata una grande protagonista e ora Emma ha scoperto che è accanto al suo ragazzo anche in questo momento. Vedremo al prossimo cosa sta succedendo nell’ospedale militare e cosa riserva ancora il futuro ai nostri CaptainSwan.
A parte lo svolgimento della storia, ho voluto denunciare, tra le righe dedicate a Mulan, l’uso mercificato che si fa del corpo della donna, attraverso la moda e non solo. Mulan manterrà la propria dignità, ma Killian e lo stesso Manuel, suo ammiratore, sanno che non è giusto sfruttarla in quel modo.
Spero il capitolo vi sia piaciuto e sia stato avvincente. Alla prossima domenica miei amici di penna e lettura!
Un grazie a chi legge e un super grazie a chi lascia i suoi commenti!
;**  Lara
 
P.S. Riguardo al Tai Pan Li Yu Wong. Chi non vuole solo immaginarlo ma vederlo, può farlo trovando le foto giovanili dell’attore cinese Tony Leung Ka-Fai, protagonista del famoso film “L’amante”.  Mi sono ispirata a lui. Tanto male non sarà andata alla nostra Mulan! ;)))
 

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Capitolo 32
*** Legami con i capelli il cuore ... ***


Capitolo 32
 

Legami con i capelli il cuore …
 
Svegliati amore mio, che la notte è già passata
Svegliati, vieni qua. Fra le mie mani nasce il sole
Non pensare al passato, quanta nebbia c'è là
Stringimi e parlami ancora,  vedrai si rivivrà
 
Legami con i capelli il cuore
Tu mia onda scendi dentro me
Stringimi che ormai io sono il mare
Questo brivido ti scioglierà
 
Parlami, abbracciami, scivola, azzurra luna
Foglie  il vento ci porta, siamo ali verso il blu
Stringimi e lasciati andare, il mio vento ora sei tu
E le notti fuggono, scivolo baciandoti
Mille lune, mille onde, che attraversano il nostro mare
Legami con i capelli il cuore questo brivido ti scioglierà
 
(“Mille lune, mille onde”. Andrea Bocelli)
 
 
 
 
Il carrellino d’acciaio, con sopra le terapie per i pazienti, entrò nella stanza con il suo inconfondibile cigolio, mentre la rubiconda infermiera lo spingeva davanti a sé con l’irruenza della sua mole.
 
– Tesoro è ora della punturina! Fai il bravo ora e mostrami quel bel culetto sodo!
– Buongiorno anche a te Rosy! Mi stavo preoccupando per non averti ancora sentita strillare per il corridoio questa mattina!
- Ti sono mancata tesoruccio?
– Ovviamente Rosy!
– Vedi di non fare tanto il rubacuori con me ragazzino! L’iniezione la dobbiamo fare comunque!
– Di la verità che ci prendi gusto a torturarmi con quell’ago!
– Sai com’è?! Non se ne vedono tanti di sederini ben fatti da queste parti!
– Beh! Grazie per il complimento Rosy!
 
Killian sorrise all’attempata infermiera. Erano quasi tre settimane che fosse ricoverato all’ospedale militare di Chelsea. Per chi non avesse mai conosciuto la caposala Rosy White, di primo acchito, sarebbe sembrata semplicemente un donnone burbero e autoritario. In verità autoritaria lo era veramente! Come avrebbe potuto essere diversamente in quell’ambiente di medici e pazienti militari? Lei stessa, come crocerossina, aveva il grado di Tenente, una lunga esperienza e un cipiglio altrettanto marziale. Anche il suo linguaggio spesso sembrava da caserma!
 
Killian l’adorava! Non solo nutriva per lei una grande simpatia, apprezzava la sua professionalità e la sua grande umanità nei confronti dei pazienti. Con le sue battute, apparentemente sferzanti, riusciva sempre a tirarli su di morale e al momento giusto aveva sempre una parola di incoraggiamento, mostrando una tenerezza a dir poco materna.
 
– Che fine ha fatto la tua “amichetta” cinese?
– Mulan? È andata a prendersi un caffè! Ma non farti sentire! Lo sai che è un’agente dell’F.B.I. e non la mia ragazza!
 - Oh! Io lo so bene! Ma tutte le infermiere del reparto pensano che lo sia, visto che non ti molla un attimo! Hanno paura di accostarsi! E pensare che farebbero a gara per venire a prenderti la temperatura o la pressione!
 
Rosy massaggiò e disinfettò l’epidermide con cotone idrofilo e alcool, poi prese la siringa e la sollevò, facendo scorrere lo stantuffo fino a far uscire una goccia di liquido.
 
– Non sapevo di essere un paziente così ambito Rosy … Ahi! Accidenti che male! Che diavolo c’è in quella siringa?!
– Un forte antibiotico tesoro! Dai che non ti ha fatto tutto questo gran male! Sono peggio i dolori alla schiena no?
– Quelli non mi danno tregua Rosy!
– Fammi vedere questa flebo!
 
Rosy aveva finito con l’iniezione e guardò il liquido a base di morfina che stava scendendo lentamente nel braccio di Killian, attraverso un tubicino trasparente e l’ago inserita nella vena sopra la sua mano sinistra. Il liquido era quasi finito.
 
– Bene! Aspetto qui con te una decina di minuti e ti tolgo la flebo. Per il momento non te ne metto altre. Ci penseranno dopo in sala operatoria a darti un miscuglio per l’anestesia e il dolore, momentaneamente sei coperto …
- Sono stufo di questa roba Rosy! Sto diventando un morfinomane!
 
Rosy si mise seduta sulla sedia alla sua destra e gli sorrise mestamente, guardandolo con sguardo materno.
 
– Lo so ragazzo mio! Non ti ci sai vedere in questo letto! E come potresti alla tua età? Dovresti essere la fuori a correre dietro a qualche bella ragazza e a pensare a far l’amore!
– Ecco! Questa è una bella prospettiva Rosy!
– Ma a proposito! Possibile che non ci sia una bella fidanzata che ti venga a trovare? Sarebbe consolatorio in questi casi!
– Consolatorio? Pensi che una ragazza innamorata veramente non soffra a vedere il suo uomo conciato così?
– Certo che soffrirebbe! Ma se lo amasse veramente gli vorrebbe stare vicino ti pare? Non dirmi che la tua ragazza non sa nulla! Perché non posso crederci che tu non ne abbia una nascosta da qualche parte!
– Rosy … per favore … cambiamo argomento!
– Ahi! Ahi! Capitano! Qui qualcosa non quadra! Credo proprio che una ragazza ci sia nel tuo cuore!
- È troppo complicato da spiegare Rosy!
– Se è complicato è proprio amore figliolo!
 
La flebo era arrivata all’ultima goccia e l’infermiera si alzò dalla sedia per interrompere il flusso in vena. Tolse il tubicino ma lasciò l’ago, consapevole che in sala operatoria vi avrebbero collegato un’altra flebo.
 
– Posso?
 
La voce di Mulan si fece sentire alla porta della stanza.
 
– Guarda guarda! Il tuo piccolo Cerbero cinese è tornato!
– Puoi Mulan! Entra pure!
 
Mulan entrò e si scambiò un saluto con la caposala.
 
– Allora! Mio bel Capitano! Tra un quarto d’ora vengo a prepararti per l’intervento! Inizia a dettare le tue ultime volontà alla tua amica!
 
Mulan guardò torva la donna che ridacchiava ironica. Non apprezzava il suo modo di far battute. Lei era sinceramente preoccupata per il suo Capo. Sapeva quanto quell’intervento potesse essere rischioso e avrebbe pregato Buddha, Confucio, Allah, la Trimurti Indiana e il Dio Cristiano di Killian, pur di rivederlo in piedi, attivo e vivace come normalmente fosse. Avrebbe pregato pur essendo atea! Non voleva nemmeno lontanamente pensare alle possibilità nefaste di quell’intervento. Nutriva ormai un affetto profondo per quel giovane brillante, non meno di quanto lo nutrisse per Emma Swan e non vedeva l’ora di poterli vedere insieme!
 
– Come vanno i dolori? 
- Dopo tre flebo di morfina sto bene! Direi che avrei voglia di uscire da questo letto e farmi una corsa nel parco, se non fosse che le mie gambe non rispondono completamente e si intorpidiscono ogni giorno di più!
– Lo so Kil … è per quello che ti operano. Starai bene … dovrai stare a riposo un paio di mesi e fare fisioterapia. Lo sai cosa ti ha detto il Professor De Luzis. È un luminare nel campo e in questo ospedale hanno visto ferite di guerra peggiori della tua!
 
Killian ricordava benissimo il discorso fattogli dal medico italoamericano. Gli aveva parlato dei possibili rischi, ma era stato anche molto ottimista.
 
– Hai chiamato Emma?
– No … non ho intenzione di farlo!
– Santo cielo Kil! Ieri mi sembrava di averti convinto a farlo! La missione è andata in porto. Lei non corre più pericoli ormai. Credo sia giusto che sappia che sei tornato e soprattutto sappia la verità! Si, sei ferito, lo sappiamo! Ma credi che lei non vorrebbe esserti vicina con tutto quello che ha passato?
– Appunto! Proprio per tutto quello che ha passato, per colpa mia tra l’altro! Dovrei farle anche questo? Alla verità ci arriverà anche da sola, è in gamba! È la migliore degli allievi di Lorna. Le ho lasciato degli indizi. Li metterà insieme prima o poi, se non l’ha già fatto! Non è il caso che mi veda in questo stato!
– Ti avrebbe fatto bene che al mio posto a tenerti la mano ci fosse lei!
– Mi basti tu Mulan! Sei la mia migliore agente e la mia migliore amica!
– Sono amica anche di Emma, lo sai!
– Infatti non l’hai chiamata nemmeno tu da quando sei tornata dalla Cina! Perché?
– Perché?! Me lo chiedi proprio tu? Come potrei guardarla in faccia senza dirle la verità? Ad Emma non si può mentire! Ha uno sguardo che ti legge dentro!
– Lo so! Per quanto io le abbia mentito … non ci sono riuscito del tutto … spero che lei ricordi le verità che le ho detto e che mi perdoni un giorno!
– Lo farà, ne sono sicura, ama troppo il suo Kim per non perdonarlo come Killian Jones!
– Non ne sono così sicuro. Mi aspetto che mi prenda a pugni come minimo e non voglia più vedermi!
– Non compiangerti adesso! Cerca di riprenderti e tornare da lei.
– Se l’operazione andasse male? Dovessi restare su una sedia a rotelle? Potrei continuare il mio lavoro nella stanza dei bottoni, ma non potrei mai condannare Emma e nessun’altra a vivere al fianco di un invalido!
 
Mulan gli prese la mano destra e la strinse tra le sue.
 
– Killian … non sei un invalido e non lo diventerai!
 
Si sentì bussare alla porta e Rosy, con la sua voce altisonante e imperiosa, entrò insieme ad una giovanissima infermiera.
 
– Tesoro? È ora della vestizione! Mary Jane questo bel ragazzo è Killian! Lei è la mia tirocinante, l’allieva infermiera Mary Jane Ridle!
 
Killian fece un cenno di saluto alla nuova arrivata e questa rispose al saluto timidamente.
 
– Allora fuori il piccolo Cerbero cinese! Mary Jane dobbiamo spogliare e rivestire il Capitano! Prendi la camiciola verde per la sala operatoria!
 
Mulan, dando un’occhiataccia alla caposala Rosy, uscì lasciandoli all’opera. La giovane infermiera era un po’ intimorita e impacciata. Le altre infermiere le avevano parlato del paziente del letto 15 e glielo avevano descritto come uno dei più bei giovani pazienti che fosse capitato da quelle parti. Qualcuna le aveva fatto l’occhiolino quando Rosy le aveva detto che lo dovevano preparare per l’intervento e un’altra le aveva dato della “fortunata”.  Il paziente del 15 non era affatto male in effetti! Aveva un bel viso e due occhi azzurri oceanici, per non parlare del suo sorriso accattivante. Un tipo veramente affascinante! Non si sapeva molto di lui, solo che fosse irlandese e fosse un Capitano. Non si sapeva in quale arma. Quando le infermiere parlavano di lui, Rosy le metteva sempre a tacere, chiamandole “galline starnazzanti” e “scansafatica”.
 
Il giovanotto non si vergognava della sua nudità, mentre gli toglievano il camice che indossava nel letto, ma la giovane Mary Jane era in imbarazzo.
 
– Figliola! Svegliati cara! Non hai mai visto un uomo come mamma l’ha fatto?!
 
La giovane allieva era diventata paonazza, senza riuscire a proferir parola e mettendo al rovescio il camice verde al paziente.
Killian represse il sorriso che gli stava spuntando sulle labbra, consapevole della giovane età della ragazza. Poteva avere sui diciannove anni e aveva una pelle molto candida. Il tipo di rossore che la imporporava gli fece ricordare Emma, la sua timidezza le prime volte che si erano incontrati, il suo imbarazzo la prima volta che si erano spogliati reciprocamente, quando aveva deciso che voleva essere sua, che lui era quello per cui valeva la pena, perché non era una pena, perché per lei era l’amore …
 
Mentre Rosy rimproverava la povera Mary Jane a stare più attenta, Killian pensava che sarebbe stato bello avere lì con sé Emma. Per lui sarebbe stato bellissimo ricevere un bacio da lei prima di entrare in quella sala operatoria. Gli avrebbe dato del coraggio in più, ne era certo! Come era certo che avrebbe pianto e pregato mentre lui sarebbe stato sotto il bisturi del Professor De Luzis, preoccupata per l’esito dell’intervento. Si disse che era meglio così, che Emma non ci fosse, meglio per lei!
 
Continuò a pensarla, ricordando ogni momento passato con lei, ogni parola che si erano detti, ogni bacio che si erano scambiati, ogni abbraccio dei loro meravigliosamente passionali amplessi!
Nemmeno sentiva più il ciarlio di Rosy mentre  lo portavano nella sala operatoria. Non fece nemmeno caso alle forti luci sopra il tavolo operatorio, alla ennesima flebo di morfina e anestesia, al conto alla rovescia che si ritrovò a pronunciare automaticamente sotto comando a partire dal numero 100. Emma non era lì fisicamente, ma la sentiva vicina, forse perché era dentro il suo cuore e dentro la sua mente.
 
– 100, 99, 98 ….
 
Non riuscì ad andare oltre nella conta. Il buio l’avvolse in un mondo di silenzio e oblio …
***
 
I minuti passavano lentamente. Troppo lentamente per i gusti di Mulan. Aveva camminato avanti e in dietro lungo il corridoio, aveva contato tutte le file dei grossi mattoni in linoleum verde chiaro, le finestre e gli scalini per andare al piano di sotto, dove si trovava un distributore per il caffè. Alla fine si era seduta su una di quelle sedie scomode nel corridoio che dava sulla sala operatoria. Nel suo completo giacca e pantaloni, con le scarpe basse di tipo maschile, seduta con i gomiti sulle ginocchia, rimuginava sulla situazione, ricordando gli eventi che avevano cacciato Killian Jones in quella condizione.
 
“Non doveva capitare maledizione!”
---0---
 
Hong Kong. Poche settimane prima.
 
Li Yu Wong si svegliò di soprassalto. Un forte dolore alle tempie e sopra gli occhi lo costrinse a chiuderli di nuovo. Li riaprì lentamente e si rese conto di essere nella sua camera, nudo e … solo nel suo letto. Dove era finita la bella Mei Jing? Non ricordava nulla dal momento che aveva cercato di …
Accidenti! Non ricordava se l’avesse fatto o meno!
Si mise seduto sul letto e si passò le mani sugli occhi. Li sentiva appiccicosi. Colpa del miscuglio tra cocaina e Champagne? Si alzò da quel letto disfatto. Doveva pisciare, si sentiva la vescica pronta ad esplodere. Ma che accidenti d’ora era? Guardò il Rolex al polso sinistro …
 
“Le 10,00?!”
 
Era raro che si alzasse tardi la mattina! Era un uomo d’affari, pur se di affari loschi, ma era sempre un uomo d’affari, impegnato e interessato. Finì in bagno lavandosi via quell’appiccicume dagli occhi e, ancora completamente nudo e scalzo, fece un giro dell’appartamento.  Vide la bottiglia completamente vuota sul tavolinetto davanti al divano, insieme ai due calici dai quali avevano bevuto lui e la modella Mei Jing. Decisamente avevano bevuto parecchio la sera prima, ma perché lei non era rimasta a letto con lui dopo aver fatto sesso? Ma era sicuro che l’avessero fato? Era strano che non ricordasse assolutamente nulla da un certo punto in poi. Si mise seduto sul divano e guardò in alto, verso le telecamere di sicurezza. Gli venne l’idea di guardare cosa avessero registrato, era sempre una sua prerogativa quella di non fidarsi di nessuno e registrare cosa accadesse in casa sua, anche in sua assenza, era un modo per avere il controllo sempre e comunque della situazione.
 
Attivò il dispositivo per rivedere le registrazioni. Tutto normale, la sua entrata con Mei Jing, i baci, le carezze, lo spogliarello della ragazza, il prenderla in braccio per portarla a letto e  …
Niente! La registrazione non aveva più funzionato da quel momento! Eppure ricordava di essersi spogliato e di aver omaggiato la bellezza della ragazza in modo da farla godere, ancora ricordava il suo sapore sulle labbra, poi … poi niente! Assolutamente niente! Si rialzò dal divano e si guardò intorno. Nulla sembrava fuori posto. Nulla? No! Il telefono era stato staccato! Perché?! C’era qualcosa di strano! Doveva controllare. Corse nello studio con il timore di trovare la cassaforte scassinata! Nulla! Era tutto in ordine, nessuno era entrato in quella stanza prima di lui. Tirò un sospiro di sollievo! Tornò verso la sua camera da letto e vi entrò. Ancora cercava di ricostruire le scene del suo film mentale, si riaccostò al letto per raccogliere i suoi indumenti buttati sul pavimento. Alzò gli occhi verso i cuscini e vide qualcosa su quello affianco al suo. Un biglietto! Lo afferrò velocemente e lo lesse avidamente. Lo aveva scritto lei, Mei Jing. Lesse quelle poche parole con una malcelata emozione.
 
Sei stato fantastico Li Yu. Non posso trattenermi oltre … Domani dovrò riprendere l’aereo per Dublino. Resterai il ricordo più bello di questi due giorni.
Tua Mei Jing
 
Da quello che aveva letto sembrava che la ragazza fosse rimasta soddisfatta! Peccato che lui non ricordava cosa avesse provato! Rilesse l’ultimo rigo del messaggio. Mei Jing e il suo Team dovevano ripartire ovviamente, ma a che ora? Erano le dieci passate! E se fosse già andata via? Non poteva finire così! Quella donna gli piaceva come nessun’altra, doveva fermarla, doveva farla restare con lui!
 
Li Yu Wong si vestì velocemente. Si ravviò i capelli e chiamando la Hall dell’albergo si fece dire quale fosse la stanza della Signorina Mei Jing. Dalla risposta fu chiaro che ancora la modella fosse in quella stanza. Wong riattaccò senza nemmeno ringraziare e, sbattendo la porta dell’appartamento dietro di sé, prese l’ascensore per scendere i quattro piani che lo separavano da lei.
***
Mulan aveva sentito bussare alla porta in modo deciso e sperò che fosse la persona che attendeva. Se l’intuito del Capitano fosse stato giusto, nell’aprire avrebbe trovato …
 
- Li Yu?!
– Ciao Mei Jing. Sei sorpresa di vedermi?
– Non speravo che tu venissi a trovarmi, ma mi fa piacere di salutarti prima di partire. Mi sono alzata presto e non ho voluto svegliarti, sicuramente avevi bisogno di riposare dopo … tutta la nottata!
 
Wong la guardava dalla testa ai piedi e si mordeva l’angolo della bocca. Mulan gli lesse un chiaro desiderio sessuale nello sguardo, ma lei doveva continuare la farsa.
 
– Sei molto sexy vestita così Mei Jing!
- È Solo un mini-tubino nero con stivali in tinta!
 
Wong intanto si era staccato dallo stipite della porta ed era entrato, accostandosi alla ragazza in modo molto esplicito.
 
– Ti propongo di toglierlo che ne dici?
 
Mulan si aspettava quella mossa. Lui le aveva messo le mani sotto il cortissimo tubino, impossessandosi della rotondità dei suoi glutei, stringendoli tra le dita, mentre cercava di baciarla.
 
– Li Yu sei veramente insaziabile tesoro! Mi hai distrutta questa notte!
– Ti è piaciuto veramente?
 
Lui cercava conferme tra un bacio e l’altro e lei gliele fornì.
 
– Sei stato fantastico Li Yu, instancabile e passionale! Non ho mai conosciuto un altro come te.
– Sono venuto a dirti di restare Mei!
- Ma io ho un contratto di lavoro e la mia famiglia in Irlanda!
– Potrai lavorare con me! Se serve un risarcimento al tuo capo per l’interruzione del contratto lo pagherò io. Resta con me Mei Jing!
– Perché Li Yu?
– Perché  credo di essermi innamorato di te! Dammi questa possibilità Mei! Proviamo a stare insieme. Non sono sposato, né ho una donna fissa … vorrei te al mio fianco. Credo tu sia la donna giusta!
– Oh! Li Yu … io … io sono felice di questo, ma ho tanti dubbi nel restare. I miei genitori?
– Li farò venire qua se tu vuoi! Sono cinesi, anche se mancano da anni si ambienteranno presto!
 
Il piano aveva funzionato alla perfezione. Mulan non credeva comunque che il Tai Pan sarebbe arrivato a tanto. Che sarebbe sceso a cercarla, Killian lo aveva dato per certo, anche per le avances, ma una dichiarazione così appassionata e con “Intenzioni Serie”! Decisamente quell’uomo era andato molto oltre!
 
Un problema serio era che stava andando troppo oltre anche con le mani su di lei. L’aveva portata con le spalle al muro e il mini abito le era arrivato quasi ai reni. L’istinto di Mulan era di dargli un colpo di taglio con le mani ai lati del collo. Sicuramente sarebbe svenuto, ma sarebbe andato a monte il resto del piano. Già la sera prima, quando le aveva detto che avesse i capelli lisci come seta nera, le aveva ricordato la stessa frase detta da August quando si erano amati l’ultima volta che si erano visti. Sentire Li Yu dire le stesse parole l’aveva fatta bloccare e il viso di August le era tornato davanti agli occhi. Aveva sentito tremendamente la sua mancanza e un forte senso di colpa nei suoi confronti. Quello era stato il momento in cui aveva deciso che fosse l’ora di mettere il soporifero nel drink di Wong.
Mulan era consapevole che per andare avanti con il piano di Captain Hook, avrebbe finito veramente con il dover andare a letto con il Tai Pan ma, pur convincendosi che quello era lavoro, senza sentimenti, sentiva di tradire l’amore per August.
 
– Tesoro! Fermati per favore, non posso …
- Mei Jing ti voglio più di ieri sera! Non mi è bastato quello che ricordo! Perché mi respingi?
– Non ti voglio respingere! Sto ripartendo, ma se dovessi restare dovrò pur avvisare Colin! So che ci resterà male, ma devo parlargli subito, salutare le colleghe … aspettami! Tornerò da te tra poco. Verrò nel tuo appartamento!
 
Fu sorpresa che lui si facesse persuaso in breve e la lasciasse per permetterle di andare dallo stilista.
***
L’agente in incognito si era rapportata con il suo capo riguardo al seguito del piano. Si doveva procedere all’arresto di Gold. Ormai non era più necessario lasciarlo a piede libero, il suo contatto come tramite tra Santa Cruz e Wong era andato in porto, ora loro conoscevano i piani dei narcotrafficanti e le date della spedizione dell’oppio. L’arresto lo avrebbe effettuato l’Interpol in collaborazione con alcuni degli agenti D.E.A. presenti nell’hotel.
Captain Hook voleva il privilegio di guardare in faccia Gold mentre veniva arrestato, non sarebbe intervenuto in altri modi. Con la microspia che avevano inserito i suoi uomini nella stanza di Gold, avevano sentito che Lucy/Belle aveva intenzione di farsi accompagnare per negozi prima di ripartire. Sarebbero scesi entro un’ora e quando sarebbero stati fuori dal Ritz sarebbe avvenuto l’arresto. Lo stilista Colin O’Donegal sarebbe stato lì ad osservare la scena, mentre le sue modelle iniziavano a prendere il taxi per l’aeroporto. Dopo l’arresto lui le avrebbe seguite con un altro taxi, o meglio, avrebbe finto di seguirle. Un altro agente della sua squadra, della sua corporatura, avrebbe preso il suo posto e la sua parrucca mesciata. Lui sarebbe ritornato per continuare a seguire Mulan e l’azione, insieme agli uomini nella stanza di comando al sesto piano. Dovevano cogliere il Tai Pan insieme ai suoi accoliti principali e con una retata avrebbero preso i pesci grossi della mafia di Hong Kong. Mulan doveva entrare nella completa fiducia di quell’uomo, lei sarebbe stata la talpa infiltrata nel covo del “Dragone”, come lo aveva ribattezzato Captain Hook.
 
Dopo circa un’ora, tutto il Team O’ Donegal era in uscita dall’elegante albergo. I taxi erano pronti in strada e le tre modelle partirono tranquillamente. Con la scusa dei saluti, tra lo stilista e la modella che “aveva deciso di restare”, Captain Hook e Fiore di Loto  erano nello spiazzo antistante l’albergo per assistere all’arresto di Gold.
L’uomo, ignaro, uscì dalla porta girevole dell’hotel, seguito a poca distanza da Lucy- Belle. In un attimo fu accerchiato dagli uomini dell’Interpol e della D.E.A. Si sentì chiaramente la formula di dichiarazione in arresto. Venne bloccato alle braccia da due agenti vestiti in borghese, mentre un altro si occupava di Miss Lucy Andersen.
Gold sembrava sbigottito e, stranamente, non fece rimostranze. Lo spinsero in direzione del taxi che avrebbe preso lo stilista O’Donegal. Fu in quel momento che Captain Hook si tolse gli occhiali in tartaruga con le lenti oscurate. Gold gli passò davanti e lo vide in viso. Vide il suo sorriso sghembo e il suo sguardo azzurro penetrante. Il gruppetto passò oltre e Captain Hook, ancora nelle vesti dello stilista O’Donegal, si voltò verso Fiore di Loto per gli ultimi saluti.
***
Seduta su quella sedia, vicina alla sala operatoria, Mulan ricordava la velocità di cosa fosse successo in una manciata di secondi.
Killian dava le spalle al gruppo che si allontanava con Gold e la sua amante, lei aveva un’ottima visuale, voltata verso di loro. Vide un movimento improvviso e velocissima da parte di Gold che, mostrando la velocità di un serpente a sonagli, passando dalla totale inermità allo scatto fulmineo, prese di sorpresa gli uomini che lo tenevano per le braccia. La sua repentina rotazione a 360 gradi buttò a terra uno degli agenti e spintonò l’altro. L’agente che teneva Lucy la lasciò per intervenire in aiuto dei colleghi, ritenendo la ragazza meno pericolosa. Nella veloce rotazione, Gold estrasse la pistola che teneva nascosta sotto l’ascella e la puntò verso la schiena dello stilista. Lo aveva riconosciuto. Lucy aveva avuto ragione! Quello era l’uomo che avevano conosciuto come Robert Rogers a casa Santa Cruz! L’elaborazione mentale che aveva fatto la sera prima, ebbe in quel momento la sua prova del nove. Se quello era lo stesso agente in incognito, era sicuramente anche lo stesso Kim Steward che aveva sedotto sua moglie! La rabbia era tornata ad accecarlo e il desiderio di vendetta lo aveva fatto agire. Erano partiti due colpi di pistola mentre Mulan si buttava addosso al suo Capitano, per toglierlo dalla traiettoria. Killian aveva i riflessi molto veloci e a sua volta cercò di ruotare per passare Mulan sotto di lui con lo scopo di proteggerla. Un proiettile colpì dritto al petto l’agente che aveva mollato Lucy, l’altro proiettile, destinato a Captain Hook, colpì il bordo metallico dello specchietto retrovisore del taxi che avrebbe dovuto prendere. Mulan sentì Killian lanciare un lamento mentre ricadeva su di lei.
 
– Hook! Sei ferito?!
– La schiena … la schiena maledizione!
Mulan vide le proprie mani sporche del sangue del suo Capitano. Una scheggia metallica, di quel maledetto specchietto retrovisore, schizzata via con il colpo del proiettile, si era conficcata nella sua schiena.
 
– Non riesco a muovermi Mulan!
 
Gold intanto correva verso di loro con l’intento di finire l’agente in incognito. Un altro sparo fece sussultare Mulan, che stava cercando di sguisciare da sotto il peso di Killian. Aveva visto Gold avvicinarsi e temeva che un altro colpo avrebbe ucciso il Capitano. Riuscì a liberarsi di lui e a rimettersi in piedi. Gli agenti che avevano arrestato Gold erano riusciti a sparargli e l’uomo ormai era esanime a terra. Tranquillizzata dello scampato pericolo, Mulan guardò il suo compagno a terra, a pancia in sotto. Captain Hook stava cercando di rialzarsi, ma le sue gambe non volevano saperne. Una macchia rossa, intanto, si allargava orribilmente sulla giacca rosa confetto dello stilista O’Donegal.
 
Captain Hook era stato poi ricoverato immediatamente sotto le spoglie di Colin O’ Donegal, operato quanto prima e poi trasferito con un aereo militare in grande segretezza. Prima di essere portato in ospedale, Captain Hook si era reso conto della gravità della sua situazione e aveva passato il testimone a Mulan.
 
– Mi dispiace Fiore di Loto! Dovrai prendere il mio posto nell’operazione ed essere anche la talpa! Mi fido ti te! Sei in gamba, ma stai molto attenta!
 
Mulan era riuscita a convincere il Tai Pan che doveva restare al capezzale di O’Donegal, ferito accidentalmente durante l’arresto di quell’uomo che lei aveva conosciuto al suo tavolo la sera della sfilata.
Apparentemente Wong non aveva sospettato nulla della verità. Aveva saputo dallo stesso Gold che fosse ricercato e latitante da mesi. Non fu contento del suo arresto, anche perché avrebbero potuto ricollegarlo a lui, visto l’invito al suo tavolo e l’omaggio del vestito a quella che doveva essere sua figlia.
 
– Un peccato che O’Donegal si sia trovato sulla traiettoria!
– Era davanti a me! Se non fosse stato così quel proiettile l’avrei potuto beccare io!
 
Wong  le era apparso turbato da quella possibilità, fortunatamente fugata ai danni però di O’Donegal, e le dimostrò il suo affetto abbracciandola teneramente e tenendola stretta a sé, quasi cullandola. L’agente Chang si convinse ancora di più di avere un forte ascendente sull’uomo e non sbagliava!
I giorni seguenti all’incidente Mulan fece la spola tra l’ospedale e l’appartamento di Wong.  Con la scusa della sua preoccupazione per la salute del suo amico stilista, riusciva a tenere lontane le profferte sessuali di Li Yu, dicendogli di non sentirsi in vena. Lui appariva ogni giorno più innamorato e il fatto che lei non si concedesse gliela rendeva ancora più appetibile. Ma quella situazione, come Mulan sapeva, non sarebbe durata a lungo …
 
Mentre le tornavano in mente una serie di ricordi che avrebbe voluto dimenticare, sentì un rumore di passi arrivare dalla sua destra. Si voltò e vide l’Agente Sebastian Jefferson. Si alzò dalla sedia e si accorse che la figura dell’aitante e alto Jefferson copriva quella più minuta di una persona che lo seguiva.
 
“Emma?!!”
 
Mulan nemmeno salutò Jefferson, lo attaccò direttamente.
 
– Perché diavolo l’hai portata qui Jefferson! Lo sai che lui non lo vorrebbe!
– Sa tutto ormai! Sarebbe venuta anche a piedi!
– Ciao Mulan! Anche io sono contenta di vederti!
 
Emma l’aveva salutata in tono ironico. Conosceva Mulan, sapeva quanto fosse ligia al dovere e rigida, ma non si aspettava un’accoglienza così fredda e dura, specie dopo tutto quel periodo in cui non si erano viste. La guardò attentamente negli occhi e trovò qualcosa di diverso in lei. Sembrava più matura, provata! Sicuramente l’esperienza avuta in Cina con Killian non era stata una vacanza! Da quanto aveva saputo ulteriormente da Jefferson, Mulan aveva preso sulle sue spalle tutta la responsabilità dell’ultima parte della missione dopo il ferimento di Captain Hook. Emma non poteva sapere i dettagli, ma per un agente in incognito potevano essere stati scottanti!
 
– Scusami Emma! Non ce l’ho con te! Io stessa ho detto a Killian di chiamarti, di farti sapere che fosse vivo e vegeto! Ha detto che non voleva causarti un’altra sofferenza, ha detto che te ne ha causate già troppe!
– A me non importa di questo! Mi importa di lui!
– Lo immagino Emma!
– Dimmi di lui Mulan! È tanto che lo stanno operando?
– Anche se mi sembra un secolo che sono qui fuori, in realtà non è passata nemmeno un’ora!
– Dimmi cosa gli è successo di preciso!
 
Mulan era titubante. Non avrebbe voluto far preoccupare troppo Emma, ma forse la verità era la cosa migliore da dirle, ne aveva sentito anche troppe bugie!
 
– In Cina, durante una sparatoria, una scheggia metallica lo ha colpito ad una vertebra toracica. Nonostante fosse stata rimossa già in Cina, aveva provocato una lesione del corpo vertebrale. Con un busto le cose sarebbero andate bene e l’osso si sarebbe rimarginato. Poi Killian ha iniziato ad avere difficoltà a camminare, con intorpidimento delle gambe … Insomma, per farla breve … la Risonanza magnetica con mezzo di contrasto ha evidenziato che la scheggia rimossa non era tutta. Un residuo minuscolo poggia sul midollo spinale e gli provoca quei sintomi. Stanno cercando di tirarla fuori prima che lo renda paraplegico!
 
Emma era rimasta impassibile fino all’ultimo, poi aveva iniziato a piangere, non riuscendo proprio a trattenere le lacrime. Jefferson le si era avvicinato e le aveva offerto la sua ampia spalla per piangere. Mulan intanto le accarezzava un braccio  e cercava di incoraggiarla.
 
– Emma … Killian è forte e giovane, il chirurgo che lo sta operando ha moltissima esperienza, è un vero luminare in questo campo, vedrai che andrà tutto bene. Inoltre lui vuole tornare a correre per il parco, quindi vedrai che ce la metterà tutta per guarire in fretta!
 
Mulan aveva detto l’ultima frase sorridendo. All’idea di vederlo correre nel parco, magari insieme a lei, fu un’immagine dolce per Emma e riuscì a riconsolarla.
 
– Vieni con me Emma … meglio non stare qui a torturarsi. Abbiamo bisogno di pensare ad altro!
 
Lasciando Jefferson lì vicino alla sala operatoria, Mulan prese per un braccio Emma e scesero al piano di sotto, dove si trovava un distributore di bevande.
 
– Io prendo un caffè! Che ne dici di una cioccolata calda? So che ne vai matta … non ci sarà panna e cannella ma dovrebbe essere passabile …
 
Emma fece un segno di consenso con la testa e l’amica inserì le monete digitando, poi, sui pulsanti. Nel silenzio momentaneo tra loro, si sentiva solo lo scorrere del liquido caldo nel bicchiere di plastica. Emma parlò per prima.
 
– August lo sa che sei tornata?
 
Mulan la guardò dritta negli occhi meravigliata. Come diavolo sapeva di lei e August? Lui le aveva detto qualcosa? Emma le sorrise.
 
– Non fare quella faccia Mulan! Si vedeva ad un miglio che tra voi c’è qualcosa! Non ti sei accorta dei sentimenti che nutre per te?
 
Mulan abbassò la testa sorridendo e ripensando al dolce momento che aveva vissuto con l’uomo che amava, prima di partire in missione. Tanto valeva dirle anche quella verità, non era facile nascondere le cose ad Emma!
 
– Siamo stati insieme la sera che sono partita … Non sa che sono tornata … non l’ho ancora chiamato!
– Lui ti ama Mulan! Sarà preoccupato per te!
– Lo so che mi ama … lo amo anche io. Non gliel’ho ancora detto …
- Cosa aspetti? Io e Killian abbiamo perso tutto questo tempo …
- So cosa vuoi dire Emma, ma ci sono cose che non si possono dimenticare di azioni compiute …
- Ti riferisci a qualcosa successo in missione?
– Si. Qualcosa che sono stata costretta a fare e che mi crea un grande senso di colpa nei confronti di August, non so se riuscirei a guardarlo negli occhi come prima …
 
Emma aveva intuito di cosa potesse trattarsi.
 
– Qualcosa come tra Kim Steward e Milah Gold?
 
Aveva colto nel segno, Mulan non riusciva a guardarla negli occhi.
 
– Si … precisamente così!
– Pensi di averlo tradito.
– Si.
– Era lavoro Mulan! Io l’ho perdonata quella parte a Kim, Killian …
- Io non riesco a perdonamela invece. Lo so che era per lavoro ed ero sotto copertura … il guaio è che nonostante tutto il mio corpo ha risposto e … e …
- Ti è piaciuto …
- Dio Emma! Non riesco nemmeno ad ammetterlo, ma è così!
– Il corpo riceve stimoli e l’istinto è naturale che faccia il resto, ma dovresti giustificarti e toglierti il senso di colpa.
– Non è facile!
– Ci riuscirai, ma non è necessario che August sappia tutto no?
– Vorrei dirglielo ma potrei distruggere tutto.
– Vero. Anche se è un agente anche lui, preparato anche a questo … è difficile da digerire. Lo so per esperienza!
 
Sorrisero entrambe all’ultima affermazione di Emma. Buttarono giù le loro bevande e ripresero a discorrere.
 
– Così alla fine Captain Hook non era una leggenda!
– Già! Mi aveva già arruolata per farti da scorta e non lo sapevo!
– C’era lui dietro?
– Si, è stato lui ad organizzare la tua protezione. Ci tiene parecchio a te!
 
Emma era arrossita per l’emozione.
 
– Quando l’ho incontrato ho capito tutto. Ho riconosciuto il tuo amico speciale che ti aveva portato le rose in ospedale! È un uomo eccezionale Emma! Capisco perché tu ti sia innamorata così!
– Quando è scomparso, simulando la sua morte, e mi hanno detto che era un delinquente … non potevo crederci! Non potevo credere di essermi sbagliata così tanto su di lui. Con me era meraviglioso! Ora so di non aver sbagliato giudizio!
– Non era un delinquente! Era semplicemente un agente in incognito che si era lasciato coinvolgere da una ragazza che non doveva essere coinvolta. Meglio così comunque. Ci sono delinquenti che sanno amare e non lo sembrano, ma sono veramente pericolosi …
 
Mulan abbassò nuovamente il viso ed Emma capì che si riferisse alla sua esperienza in Cina. Non le volle chiedere nulla. Se Mulan avesse voluto avrebbe potuto parlargliene e lei l’avrebbe ascoltata, diversamente lei non l’avrebbe spronata a farlo, sapeva che quella fosse stata una parentesi aperta e chiusa per la sua amica e che le aveva lasciato uno strascico che ancora si stava potando dietro.
 
Jefferson scese anche lui per prendersi un caffè. Erano ormai due ore che Killian fosse sotto i ferri. Emma gli chiese se ci fosse una cappella nell’ospedale e Sebastian rispose affermativamente, offrendosi di accompagnarla. Il tempo seguente Emma lo occupò in preghiera, inginocchiata davanti ad un piccolo altare.
***
L’intervento durò altre due ore, un tempo che sembrò a tutti interminabile. Ad un certo punto arrivò la caposala Rosy, con la sua mole e la divisa bianca. La donna notò subito la giovane bionda vicino a Mulan e le fece un sorriso. Vide l’agente Jefferson e capì che avesse chiesto un permesso speciale per la giovane bionda. Rosy intuì che poteva trattarsi della ragazza di cui Killian non aveva voluto parlare. Si avvicinò al trio.
 
– Questa bella ragazza?
– Caposala ha il permesso!
– Non ne dubito Agente Jefferson! Scommetto che è l’amore del Capitano!
 
Emma era arrossita come suo solito, forse anche oltre.
 
– Io … io sono solo una sua amica …
- Si, come no?! Oggi i giovani si definiscono così: “solo  amici”! La fanno così complicata per dirsi che si amano! Comunque l’operazione è riuscita brillantemente! Sono stata appena chiamata dall’interno della sala operatoria. Il tuo ragazzo ce l’ha fatta! Ora lo trasferiremo in terapia intensiva. Dovrai aspettare parecchio per parlargli.
– Io non posso parlargli!
– Come?
– Lui non sa che sono qui …
- Non ti aveva fatto sapere nulla.
– Infatti!
– Quindi?
– Ecco … lui non deve sapere che sono venuta!
– Come mai? Siete amici no?
– Beh! … Ecco … è … è …
- Ho capito! “È complicato”! Già me lo ha detto anche lui! Si, si! Diagnosi accertata miei cari! Amore!!
 
Lasciando Emma in un imbarazzo da guance di fuoco, Sebastian che rideva sotto i baffi e Mulan con uno sguardo che lanciava razzi dietro la schiena della caposala, quest’ultima, con il suo sederone ballonzolante, entrò dalla porta della sala operatoria per prelevare il paziente appena operato.
 
Emma si rese conto che Killian stava per uscire da quella stanza. Non sarebbe stato cosciente, lo sapeva. Era ancora sotto anestesia, non avrebbe potuto vederla ne sentirla, ma la cosa importante era che fosse vivo e che lei potesse vederlo e toccarlo.
 
La porta si aprì e spuntò la parte anteriore del letto su cui era stato adagiato Killian. Un’altra infermiera reggeva la flebo che gli scorreva nel braccio e Rosy spingeva il letto a rotelle. Killian aveva una mascherina trasparente sul viso, ma Emma lo riconobbe benissimo. Non portava la barba, si era fatto rasare di fresco. Emma rivide il viso pulito di Kim, il “suo” Kim! L’emozione fu tale che in quel momento le tornarono davanti tutte le immagini collegate agli ultimi minuti dell’ultima volta che lo aveva visto, tutte le sensazioni di paura, terrore, dolore, lutto. Fu un’onda di tale portata e violenza quella  che le invase il cuore, da farle perdere i sensi. Le sembrò che un forte vento d’uragano la sollevasse togliendole il fiato e la ributtasse a terra come una foglia secca. Non sentì il tramestio di Mulan, Sebastian e la caposala Rosy che la tiravano su per farla riprendere.
***
 
– Kim … Killian … dove sei?!
– Stai tranquilla Emma! Sta bene. È in terapia intensiva e tu sei in medicheria. Fortuna che il tuo ragazzo non si è accorto di nulla! Gli avresti fatto prendere un colpo lo sai?
– Caposala Rosy … dove sono gli altri?
– Sono fuori, nel corridoio. Quel sant’uomo di Jefferson ti ha portata in braccio. Sei svenuta per una mezzora!
– Devo vedere Killian!
– In terapia intensiva non si potrebbe entrare!
– Ne ho bisogno Caposala! La prego! L’ho ritrovato dopo più di un anno. Sapevo fosse morto!
– Accidenti figliola! Avete ragione che la cosa sia “complicata”!
– Molto di più di quanto si possa immaginare!
 
Rosy la guardava incuriosita, ma sapeva che non avrebbe potuto fare domande. Sul paziente del 15 c’era un particolare ordine di riserbo. Dovevano essercene buoni motivi!
 
– Ascoltami bene figliola! Se mi prometti di non svenire appena lo rivedi, di metterti un camice e una mascherina …
- Lo prometto, le prometto qualsiasi cosa!!
– Bene! Allora seguimi. Non ci facciamo vedere dal Professore De Luzis. Ti porto dal tuo Killian! Non potrai stare molto lì dentro. Appena ti chiamo devi uscire. Intesi?
– Sissignora!
– Bene! Mi piaci! Hai un’aria marziale quando sei seria! Sei di Quantico anche tu?
 – Si, sono un’allieva!
– Beh! Fate una bella coppia tu e il bel  Capitano! È un bravissimo ragazzo lo sai?
– Si lo so!
– Lo ami parecchio!
 
Emma abbassò lo sguardo, presa per l’ennesima volta dal suo rossore. Rosy sorrise a notarlo.
 
– Lo amo più della mia vita …
- Vieni con me dai!
 
Alla chetichella, Rosy davanti ed Emma dietro di lei, coperta dalla sua mole, si avviarono verso la stanza della terapia intensiva, lasciando Mulan e Jefferson con uno sguardo perplesso. Giunsero davanti alla stanza. Rosy si guardò intorno e, portando un dito alle labbra, intimò alla giovane di non far rumore e di non farsi sentire da nessuno. Le aprì la porta e lei rimase a gironzolare là fuori.
 
Ad Emma il cuore batteva all’impazzata. Le sembrava di essere al suo primo appuntamento con lui, con la grossa differenza che Killian non era attivo e vigile come in quell’occasione! Gli si avvicinò. Dormiva il sonno forzato dell’anestesia. Due flebo convogliavano il loro liquido nel suo braccio. Era disteso senza cuscini sotto la testa, probabilmente per favorire la sua schiena a restare dritta. Emma si piegò su di lui per guardarlo in viso. L’emozione le fece riempire gli occhi di lacrime. Non poteva crederci di averlo nuovamente davanti. Era vivo, era vivo! Le sue condizioni erano delicate, ma non importava, Emma avrebbe aspettato tutto il tempo che sarebbe servito a rimetterlo in piedi. Si mise seduta alla sua destra. Gli accarezzò il dorso della mano. Era caldo, come lo ricordava. Gli prese la mano tra le sue e se la portò alla guancia, come per sentire ancora una sua carezza. Le era mancato così tanto, sia come Kim che come Killian Jones. Conosceva più di Killian che di Kim e sapeva di essersi innamorata ancora di più proprio per il suo vero se stesso.
 
Le vennero in mente le parole di una bella canzone italiana, cantata da un famoso cantante lirico. Le era piaciuta la sua interpretazione e aveva voluto conoscere la traduzione in inglese di quel canto. In quel momento sembrava essere stata scritta per loro due. Gli disse le stesse parole, le sentiva profondamente nel proprio cuore. Avrebbe voluto che le sentisse anche lui.
 
– Amore mio, vorrei che ti svegliassi. Il peggio è passato, come anche i brutti ricordi, quelli sono ormai una nebbia fitta che non deve più tornare, non ci voglio pensare più. Vorrei che tu mi stringessi, vorrei sentire ancora la tua voce, vorrei che tornassimo a vivere tutti e due! Vorrei ancora i nostri abbracci, quelli che ci facevano sentire come le onde del mare Killian! Ti amo così tanto!
 
Un leggero cigolio della porta le fece capire che Rosy la stesse per chiamare.
 
– Emma? Vieni via ora!
 
Non poteva lasciarlo così! Avrebbe voluto stringerlo forte a sé, ma non poteva farlo. Poteva fare soltanto una cosa …
Posò delicatamente la mano di Killian sul lenzuolo che lo copriva, si tolse la mascherina chirurgica e, accarezzandogli piano i capelli e la guancia sinistra, lo baciò teneramente sulla fronte. Non si accorse del tremito di ciglia di Killian e in silenzio scivolò via da lui.
***
 
Era tardo pomeriggio quando l’effetto dell’anestesia iniziò a sfumare. Killian sollevò le palpebre pesanti con difficoltà. Le luci erano soffuse in quell’ambiente. Aveva una sorta di tenda sopra e una mascherina sul viso. Sentiva dei tubicini che gli entravano nelle narici. Si ricordò che doveva essere operato. Era successo sicuramente. Quanto tempo era passato dal momento che era entrato in quella sala operatoria? Era andato tutto bene? Non sentiva dolori, non sentiva nulla. Provò a muovere i piedi e a sollevare un minimo la testa. Vide il lenzuolo muoversi. I piedi funzionavano. Sentì qualcosa che tirava dietro la schiena. Ovvio! La ferita appena ricucita! Dov’era Mulan? Provò a chiamarla, ma la voce era talmente fioca e impastata! Non c’erano finestre in quella stanza. Non poteva sapere se fosse giorno o notte. Si, era sicuramente in terapia intensiva. Desiderò sentire il vocione di Rosy, vederla entrare e pronunciare una delle sue battute sferzanti. Le avrebbe chiesto informazioni, avrebbe chiesto di parlare con il Professore De Luzis … Doveva aspettare! Qualcuno sarebbe entrato prima o poi a vedere se fosse vivo o morto! La mano sinistra gli bruciava un pochino. La sollevò. L’ago era ancora lì, con il liquido di quelle due flebo che gli scorreva in vena. Spostò anche la destra e sentì un sottile solletico tra le dita. Qualcosa di leggero. Mosse la mano e sentì ancora la stessa sensazione. Sollevò la mano verso il viso e rimase meravigliato.
 
Era entrato nella sala operatoria pensando ad Emma. L’aveva sentita vicina e si era fatto più animo per quello. Era così strano quello che vide. Non poteva essere possibile. A meno che …
 
“Un capello lungo e biondo tra le dita della mia mano? Conosco solo una persona con i capelli di questo tipo d’oro! Se è lei … allora ha capito! Allora è stata qui. Era veramente vicina!
 
Arrotolò lentamente quel lungo capello intorno al dito, brillava come fosse una fede nuziale. Gli venne in mente il ritornello di una canzone lirica italiana, una canzone che gli era piaciuta molto. Conosceva quella lingua e aveva capito le parole. Ora quel ritornello gli tornava in mente, ripescato da quel filo dorato.
 
“Legami con i capelli il cuore … lo hai fatto veramente Emma! Sono legato a te ormai e nulla potrà sciogliermi!”
 
Il pensiero di Emma lo avvolse come un’onda marina e, lasciandosi cullare da quell’onda, le sue palpebre, ancora pesanti, si richiusero nuovamente, questa volta  per farlo sognare di lei …
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
E questa volta qualcuno troverà il capitolo anche prima del previsto!
Sono riuscita a finirlo di sabato e eccolo qui, anche perché domani mi sarebbe impossibile pubblicarlo a causa di altri impegni. Quindi il resto che volevo aggiungere lo lascio per un’altra occasione.
Finalmente loro sanno! Sanno e fingono di non sapere o di non far sapere! Ha ragione Rosy! Se è complicato è proprio amore!
Abbiamo saputo altri particolari grazie a Mulan, ma non sappiamo molto di cosa è successo a lei. Va beh! Mi direte. A noi importa di Emma e Killian in particolare. Mulan comunque è viva e vegeta e dovrà fare i conti con la propria coscienza.
La storia non è ancora finita e qualche altro impiccio dovrà capitare. Pensavate che ora sarebbe filato tutto liscio? Ormai mi conoscete voi affezionati amici di penna e lettura! Vi lascio con dubbi tremendi, lo so!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere i vostri giudizi e le vostre ipotesi!
Un grazie a chi ha letto e a chi vorrà commentare. Un bacione e a presto!
Lara
 
 

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Capitolo 33
*** Fiducia e fiducia ***


Capitolo 33
 
Fiducia e fiducia
 


Gennaio 2010. Ospedale militare di Chelsea
 
Finalmente qualcuno si degnava di aprire quella porta!
Killian si era svegliato completamente, l’anestesia era smaltita ormai. Rosy entrò nella stanza della terapia intensiva con la mascherina chirurgica sul volto.
 
– Ciao Belladdormentato! Ti sei svegliato finalmente!
 
Killian si sentiva la gola arsa e secca, fece fatica a risponderle.
 
– Ciao Rosy! Che ore sono?
– Si è fatto sera figliolo! Sto finendo il mio turno e volevo vederti prima di andare!
– Grazie … Rosy … per favore mi potresti dare un po’ d’acqua? Ho la gola in fiamme! – Effetto dell’anestesia! Ti prendo una bottiglietta con la cannuccia, non ti potrai sollevare troppo con la testa,
 
La Caposala uscì velocemente e tornò abbastanza presto con la bottiglietta di plastica apposita. Alzò leggermente il letto del paziente per permettergli di non strozzarsi con l’acqua. Killian bevve avidamente succhiando con la cannuccia. Poi, guardando negli occhi Rosy, le fece la domanda che erano ore che avrebbe voluto rivolgerle.
 
– Mentre ero sotto anestesia è venuto qualcuno in questa stanza?
– E chi avrebbe dovuto venirci? Sei in terapia intensiva!
– Sicura che non è entrato nessuno?
– A parte me e qualche altra infermiera per controllarti? Direi di no!
 
Killian la guardava con sospetto e Rosy rideva dentro di sé. Certo che qualcuno era stato lì! Una bella ragazza dai lunghi capelli biondi! Una ragazza che lo amava ed era preoccupata per lui. Emma era rimasta ore là fuori ad aspettare. Poi Jefferson l’aveva convinta a tornare a casa e lei, controvoglia, era andata via.
 
– Mulan è andata via?
– Sì, poco fa! Era inutile restare, tanto non avrebbe potuto entrare no? La tua amica cinese ti è molto affezionata e devota, ma dovrà anche riposare un po’!
– Giustamente!
– Deve essere una cara ragazza veramente!
– Una delle persone migliori che io abbia mai conosciuto.
– Allora Capitano! Come ti senti?
– Non sento dolore, ma quello sarà grazie all’anestesia …
- Muovi le gambe?
– Guarda tu stessa!
 
Killian spostò le gambe sotto il lenzuolo e Rosy sorrise.
 
- Benissimo! Domani il Professor De Luzis ti farà le prove sulla sensibilità, vediamo se è andato tutto bene!
– Che porti lì?
– Oh! Devo farti un’altra iniezione di antibiotico!
– Ecco perché sei così contenta!
– Purtroppo niente sederino sodo questa volta! Te la inietto al braccio, non posso farti girare. Resta fermo. Se senti fastidio alle parti basse è il catetere, non potrai alzarti per qualche giorno!
– Me ne ero accorto Rosy!
 
Killian aveva sospirato rassegnato e lasciò che la Caposala gli facesse l’iniezione di antibiotico.
 
– Questo lo dovrai fare due volte al giorno. Domani ci penserà Mary Jane!
– Sono diventato una cavia per giovani allieve?
– Più o meno! Ti lascio l’acqua sul comodino, ma non credo che avrai ancora sete. Ti ho aggiunto un’altra flebo mentre dormivi. Non sentirai neppure fame.
– Non ho voglia nemmeno di pensarlo il cibo!
- Pensa a qualcosa di bello allora e cerca di stare tranquillo.
 
La Caposala rimise giù il letto, gli disse di schiacciare il pulsante affianco al comodino se avesse avuto bisogno durante la notte e lo salutò.
Killian sapeva a cosa potesse pensare di bello. Sollevò la mano destra. Il capello biondo era ancora arrotolato intorno al suo anulare.
 
“Emma … dove sarai in questo momento? Mi starai pensando?”
 
***
La mattina seguente, verso le 10,00, il Professore De Luzis entrò, con il suo candido camice, nella stanza di Killian per visitarlo. Il luminare rimase molto soddisfatto. Il paziente aveva risposto bene a tutti gli stimoli sensoriali e questo era segno che l’operazione fosse riuscita brillantemente. Entro un altro paio di giorni il paziente sarebbe ritornato al suo numero 15 e poi si sarebbe provveduto a farlo rialzare, almeno inizialmente per espletare i suoi bisogni, poi per la fisioterapia quotidiana. Per un altro paio di mesi avrebbe dovuto portare un busto particolare, fatto in modo che non potesse fare movimenti bruschi con la schiena, fino alla totale guarigione.
 
– Sicuramente entro la seconda metà di febbraio potrà uscire dall’ospedale, poi per un altro mese ancora porterà il busto. Sarà necessario Killian, lo potrà togliere soltanto per dormire, usando un materasso duro e senza cuscini.
 
Il medico gli diede altre indicazioni e poi salutandolo cordialmente andò dagli altri pazienti.
Come annunciato dal luminare, dopo due giorni Killian fu riportato al letto numero 15 e Mulan, insieme a Jefferson andarono a fargli visita. Sapevano che l’intervento avesse avuto esito positivo e che Killian stesse bene, prova ne fu il suo cipiglio severo nei loro confronti, infatti, dopo i convenevoli e le domande su come stesse, fu Killian a guardarli in modo interrogativo, tanto che i due agenti si guardarono in viso come per chiedersi il perché.
 
– Mi potete spiegare questo che significa?
– Cosa?
 
I due avevano risposto insieme, senza rendersi conto cosa lui intendesse sollevando la mano destra. Poi Mulan notò qualcosa di dorato al suo dito.
 
– Ma è un capello?
– Direi di si Mulan!
– Quindi?
 
Ribadì Jefferson mentre la collega si tirava indietro stringendo le labbra.
 
– Non è un capello qualsiasi. Così lungo e di questo tipo di biondo io conosco solo una persona a cui può appartenere!
– A chi dovrebbe appartenere?
 
Jefferson aveva un’aria ironica e strafottente.
 
– Seb! Mi ero spiegato bene su Emma! Sono sicuro che tu l’abbia portata qui e tu Mulan? Sapevi come la pensavo! Sono o no il vostro Capitano? Vorrei essere obbedito!
– Vedi “Capitano” … Emma non è un tuo agente e visto che le hai lasciato una scia di indizi ha capito tutto ormai e non l’avrebbe fermata nessuno dal venire qui di persona!
– Avrei voluto risparmiarle questo spettacolo! Ha sofferto anche troppo a causa mia! – Dai Killian! La verità è che ti dispiace che non fossi cosciente!!
 
Jefferson con lui era sempre così diretto! Anche Mulan lo guardava con un vago sorriso sulle labbra.
 
– Ditemi almeno cosa ha fatto … come ha reagito …
 
Mulan guardò di sfuggita Seb e rispose lei.
 
– Credo abbia fatto come chiunque al suo posto. Ha pianto sapendo la situazione, ha voluto pregare in cappella, dove l’ha accompagnata Seb, e quando ti ha finalmente visto uscire dalla sala operatoria è svenuta!
– Ecco! Lo sapevo che non doveva venirci!
– Poi ha convinto Rosy in qualche modo a vederti un minuto in terapia intensiva. Probabilmente è allora che quel capello ti è rimasto addosso …
- E a quanto pare non hai intenzione di separartene nemmeno!
 
Jefferson aveva aggiunto la sua, ridacchiando  in direzione di Killian.
 
– Che avrai da ridere? Comunque lei qui non deve tornarci! Siamo intesi?
– Lei non voleva tu sapessi che è stata qui, Mulan le aveva detto che non volevi!
– Bene! Allora continuiamo che lei non sa che io so e viceversa. Ditele che sto bene e che non si preoccupi per me. Deve studiare per la sua tesi e per l’accademia … non voglio che si distragga!
– La chiamerai almeno?
– No Mulan! Ancora non è il momento!
– Ci diventerai vecchio Killian! E lei non starà lì ad aspettarti in eterno! La ragazza non manca mica di corteggiatori!
– Quali corteggiatori?! Non mi hai fatto sapere nulla in proposito Seb!
– Visto che lei non pareva interessata … ma prima o poi potrebbe cambiare idea!
– Vedi di informarmi sulla situazione!
– Non ci penso proprio! Emma Swan non centra più nulla nella missione, quindi pensaci da solo!
– Ti stai ammutinando Seb?
– Se fosse un ordine professionale si, ma visto che non è così! Da me non avrai più notizie riguardo la tua non-ragazza! Ora ti saluto che ho parecchio da fare!
 
Ruotando sui tacchi, Jefferson se ne andò lasciando Killian sgomento. Sapeva quali impegni avesse Seb e forse, in fin dei conti, aveva ragione su di Emma.
 
– Beh! Kil vado anche io. Domani verrà Manuel a trovarti e ti relazionerà sui vari arresti.
 
– Come va con lui?
– Direi bene perché?
– Me lo chiedi? Quando gli hai detto di avere un ragazzo c’è rimasto di merda!
– A me non ha detto nulla! Siamo colleghi, solo quello! Ora vado, ciao Kil!
 
Killian rispose al saluto rendendosi conto che lei volesse sorvolare l’argomento, la guardò seguire Jefferson. Erano andati insieme con il Suv e Sebastian l’avrebbe riaccompagnata a Quantico, dove da due giorni lei aveva ripreso la sua attività ordinaria.
 
***
Il Suv si muoveva con calma nelle stradine del parco, allontanandosi dall’edificio ospedaliero. Mulan pensava ancora alle ultime parole di Killian riguardo a Manuel.  Forse era stata dura con il giovanotto, ma non voleva creargli false illusioni. In quei tre mesi di missione aveva capito di piacergli parecchio, ma lei amava August e, nonostante l’esperienza forzata avuta in missione, continuava ad amarlo. Quando erano tornati dalla Cina entrambi, erano andati a trovare Captain Hook in ospedale ed era successo proprio davanti a Killian che Manuel avesse fatto una delle sue battute, chiedendole implicitamente un appuntamento per cena. Lei gli aveva risposto che avrebbe cenato con il suo ragazzo e Manuel era ammutolito. Cosa si fossero detti poi lui e Killian, Mulan non lo sapeva, né lo voleva sapere, ma Killian aveva visto bene la reazione del giovane. Non era nemmeno vero che lei avrebbe cenato con il suo ragazzo quella sera! Allora nemmeno l’aveva fatto sapere ad August di essere tornata, ma due giorni prima non aveva potuto evitare di incontrarlo.
 
Era tornata a svolgere le sue mansioni di istruttrice all’Accademia e, vestita con la sua tuta da ginnastica, si era recata dove sapeva di incontrarlo, ossia in palestra.
August era di spalle e si stava allenando con gli anelli sospesi. Era a dorso nudo e i muscoli della sua schiena e delle braccia si evidenziavano magnificamente nello sforzo. Era rimasta ferma a guardarlo affascinata, silenziosamente. Nel momento in cui August si era sollevato in alto, facendo una rotazione, l’aveva vista. Per poco non era caduto per la sorpresa. Si era rimesso in piedi e aveva abbandonato gli anelli correndole incontro.
 
– Mulan! Sei tornata?! Da quando?!
 
Non le aveva dato il tempo di rispondergli, l’aveva abbracciata con una tale forza, gioia e affetto, che le aveva strappato un largo sorriso sul viso ambrato. Poi quel sorriso si era ridimensionato con un lungo bacio, interrotto per poter tornare a respirare regolarmente.
 
– Mi sei mancato August! Veramente tanto!
– Stai bene amore? Sei tutta intera si?
 
Lei aveva sorriso. Non era stata una bella avventura in Cina, ma stava bene … almeno fisicamente. Avevano passato poi una bella giornata tra il lavoro e i momenti insieme, per pranzo e poi per cena, ma la notte … no la notte non l’avevano passata insieme. August l’aveva proposto, ma lei si era tirata indietro, facendolo restar male.
Il giorno dopo, ossia il giorno precedente al momento, lo aveva evitato per tutta la giornata e la sera aveva declinato il suo invito a cena con la scusa che avrebbe cenato con il suo anziano padre. Non sapeva per quanto tempo August se ne sarebbe stato buono buono, prima di esplodere nel capire che lei lo stesse evitando appositamente. Come poteva dirgli i suoi veri motivi? Avrebbe mai potuto raccontargli i dettagli scabrosi della sua missione in incognito? Emma le aveva sconsigliato di dirgli tutto, in fine era lavoro, solo lavoro al servizio del proprio paese!
 
Jefferson guidava silenziosamente. Aveva imparato a conoscere Mulan e sapeva che spesso avesse bisogno di silenzio e concentrazione. Si chiedeva cosa passasse nella testa della cinese in quei momenti, ma rispettandola se ne stava zitto. Quando Killian era stato ferito in Cina, era stato lui ad organizzargli il ritorno in America e il ricovero in quell’ottimo ospedale militare. Lui aveva avvisato lo zio Henry O’ Danag della situazione del nipote, ma non lo aveva dato per grave, dicendogli che fosse un piccolo incidente stradale per cui non valeva la pena partire dall’Irlanda. Lo stesso Killian aveva poi tranquillizzato lo zio telefonicamente, dicendogli di non dire nulla a Liam ed Elsa. Nei giorni seguenti, sotto il volere del Capitano, Seb era tornato in Cina per la Missione “Dragone”.
 
– Ti lamenti sempre che non ti do l’occasione di entrare in azione Seb! Ora sarai i miei occhi in Cina. Mulan sta guidando lei l’azione, ma corre un doppio rischio dovendo stare in contatto continuo con il Dragone!
 
Quello gli aveva detto Killian prima di farlo partire e, in effetti, di azione in Cina ce ne era stata parecchia.  Quando era arrivato al Ritz di Hong Kong, Jefferson era stato accolto da Manuel Parrilla, uno degli agenti della squadra speciale di Captain Hook, che lui conosceva da tempo, avendolo arruolato da parte del Capitano per le sue capacità informatiche e tecnologiche in generale. Manuel era preoccupato per l’agente Chang, nome in codice Fiore di Loto. Dalla partenza di Killian, Mulan aveva smesso di fare la spola tra l’albergo e l’ospedale e passava le giornate intere insieme al Tai Pan.
 
L’uomo era molto preso da quella che credeva una modella. La voleva con sé in ogni suo passo e aveva iniziato a presentarla come la sua donna. Mulan portava sempre al collo il ciondolo a forma di sole che le aveva dato Killian e, grazie ad esso, Manuel e gli altri agenti nella stanza operativa, la tenevano controllata, acquisendo numerose informazioni che avrebbero costituito le prove per inchiodare una volta per tutte Li Yu Wong. La cosa che preoccupava Manuelito riguardava i momenti in cui Mulan toglieva la collana con il ciondolo. Erano i momenti di intimità con Li Yu. Mulan non aveva avuto più scuse per non concedersi a lui e, stando insieme molte ore al giorno, succedeva anche spesso. Li Yu era giovane e prestante come uno stallone, in più subiva il fascino della giovane con una tale passione da desiderarla continuamente. Anche Jefferson aveva dovuto constatare, con dispiacere per l’agente Chang, che parecchio tempo del giorno e ancor più della notte, era oscurato dalla mancanza di trasmissione del segnale del suo ciondolo, almeno per il segnale visivo, poiché, da vera professionista, Mulan, che non voleva dare spettacolo delle sue performance con il Tai Pan, riusciva a trasmettere la parte sonora, che nonostante fosse esplicita, riservava spessissimo le confidenze che l’uomo le faceva riguardo ai suoi affari.
Nel giro di una settimana la polizia segreta di Hong Kong, aveva fatto saltare diversi affari di Li Yu Wong.  Il segnale di Mulan trasmetteva le urla di ira dell’uomo, mentre faceva telefonate o dava ordini ai suoi scagnozzi, sgomento che diverse partite di “roba” fossero state trafugate dal loro nascondiglio, da bande rivali o che ci fossero state improvvise retate della polizia. Poi, una sera, successe quello che non avrebbe dovuto succedere …
 
Durante il pomeriggio Li Yu era stato chiamato da uno dei suoi uomini e lui si era allontanato lasciando Mei Jing/Mulan sola nell’appartamento. Lei aveva approfittato per andare al sesto piano, dove si trovavano i suoi colleghi e fare il punto della situazione.
Jefferson ancora ricordava la faccia di Manuel Parrilla quando l’aveva vista entrare con quella mise sexy che gli aveva comprato Li Yu. Mulan non aveva idea di dove fosse andato il boss cinese, ma non le mancò di scoprirlo più tardi.
 
Il viso di Li Yu era apparso molto tirato quando il ciondolo con la microcamera lo aveva inquadrato al ritorno. Mulan aveva fatto la parte della brava “fidanzatina” e gli era corsa incontro per abbracciarlo e baciarlo sulle labbra. L’uomo era stato più scostante del solito ed era rimasto con un cipiglio molto serio ed enigmatico. L’agente in incognito si era mantenuta allegra e socievole, chiedendogli se per cena sarebbero scesi nella sala dell’hotel o se lui avesse voglia di portala a cena fuori.
 
– Non ho fame questa sera Mai Jing, non di cibo!
 
Mulan non si vedeva dal monitor, ma la sua risata maliziosa si era sentita chiaramente.
 
– Di cosa hai voglia Li Yu?
– Di giocare Mei Jing … di giocare!
- A carte? Con una play station?
– Voglio giocare un po’ con te … non l’abbiamo ancora fatto fino ad ora!
- Non capisco di che gioco si tratti Li Yu …
 - Ti piacerà vedrai!
 
Dal monitor si era visto l’uomo tirare fuori da un cassetto delle cordicelle e una corda ben più lunga, perfettamente arrotolata, nuova di zecca.
Jefferson non poteva immaginare l’espressione di Mulan in quel momento, ma la voce incrinata della ragazza, gli giunse forte e chiara.
 
– Li Yu, non voglio fare giochi strani o pericolosi!
– Tranquilla tesoro! Non è pericoloso. È un gioco che si basa sulla fiducia reciproca. Io mi devo fidare che tu sia sincera in quello che senti e tu devi fidarti delle mie capacità, devi fidarti che non ti farò del male.
– Dovessi sentire dolore?
– Per questi giochi c’è sempre una chiave per fermarli, una parola di salvataggio. La più usata nei giochi sadomaso è “Rosso”.
– Se uso questa parola tu interrompi il gioco?
– Naturalmente amore mio! Allora? Vuoi provare?
 
Mulan aveva letto nel fascicolo sul Boss cinese che avesse una predilezione per il “Bondage” e l’idea di giocare con lui in quella pratica di “tortura sessuale”, non l’attirava affatto. Già aveva concesso troppo di sé a quel criminale!
 
– Non potremmo farlo normalmente? Mi spaventano quelle corde!
– Ma dai amore! Sono morbide tra l’altro. Ti legherò le caviglie per tenerti le gambe aperte …
- Non credo sia necessario legarmi per questo no?
 
Sembrava che l’uomo ci avesse rinunciato e posò le corde su una poltroncina. Poi si vide che si riavvicinava alla ragazza. Dal movimento e dall’oscuramento improvviso del monitor si capì che avesse sfilato il vestito di dosso a Mulan. Tutto fu piuttosto veloce. Mulan questa volta non aveva fatto in tempo a togliere la collana con il ciondolo e si vide Li Yu denudarsi della camicia e dei pantaloni. Le fu addosso in un attimo, si vide un cambio di prospettiva nella stanza, segno che lui l’avesse voltata di spalle. Il letto era davanti a loro e si vide in un colpo il lenzuolo avvicinarsi velocemente al ciondolo. Il Boss aveva buttato sul letto Mulan a pancia in sotto.
 
– No! Che vuoi fare? Ti avevo detto di no!
 
Si sentì uno scatto. Jefferson riconobbe il suono tipico delle manette. Dove le aveva tenute fino ad allora Wong?
 
– Adesso vediamo la nostra fiducia reciproca “Amore”!
– Non mi piace questo gioco Li Yu! Toglimi le manette!
 
La voce di Mulan era arrabbiata.
 
– No! Ora si gioca a modo mio!
 
La voce di Mulan adesso era sforzata, subiva il peso dell’uomo sulla schiena, mentre in qualche modo cercava di legarle anche le caviglie.
 
– Mi strozzerai  così!
 
Era chiaro che una corda era stata passata intorno al collo della ragazza.
Jefferson, nel sentire più che vedere, considerando la posizione di Mulan, iniziava ad essere angosciato e guardando negli occhi Manuel, lo vide fremere.
 
– Jefferson dobbiamo intervenire! Possiamo arrestarlo ora!
– Aspetta! Non credere che mi diverta a sapere che una delle nostre migliori agenti sta subendo questa cosa!
 
Poi si sentì altro che li fece decidere.
 
– Bene bene! Ora che sei in mio potere parliamo un po‘ del tuo Capo?
– Cosa?! Colin? E mi dovevi legare per parlare di lui?
– Credo proprio di aver dovuto mia bella Mei Jing, o come ti chiami veramente …
 - Li Yu! Non so cosa ti prende, ma questa è una cosa assurda! Che altro nome dovrei avere? Colin è stato ferito, lo sai, mentre arrestavano quel tizio amico tuo tra l’altro! Che dovrei dirti ora di lui?
– Per esempio il suo vero nome. Tipo Robert Rogers o Kim Steward o forse un altro ancora?!
– Non so chi siano questi uomini! Non li conosco!
– Se non li conosci tu li conosce bene il tuo amico stilista!
- Sono suoi ex?
 
Si sentì dal monitor la risata di Wong.
 
– Sei spiritosa veramente Mei Jing! Non fare la finta tonta con me! Sai perfettamente che sono la stessa persona!
– Conosco Colin da meno di un anno! Non so nulla di problematiche psichiatriche da parte sua! So che sia gay, ma non me ne è mai importato nulla! È geniale nel suo lavoro!
 
Wong aveva riso ancora per la battuta sulle problematiche psichiatriche.
 
– Che sia geniale non ne dubito! Visto che ha saputo organizzare tutto questo!
– Per favore liberami da queste corde! Non respiro bene!
– E respirerai anche peggio tesoro! Se non mi dici la verità!
– Io non so nulla di quello che stai dicendo! Dimmela tu questa verità che blateri! Sei uscito da qui che stavi bene e sei tornato come un pazzo! Chi hai visto in queste ore? Perché mi stai facendo queste assurde accuse?
– Secondo Miss Belle Franch non sono così assurde!
– Miss French?! Che centra lei? L’hanno arrestata il giorno che Colin è stato ferito! Sei andato a trovarla in galera?
-  È lei che è venuta a trovare me! Era riuscita a fuggire alla custodia dell’agente che la teneva, quando Gold gli aveva sparato. Si è nascosta per giorni, finché non mi ha cercato per chiedermi aiuto … Mi ha raccontato di aver trovato una somiglianza tra il tuo amico Colin e un certo Robert Rogers, conosciuto a casa di un amico comune. Quando lo aveva riferito a Gold, questi aveva cambiato faccia. Se non fosse stata solo somiglianza c’era sotto qualcosa di grosso! Gold mi aveva telefonato quella sera. Qualcuno ha staccato il mio telefono quando ti ho portata qui la prima volta …
- L’ho staccato io affinché non ti disturbasse mentre riposavi!
– A che ora ha squillato il telefono quella notte?
– Avevo bevuto con te e avevamo fatto sesso! Ero stanca e assonnata … non ho guardato l’orologio! Mi sono preoccupata per te! Aaah!
 
Jefferson aveva capito che Wong avesse strattonato la corda che circondava il collo di Mulan!
 
– Quell’uomo era un agente in incognito che già aveva fregato Gold sotto il nome di Kim Steward! Ha cercato di fotterci tutti! Dalla Colombia fino a Hong Kong! Tu sei una sua collega  ci scommetto! Bella, intelligente e cinese! Hai il corpo di una modella veramente, ma chi sei nella realtà?! Sei una talpa, ecco cosa sei! Da quando sei con me i miei affari sono andati a monte! Sai quante partite di oppio ho perso?! Solo tu potevi sapere certi dettagli! Sei stata con me in ogni occasione! Sono stato così accecato dalla tua bellezza e dal tuo corpo da raccontarti cose che non avrei detto nemmeno a mia madre! Mi hai tradito! Sei solo una puttana al servizio della D.E.A.! Ormai ne sono sicuro! Adesso avrai quello che meriti!
 
Wong aveva inveito ancora verso Mulan, tirando la corda intorno al collo quasi a strozzarla.
 
– Ora facciamo la parte finale del gioco Mei Jing! Un vero peccato! Mi sarei divertito ancora parecchio con te!
 
Mulan annaspava con il petto schiacciato sul letto e la gola stretta nella morsa della corda che la stringeva sempre di più. 
Il monitor apparve completamente buio, il ciondolo ormai era poggiato sul letto, schiacciato dal peso di Mulan che stava agonizzando.
 
Per Jefferson non c’era stato bisogno di dare l’ordine d’intervenire, Manuel, in capo ad altri due agenti, era già uscito dalla porta come una furia. Jefferson li aveva seguiti con la pistola pronta a sparare.
L’azione fu velocissima, doveva esserlo da ben prima secondo Manuel, che rimproverò Seb di non essere intervenuto preziosi minuti prima. Per Seb era stato importante registrare il più possibile di quanto detto da Wong. Le sue stesse parole lo inchiodavano!
 
Gli agenti avevano sfondato la porta e si erano precipitati sul Tai Pan. Quello non si era fatto cogliere impreparato. Aveva sfoderato le sua abilità nelle arti marziali combattendo con Jefferson e altri due agenti. Manuel intanto aveva liberato Mulan e mentre lei si massaggiava il collo, aveva cercato di rinfilarle il vestito. Nel vedere i suoi compagni a mal partito con il Tai Pan, Mulan era intervenuta saltando con agilità giù dal letto. Mentre Jefferson e gli altri erano a terra, chi più e chi meno ammaccaticcio, lei aveva sfoderato tutti gli insegnamenti di suo padre e suo zio. Aveva colpito ripetutamente e violentemente Li Yu, con velocità e agilità tale da disorientarlo e tramortirlo, fino a dargli un calcio sui denti con una rotazione su se stessa e la gamba tesa nella direzione della mandibola dell’ormai ex Tai Pan.
 
Non fu necessario usare le armi da fuoco. Il trambusto fu insonorizzato dalle mura dell’appartamento del Boss e lui cadde in ginocchio, davanti alla snella figura vestita con il tubino nero. Perse poi completamente i sensi e piombò lungo sul pavimento.
 
– Peccato che tu l’ abbia steso Mulan!
– Preferivi che lui ti uccidesse Seb?
– No! Avrei preferito che potesse camminare sulle sue gambe! Ora ce lo dobbiamo pure caricare in spalla!
 
Wong era stato così arrestato senza troppo clamore. I giorni seguenti la D.E.A aveva bloccato il cargo con la partita di oppio, proprio durante l’incontro con quello armato da Santa Cruz, nel luogo e nel giorno che la squadra di Captain Hook aveva scoperto. L’arresto del Boss cinese era stato allora reso pubblico e ripreso dalle telecamere, mentre veniva trasferito nel luogo di detenzione, in attesa del processo. Lo stesso era successo per Antonio Santa Cruz in Colombia. La rete del Capitano si era finalmente chiusa sui pesci grossi del narcotraffico, avendo risonanza anche in Europa, tra i contatti che Robert Rogers aveva preso grazie alla fiducia che gli era stata data dallo stesso Santa Cruz.  Numerosi arresti ancora stavano avvenendo e altri ce ne sarebbero stati. Di quello se ne stava occupando Manuel Parrilla.
 
Jefferson era tornato dalla Cina proprio il giorno che per poco non investiva Emma Swan a Quantico. Era lì per correre dalla sua Lorna. Voleva farle una sorpresa e c’era riuscito. L’aveva trovata nello studio che usava anche come aula per i suoi tre allievi. C’era mancato poco che finissero per fare l’amore sulla scrivania, ma Lorna era troppo ligia al dovere per mischiare lavoro e situazioni personali. Lo aveva preso per il bavero della giacca scamosciata e lo aveva tirato via baciandolo.
 
– Andiamo a casa Cow-boy!
 
Jefferson ancora sorrideva tra sé al ricordo di quanto era seguito a quell’ordine e non vedeva l’ora di tornare da lei anche quella sera. Aveva un grande desiderio nel cuore. Voleva chiederle di sposarlo. Sapeva che per lei non era necessario. Era già stata sposata e l’esperienza non era stata come avrebbe voluto. Le bastava stare insieme così come stavano, ma per Sebastian Jefferson, invece, sposarla significava rendere indelebile il loro legame. Le aveva comprato un anello qualche giorno prima, ma non si decideva a darglielo, preoccupato della reazione che lei avrebbe potuto avere. Sapeva che non sarebbe riuscito a farlo nemmeno quella sera, ma non si sarebbe rovinata la serata, sapeva quanto Lorna fosse passionale …
 
Fine febbraio 2010
Nello studio-aula del Maggiore Lorna Stone regnava il silenzio. I tre cadetti erano in attesa del verdetto finale del Maggiore. Ognuno di loro sapeva bene come fossero andate le proprie prove e ognuno conosceva bene le capacità degli altri.
Lorna li guardò severamente tutti e tre, con un’espressione talmente impassibile che non avrebbero potuto decifrare nulla del suo pensiero. Per i tre Profiler quello era un grosso smacco, ma Lorna gli aveva insegnato anche quella tecnica e un giorno avrebbe potuto essere utile anche a loro.
 
– Vi vedo sulle spine Signori!
 
I tre erano sull’attenti e cercarono di restare egualmente impassibili.
 
– Bene … non voglio farvi penare oltre. Tutti e tre avete dimostrato ottime capacità, ognuno eccellendo in alcuni aspetti rispetto agli altri. Ho parlato già con il Comandante Shatneer e siamo del parere che tutti e tre entrerete nella squadra dei “Cacciatori di menti” …
 
Olden e Graham si guardarono in faccia con un’occhiata d’ intesa e complicità, abbozzando un sorriso. L’allieva Swan rimase impassibile sull’attenti.
 
– Questo era l’ultimo test. L’Allieva Swan sarà il mio braccio destro.
– Coosa?! Questo era un test?!
– Allievo Graham! Non ti ho dato l’ordine di parlare o sbaglio?
– Sissignora!
– Questo è uno dei motivi per cui non posso prenderti come mio diretto collaboratore. Le critiche costruttive mi stanno bene, anzi, le auspico! La polemica inutile non mi serve. Allieva Swan, hai il permesso di parlare!
– Le volevo dire soltanto grazie Maggiore!
– Bene! Questa è la giusta risposta!  Riposo e sciogliete la riga!
 
I tre si rilassarono e ognuno prese il foglio che il Maggiore gli stava porgendo.
 
– Con questo andate dal Comandante. Allieva Swan tu resta un attimo!
 
Gli altri due uscirono salutando, Graham si attardò voltandosi, ma Olden lo richiamò prendendolo per un braccio.
 
– I miei complimenti Emma! Hai finito il corso brillantemente e direi in contemporanea alla tua Laurea.
– Proprio in contemporanea … manca una settimana alla consegna della Laurea.
 
Lorna sorrise alla precisione di Emma. Era contenta che la giovane ce l’avesse fatta ed era ancora più contenta del fatto che fosse stata la migliore del corso. Avrebbe lavorato con lei con piacere.
 
– Appena avrai il tuo titolo inizierai a lavorare con me Emma. Ho già diversi casi in corso e credo di poterti dare fin da ora un paio di fascicoli da studiare. Uno mi interessa particolarmente ...
– Di cosa si tratta?
– Serial Killer. Cinque donne uccise e sfigurate nello stesso modus operandi e nessuno ha visto e sentito niente. L’assassino è a piede libero e potrebbe colpire ancora. Prendi … è il fascicolo numero 2. L’altro è praticamente risolto, sarai tu a condurre l’interrogatorio. Studialo bene! Dopo la cerimonia di Laurea ci sarà l’interrogatorio, lo trasferiscono dall’Arizona qui a Boston. Vai dal Comandante ora!
 – Sissignora!
 
Con i due fascicoli tra le braccia e il foglio da portare al Comandante, Emma uscì dalla stanza con un sorriso a trentadue denti.
 
Era felice! I suoi sogni si stavano realizzando, almeno un paio!
Non aveva potuto chiedere più nulla a Mulan e a Jefferson riguardo a Killian. Ambedue le avevano detto di non preoccuparsi per lui, che stesse bene e che l’intervento era andato bene. Lui non l’aveva mai chiamata e lei aveva fatto altrettanto. Che Killian stesse bene e che stesse facendo progressi, lo sapeva perfettamente. Dal giorno che era stata in quell’ospedale militare aveva chiesto il numero di telefono alla Caposala Rosy e il permesso di chiamarla per avere quotidianamente notizie del suo amato. Rosy era stata un tesoro. Ogni volta che finiva il turno in ospedale le faceva il resoconto della giornata del Capitano. Anche lei si era affezionata a Killian e le raccontava delle battutine e dei doppi sensi che si scambiavano di continuo.
Il giorno prima Rosy aveva avuto il turno di riposo e si erano incontrate in una pasticceria. Rosy era una gran golosa, cosa che si vedeva bene dalla sua mole! Emma aveva preso una cioccolata calda con panna e cannella, ma Rosy aveva ingurgitato quattro paste alla crema e panna montata. Mentre si leccava il pollice e l’indice, come un’enorme bambinona, le aveva annunciato che entro un paio d giorni Killian sarebbe stato dimesso dall’ospedale.
 
Emma non stava più nella pelle mentre si dirigeva verso l’ufficio del Comandante Shatneer. Killian il giorno dopo sarebbe uscito e forse finalmente l’avrebbe chiamata? Rosy le aveva detto che per un altro mese, come minimo, avrebbe portato un busto. Sarebbe stato così orgoglioso da non volersi far vedere ancora?
 
 
2 Marzo 2010. Harvard University di Boston.
Il Rettore della facoltà chiamò la neolaureata Emma Swan sul palco, si complimentò con lei e le consegnò la sua tanto ambita Laurea, arrotolata e fermata con un nastrino azzurro. Lei la prese in mano ringraziando, poi si voltò verso i suoi quaranta compagni che uno ad uno sfilarono su quel palco per lo stesso motivo. Ad Emma era stato chiesto di pronunciare un breve discorso di chiusura del corso e quando fu nuovamente chiamata sul palco, si sistemò il ciondolo del tocco nella posizione giusta, si ravviò leggermente i lunghi boccoli dorati che le scendevano sul seno e dietro le spalle coperte dalla toga nera e, con passo deciso, risalì la scaletta di legno, andando a posizionarsi dietro al leggio, vicino al Rettore che la guardava con un certo compiacimento. Si era laureata con il massimo del punteggio e per quello il Rettore l’aveva scelta per il discorso finale.
Il vasto prato dell’Ateneo era stato ben preparato per l’evento. Davanti al palco erano state sistemate una decina di file di sedie ed erano tutte occupate. In terza fila Emma vide sua zia Ingrid che si asciugava una lacrima con il suo fazzolettino bianco, mentre Anna gesticolava con entrambe le braccia per salutarla. Vicino a lei c’erano: il suo fidanzato Cris, Regina, Daniel e Mary Margaret. Alla sinistra di Ingrid c’era invece Cora, la madre di Regina, che ancora non le aveva perdonato del tutto di averle sempre mentito riguardo al suo amore per Daniel. Emma aveva pensato che, magari, in quell’occasione in cui tutti si sarebbero ritrovati per un evento piacevole, l’ascia di guerra tra la sua migliore amica e sua madre sarebbe stata sepolta una volta per tutte. Daniel e Regina ormai avevano la loro vita, il loro lavoro, si amavano e convivevano da un paio di mesi nell’appartamento della mora, il loro ultimo pensiero era, probabilmente, di continuare la guerra con Cora.
Alla cerimonia mancavano Elsa e Liam, ma non era strano, essendo partiti nuovamente con il Nautilus per nuove ricerche oceanografiche. Mulan le aveva promesso che sarebbe andata con August quella sera, dopo il lavoro, alla festa nel pub dove Emma aveva prenotato. Finalmente Mulan aveva smesso di evitare il suo uomo e tra loro procedeva tutto bene.
 
Prima di iniziare il discorso, Emma inspirò profondamente. Era contenta di avere le persone care lì con lei, peccato che la persona per lei più importante non si fosse fatta più sentire. Già! Killian era uscito da una settimana da quell’ospedale e sembrava che di lui si fossero perse le tracce! Non c’era da sorprendersene tanto! Era sempre come un fantasma nella sua vita, ma almeno sapeva chi fosse veramente e che fosse in carne ed ossa, vivo e vegeto!
La bionda aprì il foglio del discorso che aveva preparato, poi guardò il pubblico e lo richiuse. Preferì usare le parole del momento, parlare con il cuore, seguendo i suoi sentimenti. Parlò di speranza per il futuro, del desiderio di non arrendersi difronte a nessun ostacolo, di perseguire i propri sogni, delle cose importanti per ognuno. Fu un discorso che giunse al cuore di ogni presente, poiché toccò sotto tutti i punti di vista l’anima di ognuno, chi per un motivo e chi per un altro.
Alcuni partecipanti si commossero, altri annuirono con la testa. Tutti, alla fine, si alzarono per applaudirla. Il grido finale di gioia dei neolaureati, si concluse con il consueto lancio del tocco. Il palco si svuotò e lo spiazzo si riempi di gente in piedi, pronta ad assaltare i gazebo gastronomici allestiti dagli stessi studenti, per festeggiare.
Emma si trovò circondata da parenti, amici e conoscenti. Ebbe abbracci, complimenti, battutine spiritose e affetto. Il Rettore le fece i complimenti per il discorso a braccio e le strinse la mano in un ulteriore gesto di stima. Tutto si muoveva intorno a lei, poi le sembrò di sentir qualcosa che le sfiorava le spalle. Un alito di vento che le soffiava tra i capelli. Si era tolto il tocco e sua zia lo aveva messo nella propria borsa. A quel soffio si voltò lentamente e tra tutte quelle persone che si muovevano, ridendo, scherzando e abbracciandosi, vide qualcuno fermo oltre il gruppo. Sentì in petto una capriola del proprio cuore. Era possibile? Chiuse ed aprì gli occhi. No! Si era sbagliata, non c’era nessuno lì. Aveva avuto le traveggole? Il giovane dai capelli bruni che aveva visto le aveva sorriso, mentre la fissava immobile tra la folla. Non poteva essere un’illusione! Doveva cercarlo. Da qualche parte doveva pur essere!
Emma iniziò a camminare tra la gente, non rispose nemmeno a Regina che la stava chiamando incuriosita. Superò il numeroso gruppo e si ritrovò davanti all’edificio della facoltà di psicologia. La porta era aperta ma non c’era nessuno dentro, se non qualche impiegato nella segreteria. L’istinto la guidò dentro l’edificio quasi di corsa, muovendosi sui tacchi alti che lei odiava, fasciata in un vestito di lana verde acqua con sopra la toga nera della cerimonia. Il cuore le batteva forte, in una tachicardia che riconosceva come quella che aveva provato solo con una persona in vita sua.
Entrò e si incamminò per i corridoi. In un punto il corridoio si incrociava con un altro. Ruotò su se stessa, guardandosi intorno. Era sola in quel corridoio. Il suo istinto aveva fatto cilecca. Abbassò mestamente la testa, doveva tornare dagli altri. Che ci faceva lì come una disperata?
 
– Emma …
 
Alzò gli occhi al riconoscere quella voce calda, dal timbro leggermente roco. Lui era lì, davanti a lei. Bello come la prima volta che lo aveva visto. Ben pettinato e rasato di fresco, in un completo grigio, con una camicia celeste ed una cravatta bluette.
Emma rimase ferma, incapace di dire qualsiasi cosa, un piede che si sollevava carezzando la caviglia dell’altra gamba. Batté le palpebre, temendo che sparisse nuovamente, mentre il battito cardiaco le risuonava impazzito nell’incavo alla base del collo.
 
– Tu sei … qui
- Si ... lo sono …
 
Il tempo sembrava essersi fermato. Nessuno dei due sembrava capace di muoversi verso l’altro. Si guardavano reciprocamente incantati. Da quanto tempo non si vedevano a tu per tu? Se Emma ci avesse pensato sarebbe esplosa in singhiozzi. L’ultima volta era stato nell’appartamento di Kim Steward, poco prima di vederlo apparentemente morto su quel balcone. Ora tutto il dolore del lutto non aveva più importanza. Era lì davanti a lei, poteva toccarlo, poteva stringerlo a sé. Voleva farlo, lo desiderava veramente, ma lui? Quanto era cambiato? Non le aveva mai detto di amarla e se fosse andato lì solo per farle gli auguri e dirle … dirle cosa? Che non provava nulla per lei? Non era possibile! Non doveva essere possibile. Qualsiasi cosa sarebbe successa lei doveva toccarlo, realizzare materialmente quello che sapeva ormai da un pezzo: “ Kim era Killian”.
 
Uscì da quel sogno ad occhi aperti e si mosse verso di lui. Killian era rimasto egualmente sospeso, ammaliato dalla bellezza di Emma. Le sembrava ancora più bella dell’ultima volta che l’aveva vista. Come poteva stringerla a sé e dirle che l’amava, con tutto il dolore che le aveva procurato? Desiderava così tanto stringerla tra le braccia, sentire il suo profumo e baciare le sue labbra di ciliegia. Si decise, a qualsiasi costo, lui l’avrebbe fatto!
 
Senza rendersene conto si mossero all’unisono l’uno verso l’altra e si incontrarono a metà strada, prendendosi le mani. Quelle di Emma sparivano in quelle di Killian, come sempre, come quando si incontravano e amavano in quell’appartamento nel quartiere degli studenti di Harvard. Forse entrambi lo ricordarono e l’abbraccio diventò spontaneo, veloce e passionale. Killian la strinse tra le braccia, ruotandola e portandola con le spalle verso il muro. Lei gli portò le sue intorno al collo. Le loro labbra si unirono con tutta la passione e il dolore della separazione che avevano vissuto fino a quel momento. Fu un bacio a perdifiato, ma stranamente sembrò ad entrambe che finalmente respirassero veramente. Furono costretti a distaccarsi, ma mentre Emma accarezzava l’amato bel viso di Killian, lui le accarezzava la schiena e poi, lentamente, la rotondità del fianco.  Le loro fronti erano poggiate l’una all’altra e i loro respiri, affannati dall’emozione, si confondevano.
 
– Mi sei mancata Swan …
- Tu non immagini quanto a me …
- Non dovrei essere qui lo sai?
– Lo so … sei ancora in incognito?
– Si … ancora …
- Perché sei qui allora?
– Perché è il posto più giusto dove io potrei essere in questo momento!
 
Il bacio che ne seguì immediatamente fu più passionale del precedente. Sembravano volersi divorare le labbra, assetati dell’amore che non si erano dati per tutto quel tempo. Poi lui si sciolse nuovamente, anche se controvoglia, dalle dolci labbra di Emma.
 
– Non posso stare molto. È meglio che nessuno faccia caso a me, ancora non posso rivelare la mia identità.
– Vai via di nuovo?
– Devo ancora Emma!
– Starai lontano ancora a lungo?
– Non posso dirti nulla Baby! Da me non puoi aspettarti tranquillità, non posso farti le promesse che vorresti sentire …
- Non ti ho mai chiesto nulla Killian, sai che non voglio legarti contro il tuo volere.
 
Come poteva lui dirle che era legato a lei completamente? Come poteva dirle che le avrebbe fatto tutte le promesse che lei avrebbe desiderato sentire? Non era il momento, non era il tempo giusto. Nemmeno avrebbe dovuto andare da lei, ma non aveva resistito. Moriva dal desiderio di rivederla ed ora che l’aveva tra le braccia non aveva nessuna voglia di lasciarla andare.
 
Emma scorse con le mani dal collo al suo petto, accorgendosi dell’oggetto metallico sotto la camicia.
 
– Porti ancora la tua collana da pirata Captain Hook?
– Non me ne separo mai Emma, te lo dissi quando l’avevi indossata …
- Si … me lo ricordo benissimo Capitano!
– Hai scoperto anche il mio nome in codice, sei fantastica, come hai fatto? Non penso che te lo abbiano detto.
– Ho i miei metodi Killian.
 
Lui la strinse maggiormente a sé baciandola nuovamente.
 
– Mmm .. sei così duro Killian!
 
Lui ridacchio sulle sue labbra schiuse.
 
– Tesoro vorrei dirti che è tutto merito tuo ma … porto un busto toracico, ma tu … hai i tuoi meriti!
– Per i doppi sensi sei rimasto lo stesso Killian! 
- Sono rimasto lo stesso per tutto Emma …
 
La baciò ancora, continuando a tenerla poggiata a quel muro.
 
– Ti ho detto che non voglio farti promesse Emma … non ancora … non cercarmi se io non ti cerco e non ti preoccupare per me. Sono bravo a sopravvivere come hai visto!
 
Lei sospirò.
 
– Ti chiedo di fidarti di me. Ancora Emma! Ricorda sempre le cose che ti ho detto e scritto. Ci sono tante cose che ancora non sai e l’unica promessa che ti posso fare ora è che ti dirò tutto quando sarà possibile. Leggi sempre tra le righe, con me dovrai farlo! Non fermarti mai alle apparenze! Usa il tuo ingegno e le tue capacità Emma. Farò qualsiasi cosa per poter tornare da te. Ricordalo sempre!
 
Le diede un ultimo caldo e appassionato bacio, poi, portandole un boccolo dietro l’orecchio, le fece un’ultima carezza sul viso e andò via. Uscì dal retro della palazzina, nessuno nello spiazzo antistante si sarebbe potuto accorgere di lui. Emma lo seguì con lo sguardo e vide un Suv nero arrivare verso di lui. Killian passò dalla parte del passeggero e l’auto, guidata sicuramente dall’Agente Jefferson, partì velocemente.
Emma si portò la mano alla guancia, dove aveva ricevuto quell’ultima carezza. Scottava e sicuramente la sua pelle era arrossata per l’emozione. Assaporò le proprie labbra, ancora avevano il sapore dei loro baci. Rimase ancora qualche altro minuto.
 
“Fiducia”
 
Le risuonava quella parola nella mente. Doveva fidarsi di lui … glielo aveva chiesto con convinzione … lo avrebbe fatto!
Sentì la voce di Regina che la cercava. Doveva andare, quel momento che aveva appena vissuto doveva restare il suo segreto, nemmeno la sua migliore amica avrebbe dovuto saperlo!

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Capitolo 34
*** Sorprese scoperte ***


Capitolo 34
 
 Sorprese scoperte ...
 
Il ticchettio del passo di Regina Mills si sentì nei corridoi del pianterreno della Facoltà di Psicologia. Emma non ci fece nemmeno caso, presa da altri pensieri.
Regina era preoccupata. La sua amica neolaureata era sparita in quell’edificio da oltre mezzora. Aveva avuto forse un malore? Era molto emozionata e Regina sapeva che l’emozione potesse fare scherzi poco simpatici. Emma era una ragazza  sensibile e in quegli ultimi due anni ne aveva passate veramente di tutti i colori.
Camminò per quei corridoi che non conosceva, cercando le toilettes, forse Emma era lì? Svoltando in un punto dove il corridoio si incrociava con un altro, finalmente la vide. Emma era vicino ad una finestra che dava sul retro dell’edificio, poggiata allo stipite. Aveva un’aria così trasognata che Regina non riuscì a decifrare. Era da quando aveva aperto la sua Galleria d’Arte che Emma avesse momenti strani. Regina sospettava che le nascondesse qualcosa, ma fino a quel momento non era riuscita a cavare un ragno dal buco. La chiamò ed Emma sembrò ridestarsi.
 
– Miss Swan! Hai visto il tuo Captain Hook in carne ed ossa per caso?
– Ch –che cosa?
“Che ne sa Regina?!”
– Hai la stessa espressione di quando sei in “estasi” davanti a quel quadro, nella mia galleria! C’era qualcuno qui con te?
– Io … ma no! Che dici! Chi ci doveva essere?!
– Francamente non lo so Emma! Da un po’ che sei strana … sono convinta che tu mi nasconda qualcosa! Eppure siamo amiche praticamente da sempre, io mi sono sempre confidata con te e tu con me … Cosa ci sta dividendo così ora? Perché quel quadro nel mio museo ti fa quell’effetto esagerato? Meglio dire ti faceva, sono settimane che non vieni alla galleria, sembra quasi che tu mi stia evitando! Se dipende dal fatto che io e Daniel siamo andati a convivere nel mio appartamento …
- Ma che stai dicendo Regina! Sono felicissima per te e Daniel! È stato semplicemente un periodo molto duro e stressante. Ho avuto i test a Quantico e l’ultimo esame, poi la discussione della mia tesi, tutto il lavoro per prepararla e intanto i casi da esaminare per l’accademia! Non puoi immaginare come è stato difficile superare tutto!
“Per non dirti della situazione di Killian!!”
– L’importante è che tu ci sia riuscita Emma! Sei stata nominata braccio destro del Maggiore Stone, ti sei laureata brillantemente, hai un sacco di gente che ti vuole bene … si lo so! Ci sono altre cose che potevano andare diversamente e meglio, ma sei giovane e piena di possibilità, vedrai che avrai nuove chances! Neal per esempio ti sta ancora aspettando. Gli ho detto di venire alla tua Laurea, ma ha risposto che soffre a vederti da lontano e non riesce a non pensarti, quindi si è tenuto alla larga …
- Regina ne abbiamo già parlato! Neal è un tesoro di ragazzo, ma non mi basta! Merita qualcuna meglio di me!
– E tu chi meriti Miss Swan?
 
Emma sorrise e abbracciò Regina.
 
– Magari un bel ragazzo in carne ed ossa del tipo del mio Captain Hook?!
– Se riesci a trovarmelo Regina, ne riparliamo d’accordo?
– Vorrei intanto ritrovare Brennan … ho diversi acquirenti bloccati che vorrebbero i suoi quadri!
– Anche Hook?!
 
Emma era quasi saltata all’idea che qualcuno comprasse quel quadro.
 
– Soprattutto Hook, ma per lui dico sempre che il quadro è già venduto!
 
Ridendo uscirono dalla Facoltà di Psicologia e tornarono tra i loro amici nello spiazzo con i gazebo che li attendevano.
 
Emma da tanto non pensava più al pittore del quadro. Regina le aveva detto che forse quel dipinto celasse un autoritratto giovanile, a causa della forte somiglianza con l’autore ...
Non aveva avuto l’occasione di chiedere a sua zia Ingrid il nome del  consuocero, ma ormai era convinta che il padre di Liam e Killian potesse essere proprio Brennan. Avendo scoperto la verità su Kim-Killian, il mistero Brennan era passato in secondo piano. Ora che Regina glielo aveva ricordato, una certa curiosità di conoscerlo stava iniziando ad insinuarsi nel cervello della giovane Psicologa. Come le aveva suggerito Killian doveva usare le sue capacità. Perché non usarle per rintracciare il pittore? Adesso lei aveva un ruolo nella F.B.I. e tutti i mezzi per fare una piccola ricerca di quel genere, oltre alla parentela con Elsa, ma su sua cugina al momento non poteva contare, visto che era nuovamente in mare con il Nautilus, il sommergibile al comando di Liam. Killian non poteva chiamarlo! Ma se pure avesse potuto, si era capito bene che tra lui e suo padre non corresse buon sangue.  Chissà poi perché!
 
Mentre gustava i cotillons, preparati in bella vista sui tavoli allestiti sotto i gazebo, Emma prese una decisione. Oltre alle indagini da profiler, insieme a Lorna, avrebbe occupato un pochino del suo tempo ad indagare su Brennan – sicuramente - Jones, e avrebbe ampliato il puzzle sul suo amatissimo Captain Hook, intendendo quello in carne ed ossa ovviamente!!
 
***
Il Suv Maserati filava veloce tra le strade limitrofe del quartiere universitario.
Jefferson guidava con maestria e, ogni tanto, con un’espressione ironica e divertita sul volto, guardava il passeggero al suo fianco.
Da quando Killian era entrato in macchina, dopo aver visto Emma, non aveva detto una parola e se ne stava completamente assorto nei suoi pensieri.
 
– Allora?
– Allora che?
– Non mi racconti nulla? Ti sei fatto accompagnare da lei e non dici una parola?
– Cosa vuoi sapere? Sono cose private no?
– Cosa ha detto, come ha reagito per esempio! Non voglio certo sapere di quanto te la sei sbaciucchiata! Per quello si capisce dall’alone di lucidalabbra rosa che hai sulle labbra e sul viso!
 
Jefferson esplose in una sonora risata a vedere Killian abbassare velocemente il parasole e controllarsi allo specchietto di servizio.
 
– Maledizione …. Non ha nemmeno bisogno di truccarle le labbra!
– Immagino! Labbra di ciliegia! Sono anche dolci?
 
Seb continuava a prenderlo in giro e Killian lo stava guardando torvo.
 
– Perché non pensi a quelle della tua Lorna?
– Ci penso vecchio mio! Altroché se ci penso!
– Bene! Quindi chiudi il becco e occupati degli affari tuoi!
– Quindi ora Emma è solo affar tuo? Mi fa piacere! Così eviterai di coinvolgermi nelle tue improvvisate romantiche!
– Ma che improvvisate romantiche! È tattica!
– Come, come?! Che diavolo le hai detto a quella ragazza oltre a baciarla come se non ci fosse un domani?
– Seb!!!
– Seb un fico secco! Cosa stai combinando con lei? Sono praticamente due anni che la tengo sotto controllo per te! È un fiore di ragazza! Lorna le vuole bene e la stima! Ci manca solo che le crei false aspettative dopo tutto quello che le hai combinato!
– Ho solo cercato di farle capire che io ci sono, ma di non farsene di aspettative!
– Che diavolo dovrebbe significare? Sei cotto di lei o almeno lo eri! Sa la verità, tutta o in parte! Che problemi hai a darle qualche certezza?
– Non posso darle ancora nessuna certezza!
– Forse era meglio che non ci venivi allora!
 
Killian aveva abbassato lo sguardo. Come avrebbe potuto non andare a quel giorno per lei importantissimo? Inoltre bramava di rivederla da un pezzo!
Seb, vedendolo,  da accigliato riprese la sua espressione ironica e divertita.
 
– C’era una volta un uomo chiamato “Cuore di ghiaccio”, un bel giorno incontro gli occhioni verde acqua di una bella biondina e ora lo chiamano “Cuore liquefatto”!
 
Seb si stava divertendo alle sue spalle? Lo apostrofò infastidito.
 
– Smettila Seb!
– Mio Dio Captain Hook! Altrimenti mi fai camminare sulla passerella?
 
Il rapporto tra di loro non era quello tipico del superiore e del sottoposto. Nella squadra  di Captain Hook ogni elemento aveva il suo valore e la gestione di Killian aveva l’impronta dell’autorevolezza. Con Sebastian c’era inoltre una lunga amicizia e il fatto che avesse qualche anno in più di Killian, gli permetteva maggiormente di prendersi certe licenze.
Killian sembrava più mortificato che arrabbiato.
 
– Non capisco quella faccia Killian! In fin dei conti vi siete rivisti e avete avuto un momento per voi. Immagino che le avrai dovuto dire che riparti …
- Si … ma non è solo per quello …
- Allora per che  altro?
– Mi sento un bastardo nei suoi confronti!
– Mmm?
- Volevo rivederla, ma  …
- Mmm?!
– Beh! Insomma! Volevo che continuasse a pensarmi …
- Non mi dire che l’idea che possa avere altri corteggiatori ti ha convinto a darle un contentino?!
– Più o meno!
– Si! Decisamente sei un bastardo Killian! Se quell’angelo dal cuore puro soffrirà ancora a causa tua, ti avverto che ti prenderò personalmente a calci nel culo! Ma che diavolo hai in testa? Sei un genio ma in amore sei un completo idiota?
– Grazie per la comprensione Seb! Tu? Glielo hai dato l’anello a Lorna?
– Che ne sai dell’anello?!
– Ti ho visto con una certa scatoletta in mano ed era una scatola tipica da anello di fidanzamento!
– Guardatelo! Ti intendi di anelli di fidanzamento adesso? Ne hai comprato uno anche tu per caso?
– Si, si! Cambia discorso vecchio mio!
– Seguo la tua stessa tecnica “vecchio mio”!
– No, non ho comprato nessun anello …
- Peccato! Io invece … niente da fare! Ancora non sono riuscito a dire niente a Lorna!
Questa volta fu Killian a ridere dell’amico e collega.
 
– Non ci posso credere Seb! Fortuna che ero io quello con “problemi”!
 
Ambedue preferirono cambiare argomento! Forse era meglio così. C’era altro da discutere e per il momento erano cose che avevano la precedenza. L’amore doveva aspettare per loro. 
Il nuovo argomento fu Eloise Gardener.
 
– Come sta?
– Wow! Se la vedessi! L’hai fatta arrivare che sembrava un sacco d’ ossa! Si è rimessa in forma ed è una vera bellezza! Potrebbe fare la modella per Colin O’ Donegal!
 
Seb ridacchiò riferendosi alla sua copertura in Cina. Killian non aveva nessuna voglia di ridere.
 
– Un bocconcino niente male! Quasi più bella della tua Emma!
– Interessante! Devo andare a trovarla allora!
 
Seb lo guardò torvo vedendo il sorrisino ironico e malizioso di Killian.
 
– Ehi! Dongiovanni! Vuoi avere due piedi in una staffa ora? Non dicevo per scherzo che ti prenderò a calci personalmente!
– Sei diventato veramente il paladino di Emma?
-  Non merita altre carognate e nemmeno quella povera ragazza di Eloise!
– Winter Soldier diventato Spring Soldier?! Lo sai che Captain Hook è un gentiluomo no?
– Si, ma anche un pirata mi sembra! Tu cosa vuoi essere in realtà?
– Sono sempre un gentiluomo Seb, ricordatelo!
– Cerca di ricordartelo anche tu! Comunque sia a maggio prossimo è fissata l’udienza in cui dovrà testimoniare Eloise. Ha recuperato parecchio in questi mesi. Il lavoro che le hai trovato in quel negozio di fioraio sembra adatto a lei e non solo per il cognome. Pare avere veramente il pollice verde! Il datore di lavoro è entusiasta di lei.
– Bene! Quando uscirà dal programma di protezione faremo in modo di aiutarla a trovare una casa per lei e la figlia. Il contratto di lavoro l’aiuterà a mantenere il permesso di soggiorno, poi vedremo per la cittadinanza …
- Per quello non sarà facile e non sarà presto, lo sai!
– Le soluzioni non mancano. Con la piccola Alice come va? Quando l’ho chiamata dall’ospedale era contenta di aver ripreso ad incontrarla.
– Emma la sta aiutando molto con la piccola. Me lo ha detto lei stessa. Eloise la stima e la piccina l’adora a quanto pare. Grazie al suo intervento sta migliorando nel linguaggio giorno per giorno. La madre vorrebbe vederla più spesso. Comincia a non bastarle più una volta a settimana!
– Dovrà accontentarsi! Non può andare troppo in giro. Se quel fioraio non fosse così vicino alla comunità, non l’avrei lasciata uscire di lì. Ancora ci sono scagnozzi di Santa Cruz in giro!
– Purtroppo anche la sua affascinante moglie! Non so come hai fatto a non finirci a letto! Quella donna è sesso allo stato puro!
– E tu hai visto solo le foto …
- Certe erano esplicite direi! Perciò mi sembra strano che tu …
- Insomma Seb! La prossima volta ci mando te a fare il seduttore! Con una come Paula Santa Cruz finiresti per essere tu il sedotto. Per poco non ci cadevo anche io! Bella, intelligente, sexy e pericolosa come quel suo dannato leopardo!
– Sparito anche lui tra l’altro!
– Lo avranno liberato e scorrazzerà per la tenuta facendo danni, finché qualcuno non lo prenderà a fucilate!
 
La strada per l’aeroporto era vicina. Continuarono a parlare degli impegni che li attendevano. Captain Hook sarebbe ripartito per l’Irlanda entro un’ora. Il suo maneggevole bagaglio a mano era sul sedile posteriore del Suv. Aveva molte responsabilità che lo attendevano a Dublino, nella sua base segreta allestita in un edificio di agenzie. Non sapeva nemmeno lui quanti giorni sarebbe rimasto nella sua città natale, ma aver avuto la possibilità di vedere Emma, consapevole ormai della verità, in parte lo consolava e lo spronava a tornare quanto prima negli Stati Uniti.
 
Prima settimana di marzo 2010.
 
Il fascicolo venne posato con garbo sulla scrivania di Lorna, sotto lo sguardo indagatore del Maggiore Stone.
 
– Come stai Emma?
– Ottima domanda Lorna! Ho condotto parecchi colloqui durante l’addestramento, ma è la prima volta che ne conduco uno con uno psicopatico, feticista, maniaco sessuale! Mi sento svuotata! Ecco come mi sentò. Priva di energia! L’ho impegnata tutta a contrastare la sua invadenza! Io interrogavo lui ma sembrava il contrario. Mi ha rigirato ogni domanda per sapere notizie di me. Poi quel suo modo subdolo di annusare verso di me, cercando il mio profumo! Sembrava un lupo, un vero predatore, cosa che in effetti è!
– Non mettere mai profumi troppo forti Emma, sono ulteriori richiami sessuali, a meno che tu non lo faccia con l’intenzione di provocare un crollo del controllo all’interrogato, come è successo questa volta! Questo è un feticista che collega l’eccitazione ai profumi femminili. Hai visto quanti ne sono stati ritrovati a casa sua? Numerose boccette, di tutte le marche e poi le mutandine sporche di donne! Sono sicura che alcune siano delle donne che ha violentato, ma la maggior parte siano furti in casa delle sue clienti. Con la scusa del suo lavoro di tecnico delle lavatrici, avrà approfittato rovistando nelle ceste del bucato.
– Sono d’accordo con te Lorna! Lo trovi scritto nella mia relazione. Quelle mutandine le annusava per darsi la carica ed uscire in cerca di un’altra preda, partendo in piena eccitazione sessuale. Mi ha confessato tutto in pratica!
– Sei stata molto brava Emma. Ho seguito l’interrogatorio da dietro lo specchio. Hai titubato solo all’inizio, quando ti ha fatto un’avance esplicita, ma ti sei ripresa in tempo per dargli lo stop. Per il resto, riguardo al tuo profumo, forse è stata la fortuna della principiante, ma è stata un’ottima intuizione!
 
Con quell’interrogatorio Emma aveva contribuito ad inchiodare il criminale. Ne era felice! Quell’uomo era un violentatore seriale, aveva 26 anni, non aveva ucciso nessuna delle sue vittime, ma dal profilo che lei ne aveva tracciato e dai parametri di studio, era in una fase di evoluzione del suo modus operandi. Presto avrebbe potuto trovare piacere sessuale anche ad uccidere le sue vittime, era meglio averlo bloccato in tempo. Avrebbe avuto comunque parecchi anni di condanna e psicoterapia riabilitativa almeno una volta a settimana. Per quel caso sarebbe stata la stessa Emma a vedersela con il Procuratore distrettuale. Lorna aveva deciso di lasciarle il campo libero e per il momento non ne era affatto pentita. In fin dei conti il suo braccio destro doveva fare proprio quello, non solo collaborare, ma anche alleviarla dalla mole di lavoro, specie ora che lei stava lavorando su un’indagine in cui la F.B.I, navigava ancora nel buio.
 
– Hai novità sul caso del serial killer?
– A parte il ritrovamento della quinta vittima ieri notte? Forse abbiamo qualche dettaglio! Sono convinta che sia un bianco tra i trenta e i quaranta. Il tipo di locale dove doveva recarsi ieri sera la donna è poco frequentato da uomini sotto i trenta. Ho mandato Graham ad indagare. Tra poco dovrebbe tornare e riferire. Quando arriva ti chiamo così vediamo insieme. Il Coroner sta esaminando il cadavere. Già a primo colpo d’occhio ha detto di aver visto ferite anche troppo simili a quelle delle altre vittime. Cerca donne della sua stessa età a quanto pare! Di bell’aspetto, sole, donne emancipate e colte, che può adescare con la scusa di una nottata insieme. Questa di ieri sera era una biologa. Separata da sei anni, senza figli. Sua sorella sapeva che aveva voglia di “divertirsi” ieri sera, era uscita da casa sua dicendoglielo scherzando. Non aveva un uomo al momento e in quel locale è facile trovarne.
– Quindi il serial Killer dovrebbe essere un uomo più o meno della stessa età, piacevole aspetto, una buona dialettica e argomenti culturalmente condivisibili con la vittima, visto il grado di cultura. Anche le altre erano laureate?
– Quasi tutte! Leggi bene il fascicolo è fatti qualche altra idea. Ci vediamo dopo!
 
Emma prese la cartellina verde che Lorna aveva spinto verso di lei sulla scrivania e si allontanò verso l’ufficio comunicante con quello di Lorna, l’ufficio che le era stato assegnato da un paio di settimane.
Si mise seduta sulla sedia della sua scrivania e in quel momento si illuminò il monitor del computer. Il motore di ricerca, che aveva attivato prima di andare da Lorna, gli aveva dato la schermata di quello che stava cercando.
 
“Forse ci siamo finalmente?”
 
Il nome di Brennan Jones compariva in più punti del documento sullo schermo!
 
Erano giorni che Emma usasse i ritagli del suo tempo per trovare notizie sul pittore. Che si trattasse veramente del padre di Killian e Liam non aveva più dubbi. Il giorno stesso della sua laurea aveva poi avuto una conversazione con sua zia Ingrid e lei le aveva detto tutto ciò che sapeva su di lui. Lo aveva conosciuto l’estate prima, quando con sua figlia Anna erano andate in Irlanda per conoscere la famiglia di Liam. Quella famiglia era già conosciuta da Ingrid. Almeno nelle vesti del capo famiglia, Henry O’Danag, che anni prima si era occupato delle pratiche assicurative in seguito all’incidente che sua sorella Nora aveva causato ai genitori di Emma. Brennan lo aveva conosciuto invece più recentemente, nel periodo della disgrazia era troppo affranto dalla perdita della moglie, per comparire dal notaio, aveva infatti delegato suo cognato Henry. Ingrid le aveva detto che Brennan fosse un valente pittore, aveva visto diversi suoi quadri a casa del cognato e un bellissimo ritratto di sua moglie Nora.
 
– Che terribile disgrazia! Una donna così bella e giovane che ha perso la vita causando la morte anche dei tuoi genitori, anche essi giovani e pieni di speranze! Tre bambini rimasti orfani, tu, Liam e Killian!
 
Ingrid si era asciugata una lacrima. Nonostante fossero passati tutti quegli anni il dolore della perdita non sarebbe sparito mai del tutto.
 
– Fortuna che qualche angelo ha vegliato su di te tesoro mio! Ti sei salvata veramente per miracolo! Sei diventata una bellissima e brava ragazza! Se ti vedessero i tuoi genitori ne sarebbero orgogliosi!
 
Si era asciugata un’ennesima lacrima ed Emma l’aveva abbracciata forte, lì su quel candido divano in pelle che sua zia adorava. 
 
– Chissà perché percorreva quella brutta strada a quell’ora e con quel tempaccio!
– Liam e Killian non erano con lei …
- Fortunatamente no! Erano con gli zii, era andata a trovare suo marito, voleva fargli una sorpresa, gli aveva organizzato una mostra che lui desiderava fare da tempo!
– Chi ti ha detto questo?
– Me ne ha parlato Janette, la moglie di Henry, Nora le aveva detto questo quando le aveva lasciato in consegna i ragazzini. Brennan aveva uno studio nella loro casa al mare … sai per la luce più adatta per le opere che stava preparando … Alla fine Henry e Janette hanno fatto da genitori ai nipoti. Brennan si è trasferito in Florida e si è risposato!
Emma aveva incamerato tutte le informazioni. Molti dettagli corrispondevano a quanto aveva saputo da Kim. Quando lei gli aveva chiesto come avrebbe chiamato un figlio, lui aveva risposto Henry, alla domanda se fosse suo padre aveva risposto che fosse morto e che Henry era suo zio, l’uomo migliore che conosceva e che l’aveva allevato. Anche come Kim, Killian le aveva detto alcune profonde verità. Il fatto di omettere l’esistenza del padre era l’indizio della conflittualità del loro rapporto. Ma perché quel conflitto? Forse perché dopo la morte della madre il padre lo aveva lasciato agli zii ed era partito per la Florida? Sotto c’era altro di sicuro! Perché Nora quella sera correva velocemente su una strada pericolosa e bagnata dal temporale? Era sulla via del ritorno! Non era rimasta con il marito per la notte! Cosa era successo nelle ore prima, da quando aveva lasciato i figli a sua cognata?
La mente fervida di Emma aveva formulato molte ipotesi, e la conclusione era stata una sola.
La curiosità faceva parte della sua sete di sapere e l’addestramento, insieme alla deformazione professionale, che iniziava ad avere, l’avevano spronata a continuare le ricerche. Aveva trovato l’indirizzo di Brennan in Florida e aveva cercato di contattarlo, ma nulla da fare! Non c’erano tracce di lui in quello Stato, almeno in quel periodo. Aveva scoperto che Brennan avesse acquisito la cittadinanza e ciò le aveva consentito di fare altri controlli incrociati con lo stato civile e il catasto. Aveva scoperto che Brennan possedesse un appartamentino nei pressi della città universitaria, lì a Boston. Non aveva avuto quasi bisogno di leggerne l’indirizzo. Conosceva fin troppo bene la zona e anche meglio quell’appartamento. Era il luogo dove lei e Kim si erano amati e dove era stato inscenato il suo assassinio …
Con le mani tremanti aveva provato a telefonare al numero telefonico che aveva trovato, corrispondente all’appartamento. Di Brennan nessuna traccia nemmeno lì.
Regina le aveva detto, tempo prima, che il pittore avesse una brutta tosse e dovesse fare degli accertamenti, da allora non l’aveva più visto né sentito. In Florida non risultavano ricoveri ospedalieri per il paziente Brennan Jones, ma ora quella schermata aperta le stava dando notizie ben chiare. Il nome del pittore era inserito tra quelli dei pazienti del “Harvard Medical School “ una sezione ospedaliera collegata alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Ateneo.
Emma aprì altre finestre per informarsi meglio. In quella sezione si faceva cura e ricerca. In particolare si sperimentava una nuova terapia oncologica.
Alla giovane agente fu chiaro di cosa soffrisse Brennan Jones e si poggiò dispiaciuta allo schienale della sua sedia ergonomica.
 
“Il padre di Killian ha il Cancro!”
 
Si chiese se Killian e Liam ne fossero a conoscenza, ma ne dubitò. Se Liam avesse saputo qualcosa rispetto a Killian ne avrebbe parlato con Elsa e lei di sicuro a Ingrid. Visti i rapporti tesi tra il secondo genito e il padre era ancora più dubbio che l’uomo si fosse confidato con lui, quindi la famiglia di Brennan non sapeva nulla della sua situazione di salute!
Emma continuò ad indagare tra i ricoveri nell’ospedale annesso alla Facoltà di Medicina. Era una fortuna che il programma del Bureau potesse permettere quelle ricerche a prescindere dalla privacy dei pazienti.
Aspettando qualche minuto apparvero le date dei ricoveri e i reparti a cui i pazienti erano assegnati. Brennan Jones risultava assegnato al reparto di Medicina interna e poi di Chirurgia oncologica. Era stato ricoverato poche settimane dopo l’inaugurazione della Galleria d’Arte di Regina. Sicuramente era stato operato e poi inserito nel programma di terapia presso l’Harvard Medical School. Era entrato e uscito diverse volte dall’ospedale.
 
Per qualche motivo Emma sentiva il bisogno di incontrare Brennan, non era solo per fargli sapere dei potenziali acquirenti delle sue opere. Era proprio per conoscerlo, parlargli, sentire da lui raccontare di Killian. Aveva bisogno di sapere il più possibile dell’uomo che amava. Aveva saputo indirettamente da Lorna che era il diciassettenne geniale poi inserito nel Bureau, ma voleva capire cosa c’era stato alla base di tutto. Cosa Killian si portasse dentro.
 
Decise che quel pomeriggio sarebbe andata in ospedale a trovare Brennan. Era la cugina di Elsa, ma non avrebbe usato quella parentela, avrebbe detto che lo stava cercando per Regina e che essendo un Agente Federale aveva indagato, trovandolo lì. Era in fin dei conti una buona parte di verità e ad Emma non erano mai piaciute le bugie. Chiuse le schermate del computer e prese la cartellina verde che le aveva dato Lorna. Prima avrebbe fatto il suo lavoro e poi il pomeriggio l’avrebbe dedicato a quanto si era prefisso.
 
Il caso su cui stavano indagando aveva dei risvolti molto raccapriccianti. Nella cartella vi erano le fotografie del ritrovamento delle prime quattro vittime. Erano state trovate tutte prive di abiti, mutilate del seno sinistro, tagliuzzate in più punti del viso e presentavano una ferita di arma da taglio all’altezza di un rene. Erano state trovate tracce di sperma e quindi il coroner aveva decretato che avessero avuto un rapporto sessuale.
Emma ragionò per un paio di ore sul caso. Le vennero dei dubbi sulla dinamica della violenza e del ferimento alla schiena. C’era qualcosa che le parlava di una perversione che andava oltre ciò che appariva. Ancora non sapeva decifrare completamente quell’enigma, e non lo avrebbe fatto quel giorno. Guardò l’orologio. L’ora del pranzo era passata. Lorna l’aveva salutata già da un pezzo, quando Sebastian era andato a prenderla. Non aveva fame, causa forse di quelle immagini orrende? Solitamente quando era in piena attività mentale non sentiva appetito e quello era proprio uno di quei momenti. Si alzò dalla sua scrivania e infilando la sua giacca in pelle rossa uscì dall’ufficio.
 
– Ciao bellezza!  
- Graham! Lorna ti stava aspettando! Ora è fuori per la pausa pranzo!
– Si lo so! Ho tardato, ma ne è valsa la pena!
– Hai trovato indizi? Credo di si! Sono venuto direttamente qui, non ho nemmeno  pranzato!
– Per quello nemmeno io!
– Andiamo a pranzo insieme allora! Ti porto in un localino poco distante da qui. Me lo ha fatto conoscere Olden, ci vanno un sacco dei nostri. Fanno cucina casereccia, ti consiglio le lasagne! La Signora De Luca le fa all’italiana.
– Mi stai tentando veramente, io adoro il cibo italiano!
– Allora la trattoria “Granny’s” ti piacerà parecchio!
– Dalla Nonna? Sembra invitante veramente!
 
Uscirono insieme e si diressero verso la macchina di Graham, parcheggiata poco distante. Jamie non perse occasione di fare delle avance alla collega, prendendola per la vita mentre si accostavano all’auto. Emma sapeva quanto il giovane le avesse confessato sui suoi sentimenti per lei.
 
– Jamie! Fai il bravo per favore! Non è un appuntamento romantico no?!
– Faccio il “bravissimo” sono solo gentile con te! 
 
Lei ridacchiò.
 
– Si mooolto gentile! Togli quella mano allora!
– Sei proprio difficile Dottoressa Emma Swan lo sai?
 
Jamie non si era arreso del tutto al rifiuto che Emma gli aveva fatto in precedenza, ma ora ci scherzava su, facendole comunque la corte. Le aprì galantemente lo sportello dell’auto e le baciò il dorso della mano mentre lei si accomodava sul sedile.
 
– Mia bella Principessa! È un piacere averla nel mio cocchio!
– Ma dai Jamie!
 
Lei rise alle smancerie del collega, lui chiuse lo sportello e passò al lato di guida, mettendo in moto l’auto e partendo verso la trattoria Granny’s.
 
Nessuno dei due aveva fatto caso alla BMW nera ferma poco più in là. Emma era sorridente e allegra nell’auto del bel Jamie Graham, non aveva potuto certo vedere che nell’auto tedesca, dai vetri oscurati, due occhi azzurri avevano osservato tutta la scena e la stavano guardando accigliati, mentre un guizzo della mascella del loro proprietario indicava il suo stringere la mascella quasi a rompersi i denti.
 
Presi dalle loro chiacchiere allegre, Emma e Jamie non si accorsero di essere seguiti. Quando scesero dall’auto, Graham le mise un braccio sulle spalle, con un fare amichevole e protettivo, conducendola verso la veranda della piccola e accogliente trattoria italiana.
 
Killian Jones era rimasto nella sua BMW a debita distanza. Gli sembrò che tra i due corresse troppo affetto per i suoi gusti. Emma era incantevole come sempre e Seb aveva pienamente ragione. Era stato distante solo un paio di settimane dalla Laurea di Emma, voleva farle una sorpresa, invece il sorpreso era lui. Emma era una ragazza corteggiata e quel giovanotto avvenente poteva competere senza problemi con lui. Un nuovo guizzo percorse la sua mascella e la bile nello stomaco gli provocò un grampo. Rimise in moto e andò via sgommando.
Emma stava per entrare nel locale, sentì quel rombo e istintivamente si voltò. Vide con la coda dell’occhio un’auto nera che in pochi secondi non le consentì di capire di che modello fosse. Quel tizio o aveva fretta o era arrabbiato! Non curandosene superò la soglia del locale e seguì Jamie ad uno dei tavoli vicini alla vetrata.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice.

Un po’ di gelosia se la merita Killian vi pare?
Chissà cosa Graham ha scoperto del serial killer e cosa succederà.
Brennan? Riuscirà Emma ad incontrarlo?
Avrei risposto volentieri a queste domande continuando ancora il capitolo, ma non sarei riuscita a pubblicarlo per oggi. Quindi è meno lungo del mio solito, ma spero che vi sia piaciuto.
Fatemi sapere i vostri commenti e ipotesi. Grazie per la lettura e per le recensioni. Se non avrò impicci vi do appuntamento per domenica prossima.
Buona settimana dalla vostra
Lady Lara

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Capitolo 35
*** Acqua e fuoco ... ***


Capitolo 35

Acqua e fuoco …

 
 
Lo scantinato del vecchio edificio, vicino alla città universitaria, era ancora la base segreta di Captain Hook, lì a Boston.
Si era rifugiato lì dopo essere ripartito iroso dalla trattoria Granny’s. Si chiedeva chi diavolo fosse il “damerino” che stava pranzando in quel momento con Emma.
Sicuramente se avesse chiesto a Sebastian Jefferson, questi gli avrebbe detto vita e miracoli del giovane, ma non aveva nessuna intenzione di chiedergli nulla, soprattutto per non farsi prendere in giro per un’altra mezza giornata! Emma era il suo punto debole, lo sapeva lui e lo sapeva anche Seb. Non aveva bisogno di lui per scoprire chi fosse il “tizio”! Sicuramente era un giovane agente, collega di Emma, ma non doveva permettersi per questo di metterle le mani addosso! A meno che  lei non ne fosse compiaciuta. L’idea che tra i due ci fosse qualcosa oltre il rapporto lavorativo lo faceva star male. Non ricordava di aver mai provato una gelosia così forte per nessuna delle ragazze che aveva avuto in passato e se ne rammaricava e meravigliava lui stesso.
 
“Che incantesimo mi hai fatto Emma Swan? Non c’è un giorno che passi della mia vita che io non ti pensi! Non sai quanto mi manchi! Non mi aspettavo di vederti con quel bel tomo!”
 
Mentre rifletteva tra sé e sé inviò le fotografie, che aveva scattato ai due con il cellulare, al computer sulla scrivania davanti la quale si era seduto. Con abili mosse del mouse delineò il viso del giovanotto e confrontò con l’archivio degli agenti del Bureau.
 
“Trovato!”
 
Era un gioco da ragazzi per un Agente Federale e figuriamoci per un pirata informatico navigato come lui!
 
In meno di dieci minuti, Killian Jones scoprì tutto della vita di James Graham, detto Jamie! Dalla famiglia al suo curriculum scolastico, dalle scuole materne fino all’accademia di Quantico. Era un ottimo atleta, eccelleva in tutti gli sport che esercitava. Veniva da una buona famiglia di origini irlandesi, trapiantati a Boston da tre generazioni. Era entrato all’Accademia di Quantico prima di Emma, aveva tre anni più di lei, ma non era uno studente brillante al par della sua Emma. Aveva però i suoi stessi interessi professionali. Anche lui lavorava nel team di Lorna.
 
“Maledizione! Si possono vedere tutti i giorni! Questo tizio ha tutte le caratteristiche per piacere ad Emma! Seb ha ragione sotto tutti i punti di vista! Emma ha bisogno di certezze o di questo passo la perderò per sempre!”
 
Killian sapeva che i suoi sentimenti per Emma erano maturi abbastanza per darle le certezze e la sicurezza che lei meritava. Il problema era il suo lavoro e ciò che doveva completare. Aveva detto a Seb che ancora non era il momento e lo credeva veramente. Non poteva ancora farsi vedere alla luce del sole con lei, con la sua vera identità! Temeva sempre di metterla in pericolo e in effetti stare con lui era pericoloso, soprattutto a causa dei latitanti che ancora non erano riusciti ad arrestare. Cosa doveva fare? Doveva confidare nei sentimenti di Emma per lui? Li meritava quei sentimenti dopo tutto quel tempo e dopo tutto quello che le aveva fatto penare, facendosi passare per morto?
Ricordò una frase che Lorna gli aveva detto in un’occasione, una frase che forse lei aveva riferito a sé stessa e alla relazione con il suo ex marito.
 
“L’amore è come una piantina dentro un bel vaso, va curata e annaffiata ogni volta che ne ha bisogno. Non puoi basarti sul fatto che la vedi florida e pensare che non ha bisogno di acqua, se inizi a non annaffiarla con questa scusa … la ritroverai appassita. L’amore è un dare e ricevere continuo, se uno solo nel rapporto dà e l’altro riceve e basta succede come alla fonte che non ha più una falda acquifera, si prosciuga …”
 
Killian si chiese cosa avesse dato fino a quel momento ad Emma. Non gli sovvenne nessuna risposta. Del buon sesso quando erano stati insieme quei due stupendi mesi? Cosa se ne era fatto di quello Emma? Era rimasta pure incinta e poi addio bambino! No! Decisamente lui non le aveva dato nulla, aveva solo preso! Poteva aspettarsi che Emma avrebbe continuato a dare all’infinito, quando c’era qualcun altro al suo fianco che le poteva riempire la giornata e “rifornire la falda acquifera”?
 
Era un genio, ma in amore un perfetto idiota! Doveva condividere la critica fattagli da Jefferson, perché, in quel momento, non sapeva veramente cosa fare.
Era talmente in una fase di blocco che preferì spostare il pensiero sul lavoro. Prese il suo cellulare e aprì la rubrica. Trovò il numero che lo interessava e toccò con il polpastrello il segno della cornetta telefonica. Due squilli e dall’altra parte qualcuno rispose con gioia. Sul suo volto si dipinse un sorriso tenero mentre rispondeva.
 
Ciao Eloise! Sono Andrew …
 
***
Le lasagne di Nonna De Luca erano state veramente buone! Emma le aveva mangiate con gusto e la nipote della signora De Luca, una giovane alta e snella, con lunghi capelli castani striati di rosso, le aveva proposto anche il bis.
 
– Si grazie Ruby! Un pezzettino piccolo però!  
- Tu Jamie?
– No grazie Ruby, la porzione che mi hai portato prima era abbondante!
– Vi conosco a voi uomini! Ad una certa ora non ci vedete più dalla fame e aspettare non vi piace, quindi subito una porzione abbondante!
– In effetti non hai torto Ruby.
 
La procace ragazza si abbassò verso Jamie per togliergli il piatto vuoto, dandogli occasione di sbirciare nella scollatura della camicetta che, sbottonata fino oltre la metà dell’incavo del prorompente seno, non lasciava nulla di nascosto. Emma notò la direzione dello sguardo di Jamie e sorrise ironicamente.
Ruby si voltò per tornare verso il bancone e mise in mostra una bella porzione dei suoi glutei, lasciati scoperti da un paio di pantaloncini di jeans sfilacciati, corti fino all’indecenza. Emma notò come Jamie seguisse il movimento oscillatorio dei suoi fianchi, ipnotizzato dalle natiche in bella mostra, e scosse la testa guardandolo.
 
– Ho capito che gli agenti del Bureau sono attirati qui come mosche, non solo per le lasagne della nonna! Le grazie di Ruby vi fanno altrettanto gola vedo!
– Ma non vedi che ben di Dio Emma?!
– Sei stato pure con lei?
– Non ancor … che dici?!
– Ti sei tradito Collega! Hai una gran voglia di infilarti in quegli inesistenti pantaloncini!
– Potresti darmi torto? Con te non c’è nulla da fare! Se tu non mi vuoi mica ho intenzione di farmi monaco!
– Penso proprio che sarebbe un miracolo nel caso, visto la tua totale assenza di quella vocazione!
 
Risero amichevolmente, mentre Ruby tornava con un altro pezzo di lasagne.
 
– Jamie vuoi altro?
 
Ruby conosceva da un po’ Graham e da come gli fece quella domanda, usando un tono smielato e poggiando le mani sul tavolo, dondolandosi verso di lui, Emma si rese conto che anche alla ragazza Jamie non era indifferente. Sembrava che volesse offrirgli se stessa con quella domanda e Jamie rimase un attimo a guardarla con uno sguardo malizioso. Emma intuì cosa gli stesse passando per la mente ma, nonostante fosse un Don Giovanni impenitente, l’educazione gli fece rispondere solo …
 
- Si … un caffè Ruby … grazie!
 
Ruby non era così ingenua da non intuire lo stesso di Emma, aveva visto bene lo sguardo di Jamie spostarsi sulle sue tette quando aveva risposto. Guardandolo maliziosamente gli aveva sorriso e senza distogliere lo sguardo dal suo, si era staccata da quel tavolo quasi controvoglia.
 
– Potresti anche provarci con lei! Le piaci e ci starebbe di sicuro!
– Credi?
– Dio Santo Jamie! I segnali ci sono tutti! Ti sei scordato di essere un profiler? O ti è andato in pappa il cervello guardandole le tette?
– Cristo! Sono due melo …
 
Emma alzò le sopracciglia. Era una donna anche lei! Quel linguaggio! Inoltre lei era consapevole di avere una modesta seconda, quasi terza, rispetto all’abbondante quinta di Ruby!
 
– Scusa Emma! Ma certe volte con te guardo solo che sei una collega e ti parlo come se fossi un collega uomo.
– Grazie Graham! Mi consola questa cosa! Meglio che nel nostro rapporto di lavoro non facciamo entrare sentimenti romantici, ma solo un sano cameratismo! 
– Forse meglio in effetti!
 
Ruby portò il caffè a Jamie e questi le chiese il conto. Emma insistette per pagare la propria parte, ma Jamie volle offrire lui, in fin dei conti l’aveva invitata.
Quando il giovanotto si diresse alla cassa per pagare, si trattenne qualche minuto a chiacchierare con Ruby. Emma non sentiva cosa dicessero, ma sentiva ridere divertita la bella mora, poi la vide illuminarsi con un ampio sorriso a qualcosa che lui le disse, avvicinandosi al suo orecchio, e rispondere facendo contemporaneamente un cenno di assenso con il capo. Emma non aveva dubbi che Jamie l’avesse invitata ad uscire con lui e lei avesse accettato. L’Agente tornò al tavolo con un’espressione soddisfatta e Emma si alzò prendendo la sua tracolla. Salutarono e andarono via dal locale.
 
– Quindi dove la porti questa sera? È la sua serata libera no?
– Cosa ne sai Emma?!
– Sono una buona osservatrice! L’addestramento ha fatto i suoi effetti. Ho visto negli orari d’apertura che questa sera sarà chiuso. Ho notato la sua espressione e come tu ti sia avvicinato cercando complicità e intimità. Ti ha detto di si e tu sei tornato con la faccia di uno che ha ottenuto una prima vittoria. Quindi dove la porterai prima del tuo appartamento?
- Ancora ci devo pensare! Nemmeno ero sicuro che mi avrebbe detto di si! Ci penserò … un posto carino e romantico …
- Io credo che lei sia più tipo da cinema, direi drive in con film dell’orrore. Magari qualcosa sui lupi mannari. Darebbe pure l’occasione di accoccolarsi a te con la scusa della paura!
– Dici film dell’orrore? Ne sei convinta?
– Si!
– Non so come lo hai intuito Swan, ma di solito ci indovini. L’unico problema è che sarò io ad accoccolarmi a lei, ma non per finta paura a me quei film terrorizzano veramente!
– Certo … il super macho che nasconde dentro il bambino ben poco muscoloso e bisognoso di coccole! Tipico!
– Uffa! Emma sei proprio pesante quando ti ci metti! Potrei dire che questo modo di fare la saccente sia la tua corazza lo sai?
 
Emma gli fece la linguaccia. Era vero. Jamie aveva detto una verità su un suo modo di fare. Si era corazzata anche nei confronti del collega. Solo in quel modo poteva riuscire a non farsi coinvolgere da lui. Jamie era molto bello e sarebbe stato facile cedere al suo fascino. Per il loro rapporto lavorativo sarebbe stato disastroso ed Emma ne era consapevole, quindi la saccenteria, l’ironia e il mostrarsi indifferente erano la sua tattica.
 
Tornarono alla sede del loro team e trovarono Lorna già nel suo studio.
 
– Bene siete qui entrambi! Graham, novità?
– Si Maggiore!
– Accomodatevi e ascoltiamo!
– Sono stato con uno degli agenti della Omicidi nel locale frequentato ieri sera dall’ultima vittima. Il barman mi ha detto di averla vista altre volte, non sapeva si chiamasse Sara Jung. Non sapeva nulla di lei se non che fosse una donna sola e di bella presenza. L’aveva notata altre volte che era andata lì a bere e un paio di volte l’ha vista rimorchiare un cliente. Ieri sera è entrata e uscita sola dal locale. Gli ho mostrato le foto delle altre ragazze, tanto per scrupolo, e mi ha detto che erano clienti del locale, anche se non particolarmente assidue. Ha ricordato che due di esse avevano agganciato in occasioni diverse lo stesso tipo. Un cliente che spesso bazzica il locale. Lo ricordava bene perché il tizio ha un neo sul labbro e tutte e due le donne ha ricordato di averle sentite dire che quello fosse “un segno di bellezza”. La prima volta si era incuriosito e aveva guardato meglio l’uomo per vedere che effetto poteva fare quel neo, ma non gli era sembrato un granché. La seconda volta lo ha notato perché ha sentito dire la stessa frase dall’altra vittima. Gli ho chiesto se il tipo era presente nel locale ieri sera o se lo avesse visto in qualche occasione avvicinarsi a Sara. Ha detto che ieri sera non c’era nel locale, non lo ha mai visto con lei e che ieri sera non sembrasse particolarmente allegra. Si guardava intorno come se stesse in attesa di qualcuno, poi è andata via. Forse ha avuto una buca da chi aspettava!
– O forse l’assassino era la persona con cui aveva appuntamento e invece che entrare nel locale l’ha aspettata in un punto di passaggio solitario e da lì è successo il resto!
– Bene Emma! Mi sembra una buona intuizione!
– L’assassino è un uomo intelligente e sicuramente di buona cultura. Se si tratta di un cliente abituale che ha agganciato anche le altre in quel locale, avrà preferito non farsi vedere per non creare sospetti su di sé. Inoltre per abbordare una donna non è detto che lo debba fare proprio nel locale. Il locale può anche essere solo il vivaio dove attingere. Entra, sbircia e agisce all’esterno.
– Vero Emma! Ma sotto questo punto di vista può essere chiunque.
– Io non trascurerei di indagare meglio sul tizio dal neo sul labbro. È l’unico che sappiamo aver agganciato almeno due delle vittime  e non certo nel giorno del loro assassinio, comunque è un piccolo inizio da cui partire.
– Si Graham, sono pienamente d’accordo! Fai convocare il barman dai colleghi della squadra omicidi, proviamo il riconoscimento di schedati per reati sessuali e fatti aiutare da Olden per l’identikit. Hai altro da aggiungere?
– Si! Ho tardato perché sono passato anche dal Coroner …
- Cosa ti ha detto? Ha scoperto che la violenza è accaduta dopo il ferimento alla schiena?
– Si Emma! Come lo sai?
– Ho studiato le caratteristiche in comune delle vittime. Donne alte, atletiche, facevano tutte sport, sicuramente capaci di difendersi da un aggressore. C’era qualcosa che mi ronzava in mente ma mi sfuggiva … mi sono immedesimata nel killer. Credo sia meno alto di loro, pur se piacevole nell’aspetto e nella conversazione, probabilmente anche lui laureato o comunque con un alto livello culturale. Ammira le donne che adesca ma contemporaneamente le teme, non credo colpisca al primo incontro. Non è detto che dia appuntamenti galanti, potrebbe attaccarle improvvisamente dopo aver studiato i loro movimenti e lì ho pensato che potrebbe colpirle alle spalle ferendole al rene per impedire una reazione di difesa. La crudeltà dell’amputazione e gli sfregi ai loro visi dicono quanto sia crudele e perverso. Non sarei sorpresa di sapere che le violenta mentre stanno morendo.
 
Graham era a bocca aperta mentre ascoltava Emma. Lorna, compiaciuta, andava con lo sguardo da l’una all’altro.
 
– Graham?
– Si Maggiore … il Coroner  mi ha detto che a suo parere le donne erano moribonde mentre subivano violenza sessuale!
– Quindi il mio “braccio destro” ha visto giusto! Brava Emma! Quell’uomo è uno psicopatico molto pericoloso, un killer organizzato, con una serie di parafilie. Sicuramente si è evoluto nell’organizzazione del rituale. Chissà che bambino tormentato è stato!
– Lo penso anche io Lorna. L’attacco al seno sinistro delle vittime, il lato del cuore … non so, ma molto mi dice che il rapporto con la figura femminile materna sia stato tremendo!
– Si Emma! Anche gli studi del settore riportano descrizioni simili. Un bambino vissuto con genitori mostri, diventa a sua volta un mostro!
– Dovremmo fare un lavoro capillare di prevenzione a partire dalle scuole materne!
– Lo so Graham! Ma non è facile fare un lavoro del genere. Genitori di un certo tipo difficilmente fanno trasparire all’esterno della famiglia certi trattamenti. Non sono semplicemente violenze fisiche, quelle si noterebbero con più facilità, sono quelle psicologiche di attacco all’ identità del figlio che ne provocano una sorta di disconoscimento, con umiliazioni continue e la perdita dell’autostima. Dovremmo preparare gli insegnanti al riconoscimento di alcuni segnali specifici. Qualcosa è stato già fatto in questo senso, ma l’omertà è un’altra piaga dell’umanità. Quando qualche insegnante si accorge di segnali certi è già tardi per il danno ricevuto dal minore …
 
Rimasero tutti e tre assorti qualche minuto ad esaminare altri dettagli dei casi, poi Lorna diede ad entrambi degli ordini specifici.
 
– Dobbiamo tenere sotto controllo quel locale … intanto vediamo di rintracciare il tizio con il neo. Speriamo non ci siano altri omicidi. Avete notato che il killer sta accorciando i tempi?
– Si Maggiore! Vero. Stavo facendo un calcolo sulla tempistica. La prima donna è stata uccisa quattro mesi fa, la seconda a distanza di due mesi, la terza a distanza di 30 giorni e le ultime due nel giro di tre settimane!
– Sta evolvendo velocemente!
– Si Emma! E questo mi preoccupa. Ha acquistato sicurezza in quello che fa e sicuramente ci sta prendendo gusto  sempre di più, si sente potente e sfida la Polizia!
– Maggiore …
- Si Graham?
– Se sta andando così veloce ci possiamo aspettare un altro omicidio entro massimo due settimane!
– Non ne sarei così sicura … dobbiamo fare una ricerca capillare su tutto il territorio degli States. Se l’uomo, come pensiamo, è sui quaranta anni d’età, ha iniziato già dai 25-30 anni. Dobbiamo cercare tutti i casi con ferite simili ed esaminare i tempi, le distanze … dobbiamo preparare una mappa del “territorio di caccia”, sia a Boston che su tutti gli States. Chiamate Olden, se ha finito con la scientifica, vi darà una mano!
 
I due giovani agenti iniziarono immediatamente a svolgere il lavoro richiesto, Olden arrivò nel giro di una mezzora e si rese utile anche lui.
Le ore passarono velocemente e Emma ricevette una chiamata al cellulare da sua zia.
Il lavoro la prendeva così intensamente, che Emma non aveva ricordato che Ingrid e Anna sarebbero partite nel tardo pomeriggio con  Kristoff e sua madre per la Svezia! I due ragazzi erano nel pieno dei preparativi per le nozze che sarebbero avvenute a fine aprile e Kris voleva far conoscere alla sua futura moglie i nonni materni che, diversamente da quelli paterni, vivevano ancora in Svezia. Era una bella occasione per una vacanza sulla neve, nonostante fosse marzo, in Svezia il clima era molto più rigido che a Boston e Kris aveva detto alla fidanzata e alla suocera di portarsi l’occorrente per andare a sciare. Magari tute e sci li avrebbero comprati sul posto, ma qualcosa di caldo, da mettere all’arrivo, era necessario.
 
– Mamma scusami, avrei voluto tornare in tempo per salutarvi, ma sono stata molto impegnata con il Maggiore Stone!
– Quel brutto caso che mi avevi detto?
– Si, proprio quello!
– Spero che si possa risolvere presto! Tutte quelle povere donne!
– Non ti preoccupare mamma! Abbiamo agenti molto in gamba al Bureau, non ce lo faremo sfuggire! Anna è lì con te?
– Anna è fuori con Kris, sta mettendo le ultime valigie nel bagagliaio! Avevamo immaginato che non saresti tornata in tempo, è diventata una costante ormai!
– Lo so mamma … ma è il mio lavoro!
– Va bene così, l’importante è che tu sia felice di quello che fai tesoro mio. Ti ho lasciato la cena in forno, se fai troppo tardi la puoi scaldare cinque minuti!
– Grazie mamma! Non so cosa farei senza di te!
– Te la caveresti benissimo! Staremo fuori per il resto della settimana, vedi di non digiunare!
– Oggi grazie a Graham ho scoperto un locale italiano dove fanno delle lasagne ottime, stai tranquilla che non mi troverai sciupata quando torni!
 - Se hai scoperto lasagne buone parto tranquilla allora, so che ne vai matta! Invita i tuoi amici questi giorni, specie la sera, così non starai sola!
– Mamma! Sono grandicella ormai! E sono un Agente addestrato della F.B.I. So badare a me stessa!
– Non ne dubito, ma un po’ di compagnia ti farebbe bene credo!
– Vedrò di fare come tu dici! Dai un abbraccio ad Anna da parte mia e salutami Kris e la Signora Iceman.
 
Erano le 18,00 e l’aereo per la Svezia sarebbe partito per le 20,00. Non ce l’avrebbe fatta proprio a salutarle di persona! Il pomeriggio era stato così impegnativo ed interessante che anche la sua idea di far visita a Brennan Jones in ospedale, era saltata completamente. Graham era andato via già da un’ora, aveva l’appuntamento con Ruby e di certo non era intenzionato a deluderla! Olden era ancora con le due colleghe, ma aveva già dichiarato di aver fame e di non vedere l’ora di andare a cena.
 
– Lorna?
– Si Emma?
– Domani in mattinata mi assenterò qualche ora …
- Impegni con la tua famiglia per le nozze di tua cugina?
– No, anzi! Loro stanno partendo ora per la Svezia, vanno dai nonni di Kristoff, il suo fidanzato! Andrò in ospedale  a far visita ad una persona.
– Oh! Un parente ricoverato?
– Diciamo un parente stretto di un caro amico … è gravemente malato …
- Mi dispiace Emma! Vai pure, domani avremo soprattutto lavoro di routine. Ti aspetterà sulla tua scrivania.
 
Passarono altre due ore e poi Lorna decise che per la giornata poteva bastare. Avevano lavorato anche in straordinario, ma quel caso lo aveva richiesto. Anche Olden aveva dato il suo contributo prezioso. Aveva trovato altri casi, con caratteristiche simili, in diverse grandi città degli States. Il più lontano risaliva a quindici anni prima. Il periodo in cui, come Lorna aveva ipotizzato, il killer poteva avere sui 25 anni d’età.
 
***
L’autobus si fermò come al solito a pochi metri di distanza dalla villetta della famiglia Frozen, di fronte al parco. La villetta era illuminata all’esterno. Ingrid aveva lasciato le luci accese per sua nipote. Emma sorrise a quell’accortezza della zia nei suoi confronti. Era un modo per farle sentire il calore di casa anche in sua assenza. Varcò il cancelletto della bassa staccionata in legno bianco e, attraversato il piccolo giardino, salì i due scalini della veranda, trovandosi davanti alla bella porta a vetri. Cercò le chiavi nella tracolla e aprì, richiudendosi dietro la porta a chiave. L’odore dell’arrosto, cucinato dalla zia per lei, ancora non era svanito del tutto e stuzzicò l’appetito di Emma. In quel momento si rese conto che da pranzo non avesse toccato più nulla. Non salì nemmeno in camera sua per cambiarsi, andò direttamente in cucina e aprì il forno. Ancora c’era tepore lì dentro e l’odore dell’arrosto di agnello e patate le invase con maggior veemenza le narici. Non fu necessario scaldare la pietanza, né Emma ebbe intenzione di apparecchiare per bene il ripiano della penisola lì in cucina! Prese una forchetta e mangiò direttamente dalla piccola teglia, assaporando con gusto la morbida carne e le patate ben rosolate. Quasi non si rese conto di aver divorato tutto il contenuto, nonostante fosse una porzione per due. Il suo metabolismo in fin dei conti funzionava molto bene e, dopo un pomeriggio intenso come quello appena passato, le servivano un bel po’ di calorie!
Non le rimase che riordinare la teglia, lavandola accuratamente insieme alla forchetta, sgrassandola per bene. Decise che dopo avrebbe visto un po’ di televisione e se non ci fosse stato nulla di interessante se ne sarebbe andata in camera sua. Aveva portato con sé il fascicolo sul quale avevano lavorato tutto il giorno e, se ne avesse avuto voglia, avrebbe riletto dei punti che le erano rimasti in dubbio. Certo che non sarebbe stata la lettura migliore per prendere sonno! Lorna le aveva consigliato di riposarsi e non portarsi il lavoro a casa, ma per quello era una consigliera poco credibile, visto che lo faceva spesso anche lei!
***
 
Si era fatta mezzanotte. Aveva optato alla fine per la lettura del fascicolo. Seduta sul suo letto a gambe incrociate, con addosso una camicia da notte di flanella rosa con degli orsetti disegnati, ancora stava riflettendo sulle possibili motivazione che avessero portato quell’individuo a diventare un pericoloso serial killer. Improvvisamente sussultò per lo spavento. Il cellulare dentro la sua borsa, sulla sedia vicina al letto, aveva suonato improvvisamente. Chi poteva essere a quell’ora?
Prese con titubanza il cellulare e vide, sullo schermo illuminato, campeggiare la lettera K. Il cuore le fece una capriola nel petto e iniziò a sentirlo in gola. Era il vecchio numero di Kim Steward! Il suo Mister K, come lo aveva definito Regina. Lui stesso le aveva registrato il suo numero sul cellulare, mettendo invece che il nome per esteso solo l’iniziale. Ora Emma capiva il perché. Quella K era la sincera iniziale del suo vero nome: Killian. Non aveva voluto mentirle del tutto inserendo un nome che non era quello reale!
Emma non aveva pensato che Killian potesse avere ancora la precedente SIM, ma in effetti perché non avrebbe dovuto? Per mesi, dopo la scomparsa di Kim, l’aveva chiamata con un altro numero, camuffando la voce e dichiarandosi Killian Jones, per riprendere con lei il contatto che non poteva avere più come Kim Steward!
 
Con la voce che le tremava rispose quel “pronto?” e dall’altra parte sentì chiaramente la voce di Killian, senza ormai più bisogno di filtro …
 
-  Ciao Swan!
 
Emma aveva le lacrime agli occhi. Era la prima volta che Killian Jones la chiamasse con la sua vera voce. Improvvisamente le sembrarono spariti tutti quei mesi di distanza e di lutto. Nulla sembrava cambiato da quando lo sentiva come Kim.
 
– Ki … Killian! Non posso credere che tu mi abbia chiamata … mi avevi detto di non cercarti e pensavo che sarebbe passato chissà quanto tempo!
– Avevo bisogno di sentirti Emma … Ti ho disturbata? Stavi dormendo o stavi andando a letto?
- Sono sul mio letto infatti, ma non dormivo … non so se ci riuscirò in effetti! Stavo rileggendo un caso di omicidi seriali!
– Ti porti il lavoro a casa?
– Mmm … si!
– Brutta abitudine Swan! Se tu fossi sposata in quel letto ora non staresti leggendo! Non credo che tuo marito sarebbe contento se ti portassi il lavoro in camera da letto!
– Tu che marito saresti Killian?
– Ovviamente uno di quelli che ti farebbe usare il letto per altro!
– Beh! Io non ho questo problema, visto che non ho un marito no?
 
Emma ridacchiò a telefono.
 
– Per il momento no! Ma prima o poi potrebbe capitarti di sposarti o comunque di avere un compagno con cui dividere la tua vita …
- Non mi pare che io stia correndo questo pericolo! Quindi ho ancora parecchie possibilità di continuare a sollazzarmi per innumerevoli ore notturne con i miei casi irrisolti!
– Sicura che non corri questo rischio?
– Direi di no! Non ho nemmeno un fidanzato mi pare!
– Nemmeno il tizio con cui hai pranzato oggi?
– Graham?! Potrebbe essere un buon partito in effetti! Bello, intelligente, atletico … Mmm! Si dovrei farci un pensierino! Ma … scusa tu cosa ne sai di Graham! Killian non sei in Irlanda?!
– Direi proprio di no!
– Dove sei?!
 
Per tutta risposta Emma sentì un colpo di brecciolini ai vetri della finestra.
 
– Mio Dio sei qui?!!
 
Aveva mollato il cellulare sul letto e con un balzo era arrivata alla finestra. Aveva spostato le pesanti calate verde acqua e aveva guardato dai vetri. Killian Jones era lì, con il viso che guardava in alto, verso la sua finestra. Bello come il sole nonostante il buio, il suo sorriso stupendo illuminato dalle luci esterne della casa, le spalle ampie rivestite del suo giubbotto in pelle nera, i jeans scuri e la camicia sbottonata di almeno tre bottoni sul petto villoso.
Emma lasciò la finestra e si precipitò fuori dalla sua stanza, correndo per le scale con le ciabattine da camera, rosa come la camicia da notte. Aprì la porta a vetri e uscì andando verso Killian che era rimasto fermo dove lo aveva visto. Si fermò ad un paio di metri da lui, felice di vederlo e meravigliata di quella insperata sorpresa. Lui, in quel momento,  la guardava con un sorriso sghembo e lo sguardo tra l’ironico e il malizioso.
 
– Non ti avevo mai vista in camicia da notte Swan!
 
Certo! Quando mai aveva indossato una camicia da notte in quei due mesi che si erano frequentati nel suo appartamento, in quel quartiere fatiscente vicino all’università? Non aveva avuto bisogno di camicie da notte, né lui di pigiami. Era bastata la loro pelle nuda, il loro calore, il loro amarsi …
 
- Non ti avevo nemmeno mai immaginata con una  stampata ad orsetti!
 
Emma sapeva di essere arrossita fino alla radice dei capelli. Si stava vergognando! Non si era resa conto di portare quella ben poco sexy camiciona da ragazzina. Avrebbe voluto avere indosso un negligé di seta, sensuale e morbidamente scivoloso sul corpo. Lo avrebbe voluto per lui. Così si sentiva orribile e ridicola!  
 
- È proprio da te Swan! Sei bellissima lo sai?
– T – ti piace?!!
– No è orribile!
 
Killian sorrise dolcemente, riducendo velocemente la distanza tra loro.
 
– Ma a te dona …
 
Le era a pochi centimetri ormai e lo vide sollevare la mano verso il suo viso, intenzionato ad accarezzarle una guancia. Lei trattenne il respiro.
 
– Qualsiasi cosa ti donerebbe Emma … anche un sacco di iuta …
 
Killian era vicinissimo al suo viso, con il pollice le stava sfiorando le labbra e già inclinava il capo verso di lei, abbassando leggermente le palpebre. Stava per baciarla, era il suo modo tipico di farlo e lei stava per ricambiare …
 
- Così prenderai freddo però! La primavera ancora non è arrivata Swan! Tieni! Metti questo!
 
Non l’aveva baciata come lei si stava prospettando e si stava preoccupando che potesse sentir freddo. Si era tolto il giubbotto di pelle e glielo stava mettendo sulle spalle. Ad Emma sembrò un déjà – vue.
Lui si era comportato così anche la prima volta che erano usciti insieme. Il giubbotto era rimasto a lei ed era stato Galeotto per l’incontro seguente, l’incontro della loro prima volta …
 
- Si, è freddo qua fuori … vuoi entrare?
– Non sveglieremo tua zia e tua cugina?
– Sono in viaggio per la Svezia, tra un mese Anna si sposerà, sono andate a conoscere i nonni materni della futura suocera.
– Quindi sei sola in casa?
– Ovviamente!
– Se lo avessi saputo avrei chiesto a Mulan …
- No! Posso difendermi da sola Killian! Mulan è un’amica preziosa ma ora ha altro da fare credo!
– Fa sempre parte della mia squadra!
– Sono ancora sotto sorveglianza? Mi mandi ancora appresso Seb?
– No … sono costretto a sorvegliarti di persona, Seb non ne vuole più sapere!
– Questa è buona! Non sono più bisognosa di protezione e tu mi vuoi controllare di persona? Che significa?
– Ma no scherzavo!
– Ho l’impressione che tu non scherzassi per niente! Allora vuoi entrare in casa?
– Non so quanto sia giusto … sei sola in casa!
 
Emma rise divertita.
 
– Temi che io ti possa saltare addosso e non ci sia nessuno a difenderti Killian?
 
Era un modo di flirtare e sfidarsi a vicenda. Killian le sorrise malizioso.
 
– Non mi dispiacerebbe affatto se mi saltassi addosso Swan!
 
Si presero per mano, intrecciando le dita e Emma lo condusse dentro casa.
 
– Non è la prima volta che entri in casa mia …
- Già! La prima volta ti portavo in braccio, eri svenuta davanti a me, mentre correvi nel parco!
 
Lei si rattristò, lui vide quel velo passarle sulle iridi limpide come l’acqua di una sorgente e oscurarle.
 
– Non sapevo  fosse  perché aspettavo … nostro figlio …
 
Emma aveva abbassato la testa. Non avrebbe mai pensato di dirgli quelle due parole “nostro figlio”. Glielo aveva annunciato come Killian Jones, lui l’aveva seguita telefonicamente proprio da quel giorno dello svenimento. Emma non lo aveva visto in viso e non aveva capito che il giovane barbuto con occhiali a specchio e cappello calato sulla fronte fosse Kim.
 
– Credevo di averti perso per sempre … ma mi avevi lasciato qualcosa di te …
 
Killian le prese il viso tra le mani, guardandola negli occhi umidi.
 
– Mi dispiace Emma! Non avrei mai voluto mentirti! Non avrei mai immaginato di incontrarti in quel periodo. Dovevo essere più forte e non farmi coinvolgere da te, né coinvolgerti! Ti avevo vista che uscivi con la tua amica dalla palazzina in cui vive. Ero lì perché ero sotto copertura, aspettavo Milah.
 
– Eri il suo amante in quel periodo!
– Era lavoro Emma, anche se Milah è una bellissima persona, per la mia missione l’ho usata … so che è immorale sotto alcuni punti di vista, ma ora che sei un agente sai come funzionano certe cose … Quel giorno ho sentito la telefonata che ti è arrivata mentre passavi vicino alla mia auto. Tua cugina ti aveva invitata al Rabbit Hole per l’ora in cui anche io sarei stato lì per incontrare un pusher. Sai chi era il tizio?
– Non ho idea!
– Quell’idiota del tuo “amichetto” Hans! Ti mise nel drink una delle pastiglie che gli avevo appena passato!
– Tu proprio gli avevi dato le pastiglie?!
– Ovviamente era relativo al piano della mia missione! Hans era in contatto con Gold. Gli misi una microspia addosso. Quando mi sono reso conto che ti aveva drogato ho cercato di portarti via di lì, ti ho chiesto quel ballo … già mi avevi mandato fuori giri quando ti avevo vista entrare, ma quando abbiamo ballato mi hai fatto perdere completamente la testa, l’effetto della droga ti ha disinibita completamente e hai ballato con me in quel modo …
 
Emma era arrossita a ricordare quella parte di cui si vergognava ancora.
 
– Ti ho chiesto di venir via con me ma tu hai preferito andartene con Hans. Quello aveva tutta l’intenzione di abusare di te. Sebastian controllava il segnale della microspia e mi ha avvisato di dove fossi. Vi ho seguiti e sono arrivato appena in tempo per vederti finire nel fiume. Il resto lo sai …
- Mi hai salvato la vita …
- Si e te l’ho complicata pure. Non avevo intenzione di rivederti ma …
- Ma?
– Non sono riuscito a starti lontano! Non ci sono riuscito nemmeno simulando la mia morte …
– Era un modo per tenermi lontana da te?
– Anche, ma da bastardo quale sono ti ho usata come testimone della morte del sedicente Kim Steward, avvocato colluso con la mafia. Sapevo che a causa delle tue vertigini non saresti potuta venire da me su quel balcone. L’uomo che hai trovato nell’appartamento, con il cappuccio nero in testa, era  Manuel Parrilla, un mio fidato agente. Stavamo fingendo di lottare. Seb mi aspettava sul retro dell’edificio con il suo Suv Maserati.  Mi sono sentito un mostro quando sei comparsa in strada disperata per la mia morte e sei finita sull’auto. È stato anche peggio quando hai cercato aiuto allo sportello del passeggero e io ho dovuto chiudere la sicura dell’auto … mi dispiace Emma! Mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto patire! Credevo che mi avresti dimenticato e che ti avrei dimenticata anche io … non ho potuto. Dovevo rivederti e sono venuto al parco. Mi ero fatto crescere la barba … mi sono camuffato meglio che potevo. Ti ho visto correre come una gazzella nel parco e ti ho seguita, poi sei svenuta. Ho trovato la scusa per riagganciarti con la mia vera identità, un altro numero telefonico e un filtro per camuffare la voce. Ho saputo così che aspettavi il nostro bambino. Ero sincero quando ti dicevo che lo avrei voluto accudire e stare con te, ma ovviamente tu non mi conoscevi e ti è sembrato folle che uno sconosciuto potesse avere dei sentimenti per te … non potevo ancora dirti la verità, ma ti ho detto del vero me stesso tutte le volte che ti ho chiamata, che ci siamo sentiti. Volevo che tu mi conoscessi per quello che sono veramente, anche se quello che ho vissuto con te in quei due mesi era già vero!
– Non mi hai mai detto di amarmi in quei due mesi …
 
Lo sguardo di Emma era ancora triste e pronto alle lacrime.
 
– Non te lo avrei mai detto come Kim Steward, ma ho cercato di dimostrartelo tutte le volte che siamo stati insieme. Erano i momenti più belli della mia settimana. Non vedevo l’ora di poter stare con te in quei week – end rubati. Ho cercato dopo di darti degli indizi, volevo che ci arrivassi pian piano alla verità. Non mi aspettavo che ci sarebbe stata una gravidanza, mi avevi detto di prendere la pillola …
- Ero sotto antibiotico e non avevo idea che annullasse il suo effetto …
- Ero felice che aspettassi il nostro bambino Emma, il messaggio che hai mandato al cellulare di Kim Steward mi è arrivato, l’ho sentito con una tecnica per non dar a vedere che lo avevo letto. Mi hai dato una grande emozione in quel momento … te ne sarò per sempre grato! Mi hai reso padre!
 
Emma non trattenne più le lacrime. Erano un padre e una madre senza il loro figlioletto. Un piccolo angioletto ormai volato via …
 
– Love non piangere! Ti prego … non posso vederti piangere … non più per colpa mia!
 
Le asciugò le lacrime che correvano giù per le guance con i pollici, le diede un bacio sulla fronte e poi non riuscì a resistere a posarne un altro su quelle labbra di ciliegia. Era solo un piccolo assaggio, un bacio a labbra sfiorate, ma quando le senti nuovamente in contatto con le sue, il desiderio di lei gli si riaccese forte nell’anima e nel corpo. Tolse le mani dal suo viso e le portò alla sua vita, stringendola tra le braccia. Per lei la tristezza svanì come in una nuvola e il bisogno delle labbra di Killian diventò come il bisogno di un assetato davanti ad un’oasi nel deserto. Istintivamente gli circondò il collo con le sue e quel bacio diventò quello che desideravano entrambi. Acqua, fuoco, calore, desiderio di fondersi in un'unica cosa.
 
L’elegante divano in pelle bianca fu la meta verso cui Killian istintivamente avvicinò Emma. Lei si ritrovò seduta sul bracciolo morbido e Killian la spinse dolcemente a sdraiarsi sui comodi cuscini, ritrovandosi in parte su di lei, la sua catena metallica, con i ciondoli da pirata, che sfiorava la pelle della base del collo di Emma, dandole un brivido che la riscosse.
 
– Killian! Il busto? La tua schiena?
– La mia schiena sta benissimo Swan! Il busto la sera posso toglierlo! Se senti qualcosa di duro è merito tuo al cento per cento questa volta!
 
Non le diede il tempo di sorridere o ribadire qualcosa alla sua battutina, si impossessò nuovamente delle sue labbra, in un altro passionale bacio. Lei si sciolse ancora dall’abbraccio.
 
– Mmm! Ho ancora il tuo giubbotto addosso, aspetta che lo tolga.
– No, tienilo … mi piaci così, ti preferisco con il tuo rosso, ma questo ti ha dato la scusa per tornare da me tempo fa. Speravo che andasse come è andata quel giorno!
– Ricordi tutto …
- Come potrei il contrario?! Ricordo ogni dettaglio, ogni momento! Mi hai regalato la tua verginità quel giorno … hai deciso che ero quello giusto, nonostante ci conoscessimo così poco, hai voluto essere mia e io sono stato felice di essere tuo!
– Per me era come se ti conoscessi da sempre Killian!
– Avrei voluto dirti da quel giorno quanto ormai fossi  pazzo di te! Ma non ero nella verità, ti stavo ingannando!
– Ora la so la verità Killian! Non sei più nella menzogna con me …
- No … non è vero! Ancora non posso dirti tutto quello che vorrei e dovrei!
 
Emma si ricompose sul divano e si mise seduta, guardandolo, leggermente accigliata, negli occhi.
 
– Mi stai nascondendo ancora qualcosa Killian?
– Love, è una questione di sicurezza! Ho incastrato uno dei più grossi narcotrafficanti colombiani, per non parlare di altri a livello mondiale. Ormai sa chi lo ha incastrato, conosce la mia faccia e la conosce bene anche sua moglie. Mi preoccupa più lei che il marito e i suoi agganci. È una donna intelligente, la vera mente del commercio di suo marito, bella e estremamente crudele. Non temo per me ma per te Swan! Non posso lasciar trapelare che tu sia il mio punto debole. Paula Santa Cruz ha detto che avrebbe distrutto qualsiasi donna che avesse saputo legata a me.
– Non mi sembra una vendetta per quanto hai causato al marito! È una vendetta passionale! Cosa c’è stato tra te e lei? Hai detto che è bella …
- Si, lo è molto e desiderabile … voleva che diventassi il suo amante … venne da me mentre ero nel mio albergo in Colombia …
- E tu?
– Era una tentatrice nata, ma rimase delusa. Non eri tu Emma … non sarei riuscito a recitare ancora la parte dell’amante di una donna che non eri tu. L’ho respinta con la scusa di voler restare fedele all’amicizia con suo marito. È una donna troppo scaltra, ha capito che nei miei pensieri c’era qualcun'altra. Ho negato ovviamente, ma lei ha dichiarato che avrebbe fatto di tutto per avermi e avrebbe eliminato ogni ostacolo.
– Temi che possa giungere a me quindi?
– Si, temo questo! Paula Santa Cruz è riuscita a fuggire. Si è volatilizzata. Non riusciamo a trovarla! Ma temo che lei riuscirà a trovare me prima o poi, nonostante la mia copertura. Per questo ancora una volta ho cercato di tenermi lontano da te. Non posso farmi vedere alla luce del giorno con te.
– Eppure sei venuto alla mia laurea!
– Ho rischiato! Sono un maledetto egoista. Per te quel giorno era importante e non potevo mancare, ma per me era la scusa per rivederti ancora.
– E questa sera?
– Non so starti lontano, mi hai stregato! Nessuna donna conta più per me, non vedo altra che te! Sei un pensiero costante nella mia mente Emma! Non sapevo che tua zia e tua cugina non ci fossero. Mi sono avvicinato per telefonarti, poi non ho resistito a vederti e …
- E ora siamo qui Killian …
 
Questa volta fu Emma ad avvicinarsi a lui, lo prese per il colletto della camicia e iniziò a baciarlo dolcemente sulle labbra. Lui intrecciò le dita a quelle di lei, mentre ancora erano seduti su quel divano e rispose con la stessa dolcezza. Emma si alzò tirandolo per la mano intrecciata alla sua e, con un tenero e malizioso sorriso, gli fece cenno di seguirla. Lei, davanti a lui di un gradino, iniziò a salire le scale, voltandosi di continuo a guardarlo negli occhi. Il sorriso che a sua volta le rivolgeva Killian e lo sguardo innamorato e pieno di desiderio, erano una dichiarazione d’amore che lui ancora non le aveva fatto in modo esplicito, ma non le importava. Ora finalmente lui era lì con lei, nessuno li avrebbe distolti l’uno dall’altra. I loro corpi si stavano chiamando reciprocamente, le loro anime già erano unite e i loro cuori battevano in un sol battito.
 
La porta della stanza di Emma era rimasta aperta e la luce accesa. Il suo letto era mezzo disfatto e sul materasso era buttato il cellulare con il fascicolo di cui aveva interrotto la lettura.
Entrarono superando la soglia e Killian richiuse la porta. Si fronteggiarono nuovamente. Tra loro solo silenzio, sorrisi e sguardi eloquenti. Emma si tolse il giubbotto di Killian. Gli si accostò, gli accarezzò il triangolo di pelle villosa scoperto dai tre bottoni aperti, poi, guardandolo dritto in quei meravigliosi occhi di lapislazzulo, gli aprì i restanti, sfilandogli la camicia dai pantaloni, accarezzandolo ancora sul petto e spostando le mani in alto tra le spalle e la camicia, togliendogliela lentamente. Lui le lasciò guidare quel gioco erotico, assaporando ogni suo tocco, bramando quel contatto così raro, cercando di dominare l’emozione e l’eccitazione che lo avrebbe portato ad accelerare ogni azione. Si rese conto di quanto fosse in sua balia, dell’incantesimo che gli aveva legato il cuore. I capelli … i suoi luminosi capelli, quelle corde che contribuivano ad avvolgerlo nel suo più profondo. Si arrese ad ogni suo possibile desiderio, lei avrebbe potuto fare di lui tutto ciò che voleva! Lasciò che lei giungesse con le sue delicate mani al bottone dei pantaloni, alla lampo che stava esplodendo. Le sue mani erano brividi e vita su di lui. Inspirò riempiendosi i polmoni, godendo di ogni breve attimo. I pantaloni erano spariti, in breve, con la camicia sul pavimento e lei lo ammirava nella sua muscolosa fisicità, con i boxer addosso, mentre si era  inginocchiata sul letto, ancora con la camicia di flanella a orsetti. Killian si avvicinò, si  inginocchiò sul letto, frontalmente ad Emma. Le fece un sorriso smagliante, guardandola lungo quella buffa camiciona. Lei sapeva cosa lui avrebbe fatto ora, era il suo turno in effetti e mentre lei pregustava con il ricordo, le sue carezze, sollevò le braccia. Killian le pose le mani sulle cosce inginocchiate, nel punto in cui iniziava la camicia da notte rosea. Fece scorrere le sue mani aperte sulla pelle candita di quelle gambe snelle, spostando sempre più su la stoffa. Continuava a sforzarsi per mantenere i movimenti lenti, nonostante l’istinto gli avrebbe fatto strappare quella stoffa in due. Ma era così liscia e morbida la pelle di Emma, che era un piacere percorrerla più a lungo possibile. Giunse ai suoi fianchi, la vita, il suo busto delicato e i morbidi monticelli dei dolci seni. Le era mancata veramente da impazzire, ora se ne rendeva ancor più conto. Respirava il suo odore come se fosse linfa vitale.  Emma era con le braccia alzate e gli consentì di sfilarle completamente la camicia da notte. I lunghi capelli biondi le ricaddero sulle spalle e sul seno, mentre lui lanciava l’indumento forse sopra il lampadario. Rimase qualche istante a guardarla con un’espressione tra la gioia e lo stupore. Era forse un miracolo essere insieme in quel momento? Non era un miraggio la bianca figura davanti a lui? Doveva toccarla ancora, lasciare che lei lo prendesse fino all’anima e giungere a quella di lei. Le pose le mani sulle spalle, le lasciò scivolare lungo le braccia prendendole le mani e portandole verso il proprio viso per deporvi un bacio sul dorso di ognuna. Lei le spostò sulle sue guance rasate da poco, accarezzandogli il volto e incastrandole tra i capelli morbidi dietro la sua nuca. Si avvicinarono fino ad annullare la distanza, abbracciati stretti, riprendendo a baciarsi sempre più appassionati e famelici. Finirono distesi sul letto, con le loro mani che esploravano ogni centimetro di pelle l’uno dell’altra. Emma gli sfiorò la schiena e sentì sotto i polpastrelli la cicatrice recente dell’intervento alla colonna vertebrale. Lui ebbe un sussulto, smettendo di divorarle le labbra. Emma non disse nulla, si guardarono negli occhi e lui, pieno di desiderio, decise di omaggiare la sua amata, venerando il suo corpo con mille altri baci disseminati sul seno, che stuzzicò con leggere carezze e baci succhianti. Le loro carezze diventarono sempre più intime, i baci più roventi, le loro mani si cercarono avide di piacere da dare e ricevere, scivolarono sui reciproci fianchi portando via l’ultimo indumento inutile che li separava e poi si raggiunsero, unendosi nella frenesia di un amplesso che non ricordavano che fosse stato mai più gratificante, piacevole, appagante di quello. Era stato così anche in quei due mesi, ogni volta era meglio della precedente ogni volta imparavano a conoscersi meglio, a scoprire cosa e come piacesse all’altro. Fu un amplesso maturo, costruito sulla passione, sulla mancanza, sul desiderio reciproco, sulla voglia di darsi l’un l’altra come non avevano fatto da due anni abbondanti. Arrivarono all’acme e Killian riprese il suo autocontrollo.
 
– Emma, non ti resisterò oltre … lo senti?
 
Lei aveva lo sguardo languido dell’orgasmo raggiunto e ripetuto, sentiva forti le sue pulsazioni e la cosa continuava ad eccitarla, facendola sciogliere come la neve tra le sue braccia. Non riuscì a parlare, dalla sua gola sarebbe uscito solo un si, sotto forma di gemito. Deglutì, tremando per l’ennesimo orgasmo che si stava propagando dal suo centro, lì dove il suo amore si stava muovendo ritmicamente, generosamente e stoicamente, per poterla condurre sulla cresta delle onde più alte  del piacere.
 
– Vieni con me amore mio, lasciati andare Killian, non ci sono pericoli …
 
Nessuna droga avrebbe mai potuto dare quell’effetto psichedelico nel corpo e nel cervello di Killian, rispetto all’invito di Emma. Lei si strinse intorno a lui, con una maestria che non ricordava, si mosse con un ritmo che solo l’istinto e l’amore che provava per lui avevano potuto suggerirle. Si fusero insieme nel piacere assoluto, stretti l’uno all’altra, come saldati, in un incastro meraviglioso di due corpi fatti l’uno per l’altro.
Esausti e appagati, non pensarono minimamente di starsene distesi per riprendersi. Avevano troppo bisogno di sentirsi e toccarsi. Si abbracciarono, addormentandosi l’una custodita nelle braccia dell’altro.
 
 
Angolo dell’autrice
 
Non era carino interrompere prima di questo momento il capitolo. Qualcuno sarebbe venuto a lanciar sassi alla mia finestra e non sarebbe stato Killian ovviamente! I nostri hanno avuto il loro momento di ricordi, spiegazioni e di passione. Ne avevano bisogno, forse ora Emma avrà anche qualche sicurezza in più? Vedremo quando si sveglieranno. Per ora facciamoli riposare dalle loro fatiche, teneramente abbracciati.
Un ampia parte è stata dedicata al lavoro d Emma, sarà importante per i capitoli seguenti.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Fatemi sapere cosa ne pensate e se vi ha scatenato sentimenti e sensazioni. Sono ben accette anche le critiche e i suggerimenti per i miglioramenti.
Grazie a chi avrà letto, a chi commenterà e a chi ama questa storia, leggendola silenziosamente e inserendola nelle varie categorie. Buon week –end!
La vostra Lara

 

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Capitolo 36
*** Facce della verità ***


Capitolo 36
 
Facce della verità
 
 
Se la notte era stata dolce, il risveglio lo fu ancor di più.
Non era ancora l’alba e Killian fu il primo ad aprire gli occhi. Sorrise nel vedere Emma che dormiva ancora con la guancia sinistra sul suo petto, avvinghiata a lui come se avesse paura che fuggisse via. Era il suo il peso che sentiva sul torace, un dolce peso, nemmeno così fastidioso. I capelli lunghi e biondi erano arruffati e lo solleticavano delicatamente. Richiuse gli occhi, ancora sorridendo,  li richiuse inspirando il suo profumo femminile. Con il suo odore gli sembrò che gli entrasse nel petto anche un fortissimo senso di felicità. Lei lo rendeva felice, quella era la verità. Lo rendeva felice il suo pensiero e ancor di più la sua vicinanza, fare l’amore con lei, come lo avevano fatto appassionatamente fino a poche ore prima, tenerla tra le braccia, accarezzare la sua pelle, così, così come aveva ripreso ora ad accarezzarla.
 
Killian aveva portato i palmi delle mani nuovamente alla vita di Emma e risaliva lungo la sua schiena, lasciata scoperta dal lenzuolo che le era sceso fino ai fianchi, accarezzandola gentilmente. Era così liscia la sua pelle! Se ne meravigliava ogni volta che la toccava e ogni volta cercava di imprimersi nella mente ogni suo dettaglio e ogni sensazione provata. La considerava perfetta, nella sua morbidezza, nell’incarnato, nel suo odore. Non c’era nulla in Emma Swan che non corrispondesse al suo ideale di femminilità.
Mentre la mano destra continuava quella carezza lungo la colonna vertebrale di Emma, l’altra era arrivata alla base della sua nuca e si stava intrecciando con i lunghi capelli dorati. L’Aurora iniziava a far baluginare qualche stria rosata dallo spiraglio, lasciato aperto, delle calate verde acqua che ornavano la finestra di quella piccola stanza da letto. La luce rosata si rifletteva sulla schiena di Emma e su parte delle membra di Killian.  Le sue carezze iniziarono a svegliarla. La sentì mugolare soddisfatta. Il letto non era certo a due piazze, ma carichi di desiderio come erano stati, non aveva avuto molta importanza lo spazio per amarsi. Si erano addormentati abbracciati stretti stretti, poi, nei movimenti notturni, sicuramente Emma aveva trovato un più comodo cuscino sul torace del suo amato.
 
– Ehi Swan!
 
L’aveva chiamata sottovoce, quasi temendo che si svegliasse davvero. Non avrebbe mai voluto che quella notte finisse, ma doveva andar via prima che il quartiere riprendesse vita. Tutto era ancora silenzioso in strada. Non poteva permettersi di farsi vedere uscire da quella casa. Aveva lasciato il suo BMW nero abbastanza distante e avrebbe percorso un pezzo a piedi.
 
– Swan!
 
Era così dolce il suo modo di pronunciare quel cognome! Emma lo stava sentendo, ma non rispondeva, voleva che lui la chiamasse ancora così. La chiamava più spesso Swan che Emma, fin da quando lo aveva conosciuto come Kim Steward.
 
– Love sei sveglia?
 
“Love” altro suo modo di chiamarla …
Emma si decise a mostrarsi sveglia. Si sollevò sulle braccia, puntate sul letto, ai lati del torace di Killian. Si sollevò con i capelli che le ricadevano sulle guance e con i rosei seni in mostra. Gli sorrise felice, felice come da tanto non lo era più stata. Non poteva credere che Killian fosse stato lì con lei quella notte. Non poteva credere che lui fosse la sua intera felicità!
 
– Stavi fingendo di dormire ancora Swan?
 
Lei ridacchio, l’aveva scoperta!
 
– Stavi comoda vero?
 
Lei rise ancora, confermandogli che era stata benissimo.
 
– Swan che … che fai?!
 
Non c’era bisogno di rispondergli, le azioni parlavano chiaramente. Emma aveva iniziato a baciargli il petto, scendendo lungo i suoi addominali tesi e continuando, fino a farlo sospirare per quanto intimi fossero diventati i suoi baci.
 
– Love … avevo intenzione di andare via prima di giorno, ma tu me lo rendi impossibile così, lo sai!
 
In un attimo la tirò su di sé  e la rovesciò sulla schiena, iniziando a ricambiare quella pioggia di baci, fino a farla schiudere sotto il tocco delle sue labbra e al guizzo morbido della sua lingua. Smise quando la sentì sospirare e gemere di piacere a sua volta e allora la fece nuovamente sua, mentre lei lo incoraggiava nei movimenti, muovendosi allo stesso suo ritmo.
Fu lui questa volta a ricadere appagato sul seno di lei, con la guancia leggermente ruvida sul punto dove poteva sentirle battere il cuore. Era un battito svelto, come lo era il proprio. Era normale per la situazione, ancora erano ambedue vibranti per l’amplesso appena compiuto.
Emma face scorrere le dita tra i capelli di Killian, lo baciò sulla sommità della fronte e con l’altra mano gli accarezzò la cicatrice sulla schiena, lui questa volta non si mosse, lasciandola fare.
 
– Hai rischiato di morire amore mio … ti avrei perso nel momento in cui avevo scoperto che eri ancora vivo! Sarebbe stata una crudeltà del destino che non credo avrei avuto la forza di superare!
 
Killian si sollevò poggiandosi sul gomito sinistro, di fianco a lei. Le depose un tenero bacio sulle labbra e con le dita della mano libera le tracciò piccoli ghirigori sui seni, provocandole un nuovo evidenziarsi delle due rosse gemme che li sormontavano.
 
 – Sono uno che sa sopravvivere … ma tu sei una donna forte e coraggiosa Emma, ce l’avresti fatta, come sei riuscita a farcela quando è morto Kim!
 
Lei sospirò accarezzandogli il viso.
 
– Non puoi avere idea di quanto si soffra a perdere definitivamente la persona che ami Killian!
– Ho perso mia madre Emma, lo sai! Come tu hai perso i tuoi genitori … ho perso un caro amico per overdose anni fa … so cosa si prova, ma so che sarebbe peggio se perdessi te e non voglio che accada … mai. Soprattutto se dovesse essere per colpa mia!
– Non accadrà Killian, starò in guardia, ma ti prego stai attento … non correre altri rischi … finché sono solo cicatrici …
 
Killian portò la mano sulla pancia di Emma e ne percorse il segno dell’intervento alla milza. Lei ebbe un brivido.
 
– Le cicatrici ci ricordano la nostra vita Swan, le nostre brutte esperienze …  abbiamo una cicatrice entrambi, siamo pari che dici?
Lei gli accarezzò la guancia destra, sfiorando la piccola cicatrice che ancora si percepiva, orizzontale sotto il suo occhio destro.
 
– No, siamo simili ma non siamo pari a quanto sembra! Non mi hai mai detto come ti sei procurata questa sul viso!
– Una brutta storia quella, non vorrei nemmeno ricordarla!
– Quasi non si vede … è stato molto tempo fa?
– Avevo 17 anni ed ero scappato di casa … volevo venire qui a Boston … rimasi senza soldi, mi avevano derubato durante i festeggiamenti di San Patrizio … ero un giovane pirata informatico, avevo fatto un pasticcio con il conto corrente di mio zio e falsificato il mio passaporto per poter venire in America senza il suo permesso. Scassinai un bancomat con le mie capacità, pensavo che nessuno mi vedesse, invece mi videro dei delinquenti che mi sequestrarono obbligandomi a fare altri colpi di quel genere per loro. Quando mi rifiutai il loro capo mi fece questo sfregio. Mi avrebbe fatto di peggio se non avessi obbedito. Per fortuna la cosa durò poco! La F.B.I. fece partire subito le indagini e i controlli a tutti i bancomat della città. Mi arrestarono e quella fu la mia salvezza!
– Fu in quell’occasione che hai conosciuto Lorna?
– Te lo ha raccontato?
– No. In una lezione ci raccontò di un diciassettenne geniale che dopo l’arresto lei aveva conosciuto e fatto entrare nell’F.B.I. per le sue eccezionali capacità.
– Fui fortunato ad incontrarla. Lei era nella squadra “Cacciatori di menti”. Riuscì a capirmi. Ha la capacità di leggerti veramente nell’anima Lorna! Le devo ciò che sono diventato, almeno professionalmente! Prese accordi con il suo capo e con mio zio, che era il mio tutore. Avrei completato gli studi in ingegneria, ero vicino alla laurea di già e poi sarei tornato a Boston per entrare a Quantico e alla facoltà di legge. Scelsi di lavorare per la D.E.A. una scelta guidata dal desiderio di vendicare in qualche modo il mio amico morto per overdose. Combattere il narcotraffico era la mia missione! Costituii una squadra speciale all’interno della D.E.A. una squadra che lavora sotto copertura …
 - La squadra di Captain Hook!
 
Emma giocherellò con la collana di Killian, arrotolandola intorno all’indice.
 
– Si, il nickname che avevo usato come hacker …
- Questa collana è il tuo simbolo vero?
– Più che altro è un ricordo d’infanzia e … un portafortuna.
– Un regalo di qualcuno a cui tieni molto?
– Basta Emma! Pensiamo a qualcosa di più … piacevole?
 
Emma sentì le dita di Killian scivolare leggere dalla cicatrice sul fianco fino al suo pube, impertinenti frugarla tra i riccioli biondi del suo monte di Venere e risvegliarla nuovamente al desiderio, mentre le rapiva le labbra di nuovo. Fece lo stesso per lui, regalandogli a sua volta dolci intime carezze e si predispose ad accoglierlo nuovamente, guidandolo verso di sé, mentre le loro labbra continuarono ad impossessarsi languide le une di quelle dell’altra.
 
Anche se Killian l’aveva voluta distrarre da quei discorsi amandola ancora, alla mente fervida di Emma fu chiaro il messaggio. In quel racconto mancava Brennan Jones, mancava il suo nome, ma sicuramente era in ogni angolo di quella vicenda che Killian le aveva narrato. Era sicura che quella collana fosse stata un regalo di suo padre ...
… …
Qualche autobus iniziava la sua corsa quando Emma e Killian uscirono ancora umidi dalla doccia. L’avevano fatta insieme, non solo per non perdere tempo, soprattutto per non perdere l’occasione di protrarre le loro coccole.
Emma scese veloce in cucina con l’accappatoio di spugna blu addosso. Cercò in freezer e vi trovò dei pan cakes surgelati
 
“Benedetta zia Ingrid!”
 
Ingrid sapeva che Emma non avrebbe avuto tempo di cucinare i suoi amati pan cakes la mattina e le aveva riempito il freezer di quelli fatti da lei e poi surgelati.
Killian scese dietro di lei.
 
– Dove vai con quella corsa?
– Ti preparo la colazione!
– Farò tardi! Già c’è movimento in giro!
– Sono già pronti, li scaldo due minuti ancora!
– Mmm  … che buon profumo!
 
Lui l’aveva abbracciata da dietro, mentre era ai fornelli.
 
– Dobbiamo ringraziare zia Ingrid! È un’ottima cuoca!
– Io mi riferivo a te Swan! Sei il mio cibo preferito lo sai?
 
Emma si voltò nelle sua braccia.
 
– Non ti sei vestito ancora Killian?
 
Non si era accorta che lui fosse ancora con l’asciugamano avvolto intorno ai fianchi.
 
-  No … sei scappata dalla tua stanza e ti sono venuto dietro … forse è stata un’ottima idea!
Le aveva sciolto la cinta dell’accappatoio e l’aveva presa per i fianchi nudi, baciandola sulle labbra per l’ennesima volta. L’asciugamano avvolto intorno alla sua vita cadde improvvisamente al tocco di Emma e si strinsero ancora maggiormente, annullando lo spazio tra loro.
 
– Dio i pan cakes stanno bruciando!
– Anche io maledizione! Swan vado a vestirmi o non andrò più via da qui!
 
Emma sorrise e Killian, raccolto l’asciugamano e risistematolo intorno ai fianchi, corse su per le scale verso la sua camera.
Mentre lui si vestiva lei apparecchiò per la colazione, esponendo burro, marmellata, latte, succo d’arancia e i fumanti pan cakes, forse un po’ troppo abbrustoliti.
 
Lo guardò scendere dalle scale, vestito e pettinato, con il giubbotto di pelle in mano.
 
– Non so come fai colazione in Irlanda, ma quando ci svegliavamo insieme, la domenica, il latte con pane tostato, marmellata e burro ti piacevano …
- Non ti preoccupare Swan! Ho una gran fame! È tutto perfetto!
 
Ancora con il sorriso sulle labbra lo osservò amorevolmente mangiare con gusto quanto gli aveva preparato.
 
– Mmm buonissimo! Ma tu non mangi?
– Tra poco … ora non ho fame!
– Io sono affamato come un lupo!
 
Con il viso poggiato sulle nocche delle dita, Emma rise divertita, il suo uomo doveva rifocillarsi per bene dopo le ore di passione vissute!
 
– Era un po’ che non avevo questa fame la mattina!
– Veramente non hai avuto altre donne da allora?
 
Killian interruppe la masticazione restando con il bolo in bocca e le posate a mezz’aria. Le posò e deglutì il boccone. Le prese le mani, che lei aveva appena riportato sul tavolo, e le strinse tra le sue.
 
– Guardami Emma!
 
Lei lo guardò negli occhi. Erano due laghi azzurri, sereni e sinceri, la sua espressione era dolce e triste contemporaneamente.
 
– Mi hai legato a te Emma, da più tempo di quanto tu creda. Ti appartengo e tu mi appartieni. Non ho bisogno di nessun’altra donna. Sei tu quella che voglio!
 
Lei ebbe un moto di malizia nel viso e sorrise sollevando scettica l’angolo della bocca.
 
– Nemmeno quella tizia? Paula Santa Cruz! È così gelosa di te per nessun motivo? Senza aver avuto nulla da te?
– Cristo Emma! Ti ho detto cosa cercava quella criminale! Mi è saltata addosso praticamente! Me la sono ritrovata nuda nella mia stanza, era come una cagna in calore!
– Hai detto che è bella e seducente …
- Vero e ammetto che non è stato facile resisterle …
- Quindi qualcosa è successo!
– Se intendi baci e petting … mi sono fermato pensando a te … questa è la verità!
– Forse non sei stato granché convincente con lei, ti pare?!
 
Emma era imbronciata e la cosa infastidì Killian.
 
– Swan non vorrai mica essere gelosa di Paula Santa Cruz spero!
– Tu puoi essere geloso di Graham e io non di Paula Santa Cruz?!
– Io non sono geloso di quello!
– No?! Non avevo capito che era la tua auto quella che è sgommata via in quel modo infuriato, ma ora mi rendo conto che se ci hai visti eri tu con l’auto nera!
– Quello ti aveva fatto tutte quelle smancerie e ti aveva messo le mani addosso!
– Quindi?
- Non si deve permettere di toccare la mia donna!
– Sono la tua donna?
– Non sono stato chiaro fino ad ora Emma?
 
Si alzò dalla sedia e andò verso di lei. Le spostò la sedia e le si inginocchio davanti. Le prese ancora le mani, tenendole poggiate con le sue sulle candide ginocchia lasciate scoperte dall’apertura dell’accappatoio.
 
 – Emma … non voglio litigare con te … so che hai bisogno di certezze, sono venuto per dartene, ma anche per dirti di aspettarmi. Ti ho spiegato che ancora non posso presentarmi alla luce del sole, non posso dirti quello che vorrei. Finirà questo periodo e potrò riprendere il mio lavoro nella stanza dei bottoni, lavorerò davanti  ai miei monitor e non sarò più coinvolto in prima persona. Allora potrò dire la verità anche alla mia famiglia. Solo mio zio la conosce, nessun’altro!
– Liam non sa che sei un Agente della D.E.A.?!
– No, non lo ha mai saputo. Sa quello che ha detto anche a tua cugina!
– Tuo padre?
– Che centra mio padre?!
– Mi avevi detto che fosse morto … non lo è …
- Non voglio parlare di lui!
 
Killian si era rialzato infastidito. Aveva preso il giubbotto e se lo stava infilando.
 
– Nemmeno lui sa nulla quindi!
- Non  sa nulla! E non lo saprà mai! Per me è morto veramente ormai!
– Killian …
- Emma scusami ma devo andare veramente!
– Non hai finito la colazione …
- Era buonissima, i pan cakes di tua zia sono deliziosi … dovresti imparare a farli anche tu Swan!
 
Le aveva sorriso di nuovo e con quel sorriso sembrava tornato il sereno nei suoi occhi azzurri e tra loro. Emma decise di non dirgli nulla di Brennan. Era veramente un argomento tabù per lui!
 
– Riparti presto?
– Quando tornano tua zia e tua cugina?
 
Non aveva risposto alla sua domanda e gliene aveva formulata lui una.
 
– Torneranno venerdì pomeriggio!
– Allora non ripartirò prima di venerdì pomeriggio …
- Perché?
– Perché non ho intenzione di farti passare sola le prossime notti!
 
L’aveva afferrata nuovamente per la vita e aveva intenzione di darle un ulteriore bacio. Lei ridacchio divertita.
 
– Potrei invitare un amico, magari Graham?
– Non ci provare nemmeno Swan! Sei già impegnata con me, non sopporto l’infedeltà!
 
Il bacio che le rubò di seguito non fu dolce come i precedenti. Fu irruento e possessivo. La baciò tenendola incastrata tra il suo torace e la parete vicina alla porta di casa. C’era un ché di rabbioso in quell’ultimo bacio. Era gelosia? Emma lo ricambiò con passione, convinta che fosse proprio gelosia. Ne ebbe poi la conferma quando lui si sciolse da lei per andar via.
 
– Ricordati che sei la mia donna Emma Swan e io sono il tuo uomo!
 
La lasciò senza fiato, poggiata inerme a quella parete, mentre lo guardava allontanarsi dalla porta a vetri, veloce, a testa bassa e con le mani nelle tasche del giubbotto di pelle. Non si voltò verso di lei, intenzionato a raggiungere al più presto la sua auto.
***
 
Il fatto che Ingrid fosse via aveva lasciato ad Emma la possibilità di usare senza problemi la sua auto. Solitamente andava a lavoro con l’autobus, il tratto che doveva percorrere dalla sua casa in periferia, alla sede del suo distaccamento di Boston, era ben collegato, ma avere un’auto a disposizione era una gran bella comodità per spostarsi in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. Quel giorno le sarebbe stata particolarmente utile, aveva deciso categoricamente che avrebbe fatto in modo di incontrare Brennan Jones!
L’atteggiamento di Killian l’aveva incuriosita ancor di più e voleva assolutamente capire che mistero si celasse dietro il suo forte risentimento  nei confronti del padre. Con la sua auto avrebbe perso meno tempo nel percorrere la distanza dall’ufficio all’ospedale in cui risultava ricoverato Brennan e poi, egualmente in tempi ridotti, sarebbe tornata alla sua base lavorativa.
 
Sentiva una strana euforia percorrerle tutto il corpo, come se il suo cervello fosse in una fase iperattiva. Si disse tra sé che probabilmente era merito di Killian, della sorpresa della notte precedente, del modo in cui si era svolta e, ancor più probabilmente, del fatto che le avesse detto di non volerla far star sola quelle altre due notti che i suoi familiari erano in Svezia!
Già immaginava di preparargli una cenetta deliziosa da gustare insieme, forse qualcosa di afrodisiaco? Non che ne avessero bisogno! Rise tra sé al pensiero della loro passionalità, che si scatenava come un incendio solo stando vicini! Farsi trovare con una camicia da notte sexy invece di quel sacco di flanella con gli orsetti? Quella era una buona idea, anche se Killian gliela avrebbe tolta di dosso in ben poco tempo, valeva la pena comprarne una? Si disse di sì e pensò dove avrebbe potuto trovarne di carine. Sicuramente Regina ne aveva più idea di lei, ma come le avrebbe spiegato quell’improvviso interesse per la lingerie sexy?
 
Fantasticando sulla serata che l’attendeva, consapevole che Killian non le avesse detto nulla in proposito dell’orario in cui si sarebbe presentato, si rese conto di essere arrivata a lavoro in modo automatico. Aveva guidato l’auto a memoria?! Si disse di prestare più attenzione a quello che faceva. Era pericolosissimo perdersi in fantasticherie con un volante in mano e una strada brulicante di traffico, da percorrere! Se Killian l’avesse saputo l’avrebbe rimproverata come una ragazzina!
 
“Maledetto lui! Tutta colpa sua se non faccio che pensarlo anche mentre guido! Mio Dio! Non vedo l’ora che arrivi questa sera!
 
Giunse contemporaneamente ad un Suv nero, quello guidato da Sebastian Jefferson. Lo vide scendere dall’auto e svoltare verso il lato del passeggero.
Emma rimase incantata a vedere la scenetta che le si parò davanti. Seb, da perfetto gentiluomo, aveva aperto lo sportello a Lorna, con un’attenzione e una gentilezza da far invidia. La Dottoressa Stone, con la sua innata eleganza, era scesa dall’auto, mentre Seb le teneva la mano. Emma non aveva idea che l’Agente scelto Jefferson fosse così “carino” con la sua donna! L’aveva accompagnata poi fino all’entrata dell’edificio, cingendole la vita con il proprio braccio e portandole la borsa da lavoro. Sulla soglia si erano dovuti salutare, ma Sebastian non aveva perso l’occasione per prendere  alla vita Lorna e stringerla a sé baciandola come se non vi fosse stato un domani. Emma notò la plasticità e la sensualità di quell’abbraccio. Lorna indossava il suo impermeabile beige e sicuramente aveva una delle sue gonne a tubo al di sotto, visto che si vedevano le belle gambe, velate con le calze, e un paio di scarpe dal tacco alto ai piedi. Sebastian era vestito con colori simili alla sua compagna, indossava un parka egualmente impermeabile e in tinta con quello di Lorna, con pantaloni neri sportivi. C’era un evidente affiatamento tra loro e formavano una coppia notevole.
Dopo quel lungo bacio ricambiato, Seb era tornato verso la sua auto ed era ripartito. Emma si chiese se anche lui non sarebbe stato fuori dei giorni e quindi quello fosse stato un saluto più particolare alla sua compagna.
 
Quella mattina Olden era arrivato prima di tutti in ufficio e le salutò allegramente alla loro entrata. Il giovane era già davanti al terminale e annunciò di aver trovato ulteriori femminicidi da attribuire con probabilità al serial killer delle cinque donne di Boston. Lorna si accomodò affianco ad Olden per leggere quanto il monitor stava delineando, Emma intanto entrò nell’ufficio che Olden condivideva con Graham, per prendere dei fascicoli. Stranamente il suo collega non era ancora arrivato, cosa che non era da lui, vista la sua proverbiale puntualità sul lavoro. 
 
– Emma? Io e Olden andiamo dal comandante Shatneer, quando devi andare fai pure, ci vediamo al tuo ritorno.
– Grazie Lorna, vado tra una mezzora!
 
Il Maggiore Stone e il giovane Olden uscirono lasciandola sola. Emma si mise seduta alla scrivania occupata di solito dal collega e aprì il fascicolo che la interessava. Il cigolio improvviso della porta principale dell’ufficio la fece sobbalzare. Si sporse  con la sedia dotata di rotelline e vide entrare  James Graham.
 
– Buongiorno Jamie!
– Oh! Emma! Ciao! Già sei arrivata?
– Direi di si Jamie! Ma non sono in anticipo, sei tu che sei in ritardo!
– Beh! Può capitare anche a quelli puntuali no?
– Ovviamente! Specie se hanno avuto una nottata movimentata!
 
Emma lo guardava con un sorrisetto malizioso sulle labbra. Non aveva mai visto Jamie malconcio come quella mattina. Aveva i capelli spettinati, un ciuffo dritto in testa, di chi non si è pettinato, due occhiaia grigiastre e la cravatta con il nodo storto sotto il pullover con lo scollo a V. Continuò ad osservarlo mentre lui si buttava, letteralmente, seduto sulla sua sedia ergonomica, allungando le gambe e poggiando la testa allo schienale.
 
– Scusami Jamie …
- Si?
– Ma per caso ti ha investito un autobus questa mattina?!
– Ci sei andata vicino Swan!
– Non dovevi uscire con Ruby ieri sera?! 
- Proprio per quello sono a pezzi!
 
Emma sollevò le sopracciglia e tirò giù gli angoli della bocca.
 
– Wow! Sesso estremo a quanto pare!
– Tu non puoi nemmeno immaginare Swan!
“Questo te lo credi tu Graham!”
– Eppure non mi sembri soddisfatto Jamie! Vi siete lasciati male?
– Male?!! Ora ti racconto!
– Jamie non sei tenuto! Sono cose personali io …
- Se tra noi deve esserci un rapporto cameratesco … Avevi ragione sul “tipo da film horror”! Non so da dove tu lo abbia capito ma avevi maledettamente ragione! Sono andato a prenderla dove mi aveva dato appuntamento e le ho proposto di vedere un film sui lupi mannari in un drive in. Non sai quanto ci avevo messo con internet a trovarlo uno con un film così! Non mi aspettavo tutto quell’entusiasmo. Era seduta sul lato del passeggero con una minigonna che più mini non si può e mi è saltata addosso per ringraziarmi baciandomi. Lì ho detto a me stesso che la serata partiva bene! La tipa era una caliente! Il film invece era una schifezza! Odio quel genere! Mi terrorizza! Avrò passato oltre la metà del film con le dita a coprirmi gli occhi, sperando che lei non ci facesse caso. Più le scene erano truci e più lei rideva a trentadue denti e si divertiva, mangiucchiando pop-corn! Cristo i pop-corn in auto! L’avevo appena fatta lavare! Più il tempo passava, più lupi mannari vedevo trasformarsi e più mi veniva la fantasticheria che si potesse trasformare anche lei in un orrendo lupo mannaro, con quella bocca rosso sangue e tutti quei denti! Finalmente il film è finito e ho tirato un sospiro di sollievo. Lei era euforica e ha iniziato a raccontarmi delle scene che aveva preferito. Non sapevo come bloccarla! Risentire pure quelle scene! Nooo!! Insomma le ho proposto di andare a casa mia per un drink e lei non mi ha fatto nemmeno finire di dirlo, saltellava sul sedile battendo le mani e sorridendo con tutti i suoi trentadue denti bianchi e perfetti!
 
Emma tratteneva le risate. Il racconto di Jamie la stava facendo sbellicare, ma doveva sforzarsi di non ridergli in faccia, poiché lui non era allegro per niente!
 
– In breve, siamo andati via da quello squallido drive in e ho attraversato il parco per tornare verso casa mia. Lei ad un certo punto mi ha fatto fermare, diceva che non trovava uno dei suoi orecchini. Mi sono fermato in un punto dove la luce non era un granché ed ho acceso quella dell’interno dell’abitacolo. È stato allora che lei è diventata una lupa mannara!
– Come?!
– Non nel senso vero e proprio ovvio! Con la scusa dell’orecchino s’ é abbassata a rovistare nello spazio tra i sedili e … tra le mie gambe. Beh! Qualcosa ha trovato di sicuro! Mi è saltata sopra, facendo scattare il sedile reclinabile. Insomma! Non è servito arrivare a casa! È stata un uragano! Mai avuta una donna così! Mi sono ritrovata la faccia tra quei meloni in un batter di ciglio e … insomma, non lo sapevo che non portasse nemmeno gli slip!! Dopo l’ho riaccompagnata al suo appartamento. Credevo vivesse con la nonna, invece ha un bugigattolo sopra la trattoria, tutto per sé. Mi ha invitato a prendere il drink che le volevo offrire io e visto che qualcosa di forte mi serviva ho accettato! Non lo avessi mai fatto! Era insaziabile! Mi ha letteralmente sbattuto sul letto! Non mi ero mai sentito un uomo oggetto prima di questa notte! Mi ha sequestrato fino a poco fa! Sono praticamente fuggito approfittando che si fosse chiusa in bagno! Non ho fatto nemmeno una doccia né mi sono guardato in uno specchio! Era tardissimo! Sono venuto dritto al lavoro! Mai avuto un’esperienza così … terrificante!
 
Emma finalmente esplose in una risata, lasciando Jamie sgomento.
 
– Ci trovi da ridere?!
– Direi di si! Il “cacciatore” a sua volta cacciato dal lupo!
– In un certo senso …
– Hai trovato una tipa che ti sa dare pan per focaccia a quanto pare! La rivedrai?
– Tu che dici?
– Conoscendoti?  Potrebbe essere che hai trovato la donna della tua vita Jamie!
 
Graham era rimasto spiazzato dalla risposta di Emma, sapeva che avesse un fiuto infallibile, lo dimostrava da quando l’aveva incontrata. Che avesse ragione anche su Ruby?
 
– Beh Jamie io devo andare!
– Dove?!
– Una visita ad un malato in ospedale!
– E vai così contenta?! Hai una luce particolar negli occhi oggi! Chi vai a trovare?
– Un uomo anziano gravemente malato, il padre di un caro amico!
– Un amico parecchio “caro” credo!
– Forse!
– Emma mi nascondi qualcosa?
 
Lei rise divertita.
 
– Cosa pensi che io ti nasconda?
– Magari che anche tu abbia avuto una bella nottata, forse più rilassante della mia … con il tuo “caro” amico?
 
Emma rise ancora facendogli una smorfia.
 
– Non lo saprai mai Graham! Calcola che io sono arrivata puntuale! Bye bye! Ci vediamo più tardi!
 
Meglio squagliarsela subito! Jamie Graham era entrato in modalità profiler e qualcosa stava intuendo, anche troppo per i gusti di Emma!
 
***
Alle 10,00 di mattina il traffico era intenso ma scorrevole. La zona dove si diresse Emma era trafficata soprattutto da mezzi pubblici e studenti. Il quartiere di Cambridge, dove si trovava l’Università privata di Harvard e il centro di studi medici in cui era ricoverato Brennan, era frequentato da miriadi di giovani che salivano e scendevano dai mezzi pubblici o passeggiavano nei parchi, tra una lezione e l’altra.
Trovare un parcheggio per l’auto fu meno difficile di quanto Emma temesse. Chiuso a chiave lo sportello, si avviò verso il centro studi.
Vestita con i jeans e quel giubbino di pelle rossa, sembrava sicuramente ancora una studentessa, piuttosto che una Psicologa del Bureau, ma non se ne preoccupò.
 
L’ Harvard Medical School, rispetto alla sede centrale dell’Università, si trovava oltre il fiume Charles, nella zona South Boston. Ad Emma l’edificio apparve nella sua magnificenza di palazzone in stile neoclassico, con il suo frontale di sei colonne in stile ionico e un vasto prato che lo fronteggiava. Sicura di sé, percorse il prato fino alla scalinata ed entrò dalla grande porta a vetri, cercando un punto per le informazioni.
Dovette presentare i suoi documenti di riconoscimento come Psicologa della F.B.I., la severità sulla privacy dei pazienti era ferrea. Rimase sorpresa nello scoprire che il paziente Brennan Jones fosse stato dimesso il pomeriggio del giorno prima. L’indirizzo che aveva lasciato per farsi rintracciare era quello dell’appartamento vicino all’Università. Probabilmente era lì che si trovasse in quel momento!
Emma era indecisa se chiamarlo al telefono o presentarsi direttamente alla sua porta. Chiamare era sicuramente più facile che presentarsi direttamente da lui e forse anche più educato!
Un piccolo problema era che il numero di telefono le fosse rimasto in ufficio e tutto sommato non era così distante arrivare a quelle palazzine fatiscenti del quartiere per studenti!
Emma ringraziò l’arcigna segretaria che le aveva dato le informazioni a mezza bocca e, senza ricevere una risposta al suo saluto, si avviò a riprendere la propria auto al parcheggio.
 
 
Non fu così lungo il viaggio per arrivare nel quartiere degli studenti. Emma si ritrovò a guardare dal basso la palazzina grigia che era stata il teatro della morte simulata di Kim Steward alias Killian Jones, ma anche l’alcova dove si era incontrata con lui nei fine settimana e si erano amati appassionatamente per quei due indimenticabili mesi. Era impossibile per Emma guardare quel vecchio edificio e non ricordare ogni momento vissuto in quei due mesi con Kim-Killian. Tutte le volte che era arrivata con il cuore in gola, per l’emozione, e l’aveva trovato all’ingresso principale, ad aspettarla per salire insieme con l’ascensore, per tenerla stretta a sé, abbracciarla mentre lei teneva gli occhi chiusi a causa delle sue vertigini, visto che l’ascensore era un vecchio modello con le inferriate e lasciava vedere tutta la colonna di salita. Tutte le volte che quell’abbraccio era diventato un preludio di baci per l’amore che poi avevano fatto in quel luminoso appartamento in cui Kim si era stabilito …
 
Emma non poteva negare di sentire un’emozione fortissima nella rievocazione di quei ricordi. Quasi le tremarono le gambe, quando uscì dall’auto per dirigersi a piedi verso il portone chiuso, ebbe anche un attimo di ripensamento. Se avesse trovato Brennan in casa, se la sarebbe sentita di entrare in quell’appartamento che conosceva fin troppo bene? Si fece forza al pensiero che avrebbe scoperto delle verità su Killian che ancora le erano celate.
Il desiderio di conoscenza fu più forte di ogni timore e si decise ad allungare la mano verso la pulsantiera del citofono.
 
Una voce maschia, profonda e leggermente roca le rispose quasi immediatamente, facendola sussultare.
 
– Chi è?
– Signor Jones? … Brennan Jones?
– Si?
-  … buongiorno! Sono Emma Swan, la cugina di Elsa, la fidanzata di suo figlio Liam! Avrei bisogno di parlarle!
– Emma Swan?! Salga, salga pure! Le apro subito!
 
Lo scatto del portone fu immediato ed Emma entrò nell’edificio, dirigendosi subito verso le scali, senza nessuna intenzione di prendere in considerazione quell’ascensore per lei fobico.
 
Ovviamente i sei piani di scale furono più lunghi da percorrere, ma Emma salì imperterrita nella sua decisione. Si trovò alla porta dell’appartamento con il solito fiatone e, mentre stava per suonare, pensò all’uomo che si sarebbe trovata davanti da lì a pochi secondi. Regina le aveva detto che somigliasse al ritratto di Captain Hook che aveva ceduto alla sua galleria … doveva quindi somigliare parecchio a suo figlio Killian, visto che quel quadro lo riproduceva perfettamente! Ingrid non aveva conosciuto Killian quando era stata in Irlanda con le figlie per incontrare la famiglia del futuro genero, ma le aveva raccontato che Brennan fosse un uomo dal fascino notevole e una presenza molto gradevole.
 
 
Brennan Jones si era reso conto che Miss Swan ci stesse impiegando parecchio per salire e si diresse alla porta per controllare quel vecchio ascensore, temendo che si fosse bloccato. Aprì nel momento preciso in cui qualcuno stava suonando alla porta, ritrovandosi quasi a frenare il suo movimento accelerato davanti ad una bionda ragazza, lì sulla soglia. Evidentemente nemmeno la ragazza si aspettava quell’apertura immediata dell’uscio e la vide con gli occhi sgranati e le labbra schiuse. Era di una bellezza rara, con quei due occhi verdi come l’acqua, le gote leggermente imporporate e i lunghi capelli ondulati e dorati. Gli sembrò che un raggio di sole fosse giunto alla sua porta e rimase a sua volta sorpreso e a bocca aperta.
 
 
Eccolo lì Mister Brennan Jones! Il bravissimo pittore che aveva tano desiderato conoscere! Eccolo lì davanti a lei, con quei due occhi di lapislazzulo che lei conosceva e amava, essendo gli stessi occhi di Killian Jones,  suo figlio! Era impossibile sbagliare con l’enorme somiglianza che si notava palesemente tra i due!
Emma non si spiegò l’emozione che le bloccò le parole in gola, ma si rese conto che anche Brennan, in qualche modo, non sapesse cosa dire. Alla fine si ritrovarono a parlare contemporaneamente. Salutandosi e scusandosi reciprocamente, quasi balbettando per l’imbarazzo. Brennan si portò la mano destra lungo la guancia e poi la nuca e Emma sentì perdere un battito del cuore, anche Killian faceva quel gesto nei momenti d’imbarazzo. Sorrise a Brennan, senza sapere che lui avesse trovato quel sorriso “angelico”.
 
Sì! Decisamente quella splendida ragazza portava la luce intorno a sé!
 
– Mi perdoni Miss Swan … non sono particolarmente presentabile … sono uscito ieri dall’ospedale e ancora sono convalescente!
 
Emma capì che si riferisse al suo stare in vestaglia e ciabatte, con il viso da rasare.
Nonostante la forte somiglianza con Killian, in suo padre si evidenziavano i segni del tempo e della malattia. Era molto magro, le guance del viso scavate, nonostante i bei lineamenti simili a quelli del figlio, i capelli erano più sale che pepe ormai e, nonostante fossero corti, erano scompigliati.
 
– Sono io che le chiedo scusa Mister Jones, le avrei telefonato ma il suo numero mi era rimasto in ufficio! Sono giorni che la cerco e credevo fosse ancora in ospedale, vengo da lì infatti!
– Mi cercava?! Oh! Prego … non le ho detto di accomodarsi … sono un vero maleducato!
 
Brennan aprì completamente la porta, tirandosi su un lato e facendo spazio alla sua ospite per farla accomodare.
Emma entrò trattenendo il fiato. L’appartamento era invaso dalla luce del sole e l’arredamento non aveva subito cambiamenti dall’ultima volta che era stata lì. Quello che vide in più, rispetto a come ricordava la stanza, erano le tele da pittore e un paio di cavalletti già montati con una tela sopra, coperta da un panno.
 
– Prego Emma, si accomodi dove preferisce … posso offrirle un caffè … un tè?
 
Le aveva indicato il divano e le due poltrone antistanti ed Emma preferì l’angolo del divano, vicino al bracciolo.
 
– No, grazie! Non si disturbi!
– Sicura? Non è un disturbo mi creda!
– Allora va bene un tè se lo prende anche lei!
– Certamente Emma, lo prendiamo insieme. Limone o latte?
– Limone grazie!
 
L’uomo si avviò verso quella che Emma sapeva fosse la cucina e si alzò per continuare la conversazione mentre lui metteva un bollitore sui fornelli.
 
– Ha una luce stupenda il suo appartamento!
– Si è vero! È posizionato in modo tale da avere il sole tutto il giorno!
– Per un pittore è l’ideale credo!
– Verissimo! L’ho acquistato anni fa proprio per la sua esposizione alla luce.
– Vive qui da allora?
– No! Lo comprai per i miei ragazzi, Liam e Killian! Sarebbero venuti a studiare qui ad Harvard e alcuni amici di mio cognato, docenti dell’università mi suggerirono il posto. Questo appartamento era perfetto per Killian.
– Per Killian?!
– Si, era per entrambi, ma pensai in particolare a Killian … è un abile pittore e se avesse voluto, qui avrebbe trovato la luce giusta per coltivare una delle sue doti!
– Ha ricevuto il suo stesso dono?
– Il mio dono?! Credo che Killian ne abbia tanti e tutti suoi! Devo ammettere che è molto più abile di me nel dipingere!
– Più bravo di lei? Non riesco a crederlo! Ho visto le sue opere e sono magnifiche! 
- Le ha viste?!
– Si, nella galleria della mia amica Regina Mills, stupende veramente!
– La ringrazio Emma!
– In verità se la cercavo è proprio per quelle opere sa?
– La bellissima Miss Mills mi avrà dato per disperso questi mesi! Ancora non le ho portato il certificato del notaio …
- Non si preoccupi, Regina aveva capito che lei non stesse bene e io ho fatto qualche piccola indagine per trovarla!
– Lei è una detectiv?
 
Emma sorrise e Brennan non poté che sorriderle di rimando, pensando nuovamente di avere davanti un angelo di luce.
 
– Più o meno! Sono una Psicologa del Bureau, appena assunta per la verità, ma ho messo in azione qualcosa di quanto imparato in Accademia!
 
 
– Così mi ha trovato! Non avevo neppure alcun interesse di fuggire, Miss Regina lo sa bene …
 
Brennan sorrise, in un modo che giunse direttamente al cuore di Emma per quanto gli ricordasse Killian.
 
- Regina era solo preoccupata in realtà. Le sue opere stanno avendo un successo strepitoso, in pratica le avrebbe già vendute tutte! Gli acquirenti stanno solo aspettando l’autore per concordare il prezzo!
– Vendute tutte?
– Beh! Proprio tutte no! Tutte tranne una …
- Quale?
– Quella che personalmente considero la più bella in assoluto!
– Captain Hook?
– Si … Captain Hook …
 
Brennan distolse lo sguardo emozionato, con gli occhi lucidi si passò nuovamente la mano tra i capelli della nuca.
Decisamente somigliava a Killian e ad Emma scatenava un’infinita tenerezza nella sua fragilità di uomo anziano e malato.
 
– Quel Captain Hook le somiglia parecchio … Regina sostiene che sia un suo autoritratto giovanile …
- Si, mi somiglia … ma non sono io … non è un autoritratto. È mio figlio Killian … ho preso lui come modello per il mio Captain Hook. L’ho ritratto come l’ho visto l’ultima volta che l’ho incontrato … sono passati quasi due anni … si era fatto crescere la barba … lui non mi ha voluto vedere, non mi ha voluto nemmeno parlare …
 
Il fischio del bollitore fece scattare Brennan dalla poltrona  davanti ad Emma, per dirigersi in cucina. Fu un buon momento per evitare di mostrare la sua espressione sofferente ad Emma, ma la giovane Profiler del Bureau aveva notato ogni singolo tono della sua voce e ogni sguardo, capendo che, se Killian avesse odio e risentimento per suo padre, per Brennan non era così. Lui amava suo figlio e soffriva per la sua distanza e la sua indifferenza.
 
Un rumore di cocci in cucina fu il segno che l’emozione di Brennan lo avesse reso maldestro e una tazza gli era caduta. Emma si alzò nuovamente dal divano e andò in cucina.
 
– Posso essere d’aiuto Brennan!
 
Lo trovò con le due mani poggiate al top della cucina, aveva la testa bassa e tremava visibilmente.
 
– Brennan non si sente bene? Venga l’aiuto!
– Lei è veramente un angelo Emma! Grazie … grazie per essere venuta!
 
Emma lo prese con ambedue le mani per il braccio e lo portò al divano, facendolo allungare.
 
– Respiri profondamente Brennan! Credo abbia avuto un forte sbalzo di pressione. Le ho provocato qualche ricordo spiacevole … mi dispiace! Stia comodo penso io al tè …
 
Velocemente la giovane si diresse in cucina. Sicura di ciò che faceva versò il liquido ambrato nelle tazze. Prese la zuccheriera da dove sapeva si trovasse, i cucchiai nel cassetto che conosceva e il limone dal Frigorifero. Un vassoio per due stava nel pensile di destra e senza pensarci due volte lo prese per portare il tutto sul piccolo tavolo del salottino.
 
– Quanto zucchero?
– Niente grazie … non posso prendere troppo zucchero nelle mie condizioni …
 
Emma preoccupata gli porse la tazza con il piattino, mentre Brennan si riportava seduto.
 
– Mi dispiace l’ho fatta agitare …
– Non ha nessuna colpa Emma! Se c’è un colpevole in questa stanza … quello sono io, sono causa dei miei stessi mali e purtroppo anche dei suoi Emma!
– Dei miei?!
– Si … anche dei suoi!
 
Brennan aveva abbassato gli occhi sul liquido nella tazza. La tenne tra le due mani, sentendo il calore propagarsi nelle membra e continuando a guardare il liquido come se vi vedesse riapparire vecchie immagini.
 
– Ho dipinto quel quadro per lui … per Killian! Era un modo per chiedergli perdono …
 - Per farsi perdonare?!
– Si, per chiedergli scusa di tutte le mie colpe nei suoi confronti … ne ho tante e lui ha ragione ad odiarmi … mi odio anche io …
- Che colpe potrà mai avere? Il fatto che ha vissuto qui in America e lo ha lasciato crescere con gli zii?
– Sicuramente anche questo … ma non solo …
- Le va di raccontarmi? Sono una buona ascoltatrice …
 
Brennan sorrise mestamente.
 
– Quando avrò finito il racconto mi odierà anche lei Emma, ne sono sicuro …
 
Emma aveva intuito dove andasse a parare il racconto di Brennan, ma lo incoraggiò.
 
– Killian era un bambino meraviglioso lo sa? Così vivace, intelligente, aveva l’argento vivo addosso, sempre mille domande da fare …. Mia moglie Nora aveva iniziato a soffrire di depressione con la gravidanza del nostro secondogenito. Ci vollero anni prima che ne uscisse. Trascurava la casa, se stessa e sembrava non aver attenzioni per Killian. Il piccolo era la mia ombra, era dolcissimo, un bambino generoso e buono. La sera ero io a leggergli le favole … gli piaceva che le recitassi. Adorava quella di Captain Hook e mi diceva di immaginarlo come me. Mi faceva usare l’uncino di una stampella per imitarlo e si divertiva un mondo, tanto che invece che farlo addormentare ottenevo l’effetto contrario con quelle storie! Gli regalai anche una collana da pirata dopo un viaggio e lui la teneva come il suo tesoro più prezioso!
Quando Nora uscì dalla depressione, decidendo di curarsi, riprese anche gli studi di Architettura che aveva abbandonato a causa della gravidanza di Liam e con la Laurea riuscì a trovare un ottimo lavoro. Più lei progrediva in successi e guadagni, più al contrario io non riuscivo a combinare nulla. Mi mancava l’ispirazione e tiravamo avanti grazie a lei! Poi finalmente mi capitò la commissione di un lavoro piuttosto impegnativo e sicuramente remunerativo. Lo dissi a mia moglie, lei ne fu felicissima. Dovevo realizzare una serie di tele per una catena di centri di bellezza, tutte raffigurazioni di dee. Decisi di trasferirmi per il periodo nella nostra casa al mare, la luce era migliore di quella del mio studio lì. Nora non fece obiezioni. La famiglia non poteva seguirmi purtroppo, lei lavorava e i ragazzi andavano a scuola. Ingaggiai una modella all’Accademia d’Arte che avevo frequentato, una professionista. Era perfetta per quel tipo di quadri e abitava poco distante dalla nostra casa di Dundalk.
Amavo tantissimo mia moglie Nora, il nostro era stato un matrimonio d’amore, contrastato dalla sua famiglia perché non vedevano un grande futuro economico con me. Lei aveva rinunciato anche agli studi per sposarmi … non avrei mai pensato di tradirla … non lo avevo mai fatto, nemmeno quando lei era stata assente nei suoi doveri di moglie e madre. Le ero stato devoto corpo e anima. Non so nemmeno io come successe … fu l’ultima settimana di lavoro, avevo completato quasi tutti i quadri e mi apprestavo a dipingere quello di Afrodite … lei era bellissima, più delle altre volte e … e mi lasciai sedurre. Era solo una scappatella, ma mi sentii tremendamente in colpa con Nora. Non le dissi nulla e cercai di essere il marito che ero sempre stato. La mia modella fu d’accordo con me. Non c’era nulla tra noi se non quella attrazione sessuale, non ci sarebbe stato più nulla. Finito l’ultimo quadro non ci saremmo più rivisti, era meglio per tutti!
I miei lavori piacquero tanto a Nora che decise di organizzarmi una personale con essi, prima di venderli al committente. L’ultima volta che tornai a Dundalk per prendere gli ultimi quadri, ricevetti la visita improvvisa di quella donna. Non riuscii a resisterle e questo portò conseguenze disastrose. Nora aveva ottenuto il consenso per la mia personale e pensò di farmi una bella sorpresa venendo a trovarmi al mare. Mio Dio! Ho ancora davanti agli occhi la sua espressione di delusione e dolore, la bottiglia di champagne che le scivolò di mano rompendosi sul pavimento di legno quando ci trovò … Non riuscii a fermarla, non avrebbe creduto alle mie parole, che quello era tutto uno stupido errore e che l’amavo. Come avrebbe potuto credermi! Mi aveva colto in flagrante …
Il temporale era violentissimo in quel momento e lei fuggì via, correndo a velocità folle con la sua macchina, voleva tornare a Dublino dai nostri figli … per colpa mia non c’è mai arrivata e per colpa mia uscì di strada coinvolgendo l’auto con a bordo una giovane coppia con una bambina di quattro anni.  La seguii con la mia auto ma arrivai tardi. Il disastro era già compiuto. I tuoi genitori erano morti sul colpo Emma, un miracolo che tu fossi viva, ma in gravi condizioni e mia moglie con un trauma cranico che fu irreversibile! Un paio di mesi dopo la morte di Nora io ero ancora distrutto, i ragazzi erano l’unico scopo della mia vita e cercai di fargli da padre e da madre. Ricevetti una telefonata di Dorin, la mia ex modella, era incinta … un altro errore che decisi di espiare. I miei figli non dovevano sapere nulla. Non volevo che sapessero di Dorin o avrebbero scoperto la verità sulla morte della loro adorata madre. Ne parlai con mio cognato Henry … lui sapeva già tutto in realtà. Nora lo aveva chiamato a telefono durante il viaggio di ritorno … Mi intimò di sparire dalla vita dei nipoti se avevo quell’intenzione. Liam era più grande e forte, avrebbe capito. Killian era troppo sensibile … ne avrebbe sofferto più del fratello. Dovevo proteggerlo. Inventai che partivo per Boston per lavoro, invece venni qui con la mia nuova compagna che mi diede un figlio che chiamammo William come il mio primogenito. Per un bel pezzo feci la spola tra Boston e Dublino, poi non mi riuscì più per il piccolo Liam, Dorin col tempo mi lasciò. Killian mi chiedeva di continuo di poter venire a vivere con me negli States, ma avrebbe scoperto la verità e non volevo. Era un ragazzo geniale, aveva catartizzato il lutto di sua madre con lo studio. A 17 anni si stava laureando in ingegneria elettronica, aveva potuto saltare diversi livelli con le sue doti intellettive. Liam era già a Boston in quel periodo, frequentava l’Università e abitava in questo appartamento, io dall’altra parte della città con Dorin e il fratellino. Liam ormai sapeva tutto e mi aveva perdonato, ha un’indole diversa da Killian. Lo convinsi a non far sapere nulla al fratello. Non immaginavo che Killian avesse così tanto desiderio di riabbracciarmi da arrivare a falsificare il suo passaporto e a derubare Henry per venire a Boston! Non disse nulla a Liam del suo arrivo, inventò una scusa credibile con lo zio, spalleggiato dal suo miglior amico, e si presentò mascherato alla parata di San Patrizio. Non lo riconoscemmo, ma lui vide bene me, la mia nuova compagna e un fratellino che non sapeva di avere. Non sapevo fosse lui il ragazzetto con la faccia dipinta di verde che mi urtò violentemente scappando via.  Scoprii la verità quando Killian non si ripresentò dagli zii e questi scoprirono la sua fuga. Intervenne l’Interpol e la F.B.I. Killian si era cacciato in guai grossi. Era stato catturato da una banda di delinquenti e costretto a derubare per loro dei bancomat. Fu arrestato per fortuna. Henry venne a Boston e riuscì non so come a risolvere la faccenda. Killian era ferito ad una guancia mi disse. Poteva andar peggio! Mi precipitai alla centrale di Polizia appena saputo del suo arresto, ma Henry mi disse che non voleva vedermi, era meglio che andassi via e così feci. Ho cecato di richiamarlo, rivederlo … ma non è mai riuscito a perdonarmi … non credo che lo farà … quel quadro è solo un ricordo di cosa eravamo insieme, forse non lo vedrà mai … come non ha voluto nemmeno conoscere suo fratello minore …
- Dove vive il giovane Liam?
 
Brennan era già provato dal racconto e a sentire quella domanda gli occhi gli si colmarono di lacrime.
 
– Willy è morto due anni fa. La madre ci aveva abbandonato da tempo … lui si è ammalato di leucemia … non c’è stato nulla da fare … somigliava tanto a me e Killian. Quando è morto sono tornato a Dublino per rivedere Killian, l’ho aspettato sotto casa, vive nella nostra vecchia abitazione, non mi ha voluto rispondere a telefono né si è voluto fermare quando mi sono quasi buttato sulla sua auto. Non ne vuole sapere di me … ne ha tutte le ragioni …
Visto Emma? Sono un mostro! Ho distrutto la mia famiglia con il mio comportamento scellerato e ho distrutto la tua. Oggi quella bambina è venuta da me come un angelo e mi ha permesso di confessare i miei peccati … mi dispiace Emma … mi dispiace veramente tanto!
 
Emma era senza parole. Il tè le si era raffreddato in mano, non ne aveva bevuto nemmeno una goccia. Sui motivi per cui era morta Nora, aveva avuto buon fiuto, aveva penato che avesse trovato una brutta sorpresa dal marito e invece che festeggiare era fuggita. Ora sapeva non solo quella verità, sapeva anche del perché Killian fosse tanto arrabbiato con suo padre. Gli aveva mentito per anni, lo aveva fatto sentire un idiota non considerato. Questo non gli perdonava, il resto forse avrebbe potuto, se detto nel modo e nei tempi giusti! Ora Emma sapeva anche perché Killian agisse con le persone che amava in quello strano modo protettivo, mentendo, non solo per esigenze di lavoro. Era simile al padre e per l’esperienza avuta con lui e la perdita della madre, odiava l’infedeltà. Glielo aveva detto proprio quella mattina, quando lei aveva scherzato riguardo a Graham.
 
-  Ora puoi odiarmi anche tu Emma!
 
Brennan le stava ormai dando del tu, lo aveva fatto già nell’ultima parte del suo racconto.
 
– No Brennan, non sento odio … sento solo tanto dolore, ma non è il mio … è il tuo e quello di Killian. L’ho conosciuto Killian e mi è molto caro …
- L’hai conosciuto?! Quando?! Non si è fatto vedere nemmeno quando tua zia e tua cugina sono venute in Irlanda l’estate scorsa!
– Una casualità … mi ha soccorsa nel parco vicino casa. Ancora non sapevamo nemmeno che suo fratello si stesse frequentando con Elsa in Irlanda. Ero svenuta e non lo avevo visto bene in viso. Poi abbiamo iniziato a sentirci telefonicamente. Io aspettavo un bambino … Killian mi è stato vicino a suo modo, mi chiamava spesso, si informava della gravidanza, mi raccontava di sé, siamo diventati buoni amici.
– Quindi hai un bambino?
 
Emma abbassò gli occhi e Brennan capì.
 
– Mi dispiace Emma …
- Doveva andare così!
– Posso chiederti del padre?
– Non era l’uomo che credevo … è stato ucciso prima di sapere che aspettassi suo figlio!
– Brutta storia anche questa figliola!
– Non tutti i mali vengono per nuocere! La cosa mi ha spronato ad entrare a Quantico, ad intraprendere un tirocinio in una Casa Famiglia, a conoscere tante belle persone …
– Sei felice Emma?
– In questo momento mi sento felice, nonostante la storia che mi hai raccontato. Sono felice di averti conosciuto, sono felice di aver saputo cose di Killian che non sapevo …
- Siete solo buoni amici tu e mio figlio?
 
Emma sorrise in un modo che Brennan intuì non fosse solo di amichevole affetto per suo figlio.
 
– Tu lo ami …
- Si … lo amo!
– Allora è un uomo fortunato il mio ragazzo! Ha trovato un angelo … spero che non ti faccia volare via Emma!
– Ora devo volare via veramente Brennan! Posso tornare a trovarti qualche volta?
– Ne sarei onorato Emma!
– Ricordati che Regina ti sta aspettando, mi raccomando!
 
Brennan sorrise annuendo con la testa.
 
– La chiamerò più tardi a telefono. Tra qualche giorno andrò da lei alla Galleria!
 
Si salutarono con una stretta di mano e prima di lasciare quella di Emma, Brennan le depose un piccolo bacio galante sul dorso, chiedendole di portare i suoi saluti ad Ingrid e Anna.
 
***
In un certo senso Emma si sentiva sollevata nell’aver conosciuto il padre di Killian. Non avevano parlato della sua malattia, lei sapeva fosse molto grave. Aveva voluto fargli sapere che in qualche modo lei e il figlio avessero un legame, non poteva raccontare tutta la verità. Brennan non sapeva nulla del vero lavoro di suo figlio. Decise che non avrebbe raccontato nulla nemmeno a Killian, non ancora almeno, doveva lavorarci su per un po’ voleva vedere se riusciva a farli riavvicinare, ma sapeva che Killian fosse un osso duro! Ormai aveva capito che fosse un uomo di sentimenti saldi e profondi. Sapeva amare, ma se quell’amore si trasformava in odio aveva sicuramente la stessa intensità!
 
Guidando l’auto di sua zia per tornare in ufficio da Lorna, si trovò a passare vicino ad un centro commerciale che conosceva  e decise di fermarsi per un piccolo acquisto, qualcosa che aveva in mente da quella mattina e che Killian avrebbe apprezzato di più della camiciona con gli orsetti. Non sapeva a che ora si sarebbe presentato, ma ragionando si rese conto che non sarebbe stato prima dell’ora della sera precedente. Avrebbe sicuramente atteso che non ci fosse troppo traffico e sguardi indiscreti!
 
***
 
La mezzanotte era scoccata. L’orologio a pendolo nella sala del divano in pelle bianca aveva suonato l’ultimo rintocco. Emma era nella sua stanza e camminava nervosamente avanti e indietro. Aveva il cellulare in mano e si aspettava da un momento all’altro una chiamata di Killian.
 
– Guarda se mi da buca! Mio Dio non sarà successo qualcosa?
 
Sentiva il cuore battere a mille e la gola arsa. Decise di scendere in cucina per bere un bicchiere d’acqua. Portò con sé il cellulare e scese nella penombra le scale. In cucina aleggiava il profumo dei pan cakes che aveva provato a cucinare per lui. Non avrebbero cenato insieme, ma sperava almeno nella colazione. Lui le aveva suggerito di imparare a cucinarli e quel pomeriggio, tornata prima del solito, aveva voluto provare. Era stata la forza di volontà o dell’amore? Non ci credeva nemmeno lei che le fossero venuti così bene!
Guardò nel forno, dove li aveva lasciati, erano due belle pile di frittelle. Sarebbe stato un peccato se “l’idiota” non si fosse presentato!
Bevve il suo bicchiere d’acqua e quasi si strozzò quando squillò il cellulare. La lettera K campeggiava sullo schermo illuminato. Lo prese velocemente e per poco non se lo fece scivolare di mano, riafferrandolo per un pelo con l’altra.
 
– Love sono qui!
– La porta è aperta entra …
 
Killian sentì la voce di Emma emozionata, sorrise all’idea del doppio senso che potevano avere le sue parole. Salì i tre scalini sotto la veranda e spinse la maniglia della porta a vetri. Era buio, c’era solo la penombra delle scale e il filo d luce che proveniva dalla stanza di Emma. Si incamminò verso le scale, i suoi occhi si abituarono alla penombra e la vide lì, poggiata al corrimano, in piedi sul primo gradino.
 
– Ti sei fatto attendere lo sai?
 
La guardò dalla testa ai piedi. Era senza parole, lei gli aveva tolto il fiato. Aveva i capelli raccolti su una spalla, ondulati e lucenti. Indossava qualcosa di corto e setoso. Era un baby doll rosso rubino. Aveva le bretelline sottili, le segnava il seno mettendolo in risalto e nella sua semplicità, senza pizzi e fronzoli, le scivolava sui fianchi morbidamente, leggermente svasato. Le lunghe gambe snelle lo sembravano ancor di più, per le ciabattine con tacco egualmente rosse e sormontate da qualcosa di piumoso. Le sorrise sghembo puntando gli occhi in quelli di lei.
 
– Mi aspetti da tanto Swan?!
– Ti aspetto da troppo!
 
Si avvicinarono con la forza d’attrazione di due calamite. Lui le portò le mani ai fianchi, accarezzando la seta sopra i suoi glutei e facendola salire sopra di essi. La pelle di Emma gli piaceva di più della seta, doveva ammetterlo a se stesso! Lei gli portò le sue al collo e gli accarezzò la testa, facendo scorrere le dita tra i soffici capelli bruni. Si unirono in un bacio voluttuoso e interminabile, poi si sciolsero guardandosi desiderosi l’uno dell’altra.
 
– Vieni con me Love, saprò come farmi perdonare!
 
La prese in braccio, sentendola leggera e morbida tra le sue mani e con passo deciso se la portò su per le scale. Meta la sua stanza e una nuova notte d’amore …
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice.
 
Quante sfaccettature può avere la verità? Dipende dal punto di vista, dall’angolo da cui si guarda. Come è facile commettere errori nella vita e come è difficile riparare. Killian ha ancora dei misteri per Emma. Lei intanto ha incontrato Brennan e ha scoperto cosa si cela nell’anima di Killian, il perché della sua rabbia e alcuni aspetti del suo modo di essere e di fare. Riuscirà veramente Killian a farsi perdonare? L’amore non è solo del buon sesso insieme, è molto molto di più. Troveranno quel qualcosa in più i nostri adorati Captain Swan? Vedremo cosa ancora li aspetta …
Grazie a chi leggerà, a chi lascerà il suo commento e a chi resterà in attesa impaziente. Un abbraccio a tutti e buona domenica.
La vostra Lara

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Capitolo 37
*** Verità o bugie? ***


Capitolo 37
Verità o bugie?
 
 
Brividi …
Brividi caldi sulla pelle. Questo sentiva Emma Swan in quel momento.
Ormai priva di quel baby doll di seta rosso rubino, era seduta tra le gambe di Killian, mentre le proprie circondavano il bacino di lui. Incastrati in quel modo, sul letto di Emma, si accarezzavano e baciavano voracemente, affamati l’uno dell’altra.
Lei ricadde indietro, con i sodi seni svettanti e le turgide gemme su di essi infiammati dai baci di lui.
 
C’era un centimetro della sua pelle che non fosse stato esplorato dalle mani leggere e premurose di Killian? Un centimetro quadrato che non fosse stato accarezzato dalle sue morbide e sensuali labbra, succhiato e assaporato dalla sua lingua? Forse  c’era qualcosa di lei che quella sera lui ancora non aveva esplorato e stimolato fino a farla gridare di piacere. Emma sapeva che erano solo all’inizio della loro nottata, sapeva che lui l’avrebbe amata come sapeva ormai che le piacesse e sapeva che lo avrebbe ricambiato, fino a farlo gemere a sua volta e sospirare il suo nome.
 
Così languidamente distesa tra le sue gambe, con la schiena inarcata in modo poco naturale, stava ad occhi chiusi, assaporando i movimenti delle mani di Killian su di sé. La destra stava risalendo lungo il suo ventre piatto, seguendone la linea che si arrotondava leggermente intorno all’ombelico, risaliva ancora nell’incavo dello stomaco, seguita subito dalla sinistra, che voleva godere a sua volta di quel contatto caldo. Era una sensazione bellissima sentirlo così vicino, il suo calore che la circondava intorno ai fianchi, il tepore delle sue mani carezzevoli e leggere che stavano arrivando ai seni. Un ennesimo brivido le percorse la schiena quando le dita di Killian sfiorarono i due capezzoli turgidi. Non si fermarono lì, risalirono ancora verso il suo collo, in una carezza tenera che diventò un leggero solletico.
Lei rise a quel nuovo tipo di brivido e lui tornò con le mani sui suoi morbidi monticelli. Se ne impossesso stringendoli piano e lei sussultò di piacere. Poi la mano sinistra di Killian si spostò dietro la sua schiena, afferrandola per tirarla nuovamente seduta davanti a sé.
Nel movimento lui stesso si sporse sul seno di Emma e afferrò il rosso capezzolo con le labbra, lenendolo dolcemente con la carezza umida della sua lingua. Anche l’altra mano passò dietro la schiena della ragazza, tenendola più saldamente, e le labbra di Killian concessero lo stesso trattamento all’altra gemma infiammata, che lo attendeva impaziente. Baci e ancora baci piovvero veloci su entrambi i seni, mentre Emma sollevava le mani verso la testa dell’uomo che amava, trattenendolo al suo petto, nel desiderio che continuasse ancora così, ritardando il momento per entrambi più piacevole. Lui decise di regalarle una carezza più intima e spostò la mano destra dalla schiena al centro pulsante della sua donna. Emma lo sentì intensamente, era così eccitata che i suoi tessuti avevano ormai una sensibilità esasperata. Aveva un bisogno disperato e urgente di sentirlo dentro di sé e lui lo sapeva, lo sapeva benissimo. La conosceva e la leggeva come un libro aperto, per questo scese lentamente con le sue sapienti dita dentro di lei. Sapeva quali fossero i tasti che sfiorati avrebbero consentito di suonare la melodia più dolce per la sua donna e quando la sentì respirare velocemente e gemere ai suoi affondi, riconobbe nei suoi versi l’armonia che voleva farle sprigionare.
 
Emma non si spiegava come fosse possibile che Killian riuscisse a farla sciogliere in quel modo, solo con uno sguardo. Era successo appena l’aveva guardata, vedendola lì su quel gradino, vestita con il suo acquisto del pomeriggio. Il suo sguardo era stato così penetrante, carico di ammirazione e desiderio, che lei si era sentita bagnata ancor prima che la toccasse. Era colpa solo del suo sguardo magnetico? Della sua indubbia bellezza? Perché nessun altro  le faceva l’effetto che le provocava Killian? Jamie Graham era un giovane molto bello, piaceva a tutte, anche lei lo trovava molto attraente, ma nonostante questo, non la faceva tremare come ci riusciva anche solo il pensiero di fare l’amore con il suo Killian.
Le sue mani sulla stoffa setosa le avevano dato il primo brivido. L’abbraccio e il lungo bacio le avevano fatto scoppiare il cuore di gioia e poi, quando lui l’aveva presa in braccio e portata su per le scale, le era sembrato di volare. Le aveva detto che si sarebbe fatto perdonare per l’attesa e ci stava riuscendo alla perfezione!
 
Quando erano arrivati in stanza lei si era preoccupata per la sua schiena. Sapeva che di giorno ancora portasse il busto e lo togliesse la sera. Si era preoccupata che le fatiche della notte precedente potessero avere un riscontro negativo sulla sua vertebra in convalescenza. Lui aveva riso e orgogliosamente le aveva risposto:
 
- Love, mi sottovaluti! Ho compiuto trent’anni non trecento! E quando si tratta di te mi passa ogni dolore! Ti sei potuta lamentare ieri sera? 
 
Aveva riso anche lei rispondendo un convinto “NO!”, lui l’aveva fatta rimettere in piedi e lei gli si era avvicinata sensuale, strusciandoglisi in un modo tale che aveva potuto percepire la sua immediata reazione di eccitazione. Mentre lui l’aveva stretta ai glutei premendosela al bacino, lei, velocemente e con impazienza, lo aveva baciato sbottonandogli la camicia. Lui aveva reagito facendole sparire il baby doll.
 
– Molto carino veramente Swan! Ma non ti serve nulla per eccitarmi. Basti tu, anche con quel sacco rosa ad orsetti!
 
Lei aveva riso sulle sue labbra e aveva proceduto slacciandogli impaziente la cinta dei Jeans e la chiusura dei pantaloni. A Killian era chiaro  quanto lei lo volesse in quel momento e per lui era lo stesso. L’aveva lasciata inserire le mani tra i jeans e la sua pelle, facendole scivolare in basso portandogli via gli indumenti e liberando la sua erezione. Poi lui l’aveva presa per i glutei, sollevandola, e lei gli aveva avvolto le gambe ai fianchi. Si era seduto sul letto tirando su le ginocchia e custodendola tra di esse. Il gioco di carezze aveva poi preso il via e nessuno dei due se ne stava pentendo.
 
– Killian … Killian ti prego … ora!
 
L’aveva stimolata fino all’orgasmo, lo sentiva, lei era linfa liquida  tra le sue mani ormai.
Dovette ringraziare la sua forza muscolare e la leggerezza di Emma, la sua schiena ferita ne avrebbe avuto la peggio altrimenti, quando, con un colpo di reni, la spinse lunga sul letto e la prese a fondo. Anche lei lo aveva portato al culmine e ora  i loro corpi anelavano la soddisfazione finale. Onde elettriche sembrarono attraversarli all’unisono, quando arrivarono insieme al loro apice. Il tremore di un fortissimo orgasmo scosse le loro membra e i loro visceri, partendo dal sentimento profondo che li univa.
Poi arrivò la quiete. Quel silenzio e quella calma tipica del dopo tempesta, anche se la loro era stata una tempesta di sensazioni e passione.
 
Adagiati, distesi l’uno difronte all’altra, si guardavano in viso sorridendosi. Killian ancora faceva scivolare la sua mano lungo la vita e il fianco di Emma, mai sazio della sensazione che ne provava. Emma si stringeva a lui intrecciando le  gambe alle sue. Una dolce carezza della sua mano piccola e affusolata percorse la guancia di Killian, mentre dalle labbra tumide di Emma usciva una domanda.
 
– Veramente verrai da me anche domani?
 
Killian lesse, nei suoi occhi rattristati e nel suo tremore, la speranza di una conferma.
 
– Si Emma! Verrò da te anche domani, poi venerdì sarai con la tua famiglia …
– Vorrei che tu non dovessi andare via di nuovo! Non so quando ti rivedrò né quando ti rifarai sentire!
– Lo so love, so cosa vorresti. Lo so da quando ti conosco. La tua casettina, un marito e dei bambini …
- Non ti ho mai chiesto nulla …
- Non me lo chiederesti mai, so anche questo …
 
Killian la guardava e le sorrideva dolcemente.
 
– Sai una verità Swan?
– Quale?
– Non vorrei dover andar via … Vorrei poter tornare da te tutti i giorni del resto della mia vita. Vorrei essere io a costruire quella casetta, vorrei essere quell’uomo fortunato che ti avrà per sempre e vorrei che quei bambini fossero i nostri!
 
Lui le aveva fatto quella dichiarazione con una tale intensità e tenerezza, che Emma sentì gli occhi pungerle per le lacrime. Le aveva toccato il cuore, lì nel punto più profondo del significato che per lei aveva l’amore.
 
– Tesoro stai piangendo?!
 
Killian si era sollevato su un braccio e con la mano dell’altro asciugò una lacrima che Emma non aveva saputo trattenere.
 
– No … è una lacrima di gioia … mi hai detto una cosa bellissima …
- Farò in modo che non siano solo parole Emma! Dammi il tempo che serve e porta pazienza. Io tornerò sempre da te! Dammi fiducia e non ti scoraggiare, qualsiasi cosa possa accadere!
 
Emma ricordava che già le avesse detto di non scoraggiarsi e di fidarsi di lui, quando era partito per la Colombia. Temette che dovesse tornare nuovamente in quell’ambiente pericoloso. In fin dei conti quella donna, Paula Santa Cruz era ancora latitante.
 
– Devi tornare in Colombia?
– Tesoro, lavoro per la D.E.A., questa missione mi ha portato nei peggiori mercati del Narcotraffico mondiale e finché non la concluderò c’è la possibilità di tornarci ancora! Non potrò raccontarti tutto, la maggior parte di quello che faccio è in incognito. Per questo preferisco essere io a chiamarti …
- Vuoi evitare che io lo faccia nel momento sbagliato, lo capisco.
– Ora però non è il momento sbagliato per … questo!
 
Decisamente, per baciarsi ancora, non era affatto il momento sbagliato, ma lui lo fece in un modo speciale. Emma sgranò gli occhi, vedendo il suo sguardo malizioso, mentre la guardava e scendeva lentamente tra le sue gambe. Le sollevò i fianchi per svolgere meglio quanto si era prefisso e iniziò a torturarla con le labbra e la lingua dove sapeva che lei lo avrebbe sentito maggiormente. Fu in quel modo che ricominciarono nuovamente ad amarsi. Dovevano allontanare il giorno nascente e, prolungando il loro amplesso, gli sembrava si potessero prolungare anche le ore della notte.
 
***
 
Erano le sette di mattina e Emma già era al volante dell’auto di sua zia, diretta a  lavoro. Il pensiero tornava ancora a Killian, a come si erano risvegliati.
Quell’illusione di fermare il tempo, con il loro amarsi, era svanita con il primo raggio di sole che aveva bussato ai vetri della sua stanza. Killian era scattato in piedi come una molla e si era rivestito in fretta.
 
– Mi conosco e ti conosco Swan, se resto un altro minuto ricominciamo per l’ennesima volta.
– Hai fame?
– Credo che tu l’abbia vista bene la mia fame Swan!
 
Emma ricordava di aver riso e di aver aggiunto:
 
- Non parlavo di quella fame Killian! Sai? Ieri pomeriggio ho imparato a cucinare i pan cakes! Hai visto mai che mi ritrovi prima o poi con quella casetta, un marito e figli!
 
Killian si stava infilando la camicia in quel momento e ancora non l’aveva abbottonata. Le fece un sorriso smagliante, riavvicinandosi a lei che era ancora sul letto, coperta in parte con solo il lenzuolo.
 
– Veramente hai imparato?! Hai cucinato i pancakes come tua zia per me?
 – Non per vantarmi, ma mi sono venuti anche meglio!
– Brava la mia piccola massaia!
 
In un attimo le si era portato nuovamente sopra e aveva ripreso a baciarla. Emma gli aveva accarezzato il petto nudo e poi, riprendendo fiato gli aveva detto:
 
– Sono nel forno, scendi e mangia, io faccio una veloce doccia!
– Allora apparecchio io, ti aspetto, così li mangiamo insieme!
 
Emma sorrideva a ricordare di aver fatto la doccia più veloce della sua vita e ad essere corsa in accappatoio da Killian che, bravissimo, aveva scaldato il forno quel tanto per intiepidire le frittelle e aveva veramente apparecchiato la tavola.
 
– Ho il sospetto che te la cavi benone in cucina!
– Devo pur sopravvivere no? Sono un single e se voglio evitare di mangiare solo panini o di andare di continuo al ristorante …
- Quindi hai imparato a cucinare?!
– Non solo!
– Non ti ci vedo con un grembiule davanti, un fazzoletto in testa e una scopa in mano a far pulizie sai?
 
Ricordava la risata di Killian alla sua battuta e i suoi occhi che le sembravano due acque marine brillanti mentre rideva sereno.
 
– Decisamente niente grembiule e fazzoletto in testa, ma un’aspirapolvere in mano si, Swan!
– Mmm! Si potrebbe dire che Captain Hook è proprio il mio uomo ideale Jones! Io sono una frana in cucina!
– Dai pancakes non si direbbe! In fin dei conti il bisogno aguzza l’ingegno Swan!
 
Se ripensava al suo modo di avvicinarsi, sorriderle e farle l’occhiolino, ancora le tornava la voglia di saltargli al collo come aveva fatto in quel momento.
Questa volta Killian aveva finito la sua colazione e poi era andato via prima che il traffico invadesse la silenziosa strada. Emma non aveva sollevato argomenti familiari, aveva deciso di andare con cautela sulla strada del riavvicinamento tra Killian e Brennan.
 
Al volante non doveva pensare a lui! Già se lo era imposto dal giorno prima, ma non era facile toglierselo dalla mente. Anche quella notte seguente sarebbero stati insieme e purtroppo sarebbe stata per il momento l’ultima volta! Chissà quando lo avrebbe rivisto?
Emma sperò che quel giovedì notte avrebbero parlato più che “agito”. Non che le dispiacesse quel loro “agire”! Era necessario anche parlare di progetti per il futuro, almeno ipotizzarlo un futuro. Non aveva intenzione di fargli sentire il fiato sul collo a Killian, In fin dei conti lui le aveva fatto una chiara dichiarazione quella mattina di cosa avrebbe voluto veramente e, da quanto aveva detto, i suoi desideri corrispondevano in pieno a quelli di Emma.
 
In ufficio quella mattina si affrontò la solita routine, non c’erano novità sull’indagine riguardante il serial killer. La Scientifica stava finendo gli ultimi esami e non sembravano aggiungere nulla di significativo a quanto già si sapesse. Lorna si era assentata per uno dei sui seminari alle nuove reclute, Olden si stava occupando di alcuni identikit, comparandoli con gente schedata, e Graham a sua volta stava leggendo delle deposizioni riguardanti altri casi in corso. Emma aveva appena finito di stilare il profilo di un sospetto pedofilo che era stato arrestato due giorni prima ed era veramente disgustata, poiché, da quello che aveva visto dai test che gli aveva somministrato, nei suoi tratti di personalità poteva rientrare benissimo un morboso interesse sessuale per i bambini.
Si alzò infastidita dalla sua sedia e si diresse nell’ufficio   due colleghi.
 
– Ragazzi è quasi ora di pranzo! Vi va di andare da Granny’s?
 
Olden scosse la testa, aveva un impegno con sua sorella per pranzo.
 
– Sarà per un’altra occasione, oggi il mio nipotino compie quattro anni!
– Auguri allora zietto! Cosa gli regali?
– Grazie Emma! Per quanto piccolino già è interessato ai videogiochi … gli regalerò qualcosa di adatto all’età, ma ancora non gli ho preso nulla, male che vada ripiegherò su abbigliamento!
– Tu Graham? Vieni dalla Signora De Luca?
– Io? Non saprei … forse … forse no …
 
L’espressione di Graham era piuttosto imbarazzata e fu lampante per Emma quale fosse il motivo: Ruby De Luca!
 
– Ok! Io tra un’oretta vado. Una bella porzione di lasagne non me la toglie nessuno oggi!
– Per quello da Granny’ s è ottima!
– Lo so Olden! L’ho assaggiata l’altro giorno, squisita veramente!
 
Passò quasi un ora e mezza in realtà e Olden si alzò per andare da sua sorella. Graham continuava a tenere la testa tra le scartoffie e Emma, pronta per andare a pranzo, si poggiò, con le braccia incrociate, allo stipite della porta del suo ufficio.
Graham percepì il suo sguardo indagatore e a sua volta la guardò con fare interrogativo, ma vagamente colpevole.
 
– Quindi hai paura della tua “Lupa mannara”?!
– Oh! Vacci piano con le diagnosi Swan! Solo perché mi sono confidato con te non significa che devi punzecchiarmi no?
– Pensavo di darti un aiutino piuttosto! Avevo capito che avessi detto di no  per Ruby. Non ti ho voluto dire nulla davanti a Olden!
– Beh! Per quello sei stata gentile, grazie!
– Di nulla! Ma credo che dovresti affrontarla Ruby. Sei in torto con lei. L’hai praticamente lasciata senza nemmeno un saluto. Sei fuggito in quel modo! Chissà come c’è rimasta male quella ragazza!
– Lo so che detto così suona come una vigliaccheria … forse sono stato vile veramente! Ma lei … lei … è troppo!
– Troppo che? Troppo bella? Troppo passionale per te?
– Troppo coinvolgente! Una così quando la molli!
– Perché dovresti mollarla se ti piace?
– Non mi sento pronto per una donna sola!
– Carina questa! Mi mancava proprio! Quante ne vorresti? Pensare che mi hai fatto pure la corte! Non sarei stata nemmeno l’unica donna della tua vita quindi! Sei proprio un Don Giovanni, Graham e Don Giovanni aveva qualche problemino se non ricordo male!
– Beh! Ti potrei dimostrare anche adesso che non ho il problemino di Don Giovanni! Io funziono benissimo!
– Si, certo! Hai una paura fottuta di avere una relazione stabile a quanto pare!
– Ci sono uscito una volta con Ruby! Mica le ho promesso di sposarla?!
– Chi ha detto di sposarla? Hai avuto un comportamento ben poco maturo che ha fatto male ad una persona che a te sicuramente ci tiene. Sicuramente è parecchio attratta da te, come tu non puoi negare di essere attratto da lei, ci sarà anche altro da scoprire no? E poi vuoi rinunciare a quelle meravigliose lasagne?!
 
Emma sorrise ironizzando sull’ultimo punto.
 
– Lei è … è …
- Che?!
– Troppo appariscente … troppo poco vestita …
- Ti vergogni di averla al tuo fianco?
– Non è proprio così … mi piace veramente … ma dovrebbe  …
- Mettersi un burqa? Sei un maschilista e un ipocrita Graham! Meglio che vada! O ti picchio per tutti gli stereotipi che ti stanno passando per la testa!
 
Emma si era buttata la tracolla su una spalla e, scuotendo i capelli lunghi mentre si voltava, imboccò la porta per uscire.
 
– Aspetta Emma!
 
Graham l’aveva richiamata correndole dietro.
 
– Forse hai ragione! Vengo anche io … prima o poi la dovrò affrontare o non avrò più il coraggio nemmeno di andare alla trattoria!
 
Emma gli rispose con un sorriso sghembo e dandogli una pacca d’incoraggiamento sulla spalla sinistra.
***
 
L’utilitaria di Emma era parcheggiata più vicina di quella di Graham e preferirono usare la sua. Nel giro di pochi minuti si ritrovarono al Granny’s.
Quel giorno c’era il pienone dalla cara Signora De Luca, ma essendo abbastanza tardi alcuni clienti stavano andando via, avendo appena finito di mangiare.
Un ragazzetto sui diciassette anni li fece accomodare. Aveva un cartellino con scritto il suo nome sulla camicia rossa. Si chiamava Peter e il rosso sembrava proprio il colore tipico del posto. Sia Emma che Graham si guardarono intorno. Di Ruby non c’era traccia. Peter tornò poco dopo per le ordinazioni ed Emma gli rivolse la fatidica domanda che sicuramente aleggiava anche nella mente del suo collega.
 
– Ruby non c’è oggi?
– Ruby? Si, c’è anche lei! È nel retro, sta preparando delle torte!
– Sa cucinare anche lei?
– Scherza Signorina? Mia cugina è brava quanto la nonna! La sua specialità sono proprio i dolci! Tra poco li porta di qua per metterli in vetrina. Se poi volete un pezzo basta che me lo chiedete!
– Interessante! Poi vedremo, intanto io prenderei una porzione di lasagne!
– Mi dispiace ma è andata a ruba oggi! L’abbiamo terminata, ma se vuole può assaggiare i tortellini, sono un’altra specialità della cucina emiliana!
 
Emma e Jamie si guardarono l’un l’altra e decisero di optare per i tortellini. La cucina italiana era tipica della trattoria Granny’s e dubitavano di restar delusi.
Non molto dopo arrivarono due piatti fumanti di tortellini al ragù e già dal profumo che emanavano, i due capirono che avevano fatto un’ottima scelta.
Iniziarono a mangiare con gusto, poi, mentre Emma teneva gli occhi rivolti al piatto, sentì Graham scoppiare in un colpo di tosse quasi a strozzarsi.
 
– Graham che succede?!
 
Jamie era rosso in viso e aveva gli occhi strabuzzati. Si stava dando dei colpi in petto con il pugno chiuso. Veramente il bolo gli era andato per traverso e quasi si era strozzato. Fortunatamente alla fine riuscì a deglutire normalmente e a riprendersi. Emma lo guardava preoccupata, poi con la coda dell’occhio vide un movimento e capì il motivo del quasi strangolamento di Gaham. Ruby era arrivata con le sue torte. Emma si voltò verso di lei per salutarla e la ragazza le rispose sorridendole.
Era la seconda volta che Emma la vedeva, ma non sembrava la ragazza della volta precedente. Era vestita con un paio di jeans neri aderenti e una maglietta rossa a mezze maniche per niente scollata. Nonostante l’abbigliamento fosse meno appariscente e sexy della volta precedente, esaltava il fisico statuario della giovane.
Emma tornò con lo sguardo verso Jamie.
 
– Ti lamentavi che fosse troppo poco vestita? Oggi hai la possibilità di vedere la versione completamente opposta!
 
Graham non rispose, completamente perso ad osservare Ruby. La ragazza lo aveva visto, ma stava evitando di guardarlo. Emma notò la sua espressione seria e impegnata nel suo lavoro. Le torte che aveva portato erano molto belle e avevano un’aria golosamente invitante.
 
– Che ne dici se la chiamo per avere un pezzo di torta?
– Se proprio devi!
– Dovrai pur dirle qualcosa Jamie! Nemmeno un saluto?
– Lei nemmeno mi guarda!
– Non che abbia tutti i torti no?
 
Emma chiamò Ruby e lei arrivò con un debole sorriso dipinto sul bel viso. Quel giorno portava i capelli a coda di cavallo e gli occhi risaltavano maggiormente sul volto. Emma riconobbe che Ruby fosse veramente una bellezza, peccato per quell’idiota di Jamie!
 
– Ciao Ruby!
– Ciao Emma!
– Ho visto che hai portato dei dolci bellissimi! Potrei assaggiare un pezzo delle tue specialità?
– Certo, ti porto la carta per la scelta!
– Ciao Ruby …
 
Anche Graham aveva tentato un saluto, ma Ruby non gli prestò nessuna attenzione e andò a prendere la carta del menù dolci.
 
– Hai visto? Nemmeno mi ha risposto!
– L’hai offesa per bene! Credo che le dovrai parlare in privato!
 
Il collega non le rispose ma continuò a guardare intensamente verso l’alta figura di Ruby.
 
– Certo che vestita di tutto punto è ancora più sexy di quando si acconcia in quel modo!
 
Emma sorrise tra sé. A Jamie Ruby piaceva veramente tanto, non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. La ragazza tornò con il menù e scambiò altre parole con Emma, consigliandola sui tipi di torte. Alla fine Emma si decise per una con crema al caffè e Ruby gliene fece avere subito una porzione.
Graham non sembrava avere più fame e mentre Emma gustava il suo dolce, improvvisamente il giovane agente si alzò e si diresse verso la porta del retrobottega, dove era sparita Ruby poco prima.
Emma aveva capito che non era riuscito a resistere ed era andato a chiarire a Ruby quello che doveva riguardo al suo comportamento. Si chiese se da lì a poco non si sarebbe sentito qualche piatto volare e il rumore dei cocci, ma più il tempo passava e nulla si sentiva.
Chiamò Peter per il conto e pagò anche per Graham. Dovevano tornare in ufficio. Si alzò e, pur con imbarazzo, si diresse verso la porta del retro. I clienti ormai erano andati via tutti. Era rimasta solo lei nel locale. Peter stava sparecchiando il tavolo e non si accorse che lei si stesse dirigendo verso la porta del retrobottega.
Dagli oblò a forma di rombo, Emma vide che Ruby e Jamie si erano chiariti abbastanza! Si stavano baciando talmente appassionatamente che di quel passo Ruby avrebbe rischiato una gravidanza!
Pur con fastidio e imbarazzo, Emma fu costretta a chiamare il suo collega, si stava facendo tardi! I due si sciolsero da quel bacio malvolentieri. Ed Emma sentì  chiaramente Jamie dire a Ruby che si sarebbero rivisti quella sera.
 
In macchina, mentre Emma guidava, non volle chiedere nulla al collega, ma lo vide molto assorto, con uno sguardo sognante.
 
“Vuoi vedere che ha trovato veramente la donna della sua vita?!”
 
Sorridendo tra sé e sperando per il suo collega e amico che fosse veramente così, lo riportò in ufficio e continuarono il loro lavoro con calma fino alle 16,30.
Quando si lasciarono, dandosi l’arrivederci per il giorno dopo, Emma si rimise in macchina per andare in Casa Famiglia. Aveva una gran voglia di riabbracciare i piccoli ospiti, erano un paio di settimane che non riusciva ad essere presente, impegnata come era stata con il lavoro.
 
Il giovedì era il giorno che Eloise Gardener andava a trovare sua figlia Alice, ma quel giovedì non fu così.
 
- È venuta giovedì scorso! Ha chiesto di te, voleva fare due chiacchiere e chiederti qualcosa su Alice! Stava così bene! Si è rimessa in forma ed è diventata proprio una bella ragazza! Il lavoro le sta andando bene fortunatamente, il percorso terapeutico pure e presto dovrebbe avere un appartamento tutto per sé e la bambina!
 
Mary Margaret le aveva riferito di Eloise ed Emma l’ascoltava con attenzione, mentre Neal stava cercando di salirle sulle ginocchia per darle un bacetto sulla guancia. Il piccoletto la distrasse per un attimo. Gli sorrise e lo abbracciò stretto al petto.
 
– Mi sei mancato lo sai?
– Mi sei mancata anche tu Emma!
 
Neal parlava benissimo ormai, mostrando un’ottima intelligenza e parecchia intraprendenza. Alice aveva avuto dei miglioramenti impressionanti e a Settembre sarebbe stata inserita in una scuola materna. Anche la biondina le si fece vicina, cercando una  carezza che Emma non  lesinò di certo a darle!
 
– Viene giovedì prossimo?
– Credo di si!
 
Il resto del pomeriggio passò velocemente con i bambini della Casa. Emma rimase a cena con loro, seguendo chi ancora aveva difficoltà ad impugnare una forchetta o un cucchiaio. Neal cercava di imitarla, incoraggiando gli altri bambini. Ad Emma faceva una grande tenerezza, così piccino voleva fare il grande anche lui. Mary Margaret lo guardava con infinita dolcezza e si scambiò uno sguardo materno con Emma. Alice non aveva più difficoltà in quell’autonomia e sia Emma che Mary la lodarono per incrementare la sua autostima.
 
***
Era tornata da poco alla bianca villetta dove abitava e, come si aspettava, il suo cellulare si accese mostrando quella K che lei non vedeva l’ora di veder lampeggiare. Killian era arrivato nel buio della notte, come le due sere precedenti. Gli corse incontro quando lui aprì la porta appena schiusa. Fu spontaneo per lui sollevarla tra le braccia e ruotare con lei in braccio, come se fosse una bambina.
 
– Swan! Non hai messo quel sexy baby doll questa sera?
– Sono tornata da poco, non ne ho avuto nemmeno il tempo!
– Fai spesso così tardi in ufficio?
– No, non oggi! Sono stata in Casa Famiglia!
– Cosa fai fino a quest’ora lì?
– Ho cenato con i bambini e poi ne ho messo a letto qualcuno!
– Non mi sembra proprio il tirocinio di una Psicologa questo!
– Non fa parte di quel tirocinio, ma a me piace stare con quei piccoli, mi fa star bene e poi mi sono affezionata troppo a due di loro!
– Per quanto ne so io, sono bambini che saranno adottati o torneranno con i loro genitori, andranno comunque via da lì … soffrirai se ti affezioni troppo!
 
Tenendosi per mano e parlando, si erano diretti sul divano. Killian era veramente interessato a come avesse passato la giornata e le fece altre domande sulla Casa Famiglia.
 
– Lo so che si soffre! Ma quei bambini hanno bisogno d’amore, già è successo che qualcuno è andato via, ma i due che amo maggiormente non corrono questo pericolo, uno è il figlio dei responsabili della C.F. e la femminuccia ho intenzione di continuare a vederla anche quando la madre la potrà riprendere. È grazie a questi due piccoletti che ho superato il lutto di nostro figlio!
– Oh Love!
 
Killian l’aveva guardata con tenerezza e profondo affetto. Gli faceva un certo effetto sentirla dire quelle due parole: “nostro figlio”. Le accarezzò una guancia e poi le portò la mano dietro il collo, avvicinandola a sé per darle un bacio sulla fronte.
Emma cercò le sue labbra e si sporse verso di lui. Le braccia di Killian la circondarono e si scambiarono un lungo bacio, tenero e passionale insieme. Quando si sciolsero Killian la guardò con uno sguardo assorto e interrogativo.
 
– Che c’è Killian?
– Pensavo che è stata un’esperienza tremenda quella del nostro bambino e mi chiedevo se tu ne vorresti avere altri … so che non è facile …
- Non era una cosa calcolata né voluta, ma ero felice di avere Henry …
- Lo hai chiamato come mio zio …
- Mi avevi detto che avresti dato quel nome a un tuo figlio … volevo esaudire il tuo desiderio! Comunque per averne altri l’unico problema è di avere una relazione stabile. Non ho intenzione di avere gravidanze inaspettate e soprattutto voglio che mio figlio possa avere un padre, viverci insieme … insomma … se avrò un altro figlio voglio garantirgli una famiglia come si deve!
– Io ti andrei bene come padre dei tuoi futuri figli?
– Sei l’unico con il quale vorrei averne Killian! Ma non più per errore, solo perché sarebbe un frutto del nostro amore. Prendo la pillola e voglio essere responsabile di me stessa e di un possibile bambino. Sai bene cosa provo per te, o cosa provavo per te quando eri Kim Steward. Quando hai iniziato a farti conoscere come Killian Jones, anche se non sapevo che fossi Kim, ho sempre avuto una strana sensazione. Lo sai che ti ho chiamato per sbaglio Kim, mi sembrava di diventar matta, il tuo accento irlandese, i tuoi modi di dire! Anche se la voce era diversa, per il filtro che usavi, mi sembrava di avere ancora Kim!
– Mi hai dato la possibilità di riagganciarti con quello svenimento nel parco! Mi mancavi troppo Emma! Non mi bastavano le notizie da parte di Sebastian. Su Lorna non potevo contare! Era arrabbiata con me per averti coinvolta e non mi avrebbe passato nessuna notizia, non sapeva tutto ma aveva capito. Ho fatto in modo che ti seguisse, so che è molto brava …
- Lorna è una donna eccezionale, te lo garantisco. Mi ha aiutata tanto, veramente, e il fatto che tu continuavi ad essere presente, mi faceva sentire di meno la mancanza di Kim. Ho iniziato a conoscerti nel modo in cui non avevo avuto la possibilità di conoscerti come Kim e ti amo più di prima!
– Non riesco a credere che tu possa amarmi nonostante quello che ti ho fatto …
- Amare significa anche saper perdonare Killian! L’odio ci allontana dalla realtà e dalla verità! Bisogna chiedersi del perché capitino le cose che accadono … magari si scopre che la persona che sembra ti abbia fatto del male, lo ha fatto per evitarti un male maggiore …
- Stai parlando ancora di me e di te Swan?
– Anche e non solo Killian! Se un giorno noi avremo insieme quella casetta e bambini nostri … sarà bello che abbiano anche dei nonni …
- Zio Henry e zia Janette saranno dei nonni fantastici e penso anche tua zia Ingrid no?
– Lo so che per te è un argomento duro da affrontare Killian … io non ho più i miei genitori … no! Fermo dove sei, non ti faccio fuggire!
 
Killian aveva capito dove voleva andare a parare Emma e stava cercando di alzarsi dal divano, ma lei gli aveva ripreso le braccia e se le era riportate intorno alla vita, riprendendogli poi il viso e guardandolo negli occhi.
 
– Tu detesti tuo padre … ne avrai anche motivo, non ne dubito! Ma cosa sai del suo affetto per te? Sai tutti i motivi per cui ti ha fatto del male? Hai mai parlato con lui di cosa vi ha diviso? Non posso credere che tu veramente odi tuo padre! Sono convinta che quella collana sia stato un suo regalo, magari era lui a raccontarti la storia di Captain Hook! Era veramente un così cattivo padre? Quanto c’è di lui in te? Nei tuoi modi di fare, di mentire per un bene superiore?
 
Killian era sicuramente colpito nel profondo da quanto Emma stava dicendo. I suoi occhi azzurri erano velati di tristezza ed Emma lo vide deglutire, mentre, un guizzo del muscolo, lungo la guancia, gli confermò lo stato emotivo che stava provando in quel momento.
 
– Stai facendo la psicologa con me Emma?
- È quello che sono, oltre alla donna che ti ama! Ho imparato che diventiamo genitori simili ai nostri Killian! Dobbiamo imparare con coscienza dai loro errori per non commetterli con i nostri figli! Abbiamo parlato di un nostro possibile futuro, di possibili bambini … Non mi dispiacerebbe se il nonno di mio figlio gli raccontasse un giorno la storia di Captain Hook! Poi magari suo padre gliene potrebbe raccontare anche una versione moderna, con un Captain Hook che combatte il narcotraffico …
 
Killian era visibilmente emozionato dalle parole di Emma e la strinse maggiormente al suo petto, portandole la testa nell’incavo del proprio collo.
 
– Amavo profondamente mio padre … hai ragione! Mi ha regalato lui questa collana … ma non sono pronto a perdonarlo … sono troppo arrabbiato con lui. Pensavo mi volesse bene … mi ingannavo …
- Forse è solo quello che credi Killian! Non hai la sua versione!
– Non posso incontrarlo ancora …
- Dovresti invece!
– Consiglio da Psicologa?
– Anche da psicoterapeuta se vuoi!
 
Si scambiarono un altro tenero bacio. Killian era semi allungato, con la schiena poggiata al bracciolo del divano candido ed Emma era adagiata sul suo torace. La mano della ragazza iniziò a sfiorare il triangolo di pelle che appariva dall’apertura della camicia azzurra e prese ad aprire qualche bottone in più, provocando un piacevole brivido a Killian. Lo baciò sul petto e lui le accarezzò la nuca, facendo scorrere i capelli biondi tra le proprie dita.
 
– Mi dai  brividi caldi Emma!
 
Lei rise contenta.
 
– Lo sai che prima di conoscerti la mia amica Regina mi prendeva in giro perché non mi piaceva nessuno? Io le dicevo che nessuno mi provocava il brivido giusto!
– Io ti ho provocato quel brivido?
– Ahimè si Jones! Da quando ho incrociato i tuoi occhi e mi hai sfiorato la mano, in quella discoteca, per ridarmi la pochette che mi era caduta!
– La cosa è stata reciproca Swan!
 
Un altro baciò fece tacere entrambi, poi, dopo un lungo tempo di quella  passionale espressione, Killian parlò nuovamente.
 
– Love … la mia schiena su questo divano reclama un luogo più consono e comodo per scambiarci altri brividi!
– Amore la tua vertebra! Ti fa male? Scusami … non ci stavo pensando!
– Nemmeno io … stavo pensando ad altro in effetti …
- A cosa?
– Non è chiaro Dottoressa?
 
Le mani di Killian si infilarono sotto il maglioncino di Emma e le accarezzarono la pelle nuda, fino ad arrivare al gancetto del suo reggiseno. In un attimo lo aprirono e passarono sotto le coppe dell’indumento, stringendole i seni e facendone inturgidire la sommità.
 
– Abbiamo solo quest’ultima notte Swan!
– Anche se non tornerai presto da me … quando ci vorremo incontrare dove lo faremo?
– Troveremo il posto giusto Love!
– L’appartamento dove vivevi come Kim?
 
Killian rimase un attimo in silenzio. Non poteva tornare in quell’appartamento, sapeva bene che fosse occupato da Brennan! Quando era a Boston utilizzava il rifugio segreto di Captain Hook, situato proprio nel sotterraneo dello stesso edificio. Non poteva certo portare Emma nella base segreta! Non sapeva che Emma fosse a conoscenza del fatto che l’appartamento fosse occupato da suo padre, lei lo aveva voluto mettere alla prova.
 
– Non è possibile lì!
– Perché? È sotto sequestro per l’omicidio di Kim? Sono passati due anni ormai!
 
Tanto valeva che le dicesse la verità, almeno riguardo all’appartamento.
 
– Visto che sei tanto premurosa nei confronti di mio padre … sappi che, da poco dopo il finto omicidio di Kim, è tornato a vivere lì!
– Non viveva in Florida?
– Chi te lo ha detto?
– Elsa ovviamente!
– Già, la mia bella cognatina! Comunque a quanto pare per motivi di salute si è ristabilito a Boston!
– Sta male?
– Saranno acciacchi dell’età Emma! Non me ne voglio preoccupare!
 
Emma era sicura che Killian non sapesse tutto sulla salute di suo padre, ma per quella sera avevano parlato abbastanza di lui. Era il momento di pensare solo a loro due e lo fecero nel modo che preferivano. Si alzarono da quel divano e corsero su per le scale, inseguendosi come due ragazzini. Poi Killian l’afferrò da dietro la schiena.
 
– Ti ho presa Swan!
 
Iniziò a darle baci dietro il collo, risalendo verso l’orecchio e accarezzandole il seno sotto la maglia. Lei si voltò tra le sue braccia.
 
– Non volevi che indossassi il mio baby doll?
– Al diavolo il tuo baby doll! Lo sai che non ne hai bisogno!
 
Si buttarono ancora l’uno sulle labbra dell’altra e la loro notte d’amore riprese il via, con la passione e il desiderio dell’ultima volta prima di un nuovo lungo periodo di lontananza. Prima di ricadere sul letto di Emma, Killian l’avvisò.
 
– Love! Domani dovrò partire presto. Non ti sveglierò se dormi!
– No! Svegliami ti prego!
– No! So come andrebbe a finire e non posso tardare!
– Hai un appuntamento?
– Dovrò ripartire per l’Irlanda, ma prima dovrò fare una visita di controllo dal chirurgo che mi ha operato. Ho appuntamento con lui domani mattina!
– Mi farai sapere come è andata?
– Se potrò ti chiamerò, ma non te lo posso promettere. Sei una grande distrazione per me lo sai?
 
Lei aveva sorriso e lo aveva baciato con impeto. Poi … poi anche quelle poche ore notturne appartennero ad entrambi.
 
***
Un uccellino cinguettava in giardino. Emma si rigirò nel letto. Improvvisamente ebbe la consapevolezza di essere sola tra le lenzuola e, svegliata del tutto dal cinguettio, aprì gli occhi e chiamò.
  
– Killian!
 
Si alzò di scatto, sperando di essere in tempo per salutarlo, ma era andato via. Come le aveva detto non l’aveva svegliata.
Erano le cinque di mattina, forse era andato via subito dopo che lei si era addormentata. Si alzò dal letto rammaricata di non averlo potuto salutare. A piedi scalzi si avvicinò alla finestra e guardò dai vetri. Era così presto che ancora c’era penombra, giusto qualche filo striato di rosa dipingeva il cielo all’orizzonte e per strada non passava nessuno.
Si voltò verso il letto e vide qualcosa sul suo comodino. Si avvicinò incuriosita. Allungò la mano verso l’oggetto e sorrise.
 
– Amore mio! Sei un romanticone lo sai?
 
Killian le aveva lascito un bigliettino. Aveva preso dalla sua scrivania una matita rossa e aveva tracciato su quel foglietto due perfetti cuori simmetrici, incatenati l’uno all’altro e su un lato di ognuno di essi aveva segnato le loro iniziali, una piccola E ed una piccola K.
 
– Ti amo tanto Killian Jones!
 
 
Ultimo giovedì di marzo 2010
 
Era passata una settimana precisa dall’ultima volta che aveva visto Killian. Non l’aveva chiamata e non le aveva fatto sapere nulla della visita. Essere all’oscuro della sua vita le faceva male, ma Emma era consapevole di quanto lui le avesse detto e chiesto.
 
Le indagini sul serial killer procedevano infruttuose. Almeno non era capitato nessun altro omicidio a lui adducibile e le giornate erano trascorse  nella routine quotidiana delle solite attività, a parte le lezioni che Lorna aveva chiesto ad Emma di fare al suo posto agli allievi del primo anno!
Graham l’aveva guardata e le aveva fatto l’occhiolino, contento per lei. Emma non era stata nella pelle quando Lorna le aveva dato quel compito, era un’altra dimostrazione della stima che il Maggiore Stone avesse delle sue capacità.
 
Con i colleghi andava molto bene, specie con Graham, con il quale l’affiatamento era completo. Il giovane aveva ripreso a frequentare Ruby ed era più disorientato della prima volta che era uscito con lei.
Emma era diventata ormai la sua confidente e la sua consulente. Quando le aveva raccontato che la seconda volta che era uscito con la bella mora questa si era vestita come una monaca e non avevano fatto nulla di quello che lui si aspettava, Emma era esplosa in una sonora risata.
Gli aveva risposto che Ruby era proprio la ragazza per lui. Quella che gli sapeva tener testa e reggere il gioco tra loro.  Andare in bianco, per quello che voleva lui, significava però darsi il tempo di parlare e conoscersi meglio. Quella settimana era andata proprio così per Jamie e Ruby. Lui aveva scoperto che la ragazza fosse anche una gran romantica. Gli piacevano quei film che lui odiava, ma le piaceva anche leggere libri filosofici e scientifici. Per Jamie, Ruby era un mistero e una scoperta continua e più la frequentava  più le piaceva.
***
 
Quel giovedì pomeriggio Emma uscì prima dal lavoro per andare in Casa Famiglia. Ormai non era più una tirocinante, era semplicemente una volontaria che prestava la sua professionalità gratuitamente e faceva anche di più per i piccoli ospiti. Quel giorno Eloise Gardener sarebbe andata a trovare sua figlia Alice, sapeva che desiderava parlarle, come le aveva riferito la volta precedente Mary Margaret.
 
Quando Emma arrivò alla bella casa dei Nolan, Eloise era già lì. Era un pezzo che Emma non la vedeva e rimase sbigottita. Quasi non la riconosceva. Aveva cambiato pettinatura, non portava più tutte quelle trecce e treccine, aveva optato per un taglio lungo e morbido che le donava particolarmente. Era diventata, nella sua semplicità, più sofisticata ed era veramente bella! Mary Margaret Aveva avuto ragione il giovedì prima!
 
Eloise fu felicissima di rivederla. L’abbracciò con affetto e la ringraziò ancora per i progressi che stava facendo fare a sua figlia. Rimasero insieme ad Alice per una mezzora, poi Emma le lasciò per andare da altri due piccoli che erano arrivati da poco nella struttura. Prima di andar via Eloise la cercò nuovamente. Emma notò la sua espressione raggiante, era contenta e sicuramente voleva condividere con lei la sua gioia. Emma era felice per lei che la vita iniziasse a sorriderle, in fin dei conti aveva avuto delle esperienze orribili, meritava un po’ di serenità e felicità!
 
Si ritirarono nella stanza che Emma usava come piccolo studio quando era lì dai Nolan. Si misero sedute alla scrivania ed Eloise le prese le mani per la gioia, sembrava non riuscire a stare seduta.
 
– Emma non sai quanto sono contenta!
 
Emma rise.
 
– Lo vedo Eloise, e sono felice per te se le cose vanno bene!
– A gonfie vele! Potrò chiudere tra breve con la comunità. Il due maggio ci sarà l’udienza e poi finirà il programma di protezione. Del lavoro ti ho detto l’ultima volta che ci siamo viste, il mio capo mi lascia molte responsabilità e sto gestendo il negozio da sola!
– Brava! Visto che l’impegno ripaga?
– Non è tutto!
– Wow! Quell’espressione mi dice che ci sono cuoricini nei tuoi occhi! Hai conosciuto un ragazzo?
– Ci sei andata vicina Emma! Andrew mi ha chiamata un paio di settimane fa!
– Andrew?!
– Si, sempre lo stesso Andrew che mi ha aiutata in Colombia!
 
Emma aveva cambiato espressione, non sorrideva più come prima, aveva capito che Andrew fosse un altro nickname di Killian e che Eloise avesse un debole per lui non lo aveva mai nascosto!
 
– Si mi ricordo!
– Insomma, mi ha chiamata è mi ha detto che stava abbastanza bene, a parte il busto che porta ancora durante il giorno. Ci siamo sentiti per tutta la settimana e venerdì siamo usciti insieme, mi ha portata a cena fuori!
– Ma non sei sotto protezione?
– Si, è vero! Ma lui ha un permesso speciale e poi non siamo stati lontano dalla comunità, era un ristorantino nei paraggi, molto discreto …
- Ah!
 
Ad Emma lo stomaco stava facendo uno strano effetto. Aveva visto Killian fino al giovedì precedente, era andato via il venerdì mattina presto perché aveva un appuntamento con il suo chirurgo e la sera era andato a cena con Eloise?! Non le aveva detto che doveva ripartire?
 
– Una serata romantica?
– Mio Dio Emma! Quell’uomo è meraviglioso, un vero gentiluomo!
– Immagino!
– Mi ha regalato anche un mazzo di fiori, sa che sono la mia passione! Anche per quello mi aveva trovato il lavoro dal fioraio!
– Certo … chiaro …
- Ci siamo rivisti anche domenica pomeriggio!
– Pure?!
– Si, poi è partito per qualche giorno, ma mi ha chiamata tutti i giorni! Che amore!
– Già!
– Ma non mi aspettavo quello che è successo ieri sera!
– Cosa …
 - Mio Dio Emma! Mi ha chiesto di sposarlo!
 
Per poco Emma non faceva saltare in aria la scrivania, per il colpo che vi aveva dato sotto con le gambe.
 
– Co-cosa?! Ma … ma … non lo conosci così bene da … da sposarlo!
“Non è possibile! Non è Killian! Non è lui! Tutti quei discorsi che abbiamo fatto! No! Mi sono sbagliata! E poi questo si chiama Andrew! Ho preso una cantonata non è lui!”
– A te posso dirlo Emma, ma resti tra noi, nemmeno lui vorrebbe che si sapesse!
– C-che?!
– Andrew non è il suo vero nome e non è un giornalista! È un agente in incognito! Mi ha detto il suo vero nome, non potrebbe sposarmi con un nome falso! Tra un paio di mesi sarò la Signora Jones!
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
Se ad Emma non è preso un infarto questa volta …
Che starà combinando Killian Jones? Quella maliarda di Eloise con uno sguardo se lo sarà portato a letto come nel telefilm? Anche Emma riconosce che è bella … temo proprio che questa volta Killian l’abbia fatta grossa!
Tutte le cose dolci e carine che si sono dette in quei tre giorni d’amore? Quante bugie sanno raccontare gli uomini!
Sarà veramente così?
Beh! Io ho scritto abbastanza per questa volta! Spero di riuscire a pubblicare se internet me lo consente. C’è un tempo pessimo questa sera, tra lampi e tuoni. Immagino che Emma li stia vivendo anche nella sua testa in questo momento!
Grazie a chi leggerà, a chi commenterà e anche a chi mi insulterà per questa evoluzione inaspettata!
Bye Bye! Buona settimana a tutti!
Lara
 

 
 

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Capitolo 38
*** Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. ***


Capitolo 38

Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio

 
Quel maledetto autobus sembrava non voler arrivare più alla fermata quella sera!
Emma sentiva la testa scoppiarle. Avvertiva una fortissima nausea e aveva solo voglia di vomitare.
Finalmente la sua fermata arrivò e lei si gettò letteralmente dalla porta del mezzo pubblico, respirando una boccata di aria fredda, sperando che la nausea arretrasse.
Nonostante ci avesse impiegato più del solito, e sicuramente di più rispetto all’auto di sua zia Ingrid, Emma si rese conto che era stato meglio viaggiare con l’autobus piuttosto che con la propria auto. Non era sicura che sarebbe riuscita a tornare sana e salva a casa quella sera. Dire che fosse sconvolta era poca cosa.
 
Scesa dall’autobus corse verso la villetta bianca, dove l’attendevano sua cugina Anna e sua zia Ingrid. Iniziò a prendere le chiavi di casa che ancora non era davanti alla porta e, quando vi arrivò, fu svelta a far scattare la serratura e ad entrare. Non chiamò sua zia, come faceva di solito, per avvisare di essere a casa. Corse velocemente su per le scale, tenendosi una mano davanti alla bocca e l’altra sullo stomaco.
Ingrid era in salotto e la vide correre veloce come un fulmine verso la sua camera da letto.
 
– Emma?! Tutto bene? Cos’è quella corsa? 
- Mamma è tornata Emma?
– Si Anna, ma qualcosa non mi convince! Vado a vedere, tu apparecchia la tavola intanto!
 
Insospettita e preoccupata, Ingrid seguì sua nipote in camera da letto e, dai conati che sentì provenire dal bagno della stanza, capì il motivo della corsa di Emma. Repentina entrò nel bagno con l’intenzione di aiutare la ragazza. Emma era piegata sul water ed era alle prese con un altro conato. Ingrid le tenne i capelli dietro la schiena e le resse la fronte. Si accorse che Emma scottasse e ne immaginò di tutti i colori. A causa del deficit immunitario dovuto al vecchio intervento alla milza, Emma fin da piccola prendeva ogni tipo d’infezione!
 
– Tesoro hai mangiato qualcosa di indigesto?
 
Quella era la prima domanda che Emma si aspettava da parte di sua zia e, quando riuscì a tirarsi in piedi, boccheggiando, se la ritrovò servita subito.
Aveva mangiato quello squisito piatto di tortellini da Granny’s, ma a ripensarci in quel momento nessun cibo era appetibile. Inoltre, da pranzo, non aveva toccato altro, nemmeno la sua adorata tazza di cioccolato, panna e cannella che spesso prendeva come merenda.
 
– Immagino che tu non abbia nemmeno cenato in Casa Famiglia, sei tornata così presto!
 
Quella sera non avrebbe avuto nemmeno la forza di cenare in casa sua, figuriamoci dai Nolan, con la notizia avuta poco prima proprio lì! 
 
- Non ho mangiato nulla che mi sia stato indigesto mamma!
– Allora chissà cosa avrai buscato questa volta?!
 
Che doveva risponderle? Che, tanto per cambiare, si era presa una delusione da cuore spezzato?!
 Aveva sentito cadere i cocci quando Eloise le aveva detto che entro un paio di mesi sarebbe diventata la Signora Jones. Quella si, che era stata una notizia “indigesta”!
Se ripensava a tutta la situazione, ancora le tremavano le gambe e le veniva nuovamente da vomitare. Nemmeno ce l’aveva con Eloise in verità. Non riusciva a prendersela con lei, perché i suoi strali velenosi erano diretti, dritti dritti, verso Killian Jones.
Ma che razza di stronzo era? Non gli era bastato frantumarle il cuore fingendo di morire come Kim Steward? L’aveva illusa come Killian Jones, era stato dolcissimo, passionale, romantico, amorevole, attento e accurato nell’amarla come il migliore degli amanti. Le aveva detto cose che le avevano sciolto anche l’anima, le aveva chiesto, in un certo senso, di essere il suo futuro, di avere una vita con lui, dei bambini …
 
“Tutte cazzate! E io le ho bevute tutte! Idiota che sono! È un agente esperto, un grande attore! Un mago della seduzione! Ha fatto innamorare Milah prima di me, usandola! Io, pivella, ci sono caduta con tutti e due i piedi quando l’ho conosciuto come Kim ed ora? Ci sono cascata peggio di prima! Faccio pure la Psicologa nella F.B.I.? Sai le risate che si sarà fatto? Se ripenso a quelle tre notti! La porta non gliela dovevo aprire ma sbattere in faccia! Pure i pancakes gli ho cucinato! 
 
- Emma?!!
– Che?!
– Tesoro si può sapere che hai? A cosa stai pensando? Ti parlo e non mi rispondi! Mi stai facendo preoccupare veramente! Chiamo la dottoressa Spencer?
 
La Dottoressa Dorotea Spencer era il loro medico di famiglia da anni. Conosceva Emma fin dal suo arrivo a casa Frozen. Ma che poteva il medico in quella situazione?
 
 – Mamma non è nulla! Non sono malata! Sono solo stanca, credo che mi metterò a letto!
– Stanchezza dici? Eppure mi sembra che qualche linea di febbre tu ce l’abbia!
 
Emma era sicura di averla veramente la febbre! Si sentiva ribollire il sangue nelle vene. Possibile che Killian l’avesse presa in giro in quel modo? Ma che si doveva aspettare da uno che era partito come “pirata informatico”? Si faceva pure chiamare Captain Hook! Affascinato dall’idea del pirata fin da bambino! Non era altro che un pirata bugiardo anche nella vita di tutti i giorni, sia nel lavoro che nei sentimenti!
Se lo avesse avuto davanti in quel momento lo avrebbe preso a schiaffi e a pugni!
 
Mentre il suo cervello inveiva contro Killian, Ingrid era uscita e rientrata dalla stanza. In mano aveva il termometro e glielo porse.
 
– Vediamo! Poi ti darò un antipiretico nel caso …
 
Emma aveva preso il termometro e lo aveva inserito sotto l’ascella sinistra.
 
– Quindi? Cosa ti senti?
– Un forte mal di testa mamma … nausea fino a vomitare!
– L’ultima volta che hai avuto nausee così forti eri incinta Emma!
– Non corro questo rischio ora!
– Non lo avrei mai creduto nemmeno io l’altra volta. Non sapevo avessi un ragazzo segreto! Non mi farai qualche altra sorpresa Emma?
– Mammaaa!
– Va bene scusami! Ma quell’esperienza è stata tremenda, non vorrei che tu la ripetessi e non vorrei ripeterla nemmeno io!
 
Che non fosse incinta Emma lo sapeva con certezza. Per quanto avesse avuto rapporti con Killian e fossero stati completi in tutti i sensi, lei era coperta dalla pillola e questa volta non aveva preso nessun antibiotico.
 
– Vediamo la temperatura … cinque minuti sono passati!
 
Emma si tolse il termometro contro voglia, non le andava proprio di sentire altre preoccupate esclamazioni di sua zia e nonostante lei le porgesse la mano per farsi dare il termometro, preferì leggerselo da sola.
Come sospettava la temperatura corporea era alterata, salendo a 38 gradi.
 
– Hai la febbre?
– Un po’, ma non è un problema virale mamma, ne sono sicura!
 
Ingrid la guardò storcendo la bocca.
 
– Voglio crederti Emma, ma il paracetamolo lo prendi comunque! Oltre ad abbassarti la temperatura ti aiuterà con il mal di testa. Se la nausea dipende da quello si calmerà anche essa!
 
Emma non poteva dire nulla in contrario, sapeva che Ingrid avesse ragione. Si allungò sul letto e chiuse gli occhi, mentre Ingrid scendeva a prenderle il medicinale.
L’affronto di Killian era un chiodo fisso nella sua mente. Non riusciva a crederci. Aveva intenzione veramente di sposare Eloise Gardener?! Perché?
 
 – Tesoro prendi la medicina … Anna ha apparecchiato in tavola, la cena è pronta, vuoi mangiare qualcosa?
– No mamma! Non lo voglio sentire nemmeno nominare il cibo!
– Come vuoi, magari dopo ti porto un bicchiere di latte, vado ad avvisare Cora ora!
– Cora? Di cosa la devi avvisare?
– Che non esco più questa sera!
 
Solo in quel momento Emma realizzò che sua zia fosse vestita in modo più ricercato rispetto al suo modo, comunque elegante, di stare in casa.
 
– Dovevi uscire?
– Si, Violet Scarlet ci aveva invitato a festeggiare con lei!
– La tua amica professoressa?
 
La Professoressa Scarlet, di qualche anno più giovane di Ingrid, era stata insegnante di matematica di Anna e, grazie all’amicizia che aveva da anni con lei, aveva sempre avuto un occhio di riguardo per quella zuccona di sua figlia. Ingrid glielo ricordava sempre ad Anna che se non fosse stato per Violet, il diploma di maturità avrebbe potuto solo sognarlo!
 
– Scusa mamma, ma perché non vai? Esci raramente! Per una volta che c’è qualcosa da festeggiare!
– Capirai che festeggiamento! Violet vuole offrirci da bere perché si è finalmente liberata di quell’animale di Alan!
– Non è suo marito?
– Marito! Se quello si poteva definire marito, io dovrei definire il mio povero Ector un Santo tra i Santi! Ma gli uomini mia cara non sono tutti uguali sai? Io e Cora che avevamo due uomini stupendi, li abbiamo persi in un attimo per problemi di salute! La povera Violet ha dovuto subire per tutti questi anni un uomo bugiardo e traditore, che la denigrava di continuo! Non sai quante volte si è sfogata con me e con Cora! Io le avevo suggerito di fare una terapia di coppia, Cora la conosci! Drastica come è le aveva detto subito di chiedere il divorzio!
– Così alla fine lei ha chiesto il divorzio …
- Noo! Lei è sempre stata troppo debole davanti al marito e non c’è mai riuscita a fargli un discorso del genere! La cosa bella è che è stato lui a chiederle il divorzio! Ha trovato una povera idiota di venticinque anni che lo idolatra! Come si può essere cieche davanti all’amore!
– Già! Proprio cieche …
- Quando si accorgerà che tipo ha al fianco sarà troppo tardi poveretta!
- Già, sempre tardi!
– Bene vado a telefonare!
– Mamma?
– Si?
– Sai che ti dico? Che forse è proprio il caso che tu vada a festeggiare con Violet! È finito un cattivo matrimonio e la sofferenza di una donna innocente no? Vai dalla tua amica! Io tra poco mi sentirò meglio e poi c’è anche Anna in casa!
– Sicura?
– Sicurissima e alla fine dei conti anche tu hai bisogno di distrarti un po’!
 
Dopo altro tergiversare di Ingrid, alla fine Emma la convinse ad andare fuori con le sue due amiche.
Anna si affacciò da lei dopo una mezzora. Dal suo muoversi continuo, avanti e indietro nella stanza, Emma capì che Anna volesse chiederle qualcosa che non aveva nulla a che fare con la sua salute.
 
– Anna? Forse è meglio che ti decidi a dirmi quello che devi! Il tuo andare avanti e indietro mi incrementa il mal di testa!
– Oh scusami Emma, ma sono così eccitata!
– Anna è una vita che sei così! Tu non sei eccitata, sei “agitata”!
– No, no! Questa volta sono eccitata proprio!
– Che ti è successo di così strabiliante?
– Sono stata a vedere degli abiti da sposa questa mattina!
“Ci risiamo con i matrimoni oggi! Non vorrei più sentirne parlare!”
– Capisco! Hai trovato il tuo?
– Sono tutti uno più bello dell’altro Emma! Non sono riuscita a decidere!
– Con te c’era pure la mamma?
– Forse quello è stato il problema! Lei optava per un vestito a sirena, tempestato di lustrini e perline! Io invece volevo qualcosa di più ampio, tipo … tipo …
- Principessa della Foresta Incantata?
– Beh! Si, più o meno!
– Non c’ era quello che avevi in mente tu?
– Siiiii! Dio mio Emma! È un abito bellissimo!
– Scusa ma allora dove sta il problema?
– Il problema è l’imposizione di mia madre! Inoltre oggi siamo andate per farci un’idea, martedì andremo anche con mia suocera e se anche lei la pensasse come la mamma?
– Anna sei tu che ti sposi, non loro! Scegli quello che vuoi tu no?
– Non voglio iniziare il matrimonio litigando per uno stupido vestito, ma non voglio scontentare nessuno!
– Non mi starai per caso chiedendo di venire con te martedì per spalleggiarti?
– Emma ti prego! Lo faresti per favore?
 
Anna era veramente carina e buffa! La guardava con quegli occhioni imploranti e le mani giunte. Elsa non poteva essere presente e in effetti qualcuno doveva dare manforte alla futura sposa. Ridendo Emma rispose di sì e Anna cominciò a saltellare per tutta la stanza. Emma pensò che per una che doveva avere la maturità di sposarsi, Anna sembrava ancora troppo ragazzina, ma sapeva che il sentimento tra lei e Kris era profondo e maturo.
 
“Lei si che è fortunata! Kris è stato sincero con lei fin dall’inizio! Si sono innamorati velocemente e il loro amore in questi anni non ha fatto che crescere con loro! Sono contenta per lei e per lui!”
 
Felice come una Pasqua, Anna tolse il disturbo, lasciandola a rimuginare con i suoi pensieri.
 
“Gli uomini non sono tutti uguali sai?”
 
L’affermazione di Ingrid le risuonava in mente.
 
- Certo gli uomini non sono tutti uguali, ma nemmeno le donne sono tutte uguali!
 
Il lavorio mentale di Emma avrebbe fatto sentire rumore ad una persona vicina. La sua fervida intelligenza stava formulando ipotesi di ogni tipo. La rabbia e il mal di testa stavano affievolendosi, merito sia del paracetamolo che delle chiacchiere fatte con Ingrid e Anna.
Si voltò verso il comodino e prese l’agendina che vi teneva sul ripiano. L’aprì ed estrasse il bigliettino piegato che vi aveva messo dentro, precisamente una settimana prima. Si mise seduta sul letto con le gambe incrociate e aprì il bigliettino. I due cuori disegnati con la matita rossa campeggiavano perfetti al centro del foglietto, le due iniziali si leggevano chiaramente, una E ed una K. La sua iniziale e quella di Killian.
 
“Non mi aveva voluto svegliare, ma mi ha salutata in questo modo! Non è fuggito come un ladro … non lo ha fatto nemmeno i due giorni prima …”
 
Nonostante fosse coinvolta emotivamente al 100 per 100, Emma stava cercando di analizzare il comportamento che Killian aveva avuto con lei in quelle tre meravigliose notti che avevano passato insieme. Ripercorse ogni momento, dal suo presentarsi sotto la finestra, lanciando brecciolini al vetro, a tutti i suoi comportamenti. Non voleva quasi entrare la prima sera perché gli era sembrato sconveniente. Ricordava i suoi imbarazzi, il suo gesto di toccarsi l’orecchio e la nuca. Tutti i discorsi tra un amplesso e l’altro …
Il sesso aveva potuto condizionare quello che le aveva detto? Erano stati bene insieme, si erano amati con ardore, lui era stato generoso, si era premurato di pensare prima al piacere di lei che al proprio. Era solo un vezzo narcisistico? No … non lo era. Killian l’aveva amata veramente in quelle tre notti e tutto quello che le aveva detto, parlava egualmente d’amore.
Dietro alle bugie che ormai conosceva, Emma sapeva che Killian fosse un uomo straordinario. Prima lo aveva definito “pirata bugiardo”, lui stesso si era dato quel nomignolo particolare: Captain Hook, ma a pensarci era passato da Pirata a Corsaro, le sue missioni in incognito erano autorizzate, come i Corsari erano autorizzati, per motivi militari, dai loro sovrani.
 
Emma stava riflettendo sempre più lucidamente, entrando nella sua modalità professionale. Se avesse dovuto tracciare un profilo di Killian Jones, sarebbe venuta fuori l’immagine di un uomo dai saldi principi. Le aveva detto di odiare l’infedeltà e glielo aveva detto con un cipiglio sincero, come egualmente sincero era stato nel dirle che avesse il suo stesso desiderio di avere con lei casa e figli.
 
“ Non vorrei dover andar via … Vorrei poter tornare da te tutti i giorni del resto della mia vita. Vorrei essere io a costruire quella casetta, vorrei essere quell’uomo fortunato che ti avrà per sempre e vorrei che quei bambini fossero i nostri!
 Tesoro stai piangendo?! “
“ No … è una lacrima di gioia … mi hai detto una cosa bellissima …”
“ Farò in modo che non siano solo parole Emma! Dammi il tempo che serve e porta pazienza. Io tornerò sempre da te! Dammi fiducia e non ti scoraggiare, qualsiasi cosa possa accadere!”
 
“Qualsiasi cosa possa accadere!”
Le aveva chiesto fiducia, anche quando non sapeva che Killian fosse Kim, le aveva chiesto di fidarsi di lui e di aspettarlo. Un uomo che non ama una donna le chiede di fidarsi di lui e di aspettarlo? La cerca di nascosto e fa in modo che sia protetta?
Era uscito allo scoperto con lei e le aveva detto che ancora non poteva dirle tutta la verità che avrebbe dovuto e voluto. Che altro le nascondeva Killian? Perché quella frase sul fidarsi e non scoraggiarsi davanti a qualsiasi cosa potesse succedere?
Doveva inscenare un matrimonio con Eloise?
Giusto se dovesse essere una messa in scena come la sua finta morte, perché un matrimonio vero con Eloise lei non lo avrebbe proprio potuto accettare!
 
Killian qualcosa stava combinando! Non l’aveva chiamata nemmeno per farle sapere della visita dal suo chirurgo. Le aveva detto pure che evitava di chiamarla perché lei lo distraeva troppo! Possibile che Killian non sapesse che lei conosceva Eloise? Quale poteva essere un motivo per sposarla se non era innamorato di lei?
 
“Maledetto lui! Poteva dirmi almeno qualcosa! Se doveva fare una sceneggiata di questo genere l’avrei capito! Ma così? Mi da un milione di dubbi oltre la rabbia che ho provato di primo acchito!”
 
“Gli uomini non sono tutti uguali … nemmeno le donne …”
 
Improvvisamente Emma si rese conto di aver tentato un’analisi solo di Killian. Perché non aveva tentato un’analisi anche di Eloise Gardener? Un bravo detectiv guarda ogni elemento e un Profiler ancor di più. Come aveva potuto trascurare la variabile Eloise? Iniziò a sviscerare anche gli aspetti a lei collegati.
 
“Una donna fortemente traumatizzata, ha subito violenze, il lutto dell’uomo che amava, è stata salvata da un uomo coraggioso, bello, gentile. Uno che per lei riveste il ruolo dell’Eroe, con tutte le caratteristiche migliori per renderlo amabile! Lei è anche una tossicodipendente. Da quanto ha iniziato a fare uso di sostanze? Quanto il suo cervello ne ha risentito? Quanto in lei sono fantasticherie e quanto è vero di quello che dice? Una donna con il suo profilo può realmente inventare una realtà che non esiste! Una realtà virtuale piacevole rispetto a quella reale! La cosa certa è che Killian le ha detto della sua vera identità e il suo nome. Sicuramente l’ha cercata, chiamata al telefono, probabilmente sono stati anche fuori a cena come ha detto Eloise, ma lei non può sapere se Killian ha un disegno incognito su un possibile matrimonio o meno … come non posso saperlo con certezza io, purtroppo!”
 
Emma guardò ancora il bigliettino con i due cuori intrecciati e le iniziali. Le passò un brivido gelido dietro la schiena. Se quella E non fosse stata la sua iniziale ma quella di Eloise?
Si rese conto che quello fosse un pensiero masochistico, finalizzato solo ad auto-torturarsi e ad incrementare i dubbi. E se avesse fatto come Killian le aveva chiesto? Se si fosse semplicemente fidata di lui, attendendolo e guardando oltre le apparenze e qualsiasi cosa fosse successa?
La cosa più vera che lei sapeva in quel momento, era che lo amasse. Lo amava profondamente! La parte buona che resuscitava in lei nei confronti di Killian, era dovuta all’amore che nutriva per lui, ma quanto la poteva rendere cieca l’amore?
 
“Fidarsi è bene … non fidarsi è meglio!”
 
Un modo di dire che cadeva a fagiolo! Cosa doveva fare? Decise di non dimenticare chi lei fosse e di non dimenticare chi fosse Killian Jones, nel bene e nel male!
 
Lei era una Profiler della F.B.I. aveva un ruolo ben preciso e chiaro nel Bureau, stava avendo delle soddisfazioni professionali e i colleghi la stimavano. Lui era l’uomo che amava, un uomo che si muoveva nel buio, in ambienti pericolosi, usando identità false per un bene superiore. Non conosceva altri come lui, con le sue doti e la sua personalità poliedrica. Lorna stessa aveva visto in lui potenzialità eccezionali. Doveva dargli fiducia, ma intanto mettere in atto tutte le proprie potenzialità. Decise che avrebbe indagato su Eloise. Poteva contattare gli operatori che la seguivano nella comunità terapeutica, vedere se veramente il suo percorso fosse al capolinea o se avesse delle turbe psichiche che la portavano a fantasticare cose irreali.
In ogni caso Eloise andava aiutata! Le aveva detto che il 2 maggio avrebbe testimoniato in tribunale, forse Killian stava cercando di rassicurarla in qualche modo? Ma serviva un matrimonio per quello? Per quanto fittizio?
 
Quanto tempo fosse stata a rimuginare, Emma non lo aveva calcolato, ma sentì aprirsi e richiudersi la porta di casa. Ingrid era tornata. La sentì salire le scali.
 
– Emma sei ancora sveglia? Ho visto la luce tesoro!
– Si mamma, non sono riuscita ad addormentarmi!
– Stai ancora molto male?
– Veramente il mal di testa mi è passato!
“Strano con tutto il mio rimuginare!”
– Hai vomitato ancora?
– No, tutto a posto!
– Vuoi quel bicchiere di latte?
 
Emma sorrise a sua zia. Si era molto tranquillizzata con tutto quel pensare! Era passata ad una nuova fase in effetti e aveva tutta la voglia di andare avanti. Non c’era fretta di indagare su Eloise, lo avrebbe comunque fatto. Non voleva stare con mille sospetti su Killian, voleva solo ricordare i bei momenti in cui erano stati insieme, le dolci cose che le aveva detto, le sue carezze, i brividi caldi che le aveva fatto provare, i suoi occhi azzurri, magnetici, sinceri, sorridenti, amorevoli … E poi c’era il suo lavoro, Graham da seguire nei suoi progressi con Ruby, sorrise a pensarlo! Anna! La scelta di quel meraviglioso vestito da sposa per il martedì successivo. Sarebbe già stato il tre di Aprile quel martedì, il matrimonio di sua cugina era sempre più vicino ed era vicino il ritorno di Elsa, accompagnata dal suo adorato e adorante fidanzato, Liam Jones. C’erano tante cose da pensare nella sua vita e quella notte l’avrebbe passata meglio di quanto aveva creduto rientrando a casa.
 
– Sai mamma? Mi è venuta fame! Oltre al latte prenderei pure una decina di biscotti al cioccolato!
– Ora ti riconosco Emma! Sicuramente stai meglio!
 
***
Il fine settimana arrivò in un batter di ciglia. Emma decise che quella domenica, diversamente dal solito, l’avrebbe passata in Casa Famiglia. Non andava mai la domenica dai Nolan, a meno ché non ci fosse un compleanno da festeggiare  o una richiesta specifica di Mary Margaret. La domenica di solito la dedicava alla famiglia e agli amici. La settimana prima era uscita con Mulan e August ed erano andati alla Galleria d’arte di Regina. La galleria era piaciuta molto a Mulan, mentre ad August era piaciuta soprattutto Regina, non le aveva lesinato complimenti, suscitando sguardi velenosi nella sua fidanzata. Ormai erano una coppia fissa i due principali istruttori di arti marziali di Quantico!
 
Mentre August si intratteneva amabilmente con Regina e Daniel, che era arrivato da poco, ma con il quale August aveva trovato subito un gran feeling, Emma trascinò Mulan verso una sezione della mostra che l’agente orientale non avrebbe visitato di spontanea volontà. Era la sezione dedicata ai bambini e ad opere riguardanti le favole. Emma era curiosa di vedere l’espressione di Mulan quando si sarebbe ritrovata davanti al quadro di Captain Hook in fuga verso Neverland.
 
– Non è possibile …
 
Mulan aveva detto solo quelle tre parole ed era rimasta ammutolita.
 
– Niente male vero?
– Dici il quadro Emma o Killian?
– Dico dell’opera. L’ha dipinta il padre di Killian, ispirandosi a lui e al piacere che provava a sentirlo raccontare di Captain Hook da piccolo.
– Sembra una fotografia, non un ritratto. Sai che penso?
– Cosa?
– Che potrebbe essere pericoloso per Killian questo quadro. Qualcuno potrebbe arrivare alla sua vera identità!
– Non hai torto Mulan … io ho capito tutto a partire da questo quadro, associando notizie che avevo, dettagli …
- La tua amica gallerista sa che quello è l’uomo che ami?
– No. Non potevo dirglielo, ma pensa che io sia innamorata del quadro, crede che sia un autoritratto giovanile di Brennan, il padre di Killian.
– Gli somiglia parecchio allora!
– L’ho conosciuto all’insaputa di Killian e si, si somigliano tanto, sia fisicamente che per alcuni aspetti caratteriali e gestuali.
– Non hai detto al Capitano che hai conosciuto suo padre?
– No. Hanno un rapporto profondamente conflittuale. Ho iniziato a lavorare per farli riavvicinare, ma Killian non è molto presente con me …
- Devi capirlo Emma … Ha tanti di quei grattacapi!
– Tu sai molto di più di me Mulan … mi diresti la verità se ti chiedessi una cosa?
– Emma sai che non posso parlare di lui e di ciò che lo riguarda!
– Lo so Mulan, ma ho saputo una notizia da una persona sotto protezione …
- Che notizia?
– Che si vuole sposare dopo il due di maggio!
– Congratulazioni allora! È una bellissima notizia!
– Non hai capito! Non con me!
– Che?! E con chi altri? È cotto di te! 
- Quindi tu non sai nulla in merito?
– Francamente no! Siamo diventati ottimi amici ma non lo vedo da quando è uscito dall’ospedale. Per il momento non ha bisogno di Fiore di Loto ma sono sempre vigile per qualsiasi chiamata!
 
Emma si disse che Mulan, in effetti, non fosse al corrente di tutte le azioni di Killian, normale dopo tutto! Lui lavorava in incognito e non sbandierava ai quattro venti le sue mosse. Le ignoravano anche i suoi più fidati agenti!
Si sentì il ticchettio dei tacchi di Regina e le voci dei due uomini che erano con lei, i quali parlavano di interessi sportivi comuni, quali l’ultima partita dei New York Giants e dei Minnesota Vikings.
 
– Lasciamo stare il discorso …
 
Ovviamente non era il caso di parlare di Killian, non lo conoscevano nessuno dei tre che stavano arrivando ed era meglio non far trapelare che quel ritratto fosse il suo. L’unico Killian che Regina conosceva, di nome, era il cognato di Elsa, giusto perché Emma gliene aveva parlato un minimo quando si sentivano nel periodo che la mora viveva a Londra.
 
– State ammirando l’uomo ideale di Emma? Miss Swan è innamorata di quel ritratto! I primi tempi che l’ho tenuto in mostra veniva a trovarmi solo per rimirarselo tutto il tempo!
– Sei la solita esagerata Regina!
– Si? Io farei una petizione per trovare un giovanotto che gli somigli! Questa donna sarebbe ora che si innamorasse veramente! Nonostante tutti i suoi corteggiatori non c’è nessuno che le da il brivido giusto!
 
Fortuna che Emma era tra amici e questi sorridevano conoscendola, in altri casi si sarebbe veramente infastidita con Regina. Certe volte non riusciva a misurare quello che diceva e il suo tatto scemava del tutto.
 
– Amore mio, chi ti dice che Emma non l’abbia trovato già?
– Daniel! Ti ci metti anche tu ora?
– Volevo solo difenderti Emma!
– Amico mio per quello Emma sa difendersi benissimo da sola!
 
Anche August aveva detto la sua e Mulan, che sapeva la verità, si inserì nel discorso per far cambiare argomento.
 
– Che ne dite se andiamo a prenderci un drink? C’è un bel pub non molto distante da qui!
 
L’idea era piaciuta ed erano usciti tutti insieme. Emma era l’unica single tra quelle coppie affiatate e ricordava di aver pensato che sarebbe stato bello che ci fosse stato Killian al suo fianco. Era un uomo solare se voleva e di ottima compagnia, non ci avrebbe impiegato molto a diventare amico degli altri due giovanotti!
 
Mentre con l’auto di Ingrid andava dai Nolan, ripensava all’uscita della domenica precedente. Anche se era stata l’unica single tra le due coppie, era stato un pomeriggio molto piacevole.
La Casa Famiglia “Biancaneve e i sette nani” le apparve nel suo candore sotto l’assolata domenica. I piccoli ospiti erano  in giardino e con loro c’erano Mary Margaret e un’assistente arrivata da poco tempo.
 
– Ciao Mary, ciao Milly!
– Emma! Emma!
 
Il coretto dei bambini fu soverchiato dalla vocetta di Alice, che le corse incontro saltandole in braccio.
 
– Ciao Fiordaliso!
 
Emma si era abituata a chiamare in quel modo la piccola Alice per i suoi occhi azzurri e la piccola spesso diceva di chiamarsi Alice Fiordaliso, accettando in pieno quel nome che lei le aveva attribuito. Emma si diede un’occhiata intorno e vide che mancasse il piccolo Neal. Era facile da notare, il piccoletto di casa era sempre il primo, con Alice, a correrle in braccio.
 
– Non vedo Neal! Non sta bene?
– No! Sta benissimo! Anzi, oggi sta meglio del solito! È andato in barca a vela con David e un suo collega!
– Mary stai scherzando? Come hai potuto mandarlo in barca a vela così piccolo, è pericoloso, appena che sa nuotare nella piscinetta! Se cade in mare?
– Emma fidati! David è molto accorto e paterno, lo sai, e il suo amico Geoffrey è un abile velista! Da tanto che aveva promesso a Neal di portarlo in barca! Inoltre è un pignolo della sicurezza, gli avrà fatto mettere un giubbottino di salvataggio! E poi Emma! Proprio tu mi insegni che a questa età i maschietti devono fare attività con il papà e cogliere queste belle occasioni di emancipazione!
– Si, si hai ragione, ma quando si tratta di Neal e Alice lo sai che divento una specie di chioccia!
 
Mary le sorrise comprensiva. Sapeva quanto erano stati importanti per Emma i due bambini nel superamento del lutto del piccolo Henry.
 
– Lo so bene Emma! Io stessa faccio una gran fatica a trattenere le mie ansie materne! Ma quando vedo Neal tornare con David, felice e sorridente, pronto a raccontare delle scoperte che ha fatto con lui e Geoffrey, francamente mi pento delle mie ansie. Vedrai più tardi quante ne avrà da raccontare! Sarà entusiasta e poi, quando si tratta di Zio Geoffrey non sta nella pelle!
– Non mi hai mai parlato di questo Geoffrey. Hai detto che è un collega di David?
– Si, anche lui è avvocato, una bella persona! Un uomo molto generoso e affabile! Mi farebbe piacere fartelo conoscere, dovrei organizzare una domenica un pranzo qui a casa, lui di solito riesce a farci visita la domenica, anche se per i suoi impegni la cosa capita di rado!
 
Emma sorrise, Mary era una delle persone più buone che conosceva e era anche una di quelle che le avrebbe combinato incontri a scopo matrimoniale.
 
“Cara Mary! Cosa ne puoi sapere della verità? Amo un Pirata e nessun’altro mi incuriosisce!”
 
 
Il pomeriggio volse alla sera e, poco prima che Emma andasse via, tornarono David e Neal.
Il piccolo vide prima sua madre e le corse incontro parlando a raffica. Emma uscì dalla stanza dove stava leggendo una favola agli altri piccoli e quando lui la vide la coinvolse nel suo racconto.
 
– Calma calma! Non ho capito nulla!
 
Emma rise all’entusiasmo del piccino e questi riprese a parlare scandendo meglio quello che diceva.
 
– Io papà e tio Gioffy abbiamo pleso un poppo glosso glosso!
– Avete preso un polpo?
 
Neal ancora non riusciva a pronunciare la lettera R, ma aveva un ottimo vocabolario. A conferma di quanto capito da Emma, David entrò dietro il piccolo con un polpo enorme in mano.
 
– Amore è vero! Avete preso un polpo gigante!
– Zio Gioffy!
– Si vero! Geoffrey è un marinaio provetto! Lo ha pescato lui in verità e dovevate vedere Neal come era impressionato quando lo ha visto!
 
Emma sorrise, Neal non aveva mai visto prima un animale di quel genere e immaginarlo muoversi con i suoi tentacoli, sul legno della barca, doveva essere stato veramente impressionante per lui.
 
– Sai che ci faremo una bella zuppa Neal?
 
Il piccolo a sentire Mary dire quale fine avrebbe fatto il polpo cambiò espressione e smise di parlare. Incrociò le braccia e mise il broncio.
 
– Che c’è ora Neal?
– Io non lo mangio il poppo! Mi fa chifo!
 
Emma rideva tra sé, decisamente il bambino si era impressionato con il polpo e difficilmente lo avrebbe mangiato. Mary e David si scambiarono un’occhiata.
 
– Non lo mangerai tranquillo!
 
Sicuramente il polpo non sarebbe stato sprecato e probabilmente lo avrebbe mangiato anche Neal, pur se alla sua insaputa!
 
– Ma Geoffrey non è con voi?
– No Mary! Ci siamo lasciati al molo!
-  Peccato! Gli avremmo fatto conoscere Emma!
– Mmm Emma? Sarà per un’altra occasione Mary!
 
Emma aveva notato una titubanza nella voce e nello sguardo di David, aveva avuto l’impressione che non fosse completamente d’accordo con Mary Margaret. Forse non considerava troppo raccomandabile per lei quel suo amico? David era molto protettivo con lei ed Emma gli era grata per quel suo affetto paterno.
Per quella domenica Emma cenò in Casa Famiglia. Neal volle sedersi vicino a lei e per tutta la cena fu ancora eccitato per la gita della giornata. Per lui era stata una fantastica avventura!
 
Ultima domenica di aprile 2010
 
Era arrivato il grande giorno! Anna e Kristoff si stavano sposando. La Cattedrale Santa Croce di Boston era stata addobbata in modo sobrio, con vasi di rose bianche e rosa. La marcia nuziale era suonata con l’organo e la sposa, accompagnata da suo cognato Leam, procedeva emozionatissima verso il suo futuro sposo. Emma ed Elsa erano le due damigelle d’onore, vestite entrambe con un lungo abito celeste, che esaltava la loro bella linea. Erano cugine Emma ed Elsa, ma si sarebbe potuto dire che fossero sorelle per la somiglianza. Liam guardò verso la sua fidanzata e la cugina, trovò splendide entrambe. Anna indossava il vestito da “Principessa della Foresta Incantata”, come lo aveva definito Emma. Era il vestito che desiderava e sua cugina le aveva dato manforte contro sua madre e sua suocera, ambedue innamorate del vestito a sirena. Anna era stata veramente grata ad Emma. Aveva avuto ragione, le due donne più anziane l’avrebbero distolta dalla sua scelta se Emma non fosse stata presente quel giorno alla boutique!
 
I due sposi si incontrarono emozionati e Liam porse la mano della sposa al suo futuro marito. Kristoff era senza parole, incantato a guardare la sua Anna in quella nuvola di tulle e ricami bianchi. Le prese la mano e le depose un galante bacio su di essa. Anna sorrideva con gli occhi luminosi, una luce che prevaricava su quella del bellissimo ciondolo a forma di cristallo di neve che Elsa le aveva regalato con Liam, un dono che giungeva dall’Irlanda. Il riflesso del ciondolo colpì gli occhi di Emma e pensando all’Irlanda pensò a Killian. Non lo aveva più visto né sentito da quelle tre notti passate insieme. Sospirò all’idea e il cuore le si strinse nel petto.
Aveva cercato di fare come lui le aveva detto e in più aveva seguito il caso di Eloise Gardener. Non era stato facile capire in quale comunità terapeutica si trovasse. Sebastian non aveva voluto dirle nulla e lei non aveva potuto insistere con le domande. Lorna si era accorta, i giorni seguenti alla notizia delle nozze di Killian con Eloise, che Emma avesse qualche pensiero che la turbasse, aveva provato ad indagare, ma Emma era stata sfuggente. L’unico al quale aveva confidato una parte dei suoi pensieri era stato Graham. Non gli aveva detto tutto, gli aveva parlato solo della sua preoccupazione per la salute mentale di Eloise, dicendogli che avrebbe voluto parlare con i suoi terapeuti. Graham era stato un tesoro. Senza dirle nulla aveva indagato e scoperto dove si trovasse la donna. Emma avrebbe potuto chiedere alla stessa Eloise, ma non essendo sicura di cosa lei avrebbe potuto rispondere, aveva evitato.
 
Pochi giorni prima del matrimonio di Anna era riuscita a contattare lo psicologo della comunità. Lo aveva incontrato come Profiler del Bureau, dicendole della sua preoccupazione per la salute mentale di Eloise.
Il Dr. Brown le aveva confermato che Eloise avesse ancora delle turbe. Aveva fatto una doppia diagnosi alla donna. Sul substrato della tossicodipendenza, Eloise aveva dei tratti psicotici. Emma non disse nulla al collega dei pensieri matrimoniali di Eloise, ma quanto il Dr. Brown le aveva detto diagnosticamente, bastava per farsi l’idea che Eloise fosse capace di fantasticare e immaginare anche cose non vere, trasformandole in verità.
 
Se lo stato di Eloise l’aveva tranquillizzata sull’ipotetico matrimonio tra lei e Killian, non l’aveva tranquillizzata  per la sua salute. Come poteva Eloise riprendere con sé la piccola Alice? La ragazza aveva bisogno ancora di cure e probabilmente ne avrebbe avuto bisogno per il resto della sua vita! Sapere che per il 2 di maggio doveva testimoniare contro Antonio Santa Cruz e i suoi accoliti, poteva essere molto destabilizzante per lei e probabilmente quello era stato uno dei motivi per cui Killian le era stato così assiduamente vicino in quell’ultimo periodo. Emma aveva ipotizzato che lui le avesse detto la verità sulla sua identità, per incrementare la sua fiducia. Sicuramente, per il resto, Eloise aveva dato sfogo ai suoi pii desideri. Si era capito che avesse una certa infatuazione per Andrew-Killian!
 
 
Il sacerdote, sull’altare, stava dando la benedizione finale ai due giovani sposi.
 
 – Lo sposo può ora baciare la sposa!
 
Emma sorrise commossa, allo slancio affettuoso di sua cugina e del marito. Sembrava non vedessero il momento che arrivasse quell’ordine. Una prolungata esclamazione arrivò dai presenti, a quell’intenso bacio, seguita subito dopo da uno scrosciante applauso. Anna e Kristoff avevano coronato il loro sogno e avrebbero iniziato la loro vita insieme.
 
Dublino. Contemporaneamente …
 
Il tepore primaverile si faceva sentire in quell’ultima domenica di Aprile.
Finalmente Hanson aveva ottenuto una giornata libera e aveva deciso di dedicarla ai suoi sport preferiti. Dopo una corsa nel verdeggiante Bushy Park aveva deciso di andare in piscina. Con il borsone sulla spalla sinistra era uscito dalla sua auto e si era diretto verso l’entrata che ospitava la grande piscina olimpionica. Non si accorse dell’auto che aveva seguito a distanza la sua e non fece caso, più di tanto, al cliente della piscina che usciva da essa per entrare dietro di lui nello stabile sportivo.
 
Di domenica erano parecchi i clienti che facevano nuoto libero e quando si tuffò nella sua corsia, dove già nuotavano altri quattro clienti, sentì il rumore di un tuffo nella corsia vicina.
Billy Hanson aveva trentadue anni e un fisico muscoloso, forgiato dall’allenamento e dall’addestramento militare. Nuotò per un’ora intera, alternando gli stili che preferiva. Le sue bracciate erano poderose e in poco tempo riusciva a coprire una vasca, andata e ritorno. Passata la sua ora, uscì sgocciolante dalla piscina, dirigendosi alle docce. C’erano due clienti nello spogliatoio che si stavano rivestendo per andar via e, preso il bagnodoccia, si accorse di esser solo nel reparto docce. Tranquillamente fece partire l’acqua e si passò il bagnoschiuma sul corpo. Il liquido vischioso iniziò a schiumare. Un movimento della tenda della doccia lo sorprese mentre l’acqua scorreva sulla sua testa verso i prominenti pettorali.
 
– Chi diavolo …
 
Non fece in tempo a capire né a reagire. Una pistola, con il silenziatore inserito, esplose un colpo verso  il centro della sua fronte. Il muscoloso e forte corpo di Billy Hanson si piegò su se stesso, mentre l’acqua della doccia portava via in un rigagnolo rosso il suo sangue.
 
2 maggio 2010 Palazzo di Giustizia di Boston.
 
Era un periodo sereno in casa Frozen. Anna e Kristoff erano partiti per il loro viaggio di nozze ai tropici ed Elsa con Liam si erano trattenuti alcuni giorni presso la villetta di Ingrid. Erano ripartiti proprio quella mattina ed era stata Emma ad accompagnarli con l’auto di Ingrid all’aeroporto.
In quei giorni di permanenza, Emma era riuscita ad avere notizie di Killian da suo fratello e da Elsa. I due sapevano quello che aveva detto loro lo zio Henry, cioè che Killian avesse avuto un incidente stradale ed era stato un periodo in ospedale. Che Killian stesse bene Emma lo sapeva già di suo, ma a sentire che era stato a cena dal fratello e la cognata, due giorni prima della loro partenza per le nozze di Anna e che stesse in piena forma, la rese felice. Liam aveva sottolineato che il fratello avesse subito un intervento alla colonna vertebrale e che ancora il chirurgo gli aveva consigliato di portare il busto almeno fino a metà mese di maggio.
 
Grazie a Liam e ad Elsa aveva saputo quindi come era andata la visita dal chirurgo. Era stata felicissima di conoscere Liam, ancora non si erano mai incontrati e si era resa conto che non sembrava nemmeno lontanamente parente del moro Capitano. Liam era l’opposto di suo fratello, sia nell’aspetto che nel  modo di fare.
 
Dopo aver accompagnato i due all’aeroporto internazionale, Emma prese la super strada per avviarsi al Palazzo di Giustizia. Il giovedì precedente aveva incontrato Eloise in Casa Famiglia, per la visita quindicinale a sua figlia. In quell’occasione avevano parlato parecchio, Emma aveva cercato di carpirle qualche notizia in più sul suo rapporto con Killian, ma su quell’argomento la donna si era stranamente chiusa, parlandole invece delle sue paure per il giorno della deposizione. Era intimorita, avrebbe rivisto Antonio Santa Cruz e quei balordi dei suoi scagnozzi. Alcuni di essi l’avevano usata per i loro piaceri sessuali in cambio di dosi di cocaina ed ora, avendo finito la disintossicazione, se ne vergognava profondamente. Emma ricordava quando lei e Milah Gold avevano deposto in tribunale per la loro disavventura e capì benissimo come poteva sentirsi Eloise. Le raccontò per sommi capi la sua esperienza e di quanto fosse normale avere quelle paure. Doveva essere comunque tranquilla poiché era protetta.
 
– Mi farebbe piacere se ci fossi anche tu Emma, sai per darmi lo stesso conforto che mi stai dando ora! Riesci a tranquillizzarmi sai?
 
Con il suo tipo di lavoro quella era una sua prerogativa professionale e le parole di Eloise l’avevano inorgoglita.
 
– Cercherò di esserci, ma non credo che potrò starti vicina, sarò tra il pubblico, se ti volterai mi vedrai!
– Mi basta anche così, grazie Emma!
 
Le aveva fatto quella promessa e le sembrava giusto essere presente. Il traffico era veramente intenso e temette di arrivare a deposizione iniziata. Quando arrivò fu difficile trovare parcheggio e dovette girare una mezzora prima di avvistare uno spazio libero.
 
Si ritrovò a salire di corsa le scale della grande facciata. Entrò e si informò in quale sala e a quale piano si tenesse l’udienza sul famigerato narcotrafficante. Dovette lasciare i propri dati e mostrare il contenuto della borsetta, poi finalmente la lasciarono passare.
Salì al secondo piano, come le avevano detto e vide l’aula che cercava. Passò davanti ad una prima porta e capì che fossero le toilettes. Decise di entrare due minuti per liberarsi,  non ne avrebbe avuto modo durante l’udienza.
Finito di espletare i suoi bisogni usci nell’antibagno e si lavò le mani, poi, risistemati i capelli davanti al grande specchio, aprì la porta per uscire. Si bloccò con la porta semiaperta e, guardando davanti a sé, richiuse in parte l’uscio per non farsi vedere.
 
Nel lungo corridoio, vicino alla grande finestra, difronte all’aula della deposizione, vide Eloise e Killian che parlavano fitto fitto, molto vicini tra loro, tanto da sfiorarsi. Era una vicinanza che descriveva una certa intimità tra i due.
Una donna, dal caschetto di capelli rossi, un paio di grossi occhiali da vista con la montatura nera e rotonda, in un serioso completo giacca e gonna marrone, sopraggiungeva dalla parte opposta, verso la coppia. Era sicuramente un avvocato, vista la valigetta di cuoio in una mano e una serie di cartelle strette al petto con l’altra. Tre agenti della scorta di Eloise si tenevano vicino alla porta della sala di udienza e parlottavano con la trasmittente. Si vedeva l’auricolare all’orecchio di ognuno di loro con il filo a molla collegato sotto la giacca. Probabilmente gli accusati erano già in aula e sicuramente Killian stava tranquillizzando ulteriormente Eloise.
Emma sapeva che non era il caso di uscire, come si sarebbe comportato lui in sua presenza? Avrebbe finto di non conoscerla? Ed Eloise? L’avrebbe presentato come il suo futuro marito? La cosa sarebbe stata incresciosa ed imbarazzante, per non dire dolorosa per lei! Era meglio aspettare. Forse Killian sarebbe andato via.
 
Con suo sgomento lo vide sollevare la mano verso il viso di Eloise e accarezzarle una guancia, lei si strinse maggiormente a lui portandogli le braccia intorno al colo. Lui le disse qualcosa regalandole un sorriso tenero. Emma sentì una fitta allo stomaco. Quel sorriso lo aveva rivolto a lei tante di quelle volte! E quella carezza sulla guancia?
 
Lo vide portare le braccia intorno alla vita della ragazza, poi vide Eloise sporgersi maggiormente in punta di piedi verso di lui, annullare completamente lo spazio già esiguo tra loro e  scambiarsi un bacio sulle labbra.
Emma rimase attonita. Non era stato un bacetto toccata e fuga. Era un vero bacio e il crampo allo stomaco le arrivò come un pugno. Non poteva credere di assistere a quella scena!
L’avvocatessa dai capelli rossi sopraggiunse in quel momento all’altezza della coppia e, accidentalmente, le caddero le cartelle dal braccio. Il trambusto e l’esclamazione della donna fecero separare Killian ed Eloise. Ad Eloise venne spontaneo piegarsi immediatamente ad aiutare l’avvocatessa a raccogliere le sue carte sparpagliate, Killian non poteva piegarsi con il busto, ma si abbassò sulle ginocchia.
 
Emma sentì il ringraziamento per la loro gentilezza da parte della rossa avvocatessa, poi questa si diresse verso la porta del bagno che Emma teneva socchiusa, mentre Eloise entrava nell’aula, tenuta per un gomito da uno degli agenti e Killian, con il suo completo antracite, andava via dalla parte opposta.
Emma chiuse la porta togliendosi da dietro di essa. Si chiuse in uno dei bagni e non riuscì a trattenere le lacrime. Sentì l’avvocatessa entrare nel bagno affianco. Decise di uscire prima che lo facesse l’altra.
Tornò allo specchio e si bagnò gli occhi. Erano rossi e anche il resto del viso era congestionato. Si sciacquò per rinfrescarsi e si tamponò con uno dei tovaglioli di carta. L’avvocatessa la sorprese che si asciugava. Mentre si lavava le mani continuò a guardarla dallo specchio. Emma si sentiva osservata, era ovvio che l’altra la guardasse! In quelle condizioni sicuramente la stava incuriosendo. Si rese conto che la donna avrebbe attaccato bottone e la cosa la infastidì, ma non riuscì ad andare via prima che quella parlasse.
 
– Tutto bene Seňorita?
– Si, si , grazie Signora! Tutto bene! Buona giornata!
– Buen dìa Seňorita!
 
Emma uscì velocemente dalla toilette, forse non sarebbe riuscita ad entrare nella sala dell’udienza, ma intanto voleva togliersi di dosso lo sguardo indagatore della rossa …
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
Ci risiamo con internet che non va e nuovamente un tempo pessimo fuori! Ok io ci provo a pubblicare. Se mi trovate ci sono riuscita!!
Cosa ne dite degli accadimenti? Confusi più di prima? Anche Emma cari amici di penna! Intanto si preparano eventi sanguinosi ….
Grazie a chi leggerà e a chi lascerà il suo commento. Un pensiero affettuoso anche a chi considera tra le preferite questa storia e la segue fedelmente ma in silenzio. Un bacione a tutti. A Domenica prossima spero!
Lara
 

 

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Capitolo 39
*** Un insolito Cupido ***


Capitolo 39


Un insolito Cupido

 
 
La porta si richiuse dietro i capelli svolazzanti della giovane bionda. L’avvocato Alexandra Pereira la guardò uscire, incuriosita della reazione che aveva osservato nella ragazza. Si era accorta che stava guardando, dallo spiraglio della porta socchiusa del bagno, verso la coppia che lei stessa aveva accidentalmente distolto dalle sue effusioni, con la caduta dei documenti che portava malamente con il braccio sinistro. Si chiese chi fosse la biondina e perché avesse avuto quella reazione emotiva.
Si asciugò le mani e a sua volta uscì dalla toilette. La bionda era ancora lì fuori, la vide di spalle, vicina al finestrone dove poco prima c’era la coppia che si baciava. La scrutò ancora un momento, poi si diresse verso l’aula dell’udienza.
 
Sul banco degli imputati c’era il famigerato Don Antonio Santa Cruz, uno dei maggiori narcotrafficanti colombiani. L’uomo era stato arrestato ed estradato negli Stati Uniti, una manovra che la D.E.A. aveva svolto in una maniera piuttosto oscura.
Il giudice aveva appena chiamato a deporre la Signora Eloise Gardener Rodriguez e il Procuratore aveva iniziato a farle domande specifiche.
L’ Avvocato Pereira notò la difficoltà della donna a concentrarsi e a rispondere. Il suo stato emotivo era sicuramente influenzato dallo sguardo dritto e arcigno di Don Antonio Santa Cruz su di lei. 
La Gardener era forse la principale testimone oculare dell’attività del potente narcotrafficante, ma con il suo atteggiamento titubante avrebbe di sicuro mandato all’aria la propria testimonianza.
L’avvocatessa dal caschetto rosso la vide guardarsi intorno smarrita, come se fosse in cerca del conforto di qualcuno, poi improvvisamente vide il bel viso di Eloise illuminarsi e un sorriso comparirle sulle labbra, mentre il suo sguardo era diretto verso la porta. Chi stava guardando Eloise Gardener?
 
Alexandra Pereira si voltò verso la direzione dello sguardo della testimone.
 
“Lei?!”
 
La porta dell’aula si era aperta e in quel momento aveva fatto il suo ingresso la giovane bionda che aveva incontrato alle toilettes. Si era ripresa e sembrava che nulla le fosse mai accaduto.
 
Eloise Gardener sembrò aver ritrovato il coraggio e la sicurezza di sé. Iniziò a rispondere con precisione alle domande del Procuratore e poi degli altri avvocati. Fu molto diretta ed esplicita in quello che disse e che raccontò. Il suo racconto fu estremamente crudo e in alcuni momenti raccapricciante. La platea era scandalizzata a sentire cosa quella bella ragazza avesse vissuto, cosa avesse visto e sentito, come avesse visto morire anche un’altra giovane dopo l’ingestione di ovuli ripieni di cocaina da importare negli States, come suo marito fosse stato eliminato dagli uomini di Santa Cruz, della complicità e della crudeltà della moglie del boss, ancora latitante …
 
Alla fine della sua deposizione, l’avvocato Pereira si rese conto dell’assordante silenzio della platea e del sentimento di solidarietà che Eloise era riuscita a scatenare. Santa Cruz era estremamente accigliato e se i suoi occhi avessero potuto emanare saette, la Signora Gardener Rodriguez sarebbe stata incenerita in pochi secondi.
 
– Il teste può lasciare l’aula. Grazie Signora Rodriguez!
 
Il Giudice Sidney Power diede un colpo con il martelletto e ordinò alla sicurezza di riprendere in custodia la giovane donna.
 
La rossa avvocatessa la seguì con lo sguardo e vide alzarsi dal suo posto anche la biondina. In che rapporto erano le due donne? Che si conoscessero era evidente. Le vide scambiarsi un sorriso, raggiante quello di Eloise, leggermente tirato quello dell’altra.
 
La bionda uscì per prima e Eloise, sostenuta per un braccio da una delle guardie della sicurezza, uscì dietro di lei.  Alexandra ammise che la giovane Signora Gardener Rodriguez avesse avuto comunque un gran coraggio nella testimonianza, riuscendo ad essere convincente con la giuria.  Incuriosita dal rapporto tra le due donne, decise di seguirle. Qualcosa le diceva che la biondina lavorasse in ambito psicologico, forse era la psicoterapeuta della Gardener? Molto giovane nel caso! Ma questo non inficiava la possibilità di una sua professionalità o di amicizia con Eloise.
 
Cercando di non essere di fastidio a chi era seduto lungo la sua stessa fila di sedie, Alexandra Pereira uscì dall’aula e si ritrovò a poca distanza le due donne che parlavano tra loro. Gli uomini della sicurezza si mantenevano a qualche metro da loro.
 
– Emma non sai come sono stata felice di vederti entrare! Non ti avevo visto e temevo che non saresti venuta! Grazie, veramente grazie! Mi hai dato il coraggio di parlare!
– Eloise io non ho fatto nulla in realtà, sei tu che hai trovato coraggio in te stessa!
– Ho pensato alla mia piccola Alice, al suo papà … mio marito deve avere giustizia Emma!
– L’avrà Eloise! Ne puoi essere sicura. Quegli uomini pagheranno tutto il male che hanno fatto a te e a tanti altri!
– Dottoressa Swan? Mi scusi ma dobbiamo riportare la Signora in Comunità.
– Si certo agente!
– Emma ci vediamo in casa famiglia giovedì?
– Si Eloise … ci vedremo lì giovedì …
 
“Dottoressa Emma Swan …”
 
Alexandra Pereira non aveva sbagliato, quella biondina, vestita con il suo completo giacca e pantaloni blu e una camicetta di pizzo bianco, era sicuramente una Psicoterapeuta. Lavorava in una Casa Famiglia? Probabile da quello che aveva sentito dire da Eloise! La donna aveva una bambina … Alice. Se lei era in una Comunità, la piccola poteva essere stata ospitata probabilmente in una Casa Famiglia per minori. Giovedì lei e la Signorina Swan si sarebbero viste lì.
 
In disparte, mentre leggiucchiava le sue carte, con la coda dell’occhio osservò le due donne separarsi. La Swan si diresse verso l’uscita principale, la Gardener, accompagnata dalla scorta, si diresse verso la parte opposta del corridoio, da quella parte c’era un’uscita secondaria, con probabilità l’auto che l’avrebbe riportata in Comunità era parcheggiata nel parcheggio privato del palazzone.  
Alexandra rimise a posto le sue carte e rientrò nell’aula per sentire come procedeva il processo a Santa Cruz.
 
***
L’auto di Ingrid era parcheggiata in quell’unico spazio che Emma era riuscita a trovare. Aprì lo sportello e si mise al sedile di guida. Inserì la chiave ma non mise in moto. Si poggiò con la testa alla spalliera del sedile. Chiuse gli occhi e purtroppo rivide l’immagine di Eloise e Killian che si baciavano. Se qualcuno glielo avesse raccontato, non avrebbe mai creduto che la gelosia potesse fare così male. Voleva fidarsi di Killian, credergli, seguire quanto lui le aveva chiesto. Come poteva riuscirci con quello che aveva visto? Non era stato un bacio amichevole su una guancia!
Sentì un crampo allo stomaco e la nausea salirle su per l’esofago.
 
“Maledizione! Ci risiamo? Devo andare in ufficio e non posso andare per chiudermi nel cesso a vomitare tutto il giorno! Lorna non so cosa direbbe e non voglio farle sapere nulla, nemmeno a Graham! Olden oggi non c’è, Lorna l’ha spedito al carcere per parlare con uno degli ultimi serial killer arrestati. Fosse la volta buona che usciamo da questa impasse sulle indagini! Basta Emma! Datti una svegliata e smetti di pensare a quell’idiota di Killian! Lo potessi almeno sentire, parlargli … mi deve delle spiegazioni! Non ce la faccio così! Eloise la voglio aiutare, ma lui non me lo rende facile. Come faccio a considerarla una paziente e contemporaneamente la mia rivale in amore?!
 
Cercando di non ascoltare il proprio mal di stomaco Emma girò la chiave e mise in moto. Un suono si mescolò al rombo del motore. Era il suo cellulare. Spense il motore e rovistò nella sua tracolla. Sorrise a leggere il nome che comparve illuminato. Era un pezzo che non la sentiva e si rammaricò di non averla chiamata in quell’ultimo intenso mese passato.
 
– Rooosy! Questa si che è una bella sorpresa! Ne avevo proprio bisogno!
– Ciao Cignetto! Non ti sei fatta più sentire e avevo proprio voglia di fare due chiacchiere con te signorinella!
- È il tuo giorno libero Rosy?
– Si tesoro e se ti va volevo invitarti a passare con me una mezzora in quella stupenda pasticceria dove ci siamo viste altre volte. Che ne dici?
– Wow! Sono pienamente d’accordo, ci andrei anche adesso Rosy, ma ora sto andando in ufficio. Se per te va bene ci vediamo lì per le 16,00 che ne dici?
–  Mi sta bene! Alle 16,00 allora!
 
Si salutarono ed Emma constatò che Rosy le avesse riportato un po’ di buon umore.
 
In ufficio quel giorno Emma ebbe una discussione con Lorna riguardo uno degli ultimi arrestati con l’accusa di reati sessuali. Lorna ad un certo punto la guardò con attenzione.
 
– Emma cosa ti sta succedendo?! Ho l’impressione che tu stia giudicando questo criminale in modo poco obiettivo! Questo succede se nella valutazione metti qualcosa di personale. Che il tizio sia un abusatore è chiaro, ma gli hai attribuito caratteristiche che io non vedo. Non voglio sapere per forza cosa ti sta influenzando ultimamente, ma ti invito ad autoanalizzare la situazione. Se non ti senti di farlo con me posso capirlo, se vuoi ti presento una collega che potrà farti da supervisore!
 
Lorna aveva ragione, Emma lo ammise a se stessa. Quanto stava vivendo in quei giorni, di negativo nel giudizio su Killian, si stava proiettando sul suo lavoro. Se ne rese conto grazie alle parole di Lorna. Forse alla fine dei conti poteva confidarsi direttamente con lei, ma non si sentiva pronta.
 
– Hai ragione Lorna! Una situazione personale mi ha condizionato, me ne sto rendendo conto. Potresti essere tu il mio supervisore?
– Credo sia meglio di no in questo caso, anche perché sospetto con chi tu stia attraversando il tuo conflitto emotivo e se ho ragione non potrò essere io quella obiettiva. Se c’è un conflitto tra te e chiunque, devi affrontarlo con quel chiunque …
 
Lorna sorrise, era chiaro che avesse capito si trattasse di Killian e non volesse essere coinvolta.
 
– Mi piacerebbe fare come tu dici Lorna, se quel “chiunque” si facesse vivo!
 
Lorna ebbe così  la conferma che si trattasse proprio del Capitano.
 
– Ha i suo motivi Emma e sono sicuramente seri e importanti. Tu potresti essere una distrazione che non può permettersi.
 
Emma rimase senza parole, ricordando che  Killian le avesse detto la stessa cosa.
Poteva essere veramente così dunque? Lei lo destabilizzava?
 
Uscì dall’ufficio di Lorna con un’espressione che Graham considerò abbattuta.
 
– Ehi! Swan! Il Capo ti ha fatto lo shampoo?
– In un certo senso! Ma aveva ragione … ho lasciato che un effetto di proiezione condizionasse il mio giudizio e lei me lo ha fatto notare!
– Lorna è una gran maestra Emma!
– Si e le sono grata. Ho ancora tanto da imparare!
– Non è questione di teoria Emma, per quella ne sai più di chiunque, sei una secchiona! La questione è la pratica e Lorna ne ha di esperienza!
– Verissimo, ma mi sento una pivellina veramente!
 
Graham le si avvicinò e le diede un abbraccio con un bacetto sulla fronte.
 
– Che ne dici se ti faccio riconsolare con un piatto di lasagne da Ruby?
– Da Ruby? Non è più da Granny’s?
 
Jamie fece uno sguardo vagamente imbarazzato ed Emma rise prendendolo in giro. Il collega e amico stava passando un bel momento sentimentale con Ruby. Non gli raccontava più delle loro rocambolesche performance sessuali, ma a vederlo così sereno e rilassato la mattina, Emma aveva capito benissimo che tra i due giovani le nottate erano di frequente passione. Capitava che Graham passasse molto spesso la notte nel bugigattolo di Ruby, questo glielo aveva confidato.
 
– Sai che ti dico Jamie? Ruby o Granny, le lasagne sono sempre molto consolatorie! Quindi andiamo!
 
Quando fu l’ora di pranzo fu Graham a guidare fino alla trattoria della Signora De Luca.
Appena Ruby li vide entrare il suo sorriso fu smagliante. Emma notò che avesse cambiato acconciatura. La mora portava un nuovo taglio dei lunghi capelli, con le punte colorate di rosso. Indossava una camicetta bianca aderente che, sbottonata fino ad una buona porzione dell’incavo del seno, faceva intravvedere un bel reggiseno a balconcino in pizzo bianco, una minigonna nera, scarpe alte e calze velate nere. Era sexy e contemporaneamente aveva un tocco elegante, molto diversamente dal suo solito sexy sportivo.
La mora li fece accomodare al tavolo migliore ed Emma vide come Jamie non facesse che sorridere con una faccia da ebete. Era proprio preso da Ruby ormai!
Sorridendo tra sé, Emma ne fu contenta per lui. Graham era un Don  Giovanni, ma da quando frequentava quella ragazza non lo aveva visto più correre dietro ad altre!
 
Come al solito le lasagne di nonna De Luca furono squisite. Mentre Emma ripuliva il sugo dal piatto, con un pezzetto di pane, vide Jamie accigliarsi improvvisamente.
 
– Che c’è Jamie?!
 
Il giovane guardava verso il tavolo dove tre giovanotti si erano seduti da non molto. Uno dei tre si stava comportando da sfacciato con Ruby.
 
– Dai Graham! Non essere geloso, è una bella ragazza e figurati se non c’è qualche scemo che le fa delle avances!
 
Il giovanotto, proprio in quel momento, approfittando della vicinanza di Ruby, le accarezzò il retro della coscia, fino ad arrivare velocemente sotto la minigonna. Ruby ebbe una reazione di fastidio e rimproverò bruscamente il cliente. Quello esplose in una risata.
 
– Ma dai che ti piace bellezza!
 
I suoi compagni risero con lui e Ruby si allontanò infastidita. Graham non riuscì a stare fermo al suo posto. Emma cercò di trattenerlo per un polso.
 
– Jamie che vuoi fare?!
 
Niente da fare! Il suo collega si alzò imperterrito e andò dritto dal tizio.
 
– Hai qualcosa da dire alla mia ragazza per caso?
– La tua ragazza?!
 
Il tipo rise ancora coinvolgendo i compagni.
 
– Dai biondo! È tanta la tua ragazza no? Ce n’è per te e per noi, che ne dite ragazzi?
 
Giù altre risate. Graham impulsivamente e rosso in viso, prese per il bavero il giovanotto e lo alzò dalla sedia.
 
– Non ti permetto di parlare così della mia donna!
 
Emma lo sentì fare fieramente quella dichiarazione e vide Ruby sorridere con un’espressione gioiosa. Per lei quell’atteggiamento di Graham era una conferma dei sentimenti che provava per lei.
 
– La tua donna? Ma figurati! Una così chissà quanti se la sono fatta!
– Questa ora la sconti bello! Non ti permettere di parlare così di lei. Se non sei un vigliacco vieni fuori che ti do una lezione!
–Tesoruccio non è necessario! Sai quanti cretini così capitano da queste parti?
– Ruby non ti impicciare! Difendo io il tuo onore! Vieni fuori vigliacco!
 
Ad Emma si drizzarono i capelli in testa. Ci mancava solo che un suo collega della F.B.I. facesse a pugni in un locale pubblico!
 
– Jamie lascia perdere! Tu forse è meglio che fai le tue scuse alla Signorina Ruby!
– Io non mi scuso con nessuno! E a questo fighetto, se proprio vuole, una lezione gliela darò io!
 
Il tizio con Graham uscirono fuori dal locale, nello spiazzo che la De Luca usava per i tavoli all’aperto. Improvvisamente il giovanotto attaccò alle spalle Jamie, mentre era voltato, ed Emma non fece in tempo ad avvisare l’amico del colpo mancino che quello gli stava per assestare. Mezzo stordito per il colpo traditore, Graham si voltò mettendosi in guardia, ma gli arrivò un pugno in pieno volto. Sicuramente il setto nasale di Jamie si era rotto, il sangue iniziò subito a colargli dalla narice destra.
 
– Che cosa hai fatto al mio ragazzo!!
 
Una Ruby inferocita saltò su tutte le furie e si avventò come una tigre sul giovanotto che aveva avuto quel comportamento sleale nei confronti di Jamie.
Tutto successe in modo fulmineo. Emma ebbe pochi secondi per registrare gli accadimenti con gli occhi. Ruby, in men che non si dica, aveva preso con ambo le mani il tizio per un polso e, con un’agilità ed una forza muscolare insospettabile, lo aveva fatto volare al di sopra delle proprie spalle, lanciandolo su uno dei tavoli all’aperto. Poi, dopo  essersi passati i palmi delle mani uno contro l’altro come per pulirseli, si era chinata su Graham. In una frazione di secondo il suo atteggiamento aggressivo si trasformò in tenero e sdolcinato con il suo ragazzo. Gli accarezzò la testa e le guance, mentre il sangue di Jamie colava sul bavero della camicia, rovinando il suo completo elegante.
 
– Tesoruccio ti ha fatto tanto male quel bruto? Ma gli ho dato quello che si meritava!
 
Sia Emma che Graham erano sbigottiti della velocità di Ruby. Graham più che sbigottito era ammirato in realtà.
 
– Lupacchiotta come hai fatto?!
“Lupacchiotta?!”
– Naah! Niente di speciale Jamie! Ho fatto un corso per difesa personale! Una ragazza deve pur essere pronta a difendersi con certa feccia che c’è in giro!
 
Gli altri due amici del primo giovanotto erano andati da lui per tirarlo su e sembravano intenzionati a combinare qualche danno per vendicarsi. 
 
– Dovete solo provarci e vi infilzo le chiappe! Nessuno fa casino nella mia trattoria!
 
La voce stridula, di Nonna De Luca, era appena uscita dalla porta della trattoria. Emma sgranò gli occhi. Non si aspettava quello che vide. L’anziana donna impugnava una balestra con una freccia incoccata.
 
– Non ci credete bambocci? Ho vinto una medaglia d’oro per il tiro con la balestra! Se volete ve lo provo!
 
I tre  non rimasero un secondo di più e se la diedero a gambe levate.
Non solo Ruby era una sorpresa continua, come diceva sempre Graham ad Emma, lei stessa dovette constatare che anche Nonna De Luca non fosse da meno!
Con Ruby, Emma prese per un braccio Jamie e insieme lo riportarono dentro per medicargli il naso. Era necessaria una scappata al pronto soccorso, il “bel nasino” di Jamie era rotto, i medici avrebbero fatto qualcosa per lui.
 
Emma guidò l’auto di Jamie, mentre lui e Ruby erano seduti dietro. Ruby già aveva messo in atto la sua terapia strategica per il suo uomo, lo stava sbaciucchiando su tutto il viso, ripetendogli quanto il suo “Tesoruccio” fosse stato eroico e dolce.
Emma guidava sollevando gli occhi al cielo. Quella eroica a lei era sembrata proprio Ruby, ma era meglio tacere per mantenere un po’ di amor proprio nel bel Jamie!
 
Erano quasi le 16,00 quando Emma riuscì a tornare in ufficio. Graham ancora sedeva dietro, con Ruby abbarbicata al suo torace. Il giovane aveva gli occhi pesti a causa dell’edema che si era sparso dalla frattura del naso al contorno vascolarizzato degli  occhi e teneva sul naso una fasciatura che gli girava intorno alla testa.
 
Emma lo guadava dallo specchietto retrovisore e, storcendo la bocca, commentava tra sé che il suo amico non fosse proprio un bello spettacolo conciato così. Lui intanto, approfittava delle coccole della sua ragazza, tenendo la testa poggiata sulle sue prorompenti tette .
 
– Mi fa proprio male Lupacchiotta!
– Oh povero Tesoruccio! Ciccino mio! Adesso che Emma scende ti porto a casa mia, ti faccio togliere questa camicia sporca così te la lavo, mentre ti riposi un po’!
“Tesoruccio e Lupacchiotta! Si! Immagino come si riposeranno! Domani verrà in ufficio con qualche altro pezzo rotto se Ruby continua così!”
- Ma mi farai togliere solo la camicia Lupacchiotta?
 
Dal retrovisore Emma vide il dito di Jamie infilarsi nell’incavo tra le tette di Ruby e scorrere fino al pizzo del reggiseno.
 
– Mmm Tesoruccio!
 
Ruby aveva risposto sollevando il mento di Jamie e baciandolo appassionatamente. Emma alzò ancora gli occhi al cielo e diede una accelerata all’auto, provocando un ruggito del motore.
 
– Ragazzi scusate! Non per distogliervi, ma vi ricordo che sono ancora qui! Potete aspettare che almeno scenda dall’auto?!
 
Come sarebbe andato il pomeriggio di Jamie e Ruby, dopotutto non era affare suo e, appena giunti vicino alla sua auto, parcheggiata nel parco dove si trovava la loro sede lavorativa, Emma scese da quella di Graham, cedendo il posto di guida a Ruby, e si spostò verso l’auto che la zia Ingrid le aveva prestato quella mattina.
Guardò l’orologio e si rese conto che fosse l’ora dell’appuntamento con la Caposala Rosy. Era ancora in tempo per non farla aspettare troppo e, uscita dal parcheggio, prese la strada per andare da lei.
***

La pasticceria “Les Bon Bon” aveva un bel parcheggio per i clienti ed Emma arrivò di volata, trovando lo spazio per l’auto. Rosy era già arrivata e la vide dalla vetrata. Le andò incontro e l’abbracciò affettuosamente con i suoi braccioni grassocci. Emma quasi spariva in quell’abbraccio, ma Rosy era così materna che le faceva sentire un calore umano che poche persone sapevano trasmettere.
 
– Rosy sono in ritardo! Scusami, vengo ora dal pronto soccorso!
– Che ti è successo?
– A me nulla! Ho accompagnato quel matto del mio collega! Per difendere l’onore della sua ragazza se l’è fatte dare da un bulletto!
– Povero! Però un bel gesto voler difendere la sua donzella no?
– Che ne parliamo a fare! Se conoscessi lei ti accorgeresti che è il vero uomo della situazione Rosy! Alla fine è stata lei a picchiare il bullo!
– Questa tipa mi piace proprio! Me la devi far conoscere Emma!
 
La giovane rise.
 
– Non mancherà occasione Rosy! Se vieni a pranzo con me qualche volta, la conoscerai, lavora nella trattoria di sua nonna! Un bel localino dove si mangia benissimo!
– Questa è una buona idea! A proposito di mangiare … cosa vuoi prendere?
– La mia solita cioccolata calda con panna …
- E cannella ovviamente!
– Ovviamente Rosy! Tu cosa prendi?
– Io sono a dieta! Ho deciso di buttare via un po’ di peso o le mie ginocchia non mi terranno più in piedi! Tre bignè al cioccolato possono andar bene! 
- Wow! Mi piace la tua dieta Rosy! Pensi che avrai risultati?
 
Emma rise divertita, sapeva quanto fosse golosa Rosy.
 
– Bisogna iniziare piano piano no? In altri casi ne avrei presi almeno cinque!
 
Quella donna era sempre uno spasso ed Emma aveva imparato a volerle un gran bene. Fecero le loro ordinazioni, poi Rosy iniziò il terzo grado.
 
– Allora? Come va con il bel Capitano? No! Non mi fare quel faccino Cignetto! Non mi dire che non si è fatto più sentire?! 
- Diciamo che mi ha fatto la sorpresa di venire a cercarmi a casa … è stato bello … poi è risparito e non si è fatto più sentire. Doveva fare una visita al tuo ospedale, mi ero raccomandata di farmi sapere come fosse andata … nemmeno quello!
– Un atteggiamento da vero stronzo direi!
– Si … lo penso anche io Rosy, ma so che non posso essere una distrazione per lui …
- Io non so cosa faccia di preciso il tuo ragazzo Emma! Ma di sicuro è un lavoro parecchio pericoloso. Ha avuto fortuna con quella ferita! Ho visto situazioni meno gravi per le quali i pazienti sono rimasti su una sedia a rotelle!
– Si … è un lavoro d’azione il suo e pericoloso! Mi ha chiesto di fidarmi di lui e aspettare. Ha detto che mi vuole tenere lontana per la mia sicurezza!
– Se “chiappe d’oro” ti ha detto così sarà vero! So che ti ama …
 
Emma ridacchiò all’appellativo che Rosy aveva usato.
 
– Scusa?! “Chiappe d’oro”?
– Certo! Non hai visto che bel culetto sodo ha il tuo ragazzo?
– Rosy lo sai che sei un tantino oscena?
 
Emma era arrossita.
 
– Tesoro non mi dire che non l’hai mai visto nudo! Non ci sei mai stata con il tuo Capitano?! Chissà che avrebbero fatto le infermiere del reparto al tuo posto! Ha fatto stragi di cuori durante il suo ricovero, ma lui non degnava nessuna di uno sguardo!
 
Emma era in imbarazzo. Rosy aveva quel modo diretto di dire le cose che sembrava anche peggio della sua amica Regina!
Certo che c’era stata con il Capitano, aveva anche avuto un figlio da lui! Conosceva il suo corpo tanto quanto lui conoscesse il suo e gli mancava da morire!
Non poteva dirlo a Rosy, c’erano cose che non poteva dire e basta!
 
– Forse era così in quel momento … ora non lo so! Non ho la possibilità né di vederlo né di sentirlo! Potrebbe anche essersi sposato con qualcuna e io non ne so niente!
– Ma va là!
 
Rosy aveva sollevato la paffuta mano e le aveva fatto un gesto di allontanamento al solo pensiero di una simile possibilità.
 
– Il giovanotto è cotto di te, ragazza mia! Sai cosa è successo dopo che tu sei stata a trovarlo nella stanza della terapia intensiva?
– Come potrei saperlo?
– Te lo dico io Cignetto! Quando sono entrata per la terapia mi ha chiesto se qualcuno era stato lì, non sapevo come l’avesse capito e ho risposto di no. Poi l’ho sentito rimproverare quel fustaccio del suo amico!
– Jefferson?
- Si, lui, e il piccolo Cerbero cinese!
– Mulan?
– Si, loro due! Li rimproverava per aver permesso che tu lo avessi visto in quelle condizioni, diceva che avevi già sofferto troppo! Si farebbe questi problemi se non provasse qualcosa di profondo per te?! 
- Io …
- Poi senti questa! Ho scoperto da cosa ha capito che eri stata lì! Un tuo capello!
– Un mio capello?
– Segno del destino direi mia cara! Vado il giorno dopo e noto che ha qualcosa di luccicante avvolto all’anulare sinistro. Gli dico “Ehi! Bel culetto! Hai una fede matrimoniale al dito oggi?” Sai che ha risposto? Ha sollevato la mano guardandosi il dito con uno sguardo da cucciolo e ha detto: “Lo vorrei tenere fino a che non si trasformasse veramente in una fede d’oro!” Io ho risposto solo “Se son rose fioriranno Killian!” e lui ha aggiunto: “Già è la mia rosa!”. Ti dice niente questo?
– Ha detto proprio così?! “Già è la mia rosa” …
 
Rosy si portò la mano sul cuore chiudendo gli occhi in un modo un po’ teatrale.
 
– Parola di Caposala, Cignetto!
 
Emma rimase un attimo assorta. Ancora conservava il bigliettino con la frase sulla rosa che Killian le aveva lasciato. Era una frase del Piccolo Principe, un libro che aveva scoperto amassero entrambi. Allora lui la considerava la sua Rosa, ma adesso? Era ancora lei la sua Rosa o lo era diventata Eloise Gardener? 
 
- Devo vederlo Rosy … dobbiamo chiarire tante cose tra noi, ma non ho occasione di rintracciarlo, non posso per il suo lavoro!
– Proprio un uccel di bosco il tuo amore! Ma io so come aiutarti Emma!
– Coosa?! Come mi puoi aiutare Rosy?
 
La Caposala le si fece più vicina e si mise una mano su un lato della bocca, con uno sguardo cospiratorio che fece sorridere la ragazza.
 
– Quando è venuto all’ultima visita io non ero di turno e non l’ho visto. Il Professore De Luzis gli ha dato un altro controllo per il 18 maggio alle 9,00 di mattina! Se tutto andrà bene dovrebbe togliere il busto definitivamente! Vieni alle 8,00 in ospedale da me! Poi ci penso io a farvi incontrare!
 
Emma non poteva credere alle sue orecchie! Rosy in modalità Cupido era parecchio convincente, se non fosse stato per la sua mole e la mancanza di ali! Forse alla fine dei conti somigliava più alla fata Smemorina del cartone animato Cenerentola di Disney!
 
– Dici veramente Rosy?
– Vuoi scherzare?! Sono la Caposala in quel reparto o no?! So come fare! Ora, quasi quasi, odino un altro paio di bignè!
– Ma la tua dieta? Ne hai presi già abbastanza mi pare!
– Con voi ragazzi mi servono energie cara!
 
Emma sorrise al rotondo viso bonario della sua amica. Ma si! Le diete cominciavano sempre il giorno dopo e una Rosy magrolina non sarebbe stata più la Rosy che aveva conosciuto!
 

Una di quelle notti
 

Pioveva a dirotto. Più che una sera di inizio maggio sembrava un pomeriggio di novembre, ma Freddy O’Hara non se ne preoccupò, nel suo paese era piuttosto tipico quel tempo!
Non portava un ombrello, ma il giubbotto in pelle e il cappello a basco, egualmente in pelle, lo coprivano abbastanza da non fargli temere lo scroscio d’acqua. Si infilò la mano in tasca e tastò il rotolo di banconote che aveva racimolato. La serata non era andata poi così male! Chi aveva bisogno urgente di “roba” sfidava qualsiasi intemperia per ottenerla e lui era uno dei migliori piazzisti della zona, figuriamoci se si faceva spaventare da due gocce d’acqua!
Si guardò intorno, per quella via trafficata di Dublino. Le auto passavano schizzando l’acqua che ristagnava lungo i bordi stradali. Diverse persone ancora si muovevano sui marciapiedi, camminando velocemente con i loro ombrelli aperti in mano. Qualcuno imprecava per essersi beccata l’acqua dell’idiota appena passato con una grossa auto lussuosa …
 
Freddy si infilò in un vicoletto poco illuminato, cercando di non destare l’interesse dei passanti. Era un vicolo stretto e solitario. Si diresse sotto un balcone, un punto più asciutto dove tirare fuori i soldi e contarli velocemente. Un riflesso di luce proveniva dal lampione della strada principale, ne approfittò per vedere meglio. Tirò fuori il rotolo di banconote e iniziò a contare.
 
– Una serata proficua Freddy?
– Chi cazz … ah sei tu?!
 
Riconobbe la figura vestita con un impermeabile nero con il cappuccio sulla testa grondante di pioggia.
 
– Hai qualcosa per me Freddy? Non ho trovato Sean questa sera!
 
Il pusher ridacchiò cinicamente.
 
– Non li leggi i giornali?
– Non danno mai buone notizie! Perché?
– Sono due giorni che Sean è morto!
– Morto?!
– Nemmeno il telegiornale vedi?
– Nemmeno quello da mai buone notizie … Come è morto?
– Gli hanno dato una pistolata in mezzo alla fronte!
– Aveva dei conti in sospeso con qualcuno?
– Quel bastardo aveva debiti solo con me! Gli avevo dato sulla fiducia due dosi di Cocaina, ma non ha fatto a tempo a darmi i soldi, così c’ ho pure rimesso di mio!
– Allora perché pensi che sia stato ucciso?
– E che diavolo ne so! Chi l’ha ammazzato deve essere un pazzo!
– Perché?
– Perche?! Non gli ha preso i soldi e sai che ha fatto dopo che lo ha ammazzato?
– Ti ho detto che non leggo i giornali …
- Il pazzo ha preso una dose di cocaina dalle sue tasche e gliel’ha aperta sopra la testa! Che spreco! Se non è un pazzo quello!
– Forse hai ragione Freddy …
- Che cercavi? Pillole o polvere?
– Mi piace la Coca, roba naturale, no quelle schifezze chimiche!
– Ti piace la roba di qualità a quanto pare e da me la trovi di sicuro! Quanta ne vuoi?
 – Mi bastano due dosi per il momento!
– Eccole qua! Ti dice bene stasera! È l’ultima, devo prendere un altro carico!
– Se non ti trovo dopodomani da chi vado a cercare?
– Se non trovi me cerca Alexis Mc Flies! Lo trovi lungo la strada che si incrocia con questa, l’ho visto poco fa. Chiedi dello Scozzese … lo conoscono tutti! Dammi questi soldi ora e togliti di mezzo!
– Tranquillo … ti do subito quanto meriti Freddy!
 
Lo sguardo di Freddy passò dal sicuro di sé al terrorizzato quando vide uscire la mano dall’impermeabile nero. Non aveva banconote ma una pistola con un silenziatore montato. Non fece nemmeno in tempo a spostarsi di un millimetro. Il colpo lo raggiunse nel pieno centro della fronte.
 
– Hai ragione Freddy! Solo un pazzo sprecherebbe roba buona in questo modo!
 
In un gesto veloce, il tizio incappucciato aprì una delle due bustine di polvere bianca e la versò interamente sulla testa della sua vittima.
Nessuno aveva visto e sentito nulla. Mise la seconda dose di cocaina in tasca e a testa bassa andò via nel buio del vicolo, mentre la pioggia scorreva sul suo impermeabile nero …
***

Erano le tre di notte e ancora pioveva. La giornata era stata fin troppo lunga per il giovane che finalmente si avviava nel parcheggio sotterraneo a recuperare la propria auto. Odiava il clima irlandese. Non aveva nulla a che fare con il clima del suo Messico, ma il suo lavoro lo aveva portato lì già da quattro anni. Era un lavoro che amava e svolgeva con passione e devozione.
 
Il parcheggio sotterraneo era silenzioso, nessuno a quell’ora e con quel tempo avrebbe avuto voglia di uscire in macchina, ma lui doveva tornare nel suo appartamentino. Era stanchissimo e si era trattenuto ben oltre l’orario, ma quando c’erano delle emergenze il suo capo non conosceva orari di riposo o di pausa pranzo o cena. Era il primo stacanovista e pretendeva lo stesso dai suoi sottoposti!
Fece scattare l’apertura automatica della sua auto e le quattro frecce lampeggiarono ripetutamente. L’auto vicina alla sua tentò di mettersi in moto, ma il motore tossì e si spense. L’uomo nella macchina riprovò nuovamente, ma ebbe lo stesso risultato.
 
 – Ha bisogno di aiuto?
 
Per tutta risposta l’individuo abbassò il finestrino.
 
– Se ne intende di motori? Ho provato anche una mezzora fa, ma non c’è nulla da fare!
– Mi apra il cofano che do un’occhiata!
 
Si sentì lo scatto della molla e il cofano si sollevò leggermente. Con mano esperta il giovane lo aprì del tutto e guardò all’interno.
 
– Ho trovato! Nulla di irrimediabile! Non so come sia successo ma si è allentato un filo dello spinterogeno. Provi ora!
 
Dall’interno dell’auto il guidatore rimise in moto e questa volta con successo.
Il giovane con un sorriso soddisfatto richiuse il cofano e si spostò verso la propria auto. L’uomo alla guida intanto aprì lo sportello uscendo dall’auto per ringraziarlo.
 
– Come posso ringraziarla? Disperavo di andar via da questo parcheggio ormai!
– Non mi ringrazi! Ho fatto quello che potevo!
– Preferisco ringraziarti Manuelito!
 
Solo una persona lo chiamava Manuelito e non era quella che ora si trovava alle sue spalle. Un brivido passò per la schiena del giovane Manuel Parrilla. L’adrenalina scorse in ogni sua fibra mentre percepiva il pericolo. Si voltò di scatto verso la figura vestita con un lungo impermeabile nero. Aveva una pistola con silenziatore in mano e si era tolto il cappuccio dell’impermeabile.
 
– Tu?!
 
L’agente Parrilla non si sarebbe mai aspettato quell’incontro. Percepì il movimento del grilletto e tentò di evitare il colpo. Fu meno veloce del proiettile. Con un rumore sordo il proiettile lo colpì alla testa. L’ultima cosa che Manuelito vide, fu il volto del suo assassino chinarsi su di lui con una bustina in mano. Della polvere bianca cadde sulla sua fronte e tra i capelli, diventando una poltiglia schiumosa e rossa mentre si mescolava al suo sangue.
 
***

Le mani femminili dell’avvocato Alexandra Pereira digitavano velocemente sulla tastiera del suo personal computer. Era un’ottima internauta e aveva abbastanza conoscenze per trovare quanto stava cercando. Digitò il nome che da quanto l’aveva sentito le aveva destato una forte curiosità.
 
“E m m a  S w a n”
 
Il server si mise in moto e presto le apparvero diverse situazioni registrate con il nome di Emma Swan. Era sul sito dell’Università di Harvard, Facoltà di Psicologia. Riuscì ad entrare nella lista dati degli studenti e trovò i suoi dati anagrafici e l’indirizzo del suo domicilio.
 
– Abita nella periferia di Boston … mmm … si è laureata da poco e brillantemente …. Ma questo?! Questo si che è interessante!
 
Il nome di Emma Swan compariva in diversi articoli di giornale. Alexandra lesse ad alta voce.
 
– La giovane, dopo aver messo in salvo se stessa e la Signora Milah Gold dal rapimento per opera degli uomini di Tony Manguso, è stata soprannominata affettuosamente “La Salvatrice” … non è chiaro ancora il motivo per cui sia stata rapita …
 
Un altro articolo attirò l’attenzione dell’avvocatessa dal caschetto rosso.
 
– Dopo l’attentato, il giorno della deposizione in tribunale contro il famigerato Boss malavitoso Tony Manguso, la Swan è stata ricoverata urgentemente in ospedale. Purtroppo il bambino che attendeva è morto per insufficienza cardiaca subito dopo il parto. Domani sarà celebrato il funerale del piccino. Altro dolore si aggiunge nella vita della giovane, generosa e coraggiosa, conosciuta come “La Salvatrice” …
 
La mente vivace di Alexandra assimilò quelle spezzettate notizie e iniziò a riflettere.
 
- Tony Manguso era colluso con Robert Gold e Antonio Santa Cruz … Perché la Swan è stata rapita insieme alla moglie di Gold? Che ruolo ha questa ragazza nel mondo del narcotraffico? Salta fuori anche con Eloise Gardener! Quale è il legame? Qui manca qualche anello della catena e ho solo un modo per scoprirlo! Manguso è stato arrestato ed ora si trova in un carcere di massima sicurezza … solo lui può dirmi la motivazione del rapimento delle due donne … cosa le accomuna … Non sarà un problema con il mio Pass avere il permesso del Giudice per fargli visita! In fin dei conti il mio libro “Storie di donne e narcotraffico” sarà un evento di risonanza internazionale, una denuncia sullo sfruttamento delle donne nel commercio della droga.  Emma Swan avrà un appuntamento in una Casa Famiglia con Eloise Gardener, non sarà difficile rintracciare la Comunità che la ospita dopo il suo incontro in Casa Famiglia. Eloise è un esempio eccellente per riempire un paio di capitoli del libro, ma dovrò avvicinarla senza i permessi della D.E.A. è ancora sotto protezione e non me lo permetterebbero nemmeno con il mio Pass. Sono sicura che sarà felice di dare il suo contributo, ho sentito dirle alla Swan di quanto desideri farla pagare a chi le ha fatto del male … sarà un grande successo!
 
Con un sorriso di trionfo dipinto sul viso, Alexandra si alzò dalla scrivania e si stiracchiò gli arti. Era ora di andare a letto, sentiva gli occhi bruciarle. Si avvicinò allo specchio del comò che arredava la stanza da letto matrimoniale. Si tolse gli enormi occhiali rotondi e si guardò allo specchio. Quelle rughe agli angoli della bocca e le borse sotto gli occhi erano orribili, ma non ci poteva far nulla, per una donna di quasi cinquant’anni era la norma no? Prese le salviette struccanti e iniziò a pulirsi il viso. Mai andare a letto con il trucco! La pelle sarebbe invecchiata prima!
 

Giovedì 11 maggio 2010
 

Era passata più di una settimana dall’udienza in tribunale. Quel pomeriggio Emma avrebbe visto Eloise, dai Nolan. Doveva ammettere che la cosa non la entusiasmasse per niente. Nonostante avesse cercato di togliersi dalla mente il bacio tra la donna e Killian, non c’era riuscita e, se ci ripensava, le faceva nuovamente male lo stomaco per la gelosia. Ora, pero, la rabbia predominava sulla gelosia e, intenzionata a scaricarla,  inforcò gli occhiali gialli sul naso, mise le cuffie sulle orecchie e preparò la sua pistola d’ ordinanza.
 
La Glock 22, calibro 40, Smith and Wesson, sembrava un semplice prolungamento dei suoi arti, mentre esplodeva i colpi del caricatore contro la sagoma a disposizione nel poligono del Bureau. 
 
– Accipicchia Swan! Che ti ha fatto di  male quella sagoma? Hai scaricato tutti i colpi?
– Temo di si Olden!
– Comunque complimenti per la mira collega! Fai invidia ad un cecchino!
– Tutto merito del maestro!
 
August era intervenuto orgoglioso della sua ex allieva e le aveva dato una pacca affettuosa sulla spalla.
 
– Brava la mia Swan!
– Vedi? Ora non sono più il tuo Anatroccolo August!
– Direi di no ragazzina! Ma come vedi l’allenamento settimanale, obbligatorio, al poligono, ti fa bene. Hai visto mai che dovessi entrare in un’azione diversa da quella delle tue scartoffie? I tuoi colleghi sarebbero al sicuro con te!
– La fiducia reciproca è necessaria in missione!
 
Mulan era arrivata in quel momento e aveva aggiunto il suo parere.
 
– Ciao Mulan! Hai ragione, credo debba essere così! Ma io, con il mio ruolo, difficilmente avrò occasione di entrare in azione con una pistola in mano!
– Meglio così Emma! Credimi! Il tuo uomo starà più tranquillo! Guarda me con una fidanzata guerriera come Mulan! Se poco poco me la rimandano in missione, come pensi che potrò chiudere occhio la notte?
– Dovrai prendere un sonnifero nel caso, amore!
– Si! Facile dirlo vero?
 
Per ulteriore risposta Mulan si avvicinò ad August e gli diede un bacio a stampo sulle labbra.
 
– Per ora sono qui no?
 
Erano belli quei due insieme! Emma un po’ li invidiava. Era chiaro che si amassero e nutrissero  grande rispetto e stima l’uno per l’altra. Chissà se August sapesse che Mulan faceva parte della squadra di Captain Hook? Per quel che conosceva entrambi era possibile che non ne avessero mai parlato e che Mulan mantenesse il riserbo, come era giusto per la sua parte di lavoro sotto copertura.
Notò lo sguardo d’ intesa e di desiderio reciproco che si stava sprigionando tra i due e non si sorprese che si sbrigassero a lasciare il poligono insieme.
 
– Si … decisamente sei qui ora …
 
August aveva preso per mano la sua ragazza e, salutando con l’altra Emma, facendole l’occhiolino, se la tirò dietro uscendo dal poligono.
Emma pensò che per due innamorati, qualsiasi fosse l’ora, era sempre un’ora buona per fare l’amore e quei due sembravano averne tutta l’intenzione, nonostante fossero le 11,00 di mattina. 
Con un’espressione imbarazzata Olden continuò ad allenarsi con lei un’altra mezzora, prima di tornare in ufficio da Lorna.
 
***
– Ma che gli è successo a Graham?
- Non te lo ha detto?
– No! Ha sviato il discorso quando gliel’ho chiesto!
 
Emma rise alla domanda che Olden le aveva rivolto, mentre guidava l’auto dandole un passaggio fino al loro ufficio.
 
– Ha salvato l’onore della sua ragazza!
– Ha fatto a botte per Ruby?
– Direi che l’altro non gliene ha dato il tempo, visto che lo ha steso prima! È Ruby che alla fine ha salvato l’onore di entrambi. Dovevi vederla che tigre!
– Wow! Ho perso uno spettacolo!
- Già, peccato che eri al carcere per quel serial killer! Ho visto che comunque ne è valsa la pena, hai portato nuovi indizi a Lorna!
– Vero!
 
Olden sorrise orgoglioso di sé.
 
– Lorna era entusiasta! Pare che ci sia un legame tra il nostro uomo e il detenuto. A volte questi mostri tendono ad emularsi reciprocamente. Anche il detenuto feriva al seno le sue vittime, ma non lo asportava. Il nostro Killer ha una dinamica più evoluta e oscura a quanto pare!
– Hai ragione!
 
Arrivarono in ufficio che era mezzogiorno.
 
– Olden vieni a pranzo con me e Jamie dopo?
– Non oggi grazie! Ho un appuntamento!
– Dal tuo sorriso smagliante si tratta di sicuro di un appuntamento galante!
– Non ti si può nascondere nulla Swan! Si. Ho conosciuto una bellissima mora due giorni fa!
– Una cosa recente quindi!
– Si, un caso! Ci siamo scontrati con il carrello al supermercato! Mi ha parlato spagnolo per scusarsi, ma io non ho capito una parola, non parlo spagnolo, ma per fortuna lei parla benissimo l’inglese. È fantastica! Bella e sexy da morire!
– Olden! Sei già fuso per lei?
 
Olden rise contento.
 
– Siamo usciti insieme ieri sera per la prima volta e siamo stati bene. È colombiana, viene da Bogotà, ha studiato a Londra e si è laureata in chimica …
– Bella e intelligente quindi! Sei fortunato! Come si chiama?
– Penelope, Penelope Diaz!
 
***
 
La piccola Alice sembrava più vivace del solito quel giovedì pomeriggio. Emma pensò fosse l’euforia per l’arrivo di sua madre.
L’auto di Jefferson arrivò più tardi della solita ora ed Eloise scese con un’espressione meno allegra dell’ultima volta che l’aveva vista.
 
Fu un pomeriggio strano per Emma, o meglio, fu strano il suo rapporto con Eloise. Si erano lasciate in tribunale una settimana prima, con tutti quei ringraziamenti e sorrisi da parte della ragazza e ora quasi non la guardava in faccia. Non c’era apparente spiegazione di quel comportamento.
 
-  Non ti senti bene oggi Eloise?
– No, no sto benissimo, grazie!
– Pensavo volessi parlare un po’ con me … non vuoi sapere dei progressi di Alice?
– Sono sicura che ne stia facendo ogni giorno di più … soprattutto grazie alla tua presenza! Sei sua madre più di me no?
 
Emma notò il tono acido e sarcastico di Eloise.
 
– Non mi pare che sia così Eloise … Alice è tua figlia. Io sono una psicologa volontaria che cerca di fare del suo meglio per aiutarla. È successo qualcosa di spiacevole per caso? Sei un po’ acida con me oggi e non mi sembra che io ti abbia fatto nulla di male!
– Scusa Emma! Hai ragione! Oggi sono così! Tu in effetti non mi hai fatto nulla, anzi! Hai cercato di aiutarmi e io mi sto mostrando ingrata!
– Sento che è successo qualcosa Eloise. Me ne vuoi parlare?
– Non posso Emma! Killian mi ha detto di non parlare con te di queste cose!
– Killian?! Di quali cose?
- Gli ho raccontato di averti detto del nostro matrimonio e mi ha rimproverata! Pensavo che visto che sei della F.B.I. non ci fosse nulla di male! Ha detto che ho sbagliato!
– Forse è un ulteriore modo di proteggerti no?
– Dici? Ho avuto una strana impressione …
- Che impressione?
– No … nulla …
- Nulla?
– Ma tu lo conosci Killian Jones?!
– I - io?!! Come potrei? Non l’ho mai visto e conosciuto Eloise …
- Beh! Avevo avuto l’impressione che lui ti conoscesse bene, ma ormai non ha più importanza!
“Ormai non ha più importanza?”
 
Che diavolo doveva significare quell’affermazione? Emma preferì far cadere quella conversazione e lasciò che Eloise continuasse ad interagire con sua figlia.
Dopo un’ora la ragazza ripartì con Jefferson alla volta della Comunità terapeutica. Emma salutò con la mano verso l’auto e vide Seb risponderle allo stesso modo. Eloise non rispose al saluto. L’auto partì ed Emma si girò per tornare dentro, Neal la stava chiamando e lei non vide l’auto che lentamente ripartiva da dietro la staccionata per seguire il Suv Maserati di Jefferson.
 

18 Maggio 2010 Ospedale Militare di Boston
 

Il Professore De Luzis si accarezzava il pizzetto mentre guardava attentamente le lastre sulle lavagne illuminate alla parete.
Killian si stava riabbottonando la camicia e ascoltava i mugolii del luminare.
 
– Allora Professore?
– Mmm … si, decisamente si Capitano Jones! Possiamo anche buttar via quel busto ormai! La sua vertebra è completamente ristrutturata. La colata di callo osseo risulta ben robusta. Complimenti! Lei ha un fisico eccezionale ed un’ottima salute!
 
Killian sorrise tirando un sospiro di sollievo. L’ultima volta che era stato al controllo il Professore lo aveva rimproverato. Ricordava ancora cosa gli avesse detto.  
 
“ Capitano non ci siamo! La vertebra sta guarendo ma lei non le sta rendendo il compito facile! Ho sentito i suoi muscoli dorsali molto tesi! Capisco che sia giovane e anche un bel ragazzo … le donne non le mancheranno di sicuro! Ma dovrebbe evitare troppa attività! Mi sono spiegato?
“ Quella attività?! “
“ Mi ha capito bene! Proprio quella giovanotto! Ovviamente fa bene ad altro, ma al momento non alla sua schiena, specie se esagera! “
 
Aveva esagerato nel fare l’amore? Se ricordava le tre nottate di passione avute con il suo Cigno biondo in quei tre ultimi giorni prima della visita, gli veniva da ridere alle parole del Professore De Luzis. Da quando non la vedeva ne avevano fatto anche poco!
Ricordava che pure Emma si era preoccupata per la sua schiena e lui le aveva risposto di avere trent’anni e non trecento. La terza mattina si era svegliato con dei forti dolori, aveva pensato fosse colpa del letto scomodo, non era un matrimoniale! Avrebbe voluto svegliare Emma a suon di baci e carezze, ma aveva preferito non svegliarla. L’aveva ammirata nella sua nudità, così bianca, eterea, con la mano sotto la guancia e quelle labbra di ciliegia che non avrebbe mai smesso di baciare …
 
Non le aveva potuto dire che quando era andato via, lasciandole quel bigliettino con due cuori disegnati, la sua schiena stava facendo capricci. Non gliene era importato un fico secco di quei doloretti! Stare con Emma valeva ogni dolore o sacrificio! Comunque, starle lontano da allora, aveva consentito anche alla sua vertebra di guarire completamente.
 
Mentre si rinfilava il giubbotto di pelle sorrise al suo chirurgo, scherzando.
 
– Sicuro che la mia schiena non corra più pericoli se riprendo una certa attività?!
– Non so perché ma me l’aspettavo questa battutina! No Killian … la sua vita può scorrere normalmente. Può fare ogni attività fisica che l’aggradi … quindi … auguri e stia attento ad evitare proiettili. Questa volta è stato molto fortunato!
– Lo so Professore e devo ringraziare lei se tutto è andato bene.
– Non è solo merito mio, lei ci ha messo parecchia forza di volontà e sicuramente qualcosa o qualcuno le ha dato questa forza. Una ragazza?
– Direi un angelo biondo Professore!
– Allora vada a ringraziare il suo angelo biondo Capitano. Buona fortuna!
 
Si strinsero la mano e poi Killian uscì dallo studio del medico.
Rosy era nell’anticamera che lo aspettava.
 
– Allora! Come è andata?
– Bene Rosy, non credo mi rivedrai presto da queste parti!
– Che peccato! Sentirò la mancanza del tuo sederino sodo!
 
Killian rise divertito e abbracciò forte Rosy.
 
– Mi mancherà la tua voce da Sergente istruttore Rosy, le tue urla per la corsia e le tue battute sporche!
 
Rosy aveva gli occhi lucidi, Killian non ci poteva credere, ma sapeva che dietro la corazza da militare, la donna avesse un cuore d’oro.
 
– Vieni ti accompagno lungo il corridoio!
– Non vuoi proprio lasciarmi andare di la verità!
– Te l’ho detto che mi mancherà il tuo sederino sodo no?
 
Si avviarono scherzando per il corridoio, poi, quando furono vicino alla sala della terapia intensiva, Rosy lo fermò prendendolo per un braccio.
 
– Killian?
– Si?
– Ho un piccolo regalo per te in quella stanza!
– Rosy sei inquietante! Non vorrai infilzarmi il didietro a morte?
– Ma che dici? Mica sono così maniaca! Vai tu in quella stanza, io non ci vengo, la sorpresa è tutta tua!
– Ma Rosy io …
 
Non finì di dirlo, poiché la paffuta Caposala lo spinse verso la porta e appena lui fu entrato gliela richiuse dietro.
 
– Rosy sei impazzita?!
– No Killian, si è solo volatilizzata!
 
Al suono di quella voce il Capitano si voltò immediatamente sgranando gli occhi azzurri. Il suo angelo biondo era lì che gli sorrideva ….
 
 
 



Angolo dell’autrice
Vi dispiace se ho chiuso qui? Non ce l’avrei fatta a pubblicare se andavo avanti! Si sono ironica e un po’ sadica lo so. Purtroppo sto facendo stragi con questi killer misteriosi, anche il povero Manuelito ci ha rimesso! Spero che nessuno abbia urlato leggendo, povere sorelle e madri che vi ascoltano! Prima o poi verranno a cercarmi e ci sarà parecchia gente davanti alla mia porta!
Ogni cosa che avete letto avrà il suo incastro e la sua spiegazione. Abbiate fiducia e continuate a seguire. Ringrazio chi lo sta facendo con la trepidazione dell’attesa, con la voglia di dire la sua e anche solo per il piacere che trova a leggere.
Spero di riuscire a postare ora, non vi dico quanti pasticci mi sta combinando internet con questo tempo balordo. Mi sembra proprio la nottata irlandese di Freddy e Manuelito, ma qui è veramente novembre e i danni con internet non sono nulla rispetto alla povera gente che ci ha rimesso la vita. Un pensiero e una preghiera per loro e le loro famiglie.
Un abbraccio e ogni bene a tutti!
Lara

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Capitolo 40
*** Matrimonio?! ***


Capitolo 40

Matrimonio?!

 
 
 
18 maggio 2010
 
Non poteva credere ai suoi occhi, Emma era in quella stanza, era lì con lui. Era lei il  “piccolo regalo” che gli aveva fatto la Caposala Rosy!
 Erano passati quasi due mesi da quelle tre meravigliose notti vissute con lei, dandosi l’uno all’altra corpo e anima. Sapeva quanto lei fosse bella, ma era incredibile come, ogni volta che la rivedeva, lo sembrasse ancor di più.
Ogni volta, in lui, sparivano gli intenti di starle alla larga, di non pensarla e ogni volta si rendeva conto di quanto fosse difficile stare senza di lei.
Il suo sguardo incredulo accarezzò ogni centimetro del viso della giovane e la sua voce uscì come un sospiro dalle sue labbra.
 
– Swan …
 
Era pazzesco come lei lo paralizzasse, nonostante il desiderio di stringerla a sé e baciarla a perdifiato. Solo averla davanti nutriva i suoi occhi e la sua anima, poi il suo corpo iniziava a reagire e a desiderare il contatto.
Le labbra tumide e rosso ciliegia di Emma erano schiuse in un sorriso tenero e gli ricordarono il loro sapore e la loro morbidezza. Qualcosa da assaporare ancora, continuamente … sempre …
Gli occhi di lei, due polle limpide, non sorridevano come le sue labbra. Erano velate di un’insolita tristezza. Lui sapeva che non le appartenesse quello sguardo triste quando lo vedeva. C’era qualcosa che la turbava, che non le dava felicità e a Killian si strinse il cuore. Il suo angelo biondo non doveva soffrire, la sua sofferenza lo uccideva dentro.
 
– Ciao Killian … è andata bene la tua visita?
 
Quello era stato il suo primo pensiero? Come stesse lui? Lei? Come stava lei? Lasciata a se stessa per quegli altri due mesi? Lui meritava quella preoccupazione e quell’attenzione? Non le aveva fatto sapere nulla di sé in quei due mesi, nemmeno come fosse andata la visita precedente, nonostante lei gli avesse raccomandato di farglielo sapere. Emma era il suo dolce angelo biondo e lui era un grandissimo stronzo! Possibile che lei fosse lì e ancora lo cercasse, nonostante il suo modo di essere e fare nei suoi confronti? Quanto era diversa da lui Emma! Quanta luce e bontà aveva nel  cuore, rispetto alle tenebre che lui aveva nel suo?
 
Emma osservò la sorpresa nello sguardo di Killian e la gioia nel vederla, i suoi occhi magnetici scrutarla in viso, posarsi sulle sue labbra, tornare in contatto con i suoi e poi la sua espressione di maggior dolcezza e rammarico. Era senso di colpa quello che traspariva dal bellissimo volto dell’uomo che amava?
 
– Rosy mi ha spintonato in questa stanza dicendo che c’era un regalo per me … è vero angelo mio … sei il più bel regalo che la vita mi potesse fare …
- Come stai Killian?
 
Sembrava che lei non avesse voluto sentire quella frase. Non era la risposta alla domanda che gli aveva fatto. Killian si riprese da quel pensiero che aveva formulato ad alta voce, quasi non rendendosene conto ed ebbe il dubbio di non averlo detto veramente.
 
– Sto bene Emma, grazie … non devo portare più il busto. La mia vertebra è guarita completamente.
– Sono felice per te Killian.
Il dolce sorriso di Emma gli disse che era sincera e la vide inspirare ed espirare in un soffio di sollievo.
 
– Ti sei preoccupata troppo per me tesoro … mi dispiace … è per questo che sei qui?
 - È stato un caso aver saputo da Rosy che ti avrei trovato qui oggi! Non avevo più tue notizie. Ti avevo chiesto di farmi sapere almeno come stessi …
- Se è per quello lo vedi … sto bene!
– Non è solo per quello Killian!
– Allora per che cosa?
– Dobbiamo parlare …
- Di cosa?
– Non hai veramente nulla da dirmi Killian?
– Vuoi sapere cosa vorrei dirti Emma?
– Si …
- Vorrei dirti che lo so! So che hai creduto che non avessi pensiero per te, che sono stato uno stronzo a non essermi fatto sentire dopo quelle tre notti insieme! La verità è che combatto ogni giorno il tuo pensiero, lo combatto con tutte le mie forze, ma tu continui ad essere il primo pensiero del mio risveglio e l’ultimo prima di dormire! Se ti sono vicino annulli le mie difese, abbatti la mia razionalità … non posso permettermelo Emma, non posso, né per me né per te! Lo so che è difficile dare fiducia incondizionatamente, ma te l’ho chiesto comunque. È solo questione di tempo!
– Fiducia dici?! Come posso mantenere una cieca fiducia Killian? Quando scopro che hai intenzione di sposare un’altra! Dopo tutte le belle parole che mi hai detto in quelle tre notti!
– Te lo ha detto Eloise …
- Sapevi che sua figlia è nella Casa Famiglia dove faccio volontariato, come potevi pensare che non l’avrei saputo? Mi ha raccontato che le hai detto di non parlare con me dell’argomento! E dovrei fidarmi di te Killian?!
– Ovvio che le ho detto di non parlartene! Guarda come hai preso la notizia! Credi che non immaginavo la tua reazione?
– Quindi Eloise non si è inventato nulla! È vero che hai intenzione di sposarla!
– Emma cosa importa se la sposo! Non cambia quello che c’è tra di noi!
– Cooosa?! Ma ti senti Killian? Ti sposi e tra noi non cambierebbe nulla? Certo! Che dovrebbe cambiare se già c’è il nulla? Ti sei innamorato di lei dunque … posso capirlo …  è bella, indifesa, ha bisogno di un eroico cavaliere che la salvi …
 
Emma aveva un’espressione estremamente delusa e i suoi occhi erano lucidi, pronti a riempirsi di lacrime.
 
– Ma cosa dici Emma?! Come puoi pensare che io l’ami?! Lei non è te Emma! Non lasciare che i tuoi dubbi rovinino la cosa preziosa che abbiamo! Usa la tua intelligenza, le tue capacità professionali!
 
– Perché la sposi allora!
 
Emma lo aveva chiesto con il pianto in gola.
 
– Ti prego Emma! Smetti di fare domande e baciami piuttosto!
 
Mentre parlavano animatamente la distanza tra loro si era ridotta. Era uno strano fenomeno, anche discutendo seriamente, non riuscivano a mantenere le distanze, attratti l’uno verso l’altra inesorabilmente.
Killian l’aveva afferrata per la vita con un braccio, mentre con la mano dell’altro, dietro la sua nuca, aveva realizzato il suo desiderio di assaporare di nuovo quelle dolci labbra.
Emma fu presa alla sprovvista, non era in vena di baci in quel momento drammatico. Voleva risposte!
Cercò di liberarsi dall’abbraccio di Killian, tentò di schiaffeggiarlo, ma la sua lotta fu flebile e poco convinta, trasformandosi lentamente nello stesso desiderio e ricambiandolo, alla fine, con tutta se stessa, avvolgendogli il collo con le braccia e facendo scorrere i suoi capelli bruni tra le dita. Lui, finalmente, dopo che si erano nutriti reciprocamente con quel lungo passionale bacio, interruppe il contatto tra le loro labbra, ma continuò a tenerla stretta a sé, accarezzandole, con le dita tra i capelli, la nuca. La conosceva così bene! Sapeva che quel leggero massaggio, quella carezza tra i capelli, riuscisse a calmarla.
 
Emma emise un leggero sospiro, rilassandosi maggiormente tra le braccia di Killian e desiderando che quella mano scorresse leggera su tutta la sua schiena, come aveva fatto altre volte, provocandole brividi piacevolissimi.
Si ritrovò a guardarlo in quei meravigliosi occhi d’acqua marina.
Perché erano così maledettamente magnetici? Perché il suo sorriso era così sensuale e affascinante? Perché non riusciva a dargli una sberla in faccia per quello che le aveva detto riguardo al matrimonio con Eloise? Perché aveva la sensazione che le cose che le aveva detto, ancor prima, fossero sincere?
 
– Non è giusto tutto questo!
 
Emma era arrossita sulle gote, come se si vergognasse di aver ceduto con quella facilità.
 
– Cosa? Che ti stia baciando?
 
Lui le sorrideva, ammaliandola come al solito, facendola sciogliere come burro fuso tra le sue braccia.
 
– Anche!
– Lo sai perfettamente che è giusto Emma! È la cosa più giusta che possiamo fare ora!
 
Nuovamente lui si era impossessato delle sue labbra, la sua lingua la cercava e lei ricambiò ancora, facendosi trovare, malgrado i suoi pensieri viaggiassero nella direzione opposta a quella dei suoi desideri e delle sue azioni. Poi Emma fece forza su sé stessa e si sciolse da quel nuovo avvolgente e coinvolgente abbraccio.
 
– Io non posso farmi incantare dalle tue parole Killian! Sei un seduttore nato! Un attore da premio Oscar! Reciti di continuo parti diverse nel tuo lavoro! Hai recitato anche con me e continui a farlo!
 
L’espressione di Killian si indurì. Lei vide il guizzo di disappunto partirgli dal muscolo mascellare. Era offeso?
La prese per i polsi e li strinse, attirandola di nuovo a sé.
 
– Guardami Emma! Guardami negli occhi e dimmi se sto recitando! È vero! Mi hai conosciuto sotto mentite spoglie! Ma mi sembrava di essere stato chiaro quando siamo stati insieme due mesi fa! Cosa sono venuto a fare da te? Pensi fosse solo sesso? Ne potrei avere quante ne voglio di donne! Ma non mi serve nessuna! Ho bisogno solo di te! Un matrimonio con Eloise non sarebbe un vero matrimonio! È una necessità che non ha nulla a che vedere con quello che provo per te! Lei lo sa, sono stato chiaro anche con lei!
– Sei così sicuro di essere stato chiaro?! Lei mi sembra piuttosto presa, finto o vero che sia!
– Ti ho già detto che non posso rivelarti tutto dei miei piani, ora più che mai! Sei tu quella che vorrei sposare Emma! Non voglio solo un legame legale che si può interrompere secondo le circostanze, voglio un legame indissolubile, un giuramento tra me e te davanti a Dio! Non te lo dico perché so che lo vorresti anche tu, te lo dico perché lo penso veramente Emma! Dammi fiducia e aspettami, qualsiasi cosa accada!
 
Le aveva chiesto nuovamente fiducia incondizionata, qualsiasi cosa accadesse?!
 Lei voleva ribadire a quelle parole, voleva essere pungente. Voleva fargli capire di non essere senza un cervello pensante e senza sentimenti, ma lui aveva ripreso a baciarla, chinando la testa verso di lei e attirandola nuovamente in quel vortice di labbra, lingue, sapore reciproco e desiderio.
 
Era veramente un manipolatore Killian! Un magnifico manipolatore e lei sapeva di aver così bisogno di sentirlo suo, da lasciarsi manipolare e abbindolare da lui in qualsiasi modo. Si diede mentalmente dell’idiota, mentre ricambiava i suoi baci e i suoi abbracci, ma il desiderio reciproco era così intenso che annullò completamente i suoi pensieri negativi, riportandola su una specie di nuvola dove erano solo loro due.
Quando l’avrebbe rivisto? Già iniziava a sentire la sua nostalgia per il dopo quel bacio. Non sarebbero rimasti in eterno in quella sala da terapia intensiva. Tanto valeva godere in quel momento di quel poco che avrebbero potuto avere. Emma partecipò a quel bacio sempre più attivamente e passionalmente, sembrava quella una terapia intensiva! Iniziarono ad andare a fuoco entrambi. Le mani di Killian diventarono più possessive, lei percepiva la sua eccitazione e non poteva nascondergli la propria. La mano che prima le accarezzava la nuca si era infilata sotto la sua camicetta e aveva trovato il seno sinistro. Era completamente aderente al torace inclinato di Killian, che continuava a baciarle labbra, viso collo, fino a raggiungere l’incavo del seno, appena intravisto dall’apertura dei due bottoncini.
 
– Emma … Emma … Emma …
 
Killian riusciva solo a dire il suo nome tra un contatto e l’altro delle sue labbra con la sua pelle.
 
– Adoro la tua pelle liscia … adoro te mio angelo biondo! Mi fai perdere il lume della ragione! Ho voglia di prenderti qui, su quel letto che ho già provato durante il ricovero. Eri con me in quel momento … lo so …
 
Emma era in uno stato paradisiaco in quel momento e se lui avesse veramente voluto usare quel letto non avrebbe avuto nessuna voglia di contrastarlo. Le sue mani continuavano a scorrere tra i capelli di Killian, le erano sempre piaciuti quei capelli bruni e morbidi, spesso spettinati ad arte. Lo desiderava non meno di quanto lui la desiderasse e volle anche lei sentire la sua pelle sotto le dita. Spostò le braccia dal collo del Capitano infilandole sotto il giubbino in pelle, intenzionate a fare della sua camicia, lo stesso che lui stava facendo della propria, praticamente ormai aperta a mostrargli quei due monticelli rosei che lui stava divorando di baci.
 
Non se ne era accorta prima, ma infilando la destra sotto il giubbotto di Killian, aveva toccato un involucro  che conosceva bene. Si staccò immediatamente da lui, lasciandolo con le labbra ancora affamate e gli occhi carichi di desiderio.
 
– Killian porti la Glock?!
– Mmm … si Swan … la pistola d’ordinanza … odio le armi ma devo … non smettere di fare quello che stavi facendo Swan! Mi stai ricaricando le batterie lo sai? La mia autonomia era agli sgoccioli! Dovrò ringraziare Rosy!
 
La mano di Killian aveva preso un’altra direzione e la stava cercando più in basso. Ci sapeva fare! Emma lo sapeva bene! Le aveva aperto il bottone e la lampo dei jeans, intrufolandosi nelle sue mutandine in un attimo e le stava regalando uno di quei brividi che solo lui riusciva a provocarle anche solo  pensandolo.
 
– Ecco appunto! Rosy!
 
Era stata la parola del risveglio da quella sorta di trance: Rosy!
 
– Killian non possiamo farlo qui! Dovevamo solo parlare non fare l’amore! Rosy è stata fin troppo generosa, ma se qualcuno viene qui?
 
Killian rise divertito.
 
– Sai Love? Forse Rosy ci sperava! Ci ha chiuso dentro a chiave!
– Ora riaprirà, mi ha dato un’ora di tempo per parlarti!
– Sei una guasta feste Swan! Parlare, parlare! Con un’ora avremmo fatto di meglio ti sembra?
– Risistemiamoci che è meglio e parliamo ancora invece!
 
Killian alzò gli occhi al cielo e fece una sorta di broncio che fece ridere Emma. Poi lei ridiventò seria e riprese a parlare.
 
- È la prima volta che ti vedo con la pistola d’ordinanza della F.B.I.
– Non la indosso quasi mai, ma è un periodo pericoloso e devo farlo …
- P - pericoloso? Che succede? Non mi tenere all’oscuro ti prego! Sparirai per chissà quanto altro e non avrò Rosy ad aiutarmi!
– Quando ti ho detto che non posso rivelarti i miei piani, specialmente in questo periodo, mi riferivo proprio a quello che sta accadendo. Tu corri gravi rischi a farti vedere con me e quindi io cerco di starti alla larga.
– Che rischi correrei io? Mi sembra che in pericolo ci sia tu o sbaglio?
– Emma … qualcuno sta facendo fuori gli agenti della mia squadra e qualcuno dei miei informatori. Nel giro di pochi giorni due agenti sono stati aggrediti, uno e morto e l’altro è in coma in ospedale, la sua condizione è gravissima.  Ieri è stato ucciso il terzo pusher… era il mio informatore, uno scozzese insospettabile. Temo che abbia spifferato qualcosa riguardo la squadra e Captain Hook! L’assassino ha un piano sicuramente e qualche buon motivo. Stiamo lavorando con la polizia di Dublino questi giorni, ma non se ne viene fuori. Ti rendi conto dell’importanza di non far trapelare la notizia che Captain Hook ha una donna?
– Non per far polemica … ma di Eloise non ti preoccupi? Un matrimonio è piuttosto pubblico no?
– Ancora con Eloise?! Ti ho detto che non sarà un matrimonio vero e proprio! Non ci andrò a spasso con Eloise, né  a letto se lo vuoi sapere!
– Visto come vi siete baciati in tribunale e la cotta che lei ha per te … mi dovrei fidare anche di questo? Devo proprio chiudere gli occhi?
– Si, anche le orecchie se serve! Io non ho avuto nessuna iniziativa di baciarla! Non so da che angolazione ci hai visti … Era spaventata e preoccupata. Mi aveva detto che la sua amica psicologa non si era fatta vedere. Le ho fatto una carezza sul viso dicendole che se la Dottoressa Swan le aveva detto che sarebbe venuta, sicuramente avrebbe mantenuto la promessa. Lei si è alzata sulle punte dei piedi e mi ha abbracciato e baciato!
– Non mi pare che tu ti sia tirato indietro!
– Devi proprio fare la gelosa Swan?! Ragiona da Psicologa un attimo! Quella era angosciata e io la potevo far sentire rifiutata in un momento di quel genere?
– Buona la scusa! Potevi evitare e darle solo un abbraccio no?
– Sei gelosa Emma!
– Si che sono gelosa! Sono stata male due giorni per la gelosia!
 
Killian aveva un’espressione quasi compiaciuta sul viso, una di quelle sue espressioni da schiaffi!
 
– Ti prenderei a schiaffi! Te ne compiaci pure?
– Prendimi a schiaffi se vuoi, ma il mio compiacermi deriva solo dal fatto che mi dimostri quanto mi ami Swan!
 
Emma era rimasta con una risposta sospesa, lui nuovamente si era fiondato sulle sue labbra, intenzionato a prendersi quell’ultimo momento prima che Rosy riaprisse la porta.
 
– Tu sei la cosa per me più importante Love! Non finiamo i nostri incontri con liti e rabbia! Baciami ancora Emma …
 
***
Doveva stare attenta alla strada! Doveva stare attenta alla strada!
Emma continuava a ripeterselo ogni volta che, mentre guidava l’utilitaria di Ingrid, il pensiero si spostava su Killian.
 
Avevano continuato a baciarsi e ad accarezzarsi in quel modo spinto finché Rosy non aveva fatto riscattare la chiave. Era stata veramente un tesoro, non aveva spalancato la porta, ma aveva solo girato la chiave e dato loro il tempo di finire qualsiasi discorso o qualsiasi “cosa” stessero facendo.
 
Killian, mentre si riordinavano gli abiti, le aveva detto che oltre per la visita era tornato negli States anche per il trasferimento del cadavere del suo agente assassinato. Non avrebbe partecipato al funerale, non poteva farsi vedere ovviamente. Doveva ripartire entro la giornata e non aveva idea di quando avrebbe potuto rivederla. Non sapeva nemmeno quando avrebbe potuto chiamarla a telefono, ma se avesse avuto l’occasione giusta avrebbe fatto di tutto per incontrarla nuovamente.
 
Mentre guidava le era impossibile non rivederselo davanti, con la fronte poggiata alla sua, a parlarle sottovoce, a baciarla ogni due parole. La sua voce sensuale nelle orecchie, le sue labbra sulle sue …
 
- Sono proprio perduta per lui! Alla fine è riuscito a non dirmi nulla sulla questione di Eloise! Gli ho chiesto di inventare un altro escamotage con lei piuttosto che sposarla. Non posso accettare questa cosa! Per quanto fittizio possa essere questo matrimonio! Non mi ha risposto. Mi ha chiuso nuovamente la bocca con la sua. Maledetta attrazione! Sono proprio una pappa molle!
 
L’ascendente che Killian riusciva ad avere su di lei era veramente qualcosa di forte e contemporaneamente insopportabile. Emma si rimproverava per la sua debolezza e rimuginava tra sé in che modo potesse riuscire a corazzarsi maggiormente nei suoi confronti. D’altra parte si rendeva conto che il lutto che aveva subito, per quanto non ci fosse stata una vera morte, ma fosse stata una messa in scena, l’aveva ferita così tanto che aver scoperto che lui fosse invece vivo, era stata una gioia grandissima e poterlo riavere era la sua massima aspirazione. Lo amava profondamente e lui lo sapeva bene! Ma Killian? L’amava? Quanto l’amava?
 
Non si può quantificare l’amore in modo obiettivo. Ogni persona ha un metro personale e si tende a valutare il proprio sentimento come più forte di quello che può nutrire l’altro. Emma sapeva questo e non voleva chiedersi in che quantità Killian l’amasse. Sapeva che lui per lei provasse un’attrazione fisica non inferiore a quella che nutriva lei nei suoi confronti, era tangibile, ma per i sentimenti non avrebbe mai potuto fare confronti e questo la lasciava nel dubbio profondo. L’altalena continua alla quale lui la sottoponeva, era un’altra fonte di enorme stress. Questo vedersi una volta e perdersi per mesi la uccideva, ma l’amore per lui le dava speranza e voglia di aspettarlo. Certo se lui avesse almeno fatto in modo di chiamarla spesso come faceva quando aveva iniziato a conoscerlo come Killian Jones! Adesso lo sapeva in pericolo continuo e ciò la poneva seduta su un cuscino di spine. Come sarebbe riuscita ad aspettarlo con quella preoccupazione! Lui era un agente eccellente, sapeva anche questo, ma non era immortale né immune da ferite. Lo aveva dimostrato di recente, con quella brutta ferita alla colonna vertebrale …
 
Che doveva fare Emma? Sperare che tutto andasse bene e avere cieca fiducia in lui?
Ci avrebbe provato! Lo avrebbe fatto! Voleva dargli un’altra possibilità …
 
***
 
Il pomeriggio a lavoro fu interessante. Olden aveva riportato l’intervista fatta al serial killer che aveva visitato in prigione. Avevano così scoperto che l’uomo avesse degli estimatori del suo operato, cosa agghiacciante ma, purtroppo, non insolita.
I suoi ammiratori gli scrivevano lettere che lui conservava gelosamente. Molte erano scritte da donne che lo volevano conoscere personalmente, donne che avrebbero sfidato la morte se lo avessero incontrato veramente. Altre lettere erano scritte da uomini. Una serie di queste ultime aveva colpito Olden, poiché l’uomo che scriveva si soffermava in modo ossessivo a chiedere dettagli sul modo di mutilare le vittime da parte del detenuto. L’uomo si firmava con un nickname Badwolf.
 
– Che tipo! Si sente come il lupo di Cappuccetto Rosso?
 
Graham se ne era uscito con quell’esclamazione.
 
– Io non ci scherzerei sopra Graham … se questo fosse il nostro uomo è proprio quello che fa! Si comporta come un predatore e donne piacevoli sono la sua preda. Ha una certa consapevolezza di sé. Come ogni psicopatico del resto!
– Dal profilo che abbiamo, Maggiore, risulta un uomo colto e di piacevole aspetto, abile nell’attrarre le donne, se non nell’aspetto nelle parole.
– Si Olden!
– Condivido anche io! Specialmente questo aspetto dell’attrazione o meglio della fascinazione manipolativa che può avere su una donna!
– Emma … molto dipende anche dalla donna lo sai! Dai suoi bisogni! Se quell’uomo le dà l’illusione di corrispondere ai suoi bisogni la fascinazione diventa più facile …
 
Emma si sentiva coinvolta in prima persona in quel discorso, soprattutto per quanto si era sentita manipolata da Killian. Si ricordò le parole di Lorna sul riconoscere i propri elementi interni proiettati su un oggetto esterno e la mancanza di obiettività nel giudizio. Ma era quello che stava succedendo veramente con Killian? Lui la illudeva di corrispondere ai suoi bisogni? Se fosse stato così lei stava prendendo un grosso granchio con Killian e avrebbe dovuto sperare di non vederlo né sentirlo mai più.
 
***
 
Guidava verso casa. La luna era spuntata, in quella sera di oltre metà maggio. Era una luna piena, molto luminosa, grazie al cielo sereno. Erano due giorni che già fosse così. Era la luna degli innamorati quella! Con quel tipico chiarore da passeggiata romantica sotto la sua luce. Emma si chiese se avrebbe avuto mai un’altra passeggiata romantica sotto la luna con Killian. Era capitato solo una volta, quando erano usciti insieme la prima volta e lui era ancora Kim Steward. Come sembrava tutto semplice e facile allora! Nella sua ingenuità non avrebbe mai nemmeno pensato al mondo sommerso che si celava dietro gli occhi azzurri di Kim. Era cresciuta veramente tanto in quei due anni! L’addestramento a Quantico sicuramente l’aveva rinforzata su molti aspetti e l’aveva resa ancora più sospettosa.
 
Ingrid era seduta sul suo divano a guardare il telegiornale.
 
– Mamma?
– Oh tesoro! Ciao! La cena è in forno … hai tardato anche oggi …
- Scusami mamma ma ormai lo sai come funziona il mio lavoro!
– Certo, certo! So quando esci ma non so mai quando torni!
 
La voce di Ingrid era vagamente ironica. Emma sapeva che soffrisse la mancanza di Anna ed Elsa. Era rimasta solo lei a casa con Ingrid, ma non poteva certo starle vicino dalla mattina alla sera. Fortuna che sua zia lavorasse ancora nella sua pasticceria-gelateria! Almeno una buona parte della giornata era impegnata con la gente e non si annoiava.
Decise di prendere la cena dal forno e mangiarla sul divano, vicino a sua zia. Avrebbe portato la tovaglia con sé, hai visto mai che una briciola sporcasse il candido divano?! Ingrid era una donna di santa pazienza, ma a quel divano candido ci teneva parecchio ed Emma era troppo stanca per sentirla urlare.
 
– Nooo! Mio Dio!
– Non ho fatto nulla mamma! Io …
 
L’urlo era arrivato nonostante tutto! Ma Ingrid non si riferiva né ad Emma né al suo divano. Aveva gli occhi sbarrati nel guardare l’identikit di una donna che il telegiornale stava trasmettendo.
 
“La sconosciuta è stata ritrovata due ore fa nelle vicinanze dell’aeroporto. I segni sul suo corpo sono gli stessi delle vittime del serial killer che da qualche mese sta funestando la nostra città. Il cadavere era in un sacco dell’immondizia, buttato vicino ai bidoni del bar sulla strada dell’aeroporto internazionale. Non aveva indumenti né effetti personali con sé. Gli inquirenti stanno cercando al momento di capire chi sia, consultando i tabulati delle donne scomparse nelle ultime 24 ore. Daremo aggiornamenti appena avremo ulteriori notizie dalla squadra omicidi e dal Bureau … “
 

Emma aveva rivolto la sua attenzione al notiziario serale, sollevando gli occhi dal piatto, sgomenta per l’esclamazione terrorizzata di sua zia.
 
– Mio Dio Emma! Mio Dio!
– Mamma lo so è sconvolgente! Avrà sui trentacinque anni quella donna!
– Sono sicura che ne abbia trentasette! Quella è Tilly Blanch!
– Chi? La conosci?
– Ricordi la sera che sono andata con Cora a festeggiare la nostra amica professoressa?
– Si, l’insegnante di matematica di Anna …
- Santo cielo non posso crederci! Tilly era con noi! È una collega di Violet Scarlet, ce l’ha presentata quella sera. Anche lei divorziata, una bella donna! Poveretta! Non ci posso credere che sia finita in questo modo!
– Mamma sei sicura che sia lei?
– Si, si ne sono certa!
– Dobbiamo avvisare immediatamente la polizia e i federali, stanno cercando la sua identità e tu puoi aiutarli!
 
***
 
Lorna entro nella sua camera da letto avvolta nel morbido accappatoio bianco. Aveva appena fatto la doccia e sapeva che Sebastian l’attendesse in camera da letto. Lo vide seduto di schiena sul letto. Accarezzò con lo sguardo le sue muscolose spalle nude, spalle forgiate da un durissimo addestramento militare. Vide il suo capo chinato in avanti e percepì la sua tristezza. Si avvicinò al letto e vi salì sopra, camminando con le ginocchia fino alle spalle di Seb. Lo circondò con le braccia e poggiò la guancia sulla sua spalla sinistra.
 
– Ehi! Cawboy! Stai pensando ancora a lui?
 
Seb tirò le labbra in un mesto sorriso, voltò il capo verso di lei e le diede un piccolo bacio sulla bocca.
 
– Non riesco a non pensarci amore! Morire in quel modo misero! Non era da lui Lorna … non era da lui!
 
Lorna sapeva che il lutto per la perdita di un amico fosse qualcosa di traumatico. Non si può accettare una notizia di morte improvvisa, soprattutto di una persona giovane, in piena salute. La negazione è il primo meccanismo, poi il trauma vero e proprio, la ricerca delle giustificazioni, delle motivazioni, la formulazione dei “se”, dei “ma” …
 
Sebastian era nato a Dallas, in Texas. Aveva iniziato la sua formazione a Quantico, nella sezione Marines, poi, viste le sue eccellenti capacità fisiche e la sua resistenza psicologica, era stato reclutato nei Navy Seals, addestrato per lottare contro il terrorismo e il narcotraffico. Per un periodo era stato inquadrato come Agente scelto nella F.B.I. In quel periodo aveva conosciuto Lorna, in concomitanza con l’arresto del giovanissimo diciassettenne Kim Steward, alias Killian Jones.
Volontariamente aveva voluto seguire, un paio d’anni dopo, dei corsi di Lorna sulla seduzione e la manipolazione. Li aveva seguiti per starle vicino, Lorna ormai lo sapeva bene! In quel periodo anche Killian stava seguendo gli stessi corsi, entrato ormai nel programma di addestramento della F.B.I.
Quando Killian era entrato per i suoi meriti e le sue capacità geniali nella D.E.A., creando la squadra  speciale in incognito di Captain Hook, l’aveva voluto con sé. Seb era diventato il braccio destro del suo Capitano e, come diceva lo stesso Killian, i suoi occhi e i suoi orecchi.
 
– Ancora non riesco a credere sia morto … Billy era troppo in gamba! Era nei Navy Seals con me! Era diventato il mio migliore amico. Quando Killian ha formato la squadra speciale mi ha chiesto di indicargli l’uomo più fidato che io conoscessi. Ricordo ancora quel momento. “A nessuno se non a Billy Hanson metterei in mano la mia vita Killian! È uno dei migliori Navy Seals che io abbia conosciuto durante l’addestramento” “Bene! Hanson sarà uno dei nostri! Contattalo e digli che Captain Hook lo vuole nella sua ciurma! Deve solo trovarsi un nickname!” Aveva scelto di farsi chiamare Seadog, Lupo di mare! Adorava il mare e adorava nuotare! Me lo hanno ammazzato nella doccia di una piscina, dopo che aveva fatto un’ora del suo sport preferito! Non ha avuto il tempo di difendersi, preso alla sprovvista sotto il getto dell’acqua! Dall’autopsia gli hanno trovato tracce di cocaina tra i capelli … lo stesso di Manuel Parrilla e quei tre pusher che hanno fatto fuori a Dublino!
– Sembrerebbe un rituale Seb …
- Si, lo pensa anche Killian, ma dietro c’è un disegno che non ha nulla a che vedere con i rituali. Qui un assassino sta facendo fuori “la squadra” in Irlanda!
– Seb … anche tu sei nella squadra …
- Ti stai preoccupando per me amore?
– Non dovrei?
– Lo conosci il mio lavoro Lorna. Sono pronto ad affrontare  ogni situazione. La morte è sempre dietro l’angolo in quello che faccio, anche se ultimamente ho avuto poca azione, a parte la missione ad Hong Kong per fare le veci del Capitano ferito!
– Già! Quella è stata una situazione rischiosa anche per te. Hanson era con voi?
– Certo! È lui che ha messo le mani addosso al Tai Pan per primo! Ora che ci penso anche Manuel! Era una furia! Il boss cinese stava uccidendo la nostra agente in incognito, l’aveva scoperta. Manuel aveva una cotta per Fiore di Loto … povero ragazzo anche lui! Sempre pronto a sorridere, ad affrontare con ottimismo qualsiasi cosa!
– Non si sa nulla di lui?
– Killian mi ha detto che le speranze che esca dal coma sono pochissime e nel caso non sarà più la stessa persona!
– Le lesioni cerebrali se non uccidono hanno conseguenze gravissime in effetti!
– Temo che sia il suo caso!
– Killian?
– Killian cosa?
– Come sta?
– A parte lo sconvolgimento per l’attacco ai suoi uomini e il funerale di oggi, sta bene! La sua schiena è guarita perfettamente.
– Con Emma come va che tu sappia?
– Con Emma? Pensi che io gli possa chiedere qualcosa riguardo la loro relazione? Non la posso nemmeno nominare Emma! Eppure stravede per lei!
– Credo cerchi di non pensarla e starle alla larga per mantenere la sua razionalità, se la situazione è così.
– Probabile! Non gli mancano i gratta capo. Specie ora che si è pure sposato!
 
Lorna si era staccata improvvisamente dalla schiena di Seb e si era seduta al suo fianco incredula.  
 
– Cosa hai detto? Killian si è sposato?!
– Si, giovedì passato.
– Ma è impazzito? Con chi si è sposato?
– Lorna non posso dirti tutti i dettagli …
- Ma perché?! Sapevo fosse innamorato perso di Emma!
– Sono sicuro lo sia ancora! Non sai come si è arrabbiato con la “sposa” quando questa gli ha detto che aveva parlato ad Emma del suo matrimonio!
– La tizia conosce Emma?!
– Già! Frequenta la casa famiglia e si sono conosciute là!
– Ecco perché Emma non è in lei questi giorni! Sa che Killian si è sposato!
– No! Lei sa che Killian si sposerà, non sa che già lo ha fatto! È stato un matrimonio legale che scioglierà appena possibile. Ero il testimone. Un atto necessario per un suo disegno …
- Non voglio sapere che disegno …
- Non lo so nemmeno io! Anche perché la ragazza non starà con lui,  è solo qualcosa di scritto e le ha detto di non raccontarlo ad Emma.
– Povera Emma! Lo credo che aveva bisogno di chiarirsi con lui! Se dovesse sapere le si spezzerebbe il cuore!
– Ho detto a Killian che se farà soffrire ancora Emma lo prenderò di persona a calci in culo. Lui pensa di divorziare prima di farglielo sapere. Ha bisogno solo di tempo e spera che lei glielo conceda.
– Emma lo ama profondamente. Ma non è tipo da farsi prendere in giro. Lui dovrebbe dirle la verità sui suoi motivi, o la perderà definitivamente. Ha sofferto abbastanza.
– La penso come te Lorna, ma lo conosci Killian. Nessuno può dargli suggerimenti quando ha messo in atto un piano!
– Forse è il caso che gli dica due paroline io Seb!
– Di sicuro gli farebbero bene, ma ora è ripartito per Dublino. Sta lavorando con la Polizia sugli omicidi di Hanson e dei tre pusher. Non si ha nessun indizio ancora, se non lo stesso modo di operare. Mi ha detto che se non scoprono altro e se ci dovesse essere qualche altro incidente, avrà bisogno del tuo intervento.
– Spero che non serva, sono già oberata di lavoro qui a Boston. Anche per il serial killer su cui indaghiamo siamo in mare aperto!
– Brutto periodo Lorna! Veramente un brutto periodo!
– Forse ce lo possiamo dimenticare per qualche minuto che ne dici Caw Boy?
– Solo qualche minuto amore? Abbiamo tutta la notte! Stacca il tuo cellulare che io stacco il mio!
– Seb lo sai che siamo ambedue reperibili!
– Facciamo aspettare il resto del mondo tesoro! Ora ti voglio tra le mie braccia, ho bisogno di qualcosa che mi faccia dimenticare dolore e preoccupazioni e tu sei la medicina migliore per me Lorna!
– Tu sei la mia Seb!
 
I due cellulari furono spenti e posati sul comodino vicino al posto di Sebastian. Lei lo guardava portare a termine quell’operazione, sdraiata sul fianco, nel suo accappatoio. Sebastian si liberò dei boxer, rivelando la sua potente virilità. Le si avvicinò sorridendo e, con un gesto deciso e preciso, le sciolse il nodo della cinta che teneva chiuso l’accappatoio. Il lembo di destra si aprì di conseguenza, rivelando la nudità morbida di Lorna. Lui si chinò a baciarle la pancia piatta, lei gli accarezzò la testa.
 
- Vieni qui Seb … sdraiati …
 
Lui sapeva che fosse un ordine e sapeva cosa lei avrebbe fatto. Prima di obbedirle le baciò i seni, stuzzicandoli sensualmente, poi si distese e lasciò che lei prendesse posto sul suo bacino. Lorna non aveva tolto del tutto l’accappatoio e iniziò a muoversi sulla sua erezione, mentre le mani di Sebastian viaggiavano sul suo torace, forti e carezzevoli. Si amarono come desideravano farlo, con desiderio, dolcezza, affetto profondo e voglia di stare bene. Il mondo poteva aspettarli e in quell’attesa non si resero conto che qualcuno stava disperatamente cercando di contattare Lorna al Telefono.
 
 
Angolo dell’autrice
 
Così il fattaccio si è compiuto veramente! Killian si era sposato già il giovedì che Emma ed Eloise si erano viste in Casa Famiglia. Ecco perché Eloise era in ritardo ed era acida con Emma. Era stata rimproverata e aveva capito che lui fosse preoccupato del suo giudizio e che quindi la conoscesse. È per lo stesso motivo che aveva detto ad Emma che tanto ormai non aveva importanza se si conoscessero o meno, se lo era cuccato lei il bel Killian! Chissà che succederebbe se Emma scoprisse di essere stata presa in giro ancora. Lui non le ha detto in effetti nulla sul matrimonio avvenuto. Intanto c’è stato un altro femminicidio e forse Ingrid sarà un anello importante nella soluzione del caso.
Ho detto abbastanza! Ora cerco di pubblicare. Ho visto che Arya e Smemorina lo hanno già fatto. Aspettatemi che vengo a leggere cosa avete inventato!
Grazie a chi leggerà, a chi vorrà commentare e a tutti una buona settimana.
Buonanotte!
Lara

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Capitolo 41
*** Il significato di una rosa ***


Capitolo 41

 Il significato di una rosa
 
 
Un sorriso compiaciuto e il corpo teso nell’eccitazione erano le caratteristiche principali con cui si poteva descrivere, in quel momento, Jimmy Olden.
 
Era tornato da poco nel suo appartamento e non vi era entrato da solo. Era stato a cena con la colombiana di cui aveva parlato alla collega Emma Swan, la bella e sexy Seňorita Penelope Diaz.
La cena non la ricordava nemmeno in quel momento. Ricordava solo che si era perso negli occhi e nella scollatura della mora. Ricordava il loro accarezzarsi le mani sul tavolo e gli occhi languidi di lei.
La cena neanche l’avevano finita, lei gli aveva chiesto di andare altrove e il motivo le si era letto chiaramente in viso, come probabilmente si era letto sul suo. Si erano seduti nell’auto  e si erano baciati con foga. Lanciati l’ uno verso l’altra contemporaneamente, manifestando il desiderio reciproco che si era scatenato tra loro.
 
– Vuoi che andiamo a casa tua Penelope? Non so ancora dove abiti …
- Mmm … no Jimmy! Non mi va che il mio capo si accorga che mi porto un ragazzo nell’appartamento che condividiamo … mi hai detto che vivi solo … possiamo andare da te?
 
Ricordava la mano di Penelope infilata sotto la stoffa della sua camicia, aperta sul petto. La carezza che gli aveva fatto perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Aveva dovuto fare forza su se stesso per riprendersi e riprendere l’orientamento per giungere al suo appartamento. Quando erano arrivati, lui l’aveva condotta nel piccolo soggiorno e aveva acceso lo stereo, mettendo una musica neolatina. Voleva creare una certa atmosfera, ma non si era aspettato che lei iniziasse a ballare sensualmente a quel ritmo, sfilandosi l’abito con la gonna svasata verde petrolio. Era rimasto a bocca aperta, nel guardarla con la sottoveste nera in raso, corta fino a meno di metà coscia, mentre muoveva sinuosamente i fianchi e le braccia, accostandoglisi passo dopo passo. Lo aveva preso per le mani coinvolgendolo in quel ballo, strofinandoglisi fino a fargli desiderare di strapparle di dosso quel poco che le era rimasto. In realtà alla fine era stata lei che aveva provveduto a togliergli di dosso gli indumenti, camminando insieme, mentre quelli cadevano lungo il percorso, fino alla stanza da letto.
 
Jimmy Olden conosceva Penelope da ben pochi giorni. Sapeva di lei che fosse a Boston al seguito di una famosa scrittrice messicana, impiegata come segretaria. Si era laureata in Chimica a Londra, ma non era stato facile per lei inserirsi lavorativamente nel suo paese. Alle donne si dava poca fiducia per lavori di responsabilità! Per un colpo di fortuna aveva conosciuto l’Avvocatessa Alexandra Pereira, giornalista e saggista messicana, molto nota nel suo paese per le sue campagne contro la violenza alle donne e il loro sfruttamento. Quando la Pereira le aveva proposto quel viaggio negli States, per lei era sembrato di poter fare una vacanza, ma in realtà la scrittrice la faceva lavorare parecchio! Le aveva assegnato di fare diverse ricerche su donne coinvolte nel narcotraffico, dal momento che il libro che stava scrivendo si intitolava proprio “Storie di donne e narcotraffico”. La Pereira voleva contattare quelle donne ed intervistarle, stava seguendo con grande interesse anche il processo del famigerato Don Antonio Santa Cruz e sarebbe stata la persona più felice del mondo se avesse potuto intervistare anche la latitante moglie del Boss, la Seňora Paula Santa Cruz.
 
 
Il benessere del godimento si stava manifestando nell’espressione facciale di Olden, mentre Penelope aveva preso il comando e si muoveva su di lui, con un ritmo che lo avrebbe fatto presto gridare. Gli occhi di Olden non riuscivano a distogliersi dalle pesanti tette della donna, che oscillavano invitanti verso di lui. Non resistette oltre e se ne riempì i palmi delle mani, stringendole quel tanto da rendere la presa piacevole per la sua compagna. Lei, gemendo leggermente, modificò i movimenti sulla sua erezione, intensificandone l’azione e portando anche lui a gemere contemporaneamente. Jimmy si sollevò maggiormente con il busto, fino a mettersi seduto, per poi rovesciare sul fianco Penelope e riprendere il dominio dell’amplesso. Lei gli sorrideva e lo guardava con i suoi occhi castani, grandi e  scuri come quelli di una cerbiatta, con il nasino all’insù e la bocca carnosa. Olden pensava … non sapeva nemmeno lui cosa! Sapeva solo che quella ragazza gli piacesse da pazzi e lo mandasse in visibilio. Accelerò i movimenti delle anche, rinvigorito nell’eccitazione dal desiderio di lei e con le sue spinte, ricambiate dai movimenti complementari della sua partner, la sentì arrivare all’apice che lui auspicava farle raggiungere.
 
– Fumi? Vuoi una sigaretta?
- Si grazie Jim!
– Anche tu sei da sigaretta dopo?
– Solo quando mi è piaciuto …
- Quindi deduco che ti sia piaciuto!
 
Lei rise prendendo la sigaretta. La portò tra le labbra e Olden, con l’accendino, le avvicinò la fiamma. Il viso di lei apparve nella sua bellezza al chiarore della fiammella tremula. Inspirò e la punta della sigaretta si accese, lasciando scurire la carta sul bordo e facendo comparire quell’effetto di bragia, nella penombra della stanza.
Olden si accese la sua e si poggiò con le spalle al cuscino, sollevato verso la spalliera del letto. Lei era nella stessa posizione, completamente nuda accanto a lui, mentre soffiava fuori dai polmoni il residuo di fumo.
Fumarono in silenzio, completando il loro relax, ma un suono ovattato interruppe il momento di calma.
 
– Chi diavolo è ora?
 
Olden si portò seduto sulla sponda del letto, posando a terra i piedi nudi. Si sporse verso i pantaloni che giacevano in terra, nella ricerca del cellulare che continuava a suonare con insistenza. Lo trovò e vide il nome che comparve sul display.
 
– Emma?! Come mai mi chiami a quest’ora? … tua zia?! È sicura? … Lorna l’hai sentita? … ho capito … si, certo hai ragione! La devi portare alla centrale, ovvio! Forse è il caso che le fai iniziare una deposizione già con te … bene … se ricorda più dettagli possibili di quella sera magari ci da qualche indizio sull’assassino … no, non è necessario che io venga ora. L’importante intanto che sia identificata la vittima … ok … certo … si Emma … ci vediamo domani mattina … no di nulla … si meglio che la richiami Lorna, in fin dei conti è lei il capo … ok ...ciao …
 
Olden rimase un attimo seduto dando le spalle a Penelope. Un’altra vittima ritrovata poco prima e la zia di Emma l’aveva identificata tramite il telegiornale della sera. La mente investigativa di Olden stava già viaggiando lontano, nella speranza che al più presto si chiarisse ogni mistero sul serial killer su cui stava lavorando con la squadra del Maggiore Stone.
Due mani si posarono sulle sue spalle e il seno di Penelope aderì alla sua schiena.
 
– Chi è Emma? Devo essere gelosa?
 
Il corpo e la voce di Penelope lo riportarono al momento che stavano vivendo.
 
– Emma Swan … “la Salvatrice”! È una mia collega, è molto in gamba, ma in questo momento non sapeva che pesci prendere! Non hai motivo per esserne gelosa!
– Non è carina?
– Veramente è una bellezza anche lei, ma non mi ha mai attirato, lavoriamo insieme ad un caso difficile e forse ora avremo qualche nuovo indizio. Forse dovrei andare alla centrale con le..
 
Non aveva finito di formulare la frase, distratto dalla mano di Penelope che, ancora dietro di lui, gli aveva circondato il torace e lo stava cercando, accarezzandolo in modo tale da far risorgere quel turgore che presto lo convinse a riallungarsi sul letto sopra di lei.
 
– Non c’è fretta che io vada in fin dei conti …
 
***
 
La prima e l’ultima volta che Ingrid era stata al Distretto di Polizia era stata a causa di Emma, quando sua nipote era stata coinvolta nella morte di quel ragazzo … Kim.
Non immaginava di doversi ritrovare nuovamente lì, questa volta a dare la sua deposizione. Il Sergente Rogers era andato in pensione e il suo posto era stato preso da  un collega più giovane, il Sergente latino-americano Samuel Amarro. Emma era presente, non solo per aver accompagnato Ingrid, ma anche per il suo ruolo nella F.B.I.
Era stato avvisato il Comandante Shatneer e questi aveva dato il mandato di agire ad Emma, visto che Lorna non risultava reperibile, inoltre due agenti del reparto federale omicidi, collaboravano con il Sergente Amarro.
 
– Quindi quella sera lei e le sue amiche siete state al Wonderland, un locale non particolarmente chiacchierato!
– Vado raramente in giro la sera, Sergente! Non mi piacciono i posti troppo rumorosi. La mia amica Violet Scarlet ci aveva invitato per festeggiare una sua situazione, le avevo chiesto io di trovare un locare tranquillo … Tilly era tra gli invitati. L’ho conosciuta quella sera … se ci penso! Non posso crederci che le sia successa questa mostruosità!
– Ci lasci i nomi degli altri invitati, sentiremo anche loro!
– Eravamo solo donne veramente!
– Nessun uomo quindi? Nemmeno qualcuno che si è avvicinato per conoscervi?
– Ma si, un tizio si è avvicinato, ma nulla di importante!
– Lo lasci decidere a noi Ingrid!
– Mi si è avvicinato un uomo tra i 35-40 anni, voleva attaccare bottone, ma io non sono una persona particolarmente socievole, specie con gli estranei!
– Cosa le ha detto?
– Mi ha fatto dei complimenti e mi ha invitato a ballare, lì si può fare ballo su pista, non è una vera e propria discoteca, si eseguono lisci e balli latino-ameriani.
– Lei non ha voluto ballare?
– No … da quando è morto mio marito ho rinunciato al ballo, mi sembra brutto nei confronti della sua memoria!
– Lei è una bella donna e ancora giovane Ingrid, vedo che ha solo 45 anni e ne dimostra molti di meno! Non ci sarebbe nulla di male!
– Grazie Sergente, ma … mi sento così …
- Il tizio se ne è andato a cercare un’altra ballerina?
– Veramente no! Tilly aveva bevuto qualche bicchiere di troppo e quando ha sentito che rifiutavo di ballare con quell’uomo ha detto ad alta voce  “Ingrid ballo io con questo bell’uomo!”
– Quindi si è offerta lei?
– Praticamente si! E poi hanno ballato veramente per un bel pezzo. Quell’uomo è un bravo ballerino. È rimasto vicino al nostro gruppetto continuando a parlare con Tilly, non so di cosa, erano distanti da me. Forse ha sentito meglio Cora che era più vicina!
– Sono andati via insieme?
– No, quell’uomo è andato via prima di noi … mi ha guardato in un modo strano quando ha salutato …
- Che intende Ingrid?
– Non so … forse una sensazione soltanto … sembrava uno sguardo tra l’offeso e il “Ci rivedremo”.
– Come lo descriverebbe fisicamente?
– Non molto alto, sicuramente qualche centimetro meno di me …
- Sul metro e 70? Lei è alta Ingrid!
– Si, sono 1 e 75 e portavo i tacchi quella sera!
– Che altro può dire?
– Era piacevole, bruno di capelli e la cosa che colpiva maggiormente di lui era un neo molto evidente sul labbro superiore.
– Vuole provare a riconoscere qualche identikit che ci hanno portato i colleghi di sua nipote?
 
Ingrid era intimorita e non era sicura di voler vedere quei visi disegnati su fogli A 4.
 
– Mamma è importante, potresti aiutarci a dare una svolta al caso!
– Va bene! Se serve per trovare l’assassino di quella povera donna!
 
L’agente del Bureau che portava la cartella con i disegni, li mostrò uno ad uno ad Ingrid. Al quarto disegno la donna ebbe un sussulto.
 
– Questo è uguale all’uomo che ha ballato con Tilly quella sera!
 
Emma ebbe un brivido lungo la schiena. Già la descrizione che aveva dato sua zia l’aveva messa in allerta, poiché anche altre testimonianze e la perizia sul punto di attacco alle vittime, parlavano di un tipo fisico di quel genere.
L’identikit, riconosciuto da Ingrid, corrispondeva a quello tracciato dal barman del locale dove era stata la penultima vittima la sera della propria morte.
 
– Si, è proprio lui non ho alcun dubbio!
 
Quel viso ritornava in troppe testimonianze. Possibile che la stessa Ingrid avesse corso il rischio di trovarsi a tu per tu con lo spietato serial killer che cercavano da mesi?
 
– Vada a casa ora Signora Frozen! Al momento ci è stata molto utile, se servirà la ricontatteremo.
– Chiamerete le altre mie amiche?
– Sicuramente si, se hanno notato altri particolari saranno utili anche quelli! Per ora sappiamo l’identità della vittima e contatteremo i parenti per il riconoscimento. Non avevano segnalato la sua scomparsa, sarà una brutta notizia per loro!
 
Ingrid cominciava ad avvisare lo stress della situazione e i suoi occhi erano lucidi per le lacrime imminenti. Emma l’abbracciò e la riportò a casa.
 
Erano le due di notte quando arrivarono alla villetta. In macchina Ingrid aveva esternato tutto il suo disappunto e si era intimorita profondamente, realizzando che con probabilità lei stessa avesse corso lo stesso pericolo della povera Tilly, se quello era il vero assassino.
 
– Mio Dio Emma! E se venisse a cercarmi? Io avevo attirato la sua attenzione prima di Tilly!
– Mamma stai tranquilla! Saranno sentite anche le tue amiche e se dovesse essere necessario vi metteremo in protezione.
– Sono sola per la maggior parte del giorno Emma!
 
Era vero! Emma lo sapeva bene ed era consapevole che sua zia iniziasse ad avere veramente paura.
 
– Che ne dici di trasferirti qualche giorno da Anna e Kristoff? Sono sicura che sarebbero felici di ospitarti. Io lavoro quasi tutto il giorno e sto con te solo la sera …
- Non me la sento di andare a dar fastidio a due sposini freschi! Hanno bisogno della loro privacy e io sarei il terzo incomodo in casa loro! Forse sarebbe meglio la protezione che dicevi prima. Quando Mulan era a casa con noi non stavamo male no?
 
Emma sorrise, ricordando quanto Ingrid si fosse affezionata alla battagliera agente cinese e quanto la stessa Mulan avesse adorato l’atteggiamento materno di Ingrid anche nei suoi confronti.
 
– Non so se Mulan potrebbe anche in questo caso, lei è inquadrata più prettamente nella D.E.A., ma potrei chiedere all’Agente Speciale Jefferson se c’è la possibilità, magari ne parla con il suo capo …
 
Già … il  capo di Seb era Killian Jones! Avrebbe favorito sua zia Ingrid concedendole Mulan per la protezione? Emma aveva qualche dubbio. Killian in quel periodo era parecchio occupato in Irlanda per la questione che gli aveva detto riguardo agli omicidi di due suoi agenti e di un suo informatore, c’era la possibilità che chiamasse Mulan in missione, lei era un’agente con incarichi in incognito.
Emma decise che avrebbe comunque chiesto a Jefferson …
 
Nonostante fosse tardissimo, Ingrid non riuscì a prendere sonno e dopo un’ora che si rigirava nel letto, si alzò per chiedere ad Emma di farle compagnia nel suo letto matrimoniale. La ragazza accontentò sua zia, ma prima scese in cucina per prepararle una camomilla. Ingrid era talmente agitata che non si addormentò prima delle quattro di mattina. Emma era distrutta, avendo vegliato con lei, ed era sicura che quella mattina sarebbe andata in ufficio con due cerchi neri intorno agli occhi.
 
***

Graham era già arrivato quando Emma aprì la porta dell’ufficio.
 
– Swan! Sei orribile questa mattina!
– Grazie Graham! Speravo me lo ricordassi!
– Che è successo?
– Non hai visto ancora Olden e Lorna?
– No! Ancora non sono arrivati!
– Allora siediti che ti racconto la mia “notte brava”!
– Wow! Vuoi dire che hai fatto sesso anche tu con una specie di lupo mannaro?
– Noo! Quella è una tua prerogativa con la tua “Lupacchiotta” e ti dico subito che non voglio saperne niente delle vostre peformance, mi siete bastati quando ti ho portato in ospedale! Un miracolo che non mi si siano cariati i denti!
 
Emma ironizzò ridendo, riferendosi all’attaccamento reciproco e alla forte attrazione fisica che vivevano Graham e la sua prorompente ragazza, Ruby De Luca.
 
– La mia “notte brava” ha avuto risvolti lavorativi che non immagineresti, grazie a mia zia Ingrid!
– Tua zia?
 
In pochi minuti Emma mise al corrente Jamie Graham della situazione capitata la sera prima.
 
– Tua zia ha avuto un incontro ravvicinato con il serial killer Emma! Te ne rendi conto?
– Si e se ne rende conto anche lei! Mi ha fatto passare una notte insonne. Ho dovuto dormire con lei per tranquillizzarla, se dormire si può dire! Non ha fatto che parlare! Nemmeno la camomilla le faceva effetto!
– Se al killer era piaciuta potrebbe veramente cercarla non credi?
– Proprio quello temo!
– Ciao ragazzi!
 
Jimmy Olden era entrato baldanzoso nell’ufficio e aveva sentito l’ultima parte del discorso dei colleghi.
 
– Lo sai che tua zia potrebbe essere una buona esca per il nostro pesciolino Emma? Potremmo fare in modo che sia lei a cercare lui, ad adescarlo …
- Non ci pensare nemmeno Olden! Mia zia è terrorizzata! Stavo pensando di chiedere la protezione per lei e tu me la vorresti buttare in braccio al serial killer?
– Olden non ha tutti i torti Emma!
– Buongiorno Maggiore Stone!
– Buongiorno …
 
Lorna era arrivata silenziosamente, vestita con un elegante completo giacca e gonna grigio perla e una camicetta bianca. La gonna aderente le arrivava appena sopra le ginocchia e le gambe, vestite da calze velate chiare, risaltavano nella loro sensualità con l’ulteriore slancio dato dalle scarpe con il tacco alto.
Il Maggiore si chiuse la porta principale dell’ufficio dietro le spalle.
 
– Sono stata informata di tutto Emma … Il Comandante Shatneer mi ha detto di averti dato mandato al mio posto ieri sera …
- Io … non l’ho chiesto è stata una sua iniziativa …
– Certo! E ha fatto bene! Non ero reperibile per un imprevisto … con il mio telefono. Tu sei la mia prima collaboratrice, è prassi! Ho parlato con il Sergente Amarro e i colleghi della omicidi. Non ci sono dubbi che Tilly Blanch sia stata uccisa dal nostro serial killer. Come credo non ci siano dubbi sul fatto che l’uomo con il neo sul labbro ricorra in quattro omicidi su cinque. Non sappiamo se sia lui l’assassino, ma al momento è il sospettato numero uno. Tua zia ha detto nella sua deposizione che l’identikit è molto somigliante. Sarà diramato a tutte le centrali di polizia e ad ogni esercizio pubblico. Non è schedato e speriamo che qualcuno lo riconosca. Non dobbiamo farlo sentire braccato o starà ancora più attento ad uscire allo scoperto. Spesso queste persone rifuggono la società, ricavandosi il loro spazio in lavori anonimi, solitari, osservando dall’esterno le loro possibili vittime. Questo tizio sembra invece riuscire a stare in società, sa approcciare le donne, ma non colpisce subito. Prima vi entra in contatto, poi probabilmente le segue, le osserva. È possibile che le inviti ad una uscita dopo aver trovato un minimo di fiducia in loro e, come per la penultima vittima, non si presenti all’appuntamento, aspettando il momento che la donna si trovi sola fuori dal locale dell’appuntamento, per attaccarla come un predatore con la preda.  I parenti di Tilly sono stati rintracciati. Viveva con la madre da dopo la separazione con il marito. La Signora Blanch ha detto che la figlia è uscita alle diciotto, l’altra sera, per un appuntamento a cena in un ristorante sul Mystic, l’Ernesto’s Pizza. Erano giorni che le parlava di un certo Albert. L’appuntamento era con lui. Non aveva denunciato la scomparsa poiché la figlia le aveva detto che non sarebbe rincasata, sembra che spesso restasse fuori uno o due giorni con amici e lei non si era preoccupata, ieri aveva il giorno libero dal lavoro e lei, aspettandosi che rincasasse tardi ieri sera, come in altre occasioni, era andata a dormire.
– Tilly si aspettava un bel dopocena evidentemente!
– Probabilmente si Graham! La madre l’ha descritta come una donna molto libera e vivace, anche troppo secondo lei, tanto che ha dichiarato di essersi arresa ai comportamenti sregolati e a volte randagi della figlia! Amarro ha mandato i suoi all’Ernesto’s. Non c’erano prenotazioni a nome di Tilly Blanch e comunque non si è presentata nel ristorante, nessuno l’ha mai vista lì. Non hanno mai visto nemmeno l’uomo dell’identikit. L’ invito a cena era un modo per far uscire la donna di sera, in piena fiducia e poi approfittare di lei in quel modo.
- Quell’uomo, chiunque esso sia è un mostro.
– Direi proprio di si Emma! Tua zia potrebbe essere seriamente in pericolo, ma anche le altre sue amiche che erano con Tilly quella sera. Sono state convocate da Amarro per questa mattina. Se servirà sono già d’accordo con Shatneer che organizzeremo l’osservazione a distanza di ognuna di esse.  Monitoreremo ogni loro passo e, se saranno avvicinate dal tizio, avremo il controllo minuto per minuto, questo mentre che non riusciamo ad identificare il suo vero nome e il suo indirizzo, cosa che spero capiti prima di mettere in moto tutta la macchina di monitoraggio. Olden prima non diceva una cosa sbagliata Emma! Tua zia Ingrid deve essere il tipo che piace a quell’uomo, se è lui! Potremmo puntare su di lei in particolare, per arrivare al serial killer, ma tu dovrai lavorare su di lei per rassicurarla e convincerla. Te la senti di provarci?
– Lorna … tu non l’hai vista ieri sera! Era veramente terrorizzata quando ha realizzato di aver corso un grave pericolo. Come posso dirle di fare da esca?
– Provaci Agente Swan! Sono sicura che riuscirai a convincerla, ma ci devi credere tu per prima alla positività dell’azione!
 
Crederci lei per prima? Francamente Emma non aveva nessuna intenzione di far usare sua zia come esca!
 
– Lorna non sono pienamente d’accordo. Lei è mia madre per me e voglio proteggerla. Non voglio farne una cavia! 
- Allora procederemo con il programma di protezione e monitoraggio! Ora vi lascio. Vado da Amarro per le deposizioni delle altre amiche di Ingrid.
 
Emma rimase in ufficio con Graham. Mentre il collega ricontrollava la mappa del territorio di caccia del serial killer, lei era molto pensierosa. Voleva fare qualcosa, ma non voleva mettere in mezzo sua zia. Alla fine, non riuscendo a combinare nulla, preferì seguire Lorna dal Sergente Amarro.
 
Quando arrivò alla centrale di polizia incontrò per le scale Cora Mills.
 
- Emma cara! Sono appena uscita da quella specie di interrogatorio! Chi lo avrebbe detto che nel nostro gruppo di amiche si sarebbe verificata questa cosa?! Speriamo che l'assassino venga preso presto!
- Lo spero anche io Cora! Regina ha saputo?
- Si, ma non conosceva Tilly! Quando le ho raccontato i fatti si è preoccupata! mi ha detto di non uscire più di casa la sera! Pensare che ero io quella che controllava le sue uscite una volta! Come crescono i figli! Ora mi tratta lei come fossi una ragazzina! Ho quasi sessant'anni e non vado certo a cercarmi rogne ti pare?!
 
Emma sorrise comprensiva, nemmeno sua zia era una donna con i grilli per la testa, ma era una donna giovanile e ancora avvenente, non per nulla aveva attirato l'attenzione di quell'uomo! 
 
- Da quando non la vedi mia figlia?
- Qualche giorno veramente! Il lavoro mi sta impegnando tanto e quando ho un po’ di tempo libero lo passo con i miei bambini della casa famiglia.
- Sei una brava figliola Emma, Ingrid è fortunata ad averti. Più tardi la chiamo, così facciamo due chiacchiere su questa faccenda.
- Se puoi forse è meglio che vai a trovarla. Era terrorizzata ieri sera e anche questa mattina ancora non era tranquilla!
- Allora vado a trovarla nella pausa dal negozio! Ciao Emma!
 
la ragazza ricambiò il saluto ed entrò negli uffici della Centrale. Olden stava prendendo un bicchiere d'acqua al distributore e alzò le sopracciglia a vederla.
 
- Swan! sei venuta anche tu?
- Si, in ufficio non riuscivo a connettere!
- Vieni con me, sono nella stanza dello specchio. Lorna e Amarro stanno sentendo Violet Scarlet in questo momento.
 
Entrarono nella stanza e, da dietro il vetro a specchio, si misero in ascolto di quanto veniva detto nella stanza adiacente. Violet sembrava intimorita.
 
- Pensate che quell'uomo, Albert, sia l'assassino?
- Non possiamo saperlo ancora Signora Scarlet. Lei lo aveva visto altre volte?
- No! Era la prima volta quella sera. Aveva chiesto un ballo a Ingrid, lei aveva rifiutato, Tilly si è offerta di ballare con lui e hanno eseguito diversi balli. Quando sono tornati verso di noi lei gli faceva i complimenti, poi si sono spostati verso Cora Mills. Nei giorni passati Tilly era particolarmente euforica a scuola … sapete è una mia collega del liceo dove insegno! La cosa non mi ha sorpreso particolarmente, lei era sempre allegra, un po' pazzerella, come le dicevo io scherzando ... mio Dio!
 
Violet ebbe una crisi di pianto nel ricordare la vittima sua amica e collega. Lorna le passò un fazzoletto di carta per asciugarsi gli occhi e pulirsi il naso.
 
- Scusate ... scusatemi ... è una cosa orribile quella che le è successa! Perché uccidere una donna così gioviale e simpatica?! Non meritava questa fine ... non la meritava proprio! Mi aveva detto di aver rivisto quel tizio, Albert ... non so il cognome. Se lo era trovato, due giorni dopo quella serata, vicino casa, mentre faceva una passeggiata. Era un caso, lui non sapeva il suo indirizzo. Lei aveva avuto piacere di vederlo e anche lui da quel che mi ha raccontato. Si erano scambiati il numero di telefono e avevano intenzione di rivedersi. Forse era contenta più del solito per quella conoscenza. Lui sembrava un uomo educato e gentile, aveva un modo elegante di parlare, sembrava uno del nostro ambiente di docenti. Non ho chiesto troppe informazioni a Tilly, presa dalla correzione di alcuni compiti in classe, quindi quando lei mi ha raccontato queste poche cose, non ho approfondito, lei stava finendo l'ora di buco, mentre io correggevo e dopo è andata alla seguente lezione. Ieri aveva il giorno libero e non ci siamo viste. Il giorno prima ci siamo incrociate ma non abbiamo avuto modo di parlare, dovevo conferire con il nostro Preside e non le ho prestato attenzione, ma era contenta e sorridente come al solito, l'unica cosa che mi ha detto era che sarebbe andata dal parrucchiere dopo il lavoro. Di solito ci andava nel giorno libero, ma evidentemente aveva un impegno per la serata.
 
Emma, mentre ascoltava, si stava rendendo conto delle dinamiche che quel tizio, chamato Albert, aveva messo in moto. Era convinta che non fosse un caso che si trovasse nei paraggi di casa della vittima, due giorni dopo la serata della festa. Aspettò che finisse la deposizione per parlare con Lorna e Amarro.
 
- Sergente, Lorna! Sono sicura che Albert abbia seguito Tilly quando è uscita dal locale con le amiche e mia zia! Fa parte di un disegno specifico, come hai detto prima tu, in ufficio, Lorna. Avvicina le vittime, crea fiducia in loro e poi al momento dell'appuntamento scatta il suo istinto omicida. Uscendo prima delle donne dal locale, sicuramente si è appostato in macchina per seguirle e vedere dove abitassero. Non avete chiesto chi guidava, di loro, quella sera? Se più di una di loro era con la propria auto? Mia zia era con la propria e so che avrebbe preso Cora Mills a casa sua ...
- Tilly Blanch non era andata per conto suo. Cora ha detto che era arrivata con Violet, ma che al ritorno le ha dato un passaggio tua zia.
 
Emma era impallidita a sentire quest'ultimo dettaglio da parte di Lorna, dettaglio uscito dal precedente ascolto di Cora Mills.
 
- Questo significa che se quell'uomo ha seguito l'auto di mia zia ha visto dove si fermava! Non solo ha saputo dove abitasse Tilly! Ha scoperto anche l'indirizzo di Cora e di mia zia!
- Se le ha seguite sicuramente è così Emma e capisco la tua preoccupazione!
- Dovete mettere in protezione mia zia assolutamente!
- Non hai torto Emma! Tua zia è il tipo fisico delle vittime del nostro serial killer, diversa solo per il colore dei capelli. Abbiamo visto che al momento l'unica bionda tra le vittime è stata Tilly, le altre  sono tutte castane.
- Lorna tu sai che non sempre c'è costanza assoluta nella scelta della preda. forse quell'uomo aveva scelto proprio mia zia e per il fatto che si è offerta Tilly gli ha dimostrato di aver via più facile con lei rispetto ad Ingrid!
- Possibile Dottoressa Swan! Ieri sera sua zia ha detto esplicitamente di non aver dato confidenza a quell'uomo per il suo solito modo nei confronti di estranei. Stia tranquilla che facciamo partire quanto prima il programma di tutela! Intanto l'identikit sarà divulgato anche alle scuole di ballo della regione intera. la Signora Mills ha detto di aver sentito dire da quell'uomo, a Tilly, di aver vinto diversi tornei. Faremo una ricerca capillare sui vincitori di tornei di ballo nelle zone in cui si sono verificati gli omicidi. Arriveremo a lui presto, vedrà!
- Lo speriamo tutti Sergente!
 
***

Olden ed Emma erano tornati insieme nel loro ufficio, usando l’auto del giovane. Durante il breve viaggio avevano condiviso le loro opinioni. Olden la pensava come Lorna e la possibilità di usare Ingrid gli sembrava ottima. Emma era stata irremovibile e quasi aveva messo il broncio al collega. Decisamente preferiva il programma di protezione. Se solo Mulan avesse potuto essere dirottata nuovamente in casa Frozen! Aveva bisogno di sentire Killian, voleva qualche rassicurazione da lui, ma secondo i loro accordi sarebbe stato lui a chiamarla.
 
“Chissà quando se aspetto lui!”

Pensando a Killian e all’ultima volta che si erano visti, in ospedale, grazie a Rosy, le venne in mente Brennan. Ricordò di avergli detto che sarebbe tornata a trovarlo, ma da quando lo aveva conosciuto  si era fatta sentire solo un paio di volte. Decise che arrivata in ufficio lo avrebbe chiamato, chissà come stava? Era gravemente malato, lo sapeva bene!
 
Olden cercò ancora di convincere Emma a coinvolgere sua zia Ingrid, ma lei smise di rispondergli e il giovane decise di arrendersi per il momento, intenzionato a chiedere la complicità di Graham.
Quando entrarono nell’ufficio Jamie Graham sollevò gli occhi dal suo computer e non perse tempo nel chiedergli le ultime novità sapute alla Centrale di Polizia. Mentre Olden informava il collega, Emma si chiuse nel suo ufficio per telefonare a Brennan. Formulò per primo il numero del suo appartamento, un modo per assicurarsi che fosse in casa e non ricoverato nuovamente in ospedale.
Il padre di Killian rispose al secondo squillo, era evidentemente in casa e quando sentì chi fosse al telefono ne rimase piacevolmente sorpreso.
 
– Come procedono le cure Brennan?
– Al momento bene! Sono stazionario, come dicono i miei medici, ma mi hanno annunciato che potrei avere un peggioramento repentino, dalla sera alla mattina …
- Ti spaventa questo?
 
Il tono di Brennan era stato triste ed Emma aveva capito il perché. Brennan temeva di morire senza essersi riconciliato con Killian. Le parole che seguirono da parte dell’uomo ne furono conferma.
 
– Non mi spaventa in sé il peggioramento e la morte … ormai ne ho preso consapevolezza. Temo solo di non fare in tempo a chiudere i conti sospesi …
– Brennan, i medici dicono tante cose per preparare a delle evenienze, ma non possono essere precisi al dettaglio. Non è detto che debba succedere tutto così velocemente non trovi?
– Sei una grande ottimista Emma e voglio crederti, ma ho una grande stanchezza addosso. Non riesco ad uscire spesso come prima, ci sono momenti che mi sembra le gambe pesino come piombo. Fortuna che posso avere consegne a domicilio sia per gli alimenti sia per le medicine!
 
Brennan era un uomo profondamente solo, questa era la verità. Ad Emma si strinse il cuore pensando alla sua situazione e decise che sarebbe andata presto a trovarlo. I suoi figli non erano con lui, nessuno se ne occupava, se non i fornitori che più o meno quotidianamente gli portavano ciò di cui aveva bisogno. Avrebbe cercato di fare qualcosa per lui. Non aveva più un padre e decise di comportarsi con lui come se lo fosse stato. Come si sarebbe comportata con un papà anziano e malato? Non gli avrebbe fatto mancare la sua presenza quotidiana, lo avrebbe accompagnato a visite e lo avrebbe accudito. Poteva farlo per Brennan? Anche se Killian lo detestava era suo padre, una parte di lui.
 
– Emma scusami! Stanno suonando alla porta! Dovrebbe essere Al con le medicine!
– Un tuo amico?
– Il Dottor Faris? Direi che lo sta diventando! È  uno dei farmacisti che lavorano alla farmacia vicino al Campus, mi fa la cortesia di portarmi personalmente quello che mi serve quando non ce la faccio ad andare io. Ti lascio ora …
- A presto Brennan!
 
Era evidente che quello fosse uno dei giorni in cui Brennan non ce la facesse ad uscire di casa! Emma riattaccò il telefono con una strana sensazione nel cuore, era una sorta di rammarico. Lei non aveva più suo padre e non aveva più nemmeno il caro zio Ector, marito di Ingrid.
Quella telefonata le aveva lasciato una profonda tristezza. Killian aveva ancora suo padre e forse per poco altro ancora. Forse un giorno si sarebbe pentito di averlo odiato.
Non era accettabile per lei l’idea della sofferenza per le persone che amava. Voleva far in modo di riavvicinare Killian a suo padre prima che fosse troppo tardi, ma al momento non poteva parlargli.
Guardò gli impegni sulla sua agenda. Aveva libero il giovedì pomeriggio per andare in casa famiglia, decise che prima sarebbe passata da Brennan. Concedergli un’oretta di quel pomeriggio non sarebbe stato un problema, si sarebbe informata meglio di cosa stesse facendo per la sua salute e avrebbe cercato di dargli una mano. Essergli vicina un po’ la riavvicinava anche a Killian, erano così somiglianti!
 
Dopo un paio di ore tornò in ufficio anche il Maggiore Stone.
 
– Emma buone notizie!
– Di cosa si tratta?
– Da domani parte il programma di protezione per tua zia e le sue amiche. Non avrà un agente in casa come è stato per te, ma ci saranno i controlli del telefono e della vostra casa. A lei daremo uno strumento elettronico da tenere con sé anche quando esce, una specie di trasmittente. Un gioiellino inventato da un agente “molto speciale”, ci penserà Seb!
 
Emma capì chi potesse essere l’agente “molto speciale” che aveva a che fare con Sebastian Jefferson. Evidentemente tra Lorna e Jefferson, la notizia della situazione era arrivata anche a Killian. Il sorriso le si allargò sul viso, ricambiato da quello di Lorna, in uno sguardo d’intesa che né Graham, né Olden intuirono.
 
– Direi che puoi andare a casa per oggi Emma. Parlane a tua zia e tranquillizzala ulteriormente.
– Grazie Lorna, tra poco vado!
 
***
 
Erano quasi le 17,30 quando Emma scese dall’autobus, alla fermata più vicina alla villetta di sua zia. Si incamminò verso la casa e notò l’auto di Cora Mills parcheggiata fuori dalla staccionata della casa, lungo la strada. Cora aveva mantenuto la promessa e quel pomeriggio era andata a trovare la sua amica. Emma tirò un sospiro di sollievo, sicuramente due chiacchiere con Cora, visto il suo carattere deciso e battagliero, avrebbero fatto bene ad Ingrid.
Aprì il cancelletto di legno bianco e con passo veloce si diresse verso la porta. Salì i pochi scalini sotto la veranda e notò qualcosa sullo zerbino della porta d’ingresso.
Le si drizzarono i capelli in testa. Si chinò a raccogliere l’oggetto, usando un fazzolettino di carta che prese dalla sua tracolla.
Sullo zerbino c’era una rosa rossa con un lungo gambo e un bigliettino a forma di cuore, egualmente rosso.
Emma scostò con l’unghia uno dei lembi del biglietto per leggere.
 
“Alla mia Regina di ghiaccio”
 
Un brivido le passò per la schiena e un unico pensiero per il cervello. Era una scrittura maschile quella del tizio che aveva portato la rosa davanti alla porta di casa. Ingrid era una donna apparentemente algida, una “Regina di ghiaccio” e quella rosa era sicuramente per lei. Nei pensieri di Emma, fin da subito, era scattata l’idea che il “dono” fosse da parte del sospettato Albert, per questo l’aveva presa con il fazzoletto. Potevano esserci impronte digitali sul fiore e sul biglietto. Doveva portarlo alla Scientifica e non doveva farne parola con Ingrid, già era spaventata così, figuriamoci a sapere che quell’uomo conoscesse il suo indirizzo e che addirittura era arrivato alla sua porta per portarle quel dono ben poco gradito.
Si guardò intorno. Da quando quella rosa era lì? Sicuramente da dopo che Cora fosse entrata in casa! Era possibile che l’uomo fosse ancora nei paraggi e stesse osservando? Era possibile, ma non si vedeva nessuno intorno. Qualche auto passava, ma nessuna rallentava per sbirciare. Il programma di protezione sarebbe scattato l’indomani, ma il bisogno era imminente. Decise di aprire ed entrare come se niente fosse, poi avrebbe contattato Lorna e Amarro. Forse era il caso di informare su tutto la zia, subito, anche riguardo alla rosa. Cora era con Ingrid ed era giusto dirle che sarebbe entrata in protezione anche lei, nonostante il suo cipiglio sicuro di sé e battagliero.
 
Cora era in piedi in salotto, stava prendendo la sua borsetta in quel momento per andar via. Sia lei che Ingrid notarono la rosa in mano ad Emma e Cora salutandola le lanciò una battutina su un possibile fidanzato. 
 
– Cora stai andando via?
– Si cara! Questa sera verranno a cena da me Regina e Daniel e pure se ho già pronto qualcosa, altro è da cucinare!
 
Emma fu felice di sentire che la coppia cenasse con Cora, segno chiaro che, come le aveva già detto Regina, sua madre ormai accettasse completamente la sua relazione con il giovane avvocato.
Dovette trovare le parole giuste e la calma necessaria per dire ad ambedue le donne la realtà della situazione. Le informò dell’intendo della Polizia, in collaborazione con la F.B.I.. Della necessità di quel controllo, su tutte loro amiche, per quanto si era capito dalle loro deposizioni.
Le due donne si guardarono in viso. Ingrid era spaventata. Cora era rimasta con il suo cipiglio sicuro di sé.
 
– Emma, se la Polizia vuole fare così io non ho nulla in contrario. Sappi che comunque io non sono una che si fa sorprendere impreparata. Il mio povero marito mi aveva regalato una piccola rivoltella e la porto sempre nella mia borsetta!
– Cora veramente?! Non ne sapevo nulla!
 
Ingrid era stupita. Da anni conosceva Cora e non sospettava minimamente che la sua amica andasse in giro armata.
 
– Forse dovresti avere un’arma anche tu Ingrid!
– Io?! Mio Dio Cora! Mi terrorizzano le armi!
– Io ho imparato a sparare grazie a mio marito, non voleva che mi facessi male con quella pistola e mi ha insegnato bene ad usarla!
 
Ingrid era ancora stupita e guardava da Cora ad Emma.
 
– Emma anche tu sai sparare no? Sei nella F.B.I!
– Ovviamente Cora … fa parte dell’addestramento!
– Ma non hai mai portato armi qui in casa tesoro!
– No zia. Il mio non è proprio un lavoro d’azione. Ma posso chiedere l’arma d’ordinanza in caso di necessità e credo che ora ci sia proprio la necessità!
– Ma dai Emma! Non è così grave la situazione! A saperti con un’arma mi viene l’ansia!
– Mamma … questa rosa mi dice maggiormente che la situazione sia grave. Mi dispiace … non volevo spaventarti ulteriormente. Ma l’ho trovata sullo zerbino di casa ora. Non è un mio ammiratore che l’ha lasciata …
- Mio Dio! Vuoi dire che … è … è per me?!
– Hai un ammiratore mamma! Un ammiratore che non si è firmato e dalla frase che ha scritto ha notato il tuo modo di essere fredda, ma gli hai destato un certo interesse …
- Credi sia lui?
 
Ingrid si era seduta abbattuta sul suo divano di pelle bianca, con gli occhi sgratati e la bocca schiusa.
 
– Temo di si mamma! Quell’uomo vi ha sicuramente seguito quella sera. Ha visto dove abitava Tilly e sicuramente anche le vostre abitazioni. Anche tu Cora non sei in minor pericolo, anche se il tuo tipo fisico non corrisponde del tutto ai canoni del Killer!
– Non ho intenzione di farmi spaventare né uccidere da nessuno Emma! Né tantomeno da quell’omuncolo! So che faccia ha! Mi si dovesse accostare gli sparo prima di farlo parlare!
– Sono contenta che non ti abbatti Cora! Ma stai attenta. Vai ora e parlane a Regina e Daniel. Domani inizia il programma di protezione.
 
Cora uscì con il suo cipiglio sicuro e si infilò nella sua auto. Emma ed Ingrid, ancora sulla porta di casa, la guardarono allontanarsi.
Rientrata Emma non perse tempo e chiamò Lorna. Il Maggiore era in casa con Sebastian in quel momento. Erano appena rientrati e si apprestavano a passare insieme la serata. Sebastian volle parlare a sua volta con Emma.
 
– Emma, domani mattina ti porto lo strumento che ti ha annunciato Lorna. Sai chi te lo manda …
- Lui?
– Si, il Capitano.
- È tornato?
– No, non può! Ma gli ho parlato, sa tutto!
– Sai quando potrà tornare?
– Mi dispiace Emma, non saprei … non è un buon periodo per tutti noi!
 
Emma capì che si riferisse alla Squadra intera di Captain Hook. Anche Seb ne faceva parte e sicuramente conosceva bene l’agente assassinato e l’altro gravemente ferito. Non doveva essere facile nemmeno per Sebastian Jefferson. Lui aveva almeno Lorna per ricevere un abbraccio! Killian? Era solo come suo padre Brennan? Avrebbe tanto voluto abbracciarlo! Gli mancava tantissimo e saperlo in pericolo, come era in pericolo anche sua zia, le dava un senso d’ impotenza. Almeno per Ingrid e per Brennan poteva fare qualcosa!
 
 
Altrove, a Boston, in quel momento …
 
L’immagine si stava formando pian piano sul foglio immerso nel liquido, posto in una vaschetta di plastica rettangolare. Una mano maschile la mosse leggermente con le pinze. Gli  occhi dell’uomo la guardarono attentamente.
 
– Sei bellissima Ingrid! Sembri veramente una regina con il tuo portamento …
 
L’immagine era stata scattata davanti alla pasticceria-gelateria “La regina delle nevi”, il negozio di proprietà di Ingrid Frozen.
L’uomo si accertò che la fotografia fosse del tutto nitida, poi la sollevò con le pinze e l’appese ad asciugare. Altre foto già pendevano da quel filo. Erano tutte immagini di Ingrid …
 



 
Angolo dell’autrice
 
Buonasera a tutti. Avevo ancora da scrivere ma volevo postare, domenica scorsa non ci sono riuscita. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ci accostiamo alla fine e spero di regalare ultimi capitoli avvincenti.
 
Killian non è stato presente se non con il pensiero verso Ingrid, tramite il congegno per la protezione, si saprà presto di che congegno si tratta.  Emma ha ricontattato Brennan e sa che l’uomo sta peggio. Vorrebbe sentire e vedere Killian, ma sta cercando di mantenere la parola data, mantenendo anche la fiducia in lui, ancora ignora che si è sposato con Eloise. Il serial killer ha preso di punta proprio Ingrid e le ha scattato diverse foto. Un vero stalker estremamente pericoloso!
Vedremo cosa succederà ancora. Ringrazio chi ha letto e chi avrà intenzione di commentare. Un grazie speciale alle amiche di penna che lo fanno assiduamente, ma grazie anche a chi considera tra le sue preferite questa storia giallo-rosa e non ha mai commentato.
Buona settimana a tutti.
Lara

 
 

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Capitolo 42
*** La ragazza con la pistola ***


Capitolo 42
                                                                                                                              
La ragazza con la pistola
 
 
Era uno splendido gioiello di tecnologia quello che Emma si stava rigirando tra le mani in quel momento.
Killian Jones era veramente geniale! Sicuramente ne aveva ideato anche il modello, oltre alla microtelecamera interna.
 
– Mi raccomando Emma! Di a tua zia di trattarlo con delicatezza. Il ciondolo del girocollo è estremamente sensibile, dietro questa gemma centrale si cela la microspia, è un capolavoro di ingegneria elettronica, lo ha indossato anche Mulan nella nostra ultima missione in Cina.
– Opera del Capitano?
– Chi altri? È un esperto in questi gingilli! Ne disegna pure la foggia! Gli ho detto che avrebbe un futuro anche come creatore di gioielli!
– Sarebbe di sicuro un lavoro meno pericoloso di quello che fate!
– In effetti …
- Seb …
- Si Emma?
– Volevo … beh! Insomma … ti ha dato un messaggio per me?
 
Sebastian provò una sincera tenerezza per Emma, a vederla arrossire e abbassare lo sguardo nel fargli quella domanda. Avrebbe voluto prendere veramente a calci nel culo il suo Capitano per quel maledetto modo di fare con quell’adorabile ragazza!
Certo che le aveva mandato un messaggio! Ma se l’avesse chiamata un secondo per dirglielo di persona forse era meglio no?
 
– Killian è un genio tecnologico ma un pessimo fidanzato Emma! Ti manda i suoi saluti e ti chiede di essere forte e lucida in questa situazione. Mi ha detto di suggerirti di farti dare l’arma di ordinanza. Si è informato con Mulan e si è tranquillizzato che sei un’ottima tiratrice. Il fatto che tu sia la persona più vicina ad una delle possibili prede del serial killer ti pone egualmente in pericolo. È ammutolito quando gli ho detto di tua zia!
– In effetti poteva chiamarmi o mandarmi un sms …
- Il vecchio Cuore di Ghiaccio non esiste più Emma!
– Cuore di Ghiaccio?
– Si! Lo chiamavamo così per la sua capacità di restare gelido davanti a qualsiasi cosa, completamente privo di sentimenti. Finché non sei arrivata tu!
– Io?!
– Proprio così Baby! Se il “Pollo” non ti chiama è per timore di perdere la sua concentrazione! E credimi, di questo periodo la lucidità gli serve più del solito!
– Lo so … me ne ha parlato l’ultima volta che ci siamo potuti vedere …
- Comunque  riguardo a tua zia, dille di metterlo sempre, sia in casa che quando è fuori. Ovviamente va tolto per fare una doccia, meglio non bagnarlo!
– Già è attivo?
– No. Si attiva con il calore sprigionato dal corpo di chi lo indossa, dopo cinque minuti!
– Veramente una trovata geniale!
– Vai a casa e portalo a tua zia. Dille che tra poco verrà un operaio a sistemare i lampioni del vostro giardino. È ovviamente un agente, vestito da elettricista. Piazzerà qualche microcamera per vedere se il tizio si dovesse riavvicinare a casa vostra!
– Grazie Seb! Ringrazia anche il Capitano.
 
L’Agente Speciale Jefferson le rispose con un sorriso e poi si salutarono, uscendo dall’ufficio del Comandante Shatneer, messo a disposizione di Seb, come ogni volta che c’era una missione in incognito da svolgere.
 
Emma, prima di tornare da sua zia, si diresse all’armeria con il permesso del Comandate.
 
– Ciao August!
– Ciao Swan! Non è il giorno del poligono per te … non mi dire che devi prendere una Glock 17?!
– A meno ché  non ce ne sia un altro tipo! Si, mi serve l’arma d’ordinanza.
– Era ora che la richiedessi!
– Si, era ora August!
 
Il buon August la guardò stringendo le labbra e annuendo con la testa. Non volle chiederle altro, aveva capito che sotto c’era qualche valido motivo di servizio e, dal viso serio di Emma, doveva essere qualcosa d’ importante.
Si diresse nella stanza dell’arsenale e prese l’occorrente.  Tornato al banco, dove Emma l’attendeva, mise sul ripiano la pistola. Emma la prese con sicurezza di sé, la fece scattare ed aprire. Inserì il caricatore con i proiettili nell’apposito vano e con un altro scatto la richiuse. La soppesò in mano e la puntò verso il muro. La sicura era bloccata e non avrebbe sparato al momento. August ammirò i movimenti decisi della sua ex allieva.
 
“Decisamente l’anatroccola è diventato un cigno ormai!”
– Se decidi di portarla sotto il braccio eccoti la sua guaina!
– Per il momento la metterò nella tracolla. Meglio che mia zia non mi veda con questa addosso!
– In azione sai che dovrai tenerla a portata di mano …
 - Si August, me lo hai spiegato e rispiegato! Sono una brava allieva!
– Di sicuro la più carina!
– Ehi?! Vuoi negare che io sappia sparare?
– Se lo pensassi non ti avrei dato la pistola nemmeno sotto l’ordine del Presidente degli Stati Uniti!
 
Risero insieme e prima di andar via Emma diede un bacio su una guancia ispida a quella specie di fratello maggiore che August era diventato per lei. Uscì dall’armeria con una maggiore sicurezza e un passo deciso e determinato …
 
***
 
I gladioli rossi erano appena stati esposti all’esterno del negozio e la bella commessa andava avanti e indietro per sistemare i vasi delle piante ornamentali. Si soffermò ad ammirare le orchidee giganti che stavano schiudendo nuovi carnosi fiori giallastri.
 Tra i fiori che vendeva in quel negozio, le orchidee erano le preferite di Eloise Gardener.
 
– Sono magnifiche quelle orchidee!
 
La giovane fioraia si voltò di soprassalto, non si era accorta della presenza di quella donna.
 
– Mi scusi non mi ero accorta del suo arrivo!
– Mi scusi lei l’ho spaventata?!
– No si figuri! Ero un po’ soprappensiero … Comunque si! Sono magnifiche! Ne vuole un ramo?
– Mi piacerebbe un ramo se non è eccessivamente costoso …
- No, Signora, non costa molto, abbiamo prezzi modici.
 
Mentre Eloise preparava la confezione, mettendo un piccolo contenitore di plastica con l’acqua all’estremità del ramo, la donna, sui cinquant’anni, la guardava attentamente.
 
– Le piace come sto confezionando il ramo?
– Si, brava! Ha buon gusto sicuramente!
– La ringrazio Signora! Mi scusi ma è già venuta qualche altra volta?
– No. È la prima volta che vengo qui …
- Ho l’impressione di averla già vista!
– In effetti ci siamo già viste veramente!
– Dove?
– Ero in tribunale il giorno che lei ha testimoniato contro Antonio Santa Cruz!
– Ooh!
– Lei mi ha aiutato a raccogliere i miei documenti quando mi sono caduti mentre passavo vicino a lei e al suo … fidanzato credo!
 
Eloise si illuminò e rise.
 
– Ora ricordo! È vero! Lei è la signora con i documenti!
– Temo di aver interrotto qualcosa con il suo fidanzato in quel momento. Mi dispiace!
– No, nessun problema, Killian stava andando via!
– Killian? Si chiama così? Un bel nome!
– Un nome irlandese …
- Ricordo che fosse un bel giovanotto …
 
Eloise arrossì sulle gote e la guardò orgogliosa.
 
– Si … lui è … una bella persona!
– Siete fidanzati da tanto?
– Veramente siamo sposati … da un paio di settimane …
- Ooh! Beh auguri Signora … Signora?
– Jones … ora sono la Signora Eloise Jones!
– Io sono Alexandra Pereira, piacere! Sono una scrittrice … sono anche un avvocato e devo confessarle Eloise che se sono qui non è solo per questi magnifici fiori!
– No?!
– La stavo cercando. Ho sentito la sua deposizione in tribunale, è stata molto coraggiosa, volevo farle delle domande per il libro che sto scrivendo …
- Un libro?
– Si, si intitolerà “Storie di donne e narcotraffico”. La sua è una storia veramente interessante, estremamente drammatica ma interessante per il libro!
– Io … io non so se posso!
– Ha già deposto in tribunale, non ci sono rischi credo!
 
Alexandra Pereira sapeva essere molto convincente e persuasiva. Eloise le raccontò la sua esperienza, rispose alle domande personali di Alexandra, ne ascoltò i commenti di rammarico e dispiacere per lei e  la sua bambina.
– Come si chiama sua figlia?
– Alice Rodriguez!
– Vive con lei in comunità?
– No per lei fu scelta una casa famiglia, posso vederla ogni due settimane.
– L’uomo che l’ha aiutata era veramente un giornalista?
– Andrew Smith? No … era un agente della D.E.A. e quello non è il suo vero nome, ma non mi chieda altro su di lui, non ne posso parlare!
– Ovviamente! No, tranquilla non le chiederò altro!
 
Sedute su due sgabelli, Alexandra scriveva sul suo taccuino ed Eloise, seduta davanti a lei, ricordava e raccontava il suo vissuto.
 
– Ci vediamo la prossima settimana Eloise, verrò mercoledì pomeriggio credo. Ci sono molti dettagli che vorrei approfondire. Le farò leggere il capitolo su di lei prima di inserirlo nel libro. Dovrò avere il suo consenso per la pubblicazione!
– Certo, va bene!
 
Si salutarono ed Alexandra Pereira andò via con il ramo di orchidea e una buona parte dell’esperienza di Eloise custodita nel suo taccuino.
 
***
 
Emma aveva trovato Brennan Jones molto sciupato rispetto all’ultima volta che lo aveva visto. Era andata da lui quel giovedì pomeriggio come si era prefissa la settimana prima. Aveva intenzione di dargli un aiuto, ma per quel giorno non ce ne era stato bisogno. Brennan aveva il frigo pieno e la scorta di medicine per tutta la settimana seguente, ma le chiese se poteva accompagnarlo ad una visita prenotata per due settimane dopo. Emma aveva acconsentito, felice di poter fare qualcosa di concreto per lui.
 
– Ti posso chiedere se hai sentito o visto mio figlio Killian?
– Certo che puoi … solo che non l’ho visto né sentito. È in Irlanda e credo sia molto occupato con il suo lavoro!
– Così occupato da non poter chiamare la sua ragazza in tutto questo tempo? 
- Non posso definirmi la sua ragazza … non siamo fidanzati …
- Se non siete fidanzati e tu non sei la sua ragazza mio figlio è diventato idiota!
– Sono certa che abbia una mente geniale …
- Per quello lo so bene anche io Emma! Ma con le donne è peggio di me a quanto pare! Speriamo che non commetta i miei stessi errori! Io ho perso le cose più preziose che avevo per aver fatto l’idiota!
– Meglio smettere di parlare di Killian!
– Come vuoi Emma! Ma non vedo come il suo lavoro possa impedirgli di farti anche un minuto di telefonata!
- È una situazione complicata Brennan … lascia stare! Quando potrà mi chiamerà!
– Io una ragazza comprensiva e generosa come te non l’avevo mai conosciuta fino ad ora! Ho l’impressione che tu venga da un altro mondo! Mio figlio non ti merita con il suo comportamento lo sai?
“Caro Brennan! Se sapessi tutta la storia mi diresti di prenderlo a calci e mandarlo a quel paese, nonostante sia tuo figlio!”
– Brennan devo andare ora! Mi aspettano in Casa Famiglia! Ti chiamo domani o se hai bisogno chiamami tu quando vuoi!
 
Con una certa fatica ad alzarsi dal divano, Brennan volle accompagnarla alla porta, nonostante Emma insistesse per non farlo disturbare.
In quell’oretta che era stata in visita da lui, gli aveva chiesto se si era deciso ad avvisare  Liam e i suoi cognati del suo peggioramento. Il suo figliolo maggiore era stato a trovarlo il mese prima, ma lui non aveva voluto dirgli tutta l’amara verità sulla sua malattia. Nemmeno poteva avvisarlo ora, in quanto Liam era nuovamente in missione con il Nautilus per il centro oceanografico di Elza, perché farlo preoccupare con una telefonata se tanto per il momento non poteva andare da lui?
 
Mentre scendeva i sei piani di scale a piedi, evitando l’ascensore per le sue vertigini, Emma rifletteva che Brennan e Killian si somigliassero tantissimo, non solo fisicamente, ma anche per alcuni atteggiamenti e modi di fare caratteriali.
 
“Due zucconi caparbi entrambi!”
 
***
 
Eloise scrutava di nascosto i movimenti di Emma. La giovane Psicologa stava facendo eseguire degli esercizi ad Alice e la bambina rispondeva adeguatamente, dimostrando di aver ormai superato le sue difficoltà linguistiche e manifestando intelligenza e una buona dose di furbizia.
 
– Tua figlia è molto scaltra Eloise! Devi essere molto orgogliosa di lei!
– Lo sono di sicuro Emma! Non me lo devi certo suggerire tu!
 
Nuovamente quel tono pungente da parte di Eloise nei suoi confronti. Emma lo notò immediatamente. Non era la prima volta che capitava. Cercò di non farci caso. Sapeva che Eloise fosse una persona emotivamente instabile e volle evitare di incrementare il conflitto tra loro rispondendole per le rime. La piccola Alice intanto l’aveva abbracciata e le stava dando dei bacini sulle guance. Emma temette che ciò potesse scatenare ulteriormente la gelosia di Eloise e, presa la bambina sotto le braccia, la fece voltare verso la madre.
 
– Sei stata bravissima, ora io vado da Odette e Neal! Vediamo cosa combinano quei due, tu stai con la tua mamma e raccontale le cose che hai fatto questa settimana!
– Voglio che resti anche tu! Mamma non conosce i giochi che conosci tu!
– Non fa nulla Alice! Tu li conosci, insegnali tu alla mamma dai! Puoi fare il gioco della maestrina con lei! Che ne dici Eloise?
 
La donna rispose con un tono annoiato.
 
– Ma si! Se proprio dobbiamo!
 
Non era un atteggiamento che ad Emma piaceva quello che spesso Eloise aveva con lei e con Alice. Gliene avrebbe parlato poi, senza la presenza della bambina. In fin dei conti quelli erano incontri protetti, lei aveva il compito di dare suggerimenti per il miglioramento della genitorialità e decisamente Eloise ne aveva parecchio bisogno!
 
Eloise guardò Emma allontanarsi. Era consapevole dei sentimenti che le si agitavano dentro nei suoi confronti. Da un lato ammirava la Psicologa per il suo lavoro con sua figlia e con gli altri bambini. Dall’altra la invidiava e una sottile gelosia le si era insidiata nel cuore. Vedere l’attaccamento di Alice per Emma la infastidiva e la faceva sentire come defraudata dell’affetto di sua figlia. Sapeva che con la sua assenza, per tutto quel tempo, la bambina aveva costituito altri legami d’attaccamento, ma con Emma sembrava proprio avere una seconda madre. La stessa Emma glielo aveva spiegato che quell’atteggiamento della piccola fosse normale conseguenza degli avvenimenti e l’aveva tranquillizzata sul suo positivo stato emotivo attuale. Eppure, nonostante la disponibilità e la gentilezza di Emma, lei non riusciva a non nutrire una sorta di astio nei suoi confronti. Era solo per Alice? La verità era che non aveva creduto ad Emma quando le aveva risposto di non conoscere Killian Jones! La stessa reazione di Killian, quando le aveva ordinato di non dirle nulla, che Emma non doveva sapere del matrimonio, era stata … particolare. Cosa c’era tra Emma e Killian in realtà? Doveva scoprirlo e in quel momento prese la decisione di contravvenire agli ordini di Killian Jones, l’uomo che da due settimane era suo marito soltanto sulla carta.
 
***
Le risa di Emma e dei due bambini si sentivano anche con la porta chiusa della sala giochi. Il piccolo Neal parlava velocemente e raccontava qualcosa ad Emma. Eloise rimase qualche secondo fuori dalla porta ad ascoltare, prima di bussare.
 
– Lo sai che domenica viene zio Geoffley?
 
Il rotacismo di Neal era instabile, ancora tendeva a saltare qualche erre a beneplacito della elle e a inserire lettere in sostituzione di altre. Emma lo corresse.
 
– Zio Geoffrey tesoro.
– Si, zio Geoffrrrey! Mi ha detto che mi polta un regalo bello bello!
– Vedi? La Parolina “regalo”, che ti interessa, l’hai pronunciata bene. “Porta” un regalo …
- Uffa! Mi porrrta un rrregalo!
– Bravissimo!
 
Si sentì uno schiocco da dietro la porta. Sicuramente Emma aveva dato un bacio al piccoletto.
 
– Sai cosa ti porterà?
– Si, si! Una nave!
– Wow! Una nave per il piccolo capitano?
– Si! Ma io non sono peniente piccolo!
– “Per niente” Neal! Diciamo che sei grandicello!
– Così va bene!
– Ti piace il compromesso?
– Non lo so, che significa?
 
Si sentì ancora Emma ridere divertita.
 
– Diciamo una via di mezzo che ti piace di più! Dai non fare quella faccia, lo so Neal che non si capiscono bene certe parole dei grandi!  Che fai domenica con zio Geoffrey? Ti riporta sulla sua barca?
– Con papà andiamo con lui a prrrovarrre la nave!
– Bravo!
– Lo sai che zio Geoffrrey ha una nave più gll … grrrande a casa sua?
– Veramente?
 
Emma notava lo sforzo del piccolo di inserire correttamente la erre dove fosse necessaria. Mary Margaret, seduta anche lei per terra con altri due bambini, aveva lasciato interagire Emma e Neal fino a quel momento.
 
– Emma perché non vieni a pranzo questa domenica? Ti farei conoscere Geoffrey …
- Questa dom …
 
Emma non finì di rispondere. Eloise si era decisa a bussare alla porta.
 
– Vieni Eloise, dai Alice venite a giocare con noi!
 
Mary aveva rivolto l’invito a madre e figlia, ma Eloise scosse la testa.
 
– Volevo parlarti un attimo Eloise … Alice vai da Mary intanto!
 
Emma non poteva lasciar correre il discorso che doveva affrontare con Eloise. La portò nello studiolo di Mary, dove spesso lei stessa faceva incontri individuali con i piccoli ospiti.
 
– Accomodati pure Eloise. Andrò subito al sodo! 
 
La donna si mise seduta con un’espressione altera sul viso.
 
“Andiamo bene!”
– Spesso noi adulti prendiamo atteggiamenti inconsapevoli che possono influenzare i piccoli in modo sia positivo che negativo. Stai facendo incontri protetti con tua figlia e io ho il compito di aiutarti a gestire la tua genitorialità per migliorarla, questo già lo sai …
- Infatti mi chiedo perché tu senta il bisogno di ripetermelo!
 
Ancora quell’atteggiamento sprezzante e fastidioso.
 
– Te lo ripeto poiché questo tuo atteggiamento sprezzante nei miei confronti può danneggiare il lavoro che sto facendo con la bambina! Sto cercando di aiutarvi, ma tu spesso alzi questo muro nei miei confronti, come se io fossi una tua rivale. Sappi che non è così! Il transfer materno che Alice ha sviluppato nei miei confronti non ti toglie il suo affetto, specie se lo gestiamo bene, ma anche tu devi collaborare. Quindi se ti suggerisco di giocare in un certo modo con lei evita di apparire annoiata! Tua figlia è molto intelligente e sensibile! Lo capisce e reagisce con il rifiuto! Stiamo cercando di ricostruirlo un rapporto, no di spezzarlo!
 
Eloise arricciò il naso e si alzò dalla sedia infastidita.
 
– Non ti preoccupare troppo Emma! Tu hai fatto il tuo lavoro fino ad ora … te ne do atto e merito … ma presto la porterò via e andremo a vivere in Irlanda con mio marito! Quando avrà una madre e un padre a tempo pieno saneremo ogni lacuna!
 
Emma stava ribollendo dentro per l’atteggiamento della donna che aveva davanti, in più sapeva chi doveva essere “il marito” a cui lei si riferisse e la cosa le faceva rodere lo stomaco.
 
– Sii realista Eloise! Marito? Avete già stabilito la data del matrimonio?
– Emma non dovevo dirtelo ma ormai credo sia necessario! Io e Killian ci siamo sposati l’ultimo giovedì che sono stata qui. Ero in ritardo proprio perché lo avevamo appena celebrato!
 
Emma era impallidita. Non si aspettava quella rivelazione a bruciapelo. Per un attimo vide nero davanti a sé e temette di perdere i sensi. Si aggrappo alla scrivania, dove si era appoggiata in piedi per parlare con Eloise. L’altra la guardava dritta in viso, con un’espressione che sembrava quasi trionfante.
 
“Ecco fatto Emma! Colpita e affondata! Poi dimmi che non lo conosci Killian Jones! Qualsiasi cosa ci sia stato o ci sia tra voi due … ormai lui è mio!”
 
Emma deglutì il boccone amaro e cercò di riprendere contegno.
 
– Se è così … sicuramente avere una famiglia sua l’aiuterà … vai pure da lei ora … io resto un attimo qui per vedere delle valutazioni …
“Certo, certo!”
 
Eloise uscì dallo studio ed Emma cadde sulla sedia. Non poteva essere vero! Eloise la stava sfidando soltanto! Era una donna emotivamente instabile, lo sapeva bene. Inoltre Killian le aveva promesso … no … non le aveva promesso un fico secco! L’aveva distratta alla fine con i suoi baci! Avevano fatto petting e se l’erano goduto! Ma lui, alla fine della fiera, non le aveva detto nulla. Non le aveva promesso di non sposare Eloise, né tantomeno le aveva detto di averla già sposata!
Cosa doveva pensare? Con Killian poteva capitare di tutto! In fin dei conti lo aveva creduto morto veramente ed era una finzione! L’unico che poteva darle una conferma era Sebastian Jefferson! Non le restava che attendere pochi altri minuti l’arrivo dell’Agente Scelto per riprendere Eloise.
Rimase nello studio fino a quando vide dalla finestra il Suv Maserati nero che conosceva ormai fin troppo bene. Non avvisò nemmeno Eloise dell’arrivo di Jefferson. Corse fuori dalla casa e si infilò nella macchina dallo sportello anteriore del passeggero.
 
– Oh! Emma! Che succede?
– Devi dirmi la verità Sebastian! Tu solo puoi dirmela!
– Di che verità parli Emma?
– Killian si è già sposato con Eloise?
 
 
Sebastian si tirò indietro automaticamente, come se avesse ricevuto uno schiaffo in pieno volto.
 
-  Lui non ti ha detto nulla quando vi siete visti?
– Non fare il finto con me Seb! Ti starei facendo questa domanda in caso contrario?
 
Lo sguardo di Emma era furente e Seb sapeva che ne avesse un buon motivo. Mandò al diavolo Killian mentalmente. Perché proprio a lui ora toccava quell’incombenza con Emma? 
 
- Si sono sposati due settimane fa, un rito civile … ero il testimone.
– Bene! Mi hai detto abbastanza Seb!
– Aspetta Emma! Dove vai? Non è come pensi tu …
- No?! Si è sposato legalmente Seb! È abbastanza credimi!
 
Seb era dispiaciuto per Emma e mandò ancora a quel paese il Capitano! Lei era uscita furente dall’auto, sbattendo lo sportello. Mentre tornava verso la porta incrociò Eloise che andava via. Appena  rispose al suo saluto.
Seb osservò in viso Eloise. Non le piacque l’espressione che aveva sul viso. Era stata sicuramente lei a parlare del matrimonio ad Emma.
 
“Quell’idiota deve fare chiarezza con Emma! Questa è la volta buona che lo manda al diavolo definitivamente!”
 
Avrebbe rapportato la situazione a Captain Hook! Doveva prendere qualche provvedimento con la sua ragazza se non la voleva perdere definitivamente! Seb sapeva che ci tenesse moltissimo a lei, ma Killian era troppo sicuro dell’amore di Emma per lui e aveva trascurato di considerare il suo orgoglio!
In silenzio, rimuginando sul da farsi e infastidito dall’atteggiamento di Eloise Gardener, ora Signora Jones, Sebastian Jefferson rimise in moto il suo Suv Maserati e ripartì per riportarla in comunità.
 
***
 
Emma era accigliata. Si era messa la tracolla in spalla e si apprestava ad andare via. Erano le sei passate e aveva voglia di andare a trovare Regina Mills nella sua galleria.
 
– Emma già vai via oggi? Non resti per la cena?
– No grazie Mary!
– Vieni a pranzo domenica? Ci terrei veramente a farti conoscere il nostro amico Geoffrey! Viene dall’Irlanda domenica mattina, dopo pranzo uscirà con David …
- Un irlandese?
– Si, Geoffrey è irlandese!
“Ne ho abbastanza di irlandesi al momento! Non mi va di conoscerne un altro!”
– Ti ringrazio per l’invito Mary, ma domenica sono già impegnata, non potrò venire in nessuna ora della giornata!
– Come vuoi Emma! Sarà per un’altra occasione!
“Anche no Mary!”
– Certo, sarà per un’altra volta!
 
Mary Margaret la guardò uscire. Che le era successo ad Emma? L’agente Jefferson le aveva dato qualche brutta notizia? Era andata via con un’espressione arrabbiata e non aveva nemmeno salutato i bambini!
Perplessa e chiedendosi quali motivazioni Emma potesse avere, Mary le chiuse dietro la porta mentre lei si allontanava verso il cancello.
 
***
 
A che ora chiudeva la Galleria di Regina? Emma non riusciva nemmeno a ricordarlo in quel momento. Erano quasi le 19,00 e maggio stava finendo. Le giornate si erano allungate e Regina le aveva detto che avrebbe prolungato l’orario d’apertura della Galleria. Forse ancora la trovava aperta.
Aveva voglia di parlare con la sua amica, voleva raccontarle la verità. Sapeva che Regina fosse in grado di mantenere un segreto. Era pentita di non averle raccontato tutto da quando aveva scoperto che Kim non era morto e che fosse Killian Jones, il cognato di sua cugina Elsa!
 
L’autobus fermava proprio davanti alla Galleria d’Arte. Emma scese con la sua camicetta verde Tiffany e i jeans aderenti. Si mosse sinuosa verso l’entrata e incrociò lo sguardo della segretaria indiana di Regina.
 
– Miss Swan! Buonasera!
– Buonasera Jasmine! Regina è nel suo studio?
– Veramente è andata a cena con il Signor Daniel! Non credo che torni per questa sera. Tra poco chiuderò! Giusto il tempo che escano gli ultimi visitatori!
– Posso entrare un momento?
– Certamente Miss Emma! Lei è di casa qui! Si accomodi pure!
 
Emma entrò  e si diresse verso la sala delle favole. Jasmine sorrise seguendola con lo sguardo, già immaginava dove si sarebbe diretta. Miss Mills prendeva sempre in giro la sua amica per la passione che aveva per un certo quadro.
 
“Chi può darle torto? Bello il quadro e bellissimo il soggetto rappresentato! Chissà chi sarà stato il modello?!”
 
Ritornando alle sue mansioni, Jasmine smise di pensarci e attese l’uscita dei visitatori.
 
Emma era arrivata nella sala che preferiva. Questa volta i suoi occhi non avevano lo sguardo sognante che le rimproverava Regina, quando era davanti al quadro del bel Capitano Uncino ritratto da Brennan Jones. Questa volta Emma guardava in viso Killian Jones in persona. Sapeva che era lui il modello seguito da suo padre. Glielo aveva detto lo stesso Brennan; Killian l’ultima volta che il padre lo aveva visto a Dublino, con quella barba appena accennata, baffi e pizzetto. Un look che gli donava alla perfezione, rendendolo più affascinante di quanto già non fosse!

Era arrabbiata, offesa, delusa! Si sentiva tradita e presa in giro!
Il quadro era così realistico da sembrare che Killian potesse uscirne fuori da un momento all’altro.
 
“Magari lo facessi! Questa volta ti stenderei con un pugno a tutta forza! Sei una delusione Killian Jones! Alla fine hai fatto lo stesso errore di tuo padre!”
 
Voleva dirgliene di tutti i colori. Prese il cellulare e trovò la lettera K, digitò sulla lettera che era corrisposta per un pezzo a Kim Steward e comparve il numero dal quale Killian l’aveva chiamata quando era stato a casa sua quei due mesi prima.
Decise di inviargli un SMS, l’avrebbe letto quando voleva!

“Avevo deciso di crederti! Ma era solo un mio bisogno, volevo crederti, come tu hai avuto evidentemente bisogno di mentirmi! Volevo darti una seconda possibilità, ma hai deluso anche quella. Ti faccio i miei migliori auguri. Si fa così per un matrimonio, io non voglio essere da meno. Ti ringrazio per mia zia Ingrid, per il tuo interessamento, sarò forte per lei e per me. Non chiamarmi, so che comunque non lo faresti, quindi togliti da ogni obbligo nei miei confronti. Non voglio sentirti, non ce n’è motivo e da ora non ce ne sarà. Non sono il tipo che dice addio a telefono, ma è l’unico mezzo che ho. Prima o poi so che leggerai questo messaggio, so che ne hai tutti i mezzi …”
 
Le restava da scrivere l’ultima parola, ma non riusciva a formularla nemmeno nella sua mente. Non era facile dire addio a qualcuno per cui si nutriva un così forte sentimento d’amore.  Guardò ancora il ritratto nella cornice. Se fosse stato lì in carne ed ossa non sarebbe riuscita a dirgli quell’ultima parola. Se solo l’avesse abbracciata e baciata si sarebbe sciolta ancora tra le sue braccia. Doveva smettere di essere così debole con l’uomo che le aveva spezzato il cuore più di una volta. Ora era una ragazza con una pistola nella borsetta! Doveva sentirsi veramente più forte, armata e pronta all’attacco!
 
– Emma! Non mi aspettavo di vederti qui a quest’ora!
 
Una calda voce maschile era giunta alle sue spalle. Si voltò di scatto e vide il sorriso radioso dell’Architetto Neal Cassidy. Aveva sempre quel sorriso quando la vedeva. Da quanto tempo Neal l’amava senza la speranza di essere ricambiato?
 
– Neal! Se qui anche tu?
– Si, sono qui da questa mattina, Regina vuole ampliare un’ala della galleria e mi ha chiesto un progetto d’adeguamento. Stavo andando via e Jasmine mi ha detto che eri qui …
 - Non ci vediamo da un po’ Neal …
- Già! Non è dipeso da me se non ricordo male!
– Lo so Neal, sono stata io a rifiutare i tuoi inviti … ho avuto parecchi impegni …
- In questo momento non mi sembri molto impegnata o forse si con quel cellulare …
 - No. Non sono impegnata infatti. Ti va di recuperare il tempo che abbiamo perso?
– Emma! Mi stai invitando ad uscire?
– Si Neal! È stata una giornataccia e vorrei solo distrarmi e divertirmi!
– Wow! Sono pronto ad esaudire i tuoi desideri! Preferisci un Pub per prendere qualcosa, un ristorante per cenare …
- Qualsiasi cosa mi va bene ora!
 
Neal la guardò di sbieco.
 
– Emma stai bene? Non mi sembri molto in te questa sera!
– Sto benissimo Neal …
 
Per ulteriore conferma a se stessa digitò l’ultima parola del messaggio, poi diede l’invio.
 
“Addio”
– Andiamo?
 
Neal le porse il braccio ed uscirono fuori dalla galleria dopo aver salutato Jasmine.
 
***
Era mezzanotte passata a Dublino. Killian Jones era ancora alla sua scrivania nella sede sotto copertura. In quei giorni era raro che andasse a dormire a casa. Stava vivendo di caffè è panini, continuamente all’erta, nella coordinazione di azioni contro il narcotraffico mondiale e per quell’ultima emergenza riguardo l’assassinio di persone a lui molto vicine.
 
Il cellulare emise un suono particolare che lo fece scattare sorpreso. Era la scheda doppia che aveva inserito e selezionato nel suo cellulare. Sapeva che poteva essere solo Emma a mandargli un messaggio a quel numero. Ne fu piacevolmente sorpreso. Sorrise all’idea che lei gli avesse scritto un messaggio d’amore. Sicuramente sentiva la sua mancanza come lui sentiva la sua!
 
“Amore sei il primo raggio di sole di questa giornata lo sai?”
 
Curioso e desideroso di sentirla vicina a quell’ora tarda, aprì immediatamente il messaggio. Quello che lesse lo lasciò di sasso.
 
“Cosa?! Questa è opera di Eloise! Il suo Psichiatra aveva ragione sulla sua instabilità! Maledizione Emma! Era meglio dirti tutto subito! Non ho nessuna intenzione di perderti!”
 
Velocemente cercò di mettersi in contatto con lei. Maledì se stesso per non averla chiamata da giorni. Sapeva l’effetto che le faceva sentirla e non poterla avere accanto. Glielo aveva detto che lo destabilizzava, ma evidentemente Emma aveva bisogno di sentirlo vicino, forse per lei era una rassicurazione maggiore del suo amore per lei.
 
“Sono un idiota!”
 
Quando le aveva detto quelle due piccole paroline?  “Ti amo”
 
“Non ti ho mai detto esplicitamente che ti amo Emma! Aveva ragione Lorna! Non ho annaffiato la piantina del nostro amore pensando che fosse florida! Sei orgogliosa e ora hai scoperto che il matrimonio c’è già stato! Non ce l’ho fatta a dirtelo in ospedale! Eri così bella che volevo solo averti! Mi starai odiando adesso!”
 
 
Il telefono squillava ma Emma non rispondeva.
 
- Emma è il tuo cellulare che suona?
– Cosa?! Si è il mio!
 
Emma prese dalla borsa il cellulare. Una K campeggiava sul display. Sapeva perfettamente chi fosse.
 
“Ti sei deciso un po’ tardi a chiamarmi non ti pare Mister K?”
– Non rispondi?
– No! Non è nessuno d’importante Neal!
– Meglio così tesoro! Pensavo fosse tua zia che già ti cercava!
– No, si è tranquillizzata con il programma di protezione. È monitorata H24!
 
Altrove a Boston in quel momento
Due mani maschili  aprirono le ante di un armadietto. La penombra della stanza non consentiva bene di vedere cosa ci fosse dentro, ma l’uomo sapeva bene cosa contenessero quei vasi di vetro posti all’interno.
Prese dal tavolo l’ultimo che aveva preparato. Sul fondo del barattolo, posto sul tavolo della cucina, immerso in una soluzione acquosa a base di formaldeide, era depositato un monticello giallastro. Se non fosse stato per il capezzolo raggrinzito che lo sormontava, non si sarebbe detto che sembrasse un seno amputato. Le mani applicarono un adesivo sul vaso. C’era un nome scritto sopra, Tilly.
Le mani misero il vaso di vetro con il suo macabro contenuto nell’armadietto, affianco agli altri, poi ne presero uno ancora avvolto nel suo involucro di plastica trasparente e lo scartarono. Sul tavolo c’era un’altra striscia adesiva, ancora intonsa. Le labbra dell’uomo si tirarono in un sorriso e il neo che le sormontava sembrò sporgere maggiormente. La mano destra prese un pennarello e scrisse sulla striscia adesiva un nuovo nome, Ingrid …
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
Penso sia ora di augurarvi la buona notte, ma non so quanto quest’ultima inquietante immagine possa conciliare sonni piacevoli. Lo so mi direte che sono la solita sadica!
Lasciamo il Killer ai suoi trofei e pensiamo ai nostri piccioncini.
Questa volta Emma si è veramente arrabbiata! Santa ragazza! Era ora che scendesse su questa terra! Non vorrà usare quella pistola anche contro Killian? Lui si aspettava un messaggio tutto cuoricini e invece era il ben servito! Direi che gli sta bene non vi pare? Ora dai suoi errori ne godrà qualcun altro. Neal avrà la sua rivincita con la bella Emma? Vedremo!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Vi ringrazio della lettura e ringrazio chi vorrà lasciare un commento.
Buona settimana a tutti.

Lara

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Capitolo 43
*** Chiodo scaccia chiodo ***


Capitolo 43
 

Chiodo scaccia chiodo
 
Ridevano insieme, passeggiando in quella via collaterale ad una delle arterie principali della zona italiana di Boston …
C’era, tra Emma e Neal, un feeling di affetto reciproco. Quel tipo d’affetto che possono avere due vecchi compagni di scuola, accomunati dalle stesse esperienze, dagli stessi ricordi e dalla voglia di passare del tempo insieme, dopo tanto che non ci si vede.
In generale questo era quello che sentiva maggiormente Emma per Neal …

Per lui? Era solo questo? Affetto da vecchio compagno di scuola?
Emma sapeva bene cosa provasse per lei il “caro” Neal! Si, veramente caro!
Lui l’amava da tanto. L’aveva amata in silenzio durante gli anni del liceo, tenendola sotto gli occhi finché  non aveva finito le superiori, tre anni prima di lei. Era stato compagno di classe di Regina Mills, si stimavano reciprocamente e avevano raggiunto un sodalizio lavorativo importante. Neal, fin da subito, aveva confidato i suoi sentimenti per Emma a Regina e quest’ultima aveva sempre provato a creare momenti d’incontro tra i due, senza successo a causa della mancanza d’interesse di Emma. C’era voluta l’iniziativa di aprire una galleria d’arte da parte di Regina, per consentire all’amica di incontrare accidentalmente Neal, trovarlo maturato e laureato in architettura, gentiluomo come sempre, garbato, educato, galante …
 
Dopo tutti i guai che erano capitati alla bella e giovane Profiler della F.B.I., era stato un balsamo passare del tempo con Neal, ma vedere il suo attaccamento sempre più profondo nei suoi confronti, l’aveva fatta fuggire. Erano mesi che non si vedevano, mesi che lei aveva rifiutato il suo ultimo invito ad uscire, ma quel maledetto giovedì era stato un segno del destino trovarlo alla Galleria! Era stata lei a prendere l’iniziativa, a chiedergli di uscire insieme per non pensare alla pessima giornata avuta, per divertirsi e rilassarsi.
 
Neal amava la pizza napoletana e sapeva che quell’argomento interessasse parecchio anche ad Emma. Usciti dalla Galleria Mills l’aveva condotta verso la sua auto, un Maggiolino giallo canarino.
 
– Neal! Da quanto hai questa macchina?
– Poche settimane …
- L’adoro lo sai?! Mio Dio è carinissima! Mi piace sia il colore che il modello. La trovo originale! Credo ti si addica Neal, adatta per un architetto istrionico!
 
Ricevere un complimento o un qualsiasi apprezzamento da parte di Emma, era per Neal un evento eccezionale. Era felicissimo di condividere con lei anche il gusto per un’auto oltre che per una pizza.
 
– Allora ti porto a mangiare la pizza alla napoletana più buona di Boston!
- Ci sto!
 
La pizza era stata ottima, trovando soddisfazione per i palati di entrambi,  avevano scherzato, riso ed avevano flirtato.
 
Anche ora che passeggiavano lungo il corso del fiume, usciti dalla via collaterale, ridevano e giocherellavano come due ragazzini. Neal aveva capito che Emma ne avesse bisogno, era infatti meno musona e seria del suo solito.
Si ritrovarono a sporsi da un muro che dava sull’acqua del Mystic, con gli avambracci piegati e poggiati su di esso, a guardare i flutti che scorrevano, rendendo vacue e tremule le luci della città che si riflettevano in quel liquido nastro argenteo.
 
Emma tacque improvvisamente, ridiventando seria ed esprimendo una sorta di tristezza con lo sguardo. Neal la scrutava in volto e cercava di leggere ogni sua emozione.
Chissà cosa stava pensando lei? Neal se lo chiedeva, con la speranza di scoprirlo e alleviarle quella tristezza, cancellandola magari con una carezza.
Non poteva sapere, l’attento Architetto, che quel momento avesse ricordato ad Emma l’ultima volta che aveva fatto una passeggiata lungo quel tratto, insieme a qualcuno che amava profondamente. Allora lei lo conosceva con il nome di Kim Steward, ora sapeva il suo vero nome e chi fosse veramente.
 
Emma, distratta dai suoi pensieri, nemmeno sentì Neal che le diceva quanto fosse bella. L’unico pensiero che circolava nella sua mente, in quel momento, era rivolto a Killian Jones. Si era innamorata di lui incontrandolo come Kim, ma si era innamorata più profondamente di quanto non lo fosse già, scoprendolo come Killian Jones. La delusione vissuta per quello che aveva visto come un suo tradimento, per le bugie ricevute e quel maledetto matrimonio con Eloise Gardener, in un attimo le avevano fatto riaccendere in corpo la miccia della rabbia.
 
Doveva smettere di pensarlo! Doveva considerarlo davvero morto e sepolto! Doveva andare avanti! Doveva trovare qualcun altro che l’amasse sinceramente!
Si voltò verso Neal che le stava gomito a gomito. I loro visi erano molto vicini e lei accorciò ulteriormente la distanza, poggiando la fronte a quella del ragazzo e chiudendo gli occhi per non piangere. 
 
“Perché non posso amare te come amo lui? Sei la persona più degna di essere amata che io conosca Neal!”
– Un soldo per i tuoi pensieri Emma! Ti sei rattristata improvvisamente …
 
Neal le aveva preso il viso tra le mani dolcemente e stava cercando di guardarla negli occhi. Lei negò a lui e a se stessa le emozioni che aveva in cuore, reagendo in altro modo.
 
– Non è nulla … mi sono ricordata dell’ultima volta che ho passeggiato in questo tratto … scusami … tu non centri niente …
- Eri con quel ragazzo? Kim Steward?
 
Emma non si aspettava tanta perspicacia né, soprattutto, di sentire pronunciare quel nome da lui.
Era così attento a lei Neal?! La sua storia in fin dei conti era finita sui giornali dopo il rapimento e di Kim si era egualmente parlato sui giornali per il suo ritrovamento nel Mystic! Anche la questione della perdita del piccolo Henry era stata resa pubblica,  Neal ne era a conoscenza. Emma ricordava che le avesse mandato i suoi saluti tramite Regina, quando era ricoverata in ospedale.
Si sentì di rispondere sinceramente al giovane che la stava guardando con evidente affetto.
 
– Si … ero con lui …
 
Non era facile guardare negli occhi Neal in quel momento ed Emma preferì distaccarsi da lui e guardare nuovamente verso i flutti.
 
– Ne sei ancora innamorata Emma?
 
Possibile che fosse così diretto quella sera? Emma si girò di scatto verso di lui. Avrebbe voluto dire di no, che non fosse più innamorata di quel ragazzo, ma lo sguardo sincero di Neal meritava una risposta egualmente sincera.
 
– Non mi ero mai innamorata così prima … è stato il mio primo vero amore. Non so se lo amo ancora, ma so che come tutte le cose importanti resterà nei miei ricordi!
– Ti sembrerò stupido a dirti questo, ma lo invidio …
 - Lo invidi?!
– Si … vorrei che sentissi per me gli stessi sentimenti che nutrivi per lui!
– Chi ti dice che non potrebbe succedere?
– Emma dici sul serio? Lo sai che io ti amo e che vorrei crederti. Non mi dare false speranze!
– Sei più degno d’essere amato di lui Neal!
 
La distanza tra i loro visi e i loro corpi si annullò improvvisamente, Emma si era lanciata verso l’Architetto, sorprendendolo con un bacio esigente e passionale. Neal non poté che rispondere con tutto il desiderio represso che da tanto provava per lei.
 
 – Emma …
- Ho bisogno di dimenticare Neal, di ricominciare da capo!
– Sono qui Emma … sono qui per te amore mio.
 
Fu lui a prendere l’iniziativa del bacio seguente. Aveva posto le mani sulle braccia di lei e l’aveva avvicinata  a sé per baciarla ancora e continuarono così, sotto quella notte stellata dei primi giorni di giugno.
Quando smisero, decidendo che fosse ora di rincasare, il loro camminare verso il Maggiolino giallo era diventato più intimo, non era più quello dei vecchi compagni di scuola, bensì quello di due giovani che stanno iniziando a costruire qualcosa dal loro stare bene insieme …
 
Dublino, stesso momento.
 
Era quasi l’alba e Killian non aveva ancora visto il suo letto. Non faceva che rileggere quel messaggio che Emma gli aveva inviato sul suo vecchio numero di quando era sotto copertura come Kim Steward. Era un messaggio drastico, un messaggio di chiusura definitiva del loro rapporto. Era qualcosa che Killian non poteva accettare assolutamente. L’aveva chiamata immediatamente dopo aver ricevuto quelle poche drastiche righe, ma Emma non aveva risposto. Killian era sicuro che non avesse voluto rispondere di proposito.
 
“Maledizione Emma! Non te ne potevi stare buona buona come hai fatto fino ad ora? Ti ci dovevi mettere anche tu a darmi altri grattacapi? Potessi almeno partire subito per venire da te! Ho commesso un grave errore a non dirti il mio piano e gli scopi. Come potevo dirti quel giorno in ospedale che già avevo messo in atto la cosa? Eri così tesa e … bellissima! La cosa più facile è stata di abbracciarti e sentirti ancora mia! Purtroppo ora ne pago le conseguenze! Aveva ragione Lorna quando mi ha telefonato! Mi ha fatto una delle sue lavate di testa! Lunedì sarò a Boston e verrò a cercarti in ufficio! Se servirà per tranquillizzarti non mi importa farmi vedere da quelle parti! Ho bisogno di un po’ di tempo con te, devo dirti tutto. Sono sicuro che capirai. Mi ami, me lo hai dimostrato in più modi e riuscirò ad ottenere il tuo perdono!”
 
La sicurezza dell’amore di Emma nei suoi confronti era qualcosa che Killian stava sopravvalutando. Emma non era più disposta ad un rapporto unilaterale. Il bel Capitano della D.E.A. non stava valutando tutte le variabili del carattere della donna che amava. Ancora non conosceva la caparbietà della ragazza e la sua forza di volontà, associata al coraggio e al desiderio di giustizia morale.
Forse in un altro momento Killian avrebbe calcolato tutto e avrebbe escogitato un piano strategico anche con la sua bella, ma quello era decisamente un periodo “no” e la sua mente era in una modalità di funzionamento prettamente razionale-lavorativa, i sentimenti non potevano essere lasciati entrare!
 
Boston, un’ora dopo.
 
La porta della villetta di periferia era stata chiusa da Emma. Si sentì lo scatto della serratura e il girare delle chiavi.
Era stata riaccompagnata a casa da Neal. Si erano attardati davanti al cancelletto ligneo della staccionata bianca, chiusi nel Maggiolino del giovane. Lui non aveva nessuna voglia di lasciarla andar via e lei aveva troppo bisogno di essere coccolata e baciata come lui si era prodigato. Emma si era avveduta che Neal avesse il desiderio di andare altrove con lei e approfondire quei sensuali contatti, ma era stato più forte di lei. Pur se con lui era uscita altre volte, non si sentiva di andarci a letto così su due piedi. Per altro Neal non era tipo da forzarle la mano, aveva ricevuto le sue confidenze lì sul Mystic e non aveva intenzione di farla fuggire via diventando troppo esigente e pressante. Voleva che fosse lei a prendere certi tipi di decisioni e quando lei lo avesse desiderato veramente, lui sarebbe stato lì ad attenderla, pronto ad accoglierla a braccia spalancate.
 
– Mamma sei ancora sveglia?!
– Si, ti aspettavo …
- Tutto bene?
– Guarda tu stessa!
 
Emma si voltò verso il salotto, nel punto indicato da sua zia. Un grosso mazzo di rose rosse era stato messo in un ampio vaso. Emma si accostò e vide un bigliettino bianco spillato sulla rete rossa che ornava le rose.
 
– Mamma non mi dire …
- Non te lo direi, ma questa volta si è firmato!
 
Ingrid era stranamente tranquilla, cosa che ad Emma sembrò insolita, considerate le reazioni dei giorni precedenti. Aprì il biglietto e lesse con chiarezza il nome scritto come firma: Albert.
Non potevano esserci dubbi sul mittente della prima rosa. La scrittura era uguale e anche la frase scritta si riconduceva alla rosa precedente. Emma lesse ad alta voce.
 
“Alla mia bellissima Regina delle nevi, vorrei essere vicino al tuo cuore come tu sei vicina al mio”
– Chi le ha portate?
– Il fattorino del fioraio, c’è l’indirizzo.
– Hai già avvisato Amarro?
– Si, è la prima cosa che ho fatto, ho seguito le indicazioni che mi hanno dato gli agenti che sono venuti come elettricisti.
– Cosa ti ha detto il Sergente?
– Mi ha detto di assecondare il maniaco o di far vedere che accetto le sue avance se dovesse rintracciarmi a telefono.
– Sicuramente ti chiamerà prima o poi, il numero di casa è facilmente reperibile ed è intestato a te. Come ti senti? Hai paura?
– Non ci credo nemmeno io a dirtelo tesoro, ma stranamente non ho paura. Ero più spaventata quando ho saputo di Tilly.
– Mamma, lo sai che i miei colleghi vorrebbero usarti come esca … te la sentiresti?
– Dovete prendere quell’assassino quanto prima Emma! Se serve sono disponibile a far da esca!
– Dovrai essere un’ottima attrice. Non rinunciare al tuo solito cipiglio distaccato ma contemporaneamente mostrarti tranquilla e sicura di te. Non ti deve tremare la voce per la paura. Lui non deve capire che sai! Pensi di farcela?
– Credo di si Emma. Lo faccio per Tilly e per tutte le mie amiche.
– Bene! Il ciondolo che hai al collo sta trasmettendo agli agenti che ti stanno monitorando. Chiamo Amarro e Lorna per dir loro che accetti di fare da esca.
 
 
Sia il Sergente Amarro, sia il Maggiore Lorna Stone furono soddisfatti della decisione di Ingrid. Era solo questione di attesa della mossa seguente del serial killer. La vera attesa consisteva nell’aspettare l’invito a cena fuori. Da quanto Emma e il resto del suo gruppo avevano ricostruito, quello sarebbe stato il momento in cui il “predatore” avrebbe cacciato la sua preda!
 
I giorni seguenti si svolsero nella massima normalità per Ingrid. Usciva di casa per andare nella sua pasticceria-gelateria come se nulla fosse, indossando sempre il gioiello tecnologico inviatole da Killian Jones.
Anche Emma cercò di condurre la sua vita, lavorativa e affettiva, con tranquillità. Per quella domenica Neal la invitò a passare una giornata fuori, insieme. L’alternativa sarebbe stata il pranzo in Casa Famiglia, dai Nolan. Avrebbe conosciuto in tal caso l’amatissimo zio Geoffrey del piccolo Neal Nolan. Era curiosa di conoscere il tipo, Mary lo aveva quasi osannato! Tutto sommato aveva già dato una risposta negativa a Mary Margaret e non le dispiaceva per niente passare una giornata divertente con l’Architetto Cassidy. Ingrid non sarebbe stata sola quella domenica, Anna e Kris sarebbero andati a pranzo da lei e sarebbero rimasti fino a sera.
 
La meta di quella domenica era Ell Pond Park. Neal era andato a prenderla con il suo Maggiolino. Emma aveva provveduto al cibo per il pik-nik e lo accolse con allegria. Lui le aprì lo sportello galantemente e scherzando partirono alla volta del parco.
 
Fu una bella giornata di sole, si divertirono a svolgere le diverse attività che il parco offriva, dal tennis al canottaggio sul lago. La sorpresa finale, per Emma, fu di scoprire che Neal avesse un villino nelle vicinanze del lago. Era una sua creazione, il suo rifugio, costruito tutto in legno, con grandi finestre. Era una casa estremamente luminosa e ad Emma piacque molto. 
 
– Resta per questa notte Emma …
 
Neal glielo sussurrò ad un orecchio mentre si stringevano in un abbraccio tenero, seduti sul divano. Era sera ormai ed era ora di tornare a casa, ma il calore e l’affetto che Neal le stava regalando l’avvolsero cullandola.
 
– Resto con te … ma domani dovrai accompagnarmi al mio ufficio! Non posso fare tardi!
 
Neal sorrise sulle sue labbra e rispose affermativamente a quel suo desiderio, prima di baciarla di nuovo, poi la prese per mano e la portò verso la sua camera da letto.
Era una stanza molto ampia, il letto aveva una posizione centrale e una forma essenziale. Il materasso e i cuscini erano posti su una tavola rettangolare, rialzata da terra. Una parete era interamente a vetro e potevano avere una vista mozzafiato sul lago. La notte era estremamente serena, puntinata di stelle, mentre la luna, in un grosso spicchio, prossima al plenilunio, splendeva dando chiarore all’acqua bluastra del lago. Emma si tolse i sandali, camminando a piedi scalzi sul parquet e dirigendosi verso la vetrata.
 
– Un incanto non trovi Neal?!
 
La sua sagoma, vestita con i jeans aderenti e una camicetta di pizzo bianco, si stagliava contro la parete stellata e Neal ne ammirò la linea perfetta.
 
– Sei tu l’incanto Emma …
 
Lo aveva quasi sospirato e lei si voltò sorridendo verso di lui. Se lo trovò vicinissimo e le fu spontaneo portargli le braccia intorno al collo. Lui le cinse la vita e muovendosi insieme si diressero verso il letto.
I loro movimenti furono molto spontanei. Emma si stupì della propria sicurezza di se e della totale mancanza di vergogna nei confronti di Neal. Rimase nuda davanti a lui e assaporò le carezze sensuali delle sue mani, il suo stringerla a sé, il calore del suo corpo muscoloso e tonico. Il giovane fu prodigo di attenzioni per la bella Emma e piuttosto esperto nel regalarle piacere. Quando scivolò dentro di lei fu facile, era riuscito a farsi desiderare e la trovò pronta all’amplesso. Lei non fu da meno, nell’andargli incontro, sostenendo il suo stesso ritmo e invertendo arditamente la posizione, passando cavalcioni su di lui. Neal aveva un’espressione di pura felicità sul viso, probabilmente quello era il suo desiderio più grande che si stava avverando!
 
Per Emma era la prima volta che faceva l’amore con qualcuno che non fosse Killian, decise di non pensarci e di concentrarsi sul ragazzo che si muoveva con un ritmo sempre più veloce. Fu purtroppo una bugia quella che Emma si era detta! Come poteva non pensarlo Killian? Lo stesso atto sessuale, che stava compiendo in quel momento, gli riportò alla mente le sensazioni vissute con lui.
Accarezzò la testa bruna di Neal, stringendolo sul seno e chiudendo gli occhi, immaginando su di sé Killian. L’eccitazione che stava provando ebbe un incremento improvviso e raggiunse l’apice, stupendo e inorgogliendo Neal, che ignaro dei pensieri di Emma, credette di essere il fautore effettivo di quel forte orgasmo.
 
Dopo rimasero distesi e abbracciati. Neal le accarezzava i capelli, mentre lei era taciturna. Lui non le chiese niente, lei sapeva che fosse felice e accettasse i suoi silenzi come pure i suoi musi lunghi. Nella mente di Emma vorticavano mille pensieri. Non era giusto il suo comportamento nei confronti del giovane!
Si sentiva sporca dentro e in colpa. Avrebbe voluto alzarsi da quel letto e fuggire. Non erano quelle le braccia che voleva intorno ai fianchi, non erano quelle le labbra che voleva sui suoi seni! Eppure rimase ancora, rimase perché forse era vero il detto: “chiodo scaccia chiodo”.
Rimase e prese l’iniziativa di ricominciare di nuovo, questa volta gratificando Neal e dandogli il piacere che  meritava.
 
***
 
Quando Killian prendeva una decisione faceva in modo e maniera di portarla a compimento. Erano ventiquattro ore precise che fosse atterrato a Boston e quel lunedì mattina avrebbe incontrato Emma sul posto di lavoro. La sua BMW nera viaggiava velocemente verso la sede dei “Cacciatori di menti” e rallentò quando si infilò nelle stradine del parco che circondava l’edificio. Le facciate in vetro riflettevano l’azzurro del cielo. Era una splendida mattinata  di tarda Primavera e lui non vedeva l’ora di incontrare Emma. Quel messaggio telefonico proprio non gli era piaciuto e ancor meno il fatto che lei non avesse risposto alla sua chiamata. Emma era arrabbiata con lui e a ragione, ma era sicuro che quando le avesse detto tutto, avrebbe cambiato opinione.
 
Guardò l’ora. Erano le nove passate. Sicuramente lei era già arrivata, era puntuale e pignola nel suo lavoro, come lo era stata nello studio, Killian lo sapeva bene! Almeno così credeva!
Era talmente sicuro del fatto suo, che rimase di sasso quando vide Emma uscire da un Maggiolino giallo, dopo che l’uomo alla guida era sceso e le aveva aperto lo sportello. Ci rimase anche peggio quando vide come l’uomo prendeva per i fianchi la sua Emma e la baciasse con impeto, ricambiato con trasporto da lei. Il modo di scendere con le mani, dai fianchi alle natiche di Emma e il modo di inarcarsi di lei contro il giovane, furono un lampante segnale dell’intimità che ci fosse tra loro.
 
Per Killian fu come prendere improvvisamente un pugno in pieno stomaco. Al dolore si aggiunsero i morsi della gelosia,  per la consapevolezza che Emma avesse un altro e ci andasse a letto. Non poteva credere che un tipo come Emma potesse permettere ad un altro che non fosse lui di metterle le mani addosso né, tanto meno, di farci l’amore. Lei non era una facile! Lei voleva l’amore con la A maiuscola, voleva i brividi sulla pelle! Lui era stato fino a quel momento tutto questo per lei! Come era possibile che nel giro di poche settimane lo avesse dimenticato per un altro? Solo perché lui non le aveva detto la verità subito? “Solo”?! Dio che idiota! Aveva creduto che lei gli sarebbe rimasta fedele. Che avrebbe aspettato, come le aveva chiesto.
 
La rabbia feroce iniziò a prendere il posto della gelosia, mentre Emma e “quel coso” pomiciavano davanti ai suoi occhi. Ora l’offeso era lui e non aveva nessuna voglia di parlare con lei. Non aveva neppure spento il motore, non ne aveva avuto il tempo per guardare e riflettere. Rimise la prima e fece un’inversione. Emma si stava voltando in quel momento verso di lui e riconobbe l’auto. Anche se i vetri non consentivano di vedere chi guidasse, lui fu certo che avesse capito che era lì. Mentre completava la manovra, la vide dal retrovisore che riprendeva a baciare il suo nuovo spasimante. Furioso strinse i denti e diede gas al motore, sfrecciando via con un rombo ruggente. Era inutile restare a Boston. In Irlanda aveva molto da fare, decise che avrebbe preso il primo volo disponibile. Emma gli aveva detto addio con quel messaggio drastico. Aveva sottovalutato la cosa, pensando che fosse possibile rimediare. Si era sbagliato. Lei veramente non lo voleva più!
 
7 giugno 2010. Walpole, contea di Norfolk, Massachusetts.
 
 
Il ticchettio dei tacchi femminili risuonava lungo i corridoi del carcere di massima sicurezza di Walpole, distante 20 Km da Boston.
L’Avvocatessa e scrittrice Alexandra Pereira aveva l’espressione soddisfatta di chi è riuscito ad ottenere quanto volesse.
Grazie ai permessi speciali rilasciateli dalla sua ambasciata, era riuscita ad ottenere un incontro con il Boss mafioso Tony Manguso. Mentre si avviava verso l’uscita del carcere ripensava al suo arrivo in quel luogo di “correzione” e agli sguardi sorpresi e sospettosi dei custodi. I suoi documenti erano stati controllati e scrutati al dettaglio, ma lei non aveva nulla da temere, i permessi erano validi e lei sapeva il fatto suo.
Le era necessario approfondire la documentazione per il suo libro e Tony Manguso poteva fornirle altri preziosi anelli per completare la catena. Era tutto scritto sul suo permesso e l’uomo in divisa, che l’aveva accolta all’ingresso, non aveva trovato nulla da obiettare. L’aveva però messa in guardia nei confronti di Manguso. L’avrebbero fatta entrare in una stanza dove avrebbe potuto stare ad un tavolo con il Boss seduto di fronte. L’uomo sarebbe stato in manette, agganciato al tavolo. Avrebbe potuto rispondere alle sue domande, se avesse voluto o altrimenti sarebbe andata via senza risposte, non potevano costringere quell’uomo a collaborare! Un agente sarebbe stato presente nella stanza.
 
Alexandra Pereira aveva cinquant’anni, un caschetto di capelli rosso fuoco, piccola di statura, sul metro e sessanta, minuta, vestita con un completo grigio in lino e una camicetta verde petrolio. Non era una gran bellezza, con le rughe e le borse sotto gli occhi, non poteva sperare di sedurre il Boss con il suo aspetto, ma puntava sulla sua intelligenza e sulla curiosità dell’italoamericano.
 
Mentre il ticchettio dei suoi tacchi risuonava, sorrideva al ricordo della reazione avuta da Manguso. Era stato introdotto nella stanza in cui lo aspettava  da una guardia. Era vestito con la tenuta arancione del carcerato ed era ammanettato sia alle mani che ai piedi. Non poteva fare passi lunghi, ma la lingua era sicuramente tagliente. Appena l’aveva vista l’aveva apostrofata volgarmente, con quel suo strano accento, retaggio della sua discendenza da immigrati siciliani.
 
– Minghia! Almeno trovassi na’ bella fica acca’ dentro!
 
Non facendo caso all’espressione dell’uomo e alle parole dette nel suo dialetto, difficili da capire letteralmente ma intuibili, lei si era alzata dalla sedia porgendogli la mano per le presentazioni. Manguso non sembrava intenzionato nemmeno a darle la mano e il guardiano lo aveva strattonato per farlo sedere al tavolo e agganciarlo ad esso con le manette ai polsi. Alexandra si era presentata con le sue credenziali e le sue motivazioni all’intervista.
 
– Stai perdendo tempo cu mia! Non tengo nulla da diceri!
 
La mano tesa che lei gli aveva porto, alla fine, pur controvoglia fu presa dal Boss per puro riflesso d’educazione. La guardia aveva sicuramente notato il repentino cambiamento dell’atteggiamento di Manguso dopo quella stretta di mani. Era diventato infatti disponibile al dialogo, forse calmato dal tono suadente della voce di Alexandra?
 
Se il secondino non aveva capito nulla, l’avvocatessa sapeva bene cosa avesse fatto mutare i toni di  Manguso. Dopo avergli spiegato i suoi intenti per il libro, gli aveva rivolto numerose domande su come i capi del narcotraffico coinvolgessero o meno le loro donne negli affari. Manguso aveva risposto che nel cartello gestito dagli italiani era difficile che le mogli e le figlie venissero coinvolte, loro ci tenevano alle loro famiglie e alle loro donne!
 
– Uno dei suoi soci in affari era il Professore Robert Gold … non la pensava allo stesso modo sulla propria moglie! So dai giornali che l’ha fatta rapire proprio dal suo cartello. Quale era la motivazione? Non ci sono notizie tra gli articoli su cui mi sono documentata!
– Quella era solo una “bottana”!
– Come scusi?
– Una puttana! Gli aveva messo le corna e lui la voleva punire!
– Quindi era per darle una lezione!
– Esatto!
– Ma ho letto che insieme alla Signora Milah Gold era stata rapita una ragazza che non centra nulla con il narcotraffico!
– Quella è un’altra storia!
– Era un rapimento per chiedere un riscatto?
– Macché riscatto! La pollastrella bionda ci serviva per far uscire allo scoperto l’amante di Milah!
– Mi scusi Tony ma mi sono persa qualcosa!
– Milah se la intendeva con un Avvocato che faceva il doppio gioco ed era stato ammazzato! Almeno questo si pensava, visto che l’avevano ripescato dal fiume! In realtà il bastardo era un agente in incognito che ha usato Milah per arrivare agli affari di Gold e ai miei! La biondina era la sua ragazza! Una nostra talpa nella Polizia ha scoperto che Steward fosse ancora vivo e ci ha detto della ragazza. Comunque il piano di rapirla è andato a puttane!
– Emma Swan si è liberata ed ha salvato anche la Signora Gold!
– Esatto! Chi lo avrebbe mai detto che quella “ragazzina” ne sapeva  una più del diavolo?!
 
Tony Manguso aveva poi risposto ad altre domande con molta tranquillità. L’ora a disposizione era finita e la guardia si era riavvicinata per riportare il detenuto in cella. Lei e il Boss si erano salutati con un’ultima stretta di mano e l’uomo, nello stringere la sua, le aveva tracciato con il polpastrello dell’indice, un cerchietto sulla parte interna del polso. Lo stesso segno che aveva fatto lei a lui quando si erano salutati all’inizio …
 
 
L’auto che aveva noleggiato dal suo arrivo negli States l’aspettava nel parcheggio fuori dal carcere. Aprì lo sportello e, sedutasi comodamente, mise in moto e ripartì per Boston. Tutto le era chiaro ora. Il giorno del processo ad Antonio Santa Cruz Emma Swan aveva appena visto Eloise Gardener baciare un bellissimo giovanotto. La reazione di pianto era sicuramente collegata al giovane. C’era un legame con lui, che ora era sposato con Eloise! Il giovane si chiamava Killian Jones, glielo aveva detto proprio Eloise quando l’aveva intervistata al suo negozio di fioraia.
Alexandra era sicura che Killian Jones fosse anche Andrew Smith, l’uomo che Eloise le aveva detto che l’avesse portata in salvo dalla Colombia agli States. Non le ci era voluto molto ad innamorarsi di lui! Strano che lui si fosse innamorato di lei piuttosto! Quanti altri nomi in incognito aveva avuto quell’uomo? Avrebbe dovuto intervistare anche Emma Swan prima o poi! Dalla sua reazione in tribunale, il bel Killian non era altri che lo stesso Kim Steward e vederlo baciare un’altra ad Emma non aveva fatto bene!
 
Dublino 11 giugno 2010
 
Erano passati alcuni giorni da che aveva visto Emma tra le braccia di “quel coso”. Che ci trovava in lui poi?! Non aveva voluto chiedere nulla a Jefferson su quell’uomo. Seb si sarebbe rifiutato di fare quell’indagine per questioni personali del suo Capitano!
Aveva dovuto far affidamento alla sua memoria fotografica per ricordare il numero di targa del Maggiolino. Aveva scoperto così a chi fosse intestato e poi aveva scavato nella vita dell’uomo. Era un tranquillo, giovane, brillante architetto emergente. Un tipo affidabile di sicuro! Emma aveva fatto la sua scelta e lui non poteva biasimarla.
 
Nonostante tutte le possibili giustificabili ragioni di Emma e i propri torti, Killian non riusciva a non pensarla. Malediceva se stesso per aver agito male con lei e si malediceva ancor di più perché il suo pensiero lo destabilizzava ora più di prima. Almeno prima aveva la certezza che lei lo amasse, ora aveva la certezza di essere stato lasciato e la cosa lo scottava non per l’orgoglio ferito, quanto per la ferita della perdita.
 
Quella sera aveva voglia di bere. Voleva qualcosa di forte per stordirsi e poi andarsene a dormire. Era stata un’altra giornata pesante davanti ai suoi monitor. Altri  narcos erano stati acciuffati grazie al suo lavoro, ma nulla di nuovo sul fronte dell’assassino dei suoi uomini. Prima di andar via e lasciare il comando al suo vice, aveva scambiato due chiacchiere con Gretel, sua figlia stava crescendo bene e lei era orgogliosa della sua piccola. Gli aveva mostrato le sue ultime fotografie  scattate con il cellulare e lui le aveva fatto i complimenti per quanto fosse graziosa. Aveva pensato in quel momento alla piccola Alice, la figlia di Eloise, che ora, con il matrimonio era entrata a far parte del suo stato di famiglia.
Pensare ad Alice l’aveva riportato automaticamente ad Emma. Alice gli ricordava la piccola Emma, ferita dopo l’incidente provocato a lei e ai suoi genitori dalla sua stessa madre, Nora O’Danag Jones. Alice era bionda come Emma, non ramata come Eloise …
 
Si era infilato nel primo Pub che aveva trovato e aveva ordinato Rum. Al primo bicchiere ne erano seguiti altri e, perso nei suoi pensieri, si stava estraniando dal mondo che lo circondava.
Una mano femminile gli si poggiò carezzevole su una coscia, riportandolo alla realtà.
 
 – Ciao! Mi offriresti da bere?
 
La mora che lo aveva avvicinato era piuttosto appariscente, l’aveva notata appena entrato e a quanto pareva lei aveva notato lui. Non gli era mai piaciuto pagare una donna per il sesso e in verità non ne aveva mai avuto bisogno. Le donne che aveva avuto erano state ben felici di stare con lui e non lo avevano fatto per soldi.
Da quando si era innamorato di Emma non aveva nemmeno più guardato le altre, figuriamoci cercare sesso mercenario!
 
– Allora? Me lo offri questo shot? 
- Vuoi solo quello dolcezza?
– Dipende da te tesoro!
 
Forse quella sera il sesso mercenario poteva essere lenitivo per la ferita che gli lacerava il cuore.
 
“Chiodo scaccia chiodo Emma!”
 
Afferrò la ragazza per la vita con un braccio e la portò più vicina al suo fianco. Il suo profumo gli invase le narici e, mescolandosi al gusto dell’alcool che aveva ingerito, gli diede la nausea.  
 
– Ordina quello che vuoi, offro io!
 
Cedette il suo posto alla ragazza e gli lasciò in mano una banconota da 20 Euro. Quella rimase sorpresa e perplessa. Aveva creduto che ci sarebbe stato un seguito per la serata, ma quello che le era sembrato un cliente estremamente piacevole stava andando via. Lo vide barcollare verso l’uscita. Fece spallucce e mise i soldi nella pochette a perline, che portava agganciata alla cintura dei Jeans strappati ad arte.

 
Qualcun altro, seduto poco distante, con un berretto a visiera calata sul viso, aveva notato il giovane da quando era entrato ed aveva seguito tutti i suoi movimenti. Lo seguì anche fuori dal Pub.
 
“Cosa ti è successo Killian Jones? Non mi sembri molto in forma questa sera! Potrei ucciderti anche adesso, con un colpo ben piantato nella tua bella schiena, ma non ci proverei abbastanza gusto. Hai la faccia di un disperato e non vorrei farti un favore! Aspetterò ancora un po’, ma poco … te lo prometto! Presto sarà il tuo turno e voglio guardarti in faccia mentre ti ucciderò, voglio vedere la tua espressione di sorpresa, incredulità e in fine di consapevolezza della tua fine.”
 
Lo seguì ancora a distanza. Lo vide svoltare in una piazzetta alberata e raggiungere una palazzina sulla parte opposta di essa. Lo vide aprire il portoncino principale ed entrare.
 
“Bene, bene, bene … adesso so dove trovarti Captain Hook!”
 
 
Angolo dell’autrice
 
Ebbene si! Sono qui. Dopo due settimane da dimenticare finalmente sono riuscita a trovare un po’ di spazio per scrivere. Non è il solito capitolo lunghissimo, ma spero che vi abbia soddisfatto. Emma è finita tra le braccia accoglienti di Neal e Killian ha avuto la lezione che meritava. Anche lui ha provato a pensare di passare del tempo con un’altra, ma la cosa non è andata. Intanto altri si muovono nell’ombra e vedremo cosa accadrà. Non disperate! Prima o poi i nostri CaptainSwan si ritroveranno!
Buona notte a chi leggerà ora o buona settimana comunque!
Lara

 

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Capitolo 44
*** Incontro al Killer ***


Capitolo 44  

Incontro al Killer

 
 
 
Avviso ai lettori
Questo capitolo, per la crudezza di alcune descrizioni e argomenti, è sconsigliato a minori di quattordici anni e a persone particolarmente sensibili e suggestionabili.

 
 
 
Una mano maschile schiacciò il pulsante di accensione del computer portatile posto sulla scrivania. C’erano una serie di fatture accanto al PC e quel giorno toccava a lui riordinarle e registrarle. Entro pochi giorni i fornitori andavano pagati e tutto doveva essere in ordine per la richiesta dei bonifici bancari.
 
L’uomo si stiracchiò sulla sedia ergonomica e sbadigliò. Non aveva voglia di fare quel lavoro, aveva altre voglie e solo a pensarci sentiva l’eccitazione montargli dentro. Non era da tanto che era successo l’ultima volta, ma si era accorto che ogni volta che capitava, poi sentiva un bisogno crescente di provare nuovamente quelle sensazioni e da lì scaturiva la sua necessità di accorciare i tempi, cercare una nuova preda. Questa volta la sua preda gli piaceva più del solito. Non era riuscito ad arrivare a lei subito, aveva avuto un breve intermezzo con una sorta di sostituta, Lei se la voleva godere, gustare per bene, prima di arrivare al sodo!
 
Prese il suo portafogli dall’interno della giacca che indossava. Aveva bisogno di vederla e presto avrebbe fatto in modo di parlarle. Estrasse dal portafogli alcune istantanee. Le aveva scattate lui stesso mentre la spiava.
Eccola là la sua “Regina delle nevi”! Così bella e algida, altera nel suo portamento regale, snella, alta …
 
Si soffermò sulla fotografia che lo attraeva maggiormente. Sentì l’erezione prendere volume nella patta dei pantaloni e il forte bisogno di toccarsi. Poteva farlo? Si, perché no? In fin dei conti Derek non sarebbe entrato lì nell’ufficio del retrobottega, era impegnato con i clienti e quella sensazione di fare qualcosa di proibito, in un ambiente come quello, lo eccitava maggiormente. Con decisione si aprì la lampo dei pantaloni e si prese in mano il membro. Iniziò a fantasticare sulla foto preferita della bella Signora Ingrid Frozen. I suoi occhi puntavano alla generosa scollatura della donna. Aveva rubato quello scatto mentre lei era al banco della sua gelateria, sporta in avanti a preparare una coppa di gelato ad un adolescente. I due seni erano ben evidenziati dalla maglietta estiva aderente.
Aveva un fisico mozzafiato! Non sapeva quanti anni avesse, ma se era sui quaranta non si sarebbe mai detto!
 
La mano che avvolgeva la sua virilità si muoveva con un ritmo veloce, mentre la sua mente immaginava come poter giocare con quei due seni sodi. Anche sua madre era così … se la ricordava fin troppo bene! Aveva quelle due belle tette invitanti che per lui non lo erano mai state! Lo erano solo per suo fratello Samuel, il suo gemello disabile. Era Samuel quello che poteva accucciarsi sul seno sinistro di sua madre e riceverne le coccole, mentre se si fosse azzardato lui a cercarla, solo ad allungare una mano verso di lei, avrebbe ricevuto un rifiuto, un rimprovero o, peggio, uno schiaffo!
Solo quello riusciva a ricordare di sua madre Adelina! Mai una parola buona per lui!
Lui doveva studiare perché poteva farlo, era intelligente e poteva muoversi. Samuel aveva un ritardo intellettivo ed era paraplegico.
Tutta la sua infanzia era passata a far da guardiano a suo fratello, rimproverato ad ogni movimento ritenuto sbagliato. Suo padre era un violento. Ogni occasione era buona per prenderlo a calci o a pugni in testa, mentre sua madre non fiatava, si teneva stretto quella larva di Samuel e basta lei! Poi suo padre aveva preferito andarsene con una nuova fiamma e sua madre era diventata peggio di lui. Gli ricordava di continuo quanto somigliasse al padre e solo per quello lo puniva, lasciandolo chiuso al buio nel sottoscala e senza cena. Non aveva tempo per lui, era impegnata con il suo adorato Samuel!
Ricordava che c’erano state volte in cui si era sentito abbattuto e la rabbia aveva iniziato ad impossessarsi di lui fino a fargli venire il desiderio di fare del male a qualcuno, non sapeva nemmeno lui a chi! Un giorno se l’era presa con una cavalletta trovata in giardino. L’aveva legata ad un bastoncello, come un prigioniero ad un totem pellerossa, poi aveva infisso in terra il bastoncello, cosparso di alcool l’insetto e appiccato il fuoco con l’accendino di suo padre. L’aveva guardata arrostire viva, inerme e impossibilitata a fuggire. Aveva trovato un grande piacere e una enorme soddisfazione nell’osservare l’agonia della sua prigioniera e quando la testolina dell’animale si era piegata su un lato, spezzata e carbonizzata dal fuoco, lui aveva sentito in sé la gioia della vittoria. Gli era piaciuta quella sensazione di vittoria e l’aveva sperimentata ancora, aveva fatto sparire, uccidendoli in modo atroce, un gatto e un cane dei vicini di casa. Questi non avevano mai sospettato di lui, era un ragazzo così compito!
Con il tempo la sua sete di rivalsa aumentava proporzionalmente alle dosi di violenza che “assumeva”. Si! Per lui era diventata una sorta di droga fare del male, ferire o uccidere una creatura vivente.
La situazione in casa non migliorava, anzi, con la crescita di suo fratello aumentavano proporzionalmente le difficoltà di sua madre per gestirlo e ancor più spesso egli diventava il suo capro espiatorio. Samuel aveva iniziato ad avere difficoltà di respirazione e sua madre, nella sua impotenza, diventava sempre più nervosa ed attaccata a quel fratello malato. Una mattina trovò morto il figlio, era soffocato, così dissero i medici, nessuno seppe mai che era stato proprio suo fratello Albert ad accelerare la sua dipartita, mettendogli un cuscino sulla faccia.
Se il sedicenne pensava che sua madre si sarebbe riavvicinata a lui, con la morte dell’altro figlio, così non fu. Adelina non faceva che piangere il figlio morto e quando Albert le si avvicinava, per farsi abbracciare, lei lo respingeva. Lui si incattiviva e preso dall’ira distruggeva gli oggetti che sua madre collezionava, esasperandola a tal punto che la donna gli diceva che era lui che doveva essere morto, non quell’angelo di Samuel!
Il risentimento nei confronti di sua madre era cresciuto con il tempo. Evitava il più possibile di stare in casa con lei, studiava e imparava velocemente. Era riuscito, in fine, a frequentare l’università e a laurearsi, inserendosi in un gruppo di studenti e, con questi, trovando un po’ di sollievo ai suoi problemi relazionali familiari. Gli piaceva ballare e partecipò a diversi tornei di ballo, vincendone alcuni. Non riusciva ad avere una relazione sentimentale con una ragazza, quelle che aveva approcciato finivano con il fuggire da lui e più si sentiva rifiutato e più la rabbia interiore aumentava. Fu così che diventò a 24 anni un predatore.
Gli capitò per caso di incontrare quella donna. Era alta, fisico snello, seno grosso, capelli castani come sua madre, un bel viso e un atteggiamento distaccato. Lui stava finendo l’università e quella donna era un’impiegata della segreteria. Sembrava darsi un sacco di arie e appena lo aveva degnato di uno sguardo quando era andato a chiedere delle informazioni.
Albert non sapeva nemmeno lui cosa gli fosse scattato nella mente. Quella donna doveva essere sua a tutti i costi, doveva diventare un suo oggetto da gestire a suo piacimento. Aveva organizzato tutto nei dettagli, ci mise un mese buono per preparare tutto, ma alla fine riuscì nel suo intento. Ancora conservava il suo seno sinistro, come quello delle sue prede seguenti. Da allora aveva ucciso ancora, trovando donne dello stesso genere, spostandosi di città in città, finché non si era trasferito a Boston.
 
 
La foto di Ingrid era ancora sulla scrivania e lui era arrivato al culmine del suo piacere. Prese dei fazzoletti di carta, che teneva nel cassetto, e asciugò il liquido vischioso e biancastro che era schizzato, come in un’esplosione, nel momento in cui aveva immaginato di amputare uno di quei due seni che lo attiravano tanto.
 
Si rilassò, poggiando la schiena alla spalliera ergonomica oscillante. Chiuse gli occhi e pensò cosa fare. Si staccò improvvisamente dalla spalliera e prese la cornetta del telefono. Aveva deciso! Avrebbe chiamato Ingrid subito, era ora di farlo, aveva già iniziato il rituale del corteggiamento a distanza, ora doveva passare alla fase seguente. Fece il numero che aveva imparato a memoria. Sentì squillare libero. Era ora della pausa pranzo e lei sicuramente era a casa.
 
– Pronto?
 
 Una forte emozione si impossessò di lui a sentire il suono della voce di Ingrid.
 
– Buongiorno Ingrid … sono Albert …
- Oh! Albert? Sei l’uomo che mi ha mandato delle rose?
– Si Ingrid, sono io …
- Ma ci conosciamo? Io non ricordo …
- Ci siamo incontrati non molto tempo fa, in un locale … eri con le tue amiche che festeggiavi, ti ho invitata a ballare ma non hai accettato …
- Si ora ricordo bene! Hai ballato poi con una delle mie amiche … ma come mai mi hai mandato i fiori?
– Perché un uomo manda fiori ad una bella donna? Mi hai colpito molto quella sera e ti ho seguito quando sei uscita dal locale …
- Oooh!
– Volevo conoscerti ma non volevo sembrare troppo invadente … ho preferito corteggiarti così … spero di non averti importunata!
– Mi hai incuriosito più che altro! Mi chiedevo chi fossi …
- Sono troppo audace ad invitarti a cena una di queste sere?
– Tutto sommato penso si potrebbe fare … ma non così presto, ho alcuni impegni le prossime sere, potrebbe andar bene la prossima settimana!
– Perfetto! Posso richiamarti in questi giorni? Sempre se non disturbo ovviamente!
– Certo Albert, non c’è problema!
– Allora a presto mia bella “Regina di ghiaccio”!
– A presto Albert!
 
Riattaccò il telefono con un senso di euforia. L’adrenalina stava circolando in ogni angolo del suo corpo. Presto avrebbe catturato anche Ingrid. Aveva già in mente il piano, era il solito piano in verità!
 
Il fax dell’ufficio affianco suonò insistentemente, distogliendolo dai suoi pensieri.
 
– Al?! Cosa fai ? Non senti il Fax? Vedi di cosa si tratta!
 
Il Dottor Derek Morgan lo aveva chiamato dall’altro capo della farmacia. Gli rispose e, lasciando la scrivania con le foto di Ingrid,  entrò nell’altro piccolo ufficio. Avviò la ricezione e presto la stampa sul foglio comparve nella sua interezza. Sgranò gli occhi, non poteva essere vero!
Sul foglio c’era l’identikit del suo viso! Qualcuno l’aveva riconosciuto! L’immagine era stata inviata dalla F.B.I. era ricercato e conoscevano il suo volto. Prese il foglio e lo passò al tritacarta. 
 
– Cosa ci hanno mandato?
 
Derek era entrato nel momento in cui le striscioline di carta cadevano definitivamente nel cestello.
 
– Niente Derek! La solita pubblicità inutile.
– Va bene! Facciamo la pausa pranzo? È appena andato via l’ultimo cliente! Hai finito con la registrazione delle fatture?
– Per la verità no Derek! Ho chiamato mia madre e mi ha fatto perdere del tempo. Non sta bene affatto e dovrò prendere qualche giorno di ferie a partire da domani.
– Parti questa sera?
– Forse. Devo vedere.
– Domani mattina avresti dovuto portare le medicine al Signor Jones!
– Vero! Dimenticavo! Andrò prima di partire, tranquillo!  
 
***
 
Sei piani a piedi sarebbero stati una faticaccia per chiunque, ma per le gambe snelle e allenate di Emma Swan era una specie di passeggiata, in più lei non avrebbe preso mai quel vecchio ascensore a vista! Lo aveva preso solo quando Kim-Killian era stato con lei, tenendola stretta al suo torace, mentre lei se ne stava tranquilla con gli occhi chiusi.
 
“Maledette vertigini!
 
Stava salendo le rampe della fatiscente palazzina dove abitava Brennan Jones, il padre di Killian. Aveva preso con lui l’impegno di accompagnarlo a visita in ospedale quella mattina e, a qualsiasi costo, avrebbe mantenuto la parola. Si chiese se un’altra al suo posto lo avrebbe fatto. Brennan in fin dei conti non era niente per lei. Non era nemmeno il suo futuro suocero, visto che Killian aveva pensato bene di sposare Eloise Gardener!
 
“Idiota! Suo padre ha una nuora e non sa di averla! Poveretto! Chissà piuttosto come andrà la visita!”
 
Ad Emma erano tanti i pensieri che le frullavano nella mente e non riguardavano solo Killian e suo padre! Il giorno prima c’era stata una svolta con il caso del Serial Killer. Come lei e la squadra avevano pensato, il killer si era deciso a telefonare alla sua prossima vittima, ossia alla sua adorata zia Ingrid, la donna che lei chiamava “mamma”, visto che l’aveva cresciuta come una figlia dalla morte dei suoi genitori.
 
Il telefono di casa Frozen era sotto controllo da giorni ormai e gli agenti avevano registrato ogni dettaglio della conversazione. Emma, nel sentire la registrazione con i colleghi,  era rimasta meravigliata dalla calma mostrata da Ingrid durante tutto il tempo. Lorna l’aveva istruita sul modo di comportarsi ed Ingrid aveva eseguito alla lettera, dimostrandosi una brava allieva e un’ottima attrice. Non aveva avuto titubanze, ma non era riuscita a trovare altri argomenti per allungare la telefonata e dare il tempo agli investigatori di rintracciare il numero e il punto da dove arrivava la chiamata. Un vero peccato! Comunque ci sarebbero state altre chiamate e Ingrid avrebbe fatto in modo di dar chiacchiera all’uomo. Ora dipendeva tutto da sua zia per la cattura del criminale, per il momento dell’appuntamento sarebbe scattato il piano d’arresto!
 
Mancavano altre due rampe di scale per arrivare al pianerottolo di Brennan. Emma sentì una porta aprirsi e due voci maschili che si salutavano. Riconobbe quella di Brennan, l’altra non la conosceva. L’uomo si era sicuramente infilato nell’ascensore per scendere, da lì a breve l’avrebbe visto attraverso la ringhiera  metallica delle pareti di quella specie di gabbia.
Gli occhi di Emma erano puntati con curiosità in alto.
 
“Chi sarà andato a far visita a Brennan a quest’ora?”
 
Vide le lunghe gambe dell’uomo, voltato di spalle, prima della sua schiena. Quando l’uomo fu alla sua altezza, come se si fosse sentito lo sguardo di Emma addosso, si voltò. Era giovane, sui trentacinque anni, aveva un bel viso, così sembrava dalla penombra! Aveva qualcosa sul labbro superiore, ma forse Emma si era sbagliata a causa della poca luce! Eppure gli sembrava un tipo familiare!
 
Giunse alla porta di Brennan e questi aprì pochi secondi dopo il suono del campanello. Era già pronto per uscire con lei per quella visita medica. 
 
– Buongiorno Brennan!
– Buongiorno a te Angelo mio!
 
Lei sorrise. Brennan le faceva una gran tenerezza nella sua evidente fragilità. Anche quel chiamarla “Angelo” ne era sicuramente una conseguenza. Era da un po’ che lui l’aveva definita il suo “Angelo Custode”. Come poteva mollarlo ora? Sarebbe stata una meschinità vendicarsi in quel modo di Killian! Brennan non c’entrava nulla con quello che c’era stato tra lei e suo figlio. Anzi! Fosse stato per lui avrebbe caldeggiato con entusiasmo una relazione tra lei e Killian! 
 
- Sei già pronto! Bene! Hai avuto anche visite questa mattina?
– Visite?! Oh! Hai incrociato Al per le scale?
– Al?
– Si! Te l’ho nominato credo! Il Dottor Albert Faris  il farmacista che mi porta le medicine!  
- Albert?!
– Si … perché sgrani gli occhi? Qualcosa non va Emma?
 
Appena Brennan aveva pronunciato il nome del farmacista, ad Emma si era aperta la mente. Ovvio che il tizio le fosse sembrato familiare!
 
– Ha un neo sul labbro superiore vero?
– Si un neo piuttosto evidente, gli dona pure direi!
“Albert Faris! Ecco il nome per intero del serial killer e ora so pure che lavoro fa e dove si trova!”
– Scusami Brennan! Andiamo subito, ma prima ho bisogno di telefonare al mio ufficio!
– Certo … fai pure, ancora è presto!
 
Emma non poteva crederci! Aveva appena incrociato il Serial Killer! L’uomo che aveva intenzione di far fare la stessa fine delle altre sue vittime a sua zia Ingrid!
Febbrilmente estrasse il cellulare dalla tracolla e fece il numero del suo ufficio. All’altro capo sentì la voce maschile di Olden.
 
– Ciao Jimmy! Ho il nome!
– Albert Faris per caso?
– Come diavolo lo sai?
– Ho davanti l’elenco dei vincitori di tornei di ballo degli ultimi due anni in tutti gli stati in cui si sono verificati gli omicidi. L’unico con un neo sul labbro e una grande somiglianza con l’identikit è questo! Corrisponde la faccia e il nome!
– Benissimo! Avvisa Lorna e Amarro allora, io so anche dove trovarlo!
– Dove?
– Si tratta di uno dei farmacisti della farmacia vicina al campus della Facoltà di medicina e chirurgia! L’ho appena incrociato che portava i farmaci ad un mio amico. Allertate il Procuratore distrettuale, serve il mandato d’arresto!
– Ci siamo finalmente! Mi attivo immediatamente Swan!
 
Emma chiuse la telefonata e sollevò gli occhi verso Brennan che era rimasto in silenzio ad ascoltare.
 
– Emma cosa succede?
– Tranquillo Brennan! Mi hai appena aiutato ad individuare un pericoloso criminale!
– Il Dottor Faris stai dicendo?! Mio Dio! Non è possibile! Una persona così a modo e gentile!
– I tipi come lui si presentano quasi sempre così! Probabilmente a te non avrebbe fatto alcun male. Sono le donne le sue vittime! Ne ha uccise più di dieci secondo le nostre ricerche!
– Non ci posso credere! Forse sbagliate Emma!
– Sarebbe meglio per lui! Ora sarà preparato un mandato d’arresto. Se è innocente sarà rilasciato, altrimenti … Andiamo ora! Non pensare a lui, ci sta pensando il Bureau in questo momento.
 
Brennan era sconvolto dalla notizia, Emma si pentì di aver telefonato davanti a lui, ma doveva essere tempestiva! Doveva dare ai suoi colleghi quelle informazioni fondamentali. Prima veniva arrestato Faris e prima sua zia usciva da quella situazione di pericolo!
 
Uscirono dall’appartamento e Brennan chiamò l’ascensore.
 
– Io scendo a piedi!
– Perché Emma?
– Mi da le vertigini questo tipo di ascensore, sarei uno straccio quando arriviamo giù!
– Se chiudi gli occhi?
 
Se avesse chiuso gli occhi avrebbe pensato nuovamente a Killian, alle volte che l’aveva tenuta abbracciata in quell’ascensore.
 
– No! Meglio se scendo a piedi!
 
Brennan ebbe un mancamento, l’equilibrio non era più stabile in lui. 
 
- Brennan!
 
Emma gli corse incontro, entrando nell’ascensore.
 
– Non posso lasciarti solo! Potresti cadere! Ti tengo abbracciato!
– Ma le tue vertigini?
– Farò come hai detto tu! Terrò gli occhi chiusi!
 
Emma non avrebbe immaginato di trovarsi in quella situazione con il padre dell’uomo che ancora amava. Brennan era alto quanto suo figlio, gli somigliava tanto, ma era più magro a causa della malattia che lo stava divorando. Lo abbracciò con la tenerezza e l’affetto che si può avere con un genitore anziano.
 
– Sai Emma?
– Cosa Brennan!
– Sei la figlia che non ho mai avuto! Ringrazio Dio d’averti portato alla mia porta quel giorno! Forse se avessi avuto una figlia sarebbe stata bionda. Anche la mia Nora era bionda!
 
Emma sentì il rammarico nella voce dell’uomo, mentre il suo cuore lento ebbe un’accelerazione nel pensare alla sua defunta moglie, la mamma di Killian e Liam.
Quanto mancava sua moglie a Brennan? Quanto si era pentito del male che le aveva fatto? Possibile che si doveva sempre arrivare all’irrimediabile per accorgersi di quanto le persone possano essere importanti? Killian si sarebbe reso conto di cosa aveva perso sposando un’altra che non era lei? Le venne voglia di piangere, ma non poteva farlo, non in quel momento! Ringraziò che Brennan non potesse vederla in viso, poiché una lacrima le era veramente spuntata dalla palpebra dell’occhio destro.
 
***
 
Il ritorno a casa, per Emma e Brennan, fu immerso nel silenzio assoluto dell’abitacolo dell’auto, che Neal aveva prestato alla sua neo-fidanzata. Quel Maggiolino giallo era abbastanza piccolo per infilarsi ovunque, scattante nel traffico e maneggevole da guidare. Brennan era assorto nei suoi pensieri ed Emma non sapeva cosa dirgli. La visita era andata malissimo! All’andata Brennan le aveva esternato le sue preoccupazioni. Era intimorito dagli esiti della visita. I dolori articolari e la difficoltà a camminare, a causa di un problema alle anche, gli facevano temere la risposta dei medici, poiché già la immaginava.
 
Quando l’Oncologo di Brennan, accompagnato da due studenti specializzandi, l’aveva chiamato e fatto accomodare nel suo ufficio, Brennan aveva voluto al suo fianco Emma. L’aveva presentata come la fidanzata di suo figlio e lei non aveva potuto contraddirlo. Il referto che il medico aveva letto ai due era stato nefasto. La Tac e la Risonanza avevano dato la stessa risposta. Brennan aveva diverse metastasi e due erano localizzate alle anche. Era stato chiaro che a Brennan restassero un paio di mesi di vita se non si fosse operato nuovamente, ma pur operandosi non avrebbe avuto molto più tempo. Emma gli aveva stretto la mano con la sua quando lo aveva visto con lo sguardo perduto e lui si era ripreso, rivolgendole un sorriso triste e grato, con gli occhi azzurri come quelli di Killian, ormai di una tonalità leggermente più spenta.
L’uomo si era accordato con il medico per il ricovero e l’intervento. Emma aveva garantito il suo aiuto. Poi avevano salutato l’oncologo e avevano ripreso la via dell’appartamento vicino all’Università.
 
- Vuoi che chiami Killian? So che desideri rivederlo ed avere il suo perdono, me lo hai detto tu stesso!
– Non lo so Emma … non ho voglia di vedere nessuno in questo momento.
– Credo tu debba sapere qualcosa di più di Killian …
- Che intendi? Ci sono cose che non so di lui?
– Saliamo nell’appartamento e poi ti dico …
 
 
Mentre si riavvicinavano alla palazzina fatiscente, Emma aveva ripreso a parlare e aveva fatto quella proposta. Brennan era depresso e, ovviamente, non avere voglia di vedere nessuno, non era strano per la sua situazione. La giovane Profiler della F.B.I. aveva deciso che fosse ora per Brennan di sapere la verità su suo figlio. Killian non glielo avrebbe detto e lei invece poteva permettersi di farlo. Era giusto per Brennan ed era giusto anche per lei.
 
Quando furono saliti con l’ascensore, fino all’appartamento, Brennan aprì il portoncino ed entrarono. Lui era stanchissimo e nonostante fosse ora di pranzo non aveva minimamente appetito.
 
– Devi mangiare qualcosa Brennan! Sei troppo debole per affrontare questo nuovo intervento. Vedo cosa hai in frigo e ti cucino qualcosa …
- Non ti disturbare Angelo mio, vieni qua e raccontami cosa dovrei sapere di mio figlio!
– Prima cucino, diamo la priorità a te ora!
 
Brennan aveva ammesso in cuor suo che Emma avesse un carattere forte e caparbio, oltre ad una ferrea volontà. Di fatto la giovane aveva rovistato in frigorifero e aveva trovato della bistecca surgelata. Scongelò con il microonde e preparò delle patate rosolate. In breve un buon profumino si sparse per il luminoso appartamento.
 
– Sei riuscita a smuovermi l’appetito Emma! Non mangi con me?
– Si, mangio qualcosa anche io Brennan, poi ti racconto come promesso!
 
L’uomo mangiò con gusto, facendole i complimenti per come aveva cucinato velocemente e con maestria. Dopo aver finito, lei mise piatti e pentole in lavastoviglie e avviò l’elettrodomestico, andando a sedersi davanti a lui, sulla poltrona difronte al divano. Non fu facile trovare le parole per iniziare, poi cominciarono ad uscire fluide e catturarono completamente Brennan. Gli raccontò della verità sul lavoro di copertura di Killian, di come veramente si erano incontrati e della messa in scena del suo omicidio, fino alla gravidanza di Henry.
 
– Il tuo bambino era figlio di Killian quindi …
- Si … è così.
– Era il mio nipotino …
- Si Brennan … lo era!
 
Di tutta la storia che Emma gli aveva raccontato, la parte su Henry fu quella che lo aveva colpito e commosso maggiormente. Del fatto che Killian fosse un agente  in incognito, Capitano di una squadra speciale, sembrava non esserne particolarmente sorpreso.
 
– Ho sempre saputo che Killian avrebbe potuto fare grandi cose. Mi sembrava strano che facesse solo il consulente. Per il resto debbo dire che mio figlio mi somiglia troppo Emma! Ha fatto errori simili ai miei! Vorrei che avesse la possibilità di recuperare con te, diversamente da come è andata tra me e Nora!
 
Emma aveva taciuto la questione del matrimonio tra Killian ed Eloise. Non poteva deludere Brennan su l’impossibilità di quel recupero che lui auspicava.
 
– Vedremo Brennan, ma non sarà facile. Siamo lontani e il suo lavoro è impegnativo e pericoloso. Confesso che sto frequentando un ragazzo molto caro attualmente … un vecchio compagno di scuola.
– Oooh! È così? Ma lo ami come amavi Killian?
 
Brennan non aveva peli sulla lingua e ormai la confidenza tra loro gli permetteva di essere diretto.
 
– Non è la stessa cosa … ma Neal è un ragazzo che merita tanto!
– Se per te è importante e ti da serenità ti auguro ogni felicità Emma, ma credo che sia importante essere veramente innamorati della persona che si ha al fianco. Aiuta ad affrontare meglio ogni difficoltà!
 
Emma pensò a quella frase condivisibile. Avrebbe affrontato ogni difficoltà per Killian! Ma lui si era sposato  con Eloise! Avrebbe dato una famiglia alla sua adorata Fiordaliso. Era arrabbiata con Killian, lo ammetteva a se stessa, ma doveva pur tirarsi indietro per la felicità di quella piccina a cui teneva tanto. Eloise era una persona instabile, Killian sarebbe stato un buon padre adottivo per la bambina, ne era certa, ma non poteva negare di sentire un peso sul cuore se pensava a lui insieme ad Eloise!
Rimase qualche altro minuto con Brennan, poi dovette andar via per recarsi al suo ufficio.
 
***
 
C’era fermento in ufficio. Il Sergente Amarro e un paio dei suoi uomini erano da Lorna.
 
– Eccoti finalmente! Dove eri finita Emma?!
– Scusami Lorna, non ti ricordi che ti ho detto della visita di Brennan Jones?
– Ooh! Scusami sono talmente presa che avevo dimenticato! Eri con lui quindi quando hai scoperto di Faris?!
– Si! È il suo farmacista. Lo avete arrestato Sergente?
– Purtroppo no Dottoressa Swan! Il Procuratore ha emesso velocemente il mandato di cattura, ma quando siamo andati alla Farmacia Morgan non lo abbiamo trovato. Il gestore, il Dottor Derek Morgan è trasecolato e ci ha detto che è partito per andare da sua madre malata.
– Sarà una scusa …
- Sicuramente! Morgan ci ha raccontato che ieri gli aveva detto di aver ricevuto una telefonata dalla madre gravemente malata e che sarebbe partito questa mattina dopo aver portato i farmaci ad un cliente …
- Brennan … il mio amico malato!
– Ieri è stato diramato l’identikit del killer, tramite fax, ai vari esercizi pubblici, ma Il Dottor Derek ha detto di non saperne nulla!
– Ovvio Olden! Se il fax lo ha preso Faris si è guardato bene dal mostrarlo al suo capo!
– Molto probabile Graham! Per togliere le tende la scusa della madre malata può essere un’ottima trovata.
– Vero Lorna! Se non fosse che dalle indagini incrociate con lo stato civile, risulta che la madre di Faris è morta da otto anni!
– Come è morta Amarro?
– Sembrerebbe un incidente domestico. Caduta dalle scale, morta con il collo spezzato!
- Sembrerebbe un classico non vi pare?
– Pensi che sia stato lui ad uccidere la madre Emma?
– Un Serial Killer così efferato, come tu mi insegni, facilmente arriva ad uccidere l’oggetto del suo amore-odio, sua madre! Nel caso del nostro serial killer l’odio sulla figura femminile materna si esprime attraverso l’amputazione del seno sinistro!
– Questo è vero Emma! Ma non abbiamo prove al momento, ci vorrebbe la sua confessione diretta e se non lo troviamo non solo non avremo confessioni, avremo in più qualche altra vittima!
– Non dimentichiamo che mia zia è stata contattata proprio ieri! Le ha dato un ipotetico appuntamento per la prossima settimana …
- Questo significa che è nei paraggi! Anche se non a casa sua!
– Si Graham, gli studi del settore ci suggeriscono la capacità strutturale mentale di organizzarsi lucidamente ed avere più di un rifugio. Questo Serial Killer è un uomo dalla mente brillante, sa organizzarsi bene.
– Se ha un altro rifugio, Lorna, dove potremmo cercare? I miei uomini non hanno trovato nulla nella sua casa!
– Nemmeno scartoffie contrattuali? Magari c’è il contratto d’affitto di qualche scantinato o di qualche baracca. Immagino che debba pur tenere i suoi trofei da qualche parte. Che fine fanno i seni amputati alle sue vittime?
 
Il silenzio di tutti seguì all’ultima domanda di Lorna. Era inquietante solo pensare a quei brandelli di carne, figuriamoci all’uso e alla conservazione! Emma azzardò una risposta.
 
– Se per lui sono un feticcio li conserverà e per farlo è necessaria la formaldeide. Bisogna chiedere al Dottor Morgan se ne è stata richiesta e prelevata dalla sua farmacia. Un Serial Killer non si separa dai suoi feticci! Se nulla era in casa è certo che abbia un rifugio segreto!
 
Tutti i presenti rimasero a riflettere, poi Olden disse la sua.
 
– Sappiamo la sua identità, che faccia abbia e il nome. Potrei rintracciare i suoi vecchi indirizzi!
– Fallo subito Olden! Uno dei miei uomini ti darà una mano. Quando avrai i risultati lavoreremo a raggiera! Intanto dobbiamo continuare a monitorare sua zia Dottoressa Swan! Per l’appuntamento è questione di pochi giorni. L’uomo sa di essere stato individuato e sarà sospettoso e in guardia. Ingrid dovrà essere calma come alla telefonata di ieri e  magari anticipare il giorno dell’appuntamento!
Ad Emma si drizzarono i capelli sulla nuca. La palla in qualche modo ritornava a sua zia!
 
***
 
Era stata una lunga giornata! Non erano mai stati così vicini al serial killer, alias Albert Faris!
Olden era soddisfatto del punto raggiunto ed ora stava raggiungendo un altro “punto” per lui importante: il luogo dell’appuntamento con Penelope Diaz.
 
Entrò nel locale. Si guardò intorno e poi notò la donna al banco. Era di schiena, aveva i capelli neri tirati su, la schiena lasciata scoperta dal profondo scollo del vestitino rosa antico che indossava. Così, seduta sull’alto sgabello, Jimmy Olden ne seguì la linea inconfondibile del bel sedere rotondo. Sospirò nel guardarla e nell’avvicinarsi. Avrebbe riconosciuto quella silouette tra mille. Non era molto alta Penelope, ma era perfetta, una Barbie tascabile, morbida nelle sue curve procaci. A Jimmy Olden piaceva molto e oltre all’aspetto fisico si stava innamorando ogni giorno di più della sua personalità e della sua intelligenza. Le arrivò alla schiena e le sfiorò il retro del collo con i polpastrelli. Le provocò un brivido che percepì lui stesso con il tremore della pelle di lei.
 
– Ciao tesoro! Sei in ritardo lo sai?
– Sei arrabbiata con me Penelope?
– Non dovrei esserlo?
 
La moretta gli sorrise scherzando e avvicinandosi cercando un suo bacio. Olden non la fece attendere per quello. Poggiato al banco si sporse verso di lei, ancora appollaiata sullo sgabello, accarezzandole una guancia con il dorso della mano e baciandole le labbra dolcemente.
 
– Così va meglio … ma dovrai fare di più per farti perdonare lo sai?!
– Mettimi alla prova piccola! Cosa stai bevendo?
– Una Piňa colada!
– Dall’odore non pare male!
– Assaggia! Rum ananas cocco …
 
Penelope passò la sua cannuccia ad Olden che succhiò mandando in dentro le guance.
 
– Mmm non male! Dolce come le tue labbra!
 
Lei sorrise e lo baciò ancora.
 
– Dolce come le tue Jimmy!
 
Olden iniziava ad aver caldo e non era per il clima estivo.
 
– Ne ordino uno anche io, con molto ghiaccio però!
– Hai caldo? Non è una serata troppo calda!
– Fidati Baby!
 
Le fece l’occhiolino e lei con un sorrisetto recepì il messaggio, ma preferì cambiare discorso.
 
– Come è andata la giornata?
– Siamo a buon punto con il killer!
– Veramente?! Questa è una grande notizia Jimmy! Raccontami tutto!
 
Era narcisisticamente gratificante per Olden vedere Penelope pendere dalle sue labbra quando raccontava del suo lavoro. Le parole uscivano da sole, senza rendersene conto.
 
– E la tua amichetta Emma ha avuto qualche merito nell’indagine?
 
A quella domanda si rese conto di aver raccontato tutto in prima persona, come se non ci fosse stata una squadra a lavorare sul caso ma solo lui.
 
– Intanto non è “la mia amichetta”, lo sai bene! Emma è stata fondamentale!
– Veramente?!
– Non solo ha tracciato lei il profilo del killer, ha scoperto chi fosse e dove lavorava!
 – Come ha fatto?
– Beh! Quello è stato un colpo di fortuna in effetti! Se non fosse stato per il suo amico Jones, avremmo saputo solo il nome grazie alla mia ricerca, ma non il suo recapito lavorativo! Ci avremmo messo un po’ di tempo in più per rintracciarlo, ma grazie a lei abbiamo accelerato i tempi.
– Chi è questo Jones?
– Brennan Jones? Da quello che ho capito è il padre malato di un amico di Emma.  Il killer era il suo farmacista e gli portava le medicine a domicilio. Emma l’ha incrociato proprio mentre scendeva dall’appartamento di Jones.
– Che carina la tua collega! Si occupa del padre malato di un amico! Tiene molto a questo amico?
– Che ne so! Probabilmente si, se è un amico! Ma Emma è una ragazza generosa e altruista, fa volontariato anche in una casa famiglia, non mi sorprende se si prende cura di un anziano malato, che sia o meno padre di un suo amico!
 
Penelope rimase assorta a guardarlo, annuendo con la testa. Jimmy lesse qualcosa nei suoi occhi, ma poi lei distolse lo sguardo e lui non ci fece più caso. C’erano dei momenti in cui Penelope gli dava la sensazione di pensare ad altro rispetto a ciò di cui si stava parlando, in altri diventava impenetrabile. C’era sempre qualcosa di lei che gli sfuggiva, ma a letto ci sapeva fare e questo cancellava dalla mente di Olden ogni altro pensiero.
 
– Mangiamo qualcosa ti va?
– Si certo caro! Era in programma di mangiare insieme, ma vorrei qualcosa di leggero … magari ci portiamo del cibo da asporto per “dopo”!
 
Penelope disse quel “dopo” con un tono molto seducente, accostandosi ad Olden e accarezzandogli la camicia sul petto. Il giovane sorrise maliziosamente, portandole una mano sul fianco rotondo, mentre l’altra scorse tra le cosce sedute della ragazza, insinuandosi sotto il corto vestito rosa antico.  
 
– Se va come al solito avremo fame di sicuro Baby!
– Mi sembra che l’appetito non ti manchi neppure ora caro! Lo sai che siamo in un locale pubblico?
 
Il finto tono di rimprovero di Penelope andò in completa contraddizione con il proprio divaricare le ginocchia, fornendo una maggiore possibilità di accesso alla mano di Olden. Lui la guardò negli occhi e lesse chiaramente cosa lei volesse in quel momento. Nessuno stava guardando verso di loro e quel gioco erotico, fatto in quella situazione pubblica, eccitava entrambi. Lui stette al gioco. Si spostò leggermente verso l’esterno del fianco di Penelope, rendendosi schermo della sua stessa azione ad occhi indiscreti. La sua mano nascosta raggiunse le leggere mutandine della ragazza, sentì il suo desiderio e il suo umido calore. Con destrezza delle dita spostò il leggero velo dell’indumento e si insinuò tra le pieghe della sua intimità. Lei teneva gli occhi chiusi e assaporava quella carezza, muovendosi con le anche sullo sgabello per aumentare la sensazione. Jimmy Olden si rese conto che non avrebbe potuto nascondere oltre anche la propria eccitazione. Si avvicinò con la bocca all’orecchio di Penelope e le mordicchio un lobo, poi con voce arrochita le disse:
 
- Prendiamo subito questo accidenti di cibo da asporto! Andiamo a casa mia … mangeremo dopo!
 
***
 
“Chissà perché le chiavi spariscono sempre nell’angolo più impensato della borsetta!”
 
Le dita affusolate di Penelope Diaz rimestavano nella borsetta alla ricerca delle chiavi dell’appartamento che il suo capo, l’Avvocatessa e scrittrice Alexandra Pereira, aveva affittato fin dal suo arrivo.
 
“Trovate!”
 
Aprì la porta ed entrò nel piccolo soggiorno. L’appartamento non era molto grande, ma a due donne poteva bastare. Due camere da letto, il soggiorno, la cucina e un solo bagno. Era stata una buona scelta, in una zona non troppo centrale, con condomini ben poco interessati a far conversazione e domande.
Si diresse in bagno ed aprì l’acqua della vasca. Aveva passato la notte con Jimmy Olden ed erano usciti dal suo appartamento insieme quella mattina, lui per andare al suo lavoro, lei per dirigersi dalla parte opposta con un mezzo pubblico. Non aveva avuto tempo di fare una doccia a casa di Olden e aveva l’intenzione di togliersi di dosso il suo odore. Versò dei Sali rilassanti nell’acqua e un sapone liquido che sollevò una soffice schiuma profumata.
Si guardò alla specchiera del bagno. Il vestito rosa antico la fasciava perfettamente, ma era ormai sgualcito, non lo aveva tolto subito quando era caduta sul letto a due piazze con Jimmy, lui glielo aveva tirato su fino ai fianchi impaziente …
 
Si portò le mani alla schiena e tirò giù la zip, lasciando scivolare a terra l’abitino. Rimase con gli slip di tulle nero e il procace seno nudo. Si guardò allo specchio, si passò le dita tra i capelli neri e si sistemò i boccoli, che si formarono ricadendo sul seno. Si guardò qualche secondo, si piaceva e sapeva di piacere. Aveva intelligenza, bellezza e fascino. Con quelle caratteristiche aveva conquistato suo marito Don Antonio Santa Cruz e con le stesse caratteristiche aveva diretto gli affari del Boss, era riuscita a fuggire dalla Colombia e a conquistare anche Jimmy Olden.
 
Si, Paula Santa Cruz si guardò allo specchio con autocompiacimento!
Aveva avuto una gran fortuna ad incontrare la famosa scrittrice messicana Alexandra Pereira, era grazie a lei se era arrivata negli States!
 
Mentre l’acqua usciva dal rubinetto della vasca, Paula, camminando nuda sui suoi sandali  con tacco vertiginoso, si diresse nella stanza da letto dell’Avvocatessa Pereira.
 
“Decisamente è stata una gran fortuna che Alexandra stesse scrivendo quel libro …”
 
Se lei era stata fortunata ad essere cercata e trovata dalla Pereira, per essere intervistata come donna coinvolta nei giochi del narcotraffico, lo stesso non poteva dirsi per l’Avvocatessa messicana.
 
Alexandra non aveva sospettato che il vero Boss colombiano, la mente del tutto, fosse Paula e non suo marito Antonio. Aveva voluto intervistarla dopo l’arresto di Santa Cruz. Aveva smosso mari e monti per arrivare a lei, ma in realtà era Paula che si era lasciata raggiungere. Si erano incontrate in Colombia in gran segreto, in un rifugio che Alexandra aveva potuto raggiungere bendata e accompagnata dagli ultimi fedelissimi di Paula. Lei le aveva rilasciato l’intervista che Alexandra desiderava ed era riuscita a manipolarla come solo lei sapeva fare. A sua volta aveva tirato fuori dall’avvocatessa-scrittrice, un buon numero di notizie biografiche. Aveva scoperto dei Pass che l’avvocatessa era riuscita ad ottenere tramite il suo governo, sia per la Colombia sia per gli States. Alexandra Pereira era in gamba, conosciuta e a sua volta piena di “conoscenze giuste”! Era fisicamente minuta, una cinquantenne che sapeva valorizzarsi con un abbigliamento elegante ma classico, con quell’unico vezzo particolare dei capelli a caschetto tinti di rosso.
 
Paula allungò la mano verso il ripiano della toeletta. Prese il pettine con la  destra, mentre con la sinistra prendeva la testina nera con sopra la parrucca a caschetto di capelli rossi e iniziò a pettinarla.
 
“ Fortuna che abbiamo la stessa taglia Alexandra … per le tue rughe e le borse sotto gli occhi ho dovuto usare un sacco di cerone, ma ne è valsa la pena. I tuoi occhialoni rotondi coprono bene, ma ho dovuto togliere quei fondi di bottiglia che portavi!
Peccato che abbia dovuto ucciderti! Non ti potranno mai ritrovare … ci ha pensato la mia Beghy a quello … povera la mia cucciolotta! Senza la sua “mamma” ! Abbandonata per la foresta! Spero nessuno le faccia del male piccola cara!
 
Diventando Alexandra Pereira, Paula era arrivata negli States, seguendo suo marito Antonio Santa Cruz, arrestato in seguito all’inganno perpetrato nei suoi confronti dall’affascinante Avvocato Robert Rogers!
 
“Maledetto! È riuscito ad ingannare anche me e mi ha irretita per bene! Gold aveva ragione quella sera alla festa! Lo sospettava come l’agente che aveva sedotto sua moglie, ora so con certezza che sia proprio lui!”
 
Sotto le sembianze di Alexandra Pereira, Paula era riuscita ad assistere al processo di suo marito Antonio. Quel giorno, con sua grande sorpresa, aveva visto Eloise Gardener baciare quello che ancora conosceva come Robert Rogers. Le era preso un colpo! Non se lo aspettata assolutamente che Rogers avesse legato con la moglie di Rodriguez! Per la sorpresa le erano cadute le scartoffie che portava tra le braccia ed Eloise l’aveva pure aiutata a raccoglierle. Avesse potuto, l’avrebbe uccisa in quel momento! La gelosia le aveva fatto vedere rosso.
Si! Era gelosa da morire del bell’agente in incognito Robert Rogers!
Si era infilata in bagno poi per smaltire la rabbia provata e si era imbattuta con una ragazza che stava piangendo. La cosa era stata singolare, poiché quella ragazza, di cui poi aveva sentito il nome, stava guardando verso la “dolce” coppietta. Aveva scoperto chi fosse Emma Swan grazie ad internet e aveva letto del suo coinvolgimento con Milah Gold e del suo rapimento. Le motivazioni le aveva sapute, come Avvocato Pereira, tramite Tony Manguso.
I suoi documenti erano originali e validi, non aveva avuto nessun timore a presentarli all’ufficiale del carcere di massima sicurezza. L’unico timore avuto era stato che Manguso non le volesse parlare. Aveva dovuto insistere nel porgergli la mano, per avere la possibilità di scambiarsi il codice segreto con il dito all’interno del polso di Manguso. Solo allora lui aveva capito che stava parlando con una persona molto vicina al suo compare Don Antonio Santa Cruz.
Tony aveva spifferato i motivi che la interessavano. Emma Swan era la ragazza di Kim Steward - Robert Rogers o meglio Killian Jones, nome che aveva saputo da Eloise Gardener. Sicuramente quello era il suo nome all’anagrafe, visto che avendo sposato Eloise era stato obbligato a farlo con il nome reale. La Signora Jones era fiera di esserlo!
 
Paula fece una smorfia di disgusto all’idea. Rogers-Jones non l’aveva voluta, scusa la fedeltà al suo amico Don Antonio.
 
“Maledetto bugiardo! Mi hai umiliata! Hai preferito una sciacquetta come Eloise a me! Non so come hai dimenticato la tua Emma, hai pure avuto un figlio da lei, si, sono sicura che il neonato morto fosse tuo figlio! Mi sembra strano questo innamoramento per Eloise … Emma sta accudendo tuo padre … strano anche questo! Brennan Jones non può essere che tuo padre, non capisco perché una ragazza dovrebbe accudire il padre del suo ex che ha sposato un’altra! Ma me lo farò spiegare direttamente da te mio bel Captain Hook, si , sono convinta che sia tu l’agente geniale della D.E.A. di cui mi hanno parlato i miei informatori. Saprò trovarti mio caro! Ora devo diventare nuovamente Alexandra Pereira, Penelope Diaz lascerà per qualche giorno il buon Olden … non male il ragazzo! È stato un “piacevole” mezzo per avere notizie di Emma Swan e credo lo sarà ancora, ma per il momento devo incontrare altre tre persone e la prima sarà Brennan Jones!”
 
Alzandosi dalla toeletta, Paula Santa Cruz tornò in bagno. Chiuse l’acqua, si tolse lo slip di tulle e, una dopo l’altra, infilò le gambe tornite nel liquido caldo. Si lasciò scivolare nella vasca e coprire dalla schiuma profumata. Sollevò le braccia dietro la testa e chiuse gli occhi inspirando il profumo. Cercò di rilassarsi pensando a qualcosa di piacevole. Il viso di Killian le comparve davanti. Era il suo pensiero più piacevole …
 
“Io ti avrò Killian! In un modo o in un altro e sarai solo mio! Nessun’altra donna ti avrà, te l’ho promesso e io le promesse le mantengo sempre!”
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
Salve a tutti! Il Natale è volato via e l’anno vecchio si appresta a seguirlo. Spero sia stato positivo e sereno per tutti, come spero che il nuovo anno possa portare a ognuno ciò che più desidera.
Ringrazio tutte le persone che seguono questa storia fin dall’inizio e quelle che si sono aggiunte anche di recente. Speravo di chiudere con la fine dell’anno, ma ho avuto un periodo molto pieno e ho saltato delle domeniche, vorrà dire che mi sopporterete ancora per gennaio 2019!
Grazie a chi lascia i suoi commenti, ma anche a chi legge  in silenzio e aspetta il seguito. Grazie a chi apprezza gli aspetti psicologici e criminologici, sono realistici, credo si sia capito, fatemi sapere cosa ne pensate.
Il Killer intanto è stato individuato, ma ancora latita e questo è pericoloso. Il Killer in Irlanda invece è ancora un’incognita e sa dove trovare il nostro bel Capitano. Chissà che succederà ancora! Lo scopriremo l’anno prossimo, promesso ;))
 
P.S. Il viso del Killer Albert corrisponde a quello dell’attore Sean Faris. Chi non lo conosce può trovarlo su internet.
 Auguri di buon anno a tutti!
Lara

 
 
 

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Capitolo 45
*** Quell'anello nella tasca ... ***


Capitolo 45
 
 
Quell’anello nella tasca …


 
Avviso ai lettori!!! Anche questo capitolo avrà scene violente. Ne sconsiglio la lettura a minori di quattorici anni e a chi è particolarmente sensibile.



Neal si svegliò di soprassalto. Emma era al suo fianco, nel letto, e sicuramente era in preda ad un incubo. Il suo sonno agitato lo aveva svegliato. Preoccupato si chinò su di lei per farle una carezza sul volto.
 
– Emma amore … sono qua! È un incubo, stai tranquilla!
– Killian perché lo hai fatto?!
 
Emma aveva fatto quella domanda mentre ancora dormiva.
 
“Chi sarà questo Killian? Non me ne ha mai parlato …”
– Tesoro svegliati! Emma?
 
Scossa dalla mano di Neal, Emma aprì gli occhi alla luce della piccola lampada da parete che lui aveva acceso. Strizzò gli occhi infastiditi.
 
– Stavi facendo un brutto sogno Emma … 
- Si … si è vero …
- Ne vuoi parlare?
– Ma no! Era solo un brutto sogno! Questi giorni sono stati pesanti e inquietanti per molti aspetti!
– Ancora nulla del Serial Killer?
– A parte quello che ti ho raccontato, nessun altro segnale al momento. È quasi una settimana che ha chiamato mia zia e non si è fatto risentire. Se non fosse andata da mia cugina Anna, questa sera non avrei dormito con te per starle accanto. È piuttosto in pensiero, teme di tradirsi alla prossima telefonata, eppure è stata bravissima la volta scorsa!
– Certo che il tuo lavoro non ti da la possibilità di stare tranquilla Emma!
– Che vuoi dire? Non sono tranquilla perché un assassino ha puntato mia zia, non centra il mio lavoro!
– Non è solo quello Emma! Credo che tu faccia un lavoro molto stressante per i casi che segui. Sei in contatto con la follia allo stato puro, ogni giorno. Io non potrei farlo il tuo lavoro. Ti stimo per le tue capacità e la tua forza, ma credo che un domani avresti difficoltà a conciliare lavoro e famiglia! 
- Non so dove vuoi arrivare Neal con questa tua opinione, io non credo che il mio lavoro inficerebbe la possibilità di avere una famiglia e dedicarmi anche ad essa. Ce l’ho una famiglia e non mi sembra di trascurarla particolarmente. Mi occupo anche dei bambini della Casa Famiglia come se fossero parte della mia e non solo!
– Già! Dimenticavo il Signor Brennan!
– Perché lo dici con quel tono sarcastico? È il suocero di mia cugina. I figli sono lontani e per il momento non possono venire a trovarlo. È solo come un cane e gravemente malato. Ieri mattina lo hanno ricoverato per operarlo nuovamente … non credo ci sia nulla di male se mi occupo qualche ora a settimana di lui!
– Scusami, forse ho sbagliato tono, non volevo essere sarcastico! Sei una persona altruista, forse anche troppo Emma … non vorrei che la gente si approfittasse di te …
- Non mi pare che si stia approfittando di me qualcuno! Ma che ore sono?
– Le sei di mattina …
- Tra poco dovrò alzarmi …
- Tra poco! Prima potremmo …
 
Decisamente Emma non era in vena di coccole in quel momento, anzi, era un po’ piccata con Neal per quello che le aveva detto. Si rendeva conto che lui si preoccupasse per lei, ma non le piaceva la piega che quel discorso avrebbe potuto prendere.
 
– No Neal! Meglio che mi alzi adesso! Devo prepararmi e prendere l’autobus.
– Ok, come vuoi! Poi ho una sorpresa per te.
– Una sorpresa?
– Si, dopo colazione te la mostro!
 
Si alzarono dal letto posto in quell’originale stanza con vista sul lago e si prepararono per la giornata.
 
– Allora questa sorpresa?
 
Emma non aveva dimenticato quanto promesso poco prima da quello che era diventato il suo ragazzo.
 
– Sei curiosa?
– Si lo sai!
– Vieni con me in garage!
– In garage?!
 
Sorpresa scese con lui le scale interne e si ritrovarono nel garage della casa. Neal le alzò una mano davanti al viso con tra le dita un portachiavi con un cigno scolpito e una chiave attaccata.
 
– Ho deciso di regalarti il Maggiolino, ti piace tanto e tu non hai una tua auto!
 
Emma era con gli occhi sgranati e la mandibola scesa. Si accorse solo in quel momento che sopra il Maggiolino giallo era stato messo un grosso fiocco verde.
 
– Non dirai sul serio Neal!
– Sono serissimo tesoro!
– Anche se tu hai un’altra auto io non posso accettare un regalo simile!
– Non vedo perché no!  Sei la mia ragazza e voglio farti un regalo che ti sia utile!
– Neal quello è un regalo che si fa ad una moglie più che ad una fidanzata ti pare?
– Non vedo sentimentalmente la differenza Emma!
– Neal non posso accettarlo, ma posso continuare a tenerlo in prestito!
 
Notando l’espressione delusa di Neal, Emma temette di averlo offeso.
 
– Neal … non ci restare male per favore … non me la sento di accettare un regalo così … grande!
– Non è per quello Emma … ho la sensazione che sia un modo per non sentirti troppo legata a me!
– Se faccio lo stesso ragionamento potrei dire che per te è un modo per legarmi maggiormente?
– Forse un po’ si … non ti nego che vorrei che tra noi ci fosse un legame, come dire? Definitivo!
– Hai in mente di propormi un matrimonio per caso?
– Sarebbe così orribile?
– Non credo che me lo proporresti! È troppo presto!
 
 
Con quell’ultima frase Emma bloccò Neal. Sapeva benissimo che lui avesse intenzioni “serie”, ma per lei era troppo presto per prendere quel tipo di decisioni, quindi quello era un modo per allontanare il discorso ancora per un po’.
 
– Visto che ho il Maggiolino ancora in prestito lo prendo anche oggi per andare a lavoro!
 
Con un sorriso sulle labbra e un movimento veloce della mano, gli prese le chiavi dalle dita, lo baciò su una guancia e andò a togliere il fiocco di raso verde all’auto e poi vi si infilò dentro, pronta per andare in ufficio.
Neal rimase a guardarla mentre usciva dal suo garage. Si mise una mano in tasca e tirò fuori una scatolina da gioielleria. Fece un sospiro. La vera sorpresa era quell’anello di fidanzamento che teneva chiuso nella scatolina, ma con il comportamento di Emma non era riuscito a fargli la proposta.
 
“Ci sarà presto un altro momento tesoro! Poi, dopo il matrimonio, sicuramente riuscirò a farti cambiare opinione sul tuo lavoro. Non sopporto l’idea che tu debba lavorare con certa gente. Troppi pericoli e io non saprei come proteggerti. Puoi sempre aprire uno studio e lasciar stare i criminali!”
 
Neal aveva le migliori intenzioni nei confronti di Emma, ma non aveva fatto i conti con la forte passione che lei nutriva per il suo lavoro e … non solo per quello!

 
Dublino stesso giorno, ore 15,30 …
 
Il silenzio invadeva il piccolo appartamento dell’agente Gretel Sweethome. Aveva appena aperto l’uscio di casa sul breve corridoio che portava in soggiorno. Si diresse in cucina e posò sul tavolo i sacchetti della spesa. Guardò l’orologio. Vide che mancava solo una mezzora all’uscita dalla scuola materna della sua piccola. Riprese il portachiavi che aveva lasciato affianco alla borsa, sulla consolle nel corridoio, pronta per andare a prendere sua figlia. Il suono del campanello, inaspettato, la sorprese.
 
– Chi è?
– Signora sono l’idraulico!
– Oh si!
 
Il rubinetto del bagno perdeva da un paio di giorni e quello sgocciolio, durante la notte, dava veramente fastidio! Aveva chiamato la ditta idraulica il giorno prima e non erano riusciti a darle un orario preciso per l’intervento, ma le avevano prospettato di andare per quel pomeriggio.
 
Gretel aprì la porta all’operaio vestito con una tuta grigia e un cappello con visiera calato sulla fronte. Ad un’occhiata veloce le sembrò molto giovane. Sperò che almeno avesse abbastanza esperienza.
 
– Sono un po’ di fretta, tra meno di mezzora dovrò riprendere mia figlia a scuola!
 
Aveva fatto entrare l’idraulico dietro di sé, facendogli strada verso il bagno.
 
– Non si preoccupi, ci impiegherò molto meno di mezzora!
 
Il tono che l’idraulico usò per quella frase la fece sussultare e voltare repentinamente. Vide su quel giovane viso un sorriso crudele spuntare da sotto la visiera. Le ginocchia le tremarono. Non era possibile quello che stava accadendo!
L’incredulità le fece perdere secondi preziosissimi, rubati dal ragionamento sul come e il perché. In una frazione di secondo capì perché i suoi colleghi erano stati colpiti, ma quella frazione di secondo le fu fatale. Dalla pistola con silenziatore partì un colpo preciso, che la colpì nel centro della fronte, lasciandola cadere a terra, con gli occhi ancora spalancati per la sorpresa e il sangue che colava in terra dal rosso foro che si era aperto sulla sua pelle bianco perlaceo.
 
Il falso idraulico la smosse con la punta del piede, calzato da uno scarpone antinfortuni. Non ebbe alcun dubbio. L’Agente Gretel Sweethome, nome in codice Sunshine, era morta. Si accovacciò qualche secondo a guardarla in viso. Si rialzò e si guardò intorno nella stanza. Erano nel soggiorno, non erano neppure giunti nel bagno. Su una mensola attaccata al muro, al di sopra del divano in stoffa, dai vivaci colori etnici, vide una cornice con una fotografia che riproduceva l’agente con in braccio una bambina di circa quattro anni. Erano sorridenti e felici in quella foto. L’assassino si avvicinò alla foto e la guardò meglio. La prese con la mano guantata e si voltò verso il cadavere di Gretel. Si chinò nuovamente e depose la cornice tra le braccia mollemente abbandonate della vittima. Si rialzò ancora, tirò fuori dalla giacca una bustina di cocaina. Stava per aprirla ed eseguire il solito rituale. Qualcosa lo bloccò e rimise in tasca la bustina. Afferrò con decisione il manico della cassetta degli attrezzi che aveva rubato al vero idraulico, ucciso un’ora prima, e andò via come se nulla fosse.

 
Un paio di giorni dopo. Boston, fine giugno.
 
Il telefono squillò nell’ufficio personale di Lorna Stone, Emma era con lei in riunione in quel momento.
 
– Sergente Amarro! Buongiorno a lei! Cosa?! Ora?! La metto in viva voce, Emma è qui con me in questo momento!
 
Emma si allarmò.
 
– Che succede?!
– Dottoressa Swan salve anche a lei! Abbiamo appena intercettato la telefonata del killer a sua zia!
– Dio mio! Come è andata?
– Riguardo a sua zia benissimo! È stata brava, il killer non credo abbia capito nulla! Purtroppo non siamo riusciti a rintracciare il luogo da cui proveniva, ma sua zia gli ha dato appuntamento per domani sera …
 
Emma era con il fiato sospeso e Lorna la guardava accigliata.
 
– Così è arrivato il momento Sergente!
 
La voce di Emma era tesa e preoccupata. Sua zia alla fine era diventata l’esca prelibata per far abboccare Albert Faris!
 
– Questo momento doveva arrivare Dottoressa. Ora dobbiamo preparare sua zia con gli strumenti di ricezione. Vada da lei e le spieghi come funziona la cosa. Tra poco le invierò il solito “elettricista”.
 
Il Sergente Samuel Amarro riattaccò la cornetta e le due Profilers sentirono lo stacco della telefonata. Rimasero a guardarsi. Lorna percepì il sospiro di Emma. Sapeva che fosse molto preoccupata.
 
– Se vai così da tua zia finirai con il terrorizzarla maggiormente Emma!
 
Il debole sorriso di Lorna tradiva la sua stessa preoccupazione. Ingrid non aveva nessuna preparazione in effetti. Era una donna completamente inerme.
 
– Vengo con te da Ingrid!
– Grazie Lorna, credo sia meglio!
 
Quando le due Psicologhe arrivarono a casa Frozen, trovarono Ingrid che era un fascio di nervi. Amarro l’aveva chiamata subito dopo la telefonata e si era complimentato con lei per il suo sangue freddo, annunciandole il piano per la sera seguente.
 
– Sono terrorizzata Emma! E se poi non riesco a capire il momento giusto?
– Ingrid sarà monitorata  secondo per secondo!
– E se gli agenti arrivassero tardi?!
– Mamma questo non deve accadere!
 
Lorna non rispose nulla ma rimase assorta. Sapeva per esperienza che ci fossero stati casi in cui si era arrivati tardi. Guardò le due donne davanti a sé, osservò il loro evidente affetto reciproco. Sapeva quanto Emma avesse sofferto nell’infanzia per la perdita drammatica dei genitori, di tutta la situazione con Kim-Killian, del figlio perduto …
 
- Ho un’idea Emma!
– Che idea?
– Ingrid non andrà all’appuntamento!
– Come?! È l’unico modo per catturare quel mostro!
– No. Non è l’unico modo! Andrò io al posto di Ingrid. Basta che ci organizziamo ed accordiamo bene con Amarro.  Siamo alte uguali, abbiamo la stessa corporatura, giusto una taglia in meno di seno per me, ma con una parrucca e i vestiti di tua zia, potrei ingannare il killer!
 
Sostituirsi ad Ingrid Frozen era l’unico modo per impedire che le potesse accadere qualsiasi imprevisto. Lorna definì la sua decisione vedendola come la soluzione migliore.
 
– Amarro mi avrà sentita, tua zia indossa la microtrasmittente, ora lo chiamo per vedere cosa ne pensa.
 
***
 
-  Coosa?!! Levatelo dalla mente Lorna!
– Seb stai tranquillo! Non correrò pericoli!
– Non se ne parla proprio Lorna! Sei una Profiler! Stattene nel tuo ufficio! Lascia fare ad altri questo lavoro! Non ho nessuna intenzione di perdere la mia donna in un’azione del genere!
 
L’Agente Scelto Sebastian Jefferson era fuori di sé da qualche minuto, precisamente da quando Lorna gli aveva detto degli accordi presi con il Sergente Amarro. Era vero che lei fosse una Profiler, ma non era solo quello! Un po’ punta sul vivo gli rispose per le rime.
 
– Seb! Capisco la tua preoccupazione, ma ti ricordo che ho una preparazione militare ottenuta pima ancora della laurea in Psicologia e Criminologia! Sono un Maggiore se te lo ricordi! So difendermi, conosco le arti marziali abbastanza per stendere il killer appena mi si avvicina. Ingrid non sarebbe in grado di farlo!
– Lo so che sei un Maggiore! Ma cazzo! Sei anche la mia donna!
 
Lorna sorrise e si avvicinò sensuale a Sebastian. Lui si voltò di schiena con le braccia incrociate. Era dispotico quando si trattava della sicurezza delle persone che amava. Lei gli accarezzo le spalle coperte da una sottile maglietta di cotone che ne esaltava i muscoli possenti, poi lo circondò con le braccia intorno alla vita, poggiando una guancia al centro della sua schiena.
 
– Vedrai che andrà tutto bene Seb! Non sarò sola no?
 
Lui si voltò lentamente tra le sue braccia e a sua volta le circondò la vita con le proprie. Lei sollevò il viso per guardarlo negli occhi. Erano cupi, il loro normale celeste sembrava il nero petrolio di un profondo lago in quel momento.
 
– Io ti amo Lorna! Combatto ogni giorno per sfuggire dal pericolo del mio lavoro e tornare da te. Sono un Navy Seal e tu sei il mio porto sicuro dove tornare. Non voglio perderti, ho bisogno di te!
– Anche io ho bisogno di te Seb! Ma quel mostro va fermato! Posso farcela.
– Ti lascerò fare, ma ad una sola condizione Lorna!
– Quale?
– Sarò io a monitorare la situazione!
– Sei in un altro reparto … devi chiedere il consenso a Killian …
- Me ne frego di Killian e del suo consenso! Non lo faccio per lavoro! Lo faccio per te!
 
Lorna gli portò le braccia al collo e lo baciò d’impeto. Nessun’altro al mondo era come Seb per lei. Lo amava e amava tutto di lui, anche se non glielo aveva ancora mai detto esplicitamente. Non era riuscita a dirgli mai quelle due paroline …
 
Seb si trovò la bocca chiusa dalle labbra avide di Lorna. Era un bel modo di farlo smettere di parlare. Le sue labbra non furono meno avide di quelle di lei. La sollevò tra le braccia con facilità. Nonostante la bella altezza di Lorna, per lui era come una piuma e non ci mise molto a portarla in camera da letto, dove le loro preoccupazioni vennero presto cancellate dal loro focoso amplesso.
 
***
Era bello trovarsi abbracciati e rilassati dopo aver fatto l’amore in quel modo. Sebastian circondava con un braccio le spalle di Lorna e lei teneva la testa sul suo petto, mentre le dita della sua mano sinistra erano intrecciate con quelle della destra di lui, posate sul suo torace muscoloso.
 
– Domani pomeriggio faremo in modo che Emma accompagni sua zia dalla figlia Anna. Tu già sarai dalla ragazza, pronta con la parrucca e il trucco. Ti scambierai i vestiti con Ingrid e metterai al collo il ciondolo creato da Captain Hook. Basterà quell’oretta di visita da Anna per tornare con Emma a casa Frozen e prendere completamente il posto di Ingrid.  Se il killer la sta spiando non avrà sospetti, vedrà Ingrid uscire e rientrare, nessun’altra auto andrà da lei per tutto il pomeriggio, io e gli uomini di Amarro saremo a poca distanza.
– Quando sarà il momento di uscire mi preparerò come avrebbe fatto Ingrid, metterò il vestito che portava la sera della festa con Tilly, sarà ancora più verosimile!
- Si, certo! Altri uomini saranno dislocati sotto copertura intorno al luogo dell’appuntamento.
 – Usa sempre la solita tecnica della cena al ristorante a quanto pare. Poi lui non si presenta e aspetta la donna di turno al varco, sorprendendola di spalle e pugnalandola ad un rene!
– Le sue dinamiche le conosci meglio di me Lorna. Sarà fondamentale la tua prontezza in quel momento!
– So come fare.
– Lo so!         
 
Quel breve discorso finì con un altro bacio da parte di Seb sulla fronte di Lorna. Lei sollevò il viso e si portò su di lui. Avevano il resto della notte per loro e la mattina sarebbe arrivata anche troppo presto.
 
***
Un profumino di bacon fritto aleggiava per la cucina. Lorna si alzò dal letto sorridendo, sapeva che Sebastian avesse preparato una delle sue colazioni ipercaloriche. Ne avevano bisogno entrambi in effetti! Entrò in bagno e fece velocemente una doccia calda, poi con l’accappatoio ancora umido addosso e i capelli castani, lunghi fino alla base del collo, sgocciolanti, andò in cucina. Seb sollevò gli occhi verso di lei e le fece un sorriso raggiante.
 
“Come non ricambiare quel sorriso stupendo Seb?!”
– Ciao Bellezza! Ben svegliata!
– In effetti mi sono svegliata piuttosto bene, si grazie!
 
Lui ridacchiò maliziosamente, sapeva di aver contribuito parecchio a farla star bene quella notte.
 
– Vieni, siediti e mangia!
– Ma hai cucinato per tutto il tuo vecchio reparto di Navy Seals, Seb?!
Sul tavolo rotondo della cucina di Lorna c’era di tutto e di più! Dalle uova al bacon ai pancakes, latte, caffè, spremuta d’arancia, frutta …
 
- Meglio tenersi in forze no?
– Starò bene fino a cena così, ma non ho intenzione di sentirmi un mattone nello stomaco tutto il giorno!
– Ma va là! Con il tuo metabolismo smaltirai presto! Non metti un grammo!
 
Per quello Lorna era fortunata, non ingrassava facilmente, grazie ad una dieta equilibrata e all’attività fisica.
 
– Non dirlo! Ho preso un chilo quest’ultimo mese!
– Lo hai messo sulle tette?! Mi sembrano cresciute, non mi stanno più in mano!
– Seeeb!
 
Lei rise, fintamente scandalizzata del suo solito modo diretto di esprimersi, ma sapeva che fosse anche il suo modo di farle un complimento.
 
– Se lo avessi messo lì andrebbe meglio per interpretare Ingrid, lei è piuttosto  … abbondante!
– Non voglio pensarci Lorna! Altrimenti mi torna in mente il trattamento che fa quella “bestia” alle sue vittime!
 
Un brivido passò per la schiena di Lorna. Lei aveva visto dal vivo che trattamento riservasse il killer, in particolare al seno sinistro delle sue vittime!
 
Cercò di non pensarci e iniziò a mangiare. Aveva appena infilato una forchetta sulla pila di pancakes allo sciroppo d’acero, che il cellulare di Seb squillò. Lo vide guardare lo schermo storcendo la bocca.
 
– Il Capitano?
– E chi ti rompe al momento meno opportuno?!
– Gli dirai di questa sera?
– Non ci penso per niente!
– Dai rispondigli!
 
Seb rispose e dalle parole smozzicate e dalle espressioni sul suo viso, Lorna intuì che non era una bella telefonata, poi lui la nominò.
 
– Si … Lorna è qui con me, te la passo. Tieni, vuole parlarti. Ha bisogno di te per una consultazione …
 
Lorna scoprì, rispondendo a Captain Hook, che era morta una delle sue agenti più vicine. Era una ragazza madre che aveva lasciato una figlioletta di quattro anni. Killian e il commissario della Polizia di Dublino, avevano bisogno di una consulenza per capire meglio il profilo dell’assassino, poiché continuavano a navigare nel buio.
 
 – Non posso partire per l’Irlanda prima dei prossimi due giorni Killian, stiamo stringendo il cerchio per un altro caso qui a Boston e non posso assentarmi ora.
– Va bene così Lorna, anche tra due giorni sarai di grande aiuto!
 
Chiusero la chiamata e Lorna guardò in viso Seb.
 
– Conoscevi l’agente Sweethome?
 
Lui era accigliato e cupo.
 
– Si, la conoscevo benissimo! Abbiamo lavorato insieme fino alla missione in Cina. Un ottimo elemento della Squadra Speciale di Captain Hook!
– Sapevi che è stata uccisa due giorni fa?
– Si.
 
Quel “si” secco fu un colpo al cuore di Lorna.
 
– Perché non mi hai detto nulla?
– Lo sai perché Lorna!
– Non volevi farmi preoccupare per te …
- Beh ora ci ha pensato quel rompiballe di Captain Hook in persona! Ti ha pure coinvolta! Ti accompagnerò a Dublino quando avremo finito con Faris!
 
Lorna sorrise guardandolo intenerita. Seb alzò gli occhi verso di lei.
 
– Che c’è?!
“Ti amo tanto Sebastian!”
 
Era quello che Lorna stava per dirgli, così come era sorto dalla sua mente e dal suo cuore.
 
– No, nulla! Volevo dirti grazie, sono contenta che mi accompagni!
– Ci mancherebbe che ti mando sola!
 
Niente da fare! Non c’era riuscita a dirglielo! Preferì addentare il suo boccone di pancake, mentre Sebastian faceva incetta di uova al bacon.
 
***
La sera era arrivata e fino a quel momento tutto era andato secondo il piano. Lorna ed Emma erano a casa Frozen e lei stava vedendo con la giovane collaboratrice cosa indossare del vestiario di Ingrid.
 
– Avevo pensato inizialmente all’abito che tua zia indossava quando ha conosciuto Faris, ma lo vedo troppo stretto sulle gambe. Non mi da possibilità di movimento con le arti marziali. Vediamo un pantalone nero elegante e qualcosa da mettere sopra in abbinamento!
– Che ne dici di questa camicia smeraldo di raso con la fusciacca?
– Mmm! A tua zia quel colore dona di sicuro! Vediamo …
 
Lorna indossò i pantaloni e la camicia. Si incrociava sotto il seno, mettendolo ancor più in evidenza. La allacciò con la fusciacca nella stessa stoffa, lasciandola poi pendere su un fianco. 
 
– Mmm! Decisamente risalta il torace alla perfezione e resta molto elegante. Faris andrà fuori di sé con questa scollatura!
– Stai attenta Lorna! Abbiamo già visto quanto è subdolo quell’uomo!
– Fai come Seb ora?
 
 
Lorna sorrise ed Emma scosse la testa.
 
– Sei fortunata ad avere un uomo innamorato come lui Lorna!
 
Il Maggiore Stone si voltò verso Emma e osservò la tristezza dipinta nei suoi occhi.
 
– Hai rotto definitivamente con Killian?
 
Era da un po’ che non parlavano del suo rapporto con il Capitano. Emma non le aveva detto nemmeno di Neal, avevano avuto parecchio lavoro e pensieri in quelle settimane.
 
– Per una serie di circostanze il mio orgoglio ha deciso di dire basta! Lui si è sposato! Forse Seb te lo ha detto …
- Si me lo ha detto …
- Beh! Non credo ti serva altra spiegazione Lorna!
– Non posso darti torto. Io ho fatto quello che potevo per aiutarlo, ma lui ha un suo modo di ragionare e vedere le cose che va oltre la comprensione media. Ha agito con consapevolezza e motivazioni per lui valide. Le doveva condividere con te e non lo ha fatto. Le conseguenze sono quelle che gli avevo predetto. Scommetto che ora si sente pure offeso!
– Si senta come vuole! Io non sono il suo burattino, né una bambola di pezza senza cervello, senza cuore e senza sentimenti. Ho trovato chi mi ama e apprezza e soprattutto non mi mente!
– Ooh! Sono contenta per te Emma! Ma se sei felice mi spieghi il perché di quello sguardo e quel sospiro di prima?
– Lo puoi intuire Lorna, sei stata la mia Psicologa prima che il mio Capo …
- Hai trovato qualcuno che ti ama, ma tu non lo ricambi come merita e come vorresti!
 
Il silenzio di Emma fu eloquente e Lorna le sollevò il viso con la mano.
 
– Emma, sei intelligente e hai sani principi! Sii onesta con te stessa in primis e poi con lui, chiunque esso sia!
 
Le lasciò il viso e si guardò ancora nello specchio, sistemando la scollatura della blusa verde smeraldo. Si arricciolò meglio un boccolo della parrucca bionda come i capelli di Ingrid e si voltò nuovamente verso Emma. Sicuramente lei stava riflettendo su quanto appena detto. Era giusto che lo facesse.
 
– Ora inizia il ballo e bisogna ballare Emma! Mi manca solo il ciondolo con la microcamera e posso uscire.
 
***
 
Il ristorante dell’appuntamento non era molto affollato. Lorna entrò con passo sicuro e sguardo attento. Sapeva che non avrebbe trovato lì Faris, come sapeva che sicuramente non ci fosse nessuna prenotazione a suo nome. Si comportò come se fosse all’oscuro di tutto, atteggiandosi come avrebbe fatto una qualsiasi delle vittime precedenti. Alla reception le dissero che non c’erano tavoli prenotati e dopo aver tergiversato, con atteggiamento fintamente incerto, chiese della toilette e trovatala poté comunicare la sua intenzione a Jefferson che stava monitorando il tutto con Amarro.
Prima di entrare nel locale aveva notato alcuni degli uomini del Sergente ed altri della F.B.I. appostati sotto copertura. Uscì dal locale con l’adrenalina a mille. Doveva dirigersi verso l’auto di Ingrid e sapendo che il parcheggio fosse in una zona poco illuminata si aspettava lì l’attacco del killer. Il furgoncino nero con a bordo Seb e gli altri era parcheggiato lì dal pomeriggio, se c’era stato qualche strano movimento di sicuro lo avevano già notato, ma non le avevano comunicato nulla con il microauricolare che portava inserito nell’orecchio sinistro.
Si addentrò nella stradina che portava al parcheggio. Incrociò una coppietta che si teneva abbracciata ridendo e parlottando. Scrutò se ci fossero rientranze lungo i muri ove il killer potesse appostarsi. Nulla, nessuno! Temette che Faris non si presentasse, che si fosse accorto che non si trattasse di Ingrid. Era sicura che l’avesse in ogni caso spiata. Il suo trucco facciale era stato curato per renderla più somigliante ad Ingrid e la poca luce poteva contribuire ad ingannare ulteriormente anche l’occhio più acuto.
Si era avvicinata all’auto ormai e non si era visto e sentito nessuno. Era quasi delusa, ma la sua adrenalina era ancora iperattiva. Nonostante i sensi all’erta, non si accorse dell’ombra che stava scivolando in quel momento nel buio tra le auto parcheggiate nel cono d’ombra vicino a quella di Ingrid.
L’ombra impercettibile si mosse velocemente dietro di lei. Estrasse senza rumore alcuno uno stiletto di una decina di centimetri e si apprestò a colpirla. Il piede del killer urtò qualcosa che nel buio non aveva visto, una lattina di birra mezza schiacciata che emise il suo leggero rumore metallico. Lorna non aveva ricevuto avvisi da Seb nell’auricolare, ma scattò come una molla, ruotando su se stessa e slanciando una gamba in avanti, colpendo in pieno stomaco la sagoma nera, vestita come un Niinja. L’uomo emise un suono gutturale di dolore e si piegò istintivamente in avanti. Lei lo disarmò in un attimo buttando via lo stiletto.
 
– Faris sei in arresto!
 
L’uomo, disarmato, venne bloccato ai polsi dalle mani di Lorna. L’affermazione del Maggiore Stone e i rumori emessi nella veloce lotta, avevano fatto entrare in azione Seb e gli altri agenti, collegati tramite trasmittente all’orecchio.  L’assassino si vide perduto e approfittando della propria forza fisica, superiore a quella di Lorna, riuscì a divincolarsi dalla sua presa per sfuggirle. Non andò lontano. Sulla sua strada incrociò un Navy Seal piuttosto arrabbiato e ben più forte di Lorna e di lui.
Sebastian Jefferson non ci mise nulla a fermare la fuga del Dottor Albert Faris. Lo atterrò in men che non si dica.
 
– Come diceva la Signora … ti dichiaro in arresto, qualsiasi cosa dirai sarà contro di te, hai diritto a non parlare e ad avere un avvocato, ma per ora avrai la nostra compagnia. Sergente Amarro è tutto suo!
 
Sebastian tirò in piedi Faris e mentre lo teneva artigliato per una spalla, dopo averlo ammanettato con le mani dietro alla schiena, gli strappò dalla testa il cappuccio nero. Il viso tirato, con i capelli sparati, di Albert Faris comparvero alla luce del lampione. Lorna ed il Sergente Amarro, circondati dagli altri uomini, sia della Polizia sia della F.B.I. con le pistole puntate sul killer, erano intorno a loro. Lorna riconobbe il viso che aveva ben studiato sull’identikit descritto da Ingrid e dalle sue amiche. La labbra di Faris, sormontate da un evidente neo laterale, si tirarono in un ghigno quando si avvide definitivamente che quella bella donna non fosse Ingrid Frozen.
 
***
Mentre si svolgeva quell’azione di arresto, un’altra squadra, composta da Graham, Emma e altri agenti della scientifica, arano arrivati ad un’isolata casetta, individuata tra quelle che Olden aveva trovato come vecchi domicili di Faris. Si trovava fuori Boston, ma era accessibile facilmente grazie alla possibilità della rete di trasporto pubblico che vi arrivava.
La casa era in evidente abbandono, disabitata da un pezzo. Il proprietario aveva detto ad Olden che Faris era stato l’ultimo affittuario da mesi e che, essendosi trasferito dalla figlia in California, non si era più premurato di affittarla ad altri o di controllarla. Quelle particolarità, rispetto agli altri vecchi domicili, avevano fatto individuare la casa come quella giusta per gli interessi di Faris.
Gli agenti dovettero entrare forzando la porta e, nonostante fossero sicuri dello stato di abbandono, entrarono con le pistole in pugno. Rovistarono ovunque, separandosi nelle varie stanze. Graham prese le scali dello scantinato insieme ad un altro agente. Poco dopo si sentì la sua voce chiamare.
 
– Swan! Edwin! Venite da questa parte!
 
La Dottoressa Swan e il collega della scientifica scesero per la scala del seminterrato, illuminata dalla semplice lampadina elettrica che pendeva da uno dei travi di legno del soffitto. Graham e il Dottor Lewis, della scientifica, erano davanti ad un armadietto aperto. Dei barattoli di vetro si intravvedevano dal suo interno. Emma ed Edwin si avvicinarono.
 
– Quelli sono …
 
I contenuti giallastri, depositati sul fondo dei barattoli vitrei, erano immersi in una sostanza liquida che li conservava. Ad Emma passò un brivido per la schiena e un senso di disgusto le partì dallo stomaco.
 
– Si Emma! Abbiamo trovato i trofei di Faris!
 
Ogni barattolo era contrassegnato dal nome della vittima e, da quello che poterono appurare e contare, Faris aveva ucciso più donne di quante ne immaginavano. Si apprestarono a prelevare le prove per portarle in centrale. Sapevano che la scientifica avrebbe avuto parecchio lavoro i giorni seguenti, ma anche il reparto dei “Cacciatori di menti” non aveva finito.
 
***
 
Che il ferro andasse battuto finché fosse stato caldo, non era solo un motto. Era quanto ritenesse il Maggiore Stone per ciò che conosceva dei killer psicopatici.
In quel momento Faris era abbattuto, poco razionale, appena scoperto e catturato. Era il momento buono per torchiarlo in un interrogatorio, portarlo a confessare i suoi delitti, anche se di prove ce ne erano abbastanza. Era appena arrivata, con Emma e Graham, vestiti con il loro giubbotto d’ordinanza blu con una enorme scritta ”F.B.I.” sulla schiena, la notizia del ritrovamento di reperti molto sensibili in una delle case che erano state abitazioni precedenti del farmacista.
 
Lorna, ancora con gli abiti di Ingrid addosso, entrò nella stanza dello specchio per interrogare l’uomo appena arrestato. Sebastian rimase con Amarro nella stanza adiacente, guardando dallo specchio e ascoltando dall’interfono.
 
– Sono il Maggiore Lorna Stone, sono la Psicologa della F.B.I.  Dovrò interrogarla e lei già sa quali sono i suoi diritti.
 
L’uomo la guardava attentamente, scrutandola dalla testa ai piedi e soffermandosi sulla scollatura della blusa. Lorna vide spuntargli sulle labbra il sorriso ironico di poco prima. Seppe da quell’espressione che l’uomo iniziasse a riprendersi e a fare muro nei confronti delle sue domande.
 
– E così Lorna sei riuscita a catturarmi! Brava! Brava e bella devo dire!
 
I complimenti di quell’uomo non toccavano minimamente la Psicologa, sapeva che fosse un modo seduttivo nei suoi confronti. Doveva mantenere freddezza e lucidità, tenendo conto di chi aveva davanti.
 
– Ha la possibilità di confessare subito la verità sulle sue azioni.
– La verità sulle mie azioni? Io non ho fatto nulla. Mi trovavo in quel parcheggio e tu mi hai dato un calcio nello stomaco. Io non avevo fatto niente!
 
L’espressione di Faris era ironica. Di quel passo non avrebbe confessato nulla.
 
– Aveva uno stiletto e stava per pugnalarmi alle spalle. Ha detto pocanzi che sono riuscita a catturarla …
- Infatti mi hai catturato insieme a quel “molosso”, ma io non avevo cattive intenzioni nei tuoi confronti, lo stiletto lo avevo solo per difendermi da qualche malintenzionato!
 
Rigirare la situazione era tipico degli Psicopatici e Lorna lo sapeva bene. Doveva giocare un altro tipo di carta se voleva tirargli fuori una confessione.
 
– Hai ucciso più di quindici donne Faris!
 
Lorna passò a dargli del tu, un modo più confidenziale per le domande dirette che gli voleva rivolgere.
 
– Io non ho ucciso nessuna donna bellezza!
– Hai scritto i loro nomi sui trofei che ti sei portato a casa!
 
Un leggero disappunto si lesse negli occhi del killer scoprendo che i suoi trofei erano stati trovati, Lorna catturò al volo quello sguardo e ne approfittò.
 
– Un vero peccato che qualcuno ti abbia privato di quei ricordini a cui tenevi tanto povero piccino! Quale è il significato di quei trofei per te Albert? Ti ricordano la mammella cattiva della tua mammina? Non ti ha allattato abbastanza?
 
Faris esplose in una risata.
 
– Stai facendo il giochetto della sfida con me Lorna? Ci prendi gusto? Scommetto che ci godi in questi interrogatori! Scommetto che sotto questo tavolo stai aprendo le cosce e sei tutta bagnata! Ti eccita sentire come un assassino massacri la sua vittima? Cosa vorresti che ti raccontassi? Vorresti i dettagli su come quelle donne sono state uccise? Violentate? Amputate?
 
Decisamente il Dottor Albert Faris era un osso duro. Era intelligente e manipolativo, non era certo facile farlo confessare, ma il fatto che avesse cambiato discorso rispetto alla domanda di Lorna, le disse che poteva battere ancora su quel punto.
 
– Hai ragione Albert, mi piace giocare con i criminali, ma non come pensi tu o per i motivi che vuoi credere. Hai tentato di rispondermi alla provocazione con la provocazione. Che tipo era tua madre Albert? Quante volte ti ha fatto soffrire quella donna? Perché si, sono sicura che sia stata una madre crudele con te. Non oso neppure pensare quel bambino castano cosa abbia dovuto patire. So che avevi un fratello disabile Albert … Samuel!
 
Faris ebbe una specie di sussulto. Lorna non era andata a caso. Si era documentata per bene su di lui e sulla sua vita.
 
– Era il tuo gemello vero? Vedo che non rispondi Albert … è un brutto ricordo per te. Tua madre sicuramente era più legata a lui, era quello che aveva bisogno di lei e per questo ti trascurava e non ti considerava. Le sue attenzioni erano tutte per lui …
 
Il tono di Lorna era diventato man mano sempre più suadente e quasi accorato. In Faris stavano tornando vecchie immagini del suo passato, immagini che lo destabilizzavano e lo facevano arrabbiare.
 
– Non ce la facevi più ad essere messo sempre da parte, non ti toccava mai l’abbraccio di tua madre …
- Smettila! Usi questa di carta ora?
– Sono una donna! Noi siamo cattive come tu pensi! Ti respingiamo e allora tu usi le maniere forti, ma lo fai vigliaccamente. Colpendo alle spalle. Magari hai colpito alle spalle anche tua madre, facendola ruzzolare per le scale.
– Basta! Ha avuto quello che meritava!
 
Faris iniziava a perdere il controllo e Lorna insistette sullo stesso tasto.
 
– Anche Samuel meritava quella fine?
– Certo! Era una larva! Non serviva a nulla! Prendeva tutto lui senza meritarselo!
– Ma pure se Samuel è morto tua madre ha continuato ad odiarti!
– Nooo! Mia madre mi amava!
– Non è vero e lo sai. Lei voleva bene solo a Samuel.
– Nooo!
– Si! A Samuel, il piccolo che teneva sul cuore, non tu.
– Sei una maledetta puttana! Dovevo farti quello che ho fatto alle altre! Ora staresti piangendo! Ti avrei tenuta in vita solo per divertirmi una nottata e poi saresti diventata un trofeo, come le altre! Perché tu non sei nulla!
 
Lorna  aveva ottenuto quello che voleva. Si alzò dal tavolino dove sedeva difronte al criminale ammanettato.
 
– Sta bene così Faris, ora ti lascio al Sergente Amarro!
 
Nella stanza adiacente Seb e Amarro avevano assistito all’interrogatorio. Si tolsero dallo specchio per avvicinarsi alla porta dalla quale Lorna sarebbe uscita entro pochi secondi. Così facendo non videro cosa successe nella stanza in quella manciata di secondi.
 
Mentre Lorna si avvicinava alla porta che separava le due stanze, Faris prese dalla scarpa sinistra una penna stilografica che aveva rubato, non visto, dall’ufficio dove gli avevano preso le impronte. Era riuscito ad infilarla tra il bordo della scarpa sinistra e la caviglia, sotto i pantaloni. Era già stato perquisito e nessuno lo avrebbe fatto nuovamente. Nonostante le manette ai polsi ebbe abbastanza possibilità di movimento per prendere velocemente la penna e con due balzi essere alla schiena del Maggiore Stone. Quello che non era riuscito a fare nel parcheggio con lo stiletto, lo fece in quella stanza con una semplice penna stilografica. Colpì ripetutamente al rene destro Lorna, ferendola profondamente con la penna acuminata. Lorna non ebbe la prontezza di difendersi questa volta. Non pensava che l’uomo avesse un’arma impropria con sé e non era in guardia come un paio d’ore prima.
Il grido di dolore e il suo cercare di aggrapparsi alla maniglia della porta furono sentiti da Sebastian Jefferson e Samuel Amarro, che erano giusto dietro di essa.
Allarmati aprirono repentinamente l’uscio e si trovarono quella scena agghiacciante davanti. Faris stava infierendo sulla profiler.
 
– Maledetta puttana! Ora sai come si sentivano le altre!
 
Gli schizzi di sangue erano arrivati a coprire il viso dell’assassino. Seb sferrò un calcio su quel viso e fece ricadere due metri indietro l’uomo. Amarro corse verso il criminale, mentre Seb si occupava di Lorna che versava in pessime condizioni.
 
– Chiamate un’ambulanza presto!
 
Dall’ufficio vicino Emma e Graham, sentite le urla e il trambusto,  non si fecero pregare per intervenire. Emma corse da Lorna e Graham si occupò di chiamare l’ambulanza. Intanto Faris veniva portato via.
 
– Emma lasciami sola con Seb …
 
Emma passò con lo sguardo da Lorna a Sebastian che la teneva tra le braccia impotente. Fece un cenno di assenso con la testa e li lasciò soli, allontanandosi verso Jamie Graham.
 
– Seb …
 - Tesoro non sforzarti a parlare!
– Seb … volevo dirti che ti amo!
 
A Sebastian quelle parole provocarono una reazione emotiva che nemmeno lui stesso si sarebbe aspettato. Le lacrime iniziarono a riempirgli gli occhi cerulei.
 
–  Lorna non me lo dici mai! Non me lo dire ora!
– Devo dirtelo! È da tanto che dovevo farlo!
– No Lorna! Ti prego non me lo dire adesso! Dimmelo dopo a casa! Non me lo dire! Non voglio sentirtelo dire così!
– Volevo dirti anche un’altra cosa …
- Me la dici a casa anche quella Lorna! Ora arriva l’ambulanza e tu starai bene vedrai!
– Seb … io ti avrei detto di si …
- Cosa?!!
– L’anello … l’ho trovato nella tua tasca … è un pezzo ormai … perché non mi hai detto quello che avresti voluto!
– Ooh amore! Io … io pensavo che non mi avresti voluto … sono stato uno stupido!
– Non vorrei nessun altro che non fossi tu Sebastian …
 - Lorna … Lorna?! Lornaaa!
 
Lorna aveva perso i sensi. Stava sanguinando tantissimo e Sebastian era coperto dal suo sangue.
 
– Dov’è quella maledetta ambulanzaaaa! Lorna non mi lasciare ti prego! Ho bisogno di te Loornaa!
 
Era diventato un lamento, un rantolo, la voce di Sebastian. Disperato per la sua Lorna. Emma si riavvicinò, anche lei con le lacrime agli occhi. Sebastian teneva stretta a sé la donna che amava e la cullava lentamente, piangendo sul suo viso di un pallore cadaverico.
Un altro lamento si aggiunse al pianto di Sebastian, una sirena che si avvicinava. L’ambulanza era arrivata, ma forse era troppo tardi …
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
Mai, mai e poi mai abbassare la guardia con uno psicopatico, anche se si pensa che sia inerme! Eppure Lorna Stone queste cose le sapeva bene! Non so se arriverà in ospedale viva o morta, ma una cosa è certa … il lavoro dovrà andare avanti con o senza di lei. Nessuno è indispensabile a questo mondo! Mi dispiace per chi ama i personaggi di Seb e Lorna avervi fatto questa brutta sorpresa per la Befana, ma non disperate, ancora non è detta l’ultima! Quell’anello nella tasca di Seb e quello nella tasca di Neal arriveranno mai alle reciproche destinatarie? Lo saprete presto!
Spero di pubblicare il seguito per la prossima domenica, ancora ci sono altri conti in sospeso da chiudere.
Grazie a chi è arrivato fin qui nella lettura e grazie anche a chi vuole venire a cercarmi. Ditemi la vostra se volete, accetto pure gli insulti questa volta ;)))
Un caro saluto e buona Festa della Befana, so che a me porterà una bella calza piena di cenere e carbone ;))
Baci!
Lara
 

 

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Capitolo 46
*** Ultimi saluti ... ***


Capitolo 46


Ultimi saluti …
 


Boston. Kindergarten “The white rabbit”.
 
Erano gli ultimi giorni di scuola e qualcuno, con aria guardinga e fare circospetto, si aggirava intorno alla piccola scuola materna.
Una decina di bambini giocavano nel giardino, vestiti con i loro grembiulini rosa o celesti. La donna dal caschetto rosso puntò lo sguardo verso una bambinetta dai lunghi capelli biondi, che giocava da sola vicino alla ringhiera che racchiudeva il giardino.
Nel modo in cui Eloise Gardener le aveva descritto sua figlia, frequentante quella piccola scuola, Alexandra Pereira, alias Paula Santa Cruz, credette che quella bambina, dal visino delizioso e gli occhioni azzurri, fosse Alice Rodriguez.
 
– Ciao piccola!
– Ciao …
- A che gioco stai giocando?
– Gioco con la mia bambola non lo vedi?
– Si, si ! Lo vedo! Ma a che gioco giochi con la tua bambola?
– Gioco alla maestra!
– Scommetto che tu sei la maestra!
– Io sono una bambina …
- Certo, ma nel gioco sei la maestra o sbaglio?
– Io dico che sbagli!
 
La bambina la stava prendendo in giro e a Paula Santa Cruz stava diventando pure antipatica. Non che avesse mai avuto particolare simpatia per i bambini!
 
“Mocciosetta!”
– Sei tu Alice?
– No!
– Mi stai dicendo una bugia?
 
Paula cercò di assumere un tono dolce e persuasivo.
 
– Io non le dico le bugie!
– Come ti chiami?
– Fiordaliso!
– Fiordaliso? Ma chi è allora Alice tra le tue amichette?
– Oggi Alice non c’è! Non è venuta a scuola!
 
L’insegnante si accorse della donna alla ringhiera e si avvicinò.
 
– Fiordaliso stiamo aspettando te per rientrare!
– Arrivo maestra!
– Cercava qualcosa o qualcuno signora?
– No, no! Non cercavo nessuno! Ho fatto solo due chiacchiere con quella deliziosa piccina!
– Mi dispiace ma non è il caso di parlare con i bambini … sa, per una questione di sicurezza!
– Certo, mi scusi!
 
 
L’insegnante rientrò dietro i suoi piccoli alunni e Paula Santa Cruz, nelle vesti dell’avvocatessa Alexandra Pereira tornò sui suoi passi.
 
“Maledizione! Ero sicura che quella fosse Alice! Era così vicina al cancello che l’avrei potuta prendere in meno di un minuto! Dovrò inventare altro per attirare l’attenzione di Killian Jones. Ero sicura che con il rapimento della piccola si sarebbe fatto vivo. In fin dei conti ora è diventato suo padre sposando Eloise!”
 
Quello che Paula non poteva minimamente sospettare era la prontezza di spirito di Alice Rodriguez Jones. La piccina si era presentata con il nomignolo che le aveva dato Emma Swan fin dalla loro prima conoscenza, per quegli occhioni azzurri come il Fiordaliso. Anche la maestra alla fine la chiamava in quel modo, poiché Alice preferiva farsi chiamare così e non voleva rispondere se la chiamavano con il suo vero nome. Emma Swan non avrebbe mai immaginato che, affibbiando quel nomignolo alla piccola, ne avrebbe impedito un giorno il rapimento e chissà quale fine!
 
Paula Santa Cruz risalì sull’auto che aveva a nolo ormai da qualche mese e imbronciata per il suo insuccesso ripartì. Rapire la bambina ormai non era più possibile. Se non era andata a scuola quel giorno, che era l’ultimo prima delle vacanze estive, non avrebbe potuto di certo rapirla in Casa Famiglia!
 
*** ***
 
I Paramedici avevano fatto tutto il possibile per bloccare l’emorragia al Maggiore Lorna Stone, mentre la trasportavano con urgenza all’ospedale. La sua situazione era gravissima. Sebastian Jefferson lo sapeva, lo aveva capito che per Lorna c’era poco da fare! Eppure la speranza nel suo cuore non lo voleva abbandonare. Era salito sull’ambulanza con la sua donna, voleva starle vicino. Lo avrebbe fatto fino alla fine …
Mentre la guardava, così pallida, su quel lettino, le teneva la mano tra le sue. L’altro braccio di Lorna era impegnato con una flebo. Era priva di sensi già da un po’ e sembrava che il tragitto fino all’ospedale più vicino fosse lunghissimo, nonostante la velocità dell’ambulanza e la sirena spiegata.
Quell’urlo agghiacciante nella notte era lo stesso urlo che gridava nel petto di Sebastian.
 
“Non deve morire Signore! La mia Lorna non deve morire! Ti prego mio Dio, falla vivere. Non sono niente senza di lei, ha dato una ragione di essere alla mia vita! Falla vivere mio Dio!”
 
Aveva mai pregato in vita sua il Navy Seal Sebastian Jefferson, Agente scelto della Squadra Speciale in incognito di Captain Hook? Forse non lo aveva fatto mai prima di quel momento. Ma per Lorna Stone avrebbe fatto di tutto. Avrebbe rinunciato anche alla sua stessa vita pur di rivedere rilucere i suoi occhi castani!
 
Dopo un tempo che gli sembrò infinito, l’ambulanza giunse a destinazione e i Sanitari furono velocissimi a provvedere alla paziente.
 
Tutto scorreva sotto gli occhi di Seb. Tutto quel movimento aveva qualcosa di irreale. Ancora non poteva credere che la sua Lorna fosse in quella situazione. Si sentiva in colpa, tremendamente in colpa per non essere stato abbastanza all’erta. Già nel parcheggio Lorna era stata in grave pericolo. Né lui né gli altri, dentro il furgone, avevano visto arrivare il killer. Se non fosse stato per la prontezza di Lorna a difendersi e il suo urlo, non avrebbero capito che il killer si era mosso come un Niinja nell’ombra tra le macchine. Era entrato in azione come una furia quando aveva capito cosa stava succedendo e si era buttato sul killer affondandogli il viso, coperto da un passamontagna nero, nella poltiglia fangosa che avevano calpestato in quel parcheggio maltenuto. L’avevano preso, arrestato, ammanettato e … credeva di averlo messo in sicurezza definitivamente.
 
“Maledizione! Perché mi sono allontanato dallo specchio?! Avrei visto Faris tentare l’attacco a Lorna … l’avremmo fermato. Questo non sarebbe successo!”
 
Purtroppo era tardi per i se e per i ma. La realtà era crudele. Lorna stava lottando tra la vita e la morte. Gli sembrò che riaprisse gli occhi su quella barella che stavano portando via. Corse verso di lei, ma uno degli infermieri lo bloccò sulla porta.
 
– Spiacente ma qui lei non può entrare, nemmeno se è un parente stretto! La lasci a noi ora!
– Ha riaperto gli occhi! Si è ripresa!
– Meglio nel caso! Stia buono qui ora, lasci fare a noi!
– Seb! Seb!
 
Dietro di lui si sentì la voce affannata di Emma che era arrivata di corsa dal parcheggio, seguita da Graham e Olden.
Emma gli arrivò addosso come un tornado, abbracciandolo per consolarlo, ma forse era lui che doveva consolare lei? In un altro momento lo avrebbe fatto, ma adesso era svuotato e l’abbraccio affettuoso e protettivo di Emma gli fece bene.
 
– Andrà tutto bene Seb! Vedrai! Lorna è una donna forte e coraggiosa! Ti ama tantissimo e ce la metterà tutta per uscire da quella sala operatoria!
 
Sebastian Jefferson avrebbe voluto mostrarsi l’uomo forte e spavaldo che risultava di solito, ma in quel momento l’emotività prevaleva sulla sua formazione militare. Riuscì a trattenere le lacrime, ma Emma gli lesse negli occhi la disperazione. Era qualcosa che lei conosceva bene. Come conosceva bene il dolore della perdita delle persone amate.
Sebastian affondò il viso nei capelli biondi della giovane profiler, ricambiando il suo abbraccio. Un modo per non farsi vedere in viso.
 
– Grazie Emma … Lo so … la amo tanto anche io. So che ce la farà … deve farcela!
 
***
 
L’intervento durò diverse ore. Né Sebastian né Emma e i suoi colleghi si allontanarono da quella sala d’aspetto.  Sebastian era come una belva in gabbia e non faceva che guardare l’orologio. Emma sembrava mantenere la calma, ma era pura apparenza. Era molto legata a Lorna, era la sua mentore ed era diventata una delle persone più importanti della sua vita. Non poteva pensare di perderla così. Anche Jamie e Jimmy erano in totale apprensione e avevano perso la loro solita loquacità. Fino a poco prima avevano fatto varie ipotesi positive sull’esito dell’intervento, ma più il tempo passava e più i loro volti sembravano spegnersi.
 
– Agente Jefferson?
– Si?!
 
Sebastian si era voltato di scatto nel sentirsi chiamare.
 
– Sono il Dottor Waiz, il chirurgo che ha operato il Maggiore Stone … mi hanno detto che lei è il suo compagno
– Si, si Dottore! Mi dica come sta Lorna!
– Non bene purtroppo! Le ho dovuto asportare completamente il rene ferito. Non c’era nulla da fare per salvarlo. Sarebbe morta se non lo asportavo …
- Quindi … è … è viva?
– Certo è viva, ma la portiamo in terapia intensiva. Quando è entrata  aveva ripreso coscienza … ci ha detto del bambino e così ho operato con quanto ho potuto vedere dall’ecografia …
- Bambino?! Scusi … ha … ha detto bambino?
– Sii! Il Maggiore è in gestazione da sei settimane …
 
Sebastian era impallidito e i colleghi di Lorna, intorno a lui, avevano gli occhi sbarrati per la sorpresa. Emma aveva un sorriso intenerito sul viso e le lacrime agli occhi.
 
– Ma forse ancora lei non lo sapeva?
– Io … io lo sto sapendo ora … aspetto un figlio da Lorna?!
 
Il chirurgo sorrise.
 
– Beh! Direi di si! I miei complimenti e soprattutto auguri Agente Jefferson!
– Posso vederla?
– Per ora no Agente! È ancora sotto anestesia e ci resterà fino a verso le 14,00. È monitorata con attenzione. Vada a casa e dorma qualche ora. L’operazione è riuscita e se non ci saranno problemi sarà salva lei e il feto.
“Se non ci saranno problemi?!”
 
Solo l’idea della possibilità di altri problemi faceva sentire un crampo allo stomaco all’Agente scelto. Poteva lasciare così Lorna? Non ci pensava proprio! Sarebbe rimasto all’erta fino al suo risveglio!
 
– Seb il dottore ha ragione! Sei molto provato e anche Lorna ti direbbe di riposarti. Dai! Ti riaccompagniamo a prendere la tua auto e poi vai a riposarti un pochino. Torneremo per le  14,00, per ora non possiamo fare altro per Lorna!
 
Emma non aveva torto. Lorna gli avrebbe detto la stessa cosa. Volle ascoltarla e approfittò del passaggio che Olden diede a tutti loro con la sua auto.
 
***
Come predetto dal Dottor Waiz, Lorna si svegliò dall’anestesia proprio per le 14,00, ma non fu possibile per Seb entrare nella sua stanza. Doveva restare in terapia intensiva per un paio di giorni ancora e il Dottor Waiz permise a Seb di entrare solo il giorno seguente, con l’equipaggiamento che usavano i Paramedici.
 
Con il camice, la mascherina e il berretto in testa, l’agente poté avvicinarsi alla donna che amava, posta sotto una tenda ad ossigeno. Lorna era molto debole, a malapena riusciva a mantenersi con gli occhi aperti. Cercò di resistere per lui, per non farlo preoccupare oltre quanto non lo avesse già fatto.
 
– Amore sono qui!
– Ciao Seb!
 
Lei cercò di sorridere sotto la maschera ad ossigeno.
 
– Perché non mi hai detto che aspetti mio figlio Lorna?
– Te lo hanno detto …
- Si … me lo hanno detto …
- Sei … sei contento?
– Dio mio Lorna! Se sono contento?! Se tu non fossi conciata così sarei l’uomo più felice del mondo! Un figlio nostro, tuo e mio! Non mi pare vero! Pensavi non mi avrebbe fatto piacere?
– No … non per quello! Temevo che lo avrei potuto perdere e volevo dirtelo quando ormai non ci sarebbero stati più pericoli.
– Santo cielo Lorna! Tu sapevi di aspettare un bambino e hai voluto entrare in azione con il killer? Sei una pazza totale lo sai?
– Ero sicura di farcela con il killer e dovevo impedire che fosse Ingrid l’esca. Non sarebbe riuscita a difendersi … lui era arrivato in modo subdolo. Nemmeno tu e Amarro vi eravate accorti …
 
Seb abbassò il viso mestamente.
 
– Purtroppo hai ragione tesoro! Ingrid sarebbe stata colpita e forse uccisa subito. Tu hai saputo difenderti, ma questo non è bastato. Quel pazzo aveva rubato una penna all’ufficio dove gli hanno preso le impronte … Mi sento in colpa per non essere stato allo specchio quando ti ha attaccata …
- Non è colpa tua Seb. Dovevo stare in guardia io stessa. L’eccessiva sicurezza a volte abbassa le difese, come vedi.
– Lo so amore!
 
Nel silenzio che seguì subito dopo, Seb si tolse la mascherina e depositò un bacio sulla mano sinistra di Lorna e la tenne tra le sue. Gli occhi di Seb erano stranamente luminosi in quel momento e Lorna se ne sorprese.
 
– Seb cosa c’è?
 
Lui sorrise maliziosamente.
 
– Sai … visto che ora sei bloccata in questo letto e non potresti comunque fuggire … penso che sia il momento buono per darti questo …
 
Si portò una mano in tasca e prese la scatolina che conteneva l’anello con brillante che da settimane desiderava darle. Aprì la scatolina e si inginocchiò al lato del letto.
 
– Lorna, mi renderesti l’uomo più felice del mondo se mi facessi l’onore di diventare mia moglie e considera che, visto che aspetti mio figlio, è mio dovere fare di te una donna onesta, quindi non accetterò un rifiuto, sei avvertita …
 
Lorna sorrideva nonostante la mascherina per l’ossigeno sulla bocca.
 
– Lorna Stone, mi vuoi sposare?
– Sai che ora non potrò baciarti come vorrei Seb?
– Avremo tempo dopo tesoro e farò in modo che tu mi dia anche gli interessi! Ora datti una mossa a rispondere Maggiore!
 
Lei rise. Ancora c’erano tra loro momenti di ironia come un tempo e a lei quel modo di stuzzicarsi reciprocamente e flirtare, era sempre piaciuto.
 
– Si … si Seb voglio sposarti.
 
L’ironia sul volto di Sebastian diede spazio ad una espressione di tenerezza e commozione che Lorna non gli aveva mai visto. Gli occhi celesti dell’Agente scelto si inumidirono e quelli di Lorna risposero in sintonia.
 
– Ti amo Sebastian!
– Ti amo anche io Lorna!
 
Lui mise l’anello all’anulare di Lorna e poi le baciò nuovamente il dorso della mano. Non potendo abbracciarlo e baciarlo come avrebbe voluto, lei non poté fare altro che fargli una carezza sulla guancia leggermente ispida, con la stessa mano.  
 
– Devi guarire presto Lorna, appena potrai rimetterti in piedi ci sposeremo, voglio che nostro figlio abbia due genitori legalmente sposati quando verrà al mondo!
– Se fosse una figlia?
– Voglio le stesse cose per lei. Non farei differenza alcuna tra un figlio e una figlia!
 
Lorna era sicura che Seb sarebbe stato un ottimo padre per suo figlio o figlia e lo guardò con tenerezza. Nella sua situazione ancora il feto correva dei rischi, ma non gliene voleva parlare in quel momento, non voleva distruggergli le speranze e non voleva distruggerle a se stessa.
 
– Seb …
- Si?
– Non potrò lavorare per un po’ …
- Sei ferita tesoro! Stai in malattia fino a che ce ne sarà bisogno e poi avrai la maternità! Quando potrai riprendere il tuo lavoro ci organizzeremo con il piccolino!
 
A sentirlo Lorna stava pensando che lui fosse veramente adorabile. Non solo le dimostrava tutto il suo amore, le dimostrava anche un grande rispetto per la sua professione e per i suoi desideri.
 
– Si, ci sarà un momento in cui rientrerò al mio lavoro. Per ora dovrò lasciare che Emma mi sostituisca a tutti gli effetti.
– In fin dei conti è il tuo braccio destro no?
– Infatti è così. Ho bisogno di parlarle … sai che sarei dovuta partire per Dublino i prossimi giorni, Killian mi aspetta …
- Mmm! Dove vuoi andare a parare ora? Sai come stanno quei due adesso?
– Questo è il problema!
– Forse è meglio che tu mandi Olden o Graham!
– Sai Seb? Forse non tutti i mali vengono per nuocere. Magari con quest’occasione trovano anche il modo per chiarirsi!
– O Emma trova il modo per accopparlo il Capitano! Tu non l’hai vista arrabbiata come l’ho vista io!
– Ovvio che sia arrabbiata, ma ancora lo ama e non credo che per lui sia diverso. Dille di venire da me per favore, dovrà eseguire i miei ordini, anche se non volesse.
 
***
 
Decisamente Emma Swan non prese molto bene gli ordini del suo Capo!
Quando Sebastian Jefferson le aveva detto che Lorna le doveva parlare, aveva capito che si trattasse del passaggio del testimone per il periodo della sua malattia. Non si aspettava di ricevere l’ordine di partire per l’Irlanda e offrire la sua collaborazione proprio a Killian Jones, alias Captain Hook!
 
– Lorna non puoi chiedermi questo!
– Tecnicamente posso Emma e vorrei che tu accettassi senza farti troppi problemi! Il Capitano è in una difficile situazione in questo momento. Non solo porta avanti il suo lavoro, deve anche proteggere i suoi agenti, visto questo assassino che gli sta decimando la squadra! Per la tipologia dei crimini se ne sta occupando la Polizia di Dublino, ma lui, nel suo ruolo, è coinvolto doppiamente. Hanno bisogno di un bravo Profiler e tu sei l’unica al momento in grado di sostituirmi. Lo so cosa c’è stato tra te e lui, devi solo essere professionale e non lasciare all’emotività di prendere il sopravvento.
– Facile a dirsi Lorna! Ma a farsi?
– Troverai il metodo Emma, ne sono sicura. Seb ti darà le indicazioni per raggiungere la base segreta di Captain Hook, quando sarai davanti a lui sfodera la tua professionalità, non pensare ai sentimenti che provi per lui. Domani mattina Sebastian ti aspetterà nell’ufficio del Comandante Shatneer, avrai il suo permesso di entrare in missione e Seb ti darà le indicazioni necessarie.
 
Emma uscì dalla stanza della terapia intensiva e lasciò all’infermiera il camice e la mascherina che aveva indossato per stare con Lorna.
Rientrata in ufficio i suoi colleghi notarono il suo viso imbronciato. Graham le si avvicinò guardingo, conoscendola sapeva che ci fosse qualcosa che non andasse, ma doveva stare attento a chiedere. Emma arrabbiata poteva diventare violenta!
Olden lo seguì nell’ufficio di Lorna e fu lui a chiedere.
 
– Swan che è successo? Non sei andata dal Maggiore?
– Certo che si, Jim!
– Perché quella faccia arrabbiata? Ti ha fatto qualche rimprovero?
– Magari! Sarei più contenta!
– Allora che ti ha detto?
– Devo partire per Dublino entro dopo domani!
– Dublino?!
 
I due uomini fecero la domanda in coro.
 
– Si, avete sentito bene. Serve un Profiler esperto. Doveva andare lei, ma come sapete …
- Quale sarebbe il problema? Non ti senti all’altezza?
– Ma che dici Olden! Sono onorata che Lorna mi consideri sua valida sostituta …
- Allora perché quel muso lungo?
– Graham … la questione è che lavorerò con una mia vecchia conoscenza che detesto! Soddisfatti ora?
– Non sei il tipo che si fa abbattere da una cosa del genere Swan! Vai e fai vedere chi sei?
– Certo Swan! Sei una professionista, che ti importa di rivali o altro!
“Rivali? Olden pensa che si tratti di un collega con cui sono in rivalità? Magari fosse così!”
– Grazie per la fiducia e la stima ragazzi. Ce la metterò tutta per non far sfigurare l’ufficio!
 
***
 
Ingrid si era finalmente rilassata dalla tensione e dai timori dei giorni precedenti. Albert Faris era in carcere e sarebbe stato processato molto presto, per i casi come il suo la giustizia era particolarmente veloce e severa.
Fu contenta di vedere una volta tanto Emma tornare presto a casa, ma si dovette ricredere quando le comunicò la necessità di quel viaggio in Irlanda.
 
– Tesoro che effetto ti fa tornare in Irlanda? Non ci sei più stata da quella volta dell’incidente …
- Non ti preoccupare mamma! Non credo sia quello il problema! Magari mi riconcilio con il paese!
– Ma c’è qualche altro problema che non so?
– No assolutamente! Ceniamo in pace mamma! Era un modo di dire!
– Quanto dovrai stare in Irlanda?
– Dipenderà dal tempo che ci impiegherò a fare il mio lavoro. Dovrò esaminare ogni dettaglio … potrebbero volerci un paio di settimane, ma spero di sbrigarmi!
– Peccato che Elsa sia ancora in mare con Liam! Avreste potuto incontrarvi! Comunque a Dublino potresti andare a trovare gli zii di Liam, Henry e Janette! Gli porteresti anche i miei saluti!
– Mamma … non sarò lì per turismo! Ancora non so dove si trova l’ufficio e non ho idea se riuscirò ad avere il tempo per le pubbliche relazioni, quindi non far sapere nulla né a Elsa né ai Signori O’Danag!
– Sono sicura che sarebbero felici di ospitarti! Non ti hanno ancora conosciuta … Henry ti fu molto vicino quando eri ricoverata … credo che sarebbe una gioia vederti grande e bella come sei diventata nonostante tutto!
 
Ad Ingrid si erano inumiditi gli occhi al ricordo di quel terribile periodo.  Emma immaginò che al Professor Henry O’Danag e Signora, probabilmente avrebbe fatto piacere conoscerla, ma l’idea che organizzassero un pranzo o una cena con il loro adorato nipotino …
 
“No! Decisamente no! Già è troppo che lo dovrò vedere per lavoro! Chissà se ha detto agli zii che si è sposato! … Idiota!”
– Zia cerchiamo di mangiare e non pensare al passato … è passato ormai! Bisogna andare avanti sempre e comunque!
 
L’aveva chiamata “zia” questa volta, erano anni che non lo faceva e Ingrid capì che in ogni caso Emma era tesa per quel viaggio. Decise di non parlare più del passato e dell’Irlanda per quella sera, ma forse una telefonata alla sua ormai amica Janette O’Danag l’avrebbe fatta nei giorni seguenti!
 
***
 – Pronto il bagaglio Emma?
 
L’Agente Jeffersn era tornato nella sua modalità di Agente speciale, con sorriso ironico, non sembrava lontanamente l’uomo che due giorni prima si era lasciato abbracciare e consolare per l’incidente a Lorna.
 
– La mia valigia è pronta Agente Jefferson!
 
Erano nell’ufficio del Comandante Shatneer, il luogo dove Sebastian arruolava i migliori agenti del Bureau per le missioni in incognito della Squadra Speciale. Come al solito il Comandante lo aveva lasciato solo con la “recluta” di turno.
 
– Sai che entrerai nella base di una squadra che lavora in incognito … Ovviamente l’ufficio stesso ha una copertura e nel caso specifico ne ha diverse. Le insegne ti parleranno di tre diverse agenzie. Una Assicurativa, una di Viaggi e una di Moda. Dislocate tutte nella stessa palazzina, con  la stessa entrata principale … tieni … questo è l’indirizzo esatto!
 
Seb si mise una mano in tasca e ne estrasse un biglietto pubblicitario con i nomi delle tre agenzie e l’indirizzo.
 
– Ti presenterai alla segreteria  al pianoterra, chiederai se hanno visto entrare il tuo gatto rosso a pelo lungo. È la tua parola d’ordine. Se la persona ti risponderà: “È arrivata solo Cat woman!”, quella è la conferma che puoi entrare nella stanza che ti indicheranno. Trovi un ascensore occultato lì, prendilo e ti ritroverai nell’ufficio segreto del Capitano. Ci sono stati degli omicidi nella squadra … “Lui” ha bisogno di aiuto per capirci meglio.
– Non credo che “Lui” sarà felice di questo scambio!
– Felice o meno non ha importanza!
– Non ha fatto commenti?
– Emma … “Lui” ancora non sa di Lorna e non sa che sarai tu a sostituirla!
– Coosa?!
– Non ti farebbe partire di sicuro se lo sapesse!
– Ah! Così stanno le cose? Allora sono felice di andarci!
 
Seb si rese conto che Emma ancora fosse arrabbiata con Killian, lui non l’avrebbe voluta a Dublino solo per tenerla lontano e protetta, non certo per mancanza di stima o fiducia nelle sue capacità!
 
– Ricordati che sei un’Agente Emma e una Profiler in particolare, resta fredda e professionale!
– Si, lo so come devo comportarmi, anche Lorna me lo ha detto!
 
Seb si alzò dalla sedia ed Emma capì che l’incontro fosse finito. In piedi anche lei, si scambiarono un saluto con una stretta di mano.
 
– Buon lavoro e buona fortuna Dottoressa Swan, io non potrò venire a Dublino questi giorni. Tieni d’occhio il Capitano!
 
Le aveva detto l’ultima frase facendole l’occhiolino. Emma strinse i denti e si accigliò, non era in vena di scherzare e Killian Jones avrebbe fatto bene a starle alla larga!
 
– E tu accudisci Lorna Agente Jefferson …
 
***
– Vuoi che porti un messaggio alla tua famiglia o a Killian in particolare Brennan?
 
Prima di partire Emma aveva voluto far visita in ospedale a Brennan Jones. Era stato operato ma non se la cavava bene. Ingrid stava andando da lui a trovarlo quei giorni e si era presa l’impegno di provvedere a lui in assenza di sua nipote. Brennan era molto grato ad entrambe e si sentiva anche in imbarazzo. Sentiva nei confronti di Emma un grande affetto ormai, affiancato a un forte senso di colpa per quanto successo in passato ai suoi genitori. 
 
– Non ti preoccupare Emma! Non ce ne è bisogno! Liam è in mare, mio cognato e mia cognata non verrebbero qui comunque e Killian sai come la pensa su di me. Qui sono accudito e curato, la mia famiglia non potrebbe fare di meglio e poi ho te e tua zia che siete di conforto, siete i miei angeli custodi, anche se non me lo merito!
– Non dire così, tutti hanno il diritto ad una seconda possibilità …
- Emma cara … non avrò abbastanza tempo per averla questa possibilità!
 
Il sorriso di Brennan era carico di tristezza e rammarico, sapeva che ormai non sarebbe vissuto molto altro. L’intervento sicuramente gli avrebbe regalato qualche atro mese, ma era tutto così relativo e lui si sentiva stanco, tanto stanco, soprattutto stanco di vivere e privo ormai della speranza di riappacificarsi con il suo secondogenito.
 
– Non voglio sentirti perdere le speranze Brennan! Ti ho detto che avrai una seconda possibilità, ma tu devi crederci e devi volerlo! Se ti abbatti così, sentirai la vita sfuggirti dalle mani prima del tempo. Voglio trovarti in piedi e a casa tua quando torno! Promettimi che sarà così!
 
Brennan aveva uno sguardo e un’espressione titubante.
 
– Promettimelo!
 
Davanti alla volontà ferrea di quella meravigliosa ragazza, l’uomo si sciolse di tenerezza. Voleva che lei fosse contenta, che potesse essere felice e non voleva deluderla. Il sorriso gli si aprì sincero tra le rughe del viso stanco e sofferente.
 
– Farò in modo di essere in piedi e a casa mia quando tornerai. Ti aspetterò lì Emma,  te lo prometto!
 - Sappi che ci conto! Ora devo andare!
– Fai buon viaggio figliola!
– Tu stammi bene Bren!
 
Emma non poté non lasciargli un bacio sulla fronte prima di andar via, Brennan ne fu emozionato. Mentre lei si voltava per prendere la porta, l’uomo si permise di far uscire una lacrima dai suoi azzurri occhi umidi.
 
***
Poteva non salutare Neal? Gli aveva detto del suo viaggio lavorativo a telefono il giorno prima e lui era rimasto silenzioso qualche secondo. Nella mente dell’architetto erano passati diversi scenari pericolosi per Emma, non li aveva confidati a lei, ma si era fatto spazio nella sua mente l’idea di trovare quanto prima il modo per dirottarla dal suo lavoro.
 
Il pranzo volgeva alla fine.
 
- Vuoi un dolce Emma?
– Un gelato alla vaniglia e cioccolato magari!
– Bene! Te lo ordino.
 
Neal si era alzato ed era sparito verso la sala attigua. Tornò sorridente due minuti dopo e si rimise seduto al tavolino apparecchiato per due.
 
– Torni presto me lo prometti?
 
Emma non voleva spegnere quel sorriso sul volto del ragazzo, ma nemmeno poteva dire bugie.
 
– Neal te l’ho già detto! Dipenderà dalla complessità del caso e dalla mia capacità di capirci qualcosa.
 
Intanto il cameriere stava arrivando con una coppa gelato e un caffè per Neal, sul vassoio. Porse il piattino con la coppa gelato ad Emma e fece lo stesso con il caffè per Neal.
Emma si accorse che Neal la stava guardando con uno sguardo particolare. Era uno sguardo eloquente e lei si mise sulle difensive. Che stava per combinare Neal?
 
– Non mangi il tuo gelato?
– Si, si certo!
 
Emma abbassò gli occhi verso la coppa gelato e lì ebbe la sorpresa che da giorni si stava aspettando da Neal ed aveva fatto in modo di rinviarla. Questa volta non poteva sfuggire.
 
– Neal non mi dire che …
-  Che ti voglio sposare? Se vuoi non te lo dico, ma tu? Emma Swan mi vuoi sposare?
 
Emma aveva una gran voglia di alzarsi da quel tavolo e fuggire via. Gli aveva detto pochi giorni prima che fosse prematura una proposta di quel genere e invece ecco lui che aveva preso al balzo il momento finale del pranzo per offrirle quell’anello con un brillante sopra.
 
– Ti avevo detto che è presto per pensare ad un matrimonio Neal …
- Sarebbe un no?
– No, non è un no …
- Allora è un si! Dai fatti mettere quell’anello all’anulare!
 
Veloce e con entusiasmo, Neal aveva preso lui l’anello dal piattino, dove era stato messo ai piedi della coppa di gelato e glielo aveva infilato all’anulare della mano sinistra, che Emma teneva poggiata sul tavolo.
 
– Ti sta benissimo! Le tue mani affusolate sono perfette per portare un anello di quel genere!
 
Emma dovette ammettere, almeno a se stessa che fosse vero. Il solitario brillò in modo accecante, quando lei mosse la mano per guardare l’anello. Era una bella montatura Damiani, un modello moderno italiano e il solitario era di una purezza rara.
 
– Un anello meraviglioso Neal, ma non posso accettarlo per ora!
 
Stava per togliersi l’anello ma Neal le prese le mani e le strinse tra le sue.
 
– Emma, no! Tienilo, tienilo mentre sarai lontana. Ti farà pensare a me, alla mia proposta. Sarà il promemoria che qui a Boston c’è qualcuno che ti ama e ti pensa. Avrai qualche giorno per riflettere tra le ore del tuo lavoro … mi darai la risposta quando torni!
“Riflettere a Dublino? Avrò vicino Killian dalla mattina alla sera temo! Ma forse in fin dei conti questo anello lo terrà lontano se volesse tentare di riavvicinarsi!”
– Va bene Neal … lo terrò per questo periodo …
 
Sul viso di Neal si dipinse un largo sorriso e poi le baciò ambedue le mani che ancora teneva tra le sue.
 
– Mangia il tuo gelato Emma o si scioglierà del tutto! Domani mattina ti accompagnerò io all’aeroporto, vuoi?
– Si, va bene Neal, mi fai un favore … non dovrò lasciare il Maggiolino al parcheggio!
 
 
Quel pomeriggio, in un’altra zona di Boston.
 
Erano le 19.00 ormai. Le giornate si erano allungate e ancora c’era una buona luce. Luglio era alle porte e il caldo si faceva sentire. La baracchetta dei fiori era diventata peggio di una serra durante tutta la giornata ed Eloise Gardener non vedeva l’ora di tornare in comunità per fare una bella doccia e togliersi quel sudore dalla pelle. Era ora di chiudere e iniziò a sistemare i pannelli di legno sui vetri della porta. I fiori erano già stati riportati all’interno e appena ci si riusciva a voltare in quello spazio angusto.
 
– Sono in tempo per acquistare un mazzo di fiori?
 
Eloise si voltò di soprassalto.
 
– Sei tu? Che sorpresa! Certo! Anche se sto chiudendo, un mazzo di fiori riesco a prepararli. Scommetto che gradisci anche delle orchidee nella composizione!
– Si, non mi dispiace infatti … Posso entrare?
– Si certo!
 
La giovane fioraia era appena entrata con entusiasmo, che un colpo secco dietro la nuca la fece stramazzare al suolo.
 
– Ben ti sta, questo è il mio regalo di matrimonio per aver sposato Killian! Spiacente ma quando mi arrabbio divento violenta!
 
Eloise non poteva sentire e non sentì nemmeno il laccio emostatico intorno al braccio, né l’ago che si infilava nella vena all’interno del gomito sinistro.
 
– Mia cara volevo salutare gli amici prima di partire per l’Irlanda e questo è il mio saluto per te Eloise. Ora ti chiudo dentro a chiave. Ci vorranno un paio di giorni per capire che non hai aperto perché … eri già dentro! Io sarò lontana e nessuno avrà motivo di sospettare di me …
 
Dublino, contemporaneamente
 
Killian Jones rimirava il lavoro ormai completato sulla tela. Era tornato nel suo appartamento dall’ora di pranzo, dopo giorni che passava praticamente dalla mattina alla notte in ufficio. Aveva cucinato dei fagioli al pomodoro in  un pentolino per una porzione e li aveva mangiati senza gusto, solo per mettere qualcosa nello stomaco. Era stata uccisa anche Gretel, la sua cara Gretel. Un’amica da anni, più che una sua sottoposta!
Non aveva fame, non aveva sonno, si sentiva svuotato e quel caldo non lo faceva star meglio. Stava malissimo nell’anima e non solo per la scomparsa di amici e colleghi.

Il primo motivo del suo malessere aveva gli occhi verdi come l’acqua di lago e i capelli lunghi e biondi. Da quando lei gli aveva inviato quell’SMS per mollarlo e, peggio, quando l’aveva vista baciarsi con quel tizio che ora era il suo ragazzo, era come se qualcuno avesse spento la luce.
Quel pomeriggio aveva deciso di rilassarsi, dopo giorni di stress, nel modo in cui ci riusciva meglio: dipingendo.
Era buffo, ma aveva ripreso dopo anni a dipingere, proprio quando aveva incontrato Emma. Mentre dava l’ultima passata di colore a olio, con uno dei lunghi pennelli a setole dure, aveva riso di sé. Buffo veramente! Quella era l’ultima tela che avrebbe dipinto! Non aveva più ispirazione! Era andata via con Emma a quanto pareva!
A dorso nudo per il caldo, in quel salone illuminato perfettamente dal sole, aveva dato l’ultima pennellata. La tela si sarebbe asciugato prima con quella temperatura, poi l’avrebbe messo via … per sempre! Come doveva mettere via il pensiero di Emma! Ormai non era più sua, doveva arrendersi all’evidenza, lei aveva un altro!  
 
Mentre rimirava la sua opera ancora la pensava poi, stizzito, coprì il quadro con un panno di stoffa. Bastava per quel giorno! Non ne poteva più! Per fortuna il giorno dopo sarebbe arrivata Lorna! Sapeva con quale volo sarebbe atterrata. Non c’era bisogno di prelevarla in aeroporto, lei sapeva dove doveva andare e avrebbe preso un Taxy. Era contento di rivederla e sapeva che a lei avrebbe potuto confidare le pene della sua anima. In fin dei conti Lorna era sempre riuscita ad entrare in contatto con la sua parte più profonda. Questa volta aveva bisogno di lei più di quanto lui stesso pensasse …
 
 
Angolo dell’autrice
 
Ebbene si, sto pubblicando di domenica tardissimo! Ma ho mantenuto la promessa per qualche mia amica di penna. Piaciuto il capitolo? Emma e Killian si stanno avvicinando, separati solo da poche ore di viaggio. Che succederà? Emma “accopperà” veramente Killian, come ha detto Seb a Lorna? A proposito di loro … piaciuta la sorpresina che Lorna aveva in serbo per il suo Seb?
Ok, basta chiacchiere! È ora di andare a dormire! Grazie a chi leggerà e a chi vorrà commentare. Un abbraccio a tutti e buona settimana!
Lara

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Capitolo 47
*** Incontrarsi ancora ***


Capitolo 47
 

Incontrarsi ancora
 
 
Inizio di Luglio 2010
Il volo intercontinentale, Boston-Dublino, era partito alle 10,30 di mattina. Neal era andato a prendere Emma a casa di sua zia, di buonora, per accompagnarla all’aeroporto, come aveva promesso. Emma aveva portato con sé un trolley, nemmeno troppo grande e Neal se ne era sorpreso, pensando che come la maggior parte delle donne si sarebbe portata dietro metà abitazione. In realtà lei aveva preso l’indispensabile, intenzionata a trattenersi il meno possibile in  Irlanda.
 
Seduta sul lato dell’oblò, Emma guardò l’ora al suo orologio. Erano le 14,30. Erano in volo da quattro ore e, secondo programma, sapeva che sarebbero occorse in tutto sei ore e trenta per arrivare a Dublino. Dalle informazioni in suo possesso,  sapeva che l’aereo viaggiasse ad una velocità media di 805 chilometri orari, favorito dall’ottimo tempo estivo.
 
Il bracciale di cuoio, che partiva dalla medaglia che riproduceva una bellissima fenice, le riscivolò verso l’orologio e lei accarezzò il bassorilievo in oro. Indossava quel bracciale da mesi ormai e, nonostante avesse chiuso i ponti con Killian, non riusciva a pensare di toglierselo dal braccio. Era un simbolo che lui le aveva regalato con un significato profondo e in quel periodo lei era stata piuttosto sicura del suo amore, anche se lui non glielo aveva mai confessato esplicitamente.
 
Si ripromise di non pensare a Killian, non era il caso, anche perché, da qualche giorno, se lo pensava, le tornavano in mente solo i momenti più belli passati con lui, sia nelle vesti di Kim Steward sia in quelle reali di Killian Jones. Quello era un grosso problema per la Psicologa Dottoressa Swan, significava che la nostalgia stava prendendo il sopravvento sulla rabbia e lei, invece, doveva mantenersi arrabbiata con lui, per continuare ad erigere muri per proteggersi dal suo innegabile fascino. Doveva mantenersi distaccata e professionale. Non era, in fin dei conti, quello che cercava di fare lui per mantenere la lucidità nel suo lavoro?
Forse era il caso di togliersi dal braccio quel gioiello. Si, forse era il caso …
Emma provò a toglierlo, ma qualcosa nel suo più profondo le disse di lasciarlo lì dov’era e il suo tentativo divenne un’ultima carezza sulla fenice.
 
Il tempo passava e una lunga massa verde iniziò a vedersi all’orizzonte. Emma poggiò la fronte al finestrino ovale per guardare meglio in basso. Si vedevano delle isole e le riaffiorarono alla mente antichi ricordi.
Le sembrò di risentire la voce di suo padre alle sue domande di bimba di quattro anni che le spiegava, insieme alla sua mamma, di cosa si trattasse, i nomi delle bellissime isole e notizie sulla costa e gli uccelli che l’abitavano.
Erano anni che Emma non pensava a quel periodo della sua infanzia, a parte le cose rivangate durante il lavoro di analisi con Lorna.
Più guardava da quel finestrino e più i ricordi tornavano nitidi. Si sorprese di quanto fossero vividi nonostante il tempo passato, ma la cosa che la sorprese maggiormente, fu che non sentiva il dolore per la perdita dei genitori, ma stranamente un senso di sollievo e gioia nel ricordarli, come se loro non se ne fossero mai andati, come se fossero rimasti nascosti dentro di lei e in quel momento si palesassero lì, su quell’aereo, a guardare insieme dal finestrino.
 
“Forse veramente questo viaggio sarà la mia riconciliazione con questa terra che mi ha portato via mamma e papà?”
 
Forse poteva riconciliarsi con l’Isola verde, ma con Killian Jones?
 
“No … con lui non potrei! A ben pensarci i miei guai sono iniziati qui e a causa di  qualcuno collegato a lui, sua madre è finita addosso alla nostra macchina … certo fu un incidente, non lo fece appositamente … morì lei stessa in seguito a quell’incidente … Lui me ne ha combinate di ogni colore … ma maledizione quanto lo amo .. no! Che sto dicendo! Lo amavo! Ora lo detesto e basta! Basta! Basta! Più lo penso e peggio è!”
 
Quel lapsus le stava scottando ancora nella mente.
 
“È un problema che devo risolvere assolutamente!”
– Scusi Seňorita … lei è già stata in Irlanda?
– C – come scusi?
 
Presa dai suoi pensieri, Emma non aveva fatto caso alla passeggera che viaggiava seduta sul sedile accanto al suo. Non si erano rivolte la parola fino ad allora, ma adesso quella donna di mezza età, che si stava sporgendo verso l’oblò per sbirciare l’orizzonte, le aveva fatto una domanda.
 
– Si Signora, ma è stato tanto tempo fa … avevo appena quattro anni quando sono stata in Irlanda la mia prima e unica volta!
– Oh! Quindi difficilmente ricorda!
– In verità sono meravigliata io stessa dei ricordi che mi stanno tornando alla mente guardando dall’oblò! Mi sembra quasi che non siano passati tutti questi anni!
– Ricorda se sono quelle le scogliere di Moher?
– Si sono le Cliffs of Moher, alte 214 metri a picco sul mare … mi  ricordo mio padre che me le descriveva così …
- Hanno un fascino inquietante non trova?
– Si … ha ragione, hanno qualcosa di inquietante ed affascinante …
 
 
Emma rimase un attimo a guardare le scogliere che stavano sorvolando in quel momento, poi si voltò verso la sua vicina di seduta e la guardò meglio.  Era una donna minuta, alta forse appena un metro e sessanta. Aveva un caschetto di capelli rossi e un paio di occhiali da vista piuttosto grandi, le cui lenti probabilmente erano fotosensibili, poiché avevano un colore particolare, né  chiaro e né scuro, come se non si decidessero a prendere la consistenza del colore della lente da sole ora che in quel momento erano in un interno molto illuminato.
La guardò meglio e fu certa di averla già vista da qualche parte.
 
– Mi scusi Signora … ma ora che ci faccio caso, ho l’impressione di averla già vista!
– Forse ha visto la mia foto su qualcuno dei miei saggi?
– Lei è una saggista?
 
La donna le sorrise e allungò la mano verso di lei.
 
– Sono Alexandra Pereira, sono un’avvocatessa messicana, mi occupo della difesa delle donne e delle situazioni che le coinvolgono. Negli ultimi mesi ho iniziato un nuovo manoscritto sul coinvolgimento femminile nel narcotraffico e sono venuta negli States per ulteriori documentazioni. Ho seguito il caso Santa Cruz …
- Ora ricordo! L’ho vista al processo del famigerato Boss colombiano!
– Forse … ma ora che ci penso … si anche lei ha un viso che non mi è nuovo!
 
Emma ricordò come si erano incontrate nella toilette del tribunale. Un momento per lei spiacevole, poiché aveva appena visto Killian ed Eloise baciarsi. Forse anche l’Avvocato Pereira ricordò di averla vista in quel bagno con gli occhi arrossati per il pianto, ma Emma le fu mentalmente grata per non aver accennato a quel momento.
 
– So che lei ha una segretaria colombiana …
- Penelope Diaz? Si! Come lo sa?
– Un mio collega è suo buon amico! Me ne ha parlato e mi aveva detto che lavorasse per lei. Mi scuso ma non ho avuto occasione di leggere i suoi saggi …
- Non fa nulla cara! Ma mi scusi … mi ha detto un suo collega? Forse il Dottor Olden?
 – Si, proprio lui!
– Se siete colleghi vuol dire che anche lei lavora per il Bureau!
– In effetti si, è così!
– Quale è il suo nome Miss?
– Emma … Emma Swan!
– Ecco allora chi è la Emma che mi diceva Penelope! Ho letto di lei quando mi sono documentata sui vostri giornali! Una brutta avventura con gli uomini del boss italoamericano Manguso!
 
Emma si rabbuiò. Quello era un altro episodio della sua vita che voleva cancellare.
 
– Mi perdoni! Il mio desiderio di conoscenza di fatti di questo genere mi fa dimenticare di dover avere più tatto!
– Non si preoccupi! Semplicemente non credevo saremmo finite a ricordare quell’episodio.
– Mi scusi ancora Emma! Ma parliamo di altro se le va! È in viaggio di piacere o di lavoro? Io per lavoro, ho intenzione di intervistare chi si è occupato degli ultimi arresti a livello mondiale di narcotrafficanti. Forse lei ne sa più di me! In questi mesi sono stati sventati numerosi trasporti di droga! Un ottimo lavoro da parte della D.E.A. e delle organizzazioni europee. L’Irlanda pare abbia avuto una grande importanza in questo!  
Emma aveva seguito le notizie al telegiornale, sapeva ormai che Killian fosse uno dei fautori di quegli arresti e sentirsi dire che l’Irlanda aveva avuto una particolare importanza nella lotta mondiale al narcotraffico, significava che il merito poteva andare a Killian Jones in primis e alla sua squadra speciale. Sentì nel suo profondo un senso di orgoglio per Captain Hook, ma appena se ne rese conto si cancellò il sorriso sulle labbra, negando a se stessa di essere orgogliosa di lui. Lo sapeva che Killian fosse ingamba nel suo lavoro, il migliore, come le aveva detto Mulan, ma non era il caso di sentirsi quell’orgoglio per qualcuno che non le apparteneva!
 
– Lei potrebbe indicarmi qualcuno che lavora nella D.E.A? Si tratta pur sempre di una sezione del Bureau!
– Non saprei proprio Avvocato Pereira …
- La prego mi chiami Alexandra, mi sentirei meno vecchia!
 
La donna rise, mostrando i suoi denti bianchi e regolari, una dentatura ben curata nonostante l’età che la Pereira dimostrasse.
 
– Lei mi chiami pure Emma allora!
– Quindi Emma? Vacanze o lavoro?
 
Non era particolarmente entusiasta di rispondere a quelle domande, ma che danno poteva fare una risposta laconica, senza scendere in dettagli?
 
– Lavoro direi!
– Qualche caso di assassinio?
– Si, ma ancora non conosco la situazione reale per poter essere più precisa e, mi dispiace, non posso parlare del mio lavoro.
– Certo! Ovvio! Sono dati sensibili! Mmm la mia dannata curiosità!
– Lei è stata altre volte in Irlanda?
– No, è la prima volta. Ho chiesto al mio governo dei pass per poter entrare in contatto con gli enti giuridici dei paesi che mi interessano e spero che anche in Irlanda li considerino validi o avrò fatto un viaggio a vuoto!
– Sarebbe un peccato per un viaggio così lungo e impegnativo!
– Si, ma io non sono tipo che si arrenda facilmente o si abbatta. Riporterò comunque qualche successo dall’Irlanda, ne sono convinta!
– Glielo auguro allora!
– Lei ha già un posto dove alloggiare?
– No, sono partita con una certa fretta …
- Nemmeno io ho ancora prenotazioni, ma mi hanno detto che non è difficile trovare alberghi a buon prezzo. Le farebbe piacere condividere con me i costi di una stanza? Sa, per risparmiare, se non sono troppo inopportuna!
 
Quella donna stava diventando soffocante per Emma, sembrava proprio che le si volesse accollare del tutto. Doveva mettere un confine netto.
 
– La ringrazio Alexandra, ma ci sono dei parenti che dovrebbero ospitarmi … ancora non sanno del mio arrivo, ma mia madre li informerà in giornata di sicuro!
– Aaah! Beh! Mi avrebbe fatto piacere avere un po’ di compagnia …
- Ma la sua segretaria non è con lei?
– No … lei doveva svolgermi delle pratiche all’ambasciata … non ha potuto accompagnarmi!
 
Improvvisamente Alexandra Pereira era diventata più sfuggente e meno interessata a scambiar chiacchiere. Emma non se ne curò, meglio così!
 
Per il resto del viaggio ogni tanto fecero qualche commento o si scambiarono opinioni, ma nulla di particolare e al momento dell’atterraggio, poco prima di separarsi definitivamente, nel salutarsi la Pereira le chiese di scambiarsi i numeri telefonici.
 
– Sa Emma! Dovessi aver bisogno di qualche informazione … ma cercherò di non disturbarla, magari la chiamerò solo per un saluto!
– Certo … certo!
 
Emma non poteva dire di aver dato il suo numero con un grande entusiasmo, ma l’educazione e la cortesia facevano parte di lei e aveva accettato quello scambio.
Si ritrovarono ancora al ritiro dei bagagli ed Emma notò che anche Alexandra viaggiasse con un piccolo trolley, anche lei non era intenzionata a trattenersi molto evidentemente!
Da lì le loro strade si separarono. Emma cercò di mettere le distanze andando a cercare un Taxi, facendo in modo di essere l’unica passeggera. Doveva dirigersi ad un indirizzo che doveva restare poco conosciuto. Salita sul mezzo diede il nome della strada che le interessava al giovane taxista e questi, con modi gentili, le rispose quanto avrebbero impiegato per quel tratto e il costo approssimativo. Ad Emma stette bene così e l’autista mise in moto. Cosa che Emma non seppe e non notò, fu che Alexandra Pereira, al secolo Paula Santa Cruz, avesse preso anche lei un Taxi e avesse appena chiesto all’autista di seguire il suo …
 
***
Il Taxi si fermò nella strada chiesta da Emma e ripartì appena la passeggera fu scesa. Emma non aveva chiesto la strada precisa, bensì una non molto distante dal posto in cui doveva recarsi. Era un piccolo trucco suggeritole da Jefferson. Da lì sarebbe andata a piedi, zigzagando tra vie e viuzze, seguendo una mappa che aveva memorizzato.
Finalmente si trovò ad un incrocio, al cui angolo vide l’insegna descritta dall’agente Jefferson. Lesse i nomi delle tre agenzie e si diresse decisa in quella direzione.
La porta a vetri si aprì automaticamente e ad un’occhiata veloce Emma notò le telecamere a circuito chiuso che facevano parte del sistema di sicurezza. Probabilmente grazie ad esse Killian già l’aveva vista. Entrò e si diresse al banco di ricevimento, dove una giovane donna dai capelli lunghi e ondulati l’accolse con espressione distaccata.
 
– Buongiorno Signorina. Sono entrata poiché mi è sembrato che il mio gatto rosso a pelo lungo si sia infilato in questo edificio … lo ha visto per caso?
 
La giovane mora la guardò dalla testa ai piedi e le rispose in modo molto asettico.
 
– Forse è entrata solo Catwoman, guardi oltre quella porta …
 
La donna le indicò la porta alla sua destra ed Emma entrò. Come Jefferson le aveva annunciato, nella stanza, arredata come un normale ufficio, sulla parete di fondo si notava una porta a scomparsa. Sapeva che quello fosse l’ascensore che l’avrebbe portata al rifugio segreto di Captain Hook. Si avviò in quella direzione, spinse la porta e questa si aprì anche essa automaticamente, rivelando il gabbiotto dell’ascensore.  Appena entrata in esso, non ci fu bisogno di schiacciare pulsanti. La porta si chiuse e l’ascensore scese riaprendosi pochi secondi dopo.
Emma non poteva non ammettere che avesse un’accelerazione cardiaca in quel momento e cercò di regolare la respirazione per ventilare meglio. Si guardò nello specchio posto sulla parete sinistra dell’ascensore, la sua immagine le ritornò come quella di una giovane donna apparentemente dall’aspetto austero. Aveva allacciato i lunghi capelli biondi un una tiratissima coda di cavallo. Il viso era semicoperto da un paio di occhiali da sole con montatura squadrata e lenti scurissime che ne impedivano quasi di vedere gli occhi. Indossava una camicia a maniche lunghe, verde chiaro, sopra un pantalone blu scuro in lino, come la camicia avvitata. In mano portava la giacca dello stesso colore e stoffa dei pantaloni, una tracolla nera e sandali con tacco medio, neri come la borsa. Pensò che nel complesso quello fosse l’aspetto più adeguato per una Profiler, niente di sexy, ma professionale. L’ascensore si aprì e lei uscì spingendo il suo bagaglio.
 
– Lo lasci pure qui Dottoressa!
 
Sicuramente quello era un agente della sicurezza, la stazza e l’auricolare all’orecchio ne erano la conferma.
 
– Il Capitano l’attende in quella stanza.
 
Emma non rispose nulla e seguì l’agente che le fece strada aprendole la porta.
 
– Catwoman è arrivata Capitano!
 
La stanza era illuminata da luci al neon. Emma fu colpita dalla presenza di innumerevoli monitor alle pareti e diverse scrivanie con altrettanti agenti seduti a controllare i monitor, mentre le loro dita viaggiavano veloci sulle tastiere. Nessuno di loro si voltò verso di lei, impegnati nel loro lavoro di controllo.
 
“Così questa è la stanza dei bottoni di Captain Hook!”
 
 Alla veloce occhiata di Emma, una figura maschile risaltò ai suoi occhi. Era al centro della stanza, di spalle, vestito completamente di nero, jeans e camicia a maniche lunghe arrotolate. La sua postura eretta ed elegante sprigionava una carica che Emma percepì fortemente, perdendo un battito cardiaco.
Captain Hook, nella sua postura da uomo sicuro di sé, a gambe divaricate e braccia incrociate, osservava quanto i monitor stavano mostrando. Emma, dalle cinghie che vide dietro la sua schiena, capì che fosse armato con la pistola d’ordinanza, come l’ultima volta che lo aveva visto in ospedale grazie a Rosy. Per un attimo lo immaginò davanti ad un timone, intento a guidare la sua nave, tale al pirata di cui aveva scelto il nome.
 
– Ciao Lorna ben torna …
 
Captain Hook alias Killian Jones si voltò salutando quella che credeva fosse il Maggiore Lorna Stone. Dall’errore nel salutarla e dalla brusca interruzione, fu chiaro che Killian non l’avesse vista con le telecamere di sicurezza o forse non ci avesse fatto caso, impegnato a monitorare altro.
La piccola soddisfazione che Emma  provò all’espressione di stupore di Killian, fu offuscata dalla sua stessa emozione. Dall’ultima volta che lo aveva visto, Killian si era fatto crescere la barba. Era in verità appena accennata, quel tipo di barba fintamente non curata che lo rendeva identico al ritratto che suo padre aveva dipinto, dandogli l’identità del nemico di Peter Pan. Quel quadro era stato l’ossessione di Emma da quando lo aveva scoperto nella galleria di Regina, prima di capire che Kim Steward e Killian Jones fossero la stessa persona. Se Killian era dotato di un fascino magnetico, che Emma conosceva bene fin da quando lo aveva incontrato come Kim, vederlo con quel filo di peluria sul viso e i suoi indimenticabili occhi lapislazzulo, era una conferma che potesse esserlo ancor di più.
 
“Maledizione Killian! Puoi essere ancora più affascinante del tuo solito?! Quella barba ti dona incredibilmente!
 
Cercò di mantenere l’autocontrollo, rallentò la respirazione, sperando di riuscire a non arrossire alla sua presenza, sapeva di poterci riuscire, si era allenata. Voleva restare di ghiaccio, “austera” come si era definita guardandosi allo specchio dell’ascensore.
 
L’espressione di stupore di Killian si tramutò repentinamente in un cipiglio imbronciato. Era arrabbiato di sicuro! Un’altra piccola soddisfazione per Emma quella di vederlo contrariato. Lo vide stringere la mascella e un muscolo facciale guizzare sotto la peluria della barba, mentre un gioco d’innalzamento asimmetrico delle sue sopracciglia mobilissime, le confermarono il suo disappunto. Lei continuò a tacere, non rendendosi conto che quello che si stava svolgendo come al rallentatore, stesse passando in poche frazioni di secondo.
 
– Dottoressa Swan … non dovresti essere qui!
– Grazie per il “benvenuta” Capitano Jones! Credo di essere proprio dove il dovere mi chiama!
 
Killian incrociò nuovamente le braccia al petto e si avvicinò con la sua espressione contrariata.
 
– Jefferson non mi ha detto nulla … credo che avrà un bel richiamo disciplinare questa volta!
– Non credo! Sono qui per volere del mio superiore. Seb è al capezzale di Lorna e non avrebbe avuto neanche il tempo per simili convenevoli!
 
Sentire nominare Lorna in quei termini, allarmò Killian, che perse il cipiglio duro per uno sinceramente preoccupato.
 
– Cosa è successo a Lorna?
-  È stata ferita gravemente dopo l’arresto del serial Killer su cui stavamo indagando. È sfuggito al controllo e per poco non la uccideva. È stato necessario asportarle il rene danneggiato per salvarla!
 
Mentre Emma riusciva a descrivere freddamente la situazione, Killian era impallidito. Emma sapeva quanto fosse affezionato a Lorna, come sapeva dei loro trascorsi fin da quando il giovanissimo Killian aveva incontrato l’allora Tenente Lorna Stone.
 
– Quando è successo?
– Quattro giorni fa.
– Come sta ora?
– Non bene, ma si riprenderà, saranno necessari tempo e cure!
– Capisco!
 
Killian abbassò gli occhi dispiaciuto e li rialzò immediatamente per guardarla in viso. Lei si mantenne impassibile.
 
– Non poteva mandare un altro dei suoi collaboratori?
 
Questa volta fu Emma ad alzare le sopracciglia dietro gli occhiali.
 
– Sembrerebbe che, diversamente da te, Lorna mi consideri un suo valido sostituto Jones!
– Non è la tua validità che sto discutendo!
– Cosa allora?
– Sei una donna!
– Sei serio? Ti sembra invece che il Maggiore Stone sia un uomo?
– La cosa è diversa! Lei sa come difendersi e destreggiarsi!
– Ti posso assicurare che ho ricevuto adeguato addestramento nella difesa e nell’attacco e se continui a dire sciocchezze te lo dimostro immediatamente! Sono qui perché hai richiesto un Profiler! Questo passa la ditta! Non sono felice di essere qui sicuramente tanto quanto non lo sei tu a vedermi, ma credo che da persone mature dovremmo sotterrare l’ascia di guerra e lavorare!
 
Emma sapeva benissimo che con quel discorso da maestrina, lo stava scavalcando nella sua autorità, ma voleva prendersi un altro punto a suo favore a discapito di Killian, accusato, nemmeno tanto larvatamente, di comportamento immaturo.
Per risposta ebbe da lui un sorriso sghembo e uno sguardo ironico.
 
– Come Milady giustamente suggerisce!
 
Le fece una sorta di inchino giocoso e ironico, indicandole la porta aperta del suo ufficio personale. Con il nasino in alto lei si diresse verso lo studio di Captain Hook, seguita da lui, sicura che le stesse guardando il fondoschiena. Si voltò verso di lui mentre egli chiudeva la porta.
Erano soli in quella stanza e l’elettricità tra loro era palpabile. Lei rimase ancora impassibile, Killian cercò di fare lo stesso, ma se si fossero sfiorati c’era la possibilità di vedere scintille e scariche elettriche.
Oltre alla scrivania con quattro monitor sulla superficie, c’era un lungo tavolo ovale e su questo c’erano numerosi documenti.
 
– Siediti …
 
Eccolo il suo tono di comando! Ma Emma non lo sopportava, anche se il ruolo di Killian lo ammettesse. Si mise seduta dove lui indicava, precisamente difronte a dove si stava sedendo lui.
 
– Seb ha avuto la possibilità di dirti qualcosa?
– Poco in verità …
- Questi documenti descrivono i delitti alle spese dei miei agenti e di due informatori, stesse modalità, una sorta di rituale … Niente impronte e nessuna traccia.
- Lasciami esaminare il tutto.
– Partiamo dall’inizio!
– Ovvio! Mi devi parlare di ogni singolo agente, delle sue abitudini, della sua vita, come li hai arruolati, e soprattutto in quali missioni particolari li hai coinvolti insieme. Non devi trascurare nessun dettaglio Capitano.
– Ci vorrà parecchio Dottoressa.
– Prima inizieremo e prima finiremo!
 
Killian la guardava con il suo sorriso ironico, mentre picchiettava le dita della mano sinistra sulla superficie del tavolo.
 
– Pensi che riuscirai a vedere quello che è scritto su quei fogli con quegli occhialoni neri? Non mi pare che sia particolarmente assolata questa stanza sotterranea! Hai paura di non resistere al mio fascino senza quelle lenti a separare i nostri sguardi?
“Maledetto arrogante che sei! Ti faccio vedere io! Ti prenderei a schiaffi!”
– Potresti essere tu a non resistere al mio Jones! Ma in effetti non c’è molta luce qui dentro!
 
Con un movimento delicato delle dita, Emma si tolse lentamente gli occhiali, tenendo gli occhi puntati in quelli di Killian. Lo vide battere le palpebre al movimento sensuale che lei mise in atto. Lo aveva colpito, sapeva che anche lui subisse la sua stessa attrazione fisica.
Suo malgrado Killian deglutì. L’aveva sfidata, ma lo sconfitto era stato lui. Gli occhi verdi di Emma erano stati per lui la cosa più pulita e pura che avesse mai visto. Si rese conto che ancora era così, anche se lo sguardo di Emma non era più quello innocente e ingenuo di quando l’aveva incontrata sotto le mentite spoglie di Kim Steward. Buona parte del cambiamento di Emma era dovuto proprio a quanto vissuto con lui e a causa sua.
Gli si strinse il cuore alla consapevolezza di essere stato lui a defraudarla di quell’ingenuità e a renderla più dura. Aveva sentito un tuffo al cuore quando, voltandosi se l’era trovata davanti al posto dell’attesa Lorna Stone!
Aveva intenzione di parlare di lei a Lorna, lei che continuava ad essere il tormento della sua anima, lei che lo aveva lasciato, lasciato perché non si era fidata delle sue parole, lei che in men che non si dica era diventata di un altro. Era furioso per quello! Lui non era riuscito ad avere un’altra donna nemmeno per un’ora di sesso e lei, invece, si era riconsolata anima e corpo, secondo quello a cui aveva assistito! Se pensava ancora alla scena di quel bacio passionale tra Emma e quel tizio! Lo stomaco gli faceva male. Lei era troppo bella per non averla ancora, troppo straordinaria per lasciarla ad un altro!
 
– Allora Capitano? Sei andato in trance adesso?
 
Il sorrisetto ironico ora era sulle labbra di Emma. Lui cercò di dire qualcosa che le potesse provocare una reazione.
 
– Un peccato che tu abbia castigato in quel modo quegli splendidi capelli! Ti stanno meglio sciolti!
– Hanno importanza per il lavoro che dobbiamo svolgere forse?
 
Lei ancora sorrideva con quel cipiglio ironico e Killian, nonostante la rabbia nei suoi confronti, avrebbe voluto baciarla come l’ultima volta.
 
– Sei diventata tagliente con quella lingua Swan! Peccato! Me la ricordavo diversamente!
 
Ora era nuovamente lui che sorrideva sghembo e lei aveva un’aria indignata.
 
“Touché Love!”
– Vedi di usare la tua per dirmi quello che ti ho chiesto, piuttosto che dire scemenze! Non sono qui per perdere tempo a flirtare con te Jones!
 
Emma aveva preso una penna con la mano sinistra e nervosamente l’aveva ruotata tra le dita come la bacchetta di una majorette. Un bagliore colpì gli occhi di Killian e, quando si rese conto che quel bagliore era causato da un anello di fidanzamento all’anulare della donna che amava, sentì una specie di fitta nel petto.
 
“La cosa è seria quindi! Il tizio ha intenzione di sposarla!”
- Allora vediamo di guardare queste carte …
 
Senza aspettare risposte da Killian, lei prese i fascicoli disposti sul tavolo. Ne lesse le date e aprì quello con la data più vecchia. Si trattava dell’omicidio dell’agente Hanson. Killian iniziò a descriverlo, rispondendo alle domande di Emma e lei intanto prendeva appunti.
 
– Avrò bisogno di una lavagna Killian, il lavoro sarà veramente lungo!
– Hai ripreso a chiamarmi per nome ora?
– In qualche modo devo pur chiamarti, ma se preferisci “Capitano” …
- Killian mi sta bene … mi ricorda i vecchi tempi!
 
Emma sollevò gli occhi al cielo, mentre lui la guardava con il suo sorrisetto ironico.
 
– Non ci provare proprio! Te l’ho già detto che non sono qui per flirtare con te!
– Lo so! E ho visto come hai sbandierato quell’anello ad dito!
– Possiamo tornare sul caso Capitano?
– Ci mancherebbe altro Swan!
 
Il sassolino nella scarpa lui se lo doveva togliere, ma ci sarebbe stato un altro momento.
 
– Hanson è stato ucciso nella doccia di una piscina. Avete comunque trovato tracce di cocaina nonostante l’acqua abbia lavato via il sangue?
– Si. Delle tracce erano rimaste sui suoi capelli. Soltanto l’ultima vittima non è stata cosparsa di polvere di coca sul capo!
– Ricorda il rito della penitenza cattolica ti sembra?
- “Cospargersi il capo di cenere”? Si, ma qui qualcun altro sembra stia punendo i miei agenti!
– Per questo motivo ho bisogno di capire quale azione comune possano aver compiuto per essere associati. I due spacciatori? Cosa mi puoi dire di loro?
– Sono miei informatori. Li conoscevo di persona. Loro non sapevano chi io fossi. Li ho sempre contattati come uno di loro.
– Una delle tue coperture …
- Esatto!
– Comunque ti hanno aiutato con delle informazioni ad incastrare qualche pesce grosso …
- Ne ho incastrati parecchi di pezzi grossi da un paio d’anni a questa parte! Manguso e la sua banda, Antonio Santa Cruz e i suoi complici … manca solo sua moglie per completare il cartello colombiano!
– Paula Santa Cruz!
– Esatto! Un altro “pezzo” fondamentale è stato il Tai pan cinese! Prima di lui anche Gold che si era rifugiato ad Hong Kong. Dopo di lui abbiamo assicurato alla giustizia parecchi elementi.
– Non so … che questo killer abbia a che fare con la droga è evidente, ma sembra averne anche spregio! La dose di cocaina che usa per cospargere le vittime è costosa. Disprezza la droga e odia i tuoi agenti o comunque chi ha a che fare con te. Sei in pericolo anche tu ne sei cosciente vero?
– Lo so Emma! Potresti essere in pericolo anche tu ad essere qui. Se avessi saputo che venivi al posto di Lorna non ti avrei fatto partire.
– Per quello mi hai chiesto dei miei colleghi? Vuoi proteggermi?
– Pensavo ti fosse chiaro Emma! Non fare quella faccia scettica! Ne abbiamo già parlato a casa tua quando sono venuto da te …
 
Emma rimase spiazzata. Ricordava quelle nottate di passione quando sua zia Ingrid era andata in Svezia con Anna e Kris, prima del loro matrimonio. Quelle notti non avevano fatto solo l’amore, avevano parlato parecchio. Lui si era giustificato del proprio comportamento, tenuto per starle alla larga, per proteggerla e intanto creare un testimone della morte di Kim Steward. Era stato in quelle sere che lui le aveva detto di volere un futuro con lei, avere una casa e una famiglia. Le aveva chiesto di aspettarlo e di fidarsi di lui. Poi? Poi tutto era crollato quando lei aveva saputo del matrimonio con Eloise Gardener. Da lì lei gli aveva mandato un sms d’addio e non aveva voluto più parlargli, nonostante lui avesse provato a telefonarle.
 
Non era facile guardarlo negli occhi in quel momento. Come aveva pensato lei a quelle notti di fuoco, lui aveva fatto sicuramente lo stesso e se si fossero soffermati a guardarsi in viso avrebbero ripreso fuoco entrambi. Già Killian si stava sporgendo maggiormente verso di lei, sulla superficie del tavolo, con le braccia. Prima che arrivasse a prenderle le mani, lei si tirò indietro verso la spalliera della sedia, portandosi il fascicolo dietro e concentrando lo sguardo su quanto vi era scritto.
Le mani di Killian si bloccarono prendendo la penna che fino a poco prima aveva usato Emma. Non ne aveva reale bisogno, la sua era più vicina. Era chiaro che avesse interrotto bruscamente il tentativo di prenderle le mani, simulando interesse per quella penna.
 
“Altro punto a me tesoruccio!”
– Questi agenti sono stati tutti in missione con te in Cina?
– In Cina? Si.
– Una fortuna che Mulan non sia in Irlanda, potrebbe essere puntata dall’assassino anche lei!
– L’idea della Cina ti è venuta per Mulan o trovi qualche elemento da collegare a quel paese?
– Per Mulan era tanto per tenerla in considerazione come tuo agente. Non trovo elementi al momento che mi facciano pensare alla Cina o ad un killer cinese, a parte quello che leggo dall’esame balistico.
– Secondo l’esame balistico, vista l’altezza di Hanson e l’angolo tra punto di partenza del proiettile e punto di arrivo, il killer è alto circa un metro e sessanta.
– Fammi vedere anche per gli altri …
- Trovi lo stesso risultato. Pur cambiando l’altezza del punto di arrivo, in base al punto di partenza, il killer ha la stessa altezza del precedente, un metro e sessanta circa.
– Sei stato ferito in Cina e poi portato in America … possibile che nonostante la tua copertura qualcuno dei fedelissimi del Tai Pan possa aver notato l’interesse dell’Interpol per te?
– Impossibile! Sono stato ricoverato in Cina per un primo intervento e Mulan con Sebastian mi hanno tenuto tutti lontano. I medici erano molto seri, non credo abbiano passato informazioni!
– Descrivimi l’operazione da quando sei partito lasciandomi questo nella cassetta della posta!
 
Emma si era tirata su la manica della camicetta, mostrando il bracciale con la fenice. Killian rimase sorpreso piacevolmente e sorrise a vedere il gioiello dove avrebbe voluto che fosse.
 
– Ancora lo tieni …
 
Non era una domanda quella che fece in un soffio di voce, ma una constatazione. Era importante e significativo per lui che Emma ancora indossasse quel gioiello nonostante l’avesse lasciato. Lei distolse lo sguardo con finta indifferenza, riprendendo a scrivere qualche appunto e rispondendo con un tono il più possibile neutro.
 
– Perché non dovrei? Doveva essere un portafortuna no? Non l’ho più tolto da allora!
 
Il tono era neutro ma Killian lesse tra le parole.
 
“Hai continuato a portarlo con te? Ti vorrei chiedere se lo porti anche quando fai sesso con quel tizio Emma! Come puoi?!
 
La gelosia, con i suoi morsi, stava sostituendo la gioia che Killian aveva provato inizialmente a vedere il gioiello.
 
– Allora? Mi descrivi i dettagli della tua missione prima in Colombia e poi in Cina?
 
Lei lo aveva riportato nuovamente alla realtà e iniziò a descrivere come si era svolto il tutto. Ormai poteva dirle la verità, lei sapeva ed era anche un agente del Bureau che lo stava aiutando.
 
… …
- … fortuna che non avevo mai incontrato Gold! Con i suoi sospetti per il fatto che fossi irlandese e di piacevole aspetto, ha messo una pulce nell’orecchio di Santa Cruz. La moglie ha tentato di sedurmi per avere una sorta di prova del nove!
– Pensava che avresti avuto con la moglie di Santa Cruz lo stesso comportamento che avevi avuto con sua moglie Milah?
– Sicuramente sospettava di me … avevo messo una microspia nello studio del Boss Colombiano e li avevo sentiti parlare. Sono sfuggito alla tentazione!
 
Il sorriso malizioso di Killian a quell’ultima frase la innervosì.
 
“Io ero a Boston ad aspettare una tua telefonata e tu sfuggivi alle tentazioni! Ma dai! Eloise l’hai conosciuta lì, non sarai stato con Paula Santa Cruz, ma con Eloise?
– Come hai conosciuto Eloise Gardener?
– Casualmente … la sera della festa a casa del Boss. Paula si era allontanata e io l’ho seguita di nascosto. Era stata chiamata da uno dei suoi scagnozzi. Eloise era andata alla villa per chiedere soldi o comunque un lavoro. Era pelle e ossa … Paula la trattò con una crudeltà inaudita! Lei aveva una bambina piccola che moriva di fame, Paula minacciò di ucciderla se si fosse fatta vedere di nuovo a casa sua. Nominò suo marito scomparso e il fatto che poteva essere utile solo se incinta. Cacciò Eloise a calci. Mi resi conto che quella ragazza poteva essere un’ottima testimone. La rintracciai ed entrai in contatto con lei facendomi passare per un giornalista …
- Andrew Smith …
- Te lo ha detto lei? Ti ha raccontato la sua storia?
– Si, abbiamo avuto modo in casa famiglia dai Nolan.
– Bene! Magari sei riuscita a darle una mano!
– Non quanto ci sei riuscito tu a quanto pare! Visto che le hai offerto la tua mano in tutti i sensi!
– Quella è un’altra storia Emma! Non centra né con il narcotraffico né con l’assassinio dei miei agenti!
– Sicuramente Killian! Non mi interessa sapere della tua love story con tua moglie!
– Forse dovrebbe invece! Visto che ti avevo detto di fidarti di me qualsiasi cosa fosse capitata!
– Chiudiamo qui questo discorso Killian e andiamo avanti! Hai fatto le tue scelte e io non centro nulla. Ti eri già sposato l’ultima volta che ci siamo visti e non mi hai detto nulla!
– Non potevo in quel momento, ma se mi darai l’opportunità di parlartene …
- Basta così per oggi! Sono stanca e devo raccogliere le idee! Inoltre sono venuta direttamente qui e non ho toccato cibo dalla colazione. Almeno la cena dovrò procurarmela. Quindi ti saluto! Ci vediamo domani!
 
Emma era saltata letteralmente dalla sedia, radunando velocemente le carte che aveva intenzione di portare con sé con gli appunti, priva del desiderio di sentirlo parlare ancora di Eloise e del loro matrimonio. Ancora per lei bruciava quella ferita e non aveva intenzione di farci cadere sopra parole che scottavano come acqua bollente.
 
– Cosa dici Emma?! Non mangi dalla colazione?! Avremmo pranzato almeno! Io di rado lo faccio se sono concentrato, vado avanti a caffè, ma tu devi mangiare!
– Grazie per la preoccupazione! Troverò un Pub o un ristorante qui intorno, poi vedrò per un albergo!
 
Anche Killian si era alzato dalla sua sedia e si era portato al suo fianco. Era così vicino che Emma sentiva il suo odore invaderle le narici. Le piaceva il suo odore, come le piaceva lui. Sentì quel solito brivido quando lui le sfiorò la mano cercando di trattenerla. Cercò di far scivolare la mano via dalla sua, ma Killian la strinse con fermezza e gentilezza.
 
– Non ci penso proprio a farti andare in giro da sola! Tu vieni con me a casa mia!
 
Un nuovo maledetto piacevole brivido percorse la schiena di Emma al suono vibrante e caldo della voce di lui. In una frazione di secondo vide cosa sarebbe potuto capitare a restare soli in un appartamento, con l’attrazione magnetica e l’elettricità che c’era tra di loro.
 
– Non ci pensare infatti! Ho detto che vado! Non ho intenzione di venire da te!
– Non hai capito Dottoressa Swan! Non è un invito è un ordine!
–Tu non puoi ordinarmi una cosa simile! Non vengo a casa tua!
– Qui ti sbagli! Il Capitano sono io e se per la tua sicurezza ti ordino di stare da me tu lo fai!
– Sarò più al sicuro a starti alla larga Jones!
– Credi voglia portarti a letto?
– So difendermi da quello, mi sei indifferente ormai! Mi preoccupa di farmi vedere in giro con te! L’assassino potrebbe puntare anche me!
– Sei come al solito una pessima bugiarda Emma! Ma riguardo all’assassino è il motivo per cui ti porto da me! 
- Tu si che le sai dire le bugie Jones!
– Per ora non raccoglierò la sfida love, ma ne parleremo ancora! Sono stanco del gioco a punti che stai facendo!
– Quale gioco a punti?! Comunque se mi richiami Love ti dimostrerò veramente i risultati del mio addestramento!
 
Nonostante il cipiglio arrabbiato di Emma, Killian sorrideva maliziosamente.
 
– Mmm! Interessante! Da un po’ che non mi alleno con il corpo a corpo!
– Ti ho già detto che non sono venuta per flirtare con te!
– Non sei convincente Swan! Dai! Andiamo a cena ora!
 
Le mise una mano dietro la schiena, all’altezza della vita, per incoraggiarla ad uscire e per l’ennesima volta lei sentì un brivido piacevole. Sperò che lui non se ne fosse avveduto, ma dalla carezza che lui le fece dietro la schiena con quella mano, subito dopo, capì che con probabilità lui l’avesse percepito.
 
“Hai un grosso problema da risolvere Emma Swan e non lo risolvi standogli vicino!”
 
***
Il gioco a punti non smise tra loro né durante la frugale cena in un fast food, né nell’auto di Killian mentre la portava a casa sua.
 
Erano usciti dalla base segreta attraverso un passaggio che conduceva ad un garage sotterraneo. L’elegante auto tedesca di Killian era parcheggiata lì. Emma era stata piuttosto ostile in ogni proposta che lui aveva cercato di farle, dal ristorante al Pub.
 
Killian pensava che nonostante l’offeso dovesse essere lui, lei stava facendo troppo la preziosa. Era lei che non gli aveva creduto no? Si era fidanzata con un altro no?
 
Quando arrivarono alla palazzina di proprietà della famiglia Jones, dove lui occupava un appartamento, Emma rimase meravigliata.
 
– Non immaginavo che avessi una palazzina intera!
– La famiglia di mia madre è piuttosto benestante! Sono cresciuto qui fin da piccolo. Mio padre aveva lo studio al pianterreno. Mia madre riprese gli studi in architettura che io andavo alle elementari. Le cose si erano risistemate tra loro quando mia madre aveva finito gli studi e trovato un lavoro che le piaceva. Finalmente vedevo di nuovo felici i miei genitori, poi mio padre ebbe quella commissione di quadri e da lì finì tutto …
- La modella diventò l’amante di Brennan e tua madre li trovò insieme. Fuggendo disperata finì addosso alla macchina dei miei!
– Tu sai come sono andate le cose?
 
Killian era sbigottito. Come poteva Emma sapere cose che lui aveva scoperto accidentalmente?
 
– Si … so come sono andate le cose e so perché odȋ tuo padre Brennan. A causa sua e delle sue bugie ti mettesti nei guai e Lorna te ne ha tirato fuori, offrendo a te e a tuo zio Henry una soluzione che soddisfacesse le tue doti geniali e il Bureau!
– Hai fatto indagini su di me Swan?
– Ho messo insieme molti pezzi di puzzle Captain Hook. So che era la storia che ti leggeva Brennan. Captain Hook era il tuo personaggio preferito e ti piaceva che lo interpretasse per te tuo padre.
– Questo lo sa solo mio padre …
- Me lo ha detto lui infatti. Ora sa che sei veramente Captain Hook ed è orgoglioso di te!
– Non posso dire lo stesso di lui Swan!
 
Ancora in auto, sotto casa di Killian, si erano ritrovati a parlare del passato. Emma doveva dire a Killian di suo padre, anche se Brennan le aveva detto di non farlo.
 
– Lo frequento da mesi ormai. Non sapevo fosse tuo padre. L’ho rintracciato per conto della mia amica gallerista Regina Mills. Aveva dei suoi quadri in galleria che non riusciva a vendere per la mancanza della sua autorizzazione. Era diventato irreperibile, invece era ricoverato in ospedale.
– In ospedale?!!
 
La preoccupazione negli occhi di Killian tradiva il residuo di affetto che ancora provava per lui.
 
– Killian, tuo padre non vorrebbe che te lo dicessi …
- Cosa?! Non mi dire che …
- Brennan è gravemente malato …
- Sapevo da Seb che fosse tornato all’appartamento vicino all’Università e stesse facendo delle visite ma …
- Lo hanno operato per un tumore polmonare. Ora è nuovamente in ospedale per interventi alla metastasi. Non gli resta molto …
 
Killian portò il capo al poggiatesta del sedile e con gli occhi chiusi si massaggiò con indice e pollice l’attaccatura del naso.
 
– Non pensi che sia il caso di andare a trovarlo?
– Non sono pronto per questo Emma! Non riesco a perdonarlo! Mi ha dimenticato quando avevo bisogno di lui! Quando ero più disperato! Ha chiamato il suo ultimo figlio William. Sentiva la mancanza di Liam ma non la mia! Io lo amavo profondamente mio padre e lui? Un amore non corrisposto a quanto pare e non è l’unico che mi è capitato!
 
A chi si riferiva Killian? Chi aveva amato senza essere ricambiato? C’era un’altra donna nel passato di Killian che aveva amato profondamente. Doveva essere gelosa anche di lei? Era già provata così per il presente. Non era il caso di essere affranta per un amore del suo passato, anche se era evidente che lui ancora ne soffrisse!
 
– Vieni, saliamo in casa ora! È tardi e sarai stanca per il fuso orario!
 
Era vero! Era a pezzi! Era stata una giornata stancante e credeva di crollare sul letto già addormentata.  
Fu lui a portarle il bagaglio in casa. Era fresco nell’appartamento, merito dei condizionatori con il timer, che si erano accesi all’orario prestabilito dal padrone di casa.
L’appartamento era ampio e, sicuramente, di giorno, molto illuminato. Nel soggiorno c’erano ampie finestre con tende bianche. Killian le mostro velocemente i servizi e la camera degli ospiti. Poi la lasciò nella sua privacy. Emma si chiuse in bagno per una veloce doccia rinfrescante e poi se ne andò a letto, sperando di dormire.
 
***
A volte più stanchi si è e meno si riesce a rilassarsi e a dormire.
Emma si rigirava nel letto da più di due ore. Tutti gli eventi della giornata le tornavano davanti agli occhi. In particolare Killian, i discorsi fatti, il caso esaminato dell’agente Hanson, le cose dette sulla missione in Colombia e di conseguenza in Cina …
La mente di Emma era così attiva che come spesso le succedeva, le sembrava di vedere pezzi di puzzle che le vorticavano davanti, senza trovare la loro giusta locazione. Sapeva che ancora ne doveva aggiungere di pezzi per arrivare alla soluzione. Chi poteva essere questo assassino che stava operando un rituale di punizione per gli agenti della Squadra di Captain Hook?
 
“Dio che caldo e che sete! I condizionatori si spengono ad una certa ora! Ho bisogno di un bicchiere di acqua fresca. Killian dorme di sicuro. Non si accorgerà che vado in cucina …”
 
Con in dosso un completino canotta e mutandina celeste in maglina di cotone, Emma uscì in punta di piedi dalla stanza e si diresse verso la cucina. Le luci della strada illuminavano scarsamente l’appartamento e lei non volle accenderne le interne. Arrivò ai pensili della cucina e cercò un bicchiere. Aprì l’acqua del rubinetto e ne riempì il bicchiere. Stava per bere e un rumore la fece saltare.
 
– Swan tutto bene?
– Noo non accendere la luce!
 
***
Non era stato facile per Killian Jones prendere sonno. No, non era stato facile affatto! Ancora non dormiva. Mille pensieri affollavano la sua mente, mille preoccupazioni e responsabilità.
 
“Ci mancava Emma qui in Irlanda! Lorna ferita gravemente! Il killer a piede libero! Speriamo che con Emma riusciamo a capirci qualcosa. Lorna ha ragione, ci sa fare il mio piccolo Cigno! E confesso che mi stuzzica ancor di più quando mi sfida! La amo come e più di prima, ma lei non ne vuole sapere. Quel tizio deve averla conquistata veramente! Alla fine non era così profondo il suo amore per me. Mi sono fatto solo illusioni! Ma che succede di là?”
 
Un cigolio lo aveva distolto dai suoi pensieri. Faceva caldo, i condizionatori si erano spenti, forse era il caso di farli ripartire. Anche Emma era sveglia?
Vestito solo di un paio di boxer neri, si alzò dal letto e uscì dalla sua stanza. Il rumore veniva dalla cucina.
 
“Perché non avrà acceso la luce Emma?”
– Swan tutto bene?
– Noo non accendere la luce!
 
Troppo tardi! L’interruttore era scattato.
 
Emma era davanti a lui, con i suoi capelli, di lunghe onde d’oro puro, sciolti sulle spalle nude. Vestita di un completino celeste, le lunghe gambe snelle e i piedi scalzi. Teneva un bicchiere d’acqua in mano. Se lo portò alle labbra per bere, guardandolo e poi abbassando le palpebre ornate di quelle lunghe ciglia. Le sue labbra diventarono lucide con il residuo d’acqua su di esse.
 
“Labbra di ciliegia per una visione angelica!”
 
Era bella, bella come non mai! Troppo bella per lasciarla ad un altro …
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
Sorpresa! Pubblico di lunedì questa volta. Lo avrei fatto ieri ma … troppi impicci!
Vi è piaciuto l’incontro tra Killian ed Emma? Ora li lascio sospesi e lascio sospesi anche voi lettori. Vedremo cosa succederà. Immaginate pure. Smemorina già sta volando con la sua sexy fantasia, quasi quasi le chiedo di scrivere il seguito ;))
Bando alle chiacchiere. Grazie a chi leggerà, grazie ai miei recensori abituali e ai nuovi aggiunti. Grazie a chi segue in silenzio e categorizza tra le preferite o altro.
Un abbraccio a tutti!
Lara

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Capitolo 48
*** Ancora e sempre sarò il tuo brivido più grande ***


 
 
Avviso ai lettori
Il capitolo potrebbe essere considerato più un rating red rispetto a quanto descritto nella presentazione.
A chi pensa di poter essere disturbato da azioni e descrizioni è sconsigliato di leggere
 
 
Capitolo 48
Ancora e sempre sarò il tuo brivido più grande
Nelle lunghe attese tra di noi
Io non ho confuso mai
Braccia sconosciute con le tue

Adesso se tu mi vuoi e se lo vuoi
Lascia che io sia
il tuo brivido più grande

( Nek - Lascia che io sia -)


 
 
“Indifferenza!”
 
Si, era necessario che mostrasse …
 
“Assoluta indifferenza!”
 
Molto facile a dirsi, ma a farsi? Specie quando l’uomo che ami ti si presenta improvvisamente, vestito solo con un paio di boxer, con quei pettorali in mostra, gli addominali scolpiti e delineati, evidenziati da una peluria scura, i bicipiti tonici come l’Apollo del Belvedere, stagliato nel telaio della porta, con un avambraccio poggiato allo stipite, mentre ti guarda con due occhi d’acqua marina e i capelli bruni scompigliati che ti fanno venire voglia di infilarci le dita e rimetterli a posto, anche se è perfetto pure così!
 
“Ce la posso fare! Ce la posso fare!”
 
Eccolo che si avvicinava felino, con quello sguardo magnetico e seducente, sommato ad un sorriso malizioso da “Non puoi scappare Love, sei mia!”
 
“Non ce la posso fare! Non ce la posso fare! Ti prego non ti avvicinare e non mi guardare così! Maledizione ti potevi mettere almeno una maglietta!!! Cavolo -MI- potevo mettere qualcosa di più decente addosso!!!
 
Emma si sarebbe messa anche un sacco dell’indifferenziata addosso in quel momento o il “mantello dell’invisibilità”! Si, quello sarebbe stato pure meglio! Magari una sbirciatina ben fatta gliela dava a Killian, senza essere vista! Perché, doloroso da ammettere, era veramente un bel vedere!
Beh! Che poteva fare ora? A parte mostrare indifferenza? Si, si, il bicchiere d’acqua! Era lì per quello in fin dei conti!
 
“Bene! Bevo il mio bicchiere d’acqua!”
– Tutto bene Swan?
– Mmm … si perché?
 
La voce le era uscita quasi stridula, ma almeno non si era strozzata mandandosi l’acqua per traverso.
 
– N-nulla … pensavo … 
- Che?!
– Che avessi bisogno di qualcosa … 
- Avevo sete e sono venuta a prendere un bicchiere d’acqua … fa caldo!
 
Aveva portato nuovamente il bicchiere alle labbra, guardandolo. Non era riuscita nello sguardo indifferente, no, aveva battuto le palpebre in un modo che a lui era arrivato sensuale ed ammiccante. Lo vide restare quasi con il fiato sospeso, ma riprendersi con quel sorriso sghembo e malizioso sul viso.
 
– E bevi l’acqua del rubinetto? In frigo c’è una bottiglia al fresco …
 
Killian si avvicinò al lavandino e a lei che vi era appoggiata con quel bicchiere stretto tra le mani. Una presa insolita, nessuno aveva intenzione di rubarglielo no?
 
Emma, suo malgrado, ebbe un brivido per la schiena e si strinse maggiormente le braccia verso il seno. Non era di certo il freddo!
 
“Maledizione all’effetto che mi fai Killian! Spero che non te ne accorga o immagino le tue idee!”
 
La reazione fisica del suo corpo era incontrollabile e lo sapeva, ma poteva nascondere un minimo l’inturgidirsi dei capezzoli sotto quella sottile canotta di cotone, stringendo le braccia con la scusa del bicchiere!
 
Killian ormai le era accanto e le sfiorò un fianco, mentre sollevava la mano destra verso i pensili sopra il lavabo. Emma si mordicchiò l’interno del labbro inferiore per dominare l’ennesimo brivido. Lui aprì lo sportello e prese un bicchiere per sé.
 
– In effetti fa caldo qui … e ho sete anche io!
 
Si voltò poi verso il frigo, lo aprì e prese la bottiglia di acqua fredda.
Lei non perse l’occasione per ammirarne, da dietro, il portamento eretto e la bella figura atletica.
Killian stappò la bottiglia e la offrì prima a lei, riavvicinandosi. Cavolo! Lei doveva riaprire le braccia?! No, meglio di no! Anzi, strinse pure le gambe incrociandole.
Lui notò il movimento scendendo con lo sguardo lungo le sue cosce e risalendo verso il suo viso, puntandolo ai suoi occhi verde acqua e alzando un sopracciglio.
 
– No grazie … sto bene così per il momento!
 
La guardò ancora maliziosamente.
 
“Insomma che ti guardi?!”
– Se lo dici tu Swan!
– Ma non dormivi o ti ho svegliato io? Ho cercato di far piano …
- Ero sveglio … per quello ti ho sentito … non hai fatto granché rumore. Tu perché non dormivi? Non sei stanca? Il fuso orario non ti stordisce?
“Mi stordisci di più tu Killian!!”
– Non più di tanto o forse è proprio l’eccessiva stanchezza o il caldo di luglio. Pensavo fosse più fresco qui in Irlanda!
– Di sicuro non è un luglio Californiano, ma è estate anche qui Swan!
– Per quello non dormivi? Per il caldo?
– Il caldo … i pensieri …
- Quali pensieri?
– Non lo so … forse i tuoi stessi pensieri …
 
Il cuore in petto le fece un tuffo. Avevano pensato veramente alla stessa cosa?
- I- i miei stessi pensieri? Cosa ne sai dei miei pensieri?
– Non pensavi a … al caso?
“Che caso?! Oddio si, il lavoro! “
– … Si, si  certo! A che altro altrimenti?
 
Killian si era riavvicinato con la scusa di posare il bicchiere sul ripiano del lavabo. Rimase al suo fianco. Emma poteva percepire il calore del suo corpo e iniziava a sentire ancora più caldo. Il cuore in petto era ormai in tachicardia e la cosa la scocciava parecchio. Se lui si fosse accorto del pulsare veloce della sua giugulare? Addio la finta dell’indifferenza!
Lui poggiò la mano sinistra sul bordo del lavabo, le si portò davanti e mise l’altra mano sul bordo a destra. Emma ora era imprigionata tra le sue braccia.
 
“Se non mi esce il cuore dal petto ora! Dio Santo se fa caldo adesso!!”
– Non saprei Emma … a che altro potevi pensare?
“Indovina un po’ Killian?”
 
Era così vicino. Non la toccava con il corpo ma era lì, più alto di lei, la guardava insistentemente in viso e lei non poteva fare diversamente, vedendo come i suoi occhi azzurri navigassero sul suo viso, dal contorno dell’aureola dorata dei capelli, agli occhi e alle labbra, soffermandosi su di esse … molto a lungo su di esse!
 Era vicino a baciarla, era chiarissimo! Lo avrebbe capito chiunque, non era necessario un Profiler. 
 
– Finalmente  si rivedono i tuoi capelli … sei ancora più bella con queste onde d’oro che ti scendono sulle spalle …
 
La destra di Killian si era staccata dal lavabo ed era salita leggera lungo il braccio di Emma, appena sfiorandola, fino a giungere vicino alla sua guancia, a carpirle il boccolo dorato che si era formato dalla tempia. Lo prese tra le dita e come altre volte, glielo portò dietro l’orecchio, sfiorandole la guancia con i polpastrelli. Lei sollevò la mano per allontanare la sua.
 
“Toccami pure ora ed esplodo!!”
– Pensavo a te e a tuo padre …
 
Suo Padre?! Quella risposta interruppe la magia della sensualità che si stava riaccendendo imperiosa tra di loro. Killian si tirò indietro.
 
– Swan, non ricominciare con mio padre per favore! Non mi sento di incontrarlo … già ne abbiamo parlato!
– Non è a quello che pensavo …
- Allora cosa pensavi?
 
Lui si era voltato nuovamente verso di lei, riavvicinandosi, lei lo squadrò dalla testa ai piedi, notando anche in lui gli effetti della vicinanza.
 
“Almeno, da quello che vedo non sei solo tu ad avere effetto su di me, la cosa è reciproca!”
 
Lui la guardava dritto negli occhi. Lei sostenne lo sguardo con espressione seria.
 
– Pensavo a quello che hai detto sul tuo amore per lui non ricambiato. Hai detto che non è la prima volta che ami senza essere ricambiato …
 - Quindi?
– Chi è la persona che ti ha deluso oltre a tuo padre?
– Me lo stai chiedendo veramente Emma?
– Mi sembra proprio di si Killian!
– Basta che guardi al tuo dito quell’anello Emma!
– Cosa centra il mio anello ora?
– Ancora non lo hai capito Emma?!
 
Gli occhi di Killian erano lucidi e la sua espressione arrabbiata e addolorata insieme. Le prese le braccia con le mani, stringendole.
 
– Sei tu che mi hai deluso Emma!
– Io ti ho deluso?!!
 
Emma era indignata e nel rispondergli allontanò bruscamente le mani di Killian dalle sue braccia.
 
– Bella questa! Come ti avrei deluso?
– Credevo che ti saresti fidata di me, che mi avresti aspettato come ti avevo chiesto!
 – Non mi hai mai detto di amarmi Killian e ti ho aspettato comunque! Invece mentre mi abbracciavi e baciavi, dicendo tanti bei propositi, già ti eri sposato! E quello deluso sei tu?! Hai una faccia da schiaffi veramente a dire una cosa simile!
– Ti avevo detto di guardare oltre le apparenze!
– Ci ho provato per un pezzo! Ma cosa c’è dietro un matrimonio legale? Non è una farsa come la morte di Kim! Ti sei sposato veramente! Se fosse stato vero che mi amavi non lo avresti fatto! Ti sei innamorato di Eloise per la sua fragilità? Ti sei sentito un eroe? Beh non mi interessa saperlo! Ho chiuso con te! Ho trovato qualcuno che mi ama veramente e non mi racconterebbe frottole, come hai fatto tu, per nulla al mondo!
– Mi amavi così tanto che ti sei riconsolata presto direi!
 
Emma ora era su tutte le furie.
 
– Che diavolo ne sai tu?!! Sono morta dentro con Kim quando ti ho visto esanime su quel pianerottolo! Sono andata mesi in terapia da Lorna e la stavo superando grazie all’attesa di nostro figlio …
 
La voce di Emma iniziava ad incrinarsi al ricordo.
 
– Non è andata bene nemmeno quella di speranza! Non ho potuto vedere nemmeno il colore dei suoi occhi! Avrei voluto che li avesse come i tuoi! Volevo tenerti ancora con me in qualche modo!
 
Un singhiozzo le uscì incontrollato, ma non diede sfogo alle lacrime.
 
- Non avevo idea che l’uomo che mi telefonava fossi tu! Nonostante la corte che mi facevi e la sensazione di conoscerti, non mi sembra di esserti caduta tra le braccia con quelle telefonate! Non venirmi a dire che non ti ho amato veramente Killian e che mi sono riconsolata presto! Neal mi ama dalle Superiori e non lo avevo mai preso in considerazione.  Tu me ne hai fatte di ogni colore! Professionalmente posso capire la questione della copertura, ma hai continuato a mentirmi anche dopo, quando ho capito che tu e Kim eravate la stessa persona! Ti serviva la messa in scena per qualche ora di sesso? Non ti bastava Eloise?
– Che diavolo dici Emma?! Io non l’ho mai amata Eloise! In tutto questo tempo non ho confuso mai altre donne con te! Tutto quello che ti ho detto a casa di tua zia era vero, sogni e intenti! Lo sentivi che non era solo sesso! Non puoi non aver sentito quello che sentivo anche io in quei momenti! Eravamo una cosa sola! Tu non mi hai creduto! Non hai avuto fiducia in me!
– L’hai tradita la mia fiducia Killian!
– Io ti amo Emma! Non te l’ho mai detto prima! Ma ora te lo posso gridare finché non lo senti fino all’anima! Ti amo come non ho mai amato nessun’altra in vita mia! Incondizionatamente e profondamente! Nemmeno le vedo le altre! Nessuna mi fa l’effetto che mi fai tu! Mi hai fatto a pezzi con quel messaggio telefonico! Non mi hai nemmeno risposto quando ti ho chiamata e sono venuto a Boston per parlarti di persona! Invece ho avuto una bella sorpresa! Sei arrivata con quel tizio, Neal, sicuramente ci avevi passato la notte insieme visto come vi siete baciati! Dicevi che io ero quello “giusto”, quello che ti faceva sentire il brivido! Li senti anche con lui i brividi?!
“Eri venuto veramente a Boston?! No! Solo tu mi sai dare quel brivido, ma non mi freghi più!”
– Non sono affari tuoi Killian e ti sta bene, per quello che ho provato io a vedere lo stesso tra te ed Eloise in tribunale, inoltre non ti deve interessare con chi passo le mie  notti! Ti eri già sposato con lei e io non ti devo rendere conto della mia vita!
– Invece mi interessa e come! Non mi hai dato nemmeno la possibilità di spiegarmi!
– Non credo ci sia nulla da spiegare con gli atti ormai compiuti!
– Non capisci che l’ho fatto per te?!
 
Era troppo da sentire per Emma.
 
 – L’hai sposata per me?!! Questa poi! Ora Basta! Raccontane un’altra di cazzata Jones!
 
Con rabbia repressa da settimane e tutte le sue forze, Emma gli sferrò un tale pugno alla mascella, da farlo sbattere violentemente allo stipite della porta della cucina.
 
– Aahrg! La mia vertebra!
 
Con una smorfia di dolore, Killian scivolò lungo lo stipite e stramazzò a terra, lasciando Emma con gli occhi sbarrati mentre si portava le mani alla bocca aperta.
 
– Dio mio! Killian che ti ho fatto! La tua schiena! Non ci ho pensato! Mio Dio!
 
Terrorizzata non poté far altro che correre al fianco di Killian, inginocchiarsi e piegarsi su di lui con i capelli che gli lambivano il petto villoso. Iniziò ad accarezzargli il viso teneramente, sperando che si riprendesse.
 
– Killian … rispondimi! Amore mio, riprenditi! Amore mi dispiace tanto io non vol …
- Mi hai chiamato “amore mio” Swan?!
 
Con un occhio aperto e l’altro chiuso, un sorriso furbo sulle labbra e la mandibola dolorante,  Killian le aveva risposto.
 
– Tu … tu non sei svenuto! Mi hai fatto prendere uno spavento! Sei un bastardo Killian Jones!
 
Mentre Killian ridendo cercava di trattenerle le mani, lei, con le lacrime agli occhi, tentava di schiaffeggiarlo.
 
– Sei il solito mascalzone bugiardo!
– Dai smettila Swan! La mia vertebra è perfettamente guarita, te lo avevo detto in ospedale!
– Te la romperei veramente adesso! Non mi puoi fare queste cose! Sei un bastardo!
 
Furiosa, Emma si alzò dal pavimento per andare a chiudersi nella stanza degli ospiti. Ancora a terra Killian si voltò su se stesso e la prese per le caviglie, facendole perdere l’equilibrio. Emma si ritrovò a pancia a terra, lui la rigirò velocemente e se la tirò verso di sé, sovrastandola. Lei era furiosa, scarmigliata, con i capelli lunghi sparpagliati sul pavimento, gli occhi verdi acqua che lo avrebbero fulminato. Cercò di colpirlo al viso, ma lui le imprigionò le mani con le sue.
 
– La mia bella gatta selvatica dagli occhi verdi che diventa una tigre! Mi piaci così Swan!
– Tu non mi piaci per niente Jones!
– Si, raccontatene un’altra di storiella! Lo so che mi ami ancora!
– Io non ti amo! Mi sei completamente indifferente!
 
Killian le teneva le mani a terra, al di sopra della testa, con le dita intrecciate alle sue e il torace ormai a contatto con il suo seno, separati solo dalla leggera canotta a costine di cotone
 
– Si?! Completamente indifferente dici? Mi sembri piuttosto eccitata Swan e hai i brividi! Non mi interessa se anche con Neal li senti, ma ho intenzione di restare il tuo brivido più grande! Lascia che io lo sia ancora Emma!
 
Le lasciò la mano sinistra, scendendole con la sua destra lungo il fianco, fino ad accarezzarle la coscia nuda, che lei sollevò istintivamente, facendo angolo con il ginocchio.
 
– Ti amo Emma! Non smetterò più di dirtelo! Sono pazzo di te e tu non mi faciliti a restare lucido! Sono stato costretto per quello a starti lontano! Sei bella da togliere il fiato, anche arruffata e arrabbiata come sei! Se mi vuoi e se lo vuoi … scegli … o il mio letto o il tuo!
 
Era così affascinante con quel sorriso smagliante e malizioso! Lo sguardo penetrante e quella  voce così profonda e sensuale!
La sua mano, dall’esterno della coscia, le stava risalendo lungo il fianco, sotto la mutandina, fino al gluteo rotondo e morbido. Lei sentì che lo stringeva voluttuosamente, sentì di appartenergli ancora. La mano sinistra di Killian le lasciò la sua e con movimento leggero le abbassò la spallina della canotta, arrivando a scoprirle il seno destro. Lo vide chinarsi con il capo su di esso e suggerne dolcemente il capezzolo indurito. Lei chiuse gli occhi, restando con le mani vicino alla testa, inerme, assaporando la sensazione e i brividi che partivano da quel contatto.
Sentiva di desiderarlo non meno di quanto la desiderasse lui. Era qualcosa che andava oltre la tensione dei suoi visceri, oltre il fluire dei suoi umori, oltre la pressione imperiosa che sentiva del desiderio di Killian contro il suo pube. Era qualcosa che partiva da dentro, dal cuore come dal cervello, dal più profondo del loro animo. Non avevano mai smesso, nonostante il tempo passato lontani, nonostante i dubbi, la rabbia, la gelosia.
 
Si, doveva confessarselo, lui era il suo brivido più grande! Lo era sempre stato e lo sarebbe rimasto sicuramente per sempre, ma c’erano cose che impedivano ormai il loro stare insieme … una moglie e un “quasi” marito.
 
Emma scese con le mani aperte verso la testa bruna di Killian, mentre le sue labbra e la sua lingua ancora stavano tormentando di piacere il suo seno. Affondò le dita tra quei capelli, facendoli fluire soffici tra di esse. Lui sollevò il viso guardandola sorridendo, felice di avere la certezza che lei ancora lo amasse. Emma si perse nei suoi occhi azzurri e, nonostante la gioia di averlo sentito fare quella dichiarazione, che mai le aveva fatto così esplicitamente e nonostante la forte tensione al centro del suo essere e il desiderio del cuore e dell’anima di averlo ancora, la tristezza invase il suo sguardo verde.
 
– Emma … amore … dimmi che mi vuoi come ti voglio io!
– No … non voglio Killian!
– Stai mentendo Emma! Il tuo corpo sta rispondendo al mio come sempre … siamo fatti l’uno per l’altra … lo sai!
– Ti  ho detto di no …
 
Quel secondo “No” sembrava sapere di pianto, un “No” che arrivò dritto al cuore di Killian, che non si capacitava del suo negarsi a lui.
 
- Non ti voglio obbligare né farti violenza, ma continui a mentirmi con quelle labbra di ciliegia mentre ti sento sciogliere tra le mie mani.
- È soltanto una reazione meccanica allo stimolo, solo quello!
– Già, dimenticavo che la studentessa inesperta che ho conosciuto è ora una valente Dottoressa! Sei brava ad usare le parole per convincere! Ma io ti conosco Love, conosco ogni millimetro del tuo corpo, so cosa ti piace e come ti piace, conosco ogni tua reazione alle mie carezze e ora ti sento calda e bagnata. Mi vuoi, lo senti, lo sai e mi rifiuti … perché?
– Non mi sento di tradire Neal … lui è … è un caro ragazzo veramente … non posso fargli questo!
– Per lui non mi vuoi?
 
Killian si era sollevato da terra con le braccia tese ai lati di Emma e la guardava in viso con espressione seria.
 
– Allora dimmi che non mi ami. Dimmi che mi sono illuso e che ami lui. Se è così non ti sfiorerò più nemmeno con il pensiero!
 
Come poteva dire quella bugia? Si, era una bugia, non poteva rispondergli quello che lui l’aveva sfidata a dire.
 
“Amo te! Amo te, questa è la verità! Non posso risponderti una simile bugia!”
 
Pur non rispondendo nulla, sembrava che gli azzurri occhi magnetici di Killian potessero leggere nei suoi.
 
– Tu mi ami Emma … non hai mai smesso di farlo e io ti amo anche più di prima. Starti lontano non è stata una buona soluzione, ha solo moltiplicato quello che provavo per te. Credi di tradire Neal? È te stessa che stai tradendo e noi insieme …
 
I loro sguardi erano ancora incatenati. Quello di Emma sembrò vacillare. Quello di Killian ridiventò malizioso e ammiccante, un sorriso dolce e amorevole gli fiorì sulle labbra.
 
– Amore … te lo chiedo un’ultima volta: scegli … il mio letto o il tuo!
 
Era un mix letale per lei, quel sorriso dolce sommato a quello sguardo seducente. Il desiderio bruciante, di averlo e di essere sua, le tolsero ogni dubbio. Come in una lotta corpo a corpo, usando una velocità che spiazzò piacevolmente Killian, lei riuscì ad invertire le posizioni. Si ritrovò sopra di lui, con i capelli tutti su un lato della testa che ricadevano morbidi e ondulati su Killian. A cavalcioni sul suo turgore pulsante, si sporse verso le sue labbra e prima di baciarlo con tutta la passione negata e repressa fino ad allora, gli disse in un soffio :
 
- Qui ed ora “Pirata”!
 
Lui non si era aspettato nulla di più sensuale di quell’atteggiamento e quel bacio. La lasciò fare, assaporando a sua volta la bocca di lei, mentre le sue mani le stringevano i glutei e poi scendevano verso il dolce ristringimento della vita, infilandosi sotto la leggera canotta, spostandola per sentire meglio il velluto della sua pelle madida.
Era caldo, veramente caldo! Ma erano loro che stavano rendendo quella cucina bollente, nonostante il fresco del pavimento sotto la schiena di Killian e sotto le ginocchia di Emma.
Lei si risollevò dalle labbra di Killian per consentire ad ambedue di riprendere  fiato, ma sentirono subito entrambi la mancanza delle reciproche labbra. Impetuosamente lui le portò la mano destra dietro al collo e la riavvicinò alla sua bocca. Ancora un profondo bacio, un vorticare delle loro lingue, un succhiarsi reciprocamente, come se fossero in astinenza da quel dolce tipo di droga. Si sciolsero nuovamente per guardarsi negli occhi, carichi di lussurioso bisogno reciproco.
 
– Sei audace Swan e tendenzialmente dominante!
 
Mentre Emma si era risollevata dal suo torace, Killian le fece scorrere le mani sotto la canotta azzurra, accarezzandole la schiena e approfittando per sfilargliela del tutto. Lei, capendo l’intento, sollevò le braccia per permetterglielo.
I suoi seni candidi e sodi apparvero dolci e pendenti verso di lui, che non poté fare a meno di impossessarsene stringendoli, così morbidi, con una carezza tenera delle mani  e poi con mille baci delle sue labbra.
 
– Sei una visione d’incanto Love e io non posso restare passivo, lo sai vero?
 
Veloce, come era stata veloce prima Emma, Killian le circondò la vita con le braccia e con un colpo di reni, in quella lotta d’amore, la rovesciò sotto di lui.
 
– Il pavimento sarà pure fresco Love, ma è troppo duro per farci l’amore. Scelgo io per tutti e due: Il mio letto!
 
Mentre la sollevava tra le braccia, rialzandosi dal pavimento, Emma rise.
 
– Perché non il mio?
– Il mio è a due piazze Tesoro!
– Oooh!
– Puoi scatenarti come vuoi mia bella e vogliosa gatta selvatica!
 
La fretta di possedersi li fece volare in camera di Killian, dove la luce dell’abat-jour sul comodino era soffusa.
Se Killian credeva di prendere il dominio, fu piacevolmente deluso. Appena depose sul letto Emma, questa si rimise in piedi. La penombra, alternata alla luce soffusa, ne mostrò suggestivamente gli avvallamenti e le insenature del corpo. Lui, osservandola, confermò nella sua mente quanto fosse magnifica.
 
– Sicuro che la tua vertebra è guarita perfettamente?
– Al cento per cento Tesoro!
– Benissimo!
 
Spiazzandolo ancora, lei lo spinse con le mani sul petto, facendolo ricadere sul materasso. Killian la conosceva abbastanza da sapere cosa lo attendesse e rise divertito dell’irruenza di Emma, che era nuovamente a cavalcioni su di lui.
 
– Che mi vuoi fare Swan?
– Un po’ di tortura ci sta bene dopo quello che mi hai fatto passare Jones! Stattene fermo!
 
Come a lui piaceva accarezzarla e godere del contatto della sua delicata pelle, per Emma era lo stesso nei suoi confronti. La “tortura” che iniziò ad infliggergli era qualcosa che lui non avrebbe mai osato sperare. Lo accarezzo dal collo, sostituendo di volta in volta alle dita le labbra, seguendo la linea dei suoi muscoli tonici, baciando e succhiando la sua pelle nei punti più sensibili ed erogeni, facendolo rabbrividire di piacere, scendendo sempre più giù, fino al bordo dei boxer ormai troppo aderenti.
 
– Questi ti vanno decisamente stretti … possiamo considerarli inutili Jones!
 
Con lentezza esasperante gli portò le mani ai lati dei fianchi e poi velocemente lo privò dell’indumento. Killian era eccitato e fremente, esposto davanti a lei che gli sorrise maliziosamente, battendo le lunghe ciglia in quel modo che lo faceva andare su di giri. La vide sollevarsi senza toccarlo. La luce proiettata dall’abat-jour creò ancora quei sensuali chiaro-scuri sul suo corpo.
 
– Anche queste ora non servono più!
 
Ammiccando con lo sguardo e accarezzandosi sensualmente i fianchi, scese con le mani verso le proprie mutandine celesti, guardandolo con un’espressione che fece perdere battiti a Killian. Lo vide deglutire eccitato, mentre lei si spostava l’indumento verso la metà delle cosce, lasciandogli guardare il suo monticello dorato, sicura di sé e del suo corpo.
Il piccolo slip scivolò definitivamente lungo le gambe lisce e snelle di Emma e lei ebbe un moto di finta timidezza che lo fece fremere ancora di più di desiderio.
 
– Oops!
– Emma …
- Stai buono! Ti ho detto di non muoverti …
 
Come potesse essere così sexy, più di quanto lo era nei suoi ricordi, Killian se lo stava chiedendo. Sentiva l’urgenza del bisogno di possederla, ma lei aveva deciso di lasciarlo aumentare quel desiderio. Si era accovacciata tra le sue gambe e aveva deciso di regalargli una delicata e leggera carezza che gli avrebbe incrementato ulteriormente il bisogno, unendolo al piacevole dolore della tensione del suo membro.
Lei glielo aveva preso tra le mani con una maestria e una sapienza che non le ricordava. All’intenso piacere che ne provò si aggiunse, assalendolo improvvisamente, un dubbio e di conseguenza la gelosia. Che Neal le avesse insegnato qualcosa di più di quanto avesse scoperto e imparato con lui?!
Si morse le labbra per la gelosia. Come aveva potuto lasciare che lei fosse finita tra braccia che non erano le sue? Come aveva potuto permettere che un altro uomo l’avesse anche solo sfiorata e, peggio, posseduta? Emma apparteneva a lui! Doveva appartenere solo a lui! Era stato un idiota veramente e la colpa non era di Emma, era  la sua!
Un ennesimo picco di sensuale piacere gli fu provocato dalle dita delicate di Emma. Ora erano lì, erano loro due soltanto, doveva pensare solo a quello, non esistevano altri oltre loro due, doveva abbandonare quei pensieri di deleteria gelosia.
 
Lei sapeva bene cosa stava facendo. Anche lei lo conosceva, conosceva il suo corpo e come gli piacesse essere toccato e accarezzato. Con sapienti tocchi, leggeri e sicuri, lungo l’estensione turgida della sua intimità, lo stava facendo impazzire, tenendolo obbligato a restare passivo al suo volere.
 
“Dio se sai come farmi morire Emma!”
 
Ancora non le bastava il punto di eccitazione e tensione che gli aveva fatto raggiungere? Per quanto ancora lo avrebbe stuzzicato e dolcemente torturato in quel modo? Si costrinse a resisterle. Chiuse gli occhi per non guardarla o non ci sarebbe riuscito, ma durò poco l’intento. Era un godimento anche guardarla e non voleva perdere un secondo della  visione del suo candido corpo, né di quelle sorridenti e maliziose labbra di ciliegia che ora si stavano schiudendo e posando su di lui, decidendo  di ucciderlo definitivamente con quel bacio estremamente erotico.
 
Killian ansimava, nello sforzo ormai immane di resisterle, e, improvvisamente, lei smise con quella tortura erotica, provocandogli un sospiro di sollievo e nostalgia. La vide tornare a cavalcioni sul suo inguine, ma capì che avrebbe continuato quella carezza in un altro modo, prendendosi anche lei il suo piacere.
 
Poggiandosi su di lui, con il sesso bagnato per la medesima eccitazione, e strofinandoglisi contro il suo, con movimenti lenti e voluttuosi, mentre le mani correvano ad accarezzargli il petto, facendo scorrere le dita tra la sua peluria bruna, Emma sentiva il piacere espandersi dal suo centro in tutto il corpo. Si strofinò ancora lungo il suo turgore infiammato, godendone e mugolando sensuale.
Era solo l’inizio, sapeva che poteva avere di più e che potevano insieme sentire di più. Inarcandosi con la schiena e spingendo il seno in avanti, assaporò ancora quella sensazione, poi desiderò sentirlo dentro di sé e sentì, nell’ennesimo fremito di Killian, la sua stessa impazienza.
 
– Emma … lo sai che non sono bravo a restare passivo, non posso ancora …
- Sssht! Stai zitto e godi con me Capitano!
 
Questa volta lui trattenne il fiato, mentre lei si decise e scendere sulla sua erezione, accogliendolo e avvolgendolo con un ritmo che gli fece assaporare il piacere che solo con lei riusciva a provare. Un piacere che gli era mancato più di quanto volesse ammettere a se stesso, un piacere che voleva restasse costante e quotidiano, così come desiderava da tempo avere quotidianamente al suo fianco lei. Le portò le mani ai fianchi, guidandola nel ritmo sempre più veloce che si stava impossessando di entrambi. I loro gemiti iniziarono a mescolarsi e i loro movimenti diventarono sempre più complementari. Lei era felice di sentirlo attivo, dentro e fuori di sé e non gli impedì più nulla
 
– Accarezzami Killian!
 
Glielo aveva chiesto mandando la testa in dietro e offrendogli i seni. Lui le accarezzò la schiena e risalì sul davanti, stringendo e massaggiando quanto gli veniva offerto così generosamente. Si portò seduto, tenendola per la vita e affondò il viso nell’incavo del suo seno. Lei gli prese il capo accarezzandogli i capelli come le piaceva fare, mentre lui riprendeva a mordicchiarle piano quelle piccole gemme, ormai  dure come bacche rosse, alternando con dolci movimenti lenitivi e succhianti della sua lingua. Emma abbassò lo sguardo verso il proprio petto e apprezzò la vista sensuale di quanto la sua bocca le stava facendo. Incontrò gli occhi di Killian, che volevano la certezza che lei stesse godendo, e gli diede quella sicurezza attraverso il suo sguardo ormai offuscato dal piacere. Continuò a muoversi ritmicamente su di lui, si rese conto che era vicino al massimo e che si trattenesse per lei. Questo la eccitò fino all’orgasmo ed esplose in un’onda tellurica che Killian sapeva sarebbe stata solo la prima di quelle che le avrebbe fatto ancora provare. Prima che lei ricadesse contro il suo torace accogliente, Killian l’abbracciò e la rovesciò sulla schiena, portandola sotto di sé.
 
– Sei solo all’inizio Love, rilassati, ora ti farò sentire molto di più di questo …
 
Era una promessa che Emma  sapeva bene lui avrebbe mantenuto. Distesa languida tra quelle lenzuola stropicciate, lasciò che Killian percorresse il suo corpo ancora con baci e carezze. Sapeva quale fosse la sua meta e divaricò le gambe per facilitargli l’accesso. Un sussulto la scosse al piacere intenso che la invase nel momento in cui sentì le labbra e la lingua di Killian lambire il centro umido della sua intimità e un tremore involontario si scatenò quando quel morbido tocco si insinuò più a fondo nella sua cavità. Lui non si accontentò di quelle reazioni e continuò con pazienza a stimolarla in quel modo erotico ed estremamente  intimo, finché non la sentì perdere ogni controllo del suo corpo, scossa da onde che si susseguirono. 
 
– Killian … Killian vieni con me!
 
La voce di Emma era come l’invito di una sirena, condizionata, nella sua melodia, dal  piacere provato. Killian, ormai all’estremo della volontà e della capacità di resistere, l’assaporò ancora, poi si sollevò dalla sua sorgente stillante e si fiondò tra le sue gambe aperte, come un marinaio tra i flutti di un mare in tumulto, accettando l’invito di quella voce melodiosa e delle sue braccia accoglienti, che si avvinghiarono al suo torace appena lui la penetrò con estrema facilità e profondità. Fu lui a continuare e a finire il loro gioco d’amore. Avere il controllo di qualsiasi situazione era una sua prerogativa e la passività non gli apparteneva. La guidò verso vette ardite, muovendosi dentro di lei secondo le contrazioni che da lei provenivano. Fatti l’uno per l’altra, complementari, completandosi a vicenda. Le loro volontà si mescolarono in una sola unica volontà, i loro corpi si fusero in un unico fiume di fluidi, esplodendo insieme, ancora nella visione di miriadi di stelle.
 
 
Erano esausti quando si ritrovarono abbracciati, stretti, allungati su un fianco, soddisfatti e rilassati nel felice risultato del loro amplesso.
 
 – Stai bene Emma?
 
Lei aveva il viso così disteso e rilassato con quei grandi occhi sognanti, che Killian volle anche il piacere narcisistico di sentirglielo dire.
 
– Si Killian, mai stata meglio … è stato bello … bello come mai prima!
– Non ti è piaciuto le altre nostre volte?
– Cosa hai capito! Adoro fare l’amore con te, ma questa volta è come se lo avessimo fatto meglio di tutte le altre!
– Lo so, è stato così anche per me … te lo avevo detto già la nostra prima volta che le successive sarebbero state sempre meglio … almeno di questo ti potrai fidare!
 
Emma si sollevò su un fianco e gli accarezzò le guance leggermente ruvide per l’accenno di barba. Lo guardò con quello che a Killian giunse come uno sguardo innamorato.
 
– Killian … mi sono sempre fidata di te, anche quando eri Kim. Nel profondo dell’anima ho sempre sentito di potermi fidare. Ma quest’ultima volta non sono riuscita ad andare oltre le apparenze. È stato troppo forte il colpo di saperti sposato con Eloise. Ti credo se mi dici che non l’ami, ma che lo hai fatto per me non lo capisco proprio!
– Non mi sono espresso come avrei dovuto Emma e quel pugno da boxer me lo sono meritato completamente. Accidenti se sai picchiare duro! È un miracolo se non mi hai spaccato la mandibola!
– Accontentati, perché se ti avessi avuto davanti quando ho scoperto che ti eri sposato, non so se ora saresti stato in grado di raccontarlo!
– Sei un’irruenta Swan! E ti assicuro che lo apprezzo … a letto!
– Jones io non so che ti farei!
 
Emma cercò di risaltargli sopra come per picchiarlo, ma lui ridendo la rovesciò nuovamente sotto di sè.
 
– Non mi dispiace nemmeno quando diventi un po’ più arrendevole sai?!
 
La baciò nuovamente sulle labbra ancora schiuse e lei si rilassò di nuovo, poi lui si risollevò e si rimise al suo fianco.
 
– Emma, la verità è che ho parlato con lo psichiatra di Eloise …
 
Lei si irrigidì, ma aumentò l’attenzione.
 
– Nessuno può capirlo meglio di te e sicuramente ti sarai resa conto della sua instabilità …
 
Emma continuava a guardarlo attenta.
 
– Ha subito troppo, è una donna profondamente traumatizzata e la sua instabilità emotiva non l’aiuterà a poter gestire sua figlia. Quando l’ho portata negli States per farla testimoniare, ha usufruito di un programma speciale di protezione. Ora, nonostante sia ancora in comunità e abbia un piccolo lavoro come fioraia, il suo ruolo di testimone è finito e sarà rimpatriata. Sono stato io a voler l’inserimento di Alice dai Nolan, sapevo che tu facevi tirocinio da loro e speravo che la tua presenza aiutasse sia la piccola che la madre. Ho parlato con David e Mary Margaret, mi hanno detto della bravissima psicologa tirocinante che si è presa a cuore la piccina. Mi hanno detto che anche lei ti si è affezionata, ti considera più vicina di sua madre e secondo Mary hai fatto un ottimo lavoro con lei. Se Eloise sarà rimpatriata, come la legge impone, porterà con sé sua figlia in Colombia. Che fine pensi potrebbero fare? Le ho salvate in extremis. Eloise finirebbe nuovamente nel mondo della prostituzione e della droga. Ancora ci sono accoliti di Santa Cruz a piede libero e sono sicuro che l’aspettino al varco. So che vuoi bene ad Alice, la tua Fiordaliso. Una soluzione poteva essere l’adozione, ma chissà dove sarebbe stata adottata in Colombia. Ho preferito sposare legalmente la madre per darle la cittadinanza Statunitense, io l’ho ricevuta per il mio lavoro e grazie agli anni in cui mio padre è stato nel paese, l’unico piccolo vantaggio della sua lontananza! Con il matrimonio legale ho potuto adottare la bambina. Ho detto ad Eloise che ottenuta la cittadinanza l’avrei poi inserita in una situazione migliore qui in Irlanda. Le ho detto che mi sarei preso cura di Alice come mia figlia, ma avrei divorziato da lei perché ero già impegnato con la donna che amo. Questa è la verità Emma. Alice oltre ad un padre, avrebbe una madre attenta che le vuole bene e in grado di darle stabilità. Volevo che questo fosse un regalo per lei e per noi.
 
Emma era rimasta in silenzio. Stava elaborando quanto detto da Killian. Gli credeva, questo era sicuro nel suo cuore, ma sapeva che, per l’instabilità di Eloise, il piano di Killian potesse saltare completamente.
 
- Amore dimmi qualcosa …
 
Killian aveva un’espressione preoccupata, non sapeva come lei avesse preso la cosa, voleva un suo parere.
 
– Cosa dovrei dirti Killian? Un nobile gesto il tuo.
– Mi dici solo questo? Ti ho detto che voglio una famiglia con te e avere con noi Alice!
- Si … un pensiero dolce. Mi piacerebbe fosse come tu dici. Hai detto ad Eloise che la donna che ami sono io?
- No ovviamente!
– Credo l’abbia capito in qualche modo.
– Impossibile. Non ti ho mai nominata!
– Sai … l’intuito femminile esiste Killian!
– Chi se ne importa se lo ha capito! Conosce i miei intenti!
– Certo, li conosce. Ma tu non conosci i suoi! Non hai calcolato oltre alla sua instabilità i sentimenti che prova per te?
– Per me?! Gratitudine penso! Non ho fatto nulla per illuderla!
– A parte sposarla legalmente? Dio Santo Killian! Non capisci nulla di donne!
– Comincio a crederlo Swan!
– Eloise si è innamorata di te. Mi ha detto che non vede l’ora di partire con te e la figlia per l’Irlanda. Lo so perfettamente che ha una personalità instabile e non riesce ad accudire la piccina. Inoltre è refrattaria ai suggerimenti e molto avversativa. Entra di continuo in competizione con me, nonostante il mio ruolo. Questo mi dice che non accetterà di divorziare da te quando sarà il momento. Resterai sposato a lei e farai da padre ad Alice. Sarà comunque un bene per la piccina.
– Emma io ti amo! Voglio il bene di Alice ma non voglio l’Inferno con Eloise. Sei tu il mio Paradiso! Voglio te per il resto della mia vita!
 
Appassionatamente Killian si riportò su di Emma, riprendendo possesso delle sue labbra. Lei gliele lasciò prendere, ricambiando con lo stesso trasporto. Nessuno dei due voleva pensare ad altro se non a loro stessi. I problemi erano da rinviare in quel momento. La notte era la loro e soltanto la loro.
Mentre assaporava avidamente le labbra della sua amata, Killian fece scivolare la mano sulla sua pancia piatta, aprendola sul suo monticello soffice. Lei era nuovamente pronta per lui, lo capì facendosi spazio in quel vello dorato e coccolandola con le dita, dove sapeva che lo avrebbe sentito con veemenza.
 
– Apriti ancora love, ho troppo bisogno di sentirti mia!
 
Il desiderio era reciproco e reciproco fu il piacere che ripresero a dedicarsi nuovamente, fino ad addormentarsi esausti.
 
***
 
La luce dell’abat-jour era rimasta accesa, ma dalle tende della finestra filtrava il sole del mattino a dare una maggiore luminosità alla stanza. Emma si svegliò sul petto di Killian, ancora addormentato. Si sollevò piano e rimase ad ammirarlo nella sua nudità e nel relax del sonno. Gli accarezzò il torace, risalendo verso il viso. Decisamente gli piaceva parecchio con quell’accenno di barba che lo rendeva ancor più somigliante al quadro dipinto da suo padre. Tra la peluria, si notava sul lato sinistro del mento, il livido che gli aveva fatto con il pugno. Gli diede un bacio leggerissimo e decise di farlo dormire ancora, mentre lei avrebbe fatto una doccia.
Si alzò dal letto ma la mano di Killian la trattenne. Si riportò su di lui sorridendogli e baciandolo.
 
– Allora sei sveglio!
– Buongiorno Love!
– Vado a farmi una doccia, è ora di alzarci e riprendere il lavoro!
– Mmm … te l’ho detto che mi destabilizzi! Avrei voglia d stare ancora un po’ in questo letto con te! 
- Ti ho detto che non sono qui per flirtare con te Capitano ma per lavorare no?
 
Il sorriso di Emma era smagliante e quello di Killian, in risposta, non lo era meno.
 
– Flirtare no, ma fare l’amore direi proprio di si!
 
Lui la rovesciò sul letto e iniziò a farle il solletico, facendola ridere come una bambina. Lei poi si ribellò.
 
– Basta basta! Devo lavarmi!
– Mmm … interessante proposta! La doccia è abbastanza spaziosa per farlo insieme come ai vecchi tempi! Vieni qui!
 
Prendendola tra le braccia, Killian la sollevò e se la portò in bagno, dove la loro doccia diventò un ulteriore modo di appartenersi.
 
***
Dalla cucina proveniva il profumo di pancetta abbrustolita. Killian avrebbe preferito i pancakes assaggiati a casa di Emma, ma non aveva gli ingredienti e le non aveva potuto prepararli. Avevano optato per le uova strapazzate con il bacon, che Killian stava cucinando mentre Emma era in camera da letto a vestirsi.
 
– Love la colazione è pronta vie …
 
Killian era entrato in camera per chiamarla, ma si zittì nel vedere cosa stava facendo in quel momento.
Emma, mentre si vestiva, aveva notato delle tele poggiate ad un angolo della stanza, tra il comò e la finestra. Si era incuriosita e silenziosamente ne aveva presa una, voltandola. Non si sarebbe mai immaginata di trovarvi un suo ritratto.
 
– Killian …
 
Lui si fece avanti in silenzio.
 
– Sembra una fotografia! È perfetto questo ritratto! Tuo padre me lo aveva detto che sei più bravo di lui!
 
Si era voltata a guardarlo e lo vide portarsi, imbarazzato, la mano verso l’orecchio e la nuca.
 
– Quando l’hai dipinto? Ero sotto casa di Regina qui, il periodo che ci siamo conosciuti!
– Si … era il giorno che ti ho visto per la prima volta. Ti avevo scattato la foto che ho sul cellulare …
- Si me la ricordo. La vidi quando mi mostrasti che avevi registrato il tuo numero sotto la K sul mio cellulare. Dopo quella nottata tremenda in discoteca! Perché hai fatto questo ritratto?
– Credo tu lo possa intuire Emma!
– Preferisco sentirtelo dire!
– Quei due mesi che siamo stati insieme furono intensi anche per me. Ero angosciato all’idea di non poterti vedere più, ero morto come Kim! Mi mancavi come l’aria e ho ripreso a dipingere. Erano anni che non lo facevo. Sei stata la mia musa! Sentivo la tua mancanza e mi sentivo in colpa nei tuoi confronti, è stato un modo di … espiare? Avevo chiesto a Lorna di intervenire quella sera. Volevo che ti aiutasse a superare il danno che ti avevo fatto. Era anche un modo per continuare a sapere di te, ma con Lorna non la spunto mai! Non solo me ne ha dette di tutti i colori, non ha mai voluto dirmi nulla, se non quando hai iniziato il tirocinio dai Nolan. Ti avevo messo Seb alle calcagna, gli ho detto di carpire informazioni a Lorna, ma quello lo ha usato per fare i suoi interessi! Da Lorna ci andava di sicuro, lei non gli diceva comunque niente su di te, ma è servito ad avvicinarli. Quel volpone ha lavorato per se stesso in quel modo!
– Direi che ha fatto bene! Si amano tantissimo quei due e ora sono insieme. Spero che Lorna guarisca presto. Lo sai che Seb ha scoperto durante il ricovero di Lorna che aspettano un figlio?
– Il furfante non mi ha detto niente di niente, ma sono contento così. Se avessi saputo che mandavano te non lo avrei accettato e ora non staremo qui adesso.
 
Le si accostò alla schiena e l’abbracciò da dietro. Ancora non si era vestito del tutto, indossava solo i pantaloni e aderì con il petto alla schiena nuda di Emma, che ancora non aveva messo la sua camicetta e indossava i Jeans e un reggiseno di pizzo rosa. Le accarezzò la pelle dello stomaco e risalì lungo il reggiseno di pizzo, stringendole i seni possessivamente, mentre inclinando la testa si portò lungo il suo collo, disseminandolo di piccoli baci. 
 
– Jones mi stai distraendo lo sai?
- È ciò che voglio Swan! Andiamo a fare colazione o mangio te!
– Fammi vedere quelle altre tele dai!
 
Lei si era sciolta dall’abbraccio e con la curiosità di una bambina già stava afferrando la tela seguente voltandola.
 
– Dai Swan … un’altra volta …
 
Emma era più sorpresa di prima adesso. Lo guardò con la tela in mano, gli occhi sgranati e la bocca che disegnava una O. Lui si passava nuovamente la mano dietro la nuca.
 
– Killian … questo come hai potuto realizzarlo? Non puoi avere foto di questa situazione, a meno che tu non ci abbia viste!
 
Dal suo imbarazzo capì di aver detto giusto, lui aveva visto dal vivo quella scena.
 
– Sono io in braccio a mia zia Ingrid. Ero piccola, ero in ospedale. Non si capisce che fossi in ospedale, ma l’abbraccio di mia zia me lo ricordo bene! Dove eri tu? Come ci hai viste?
– Hai ragione … eri in ospedale allora. Ti eri ripresa da poco. Mia madre stava morendo, ero in ospedale con mio fratello e mio zio. Ti avevo scoperto mentre l’infermiere ti portava nella tua stanza. Non sapevo che eri ferita a causa di mia madre. Non sapevo ancora nulla di come si era svolto l’incidente. Quando l’infermiere è andato via sono entrato nella tua stanza. Eri piccola e bellissima, un piccolo angioletto biondo. Ho letto la tua cartella clinica, non ho capito cosa significasse quello che vi era scritto, ma ho capito che era qualcosa di brutto. Ho avuto paura che potessi morire. Non volevo che accadesse. Eri troppo piccola, bella e innocente per morire. Mi sono avvicinato per guardarti in viso, portavi la maschera per l’ossigeno. Volevo farti svegliare, ho iniziato a parlarti, ti ho chiesto di non morire, di vivere per me. Tu miracolosamente hai aperto gli occhi. Non avevo mai visto occhi verdi e chiari come i tuoi. Credo di essermi innamorato di loro in quel momento. Quando ti ho incontrata sotto casa della tua amica e ti ho scattato quella foto, vedendo che eri una studentessa di Psicologia, dai libri che portavi, ti ho rintracciata tra gli iscritti della tua facoltà. Il tuo nome corrispondeva a quello di quella bambina che mi aveva folgorato con i suoi occhi verdi acqua. Eri diventata ancora più bella e ti ho desiderata fin da quel momento. Il resto come è andato lo sai!
 
 
Emma era rimasta a sentirlo ancora con la bocca schiusa.
 
– Killian … io sono senza parole! Credevo di aver sognato quel ragazzino! Avevo sentito la sua voce al mio capezzale, ho visto i suoi occhi azzurri nei miei, ma è stato un secondo. La sua voce ha continuato a suonarmi nelle orecchie. Quando mi sono ritrovata sveglia e con mia zia al fianco le ho chiesto dove fosse quel bambino, gli infermieri le hanno confermato che non c’era nessun bambino con me. Eri tu Killian, non eri un sogno! I tuoi occhi sono gli stessi!
 
La tela finì delicatamente sul letto, ma le loro braccia si allacciarono nuovamente ai loro corpi, mentre univano ancora le loro labbra.
Che strano il destino! Emma era sopravvissuta all’incidente causato dalla madre di Killian. Per quell’incidente si erano incontrati la prima volta e poi gli eventi li avevano fatti ritrovare ancora. Erano legati anima e corpo, predestinati ad appartenersi, creati come anime gemelle.
La colazione aspettò ancora, cancellata da quell’ulteriore consapevolezza.
 
***
Il dovere chiamava alla fine! Dopo aver nutrito anche lo stomaco, con le uova al bacon ormai fredde, ma condite da un bell’appetito, si decisero  ad uscire di casa per tornare al rifugio segreto di Captain Hook e riprendere il lavoro interrotto la sera prima.
 
Killian prese le chiavi della sua auto, Emma raccolse le carte che aveva inutilmente portato con sé dall’ufficio e scesero per le scale della palazzina. Era comodo avere una palazzina tutta per loro. Erano in tutto tre appartamenti, ma ci viveva solo Killian. Suo fratello abitava sul posto di lavoro e l’appartamento che era diventato il suo era solitamente vuoto. Killian sorrideva scendendo le scale, se suo fratello fosse stato nell’appartamento sotto al suo, avrebbe sentito parecchio rumore per la maggior parte di quella notte passata. Prese per mano Emma e si avviò al portoncino.
 
– Killian guarda!
– Cosa?!
 
Sotto alla porta qualcuno aveva infilato una busta da lettera gialla.
 
– Non è un buon segno Emma! Il postino l’avrebbe messa nella cassetta apposita. Hai un fazzoletto di carta?
 
Emma rovistò nella sua tracolla e gliene  porse uno. Killian, con esso, prese la busta da lettera.
 
– Piuttosto spessa! Hanno scritto usando lettere di giornali di sicuro. Torniamo su e vediamo!
 
Tornati nell’appartamento, Killian aprì con un tagliacarta, facendo attenzione a non toccare con le dita nude.
 
– Dobbiamo conservare le impronte, forse non ce ne saranno, ma meglio verificare.
 
Tirato fuori il foglio piegato, lo aprì. Emma ebbe un brivido dietro la schiena nel leggere quanto vi era scritto.
Era vero! Killian era il suo brivido più grande, ma quello non era un brivido di piacere, era il brivido della paura di perderlo sul serio questa volta!
 
– La mia copertura è saltata Swan!
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
Buona domenica a tutti! Era abbastanza da rating rosso? Io ho avvisato all’inizio! Non mi date colpe ma questi due non sono riusciti a starsene fermi! Credo ne avessero ogni ragione, dopo tutti questi capitoli bui un po’ di luce dovevano averla e quella dell’abat-jour della camera di Killian è bastata per quello che serviva ;))
Oltre alla dolcezza e alla passione del loro amore si sono aggiunte delle spiegazioni, qualcosa è rimasto insoluto, altro sarà ancora da affrontare, ma punto preoccupante è ora questa lettera misteriosa arrivata al domicilio di Captain Hook.
 
Ringrazio tutti i lettori, i nuovi aggiunti e tutti coloro che seguono fedelmente e con trepidante attesa le pubblicazioni. Siete fantastici! Grazie di cuore per l’accoglienza e grazie per i vostri commenti. Fatemi sapere cosa vi ha lasciato questo capitolo, la mia intenzione era di farvi sentire l’effetto dell’amore puro. Spero di esserci riuscita.
Auguro Eros e Psiche a tutti! Buona settimana!
Lara

 
 

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Capitolo 49
*** L'assassino alla porta ***


Capitolo 49
 

L’assassino alla porta
 
 
 
Un leggero chiarore filtrava tra due dei pannelli malchiusi del chiosco. Era la luce del lampione di rimpetto e, se era così, significava che fosse notte.
 
Il dolore alla nuca era lancinante ed Eloise Gardener, appena rinvenuta, ancora era sdraiata sul pavimento. Tutto era così buio intorno a lei! Solo quella fessura di luce sembrava accenderle una piccola speranza nella mente.
 
– Raimundo … Raimundo!
 
Chiamò suo marito, ma poi il ricordo e il dolore le riaffiorarono ferocemente nella mente e nel cuore. Lui non c’era più! Era stato ucciso dai narcotrafficanti … erano passati già due anni! 
 
- Aliceee!
 
No, sua figlia non era con lei. La piccina era al sicuro. Nessuno le avrebbe fatto del male! Era in una casa famiglia, coccolata e accudita da una coppia di persone meravigliose!
 
Cercò di alzarsi, ma la testa le girò vorticosamente ed ebbe un forte conato di vomito. Si voltò istintivamente su un fianco per non strangolarsi con quel liquido acido e tossì liberandosi la gola e le narici intasate. Poggiata sull’avambraccio destro cercò di respirare, ma oltre al mal di testa sentiva una sorta di formicolio in tutto il corpo.
Rimase poggiata sul fianco, con la confusione che non accennava a schiarirsi nella sua mente. Che cosa le era successo? Era nel chiosco? Si, era lì, l’odore dei fiori e delle piante le davano nausea! Che ci faceva per terra e perché quel mal di testa?
 
Si toccò la nuca e si accorse che i capelli erano bagnati e appiccicaticci nel punto in cui le faceva più male. Cercò di ricollegare i ricordi di quelle ultime ore.
Ricordò che stava chiudendo il chiosco per la notte, doveva tornare in comunità per la mensa serale. Un ultimo cliente era arrivato …
La nebbia nel cervello si diradò facendole vedere nuovamente il viso dell’ultimo cliente.
 
“La Signora Pereira! Lei! Siamo entrate … lei era dietro di me …”
 
Possibile che l’Avvocatessa Alexandra Pereira, donna dai modi garbati e gentili, l’avesse colpita alle spalle?
 
“ Possibile? Perché avrebbe dovuto? È stata così carina con me le volte che è venuta ad intervistarmi!”
 
Un altro conato di vomito la colse improvvisamente e si sporcò la maglietta e il grembo. Stava malissimo! Aveva bisogno di aiuto. Doveva alzarsi! Nessuno passava in strada a quell’ora. Chissà che ore erano!
Un forte tremore la invase, provò ad alzarsi e le sembrò uno sforzo immane.
 
“Perché mi ha colpito quella donna? Credevo fosse un’amica! Non era vero niente! Ha preso delle informazioni da me … voleva scrivere un libro … “
 
Nonostante la confusione mentale e delle strane luci che le sembrava di vedere in quel chioso buio, Eloise cercò di capire e si avvide della sua situazione di testimone.
 
“Era tutta una farsa … mi sono fidata da perfetta stupida! Non ho raccontato nulla a Killian … forse mi avrebbe detto di non fare l’intervista! Lui non c’è mai se io lo voglio! È impegnato con il suo lavoro, lo devo ringraziare per quello che ha fatto fino ad ora per me e mia figlia … Dio mio! Alice, la mia povera piccina! Killian mi aiuterà ancora con lei … me lo ha detto chiaramente che il nostro matrimonio serve solo per quello … ha un’altra nel cuore … Forse … forse se io mi comporto bene si innamorerà veramente di me! Ho perso l’amore della mia vita … Killian non voglio perderlo! Pensavo che non avrei amato nessun’altro dopo Raimundo, invece è arrivato lui come un angelo dal cielo!”
 
Intanto, facendosi forza e pensando a quel nuovo amore e alla speranza di una vita migliore per sé e per sua figlia, in Irlanda, al suo fianco, si rimise in piedi, appoggiandosi al banco di lavoro. Annaspò con le mani sul ripiano. Cercò di orientarsi per ricordare dove fosse l’interruttore della luce. A tentoni lo trovò e l’accese. Gli occhi le bruciarono e lacrimarono. Le sembrava di avere dolore in tutto il corpo e un bruciore le stava salendo forte dallo stomaco, attanagliandole la gola. Era tremendamente caldo nel chiosco, lo era stato tutto il giorno, il sole di luglio lo aveva surriscaldato e lei sentiva gli abiti completamente appiccicati addosso per il sudore. Si, stava sudando copiosamente, sentiva i rigagnoli sulla pelle. La vista le si annebbiò, sembrò quasi che la luce si spegnesse.
 
“Che mi sta succedendo?!”
 
Si passò una mano sulla fronte per scostarsi i capelli biondo ramati che le erano ricaduti sugli occhi. Si riappoggiò con il braccio sinistro teso e sentì un dolore provenire dall’incavo del gomito.
 
“Cosa …”
 
La vena le tirava in quel punto e, guardando meglio, vide un buco al centro dell’incavo.  Sbiancò nel capire cosa significasse.
 
“Mi ha iniettato qualcosa … mi ha iniettato qualcosa! Ho bisogno di aiuto … il mio cellulare … dove l’ho messo?!”
 
Malferma sulle gambe, si trascinò fino alla sedia, facendo cadere parte degli oggetti posti sul banco da lavoro. La borsa era sulla sedia e cercò il telefonino. Le mani le tremavano come il resto del corpo e non ci vedeva più chiaramente. Cercò di fare il numero …
 
“Noo! È scarico … si è scaricato! Devo uscire di qui, ma prima … “
 
Un’idea le attraversò i pensieri confusi e nello stordimento che la stava assalendo cercò di agire. Doveva arrivare alla porta del chiosco e uscire di lì …
 
 
Dublino, due giorni dopo …     
 
Quel foglio A4 bianco, posto sul tavolo della sala da pranzo, risaltava sul mogano con il suo chiarore e le lettere scoordinate di giornale, che vi erano state incollate per formare le parole.
 
Emma era consapevole della frase detta poco prima da Killian:
 
“La mia copertura è saltata!”
 
Era decisamente evidente da quello che il foglio diceva.
 
So dove sei Captain Hook
 Non è stato così difficile trovarti
Pagherai per quello che mi hai fatto
 
– Sa perfettamente chi sei Killian e ha una forte motivazione di vendetta nei tuoi confronti …
- Evidente direi!
– Alle altre vittime non aveva lasciato simili lettere … non risulta dai fascicoli.
– No infatti …
- Vuole far in modo che tu sia terrorizzato, vuole destabilizzarti per colpirti a sorpresa quando poi meno te lo aspetti.
– Quello che ha fatto già con i miei agenti. Ma io non mi lascio spaventare tanto facilmente Swan!
“Tu no! Ma io sono terrorizzata all’idea che questo tizio possa riuscire nel suo intento!”
 
Killian l’aveva guardata con un’espressione decisa e sicura di sé, ma Emma era veramente preoccupata, anche se non voleva dimostrarlo.
 
– Dobbiamo assolutamente capire chi è questa persona Killian!
– Se fosse stato facile tu ora non saresti qui Tesoro! Di nemici ne ho un’infinità e nemmeno li conosco tutti. Captain Hook ha pestato i piedi agli elementi peggiori della criminalità invischiata nel narcotraffico!
– Intanto la lettera deve essere esaminata dalla scientifica!
– Si, Love … la devo far avere ai miei biologi, ma intanto posso controllare le telecamere …
- Le telecamere?
– Love, pensi che con il lavoro che faccio, il luogo dove abito non sia controllato? Ho organizzato un sistema per cui riesco ad avere informazioni su cosa succede in casa mia anche quando non ci sono!
– Scusa … vuoi dire che hai registrato anche cosa è successo tra noi questa notte?
 
Nel vedere le guance infiammate di Emma e  la sua espressione imbarazzata, Killian esplose in una risata sonora. 
 
– Ammetto che non mi dispiacerebbe rivedere la nostra performance di questa notte Swan, sai … nelle sere solitarie potrebbe aiutare!
 
Emma era ormai al limite estremo delle tonalità di rosso, dalle gote alla scollatura della camicia che indossava.
 
– Calma baby! Quando sono entrato ieri sera con te, ho interrotto la registrazione dell’interno, ma non dell’esterno della palazzina. Un vero peccato! Non speravo che avremmo fatto l’amore!
– Bugiardo che sei! Non ci speravi per niente?!
– Come si erano messe le cose da quando sei arrivata alla base … non me lo sognavo proprio, però … in effetti ci speravo si!
 
Erano già vicini, visionando il foglio sul tavolo, ma il ricordo delle ultime ore, passate insieme a ritrovarsi, e quella dannata chimica che si scatenava tra loro solo con uno sguardo, li ricongiunse nuovamente, con le mani di Killian che percorsero i fianchi e la vita di Emma, stringendola ancora a sé, risalendo sotto la stoffa,  e spingendoli in un nuovo contatto delle loro labbra insaziabili.
Era bellissimo perdersi in quegli abbracci, in quello scambio tenero e sensuale, ma la preoccupazione di Emma per l’uomo che amava era  qualcosa di più urgente del loro desiderio reciproco. Si sciolse dall’abbraccio spingendo via Killian con le mani.
 
– Capitano … così non tiriamo fuori un ragno dal buco! Dobbiamo lavorare e tu mi “devi” lasciar lavorare! Concentriamoci sul da farsi!
– Io ero parecchio concentrato Love!
– Si! A frugarmi sotto la camicetta per sganciarmi il reggiseno! Basta per ora!
 
Killian ridacchiò. Non era facile tenerle le mani lontane. Lei aveva una pelle setosa che lui adorava accarezzare, ma sapeva che lei avesse ragione. Dovevano capire qualcosa di più sull’autore della lettera.
 
– Ok Dottoressa! Hai ragione, ma non ti dispiace che ti frugo sotto la camicetta! Ti sento perfettamente reagire anche attraverso la stoffa!
– Jooones! Finiscila!
– Ok, Ok! Basta … per ora!
 
Emma ancora con le gote imporporate sollevò gli occhi al cielo. Sarebbe riuscita prima o poi a concentrarsi su quel caso?
Killian in un attimo cambiò espressione, ridiventando il Capitano integerrimo e pignolo che in realtà era nel suo lavoro.
 
– Voglio vedere la registrazione della telecamera che dà sul portone e la strada. Vediamo chi ha portato questa letterina!
 
Emma lo osservò mentre, con movimenti sicuri di sé e delle proprie conoscenze tecniche, Killian prendeva un piccolo portatile e digitava velocemente sulla tastiera. Apparvero sullo schermo una serie di riquadri che lui ingrandì e rimpicciolì secondo il suo volere. Emma non era un genio informatico ma se la cavava piuttosto bene con il computer e diversi programmi, ma non riusciva a capire come Killian stesse facendo quel tipo di lavoro. Un lavoro altamente specialistico. Il computer era collegato Wi Fi alla rete delle videocamere, da quello che si capiva.
 
– Hai inventato tu questo metodo di sicurezza?
– Ovvio Love!
– Sei veramente bravo Killian!
– Si lo so! Sono semplicemente geniale!
– Anche molto modesto aggiungerei!
 
Killian le lanciò un’occhiata furba, ma Emma non poté nascondere il suo sguardo ammirato.
 
– Eccolo qui Swan! Guarda!
 
Dalla registrazione si vide il loro arrivo davanti al portone e Killian che apriva con le chiavi. Andando avanti di pochi minuti di registrato, apparve una sagoma scura che si abbassò davanti al portone. Aveva messo in quel momento la busta sotto l’uscio, poco dopo il loro rincasare. Era probabile che li avesse seguiti.
Killian aprì altre finestre sullo schermo, le ingrandì. Erano visuali di un maggior raggio dalla porta verso la strada, sia a sinistra che a destra e difronte.
 
– Maledizione! Eccolo là tra gli alberi appena siamo arrivati! Ha visto che eri con me Emma! Sa che non sono solo, che ho portato una donna a casa mia e ci ho passato la notte …
- Quindi? Ti stai preoccupando per me ora?
– Emma, mi preoccupo sempre per te! Anche se non ti do questa impressione con i miei trascorsi! Lo sai che ti amo e non voglio essere ulteriormente la causa di guai per te!
– Riesci a capire chi possa essere il tizio?
– No maledizione! Ha il viso completamente in ombra! Anche fisicamente non mi dice nulla, se non il fatto che tu abbia ragione per l’esame balistico. Sembra alto non oltre il metro e sessanta!
– Corrisponde all’altezza del killer! Possiamo dire che sia sicuro che si è presentato di persona sotto casa tua!
– Già! Bel passo avanti con le indagini!
 
Killian aveva un tono amareggiato e ironico, ma Emma colse anche la punta di preoccupazione che trasparì dalla sua voce.
 
– Killian devo esaminare ancora bene i fascicoli, abbiamo tutto il giorno davanti a noi. Ho portato il materiale con me. Non è necessario andare al tuo ufficio.
– No Swan! Non resteremo qui, né andremo al rifugio. Sa che abito qui, ma non è detto sappia della base segreta!
– Che vuoi fare?
– Intanto avviso il Commissario della Polizia sulle novità e chiamo la mia squadra per dare direttive, poi io e te faremo un viaggetto verso un luogo difficile da raggiungere per chiunque ci stia osservando o seguendo!
– Dove vuoi andare?
– Lascia fare a me! Devo solo controllare se il tizio si sia avvicinato alla mia macchina nottetempo! Non vorrei trovare sorprese esplosive che ci riducano a brandelli!
– Ne dubito visto l’idea della punizione e dell’espiazione che il killer attua con quel rituale della Cocaina, comunque meglio star tranquilli!
                     
Killian fece quanto aveva appena detto ad Emma, dalle telefonate al controllo dell’auto tramite la registrazione della telecamera frontale.
L’auto non era stata avvicinata da nessuno durante tutta la notte e ambedue tirarono un sospiro di sollievo.
 
– Swan prendi i fascicoli e la valigia, ti servirà il tuo cambio i prossimi giorni e qui non torneremo per il momento!
– Non mi vuoi dire dove andiamo?
– Lo scoprirai presto Love!
 
Boston, stesso giorno.
 
Sebastian Jefferson non vedeva l’ora di arrivare alla stanza di Lorna. Si era fermato a prenderle un mazzo di fiori e un profumo. Gli piaceva sorprendere la sua donna con regalini improvvisi, senza la necessità di una festa o una ricorrenza.
Sorrideva tra sé e sé, quando passò alla reception dell’ospedale. L’infermiera al banco lo guardò sorridendogli e salutandolo. Che la donna avesse un debole per lui si era capito da come si dimostrava sempre solerte alle sue richieste, a prescindere dal minimo sindacale richiesto dalla professionalità.
 
- Bellissimo mazzo di fiori Agente! La Dottoressa Stone è una donna veramente fortunata!
– Grazie infermiera Demy!
 
 
Fortunata? Sebastian pensò che Lorna era fortunata ad essere ancora in vita!
Gli passò un brivido per la schiena. Aveva rischiato di perderla e non se lo sarebbe mai perdonato. Amava infinitamente Lorna, non solo la trovava affascinante e bella nell’aspetto, la stimava profondamente e l’apprezzava per quello che era nel carattere e nella professione. Se mai fosse esistito un ideale di donna per lui, quella era proprio Lorna! Aveva faticato a conquistarla, a farla capitolare e ad ammettere che anche lei nutrisse i suoi stessi sentimenti per lui, ma ora finalmente erano insieme e da mesi convivevano serenamente. Si capivano ed avevano una grande complicità, per non parlare dell’intesa sessuale. Lorna l’aveva attratto come una calamita dal primo momento che l’aveva vista ed era ormai sicuro che anche a lei, allora sposata, avesse fatto un certo effetto già da allora. Lorna non lo avrebbe mai ammesso! Sicuramente ancor adesso non lo avrebbe confessato!
 
Sperò di trovarla un po’ meglio. Erano giorni che era stata ferita e operata d’urgenza. Purtroppo aveva perso un rene e avrebbe dovuto fare dialisi per un periodo, da quanto detto dal medico.
L’avrebbe aiutata e assistita, qualsiasi cosa fosse ancora capitata, lui sarebbe stato al suo fianco! Lorna era troppo importante per lui ed ora con lei c’era una piccola vita che cresceva nel suo grembo. 
All’idea di quel tenero germoglio del loro amore, così vitale e forte da resistere al grave ferimento della sua mamma, Sebastian deglutì commosso.
 
L’ascensore aprì la porta sul corridoio che portava alla stanza di Lorna. Era una stanza singola, lei aveva bisogno di un ambiente silenzioso e poco frequentato. Era uscita dalla terapia intensiva, ma ancora era sotto osservazione, l’espianto di un rene non era una cosa da poco!
Seb aprì piano la porta della stanza, pronto ad un sorriso smagliante. Sorrise comunque, anche a vederla appisolata. Si avvicinò al letto e la guardò amorevolmente. Era molto pallida e si notava il grigiore delle occhiaia sotto i suoi occhi. Al braccio sinistro era infilata l’ago collegata alla flebo e da un lato del letto sporgeva una bustina di plastica collegata al tubicino e al catetere che le avevano impiantato.
Con tristezza Seb notò che il liquido in quella sacchetta era ancora opaco e rossastro di sangue. Lorna andava migliorando, come gli aveva detto il medico, ma ancora ce ne voleva per rimettersi in piedi!
 
Senza far rumore posò i fiori e il pacchetto regalo sul comodino, affianco al letto, e si mise seduto al capezzale della sua donna. Le accarezzò il dorso della mano destra e poi la prese nella sua, portandola alle labbra e tenendola poggiata alla guancia.
Rimase così finche lei non aprì gli occhi.
 
– Ciao dolcezza!
– Seb … da quando sei qui?
– Da poco amore … come ti senti?
– Ho avuto periodi migliori di sicuro!
– Torneranno vedrai! Come stai rispetto a ieri?
– Mi hanno aumentato il dosaggio di antibiotici. Questo dannato catetere mi da un fastidio che non puoi immaginare, sembra di avere un pugnale piantato, in più si infetta facilmente e quindi per evitarmi altri danni eccoti questa bella flebo di antibiotico!
– La schiena ti fa ancora tanto male?
– Mi sento così pesta che non so più nemmeno io casa mi faccia più male! Comunque in generale ogni giorno va un po’ meglio, tranquillo!
 
Che Sebastian fosse in apprensione per lei era evidente dal suo sguardo e Lorna non voleva farlo preoccupare oltre il necessario.
 
– Ho una bella notizia da darti Seb!
– Ecco! Menomale, almeno una bella notizia!
– Il ginecologo ha deciso di farmi un’ecografia questa mattina!
– Mio Dio! L’hai fatta? Avrei voluto essere presente!
– Questa è la bella notizia … non l’ho voluta fare per aspettarti … volevo vedessi con me la prima volta nostro figlio … ho detto al medico di farmela appena arrivavi oggi pomeriggio!
 
Sebastian aveva lo sguardo felice come un bambino all’idea e a Lorna faceva bene al cuore vederlo così. Gli accarezzò la guancia e lui le baciò il palmo della mano. 
 
– Ora, Seb, se chiami la medicheria avvisano il dottore per l’ecografia. Dai sergente datti da fare se vuoi vedere tuo figlio!
– Agli ordini Maggiore!
 
Nel giro di pochi minuti il personale ospedaliero si organizzò per portare l’ecografo nella stanza della paziente, senza smuoverla. 
Sebastian fu attentissimo ad ogni movimento del ginecologo, dal momento che mise il gel sul ventre di Lorna, al momento in cui le immagini trasmesse dal manipolo apparvero sullo schermo.
 
– Ecco qui il piccolo guerriero! O guerriera!  L’embrione è ben impiantato Signora!
– Mi faccia capire bene dottore! Quel cosino è lui?
– Il cosino? Se intende questa specie di vermotto! Si Agente, questo è l’embrione! Al momento sta andando benissimo, cresce come deve! Non ci sono state conseguenze con l’incidente e l’intervento. Ve l’ho detto che questo signorino è un guerriero!
– Ma si può capire se è maschio o femmina?
 
Il ginecologo e Lorna sorrisero all’impazienza di Seb.
 
– Un po’ prestino non trova? Ma viste le misure dell’embrione, per l’età, potrei pronosticare che verrà una figliola alta e robusta o un bel maschietto. Avete preferenze?
 – No dottore! Voglio solo che Lorna e mio figlio stiano bene, poi sia quel che deve essere!
– Ben detto Agente Jefferson! Facciamolo crescere ancora un po’ e poi facciamo la morfologica. Se il feto sarà posizionato in modo ottimale, allora sapremo anche con chiarezza il sesso!
 
Il medico finì con il suo lavoro e, aiutato dall’infermiera di turno, portò via il macchinario e tolse il disturbo, lasciando i due che sorridevano ancora emozionati per quella esperienza appena vissuta.
 
– Mio Dio Lorna! Abbiamo appena visto il nostro piccolino!
 
Sembrava che Seb ancora non riuscisse a crederci e Lorna gli prese la mano e se la portò sulla pancia, nel punto in cui avevano appena visto fosse posizionato l’embrione.
 
– Puoi crederci amore … tra poche settimane sentirai anche che si muove quando metterai la mano così!
– Veramente?
 
Lorna annuì sorridendo .
– Mi fa proprio strano Lorna! Eppure non ho mai provato una gioia più grande! Tu? Sei felice del nostro piccolo?
 
Gli occhi di Lorna si inumidirono. Un figlio era la cosa che più le era mancata fino ad allora, avendo perso il primo che aveva aspettato dal suo ex marito, e non avendone più avuti.
 
– Per me è un miracolo insperato Seb … pensavo che ormai non ne avrei più avuti. Invece sei arrivato tu … Pensavo tu fossi il regalo più bello che avessi potuto avere e invece mi hai portato un regalo ancora più grande! Grazie Seb!
 
Sebastian sapeva dell’esperienza dolorosa vissuta anni prima da Lorna e quella dichiarazione lo riempì di orgoglio e tenerezza per lei.
 
– Ti amo Lorna … ti amo come non avrei mai creduto e sono io a ringraziarti per la gioia che mi stai dando!
 
Tenendole ancora la mano nella sua, Seb si sporse sul viso di Lorna e le diede un dolce bacio sulle labbra. Rimasero ancora vicinissimi a guardarsi negli occhi e a scambiarsi tenerezze, finché un suono fastidioso non provenne dalla tasca di Seb.
 
– Il cellulare! Chi diavolo sarà ora?
 
Infastidito Seb si staccò dal capezzale di Lorna e rispose al numero comparso sullo schermo.
 
– Si? Dottore mi dica … si certo … Cosa?!! Mi prende in giro?! Solo adesso mi informa? Lei sa la situazione di quella donna e ha aspettato tre giorni per chiamarmi? Nemmeno la polizia?!! Lei è un pazzo o un incosciente!
 
Seb riattaccò bruscamente.
– Razza d’idiota!
– Che succede?
– Eloise Gardener!
– Eloise?
– La moglie di Killian per intenderci!
– Si avevo capito … che le è successo?
– Scomparsa da tre giorni! Ti rendi conto? Sono tre giorni che non rientra in comunità e quell’idiota dello psichiatra che la segue in comunità mi avvisa solo ora! È ancora sotto la mia tutela, doveva avvisarmi immediatamente! Chissà cosa diavolo è successo! Devo trovarla! Anche se ha ormai testimoniato non è fuori pericolo. Inoltre non è una persona stabile e potrebbe cacciarsi in qualche guaio! Dovrò avvisare Killian e non ne sarà contento! Ha già parecchi gratta capi!
– In ogni caso dovrai chiamarlo e dirglielo!
– Aspetto di indagare con la Polizia, spero di non dovergli dare brutte notizie! Devo andare ora! Sarei rimasto ancora ma questa non ci voleva proprio!
 
Con la preoccupazione nella mente, Sebastian diede un ultimo bacio alla sua Lorna e uscì dalla stanza, lasciandola pensierosa nel suo letto.
 
– Chissà come staranno andando le cose tra Killian ed Emma. Speriamo bene sia per il caso sia per loro due!
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
Spero bene anche io per Emma e Killian. Dove la starà portando il bel Capitano? Cerca un posto dove non potranno essere raggiunti. Avete qualche suggerimento da dargli?
Intanto si è capito che l’assassino sa chi è Killian, dove vive e che ha una ragazza con sé.
Non si sa cosa sia successo ad Eloise, scomparsa senza lasciar tracce da tre giorni e Seb dovrà indagare. Nel frattempo c’è stato un dolce momento con Lorna. Mi mancavano questi due e ce li ho voluti mettere.
Non è il mio solito lungo capitolo, ho avuto poco tempo, a parte l’O.S. di San Valentino, per scrivere, ma volevo accontentare le amiche di penna che mi hanno spronato a pubblicare. Mi dispiace … vi avevo lasciato con l’ansia, ma temo di avervi lasciato ancora nelle stesse condizioni! Non odiatemi troppo! Alla fine mi farò perdonare!
Si, lo so! Ve lo dico sempre ;))
Grazie comunque a chi segue, ai lettori che continuano ad aggiungersi, a chi lascia commenti e a tutti coloro che si sono affezionati a questi appuntamenti.
Buona settimana a tutti!
Lara
 

 

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Capitolo 50
*** Vecchi ricordi e nuove promesse ***


Capitolo 50
 

 
Vecchi ricordi e nuove promesse
 
 
Decisamente Killian Jones amava le auto tedesche!
Seduta comodamente, sul sedile in pelle grigio perla di quella lussuosa Audi in vernice metallizzata grigio antracite, Emma rifletteva sull’uomo al suo fianco che guidava in silenzio.
A Boston Killian aveva a disposizione una BMW nera, anche essa di produzione tedesca. Sicuramente considerava quei tipi di auto robuste, con ottima tenuta di strada, adatte al suo stesso carisma ed Emma condivideva quell’opinione.
Lo guardava mentre guidava al suo fianco destro, sicuro di sé, fluido nei movimenti, con gli occhi attenti puntati alla strada. Percorse con lo sguardo il suo bel profilo, le sue spalle atletiche, le braccia toniche e non eccessivamente muscolose, vestite con la camicia a maniche lunghe, arrotolata fino ai gomiti. La camicia azzurra, la sua preferita, quella in tinta con i suoi occhi. Quante ne aveva cosi? Emma ne ammirò il taglio che aderiva perfettamente al suo torace, delineandone maggiormente la forma piacevolmente armoniosa.
 
“Tutto è armonia in te Killian! Per me sei l’incarnazione della bellezza maschile!”
 
Che fosse innamorata persa di lui, da quando lo aveva incontrato la prima volta, lì in quella pessima discoteca - night, Il Rabbit Hole, ormai le era chiaro e nessuno le avrebbe potuto credere se avesse voluto sostenere il contrario. La notte che avevano passato insieme, anche quella sera, ne era un’ennesima tangibile prova. Lo amava, lo desiderava, lo voleva proteggere, voleva il suo bene più profondo e questo non era altro che il senso del vero amore!
 
Scoprire quella lettera anonima le aveva fatto capire ulteriormente quanta paura avesse di perderlo e di quanto lui fosse in pericolo, ma anche Killian si era reso conto che, saltando la sua copertura e con la conoscenza del killer sui suoi movimenti e la donna che era con sé, il pericolo si estendeva anche ad Emma.
Durante la loro notte d’amore, fatta di dolcezza, roventi amplessi e romanticismo, le aveva detto più volte di amarla. Non lo aveva fatto mai prima ed ora aveva avuto la necessità di dirglielo. Lei doveva sapere quanto fosse profondo l’amore che nutriva per lei, assoluto e indelebile, nonostante l’avesse fatta soffrire da cani con le sue messe in scena per motivi professionali.
Killian sentiva che non gli sarebbe bastata una vista per espiare la colpa di averla fatta soffrire e all’idea che ancora lei non sapesse tutto, gli si drizzavano i capelli, poiché, conoscendola, si aspettava un’altra pessima reazione al momento dell’ultima verità nascosta. Intanto doveva portarla via da lì, allontanarla dal pericolo imminente che aleggiava tetro su di loro.
Sentendo lo sguardo di Emma su di sé si voltò verso di lei un attimo.
 
– Che c’è Love?
 
Lei si sentì scoperta e sorrise. Erano usciti da Dublino da circa un’ora, avevano preso la statale nord e poi avevano preso la strada costiera. Erano stati molto attenti alle auto che li seguivano. Avevano controllato insieme, momento per momento, se ci fosse qualche auto che con costanza riapparisse volta per volta durante i loro cambi di strada. Al momento erano tranquilli, nessuno li stava seguendo.
 
– Proprio non mi vuoi dire dove stiamo andando?
– Andiamo verso Dundalk, tra poco passeremo a Drogheda. Ti porto in un posto tranquillo, dove potremo lavorare al caso indisturbati. Fidati di me. Ti fidi?
 
Lei gli regalò un sorriso dolce e malizioso insieme.
 
– Potrei non fidarmi?
– Decisamente no Love!
 
Lui le fece un occhiolino, sorridendole con le sue labbra sensuali, contornate da quel filo di barba che lei trovava assolutamente sexy. Le venne voglia di baciarlo, ma non poteva saltargli al collo mentre guidava, non era il caso di uscire fuori di strada. Se lui la stava portando in un posto dove star tranquilli, al sicuro, sapeva bene che oltre a lavorare sul caso, avrebbero avuto momenti per loro e quel rimandare il suo desiderio, non avrebbe fatto altro che accrescerlo.
 
Non riuscì comunque a tenere a freno la sua mano destra, l’allungò verso la guancia di Killian e gli fece una carezza. Lui si voltò quel tanto per darle un tenero bacio nel palmo, poi la guardò con sguardo profondo.
 
– Lo sai quanto ti voglio e ti amo Emma!
 
Si erano letti nel pensiero l’un l’altra? Probabilmente se non ci fosse stata l’urgenza di allontanarsi da Dublino per buoni motivi, avrebbero trovato altri buoni motivi per appartarsi da qualche parte, fermare l’auto  e dare sfogo all’attrazione che nutrivano reciprocamente. Quel bacio ci sarebbe stato e avrebbero finito con il fare l’amore sui sedili in pelle dell’Audi!
 
Il suono del cellulare, proveniente dalla borsa di Emma, la distolse da quella carezza e dalla fantasticheria sul loro sperato, prossimo, amplesso. Si sporse in avanti, prendendo la borsa che teneva tra i piedi. La frugò in cerca del telefonino e appena lo ebbe trovato lesse sullo schermo.
 
– Chi è?
– Una mia conoscenza recente. Un’avvocatessa messicana … Alexandra Pereira si chiama. Mai sentita nominare? Pare sia famosa nel suo paese. È una saggista. L’ho conosciuta sull’aereo, era seduta accanto a me. Ci siamo scambiati i numeri!
– Non rispondere Emma.
– Che c’è di male?
– Non la conosci così bene no? Che ci faceva sul tuo stesso aereo e al tuo fianco? Ti ha tirato fuori informazioni?
– Cristo Killian! Sei paranoico? Io rispondo e basta! Pronto?
– Dottoressa Swan? Sono Alexandra Pereira … come va? La disturbo sul lavoro?
– Sono in auto in questo momento … mi dica.
– Volevo invitarla a bere qualcosa insieme, tanto per far due chiacchiere! Al momento è l’unica conoscenza amichevole che io abbia a Dublino! È ancora a Dublino vero?
 
La voce della donna si sentiva molto forte al telefono e Killian ascoltava attentamente, la voce aveva un accento e un timbro che gli sembravano stranamente familiari. A sentire quella domanda corrugò la fronte e si portò l’indice alle labbra, intimando ad Emma di non rispondere. Non doveva passare informazioni personali ad una estranea. Emma era infastidita da quella telefonata, non le sembrava molto opportuna e seguì il suggerimento di Killian.
 
– Mi dispiace Alexandra, sono qui certo, ma sono parecchio in giro per il mio lavoro.
– Se mi dice dove posso trovarla faccio un salto io da lei …
 
Era difficile schiodarsi di dosso quella donna. Killian aveva gonfiato le guance sbuffando in silenzio.
 
– Mi scusi Alexandra … preferisco richiamarla io se non le dispiace, sto guidando e non sono pratica con questa guida a destra. Non vorrei creare problemi alla circolazione, sono senza auricolare. A presto!
 
 
Killian scoppiò in una fragorosa risata. Emma era stata pronta di spirito e convincente.
 
– Le hai riattaccato in faccia Swan!
– Iniziava ad innervosirmi!
– Dimmi di questa tizia …
- Che dirti … mi ha attaccato il bottone sull’aereo. Dice che sta scrivendo un saggio sulle donne coinvolte nel narcotraffico. Ha dei permessi della sua ambasciata per intervistare gente in quest’ambito. Quando ha saputo che lavoro faccio mi ha chiesto se conoscevo qualcuno a Dublino nel campo dell’indagine sul narcotraffico per poter avere qualche aggancio in più di quelli che ha.
– Tu conosci me a Dublino! Non le avrai mica detto qualcosa no?
– Ma stai scherzando Killian?! Credi io sia così sprovveduta?!
– Maledizione tesoro! Le hai spiattellato che lavori nella F.B.I.!
– Ma che dici! Io non le ho spiattellato un fico secco!
– Come faceva a saperlo allora?
– Si è presentata e io le ho detto il mio nome. Si da il caso che lei si è ricordata di avermi visto al processo di Antonio Santa Cruz!
– Che centra ora Santa Cruz?
– Mi ha detto di aver seguito con interesse il caso per il suo lavoro di saggista! Tra l’altro l’hai incrociata anche tu!
– Come l’ho incrociata io?
 
Emma era infastidita a dover ricordare quel momento, ma era l’unico modo per palesare a Killian l’aspetto della Pereira.
 
– Al processo quel giorno testimoniava Eloise … eri con lei che la baciavi …
- Mi ha baciato lei! Te l’ho già detto!
– Sarà pure così! Comunque io appena ti ho visto che ti avvicinavi a lei mi sono infilata nella toilette e ho sbirciato, non volevo intralciare la tua copertura con Eloise, non mi aspettavo quello slancio di effusioni!
– Gelosa! Che slancio di effusioni! Lei mi è saltata al collo!
– Si, ma tu hai fatto la tua parte mi sembra!
– Ammetto! Mea culpa!
– Passava una donna con un caschetto di capelli rossi e dei documenti in mano in quel momento e le sono caduti vicino a voi due.
– Si, ricordo! Eloise si è chinata a raccoglierli, io non potevo, avevo ancora il busto per l’intervento alla vertebra.
– Ecco! Quella donna è l’avvocatessa Alexandra Pereira!
– Alexandra Pereira … messicana … mmm …
 
Killian si ripeté il nome e ricordò che nel momento che aveva visto quella donna, aveva avuto un senso di familiarità. La cosa non gli piaceva affatto.
 
– Così mi ha visto in faccia e insieme ad Eloise … Hai avuto contatti con lei quel giorno del processo?
– Sull’aereo non ci avevo fatto caso, non le avevo prestato attenzione all’inizia, ero presa dai miei pensieri. Quando lei mi ha ricordato del processo ho ricordato benissimo che dopo l’incontro con voi è venuta alla toilette dove mi ero nascosta e …
- E?
– Beh quel bacio tra te ed Eloise non lo avevo digerito e non ero proprio in belle condizioni, lei se ne è accorta e mi ha chiesto se c’era qualcosa che non andasse …
- Ha capito che eri sconvolta dal bacio?
– Non sono stata lì a raccontarle la mia storia Killian! Le ho detto che tutto era a posto e me ne sono andata. Non lo so cosa ha pensato o se si è messa a fare supposizioni e collegamenti!
– Insomma, questa tizia ti ha conosciuto in quel frangente, ha visto me ed Eloise, ha visto poi te che probabilmente piangevi … conoscendoti di sicuro hai pianto!
 
Killian si girò a guardarla per avere la conferma, ma Emma volse lo sguardo verso il suo finestrino, dandogli comunque la conferma che avesse visto giusto.
 
– Ti ha visto sbirciare dalla porta e poi piangere quindi!
– Uff! E va bene!  Se pure così fosse?!
– Ti rendi conto Emma che potrebbe non essere casuale che fosse al tuo fianco sull’aereo? Chi sapeva che dovevi venire a Dublino?
– Oltre a Lorna e Seb ovviamente Graham e Olden, i miei colleghi, ma che centrano con Alexandra Pereira, non la conosc … mio Dio!
– Che c’è?
– Killian la paranoia è contagiosa adesso!
– Che hai scoperto?
– Alexandra Pereira mi ha detto che mi conosceva di nome grazie alla sua segretaria, una colombiana, una bella ragazza che si è fidanzata nelle ultime settimane con il mio collega Olden! Lui le aveva parlato di me e Penelope Diaz, così si chiama la ragazza, ne avrebbe parlato ad Alexandra. Lei sa di me notizie date da Olden oltre a quanto è uscito sui giornali dopo il mio rapimento e quello di Milah!
– Mi dispiace tesoro! La causa di tutti i tuoi guai sono io! Eri stata rapita poiché qualcuno della polizia aveva fatto la spia che tu fossi legata a Kim Steward. Si voleva comunque arrivare a me! La storia di questa tizia mi puzza parecchio! Tu non hai idea di quanti trucchi sa mettere in atto la criminalità organizzata. Hanno talmente tanti soldi che possono costruire ed inventare situazioni che nemmeno noi agenti riusciremmo ad organizzare. Travestirsi, cambiare capelli nel colore, nella foggia, modo di parlare e camminare … lo insegnano anche a Quantico!
– Si lo so, ho fatto delle simulate anche io!
– Io non sono stato solo Kim Steward! Ho dovuto prendere varie identità nelle mie coperture. Dai narcotrafficanti puoi aspettarti ritrovati e strategie estremamente fantasiose. La moglie di Antonio Santa Cruz ci è sfuggita, è una donna ricca, furba, acculturata e direi diabolica. Potrebbe esserci lei dietro. L’accento e la voce mi sono suonati familiari a telefono … spero che la mia paranoia da deformazione professionale mi stia giocando uno scherzo e non sia vero nulla, ma non posso non vedere tutte le possibilità!
– Mi dispiace Killian … forse sono una sprovveduta veramente!
– No amore mio! Qui se c’è uno che si è comportato come un pivello sono stato io! Ho contravvenuto alla prima regola dell’azione sotto copertura: Non coinvolgere innocenti e non lasciarsi coinvolgere sentimentalmente. Non dovevo prendere informazioni su di te quando ti ho vista sotto casa di Regina, né dovevo approcciarti al Rabbit Hole. Invece quella sera non vedevo l’ora di rivederti e quando ti ho visto entrare sono rimasto definitivamente folgorato!
“Se è per quello, sono rimasta folgorata anche io quando mi hai raccolto la pochette! Dio se eri bello e affascinante!” 
- Dovevo evitare di entrare in contatto con te …
- Se non fossi entrato in contatto con me non mi avresti nemmeno salvato la vita quella notte! Dimentichi lo scherzetto che mi ha fatto quel bastardo di Hans?!
– Ti ho salvata ma potevo tenermi alla larga. Non ci sono riuscito, mi sono innamorato di te. Il mio lavoro era una scusa per tornare a Boston il fine settimana in quei due mesi che siamo stati insieme! Eri un pensiero fisso, avevo bisogno di te, non vedevo l’ora di averti tra le braccia e fare l’amore con te. Ti aspettavo in quell’appartamento vicino all’università con il cuore in gola. Finché non mi sono reso conto che il cerchio intorno a Gold si stava stringendo e dovevo sparire come Kim Steward. Lo sai come è andata!
– Sei pentito ora?
– Ora sei qui con me! Ancora in pericolo sia tu che io e ti amo da impazzire!
– Oh Killian!
– Stai alla larga da questa Alexandra Pereira per ora. Se ti richiama non accettare la telefonata. Indagherò per bene su di lei e sulla sua segretaria colombiana prima, poi adotteremo un’altra strategia.
- Posso chiamare Olden e chiedere a lui di indagare!
– Sulla donna di cui si è invaghito? Difficile farlo entrare in un simile ordine di idee Swan! Potrebbe spifferare altre notizie su di te e dove sei attualmente! Lascialo stare per ora!
 
Mentre guidava, Killian allungò la mano sinistra verso la destra di Emma e la strinse nella sua.
 
– Devo proteggerti Love! È il dovere di un uomo innamorato, ma anche il mio dovere di agente.
 
Si scambiarono un sorriso che sapeva d’amore e poi guardarono di nuovo davanti a loro. Killian diede un’occhiata al retrovisore, nessun’auto già vista li seguiva e tirò un sospiro di sollievo.
 
Dopo altri chilometri, parlando tra loro, avevano  superato lo svincolo per Drogheta e procedevano per la litorale tutta curve e strapiombi sul mare.
 
– Killian …
- Si Love?
– Io sono già passata per questa strada! Mi sembra di ricordarla!
 
Lui la guardò con sguardo preoccupato e stringendo le labbra.
 
– Questa è la strada dove …
- Si, Emma … è successo su questa strada …
 
Killian aveva capito a cosa alludesse Emma. Lei ricordava quel percorso, poiché era la strada che aveva fatto con i suoi genitori il giorno del loro incidente mortale.
Killian la osservò rattristarsi ed emettere un sospiro.
 
– Successe poco più in là. Tra poco arriveremo a quella maledetta curva. Te la senti di fermarti?
 
Lei lo guardò inespressiva.
 
– Si … vorrei fermarmi.
 
 
Giunsero dopo una decina di minuti al punto dell’incidente. Non era di per sé una zona così pericolosa. C’era anche uno spazio per fermarsi e Killian parcheggiò senza creare problemi al traffico.
L’affaccio dava su uno strapiombo che finiva in un avvallamento e non in mare. Il panorama era bellissimo sotto il sole di luglio. Il mare, di un intenso colore blu sfumato di verde smeraldo, era puntinato di navi, ove più vicine, ove più lontane.
 
– Che bellissimo panorama! Non si direbbe un posto di morte! Sembra inspiegabile come possa essere accaduto. La curva è ampia …
- Era buio … pioveva a dirotto e mia madre correva a velocità folle!
– Era una donna disperata in quel momento. Aveva colto l’uomo che amava in flagrante con la sua amante. Voleva fargli una sorpresa … invece!
– Ti ha detto mio padre i dettagli?
– Si, mi ha raccontato tutto!
– Siete diventati parecchio intimi tu e lui! Per colpa di quel bastardo è successa questa tragedia!
– Non chiamarlo così! È pur sempre tuo padre! Amava tua madre, ma ha ceduto alla tentazione …
- Se l’avesse amata veramente non l’avrebbe fatta soffrire!
– Ti sembra strano che un uomo che dice di amare la sua donna sia in grado di farla pure soffrire?
“Touché!”
 
La frase di Emma lo aveva veramente colpito e affondato. Lui come si era comportato con lei? L’amava da pazzi eppure l’aveva fatta soffrire enormemente. Si, la scusa era collegata al suo lavoro! Ma quanta responsabilità aveva nel non averle evitato certe sofferenze?
 
“Dannazione! Sono come mio padre in effetti! Sono anche peggio di lui e Emma ha rischiato di essere uccisa già diverse volte a causa mia! Ancora adesso è in pericolo! Sono un bastardo peggiore di Brennan!”
 
Non poté rispondere nulla e seguì Emma che si stava incamminando verso il precipizio. La vide guardare in basso e vacillare. La prese tra le braccia, afferrandola da dietro e tirandola via da lì.
 
– Amore le tue vertigini! Ancora ne soffri!
 
Lei si rigirò tra le sue braccia e sollevò il viso verso il suo. Quanto era bella? Con quegli occhi limpidi come l’acqua del Lago Tay!
Quegli occhi così verdi erano umidi e brillavano sotto il sole più del solito. Killian si perse in essi, sopraffatto dall’emozione. Lei riuscì a parlare di quel vecchio doloroso ricordo.
 
– Dormivo sul mio seggiolino quella sera … ricordo il colpo che mi ha svegliata, il movimento violento dell’auto, il rotolare giù per la scarpata. Sono rimasta appesa a testa in giù con la cintura di sicurezza, finché non si è rotta e ho sentito tanto dolore. Poi ho riaperto gli occhi sentendo la voce di un bambino che mi diceva di vivere … di farlo per lui … un istante e ho visto i suoi occhi azzurri … ora so che eri tu … Se non avessi avuto zia Ingrid e zio Ector … non so come sono sopravvissuta a quell’incidente. Da quello che vedo è un miracolo e fu quello che dissero anche i medici a mia zia! Avevo perso tanto sangue con la milza ferita, che pur asportandomela, i medici credevano sarei morta!
– Fu una tragedia immane Emma! Per te come per me e Liam …
 
Due lacrime stavano uscendo dagli occhi di Emma.
 
– Ho un bellissimo ricordo dei miei genitori! Ricordo ancora il copione del film per cui papà doveva comporre la colonna sonora … eravamo in Irlanda per quello. Gli servivano sonorità irlandesi. Il protagonista era un pirata irlandese, un nobile corsaro … era una storia d’ avventura e d’amore … ricordo si intitolasse “For Love. Only for Love” … non è mai stato più girato quel film! Mio padre mi aveva raccontato la storia e io mi ero innamorata di quel pirata. Addirittura gli avevo detto che da grande ne avrei sposato uno così! Mi aveva preso in giro dicendomi che forse era meglio un Principe Azzurro piuttosto che un pirata!
 
Emma cercava di ridere a quel tenero ricordo, ma i suoi occhi stavano piangendo.
Killian le portò le mani al viso e le asciugò le lacrime con i pollici. Il suo sguardo per lei era pieno di tenerezza e sentimento e le parlò in un soffio.
 
– Mi dispiace tanto tesoro! So cosa significa … ho bellissimi ricordi anche io di mia madre, specie dell’ultimo periodo della sua vita … era più felice, sorridente … era adorabile! Se non fosse stato per zio Henry e zia Janette, io e Liam saremmo stati abbandonati a noi stessi. Hanno fatto tanto per noi e specialmente zio Henry per me, quando mi cacciai nei guai! Siamo simili io e te Emma, siamo due orfani e due sopravvissuti. Rischiai di essere ucciso da quei malviventi che mi avevano catturato e sfregiato sotto l’occhio … Emma …
- Si?
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– Emma voglio darti tutto quello che ti è mancato! L’amore della tua vera famiglia, una vita insieme e quella casetta che tu vorresti tanto! Te l’ho detto a Boston e te lo ridico ora! Su questo non ti ho mai mentito! Voglio restituirti la felicità che ti è stata tolta e voglio ripagarti per ogni sofferenza che ti ho provocato!
 
Emma lo guardava negli occhi e sapeva che lui fosse sincero come non mai. Gli cinse le braccia intorno al torace e poggiò la guancia destra sul suo petto, sfiorando il triangolo di pelle lasciato scoperto dalla sua camicia. Lui la strinse a sé con tenerezza e amore, baciandola tra i capelli. Poi le portò la mano dietro alla nuca, accarezzandola, e lei rialzò la testa. Si persero ancora l’uno negli occhi dell’altra. Quelli di Killian parlavano come parlavano le sue labbra.
 
– Ti amo Emma!
 
Lei schiuse le labbra in un sorriso di felicità e consapevolezza, mentre lui abbassava il viso per unire le sue a quelle di lei in un bacio dolcissimo.
Un’automobile passò suonando forte, nel vederli così uniti sul ciglio dello strapiombo. Si sciolsero sorridendosi.
 
– Andiamo Emma! Ancora abbiamo qualche chilometro da percorrere prima di arrivare a casa mia!
– Casa tua?
 
Rivolgendole uno sguardo furbo e misterioso, la prese per mano senza risponderle e la ricondusse all’auto, le aprì lo sportello e la fece accomodare. Appena si fu seduto a sua volta sul sedile di destra per rimettere in moto, fece manovra e riprese la strada.
 
– Andiamo alla casa al mare della mia famiglia Emma! Passeremo anche la notte lì e domani cambieremo meta. Intanto ti riposi un po’ e esamini i fascicoli con calma. Ieri eri stanca, non so come hai retto il fuso orario, di solito ci vogliono un paio di giorni a chi non è abituato, quindi se vorrai schiacciare un pisolino io … veglierò sul tuo sonno!
 
Le fece nuovamente l’occhiolino.
 
– Veglierai sul mio sonno dici?
 
Lui rise divertito.
 
– Certo Love, sarò al tuo fianco. Mi piace guardarti mentre dormi!
 
Lei gli rispose con un sorriso e scuotendo la testa. In verità anche a lei piaceva guardarlo mentre dormiva e ciò implicava essere anche nello stesso letto, quindi era palese il programma nella mente di Killian. Non gli disse nulla, ma quel programma non le dispiaceva affatto!
 
Mentre si avvicinavano alla casa, Emma realizzò che quella fosse la casa che le aveva descritto Brennan, la stessa dove aveva consumato il tradimento ai danni di sua moglie Nora. Le passò un brivido per la schiena, ora lei e Killian avrebbero passato del tempo lì, unendo lavoro e … altro. Si sentì vagamente in colpa, quella casa era legata alla morte di Nora e dei suoi genitori e la cosa non le piaceva, ma d’altra parte dovevano allontanarsi per i motivi che lei e Killian sapevano.
 
Il villino apparve nella sua bellezza, tra le piante marine di un giardino ben curato, poco distante dalla spiaggia. Era un bel posto di villeggiatura per una famiglia con figli e sicuramente Killian e suo fratello Liam ci avevano passato dei bei periodi della loro fanciullezza.
Scesero dall’auto e Killian, aprendo il bagagliaio, prese il suo borsone e il trolley di Emma.
 
– Bella casa!
– Ti piace?
– Si, molto! Quelle finestre grandi fanno passare tanta luce, qui deve essere bello anche d’inverno.
– Si verissimo! Per questo mio padre ci veniva a dipingere in inverno … a parte per combinare i suoi casini …
 
Emma poteva capire il risentimento di Killian per Brennan e non riusciva a dargli torto ma, avendo conosciuto l’anziano nella sua fragilità, era comunque dispiaciuta che il figlio continuasse imperterrito a non voler avere a che fare con il padre.
 
 – Allora non c’era questo giardino, era tutta sabbia qui intorno. Poi io e mio zio Henry abbiamo deciso di portare migliorie. Zia Janette era felicissima di avere un giardino e una recinsione, così abbiamo aggiunto quello che non c’era. Sul fianco c’è pure la piscina. Vieni che ti mostro l’interno!
 
Gli interni della casa erano spaziosi e luminosi come Emma immaginava, tutto in legno rustico, un ambiente che dava il calore di una famiglia. Un tipo di casa che ad Emma piaceva moltissimo. La casa era su due livelli, il pian terreno e un piano che si protraeva al di sotto, lungo il pendio del colle che dava sul mare. Era proprio nel piano sottostante che si trovava la stanza da letto patronale. Killian la condusse là e posò i bagagli. La grande finestra a vetri era ornata da tende leggere e, scostandole, Emma ammirò il bellissimo panorama marino.
 
– Che meraviglia!
 
Era senza fiato, non si aspettava una visuale così da quella stanza. Le ricordò la camera di Neal con una vista simile sul lago e si sentì molto strana.
 
– Noi dormiremo qui Emma. La usano di solito i miei zii, ma non fa nulla. Le lenzuola pulite andranno benissimo … sempre se  dovessero servirci …
 - Dormiamo insieme?
 
Killian rimase sorpreso, l’aveva dato per scontato.
 
– Non vuoi dormire con me Love?
– N- non è indispensabile!
– Dormire o dormire insieme?
 
Lui rise accarezzandole una guancia.
 
– Possiamo anche non dormire se preferisci Love!
 
Lei diventò improvvisamente scostante. Killian rimase pensieroso, forse era solo stanca? Pensava a Neal? Aveva notato con piacere che si era tolta l’anello di fidanzamento, era un segno positivo per lui. Cosa le passava per la mente? Decise di non indagare e la lasciò sola con la scusa di andare a vedere in cucina se poteva organizzare qualcosa da mangiare.
 
Emma cercò di non rimuginare troppo e prese i fascicoli dalla borsa. Non voleva perdere tempo e doveva concentrarsi sul suo lavoro. Portò i fascicoli nel soggiorno luminoso, dove erano stati appena entrati, e si sistemò al grande tavolo, aprendo il materiale cartaceo in ordine temporale.
Ripensò un attimo al discorso fatto con Killian in merito ad Alexandra Pereira e a Paula Santa Cruz. Doveva capire qualcosa di più su quelle due donne, qualcosa le aveva messo una pulce nell’orecchio e lei non era tipo da trascurare le proprie sensazioni. Anche se Killian le aveva detto di lasciar perdere al momento, decise di chiamare Jimmy Olden. Approfittò che il Capitano fosse in cucina e, spostandosi sulla veranda, fece il numero di Olden con il suo cellulare.
 
Boston. Ufficio del Maggiore Lorna Stone.
 
Graham e Olden avevano appena preso un caffè insieme e si erano messi alle loro scrivanie. Graham sorrideva sotto i baffi guardando lo schermo del suo cellulare e Olden se ne accorse.
 
– Amico che succede?
– Che?!
– Dai Graham! Hai una faccia! Che stai vedendo? Hai fatto foto porno alla tua Lupacchiotta?
– Ma che dici  Jimmy! Sono foto che Ruby mi  ha appena mandato! È ad un negozio di abiti da sposa! Ha un’espressione buffa! È scocciata che non trova un abito da sposa a minigonna!
– Accipicchia! Il Bureau sta per perdere il suo “Scapolo d’oro”?! Da quando avete deciso di sposarvi?
– Lo ha deciso Ruby veramente!
– Come sarebbe? Tu non sei d’accordo?
– Certo che sono d’accordo! Ma lo sai com’è fatta Ruby. Non è una che aspetta la decisione degli altri …
- Non ti avrà fatto lei la proposta in ginocchio Jamie?!
– Più o meno … non era proprio in ginocchio … o forse si, dipende dai punti di vista …
- Dai! Te lo ha chiesto mentre facevate sesso?!
 
Jamie si grattò la testa in imbarazzo.
 
– Ma dai! Fantastica questa ragazza! Ti ha preso con il colpo in canna e tu non hai potuto dire di no!!
 
Olden stava ridendo a crepapelle alle spese di Graham.
 
– Smettila Jim! Ruby è una meraviglia di donna! È un tipo appariscente, ma francamente è un tesoro. Piena di attenzioni, affettuosa, generosa, una cuoca fantastica e non mi aspettavo fosse così intelligente e istruita. Non è andata all’Università, ma le piace studiare. Le ho detto di iscriversi alla Facoltà di Filosofia, adora leggere saggi filosofici!
– Chi lo avrebbe mai detto!
– Infatti! All’inizio pensavo solo fosse una che ci stava, un’ochetta tutta tette, culo e gambe … mi ero sbagliato!
– Su tette, culo e  gambe avevi visto giusto però! Ha un fisico mozzafiato la tua ragazza!
– OH! Vedi di parlare di lei con rispetto! Ci sposiamo tra cinque mesi!
– Scusa amico! Non volevo mancarle di rispetto! Ruby è un bel pezzo di gn …  ragazza!
- Senti un po’ invece … la tua fantomatica Penelope? Da quando parli di lei nemmeno una foto ci hai fatto vedere! Mi viene il sospetto che tu te la sia inventata!
– Ah, ah, ah, spiritosone! Penelope odia farsi fotografare! A momenti mi sbranava quando ho cercato di farci un selfie! Pensare che è una vera bellezza! Non è statuaria come Ruby, è una Venere in miniatura, sul metro e sessanta, ma bella di viso e con le curve al posto giusto! È fuori questi giorni. L’ho chiamata ma non è raggiungibile … me lo aveva detto, ma io ho provato a cercarla comunque … sono tre giorni che non la sento. Non sapeva quando sarebbe tornata dal Messico, è andata per dei documenti che servono al suo capo …
- Così ti ha mollato!
– Che cazzo dici Jamie!
– Non te la prendere amico! Possibile che se è cotta come te non ti chiama in qualche modo?
 
Olden aveva un’espressione preoccupata. La pensava come Graham in effetti e quel silenzio da parte di Penelope lo feriva e preoccupava. La conosceva da poco ma si era affezionato all’idea di averla vicina, di vederla tutti i giorni o quasi, di passare con lei la notte e averla come compagna. Non gli andava l’idea di essere mollato su due piedi con una scusa!
 
Il telefono sulla sua scrivania squillò facendolo sobbalzare. Magari forse era Penelope a chiamarlo!
 
– Ciao Jimmy sono Emma!
 
Come volevasi dimostrare non era chi avrebbe voluto!
 
– Ehi! Swan! Come va da quelle parti? Ti stai facendo valere?
– Ci provo Jimmy! Jamie è lì con te?
– Si, si è qui anche lui!
– Ok! Salutamelo! Ora ascoltami attentamente!
– Wow! Mi preoccupi quando usi quel tono di comando!
– In effetti ti sto per dare un ordine!
– Vai Capo!
– Ho necessità assoluta, per il caso che sto seguendo qui, di avere notizie e foto su Paula Santa Cruz, la moglie del boss Antonio Santa Cruz, devo individuare delle somiglianze con il suo profilo e un sospettato. Le sue foto sono rarissime! Devi assolutamente trovarne!
– La cosa è urgente naturalmente!
– Si Jimmy! Molla tutto quello che stavi facendo e pensa a questo! Mandami il tutto sulla mia e. mail!
 
Emma era stata categorica e Olden nemmeno pensò che lei stessa avrebbe potuto fare ricerca da dove si trovava. Era comunque più facile accedere agli archivi del Bureau dal suo ufficio, facendo parte dello stesso sistema.
 
Nel giro di poco Jimmy Olden iniziò a cercare materiale sulla moglie del famigerato narcotrafficante colombiano. Emma aveva ragione, foto della donna erano difficili da trovare. Il marito compariva in più occasioni mondane, ma di lei sembrava non esserci traccia, a parte notizie sulla sua avvenenza e la gelosia del marito.
 
“L’avrà tenuta nascosta come una reliquia questa donna? Prigioniera nella ricchezza e nel lusso?”
 
Olden si stava facendo un’idea di Paula molto distante dalla realtà. Non poteva sapere quanto fosse scaltra e quanto fosse il marito ad essere in suo potere!
 
“Forse ci siamo!”
 
Ad un certo punto, tra le foto di repertorio, ne comparvero una serie collegata ad un evento di beneficienza a cui Santa Cruz aveva partecipato come primo benefattore. L’inaugurazione di una nuova ala dell’ospedale di Miraflores.
La foto che apparve era un grandangolo e le persone rappresentate, in bianco e nero, erano piuttosto piccole da vedere chiaramente. Fortunatamente la foto non era sgranata e Jimmy, digitando per dare il comando di ingrandire al massimo, riuscì ad inquadrare la donna elegante, non più alta di un metro e sessanta, di corporatura minuta e formosa, al fianco del boss. Il viso di Paula Santa Cruz riempì in un attimo tutto il riquadro dello schermo.
 
– Noooo!
 
Jimmy ricadde con le spalle allo schienale della sedia ergonomica, mentre le sue mani si ritraevano dalla tastiera del computer. Graham si voltò a guardarlo, sorpreso da quell’esclamazione di delusione e sorpresa.
 
– Che c’è Jimmy?!
 
Il suo collega aveva un’espressione svuotata e il viso esangue. Si girò a malapena a guardarlo.
 
– Penelope mi ha mentito dall’inizio alla fine Graham!
– Che dici?!
 
Graham si alzò dalla sua postazione per avvicinarsi al collega e amico.
 
– Lei non è chi mi ha detto di essere!
 
 
Villa O’Danag - Jones, Irlanda.
 
Nella dispensa c’era una serie di viveri in scatola. Era evidente che Janette O’Danag non fosse passata alla casa al mare!
 
“Peccato! Zia Janette avrebbe riempito il frigo per il resto dell’estate! Possibile che venga tra un paio di giorni, per il fine settimana, ma io ed Emma non saremo più qui! Mi piacerebbe fargliela conoscere, ma ancora non è possibile. Sono sicuro che sia a lei che a zio Henry piacerà tantissimo. Zio mi ha dato già la sua benedizione, ma sono sicuro che non abbia raccontato nulla a zia Janette!”
 
Mentre preparava un paio di piatti, per sé e per Emma, usando fagioli e tonno in scatola, decise di fare la telefonata necessaria per organizzare il giorno seguente. Non voleva trattenersi più di un giorno in quella casa! Sbirciò verso il salone e vide Emma assorta tra le carte dei fascicoli. Prese il cellulare dalla tasca dei jeans e digitò il numero che gli serviva.
 
– Ehi! Ciao Nick, sono io! … Certo vecchio mio! … Esattamente! Arrivo domani, prima delle otto. Fammi trovare tutto pronto! … No non sono solo! … Cosa ti fa pensare che io sia con una donna?! … Spiritoso! Chiamami appena hai preparato il tutto … certo … si … ok! A dopo amico! 
 
Rimise il cellulare in tasca e, voltatosi verso il tavolino della cucina, aggiunse ai piatti le posate e i bicchieri. Era un pasto molto veloce ma nutriente, sperò che ad Emma andasse bene. Gli sarebbe piaciuto portarla in un ristorante, ma era meglio non farsi vedere troppo in giro!
Tornò da lei.
 
– Swan in cucina ho solo scatolame. Fagioli e tonno ti vanno bene?
– Mmm come scusa?
– Vedo che sei concentrata sul lavoro. Hai fame?
– No Killian … non ho fame ancora … dicevi tonno e fagioli?
– Allora mi hai sentito Love!
– Sono concentrata sul lavoro ma non sono sorda no?
 
Killian rise! Gli piaceva Emma in modalità Profiler. Era pignola come lui e pungente.
 
– Cosa pensi Dottoressa?
– Sono perplessa sugli omicidi dei pushers …
- Cioè?
– Perché ucciderli se si rifornisce da loro? Perché il rituale con la cocaina anche su di loro? Erano tuoi informatori?
– Solo il primo lo era!
– Credo che eliminare il primo possa far parte della vendetta nei tuoi confronti, ma il secondo … non saprei … forse solo per eliminare qualcuno che avrebbe potuto riconoscerlo. Aveva già ucciso un suo “collega”, si era saputo come fosse morto e della cocaina usata come cenere sulla testa. Al Killer non mancano i contanti per acquisti così costosi a quanto pare! In fin dei conti è un gran spreco usare in quel modo una polvere tanto costosa. Come ti dicevo ieri … il killer presenta disprezzo per la droga e per chi ha a che fare con essa, oltre, dall’ormai chiaro messaggio che hai ricevuto, un palese odio nei tuoi confronti e nei confronti della tua squadra. Credo che a sua volta ne abbia fatto uso in passato e si sia pentito, ma questo non toglie che potrebbe ancora farne uso, magari proprio per darsi la carica giusta quando deve commettere una delle sue azioni nefaste. Ha scelto tutte situazioni serali e momenti di buio e zone solitarie. Nel buio si può muovere con maggiori possibilità di non essere individuato e se dovesse avere qualche caratteristica evidente, può  evitare di attirare l’attenzione. Ho fatto un’altra mappa dei punti in cui ha ucciso. Tutti distanti da casa tua e dal rifugio di Captain Hook. Vicini solo i punti dei due pusher, ma immagino quelle siano le zone più frequentate da chi vende e da chi vuole acquistare …
- Non per niente, in accordo con la polizia, abbiamo rinforzato il numero degli agenti in incognito da quelle parti. Stiamo tenendo sotto controllo diversi pushers. Se l’assassino dovesse aver bisogno di “Roba” con grandi probabilità ritornerà nella stessa zona.
– I pushers saranno in allarme adesso e staranno con gli occhi ben aperti. Tra loro le notizie corrono veloci!
– Esatto Swan! Conto proprio sulle loro voci per identificare questo tizio! 
- Cosa avevi detto a proposito del nostro pranzo? Tonno e fagioli?
– Vedo che stai cambiando argomento Tesoro! Il mio intuito mi dice che ti è venuta fame!
– Si, Capitano! E mi è venuta voglia di fare una visitina alla piscina che mi hai tanto decantato prima, ma per ora mangiamo poi ancora lavoro fino a sera. Magari una bella nuotata la facciamo prima di cena!
– Come tu desideri Milady!
 
Il programma stabilito da Emma fu rispettato in pieno anche da Killian che lavorò con lei, fino alle 18,00.
Emma si era soffermata ulteriormente sul tentato omicidio ai danni di Manuel Parrilla. Killian le spiegò che il giovane agente era ancora in coma per quella ferita alla fronte e non accennava a riprendersi.
 
– Dovrò parlare con i medici che lo stanno seguendo. Se dovesse riprendersi non sappiamo se potrebbe tornare a parlare con una simile ferita o se comunque la sua memoria sia o meno illesa!
– Non sono ottimisti i medici che ho sentito io Emma!
– Il cervello umano è una macchina meravigliosa Killian ed ha una grande capacità di autocompensazione. A volte possiamo avere sorprese insperate!
– Basta per oggi Emma! Ora un tuffo in piscina non ce lo toglie nessuno, vieni?
– Quando ti ho detto della piscina non avevo pensato che non ho portato un costume da bagno Killian!
 
L’ espressione di Killian diventò immediatamente maliziosa e ammiccante.
 
– Peccato veramente! Non ho costumi da donna in casa! Nemmeno qualcosa di zia Janette, ma se temi di offendermi o spaventarmi nel caso in cui tu decida di venire in piscina completamente nuda … sappi che non mi impressiono facilmente e non mi offendo di certo. In più, per metterti più a tuo agio, posso stare senza anche io!
 
Anche questa volta l’occhiolino malizioso fece sorridere Emma, schiarendola dal rossore che le era comparso sulle guance.
 
– Dici che non ci vede nessuno?
– Siamo fuggiti da Dublino e nessuno ci inseguiva. Inoltre c’è un muro bello alto che protegge la zona della piscina, stai tranquilla!
– Un tuffo tanto per rinfrescarci un po’!
– Certo Love!
 
 
Non fu solo un tuffo, fu l’occasione per rilassarsi e coccolarsi. Killian era un nuotatore provetto e si immerse diverse volte per far scherzi ad Emma. Anche lei nuotava molto bene e a Killian piaceva guardarla sotto l’acqua, vederla muoversi leggiadra e sinuosa come una sirena, con i lunghi capelli che si spandevano nel brillio dell’acqua.
 
Uscì lui per primo e si diresse alla doccia esterna, vicino alla piscina. Emma lo seguì subito dopo e s’infilò tra le sue braccia, mentre l’acqua della doccia scendeva su entrambi. Lui le insaponò i capelli con il bagnoschiuma e lei fece lo stesso al suo torace. Scherzando e ridendo si ritrovarono in un attimo esageratamente coperti di schiuma bianca, ridendo come due ragazzini si schizzarono di acqua l’uno con l’altra, finché non furono completamente puliti.
Killian  prese l’enorme  asciugamano che si era portato appresso e avvolse Emma e se stesso, portandosela sulla sdraio, e lasciandola distendere su di sé.
 
– Sei un comodo materasso Jones!
– Dici? Stai comoda?
– Mmm … molto comoda!
– Il sole è calato, non ti si asciugheranno i capelli così! Torniamo dentro vieni!
 
Lasciando l’asciugamano sulla sdraio, Killian prese in braccio Emma, come avrebbe potuto fare Adamo con  Eva nel Paradiso Terrestre, e la portò in casa.
***
 
Seduto sul bordo anteriore del letto patronale, Killian se ne stava con i fianchi avvolti in un piccolo asciugamano ed aspettava che Emma finisse in bagno con l’asciugacapelli. I suoi erano quasi del tutto asciutti. Si passò le dita tra di essi e percepì l’ultima minima umidità. Era caldo abbastanza da farla sparire in breve e, se non fosse bastato il caldo della temperatura, ci avrebbe pensato il calore sprigionato dall’amplesso che avrebbe consumato con la sua donna da lì a pochi minuti.  Sorrise all’idea e sentì il suo inguine reagire al solo pensiero.
 
Il silenzio improvviso dell’asciugacapelli spento e lo scatto della maniglia del bagno, furono il segnale che il suo splendido cigno stava per varcare la porta della camera da letto. L’emozione lo assalì prepotentemente e rimase senza fiato, quando lei entrò con i vaporosi e morbidi capelli dorati sulle spalle nude e un asciugamano bianco che l’avvolgeva, coprendola dal seno fino appena un po’ più sotto all’attaccatura delle cosce.
Il primo pensiero che passò nella testa di Killian, dopo l’osservazione della sua bellezza, fu quello di strapparle di dosso quella stoffa spugnosa. In realtà non lo fece, restando incantato a guardarla. Lei gli si avvicinò con un’espressione dolce e pudica. Un mix che faceva impazzire Killian che sapeva bene quanto Emma riuscisse ad essere anche irruenta e molto passionale. In quel momento però Emma sembrava veramente intimorita. Lui semplicemente l’abbracciò facendola mettere seduta sulle sue gambe e iniziò a darle piccoli baci lungo il collo e il petto, scoprendo piccoli spazi allontanando piano l’asciugamano.
 
– Killian …
- Mmm .. si tesoro?
– Forse dovremmo dormire separati questa sera …
- Chee?! Perché?
– Io … ecco  … non mi sento molto a mio agio?
– Come sarebbe? Ieri sera dovevi essere anche meno a tuo agio eppure …
- Non lo so ma non riesco a rilassarmi!
– In effetti sei tesa come una corda di violino! Dipende da questa casa?
 
Emma era sempre sorpresa di come Killian fosse perspicace nei suoi confronti, ma le dispiaceva ammettere che avesse letto giusto.
 
– Non lo so … forse perché è collegata a qualcosa di infelice e io invece voglio sentirmi felice con te … mi sento quasi in colpa …
- Non dire sciocchezze Love. So io come farti rilassare!
 
Emma rise.
 
– A si?!
– Fidati di me tesoro!
 
Si Rialzò dal letto con Emma in braccio e si voltò verso le lenzuola pulite per deporvela sopra. Si stese al suo fianco e riprese a baciarla  sempre più intensamente e appassionatamente. Lei ricambiava con la stessa intensità e quando Killian fece scorrere le mani su di lei, aprendo completamente l’asciugamano che l’avvolgeva, fino a cercarla nel suo punto più intimo, seppe che finalmente si stava rilassando, abbandonando pensieri tristi e luttuosi. Si tolse anche il suo e si spostò scendendo verso il suo centro, regalandole piaceri sempre più intensi, insistendo fino a sentirla gemere senza freni, disinibita e lussuriosa, pronta a volere tutto di lui, mente lui era già disposto a darle tutto se stesso.  Fu alla fine quello che desideravano entrambi, meravigliosamente uniti come lo erano stati la notte precedente, finché Emma non si addormentò tra le braccia di Killian.
 
– Dormi amore mio, fai sogni felici, io veglierò su di te …
 
***
Due occhi neri guardavano l’ultimo baluginio di luce sulle onde del mare. Il movimento dei battelli ormeggiati portò via in un secondo i suoi pensieri. Mise una sigaretta tra le labbra e, avvicinando la fiamma del suo accendino a forma di leopardo, ne accese la punta inspirando. Richiuse il coperchio sulla fiamma ed espirò una boccata di fumo.
Captain Hook era molto più vicino di quanto potesse pensare …


Angolo dell'autrice

L'unica cosa buona dell'influenza è il riposo forzato. Poi che esca fuori un capitolo così ...
Giudicate voi. Ho inserito anche un disegno, spero si veda o ... pazienza!
Grazie a chi leggerà e a chi vorrà lasciare un commento, fa sempre piacere sapere i vostri pareri. Un caro sauto a tutti e buona domenica.
Lara

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Capitolo 51
*** Amore sotto copertura ***


Capitolo 51
 
Amore sotto copertura
 
 
 
Richiuse con rabbia il cellulare con la sua cover e lo scaraventò in borsetta. Rimise in moto l’auto noleggiata e si riportò in gareggiata.
Stava sudando sotto quella parrucca di capelli a caschetto rossi e sentiva di odiarli, non meno di quanto stesse odiando in quel momento Emma Swan!
Come si era permessa quella ragazzina di trattarla in quel modo?! Quello che le aveva detto sicuramente era una scusa!
 
“Sta guidando? Non sarà al fianco di Killian piuttosto?”
 
Paula Santa Cruz, sotto le mentite spoglie dell’Avvocatessa Alexandra Pereira, aveva ricevuto un due di picche dalla Dottoressa Swan. L’aveva chiamata a telefono per poter tornare in contatto con lei. Era convinta che avrebbe incontrato Killian Jones a Dublino e seguendola in qualche modo l’avrebbe portata da lui. Invece le aveva risposto negativamente all’invito di incontrarsi, dicendole che era impegnata e in giro per lavoro. Le aveva praticamente riattaccato in faccia. Già il giorno prima le era andata male con lei. L’aveva seguita in taxi, fin dall’aeroporto, quando si erano separate. Il tassista aveva seguito il taxi preso da Emma, poi quello si era infilato in un dedalo di viuzze, lo avevano perso di vista e quando lo avevano riavvistato Emma non era più a bordo.
 
Avrebbe fatto in un altro modo. Non era una sprovveduta e sapeva dove e come cercare. Con rabbia diede gas e cambiò marcia, avviandosi verso il centro della città. Ad un certo punto, a causa del traffico, dovette rallentare a passo d’uomo e, sbuffando infastidita, lentamente si fermò con l’auto in moto. Fu in quel momento che,  tra la gente che camminava sul marciapiede, vide qualcuno che le sembrava di conoscere. Aguzzò la vista dietro quei grandi occhiali rotondi ed ebbe la conferma di non aver sbagliato.
 
“Questa si che è una sorpresa! Che diavolo ci fa da queste parti?”
… …
 
Villa O’Danag-Jones, primo mattino.
 
 
Emma non sapeva quante ore avesse dormito, ma sapeva di essersi addormentata tra le braccia di Killian, poiché, sentendo caldo e aprendo gli occhi, si era resa conto di essere ancora avvolta protettivamente tra di esse.
Sorrise tra sé e sé e sollevò una mano, scorrendo lungo il petto villoso del giovane, arrivando al suo collo. Non portava la catena con i ciondoli da pirata che Brennan gli aveva regalato, l’aveva tolta lasciandola sul comodino, prima di andare in piscina con lei. Lo baciò piano lungo il collo e poi sulla guancia pungente di barba incolta da un paio di giorni. Gli mordicchiò il mento con il pizzetto e poi gli mordicchiò un lato del labbro inferiore. Possibile che dormisse profondamente? O stava fingendo come il giorno prima e altre volte che avevano passato la notte insieme? Se dormiva significava che fosse stanco e tranquillo.
 
Emma scivolò piano dalle sue braccia e si alzò. Lui non si mosse, né le sue palpebre fremettero in qualche modo. Dormiva veramente, Emma ne fu certa.
Sulla sedia al suo fianco c’era la camicia azzurra di Killian, la prese e la indossò. Era grande per lei e la vestì come una specie di mini abito. Si arrotolò le maniche fino ai gomiti. Tirò fuori i capelli lunghi dal colletto e, dopo averla abbottonata, scalza si diresse verso la cucina. Il pavimento in legno le sembrava confortevole e piacevole sotto la pianta dei piedi nudi e inspirò profondamene il fresco del mattino. Aveva voglia di un caffè e il suo stomaco brontolò. Si rese conto che né lei né Killian si fossero nutriti a cena, almeno non di cibo!
Sorrise ancora. Era presto, le cinque del mattino. Lui le aveva detto che dovevano partire presto, ma le dispiaceva svegliarlo, visto il suo sonno profondo. Si sentiva stranamente felice e adduceva ciò all’aver fatto l’amore con Killian, a come lui aveva cercato di farla rilassare dalla tensione del disagio che aveva provato, inizialmente, entrando in quella bellissima villetta sul mare. Doveva riconoscere che stare insieme,  in quel modo, era sempre appagante e l’idea di dover ripartire per Boston, senza di lui e rivederlo chissà quando, le creava un angosciante senso di vuoto.
Decise di non pensarci per il momento, ancora non aveva finito il suo lavoro e per ora non se ne parlava di tornare a Boston. Meglio vedere se in cucina ci fosse del caffè e qualcosa da mettere sotto i denti!
 
Rovistò negli armadietti e trovò ciò che le serviva per preparare due tazze di caffè. Vide anche un pacco di fette biscottate e pensò che sarebbero andate benissimo per quella colazione improvvisata.
Mise sul fuoco la caffettiera e aspettò quei pochi minuti che il caffè iniziasse ad espandere il suo aroma per la stanza, mentre, nel frattempo, si procurò un vassoio per portare tazze e fette biscottate in camera da letto.
 
Sistemato tutto sul vassoio, ancora scalza e vestita solo della camicia di Killian, tornò da lui con un sorriso felice steso sul viso. Entrò nella stanza con l’intento di chiamarlo, poi lo vide e rimase senza fiato. Killian era ancora sul letto. Rispetto a quando lei si era alzata, si era rigirato a pancia in sotto e dormiva ancora. Si era tolto il lenzuolo, che lo copriva prima fino ai fianchi, e il suo corpo atletico si lasciava ammirare in tutta la sua mascolina bellezza.
Trattenendo il fiato Emma fece scorrere lo sguardo su di lui, dalle spalle ampie ai glutei sodi e muscolosi. Sentì pruderle le mani dalla voglia di toccarlo, sentire la sua pelle calda sotto le dita e la consistenza di quei muscoli privi di un sol filo di cellulite. Quanta bellezza poteva essere insita in un corpo maschile?
Nel suo Killian sicuramente molta! Sorrise amorevole e, in punta di piedi, si avvicinò al comodino poggiandovi sopra il vassoio. Si voltò verso il letto e vi salì in ginocchio, gattonando verso il “bell’addormentato”.  Si sdraiò al suo fianco, poggiandosi sul gomito sinistro, mentre con la mano destra lo accarezzò lentamente lungo la colonna vertebrale, fino ai glutei. Lui ebbe un brivido molto visibile e lei, sorridendo, rimase con la mano sulla sua natica muscolosa, accarezzandone la linea. Non credeva più che lui dormisse ormai e allora lo abbracciò alla schiena, stringendolo forte e dandogli tanti piccoli baci a schiocco lungo il retro del collo e le spalle. Lo sentì ridacchiare. Eccolo! Lo sapeva che fosse sveglio!
Con un sorriso smagliante Killian si rigirò facendola ricadere sulla schiena.
 
– Sono disponibile a farmi accarezzare anche il davanti Love!
 
Con il solito sguardo furbo e malizioso, le aveva fatto l’occhiolino e poi dato un bacio a stampo sulle labbra.
 
– Quindi sei disponibile?
– Ovviamente mio dolce Cigno! Sempre se tu sia disposta a … farti fare lo stesso!
– Lo sai che mi piacciono certe sfide Capitano?
– Speravo lo dicessi!
 
Che Killian fosse disponibile, era piuttosto evidente dalla sua reazione mattutina post sonno, Emma lo aveva notato e aveva allungato già la mano massaggiandolo delicatamente in quel punto.
 
– Wow! Tesoro … lo vorrei tutte le mattine un risveglio così!
 
Emma rise e con impeto e audacia si portò a cavalcioni su di lui, massaggiando lo stesso punto di prima con il proprio corpo, muovendosi ritmicamente su di lui.
 
– Solo non mi torturare troppo prima di … farmi entrare!
– Mi piace torturarti così e sono sicura che piaccia anche a te!
– Mi piacerà ancor di più se ora ti farai sbottonare la mia camicia e mi consentirai di essere attivo. Odio non poterti toccare e ne ho bisogno!
– Mmm … è la tua camicia in fin dei conti, libero di fare quello che vuoi!
– Si?!
 
Non c’era bisogno di farselo ridire per Killian! Con il suo sorriso sghembo e un’alzata di sopracciglia asimmetrica, in uno sguardo malizioso e ammiccante, carico di sottointese promesse, le portò le mani alle cosce accarezzandole fino ai glutei morbidi, poi iniziò ad aprirle i bottoni dalla base, scoprendola centimetro per centimetro, lentamente, permettendosi di accarezzare la pelle che si evidenziava un po’ alla volta. L’ultimo bottone da aprire era all’altezza dell’incavo del seno e quando fu finalmente aperto, Killian spostò le due parti del petto della camicia, come fosse un sipario, sullo spettacolo candido che gli offriva il corpo d Emma. I due seni rosei svettarono sotto le sue mani avide, offrendosi a lui con un inarcarsi di schiena, protendendosi verso le sue labbra ad implorarlo di prenderne possesso con i suoi baci …
 
Le piaceva sentire le labbra di Killian chiudersi intorno alla vetta dei suoi seni e sentire quella dolce carezza della sua lingua, mentre  il brivido che le provocava portava allo sbocciare delle sue dure piccole gemme.
Le piaceva guardarlo mentre le sorrideva e iniziava a succhiarle, facendola sciogliere come neve al sole. Le piaceva che lui l’avvolgesse alla vita, che le accarezzasse la schiena e che tra un bacio e l’altro, mentre lei gli scompigliava i capelli bruni, inspirando a fondo, rilassandosi e mandando la testa in dietro, con i lunghi capelli a lambirle le natiche, lui saggiasse la sua eccitazione, accarezzandola delicatamente tra le sue pieghe più intime, dandole una prima forte sensazione con le sue esploratrici ed esperte dita.
Le piaceva sentirlo fremere di desiderio sotto di sé e questo le dava la determinazione a voler ancor di più sentirlo dentro. Quella determinazione andava oltre ogni suo ancestrale tabù, la rendeva audace e dominante, fino a decidere di dare la pace dei sensi ad entrambi. Era allora che si spingeva in avanti e, lasciando che la naturale anatomia dei loro corpi si cercasse, trovandosi automaticamente, scendeva piano su di lui, assaporando il senso di pienezza e completezza che si realizzava dall’inizio alla fine dell’atto.
Le piaceva sentire il suo sospiro soffocare tra i suoi seni, quando ormai era completamente in lei e le piaceva iniziare a muoversi con quel ritmo che  faceva impazzire lui e dava un senso di benessere crescente anche a lei. Le piaceva vederlo abbandonarsi  sul letto, arreso al suo incantevole dominio, lasciandola muoversi come lei volesse. Allora  lei si piegava, chinandosi sul suo petto, baciandolo e accarezzandolo ancora tra la bruna e mascolina peluria, stuzzicandolo ulteriormente, come lui aveva fatto a lei poco prima.
Le piaceva sentirlo ridere di quel solletico e cercare di difendersi con le mani, ma poi le toglieva e lasciava ancora che lei continuasse quella finta tortura, chiudendo i suoi meravigliosi occhi azzurri e schiudendo le labbra per un gemito di profondo piacere.
Le piaceva, e la rendeva orgogliosa, che lui, dopo aver resistito ai sui affondi, sollevasse un sopracciglio, guardandola deciso e facendole capire che volesse riprendersi il suo ruolo di maschio. Le piaceva lasciarsi sollevare dalle sue braccia e ruotare sul materasso, lasciare che lui la venerasse ancora con baci di fuoco su tutto il corpo, fino ad insistere sulla sua fonte del piacere e poi, quando  si accorgeva dai suoi tremori convulsi che fosse vicino al massimo, le piaceva che lui la facesse  ancora sua, fino a sentire entrambi quell’esplosione orgasmica che li faceva gridare l’uno il nome dell’altra.
 
– Emma quanto ti amo!
– Ti amo anch’io Killian!
 
Le piacevano quegli ultimi minuti di abbandono, appagati, vicini, abbracciati. Il braccio di Killian intorno alle sue spalle e la sua testa poggiata sul petto di lui. Un’ultima carezza su quel petto villoso e un altro bacio tra le loro labbra …
 
- Love …
- Si Killian?
– Si sente odore di caffè o sono io che non ci vedo per la fame?
– Pensi di avere allucinazioni olfattive?
– Tu mi consumi parecchie energie lo sai?
– Mmm … si lo so! Non abbiamo nemmeno cenato ieri sera!
– Io direi che ho cenato piuttosto bene ieri sera e ho fatto colazione anche meglio questa mattina, ho un debole per il tuo sapore!
 
Un sorriso e un altro bacio.
 
– Devi restare con me Emma, lo sai vero?
– Restare?! Dovrò tornare a Boston appena finito il mio lavoro!
– Dovremmo trovare una soluzione al problema!
 
Lei rise.
 
– Che problema?
– Il problema che io senza te non ci voglio più stare! Ci sono stato anche troppo e non voglio più accontentarmi di momenti strappati agli eventi. Voglio che tu sia la mia costante e vorrei esserlo per te!
 
Emma si sciolse dall’abbraccio con un’espressione seria sul viso e si rimise in piedi.
 
– Beh! Allora è un problema veramente Capitano!
 
Mentre lui si appoggiava con la schiena alla spalliera del letto, lei si tolse la camicia, ormai stazzonata, che ancora aveva addosso, e la rimise sulla sedia. Killian la guardò, nella sua nudità, voltarsi e andare verso il bagno, con i capelli lunghi e arruffati, che le lambivano le natiche rotonde.
 
“Sei una meraviglia Emma … sei il mio tesoro più prezioso e veramente non voglio che tu vada via da me!”
– La colazione è sul comodino Killian! Mangia se hai fame, io faccio una doccia veloce!
 
Killian si voltò verso il comodino. Sorrise. Lei aveva già preparato.
 
“Sei dolce Love … no … decisamente non possiamo stare lontani io e te!”
 
Si alzò velocemente. L’acqua della doccia stava scorrendo in bagno. Lei aveva lasciato la porta socchiusa, era un chiaro invito. La colazione poteva aspettare, tanto il caffè era ormai freddo!
Emma invece non poteva aspettare e lui ancor meno! Entrò in bagno. Lei era di spalle, sotto l’acqua tiepida. Entrò nella doccia e la strinse a sé nuovamente. Emma, poggiata con la schiena al suo petto, chiuse gli occhi sorridendo. Era un altro momento che le piaceva e non avrebbe rinunciato a sentire le mani di Killian scorrere sul suo corpo con il bagnoschiuma, per nulla al mondo!
***
 
La doccia non fu poi così veloce! Ma di sicuro fu piuttosto piacevole per entrambi. La colazione, al contrario, fu fin tropo veloce e anche il loro prepararsi a lasciare la villetta. Erano consapevoli che l’attrazione reciproca li conducesse a cercarsi continuamente, a discapito del tempo che passava troppo in fretta quando si perdevano nei loro appassionati amplessi.
 
Mentre Emma radunava tutte le carte dei casi, Killian sistemò i bagagli nella sua Audi. Poi lasciarono, se pur con una punta di rammarico, quella villetta che li aveva ospitati e fatto da splendida cornice al loro amarsi.
Seduti l’una alla sinistra dell’altro, su quei comodi sedili in pelle, si guardarono negli occhi. Killian accarezzò, con la mano sinistra aperta, la gamba destra di Emma, soffermandosi sul ginocchio lasciato scoperto dalla minigonna in jeans che lei aveva deciso di indossare con un top rosso, senza reggiseno. Aveva castigato nuovamente i suoi bellissimi capelli, stringendoli in quella coda di cavallo che Killian odiava, ma aveva l’insospettabile aspetto di una ragazza pronta per andare al mare con il suo ragazzo. Lui, egualmente, era in jeans, con una polo azzurra.
 
– Pronta?
– Pronta! Mi hai detto che arriveremo in una mezzora!
– Sarà lunghissima questa mezzora!
– Perché?
– Perché avrò sotto gli occhi le tue gambe nude e dovrò pensare solo a guidare!
 
Lei rise.
 
– Ma dai! Me lo hai detto tu di vestirmi come se andassi in spiaggia!
 
Killian emise un piccolo sospiro.
 
– Vero! E quando arriveremo andremo a comprarti un costume da bagno!
– Un costume?! Ma hai intenzione veramente di stare in spiaggia?!
– Una bella giornata di sole estivo va sfruttata no?
– Killian … io sono qui per lavorare non per fare vacanza balneare!
– Considerala la nostra copertura al momento!
– Su una spiaggia?!  Alla vista di chiunque?!
– Uff! Fidati una volta in vita tua Swan! Lascia fare a me!
 
Mentre Emma faceva un’espressione sgomenta, Killian riportò la mano al volante e mise in moto. Il suo sorriso furbo e lo sguardo malizioso fecero capire ad Emma che aveva escogitato qualcosa. Non sapeva se essere solo curiosa o pure preoccupata, ma voleva fidarsi di lui.
 
– A Bray ci fermiamo. È una bella zona balneare …
- Vuoi prendere una stanza lì?
– No! Voglio prenderti un costume! Ne hanno di tutti i tipi e a buon prezzo!
– Dove ci fermiamo allora?
– Ci sono altri posti balneari bellissimi e Dundalk sarebbe da girare per i monumenti che ci sono …
- Killiaaan! Non possiamo perdere tempo a fare i turisti! Te lo ricordi vero?!
– Mamma mia quanto sei fiscale Swan! Rilassati!
– Con un assassino che probabilmente è al nostro inseguimento?!!
 
Lui sollevò gli occhi al cielo e poi la guardò ancora con lo sguardo furbo e il suo sorriso da schiaffi, senza aggiungere altro. Non c’era nulla da fare, le sembrava che solo a lei preoccupasse quella ipotesi. Lui appariva molto sicuro di sé!
 
Arrivarono alla località balneare di Bray, lungo mare. Killian fermò l’auto in un punto consentito e prendendo Emma per mano, se la portò dietro, come fossero veramente due turisti innamorati in cerca di mercatini.
Killian aveva di sicuro le idee chiare, ma d’altra parte conosceva il posto e sapeva dove andare!  Emma si arrese e si diresse con lui ad un negozio che lo aveva attratto per i bikini esposti.
 
– Un paio di quelli andranno benissimo!
– Ma che sei impazzito?! Sono due triangolini succinti! Io una cosa così non me la metto in spiaggia!
– Una bella ragazza come te attirerebbe maggiormente l’attenzione con un costume intero! In bikini nessuno ci farà caso!
– Ci farò caso io però!
 
Lui le si accostò all’orecchio con il suo solito fare ammiccante e parlando a bassa voce …
 
- Ti ricordo che ieri eri del tutto nuda in piscina e non ti sei fatta tanti problemi!
 
Lei altrettanto a bassa voce …
 
- Carino e gentile da parte tua ricordarmelo! Mi pare fossimo soli e pure tu non eri granché vestito!
– Preferisci ripetere quell’esperienza? Ti posso accontentare sai?!
 
Non sapendo cosa avesse in mente o immaginandolo e temendolo, Emma cambiò idea.
 
– Basta così! Prendiamo questo dannato bikini!
 
Ridacchiando vittorioso, davanti al suo broncio, Killian entrò nel negozio e ordinò modello, colore e taglia.
 
“Sei impossibile Killian Jones! Hai deciso tutto tu e hai pure indovinato la taglia! Ma scordati che io metta quella roba!”
 
Uscirono dal negozio. Lei ancora con il broncio e lui con la bustina in mano. Alla fine le aveva preso due bikini a perizoma, uno rosso e uno verde acqua. Rideva sotto i baffi mentre guardava la faccia schifata di Emma.
 
– Dai Love! Ti staranno magnificamente! E poi questi colori sulla tua pelle lunare risalteranno!
– Certo, certo! Ti ci vorrei vedere io a te con quel filo interdentale tra le chiappe in mezzo alla gente!
 
Killian si fermò improvvisamente e la strinse a sé. Erano vicini all’auto, il posto era tranquillo e all’ombra di alcuni alberi.
 
– Swan … non manchi di spirito e lo sai che mi piaci anche di più quando ti arrabbi così?
– Sei insop …
 
Non le diede il tempo di rispondere nulla, le chiuse la bocca con le sue labbra, togliendole il fiato, poi, mentre la sua mano destra le accarezzava la pelle nuda della gamba, risalendo sotto la minigonna, approfondì il bacio facendole schiudere le labbra, incoraggiandola con la punta della lingua. Lei lo ricambiò, desiderava farlo, anche se lui era insopportabile e dispotico. Gli bloccò la mano, che era arrivata alla natica, con la sua e lui lasciò la presa, usando la stessa mano per accarezzarle dolcemente la nuca.
Si sciolsero dal bacio.
 
– Dovremmo andare o sbaglio?
– Si Love. Ma tu smetti di istigarmi!
– Ora sono io che istigo?! Tu compri certa roba!
 
Lui rise ancora con il suo sorriso splendido e la portò alla macchina, aprendole lo sportello come al solito, in quel modo comunque galante.
 
– Ora Baby andiamo al porto! La mia vera casa è lì!
 
Ma quante case possedeva la famiglia O’Danag – Jones? Sapeva che fossero piuttosto benestanti, ma non immaginava quanto!
 
Giunsero dopo poco al porto ed Emma non riusciva a capire dove potesse abitare Killian da quelle parti. Era tutto un miscuglio di moli, gru, containers. Per non parlare del via vai di marinai!
Killian diresse l’Audi verso un garage a pagamento e quando ebbe sistemato adeguatamente la sua auto, scesero da essa e, con i bagagli, si diressero all’uscita.
La prese nuovamente per mano e si incamminarono lungo il molo.
C’erano belle barche ormeggiate, motoscafi e un paio di pescherecci appena arrivati con il loro carico di pesce. Emma ne sentiva l’odore marino e le sue narici si stavano riempiendo dell’afrore della brezza. Più avanti vide svettare due alberi da quello che le apparve come uno Yacht a vela.
 
 – Ecco quella che considero la mia vera casa Emma! La mia Jolly Roger!
 
Emma era a bocca aperta. L’elegante Yacht a vela apparteneva a Killian! Si sentì stupida. Come aveva fatto a non pensarci? Non era intuibile che un tipo che si faceva chiamare Captain Hook avesse una nave?
 
– Possiedi uno Yacht?!
 
Lui, visto la sorpresa di Emma, si passò la mano sull’orecchio e poi verso la nuca.
 
– Direi di si! Zio Henry aveva un vecchio veliero e ci portava sempre in mare d’estate. Ho imparato a governare una nave da lui, poi ho preso il brevetto. Quando ho ottenuto la seconda Laurea mio zio ha venduto il vecchio veliero e ha comprato questo Yacht. Ovviamente è a motore, modernissimo. Ma ha anche la possibilità di viaggiare a vela. Me lo regalò in quell’occasione e io l’ho sistemato come un’ulteriore base operativa!
– Uno dei tuoi rifugi segreti Capitano!
– Già! Oh! Ecco Nick!
– Nick?!
 
Un giovanotto moro, con un cappello a visiera da marinaio, il mento ornato da una leggera barba e un sorriso ironico, stava andando loro incontro.
L’uomo, più o meno coetaneo di Killian, mantenendo il sorrisetto ironico, squadrò Emma dalla testa ai piedi e viceversa. Quel modo di fare la infastidì e, nonostante il saluto caloroso tra Killian e il nuovo arrivato, lei si tenne sulle sue.
 
– Emma questo è il mio amico Nick Hansel! Nick, ti presento la Dottoressa Emma Swan!
 
Emma non allungò la mano verso l’uomo, né lui accennò ad allungare la sua verso di lei. Mentre lei rispondeva un formale “buongiorno”, l’uomo si portò la mano alla visiera del cappello, facendole un saluto militare.
 
– Piacere di conoscerla Dottoressa e ben venuta sulla Jolly Roger!
 
Emma rispose con un cenno della testa. Quell’uomo aveva qualcosa che non le piaceva!
 
– Nick è tutto come ti ho chiesto?
– Ovvio Capitano! Ogni cosa al … suo posto. Come mi hai chiesto!
 
Nick continuava a puntare gli occhi su Emma e lei si sentiva piuttosto in imbarazzo. Si stava sentendo troppo poco vestita con quel top e la minigonna. Pensò con stizza ai due perizoma che aveva acquistato per lei Killian.
 
“Non ci penso proprio a mettere quei cosi! Specie con questo tizio a bordo! Ha uno sguardo losco che non mi piace per niente!”
 
Killian andò avanti per saggiare la stabilità della passerella. Poi si volto sorridente vero di lei.
 
– Miss Swan ha il permesso del Capitano di salire a bordo!
 
Emma si avviò verso la passerella e Nick la sorresse per un braccio. Nonostante il gesto galante lei ne fu infastidita. Mentre saliva fu certa che l’uomo, dietro di lei, le stesse guardando le gambe e il sedere.
Possibile che Killian si fidasse di quel tizio? A lei inquietava!
I due uomini la lasciarono sola sul ponte e andarono sulla plancia di comando. Li vide scambiarsi delle informazioni e poi uscire di lì per tornare da lei.
 
– Le piace la Jolly Roger Emma?
– Si Nick! Non me ne intendo di navi ma la trovo molto bella ed elegante!
– Vedrà gli interni e le cabine! Ci sono tutti i confort!
 
Mentre Nick parlava, il suo sguardo scese dal viso di Emma all’altezza delle sue tette. Emma odiò se stessa per non aver messo un reggiseno sotto il top rosso, ma pur infastidita resse lo sguardo ironico dell’uomo.
Nick prese dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette e gliene offrì.
 
– No grazie! Non fumo!
– Mmm! Killian si è trovato una donna bellissima e virtuosa a quanto pare!
 
Il sorrisetto di Nick le fece venire voglia di prenderlo a pugni. Intanto lui prese l’accendino dall’altra tasca e si accese la sigaretta. Emma notò l’oggetto. Era un insolito accendino a forma di leopardo.
 
– Insolita forma per un accendino!
 
Lui glielo mostrò, avvicinandoglielo, sul palmo della mano.
 
– Il regalo di un’amica … Le piace Emma?
– Un oggettino elegante e femminile direi … forse non troppo adatto ad un tipo come lei!
 
Nick scoppiò in una fragorosa risata, che attirò l’attenzione di Killian che stava tornando verso di loro.
 
– Che succede?
– Niente Killian! Stai attento alla tua ragazza! Ha un bel pungiglione nascosto da qualche parte! Mi ha appena detto senza  mezze misure che sono un rozzo!
– Ma tu sei un rozzo Nick! Un rozzo lupo di mare!
 
Scoppiarono a ridere entrambi ed Emma si sentì messa fuori dalla loro complicità.
 
– Bene miei cari! Vi lascio al vostro viaggetto! Mi raccomando di non divertirvi troppo e di trovare un po’ di tempo per risolvere il caso!
 
Nick fece l’occhiolino a Killian e il saluto militare ad Emma.
 
“Sfacciato e arrogante! Ma come si permette?!”
 
Emma lo seguì con lo sguardo mentre Killian prendeva il suo bagaglio. Vide Nick rivolgere un’ultima occhiata alla nave e non le sembrò uno sguardo amichevole il suo. Quell’uomo aveva qualcosa da nascondere. Emma ne fu certa!
Intanto, con uno scatto, Killian aveva ritirato la passerella. Un ultimo cenno a Nick e questi mollò gli ormeggi. Schiacciando un pulsante, Killian fece riarrotolare le cime al loro posto, pronte e in ordine per la volta seguente.
Emma si rese conto che fossero soli sulla Jolly Roger.
 
– Pensavo che Nick sarebbe venuto con noi! Non ti serve aiuto per pilotare lo Yacht?
– Se dovessi andare solo a vela sicuramente si. Ma abbiamo un potente motore e la fretta di andarcene al largo. Vieni con me sulla plancia di comando. Quando saremo abbastanza lontani butteremo l’ancora!
 
Salirono in plancia e Killian avviò i motori, portando ben presto lo Yacht fuori dal porto, fino in mare aperto. Per Emma era tutto una novità. Non era mai stata su uno Yacht fino ad allora, a parte i battelli che solcavano le acque del Mystic di Boston.
Mentre Killian guidava, muovendo quel moderno timone, lei era al suo fianco.
 
– Tra poco saremo lontani quel che serve Emma! Vieni qui, ti insegno a manovrare il timone!
 
L’aveva attirata a sé con una mano e la fece mettere davanti a lui.
 
– Guarda sempre la prua! Abbiamo il vento in poppa ora, andrebbero benissimo anche le vele in questo momento! L’abbrivio è piuttosto potente!
– Forse è meglio che mi spieghi con termini più semplici! Già mi sono confusa con poppa e prua!
– Capito! Usiamo un altro metodo allora! Metti le manine qui!
 
Le prese le mani e le fece tenere il timone, poi, senza che lei se lo aspettasse, facendola sobbalzare, le mise improvvisamente le sue sulle natiche stringendogliele.
 
– Questa è la poppa! La parte dietro della nave! E questa, non dimenticarlo, è la prua, la parte davanti!
 
Questa volta le mani di Killian si erano posate sui suoi seni, massaggiandoli sopra il sottile strato di cotone del top rosso e provocandone nuovamente la dovuta reazione.
 
– Più facile da ricordare così, non trovi Tesoro?
 
Mentre la baciava lungo il lato destro del collo, lei pensò che non lo avrebbe dimenticato facilmente adesso!
 
– Il lato destro della prua si chiama dritta o Tribordo …
 
Con la lingua le scorse lungo il lato destro del collo, provocandole un forte brivido.
 
– La sinistra invece diciamo Babordo o a manca …
 
Con un tocco leggero delle dita le accarezzò il lato sinistro del collo e il brivido per Emma raggiunse anche il suo centro.
 Doveva smettere con quella lezione sexy o non avrebbe capito più niente nel giro di cinque minuti! Si voltò tra le sue braccia, cercando di essere sicura della sua stessa voce.
 
– Che ne dici Capitano di rinviare la lezione? Dovrei proprio concentrarmi sul caso non credi?
 
Lui riportò una mano al timone, ma l’altra alla sua vita.
 
– E io che pensavo volessi approfondire!
 
Quel suo sguardo malizioso e i suoi doppi sensi  erano irresistibili, ma Emma era lì per lavorare. Doveva ripeterselo di continuo quando gli era così vicina!
Lui le diede un bacio a stampo sulle labbra e la lasciò andare.
 
– Vai sottocoperta ed esplora la nave. Troverai il soggiorno. Dovresti stare comoda lì!
 
Emma si svincolò dalle sue braccia e, con la curiosità che la contraddistingueva, volò via a conoscere lo Yacht.
Nel giro di poco aveva esplorato tutto, restando affascinata dall’eleganza del legno lavorato, dal mobilio essenziale e pratico. Lo Yacht era lungo un 45 metri e, come le aveva annunciato Nick, era dotato di ogni confort. Poteva ospitare fino a dieci persone. Aveva visto le cabine e tra queste quella che dava sulla poppa, la più grande ed elegante. Quella era sicuramente la stanza del capitano. Arredata con tutto il necessario e un comodo bagno. Diversamente dalle altre cabine, che avevano fino a quattro letti da montare a castello, quella era fornita da un letto unico, incassato in un supporto avvitato al pavimento, adatto ad ospitare due persone. La cabina era di una eleganza raffinata, rivestita con una bellissima boiserie color noce e l’incasso del letto era nello stesso materiale. Sapeva già quale cabina avrebbe occupato con Killian!
Non perse altro tempo, tirò fuori dalla tracolla i fascicoli, lasciò la borsa aperta sul letto e portò le carte nel soggiorno, iniziando da dove aveva interrotto la sera prima.
Assorta com’era, nello studio delle carte, non si accorse del passare del tempo, né  di Killian che aveva ormai gettato l’ancora e combinava qualcosa in giro per la nave. Non si accorse nemmeno che era andato a cambiarsi nella cabina più grande.
Quando lo vide arrivare da lei, indossava un paio di pantaloncini corti bianchi e una maglietta anche essa bianca, con una striscia orizzontale blu sul petto. Notò che stava bene vestito in quel modo, il suo fisico ne era messo in risalto. La maglietta di cotone era aderente e ne evidenziava la muscolatura.
 
– Non hai fame? Abbiamo una bella scorta in cambusa! Che ne dici di uova, sandwiches, salmone affumicato …
- Cuciniamo insieme?
– Se vuoi! O ci penso io mentre lavori …
 - Mangiamo qui?
– Se preferisci si! Io sto morendo di fame!
– Allora pensaci tu, io ho un paio di dubbi sull’omicidio di Gretel …
- Me ne vuoi parlare?
– Non ora .. dopo mangiato! Ora devo fare un piccolo controllo!
 
Killian la lasciò lavorare, con la serietà che mostrava dall’espressione assorta, e si diresse in cambusa. Era affamato veramente! Caffè e fette biscottate erano state un piccolo assaggio quella mattina. Era necessario preparare qualcosa di abbondante e sostanzioso …
 
Ospedale militaree di Dublino. Reparto di neurologia e chirurgia. Stessa ora.
 
Erano settimane che Mulan Chang voleva andare a trovare Manuelito.  Aveva chiesto tre giorni di ferie al Comandante Shatneer  e aveva prenotato il posto sull’aereo per la capitale irlandese. Avrebbe voluto anche August con sé, ma non potevano lasciare in contemporanea il corso di addestramento dei nuovi allievi.
Non aveva informato né Winter Soldier né Captain Hook della sua iniziativa. Non era in Irlanda per lavoro, ma solo per affetto nei confronti di un carissimo amico, gravemente ferito e ricoverato in quell’ospedale militare. Un amico del quale era consapevole che i sentimenti per lei non fossero solo amichevoli, ma ben più profondi!
 
Il suo pass le consentì di accedere senza problemi nel reparto dove Manuelito era ricoverato in terapia intensiva.  Mentre saliva con l’ascensore,  al piano che le avevano indicato nella hall, ripensava all’ultima volta che aveva visto il collega.
 
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Avevano finito la loro missione in Cina, Killian era stato ferito durante la sparatoria con Gold ed era stato riportato in America. Il Tai Pan era stato arrestato dopo la rocambolesca e drammatica situazione che si era creata con lei e il resto della squadra, capeggiata da Winter Soldier, alias Sebastian Jefferson, che aveva preso il posto di Captain Hook,  e si erano reimbarcati per tornare in Irlanda.
Mulan non vedeva l’ora, da lì, di prendere l’aereo per Boston. Voleva correre al capezzale di Killian, che doveva essere nuovamente operato e, soprattutto, voleva riabbracciare August, con il quale aveva avuto il chiarimento sentimentale che desiderava, proprio la sera prima di partire per la missione in Cina.
 
– Si direbbe proprio che hai fretta di tornare in America, Fiore di Loto!
– Dai Manuelito! Lo sai che quel nickname mi sta sullo stomaco!
 
Manuel l’aveva vista riordinare il suo bagaglio, nella stanza dove Captain Hook teneva l’occorrente per i travestimenti, lì nel rifugio segreto di Dublino.
 
– Lo so! Ma a me non dispiace vederti come un bel fiore Mulan!
– Stai facendo il romantico ora?
– Forse un po’!
– Lascia perdere! Lo sai che io non sono il tipo no?
 
Manuel le si era avvicinato con un’espressione dolce e vagamente maliziosa.
 
– Io sono fatto così! Sono di origini latine Mulan! Sono passionale e romantico. Invece tu sei una vera tigre cinese! Bellissima e pericolosa!
– Ci stai proprio provando con me questa sera?!
 
Lei aveva riso divertita. Si era affezionata molto a Manuelito. Si era affezionata a tutti i colleghi della squadra in realtà. Aveva vissuto con loro momenti duri in Cina. Era grata a tutti per come si erano comportati in ogni frangente e a Killian e a Manuel in particolare. Non avrebbe mai dimenticato quanto il giovane Manuel Parrilla si fosse prodigato per toglierla dai guai quando il Tai Pan l’aveva scoperta!
Fin dal primo momento in cui l’aveva incontrato aveva capito di piacergli parecchio e non poteva negare che anche a lei lui piacesse, ma nel suo cuore il posto principale apparteneva ormai ad August.
 
– Mulan … io …
 
Il ragazzo si era avvicinato maggiormente e non riusciva a guardarla in viso in quel momento. Lei si rese conto che aveva intenzione di dirle qualcosa d’importante. Si irrigidì un attimo, temendo di non essere forte abbastanza per sostenere la dichiarazione di Manuel.
 
– Quello che voglio dire Mulan … ecco … io non ci sto provando con te … ti rispetto e ti ammiro troppo per volere una stupida avventura. In realtà io vorrei molto di più, perché … mi sono innamorato di te Mulan! Questa è la verità! So che non ti sono completamente indifferente, ma non so se ricambi i miei sentimenti.
 
All’agente cinese si stava stringendo il cuore per lui in quel momento,  per quanto si stava mostrando di un tenero disarmante. Tutto il contrario dello sfacciato che aveva conosciuto per il test di Captain Hook!
Le dispiaceva dovergli dire la verità, che i sentimenti per lui erano di amicizia fraterna, ma non poteva certo lasciarlo crogiolare in un’inutile illusione, specialmente ora che lei stava ripartendo per Boston!
 
– Manuel … ti ringrazio tantissimo per quello che mi stai dicendo, per la stima nei miei confronti e per questo sentimento preziosissimo …
 
Questa volta era lei che aveva ridotto ulteriormente le distanze e lo guardava con uno sguardo di affetto misto a quella che a Manuel sembrò tenerezza e pietà insieme. Il ragazzo capì al volo come sarebbe finita la frase di Mulan, ma la lasciò proseguire in silenzio. Lei vide i suoi occhi velarsi di tristezza e non poté far a meno di portargli una mano alla guancia, in una tenera carezza.
 
– Ti voglio bene Manuelito! Di questo sono convinta e voglio che tu lo sappia! Non posso darti nulla di più che affetto, amicizia e il supporto di una collega fedele e grata. Ho un uomo che mi aspetta a Boston … è un rapporto molto importante per me …
- Temevo che tu avessi un altro … era impossibile che una persona meravigliosa come te non avesse un ragazzo!
 
Lei sorrise ironizzando.
 
– Mi stimi troppo lo sai? Fino a poche settimane fa non avevo nessuno. Nemmeno August si avvicinava più di tanto per quanto sono spinosa!
– August quindi?
– Si … un collega!
– Uno in gamba immagino!
– Molto!
– Beh! Uomo fortunato!
– Dovresti chiederlo a lui! L’ho pestato peggio di te al test!
 
Risero entrambi al ricordo del loro imbarazzante primo incontro. Poi smisero di ridere e continuarono a guardarsi negli occhi. Lei gli sorrise. Gli avrebbe voluto fare un’altra carezza, ma non era più il caso. Volle aggiungere qualcosa al loro ultimo momento però.
 
– Sai Manuelito … se non fossi innamorata di August, non mi sarebbe stato difficile innamorarmi di te!
 
Gli occhi del ragazzo diventarono improvvisamente lucidi a quella dichiarazione, sapeva che lei fosse sincera, ma si rendeva conto che il proprio sentimento non avrebbe avuto sviluppi.
 
– Devo andare ora Manuel …
 
Si allontanò un passo dal ragazzo, ma sentì il suo dolore. Le dispiaceva di lasciarlo così. Manuel meritava di essere amato come desiderava e lei gli augurava con tutto il cuore di trovare la donna giusta. Posò il bagaglio a terra e si riavvicinò al ragazzo. Lui rimase meravigliato e la gioia lo invase quando lei gli portò le mani alle guance e si avvicinò con le labbra per baciare le sue. Fu un bacio tenero che durò quanto il tocco delle ali di una farfalla. Manuel la strinse con affetto a sé, affondando il viso tra i suoi capelli lunghi, lisci e neri.
 
– Ricordati mio Fiore di Loto che io ci sarò sempre se avrai bisogno di me!
 
Poi le diede un bacio su una guancia lasciandola andare.
 
– Ehi! Manuelito! Ci farai perdere l’aereo con tutte quelle smancerie! Sei un miracolato che non ti abbia steso!
– Seb! Sei sempre il solito guastafeste! Comunque, per la cronaca … è da un pezzo che lei mi ha steso!
 
Sebastian Jefferson era entrato proprio in quel momento nella stanza. Doveva ripartire con Mulan e voleva vedere se era pronta. Non aveva ribadito nulla alla risposta di Manuel, ma da come lo aveva guardato, Mulan pensò che da un pezzo si fosse accorto che il giovane avesse un debole per lei.
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La prima cosa che fece, uscendo dall’ascensore, fu di smettere di pensare a quel ricordo e trovare il medico di guardia. Voleva chiedergli delle condizioni del suo amico, prima di andare da lui.
Il medico fu  disponibile ed esplicativo. Lei lo ascoltò molto attentamente e con preoccupazione crescente. La situazione di Manuelito era gravissima. Lo avevano dovuto operare al cervello a causa del proiettile che lo aveva colpito al lato della fronte. La prognosi ancora non era sciolta e dalle parole del medico c’era poco da essere ottimisti. Intanto Manuelito era ancora in coma e il medico iniziava a dubitare che si sarebbe risvegliato. Accompagnò di persona Mulan alla stanza della terapia intensiva. Le disse di non far rumore e di parlare piano al suo amico se avesse voluto dirgli qualcosa. Magari la sua voce poteva arrivargli, chissà!
Il medico non entrò con lei. Un’infermiera le fece indossare un camice e una mascherina prima di farla accedere.
Quando si trovò davanti Manuel, per Mulan fu un’emozione e un grande dolore vederlo in quelle condizioni. Erano settimane che fosse stato operato. Aveva la testa completamente rasata. I suoi riccioli bruni erano solo un ricordo. Il lato della ferita era ancora livido e della fasciatura iniziale ora restava un grosso cerotto che arrivava quasi fino all’occhio. Una mascherina per l’ossigeno era sul volto esangue del giovane. Le sue mani erano l’una sull’altra, come quelle in posa di un morto e a Mulan fecero una terribile impressione. Quel paragone le fece male al cuore e si avvicinò a lui sciogliendo le due mani e portandogliele lungo i fianchi. Era tristissimo vedere il suo caro amico privo della vitalità e la gioia che lo contraddistingueva di solito. Odiò profondamente chi gli aveva fatto una cosa del genere. Poi, pensando che Manuel potesse sopravvivere ma non essere più quello di prima, le si riempirono gli occhi di lacrime.
Lei, Mulan Chang, la cazzuta agente speciale, pianse per il suo amico. Gli parlò dolcemente, avvicinandosi al suo viso pallidissimo, mentre le lacrime le rigavano le guance e la voce era incrinata dal singhiozzo.
 
– Manuelito … amico mio … sono io … Mulan! Vorrei tanto che tu ti riprendessi! Vorrei riabbracciarti come l’ultima volta che ci siamo salutati! Ricordi? Mi hai detto che per me ci saresti sempre stato! Ora sono qui io … per te!
 
L’emozione la fece singhiozzare ancora e una lacrima cadde sulla guancia sinistra di Manuelito. Gli accarezzò la mano sinistra e la tenne nella sua. Rimase altri minuti al suo fianco, parlandogli piano. L’infermiera entrò un attimo per dirle che doveva uscire e lei, tenendo ancora la mano di Manuel, si alzò.
 
- Ciao Manuel! Domani pomeriggio ripartirò per Boston. Domani mattina torno a salutarti … ti voglio bene!
 
Non riuscì ad andar via senza dargli un lieve, piccolo bacio sulla fronte.  Quello che successe dopo, mentre stava uscendo dalla stanza, non se lo aspettava. Il macchinario al quale il giovane era collegato, con fili che partivano dagli elettrodi attaccati ad alcuni punti della sua testa, iniziò a fare un suono diverso da quello che si era sentito fino ad allora. Mulan fu sicura che stava succedendo qualcosa di importante, ma non capiva se in positivo o negativo. Uscì velocemente dalla stanza per cercare i sanitari. Il medico e gli infermieri non le diedero il tempo di spiegare. Furono velocissimi a recarsi dal paziente. Lei rimase fuori dalla stanza come le avevano ordinato e quando il medico uscì gli vide un’espressione sorridente sul viso.
 
– Non ci credo nemmeno io Agente Chang! Il suo collega si sta risvegliando!
– Posso restare a vegliarlo Dottore?
– Sospetto che la sua vicinanza e la sua voce abbiano smosso qualcosa nel paziente. Siete molto legati?
– Lui è uno dei miei migliori amici e colleghi!
– Soltanto questo? Sà l’amore può fare miracoli!
 
Mulan sorrise e timidamente abbassò lo sguardo.
 
– Lui mi ha detto di provare per me qualcosa di più dell’amicizia Dottore!
– Mmm! Beh! Agente Chang, si faccia portare una sedia comoda! Lei passerà la notte al capezzale del suo amico e, mi raccomando, gli faccia sentire la sua presenza!
 
Boston, in un altro ospedale in quel momento …
 
Sebastian Jefferson camminava velocemente nel corridoio che portava alla stanza di Lorna Stone. Indossava un paio di jeans ed una camicia bianca che metteva in risalto il suo colorito abbronzato e il suo torace atletico. Anche i suoi occhi azzurri risaltavano con quel colorito, mentre i capelli bruni, un po’ lunghi sul collo, ondeggiavano al suo passo deciso e frettoloso.
Lorna lo vide entrare e sorriderle affettuoso. Lo ricambiò con un sorriso egualmente amorevole e lo stesso fece con il bacio che lui le diede sulle labbra.
 
Grazie alle cure che stava ricevendo, Lorna si sentiva meglio, ma ancora non si alzava dal letto e manteneva il catetere e le flebo. Il suo umore, comunque, era sicuramente più gioioso, merito anche di Seb che sapeva riempirle la vita come lei non avrebbe mai neppur osato sperare!
 
Scambiandosi quel tenero saluto e le informazioni sulle ultime cose dette dai suoi medici, Lorna si rese conto che Seb fosse nervoso. Ormai lo conosceva talmente bene che non poteva più nasconderle nulla di sé.
 
– Seb cosa ti turba? Problemi con il lavoro?
– In effetti ci sono cose che non vanno!
– Qualcosa che riguarda Emma e Killian?
– In effetti riguarda anche loro! Killian di sicuro!
– Mi devo preoccupare?
– No Lorna! Tu non puoi farci nulla comunque!
– Puoi dirmi cosa è successo Seb … se non è una questione di sicurezza nazionale e di servizi segreti ovviamente!
 
Sebastian non rise, né sorrise alla sua battuta. Si passò la mano sugli occhi. Era dispiaciuto e pensieroso, di quello Lorna ne fu consapevole.
 
– Sai che pochi giorni fa, quando Emma è partita per l’Irlanda, è sparita Eloise Gardener …
- Si, certo … la donna che Killian ha sposato!
– Mi avevano avvisato, ma io non ho detto nulla a Killian pensando che l’avremmo ritrovata …
- L’avete trovata?
– Nessuno l’aveva più vista dalla chiusura del chiosco di fiori. L’abbiamo cercata ovunque ma non nel posto più ovvio!
– Come?!
– Già! Non aveva mai lasciato il chiosco in realtà! Un’auto della polizia, passando questa notte, ha notato il filtrare della luce elettrica tra le fessure degli infissi chiusi. I poliziotti sono scesi e, guardando tra le strette fessure, hanno visto la mano femminile di Eloise per terra. Hanno sfondato la porta che era chiusa a chiave. La poveretta era morta. A causa del caldo torrido, nel giro di questi tre giorni, aveva iniziato a gonfiarsi per i gas intestinali, non era un bello spettacolo! Hanno allertato il Procuratore distrettuale. Da quello che hanno visto intorno a lei, hanno sospettato che sia  morta per una overdose. C’era un laccio emostatico in terra e una siringa monouso. Il Coroner ha ipotizzato il decesso in seguito all’assunzione di sostanze, ma l’autopsia dirà il resto! Mi hanno appena informato, stavo salendo da te quando mi hanno telefonato!
– Devi andare quindi!
– Si, purtroppo posso restare pochissimo!
– Ora devi chiamarlo per forza Killian!
– Ovviamente e dovrò sentire i suoi rimbrotti per non essere stato informato della sua sparizione!
– Pensavi di trovarla in breve e di non far preoccupare Killian, già ne ha di grattacapi in Irlanda! Chiamalo ora, gli mando un saluto anche io!
– Si, tanto lo dovrò fare comunque!
– Vediamo pure come sta andando la collaborazione con Emma. Da quando è partita non la sento!
 
Sebastian, camminando avanti e indietro per la stanza, digitò il numero e rimase in attesa che Killian rispondesse. Dopo vari squilli senza risposta, rifece il numero, ma l’esito fu lo stesso.
 
– Strano! Non risponde a nessuno dei suoi recapiti!
– Proviamo al numero di Emma. Probabilmente saranno insieme!
– Ecco … questo potrebbe essere un motivo per non rispondere né lui né lei!
 
Sebastian ridacchiò. Pur sapendo che quei due si fossero lasciati, sapeva che erano ancora innamorati, come lo sapeva Lorna ed entrambi speravano che si riappacificassero con la scusa di lavorare insieme.
 
– Prova con Emma comunque!
 
Il risultato fu lo stesso. Anche il telefono di Emma sembrava inesistente.
 
– Proverò di nuovo tra poco!  
- Stavo pensando una cosa Seb!
– Che quei due potrebbero essere chiusi in camera da letto da tre giorni?
– Nel caso buon per loro! No! Non pensavo a questo!
– A cosa allora?
– Eloise …
- Si?
– Perché avrebbe dovuto iniettarsi una dose letale?
– Era una tossicodipendente no?
– Certo, certo! Ma era a buon punto con il programma di disintossicazione, almeno da quello che mi ha detto Emma! Innamorata dell’uomo che l’ha salvata e sposata, madre di una bambina, piena di speranze per il suo prossimo futuro … pensi che si sia fatta prendere da una crisi di astinenza o depressiva? Mi sembra molto difficile!
– Era chiusa dentro Lorna!
– Non corrisponde l’azione al suo profilo recente Seb! Vai con i nostri ad indagare! Non lasciate nessun particolare trascurato! Le analisi del sangue non ci metteranno nulla a dare il risultato sulla sostanza iniettata! Portati Jamie Graham! Lui ha un fiuto infallibile per la ricerca sulla scena del crimine!
L’idea di collaborare con Graham era ottima e Seb la prese subito in considerazione. Un profiler poteva essere utilissimo nell’esame della scena, per capire al meglio i movimenti e i pensieri di Eloise prima del suo decesso.
 
– Chiedo l’autorizzazione a Shatneer per la sua collaborazione Seb, passami il telefono per favore!
 
Lorna cercò di alzarsi con il busto e Seb notò la sua smorfia di dolore. Le si fece vicino in un secondo.
 
– Amore non sforzarti, resta sdraiata! Ricordati che aspetti il nostro piccolino! Né io né lui vogliamo che capiti qualcos’altro  alla sua mamma!
 
Mentre porgeva il cellulare alla sua donna, con un sorriso tenero le posò la mano sul grembo e lo accarezzò.
 
– Quando inizierà a crescerti la pancia? Se non avessi visto l’ecografia ancora non ci crederei che qui dentro c’è nostro figlio!
– Dovrai aspettare un altro paio di mesi per vedere un pancino rotondo, poi dai cinque mesi lieviterò come una mongolfiera, vedrai!
– Non vedo l’ora di vederti con quei chiletti addosso lo sai?
– Non credo che ti piacerò così tanto con i piedi gonfi e la camminata da papera!
– Amore tu mi piaci e basta!
 
Con una tenerezza inimmaginabile, Sebastian depose un bacio sulla pancia di Lorna, sopra il tessuto del camiciotto da ospedale che indossava. Lei gli accarezzò la testa guardandolo amorevolmente e lui si rialzò dandole un bacio a fior di labbra.
 
– Richiamo Killian ora!
 
Nonostante fosse passato qualche minuto dalle telefonate precedenti, Killian non rispose.
 
– Non è in ufficio, non è a casa, la telefonia mobile sembra inesistente, quella di Emma idem … c’è un’unica possibilità!
– Cioè?
– Nick! Devo sentire lui!
– Chi è Nick?
– Uno dei nostri! Un vecchio amico del Capitano che si occupa del suo rifugio galleggiante!
 
Sebastian conosceva ogni segreto di Killian. In fin dei conti era il suo braccio destro e sapeva quanto lui amasse il mare e la sua imbarcazione. Sapeva che considerasse la  Jolly Roger come la sua vera casa e che su di essa erano installati tutti i mezzi di comunicazione più moderni. Quando Captain Hook diventava irreperibile altrove, sicuramente era reperibile sulla sua nave, ma per quello doveva  usare Nick come tramite.
 
Nick Hansel rispose al primo squillo del cellulare.
 
– Jefferson! Un po’ che non ti sento!
– Ciao Nick! Il Capitano si è imbarcato?
– Non ti risponde scommetto!
– Indovinato vecchio mio!
– Dubito che ti risponda se non vuole!
– Come sarebbe?! Ho bisogno di parlargli immediatamente! Faglielo sapere per via radio se non con altri mezzi!
– Mi dispiace Seb! Spero che non sia una cosa che non puoi risolvere tu! Il “Pirata” non so cosa abbia in mente, ma mi ha fatto manomettere la Jolly Roger! Nessuno può comunicare con lui finché non lo deciderà lui stesso!
“Maledizione! Se voleva starsene solo soletto con Emma non era mica necessaria questa messa in scena! Deve solo sperare che lei non se ne accorga o addio ritrovare la pace tra loro!
 
Seb chiuse la chiamata a Nick e, pensieroso, si voltò verso Lorna.
 
– Non è raggiungibile da quello che ho capito!
– Nonostante io lo conosca come le mie tasche, devo ammettere che Killian riesce sempre a sorprendermi per la sua imprevedibilità! Dovrò cavarmela da solo e fare le sue veci. Non so cosa stia combinando, ma sospetto che sia qualcosa di piacevole sia per lui che per Emma!
 
Lorna gli sorrise con uno sguardo d’intesa e dopo un dolce saluto, lo vide uscire per continuare le indagini sulla morte di Eloise Gardener.
 
Sulla Jolly Roger
 
Emma guardava i due mini bikini disposti sul copriletto e scuoteva la testa. A che servivano quei triangolini di stoffa? Si faceva prima ad andar nudi! Che gli era passato per la testa a Killian? Beh era chiaro cosa gli fosse passato in testa! Voleva vederla con quegli straccetti addosso! Gli uomini! Maniaci sessuali e guardoni!
 
Aveva appena finito di rivedere i dettagli sul caso di Gretel. Killian era ancora in Cambusa a preparare il pranzo e a lei era passata la voglia di prendere un po’ di sole. D’altra parte lui aveva ragione sul voler approfittare di quelle belle giornate di Luglio!
Doveva essere sincera con se stessa e ammettere che era curiosa di indossare quei due capi di, quasi inesistente, vestiario.
 
“Sono indecenti! Ma in fin dei conti siamo soli sullo Yacht! Proviamo …”
 
Senza ripensamenti si sbottonò la minigonna in jeans e la fece scivolare lungo le gambe, si sfilò il top e alla fine le mutandine. C’era uno specchio lungo e stretto su un lato della parete della cabina. Vide la propria immagine nuda riflessa. Si sistemò il perizoma rosso, annodando i laccetti sui fianchi e poi la parte superiore. Si rimirò nuovamente allo specchio, voltandosi per guardare la parte posteriore, torcendo il busto.
 
“Decisamente indecente! Ma anche tremendamente sexy! Mi vuoi così Killian? Avrai pane per i tuoi denti amore!”
 
Decise di rimettere su soltanto la minigonna e di sciogliersi i capelli dalla tirata coda di cavallo. Ricaddero fluenti e morbidi sulle spalle nude, percorse solo dai laccetti del mini reggiseno. Si guardò allo specchio e si sorrise con aria maliziosa, poi si voltò verso la porta.
 
“Ora andiamo in cambusa! Il Capitano mi aspetta!”
 
Con passo leggero e ancheggiando sensuale, uscì dalla cabina …
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Angolo dell’autrice
 
Ciao a tutti! Sono tornata, non mi ero persa per mare con Killian ed Emma! Tante cose stanno capitando in contemporanea, mentre i nostri due piccioncini, con la scusa di lavorare, stanno vivendo il loro amore sotto questa ambita copertura. I colleghi di Emma sono in moto. Mulan sta risvegliando Manuelito e presto si evolveranno gli eventi nella soluzione finale. Ebbene sì! Manca poco alla fine di questo racconto e spero che riesca a piacere fino all’ultimo rigo.
Grazie a tutti coloro che hanno seguito fino ad ora, a chi si sta aggiungendo e a coloro che mi lasciano commenti. Un grazie anche ai silenziosi che hanno inserito tra le preferite questa storia.
Buon fine settimana a tutti.
Lara

 

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Capitolo 52
*** L'ultimo inganno (Prima parte) ***


Capitolo 52

L’ultimo inganno
(Prima parte)
 
 
Dire che Jimmy Olden ci fosse rimasto di sale a scoprire quella insospettata realtà, era dire poco!
Sapere che la sua bella e sensuale ragazza,  Penelope Diaz, altri non fosse che Paula Santa Cruz, moglie latitante del famigerato narcotrafficante Don Antonio Santa Cruz, lo aveva lasciato come paralizzato, con le spalle abbandonate allo schienale della sua sedia ergonomica.  La sua espressione inebetita e il fissare nel vuoto avevano fatto spaventare persino Graham, che era accorso alla sua scrivania appena lo aveva sentito gemere quel “No” di stupore e delusione.
 
Si, la delusione era uno dei sentimenti che stavano pervadendo il cervello di Olden ancora in quel momento, nonostante fosse passato già un giorno dalla scoperta.
Aveva puntato molto sul rapporto con quella che si era presentata con il nome di Penelope Diaz. Si era innamorato di lei come un adolescente e si era fatto irretire dalla sua sensualità prorompente e dal suo modo di fare sesso. Adesso capiva il suo non voler farsi fotografare, il perché era diventata una specie di belva quando lui aveva provato a scattare un selfie!
Trovare foto di Paula Santa Cruz, come gli aveva chiesto Emma, non era stato facile,  ma quella rara foto di repertorio era stata fin troppo chiara.
 
– Sicuro che è lei? Non potrebbe somigliarle soltanto?
 
Da una parte era grato a Graham del tentativo che aveva fatto il pomeriggio prima per consolarlo in qualche modo …
 
- La conosco troppo bene per dire che è solo una che le somiglia! Questa è proprio lei … la “mia” Penelope!
 
Ma dall’altro lato era profondamente ferito e temeva lo scherno del collega.
 
In realtà, come ricordava, Jamie Graham si era comportato con lui non da collega ma da amico fraterno! Aveva fatto in modo di riconsolarlo e non aveva infierito assolutamente. Lo aveva invitato pure a passare la serata con lui e la sua fidanzata Ruby. 
Jimmy era stato veramente male dopo essersi alzato da quella sedia ergonomica. Aveva avvertito una forte nausea e aveva fatto appena in tempo a correre in bagno per vomitare nel cesso. Graham lo aveva seguito ma non aveva avuto cuore di entrare a reggergli la testa. Era un po’ imbranato e schizzinoso per quello! Era rimasto davanti alla porta a passarsi la mano tra i capelli rosso dorati, girando su se stesso imbarazzato, senza sapere di preciso come aiutare fattivamente il povero Jimmy.
 
– Ma Emma ti ha detto del perché del suo interesse per la Santa Cruz? Non capisco cosa centri con le indagini in Irlanda!
 
Buona domanda quella che gli aveva fatto Graham quando era uscito dal bagno, ancora con il saporaccio acido che gli raschiava la gola e un fazzoletto di carta ad umettarsi le labbra!
In quel momento aveva solo risposto un semplice “no”. Jamie gli aveva detto che era tardi per chiamare Emma. A quell’ora sicuramente era ormai a letto e rimandare alla mattina dopo non gli era sembrato così di danno. Intanto si era occupato Graham di inviarle del materiale per e mail, lui non era lucido abbastanza per far altro!
 
Alla fine aveva rifiutato il gentile invito del collega per la serata e come un cane bastonato se ne era tornato a casa.
Nel suo appartamento si era buttato sul letto, quel letto dove da pochi giorni aveva fatto l’amore l’ultima volta con quella che credeva sarebbe diventata la donna della sua vita.
Disteso in preda a dolci ricordi, fu ridestato dal pensiero dell’amara realtà. Si era rimesso in piedi e aveva aperto l’armadietto degli alcoolici, scolando mezza bottiglia di Scotch-whisky. Il risultato era stato un mal di stomaco peggiore di quello avuto in ufficio e era corso nuovamente ad abbracciare la tazza del cesso, vomitando pure l’anima!
Si era risciacquato la bocca e guardato allo specchio. Era proprio uno straccio!
 
“Maledizione! Devo star così per quella donna? In fin dei conti mi ha solo ingannato! Che intento aveva nello stare con me? A questo punto non posso credere che il nostro incontro sia stato un caso! Che accidenti poteva servirle da me oltre il sesso che ci siamo regalati?”
 
La parte razionale di Jimmy Olden stava riprendendo quota. Era sempre stato un uomo razionale e piuttosto distaccato. Doveva tornare ad esserlo se voleva capirci qualcosa di più e rimpossessarsi del suo se stesso professionale!
 
“ Come diamine ho fatto a non accorgermi che mentiva?! Mi ha abbindolato veramente come un pivello! Mi ha sedotto per bene! Quel suo modo di toccarsi la bocca e il naso quado mi parlava di sé … idiota! Eppure li conosco quei segnali! In lei mi sembravano solo movenze sensuali! Lorna me ne direbbe d tutti i colori e mi caccerebbe dalla squadra! Mi ha tirato fuori informazioni? Le potevano servire delle informazioni? Le ho parlato del serial killer che stavamo cercando … mi ha fatto un sacco di domande su Emma! Che cosa lega lei e Emma? C’è ora questo reciproco interesse che non mi quadra!”
 
Aveva continuato a rimuginare e poi gli era venuto in mente altro.
 
“Santo cielo! Le ho detto che Emma doveva partire per Dublino! Lei è partita per il Messico negli stessi giorni! Ovvio che abbia documenti falsi! Sarà andata veramente in Messico o per qualche motivo ha seguito Emma? Devo vedere se veramente si è imbarcata per il Messico!”
 
***
 
La nottata di Olden era stata pessima, ma quella mattina era arrivato in ufficio con un cipiglio a dir poco bellicoso.
 
– Amico va meglio?
– Deve andare meglio comunque Graham!
 
Il collega lo aveva guardato attentamente e lo aveva visto determinato ad agire. 
 
– Hai allertato i colleghi della D.E.A. ieri sera?
– Ovvio Jimmy! Mi dispiace moltissimo per te e i tuoi sentimenti, ma quella donna è una latitante pericolosa. Chissà quanti contatti ha stabilito anche qui con le sue conoscenze in quell’ambiente! Francamente non capisco a cosa poteva servirle la relazione con te. Ti ha tirato fuori delle informazioni particolari?
– Ci ho pensato tutta la notte e l’unica cosa che credo le abbia interessato, collegata al mio lavoro nella F.B.I. è Emma Swan!
– Emma?!
– Non mi chiedere il perché! Non lo so nemmeno io!
– Emma ha avuto a che fare con Manguso e Gold … ti ricordi del suo rapimento? Lo avrai letto sui giornali e sentito in televisione!
– Certo! Mi ricordo la storia della “Salvatrice”! Ancora non eravamo nemmeno allievi. Ci siamo conosciuti dopo in effetti. Non le ho mai chiesto nulla di quella storia, ma credo che Paula Santa Cruz, come il marito, sia legata a Manguso per i loro commerci illegali! Il cartello della cocaina qui a Boston lo dirigeva Manguso e il suo fornitore principale si sa che era il Colombiano!
– Un filo sottile lega quindi Emma alla Santa Cruz secondo te?
– Me ne sono convinto maggiormente quando ho indagato questa notte sui voli per il Messico …
- Che hai scoperto?
– Su nessun volo c’è il nome di Penelope Diaz! A meno che  non abbia usato un’altra identità! Una strana coincidenza invece è capitata riguardo al volo di Emma per Dublino!
– Che coincidenza?
– Penelope mi diceva di lavorare per una famosa avvocatessa e scrittrice messicana, di essere la sua segretaria! Ebbene, sul volo di Emma ho trovato anche la sua datrice di lavoro. La Signora Alexandra Pereira ha viaggiato con Emma!
– Una strana coincidenza veramente! Lei l’hai sentita?
– Non ci sono riuscito! Il suo telefono sembra inesistente! Le ho mandato altre e mail oltre a quella che hai inviato tu ieri sera, ma non ho avuto risposta di lettura!
– Emma sta indagando su un serial killer a Dublino … è stata inviata dal Comandante Shatneer su richiesta di Lorna. La Stone sa molto più di noi, ma non vorrei preoccuparla, nelle sue condizioni non mi sembra il caso. Parliamo direttamente con il Comandante. Dobbiamo contattare Emma assolutamente, potrebbe essere in pericolo. Cerchiamo pure di capire chi è questa Pereira. Tu Olden pensa alla ricerca su di lei, io vado dal Comandante!
 
Nessuno dei due uomini perse altro tempo. Olden si mise al terminale e Graham uscì deciso dalla porta del loro ufficio per andare in quello del loro Superiore.
 
***
 Jefferson si era recato direttamente dal Comandante Shatneer appena aveva lasciato Lorna. Se lei gli aveva suggerito di farsi aiutare da Graham, sicuramente questi avrebbe portato beneficio all’indagine, Seb aveva una grande fiducia nel giudizio della sua Lorna!
Il Comandante quando lo aveva visto si era accigliato.
 
– Che le serve questa volta Jefferson? Captain Hook mi sta portando via i miei migliori agenti? L’agente Chang ha preso le ferie ma ho saputo che è in Irlanda! Che mi state combinando da quelle parti?
– Mulan è in Irlanda?!
– Me lo ha detto il suo fidanzato! È venuto a chiedermi un permesso per un paio di giorni, aveva intenzione di farle una sorpresa, ma non l’ho potuto accontentare! Non ho sostituti. Lui e l’agente Chang sono gli istruttori ufficiali dei nuovi cadetti e se manca uno, l’altro non si può assentare!
– Non è opera di Captain Hook se l’agente Chang è in Irlanda! Anzi! Credo che le avrebbe sconsigliato assolutamente di andare a Dublino! Gli agenti che sono stati uccisi e quello ferito hanno lavorato con lei in Cina! Hook sospetta che il serial killer stia selezionando solo quelli andati in Cina con lui!
– Quindi è andata veramente di spontanea volontà?
– Direi proprio di si Comandante. È possibile che sia andata a trovare l’agente ferito, so che hanno legato molto durante l’ultima missione!
– Ormai il permesso gliel’ho dato! Spero che non si cacci nei guai! La contatti lei e mi faccia sapere!
– Sissignore!
– Ora passiamo alla sua richiesta Agente Scelto! Se è qui non è per farmi un saluto, ne sono certo!
 
Seb gli rispose con un sorriso sghembo ed espose la richiesta, vedendo annuire con il capo Shatneer.
 
- Si! Graham, come le ha detto la Dottoressa Stone, ha il fiuto di un segugio sulla scena del crimine! Penso che lui stesso sarà contento di darvi aiuto. Lo chiamo e lo faccio venire subito qui …
 
Mentre il Comandante James Shatneer alzava la cornetta per digitare il numero dell’interno dell’ufficio di Lorna, qualcuno bussò alla sua porta. Con il dito ancora sulla tastiera, il Comandante diede il permesso e Jamie Graham apparve sulla soglia.
 
– Mi venga un colpo ragazzo mio! Stavo dicendo del tuo fiuto, ma ora dobbiamo pensare che anche l’udito ti funzioni bene!
 
Il sorriso con il quale il suo Comandante lo aveva accolto lasciò sorpreso Graham, non meno delle sue parole. Shatneer rimise la cornetta al suo posto.
 
– Vieni avanti Graham! Conosci già l’Agente Scelto Sebastian Jefferson?
 
Jamie conosceva Seb più per la sua relazione con Lorna Stone che per le sue mansioni.
 
– Direi di vista …
- Allora sappi che lavora per una sezione speciale contro il narcotraffico internazionale. Ha bisogno di te per indagare sulla morte di una testimone! Da adesso ti assegno alla sua collaborazione!
– Sissignore! Con piacere! Ma intanto volevo dirle della Dottoressa Swan!
 
Shatneer passò con lo sguardo da Graham a Jefferson. Jamie non si spiegò il perché, non poteva sapere che era stato proprio Seb a reclutare Emma per l’incarico in Irlanda.
 
– Cosa è successo ad Emma Swan?
– Questo è il punto! Non riusciamo a rintracciarla da nessuna parte! Ha chiesto a Olden del materiale su Paula Santa Cruz e abbiamo scoperto che fosse qui a Boston  sotto l’identità di Penelope Diaz …
- Si, me lo hai fatto sapere ieri sera e ho informato immediatamente il mio corrispettivo della D.E.A.!
– Certo Signore! Olden ha fatto altre indagini, pensando fosse partita per il Messico, ma non c’è traccia di lei su quella linea aerea, stranamente invece ha viaggiato con Emma la sua datrice di lavoro, l’avvocatessa Alexandra Pereira!
– Come ha scoperto questi dettagli Olden?
– Beh! Ecco … Paula Santa Cruz …
- Cosa?
– Aveva intrecciato da poco una relazione con Olden sotto le mentite spoglie di Penelope …
 
Seb saltò in piedi. In un secondo aveva collegato diversi pezzi del puzzle. Graham rimase sorpreso dalla sua reazione.
 
– Avete cercato notizie su questa sedicente avvocatessa?
– Lo sta facendo ora Olden Sergente …
- Bene … bene ... 
– Continuate il vostro lavoro Graham! Il Sergente Jefferson ora verrà con te in ufficio, ha il mio permesso di chiedervi tutte le informazioni possibili … io farò in modo che la Dottoressa Swan sia raggiungibile!
 
L’occhiata di Shatneer in direzione di Jefferson fu molto eloquente. Doveva essere Jefferson a rintracciare Emma e ad informarla di quella nuova situazione. Se Seb aveva avuto quella reazione, sospettava qualcosa di pericoloso per la giovane Profiler ma, visto la parte in incognito che Emma stava affrontando con la Squadra  Speciale di Captain Hook, non poteva dire altro davanti a Graham.  Shatneer congedò in fretta i due uomini e questi velocemente uscirono dal suo ufficio.
 
Graham aveva capito che Jefferson sapesse molto più di quanto lui stesso pensasse. La sua reazione era stata particolare e la sua espressione era accigliata per la preoccupazione. Il Sergente, facendo parte di una squadra speciale contro il narcotraffico, sicuramente aveva molte informazioni sulla Santa Cruz e probabilmente conosceva il filo sottile che la legava ad Emma. Si rendeva conto comunque di non poter fare domande all’Agente Scelto, ma era in pena per la sua migliore amica, quindi fu diretto.
 
– Sergente … ho capito che lei sa cosa lega Emma e Paula Santa Cruz! Mi dica se Emma è veramente in pericolo!
 
Sebastian non poteva dire tutto, non poteva mandare all’aria la copertura della Squadra Speciale di Captain Hook, ma qualcosa poteva dire a Jamie per tranquillizzarlo.
 
– Al momento Emma non è raggiungibile … vero! Ma è in buone mani! Non le succederà nulla di male. Ma come ha detto Shatneer, sarà rintracciata e avvisata! Facciamo in modo di inviarle delle foto di questa Pereira, se esiste veramente!
 
Graham annuì e intanto raggiunsero l’ufficio dove Olden stava facendo il suo lavoro.
 
– Allora Jimmy? Novità?
 
Olden alzò gli occhi dal monitor e vide, con il collega, l’Agente Scelto Jefferson. L’uomo era di casa in quell’ufficio, essendo il compagno di Lorna, ma nemmeno lui conosceva bene il suo ruolo.
 
– Il Sergente Jefferson fa parte della D.E.A. È  autorizzato dal Comandante Shatneer a farci domande sulla situazione!
– Salve Sergente!
 
Seb rispose con il saluto militare e parlò immediatamente.
 
– Ha visto se questa Alexandra Pereira esiste veramente?
– Si Sergente! Esiste! È molto conosciuta nel suo paese … queste sono le sue fotografie! Ho scoperto, da un controllo crociato, che il suo nome è registrato tra i visitatori del carcere di massima sicurezza. C’è stata di recente …
– Scommetto che è andata a trovare Tony Manguso!
– Si Sergente! È ciò che risulta dalla registrazione. Aveva un permesso speciale della sua ambasciata!
 
Sebastian era più accigliato di prima. Il contatto della Santa Cruz con la Pereira e quell’incontro con il Boss Manguso non gli piaceva affatto!
 
– La Pereira sembrerebbe una “pulita”, molto stimata e rispettata per le sue campagne contro la violenza sulle donne e contro il narcotraffico!
– Se fosse vero cosa ci faceva da Manguso?
– Penelope … scusi …
- So di lei e la Santa Cruz,  Olden! Se quella donna le ha tirato fuori informazioni, ora viceversa  le tireremo fuori informazioni su di lei!
– Lei mi aveva detto che il suo capo … questa Pereira, stesse scrivendo un saggio sulle donne nel mondo del narcotraffico! Mi ha fatto domande su Emma …
- Manguso potrebbe averle detto altro su Emma! Lei ha mai incontrato la Pereira insieme a … Penelope?
– No … l’ho vista ora per la prima volta, sul monitor!
– Controlli il periodo in cui è arrivata a Boston, i pass, i voli presi dal Messico e veda se anche Penelope Diaz ha viaggiato nello stesso periodo!
 
Sebastian era molto direttivo, Graham si rese conto che fosse uno che sapeva il fatto suo e che  il suo ruolo nella F.B.I., sezione D.E.A. in particolare, fosse più complesso di quanto poteva immaginare!
 
Olden, intanto, stava facendo quello che sapeva fare meglio del suo lavoro. Digitava velocemente sulla tastiera e le schermate si aprivano una dopo l’altra, sovrapponendosi come lui voleva, per operare i controlli e i confronti. Dalla sua espressione facciale, sia Graham che Jefferson capirono che avesse scoperto qualcosa di decisivo. Si avvicinarono a guardare lo schermo.
 
– Risulta che Alessandra Pereira negli ultimi mesi ha viaggiato dal Messico alla Colombia per una sola andata. Poi dalla Colombia è venuta direttamente a Boston … Non compare mai il nome di Penelope Diaz sugli stessi voli e su nessun volo dalla partenza della Pereira!
 
Olden era costernato da quanto aveva riscontrato. Graham guardò in viso Jefferson che era scuro in viso e molto pensieroso.
 
– Se non ci sono tracce della Diaz è possibile che lei e la Pereira siano due alter ego di Paula Santa Cruz!
– Certo, sempre se la Santa Cruz non ha usato un ennesimo nome falso Graham!
 
Poi rivolgendosi a Olden.
 
– Invii le foto della Pereira a Emma. Se si sono incontrate, lei può capire se si tratta dell’originale o se quella che ha viaggiato con lei è Paula Santa Cruz. In caso contrario … dovesse incontrarla almeno è informata!
– Per quale motivo la Santa Cruz dovrebbe essere interessata ad Emma Swan?
 
Alla fine Graham non ce l’aveva fatta a non rivolgere quella domanda all’Agente Scelto. Questi lo guardò con i suoi occhi azzurri, seri e penetranti.
 
– Emma, suo malgrado, ha avuto contatti con l’uomo che ha causato la rovina di Antonio Santa Cruz. Sicuramente lei è convinta che la possa portare da lui. Pure se la sua vendetta è rivolta a quell’uomo, nel momento in cui Emma dovesse trovarsi nel mezzo, temo che finirebbe nella vendetta di Paula Santa Cruz anche lei!
 
Olden era perplesso per quanto Jefferson aveva appena dichiarato. Graham, che conosceva meglio Emma ed era informato sulla sua disavventura con Manguso e la perdita di un figlio, fece viaggiare la sua fantasia in scenari in cui la sua collega poteva avere avuto una relazione sentimentale proprio con quell’uomo misterioso. Si chiese a chi fosse figlio il piccolo che Emma aveva perso e di cui si era parlato sui giornali. Aveva tante domande da rivolgere a Jefferson ma, nonostante la curiosità lo stesse divorando, decise che avrebbe rinviato le domande ad un momento in cui si poteva creare una maggiore confidenza tra loro, lontani da Olden.
Mentre Graham lo osservava attentamente, come per scrutare dal suo viso i segreti celati dietro la sua espressione, Jefferson gli si rivolse direttamente.
 
– Come le ha detto Shatneer mi deve aiutare in un’indagine per quello che si crede un suicidio. Io sono convinto che di mezzo ci sia proprio Paula Santa Cruz!
– Sono a sua disposizione Sergente. Mi dica i particolari!
– Lo farò strada facendo. Ora andiamo sul luogo della morte.
 
Lasciarono Olden a provvedere all’invio delle foto ad Emma e sparirono dalla porta dell’ufficio.
 
***
Il Sergente Amarro non fu sorpreso di ritrovarsi una telefonata dell’Agente Scelto Sebastian Jefferson. Sapeva benissimo che la fioraia ritrovata morta quella notte, da due agenti della stradale, era stata una collaboratrice di giustizia, inserita in un programma di protezione e Jefferson aveva sicuramente delle responsabilità in merito, visto i suoi contatti con la D.E.A.
La cosa che lo sorprese, di quella telefonata, fu che Jefferson sembrasse optare per l’idea di un omicidio, quando invece lui stava per mollare il caso classificandolo come un suicidio per overdose! Le analisi ematiche, effettuate tra le prime, dai biologi della scientifica, avevano rilevato una quantità di eroina elevata. La donna era in disintossicazione e anche il Coroner aveva ipotizzato che fosse andata in overdose.
In ogni caso offrì la sua collaborazione al Sergente Jefferson, inviandogli, sul luogo del ritrovamento, i due agenti che per primi avevano visto il cadavere della povera Eloise Gardener.
 
Quando Jefferson e Graham arrivarono al chiosco in cui era morta Eloise, trovarono due biologi della scientifica a prelevare reperti.
All’interno dell’angusto chiosco risaltava, sul pavimento, la sagoma della morta, tracciata con il nastro adesivo bianco.
Graham si guardò intorno con occhi indagatori e vide il disordine per terra, segno che quegli oggetti erano stati spazzati via bruscamente dal ripiano dove sicuramente erano precedentemente posti. Quello era un banco da lavoro e la fioraia realizzava sicuramente lì sopra le sue composizioni floreali e i bouques ordinati dai clienti. Per terra c’erano gli oggetti tipici che aveva usato: forbici, nastri, un rotolo di carta crespa, una pistola per colla a caldo …
Il Profiler studiò ogni piccolo dettaglio, dal banco al punto della caduta del cadavere.
 
– Stava cercando di uscire dalla porta quando deve aver avuto l’arresto cardiaco! Come era vestita?
 
Jamie rivolse la domanda ai due agenti che avevano ritrovato Eloise e che erano arrivati dietro di lui e Jefferson.
 
– Portava Jeans e maglietta, un paio di scarpe basse …
- Si, è così Dottore. Aveva pure un grembiulino verde allacciato in vita …
- Vero! Il mio collega ha ragione. Uno spettacolo tremendo! Doveva essere una bella figliola! Ma era livida e gonfia ormai! Non riesco a togliermela da davanti agli occhi! Era piena di mosche sul viso … negli occhi aperti … Dio Santo!
 
Jefferson e Graham si guardarono in viso. Quest’ultimo inspirò ed espirò quasi in un sospiro. Dopo tre giorni dalla sua scomparsa, con il caldo di luglio e gli insetti che pullulavano, come poteva essere ridotta quella poveretta? Già l’acqua dei fiori sapeva di putridume, figuriamoci quel povero corpo con le reazioni degli acidi interni! L’odore all’interno del chiosco era nauseabondo e Graham condivise in pieno il bisogno di indossare una mascherina come stavano facendo i due operatori della scientifica.
 
– Aveva il grembiulino?
– Si Dottore!
– Quindi non stava uscendo per andar via …
- Che intendete Graham?
– Credo che stesse uscendo per chiedere aiuto, non per andarsene. Altrimenti il grembiule lo avrebbe tolto prima … Quella chiazza di sangue appartiene alla morta?
 
Uno dei biologi rispose.
 
– Si, appartiene a lei, già è stato analizzato!
– Distante dal punto in cui è stata ritrovata! Aveva tagli addosso?
– Una ferita dietro alla nuca … forse era caduta …
- Non ci sono oggetti macchiati del suo sangue che potrebbero essere stati usati per colpirla alle spalle?
– No … nulla di ciò! Alcuni reperti sono già stati portati al nostro laboratorio! In terra c’era anche una siringa monouso e un laccio emostatico … sarà caduta quando ha iniziato a sentirsi male … battendo la testa ha sanguinato …
- Poi secondo voi si è rimessa in piedi per uscire dalla porta e chiedere aiuto?
– Potrebbe essere possibile si!
 
Jamie rimase pensieroso, guardandosi intorno con le mani sui fianchi.
 
– Cosa pensate Graham?
– Non sono convinto Jefferson! Dalla distanza del sangue dal tavolo e poi alla caduta vicino all’uscita … credo che abbia avuto un forte colpo alla testa da stramazzare … la quantità di sangue non mi sembra adeguata ad una caduta accidentale … ci sarebbe stato qualcosa per terra a provocarle una simile perdita, ma per terra in quel punto non c’è  nessun corpo acuminato, né un oggetto contundente in giro che può essere stato usato da terzi per colpirla …
- Quindi?
– Se qualcuno l’ha prima colpita e poi drogata, ha portato con sé l’oggetto contundente, ma prima ha inscenato l’uso della droga con siringa e laccio emostatico!
 
Jefferson si grattò il mento annuendo, mentre Graham si avvicinava ad osservare meglio il banco da lavoro. Notò una macchia di sangue.
 
– La donna dopo essersi fatta male in qualche modo alla testa si è rialzata ed è arrivata al banco. Probabilmente si è toccata la testa dove le doleva e si è sporcata la mano  destra con il suo stesso sangue … questa è l’impronta di un pollice e un indice destro … probabilmente ha annaspato sulla superficie e ha fatto cadere quegli oggetti …
 
Jefferson intanto seguiva il discorso e il pensiero di Graham con molto interesse e una punta di sana ammirazione. Osservava il giovane Profiler andare da un lato all’altro del piccolo spazio del chiosco.
 
– Manca qualcosa!
– Che?
– Avete trovato una bustina o una fiala che potesse contenere la droga? Un cucchiaio, un accendino, una candela …
 
I due della scientifica si guardarono in viso e si voltarono scuotendo la testa verso Graham.
 
– Quindi queste cose mancano? Avete rovistato nel cestino?
– Abbiamo esaminato e prelevato già parecchi reperti …
- C’era un’agendina? Un quaderno o un blocknotes?
– Si, un’agenda! Quella è stata portata via tra le prime cose per essere esaminata in laboratorio!
– Dobbiamo vedere quell’agenda Jefferson! E assolutamente devo parlare con il Coroner!
 
Chiesero altre informazioni ai due agenti della stradale e poi li congedarono con loro sollievo. Per quei due l’esperienza era stata sicuramente traumatica!
Lasciando i biologi della scientifica a completare il loro lavoro, il Profiler e l’Agente Scelto risalirono sul Suv Maserati di quest’ultimo e si avviarono verso l’obitorio della Scientifica.
***
 
– La vittima non può essersi iniettata la droga da sola!
 
Il Dottor Natanien Necrider fu netto nel suo giudizio.
 
– Certo è morta per un arresto cardiaco, conseguenza di un’ overdose! Ma non si è iniettata da sola la sostanza! Il foro dell’ago è sull’incavo  del braccio sinistro, come se avesse usato normalmente la destra per usare la siringa!
– Quindi? Cosa vuole dire che era mancina e non poteva?
– Si Dottor Graham! Esattamente! La vittima era mancina! Guardi la mano sinistra!
 
Il cadavere di Eloise Gardener era disteso, nudo, sul tavolo dell’obitorio. Non era un bel vedere.
Graham, dopo aver indossato i guanti di lattice che gli porgeva il Dottor Necrider, prese delicatamente la mano di Eloise e la scrutò attentamente.
 
– Ha ragione Dottor Necrider … era mancina!
– Posso sapere anche io da cosa lo capite?
– Certo Agente Jefferson! La zona laterale della mano sinistra è macchiata di inchiostro … vede? I mancini passano la mano su ciò che hanno scritto da sinistra a destra, diversamente dai destrimani che non passano su quanto appena scritto. Conseguentemente il mancino si macchia con l’inchiostro fresco tutte le volte che scrive!
– Quindi Eloise durante la giornata ha preso ovviamente degli appunti, ordinazioni, consegne …
- Certamente Jefferson!
– Del colpo alla testa che ci dice Dottor Necriter?
– Visto il grosso rigonfio, il taglio e la posizione, direi che è stata colpita con una certa violenza! Chi l’ha colpita pensava di ucciderla ma le ha iniettato pure l’eroina …
- Una messa in scena ben architettata per far pensare ad un suicidio accidentale! Ma Eloise non è morta con quel colpo, si è ripresa, chissà dopo quanto, e in preda all’effetto della droga è stata anche peggio fino a morire, si è rialzata, è arrivata al banco da lavoro, ha fatto cadere accidentalmente gli oggetti e poi ha cercato di  uscire dal chiosco per chiamare aiuto … non aveva un cellulare per chiamare qualcuno o forse era scarico? Dobbiamo vedere i reperti ritrovati e l’agenda in particolare Jefferson, possibile che fosse sul banco di lavoro e abbia voluto lasciare un messaggio. Aveva una figlia … potrebbe essere stato il suo ultimo pensiero!
– Quella è roba che trovate dal Dottor Red Sullivan! Ora, se permettete, continuo il mio lavoro Signori!
 
Ringraziarono e salutarono il grassoccio medico legale, vestito con il suo camice bianco chiazzato di schizzi di sangue, lasciandolo al suo utile ma macabro esercizio
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***
L’ufficio del Capo della Scientifica era un via vai di camici bianchi, ma il Dottor Red Sullivan, nonostante il cipiglio burbero di chi non ha tempo da perdere, rispose alle loro domande e li accompagnò nella sala dove uno dei suoi uomini stava esponendo i reperti classificati e inseriti in bustine di plastica trasparente.
 
– Ecco l’agenda che dicevate … ancora nella busta .. nessuno l’ha ancora aperta!
– Lo facciamo noi subito Sullivan!
– Non prima di aver messo i guanti Jefferson! Non inquinate l’oggetto con le vostre impronte!
 
Controvoglia il collaboratore di Sullivan lasciò loro la possibilità di esaminare l’agenda.
Con una certa emozione Graham l’aprì sulla pagina indicata dal nastrino rosso segnalibro. Jefferson guardò insieme a lui e videro subito un’impronta insanguinata sul lato a destra in basso della pagina, mentre sulla parte alta della pagina di sinistra c’era qualcosa scritto in modo poco leggibile. Aguzzarono entrambe la vista e lessero all’unisono:
 
- Alexandra Pereira!!
 
Erano troppe per essere considerate coincidenze! Quelli che avevano erano degli indizi che si stavano tramutando in prove. Lessero le pagine precedenti, scritte con grafia precisa e ordinata. Trovarono ancora lo stesso nome, in due situazioni di appuntamento riferite ai due mesi precedenti. Alexandra Pereira era stata da Eloise in altre occasioni, aveva ottenuto la sua fiducia, le aveva sicuramente estorto delle informazioni e alla fine l’aveva uccisa.
Ormai era chiaro per Graham e Jefferson che sotto l’identità di quella donna si celasse, come per Penelope Diaz, nient’altri che Paula Santa Cruz.
Eloise Gardener era stata la principale testimone al processo del marito, era chiaro il movente per ucciderla: la vendetta!
 
– Mi chiedo a questo punto dove sia finita la vera Avvocatessa Alexandra Pereira, Sergente!
– Non le sembra ovvio Graham? Olden ha trovato un unico viaggio dal Messico alla Colombia! Lì la Pereira è incappata in qualche modo in Paula Santa Cruz …
- Certo! L’avrà incontrata per intervistarla!
– La povera Pereira era interessata alle donne di quel mondo e ne ha fatto le spese! Dalle foto che abbiamo è possibile che avessero la stessa costituzione fisica e la Santa Cruz ha approfittato per prendere la sua identità, poi a Boston ha abbindolato il nostro Olden con il suo bel faccino, facendosi passare per la segretaria dell’avvocatessa. Ha impersonato due persone diverse come copertura per i suoi loschi piani, vendicarsi di Eloise e cercare l’agente che ha fatto arrestare il marito, tramite Emma!
– Quindi quella sull’aereo di Emma era veramente Paula Santa Cruz!
– A questo punto temo proprio di si Graham! Ora è indispensabile avvisare Emma!
“E non solo lei ovviamente! Se almeno Killian si rendesse reperibile! Dovrò insistere nuovamente con Nick!” 
 
***
A bordo della Jolly Roger intanto …
 
Con calma Killian stava finendo di preparare dei sandwiches con fette di salmone affumicato, nella fornitissima Cambusa della sua imbarcazione.
Mentre spalmava la mayonnaise sulle fette di white bread, era pensieroso. Emma avrebbe potuto credere tranquillamente che stesse pensando al serial killer che stava perseguitando e massacrando il suo team, invece Killian aveva nella mente pensieri più personali, legati proprio a lei.

“ Se non riesco a dirle tutto questa volta che non può scappare via non ci riuscirò mai più! Non potrei darle torto se volesse fuggire a nuoto. Una bastardata così non credo che me la perdonerà facilmente e io non voglio perderla! Le spiegherò tutto con calma … ne avremo di tempo con il trucchetto messo in atto con Nick!”
 
Un rumore alle sue spalle lo fece voltare verso la porta, mentre aveva appena preso in mano un  grande vassoio ovale che intendeva portare nel salone dove aveva lasciato Emma.
I pensieri di Killian si azzerarono completamente quando se la ritrovò davanti, appoggiata allo stipite con le mani dietro la schiena. Lui non riuscì a proferire parola ma il suo cervello fu in grado di formulare un unico giudizio.
 
“ Santo cielo se sei uno schianto!”
 
Emma gli sorrideva maliziosamente. Si era sciolta i lunghi capelli che le ricadevano ondulati sulle spalle e già quello mandava in visibilio Killian, che adorava quelle onde d’oro. Indossava la minigonna di jeans che aveva messo dalla mattina ma, invece del top rosso che aveva indossato fino a poco prima, ora era a dorso nudo, giusto due triangoli di stoffa rossa, retta da laccetti in tinta, coprivano il suo seno piccolo e sodo.
Si accorse, sorridendo, che lo sguardo di Killian si fosse spostato dal suo viso al seno, restando su quest’ultimo qualche secondo in più con aria sognante. Era convinta che stesse fantasticando sul bikini a perizoma che le aveva regalato, sapeva che desiderava vederglielo addosso e lei, a modo suo, lo avrebbe accontentato.
Si mosse con un atteggiamento che a Killian risultò seducente e si avvicinò a lui.
 
– Mmm! Salmone e mayonnaise?
– Si!
 
Lui appena era riuscito a rispondere con quel “si” soffiato. Si ritrovò a deglutire a vuoto nel momento in cui lei passò l’indice sul bordo di uno dei sandwiches, raccogliendo la mayonnaise colata e portandoselo alla bocca succhiandolo golosamente.
Il sorrisetto di Emma e il suo smeraldino sguardo sbieco gli fecero sentire l’afflusso sanguigno all’inguine. La fame di cibo che aveva provato fino a poco prima si stava trasformando in un altro tipo di appetito e lei sembrava volerlo stuzzicare per bene.
 
 – Andiamo nella sala Capitano?
 
Lui rispose con un cenno della testa e lei si voltò scuotendo la lunga chioma dorata, precedendolo ancheggiando sinuosamente. Killian emise un sottile sospiro e, non del tutto rassegnato, la seguì con il vassoio colmo di cibo.
Posato il vassoio sul lungo tavolo, una cui metà era cosparsa delle carte dei casi che Emma stava esaminando, si misero seduti uno difronte all’altra. Emma prese un sandwiche con la mano sinistra, mentre con la destra spostava uno dei fogli e leggeva quello sottostante. Diede un piccolo morso al morbido pane bianco e, masticando, continuò a leggere. Killian la guardava affascinato e sorrideva pensando quanto fosse perfetta.
La mayonnaise era stata spalmata abbondantemente tra quelle fette di pane e mentre lui continuava a guardarla mangiare, una goccia di crema gialla scivolò dal pane, finendo tra i seni di Emma.
 
– Oh!
 
Emma, sorpresa dal piccolo incidente, inconsapevolmente si inarcò leggermente in avanti, sporgendo le due rotondità coperte dai triangoli di stoffa rossa. Lasciando il foglio che stava leggendo, portò la mano verso il seno e con il dito medio raccolse la mayonnaise  dall’incavo tra i seni portandolo alla bocca e succhiandolo.
Killian aveva seguito tutta l’azione e automaticamente si stava passando la punta della lingua sulle labbra. Avrebbe voluto passarla in quell’incavo e raccogliere quella goccia di crema e poi avrebbe voluto anche …
Emma, ignara dei pensieri di Killian, si leccò l’angolo delle labbra, ripulendolo di un residuo cremoso, continuando a leggere e riprendendo a sbocconcellare il pane.
 
– No! Non ci siamo proprio!
 
All’improvviso lasciò l’ultimo pezzetto di pane, riponendolo nel suo piatto con quell’esclamazione.
 
– Che c’è? Non è buono?
– Che?! Ah! Dici il sandwiche? No, no è buonissimo, vado matta per la mayonnaise tra l’altro!
– Eeeh! Anche io!
 
Sollevando gli occhi verso di lui, Emma si accorse che il piatto di Killian fosse ancora pieno.
 
– Ma come non hai mangiato?! Dicevi che stavi morendo di fame!
 
Killian osservò i perplessi occhioni verdi di Emma con fare penetrante e lei batté le lunghe ciglia, intuendo qualcosa e arrossendo leggermente sulle gote.
 
– Ti assicuro che sto morendo di fame veramente!
 
Il sorriso sghembo di Killian e il suo modo di dire quella frase, fecero capire ad Emma che aveva intuito giusto. La stava desiderando e non gliene importava nulla di quello che aveva messo sul vassoio. Lei lo guardò maliziosamente e, decisa a vendicarsi dell’acquisto di quei due indecenti bikini, nonostante lo desiderasse anche lei, gli rispose con un tono ironico e movenze ammiccanti.
 
– Allora mio Capitano ti conviene sbrigarti a mangiare …
 
Per Killian era il segnale che anche lei avesse voglia di fare l’amore, ma rimase deluso, poiché Emma si sollevò dalla sua sedia leggermente, ingannandolo, gli spinse il piatto più vicino, incoraggiandolo a mangiare veramente e aggiungendo:
 
- Perché dopo che ti avrò detto le mie conclusioni sui casi non credo avrai più voglia di mangiare!
 
Quello perplesso e stupito ora era lui! Che cosa aveva capito Emma dalla sua indagine? Voleva saperlo subito.
 
– Che hai scoperto?!
– Mangia! Te lo dico dopo! Ora voglio approfittare del sole di Luglio! Mentre tu finisci, io vado sul ponte a rilassarmi un po’ su una di quelle sdraio che ho visto!
 
Portandosi via alcuni fogli,  lo lasciò sbigottito, solo con il suo piatto ancora pieno.
 
***
Poco dopo Killian risalì le scale che portavano sul ponte. Emma aveva fatto quello che aveva detto. La vide allungata su una delle sdraio, intenta a prendere il sole, mentre ancora leggeva i fogli che aveva portato con sé. Voleva andare da lei e prenderla tra le braccia, baciarla a perdifiato, approfittare di quel momento da soli tra le onde lievi del mare calmo. Prima però doveva controllare che tutto procedesse secondo il suo piano!
Salì sul castello di poppa, là dove si trovava la plancia dei comandi. Controllò quello che doveva …
 
“Benissimo! Tra poco si fermerà tutto …”
 
Un’ ultima occhiata e poi guardò fuori sul ponte. Emma era proprio vicino al cassero, affianco alla sua sdraio ce n' era un’altra. La vide mettersi in piedi, poggiare i fogli sul sedile e poi  voltarsi di schiena …
 
“Waw!”
 
Era una bellezza e quel perizoma faceva il suo effetto, delineando come un tratto la rotondità dei suoi glutei perfetti. La vide piegarsi in avanti e mettersi a quattro zampe sulla sdraio, mostrandogli meravigliosamente il suo posteriore.
Il turgore all’inguine non si era sopito e Killian lo sentì riattivarsi ancora più imperiosamente. Guardò in basso e si sistemò i pantaloncini bianchi. Emma si sdraiò a pancia in sotto e riprese a leggere i suoi fogli. Killian scosse la testa. Lei era troppo sexy! Per lui lo era anche vestita dalla testa ai piedi, figuriamoci in quel modo!
 
“Forse non è stata una buona idea comprarle quel bikini! Non riesco a resisterle! Sembro un maniaco sessuale!”
 
Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso e, mentre ammirava il candore della sua pelle, si rese conto che non aveva messo creme protettive.
 
“Delicata com’è tra una mezzora sarà ustionata così!”
 
Velocemente scese dal cassero e, senza farsi notare da lei, tornò sottocoperta a prendere quello che faceva al caso suo. 
Tornò sul ponte e, camminando scalzo, senza farsi sentire, si ritrovò dietro la giovane. Sorrise a seguire la sua linea armoniosa e le rotondità del suo posteriore.
 
“Devo ritrattare! È stata un’ottima idea quel perizoma!”
 
Emma era piuttosto concentrata su quello che stava leggendo e fu presa di sorpresa quando lui, improvvisamente, poggiò le mani sulla sdraio, ai lati dei suoi fianchi,  e le diede un finto morso su una natica. Le fece fare una specie di salto.
 
– Ehi! Killian che fai?!!
 
Voltandosi con il busto e ritirando la coscia sul lato dove lui aveva dato il morso, sembrava sdegnata, ma alla fine gli fece un sorriso malizioso. Lui sapeva che lei poteva aspettarselo!
 
– Mi hai detto di mangiare no? Non avevo la frutta per completare il pasto e qui c’è una bella pesca da assaporare!
– Sei sempre il solito!
 
Dove aveva dato il morso, ora Killian fece una carezza e depose un bacio.
 
– Love sei troppo bianca lo sai? Tra poco questo bel sederino diventerà veramente rosso come una pesca! Ti ho portato la protezione e se stai ferma  e buona te la spalmo!
– Mmm! Mi sembra una buona idea …
- Ottima … fidati!
 
Il massaggio delicato, che Killian le fece con la crema protettiva, partì dalla sommità delle spalle, che già erano un po’ arrossate. Emma doveva ammettere che lui avesse un tocco veramente leggero. Sapeva che a lei piacesse essere toccata in quel modo e sapeva che l’avrebbe vista rabbrividire di piacere, sotto il caldo estivo. Fu così in effetti e Killian sorrise percependo i tremori della sua donna, desiderando dargliene altri. Scese lentamente massaggiando fino ai glutei, la sentì irrigidirsi leggermente, il massaggio era più intimo e sapeva che la eccitasse. Con le mani aperte, una su ogni emiglobo del suo posteriore, continuò a massaggiarla finché non seguì con i pollici la linea del perizoma, dall’alto verso il basso, tra l’incavo dei glutei. Emma ebbe un brivido più forte e si voltò di scatto.
 
– Può bastare così!
 
Incontrò il sorriso malandrino e sexy di Killian e si rimise sdraiata supina. Lo sfidò con lo sguardo.
 
– Ora ho bisogno di crema anche sul davanti Capitano!
 
Killian era seduto vicino alle snelle gambe di Emma e lei allungò la sinistra posandola sul grembo del giovane per farvi mettere la protezione. Lui raccolse quella tacita sfida e iniziò dal dorso del piede, risalendo lungo la caviglia, la gamba, il ginocchio e oltre, arrivando, massaggiando lentamente, all’inguine. C’era ben poca stoffa a coprire quel monticello tanto desiderato dal Capitano ma lui, da gentiluomo, le prese l’altra gamba ripetendo l’operazione. La guardò in viso e vi lesse desiderio e uno sprazzo di delusione. Sorrise, c’era tempo per continuare quel gioco erotico.
Protette le gambe con la crema profumata alla vanilla, Killian prese il tubetto e, invece che mettere la crema sulle proprie mani per usarla, come aveva fatto fino a quel momento, ne spremette una parte sul ventre e lo stomaco di Emma. Era fredda rispetto alla pelle calda della ragazza e lei ebbe un brivido che rese evidenti i suoi capezzoli sotto i due triangoli di stoffa.
 
– Lascia che faccio da sola adesso!
– Non ci penso proprio Love! Se inizio un lavoro sono abituato a portarlo a termine e poi ora arriva il pezzo migliore!
 
Le aveva fatto l’occhiolino, ammiccando, e riprese a massaggiarla dal ventre, risalendo velocemente tra i seni e sopra di essi.
Emma era eccitata non meno di lui, lo sapevano entrambi. Schiuse le labbra guardandolo languida e Killian non resistette più nell’avvolgerle le braccia intorno al torace, portandola con irruenza a sé. Lei non fu meno passionale nel portargli le mani al viso e ai capelli, accogliendo le sue labbra e la sua lingua, accettando  che con la propria danzassero quella danza di desiderio e passione. Killian dirigeva la danza e lasciò le labbra di Emma per continuare lungo la sua gola, reclinandola tra le sue braccia e facendole scorrere la lingua nell’incavo tra i seni, come avrebbe voluto fare quando la mayonnaise vi era caduta. Si portò con le labbra verso la stoffa che lo separava dalla piccola gemma turgida ma Emma, improvvisamente, gli disse di fermarsi. Lui, con lo sguardo offuscato dal desiderio e le labbra schiuse e umide non riuscì a chiederle il motivo, ma lei lo allontanò mettendosi seduta.
 
– Dobbiamo pensare prima al lavoro Killian!
– Sei una strega bugiarda Emma!
 
Lei ridacchiò.
 
– Siamo qui per lavorare o sbaglio?
 
Lui la guardò ancora con desiderio e con quella punta di malizia che faceva capire che stava a quel gioco di toccata e fuga che lei metteva spesso in atto. Si ricompose con un atteggiamento più razionale. Avrebbe aspettato il momento giusto per fare l’amore e parlarle di quello che le teneva ancora nascosto. Emma era stata chiamata per capire qualcosa in più dell’assassino ed era giusto pensare prima a quello, loro sarebbero venuti dopo!
 
– Hai ragione Emma! Sono morte delle persone alle quali tenevo molto e altre potrebbero morire se non troviamo l’assassino. Purtroppo tu mi destabilizzi, lo sai  … Dimmi cosa pensi del killer.
 
La vide alzarsi e rinfilarsi la minigonna di jeans, inspirò ed espirò profondamente  nell’ammirare ancora il suo corpo.
 
 – Torniamo sottocoperta prima.
– Come preferisci Dottoressa Swan!
 
Scesero insieme le scale e si ritrovarono nuovamente al tavolo con i fascicoli aperti.
 
 – Che l’assassino metta in atto un rituale ogni vota con la cocaina, come la cenere del penitente sulla testa, questo è chiaro ormai. Nella sua mente la tua squadra deve espiare una qualche colpa e ora anche tu, più di tutti! Tu sei stato avvisato per farti provare paura nell’attesa dell’attacco.
– Questo se lo crede lui!
– Lui? Sei convinto che sia un uomo vero?
– L’assassino di Gretel aveva preso il posto dell’idraulico che lei aveva chiamato. Aveva ucciso il ragazzo della ditta idraulica per prendere il suo furgone. Lo abbiamo ritrovato in seguito alla denuncia della scomparsa sua e del mezzo. Un testimone inoltre aveva visto il furgone davanti a casa di Gretel. Dal controllo delle telefonate risultava che avesse chiamato la ditta per una perdita.
– Gretel conosceva la ditta ma non è detto che conoscesse il ragazzo che doveva andare da lei. La persona che si è trovata alla porta le avrà ispirato fiducia. L’ha fatta entrare in casa ed è stata sorpresa di ritrovarsi con una pistola puntata contro. Io non penso si tratti di un uomo Killian!
– Coosa?!
– No! Sono convinta che sia una donna. Alta sul metro e sessanta come risulta dai calcoli balistici. Travestita da uomo non ha dato un senso di pericolosità a Gretel. Un tipo mingherlino che non avrebbe potuto far male ad una mosca, se non fosse stato che avesse avuto una pistola nascosta da qualche parte.
– Perché pensi proprio una donna? Un uomo basso no?
– No. L’assassino ha mostrato una delicatezza e un’attenzione femminile nei confronti di Gretel. Solo una donna poteva mostrare quel senso di maternità. Ha messo la foto di Gretel e sua figlia tra le sue braccia, vicino al cuore. Non l’ha cosparsa con la cocaina/cenere sulla testa perché le è sembrato già di averle dato una grande punizione strappandola all’amore di sua figlia. È una donna Killian … ne sono sicura. Una donna con forte senso di maternità, forse ha avuto un figlio o una figlia anche lei o desidera fortemente averne, ha tra i 23 – 30 anni d’età. Quale donna conosci che potrebbe volerti morto e corrisponde a questo profilo?
– Emma, l’unica donna che mi vorrebbe morto, capace di vendicarsi in modo freddo e crudele è Paula Santa Cruz! Lei è alta sul metro e sessanta, intelligente, vendicativa. Potrebbe odiare la Cocaina come hai pensato ieri? Ne dubito! È stata la fonte della sua ricchezza!
– Si, ma anche della sua rovina no?
– Rovina dell’impero di suo marito, certo! Non corrisponde però a lei quello che pesi sul suo senso di maternità! L’ho sentita usare toni crudeli nei confronti della piccola Alice. Aveva minacciato Eloise di prendergliela e darla in pasto al suo leopardo! Non mi sembra un soggetto particolarmente materno …
- Forse non hai visto questo lato del suo carattere. Ha figli?
– No che io sappia!
– Hai un portatile sulla nave?
– Certo, ovvio! È una base ambulante la Jolly Rogers!
– Ne ho bisogno per controllare la mia posta. Ieri mentre stavi cucinando ho chiamato Olden. La questione di Alexandra Pereira e della sua segretaria, la fidanzata di Olden, mi aveva messo una pulce nell’orecchio. Per non dirgli di controllare le credenziali di Penelope Diaz gli ho detto di trovarmi foto della Santa Cruz. Ho sospettato che potesse essere lei e chi meglio di Olden avrebbe potuto riconoscerla nel caso? Non mi ha telefonato ieri sera … meglio che guardi sul cellulare se intanto mi ha cercata.  Vado in cabina a prenderlo, mi è rimasto lì nella borsa …
– Bene, io ti prendo il PC …
 
Killian guardò allontanarsi Emma e si morse il labbro inferiore. Non aveva calcolato questo risvolto veloce nel lavoro della Profiler. Adesso il suo piccolo piano sarebbe andava a monte!
 
***
Sola nell’elegantissima cabina, Emma prese il cellulare dalla borsa sul letto e controllò le chiamate e i messaggi. Fu sorpresa perché non ne trovò nessuno. Poi notò che mancasse completamente il campo. Se l’avevano cercata nessuno l’aveva potuta raggiungere. Con il cellulare in mano si mosse nella stanza cercando un minimo di segnale. Tornò nella sala guardando ancora se comparisse, ma nulla da fare .
 
– Non ho campo!
– Dai tempo Emma! Ecco il portatile intanto!
 
Mentre Killian preparava il computer inserendo la password, lei continuava a girare nervosamente per la sala.
 
– Devo provare sul ponte! Tu hai campo al tuo?
 
Killian controllò il suo cellulare.
 
– No Love! Calmati dai! Vieni e metti il tuo account …
 
Emma si mise seduta vicino a lui e digitò il suo indirizzo e.mail mentre Killian si alzava.
 
– Killian non funziona nemmeno internet!
– Non è possibile Tesoro!
 
Si riavvicinò anche lui e constatò che Emma avesse ragione. Lei diede ulteriori segni di nervosismo.
 
– Non è possibile Killian! Non possiamo lavorare così! E questo caldo mi sta uccidendo qui dentro! Non c’era l’aria condizionata?
– Su uno Yacht di lusso come questo c’è tutto Swan …
 
Emma si alzò, mentre lui continuava ad armeggiare con il PC, e si avvicinò alle bocchette dell’aria condizionata.
 
– L’aria condizionata è spenta Killian!
– Io l’ho accesa. Vado a vedere sul ponte di comando!
– Vengo con te, almeno sul ponte c’è un po’ di brezza!
 
Risalirono insieme sul ponte, fino al cassero di comando.
 
– Qualcosa non va Emma! I comandi sono tutti azzerati!
– Che significa?
– C’è un’evidente avaria in corso!
– Dio mio! Vuoi dire che siamo sperduti in mezzo al mare senza possibilità di contatti con il resto del mondo?
– Dai calmati Swan! Tecnicamente è così, ma non siamo in pericolo no?
– Come sarebbe Killian!!
 
Emma iniziava a manifestare segni di panico ed era sempre più nervosa. Killian si tolse la maglietta, per il caldo dentro la saletta dei comandi, restando a dorso nudo.
 
– Quel Nick!
– Che centra Nick?!
– Ci penso da quando siamo saliti a bordo!
 
Killian ridacchio per sdrammatizzare.
 
– E io che credevo pensassi solo a me! Ti è piaciuto Nick?!
– Che cavolo dici! Non mi è piaciuto proprio per niente! Lo avrei preso a schiaffi dal momento che ha iniziato a guardarmi le tette con quell’aria da … da …
- E bravo Nick! Così ti ha guardato le tette! Gliene dico quattro quando lo vedo! Solo io ho diritto di guardartele e … toccartele!
 
Killian ancora faceva battutine e ad Emma dava ancora più nervosismo. Le sembrava che lui non fosse minimamente preoccupato del fatto che fossero completamente isolati e stava cercando di abbracciarla nuovamente, sporgendosi per baciarla.
 
– Smettila Killian! Qui la situazione è grave! Ti fidi di Nick? Aveva un’aria cospiratoria! Non potrebbe aver sabotato la nave?
– Sentiamo … perché avrebbe dovuto?
– Che diavolo ne so? Aveva un atteggiamento sospetto ti dico! Di uno che ha combinato qualcosa o lo deve combinare! Se fosse in combutta con la Santa Cruz?
– Conosco Nick da anni, in pratica da quando eravamo ragazzini. L’ho inserito nella mia squadra proprio per occuparsi della mia base nautica. Ha controllato tutto prima che partissimo.
– Allora o non ha controllato bene o ha combinato qualcosa! Svegliati Killian! Non eri tu quello sospettoso di tutto e tutti? Certe volte mi sembri anche tu un cospiratore!
– Dai Love! Smettila e vieni qui, cerca di calmarti!
 
Killian provò ancora a prenderla tra le braccia ma lei si divincolò come un’anguilla.
 
– Come puoi pensare al sesso adesso! Fai qualcosa no? Sei o non sei un genio! Sei un esperto di ingegneria, te ne inventi di ogni colore e non puoi far rifunzionare questa bagnarola?!
– Ehi! Primo: la Jolly Roger è una “signora nave” e non una bagnarola! Secondo: pensare a fare l’amore farebbe bene anche a te, intanto ti calmerebbe i nervi! Terzo: sono un bravo Capitano e ti riporterò sulla terra ferma anche veleggiando se dovesse servire. Quarto: certo che posso risistemare il guasto! Ci vorrà un po’ di tempo e nulla vieta di stare tranquilli e rilassarci un po’!
– Allora rilassati da solo rimettendo in moto il tuo yacht da lusso! Io esco di qui o vado a fuoco!
 
Emma uscì arrabbiata e nervosa dalla porta e lui la guardò sorridendo tra sé e sé.
 
“Scusami amore! Se sapessi che ho chiesto io a Nick di manomettere i comandi per restare di più con te e avere modo di dirti quello che ancora non sai, mi prenderesti a pugni! Ti prometto che questo sarà l’ultimo inganno, poi, se mi perdonerai, tutto sarà diverso! Certo che sei una brava Profiler comunque! Hai capito che Nick avesse combinato qualcosa … come fai non lo so! Hai un super potere?”
 
Guardando di fuori la vide camminare nervosamente avanti e indietro sul ponte, poggiarsi al parapetto e guardare verso la terra ferma. I suoi lunghi capelli erano smossi dalla brezza marina e il suo viso era tirato. Killian decise di tranquillizzarla e farla calmare come meglio sapeva fare. Scese dal ponte di comando e andò verso di lei. Emma si era seduta sul bordo della sdraio e gli dava le spalle. Lui si mise seduto cavalcioni sulla sdraio.
 
– Buone notizie Tesoro! Ho scoperto il guasto e posso ripararlo in un paio di ore!
 
Lei si voltò accigliata a guardarlo.
 
– Ne sei sicuro?
– Si Love! Ripartirà tutto come prima, sia internet che l’aria condizionata e i vari comandi!
– Intanto non abbiamo notizie! Era importante sapere cosa avesse trovato Olden!
– Si Swan! Ma nel giro di qualche ora le cose non cambieranno drasticamente, non credi?
– Non lo so Killian! Ho strane sensazioni addosso e non riesco a sentirmi tranquilla!
– Ti amo Emma e il mio  compito è di proteggerti e farti stare bene. Vieni qua ora!
 
La prese da dietro la schiena e la fece ruotare con le gambe sulla sdraio, in modo da tenerla tra le sue, appoggiata al suo torace nudo. La strinse a sé facendo combaciare la schiena di Emma con il suo petto e iniziò a darle piccoli baci sulla spalla destra rosea per il sole preso. Inspirò l’odore di vaniglia della crema protettiva, mescolato all’odore floreale di Emma. Sapeva di buono, nonostante fosse accaldata e sudata come lui. Sentì che in qualche modo lei iniziasse un minimo a rilassarsi e volle tentare di più. Le portò le mani al bottone della minigonna e lo aprì. Era fatta come i jeans sul davanti: bottoncino, lampo e tasche. Iniziò ad aprirle la lampo e lei si irrigidì posando le sue mani su quelle di Killian per fermarlo.
 
– C-che fai?!
– Lo sai Emma cosa sto facendo! Tu lasciamelo fare, respira e manda via i brutti pensieri!
 
Certo che lei sapeva cosa volesse farle. Non le dispiaceva affatto e allontanare pensieri funesti era la cosa migliore. Lui le aveva detto che poteva riparare il guasto alla nave, che male c’era a stare insieme nella loro intimità per qualche ora? Tolse le mani da quelle di Killian e le portò sulle sue gambe muscolose, facendole scorrere sulla pelle villosa.
Killian le aprì del tutto la lampo della minigonna per aver più facile accesso e infilò la mano destra sotto il triangolo rosso che le copriva il pube. Sentì il suo morbido vello dorato  e si fece largo tra la piccola insenatura della sua intimità.
 
– Amore rilassati … apri le gambe …
 
Quel tocco dolce e la sua voce sensuale spronarono Emma ad obbedirgli e ritirò le gambe sulla sdraio, piegando le ginocchia e aprendo le cosce. Si concentrò sulla sensazione piacevole che Killian le stava provocando stuzzicandole il clitoride. Iniziò a muoversi lentamente anche lei per accentuare il piacere e si sentì sciogliere con il crescere dell’eccitazione. Lui fece scivolare delicatamente il medio nella sua cavità …
 
- Brava … così Emma, ti stai sciogliendo e rilassando. È così che ti voglio!
 
Lei sentì quel dolce riempimento, mugolò di piacere e si aprì ancor di più per accoglierlo. Killian la percepì calda e bisognosa. Chiuse gli occhi godendo lui stesso dei mugolii di piacere di Emma e dei suoi movimenti sinergici. Fece scivolare dentro di lei anche l’anulare, avendo una maggiore possibilità di accarezzarla e penetrarla. Mosse le dita insieme lentamente, mentre Emma iniziava a vibrare e le sue gambe tremavano inconsapevolmente. Sapeva che lei fosse vicina all’orgasmo, si stava abbandonando completamente a lui e anche la sua eccitazione e il desiderio di possederla stava montando inesorabilmente. Accelerò il movimento delle due dita dentro e fuori di lei, finché la sentì rilassarsi completamente, mentre un fiotto caldo dei suoi umori gli confermò che fosse riuscito a farle raggiungere un forte orgasmo.
 
 – Amore sei fantastica lo sai?
 
Le baciò la spalla destra e risalì lungo il collo, fino all’orecchio. Le strinse il seno sinistro nella mano, mentre la destra scivolava fuori dal lei e dalla minigonna. Pensò che così rilassata si sarebbe potuta addormentare tra le sue braccia, ma lei lo sorprese. In un attimo Emma ruotò sulla sdraio portandosi a quattro zampe tra le gambe cavalcioni di Killian. La vide sorridergli felice e con lo sguardo di chi non è ancora sazio. Lui, eccitato e spiazzato, poggiò le mani in dietro sulla sdraio per sostenersi e, piacevolmente sorpreso, la vide intenzionata ad aprirgli la patta dei pantaloncini bianchi. Le mani di Emma erano impazienti di ricambiare le stesse carezze e quando le posò su di lui ebbe la conferma che anche Killian sentisse il suo stesso bisogno.
 
– Aspetta Love!
– Ti ho fatto aspettare anche troppo credo!
 
Lui rise.
 
– Si! Sei stata una tremenda strega tutto il giorno! Ma non ho intenzione di indugiare troppo! Solo che non voglio continuare su questa sdraio. Dobbiamo inaugurare il letto della nostra cabina e quale modo migliore?
– Mmm! Questa è un’ottima idea Capitano!
 
Prenderla in braccio e scendere sotto coperta, fino alla loro cabina, sembrò un copione già vissuto e fu velocissimo. Il letto bloccato al pavimento li attendeva. Emma aveva ancora la gonna sbottonata e la fece scivolare lungo le gambe in un attimo. Attese sul letto che Killian si togliesse i pantaloncini con l’intimo in un colpo solo. Lo guardò ammirata della sua virilità e in pochi secondi lui fu tra le sue gambe in ginocchio. Il bikini rosso risaltava sulla pelle di Emma, proprio come lui le aveva detto quando lo aveva acquistato quella mattina. Lei era poggiata sui gomiti e lo guardava con una bramosia non inferiore a quella scritta negli occhi azzurri di Killian.
Emma si portò le mani dietro la schiena e si sciolse i laccetti del piccolo reggiseno. Killian le sciolse i due fiocchetti ai fianchi e la liberò dell’ultimo umido triangolo di stoffa che la copriva. Lei voleva accarezzarlo e regalargli lo stesso godimento che lui le aveva fatto provare. Lo attirò verso di sé e lo fece ricadere sulla schiena. Killian capì i suoi intenti.
 
– Emma hai intenzione di farmi impazzire del tutto?
– Quando inizio un lavoro intendo portarlo a termine con il massimo dei risultati Capitano …
 
Gli rifece in parte il verso.
 
- … quindi ora preparati alla tua razione di baci e carezze!
 
Killian tremò a sua volta di piacere quando lei lo prese delicatamente. Aveva imparato anche lei quale fosse il modo per dargli il massimo e quali fossero i suoi punti più sensibili. Lo accarezzò massaggiandolo con un ritmo sempre più veloce, lo stuzzicò con la lingua e con le labbra.
Killian godeva di ogni suo piccolo contatto. Gli piaceva vedere le sue mani su di sé, le sue labbra chiudersi su di lui, il tocco caldo della sua lingua che lo mandava in estasi. Le piaceva che lei poi passasse alla fase seguente, scendendo su di lui e prendendolo dentro di sé. Adorava sentire le contrazioni delle sue pareti intorno al suo sesso, i suoi movimenti sempre più frenetici, quel suo offrirsi sporgendosi in avanti, permettendogli di prenderle uno alla volta con le labbra i capezzoli infiammati e turgidi. Gli piaceva consentirle il dominio dell’amplesso, finché poi non la ruotava sul letto riprendendo lui il controllo. Gli piaceva portarla nuovamente alle soglie del Paradiso, assaporandola e stimolandola nella parte più pulsante del suo centro e, quando lei era nuovamente pronta all’ultimo picco di piacere, la faceva sua ancora, prendendola in profondità, muovendosi velocemente, mentre lei rispondeva ai suoi affondi con movimenti sempre più incontrollati. Amava quel suo modo di fare in quei momenti. Le sue mani che correvano sulla sua schiena, stringendolo e a volte graffiandolo con le unghie, premendogli i glutei come per farlo entrare in lei fino a fondersi. Amavano entrambi sentirsi alla fine così, una cosa sola, nella fusione data dal reciproco orgasmo finale.
 
***
Era stato bello … Lo era sempre! Lo era talmente che ogni volta desideravano poter ricominciare quanto prima. Ma c’era sempre quel momento di pace e calma dopo la tempesta passionale che li aveva travolti.
 
Killian era disteso con il torace leggermente sollevato dai cuscini. Teneva Emma, abbracciata, stretta a sé, distesa sul suo petto. Era serena e respirava piano. Stava bene, stavano bene! Killian era pensieroso mentre le accarezzava la schiena e i capelli. Lei non ne poteva vedere il volto visto che era poggiata con la guancia sul suo torace, ma sentiva il battito del suo cuore leggermente accelerato.
 
– Killian va tutto bene?
 
Sollevò il viso per guardarlo negli occhi.
 
– A che stai pensando amore mio?
 
Killian credette che quello fosse il momento giusto per parlarle, dirle finalmente quell’ultimo segreto.
 
– Ripensavo a questi tre anni passati Love. A quante cose sono successe e a quante sono capitate a noi due, nella nostra storia …
 
Lei si rimise con la guancia sul suo petto e gli si strinse maggiormente, come se temesse che lui fuggisse via.
 
– Ricordi quando dovevi testimoniare e cercarono di farti quell’attentato?
– Come potrei dimenticarlo! Se non ci fosse stata Mulan ora non sarei qui con te!
– Già! Ma quello non era un attentato per eliminarti …
- Come no? Volevano impedirmi di testimoniare!
– Anche quello, certo, ma l’intento era di rapirti. Lo confessò uno degli attentatori che Mulan mise al tappeto …
- Perché rapirmi nuovamente? Sapevano che tu fossi morto o già avevano scoperto che fosse stata una farsa?
– Il motivo era ch …
 
Un improvviso rumore fece interrompere la frase a Killian facendolo balzare in piedi spostando di lato Emma.
 
– Che cos’era?
 
Emma era spaventata e Killian accigliato.
 
– Un motoscafo ci ha abbordato …
 
Emma si strinse a lui con gli occhi sbarrati.
 
– Qualcuno sta salendo a bordo senza il permesso del Capitano …
 
***
 
Conosceva bene quale rotta Killian Jones avesse seguito. Sapeva dove trovarlo e come raggiungerlo, ma non avrebbe potuto farlo per nessun motivo.
 
Nick Hansel manovrò il motoscafo in modo da abbordare lo yacht. Si sollevò abbastanza da afferrare la scaletta e ormeggiarvi con una corda il suo natante.
Sebastian Jefferson lo aveva chiamato e in quel modo gli aveva dato il motivo per raggiungere Captain Hook …
 
 




Angolo dell’autrice
 
Salve a tutti e buon fine Domenica. Piaciuto il capitolo? Spero non sia stato troppo lungo da digerire. Avete iniziato a capire quale sarà l’ultimo inganno?
Fatemi conoscere le vostre ipotesi.
Grazie a tutti coloro che continuano a seguire e ancora non si sono stufati. Credo restino un paio di capitoli e poi ci saluteremo.
Auguro a tutti una buona settimana.
Lara
 
 

 

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Capitolo 53
*** L'ultimo inganno (seconda parte) ***


L’ultimo inganno
(seconda parte)
 
- Vestiti Swan!
 
Killian le aveva dato quell’ordine in modo categorico e Emma, che si era portata il lenzuolo verso il petto per coprirsi, appena lui era scattato in piedi, decise di obbedire senza farselo ripetere.
 
– Non fare rumori Emma! Io salgo sul ponte per vedere cosa succede!
– Amore stai attento ti prego!
– Stai calma e resta qui!
 
Killian si era rinfilato di fretta slip e pantaloncini. La maglietta gli era rimasta sul cassero di poppa e per sbrigarsi non ne cercò altre.
Emma lo vide prendere l’uscio della cabina e uscire. Sgusciò fuori dalle lenzuola e, rovistando nella sua valigia, prese un intimo, una maglietta a maniche corte e un paio di jeans. Si vestì a velocità da record, preoccupata per Killian, poi, diversamente da quanto lui le aveva ordinato, uscì dalla cabina a piedi scalzi per evitare di fare rumore e avvicinarsi il più possibile al suo ragazzo.
Salì silenziosamente le scale e si ritrovò in un attimo sul ponte. Riconobbe la voce di Killian. Sembrava piuttosto alterato, mentre l’altra voce le sembrò quella di Nick Hansel. Il sospetto e la paura le attanagliarono il petto.
Il cielo volgeva all’imbrunire e da quello si rese conto che lei e Killian avessero passato gran parte  del pomeriggio a fare l’amore. Nonostante fosse stato magnifico, quasi si pentì di aver abbassato la guardia per quelle ore. Se fossero stati vigili si sarebbero accorti dell’arrivo dell’uomo già da lontano!
Lentamente Emma aggirò il cassero di poppa e si trovò i due uomini a poca distanza. Nick le dava le spalle. Killian non sembrò notarla, continuando a guardar torvo Nick. C’era qualcosa di strano di sicuro! La Profiler scrutò meglio la postura di Nick e si accorse che teneva qualcosa in mano, puntato verso Killian.
 
“ Dio mio! Lo vuole uccidere! Gli sta puntando una pistola!”
 
Aveva già visto quella scena! Le tornò in mente Kim-Killian sotto la minaccia del suo killer nell’appartamento vicino l’Università. Allora non sapeva che quella fosse una farsa, ma era stata molto realistica e ricordava, ancora lancinante, il dolore per il lutto provato dopo. Non poteva permettere che adesso Killian venisse ucciso veramente davanti ai suoi occhi.
In una frazione di secondo il suo cervello cercò un modo per aiutare l’uomo che amava immensamente. Non aveva armi con sé. Aveva dovuto lasciare la sua pistola d’ordinanza a Boston e non sapeva se Killian avesse messo nel suo borsone la sua. Pensò di no o lui l’avrebbe presa prima di uscire dalla cabina, ignaro com’era di chi potesse essere salito a bordo!
Cercò di non farsi notare, camminando a ritroso, in punta di piedi, il più possibile silenziosa. Giunta sul retro del cassero, si appoggiò alla parete lignea con la schiena e i palmi delle mani. Inspirò profondamente per calmare il battito impazzito del cuore e cercando di pensare a cosa inventare. Si guardò intorno velocemente e poi ebbe l’intuizione! A poca distanza da lei c’era, assicurato ad una delle pareti, un estintore di dimensione media. Pensò che facesse al caso suo. Con un po’ di difficoltà riuscì a liberarlo e, sforzando le braccia, se lo mise tra le mani con l’intento di usarlo come corpo contundente. Veloce e silenziosa ritornò dai due uomini. Questa volta Killian la vide benissimo. Dal suo spostamento di sguardo verso Emma, anche Nick si accorse del suo arrivo. L’uomo si voltò automaticamente verso di lei nel momento in cui stava alzando le braccia per colpirlo e Killian stava gridando.
 
– Swan NOOO!
 
Nick non fece in tempo nemmeno a capire cosa stesse succedendo. Voltandosi si becco in piena zona parietale il colpo che Emma gli stava infierendo. La ragazza lo vide barcollare con gli occhi ancora aperti e poi stramazzare al suolo.
Felice di aver salvato il suo Killian e orgogliosa di sé, Emma posò a terra l’estintore, guardando con soddisfazione il corpo di Nick ai piedi di Killian.
 
– Maledizione Emma! Sei impazzita? Lo avrai ammazzato!
 
Rimase male all’esclamazione di Killian che la stava quasi colpevolizzando.
 
– Che?! Ti stava puntando una pistola! Ti voleva uccidere!
– Una pistola? Che pistola? 
-  Quella pistol - aah!
 
Guardando in basso, scrutando ciò che Nick teneva nella mano destra, ad Emma morirono le parole sulle labbra. Non si trattava di una pistola! L’oggetto allungato era un pezzo elettronico non ben specificato. Lei non ne capiva nulla di certa cianfrusaglia!
 
– Io … io ho pensato volesse ucciderti!
– Perché diavolo avrebbe dovuto uccidermi?!  
- Perché sarà colluso con la Santa Cruz immagino!
– La Santa Cruz?!
– Mi hai detto che lei avesse un leopardo. Nick ha un accendino di quella forma, mi ha detto che glielo ha regalato un’amica. Potrebbe essere lei! Ti ha pure sabotato la nave per lasciarti in mare solo con me e avere la possibilità di ucciderti!
 
Nonostante il momento piuttosto drammatico per Emma, Killian accennò una risata.
 
– Certo che stai diventando più paranoica di me Love! L’accendino è stato un regalo della povera Gretel. Ero con lei in Colombia quando lo ha comprato per lui! Era il suo uomo, è il padre di sua figlia. Non stavano più insieme ma continuavano a volersi bene come fratelli! Non so che motivo dovrebbe avere per uccidermi. Siamo amici fin da ragazzini! Suo padre era lo skipper di mio zio Henry e si occupava della manutenzione del vecchio veliero. Passavamo la maggior parte dell’estate insieme qui a Dundalk e giocavamo nella stessa squadra di calcio a Dublino! Insieme a Jamie Heughan eravamo inseparabili, furono loro a coprirmi quando scappai a Boston e mi misi nei guai!
– Allora il sabotaggio della nave?!
“Tecnicamente lì hai visto giusto, ma se te lo dico ora, che lo ha fatto su mio ordine, mi darai in testa quell’estintore!”
– Ma che sabotaggio Emma! Una coincidenza!
– Ma allora che è venuto a fare a bordo?!
- Basta ora! Poi te lo spiego! Vai a prendere il ghiaccio nell’infermeria! Ci sono delle bustine di ghiaccio istantaneo. Fortuna che ha sempre avuto una testa dura! Riusciva a fare Goal colpendo di testa che era una meraviglia! Una botta così però … lo hai quasi ammazzato!
 
Emma non riusciva a capacitarsi di aver preso un così grosso abbaglio! Eppure Nick aveva avuto veramente un’aria cospiratoria quando lo aveva visto andar via! Possibile fosse innocente? Se era così, veramente lo aveva quasi ucciso e per niente!
Sentendosi in colpa corse nell’infermeria. Killian aveva detto giusto. Trovò subito le buste di ghiaccio istantaneo, ne prese un paio e tornò su da lui.
Nick era ancora privo di sensi e si vedeva, molto evidente tra i capelli bruni, il bozzo che gli era cresciuto sopra la tempia. Killian era inginocchiato, ancora a dorso nudo, al fianco dell’amico. Prese la busta che Emma, piegata in avanti a scrutare la sua vittima, gli porgeva e, con un colpo al centro dell’involucro, ruppe  la membrana che separava l’acqua dal nitrato d’ammonio. Scosse la busta per permettere il mescolarsi delle sostanze, provocando l’immediato raffreddamento e, appena ottenuto  il pacchetto refrigerante,  lo pose sulla zona colpita del povero Nick.
 
– Con un colpo così ci vorrà un po’ per farlo riprendere! Intanto almeno evitiamo l’espandersi dell’edema!
– Mi dispiace Killian … Veramente!
– Ma come ti è passata questa idea che Nick fosse colluso con Paula santa Cruz?! È rimasto malissimo della morte di Gretel! Era contento che tu fossi venuta a darci una mano per capire meglio la situazione. Non vede l’ora che l’assassino sia nelle mani della giustizia!
– Beh! Temo proprio che ora, con quel bubbone, sarà meno contento della mia presenza!
 
Nick intanto emise un mugolio, si stava riprendendo.
 
– Menomale inizia a riprendersi!
– Ma perché è venuto?
– Sono capitate delle cose a Boston. Jefferson non riusciva a contattarmi e sa che quando è così c’è la possibilità che io sia in mare. L’unico che può raggiungermi è Nick. Lo ha chiamato e lui è venuto, portandomi un apparecchietto che mi servirà per rimettere in moto tutto sulla Jolly Roger!
– Credimi Killian! Ha avuto un atteggiamento, quando è sceso dalla nave, che mi ha dato seri sospetti! È raro che io sbagli a pelle!
– Non ci pensare oltre Swan! Nell’infermeria dovrebbero esserci dei Sali … prendili per favore, magari lo facciamo riprendere prima!
– Corro!
 
 
Killian, sorridendo, la vide correre veramente verso la scaletta di sottocoperta. Per quanto conosceva Emma sapeva che, con il suo buon cuore, si stava sentendo terribilmente in colpa nei riguardi di Nick.
 
– Amico cerca di riprenderti! Almeno mi darai una mano a risistemare quello che hai rotto!
 
 Emma già stava tornando dall’infermeria con una boccetta in mano. Fu proprio lei ad aprirla e, inginocchiandosi affianco a Nick, a mettergliela sotto le narici. L’uomo inalò la sostanza e ebbe un soprassalto, riaprendo gli occhi e annaspando con le mani.
 
 – Calmo, calmo Nick!
 
L’uomo batté le palpebre e si portò la mano destra alla testa, nel punto indolenzito.
 
 – Ti ricordi come ti chiami e dove sei?
– Dannazione Killian! Certo che mi ricordo chi sono e dove sono! Perché cazzo la tua ragazza mi ha dato quella botta in testa non so! Vi ho disturbati mentre facevate “cose turche” per caso?
– Si, decisamente stai benone!
 
Mentre Emma era arrossita e in pieno disappunto per la frase finale di Nick, Killian rideva contento.
 
– Ci sei andato vicino vecchio mio!
Emma a sentire Killian che stava confermando, avrebbe ripreso l’estintore per darlo anche in testa a lui, ma bastò l’occhiataccia di fuoco che lanciò al Capitano per farlo zittire.
 
– Va bene! Ora vediamo se riesci a rimetterti in piedi Nick! Emma mi dai una mano?
 
Nick era alto qualche centimetro più di Killian e aveva una massa muscolare abbondante. Emma fece la sua parte per aiutare i due uomini.
Nick in piedi barcollò nuovamente.
 
– La testa mi gira come una trottola!
– Maledizione! Devi startene allungato senza muoverti. Non te ne puoi andare questa sera. Non puoi guidare il motoscafo!
– Hai sonnolenza?
 
Anche Emma si stava interessando dei danni che gli aveva provocato.
 
– Mi sento bruciare gli occhi e avrei voglia di dormire veramente!
– Ti ho provocato un bel trauma cranico! Mi dispiace Nick!
 
Nemmeno si era resa conto di essere passata a dare del tu anche a Nick e pure lui non sembrò farci caso.
 
– Portiamolo nella sua cabina Emma. Poi io vado a sistemare il guasto.
– No vecchio mio! Sto benone! Ce la posso fare! Prima rimettiamo a posto la Jolly, poi mi allungherò un po’!
– Sei sicuro Nick?
– Certo dai! È necessario rimettere in funzione tutto!
 
Invece che nella sua cabina, Emma e Killian aiutarono Nick a salire le scalette del cassero di poppa ed entrarono nella cabina di comando.
 
– Emma tu puoi pure scendere. Magari prepari qualcosa per cena se vuoi!
 
Emma ci pensò un attimo. Non le andava di lasciare Killian con Nick, qualcosa ancora non le quadrava del tutto riguardo a lui, ma vista la grande fiducia che egli nutriva per il suo amico, accennò un consenso, annuendo con la testa, e scese sottocoperta alla volta della cambusa.
Nick e Killian si guardarono in viso. Il Capitano notò che il livore del colpo stava scendendo verso l’occhi dell’amico.
 
– Piena di risorse la tua ragazza! Pensava volessi farti del male?
– Si. Credeva mi stessi puntando una pistola e sospetta che tu abbia sabotato la nave!
– Per il sabotaggio ha ragione! Almeno il tuo piano è andato in porto?
– No! E a causa tua veramente!
– Non mi dire …
- Stavo per dirglielo ma si è sentito il colpo alla fiancata e siamo saltati giù dal letto …
- Dal letto?! Avete lavorato parecchio sul caso in queste ore vedo!
 
Nick ridacchiò ironico e Killian lo guardò torvo.
 
– La sua parte Emma l’ha fatta. È convinta che Gretel e gli altri siano stati uccisi da una donna alta sul metro e sessanta!
– Corrisponde al tipo fisico di Paula Santa Cruz mi pare!
– Non per nulla pensava tu fossi colluso con lei e che avessi sabotato la nave per venire poi ad uccidermi con calma e fuori della portata dei soccorsi!
– Mmm! Sarebbe stata una buona idea tutto sommato!
– Vero? Sarà per un’altra volta Nick! Ora vediamo di risistemare il pezzo mancante!
– La tua idea di tornare veleggiando era romantica però! Peccato che ti si siano rotte le uova nel paniere amico!
– Non farti sentire da Emma o ci rimanda a riva a nuoto piuttosto!
– Mmm! Tipa tosta e bellicosa?
– La donna più dolce e tenera del mondo! Ha un cuore d’oro, ma mai farla incazzare!
– Se è così! Povero te quando le dirai tutto!
– Te l’ho detto stavamo a buon punto …
- Bella tecnica la tua! Te la stavi lavorando prima a letto!
– Oh! Basta ora! La amo e la voglio sposare! Prima o poi dovrà sapere come stanno le cose!
– Credo tu debba sbrigarti a sentire Seb!
– Lo farò appena risistemato qui … passami il convertitore!
 
Killian era sdraiato per terra, con la testa e il torace sotto la consolle dei comandi. Una serie di fili pendevano e lui li stava ricollegando uno ad uno. Si sentì un rumore per la scaletta.
 
– A che punto siete? Avete capito qual è il danno?
– Tesoro? Si tranquilla! Per fortuna Nick mi ha portato il convertitore!
– Sei un vero espetto Nick! Come hai capito che a Killian serviva proprio un convertitore se non hai avuto modo di comunicare con lui?
– Io … beh … ecco … un caso … si un caso! La Jolly era completamente isolata … niente campo, niente internet … poteva essere solo quello no?
– Si, infatti era quello che mi serviva … Nick attiva i comandi!
 
Mentre Emma aveva dipinta sul viso un’espressione scettica sulla veridicità di quanto detto da Nick, lo vide traballare mentre si rimetteva in piedi per attivare i comandi. Lo vide armeggiare sulla consolle  e poi, improvvisamente, il rumore che si sentì, fece capire a tutti i presenti che la Jolly Roger fosse di nuovo in funzione.
 
– Urrà!
 
Killian uscì da sotto la consolle e si scambiò il cinque con Nick, ridendo entrambi. Emma ebbe una specie di illuminazione e in quel momento li percepì molto complici, ma qualcosa ancora le sfuggiva …  
 
- Ho trovato in cambusa degli hamburgers surgelati … li metto nel microonde se siete d’accordo!
– Per me va benissimo! Ho una bella fame! Tu Nick?
– Io ho fatto poco moto rispetto a te amico! Non ho molto appetito, anzi … forse un po’ di nausea!
 
Nonostante il rossore sulle sue guance, per il sottointeso riferimento a lei e Killian, Emma si preoccupò per lui.
 
– Mi dispiace Nick! Deve essere una conseguenza del colpo che ti ho dato! Ti preparo una minestrina magari!
– Sei un tesoro Emma! Credo riuscirò a perdonarti per il trattamento di prima! Il nostro eroico capitano mi ha spiegato i tuoi motivi!
– Eroico?
– Certo! Ma Killian non le hai detto che mi hai salvato la vita da ragazzo?
 
Guardando in viso sia Killian sia Emma, Nick capì che il suo amico non gli aveva raccontato di quell’episodio.
 
– Non ci posso credere! Per far colpo sulla tua ragazza potevi raccontargliela l’impresa!
 
Emma guardò interrogativa Killian.
 
– Sono passati anni Nick! Ancora ci pensi?
– Non sarei qui a farmi prendere a botte in testa dalla tua donna se tu non mi avessi salvato la vita!
 
Emma si stava incuriosendo ed era sorpresa di vedere quel tratto di modestia in Killian, il quale, con un gesto della mano, stava scacciando il ricordo come qualcosa di poco importante.
 
– Te lo racconto io in breve Emma!
– Nick! Non puoi proprio farne a meno?
– Vai avanti Nick! Sono curiosa!
– Fu l’estate dei nostri quindici anni! Mio padre era lo skipper di suo zio Henry O’Danag. Ci eravamo spinti in alto mare con il vecchio veliero. Eravamo in vacanza e suo zio e mio padre ci portavano in mare con loro per giorni. Anche Liam era con noi, ma lui preferiva seguire mio padre nella guida del veliero. Ci ritrovammo sulla rotta dei salmoni e Henry con papà decisero di darsi alla pesca. Non era la prima volta. Quando lo facevano gettavano le reti, mio padre era un abile pescatore a rete, poi selezionavano i pesci ancora vivi e prendevano il minimo di ciò che gli interessava, ributtando in mare gli altri piccoli o le femmine. Disgraziatamente, mentre richiudevano la rete per tirarla su, io scivolai dal parapetto dove stavo in piedi reggendomi ad una cima. Caddi nella rete spezzando la corda che la stava stringendo e tirando su. Fu un disastro! La rete pesante, con me e i pesci dentro, si inabissò! Mio padre credette di avermi perso per sempre! Lui ed Henry presero le bombole di ossigeno per gettarsi in mare e salvarmi, ma Killian capì che non c’era tempo da perdere. Con un coltellino a serramanico che gli aveva regalato suo padre, si buttò in acqua prima che loro montassero le bombole. Forse non lo sai! Nuota meglio di un pesce! E in apnea riuscì a tagliare la rete! I pesci scapparono via in un attimo e io ancora avvolto dalla rete fui riafferrato da lui non so come! Insomma, riuscì a riaffiorare con dei lembi di rete tra le mani e gli altri mi issarono a bordo! Non so quant’acqua salmastra avessi bevuto e quanta ne avessi nei polmoni! Avevo visto la sagoma di Killian venire giù verso di me, ma ad un certo punto avevo perso conoscenza! Bruttissima sensazione quella di soffocare per annegamento!
 
Emma era rimasta senza parole e con il fiato sospeso a sentir raccontare quell’avventura. Killian aveva rischiato la sua stessa vita per salvare quella di Nick quando erano due ragazzi. Era possibile che ora Nick volesse ucciderlo? La cosa le sembrò improbabile e si sentì ancora più in colpa per aver pensato male del giovanotto.
 
– Quando lo raccontammo al nostro amico Jamie non ci voleva credere! Che tipo  che era pure lui! Peccato che non sei riuscito a salvare anche lui Kil
– Già … peccato …
 
“Jamie”
 
Quel nome non era nuovo ad Emma. Killian lo aveva nominato poco prima, dicendo che con lui e Nick erano inseparabili da ragazzi. Cosa era successo a Jamie? Killian aveva distolto lo sguardo, chiaro segno che quella fosse una ferita ancora dolorosa per lui. Preferì non chiedere altro.
 
– Grazie del racconto Nick! Vado a preparare gli hamburgers. Ci vediamo sottocoperta tra una ventina di minuti. Per te minestrina Nick, poi ti allunghi nella tua cabina, quel colpo in testa non ti ha fatto bene di sicuro!
– Alla faccia! Gli sono tornati alla memoria anche i vecchi ricordi! Possibile invece che gli abbia fatto bene Dottoressa!
 
Nick fece una smorfia a Killian e questi rise divertito. Emma capì che la battuta di Killian serviva a stemperargli il ricordo doloroso che Nick gli aveva rinnovato nominando Jamie.
 
– Comunque dopo cena a letto!
 
***
La cena non fu eccezionale, ma l’appetito è sempre il miglior condimento, quindi anche se gli hamburgers erano congelati, furono passabili. Durante la cena Nick le raccontò qualche altro aneddoto su Killian ragazzo e dopo si chiuse nella sua cabina per riposare. Emma e Killian si rimisero al lavoro.
Con la scusa di controllarle il funzionamento del cellulare, Killian le rimise la sim nel modo esatto. L’aveva invertita quando lei aveva lasciato la borsa nella loro cabina, per quel motivo non aveva assolutamente campo!
 
– Swan ora funziona anche il tuo cellulare! Wow! Hai un sacco di chiamate e messaggi!
 
Emma sentì i vari bip di avviso chiamata che arrivarono uno dopo l’altro.
 
– Dammi! Figuriamoci anche le e.mail!
– Bene! Allora rimettiti al PC, io vado a chiamare Seb!
 
Mentre lui andava sopra coperta per raggiungere la cabina di comando e mettersi in contatto con l’Agente Scelto Sebastian Jefferson. Emma aprì i vari sms di Olden e Graham per passare poi alle loro e.mail.
 
Quando il Capitano scese nuovamente da lei, con un’espressione tetra dipinta sul viso, la trovò davanti allo schermo del portatile con gli occhi sbarrati per la sorpresa.
 
– Graham ti ha fatto sapere di Eloise?
– Eloise? No! Che centra lei? Olden mi doveva mandare le foto della Santa Cruz. Come ti avevo detto sospettavo fosse la stessa Penelope. Non mi ero sbagliata infatti! Mi dispiace per Olden, si era preso una bella sbandata per lei!
– Quindi era tutto come pensavi! Sei veramente in gamba Swan!
– Non è finita lì Killian!   Avevo chiesto di prendere informazioni pure su Alexandra Pereira e lo hanno fatto. Mi hanno inviato le sue foto.
– Quindi?
– Alexandra Pereira esiste veramente o meglio … esisteva! La donna che ha viaggiato con me sull’aereo non è quella delle fotografie. Sono abbastanza fisionomista per dirti che quella che si è fatta passare per la Pereira sull’aereo, altri non è che Paula Santa Cruz! Olden ha fatto una serie di controlli crociati anche riguardo ai voli e ha sospettato che Paula fosse Alexandra. Solo io potevo fare adesso il confronto e posso confermare di aver viaggiato con Paula Santa Cruz. Avevi ragione anche tu Killian quando hai detto che la voce al cellulare ti sembrava familiare. Non era solo per l’accento  che tu avessi quell’impressione!
– Quindi ora sappiamo con certezza che Paula Santa Cruz è in Irlanda. Ti ha seguita per arrivare a me e a quanto pare c’è riuscita! È arrivata fin sotto il mio appartamento e ha messo quella lettera minatoria! Come Penelope Diaz ha ottenuto parecchie informazioni su di te da Olden, altre, da quello che ho saputo da Seb, le ha ottenute da Tony Manguso facendogli visita in carcere, sotto l’identità falsa di Alexandra Pereira! Si sta vendicando eliminando i miei agenti e vuole eliminare anche me! Ma questo non le è bastato …
- Perché? Che altro hai saputo?
– Seb mi ha appena detto che poco fa ha scoperto, con il tuo collega Graham, che prima di partire per l’Irlanda ha ucciso Eloise Gardener!
– Eloise?!
– Non sono riuscito a proteggerla abbastanza poveretta! Se era lei al processo, e di sicuro lo era,  avrà seguito Seb quando ha riportato Eloise in comunità dopo la testimonianza. L’ha uccisa con una overdose nel suo chiosco di fiori. Il cadavere lo stanno ancora esaminando, ma è sicuro che sia stata lei.
– Come fanno a dirlo?
– Alexandra Pereira risultava in più occasioni sulla sua agenda e l’ultima cosa che ha scritto prima di morire è stato il suo nome. Forse non aveva capito che fosse Paula o forse è stato un modo per lasciarmi scritto sotto quale identità si nascondesse … non so cosa abbia potuto pensare in quegli ultimi momenti … aveva già sofferto tanto … non meritava di finire così!
 
Killian era veramente dispiaciuto. Emma sapeva che comunque teneva a quella donna, l’aveva sposata per darle la cittadinanza e farle cambiar vita, per lei e per la  figlia Alice.
Vedendolo così non poté fare a meno di alzarsi dalla sedia e abbracciarlo.
 
– Mi dispiace Killian, sinceramente! Che sarà ora della piccola Alice?
– Alice è diventata mia figlia con il matrimonio. Sono l’unico parente che legalmente le risulta. Ho dei doveri nei suoi confronti e il primo per ora è di arrestare l’assassina di sua madre!
 
Emma gli portò le mani alle guance e lo guardò negli occhi. Erano meravigliosamente azzurri come sempre, ma c’era in essi una luce furente di rabbia.  Sentì le braccia di Killian cingerle la vita e attirarla maggiormente a sé. Poi lui affondò il viso tra i suoi capelli e il suo tono diventò più dolce.
 
– Avrebbe potuto fare del male anche a te Love! Non me lo sarei mai perdonato, anche peggio del rammarico che ho per la povera Eloise!
– Tu hai fatto quello che potevi Killian! Ma quella donna è diabolica! Ora sappiamo sotto quale identità si celi e sappiamo che è a Dublino. Io ho il suo numero di telefono e possiamo rintracciarla e prenderla in trappola!
– Lorna ha visto giusto a mandarti da me Emma! Sei straordinaria. Già per me lo eri, ora ho scoperto quanto tu sia professionale e in gamba! Se Nick fosse stato veramente un malintenzionato mi avresti salvato la vita anche da lui. Ti amo Emma! Non puoi immaginare quanto!
 
Per sugellare e confermare quella ennesima dichiarazione, Killian inclinò il capo, cercò le morbide labbra di Emma con le sue e, con una carezza della punta della  lingua, gliele schiuse, lei rispose immediatamente al richiamo e si fece trovare. Il bacio diventò progressivamente più ardente e le loro mani più avide della loro pelle, insinuandosi sotto le rispettive magliette di cotone.
Inspirando Killian si sciolse controvoglia da quel dolce abbraccio.
 
– Vado ad informare Nick e controllo come sta! Dobbiamo escogitare un piano per catturare Paula Santa Cruz e tu dovrai essere l’esca. Aspettami nella nostra cabina, torno subito!
 
Lei sarebbe stata l’esca …
 
Emma rimuginava mentre Killian si allontanava. Certo. Era d’accordo con lui. Aveva un appuntamento in sospeso con l’Avvocatessa Pereira, poteva essere una buona scusa per trovarla e consentire alla polizia di arrestarla.
Quella sarebbe stata l’ultima notte sulla Jolly Roger. Il cerchio si stava chiudendo. Il giorno dopo ci sarebbe stato un nuovo pericolo da affrontare e quel pericolo si chiamava Paula Santa Cruz!
 
***
Con indosso solo l’intimo, Emma si mise a letto, sotto il lenzuolo. Era buio fondo ormai e l’aria calda e umida. Il climatizzatore aveva ripreso a funzionare e presto la temperatura nella cabina sarebbe stata ottimale. Killian ci mise più tempo di quanto pensasse e quando arrivò si tolse la maglietta e i pantaloncini, restando con gli slip. Si infilò sotto il lenzuolo, al suo  fianco.  Emma si portò con la testa sul suo petto, mentre con la mano lo accarezzava lentamente sul torace. Lui le imprigionò la mano con la sua e la tenne sul punto corrispondente al cuore, poi le baciò la sommità della fronte.
 
– Nick sta meglio, ma domani non gli farò guidare il motoscafo. Lo traineremo con la Jolly! Gli ho detto come stanno le cose e gli ho dato le indicazioni per la trappola alla Santa Cruz. Non vede l’ora di vederla in faccia! Tu la chiamerai e le darai un appuntamento in un Pub, è quello che voleva in fondo! I miei uomini e l’Interpol si piazzeranno ben prima sul posto. Non dovrà sfuggirci!
 -  Non ci sfuggirà amore mio!
 
I pensieri che mulinavano nel loro cervello erano tanti e il silenzio calò tra di loro, solo il calore dei loro corpi e il battito cardiaco li manteneva vigili e stretti l’uno all’altra. Poi Killian ruppe il silenzio.
 
- Emma  volevo dirti delle cose …
- Si?
– Stavo per farlo quando è arrivato Nick!
– Si è vero!
– Volevo dirti di Gold, il giorno che ti hanno fatto l’attentato …
 
Emma si alzò con la testa a guardarlo negli occhi, sorridendo.
 
– No Killian! Non mi ricordare quel momento! Parlami di te piuttosto! Non so tanti dettagli della tua infanzia! Non sapevo che avessi salvato la vita a Nick e non so di quell’altro tuo amico … Jamie! Nick ha detto che lui non sei riuscito a salvarlo. Ho visto che ti sei accigliato … cosa è successo con lui? Puoi raccontarmelo se vuoi!
 
Killian fece un profondo sospiro.
 
– Quello è stato un altro grande dolore nella mia vita. Jamie era il mio amico più caro e se ho scelto di entrare nella D.E.A. lo devo a lui. Quando decisi di scappare da mio padre a Boston simulai di essere ad un ritiro calcistico per una partita da tenere il giorno di San Patrizio. Jamie era il capitano della nostra squadra, io il cannoniere e Nick un difensore. La partita la organizzammo veramente e Jamie con Nick mi coprirono con Zio Henry. Quello che successe a Boston lo sai e quando tornai lo dovetti raccontare a Jamie che intanto si era beccata una bella punizione da suo padre, quando aveva scoperto l’inganno con mio zio. Jamie era maggiore di me di un paio di mesi e il padre gli impedì di prendere la patente quando doveva fare gli esami, non pagando la scuola guida per punirlo. La punizione non durò molto a lungo e il mese seguente finalmente fece l’esame di pratica brillantemente. Ancora ricordo il pomeriggio che mi chiamò per dirmelo, aveva anche un’altra notizia da darmi e voleva festeggiare …
 
--000--

-  Kil! Che voce hai oggi? Su con la vita amico! Ti sei appena laureato in ingegneria e ancora non hai compiuto diciotto anni! Che altro vuoi? Tra pochi giorni festeggeremo il tuo diciottesimo e scommetto che scorrerà birra a fiumi! Oh! Mi senti?! Che mortorio è questo?!
 
Jamie Heughan era euforico, Killian lo sentiva perfettamente, ma lui non era dello stesso tono d’ umore e il suo amico lo aveva capito bene.
 
Avevano frequentato insieme la scuola media privata fino a 12 anni, poi Killian, diversamente dai suoi coetanei, aveva saltato diversi anni scolastici grazie al suo genio, iscrivendosi molto in anticipo all’Università. Con i vecchi amici giocava a calcio e si vedevano spesso. Jamie era più alto e robusto di lui, sembrava un dio scandinavo con il suo fisico possente, nonostante avesse solo diciotto anni. Oltre al calcio aveva una passione smodata per il Rugby e aveva detto a Killian che voleva presentarsi alle selezioni per la nazionale di Rugby under-21. Suo padre non doveva saperne nulla poiché considerava quello sport troppo violento!
 
– Questa sera esci con me Kil! Ho la macchina del mio vecchio a disposizione! Passiamo a prendere pure Nick e andiamo in discoteca! Non accetto rifiuti, te lo dico subito! Ho da festeggiare una cosa!
 
A Killian non era rimasto che assentire e alle 20,00 Jamie si era presentato con la vecchia utilitaria di suo padre. Avevano preso anche Nick e, con una guida piuttosto sportiva, Jamie era ripartito dicendo che li avrebbe  portati in una discoteca che avevano aperto da poco. Per strada anche Nick aveva notato che Killian fosse particolarmente taciturno.
 
– Kil che ti succede? Non sei tu questa sera!
– Lo vorrei sapere pure io Nick! Da quando l’ho chiamato sta così! Ora mi sono stufato, fermo la macchina e parliamo! Siamo o no tuoi amici?
– Infatti! Se non ti sfoghi con noi con chi lo fai?
 
I due ragazzi erano stati convincenti e Killian decise di confidare i suoi pensieri.
 
– Vi ricordate a marzo scorso quando ho combinato quel casino per andare a Boston?
– Amico chi se lo scorda?! Ho pagato le conseguenze fino al mese scorso! Per mesi mio padre mi ha tenuto puntato! Non so come si è convinto alla fine a lasciarmi prendere la patente!
– Forse perché ti sei deciso a studiare a scuola e a prendere oltre la sufficienza Jamie?
 
Jamie aveva riso alla risposta di Nick. Loro due ancora andavano al liceo, penultimo anno, e frequentavano la stessa classe. 
 
– Beh! Non vi ho detto tutto di quella brutta avventura!
– Che altro devi dirci oltre al fatto che ti hanno rapito i tizi che ti hanno fatto lo sfregio sotto l’occhio?
– Che mi avevano costretto a rapinare bancomat per loro lo sapete …
- Certo …
- Non sapete cosa è successo quando i Federali mi hanno preso …
- Mi pare che ti hanno rilasciato poiché hai collaborato per acciuffare quei bastardi!
 – Si Jamie! Tutto vero, ma io avrei dovuto scontare una pena in riformatorio. Ho dovuto prendere degli accordi con il Bureau e zio Henry …
- Accordi? Di che genere? Tu ne sai qualcosa Jamie?
– No Nick, lo sto sentendo ora!
– Loro hanno una sezione speciale, “I cacciatori di cervelli” la chiamano e la Psicologa con la quale parlai mi propose di entrare nel Bureau e mettere al servizio dei Federali le mie capacità e il mio genio!
– Figoo!
– Mi venga un colpo Kil!
– L’accordo era che finito di laurearmi sarei dovuto partire per la loro scuola di addestramento di Quantico. Oltre all’addestramento avrei potuto specializzarmi ulteriormente e acquisire un’altra Laurea …
- Aspetta, aspetta Kil! Stai dicendo che devi partire per l’America?
– Si Jamie!
– Quando Kil?
– Molto presto Nick!
– Wow!
– La questione è che io non voglio più tornarci in America e non ho nessuna voglia di entrare all’Accademia di Quantico! Non mi interessa proprio lavorare per il Bureau!
– Cazzo! Questa è tutta un’altra storia Killian! Ora capisco quella faccia! Sei obbligato!
– E se non ti presenti?
– Facile Nick! L’Interpol mi dovrà arrestare no?
– Miseriaccia! Sei in un guaio amico!
– Lo sapevo già, ma grazie per averlo specificato Jamie!
– Quindi che farai adesso?
– Quello che devo no?! Andrò a Quantico e cercherò di essere il cadetto più imbranato che abbiano mai avuto! Saranno talmente disperati da dovermi cacciare a calci nel culo!
 
Jamie e Nick erano scoppiati a ridere con lui.
 
– Questa è una grande idea Kil, degna del genio che sei!
– Grazie Jamie!
 
Quella risata era stata liberatoria e a Killian era tornato il buonumore.
 
– Ma tu piuttosto che dovevi dirci Jamie?
– Io? Non ci crederete ma ho superato la selezione per la Nazionale Rugby!
– Wow!
 
Killian e Nick avevano fatto insieme quell’esclamazione, felici per il successo del loro amico.
 
– Ma con tuo padre ora come ti metti?
– Sono maggiorenne no?
– Si ma conoscendo il Dottore non gli fregherà un fico secco che sei maggiorenne!
– Lo so Nick! Per questo verrà l’allenatore della Nazionale a casa mia per parlargli! Pensate che faccia mio padre quando si troverà davanti nientemeno che il Mister della Nazionale Rugby Under -21!
– Pensi sarà intimorito più dal prestigio o dalla stazza?
- Entrambi le cose Kil!
 
Giù un’altra risata del trio e poi Jamie rimise in moto alla volta della nuova discoteca.
Arrivarono dopo una ventina di minuti. Altri giovani erano fuori dal locale, in fila per entrare. Un paio di buttafuori controllavano l’entrata e, visionati i biglietti, mettevano un timbrino sulla mano dei clienti. Killian si era guardato intorno e non aveva visto nessuna sua conoscenza, ma Jamie aveva salutato qualcuno, contento dell’incontro.
 Killian chiese a Nick chi fosse la brunetta col caschetto e questi rispose che era una nuova compagna di scuola, arrivata dall’Inghilterra da poco. La ragazza si chiamava Caitriona ed era alta sul metro e ottanta. Vicino a Jamie non sfigurava affatto, ma a Killian non piacque granché. Che fosse una che ci stava era piuttosto palese e il suo modo di strofinarsi a Jamie infastidì Killian. Era una vera sfacciata e lui preferiva ragazze meno civettuole. Jamie però era felicissimo di aver incontrato la ragazza e Killian si arrese all’idea che al suo amico la tizia piacesse parecchio.
 
La musica spaccava i timpani nel locale e le luci erano soffuse, con bagliori intermittenti lanciati da faretti con luci psichedeliche. I tre amici, con Caitriona e un’altra sua amica bionda, si misero seduti ad un tavolo e ordinarono birra. Dopo la prima lattina ne scolarono un’altra a testa e la biondina, che si stava interessando a Nick, gli chiese di ballare. Nick, mettendole un braccio intorno alla vita, salutò allegramente gli altri e si buttò nella mischia con la giovane. Jamie e Caitriona flirtavano vistosamente e Killian si stava sentendo d’ incomodo. Gli tornò il malumore e si pentì di essere andato in quel luogo rumoroso e fastidioso, non aveva mai amato troppo quegli ambienti affollati, rumorosi e fumosi! A lui piacevano i luoghi aperti, il mare in particolare, e la musica tradizionale irlandese, con le sue sonorità allegre. Apprezzava anche musica Rock, gli piacevano i Depeche Mode e il loro abbigliarsi in pelle …
 
 - Jamie il tuo amico è di poca compagnia o sbaglio?
– Lascia perdere Caitriona! Ha i suoi motivi per stare a terra questa sera!
– Ti ha lasciato la ragazza?
 
Killian rivolse uno sguardo abbastanza velenoso alla bruna, chiedendosi che ci trovasse  in quell’oca Jamie.
 
– Se vuoi ho io qualcosa per tirarti su Killian!
 
La ragazza aveva portato le mani alla borsetta e stava tirando fuori qualcosa.
 
– La vuoi una caramellina?
– Che caramellina?
 
Killian l’aveva guardata con sguardo diffidente, mentre lei faceva vedere sul palmo della mano quattro o cinque pillole colorate.
 
– Non so che ci sia in quelle “caramelline” come le chiami tu, ma io non sono il tipo che s’impasticca! I miei problemi li risolvo in altri modi!
– Ma dai Kil! Per una volta! Mica sarà veleno no?
 
Con una mossa veloce e sbarazzina, Jamie aveva preso dal palmo di Caitriona una delle pillole e in un attimo l’aveva mandata giù con un sorso di birra. La bruna aveva riso e lo aveva imitato.
 
– Sei impazzito Jamie? Quella roba non ti farà bene!
– Sei proprio un ragazzino “amico di Jamie”! Questa roba ti carica che tu non t’immagini. Puoi ballare per ore e non senti fatica e poi ti sembra di volare e tutte le sensazioni si amplificano! Dai Jamie, andiamo a ballare! Il tuo amico non capisce niente!
 
Jamie euforico si era allontanato sulla pista con Caitriona, lasciandolo lì arrabbiato e disgustato. Che il suo migliore amico volesse divertirsi ci poteva stare! Ma in quel modo non gli andava a genio per niente!
Restò ancora per un po’ seduto al tavolo, poi si alzò e andò al bancone ad ordinarsi qualcosa di alcoolico. Notò che il barman non gli chiedesse nemmeno l’età, forse aveva capito che sui diciotto anni ci fosse, in fin dei conti era alto sul metro e ottanta, meno possente di Jamie, ma aveva già un fisico atletico, se pur snello.
Dopo poco Jamie e Caitriona gli si affiancarono per prendere un Cocktail. Erano sudati fradici e piuttosto su di giri.
 
– Quelle caramelline funzionano veramente! Dammene un’altra Cai!
 
Killian sentì a malapena quello che Jamie gridava all’amica, ma vide che questa gli passasse un’altra di quelle maledette pastiglie colorate. Non fece in tempo a fermarlo dal prenderla e si arrabbiò con lui per averlo fatto nuovamente.
 
– Che cazzo fai Jamie?! Ti sei visto in che condizioni stai?!
– Smettila di farmi da balia Kil! Te l’ho detto che questa sera mi voglio divertire no? Trovati una ragazza e datti da fare bello!
– No! Ce ne andiamo a casa Jamie!
– Che palle Kil!
 
Jamie gli si era rivoltato contro, quando lui lo aveva afferrato per un braccio con l’intento di portarlo fuori, e gli aveva dato un tale spintone, con quei muscoli possenti, che lo aveva mandato lungo per terra. Caitriona aveva riso divertita rimettendosi in braccetto a Jamie e allontanandosi nuovamente sulla pista da ballo, mentre Killian si rialzava sotto lo sguardo divertito di chi aveva assistito alla scena.
 
– Bellezza! Sei geloso del tuo ragazzo?
 
Arrabbiato com’era, sferrò un pugno in pieno viso al tizio che lo aveva apostrofato in quel modo, dandogli dimostrazione di una virilità che quello non aveva sospettato. Guardò ancora verso Jamie prima di uscire dal locale. Non lo aveva mai visto in quello stato di euforia e agitazione estrema. Sicuramente era l’effetto della droga che aveva assunto.
Uscì dal locale e respirò l’aria frizzante e fredda di metà gennaio. Nemmeno un quarto d’ora dopo lo raggiunse affannato e con un’espressione preoccupata Nick.
 
– Dove diavolo ti eri cacciato Kil?! Aiutami! Jamie sta male, dobbiamo portarlo fuori a prendere aria!
 
A Killian si erano drizzati i capelli in testa. Quelle due “caramelline” avevano dato una brutta reazione a Jamie, ne era sicuro!
 
Entrò nuovamente nella discoteca correndo. Jamie era per terra e si era fatto un crocchio di gente intorno a lui.
 
– Fateci passare!
 
Aveva spostato con violenza chi gli impediva di arrivare al giovane e poi si era abbassato vicino a lui. Caitriona era inginocchiata al suo fianco e gli reggeva la testa. Il giovane era zuppo di sudore, Killian pensò che avesse buttato litri di acqua fuori dai pori. Che diavolo gli stesse succedendo a Jamie non riusciva a capirlo!
 
– Jamie che ti senti?
– Ho un forte dolore al petto Kil! Non riesco a respirare!
– Ti porto all’ ospedale Jamie! Dov’è la chiave della tua macchina?!
– I n  tass ca ..
– Nick presto! Portiamolo fuori! Lo dobbiamo caricare in auto!
 
Altri due ragazzi li aiutarono a portare il loro amico fuori e a metterlo sul sedile posteriore della sua auto. Killian non aveva ancora la patente, ma sapeva guidare.
 
– Kil se ci ferma la polizia passi un altro guaio, non hai la patente!
– Nemmeno tu Nick, ma se aspettiamo un’ambulanza potrebbe essere tardi!
 
Jamie era accasciato sulle ginocchia di Caitriona, seduta accanto a lui sul sedile posteriore. La ragazza gli accarezzava la testa, con un’espressione dispiaciuta e preoccupata.
 
– Fallo parlare Cai! Tienilo sveglio! Fai qualcosa di buono! È colpa tua se sta così!
 
La ragazza iniziò a piangere chiamando Jamie. Killian aveva portato l’acceleratore a tavoletta, voleva arrivare all’ospedale prima che fosse troppo tardi!
Forse a malapena vide la strada che stavano percorrendo. Non c’era molto traffico, ma chiamando Jamie dal posto di guida, si rese conto che non rispondeva più …
 
--- 000---
 

- I medici poterono solo accertare che fosse morto … Ti risparmio la descrizione dello strazio dei genitori, il funerale … la folla dei nostri amici, compagni, conoscenti e non che parteciparono …
- Oh! Killian … mi dispiace veramente tanto! Hai fatto di tutto per dissuaderlo e aiutarlo!
– Non ho fatto abbastanza Emma! Né per Eloise, né per Jamie … non è mai abbastanza! Una settimana dopo il funerale, io che non volevo diventare cadetto a Quantico, partii per diventarlo! Decisi che avrei studiato, sarei stato il miglior cadetto possibile! La mia idea era di entrare nella D.E.A. combattere quel mondo infame del narcotraffico! Vendicare in qualche modo la morte di Jamie!
– Lo hai fatto brillantemente Killian! Tanto che ti hanno dato la possibilità di creare una Squadra Speciale in incognito!
– Non è stato abbastanza nemmeno quello! Sono morti agenti in gamba e ancora non sono riuscito ad assicurare l’assassino alla giustizia!
– Lo farai molto presto amore mio!
 
Emma si spostò con il torace più su di come stava, per avvicinarsi alle labbra di Killian. Iniziò a baciarlo dolcemente. Voleva farlo calmare, gli voleva regalare un momento di felicità. Continuò a baciarlo, mentre lui la ricambiava.
Le mani di Killian le accarezzarono la schiena e lentamente le aprirono il gancetto del reggiseno. Lei si sollevò e lui le fece scorrere le spalline lungo le braccia, facendole togliere l’indumento, rimasto con le coppe appese ai capezzoli turgidi. Volle assaporarli uno alla volta dopo aver buttato via il reggiseno di pizzo bianco. I capelli di Emma lo solleticavano sul petto e lei, allungata per metà su di lui, lo accarezzò facendo scendere la mano destra lungo il suo addome, passando con una carezza dietro la schiena, fino ad inserire la mano sotto i suoi slip, spostandoli lentamente dal suo gluteo muscoloso. Killian si sollevò leggermente con il bacino per permetterle di toglierglieli del tutto, poi fu lui a spostare in basso le sue mutandine, accarezzandole le natiche rotonde e morbide.
Si amarono per il resto della notte, senza fare rumore, dolcemente e appassionatamente, con la calma del sentimento che li univa, ormai conclamato e confessato reciprocamente. Emma fu la prima ad addormentarsi dopo che ebbero raggiunto l’acme del piacere. Killian la tenne tra le braccia fino ad addormentarsi anche lui, consapevole di non essere riuscito a dirle del suo ultimo segreto nemmeno questa volta …





Angolo dell'autrice

Abbiamo scoperto qualche dettaglio della giovinezza di Killian, abbiamo saputo chi è realmente Nick, un vero amico, e abbiamo saputo dei dubbi di Killian da ragazzo, nell'entrare a Quantico, dubbi svaniti con la morte per overdose di un amico carissimo. 
Confesso che dubitavo di scrivere la storyline di Killian e Jamie ma qualcuno tra voi lettori, che ama leggere e rileggere questa storia, si è ricordata di Jamie e incuriosita mi ha chiesto cosa fosse stato di lui e se fosse l'amico che aveva portato Killian alla sua scelta professionale. Anche se la storia è triste spero sia piaciuta.
Riguardo all'ultimo inganno ... speriamo che la messa in scena del guasto alla nave sia l'ultima frottola di Killian ad Emma, poichè non è ancora riuscito a dirle quello che nasconde e lui stesso teme che a causa di quanto deve dirle potrà allontanarsi da lui.
Basta così per questa volta! Saluto e ringrazio tutti i lettori, un grazie speciale a chi commenta, a chi mi scrive privatamente con ipotesi e teorie, grazie veramente!
Buona settimana a tutti.
Lara
 

 
 

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Capitolo 54
*** Appuntamento letale ... ***


              Capitolo 54              
 
 
Appuntamento letale …
 
 
Il fresco piacevole, di quel mattino di luglio, colse Killian mentre si destava.
Lo sciabordio, lento e costante, delle onde contro lo scafo dello yacht e il suo movimento oscillatorio, avevano cullato il sonno  di Emma e Killian in quella loro ultima notte a bordo.
Il giovane Capitano si voltò sorridendo verso il suo fianco destro, dove Emma dormiva ancora, a pancia in sotto, vestita solo della sua candida pelle. Si tirò leggermente più su, sistemandosi sul fianco, con il braccio destro piegato a sostegno della testa e rimase in quella posizione ad osservarla amorevolmente. Il viso di Emma era voltato verso di lui, con la guancia sinistra poggiata sul cuscino. I capelli scompigliati le ricadevano in parte sul viso, velando le sue palpebre chiuse. Le sue labbra rosse e lucide erano leggermente schiuse, mentre lei respirava piano.
 
“Dolci labbra di ciliegia!”
 
 Killian amava quelle labbra, come amava tutto di lei. Non riusciva a spiegarsi come potessero essere così vivide e lucide anche senza un lipstick. Fece scorrere lo sguardo sulla sua schiena, seguendone la sinuosità, fino ai promontori dei glutei.
 
“Così candida e morbida …”
 
L’idea della morbidezza della pelle di Emma gli fece prudere le dita per il desiderio di sentirla ancora sotto i polpastrelli. Non riuscì a resistere e allungò la mano sinistra sulla sua schiena. Prese prima un lungo ricciolo biondo e, senza che lei se ne accorgesse, lo portò alle labbra baciandolo. Lo fece ricadere gentilmente al suo posto e le sue dita, con tocco leggerissimo, sfiorarono la base del collo di Emma. Lente e leggere scorsero lungo la colonna vertebrale della ragazza, scendendo sempre più in basso, percorrendo la sua colonna come se fosse il sentiero che portava all’incavo dei glutei. Sorrise al ricordo di quei due rosei e rotondi promontori, delineati dal perizoma, il giorno prima. Non si erano arrossati con la cura che vi aveva dedicato spalmandoli di crema protettiva. Doveva ammettere che era stato un momento molto sensuale con la sua Emma. Pensando a quel ricordo, la sua mano finì il tragitto con l’intento di accarezzare l’emisfero a lui più vicino, ma quel desiderio fu interrotto improvvisamente dai brividi che percorsero la schiena di Emma e dal suo svegliarsi. La mano di Killian ritornò velocemente al punto di partenza, come se non volesse farsi scoprire agente nell’inconsapevolezza di lei.
 
Voltata verso di lui, Emma batté le palpebre mettendolo a fuoco, poi, vedendolo che le sorrideva con quella sua espressione tra il dolce e il malizioso, ricambiò il sorriso. Killian le accarezzò la guancia scoperta e le ravviò delle ciocche di capelli dietro la testa.
 
– Buongiorno Swan!
 
Adorava sentirlo pronunciare con quel tono e l’accento irlandese il suo cognome. Lo rendeva qualcosa di bello, come se lui vedesse veramente, nel momento in cui la chiamava, un leggiadro, elegante, bellissimo cigno. Non sospettava minimamente  di quanto avesse intuito la verità della sua impressione, infatti fin da piccolo Killian credeva che i cigni fossero gli esseri più eleganti e affascinanti che il Creato possedesse. Emma per lui era così e se non avesse avuto quel cognome, probabilmente lo avrebbe coniato lui stesso per descriverla.
 
– Buongiorno Capitano!
 
Con la voce leggermente ancora impastata dal sonno, si era sollevata portandosi verso di lui e dandogli un piccolo bacio a stampo sulle labbra sorridenti.
 
– Mmm! Questo è un buon inizio di giornata Swan! Vogliamo renderlo ancor migliore?
Mettendosi nuovamente supino, le aveva circondato il torace con le braccia, portandosela sopra il petto, lasciando che i loro corpi nudi godessero del reciproco tepore. Emma si accomodò meglio su di lui, aprendo le gambe sul suo bacino e facendo combaciare il suo torace con quello di lui, le braccia ai suoi lati e le mani ad accarezzarne il bel volto e i bruni capelli spettinati.
Con i visi così vicini, guardandosi amorevolmente negli occhi, non potevano che desiderare di scambiarsi ancora dolci baci e carezze languide. Erano così desiderosi l’uno dell’altra che, già pronti a doversi separare nel giro di poche ore, sembrava volessero fare incetta del loro amore, favoriti da quegli ultimi momenti sulla Jolly Roger.
Killian sapeva che da lì a poco Emma avrebbe dovuto recitare la parte dell’esca per attirare Paula Santa Cruz. Era preoccupato per lei, doveva fare in modo che ogni dettaglio dell’operazione si incastrasse perfettamente in un unico quadro. La sua Emma non doveva correre pericoli e già dalla notte aveva escogitato un piano.
 
Emma si stava muovendo sinuosamente su di lui, la sua pelle morbida e liscia entrava in attrito con il suo corpo più ruvido e maschio. Mentre la baciava appassionatamente e le accarezzava i fianchi, sentì che aveva ancora bisogno di lei. Le strinse con maggior convinzione le rotondità dei glutei e, con un movimento improvviso del proprio bacino, la ruotò portandola sotto di sé.
Emma sapeva cosa lui volesse, era ciò che voleva anche lei. Distesa sotto di lui, gli accarezzò il petto villoso e risalì lungo il collo fino ai suoi capelli, mentre lui, parlandole solo con gli occhi negli occhi, si insinuava tra le sue gambe pronte ad accoglierlo. Con movimenti complementari ai suoi, Emma lo guidò verso la sua meta e Killian la fece sua con tale passione e desiderio che credette di non riuscire a resisterle. Temendo di non riuscire a regalarle il piacere che voleva offrirle, dovette fare un grande sforzo di volontà, poiché i gemiti e i movimenti sensuali di Emma lo eccitavano allo spasmo. I sentimenti d’amore che nutriva per lei erano di una tale forza e profondità che, pur di farla godere al punto di perdere ogni inibizione, in essi riuscì a trovare la determinazione di resistere, finché lei non lo liberò da quell’impegno, chiamandolo a sé in un sospiro. Allora, finalmente, diede sfogo al suo desiderio, affondò in lei completamente, godendo del suo calore e della sua morbidezza, mentre nell’orgasmo la inondava del suo seme. Emma era scossa dai tremiti e sentiva che anche Killian tremasse con lei. Lo strinse tra le braccia,  per non lasciarlo uscire da sé, era come se temesse che l’avrebbe perso, come se quella potesse essere l’ultima volta che stavano insieme. Nonostante la felicità scatenata dalla forte emozione e dal piacere appena percepito, anche la tristezza si insinuò nell’animo di Emma e, mentre Killian era ancora dentro di lei, ormai rilassato e con il volto tra i suoi capelli dorati, due lacrime le riempirono gli occhi.
 
Killian sentì un singulto uscire dalla gola di Emma, se ne sorprese, poiché era ben diverso dai gemiti di piacere che aveva emesso durante il loro amplesso. Si scostò quel tanto per poggiarsi sulle braccia, ancora sovrastandola, e guardandola in volto le chiese cosa stesse succedendo.
 
– Love stai piangendo?! Ti ho fatto male in qualche modo?
 
Lei scosse il capo in un diniego, senza riuscire a parlare. Lui si spostò al suo fianco con la preoccupazione dipinta negli occhi azzurri,  corrugando la fronte accigliato. Le accarezzò il viso asciugando quelle due lacrime.
 
– Emma dimmi perché stai piangendo per favore! Ti ho fatto piangere troppe volte e non voglio più che accada!
– Sono felice …
- Piangi perché sei felice?!
– No … piango perché appena partirò per Boston non avrò più la stessa possibilità e mi mancherai …
– Amore mio, lo sai che ti voglio vicina ogni giorno della mia vita! Te l’ho detto che non posso più fare a meno di te. Ora non abbiamo nessun impedimento a stare insieme. Non ho più nemmeno il legame con la povera Eloise! Ho quest’ultimo atto da compiere: assicurare alla giustizia Paula Santa Cruz. Purtroppo dovrò coinvolgerti nell’azione, tu dopo ripartirai e io smaltirò le ultime pratiche del caso, ma appena potrò verrò da te a Boston. Alla luce del sole! Questa volta voglio fare le cose per bene con te, devo venire da tua zia, deve conoscere la verità e deve sapere che ti amo più della mia stessa vita …
 
Gli occhi di Emma continuavano ad essere lucidi, ma questa volta per l’emozione provocata dalle parole di Killian.
 
– Mi prometti una cosa Emma?
– Cosa Killian?
– Ecco … potresti prenderti cura di Alice?
– Lo faccio già amore mio …
- Si … lo so … ecco … io ora sono diventato suo padre …
- Per motivi legali si, lo sappiamo! 
- Emma … vorrei che tu ti occupassi di lei come se fossi la sua mamma  e non solo come la psicologa volontaria della Casa Famiglia! Non voglio lasciarla lì, voglio che possa stare con noi due, vorrei tanto che tu e lei diventaste la mia famiglia!
 
Se Killian avesse voluto trovare un modo per toccare il cuore di Emma non ci sarebbe riuscito come c’era riuscito con quella dichiarazione spontanea e sincera. Emma reagì ancora con le lacrime agli occhi, abbracciandolo stretto, facendolo ricadere sul letto e baciandolo su tutto il viso, mentre lui rideva divertito dal suo entusiasmo e dalla sua gioia. Era felice che Emma fosse contenta di quanto le aveva appena detto e stava diventando più sicuro riguardo ad un loro futuro da famiglia.
 
– Ora alziamoci Love! Vediamo come sta il povero Nick, se per caso non dobbiamo portarlo in ospedale con il colpo che gli hai dato ieri pomeriggio!
 
Si alzarono e mentre Emma entrava nel bagno, piccolo ma estremamente funzionale, della cabina, Killian andò da Nick.
 
***
– Ehi! Tutto bene amico?
– N’giorno Kil! Come vedi sono già in piedi, anche se ogni tanto mi gira la testa!
– Appena arriviamo sulla terra ferma ti accompagno in ospedale. Emma c’è andata un po’ pesante con la tua testa!
– Naah! Nulla che io non abbia già sperimentato con il pallone di cuoio del calcio! Vediamo piuttosto di organizzarci per la cattura di quell’assassina!
 
Killian si passò la mano dietro la nuca, imbarazzato e vergognandosi un po’ che dovesse essere Nick a ricordargli di vendicare Gretel e gli altri.
 
– Hai pienamente ragione! Ho già un piano, ma prima aspettiamo che venga anche Emma. Lei fa parte del piano!
 
Emma non tardò a raggiungerli nell’elegante soggiorno, allestito nella zona centrale sottocoperta dello yacht. Aveva messo un jeans leggero con una camicetta bianca di lino, senza maniche, con dei ricami a traforo ai lati delle spalle. Si intravvedeva un reggiseno bianco sotto la stoffa sottile e Killian fu contento che non offrisse mostra del suo seno a Nick, visto i precedenti che gli aveva raccontato  in proposito la stessa Emma. Nonostante l’abbigliamento abbastanza innocente, Nick fece un fischio di approvazione nel vederla. Emma, imbarazzata, si portò la mano ad un boccolo che le ricadeva sulla guancia destra, mentre il resto dei capelli era raccolto in una coda di cavallo alta.
 
– Non farci caso Swan! Deve essere uno dei postumi del colpo che gli hai dato in testa!
 
Nick ridacchiava, consapevole della gelosia del suo amico, ma non poteva non ammettere che la giovane Profiler fosse una splendida donna e, sfidando lo sguardo fulminante del Capitano, lo esternò alla diretta interessata.
 
– Emma sei uno schianto! Anche con un abbigliamento così minimale riesci ad essere elegantissima!
– Si, si va bene Nick! Già lo sappiamo questo! Ora smetti di flirtare con la mia ragazza e vediamo di andare avanti!
 
Emma notò con piacere quel sottolineare di Killian nel definirla “La sua ragazza” e sorrise del suo cipiglio geloso.
 
– Emma vieni nella stanza dei bottoni …
- Stanza dei bottoni?!
– Non ti ha detto nemmeno questo il nostro Captain Hook?
– Cosa Nick?
– Lo dici tu o glielo racconto io Kil?
– Va bene, va bene! Non ci sono misteri per Emma! Ti ho raccontato che zio Henry alla mia seconda laurea vendette il vecchio veliero e mi regalò la Jolly Roger …
- Si, me lo hai detto …
- Fu facendo una breve vacanza con la Jolly, insieme a Nick, suo padre e mio zio, che elaborai la costituzione di una squadra speciale all’interno della D.E.A.
La Jolly Roger è la mia prima base segreta, il fatto di essere una nave le da la possibilità di muoversi in acque internazionali. Ho installato, con l’aiuto di Nick, un potentissimo dispositivo di trasmissione e recezione, come nelle altre basi che uso sulla terra ferma, e quindi ho anche qui la mia sala dei bottoni. 
– Un meccanismo talmente potente che è andato in tilt proprio quando serviva però!
 
L’osservazione di Emma era giustissima e Killian e Nick si guardarono in viso colpevoli. Emma colse il tipo di sguardo e la cosa la lasciò molto perplessa.
 
“Forse Killian si sente in colpa per l’ansia che mi ha provocato il guasto?”
 
Cercò di giustificare mentalmente quello sguardo tra i due uomini, ma qualcosa ancora le sembrava avvolto in una nube di nebbia.
 
– Beh! Effettivamente hai ragione Swan! Se non si fosse guastato il commutatore che Nick mi ha dovuto portato, adesso staremo tornando a vela al porto. Vero Nick?
 
Nick, interpellato, velocemente fece un “si”  ripetuto con la testa, troppo ripetuto per Emma, la quale si chiese ancora se di Nick ci si potesse fidare completamente.
 
– Ho esplorato tutta la nave, ma non ho visto nulla che possa corrispondere ad una stanza dei bottoni come quella di Dublino, a parte la plancia di comando!
 
Killian sorrise, scambiandosi un altro sguardo di complicità con Nick.
 
– Vieni con me Emma!
 
Risalirono sopra coperta e Killian le fece strada verso il cassero di poppa, dove si trovava la plancia di comando. Entrarono e Emma rimase scettica, guardandosi in giro. Non ci potevano essere passaggi segreti, ne stanze nascoste, lo spazio era tutto lì.
 
– Guarda “Donna di poca fede”!
 
Killian fece un cenno a Nick, il quale pose una mano sotto la consolle dei comandi e schiacciò un pulsante invisibile dall’esterno. Improvvisamente, con un leggero ronzio, intorno alla parete circolare, dove poggiavano i comandi, si aprirono dalla consolle delle fessure e salirono lentamente una serie di monitor ultrapiatti, mentre il vetro che dava sul ponte prese una colorazione diversa a causa dei microcircuiti elettronici invisibili che lo percorrevano in lungo e in largo, trasformandosi in quello che fosse veramente, ossia una mappa del pianeta, con dei punti accesi che avevano sicuramente un significato per Captain Hook.
Se la voleva sorprendere con gli effetti speciali, Killian c’era riuscito! Emma era sorpresa e meravigliata del suo genio, che, in quel momento, si era evidenziato con quel lavoro dettagliato che aveva compiuto, chissà in quanto tempo, con Nick.
 
– Non potevi trovarla la mia stanza dei bottoni Emma, non è visibile se io non voglio!
 
Emma rifletté che fosse giusto così, una base segreta ambulante, come la Jolly Roger, non poteva palesare un simile agglomerato di tecnologia spionistica. Se, viaggiando, avesse avuto un controllo di qualsiasi guardiamarina, sarebbero stati guai per Killian. Doveva per forza tenere celata la natura della sua nave.
 
– In un certo senso la tua Jolly Roger è veramente una nave pirata Captain Hook!
– Perché credi che lui abbia mantenuto il nomignolo che si era dato per far pasticci con la carta di credito dello zio?
 
Emma si rese conto, da quelle parole, che Nick conoscesse profondamente Killian e le sue vicende. C’era veramente tra i due l’amicizia e la conoscenza tipica di lunghi anni di condivisione.
– Nick è stato il mio primo agente nautico in incognito! È lui che, come suo padre in precedenza per il veliero di mio zio, si occupa della totale manutenzione dello yacht! Non mi potrei fidare di altri, come mi fido di lui!
 
Emma si chiese se Killian non le stesse dicendo tutto ciò di Nick, per ripristinarle  fiducia nei suoi confronti. Le venne una curiosità, legata alla passione di Killian bambino per la favola di Peter Pan e Capitan Uncino.
 
– Anche a Nick hai dato un nome in codice Killian?
 
I due uomini risero, nuovamente complici.
 
– Ovviamente Swan! Lui è …
- Mister Smee, per servirvi Mylady!
 
Con un teatrale inchino, Nick fece la presentazione di sé con il suo nome in codice. Emma non riuscì a trattenersi dal ridere, pensando che gli uomini restano bambini anche da adulti. Quei due giocavano ancora ai pirati come da ragazzini! Con la differenza che ora non era più un gioco ma una realtà importante e, soprattutto, segreta!
 
Nel giro di poco i due uomini si misero alle loro postazioni. Killian doveva inviare ordini e collegarsi sia con i suoi agenti che con l’Interpol.  Usando l’e.mail ricevuta da Emma, riguardo le foto di Paula Santa Cruz e Alexandra Pereira, riuscì ad elaborare un mix dei due volti e Emma riconobbe il viso della donna che era con lei sull’aereo. Non c’era più dubbio alcuno che quella fosse  Paula Santa Cruz!
Emma era affascinata dalle capacità tecniche e professionali dell’uomo che amava, non lo aveva mai visto all’opera pratica e in effetti poteva ben definirlo geniale. Le mani di Killian correvano leggere e velocissime sulle tastiere apparse da sotto la plancia dei comandi. Non aveva alcun bisogno di guardare i tasti che toccava, attento piuttosto al monitor e alle finestre che apriva e chiudeva secondo la sua necessità. Emma era incantata dalle sue mani e non poteva non pensare che erano in grado di darle, con la stessa leggerezza, un piacere intenso quando percorrevano il suo corpo.
Dovette togliersi quel pensiero dalla mente e tornare alla realtà quando lui la chiamò.
 
– Emma ho inviato l’identikit di Paula-Alexandra! C’è un Pub nelle vicinanze della base di Dublino, che possiamo usare come punto d’incontro tra te e la sedicente Avvocatessa Pereira. È una zona di rientranza rispetto alla via principale, poco trafficata. Tra poco la chiamerai, la intratterrai facendo due educate chiacchiere, così avrò il tempo di rintracciarla sulla mappa. Le darai appuntamento al Pub di cui ti scrivo l’indirizzo su questo foglio, io intanto do ordine di dislocare nella zona i nostri agenti prima dell’orario dell’appuntamento. Tu non dovrai correre nessun pericolo, Paula è infida, potrebbe essere interessata ad ucciderti solo per darmi un grande dolore, ormai sa di sicuro che sei la mia ragazza, credo che, da quanto ha ottenuto parlando con Manguso, sia riuscita a ricollegarti a Kim Steward e da lui a me!
- Stai tranquillo Killian! Non mi succederà nulla e Paula Santa Cruz avrà quello che merita!
 
Emma accarezzò una guancia di Killian. Lui, seduto davanti alla tastiera, era voltato verso di lei. La guardò con un sorriso affettuoso e gli occhi che esprimevano amore e preoccupazione nei suoi confronti. Prese la mano che gli accarezzava la guancia e le depose un bacio all’interno.
 
– Io non sarò distante Love e arriverà il momento che guarderò in viso quell’assassina!
 
Emma si chinò verso le sue labbra per baciarlo e Killian ricambiò.
 
– Se ce ne fosse anche per me avrei anche io una bella carica di energia per l’operazione!
 
Nick, guardandoli, aveva riso facendo quella battuta e i due innamorati si erano sciolti dal bacio.
 
– Nick pensa a fare il tuo lavoro! Invia la richiesta all’Interpol intanto!
 
Nick fece un altro sorrisetto ironico e riprese a digitare sulla tastiera del monitor che controllava lui.
Poco dopo Killian diede il cellulare ad Emma per chiamare Paula. Il cellulare era collegato con la mappa che si vedeva al posto della finestra d’affaccio sul ponte.
Dopo tre squilli si sentì la voce di Paula Santa Cruz rispondere all’altro capo. Killian la riconobbe come l’aveva conosciuta, consapevole ora, che l’avesse identificata già alla prima chiamata che la donna aveva fatto ad Emma. Quel timbro, quell’accento spagnolo …
 
- Emma?! Dottoressa Swan! Non mi aspettavo che mi avrebbe chiamata! Avevo capito che fosse molto indaffarata e mi scuso per quanto sono stata inopportuna la volta scorsa!
– Alexandra, sono io che mi devo scusare! Lei mi aveva rivolto un gentile invito e io non mi sono comportata adeguatamente. Ero di fretta ma  mi sono resa conto dopo che quasi le ho chiuso il telefono prima di farla finire di parlare!
– Tutto passato cara!
 
Killian ascoltava e scuoteva la testa. Quanto era falsa Paula nel parlare in quel modo gentile a Emma!
 
– Come va il suo lavoro? Ha trovato esperti sul narcotraffico?
– In verità non è andata granché bene in questi due giorni! Sto trovando serie difficoltà ad entrare in contatto con agenzie investigative Irlandesi, nonostante i miei pass!
– Mi dispiace Alexandra! Immagino che ci siano situazioni segretate e che la polizia locale sia a sua volta impossibilitata a svelarle!
– Temo sia proprio così! Tornerò in Messico avendo fatto un buco nell’acqua! A lei come va il lavoro?
– Diciamo bene! Anche se non credo di essere stata molto utile per risolvere il caso di cui mi hanno chiesto di occuparmi …
- Di cosa si trattava in particolare?
– Non ne posso parlare Alexandra …
- Chiedo scusa! La mia solita curiosità invadente!
– Non a telefono almeno, ma … se ci vediamo per un saluto e un drink, magari le racconto qualcosa!
– Oh! Mi piacerebbe molto Emma! Mi sento così straniera in questo paese! Non ho un amico qui, e prima di andar via sarebbe bello passare del tempo con lei!
– Io rientrerò a Dublino tra qualche ora. Ci potremmo vedere al Joice Pub per le 16,00. Sa dove si trova?
– Non saprei, sono così poco pratica di Dublino!
– Allora le darò l’indirizzo preciso. È un posto fuorimano, molto tranquillo e per scambiarci qualche confidenza può andare bene. Forse ho anche qualche conoscenza per aiutarla nelle sue ricerche!
– Veramente Emma?! Sarebbe una vera benedizione se lei potesse farmi conoscere qualcuno che si occupa del narcotraffico mondiale!
 
Emma aveva sentito la gioia nella voce di Paula Santa Cruz, davanti all’esca prelibata di poter conoscere qualcuno nell’antinarcos e osò ancora di più.
 
– Sa cosa faccio? Chiamo il mio amico e gli chiedo se è disponibile a raggiungerci al Pub!
– Veramente?!
 
Questa volta Emma immaginò Paula con gli occhi sgranati per l’insperata sorpresa. Con buone probabilità aveva intuito che l’amico potesse essere Killian Jones, ma le volle dare la certezza.
 
– So che Killian è molto impegnato ma a me difficilmente dirà di no!
 
Killian, che le stava vicino, controllando la mappa, le si voltò facendole una linguaccia. Emma riuscì a trattenere una risata, lasciando rispondere Paula.
 
– Ha detto Killian?
– Si, ma non le prometto di riuscire a farlo venire, anche se  lavora non troppo distante dall’indirizzo del Pub!
 
Killian alzò le sopracciglia e Emma si rese conto che forse era meglio non rivelare quell’altro “piccolo” dettaglio, ma ormai stavano per catturarla Paula Santa Cruz e le sembrava solo di rendere l’appuntamento più appetibile.
In poche altre parole comunicò l’indirizzo del Pub a quella che ancora chiamava Alexandra e poi si salutarono cordialmente.
 
– Allora Killian?! Sei riuscito a rintracciare il luogo da dove rispondeva Paula?
– Non posso essere preciso al dettaglio, ma posso dire con certezza che si tratta della zona dove sono stati uccisi i due pushers! Il segnale non era mobile e la cella alla quale si connetteva era rimasta invariata, quindi poteva essere in un locale pubblico o in una casa privata. Darò le coordinate all’Interpol, in modo che facciano un controllo a tappeto in quell’area, vediamo di che posto si tratta!
 
L’aggancio con Paula Santa Cruz era avvenuto brillantemente. Ora non restava che tornare sulla terra ferma per procedere. Tutti coloro che collaboravano con Killian erano stati informati della parte da “recitare”. Emma dovette ammettere che lui non avesse trascurato nessun particolare dell’azione da svolgere, dimostrando di avere delle ottime capacità da coordinatore.
 
– Ora dobbiamo reimpostare la rotta e tornare al porto! Sai quello che devi fare Nick! Alla via così!
 
Mentre Nick prendeva i comandi di guida della nave, Killian schiacciò il pulsante sotto la consolle e la sua stanza dei bottoni ritornò ad essere occultata dalla normalissima sala dei comandi. Lasciando il timone al suo secondo, prese per mano Emma e uscì dal cassero di poppa. Scesero quei pochi scalini. Killian si assicurò che l’ancora stesse risalendo senza intoppi, dopodiché, portando il braccio intorno alla vita di Emma, la condusse verso la prua dello Yacht. L’abbrivio era potente, il motore della Jolly Roger rombava sommesso. La brezza scompigliava i lunghi capelli di Emma e spettinava quelli di Killian, mentre vicini, abbracciati, si sussurravano parole che solo loro sentivano.
Nick li poteva vedere dal cassero e un po’ invidiò il suo amico, quando vide che l’abbraccio diventava sempre più passionale e i due non resistevano a baciarsi come adolescenti. Si rattristò a ripensare a Gretel. Lei non c’era più! Era stata importante nella sua vita, avevano condiviso la nascita della loro bambina e ora la piccola era affidata alle cure dei nonni paterni. Almeno gli era rimasta quella cucciola di quasi cinque anni! Una piccoletta dolce e vivace, con i capelli biondi della madre. Ancora la cercava la notte, ma la nonna sapeva come riconsolarla. La madre di Nick adorava la nipotina e anche suo marito sapeva come farla distrarre il pomeriggio dopo la scuola materna. Gretel non aveva più i suoi genitori e l’unica sorella che aveva viveva a Londra, troppo impegnata nella sua carriera diplomatica per potersi occupare della nipotina!
 
– Piccolina mia! Papà tornerà presto a casa, ma prima con zio Kil dobbiamo arrestare l’assassina della tua mamma!
 
Poco dopo Killian ritornò ai comandi, non poteva lasciare troppo Nick, non stava in piena forma e, arrivati al porto, avrebbe dovuto in ogni caso fare un controllo medico.
Trainando il motoscafo di Nick, la Jolly Roger tornò verso il molo da dove era partita.
 
***
Paula Santa Cruz aveva chiuso la chiamata al suo cellulare. Si guardò allo specchio della spoglia camera da letto dove era ospitata. Vide la sua immagine riflessa, il suo corpo sinuoso vestito da quella aderente sottoveste di seta nera e i lunghi capelli neri e ondulati che le ricadevano sul seno. Il suo viso era pulito, giovane e bello come suo solito. Non portava il cerone e gli altri impiastri che usava per trasformarsi in Alexandra Pereira.
 
- Uff! Dovrò rimettere quegli orpelli sul viso!
– Era Emma?
 
Paula si voltò dalla parte in cui arrivava la voce. Aveva mentito ad Emma, non era vero che non avesse un amico in Irlanda, era ospite di quell’amico!
 
– Si era lei. Ha accettato l’invito dell’altro giorno, proponendomi di incontrarci per le 16,00 in un Pub …
- Quale?
– Il Joice Pub! Lo conosci?
– Si, certo! Più o meno è il posto dove l’hai persa di vista quando l’hai seguita!
– Ha nominato Killian … Come un suo amico che potrebbe aiutarmi per il mio lavoro di Saggista!
– Lo dici con quell’espressione felice sul viso? La Saggista è Alexandra Pereira se non vado errando e tu non puoi incontrarlo con la tua vera identità! Sei sicura che vuoi ucciderlo? Non mi sembra un’espressione di vero odio quella che hai dipinta sul volto!
– Killian Jones ci ha fatto un sacco di danno! Ha distrutto l’impero di mio marito!
– Eppure tu non lo odi abbastanza!
- Ci sono rimasta malissimo quando ho scoperto che Robert Rogers non era chi diceva di essere!
– Paula … non mi sembri convincente. La tua mi sembra una delusione personale su quell’uomo!
– Non hai del tutto torto …
- Non ti sarai innamorata di lui spero!
– Ma che dici!
– Ci sei andata a letto?
 
La domanda le era arrivata a bruciapelo e la risposta le scottava ancora sulla pelle.
 
– No!!
 
La risata del suo interlocutore la ferì.
 
– Quel “no” drastico ha il tono della delusione! Ti ha rifiutata vero?
 
Non le andava di dire la verità. Ancora ricordava il suo approccio sessuale nella stanza d’albergo occupata da Robert Rogers. Ancora riusciva a vederlo, così maledettamente bello e affascinante! Non aveva mai trovato un altro come lui e lo aveva desiderato dalla prima volta che era entrato nella sua villa de la Mesetas. Purtroppo era rimasto solo un desiderio il suo!
Trovandosela davanti all’improvviso, con indosso solo un sexy intimo nero, Robert inizialmente era sembrato soggiogato dalla sua sensualità, tanto che e si erano scambiati un petting piuttosto spinto, lei lo desiderava talmente che aveva quasi raggiunto l’orgasmo, quando lui l’aveva stimolata intimamente, ma poi lui, improvvisamente, l’aveva respinta, facendola sentire profondamente frustrata e umiliata. Aveva sospettato che avesse un’altra nella mente e nel cuore, ma solo adesso ne aveva la completa certezza: Robert Rogers, alias Killian Jones, era innamorato di Emma Swan!
 
Si chiedeva che effetto le avrebbe fatto rivederlo. Ce l’avrebbe fatta a puntargli la pistola in volto e a sparargli? Era già un’assassina, non era il suo primo omicidio no? Era spietata! Eppure l’idea di deturpare quel viso che le aveva fatto battere il cuore come ad una ragazzina …
 
- Di la verità che ti dispiace ucciderlo?
 
Iniziava ad odiare la voce e le domande incalzanti del suo interlocutore!
 
Certo che le dispiaceva di ucciderlo! Lo voleva per sé, soltanto per sé! Ma lui non l’avrebbe voluta mai! Questa era la verità! Aveva sposato Eloise Gardener e lei l’aveva eliminata! Che ci aveva trovato in quella donna scialba e insignificante? Gli piaceva anche più di Emma per arrivare a sposarla?
Gli aveva promesso che avrebbe eliminato ogni donna che lui avesse potuto volere! Emma era la prossima, su questo non aveva alcun dubbio!
 
– Lo devo uccidere, punto! Potrebbe venire all’appuntamento delle 16,00 … Emma mi ha detto che lo avrebbe chiamato per farmi aiutare. Venga o non venga, intanto eliminerò la sua bella!
– Non potrebbe essere una trappola? Emma è qui per gli omicidi della Squadra di sicuro! Potrebbero aver capito che ci sei tu dietro e che sei sotto l’identità di Alexandra Pereira!
– Mi ha detto di non essere stata molto utile per il lavoro che doveva svolgere …
- Se avesse mentito?
– Correrò il rischio, ma ho bisogno che tu e Jed mi copriate le spalle! Ora mi preparo, ci vorrà un po’ con il trucco, ma riuscirò ad essere puntuale. La pistola col silenziatore è al solito posto?
– Certo!
– Prendila allora e mettimela nella borsa, poi, mentre mi aiuti con il trucco, ti dico il mio piano …
 
***
Erano le 15,30 e tutti gli agenti, necessari al controllo della strada e della piazzetta antistante il Joice Pub, erano alle loro postazioni. Nessun passante, nessun avventore del locale, avrebbe potuto sospettare di quelle persone estremamente ordinarie. Chi avrebbe immaginato che la coppietta in atteggiamento intimo, seduta su quella panchina, invece che flirtare veramente, stava parlando alla micro-trasmittente con Captain Hook? L’uomo che, con la sua divisa da netturbino, stava raccogliendo cartacce? Il tizio seduto a leggere il quotidiano? La signorina in jeans che passeggiava con le cuffie alle orecchie e con al guinzaglio un Chihuahua bianco?
Non erano molte le persone che stavano passando da quelle parti, faceva caldo e la maggior parte erano turisti che cercavano zone all’ombra, approfittando del Pub per prendersi un drink o qualcosa da mangiare.
 
Emma arrivò con calma verso le 15, 45 mostrando apparente indifferenza per le persone intorno a lei. In realtà, come l’addestramento le aveva insegnato, stava controllando, in un colpo d’occhio, sia gli agenti sia la quantità di persone innocenti che avrebbero potuto essere coinvolte in una sparatoria. Killian le aveva dato una piccola pistola da tenere nella sua ampia tracolla e le aveva fatto mettere un paio di orecchini che avrebbero fatto parure completa con il ciondolo dato a Mulan e poi a sua zia Ingrid, una delle creazioni di Captain Hook, fornita di micro -telecamera.
Si mise seduta ad uno dei tavoli allestiti all’esterno del locale, coperti da una veranda in tela. Un cameriere uscì presto dal Pub e con cordialità le porse la carta del menù.
 
– Miss Swan!
 
Con il caschetto di finti capelli rossi, Paula Santa Cruz arrivò puntuale e le si parò davanti. Emma si alzò per accoglierla, sorridendole.
 
– Alexandra! Buon pomeriggio! Mi fa piacere vederla!
– Anche a me cara! Posso?
– Certamente prego!
 
Si misero sedute l’una di fronte all’altra. Emma ancora indossava i jeans del mattino, ma aveva cambiato camicia, avendone messa una di seta floreale con diversi toni di verde che le donava molto. Paula, truccata come la cinquantenne Alexandra Pereira, indossava un completo di lino coloniale, con pantaloni e una giacchina corta su un top che richiamava il colore dei capelli. I grandi occhiali rotondi avevano le lenti fotosensibili scurite per la luce, ma appena si ritrovò sotto l’ombra della veranda iniziarono a schiarirsi.
 
– Fortuna che doveva essere un posto poco trafficato vero?
– Ha ragione Alexandra! Pensavo lo fosse meno, ma pare che ci siano parecchi turisti arrivati da poco! Credo andranno via presto, dopo essersi rinfrescati!
– Ha ordinato qualcosa di già?
– Non ancora! Vuole dare un’occhiata al menù?
– Avrei bisogno di bere qualcosa di fresco … una bibita al lime … vediamo …
 
Paula aveva preso il menù datole da Emma e stava guardando tra le bevande. 
 
– Ecco! Questa mi sembra perfetta! Lei cosa ordina?
– Credo una bibita al lime e menta.
 
Emma fece un cenno al cameriere e questi arrivò velocemente per prendere le ordinazioni.
 
– Sa Emma che mi ha incuriosito a telefono?
– Su cosa?
– Il suo lavoro! Mi ha detto che mi avrebbe raccontato qualcosa.
– Oh! Si! Sono stata chiamata per tracciare il profilo di un serial killer qui a Dublino!
 – Non ho letto nulla sui giornali locali!
– Stanno cercando di arginare la notizia …
- Se si tratta di un serial killer non dovrebbero fare il contrario?
– Si tratta di un Killer piuttosto selettivo, con un disegno progettuale, sta perpetrando una vendetta, quindi gli omicidi fanno parte di una cerchia ristretta …
- A che punto siete con le ricerche?
– Purtroppo si naviga in acque buie. Ho deluso chi mi ha convocato e il mio Capo Dipartimento. In pratica non ho tratto un ragno dal buco!
 
Emma riuscì a recitare un’espressione delusa e rammaricata. Paula accennava, sotto il trucco, un leggero sorriso che le evidenziò maggiormente le rughe ai lati della bocca. Emma osservò che fossero rughe veramente innaturali. Come non se ne era accorta in aereo?
Sicuramente Paula era contenta del suo insuccesso, quel sorrisino la diceva lunga e anche la sua postura parlava chiaramente. 
 
– Che ne dice Emma se dopo il drink ci allontaniamo da qui? C’è così tanta gente!
– In effetti sembra che i turisti abbiano pensato di campeggiare qui per un po’! Potremmo fare una passeggiata certo …
 
Allontanarsi poteva evitare di coinvolgere persone innocenti se le cose si fossero messe male. Emma era sicura che Paula portasse una pistola nell’ampia borsa che teneva sulle ginocchia. Anche lei la teneva in quel modo, proprio per accedere più facilmente all’uso della pistola che Killian le aveva dato.
 
– L’unico problema è che il mio amico sa che mi troverà qui se viene!
– L’amico che mi ha detto prima? Killian se non sbaglio …
- Si proprio lui …
- Potrebbe chiamarlo per avvertirlo! Magari potremmo andargli incontro, ha detto che lavora non distante da qui! Che lavoro fa di preciso?
– Lei è veramente insaziabile di conoscenza Alexandra!
 
Paula rise.
– Un modo carino per dirmi che sono troppo curiosa e di farmi gli affari miei?
 
Ora rise Emma.
 
 – Potrebbe essere!
– Va bene, lasciamo cadere l’argomento “Killian” e parliamo di noi! Ha un fidanzato che l’aspetta a Boston?
– Oh! Si! Neal. Un tesoro di ragazzo!
– Una storia seria?
– Direi di sì, mi ha chiesto di sposarlo!
– Complimenti Emma! Pensare che io credevo fosse il suo amico Killian ad essere qualcosa di più che un amico per lei!
– Perché dovrebbe? Lui è solo un collega in fin dei conti!
 
Emma sapeva che Killian stava sentendo la conversazione tra lei e Paula, si chiese se avesse avuto un moto di gelosia a sentirla nominare Neal e il loro matrimonio. 
 
– Quindi anche lui è un Profiler?
– Non proprio, ma sicuramente ne sa più di me sull’ Antinarcos Irlandese!
 
Il cameriere intanto aveva portato i due drink, ornati con ombrellino, una fetta di lime inserita sul bordo e due cannucce di colori fluorescenti. Le due donne presero insieme i bicchieri e, mentre si guardavano, portarono le labbra alle cannucce, succhiando il liquido ghiacciato.
 
– Un tipo molto esperto? È anziano?
Emma rise.
 
 – No! Assolutamente! È sulla trentina …
- Magari anche un bell’uomo …
- Giudicherà lei Alexandra! Io non lo trovo un granché!
 
Si chiese ridendo tra sé chissà come l’avesse presa Killian per quel giudizio appena dato, aveva un ego non indifferente il Capitano!
Paula-Alexandra fece un altro sorrisetto sghembo. Conosceva Killian e sapeva che Emma stesse dicendo una gran bugia sulla sua avvenenza. Quei due avevano avuto una storia quando Captain Hook si faceva passare per Kim Steward, lo sapeva bene ormai! Possibile che fossero raffreddati i loro rapporti e fossero solo professionali?
Paula sapeva che Emma era stata ospite a casa del Capitano. Possibile che avessero semplicemente dormito? Il suo sesto senso le diceva che tra Emma e Killian poteva esserci ancora del sentimento, ma se pur così non fosse stato, Killian avrebbe avuto comunque un gran dispiacere a trovarla morta!
 
Mentre sorbivano entrambe il loro drink dissetante e refrigerante, parlando ancora amichevolmente, tra gli avventori del Pub arrivò una giovane mamma con il suo bellissimo bambino, di pochi mesi, nel passeggino. La donna, vestita con un allegro e vivace abitino giallo e un cappellino di paglia, con occhiali da sole a farfalla, decise di sedersi con il suo piccolo, al tavolino vicino a quello delle due donne.
 
“Questa non ci voleva proprio!”
 
Emma cercò di dissimulare il suo disappunto. Quella donna non poteva scegliere posto peggiore per trovare refrigerio con il suo piccino! La Profiler la guardò fare una carezza al figlioletto, la sentì dirgli le parole affettuose che anche lei avrebbe detto a suo figlio se mai lo avesse potuto crescere …
“Dobbiamo allontanarci da qui! Non posso permettere che quel piccolo possa essere coinvolto! Gli agenti mi seguiranno in qualche modo e Killian saprà dove sono!”
– Alexandra, vogliamo fare la passeggiata che proponeva prima?
– Oh! Si volentieri! Paghiamo la nostra consumazione!
 
Paula fece cenno al cameriere, portando la mano alla borsa che ancora era sulle sue ginocchia.
 
– No lasci Alexandra! Offro io!
 
Per Emma era un modo per non farle portare le mani all’interno della borsetta. Era sicura che Paula volesse eliminarla.
 
– Ma no cara!
– Assolutamente Alexandra! Mi voglio far perdonare della mia scortesia dell’altro giorno!
 
Paula dovette desistere, con soddisfazione di Emma. Quest’ultima aprì la sua tracolla e prese il portafogli, pagando il conto al cameriere. Non richiuse la tracolla, lasciandola appositamente aperta per poter accedere prima alla pistola.
 
– Andiamo?
 
Si alzarono entrambe dal piccolo tavolino rotondo e si avviarono apparentemente senza meta. In realtà Emma stava portando Paula verso la sede del covo di Captain Hook.
 
- È  venuta in autobus Emma?
– Si Alexandra! Lei ha noleggiato un’auto?
– Si, l’ho parcheggiata poco più in là, se vuole fare un giro in macchina possiamo fare un giro turistico di Dublino!
– Se volessimo arrivare al centro storico dovremmo usare i mezzi pubblici. Ci sono tante cose da vedere e io ancora non ne ho avuto il tempo!
– In fin dei conti siamo qui per lavoro entrambe e il tempo è tiranno! Quando intende ripartire per Boston Emma?
– Ho un aereo fattibile domani mattina …
- Non si tratterrà ancora?
– Non credo! Quello che potevo fare l’ho fatto, anche se con scarsi successi!
– Emma se passiamo per questo vicolo accorciamo il tragitto per arrivare alla mia macchina!
 
Emma sapeva che in un vicolo di quel genere Paula avrebbe avuto una possibilità in più per ucciderla senza essere vista da anima viva. Portò la mano alla tracolla, doveva essere pronta. Possibile che nessuno degli agenti le stesse seguendo? Killian che stava facendo? A quell’ora doveva essersi fatto vivo!
Un suono di cellulare interruppe lo spazio di tempo tra la domanda di Paula e la possibile risposta di Emma.
 
– Scusi Emma! Il mio cellulare!
 
Eccola lì! Paula stava portando la mano all’interno della sua borsa e erano entrate nel vicolo! Emma si sentì persa in un secondo.
Paula tirò fuori il suo cellulare, guardò lo schermo e si accigliò dietro i grandi occhiali rotondi.
 
– Si?  … bene … certo …si … grazie! Arrivo quanto prima!
 
Ancora con il telefonino in mano, Paula guardò Emma con espressione costernata.
 
– Mi dispiace Emma! Devo andare urgentemente!
– Aspetti Alexandra! Le do il mio indirizzo di Boston!
 
Senza togliere gli occhi di dosso alla donna, Emma mise la mano nella propria tracolla per afferrare la pistola. Paula intuì qualcosa, Emma la vide con un’espressione d’ansia dipinta in volto.
 
– Emma lasci stare! La chiamo io a telefono quando rientrerò a Boston!
 
Paula aveva una fretta maledetta. Si era già voltata allontanandosi a passo svelto.
Cosa le avevano detto al telefono per farla fuggire in quel modo? Aveva dei complici? Emma doveva fermarla assolutamente! Tirò fuori dalla borsa la pistola e gliela puntò contro accelerando il passo verso di lei.
 
– Non credo che mi richiamerai a Boston!
 
Paula si fermò e si voltò verso di lei con espressione interrogativa e preoccupata. Emma era ad un passo da lei e le puntava una piccola pistola.
 
- Paula Santa Cruz  ti dichiaro in arresto!
 
L’adrenalina aveva invaso Paula già alla chiamata ricevuta. Era un fascio di nervi tesi e il suo scatto fu talmente repentino, nel colpire la mano armata di Emma, che la prese in contropiede. La pistola le cadde di mano e Paula se la diede a gambe velocemente lungo il vicolo in penombra.
Emma riafferrò la sua arma e le corse dietro. La vide infilarsi in una traversa. Cosa poteva aspettarsi? Girato l’angolo poteva trovarla con a sua volta una pistola in mano! Ebbe la sensazione di aver mandato a monte l’operazione. Killian aveva visto attraverso i suoi orecchini? Aveva capito dove fosse? Nel dubbio doveva avvisarlo e parlò ad alta voce.
 
– Killian sono all’inseguimento della Santa Cruz! Abbiamo preso il vicolo della traversa a destra dopo la piazzetta! Lei si è infilata in un’altra viuzza sulla sinistra! Non so dove sbucherà e credo sia armata! La sto seguendo!
 
Se Killian aveva monitorato fino ad allora sapeva dove si trovasse, aveva dispositivi planimetrici per tenere sotto controllo il posto.
Con cautela Emma si avvicinò al secondo vicolo imboccato da Paula. Pensò che la donna si fosse riavvicinata alla sua auto, se era vero quello che le aveva detto. Se fosse riuscita a mettersi in macchina non c’erano più speranze di acciuffarla!
Con circospezione si appostò all’angolo del vicolo e poi sbirciò al suo interno velocemente. Della Santa Cruz non c’era traccia. Decise di proseguire con cautela.
Era una strana coincidenza che quel vicolo fosse così desolato. Si sentivano voci arrivare da qualche interno, ma nessuno si vedeva lungo la viuzza. Sembrava che le stradine che si incrociavano creassero un labirinto e Emma non sapeva più in che direzione andare ...
 
***
Paula correva a perdifiato tra un vicolo e l’altro. Quel labirinto poteva essere comodo per far perdere le sue tracce. Aveva perso l’occasione per uccidere Emma, ma aveva pensato prima alla salvezza della sua stessa vita. Grazie alla telefonata del suo complice, aveva saputo che appena si erano alzate dal tavolino, il tizio che leggeva il giornale le aveva seguite parlando al cellulare con qualcuno. Paula aveva capito che era stata scoperta e che quella fosse una trappola. Non aveva fatto in tempo a prendere la pistola, erano troppo vicine alla piazzetta e all’uomo che probabilmente le stava seguendo. Aveva preferito fuggire e perdere l’occasione. Emma aveva rivelato l’esattezza della sua idea, infatti l’aveva dichiarata in arresto  chiamandola con il suo vero nome. Ormai la copertura sotto l’identità di Alexandra Pereira era saltata!
 
“Non ha importanza! Posso cambiare ancora aspetto!”
 
Non le mancavano né l’intelligenza né le risorse. Si infilò in un portone lasciato aperto da qualche inquilino e diede inizio alla sua trasformazione.
Velocemente si tolse la parrucca e si ravviò i capelli neri e lunghi. Si tolse la giacca restando con il top  e prendendo dalla borsa un foulard in tinta  lo mise sulle spalle. Tolse anche gli occhiali, tanto ci vedeva perfettamente senza! Si guardò nello specchietto che teneva tra le sue cose nella borsa e rimase soddisfatta. Non faceva in tempo a togliere il trucco, ma non aveva importanza, appariva solo più vecchia della sua vera età e difficilmente l’avrebbero individuata per Alexandra Pereira o per Paula Santa Cruz. Uscì dalla palazzina guardandosi intorno. C’erano dei passanti distratti, ma nessuna traccia di Emma o del tizio che leggeva il giornale. Sperò bene di averli seminati e s’incamminò più tranquilla. Doveva ritrovare il parcheggio dove aveva lasciato l’auto, ma si rese conto di aver perso l’orientamento.
Si ritrovò ad uscire su una strada principale, poco più in là c’era un incrocio, dei negozi moderni e all’angolo una palazzina che ospitava una serie di  agenzie. Ricordò d’essere passata già di lì con l’auto, quando era arrivata all’appuntamento con Emma. Iniziò a capire come orientarsi. Si rese conto che doveva tornare indietro, aveva in realtà fatto un giro in tondo correndo, poco distante c’era la piazzetta del Joice Pub.
Fece per voltarsi, ma tra la gente che arrivava urtò qualcuno e le scivolò dalle spalle il foulard. Fece per riprenderlo ma quel qualcuno già lo aveva preso al volo.
 
– Tenga Signora! Questo è suo!
 
Paula restò senza fiato. Era curiosa di sapere che effetto le avrebbe fatto incontrare di nuovo Killian Jones e ora sapeva quale era l’effetto.
Captain Hook era proprio davanti a lei che le stava rendendo il foulard. Non si aspettava quel repentino incontro e si ritrovò a deglutire senza riuscire a proferir parola. Lui le sorrideva con quei due occhi azzurri e il bel viso, ora ornato da una barba fintamente incolta e baffi a contornargli le labbra sensuali. Paula si perse per una frazione di secondo ad ammirarlo.
 
“Killian …”
 
Era ancor più affascinante di come lo ricordava …
 
– Lei è una turista? Ha bisogno di aiuto?
“Non mi ha riconosciuta! Meglio così!”
 
Paula doveva pur rispondergli, ma voleva evitare di mostrare il suo accento. Si sforzò di parlare con un accento più similmente inglese.
 
– Grazie Signore! Lei è molto gentile ma non ho bisogno di nulla!
 
Cercò di allontanarsi ma lui la seguì.
 
– Signora sicura di star bene?
– Certo, certo, mi lasci andare per favore!
 - Non voglio importunarla Seňora, ma lei mi ricorda qualcuno!
– Impossibile io non la conosco!
 
L’aveva chiamata Seňora?!!
 
“Sono perduta!”
 
Mentre Paula Santa Cruz si voltava verso Killian per negare ulteriormente di conoscerlo, i due fidanzati che erano seduti a flirtare sulla panchina vicino al Joice Pub, le passarono accanto separandosi.
 
– Pensi che io non riconosca la bellezza del tuo viso anche con tutto il trucco che ti sei messa per imbruttirti Paula?!
 
Le parole di Killian la colpirono narcisisticamente e non si rese conto che i due finti fidanzati le stavano bloccando le braccia per ammanettarla.
 
– Un vero peccato che un aspetto angelico come il tuo nasconda l’animo di un’assassina …
 
Killian non sorrideva, era serio e l’espressione dei suoi occhi tradiva dispiacere per lei, una sorta di delusione.
 
Lui pensava che avesse un viso angelico? L’aveva sempre vista così fin dall’inizio?
A Paula si riempirono gli occhi di lacrime.
 
– Killian!
 
Pronunciò il suo nome quasi in un singhiozzo. Era un singhiozzo di rammarico, di dispiacere per cosa lei fosse. Un angelo caduto? Si! Una giovane donna che aveva messo il suo genio al servizio del male e lei stessa era diventata quel male! Sentì il rammarico di non essersi mantenuta nella sua purezza e innocenza iniziale. Chissà se avesse conosciuto Killian in un altro momento, in un altro luogo, in un’altra situazione …
Non aveva avuto quella possibilità e mai più l’avrebbe avuta. Ormai lei era solo un demone da buttare nell’Inferno di un carcere! Non aveva avuto nemmeno il pensiero di ucciderlo appena lo aveva rivisto, ora sapeva che non ci sarebbe comunque riuscita. Amava troppo quel viso, quegli occhi marini, e ammirava Killian per quel che era, nonostante il suo essere avesse causato la fine di suo marito Antonio e ora la sua!
 
– Paula Santa Cruz, per i poteri conferitimi dalla legge, ti dichiaro in arresto! Sarai estradata negli Stati Uniti al più presto, per ora sarai portata nella sede dell’Interpol e interrogata!
 
Ad un cenno di Killian si avvicinò un’auto. Era un’auto nera, non era quella tipica della Polizia. I due agenti che la tenevano per le braccia la fecero entrare e si misero ai suoi lati. Killian rimase a guardare l’auto partire ed allontanarsi.
 
– Killian!
– Emma!
 
Emma era uscita dal dedalo di vicoli e si era ritrovata davanti la scena dell’arresto. Non era intervenuta, aveva visto gli agenti avvicinarsi ed era rimasta nel vicolo con la pistola puntata verso Paula. Inizialmente le era sembrato che Killian non l’avesse riconosciuta e lei aveva creduto che Paula potesse approfittare per ucciderlo. Non lo avrebbe di certo permesso! Era diventata una buona tiratrice allenandosi al poligono con August e colpire Paula a quella distanza non le sarebbe stato difficile.
 
– Amore dove ti eri cacciata?
– Killian, non mi hai sentita quando ti ho detto che stavo inseguendo Paula?
– Certo che ti ho sentita Love! Vedevo anche attraverso la microtelecamera degli orecchini! Funzionano anche come rilevatore di posizione. Stavi correndo in tondo e stavi per rispuntare vicino alla mia base. Sono venuto direttamente da questa parte, speravo di incrociare Paula. Anche se ha cercato di cambiare aspetto nuovamente, sapevo come fosse vestita e conoscendo bene il suo viso, l’ho avvistata prima che lei vedesse me! Avevo avvisato i miei agenti e l’abbiamo arrestata. Tu? Come stai?
– Bene … ora sto bene!
– Hai avuto paura?
– Non posso nasconderlo! Ci sono stati dei momenti che ho creduto che il piano andasse in fumo!
 
Killian l’aveva presa tra le braccia e non aveva intenzione di separarsi da lei. Le sorrise nel suo modo malizioso e sghembo, abbassò la voce quasi in un sussurro.
 
– I piani di Captain Hook difficilmente vanno in fumo Love!
 
Sorrise anche lei con la stessa malizia.
 
– Sei sicuro Capitano?
– Fidati! Sono un bravo Capitano!
– Soprattutto molto Pirata! Ho sempre la sensazione che mi nascondi qualcosa! Ormai ci sto facendo l’abitudine e la cosa mi preoccupa!
– Non ci pensare ora Love! Pensa solo a baciarmi!
– Ma siamo per strada!
– Non me ne importa niente Emma! Ho bisogno di baciarti subito!
 
Killian non glielo aveva detto, ma aveva temuto per lei durante tutta l’operazione. Sapeva quanto fosse pericolosa Paula e che potesse essere armata. Quando aveva visto spuntare Emma dal vicolo aveva tirato un sospiro di sollievo. Sapeva dal dispositivo planometrico che non le fosse accaduto nulla, ma averla tra le braccia era tutto quello che voleva, oltre un suo bacio ovviamente!
 
Emma, pensando che avevano rischiato molto, intuì quale poteva essere stata la preoccupazione di Killian per lei. Gli portò le mani al viso.
 
– Hai ragione Killian! Chi se ne importa della strada e della gente! Ho bisogno anch’io di baciarti subito!
 
Tra i passanti qualcuno fece un fischio di approvazione per quel bacio da luci rosse che si vide scambiare tra i due innamorati. Qualcuno ridacchiò e altri passarono fingendo di non prestar loro troppa attenzione.
Se non fossero stati per strada quel bacio avido e passionale avrebbe avuto un seguito, ma dovettero interrompere l’idillio di quel momento.
 
– Love, questa sera festeggiamo! Ti porto a cena nel miglior ristorante di Dublino! Prima però dovrò assistere all’interrogatorio di Paula. Vieni con me all’agenzia ora, poi riprendiamo la mia auto e ti riaccompagno al mio appartamento. Quando ho finito vengo a prenderti per cena!
 
 Sorridendogli felice, Emma mise la mano in quella che lui le porgeva. Intrecciarono le dita tra loro e s’incamminarono verso la base di Captain Hook.
Tra la gente che passava lungo il marciapiede opposto, Emma vide un abito giallo svolazzante e un passeggino. Riconobbe la giovane mamma che con il suo piccino si era seduta accanto a lei e Paula. Sentì una gran tenerezza nel cuore per l’immagine della giovane mora che prendeva in braccio il figlio in quel momento. Il piccolo stava piagnucolando, probabilmente si era stancato di stare nel passeggino e voleva le braccia di sua madre.
Non era la prima volta, da che aveva perso Henry, che vedeva madri con figli, ma da tempo non sentiva quello strano senso di nostalgia. Si voltò verso Killian, guardando il suo bel profilo. Lui si voltò sorridendole mentre camminavano vicini.
 
– Tutto bene Love?
 
Lei annuì con un movimento della testa, ma il pensiero che le girava nel cervello in quel momento non si palesò sulle sue labbra. Come poteva chiedergli in quel momento se avesse voluto avere un altro bambino da lei? Un altro piccolo Henry …
 
Si strinse maggiormente al suo braccio e Killian preferì sollevarlo per cingerle le spalle protettivamente, mantenendo le loro dita intrecciate.
 
– Sicura che va tutto bene?
 
Lei lo guardò con uno sguardo che Killian non riuscì a decifrare, ma gli sembrò che gli occhi di Emma fossero più luminosi del solito. Desiderò che arrivasse subito il momento di stare a casa insieme a lei per la notte, avrebbe anche saltato quella cena, ma non poteva. Era l’ultima sera di Emma a Dublino, non avevano mangiato granché in quei tre giorni, avevano fatto molto di altro e lavorato, era giusto portarla in un ristorante rinomato e offrirle una cena degna di quel nome, poi avrebbero festeggiato a modo loro, sul letto della sua camera, al ritorno!
 
Gli occhi di Emma brillavano pieni d’amore e ammirazione per Killian e se avesse letto i suoi pensieri sarebbe stata sicuramente d’accordo con lui. Lo desiderava di sicuro, quel bacio in mezzo alla strada aveva scatenato quella leggerezza  sensuale in ambedue, che doveva essere soddisfatta, ma aver visto quella scena materna aveva risvegliato pure una nostalgia che creava uno spazio da dover riempire.
 
“Non posso dirtelo Killian, ma io lo vorrei veramente un bimbo nostro e vorrei che somigliasse a te!”
 
Mentre stavano per entrare nel portone della sede in incognito di Captain Hook, Killian le diede un piccolo bacio sulla tempia. Chiunque avrebbe capito, dal loro atteggiamento e dai loro sguardi, che quei due si amassero profondamente.
Lo avevano capito anche due glaciali occhi che, appostati poco distanti, li videro entrare nella sede di una serie di Agenzie …





Angolo dell'autrice

Siamo arrivati finalmente all'arresto della terribile Paula che davanti a Killian è crollata. Sono curiosa di sentir qualche parere in proposito. 
Risolto il caso Emma dovrà ripartire, ma forse le cose non saranno tanto tranquille. Si accettano ipotesi ;)

Spero che il capitolo sia piaciuto e ringrazio tutti coloro che continuano fedelmente a seguire. Mi farebbe piacere sentire i giudizi anche dei lettori timidi che non si pronunciano mai ma amano questa storia, in particolare sono curiosa di conoscere le loro sensazioni durante la lettura, è importante, poichè leggere storie, quanto scriverle, può avere effetti terapeutici. Quindi vi incoraggio a dare voce ai vostri pensieri.,

Grazie ancora e spero a presto, pur non promettendo che sia domenica prossima.

Vostra Lara

 

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Capitolo 55
*** Risvegli drammatici ***


Capitolo 55


                                                                                                                 Risvegli drammatici                                                                                                
 
 
Il primo pensiero di Emma, appena Killian la riaccompagnò nel suo appartamento, fu quello di fare una doccia e prepararsi per la serata che l’attendeva con lui.
Lasciar scorrere l’acqua sul proprio corpo, non era solo rigenerante e utile per togliersi di dosso il sudore della corsa e dell’angoscia provata durante l’operazione svolta poche ore prima. Sembrava che, con il bagnoschiuma, scorressero via dalla sua pelle anche i cattivi pensieri, lasciando spazio solo a quelli dolci e romantici che per lei si riferivano tutti al suo amato Killian Jones.
 
Sorrise a ricordare l’opinione di Lorna sul lavarsi con la doccia e si chiese chissà come stesse veramente?
Mentre era stata nel rifugio di Captain Hook, poco prima, aveva cercato di chiamarla per farle sapere del lavoro, i giorni prima non ci era riuscita, ma Lorna non aveva il cellulare acceso.
La Stone era una vera fanatica della doccia, la usava come forma autoterapeutica, massaggiandosi con essenze da aromaterapia. La cosa, da quello che le aveva confidato Lorna, l’aiutava a rilassarsi dopo una giornata delle sue e inoltre le conferiva quel soave profumo che la circondava, e si muoveva con lei, ogni volta che camminava tra la gente. Sicuramente quel suo profumo piaceva particolarmente a Sebastian Jefferson! Emma aveva notato in varie occasioni che lui inspirasse avidamente quando era vicino alla sua Lorna. Che fosse terapeutico anche per lui?!
Emma non poteva credere che la sua mentore, e ora Capo Dipartimento, sprigionasse la sua aura positiva anche grazie al profumo che emanava. In un’altra occasione le aveva detto che l’odore che si emana dice molto della persona, come psicologa e profiler lo doveva sapere e tenere di conto. Le aveva fatto notare che ogni essere umano possiede un suo odore, come gli animali in genere, ma rispetto agli animali l’essere umano lo modifica con profumi e aromi, in modo consapevole.
Emma aveva riflettuto su quello che aveva ascoltato attentamente e aveva risposto a Lorna che probabilmente l’odore personale influenzava anche l’aroma aggiunto. Lorna le aveva sorriso e aveva annuito.
 
– Vero Emma! Io e te potremmo mettere lo stesso profumo, ma risulterebbe diverso su ognuna di noi, lo stesso per gli altri. Ricordati che è la parte più arcaica del nostro cervello che risponde allo stimolo dell’odore. Quindi la parte più istintiva. Anche nell’attrazione fisica gli odori sono importanti. Fai caso per esempio, che se una persona non ti piace, probabilmente anche il suo odore, per quanto apparentemente gradevole, può risultarti nauseante. Dicasi il contrario per qualcuno che ti attrae sotto ogni punto di vista. Il suo odore, che magari è fastidioso per altri, a te può scatenare ulteriormente il desiderio sessuale … Sei arrossita Emma! Ti ho fatto venire in mente qualcuno in particolare?
 
Lorna l’aveva guardata maliziosamente e se  ripensava a quel momento, Emma arrossiva ancora adesso! Infatti, mentre la Stone parlava, lei si era resa conto che quanto stava dicendo le calzava come un guanto, riguardo alla sua attrazione per Kim.  In quel periodo ancora non aveva capito che Kim e Killian erano la stessa persona, ma che il suo odore le piacesse, sempre e comunque, era un dato di fatto! Anche quando avevano fatto la doccia insieme, usando lo stesso bagnoschiuma ordinario, lui aveva continuato ad emanare il suo profumo personale e lei doveva ammettere che le scatenasse la voglia di …
 
Si ritrovò ad essere eccitata sotto la doccia e a desiderare che Killian si sbrigasse a tornare a casa. Quasi quasi non le interessava nemmeno più di andare a cena fuori!
 
“ Sono totalmente drogata di Killian! Pensare che non volevo venirci in Irlanda e avevo intenzione di stargli alla larga! “
 
Continuava a pensarlo. Continuava a pensare ad ogni minuto trascorso con lui, dal suo arrivo nel rifugio segreto, ai momenti soli in quell’appartamento e sulla Jolly Roger. Quante emozioni aveva provato in quei tre giorni? Se era stata infastidita all’idea di rivederlo e dover lavorare con lui, ora ne era felice! Si erano ritrovati e lui, dopo le spiegazioni, le aveva detto esplicitamente, per la prima volta da quando lo conosceva, sia come Kim che come Killian, di amarla.
L’attrazione fisica che c’era tra di loro, così naturale, spontanea ed esplosiva, non era stato possibile fermarla! Avevano fatto l’amore ripetutamente in quei soli tre giorni, in modo talmente profondo e passionale, che Emma credeva non sarebbe riuscita a sopravvivere senza di lui tornando a Boston …
 
- Dio! Quando ci metti a tornare a casa Killian?!
 
Doveva darsi un contegno! Che diavolo le stava succedendo? Era così desiderosa di lui che gli sarebbe saltata addosso appena  avrebbe varcato la soglia?
Decisamente quella doccia le aveva tolto parecchio anche delle sue inibizioni! Forse con lo stesso metodo avrebbe ripreso anche il controllo di se stessa?
Decise di portare l’acqua da calda a fredda e, con il doccino puntato sul petto, si spruzzò l’acqua fredda, emettendo un urlo per la differenza improvvisa di temperatura. La pelle le si accapponò e si ritrovò con i capezzoli più duri di prima.
Sospirò rassegnata e uscì dalla doccia avvolgendosi un asciugamano addosso, frizionandosi energicamente, evitando di pensare all’ultima volta che era stato Killian ad asciugarla usando al contrario gesti carezzevoli e sensuali.
 
Con ancora l’asciugamano avvolto addosso, si diresse nella camera degli ospiti. Non l’aveva usata quella stanza se non per porvi il trolley che ora era aperto sul letto.
Vi guardò dentro storcendo la bocca. Non aveva niente di speciale da mettere per la cena! Ovvio! Aveva portato due stracci pratici! Non era intenzionata a flirtare con Killian, figuriamoci ad andarci a cena fuori o peggio finirci a letto!
Ghignò tra sé e sé.
 
“Sono una bugiarda! Ammetto che era un modo per evitarmi tentazioni! Ma per fortuna le cose sono andate molto meglio di quello che pensavo!”
 
Rovistò nel trolley e tirò fuori l’unica camicia che non aveva ancora indossato. Era abbastanza elegante tutto sommato! Rosa salmone, con il collo e il bordo delle maniche, a tre quarti, plissettati. Con i pantaloni di lino blu andava benissimo. Poteva mettere anche la giacca della stessa stoffa dei pantaloni e i sandali alti. Stese tutto sul letto, restando a guardare con le braccia incrociate sul petto.
 
“Si! Va bene così! Ora pensiamo a trucco e parrucco!”
 
Tornò in bagno e, guardandosi allo specchio, si rese conto che il sole preso sulla Jolly Roger le aveva regalato un bel colorito dorato sul viso. Ringraziò mentalmente Killian per la sua provvidenziale crema protettiva e, pensando alla crema, non riuscì ad evitarsi di ricordare il sexy-momento in cui lui l’aveva massaggiata “per bene” con quella protezione.
 
“Possibile che ogni tuo gesto nei miei confronti, gentile e tenero diventi sempre così meravigliosamente sensuale?”
 
Ne voleva altri di quei momenti Emma! Ma quando sarebbero ricapitati? Il giorno dopo sarebbe ripartita …
Decise di usare solo del fluido idratante per illuminare la pelle del viso, una matita nera per contornare gli occhi e una passata di mascara per le ciglia. Per le labbra non doveva far nulla, avevano un bel colore naturale. Anche a Killian piacevano così! Spesso quando la baciava gliele mordicchiava, dicendole che fossero di “Ciliegia”.
 
Sorrise ancora pensandolo, mentre iniziava ad asciugare e ad abboccolare i suoi capelli dorati …
 
***
Killian aprì lo sportello della sua elegante Audi e si mise seduto al posto di guida. Si inarcò con la schiena verso la spalliera del sedile, stiracchiandosi per rilassare i muscoli dorsali. Aveva assistito all’interrogatorio di Paula con una certa tensione.
Interrogatorio! Si poteva definire tale? La donna si era cucite le labbra! Non aveva risposto a nessuna delle domande che i due agenti le avevano porto. Era rimasta fredda e impassibile, sembrava congelata!
Lui aveva assistito dietro lo specchio unidirezionale, convinto ad un certo punto che lei non avrebbe proferito parola di sorta. Improvvisamente, voltandosi verso lo specchio, Paula aveva guardato nella sua direzione come se lo vedesse e, spiazzando i due agenti e lui stesso, aveva detto:
 
- Killian lo so che sei lì dietro! Manda via questi due e vieni tu qui!
 
I due agenti dell’Interpol erano usciti e gli avevano chiesto se voleva provare lui a farle tirare fuori una confessione. Aveva annuito ed era entrato, sedendosi sicuro di sé e con un cipiglio insofferente al tavolino, davanti a Paula.
 
– Sono qui Paula!
 
Lei aveva uno sguardo stranamente triste e Killian aveva sorriso ironicamente. Se voleva mostrarsi pentita non le avrebbe creduto nemmeno se scendeva il suo santo protettore dal Paradiso, sempre se ne avesse avuto uno lì, piuttosto che un demone dall’Inferno!
 
-  Chiudi il microfono per favore!
 
 Sollevando un sopracciglio infastidito,  si era alzato e l’aveva accontentata. Al limite la confessione l’avrebbe messa al verbale e fatta firmare. Si rimise seduto davanti a lei.
 
– Cosa pensi di me Killian?
 
Quella domanda si che lo aveva sorpreso!
 
– Cosa dovrei pensare secondo te Paula?!
– Te lo sto chiedendo Killian!
– Penso che tu sia una donna dall’anima nera Paula! Un’assassina senza scrupoli! Un pericolo per l’umanità intera! Hai ucciso gente direttamente con le tue stesse mani e chissà quanti attraverso la droga! Non solo sei la moglie di uno dei maggiori narcotrafficanti al mondo! Sei il suo chimico e il vero cervello dei suoi traffici!
 
L’aveva vista sorridere mestamente e abbassare gli occhi grandi e scuri, con le lunghe ciglia nere che ombreggiavano gli zigomi. Non portava più il trucco per apparire più vecchia. Gli agenti l’avevano fatta pulire, prima di farle le foto per le schede segnaletiche e prenderle le impronte digitali. Dopo pochi secondi aveva rialzato lo sguardo puntando gli occhi nei suoi e gli aveva sorriso dolcemente.
Killian aveva dovuto ammettere a sé stesso che fosse una vera bellezza bruna.
 
“Bella … seducente e letale!”
– Cosa stai pensando di me adesso? Al di fuori dei crimini che mi attribuisci!
 
Si era permesso d’essere sincero.
 
– Penso che tu sia una delle donne più belle che io abbia incontrato in vita mia! Bella, intelligente, affascinante! Tutto quello che in apparenza farebbe capitolare un uomo! Tu lo sai bene di esserlo! Usi il tuo fascino proprio per irretire nella tua tela! Hai cercato di farlo anche con me, fin dall’inizio!
– A quanto pare non è così efficace come tu dici il mio fascino!
 
Killian aveva sorriso ironicamente. Dove voleva arrivare quella manipolatrice?
 
– Io sono un agente addestrato Paula!
– Si … l’agente dal “Cuore di ghiaccio”!
 
Questa volta pure era riuscita a sorprenderlo. Come sapeva di quel nomignolo che gli avevano affibbiato? Dove aveva preso informazioni? Il primo pusher ucciso? Probabile! Da quell’informatore era conosciuto con quello di nickname!
 
– Come ha fatto Emma a scioglierti il cuore Killian? Non è più bella di me!
– Era a lei che volevi arrivare Paula?
– So che ti sei innamorato di lei quando eri Kim Steward …
 
Questa volta non si era sorpreso. Manguso le aveva rivelato notizie su Kim ed Emma.
 
– Eppure come agente ben addestrato non avresti dovuto!
“Touchè!”
– Un peccato che lei ora sia fidanzata con Neal e lo sposerà presto!
– Sono affari suoi, né miei , né tuoi Paula! Che centra con la tua confessione?
– Cosa ti piace in lei che non trovi in me Killian?
– Non è la bellezza che si ama in una persona! Non quella esterna almeno! Devi ammettere Paula, che per quello la differenza tra te ed Emma è certa! Lei non farebbe male ad una mosca, è un’anima pura!
– Cosa sai di me Killian?! Cosa sai della bambina che sono stata?! La mia famiglia moriva di fame in Colombia! Io ho dovuto crescere in fretta e le mie sole ricchezze erano l’intelligenza e la bellezza! Che ne sai della mia anima pura perduta?! I miei genitori riuscirono a farmi studiare grazie ad un benefattore. Scoprii solo dopo la Laurea in Chimica che quel benefattore fosse Antonio Santa Cruz! Si era innamorato della mia bellezza e mi aveva osservato fin da quando avevo sedici anni. Non sapevo che mi proteggesse da tutti quelli che si avvicinavano a me! Mi voleva solo per sé già allora, nonostante gli oltre vent’anni di differenza d’età! Mi chiese di sposarlo dopo l’università …
- E tu naturalmente hai accettato!
 
Paula lo aveva guardato furente.
 
– Cosa altro potevo fare secondo te?! Con un uomo potente come Antonio pensi che rifiutandolo sarei sopravvissuta?! Certo che lo sposai! Lo sposai e lui si accorse di quanto fossi intelligente e in gamba! La bellezza può stancare! Con i suoi soldi Antonio avrebbe potuto avere cento altre donne! Io mi resi indispensabile sotto tutti i punti di vista! Misi a frutto tutte le mie potenzialità! Lui non poteva più fare a meno di me! Mi amava in modo morboso! Era ossessionato che io potessi tradirlo e lasciarlo! Sei l’unico con il quale lo avrei fatto! Ero convinta che fossi dei nostri quando sono venuta da te in albergo! Con il tempo mi ero affezionata ad Antonio, ma quello non era amore …
- Perché mi stai dicendo queste cose Paula? Vuoi giustificarti per i tuoi atti scellerati?
 – Non sto cercando scuse e giustificazioni Killian! Voglio solo farti capire che un’anima pura come quella che avevo, ha dovuto sopravvivere a se stessa scegliendo di stare dalla parte del più forte!
– Sei diventata tu il male Paula! Ti ho vista con quanta crudeltà hai trattato Eloise Gardener quella sera di Galà alla Mesa  De Yamby! Appena si reggeva in piedi quella poveretta! Non hai avuto un briciolo di pietà!
 
Paula era ridiventata fredda e distaccata.
 
– Confessa i tuoi crimini Paula e cerca di collaborare! Ne avrai una riduzione della pena!
 
Questa volta Paula rise sonoramente.
 
– Killian, tesoro! Non offendere la mia intelligenza! Mi hai detto come mi vedi all’inizio! Pensi che qualsiasi corte diventi più clemente pensando le stesse cose che pensi tu? Non raccontarmi questa storiella Capitano! … Io non ho nulla da confessare!
– Allora abbiamo finito di parlare io e te!
– Ami ancora la tua Emma?
 
Che centrava ora questo? Non si era aspettato quella domanda.
 
– Non rispondi per proteggerti o per proteggerla?
– Non devo proteggere nessuno dei due al momento!
– Si … tu l’ami! La ami e vuoi il suo bene! Anche se fosse sposare Neal!
 
Killian ricordava di aver stretto la mascella, indignato.
Era vero! Se il bene di Emma fosse stato sposare Neal l’avrebbe lasciata fare, nonostante i frantumi in cui si sarebbe trasformato il suo cuore.
 
– Questo è il vero amore … ora lo conosco anche io Killian! L’amore supera l’odio e ti impedisce di fare del male a chi ami …
- Dal tuo pulpito non mi aspetterei questo sermone Paula!
– Lo so Killian! Tutto è contro di me, ma stranamente sono felice di non essere riuscita ad uccidere né Emma né te. Ti auguro di poterla avere al tuo fianco e di essere felici …
- Un augurio Paula?! Dovrei crederci?!
– Si … puoi crederci  Killian … perché ora so cosa significa amare qualcuno più di se stessi!
 
Erano lacrime quelle che avevano riempito gli occhi di Paula? Aveva recitato per commuoverlo? Poteva essere anche un’attrice da Oscar, ma ormai per lei non c’era nulla da fare. La sua unica fortuna era che né in Irlanda né negli Stati dove aveva agito ci fosse la pena di morte. Avrebbe passato il resto dei suoi giorni in galera.
Nonostante lo meritasse, Killian non ne aveva sentito  nessuna soddisfazione. Poi l’aveva vista rivolgergli un’espressione ansiosa, con una domanda sulle labbra. Era stanco dei giochetti di Paula e si era voltato per andar via, ma lei lo aveva richiamato con tono supplice.
 
– Aspetta … un’ultima cosa …
- Che vuoi ancora Paula?!
 
Il suo tono di risposta era stato chiaramente infastidito.
 
– Se mi avessi incontrato prima di diventare Paula Santa Cruz … pensi che avresti potuto amarmi?
 
Non aveva capito il senso di quella domanda, il suo perché. Era rimasto pensieroso e aveva cercato di vederla solo come una donna innocente, ma pensando all’innocenza gli erano tornati in mente gli occhi di Emma. Paula non era la stessa cosa, nonostante la sua travolgente bellezza. Aveva preferito darle una risposta non risposta, lasciarla nelle sue ipotesi illusorie.
 
– Questa è una domanda che non ha ragione d’ essere, né di avere una risposta Paula!
 
L’aveva lasciata in quella stanza e dopo che fu uscito erano rientrati i due agenti dell’Interpol. Dallo specchio unidirezionale l’aveva vista asciugarsi velocemente una lacrima e ritornare inespressiva davanti ai due uomini.
Non era rimasto oltre e pensando ad Emma, sola nel suo appartamento ad attenderlo per la cena, aveva raggiunto l’auto. Voleva solo Emma nel suo pensiero, ma si era reso conto che Paula, con le sue domande, era riuscita a turbarlo. Non si spiegava il perché e mentre guidava nel traffico per tornare dalla sua amata, decise che ne avrebbe parlato con lei.
 
***
La serratura fece il suo scatto quando Killian inserì la chiave. Si chiese se Emma l’avesse sentito, ma preferì chiamarla.
 
– Emma? Sono tornato!
– Amore sono qui! Sono quasi pronta!
 
La voce di Emma era giunta dalla camera degli ospiti, la sentì allegra. Era curioso di vederla e si avvicinò alla porta semiaperta della stanza. Emma ne uscì in quel momento, vestita elegantemente, con i capelli meravigliosamente ondulati e quegli occhi da gatta che lo facevano impazzire. Gli buttò impetuosamente le braccia al collo baciandolo. Lui l’abbracciò alla vita e si ritrovarono lei con la schiena arcuata all’indietro e Killian piegato verso di lei, a baciarsi come se non ci fosse un domani.
Fu Killian a distaccare per primo le labbra da quelle di lei, riportandola dritta in piedi, sorridendole felice e inspirando il suo profumo, affondando il viso tra i suoi capelli, verso l’orecchio.
 
– Mmm! Dio che buon odore hai Emma!
 
A lei venne da ridere, ritornando ai pensieri che aveva avuto in precedenza in proposito. Non aveva messo profumi, quindi quello che sentiva Killian era il suo odore naturale ed era felice che gli piacesse. Lui era leggermente sudato, ma questo accentuava soltanto il suo odore tipico e a lei faceva un effetto non indifferente.
 
– Anche tu hai un buon odore!
 
Killian aveva riso.
 
– Sono sudatissimo e bisognoso di una doccia! Non credo di avere un odore piacevole!
– Non credo sai? A me piaci anche così!
– Senti, senti! Eppure da quello che hai detto a Paula non mi trovi un granché!
 
Emma ridacchiò, memore di quanto avesse risposto alla Santa Cruz sedute al Joice Pub.
 
– Le ho mentito! Non volevo farle sapere oltre dei miei sentimenti per te!
 
Killian iniziò a solleticarla sui fianchi, stringendola dipiù.
 
– E sentiamo un po’ quali sarebbero questi sentimenti per me, mia bella Dottoressa Swan?
– No, no così non vale!
– Vale e come!
 
Emma rideva per il solletico.
 
– Non ho intenzione di parlare sotto tortura! Non ti dirò niente!
 
Lui la lasciò improvvisamente ed Emma si rimise in ordine, si portò indietro i capelli scompigliati, guardandolo dritto negli occhi e sorridendogli. Lui la guardava enigmatico senza dir nulla.
 
– Che c’è Killian?
 
Le sorrise tenero.
 
– Sei meravigliosa Emma e ti amo con tutto me stesso!
– Anch’io ti amo … lo sai!
 
Si avventò lui sulle sue labbra ora e la spinse contro il muro della stanza degli ospiti, tenendole racchiusa con la mano destra la guancia morbida e il braccio sinistro a cingerle la vita. Fu un lungo momento di danza passionale tra le loro lingue intrecciate e si sciolsero ansimando. Restarono ancora un attimo con le fronti poggiate l’una all’altra.
 
– Ti ho promesso una cena nel miglior ristorante di Dublino e se non mi sbrigo a darmi una rinfrescata faremo tardi!
 
Lei gli accarezzo le guance ispide e gli regalò un altro piccolo bacio a stampo sulle labbra.
 
– Vai allora o ci verrà troppa fame!
 
Sul viso di Emma lui notò l’espressione maliziosa e capì a cosa si riferisse veramente, anche lei usava doppi sensi, stava imparando dal maestro?
 
***
Il Sophie’s at the Dean si trovava in Harcourt Steet, poco distante da Saint Patrick’s Cathedral. In linea retta, dall’appartamento di Killian, erano una ventina di minuti a piedi e con l’intento di mostrare una parte del centro della Capitale irlandese ad Emma, il Capitano decise con lei di arrivarci passeggiando. La serata era splendida e non eccessivamente calda. Killian si era preparato a tempo di record, sorprendendo Emma. Aveva indossato un completo leggero nero, con una camicia grigio scuro di un lucido perlato, lasciata con un paio di bottoni aperti. Era elegante nell’abbigliamento e nel portamento, Emma non poteva che ammirarne l’ innato fascino magnetico che emanava.
Camminando si ritrovarono davanti all’edificio a cinque piani del Dean Hotel. La struttura era piuttosto tipica. Emma notò la facciata in mattoncini rossi, le finestre con le inferriate in ferro, il portoncino con l’arco a tutto sesto, in ferro e vetro.
Killian la introdusse sicuro di se nell’ambiente, salutato dai camerieri molto cordiali. Lasciò pochi secondi Emma nella saletta d’aspetto e si diresse al banco per dire qualcosa al concierge. Quando tornò da lei, elegante e dinoccolato, con un sorriso splendido sul volto, lei perse un battito, ma lo accolse dandogli la mano che lui gli stava chiedendo porgendogli la sua. Con le dita intrecciate, lui la condusse verso l’ascensore. Emma non aveva immaginato che il ristorante si trovasse al quinto piano e rimase piacevolmente sorpresa nel vedere le vaste vetrate che si affacciavano, torno, torno, sulla città illuminata. Uno dei camerieri, gentilissimo, li accompagnò al tavolo che Killian aveva prenotato dal suo ufficio. Ogni tavolo aveva il suo spazio racchiuso, con sedili in similpelle matelasser beige, posti lungo la parete a vetrata. Seduta comodamente, con Killian difronte a lei, Emma allungava il collo per sbirciare al di sotto delle vetrate, affascinata dal paesaggio urbano della Capitale.
 
– Ti piace qui?
 
Killian la guardava sorridendo e sicuro della risposta di Emma, vedeva infatti il suo entusiasmo.
 
– Oh Killian! Si! Bello qui su! Così romantico!
 
Gli occhi di Emma brillavano per lui e per la gioia. Nulla più che il vederla felice poteva rendere soddisfatto Killian e lui ricambiò il suo sorriso raggiante, intrecciando ambedue le mani con quelle di Emma sulla superficie del tavolo.
Il cameriere portò i menù e quando Emma lesse emise un gridolino di gioia.
 
– Dio mio Killian! Qui cucinano pure italiano oltre tipicamente irlandese!
– Verissimo Love!
– Non posso crederci! Fanno la pizza!!
 
Killian conosceva i gusti di Emma. Erano stati a cena fuori solo una volta nei due mesi che si erano frequentati all’inizio della loro conoscenza e l’aveva portata in un ristorante italiano di Boston.
 
– Ricordavo la tua passione per il cibo italiano! Qui cucinano molto bene e hanno menù per tutti i gusti. Cosa vuoi mangiare?
 
Emma scorse la lista e avrebbe voluto assaggiare di tutto.
 
– Tu che consigli della tua cucina irlandese?
– L’angus di sicuro! Ma se prendiamo anche una pizza Margherita la condividiamo, che ne dici?
– Perfetto! Angus, insalata mista e pizza!
 
Killian richiamò il cameriere e ordinò, facendo aggiungere anche un Lambrusco italiano.
 
Durante l’attesa Emma gli chiese dell’interrogatorio e Killian inizialmente fu un po’ reticente. Non gli andava di parlare di Paula Santa Cruz in quel momento, ma visto che lei insisteva, gli raccontò di cosa era accaduto e della strana conversazione avuta con Paula.
 
– Mi ha dato fastidio quel suo modo di insistere su di te, sui miei sentimenti per te, sul fatto che tu sia fidanzata con Neal …
- Glielo avevo detto per proteggere “noi” Killian!
– Devi chiudere con lui! Non sopporto l’idea che tu e lui …
- Killian! Credevo avessimo superato questo punto! Non stavamo insieme io e te!
– Si, si! Scusami! Ma lei mi ha rimesso davanti la cosa e mi ha dato fastidio …
- Da quello che mi hai raccontato lei era interessata ad altro, non a me in particolare!
– Che vuoi dire? Io non ho capito a cosa le serviva tutto quel discorso sull’amore vero eccetera!
 
Emma aveva emesso un sottile sospiro.
 
– Anche gli uomini più intelligenti hanno le loro ottusità …
- Grazie Love! Mi rincuora il tuo giudizio!
 
Emma rise divertita alla sua espressione facciale buffa e fintamente indignata.
 
– Possibile tu non abbia capito che ti stava dichiarando di essere innamorata di te e voleva sapere se avesse mai avuto una piccola possibilità di essere ricambiata? A quello le serviva il confronto con me, visto che sia convinta che tu mi ami!
– Io ti amo veramente Emma! E per quanto lei possa essere bella e attraente non la cambierei con te!
 
La guardò intensamente e le strinse le mani tra le sue, poi non togliendo il contatto tra i loro occhi aggiunse:
 
- Non cambierei nessun’altra con te Emma!
 
Lei si emozionò a quelle parole e a quello sguardo, ma non riuscì a rispondere nulla, il cameriere era arrivato con i piatti ordinati e la presentazione valeva i complimenti dei due giovani.
 
Iniziarono a mangiare, accorgendosi di avere entrambi un bell’appetito. La pizza era tagliata in quattro tranci e Emma mangiò il primo con gusto. Killian aveva interrotto il pasto per guardarla divertito. Lei nemmeno ci aveva fatto caso. Stava mangiando golosamente, emettendo dei mugolii di piacere nel gustare la mozzarella filante e leccandosi le labbra inconsapevolmente. A Killian sembrava una ragazzina con gli angoli della bocca con qualche macchia di pomodoro. Emma intanto aveva attaccato il secondo trancio di pizza e Killian pensò di lasciarle anche la sua parte. Da quello che vedeva doveva essere particolarmente buona e voleva che Emma ne godesse a volontà. Ad un certo punto, ancora mugolando di piacere, Emma si accorse che lui la guardava senza mangiare. La sua espressione sgomenta e leggermente imbarazzata fece tenerezza a Killian.
 
– Perché non stai mangiando?
 
Aveva gli occhioni verdi perplessi e a Killian sembrarono più innocenti del solito.
 
– Ti sto guardando! Sei uno spettacolo lo sai?
 
In imbarazzo lei si pulì velocemente la bocca con il tovagliolo, pensando di essersi sbrodolata come una stupida.
 
– Sono sporca di salsa?
– Ma no!
– Allora?
Killian le si avvicinò con la testa sporgendosi sul tavolo, guardandola maliziosamente e le disse a bassa voce.
 
– Swan … non so se preferisci me o la pizza!
– Che?!
– Stai mugolando di piacere come quando fai l’amore con me!
 
Emma si guardò intorno velocemente con gli occhi sgranati e in tremendo imbarazzo. Era arrossita fino alla punta dei capelli. Che avevano pensato gli altri pochi clienti presenti quella sera? Era stata tanto rumorosa? Stava scherzando Killian? Di sicuro ora stava ridendo divertito! Lo fulminò con lo sguardo e lui si avvicinò facendole una carezza sul viso e un sorriso dolcissimo.
 
– Sei bellissima quando sei così spontanea e naturale! Mi piaci così lo sai?
 
Al lume di candela, posto sul lato del tavolo, gli occhi azzurri di Killian le parlavano della sua sincerità. Lui le prese la mano destra e la portò alle labbra, deponendovi un bacio affettuoso.
 
– Andiamo?
 
Avevano finito di mangiare, avevano bevuto un paio di bicchieri di Lambrusco, Emma non lo aveva mai assaggiato e il vino rosso italiano già le stava dando un calore lungo il collo e le guance. Sentì che scottasse, ma si sentiva anche leggera e aveva voglia di abbracciare Killian, di coccolarlo e lasciarsi coccolare. Annuì sorridendogli. Lui fece cenno al cameriere per il conto e appena saldato riscesero in strada. Nuovamente mano nella mano, passeggiarono sotto la luce dei lampioni, passarono davanti alla Cattedrale, Killian gliela descrisse come un intenditore, mostrandogli altri angoli caratteristici del centro storico. Mentre pian piano si riavvicinavano al suo appartamento, stringendosi l’uno all’altra, non riuscirono a stare senza avere un contatto con la loro pelle. Sotto un lampione Killian si fermò e la strinse a sé baciandola con passione. Era una zona molto tranquilla, pochi erano i passanti, Emma lo ricambiò con eguale ardore. Il bisogno di amarsi, essere soli e appartenersi, diventò più acceso. Si sciolsero a fatica da quell’abbraccio e Killian la riprese per mano, accelerando il passo verso la palazzina del suo appartamento.
 
***
In pochissimi minuti erano tornati e saliti in casa. Non avevano fatto in tempo a chiudersi dietro la porta. Si erano buttati nuovamente l’una nelle braccia dell’altro. Stavano bruciando di desiderio reciproco. Ruotando abbracciati e baciandosi ancora, come se ballassero un valzer, si ritrovarono a percorrere la grande sala del soggiorno, avvicinandosi alla camera di Killian. Mentre lui le teneva la testa con le dita tra i lunghi capelli, con l’altra mano le stava sbottonando la camicetta, percorrendo lo scollo plissettato e affrontando ogni piccolo bottoncino con maestria. Lei, senza staccare le labbra dalle sue, viaggiava con le mani sotto la sua giacca nera di cotone, accarezzandogli la schiena, sentendo sotto i polpastrelli la stoffa liscia della camicia e al di sotto i suoi muscoli tesi. Il bacio stava diventando più profondo e passionale, la mano di Killian era ormai su un seno di Emma, noncurante dell’ostacolo dato dal reggiseno, avendone spostato la coppa  e fatto svettare al di sopra il morbido monticello bianco.
Si chinò con le labbra ad impossessarsi del capezzolo turgido e sporgente, infiammato sempre di più dall’eccitazione e dal suo succhiare. Emma portò la testa in dietro, inarcandosi verso di lui a porgergli quelle morbide colline. La mano di Killian cambiò impazientemente direzione. Si diresse alla cerniera dei pantaloni di Emma, aprendola velocemente e insinuando le dita sicure e carezzevoli tra le pieghe già umide della sua intimità, stuzzicandone eroticamente il clitoride teso e provocandole ulteriore eccitazione. Lei non subì passivamente, bensì, con irruenza passionale, risollevò il viso di Killian, baciandolo sulla bocca, assaporandolo golosamente e portandogli freneticamente le dita alla cintura dei pantaloni, aprendoli del tutto per liberare e accarezzare la sua virilità  prorompente.
Lui la lasciò fare, mugolando di soddisfazione, e, riportandole le mani alla vita, la guidò verso il letto. Vi caddero sopra, in una pioggia di lunghi capelli dorati e risa. Le loro mani corsero veloci reciprocamente accarezzandosi, cercando spazi tra la stoffa che ancora li copriva impedendo il contatto della loro pelle. Killian fece volar via la propria giacca. Emma pensò ad aprirgli la camicia, accarezzandogli il petto villoso, mentre lui era con un ginocchio piegato sul letto, tra le sue gambe. Via la camicia grigio perlato di Killian, via i suoi pantaloni e l’intimo, uno scalciare ai pantaloni insieme alle scarpe senza calzini, poi il suo avventarsi sul seno di Emma, ricaduta sdraiata, ridendo per il solletico, sul copriletto di cotone verde. Le mani aperte di Killian le scorsero dalla stretta vita all’ampliarsi dei fianchi, tirandole giù in un colpo solo ciò che ancora la copriva e esponendola al suo sguardo adorante e alla sua bocca affamata di lei.
Nella loro passione e nel folle desiderio di appartenersi, sentivano finalmente il calore e la morbidezza della pelle di lei contro quella di lui, le mani possessive che reciprocamente stringevano la loro carne, quasi per fondersi definitivamente l’uno nell’altra, ruotando sul letto e prevaricando l’una sull’altro e viceversa, in una specie di lotta d’amore dove non c’era nessun vinto, ma solo due vincitori. I loro baci su tutto il corpo divennero di fuoco quando si posero sui loro punti più vulnerabili e sensibili, portandoli al massimo dell’eccitazione e desiderando entrambi di arrivare all’unione completa.
Emma ruotò sulla schiena, supina, con le braccia e le gambe aperte, inerme e accogliente. Lui la guardò, con gli occhi languidi e lucidi, ammaliato. Era così bianca, sinuosa, sensuale, calda, pronta per lui e la trovò bellissima, non meno di quanto lei trovasse lui, muscoloso, tonico, forte, eccitato all’inverosimile e lo desiderasse ancor di più, dimostrandoglielo afferrandolo e portandolo tra le sue gambe, premendogli i glutei verso di sé, possessivamente.
Non ci fu bisogno di altri incoraggiamenti per Killian, sapeva cosa lei volesse, poiché lo volevano entrambi. Sicuro del loro volere, la fece sua. Si unirono, così, ambedue  in fiamme, muovendosi come in una violenta tempesta di onde marine. Fu un amplesso di furiosa passione, continuando ad alternare la posizione sovrastante ora di Emma ora di Killian, con i capelli di lei che lo avvolgevano e contribuivano ad unirli, allacciati e avvinghiati in un gioco di braccia e gambe che non avrebbero voluto interrompere mai.
 
Non diedero un tempo al loro appartenersi. Non importava il tempo in quei momenti. Sapevano solo di amarsi e di desiderare di protrarre il loro amplesso il più a lungo possibile, ma nel momento in cui persero completamente la cognizione della realtà, sentendosi come al di fuori del mondo, come se oltre a loro, uniti in quella sensuale fusione, non esistesse nessun altro, gli sembrò di librarsi in volo, raggiungendo il tetto del mondo, fino a risolvere e ad esaurire il loro desiderio, ricadendo alla fine nella realtà, data dalla superficie disfatta di quel campo di battaglia che era diventato il letto a due piazze di Killian.
 
L’uno al fianco dell’altra, distesi come Adamo ed Eva, sul copriletto verde, simile al prato del Paradiso terrestre, si tennero per mano ancora ansimanti, sudati per il calore che avevano sprigionato in quella dolce tenzone. Si voltarono con i visi l’uno verso l’altra, unendo ancora i loro sguardi, meravigliati di quanto avessero provato, come se fosse nuovamente la loro prima volta e con la consapevolezza che fosse l’ultima prima di rivedersi a Boston.
Ancora palpitavano e, nonostante il calore che emanavano, erano percorsi da brividi, increduli.
Killian si sollevò verso di lei, guardandola dolcemente, occhi negli occhi, ancora ebri di piacere. Chiuse piano i suoi, avvicinandosi alle sue labbra schiuse e sorridenti. La baciò ancora, languidamente e lentamente.
 
– Grazie Love! Grazie per essere venuta da me! Grazie per tutto quello che hai fatto Emma! Grazie per essere ancora mia, nonostante tutto!
 
Lei non rispose a parole. Semplicemente lo fece ricadere sulla schiena, si sollevò per abbracciarlo, custodendolo teneramente tra le braccia e riprendendo lei a baciarlo nello stesso modo in cui aveva fatto lui. Poi scivolò al suo fianco, con la testa poggiata tra l’incavo del braccio di Killian e il suo torace. Appagati e ancora vicini, così si addormentarono, sereni e sicuri del loro amore reciproco.
 
***
Nonostante non fosse necessario, Emma si svegliò di buonora. Lasciò che Killian dormisse tranquillo, ancora nudo come era rimasto. Lo coprì con un lenzuolo, ma lui non se ne accorse nemmeno, per tanto profondamente dormisse. Nuda anche lei si diresse in bagno per fare una veloce doccia. Stette attenta a non bagnarsi i capelli e uscì alla fine dal bagno avvolta in un asciugamano. Evitando di far rumore, si diresse in cucina, sbirciando nella dispensa. Trovò zucchero e farina in uno dei pensili, mentre nel frigo c’era una certa abbondanza di uova e una bottiglia di latte. Velocemente fece un impasto liquido, preoccupata di non avere il lievito, ma sicura che battendo bene le uova  a spuma, i suoi pancakes sarebbero venuti bene in ogni caso.  Sapeva che a Killian piacessero e voleva fargli una sorpresa per l’ultima colazione insieme prima di partire. Aveva l’aereo per Boston alle 10,00 e lui l’avrebbe accompagnata all’aeroporto. Era ormai diventata piuttosto pratica a preparare quelle dorate frittelle. Le avrebbero condite con la marmellata ai frutti di bosco che aveva trovato nell’armadietto.
Spadellata con soddisfazione la prima frittella, ricresciuta adeguatamente, finì di cuocere il resto dell’impasto. Preparò il tavolo rotondo della cucina e, mentre si voltava verso il pensile per prendere la marmellata, sentì due braccia che l’avvolgevano alla vita, mentre le labbra di Killian le baciavano il collo sotto l’orecchio.
 
– Mmmh! Love non ci posso credere! Adoro i tuoi pancakes! Non speravo in questa sorpresa!
 
Lei gli ruotò tra le braccia per baciarlo sulle labbra. Killian aveva indossato i boxer e la teneva premuta contro il top della cucina.
 
– Già sveglio Capitano? Buongiorno! Pensavo di non aver fatto rumore!
– Il rumore non l’ho sentito infatti! Ma il profumino dolce si!
 
Con un dito lui cercò maliziosamente di spostarle verso il basso il bordo dell’asciugamano con il quale lei era ancora avvolta, cercando di accarezzarle i seni.
 – Tesoro! La colazione è pronta! Mettiti a tavola dai!
– Mmmh! I tuoi dolci sono sicuramente ottimi, ma io preferisco te a colazione, lo sai vero?
 
Emma sollevò le braccia verso il suo collo per baciarlo nuovamente e lui, questa volta con movimento più deciso, riuscì a farle cadere a terra l’asciugamano.
 
– Nooh!
– Oooh! Siiih!
 
Fu veloce a prenderla per i glutei e a sollevarla sul top della cucina, facendole aprire le gambe e ponendovisi nel mezzo. Lei non ebbe nessuna voglia di resistergli e iniziarono la colazione con quell’amplesso improvvisato, sensuale e, per quanto veloce, non meno soddisfacente dei precedenti.
 
– Lo sai che mi mancherai troppo Emma?
–Mmmh! Anche tu a me Killian!
 
Si sospirarono quell’ammissione mentre, muovendosi ritmicamente, raggiungevano insieme l’orgasmo, poi si abbracciarono ancora e baciarono teneramente.
 
- Fortuna che hai preparato i tuoi fantastici pancakes! Sono affamatissimo!
 
Lei ghignò maliziosamente.
 
– Hai bisogno di riprendere le forze mio Capitano!

Lui rise con lei, mentre Emma si riavvolgeva l’asciugamano.
***
 
La colazione non avrebbe potuto essere stata più soddisfacente di cosi. Sparecchiarono insieme il tavolo e Killian lavò lui le stoviglie, mentre Emma andò a vestirsi in camera.
Anche Killian doveva prepararsi e lei rimase ad aspettarlo nella camera da letto, finendo di sistemare il trolley. Ad un certo punto, avendo finito di preparare l’occorrente e risistemato il letto, le andarono gli occhi nella direzione delle tele poggiate all’angolo della parete. Ricordò di non averle viste tutte. Quelle viste erano incredibilmente belle, realistiche nell’immagine e nei colori. Si incuriosì e si diresse verso di esse. Tralasciò le prime che aveva visto e prese direttamente la seguente.
Rimase senza fiato. La depose sul letto e si portò la mano alla bocca.
 
– Love finisco di vestirmi, possiamo fare una passeggiata prima di andare all’aerop …
 
A Killian, morì la frase sulle labbra quando vide l’espressione di Emma.
 
– Eri anche lì Killian? Come è possibile che tu abbia dipinto in modo così simile questo quadro?!
 
Killian non riuscì a rispondere subito.
 
- Come potevi sapere che la mia camicia da notte durante il parto avesse questo colore? Anche nostro figlio è uguale a come lo ricordo!
 
Gli occhi di Emma erano pieni di lacrime al ricordo che il momento fissato sulla tela le aveva riportato alla memoria. Killian si avvicinò guardando la tela. Vi era l’immagine di Emma con il loro bambino neonato tra e braccia, il momento in cui l’ostetrica Zelina le aveva dato il piccino da attaccare al seno. L’immagine era di un realismo inquietante.
 
– Eri lì Killian! Eri tu l’infermiere che mi ha aiutato tenendomi la schiena!
– Emma … si! Ero lì con te amore! Non potevo lasciare che affrontassi la nascita di nostro figlio senza di me!
– Eri tu …
- Fu un’emozione grandissima Emma! E non potevo abbracciarti  come avrei voluto. Non potevo farmi riconoscere e la mascherina chirurgica che mi fece indossare il Dottore, mi avrebbe nascosto. Tu eri impegnata con le doglie e non stavi a far caso a me!
– Eppure quando mi tenevi sei riuscito a darmi sicurezza e coraggio Tesoro …
- Mi hai pure ringraziato quando ho portato nostro figlio fuori …
 
Al pensiero del piccino, Emma non aveva più resistito e le lacrime erano sgorgate dai suoi occhi. Killian l’abbracciò portandola sul suo petto.
 
– Oh! Killian! Non sai quando è stato tremendo vedere che toglievano la flebo … non ce l’aveva fatta, il suo cuoricino aveva smesso di battere!
 
Killian le prese il viso tra le mani, asciugando le lacrime e baciandole la fronte.
 
– Emma … Emma ti prego! Non piangere ora!
– Era da tanto che non piangevo per lui …
- Mi dispiace Emma! Mi dispiace tanto di averti fatto subire tutto questo dolore!
 
La frase di Killian fece scattare Emma. Tirò su con il naso.
 
– Cosa Killian? Che centra la morte di Henry con te? Tu non ne hai colpa …
- Emma … io … volevo dirti tutto sula Jolly Roger …
- Tutto cosa?!
 
Emma era ridiventata seria e si stava asciugando le guance del tutto con il dorso delle mani, staccandosi da Killian di due passi indietro.
 
– Ho chiesto a Nick di manomettere i comandi per aver del tempo per lavorare sul caso e per trovare il momento di dirti la verità!
 
Emma stava scuotendo la testa incredula. Aveva intuito giusto che Nick avesse qualcosa da nascondere e anche la sua sensazione su Killian  era altrettanto giusta!
 
– No Killian … No! Cosa hai fatto ancora?!! Cos’altro mi hai mantenuto nascosto?!! Non posso credere che tu abbia combinato qualcosa che abbia coinvolto … no! Questo no!!
– Emma, ti giuro volevo dirtelo, poi è arrivato all’improvviso Nick! Henry, nostro figlio, non è morto Emma! Questo volevo dirti! Dovevo fingere la sua morte! Era in pericolo e non potevo permettere che gli accadesse qualcosa di brutto. Né a lui né a te!
– Tu mi hai tolto mio figlio Killian! Nulla lo può giustificare! Mi hai fatto credere che fosse morto?! Hai fatto lo stesso che con Kim?! Dov’è il mio bambino?!!!
Emma stava prendendo a pugni sul petto Killian e lui non si difendeva nemmeno. Lei era furiosa e lui sapeva ne avesse tutte le ragioni.
 
– Rispondimi!!!
 
Emma era fuori di sé e lui la prese per i polsi cercando di farla calmare. Lei scalciò e si liberò, dandogli un pugno dritto nello stomaco, tanto da farlo piegare in due.
Emma si tirò indietro, tra lacrime e rabbia, rossa sulle guance e con i capelli scarmigliati.
 
Cosa si era aspettato lui? Lo sapeva che Emma non avrebbe reagito bene! Era per quello che aveva messo su con Nick la sceneggiata dell’avaria. Emma non avrebbe potuto fuggire dalla nave e lì le avrebbe spiegato con calma tutto.
 
– Dov’è Henry?!
– Sono stato costretto a darlo in adozione Emma!
 
Emma era ora impallidita. Un’adozione veniva spesso segretata. Difficile scoprire in quale famiglia fosse finito il piccino. Emma sembrava essersi spenta. Killian cercò di riabbracciarla.
 
– Love … Tesoro … fammi spiegare tutto!
 
Lei con uno strattone si liberò dalle sue braccia. Le labbra diventate una sottile linea rossa mentre gli sibilava contro di toglierle le mani di dosso.
 
– Non mi toccare Killian! Non voglio nemmeno vederti!

Emma si voltò di spalle, fece per prendere la sua tracolla, ma le sfuggì di mano cadendo. Era aperta e qualcosa ne uscì.  Si sentì un rumore metallico rimbalzare a terra. Killian vide un brillio sul pavimento. Anche Emma lo vide e si chinò a raccogliere l’anello di fidanzamento datole da Neal. Lo tenne tra l’indice e il pollice guardandolo, come ipnotizzata dai bagliori del brillante.
Killian sentì un brivido gelargli la schiena ancora nuda e vide la sua fine nell’espressione di Emma.
 
– Emma che fai?! No! Per favore aspetta! Devo dirti ancora altro!
– No Killian! Non posso sentire altro! Non ce la farei a tenermi in piedi e devo andarmene di qui!
– Ti prego aspetta! Ancora non è ora di andare all’aeroporto!
– Non ha importanza! Devo andare via da te … ora! Subito! Non posso restare con un uomo che mi mentirà ancora chissà per quante altre volte! Non posso sperare in una vita con te Killian!
 
Ancora con l’anello nella mano destra, Emma se lo rimise all’anulare sinistro. Killian capì e il suo sguardo si spense mentre sentiva il suo cuore andare in frantumi.
 
– Così alla fine stai seguendo il consiglio di tuo padre Emma: “Mai con un pirata” …
– Alla fine mio padre aveva ragione!
– Se è questo quello che vuoi veramente … spero che Neal sia il “Principe” che meriti Emma!
 
Con le braccia abbandonate lungo i fianchi, Killian tacque, guardando Emma che non lo degnava più di uno sguardo, mentre con la tracolla in spalla afferrava il manico del trolley e si avviava alla porta. Lui sperò che lei si voltasse e gli parlasse ancora, ma Emma non si voltò, ne proferì parola, aprì la porta e andò via chiudendola dietro di sé.
Killian non poteva credere a ciò che era successo, forse in cinque minuti. Ancora sentiva il suo sapore sulle labbra. Si erano amati fino a poco prima, dichiarandosi il loro amore e quanto si sarebbero mancati …
 
“Possibile che tutto sia finito cosi?! Maledizione! Dovevo nasconderli quei quadri! Non era il momento adatto per dirle di Henry! Non ha torto di aver reagito così!”
 
Da una parte Killian voleva correrle dietro, voleva fermarla, voleva dirle anche quello che ancora mancava del racconto su Henry, ma si rese conto che come lei stessa aveva detto, ora non era in grado di ascoltare altro.
Si avvicinò alla finestra che dava in strada. Scostò la tenda. Lei era lì fuori, con i jeans e la camicetta bianca, la mano sul trolley, ferma ad aspettare il primo taxy. Vide che un taxy si stava fermando. Emma disse qualcosa al tassista alla guida che aveva abbassato il finestrino. Sicuramente gli aveva chiesto di portarla all’aeroporto. Vide l’uomo scendere dall’auto, aprire il bagagliaio e sistemarvi il trolley di Emma. Lei salì sul sedile posteriore, l’autista si rimise alla guida e dopo una piccola manovra si rimise in gareggiata, partendo per l’aeroporto internazionale.
La mano di Killian gli ricadde lungo il fianco, abbandonando la tenda bianca che tornò al suo posto. Ruotò su se stesso, con lo sguardo vuoto di chi ha perso qualcosa d’importante.
Il cavalletto con l’ultima tela dipinta era ancora vicino alla finestra, coperto con un telo grigio. Si avvicinò mestamente ad esso e piano sollevò il telo. Guardò i visi sorridenti ritratti. Emma era come avrebbe voluta vederla sempre, felice e sorridente.
Aveva dipinto diversi quadri su di lei in quei tre anni, tutti riproducevano momenti vissuti. Avevano avuto uno scopo catartico per lui, lo avevano aiutato a stare senza di lei e dipingerli era stato un modo per chiederle perdono. Quell’ultimo quadro no.

“Love! Sono stato un idiota! Avrei potuto trovare una soluzione meno drastica per Henry? Il funerale non sarebbe stato realistico come è stato in realtà. Tu eri veramente disperata. Tutti hanno creduto che il piccolo fosse morto veramente. Le tue foto sui giornali che ho fatto pubblicare, hanno tolto dalla mente di Gold ogni intento nei tuoi confronti! Non è stato facile convincere l’ex marito di Lorna! Avresti dovuto guardare questo quadro …”
 
Quell’ultimo quadro non rappresentava momenti vissuti. No! Era semplicemente la trasposizione del desiderio più grande di Killian …
 
***
Ospedale centrale di Dublino
 
Aveva passato anche quella notte su una sedia, al capezzale del suo amico e collega Manuel Parrilla.

L’Agente Mulan Chang si era svegliata di soprassalto. Un rumore l’aveva destata. Aveva dormito e non era il suo intento. Era lì da più di tre giorni. Aveva dovuto chiamare il Comandante Shatneer per fargli sapere che sarebbe rimasta qualche altro giorno. Manuelito aveva dato segni di ripresa e i medici le avevano detto che poteva uscire dal coma da un momento all’altro. Non conoscevano i danni che avrebbe potuto aver riportato il giovane, ma la presenza di un volto amico, al suo risveglio, sarebbe stata utile per capirlo meglio.
Rialzandosi dalla sedia Mulan si era stiracchiata e aveva sbadigliato. Si era avvicinata a Manuel e lo aveva guardato in viso. Le onde cerebrali che si vedevano al monitor erano costanti, ormai aveva imparato a capirci qualcosa.
 
– Manuelito vorrei tanto che ti svegliassi! So che puoi farlo!
 
Si era ritirata su e aveva iniziato a camminare per la stanza senza far rumore, intenzionata ad andare a prendersi un caffè al distributore vicino alla medicheria, ma  improvvisamente aveva sentito una specie di gorgoglio provenire da Manuel e velocemente era tornata al suo capezzale.
Era rimasta felicemente meravigliata, Manuelito aveva aperto gli occhi!
 
– Manuel! Manuel! Mi riconosci? Riesci a parlare?
– Mm u laan …
- Si! Si, sono io amico mio! Chiamo il dottore!
 
L’entusiasmo l’aveva travolta e già stava alzandosi per correre a chiamare il medico.
 
– Nnn o ...
 
Manuel l’aveva presa per il braccio fermandola. Mulan non credeva che avrebbe potuto riuscirci. Ciò significava che almeno non avesse paralisi degli arti superiori.
 
– Il dottore deve sapere che ti sei svegliato Manuelito!
– Ddd o po …  Kk i lli a n …
– Killian sta bene non ti preoccupare!
– Nn o …
- Stai tranquillo Manuelito! Ho saputo ieri sera da Seb che hanno catturato il serial killer. La Santa Cruz è in gabbia ormai!
– Nn o … Ki lli an  è  i n  pe ri co lo …




Angolo dell'autrice

Buonasera a tutti, meglio buonanotte credo!
Che ne dite di cosa sta succedendo? Ebbene sì! Il piccolo Henry è vivo e vegeto, ma non sarà facile ritrovarlo. Killian è rimasto solo soletto e da quanto dice Manuelito, che si è risvegliato dal coma, ancora è in pericolo. Sarà cosi?
Fate le vostre ipotesi se volete. Io intanto ringrazio le numerose persone che leggono e chi commenta, oltre a tutti coloro che hanno inserio nelle varie categorie la storia. 
Auguro a tutti una buona settimana.

 Lara

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Capitolo 56
*** Obiettivo finale ***


Capitolo 56

Obiettivo finale
Prima parte

 
 
L’aereo per Boston era in volo già da un pezzo e si stava lasciando alle spalle “l’Isola verde”.
Emma era seduta al suo posto, vicino all’oblò. Aveva la testa appoggiata al vetro, ma questa volta, rispetto al volo di arrivo, non stava guardando fuori. No. Decisamente non ne aveva nemmeno voglia. Era assorta nei suoi pensieri e i suoi occhi, verdi come la linea sempre più lontana e sbiadita dell’Irlanda, erano arrossati per le lacrime, che aveva iniziato a versare già nel momento in cui era entrata nel Taxi che l’aveva portata all’aeroporto internazionale di Dublino.
 
Aveva preso quel Taxi al volo. Aveva sperato di trovarne uno quanto prima, scendendo velocemente le scali dell’appartamento di Killian. Il suo desiderio era stato esaudito appena uscita dal portone. Le era bastato alzare una mano verso il mezzo, l’autista l’aveva vista con il trolley e aveva capito immediatamente la sua necessità. Nel momento in cui lei si era sentita al sicuro, lontana da Killian, nell’abitacolo della vettura, non era riuscita a trattenere le lacrime che, in breve, avevano corso lungo le sue guance, nel silenzio interrotto, ogni tanto, dalla radio gracchiante indicazioni e istruzioni per i tassisti in turno.
Svicolando tra le altre auto, l’uomo alla guida non le aveva prestato attenzione, finché aveva sentito un suo singhiozzo involontario. L’aveva guardata dallo specchietto retrovisore e si era preoccupato per lei. Quanti anni poteva avere quell’uomo? Sui 57-58? Era brizzolato e aveva un’evidente calvizie che si intravvedeva da sotto il berretto con la visiera, un viso bonario e lo sguardo attento di chi è abituato a trattare con la gente. Le aveva parlato con una voce dal timbro greve e il tipico accento irlandese.
 
– Signorina non si sente bene? Sicura di voler andare all’aeroporto? Non è che preferisce tornare indietro?
 
Lei aveva scosso la testa asciugandosi gli occhi con un fazzolettino di carta. L’uomo aveva continuato di tanto in tanto a guardarla dallo specchietto. Chissà quante ne aveva ipotizzate!
 
– L’ho vista correre come se stesse scappando … A volte si litiga con il proprio compagno e si vorrebbe fuggire via …
 
Emma lo aveva fissato negli occhi attraverso lo specchietto retrovisore. Che voleva fare quel tizio? Rubarle il mestiere? Si vedeva lontano da un miglio che le sue fossero lacrime collegate ad un uomo?
 
– Scusi, sono stato indiscreto … ma lei ha l’aria di una ragazza che ha appena lasciato una persona alla quale tiene … magari le cose si possono riaggiustare! Dai! Si asciughi quei begli occhioni, sono sicuro che niente valga le loro lacrime!
 
In fin dei conti quell’uomo, dal tono paterno, aveva solo voluto riconsolarla e alla fine le aveva strappato un sorriso con un paio di aneddoti ben raccontati.
Durante l’ultimo chilometro aveva saputo che si chiamasse Patrick Ridle, un nome tipico per un irlandese, era padre di una figlia della sua età, una giovane allieva infermiera che si era trasferita per studio proprio a Boston e si era inserita presso l’ospedale militare di Chelsea.  Mary Jane, così si chiamava sua figlia, era quasi un anno che si trovava a Boston e se non fosse stato per l’ala protettiva che le aveva offerto una caposala del reparto di chirurgia, probabilmente sarebbe già stata di ritorno, trovandosi priva di amicizie e agganci.
Emma si era incuriosita riguardo alla caposala. Nel reparto di chirurgia di quell’ospedale militare, dove anche Killian era stato ricoverato e operato, lei conosceva una sola caposala.
 
– Sa come si chiama la caposala?
– Come no?! È una gran cara persona! L’ho conosciuta quando io e mia moglie siamo andati a trovare Mary Jane! Rosy, si chiama Rosy White!
 
Era proprio la vecchia burbera e cara Rosy! La brava e generosa caposala che era stata l’insolito Cupido che le aveva fatto incontrare Killian in ospedale. Sorrise amaramente al ricordo. Era stato un bel momento quello con Killian, ma poi aveva scoperto del suo matrimonio già avvenuto e poi … poi …
 
- La conosce per caso?
 
Patrick aveva visto la sua espressione allo specchietto.
 
– Si, si l’ho conosciuta …
- Qualche parente operato lì?
– Si, si un parente … tempo fa …
 
Era impossibile togliersi di mezzo il pensiero di Killian! In qualche modo ritornava a bomba, anche lì in quell’abitacolo dove pensava di tenerlo fuori. Killian e quello che le aveva fatto!
 
 
Con la fronte poggiata al vetro dell’oblò, un’altra lacrima superò la barriera della palpebra sinistra. Si sentiva indignata, offesa, arrabbiata, avvilita e … svuotata. Svuotata di tutto quello che aveva provato per Killian da quando lo aveva rivisto nella sua base segreta di Dublino!
Possibile che fosse nuovamente da capo a zero? Un altro inganno! Un’altra terribile bugia scoperta! La peggiore bugia ricevuta da lui da quella della morte di Kim!
No! No! Anche sul loro bambino no!
 
“Come ha potuto farmi questo! Già ero distrutta dentro per la morte di Kim! Mi stavo riprendendo con l’idea che ancora ci fosse qualcosa di noi con il mio piccolo, qualcosa di lui … Dio mio! Lo ha preso dalle mie braccia quel giorno, appena nato, e me lo a portato via?! Non ci posso credere che abbia fatto questo ad una madre … a me! Questo è l’uomo che dice di amarmi?! Per quanto in pericolo potevamo essere io ed Henry … non la concepisco questa cosa! Poteva farmi sapere la verità, lo avremmo protetto comunque, ma io avrei saputo che nostro figlio fosse ancora vivo! È stata una crudeltà gratuita! Solo un “cuore di ghiaccio” avrebbe potuto architettare una mostruosità simile! Questo è Killian! Un cuore di ghiaccio! Il nomignolo gli si addice veramente! Uno così non sa proprio che significa amare! Quello che c’è stato tra noi per lui era solo semplice ed esclusivo desiderio sessuale! Se ripenso a questi quattro giorni passati insieme! Mi sono illusa ancora una vota?! Lui continuerà a tenermi sempre qualcosa nascosto, a mentirmi nel bene e nel male! Come posso continuare ad amarlo così tanto come lo amo? Non merita un briciolo del mio amore!”
 
Chi avrebbe potuto darle torto? Mentre rimuginava, le passavano tante immagini davanti agli occhi, come una serie di fotogrammi di una pellicola da film. L’immagine più ricorrente, di quella sorta di moviola mentale, era il visetto grinzoso di suo figlio, nel momento in cui lo aveva guardato teneramente per la prima volta, racchiuso tra le sue braccia.
Lo ricordava con i capelli castano scuri, sicuramente più chiari di quelli di Killian, ma forse crescendo si erano scuriti ulteriormente? Gli occhi? Chissà quale era il loro colore? Fossero stati azzurri come quelli di Killian li avrebbe riconosciuti tra mille, nessuno aveva quella tonalità di azzurro, a parte Killian e suo padre Brennan. Il loro piccolo li aveva ereditati così? Era stato dato in adozione, l’unica cosa di cui era certa in quel momento. Conoscendo Killian, il passaggio dell’adozione sicuramente non era stato come da prassi! Come avrebbe potuto rintracciare la famiglia adottiva senza interpellare lo stesso autore dell’inghippo?
Non aveva intenzione di rivedere mai più Killian, né di chiedergli informazioni specifiche. Doveva e, soprattutto, voleva fare da sola, con le sue capacità, le sue conoscenze e … il suo istinto di madre!
 
Si tirò su, appoggiando la schiena più comodamente alla spalliera del sedile. Il posto al suo fianco era vuoto, ne era contenta, nessuno poteva attaccare bottone con la scusa di passare il tempo del viaggio. All’andata era stata Paula Santa Cruz, nei panni di Alexandra Pereira a darle chiacchiera. Almeno di buono c’era stato, in quel viaggio, che una pericolosa criminale fosse finita in galera!
Emma sorrise ironicamente tra sé, poiché la deformazione professionale stava riprendendo il sopravvento sui suoi problemi individuali. Rimuginò sui documenti che aveva esaminato per completare la stesura del profilo del serial - killer.
 
“Eppure è strana questa cosa! Dagli indizi il carattere dell’assassina doveva essere diverso. Mi sarò sbagliata! Quegli aspetti di maternità che vedevo, non sembrano appartenere a Paula. Forse ha un lato che non tira fuori facilmente e nell’uccisione della povera Gretel è saltato fuori improvvisamente! Comunque ora è sottochiave e quello conta! Forse ci saranno difficoltà per estradarla, ma a me ormai non importa più nulla di lei, né della faccenda in sé. Ho dato quello che ho potuto, ora se la vedrà Killian con l’Interpol e la F.B.I.!”
 
Stizzita si risistemò automaticamente il bracciale in cuoio che portava al braccio sinistro. Era diventato una parte di lei e quel gesto di tirarlo su, quando scivolava sulla mano, le veniva orma automatico. Questa volta lo guardò, osservando il brillare della Fenice d’oro. Il raggio di sole che filtrò dall’oblò fece brillare anche la pietra purissima incastonata sull’anello che portava alla stessa mano. Il pensiero le corse a Neal. In quei pochi giorni che era stata in Irlanda non lo aveva chiamato mai, distratta dal lavoro e, soprattutto, da Killian Jones!
 
“Caro Neal! Sempre così attento nei miei confronti, pronto a lasciarmi i miei spazi … gli avevo detto di non chiamarmi e che forse non avrei avuto il tempo di chiamarlo nemmeno io! Devo ammettere che non l’ho pensato per niente, da quando sono partita ad oggi! Questo anello devo ridarglielo, non lo merito! Dovrò trovare un modo per dirgli che non voglio sposarlo! Non sarà facile purtroppo! Non posso sposarmi con un uomo che non amo! Non sposerò nemmeno quello che amo in fin dei conti e credo proprio che cambierò lo scopo della mia vita. Ho un figlio da ritrovare e lui sarà lo scopo! La mia felicità non deve essere legata all’amore di un uomo! Se quello che ho amato con tutta me stessa mi ha ingannata così, dicendo di amarmi, figuriamoci chiunque altro! No! Non ho bisogno di un uomo, ne posso fare a meno!”
 
Il cipiglio di Emma si era indurito pensando a quale sarebbe stato il suo obiettivo. Con quel proposito iniziò a ragionare su suo figlio,  sul come fare per rintracciarlo. Si rendeva conto che ormai, a tre anni d’età, adottato fin da neonato, avesse raggiunto un forte attaccamento alla madre adottiva e al padre. Riuscendo a rintracciarlo non poteva di certo entrare come un tornado nella vita del piccolo e della sua famiglia! Per lui lei era una perfetta estranea.
 
“ Una perfetta estranea … Sono questo per mio figlio! Non sono niente e nessuno per lui! Non l’ho mai cullato tra le braccia quando aveva bisogno di me, non ha mai ricevuto le mie coccole, non ha sentito il suono della mia voce raccontargli una fiaba, ne le mie mani accarezzarlo e lavarlo per il bagnetto! Ha ricevuto tutto questo da un’altra donna che si è presa cura di lui … per il mio Henry quella è la sua mamma … non io!”
 
Le lacrime le riempirono nuovamente gli occhi ma le asciugò immediatamente. Cercò di ridiventare razionale e concentrare il suo pensiero, non su ciò che non aveva mai potuto fare con suo figlio, bensì su cosa avrebbe potuto fare per ritrovarlo.
 
“David! David Noland è l’uomo giusto! Lui lavora proprio nell’ambito delle adozioni, insieme a lui lavora anche il buon Daniel! Racconterò tutta la storia anche a Regina! So che mi aiuteranno! Lorna non credo sia informata della falsa morte di Henry, sicuramente Killian l’ha tenuta fuori per il lavoro che lei stava facendo con me, ma il suo ex marito credo che sappia parecchio invece! Lui era d’accordo con Killian, lo ha fatto assistere al parto, lo ha coperto facendolo passare per un infermiere! Credo proprio che sarà il primo con cui andrò a parlare. Non potrà mentirmi! Poi dovrò avere un incontro con Seb. Lui credo invece che sia molto più informato di Lorna, in fin dei conti è il braccio destro di Captain Hook!
 
La brillante mente, da detective e profiler, di Emma, stava elaborando e pianificando tutto il procedimento che avrebbe affrontato per arrivare ad Henry.
 
“Quando l’avrò trovato non potrò essere diretta con lui, dovrò farmi conoscere pian piano e farmi voler bene. Povera donna pure la madre adottiva! Chissà cosa le è stato detto?! Se gli vuole bene veramente, soffrirà tanto anche lei a restituirmelo! Mio Dio! Potrebbe non volerlo restituire! Dovrò chiedere a David cosa dice la legge nel caso in cui una madre non sappia che il figlio è stato dato in adozione contro la propria volontà! Già lo immagino ovviamente! Non è una cosa legale! Figuriamoci che imbroglio avrà fatto il “Pirata” per far andare tutto liscio!”
 
Tornava davanti ai suoi occhi l’immagine del suo “Pirata”, i suoi occhi azzurri, tristi e pieni di rammarico quando lei lo aveva guardato in viso l’ultima volta. Le si strinse il cuore di nuovo a pensarlo. Lo amava, lo amava veramente! Ma forse era meglio iniziare ad odiarlo! Non poteva sorvolare su un’azione come quella che aveva perpetrato ai suoi danni. Non più! 
 
Irlanda. Contemporaneamente …
 
Dire che si sentiva da schifo era poco per Killian Jones! Aveva sbagliato la tempistica nel dire la verità su Henry! Magari era meglio dire ad Emma solo della sua presenza in sala parto …
 
“Maledizione! Maledizione! Dovevo dirle tutto sulla Jolly Roger, come era nel mio piano! Maledizione! Non posso perderla! Sta volando dritta tra le braccia di quel “damerino”! Quel … quel … come diavolo si chiama?! Neal! Dovevo fermarla e trattenerla! La dovevo costringere ad ascoltare anche il resto! Ora pensa solo che io sia un mostro!
 
Il rammarico di Killian, ormai, poteva risolvere ben poco la situazione. Era rimasto quasi inebetito dal dolore, quando l’aveva vista uscire dalla porta del suo appartamento. Non aveva avuto né la forza né il coraggio di correrle dietro, prenderla tra le braccia e dirle quello che avrebbe voluto farle sapere. Era rimasto spiazzato pure dal suo rimettersi l’anello di Neal all’anulare, segno che avrebbe accettato la sua proposta di matrimonio di sicuro!
 
“Lei ama me non Neal! Lo so! Ne sono sicuro! Forse adesso mi sta detestando! Ne ha pure ragione in fin dei conti! Ma non potrà smettere di amarmi nel giro di poche ore no?! Non può rovinarsi la vita con un uomo che non ama, sposandolo per ripicca nei miei confronti! Cristo! E se lo facesse veramente?! No, no, no, nooo! La chiamo! No! Non posso chiamarla, non mi risponderebbe! Sull’aereo avrà il cellulare spento e pure se non fosse così non mi risponderebbe comunque! Le mando un messaggio! Si … meglio … lo leggerà! Quando sarà meno arrabbiata lo leggerà, ne sono sicuro!
 
La giacca, che indossava la sera prima, era buttata in un angolo della camera da letto. Dentro la tasca sinistra c’era il suo cellulare. Rovistò nella tasca e lo prese. Digitò velocemente le parole che voleva dirle, non gli venne in mente molto, ma quello che scrisse era ciò che per lui contava di più e sperò che lei ci credesse ancora.
 
“Ricordati solo che ti amo! Su questo non ti ho mai mentito!”
 
Seduto sul letto, ancora a dorso nudo, diede l’invio e si buttò con la schiena sulle lenzuola ancora disfatte. Lesse ancora il messaggio e, pensieroso, lentamene  poggiò un attimo sulle labbra il telefonino, quasi a voler inviare un bacio insieme alle parole scritte. Distese poi le braccia allargate sul letto e lasciò la mente riempirsi di ricordi.

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Ospedale di Boston, 3 novembre 2008, tre anni prima …
 
Aveva visto Emma ancora sofferente, aveva appena partorito e lui le aveva tenuto la schiena, aiutandola a spingere durante le contrazioni. Aveva fatto un corso accelerato di assistenza al parto e aveva letto in pochi giorni una serie di libri in merito. Era da tempo che avesse parlato con il ginecologo di Emma. Aveva chiesto a Lorna di indirizzarla proprio al suo ex marito, sia perché fosse un ottimo ginecologo, sia per il fatto che lui fosse a conoscenza del ruolo della ex coniuge nella F.B.I. e quindi sarebbe stato più facile farlo entrare nell’ottica del piano di protezione per il bambino e la madre, secondo quanto progettato da Captain Hook.
 
Quando Mulan lo aveva avvisato delle prime doglie di Emma, in seguito all’attentato dopo la sua testimonianza al processo Manguso-Gold, aveva chiamato Federick Victor While, dicendogli che presto sarebbe arrivata in ospedale e che lui stesso avrebbe fatto in modo di farsi trovare pronto per entrare in sala parto.
Mentre Emma veniva visitata al Pronto Soccorso, lui, che era arrivato contemporaneamente, si era cambiato, indossando la divisa verde da infermiere con la mascherina e il berretto, attendendola con il Dr. While.
 
Era stato straziante vedere la sofferenza di Emma e constatare con quanto coraggio avesse portato avanti quella difficile gravidanza e il parto stesso. Lei non si era lamentata molto, aveva resistito al dolore delle doglie, anche se Killian si era reso conto che fossero state piuttosto impegnative per una primipara come lei. Quando il loro bambino era finalmente uscito  e aveva strillato aprendo i polmoni, l’amore e l’orgoglio per Emma e il piccolo, d’istinto lo avrebbero fatto gridare di gioia e baciare la sua donna, ma aveva dovuto trattenersi. Lei non sapeva che lui fosse lì, che fosse ancora vivo. Pensava fosse un infermiere qualunque.
 
 Emma lo aveva ringraziato per il sostegno che le aveva dato, scusandosi di avergli fatto male stringendogli troppo le mani durante il parto, ma non l’ aveva potuto vedere bene in viso dalla sua posizione ed era stato meglio così! In ogni caso la mascherina lo rendeva irriconoscibile.
Mentre il medico si occupava di Emma, l’ostetrica Zelina si prendeva cura del neonato, pulendolo e poi pesandolo e misurandolo.
Lui era rimasto a vedere quella meraviglia di suo figlio piagnucolare e dimenarsi durante tutta la prassi, finché non aveva taciuto nel momento in cui Zelina lo aveva posato sul seno di sua madre. Poi il Dr. While, con la scusa che il neonato fosse troppo piccolo e avesse un sospetto cardiaco per cui era da portare in reparto pediatrico, gli aveva ordinato  di prenderlo.
Con suo figlio in braccio si era avviato verso la porta, bloccandosi nel sentire la domanda che Zelina rivolgeva a Emma.
 
– Che nome vuoi dare al tuo bambino Emma?
 
Zelina stava compilando la scheda anagrafica del neonato ed era necessario sapere il nome che la madre gli attribuiva, per registrarlo all’anagrafe. Emma non aveva esitato nel rispondere.
 
– Henry! Il suo papà lo avrebbe chiamato così! Questo sarà il suo nome!
 
Fermo sull’uscio, di spalle, gli si erano riempiti gli occhi di lacrime per l’emozione a sentire le parole di Emma, avrebbe voluto  ringraziarla per il regalo di quella nascita e per aver scelto di chiamare il loro bambino come lui le aveva detto nelle vesti di Kim Steward, avrebbe voluto stringerla forte a sé e baciarla come da tanto non aveva più potuto fare ma, non potendo rivelarsi, aveva stretto al petto il piccino ed era uscito dalla stanza.
Non era andato nel reparto pediatrico, era rimasto nella stanza adiacente alla sala parto, aspettando che il medico, dopo aver inviato Emma in corsia, andasse da lui.
Aveva tenuto Henry in braccio, cullandolo e accarezzandone le guance. Aveva cercato d’imprimersi nella mente ogni dettaglio di quel visino, per non dimenticarlo mai. Lo aveva portato più vicino al proprio, ne aveva inspirato l’odore di pulito e vi aveva riconosciuto l’odore di Emma. Gli aveva dato piccoli baci leggeri sulla fronte, timoroso di graffiarlo con la barba lunga. Aveva sentito una tenerezza infinita per lui e una profonda tristezza per quanto stava per fargli.
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– Piccolo tesoro di papà! Ti voglio bene lo sai? Ti ho aspettato tanto, anche se la tua mamma non lo sa ancora! Ho fatto in modo di esservi vicino pure se lontano e dovrò starvi lontano ancora. Non avere paura piccolino mio, non sarai mai solo, farò in modo che non succederà mai e avrai la tua  mamma e il tuo papà a prendersi cura di te in qualche modo!
 
Le sue parole, dette sottovoce, al piccolo che si stava addormentando, erano state interrotte dall’arrivo del Dottor While.
 
– Emma sta bene?
– Si Capitano! Lei sta bene … per ora! Quando vedrà il bambino morto sarà una tragedia!
– Lo so Dottore! Ma è necessario!
– Sicuro che non ci possa essere un’altra soluzione? Quella povera ragazza ne ha passate di tutti i colori! Solo per portare avanti la gravidanza ha avuto tante difficoltà, vedere il figlio morire le spezzerà il cuore!
– Se le lascio nostro figlio correranno un pericolo mortale entrambi Dottore! Emma è più forte di quello che sembra, inoltre Lorna le darà il supporto necessario per affrontare il dramma.
– Lorna sa della messa in scena?
– No. Non deve saperlo, così lavorerà come deve con Emma. Non gliene faccia parola!
– Non ci penso proprio! Non sono orgoglioso di questa complicità, ma se è necessario per salvare due vite, mi sta bene fingere che una sia finita. Mi lasci il piccolo ora, Zelina lo porterà nella nursery e gli applicherà la flebo con il sonnifero. Quando Emma andrà a vederlo …
- Lei dichiarerà che nostro figlio non ce l’ha fatta. Dirle durante la gravidanza che il piccolo avesse un difetto cardiaco è stata un’ottima trovata, in questo modo è già in parte preparata all’evenienza, sarà meno dura!
– Stiamo parlando sempre di una giovane madre Capitano! Perdere un figlio è il dolore più grande che una donna possa provare!
– Allora sarà anche la gioia più grande quando potrà ritrovarlo non crede?
– Mi auguro per Emma che possa essere presto!
 
Aveva guardato un’ultima volta suo figlio, intanto era entrata Zelina e glielo aveva deposto in braccio, non prima di avergli dato un ultimo bacio sulla piccola fronte rotonda.
 
– Ostetrica Zelina … mio figlio ora è nelle sue mani!
– Lo porterò a casa mia dopo la dichiarazione di decesso, come da accordi Capitano. Prenderò una settimana di ferie per accudirlo, già le ho chieste!
– Una settimana basterà per trovare la famiglia adatta per lui! Verrà un agente a prelevarlo, le farò sapere chi e quando!
 
Zelina aveva annuito ed era uscita con il piccolo, lui era rimasto ancora con il Dr. While per organizzare la documentazione della morte di suo figlio. Sulle carte che Zelina aveva compilato, sul rigo dedicato ai nomi dei genitori, il suo affiancava quello di Emma Swan. Quella era la copia originale che il medico avrebbe fatto avere all’anagrafe dell’ospedale e di conseguenza a quella del comune di Boston. Il piccolo era stato riconosciuto da suo padre e sarebbe stato registrato con il nome di Henry Swan Jones. A Emma sarebbe stato dato un certificato falso, con solo il suo nome e la dichiarazione del decesso. La piccola bara bianca sarebbe stata chiusa immediatamente e avrebbero evitato di far vedere ulteriormente il neonato alla madre.
 
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Ancora disteso sul letto, ripensava al resto dell’organizzazione della messa in scena.  Il funerale era stato riportato sui giornali, insieme ad una foto del momento in cui si vedeva una giovane Emma, pallida e vestita di nero, affiancata da sua  zia Ingrid, dalla cugina Anna e da pochi amici intimi. Quella parte, resa pubblica, aveva lo scopo di  allontanare l’interesse di Gold per lei e il piccino.
 
Non era orgoglioso di quello che aveva fatto, ma non ne era pentito. Era stato doloroso anche per lui non poter dire la verità a Emma e continuare a far crescere l’amicizia telefonica tra loro, camuffando la propria voce per non farsi riconoscere. Poi c’era stata la missione in Colombia, dove era andato di persona, dovendo agganciare Antonio Santa Cruz per scoprire la sua rete con la Cina.
 
“Tre anni! Sono passati tre anni! Lei ha completato gli studi e si è arruolata nella F.B.I. Ha lavorato sodo ed è riuscita a diventare quello che voleva, una brillante Profiler. Sono orgoglioso di lei, come lo sono di nostro figlio, che sta crescendo robusto, forte e intelligente!”
 
Pensando al figlio gli si aprì un sorriso sul viso, il primo da che Emma era uscita dalla sua casa. Guardò l’orologio al polso. Realizzò che Emma fosse  partita da un po’ e lui doveva andare a lavoro. Si alzò e finì di vestirsi. Mise una maglietta Polo blu, infilò gli occhiali da sole nello scollo sbottonato, prese le chiavi della sua Audi dal ripiano del comò, il portafogli con i suoi documenti, attivò il dispositivo d’allarme e uscì dall’appartamento.
Continuando a pensare ad Emma, non si rese conto di aver dimenticato il cellulare tra le lenzuola disfatte del letto e non poté sentire che stava squillando.
 
***

Sul letto il cellulare suonava e, sullo schermo illuminato, il nome che il Capitano avrebbe letto era quello di una cara amica, oltre che una delle sue più fidate agenti.
 
– Maledizione Kil! Perché diavolo non rispondi?
 
L’agente Mulan Chang riprovò ancora a chiamare il suo Capo. Niente da fare! Il cellulare era libero ma squillava a vuoto.
Manuelito si era ripreso dal coma, lo stavano visitando, mentre lei si era allontanata per chiamare Captain Hook. Quello che gli doveva dire era di vitale importanza. Da quanto le aveva detto Manuel il loro Capitano era in pericolo e non aveva idea di esserlo. Mulan aveva capito che il pericolo non veniva da Paula Santa Cruz, ormai arrestata, bensì da qualcun altro. Manuel aveva avuto un vuoto di memoria subito dopo aver detto le prime poche frasi smozzicate, aveva un ricordo vago di chi gli aveva sparato ed era un miracolo che si fosse risvegliato con alcune capacità motorie e verbali che i medici pensavano dover essere del tutto compromesse. Mentre lei stava cercando di contattare Killian, i sanitari stavano facendo le prove di sensibilità agli arti inferiori del suo collega e lei non vedeva l’ora di rientrare nella sua stanza per chiedere notizie.
All’ennesimo squillo a vuoto, Mulan decise di contattare direttamente la base segreta di Dublino. Le risposero che il Capitano non era ancora arrivato, ma sarebbe stato lì entro pochi minuti …
***
 
C’era parecchio traffico in quel momento e Killian guidava automaticamente e fluidamente seguendolo. Continuava a rimuginare mentalmente su Emma. Sapeva che doveva andare al più presto da lei a Boston. Doveva riconciliarsi con lei e farle conoscere il loro splendido bambino. Sapeva che non sarebbe stato facile, Henry non sapeva nulla della verità ed era molto attaccato ai genitori adottivi. Si chiedeva come si sarebbe comportata Emma in proposito, lei in fin dei conti aveva dalla sua parte degli strumenti professionali che a lui mancavano. La grande fiducia, che riponeva in lei e nelle sue doti, gli faceva credere che per la giovane sarebbe stato più facile di quanto si potesse pensare. Immaginando svariati scenari per quell’incontro così importante, giunse al parcheggio sotterraneo vicino alla sede della sua base. Un’auto di piccola cilindrata entrò nel sotterraneo poco dopo la sua. Gli sembrò di vedere una donna alla guida, ma non le prestò attenzione più di tanto, era un parcheggio pubblico in fin dei conti.  Si tolse gli occhiali da sole, poggiandoli sul cruscotto, e si distrasse ulteriormente a cercare il cellulare  realizzando di averlo lasciato sul letto dopo averlo usato per l’invio del messaggio a Emma. Rimproverò se stesso per quella dimenticanza. Era un pignolo in tutto quello che faceva e non ammetteva errori, specie i propri. Già si sarebbe schiaffeggiato da solo per come era andata con Emma e quell’ultima distrazione lo infastidì ulteriormente. 
 
“Mi destabilizzi proprio Emma! Sto bene e mi sento completo solo quando sei con me! Se sono in conflitto con te non riesco a concentrarmi su altro ed ecco i risultati!”
 
Imbronciato aprì lo sportello dell’Audi e uscì da essa. Si guardò intorno per una frazione di secondo e vide che l’auto arrivata dopo di lui aveva parcheggiato due auto dopo la sua. Percepì il movimento dell’automobilista che stava armeggiando con il bagagliaio. Non si vedeva la parte alta del corpo della persona, ma vide qualcosa di giallo e frusciante. Era di sicuro una donna, indossava un abito con gonna ampia di colore giallo. Si incamminò dalla sua parte, verso l’uscita pedonale. La vide meglio di profilo. Era esile, non molto alta, forse sul metro e sessanta, aveva i capelli neri, tagliati a caschetto, lunghi sul collo. La vide di spalle che tirava fuori dal bagagliaio un passeggino. Ricordò di averla vista il giorno prima, all’incrocio poco distante dal suo ufficio, era una giovane mamma, il giorno prima era con il suo piccolo che passeggiava sul marciapiede. Pensò che probabilmente abitasse poco distante, non l’aveva mai vista prima del giorno precedente. Forse era da poco che abitava nei paraggi! 
La giovane madre sembrò in difficoltà con il passeggino, non riusciva ad aprirlo, forse si era inceppato. La vide alzare il viso verso di lui, portava un paio di ampi occhiali da sole. Killian pensò che, con quegli occhiali e la poca luce del sotterraneo, non sarebbe riuscita a vedere dove metteva le mani sul passeggino.
 
– Mi scusi Signore! Potrebbe aiutarmi un secondo con questo passeggino? Si è incastrato e non riesco ad aprirlo!
 
Killian le sorrise. Era un gentiluomo e non si tirava certo indietro quando si trattava di aiutare una “donzella” in difficoltà!
Salutandola cordialmente le si avvicinò e si chinò ad osservare quale fosse il problema di quel moderno passeggino. La giovane intanto si era tirata un po’ indietro lasciandogli spazio.
 
– Nulla di grave Signora! Ecco fatto! Questo pulsante era rimasto bloccato, è un po’ difettoso e ricapiterà. Se lei spinge da questa parte si sblocca. Vede?
 
– Vedo Capitano! Vedo bene!
“Capitano?!”
 
Cosa ne sapeva quella donna del suo grado? Killian alzò lo sguardo verso di lei. Gli si gelò il sangue nelle vene. Automaticamente si rimise in piedi, guardando la bocca della pistola con silenziatore, puntata verso di lui.
 
– Cosa diavolo …
 
Dall’arma spostò lo sguardo verso il viso della donna e vide con terrore il suo sorriso ironico. Chi era veramente quella donna?
 
– Non mi riconosci Capitano?
 
Killian cercò di individuare, dietro quegli occhiali da sole, il viso della donna. La sua mente fotografica, tipica delle persone con le sue capacità artistico - pittoriche, la immaginò in pochi secondi con il viso contornato da capelli biondi e poi da capelli mogano.  Rivide davanti a sé Emma che, seduta con la documentazione sul serial Killer, gli descriveva il profilo che aveva stilato.
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- Sono convinta che sia una donna. Alta sul metro e sessanta come risulta dai calcoli balistici. Travestita da uomo non ha dato un senso di pericolosità a Gretel. Un tipo mingherlino che non avrebbe potuto far male ad una mosca, se non fosse stato che avesse avuto una pistola nascosta da qualche parte.
– Perché pensi proprio una donna? Un uomo basso no?
– No. L’assassino ha mostrato una delicatezza e un’attenzione femminile nei confronti di Gretel. Solo una donna poteva mostrare quel senso di maternità. Ha messo la foto di Gretel e sua figlia tra le sue braccia, vicino al cuore. Non l’ha cosparsa con la cocaina/cenere sulla testa perché le è sembrato già di averle dato una grande punizione strappandola all’amore di sua figlia. È una donna Killian … ne sono sicura. Una donna con forte senso di maternità, forse ha avuto un figlio o una figlia anche lei o desidera fortemente averne, ha tra i 23 – 30 anni d’età. Quale donna conosci che potrebbe volerti morto e corrisponde a questo profilo?

 
Come aveva fatto a non pensarci quando Emma gli aveva rivolto quella domanda?
Si era concentrato solo su Paula Santa Cruz, ma c’era un’altra donna che poteva odiarlo al punto da commettere tutti quegli omicidi e volere morto anche lui!
 
Tenendolo ancora sotto la minaccia della pistola che teneva in mano, la giovane donna si tolse gli occhiali, mostrando i suoi occhi azzurri.
 
– Pensavi di farla franca Captain Hook? Credevi che non ti avessi riconosciuto in Cina, nonostante il tuo travestimento da stilista gay? Robert non voleva crederci all’inizio, poi quando ha capito che c’era la possibilità che avessi ragione non ha potuto parlare con il Tay Pan e ha cercato di eliminarti una volta per tutte di persona, ma sei stato tu ad uccidere lui! Me lo hai ammazzato! Me lo hai portato via nel momento in cui eravamo più felici, aspettavo un figlio da lui finalmente! Per colpa tua Jed non ha potuto conoscere suo padre!
 
Killian guardava Lucy Handersen, alias Belle French, cercando di mantenere la sua freddezza, ma in realtà il sudore freddo imperlava la sua fronte.
 
– Sei stata tu ad uccidere i miei agenti … non Paula!
– Certo che sono stata io! Dovevate pagare tutti per la morte di Robert! Dovevate espiare la vostra colpa!
– Per quello la Cocaina l’hai usata come cenere sulla testa delle tue vittime?
– La odio ormai! E si! È la cenere che meritavate tutti! Con Paula ci siamo incontrate per caso, io da un pezzo sapevo dove trovarti!
– Come ci sei riuscita? E come sei riuscita a sfuggirci in Cina?
– In Cina ho avuto l’aiuto necessario dai seguaci del Tai Pan Li Yu Wong! Anche se lui era stato arrestato, l’organizzazione non è finita con lui. Tra le notizie che avevo io e la loro rete d’informazione, sono stati meglio della D.E.A. e della tua Squadra Speciale! Mi hanno aiutata a nascondermi, mentre indagavano sul misterioso Captain Hook. Che tu fossi irlandese si era capito e che Dublino fosse la tua base principale, non era difficile arrivarci, ma scoprire dove abitassi, quello è stato un colpo di fortuna insperato. Sei entrato per caso nel bar dove stavo prendendo un caffè. Non so che dispiaceri stessi passando, ma non avevi un’aria contenta. Ti ho visto rifiutare le avances di quella ragazza, lasciarle dei soldi e uscire. Ti ho seguito, eri a piedi e io sono stata dietro di te, fino a vederti entrare in quella bella palazzina dove abiti. Non mi è stato necessario avvicinarmi troppo!
– Hai messo tu la lettera anonima sotto il portone quindi!
– Certo che sono stata io! È stata una sorpresa scoprire la tua relazione con Emma Swan, l’amica di Regina Mills! Mi sono chiesta come l’avessi conosciuta e come fosse arrivata qui, ma Paula mi ha raccontato le parti che mi mancavano!
– Quindi tu e Paula vi siete messe in società!
– Paula voleva arrivare a te per ucciderti, almeno questo è quello che diceva con la bocca, ma mi sono resa conto che aveva altri sentimenti nei tuoi confronti, ero sicura che non ce l’avrebbe fatta a spararti, ma per quello rimedierò io adesso!
 
Killian aveva osservato bene Lucy-Belle mentre parlava. Era risoluta, fredda nella sua decisione. Lui non portava un’arma addosso, né un giubbotto antiproiettile, aveva pensato che non gli servisse e con il caldo di luglio non era proprio il caso! Era troppo distante dalla donna per provare a disarmarla, come si fosse mosso lei lo avrebbe colpito sicuramente. Fissò la bocca dell’arma, puntata all’altezza del suo stomaco. Un colpo e sarebbe morto con dolori atroci in una ventina di minuti, martoriato dall’acido fuoriuscito dal suo stesso stomaco. La mano della donna era ferma, era la mano di una pluriomicida, non si sarebbe fatto alcuno scrupolo. Ebbe pochi secondi per riflettere mentre il pollice di Lucy tirò indietro il cane e con l’indice premette il grilletto.

Con lo sparo soffocato dal silenziatore, Killian concentrato sull’arma vide, in una frazione millesimale, il proiettile uscire velocemente dall’arma e dirigersi verso il suo addome …




Angolo dell'autrice

Buona domenica a tutti! Lo so è qualche settimana che sono sparita, ma eccomi qui, altri impegni mi hanno tolto il tempo per scrivere questa storia. Spero che questo capitolo vi abbia catturato e che nessuno voglia venire a cercarmi. Abbiamo scoperto finalmente chi è il vero assassino della Squadra Speciale di Captain Hook. Emma aveva visto giusto! Chi di voi aveva ipotizzato che fosse l'apparente ingenua Belle?
Ho inserito anche un tenero disegno, spero si veda nel momento in cui posterò. Ringrazio tutti i lettori che mi hanno accompagnato fino ad ora e i nuovi che si stanno inserendo pian piano scoprendola piacevole. Ho interrotto qui il capitolo per soddisfare chi mi ha chiesto di pubblicare, il resto spero di pubblicarlo presto, ma come dicevo molti impegni mi stanno portando altrove. Ancora un grazie a chi commenta e a tutti coloro che categorizzano nelle varie sezioni. Un saluto affettuoso a tutti.
Vostra Lara

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Capitolo 57
*** Obiettivo finale II parte ***


Capitolo 57
Obiettivo finale
Seconda parte
 
 
Pochi secondi per riflettere …
Ad una mente geniale potevano bastare per calcolare  la distanza, la traiettoria, la velocità e il punto d’impatto del proiettile? Si, potevano bastare! Ma soprattutto a  Killian Jones fu utile osservare il momento in cui la donna armata tirò indietro il cane della pistola. Nella frazione di secondo in cui premette il grilletto e fuoriuscì il proiettile, lui si buttò sulla sinistra, verso il passeggino. Veloce come un fulmine, con violenza, scaraventò il piccolo veicolo verso le gambe di Lucy Handersen, alias Belle French. Lei non si era aspettato un movimento tanto repentino da parte del Capitano, né che il passeggino di suo figlio le arrivasse addosso con tanta violenza. Barcollò non riuscendo ad evitare l’impatto, ma la pistola rimase ben salda nella sua mano, pronta a far fuoco ancora e ancora.
Quei pochi secondi, di incertezza della donna, concessero a Killian di nascondersi tra le auto. Era una magra difesa e si stava pentendo di ogni suo peccato, consapevole di non avere con sé la pistola d’ordinanza né, tantomeno, il giubbotto antiproiettile. L’unico modo che gli restava per salvarsi, era di non farsi vedere e prenderla alle spalle. Doveva riuscirci per disarmarla o sarebbe stato spacciato.
Acquattato dietro una delle auto parcheggiate, sentiva la voce di Belle che lo scherniva, con un tono tagliente come le parole di spregio che stava usando nei suoi confronti.
 
– Te la stai facendo sotto Capitano? Ora non ti senti forte senza una pistola in mano vero? Sei un vigliacco! Hai paura di affrontare una donnicciola come me?
 
Killian sperò che la ragazza continuasse a parlare per regolarsi sulla sua posizione. Non poteva alzare il busto per guardare, lei gli avrebbe sparato senza pensarci due volte. Si mosse a passo di leopardo, come tante volte aveva fatto nell’addestramento, vide i piedi di Belle che, ora silenziosa, stava camminando dalla parte opposta a dove si trovava lui. Doveva muoversi più velocemente e senza fare il minimo rumore. I piedi femminili si fermarono e voltarono, lei si stava guardando intorno, lo stava cercando con gli occhi. Killian si bloccò, il cuore gli batteva forte e l’adrenalina ormai gli circolava in tutto il corpo, rendendolo pronto all’attacco e alla difesa. Osservò nuovamente, da sotto l’auto che lo stava nascondendo, i piedi di Belle che si allontanavano ancora. Era il momento di agire. Si risollevò e scattò verso le spalle della ragazza. Questa si accorse del suo movimento e si voltò con l’arma verso di lui ma, con la gamba tesa, Killian scalciò in avanti, verso la sua mano, facendole saltare in aria  la pistola. Nel movimento di scivolata, Killian ricadde all’indietro, pronto a rimettersi in piedi con un colpo di reni e a bloccare Belle a mani nude.
Non aveva calcolato l’agilità della ragazza e il suo profondo desiderio di vendetta. Questa, come se non avesse accusato nessun dolore all’arto, raccolse la pistola in men che non si dica, sfruttando il fatto di essere in piedi rispetto a Captain Hook .
 
– Credo sia ora di finirla con i giochetti Capitano! Ci siamo divertiti abbastanza, adesso finalmente avrai quello che meriti!
 
Gli occhi azzurri di Killian erano per la seconda vota puntati verso il foro del   silenziatore. Questa volta era veramente spacciato, non aveva nessun modo per evitare di essere colpito. Non fece calcoli, non fece ipotesi d’azioni. Gli vennero nella mente le immagini di Emma e del loro bambino, pensò solo che quella era l’ultima cosa che avrebbe portato con sé, la loro immagine nella mente mentre moriva. Addio al suo sogno d’amore, addio all’idea di riconciliarsi con Emma restituendole Henry, addio a tutto!
Nel silenzio di quel parcheggio sotterraneo, con il freddo del pavimento sentito attraverso i jeans, chiuse gli occhi per vedere ancora il dolce viso di Emma, i suoi occhi di verde purissima acqua, le sue labbra di ciliegia e il turbinio dorato dei suoi capelli fluenti.
Con gli occhi chiusi e l’immagine della donna che amava nella mente, sentì distintamente due suoni in contemporanea, lo scatto del cane della pistola e il rombare potente di un motore di auto che sopraggiungeva velocemente.
Riaprì gli occhi istintivamente nel momento in cui l’auto investiva violentemente Belle, sbalzandola da terra e facendole fare un volo di quattro metri. Per un pelo l’automobile non gli era passata sulle gambe. La vide inchiodare le ruote a mezzo metro da lui. Ne scese velocemente l’autista per vedere il risultato dell’impatto.
Due gambe snelle vestite in jeans, con scarpe da ginnastica e una maglietta blu dal taglio maschile, corsero verso di lui.
 
– Kil! Stai bene?
 
Gli occhi a mandorla di Mulan lo fissavano preoccupati, i suoi capelli, lisci e neri, le ricadevano ai lati del viso ovale, mentre si abbassava su di lui.
 
– Ciao Fiore di Loto! Mai stato meglio! Specie ora che sei arrivata! Non so perché sei qui ma sono felice che tu ci sia!
– Lo credo Kil … lo credo!
 
Alzando un sopracciglio, Mulan gli allungò la mano per aiutarlo a rimettersi in piedi, anche se lui non ne aveva bisogno.
 
– Vediamo come sta Lucy Handersen!
– Con il volo che le hai fatto fare non credo stia bene!
– Mi dispiace ma ero sicura di trovarla qui!  Tu non eri raggiungibile al cellulare e non ti ho potuto avvisare. Manuelito si è ripreso e mi ha detto che era stata la Handersen a sparargli, proprio in questo parcheggio sotterraneo. Ho chiamato il tuo ufficio e mi hanno detto che stavi arrivando. Ho cercato di arrivare prima di te, ma a quanto pare sono comunque arrivata appena in tempo!
– Il tuo tempismo è stato miracoloso! Altri due secondi ed ero spacciato!
 
Entrambi si diressero verso la donna che giaceva inerme a terra in una posa innaturale, la sua pistola era distante da lei e i due agenti notarono del sangue colato dalla sua testa. Si scambiarono uno sguardo significativo. Lucy-Belle, sbalzata dall’auto, aveva battuto la testa contro uno dei pilastri di cemento che reggevano il soffitto. Il colpo inferto dall’auto e il seguente urto nella ricaduta, le avevano provocato sicuramente danni seri alla colonna vertebrale e alla testa. Si chinarono su di lei e videro che respirava a fatica. Il sangue che avevano notato le usciva dalle orecchie, segno evidente di un grave danno cerebrale. In una specie di rantolo stava cercando di dire qualcosa.
 
– Il mm-i-o  ba-m-bi-no!
– Ha detto “mio bambino”? Ho sentito bene?
– Si Mulan … ha un figlio! Era incinta quando eravamo in missione in Cina!
– Mi ricordo che fosse in sovrappeso, ma non avevo capito che fosse incinta!
– Lo era e il fatto che io abbia ucciso Gold è stato il motivo che ha scatenato la sua vendetta. Emma aveva intuito tutto esattamente del suo profilo, anche la maternità! Chissà dove tiene suo figlio. Non era in auto con lei!
 
Mulan provò a far parlare ancora la ragazza per avere informazioni sul suo bambino.
 
 – Lucy riesci a dirmi dove sta tuo figlio? Vogliamo aiutarti e provvedere a lui!
 
La ragazza non rispondeva, aveva gli occhi sbarrati ma non direzionava lo sguardo, la pupilla era enormemente dilatata. Killian intanto chiamava l’ambulanza e l’Interpol.
La giovane Lucy Handersen stava agonizzando. Killian non disse nulla, ma immaginò che con probabilità non sarebbe arrivata viva all’ospedale.
 
Gli operatori sanitari arrivarono nel giro di un quarto d’ora. Intubarono la donna per ossigenarla. Le misero una flebo e la caricarono a bordo del mezzo di soccorso.
 
– Cosa ci dice Dottore?
 
Killian si era rivolto al medico che lo guardò con sguardo serio e accigliato.
 
– Dubito che sopravvivrà! Ha sicuramente gravi fratture alla colonna vertebrale, sospetto danni agli organi interni e una sicura commozione cerebrale. Ho allertato l’ospedale per la camera operatoria …
 
Killian ringraziò e salutò il medico che salì velocemente sull’ambulanza, posizionandosi affianco alla paziente, mentre gli altri operatori chiudevano gli sportelli posteriori e l’autista attivava la sirena, rimettendo in moto l’ambulanza.
Nel mentre erano arrivati gli agenti dell’Interpol. Ebbero uno scambio verbale con il Capitano e si accordarono per una deposizione presso la loro sede.
Mulan si preoccupò di scoprire dove si trovasse il bambino della ragazza e, con uno degli agenti dell’Interpol, perquisì la sua auto. Dentro vi era la borsetta e fu utile rovistarvi dentro. Tra gli effetti personali della Handersen c’era il suo cellulare, il passaporto falso e un indirizzo. Killian si avvicinò a sua volta e Mulan lo informò di quanto avessero trovato. Per ordine del Capitano la borsa fu portata nella sede dell’Interpol dall’agente e lui, con Mulan, salirono sulla sua Audi per andare a rilasciare la loro deposizione sui fatti appena accaduti.
 
Ci vollero diverse ore per mettere tutto nero su bianco. C’erano molte cose da condividere con la F.B.I., la D.E.A. in particolare, l’Interpol e la Polizia Irlandese. Dopo un’ora e mezza dall’arrivo di Killian e Mulan presso la sede dell’Interpol, giunse la notizia della morte di Lucy Handersen. Era spirata prima di entrare in sala operatoria.
 
Il fatto che la Handersen avesse un figlio che non portava con sé, significava ovviamente che lo avesse lasciato in custodia a qualcuno. Gli agenti si chiesero quanti complici potesse avere Lucy-Belle in Irlanda. Lei stessa aveva detto a Killian che era stata aiutata dai narcotrafficanti  cinesi, che si erano riorganizzati dopo l’arresto del Tai Pan. Killian, nella sua profonda conoscenza dei meccanismi che regolavano il narcotraffico, non si era certo illuso di aver eliminato il traffico dalla Cina! Era ovvio che dopo l’arresto di Li Yu Wong  si sarebbe scatenata nuovamente la corsa tra i vari capi clan per il predominio e l’elezione di un nuovo Tai Pan! Pur avendo dato in quei tre anni una fortissima stoccata al narcotraffico mondiale, il lavoro non era concluso. Inoltre la sua copertura era probabilmente del tutto saltata e ne doveva trovare un’altra. Doveva approfondire i controlli sui movimenti di Lucy in quell’ultimo anno, capire quali erano stati i suoi contatti e cosa veramente si sapesse di lui. La mafia cinese aveva scoperto il suo nickname, Lucy per caso il suo indirizzo e il suo vero nome. Lo aveva rivelato solo a Paula Santa Cruz? La sua immagine e il suo volto erano noti ormai? Doveva accertarsi che solo Belle e pochi circoscritti conoscessero il suo vero volto e che non ci fossero sue foto in giro. Avrebbe controllato le foto sul cellulare della ragazza e, se ce ne fossero state, avrebbe controllato se le avesse inviate a qualcuno.
Killian doveva proteggersi e proteggere la sua squadra. Doveva rivedere tutti i codici di accesso, cambiare base e abbandonare la sua casa attuale. Sarebbe sparito dalla circolazione per un po’ di tempo e avrebbe lavorato solo esclusivamente nella stanza dei bottoni. Spargere la voce che Captain Hook fosse una leggenda metropolitana e che non fosse un unico uomo, sarebbe stato utilissimo per depistare altri narcotrafficanti intenzionati ad eliminare un loro pericoloso avversario.
 
***
Quello stesso pomeriggio fu rintracciato con chiarezza il domicilio di Lucy Handersen. La Polizia fece irruzione nell’appartamentino e trovò il piccolo Jed Handersen Gold e la donna cinese di mazza età che si occupava di lui. Fu chiamata l’agente Mulan Chang per parlare con lei, visto che si esprimeva solo in cinese o così aveva fatto credere. Anche la donna aveva documenti irregolari e fu arrestata per complicità e concorso a delinquere. Nei giorni seguenti fu sottoposta a numerosi interrogatori, finché non diede preziose informazioni per Captain Hook e la sua squadra. Il piccolo Jed, intanto, fu portato momentaneamente in una casa famiglia dublinese, per lui Killian aveva un certo progetto …
 
 
Boston, Ospedale Centrale.
 
- Non ne sapevo nulla Emma!
– Lo so Lorna! Non ti faccio colpe!
– In pratica Killian ha fatto con vostro figlio, quello che ha fatto con Kim!
– Esattamente …
- Immagino che tu sia molto arrabbiata con lui!
– Puoi dirlo forte Lorna! Con questa cosa ho chiuso definitivamente con lui! Ora il mio scopo è solo di ritrovare mio figlio Henry!
 
Una delle prime cose fatte da Emma, appena tornata da Dublino, era stata quella di far rapporto verbale al suo capo dipartimento. Lorna ancora era in ospedale, ma fortunatamente la sua salute migliorava di giorno in giorno e il piccolo embrione che cresceva nel suo ventre sembrava non aver risentito della situazione materna. I medici monitoravano costantemente la loro paziente e Sebastian Jefferson non faceva mancare la sua quotidiana presenza alla donna che amava.
 
Emma aveva raccontato tutto a Lorna. Dall’esperienza lavorativa a quella emotivo-sentimentale con Killian Jones, concludendo con la scoperta dell’inganno sul loro bambino.
Lorna la guardava attentamente mentre la giovane esternava quell’ultima opinione. Sapeva quanto determinata fosse la sua prima assistente, ma sapeva anche di quanto fosse innamorata di Killian.
 
– Sai Emma … ritrovare tuo figlio ovviamente è il tuo scopo primario ora. Ne sono consapevole, ma credo che tu debba ancora smaltire la rabbia nei confronti di Killian.
– Forse la smaltirò prima o poi! Ma non voglio più averci a che fare!
– Non sei realista sulla situazione Emma e solo per rabbia! Pensi che lui rinunci alla sua paternità? In fin dei conti ha organizzato tutto per proteggervi e, per quello che lo conosco, credo abbia escogitato chissà quant’altro!
– Che vuoi dire?
– Killian ha una mente favolosa Emma. Ha una capacità di ideazione multistratificata direi!
– Cosa?!
– Sa ideare piani che si intrecciano su vari livelli. Può tessere trame estremamente complesse di cui solo lui sa tenere i fili. Se gli è stato dato il ruolo che ha, ce ne sono ottimi motivi, credimi!
– Non so quali trame abbia tessuto per nostro figlio, ma ti giuro che le dipanerò una ad una per ritrovarlo! Soprattutto senza chiedere nulla a lui!
– Emma! Sei tornata sana e salva vedo!
 
L’Agente scelto, Sergente Sebastian Jefferson, era apparso alla porta della camera di Lorna e la guardava sorridendole con simpatia.
 
– Pensavi che il tuo Capitano mi avrebbe messo K.O.?!
– Se è per quello pensavo precisamente il contrario! Lorna non gli aveva detto che saresti andata al suo posto e francamente nemmeno io!
– Lo so! Non mi avrebbe voluta e avrebbe scelto Graham o Olden … stupido maschilista!
– Non per maschilismo ma per senso di protezione nei tuoi confronti!
– Si, lo ha detto anche lui!
– Ha sempre cercato di proteggerti, anche se con modi poco canonici …
- Bene! Almeno tu lo riconosci! Ti è sembrato adeguato per proteggerci far sparire mio figlio facendolo passare per morto?
 
Seb era ammutolito, poi, ripreso fiato, le rivolse  la domanda.
 
– Te lo ha detto?
– Si … me lo ha detto insieme alle motivazioni. Francamente non so che farmene delle sue motivazioni! Avevo sofferto per lui e a causa sua, poi ancor di più per il nostro bambino! Ora devo ritrovarlo assolutamente!
– Non ti ha detto dove si trova il piccolo?
– Sono andata via, non ce la facevo a sentire altro. Ero troppo sconvolta, delusa da lui per quello che mi aveva fatto! Dimmelo tu dove ha portato Henry! 
- Emma … mi dispiace … credimi, io non ne ho idea!
– Sei il suo braccio destro Seb! Come puoi non saperlo?!
– Emma calmati! Ti sto dicendo la verità! Ho dovuto seguire il suo piano quando è morto come Kim! Quando passammo col mio Suv lasciandoti per strada piangente, era evidente che lo amavi e che fossi disperata. Era evidente anche quanto ti amasse lui. Mandò me alla centrale per fare quella partaccia e per inserire Lorna al fine di darti supporto. Sapeva che avresti sofferto e voleva ridurre al minimo il danno. Quando abbiamo scoperto che Gold aveva saputo che il figlio che portavi in grembo fosse di Kim Steward e che lui fosse un agente in incognito, abbiamo scoperto pure che voleva rapirti per tenersi il bambino. Che fine avreste fatto era immaginabile. Gold era un uomo crudele e vendicativo. Sai cosa ha fatto fare alla povera Milah!
Fu allora che Killian prese la decisione di adottare lo stesso stratagemma usato per se stesso. Me lo disse, ma io gli risposi che doveva trovare un’altra soluzione. Non mi sembrava giusto che dopo un lutto brutale come quello che avevi vissuto, ne subissi uno peggiore! Mi rifiutai di collaborare e gliene dissi i motivi. Non mi rispose nemmeno. Fece solo un cenno con la testa, come per dire che il mio parere non gli interessasse, ormai aveva deciso!
– Emma credo tu debba chiedere al mio ex marito! Killian lo ha scelto appositamente per tenere sotto controllo te e la gravidanza, mi chiese infatti di indirizzarti da lui. Io lo feci tranquillamente, anche perché è un ottimo ginecologo. Certo non mi aspettavo il resto! Nemmeno Seb mi ha mai confidato nulla. Ho creduto veramente che il tuo bambino fosse morto! 
- Lui non voleva che lo sapessi Lorna. Dovevi lavorare ancora su Emma per farle affrontare anche questo trauma. Non ho potuto dirti nulla …
 
Seb guardava con profondo amore Lorna mentre le parlava. Emma non poteva che ammirare e un po’invidiare quel sentimento, tanto schietto e genuino, che vedeva brillare negli occhi della coppia.
Seb non poteva aiutarla e decise di lasciarli nella loro intimità. Ancora non era tornata a casa e sua zia Ingrid sarebbe stata felice di riabbracciarla. Quel pomeriggio avrebbe riordinato le idee. Sarebbe passata in ufficio e avrebbe redatto il verbale dell’intervento svolto. Avrebbe condiviso con i suoi due colleghi l’esperienza e poi sarebbe andata a portare il verbale al Comandante Shatneer.
Fatto tutto questo sarebbe rimasto un ultimo punto da affrontare: Neal Cassidy!
 
***
 Erano le ventuno quando parcheggiò il suo maggiolino giallo davanti alla villetta sul lago. Neal le aprì la porta della sua bella casa con un sorriso raggiante sul volto.
 
Quando lo aveva sentito quel pomeriggio, lui l’aveva invitata a casa sua per una cenetta a lume di candela. Emma aveva avuto un attimo d’esitazione nell’accettare. Cosa avrebbe implicato la cena da Neal? In fin dei conti lei aveva deciso di lasciarlo, non era giusto nei suoi confronti continuare a considerarlo un “chiodo scaccia chiodo”!
Alla fine aveva accettato, doveva pur trovare un modo per dirglielo e forse quella poteva essere una buona occasione.
Quando era tornata a casa per prepararsi per la cena, aveva fatto una doccia e poi scelto l’abito adatto. Aveva pensato a qualcosa di molto formale, ma le era sembrato toppo rigido, Neal avrebbe capito subito che qualcosa non andasse. Voleva dirglielo con calma, preparandolo in modo da non fargli sentire una pugnalata nel petto. In fine aveva optato per un vestitino setoso, senza maniche, corto fino a metà coscia con la gonna svasata. Era a sfondo verde smeraldo con una tematica floreale sul rosso e rosa, molto grazioso nei colori e sexy con i due lembi di stoffa che si incrociavano sul petto, senza bottoni e senza l’uso del reggiseno. Lo aveva indossato con un paio di sandali col tacco e le stringhe che si allacciavano alla caviglia. Si era guardata allo specchio e, con i capelli lunghi e ondulati sulle spalle, aveva giudicato l’insieme adeguato. Quando si era infilata in macchina, mettendosi seduta, la stoffa setosa della gonna le era scivolato ancora più su, mostrando maggiormente le sue cosce snelle. Si era resa conto che probabilmente quell’abito era anche “troppo” giusto per un appuntamento a lume di candela …
 
Neal l’aveva guardata con il suo viso bonario da bravo ragazzo.
 
– Emma sei bellissima!
 
Le aveva preso la mano sinistra e l’aveva attirata in casa. Lei aveva sentito il fresco e la differenza di temperatura causata dall’aria condizionata, rispetto al caldo esterno di luglio.
Le aveva fatto fare una giravolta tenendole la mano in alto, per ammirarla.
 
– Sei più bella del solito amore! Mi sei mancata tanto!
 
L’aveva abbracciata e aveva cercato le sue labbra. Emma si era leggermente irrigidita, ma poi si era sciolta riconoscendo il suo sapore. Gli aveva portato le braccia al collo e aveva lasciato che il bacio diventasse più profondo.
Era piacevole baciare Neal, anche se doveva ammettere che non le avesse mai dato gli stessi brividi che le comportava baciare Killian! Preferì sciogliersi dall’abbraccio.
 
– Ho una fame da lupo! Ho fatto una pausa pranzo minuscola oggi! Che hai cucinato di buono?
– Devo essere sincero con te amore! Io ho solo ordinato! Ho assunto una domestica e oggi pomeriggio si è trattenuta per preparare tutto! Ci sono delle crepes al formaggio e una mousse di panna con cioccolato fuso …
- Mmm!  Con il dolce mi hai convinta del tutto Neal!
 
Tenendosi per mano lui la condusse al tavolo. Lei notò la perfezione estetica di quel tavolo rotondo, il tovagliato candido, il piccolo bouquet di rose rosse per lei, posto su un lato affianco al suo piatto …
Neal era un esteta, era fatto così! Ogni cosa era al suo posto, in un ordine preciso di buon gusto e armonia. Emma si chiese se alla fine non sbagliasse a volerlo lasciare. Forse accettare la sua proposta di nozze non era una cattiva idea. Neal l’amava e la rispettava.
 
– Raccontami tutti i dettagli del tuo viaggio in Irlanda!
“Tutti i dettagli?! Ti ucciderei senza un’arma Neal!”
 
Come poteva raccontargli i “dettagli”? Poteva dirgli che aveva passato dei giorni meravigliosi lavorando e facendo l’amore ripetutamente con il suo primo e unico amore della sua vita?
 
– Neal sai che del mio lavoro non posso parlarti molto!
– Dai! Qualcosina potrai raccontarmelo no? L’albergo dove hai soggiornato per esempio? Non mi hai mai chiamato e immagino che tu sia stata impegnatissima!
– Si … si è stato un caso molto impegnativo! Ho stilato il profilo di un seriale …
- Dove alloggiavi? In centro?
– Beh! In realtà sono stata ospitata dal Capitano della squadra …
 - Il Capitano della squadra?! È sposato?
– No … non è sposato!
– Che tipo è?
– Uno in gamba direi! Mi ha ospitato perché ero sotto la sua protezione! Il killer attaccava gli agenti della squadra e potevo essere in pericolo anche io!
– Dio Santo Emma! Non immaginavo che avresti corso un pericolo del genere!
 
 Neal era impallidito.
 
– Devi cambiare lavoro assolutamente! Non posso stare tutto il giorno a pensare ai pericoli che puoi correre! Ti puoi dedicare ad altro! La tua professione ti da anche altre possibilità più innocue!
 
Emma si stava accigliando, ma cercò d restare calma.
 
– Neal faccio il lavoro che voglio fare! Amo questa professione! Ho studiato sodo e ho faticato per ottenere questo incarico e non intendo rinunciarvi! Ne abbiamo già parlato mi sembra e non voglio ritornare sul discorso!
 
L’uomo si era accorto d’averla urtata in uno dei punti saldi della sua vita e cercò di cambiare atteggiamento.
 
– Scusami amore, ma mi preoccupo per te! Ho paura che possa accaderti qualcosa di brutto!
– Non mi accadrà nulla! So badare a me stessa!
“Sapessi allora che l’assassina era sul sedile al mio fianco in aereo? Mi chiuderesti dentro una stanza e getteresti la chiave?!”
– Quindi hai lavorato con questo Capitano giorno e notte!
– Ma che dici Neal! Sei geloso ora? Che tono è quello?
– L’idea che tu sia stata sola in casa con questo tizio non mi piace per niente! Quanti anni ha?
– Una trentina …
- Giovane per un incarico così … deve essere in gamba veramente!
– Ma ti interessa proprio il Capitano? Non potremmo parlare di altro? Tu, per esempio? Cosa hai fatto questi giorni?
– Ho sistemato la stanza per i nostri bambini …
 
Ad Emma per poco non andava di traverso il pezzetto di crepe al formaggio.
 
– I nostri bambini?!
– Non ti piacerebbe averne quando ci sposeremo?
“Ci sposeremo?!!”
– Si … si certo! Io … io ho già avuto questa esperienza … lo sai!
– Non avremo fretta Emma! Lasceremo fare al decorso della natura! Se tu non ti sentirai pronta aspetteremo. Immagino che tu sia ancora sconvolta per la perdita di tuo figlio!
“Non immagini quanto Neal! Non potresti mai immaginare che sia stata tutta una farsa ed Henry sia vivo! Non lo immaginavo neppure io! Dovrò dirtelo, ma non questa sera!”
– Grazie per la comprensione Neal! In effetti non mi sento pronta per una nuova gravidanza!
 
Decisamente non ci pensava proprio ad un’altra gravidanza! Doveva ritrovare il suo piccolo perduto e non affezionarsi all’idea di un altro piccino!
 
“Certo se fosse un altro figlio di Killian …”
 
Quella era la verità? Se avesse avuto un altro figlio da Killian sarebbe stata pronta senza dubbi di sorta? Non voleva ammetterlo ma era così! Per lui sarebbe stata pronta!
Se ne vergognò, si sentì indecente davanti a Neal e fu felice che lui non vedesse il suo disappunto, per il fatto che in quel momento stesse guardando nel proprio piatto.
La cena continuò più tranquillamente, dirottando il discorso su altri argomenti.
 
– Sai che in questi giorni hanno ritrovato una giovane fioraia morta per overdose nel suo chiosco?
– Si ho saputo …
 
Neal si stava riferendo alla povera Eloise Gardener. Aveva saputo i dettagli da Graham quel pomeriggio in ufficio.
 
- Dicono che fosse sotto la protezione dei federali … pare fosse stata coinvolta nel traffico della cocaina … era una testimone oculare nel processo Santa Cruz!
– Si … lo so! La conoscevo …
- Veramente?! Per il tuo lavoro?
– Per il volontariato dai Noland! L’aiutavo nel rapporto con la sua bambina …
 
Mentre rispondeva a Neal su quel caso, le venne in mente la piccola Alice. Ancora non era passata alla Casa Famiglia dei Noland.  Killian le aveva chiesto di fare da mamma ad Alice che ora, con il matrimonio tra lui ed Eloise, era diventata legalmente sua figlia.
 
– Chissà come ha preso la morte di sua madre! Sempre se lo abbia saputo!
 
Alice non aveva un particolare attaccamento a sua madre Eloise e Emma confidò su quello e sulla sua giovane età. Graham le aveva detto che il funerale della donna ancora non fosse stato celebrato. Il suo cadavere era tuttora nelle mani della Scientifica, ma entro un paio di giorni sarebbe stato disponibile per le esequie.
 
– Dovrai essere vicina alla piccola allora!
 
Neal era un uomo sensibile e di buon cuore, Emma apprezzava queste sue doti e apprezzò il pensiero per Alice.
 
– Si … lo farò sicuramente. Domani passerò il pomeriggio in Casa Famiglia …
- Ci vediamo domani sera?
– Sarà difficile Neal! Lo sai che spesso resto a dormire là se ci sono problemi con i bambini!
– Immaginavo l’avresti detto! Dovrò approfittare di questa sera quindi! Dopo domani parto per qualche giorno per lavoro! Ho ricevuto un appalto e devo andare per dei sopralluoghi!
 
Lui le aveva sorriso e fatto l’occhiolino, Emma aveva risposto con un altro sorriso e abbassato lo sguardo sulla mousse panna e cioccolato. Aveva capito cosa intendesse Neal, sicuramente si prefigurava di passare la notte insieme, ma lei? Lei lo voleva?
 
Gli occhi azzurri di Killian erano ancora davanti ai suoi, così magnetici, sensuali, pieni di desiderio, lo stesso desiderio che colmava i suoi nel guardarlo!
Distolse lo sguardo facendolo vagare per la stanza, come per svegliarsi da quel sogno ad occhi aperti.
 
– Tutto bene? Non ti piace la mousse?
– Tutto bene! È buonissima, adoro il cioccolato lo sai!
– Si … lo so bene! Ma nella mousse manca la cannella!
– Va bene così …
 
La mousse finì troppo presto e troppo presto, per gli intenti di Emma, si ritrovarono sul divano. Neal le era vicinissimo. La gonna svasata del vestitino di seta troppo su nel mettersi seduta. Strinse le gambe accavallandole ma Neal, seduto alla sua sinistra, le accarezzò l’esterno della coscia.
 
– Hai un bel colorito dorato … hai preso il sole in Irlanda?
 
Non si aspettava quell’osservazione.
 
“Perché diavolo non ho messo un paio di pantaloni?!”
– Sembrerebbe che tu sia stata al mare …
- Non posso dirti tutto Neal, ma il killer ha individuato dove stavamo lavorando e ci siamo spostati veramente al mare, per la precisione su una nave. Dovevamo lavorare tranquillamente, Jones aveva ricevuto una lettera minatoria. Era una questione di vendetta in realtà. Non si trattava di uno psicopatico …
- Jones … lui si chiama così quindi …
- Il Capitano della squadra d’indagine. Certo!
– E tu ti sei messa pure in costume sulla nave?
– Neal! Ancora quel tono da geloso? Ho preso il sole un paio d’ore, tanto per staccare la spina! Io mi arrosso subito!
– Eravate soli?
 
Eccola la domanda fatidica! Gli aveva detto più o meno la verità, ma non poteva dire tutto. Non poteva raccontare di quel due pezzi inesistente e di Killian che l’aveva spalmata per bene di crema protettiva o … del resto!
 
- È venuto anche un altro agente … Nick! Ma ora basta con il mio lavoro vuoi?
 
Aveva deciso di passare la notte con lui, ma si sentiva sporca. Non si era sentita così con Killian. Con Killian era amore! Con Neal che cosa era? Stava facendo schifo a se stessa, ma lasciò che lui, rincuorato, la prendesse per la vita, reclinandola sul divano, e la baciasse con passione.
 
– Altroché se voglio Emma! Mmm! La tua bocca sa di panna e cioccolato! Sei buonissima!
 
Anche lui aveva lo stesso sapore, ma il retrogusto non corrispondeva a quello che desiderava lei. Non era Killian! Non era Killian!
 
Mentre la sua mente continuava a gridarglielo, Neal diventava più passionale. I suoi baci le stavano percorrendo il collo, scendendo verso la scollatura del vestitino. In un attimo la sua mano sinistra si insinuò sotto la stoffa, spostandola e mettendo a nudo  il suo piccolo e sodo seno destro. Si posò calda e leggera su di esso, impossessandosene e massaggiandolo dolcemente. Continuava a baciarle il petto e con l’altra mano le denudò anche l’altro, portandovi le labbra sul capezzolo roseo.
Tecnicamente la cosa era piacevole! Emma inarcò il busto, lasciandolo fare. Chiuse gli occhi offrendogli quelle piccole vette turgide da succhiare, ma dietro le palpebre vedeva il volto di Killian, i suoi capelli bruni meravigliosamente disordinati …
Desiderava ardentemente che lui fosse lì in quel momento. Accarezzò i capelli di Neal, mentre lui scendeva, facendosi spazio tra la stoffa, lungo la nudità del suo torace, verso lo stomaco; erano morbidi, più sottili di quelli di Killian. Si rese conto che anche per i capelli  preferiva quelli del bel Capitano.
 
Neal le stava dicendo parole d’amore, con la voce arrochita dal desiderio, ma lei a malapena le stava sentendo. Poi realizzò che lui le stesse insinuando una mano tra le cosce per fargliele aprire. Provò disagio mentre Neal, riuscendoci, si sporgeva tra di esse e ne provò maggiormente quando lui le portò le mani ai glutei, sotto la gonna, stringendoli tra le dita. Mentre sentì l’ eccitazione del giovane crescere sotto la patta dei pantaloni e premere sul suo pube, la propria mente iniziò a gridare: “NO!”
 
Gridò quel “no” veramente, quando le dita febbrili di Neal cercarono il bordo delle sue mutandine nere per tirarle in basso e regalarle un bacio molto intimo.
 
– No non posso Neal!
 
Si era tirata indietro velocemente, lasciando il giovane con lo sguardo perplesso e le labbra appena inumidite dal suo sapore.
 
“Mi sto comportando come una puttana! Mi faccio schifo! Avevo deciso di lasciarlo per onestà! Non posso comportarmi così! Non voglio cadere così in basso! Lui mi ama, ma io amo Killian! Fare sesso senza amore non fa per me! Non avrei mai dovuto illudere Neal!”
– Non puoi?! Emma sei la mia fidanzata! Ci sposeremo a breve! Non ci vediamo da giorni … io ti desidero … tu … tu non mi vuoi?
 
Emma si era ricomposta e alzata dal divano.
 
– Sono troppo stanca Neal! Non mi sono riposata per niente da che sono atterrata questa mattina! Non me la sento questa sera! Cerca di capirmi! Ho solo bisogno di andare a dormire!
– Dormi con me, non ti tocco nemmeno se non vuoi!
– No … no vado a casa! Zia Ingrid è stata sola tutti questi giorni … non mi sembra rispettoso nei suoi confronti!
“Sono stato solo anche io questi giorni  … cosa ti è successo in Irlanda Emma?”
 
Riprendendo la borsetta, Emma si allontanò in fretta verso la porta dell’ingresso. Neal la guardò andar via mestamente, deluso.
 
“Cosa è successo in Irlanda? Ho l’impressione che centri qualcosa questo Capitano Jones! Non mi parli mai di lavoro, lo capisco, ma eri strana quando parlavi di questo tizio! Ti conosco troppo bene Emma! Sei sempre limpida come una fonte d’acqua pura … questa sera non lo eri!”
 
Si voltò verso il tavolo rotondo ancora apparecchiato. Emma non aveva preso nemmeno il mazzolino di rose rosse che aveva preparato per lei …
 
***
Il maggiolino giallo aveva sfrecciato veloce tra le strade di Boston, ai limiti della velocità consentita. Emma voleva allontanarsi da Neal il prima possibile. Gli voleva bene, lo stimava enormemente, ma era consapevole di non amarlo come meritava. Non era riuscita a dirgli di volerlo lasciare, ma lo avrebbe fatto quando lo avrebbe rivisto. Era giusto così, per lui e per lei.
Sua zia Ingrid si sorprese nel vederla rincasare, convinta che dopo quei giorni d’assenza sua nipote avrebbe passato la notte con il fidanzato. Emma fu evasiva nel rispondere alle sue domande, ma Ingrid capì al volo che qualcosa non andasse tra Emma e Neal. A lei piaceva molto il giovane architetto ed era stata felice che fosse entrato nella vita di Emma. Si arrese a pensare che magari fosse uno di quei momenti di lite tra innamorati che poi sfocia in un riappacificarsi più passionale di prima, ma era anche consapevole, da quanto aveva osservato, che Emma non sembrasse molto passionale con il giovanotto. Forse era solo stanca per il viaggio, come lei stessa le aveva risposto?
Si erano scambiate la buonanotte per le scale che portavano alle loro stanze e Ingrid, come sua nipote, andò a dormire non pensandoci più.
 
Mentre il sonno di Ingrid fu sereno e tranquillo, non fu lo stesso per Emma. Dopo un paio d’ore, nonostante la reale stanchezza, ancora era vigile e non faceva che girarsi nel letto sprimacciando il cuscino, senza riuscire a trovar la posa giusta. Dentro di lei si agitavano tumultuosi, innumerevoli sentimenti e pensieri. Per Killian ancora prevaleva la rabbia e lo sdegno sull’amore.
Ricordò quanto suggerito da Lorna quella mattina e decise che il giorno seguente avrebbe fatto visita al Dottor Federik Victor While. Gli avrebbe telefonato dall’ufficio per un appuntamento urgente e gli avrebbe fatto tirare fuori tutte le informazioni che le servivano.
Rincuorandosi con quella decisione, pian piano, annientata dalla stanchezza, si addormentò.
 
***
Il Dottor While era stato molto gentile e l’aspettava nello studio del suo reparto per le 12,30, momento del pasto delle sue pazienti e momento meno impegnativo per lui, che avrebbe pranzato alla mensa ospedaliera insieme all’ostetrica Zelina.
Emma aveva capito da tempo che tra il medico e la bella ostetrica ci fosse del tenero ma, nonostante la confidenza con Zelina e, ancor più, con Lorna, non aveva mai fatto domande a nessuna delle due sulla cosa. Quel giorno le fu ancor più evidente la relazione esistente tra i due, che si esternò nella tranquillità di quell’ufficio, nel loro modo di avvicinarsi l’uno all’altra, di parlarsi e guardarsi.
Emma andò subito al sodo della questione che le premeva e i due sanitari si scambiarono un’occhiata veloce. Zelina smise di sorriderle, prendendo un’espressione sinceramente dispiaciuta. While parlò per primo, rispondendo agli interrogativi di Emma.
 
– Quindi il Capitano Jones si è deciso a parlare? Ebbene si Emma! Mi sono prestato a questo ignobile inganno, ma solo perché il Capitano mi ha garantito che stessi salvando due vite umane da una sorte nefasta. Quando l’ho dovuto dire alla mia cara Zelina … beh! Lei ha un animo sensibile! Non voleva che mi immischiassi in questioni con i federali e le sembrava giustamente amorale strapparti dalle braccia un figlio appena venuto al mondo, facendolo passare per morto! Il Capitano ha voluto essere presente, aveva già programmato tutto. Mi ha sempre chiamato dopo ogni tua visita per sapere del piccolo, se la gravidanza stesse procedendo bene e se vostro figlio crescesse adeguatamente …
- Questo lo so Dottore! Quello che mi serve sapere è dove si trova mio figlio!
– Emma cara! Ne io ne Federik lo sappiamo!
 
 
Era intervenuta Zelina per togliere dall’impaccio il suo collega e compagno di vita.
 
– Poco dopo la messa in scena della morte di Henry, io l’ho portato via con me! Il Capitano aveva organizzato tutto al dettaglio. Uscendo da una porta del retro dell’ospedale, mi attendeva un’auto  che mi ha accompagnata a casa. Jones aveva provveduto ad ogni confort utile per vostro figlio e io, prendendo le ferie, l’ho  tenuto con me una settimana, trattandolo come se fosse stato mio figlio. Sapessi che bambino buono fosse! Mangiava, dormiva e faceva pupù. Un angioletto veramente!
– I suoi occhi? Di che colore sono i suoi occhi Zelina?
– I suoi occhi? Che dire? Erano molto chiari! Una cosa normale per i neonati! Solitamente poi si scuriscono!
– Zelina tu hai conosciuto Killian! Erano come i suoi gli occhi di nostro figlio?
– Oh si! Gli occhi del Capitano sono di un azzurro particolare! Mi dispiace Emma ma non so dirti se gli occhi del tuo bambino saranno diventati di quel colore o del tuo! Avendoli entrambi chiari ci sono pari opportunità!
 
Emma era un po’ delusa da quella possibilità. Aveva pensato che le sarebbe stato più facile individuare suo figlio con quella caratteristica simile al papà.
 
– Poi cosa è successo a fine settimana? Dove hai portato Henry?
– Emma … io non l’ho portato che a casa mia! Dopo una settimana venne una donna a prenderlo, mi disse di essere un’Assistente Sociale, si chiamava … aspetta! Si chiamava … si ora ricordo! Gretel! Gretel Sweethome! 
- Puoi rintracciarla con l’ordine delle Assistenti Sociali!
– No Dottore … non sarà possibile! Quella non era un’Assistente Sociale!
– Come no?!
 
I due sanitari avevano risposto quell’esclamazione in coro, meravigliati.
 
– Era un’agente in incognito e pur volendo ormai non può raccontare nulla. È morta poche settimane fa!
 
Le espressioni dei due erano a dir poco basite e quella di Emma era tetra. La giovane stava perdendo speranze sulle possibilità di trovare Henry senza ricorrere a Killian Jones …
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
Buona domenica a tutti! Vi ricordate ancora di questa storia? Non pubblico da qualche settimana, la mia puntualità ormai è solo un ricordo. Volevo che questo fosse l’ultimo capitolo, ma è troppo lungo e lo sto dividendo, un modo per dare intanto a chi stava in ansia per Killian una risposta.
Emma intanto si sta dando da fare per trovare il loro bambino ma non pare molto fortunata. Lorna le ha dato qualche consiglio e ha cercato di farla riflettere sui sentimenti che nutre per il Capitano.
Spero che il capitolo sia piaciuto e che ancora riuscirete ad aver pazienza per il finale.
Buon inizio luglio e mi raccomando state al fresco ;)
Alla prossima!
Lara

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Capitolo 58
*** Obiettivo finale III parte ***


Capitolo 58
 

Obiettivo finale
Terza parte
 
 
- Emma perché quell’espressione abbattuta?!
 
La giovane profiler era rientrata verso le 19,30 a casa di sua zia Ingrid.
Dopo l’incontro avuto con l’ostetrica Zelina e il Dr. While era tornata in ufficio e lì aveva trovato una situazione piuttosto impegnativa, dovuta ad un pluriomicidio accaduto durante la notte precedente. La mattina, prima dell’appuntamento in ospedale, aveva fatto con Graham un sopralluogo nell’appartamento dove si era consumato il delitto e non era stato un bello spettacolo quello che avevano visto. Con il risultato negativo avuto durante l’incontro con i sanitari e il resto del pomeriggio, aveva avuto abbastanza di che abbattersi!
Nonostante la pesantezza vissuta sul lavoro, normale routine per lei e i colleghi, ciò che la disturbava profondamente era l’idea di non aver fatto nessun progresso nella ricerca di Henry.
 
– Sei passata a trovare Brennan per caso?
– Brennan?!
 
Come aveva dimenticato il nonno di suo figlio? Non aveva nemmeno chiesto nulla a Ingrid della salute dell’uomo! Era tornata dall’Irlanda da due giorni e non aveva avuto il tempo di pensarlo! Non era così strano in fin dei conti, la sua mente era stata occupata da cento altri pensieri!
 
– Io sono stata anche questa mattina da lui, gli ho detto che sei tornata e ti aspettava!
 
 
Certo che l’aspettava! Brennan sapeva tutto ormai! Sapeva che lei in Irlanda avrebbe incontrato suo figlio Killian e che questi era a capo di una squadra speciale in incognito della D.E.A.  Era stato molto orgoglioso di lui quando Emma gli aveva raccontato la verità e si era rammaricato che il bambino, creduto allora morto,   fosse stato il frutto dell’amore vissuto con Killian.
 
– No mamma … non sono riuscita a passare da lui … non sono stata nemmeno in Casa Famiglia! Ho avuto un pomeriggio nero! Come sta Brennan?
– Per niente bene Emma! Gli si sta formando  del liquido nel polmone rimastogli e i medici non fanno che aspirarlo. Non è una situazione che potrà andare avanti molto. La chemioterapia gli sta dando solo effetti collaterali e lui stesso ha chiesto ai medici d’ interromperla.
 
Questa notizia non poteva che cadere come un altro macigno sull’animo di Emma. Pensò che doveva andare da Brennan quanto prima. Lui si aspettava notizie di Killian e gli avrebbe dato anche la notizia di avere un nipotino vivo e in ottima salute. L’indomani avrebbe preso qualche ora di permesso per motivi familiari e sarebbe andata sia da Brennan sia dalla piccola Alice in Casa Famiglia.
 
Ingrid aveva preparato la cena ma Emma appena piluccò il cibo.
 
– Emma non ti riconosco! Che fine ha fatto il tuo proverbiale appetito davanti agli anelli di cipolla fritti?! Ne vai matta e non li hai nemmeno guardati!
– Mamma …
- Emma mi stai preoccupando! Cosa devi dirmi? Il tuo tono è tutto un programma! Cosa è successo?
 
Emma sorrise a sua zia, cercando di farle spegnere la preoccupazione. Riconobbe che Ingrid avesse le antenne per lei e le sue due cugine.
 
– Stai tranquilla! Non è morto nessuno! Anzi, proprio il contrario in verità!
– Non capisco!
– Da tempo volevo dirti quello che ho scoperto su Kim …
- Kim? Il tuo Kim Steward?!
– Proprio lui mamma!
– Che altra nefandezza hai scoperto su quel criminale?
– Non era un criminale ma un agente dell’anti droga in incognito …
- Mio Dio! Era un bravo ragazzo e te lo hanno ucciso davanti mentre faceva il suo dovere?! Oh! Tesoro! Per questo stai così?
– In realtà non è morto mamma! Era una messa in scena per avere un testimone della sua morte e  continuare la sua missione sotto traccia!
– Ti ha usata?!
– Un caso che ci siamo conosciuti … non lo aveva calcolato di innamorarsi di me …
- Santo cielo! Vuoi dire che ti ha causato deliberatamente quel dolore? Un delinquente comunque! Lo avessi per le mani non so cosa gli farei! Come hai scoperto la verità?
– Lascia stare tutto il percorso, fatto sta  che l’ho scoperto! In tutti questi anni ha fatto in modo di mantenersi in contatto comunque,  con il suo vero nome, pure se non ci siamo mai visti e io non sapevo che fosse lui …
- Aspetta, aspetta! Si è mantenuto in contatto con te? Io non ne sapevo nulla?
– Oh mamma! Tu lo hai saputo fin dall’inizio! Tu lo hai pure visto! È venuto in questa casa riportandomi svenuta tra le sue braccia!
 
Emma sorrideva mentre Ingrid sbiancava a bocca aperta.
 
– Stai … stai dicendo che Killian … Killian il fratello di Liam, il cognato di Elsa … il figlio di Brennan!
– Già! Proprio lui …
- Killian è un agente in incognito?!
– Il geniale Capitano di un’intera squadra speciale mamma!
– Non ci posso credere Emma! Brennan lo sa di suo figlio?
– Gliene ho parlato prima di partire per l’Irlanda. È con lui che ho lavorato nei giorni passati!
 
Lo sguardo di Emma si era addolcito e Ingrid vi lesse chiaramente il sentimento che sua nipote nutriva per il giovane.
 
– Oh tesoro! Lo hai ritrovato e hai scoperto quanto lo ami ancora! Ti si legge negli occhi!
– Mamma sapessi! Questi pochi giorni con lui, nonostante le difficoltà del caso e il pericolo corso … sono stati meravigliosi!
– Vi … vi siete ritrovati in … in tutti i sensi?
 
Emma capì perfettamente cosa sua zia intendesse e pur non rispondendo verbalmente le rispose con il rossore che imporporò le sue guance.
 
– Lui ti ama ancora vero? Ricordo come si era interessato quando sei stata rapita. Fu lui ad avvisarmi che il tuo cellulare stava ancora per strada e a chiamare la polizia!
– Ha cercato di essermi vicino come meglio ha potuto, nonostante mantenesse il riserbo sulla sua identità. Mi è stato vicino anche durante il parto e io pensavo fosse un infermiere …
- Cooosa?! Questo non me lo aspettavo! Che bel gesto che ha avuto! Povero ragazzo anche lui però! Il piccino non ce l’ha fatta!
 
Ingrid aveva gli occhi inumiditi dall’emozione e dal triste ricordo. Emma doveva dirle tutta la verità.
 
– Mamma … Killian aveva scoperto che Manguso voleva rapire me e mio figlio su commissione di Gold!
– Maledetti! Questo era il motivo dell’attentato?
– Si, era questo! Per impedire che ci riprovassero, Killian ha messo in atto lo stesso piano che aveva usato per Kim …
 
Ingrid era ammutolita e guardava sua nipote con gli occhi sbarrati. Stava facendo mentalmente due più due …
 
- Emma … stai dicendo che Henry …
 
Era Emma, ora, ad aveva  le lacrime agli occhi per l’emozione. Ingrid aprì le braccia per accoglierla e abbracciarla forte.
 
– Piccola mia! Il tuo bambino è vivo?! È vivo!    
- Si, si mamma! Me lo ha detto Killian prima che ripartissi! Lo devo ritrovare assolutamente!
– Tesoro mio! Certo che lo dobbiamo ritrovare! Ma lui non ti ha detto dov’è?
 
Emma si sciolse dall’abbraccio con un’espressione vagamente colpevole.
 
– Ammetto che non ci siamo lasciati bene! Ero sconvolta, arrabbiata con lui per tutte le bugie che mi ha raccontato …
- Erano a fin di bene tutto sommato!
– Si … vero ma mi ha dato tanta di quella sofferenza che non ho potuto reggere oltre e sono fuggita da lui!
– Tesoro mio! Come darti torto?! Non avrà avuto altra soluzione probabilmente! Ma ha cercato di esserti vicino …
- Si, ammetto che lo ha fatto a modo suo e mi ha mandato Lorna per farmi seguire … ne ha fatte d’ogni colore veramente, in male e in bene! Non so più nemmeno io se odiarlo o amarlo ancora!
– Leggi nel tuo cuore figlia mia! L’amore vero non è facile da trovare, ma quando lo si trova non va fatto fuggire!
– Non mi ha nemmeno richiamata questi due giorni …
- Tu avresti risposto nel caso?
– Certo che no!
 
Ingrid sorrise all’espressione orgogliosa di Emma.
 
– In amore l’orgoglio è cattivo consigliere! Dovresti saperlo meglio di me con i tuoi studi!
 
Razionalmente Emma lo sapeva bene. E la ragione stessa le suggeriva che Killian non sarebbe mai cambiato nelle sue modalità d’azione. La amava, ne era certa, aveva visto i suoi quadri, quanto sentimento sprigionassero e quanto desiderio di espiare c’era in essi. Le immagini, dipinte meravigliosamente su quelle tele, venivano direttamente dall’anima di Killian. Somigliava così tanto a suo padre Brennan! Come lui, aveva rappresentato sulle tele il suo rammarico e il suo desiderio di farsi perdonare.
Brennan cercava il perdono di Killian, ma suo figlio era un gran testardo. Killian cercava il perdono di Emma, ma lei non era meno testarda. Con le parole di sua zia se ne stava rendendo conto, ma era più forte di lei, ancora non riusciva a perdonare del tutto Killian Jones e avrebbe insistito a cercare suo figlio Henry senza chiedergli nulla.
 
– A Neal lo hai detto che hai ritrovato il tuo primo amore perduto? Sei tornata in fretta ieri sera …
- Non sono riuscita a dirglielo! Anche se con Killian ho chiuso, non è il caso di continuare quella che con Neal sarebbe una farsa. Quando tornerà, tra pochi giorni, glielo dirò definitivamente e gli restituirò questo anello. Non ci sarà nessun matrimonio!
 
Ingrid annuì mestamente.
 
– Voglio la tua felicità Emma! Qualsiasi tu scelga!
- Grazie mamma! Ti voglio bene! Non so come sarebbe stata la mia vita se tu non fossi stata al mio fianco dopo la morte della mamma e del papà! Non ti ho mai ringraziato per questo!
– Non mi devi ringraziare di nulla figlia mia! Sei quello che mi resta della mia cara sorella, le somigli tanto lo sai?
 
L’abbraccio tra Emma e sua zia Ingrid, in quel momento, fu tra i più dolci che Emma ricordasse. Quel calore affettivo la riempì di nuove speranze. Lei non si sarebbe arresa, sarebbe andata avanti nel suo scopo.
 
***
Quella mattina Emma prese il permesso per motivi familiari e verso le 10,30 si recò in ospedale per la visita mattutina ai pazienti.
 
Brennan giaceva nel suo letto, pallido e smunto. Emma si rese conto che avesse perso ulteriormente peso in quei pochi giorni che lei era stata assente. Il liquido di diversi flaconi scendeva tramite il tubicino della flebo nel braccio dell’uomo. Lui non la notò subito appena si palesò alla porta, distratto a guardare verso la finestra alla sua sinistra, ma scattò con il sorriso sulle labbra disidratate e screpolate, appena sentì la sua voce chiamarlo.
 
– Emma sei qui!
 
Gli occhi azzurro mare dell’anziano si erano illuminati di gioia nel vederla e Emma si rese conto di quanto Brennan gli si fosse ormai affezionato. Anche lei gli voleva bene, era stato naturale volergliene, forse proprio perché in lui c’era qualcosa di suo figlio Killian.
 
La prima parte della loro conversazione fu dedicata alla salute di Brennan. L’uomo era piuttosto scoraggiato e da quello che Emma stava vedendo con dispiacere doveva ipotizzare che gli restasse veramente poco.
 
– Basta parlare di me e del mio male! Dimmi di Killian piuttosto!
– Lui è in gran forma, puoi star tranquillo!
– Tu?
– Io cosa?!
 
Un sorriso furbo  si stava stendendo sul viso segnato dalla sofferenza di Brennan.
 
– Stare vicini per lavoro non vi ha fatto qualche brutto effetto?
– Ma no! È andato tutto bene …
- Non sai mentire Emma! Sei l’unica donna che io abbia mai conosciuto che non sappia dire bugie!
– Mi ha destabilizzata non poco tuo figlio! È così arrogante, tronfio, così … così …
- Geniale? Affascinante? Testardo come un mulo?
 
Emma scosse la testa arresa.
 
– Anche tutto questo Brennan! Nel suo lavoro è veramente eccezionale, ma me ne ha fatte troppe per perdonarlo facilmente!
– Eppure tu lo ami ancora!
– Non ne ho nessuna intenzione!
– Mmm! Altra bugia bambina mia!
– Se c’è uno bravo a dire bugie è proprio Killian!
– Sarà uno dei motivi per cui è bravo nel suo lavoro?
– Già! Lo hanno scelto per le sue doti non comuni! Ma queste doti mi si sono rivolte contro in più occasioni!
– Mi dispiace Emma! Mio figlio ti ha fatto soffrire veramente tanto! Spero riesca a farsi perdonare da te un giorno!
– Non lo so Brennan! Ti devo raccontare una cosa però!
 
Brennan le aveva rivolto uno sguardo  incuriosito ma teso. Cosa doveva raccontargli Emma?
 
La giovane iniziò il racconto come aveva fatto con Ingrid e man mano che arrivava al punto, l’espressione sul viso di Brennan passava dal disappunto alla meraviglia e in fine alla gioia.
 
– Emma! Stai dicendo che il mio nipotino è vivo? Mio Dio! Ho un nipotino! Il figlio tuo e di Killian!
 
Brennan aveva le lacrime agli occhi e si passava la mano destra sulla fronte, mentre poggiava la testa ai cuscini sollevati.
 
– Ti ha detto che lo ha fatto adottare? Ma lui sa dove si trova? Devi fartelo dire Emma! Non perdere tempo a cercarlo! Lui deve dirtelo!
– Il problema è che sono troppo arrabbiata con lui e non ho intenzione di rivederlo!
 – Figliola! Non essere testarda come lui! Ti rendi conto che sciocchezza la tua rabbia difronte al ritrovamento di tuo figlio? Gli darei un paio di sculacciate fatte bene al mio ragazzo, se lo avessi davanti a me!
 
Emma rise all’immagine che Brennan le aveva suscitato.
 
– Non ti ci vedo a sculacciare Killian!
 
Anche Brennan sorrise, ma il suo sorriso divenne una smorfia di dolore improvviso.
 
– Bren! Tutto bene?
 
L’uomo respirava a fatica.
 
– Purtroppo ogni tanto sento questo dolore lancinante. La morfina sta finendo il suo effetto!
– Chiamo l’infermiera!
 
Emma corse nel suo intento e ritornò con l’infermiera. La donna portava un altro flaconcino che appese alla flebo. Era un’altra massiccia dose di morfina, l’unico medicinale che dava sollievo al dolore di Brennan.
 
Il liquido iniziò a fluire nella vena del paziente. L’infermiera si assicurò che stesse procedendo correttamente e poi lasciò soli paziente e visitatrice. Emma rimase fino a che Brennan riprese a rilassarsi, ormai con i dolori che si stavano calmando. Lo lasciò con una carezza e un bacio sulla fronte, promettendogli silenziosamente che avrebbe trovato Henry al più presto. Voleva che in qualche modo Brennan potesse conoscere suo nipote, fosse stato anche solo in fotografia.
 
***
Come poteva accelerare i tempi? Pur riuscendoci, lei era un’estranea per suo figlio! Già aveva riflettuto su questo! Doveva trovare l’aggancio giusto per arrivare alla famiglia adottiva di Henry. L’unico che poteva forse aiutarla un minimo era David Noland. Da avvocato, esperto in materia di adozioni, sicuramente le avrebbe suggerito i passi da fare per conoscere a quale famiglia fosse stato dato suo figlio.
 
Quel pomeriggio finì prima il suo lavoro. Era stato facile stilare il profilo dell’omicida e già il Comandante Shatneer aveva avvisato la Squadra Omicidi e il Procuratore distrettuale per ottenere un mandato di arresto per il presunto colpevole. Olden e Graham le avevano fatto i complimenti, trovando credibile al cento per cento quanto da lei concluso, e questo l’aveva incoraggiata ad avere un cipiglio più ottimistico nel momento in cui varcò il cancelletto della  Casa Famiglia “Biancaneve e i sette nani”.
Non sapeva cosa aspettarsi al suo arrivo. Era preoccupata per la piccola Alice. Aveva telefonato prima a Mary Margaret per sapere e questa le aveva raccontato che la piccina sembrasse non aver recepito quanto lei le avesse spiegato.  Emma non ne fu sorpresa, Alice non aveva ancora l’età per capire il significato della definitività della morte.
 
In giardino alcuni dei bambini giocavano con l’altalena e la giostrina. Sullo scivolo, seduta ferma, assorta nei suoi pensieri, vide Alice. Le sembrò come spenta e il cuore le si strinse in petto per lei. Voleva così bene a quella creatura innocente! Le risuonò nelle orecchie la richiesta di Killian.
 
“Farle da madre … sarebbe bello se avessi al mio fianco chi dovrebbe farle da padre!”
 
Alice sollevò lo sguardo verso di lei e i suoi occhi, azzurri come il Fiordaliso, si illuminarono di gioia. Gridando il suo nome si lasciò scendere veloce lungo lo scivolo, per correre ad abbracciarla alle gambe.
 
– Sei tornata finalmente!
– Sono qui tesoro, sono qui!
 
La piccola, ancora aggrappata alle sue gambe, alzò i suoi occhioni verso di lei, che si stava piegando per prenderla in braccio.
 
-  Lo sai che è successa una cosa alla mia mamma?
 
Emma non si aspettava che ne parlasse così presto, visto la strana reazione che le aveva descritto Mary. Preferì inginocchiarsi alla sua altezza e ascoltarla.
 
– Cosa è successo Fiordaliso?
– Mary mi ha detto che mamma Eloise è partita per un viaggio in cielo e non potrà tornare più!
– Sei triste per questo Alice?
- Non lo so … mamma era sempre in viaggio!
 
Il fatto che la vedesse poco giustificava la lontananza e le rendeva di sicuro la cosa meno difficile da accettare.
 
– Sai Alice … quando le persone partono per il cielo, diventano angeli! Noi non le possiamo vedere, ma loro ci vedono e vegliano su di noi. Eloise ti proteggerà dal cielo come il tuo angelo custode!
 
La bambina la guardava dritta negli occhi e le fece un sorriso dolce, contenta di sapere della sua mamma-angelo. Poi improvvisamente si rabbuiò e i suoi occhi furono pronti al pianto. Ancora ad Emma si strinse il cuore per lei.
 
– Che stai pensando tesoro mio?
– Vero che tu non partirai per il cielo Emma?
– Che dici Alice?! Non ho nessuna intenzione di partire per il cielo!
– Mi prometti che se parti come questi giorni torni sempre?
– Certo che te lo prometto Alice! Hai paura che io non torni?
– Io voglio una mamma che posso vedere, non la voglio una mamma che fa l’angelo e io non la posso abbracciare quando voglio!
 
Le si buttò tra le braccia e la strinse forte. Emma ricambiò l’abbraccio con affetto.
 
Alice le stava chiedendo palesemente di farle da madre, a quanto pareva sembrava d’accordo con Killian Jones! Non poteva però crearle false aspettative.
 
- Lo sai che tu hai un papà Alice? Lui verrà a prenderti e starai con lui!
– Si lo so che ho un papà! Però lui non viene mai a trovarmi! Io voglio te!
– Lo - lo sai?!
– Si!
– Lo hai visto qualche volta?
– Lo hai visto pure tu!
 
Il cuore nel petto di Emma fece una sorta di capriola. Lei lo aveva visto e non solo! Ma cosa ne sapeva Alice?
 
– Ma no Alice! Quando l’avrei  visto il tuo papà?!
- Lo hai visto da Regina!
 
La bambina era convinta e muoveva affermativamente la testolina di lunghi riccioli biondi.
Emma ricordò di averla portata con sé, l’inverno precedente,  alla galleria di Regina. Il quadro di Captain Hook aveva colpito molto la piccina, che allora ancora parlava poco, ma ricordava che pestando il piedino in terra aveva insistito a chiamarlo “papà”. Allora Emma non aveva ancora capito che Kim e Killian fossero la stessa persona, per lei quel quadro somigliava incredibilmente al suo compianto Kim Steward e per il fatto che Alice chiamasse tutti gli uomini papà, non ci aveva fatto caso più di tanto.
Adesso che sapeva la verità e sapeva che fosse stato proprio Killian a soccorrere Eloise e la sua bambina, le era chiaro il comportamento avuto in quel momento da Alice. Evidentemente Killian aveva colpito molto la piccina ed era rimasto nei suoi ricordi come una figura paterna. Da un lato, visto l’evolversi degli eventi, Emma giudicò che questo fosse un bene. Quando Killian sarebbe stato in grado di prendere con sé la bambina, per lei non sarebbe stato un estraneo, né ne avrebbe subito un trauma.
 
Non aggiunse altro a quanto detto da Alice, poiché arrivò di corsa, saltando gli scalini della porta d’ingresso, il piccolo Neal, seguito da sua madre Mary.
 
– Piano Neal! Emma non scappa!
– Emma! Emma!
 
Decisamente anche il “giovanotto” di casa era felice di vederla e le saltò al collo tempestandola di baci come sua abitudine. Emma rideva felice di tutta quella dimostrazione d’affetto. Neal era sempre così vivace e impulsivo! Ma per un vispo maschietto di quell’età era normale. Emma lo rimise a terra, abbracciando anche Alice, temendo che si ingelosisse; Neal era molto amato in Casa Famiglia e era anche un po’ invidiato, essendo il figlio di Mary e David, mentre gli altri piccoli o non avevano i genitori o li vedevano di rado. Emma stava sempre molto attenta alle dinamiche affettive dei bambini. Tra tutti era proprio Alice quella che stava lì da più tempo, gli altri avevano trovato sistemazione e cambiavano di continuo. Per Alice Il rapporto più stabile tra i bambini era proprio con Neal e aveva acquisito un forte attaccamento  alla giovane Psicologa.
Mary fu affettuosa non meno di suo figlio e, nell’abbracciare a sua volta Emma, le chiese sottovoce come avesse trovato la bambina.
 
– Per la situazione e l’età, direi che sta andando benone! Cercherò di essere un po’ più presente con lei. Ne ha bisogno!
– Credo tu abbia ragione Emma!
– Ho visto l’auto di David! È in casa?
– Si, è nel suo studio!
– Lo disturberò qualche minuto allora, ho bisogno di parlargli!
– David è sempre disponibile lo conosci!
 
 Alice, imitata subito da Neal, prese una mano ad Emma e la condussero verso la porta di casa. Ognuno dei due cercava di attirare la sua attenzione e Neal riuscì a prevaricare Alice parlando a raffica di tutto quello che passava nella sua fervida testolina castana. A malapena Emma distinse, tra le varie cose che il piccolo disse, l’intento di fare un viaggio in mare con papà David e … non afferrò il resto, era troppo presa da ciò che doveva dire all’avvocato Noland!
 
– Bambini tutti in casa per la merenda!
 
Il richiamo di Mary ebbe  un effetto immediato su tutti i piccoli ospiti e non meno su suo figlio e Alice. I due lasciarono le mani di Emma e corsero avanti a tutti per prendere la loro merenda. La bionda si scambiò un’occhiata con la mora e al suo cenno di consenso con la testa, Emma si avviò al piano superiore, verso lo studio di David.
 
***
 
Lo sguardo ceruleo di David era puntato sulla giovane bionda che sedeva difronte a lui, seduta alla parte opposta della sua bella scrivania in legno di noce lucido.
Era più di un’ora che Emma era entrata nel suo studio per parlargli e, con calma, gli aveva raccontato tutta la storia di Kim-Killian e soprattutto ciò che le premeva di più, la parte riguardante suo figlio Henry, la simulazione della sua morte e la sua adozione.
 
 – Puoi aiutarmi in qualche modo a rintracciare la famiglia?
 
Emma aveva avuto un tono supplichevole e capì, dall’espressione di David, che questi avesse una quantità di seri dubbi.
La giovane sapeva che David avrebbe fatto il possibile, era un uomo di una generosità e una correttezza fuori dal comune. Vestito con quella polo bianca a maniche corte, gli si notavano i bicipiti muscolosi e tonici e un torace atletico. David era un uomo bello, sia nell’aspetto che nel gioviale carattere. Emma considerava Mary una donna fortunata, aveva trovato l’uomo che poteva incarnare tranquillamente l’ideale del “Principe azzurro” .
 
– Vedi Emma … se dietro c’è una manovra della D.E.A. puoi immaginare che ci sia stata una segretazione in tribunale riguardo alla famiglia e a tutti i loro dati.
– Questo lo immaginavo! Killian è un perfezionista nei suoi piani …
- In fin dei conti voleva proteggere vostro figlio e, credimi, posso capirlo, da padre anche io avrei fatto del mio meglio  per proteggere il mio. Certo non condivido il fatto che tu sia stata tenuta all’oscuro, ma con quello che mi hai raccontato, quest’uomo è stato pieno di responsabilità enormi e parecchio impegnato.
Posso provare a contattare altri colleghi che si occupano del mio stesso campo, nell’ambito del segreto professionale reciproco e della collaborazione, magari qualche notizia potrei strapparla! Tu sei convinta a non voler aver più a che fare con il padre di tuo figlio?
– Dovrò averci a che fare se vorrà vederlo. Ma non voglio cercarlo e dover chiedere a lui!
 
David storse la bocca ascoltando Emma.
 
– Se ha fatto tutto questo, sicuramente lui vuole avere contatti con il bambino e pure se tu lo troverai e ti verrà restituito, non potrai negargli il suo diritto di essere padre.
– Non ho intenzione di negargli questo diritto. Anche Henry ha diritto ad avere suo padre!
 
Il viso di David si distese in un sorriso bonario.
 
– Sono contento che la pensi così! Mi hai detto che lui ha riconosciuto suo figlio, quindi legalmente ha tutti i diritti di vederlo. Se sei d’accordo ci sarà consensualità e tutto sarà più facile. Se foste una famiglia sarebbe perfetto, ma se resterete separati ovviamente dovrete prendere un accordo con un decreto del giudice tutelare!
– Lo so! Farò il possibile per mio figlio. Farò in modo non solo che abbia contatti col suo vero padre, se lui lo vorrà, continuerò a fargli frequentare anche la famiglia adottiva. Sicuramente lo amano e lui li ricambia. Non ho intenzione di provocare un trauma a mio figlio e a delle brave persone che si sono prese cura di lui!
 
David la guardò compiaciuto e con un sorriso intenerito sul volto.
 
– Sei una persona dal cuore d’oro Emma e hai una grande maturità. Tuo figlio potrà essere orgoglioso di averti per madre!
– Sei troppo buono David, ti ringrazio tanto per il tuo aiuto e per queste parole. Sono felice di aver conosciuto te e Mary. In questi tre anni mi è sembrato di rivedere i miei genitori in voi. Mi avete aiutata tanto e ve ne sarò per sempre grata!
– Emma, la cosa è reciproca! Sei venuta per il tirocinio ma hai fatto molto di più e hai dato più di una mano a Mary. Anche noi dobbiamo ringraziarti! Vieni ora! Andiamo a vedere se quelle piccole locuste affamate hanno lasciato un po’ di merenda anche per noi!
 
***
 
Erano passate le 18:00, la cuoca della Casa Famiglia aveva iniziato a preparare la cena e si sentiva un buon odore di stufato salire per le scale del primo piano. David chiuse dietro di sé la porta del suo studio e tornò alla scrivania. Aveva appena salutato Emma e proprio in quel momento la sentì mettere in moto il suo Maggiolino giallo. Sentì il rumore della ghiaia del viale e il suono rombante allontanarsi gradualmente.
 
Con i gomiti poggiati sui braccioli della sua sedia e le mani con le dita intrecciate davanti al viso, stava riflettendo. Direzionò lo sguardo verso l’apparecchio telefonico alla sua sinistra. Sciogliendo le mani, con movimento deciso,  prese la cornetta con la sinistra e, senza consultare la rubrica, compose con la destra un numero telefonico che aveva memorizzato da tempo. Sentì suonare libero all’altro capo e al terzo squillo una calda voce maschile, dall’inconfondibile accento irlandese, gli rispose con tono allegro.
 
– Ciao David? Ti ha cercato?
– Chi altri poteva cercare secondo te? Mi dici ora cosa faccio? Non potevi dirle tutto? Ti prenderei un’altra volta a pugni!
– Calma Mate! Mi è bastata la prima! Assecondala ma tergiversa …
- Ti rendi conto che questa storia non potrà andare avanti all’infinito?
– Pensi che io voglia ancora tirare la corda David? Sono stanco di tutto questo e voglio riprendermi la mia vita …
- Papaaaà!
– Mio figlio mi sta chiamando! Entra Neal!
 
All’altro capo l’uomo rimase in silenzio e in ascolto.
 
– Papà, mamma dice di scendere … la cena è pronta! Stai a telefono?
– Indovina con chi sto parlando Neal?
– Zio?! Zio Geoffrey?!
 
L’uomo all’altro capo sentì l’esclamazione sorpresa e felice del piccolo di casa, un sorriso si distese sul suo viso. Non poteva vederlo ma stava immaginando la sua espressione buffa e contenta.
 
– Si, proprio lui … vuoi dirgli qualcosa?
 
Dal rumore che l’uomo all’altro capo sentì, capì che il piccoletto non se l’era fatto dire due volte. Sicuramente si era arrampicato in braccio al padre per rubargli di mano la cornetta e infatti …
 
- Zio! Zio!! Quando vieni con la tua nave posso portare pure Jerry?
– Ciao Neal! Jerry? Chi sarebbe? Un tuo amico?
–  Un micetto piccolo piccolo che mi ha portato Zio Daniel!
– Un micetto? Se poi soffre il mal di mare? Non credo sarà possibile. Non vogliamo farlo star male vero?
 
Il piccolo dall’altra parte si era zittito pensieroso, ma la cosa durò pochi secondi.
 
– No! Hai ragione! Però Emma la posso portare?
– Emma?
– Emma non soffrirà il mal di mare ne sono sicuro!
– Carina questa Emma?
– Emma è bellissima e io le voglio tantissimissimo bene!
– Se è così penso che un posticino a bordo per lei lo troviamo Neal!
– Allora affare fatto!!!
– Vai a cena ora o tua madre ti sgriderà!
– Ciaaao!
– Ciao Campione!
 
L’uomo rise al saluto allegro di Neal che era sicuramente sceso velocemente dalle gambe di suo padre e sentì la cornetta passare nuovamente nelle mani di quest’ultimo.
 
– Quando arrivi con il tuo Yacht?
– Io arriverò prima della mia imbarcazione. Vengo in aereo. Tra una settimana arriverà lo Yacht …
- Beh! Sappi che ti aspetto! Devi risolvere questo casino che hai combinato!
– Ne ho tutta l’intenzione David!
– Ci conto Geoffrey …
 
***
 
Era notte fonda in Irlanda. L’uomo si sedette sul divano in velluto del suo soggiorno, posando sulle ginocchia un fascicolo con sopra un passaporto. Aprì per primo il passaporto. Era un po’ che non lo usava, almeno quello … ne aveva altri in cassaforte, ma su nessuno c’era scritto il suo vero nome. La sua fotografia lo guardava con i suoi stessi occhi azzurro oceano. Portò lo sguardo sulla riga del nome e lo lesse silenziosamente.
 
“Killian Geoffrey Jones!”
 
Aveva detto a David poco prima, che voleva riprendersi la sua vita. Per il momento si riprendeva il suo vero nome.  Dai controlli crociati che aveva fatto, non risultava che Lucy Handersen, alias Belle French, avesse divulgato il suo nome in giro. La sua copertura ancora poteva reggere, ma sarebbe partito presto per Boston e non per lavoro.
Posò il passaporto sul basso tavolino davanti a lui e aprì il fascicolo che Jefferson gli aveva “gentilmente” inviato. Il suo primo agente scelto stava diventando piuttosto indisponente. Gli aveva risposto di cercarsele da solo le informazioni su quel tizio o di chiederle direttamente a Emma. Infine gli aveva dato ascolto e in poco tempo gli aveva mandato il rapporto.
Killian iniziò a sfogliare le pagine controvoglia, con quel senso di fastidio che poteva dare solo la gelosia. Ogni pagina descriveva con elogio l’uomo che era stato sotto osservazione per mesi.
 
“Maledizione! Questo Neal Cassidy mi sembra proprio un bravo ragazzo! Il tipo adatto al matrimonio, casa, figli, moglie e un Labrador! Ottimo lavoro, buon carattere … è cotto di Emma! Le ha regalato l’auto, quel brillocco che portava al dito, ha una casa invidiabile … Forse sto facendo una cazzata! Anche se Emma non è rimasta a dormire da lui ed è stata poco a casa sua l’altra sera, questo non dice che non abbia intenzione di sposarlo veramente! Forse lui può renderla felice più di quanto possa farlo io! Almeno potrebbe darle una vita tranquilla e agiata. Sicuramente non le mentirebbe come ho fatto io!”
 
Killian rifletteva tra sé e iniziava a sentirsi in colpa non solo verso Emma ma anche verso quel bravo giovane che aveva fatto spiare.
 
“Forse averlo allontanato con la scusa di un appalto lavorativo per qualche giorno, non basterà per riprendermi Emma! Sapesse che sono stato io a trovare quella proposta di lavoro per Cassidy …”
 
Anche questa volta aveva organizzato un piano per ottenere quello che voleva, con la differenza che non si trattava di lavoro, bensì di un affare personale. Neal doveva partire quella mattina e lui sarebbe arrivato con l’aereo a Boston in serata. Il piano era di contattare Emma e fare chiarezza con lei, ma rendersi conto che Cassidy poteva essere la persona giusta per la giovane, gli stava dando tanti dubbi.
 
“Dannazione! Devo provarci! Mi dirà di no? Non importa! Non posso lasciare le cose intentate! Ora mi detesta, ma so che il suo cuore è mio, come il mio è solo suo! Il bagaglio è pronto ormai! Devo solo andare all’aeroporto!”
 
Si alzò buttando il fascicolo disordinatamente sul divano e prendendo il passaporto sul tavolinetto. Era pronto per la partenza. Doveva mettere il documento nel portafogli e uscire di casa. Il cellulare squillò ancora. Rispose innervosito quando vide di chi si trattasse.
 
– Nick! Che diavolo è successo per chiamarmi mentre sei in altomare?! … Coosa? Maledizione! Questa non ci voleva! Stavo per partire per Boston! Dovrò rinviare la partenza ora! … Non so che ci trovi da ridere Nick!
 
Chiuse la chiamata infastidito e scuro in viso. Si passò la mano sulla fronte e poi si lisciò la corta barba che gli ornava il mento. Il suo piano per quella sera era saltato. Aveva immaginato di poter passare la notte con Emma, riuscendo a spiegarle la verità e facendo rinascere la passione tra loro …
 
“Devo rinviare la partenza Love! Peccato! Cassidy tornerà prima che io arrivi … “
 
Guardò il grande pacco piatto, di forma rettangolare, incartato con carta marroncina e spago, poggiato sul tavolo del soggiorno, al di sopra di esso c’erano le chiavi dell’appartamento di suo padre. Era stato suo fratello Liam a dargli quella copia. Storse la bocca e sollevò un sopracciglio come suo solito.
 
“Dovrai aspettare anche tu …”
 
***
 
Boston, quattro giorni dopo, luglio inoltrato.
 
Il ristorante era molto elegante. Come al solito Neal aveva fatto le cose per bene. L’affaccio della terrazza sul Mystic era affascinante e le luci della città rendevano tutto molto suggestivo. Emma era seduta davanti al suo fidanzato e questi stava facendo cenno ad un cameriere in livrea, che si avvicinò per versare del pregiato champagne nel flute, di fine cristallo, posto davanti alla giovane.
 
La situazione le ricordò in modo imbarazzante la cena avuta con Killian a Dublino, solo pochi giorni prima. Era stata una bella serata, con ottima cena e ancor migliore il dopocena passionale che avevano vissuto intensamente nell’appartamento del Capitano. In una frazione di secondo rivisse quel momento bollente dello spogliarsi reciproco, i vestiti buttati per la stanza, il torace nudo di Killian contro il suo seno, il calore della sua pelle sotto le dita, il suo odore inebriante e il sapore dei suoi baci …
 
Pensare a Killian, in presenza di Neal, era per lei estremamente fastidioso, quasi come se lui avesse potuto leggerle i pensieri, ma purtroppo i paragoni con il bel Capitano della D.E.A le saltavano all’occhio di continuo.
 
– Amore tutto bene?
 
Neal si era accorto del suo sguardo distratto?
 
– Oh! Si, si certo Neal!
– Sei contenta?
– Si Neal sono contenta che tu abbia ottenuto questo appalto. Mi sembra una cosa molto prestigiosa!
– Altroché tesoro! Restaurare un’ambasciata di quell’epoca sarebbe un onore per qualsiasi architetto! Ho avuto un colpo di fortuna che mai avrei sperato! Ma non mi riferivo al mio lavoro … dicevo di te. Sei felice della mia proposta Emma?
“Già! La proposta di matrimonio, che altro? Devo dirgli la verità, forse riesco a scoraggiarlo …”
– Neal … devo dirti una cosa che probabilmente ti farà cambiare idea su noi due!
– Cosa? Non vorrai dirmi che ami un altro per caso?
– No! Non è questo Neal! Ma fammi parlare o non troverò più il coraggio!
– Addirittura?! Che sarà mai?!
– Neal tu lo sai che ho avuto un bambino dalla relazione con Kim Steward!
 
Neal, con sguardo vagamente infastidito e sospirando, accennò di si con il capo. Emma sapeva che non gli faceva piacere sentire l’argomento, sicuramente il fatto che lei avesse avuto una relazione con un altro e un figlio da lui, lo disturbava.
 
“Meglio così di sicuro!”
– Kim non era un delinquente ma un agente in incognito. Non lo sapevo quando gli hanno sparato sotto i miei occhi e mi resi conto dopo di aspettare un bambino da lui. I mesi seguenti sai come sono stati per me, ebbi anche minacce d’aborto in seguito ad un attentato. La D.E.A. scoprì un losco interesse di Gold a rapire mio figlio appena fosse nato e, a mia insaputa, mise su un piano per proteggere lui e me!
– Un piano inutile visto che purtroppo l’hai perso, no?
– No Neal! Questo è quello che ti volevo dire! Il piano andò talmente bene che nemmeno io me ne accorsi. Mi hanno fatto credere che Henry fosse morto per rendere credibile il mio dolore e il funerale, ma non è stato così. 
– Coosa?
– Si, mio figlio è vivo ed è stato adottato da una famiglia. Ho intenzione di ritrovarlo e finché non ci riuscirò non potrò avere altri pensieri!
– Emma posso aspettare lo sai! Ritroveremo tuo figlio, diventerà anche il mio! Gli farò da padre se vorrai!
– Se non esistesse già un padre potrei essere d’accordo, ma sono qui!
– Killian?!!
 
Neal vide con meraviglia un giovanotto alto e moro, con un accenno di barba e baffi e due brillanti occhi azzurri, spostare improvvisamente una terza sedia al loro tavolo e sedersi, senza invito, tra lui ed Emma. Notò gli occhi sgranati di Emma e la sua espressione tra il sorpreso e il furente.
 
– Qualcuno che conosci Emma?
– Si, anzi no! Non voglio avere a che fare con lui!
 
Il moro sorrise in modo accattivante e allungò la mano verso Neal presentandosi.
 
– Sono Killian Jones, Capitano della D.E.A., ma forse mi hai sentito nominare come Kim Steward!
 
Neal guardò la mano tesa verso di lui ma non la prese, preferendo spostare lo sguardo sorpreso su Emma, che era paonazza e accigliata.
 
– Ma non era morto sotto i tuoi occhi?
 
Emma sollevò gli occhi al cielo mentre Killian la guardava con la sua espressione da faccia da schiaffi.
 
– No Neal! Era un trucco come quello di mio figlio!
– Nostro figlio …
 
Killian aveva sottolineato quel “nostro”.
Neal annuiva con la testa, tenendo le labbra strette e mantenendo una calma serafica.
 
– Sei irlandese dall’accento!
 
Killian annuì sorridendo sghembo. Neal fece dei collegamenti mentali sulle reazioni di Emma e il suo essere distante quando era tornata dall’Irlanda. Iniziava a spiegarsi parecchie cose. Lei gli aveva accennato di aver lavorato con un certo Capitano Jones, giovane e molto in gamba. Di essere stata sua ospite …
Continuò ad annuire con il capo e la mascella serrata. Andando con lo sguardo da Killian ad Emma e viceversa.
Emma era sulle spine, non si era di certo aspettata l’invasione di Killian e gli si rivolse infiammata in viso.
 
– Non so cosa sei venuto a fare qui! Non sei stato invitato e io stavo cenando con il mio futuro marito!
 
Il tono di Emma giunse a Neal acido e incrinato. Si rivolse a quello che si era presentato come Capitano Killian Jones.
 
– Giusto … come mai da queste parti Capitano?
– Semplicemente volevo guardare negli occhi l’uomo che sta per sposare la donna che amo. Volevo accertarmi di persona che tipo fosse. Se veramente tu fossi degno di lei. Lei è speciale, semplicemente meravigliosa e merita il meglio. Avrei voluto essere io, ma non sono degno di lei. Io sono un pirata, un bugiardo. L’ho ingannata e le ho fato del male, ma tu non dovrai permetterti di fare lo stesso! Ti terrò gli occhi puntati Neal Cassidy! Trattala come la principessa che è o dovrai vedertela con me!
 
Neal guardava con espressione seria e incolore Jones, Emma invece si stava agitando sulla sedia.
 
– Smettila di fare la sceneggiata Killian! Non dovevi venire qui! Se mi avessi amato veramente non mi avresti mentito così! Hai rovinato tutto! Con Henry hai toccato il fondo! Ti ho detto che non volevo più vederti! Non ho bisogno di te né di nessuno! Ritroverò mio figlio e sarà l’unico uomo della mia vita!
 
Detto questo Emma si alzò dalla sedia. Neal e Killian ne seguirono ogni singolo movimento. Lei si tolse l’anello di fidanzamento dal dito e con decisione lo posò davanti al giovane architetto.
 
– Mi dispiace Neal! Sei l’uomo migliore che io conosca, ma non posso sposarti! Non sposerò nessuno!
 
I due uomini erano basiti mentre lei voltò i tacchi e nel suo tubino nero, con i capelli ondulati e biondi oscillanti sulle spalle, si avviò verso l’uscita del ristorante, lasciando che anche altri clienti si voltassero a guardare la scena che si era svolta in modo animato.
Neal rimase come paralizzato sulla sua sedia mentre Killian, guardando da Emma che usciva a lui e viceversa, era piuttosto fremente.
 
 – Che diavolo fai Cassidy?! Sei stupido? La tua fidanzata sta andando via e non la rincorri? Non vedi che è sconvolta?! Che diamine aspetti?!
 
Neal lo guardò infastidito e togliendosi il tovagliolo sulle ginocchia lo ripiegò con calma.
 
– Se qui c’è uno stupido Jones, quello sei tu! Io non ho da rincorrere nessuno! Non hai capito che è te che vuole e non me? Sei tu l’idiota se non le corri dietro!
 
Neal si alzò dalla sua sedia per andare a saldare il conto, ma prima …
 
- Questo ovviamente me lo riprendo! Ormai non serve più!
 
Allungò la mano sinistra sul tavolo e prese l’anello con brillante che Emma gli aveva restituito.
 
– Auguri Jones! Ti direi anche “ e figli maschi”, ma mi sembra che per quello già hai provveduto!
 
Era Killian quello rimasto seduto, sbigottito e incredulo. Emma aveva lasciato Neal? Aveva interrotto il loro fidanzamento? Neal rinunciava a lei così facilmente? In fin dei conti lei era stata chiara. Non amava Neal. Non c’era motivo per cui lui insistesse.
 
“Lei ama me! Ancora mi ama! Forse non tutto è perduto!”
 
Neal percepì con la coda dell’occhio lo scatto del Capitano e la sua corsa verso la porta a vetri del ristorante. Sorrise ironicamente. Pensò che Emma avesse ritrovato il suo primo amore e con lui avrebbe ritrovato il loro bambino. Si scoprì di essere felice per lei e di augurarle ogni bene. Amava sinceramente e profondamente Emma, vederla felice, anche se con un altro, pur se doloroso, lo faceva arrendere all’evidenza. Chiese al cameriere un altro flute di champagne. Gli venne servito immediatamente. Prima di buttarlo giù d’un sorso, lo sollevò verso la porta d’ingresso in un brindisi.
 
– Auguri anche a te Emma!
 
  
 
Angolo dell’autrice
 
Capito ora perché ho diviso in tre parti? Chi ce l’avrebbe fatta a leggere in una sola volta questi tre ultimi capitoli?
Grazie comunque a chi avrà letto e a chi vorrà lasciare un commento. Un grazie a chi segue fin dall’inizio e a chi ha inserito nelle varie categorie. Prometto che per il prologo nominerò tutti coloro che hanno amato questa storia. Spero di pubblicarlo per la prossima domenica.
Un abbraccio!
 Lara

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Capitolo 59
*** Ti ritroverò sempre (Epilogo) ***


Capitolo 59
Ti ritroverò sempre
Epilogo
 
 
Quasi la sfondava quella elegante porta a vetri del ristorante!
L’aveva spinta con entrambe le mani, correndo dietro a Emma. Le due ante si erano richiuse bruscamente e rumorosamente dietro di lui, quando fu passato come un uragano …
 
Killian Jones si guardò intorno. Era sparita? Non poteva essere! Sicuramente non era lontana. Magari si stava nascondendo da lui. Aveva capito che l’avrebbe seguita?
Inutile farsi tante domande su Emma. Era imprevedibile!
 
“Comunque sia non ha preso taxi, non ho visto nessun’ auto fermarsi e quindi è qui intorno. Siamo vicini al fiume, a lei piace guardare le luci riflesse sull’acqua … “
 
Aveva capito dove trovarla e si incamminò verso il parcheggio per prendere la sua BMW nera, l’auto che usava quando era a Boston.
Il tragitto che percorse non fu molto. Presto, nella semioscurità, vide la chioma bionda di Emma oscillarle lungo la schiena.
Fece una veloce deviazione, mettendo la freccia a destra, e posteggiò l’auto lungo il marciapiede che costeggiava il fiume, ringraziando la sua buona stella di aver trovato un posto al momento giusto. Uscì dall’abitacolo con la giacca sfoderata dell’elegante completo di lino  nero, che svolazzò per l’impeto e la velocità del movimento. Non la chiamò ma le corse dietro, finché, ad un passo da lei,  lo fece con un leggero fiato corto e una forte emozione che aumentava le sue pulsazioni cardiache.
 
– Emma …
- Dio, Jones! Mi hai pure seguita?!
– Non te lo aspettavi Tesoro?
- Cosa non ti è chiaro della frase   “non voglio più avere a che fare con te”?
 
 
Lui aveva ripreso il suo cipiglio ironico, ma Emma era ancora piuttosto acida.
Nonostante la bionda si fosse voltata per rispondergli, si era rimessa subito sui suoi passi, camminando più veloce per cercare di allontanarsi da lui.
Egli alzò gli occhi al cielo; che si aspettava?! Che lei gli buttasse le braccia al collo?
 
“Magari!!”
 
Ma non era così facile la sua Emma! Se alzava un muro, per abbatterlo ci voleva tutta la sua buona, santa pazienza!
La conosceva fin troppo bene ormai e fortunatamente a lui la pazienza, la buona volontà e l’amore profondo per lei, non mancavano affatto.
 
– Amore hai tutte le ragioni, ne sono consapevole, ma se mi fai finire di dirti quello che avevo iniziato in Irlanda forse vedrai tutto con altri occhi!
– Smetti di chiamarmi “amore” Jones! Non attacca il tuo finto romanticismo!
– Finto romanticismo?! Guardami in faccia Emma!
 
Con le gambe lunghe che aveva, non l’avrebbe raggiunta solo se non ne fosse stato intenzionato, ma visto che la sua intenzione era piuttosto forte, con un balzo fu da lei. La prese per la vita da dietro e la voltò verso di sé, con tocco delicato ma deciso.
 
Emma si ritrovò tra le sue braccia in una frazione di secondo, con le ciglia aggrottate e lo sguardo furente ma, puntando gli occhi nei suoi lapislazzuli, dovette ammettere, con vergogna di sé, che non c’era nulla da fare all’effetto che gli avevano sempre fatto e continuavano a farle.
Cercò di riprendersi un minimo di dignità, tentando di divincolarsi, ma quell’abbraccio era per lei sempre confortevole, fin troppo confortevole, e nella brezza notturna era la cosa più bella che potesse capitarle. Lui la tenne più saldamente, perdendosi nei suoi occhi verde acqua e deglutendo, incapace per un attimo di proferire parola. La trovava bellissima, anche con quel cipiglio arrabbiato, e ancora più eccitante quando fingeva di divincolarsi. Sapeva che era solo un tentativo, la sentiva fremere tra le sue braccia. Sapeva di scatenarle quel tipo di brivido, lui stesso lo provava quando le era così vicino. L’avrebbe baciata subito, ma quella “tigre” dagli occhi smeraldini sarebbe stata capace di morderlo. Doveva solo farla ragionare, in fin dei conti lei era una donna razionale, intelligente e sensibile.
 
– Amore mio stai calma un attimo! Dammi almeno questa chance di parlarti, poi se lo vorrai smetterò di cercarti! Non ti voglio imporre la mia presenza. Se hai preso la decisione di non volermi più vedere la rispetterò!
 
Le parole di Killian colpirono Emma e un po’ la delusero, non era poi così convinta di non volerlo vedere più!
Lui la sentì fermarsi immediatamente tra le sue braccia, smettere di reagire. Le accarezzò la schiena con la destra, continuando a tenerla stretta a sé con la sinistra, sapeva che le piacesse quel tipo di carezza, la faceva rilassare, e risalì verso il collo.
Emma dal canto suo sentiva un tumulto interiore, tra la rabbia nei confronti del Capitano e la piacevolezza di essere con lui e di ricevere quella carezza che adorava.
La mano di Killian le stava accarezzando delicatamente il retro del collo con i polpastrelli,  insinuandosi tra i morbidi capelli alla base della nuca. Pensò tra sé che se fosse stata una gatta avrebbe fatto le fusa volentieri, ma doveva dominarsi, non poteva dargli quel potere su di sé.
 
– Va bene Jones! Ti lascio parlare. Ma non è necessario che mi tieni abbracciata o che mi fai i grattini!
 
Aveva tentato di mantenere un tono acido, ma non era stata completamente convincente e lui, con il suo affascinane sorriso sghembo, non mancò di risponderle a tono.
 
– Dici sul serio Swan?! Non ci posso credere Love! Ti sono sempre piaciuti i miei “grattini”!
 
A conferma, invece che liberarla, iniziò a farle il solletico lungo il fianco, provocandole altri brividi e strappandole un risolino che Emma cercò di soffocare per non dargli soddisfazione.
 
– Ho detto di lasciarmi stare Jones! Posso picchiarti lo sai!
– Lo sai che con te voglio solo fare all’amore Emma! Sono un gentiluomo, non faccio a botte con le donzelle e ti libero subito, tranquilla!
 
La lasciò andare e lei si mise con le braccia incrociate davanti a lui, in una posa di chiusura che lui captò perfettamente.
 
– Sei proprio barricata vedo! Sei terrorizzata all’idea di potermi cedere?
– Bel sogno Jones! Smetti di flirtare e dì quello che devi, dopodiché sparisci dalla mia vista e dalla mia vita!
– Come Mylady desidera!
 
A quel suo modo teatrale per sdrammatizzare, Emma sbuffò infastidita, mantenendo il cipiglio duro e le braccia incrociate al petto.
Killian ridiventò serio, il sorriso sulle sue labbra svanì e il suo sguardo si velò di contrizione.
 
– Vedi Emma … non sono le parole … quelle possono ferire ed essere male interpretate … preferisco mostrarti i fatti. Vieni con me.
– Non vengo da nessuna parte con te Jones!
– Non ti voglio portare che vicino alla mia auto Emma. Devo mostrarti qualcosa che ti farà capire tutto senza che io debba parlarti!
 
Lei era veramente perplessa, ma la curiosità la stuzzicava. Killian usò un tono più dimesso.
 
– Ti prego Emma … fidati un minimo di me!
 
Lo sguardo del giovane la trafiggeva nell’anima e lo sentiva sincero. Altre volte lo aveva visto così, specialmente quegli ultimi giorni a Dublino, quando si erano amati senza remore e con tutta la passione reciproca che li divorava.
Lei sciolse le braccia nude, riportandole lungo i fianchi. Killian le prese una mano per condurla all’auto. Lei avrebbe voluto ritirarla subito, ma decise di lasciarlo fare, forse era l’ultima volta che avrebbero avuto quel contatto fisico e lei voleva poterlo ricordare.
Camminarono in silenzio per quei pochi passi che li separavano dall’auto. Poco prima di giungere, Killian prese la chiave dalla tasca e fece scattare la serratura centralizzata. Le quattro luci di posizione della BMW si illuminarono contemporaneamente, lampeggiando nella semioscurità.
 
– La luce del lampione basterà per quel che serve …
 
La condusse verso il bagagliaio e, sotto il suo sguardo incuriosito, aprì il portello.
 
– Quella che vedi è la verità! Una verità che mi tengo dentro da tre anni amore mio!
 
Emma si portò entrambi le mani alla bocca, per soffocare l’esclamazione di sorpresa che le era salita immediatamente in gola, mentre i suoi occhi sgranati guardavano quello che non riusciva a credere.
 
– Era quello che stavo per dirti a Dublino Love! Non avrei mai potuto separarti veramente da nostro figlio … ma tu dovevi crederlo morto, affinché tutto fosse verosimile. Ho avuto contro anche Seb per questa decisione, non mi ha parlato per giorni e mi sono beccato un pugno in faccia da David …
- Oh! Killian! Ho avuto il mio bambino con me per tutto questo tempo e l’ho anche pianto! Piccolo mio!
 
Emma allungò la mano verso l’interno del bagagliaio. Con la punta delle dita accarezzò la tela dipinta ad olio. L’ultimo quadro dipinto da Killian era davanti a lei, il quadro che non aveva voluto mostrarle, quello ancora sul cavalletto, coperto dal telo …
Dal dipinto le quattro persone ritrattate sorridevano felici, come solo una giovane famiglia può esserlo. Circondati dalla natura vi erano rappresentati loro due che tenevano per mano due bambini, Alice e …
 
- Neal! Non ci posso credere che il mio adorato piccolo Neal sia Henry!
– È proprio lui invece, Henry Neal Swan Jones! L’ho registrato all’anagrafe con questo nome, l’ho riconosciuto come mio figlio oltre che tuo. Ho su di lui i diritti di un padre. Non voglio sparire dalla sua vita. Non l’ho mai fatto. Ho fatto in modo di essergli vicino più che potevo. Ogni domenica l’ho passata con lui in casa famiglia, tranne quando sono stato costretto ad andare in Colombia e in Cina e il periodo in ospedale. Ho cercato ogni occasione per creare e mantenere un rapporto con lui.
– Non mi ha mai parlato di te … mi ha parlato di uno zio … Geoffrey? Eri tu l’adorato zio Geoffrey! Che stupida che sono! Anche questi giorni mi ha detto che saresti arrivato con la tua nave! Certo! La Jolly Roger! Sono stata così cieca?!
– Come potevi capirlo? Risultava figlio di Mary Margaret e David in fin dei conti!
– Vero! Ma Mary era incinta quando l’ho vista in ospedale alla mia prima ecografia! Conoscevi già David?
– No … ho preso informazioni quando ti hanno soccorsa per strada, la notte della mia morte simulata. Ti avevano conosciuta e sapendo quanto fossero generosi e altruisti, ero sicuro che sarebbero stati perfetti per il mio piano di protezione!
 ---ooo---
 
Quantico, sede del Federal Bureau of Investigation. Tre anni prima

L’ Avvocato David Noland si guardava intorno con sguardo perplesso.
 
“Ma siamo sicuri che quella è la palazzina giusta? Sarà! A me sembra diroccata e in disuso! Eppure le indicazioni del Comandante Shatneer sono queste!”
 
Un paio di giorni prima David aveva ricevuto nel suo studio associato una lettera personale che gli chiedeva di presentarsi presso la sede della F.B.I a Quantico.
Era rimasto piuttosto sorpreso. Non ne venivano spiegati i motivi e lui non aveva mai avuto a che fare con il Bureau, non in modo così diretto almeno!
Una delle cose che lo avevano colpito di quella lettera, era lo strano stemma che affiancava il timbro statale del Bureau. Uno stemma piccolo, messo come fosse stata una firma. Rappresentava un veliero con tra le onde sottostanti un uncino. Allora aveva piegato in giù gli angoli della bocca …
 
“Mai visto prima …”
 
L’ultima cosa che la lettera gli chiedeva era di mantenere il riserbo assoluto e di distruggere il foglio dopo la lettura.
Inizialmente aveva pensato di buttarla al secchio, come lo scherzo di qualche collega buontempone, ma alla fine, non sapendo nemmeno lui perché, aveva bruciato la lettera, non aveva detto niente a nessuno e si era presentato dal Comandante Shatneer il giorno richiesto, non sapendo cosa aspettarsi.
 
Shatneer era un uomo alto sul metro e settantacinque, forse sessantacinquenne, muscoloso ma imbolsito e in sovrappeso, conservava due vispi occhi chiari e un faccione simpatico che da giovane aveva conosciuto una certa bellezza. Il cipiglio del Comandante era comunque piuttosto serio e marziale. Lo aveva ricevuto nel suo ampio ufficio, restando seduto alla sua scrivania.
David era entrato con titubanza, nonostante fosse un uomo sicuro di sé, temeva che il Comandante gli avrebbe riso in faccia dicendogli che fosse veramente vittima di uno scherzo. Mentre gli raccontava della lettera ricevuta, seduto sulla sedia difronte all’ alto funzionario del Bureau, questi, con espressione impassibile, lo aveva studiato attentamente.
 
– Mi scusi Comandante, ma temo  sia stato uno scherzo, volevo accertarmene … quel timbro con il veliero e l’uncino era la parte meno credibile della lettera in effetti!
 
Shatneer si era tirato indietro verso la spalliera della sua sedia ergonomica, poggiando i gomiti sui braccioli laterali e per la prima volta aveva storto la bocca verso sinistra, abbozzando quello che sembrava un sorriso.
 
– Temo di no Avvocato Noland!
– No?!
– Lei è stato arruolato a sua insaputa a quanto pare!
– Che coosa?! Come arruolato?!
 
Shatneer si era fatto più vicino, sporgendosi sulla scrivania verso  David, e aveva abbassato la voce.
 
– Il Bureau possiede agenti che lavorano sotto copertura. Lei è stato arruolato dal Capitano di una delle nostre squadre speciali in incognito …
- Ma come sarebbe?! Io non ho fatto nulla per entrare in squadre di questo genere! Non credo nemmeno di avere le caratteristiche adatte per queste cose!
– Se Hook l’ha scelta avrà i suoi buoni motivi, io non transigo!
– Hook?!
– Si Captain Hook … il nome in codice del Capitano della squadra. Un tipo in gamba, si potrà fidare di lui, anche se non credo ne conoscerà mai la vera identità!
 
David era rimasto allibito.
 
– Captain Hook?! Ma è serio?
 
Shatneer aveva avuto uno scatto infastidito.
 
– Le sembro il tipo che scherza Noland?! Il veliero con l’uncino è il suo simbolo. Le è chiaro ora?
 
David aveva avuto un’espressione che Shatneer avrebbe fotografato volentieri, solo per fargliela vedere.
 
– E se non mi sento di accettare?
– Fatti suoi Noland! Captain Hook è uno che sa trovare gli argomenti per essere convincente!
“Santo Dio! Chi mai è questo tizio? E proprio di me ha bisogno?!”
 
David non era uno che si tirava indietro difronte ai rischi e ai pericoli, ma Shatneer era stato piuttosto inquietante.
 
“In fin dei conti si tratta pur sempre del Bureau, anche con un nome da pirata il tizio è dalla parte dei buoni!” 
- Che tipo di squadra è? Di che si occupa?
– Non posso dire altro Noland. Quello che deve lo dirà Hook. Ora vada da lui. La saluto!
– Scusi … io non ho altre indicazioni oltre che il venire da lei!
– Non so perché sia stato scelto ma lei mi sembra piuttosto ingenuo Noland! … Dietro la sede centrale ci sono delle palazzine grigie con le finestre in pessimo stato, come il resto dell’edificio … Trovi la porta in peggior condizione e entri lì! Vada ora che ho da fare!
 
Il tono imperioso di Shatneer aveva sfiorato la scortesia e David aveva salutato ancora con la perplessità dipinta sul viso.
 
“Che tipo!”
 
***
L’edificio che stava guardando in quel momento non poteva essere che quello descritto da Shatneer. Si avvicinò guardingo per trovare la porta in peggior stato.
 
“Questa è la più scassata di sicuro! Che mi devo aspettare là dentro? Gli alieni?”
 
Entrato si rese conto che non si vedeva nulla e dovette dare il tempo agli occhi di assuefarsi al buio. Dopo poco si accorse che la grande stanza era vuota. Solo una porta in fondo. Pensò di dare una voce …
 
“C’è nessuno?”
 
Un rumore alle sue spalle lo fece scattare. La porta da dove era entrato si era richiusa automaticamente e una luce, emessa da un occhio di bue che non aveva notato, lo colpì in pieno viso, creando un cono di luce in cui si ritrovò completamente immerso.
 
 – Benvenuto Avvocato Noland!
 
David si schermò gli occhi con la mano per cercare di individuare la fonte della voce.
 
“Chi diavolo …”
– Mi presento … sono Captain Hook e lei è qui perché abbiamo bisogno del suo aiuto.
– Il mio aiuto? E in che modo un avvocato che si occupa di adozioni potrebbe aiutare una squadra in incognito?
– Proprio con il suo lavoro Avvocato!
– C’è un bambino da adottare?!
- Vedo che è un tipo sveglio Noland!
 
L’ironia nel tono di Hook infastidì David, che a sua volta aveva risposto con tono sarcastico.
 
– Dalla porta davanti a lei uscirà un mio agente Avvocato. Sarà il suo contatto e il tramite tra me e lei. Le spiegherà tutto lui e lei dovrà eseguire alla lettera ogni indicazione che le darà. Da ora lei è al servizio del suo paese. 
– Se mi rifiutassi di collaborare? Sono un uomo libero …
 
Nessuna risposta oltre lo schermo, ma si sentì il cigolio metallico della porta in ferro che si apriva. 
 
– Rifiutarsi David? Non credo che il Capitano si aspetti un rifiuto! Dalle informazioni che ha su di lei sappiamo che è un uomo generoso, coraggioso e impegnato per i diritti civili dei più deboli. Non pensiamo si rifiuterà quando saprà di cosa si tratta!
– Voi sapete tutto di me e io non so nemmeno i vostri nomi! Perché dovrei fidarmi e aiutarvi?
 
David scrutò meglio l’uomo che gli si avvicinava, aiutato dal fatto che entrasse in quel momento nel cono di luce. Era giovane, forse nemmeno ancora trentenne, alto, snello, agile nei movimenti. Era piuttosto piacente, con un viso ben delineato da tratti regolari e armoniosi, per quello che faceva distinguere la leggera barba che gli ornava il volto! L’agente si avvicinò maggiormente allungando il braccio e la mano verso di lui.
 
– Giusto! Ben detto Noland! Mi presento: Geoffrey O’Danag! Non mi chiedere altro sui miei dati anagrafici perché non potrò risponderti!
– Sei piuttosto giovane per essere un agente in incognito e dall’accento, oltre che dal nome, direi che sei Irlandese!
– Sei un vero osservatore David Noland! Posso chiamarti direttamente David, David?
– Mi sembra tu lo stia già facendo!
 
Geoffrey O’Danag ridacchiò e David pensò che doveva essere un tipo pronto alla battuta e spiritoso, cosa che non  faceva parte del proprio carattere. Si chiese se sarebbe riuscito a sopportare un tipo così spaccone e già immaginò come un macigno l’incarico che gli stavano affibbiando.
 
– Bene! Già siamo al tu! Un colpo di fulmine! La nostra collaborazione promette bene Mate!
“Mate?”
– Forse invece che perdere tempo a “farci la corte” dovresti dirmi di che si tratta questa faccenda!
 
Il giovane agente acquistò uno sguardo profondo e un cipiglio serio. David notò che i suoi occhi azzurri sembravano essere diventati due pozze nere.
 
– In una nostra operazione in incognito è rimasta coinvolta una ragazza innocente. È una testimone per un caso d’importanza internazionale e va protetta …
- Io che centro in questo? Volete introdurla nella mia casa famiglia per tenerla segregata?
– Fammi finire Mate! Lei già è sotto protezione, ma sta per partorire. Il piccolo che deve nascere tra pochi giorni è sotto la grave minaccia di essere rapito e lei di essere uccisa. Ne abbiamo la certezza! Tu dovrai adottare il bambino insieme a tua moglie!
– Coosa? La madre non lo vuole?
– David apri le orecchie! Lei lo vuole il bambino! Ma dovrà saperlo morto affinché la simulazione della cosa acquisti credibilità! Senza il bambino ci sarà meno interesse su di lei!
– Quindi se ho ben capito questa povera ragazza, coinvolta suo malgrado in questa storia, dovrà subire la perdita di un figlio? Che piano è questo? Lei dovrebbe essere informata della verità, perché darle un dolore vero? Chissenefrega del realismo della simulazione! Non è morale!
– La ragazza è Emma Swan …
- Emma Swan?!
 
A sentire quel nome a David si aprì il sipario su tutta la storia della giovane. La ricordava benissimo, sapeva cosa era successo la sera che l’avevano soccorsa in strada lui e sua moglie. Erano stati con lei in ospedale e per un po’ anche al commissariato. Le avevano dato il loro recapito ma lei non si era mai fatta sentire. Avevano saputo dai giornali delle sue ulteriori vicissitudini, del rapimento con la Signora Milah Gold …
 
- Santo cielo! Emma era incinta quando l’abbiamo soccorsa?
– Si, aspettava un figlio dall’uomo che l’ha coinvolta, loro malgrado, in questa storia!
- Una vera carogna quel delinquente! Approfittare di una ragazza dolce e ingenua come Emma!
– Piano con le offese David! Quello non era un delinquente ma uno dei nostri! L’amava veramente, ma non poteva dirle della sua vera identità! Emma si è trovata al momento giusto nel posto sbagliato! L’abbiamo usata per creare un diversivo nell’operazione!
– Un diversivo?! Giocate così con le persone innocenti? E il vostro agente l’amava? Come fai a saperlo? Non avrebbe dovuto coinvolgersi emotivamente se la stava usando come copertura!
 
David era veramente indignato.
 
– Non c’era nessun intento di usarla all’inizio! L’amore non si cerca! È lui che ci trova e ci travolge!
 
Il giovane agente si era parecchio animato nel dare quella risposta e David lo notò immediatamente.
 
– Sei parecchio coinvolto mi sembra!
– Certo che lo sono! Sono io quell’agente e per la prima volta in vita mia mi sono innamorato come un ragazzino! Lei aspetta mio figlio! Per colpa mia le è successo di tutto! Non voglio perdere lei e il nostro bambino!
 
Il tono di O’Danag era piuttosto concitato.
 
– Quindi era una farsa anche la morte del suo ragazzo!
– Mi pare ovvio!
– L’hai distrutta quella notte lo sai? Ora vorresti farle credere morto anche suo figlio?
 
Per David era inconcepibile tutto ciò. Nonostante capisse le motivazioni dell’agente e del suo Captain Hook, non trovava lecito far deliberatamente del male a quella povera ragazza che ne aveva subite di ogni colore. La rabbia gli montò dentro con violenza. Si ritrovò a stringere le dita della mano destra in un pugno e a colpire in pieno viso il giovanotto che aveva davanti.
 
Geoffrey O’Danag si ritrovò a gambe all’aria in una frazione di secondo. Il pugno al mento, che gli aveva assestato l’Avvocato Noland, era stato micidiale. Stordito come un ubriaco, portò il gomito sinistro al suolo per rimettersi prima su un fianco e, dopo essersi massaggiato la mandibola, provare a rialzarsi in piedi.
 
– Che cazzo ti prende Noland?! Sei impazzito? Quasi mi spacchi la mandibola!
– Fidati che non mi sembra nemmeno abbastanza! La ragazza non ha più un padre, se fossi io non ti avrei dato solo un pugno! L’hai messa incinta e non avresti dovuto nemmeno guardarla se eri in missione! L’hai fatta innamorare di te e poi ti sei passato per morto. Ora la spezzerai del tutto facendole credere morto il figlio … Decisamente un pugno è poco O’Danag! Il tuo Captain Hook ti ha detto bravo?
– Il Capitano? … Diciamo che se non gli fossi indispensabile mi avrebbe cacciato dalla squadra!
– Lo meriteresti “Mate”
 
David aveva dato una mano al giovanotto per rialzarsi, e aveva ascoltato tutto il piano che proponeva il suo capo. Quando O’Danag ebbe finito di esporre, David era ormai del parere di non tirarsi indietro. Il Comandante Shatneer aveva avuto ragione, Captain Hook sapeva come riuscire a convincere la gente!
 
--OOO--
 
– Guarda il mio passaporto Emma!
 
Killian tirò fuori dalla tasca interna alla giacca il documento e lei lo prese. Lo aprì e vi lesse il suo nome per intero.
 
– Quindi Geoffrey è il tuo secondo nome, non hai usato un nome falso con David!
– Il cognome che gli diedi in quell’occasione è quello di mio zio Henry. David non ha mai saputo che fossi io Captain Hook. Era meglio mantenere la copertura.  Mary Margaret, dalle mie informazioni, aveva avuto una gravidanza isterica. Non dissi a David di sapere anche questo, per lui e la moglie è un argomento da tacere. Non ne parlano mai. Lei adora i bambini e ho visto che è bravissima nel suo lavoro. Con nostro figlio è stata fantastica. 
– Si, ci sa fare con i bambini! Non ho mai sospettato nulla su Neal. Lei non mi ha mai accennato alla gravidanza isterica né all’adozione …
- Che tu fossi la madre di Henry lo sapeva soltanto David. Mi disse che non ne avrebbe fatto parola con sua moglie. È un tesoro di donna ma non sa tenere i segreti. Nel piano tu saresti stata inserita in casa famiglia per il tuo tirocinio, lo avevo poi suggerito a Lorna di proporti di farlo da loro, in modo che fossi vicino a nostro figlio da subito, nemmeno Lorna sapeva la verità sul piccolo. Tu e lui dovevate creare un legame. Mary Margaret sapeva che un giorno la vera madre del piccolo Neal sarebbe arrivata per riprenderlo. Avesse saputo che eri tu te lo avrebbe spifferato subito. Ho dovuto procurare documenti falsi su Henry per inscenare anche l’adozione. Un collega di David si è prestato a completare la pratica per lui, non sapendo che i documenti fossero falsi ha registrato un’adozione che non esiste.
– Dici Daniel?
– Si, lui. Lo abbiamo fatto lavorare facendogli credere che fosse tutto in regola!
– Povero Daniel! Lui è così solerte! È il fidanzato della mia migliore amica!
– Lo so amore! Di quello schianto di mora! Uomo fortunato! Ma proprio per quello non doveva sapere che la madre fossi tu!
– Quindi Mary e David non dovranno fare nessun disconoscimento di Neal!
– Non esistendo adozione, non esiste disconoscimento. Henry Neal è nostro figlio legalmente e possiamo riprendercelo quando vogliamo!
– Lui non sa che siamo i suoi genitori, non può essere tolto dai Noland da un momento all’altro! E poi parli al plurale? Un giudice dovrà decidere l’affidamento condiviso!
 
Killian alzò la testa distogliendo lo sguardo e sospirando, poi lo ripuntò con un sorriso tenero verso di lei.
 
– Sono sicuro che tu e Mary farete un ottimo lavoro su di lui per non traumatizzarlo! Ovviamente per il resto ci accorderemo con un giudice, anche se potremmo metterci civilmente d’accordo noi due da soli!
– Ho così voglia di abbracciarlo in questo momento!
– A quest’ora starà dormendo, ma se hai bisogno di abbracciare qualcuno io sono qui a tua disposizione Love!
 
Il solito sguardo furbo e malizioso di Killian Jones era tornato sul suo volto.
 
– Tu sei solo da prendere a schiaffi Jones!
– Sei ancora tanto arrabbiata con me Tesoro?
– Tu ti rendi conto di quante me ne hai fatte?!
– Lo so, ma mi sembrava che a Dublino avessimo chiarito un po’ tutto, no?
– Questa di Henry non me l’aspettavo proprio, ma sono felice che sia vivo e che sia Neal. Alla fine si può dire che l’ho cresciuto comunque e tu hai fatto in modo che non corresse pericoli.
– Non mi merito che schiaffi quindi?
– Cosa vorresti? Che ti dicessi grazie?
 
Killian con il suo sorriso malizioso e uno sguardo che era una sfida e una preghiera, si portò, con una punta di timidezza, l’indice dalla guancia alle labbra, indicandole.
Emma era affascinata dal suo volto e dalla sua espressione e capì perfettamente che lui le stesse chiedendo un bacio. Le venne un sorriso sulle labbra, ma scosse la testa in disaccordo con quello che diceva la sua stessa espressione.
 
– Non credo lo meriti del tutto Jones!
– Io so che tu hai voglia di baciarmi tanta quanta ne ho i …
 
Non finì la frase, Emma lo aveva preso per il colletto della camicia nera e si era avventata sulle sue labbra, in un bacio passionale che sprigionò tutto l’amore che aveva cercato di reprimere in quei giorni nei suoi confronti.
Killian non si era aspettato quello slancio e ne fu travolto completamente, ma essendo quello che desiderava anche lui, ricambiò immediatamente, assaporando la sua bocca come un assetato che  beve acqua di sorgente.
 
Si poteva parlare con un bacio? Quel bacio fu il discorso ancora non detto tra loro, la conferma di quanta passione nutrissero l’uno per l’altra. La certezza che il loro amore non aveva fatto che crescere in quei tre anni, nonostante tutto quello che era capitato giorno per giorno.
 
Nella semioscurità di quella notte di fine luglio, quel bacio sembrò non aver fine, era come se volessero continuare a rassicurarsi reciprocamente, dialogando in quel modo, avvinghiati in un abbraccio che nessuno dei due avrebbe potuto o voluto sciogliere.
Fu il preludio al crescere del desiderio reciproco. Le mani di Killian correvano lungo la schiena di Emma, desiderose di sentire la seta della sua pelle, nascosta dalla stoffa leggera del tubino estivo. Emma affondava le dita nei capelli di lui, accarezzandogli la bella testa bruna e scendendo lungo il suo collo, fino al triangolo villoso lasciato scoperto dall’abbottonatura aperta della camicia, scura come il completo che indossava.
 
– Love andiamo altrove … vuoi?
– Si … andiamo via di qui!
 
Avevano parlato ognuno sulle labbra dell’altro, ma entrambe avevano lo stesso desiderio vibrante nella voce e nel corpo. Killian la prese per mano e la condusse al lato del passeggero. Le aprì lo sportello della BMW con la sua proverbiale galanteria e dopo aver richiuso si portò al lato della guida. In pochi secondi mise in moto e manovrando abilmente, uscì velocemente dal posteggio. Sfrecciò lungo il Mystic River, saettando tra le altre auto, sorpassando con destrezza dove era possibile. Ogni tanto guardava verso Emma e le sorrideva. Lei non gli toglieva lo sguardo di dosso, felice come non mai. Sapeva la verità sul suo piccolo, sapeva di non averlo mai perduto, sapeva che l’uomo che amava era lì per lei e ricambiava i suoi sentimenti.
Non fece nemmeno caso alla strada che Killian stava percorrendo, ma presto si ritrovarono in una zona che lei conosceva molto bene. Erano vicino all’Università che lei aveva frequentato, la superarono per arrivare al quartiere di palazzine fatiscenti dove abitavano soprattutto studenti universitari. Ora sapeva dove Killian voleva rifugiarsi.
Egli fermò l’auto sotto la palazzina che Emma aveva immaginato. Spense il motore e tolta la cintura di sicurezza prese dal cruscotto le chiavi.
 
– Killian mi hai portato all’appartamento di tuo padre?!
 
Lui la guardò preoccupato.
 
– Non te la senti di salire? Lo so che è pieno di ricordi e non tutti piacevoli!
– Direi! Ti ho visto morire lì dentro! Ma sono imbarazzata per Brennan!
– Mio padre non c’è Emma e per me è importante portarti qui questa sera. Fidati di me!
– Killian … mi fido di te, anche se sono tanto dispiaciuta per Brennan. Lo sai come sta?
– So che non sta bene …
- Non ti sei informato su di lui? Ti informi su tutto!
 
Killian distolse lo sguardo e per Emma fu la conferma che non si fosse interessato dell’uomo.
 
– Tuo padre è gravissimo. Questi giorni ha avuto un peggioramento. È rimasto con un solo polmone, sta rifiutando la chemioterapia e i medici non fanno che aspirargli il liquido che si accumula nel polmone superstite. Non so quanto durerà e vorrebbe rivederti un’ultima volta …
 
Killian era di profilo, a viso basso, il mento sul petto. Era mesta la sua espressione. Risollevò il viso e si voltò verso Emma.
 
– So tutto di mio padre Emma! Ma è stato più forte di me! Non sono riuscito a perdonarlo per tanto tempo …
- Ora? Ci riusciresti ora? Lo sai come sono arrivata a capire che tu fossi Captain Hook e che Kim fosse Killian. Dal bigliettino con la dedica a questo bracciale con la fenice, ho messo insieme tutti i pezzi di un enorme rompicapo. Brennan ha avuto la sua parte. Ha dipinto una serie di quadri dedicati alla favola di Peter Pan. Uno rappresenta Captain Hook e lo ha ritratto con le tue precise sembianze. Li aveva donati alla galleria della mia amica Regina e per poco non mi prese un colpo la sera dell’inaugurazione, quando mi sono ritrovata a guardare il tuo viso ritratto. Non potevo crederci! Kim era morto e ritrovavo il suo viso su quella tela! Per un po’ è stata la mia ossessione! L’autore era sparito e cercai per giorni di rintracciarlo. Era stato operato da poco e aveva avuto un lungo ricovero, per questo era diventato irreperibile. Indagai e lo ritrovai e i miei sospetti sul Killian Jones che sentivo a telefono diventarono certezze. Tuo padre ha dipinto quel quadro per te, per chiederti perdono. Ha voluto espiare in questo modo. Siete talmente simili tu e lui! Anche tu hai agito in modo simile, sia con le tue bugie di copertura che con l’espiazione attraverso i quadri. Ognuno di essi parla di te e di me …
- Hai ragione Emma! Quelle tele facevano in modo di averti con me ogni giorno, anche quando eravamo lontani ed erano il modo per chiederti perdono!
– Allora puoi capire Brennan, amore mio!
 
La mano destra di Emma si era posata sulla guancia di Killian in una lieve carezza, il suo sguardo era tenero e comprensivo nei suoi confronti. Killian si perse nei suoi occhi puri e verdi come l’acqua di un laghetto irlandese, lei lo aveva chiamato “amore mio”, fu importante per lui, le fu grato in cuor suo e sentì di amarla immensamente. Le loro labbra si unirono ancora, ma questo fu un bacio di struggente nostalgia per le cose perdute e di speranza per ciò che dovevano recuperare. Le mani di Killian racchiusero le guance di Emma teneramente. Fu dolcissimo e romantico e anche questa volta fu lui a scegliere di interrompere quel contatto e quell’incanto.
 
 – Vieni Love!
 
Uscirono dall’auto e mano nella mano si avviarono al portone. L’ascensore  aperto era sempre lo stesso. Killian ricordava benissimo delle vertigini di Emma e la bloccò quando lei fece per prendere le scale, trattenendola per la mano.
 
– No Love! Non ho intenzione di fare sei piani a piedi! Ricordi la nostra vecchia tecnica?
 
Avrebbe mai potuto dimenticarla Emma? Entrarono nell’ascensore e lui la prese nuovamente tra le braccia come faceva quando lei lo conosceva come Kim Steward.
 
 – Chiudi gli occhi e baciami Emma!
 
Glielo disse sottovoce e un brivido piacevole corse lungo la schiena della ragazza. Le sembrò di tornare indietro di tre anni. Era la frase che le diceva sempre, con il tono di sempre e la voce suadente di sempre. Gli sorrise emozionata, gli portò le braccia al collo e, mentre Killian schiacciava il pulsante per salire, ripeterono quel rituale che da tre anni non avevano più compiuto.
Sicuramente il tempo non fu molto per salire, ma sembrò ancora più breve in quel modo. L’ascensore arrivò al sesto piano e si fermò con un rimbalzo. Ne uscirono ancora abbracciati e Killian armeggiò con le chiavi per aprire la porta dell’appartamento. Le tenne la porta e lei entrò guardandosi intorno. Sicuramente lui era arrivato il giorno prima e aveva preso possesso dell’appartamento. Aveva arieggiato il locale e si sentiva odore di pulito, come quando vi dimorava come Kim Steward, senza il solito odore delle medicine di Brennan.
Killian sembrava vagamente imbarazzato. Emma aveva ragione, era strano ritrovarsi insieme in quell’appartamento che aveva significato per loro gioia e dolore!
 
– Tesoro mettiti comoda. La casa la conosci … io devo fare una cosa, aspettami qui!
 
Si tolse la giacca e la buttò sul divano, fece una carezza ad Emma dicendole che avrebbe fatto in due minuti e sparì verso le stanze da letto. Lei, rimasta da sola, si guardò ancora intorno e puntò lo sguardo verso la finestra di quel soggiorno. Le tornò in mente la notte della morte simulata di Kim-Killian. Lui era uscito da quella finestra per fingere di rincorrere Manuel Parrilla, vestito di nero e con un passamontagna che lo rendeva irriconoscibile. Aveva contato sulle sue vertigini e la sua impossibilità di scendere per quelle scalette di sicurezza …
 
Istintivamente Emma volle tornare a quella finestra e l’aprì per guardare di sotto, verso la balaustra dove aveva viso il giovane colpito e con la camicia bianca sporca di rosso. Ebbe un attimo un capogiro, le vertigini ancora le provava purtroppo! Non c’era nessuno lì fuori. Era notte e gli studenti che abitavano in quegli appartamenti dormivano quasi tutti, solo qualche voce si sentiva fioca.
 
– Emma?
 
La voce calda di Killian la riportò alla realtà.
 
– Tesoro che stai facendo?!
 
Sicuramente gli era sembrato strano che avesse aperto la finestra, ma lei non voleva dargli spiegazioni. Richiuse la finestra e si voltò verso di lui.
 
– Mio Dio!
 
Emma rimase  attonita quando lo vide in viso.  Sentì il cuore perdere un battito nel petto e le lacrime pizzicarle gli occhi, pronte ad affacciarsi tra le lunghe ciglia.
Il giovane Capitano si era cambiato la camicia, indossandone una bianca, e in quei pochi minuti di assenza si era rasato il viso. Se  Emma aveva avuto la sensazione di tornare indietro nel tempo, salendo in ascensore con lui, ora credette veramente di aver fato un salto temporale. Dalle sue labbra uscì un’unica parola:
 
– Kim …
– Ormai lo sai, Kim è il diminutivo che usa mio fratello Liam con me … puoi chiamarmi ancora così se vuoi …
 
Con le mani in tasca le si avvicinò,  era rimasta inebetita con gli occhi umidi e la bocca schiusa per la sorpresa. Killian sollevò una mano e le accarezzò una guancia, avvicinandosi a tiro di bacio alle sue labbra. Inclinò la testa, vagando con lo sguardo da quelle labbra ciliegine agli occhi verdi.
 
– Volevo ricominciare tutto da capo Emma! Volevo ricominciare da qui, dove tutto ha avuto inizio e dove avrebbe avuto la sua fine. Ricordi quella volta che dopo aver fatto l’amore mi hai chiesto come avrei voluto chiamare un figlio? In quel momento mi sono reso conto che un figlio da te lo avrei voluto veramente, che volevo una vita intera con te, ma che ti stavo mettendo in un pericolo immane. Ho capito in quel momento che dovevo lasciarti andare, liberarti da me. L’unico modo per starti alla larga e avere un alibi e un testimone era quella simulazione, come ti ho già raccontato. Sono stato un debole in realtà, poiché pensando che l’amore mi avrebbe reso tale, non ho capito quanto invece può rendere più forti. Non ho resistito a starti lontano e sono tornato. Tu mi stavi dando veramente un figlio e quella è stata una gioia immensa per me. Poi il resto lo sai … Emma … te l’ho detto a Dublino e ora qui, ti ripeto quello che dovevo dirti già tre anni fa.
Ti amo, ti amo con tutto me stesso. Ti amo incondizionatamente, da sempre, dalla prima volta che ti ho vista …
- Anche io ti amo, forse non era necessario venire qui, ma sono contenta … continuerò a chiamarti Killian, ma ogni tanto potrei chiamarti Kim, va bene così amore mio.
 
Le loro labbra, già così vicine, si unirono ancora e questa volta fu Emma a portare le mani alle guance appena rasate di Killian. Poi lui la sorprese, scivolando in ginocchio davanti a lei. Lo vide guardarla dritto negli occhi, con i suoi pieni d’emozione in uno sguardo supplicante che lei non si stava spiegando, poi, dal gesto che lui fece, capì.
 
In ginocchio ai suoi piedi, Killian prese qualcosa dalla tasca destra dei pantaloni in lino. Il brillio tra l’indice e il pollice del Capitano colpì gli occhi della giovane profiler.
 
– Emma Swan, io, Killian Geoffrey Jones, ti chiedo di diventare mia moglie, di condividere con me una vita, una casa e un lavoro impegnativo. Non sarà facile conciliare tutto, ma io non voglio vivere un altro minuto senza di te. Emma … vuoi sposarmi?
 
Il sorriso raggiante di Emma era già una risposta, anche lei si ritrovò a scendere in ginocchio davanti a lui, prendendogli nuovamente il viso tra le mani e baciandolo dolcemente.
 
– Si Killian, si … mille volte si!
 
Tra un bacio e l’altro lui le mise l’anello con brillante all’anulare, lei lo strinse forte a sé e lui fece forza sulle gambe per rimettersi in piedi e tirare in piedi anche lei.
I baci di gioia presto ridiventarono di passione e desiderio.
Lei si sciolse dall’abbraccio sorridendogli maliziosamente e allontanandosi. Lui la prese da dietro, impedendoglielo. La sua mano sinistra a stringerle dolcemente un seno, mentre l’altra mano, dopo essere scorsa su per la sua coscia, sollevandole il corto tubino, si era insinuata sotto la bassa mutandina in pizzo e stava cercando il suo morbido monticello dorato, frugandola dolcemente tra quei riccioli umidi e trovando  in quell’incavo il suo clitoride teso e poi, sempre più giù, verso il suo centro, così reattivo al suo tocco da dargli la certezza di quanto lei fosse calda e pronta per lui.
Chiudendo gli occhi e facendosi sfuggire un sospiro per il piacere provato al suo tocco, Emma divaricò le gambe per facilitargli l’accesso e inarcò la schiena premendo verso il suo torace, andando indietro con la testa, poggiandola sulla clavicola di Killian, assaporando quella carezza così intima e i baci che lui le stava dando lungo il lato del collo. Portò intanto le mani dietro di sé, all’altezza dell’inguine del giovane, lo sentì reagire immediatamente, a tatto, era eccitato quanto lei, lo accarezzò delicatamente con ambedue le mani lungo la patta dei pantaloni. Lo sentì fremere sotto il tessuto mentre anche lei rispondeva, con il fluire incontrollabile dei suoi  umori, allo stimolo delle dita di Killian, che si erano fatte spazio dentro di lei e si muovevano abili, in un ritmo che l’avrebbe presto portata all’orgasmo.
Ma era poco per quello che volevano. il bisogno reciproco di una totale unione stava facendo perdere razionalità ad entrambi. Emma si voltò tra le braccia di Killian sospirandogli sulle labbra.
 
- Killian ti voglio … prendimi!
 
Lui la strinse a sé unendo le labbra alle sue, in un vortice saettante delle loro lingue, mai sazie del loro reciproco sapore. Le sue mani intanto le sollevarono il tubino fino ai glutei, infilandosi sotto lo slip, accarezzandoli e poi stringendoli possessivamente. Quando Emma, che già gli aveva quasi strappato la camicia per sbottonarla impazientemente,  iniziò freneticamente ad aprirgli il bottone e la zip dei pantaloni, lui sembrò riacquistare lucidità.
 
– Emma non così …
 
Lo aveva detto con tono dolce, bloccandole le mani e lei era arrossita più di quanto l’arrossasse l’eccitazione del momento.
 
– Cosa? Come …
- Non voglio avere fretta. Sai come mi piace. Voglio goderti attimo per attimo. Voglio guardarti, accarezzarti, baciare ogni centimetro della tua bellissima pelle e voglio sentirti sospirare di piacere quando lo farò. Girati ora …
 
Emma, emozionata per ciò che lui gli prospettava, si voltò di schiena come le aveva chiesto, tremando di quel tipo di brivido che solo con Killian era  riuscita a provare. Iniziò spostandole i capelli di lato e lei sentì le sue mani leggere aprire il gancetto dell’abbottonatura del tubino. Era un tubino con lo scollo a girocollo, morbido e setoso, che le scivolava sui fianchi fino a metà coscia. Attento a non farla inceppare, lentamente Killian le aprì la lunga chiusura lampo dietro la schiena, esponendola. Presi i lembi dell’abbottonatura, glieli fece scivolare ai lati delle spalle, trattenendoli con le mani mentre le baciava la pelle scoperta sopra le scapole. Lasciò andare la stoffa lungo le braccia e il tubino cadde ai piedi di Emma. La accarezzò con i polpastrelli di ambedue le mani lungo la spina dorsale, scendendo fino all’incavo dei glutei e risalendo fino al retro del collo, in quel punto che a lei piaceva particolarmente.
Emma emise un mugolio rabbrividendo di piacere e lui sorrise soddisfatto, affondando il volto nei suoi capelli e inebriandosi del loro profumo. Lei stava in piedi con gli occhi chiusi, gustando ogni calda carezza, mentre lui, dietro di lei, continuava a baciarle il collo e la spalla, accarezzandole i fianchi e risalendo verso i seni.
Quando in quel modo, attraverso il pizzo del reggiseno, le strinse tra le dita i capezzoli turgidi, lei si voltò con gli occhi languidi e il viso arrossato per il desiderio.
 
- Lo sai che anche a me piace guardarti e accarezzarti Killian … lasciamelo fare …
 
La voce e il tono arrochito di Emma gli erano arrivati così seducenti, che a malapena riuscì a risponderle mentre sorrideva per la gioia e l’emozione.
 
– Sono tutto tuo Love …
 
Lei lo sapeva bene e sapeva cosa fare. Gli mise le mani sul petto e fece scorrere le dita tra la peluria dei suoi pettorali scolpiti, baciandolo sulla bocca e poi disseminandogli di piccoli baci il collo e il petto. Gli fece scorrere dalle braccia la camicia finche non fu a terra con il suo tubino  e avrebbe continuato l’operazione con i pantaloni, se lui non l’avesse presa in braccio per portarla in camera da letto.
 
Si ritrovarono in ginocchio sul letto, l’uno davanti all’altra e questa volta Emma riuscì nel suo intento. Con un unico movimento riuscì a liberare Killian dagli ultimi indumenti, accarezzandone i fianchi snelli e constatando con ammirazione quanto la desiderasse. Sorridendogli maliziosamente, con delicatezza si impossessò della sua virilità, facendolo gemere alle sue carezze e lievitare ulteriormente, pregustando il momento in cui lo avrebbe sentito dentro di sé, riempiendola e completandola; poi lasciò che lui finisse l’operazione con i pantaloni, scalciandoli via per  tornare a dedicarsi a lei.
Via le spalline del reggiseno in pizzo, lei lo aprì da dietro e lo fece cadere sul letto. Lui le baciò i seni, succhiandone le dure gemme sulle sommità, osservandola compiaciuto, mentre lei socchiudeva gli occhi per il piacere.  Via poi l’ultimo pezzo di stoffa in pizzo che ricamava ghirigori sul pube di Emma. La fece sdraiare  su un fianco e lui, egualmente su un fianco, davanti a lei, continuò a guardarla incantato, accarezzandone la linea dal restringimento della vita all’ampliarsi rotondeggiante del fianco.
 
– Sei bella da togliere il fiato Love, lo sei sempre stata ma ora lo sei ancora di più.
 
La strinse tra le braccia, ruotandola sulla schiena e ripresero la danza dei loro baci avidi. La mano di Killian scese nuovamente tra la sommità delle cosce di Emma, a cercare ancora la sua cavità nascosta. La stimolò accuratamente, provocandole ulteriori mugolii di piacere che diventarono musica per le sue orecchie quando la penetrò con due e poi tre dita, facendola aggrappare a lui, gridando il suo nome, mentre convulsamente lei muoveva il bacino in una tipica frenesia pre-orgasmica.
Era il momento che lui attendeva per prenderla e farla sua completamente, infatti si portò tra le sue gambe e con estrema facilità entrò dentro di lei, portandola sulla cresta dell’onda più volte, scatenandole picchi orgasmici multipli, con una maestria e una conoscenza del suo corpo, che solo un uomo profondamente innamorato riesce a calcolare e a tenere in considerazione altruisticamente.
 
Emma era tutta un sussulto, completamente abbandonata a lui; languidamente distesa sul lenzuolo, aveva lasciato che anche lui raggiungesse il suo apice con l’ultimo dei suoi. Nella quiete dopo la tempesta, i  lunghi capelli dorati erano una corona intorno alla sua testa, sparsi sul cuscino. Accarezzò la testa di Killian, ormai poggiata sul suo seno candido, dopo l’acme di quel lungo e appagante amplesso. Ne baciò la fronte e lui la risollevò guardandola negli occhi.
 
– Stai bene Love?
– Mai stata meglio amore … è stato bellissimo, lo è sempre … ogni volta di più! E mi sento felice … dopo tre anni mi sento completamente felice!
 
Killian si sollevò per unire nuovamente le labbra alle sue e poi le rispose:
 
- Amore mio, sono morto e sono ritornato per te … sono l’ uomo che è vissuto due volte. La prima non è stata vita, ma tu hai sciolto un cuore di ghiaccio e lo hai fatto battere d’amore per te. Ti prometto che questo è solo l’inizio della nostra felicità. Ho tanto da ripagarti e da restituirti.
– Sai Jones? Penso proprio che tu abbia ragione, hai ancora tanto da dovermi dare!
 
Lo sguardo di Emma era stato piuttosto malizioso e quello di risposta di Killian non fu da meno. Ancora tra le sue gambe,  scese piano baciandola dal seno al ventre, fino al punto che lei gli stava offrendo desiderosa, aprendosi maggiormente sotto il tocco alle sue labbra e il dardeggiare della sua lingua. Il profumo della sua donna e il suo sapore erano per lui un afrodisiaco che gli dava dipendenza. Non avrebbe rinunciato ad assaporarla e a restituirle un piacere ancora più intenso.
La risposta nei movimenti languidi e nei gemiti di Emma, fu un nuovo motivo di eccitazione anche per Killian. Lei allora lo richiamò a sé, facendolo risollevare e distendere al suo fianco, cercandolo e accarezzandolo per regalargli lo stesso piacere. Quando fu lui a gemere d’estasi, sotto le labbra di Emma, nuovamente pronto all’acme, lei si risollevò portandosi sul suo inguine. Con le ginocchia piegate e strette ai suoi fianchi, scese lungo la sua imponente erezione, regalandogli lo stesso amore e lo stesso piacere che lui le aveva voluto far provare poco prima. Fu un ricambiarsi reciproco che durò fino all’esaurimento delle loro energie.
 
Non seppero quando fu il momento che crollarono esausti l’una tra le braccia dell’altro, ma si ritrovarono ancora nudi e abbracciati al risveglio.
Emma scattò sul letto. Il sole era spuntato da un pezzo.
 
– Dio Santo! Deve essere tardissimo! Devo andare a lavoro! Non so se ho il tempo di fare una doccia!
 
Killian l’attirò a sé prendendola per le spalle e facendosela ricadere sul torace.
 
– Non devi lavorare oggi! Sei in ferie!
– Che ferie?! Ho degli impegni, non ho preso ancora le ferie!
– Ho chiesto per te un paio di giorni di ferie premio al Comandante Shatneer. Il profilo che hai stilato a Dublino era esatto. Sono stato io a non capire che la donna era quella sbagliata!
– Cosa?
– Paula ha le sue colpe di sicuro, ma la vera seriale era Lucy Handersen, con la quale erano in combutta.
– Lucy Handersen. L’amante di Gold.
– Si. Quello era anche il suo motivo di vendetta nei confronti miei e della mia squadra. Ho ucciso io Gold nella missione in Cina, prima di essere ferito alla schiena. Lei aveva un figlio, avuto da poco. Era incinta quando l’abbiamo trovata in Cina con Gold. Avevi visto tutto giusto sul killer.
– Ora? L’avete arrestata?
– Non è stato possibile. È morta durante l’arresto in pratica!
– Il suo bambino?
– Il piccolo Jedeon Gold ora è qui a Boston e vorrei che tu mi aiutassi a portarlo alla sua nuova madre.
– Un’adozione?
– Un affidamento sine die a qualcuno che desidera tanto un figlio ma non può averlo. La Handersen non aveva fratelli  o sorelle. I suoi genitori sono anziani e non sono adatti ad accudire un bambino così piccolo.
– Tu hai già qualcuno in mente! Conosco quello sguardo!
– Si, vero! Ho pensato a Milah Gold.
– Milah?! Lei ti crede morto Killian! Ti amava e ha sofferto tanto anche lei!
– Lo so Emma! Per questo sarai tu ad andare da lei. So che sarai un ottimo tramite, ti conosce, le hai salvato la vita e le porterai un dono che lei ormai non spera più. Amava suo marito e avrebbe voluto dargli un figlio. Questo è il mio modo di risarcire anche lei, se lo vorrà …
– Quanto resterai a Boston?
– Ho preso anch’io una pausa dal lavoro, anche se la mia squadra lavora ininterrottamente e siamo sempre in contatto, ma avevo una cosa troppo importante da recuperare!
– Cosa?  
- Te Love!
 
Emma sorrise dolcemente al suo sguardo sinceramente innamorato e, mentre lui era ancora disteso sul letto, si avvicinò alla sua bocca per dargli un ulteriore bacio.
 
– Ho diverse cose da fare in questi due giorni …
– Quali altre?
– Devo chiedere la tua mano a tua zia per esempio!
– Mmm! Potrebbe essere un problema!
– Dici?
 
Lo sguardo di Killian era preoccupato e Emma esplose in una risata.
 
– Scherzavo! Ho parlato di te a mia zia. Le ho detto la verità. Sa che ti amo e non credo voglia il contrario di ciò che mi renda felice.
– Veramente ti rendo felice Swan?
– Quando non simuli la tua morte e quella di nostro figlio, mi dici la verità e facciamo l’amore come poco fa … si! Mi rendi felice Killian!
 
Fu lui ora a sporgersi seduto sul letto a prenderla tra le braccia, rovesciandola per avvolgerla meglio e baciarla intensamente.
Si distaccarono per respirare, sorridersi ancora, così innamorati e desiderosi l’uno dell’altra.
 
– Possiamo stare ancora un po’ tra queste lenzuola Love, poi vorrei che mi accompagnassi in ospedale …
 
Emma capì l’intenzione di Killian e sorridendogli non volle fargli domande. Lo baciò al centro del petto, sentendo il suo cuore battere forte. Rimasero ancora a coccolarsi e  amarsi, finché non decisero di portare avanti il programma della giornata.
 
***

Ospedale centrale di Boston. Reparto oncologico.
 
Erano le 11,00 di mattina e Ingrid stava uscendo dalla stanza di Brennan Jones. Il suo viso era tirato a causa della preoccupazione. I medici le avevano riferito che durante la notte il paziente avesse avuto una brutta crisi respiratoria e lei lo aveva lasciato con la maschera per l’ossigeno.
Svoltando per il corridoio si trovò davanti sua nipote Emma con un bel giovane, alto e moro, con due occhi di un azzurro intenso che le ricordarono quelli di Brennan.
 
Ingrid era piuttosto fisionomista e anche se aveva visto una sola volta in vita sua Killian Jones, con tanto di barba e occhiali a specchio, intuì chi fosse il giovane e immaginò che Emma avesse passato la notte con lui, visto che non era rincasata e era uscita con Neal per troncare il loro fidanzamento. Era felice per Emma, ma un po’ in disappunto, difatti non si aspettava che Killian fosse con lei e che sua nipote non avesse fatto in tempo a lasciare Neal per infilarsi nel suo letto!
Si rimproverò per il proprio pensiero, non c’era da giudicare, quei due si amavano e se andava bene a sua nipote, a lei andava egualmente bene. Guardò Killian dalla testa ai piedi e viceversa e ammise che fosse veramente un gran bel ragazzo. Vicino a sua nipote formavano una coppia notevole, sembravano fatti l’uno per l’altra. Avevano avuto un figlio e sarebbe stato bello se avessero costituito una famiglia.
 
– Mamma … ti presento …
- Killian? Si, lo so! Somigli molto a tuo padre Brennan!
– Buongiorno Signora Ingrid …
– Sei stata da lui … come sta? Killian è da tanto che non lo vede!
– Molto male! Ha avuto una crisi respiratoria questa notte. Vado a casa e chiamo Elsa, credo che Liam debba venire da suo padre prima che sia troppo tardi. Ci siamo sentite già ieri sera a telefono e mi ha detto che Liam fosse in mare per un’esercitazione. Dovrebbe tornare domani sera, ma è bene che prendano l’aereo e tornino a Boston quanto prima!
– Signora Ingrid, Emma mi ha detto delle cure che presta a mio padre … la ringrazio per quanto ha fatto e sta facendo!
– Non mi devi ringraziare! È come una persona di famiglia ormai! È quasi il mio consuocero. Elsa convive con Liam e mi diceva che presto si sposeranno legalmente.
 – Mammaa! Non mi avevi detto nulla!
– L’ho saputo ieri sera … tu non sei rincasata …
- Oooh! Si, hai ragione, scusami non ti ho avvisata, io …
 - Colpa mia Signora Ingrid! Ho rapito Emma per tutta la notte, ma sono pronto ad un matrimonio riparatore!
 
Killian aveva parlato facendo quella battuta con un tono spiritoso, ma Ingrid non aveva riso affatto e gli aveva scoccato un’occhiata piuttosto severa.
 
– Giovanotto! Se questa è una battuta di spirito non la trovo divertente! Dovrei picchiarti di santa ragione per quello che hai fatto passare alla mia bambina! Un matrimonio riparatore sarebbe dovuto! Ma di questi tempi non pare se ne senta più l’esigenza!
 
Emma non si aspettava quella sfuriata di Ingrid e aveva temuto da un momento all’altro che mollasse veramente un ceffone al suo fidanzato.
 
– Non scherzavo affatto Ingrid! Ho intenzioni serie con Emma! Anzi … mi dispiace se questo non è il luogo adatto, ma sarei venuto da lei per chiederle la mano di sua nipote. Mi permetta di farlo ora! Signora Ingrid … posso avere la sua benedizione per sposare Emma?
 
Ingrid da accigliata che era, si sciolse in un sorriso felice. Guardò Emma e la vide raggiante, notò l’anello al suo anulare, guardò il giovane davanti a lei che aveva un’espressione preoccupata e tesa e, fingendo di pensarci un po’ creandogli maggior tensione, alla fine rispose affermativamente.
 
– Voglio la felicità  per la mia Emma! Tu sei la sua felicità Killian, hai la mia benedizione!
 
Emma abbracciò con gioia sua zia, la quale si complimentò con lei e ricambiò l’abbraccio. Mentre le due donne parlavano e ammiravano l’anello con brillante, Killian le lasciò sole e si diresse verso la porta della stanza di suo padre.
 
***
La porta era chiusa e sbirciò dal vetro. Brennan giaceva sul letto, aveva gli occhi chiusi e la maschera che lo ossigenava sul volto. Era l’unico paziente in quella stanza, segno di quanto fosse grave.
Non era facile per Killian entrare da quella porta e rientrare nella vita di suo padre, ma si decise e lo fece piano. Brennan continuava a tenere gli occhi chiusi, forse dormiva …
Quanto era cambiato suo padre dall’ultima volta che lo aveva visto a Dublino? Tanto, veramente tanto! Era pelle e ossa, il male lo stava distruggendo. Il cuore nel petto di Killian sembrò stringersi in una morsa. Si rese conto di non provare più rabbia né odio per lui, ma solo un’infinita compassione e l’amore di sempre. Allungò il braccio verso la sua mano, così ossuta e irriconoscibile rispetto alla mano forte che gli porgeva quando era bambino. Sentì un’infinita tenerezza nel ricordare quando la sua manina di bambino spariva in quella da uomo di Brennan. Ricordò le risa, le voci, le parole dette, gli abbracci, il modo di raccontargli la sua favola preferita. Il suo modo di interpretare Capitan Uncino, il pirata gentiluomo, gradasso e arrogante della sua versione preferita. Ricordò i ciondoli della collana da pirata che lui gli aveva regalato, pendere davanti ai suoi giovani occhi incantati … ancora la portava al collo, non l’aveva mai abbandonata, neppure quando pensava di odiare suo padre; era sempre stato il legame che li teneva uniti, pur lontani chilometri e anni …
 
Accarezzò quella mano ossuta lievemente, chiamandolo piano.
 
– Papà …
 
Brennan aprì gli occhi sbarrandoli. Aveva forse sognato quell’amata indistinguibile voce? Non era più la vocetta allegra e frizzante del suo adorato e vivacissimo bambino, ma era la voce dello stesso adorato figlio che non sperava più avrebbe udito.
 
– K - Killian?! Figlio mio! Sei qui?!
 
Con gli occhi umidi per l’emozione, Brennan cercò di sollevarsi e strapparsi la maschera per l’ossigeno. Killian lo bloccò rimettendogliela.
 
– Sono qui papà, si, sono io! Stai calmo! Respira con calma papà! Sono qui … non vado via tranquillo!
– Killian io ti devo chiedere perdono! Non posso andarmene da questo mondo se non sono in pace con te! Devo spiegarti tante cose figlio mio e il tempo che mi resta è poco!
– Non ha importanza ormai papà!
– Si che ha importanza! Non posso lasciarti con l’odio nei miei confronti! Ora sei un padre anche tu e devi sapere la verità e il perché ti ho abbandonato!
– La so la verità e non me ne importa più nulla! Non mi amavi abbastanza! Ma non ci fa niente! Io ti adoravo papà! Eri il mio eroe, il padre migliore del mondo! Ho studiato come un matto per accelerare il corso dei miei studi e venire da te a Boston, ma tu non mi volevi qui! Poi ho scoperto da solo il perché! Avevi un’altra famiglia, un figlio che mi aveva rimpiazzato. Lo hai chiamato William come mio fratello maggiore. Un modo per ricordarti di lui … ma non di me! Non sai come mi sono sentito tradito papà! Ti ho odiato, sono fuggito nella parata di San Patrizio e mi sono capitate cose che hanno cambiato per sempre la mia vita!
– Killian non è come pensi! Vero ho avuto un’altra famiglia! Me ne vergognavo perché il piccolo Willy era il frutto del tradimento nei confronti di tua madre. Era stata una scappatella che ho pagato cara. Amavo profondamente Nora, ma ho ceduto alla tentazione. Porterò nella tomba con me il rimorso della morte di mia moglie e la mia morte sarà l’espiazione dei miei peccati! Spero solo che esista veramente un aldilà per ritrovarla e chiederle perdono, dirle di quanto l’ho sempre amata e che mi dispiace tanto, veramente tanto! In accordo con Henry sono sparito dalla vita tua e di Liam. Henry e Janette vi avrebbero allevato meglio di me. Io volevo riprendervi con me, ma Henry insistette che era meglio che tu, in particolare, non sapessi. Temeva che ti influenzassi negativamente visto il forte legame che avevi con me! Eri un ragazzino intelligente, più intelligente della media e avresti fatto grandi cose. Henry sarebbe stato un mentore migliore di me e così è stato. Ma un ragazzo così scaltro non si può ingannare e non si può tenere fermo. Ti sei organizzato per fuggire e venire a Boston. Mi dispiace che tu abbia saputo la verità in quel modo! Liam già sapeva e frequentava Willy, si volevano bene …
- Mi avevi completamente dimenticato papà, per te erano importanti solo Liam e Willy, gli hai dato lo stesso nome!
– Ti sbagli Killian! Come avrei potuto dimenticare il mio adorato bambino! È stata la madre a voler dare quel nome a tuo fratello minore. Non lo avrei chiamato mai Killian e non lo avrei accettato se lei avesse insistito per farlo!
– Perché papà? Ero un altro peso sulla tua coscienza?
– Perché tu sei unico figlio mio, nessuno è come te e nessuno avrebbe mai potuto sostituirti nel mio cuore! Mi perdonino i tuoi fratelli e mi perdoni Dio! Ma tu sei il figlio che ho amato di più e come è successo per tua madre … ho fatto soffrire le persone che più amavo! Mi dispiace Killian … se non riuscirai a perdonarmi è comprensibile …
 
Killian aveva ascoltato le parole che suo padre aveva pronunciato con fatica e ogni traccia di rancore nel suo animo si ritrovò spazzata via. Pensò a se stesso, a quanto male aveva fatto anche lui alla persona che amava di più. Emma era lì fuori che lo aspettava, ancora fiduciosa in lui, nonostante tutto, e lo amava come tre anni prima, forse anche di più!
 
– Chi sono io per non perdonarti … Ho anche io le mie colpe papà! Proprio vero … “Chi non ne ha scagli la prima pietra … “
- Già! Non fare altri errori con Emma! Quello che le hai fatto, se pur a fin di bene, è stato disumano … amala e proteggila! L’amore vero non si trova facilmente figlio mio! Tu l’hai trovato, tienilo stretto. Amala, rispettala e aiutala a realizzare i suoi sogni, lei farà lo stesso con te!
– Le ho chiesto di sposarmi papà …
- Cosa ha risposto? 
- Mi ha reso l’uomo più felice del mondo … ha accettato e Ingrid mi ha dato la sua benedizione!
– Ingrid … anche lei una donna meravigliosa! Per i miei errori, oltre a tua madre, lei ha perso la sorella e il cognato … Nonostante tutto sia lei che Emma mi hanno aiutato tanto! Gli angeli esistono come vedi! E un altro angioletto so che ti aspetta nella Casa Famiglia dei Noland! Emma mi ha detto tutto!
– In verità sono due gli angioletti che mi aspettano lì. Guarda! Ho le loro foto sul cellulare!
 
Killian armeggiò con il suo modernissimo cellulare e aprì la galleria fotografica. Aveva scattato molte foto a suo figlio Henry Neal e ad Alice. Le mostrò a suo padre.
 
 – Killian! Il piccolo è il tuo ritratto di quando eri piccolo, solo il colore degli occhi è diverso!
– Si, sono un verde intenso!
– Sono simili a quelli di tua madre Nora, anche lei li aveva di quel verde, molto più scuro di quello della tua Emma!
– Lei è fuori con sua zia …
- Chiamala! Le voglio fare gli auguri per il vostro fidanzamento!
 
Nonostante le poche forze, Brennan riuscì a mantenersi vigile e a parlare, se pur con fatica, a quella che stava diventando sua nuora. Le voleva un gran bene e la stimava profondamente. Non avrebbe potuto desiderare una compagna di vita migliore per suo figlio. L’emozione in quella stanza d’ospedale fu molta e anche Capitan “Cuore di ghiaccio” non riuscì a nascondere gli occhi umidi quando lasciò suo padre alle attenzioni dei medici.
 
Ingrid invitò a pranzo Killian, un modo per festeggiare il fidanzamento e passarono tutti e tre delle ore gradevoli insieme. Più Killian parlava, durante il pranzo, e si faceva conoscere per il giovane brillante, amabile e simpatico che fosse, più Ingrid ne era conquistata. Ad un certo punto della conversazione lei chiese ai due innamorati:
 
- Come farete con vostro figlio ora?
– Non sarà facile mamma, ma pian piano accetterà la realtà …
- Andremo a trovare lui e Alice tra poco Ingrid.
– Vuoi che andiamo insieme? A Mary Margaret prenderà un colpo!
– Non credo Emma! David a quest’ora le avrà detto tutto su di te e su di me!
 
***
 
Mary Margaret li accolse con un sorriso raggiante. Emma si sentiva quasi in colpa nei suoi confronti, ma la donna era la serenità personificata. I due piccoli erano usciti con David e sarebbero tornati presto, Emma sospettò che in quell’uscita ci fosse lo zampino di Killian, per incontrare Mary da soli. La donna li fece accomodare, mentre le sue operatrici di turno si occupavano degli altri piccoli ospiti.
 
– Oh Emma! Sapevo che un giorno avrei conosciuto la vera madre di Henry Neal! Mai avrei sperato fossi tu! Sono così contenta!
 
Dal suo sorriso e dagli occhi sfavillanti, Emma si rese conto di quanto fosse sincera.
 
– Geoffrey! Anche tu! Ho sempre pensato che eri il tipo giusto per Emma! Ma non immaginavo che già vi eravate conosciuti! Vi rendete conto di che cosa meravigliosa?! Bisogna sempre avere speranza in questo mondo! Lo dico sempre! Speravo di farvi incontrare prima o poi ed eccovi qua! Preferisci che io ti chiami Killian? 
- Dovrò dire ai bambini che ho due nomi in effetti, ma Killian lo preferisco!
– Sapete? Parlando del tuo arrivo per il fine settimana con la tua nave, Alice ha detto a Neal che ha due mamme, una angelo e l’altra è Emma. Neal è venuto da me protestando! Mi ha detto che anche lui voleva due mamme e che tu Emma andavi benissimo anche per lui! Ho preso l’occasione al volo per dirgli che potevamo fare in modo di avere anche due papà. Gli ho chiesto chi avrebbe voluto come secondo papà oltre a David e lui non ha dubitato un attimo, dicendomi saltellando “Zio Geoffrey, Zio Geoffrey!”
– Sei stata brava Mary, ora bisognerà lavorare anche sul matrimonio tra me e Zio Geoffrey!
– I bambini verranno a vivere con noi Mary, ma staranno anche parecchio tempo con te e David. Il nostro lavoro ci porterà spesso via e avere voi due come vice mamma e vice papà sarà un bene per loro!
– Hai ragione Killian! Devo dire che nonostante tutto non sono così pronta a lasciare quei due tesori!
– Faremo le cose gradualmente, abbiamo tempo prima di sposarci, ancora non abbiamo deciso né la data né il luogo.
– Mio Dio Emma! Sono così eccitata! Ho in mente una serie di cose per il tuo matrimonio, penso che dovremmo …
 
Mary era un fiume in piena per le idee matrimoniali, Emma l’ascoltava sorridendo, mentre Killian non vedeva l’ora che tornasse David!
 
Dopo una mezzora di chiacchiere su come organizzare un sontuosissimo e vistosissimo matrimonio, con tanto di abito da sposa tipo supermeringa,  Killian ringraziò il cielo di veder spuntare l’utilitaria di David dalla staccionata bianca.
 
I due bambini, che saltarono fuori dallo sportello posteriore di sinistra, corsero verso casa.
 
– Mamma, mamma! Vero che ci sono Emma e zio Geoffrey?
 
Evidentemente David aveva detto di loro ai piccoli, poiché Henry Neal si era precipitato dentro chiedendo di loro. Emma ebbe così la conferma che Captain Hook avesse colpito ancora.
I due piccoli non avevano mai visto insieme Emma e Killian, ne furono a dir poco estasiati e si gettarono tra le loro braccia felici. In quei tre anni, grazie alla loro vicinanza, il legame che si era creato era saldo e profondo.
 
– Neal perché non racconti a Emma e a Geoffrey cosa stavamo dicendo l’altro giorno?
 
Mary aveva stuzzicato il piccolo per vedere se ancora ricordava gli intenti del discorso fatto precedentemente.  Il piccino, facendo tacere Alice, che stava per dire la sua, iniziò a parlare a raffica come suo solito, finendo il discorso sulla doppia mamma e il doppio papà con una richiesta.
 
– Voi siete d’accordo se vi scegliamo come secondo papà e seconda mamma?
– Io sono d’accordissimo! Io e Neal saremo amici e fratelli così!
 
Anche Alice si era pronunciata e la coppia non poté che dichiararsi felice di accettare. Poi Killian aggiunse.
 
– Ragazzi, vi rendete conto che se vi facciamo da genitori io ed Emma dovremmo sposarci?
– Avranno bisogno anche di un paggetto e una damina in quel caso! Già so come vestirvi bambini!
 
Mary colse l’occasione per tirare fuori altre idee organizzative, mentre Killian sollevava gli occhi al cielo e guardava supplichevole David di farla smettere. David ridacchiava contento, il pasticcio ora se lo stava risolvendo il suo “Mate”!
Da bravo avvocato però, David pensò alla questione “nomi”.
 
– Sai Neal! A volte oltre che doppi genitori si possono avere anche doppi nomi. Alice la chiamiamo pure Fiordaliso e ha addirittura due cognomi: Rodriguez Jones, mentre Geoffrey si chiama anche Killian …
- Killian? Mi sembra pure più carino di Geoffrey!
– Allora chiamiamolo Killian che ne dite?
I piccoli gridarono un “si” in coro e David continuò:
 
- Tu Neal ti chiami anche Henry lo sapevi?
– Veramente? Ho due nomi come papà Killian?
 
Era sorpreso e aveva sgranato i suoi occhioni verde oliva.
 
– Si Campione! Come me!
 
A Killian invece era mancato un battito a sentirsi chiamare “papà”, ma si sarebbe abituato facilmente, in fin dei conti Alice lo aveva chiamato così da subito!
Le chiacchiere finirono presto con la richiesta della merenda e i due bambini andarono a giocare. Era facile far passare le cose come un gioco a bambini di quell’età. L’accettazione era facilitata e Mary convenne con Emma che erano arrivati ad un ottimo punto. Trasferirsi con i veri genitori sarebbe stato un passaggio graduale, ma probabilmente più veloce di quanto immaginassero.
 
***
 
I giorni seguenti Emma portò con sé Killian alla galleria di Regina. Le aveva annunciato che presto si sarebbe sposata, ma l’amica credeva con Neal Cassidy.
La segretaria Jasmine rimase incantata dal fidanzato della Dottoressa Swan e disse ad Emma che avrebbe trovato la Dottoressa Mills nella sezione favole.
Quando la coppia si palesò in quella sezione, Regina rimase spiazzata. Non solo il fidanzato e prossimo sposo di Emma non era Neal Cassidy, le sembrava di averlo già visto da qualche parte!
 
– Mi scusi Killian … ma ci siamo già incontrati per caso?
– Regina … se guardi alle tue spalle capirai dove lo hai già visto! Killian è il figlio di Brennan e il ritratto di Captain Hook è stato dipinto pensando a lui!
 
Regina si era voltata velocemente, da Killian al quadro e dal quadro a Killian. Non portava la barba, rispetto al quadro, ma in effetti era proprio lui!
 
– Alla fine lo hai trovato il tuo Captain Hook!
 
Emma pensò che Regina non ne poteva avere idea sulla vera identità di Captain Hook, ma non era il caso di raccontarle del lavoro sotto copertura del suo fidanzato.
 
Nella settimana seguente, tra lavoro e uscite insieme, all’ospedale da Brennan e dai bambini in casa famiglia,   Emma e Killian andarono a trovare Lorna e Sebastian a casa del Maggiore. Lorna era uscita dall’ospedale ma ancora ne avrebbe avuto per almeno tutto il mese d’agosto prima di riprendersi per bene e tornare a lavoro. Sia lei che Sebastian furono molto felici di vederli e di sapere la lieta notizia.
 
– Seb mi devi fare un favore!
– Un favore non è un ordine Capitano! Te lo ricordi si?
– Certo Seb! Si tratta proprio di un favore e non di un ordine!
– Sentiamo!
 
Seb lo guardò con sospetto, chissà cosa gli doveva proporre il suo creativo Capitano!
I due uomini erano rimasti da soli a bere un drink mentre le loro donne erano in camera di Lorna a chiacchierare “Da donne”, come aveva detto Seb a Killian, quando li avevano lasci soli in salotto.
 
– Ecco … dovresti farmi da testimone di nozze! Non è un grosso favore dopo tutto!
– Sicuramente meno, rispetto al pedinare Emma e a farti rapporto su di lei più o meno tutti i giorni  per quasi tre anni!
– Quindi? Sarai mio testimone?
– Ad una condizione sola “Capo”!
 
Killian sollevò gli occhi al cielo, Seb quando ci si metteva era indisponente e insubordinato, ma era il suo agente migliore e il suo migliore amico.
 
– Quale di grazia?
– Che tu sia il mio al mio matrimonio con Lorna!
– Wow! Non ci posso credere! Lorna ti ha detto di si?!
– Che pensi che solo tu hai l’innamorata Kil? Ho dovuto lavorare sodo per conquistarla! È un osso duro il Maggiore!
– Appunto …
- Ci sposeremo civilmente la prima settimana di settembre, vedi di non mollarmi una trasferta per quel periodo e vedi di esserci!
 
Killian rise, Sebastian Jefferson era l’uomo più diretto che conosceva.
 
– Tranquillo mate! Sono qui in giro con la Jolly Roger. Per un po’ dovrò fare stanza dei bottoni itinerante!
– I narcos cinesi si sono riorganizzati lo so! La tua copertura regge?
– Per ora regge bene!
– A lei lo hai detto?
– Non le nascondo più nulla! Sarebbe inutile! Ormai ha i superpoteri la mia ragazza! Si accorge se dico una balla già con l’olfatto!
 
Mentre Seb e Killian ridevano della battuta di quest’ultimo. Emma e Lorna tornarono in salotto.
 
– Guarda Killian che cosa dolcissima!
– E quello che sarebbe?
 
Emma teneva tra le mani un mini abitino rosa. Sembrava un vestitino per una bambola.
 
– Lorna  sta preparando il corredino per la bambina e me lo ha mostrato! Non è un amore questo abitino?
 
Seb intanto si era avvicinato a Lorna e la teneva per la vita, lei aveva poggiato la testa nell’incavo del suo collo e guardava con sguardo materno verso Emma, così euforica, e Killian in disappunto.
 
– Lorna … Seb … sapete già che si tratti di una bambina?!
– Non è sicuro ma ci sono buone probabilità dall’ecografia, visto che non si notano sporgenze sospette. Lorna ne è convinta e a me l’idea non dispiace affatto.
– Seb è così contento che quel vestitino lo ha comprato lui a mia insaputa e me lo ha portato in un paco regalo.
– Oh Seb! Un pensiero delizioso sai?! Avete pensato anche al nome se sarà femmina?
 – L’idea di Seb è Grace …
- Se penso alla tua “grazia” Lorna, spero che nostra figlia ti somigli, quindi è un nome benaugurante …
 
Killian notò che Emma sembrasse avere gli occhi a cuore mente guardava la coppia e provò una punta di disagio, temendo di non essere abbastanza per lei rispetto a Sebastian per Lorna.
Rimasero ancora una mezzora a parlare di famiglia, figli, lavoro e poi Killian propose di lasciare i due futuri genitori alla loro privacy. Rimessisi in macchina, Emma notò presto come Killian fosse taciturno, quasi di cattivo umore e ciò le sembrò strano, visto che non era successo apparentemente nulla per cambiare così repentinamente il suo umore. Gli chiese cosa avesse e lui, con il muso, rispose un poco convinto “Nulla”.
Arrivati davanti alla villetta di Ingrid. Killian fermò l’auto e Emma riprese l’interrogatorio.
 
– A volte penso di non essere abbastanza per te Emma! Eri incantata a guardare e sentire Seb con Lorna! Io non so fare lo sdolcinato come Seb! Ti amo ma forse per te non è la modalità che preferisci, forse dovrei essere di più come Jefferson!
 
Quello era il problema? Killian ingelosito di cosa lei potesse pensare di lui rispetto a Sebastian Jefferson? Le spuntò un sorriso sulle labbra. A lei Killian andava benissimo così! Non glielo disse a parole ma preferì dirlo con i fatti.
Agile e veloce, Emma si sollevò dal suo sedile e si sposto, mettendosi a cavalcioni, sulle gambe di Killian, che rimase sorpreso non poco.
Gli si strofinò addosso, portandogli le mani alle guance e al collo. Sentì le pulsazioni furiose del suo cuore attraverso la giugulare, mentre sotto di lei sentì la reazione automatica del suo inguine. Gli accarezzò le guance e i capelli, scompigliandoli.
 
– Sei il “pirata” che fa per me Killian! Non ti voglio in nessun altro modo!
 
Gli imprigionò le labbra con le sue e poi iniziò a spingere la propria lingua tra di esse, cercando quella di Killian. Lui, sorridendo divertito, iniziò a ricambiare quell’assaporarsi vorace di Emma e non riuscì a resistere all’idea di infilare le mani sotto la sua maglietta.
Faceva caldo in quella prima settimana d’agosto, Emma aveva indosso una minigonna blu a pieghe e quella maglietta lenta, sotto la quale non aveva messo il reggiseno, odiando la costrizione dell’indumento con il caldo estivo.
Fu una piacevole sorpresa per Killian non trovare quella barriera, tra le sue mani e i morbidi e sodi seni di Emma. Se ne riempì i palmi, massaggiandoli sensualmente e sentendo indurire i piccoli capezzoli sotto di essi. Emma mugolò di piacere sulla sua bocca e si strofinò più decisa su di lui.
 
– Ho voglia di fare l’amore Killian!
– Anch’ io Love! Ma qui siamo per strada, meglio tornare al mio appartamento!
– No! Subito! Andiamo in casa …
- Tua zia …
- Starà da Anna tutto il giorno. Dai! Non resisto più!
 
Killian ridacchiò compiaciuto. Gli piaceva che lei lo desiderasse così lascivamente! Da quando Emma era più tranquilla per la chiarezza del loro rapporto, aveva perso tutti i freni inibitori con lui e egli non poteva che esserne felice. Gli piaceva accontentarla come e quando lei voleva. Le piaceva giocare con lui e lui non si tirava mai indietro.
Scesero dall’auto quasi di corsa. Lei aprì la porta di casa e lui, dietro, le mise le mani sui fianchi spingendola dentro impaziente. Mentre, dandole le spalle, richiudeva la porta, lei si era fatta scivolare lo slip lungo le snelle gambe abbronzate. Quando Killian si voltò verso di lei e capì che ormai non portava nulla sotto la minigonna, deglutì eccitato all’inverosimile. Lei fece uno sguardo innocente che lo stuzzicò ancor di più e fingendo di fuggire da lui lo condusse in salotto.
Il morbido divano in pelle bianca, che arredava quella stanza, fu la meta di entrambi. Killian la fece ricadere sul divano e liberando la sua erezione, quasi dolorante per la costrizione dei pantaloni, portandosi tra le sue  gambe aperte, la penetrò con gioia e sollievo reciproco.
Affondi, spinte e gemiti reciproci si ripeterono convulsamente. La maglietta di Emma era al di sopra dei suoi seni nudi, le braccia stese sulla sua testa, lungo il sedile del divano, mentre Killian cotinuava a muoversi ritmicamente fuori e dentro di lei, stringendole i seni, baciandoli e succhiandoli appassionatamente.
Dopo il primo selvaggio appagamento, decisero di trovare uno spazio più comodo al piano superiore, privandosi completamente delle barriere dei vestiti e godendo con più calma l’uno dell’altra. Sul letto di Emma  ripresero il loro amplesso, sperimentando posizioni ed esplorando nuovi lidi del piacere, senza risparmiarsi l’una all’altro.
Sapevano che quello era un assaggio della loro vita di coppia. Sapevano che avrebbero potuto avere quella parte della loro quotidianità, così sensuale e appagante.
 
– Emma tra un mese preciso si sposeranno Seb e Lorna …
 
Nella quiete dell’appagamento, Killian teneva distesa su di sé Emma. Sapeva che non si fosse addormentata, era solo in silenzio e lo accarezzava piano tra la peluria sul petto, giocherellando con i ciondoli della sua catena da pirata.
 
– Mmm … si …
- Ho bisogno di stabilire la data per le nostre nozze Love …
 
Lei si sollevò per guardarlo negli occhi, dai suoi a Killian sembrò sprizzassero scintille di gioia. Lei si rimise cavalcioni su di lui, puntando gli occhi nei suoi. Lui la guardò nella sua nudità, i capelli scompigliati che le ricadevano sul petto, la pelle candida, i seni arrossati dai suoi baci e dalle sue carezze, la pancia piatta e quel triangolino dorato alla sua base che lo mandava in visibilio.
 
– Sei bella da farmi impazzire Emma! Ho bisogno di te ogni giorno lo sai? Devi essere con me. Vorrei che celebrassimo le nozze in ottobre, per il tuo compleanno … che ne dici?
– Sarai il mio regalo di compleanno allora Jones?
 
Killian rise.
 
– Mi sembra di essere il tuo regalo ogni volta che lo desideri baby  e tu sei il mio! Il regalo più bello avuto dalla vita! Sono pazzo di te Emma Swan!
 
Lei si abbassò su di lui con il seno a sfiorargli  il petto, baciandolo dolcemente. Poi, mentre lui riprendeva ad accarezzarla sui glutei, stringendoli per spronarla a muoversi nuovamente sul suo inguine, riprese anche a parlare.
 
- La Jolly Roger è arrivata e possiamo andare in gita con i bambini. Verrà anche Mary Margaret ovviamente, ci darà una mano. Andremo in Irlanda, voglio farti vedere una chiesetta di campagna che mi piace tanto. Se piacerà anche a te potremmo sposarci lì, Padre Rian, il parroco, ne sarà felice. Mi conosce fin da bambino.
– Oh amore mio! È un’idea che mi piace tanto! Non voglio una cerimonia come quella in pompa magna che intende Mary Margaret! È proprio una così, intima e con le persone che amo che voglio!
– Lo immaginavo Love, ti leggo come un libro aperto!
– Henry e Alice saranno contenti di viaggiare sulla tua nave, prenderemo il sole mentre tu sicuramente lavorerai con Nick in plancia di comando!
– Ovvio che io continuerò anche il mio lavoro, ma saremo insieme!
– Credo di aver lasciato quei due costumi che mi hai regalato nella tua cabina Killian!
 
Lo sguardo di Emma era malizioso e quello di Killian diventò severo.
 
– Non penserai di indossarli Emma?!
– Me li hai comprati per indossarli no?
 
Lei ancora più maliziosa.
 
– Sono indecenti!
– Ma no?! Adesso sono indecenti? Quando l’ho detto io non lo erano!
– Eravamo soli ti ricordo! E io avevo l’esclusiva sulla visuale del tuo bel sederino!
– Potresti avere ancora l’esclusiva …
- Certo! Li indosserai solo nella nostra cabina e per permettermi di toglierteli!
 
Ridendo iniziò a farle il solletico rigirandola di spalle.
 
– A proposito …
- Oh! Ma che fai?!
– Ho l’esclusiva no? Adoro il tuo lato B come tutto di te! Si merita un po’ di coccole!
 
 
***
Prima settimana di settembre 2012, un giovedì pomeriggio.
 
Lorna era a braccetto di Killian. Salivano insieme le scale del municipio di Boston. Indossava un elegantissimo tailleur bianco di lucido lino in misto seta. Teneva nella mano destra un mazzolino di piccoli fiori rosa e boccioli profumati. I capelli castani erano sciolti, pettinati in stile anni ‘50, fermati sulla tempia sinistra da un fermaglio con un fiore di perle. Nella sua semplicità era raggiante e la giacca morbida non le faceva nessun difetto sulla rotondità della pancia appena sporgente. Non portava gioielli se non l’anello con brillante, al dito, pegno d’amore del suo futuro marito.
 
Sebastian Jefferson li attendeva nervoso nella stanza del Sindaco, allestita con delle bellissime composizioni di fiori bianchi. Emma era al suo fianco e cercava di farlo calmare. Ciò che riuscì a farlo calmare, facendolo quasi paralizzare sul posto, fu l’arrivo di Lorna. Seb era a bocca aperta. Non l’aveva ancora vista con l’abito bianco e pur non essendo in un abito classico da sposa, era una visione raggiante e delicata.
Killian sollevò un sopracciglio, ghignando furbamente verso l’amico, mentre gli cedeva la mano della sposa. Questi la prese e la portò lentamente alle labbra, per un sensuale galante bacio, senza togliere lo sguardo dal bel viso della sua donna. Si voltarono insieme verso il primo cittadino, mentre Emma e Killian, loro testimoni, si avvicinarono l’uno all’altra.
Erano presenti anche Olden, Graham con Ruby, che piangeva commossa e il Comandante Shatneer con la sua Signora, anche lei particolarmente sensibile ai matrimoni.
Fu una cerimonia legale che non durò molto. Alla fine, tra gli auguri e le congratulazioni di tutti i presenti, i neosposi offrirono un aperitivo nella saletta adiacente all’ufficio del Sindaco. Finito uscirono tutti dal municipio e gli sposi si misero nella loro auto, partendo per una meta sconosciuta agli altri. Non sarebbero stati fuori oltre i tre giorni, Lorna ancora doveva sottoporsi alla dialisi, anche se con minor frequenza. In marzo sarebbe nata la loro bambina e con buone probabilità, secondo quanto i medici pronosticavano, se tutto fosse andato bene, avrebbe smesso la dialisi gradualmente.
***
 
25 Ottobre 2012. Colline di Howth, contea di Dublino.
 
La piccola chiesetta bianca appariva luminosa, tra l’erica ondeggiante alla brezza marina. Sulla soglia dell’unica porta, un rubicondo sacerdote cattolico, dai radi capelli ancora evidentemente rossi, nonostante l’avanzare dell’età, aspettava con al suo fianco Killian Jones e il suo testimone, Sebastian Jefferson.
L’Audi di Killian, guidata da Jamie Graham, arrivò con Emma a bordo. Lo sportello posteriore si aprì e ne scese un uomo elegantemente vestito che si portò al lato di Emma aprendole lo sportello e porgendole la mano.
 
– Grazie August! 
- È un piacere anatroccolo!
 
All’ Agente e istruttore della F.B.I. considerato da Emma come un fratello maggiore, ella aveva chiesto di accompagnarla all’altare dal suo futuro sposo e fu quindi lui a condurla in braccetto fino all’ingresso della chiesetta, dove Killian, trepidante, accolse la delicata mano di Emma nella sua. Le due damigelle di Emma, Regina e Mary Margaret, le sorridevano con lo sguardo commosso. Finalmente Emma stava coronando il suo sogno d’amore con l’uomo della sua vita, il suo Capitan Uncino!
 
Emma indossava un lungo abito bianco, molto semplice in verità, con le spalle scoperte e le lunghe maniche leggermente arricciate alla sommità dei deltoidi. Si ristringeva in vita e si riapriva sui fianchi. Solo una coroncina di fiori bianchi adornava i suoi capelli, lasciati sciolti sulla schiena, morbidi, in onde che Killian definiva “d’oro lucente”. Lui indossava un completo nero, elegante, con camicia bianca e papillon nero. Portava i capelli leggermente più lunghi del solito, pettinati in modo da renderlo ancora più affascinante. Aveva fatto ricrescere appena baffi e barba, e gli donavano particolarmente. I suoi occhi azzurri brillavano alla luce del sole ottobrino. Era una splendida giornata, nonostante la fresca brezza.
 
– Sei bellissima Swan!
– Anche tu amore mio!
 
Erano una coppia notevole, assortiti così bene che nessuno avrebbe dubitato che fossero fatti l’una per l’altro.
Padre Rian li accolse benedicendoli e fece strada verso l’altare.
Nonostante le ridotte dimensioni della chiesa, gli invitati erano tutti ai loro posti. Con emozione Emma vide le sue cugine e i loro compagni di vita, Cris marito di Anna e Liam, suo cognato e compagno di Elsa. Mulan era vicina al fidanzato August, Graham con Ruby erano nello stesso banco di Olden e del Comandante Shatneer. Sebastian era solo, Lorna non aveva potuto affrontare il viaggio, sconsigliata dai medici. Ai primi due banchi erano presenti gli affezionati zii di Killian, Henry e Janette, la quale si stava asciugando una lacrima con il fazzolettino ricamato.
Splendida nel suo abito con soprabito e cappellino, di un intenso azzurro, Ingrid guardava amorevolmente sopraggiungere i due giovani, al suo fianco, costretto su una sedia a rotelle, con una maschera per l’ossigeno, c’era Brennan. L’uomo sollevò una mano per salutare suo figlio e sua nuora, come in una benedizione.
Killian ancora non riusciva a credere che suo padre fosse arrivato a quel giorno. I medici stessi parlavano di una specie di miracolo.
Nonostante le cattive condizioni di Brennan, la malattia si era arrestata. Dal ritorno di Killian e dal suo perdono, era come se l’anziano avesse ritrovato il desiderio di vivere.  Era stato dimesso da un paio di settimane dall’ospedale e viveva a casa di Ingrid, accudito da lei con solerzia. In quelle due settimane aveva potuto ricevere più volte la visita del piccolo Henry e di Alice, portati alla villetta da Emma e, quando poteva, da Killian. Nessuno si illudeva  sul recesso della malattia, sia Killian che Emma sapevano che presto sarebbe arrivato il momento di dire addio a Brennan, ma per il momento volevano farlo vivere il più possibile sereno e felice, amato dai suoi cari, godendo della presenza dei suoi nipotini.
 
Mentre il sacerdote iniziava il suo discorso, Emma guardò verso l’altare e il tabernacolo antico. Ricordava il momento in cui con Killian erano saliti fin là su per vedere la chiesa che lui le aveva descritto. Era stato durante la gita fatta con la Jolly Roger, Alice ed Henry avevano fatto la corsa a chi arrivava prima alla porta del bianco edificio. Emma era rimasta affascinata dal posto, dall’erica alta, dall’orizzonte marino e quando, mano nella mano con Killian, era entrata, aveva deciso che quello era il posto giusto per celebrare le loro nozze.
 
Ora la sua mano era nuovamente tra quelle di Killian e stava rispondendo al sacerdote, alle sue domande tipiche del rito cattolico. Erano giunti allo scambio degli anelli e si sentì dietro di loro Mary Margaret che con David spronavano i due piccoli di casa a portare il cuscinetto con le fedi nuziali. Emma e Killian si voltarono verso i loro due figlioletti. Alice portava un vestitino pomposo, bianco, tutto trine, in stile “Matrimonio alla Mary Margaret”, come lo aveva definito Killian, mentre Henry indossava un completino in velluto verde scuro e incedeva come un ometto in miniatura, suscitando i sorrisi inteneriti dei due sposi.
 
Lo scambio degli anelli si accompagnò alla formula di rito, ognuno dei due dichiarò il proprio amore all’altro, con la promessa di mantenerlo nel bene e nel male, nella buona e cattiva sorte, in salute e malattia, in ricchezza e povertà, onorandosi e rispettandosi ogni giorno della loro vita. Erano promesse che Killian stava sentendo profondamente nel cuore, forse anche più di Emma, poiché sapeva di averle fatto tanto  male da  meritare ora tutto il bene che lui poteva offrirle incondizionatamente.
Finito di dire la formula matrimoniale, Killian le disse con voce che poté udire solo lei:
 
- Il mio cuore era già tuo da tempo Emma, ora lo è anche davanti a Dio! Ti amo con tutto me stesso!
 
Lei non poté ribadire nulla, poiché Padre Rian riprese la parola.
 
– Lo sposo ora può baciare la sposa!
 
Tra gli applausi dei presenti, il loro bacio fu lungo e passionale, tanto che finì l’applauso e Padre Rian, ridendo, dovette richiamarli.
 
– Figlioli potete continuare anche dopo, il vostro matrimonio durerà parecchio, non finisce ora!
 
Rossa in viso, Emma si sciolse dall’abbraccio di Killian, che rise alle battutine seguenti del suo vecchio amico sacerdote. In fin dei conti Padre Rian aveva ragione, li aspettava una lunga luna di miele ai Caraibi con la Jolly Roger, ma questa volta non avrebbero portato ospiti a bordo e Alice con Henry sarebbero rimasti con Mary e David.
 
*** *** ***
 
7 anni dopo. 10 Agosto 2019 Dundalk, Irlanda. Casa al mare della famiglia Jones-O’Danag
 
Emma aveva da poco fatto un tuffo in piscina, ancora era con il bichini e un camiciotto floreale aperto sul davanti. Guardava dal finestrone sul mare  la Jolly Roger ormeggiata nella baia. Suo marito era appena tornato, le aveva dato un frettoloso bacio e ora stava facendo una doccia. Erano passati sette anni dal bellissimo giorno del loro matrimonio ed erano successe tante cose da allora.
Sebastian e Lorna avevano avuto la loro stupenda Grace, castana come sua madre e con gli occhi chiari del padre. Regina aveva comperato un’altra galleria per ampliare quella che già aveva, si era sposata con Daniel e questi era diventato ormai socio effettivo dello studio di David Noland. Sua cugina Anna e Cris avevano avuto due gemellini biondi, ora avevano quattro anni. Brennan purtroppo era  venuto a mancare un anno dopo il matrimonio, ma aveva avuto la gioia di poter assistere anche a quello di Liam e Elsa, un paio di mesi dopo quello del secondogenito. In quel periodo sua cugina e suo cognato erano nuovamente in missione con il Nautilus, ma erano felici della loro vita. Ingrid stava frequentando un coetaneo, un bell’uomo alto e simpatico, faceva il veterinario e le aveva regalato un piccolo yorkshire. Quando Emma l’aveva lasciata a Boston, pochi giorni prima, avrebbe giurato che sua zia si fosse finalmente innamorata di nuovo. Chissà? La Regina delle Nevi forse si stava sciogliendo alla galanteria e all’affetto del Dottor Alex Smith?
Gimmy Olden aveva finalmente dimenticato Paula Santa Cruz, in prigione in un carcere di massima sicurezza, e stava frequentando di nascosto la bella figlia del Comandante Shatneer. Emma era preoccupata per lui, Shatneer era conosciuto per essere molto attaccato e geloso della propria figlia e lei temeva  qualche rimostranza o cambio di mansione verso il suo collega, da parte del Comandante. Graham e Ruby avevano litigato tre mesi prima. Lei aveva fatto domanda per entrare in polizia e Jamie non voleva assolutamente, bastava lui nell’F.B.I.! Ruby si era arrabbiata come solo lei sapeva fare e lo aveva mollato. Emma sapeva che la cosa non sarebbe durata, conoscendo quanto erano attratti quei due! Aveva avuto ragione in fine! Dopo un mese e mezzo di astinenza, Jamie le aveva confessato di non poter stare oltre senza Ruby. Era tornato dalla sua “Lupacchiotta” chiedendole perdono e questa lo aveva perdonato concedendogli una delle notti più passionali che, da quanto le aveva raccontato Graham, ricordasse. Sicuramente era stata una nottata molto passionale e soprattutto senza preservativi. Ruby era incinta di cinque settimane ora, arruolarsi in polizia era sfumato, si lamentava delle nausee e tormentava Jamie nella notte con la voglia dei cibi più insensati. Mulan e August continuavano felicemente a lavorare e a vivere insieme, conciliando le trasferte improvvise di Mulan  quando Captain Hook la chiamava. L’agente Manuel Parrilla aveva riportato una percentuale d’invalidità, non poteva più partecipare ad operazioni rischiose, i suoi movimenti erano rallentati, ma lavorava ancora efficientemente nella stanza dei bottoni di Captain Hook.
 
– Emma?
 
Killian l’aveva chiamata appena uscito dalla doccia. Si stava asciugando i capelli con un asciugamano, mentre un altro era avvolto intorno ai suoi fianchi. Buttò l’asciugamano bagnato su una sedia, con il caldo d’agosto i suoi capelli corti si sarebbero asciugati in fretta.
 
– Si amore?
– Come sarebbe questa storia di Alice? Dove l’hai accompagnata?
– Te l’ho già detto tesoro! A casa da quel suo compagno di scuola, Robin!
– Robin … Il figlio dei Sutterland?
– Si amore! Proprio lui!
– Non mi piace quel ragazzo! Le sta troppo con il fiato sul collo! Che doveva fare a casa sua? La scuola è finita, non hanno da studiare!
– Festa di compleanno di Robin! Non ricordi? E poi Killian! A te non piace nessuno dei compagni di scuola di Alice! Sono tutti bravi ragazzini di dodici anni come lei!
– Appunto! Stanno crescendo e pure lei sta crescendo! Pensi che non mi accorgo di come la guardano?
– Sei un padre geloso Killian! Strano che ancora non le hai messo qualcuno dei tuoi  agenti alle calcagna … No?! Killian non mi dire?! Stai facendo controllare Alice?!!
 
Killian si passò la mano dalla testa all’orecchio. Emma aveva scoperto il suo piccolo segreto.
 
– Santo cielo Killian! Non esagerare!
– Con i tempi che corrono meglio tenere le ragazze fuori dalla portata dei malintenzionati!
 
Emma gli si era accostata osservandone ammirata il torace ancora atletico e snello.
 
– Mmm! Parli proprio tu? Non ti voglio ricordare il nostro passato ma …
- Ok! Ok! Ritirerò uno degli agenti …
- Uno?! Quanti ne hai messi di controllo due?
– Veramente tre!
– Nostra figlia ha più guardie del corpo della Regina Elisabetta tra un po’?!
– Va bene! Cercherò di darle più fiducia!
– Quando lo vedrò ci crederò amore!
 
Killian non aveva completamente torto con la sicurezza per la sua famiglia, ancora svolgeva un lavoro sotto copertura.
Sorridendo, intanto,  Emma gli si era avvicinata cingendogli il collo con le braccia nude. Lui la strinse a sé baciandola.
 
– Mmm! Sai di buono Emma! Henry ti ha chiamata oggi?
– Si, mi ha chiamata un’oretta fa! Sta bene! Lo sai quanto gli piace il campeggio con David e Mary Margaret!
 
Uno scalpiccio di piedini piccoli si sentì arrivare dalla stanza dei giochi.
 
– Papà!
– Eccola la mia ragazza!
 
Una frugoletta di diciotto mesi, con un vistoso pannolino e una magliettina rosa, corse tra le braccia di Killian.
 
– Ciao Hope! Tu sei veramente la mia speranza piccola! Lo sai? Spero che non diventi una smorfiosetta come tua sorella! Vuoi giocare con il computer con me?
 
La piccolina annuì a suo padre, ma iniziò a toccarsi i boccoli castano chiaro, mentre i suoi occhioni, azzurri come quelli di Killian, dimostravano che fosse pronta a fare un pisolino più che a giocare.
 
– Credo sia stanca Killian! Ha giocato fino ad ora con i suoi giocattoli, abbiamo fatto anche una bella nuotata e la merenda, credo proprio abbia bisogno di dormire!
– Bene! Allora papà ti canta una canzone e ti mette nel lettino!
 
Coccolando sua figlia, Killian si allontanò verso la stanza che usavano per la piccina. Emma lo sentì canticchiare con la sua bella voce calda e intonata, una ninna nanna in gaelico. Poi tutto tacque, Hope si era addormentata.
Killian tornò da lei in punta di piedi e parlò a bassa voce.
 
– Dorme! Dove eravamo rimasti?
 
Le cinse la vita con le mani. Nonostante la seconda gravidanza e il parto, Emma era ritornata in splendida forma, il bichini, sotto il camiciotto floreale, lo dimostrava ampiamente.
 
– Mi stavi dicendo che ho un buon sapore se non ricordo male …
 - Oh si Swan! Hai un sapore fantastico!
 
Non sembravano trascorsi sette anni dalle nozze. Tra loro sembrava sempre la prima volta e ogni volta vivevano con più intensità e passione i loro momenti.
 
– Killian questa sera siamo invitati da zia Janette e zio Henry ti ricordi?
– Mmm … si Love!
– Dobbiamo stare lì per le 20,00 e prima dobbiamo riprendere Alice per le 19,00!
– Non voglio pensarci ora Love! Abbiamo almeno tre ore tutte per noi, senza figli in giro per casa, la piccola dorme! Un marito avrà pur diritto di fare l’amore con sua moglie e il dovere di farla godere come si deve no?
 
Emma rise sommessamente, doveva ammettere che non ci riuscivano quanto avrebbero voluto, specie dalla nascita di Hope, e approfittavano di ogni momento di tranquillità.
Con un movimento deciso, Emma tolse l’asciugamano dai fianchi di Killian, costatando che fosse veramente intenzionato a portare avanti quel discorso! Lui le tolse il camiciotto e baciandola ancora la fece camminare a ritroso fino al loro letto. Il bichini di Emma fu slacciato velocemente e le loro mani navigarono le une sul corpo dell’altro, esplorando recessi nascosti ma non più proibiti. Lui si tuffo con le labbra tra i suoi seni e lei ridendo gli accarezzò la testa baciandone la sommità. La passione li avvolse e li portò a completarsi a vicenda, amandosi lentamente, dolcemente come loro preferivano.
Appagati più volte in quelle tre ore d’amore, si ritrovarono abbracciati e felici.
 
– Sono così felice Killian! A volte penso di non meritarmi tanta felicità e temo di poterla perdere da un momento all’altro. Non vorrei mai rivivere quello che ho provato perdendoti!
– Non sappiamo cosa il destino ci riserverà domani Emma! Ma io non voglio perdermi di sicuro!
 
Killian sdrammatizzò il momento con una delle sue battute e diede un bacio a stampo sulla fronte di Emma. Lei si risollevò guardandolo e riposizionandosi cavalcioni su di lui.
 
– Vero! Nessuno può conoscere cosa riserva il futuro, ma io una cosa la so con sicurezza!
– Quale Swan?
– Qualsiasi cosa possa capitare, io ti ritroverò sempre!
 
Buon Lieto inizio Emma e Killian!
 
 
Angolo dell’autrice
 
Salve a tutti amici di penna e di lettura. A tre anni dall’inizio di questa storia, siamo arrivati all’epilogo. Spero che vi abbia lasciato belle sensazioni e un senso di pace. A me da anche un po’ di nostalgia, lo confesso. Ci si affeziona ai propri personaggi, ma ho da continuare Again e con me li ritroverete anche voi se vorrete continuare a seguirmi.
Ora qualche curiosità sulla nascita e l’evoluzione di questa narrazione. Sono stata ispirata da un caso che ho seguito per lavoro, una giovane caduta nel tranello delle pastiglie colorate, ma non fortunata come Emma. Lei non ha trovato un Killian ma un delinquente vero che l’ha plagiata al punto da portarla a prostituirsi per lui, facendole perdere ciò che aveva di più prezioso al mondo. Il titolo della storia riprende dal film “La donna che visse due volte” Kim Novak e James Stewart i nomi dei due attori protagonisti, ma io li ho attribuiti al maschile. Lo stesso sono tratte dal film l’idea del ritratto nel museo e le vertigini della protagonista, anche se nel film i ruoli sono invertiti. La trama della mia storia è per il resto del tutto originale e non ha a che fare con quella del film. I personaggi sono principalmente quelli di OUAT, Jefferson, Ingrid, Anna, Elsa, Regina, Daniel, David e Mary Margaret, Graham, Brennan, Milah Gold, Mister Gold, Belle, Mulan, August. La splendida Lorna, ha molto di me (professionalmente e per la passione per i gatti non fisicamente ovviamente) ha il volto dell’attrice Mariska Hargitay. Per gli altri apparsi, egualmente, hanno il volto di attori conosciuti, già indicati nei capitoli, Roger Moore per zio Henry, Penelope Cruz per Paula Santa Cruz, Anthony Quinn per Antonio Santa Cruz, William Shatner per il Comandante Shatneer.
Tre anni sono lunghi e voglio ringraziare di cuore chi ha seguito appassionatamente questa storia. In particolare chi ha recensito con costanza, ma anche chi ha lasciato commenti sporadici. Arya, Smemorina, Sweet Paperella, Giordina, Rughina, goka74, K Gio, Ma AiLing, spongansss, Stella36, Krystal86, nowforruin,  Mr_Mrs_Mellark, KarenHumbert, Witch_Fairy, jessy black93, Alakea1393 … Spero di non aver dimenticato nessuno. Grazie a chi mi ha considerato tra i suoi autori preferiti, a chi ha categorizzato nelle varie sezioni e a chi ha letto in silenzio, senza comparire ma rendendo preziosa la sua presenza. Spero di ritrovarvi tutti nel seguito di Again for love, Only for love.
Un grazie ancora a tutti! Per ora buone vacanze e buona lettura a chi sta cominciando.
Vostra Lady Lara

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