La rinascita della Fenice - Parte 2

di Yugi95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I - Rimarginare le ferite ***
Capitolo 2: *** Capitolo II – L’ispirazione del Sirenix ***
Capitolo 3: *** Capitolo III – Il momento della verità ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV – Il segreto di Avalon ***



Capitolo 1
*** Capitolo I - Rimarginare le ferite ***


Capitolo I – Rimarginare le ferite
 
Dall’attacco ad Alfea e dal recupero del Medaglione erano passate due settimane. La scuola per fate, ormai ridotta ad un cumolo di macerie, era stata chiusa a tempo indeterminato e sarebbe stata riaperta soltanto una volta che i lunghissimi e complicati lavori di ricostruzione sarebbero stati ultimati. Lavori che, a dire dell’Ispettrice Griselda diventata Preside ad interim, si sarebbero protratti oltre la conclusione del normale anno scolastico. Di conseguenza le studentesse di Alfea, al fine di non compromettere il loro percorso di studi, erano state invitate a trasferirsi nella scuola di Fonterossa. La fortezza volante degli Specialisti, nonostante fosse un istituto prettamente maschile, a differenza di Torrenuvola e degli altri istituti scolastici della Dimensione Magica, era l’unica ad avere la capacità organizzativa e le strutture necessarie per poter ospitare quasi seicento persone. Tuttavia Codatorta, abbastanza consapevole dei “rischi” che si sarebbero corsi ponendo a stretto contatto i ragazzi della sua scuola con le ragazze di Alfea, aveva assegnato a quest’ultime un’intera ala di Fonterossa. Il professore era certo che tenendo i suoi allievi separati dalle fate avrebbe evitato e scoraggiato lo svilupparsi di relazioni interpersonali che andassero ben oltre l’amicizia. Ciononostante, però, nel corso di quei primi quindici giorni di convivenza diversi professori avevano colto in flagrante sia ragazze che ragazzi appartati nello loro stanze. Come se non bastasse il Professor Avalon, poiché non ancora pratico della scuola per Specialisti, era incappato nella camera della sua collega: la professoressa DuFour, la quale si trovava in atteggiamenti abbastanza intimi con uno degli ammaestratori di draghi di Fonterossa. Stando alle voci di corridoio l’insegnate di Percezione Cognitiva, essendo diventato paonazzo per il grandissimo imbarazzo, si sarebbe gettato fuori dalla finestra lanciandosi nel vuoto e spiegando le sue grandi ali dorate sarebbe volato via. Codatorta, invece, venuto a conoscenza della cosa e ormai stufo delle continue violazioni al regolamento, quella stessa notte aveva iniziato a pattugliare i corridoi della sua scuola brandendo una pesante mazza ferrata affiancato il giorno seguente dall’Ispettrice Griselda. Tuttavia, se da un lato la “non-tanto-momentanea” presenza delle studentesse di Alfea aveva creato parecchi grattacapi ai due, l’attacco degli Stregoni del Cerchio Nero non era stato di certo da meno. Le autorità di Magix, infatti, non appena erano venute a conoscenza dell’attentato ai danni della scuola per fate, avevano predisposto l’intervento dei Templari di Roccaluce; questi, poiché già allertati da un S.O.S. di Fonterossa come aveva richiesto la Preside Griffin, si erano subito “attivati” e avevano iniziato a dare la caccia ad Ogron, Gantlos e Anagan. Tuttavia l’aiuto di Rowarir e dei suoi uomini aveva comportato la totale esclusione delle tre scuole dalle indagini e l’istituzione di una commissione d’inchiesta volta a far luce sulle responsabilità di Faragonda ed Eldora nella vicenda. La Grande Assemblea di Magix, infatti, voleva sapere dalle due per quale motivo il Legendarium si trovasse ad Alfea e se fossero stati sottratti altri manufatti. Di conseguenza era stata convocata una sorta di udienza durante la quale entrambe avrebbero esposto la loro versione dei fatti ai membri dell’assemblea e ai delegati dei regni della Dimensione Magica. La data di tale audizione, però, era ancora da definirsi a causa delle gravissime condizioni in cui versava la Preside di Alfea. Faragonda, infatti, a seguito del colpo infertole involontariamente da Nex, era “caduta” in una sorta di profondo coma. Ofelia e i medici di Fonterossa, per quanto avessero cercato di curarne le ferite, non erano riusciti ad evitare quella complicanza: la donna avrebbe dovuto trovare da sola la forza per risvegliarsi. Di conseguenza dal giorno dell’attacco la Preside giaceva in un comodo letto dell’infermeria di Fonterossa, vegliata dai suoi colleghi e dalle sue amate studentesse. In particolare Elizabeth, poiché si sentiva in qualche modo responsabile di quanto le fosse accaduto, si era praticamente trasferita nel piccolo ambulatorio della scuola. Max, preoccupato per la salute fisica e psichica della sua fidanzata, le aveva chiesto più e più volte di concedersi almeno dieci minuti di pausa, ma la fata degli elementi era stata irremovibile. Neanche Stella e Tecna, nonostante gli accorati appelli, erano state in grado di farle cambiare idea. La stessa Ofelia, sebbene non avesse mai sopportato che il suo “ambiente di lavoro” fosse sovraffollato, le aveva procurato una piccola lettiga sulla quale potesse riposarsi. D’altronde Elizabeth non era stata l’unica ad essersi trasferita nell’infermeria: anche Eldora, Stella e Helia avevano fatto altrettanto. La prima non aveva voluto lasciare da sola la sua adorata Selina, la quale, nonostante avesse riportato seri danni al ventre e alle braccia, era fin da subito ritornata cosciente e aveva richiesto la compagnia della fata madrina. I secondi, seppur per un breve periodo, avevano tenuto rispettivamente compagnia a Brandon, Saladin e Flora. Quest’ultimi insieme a Roxy, però, poiché avevano subito ferite alquanto lievi, si erano rimessi in forze in un paio di giorni. Anche Musa, sebbene avesse trascorso quelle ultime settimane tra l’incoscienza e violente crisi di panico, aveva iniziato a dare segni di recupero. Secondo lo staff medico della scuola per Specialisti, entro la fine di gennaio la fata della musica si sarebbe dovuta ristabilire completamente. Le altre Winx e il resto degli Specialisti, nonostante fossero in grande apprensione per Faragonda, furono estremamente sollevati nel sapere che i loro amici stessero rapidamente recuperando le forze… tutti ad eccezione di uno: Brendon. Il ragazzo, infatti, trasferito anche lui all’interno dell’infermeria di Fonterossa, era quello che destava maggiori preoccupazioni. Presentava un “quadro clinico” a dir poco surreale: il suo cuore non batteva, i suoi polmoni non inspiravano o espiravano aria e la sua attività cerebrale era piatta; ciononostante il suo corpo rispondeva agli stimoli esterni. I medici di Fonterossa erano rimasti alquanto sorpresi da quella situazione e non erano riusciti a trovare una spiegazione. La stessa Ofelia, per quanto si fosse impegnata a cercare una possibile cura, non era stata in grado di far nulla… non era stata in grado di aiutarlo. Non sapeva entro quanto tempo il ragazzo dai capelli neri avrebbe ripreso conoscenza o se ne sarebbe mai stato capace. Neanche Max e Elizabeth, nonostante non fosse la prima volta che assistevano alla “trasformazione” del loro amico, sapevano cosa fare: Brendon non era mai stato incosciente per così tanto tempo. Ai due, quindi, non restava altro che vegliarlo e sperare in un futuro miglioramento della situazione. Anche Bloom, facendo molta attenzione a non farsi vedere e/o riconoscere da nessuno, aveva saltuariamente visitato il ragazzo in quei giorni. Dopo la prima notte trascorsa a Fonterossa, la rossa aveva preferito evitare tutti i suoi amici poiché non se la sentiva di affrontarli… non riusciva a sopportare i loro sguardi. La Principessa di Domino, sebbene sua sorella avesse inutilmente cercato di convincerla del contrario, si sentiva l’unica responsabile per quanto fosse accaduto nella Sala del Flusso Interrotto. Era come se tutte le cose brutte, avvenute in quel tragico giorno, fossero dipese esclusivamente da una sua mancanza. Per questo e altri motivi, che lei stessa non era in grado di comprendere appieno, la ragazza si era isolata da tutto il resto preferendo chiudersi all’interno dei propri pensieri, rimpianti e preoccupazioni. Preoccupazioni alimentate dalla sconcertante scoperta dell’identità dell’attuale Custode della Fiamma della Fenice. A dispetto di quanto fosse stato profetizzato da Arcadia, questi non era un abitante dell’altra metà di Cassiopea, ma un cittadino di Magix: il Principe Sky. La sorpresa per una tale rivelazione era stata a dir poco immensa, lo stesso futuro sovrano di Eraklyon aveva stentato a crederci finché, a seguito di innumerevoli prove ed esperimenti da parte di Tecna e Timmy, non gli era stato chiaro che fosse lui il legittimo proprietario della reliquia. Di conseguenza, sebbene non avesse mai potuto immaginare una cosa del genere, il ragazzo si era fatto carico della responsabilità di salvare la Dimensione Magica dalla distruzione totale, donandole una parte della Fiamma della Fenice. Tuttavia, non essendo mai stato consapevole di queste sue capacità magiche, era stato quasi costretto ad accettare l’aiuto della Griffin. La Preside di Torrenuvola, infatti, era la massima esperta di magia negativa, energia la cui essenza era custodita inconsapevolmente dal Principe di Eraklyon, e conseguentemente la sola a potergli garantire degli insegnamenti specifici volti a sviluppare le sue abilità da stregone. Per questo motivo seppur contro voglia, il ragazzo si era momentaneamente trasferito nella scuola della donna e aveva intrapreso un lungo percorso formativo finalizzato allo sviluppo dei propri poteri. L’addestramento della Griffin, però, si era rivelato fin da subito estremamente difficoltoso. Sky, infatti, non era soltanto costretto a sottoporsi ad estenuanti sessioni “pratiche” volte a massimizzare la forza e la portata dei suoi incantesimi, ma anche a lunghissimi periodi d’intensa meditazione al fine di “risvegliare” il suo io magico. Tuttavia, nonostante il grande impegno messo in campo dal giovane principe, i risultati tardavano ad arrivare.
«Concentrati Sky: lascia fluire l’energia» sibilò la Griffin con fare ermetico.
«Ci sto provando, ci sto provando» mugugnò il ragazzo, tendendo le sue braccia in avanti e aprendo più che poté i palmi delle mani.
«Riesco a percepire la tua magia, ma è debole… troppo debole. Devi rafforzarla!» replicò, decisa, la Preside di Torrenuvola seduta con le gambe incrociate dinanzi a lui.
Il Principe di Eraklyon, allora, serrò le palpebre e, lanciando un acuto grido di sofferenza, creò una piccola sfera azzurrina dai marcati contorni neri che svanì quasi immediatamente. Subito dopo il leader degli Specialisti ansimò:
«Ecco… ci… ci sono riuscito».
«Mi dispiace, ma non è abbastanza…» esclamò la donna con disappunto.
«Per il momento questo è il massimo che posso fare: si accontenti!» sentenziò, acido, Sky incrociando le braccia.
La Griffin, per niente meravigliata dalla presa di posizione del ragazzo, cercò di mostrarsi comprensiva e con voce dolce gli disse:
«Ascoltami Sky, io non voglio farti pressione… non voglio forzarti oltre il tuo limite. Posso solo immaginare quanto sia difficile per te… quanto sia doloroso e frustrante dover ricominciare da capo. Tu sei un eccellente Specialista, un’ottima guida e sono sicura che un giorno diverrai un grande re, forse il migliore che Eraklyon abbia mai conosciuto. Tuttavia adesso la Dimensione Magica necessita che tu diventi anche un potente mago… la tua magia è l’unica che possa salvarla dalla distruzione. Quindi ti prego cerca di fare del tuo meglio, vedrai che se agirai in questo modo ben presto i tuoi poteri riaffioreranno e saranno più forti che mai».
«Mi creda ci sto provando con tutto me stesso» biascicò il Principe di Eraklyon, mettendosi in piedi.
«Sono certa di questo, ma devi andare oltre… devi superare i tuoi limiti» replicò la donna con fare mistico.
Il ragazzo, stanco di quei continui rimproveri ma allo stesso tempo consapevole di quanto fossero necessari, si avvicinò alla finestra circolare del cupo ufficio della Preside Griffin e, poggiandosi ad essa, fissò con noncuranza il paesaggio che circondava la scuola per streghe. La foresta di Selvafosca era tranquilla e, nonostante un gelido vento spirasse tra i rami dei suoi alberi agitandoli violentemente, trasmetteva una strana sensazione d’immobile serenità. Il Principe di Eraklyon indugiò a lungo su quello scenario ripensando più e più volte alle dure parole della donna. Per quanto odiasse l’idea di dover prendere ordini dalla Griffin, non se la sentiva di tradire le sue aspettative. La posta in gioco era fin troppo alta per poter anteporre ad essa antipatie personali e il proprio orgoglio. Orgoglio di un ragazzo triste e solo che da capitano della più famosa e potente squadra di Specialisti di tutta la Dimensione Magica, si era ritrovato a “vestire” i panni di un inesperto e incapace mago apprendista. Sky era pienamente consapevole dell’importanza di tutti quegli allenamenti e della necessità d’imparare al più presto a controllare i suoi nuovi poteri. La Dimensione Magica andava protetta… salvata da un atroce destino al quale lui e i suoi amici l’avevano inconsapevolmente condannata. Tuttavia il peso di tutta quella responsabilità, che al momento sembrava gravasse esclusivamente sulle sue spalle, lo stava lentamente “consumando” dall’interno fino al punto da spingerlo a dubitare delle proprie capacità. Aveva paura… paura di fallire in quel compito così delicato, paura di deludere sé stesso e tutti gli altri… di deludere la sua amata Bloom. Erano settimane che non la vedeva, non le parlava, non sentiva il dolce suono della sua voce… erano settimane che non le diceva quanto fosse indispensabile per lui. Sky si strinse nelle spalle e con gli occhi lucidi senza voltarsi si rivolse alla sua nuova insegnate:
«Lei ha ragione. Devo migliore, devo imparare a conoscere questo mio nuovo lato magico e soprattutto a convivere con esso. Il problema è che per anni ho convissuto con la consapevolezza di non avere poteri magici. Fin da bambino ho imparato a cavarmela con le mie sole forze senza ricorrere ad alcun “trucchetto” da strapazzo. Ero fiero… …no… …sono fiero di ciò che sono riuscito a conquistare nel corso di questi anni, sono fiero di ciò che sono diventato. Adesso, però, è cambiato tutto: adesso non posso più riuscirci da solo. Sa… già è alquanto frustrante il dover ammettere i propri limiti; tuttavia il rendersi conto che l’unico modo per poterli superare consiste nel rinunciare a sé stessi beh… quello è ancora… è ancora peggio. Credo sia questo il motivo per cui non riesco a sviluppare i miei poteri: accettare la mia natura magica significherebbe sconfessare tutto ciò che ho fatto… tutto ciò in cui credo».
La Griffin, profondamente colpita da quelle parole, il cui significato rifletteva a pieno le paure e le angosce del ragazzo, si avvicinò e, dopo aver posato una mano sulla sua spalla, gli bisbigliò:
«Sky… …io… …io ti capisco. Capisco quanto questo posso essere difficile per te, quanto possa sembrare assurdo e ingiusto. Diversi anni fa fui costretta a compiere una scelta: rimanere ancorata ai preconcetti e alle convinzioni che avevano fatto di me una delle streghe più potenti e temute della Dimensione Magica, oppure cambiare radicalmente il mio punto di vista stravolgendo la mia vita. Non fu affatto facile, anzi molto probabilmente ha rappresentato il “passo” più sofferto e complicato che abbia mai dovuto fare. Più di una volta ho pensato di lasciar perdere… mollare tutto per poter tornare indietro. Ero debole, non avevo la forza per farcela da sola. Fortunatamente ho avuto l’appoggio di Faragonda e Saladin grazie ai quali sono riuscita a “voltare pagina” e a credere maggiormente in me stessa. Mio caro ragazzo, questa non è una battaglia che puoi vincere da solo facendo esclusivamente affidamento sulle tue capacità. Non chiuderti in una bolla di sapone, creando in questo modo una sorta di barriera tra te e il mondo esterno perché non sopporti l’idea di dover chiedere l’aiuto dei tuoi amici. È la stessa natura umana a spingerci a cercare il sostegno e l’amore degli altri… solo loro possono infonderci la forza necessaria a portare a termine qualsiasi impresa. Sky… solo l’affetto dei tuoi amici ti permetterà di conquistare la grandezza alla quale sei da sempre stato predestinato».
«Lei… … …lei crede davvero a queste sue parole?» le domandò il Principe di Eraklyon con voce carica di speranza e rammarico.
«Assolutamente» gli rispose l’altra sorridendogli teneramente.
«Grazie…» sibilò il ragazzo, voltandosi leggermente.
La Preside di Torrenuvola gli fece l’occhiolino, poi, dirigendosi verso la sua scrivania, esclamò risolutamente:
«Per oggi abbiamo finito! Puoi andare».
«È sicura?! Pensavo che avessimo ancora tanto su cui lavorare» replicò, confuso, Sky.
«La strada è ancora lunga, ma non è certo stremandoti che riuscirai a raggiungere la meta» spiegò la Griffin con fare divertito.
«Io pensavo che… che…» balbettò il ragazzo con incredulità, ma la donna, fermamente convinta che il suo allievo avesse bisogno di riposo, lo interruppe:
«Sky… va a letto, anzi… ho un’idea migliore. Chiama Fonterossa e chiedi loro d’inviarti una navetta: sono sicura che i tuoi amici saranno contenti di rivederti dopo queste settimane di assenza. Trascorri pure la notte nella tua vecchia stanza insieme ai tuo compagni di squadra e alla tua fidanzata. Ogni tanto fa bene “staccare la spina” e prendersi una piccola pausa dagli impegni e dalle pressioni della nostra vita».
Il Principe di Eraklyon, però, poiché non era ancora convito di accettare la proposta della Griffin, ignorò le parole di quest’ultima e, prendendo posto sulla sedia dinanzi la scrivania, disse:
«Mi perdoni Preside Griffin, ma non avevamo concordato il mio trasferimento in questa scuola fino a quando non sarei riuscito a controllare i miei poteri? Non vorrei sottrarre tempo utile ai miei allenamenti».
«Non preoccuparti. Domani pomeriggio tornerai a Torrenuvola: sarò io stessa a venirti a prendere» replicò, maliziosamente, l’altra.
«Come?! Perché dovrebbe venire lei? Conosco la strada, non ho bisogno della babysitter» sbuffò, seccato, Sky incrociando le braccia.
La Preside di Torrenuvola non riuscì a trattenere un sorrisetto beffardo, poi, dopo aver preso un piccolo rotolo di pergamena dal cassetto della sua scrivani, lo porse al suo apprendista.
«Cos’è questo pezzo di carta?» chiese il Principe di Eraklyon con sospetto.
«È un invito» rispose la Griffin in maniera asciutta.
«Un invito… per cosa?» insistette il ragazzo - «Sinceramente non penso sia un bel periodo per organizzare delle feste: sa ci sarebbe un problema al quale dovremmo porre al più presto rimedio».
La direttrice della scuola per streghe non “raccolse” la provocazione del suo giovane interlocutore, ma, lasciandosi sprofondare nella propria poltrona, gli disse:
«Ad essere precisi la pergamena è una sorta di convocazione. Mi è stata recapitata l’altro giorno da un messo di Fonterossa. A quanto pare adesso che Saladin e gli altri si stanno riprendendo, il professor Codatorta è deciso più che mai a scoprire la verità su quanto è accaduto il giorno dell’attacco ad Alfea. Di conseguenza ha indetto una riunione con i corpi docenti delle tre scuole al fine di capire cosa sappiano gli altri insegnanti in merito alla faccenda. Quel burbero con la fissa per i draghi deve aver “fiutato” qualcosa di strano: non lo facevo così perspicace».
«Ha… … …ha intenzione di… … …di dirgli tutta la verità?» balbettò il Principe di Eraklyon, mordendosi ansiosamente il labro inferiore.
«Non ho altra scelta e sono sicura che anche Saladin la pensi allo stesso modo» rispose la donna levando rassegnatamente gli occhi al soffitto.
«Non è pericoloso coinvolgere altre persone? Correremmo il rischio di essere scoperti da Arcadia e dal resto del Consiglio degli Anziani» replicò il ragazzo con tono preoccupato.
«Ne sono consapevole ma non abbiamo altra scelta» sospirò la Griffin - «Dopotutto è inutile continuare a mentire ai nostri amici, prima o poi l’avrebbero saputo lo stesso. Piuttosto dobbiamo cercare di fare fronte comune verso la minaccia della distruzione del nostro universo e il possibile ritorno di Ksendras. Sono sicura che Codatorta, Griselda e gli altri saranno di grande aiuto alla nostra causa».
«Spero abbia ragione e che tutta questa storia non si complichi ulteriormente» concluse, amareggiato, l’altro.
La Preside di Torrenuvola, allora, ripose il rotolo di carta e, dopo essersi alzata dalla propria poltrona, si diresse verso la porta dell’ufficio. La spalancò e, facendo segno al suo apprendista di raggiungerla, esclamò:
«Devi avere fiducia Sky… devi avere fiducia nei tuoi compagni, non puoi pensare di cavartela sempre da solo. Nessuno di noi può consentirsi questo lusso. Tuttavia credo sia giunta l’ora che tu vada: non far attendere oltre i tuoi amici».
«Perché non viene anche lei con me? In fin dei conti domani dovrà raggiungere lo stesso Fonterossa: non le converrebbe approfittare del “passaggio”?» le domandò il biondo con la voce velata da una punta di sospetto.
«Mi dispiace ma non posso. Questa sera sono impegnata qui a Torrenuvola» rispose l’altra.
«Con “cosa”, se me lo consente?» insistette lo Specialista, assottigliando lo sguardo.
La Griffin espirò profondamente e con fare annoiato gli replicò:
«Devo vedere Berfomet e Sangan, i guardiani dei sotterranei. Sono due settimane che chiedono un colloquio privato con me, ma a causa del rapido susseguirsi degli eventi non ho potuto dedicargli neanche un minuto. Hanno l’urgenza di parlarmi di una questione, a dire loro, abbastanza delicata e complessa riguardante la nostra visitina alla Sala del Flusso Interrotto: non posso continuare ad evitarli».
«Capisco» sibilò il ragazzo, mentre oltrepassava l’uscio della stanza - «A domani allora».
«A domani» replicò, amichevolmente, la donna chiudendosi la porta alle spalle.
Il Principe di Eraklyon s’incammino lungo il tetro e stretto corridoio di Torrenuvola, che dall’ala dedicata agli uffici dei docenti portava al pianerottolo del terzo piano e alla scalinata principale. Il suo era un incedere lento ma deciso, i passi si susseguivano uno dietro l’altro con insolita monotonia e ripetitività. D’un tratto Sky infilò la propria mano destra nella tasca dei pantaloni e ne estrasse il cellulare. Subito dopo compose sullo schermo una serie di numeri e lo posizionò all’altezza dell’orecchio. Passarono alcuni secondi, durante i quali il ragazzo continuò a procedere verso l’ingresso della scuola, poi un’assonnata voce fece capolino allo speaker dello smartphone.
«Pronto?».
Lo Specialista attese alcuni istanti in silenzio, poi con la voce tremante per l’emozione biascicò:
«Pronto… Timmy, sono io… Sky. Si… si… anche per me è bello risentirti dopo tutto questo tempo, però adesso ascoltami. Non è che potresti mandare una navetta di Fonterossa a prendermi? Come?! Cosa dici?! No, no… tranquillo non è successo nulla: è stata la Griffin a concedermi questo momento di pausa. Si… d’accordo… dieci minuti, guarda che ci conto. Ti aspetto all’ingresso di Torrenuvola. Va bene, a presto amico mio».
Il Principe di Eraklyon chiuse la chiamata e, una volta messo a posto il suo cellulare, un luminoso sorriso gli si dipinse sullo stanco volto. La Griffin aveva ragione: i suoi compagni ci sarebbero sempre stati per lui e non l’avrebbero mai potuto abbandonare. Il biondo, allora, non riuscendo a nascondere la gioia che il riabbracciare uno dei suoi amici gli avrebbe dato, iniziò ad affrettare sempre di più il passo, finché il suo incedere non si trasformò in una vera e propria corsa. Di conseguenza, facendosi largo tra acide professoresse e studentesse entusiasmate dalla sua sola presenza, Sky raggiunse il salone principale della scuola in pochissimo tempo. Esattamente dieci minuti dopo nello spiazzale antistante Torrenuvola atterrò la navetta di Fonterossa. Da quest’ultima scesero due Specialisti, che, non appena videro il Principe di Eraklyon, corsero ad abbracciarlo affettuosamente.
«Anche voi mi siete mancati» esclamò, divertito, Sky, cercando di liberarsi dalla morsa di Timmy.
«Come stai? Sono settimane che non abbiamo tue notizie: ci hai fatto preoccupare» piagnucolò il fidanzato di Tecna.
«Timmy ha ragione… siamo stati tanto in pensiero per te» scherzò Nex, dandogli una pacca sulla spalla.
«Beh…. adesso non esageriamo, dopotutto ero a neanche dieci minuti di cammino» replicò il biondo, facendo l’occhiolino.
Terminati i saluti, i tre risalirono sull’Owl e ne accesero i motori al fine di raggiungere Fonterossa. Sky, poiché provava una certa nostalgia nei confronti della sua vita da Specialista, chiese agli altri di poter pilotare lui stesso la navetta. Nex e Timmy, dapprima titubanti sul concedergli o meno quella possibilità, acconsentirono alla richiesta del loro caposquadra facendosi promettere una maggiore cautela. Il Principe di Eraklyon, allora, dopo averli ringraziati diverse volte, si mise ai comandi e con estrema abilità sollevò l’Owl dal suolo.
«Cosa ti avevo detto Timmy? Il nostro amico non ha perso il suo “tocco” leggendario» esordì, contento, Nex, sedendosi al posto del copilota.
«Ancora non riesco a crederci che abbiate dubitato delle mie capacità. Sapete benissimo che come pilota non mi batte nessuno» esclamò il leader degli Specialisti con fare fintamente superbo.
«Possiamo stare tranquilli: almeno per oggi non ci schianteremo» sibilò, sarcastico, il Paladino, mettendosi le mani dietro la testa e poggiando i suoi piedi sulla cloche.
«Meglio così: le ragazze non ci avrebbero mai perdonati se fossimo morti in questo modo» scherzò il fidanzato di Tecna, mentre armeggiava con il computer di bordo della navetta.
Nex rise di gusto mimando allo stesso tempo l’eventuale sfuriata di Aisha nei confronti del sua povera lapide. Il volto di Sky, al contrario, s’incupì lasciando trasparire un’infinita tristezza. Il Paladino, resosi conto della reazione dell’amico, si ricompose e con voce greve gli chiese:
«Sky… ci sono problemi?».
Quest’ultimo, cercando di rimanere concentrato sulla guida dell’Owl e di non far trasparire eccessivamente il suo stato d’animo, quasi impercettibilmente sibilò:
«Avete avvisato anche gli altri del mio arrivo? Cioè… …avete… …avete avvisato anche… lei?».
Nex e Timmy si scambiarono una fugace occhiata d’intesa velata da un’insopportabile senso di colpevolezza. I due, infatti, avevano ben compreso i sentimenti del ragazzo e avevano paura che la loro risposta potesse turbarlo ulteriormente. Tuttavia lo sguardo speranzoso, quasi supplichevole di conoscere la verità, li spinse a superare i loro dubbi.
«Ecco… …noi… …noi…» balbettò il fidanzato di Tecna, passandosi nervosamente una mano dietro la nuca e abbassando la testa.
«Noi l’abbiamo detto solo alle nostre ragazze» intervenne il giovane Paladino con risolutezza - «Purtroppo non possiamo sapere se abbiano avvisato qualcun altro del tuo arrivo».
«Perdonaci Sky. Nell’impazienza di venirti a prendere non abbiamo pensato di avvisare nessun altro… neanche Bloom» concluse, amaramente, lo Specialista occhialuto.
Il Principe di Eraklyon osservò i due senza proferire parola, poi, abbozzando un sorriso forzato, biascicò:
«Questo vuol dire che le farò una sorpresa».
«Sempre che quelle pettegole delle nostre fidanzate non l’abbiamo già fatto sapere a tutta la Dimensione Magica» scherzò Nex, cercando di “distendere” l’atmosfera di tensione che si era venuta a creare.
«In quel caso proverò a non farmi picchiare troppo da Bloom. Se sapesse da altri che sto tornando a Fonterossa, andrebbe su tutte le furie» esclamò il biondo, causando una risata generale.
In seguito, una volta che tutti e tre si furono “calmati”, trascorsero alcuni minuti di assoluto silenzio interrotti ogni tanto da qualche risolino di Nex, il quale non riusciva a smettere d’immaginarsi la Fata della Fiamma del Drago picchiare a sangue il suo caposquadra. Poco prima dell’atterraggio nell’hangar principale della scuola per Specialisti, però, Timmy si rivolse nuovamente a Sky e pieno di curiosità gli chiese:
«Come mai la Griffin ti ha lasciato tornare a Fonterossa? Pensavo che ti avrebbe trattenuto a Torrenuvola fino a quando non saresti riuscito a controllare i tuoi nuovi poteri».
«Anch’io sapevo la stessa cosa» aggiunse Nex distrattamente.
Il Principe di Eraklyon, cercando di non dilungarsi troppo in dettagli inutili, spiegò le reali motivazioni che gli avevano consentito di tornare anche soltanto per una notte a Fonterossa dai suoi amici. Questi furono alquanto sopresi nell’apprendere dei sospetti di Codatorta e dell’imminente riunione finalizzata a rivelare la “verità” agli altri docenti.
«Quindi racconteranno tutto… cioè… Saladin e la Griffin…» biascicò ansiosamente il fidanzato di Tecna.
«Credo proprio di sì» sentenziò Sky, storcendo il naso.
«Secondo te è una scelta saggia?» gli chiese il Paladino - «Hanno considerato gli eventuali rischi?».
Il leader degli Specialisti evitò di rispondere nell’immediato a quella domanda, approfittando della necessità di eseguire le manovre di atterraggio per riflettere un po’ su quella questione così controversa. In fin dei conti lui stesso aveva sollevato diversi dubbi sull’effettiva utilità di condividere determinate informazioni con altre persone. Il ragazzo, infatti, temeva che un’eccessiva “fuga di notizie” avrebbe potuto mettere tutti loro in pericolo. Tuttavia, nonostante questa sua paura avesse una più che solida “logica d’appoggio”, il suo istinto gli suggeriva esattamente l’opposto. Per anni aveva combattuto al fianco dei presidi delle tre scuole, aveva sempre riposto in loro la sua totale ed incondizionata fiducia. Sky era pronto ad affidare nelle loro mani la sua stessa vita ed era sicuro che i suoi compagni avrebbero fatto la medesima cosa. Di conseguenza era giunto alla conclusione che se per la Griffin e Saladin non vi fossero problemi nel rivelare la triste storia di Cassiopea agli altri insegnanti, né lui né nessun altro avrebbero dovuto interferire con quella decisone. Una volta che l’Owl ebbe toccato il metallico pavimento dell’hangar e che i suoi motori furono finalmente spenti, il Principe di Eraklyon, tirando un sospiro di sollievo per l’essere riuscito a portare a termine la navigazione, si rivolse nuovamente ai suoi amici. Questi, poiché erano impazienti di conoscere l’opinione del loro caposquadra in merito alla vicenda, prestarono la massima attenzione ad ogni singola parola di Sky quasi pendessero dalle sue labbra.
«Noi… noi… dobbiamo fidarci! Dobbiamo accettare il “volere” di Saladin e della Griffin senza creare ulteriori problemi. Dopotutto stiamo parlando del mago e della strega più potenti ed esperti della Dimensione Magica: non sono degli sprovveduti. Sono… sono sicuro che anche Faragonda li avrebbe appoggiati, anzi sarebbe stata la prima a voler mettere in chiaro le cose con Griselda e gli altri».
«D’accordo! Basta segreti allora…» sentenziò Nex con un sorriso, ricevendo di rimando un pollice in su da parte di Sky.
«Sono sicuro che a Codatorta dovremo spiegargli tutta la storia almeno un paio di volte per fargliela capire» aggiunse Timmy, facendo spallucce.
Gli altri due risero di gusto a quella battuta così spontanea, poi, avvicinandosi al portellone di accesso della navetta, esclamarono quasi all’unisono:
«Forza andiamo dagli altri!».
Il fidanzato di Tecna, senza farselo ripetere ancora, lì raggiunse e insieme a loro scese la scaletta metallica dell’Owl. Il Principe di Eraklyon, non appena si ritrovò all’interno dell’hangar, prese un profondo respiro e, allargando le braccia al fine di stiracchiarsi, disse:
«Mi sei mancata Fonterossa!».
«Anche tu a lei» intervenne, divertito, il Paladino, dandogli una pacca sulla spalla - «Non poteva sopportare l’idea che fossi “prigioniero” in quella stamberga per streghe».
«Detesto ammetterlo, ma se sono qui devo ringraziare proprio una di loro» scherzò il biondo.
«A proposito di streghe: come mai la Griffin non è venuta con noi?» chiese d’un tratto il fidanzato di Tecna, mentre consegnava il loro piano di volo ad un giovane Specialista.
«Effettivamente è strano. Dal momento che doveva raggiungere anche lei la scuola avrebbe potuto approfittare del passaggio» constatò Nex, portandosi la mano al mento e massaggiandoselo con delicatezza.
«Aveva un impegno» sibilò il Principe di Eraklyon con fare pensieroso.
«Di che genere?» domandò, incuriosito, Timmy.
Il caposquadra degli Specialisti, allora, mentre seguiva gli altri due lungo uno dei luminosi corridoi della struttura, spiegò loro quanto gli avesse precedentemente detto la Preside della scuola per streghe:
«La Griffin questa sera dovrebbe incontrare Berfomet e Sangan, i guardiani dei sotterranei di Torrenuvola. Sembrerebbe che i due abbiamo un’importante cosa da riferirle. Da quello che ho capito neanche lei ha ben compreso l’entità o la natura di questa informazione, ma le è stato detto che è correlata alla missione avvenuta nella Stanza del Flusso Interrotto».
Entrambi, non appena sentirono il nome di quel luogo, trasalirono e voltandosi lentamente verso il loro amico biascicarono:
«Ne… ne… sei sicuro?».
«Si… ...cioè… lei sembrava esserne abbastanza certa» replicò l’altro con titubanza, mentre la sua mente ritornava tristemente al giorno in cui la sua vita era stata bruscamente sconvolta.
«Questa storia non finirà mai» mugugnò, amareggiato, Timmy, scuotendo la testa.
Notando lo sconforto e il disappunto dei suoi amici, Nex decise di prendere in mano la situazione e di non permettere che quegli orribili ricordi potessero rovinare quel momento di festa. Di conseguenza prese entrambi sotto braccio e trascinandoli con sé verso la stanza delle loro ragazze, esclamò con fare spensierato:
«Ragazzi, non è il momento di pensare a queste cose. Dobbiamo festeggiare… dobbiamo festeggiare tutti insieme. Quindi sbrighiamoci a raggiungere il resto della combriccola».
Grazie alle parole del giovane Paladino i due si sentirono parzialmente risollevati. In particolare Sky, stringendolo in un forte abbraccio e cercando di non farsi sentire dal fidanzato di Tecna, gli bisbigliò ironicamente nell’orecchio:
«Caspita Nex… da quando in qua sei diventato così saggio? Non sarà forse stata la mia assenza a renderti così maturo?».
«Forse…» replicò l’altro maliziosamente, riprendendo a camminare insieme ai due.
Intanto in un’austera camera di Fonterossa situata nell’ala che il professor Codatorta aveva destinato alle studentesse di Alfea, riecheggiò una stridula e alquanto fastidiosa voce femminile:
«Cosa?! Sky sta tornado a Fonterossa?! Com’è successo? Quando gli hanno dato il permesso di tornare?».
«Avevo detto io di non dirle niente» sospirò, annoiata, Aisha, incrociando le braccia e levando gli occhi al cielo.
«Si Stella, Sky sta venendo qui, ma adesso calmati» la rimproverò la fata della tecnologia, cercando di tranquillizzare l’amica.
«Amore… Tecna ha ragione. Devi rilassarti» sibilò, dolcemente, Brandon accarezzandole delicatamente la bionda chioma.
«Anche noi siamo ansiosi di rivederlo, ma diamogli almeno il tempo di atterrare» scherzò Thoren, mentre con il proprio cellulare inviava dei messaggi a Daphne, la quale si era intrattenuta nella biblioteca della scuola per Specialisti.
«Dai Stella, adesso rilassati e vieni a sederti vicino a me» esclamò Flora con un raggiante sorriso, mentre batteva la sua mano destra sul cuscino del divanetto che occupava insieme ad Helia e Roxy.
«Ma… …ma… …ma Bloom lo sa? Deve essere informata! Adesso corro a dirglielo altrimenti…» starnazzò la Principessa di Solaria ignorando l’invito della fata della natura.
La ragazza, ormai in preda ad un’inspiegabile crisi di panico, si sottrasse alla stretta del proprio fidanzato e scattò verso la porta d’ingresso della camera. La bionda, però, non fece neanche in tempo a raggiungere l’uscio, che una delle ante in legno si spalancò all’improvviso. Subito dopo si fecero avanti tre giovani, che tra lo stupore generale guadagnarono il centro della camera. I presenti non furono immediatamente in grado di realizzare di chi si trattasse; tuttavia, non appena ciò gli fu chiaro, si levarono gioiose urla di festa e scroscianti applausi. Brandon, senza aspettare un secondo di più, corse da quello che era sempre stato il suo migliore amico e gli saltò al collo con l’intento di abbracciarlo. Allo stesso modo anche Helia e Thoren si “lanciarono all’assalto”. Il Principe di Eraklyon, però, preso alla sprovvista da quell’improvviso gesto di affetto, non riuscì a reggere tutto quel peso extra. Di conseguenza, dopo essere barcollato all’indietro, cadde a terra portando con sé gli altri tre. Il tonfo dei ragazzi causò le grasse risate delle Winx, Nex e Timmy, i quali non persero occasione di prenderli in giro per l’indecorosa figura che avevano appena fatto.
«Che ne direste di darci una mano?» borbottò, indispettito, Sky, mentre cercava di spostare il fondoschiena del cugino dalla sua faccia.
«Aspetta… prima una foto per l’annuario» cinguettò Flora, puntando il cellulare verso di loro.
«Sbrigatevi! Helia mi sta schiacciando il piede» si lamentò Brandon a denti stretti.
«Ecco fatto. Adesso vi aiutiamo» esclamò, divertita, la fata della natura, allungando il proprio braccio.
Aisha, Stella e Tecna, allo stesso modo, sebbene trattenessero ancora a stento le risate, si prodigarono per rimettere in piedi i loro amici. Quest’ultimi, una volta che si furono rialzati, si separarono dal Principe di Eraklyon consentendo così anche agli altri di dargli il ben tornato. In particolare le Winx, estremamente curiose di sapere come procedessero i suoi allenamenti, lo inondarono di domande. Sky, imbarazzato e confuso da quella specie di interrogatorio, farfugliò dapprima frasi sconclusionate, poi massaggiandosi nervosamente la nuca biascicò:
«Bene… bene… cioè stanno procedendo. Il percorso per diventare un abile mago è molto complesso e la strada da percorrere è ancora lunga. La Griffin, però, ha notato dei miglioramenti ed è sicura che ben presto sarò in grado di controllare i miei poteri».
«È un piacere apprendere questa notizia» replicò la fata della tecnologia, tirando un sospiro di sollievo.
«Sono pienamente d’accordo con Tecna» aggiunse, decisa, Aisha - «Non sapendo se stessi facendo progressi o meno, eravamo tutte molto in ansia. Temevamo che il non avere mai avuto la consapevolezza della tua magia potesse averla compromessa per sempre».
«Ma a quanto sembra non è così. Del resto non potevamo aspettarci di meglio da lui, dico bene?» intervenne improvvisamente Flora, scoccando un’occhiataccia di disapprovazione alla fata dei fluidi.
«Già… niente… niente di meglio» balbettò il Principe di Eraklyon, grato all’amica per la fiducia mostratagli, ma arrabbiato con se stesso per non aver raccontato fino in fondo tutta la verità.
Thoren, allora, avendo capito che le ragazze, seppur involontariamente, avessero toccato un argomento del quale suo cugino non voleva minimamente parlare, cercò di rimediare al “danno” cambiando discorso. Di conseguenza il Paladino si rivolse a Sky e gli chiese:
«Come mai sei tornato? Tecna e Aisha non hanno saputo dircelo, quindi…».
Il biondo tirò un sospiro di sollievo e, indirizzando a Thoren uno sguardo d’infinito ringraziamento, spiegò ai presenti il motivo del suo momentaneo ritorno a Fonterossa. Le Winx e i ragazzi ascoltarono con attenzione il racconto del Principe di Eraklyon, poi, non appena quest’ultimo ebbe finito, iniziarono a discutere tra di loro. Tuttavia il dibattito fu alquanto breve. I presenti, infatti, nonostante all’inizio fossero abbastanza scettici in merito alla decisione presa dalla Griffin e da Saladin, come avevano precedentemente fatto Timmy e Nex decisero di accogliere questa scelta senza creare problemi. La situazione era ormai degenerata a tal punto che ognuno di loro era pienamente consapevole di quanto fosse importante avere un nutrito numero di “alleati” sul quale fare affidamento. Una volta che i suoi amici ebbero trovato un accordo, il leader degli Specialisti prese posto su una comoda poltroncina e, torturandosi le dita delle mani in preda all’ansia, pose loro una domanda che lo stava tormentando fin da quando era atterrato a Fonterossa:
«Ragazzi… …ecco… …sapreste… …sapreste dirmi dove si trova Bloom?».
Una giovane fata dai lunghi capelli rossi si mosse a fatica nell’oscurità in cui era immersa l’infermeria della scuola per Specialisti. Aveva tra le mani un grazioso mazzolino di fiori azzurrini che mise all’interno di un vaso di terracotta, posto su di un comodino in legno. Accanto ad esso si trovava un letto con la spalliera in metallo, occupato da un ragazzo con i capelli neri. Bloom si sedette al suo fianco sul bordo del materasso e, accarezzandogli dolcemente la testa, lo fissò con attenzione. Nonostante i pareri negativi di Ofelia e dei medici di Fonterossa, che avevano pronosticato ben poche speranza di ripresa, lei era fermamente convita che il suo amico avrebbe riaperto gli occhi… era convinta che sarebbe tornato al suo fianco. Non voleva perderlo… sebbene neanche lei ne comprendesse appieno il motivo, era certa che aveva ancora bisogno di lui… aveva ancora bisogno di Brendon. La Custode della Fiamma del Drago gli diede un bacio sulla fronte e, non volendo rischiare di essere vista da nessuno, si alzò dal letto apprestandosi a lasciare la stanza. Tuttavia, mentre si dirigeva verso l’uscita, sentì uno strano rumore, una specie di bisbiglio provenire dalla zona dell’infermeria dedicata alle donne. La ragazza, incuriosita da quella situazione, scostò leggermente la porta “antipanico”, che separava i due reparti, e diede un’occhiata. All’inizio le sembrò essere tutto normale: Faragonda e Selina erano nei loro rispettivi letti, mentre Elizabeth e Eldora, ormai distrutte per averle costantemente vegliate tutto il giorno, si erano addormentate al loro fianco. Anche Musa giaceva in stato d’incoscienza su una delle brandine, ma, a differenza di quanto si aspettava Bloom, non era sola. Davanti a lei, infatti, si trovava perfettamente immobile un’incappucciata figura, la cui corporatura suggeriva essere quella di un giovane ragazzo. La rossa trasalì e, temendo per l’incolumità della sua amica, spalancò l’anta urlando:
«Chi sei tu?! Cosa vuoi da Musa?!».
Il giovane, colto alla sprovvista dalla ragazza, non rispose e, muovendosi quasi di scatto, corse verso una delle finestre. Subito dopo, sotto gli occhi esterrefatti della Principessa di Domino e della fata degli elementi, risvegliatasi a causa delle grida, scavalcò il davanzale e si gettò nel vuoto. A quel punto Bloom e Elizabeth si avvicinarono a loro volta alla vetrata e, prestando la massima cautela, scrutarono l’orizzonte ormai prossimo all’imbrunire. Dello sconosciuto però non vi era più alcuna traccia.
 
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Note dell’autore: Buonsalve a tutti!!! Come sono andate le vacanze estive??? Personalmente le ho trascorse sui libri per studiare XS, spero che a voi sia andata meglio. Detto questo veniamo alla storia… so di aver creato non poca confusione, ma purtroppo non avevo alcun modo per avvisarvi prima ☹. Come ho già detto nelle note corrette del capitolo 31 della prima parte, ho deciso di dividere “La rinascita della Fenice” in tre parti. Purtroppo gli impegni universitari e non avevano compromesso la regolarità delle pubblicazioni. Di conseguenza ho preferito mettere un punto fermo alla storia (ormai un arco narrativo si era concluso) e riprenderla non appena avessi avuto tempo ;D. Dal momento che la scrittura dei restanti capitoli (per l’esattezza 60… mai più storie così lunghe XS) è iniziata in estate, vi prometto che porterò a termine la fanfict definitivamente. Allo stesso modo anche “Il mondo oltre la finestra” avrà la sua degna conclusione. In secondo luogo (sicuramente ve ne sarete accorti) questo primo capitolo altro non è che il vecchio 32 già postato sue EFP. Mi dispiace immensamente dover fare un re-post, ma allo stesso tempo credo sia abbastanza utile 😉. In questo modo avrete la possibilità di ricordarvi degli eventi passati e in vista dei nuovi XD. In secondo luogo, tralasciando per questa volta la consueta analisi del capitolo, permettetemi di darvi un paio d’informazioni tecniche. Innanzitutto la prima parte della Rinascita è stata ricontrollata, corretta e migliorata con le immagini dei capitoli (stile Wattpad per intenderci 😊). Il contenuto è ovviamente rimasto inalterato salvo piccole precisazioni. Anche i primi capitoli de “Il mondo oltre la finestra” e de “I racconti di Cassiopea” sono stati corretti e corredati di foto. Questo è invece il link: https://drive.google.com/open?id=0B3u8B3LCcNM0UElwUVNOWFIyeWs che vi permetterà di accedere alla cartella sul mio Drive personale ovvero “Winx Club – Cassiopea’s Chronicles”. Al suo interno troverete diverse sottocartelle (tipo “Alleati”, “Nemici”), ciascuna delle quali contenenti immagini che si riferiscono a tutte le mie storie. Con il procedere delle fanfiction aggiungerò nuove immagini indicandovelo come sempre nelle note. Nella cartella, inoltre, saranno presenti vari approfondimenti e il calendario delle uscite (lo aggiornerò mese per mese XD). In aggiunta a queste cose… permettetemi (per una sola volta, poi giuro che non capiterà più ahahahahahahahahah) di farmi un po’ di pubblicità. Il mese scorso nella specifica sezione EFP e sulla mia pagina Wattpad è iniziata la pubblicazione di una raccolta di one-shot dedicata al cartone “Miraculous - Le storie di Ladybug e Chat Noir”. La fanfiction si chiama “Miraculous Ladybug - Un giorno a Parigi” ed è incentrata sulla vita dei “cattivi” che Ladybug e Chat Noir hanno affrontato nelle loro avventure 😊. Adesso… io non so quanti di voi seguano questa serie, ma qualora vi siano altri che come me adorano questo capolavoro di cartone animato… mi farebbe piacere renderli partecipi di questa nuova storiella 😉. Beh… penso si tutto, anzi no… quasi dimenticavo. Di solito questa è una cosa che si fa a fanfiction conclusa, ma non avendo aggiornato per tanto tempo quella che è diventata la prima parte della Rinascita… ho preferito aspettare XD. Quindi senza perdere altro tempo voglio sinceramente ringraziare tutti voi che con tanta pazienza avete seguito la fanfiction fino al capitolo 31 e anche le altre storie correlate alla serie. In particolare consentitemi una menzione speciale per: Astal, faymorgana, MartiAntares, Tressa, Vlad123, Winxclub che avevano inserito la Rinascita tra le “preferite”; Anto62, Ida90, Juventus1897, MiaUndersea, ShessomaruJunior, valepassion95 che avevano inserito la Rinascita tra le “seguite”. Ancora mille volte scusa per la confusione (giuro non accadrà più XD) e per questo infinito tempo di attesa. Un saluto a tutti e… niente, pronti a ricominciare 😊 😊😊?
Yugi95

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Capitolo 2
*** Capitolo II – L’ispirazione del Sirenix ***


Capitolo II – L’ispirazione del Sirenix
 
Elizabeth e Bloom rimasero per diversi minuti a fissare la foresta di Selvafosca, che si estendeva indefinitamente al di sotto della scuola per Specialisti. Le ragazze cercarono di spingere il più lontano possibile il loro sguardo al fine di localizzare lo sconosciuto con il cappuccio. Quest’ultimo, però, sembrava essere inspiegabilmente svanito nel nulla.
«Secondo te che fine ha fatto?» esordì, preoccupata, la Fata degli Elementi.
«Non è ho la più pallida idea» replicò la rossa sporgendosi dal davanzale.
«Forse… forse dovremmo allertare gli altri e cercarlo» balbettò l’altra con esitazione.
La Principessa di Domino si voltò di scatto verso Elizabeth e, riuscendo a nascondere a malapena l’agitazione che la proposta della ragazza le aveva causato, disse con voce tremula:
«Meglio… meglio di no. Credo sia inutile allertare le Winx per una simile sciocchezza. Dopotutto non è successo nulla e quello strano ragazzo poteva semplicemente un ammiratore di Musa. Sai, lei è una cantante abbastanza famosa quindi… quindi ha fans un po’ dappertutto. Sono sicura che non ci sia nulla di cui preoccuparsi».
La Fata degli Elementi fissò per alcuni secondi la sua amica con sguardo inebetito. L’ipotesi, appena avanzata dalla Custode della Fiamma del Drago, era così assurda che soltanto un folle avrebbe potuto ritenerla plausibile. Tuttavia Elizabeth, spaventata quanto Bloom dall’idea di dover rivedere le altre Winx, si costrinse ad accettare quell’inverosimile eventualità. In fin dei conti lo sconosciuto non aveva mostrato intenzioni ostili nei confronti di Musa e a quest’ultima non era accaduto nulla di male. Di conseguenza la ragazza dai capelli castani, tirando un sospiro di sollievo, sibilò:
«D’accordo. Facciamo come dici tu: non creiamo allarmismi».
Sebbene non si aspettasse di convincere tanto facilmente la sua interlocutrice, Bloom tirò un sospiro di sollievo. Temeva che la fata degli elementi potesse non credere al suo discutibile “ragionamento” e conseguentemente insistere sull’avvisare le ragazze. L’amica, però, contro ogni sua aspettativa aveva stranamente concordato con lei, lasciandola abbastanza stupita. La Principessa di Domino, infatti, non era ancora a conoscenza della difficile situazione in cui la Fata degli Elementi si era ritrovata. Dal momento che in quelle due settimane la rossa aveva cercato di evitare le altre Winx, queste non erano riuscite a metterla al corrente della “lite” avvenuta tra Elizabeth e Aisha al di fuori delle mura di Torrenuvola. Per questo motivo la Custode della Fiamma del Drago non poteva minimante immaginare che la ragazza dai capelli castani, profondamente addolorata dall’incrinarsi del rapporto che la legava alle giovani fate e dall’incidente di Faragonda, si fosse anch’essa isolata dal mondo esterno. Bloom chiuse le ante della finestra al fine di non far raffreddare ulteriormente la stanza e, rivolgendosi subito dopo alla fata degli elementi, esclamò con un finto sorriso:
«Perfetto! Terremo la cosa tra noi: sarà il nostro piccolo segreto».
«Si… …cioè... se lo dici tu…» balbettò mestamente l’altra, ripensando a quanto dolore le avesse causato il tener nascosto determinate cose.
A quel punto la ragazza dai capelli castani, senza aggiungere nient’altro o dare alcuna spiegazione, voltò le spalle alla Principessa di Domino e tornò a distendersi accanto a Faragonda, la quale giaceva in uno stato di semi-incoscienza nel proprio letto. La Fata della Fiamma del Drago osservò la scena in silenzio, non capendo appieno il “significato” di quanto stesse accadendo sotto i suoi occhi. Elizabeth cinse il proprio braccio sinistro intorno al petto della Preside e la strinse il più forte che poté. Bloom, nonostante sentisse l’urgente bisogno di lasciare l’infermeria di Fonterossa e di trovare un luogo appartato dove poter continuare a tormentarsi, rimase colpita dal gesto dell’amica. Solo in quel momento, mettendo da parte i propri problemi personali e concentrandosi su un qualche cosa che andava ben oltre il suo stato d’animo, riuscì a percepire l’immensa tristezza che opprimeva il cuore della fata degli elementi.  Era come se fosse stata investita da un’imponente onda… un’onda che racchiudeva tutto lo stato d’animo della sua amica. Soffriva, Elizabeth soffriva come non aveva mai fatto in vita sua. Bloom adesso lo sapeva, le sue capacità empatiche glielo stavano letteralmente “urlando nelle orecchie”. Le paure, le angosce, le speranze della Fata degli Elementi si accavallavano con estrema “violenza” nella mente della rossa, la quale, a causa dell’improvviso mescolamento dei suoi pensieri con quelli di Elizabeth, barcollò all’indietro rischiando di svenire. Fortunatamente, nonostante avesse trascorso gli ultimi quindici giorni isolata dalle persone e soprattutto dalle loro emozioni, la Custode della Fiamma del Drago riuscì a riprendere il controllo di sé e a gestire al meglio quello sconvolgente “flusso di coscienza”. Tuttavia l’aver scoperto che la Fata degli Elementi stesse così male spinse la rossa a cercare un modo per poterla aiutare… un modo per poterle permettere di tornare a sorridere. Allo stesso tempo però era spaventata dall’idea di aprirsi nuovamente con qualcuno… di dover mettere “a nudo” il proprio animo per poterne salvare un altro. Era ben consapevole che il farsi carico dei problemi dell’altra l’avrebbe portata inevitabilmente a confrontarsi con i suoi… l’avrebbe portata ad affrontare i propri demoni che fin da troppo tempo le opprimevano il cuore. Bloom prese un profondo respiro e, dopo essersi asciugata dagli angoli degli occhi con i polsi della sua giacca blu le lacrime provocate da quelle intese emozioni, si mosse lentamente verso il letto della Preside di Alfea. In qui pochissimi metri che la separavano da Faragonda e dalla sua amica, la Principessa di Domino rimuginò più e più volte sulla sua decisione e soprattutto su che cosa avrebbe detto ad Elizabeth. Provare le stesse sensazioni di quest’ultima, infatti, non comportava assolutamente l’essere in grado di comprenderle e ciò la terrorizzava. Doveva trovare le parole giuste, doveva aiutarla e non risultare un ulteriore peso, doveva… doveva… Improvvisamente un rumore acuto riecheggiò per la stanza lasciando di sasso la Custode della Fiamma del Drago, la quale aveva già proteso in avanti il suo braccio al fine di accarezzare la testa della sua amica. Quasi nello stesso istante la porta dell’infermeria si aprì leggermente e una bionda chioma fece timidamente capolino.
«È… è permesso?» domandò Sky con un filo di voce.
Alla vista del proprio fidanzato Bloom impallidì e, non avendo la minima idea di cosa fare o dire, rimase imbambolata a fissarlo. Allo stesso modo il Principe di Eraklyon, non appena si accorse della sua futura sposa, lasciò che l’anta di legno si chiudesse alle sue spalle e si limitò ad abbozzare un triste sorriso. Nel frattempo Elizabeth, colpita quanto la rossa da quella visita improvvisa, infossò la propria testa nel cuscino e, facendo finta di dormire, tese le orecchie in modo tale da ascoltare la conversazione dei ragazzi. La Fata degli Elementi era pienamente consapevole di quanto fosse inappropriato origliare e spiare qualcun altro; tuttavia il far notare ai due la sua presenza l’avrebbe in un certo qual modo costretta ad “affrontare” il Leader degli Specialisti, evenienza che voleva evitare a tutti i costi. Come se non bastasse, il venire allo scoperto avrebbe comportato inesorabilmente l’uscire dall’infermeria al fine di lasciare a Bloom e Sky quel minimo d’intimità di cui avevano disperatamente bisogno. Elizabeth, però, non era ancora pronta a relazionarsi nuovamente con il mondo esterno, non se la sentiva di abbandonare quella stanza così accogliente e tranquilla… non se la sentiva di abbandonare la sua amata Faragonda.
«Sky…» sibilò la Principessa di Domino, dopo essere riuscita a trovare il coraggio di parlare - «Cosa ci fai qui? Perché sei tornato a Fonterossa?».
«Ecco… …io… …io sono…» farfugliò il biondo in preda al panico.
«Non dirmi che… che hai già gettato la spugna?!» gracchiò l’altra con un tono di voce a metà tra l’arrabbiato e il preoccupato.
«Cosa diamine… ma come ti viene in mente?! Sei forse impazzita?» sbottò Sky senza rendersene conto.
«Oh…» sospirò la Custode della Fiamma del Drago, chinando la testa per la vergogna.
Il suo fidanzato, pentitosi immediatamente della propria reazione, si mosse verso la ragazza e, una volta che si trovò a pochi centimetri di distanza da quest’ultima, con un timido sorriso le disse:
«Scusa Bloom… ho esagerato. Comunque la mia presenza non deve preoccuparti. È stata un’idea della Preside Griffin; è stata lei a darmi il permesso di tornare a Fonterossa… di tornare qui da te».
A quel punto il Principe di Eraklyon allungò le braccia in avanti e, dopo averle portate all’altezza del viso della rossa, lo strinse con mani tremanti. La Fata della Fiamma del Drago percepì un’inusuale pressione al petto. Era come se una morsa di acciaio rovente le stesse stringendo il cuore con inaudita violenza. All’inizio Bloom pensò si trattasse di una banale reazione emotiva e, seppur estremamente forte, in un certo qual modo “fisiologica”. Tuttavia con il passare dei secondi, la naturale sensazione di benessere e serenità per l’essersi ricongiunta con il suo amato non prese il posto di quello stato di malessere, ma al contrario quest’ultimo sembrò intensificarsi sempre più. La Principessa di Domino, spaventata da quel dolore improvviso e inspiegabile, ritrasse violentemente il volto e, barcollando all’indietro, si appoggiò alla spalliera di una sedia posta nelle vicinanze. Era stranamente pallida e respirava a fatica; piegata in due dal dolore, cercò con tutte le sue forze di rimanere in posizione eretta. Il fidanzato, preoccupato da quel repentino peggioramento delle condizioni fisiche della ragazza, le si avvicino con riluttanza e accarezzandole dolcemente la chioma sibilò:
«Bloom ti senti male? Cosa… cosa sta succedendo?».
La Principessa di Domino percepì nuovamente una fitta al petto, questa volta però la sensazione, che le dava quel dolore, era molto diversa. Freddo… tutto ciò che riusciva ad apprezzare era un gelido vento che, come accade alle vele delle navi durante le tempeste, le squarciava l’animo. Era quasi come se il suo corpo stesse lentamente congelando e neanche la Fiamma del Drago era in grado di evitarlo. Per una seconda volta Bloom si sottrasse alle amorevoli attenzioni del suo amato Principe, il cui disappunto e rammarico furono devastanti.
«Vuoi dirmi cosa diamine ti prende?! Mi stai facendo preoccupare!» sbottò, spazientito e irritato, Sky.
«Va… va via…» mugugnò l’altra ormai allo stremo delle forze.
«Bloom, io… io non volevo… non volevo… perdonami…» balbettò, rammaricato, il Principe di Eraklyon tendendo in avanti il braccio destro in segno di aiuto e supporto.
«Ho detto di andartene!» urlò la rossa in lacrime, mentre con la propria mano sinistra scacciava quella del biondo.
Quest’ultimo, profondamente turbato e offeso da quel comportamento ai suoi occhi così infantile e meschino, si ritrasse e senza aggiungere altro raggiunse rapidamente la porta della stanza. Sky si fermò sull’uscio e, quasi sperasse in una sorta di ravvedimento della sua futura sposa, incrociò lo sguardo di quest’ultima. I due si fissarono intensamente per alcuni secondi. La speranza di entrambi era che almeno uno fermasse l’altro; cercasse di porre rimedio a quella spiacevole situazione. Almeno un membro della coppia doveva cedere e mettere da parte i propri problemi al fine di risolvere quelli della sua controparte. Tuttavia, poiché né Bloom né il suo amato principe ebbero il coraggio di compiere un tale gesto, la situazione di stallo non si risolse. I due erano troppo orgogliosi e testardi per poter scendere a compromessi con se stessi e con il proprio stato d’animo. Di conseguenza la rossa, dopo aver finalmente capito che lei e il suo fidanzato non avevano nient’altro da dirsi, gli voltò le spalle e tornò ad appoggiarsi al davanzale della finestra. Allo stesso modo il futuro Re di Eraklyon serrò la presa sul pomello della porta e spalancandola con violenza uscì infuriato dalla stanza. Non appena sentì l’anta di legno sbattere contro il suo stipite, la Principessa di Domino iniziò a singhiozzare. Il suo pianto fu dapprima lento e sommesso poi, man mano che realizzò la gravità dell’accaduto, le lacrime affluirono sempre più rapidamente e in abbondanza. Elizabeth, rimasta ad ascoltare il litigio tra i suoi amici per tutto il tempo, la osservava dal letto di Faragonda. Vederla in quelle condizioni le spezzava il cuore; avrebbe tanto voluto poterla consolare, abbracciare… farle capire che lei era lì ed era pronta a starle vicino. Avrebbe voluto… ma non ebbe il coraggio di muoversi dal proprio posto: era come se un qualcosa la bloccasse, la tenesse ancorata a quella lettiga così scomoda. Si girò di scatto quasi avesse avuto l’impressione che una mano invisibile la stesse trattenendo per la maglietta. Dietro di lei però non vi era nessuno ad eccezione del corpo privo di sensi di Faragonda. In realtà la Fata degli Elementi aveva paura… aveva paura che le sue parole potessero in qualche modo ferire ulteriormente i sentimenti di Bloom. In quel momento infatti qualsiasi discorso avrebbe potuto comportare un peggioramento delle cose. Eppure, nonostante ciò, la ragazza dai capelli castani non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sua amica… non riusciva a sopportare tutta quella sofferenza. Si spostò lentamente verso il margine destro della lettiga e, senza fare alcun rumore, poggiò delicatamente i piedi a terra. Era lì, seduta sul bordo del materasso pronta ad alzarsi… pronta a correre dalla Principessa di Domino. Era lì, ma non riusciva ancora a decidersi poiché spaventata da quello che sarebbe potuto succedere. Rimase immobile per un paio di minuti finché non sentì una specie di borbottio, quasi un rantolo che proveniva dalle sue spalle.
«Va… va da lei».
Elizabeth si girò di scatto e, tremando come una foglia, accostò il proprio orecchio alla bocca della donna distesa al suo fianco. Tuttavia quest’ultima sembrava essere ancora del tutto incosciente e soprattutto impossibilitata a parlare. La ragazza scosse il capo e bisbigliando in maniera impercettibile disse:
«Devo essermi sbagliata: la stanchezza a volte gioca brutti scherzi».
La Fata degli Elementi, allora, si apprestò a voltarsi nuovamente verso Bloom al fine di trovare il coraggio per poterle parlare. In quello stesso istante, però, una mano fredda come il ghiaccio le afferrò debolmente il polso. A quel punto, sotto lo sguardo incredulo e commosso di Elizabeth, per una seconda volta le labbra della Preside Faragonda si dischiusero leggermente e con un filo di voce pronunciarono alcune parole:
«Non temere mia cara. Il volere consolare un’amica in difficoltà non è… non è mai sbagliato».
Nel frattempo le altre Winx e gli Specialisti, chiusi nello stretto riserbo della camera di questi ultimi, aspettavano con ansia notizie da parte di Sky. Questi, nonostante fosse trascorsa un’abbondante mezz’ora, non era ancora tornato e i suoi amici stavano iniziando a preoccuparsi. In particolare Nex e Timmy, agitati come non mai, erano pronti a raggiungere l’infermeria per avere sue notizie. Aisha e Tecna, però, fecero di tutto per convincerli del contrario: non volevano che i loro fidanzati rischiassero d’interrompere un più che probabile chiarimento tra i due fidanzati.
«Dovete dargli il tempo di mettere le cose a posto!» li apostrofò Flora seduta in braccio ad Helia.
«Purtroppo questi problemi non possono essere risolti con la magia: solo il tempo può esserci d’aiuto» aggiunse la Principessa di Solaria con aria triste.
«Non sono d’accordo!» sbottò il Paladino - «Voi non l’avete visto… non avete incrociato il suo sguardo addolorato e rammaricato non appena io e Timmy abbiamo nominato Bloom. Non credo di aver mai visto Sky in quelle condizioni, era sofferente, fragile e soprattutto vulnerabile. Durante il viaggio di ritorno da Torrenuvola mi sono reso conto di una cosa: in quello stato un confronto tra lui e “miss perfettina” sarebbe stato disastroso e non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose».
«Purtroppo Nex ha visto giusto. Anch’io sono convinto di ciò che sta dicendo» esclamò il fidanzato di Tecna scuotendo il capo, mentre anche quest’ultima iniziava pian piano a capire la gravità della situazione.
Al contrario la Fata dei Fluidi fu irremovibile e, non appena il suo fidanzato si apprestò a raggiungere la porta della camera per andare in soccorso del suo caposquadra, gli lanciò un’occhiataccia che pietrificò i presenti.
«Va bene, va bene! Ci rinuncio, ma non venite a lamentarvi quando succederà il finimondo» starnazzò il ragazzo dai capelli viola alzando le braccia in segno di resa.
Subito dopo il giovane Paladino spalancò con rabbia le due ante di legno dell’ingresso e senza dire una parola s’incamminò lungo il corridoio.
«Aspetta Nex! Non fare così… nessuno di noi voleva farti arrabbiare» esordì Helia correndogli dietro al fine di calmarlo.
Il fidanzato di Aisha, però, era già scomparso nell’oscurità della sera che aveva iniziato ad avvolgere la scuola per Specialisti. L’unica cosa, che riuscì ad intravedere il nipote di Saladin, fu la fioca luce emessa dal palmare del suo amico, sul cui schermo era impresso un numero… un numero che Helia aveva mai visto.
«Non preoccuparti per lui. Quando è arrabbiato fa sempre così: è un suo modo per sfogare» esclamò rassegnata la Principessa di Andros poggiando una mano sulla spalla dell’amico.
«Mi dispiace che sia finita così» replicò lo Specialista con un filo di voce.
«Vedrai che tra dieci minuti tornerà e farà finta di nulla» tagliò corto l’altra per poi sorridergli.
In quello stesso momento i due furono raggiunti dal resto del gruppo preoccupato per il giovane Paladino.
«L’ha fatto anche questa volta, vero?» esclamò all’improvviso la Fata della Natura inarcando un sopracciglio.
«Ormai lo conosci… deve sbollire, come fanno le teiere» cinguettò Aisha facendole l’occhiolino.
 Le Winx e i loro fidanzati risero a quella battuta, che in un certo qual modo attenuò la tensione venutasi a creare. Dopotutto, nonostante i timori di Nex e Timmy, nessuno dei presenti era veramente disposto a credere che Sky e Bloom non riuscissero a trovare una soluzione ai loro problemi. Stavano insieme da quasi da otto anni e insieme avevano affrontato con successo numerose avversità che avevano seriamente minacciato il loro rapporto. Di conseguenza era convinzione comune che i futuri Sovrani di Eraklyon avrebbero superato a testa alta anche quell’ennesima sfida. Sicuri di ciò e impossibilitati ad intervenire in alcun modo, i ragazzi decisero di lasciare che Sky e Bloom avessero un confronto in solitaria. I presenti allora, avendo notato che era ormai ora di cena, si diressero verso la mensa di Fonterossa.
«Thoren cosa fai lì imbambolato?» esclamò Brandon notando con leggero stupore che il marito di Daphne non li stava seguendo.
Il Paladino, però, non rispose e, quasi si trovasse in uno stato di profonda trance, continuò a fissare la ringhiera del ballatoio. Il fidanzato di Stella, liberatosi dall’asfissiante morsa di quest’ultima, lo raggiunse e, scuotendolo per le spalle, gli disse:
«Ehi… ma si può sapere cosa diamine ti prende?! Sono giorni che hai quell’aria inebetita».
«Co… …co… …come dici, scusa?» balbettò Thoren ridestandosi immediatamente dal suo sogno ad occhi aperti.
«Niente, niente… lascia perdere» replicò rassegnato lo Specialista - «Comunque stiamo andando a cena: ti unisci a noi?».
«Certo, vado a chiamare Daphne e vi raggiungiamo» rispose il ragazzo dai capelli castani abbozzando un sorriso imbarazzato.
«D’accordo. Ci trovate sempre al solito tavolo» concluse Brandon voltandogli le spalle e salutandolo con un leggero movimento della mano.
Thoren s’incamminò nella direzione opposta e con passo svelto raggiunse una stretta scala a chiocciola, che l’avrebbe portato ad uno dei tanti piani intermedi della struttura. Il corridoio era deserto, debolmente illuminato da una serie di luci al led ancorate alle scure pareti. Il cugino del Principe di Eraklyon lo percorse in silenzio, la sua era un’andatura lenta, posata ma allo stesso tempo artificiosa. Sembrava che i suoi movimenti fossero in un qualche modo meccanici, controllati da un qualcosa indipendente dalla volontà del ragazzo. La mente di quest’ultimo, infatti, sembrava essere concentrata su altro… concentrata sul rapido scambio di battute avuto poco prima con Brandon. Il suo compagno di squadra aveva ragione: c’era davvero un qualche cosa che non andava e lui ne era diventato consapevole. Da quando Alfea era stata attaccata dagli Stregoni del Cerchio Nero, tutto era cambiato… tutto sembrava suggerirgli l’incombere di un pericolo ben peggiore. Erano ormai due settimane che il marito di Daphne aveva quell’incubo; quattordici terribili notti durante le quali quelle immagini così spaventose e angoscianti gli scorrevano davanti agli occhi. Morte, distruzione e disperazione erano diventate le costanti dei suoi sogni. Dal momento in cui metteva la testa sul cuscino fino all’instante in cui la risollevava da esso, quel vortice di sensazioni, emozioni e paure non gli lasciava un attimo di tregua. Per quanto si fosse sforzato di dare un senso a tutto ciò, Thoren non era riuscito a trovare nulla che fosse in grado di spiegare quelle sue improvvise visioni. In tutta la sua vita non aveva mai avuto poteri che contemplassero la preveggenza o la divinazione; di conseguenza era alquanto spaventato… spaventato dalla sua incapacità di capire il vero significato di quegl’incubi. Completamente assorto nel turbinio dei suoi pensieri, il giovane Paladino non si rese conto di aver ormai attraversato tutto il corridoio e di essere giunto in un’ampia sala della scuola decorata con arazzi damascati e armature scintillanti. Al centro di essa si rifletteva la debole luce lunare penetrata nell’edificio da un ampio lucernaio, che costituiva il tetto di quella camera. Il luogo era all’apparenza deserto, tuttavia, seduto su un comodo divanetto di colore beige adagiato alla parete sinistra, vi era un uomo sulla quarantina dai lunghi capelli neri e vestito con un completo bianco. Nonostante fosse intento a leggere un sottile libricino dalla copertina rosa, si accorse subito del nuovo arrivato:
«Buona sera Thoren, cosa ti porta da queste parti?».
«Buona… buona sera a lei Professor Avalon» balbettò l’altro sentendosi preso alla sprovvista - «Sto cercando Daphne, i ragazzi ci aspettano a cena. Per caso lei l’ha vista?».
L’insegnate di Percezione Cognitiva si mise in piedi e, affiancandosi al Paladino e indicandogli una piccola porticina nascosta da uno stendardo, gli disse:
«Tua moglie si trova nella biblioteca della scuola. Vedi quella porta in legno con i cardini argentati? Bene al di là di essa si trova uno stretto corridoio in mattoni, percorrilo e arriverai a destinazione. Mi sembra che Daphne fosse impegnata nel decifrare alcune pagine di un grosso libro. Tuttavia ho avuto l’impressione che il suo lavoro stesse dando scarsi risultati: era così arrabbiata che per poco non scagliava la poltrona sulla quale era seduta in una vetrata».
«Mi dispiace per il trambusto che può aver causato. Quando le cose non vanno come vuole lei, può diventare pericolosa» constatò il giovane arrossendo leggermente per l’imbarazzo.
«Tranquillo non devi scusarti: non è successo nulla di grave. In realtà è stata una scena alquanto divertente» replicò, soddisfatto, l’uomo.
«Meglio così» concluse con un filo di voce Thoren - «Allora io vado, grazie mille per l’informazione».
«È stato un piacere» sibilò l’altro, mentre tornava a sedersi sul divano e riprendeva la lettura del libro.
Il Paladino si voltò e si apprestò a raggiungere la porta indicata dall’insegnante. In una frazione di secondo però un pensiero balenò nella sua testa… un’eventualità che fino a quel momento non aveva mai considerato. Evidentemente il destino, la fortuna o il semplice caso aveva agito in suo favore dandogli la possibilità di risolvere il suo problema. Davanti a lui si trovava il maggiore esperto di divinazione della Dimensione Magica; chi altri avrebbe potuto interpretare meglio il significato di un sogno ricorrente se non il Professor Avalon? Questi era infatti l’unico che potesse aiutarlo e soprattutto era l’unico di cui Thoren si fidasse incondizionatamente. Di conseguenza il marito di Daphne tornò sui propri passi e, richiamando l’attenzione dell’uomo, gli chiese:
«Mi perdoni se continuo ad importunarla Professore, ma avrei una cosa da chiederle».
«Non m’infastidisci affatto, ragazzo mio. Prego… siediti accanto a me e dimmi tutto» esclamò Avalon con fare rassicurante.
Il Paladino prese posto accanto all’insegnante di Percezione Cognitiva e, dopo aver fatto ordine tra i suoi mille pensieri, gli espose il suo problema.
«Vede io… io ho bisogno del suo aiuto. Non è un mistero che lei sia il più grande esperto dell’arte della divinazione e conseguentemente la persona più idonea ad interpretare sogni o visioni. Quando insegnava ancora nella scuola per Paladini di Linphea, ho seguito con interesse tutte le sue lezioni e quindi sono convinto che le sia l’unico in grado di capire cosa mi stia accadendo. Per questo motivo vorrei…».
«Da quanto…» lo interruppe l’altro assumendo immediatamente un’espressione seria ed indagatrice - «Da quanto tempo si ripete questo sogno?».
«Ormai sono due settimane. Il tutto ha avuto inizio dopo l’attacco ad Alfea» replicò, secco, Thoren.
«Il sogno si ripete sempre nello stesso identico modo? Non vi è mai alcuna variazione?» continuò l’insegnate di Percezione Cognitiva portandosi la mano destra al mento e iniziando a riflettere.
«Mai… non cambia mai» sibilò il ragazzo con fare rassegnato.
«Descrivimelo» sentenziò l’uomo - «Solo così sarò in grado d’interpretarne il significato».
Thoren, allora, torturandosi le dita delle mani in preda all’ansia, richiamò a sé tutte le immagini che gli comparivano durante quei veri e propri incubi. Una volta che fu sicuro di non aver tralasciato nulla, raccontò il tutto al Professore:
«Il sogno o meglio… l’incubo inizia e si svolge sempre allo stesso modo. Mi ritrovo sospeso… anzi no… fluttuo in uno sterminato spazio vuoto avvolto da un’opprimente oscurità. All’improvviso sopra la mia testa compaiono due luci molto intense ma di colore diverso: una è di un bel rosso acceso, mentre l’altra è di un affascinante blu notte. Le sfere luminose rimangono per alcuni secondi fisse, ancorate ad un qualcosa d’invisibile; poi tra le due ne compare una terza dorata più piccola, ma ugualmente splendente. Solo a quel punto le luci iniziano a muoversi all’interno di quella volta sconfinata. In particolare la rossa e la blu seguono la sfera dorata, che sembra quasi dettare alle due la formazione da seguire. Man mano che le luci si muovono nello spazio, il buio lì presente tende a rischiararsi… quasi lo costringessero a sparire. All’improvviso però l’oscurità si raccoglie in un unico punto e assume anch’essa la forma di un gigantesco globo denso e minaccioso. Quest’ultimo si scaglia contro le due luci più grandi, le quali cercano di schivare e respingere i suoi attacchi sempre sotto il coordinamento della sfera dorata. Tuttavia con il ripetersi delle aggressioni questa diventa sempre più piccola e meno splendente. Ad un certo punto, nonostante la luce rossa e quella blu stiano avendo la peggio, la sfera dorata si distacca dal gruppo e, debole come non mai, vola verso di me. Stremata e ormai pronta ad estinguersi, si posa nel palmo della mia mano. In quello stesso istante il globo nero assorbe le altre due sfere facendo ripiombare il luogo nell’oscurità. Come se non bastasse nella mia testa s’iniziano ad accavallare immagini di morte e distruzione. Vedo i corpi esamini dei miei genitori, dei miei amici... vedo… vedo il corpo di Daphne giacere in una pozza di sangue, i suoi occhi sono lucidi, persi nel vuoto mentre dalla sua bocca cola un rivolo di sangue. Io cerco di avvicinarmi, vorrei soccorrerla, vorrei… vorrei stringerla a me, ma non ci riesco… non riesco a muovermi. Nella mi mente si ripetono in continuazione scene di violenza e urla… urla di disperazione, terrore, rabbia. Straziato da tutto ciò, non desidero altro che svegliarmi… non desidero altro che morire per porre un freno a quel delirio. La testa mi scoppia dal dolore, mentre il mio petto diventa incandescente e la schiena inizia a formicolare. Intanto la luce dorata, presente nel palmo della mia mano, è prossima a spegnersi… anzi proprio nell’istante di massima sofferenza il suo bagliore scompare. In quello stesso momento però, tra il turbinio di suoni che percepiscono le mie orecchie, si fa strada una flebile e dolce voce, che ripete una serie di parole come “prendimi”, “stringimi”, “accoglimi”. Non sapendo che senso attribuire a quelle affermazioni così improvvise, mi viene d’istinto di stringere il palmo dove fino a pochi secondi prima si trovava la luce dorata. Non appena faccio ciò, le visioni cessano e dalla mia mano chiusa a pugno si scaturisce un accecante bagliore che mi avvolge completamente. Subito dopo mi ritrovo zuppo di sudore nel letto accanto a Daphne e mi rendo conto che il sogno è ormai giunto al termine».
Una volta che ebbe terminato la descrizione del sogno, Thoren rimase in attesa di una risposta o di una possibile spiegazione da parte dell’insegnante di Magifilosofia. Questi, però, non aprì bocca e, limitandosi ad osservare il ragazzo, aggrottò le sopracciglia. La sua era un’espressione alquanto strana, sembrava quasi un miscuglio di emozioni e sensazioni contrastanti. Da una parte infatti la sua bocca semiaperta indicava stupore e incredulità, dall’altra i suoi occhi, diventati nulla più che due sottili fessure, cercavano di scrutare a fondo l’animo del giovane Paladino al fine di capire se stesse mentendo o meno. I suoi pugni erano chiusi, stretti in una morsa micidiale che non faceva altro che aumentare secondo dopo secondo, mentre la sua fronte iniziava ad imperlarsi di sudore. Un brivido gli correva su e giù per la schiena facendogli tremare le gambe, che a fatica riusciva a tenere ferme. Il marito di Daphne, colpito e preoccupato da quella reazione, si protrasse in avanti e con aria fare gentile gli chiese:
«Professore si sente bene? Ha per caso bisogno di qualcosa?».
«A che altezza?» esclamò all’improvviso l’uomo in preda ad una strana ansia mista ad eccitazione - «A che altezza hai percepito quel formicolio? Riesci a ricordarlo?».
«Credo… credo di averglielo già detto: all’altezza delle scapole» balbettò timidamente l’altro stranamente imbarazzato da quella domanda.
Non appena ricevette quella risposta, il Professor Avalon si alzò di scattò e senza curarsi di nulla si diresse a grandi passi verso il corridoio dal quale era arrivato Thoren. Quest’ultimo però, sebbene confuso dalla stranissima reazione dell’insegnante di Percezione Cognitiva, era più ce mai deciso a scoprire il senso delle sue visioni. Di conseguenza, al fine di non lasciarsi “scappare” l’unica persona in grado di dargli una risposta, si alzò a sua volta e, gridando in direzione dell’uomo, disse:
«Professore, professore! La prego… la prego mi aiuti, mi aiuti a capire cosa sta accadendo. Sono giorni che non riesco a dormire, il solo chiudere gli occhi per più di dieci secondi mi terrorizza. La sofferenza e la morte, che accompagnano il trascorrere delle mie notti, mi stanno facendo diventare matto. Per favore… non mi lasci così…».
Avalon, colpito nel profondo dell’animo dalla disperata supplica del ragazzo, si fermò sotto l’arco in pietra che connetteva la sala al corridoio. Tuttavia non si scompose e, continuando a dare le spalle al giovane Paladino, rimase in attesa… in attesa che questi gli ponesse la fatidica domanda. L’insegnante, infatti, dopo aver dedicato gran parte della sua vita ad interpretare i sogni delle persone… a risolvere i loro problemi, sapeva bene quale fosse il dubbio, la somma paura che li affliggesse e li accomunasse. Lo stesso Thoren non faceva eccezione e, approfittando della situazione, non esitò a chiedere con voce tremula:
*«Signore, questi sogni… quello che vedo, lei non pensa che accada realmente, vero?».
Avalon prese un profondo respiro, poi con fare freddo e distaccato gli rispose:
«Non ritengo saggio per te indugiare su questi sogni, Thoren. Ritengo sia meglio se tu… li butti via»*.
Il marito di Daphne, sollevato da quell’affermazione, fece di sì con la testa e, inchinandosi leggermente, sibilò:
«La ringrazio immensamente per il suo consiglio».
L’insegnante di Percezione Cognitiva non replicò nulla, ma il movimento delle sue labbra sembrò disegnare la parola “perdonami”. Una volta che Avalon ebbe abbandonato la stanza, Thoren, sentendosi alleggerito dal peso di quelle preoccupazioni, s’incamminò verso la porta indicatagli poco prima al fine di raggiungere la sua amata metà.
«Diamine! Non è possibile anche questo testo non è servito a nulla!» starnazzò una giovane donna dai lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo, mentre scagliava un antico tomo contro una finestra.
«Professoressa Daphne, la prego… la prego di… di calmarsi» balbettò un uomo anziano nascosto dietro una scrivania il legno.
«Calmarmi?!» gracchiò la Principessa Ereditaria di Domino - «Come posso calmarmi se dopo quasi due settimane non sono neanche riuscita a decifrare una sola lettera di questo libro?».
«Io capisco il suo disappunto, mi creda. Tuttavia prendersela con i nostri manoscritti non serve a nulla» puntualizzò l’altro chinandosi per raccoglire il testo da terra.
L’affermazione, velata da una punta involontaria di sarcasmo, non fece altro che peggiorare la situazione. Il nervosismo e la rabbia di Daphne raggiunsero infatti il loro massimo e l’unica “valvola di sfogo”, che la fata fu in grado di scorgere in quel momento, era rappresentata dal suo stesso interlocutore.
«Lei ha ragione, Mastro Harris. I libri non hanno alcuna colpa, l’unico responsabile di questi miei continui fallimenti è… è lei. Come fa a definirsi “Custode del sapere della scuola di Fonterossa”, se non è in grado di procurarmi un cifrario decente. Lei è un incompetente!».
L’uomo non ebbe neanche il tempo di replicare alle offese della donna che fu costretto a ripararsi nuovamente dietro il suo bancone da lavoro. Daphne aveva iniziato a lanciargli contro ogni sorta di oggetto le capitasse a tiro e, non contenta del risultato, si mise ad inseguirlo per tutta la biblioteca. Mastro Harris, terrorizzato dalla furia della Principessa e preoccupato per la sua incolumità, cercò di raggiungere il cancello d’accesso in modo tale da poter scappare il più lontano possibile. La bionda intanto, dopo aver recuperato un lungo bastone di legno con il quale l’anziano era solito indicare i tomi posti sugli scaffali più in alto, si lanciò sul suo “avversario” per impedirgli la fuga. Questi, raggiunto ormai l’ingresso della biblioteca, capì che non aveva il tempo di aprire una delle ante dell’ingresso. Di conseguenza, percependo l’avvicinarsi del fendente fatale, si rannicchiò sulle ginocchia e si coprì la testa con le braccia. Daphne era pronta a colpirlo, tuttavia in quello stesso istante il cancello in ferro fu aperto da Thoren, che senza capirne il motivo fu colpito in pieno volto.
«Scusami ancora amore mio, non volevo far del male a te» sibilò, dispiaciuta, Daphne, mentre posava delicatamente un impacco di ghiaccio, recuperato da Mastro Harris, sulla guancia del marito.
«Un momento… allora aveva intenzione di colpirmi sul serio!» sbottò l’anziano custode della biblioteca, ma uno sguardo infuocato della ragazza lo fulminò all’istante.
«Perdonami mia adorata calamità naturale… perché mai volevi attentare alla salute di Mastro Harris?» farfugliò Thoren con tono confuso poiché non ancora ripresosi dal colpo subito.
La Principessa Ereditaria di Domino, allora, si lasciò cadere su una sedia posta accanto a lui e, dopo aver controllato che l’anziano custode non li stesse vedendo, gli porse un antico libro. Quest’ultimo aveva una copertina rilegata in pelle color magenta e una grande mezza luna bianca e azzurra impressa su di essa. Il giovane Paladino rimase affascinato dall’antico manoscritto e, senza pensarci troppo, si affrettò a chiedere alla moglie cosa fosse. Daphne, controllato per una seconda volta che Mastro Harris non prestasse loro attenzione, gli rispose a bassa voce:
«Questo è il Libro Sirenix. Vedi, circa… circa due settimane fa, poco prima della nostra partenza per “tu-sai-dove” per fare “tu-sai-cosa”, l’ho ritrovato nella mia stanza ad Alfea. Il Libro Sirenix, infatti, ha una particolarità: appare e scompare quando meno te lo aspetti. Di norma si trova all’interno della Biblioteca di Alfea, ma, quando delle fate intraprendo la ricerca per ottenere il Potere Sirenix, il testo si manifesta loro per dare nuovi indizi e missioni utili allo scopo. Tuttavia questa volta… questa volta c’è qualcosa che non va. Io ho completato le sfide del Libro e ho ottenuto il Sirenix diversi anni fa, quindi non riesco a capire il motivo della sua comparsa. Come se non bastasse, ho notato una seconda stranezza: al tomo sono state aggiunte delle pagine… pagine che non avevo mai letto prima. Il problema è che sono criptate e, nonostante abbia spulciato ogni singolo cifrario presente in questa Biblioteca, non ho trovato nulla che possa aiutarmi. Ho… ho la sensazione che il Libro voglia dirmi qualcosa, ma se non riesco a capire il suo contenuto non saprò mai la verità. Non mi sono mai sentita così impotente e demoralizzata».
Thoren, incuriosito dal racconto della moglie, iniziò a sfogliare il tomo, rendendosi conto che, proprio come gli era stato detto, le ultime pagine erano scritte con caratteri incomprensibili e mai visti prima. All’improvviso però la sua attenzione fu catturata da un piccolo frammento di testo posto all’inizio della parte criptata, quasi ne rappresentasse l’introduzione.
«Questo… questo è… è…» balbettò il ragazzo in preda ad una strana eccitazione, mentre le mani gli fremevano.
«Ah… te ne sei accorto anche tu» intervenne la Principessa Ereditaria di Domino - «Quella pagina è l’unica che presenta una criptaggio diverso dalle altre.
Il Paladino, però, non sembrò rendersi conto di quelle parole e, presa carta e penna, si mise a scrivere prestando un’attenzione maniacale al codice impresso sul Libro Sirenix. Daphne si limitò ad osservarlo non sapendo se chiedergli o meno cosa stesse facendo. Trascorsero un paio di minuti di silenzio finché Thoren, alzando le braccia al cielo in segno di vittoria, urlò:
«Evviva! Ci sono riuscito!».
«Riuscito in cosa?» gli domandò la moglie con scetticismo.
«Ho decifrato la pagina, adesso è perfettamente comprensibile» spiegò, soddisfatto, il Paladino sventolando un foglio di carta davanti al viso dell’altra.
«Non è possibile! Come diamine ci sei riuscito?! Io ci ho provato per quindici giorni senza riuscirci» lo incalzò la bionda scuotendolo animosamente per le spalle.
Il ragazzo, liberatosi a fatica dalla presa della moglie, si risedette e, invitando l’altra a fare lo stesso, le disse con fare imbarazzato:
«Quando ero piccolo, mio padre mi scriveva dei messaggi criptati e io dovevo decifrarli. Diciamo che per noi era una sorta di gioco e trascorrevamo intere giornate divertendoci in questo modo. Comunque… tra i numerosi cifrari adoperati da papà, ve ne era uno che era solito chiamare “Pigpen”, lo stesso presente nel Libro Sirenix. Ad essere sinceri lo usava molto raramente e non voleva che io lo adoperassi in altri contesti al di fuori del nostro gioco. Sinceramente non so il perché, forse lo riteneva troppo semplice e facile da decriptare. Tuttavia non conoscendo le chiavi di lettura, risulta impossibile poterlo leggere. Per questo motivo non sei riuscita a decifrare la pagina».
«È davvero strano» esclamò Daphne sovrappensiero - «Ho controllato tutti i cifrari esistenti, anche quelli nati e diffusi su Eraklyon. Il Pigpen, però, non era menzionato da nessuna parte».
«Evidentemente o è molto antico o è poco considerato» ipotizzò l’latro facendo spallucce.
«Probabile… adesso però che ne dici di farmi leggere questa pagina?» esclamò la Principessa Ereditaria di Domino in preda all’eccitazione.
«Ecco a te» replicò il ragazzo porgendole il pezzo di carta - «Ero così concentrato su ciò che stavo decifrando che non ho minimamente prestato attenzione al significato delle parole. Quindi leggi ad alta voce… sono curiosissimo».
Daphne sorrise, poi prendendo il foglio tra le sue mani lesse il reale contenuto della pagina:
«A te, mia giovane fata. A te, che il destino tutto ti ha dato e tutto ti ha tolto, dedico le ultime pagine del mio libro. Forze oscure e potenti sono all’orizzonte. L’ombra della morte si ingrandisce sempre più e opprime i nostri cuori. La battaglia finale è alle porte, nulla può più essere lasciato al caso. La tua ricerca comincia adesso, ma sappi che sarà molto più difficile rispetto all’ultima volta. L’arcobaleno è sempre in movimento, trovalo… fallo tuo e lascia che ti conduca alle origini, alle origini del tuo vero potere. A te, mia Ninfa del Sirenix affido il compito di vegliare sulla sacra Fiamma. A te, mi adorata Daphne dono la mia forza, il mio retaggio, la mia… la mia bacchetta, con la viva speranza che il Draconix non ti abbandoni mai».
Marito e moglie rimasero pietrificati dal significato del testo. Entrambi, seduti l’una accanto all’altro, si guardavano inebetiti e spaventat. In particolare la sorella di Bloom non riusciva a credere che quel messaggio fosse indirizzato proprio a lei. Dopotutto il Libro Sirenix era stato scritto chissà quanto tempo prima della sua nascita: non era possibile che l’autore potesse sapere quelle cose, potesse sapere della sua futura esistenza. Il pezzo di carta trascritto da Thoren cadde dalle mani della ragazza e si adagiò sul pavimento di legno della Biblioteca di Fonterossa. In quello stesso istante il cancello d’accesso si spalancò e Elizabeth, stanca e affannata, corse verso i due. Questi sembrarono non accorgersi minimamente della presenza della Fata degli Elementi, la quale si posizionò davanti a loro e con voce carica di eccitazione, mista ad un po’ di affanno, esclamò:
«Faragonda… Faragonda si è svegliata!».
 
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Note dell’autore: Ben ritrovati gente!!! Eccoci al nuovo (questa volta per davvero XD) capitolo della seconda parte della fanfiction. Se dovessi trovare un aggettivo per descriverlo, lo definirei movimentato… movimentato non per l’azione (completamente assente a dire la verità XS), ma per il semplice fatto che si salta rapidamente da una scena all’altra. In passato vi dissi che ero restio a scrivere capitoli del genere perché troppo complicati per stargli dietro, tuttavia determinate volte sono necessari per velocizzare la narrazione altrimenti troppo pesante 😉. Credetemi se vi dico che ci ho buttato letteralmente il sangue ahahahahahahahahah, considerando che l’ho scritto nella prima e seconda settimana di agosto con quel caldo infernale D:. Anyway… tralasciando i miei problemi, veniamo al contenuto del testo. Nella prima parte assistiamo al tormentato “chiarimento” tra Bloom e Sky, i quali non si erano più parlati dal giorno della scoperta della reale identità del Custode della Fiamma della Fenice. Purtroppo le cose tra i due non vanno come previsto e, a causa dell’orgoglio e della testardaggine che li accomuna, finiscono per litigare. Come se non bastasse a ciò si aggiunge anche l’improvviso malessere della Fata della Fiamma del Drago dovuto, per il momento XD, a cause misteriose. Subito dopo l’attenzione si sposta su Elizabeth che, avendo ascoltato tutta la conversazione trai due, vorrebbe intervenire e consolare l’amica. Tuttavia, proprio com’è capitato a Bloom, la ragazza non sa se il suo intervento possa risolvere le cose o peggiorarle 😊. In seguito si passa alla breve discussione che Timmy e Nex hanno con il resto del gruppo e al brusco allontanamento del Paladino (mi raccomando prestate attenzione ai dettagli 😉). Successivamente abbiamo l’ennesimo cambio di prospettiva (mamma mia ho esagerato proprio haahhaahahahahahah), la narrazione si concentra su Thoren e sui suoi incubi ricorrenti. Io credo che molti di voi abbiano già capito a cosa voglia riferirsi quella visione XD. Ciononostante vi pongo due quesiti: 1) Secondo voi cosa rappresenta la terza sfera, quella dorata? 2) A cos’è dovuto lo strano comportamento di Avalon? Pensate abbia a che fare con il significato della visione? Come sempre vi invito a riflettere sui dettagli più insignificanti :D. Il dialogo racchiuso con * è stato copiato e poi adattato dal quarto film di Harry Potter: Il Calice di Fuoco. Nella parte finale del testo ritorna sulla scena Daphne, impegnata nel decifrare le nuove pagine comparse sul Libro Sirenix (apparso nel capitolo 29 della prima parte XD). A seguito di una breve sequenza comica (ogni tanto sono necessarie 😊), la ragazza, grazie all’aiuto inaspettato del marito, riesce a decifrare la prima pagina e a scoprire che il messaggio criptato è inspiegabilmente indirizzato a lei (mamma mia che confusione ahahahahahahahahah). Un ultimo appunto e poi vi saluto, giuro XD. Il cifrario Pigpen esiste realmente ed era impiegato dalla massoneria nel 1700; il messaggio cifrato, presente sotto forma di immagine, invece è la reale trasposizione crittografata del testo “in chiaro” mediante l’uso del Pigpen :D. Beh… penso di avervi detto tutto XD. Un saluto e alla prossima :D :D :D.
Yugi95

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Capitolo 3
*** Capitolo III – Il momento della verità ***


Capitolo III – Il momento della verità
 
La notizia del risveglio di Faragonda si sparse rapidamente in tutta Fonterossa. Le Winx, gli Specialisti, Saladin, Codatorta, Griselda e tutti gli altri insegnati, presi da un’incontenibile felicità ed eccitazione, si diressero in blocco all’infermeria della scuola. La voglia di rivedere, di risentire… di riabbracciare la donna aveva prevalso sulle paure, le ansie, le discussioni. Tuttavia il nutrito gruppo fu bloccato ancor prima di entrare nella stanza da Ofelia e dai suoi aiutanti. L’infermiera fu irremovibile: nessuno avrebbe incontrato la Preside di Alfea fino a quando lei non avrebbe ultimato una serie di analisi di rito al fine di scongiurare possibili ricadute e/o altri problemi. Di conseguenza, seppur amareggiati e delusi, i presenti furono costretti a rinunciare ai loro buoni propositi. Soltanto ad Elizabeth fu concessa la possibilità di tenere compagnia a Faragonda dal momento che, le sue amorevoli attenzioni per la donna e la sua ostinazione a non volerla lasciare neanche per un secondo, avevano profondamente colpito Ofelia e il suo staff. La Fata degli Elementi, estremamente grata per l’opportunità ricevuta, trascorse la notte in compagnia della Preside felice di riaverla finalmente al suo fianco. Il mattino seguente Saladin e la Griffin, informata da quest’ultimo dell’improvviso miglioramento della sua collega, ebbero l’opportunità di avere un colloquio privato con Faragonda. In particolare i due la misero al corrente delle ultime novità, dell’udienza presso la Grande Assemblea di Magix e della loro volontà di rivelare la verità su Cassiopea anche al resto degli insegnanti. La Direttrice di Alfea, com’era stato pronosticato dalla sua collega di Torrenuvola, non si oppose a questa decisione, ma non nascose la sua preoccupazione in merito ai pericoli che tali rivelazioni avrebbero comportato per i loro sottoposti. Concluso il breve scambio di battute tra i tre, Saladin la Griffin si congedarono e si diressero all’aula magna dell’accademia per Specialisti, luogo in cui alle 11.00 si sarebbe tenuta la riunione con il corpo docenti di entrambe le scuole.
«Come ti senti oggi, cara?» domandò dolcemente Eldora alla ragazza dai capelli verdi stesa in uno dei letti dell’infermeria.
«Meglio, decisamente meglio» rispose l’altra, cercando di fare forza contro la spalliera per mettersi dritta - «Le ferite inferte da Acheron sono quasi del tutto scomparse».
«Devi ringraziare Ofelia per questo, ha fatto davvero un ottimo lavoro» esclamò una terza donna seduta su una sedia a rotelle e intenta ad osservare il tranquillo panorama fuori da una delle finestre.
«Anche lei dovrebbe, Direttrice Faragonda» replicò l’altra scherzosamente - «Sono contenta di vederla in salute».
«Grazie Selina, lo stesso vale per me» concluse la Preside di Alfea con un sorriso.
Poco dopo Ofelia, seguita da Bloom e Elizabeth ormai diventante quasi due assistenti per lei, entrarono nella stanza. Le giovani fate trasportavano a fatica un grosso carrello di metallo dotato di due ripiani sovrapposti. Su quello superiore vi erano diversi piatti caldi contenenti un’abbondante quantità di cibo; su quello inferiore si trovavano invece una decina di candide coperte piegate e una serie infinita di cuscini profumati. Le ragazze presero le lenzuola e si diedero da fare per sostituirle a quelle presenti sui letti dell’infermeria. Le due, sotto lo sguardo vigile e severo di Ofelia, riordinarono dapprima la camera poi, dopo aver preso dei piccoli vassoi in plastica da un armadietto, servirono il pasto alle persone lì presenti. Nell’eseguire tale compito la rossa non poté fare a meno di notare lo sguardo compiaciuto e divertito di Selina.
«Che c’è?! Cos’hai da ridacchiare tu?!» sbraitò Bloom innervosita da quel comportamento.
«Io? Niente…» cinguettò l’ex-strega dei serpenti - «Pensavo solo a quanto sia ironico vedere una principessa del tuo lignaggio comportarsi da cameriera».
 La Fata della Fiamma del Drago digrignò i denti per la rabbia e, cercando di non alzare troppo la voce per non svegliare Musa, starnazzò incurante della presenza di Eldora, Faragonda e Ofelia:
«Ringrazia il fatto di trovarti in un letto d’ospedale, altrimenti ti avrei già fatto ingoiare il vassoio del pranzo!».
Selina, al contrario di quanto si aspettasse la sua amica, scoppiò a ridere contenta di poter nuovamente litigare con una delle persone a lei care. Anche Faragonda ed Elizabeth ridacchiarono tra loro, divertite da quel rapido scambio di battute. La Fata degli Elementi si era infatti avvicinata alla Preside di Alfea per cambiarle il cuscino, sul quale poggiava la schiena mentre era sulla sedia a rotelle. Le due erano ormai molto legate, non vi era attimo che la ragazza non fosse pronta ad aiutare e supportare l’altra. Da quando Faragonda le aveva salvato la vita, Elizabeth le era sempre stata vicino sperando di poter ricambiare in qualche modo. Allo stesso modo la Direttrice non se la sentiva di separarsi da quella ragazza così gentile e affabile. Tuttavia sapeva bene quanto fosse scorretto e ingiusto, sia sul piano professionale che quello personale, questo suo attaccamento. Elizabeth era giovane e come tutti i giovani aveva il diritto di godersi appieno la propria vita senza dover pensare costantemente a lei. Doveva uscire da quell’infermeria, doveva tornare a vivere il mondo, doveva… doveva stare non con una vecchia fata brontolona ma con il suo fidanzato. Nonostante fosse convinta di quelle cose, nonostante volesse solo il meglio per la sua allieva, apprezzava enormemente la compagnia di Elizabeth… la sola compagnia che era capace di riempire quel vuoto che da troppi anni si portava dentro il cuore. Terminato il pranzo, Faragonda fu aiutata dalle due ragazze a tornare nel suo letto, mentre Eldora, su suggerimento della sua allieva, si diresse da Musa per controllare come si sentisse. La Fata della Musica, svegliatasi alcuni minuti prima, nonostante fosse ancora abbastanza assonata, fu contenta di quella gentilezza e, lasciandosi accarezzare i suoi lunghi capelli, si crogiolò tra le coccole della donna. L’essere stata controllata da Acheron durante lo scontro nella Sala del Flusso Interrotto non era stata affatto un’esperienza piacevole e in un certo modo aveva condizionato la sua convalescenza. Più di una volta era infatti capitato che la ragazza si svegliasse nel cuore della notte in preda al panico urlando e graffiandosi diverse parti del corpo fino a farle sanguinare. Era terrorizzata dall’idea che il Creatore del Legendarium si trovasse ancora dentro di lei, temeva che da un momento all’altro lui avrebbe ripreso il controllo e iniziato a far del male alle persone che amava. Una sera gli incubi erano stati così violenti e spaventosi che Ofelia e Elizabeth dovettero legarla al letto al fine di evitare che Musa continuasse a torturarsi gli avambracci. Fortunatamente con il passare dei giorni quella sensazione di malessere, oppressione e non appartenenza del proprio corpo era pian piano diminuita fino a scomparire del tutto, dando modo alla fata di Melody di tornare a sognare.
«Bene, penso sia arrivato il momento di farvi riposare un po’» esordì l’infermiera di Alfea, dopo aver controllato le ultime analisi.
«Concordo con Ofelia: meglio non farvi affaticare troppo per oggi» aggiunse la Fata Madrina dolcemente.
Quest’ultima, una volta che ebbe salutato Musa e Selina con un affettuoso bacio, si diresse insieme a Bloom ed Elizabeth alla porta d’ingresso dell’infermeria della scuola per Specialisti. In quello stesso istante però un rumore, proveniente dall’esterno, riecheggiò per la stanza: qualcuno aveva appena bussato. L’infermiera di Alfea, sebbene infastidita da tutto quel via vai di persone, su esortazione di Faragonda acconsentì a lasciar entrare i nuovi arrivati:
«Avanti!».
Una delle ante di legno si spalancò consentendo l’ingresso ad una dozzina di persone. Queste entrarono nella piccola anticamera dell’infermeria lentamente, quasi in punta di piedi temendo che il loro eccessivo numero potesse infastidire la “padrona di casa”. Ofelia, infatti, andò immediatamente su tutte le furie e, armata di un’asta porta flebo, era pronta a rispedire indietro quell’orda. Tuttavia la Preside della scuola per fate fu più rapida e, sfoggiando uno dei suoi meravigliosi sorrisi, esclamò:
«Ragazze, ragazzi... che bello vedervi. Sono contenta che siate tutte sane e salve, spero solo di non avervi fatto preoccupare troppo».
A quel punto le Winx non riuscirono più a trattenersi. Falciando per l’aria la povera Ofelia, si gettarono su Faragonda riempiendola di baci, abbracci e carezze. La donna, emozionatasi per l’affetto dimostrato dalle sue amate allieve, non riuscì a trattenere le lacrime. Allo stesso modo anche la gioia delle ragazze, comprese Musa e Selina, sfociò in un acuto pianto liberatorio. Gli Specialisti, i due Paladini e Max, costretto da Timmy e Brandon ad abbandonare il suo esilio forzato, sebbene cercassero di mantenere un certo tono di distacco e indifferenza temendo che il contrario li avrebbe fatti apparire meno virili, non riuscirono a nascondere la felicità provata in quel momento. Tutti erano contenti di essersi finalmente riuniti; tutti erano contenti di sapere che, nonostante il male subito, nessuno rischiasse più la vita; tutti erano contenti… tutti tranne Bloom e Elizabeth. L’improvvisa comparsa di quelle persone, dei loro vecchi amici le aveva mandate in crisi. Non erano ancora pronte ad affrontarli, non se la sentivano di rivolgere loro la parola e di prendere parte a quei festeggiamenti. Di conseguenza le due, cercando di non farsi vedere dalle altre, si mossero piano piano verso l’uscita. Tuttavia, quando gli mancavano solo cinquanta centimetri per raggiungere l’uscio, furono freddate dalla svampita e ingenua voce di Eldora:
«Ragazze perché ve ne state andando? Forza, venite qui!».
In quello stesso istante i presenti, allertati dalle parole della Fata Madrina, si voltarono verso le ragazze. Queste, non riuscendo a sopportare tutti quegli occhi puntati su di loro, chinarono il capo per l’imbarazzo e la vergogna. In particolare la Principessa di Domino, non appena incrociò lo sguardo deluso di Sky, percepì un tuffo al cuore. Indietreggiò leggermente e, quasi sentisse il bisogno che qualcuno la proteggesse e la portasse via da quel posto, afferrò il braccio di Elizabeth. La Fata degli Elementi, però, non era messa meglio; le sue pupille infatti si muovevano in continuazione spostandosi dal volto confuso e dolce di Faragonda, a quelli tristi di Tecna, Stella e Daphne per poi posarsi sull’espressione dura e arcigna della Principessa di Andros. Questa, affiancata da Nex e dalla sua migliore amica, aveva le braccia incrociate e con l’indice destro ticchettava nervosamente sul suo braccio sinistro. Era come se stesse aspettando con un una certa impazienza che la Fata degli Elementi lasciasse l’infermeria. Non l’aveva ancora perdonata… non le aveva ancora perdonato il fatto che lei, il suo fidanzato e la stessa Custode della Fiamma del Drago avessero mentito a tutti loro mettendoli inevitabilmente in pericolo. Per ben due settimane non aveva fatto che disprezzarli con tutta se stessa e ogni qual volta una delle sue compagne cercasse di farla ragionare, andava su tutte le furie. Se c’era una cosa che la Fata dei Fluidi proprio non tollerava, quella era il tradimento… il tradimento della sua fiducia. Resasi conto della situazione, Elizabeth, al fine di garantirsi una rapida e non-dolorosa via di fuga, sibilò:
«Ecco… io e Bloom abbiamo delle faccende urgenti da sbrigare. Dobbiamo proprio andare».
La rossa girò la testa verso la fidanzata di Max e, abbozzando uno spento sorriso di gratitudine, sembrò ringraziarla per averla salvata da quella spinosa “riunione di famiglia”. Tuttavia le due, già pronte a pregustare la tanto agognata libertà, non avevano minimamente preso in considerazione chi tra i loro amici non sapesse nulla di quei problemi. Selina, infatti, si rivolse loro dicendo:
«Ma come avete da fare?! Siamo finalmente riusciti a riunirci e voi… voi ve ne andate. Io proprio non vi capisco».
«Sono d’accordo» aggiunse subito dopo Musa con tono infastidito - «Ho appena superato i quindici giorni più brutti della mia vita: se permettete gradirei la compagnia delle mie amiche… di tutte le mie amiche»:
Elizabeth e Bloom non riuscirono a replicare nulla, si sentivano troppo in colpa per poter continuare ad insistere. Di conseguenza le due si limitarono a farfugliare frasi senza senso. Il loro balbettio fu però ben presto sostituito dalla fredda ma stranamente pacata voce di Aisha, la quale, andandosi a porre tra le due ragazze e il resto del gruppo rimasto vicino a Faragonda, esclamò:
«Se hanno delle cose urgenti da risolvere, penso sia giusto lasciarle andare. Dopotutto avremo tempo per stare insieme. Elizabeth, Bloom non preoccupatevi: la vostra assenza non sarà un così grande peso per noi».
I presenti ascoltarono quelle parole di ghiaccio in silenzio, nessuno osò opporsi al volere della Principessa di Andros… neanche Musa e Selina, le quali stavano pian piano iniziando a capire che un qualcosa di molto grave era successo. La Fata della Fiamma del Drago e quella degli elementi invece, sebbene le affermazioni di Aisha le avessero profondamente addolorate, le furono allo stesso tempo grate per aver definitivamente messo la parola fine a quella discussione. Avrebbero finalmente potuto allontanarsi da quel posto; avrebbero finalmente potuto evitare gli sguardi e le cattiverie degli altri; avrebbero potuto finalmente essere libere; avrebbero potuto ma… ma il destino decise diversamente. Un’esile figura femminile, facendosi largo tra i suoi amici, si affiancò alla Fata dei Fluidi e mettendole una mano sulla spalla sibilò:
«Adesso basta, Aisha. Mi sono stancata di questa storia!».
Gli sguardi dei presenti si concentrarono immediatamente sul centro della stanza e in particolare sulla Principessa di Andros. Quest’ultima, nonostante il tono di sfida della sua interlocutrice, assunse un’espressione stranita, quasi stupefatta: non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere da quella persona.
«Flora, io… io…» balbettò la Fata dei Fluidi timidamente cercando di replicare a sua volta, ma l’altra la interruppe:
«Elizabeth, Max e Brendon sono nostri amici, non meritano questo trattamento. È vero forse non ci avranno fin da subito detto la verità, ma ormai non ha più importanza. Dopotutto in più di un’occasione hanno corso numerosi pericoli per aiutarci e tu, più di noi altri, dovresti esserne consapevole. Se oggi sei qui, è solo grazie ad Elizabeth».
Il nome della Fata degli Elementi riecheggiò per alcuni secondi, poi calò il silenzio. Aisha era ancora di fronte alla sua migliore amica, le sue labbra erano sigillate e le mani chiuse a pugno. Lo sguardo della Principessa di Andros era cambiato, nei suoi occhi si poteva quasi scorgere la furia che dall’interno le stava squassando. Al contrario Flora era rimasta impassibile, sul suo volto non vi era traccia di rabbia, cattiveria o delusione. La Fata della Natura era semplicemente in attesa… in attesa di una replica da parte della sua interlocutrice. Il resto dei presenti, ad esclusione di Ofelia e Eldora che ancora non riuscivano a comprendere appieno la situazione, era invece rimasto al proprio posto; ciascuno di loro era teso come una corda di violino e aveva il cuore che batteva a mille. L’aria all’interno dell’infermeria era diventata improvvisamente pesante, elettrica… la benché minima scintilla avrebbe potuto causare un enorme esplosione. Si stava per oltrepassare la “line a di non ritorno”; le due fate, pronte a mettere da parte la loro amicizia e ad affrontarsi fino all’ultimo per far valere le proprie ragioni, erano consapevoli che al termine di quel dibattito nulla sarebbe stato più come prima. Il Vaso di Pandora era stato aperto… si doveva solo decidere chi avrebbe avuto il coraggio di guardare al suo interno. La Principessa di Andros si morse nervosamente il labbro inferiore poi allargando le braccia esclamò con tutta la ferocia che aveva in corpo:
«Come puoi, come puoi prendere le loro difese dopo tutto quello che è successo? Ci hanno mentito, dopo tutto ciò che abbiamo fatto per loro…. ci hanno tenuta nascosta la vera natura di Brendon. Noi ci siamo fidati, li abbiamo accolti qui… ad Alfea, la nostra casa! L’hai visto… anche tu, voi tutte avete visto cos’è successo nella Sala del Flusso Interrotto. La crudeltà e la violenza con la quale ha ucciso Acheron. Voi tutti avete visto la follia impressa sul suo volto quando si è girato verso di noi. Se non avesse perso i sensi, ci avrebbe attaccato senza farsi problemi. Se uno di noi… se uno di noi fosse morto, lì… se uno di noi avesse perso la propria vita in quei gelidi sotterrane, cosa avremmo fatto?! Quali sarebbero state le conseguenze e come lo avremmo spiegati a tutti gli altri. Max, Elizabeth e perfino tu Bloom… eravate consapevoli del pericolo, sapevate che da un momento all’altro il mostro sarebbe potuto venire fuori. Nonostante ciò avete preferito tacere, avete preferito mettere in pericolo tutti noi».
Il volto della Fata dei Fluidi era diventato livido di rabbia, mentre i suoi occhi, ormai ridotti a delle fessure, si riempivano sempre più di sangue. Bloom, Elizabeth e il suo fidanzato avevano ascoltato a testa bassa quella serie di accuse, consapevoli quanto gli altri del loro effettivo fondamento. Il resto delle Winx e i ragazzi preferirono non intervenire nella discussione, temendo di peggiorare le cose. Allo stesso modo anche Eldora, Ofelia e Faragonda tacquero. Tuttavia nella mente della Preside di Alfea un’insistente e acuta voce le stava letteralmente urlando di porre un freno a quella lite prima che fosse troppo tardi. La donna, però, si costrinse a rimanere al suo posto sperando che le sue ragazze riuscissero a trovare una soluzione da sole. Una volta che Aisha ebbe finito di parlare, Flora, schiarendosi leggermente la voce, tra lo stupore dei presenti le chiese:
«Cosa pensi dovremmo fare?».
«In che senso?! Spiegati meglio» replicò, inviperita, la Fata dei Fluidi non riuscendo a cogliere appieno il senso di quella domanda.
La fidanzata di Helia prese un profondo respiro, poi assottigliando lo sguardo con tono serio si rivolese nuovamente alla sua migliore amica:
«Stando al tuo discorso loro tre si sono comportati molto male nei nostri confronti. Di conseguenza ti chiedo: cosa dovremmo fare? Quale deve essere la nostra risposta a un tale atto di tradimento, secondo te? Dopotutto è facile accusare le persone… condannarle per i crimi commessi è la vera impresa. Te lo ripeto Aisha: cosa dobbiamo fare?».
La Principessa di Andros fu spiazzata da quelle parole, non riusciva a capire quale fosse lo scopo della fata di Linphea. Se voleva davvero aiutare quei tre, perché aveva improvvisamente chiesto a lei, la persona che più li odiava in quel momento, di decidere del loro destino? Intenta a riflettere su queste cose, non si accorse che una terza persona aveva raggiunto lei e la sua interlocutrice.
«Se dipendesse da me, li manderei a casa… nella loro dimensione».
La dura voce del Principe Eraklyon trafisse come una rovente spada i cuori di Max e Elizabeth, che mai si sarebbero aspettati una tale presa di posizione da parte di un loro amico. Anche Bloom, le altre Winx, i ragazzi e la stessa Aisha furono esterrefatti, non riuscivano a credere alle loro orecchie. Solo Faragonda sembrava dar credito alle parole del ragazzo… parole che le avevano suscitato un forte senso disprezzo, represso con non poca fatica. Eldora e Ofelia infine, avendo ormai da tempo rinunciato a capirci qualcosa di quel discorso, si erano messe in disparte su una lettiga ad osservare la scena con aria trasognante.
«Sky… sei per caso impazzito?» gli domandò Brandon.
«Al contrario amico mio» replicò pacatamente l’altro - «Al momento credo di essere l’unico sano di mente. Brendon rappresenta una minaccia per la Dimensione Magica. Sarebbe inutile da parte mia ripristinare la parte di Fiamma della Fenice presente in questa dimensione, se poi permettessi che un simile mostro vaghi libero di fare danni».
«Brendon non è un mostro! Lui è… è nostro amico» urlò Max senza rendersene conto poiché accecato dall’ira.
«Sono d’accordo! Più di una volta ci ha salvato la vita, non possiamo trattarlo in questo modo» aggiunse Stella anche lei visibilmente arrabbiata.
«Tu non hai proprio il diritto di aprire bocca!» inveì Aisha avvicinandosi minacciosamente alla bionda - «Sei stata la prima a conoscere la verità, ma no… non ti è passato neanche per l’anticamera del cervello di raccontarci tutto. Hai preferito coprirli e mantenere il segreto nonostante i rischi. Se hai ottenuto il mio perdono devi ringraziare Tecna e Daphne, altrimenti ti avrei spedito nell’altra dimensione a suon di calci nel sedere».
Una vena presente sulla fronte della Fata del Sole iniziò a pulsare violentemente, un brivido le corse lungo la schiena mentre le sue narici, proprio come accade ai tori prima di una carica, inspiravano ed espiravano una grande quantità d’aria. Stella era in procinto di esplodere e i suoi amici, già pronti a coprirsi le orecchi per resistere al gran numero di decibel che di lì a poco si sarebbero scatenati, erano consapevoli che nulla di buono sarebbe potuto accadere. La ragazza, infatti, agitando i pugni per l’aria sbraitò:
«Io, io sono la Principessa di Solaria, come ti permetti di rivolgerti a me con quel tono. Tu, nulla più che la bagnina di un’immensa piscina a cielo aperto, dovresti prostrarti in ginocchio e ringraziarmi del solo fatto che ti sia rivolta la parola. Cosa credi?! Pensi che sia stato facile per me tenervi all’oscuro di tutto? Più di una volta ho pensato di raccontarvi la verità, più di una volta ho pianto da sola nel buio della mia stanza a causa dei sensi di colpa. Avrei voluto dirvelo, avrei voluto confidarmi con voi ma… ma non potevo. Avevo fatto una promessa e sul mio onore avevo giurato di mantenerla fino alla fine… fino a quando i diretti interessati non avrebbero trovato il coraggio di raccontare. Il problema è che tu non riuscirai mai a comprendere queste mie parole, sei troppo ottusa e piena di te per farlo. Credi che tutto ti sia sempre dovuto e non riesci a vedere oltre la punta del tuo naso. Non ti sei chiesta neanche per un istante per quale motivo Max e Elizabeth abbiano deciso di non rivelare il segreto di Brendon. Non hai nemmeno pensato che doveva esserci un motivo, una spiegazione alla base di tutta questa tremenda vicenda. Il mondo non è solo bianco o nero, non è diviso esclusivamente in buoni e cattivi. Tra i due opposti c’è sempre un mare di sfumature che sfuggono alla nostra comprensione. Tu tendi a parlare e ad agire prima di pensare, ma la verità è che non sai niente… tu non sai proprio niente, Aisha (Jon Snow approva XD)».
La Fata dei Fluidi accusò il colpo inferto dalle dure affermazioni dell’altra; poi senza provare a replicare o a difendersi da quelle accuse, si avventò su Stella. Fortunatamente per quest’ultima, lanciatasi a sua volta all’attacco, i ragazzi avevano intuito quello che sarebbe potuto accadere. Di conseguenza anticipando le mosse di entrambe, erano intervenuti per evitare il peggio: Thoren e Brandon si avvinghiarono alla Fata del Sole immobilizzandola, mentre Nex, Helia e Timmy fecero lo stesso con Aisha. Sotto lo sguardo incredule delle altre Winx, Eldora e Ofelia le due furono immobilizzate e costrette a sedersi ai latti opposti dell’infermeria. Faragonda rimase al contrario impassibile, il suo volto era indecifrabile, privo di qualsivoglia espressione. La delusione e la tristezza, che quella scena pietosa le aveva trasmesso, erano ben nascoste dal suo incrollabile autocontrollo... dalla sua speranza che le sue allieve sarebbero riuscite a superare a testa alta anche quell’avversità.
«Sarai contento adesso!» sbottò Musa verso il Principe di Eraklyon - «Le hai messe l’una contro l’altra e come se non bastasse hai fatto piangere Roxy».
«La prossima volta che hai una brillante idea come la precedente, per favore… tienila per te» aggiunse, infastidita, Tecna, mentre cercava di consolare la Fata degli Animali.
Le accuse delle due ragazze non sortirono alcun effetto, ma sembrarono quasi invogliare il Leader degli Specialisti a riprendere il suo discorso. Sky, abbozzando un sorrisetto di sfida, guadagnò nuovamente il centro della stanza e conseguentemente l’attenzione dei presenti. In seguito, dopo aver preso una sedia in metallo, vi ci sedette rivolgendo la sua pancia allo schienale e poggiando su questo le sue braccia incrociate. Con il mento poggiato sulle mani osservò per diversi secondi in direzione di Elizabeth e della sua fidanzata senza proferire parola. Queste ricambiarono lo sguardo ma non capirono il significato di quell’atteggiamento all’apparenza così ostile e intimidatorio. Tutto sembrò fermarsi, anche Stella e Aisha, una volta che ebbero finito di scambiarsi epiteti poco eleganti, subirono l’effetto di quell’intorpidimento. Il tempo si era congelato in quel preciso istante, nell’istante in cui il Principe di Eraklyon aveva iniziato a fissare in maniera maniacale le due ragazze. Trascorsero altri interminabili secondi finché Sky non riprese a parlare:
«Quindi la colpa… la colpa di tutto ciò sarebbe mia, giusto? Beh perdonate la mia perplessità, ma la trovo alquanto ironica come affermazione. Nel giro di ventiquattr’ore sono passato dall’essere il Custode della Fiamma della Fenice, il grande e potente salvatore della Dimensione Magica, al suo diretto opposto. Caspita adesso che ci penso no… non è ironica la cosa: fa proprio mori dal ridere».
Non appena ebbe terminato la frase, il Leader degli Specialisti scoppiò a ridere senza alcun ritegno agitandosi sulla scomoda sedia. La sua era però una risata finta, forzata e a tratti maniacale, che nascondeva in realtà una profonda rabbia. I presenti lo guardarono sbigottiti non riuscendo a credere ai loro occhi. Faceva paura, quella scena così strana era inquietante e instillava perplessità in coloro che assistevano ad essa. Gradualmente le grida divertite del Principe di Eraklyon si attenuarono finché non cessarono del tutto. Sky rimase per alcuni istanti con la testa reclinata ad osservare l’alto soffitto dell’infermeria, poi abbassando lentamente lo sguardo disse:
«No… io non centro nulla, non è mia la colpa se ci siamo ridotti a litigare tra di noi. Sono loro… sono loro i veri responsabili di questo disastro. Abbiamo permesso a degli estranei, a tre sconosciuti provenienti da un’altra dimensione di dividerci. Abbiamo riposto in loro tutta la nostra fiducia e questo è stato il risultato. Abbiamo accolto in casa nostra un mostro, l’abbiamo presentato ai nostri amici, ai nostri insegnanti, perfino ai nostri… ai nostri genitori. La colpa non è mia ma vostra, ciascuno di voi ha permesso a Max, Elizabeth e Brendon di prenderci in giro, di agire alle nostre spalle, di… di umiliarci. L’unica cosa che posso recriminare a me stesso è di non aver dato credito alle parole di Camille, quando ci ha detto di fare attenzione al demone dalle quattro cose. L’unica cosa di cui m’incolpo è il non aver distrutto quel mostro la sera del compleanno di Bloom, quando ha… ha assassinato le guardie poste a difesa del Giardino Reale».
Dal gruppo presente all’interno dell’infermeria di Fonterossa si levarono immediatamente versi di stupore e soprattutto urla di protesta. Una voce su tutte fece però valere le proprie ragioni. Elizabeth, non curandosi degli strattoni da parte del fidanzato e degli inviti di Bloom a mantenere la calma, si avvicinò al Principe di Eraklyon e guardandolo dall’alto verso il basso esclamò:
«Brendon non è un assassino! Ha sempre usato i suoi poteri a fin di bene».
Subito dopo altre persone si affiancarono alla Fata degli Elementi prendendo le difese del ragazzo. Anche Thoren, Helia e Timmy si schierarono apertamente con i loro nuovi amici lasciando sbigottito il loro caposquadra.
«Sebbene abbia tenuto nascosta la sua vera natura, non credo arriverebbe mai a commettere un omicidio» ammonì il marito di Daphne con tono severo.
«Inoltre per quale motivo avrebbe dovuto farlo?» aggiunse lo Specialista occhialuto - «Ritengo sia illogico credere ad una cosa del genere. Brendon è un bravo ragazzo, strano e inquietante ma… bravo».
«Concordo! È stato solo grazie a lui se quella notte Marcus e i suoi vampiri non ci hanno prosciugato» tagliò corto Helia sperando di convincere l’amico.
Sky non riusciva a crederci, non riusciva a credere che i suoi fidati compagni di squadra gli stessero voltando le spalle. Se fosse stato necessario, lui avrebbe dato la vita per loro. Aveva riposto in quelle persone piena fiducia, ma quella stessa fiducia era stata appena tradita. Sul viso del Principe di Eraklyon comparve una strana smorfia: era simile ad un sorriso, ma le sopracciglia aggrottate e lo sguardo truce sembravano suggerire un qualcosa che non centrasse nulla con il divertimento. Il Leader degli Specialisti era furioso, furioso con se stesso e i suoi amici. Tuttavia, nonostante ciò, cercava in tutti i modi di tenere a freno la sua rabbia al fine di rimanere lucido e di avere la forza per far valere le proprie ragione. Soltanto Brandon, poiché conosceva fin troppo bene l’indole e i modi del suo compagno di stanza, si era reso conto del suo reale stato d’animo. Di conseguenza il fedele scudiero, volendo evitare a tutti i costi malumori all’interno della squadra e, soprattutto, strappi nel duraturo rapporto di amicizia con il Principe di Eraklyon, si fece avanti esclamando:
«Sky, ti prego… cerca di capire. Non è che noi non ti crediamo, ma ci risulta alquanto difficile farlo. Le tue sono accuse gravissime e per supportarle servono prove… prove inconfutabili. Fino a quando non le avrai fornite, io e i ragazzi non potremo mai accettare un tale eventualità».
Il Leader degli Specialisti fu grato dell’intervento di Brandon. Il goffo tentativo del suo fedele scudiero di porre un freno a quella discussione, infatti, gli aveva appena concesso l’opportunità di dimostrare la veridicità delle sue affermazioni.
«Prove hai detto?!» sibilò il Principe di Eraklyon - «D’accordo, se è quello che volete… vi accontenterò».
I presenti non riuscirono a credere alle loro orecchie: c’erano delle prove a sostegno di quell’accusa così grave. Lo stesso fidanzato di Stella fu sbigottito nell’apprenderlo, maledicendo subito dopo se stesso e il suo “brillante” intervento a favore di Brendon. Al contrario Elizabeth, Max e Bloom erano ancora scettici e ascoltarono con una certa indifferenza il discorso di Sky.
«Quella sera Re Oritel chiese a me e agli altri membri della squadra di seguirlo. Avevamo il compito d’ispezionare il Giardino Reale e le mura di difesa del castello. Ad un certo punto, dopo esserci divisi, io e Nex ci dirigemmo verso l’ingresso ovest del palazzo. Fu lì che la trovammo… una profonda breccia nella parete, lambita da alte e pericolose fiamme nere. Le stesse che hanno distrutto il centro di Magix, le stesse che… che Brendon ha usato contro Acheron all’interno della Sala del Flusso Interrotto. A causa del rapido susseguirsi degli eventi, avevo completamente dimenticato quel particolare. Tuttavia un paio di giorni fa, durante uno degli esercizi di meditazione della Griffin, la mia memoria ha richiamato a sé queste immagini. Solo in quel momento ho collegato il tutto e ho avuto ben chiara la verità di quanto fosse accaduto. Brendon è il colpevole che stavamo cercando, ha assassinato le due guardie reali. Lui è il demone dalle quattro code… l’unico responsabile dell’attacco a Magix e sono sicuro che…».
«Ti sbagli!» gridò, all’improvviso, Bloom con tutta la voce che aveva in corpo - «Lui non centra niente con la distruzione della città, perché… perché quella sera era con me. Abbiamo trascorso la notte insieme cioè… a parlare, abbiamo trascorso la notte a parlare».
«Tu, cosa?!» ringhiò il Leader degli Specialisti accecato dalla gelosia - «Con chi avresti pass…».
«Questo non cambia nulla!» intervenne Aisha spiazzando il biondo e tutti gli altri - «Anche se non è il diretto responsabile dell’attacco a Magix, nulla vieta che ne fosse a conoscenza. Per di più sappiamo che è stato lui a macchiarsi dell’omicidio di quelle due guardie. Adesso che ci penso, durante la festa Brendon è improvvisamente scomparso per diversi minuti. Nessuno di noi l’ha più visto fino a quando non siamo tornati alla navetta. Se a ciò aggiungiamo quanto è stato scoperto da Sky e Nex, non vi è più alcun dubbio: è lui l’assassino!».
La Principessa di Andros volse il proprio sguardo al suo fidanzato invitandolo a confermare la teoria di Sky. Nex, sebbene mostrasse una certa titubanza, non riuscì a resistere allo sguardo della sua ragazza e, espirando in maniera alquanto seccata, disse:
«È tutto vero! La breccia nella parete ovest era stata causata da fiamme nere, fiamme molto simili a quelle usate da Brendon nei suoi attacchi».
Il volto di Aisha assunse un’espressione soddisfatta: Brendon era colpevole. Il futuro Re di Eraklyon aveva ragione, la sua ipotesi era corretta. Tuttavia al Leader degli Specialisti non sembrava più interessare. L’aver scoperto in quel modo che Bloom e Brendon fossero così intimi, aveva letteralmente gettato il suo mondo in crisi. Si sentiva tradito, umiliato e ferito da quella che era stata la sua fidanzata per ben otto anni, da quella che a breve sarebbe dovuta diventare sua moglie. Le altre Winx, gli Specialisti, Max e Elizabeth facevano davvero molta fatica a credere che un loro amico avesse potuto agire a quel modo. Anche Faragonda, informata della vera natura del ragazzo dai capelli neri quella stessa mattina dalla Griffin, cercava con tutta se stessa un modo, una spiegazione plausibile che scagionasse il giovane. Le prove erano però incontrovertibili e, a meno che qualcuno dei presenti non avesse sovvertito la situazione, il destino di Brendon e dei suoi due amici si prospettava tutt’altro che roseo.
«Non… non è stato lui!» mugugnò una timida voce femminile richiamando l’attenzione dei presenti.
«Selina?!» esclamò Eldora, preoccupata dall’eventualità che la sua apprendista potesse essere coinvolta in quella brutta storia.
L’ex-strega dei serpenti strinse nervosamente la soffice coperta del letto. Avrebbe voluto evitare di esporsi in quel modo; avrebbe voluto evitare di tradire la fiducia e il rispetto che le Winx le avevano concesso così difficilmente; avrebbe voluto evitare di deludere ancora una volta la sua Fata Madrina. Tuttavia l’affetto e l’amicizia, che la legavano a Brendon, erano più forti di qualsiasi paura o senso di colpa. La ragazza dai capelli verdi prese un profondo respiro, poi, tenendo basso lo sguardo, raccontò la sua versione dei fatti. Spiegò ai presenti di aver notato immediatamente delle strane macchie di terra bagnata sui vestiti del ragazzo dai capelli neri. Indizi che l’avevano portata a credere della sua iniziale colpevolezza. Disse loro di averlo cercato per chiedergli spiegazioni, spiegazioni che lo stesso le avrebbe fornito poco dopo averla trascinata su una delle torri minori del Palazzo Reale. Cercando di trattenere le lacrime e di resistere agli sguardi attoniti dei presenti, raccontò loro di essere a conoscenza del segreto di Brendon; della strana sensazione percepita dal suo amico quella sera; della sua “visita” al giardino in cerca di risposte; della scoperta dei due cadaveri. Sperando di non peggiorare ulteriormente la posizione di Brendon, l’ex-strega dei serpenti confidò alle Winx e agli Specialisti la proposta che aveva ricevuto dal figlio/servitore di Ksendras e di come quest’ultimo avesse sostenuto di aver già affrontato le sei fate venendo sconfitto. L’allieva della Fata madrina, infine, supplicò i suoi amici di credere a quelle parole e, soprattutto, di credere nell’innocenza del ragazzo. Una volta che Selina ebbe finito di parlare, scoppiò a piangere per la vergogna e il dispiacere. Le sue lacrime, però, non fecero altro che innervosire maggiormente coloro che in Brendon vedevano una minaccia.
«Anche tu… anche tu sapevi» sibilò la Fata dei Fluidi tremando di rabbia - «Sapevi che Brendon ha al suo interno un demone estremamente pericoloso e non hai detto nulla! Quando pensavi di dirci che Ksendras e i suoi seguaci erano intenzionati a riprendersi Belial?!».
L’altra non disse nulla e, continuando a singhiozzare, nascose la testa tra le mani.
«Dannazione! Rispondi quando di ti viene fatta una domanda» urlò il Principe di Eraklyon terrorizzando buona parte dei presenti.
Selina rialzò la testa, il suo viso era diventato completamente rosso. Il suo respiro era irregolare: brevi e rapidi singhiozzi erano infatti alternati a lunghi periodi di apnea. Gli occhi erano lucidi e le labbra, tremando per lo spavento, farfugliavano parole sconnesse. Aisha, più che mai decisa ad ottenere una risposta, si avvicinò con fare minaccioso all’ex-Strega dei Serpenti. A pochi passi dal suo letto, però, Daphne, Flora e Tecna le sbarrarono la strada.
«Aisha, adesso basta!» esclamò, perentoria, la futura Regina di Domino - «È inutile prendersela con Selina, quello che conta è che adesso siamo sicuri dell’innocenza di Brendon».
«Ma cosa diamine stai dicendo?! Non dirmi che le credi?» esclamò, confusa, la Fata dei Fluidi.
«Non possiamo fidarci di una persona come lei, né possiamo fidarci delle frottole di quel mostro» aggiunse Sky prontamente.
«Al contrario, io penso che dovremmo. Dopotutto la sua versione dei fatti combacia perfettamente» puntualizzò la Fata della Tecnologia - «Da quanto ci ha detto Selina, gli abiti di Brendon erano sporchi di terriccio. Tuttavia le guardie del giardino, secondo la ricostruzione ufficiale, sono state prese alla sprovvista ed è stata tagliata loro la gola. Non vi è stata alcuna lotta tra i due soldati e il loro assalitore, nessuna battaglia che potrebbe spiegare quelle tracce di terra. Tracce pienamente giustificate, invece, dallo scontro, secondo quanto appena riportato, tra il nostro amico e il vero aggressore. In secondo luogo, particolare che fin dall’inizio mi è sembrato strano e che solo adesso mi è chiaro, perché mai Brendon avrebbe dovuto creare una breccia nella parete ovest? Lui era tra gli invitati, si trovava già nel perimetro del Palazzo e non aveva bisogno di trovare un modo per accedervi. Certo si potrebbe pensare ad un depistaggio ma non credo che avesse il tempo materiale per aggredire le guardie, fare un buco nel muro e poi tornare alla festa. No… non è stato Brendon ad assalire quegli uomini, ma rappresenta il motivo di quell’aggressione. In fin dei conti che senso ha commettere una fesseria del genere? Uccidere a caso due soldati per poi dileguarsi nel nulla è una cosa senza senso a meno che non si voglia creare trambusto… a meno che non si voglia attirare l’attenzione di qualcuno».
Gli altri rimasero a bocca aperta: il ragionamento della loro amica non faceva una piega. Ore trascorse a fare supposizioni, a scambiarsi reciproche accuse e a difendere chi non ne era in grado, erano state appena spazzate via da una semplice ed efficace deduzione, costruita nel giro di pochi secondi da quel genio di Tecna. Tuttavia, nonostante l’evidenza, Aisha non si era ancora arresa. Non era disposta a perdonare tanto facilmente quei ragazzi che, ai suoi occhi, si erano macchiati di una colpa gravissima: l’averle mentito. Non le importava se Brendon avesse assassinato quelle persone, non le importava se fosse a conoscenza dell’attacco a Magix, non le importava… non le importava più nulla.
«Colpevole o meno, non m’interessa. Se Ksendras e i suoi tirapiedi sono sulle sue tracce, non possiamo correre il rischio che Brendon vaghi libero per la Dimensione Magica: deve essere rimandato indietro! Dopotutto fu Faragonda a stabilire che, una volta recuperato il medaglione, Elizabeth, Max e Brendon tornassero a casa loro».
La Preside di Alfea, chiamata in causa dalla sua allieva, fu stanca di rimanere ad osservare la scena. Sebbene fosse stata la prima a sostenere che, per il loro bene, i tre ragazzi dovessero ritornare nella loro dimensione, troppe cose erano cambiate e in quel momento non se la sentiva più di continuare a sostenere quella tesi. Tuttavia i presenti furono più veloci e l’anticiparono.
«Questo è fuori discussione!» esclamò Daphne incrociando le braccia - «Elizabeth e gli altri torneranno nella loro dimensione soltanto quando saranno loro stessi a volerlo. Noi non cacceremo nessuno!».
«Per di più se qualcuno è alla ricerca di Brendon non possiamo correre un simile rischio» esordì Timmy.
«Esatto! Non vi luogo più sicuro di Fonterossa, Ksendras non potrà mai mettere le sue sporche mani su di lui» aggiunse Thoren con sicurezza.
A quel punto la Principessa di Andros, trovandosi da sola contro il resto del gruppo, si voltò verso Sky e Nex in cerca del loro appoggio. I due, però, non raccolsero il disperato appello della ragazza. Il Leader degli Specialisti, infatti, sembrava aver ormai rinunciato a far valere il suo punto di vista e, sebbene l’orgoglio non glielo avrebbe mai fatto ammettere, aveva iniziato a riconsiderare le proprie opinioni in merito. Dopotutto non soltanto Max, Elizabeth e Bloom avevano difeso Brendon con le unghie e con i denti, ma anche le altre Winx e i suoi compagni di squadra avevano preso una posizione ben diversa dalla sua. Di conseguenza il Principe di Eraklyon si era piano piano convinto che doveva pur esserci un motivo che spingesse tutti loro a prendere le parti di quello che ai suoi era ancora un orribile mostro. Allo stesso modo il fidanzato di Aisha, apparso fin da subito poco convinto della fondatezza di quelle accuse, preferì non insistere oltre rimanendo in silenzio. Realizzato di essere ormai sola, Aisha chinò rassegnatamente la testa limitandosi a fissare il grigio pavimento della stanza. Le ragazze, nonostante fossero felici che quell’inutile discussione fosse giunta finalmente a termine, non poterono fare a meno di notare il disappunto della loro amica. In fin dei conti sapevano bene quanto fosse cocciuta la Principessa di Andros e quanto fermamente credesse nei propri ideali. Già in passato, infatti, avevano dovuto “fronteggiare” questo difficile aspetto del suo carattere. A prescindere da ciò, le Winx erano convinte che, proprio com’era accaduto quattro anni prima, la loro determinazione, l’affetto nei confronti di Aisha, il buon senso di quest’ultima e, soprattutto, l’inossidabile amicizia che le legava avrebbero risolto anche quell’orribile situazione.
«Aisha, torniamo in camera nostra. Abbiamo altro di cui parlare» esclamò, all’improvviso, Flora con voce dolce mettendo una mano sulla spalla dell’amica.
La Fata dei Fluidi alzò lentamente il capo, mentre dagli angoli degli occhi iniziavano a colarle fiotti di lacrime. Incrociò lo sguardò della sua compagna di stanza e, incespicando un paio di volte con la lingua, mugugnò:
«Flora, ti prego… spiegami perché mai dovrei fidarmi di loro tre. Perché mai dovrei far finta di nulla e perdonarli per avermi mentito? Perché mai dovrei permettere al mostro, che si trova all’interno del corpo di Brendon, di continuare ad esistere? Io… io sono stanca di litigare con voi, con tutte voi. Sono stanca di fare la parte della cattiva pronta a fregarsene dei sentimenti altrui. Sono stanca di provare questo risentimento, questo odio nei confronti dei miei amici. Per questo motivo ti chiedo, anzi ti… ti scongiuro di farmi capire il motivo di tutto questo. Dammi l’opportunità di provare affetto, compassione… amore per un essere che ha la capacità di portare la morte ovunque vada. Un essere che può usare quelle stesse fiamme nere che hanno distrutto Magix, quelle stesse fiamme nere che per poco non mi hanno uccisa. Per favore da un senso a tutto questo, perché per me non ce l’ha».
Quelle parole lasciarono i presenti alquanto interdetti, incapaci di capire cosa Aisha volesse veramente. Soltanto Flora sembrava avere compreso il senso di quelle domande… domande che lei stessa si era posta un po’ di tempo prima. La Fata della Natura inspirò profondamente, quasi avesse voluto raccogliere tramite quel gesto tutto il coraggio e la determinazione possibili per rispondere alla sua amica; poi, una volta che si fu decisa, con un filo di voce disse:
«Hai ragione, tutta questa situazione sembra non avere alcun senso. Anch’io la pensavo come te; anch’io ero arrabbiata con loro; anch’io avevo il bisogno di capire; anch’io… anch’io avrei ucciso Brendon con le mie stesse mani. Il suo modo di fare, la sua follia, i suoi attacchi mi hanno fatto ricordare la notte in cui Magix venne attaccata; le terribili ferite presenti sul corpo di Acheron mi hanno ricordato quanto abbia rischiato quella sera; le fiamme… le fiamme nere, che lambivano gli edifici della capitale, hanno violentemente riportato a galla la straziante immagine della mia casa, distrutta da quegli stessi attacchi».
«Cos… cosa stai dicendo?!» balbettò, confusa, la Principessa di Andros, mentre nella sua testa si faceva strada un atroce sospetto.
Allo stesso modo il resto dei presenti provò la medesima sensazione di smarrimento. Alcuni di essi si rivolsero ad Helia in cerca di risposte; ma il ragazzo, chiuso nel suo stretto riserbo, rimase impassibile e, rannicchiatosi in un angolino, si coprì il volto con le mani. Altri, invece, avendo intuito che un qualcosa di estremamente grave doveva essere successo, si limitarono ad ascoltare con le lacrime agli occhi le parole di Flora. Quest’ultima, trattenendo a fatica i singhiozzi e prendendo di tanto in tanto dei profondi respiri, continuò il proprio racconto:
«Elizabeth, Stella, Bloom e Selina non sono state le uniche a mentire. Anche io e Helia lo abbiamo fatto. Vedi, sebbene sia sbagliato, a volte ciò si rende necessario. Mentiamo perché qualcuno a noi vicino ci chiede di farlo; mentiamo per proteggere le persone che amiamo; mentiamo perché… perché non abbiamo la forza di affrontare la verità».
A quel punto la Fata della Natura, prossima ad una devastante crisi di pianto, si rivolse a tutti gli occupanti della stanza:
«C’è un motivo se durante l’attacco a Magix mi sono scagliata contro il presunto responsabile rischiando la vita. C’è un motivo se quella sera Rowarir si è dimostrato così gentile e premuroso nei miei confronti. C’è un motivo se questo Natale non sono tornata a casa dalla mia famiglia. Semplicemente… …la mia… la mia famiglia non c’è più. Distrutta, annientata, spazzata via da quei mostri… quei mostri così simili a Brendon».
I volti delle Winx, dei loro fidanzati, di Faragonda, di Eldora e Ofelia, nonostante queste ultime due facessero davvero molta fatica a stare al passo con il discorso, si dipinsero d’orrore, tristezza e disgusto. In quell’istante un unico pensiero accomunò tutti i presenti: correre da Flora, abbracciarla, consolarla, chiederle scusa per non essersi accorti di nulla… chiederle scusa per non esserle stati vicino. Tuttavia la fata di Linphea, intuito cosa sarebbe potuto accadere, alzò il braccio destro in avanti intimando ai suoi amici di stare indietro e di farle finire il suo discorso. Subito dopo tornò a rivolgersi alla Principessa di Andros e con voce tremula le disse:
«Aisha, mi dispiace così tanto di averti mentito, di aver mentito a tutte voi. Purtroppo Rowarir mi chiese di non rivelare a nessuno cosa fosse successo. Aveva paura che quelle bestie potessero tornare mettendo in pericolo me e chi mi stesse attorno. Soltanto Helia seppe dell’accaduto e gli feci promettere di mantenere il segreto. Non volevo che altri corressero questo rischio, non volevo che voi cercaste di farmi desistere dai miei propositi di vendetta. Si, volevo vendetta, volevo scoprire l’identità degli assassini dei miei genitori, gli assassini di… di Miele. Purtroppo Rowarir era stato fin troppo bravo a nascondere tutte le prove, forse temeva che potessi commettere una follia. Mi arresi, non avevo nulla su cui basare le mie ricerche. Triste e amareggiata lasciai perdere… lasciai perdere fino a quando non vi fu l’attacco a Magix, fino a quando non vidi Brendon sparare quelle fiamme nere dalle mani. Ero furiosa: per mesi avevo cercato inutilmente i responsabili dello sterminio della mia famiglia senza sapere che una persona, dotata delle loro stesse capacità, fosse diventata un mio amico. Avrei voluto interrogarlo, torturarlo nei modi più subdoli e osceni che mi venissero in mente, avrei voluto… cancellarlo dall’esistenza. Dovevo fare giustizia, dovevo vendicare la mia famiglia, dovevo… dovevo sapere la verità. Verità che Stella, pochi giorni dopo, comunicò a tutte noi ad eccezione di te, Aisha… troppo orgogliosa e offesa per ascoltare. Fu allora che capii, capii quanto fossi stata meschina e stupida. Ero saltata alle conclusioni dimenticandomi, anzi no… preferendo non chiedermi quale fosse il motivo che avesse spinto Elizabeth a mentirci, quale fosse il motivo che avesse spinto Brendon ad unirsi con Belial. Vedi Aisha, le fiamme che ci hanno ferito, distrutto Magix e ucciso i miei genitori, non sono quelle del nostro amico. Non sono le stesse fiamme nere che ci hanno salvato dai vampiri e da Acheron, non sono le stesse fiamme nere che hanno protetto gli abitanti di Glasgow… che hanno protetto Elizabeth dall’essere violentata a soli dodici anni. Non c’è sempre la magia ad aiutarci e a volte soltanto un mostro può sconfiggerne un altro».
Non appena Flora ebbe finito di parlare, un silenzio innaturale calò nell’infermeria. Di tanto in tanto si sentivano solo i singhiozzi di Aisha, che dopo aver abbracciato la sua compagna di stanza, era scoppiata a piangere.
 
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Note dell’autore: Buondì a tutti!!! Alloooora che dire su questo capitolo? Innanzitutto, come avrete sicuramente notato, è un filino più lungo degli altri. In effetti consta della bellezza di 10 pagine Word piene ahahahahahahahahah. I precedenti, infatti, avevano sempre 9 pagine e un pezzetto della decima, mentre il resto erano tutte note XD. Questo è il limite massimo che mi ero prefissato quando ho iniziato a scrivere la fanfiction: 10 pagine né una di più né una di meno. Precisato questo… veniamo al capitolo. Ciò che salta immediatamente all’occhio è la velocità della narrazione che, a causa delle lunghe pause riflessive dei personaggi, risulta alquanto ridotta. Purtroppo ci troviamo in una parte della storia non molto action, contraddistinta da lunghi dialoghi e parti descrittive che hanno lo scopo di creare nuovi misteri e (per fortuna altrimenti mi picchiate) di risolverne degli altri. Combattimenti, incantesimi e colpi di scena con i botti torneranno solo nel capitolo 9 XS. Mi dispiace dovervi costringere a questa noiosissima serie di estratti, ma credetemi se vi dico che sono necessari. Fortunatamente Aenuashiba saprà regalarci non poche emozioni con le sue prossime avventure, quindi si compensa ahahahahahahahahah. Per quanto riguarda il contenuto del capitolo, non penso ci sia molto da spiegare. Dopotutto un momento di chiarificazione tra i protagonisti della storia, dopo il casino avvenuto a Torrenuvola, era più che doveroso 😉. Di conseguenza ci ritroviamo ad assistere allo scontro tra Aisha supportata da Sky e Nex (lui non è che aveva poi tutta questa voglia XD), entrambi intenzionati a rispedire Max, Brendon e Elizabeth nella loro dimensione, e il resto del gruppo che cerca di difendere i tre. Sinceramente, nonostante alla fine sia colui che decide come devono andare le cose all’interno della fanfiction, ho tifato per il Principe di Eraklyon e la Principessa di Andros. So che può sembrare strano… in fin dei conti a vincere è stato l’altro schieramento, ma vi chiedo di riflettere e di mettervi nei panni dei personaggi. Voi come avreste agito? Vi sareste continuati a fidare nonostante tutto, nonostante le bugie. Io credo proprio di no… purtroppo essere diffidenti (salvo rare eccezioni) fa parte della nostra natura e, a mio parere, i due hanno mostrato un comportamento abbastanza realistico. Certo, forse accusare Brendon di omicidio senza avere prove inattaccabili, è stato alquanto stupido. Il concetto resta però lo stesso: Sky e Aisha hanno agito in quel modo perché si sono sentiti minacciati; hanno visto nei tre amici un potenziale pericolo e hanno risposto di conseguenza. Ovviamente questa è la mi opinione… sono curioso di conoscere la vostra 😊. Sulla rivelazione di Flora non mi soffermo dal momento che ci sono le note del terzo racconto di Cassiopea (che vi invito a leggere XD), dove è spiegata tutta la vicenda, accennata pure né Il mondo oltre la finestra. Prima di concludere voglio darvi un’ultima informazione: sul Drive, come vi ho detto nelle note dello scorso capitolo dello spin-off, ho creato la cartella “Approfondimenti”. All’interno di questa troverete una serie di chicche come: l’indice dei capitoli delle storie (si anche quelli ancora non usciti ahahahahahaha); la cronistoria della serie (verrà aggiornata di volta in volta cercando di evitare di fare spoiler, quella completa consta di 11 pagine Word 😉); la descrizione degli oggetti magici; la descrizione dei diversi mondi della Dimensione Magica (non Cassiopea!!!); la descrizione della gerarchia all’interno dell’universo magico e tanto altro. Spero che qualcuno di voi dedichi un po’ di tempo a questi piccoli extra, in modo tale che, quando vi saranno dei riferimenti nelle storie, possa subito capirli :D. Beh… io ho finito, spero di non avervi annoiato troppo XD. Un saluto a tutti, ci sentiamo presto 😊 😊 😊.

Yugi95

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Capitolo 4
*** Capitolo IV – Il segreto di Avalon ***


Capitolo IV – Il segreto di Avalon

 
Era ormai trascorsa più di una settimana dalla discussione avvenuta all’interno dell’infermeria di Fonterossa. Grazie alla decisa presa di posizione dei loro amici, Aisha e Sky avevano compreso quanto il loro atteggiamento fosse stato superficiale e meschino. Di conseguenza entrambi, mettendo da parte l’orgoglio, la diffidenza e il rancore, si scusarono con Max e Elizabeth e, pur sapendo che non sarebbe stato affatto facile, cercarono di recuperare il legame di amicizia che li univa ai due. Allo stesso modo, la Fata degli Elementi e il suo fidanzato chiesero alle Winx e ai ragazzi di perdonarli per avergli mentito. In particolare Elizabeth ebbe una lunga conversazione con Aisha e le altre, finalizzata a chiarire una volta per tutte le faccende rimaste in sospeso. Max, invece, riconquistò la fiducia di Sky e il rispetto degli altri membri della squadra facendo vedere loro una serie di film intitolata Guerre Stellari. Dopotutto si sa: i ragazzi sono persone semplici. Se da un lato il confronto tra le giovani fate aveva permesso al gruppo di ricompattarsi, dall’altro aveva portato a galla una verità, che per troppo tempo era stata tenuta nascosta. L’aver appreso in quel modo della morte dei genitori e della sorella di Flora, aveva scioccato le Winx. Per tutto quel tempo la loro amica aveva tenuto per sé il dolore, la rabbia e la disperazione che quella perdita aveva causato. Non riuscivano neanche ad immaginare quanto Flora avesse sofferto, chiusa in un bozzolo di solitudine ed indifferenza. Non riuscivano a crede che, per tutto quel tempo, nessuna di loro si fosse accorta di nulla. Non riuscivano ad accettare che Rodols, Alyssa e Miele, le persone più buone, gentili e generose che avessero mai conosciuto, fossero state assassinate senza un apparente motivo. Di conseguenza alcuni giorni prima della fine di gennaio, dopo aver esercitato innumerevoli pressioni sulla Fata della Natura, le ragazze e i loro fidanzati si recarono su Linphea. Le Winx volevano rendere omaggio alla famiglia della loro amica; volevano salutarli per un’ultima volta; volevano scusarsi per non aver capito il disagio della loro amata Flora e, soprattutto, volevano promettergli che da quel momento in poi non le sarebbe più accaduto nulla di male. La figlia di Rodols e Alyssa, invece, non appena rivide le marmoree tombe dei suoi genitori e della sua sorellina, scoppiò a piangere e, stringendosi ad Helia, li pregò di concederle la forza per poter finalmente accettare la loro scomparsa. Per cinque mesi non aveva rimesso piede su Linphea; per cinque mesi non era tornata a casa; per cinque mesi non aveva avuto il coraggio di rivedere quei luoghi tanto amati; per cinque mesi aveva nascosto la verità ai suoi amici senza rendersi conto che solo la loro presenza, solo il loro affetto potevano rimarginare quelle ferite apparentemente insanabili. Per cinque mesi Flora aveva fatto a meno delle sue amiche, ma in quel preciso momento, lì, davanti a quelle lapidi giurò che mai avrebbe commesso lo stesso sbaglio.
«Cara, posso concederti solo cinque minuti… non di più».
«Basteranno» replicò Bloom con un filo di voce.
Ofelia fece un leggero cenno di assenso con la testa, poi alzandosi dalla sedia accompagnò la ragazza alla porta della sezione dell’infermeria dedicata agli uomini. Dopo aver frugato per alcuni secondi nel taschino del suo camice bianco, estrasse una piccola chiave argentea con la quale aprì la serratura. La Custode della Fiamma del Drago entrò in punta di piedi nella stanza, mentre l’infermiera chiudeva l’anta alle sue spalle. Una volta rimasta sola, Bloom s’incamminò verso uno dei letti posti alla sua destra. La camera era immersa nell’oscurità, tutte le finestre erano chiuse e coperte dalle lunghe tende, i cui bordi lambivano il grigio pavimento. Soltanto una abatjour, posta su un lontano comodino, rischiarava un po’ l’ambiente. La Fata della Fiamma del Drago, facendo attenzione a non sgualcire troppo le coperte, si sedette sul bordo del materasso. Accavallò le gambe e, tenendo la testa bassa, si limitò ad osservare il ragazzo disteso accanto a sé, accarezzandogli di tanto in tanto il pallido viso e spostandogli alcune ciocche di capelli dagli occhi. La ragazza continuò a fissare l’amico per alcuni minuti, poi, ricordandosi che non aveva molto tempo a disposizione, si decise a fare ciò che doveva.
«Ehi… Brendon, come stai?» sibilò la Principessa di Domino.
Come era prevedibile, a quella domanda non vi fu alcuna risposta. La rossa, allora, mordendosi nervosamente il labbro inferiore, riprese a parlare:
«Sai… dall’ultima volta che sono venuta a trovarti, sono successe tante cose. Aisha e Elizabeth si sono finalmente riappacificate. In realtà non è stato affatto semplice, ma grazie all’impegno delle altre Winx e dei ragazzi, le divergenze tra le due sono state risolte. Adesso, il gruppo è più unito che mai e sembra che nulla possa fermarci. Musa e Selina si sono ormai ristabilite e tre giorni fa hanno lasciato l’infermeria di Fonterossa. Credo che la più contenta della loro guarigione, sia stata Ofelia: non riusciva più a tollerare il continuo via vai di noi Winx e, soprattutto, era esasperata dalle infinite lamentele di quella strega dai capelli verdi. Anche le condizioni di salute di Faragonda sono migliorate, tuttavia dovrà restare sotto osservazione per un altro po’ di tempo. Fortuna che c’è Elizabeth a tenerle compagnia. Ormai ci siamo lasciati il peggio alle spalle; tutto sembra andare per il meglio anche se…»
La Principessa di Domino s’interruppe bruscamente, mentre i suoi occhioni blu iniziavano a gonfiarsi di lacrime. Era indecisa, non sapeva se continuare a raccontare al suo amico cos’altro fosse accaduto in quel breve lasso di tempo. Aveva paura che il metterlo al corrente di determinati fatti avrebbe potuto condizionare negativamente quella sua degenza già così difficile. Non voleva addossare a Brendon il peso di quelle responsabilità, delle sue responsabilità. Purtroppo, però, quel peso la stava schiacciando; sentiva il disperato bisogno di parlarne con qualcuno, di confidarsi, di… di mettere a nudo il proprio animo. Di conseguenza, soffocando le lacrime e il dolore, si rivolse per una seconda volta all’amico:
«Anche se tra noi c’è ancora chi soffre. Non più di una settimana fa abbiamo saputo che i genitori di Flora e sua sorella erano stati assassinati in circostanze sconosciute agli inizi di settembre. Questa notizia ci ha devastato, non potevamo credere che lei e Helia ci avessero nascosto una simile disgrazia. Per cinque mesi hanno tenuto il segreto, soffrendo e consolandosi a vicenda. Non oso immaginare quanto sia stato difficile per loro… quanto sia stato straziante per Flora. Avremmo dovuto accorgercene, io avrei dovuto accorgermene. Sono la sua compagna di stanza, nell’ultimo periodo l’assillavo ogni sera con i miei problemi: mi lamentavo delle mie responsabilità come Custode della Fiamma del Drago; mi lamentavo di Sky e delle sue continue ramanzine; mi lamentavo di te e dei tuoi modi odiosi. Lei mi ascoltava, mi comprendeva, mi aiutava… aveva sempre un saggio consiglio da mettere in pratica o una buona parola per chiunque. Quando ho saputo cosa fosse accaduto a Rodols, Alyssa e Miele, mi sono sentita una stupida… una fallita che non riesce a vedere oltre la punta del proprio naso. Nonostante abbia delle abilità empatiche, ero così concentrata su me stessa che non sono riuscita a percepire il disagio di Flora. Non me lo perdonerà mai… non mi perdonerò mai l’essere stata così stupida».
Bloom prese la gelida mano dell’amico e, massaggiandone delicatamente il dorso, ormai vittima delle lacrime piagnucolò:
«Brendon, ho bisogno del tuo aiuto. Non so a chi altri rivolgermi: Flora soffre ancora per la morte della sua famiglia; Sky ha gli allenamenti e, come se non bastasse, è ancora arrabbiato con me; le altre Winx sono prese da altro. Ho bisogno di qualcuno con cui parlare, di qualcuno che mi ascolti, di qualcuno che capisca e mi aiuti. So che può sembrare egoista da parte mia, ma devi svegliarti… devi aprire gli occhi e tornare indietro. Noi abbiamo bisogno di te, io ho bisogno di te, dei tuoi consigli, delle tue offese… io ho bisogno della tua presenza. Per favore Brendon, torna da me».
A quel punto la rossa si accasciò in avanti e, poggiandosi sul petto del ragazzo, scoppiò a piangere. Trascorsero alcuni secondi di assoluto silenzio finché un borbottio, quasi un rantolo di sofferenza non coprì i singhiozzi della Principessa di Domino.
«Possibile che tu non ne combini mai una giusta?»
La testa di Bloom si alzò di scatto, mentre tutta la sua attenzione si concentrò su quegli occhi neri così profondi e inespressivi. I loro sguardi s’incrociarono per una frazione di secondo, poi, realizzato cosa stesse accadendo, la Principessa di Domino, tirando a sé l’amico in un tenero abbraccio, gridò con gioia:
«Ti sei svegliato! Finalmente ti sei svegliato! Ofelia, Ofelia corri… presto vieni qui, Brendon si è sve…mmm».
Il ragazzo, stizzito da quelle urla isteriche e liberatosi dalla micidiale morsa della rossa, le aveva appena tappato la bocca con una mano per impedirle di parlare.
«Stammi bene a sentire, razza di sciroccata. Ho la testa che mi scoppia, braccia e gambe intorpidite, come se non bastasse mi fischiano anche le orecchie. Smettila di starnazzare come un’anatra e di avvinghiarti a me come una piovra; altrimenti giuro che ti faccio volare dalla finestra, intesi?».
La Fata della Fiamma del Drago, impossibilitata a rispondere alcunché, si limitò a fare “si” con la testa per un paio di volte. Solo allora Brendon rimosse la sua mano dalla bocca della ragazza e, sbuffando distrattamente, si lasciò cadere all’indietro sul materasso. Tuttavia il ragazzo non ebbe neanche il tempo di poggiare nuovamente la testa sul cuscino che Bloom gli diede uno schiaffo, il cui eco si diffuse per tutta la stanza.
«Ma… ma sei impazzita?!» balbettò Brendon, non riuscendo a capire il motivo di quel gesto.
«Perché non mi hai detto che quel liquido nero conteneva l’essenza di Belial?!» ringhiò l’altra mettendosi a cavalcioni su di lui.
«Se l’avessi saputo, non l’avresti mai usato. Non potevamo…» cercò di giustificarsi l’altro, ma Bloom lo colpì nuovamente.
«Perché mi hai tenuto nascosto il fatto che, la sera del mio compleanno, sei stato attaccato da un nostro vecchio nemico?!»
«Non volevo che vi preoccupaste inutilmente e che…» replicò il ragazzo, ma per una seconda volta fu interrotto dall’amica che, singhiozzando come una bambina, lo prese a pugni sul petto.
«Perché nella Sala del Flusso Interrotto ha liberato Belial?! Perché hai preferito lasciarti andare senza pensare alle conseguenze?! Sei rimasto in coma per quasi un mese, mi hai spaventato a morte… credevo di averti perso. Non provare mai più a fare una sciocchezza del genere, mai più!»
Brendon rimase in silenzio ad osservare la ragazza che, piangendo come una fontana, lo colpiva sul torace. Era la prima volta che qualcuno si preoccupava tanto per lui, che qualcuno temesse per la sua vita. Elizabeth e Max, consapevoli delle sue capacità, non si erano mai curati di lui. Certo gli volevano bene, un mondo di bene, ma erano ben lontani dall’essere in apprensione. Ai loro occhi Brendon era invincibile, niente e nessuno avrebbero potuto fargli del male. Eppure, nonostante la Fata della Fiamma del Drago sapesse di cosa fosse capace il suo amico, si era preoccupata per lui, stava addirittura piangendo per lui. Il ragazzo, senza stringere forte, le bloccò i polsi, poi, guardandola negli occhi, le sorrise. Bloom incrociò il suo sguardo e, tirando su con il naso, si spinse in avanti poggiando nuovamente la testa sul petto dell’amico. Quest’ultimo le liberò le mani e, stringendo le braccia intorno alla sua vita, le sussurrò con dolcezza:
«D’accordo. Ti prometto che starò più attento».
I due rimasero legati in quello strano abbraccio per alcuni secondi, poi la porta dell’infermeria si spalancò all’improvviso.
«Bloom, mi dispiace. Il tempo per le visite e finito devi…»
Ofelia non riuscì neanche a terminare la frase che, avendo frainteso il significato della scena che si trovava dinanzi, lanciò un tale urlo da far rimbombare i vetri delle finestre. Subito dopo la donna recuperò uno sgabello di metallo e, avventandosi contro Brendon, gridò:
«Razza di pervertito, lascia immediatamente quella povera ragazza!»
La Principessa di Domino si separò dal suo amico e, ponendosi tra questi e l’infermiera di Alfea, le disse con voce concitata:
«Ferma, Ofelia! Non mi stava facendo nulla di male».
La donna si arrestò immediatamente e, tenendo ancora lo sgabello pericolosamente sollevato sopra la sua testa, con fare inquisitorio le chiese:
«Sei sicura?!»
«Si, sono sicura. Brendon non mi farebbe mai del male» replicò, divertita, la rossa, mentre tornava a sedersi accanto al suo amico.
«È sempre un piacere rivederti, Ofelia» sospirò sarcasticamente Brendon facendole un saluto con un gesto della mano.
A quel punto l’infermiera di Alfea si convinse della cosa e, una volta messa da parte quella sua pericolosa “arma”, si lasciò cadere su uno dei tanti letti. Fissò intensamente i due ragazzi per alcuni secondi, poi, quasi avesse avuto una specie d’illuminazione, scattò in piedi ed esclamò:
«Un momento… Brendon è sveglio! Come, quando… è successo?!»
Bloom, vedendo l’espressione sconvolta della donna, trattenne a stento una risata, mentre il ragazzo scosse rassegnatamente il capo. Una volta che Ofelia sembrò aver “digerito” la notizia, l’altra cercò di raccontarle che cosa fosse accaduto in quei cinque minuti. Nonostante la scarsa quantità di dettagli e le misere ipotesi, avanzate dalla rossa, l’infermiera di Alfea sembrò essere soddisfatta di quella singolare spiegazione e, dopo aver rapidamente controllato le particolari condizioni di salute di Brendon, si congedò lasciando la stanza.
«Strano. Di solito non è così arrendevole» commentò Brendon massaggiandosi il mento con fare pensieroso.
«Evidentemente le risulti così antipatico che, pur di non vederti, ha preferito andarsene» constatò, ironicamente, la Fata della Fiamma del Drago.
«Probabile» sospirò l’atro facendo spallucce.
Bloom, non riuscendo più a trattenersi, scoppiò a ridere e, per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, riuscì a strappare un sorriso anche al suo amico. Sorriso che ben presto si trasformò, però, in un broncio rattristato.
«Senti…» biascicò Brendon chinando la testa «Per quanto, per quanto tempo…»
«Tre settimane. Hai “dormito” per quasi tre settimane» lo anticipò la Principessa di Domino.
«Capisco…».
La rossa gli strinse la mano, poi, quasi sentisse una voce nella sua testa che la invogliasse a farlo, gli diede un bacio sulla guancia. L’amico, del tutto impreparato a quel gesto, rimase immobile, pietrificato per l’emozione e l’imbarazzo. Allo stesso modo Bloom arrossì: il cuore le batteva forte, mentre la testa le diventava sempre più leggera. Consapevole di essersi spinta un po’ troppo oltre, si ritrasse subito e al fine di superare la tensione venutasi a creare, farfugliò alcune parole:
«Dai, non… non fare così. Tu… tu non hai alcuna colpa».
«Davvero, Bloom» sbottò, improvvisamente, l’altro «Davvero pensi che non sia il responsabile di tutto quello che è successo?»
«Un momento, tu… tu…» biascicò la ragazza, ma Brendon la interruppe bruscamente:
«Io so tutto. Credevi forse che il mio “essere incosciente” mi isolasse dal mondo esterno? Bloom, io non sono un normale essere umano, non lo sono più da tempo. Nonostante le mie condizioni suggerissero il contrario, ero pienamente cosciente di ciò che accadeva intorno a me. Nonostante non potessi muovermi, parlare o aprire gli occhi, sentivo le vostre voci, i vostri lamenti, le vostre accuse. Non sei l’unica ad essermi venuta a trovare in questo periodo. Max, Elizabeth, Selina e perfino Stella, ognuno di loro è venuto qui… è venuto a raccontarmi una parte della storia. Visita dopo visita, ho rimesso insieme i pezzi e, sebbene non sapessi quando una determinata cosa avesse avuto luogo, mi si è delineato il quadro della situazione. Una situazione creata dalla mia stupidità».
«Non è come pensi, non è colpa tua» mormorò la rossa avendo capito a cosa stesse alludendo l’amico.
«Invece è proprio come penso» replicò tranquillamente l’altro assumendo un atteggiamento rilassato «Sky e Aisha avevano pienamente ragione: dovrei essere rispedito nella mia dimensione a calci. Liberando Belial, ho messo tutti in pericolo. Ho esposto te, Selina, Max e Elizabeth ad un qualcosa più grande di voi, più grande di me. Non potrò mai perdonarmi per ciò che ho fatto in quella stanza. È vero: Acheron era malvagio, ma, conoscendo bene il “modo di fare” di Belial, nessuno meriterebbe quella fine, nemmeno lui. All’interno della Sala del Flusso Interrotto ho mostrato il mio lato peggiore, la mia vera natura… ho rivelato il mostro che porto dentro di me, il mostro che definisce cosa sono».
Per tutto quel tempo la Fata della Fiamma del Drago non proferì parola. Non se la sentiva di interrompere il suo amico, non se la sentiva di impedirgli di aprirsi a quel modo con qualcun altro. Per la prima volta dopo anni di silenzio e autoisolamento, Brendon stava “mettendo a nudo” il proprio animo, la propria coscienza. Sebbene la Principessa di Domino fosse stata in grado di percepire i sentimenti del ragazzo già all’interno della Sala del Flusso Interrotto, il sentire con le proprie orecchie quelle parole le fece provare delle intense emozioni. Ai suoi occhi Brendon le era apparso sempre forte, indipendente e imperscrutabile; di conseguenza vederlo in quelle condizioni, vederlo così fragile e vulnerabile come un qualsiasi essere umano, la turbava nel profondo.
«Sbagli ad addossarti tutte le responsabilità».
«Bloom, ti prego non…» cercò di replicare il giovane, ma l’altra lo interruppe immediatamente:
«È vero, hai liberato Belial, ma l’hai fatto per proteggerci. Volevi salvare Selina dalle grinfie di Acheron, lo so bene… Lockette e le altre Pixies me l’hanno ripetuto non so quante volte. Se non fosse stato per il tuo intervento, non oso immaginare cosa sarebbe potuto accadere. Tu, ci hai salvato… è questa l’unica cosa che conta».
«Non mi sembra che anche gli altri siano dello stesso parere» sibilò il Brendon abbozzando un sorriso.
«Non tutti reagiamo allo stesso modo: ognuno ha bisogno dei suoi tempi» puntualizzò la rossa con fare vago.
«Anche Sky?» le domandò, maliziosamente, il ragazzo.
«Anche… Sky» sibilò l’altra tendendo lo sguardo basso e mordendosi un labbro.
Brendon indugiò a lungo sull’esile e slanciata figura della sua amica. Aveva esagerato, sapeva di aver azzardato troppo. Pur di evitare che si continuasse a discutere del suo stato d’animo, aveva preferito “colpire” nel punto dove faceva più male. Aveva riaperto una ferita non ancora del tutto rimarginata, senza pensare alle conseguenze. Conseguenze di cui si era però ben presto reso conto. Si sentiva un inutile vigliacco, un egoista troppo preoccupato di se stesso e dei suoi problemi per poter comprendere la sofferenza altrui. Aveva appena “offeso” una delle poche persone che gli avevano dimostrato fin da subito affetto e simpatia. Lei era lì, dinanzi a lui. Il capo chino e gli occhi pieni di lacrime. Si era ammutolita e, continuando a tenergli la mano, aveva iniziato a singhiozzare.
«Bloom, mi dispiace… non volevo» si scusò il ragazzo dai capelli neri.
«Non preoccuparti. Dopotutto hai ragione» sibilò l’altra rialzando la testa e asciugandosi gli angoli degli occhi «Adesso però devo andare, si è fatto tardi».
La rossa fece per alzarsi dal materasso, ma il braccio di Brendon la tirò nuovamente giù. La Principessa di Domino si voltò nuovamente verso l’amico. I suoi grandi occhi blu erano ormai irriconoscibili a causa del gonfiore e dell’eccessivo apporto di sangue. Brendon lasciò la presa sul polso della ragazza e, dopo aver lentamente sollevato la sua mano in aria, le accarezzò la guancia. Bloom fu pietrifica da quel gesto d’affetto che mai si sarebbe aspettata. Nonostante ciò, quel tocco, sebbene fosse freddo, quasi glaciale, le risultava delicato e gradevole. Dal palmo di Brendon s’irradiò un’insolita sensazione di calore che, passando attraverso le gote della Principessa di Domino, si diffuse in tutto il suo corpo cingendolo in una sorta di abbraccio.
«Ascolta…» sibilò, improvvisamente, il ragazzo dai capelli neri «Tu sai meglio di chiunque altro quanto Sky ti ami. Certo, a volte sa essere irascibile o presuntuoso, troppo presuntuoso; ma è anche per questi suoi difetti che ti sei innamorata di lui, dico bene? Dopotutto in quanto a testardaggine e orgoglio siete molto simili».
«Beh… …ecco… …forse, forse…» farfugliò la Fata della Fiamma del Drago in preda all’imbarazzo.
«La verità è che in tutta la mia vita non ho mai conosciuto nessuno come te e Sky. Il modo in cui ti guarda, ti ascolta, ti parla… riflette l’immenso amore che prova nei tuoi confronti. Non lasciare che delle piccole incomprensioni mettano in crisi il vostro rapporto; non lasciare che la mia amicizia vi sia d’intralcio. Vogliatevi bene e abbiate fiducia l’uno per l’altra: solo così sarete in grado di superare le avversità sul vostro cammino».
Bloom gli rivolse un luminoso sorriso, un sorriso capace d’intenerire anche il più duro degli uomini; poi, sistemandosi nuovamente accanto a Brendon, esclamò dolcemente:
«Sai, penso di avere ancora un po’ di tempo: di cosa vogliamo parlare?»
Thoren chiuse lentamente la porta della camera di sua moglie, al fine di non fare troppo rumore. Era distrutto, non vedeva l’ora di potersi stendere sul suo comodo letto e di addormentarsi. S’incamminò lungo il corridoio del quarto piano di Fonterossa, determinato a raggiungere quanto prima il proprio alloggio. Tuttavia, una volta girato l’angolo, il Paladino, poiché distratto, si scontrò con qualcosa, anzi… con qualcuno.
«Mi scusi Professor Avalon. Spero non si sia fatto male» esclamò il ragazzo, mentre si massaggiava la fronte indolenzita.
«Non è nulla, Thoren. Non preoccuparti» replicò l’insegnate con voce dolce.
Il marito di Daphne, allora, fece un piccolo cenno con il capo, superando poi il suo interlocutore, riprese a camminare o almeno ci provò. Avalon, infatti, aveva inspiegabilmente afferrato il suo braccio destro, costringendolo a rimanere sul posto.
«Professore, cosa… cosa vuole da...» balbettò, confuso, Thoren, ma l’insegnante di Percezione Cognitiva lo interruppe bruscamente.
«Dobbiamo parlare!»
Il giovane Paladino osservò per alcuni secondi il viso del professor Avalon. Sebbene non lo conoscesse bene come le Winx e il resto dei suoi compagni di squadra, non l’aveva mai visto così teso e preoccupato. Sembrava quasi che avesse paura, un’inspiegabile paura dettata dalla natura di ciò che stava per dire.
«Ti prego, seguimi».
Thoren fece un semplice cenno d’assenso e, una volta che il suo braccio fu libero, s’incamminò con l’insegnate lungo uno stretto corridoio laterale. Durante il tragitto i due non proferirono parola: Avalon camminava davanti con passo spedito, mentre l’altro lo seguiva in silenzio. Impiegarono circa tre minuti a raggiungere la loro destinazione: una piccola aula ubicata nell’anello più basso del corpo centrale di Fonterossa. Dopo aver aperto la porta, il professore invitò il ragazzo ad entrare; poi, assicuratosi che non vi fosse nessun’altro nei paraggi, richiuse l’anta alle sue spalle. L’interno della camera era angusto e poco illuminato. Le pareti erano scrostate in più punti, mentre il pavimento era ricoperto da crepe e macchie. Non vi era nulla al di fuori di due comode poltroncine in pelle, poste in quello strano luogo dallo stesso Avalon per l’occasione. Quest’ultimo fece apparire tra le sue mani una sfera luminosa e, lanciatala verso l’alto, la posizionò al centro della stanza in modo tale da rischiarare l’ambiente. Fatto ciò prese posto su una delle poltroncine, indicando a Thoren l’altra. Il Paladino si accomodò a sua volta e, scrutando l’espressione austera del suo interlocutore, gli domandò leggermente accigliato:
«Perché mi ha portato qui? Cosa significa tutta questa segretezza?»
«Te l’ho detto: dobbiamo parlare» replicò tranquillamente Avalon accavallando le gambe.
«Di cosa?» sbottò il marito di Daphne, ormai vittima del nervosismo e della stanchezza.
«Del tuo sogno ricorrente»
Thoren rimase con la bocca spalancata: non si sarebbe mai aspettato una risposta del genere, non in quel momento. Il giovane, infatti, aveva completamente rimosso di aver parlato con Avalon di quel suo problema. Per di più in quegli ultimi giorni, aveva dormito così poco che il numero delle visioni si era sensibilmente ridotto. Deglutì preoccupato e, stringendo più che poté i braccioli della poltrona, iniziò a sudare freddo. L’insegnate di percezione cognitiva gli aveva detto che quei suoi sogni erano per l’appunto dei semplici sogni, niente di più. Gli aveva assicurato che non ci fosse nulla da preoccuparsi e che ben presto sarebbero finiti. Lui gli aveva creduto, si era fidato della preparazione e della bravura di Avalon. Aveva smesso di preoccuparsi e, facendo tesoro di quelle rassicuranti parole, stava pian piano cercando di ritrovare la sua tranquillità. All’improvviso, però, come un fulmine a ciel sereno, tutto era cambiato, tutto andava messo nuovamente in discussione.
«P-p-pensavo c-c-che q-q-quelle… quelle visioni non avessero alcun significato» balbettò, terrorizzato, il giovane.
«Perdonami, non era mi intenzione mentirti… non potevo sapere» biascicò l’uomo con tono rassegnato.
«Sapere, cosa?» esclamò furente Thoren allargando le braccia e battendo i piedi per terra.
«Che voi fosse a conoscenza di tutto, a conoscenza di Cassiopea» sibilò l’altro assottigliando lo sguardo.
Il marito di Daphne non riuscì a comprendere appieno il significato di quella risposta e le sue possibili implicazioni. Di conseguenza, lasciandosi sprofondare nella poltroncina, disse con un filo di voce:
«La prego sia più chiaro, perché non ci sto capendo nulla».
«D’accordo! Facciamo in questo modo allora…»
A quel punto Avalon si protrasse in avanti e, senza neanche dare al ragazzo il tempo di capire cosa stesse accadendo, posizionò sulla fronte di questo due dita. In quello stesso istante gli occhi di Thoren divennero completamente bianchi, mentre la sua testa ricadde all’indietro. Il Paladino si ritrovò in uno sconfinato spazio vuoto, avvolto dall’oscurità. Il luogo era molto simile a quello che gli appariva durante le visioni; tuttavia non vi era traccia né delle sfere luminose né del minaccioso globo oscuro. Si guardò intorno al fine di capire dove fosse finito; poi, dopo aver percepito una mano che si posava sulla sua spalla sinistra, si voltò di scatto vedendo il professor Avalon accanto a sé.
«Dove mi ha portato?» gli chiese Thoren, mentre continuava a muovere gli occhi in tutte le possibili direzioni.
«Ci troviamo ad Aarin Ti Aye, ovvero il “centro del mondo”» rispose l’umo con tranquillità.
«Mi spiace, ma continuo a non capire» replicò il giovane «Perché siamo venuti in questo posto e, soprattutto, cosa centra con il mio sogno o con Cassiopea?»
Avalon sorrise dolcemente e, dopo aver schioccato le dita, fece apparire tra le sue mani una catenina d’oro avente un ciondolo di cristallo azzurro a forma di goccia. Il marito di Daphne osservò con curiosità quell’oggetto, domandandosi a cosa potesse servire.
«Questo è il Ciondolo della Vita» spiegò il professore indicando il monile «Fu creato dalle Tre Fate Eteree tantissimi secoli fa ed in seguito regalato ad un uomo».
«A chi?!»
«Al Generale Galdor… l’artefice della nascita della nostra Cassiopea».
Per una seconda volta il marito di Daphne non riuscì a far altro che boccheggiare come un pesce. L’affermazione di Avalon l’aveva scombussolato nel profondo, portandolo a mettere in discussione le poche certezze che credeva di avere. Le rivelazioni di Arcadia sulla vera origine della Dimensione Magica avevano già fatto crollare, come un castello di carte, il suo mondo. Tuttavia, sebbene la visione d’insieme dell’universo magico si fosse drasticamente complicata, il tutto continuava ad essere in accordo con determinate leggi fondamentali. Quest’ultime, però, sembravano essere totalmente contraddette dalle parole del professore. Drago e Fenice avevano creato la vita nella dimensione di oscurità dominata da Ksendras: Bloom non poteva essere stata ingannata anche su questo. Dopotutto, qualora Avalon avesse avuto ragione, gli stessi Custodi, il medaglione, le quattro scintille e la Fiamma del Drago non avrebbero avuto alcuna ragione di esistere… o almeno questo era quello che ipotizzava il ragazzo. Il Paladino, infatti, non era in grado di trovare una spiegazione che conferisse un senso logico a tutta quella storia.
«Comprendo i tuoi dubbi e la tua confusione, Thoren» intervenne improvvisamente l’insegnante di Alfea «Adesso ti spiegherò ogni cosa, ti prego solo di non interrompermi e di prestare la massima attenzione».
«D’accordo» esclamò l’altro facendo appello a quel po’ di concentrazione che gli era rimasto.
A quel punto l’uomo strinse nel pugno destro il Ciondolo della Vita e, dopo esserselo portato all’altezza del cuore, iniziò il suo racconto:
«Bene… come ti dicevo prima, questo è Aarin Ti Aye, o meglio una sua proiezione al di fuori del tempo e dello spazio. “Il Centro del Mondo”, infatti, non esiste più da miliardi di anni ormai, ma credo che questo ti sia stato chiaro fin da subito. Dopotutto hai assistito numerose volte alla sua distruzione, non è vero? L’hai visto, l’hai visto in quelle visioni che tormentavano i tuoi sogni. Thoren, tu… tu sei stato spettatore inconsapevole di uno dei più grandi e affascinanti misteri dell’universo magico. Tu hai osservato la nascita di Cassiopea, hai avuto modo di vedere l’operato del Drago e della Fenice: un privilegio concesso soltanto a pochi eletti».
«No, si sbaglia! Tutto ciò che ho visto erano delle sfere luminose» mugugnò il marito di Daphne, incrociando le braccia.
«Ne sei sicuro?» sibilò l’uomo abbozzando un sorrisetto malizioso «Perché non osservi con più attenzione, sono sicuro che rimarrai sorpreso».
In quello stesso istante sulle loro teste si aprì una specie di crepa, uno squarcio dal quale fuoriuscirono lampi, fiamme e degli strani vapori colorati. Piano piano questi ultimi si concentrarono in un unico punto, assumendo la forma di un drago rosso dalle sfumature dorate e di una fenice blu scuro dai riflessi argentei. Subito dopo comparve una gigantesca astronave nera dalla forma alquanto singolare. Questa, infatti, era dotata di tre moduli sottili e ruotanti che si avvolgevano intorno ad un centro comune lungo più di un chilometro. La nave spaziale era illuminata da un’infinità di luci esterne che la rendevano molto simile ad una città fluttuante. Sotto lo sguardo attonito di Thoren, le due entità si posizionarono dinanzi l’astronave. Sembrava fossero in attesa di un comando, di un ordine che dicesse loro cosa fare. Trascorsero alcuni secondi che al giovane Paladino sembrarono un’eternità, poi dalla parte anteriore del veicolo partì un raggio di energia dorato, che si perse nell’infinità di quel luogo. Drago e Fenice, allora, si mossero in direzioni opposte e, dando libero sfogo ai loro poteri, diedero il via alla creazione di Cassiopea.
«Cosa ti dicevo: non è magnifico?» cinguettò Avalon con una nota di soddisfazione nella voce.
«Cos’è quella?! Cos’è quella nave?!» esclamò il ragazzo senza curarsi minimamente dello spettacolo al quale stava assistendo.
L’insegnante di Percezione Cognitiva posò il proprio sguardo sull’astronave e, indugiando a lungo su quell’eccentrica figura elicoidale, si lasciò trasportare dal flusso dei propri pensieri e dei propri ricordi. Soltanto quando Thoren richiamò la sua attenzione, si ridestò dalla trance, in cui era caduto, e riprese a parlare:
«Quella è la nave spaziale Estele, capitanata dal Generale Galdor. Fu proprio lui a condurre il Drago e la Fenice qui, all’ Aarin Ti Aye e a spingerli a creare quella che un tempo era conosciuta come Cassiopea. Vedi, Galdor giunse in questo posto da molto lontano, grazie all’aiuto delle Tre Fate Eteree che lo guidarono attraverso il tempo e lo spazio. Il Generale non era però solo: al suo seguito vi erano quasi cinquemila tra donne, uomini e bambini. L’Estele aveva rappresentato la loro unica speranza di salvezza, la loro unica speranza di raggiungere una nuova casa».
«Un momento» lo interruppe il giovane Paladino scuotendo la testa «Se queste persone hanno assistito alla nascita di Cassiopea, allora significa che l’esistenza stessa della vita è indipendente dall’operato di Drago e Fenice».
«In parte è così, ma le cose non sono mai semplici come sembrano».
«In che senso?»
«Cassiopea è una creazione delle due Entità, ma ciò che veniva prima gli è tutt’ora estraneo» fu la secca risposta dell’uomo.
La confusione di Thoren, però, aumentava sempre di più. Non riusciva a capire il perché Avalon gli avesse detto quelle cose; non riusciva a capire perché aveva visioni riguardanti la nascita di Cassiopea; non riusciva a capire il ruolo di Galdor, del Drago e della Fenice in tutta quella storia. Il professore, intuendo lo smarrimento e la frustrazione del ragazzo, gli sorrise e, abbandonando per la prima volta quel tono mistificatorio che tanto gli piaceva, disse:
«Thoren perdona il mio modo di fare, ma è più forte di me. Tuttavia credo che sia arrivato il momento di essere diretti e di non perderci in inutili giri di parole. Dopotutto la salvezza del nostro universo dipende anche da questo».
Il marito di Daphne si limitò ad un timido cenno del capo, mentre l’altro continuava il suo racconto.
«La creazione di Cassiopea risale a circa mille miliardi di anni prima dell’Anno della Luce. Il Generale Galdor, un uomo proveniente dall’Orlo Esterno, raggiunse l’Aarin Ti Aye e con l’aiuto delle Tre Fate Eteree sprigionò il potere del Drago e della Fenice. Le due Entità iniziarono la loro opera di creazione sotto la guida del comandante. Tuttavia dar vita ad un nuovo universo o meglio ad una nuova parte di esso richiede, oltre ad un enorme quantità di energia, un’infinità di tempo. Di conseguenza le Fate Eteree donarono a Galdor il più potente e antico artefatto magico mai esistito: il Ciondolo della Vita, un oggetto che imbriglia l’essenza vitale e ne perpetua l’esistenza. Grazie ad esso il Generale fu in grado di sovrintendere all’operato del Drago e della Fenice fino a quando non comparvero le prime forme di vita. Successivamente il Comandante e la maggior parte dei discendenti dei suoi vecchi compagni di viaggio si stabilirono tra gli uomini formando le civiltà più antiche del nostro universo. Fino ad allora, infatti, avevano vissuto su Fallat, Orex e Rot: i tre pianeti sacri… i primi pianeti ad essere creati, i pianeti che incarnano il potere e l’essenza delle Fate Eteree. In particolare il Generale si trasferì sulla Terra e lì conobbe una donna, originaria del luogo, dalla quale ebbe due figli: Amdir, il primo Paladino che Cassiopea abbia mai avuto, e Sybilla, la prima fata a spiegare le proprie ali».
«Sybilla?! La Fata Maggiore della Giustizia, quella Sybilla?!» starnazzò il marito di Daphne, portandosi le mani alle tempie e massaggiandosele per il troppo sforzo.
«Proprio lei» cinguettò, allegramente, Avalon facendo l’occhiolino «Sybilla è la figlia di Galdor e come tale è una discendente diretta di tutte quelle persone che giunsero all’Aarin Ti Aye con l’Estele; è una discendente del cosiddetto Popolo di Galdor».
Nonostante le parole dell’uomo non fossero mai state così chiare e comprensibili, Thoren continuava a non capirci nulla. Per quanto si sforzasse di dare un senso a tutte quelle informazioni, non riusciva a credere al racconto del professore. In particolare si chiedeva come fosse stato possibile che Arcadia avesse avuto il coraggio e la sfrontatezza di omettere tali informazioni nel suo colloquio con Bloom. Per di più non riusciva ancora capacitarsi del perché i suoi incubi fossero collegati alla creazione di Cassiopea. Infine, una domanda in particolare… una sola misera domanda tormentava i suoi pensieri impedendogli di riflettere lucidamente.
«Professore, c’è una cosa che proprio non mi è chiara» esclamò il ragazzo portandosi con fare meditabondo l’indice e il pollice al mento «Lei come fa a sapere queste cose? Chi le ha raccontato questa storia?»
L’insegnante di Alfea si strinse nelle spalle, mentre sul suo viso comparve una vena di tristezza. Il giovane Paladino, però, sembrò non accorgersi del disagio provato dal suo interlocutore. Di conseguenza rimase in attesa di una qualche risposta. Intanto il ricordo della nascita di Cassiopea continuava a svolgersi: stelle e pianeti erano creati o distrutti a seconda dei movimenti del Drago e della Fenice. L’Estele, invece, manteneva la sua posizione e osservava l’operato delle due Entità. Trascorsero alcuni istanti, poi Avalon, dopo aver preso un profondo respiro, si rivolse nuovamente al ragazzo con tono imbarazzato:
«Beh… ecco… diverso tempo fa il mio maestro e mentore mi rivelò questa incredibile storia. Si chiamava Atanvar e, proprio come Sybilla, Amdir e gli altri, era un lontano discendente del Popolo di Galdor. Lui mi ha insegnato tutto ciò che so, tutto ciò che è necessario per sopravvivere. Vedi… Atanvar era un grande mago e la sua forza così come la sua bontà d’animo erano conosciute in tutta Cassiopea. Era davvero…»
«Aspetti un secondo!» lo interruppe improvvisamente il marito di Daphne facendo dei gesti incomprensibili con le braccia pur di ricevere attenzione «Cassiopea?! Ma… ma questo è impossibile a meno che…»
«A meno che Atanvar non avesse con sé il Ciondolo della Vita» concluse il professore abbozzando un sorriso beffardo.
«Doveva essere molto vecchio, allora» osservò Thoren iniziando finalmente a comprendere un qualcosa di quel discorso.
«Non così tanto» sospirò l’altro trattenendo con difficoltà le lacrime «Aveva solo 177 anni, quando fu brutalmente assassinato».
«Assassinato?! Da chi?» starnazzò il giovane, mentre un fremito di inspiegabile rabbia gli correva lungo la schiena.
Il professore non rispose nell’immediato: rivangare il passato, quei tragici avvenimenti non era affatto semplice. Il ricordo del dolore e della disperazione era ancora impresso nella sua memoria. Per anni aveva evitato di richiamare alla mente quelle immagini così strazianti. Si era ripromesso che per la sua e, conseguentemente, l’altrui sicurezza nessuno sarebbe venuto a conoscenza di quella storia. Tuttavia ormai non era più possibile rimandare l’inevitabile: Thoren doveva sapere, era un suo diritto essere messo al corrente del suo passato… delle sue origini. Avalon schioccò improvvisamente le dita della mano destra, generando un’intensa e accecante luce bianca che avvolse lui e il suo interlocutore. Subito dopo i due si ritrovarono nuovamente all’interno della piccola stanza di Fonterossa, dalla quale sembravano non essersi mai allontanati. Il marito di Daphne, spaesato da quell’improvviso cambio di scenario, cercò di alzarsi dalla poltrona e di chiedere all’insegnante cosa fosse successo. Il professore di Percezione Cognitiva, però, lo fermò con un semplice gesto della mano; poi giungendo le mani all’altezza delle labbra, disse:
«Thoren… devi sapere che il Popolo di Galdor, in virtù delle proprie origini, ha sempre avuto un ruolo attivo nella salvaguardia del nostro universo. Con la comparsa di Ksendras e delle sue Legioni d’Ombra, numerosi discendenti del Generale affiancarono nel corso dei secoli i Custodi delle due Fiamme. Lo stesso Collegio di Linphea, la più antica tra le accademie magiche, fu fondato da Indil, lontano pronipote di Amdir, al fine di fornire un’istruzione adeguata ai superstiti della sua razza. Ovviamente, già prima della divisione di Cassiopea, solo poche persone erano a conoscenza delle gesta del Generale e della sua discendenza, che per millenni aveva vissuto tra gli umani. Tuttavia, in seguito alla nascita della Dimensione Magica, l’identità e la storia del Popolo di Galdor furono cancellati dalla memoria collettiva, nessuno escluso. Gli unici ad evitare il potere dell’incantesimo scagliato dai due Custodi, furono gli abitanti di Fallat, Orex e Rot, poiché posti sotto la protezione delle Tre Fate Eteree, e Atanvar grazie al potere del Ciondolo della Vita. Quest’ultimo gli fu donato circa cinquant’anni prima della divisione dallo stesso Indil, che lo nominò preside del Collegio di Linphea. Il mio maestro, inoltre, temendo per la sicurezza dei suoi “simili”, ormai privati del loro stesso passato, chiese alle Fate Eteree di cancellare le ultime tracce del Popolo di Galdor ancora presenti nella Dimensione Magica. In aggiunta, al fine di giustificarne l’esistenza e di non creare sospetti, consentì l’accesso alla sua scuola anche ai semplici umani. Purtroppo, nonostante i suoi sforzi, Atanvar non riuscì ad evitare il peggio…»
«C-c-cosa s-s-successe?» balbettò il cugino di Sky, ormai completamente rapito dal racconto dell’uomo.
«Nel lontano 1377 il Consiglio degli Anziani, andando ben oltre la propria autorità, ordinò al “Guanto della Giustizia”, un’organizzazione segreta e violenta facente parte dell’Ordine dei Templari, di sterminare il Popolo di Galdor. Nessuno fu risparmiato: donne, bambini e anziani furono incarcerati, processati e giustiziati senza conoscere neanche il motivo della loro colpa. In circa trent’anni più del 95% dei discendenti del Generale e dei suoi compagni fu spazzato via dalla furia di Arcadia e del suo braccio destro: il Capitano Maximus. Nessuno fu in grado di sfuggire a quella barbarie, nemmeno i miei genitori e se…»
«Anche lei… anche lei fa parte del Popolo di Galdor?!» lo interruppe il Paladino, scattando in piedi a causa della portata di quella rivelazione.
«Si» sentenziò il professore lapidariamente «Fu Atanvar a rivelarmelo, quando mi salvò da un’imboscata degli uomini del Guanto della Giustizia».
«Fu allora che lo conobbe?»
Il viso dell’uomo era un miscuglio di emozioni contrastanti: alla felicità del ricordo del suo amato mentore, infatti si mescolavano il dolore della perdita e la rabbia provata nei confronti del Consiglio degli Anziani. I suoi occhi erano pieni di lacrime, mentre le dita delle mani non la smettevano di ticchettare compulsivamente sui braccioli della poltrona. Per Avalon era una sofferenza il dover affrontare quel discorso, ma ormai non mancava molto… doveva compiere quell’ultimo sforzo affinché quel ragazzo così giovane ed inesperto comprendesse l’importanza del suo ruolo. Di conseguenza, alzandosi a sua volta dal proprio posto, si posizionò di fronte a Thoren e, guardandolo dritto negli occhi, esclamò con la voce carica di commozione:
«Sebbene abbia trascorso con lui non più di nove anni, ho fatto tesoro dei suoi insegnamenti e delle sue esperienze. Atanvar mi insegnò tutto ciò che sapeva, mi rivelò le mie origini… le origini del Popolo di Galdor. Vagammo insieme per la neonata Dimensione Magica alla ricerca di altri superstiti, ma il nostro viaggio fu vano. Il mio maestro, allora, si convinse che, oltre a quei pochi rimasti sui tre pianeti sacri, io e lui fossimo gli ultimi esponenti di una razza ormai estinta. Allo stesso modo, dopo la morte di Atanvar, credetti di essere solo, per sei lunghi secoli ho pensato di essere solo».
«Sei secoli?! Lei ha più di seicento anni?!» starnazzò il marito di Daphne, non riuscendo a capacitarsi di un dettaglio che gli sarebbe dovuto essere chiaro fin da subito.
«Te l’ho detto: questo oggetto è portentoso» replicò divertito l’insegnante di Alfea mostrando nuovamente il Ciondolo della Vita.
Il giovane Paladino sorrise a sua volta; poi, assumendo un’espressione seria, si rivolse con decisione ad Avalon. Doveva chiederglielo, doveva porgli quella domanda e dissipare una volta per tutte un dubbio sorto durante quel racconto.
«Professore…» bisbigliò il marito di Daphne «Questa storia, tutta questa storia cos’ha a che fare con me e con i miei incubi?»
«Io credo che tu l’abbia già capito» rispose l’altro porgendogli il Ciondolo della Vita.
Thoren, sebbene fosse ancora titubante, afferrò con la sua mano destra la gemma cristallina. Questa, non appena fu sfiorata dalle dita del ragazzo, iniziò a brillare di un’intensa luce azzurra.
«Atanvar si era sbagliato» sibilò, soddisfatto, Avalon «Il Popolo di Galdor non si è estinto e tu ne sei la prova, Thoren».
 
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Note dell’autore: Buondì a tutti!!! Eccoci arrivati anche al quarto capitolo. Dite la verità: ho esagerato con i colpi di scena XD. Io vi avevo avvisati: sebbene l’azione scarseggi in questa parte della storia, ho trovato un modo per tenervi con il fiato sospeso ahahahahahahah. Tralasciando la prima parte del capitolo, focalizzata sull’improvviso risveglio di Brendon e il suo colloquio con Bloom (ci torneremo più avanti su questo strano rapporto, ve lo giuro XD), passiamo ad Avalon e Thoren. Innanzitutto: lo so, è un accoppiamento stranissimo: questi sono due personaggi che nella serie originale non si sono mai visti, forse neanche si conoscono ahahahahahahah. Quindi vi starete sicuramente chiedendo: “per quale caspiterina di motivo ha deciso di creare un tale casino?”. La risposta a questa domanda è complessa, non impossibile… ma davvero, davvero difficile. Alloooora… io direi di andare con ordine in modo tale da capire che cosa diamine mi sta passando per la testa 😊. 1) Fin da subito ho adorato il personaggio di Thoren e, poiché nella settima serie è misteriosamente scomparso insieme a Daphne, ho deciso di affidargli questo “nuovo ruolo” che più avanti nelle note analizzeremo. 2) Avalon ha sempre ricoperto il ruolo di “guida spirituale” all’interno della serie, quindi ho deciso di trasformarlo nel mentore del giovane Paladino. In secondo luogo ho voluto giocare proprio sul ruolo del marito della futura Regina di Domino. Thoren, infatti, è un Paladino e sapete chi altri era chiamato Paladino nella seconda serie??? Si, esatto… proprio Avalon (adesso non so se lo chiamavano così perché era un Paladino come Thoren o Nex, oppure un’altra specie: io e MartiAntares abbiamo avuto un’accesa discussione su questa cosa ahahahahahahahahahaha). Anyway, giocando su questa “assonanza”, ho conferito al ruolo di Paladino della Dimensione Magica una nuova veste che risale, come avete letto, agli albori dell’universo magico. Piccolo spoiler: la forma da Paladino di Avalon, la ricordate??? Beh, non sarà più l’unico ad averla ^_^. 3) Questo penso sia il punto fondamentale… perché ho dovuto affiancare a Drago e Fenice una sorta di guida??? I motivi sono principalmente due: come sapete mal sopporto le cose che accadono senza motivo, quindi figuriamoci come potevo “digerire” l’idea che due esseri sbucassero fuori dal nulla e iniziassero a creare la vita così a caso; dovevo conferire un ruolo di spicco alle Tre Fate Eteree, un ruolo che sarà approfondito più in là nella serie e che sarà fondamentale per capire cosa ci sia oltre 😉. So di aver creato ulteriori dubbi con l’introduzione del Popolo di Galdor e tutto il resto della storia XD… mi dispiace dirvi però che per avere delle risposte dovrete attendere moooolto a lungo. Concludo dicendovi che sul Drive è stato caricato (nella sezione “Approfondimenti”) il file Word contenente la gerarchia della Dimensione Magica (ovviamente di questa fanfiction ahahahahahahah). Vi invito a leggerla perché viene spiegato il rapporto tra le Fate Eteree e il Consiglio degli Anzini (aspetto fondamentale d questa storia). Ho caricato anche la parte di cronistoria dedicata al passato di Atanvar e Avalon. Come sempre leggetela perché sono contenute informazioni preziose. Infine nella sezione “Immagini” troverete la foto dell’Estele (in realtà presa pari, pari dal film Passengers XD). Beh, penso di avervi detto tutto, come al solito scusate la lunghezza di queste note 😉. Spero di risentirvi al prossimo capitolo, un saluto e a presto 😊 😊 😊.
Yugi95

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