The Legend of Eiji - La cronaca

di LanceTheWolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L’Universitaria ***
Capitolo 2: *** L'Avatar ***
Capitolo 3: *** La Guida ***
Capitolo 4: *** La Nonnina ***
Capitolo 5: *** Il Cugino ***
Capitolo 6: *** Il Dominatore del Metallo ***
Capitolo 7: *** Il Dominatore del Fuoco ***
Capitolo 8: *** L'Animale Guida ***
Capitolo 9: *** L'Amica ***



Capitolo 1
*** L’Universitaria ***


Prima di cominciare: Questa storia scritta da me (Lance) e Mokuren, è il frutto della nostra passione per i giochi di ruolo e la voglia di muovere dei personaggi di nostra creazione nel mondo di Avatar. Nata quindi come una giocata, racconta in maniera molto soft gli accadimenti di un ristretto numero di personaggi, costretti dal destino (Ovvero il Master di gioco) a camminare lungo lo stesso sentiero. La protagonista della storia è Fen Shu, una ragazza come tante che si trova a vivere in questo mondo e a fare la conoscenza di persone fuori dalla norma che la trascineranno nella loro vita, o… forse sarà lei a trascinarli nella sua? L’unico modo per saperlo è leggere questa cronaca.
La storia è, per così dire, quasi esclusivamente Fen-centrica, si muove all’interno delle emozioni di questo personaggio risultando più una novelle che un’action. Ma speriamo con tutto il cuore che a voi piaccia leggerla, così come a noi è piaciuto giocarla.

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L’Universitaria
 

Era una splendida e calda giornata a Ba Sing Se. Una di quelle giornate dove il sole splendeva alto in cielo e tutto, in torno, non faceva che promettere l’avvento di qualcosa di buono.
C’era aria di festa tra le vie affollate che portavano all’ex-palazzo reale, ora sede del Senato della Repubblica della Terra. E qualcosa stava accadendo davvero, a quanto sembrava, data la presenza di un discreto gruppo di persone in attesa sotto la grande scalinata. Il gruppo, che aumentava di numero a vista d’occhio, era formato, per lo più, da giornalisti, con relativi cameramen al seguito, e diversi curiosi.
 
Fen Shu camminava a testa alta quel giorno, ingolfata nella sua splendida felpa verde con il simbolo della facoltà di Archeologia in bella mostra dietro le spalle. L’estate era sempre più vicina e la rossa dagli occhioni verdi avrebbe dovuto presto dismettere quel suo vezzo da ragazzina a favore delle richieste insistenti della sua Nonnina che le ribadiva di comportarsi (e vestirsi chiaramente) da donna.
No, la cosa non l’allettava affatto, avrebbe trovato una soluzione e, alle brutte, avrebbe resistito stoica alla calura; tutto pur di non mostrare ad anima viva cosa celava il suo felpone. Mai più vi avrebbe rinunciato, non dopo i vezzeggiamenti delle ragazze dell’università, che suo Cugino apostrofava col termine di ‘Invidiose’, e l’essere stata mollata dal suo amato Jeong-Jeong a maggior conferma dei suoi pensieri al riguardo: altro che ‘Invidiose', il suo ‘davanzale’ era decisamente troppo, troppo, ingombrante e volgare se, il grande amore della sua vita, aveva preferito a lei una tipetta alta (quello che lei ovviamente non era), magrolina e con un delicato accenno di curve che la facevano sembrare una fata delle favole.
Un sospirone, nel tentativo di cacciar via quanto la tormentava: era una bella giornata, perché rovinarsela con quello stupido pensiero?
Certo però il cuore le doleva ancora e molto. Una parte di lei sperava che il suo ragazzo, il suo ex-ragazzo, tornasse da lei, magari… “Con una riduzione del seno!” A quel ragionamento fecero eco nella sua mente le voci inorridite della Nonna e del Cugino, ma che ne volevano sapere loro di quanto Fen stava male?
Lo sguardo le scivolò sul trambusto davanti al Palazzo della Repubblica mentre si dirigeva all’università.
Fece spallucce: non si intendeva tanto di politica, ma se fosse stato un evento davvero importante suo Cugino non avrebbe fatto che parlarne a raffica, conoscendolo, o comunque qualcuno alla sua facoltà ne avrebbe fatto almeno un accenno, non erano certo tutti svampiti come lei e più interessati alle cose morte che a quelle dei viv… Ehhh… no, più attendibile, come metro di giudizio, era sicuramente basarsi sull’euforia del Cugino per quel che riguardava certe faccende, in effetti.
La sua amica Min, la sua migliore amica e confidente da sempre da ché era all’università (l’altra se l’era sposata il suo papà e adesso era in dolce attesa. Stranezze della vita moderna!), l’aspettava alle bancarelle di cibarie del mercato poco distante, o almeno lì avevano appuntamento (Min era rigorosamente o in estremo anticipo o in terribile ritardo su tutto, su ogni cosa, anche sui Tempi, come testimoniavano i suoi indumenti sempre fuori stagione e fuori moda). Erano le ultime settimane prima della pausa estiva ed entrambe avevano ancora qualche faccenda da chiudere prima di godersi il meritato riposo.
Sovrappensiero si accostò a una bancarella che sventolava, alla brezza leggera del mattino, foulard e camicette varie. Robetta non certo adatta a lei, eppure lo sguardo le scivolò su quella felpa di cotone smanicata dall’aria fintamente vissuta e dai colori caldi della terra.
Gli spiriti le stavano andando in soccorso, lo sapeva che quel giorno sarebbe successo qualcosa di bello, ma… scorrendo il cartellino del prezzo tra le dita: “25 yuan.” Ma no, non era possibile, in borsa aveva solo 20 yuan.
Delusa cercò con gli occhi il proprietario della bancarella, magari ne aveva altre e poteva chiedergli di mettergliela da parte giusto il tempo di tornare a casa a prendere il denaro che mancava, quando una ragazzetta accanto a lei…
-Ha solo questa misura?- Disse sfilandole il capo dalle mani con impertinenza.
-Sì, mi dispiace, è l’ultima!- Rispose il venditore.
-Accidenti, è troppo grande per me, peccato, è davvero un amore!- Protestò la tipetta verso la combriccola di liceali in erba che l’accompagnava, prima di voltarsi e andarsene senza nemmeno un cenno di saluto al venditore.
Certo, era grande per quella ragazza molesta, ma giustissima per le curve di Fen.
Ancora uno sguardo a quell’indumento, quella maleducata aveva ottenuto per lei la risposta che cercava: forse poteva contrattare con il mercante essendo l’ultima.
Era lì, sovrappensiero, quando venne letteralmente investita da un tizio di corsa.
Non l’aveva per nulla visto arrivare, non che normalmente fosse particolarmente attenta a quello che aveva intorno, non senza Min che le indicava dove era più conveniente che volgesse lo sguardo, ma fatto stava che quel bestione, che di sfuggita gli era sembrato alto come un uomo delle Tribù, l’aveva quasi messa al tappeto, non fosse stato per la rapidità con cui, dopo averla spintonata a quella maniera, l’aveva afferrata trattenendola per la vita.
-Stai attenta, Cretina!- Le arrivò una voce anche troppo conosciuta. -Ti farai male davvero una di queste volte.- Il suo ‘simpatico’ Cugino, ecco chi era. Un metro e novanta di pura stupidità, incorniciata da una cascata di capelli rasta, su due occhi verdi, proprio come i suoi, che risaltavano sulla carnagione troppo abbronzata per essere davvero un suo parente.
Gli avrebbe risposto a tono, non fosse che notò quella penna infilata tra i capelli, la camicia buona del completo e quel blocchetto per gli appunti nella mano che non la teneva così pericolosamente stretta a lui (‘pericolosamente’, perché non era insolito che prima la salvasse togliendole ogni appoggio possibile, per poi mollarla di colpo e farle comunque dare una bella sederata al suolo. Sì, ok, non era la prima volta che cose del genere le capitavano e forse, ma solo forse, mentre osservava quella meravigliosa felpetta, si era incautamente mossa all’indietro senza guardare dove andava e a chi tagliava la strada).
Improvvisamente l’abbigliamento di quel suo odioso coetaneo, le ricordò di averlo visto tormentare la Nonnina affinché gli stirasse la camicia buona e… no, forse suo Cugino era andato davvero in giro per settimane blaterando qualcosa di incomprensibile a cui lei non aveva, ovviamente, dato la benché minima attenzione.
‘Distratta’ era il termine che le si addiceva di più infondo, ma per quell’energumeno troglodita del Cugino ne aveva una decina buoni che avrebbero dato piena consistenza a quanto fosse irritante e sciocco.
La liberò dalla stretta, per una volta, senza lasciarla cadere in terra.
-Scusa Rompiscatole, ma sono di fretta, oggi è ‘Il Grande Giorno’!- Le disse sorridendo emozionato, prima di volgersi con quegli occhi velenosi nuovamente verso la strada, ma… non passò che un secondo prima di vederlo tornare indietro con lo sguardo, su qualcosa alle sue spalle, ma cosa?
La ragazza non fece in tempo a girarsi per controllare che, il Cugino, sporgendosi tanto da sovrastarla per prendere ‘solo-il-cielo-sapeva-cosa’ da sopra la sua testa, disse: -Carina questa, proprio il tuo stile!-
Le sorrise compiaciuto spingendole quella adorabile felpa tra le braccia, privo di riguardi come al suo solito, mentre, con identica irruenza, faceva lo stesso con una gonnellina a pieghe in tinta.
-Le tue gambe non hanno nulla che non vada nella tua testa, mi sembra.- Le sorrise ammiccando e sfilando una banconota dal portafogli. -50 tutto, giusto?-
Il venditore annuì prendendo la carta che gli allungava suo Cugino e non fece in tempo a commentare la cosa che questi era scappato via salutandola con una mano, gridando ai più: -Sono di corsaaaaa! Fate largo nullafacenti del venerdì!-
E in effetti era venerdì e… quando voleva, suo Cugino, non era poi tanto male.
Sorrise mentre il venditore prendeva quanto aveva tra le braccia e lo metteva in una bustina.
-Ehhh!!! È un concentrato di testosterone, non trovi? Con quelle spalle larghe, quella pelle da paura.- Min, la sua cara amica Min (…e quella sciarpa verde di lana, in anticipo di un paio di stagioni, come al solito.) era arrivata finalmente e con lei anche la sua cotta secolare per quel cretino di… com’è che si chiamava suo Cugino?
-Ecco a lei signorina!- Disse gentile il signore della bancarella porgendole il tutto.
“Sempre in anticipo o in ritardo, ma quando c’è mio cugino in giro, arriva subito, neanche fosse un cane da tartufo!” Pensò, mentre ringraziava il venditore, che se la ridacchiava garbatamente alle parole della sua amica, facendo venire a Fen voglia di sprofondare dall’imbarazzo.
Min, ridendo divertita, le gettò un braccio sulle spalle. Le era piaciuta subito quella ragazza, forse un po’ troppo aggressiva a volte, ma dolce e gentile quando occorreva. Si erano conosciute al primo anno d’università, ma a Fen Shu era sembrato di conoscerla da sempre. “Peccato per quella sua smodata passione per quell’idiota decerebrato, che ho la sfortuna di avere per parente. Come faccia una ragazza tanto intelligente a farsi piacere quell’inutile colosso, con un cespuglio in testa al posto dei capelli, è un mistero!” Rifletté scuotendo la testa rassegnata.
-Quello che mi fa paura, mia cara Min, è quanto la sua idiozia ti contagi ogni volta che lo vedi!- Le disse senza peli sulla lingua.
La ragazza in tutta risposta ruotò gli occhi verso il cielo. Per Fen una cosa però era certa: se c’era qualcuno che avrebbe potuto sapere cosa stesse avvenendo quella mattina in città, quella era fuor d’ogni dubbio Min. Quella ragazza non perdeva una sola parola che usciva dalle labbra del Cugino, quindi…
-Ehi Min, non è che sai cosa succede di tanto importate da aver agitato quell’idiota di cui sei sfortunatamente invaghita? Non è normale vederlo così ben vestito, e nemmeno tanto allegro.-
 
Min osservò la sua amica con fare interrogativo. -Davvero non lo sai, Fen?- Una breve pausa. -A quanto pare l’Avatar verrà a far visita al Presidente. Non hai notato quanta polizia? Il Senato vuole che tutto proceda senza intoppi, da ché se ne sa, è il primo viaggio ufficiale dell’Avatar Eiji nel Regno della Terra. Non era per questo che eri tanto desiderosa di vedermi di prima mattina… o…- Assottigliò lo sguardo perplessa verso Fen. -Quella di controllare la catalogazione dei reperti rinvenuti sui confini del deserto di Si Wong… non era solo una scusa per la tua Nonnina? Cioè, non volevi evitare una giornata in pasticceria solo per andare a catalogare dei vecchi reperti polverosi, vero?- Domandò in fine prendendola per il bavero e tirandosela viso a viso con la sua solita irruenza. -Vero?- Ripeté sperando che per la sua amica ci fosse ancora una possibilità di redenzione prima che lo spirito dell’archeologo la possedesse per sempre.


Lo sguardo serio e minaccioso di Min ricordò a Fen, perché, nonostante le stramberie dell’amica, nessuno all’università osava prenderla in giro… almeno non in sua presenza. Min era sempre allegra e incurante di quello che le accadeva intorno, ma quando si infuriava era un’autentica forza della natura, con una rabbia fredda e… sorridente, con la lingua più tagliente che le era mai capitato di sentire.
Fen mise una mano su quella dell’amica che le teneva il colletto ed esibendosi nel più disarmante dei suoi sorrisi...
-Certo che no.- Mentì sapendo di mentire, ma l’istinto di sopravvivenza aveva preso il sopravvento e certo non se ne sentì in colpa… va bene, sì, un pochino sì, ma  solo un pochino però! -Non avevo semplicemente messo in relazione la visita di Lord Eiji con il buonumore del mio cuginetto e il suo tirarsi a lucido.-
Sperò ardentemente che il richiamo al ragazzo potesse distrarre l’amica e, difatti…
Min le sorrise tornando la solita Min di sempre. Fen non aspettava altro e prendendole la mano, ridendo, la trascinò di corsa verso la scalinata. -Dai che la visita dell’Avatar è un grande evento. Non vorremo perdercela, vero?-
Sospirò tra sé e sé di sollievo: anche questa volta l’aveva scampata.
Si avvicinarono alla folla in attesa. Prese a guardarsi intorno curiosa, cercando un buon punto di osservazione e, no, non stava cercando quel debosciato di… “Pin, Tin… sì credo che quell’idiota si chiami così, o qualcosa del genere, ma d’altro canto è il mio unico cugino e ‘Cugino’ ce lo chiamo da una vita, che bisogno c’è di sapere come lo chiamano gli altri? Prima o poi mi verrà in mente, ma non lo sto cecando. Che bisogno c’è di farlo quando, conoscendola, Min sarà più che pronta a farmi notare, quanto prima, la sua posizione tra questa massa di gente, che si fa via-via più fitta. Uffa, odio le folle!”


Troppa gente, decisamente troppa gente. Malgrado i vari tentativi, per due ragazzine ritardatarie, non sembrava esserci verso di potersi creare un varco in quella folla, al ché si dovettero rassegnare a rimanere sul bordo di quella marea di esseri viventi, accalcati neanche stesse per arrivare l’Avatar… Ops, ma, in effetti, era proprio quello che stava succedendo: l’Avatar stava per arrivare.
Min e Fen cercavano di guardare al di là delle teste delle persone davanti a loro tirandosi sulle punte dei piedi quanto potevano, ma nulla. Oltre al presidente Kira, che parlava in un microfono guasto, che non permetteva di sentire molto oltre a un fischio assordante, non riuscivano a capire bene cosa stesse effettivamente accadendo.
-Forse il presidente si sta facendo cambiare il microfono. Mi sembra solo sul palco.- Disse Min mentre cercava di guadagnare qualche centimetro facendo leva con le mani sulle spalle di Fen saltellando.
Lentamente si cominciava a far largo in loro la delusine e la coscienza che, forse, avrebbero fatto meglio a tornare a casa, quando qualcuno si accostò loro.
Non si voltarono a controllare, non subito almeno, finché una voce impastata giunse a richiamarne l’attenzione: -Quanta gente! Si festeggia qualcosa?-
A parlare era stato un ragazzone della terra che superava tutti i presenti di almeno una testa e mezza e dall’aspetto… ‘rustico’, per così dire, vista la barba incolta e i capelli scompigliati. Tra le mani fasciate teneva un paio di Dango che mangiava con golosità.
Forse non stava chiedendo proprio a loro, anche perché guardava dritto davanti a lui.
 
Min rimase in silenzio osservando quegli occhi smeraldini, cercando probabilmente di capire se rispondere o meno a quella domanda, fin tanto, dopo un bel morso al suo dolce quel gigante della terra non volse le iridi verso lei e la sua amica, accennando un sorrisetto divertito.
-Allora?- Aggiunse interrogativo.
Min si indicò, come a chiedere conferma che quanto detto fosse rivolto realmente a lei e il ragazzone annuendo… -Sì, parlo proprio con voi, bellezze!-
-Siete forestiero?- Domandò la ragazzina.
-Se non lo fossi ti farei questa domanda?- Disse apparentemente divertito.
-Beh, signore, se conoscesse le persone che conosco io non si stupirebbe troppo della cosa, mi creda!- A quanto sembrava Min non perdeva un’occasione per far dell’ironia sulla distrazione della sua amica Fen.
-Signore?!- Esordì quel gigante sgranando gli occhi e piegandosi di scatto in modo da poter guardare la ragazza negli occhi. -Ti sembro tanto vecchio? Ho solo 25 anni, gli spiriti mi sono testimoni!-
Min indietreggio intimidita da quell’atteggiamento, ritrovandosi addossata all’amica, nel mentre una risatina argentea giunse alle spalle del ragazzo, seguita da una voce femminile, tremendamente divertita…
-Non puoi dar loro torto! Se almeno la mattina ti pettinassi, magari non ti scambierebbero per un barbone, Ling!- Ad aver parlato era stata una bellezza eterea che quasi non sembrava appartenere a quello stesso mondo: alta, con delle gambe lunghissime e affusolate, vitino da vespa, curve armoniose e delicate, il tutto stretto in una tuta aderentissima che non faceva che metterne in risalto il fondoschiena perfetto. I corti capelli castani, volutamente scompigliati, incorniciavano un viso che sembrava strappato a un angelo con quelle labbra rosee e quei due grandi e brillanti occhi nocciola, contornati da ciglia talmente lunghe che non potevano essere vere. Sulla fronte e sulle mani erano evidenti i tatuaggi che facevano di quella meraviglia una Maestra dell’Aria.
-Mai!- Sbuffò quel ragazzone senza voltarsi e tirandosi nuovamente eretto prima di scrocchiare la schiena a destra e a sinistra. -I miei capelli non hanno nulla che non vada! E poi… non eri con quegli altri due debosciati a guardare le bancarelle?-
Gli abiti eccessivamente larghi del ragazzo della terra mal si associavano alla figura della ragazza, e lo stesso valeva anche per le sue mani strettamente fasciate in una ruvida stoffa logora. Logora, bruciacchiata, ma non sporca… in effetti!
-Lascia stare quelle ragazze, non vedi che le stai spaventando con i tuoi modi da ‘Gentelman’.- Era stata una voce maschile a parlare adesso, con un marcato accento del sud.
-Io? Spaventando? Ma non scherziamo, le pupe mi adorano!- Commentò immediatamente il ragazzo.
In tutta risposta la donna accanto a lui alzò lo sguardo al cielo, stringendo più saldamente il suo bastone intarsiato.
Min e Fen non poterono non riconoscere immediatamente in quello strumento apparentemente molto, molto semplice, un antico aliante della stirpe dell’aria. Un preziosissimo pezzo da museo, avrebbero potuto dire, vista la loro esperienza in quel campo. Dalle iscrizioni sembrava risalire ad almeno cinquecento anni prima, possibile? Come poteva una ragazza tanto giovane possederne uno, anche portando i tatuaggi da maestro? Che fosse un cimelio di famiglia, forse?
Min si sentì prudere le mani colta dall’irrefrenabile desiderio di toccare quell’antico reperto, ma… ad aver ripreso per ultimo quel ‘Ling’, era stato un ragazzo dagli occhi e gli abiti rossi tipici della Nazione del Fuoco accompagnato da un altro, in tutto e per tutto, identico a lui.
“Gemelli!” Pensò.
La nascite gemellari erano diventate, da molto tempo ormai, eventi assai rari, si poteva quindi ben capire lo stupore della fanciulla, mentre uno strano sentore si faceva largo in lei.
Entrambi vestivano in maniera similare tranne che per piccolissimi particolari, anche i lunghi capelli neri erano acconciati allo stesso identico modo. L’unica reale differenza tra loro era la presenza, decisamente anacronistica, di una lunga spada al fianco di quello tra i due che aveva appena parlato.
“Lo sai che serve il porto d’armi per quella?” Pensò ancora Min, tenendoselo comunque per sé, più interessata alle iscrizioni sul fodero laccato che davano anche a quell’oggetto una datazione per nulla recente, ma… poteva essere una copia, forse quei tizi erano una specie di figuranti per qualche spettacolo, eppure… due gemelli del fuoco.
-Stavo solo chiedendo informazioni. Vero?- Disse ancora quel gigantesco venticinquenne rivolto alle due ragazze.
Min annuì frenetica in risposta, questo le sorrise caldamente, per poi girarsi verso i compagni di viaggio (sì, perché erano sicuramente in viaggio, questo raccontavano gli zaini sulle loro spalle.)…
-Qui c’è solo un politico tirato a lucido con dei seri problemi di acustica, amici miei!- Disse quel ragazzone, per poi ritornare a guardare le due ragazze con un sorriso divertito in volto. -Cercavamo l’università, ci sapete dire in che direzione si trova?-
Mentre Min era attenta a fissare quel bizzarro ragazzo, la Maestra dell’Aria, avvicinandosi a Fen, allungava una mano rubando delicatamente all’amica una ciocca di capelli per lasciarsela passare tra le dita e, sorridendo gentile, disse: -Che colore particole! Ho sempre adorato i capelli lunghi, i tuoi oltretutto sono davvero bellissimi!-
Al dire del ragazzone, il tizio con la spada si colpì rassegnato il volto con una mano. -Che modi, accidenti, vuoi almeno presentarti prima?-
Al ché il ragazzo dalle mani fasciate… -Ah, giusto! È vero, me lo dimentico sempre.- Una breve pausa. -Piacere di conoscervi, ehm… Tu e Tu.- Indicando prima l’una e poi l’altra ragazza. -Il mio nome è Ling Beifong e, insieme ai miei amici, stiamo cercando il professor Chao Chin della facoltà di Archeologia dell’Università di Ba Sing Se. Fino a Ba Sing Se ci siamo arrivati, come vedete, e se cortesemente potreste indicarci la strada per l’Università…-
Quella meraviglia dagli occhi nocciola scosse il capo divertita. -Irrecuperabile!- Esordì, poi… -Lui ormai lo conoscete, il mio nome invece è Mai, e questi miei due amici sono Fumio ed Eiji e voi siete?- La sua voce era vellutata e gentile proprio come il suo aspetto. -Vi saremo davvero molto grati se poteste aiutarci.-
-Ah, sì!- Riprese convinto il gigante. -Lui…- Indicando il ragazzo senza spada, facendo l’occhiolino. -È l’Avatar.-

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Capitolo 2
*** L'Avatar ***


L’Avatar


“Troppa, troppa gente” Aveva pensato Fen, mentre Min le saltellava intorno cercando di usarla come un trampolino o qualcosa del genere. “Odio le resse, soprattutto perché, grazie alla mia scarsa altezza, finisco sempre col sentirmi soffocare da mura umane. Non riesco nemmeno a localizzare quella stanga coi rasta.” Aveva sbuffato continuando a guardarsi intorno, fin quando una voce curiosa non aveva attratto la sua attenzione: un ragazzone della terra, più spaesato di lei e con la barbetta di un paio di giorni, sembrava incuriosito dagli eventi. “Non avrei mai creduto di poterlo dire, ma questo è più ‘colosso’ del mio cugino ‘colosso’, appunto.”  Aveva pensato la ragazza con un pizzico di ironia. “Ad occhio e croce alti uguali, ma ‘Barba incolta’ è largo il doppio, un vero armadio vivente.”
-Ho solo 25 anni. Gli spiriti mi sono testimoni!- Aveva esordito quel ragazzo dopo un botta e risposta con Min.
“La Nonna lo dice sempre che la barba invecchia!” Se l’era risa Fen mentalmente. Prima di volgersi verso una risatina femminile, argentea e incantevole proprio come la fanciulla che l’universitaria si era trovata davanti agli occhi.
“Oh, spiriti! È bellissima." Era balenato nella sua mente come un fulmine a ciel sereno. Era il suo esatto contrario di donna (ovvero tutto quello che lei, tapina, avrebbe voluto essere e non era), ma, d’altro canto, il suo ideale femminile era leggero ed etereo, proprio come quella maestra dell’aria (come testimoniavano i tatuaggi che mostrava sul corpo), non rientrava per niente nello standard del Regno della Terra in cui lei, chiaramente, si rispecchiava appieno.
Per un secondo il resto del mondo per Fen era scomparso difronte a quella visione.
“Non può essere vera! Ha esattamente il tipo di curve che mi sono sempre figurata come la perfezione, non certo il mio ridicolo davanzale sovrasviluppato e la mia altezza di ‘due mele o poco più’.”  (E quando una persona comincia ad autocitarsi nella canzoncina di un cartone animato…).
Per fortuna di Fen, il ‘25enne’ della terra e il forte vocione che questi si ritrovava, l’avevano scossa, riportandola con i piedi in terra.
“Lo sguardo di questo gigante barbuto è gentile e divertito, non uno sguardo che mette paura, malgrado quel che stanno dicendo di lui quella meraviglia di donna e i due nuovi arrivati. La mia Nonnina lo dice sempre: ‘gli occhi sono lo specchio dell’anima. Devi guardare gli occhi di una persona per avere un sentore della personalità che racchiudono.’ E… questo ragazzo non ha uno sguardo malevolo, solo un po’ troppo sfrontato. Sì, sfrontato, questo sì.” Non aveva avuto il tempo di terminare quel ragionamento che, alla stima degli eventi da parte di quel Ling (questo, aveva capito, fosse il nome del colosso), non era riuscita a trattenere una risata divertita. “Un politico tirato a lucido con seri problemi di acustica.” Aveva ripetuto nella sua mente. “Esilarante, non fosse che, quello che cercava di parlare in quel maledetto microfono scassato, altro non era che il nostro presidente. Che figuraccia!”  Aveva scosso il capo rassegnata, ma si era bloccata di colpo trovandosi sfiorata dalla mano della fanciulla dell’aria che, dopo essersi fatta scorrere tra le dita una ciocca dei suoi capelli, le aveva detto qualcosa. Il suo imbarazzo crescente non le aveva permesso di capire appieno le parole che le erano state rivolte, ma dovevano essere state dei complimenti; non che ne fosse stata sicurissima, se però così non fosse stato, Min sarebbe saltata certamente alla gola della maestra dell’aria, data l’iperprotettività dell’amica nei suoi confronti. Era riuscita a balbettare un imbarazzato: -Grazie.- Dandosi mentalmente dell’idiota per essere tanto imbranata e tentando di riprendersi prima che, la fanciulla dai corti capelli castani, potesse pensare che fosse una povera ebete o che fosse direttamente dell’altra sponda.
“Anche se su di una donna così, chi non ci farebbe un pensierino?”  Fen quasi aveva ringraziato Ling di averle evitato un’altra figuraccia, distraendole quella meraviglia con i suoi modi ‘particolari’ per un… Beifong?
“Davvero questo ragazzone è uno dei discendenti della Signora del Metallo?” Si era domandata mentre il suo stupore aveva fatto eco alla presentazione completa del ragazzo e alla voce maschile di uno dei nuovi venuti… “Ah, i nuovi venuti, giusto!” Quando, focalizzato quel suo pensiero, si era decisa, finalmente, a volgere lo sguardo verso gli ultimi arrivi, era rimasta nuovamente stupita; non incantata come davanti a quella bellezza dai giganteschi occhi nocciola, ma… “Gemelli!”
Quello che si era trovata di fronte era un evento talmente raro e singolare, che non le era riuscito di non rimanere inebetita a fissare i due ragazzi; nell’assurda convinzione di cercare delle differenze nel loro aspetto, per sentirsi una cretina nel momento immediatamente successivo, pensando che…
“Sono gemelli, appunto, non si chiamerebbero così se non fossero essenzialmente identici!” Si era canzonata mentalmente, anche se, doveva ammettere, quella sua ricerca di particolari non era stata del tutto inutile; il suo sguardo era rimasto intrappolato su quello che, era sicura, fosse un cimelio secolare: la spada che uno dei due ragazzi esibiva al fianco, dal fodero prezioso e finemente intagliato, di evidente fattura della Nazione del Fuoco.
Improvvisamente, al termine di quella valutazione, nella testa di Fen, come tanti tasselli di un puzzle, erano cominciati a unirsi i diversi elementi che aveva davanti agli occhi, fino a formare un quadro più completo. “Possibile? L’annunciato arrivo dell’Avatar in città, preziosi cimeli, una Maestra dell’Aria, un gigante del Clan del Metallo, due gemelli del fuoco…” Nemmeno il tempo di formulare adeguatamente quella supposizione che Ling, indicando uno dei gemelli, dichiarò con una tranquillità disarmante: -Lui è l’Avatar.-

Min si irrigidì al suo fianco, fissando a occhi sgranati l’unico di quella compagnia a non aver ancora proferito parola. Un lungo e profondo respiro fu l’unico atto in grado di concedere a Fen di poter rimanere il più calma possibile, nella speranza di non inciampare in una delle sue solite figuracce, proprio davanti all’Avatar e a quelli che, ragionevolmente, erano i suoi guardiani.
Si inchinò appena, cercando di essere il più aggraziata possibile, esibendo una naturalezza che certo non provava, vista l’agitazione che le montava dentro, prima di sorridere al piccolo gruppo, dicendo: -Ben trovati signori, io sono Fen Shu e questa è, la mia amica e compagna di studi, Min. Se cercate l’Università di Ba Sing Se, saremo ben felici di accompagnarvi. Abbiamo il piacere di appartenere alla facoltà di Archeologia e, di conseguenza, di studiare proprio sotto l’esimio Professor Chao Chin.-
La sua nonnina, se l’avesse vista in quel momento, sarebbe stata sicuramente fiera di lei e delle buone maniere che aveva mostrato. Anche perché questo avvalorava finalmente tutti gli sforzi dell’anziana signora nel cercare d’instillare in Fen, sin da quando era piccola, un briciolo di etichetta.
Uno sguardo a Min con la coda dell’occhio: la vide annuire al suo dire e inchinarsi a sua volta, forse un po’ troppo… ingessata. “Oh Spiriti! Spero di non essere stata anch’io così rigida!”
Lo stridio fastidioso del microfono sul palco, la costrinse a portarsi una mano all’orecchio e, complice l’agitazione, Fen Shu si lasciò sfuggire dalle labbra: -Per futura referenza, il ‘politico tirato a lucido con seri problemi di acustica’ è il presidente Kira che, insieme alla folla, sta aspettando l’apparizione dell’Avatar. Questo per rispondere alla domanda iniziale di Ling su cosa si sta festeggiando.-


-Bene, allora muoviamoci, ragazze. Vi seguiamo!- Esordì Ling gettando le braccia sulle spalle di Fen e Min, appoggiandosi a loro con sin troppa familiarità.
La donna dell’aria scosse la testa rassegnata a quell’atteggiamento, con un leggero sorriso a impreziosirle le labbra già graziose di loro.
Anche il ragazzo con la spada si mosse di un paio di passi e avrebbe probabilmente detto qualcosa, non fosse che il gemello, dopo aver accennato a seguirlo non avesse in realtà volto lo sguardo verso le gradinate, fermandosi e fissando quello che doveva essere il pulpito.
Fen e Min notarono chiaramente a quel fare le labbra di Fumio (così avevano presentato il gemello dell’Avatar) piegarsi in una smorfia, quasi sapesse, o temesse, cosa stesse per accadere.
-Eiji, andiamo, non siamo qui per questo.- Disse.
L’Avatar accennò un leggero movimento del capo, quasi a rimarcare quanto detto dal fratello, ma mostrando uno sguardo deciso… -Queste persone sono qui per l’Avatar.-
-Eiji, non siamo qui…-
-Lo so Fumio, ma sono qui di prima mattina nella speranza di incontrare il Custode. Io sono il Custode, io sono l’Avatar. Non posso deluderli.”
Fumio sbuffò rassegnato e divertito al tempo stesso. -Poi non dite che non ci ho provato!- Disse rivolgendo uno sguardo ai due compagni di viaggio, prima di accostarsi al fratello. -Ok, facciamolo, ma se dovesse succedere qualcosa…-
-…Me ne prenderò tutte le conseguenze!- Lo interruppe ancora l’Avatar con un ghigno divertito non dissimile da quello del gemello.
-Ahhh, come se potesse prendersele qualcun altro: sei tu l’Avatar, chi vuoi in caso vorrebbero aggredire, massacrare, uccidere?- Brontolò sarcastico Fumio, puntando i pugni sui fianchi e facendo cenno a Ling e Mai di intervenire.

Ling sbuffò a quelle parole stringendo la presa attorno alle spalle delle due ragazzine, senza far loro male, ma sufficientemente per trovarsi i loro visetti attaccatissimi al suo e sussurrare: -La colpevole di tutto questo me la pagherà, parola di Ling!-
Il tono basso e cupo non presagiva nulla di buono, questo prima che lasciasse la presa per scoppiare a ridere di cuore.
-Ahahaha, mi dovete un Dango, no, anzi due!- Aggiunse divertito, scrocchiando lentamente le vertebre del collo e le mani una dentro l’altra. -Andiamo si cominciaaaa! Mai.-

Sentendosi chiamare la ragazza dell’Aria, allargò il suo sorriso e accennando un grazioso, quanto profondo ed elegantissimo inchino verso quel bestione della terra…
-Come desidera ‘Lord Beifong’!- C’era dell’ironia nella sua voce e sul suo bel viso. Poi, fu un secondo: rialzando la schiena, sollevò il suo bastone, lo roteò in alto sulla sua testa, prima di abbassarsi agilmente, piegando una gamba e scivolando con l’altra in avanti fino a stenderla del tutto, per falciare così l’aria con un gesto deciso.
Da lei, un vento freddo, particolare per quella stagione, si disperse rapido sulla folla, sufficientemente potente da richiamare l’attenzione dei presenti sulla fonte di tale stranezza.

-Oh mamma!- Esordì Min intimorita da quanto visto, mentre con una mano tentava di tenersi i capelli smossi da quel vento, lontani dai suoi occhi, pur di non perdere un solo attimo di quel che stava succedendo.

Gli astanti si volsero verso di loro.
-Cosa… cosa sta succedendo… cosa?- Echeggiò la voce del presidente resa fastidiosa dal microfono mal funzionante.

Ling Beifong ergendosi impettito e altissimo, per gli standard della terra, si mosse sotto lo sguardo dei presenti con andatura fiera e decisa. -Fate largo, signori, l’Avatar è tra voi.-
A quel dire la folla si divise, permettendo all’incedere del ragazzo di aprire la fila. Alle sue spalle, in perfetta sincronia, si mossero i due gemelli con lo sguardo fisso davanti loro.
Mai, tornata in posizione eretta, prima di seguire i compagni e chiudere la coda, lanciò verso Fen e Min un sorriso gentile dicendo: -Venite!-
A quell’ordine, espresso con tanta dolcezza da non sembrar quasi una richiesta, Min annuì decisa.
-E quando mi ricapita!- Esordì muovendosi rapida fin al fianco della donna che l’aveva invitata, seguita immediatamente dall’amica.
All’universitaria dagli occhi marroni, la marcia sulla gradinata sembrò interminabile, mentre lo sguardo di tutti i presenti era puntato su quella piccola processione.

Arrivati sul palco…
-Avatar!- Disse il presidente accennando un breve inchino. -Non vi aspettavamo così di buon ora, stavamo ancora sistemando i…-
-Giustappunto. Permette?- Intervenne Ling, mentre Eiji volgeva un sorriso confortante verso il Presidente Kira. Anche se quanto proferito dal ragazzone poteva sembrare una richiesta, non lo era affatto. Ling afferrò il microfono e, per i più vicini, non fu difficile notare un bagliore verde baluginare nel suo sguardo.
-Adesso è a posto, mio Avatar.- Concluse il ragazzo dalla barba incolta, rivolgendo un inchino al suo signore.
Se quello che aveva usato era dominio del metallo e la sua dimestichezza nell’elemento era stata tanta da poter dare forma e funzionalità ad uno strumento complesso come quel microfono, questo voleva dire solo che la sua abilità andava oltre quelle conosciute fino a quel momento e che, aldilà dell’aspetto trasandato, questi possedesse una profonda conoscenza delle strumentazioni elettroniche.
Il presidente Kira non sembrava ancora trovar le giuste parole e mentre tentava di aprir bocca, con il risultato di boccheggiare come un pesce fuor d’acqua, Ling terminò di sistemare il microfono al Custode.
-E queste due ragazze, io…- Borbottò il politico.
-Fen e Min sono le nostre guide in questa città, ma non mi preoccuperei tanto per loro, quanto per voi, Presidente Kira: per quando spiegherete, all’Avatar Eiji, il motivo di tutta questa buffonata, ma adesso, siate cortese e… sorridete. Mi raccomando, il pubblico ci osserva.- Furono le parole di Mai, rivolte sottovoce al presidente, mentre sorridendo gli sistemava amorevolmente il nodo della cravatta.

L’Avatar si accostò al microfono con quel solito sorriso placido, che lo mostrava più simile ad un bonario monaco dell’aria, che a un uomo della Nazione del Fuoco. -Cittadini di Ba Sing Se, ammetto di non aspettarmi una simile accoglienza. Tutto questo riempie il mio cuore di gioia. Vi ringrazio per il vostro calore e spero di poter essere all’altezza delle vostre aspettative. Come sapete non è mia abitudine mostrarmi in pubblico, ma non potevo deludere i vostri sforzi, malgrado il tempo esiguo a mia disposizione, come ben dovrebbe sapere il vostro amato presidente. Se vi domandate il perché della mia presenza qui, è dovuta ad una delle esimie personalità e argute menti di cui la vostra splendida città si può far vanto e che ha acconsentito ad offrirmi il suo appoggio nella ricerca dell’equilibrio: lo stimato professor Chao Chin della facoltà di Archeologia della vostra prestigiosa università.-
-Non si fa problemi a rivelare il motivo della sua presenza qui?- Si lasciò sfuggire Min stupita.
-Perché mai dovrebbe, Signorina!- Arrivò placida la risposta del ragazzone della terra, malgrado il suo sguardo fosse fisso sull’uomo dalle vesti rosse al centro del palco. -Piuttosto, notata la frecciatina al presidente?- Aggiunse divertito nel tono. -Il nostro Avatar è uno spasso!- Concluse, mentre la folla prese ad applaudire al termine di quel discorso.
-Preparatevi a muovervi, Eiji non concederà spazio alle domande.- Disse Mai su quell’applauso, con una nota di tristezza nella voce.
Fumio era al fianco destro del gemello, immobile e con lo sguardo severo rivolto alla folla.
-E come potrebbe, bellezza mia, con quel cagnaccio del fratello che guarda tutti come se dovesse dargli fuoco da un momento all’altro?- Rispose Ling.
-Ora se permettete, signori, il mio impegno in questa città mi richiama altrove.- Concluse l’Avatar con un cenno deciso del capo, un sobrio inchino per salutare quelle persone accorse solo per acclamarlo.
Aveva ragione Ling, chi mai avrebbe sfidato lo sguardo assassino di quel dominatore del fuoco, ma… -Permette una domanda, Avatar Eiji.- …Non conosceva il Cugino di Fen. E si sa, un dominatore dell’acqua non può che rispondere ad aggressività con altrettanta aggressività, se questa viene da chi manipola l’elemento a lui contrario.
L’Avatar del fuoco si era già voltato per andare, quando quella voce lo stupì al punto da cercare la fonte di tanta impertinenza. Volse nuovamente, sulla folla, i suoi occhi rossi.
-Saresti?- Domandò rapido e categorico Fumio.
-Jin, freelance della rivista ‘Il Cuore di Ba Sing Se’.- Ovviamente il Cugino di Fen si era ben guardato dall’aggiungere che si trattava solamente del giornalino universitario.
-Bene Jin, dimmi.- Intervenne a quel punto Eiji, curioso e ormai tornato sui suoi passi.

“Lo sguardo di Jin, mentre l’Avatar parlava, è rimasto tutto il tempo puntato su di noi.” Riflettè Min. “Quegli occhi gridavano al tradimento, ne sono sicura! Mi detesta, ora mi detesta, lo sento! Addio ai miei sogni romantici, dopo questa non avrò più alcuna chance con lui. Mi odierààààà per sempreeeee! Grazie, grazie, razza di colosso e signorina bellemaniere!” Inveì mentalmente verso i due dominatori al suo fianco, cosciente in realtà di essere stata lei stessa causa di quel pasticcio, accettando l’invito di seguire quelle persone sul palco.
 
-Che sia ‘una sola’ domanda.- Intervenne Fumio fulminando quel ragazzone dell’acqua con uno sguardo penetrante e cupo.
-Una, come è vero che mi chiamo Jin.-
“Ok.” Pensò Min. “La sua professionalità a volte fa acqua da tutte le parti... ahahhah, acqua. Oh cielo, mi sto facendo le battute da sola! Certo però è uno schianto con quella camicia aderentissima, già mi ci vedo spalmata addosso su una spiaggia tropicale e…”
I suoi assurdi pensieri vennero interrotti dalle parole di Jin: -Immagino voi siate giunto qui per gli studi del professore sul fantomatico quinto elemento. Ovviamente siete anche cosciente che il governo ha sequestrato tutto il materiale della ricerca ritenendola una pericolosa montatura, come pensate quindi di risolvere questo problema?-
Jin era astuto, aveva posto in un’unica domanda un intero argomento che normalmente avrebbe richiesto un dibattito approfondito e non una semplice risposta, una sola non sarebbe mai bastata, eppure… stava parlando con il Custode dell’Equilibrio, il secondo Avatar dopo l’Avatar Korra ed era risaputo da tutti quanto questa odiasse la politica in tutte le sue forme.
Un sorriso soddisfatto curvò le labbra di Eiji, mentre nel suo sguardo brillò una nota di soddisfazione e di sicurezza.
-Io sono l’Avatar.- Fu la sua risposta schietta, fissando il ragazzo che aveva difronte.
Quella semplice frase fu sufficiente a dare una chiara idea di quanto avrebbe messo in campo se necessario.
Jin sembrò stupito ed emozionato al tempo stesso, da quella risposta.
Prima che chiunque altro potesse aprire bocca, Fumio prese il microfono dicendo: -Questo, signori, e tutto. Il viaggio dell’Avatar è stato lungo e faticoso, se vorrete, potrete porre le vostre domande al presidente Kira che sarà più che lieto di rispondere per noi.-
-Amo Fumio quando fa di queste uscite! Povero presidente Coso… sì, Coso, quello, com’è che si chiama?- Commentò Ling mentre si apprestava ad aprire la strada all’Avatar, seguito dal resto della comitiva. Ovviamente nessuno dei suoi compagni ritenne necessario rispondere a quella domanda.

Appena il dominatore della terra, aiutato dalla sua enorme stazza, condusse il piccolo gruppo lontano dal caos…
-Signorine, se potete farci strada come promesso, ve ne saremo grati!- Richiese l’Avatar volto alle due universitarie di Ba Sing Se.

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Capitolo 3
*** La Guida ***


La Guida


“Quando ho notato la smorfia sulle labbra di Fumio…” Pensò Fen Shu, riassumendo i fatti. “…Mi sono sentita di condividerla, anche se erano state proprio le mie parole, probabilmente, a innescare gli eventi accaduti in seguito. Se anche all’Avatar non fosse importato delle macchinazioni politiche pel presidente Kira, rimaneva comunque ‘l’Avatar’ e come tale non avrebbe lasciato che, tutta quella gente in attesa, rimanesse delusa dalla sua assenza. E, difatti… Lord Eiji s’è fatto annunciare e ha salito quella scalinata fin al pulpito. Me ne sono sentita felice e non solo per quelle persone, perché, diciamocelo, il primo a rimanerne seriamente deluso, sarebbe stato proprio il mio cuginetto. Conoscendolo, s’era sicuramente aperto la via a gomitate tra la bolgia, pur di presenziare in prima fila all’evento. Dall’altra parte però, come non sentirmi in colpa? Il gruppo dell’Avatar si era mosso, fino a quel momento, nella semi sicurezza offerta loro dall’anonimato e mostrarsi in pubblico, li aveva privati di questo vantaggio.” Un broncio dispiaciuto le piegò le labbra, mentre il ricordo dei fatti appena avvenuti, appariva vivido nella sua mente.
“Ho seguito di buon grado il gruppo sul palco, non senza imbarazzo, trovandomi sotto gli obbiettivi delle telecamere e sotto gli occhi di tutti i presenti. ‘Ma, come detto da Min: quando mi ricapita? Quindi… Avanti a testa alta!’, mi sono detta” Un sorriso divertito, finalmente, le illuminò il visetto a quel pensiero.
“Se però con Mai sono rimasta affascinata dalla grazia dei movimenti nell’esecuzione del suo domino, con Ling è stata la sua abilità a lasciarmi senza fiato. Su quel palco, sotto gli occhi di tutti, mi sono resa conto di cosa volesse dire trovarsi ad avere a che fare con un vero Beifong: quello che mi trovavo di fronte non era solo un prodigioso dominatore della terra, ma uno dei pochi ad avere accesso alle più avanzate tecnologie della città di Zaofu. Un dominatore del metallo, il modello e l’invidia per chiunque si ritenesse un eccellente manipolatore della terra.” Portò distrattamente una mano a sventolarsi il volto.
“Che controllo può possedere per riparare un oggetto complesso come quel microfono in pochi attimi? Wow!!! Datti una calmata Fen, non sbavare.” Si disse, ancora intimamente sbalordita, da quello sfoggio di potere, che per poco non aveva rischiato di farle perdere la velata minaccia, sussurrata della Maestra dell’Aria, al suo ‘povero’ Presidente.
“Il discorso dell’Avatar, pacato e conciso, era appena giunto al termine quando: -Permette una domanda Avatar Eiji …- A quelle parole il sangue mi si è gelato nelle vene e ho maledetto la famigliarità con quell’idiota di un cugino che, confrontato con lo sguardo del dominatore del fuoco sul palco, unito alla sua naturale faccia tosta, non aveva potuto esimersi dallo sfidare la sorte. Ho trattenuto a stento l’impulso di nascondermi il viso tra le mani, ma Mai, accanto a me, doveva averne avuto percezione, dato che, voltandosi, mi ha domandato: -Lo conosci?- Un sussurro velato il suo, affinché quel dire rimanesse udibile solo a noi due. -Mio cugino. Posso sperare che Fumio non lo incenerisca sul posto?- Le ho risposto piena di vergogna, ma questa, accennato un sorriso divertito... -Non davanti a testimoni.- Ha ironizzato non riuscendo però a calmare la mia agitazione interiore. Nel sospirare ho incrociato gli occhi verdi di… Jin (ecco come si chiama l’idiota! Come lo zio, ora che ci penso). Mi ha fissata con sguardo sottile e penetrante, tanto da potervi leggere dentro: ‘Che diavolo ci fai sul palco con l’Avatar, se ti ho lasciata, meno di dieci minuti fa, davanti a una bancarella?’ Mai un’occhiata fu più facile da interpretare, anche se non oso immaginare, tutt’ora, quale frasario ‘Delicato’, diciamo, ha usato nella sua testa, per condire il tutto.”  Sospirò, certa del terzo grado che avrebbe subito dal cugino, non appena fosse stata pizzicata da sola, ma… poteva capirlo, infondo lei avrebbe fatto lo stesso nei suoi panni.
“Ma non è certo finita lì: mi sono sentita morire, quando Jin, a quel punto, ha ben pensato di chiedere all’Avatar se fosse sua intenzione andare contro gli ordini del governo. Ohhh, sì, lo ha fatto e davanti al Presidente del suddetto governo, oltretutto.” Per un secondo Fen si risentì addosso la spiacevole sensazione che aveva provato in quell’istante: quella di spalancare la terra sotto i suoi piedi e di lasciarcisi sprofondare dentro, dopo aver fatto ingoiare, nel medesimo modo, anche il colosso coi rasta, naturalmente.
“Grazie agli spiriti, la risposta di Lord Eiji è stata perfetta: semplice, diretta, incredibilmente concisa, tanto che perfino quell’idiota di Jin non ha potuto commentare oltre, rimanendo praticamente a bocca aperta. L’unico motivo per cui non ho tirato fuori il cellulare e non ho scattato una foto alla faccia del mio ‘solitamente-troppo-sicuro-di-sé’ cugino è stato per l’aver preso coscienza dell’essere, anche se temporaneamente, parte del seguito dell’Avatar e di dover, di conseguenza, mantenere un certo contegno.”

 
Lontana dalla folla, una volta riordinati gli eventi nella sua testa, Fen riuscì a ottenere la chiarezza di pensiero necessaria per affrontare la problematica del riuscire far girare liberamente l’Avatar in una città che ora ne conosceva il volto. Un piano le si formò lentamente nella mente e alle parole di questi, rivolte verso lei e Min, esordì, richiamando l’attenzione dei presenti: -Signori, per arrivare alla zona universitaria ci sono diverse possibili vie.-
Chi più, chi meno, rallentò il passo fino a fermarsi per permettere alla ragazza di esprimere le sue questioni.
-Ora però, che il volto dell’Avatar e dei suoi accompagnatori è stato mostrato pubblicamente, presentano tutte un certo elemento di rischio, quanto meno quello di essere rallentati. Tra le possibilità che sono riuscita a vagliare mentalmente finora...-
 
A quel dire Ling allargò un ghigno sbieco, decisamente divertito, mentre i due gemelli e Mai sorrisero garbatamente con una certa tenerezza in viso, quasi come se fossero a conoscenza di qualcosa che Fen ancora ignorava. Min, notando lo strano atteggiamento dei presenti, non poté non mostrare un’espressione turbata, al ché Fumio, posandole una mano sulla spalla, le sussurrò: -Tranquilla, non è nulla di ché, e la tua amica è davvero molto carina a preoccuparsi tanto per noi. Ma lasciamola finire, poi ti spiegheremo.- Il tono rassicurante che le aveva rivolto, era decisamente in contrasto con la figura dell’uomo che, solo pochi minuti prima, aveva visto scrutare malamente, dal pulpito accanto all’Avatar, ogni singolo individuo di quella conferenza improvvisata.
La ragazza annuì, tornando a portare orecchio alle parole dell’amica: - …Le migliori sono: per prima, la metropolitana cittadina, è la via più breve e veloce, ma a quest’ora, e perfino in questa stagione, è probabilmente molto affollata. L’autobus è l’altra possibilità, non fosse che, oltre a essere anch’esso affollato, richiede molto più tempo per arrivare. Questo, ovviamente, in alternativa all’andare a piedi, cosa totalmente impensabile. -
I più sembrarono farsi pensierosi al riguardo.
-L’ultima parola su come procedere, spetta a voi, ma…- Continuò Fen. -…Vorrei proporvi un’ulteriore eventualità, se permettete.-
-Certo che sì, Rossa, parla pure! Pendo dalle tue labbra!- Intervenne Ling con il suo solito fare sprezzante, rimediandosi un’occhiataccia da parte di Mai e il sorriso divertito dell’Avatar.
Fumio teneva ancora la mano sulla spalla di Min e sembrava decisamente attento al discorso.
Fen riprese: -La mia famiglia possiede un negozio di pasticceria non lontano da qui…-
-Questa è una gran bella notizia!- Esultò il dominatore della terra parlando sopra la ragazza.
-…E abbiamo un furgoncino per le consegne.- Continuò Fen guardando Ling senza esserne poi troppo turbata dall’atteggiamento, anzi, probabilmente lo trovava addirittura divertente.
-E questa è una notizia di gran lunga migliore. I miei piedi sono a pezzi! Non immagini da quanto camm…- Ling venne azzittito dalla provvidenziale, e non troppo delicata, mano dell’Avatar sulla bocca, mentre Mai fece segno a Fen di continuare e non badare troppo al loro enorme amico.
La giovane ricercatrice non se lo fece ripetere due volte: -Potrei chiedere, a mia nonna, di lasciarmelo utilizzare per portarvi all’università, di modo da poter viaggiare in anonimato e anche per controllare, non visti, l’accesso principale alla facoltà di archeologia, dato che Lord Eiji ha espressamente palesato la sua intenzione di parlare con il professor Chao Chin e che, di conseguenza, qualche ben pensante vi si potrebbe essere appostato...-
A quel dire l’Avatar allargò un sorriso gentile, abbandonando la faccia dell’amico che lo guardò malissimo.
-…Anche solo per intravedere l’Avatar. Nel caso, io e Min, conosciamo la strada per l’ingresso sul retro. Cosa ne pensate?-
-Io penso sia un’ottima idea!- Rispose immediatamente Min senza lasciare che gli altri presenti, probabilmente gli unici ad aver davvero parola decisionale in quella faccenda, potessero prima dire la loro.
Ancora una volta i più, di quella piccola comitiva, ghignarono divertiti, mentre Min, resasi conto dell’errore, si portò, intimidita, entrambe le mai alla bocca.
-Scusate!- Biascicò tra le sue stesse dita.
-Sei davvero una ragazza adorabile, sai?- Esordì Mai rivolgendosi a Fen, senza apparente continuità con il discorso appena concluso.
Ling, incrociando le braccia al petto annuì deciso e, con in volto un’espressione stranamente seria, dichiarò: -Per quel che mi riguarda concordo appieno con Treccine.-
-Min. Ha detto di chiamarsi Min.- Lo riprese Mai sempre con estrema cortesia. -Comunque sia, non dovremmo lasciare che sia il nostro Avatar a pronunciarsi per primo al riguardo?-
Fumio, ancora accanto a Min e ‘ancora’ con la mano sulla sua palla, annuì deciso a quelle parole, puntando lo sguardo negli occhi del fratello.
A quel punto, Eiji, disse con fare sicuro: -Mi sembra un’ottima idea. Come ha ben detto Ling, abbiamo camminato a lungo e questo proprio per evitare strade troppo frequentate. Qualcuno, notando una comitiva di quattro persone, tra cui due gemelli della Nazione del Fuoco, avrebbe potuto aver sospetti sulla nostra reale identità. I pericoli, soprattutto adesso che le Tribù dell’Acqua sono in pieno fermento, sono sempre in agguato. Come ben potete immaginare entrambi gli schieramenti non vedono di buon occhio che io, in qualità di Avatar possa allinearmi dall’una o dall’altra parte.- Una brevissima pausa, prima di lasciarsi sfuggire, sospirando pesantemente: -Siamo stanchi.-
-Proprio per questo era mia intenzione arrivare a destinazione il prima possibile!- Sembrò rimproverarlo Fumio.
L’Avatar annuì appena.
-Sono giorni che non dormiamo e questa idea è decisamente una ventata d’aria fresca.- Aggiunse Mai.
-Concordo.- Riprese Fumio. -Prima arriviamo dal professore senza intoppi, prima potremo trovare un luogo adatto a riposare. A tal proposito ho notato delle grotte sufficientemente isolate, scavate nella parete rocciosa poco fuori città…-
-Tu, se non ci fai dormire all’agghiaccio, non sei mai contento, vero Fumio?- Lo interruppe Ling.
-All’agghiaccio? Con quaranta gradi all’ombra?!-
-Ehi, miss Treccine porta la sciarpa, questo non ti dice nulla?- Disse ancora il ragazzone della terra posando la mano sulla spalla libera di Min.
 
Fen non aveva mai visto la sua amica farsi tanto rossa come in quel momento, circondata da quei due grossi esemplari delle rispettive nazioni.
-Mi dice che potrebbe avere la salute cagionevole, o un pessimo gusto in fatto d’abbigliamento, ma certo non è un barometro!- Concluse Fumio.
Mai alzò gli occhi al cielo, mentre l’Avatar non riuscì a trattenere una risata, ritrovando il buon umore perso: -Ahahahahah! Siete terribili, ancora non siamo arrivati e già pensate a dove andremo a dormire? Ma… tornando a noi, Fen Shu.- Esordì riportando l’attenzione sulla ragazza davanti a lui e ricordando perfettamente il suo nome. -Come ti ho detto, accettiamo la tua proposta con estremo piacere, quindi… facci strada! Solo, per favore, non chiamarmi Lord Eiji. Il mio nome è Eiji, non ho altri nomi: non solo un lord. Sono l’Avatar e come titolo, credimi, è già sufficientemente ingombrante.- Le strizzò un occhio. Una breve pausa e poi… -Un’altra cosa: non preoccuparti per gli apparecchi elettronici presenti a quella breve conferenza. Devi sap…-
-Già è vero!- Intervenne Ling smettendo di discutere con Fumio, giusto in tempo per interrompere l’Avatar. -Noi abbiamo il ‘Coso’. Il Coso con la ‘C’ maiuscola. Forza Fumio fallo vedere.-
-Cosa?- Esordì perplesso.
-Il Coso. Falle vedere il Coso. Tiralo fuori.-
Min divenne ancora più rossa, più di quanto l’umana comprensione potesse concepire.
-Ma non puoi chiedermi di tirarlo fuori ogni volta che ne hai voglia.-
-Certo che posso. Forza mostralo alle ragazze, non capita tutti i giorni di vedere una roba del genere.-
 
Min si domandava cosa c’entrasse qualcosa del ‘genere’ con la sicurezza dell’Avatar, ma era troppo imbarazzata per dire anche solo una parola.
Fumio sbuffò verso l’amico, ma l’accontentò: tirò così fuori dai pantaloni… un piccolo affare, una sorta di scatolina con diversi led luminosi. Qualcosa di elettronico probabilmente.
Min riprese lentamente il suo colore naturale. 
-Ecco a voi il Coso!- Esordì Ling entusiasta, indicando a mano aperta la scatolina metallina. -Questo è uno dei miei piccoli capolavori, ragazze. È in grado di disturbare diverse frequenze e lo regolo io stesso con il mio dominio su quanto noto nei paraggi, che siano telecamere semaforiche o semplici cellulari. Il volto dell’Avatar, e di chi si trova con lui, non sarà mai visibile, risulterà costantemente sfocato ad avvalorare il suo ruolo di Ponte con gli Spiriti. Sono bravo o no?-
-E perché ce l’ha lui, se devi regolarlo tu? Non sarebbe più comodo il contrario?- Domandò Min perplessa.
-Ovvio, Treccine! Lui è la batteria.-
-Sapete, dominatore del fulmine…- Commentò divertito l’Avatar.
-Forte!- Esultò Min.
-Forte sì, Bellina, puoi anche inchinarti dinanzi al maestro!- Disse Ling tronfio di sé, nel secondo prima di rimediarsi una manata in piena nuca da parte di Fumio.
-Allora che dite, andiamo?- Li richiamò all’attenti l’Avatar, ancora decisamente divertito.
 
-Prego, signori, da questa parte.- Disse Fen sorridendo e facendo cenno loro di seguirla. -Non vi dispiace se, intanto, chiamo mio cugino e mia nonna per avvertirli del nostro arrivo?-
A un cenno affermativo dei presenti, tirò fuori il cellulare e, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno li seguisse, cominciò a guidare il gruppo verso casa.
-Assolutamente, solo evita di parlare troppo se non vuoi che Fumio ti frigga il cellulare, Rossa. È un maestro in certe cose!- Le rispose Ling per tutti, mentre il fratello dell’Avatar una volta tanto annuiva concorde al bestione.
La ragazza compose il numero e, incredibilmente, quasi senza dargli il tempo di farlo squillare, il cugino rispose con un bel: -Traditrice, dove sei?- 
Il tono lapidario, non poté non farle pensare che fosse arrabbiato, e con lei, ovviamente.
-Sto andando verso casa…-
Neanche il tempo di rispondere a dovere che lui l’interruppe domandando: -E l’avatar?-
-È con me. Vieni a casa, cugino, che …-

Ancora la bloccò, senza inflessione alcuna nella voce: -Arrivo.-
Attaccò senza darle il tempo di dire altro.
Fen fissò il telefono muto per qualche secondo prima di fare spallucce, sotto lo sguardo curioso dei presenti. “Ci parlerò poi.”  Si disse.
-Tutto bene?- Chiese Mai apprensiva.
Fen annuì in risposta, per poi voltarsi verso il dominatore del fuoco. Sorridendo gli chiese con quanta più gentilezza potesse: -Fumio, posso chiederti di non incenerire mio cugino… Ti prego, perché, sai, è quello spilungone, mezzo dell’acqua, che volevi fulminare con lo sguardo poco fa.-
 
-Spilungo-chi?- Domandò Fumio perplesso, guardando il fratello come per averne una qualche conferma.
Eiji fece spallucce senza capire, neanche lui, a chi si riferisse l’universitaria dagli occhi verdi.
-Non ricordo di aver guardato male nessuno da quando la conferenza è terminata.- Continuò il dominatore del fuoco.
-Parla del ragazzone con i rasta che ha avuto l’ardire di fare una domanda all’Avatar.- Intervenne Mai divertita nello svelare loro l’arcano.
-Ahhh!- Esordì Fumio meravigliato, squadrando Fen dalla testa ai piedi come a cercare, senza trovarla, una qualche somiglianza con il giovane della conferenza, prima d’aggiungere: -Tranquilla, Fen Shu, me ne ero quasi dimenticato. Non sono certo un mostro, non con chi sa stare al suo posto, e se tuo cugino sa star…- Il dominatore del fuoco lasciò la frase morir così, distratto dal volto del gemello, che sfiorò per caso con lo sguardo e che, al contrario, sembrava molto interessato alla notizia.
Il gemello dell’Avatar corrugò le sopracciglia. -Uffh!- Sbuffò. -Eiji, cosa c’è in quel tipo, adesso, che ti incuriosisce?-
Ancora l’Avatar fece spallucce con in volto un ghignetto saputo.
-Lo sai quanto tuo fratello adori l’arguzia e quel ragazzo…- Iniziò a spiegare Mai a un Fumio che temeva di conoscere già la risposta a quella domanda, purtroppo.
Ling, interruppe la dominatrice dell’aria, accostandosi alla rossa e dicendole: -Tranquilla, al nostro Avatar piacciono le donne, in caso ti stessi allarmando per questo tuo cugino. È Mai quella confusa sull’argomento, insomma sul chi sta con chi, per intenderci…- La ragazza, che nel frattempo aveva composto un nuovo numero sul telefono, alzò, senza alcun preavviso, un ditino davanti al volto del dominatore della terra come a intimargli di fare silenzio.
Probabilmente qualcuno dall’altro lato aveva risposto. Ling si ammutolì, sorrise divertito a quel gesto, per poi voltarsi verso i suoi compagni e trovandoli a guardarlo malamente.
-Che c’è? Che ho fatto adesso?- Esordì sorpreso.
A quella domanda Mai e Fumio sollevarono gli occhi al cielo, insieme a una Min fino a quel momento silenziosa e un Eiji terribilmente divertito.
-Aspetta, aspetta, aspetta!- Esordì il Beifong guardando male la brunetta con le treccine. -Passi per questi due.- Indicando con un gesto deciso della mano Fumio e Mai.
Lo sguardo di Min si posò sugli incriminati: la Maestra dell’Aria le sorrise, mentre il dominatore del fuoco la salutò sfarfallando le dita della mano.
-Ma tu… tu Sciarpina.- Continuò Ling scuotendo il capo rammaricato. -Ti facevo diversa! Migliore!-
Min notò chiaramente, udite quelle parole, la rassegnazione farsi strada nei meravigliosi occhi nocciola di Mai e il sopracciglio di Fumio tremare irritato. In compenso, l’espressione dell’Avatar non era cambiata di una virgola.
 
-Buon giorno, pasticceria Giada Verde.- Rispose a Fen la voce dell’inserviente del negozio. 
-Ciao Nana, sono Fen, posso parlare con la nonna?-
-Oh ciao, Fen. Mi dispiace, ma tua nonna è occupata ora. Puoi richiamare tra cinque minuti?- 
-Puoi solo dirle che sto per arrivare con degli ospiti e che dovrei parlarle?-
-Naturalmente, altro?-
-No grazie. A dopo, Nana.-
-A dopo.-

 
-Brava ragazza, il tuo cellulare è salvo!- Esordì divertito l’Avatar appena Fen chiuse la chiamata. -Conoscendo Fumio, temevo di dovertene comprare uno nuovo.-
-Ti ci metti anche tu?- Brontolò il povero incendiario.
Il dissentire repentino a mani alzate del fratello, non sembrò convincerlo poi molto.
-Allora. Rossa?- Tornò a parlarle Ling che, accaldato da quel sole sempre più intenso man mano si avvicinavano alla mezza, prese a sciogliersi la cintura di cotone che portava in vita. -Da che parte dobbiamo muoverci? O preferisci andare solo tu e tornare a prenderci col furgone?-
Fen sembrò rifletterci un attimo.
Nel mentre, il ragazzone, attendendo una risposta, respirò profondamente, lasciando aperta la casacca, godendosi così un po’ d’arietta fresca, che sembrava, almeno in parte, alleviare l’arsura estiva.
-Lasciarvi in giro, da soli, in una città che non conoscente, non mi sembra il caso.- Rispose la loro guida.
Ling annuì quasi impercettibilmente. Non fece passare un secondo prima di sfilarsi lo zaino dalle spalle, poi, posandolo in terra, si piegò sulle ginocchia per riporvi la cintura. Si soffermò qualche secondo in quella posizione, come perso nei suoi pensieri, prima di togliersi anche la casacca, arrotolarla senza premura, e infilare anche questa nella sacca da viaggio, rimanendo esclusivamente con la maglietta smanicata che, quasi fosse una seconda pelle, lasciava davvero poco all’immaginazione.
 
-Porca miseria!- Si lasciò sfuggire Min alle spalle del ragazzo, mentre questi faceva per rialzarsi, impressionata dallo sfoggio dei muscoli dell’enorme dominatore. Si sentì avvampare in viso per quella sua assurda uscita, mentre Ling volgeva solo lo sguardo verso di lei, per osservarla da sopra una spalla con espressione interrogativa.
-Eh, lo so, impressionante! Anche a me fa lo stesso effetto!- Commentò Mai quella sua uscita.
-A chi lo dici, che è grosso si nota subito, ma certo non te lo aspetti tanto definito sotto i vestiti.- Se ne uscì Fumio dando l’impressone che gli fosse sfuggito.
-Non dirò che anche tu non sei da meno, puoi provarci quanto vuoi, fiammifero!- Disse ancora Mai ridacchiando.
-Peccato che tu lo abbia appena fatto!- Ghignò l’interpellato soddisfatto di sé, mentre la ragazza, colta alla sprovvista, mise su un broncio, delizioso per qualunque maschio degno di nota nei paraggi.
-La piantate?!- Sbuffò Ling. -Non siete divertenti, credete che sia una vita facile la mia? Costretto ad abbassarmi in continuazione per passare per una qualunque porta? Non augurerei a nessuno di essere la mia schiena.- Prima di girarsi del tutto per guardarli con cipiglio, puntando le mani sui fianchi.
-Oh spiriti!- Sfuggì a Min per l’ennesima volta trovandosi di colpo lo sguardo inchiodato sugli addominali del ragazzo.
-In effetti, sei esagerato, amico mio, ammettilo!- Esordì Eiji divertito dall’ennesima uscita della ragazza.
-E ingombrante.- Aggiunse Fumio al dire del fratello.
-Sì, decisamente ingombrante e costoso.- Riprese L’Avatar.
-Vero, mangia come un bufaloyak!- Approvò il dominatore del fuoco.
-Sarà, ma a me va benissimo così! E poi, dovrà nutrirla tutta quella massa, non credete?- Corse, Mai, in soccorso all’amico.
-Siete voi quelli esagerati!- Sbuffò ancora il ragazzone della terra per poi voltarsi verso Fen. -Non ascoltarli, Rossa, è la fame e la stanchezza a parlare per loro. Sono io che detengo il fondo cassa e non ho ancora comprato nulla da mangiare oltre a un paio di dango, che loro non hanno voluto con la scusa del: ‘prima ci sbrighiamo, prima mangiamo’. Hai presente? Quindi, forza, facci strada o rischiamo che il loro vaneggiare continui ancora per molto. Per quanto riguarda la tua amica però, non so che pensare: la demenza che tu sappia è contagiosa?- Terminò gettando uno sguardo alla comitiva alle sue spalle.

 

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Martedì 14 Novembre 2017
Scusate il ritardo, ma questa volta unire i due resoconti della cronaca è stata più dura di quel che credevo e, sicuramente, dovrò tornare a metterci le mani. In questo capitolo i vari personaggi cominciano a conoscersi un po’ meglio; i membri del team dell’Avatar (e l’Avatar stesso) si concedono un po’ di libertà, abbandonando la formalità per prendersi addirittura un po’ in giro tra loro. Le dinamiche tra i vari personaggi cominciano un pochino a delinearsi in questo capitolino che può non sembrare nulla di ché, ma che, in effetti, in gioco è servito a capire chi trascinava realmente il gruppo e chi andava al traino. Spero che la cosa più avanti possa risultare anche da questo nostro rimettere insieme i pezzi dei vari resoconti di gioco. Oggi volevo mettere una bella immagine di Ling, ho cercato in lungo e in largo, ma non l’ho trovata, di conseguenza ho optato per mettere un disegno che ritrae i due gemelli del fuoco. Di Eiji e Fumio ne ho una caterva, poverini, già so che li utilizzerò come tappa buchi, quando non saprò che immagine mettere! X-D

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Capitolo 4
*** La Nonnina ***


La Nonnina


Alle parole divertite dell’Avatar sulla salvezza del suo cellulare Fen era quasi arrossita, capendo solo in quel momento che quanto era stato detto al riguardo non erano allusioni. Probabilmente temevano che qualche male intenzionato potesse controllare, chissà come, le comunicazioni in zona sapendo della presenza dell’Avatar. Non avrebbe mai rivelato che la sua prima idea era stata quella di chiacchierare tranquillamente per telefono della situazione e che solo l’avvertimento di Ling le aveva impedito di farlo. No, proprio no!
Riflettendo poi sul da fare quasi non aveva fatto caso a Ling che in attesa di una sua risposta aveva aperto la casacca. ‘Quasi’ perché anche Fen, come l’amica, era rimasta praticamente senza parole difronte alla visione involontariamente conturbante della muscolatura possente del ragazzo, per nulla nascosta dalla aderentissima magliettina smanicata, anzi.
“Eh però! E dire che credevo che certe cose si vedessero solo sulle copertine delle riviste!” Aveva pensato, mentre quella maledettissima stoffa nera sottolineava ancora di più quei pettorali nel dettaglio.
Per fortuna non era stata la sola a notare la cosa, e sentire anche Min sottolineare il proprio stupore, l’aveva fatta sentire meno stupida; perché si sa, anche la stupidità sembra cosa da poco quando non si è soli su quella barca. Questo purtroppo non le aveva però evitato di arrossire e per fortuna nessuno dei presenti sembrava averci fatto caso, impegnati com’erano a dare bonariamente contro all’enorme dominatore.
-Facci strada o rischiamo che il loro vaneggiare continui ancora per molto. Per quanto riguarda la tua amica però, non so che pensare: la demenza, che tu sappia, è contagiosa?- Le si rivolse d’improvviso costringendola a tornare con i piedi in terra.
 
La ragazza, quasi temendo che lui potesse leggere i suoi pensieri, si stringe nella sua felpa.
-Seguitemi, non siamo poi troppo distanti dalla mia casa.- Rispose con una voce che sperava non suonasse al ragazzo troppo a corto di fiato. Poi, cercando maggior sicurezza: -Se non ricordo male, inoltre, non hai detto che ti devo un dolce?- Rimproverandosi mentalmente, conscia di quanto, quel gran bel pezzo d’uomo, le risultasse attraente: “Almeno vedi di non sbavargli davanti, cretina!”


-Due.- Rispose Ling divertito, numerando quanto detto con le dita della mano, sorridendo compiaciuto, prima di stirarsi verso il cielo come un gatto.
-Tutta questa tensione, mi uccide. Sono un uomo d’azione io, non uno di quelli a cui piacciono le chiacchierare.- Disse ancora. Una pausa quasi impercettibile, poi… -Forza, Rossa, andiamo, ti vengo dietro!- Esordì facendole l’occhiolino, prima di avvolgerle le spalle con un braccio e stringerla a sé.
Mai frase fu più infelice, detta nella situazione in cui si trovava la povera Fen.
Malgrado il caldo, quel ragazzone, non emanava un sentore aspro e pungente, tutt’altro era piacevole stargli accanto: profumava di terra e fumo, un odore appena percettibile che non stonava con il suo aspetto virile, anzi lo esaltava. 
-E comunque…- Continuò prendendo a camminare, trascinando, stretta in quell’abbraccio, la ragazza, sperando di muoversi nel senso giusto; d’altro canto l’universitaria aveva indicato proprio in quella direzione parlando della propria casa, quindi... -…Non mi piacciono le ‘chiacchiere’, è vero.- Disse facendo le virgolette nell’aria, senza togliere il braccio dal corpicino di Fen. -Ma adoro parlare, purché non siano argomenti noiosi e complicanti. Chiaro no?-
Il restante della comitiva, chi più chi meno, fece spallucce a quel discorso sconclusionato e si mosse seguendoli.
-Disse quello che tedia i suoi migliori amici con discorsi di elettronica!- Lo riprese Fumio divertito.
-Liiing, ti rendi conto che stai mettendo, quella povera ragazza, in imbarazzo?- Intervenne Mai in aiuto della fanciulla, appena accortasi del rossore sul volto di Fen.
Il dominatore del metallo ignorò bellamente le parole di Fumio, ma al dire di Mai, pur continuando nel suo andare, si voltò a cercare il visetto della studentessa con sguardo perplesso.
-Quella Cornacchia dice il vero, Rossa?- Le chiese con tono dispiaciuto.


La giovane cercò di riprendersi sorridendo al ragazzone e sollevando una mano ad esprimere l’universale il gesto del ‘poco poco’ con due dita, cercando di mantenere il più possibile un’espressione giocosa e tranquilla; non voleva che Ling ci restasse male, le era stato chiaro da subito che quel suo fare voleva essere solamente molto amichevole.
-Non ti preoccupare, Mai.- Arrivò la voce di Min a distrarre l’attenzione del dominatore del metallo dai suoi occhi. -Fen è solo un po’ timida, non è colpa sua.-
Non era esattamente così, ma lei trovò la forza di annuire appena come a confermare la versione dell’amica.
Ling si fece una grassa risata. -Meno male, Rossa. Cominciavo a preoccuparmi, soprattutto per quel colorito acceso sul viso. Non è che hai caldo? Ora che ti guardo meglio, in effetti sei vestita un po’ troppo pesante, con quella… felpa? No, indossi veramente una felpa con questo caldo? Fumio! Lo vedi che ci deve essere qualcosa di strano nel clima da queste parti?-  Terminò il ragazzone voltandosi per cercare l’amico.
Il dominatore della fiamma scosse il capo, in parte divertito, in parte esasperato. -L’unico posto in cui c’è qualcosa che non va, è la tua testa!- Gli disse bonariamente mentre li seguiva insieme al resto della compagnia.
L’Avatar si limitò a ridacchiare, mentre Mai, sorridendo, tornava a chiedere al cielo di regalarle ancora un po’ di pazienza supplementare.
 
Arrivarono in vista dell’abitazione di Fen in pochi minuti. La giovane, appena entrata in casa, si ritrovò davanti il cugino: il volto corrugato e gli occhi verdi assottigliati che la fissavano, ma fortunatamente parve trattenere qualunque cosa volesse dirle, trovandosi davanti all’Avatar e al suo seguito.
-Cugino.- Lo salutò dolce facendo poi un aggraziato gesto verso gli ospiti. -Ti presento l’Avatar Eiji e i suoi compagni, Fumio, Mai e Ling Beifong. Signori, non credo di dovervelo presentare visto che, Jin, è già stato per voi un recente anche se fugace incontro.-
Nonostante lo sguardo ancora adombrato verso di lei, Jin si inchinò alla compagnia, dimostrando tutte le buone maniere che la nonna aveva inculcato loro, ma che di solito lui non utilizzava, almeno non con la cugina.
-Avatar, signori, benvenuti nella nostra casa. Prego, accomodatevi pure.- Disse il ragazzo dalla pelle scura, prima di fare strada fino al salottino poco distante.
Fen, dopo essersi assicurata che tutti fossero comodamente seduti, si volse di nuovo al cugino, con un sorriso in volto che provocò in questi un’alzata di sopracciglio; un’espressione interrogativa che sembrava chiederle: “Stai sorridendo un po’ troppo, mi devo preoccupare?”
-Dovrei andare a parlare un attimo con la nonna, intrattieni tu i nostri ospiti?- Chiese l’universitaria al ragazzo che inclinò appena il capo come a studiarla, poi annuì appena.
-Con piacere, ma dopo, io e te, facciamo due chiacchiere, Cugina.- Rispose lui.
In quel dire echeggiava chiara una punta di domanda, accompagnata da una minaccia per nulla lieve, e il sorriso della giovane si fece un minimo tirato.
“D’altronde me l’aspettavo!”  Pensò cercando di non mostrare quel suo turbamento e inchinandosi ancora agli ospiti, disse loro: -Vi lascio in compagnia di mio cugino per qualche minuto. Il tempo di avvertire la Nonna del nostro arrivo. A tra poco.-
Uscendo dalla sala, Fen, udì la voce ovattata del gemello dell’Avatar proferire qualcosa, ma, per sapere di cosa si trattasse, avrebbe dovuto aspettare, adesso aveva altro da fare.
Si avviò verso la porta che, dall’interno dell’abitazione, portava al retrobottega della pasticceria: un piccolo ambiente che separava il negozio vero e proprio dal laboratorio, regno assoluto della Nonna di Fen.
 
Mentre camminava si trovò perplessa a ragionare che, seppure fosse normale che Min, una volta trovatasi davanti Jin, fosse ritornata in modalità ‘ameba sorridente’, non facendo altro che fissare il ragazzo (e Fen ancora si chiedeva come il cugino non si fosse mai accorto quanto l’amica gli morisse dietro da anni), la cosa per nulla normale, e decisamente preoccupante, era che anche Fumio aveva fissato quegli occhi verdi con un’espressione tanto seria quanto imperscrutabile. I due ragazzi, il dominatore del fuoco e suo cugino, erano sembrati impegnati a studiarsi a vicenda; e addirittura Eiji, le era parso che analizzasse Jin con molta attenzione, con un vago, enigmatico sorriso sulle labbra.
“Non sono così sicura di aver fatto bene a lasciarlo con loro …” Constatò infine, sulla porta del laboratorio, per poi scuotersi da quel pensiero dicendosi: “Non si scatenerà certo l’ira degli spiriti, per averli lasciati soli qualche minuto, no?”
Mosse un passo nel retrobottega, ma senza avanzare oltre, solo per controllare che la donna fosse li dove sperava e non nella parte pubblica del negozio.
-Che fortuna!- Esclamò la giovane osservando la sua Nonnina indaffarata con le solite, e ben conosciute, mansioni. Nessun altro in vista, segno che Nana stava servendo da sola i clienti.
Decise di essere diretta e concisa, per quanto possibile, visto che la Nonnina odiava che le si facesse perdere tempo, soprattutto se era occupata come in quel momento.
-Nonna, ciao. Non crederai mai a cosa mi è successo stamattina! Ho incontrato l’Avatar e quelli che credo siano i suoi custodi. Hanno chiesto a me e Min indicazioni per arrivare dal Professor Chao Chin. Visto che la città pullula di giornalisti e altri che non aspettano altro che importunare l’Avatar, non è che potrei utilizzare il furgoncino per portarli non visti a destinazione?- Terminata quella tirata riprese fiato, sorridendo speranzosa verso la sua Nonna. Questa, malgrado avesse già dal primo accenno della ragazza alzato gli occhi dal suo lavoro, come se nulla fosse riabbassò lo sguardo tornando a sistemare paste e pasticcini dentro a un vassoio.


La nonna di Fen, con i suoi ancora meravigliosi capelli scuri, malgrado avesse da poco passato la sessantina, e gli occhi verdi identici a quelli della sua adorata nipote non disse una sola parola limitandosi a finire quel che stava facendo.
Non passò che qualche secondo, ma a Fen parve un eternità.
-Nana, l’ordine della signora Han è pronto!- Disse la donna prendendo dal ripiano il vassoio imbandito, accostandosi allo sportelletto che facilitava le azioni tra il laboratorio e la pasticceria vera e propria, per porgere il tutto alla giovane lavorante.
Nana non tardò a prendere quanto la donna le passava e notando la ragazza dai capelli rossi le dedicò un sorriso fuggevole, mentre tornava rapida al proprio lavoro.
Al ché la Nonna, tornando sui suoi passi e prendendo dal ripiano un panno per spolverarsi la farina dalle mani, sospirò per poi dire: -C’è anche il piccolo Ling, non è vero? È una vita che non vedo quel monello, l’ultima volta dovrebbe essere stato il giorno della tua nascita, era in braccio a suo nonno. La sua famiglia era venuta a conoscerti. Uhm… no, ci sono stati un altro paio di episodi in effetti, avrà avuto sì e no una decina di anni.- Una breve pausa. -Non era nei miei piani, ma… sono curiosa di vedere che ragazzo s’è fatto! Andiamo.-
Fen non ricordava di aver visto mai la sua adorata nonnina tanto seria.
La donna posò lo straccio che aveva tra le mani. Si tolse il grembiule, la cuffietta da lavoro, e ravviandosi i capelli, legati dall’immancabile nastro di seta rossa, superò la ragazza per recarsi in casa.
 
-Vediamo questo Grande Avatar!- Esordì la voce della Nonnina di Fen appena varcato l’ingresso del salone.
I presenti si voltarono incuriositi e prima che qualcuno potesse anche solo dire la sua, il vocione di Ling esordì sorpreso: -Zietta, ma… Sei tu?-
Il suo volto era perplesso, ma all’annuire della donna, il ragazzone del Clan del Metallo scattò verso di questa abbracciandola e sollevandola da terra per l’euforia.
-Non ci credo! Non ti vedo da una vita zietta, pensavo che fossi… che so… morta!-
-Tutto tuo nonno, vedo!- Disse la donna divertita e con fare allusivo.
-Sì, lo dice spesso anche la Nonna, ma…- Si voltò verso i compagni di viaggio ancora tenendo la signora stretta a sé. -Vi presento, mia Zia Daiyu, Ufficiale dell’Avatar Korra e guardia del corp…- La voce gli morì tra le labbra. -Ops!- Disse tornando con sguardo pentito alla donna, comprendendo che, il suo eccessivo entusiasmo l’aveva portato, come suo solito, ad essere troppo indelicato.
La donna sorrise all’enorme dominatore, concludendo per lui: -Guardia del corpo del piccolo Avatar. Quel che è stato è stato.-
Questo mentre…
-Lady Daiyu!- Esordirono all’unisono i due ragazzi del fuoco e la maestra dell’aria alzandosi e inchinandosi profondamente.
Min e Jin erano senza parole e lo stesso Fen.
-Tiratevi su, sono secoli che non mi chiamano più così!- Disse la donna.
-Non ti facevo tanto vecchia, zietta!- Commentò Ling incrociando le braccia e annuendo convinto, senza la reverenza degli altri, dovuta a un’ex ufficiale dell’Avatar.
Un sopracciglio della donna tremò incondizionatamente a quel dire, mentre i tre davanti a lei si alzarono, pur mantenendo ancora una postura rispettosa, quasi sottomessa.
La nonnina, muovendosi verso i due gemelli, li squadrò dalla testa ai piedi, poi senza indecisione, osservando Fumio… -Quindi tu sei l’Avatar.- Disse.
Il ragazzo con la spada annuì.
           
-Accidenti come...?- Intervenne l’altro gemello, subito interrotto dalla maestra dell’Aria…
-Quello che dicono su di voi, signora, e sul vostro intuito, non è per nulla infondato, da quel che vedo.-
La donna si voltò verso la fanciulla. -Naaa, non era difficile da capire. Insomma, l’Avatar ha la fortuna di avere un gemello: sono vestiti in maniera identica, pettinati in maniera identica. Anche un idiota avrebbe capito che quello con la spada, ma senza i calli da impugnatura, puzzava di bruciato! Permettetemi il gioco di parole.-
-Grazie al cielo, non tutti, signora, credetemi!- Aggiunse umile Mai.
La donna fece spallucce divertita, per poi chiedere rivolta ai due ragazzi identici: -Quanto spesso fate questo giochino, passandovi semplicemente l’arma?-
-Ogni singola volta che mio fratello Fumio scorge un’ombra di pericolo.- Disse quello che ora era chiaro a tutti fosse l’effettivo Avatar, passando la spada al gemello.
-E capite da sola, Signora, che trovarsi in una casa dove appaiono in bella mostra oggetti appartenenti all’ordine dei Dai Lee, non è esattamente confortante.- Aggiunse il vero Fumio prendendo l’arma e legandosela in vita.
-Hai occhio, ragazzino!- Disse l’anziana complimentandosi. -Questi oggetti appartenevano a mio marito.-
-Già, lo zio. Nonno mi ha raccontato fosse un Dai Lee.- S’intromise nel discorso Ling, come suo solito.
-Il migliore.- Aggiunse la nonnina.
Per un secondo il gelo calò sulla piccola comitiva, poi…
-Quando l’Avatar ha compiuto 16 anni, i nostri predecessori sono venuti a cercarvi all’Isola Kyoshi, ma…- Disse Mai per rompere quell’imbarazzante silenzio.
-Dopo la morte di mio marito, ho preferito tornare a Ba Sing Se. Lui amava questa città e qui era dove vivevamo i nostri figli. Non volevo più aver nulla a che fare con la guerra. Non era più il mio tempo, giovane errante.- Interruppe la donna.
A quelle parole Eiji, si rabbuiò. -Avete perfettamente ragione, Lady Daiyu.- Un cenno ai ragazzi che annuendo gli si accostarono, compreso Ling, anche se palesemente dispiaciuto in volto. -Io, e il mio seguito, togliamo immediatamente il disturbo. Non era intenzione turbarvi imponendovi la nostra presenza.-
I ragazzi al fianco dell’Avatar annuirono convinti a quelle parole.
-Ahhh! Non se ne parla, ragazzino.- Inveì la donna, che era ormai chiaro ritenesse i presenti poco più che poppanti. -Il danno è fatto e poi chi se li subisce i miei nipoti se vi sbatto fuori all’agghiaccio?- Terminò strizzando un occhio verso Jin e Fen.
A quel dire Ling si voltò verso Fumio facendogli un cenno verso la donna, come a rimarcare, a mani aperte, qualche strano concetto tutto loro.
Fumio roteò lo sguardo a quel fare, soprassedendo, almeno apparentemente, a quanto l’amico tentava di sottolineare.
-Senza contare che avete la faccia di chi non si fa una bella dormita da giorni.-
-Il viaggio è stato lungo, Signora, e…- Rispose un Eiji ormai palesemente arreso all’anziana Guerriera Kyoshi.
-Me lo racconti stasera davanti a una bella tazza di tè, che ne dici?- Domandò la donna interrompendolo e puntandosi i pugni suoi fianchi.
-Giusto!- Esordì illuminandosi Ling a quella proposta e fissando Fen, mentre Eiji annuiva, le ricordava: -Mi devi dei dolcetti, Rossa!-

 

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Capitolo 5
*** Il Cugino ***


Il Cugino
 

“Scusa… cosa? Il piccolo Ling?”  Aveva pensato sbalordita Fen ascoltando le parole della nonna non appena furono sole. “Ling è piccolo quanto è vero che io sono un gigante!”  Ma cosa più sconcertante: la sua nonnina conosceva Ling. La mente della giovane non era riuscita a stare dietro a quel pensiero mentre, ammutolita dalla sorpresa, non aveva potuto fare altro che seguire la donna in casa e quando il ragazzone della terra l’aveva poi apostrofata con l’appellativo di “Zietta”, Fen si era sentita morire. “No, no, no! Non ditemi che non sono stata, fino a pochi minuti fa, a fare pensieri peccaminosi su... un qualche tipo di parente! Vi prego spiriti, vi supplico!” La prospettiva l’aveva atterrita, ma i suoi pensieri erano stati ben presto azzittiti dalla presentazione che Ling aveva fatto della donna al resto della compagnia: la nonna sembrava essere stata uno dei guardiani dell’Avatar Bambino.
Fen a quella rivelazione aveva ignorato ogni altro accadimento in quella stanza per volgersi verso il cugino che aveva trovato a guardala perplesso, più se non quanto lei.
“Lo sapevi?” Le avevano chiesto le lebbra, senza emettere alcun suono.
La ragazza aveva scosso il capo e lui l’aveva osservata con sguardo penetrante, come a voler valutare che avesse detto il vero e Fen se ne era sentita, al contempo, infastidita e amareggiata.
-La nonna parla spesso del nonno, ma mai di sé stessa. Non ne sapevo nulla.- Gli aveva sussurrato, in modo che lui solo avesse potuto sentirla. Jin aveva annuito a quelle parole ed entrambi erano tornati a dedicare attenzione agli eventi in sala, in tempo per sentire sua nonna parlare del defunto marito.
Nonna Daiyu aveva accennato con un sorriso al suo nonnino. In tanti anni Fen aveva sentito costantemente quanto amore e dedizione avevano legato la donna al marito ed aveva sempre sperato di trovare per sé stessa un simile sentimento, così forte e unico da resistere perfino alla morte. Aveva creduto di trovarlo nell’unico ragazzo a cui aveva concesso di avvicinarsi a lei più di ogni altro, ma era finita come era finita: lei sola e Jeong Jeong con quella ragazza tanto esile e graziosa da non riuscire a capire da dove fosse uscita, ma che, almeno, non si era rivelata una delle tante malignette che correvano, senza pudore, dietro al ragazzo anche quando stava con lei, e di cui il campus sembrava essere invaso.
Con un sospiro la ragazza aveva scostato da lei quei pensieri per dedicarsi nuovamente ai discorsi intorno. La nonna era ancora intenta a sbraitare bonariamente verso i loro ospiti, quasi questi fossero persone comuni e non l’Avatar e il suo seguito e all’ennesimo tentativo di Eiji di portar acqua al suo mulino lei aveva preso la posa da “Nonna”: quella posizione con i pugni sui fianchi, unita all’espressione intensa di chi ti sta guardando dentro e sa perfettamente tutto quello che ti sta passando per la testa, e a cui non puoi dire assolutamente di no. Così almeno era sempre parso a Fen e a Jin quando erano stati, in passato, i depositari di tale attenzione da parte della donna.
“Povero avatar!” Aveva pensato Fen divertita, vedendo il ragazzo esitare per un attimo prima di annuire e prima che Ling si fosse voltato verso di lei e avesse ricordato il suo debito in “dolci”.
La ragazza trattenne una risatina all’espressione di aspettativa del dominatore del metallo e annuì.
–Vero, ma permettetemi una domanda, prima di accingermi a preparare il tè e a portare a questo ragazzone i dolcetti promessi.- Disse e si volse verso la nonna con fare interrogativo e, indicando Ling con un ditino, le rivolse la domanda che stava tormentandola da che l’anziana donna aveva incontrato il ragazzone della terra: –Ma io e Ling siamo parenti? Continua a chiamarti zia e hai detto che i suoi genitori sono venuti a conoscermi quando sono nata.-


Alla domanda di Fen la nonna la guardò serissima.
-Certo che sì!- Rispose. -Non noti forse, nipote, il tipico mento appuntito della nostra famiglia…- Indicando il volto squadrato di Ling. -…E le altrettanto tipiche spalle da uccellino?- Concluse rifilando una bella pacca sul bicipite del ragazzo.
Un secondo di silenzio, dove tutti parvero più o meno perplessi, prima che la nonna scoppiasse in una sonora risata.

Anche Ling prese a ridere di gusto.
-Sei una forza, proprio come ricordavo, zietta! Mi sei mancata da morire in questi anni, sai?- Disse il ragazzo tra una risata e l’altra abbracciando la donna e strizzandola a dovere.
Mai e Fumio scossero il capo perplessi, ma non si evitarono di ridacchiare, più o meno, garbatamente.
Eiji, al contrario, si limitò ad allargare in viso un sorrisone compiaciuto: non disse nulla, soffermandosi a guardare la guerriera Kyoshi con un ché di tenerezza negli occhi.
Poi Jin, sbuffando rassegnato dal solito fare della nonnina e lasciando cadere le spalle verso il terreno, disse: -Uff! Facciamo così: mentre voi simpaticoni vi fate una bella chiacchierata, il tè lo vado a preparare io. Non sopporto quando la nonnina dà spettacolo.- Sul finire della frase strizzò un occhio verso Fen, poi, dalla porta, volgendo appena quel suo sguardo smeraldino verso la sala…
-Min, ti va di darmi una mano?- Domandò alla ragazza che fino a quel momento gli era parsa silenziosa e spaesata. Min era sì una delle amichette della sua ‘simpaticissima’ cugina e la ricordava gironzolare in quelle stanze da che aveva memoria e mai, mai, mai, l’aveva vista tanto in difficoltà in quella che era per lei praticamente una seconda casa. Il ragazzone dalla pelle scura la vide sfarfallare quegli occhioni nocciola per poi annuire frenetica e scattare con una corsetta verso di lui, intimidendosi dalla punta delle orecchie ai piedi, visto il rossore che le aveva invaso, in mezzo secondo, il viso.
-Bene.- Disse ancora, gettandole un braccio sulle spalle appena le fu accanto. -Avevo proprio bisogno di una bella assistente.- Se la rise proseguendo, più per cercare di rassicurarla che per reale necessità, pesandole sulle spalle non per dispetto, ma per rimarcarle che doveva comportarsi come desiderava, era una di casa infondo; e se poteva permettersi di rubargli le magliette dai cassetti per usarle come pigiama quando dormiva con la sua cuginetta, poteva benissimo azzardarsi ad aprire bocca. D’altro canto, l’ospite, che sembrava averle mangiato la lingua, era niente meno che l’Avatar e, se anche lui si sentiva a disagio in quella situazione, poteva solo figurarsi come doveva sentirsi quell’uccellino, che non aveva davvero mai capito cosa avesse da spartire con la sua odiosa e rumorosa cugina. Min era sempre tanto garbata e adorabile, incredibile che le malelingue all’università avessero il coraggio di definirla una pazza psicopatica.
“Ahhh, l’invidia!” Pensò divertito. “Min non potrebbe far male a una mosca. Fortuna che ci sono io a zittire le voci su di lei e quell’altra squinternata di Fen. Ehi, sono mia cugina e la sua amichetta, e io sono l’unico che può permettersi di trattarle male!”
Jin moriva dalla voglia di poter parlare con l’Avatar, ma conosceva la sua amata nonnina e una volta che si metteva una cosa in testa non mollava la presa, quindi aveva ancora tutto il tempo del mondo per sapere qualcosa di più sulle motivazioni reali che avevano spinto a Ba Sing Se il Custode dell’Equilibrio, nel frattempo avrebbe approfittato di quel tè per fare chiarezza su quanto aveva appena saputo riguardo la sua amata nonna: era davvero strano che non avesse mai fatto parola, né a lui e né tanto meno a Fen, su determinati particolari della sua vita, ma… la conosceva e le voleva bene. Aveva sicuramente avuto le sue buone ragioni e presto sarebbero venute al pettine, anche se, conoscendo la storia del piccolo Avatar e avendo appena scoperto che la donna ne era stata una delle guardie, non era difficile per il ragazzo immaginare come mai la sua amata nonnina avesse voluto buttarsi il passato alle spalle.
Sospirò entrando in cucina. -Sai vero, Min, che ora mi racconterai per filo e per segno cosa ci facevate tu e quella cretina di mia cugina al seguito dell’Avatar su quel palco? E, soprattutto, perché, sapendo quanto sangue ho sputato per farmi affidare quest’intervista, non mi avete avvisato di essere le sue guide in città?-

-Mollami bestione, sei proprio come tuo nonno!- Sbuffò la Nonnina divertita, inveendo contro Ling. Poi, ancora prima che il ragazzo si convincesse a lasciarla…
-I genitori di Ling erano presenti alla tua nascita, perché sono miei grandi amici da sempre, tesoro mio.- Disse rivolta a Fen.
Ling finalmente la lasciò andare.
-Piuttosto, come vi siete incontrati voi ragazzi?- Domandò la donna senza rivolgersi a nessuno in particolare.
Gli occhi del restante dei presenti scivolarono però sulla figura della ragazza dai capelli rossi.


Fen aveva sfarfallato le ciglia come pochi secondi prima aveva visto fare alla sua migliore amica mentre l’aveva guardata uscire dal salotto insieme a Jin.
“Oh, mamma, povera Min. Posso solo immaginare l’agitazione che ha in corpo in questo momento. Da che mi ricordo... Eh si, è la prima volta che si trova da sola con il mio Colosso.” Si era detta tra il divertito e il preoccupato, ignorando per alcuni attimi quello che le stava accadendo intorno, almeno finché le parole della nonna non l’avevano riportata alla realtà.
Un moto di sollievo le riempì il petto: non aveva fatto pensieri bollenti su un parente e questa era stata una gran consolazione.
Sorrise alla nonna, annuendo a dimostrazione di aver compreso, e quando gli occhi dei presenti si volsero verso di lei, facendola sentire non poco in soggezione, le fu chiaro che spettava a lei fare il punto della situazione.
-Io e Min…- Incominciò imbarazzata. -…Eravamo davanti al Palazzo del Senato insieme alla folla che aspettava l’Avatar. Un vocione ci ha chiesto che cosa stesse accadendo e girandoci ci siamo trovate davanti Ling.- Poi, alzando lo sguardo al soffitto, come a pensarci: -Dopo si sono avvicinati anche gli altri, si sono presentati e hanno chiesto indicazioni per arrivare all’università. - Il tono della ragazza cercava di essere leggero e scorrevole. -A quel punto, ci siamo offerte di accompagnarli e per farlo, nonna, ho pensato di venirti a chiedere di poter usare il furgoncino delle consegne.- Una pausa di un attimo, prima di rivolgersi con garbo ai presenti, come se si fosse ricordata qualcosa: -Perdonatemi, signori, forse avrei dovuto chiederlo prima, ma avete già un contatto con il Professor Chao Chin?-


-A dire il vero…- Rispose Min a quel gigante dagli occhi verdi intento a ordinare alcune miscele di tè su un vassoietto per dar modo agli ospiti di poter scegliere la fragranza che più gradivano. -Sono stati loro a venire da noi. Ci hanno chiesto informazioni e ci siamo proposte per dare una mano…- Non riusciva a guardarlo in viso, non era mai successo prima d'allora che si trovassero da soli nella stessa stanza e… per quanto l’avesse sognato spesso, Min, fuori da quei sogni, era tutto tranne che sufficientemente audace per tentare la minima iniziativa. Sospirò profondamente nella sua mente osservandolo darle la schiena, stupidamente semi-imbambolata nel contemplare quelle spalle larghe e possenti su dei fianchi troppo stretti per appartenere a un uomo della terra. -…Tutto qui. Non c’era nessuna premeditazione in quanto avvenuto, te lo posso assicurare.- Lo sguardo le era scivolato un po’ troppo in basso per non avere una aria maniaca, ma Jin, grazie agli spiriti, era ancora voltato dall’altro lato.
Alla ragazza sembrò di avvertire un sorriso provenire dal dominatore dell’acqua (sì, non bastasse il semplice fatto che fosse bellissimo e troppo intelligente anche solo per accostarsi a una tipa come lei, l’uomo dei suoi sogni, da che era adolescente, era anche un valente manipolatore elementare, mentre lei… ehhh… lei aveva così poco da offrire oltre a quell’aria sbarazzina e quel suo, a dire degli altri, strano modo di vestire. Ma si sa, a tutti è permesso di sognare, no?).
-Me l’ero immaginato.- Disse lui con tono premuroso. -Tu e quella strega di Fen siete tante cose, ma non siete dei geni criminali e, per quanto dispettose, non mandereste mai volontariamente all’aria mesi di fatica e lavoro di qualcun altro, fossi pure io.- Se la rise.
Quando Jin faceva questi discorsi, Min sentiva sempre una stretta al petto al solo pensiero di sapersi considerata alla pari di una rompiscatole che, probabilmente, provava addirittura piacere nell’infastidirlo.
Abbassò il capo al pavimento, afflitta e silenziosa, distogliendo lo sguardo da quel sedere maledettamente perfetto, giusto in tempo, prima che lui si voltasse.
-Ehi, cosa c’è adesso?- Disse ancora il ragazzo.
-Nulla, nulla.- Si affrettò a rispondere lei, sventolando la mani davanti al visetto come a cacciar via chissà cosa.
-Perfeee…ttooo… allora… perché non stai spegnendo il bollitore? Rischia di esplodere se…- Non gli diede tempo di finire la frase che sgranando i suoi occhioni nocciola si volse a togliere il boiler fischiante dal fuoco e a spegnere il fornello. Lo sentì ridere alle sue spalle e non le riuscì di sentirsi terribilmente piccola per l’ennesima brutta figura fatta davanti a quel ragazzo.
Quante ne aveva già fatte in passato?
30, 40?
Ormai aveva perso il conto.
-Appena in tempo!- Commentò lui posandole una mano sulla spalla. -La prossima volta però non essere così avventata, per un secondo ho temuto che ti potessi bruciare.-
“Sì, certo, perché gliene sarebbe importato davvero.” Si disse tra sé e sé, senza nascondere la delusione trovandosi fortunatamente a dargli ancora le spalle.
-Piuttosto Min.- La chiamò ancora con tono improvvisamente serio, mentre lei scorgeva apparire alla periferia del suo sguardo un braccio di Jin intento a rapire il bollitore dell’acqua. -Dimmi, come sta la mia cuginetta?-
La ragazza si voltò stupita a quella richiesta. -A cosa ti riferisci?- Chiese.
E lui, mentre si appropinquava a sistemare bollitore, tazze, pasticcini e quant’altro su un paio di vassoi, rispose: -Si è ripresa dalla batosta che le ha inferto quel decelerato del suo ex?-
-Jeong Jeong?- Domandò ancora.
-E chi sennò?-
Min cercò di fare un secondo mente locale sulla questione: non sapeva quanto la sua migliore amica potesse realmente gradire che lei facesse determinate confidenze proprio al cugino. Si limitò quindi a un’alzata di spalle sperando che lui potesse lasciar cadere la situazione.
Jin si voltò guardandola biecamente: -Uhm… Non vorrai davvero farmi credere di non saperne nulla, vero?-
Min sentì una goccia di sudore gelido scorrergli lungo la schiena.
-Vi dite anche quante volte andate in bagno… beh, quando non ci andate insieme, ovvio.-
-Ehhh… sì.. cioè… no… insomma…- Bofonchiò la ragazza senza senso alcuno.
-Sei tanto carina quanto imbranata. Ci credo che non hai ancora un ragazzo.- Commentò lui sospirando al suo atteggiamento e lasciando precipitare quelle spalle, che a lei piacevano incredibilmente, verso il suolo.
“Carina? Ha detto ‘carina’? È la seconda volta che mi fa un complimento. Non lo penserà davvero?” Min, non fosse già paonazza dall’imbarazzo causato da tutta quella situazione, al dire di Jin sarebbe arrossita ancora di più o forse… ‘era’ arrossita di più… sì, lo aveva fatto, non credeva fosse possibile, ma sì… era arrossita tanto da sentirsi andare a fuoco le guance.
-Facciamo così, cerchiamo di venirci incontro.- Aggiunse il ragazzo più bello e intelligente su cui il suo sguardo si fosse mai posato. -Non penso che tradiresti la fiducia della tua amica dicendomi semplicemente se, da quella volta che le ha sventolato davanti la sua nuova ragazza, dicendo che era migliore di quanto lei fosse mai stata, s’è più fatto vivo. No?-
Min si soffermò a rifletterci: Jin aveva ragione, così facendo non avrebbe fatto confidenze su Fen, ma su quell’idiota di Jeong Jeong. -No. Non che io sappia almeno.- Si decise a rispondergli.
Jin allargò un sorriso soddisfatto. -Bene.- Dichiarò con identica appagatezza nella voce. -Fammi un favore Min, se dovesse succedere, avvisami. Sai, non mi è piaciuto venirlo a sapere tra le risatine di un mucchio di cretini negli spogliatoi della scuola. Avrei voluto saperlo prima, in modo da intervenire più tempestivamente. Non che non abbia avuto la mia soddisfazione al riguardo.-
Non le era chiaro, cosa stava dicendo esattamente Jin?
Non ebbe il tempo di fare mente locale che il ragazzo le si avvicinò a un palmo dal viso, tanto da riuscire sentirne il calore della pelle sulla sua, con quel sorriso tramutato in ghigno. -Lo sai tenere un segreto, Min?-
La ragazza annuì repentinamente trattenendo il fiato, non che volesse, ma non le era riuscito di far diversamente.
-Sai qual è il bello di essere un dominatore dell’acqua?-
Lei dissentì veloce con il capo.
-E che puoi curare le ferite di chi ha fatto soffrire la tua cuginetta, dopo avergliele date di santa ragione, e ricordargli che è pronto per bis.-
Ok, le stava facendo paura, ma quanto era eccitante, maledizione?
-E finire con l’andartene via sputandogli in faccia con disinteresse che nessuno avrebbe creduto alle sue parole senza le prove effettive dell’accaduto sul suo corpo. Chi mai sarebbe tanto folle da curare uno a cui vuole far del male, insomma chi ci si sprecherebbe, no? Beh… sempre se non si trovi più allentante l’idea di farlo vivere nel timore di incontrarlo nei corridoi. Sai, gli ho anche detto che, se si fosse avvicinato nuovamente alla mia cuginetta, non mi sarei certo fermato al semplice bis.- Se la rise di gusto, scostandosi dal suo visetto in tempo per concederle di respirare prima che soffocasse per suo stesso insensato istinto.
-Pensa, non gli è bastato essere tanto 'carino' da mettere in giro voci assurde sul conto di Fen, ma ha pensato addirittura di organizzarmi una bella festicciola con tutti i suoi amichetti al completo, successivamente i fatti, e proprio negli spogliatoi dopo il mio allenamento di nuoto. Peccato che il dominio della terra sia lento e che il mio gelo… ehm… hai saputo, no, di quella brutta epidemia di influenza nella squadra di Rugby? Non è consigliabile passare dalle cinque alle sette ore, sigillati in uno spogliatoio ghiacciato. Anche se, ovviamente, non l’hanno raccontata così. Ma diamine, attaccare un dominatore dell’acqua vicino a una piscina? No, dico, ti sembra normale?- Scosse il capo divertito.
“Accidenti, calmati Min, non puoi eccitarti come un’adolescente alla sua prima cotta, oltre che ‘è’ la ‘Tua’ prima cotta, sentendolo parlare delle sue malefatte per… difendere l’onore della tua migliore amica. Ok, troppo tardi!” Pensò sentendosi ardere non più solamente in viso.
-Ora che ci penso, questo non è un segreto, sono due.- Disse Jin tornando serissimo e mettendo tra le mani della ragazza uno dei due vassoi che aveva preparato. -Te lo ripeto: sicura di riuscire a mantenere il segreto?-
Ancora annuì freneticamente, che altro poteva fare?
-Ottimo, perché altrimenti mi avresti costretto a dire a Fen che mi hai rivelato ogni singolo piagnisteo, che si è fatta sulla tua spalla, da che quel cretino l’ha mollata.-
-Ma… ma… non è vero?- Disse lei ritrovando la parola.
-Già!- Riprese lui sorridendo. -Ma questo lo sappiamo solo io e te!-
-Sei, sei…- Disse a denti stretti pur di trattenere la stizza per quel meschino ricatto.
-Lo so. Sono terribile. Ma che vuoi farci? Hanno toccato la mia famiglia e… non credere che mi comporterei diversamente se si trattasse di te, mocciosa.- Le disse strizzandole un occhio e rifilandole un bacio sulla guancia.
Min rimase impietrita per qualche istante mentre lui se ne andava, scomparendo oltre la porta della cucina.
-…Sei… Adorabile.- Sussurrò quando ormai Jin era troppo distante per udirla, prima di muoversi anche lei verso il salotto.

-Nulla di preciso, a dire il vero.- Rispose Mai alla richiesta di Fen. -Con il professore eravamo semplicemente rimasti che ci saremmo fatti sentire dopo il nostro arrivo in città, per poi programmare un orario per incontrarci.-
-L’idea di andare direttamente è stata mia.- Intervenne Fumio. -Non mi piace che si conoscano con troppo anticipo gli spostamenti dell’Avatar.-
Eiji sorrise amorevole al dire del gemello per poi guardare Fen con altrettanta dolcezza.
-Che vuoi farci, un po’ di paranoia non ha mai fatto male a nessuno!- Intervenne Ling a difesa, secondo lui, dell’amico.
-Fai bene.- Disse la nonna di Fen. -Non si deve mai abbassare la guardia quando si tratta dell’Avatar, sono ancora in troppi che vogliono la sua morte.- Il tono dell’anziana signora era stato solenne quanto mai prima di allora. -Possiamo però organizzare tutto al meglio anche senza fare improvvisate, ragazzo mio.- Aggiunse guardando Fumio. -L’importane è fare in modo che i tempi siano sempre molto stretti. Essere l’Avatar vuol dire essere un esempio e… non è un bell’esempio comportarsi come se non si devesse nulla a niente e a nessuno.- Un brevissima pausa prima di riprendere: -Abbiamo stanze a sufficienza per ospitarvi: oggi prendetevela con calma, mangiate e riposatevi; domani mattina parleremo su come organizzare il da farsi. Qui siete al sicuro. Nessuno penserebbe mai che il grande Avatar Eiji si possa trovare nell’umile stamberga di una pasticcera.- La donna aprì, verso il guardiano del fuoco, un ampio sorriso, decisamente più giovanile dell’età che avrebbe dovuto dimostrare. Nel dire della donna non v’erano appigli a cui aggrapparsi per tentare un’alternativa diversa dall’accettare la sua ospitalità, per quei giovani ancora non pienamente esperti nell’arte del comando.
Fumio annuì rispettoso. -Discutere di strategia con voi è un enorme privilegio e un onore, Signora Daiyu.-
-Oltretutto, io e l'Avatar, abbiamo qualcosa di cui dover parlare.- Riprese lei, rivolgendosi garbatamente, con un lieve inchino, al maestro di tutti gli elementi.
Eiji annuì sotto lo sguardo perplesso e preoccupato della dominatrice dell’aria.
Ling, dal canto suo, stava fissando Fen con aria soddisfatta. -E tu? Che ne dici Bellina, hai qualche idea al riguardo?-


Fen aveva sorriso alle parole della sua nonnina, sempre pratica, ma con un occhio a non strafare.
Si era sentita in imbarazzo quando lo sguardo dell’Avatar era andato da Fumio a lei, mantenendo quella dolcezza particolare negli atteggiamenti che sembrava caratterizzarlo. Eiji e il gemello erano identici, eppure, quando non giocavano a scambiarsi i ruoli, si distinguevano chiaramente per i loro modi di fare, quel qualcosa di impalpabile che parlava di quieta forza in Eiji, di determinazione e di desiderio di proteggere in Fumio. Fen li aveva trovati entrambi adorabili; combinati poi con la pacata dolcezza di Mai e quell’affascinante faccia da schiaffi di Ling, erano proprio una bella compagnia.
“E non mi riferisco certo al loro aspetto, non solo almeno.” Aveva formulato nella sua mente trovando lei stessa sciocco quel pensiero. Fatto stava però che Mai fosse una meraviglia in terra e che il fisico di Ling fosse in grado di provocare sogni erotici in qualunque fanciulla avesse sangue nelle vene, ma anche i gemelli non erano da meno: non possedevano la stazza del giovane Beifong, ma erano dei giganti per i canoni del fuoco e sicuramente piacevoli alla vista. Non rientravano nella tipologia della terra, risultando esotici agli occhi di Fen, che non poteva non trovarli bellissimi, con i loro lineamenti dai tratti sottili e quasi troppo delicati per i dei potenti dominatori. “Santo cielo! Ma davvero sto facendo di questi ragionamenti?” Aveva sospirato, ma senza reale esasperazione, anzi, una parte di lei era rimasta stupita della cosa: era passato davvero tanto tempo dall’ultima volta che aveva fantasticato su un uomo. Troppo, diceva la sua amica Min, eppure, da quando Jeong Jeong l’aveva mollata e l’aveva visto poi con quella ragazza dai grandi occhi grigi, qualcosa in lei si era come rotto: si era cominciata a sentire inadeguata al punto tale da impedirsi anche solo di guardare qualcuno, come se non fosse stata all’altezza, indegna anche solo di esprime un semplice pensiero al riguardo.

-E tu? Che ne dici Bellina, hai qualche idea al riguardo?- La domanda di Ling la prese in contropiede, ma sorrise al dominatore del metallo. -Penso che Nonna abbia ragione. Siete stanchi e affamati: se ognuno di questi due eventi, preso singolarmente, è un cattivo consigliere, insieme sono anche peggio. A mente riposata e a pancia piena si ragiona meglio. Inoltre non dirmi che nessuno di voi darebbe un occhio della testa, o giù di lì, per una bella doccia calda? Una di quelle docce che rasserenano l’animo e distendono i muscoli provati dalla stanchezza.- Poi come a pensarci su, aggiunse: -Per il Professore ci penseremo domani: io e Min abbiamo i suoi contatti e conosciamo molto bene la facoltà e tutti i suoi accessi. Non dovrebbe essere troppo problematico organizzare il vostro incontro.-


La proposta della di Fen ricalcava, almeno in parte, quella già proposta in precedenza, eccezion fatta che, prima di attuare la cosa, come ‘imposto’ dalla Signora Daiyu, avrebbero avuto a disposizione qualche ora di riposo. Una situazione a cui Fumio, dall’inizio dei loro viaggi, stava lentamente disabituandosi. Doveva ammettere però che l’idea non gli dispiaceva affatto: per quanto volessero dire i suoi compagni di viaggio, lui era semplicemente cauto, non certo masochista.
Il dominatore del Fuoco, così, aveva sorriso caldamente alla fanciulla.
-Allora mi rifaccio al tuo piano, signorina Fen-Shu.- Aveva detto suo fratello, appena la ragazza sembrava aver terminato il suo discorso.
Anche Ling e Mai gli erano parsi concordi, soprattutto il gigante dagli occhi verdi che aveva continuato ad annuire, dapprima, alle parole della ragazza e, in seguito, a quelle del suo gemello.
Se Fumio non lo avesse conosciuto bene, al punto da sapere che, dietro a quell’aria assertiva, si nascondeva una gran bella testa, probabilmente si sarebbe lasciato ingannare dai suoi modi rozzi e superficiali, che sembravano indicare una personalità frivola e sciocca, capace solo di seguire il vento. Al contrario, sapeva anche troppo bene, che non era possibile costringere Ling a fare nulla che già non avesse deciso di compiere, caratteristica questa che si scontrava apertamente con l’indole del fratello. Eiji, malgrado l’aspetto bonario, possedeva una personalità salda e decisa, difficile dall’essere dissuasa dalle proprie scelte senza valide motivazioni.
E dire che i più credevano che tra loro due fosse proprio lui, Fumio, quello dal carattere più difficile e intransigente, mentre in realtà era semplicemente quello che aveva appreso, anche grazie alla disciplina della spada, come gestire le proprie incertezze e quelle degli altri a vantaggio della squadra. Aveva imparato a fidarsi di Ling anche quando poteva sembrare un pazzo scriteriato, cosciente che la genialità a volte si nasconde dietro l’eccentricità, e a mitigare l’animo troppo combattivo del fratello ponendogli difronte, di volta in volta, dati inoppugnabili, quando la scelta che questi avesse ritenuto di dover compiere potesse risultare troppo avventata o dettata semplicemente dallo spirito di competizione scatenato dal suo elemento primario: il fuoco.
Purtroppo questo portava a un unico, e del tutto sfalsato, risultato: ‘lui’ era il cattivo.
Come sapeva bene anche Mai, quando con quei due tutto mancava, porli su un piano di sfida, era un buon modo per impugnare e dare una direzione alla situazione: una sfida ben gestita, ovviamente, e che facesse presa sugli interessi di entrambi per lasciare che sfogassero le loro paturnie mentre lui e la Maestra dell’Aria decidevano cosa fare realmente. A pensarci bene, l’uno o l’altro, sarebbero stati impossibili da gestire singolarmente, invece insieme (sebbene la cosa, in questo modo, aumentasse la mole di lavoro) erano come argilla nelle sue mani, mentre lui… ahhh… quando quella brunetta dagli occhi nocciola e dai tatuaggi del color del cielo fingeva di assecondarlo, diventava malleabile come burro e lo sapeva bene; il problema vero era che saperlo non voleva assolutamente dire di riuscire anche ad imporsi a quelle labbra morbide che troppo spesso lo tormentavano e non solamente in sogno.
Doveva ammettere a sé stesso che in più di un’occasione si era ritrovato a pensare che fosse davvero un bene che si trovassero tutti dalla stessa parte: quella dell’Equilibrio, ovviamente.
Fumio sapeva di essere lui il vero ago della bilancia, malgrado le lunghe ciglia scure di Mai e il fatto che il Custode fosse suo fratello (o… forse era proprio questo che gli permetteva di esserlo?).
La Signora di quella casa però voleva parlare da sola con Eiji e questo per Fumio sarebbe valso a trovarsi all’oscuro di quanto i due si sarebbero detti, almeno fin tanto non avesse convinto il fratello a rivelargli ogni singola parola di quel discorso.
Ok, che fosse paranoico forse era un tantino vero, ma solo un tantino!
“Quando tuo fratello è l’Avatar, diventarlo è inevitabile.” Si era detto tra sé e sé con un pizzico di ironia e infondo ‘era’ ironico, anche troppo a volte.


Fen sorrise ai presenti occhieggiando verso il corridoio, ricordandosi improvvisamente che la sua amica era in cucina col cugino scemo; quello stesso cugino scemo di cui la ragazza era pazzamente innamorata da che Fen aveva memoria. Neanche a farlo apposta, come evocata, la forma del ragazzo, inconfondibile per stazza e zazzera scomposta, si stagliò nella sua visuale, avanzando verso i presenti.
“E Min?” Pensò, presa da un attimo di apprensione, non vedendola.
Spiò il corridoio dietro la figura imponente del cugino, ma della sua amica neppure l’ombra.
“Che fine a fatto?” Si chiese prima di sentire quei passetti che si affrettavano ad avvicinarsi, ed eccola lì, finalmente: un tantino accaldata (atteggiamento sospetto) e con un vassoio stretto tra le mani nel tentativo di non far cadere nulla di ciò che vi trasportava.

-Cugina, ma… sei ancora qui?- Le chiese torvo il ragazzone dalla pelle scura, scuotendo poi la testa mentre posava il contenuto dei vassoi sul basso tavolino davanti agli ospiti.
Fen batté le palpebre, per un attimo perplessa. -Eh?-
-Il tè l’ho fatto io, ma tu non avevi detto di dover qualcosa a qualcuno?-
La ragazza rimase totalmente immersa nella sua perplessità finché lo sguardo non incrociò, nel suo vagare, i verdi occhi di Ling.
Di colpo riuscì a fare mente locale. Scattò in piedi.
-I dollci! Scusate, vado subito.- E, detto-fatto, imboccò il corridoio seguita dalla voce divertita del cugino: –E sbrigati, il tè si fredda!-


Dopo l’arrivo del ragazzone della conferenza stampa, nel vedere la ragazza tutto pepe sfrecciare via come un fulmine, Fumio non riuscì a non sorridere. Il dominatore del fuoco trovava le due universitarie adorabili e… beh, ovviamente aveva sempre apprezzato la compagnia femminile, soprattutto se formosa e invitante come la padroncina di casa e vivace come la sua amichetta. Senza contare che, quando mostrava troppo interesse per una donna, Mai sembrava ricordarsi improvvisamente che esistesse. Non gli era ben chiaro se l’atteggiamento della Dominatrice dell’Aria fosse dovuto a una sorta di territorialità o ad altro, ma doveva dire che in quei momenti, quando non lo feriva con battute troppo pungenti, si sentiva piacevolmente appagato. Quindi…
“Forse questa tappa inaspettata può rivelarsi un piacevole diversivo!” Constatò nella sua mente mentre con sguardo interessato seguì Fen sparire al di là dell’arco di pietra del salone.
Uno sguardo un po’ 'troppo' interessato probabilmente, visto il colpo di tosse della Guerriera Kyoshi che era chiaro volesse riportare la sua attenzione ad altro anziché le curve della nipote.
Voltandosi trovò, come immaginava, la donna scrutarlo con gli occhi resi a due sottili fessure, ma non gli riuscì difficile liberarsene allargando un sorriso sornione.
-Ahhh, ragazzi!- Protesto l’anziana signora che, a guardarla bene, malgrado l’età, appariva ancora bella quanto, se non più, della nipote.
“Chissà come mai una donna tanto avvenente, dopo la morte del marito, ha deciso di rimanere sola.” Si domandò cominciando a sorseggiare il suo tè. Non riusciva a pensare a un valido motivo, ma lui era un uomo, probabilmente quella era una domanda da porre a una donna.
Lo sguardo gli scivolò su Mai che se ne stava tranquilla accanto a Ling ad ascoltare quanto il ragazzo di nome Jin stava dicendo.
“Mai cosa ne penserebbe?” Si domandò ancora mentre con lo sguardo sfiorò una foto appesa al muro che ritraeva quella stessa donna, decisamente più giovane e più interessante, stretta amorevolmente a un uomo dagli occhi lucenti, ma che non possedeva certo l’invadente bellezza della compagna.
Quell’immagine lo fece sentire sciocco come non mai.
“Ovvio Fumio, Mai ti direbbe: ‘l’amore’. E infondo qui tutto parla del padrone di casa anche se non è presente.” La sensazione sgradevole di stoltezza cedette il passo a una genuina commozione.
Avrebbe dato un occhio della testa per avere una donna che lo amasse come la signora Dayiu sembrava aver amato, e probabilmente amava ancora, suo marito. Ma come gli diceva spesso Ling, lui le donne era bravo a portarsele a letto, ma per il resto era una persona impossibile. Come Ling sapesse una cosa del genere, Fumio lo ignorava, ma sapeva di essere abbastanza spaccone, quando abbandonava la disciplina appresa negli anni, da non riuscire a dargli completamente torto. Ricordava chiaramente quando, all’ennesimo schiaffo che Eiji si era preso al suo posto, il gemello gli aveva posto quella fatidica domanda: ‘Mi spieghi perché tutte le donne con cui sei stato ti odiano?’ Lui, ovviamente aveva eclissato scherzandoci sopra, dicendo: ‘È perché ‘ci sono stato, ma non ci sono rimasto!”. Infondo però sapeva di ritrovarsi davvero un brutto carattere.
Jin parlava ancora della possibilità di avere, vista la loro attuale situazione, un’intervista esclusiva da parte del fratello, puntando il dito su questioni validissime come quella di poter dare alla gente un quadro più fedele dell’Avatar che si riteneva fosse uno dei più distaccati, se non il più distaccato, dalle problematiche umane da cinque secoli a questa parte.
Per quel che riguardava Fumio, visto chi era la nonna del ragazzo, Eiji quell’intervista poteva anche concedergliela. La signora della casa non avrebbe mai permesso che il nipote gettasse fango sull’Avatar, quindi lasciò correre la cosa senza poi troppo interesse, concentrato per lo più sul suo infuso caldo, almeno fin tanto che, il fratello, dopo essersi accordato con il suddetto reporter sul darsi reciprocamente del tu, non esordisse dicendo: -D’accordo, facciamo questa intervista, ma ad una condizione: tu mi farai tutte le domande che vuoi, ma dovrai rispondere prima sinceramente a una mia sola domanda. Ci stai?-
Nulla di strano fino a quel momento, e nulla che il dominatore del fuoco non si aspettasse, ma… quale domanda poteva voler porre il fratello al giovane?
Alzò il volto incuriosito verso i ragazzi che parlavano e trovandosi improvvisamente a osservare il ragazzo dalla pelle scura e dalla stazza delle genti delle Tribù, si sentì stringere lo stomaco da una brutta sensazione.
-Ovviamente, cosa vuoi sapere?- Domandò quell’incauto ragazzo che, come molti, dopo aver scambiato qualche parola con Eiji, aveva avuto la presunzione di credere che l’Avatar in questione fosse una creatura ingenua e bonaria.
-Sei un dominatore?-
Il ragazzo annuì tranquillamente. -Sì, Avatar.-
Eiji allargò il sorriso in maniera quasi innaturale.
Fumio sapeva che, prima o poi, lo avrebbe chiesto, conoscendo le speranze del fratello al riguardo: le Tribù dell’Acqua erano in guerra da tempo ormai e nessun dominatore aveva accettato di addestrare l’Avatar nella manipolazione del loro elemento senza richiederne in cambio l’appoggio in quella lotta secolare.
-Domini la terra?- Domandò Ling curioso.
Fumio sentì quella stretta rinsaldare la presa attorno al suo cuore: sapeva quanto il fratello desiderasse diventare completo come Avatar e quanto, malgrado le pergamene del Loto Bianco, quel dominio sembrava sfuggirgli di mano quasi per lui fosse impossibile d’apprendere. Se c’era una cosa che il dominatore del fuoco detestava più di ogni altra, era quando vedeva accendersi negli occhi del fratello la luce della, anche seppur flebile, speranza, per voi vederlo amareggiarsi nel rendersi conto di essere ancora lontano da quello che tanto desiderava. Temette così che quel ragazzo dall’aspetto misto potesse essere involontariamente causa dell’ennesima delusione del suo amato gemello.
Eiji ne soffriva ogni singola volta, come se qualcuno gettasse sale sulle sue ferite, e a poco erano servite le lunghe chiacchierate di questi con l’Avatar bambino, che l’aveva preceduto, e con l’Avatar Korra. Per quanto si sforzasse, per quanto ripetesse a menadito ogni singolo esercizio letto o appreso dalle sue due uniche incarnazioni precedenti, l’acqua non voleva saperne di obbedirgli; si era così rintanato nell’idea che qualcosa gli mancava e quel qualcosa pensava fosse un maestro. Un'idea maturata riflettendo sulle parole di un vecchio incontrato nel Mondo degli Spiriti che gli aveva rivelato che ogni Avatar si era dovuto cimentare con un elemento più difficile da apprendere rispetto agli altri, perché per sua natura completamente diverso a quello che l’Avatar in questione incarnava. Per l’Avatar Aang era stata la terra, per l’Avatar Korra si era trattato dell’aria, per il piccolo Avatar Ruri era stato il fuoco e per lui, per Eiji, era l’acqua, senza ombra di dubbio.
Tornò a fissare Jin che, quasi fosse la cosa più logica del mondo, rispose: -No. Mio padre era natio della Tribù dell’Acqua del Sud e mia madre e nata nella Palude Nebbiosa. Io, come loro, controllo le acque.-

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Capitolo 6
*** Il Dominatore del Metallo ***


Il Dominatore del Metallo
 

“Ma guarda che diavolo di figuracce vado a fare davanti l’Avatar…” Si lagnava Fen nella sua mente mentre ritornava verso il salotto con il vassoio di paste prelevato dall’ampia scelta del negozio, dopo aver consultato Nana al riguardo. “E con queste se ne vanno anche buona parte delle mie misere finanze di questa settimana…” Continuava con fare sconsolato risollevandosi subito al pensiero successivo. “Sono tra le specialità della nonna che più vanno a ruba, almeno li vedrò soddisfatti, ne sono sicura.”
La giornata era cominciata normalmente: l’appuntamento con Min, i suoi drammi di vestiario, le solite carinerie condite d’insulti da parte di Jin… il solito trantran, insomma, poi… tutto era cambiato.
Era sempre stata convinta che la vita facesse strani scherzi, come quando una delle sue migliori amiche era diventata la sua matrigna, o il suo professore di letteratura del liceo aveva sposato sua madre, ma questi erano ben altra cosa se paragonati all’incontrare l’Avatar, ospitarlo in casa, scoprire che sua nonna fosse una guerriera Kyoshi e una dei custodi dell’Avatar Ruri.
Fen si scurì in viso a quell’ultimo pensiero: una parte di lei capiva perché la nonna non avesse mai parlato del piccolo Avatar, morto tanto prematuramente, e dei trascorsi nel prestigioso corpo di guerriere, causa sicuramente di tristi ricordi. Aveva sempre pensato che la casa narrasse ampiamente del suo vecchio padrone, quasi come fosse questa un sacrario all’amore che la sua nonnina provava ancora per il marito, ma non aveva mai fatto caso a quanto poco parlasse della donna. A parte i ricordi in comune, del tutto incentrati sui più piccoli di casa, lei e Jin, e il resto della famiglia, non vi era nulla che testimoniasse il passato di nonna Daiyu. Quella che aveva portato Ling, entrando nella loro casa, era stata la risposta a tutto quel vuoto mai davvero notato prima d’allora.
Di suo nonno, morto quando era troppo piccola per ricordarne vividamente i tratti, se non grazie ai preziosi ricordi fotografici disseminati in giro per casa, Fen rammentava chiaramente solo la voce profonda e la sensazione di protezione che provava quando la stringeva tra le braccia. Nonostante fosse veramente troppo giovane, o forse proprio per questo, quella morte l’aveva lasciata con un vuoto dentro, come se la vita l’avesse defraudata di qualcosa di preziosissimo che non le avrebbe più restituito.
Si sentì le lacrime agli occhi per un attimo e dovette fermarsi un minuto per riprendersi, scacciando quel pensiero deprimente.
“Avanti Fen Shu.” Si disse mentre posava il vassoio per un attimo su di un ripiano e si asciugava gli occhi con la manica del felpone. “Smettila di pensare negativo. Smettila di piangerti addosso. Concentrati sul momento e vai avanti.” S’intimò cercando sicurezza in sé per poi riprendere il cabaret e riavviarsi verso il salotto. “Sicuramente troverò quel decerebrato di mio cucino intento a cercare d’ottenere la sua intervista dall’Avatar, non lo conoscessi! Se ne possono dire di tutti i colori sul mio cuginetto, ma una cosa è certa: è caparbio come un alceleone e non molla l’osso finché non ottiene quello che vuole.” Quel pensiero la fece sorridere, riportandole il buon umore e fu con un sorrisetto divertito che imboccò l’arco di pietra del salone appena in tempo per sentire le parole di Jin che, evidentemente, doveva aver già cominciato a tessere la sua tela: -No. Mio padre era natio della Tribù dell’Acqua del Sud e mia madre è nata nella Palude Nebbiosa. Io, come loro, controllo le acque.-
Alla giovane non sfuggì affatto il lampo negli occhi di Eiji e il sorriso che gli illuminò il bel volto le fece mancare un battito. Si dispiacque di aver interrotto quel momento con la sua entrata, qualunque questo fosse stato.
-Scusate l’attesa, signori.- Disse inchinandosi appena per poi inginocchiarsi vicino al tavolino posandovi il suo prezioso carico e incominciando a servire il tè agli ospiti: prima l’avatar, poi i suoi guardiani, Min come ospite, sua nonna come signora della casa, Jin e, solo in ultimo, sé stessa come voleva buona educazione.
“Speriamo di non aver sbagliato l’ordine.” Si disse mentre porgeva le tazze della profumata bevanda agli astanti e li osservava occhieggiare le paste.
Era metà mattina ormai e, mentre sorseggiava il suo tè, Fen si trovò a pensare al pranzo. Si domandò cosa servire ai loro ospiti, soprattutto perché, da quel che sapeva, gli abitanti della Nazione del Fuoco erano quasi prettamente carnivori, mentre Mai, da buona errante, doveva essere vegetariana. Un bel dilemma, ma sicuramente sua nonna aveva la risposta giusta. Nonna Daiyu aveva sempre la risposta giusta, da che aveva memoria. Sorrise ai suoi stessi pensieri e tornò a osservare l’Avatar: quella che le era sembrata solo una sensazione entrando in quella sala, divenne una costatazione quando si rese conto che Eiji appariva come… Non riusciva a spiegarlo adeguatamente, ma le dava la sensazione di un gatto pronto a fare le fusa, terribilmente interessato, come non avrebbe mai creduto possibile, a quanto suo cugino stava blaterando. Quello sguardo intenso sul sorriso pieno d’aspettativa dell’Avatar la imbarazzò terribilmente.
“Maledetti uomini del fuoco e la loro sensualità innata!” Brontolò intimamente perché, pur non avendo avuto il piacere d’incontrarne altri in vita sua, ora costatava che quello che si diceva su di questi, che fossero gatti in forma umana, era pienamente meritato.
Dovette abbassare lo sguardo sulla superficie ambrata del suo tè per evitare di fissarlo ulteriormente con le gote in fiamme, ed evitarsi l’ennesima brutta figura: o l’avrebbero presa per una maniaca o per una delle tante ragazzine sempliciotte che s’incantavano in adorazione del Custode dell’Equilibrio, e certo Fen non avrebbe mai rivelato a nessuno, neppure alla sua amica Min, che quel sorriso sornione e luminoso le aveva per un attimo fatto sentire le farfalle nello stomaco al pensiero che potesse essere rivolto a lei e non a... “Jin. Ma che diavolo ha messo mio cugino nel tè!?” Redarguì silenziosamente il dominatore dell’acqua scoccandogli un’occhiataccia, stupidamente invidiosa delle attenzioni che questi stava ricevendo, prima di sospirare appena, tornando a sorbire un altro sorso caldo.
“Mi sento strana da quando ho incontrato queste persone. Possibile che rompere la monotonia di tutti i giorni mi abbia scombussolato tanto?” Si chiese. “Ritrovandomi addirittura a fare pensieri sconci sul modo dell’Avatar di guardare mio cugino? Uff, è ovvio che lo trova solo interessante, sono io che m’immagino le cose.” Si interruppe guardando gli ospiti uno per uno. La cosa non aiutava e si rese conto che probabilmente si sentiva troppo sola dopo la defezione improvvisa del suo ex-ragazzo.
Un altro sorso che rischiò di andarle di traverso mentre ancora il suo sguardo vagava andandosi a posare sulla forma massiccia di Ling, stavolta. Era un uomo della terra d’aspetto, anche se i suoi capelli avevano una decisa sfumatura corvina insolita e i suoi fianchi erano più stretti della norma. Compararlo con Jeong Jeong fu quasi automatico per lei, ma il suo ex ci perdeva su tutta la linea: non era né così alto, né aveva le spalle tanto ampie, nonostante il militare nella squadra di rugby.


Ling osservò entusiasta Fen rientrare con i dolcetti, ma appena la ragazza pose il vassoietto in bella vista sul tavolino si rese subito conto che qualcosa mancava. Assottigliò gli occhi tanto da renderli due fessure e puntandoli verso la rossa esordì dicendo con tono burbero: -Ehi, dove sono i miei dango?-
Il broncio che mostrò alla poverina era quanto di più finto avesse mai messo in scena, ma… quanto lo divertivano certe sciocchezze?
A quel dire Mai si spalmò una mano sul viso e i due gemelli alzarono gli occhi al soffitto. Ok, anche questo lo divertiva tremendamente, ma non quanto mettere le persone a disagio, maggiormente se ingenuotte come quelle due universitarie. Adorava le studentesse, soprattutto adesso che era cresciuto. Quando era andato lui all’università, non poteva certo apprezzare le ragazze come avrebbe dovuto, era poco più di un bambino, un genio, ma pur sempre un bambino: era entrato nella facoltà di ingegneria di Zaofu a soli 12 anni e l’unica cosa che amava era creare; creare magnificenze con cui stupire quelli che aveva intorno. All’epoca, a dirla tutta, era troppo pieno e sicuro di sé: riteneva tutti quelli che lo circondavano degli incapaci e per nulla stimolanti, poi… tutto quello che aveva da imparare era terminato. Di punto in bianco si era trovato a guardarsi intorno e… beh, quella che stava vivendo adesso, in pratica, era la sua infanzia; un’infanzia un po’ troppo ragionata forse, pianificata, sotto certi punti di vista, ma… aveva finalmente la possibilità di recuperare il tempo perso. Questo ovviamente quando non era impegnato a salvare il mondo al seguito dell’Avatar o a cercare di ‘FAR’ ragionare l’Avatar, appunto. Santi numi, era il Custode dell’Equilibrio, il Ponte tra gli Spiriti, la Speranza dell’Umanità e… un Perfetto Idiota.
Istintivamente a quel pensiero si voltò a guardare Eiji malamente. L’Avatar stranamente non ricambiò quel suo fare con la solita occhiata di sfida: a quanto sembrava era improvvisamente tutto sorrisi e cuoricini verso quel dominatore della palude. Della palude per forza, visti quegli occhi verdi. Palude?
“Per l’enorme membro di un canepolare super dotato!!!” Inveì nella sua mente. “Un vero dominatore dell’acqua?” Improvvisamente anche lui non poté evitare di farsi attento come non mai agli eventi che aveva sentore si sarebbero verificati da lì a poco, e dire che era stato proprio lui a domandare a quel Jin in che elemento si destreggiasse, ma… in linea col suo essere, si era distratto nel momento stesso che gli aveva porto quella domanda, tanto per cambiare. Ahhh, era quello il problema delle menti troppo attive, lo sapeva da un bel po’ ormai: se non trovava qualcosa su cui focalizzare l’attenzione, si perdeva in ragionamenti assurdi: era fatto così! Il suo cervello non smetteva mai di lavorare tanto da passare le notti sognando addirittura di dibattere con vecchie glorie dell’Ingegneria e a svegliarsi di soprassalto per prendere appunti sui suggerimenti così ottenuti… Uhm, probabilmente era lo stesso per Eiji: doveva sentirsi proprio così quando gli Avatar passati gli facevano visita. Ma no, l’amico, da quel che sapeva, poteva accedere solo a due dei suoi predecessori, mentre lui aveva un intero panteon di menti geniali con cui dilettarsi… “Ops, lo sto facendo di nuovo: mi sto distraendo.” Pensò ancora.
-Scusami Jin, posso farti una domanda?- Giunse la vocina vellutata della sua ‘adorata’ Mai a riportarlo con i pieni per terra.
Il ragazzo della palude in tutta risposta annuì assertivo.
-Hai detto di studiare sociologia e di dilettarti con il giornalismo.- Riprese Mai. -Mi domando quindi quale possa essere il tuo allineamento politico, non puoi non averne. Scusa la mia curiosità, ma… per esempio, cosa pensi delle fratture tra le Tribù dell’Acqua del Nord e del Sud?-
“Subdola di una Mai.” Pensò divertito, ma d’altro canto sapeva bene che la ragazza stava semplicemente trattando gli interessi dell’Avatar.
L’interpellato fece davvero una brutta espressione, a metà tra il rammarico e la rabbia, poi… -Gli scontri tra le due tribù vanno ormai avanti dall’epoca dell’Avatar Korra e, a causa loro, l’Avatar Beifong è morto che era solo un bambino. Che dovrei pensare? Ritengo che quelle fratture siano diventate con gli anni troppo profonde per essere sanate senza un’azione decisa e che, soprattutto, questo non possa certo avvenire cercando un dialogo tra i due regni. Se qualcosa la storia dell’umanità, i miei studi, mi ha insegnato è che situazioni come queste necessitano di un intervento forte: di un nemico comune che li faccia tremare al punto da trovarsi costretti ad accantonare tutti i loro rancori e le loro diversità, per fare fronte unico, o… qualcuno di tanto potente al quale, soggiogati dal timore, non sia possibile loro ribellarsi, neanche volendo. Purtroppo però nessuna delle due situazioni può essere fattibile senza vittime o malcontento. È un percorso lungo e difficile.- Jin sospirò pesantemente.
“Però! Qualcuno con un po’ di cervello, finalmente.” Gongolò Ling mentalmente.
-Ma non mi hai ancora risposto, Jin. Tu chi dei due schieramenti appoggeresti se…- La maestra dell’Aria non riuscì a terminare la frase che il ragazzo dagli occhi verdi, con quel groviglio di serpi in testa che fingevano di essere capelli, l’interruppe: -Nessuno, perché ‘nessuno’ ha ragione. Sono solo spinti dall’orgoglio e, per quante teorie abbiano montato in questi anni per tenere in piedi il loro astio, questa disputa non è altro che un castello di carte che si erge sulla sabbia: a ogni inevitabile crollo non fa che alimentare dissapori e uccidere persone.-
A quelle parole il volto di Eiji sembrò acquistare nuova luce e gli sguardi che Fumio e Mai si scambiarono furono per Ling eloquentissimi. Forse avevano finalmente trovato qualcuno che poteva insegnare all’Avatar il dominio dell’acqua o, quanto meno, che sarebbe riuscito a convincerlo di piantarla con la fissazione di mangiare esclusivamente alghe, pesci e carne di focatrigre, basandosi sull’assurda teoria che, probabilmente, per essere un dominatore dell’acqua a tutti gli effetti, doveva nutrirsi come un… dominatore dell’acqua, appunto!
Certo prima quel ragazzo avrebbe dovuto accettare e prima ancora loro avrebbero dovuto proporglielo.
Ling tirò un sospiro di sollievo, non gli importava poi molto di non essere stato interpellato sull’argomento dagli occhi dei suoi compagni, se lo conoscevano come sperava, erano sicuramente convinti che stesse rimuginando su qualcuno dei suoi pensieri assurdi, quindi… perché prendersela. Ehhh… no, non era del tutto vero, un pochino c’era rimasto male, ma, prima ancora che potesse dire una qualunque parola al riguardo, quel cretino di Fumio gli posò una mano sulla spalla richiamando la sua attenzione, da qualsivoglia cosa quel dominatore del fuoco credesse lui stesse pensando in quel momento invece di ascoltare.
Si voltò appena, trovando quello sguardo serio a fargli cenno, ammiccando verso il corridoio, di uscire fuori. Con molta probabilità voleva informarlo di quanto stava avvenendo. Ahhhh, stramaledetto Fumio e tutte le sue mille attenzioni che non gli permettevano di odiarlo come avrebbe voluto. Anzi, a dirla tutta, non l’odiava affatto e né tanto meno trovava detestabili le sue uscite, ma questo, quel bell’imbusto del fuoco, non avrebbe mai dovuto saperlo.
-Cosa vuoi fiammifero! Guarda che stavo seguendo e… ok, mi sta bene, meglio di niente! Ma glielo dici tu, non facciamo che come al solito scaricate queste faccende su chicchessia e… IO, non voglio essere certo quel tizio, intesi?- Come da sua abitudine rispose con arroganza agli atteggiamenti gentili dell’amico, ma lui era il ‘colosso della terra’, era ovvio che dovesse avere un brutto carattere: doveva pur mantenere le apparenze, altrimenti sarebbe stato il caos e questo, come parte delle guardie del Custode dell’Equilibrio, non poteva certo permetterlo, ovvio!
Fumio dal canto suo gli sorrise scuotendo il capo, mentre il resto dei presenti, ad eccezione di Mai e Eiji, ancora troppo preso dal dominatore dell’acqua per dar peso alle sue parole, mostrarono un’espressione interrogativa.
Beh, non sarebbe certo stato lui a dare loro le risposte che cercavano. Eppure d’improvviso la sua zietta mostrò una strana luce negli occhi. Uhm… per quel che ricordava di lei, probabilmente se non aveva afferrato appieno il concetto, qualcosa l’aveva comunque capito.
-Sì, sì, tutto molto interessante, ma… io non ho tutta la giornata, ragazzi miei. Quindi…- Disse la donnina dallo sguardo furbo. -Che ne dite se, mentre mi dedico al negozio, voi, cari giovinetti, non vi mettete a vostro agio?- Poi volgendosi a Fen, senza attendere risposta da nessuno del loro gruppo: -Abbiamo fatto delle promesse a questi ragazzi, nipotina mia, e ritengo doveroso che qualcuno faccia gli onori di casa e lascio a te questo immenso piacere.- Sorrise ampiamente alla Rossa dopo averla fregata su tutta la linea, qualunque fossero stati i propositi di questa prima dell’intervento della signora della casa. Era proprio per questo genere di cose che Ling aveva sempre adorato la sua zietta.
Sorrise compiaciuto e volgendosi verso la ragazza. -Allora, Bellina, dove andiamo! E, ricorda, mi sei ancora debitrice di un paio di dango, vedi che almeno la doccia elargisca acqua e non sabbia.- Se la rise di gusto alzandosi.
Era proprio un brutto orsornitorinco a volte, ma… quanto si divertiva con quelle uscite, cielo!
-Difficile da credersi, ma, per lo strano umorismo di Agni, non posso che essere concorde con il nostro amico.- Commentò Fumio alzandosi a sua volta e lo stesso, dopo pochi istanti, fecero i restanti due loro compagni di viaggio.
-Invece tu, amorino della nonna…- Disse ancora la sua zietta volgendosi verso Jin. -Che ne dici di cominciare a stendere un bel piano d’azione per il pranzo?-
“Forse è solo una mia impressione, eppure mi sembra che la zietta Daiyu voglia allontanare quel dominatore dall’Avatar?” Riflettè Ling.
-Sai cucinare?- Domandò curiosa Mai a quell’uscita della Guerriera Kyoshi.
-Se sa cucinare!?- Esordì divertita la donna. -Non per vantarmi, ma mio nipote è un artista tra i fornelli!- Terminò ridendo compiaciuta e mollando una sonora pacca sulle spalle del ragazzone dell’acqua, che rispose a quell’intervento sorridendo senza imbarazzo, probabilmente avvezzo a quel tipo d’atteggiamento.
-Forte!- Esordì a quel punto Ling compiaciuto della cosa e dimentico della sua sensazione iniziale. -Sia mai che il destino abbia finalmente deciso che non debba più nutrirmi di insalatina e carne di foca in scatola!- L’occhiataccia che ricevette dai compagni di viaggio fu eloquente: probabilmente aveva parlato fin troppo, ma era quello in punto, no? I ragazzi stavano meditando di chiedere a quel dominatore dagli occhi del colore dell’erba di entrare nella squadra, perché girarci troppo intorno?
-Cosa?- Domandò il brunetto sorpreso.
-Naaa.- Si riprese lui. -Nulla di che, Gomitolo! Roba mia.- Chissà se era abbastanza chiaro l’appellativo che aveva appena rifilato al tizio, in riferimento al suo ‘meraviglioso’ taglio di capelli… “Taglio poi… ma quale taglio!” Pensò senza riuscire a non essere divertito da tutto e da tutti come sempre. Il mondo era uno stupendo parco giochi e lui voleva goderselo appieno.
-Piuttosto e… Sciarpina in tutto questo che ruolo ha?- Chiese ancora curioso dato che era da un po’ che la ragazzetta se ne stava buona buona e zittina.
La vide imbarazzarsi e diventare rossa in un lampo.
La sua zietta guardò lui e di seguito la ragazza. -Min?- Sottolineò. -Ormai sono talmente abituata ad averti in casa che non ci faccio più di tanto caso alla tua presenza.- Ancora se la rise. Quello era un ‘complimento non complimento’ degno dei suoi, ecco forse da chi aveva preso, a dimostrazione che non era la quantità, ma la qualità del tempo passato con una persona a fare la differenza.
-Decidi tu, tesorina.- Disse ancora la donna alla brunetta dagli occhi grandi. -Puoi aiutare Fen o Jin. Fai come meglio credi, ma… non tormentare la mia povera Miyuki. Sta facendo la muta. Sai quanto è nervosa in questo periodo.- Terminò prima di andarsene abbandonando una carezza sul testone della gatta bianca che dormiva arrotolata su una sedia nei pressi della porta.
Appena uscì dalla stanza gli sguardi del gruppo dell’Avatar, il suo compreso chiaramente, si volsero verso i tre ragazzi.


All’uscita della nonna dalla stanza Fen sentì di nuovo tutti gli sguardi puntarsi su di lei e si forzò per non sospirare. L’aveva incastrata bene la sua cara vecchina, ma alla fine era lei che gli aveva portato in casa quei ragazzi ed era giusto che se ne occupasse.
-Bene, signori e signora.- Esordì sorridendo loro. -Abbiamo tre bagni ai piani superiori e quindi nessuno di voi dovrà aspettare, contenti?-


I presenti interpellati, senza eccezione, annuirono e Ling ed Eiji non mancarono di esibire un sorriso particolarmente compiaciuto.

-Jin, puoi aspettare un attimo prima di andare a cucinare?- Aggiunse ancora Fen e, a quel dire, il Cugino si voltò per guardarla con fare interrogativo.
-Appena mostro agli ospiti dove possono rinfrescarsi mi servirebbe un aiuto con le camere, visto che ci metteresti due minuti a pulire in terra dopo che io e Min scostiamo e mettiamo via i teli. Poi posso continuare da sola e ti lascio Min come assistente di cucina.- A Fen non sfuggì lo sguardo sorpreso negli occhioni nocciola della sua migliore amica, che poi si puntarono sulla figura di Jin, apprensivi ma al contempo sognanti. Se ne compiacque: un po’ per averla sorpresa, un po’ per averle regalato del tempo da passare da sola con quel carciofo ambulante. “Proprio vero che al cuor non si comanda.”


-Ah, certo, non c’è problema!- Rispose Jin avendo ben chiaro quanto, usare il suo dominio in quelle piccole faccende domestiche, potesse realmente velocizzare il tutto. Poi volgendo lo sguardo verso l’amica della cugina, non elemosinò un sorriso, prima di dirle: -A quanto pare sei destinata a stare a con me?-

Per Min era ovvio che le parole di Jin fossero riferite a quella giornata, ma… non riuscì a evitarsi di arrossire. Era però colpa sua se quel ragazzo aveva il sorriso più bello del mondo?
Ok, probabilmente era solo lei a vederla così, ma… per quanto ne dicesse Fen, quando Jin non era in diretta rivalità con la cugina, aveva un che di… adorabile.
-Si tratta di stanze smesse?- Chiese con fare tranquillo Mai.
Min le annuì e la ragazza in tutta risposta, aggiunse, con un sorriso: -Se volete, prima di approfittare della doccia, vi do una mano con il mio dominio. Non c’è metodo migliore di togliere la polvere da una stanza che una bella ventata di aria fresca.-
-Oh, no, no, no!- Intervenne tempestivamente Jin. -Non se ne parla! Siete ospiti.-
-Appunto.- Ribatté quella meraviglia dagli occhi da cerbiatto, mentre i due gemelli del fuoco, ammiccarono a quella scena con fare saputo. -Dateci la possibilità di contraccambiare il disturbo.-
Quella ragazza sapeva davvero che argomenti usare per farsi valere, notò Min, e al ragazzone dalla pelle scura non resto che acconsentire. Poi fu un secondo: dopo che Fen aveva indicato al gruppo dove lasciare momentaneamente i pochi bagagli, appena giunti nella prima stanza, ancora prima che lei e l’amica sollevassero i teli, la maestra dell’aria richiamò un alito di vento. Muovendo le mani in modo circolare quel soffio leggero prese ad ampliarsi, cominciando a vorticare nella stanza e risucchiando al suo interno la polvere accumulata e… mettendo sotto sopra i lenzuoli che ricoprivano il grosso dei mobili, ovviamente.
-Ops!- Esordì la donna tatuata facendo una linguaccia intimidita verso di loro, prima di eseguire un gesto con le mani, quasi volesse dividere qualcosa davanti a sé e, in effetti, così fu: un nuovo moto d’aria rapì a quel primo turbine quanto non gli spettava di trascinare con sé. Mai strizzò alle ragazze l’occhio, mentre il nuovo vento adagiava quanto rapito su letto con dolcezza. Il tempo di aprire la finestra e quel polverone volò verso il cielo.
Scene similari si ripeterono per le altre stanze, tanto che Jin non riuscì a tenersi dal dire: -Però, dovreste venirci a trovare più spesso!-
Ovviamente a quel dire sia Min che Fen lo ghiacciarono con lo sguardo e qualcosa disse all’amica della padroncina di casa che anche la vecchia Daiyu, ovunque si fosse trovata in quel momento, a quelle parole non udite avesse avuto un fremito e l’innato desiderio di fulminare il nipote.
C’era stata una cosa, però, che Min aveva notato da subito fin da quando la sua cara amica aveva accennato all’utilizzo del dominio del cugino per pulire i pavimenti di casa: l’Avatar si era fatto particolarmente attento. Per un pochino aveva creduto che sia questi che gli altri due ragazzi del team si trattenessero con loro per una forma di rispetto verso la compagna: che l’attendessero in maniera da non lasciarla da sola a compiere quell’incombenza e potersi muovere poi tutti insieme; ma quando Jin prese a utilizzare il suo dominio, lo sguardo dell’Avatar si fece talmente penetrante e attento che per un secondo alla ragazza mancò il fiato. Chissà se anche gli altri presenti se n’erano resi conto, fatto stava che neanche lei, per quanto sapesse di trovarsi spesso a spiare Jin con uno sguardo a dir poco affilato, sentiva di non avergliene mai dedicato uno tanto profondo.
Jin, come da programma, ci mise un attimo a pulire quelle tre stanze, per poi farle cenno di seguirlo e andarsene verso la cucina con la sfera di acqua sporca al seguito.
Min rimase ancora per qualche minuto ferma a scrutare i volti dei quattro ospiti in quella casa. Li vide scambiarsi degli sguardi particolari (non avrebbe potuto dire esattamente che sensazione le suscitarono, ma erano particolari questo era certo) e ammiccare. La cosa la preoccupò un poco, ma solamente perché quanto avvenuto aveva il sentore che riguardasse il suo adorato dominatore dell’acqua. Sorrisero poi a Fen come se nulla fosse prima di allontanarsi e, solo a quel punto, Min decise di assecondare il gesto di Jin.
Raggiunse il ragazzo in cucina mentre questi stava incanalando nello scarico del lavello l’acqua sporca che aveva portato con sé. Appena la sentì arrivare si voltò verso di lei sorridendole.
Ancora una volta, in quella mattinata, si trovò ad abbassare lo sguardo intimidita.
“Ma posso essere così imbranata!?” Si disse amareggiandosi verso sé stessa.
-Tutto bene?- Le chiese il ragazzo.
Lei annuì d’istinto, forse un po’ troppo repentinamente, dato che lo vide piegare la testa di lato come gatto prima di scoppiare a ridere.
-Sei proprio strana, lo sai?- Disse poi questi riprendendosi.
Inutile dire a che livello arrivò il suo rossore a quell’uscita: il ragazzo dei suoi sogni rideva di lei; desiderava solo seppellirsi.
Poi, sorridendole, disse ancora: -Ascolta Min, hai fatto anche troppo, se vuoi andare a casa, vai pure. Insomma, va bene che frequenti questa casa, quasi 24 ore su 24, ma… sei comunque un ospite, non mi sembra giusto darti certe incombenze, al di là di quanto ne dicano Fen e la nonna.-
Min sgranò gli occhi. -No, no, no… non è un problema, davvero!- Esordì cercando di non sembrare troppo stupida nel suo tono di voce. -Lo hai detto anche tu: sono sempre qui, sporco in giro come un maialino e mangio a scrocco. È il minimo, credimi!-
Ancora lui le sorrise e, voltandosi a insaponare il lavandino per dargli una pulita prima di mettersi al lavoro, disse: -Sei dolce. Cosa hai da spartire, con quella cretinetta di mia cugina, non lo capirò mai!-
“Dolce, ha detto… dolce.” Il cuore a quel pensiero smise di batterle in petto. “Ok, ha anche appena insultato la mia migliore amica, ma… sono dooolce!” Si riprese giusto in tempo per mettere su un broncio e dirgli, in fede all’amicizia che la legava a Fen: -Non parlare così di tua cugina. Non è male come dici.-
Gli si accostò mentre lui, finito di pulire il lavello, si apprestava a guardare cosa offriva il frigo per il pranzo di quella giornata.
Era a pochi centimetri da lui, quando si voltò a guardarla dritta in viso per dirle: -Lo so!-
Le strizzò un occhio per poi continuare: -Ma non diciamolo in giro, ok?-
-O… oook. C…certo, certo, ok!- Tentennò la sua voce. “Ma quant’è bello, accidenti!” Pensò avendolo irrimediabilmente a un respiro da lei.
Lo vide poi piegarsi sulle ginocchia, sospirando, prima di dedicarsi al cassetto delle verdure.
-Vorrei solo che la piantasse con quelle sue assurde fissazioni. Finirà per rovinarsi la vita.- Una breve pausa, mentre ne approfittava per allungarle un cespo di spinaci. -Ok, mi diverto a stuzzicarla, ma è la mia unica cugina e non mi piace che altri la trattino male oltre me, neanche quando a farlo è lei stessa.- Altre verdure si unirono al primo mazzo tra le braccia di Min. -Tu sei sua amica. Perché non cerchi di parlarle, di farle capire quanto è speciale e quanto è stato idiota Jeong Jeong a lasciarsela scappare così?-
Dai, forza, diciamocelo: come poteva non trovarlo adorabile, daiii!!!
Non poteva essere solo lei a vederlo così… e no. In effetti no, tenendo presente tutte le tipe che gli morivano dietro all’università e che di tanto in tanto si portava a letto.
Scosse la testa, un po’ per allontanare l’idea di lui con la belloccia di turno, un po’ per dare risposta a quella domanda che le premeva più di quanto il ragazzo potesse realmente immaginare.
-Lo faccio, credimi, ma… Fen è così! Preferisce sempre colpevolizzare sé stessa invece degli altri e… non è giusto!-
Lui tirandosi su e alzando gli occhi al soffitto… -Strano, con me ci riesce alla grande! Ci sono volte che sembra accusarmi addirittura di respirare.-
-Ehm… in effetti.- Disse imbarazzandosi, poi… perché la sua, verso l’amica, era più che una semplice amicizia, a quel punto, ma una missione di vita… -Scusa, infondo tu che diritto hai di respirare la sua stessa aria?- Le era uscita proprio male e lo scherzo che si leggeva tra le righe era anche troppo evidente.
Dopo un primo attimo di sorpresa, Jin le posò una mano sulla spalla per poi riderci su, divertito.
-Sei forte quando vuoi!-
-Puoi giurarci, brunetto!- Ribattè lei a tono, ridendo e rifilandogli un colpetto sulla spalla.
-Sai che penso? Non sarebbe male prenderci un po’ di tempo per noi, ogni tanto, per chiacchierate come questa.-
“Ehhh, non sarebbe male no, ma…” Pensò prima di dire: -Naaa, non se ne parla, tu sei l’uomo nero degli incubi di Fen, e io, bello mio, non socializzo con il nemico!-
Lui prese dal pensile una grossa pila e mentre la riempiva d’acqua… -E se…- Disse chiudendo poi il getto del rubinetto e posando la pentola sul fornello che Min fu rapida ad accendere. -…Non lo dicessimo a nessuno?-
-Tipo?- Le uscì sospirato e curioso dalle labbra.
-Uhm…- Mugugnò lui salando l’acqua, mentre lei prendeva a lavare la verdura. -Tipo… alleanza segreta, anzi no… che se Fen ti scopre mia alleata è la fine… vediamo, una cosa tipo…-
-Una congrega?- Provò lei.
-Nooo… qualcosa di più intimo. Tipo… ecco, ci sono: un club segreto, che ne dici?-
“Più.. ‘intimo’? Oh, gli spiriti volessero!!!” Pensò scuotendo il capo, mentre lui le si accostava per aiutarla con la verdura. -Dico… che sono la stessa cosa!-
-Accidenti!- Constatò Jin divertito, dandole una spallata leggera come a farle dispetto. -Credo tu abbia ragione. Quindi… ahhh, temo non se ne farà niente, peccato… mi piaci. Fen è fortunata ad averti, non è facile trovare buoni amici, oggi giorno. Sono un po’ geloso, sai?-
Ok, stavano chiacchierando tranquillamente, lui stava scherzando con lei e… le aveva appena detto che gli piaceva, ovviamente come persona, ma… che il cervello lo capisse, era facile, far arrivare lo stesso messaggio al suo cuore impazzito, beh… era tutt’altra cosa. Poi guardò le loro mani che spiluccavano lo stesso mazzo di verdure, e che per un millesimo di secondo non si sfiorarono, poi…
-E se… mi insegnassi a cucinare?- Disse.
Lui si voltò a guardarla. Le sorrise socchiudendo appena quegli incredibili occhi verdi. -Hai da fare lunedì sera?-
-Cosa? No, credo di no… ma…-
-Bene.- L’interruppe lui. -Cominciamo con qualcosa di semplice: ti piacciono gli gnocchi di riso?-
Si limitò ad annuire imbarazzandosi per l’ultra-ennesima volta, chinando il capo per non darlo troppo a vedere, mentre lui la spintonava nuovamente con il fianco.
Forse avrebbe dovuto dirgli qualcosa e… -Piantala!-
-No.- Rispose secco, divertito.
-Dai piantalaaa!-
-Dammi una buona ragione.-
-Uff! Mi stai facendo bagnare tutta?-
-Uhm…- Sottolineò il suo tono, bloccando l’operato per voltarsi a guardarla con una faccia da schiaffi, mai messa su prima, almeno con lei. -Me lo dicono in molte, ma è la prima volta che me lo sento dire in cucina!- Ghignò divertito.
“Ma, ma, ma… che risposta è?” Pensò imbarazzandosi e rifilandogli una cespata di verdure verso quel cespuglio di capelli che aveva sulla testa, o almeno era lì che mirò. -Fen ha ragione a odiarti.-
-Lo so!- Disse lui con le foglie di spinaci sugli occhi (il massimo che la ragazza era riuscita a raggiungere data la sua altezza) mentre l’acqua della verdura gli colava sul viso.


Una volta che le stanze vennero liberate dai teli di copertura, i pavimenti puliti e le finestre aperte a dare aria, Fen Shu si trovò a canticchiare mentre, finalmente sola, incominciava a preparare i letti per il Team Avatar. “Meno male che le camere di zio e papà sono entrambe dotate di letti matrimoniali.” Pensò posando le lenzuola su di un comodino della camera che era stata di suo padre e che ancora ogni tanto era solito usare quando si fermava in visita. “Proprio come la camera per gli ospiti, mi sarebbe dispiaciuto offrire a qualcuno meno degli altri, anche se in effetti ad almeno due dei ragazzi toccherà dividere lo stesso letto.” Si trovava nella camera vicina a uno dei bagni e, anche se si teneva indaffarata per evitare di percepire il rumore dello crosciare d’acqua al di là della parete, la sua immaginazione continuava ad andare al corpo possente di Ling sotto quella cascata d’acqua.
Inghiottì a vuoto.
“Quanto darei per essere quelle gocce d’acqua!” Scosse la testa. “Maledizione a lui e quella tartaruga perfetta che si ritrova! E… per quale, al solo pensiero di seguirne i contorni con le dita, mi aumentava la temperatura a livelli esponenziali. Uff!” Sbuffò arresa. “Di solito non sono così… così… maniaca!” Si lamentò tra sé e sé mentre a causa di quei bollori decideva di sfilarsi la felpa posandola su di una sedia.
“A mia discolpa devo dire però che è lui… da togliere il fiato, ecco!” E lo era veramente, tanto da scuotere la sua libido un del tutto addormentata, in quell’ultimo periodo, e renderla vispa e scattante, più sensibile che mai al fascino noncurantemente maschile del giovane Beifong.
Fen si era accorta che, nonostante le uscite del dominatore del metallo tipo “le pupe mi adorano” Ling, al contrario, non sembrava prestare minimamente attenzione a come le donne lo guardassero (e dire che ne avevano incrociate diverse in strada interessate al soggetto, anche se raramente i loro sguardi erano saliti al di sopra delle spalle del ragazzo), e questo le faceva pensare che la sua fosse una forma di spacconeria, piuttosto che reale vanità. Forse si sbagliava, ma le dava quell’impressione: come se non fosse realmente cosciente di quanto la sua presenza fisica potesse mandare in tilt l’equilibrio ormonale di una donna, soprattutto di una della terra, nei quali canoni rientrava pienamente piazzandosi al di sopra di… eccezionale.
Ridacchiò tra sé. Non le sarebbe dispiaciuto mettere le mani su quel corpo, affatto.
“Dai Fen, smetti di sognare… figurati se uno così guarda proprio te. È un guardiano dell’Avatar, un Beifong e un figo. Che ci fa con una come te, soprattutto visto chi ha in compagnia.” Si disse ripensando all’armoniosa figura e al viso incantevole di Mai. Quasi automaticamente dalle labbra le uscirono le strofe di una celebre canzone tratta dal suo Musical preferito. Quella canzone che Jin le aveva proibito di ascoltare ancora perché, a suo dire, il suo sentirla in loop lo faceva preoccupare che prima o poi facesse qualcosa di ancora più stupido del solito.
-Don’t wish, don’t start… Whishing only hurt the heart. I wasn’t born for the rose and the pearls. There’s a girl I know. He love her so… I’m not that… girl.- Con un sospiro la giovane posò I grandi cuscini sul letto che aveva appena terminato, rialzandosi a osservare la stanza con occhio critico mentre si sentiva riprendere da quel magone che si era sentita dentro da quando Jeong Jeong l’aveva lasciata.


Il ragazzo del fuoco si sentiva soddisfatto: era riuscito a ‘rubare’ al gemello la doccia, costringendolo ad aspettare e… sapeva quanto l’altro lo detestasse.
La cosa però non poteva non metterlo di buon umore, capitava spesso era una sorta di gioco: chi mangiava prima ‘cosa’, chi prendeva prima ‘qualcos’altro’, chi tirava più in alto il proprio stivale… era sempre così tra loro, a volte piccole ripicche, altre volte gare o dispetti, ma era piacevole quando accadeva… quando si dimenticavano di essere l’Avatar e il suo guardiano e tornavano ad essere semplicemente fratelli, come sarebbe dovuto essere se il destino non ci avesse messo lo zampino.
Se ne stava ritornando tranquillo verso la camera che la signorina di quella casa aveva assegnato a lui e quell’altro che indossava il suo stesso volto, quando sentì canticchiare: era sicuramente quella bambolina della terra, aveva una vocetta inconfondibile!
Si accostò alla camera e la vide mentre tirava le lenzuola del letto. Ancora canticchiava… non era una brutta scena, tutt’altro: adorava vedere… cose normali, semplici… avevano il loro fascino, un qualcosa che, per lui e il fratello, era diventato talmente raro da poter vivere, che si accontentava di goderne guardando gli altri farlo. Gli capitava spesso: non poteva evitare di sorridere guardando una madre portare i figli al mercato, un bambino ridere di gioia per un dolcetto o un altro disperarsi per una sbucciatura su un ginocchio. Non ricordava più quando, e se mai, fosse capitato anche a loro. Ma… andava bene così e anche per suo fratello doveva essere lo stesso. Anzi, probabilmente per il gemello tutto era addirittura ampliato, sicuramente lo era, lo vedeva dietro ogni sorriso regalato, almeno apparentemente, al vuoto.
Si appoggiò allo stipite, silenziosamente, per una manciata di secondi poi… si scostò per andarsene, non voleva certo risultare molesto, quando sentì quella Rossa sospirare e smettere di cantare. Nello specchio, vide il riflesso della ragazza amareggiarsi. Se ne dispiacque e…
“Ahhhh!” Si lamentò nella testa, alzando lo sguardo al soffitto. “Tanto lo sai che non riesci a sopportare scene del genere.” E nel pensarlo si fece avanti.
I capelli lunghissimi, lasciati sciolti per asciugare all’aria, gocciolavano lentamente sul torso nudo, tornò, quindi, a portare l’asciugamano che aveva tra le mani a tamponarsi il capo, per limitare il danno ed evitare di bagnare il pavimento. I pantaloni d’allenamento gli scendevano bassi lungo i fianchi: il piano, prima di fermarsi su quella porta, era quello di andarsene in camera ad asciugarsi e vestirsi, non aveva perciò perso tempo, né con la biancheria, né tanto meno col legare quel laccio che avrebbe dovuto assicurarsi di tenere su l’indumento, limitandosi a tirarlo e lasciare che la stoffa e la pelle umida facesse il lavoro per lui.
-Tutto bene?- Domandò avvicinandosi a lei. -Mi sembri triste, è a causa nostra? Ti abbiamo turbata in qualche modo?- Il tono che aveva utilizzato era forse un po’ troppo dolce, ma… quella che aveva difronte era una ragazza triste e… non sapeva comportarsi diversamente in determinate circostanze.
L’acqua calda aveva messo in risalto le cicatrici delle braccia, del petto, dell’addome e della schiena, e malgrado si fosse sottratto da diversi minuti a quella piacevole carezza, lo sbalzo di temperatura le rendeva ancora maledettamente evidenti, aiutate in questo dalla pelle tesa sui muscoli anche troppo definiti per appartenere a un semplice dominatore; ma lui non era solo questo, prima di tutto era un guerriero. Forse avrebbe dovuto coprirle prima di avvicinarsi a lei… era chiaro che la sorpresa sul viso della ragazza non era dovuta solo alla sua presenza improvvisa in quella stanza: aveva notato chiaramente i suoi occhi scorrere lungo le linee del suo corpo. Accidenti, voleva cercare un modo per rassicurarla, non voleva certo impressionarla con lo schifo che la guerra e i continui allenamenti avevano lasciato, marchiato a fuoco, sulla sua pelle. Se ne dispiacque, ma il danno era fatto!
Vedendola però scorrere con lo sguardo fino al suo volto, tentò di sdrammatizzare…
-Non guardarmi così. Lo so! Domino il fuoco, dovrei sapermi asciugare i capelli con questo, ma… ehi… lo farei, non fosse che non sia il massimo dopo girare con un cespuglio arruffato in testa!- Scherzò fingendo serietà nel tono, sperando almeno così di accenderle un sorriso.

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Capitolo 7
*** Il Dominatore del Fuoco ***


Il Dominatore del Fuoco


-Tutto bene?- Quella voce profonda fece sobbalzare Fen, distogliendola dai pensieri pesanti che si erano affastellati nella sua mente. Si voltò verso la porta e lo vide li: incorniciato nel vano, molto poco vestito e con i capelli umidi che gli ricadevano sulle ampie spalle. Lo sguardo le cadde inevitabilmente sulle cicatrici, troppo evidenti per non essere notate. Il cuore della ragazza sussultò a quella vista. Quei segni narravano una storia di lotta, di sacrificio e di sofferenza che lei poteva immaginare solo lontanamente. Chissà quante di quelle ferite erano state sul punto di ucciderlo, si trovò a domandarsi: non se ne intendeva, ma alcune erano talmente marcate da non permetterle di pensare che fossero dovute solo all’addestramento. Si sentì invadere da un senso di colpa che non riusciva a capire completamente: lei era lì, a struggersi per un amore perduto, mentre c’era chi si batteva duramente per un bene superiore; un bene che la gente comune probabilmente neanche sospettava, per la pace e l’equilibrio. Quelle cicatrici non facevano che mostrarle, come se il corpo del guerriero che aveva dinanzi non fosse altro che una pergamena scritta nel sangue, gli sforzi dell’Avatar e dei suoi compagni lungo un cammino che le parve troppo duro per dei ragazzi della sua stessa età.
–Mi sembri triste, è a causa nostra? Ti abbiamo turbata in qualche modo?- Le parole del ragazzo le giunsero troppo dolci per non spingerla ad alzare gli occhi fino ad incontrare quelli rossi di… era Fumio o Eiji?
Fen vide chiaramente la preoccupazione del ragazzo e non le ci volle molto a intuire che doveva averla vista mentre si sentita schiacciata dai suoi stessi pensieri.
Quella premura la scaldò più di quanto si potesse immaginare, ma le dispiaceva che il suo ospite potesse collegare la presenza di lui e dei suoi compagni al suo sciocco rattristarsi.
-Non guardarmi così. Lo so! Domino il fuoco, dovrei sapermi asciugare i capelli con questo, ma… ehi… lo farei, non fosse che non sia il massimo dopo girare con un cespuglio arruffato in testa!- A quella nuova uscita, il ragazzo riuscì a strapparle una risatina, trovandosi improvvisamente a immaginarlo con dei capelli orribili. Non potè però non imbarazzarsi nel notare immediatamente l’espressione soddisfatta negli occhi del giovane a quella sua reazione.
-No, tranquillo.- Gli disse appena riacquistato un po’ di controllo. -Voi non c’entrate nulla, stavo ripensando ad alcuni fatti successi prima che arrivaste, molto prima. Anzi, la vostra presenza mi dà l’occasione di pensarci il meno possibile… veramente. Piuttosto, con chi sto parlando? Sei Fumio o Eiji? Siete identici e io non vi conosco abbastanza da notare differenze negli atteggiamento o altro. E… non sono certo la nonna.- La battuta del ragazzo le aveva veramente risollevato lo spirito e, dopo quel primo doloroso impatto, si rese conto di trovarselo davanti con solo un paio di pantaloni mezzi calati sui fianchi. Malgrado l’imbarazzo non le riuscì di staccare lo sguardo da quei muscoli incredibilmente definiti.
Le persone più muscolose che conosceva erano Jin e Jeong Jeong, ma i loro fisici da sportivi non erano paragonabili a quanto si trovava sotto gli occhi in quel momento. Le cicatrici non facevano che enfatizzare le linee di demarcazione dei muscoli tesi del ragazzo confondendole i sensi: intimidendola ed eccitandola al tempo stesso.


Min aveva finalmente attorcigliato l’ultimo raviolo. Era stato un lavoraccio, ma doveva ammettere a sé stessa che, malgrado tutta la fatica, ne era valsa la pena pur di poter passare un po’ di tempo accanto a Jin senza paura… non sapeva neanche lei a che paura si riferisse, ma certo era che il cuore le saliva in gola ogni volta che le era vicino e… seppure non avesse smesso nemmeno questa volta di battere come impazzito, almeno aveva resistito all’istinto di fuggire via, lontano da lui.
Poi d’improvviso se ne ricordò: -Accidenti!- Disse, battendo un pugnetto infarinato sul palmo della mano e alzando un gran polverone bianco.
Jin si voltò a guardarla e lei, allargando un sorriso imbarazzato, aggiunse: -Avevamo promesso ai ragazzi di pensare noi ad avvisare il professore del ritardo, ma se io sono qui a cucinare e Fen a fare i letti…- Tentò di spiegare al ragazzo che però l’interruppe sorridendole affabile e dicendo: -Vai, qui finisco io. Il telefono infondo sai dov’è!-
Annuì repentinamente a Jin sorridendogli grata e filò via dalla cucina dicendo: -Vedrai, ci metto un secondo. Tornerò in tempo per darti una mano a pulire!-

Jin se la rise divertito. La cugina era terribile, ma almeno la sua amichetta sembrava una tipetta apposto, non fosse che… “Non sarà davvero una sciarpa di lana quella che indossa, voglio sperare!” Fece spallucce a quel pensiero. Chiuse la prima busta di spazzatura e passando dalla porta che dava al cortile, gettando lo sguardo attraverso la vetrata della sala, vide Min al telefono annuire con fare allegro mentre giocava con il filo della cornetta, arrotolandoselo attorno a un dito.
Sorrise, asciugandosi il sudore. Era una giornata calda e afosa.
Gettato il primo carico di immondizia, ripassando davanti alla finestra, la trovò ancora lì, attentissima negli atteggiamenti verso l’interlocutore al di l’ha del filo. Probabilmente, il professore di cui gli aveva parlato, doveva avere molto da discutere riguardo all’incontro con l’Avatar, e come dargli torto, non erano certo cose che capitavano tutti i giorni.
Diede un paio di colpi leggeri al vetro per richiamarne l’attenzione, ottenne l’effetto desiderato: Min si voltò e, nel vederlo, sgranò quegli occhioni nocciola, paralizzandosi per la sorpresa. Al suo gesto di mimare lo spazzare in terra la ragazza sembrò afferrare al volo la sua richiesta, riavendosi ed allargando un sorrisone nella sua direzione, prima annuire convinta.

-No, tranquillo.- Rispose Fen. -Voi non c’entrate nulla, stavo ripensando ad alcuni fatti successi prima che arrivaste, molto prima. Anzi, la vostra presenza mi dà l’occasione di pensarci il meno possibile… veramente.-
Il dominatore del fuoco non poté non dispiacersi a quell’uscita, accostandosi a lei ancora di un passo.
-Piuttosto, con chi sto parlando? Sei Fumio o Eiji? Siete identici e io non vi conosco abbastanza da notare differenze negli atteggiamento o altro. E… non sono certo la nonna.-
Al dire della ragazza lui non riuscì a trattenere un sorriso amaro e senza volere… -A volte non lo so nemmeno io.- Disse, rendendosi conto con un secondo di ritardo di quanto le aveva appena gettato addosso, vedendola scorrere con lo sguardo dal suo volto in basso, riprese: -Siamo talmente abituati a scambiarci di ruolo che non esistono più differenze sostanziali, né per quanto riguarda le scelte che compiamo, né, tantomeno, negli atteggiamenti… beh, tranne il dominio chiaramente! Io all’ultimo allenamento ancora mi limitavo a usare il fuoco, se non erro, quindi…- Lasciò cadere la frase così, cercando di metterci più ironia possibile. -Ripensandoci però, non sono stato poi molto onesto con te, diciamo che, se è vero che quando vesto i panni di mio fratello compio le scelte che so lui avrebbe intrapreso, questo non vuol dire che io le condivida appieno. Anzi, a dirla tutta, sono abbastanza poche le sciocchezze che mi sento davvero di spartire con lui. E se te lo domandi: sì, anche gli Avatar fanno sciocchezze!- Aveva ricercato volutamente un tono allegro. Poggiò l’asciugamano sulle spalle e, tenendosi con le mani hai rispettivi lembi, riprese: -Ma… ti va di parlarmene? Insomma, non mi sembra un nonnulla quello che stavi pensando se una ragazza carina e gentile come te, di punto in bianco, interrompe il suo canticchiare per mettere su il visetto più triste che io abbia mai visto. So che a volte è più facile tenerci tutto dentro, per paura di far preoccupare chi amiamo o semplicemente nel timore di essere giudicati. Credimi, in questo sono un esperto, ma so anche che non fa bene farlo. Io, infondo, non ti conosco. So il tuo nome, ma non so davvero nient’altro di te. Non posso giudicarti o farmi un’idea sbagliata, proprio perché non ho realmente idea di chi tu sia. Proprio per questo a volte è più semplice aprirsi con un estraneo. Se me lo concedi, mi piacerebbe essere il tuo estraneo, che ne dici?- Il tono era delicato, come poteva essere diversamente? Quella ragazzina si era portata, lui e il resto della combriccola, in casa, offrendo loro aiuto, senza nemmeno sapere realmente chi fossero. Certo, suo fratello era l’Avatar, ma… questa poteva davvero essere una garanzia sulla qualità delle persone che lo circondavano?
Sul finire della frase, le arrivò vicino a sufficienza da poterla sfiorare e, per quanto non volesse essere molesto, ora che la ragazza non indossava più quella felpa ingolfante, non poté evitarsi di scorrere con lo sguardo nella scollatura di quella magliettina troppo aderente per non esaltarne le curve. Lo stesso, in effetti, era accaduto con i pantaloni che la giovane indossava, particolarmente attillati sui fianchi tanto da attirargli lo sguardo; motivo per il quale la “Nonnina” di quella casa, lo aveva ripreso solo qualche ora prima, nel trovarlo a fissare il fondoschiena della nipotina.
-Ehi!- Le disse dolcemente, cercando di richiamarne l’attenzione accarezzandole il viso con la mano, fino a scivolare con le dita fin sotto il mento e, da lì, forzarla deliacatamente per alzarle il viso. -Dai, non mordo mica, puoi credermi.- Disse senza dismettere la dolcezza nel tono, cercando di catturarle lo sguardo con il proprio nel reale tentativo di rincuorarla.


-A volte non lo so nemmeno io.- Quella frase gelò Fen sul posto, come una doccia fredda che le tolse ogni ardore. Fumio ed Eiji si scambiavano di identità per proteggere l’Avatar e di questo era cosciente grazie a sua nonna, ma solo ora realizzava quello che poteva significare. -Siamo talmente abituati a scambiarci di ruolo che non esistono più differenze sostanziali, né per quanto riguarda le scelte che compiamo, né, tantomeno, negli atteggiamenti… beh, tranne il dominio chiaramente! Io all’ultimo allenamento ancora mi limitavo ad usare il fuoco, se non erro, quindi…- “Fumio.” Tradusse la ragazza nella sua testa, chiedendosi quante delle cicatrici del ragazzo fossero di ferite subite mentre fungeva da controfigura per il fratello.
Si ricordò che la nonna aveva affermato che l’Avatar aveva la fortuna di avere un gemello, e ne capiva le implicazioni, ma quanto era veramente fortunato il gemello dell’Avatar? E quanto doveva starci male Eiji nel sapere che suo fratello rischiava al suo posto?
Fumio parlava, ma non le riusciva ancora di guardarlo in viso: gli occhi erano fermi sul torace del ragazzo mentre riusciva solo a pensare che i suoi problemi in confronto a quanto quei giovani affrontavano nella vita di tutti i giorni erano semplicemente delle cavolate.
Le chiese di raccontargli i fatti, di permettergli di essere il “suo estraneo”, in modo da potersi sentire libera di sfogarsi come meglio credeva e… aveva ragione, eccome!
Era sicura che Min sapesse come si sentisse veramente, ma nemmeno con lei era riuscita a eviscerare tutta la sua frustrazione, malgrado la loro amicizia. La ragazza era aggressiva a sufficienza per entrambe e Fen era certa che se avesse avuto la possibilità di vendicarsi di Jeong Jeong e della sua nuova ragazza, non se la sarebbe fatta scappare, anche se lei non condivideva: quella delicata bambolina che ora si accostava al suo ex, non meritava la sua ira. Infondo lei e quella non si conoscevano, non le aveva giurato eterno amore solo il giorno prima per poi lasciarla senza una spiegazione.
-Hei!- La voce di Fumio la distolse da quei pensieri, notando solo in quel momento quanto le si fosse fatto vicino. La carezza gentile del ragazzo la sorprese, ma se ne sentì riscaldata, come dalla voce che le diceva: -Dai, non mordo mica, puoi credermi.-
In un attimo si trovò a guardarlo negli occhi, costretta a inclinare il capo all’indietro per l’altezza di lui e la vicinanza tra loro. Quegli occhi rossi le parlavano di preoccupazione e, vinta da quella sensazione di calore, Fen si trovò a parlare, suo malgrado: -Quasi due mesi fa il mio ragazzo mi ha lasciata. Senza una spiegazione, senza segni di perdita d’interesse, senza perderci più di tanto tempo, come se non importasse; come se non mi avesse detto ti amo solo il giorno prima.- Prese un respiro prima di continuare. -Meno di una settimana dopo mi ha parato davanti la sua nuova ragazza: una bambolina graziosa dalle curve delicate. Dopo questo non l’ho più visto in giro.- Fece una smorfia. -Continuo a chiedermi il perché nella mia testa; continuo a richiamare alla mente tutti i mesi che siamo stati insieme e a chiedermi cosa è andato storto, ma non ne vengo a capo in nessun modo. Perfino Jin, con cui di solito battibecco a non finire, continua a dirmi che è lui quello in colpa, ma la verità è che questa sensazione di incertezza, questo “non aver mai chiarito il perché mi abbia lasciata”, mi ha riempito di ansie, di un senso di inadeguatezza che non riesco a togliermi di dosso.- Senza distogliere lo sguardo da quegli occhi rossi, Fen si strinse nelle braccia come a voler coprire il proprio seno. -È il mio fisico che non gli stava bene? So di essere prosperosa anche per i canoni della terra, ma non mi pareva avesse mai avuto problemi al riguardo… eppure… la sua nuova ragazza è così… graziosa e minuta ed io… non so cosa pensare.-


Il guerriero del fuoco sorrise rassicurante verso Fen, appena questa cominciò a parlargli. Non riuscì a non trovarla adorabile con quelle sue pene. Le dispiaceva per lei, questo era ovvio, ma una parte di lui si rallegrava che esistessero luoghi nel mondo dove alle persone era ancora permesso di innamorarsi, di soffrire per amore. Poteva sembrare una sciocchezza, ma lui avrebbe dato un occhio della testa pur di avere una fortuna del genere. Ancora le sorrise, posandole le mani sulle spalle, guardandola teneramente mentre parlava. Chissà se si fosse mai soffermata a pensare di quale miracolo disponesse, quando ad alcuni quel suo malessere sarebbe parso un lusso.
Il ragazzo si sentì “cattivo” a provare tenerezza verso quella situazione, verso quella ragazza amareggiata, ma Fen non poteva certo sapere quanto in realtà fosse bello per quelli come lui, al seguito del Custode, che esistessero persone come lei. Senza volere era come se dicesse alla sua amina: “Vedete, mi è permesso di soffrire e di sognare, e questo grazie a quelli come voi. Non state lottando in vano seguendo utopie vecchie di millenni”.
Sospirò quasi impercettibilmente a quel pensiero. La verità era che si trovava spesso a pensare che stessero gettando via la loro vita inseguendo un’ideale, poi… poi accadeva che, volente o nolente, non poteva fare altro; non poteva abbandonare suo fratello e i suoi amici, per fare cosa poi? Non c’era molto che sapesse realmente fare oltre essere l’ombra dell’Avatar. E… succedeva che, una ragazzina dalla faccia pulita di Ba Sing Se, gli aprisse il cuore e tutto riprendeva ad avere un senso; così, si ritrovava a ringraziare gli spiriti per avergli dato la forza di non mollare, per aver evitato che altri popoli si unissero a quell’assurda guerra, e che l’Avatar fosse schierato contro le manie di grandezza del Regno della Terra e della Nazione del Fuoco, se questo poteva permette a persone come Fen, e alla sua famiglia, di poter vivere serene e preoccuparsi di cose talmente belle e semplici come l’amore.
La ragazza dagli occhi verdi lo guardava fissamente mentre gli parlava. Aveva promesso di non giudicarla, ma non gli riusciva di non pensare che ogni persona era fatta in modo diverso, e che per questo ognuno soffriva in maniera diversa, ma non voleva dire che non stesse realmente male. Forse quella giovane avrebbe preferito trovarsi in qualche luogo sperduto del mondo a dover pensare come sopravvivere alla giornata pur di dover fare i conti con i suoi dubbi. La vide stringersi in sé, mentre quegli occhioni le si facevano ancora più grandi. Avrebbe voluto dirle qualcosa, ma prima… doveva finire di sfogarsi, gli era chiaro. Quella fanciulla doveva riuscire a sentire dalla propria voce quanto l’attanagliava per capire da dove cominciare per risollevarsi.
-Non so cosa pensare.- Disse quella vocina vellutata.
“Oh no, piccola Fen Shu, sai cosa pensare, lo stai pensando proprio adesso! Adesso che ascolti la tua voce. Sta prendendo forma lentamente nella tua bella testolina rossa, ma continua, io sono qui!” Pensò a quelle parole, stringendo misuratamente la presa delle sue mani attorno a quelle spalle minute, cercando di farle percepire che non era da sola a sopportare quel dolore; non era sola mentre ripensando a quanto le era accaduto si trovava gettata in un faccia a faccia con quanto più l’aveva ferita; accrescendone il peso, al punto tale, da diventare insostenibile per quelle spalle esili, se fosse stata l’unica a dover portare quel peso.
-Come può una persona che diceva di amarti farti così male? Come può, in poche ore, riuscire a dare un colpo di spugna a tutti i mesi passati insieme… come?- Ed eccole arrivare, le aspettava da un po’ ed eccole: tutte quelle domande che non richiedevano una reale risposta, perché erano rivolte a lei stessa, non certo a lui e… Fen conosceva già la risposta, anche se ancora non la vedeva chiaramente, ma era proprio lì, nascosta timidamente dietro la vergogna che provava.


Fen si lasciò sfuggire un sospiro. -La sai la cosa peggiore, Fumio? Quello che non ho detto neppure a Min… Mi sto struggendo per questa storia, ma… sono addolorata e furiosa. Come può una persona che diceva di amarti farti così male? Come può, in poche ore, riuscire a dare un colpo di spugna a tutti i mesi passati insieme… come? Una parte di me vorrebbe capire; forse spera ancora che ci sia stato un malinteso, che possa trovargli una motivazione, una scusante. Una parte di me, quella che non mostro mai, neppure alla mia amica, è piena di rabbia. Verso di lui, ma soprattutto verso me stessa. Questa è la parte che non vorrei tirare mai fuori, perché è quella che è carica di rancore e che mi continua a sussurrare quanto sono stata fessa ad essermi lasciata abbagliare da un sorriso affascinante; che non ha visto quello che “doveva” vedere, ma solo quello che “voleva” vedere, o peggio ancora, quello che “lui voleva” io vedessi. Mi ci tormento sopra da quando è successo, tanto che non sono più riuscita ad andarmene in giro senza quella felpa.- Finì la sua frase volgendo appena lo sguardo verso l’angolo del letto dove aveva abbandonato quel suo indumento.

Quando la ragazza quietò il suo parlare, prima di lasciarle il tempo di trovarsi nuovamente gettata nelle sue paure, Fumio le sorrise, lasciando scivolare le mani fino a stringerla in un abbraccio. La tenne stretta, sapendo che dopo le parole anche la frustrazione di quel piccolo corpo doveva essere sfogata, che fosse un fremito o un pianto, questo non aveva importanza, l’importante era che gettasse fuori tutto quello che l’opprimeva. Respirò profondamente tenendosi quella testolina stretta al petto. Quante volte l’aveva fatto con Eiji quando questi sentiva il mondo precipitargli addosso?
Troppe per non sapere di cosa aveva bisogno quella testolina rossa.
Aspettò che si calmasse mutando quell’abbraccio in un stretta più leggera pian piano che il tempo passava, portando una mano a carezzarle i capelli, lentamente senza fretta; a costo che suo fratello, terminata la doccia, passando davanti a quella porta lo guardasse con diniego, convinto che stava facendo una delle sue sciocchezze, travisando tutto come era solito fare nei suoi riguardi. Ma d’altro canto, quando si ha a che fare con un dominatore del fuoco come lui, sono davvero poche le volte in cui si può realmente travisare.
-Alcune persone possono sopportare grandi sofferenze e sentirsi devastate dal pianto di un bambino.- Disse sottovoce, sapendo bene che la vicinanza avrebbe comunque portato alle orecchie di Fen Shu quel sussurro. -Sei una “fessa” perché ti sei lasciata abbagliare da un sorriso? Può darsi, ma credimi, non sei la sola.- Ancora una carezza. Lui non era capace di consolare le persone dicendo loro di trovarsi nel giusto e che era il mondo ad essere crudele: lui “sapeva” che il mondo era “davvero” crudele, questa era la differenza sostanziale. Sapeva che leccare una ferita faceva stare meglio, ma dovevi bruciarla col fuoco se volevi evitare che alle lunghe ti divorasse. E sapeva anche che, chi sa guardare davvero intorno a sé può scorgere la bellezza infinita che si cela tra le maglie del destino.
-Sei stata bene con lui, altrimenti non ci staresti tanto male e hai una paura fottuta che avendolo perso non potrai più vivere momenti di gioia. È normale, credimi, ma non è così che funziona. Una mattina ti sveglierai e ti accorgerai che il sole sorge e tramonta ogni giorno, incurante di quello che provi. Che il mondo intorno a te va avanti e che… anche tu sei andata oltre.- Fermò la carezza tra i capelli della ragazza affondando la mano tra quei fili di rame per darle chiara l’idea della sua presenza lì accanto, tenendo quella testolina sul suo cuore.
-Fa male? Sì, e farà male ancora di più se non lascerai uscire la paura che hai dentro, ma passerà. So che adesso questo non ti consola. Ma so anche che nulla ora può davvero riuscirci se non cerchi dentro di te la voglia e la forza di rialzarti. Se la tua non basta, ti regalo un po’ della mia, vuoi?- E nel dire quell’ultima frase, riportò entrambe le mani alle spalle della ragazza, scostandola appena da lui, in modo da poterla osservare nuovamente negli occhi. Voleva essere dolce con lei, di dolcezza ce n’era sempre bisogno nella vita e… le sorrise. Attento a quello sguardo di smeraldo, a ogni sua reazione, fosse questa un tremito o una carezza.
-Tu dici di provare rabbia Fen Shu, e sembra che questo… questa parte di te, ti faccia paura, ma non dovresti. Sai, non sono molte le cose che so, ma se c’è né una che conosco veramente bene, è proprio la rabbia. La rabbia fa paura, è vero, ma non è un cattivo sentimento. È pericoloso, questo sì, ma non cattivo. È cattivo solo se lo è la persona che lo prova. Esistono due tipi di rabbia: quella che proviamo verso chi ci danneggia e quella che proviamo verso chi danneggia gli altri, ma in tutti e due i casi nasce da quella vocina dentro che ci dice cosa è giusto e cosa è sbagliato…- Una breve pausa. –…Per noi. Non confonderla mai con la giustizia, quella è opera dell’uomo non degli Idei; loro ci hanno fatti molto più complessi di così e se ci hanno dato la rabbia e per offrirci una misura di quel che siamo e a cosa teniamo davvero, tanto da non sopportare che venga sfiorata nemmeno dal più gentile dei venti. Se conosci la tua rabbia conosci te stessa, Fen Shu.-
Un ghigno divertito si fece largo sul suo viso. -Se a dirtelo poi, è un guerriero del fuoco, dovresti dargli credito. Sai, si tratta di uno di quelli che hanno fatto della rabbia un’arma temibile per chiunque abbia anche solo provato ad intralciargli il passo. Ti ha insegnato nulla la storia, mia bella archeologa?- Ancora le sorrise, strizzandole l’occhio e tornando a posarle una carezza a lato del viso. Si perse a scostarle una cioccia di capelli fino a portarla dietro un orecchio, poi riprese: -Perché pensi che sia tanto importante conoscere la rabbia del nemico? Conoscerla equivale a conoscerne le debolezze. Pensa quanto è grande questo sentimento, e, a suo modo, buono con noi e dolce; dolce, perché non c’è nulla che ti sazi di più che nutrire quel desiderio rovente, ma devi sapere di cosa ha bisogno per farlo. Tu, Fen Shu, di cosa hai bisogno?- Ancora una pausa gettando lo sguardo, che fino a quel momento aveva seguito le linee che le dita disegnavano su quel visetto gentile, di nuovo negli occhi di lei. -Dovresti ascoltare di più la tua rabbia e smettere di temerla, assecondarla. Ti dice di fronteggiarlo, di parlare con lui? Bene, fallo. Cosa te lo impedisce Fen? Non sei frenata dalla rabbia, ma solo da te stessa. Ti fa rabbia che lui abbia disprezzato qualcosa che per altri, te compresa, era bella? Bene, non nasconderla, ma mostra al mondo che ne vai orgogliosa, perché fa parte di te, perché tu sei così. Se stai male come pensi di poter guarire nascondendo il tuo dolore? La rabbia ti grida dentro che lui ti ha ferita, ma è l’insicurezza a farti comportare da sciocca, non la rabbia. La rabbia ti rivela chi sei e fino a dove puoi spingerti quando toccano qualcosa a cui tieni. Tu tenevi al vostro amore, più di lui probabilmente, ed è questo che ti fa male. La tua rabbia sta cercando di dirti da sempre, da quando è successo, come curare quel male: ti dice di cercare una risposta, non di chiuderti a crogiolarti nei tuoi timori. A dirtelo è l’insicurezza, la paura… la paura di continuare a soffrire, ma credimi, non smetterai di soffrire solo coprendoti con una felpa o facendo finta con gli altri che vada tutto bene. Tutto il tuo essere ti sta dicendo da sempre di cosa hai bisogno e hai bisogno di sapere. Il dolore probabilmente non cesserà, non subito almeno, ma potrai accantonare i dubbi e dare spazio ad altri sentimenti, che meritano sicuramente di più dell’essere calpestati come ha fatto chi non ha saputo rispettare quello che sei veramente. Non credi?-


Dopo aver parlato Fen si era sentita svuotata, quasi al punto di non riuscire a reggersi in piedi e quell’abbraccio caldo ed avvolgente in cui venne avvolta dal dominatore del fuoco fu il benvenuto. Stranamente non si sentiva neppure di piangere, anche se l’umidore era lì, in un angolo dei suoi occhi, ma la furia troppo a lungo trattenuta, celata agli altri ed a sé stessa, la faceva fremere come non mai. Stretta a quel petto forte, a quello sconosciuto dalle mani grandi e calde, si concesse finalmente di lasciare andare un po’ della tensione accumulata, sollevando le braccia, inerti fino a quel momento, per stringersi al corpo che le offriva sostegno. Lui la lasciò fare, forse percependo quel suo tremare leggero, passandole dita gentili tra i capelli e per alcuni attimi, tanto lunghi da sembrarle eterni, rimasero così, fino a che Fen sentì quel tremolio che le veniva da dentro rilassarsi fino a calmarsi del tutto. Solo allora udì la voce di Fumio, lieve, sussurrarle: -Una mattina ti sveglierai e ti accorgerai che il sole sorge e tramonta ogni giorno, incurante di quello che provi. Che il mondo intorno a te va avanti e che… anche tu sei andata oltre.-
Quanto vorrei che quella mattina arrivasse il più presto possibile.” Pensò Fen a quel discorso, sentendo le dita del ragazzo affondarle tra i capelli, sentendo contro il viso il battito del cuore contro cui era posata. Si sentì restia a lasciarsi abbandonare da quell’abbraccio, quando lui la scostò delicatamente, quel tanto che bastava per tornare a fissarla in viso; ma gli occhi del ragazzo catturarono di nuovo i suoi e non le fu possibile fare altro oltre ascoltarlo parlarle ancora in quella maniera dolcissima, anche mentre la spronava a guardare in faccia la realtà e smetterla di piangersi addosso.
Rimase a fissarlo silenziosa mentre, senza nemmeno rendersene conto, le mani le scivolavano su quel petto ampio, acutamente conscia di ogni cicatrice che percepiva sotto le dita, fino ad allacciarsi dietro il collo del ragazzo, intrecciando le dita in quei fili di seta nera ancora umidi.
La rabbia, quando Fumio cominciò a parlare della rabbia lo scopri ghignare compiaciuto alle sue stesse parole mentre Fen non poteva non ragionarci sopra. Si trovò così a sorridergli appena, finalmente cosciente di quanto gli stava dicendo, e annuì, anche se forse quelle che le aveva posto erano semplicemente domande retoriche.
Si sentì accarezzare una guancia con incredibile dolcezza; di nuovo sentì le dita di lui scivolarle tra i capelli, scostarle una ciocca portandola dietro un orecchio e nello sfiorarla si sentì percorrere da un brivido.
Di cosa aveva bisogno, le domandò ancora. Non riuscì a rispondergli, ma lo sapeva. Aveva bisogno di uscire da quel limbo; le serviva una risposta chiara alla sua domanda basilare: “perché diavolo l’aveva mollata?”
Gli occhi di lui vagarono per alcuni attimi a seguire i tratti del sul viso, riscaldandola ancora di più in un atteggiamento che, pur non essendo sessuale, era maledettamente confortante e intimo, al punto che si dovette trattenere dal tremargli contro. Mai si era sentita così vulnerabile e al contempo così al sicuro come in quel momento. Si sentiva come se l’avesse sezionata mettendo a nudo tutte le sue insicurezze, ma stranamente non se ne era impaurita.
Faceva male, certo, molto male, dover ammettere con sé stessa di essere stata una stupida, una piagnucolona, una codarda. Eppure il calmo modo di fare di Fumio le infondeva una certa risolutezza che finora le era mancata. Veramente, parlare con quel gigante del fuoco era stato più facile che con la sua migliore amica, proprio perché estraneo ai fatti, come aveva detto lui; poteva analizzare la situazione senza coinvolgimento emotivo e quindi parlarle con una razionalità che altri non potevano possedere.
Ricordò le parole dei suoi cari: le avevano detto semplicemente che doveva metterci una pietra sopra, dimenticarsene ed andare avanti. Fumio, al contrario, aveva capito che, per riuscire a farlo, avrebbe dovuto prima avere delle risposte, o non sarebbe mai riuscita a mettersi il cuore in pace.
Prese un respiro non riuscendo a spiccicare parola, ma sciogliendo la lieve presa intorno al collo del ragazzo per portare una mano ad accarezzargli il viso, come poco prima aveva fatto lui con il suo.
-Non sarà così facile… Rialzare la testa dopo tanto tempo passato a piangermi addosso, non sarà facile, ma… non poso continuare così, me ne rendo conto.- Disse a lui ed a sé stessa. -Ma… grazie. Grazie del supporto, Fumio. Veramente… Grazie.- Prese un altro respiro profondo, azzardando un sorriso verso il dominatore, il petto ricolmo di emozione e, dopo tanto tempo, di voglia di lasciarsi alle spalle tutta quella mestizia che si era portata dentro per due lunghi mesi.


Per sua natura il dominatore del fuoco era sicuro di sé stesso e anche quando questo non corrispondeva a verità ostentava comunque quell’aria ferma, tranquilla. Era così da sempre, da che ricordasse.
Aveva apprezzato il fare dalla ragazza: adorava sentirsi, in un qual modo, vezzeggiato; gli infondeva un calore e una sicurezza che lo fortificava e accresceva in lui la certezza di stare nel giusto. Per questo, dovette ammettere a sé stesso, di aver provato un senso di dispiacere nel sentire le mani della ragazza abbandonare dapprima il suo volto, poi i suoi capelli e in fine la sua pelle. Vedere però quel visetto sollevare lo sguardo verso il suo; vedere quegli occhioni verdi socchiudersi nel ringraziarlo, mentre finalmente sembravano aver ripreso fiducia nelle loro possibilità, lo ripagarono appieno di quel distacco.
-Non c’è di ché, Fen Shu.- Le disse sorridendole soddisfatto della reazione ottenuta.
Non passò però che un unico secondo che esibendo il miglior ghigno del suo repertorio… -Peccato però, devo ammettere di apprezzare i caldi abbracci!- Disse divertito e, infondo, qualcosa doveva pure dirla: normalmente quelle chiacchierate con suo fratello, o i suoi amici, terminavano con una bella dormita, cosa che era decisamente da evitare con quella ragazza se non voleva sembrare più invadente di quanto già non fosse stato fino a quel momento. Aggiunse un po’ di pepe azzardando una risata piena, divertita, vera; dovuta più a quel suo ridicolo stato di cose che al resto della situazione.
Distrattamente infilò le mani in tasca, piegandosi verso la ragazza tanto da arrivarle viso a viso. Fissandola, scrutandola nel profondo di quegli occhioni ancora lucidi, dopo essersi fatto improvvisamente serio. Qualche secondo, prima di allargare nuovamente uno dei suoi sorrisi beffardi e dire: -Ricorda una cosa, Fen Shu: se dovessi servirti, vienimi a cercare. Sai dove trovarmi e non farti scrupoli al riguardo, sono o non sono il “tuo” estraneo? Beh… questo almeno fin tanto ci tratterremo nella tua casa.-
Era divertito e si vedeva. Forse avrebbe dovuto andarsene a quel punto, ma giusto per averne la certezza rialzandosi e guardando per aria con aria distratta… -Quindi? Adesso quale dovrebbe essere il nostro prossimo passo?-


Fen dovette fare forza su se stessa per mettere anche quella poca distanza dal corpo di Fumio, imponendosi di non essere ingorda, di non desiderare, come stava facendo, di perdersi in quell’abbraccio. La voce del ragazzo che dichiarava di amare i caldi abbracci, quella risata piena e spontanea contribuirono alla lieve sensazione di freddo che la invase nel non essere più a contatto con la pelle del dominatore; trattenne a stento un respiro strozzato quando si chinò su di lei: il viso così vicino al suo, tanto da sentirne il respiro carezzarle la pelle. Eppure gli sorrise; Fen gli sorrise quando le chiese quale fosse il passo successivo, prendendo un ampio respiro, l’ennesimo, prima di asserire sicura: -Ora, mio caro guerriero della fiamma, è il caso che io vada a rimettere quella felpa nel mio armadio e che tu vada a vestirti.- Fece il verso a quel fare canzonatorio che ancora aleggiava su quelle belle labbra maschili.

Al dire della ragazza Fumio non poté non annuire convinto abbassando lo sguardo a osservare quel suo misero vestiario. -In effetti…- Si lasciò sfuggire tra le labbra, trovandosi costretto a rammentare che la sua idea iniziale, dopo quella bella doccia fresca, non era certo quella di fermarsi a parlare con la padroncina di casa, non in quelle condizioni almeno.

-Anche se la vista è apprezzabile, quei pantaloni rischiano di lasciarti da un momento all’altro con i gioielli di famiglia al vento.- Il tono di Fen era volutamente esagerato per palesare lo scherzo, anche se cominciava a capire come si sentiva Min quando suo cugino se ne andava in giro per casa a torso nudo. -Per non parlare del fatto …- Continuò con lo stesso tono scherzoso, ma dolce. -… che rischi di far scivolare qualcuno se i tuoi capelli continuano a gocciolare sul pavimento.- Fen lo guardò con tenerezza, intrecciando le dita delle mani dietro la schiena ed assumendo un finto fare da bambina innocente. -E tu non vuoi essere la causa di incidenti domestici, vero?-
Si trovò a flettere le dita, nascoste allo sguardo di Fumio, sentendo sui polpastrelli ancora il tepore e l’impressione delle cicatrici sul corpo del ragazzo. Si rese conto di essere terribilmente eccitata al pensiero di infilargli una mano tra i capelli, afferrargli la nuca e tirarlo giù verso di sé pur di rubargli il respiro con un bacio. Quel pensiero l’intimidì terribilmente, ma perché i suoi sensi cercavano maggior conforto dal ragazzo dopo quanto aveva già fatto per lei? Perché proprio ora e in quel momento? Perché?


-Non vuoi essere la causa di incidenti domestici, vero?- Fen lo stava chiaramente prendendo in giro e quel fare scatenò in Fumio un nuovo moto di ironia. Le sue labbra si piegarono in un ghigno divertito.
-Assolutamente.- Dichiarò deciso, approfittando di quel fare derisorio di Fen per farsi sotto di un passo; non sapeva ancora esattamente cosa fare, ma una cosa era certa: non si sfida un dominatore del fuoco, senza rimanere bruciacchiati almeno un pochino.
-Fammi capire, quindi… mi trovi apprezzabile?- Lei era lì che ciondolava su sé stessa con le mani incrociate dietro la schiena, un po’ troppo spavalda per non aumentare in lui il desiderio di giocare a quello stesso gioco. -E sentiamo, “quanto” apprezzabile?- Disse assumendo volutamente un tono malizioso e tornando a fronteggiarla mettendo meno distanza possibile tra loro. -Non sarai così crudele da lasciarmi con questa curiosità?- Sapeva che si trattava di un gioco e se quegli occhioni verdi volevano giocare che giocassero pure: dopo tanta tristezza, un po’ di riso non poteva che giovare a quel visetto gentile.


La domanda del dominatore del fuoco colse Fen di sorpresa, seppure non avrebbe dovuto: aveva straparlato infondo e lo sapeva, ma si era sentita, in qualche modo, leggera dopo quel momento emozionale e le parole le erano uscite dalla bocca senza nemmeno rendersene conto. Il sorrisetto che si era dipinto sulle labbra di Fumio avrebbe dovuto far suonare campanelli d’allarme dentro di lei, ma al contrario le provocò un senso di divertimento che le rilasciò un brivido di euforia.
Fumio, in quel momento, le ricordava Miyuki quando adocchiava qualcosa che attirava la sua felina attenzione e con cui voleva giocare.
Fen inclinò il capo di lato facendo scivolare i capelli fino a scoprire appena parte del collo sottile, mentre lui si avvicinava maggiormente, con quell’espressione sorniona ancora più evidente in viso. La ragazza sembrò considerare le parole dell’incendiario, assumendo un’aria sbarazzina, per poi rispondere: -Non lo so… sei veramente così curioso di sapere quanto questa povera signorina ti trova apprezzabile? Tanto da etichettarla come una creatura crudele se non ti risponde?- Poi, portandosi un pugnetto alla bocca, sempre fermamente calata nel suo ruolo di “brava bambina”: -Ma dai, col corpo che ti ritrovi non dovresti avere dubbi su quanto tu possa essere considerato “apprezzabile”… - Ripeté la parola soffermandosi sul suono, come assaporandolo mentre lo lasciava uscire dalle labbra, fissando quegli occhi rossi così diversi da quelli che era abituata a vedere e più affascinanti proprio per questo.


Ok, stava giocando, costatò Fumio, con un sorrisetto divertito alle uscite della Rossa. Sembrava volersi far valere, eppure, malgrado l’audacia ostentata, ad ogni passo che il dominatore del fuoco muoveva, la ragazza indietreggiava.
C’era da dire, però, che qualcosa su di lui quegli occhioni verdi l’avevano indovinata: era sempre stato sicuro del suo aspetto, questo sì, sapeva di essere un ragazzo piacente, a maggior ragione per chi apprezzava i canoni della Nazione del Fuoco. Quello di cui non era sicuro era quanto una persona sopportasse doversi confrontare con i segni sul suo corpo e non solo per l’impatto visivo, ma per quel che potevano scatenare nella mente dell’altro. Per questo, malgrado il suo senso del pudore fosse praticamente inesistente, esitava nel mostrarsi poco vestito da chi riteneva troppo lontano dal suo stile di vita.

A Min si era bloccato il cuore in petto quando si era vista Jin, immerso nella luce mattutina, sorriderle a quel modo. Va bene, cinque secondi dopo le mimava che ormai mancava solamente di dare una spazzata in terra e rendendosi conto di averci messo più del dovuto, se ne dispiacque immediatamente, eppure… eppure lui sorrideva. Possibile che la prendesse in giro? Possibile che era bastato tanto poco per riuscire ad essere considerata almeno un briciolino da quel gigante dalla pelle scura? Forse era tutto un sogno, anzi, sicuramente era un sogno; non poteva essere diversamente!
Cercò di affrettarsi, appena terminata la telefonata.
Entrando in cucina vide Jin afferrare per le orecchie l’ennesima busta di spazzatura, grazie al cielo sembrava ancora in tempo per poter dare una mano.
Diede un attimo uno sguardo intorno: sembrava impossibile, ma avevano cucinato per un esercito!
Lui la vide immediatamente di sottecchi e le sorrise sempre con quell’aria divertita che sembrava non averlo abbandonato un attimo durante tutta quella mattinata.
-Non crederai di essertela scampata!- Le disse, indicando il pavimento, per poi tirarsi su portando con lui quel sacco di sporcizia e socchiudendo verso di lei quegli incredibili occhi verdi. -Il pavimento è tutto tuo! la scopa è nello stanzino, signorina Min.- La stava prendendo in giro con un fare che avrebbe potuto definire ‘affettuoso’, incredibile, ma vero! La cosa non poteva non emozionarla… accidenti avrebbe fatto qualunque cosa le avesse chiesto, se impostata con quel tono di voce. -Dai solo una pulita superficiale, giusto per raccogliere le verdure cadute e il grosso dello sporco, al resto ci penso io. Essere un dominatore dell’acqua ha i suoi vantaggi, no? L’importante è evitare di ostruire lo scarico.-
Min si sbrigò ad annuire, mentre Jin usciva dalla porta che dava sul cortile.
Un respiro e poi di corsa, verso il ripostiglio delle scope.
Il tempo di aprire la porta e lo vide, accovacciato sulla cesta degli abiti sporchi: un mostro bianco dagli occhi rubino che si puliva dietro le orecchie con piccole mani dagli artigli minuscoli e sottili.

Jin era esausto e sentiva ancora più la stanchezza al pensiero che quello stesso lavoro gli sarebbe toccato anche la sera e, probabilmente, senza la tipetta tutt’occhi ad aiutarlo. Ma doveva ammettere di essere ancora troppo entusiasta, per quanto avvenuto, da sentire la necessità di lamentarsi. Qualcosa se lo sarebbe inventato infondo, per pranzo si era dovuto arrangiare, ma aveva tutto il pomeriggio per cercare qualche piatto abbondante da preparare con il minimo sforzo.
Che ora era?
Mezzogiorno passato ed era tutto pronto. Non restava altro che riposarsi, alle brutte intrattenere gli ospiti, aspettare che la nonnina abbassasse la saracinesca del negozio, che si unisse a loro per pranzo e, a quel punto, non rimaneva che buttare in pentola i ravioli, riscaldare la salsa, la carne… solo qualche minuto e il gioco era fatto!
Si sgranchì la schiena passando davanti alla sala dove poco prima aveva visto Min chiacchierare con quell’aria beata. Incredibile avevano l’Avatar e il suo team in casa e mentre lui si sentiva a mille per quel che stava succedendo, quella ragazza se ne stava lì con solo un velo d’emozione nello sguardo… da non credere!
E dire che non avrebbe mai creduto che potesse rivelarsi meno imbranata di sua cugina, ma, a quanto sembrava, almeno su questo, si era sbagliato della grossa: Fen era imbattibile!
Se la rise tra sé e sé e mentre quella ilarità stava per emergere in superfice il cuore gli perse un colpo: un grido echeggiò da dentro la casa gelandogli il sangue.
Era la voce di Min, ne era certo. Cosa poteva mai esserle successo?
Il terrore che si potesse essere ferita in qualche modo, lo portò a ritrovarsi in cucina senza accorgersi del momento preciso in cui era scattato in corsa.


-Però… se può essere utile a farti stare meglio con te stesso …- Continuò Fen enfatizzando esageratamente ogni singola parola, proprio come poco prima, cercando di continuare a palesare il suo scherzo.
“Spiriti quanto è affascinante quando assume quell’espressione giocherellona.” Si trovò a pensare mentre la sua voce dichiarava: -… Posso dire che …- Non terminò quella frase perché un grido risuonò per la casa terrorizzandola: -Min!!!- Riconobbe immediatamente quella voce.
Cercò di scattare verso la porta della stanza, ma da imbranata qual era, a detta del cugino, un suo piede pestò malamente una porzione di lenzuolo sulla quale scivolò sentendosi cadere all’indietro. Le braccia si spalancarono cercando appigli pur di trattenerne la caduta, mentre gli occhi si strinsero aspettando con inquietudine l’impatto.


Quella ragazza sembrava intelligente, divertente, maliziosetta, ma non al punto da cadere nella volgarità; tutte qualità che Fumio apprezzava, ma… senza che lei se ne rendesse conto, l’aveva costretta accanto al letto. Un passo ancora e si sarebbe trovata impossibilitata a indietreggiare a allora sì, che lui si sarebbe divertito. Già pregustava l’immagine di quel visetto imbarazzato e le mille scuse raffazzonate pur di fare retro front, già sentiva un moto di ilarità salirgli in petto, ma doveva anche ammettere che, se c’era una cosa che gli piaceva più di fare lo sciocco con le ragazze, era vederle arrossire.
Peccato che i suoi intenti vennero mozzati da un grido improvviso.
Prontamente fece per lanciarsi verso la porta, alla ricerca di cosa avesse generato quell’urlo, di cosa stesse succedendo, non fosse che anche la rossa, probabilmente del suo stesso avviso, si mosse: un sol passo, prima di perdere stabilità e scivolare all’indietro, inciampando su “solo lei sapeva cosa”. D’istinto le afferrò un polso e tirandola verso di sé le cinse saldamente la vita.
La strinse tra le braccia, non potendosi evitare di sorridere sprezzante a quel visetto agitato fisso sui suoi occhi.
Se la tirò tra le braccia, alzandola da terra, come fosse una bambina e, riguadagnata così stabilità, fissandola in quegli occhi verdi, le disse: -Ci penso io. Rimani qui.-
Si piegò per adagiarla sul letto, le sorrise rassicurante e si gettò rapido fuori la porta.

Mai stava finendo di vestirsi, quando quell’urlo la scosse nel profondo. Sentì di aver sbagliato ad aver accettato la cortesia che le era stata offerta e di essersi presa un po’ di tempo per sé stessa. Era uno dei guardiani dell’Avatar, prima di ogni cosa, ed Eiji sarebbe dovuto essere la sua sola e unica priorità, non certo le sue stupide vanità femminili.
Trasportata dal suo stesso elemento si trovò proiettata nel corridoio di quella casa ancora a piedi scalzi e con il cuore in gola.

Eiji stava uscendo dalla doccia, quando a quel grido il piede mal tenne l’equilibrio scivolando sul pavimento bagnato. Si ritrovò in terra, sul tappeto arrotolato, e con il fondoschiena dolorante.
Ancora non aveva fatto in tempo ad alzarsi che dei passi veloci per il corridoio si bloccarono proprio dietro la porta di quel bagno. Dei colpi decisi annunciarono la voce di Mai: -Eiji, tutto bene!-
-Sì, tutto bene!- Rispose alzandosi e soprassedendo sul dichiarare d’aver battezzato quel pavimento con le sue più intime nudità.
-Bene.- Com’era priorità, la dominatrice dell’aria si era, prima di ogni cosa, informata sul suo stato. -Non muoverti da lì, fin tanto che io non abbia chiarito la natura del problema.-
-Come sempre, Mai.- Rispose a malincuore: conosceva la prassi, ma non si sarebbe mai abituato a mandare avanti gli altri al suo posto e questo gli rendeva l’orgoglio più dolorante del suo fondo schiena.

Ling stava tamponandosi i capelli quando quell’urlo improvviso fece scattare ogni recettore del suo corpo.
D’istinto acuì il suo senso sismico trovando istantaneamente la fonte di quel terrore.
L’espressione preoccupata sul suo viso lascio pieno spazio alla rassegnazione, abbandonando le spalle verso il basso.
-Ahhh, Kiki!- Sospirò tornando ad asciugarsi. -Mi domandavo dove fosse finito.-

Nella pasticceria, la nonnina e Nana, sommerse dal vociare dei clienti e dalla musica di sottofondo, non si accorsero di nulla.

 

Mercoledì 4 Aprile 2018

Salve a tutti,
Scusate il ritardo, purtroppo questi giorni di festa sono stati piuttosto movimentati al punto di farmi perdere, e non poco, la cognizione del tempo.
Ho sistemato queste parti di cronaca un po’ in fretta e non sono sicura del risultato, quindi vi chiedo scusa in anticipo. :(

Un salutone a tutti e tanti auguri di Buona Pasqua anche se in ritardo!

Lance

 

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Capitolo 8
*** L'Animale Guida ***


L'Animale Guida


Fu un attimo e Fen si ritrovò stretta al petto di Fumio. Il fiato corto, ansimante dopo il timore della caduta. Il mondo era di nuovo fermo e stabile intorno a lei, fermo come la presa di quel corpo forte che la stringeva a sé. Fumio l’aveva già tenuta nel suo abbraccio pochi istanti prima, ma quella non era la stessa previa presa leggera, la stringeva con forza e la cosa aumentò il suo imbarazzo.
Che figure barbine che faceva a volte, e quella era l’ennesima.
-Ci penso io. Rimani qui.- Le disse con una voce che non ammetteva repliche, facendole scorrere un brivido lungo la schiena. Quello che aveva appena parlato non era il fratello protettivo al limite della paranoia, né il “suo” sconosciuto, quello che l’aveva confortata, spronandola a scuotersi della sua apatia; quello era il guardiano del fuoco dell’Avatar. Nonostante il tono solenne Fumio la prese in braccio depositandola sul letto con insospettabile attenzione per precipitarsi poi fuori dalla stanza. Non appena sparì alla sua vista, Fen scattò in piedi diretta a sua volta al piano inferiore.
-Mi spiace, mio affascinante sconosciuto, ma si tratta della mia migliore amica.- Mormorò quasi lui potesse sentirla.
Alla tempesta di sensazioni che Fumio le aveva scatenato dentro ci avrebbe pensato dopo, Min aveva bisogno di lei.


Miyuki stava tranquillamente sonnecchiando sulla sua sedia preferita, quando un urlo la destò improvvisamente. La sua curiosità la spinse ad andare a controllare cosa avesse generato quel suono fastidioso e lo vide: in verità vide un sacco di cose, ma quello che più la interessava era quel roditore dalla pelliccia bianca. Erano anni che non ne vedeva uno e per quanto avesse il pancino pieno, non poteva certo lasciarsi sfuggire l’occasione. Chissà quando le sarebbe capitata di nuovo la possibilità di affondare gli artigli nella carne succulenta di un topo in carne e ossa. Anche un gatto di casa come lei, alle lunghe si stancava dei roditori di corda e pelliccia sintetica.

Min era inorridita. Di scatto prese la scopa accanto alla porta e senza pensarci su due volte l’abbassò violentemente davanti a lei dritta sulla testa di quel mostro dagli occhi rossi. Stinse gli occhi per non vedere cosa accadeva e li riaprì solo quando sentì qualcosa di peloso muoversi accanto alle sue gambe. Urlando ulteriormente, saltellò indietro pestando la coda di Miyuki, mentre la cesta della biancheria sparpagliava il suo contenuto sul pavimento. La gatta lanciò il miagolio più acuto che avesse mai sentito. Il resto delle scope e degli spazzoloni nel piccolo sgabuzzino della lavanderia, crollarono in terra. In tutto quel trambusto, Min colpì inavvertitamente con la scopa la mensola sulla sua testa: flaconi di sapone, contenitori e oggetti vari caddero in terra rotolando, mentre la gatta soffiava infastidita verso i suoi piedi e verso ogni altra cosa che entrasse nel suo raggio visivo. Per un secondo la ragazza ritrovò la calma, quando anche la gatta sembrò quietarsi, il cuore le batteva a vento, forse il peggio era passato. Non fece in tempo a terminare quel pensiero che vide Miyuki fissare dritta davanti al suo muso, ondeggiando il didietro pronta a scattare in avanti. Min seguì inavvertitamente lo sguardo del felino e lo vide di nuovo: quel piccolo mostro emerse illeso dalla biancheria in terra.
La gatta scattò e con lei la scopa tra le mani della ragazza, accompagnate entrambe da un nuovo grido di terrore.

Jin entrò nella stanza in tempo per farsi tagliare la strada dalla gatta, inseguita dalla scopa di Min. La ragazza era evidentemente terrorizzata, ma… cosa c’entrava Miyuki?
La domanda che si porse non fu sufficiente ad evitargli che le setole sintetiche di quella ramazza lo colpissero in piena testa.
Min si bloccò sul colpo guardandolo evidentemente dispiaciuta, aveva le lacrime agli occhi, ma cosa…? Ancora non fece in tempo ad aprire bocca che qualcosa gli passò tra le gambe, inseguito dalla gatta di casa che, vuoi per la ramazzata in testa, vuoi per l’inaspettata situazione lo fece barcollare pericolosamente e un nuovo grido della ragazza accanto a lui fece il resto, facendolo sobbalzare.
Finì in terra mentre Min saltellando si arrampicò su una sedia e solo in quel momento lo vide: un topino bianco, con un nastrino rosso attorno al collo, si arrampicava sulla stessa sedia di Min, inseguito dalla gatta. Miyuki aveva una luce assassina negli occhi che non aveva mai visto prima d’allora e che non avrebbe mai pensato potesse appartenerle data la sua innata pigrizia.
Min con le lacrime agli occhi si dimenò sulla sedia per evitare i due animali. Non ci volle molto prima che questa si ribaltasse lanciando letteralmente in aria la ragazza.
Jin istintivamente richiamò il suo dominio e dallo scarico del lavello, gorgogliando, fuoriuscì l’acqua di cui necessitava. Un tentacolo liquido afferrò la ragazza per tempo, posandola sul divanetto poco distante. Rapidamente si sollevò da terra, ma non ebbe il tempo di rifiatare che vide la gatta inseguire il ratto fin sopra la credenza e di lì, saltare sul lampadario al centro della stanza in preda a l’istinto primordiale della caccia.
Il lampadario ciondolò pericolamene facendo tintinnare i suoi cristalli. Jin, a testa alta, per evitare il peggio, bloccò quel dondolare col suo dominio. Nel farlo però, confuso da tutto quel trambusto, inciampicò sulla stessa sedia che aveva già cercato di mietere una vittima. Cadde in terra mentre il suo dominio si dissolveva spargendo l’acqua per la stanza, ma almeno la ragazza e il lampadario erano salvi.
Ancora il topo e la sua inseguitrice gli sfrecciarono davanti agli occhi fin sul tavolo; Jin provò ad alzarsi tentando di richiamare nel mentre il suo dominio, trovandosi incastrato tra le stecche della sedia. Il tempo di tirarsi seduto che vide quel ratto scattare dritto nella sua direzione.
-No. Noooo.- Pronunciò senza quasi accorgersene mentre quel lampo bianco si gettava su di lui inseguito dagli artigli di Miyuki. -No, no, no, no, no!- Supplicò inutilmente proteggendosi il volto con le braccia, mentre la gatta gli passava addosso infilzandogli gli unghioli nel petto e scattando oltre, per sua fortuna.

Fumio seguì le urla fino alla sala da pranzo in tempo per vedere il dominatore dell’acqua evitare alla fanciulla che aveva gridato una brutta caduta. E, mentre due fulmini bianchi gli sfrecciavano davanti agli occhi quello stesso dominatore stramazzava al suolo tentando di fermare il pericoloso ondeggiare del lampadario e dismettendo così il controllo sull’elemento che investì in pieno il dominatore del fuoco come una doccia d’acqua gelida di… “Fogna?”
L’acqua che lo aveva infradiciato era maleodorante e sporca.
-Mi ero appena lavato, accidenti!.- Si lamentò, non senza ragione, abbassando arreso le spalle.
Ancora quei due fulmini bianchi sfrecciarono in direzione del povero dominatore dell’acqua. La ragazza, inorridita dallo spettacolo, lanciava l’ennesimo urlo, afferrando una scopa da terra e dimenandola a occhi chiusi per colpire “solo gli spiriti sapevano cosa”, prima di lanciarsene all’inseguimento.
Erano quelli i momenti in cui Fumio odiava essere un dominatore del fuoco, non c’era molto che poteva fare con il suo dominio, o forse no?
Era abituato a seguire la traiettoria dei fulmini e almeno in questo la sua abilità gli poteva tornare utile. Scattò verso quelle frecce bianche e la loro inseguitrice e lo vide: no, non il gatto, o meglio, anche il gatto, ma… “Kiki!?” Pensò meravigliato.
Che diamine ci faceva il ratto di suo fratello in quella stanza, inseguito dal gatto di casa, dalla ragazzina con la scopa e… neanche a pensarlo, anche il dominatore dell’acqua, riguadagnata la posizione eretta, scattava a sua volta in quell’assurdo inseguimento richiamando l’acqua liberata per la stanza, ma, ovviamente, non l’odore orribile che gli aveva spalmato addotto.
-Fermatevi è solo un topo!- Gridò lanciandosi anche lui nella corsa dietro il povero roditore, non senza tenere ben salda la vita dei pantaloni onde evitare di perderseli per la stanza. -Cioè, non un semplice topo, è Kiki.- Disse aggiustando il tiro o quanto meno credendo di farlo.

Mai incrociò la giovane padrona di casa sull’uscio della stanza che sapeva essere stata preparata per Ling. Si bloccò per un secondo nel notarla, prima di sentire un nuovo grido provenire dalla sala da pranzo e rigettarsi così nella corsa: ma cosa diamine stava succedendo?
Rumori di passi si intervallavano a quelle urla disperate.
Qualcuno, o più d’uno, sembrava essere stato aggredito, ma da chi? Possibile che i loro nemici li avessero già trovati? Possibile che si fossero fatti tanto audaci da aggredirli in pieno giorno e nella casa di una commerciante qualunque? Ok, qualunque era per dire, ma in quanti potevano sapere che la signora Daiyu era una guerriera Kyoshi?
Entrò nella stanza in tempo per vedere il carosello di gente rincorrersi in tondo e sentire Fumio, che chiudeva la fila, gridare: Kiki.-
-Kiki?- Ripeté interrogativa, cercando di fare mente locale su quanto le accadeva davanti, proprio mentre quel batuffolo bianco del loro piccolo amico, vedendola, le correva tra le braccia in cerca di protezione. E dopo fu un attimo: si ritrovò sommersa da un mare di persone che le si scapicollarono addosso, una dietro l’altra, gatto compreso.
Il topino di Eiji era al sicuro stretto al suo seno e lontano dagli artigli del gatto che, offeso dalla ramazzata che gli arrivò sulla pelliccia, dissimulò sfrecciando fuori nel cortile attraverso la vetrata aperta. Lo stesso però non valse per Min (questo era il nome della ragazza disperata, lo ricordava bene, e dopo quell’esperienza non lo avrebbe certo dimenticato facilmente) che perso l’equilibrio, dopo quel colpo di scopa, le crollò praticamente addosso mandandola in terra.
-Attenziooneee!- Gridò alle spalle della ragazza, non riuscendo a frenare per tempo la sua corsa e finendo con l’unirsi a quell’insolito duetto sul pavimento, l’enorme dominatore dell’acqua e… l’acqua del dominatore, appunto.
Mai non fece in tempo a riprendersi dall’impatto e dal bagno improvvisato che si trovò a dover fare i conti con il famoso detto: “Non c’è due senza tre.” Fumio rallentò per tempo, ma l’acqua che ricoprì improvvisamente le maioliche sotto i suoi piedi, annullò l’attrito necessario per evitare di cadere su quel groviglio di corpi come ciliegina sulla torta.
Mai, schiacciata da quella valanga umana, malgrado il senso di oppressione, non riuscì a non trovare il tutto ironico dopo la preoccupazione iniziale; cominciò a ridacchiare sommessamente pressata dai tre ragazzi, che, contagiati dalla sua ilarità, non poterono evitare di fare lo stesso, ora che finalmente tutto quel tafferuglio sembrava finalmente essersi esaurito.

Fumio fu il primo ad alzarsi, nuovamente zuppo, e ancora ridendo allungò la mano verso l’altro ragazzo. Questi la prese, con la stessa ilarità nell’atteggiamento e scuotendo sconsolato il capo.
-Si può sapere cos’è succeso?- Chiese Jin tra il rassegnato e il divertito, chinandosi a sollevare di peso la brunetta dal corpo di Mai per piazzarla seduta sul tavolo, mentre lui porgendo una mano alla dominatrice dell’Aria (sorreggendosi allo stipite della porta onde evitare di fare la seconda scivolata) l’aiutava a sollevarsi dal suolo. Mai teneva Kiki stretto al petto con la mano libera.
-Vorrei saperlo.- Rispose lui. -Per quanto ne so, vi ho visto correre come ossessi dietro al topo di mio fratello.-
-Quel… mostro è dell’Avatar?- Chiese la vocina lacrimosa della ragazza seduta sul tavolo.
-Mostro? Ma chi, Kiki?- Giunse la voce di Mai ancora più divertita. -Ma se è l’esserino più adorabile del mondo.-


Fen non sapeva se ridere o piangere. Piangere perché, accorrendo verso il trambusto accodandosi alla maestra dell’aria, s’era beccata quella lavata d’acqua dall’olezzo nauseabondo e poteva vedere che l’ambiente intorno era da ripulire e riassettare completamente, questo prima che la nonna tornasse dalla pasticcieria… e la sua nonnina avrebbe abbassato la saracinesca tra un’oretta scarsa. Ridere perché osservare quella pila umana che si era creata ai propri piedi era quanto di più ilare le era mai capitato di vedere.
Santi spiriti, seppure fosse stata in dubbio l’esplosione di ilarità generale la travolse costringendola ad appoggiarsi al vicino stipite per non crollare a terra senza fiato. Fumio fu il primo ad alzarsi ancora ridacchiando subito seguito da Jin che pensò bene di sollevare Min come un fuscelletto mettendola seduta sul tavolo mentre il dominatore del fuoco aiutava Mai a rimettersi in piedi.
-Si può sapere cos’è successo?-
–Per quanto ne so, vi ho visto correre come ossessi dietro al topo di mio fratello.-
Le voci dei due ragazzi si udirono divertite subito seguite dalla voce incredula ed ancora sconvolta di Min: -Quel… mostro è dell’Avatar?-
La domanda fu seguita dallo sfarfallare delle lunghe ciglia di Mai che perplessa anche se ancora terribilmente divertita appurò: -Mostro? Ma chi Kiki? Ma se è l’esserino più adorabile del mondo.-
“Ed è veramente adorabile, oltre che terrorizzato, povero piccolino.” Si trovò a pensare Fen osservando il tremare del topolino bianco e come si reggesse spaventato con le zampine alla mano di Mai che lo teneva ben stretto al seno. “Ma che macello che ha provocato.” Ricacciando indietro le risa Fen scosse il capo e si decise a prendere in mano il controllo della situazione: -Va bene ragazzi, abbiamo meno di un’ora per rendere di nuovo presentabile e pulita casa, noi stessi e Miyuki. Fumio, Mai, voi due ed il piccolo Kiki andate a rifarvi la doccia mentre noi tre rassettiamo, poi sarà il nostro turno di farla. Oltretutto devo disinfettare e medicare le ferite di guerra di Jin.- Finì indicando il petto del cugino la cui maglietta bianca si era tinta di rosso intorno ai buchi provocati dalle artigliate del passaggio felino sul suo corpo.
La ragazza scosse il capo fissando in viso il suo colossale cugino. -Non guarderò mai più Miyuki con gli stessi occhi dopo questa scena.- Disse con tono a metà tra il divertito e l’esasperato.


Al dire di Fen i ragazzi annuirono.
Jin diede uno sguardo alla sua maglietta scostandosela da dosso, la cugina aveva ragione, la loro micia lo aveva artigliato ben bene, e dire che normalmente era una pigrona adorabile.
-A chi lo dici, cugina!- Esordì con aria affranta, per sottolineare le parole della ragazza, guardando il disastro che avevano creato intorno a loro. -Facciamo così, Rompiscatole.- Riprese lui. –Tu pensi a Miyuki, la sciagurata della tua amica mi dà una mano a riordinare e poi, mentre andate a farvi una doccia, io vedo di ripulire con il mio dominio il disastro che ho causato e me stesso.-
-Niente acqua sporca, voglio sperare.- Fece notare il dominatore del fuoco.
Jin annuì un po’ piccato da quell’uscita. -Era quello che avevo a disposizione, potevo forzare i condotti stimolando la pressione dell’acqua, ne avrei avuta di pulita, ma non avrei fatto in tempo a evitare la caduta di Min e dopo sarebbe servito un dominatore del metallo per aggiustare il tutto.-
-Non riscaldarti tanto, era una battuta, non stavo accusandoti di nulla.- Intervenne Fumio alzando le mani in segno di resa.
-Ahhh, lo so, ma…- Riprese scansando di nuovo la maglietta bagnata dalla sua pelle. –…Speravo di riposarmi, un po’, maledizione! So che non è colpa di nessuno, gli animali sono imprevedibili d’altronde. Scusatemi e andate per favore, o rischiamo di non fare in tempo: mia nonna è un vero tormento quando ci si mette, credetemi.- Accennò un sorriso stentato, era esausto, ma se le ragazze si fossero sbrigate, avrebbe fatto quanto meno in tempo per… riprendere a cucinare.
Senza volere a quell’ultima costatazione lasciò andare le spalle verso il pavimento, con fare rassegnato.
Il ragazzo del fuoco e la Maestra dell’Aria annuirono alle sue parole e, topo in mano, si avviarono.
Jin, voltandosi per decidere da dove cominciare, notò Min scendere silenziosa dal tavolo con in viso un’espressione amareggiatissima per poi cominciare, silenziosamente, a riordinare quanto quei fulmini bianchi avevano sparso per il pavimento.
“Grazie al cielo nulla di rotto!” Pensò dando finalmente uno sguardo più accurato tutt’intorno.
Si dispiacque per l’amica di Fen vedendola tanto abbattuta e posandole una mano su una spalla le disse: -Hei, non è colpa di nessuno, ok?-
Lei si limitò ad annuirgli, sfuggendo alla sua presa per raccogliere da terra una delle sedie ribaltate e un paio di cuscini del divano. Si sentì assurdamente ancora più dispiaciuto.
Il petto, dove la micia di casa l’aveva artigliato, bruciava neanche avesse il fuoco sotto la pelle. Ancora si sventolò con quello straccio bagnato che era diventata la sua maglietta… “preferita”. Ancora sospirò cercando Fen con lo sguardo. -Tranquilla, Seccatrice.- Le disse, ricercando un tono il più possibile affettuoso, onde evitare di ottenere da lei lo stesso risultato avuto con Min. -Sono un dominatore dell’acqua, a rattopparmi da solo due graffietti ancora ci riesco.- Le strizzò un occhio cercando di rassicurarla il più possibile.
-Al lavoro!- Esordì poi, rimboccandosi le maniche e cominciando a recuperare detersivi e quant’altro.

Ling ricordava quanto la Zietta tenesse che ci si presentasse ordinati a tavola, quindi arrivò in salone, bello come il sole, nei suoi abiti migliori; pulito, profumato, sbarbato e con i capelli tirati in una corta coda, seppure la sua frangia sembrava non volerne sapere di mostrare un aspetto meno ribelle del solito. Avanzò curioso, mani nelle maniche, verso quel disastro. Se l’era presa comoda, d’altro canto non c’erano pericoli reali in quella casa: era solo Kiki che, probabilmente, quando la Rossa aveva raccattato i loro panni sporchi per dargli una lavata, se la dormiva beatamente nelle maniche di Eiji, il quale, non pensando a eventuali conseguenze, aveva trovato inutile disturbare l’amichetto, che in fine si era risvegliato nella cesta dei panni sporchi, ritrovandosi a puzzare come un calzino sudato.
Guardò i suoi due amici fissarlo malamente superandolo. Mai lo azzittì prima che potesse dire una sola parola, soffiando con vigore contro il dito che si era portata davanti alle labbra.
-Permalosi!- Si lasciò comunque sfuggire a mezza bocca.
Fumio gli lanciò uno sguardo peggiore di quello dedicatogli vedendolo, cosa che in effetti non avrebbe mai creduto possibile, non fosse che, a quanto pareva, con quel dominatore del fuoco non esisteva un limite nella sacra arte dell’“imbruttitudine”.
“Oh beh!” Pensò facendo spallucce e accostandosi all’entrata della stanza.
Scorse con lo sguardo per tutto l’ambiente. -Certo che ne avete di lavoro da fare!- Esordì ad alta voce, come se volesse rendere partecipi della cosa anche i ragazzi che si stavano allontanando.
-Buona fortuna!- Disse in fine, stabilendo che la migliore cosa da farsi, per il suo bene, fosse quella di andarsene.
Un uscita infelice forse, ma si sa, a chi piaceva pulire?
Beh, certo non a lui e, comunque, era stato tanto gentile da evitare, a chi rimaneva a sistemare, la sua famosa uscita di scena fischiettante, che i compagni di viaggio “amavano tantissimo” ogni qualvolta che se la defilava da impegni che, sì, avrebbe potuto svolgere, ma che, oggettivamente, non gli competevano.
Decise di andare a passare il poco tempo che rimaneva prima del pranzo, a prendere un po’ di aria in veranda, tanto per togliersi dalle scatole e permettere ai più, suoi amici compresi, di lamentarsi liberamente del suo pessimo comportamento.
Se la sorrise divertito, socchiudendo gli occhi e accomodandosi a dovere su una delle panchine di legno della veranda. Senza lui che gli dava modo di sfogarsi di tanto in tanto, criticandolo, quanto sarebbe stata monotona la loro vita?
Ahhh, una parte di lui era realmente convinta di star facendo l’interesse della causa, ma un’altra parte era certa che si trattava di pura, semplice, genuina, autentica, "pigrizia".
“È un bel posto questo.” Pensò sentendosi riscaldato dai pochi raggi del sole che sfuggivano al pergolato, mentre se ne stava con la schiena abbandonata contro la parete… “Non fosse per questi passetti rumorosi.”
Sbuffò, tornando ad aprire gli occhi e a porgersi in avanti, gomiti sulle ginocchia, a guardare la fonte del disturbo: la Rossa stava rincorrendo quel che rimaneva di un gatto, gli parve, ma… sì, fuor di dubbio, quel ‘coso’ rachitico e inzuppato, aveva proprio l’aria di essere stato un gatto non troppo tempo prima, un gatto che ne aveva passata qualcuna di troppo.
Accennò un ghignetto divertito. La scena era esilarante: davvero Fen voleva prendere quelle quattro zampette motrici semplicemente correndogli dietro?
Ok, forse pensava davvero che, comportarsi da egoista, potesse distrarre quei tre musoni dei suoi amici dai loro drammi interiori, permettendo loro di accantonarli per un po’ facendo fronte unito contro di lui, ma… meglio che non si sapesse in giro.
Scosse la testa rassegnato e divertito al tempo stesso.
Quella ragazza era una dominatrice, ne era certo: un paio di volte l’aveva sentita accennare ai passi base dell’Hung Gar, per poi demordere nel probabile timore di far male alla bestiola. Presumibilmente non era sufficientemente sicura delle sue capacità, ma, grazie agli spiriti, per lui, non era così.
Posò le mani sulle ginocchia, assumendo una posizione più composta nel rimanere seduto.
Scrocchiò il collo, poi, portando le mani a incrociarsi dietro la nuca e richiudendo le palpebre, tornò, con un gesto fluido, a poggiarsi contro la parete di quella veranda, accavallando una gamba sull’altra.
La mente scorse inevitabilmente a quei passi e a quelle zampe veloci che ritmicamente colpivano il terreno e fu un attimo: erpicò il percorso del micio, in modo che fosse più semplice da raggiungere, rallentandolo; fece scivolare, al contempo, il terreno sotto i piedi della giovane, così da farle percorrere più spazio in meno tempo possibile. Il tutto quasi impercettibilmente, senza che quella ragazza, concentrata solo sullo straccio bagnato con la coda davanti a sé, se ne accorgesse. Appena questa afferrò il pelosetto, Ling, dismise il suo dominio, riportando tutto allo stato originario.
Il sorrisone che la Rossa allargò, soddisfatta dalla sua abilità di cacciatrice, fu più che sufficiente al ragazzone per sentire di aver fatto una cosa buona; ma, come nel suo stile, meglio non esagerare ed evitare di dare troppo nell’occhio: lui era un pigro, goloso ed egoista, meglio per tutti che rimanesse tale, o avrebbe dovuto spiegare ai suoi amici che si era unito alla causa per fare del bene e non solo perché era un modo come un altro per ammazzare il tempo.
Quando i passi della Rossa la riportarono in casa, Ling schiuse un occhio (l’altro era disturbato dal sole), per sbirciare il cielo limpido attraverso una fenditura della veranda.
Allargò maggiormente il suo sorriso, mentre il frinire delle cicale rendeva quel posto l’ideale per farci un pisolino; peccato che non fosse nelle sue corde non porre attenzione a ogni movimento nella, e intorno, casa.
Era un menefreghista?
Forse. A volte, sicuramente. Lo era stato in passato, soprattutto verso quelli che aveva ritenuto inutili o inefficienti, che questo fosse stato un dato vero o soggettivo. Ma era uno dei guardiani dell’Avatar e non si sarebbe mai perdonato se, per una sua disattenzione, fosse successo qualcosa al suo signore. Mai.

“Alla fine è andato tutto bene.” Pensava Min, accompagnando l’amica in camera. La nonna di Fen non si era accorta di nulla e il pranzo era stato incredibile, peccato che, da quando avevano recuperato quel topino, si sentiva terribilmente amareggiata: aveva come un peso sul petto che non voleva abbandonarla e a buona ragione, avvertiva.
Sospirò mentre l’amica le raccontava chissà cosa.
-Eh?- Domandò, sperando che Fen le ripetesse quanto si era persa, desiderando che, come gli altri, non notasse il filo spinato che le stringeva il cuore.

 


Martedì 17 Aprile 2018

U_U Anche questa volta in ritardo! Mi dispiace tantissimo, purtroppo ultimamente gli impegni sono molti e non riesco a stare dietro a tutto come vorrei, ma non demordo! Spero comunque che anche voi non demordiate e che continuiate a leggere le folli vicende di questi poveri personaggi di carta.
Un abbraccio e alla prossima!

Lance

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Capitolo 9
*** L'Amica ***


L'Amica


-…Così alla fine mi sono sentita di raccontargli quanto successo con Jeong Jeong e lui mi ha praticamente confermato le mie paure: ero io che mi ero comportata da idiota, piangendomi addosso pur di non vedere che in realtà il ragazzo di cui ero innamorata era solo l’idea che mi ero fatta di J.J. e non come lui fosse realmente. Lo so che alcuni discorsi li avevamo già affrontati, ma forse avevo proprio bisogno, per scuotermi da questa mia apatia, dell’opinione oggettiva di uno sconosciuto, di qualcuno che non avesse nessun coinvolgimento nella storia. Fumio mi ha spinta a riconsiderare tante cose…- Di colpo Fen si rese conto che Min era insolitamente seria, lo sguardo che, seppure volto a lei, sembrava fisso in un punto qualsiasi oltre le sue spalle, chiaro segnale che la sua amica stesse vagando con il pensiero su qualcos’altro; anche se non ne era certa al cento per cento, se così però fosse stato, la cosa la spaventava: Min non si distraeva mai dall’ascoltarla, persino quando farneticava su Jeong Jeong o sul suo “davanzale” sproporzionato, e se qualcosa l’aveva distratta non doveva essere un nonnulla.
Strinse le labbra per un attimo, accigliata a un sospiro di Min, e si decise a testare la situazione per vedere se l’amica la stesse effettivamente ascoltando o fosse, come temeva, distratta da cupi pensieri.
-…E poi io e Fumio abbiamo fatto sesso.- Disse convinta. 
-Eh?-   L’espressione di Min le disse tutto: no, non la stava ascoltando e ora stava cercando di dissimulare.
Trattenne un sospiro a sua volta. Min era una fantastica ascoltatrice, ma quando si trattava di esternare le sue di paturnie, servivano le proverbiali pinze, perciò Fen si preparò psicologicamente alla lotta, prima di aprire bocca.
-Min… che succede? E non dire nulla, sono quasi dieci minuti che parlo e tu te ne stai con lo sguardo perso su non so cosa. Non m’importa di doverti ripetere quello che stavo dicendo, ma così mi fai preoccupare. Ti prego, dimmi che cos’hai.- Inclinò il capo di lato avvicinandosi all’amica per guardarla meglio negli occhi per poi ripetere con enfasi: -Per favore, Min, dimmi che cos’hai, cosa c’è che ti turba?-  Cantilenando nella sua testa: “Ti prego, ti prego, ti prego…” quasi a sperare che quel messaggio arrivasse all’amica.


Contrariamente a quanto Min sperava, Fen aveva intuito che c’era qualcosa che non andava. Abbassò il capo pentita: la sua amica stava già passando un brutto periodo, con tutti gli sbalzi d’umore del caso e le sue assurde e pericolose idee, mancava solo lei a gettare benzina sul fuoco. Cercò di allargare il sorriso più solare del suo repertorio e rialzando il capo le disse: -Ho il terrore dei topi!- Esordì sgranando gli occhi e fissandoli sulla compagna. -Sapere che l’Avatar ha come animaletto un topo è… è… disarmante.- Lo sguardo che Fen le lanciò a quel suo dire la convinse che, no, non se la stava bevendo.
Sospirò.
-Niente, eh?-
Fen dissentì con il capo.
-Uff!- Sbuffò. -Non è niente, davvero, decisamente molto più interessante il tuo…- Ricercò nella sua testa qualcosa del racconto dell’altra ragazza che, anche se non realmente ascoltato, avesse lasciato un’impronta nel suo cervello. -Far sess…-
Si bloccò.
Guardò Fen sospettosa. -Davvero tu hai...?-
La ragazza davanti a lei sospirò roteando gli occhi al cielo.
-Ah, ok… perché altrimenti: Wow! Alla faccia dell’audacia, insomma… urli come un’ossessa solo se incroci tuo cugino per il corridoio dopo la doccia, figurati…-
Lo sguardo dell’altra si assottiglio maggiormente.
A quanto sembrava non c’era modo di distogliere la sua amica da quel che voleva sapere.
-E va bene!- Sbottò al dunque, nulla affatto contenta di caricare Fen anche dei suoi problemi.
Una lunga pausa trascorse comunque, prima che riuscisse a formulare a dovere quello che aveva nel cuore. Poi…
-Sono una persona orribile.- Disse mentre a tirar fuori quelle parole il viso cominciava a rigarsi di lacrime.
Questo non ci voleva: almeno le lacrime avrebbero potuto evitare di sgorgare dai suoi occhi neanche fossero fiumi in piena, ma aveva dato il via ai suoi pensieri e sembrava che quelle facessero parte del pacchetto.
-Ovunque vada riesco solo a dare il peggio di me. A volte mi domando se sia davvero il mio peggio o se io sia solo “questo”.- Aveva mirato subito al punto, ma senza una spiegazione, Fen avrebbe capito ben poco: -Almeno, fino ad adesso, non avevo fatto del male né a te, né alla tua famiglia e… per poco non rischiavo di ferire gravemente il topino dell’Avatar, se non peggio, avrei potuto ucciderlo, e… Miyuki. Poverina, credo di averle assestato un paio di colpi di scopa.-
Ancora le lacrime scorrevano; ancora, malgrado cercasse si mettere un po’ d’ironia nella sua delucidazione, tutto sembrava uscirle così tristemente dalle labbra, stringendole il cuore in una morsa sempre maggiore. -Tua nonna si era tanto raccomandata che non disturbassi la gattina e io…- Troppe lacrime, naso stroppo pieno. Tirò su per cercare di respirare mentre parlava. -Era un giorno speciale per Jin, si era impegnato… e… sicuramente erano notti che non riposava a dovere, tanta era l’adrenalina per l’arrivo dell’Avatar, lo conosciamo, no? Ti posso assicurare che si è dato terribilmente da fare per preparare agli ospiti un pasto degno di loro, e… era tutto talmente buono… lo ha detto anche lui, voleva solo riposare un po’ dopo, invece, grazie alle mie scempiaggini, si è trovato a dover rimediare ai miei danni e per poco non litigava con il fratello dell’Avatar e per… perché per evitarmi una brutta caduta, ha usato l’acqua sporca. Come faccio a combinare sempre guai, me lo spieghi? Anche all’università… lo sai: se gli altri studenti non passano il tempo a parlarmi alle spalle, stanno ben attenti a tenersi alla larga. Per carità, da certa gente tutto di guadagnato, ma io a voi voglio bene. Voglio bene a te, alla tua nonnina, a Jin e, ovviamente, anche a Miyuki. Non voglio che anche voi mi schifiate come la peste. Miyuki, non si farà più coccolare, già lo so!- Disse piegando la testa e portando le mani ad asciugarsi il viso come poteva, ma con scarsi risultati. -Se non avessi reagito come una stupida trovandomi quel topo davanti, nessuno sarebbe accorso. Lo hai detto anche tu, quel topolino non è un mostro è addirittura uno dei cosini più carini che io abbia mai visto. Me lo sono trovato davanti all’improvviso, è vero, ma… avrei dovuto usare il cervello, se lo avessi fatto Jin non si sarebbe fatto male, e non ci saremmo sporcati. Poi hai visto? Quella che Miyuki ha strappato era proprio la sua maglietta preferita.-
 
-Non mi sembra vero!- Esordì Jin guardandosi attorno, mentre si asciugava le mani con uno straccio da cucina. -Certo, l’Avatar poteva evitare di piombarci in casa proprio quando sono io di corvette, ma… forse avrei dovuto evitare di scommettere il mio turno con Fen l’altro giorno!-
Se la rise di gusto, se c’era una cosa che era davvero impossibile rubare a Jin era la voglia di sorridere. Qualcosa nella sua testa non faceva che ricordargli in continuazione che la vita era una gran bella avventura, nel bene e nel male; e la soddisfazione nel vedere tutto sistemato, dopo il gran putiferio della mattinata e dopo il pranzo, era impagabile!
Senza contare che aveva cucinato per l’Avatar in persona e, cosa più importante, non lo aveva avvelenato. Non che fosse matematico ma, all’inizio di quel suo percorso culinario, ne aveva scatenati di mal di pancia, fortuna che sua nonna aveva sempre creduto in lui, spronandolo a non arrendersi e… probabilmente assecondando una certa mancanza di “voglia di cucinare”, dopo aver passato tutto il giorno in pasticceria.
-Ahhh, non sarò mai al livello della mia nonnina! Ma chi mai potrebbe? Le sue polpette sono imbattibili.- Ancora se la rise, dando uno sguardo ai piatti puliti accanto al lavandino che si asciugavano all’aria estiva.
Sapeva bene che non asciugandoli a mano sarebbe rimasto il segno opaco del calcare, ma… quella di asciugare piatti e stoviglie era una cosa che odiava e che, a conti fatti, si poteva anche evitare.
Lo sguardo dal lavello si spostò sui fornelli: il pilone con il brodo, che aveva preparato, e i rimasugli del bollito, erano ancora lì.
Non era sicuro su cosa preparare per la cena, ma sicuramente quel brodo e quelle verdure gli sarebbero tornati utili.
Si accostò alla pentola per raccogliere il tutto in un contenitore da frigo, ma si rese immediatamente conto che era ancora troppo caldo per farlo in quell’esatto istante.
Usare il dominio per raffreddarlo sarebbe stata una grande idea, ma ne aveva abusato anche troppo fino a quel momento e quando era stanco la sua concentrazione non era delle migliori, quindi meglio non rischiare di combinare altri disastri.
Si stiracchiò cercando di trovare qualcosa che lo occupasse durante quell’attesa e, stranamente, l’idea di torturare un po’ la cuginetta era sempre in cima alla sua lista delle cose preferite da fare; oltretutto le aveva fatto un regalo e non gli sarebbe dispiaciuto vedere come le stava indosso. La decisione quindi era in bilico tra il tormentarla, domandando anche a lei come si fosse avvicinata all’Avatar, o romperle le scatole fino a costringerla a indossare quella felpa e quella gonnellina a pieghe.
-Chissà se Fen si è accorta che quella felpetta tanto carina è decisamente più aderente di quelle che indossa normalmente? Beh, se proprio deve nascondersi dietro maglie e maglioni, almeno così non sembrerà uno scaricatore di porto!- Brontolò tra sé e sé, prendendo il corridoio e adocchiando divertito le scale che portavano in mansarda.


Fen era sempre più incredula difronte alle parole dell’amica. Come poteva Min darsi la colpa per quanto successo?
Era assurdo. Tutto quel trambusto solo perché Eiji non aveva pensato di menzionare di avere con se un topolino, quando aveva visto chiaramente la gatta acciambellata in salone al suo arrivo in casa; ma da qui a dire che era una persona orribile, perché aveva dato un paio di scopettate in giro mentre era terrorizzata dall’apparire all’improvviso di Kiki, ce ne voleva.
-Come faccio a combinare sempre guai, me lo spieghi?- La dominatrice della terra si andava adombrando mano a mano che sentiva quel discorso.
-Anche all’università…- Si impose di non fare nessuna faccia strana a quei discorsi, concedendosi solo una smorfia al pensiero delle loro compagne di corso, mentre Min cercava inutilmente di asciugarsi gli occhi. Quelle streghe stra-truccate che venivano in aula in minigonna e tacchi alti come se fosse una sfilata di moda, più interessate ad allacciare relazioni con il belloccio di turno che a studiare seriamente (ma che si lamentavano se i voti di Min e i suoi fossero più alti dei loro) non meritavano certo considerazione; questo però non voleva significare che le loro frecciatine non facessero male.
-…Avrei dovuto usare il cervello, se lo avessi fatto Jin non si sarebbe fatto male, e non ci saremmo sporcati.-
“Si come no!”  Rispose Fen nel suo cervello. “Perché è facilissimo mantenere il sangue freddo quando vieni colta di sorpresa, vero?”
-Poi hai visto? Quella che Miyuki ha strappato era proprio la sua maglietta preferita.-
“Quell’idiota ha una maglietta preferita?”  Pensò ancora, Fen-Shu non ci aveva mai fatto caso, ma del resto tendeva ad ignorare il cugino quanto più poteva… tranne quando le rubava l’ultimo mochi, ovviamente! “Beh, ormai sarebbe più corretto dire che ‘aveva’ una maglietta preferita.”
Non ridacchiò a quel pensiero solo perché Min era nel pieno di una crisi e questo era ben più importante di una qualsiasi battuta a discapito del cugino.


Jin era rimasto impietrito con la mano sulla maniglia: l’influenza dell’Avatar nella sua casa non gli stava facendo bene, non sembrava aver nemmeno più voglia di tormentare quelle due sciocchine di Fen e Min.
Sospirò lasciando cadere la mano, silenziosamente.
La verità era che quello che aveva udito era stato sufficiente a farlo sentire non colpa, come se non fosse bastato vedere quella brunetta in salone amareggiarsi e… per chi, se non per quella sua solita boccaccia?
Tornò sui suoi passi dandosi una scompigliata bella forte alla chioma, scendendo le scale.

 
Fen abbracciò l’amica stretta stretta accarezzandole i capelli come faceva sua madre con lei quando era piccola, per poi cominciare a parlare piano, con tono volutamente leggero, per cercare di alleggerire quella situazione: -Min, non è colpa di nessuno.-
Se la teneva al petto, cercando di confortarla, ricordandole che ci sarebbe sempre stata, esattamente come lei c’era sempre durante i suoi di momenti più difficili.
-Prima di tutto, se qualcuno è un disastro ambulante, quella sono io, che sono talmente sbadata da inciampare anche nell’aria, non tu.-  Le disse ridacchiando di sé stessa.
Quante volte Min le aveva evitato brutte cadute sostenendola appena in tempo e quante altre le aveva fatto notare cose di cui non si era minimamente accorta, come gente a cui stava per arrivare addosso mentre guardava inevitabilmente altrove?
Troppe per ricordarle tutte. Come poteva considerarsi un mostro?

 
A quel dire dell’amica, Min non potè non ridacchiare.
-Non sei un disastro ambulante.- Disse con la voce di una bambina.

 
Fen sorrise e riprese: -Per quanto riguarda i graffi, hai sentito anche tu lo Scemo affermare che erano cose da poco e, anche se si vedeva che gli rodeva qualcosa, non credo proprio che fosse arrabbiato con te.- Allontanò l’amica dal suo abbraccio quel che bastava per guardarla negli occhi. -Perché c’ha tenuto a dire che non era colpa di nessuno, ti ricordi? Se ce l’avesse avuta con te non ti avrebbe nemmeno rivolto la parola. Lo conosci, sai com’è fatto. La verità è, come ha detto lui stesso, che era stanco e sperava di riposarsi dopo aver cucinato per tutti noi. E, per quanto riguarda il suo scambio con Fumio, credo che sia più un terribile caso di “fuoco e acqua”, come “cane e gatto” per intenderci, non colpa tua.- Alzò gli occhi al cielo cercando di fare un’espressione quanto meno possibile esasperata a quell’ultima prospettiva.
 
A quelle parole la ragazza con le treccine si limitò a sospirare, capiva gli intenti di Fen, ma lei era in sala da prima che l’amica arrivasse; sapeva come erano andate le cose e aveva messo gran parte di sé stessa in quel putiferio per assicurarsi, involontariamente, che il tutto fosse perfettamente ‘catastrofico’. E, soprattutto, aveva visto lo sguardo di Jin, sapeva riconoscere quando, malgrado l’evidenza, una persona voleva essere gentile con un’altra e questo era stato: gentile, solo gentile con l’amica pazza della cugina.
 
- E poi vogliamo parlare di Miyuki? Quella Miyuki che mi ha quasi fatta a strisce mentre la lavavo e poi, davanti alla sua scatoletta preferita ci ha guardato facendo “prrugnao” tutta contenta finendo per acciambellarsi sulla sua sedia preferita come non fosse successo nulla?- Un’altra carezza  di Fen giunse a scompigliare i capelli della brunetta. -Sei la mia migliore amica, Min, mettitelo in testa. Come puoi pensare che io non ti voglia più vedere? Ne abbiamo passate così tante insieme e tu continui a rimanermi al fianco anche quando rantolo per ore su quell’idiota che mi ha lasciata. Dovrei essere io quella ad aver paura che prima o poi ti stuferai di me, non c’erto tu.-
 
-Ok, su Miyuki forse ho esagerato.- Rispose Min all’amica cercando di forzare un sorriso. Certo non era stata sua intenzione sbottare in quella maniera e ancora meno farla preoccupare.
 
Daiyu, la nonna di Fen e Jin, era divertita: davvero i suoi nipoti credevano che non si fosse accorta del soggiorno tirato a lucido?
Chissà cosa avevano combinato, ma… malgrado la sua curiosità, qualunque cosa fosse avvenuta, adesso sembrava tutto risolto e questo era l’importante.
Sospirò dopo aver dato una bella carezza alla sua adorata micetta prima di abbandonarla per entrare in cucina.
Osservò compiaciuta tutto quel bendidio di piatti e stoviglie, tirato fuori per l’occasione, brillare sotto i raggi del sole caldo, di quel primo pomeriggio, che filtravano dalla finestra.
-Jin dovrebbe perdere più spesso le scommesse con la cugina, sarà che è un dominatore dell’acqua, ma la casa non brilla allo stesso modo quando è Fennina a svolgere le mansioni domestiche.- Disse ridendosela bellamente.
 
Entrando in cucina Jin sentì la risata della sua nonnina.
-Sempre a parlare da sola, nonna? Secondo me cominci a perdere colpi, non sarà l’età?-
-Che nipote “adorabile” che ho.- Disse lei con finta stizza nella voce per poi prenderlo per un orecchio e tiralo giù tanto dolorosamente quanto dolce fu il bacio che gli rifilò sulla guancia.
-Ai, ai, ai!!!-
-Monellaccio.- Lo riproverò divertita sentendolo fare il verso del paguro ferito (nobile bestiolina, preda sulle spiagge di qualunque cosa abbia becco, zane o artigli).
-Piuttosto, sai dov’è finita la figlia di Wei Fang? Non la trovo più da nessuna parte.-
-Ma chi, Min?-
-E chi sennò, sciagurato di un nipote?- Disse ancora ridendosela.
-Ehhh…- Mugugnò tornado a tormentarsi i rasta e alzando lo sguardo di lato per non guardare in faccia la nonna.
Sapeva perfettamente dove fosse la ragazza in questione, ma lei e la sua ‘Rimbambita’ preferita stavano facendo, per una volta nella loro vita, discorsi importanti (“Beh, quanto meno decenti, concediamoglielo!”) e sua nonna… lei… non era esattamente il più delicato dei fiorellini nelle questioni sociali a volte; solo a volte, ma… meglio non rischiare.
 
Daiyu osservò il nipote tergiversare. Assottigliò lo sguardo mentre il ragazzo si voltava a guardare dall’altra parte.
“Ma, spiriti! Li ho cresciuti, credono ancora che non capisca quando hanno qualcosa da nascondermi?” Scosse la testa sospirando arresa.
-Facciamo così.- Disse, puntando i pugni sui fianchi. -Io non ho certo tempo da perdere: devo tornare al negozio. Quindi, se la vedi, puoi dirle che ha chiamato suo padre?-
Il nipote tornò a guardarla annuendo, lei continuò: -Fang ha “Ordinato”…- Pronunciò alzando le mani a lato del viso e facendo le virgolette nell’aria. -…A quella “disgraziata” della figlia, testuali parole, di tornare con un’oretta d’anticipo a casa invece di perdere tempo con le sue inutili fissazioni, che la palestra non si pulisce certo da sola.- Una breve pausa per poi riprendere: -Chissà che disastro avranno combinato gli allievi di quel dojo. Ogni tanto ne fanno qualcuna delle loro, ma si sa, quando si tratta di bambini, è quasi inevitabile.-
Wei Fang era un brav’uomo, malgrado i suoi modi bruschi, e Daiyu sapeva quanto questi amasse la figlia, ma doveva ammettere che quel suo modo di fare l’irritava sempre un poco e dovette lasciarlo trasparire dalla sua espressione, dato che Jin, davanti a lei, mostrò un’espressione turbata in volto.
Se c’era una cosa su cui era sicura di non aver sbagliato con i suoi nipoti, era nell’avergli inculcato un profondo senso della giustizia. Sapeva di aver cresciuto due bravi ragazzi, cinque se contava i loro genitori, veri o acquisiti che fossero.
-Uhm! Nonna, ma… Maestro Fang non ha altri sei figli, possibile che debba sempre…-
-Ahhh!- Lo interruppe scacciando via l’aria davanti al viso con la mano. -Sette, non sei, e sono tutti dei preziosissimi maschi, mio amato nipote.- Se la rise, più per ironizzare sulla cosa che per una reale fonte di divertimento.
-Che c’entra, anche io sono un maschio, ma cucino e…-
-Tu hai avuto una nonna normale.- Lo interruppe ancora.
Lo sguardo che il nipote le riservò a quel dire non sembrava esattamente concordare con le sue parole.
-Così mi ferisci, nipote.- Protestò bonariamente portandosi una mano al cuore con fare pantomimico, ma tanto valeva non fermarcisi sopra più del dovuto: il tempo passava e doveva andarsene in bottega, quindi, giusto per chiarire a quello screanzato dominatore dell’acqua la questione, disse, nella speranza di tagliar corto: -Esistono, Jin, persone legate alle tradizioni più di quanto immagini. Questo non sempre è un male, ma in alcuni casi non è neanche un bene.-
Sospirò.
-Quella povera monella, non fa altro che sgobbare al seguito dei suoi fratelli maggiori e accudire i minori, soprattutto da quando la dolce Ota è scomparsa. Senza contare che deve sottostare anche alle assurde pretese del padre. A volte penso che pretendano troppo da quella ragazza, oltre a badare alla casa e alle necessità della palestra di famiglia, riesce anche a studiare, prendendo buoni voti da quel che so. Fortuna che anche il resto dei suoi fratelli la mattina studia e il pomeriggio si allena in palestra, almeno riesce a rubacchiare un po’ di tempo per sé, altrimenti vivrebbe segregata in casa come la povera madre, che gli spiriti l’abbiano in gloria.-
-Non credo che sia giusto.-
Al dire del nipote la donna fece spallucce. -Che vuoi farci? Fang non la pensa così.- Una breve pausa. -Senti, avvisala, o rischierà di passare un brutto quarto d’ora quando tornerà a casa, io ora devo andare.-
Si voltò di spalle e dirigendosi verso la pasticceria, salutò il nipote sventolando le dita di una mano sopra una spalla.
 
Jin rimase come impietrito al centro della stanza, pensieroso, ma, a mettere dopo insieme i pezzi, neanche lui avrebbe potuto dire con chiarezza su cosa stesse riflettendo; poi, quello stesso qualcosa spinse lentamente per arrivare in superficie, per arrivare primo tra tutti quei pensieri e fu un secondo: prese i piatti ormai asciutti e li impilò uno sull’altro nel lavello. Il tempo di voltarsi, afferrare la pentola con il brodo e versarla sulle porcellane, che quell’idea s’era attuata, concreta davanti ai suoi occhi più che nella sua mente.
Un ghigno soddisfatto gli si dipinse in volto.
Era pazzo?
Sì a volte lo era, come era stanco e stupido… tremendamente stupido.
Senza troppa cura, abbandonò anche la pentola sui piatti nuovamente unti.
“Quella ragazza…” Pensò con negli occhi quel velo di follia che anche troppo spesso lo caratterizzava. “Si è preoccupata per me. L’ho sentita. Mi ha fatto praticamente la lastra e senza sbagliare di una virgola. Mi conosce e io… io a stento ricordavo di chi fosse figlia.”
Quel suo ghigno si ampliò mostrando i denti bianchissimi risaltare sulla pelle scura in modo quasi inquietante, mentre, portandosi una mano a massaggiarsi la nuca a testa china, si voltava per dirigersi in camera della cugina.
-L’ho fatta piangere. Non funzionano così le cose nel mio mondo.- Si disse arrivato in cima alle scale, nuovamente davanti alla porta di Fen.
 
-…Continui a rimanermi al fianco anche quando rantolo per ore su quell’idiota che mi ha lasciata. Dovrei essere io quella ad aver paura che prima o poi ti stuferai di me, non c’erto tu.-
Min aveva combinato un bel putiferio, voleva e doveva recuperare. Fen non poteva amareggiarsi così e per lei poi.
No, non era giusto: la sua migliore amica era una ragazza estremamente sensibile, lei lo sapeva bene, come sapeva che ne aveva già passate tante in quel periodo.
-Ma… un attimo. Parli di Jeong Jeong?- Disse sgranando gli occhi e alzando il musetto dalle braccia della ragazza. -Cioè, finalmente hai capito che è un completo cretino, che ha più testosterone nel cervello che neuroni? Beh, sempre se qualcuno gliene sia restato e non sia emigrato con gli altri verso lidi meno aridi.-
Respirò profondamente fissando Fen.
Non stava bene, ma era il momento di finirla, non poteva dare all’amica altro peso; finalmente la sua Fennina aveva aperto uno spiraglio d’occhi su quel bifolco che diceva di amarla per poi mollarla dopo essersela portata a letto un paio di volte. Se lo avesse avuto d’avanti in quel momento…
Avrebbe preso due piccioni con una fava: avrebbe dato a un cretino una lezione che non si sarebbe dimenticato tanto facilmente e si sarebbe scaricata di tutta la tensione che da tempo sentiva essersi accumulata sulle sue spalle.
“Ahhh!” Pensò accennando un sorrisetto il più possibile realistico all’amica. “Quel troglodita non è utile quando c’è, e ancora meno quando non c’è!” Voleva sinceramente bene a Fen e, anche se si sentiva il cuore a pezzi (per essersi bruciata definitamente tutte le speranze che, sapeva comunque di non avere, con Jin), era sinceramente felice per lei, davvero, davvero, felice.
 
Normalmente non avrebbe bussato, rifletteva il dominatore dell’acqua, mentre la mano rifilava un paio di colpi alla porta con vigore, ma quello era un caso diverso: qualunque cosa stessero facendo quelle due streghette là dentro, doveva dar loro il tempo di ricomporsi.
-Mostro, sbrigati a venire ad aprirmi o entro lo stesso.- Disse ruotando la maniglia ed entrando, contrariamente a quanto appena detto, ma… lui era fatto così.
Le vide abbracciate sul letto sotto il lucernaio obliquo della veranda, che lo fissavano con occhi sgranati per la sorpresa, questo, ovviamente, prima che fosse costretto a schivare i guanciali che Fen gli lanciò senza premura… no, anzi, era quasi sicuro che avesse mirato per uccidere!
Se la rise puntando le braccia ai fianchi e fermandosi in mezzo alla stanza.
-Ci vuole altro per abbattermi!- Detto fatto, l’ennesimo cuscino, troppo veloce anche per i suoi sensi da gatto, gli si spiaccicò in pieno muso.
-Dicevi?- Se la sghignazzò divertita quell’arpia dai capelli rossi.
-Ah, sì, dicevo.- Ripeté mentre il cuscino, per nulla immune alla forza di gravità, scivolava dalla sua faccia al tappetone scendiletto.
Un secondo a consultare le doghe del soffitto di quella stanza, ancora piantato come un albero al centro della camera, prima di allungare una mano e prendere il polso dell’amica della cugina.
-Tu. Devi riparare ai tuoi misfatti!- Esordì, tirandosela vicino, trascinandola così giù dal letto, attento a non strattonarla eccessivamente. -E anche in fretta. Tuo padre ha chiamato, devi rientrare prima, quindi: rapida! Infilati le scarpe che abbiamo ancora del lavoro da fare. Non avrai davvero pensato di cavartela lasciandomi da solo a pulire tutta quella marea di piatti sporchi, vero?-
 
Come e quando Min si fosse rinfilata le scarpe non avrebbe potuto dirlo con esattezza, ma ora si trovava di nuovo in cucina, accanto a Jin, ad asciugare una pila di piatti quasi infinita, che… le sembravano stranamente e esageratamente sporchi.
-Dì la verità, hai versato il grasso delle pentole sui piatti.-
-No.- Rispose seccamente il dominatore, passandole l’ennesimo piatto sciacquato di fresco.
-Dai, ammettilo: il grande Jin ha fatto un errore da principianti! Mica è la fine del mondo.- Rincalzava lei divertita.
-Uhm… se fosse?- Alla risposta del ragazzo si voltò appena verso di lui facendo un sorrisetto: Jin aveva scoperto il fianco, ma lei non era così cattiva da approfittarne, quindi…
-Sapessi le volte che mi è capitato trovandomi sovrappensiero. Da noi poi, siamo un’infinità a tavola.- Si sentiva meglio, grazie alla sua amica, grazie… a quegli stupidi piatti sporchi che le permettevano di rubare un po’ di tempo a quel ragazzone dalla pelle scura.
-E tu me la dici la verità?- Le domandò a bruciapelo.
-Uhm…?- Mugugnò interrogativa e sorpresa.
-Mi odi?-
-Ti… cosa? Ma no, certo che no.- Ma come gli veniva in mente?
-Fai male, perché dovresti. Sai, quando quella Rompiscatole della tua amica, dice che sono pazzo, dice il vero.-
-Fen dice sempre il vero e non è una rompiscatole.- Disse piccata per l’ennesima “delicatezza” del ragazzo verso la sua amica del cuore.
-Ohhh...- Se la sghignazzò divertito. -Sì che lo è, come anche tu del resto; ma almeno sai come asciugare un piatto.-
-Fen no?-
-Sa fare meglio altre cose.- Disse il ragazzo allargando un sorrisetto anche troppo gentile, notò Min, trovandosi a parlare dell’amica dai capelli rossi.
-Incredibile! L’infallibile Jin che ammette che anche sua cugina sa fare qualcosa?- Incalzò tra il sorpreso e il divertito. -Tipo?-
-Sa scegliersi le amiche, ad esempio.- Rispose questi, volgendo solo lo sguardo verso il suo.
Min avvampò dall’imbarazzo, trovandosi improvvisamente gettata senza preavviso in quel sorriso e in quegli occhi verdi che l’osservarono troppo intensamente per riuscire a sostenerne lo sguardo.
Abbassò il visetto riportando l’attenzione solo su quanto aveva tra le mani, aumentando stupidamente il ritmo di asciugatura, neanche fosse in preda a chissà quale eccitante.
-E comunque… “Infallibile” e modesto. Sì, incredibilmente modesto.- Tenne a specificare Jin sghignazzando e tornando al suo lavare.
Min non obbiettò al riguardo, ma quella stupida battuta le fece riacquistare il suo colorito naturale, almeno quello. Sorrise amaramente però, pensando che doveva essere davvero provato per preferire l’acqua corrente al dominio, ma…
-Neanche io ti odio.- Disse ancora lui senza preavviso alcuno.
-Non te l’ho chiesto.- Brontolò divertita con un filo di voce.
-Ah no?- Domandò Jin più a sé stesso che a lei, alzando gli occhi al soffitto e facendo spallucce. -Vabbè, era solo per chiarire.-
“Grazie.” Rispose per lei lo stupido calore che le aveva scatenato nel petto quella frase, senza trovare il coraggio di salire alle labbra.
 
 
22 Giugno 2018

Ciao a tutti voi che seguite queste nostre stupide avventure, vi ringrazio tanto di dedicarci il vostro tempo e la vostra pazienza; pazienza, sì! Perché di vera pazienza vi siete dovuti armare questa volta aspettando che io, Moku o Virk pubblicassimo qualcosa. Purtroppo sono successe tante cose, prima tra tutte il fatto che la mia salute è peggiorata drasticamente. Nulla di grave, o per meglio dire, di veramente grave, ma ho avuto, e ho ancora, un problema agli occhi che non mi permette di dedicare molto tempo a uno schermo senza soffrire le pene dell’inferno o incorrere nelle grida orripilate di parenti e amici. Quindi, riassumendo, per fare questo stupido collage di gioco ci ho messo un’eternità e non sono neanche troppo sicura del risultato. Purtroppo non me la sento di dare una data alla prossima pubblicazione e Moku e Virk, per spronarmi, a modo loro (si perché dovete sapere che io ogni tanto tendo a voler mandare tutto in malora quando mi sembra di non vedere una luce infondo al tunnel… in questo caso quasi letteralmente. =_=;), non solo mi hanno rifilato un nuovo gatto in prestito (è una lunga storia, ma per farla breve è in attesa di una nuova casa) più malandato mentalmente di me di cui prendermi cura, ma hanno detto chiaramente che devo essere io a pubblicare le loro storie o non se ne parla che facciano un bel nulla. Uff… gli voglio bene e so che me ne vogliono, ma… uff, potrebbero pubblicare intanto le loro cose. Tra l’altro Moku sta tipo alla milionesima bozza di storia su Voltron… uhm… no, non è corretto, sta alla milionesima storia di cui ha improntato la bozza che parla di Voltron. Ecco così si capisce meglio. Quella ragazza ha una fantasia invidiabile, mentre io sto ancora correggendo cose e tenendo fermi progetti quasi finiti e già finiti (come la Oneshot che ho scritto su Voltron per il compleanno di Moku, ma che mi vergogno a pubblicare, dato che la correzione è ancora in alto mare,m algrado l'aiuto di Donnasole. X-D). Che altro dire? Tanto per cambiare mi sono persa nei miei discorsi. Vi chiedo solo di avere un po’ di pazienza con me, mi metterò a paro appena potrò, parola!
 
Un abbraccio forte fortissimo e scusatemi ancora per queste prolungate assenze,
 
Lance

 

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