Non è sbagliato se ti rende felice.

di Heronrey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo-Quando tutto ebbe inizio. ***
Capitolo 2: *** Le prime ansie. ***
Capitolo 3: *** È sempre Sabato sera ***
Capitolo 4: *** Scoperte ***



Capitolo 1
*** Prologo-Quando tutto ebbe inizio. ***


  Ciao a tutti voi!

Vorrei fare una piccola premessa su questa mia follia, sperando che qualche anima buona si fermi un attimino per leggerla :P  

 Tutto è nato in un momento di sfogo, dove la nostalgia ed il rimorso hanno avuto la meglio.


 

Non nutro  grandi aspettative riguardo al futuro della storia, sempre se  ne avrà uno, ma incrocio le dita  comunque.  I prossimi capitoli saranno più  lunghi rispetto a questo piccolo prologo.

Ansiosissima di sapere le vostre opinioni ^^

Xx

 

 

 

 

Non è sbagliato se ti rende felice.

 

 Prologo

Nessuno a parte uno
 

 

  

 

 

 

 

Alla fine uno si sente incompleto 

ed è soltanto giovane.

ITALO CALVINO

 

 

 

 

 Non appena misi piede nel cortile di  quell’edificio infernale la Consapevolezza mi colpì come un fiume in piena: la scuola era ricominciata.

Eh già! La scuola era proprio ricominciata, e con essa la routine si appressava a spodestare  il sapore della libertà che l’estate regalava,  le cotte estive erano rimaste tali, ai re ed alle regine delle spiagge era toccato scendere dal loro palcoscenico  ed io … io non ero assolutamente pronta ad un nuovo anno, una nuova scuola e ad un nuova classe.

Rimpiangevo le mie care amiche, il mio vecchio quartiere ed al contempo maledicevo me stessa e la mia pigrizia.

Mio padre, l’avvocato Grande, aveva aperto uno studio legale in una parte di Roma totalmente opposta a quella dove si trovava la vecchia casa della mia famiglia ,in cui abitavo sin da quando ne  avevo memoria, e  mia madre ,avendo sempre voluto trasferirsi in un luogo il più vicino possibile al centro città , ovviamente con quest’occasione d’oro aveva colto la palla al balzo. Le mie proteste ed urla erano state inutili contro la loro ostinazione ed alla fine acconsentii, mio malgrado, a cambiare casa e tutto ciò che il trasferimento implicava.

I miei genitori però mi avevano lasciata libera di scegliere se continuare gli studi presso la mia scuola, che ormai frequentavo  da tre anni, oppure iscrivermi ad un istituto più vicino alla nostra nuova abitazione  per l’anno che sarebbe succeduto.

Lì per lì non avevo dato peso al fatto che molto probabilmente mi sarei dovuta confrontare con prof e alunni totalmente sconosciuti o che magari non mi sarei potuta trovare bene, pur reputandomi una ragazza socievole e simpatica, bensì da ragazzina immatura che ero avevo pensato solamente che la strada da percorrere per arrivare in tempo sarebbe stata troppo lunga e scomoda per una come me, che odiava profondamente i mezzi pubblici. La scelta quindi era ricaduta sulla seconda opzione.

Da circa dieci minuti mi ero appoggiata ad una delle quattro imponenti colonne che incorniciavano l’ ingresso del liceo classico Giacomo Leopardi, moridicchiandomi nervosamente una pellicina dell’ indice destro e sbattendo freneticamente la punta del piede sinistro sul pavimento, ero  talmente in sovrappensiero da non  accorgermi persino di quello che accadeva  sotto il mio naso.

Il rintocco della campanella mi ridestò dallo stato di trance  e dopo aver superato l’attimo di smarrimento iniziale, mi diressi in presidenza dove i miei genitori, sotto indicazione della stessa preside, mi avevano suggerito di andare.

 Ignorai bellamente tutte quelle oche che al mio passaggio non si fecero scrupoli a commentare il mio aspetto o i miei vestiti. D’altronde ero consapevole di essere una faccia sconosciuta e una possibile rivale in amore (tsè, come se non avessi altro a cui pensare!), ma essendo una ragazza pure io, capivo bene ciò che spingeva le mie nuove compagne a comportarsi in modo ostile , e speravo vivamente di non trovarmi nessuna di quelle superficiali in classe. Avevo colto solo qualche piccola frase  dei loro commenti, tra cui un “niente di speciale” e “conciata così?” e poi scambi di battutine che neanche mi  ero data la pena di ascoltare.

La realtà però prevedeva una ragazza dai voluminosi boccoli che le scendevano come molle poco fin sotto le spalle, e un fisico leggermente slanciato a causa della sua poca  altezza ma comunque relativamente asciutto, con le forme al punto giusto.

Ecco, diciamo non facevo proprio una brutta prima impressione all’occhio dei ragazzi in generale, ma a me non interessava e perciò fingevo di non essere considerata agli occhi del sesso opposto, giusto per evitare seccature inutili e frivole. Insomma, io non ero mai capitolata ai piedi di nessuno e provavo compassione per tutte le mie coetanee che avevo visto rendersi ridicole e ridursi a non mangiare, solo per aver un po’ di attenzione da parte del belloccio di turno. 

Nella mia vecchia scuola ne avevo viste di tutti i colori, e ancora per me quei comportamenti rimanevano un’incognita.

Una volta arrivata in presidenza bussai alla porta e un “avanti” chiaro e sonoro mi spinse ad aprire la porta, per poi richiudermela alle spalle.

 

 

 

 

 

 

 

 

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La preside Mannari si rivelò una signora avanti con l’età e molto paffutella, ma fu molto a modo e mi comunicò che la mia nuova classe sarebbe stata il IVB, proprio come la sezione in cui mi trovavo precedentemente nella vecchia scuola.

La campanella della prima ora era già suonata da un decina di minuti, quando feci il mio ingresso nella classe con un permesso speciale da parte della preside, e nonostante lo sguardo di tutti i presenti puntato su di me non provai vergogna, passai il foglietto all’insegnate e glielo lasciai leggere.

-Oh! Veronica, che bel nome che hai. Entra pure e accomodati dove trovi posto cara. –

Una ragazza con due codini iniziò a sbracciarsi per farsi notare da me e  riuscì nel suo intento, dato che fu proprio quello il postò dove mi andai a sedere.

-Bene,-riprese l’insegnante- io sono la professoressa Bernardini ed insegno Latino e Greco, spero che la tua compagna di banco quest’anno si sia decisa finalmente a parlare un po’ di meno durante le spiegazioni, che ne dici Laura?-

La diretta interessata sorrise alla frecciatina della professoressa e le promise che quell’anno sarebbe stata molto silenziosa, e qui ci fu una risatina generale da parte della classe mentre io fui l’unica che si astenne.

Finiti i convenevoli e spiegato agli altri alunni la situazione,la Bernardini, che quell’anno era passata ad occuparsi del triennio, introdusse ai ragazzi il nuovo programma e si accertò del fatto che fossi alla pari degli altri ottenendo un responso positivo.

Le prime tre ore passarono in fretta ed essendo il primo giorno di scuola ebbi modo di conoscere meglio Laura, la mia compagna di banco, anche se all’inizio pensavo fosse leggermente schizzata dovetti ricredermi  visto che era davvero simpaticissima.

Si propose per farmi fare un tour della scuola, ed io accettai volentieri ma siccome morivo di fame, le chiesi di accompagnarmi prima alle macchinette per prendere uno snack.

-Te pareva che le macchinette non fossero affollate,Veronica allora io vado un attimo in bagno, mi aspetti qui?.-

- Certo.- le sorrisi cordiale. Anche perché dove potrei andare? Pensai divertita fra me e me.

In qualche minuto però la coda si era affievolita, e dopo aver scambiato qualche parola con dei ragazzi della mia classe che mi si erano presentati precedentemente, finalmente arrivò … un ragazzo molto più alto di me che mi sorpassò tranquillamente per prendersi la merenda.

Ora, se me l’avesse chiesto gentilmente l’avrei fatto anche passare avanti ma non cagarmi proprio di striscio no eh. Odiavo profondamente quando le persone si comportavano in modo prepotente ed egoistico, non che fossi una santa ma diamine almeno ero una persona civile!

Con il dito indice picchiettai sulla spalla del cafone con l’intenzione di fargli notare la sua mancanza.

Il ragazzo in questione finalmente si girò con un espressione visibilmente seccata stampata in faccia e per giunta, come se gli stessi procurando un enorme fastidio, sospirò alzando gli occhi al cielo.

Sentii qualcosa all’altezza dello stomaco smuoversi. No, non mi sarei fatta rovinare il mio primo giorno da un maleducato ma a lasciar correre proprio non ci riuscivo.

-Forse non mi avevi visto… comunque ero in fila da prima di te e mi sei passato avanti come se niente fosse.- 

Pronunciare quelle parole fu leggermente destabilizzante, probabilmente a causa  dell’imponente altezza del mio interlocutore oppure ero solo io che mi imbarazzavo principalmente solo per le piccolezze.

-Oh..- Iniziò lui- di sicuro non sono il primo che non ti vede, chissà quante volte ti  sarà capitato.-

 Un gruppo di ragazzine situato poco distante da noi iniziò a sghignazzare per la battuta fatta  dal simpaticone ed io dal mio canto, che avevo cercato di rivolgermi in maniera educata, rimasi spiazzata per qualche secondo.  Per un attimo mi sfiorò seriamente il pensiero di assestargli uno schiaffo ma per fortuna mi ricomposi decidendo di rispondergli a tono.

 

-Simpatico, davvero. Non hai  di meglio da sfoggiare nel tuo repertorio? Non sei neanche un po’ originale.-

Lui mi squadrò per un attimo, e poi, come annoiato, disse:

-Senti…chiunque tu  sia, non mi va di perdere tempo con te, sinceramente ho di meglio da fare.-

Poche persone avevano assistito a tutta la scena,dato che la stragrande maggioranza degli studenti era concentrata nell’immenso cortile della scuola, ma tra i presenti non mancavano le ragazzine sopracitate che adesso sghignazzavano ancora più forte.  Spalancai la bocca oltraggiata per essere stata umiliata a quel modo, e mentre lui stava per andarsene via, dettata dall’istinto, feci la prima cosa che mi venne in mente: Allungai il braccio e gli strappai dalla mano il suo twix…o meglio, il mio.

Lui, incredulo, prima guardò la sua mano vuota  poi guardò la mia, dove stringevo lo snack.

-Ehm… scusami, ma adesso devo tornare in classe, sai.. primo giorno, nuova scuola.- vittoriosa mi allontanai velocemente sotto lo sguardo sbigottito dei presenti.-Ah, e grazie del Twix, è decisamente il mio preferito!- alzai in alto la mano che teneva quella prelibatezza ben stretta, come per sbattergli in faccia che avevo vinto io.

Nessuno metteva i piedi in testa a Veronica Grande, pensai.

Si, nessuno a parte uno.

 

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Capitolo 2
*** Le prime ansie. ***


Non è sbagliato se ti rende felice
 
 
I
Le prime ansie.
 
 
 
Non è facile per me far finta di niente
Perché mando giù ogni singola parola,
ogni sussurro, ogni sospiro.
 
 

Certe mattine capita di svegliarsi in un modo così principesco da sembrare di essere la protagonista di una  favola della Disney, avete presente no? Gli uccellini che cinguettano melodiosi mentre sbadigliate aggraziatamente,  le guance rosee e i capelli in perfetto ordine… ecco ad essere sinceri certe mattine a me non capitavano mai.
Per me svegliarsi era come doversi allontanare dall’unico vero amore, quello che ti capisce e ti sostiene ma soprattutto ti resta fedele.  Dire che amavo dormire sarebbe stato un eufemismo, e questo mio fantastico amore platonico poteva essere addirittura paragonato a quello che Piton provava per Lily.
Se il Dormire fosse stato una persona in effetti sarebbe stato il ragazzo ideale, o almeno il mio.
In ogni caso alzarsi era d’obbligo, oppure  avrei dovuto subirmi l’ira funesta di mia madre ed era una cosa che avrei piacevolmente evitato ,dati i precedenti. Così scostai la coperta e scesi dal letto, e ancora mezza rimbambita andai a scegliere cosa avrei indossato quel Sabato scolastico.
La mia stanza odorava ancora di nuovo, nonostante ci fossimo trasferiti già da due mesi, ma perlomeno adesso mi rispecchiava un po’ di più: Pareti rigorosamente azzurre,mobili bianchi, un bellissimo letto a due piazze con lo schienale celestino, una bacheca su cui avevo attaccato tutte le  foto ricordo e un bellissimo armadio per i miei altrettanto bellissimi vestiti.
Bisognava dire che nonostante i mie risvegli non fossero adatti ad un principessa, la mia camera lo era eccome. Essere figli unici alla fine non era così male.
Una volta lavata, vestita e truccata afferrai il mio zaino di scuola e scesi le scale, e anche se non avevo tanta fame andai comunque in cucina per non dovermi subire mia madre e le sue fisse per la colazione che reputava importantissima.
Lei era così, molto apprensiva nei confronti della sua unica figlia e  per di più era anche un medico in un importante ospedale di Roma, specializzata in cardiologia.
Già che bello avere un papà avvocato e una mamma dottoressa… della serie evviva la vita sociale!
Il lato peggiore però era il fatto che non ci fossero quasi mai,  e non era così fantastico come si pensava.
Ovviamente trovai la suddetta dottoressa in cucina, seduta su uno sgabello intenta a leggere il giornale ma ,non appena mi vide, lo posò e venne verso di me stampandomi un bacio sulla fronte.
-Tesoro oggi ho il turno che comincia alle dieci,- disse mia madre rompendo il silenzio- se vuoi ti do uno strappo a scuola, che ne dici?-
Quella si che era una buona notizia!  Per un giorno avrei evitato lo strazio di dover prendere l’autobus,  cosa che odiavo.
-Certo che si!- risposi io, afferrando una fetta biscottata e dirigendomi verso la porta d’ingresso-Allora, andiamo?-
Mia madre, dopo aver preso il necessario, mi raggiunse.
 Durante il tragitto in auto mi domandò come ci fossimo organizzate io, Daniela e Vera per quella sera.
Daniela e Vera  erano le mie due migliori amiche, anche se conoscevo la prima da più tempo. Quel pomeriggio sarebbero venute a trovarmi  entrambe per poi rimanere fino al giorno seguente ed io non stavo nella pelle. Ci eravamo già riviste svariate volte dopo il trasferimento, eppure ogni volta sembrava che non le vedessi da anni. Quando eravamo più piccine i nostri genitori ci definivano un “cespuglio” perché non ci staccavamo mai l’una dall’altra.
Aggiornai mia madre sui nostri programmi ed il tempo di finire che eravamo già arrivate a scuola.
Scesi dall’auto e le augurai buon lavoro, dopodiché mi diressi verso l’entrata di quella che da qualche mese a questa parte era diventata la mia scuola.
Il cortile, prima del suono della campanella, era sempre pieno zeppo di studenti che parlavano, cazzeggiavano o semplicemente fumavano.  Riconobbi subito il gruppetto composto dai miei “nuovi” amici: Laura, Giorgia, Chiara , Lorenzo e Marco.
Di solito integrarsi in terzo liceo non era un’ operazione semplice, ma io avevo avuto la fortuna di trovare queste fantastiche persone con cui mi ero sentita subito in sintonia però anche con il restante componente della classe mantenevo un rapporto amichevole.
-Buongiorno!-  salutai i miei amici che si voltarono nella mia direzione e ricambiarono il saluto.  Parlammo poi del più e del meno fino al suono della campanella, e mentre gli altri cominciarono ad avviarsi Giorgia,la mia biondissima amica, mi prese da parte e mi chiese di accompagnarla in bagno, così mentre lei faceva quello che doveva fare io le reggevo la porta.
-Sai Vero…stasera esco con uno.-
Sai che novità!
 Era mia amica ed era già capitato che mi avesse informato su quei dettagli della sua vita ma si stava comportando in modo un  po’ strano stavolta.
-Fantastico! Chi è il fortunato?- feci quella domanda più per  conversazione che per curiosità, tanto ero già a conoscenza della versatilità di Giorgia nei confronti dei ragazzi.
La mia amica tirò lo scarico uscì dal bagno chiudendosi la porta alle spalle  e si appoggiò a questa, mentre si strofinava le mani sulle cosce mantenendo lo sguardo basso.
-Vedi…noi non ci conosciamo da chissà quanto tempo però con te riesco a confidarmi, tu non mi giudichi come fanno le altre.-
Ciò che aveva detto mi colse totalmente alla sprovvista, ma ragionandoci su era vero che fra di noi era scattata subito una certa affinità ed anche io mi  fidavo di lei come se la conoscessi da molto più tempo rispetto a quello che era trascorso in realtà.
Ancora però non capivo quale fosse il punto del discorso, a cosa era dovuto tutto questo nervosismo poi?
-Giò tranquilla, non stai confessando a tua madre che ti sei fatta uno spinello e se lo stessi dicendo a me ti “giudicherei”-, dissi mimando le virgolette con le dita- solo perché non mi hai invitata a partecipare!- 
Con quell’uscita avevo l’intenzione di smorzare un po’ l’atmosfera leggermente tesa che si era creata, e per enfatizzare il tutto misi un finto broncio ed incrociai le braccia al petto mentre la bionda si lasciava scappare un risolino. –Dai su, spara!-
Lei,dopo essersi schiarita la voce ed aver buttato fuori un po’ d’aria, seguii la mia esortazione,- Il fatto è che io non so se lui fa per me ma il problema è che mi piace un casino! Forse ho fatto male ad accettare di uscire con lui...no, ho decisamente sbagliato-
Avevo aizzato la bestia, questa era la mia punizione. Lasciai parlare Giorgia per un’altra manciata di minuti, dandole dei consigli ogni eventuale pausa, poi però le ricordai che dovevamo entrare in classe e fare una cosa che chiamavano studiare e lei si sgonfiò come un palloncino-Ah già, che palle la Donati in prima è uno strazio!-  concordavo ampiamente con lei, un’ora di matematica la mattina aveva lo stesso effetto di un sedativo per cavalli.
Per fortuna entrammo in classe qualche istante prima della professoressa e io andai a sedermi al mio posto vicino a Laura ,che mi sorrise amichevolmente.
 
 
Stranamente le prime tre ore volarono via come se niente fosse ed essendo ricreazione uscii con le mie amiche a fare un giretto per la scuola come di consueto. Ogni tanto Laura mi faceva ridere dicendo cose stupide non appena vedeva qualche “gnoccone”, giusto per citarla. Quando giungemmo alla nostra postazione tattica, che si trovava accanto alle macchinette, iniziammo a parlare del più e del meno fino a quando Chiara non diede una gomitata dritta nel fianco di Laura  che la guardò risentita, ma quest’ultima non ebbe neanche il tempo di aprir bocca che la prima richiamò l’attenzione di tutte noi sul ragazzo che stava facendo la sua entrata teatrale  nell’atrio della scuola, intravedibile dalla nostra posizione grazie alle pareti-finestre.
Odio.
 Questo fu il primo pensiero che mi venne in mente osservando quell’individuo, mentre le mie amiche lo guardavano con gli occhi a cuoricino.
Per essere più precisi io non odiavo Michele Giuliani , la cosa è che mi stava proprio sulle ovaie a pelle.
I ragazzi come lui li inquadravo subito: stronzi, menefreghisti, narcisisti e chi più ne ha più ne metta!
Quel tizio si credeva il sovrano dell’ intero liceo solo per il semplice fatto di esistere dato che mezza popolazione femminile della scuola ci sbavava dietro, ed il restante maschile o lo invidiava o lo ammirava.  Mio malgrado dovevo ammettere che l’aspetto estetico fosse a suo favore dati i capelli chiari e ribelli abbinati agli occhi di un blu intenso che mai avevo avuto “l’onore” di osservare da vicino… giusto per saperli definire meglio eh. Non era proprio il solito “Ken”  sciapo che si trovava in giro, lui era più una specie di Leonardo di Caprio e no, non stavo esagerando.
Comunque sia a me non importava niente, il suo fascino non aveva effetto e l’unica cosa che mi provocava la sua presenza era il giramento di palle
Okay,forse era vero che quando il primo giorno di scuola gli avevo  fregato quel twix avevo un tantino esagerato ma da qui ad arrivare a rubare la mia di merenda ce ne voleva! Io ero legittimata dalle mie ragioni mentre lui aveva agito solo per vendetta cosa che me lo faceva stare molto antipatico. Ancora più irritante era che dopo il suo furto,avvenuto due giorni dopo l’evento delle macchinette, non mi aveva più degnata del minimo sguardo neanche per sbaglio o di sfuggita, niente di niente.
Non era il fatto che non mi guardasse o che altro ad essere snervante, tizi come lui pieni di sé se ne incontravano a palate e poi io non lo conoscevo, ma era lui con i suoi modi e atteggiamenti a farlo.
Quando avevo raccontato alle mie compagne di classe ciò che era avvenuto loro si erano messe a ridere dicendo che lui fosse un grande.
A quanto avevo capito frequentava il V C e per giunta si diceva in giro che fosse anche un genio a scuola, era decisamente troppo per un semplice essere umano.


-Di fronte ad un ben di Dio del genere solo Veronica può rimanere indifferente.-
Chiara ovviamente faceva parte  delle ragazze che morivano dietro a quello, e all’appello non mancavano certo Laura e Giorgia che annuirono alla sua affermazione come in trance, io invece sbuffai alzando gli occhi al cielo infastidita anche dalle loro reazioni, neanche fosse realmente Di Caprio!
-Mah, cos’avrà di tanto special-
 Non ebbi neanche il tempo di finire la frase che Chiara, con una vocina isterica, mi interruppe iniziando a gesticolare come una matta tutta emozionata dicendo  che il tizio in questione  stava venendo verso di noi… aspetta che?!
Purtroppo la mia amica aveva ragione, eccolo lì con la sua camminata da figo, i capelli scompigliati e le mani nelle tasche dei  jeans scuri che si avvicinava sempre di più verso la nostra posizione.
Cazzo ! E adesso che faccio? Come mi comporto? Si ricorderà di me?
Mentre mentalmente mi torturavo di domande ,pressoché inutili, la mia coscienza mi ricordò che non lo conoscevo e lui non conosceva me, almeno non ufficialmente. Così ,nella lontanissima ipotesi in cui mi avesse rivolto la parola, io mi sarei comportata normalmente.
Fortunatamente all’ultimo Michele svoltò a sinistra ed entrò nei bagni dei maschi accanto alle macchinette procurandomi un enorme sospiro di sollievo e smorzando l’entusiasmo delle altre. E pensare che per un attimo ci avevo creduto davvero! Speravo solo che le nostre strade non si incrociassero mai più, diciamo che (molto) nel profondo mi vergognavo un po’ della figura da bimbetta che avevo fatto con lui ,ma il fatto che  soltanto vederlo mi faceva salire l’omicidio era tutto dire.
Finalmente poi suonò la campanella che pose fine alla ricreazione  ricordandoci le due ore di greco che ci aspettavano prima di poter essere libere e goderci il Sabato in santa pace.
 
Background: “Do I wanna Know?” by Arctic Monkeys(Da ascoltare! :P)
 

 
Durante l’ultima ora Laura aveva proprio deciso di non chiudere la bocca neanche per un nanosecondo, raccontandomi  nei minimi dettagli il litigio era avvenuto fra lei ed i suoi la sera prima perché volevano che passasse il weekend fuori con loro per andare a trovare i nonni materni. Quando parlava così a macchinetta diventava davvero irritante, e non bastava neanche che rispondessi perché lei continuava imperterrita.
-Eeee Macarena!-
La mia compagna di banco si bloccò all’improvviso e mi guardò come se davanti avesse avuto una mentecatta mentre io me la ridevo sotto i baffi.
-Vedi Laura, Facebook da efficaci consigli su come placare i logorroici.-
Laura mi diede della stronza , poi offesa dalla mia risposta si voltò verso la professoressa che per nostra  fortuna non si era accorta del nostro piccolo dibattito.  Ovviamente lei non si era arrabbiata realmente con me, dopo mi avrebbe di sicuro chiamata per finire di raccontarmi la storia.
 
Una decina di minuti più tardi la lezione finì, e non avendo alcuna voglia di prendere l’autobus decisi che quel giorno una camminata fino a casa non mi avrebbe fatto per niente male, anzi il mio culetto moscio ne avrebbe solamente giovato.
Una volta aver lasciato i miei compagni alla fermata dell’autobus il cammino divenne solitario, così mi armai di auricolari che collegai al cellulare mettendo la  riproduzione causale che partì con una delle mie canzoni preferite:  Do I wanna Know?
La canzone mi diede la carica che dopo sei ore di scuola si era totalmente prosciugata, avevo anche iniziato a canticchiarla senza rendermene conto!  Ad un certo punto il mio stomaco decise di ricordarmi che erano le due del pomeriggio e che andassi avanti con una fetta biscottata dalle sette di mattina. Mi venne in mente di avere una mela che a ricreazione non avevo proprio toccato e che mi avrebbe di sicuro aiutato a placare i crampi della fame.
Ovviamente nell’ universo poteva esistere una persona più sfigata di me?  Decisamente no.
Già, perché mentre con la mano destra reggevo la mela con la sinistra smanettavo con il telefono con il quale per altro ascoltavo anche la musica, diciamo che non era proprio il momento di accrescere le mie doti da mancina,dato che ovviamente il telefono mi cadde di mano portandosi con sé gli auricolari fino ad incontrare il cemento del marciapiede. Il vero dramma fu che non ebbi neanche il tempo di imprecare per bene tra me me  ,mentre mi chinavo a raccogliere il povero sfortunato, che un ragazzo si sporse dal finestrino dell’auto in corsa che sfrecciava sulla strada al mio fianco esclamando un apprezzamento sulle mie natiche, provocando così le risa degli altri ragazzi a bordo.
Mi alzai di scatto dopo aver afferrato il cellulare ed osservai la vettura,una 500 abhart fiammante, che ormai distanziava già parecchi metri da me eppure mi pareva che quella fosse proprio la macchina di… Okay, stavo diventando seriamente paranoica.
Probabilmente quei ragazzi provenivano dal mio liceo poiché avevo riconosciuto il cretino che poco prima si era sporto dal finestrino. Ovviamente lo conoscevo solo di vista eccenzion fatta per quelle due parole che ci eravamo scambiati una volta per caso, ma il nome non mi veniva proprio in mente.
 Ad ogni modo i maschi carichi di ormoni erano il tipo peggiore, non appena vedevano una ragazza minimamente carina non perdevano occasione per fare i cretini, ma non capivano che fossero semplicemente disgustosi.  Ripensandoci non era la prima volta che mi capitava, anche nel vecchio quartiere a volte percorrevo la strada  di ritorno a piedi e gli idioti, anche se non gli stessi, purtroppo stavano pure lì. Per lo meno adesso sapevo che il mio di dietro non fosse così male come pensassi.
 Prima di rimettermi in marcia fino a casa controllai che il mio telefono fosse integro, constatando con non poco sollievo che avesse riportato solo un piccolo graffio vicino al pulsante centrale, poi diedi un altro morso alla mela prima di buttarla nel cestino lì vicino e riposizionai le cuffiette al loro posto riprendendo a camminare.
 
Crawlin’ back to you
Never tought I’d crawl in when,
You’ve had a few
As  I always do
Maybe I’m too,busy being yours
To fall for somebody new
 
 
 
 
 
L’orologio a pendolo appeso in cucina, con il suo ticchettio snervante ad ogni secondo, segnava le sedici in punto e ciò stava a significare che in una manciata di minuti il campanello di casa mia sarebbe iniziato a suonare all’impazzata. 
In attesa di quel momento ergo l’entrata in scena delle mie amiche storiche, io me ne stavo seduta sullo sgabello dove solo quella mattina mia madre se ne stava tranquilla intenta a leggere il giornale.  Un po’ per fastidio ed un po’ per noia decisi di raccogliere i miei fastidiosi boccoli in una coda alta decisamente disordinata, e di andare a coprire la finestra con le tenda  bianco panna per impedire al Sole pomeridiano di ridurmi in una pappa deformata. In effetti per essere Novembre era davvero una bella giornata ma io ero più il tipo da pioggia,divano e telefilm.
Maledetto buco nell’ozono!
Non appena sentii il primo rintocco scattai in piedi  e arrivai alla porta di casa in tempi record ovvero poco prima del decimo di rintocco.  Non appena aprii  un uragano peggiore di quello Kathrina mi buttò le braccia al collo e per poco non persi l’equilibrio.
-Dani…mi stai…stritolando-
Daniela, la mora più esuberante che io abbia mai conosciuto nonché mia migliore amica e compagna di avventure sin dall’asilo, mi lasciò di getto dandomi di nuovo la possibilità di respirare.
-Scusami! E’ che sono così felice di essere qui con te,-
-E con me!- concluse Vera entrando in casa e chiudendosi la porta alle spalle.
Io dal mio canto corsi subito ad abbracciarla, di certo non con la stessa delicatezza da elefante di Daniela , quella rimaneva una caratteristica solo sua.
In quel momento realizzai quanto mi fossero mancate, quando stavamo insieme mi sentivo realmente fortunata e ridevamo così tanto che ogni minuto trascorso assieme era sempre più bello.
Una volta sistemate tutte le loro cose in camera mia, Io e Daniela ci mettemmo comode sul mio letto  mentre Vera, la più composta e seria fra di noi, si sedette sulla poltroncina beige accanto alla finestra accavallando le sue gambe chilometriche e spostando con un gesto secco di mano i lunghi capelli castani dietro la schiena.
-Allora,-esordì quest’ultima-voi due vacche avete intenzione di continuare ad ingurgitare le patatine o avete deciso di passarle anche a me?-
-Vacca a chi?!- Daniela aveva parlato con la bocca stracolma per l’appunto di patatine , sputacchiando un po’ di qua e un po’ di là dei pezzetti di cibo. Se non fosse stata così buffa probabilmente mi sarei arrabbiata da morire ma in quel momento mi veniva solo da ridere.
Evidentemente anche Vera doveva pensarla come me dato che anche lei non riusciva a guardare la nostra amica senza che un risolino o una risata non le scampasse al controllo.
La mora dal canto suo alternava lo sguardo fra noi due e guardandoci come se fossimo da rinchiudere disse:- Ma che cazzo avete da ridere? No, vabbè voi state fuori.-
Poi per farmi smettere mi diede una cuscinata in faccia e a Vera le lanciò il pacchetto di patatine augurandole  che le venisse “la cellulite sul culo”. 
-Daniela, non preoccuparti con noi puoi far uscire la vera sessantenne frustrata ed  in menopausa che è in te-  disse Vera procurandosi un bel dito medio dalla diretta interessata.
-A proposito di frustrata!- riprese di nuovo lei - Tu e Lorenzo avete ancora quel tipo di problema…o dovrei usare il singolare?-
La mora incastonò i suoi occhi ambrati in quelli verdi della sua interlocutrice mentre io mi godevo il teatrino in tutta comodità.
-Ma la finite oggi?! Lasciate in pace il mio povero Lory, e poi se tanto vi preme saperlo adesso fra noi due adesso va tutto a gonfie vele: L’altra volta a casa mia mi ha un-
-Ok basta!-la interruppi io- ho già ascoltato queste cose fin troppe volte.-
Non volevo fare la parte della verginella pudica ma preferivo di gran lunga prendere due chili che sentirmi ripetere quel tipo di racconti da Daniela. Quando infatti lei si trovava nel suo periodo “no” nelle parti basse ogni volta che lo faceva con il suo ragazzo, Lorenzo, mi faceva un resoconto dettagliato di tutto  quanto  interrogandosi ed interrogandomi  sul perché non le succedesse niente. Certo lei aveva scelto la persona meno adatta per quel tipo di pareri date le mie scarse esperienze nel campo, ma la parte più imbarazzante era quando incontravo Lorenzo e mi iniziavo ad immaginare tutto quello che la mia amica mi riferiva, risultato? Grandi figure di merda ed una me imbarazzatissima.
La mia amica sbuffò alzando gli occhi al cielo.
-Prima o poi lo farai anche tu, e quando succederà vedremo cosa ci racconterai!-
-Tranquilla, sono convinta che la nostra Veronica si rivelerà una panterona.- 
-Tu ci scherzi Vè ma io farò concorrenza perfino a te, sappilo. - Così dicendo mi alzai per fregare un po’ di cibo a quella stangona che approfittò della vicinanza per darmi un buffetto sul braccio e darmi della stupida in tono amichevole.
Non me la prendevo affatto per quello che dicevano, non era per niente la mia preoccupazione principale, il sesso. Se fosse arrivato qualcuno di importante nella mia vita e soprattutto se mi fossi sentita pronta lo avrei fatto di sicuro ma fino a quel momento la situazione era piatta e a me stava bene così.
-Oh! Stasera quindi ci mangiamo una bella pizza e poi andiamo in quel locale figo dell’altra volta?-
Finalmente l’argomento era cambiato!  Risposi in modo affermativo alla domanda di Daniela e poi andai in cucina per fare un’altra bella cernita di cibo.
 
 
 
 
Come un cocktail di risate, felicità e pizza, la giornata era stata decisamente favolosa.
Ed in quel momento, davanti all’ingresso del “Jazz”  ovvero uno dei locali più frequentati  ed  in voga della zona, io ,Veronica Grande, stavo constatando quanto enorme, stalker, Giuda e bastarda fosse la mia sfiga.
Sì, la mia sfiga.
No, non perché mi si fosse rotto un tacco o un improvvisa smagliatura sulla calza era comparsa silenziosamente e, pensate un po’, neanche il mio vestito aderente e sbrilluccicoso aveva subito alcun danno.
Il mio problema era concreto, di certo non mi preoccupavo della parlantina di Daniela  o dei lamenti di Vera su quanto quella fila fosse lunga ed infinita. Il mio problema era alto, biondo, aveva due lapisazulli incastonati al posto dei bulbi oculari e… ahimè quella sera era vestito da dio.
Riprenditi.
Vi starete domandando: Ma come si fa ad odiare una creatura del genere?
Fidatevi, si fa.
 
-…nica! Veronica!-
Le parole di Vera furono accompagnate da una gomitata ben assestata nello stomaco, che per qualche secondo mi tolse il fiato.
-Ma sei scema?!-  inveii contro la mia amica circondandomi la pancia con le braccia e sporgendo il busto leggermente in avanti.
-Ringraziami! Era da mezzora che stavi lì imbambolata a guardare quel biondino che, devo dire, ha un amico niente male!-
Spalancai gli occhi e sentii il sangue affluirmi decisamente in modo troppo veloce al viso… aveva veramente gridato tutto ciò? L’avrei uccisa un giorno di quelli.
Come previsto, una testa bionda poco distante da noi e qualche altro curioso si voltarono nella nostra direzione, provocando in me un senso di crescente imbarazzo.
Michele Giuliani mi aveva iniziato a fissare, inarcando le sopraciglia e facendo comparire sul suo visino angelico un’espressione interrogativa.
Sfacciato come pochi, pur sapendo che io lo stavo guardando di rimando, si soffermò su ogni punto della mia figura.
Sherlock, all’improvviso, rilassò il voto e si stampò un ghigno in faccia.
Nonostante la gente che ci divideva e si frapponeva fra di noi, nonostante ogni cellula del mio corpo mi gridasse di NON stabilire un contatto visivo con lui, ciò accadde.
Per una frazione di secondo mi dimenticai di tutto, era come succedeva nei film quando tutto intorno alla protagonista rallenta e rimane solo lei e poi… inaspettatamente,Giuliani mi fa l’occhiolino e sparisce all’interno del buio edificio.
 
 
***

 
 
-Ok… Quindi mi stai dicendo che quello viene a scuola con te.-
La mia amica diede un altro sorso alla sua pina colada per poi focalizzare nuovamente la sua attenzione su di me.
Da circa un quarto d’ora, Daniela ed io ci trovavamo sedute su degli sgabelli affiancati ad un lungo bancone illuminato da una luce a neon interna. 
L’ambiente circostante era oscuro e decisamente molto chiassoso.
Il posto era colmo di gente che si dimenava sulla pista da ballo, rendendo impossibile ad un esterno di distinguere qualcosa oltre alla massa.
Da un punto di vista estetico però il locale era decisamente molto moderno.
Vera invece si era dileguata assieme ad un ragazzo che non aveva più di diciannove anni, di sicuro di lì a poco sarebbe ritornata da noi già stufa del suo corteggiatore e pronta per scovarne uno nuovo.
 Io, dal mio canto, mi limitavo comportarmi da poveraccia pensando e ripensando a quello che era successo l’attimo prima di aver perso di vista il mio amicone.
Sospirai sonoramente, poi presi una lunga sorsata rinfrescante del mio Martini. Per una frazione di secondo tutto attorno a me parve instabile e poi tornò alla normalità lasciandomi lievemente spaesata.
No, non ero proprio abituata a bere alcolici.
-Sì.- mi limitai a rispondere.
Daniela mi guardò torva, forse in attesa di una risposta più esaustiva. Risposta che ovviamente non avrebbe ricevuto.
Non volevo pregiudicarle la serata facendole sapere come realmente mi sentissi, eppure era logico che volesse delle spiegazioni riguardo al “tizio misterioso”.
Ma caspita, quante probabilità c’erano che proprio il mio stesso giorno,quasi alla stessa ora ed in mezzo ad una moltitudine di gente dovessi incontrare per forza lui!
Argh.
-Va bene!- esclamò Daniela, alzando le mani in segno di resa-  Mi arrendo, me lo vuoi dire chi cazzo è?!-
Giuro che ero realmente in procinto di dire la verità alla mia migliore amica ma il caso, ancora una volta, volle che in quel preciso istante alle spalle della mia interlocutrice si palesasse il soggetto del nostro discorso.
Probabilmente grazie alla mia faccia da pesce lesso  Daniela ,leggermente stranita, seguì la traiettoria del mio sguardo  giusto il necessario per vedere cosa,o meglio, chi mi avesse procurato tanto sgomento.
Giuliani era appoggiato al bancone, a neanche un metro di distanza da noi, e probabilmente stava ordinando un drink.
Fa che non si giri. Fa che non si giri. Fa che non si giri.
 

 
Troppo tardi.
 



Angolo Autrice
 

Salve a tutti!
Ed eccoci qui con il primo capitolo, che arriva a distanza di mesi dal prologo.
Ho avuto dei problemi con il PC che mi ha cancellato pagine intere facendomi passare la voglia di scrivere, e poi io odio profondamente i capitoli introduttivi.
Finalmente, con la chiusura delle scuole, avrò  a disposizione mooooolto tempo libero da dedicare a questa piccola parte della mia vita.
Ci terrei a precisare che sto scrivendo questa storiella per me principalmente, diciamo che è una sfida con me stessa,  per questo motivo mi ha fatto tanto piacere ritrovarmi con  147 visite!!
  Vi assicuro che per me sono tantissime e ve ne sono grata per questo.
Ringrazio immensamente tutte le ragazze che hanno aggiunto fra le seguite\ricordate\ preferite “Non è sbagliato se ti rende felice” .
Un grazie speciale va a annachan13 che ha recensito riempiendomi di gioia!
 
Baci <3
 

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Capitolo 3
*** È sempre Sabato sera ***


Si era voltato, e non si era limitato solo a quello.

Probabilmente, dal modo in cui mi stava guardando, si era accorto di me già in lontananza e una vocina maligna mi stava sussurrando all’orecchio che l’aveva fatto a posta ad avvicinarsi, un pretesto era solo ciò che gli serviva.

Mi stava riservando un sorriso da cui trapelava una malizia evidente, fin troppa.

Dani, dopo essersi voltata con la sua solita “discrezione”, aveva richiamato la mia attenzione su di lei tirandomi per un braccio con la bocca socchiusa dallo stupore.

-Ao!- esclamò, continuando convulsamente a tirarmi per un braccio, probabilmente sotto shock, non avendo mai visto un ragazzo bello da non sembrare vero provarci con una sua amica.

-Quello ti si vuole proprio fare di brutto!-

Terminò la frase, colma di eccitazione.

-Ma non dire ‘ste stronzate!-  

Fu la mia acida risposta.

Mai e poi mai.

Forse.

Non ero capace ad essere coerente neanche con me stessa, davvero molto limitata.

Nel frattempo Giuliani si era sporto verso il barman, riferendogli qualcosa che  non sarei mai riuscita a percepire dalla posizione in cui mi trovavo.

Il barista annuì in direzione del ragazzo, mentre quest’ultimo probabilmente dopo averlo ringraziato si era dileguato in mezzo alla folla, senza degnarmi neanche di un ultimo sguardo.

Una punta di delusio... di qualcosa mi solleticò lo stomaco, che all’improvviso sembrava essersi ristretto.

Non significava assolutamente niente.

-Ecco, guarda.-invitai con nonchalance Daniela a rendersi conto da sola di ciò che era successo, prendendo a mordicchiare nervosamente la cannuccia del mio drink che ormai consisteva solamente in ghiaccio sciolto.

Dani diede un’occhiata in giro osservando bene la zona in cui precedentemente vi era il biondo.

Quando si voltò di nuovo verso di me aveva un’espressione perplessa stampata in faccia, come se qualcosa non le stesse tornado.

Di solito lei non si sbagliava mai su queste cose, possedeva una sorta di sesto senso quando doveva intuire l’interesse degli altri per o in qualcosa.

Diceva bastasse un secondo per leggere gli occhi di una persona, l’unica parte del corpo umano in cui venivano esplicitati i pensieri più profondi di un individuo, poteva essere un secondo come minuti interi.

Si poteva cogliere anche solo da un lampo  nello sguardo o da una minima sfumatura, bisognava essere bravi a ad afferrarla nell’attimo giusto e possedere la capacità di saper “leggere fra le righe”.

Dono mistico, già.

Pensai, roteando gli occhi.

Eppure la mia amica  avrebbe giurato che nello sguardo del ragazzo misterioso ci fosse curiosità e interesse.

Poteva anche essersi sbagliata, ma lo stesso sesto senso le suggeriva che non fosse così.

D’altronde però c’era una prima volta per tutti.

-Strano...peggio per lui comunque.-

Dani si strinse nelle spalle e, probabilmente con l’intenzione di cambiare argomento, decise di proporre un’idea stuzzicante.

-Ti va di andare a ballare un po’ ?- 

Chiese speranzosa di ricevere una risposta affermativa.

Stavo per aprire bocca quando lo stesso barman che aveva servito Giuliani poco prima ci si avvicinò ,lasciandomi sul bancone un bicchiere di cristallo splendente contenente un liquido molto somigliante  a ciò che poteva essere definito prosecco.

Si trattava probabilmente di uno sbaglio, dato che sia io che Daniela non avevamo ordinato niente di simile.

-Scusa!-

Urlai, sporgendomi verso il ragazzo dietro il bancone per richiamare la sua attenzione.

Lui si girò con un’espressione corrugata stampata in volto.

-Non è nostro, mi sa che ti sei sbagliato.-

Lo informai, in tono cortese.

Il barista si schiaffò una mano sulla fronte, dandosi del cretino.

Quando si riavvicinò, sia io che Dani pensavamo che fosse venuto a riprendersi  l’ordinazione, e invece accanto al bicchiere aggiunse un bigliettino bianco e semplice.

-Ti è stato offerto, la bottiglia la puoi venire a prendere quando vuoi.-

Specificò il ragazzo.

Bottiglia? Addirittura!

La prima cosa che feci fu incrociare lo sguardo di Daniela che, a differenza del mio colmo di stupore, trapelava soddisfazione. La mi amica non si riservò neanche dal dedicarmi  un’occhiata che lasciava intendere che la sapesse lunga.

-Beh, leggi ‘sto biglietto che aspetti.- 

Emozionata, presi quel pezzettino di carta fra le mani e lessi ad alta voce ciò che vi era stato scritto.

-Ero in debito con te.- 

Daniela applaudì come una bimba impazzita, probabilmente neanche avendo concepito il perché di quella frase non essendo al corrente della storia.

Rimasi letteralmente di stucco.

Le parole erano uscite fuori dalla mia bocca, arrivando alle mie orecchie solo in un secondo momento nel quale compresi il vero senso di quest ultime.

Daniela mi diede una spinta amichevole sulla spalla.

-Lo vedi che avevo ragione! Punta sull’alcol il tipo...vuole proprio farti allora, senza alcun dubbio.-

Tintinnò la testa con fare soddisfatto.

Ero scioccata, mi aveva fatto davvero piacere e dovevo ammetterlo.

Un sorrisetto scampò al mio controllo e fu troppo tardi per nasconderlo all’occhio aquilino della mia amica.

-Beccata!- esclamò,sgranando gli occhi.

Dopo averle rifilato un’occhiattaccia(no,non mi piaceva essere colta in fallo), le intimai di smetterla di fare la bambina.

In tutta risposta iniziò a torturami canticchiando un qualcosa che ricordava molto “Veronica è innamorata” e gne gne gne.

All’improvviso Daniela bloccò la sua stupida cantilena e fissò un punto preciso dietro le mie spalle.

-Che c’è ?- 

Le chiesi, troppo presa da me per tornare con i piedi per terra.

-Ciao.-

Una voce profonda mi fece voltare e mi trovai faccia a faccia con il celeberrimo Michele Giuliani.

Leggenda per la sua bellezza che ricordava molto un modello di Calvin Klein, leggenda per la sua stronzaggine e (new entry) leggenda per il suo romanticismo (?).

-Ciao...- mi trovai quasi a sussurrare, a corto di fiato.

Ero proprio una grandissima ipocrita, non c’è che dire.

Un bigliettino e mi scioglievo, applausi per me.

Michele si pose una mano sul collo che portò su fino in mezzo ai riccioli biondi, in un gesto che sembrava trasudare studiato disagio.

Contemporaneamente aveva puntato lo sguardo in basso e intrappolato il labbro inferiore in una dolce presa fra i suoi denti.

Ah sì, e mi stavo scordando di aggiungere che contemporaneamente il mio cuore aveva perso un battito.

-Ti va di ballare un po’ ?- 

Mi chiese, riportano i suoi occhi su di me.

Fui quasi tentata di girarmi per accertare che la stesse realmente facendo alla sottoscritta quella domanda.

Nonostante ciò, dovetti frenare il mio entusiasmo altrimenti avrei iniziato a ballare pure sul bancone del bar.

Mi ricordai dell’esistenza di Daniela, non potevo lasciarla sola, ma quando mi rigirai non c’era più. Dileguata.

Perplessa, ritornai a riporre la mia attenzione su Michele.

-Ehm... ok.- 

Lui mi sorrise smagliante e io mi sciolsi in un brodo di giuggiole.

Afferrò la mia mano e mi condusse verso la pista da ballo.

Ero incerta sul dove mettere le mani, avevo timore di fare un delle mie solite figuracce.

Giuliani al  contrario di me, anche se  con disinvoltura, posò le mani sui miei fianchi in una maniera gentile e non possessiva.

Titubante, decisi di poggiare le mie mani sulle sue spalle pur di non restare con le braccia appese come una bambola di pezza.

Fui io la prima a parlare, cercando di rompere il ghiaccio.

-Come mai ti sei redento?- Mi dovetti avvicinare al suo orecchio per fare in modo che percepisse le mie parole.

La buttai giù sul ridere, ma in realtà volevo sinceramente sapere cosa gli frullasse per la testa. Gli feci quella domanda come se fosse un amico con cui avevo confidenza, ma il mio disagio era alquanto palpabile.

Mi osservò riflessivo e poi a sua volta si avvicinò al mio di orecchio, per rispondere alla domanda.

-Non so... forse sei stata tu stessa a farmi cambiare idea.- 

Le palpitazioni del mio cuore si erano decisamente velocizzate, quella vicinanza non mi faceva troppo bene.

E poi che significava quella frase?

-E come avrei fatto?-

Mi sorrise sornione e aumentò quasi impercettibilmente la vicinanza dei nostri corpi.

-Diciamo che quella era stata una brutta giornata,- fece una breve pausa, nella quale forse cercò le parole esatte da usare, nel mentre il suo respiro caldo solleticava la pelle sensibile del mio orecchio. 

Trattenni  dei piccoli brividi lungo la spina d’orsale.

-Non ti avevo mai visto a scuola prima di quel giorno.-concluse.

Aveva sviato la mia domanda, ma li per lì non ci diedi peso.

Sospirai, perché per me quello del trasferimento era un tasto ancora dolente.

-Sono venuta qui prima dell’inizio della scuola, prima abitavo in un altra parte della città.

Michele annuì comprensivo.

Man mano che parlavamo non lo avvertivo più come una presenza sgradevole ma come invece una persona tranquilla e ovviamente come uno gnocco patentato.

Sorriso da capogiro, due occhi chiari e profondi e dei cappelli... forse i capelli erano la parte che preferivo.

Avrebbero potuto far invidia ad una donna.

-E tu Grande, come mai ti sei redenta?-

Quella frecciatina mi colpì particolarmente,  non avevo scuse... magari mi piaceva e basta ma non avrei potuto dirglielo giusto dopo dieci minuti avergli parlato seriamente per la prima volta.

Mi soffermai più del dovuto a pensare che sapesse addirittura il mio cognome , si era informato quindi!

Ed ecco che partono i film mentali.

-Sono magnanima, concedo seconde possibilità a tutti ma terze a nessuno!-

Asserì io ,sorridendo come un angioletto.

Lui sembrò divertito dalla mia battuta e con disinvoltura si passò la lingua fra le labbra.

Non era un gesto malizioso, era stato del tutto spontaneo ma comunque mi portò a domandarmi se esistesse individuo sulla terra ad emanare più sesso di questo ragazzo.

-Sai non ti facevo così... così....- esitò in cerca di parole.

-così?- lo incitai a terminare la frase, ma non ci fu l’occasione perché il suo cellulare iniziò a vibrare nella tasca del suo jeans nero. 

Ci spostammo dalla pista da ballo per raggiungere un margine del locale un po’ meno affollato.

Tirò fuori il suo iphone e corrrugò la fronte leggendo il nome della persona che lo stava cercando.

Riportò i suoi occhi su di me.

-Scusa, devo rispondere.- Disse con fare quasi sbrigativo, allontanandosi  prima che potessi anche proferire un qualcosa somigliante ad una parola.

Seguì la sua figura arrivare fino all’uscita posteriore del locale  e scomparire via dal mio campo visivo.

Rimasi perplessa.

Si era comportato bene fino a quel momento e adesso mi lasciava così? Ma allora che voleva da me? 

E oltretutto mi ero pure scordata di bere ciò che mi aveva offerto, che stupida.

Sarebbe tornato? Lo avrei dovuto aspettare lì? Ma sopratutto da quando mi facevo tutte queste seghe mentali per un ragazzo?!

Decisi di darmi un contegno, se avesse voluto che lo aspettassi avrebbe almeno potuto dirmelo, come minimo.

Non ero mica uno zerbino.

Giunsi  alla conclusione che fosse giusto aspettare cinque minuti, nel caso in cui non fosse tornato in quel frangente di tempo sarei andata a cercare le mie amiche.

Magari aveva avuto un’emergenza o era successo qualcosa di grave, non dovevo giungere per forza a conclusioni sbagliate ora che si stava dimostrando come una persona piacevole.

La scia dei miei pensieri fu bruscamente interrotta da una mano che mi artigliò il polso.

-Veroooooo!-

Gridò un’ubriachissima Vera. 

Non ci potevo credere, ma perché si era ridotta in quello stato?

Ad accompagnarla vi era una Daniela infuriata che la sorreggeva tenendola sotto braccio.

-Ma quanto ha bevuto?- 

Chiesi scioccata all’amica sana che mi era rimasta.

-Eiiii, non ho mica bevuto tanto giusto... giusto un pooooochino- disse Vera ,seguendo le sue parole con  una risata totalmente insensata e frivola. 

Daniela scosse la testa e sospirò sonoramente.

-Quel cretino con cui era scomparsa l’ha fatta bere un botto.- 

-Tho....thomas non è un cretinooo Daniiii, cattivaa-

Le parole uscivano dalla bocca di Daniela stridule e intonate.

-Hai ragione, è proprio un coglione. 

Li ho trovati nel bagno e a momenti lui, sobrissimo fra l’altro, non le strappava i vestiti di dosso.- 

Avevo assistito a quella scena in silenzio, seriamente preoccupata per le condizioni della mia migliore amica.

Era stata proprio un’incosciente.

Daniela faceva bene ad essere incazzata nera.

Se fosse stata in sé Vera non si sarebbe mai concessa a nessuno in uno squallidissimo bagno publico. 

-Andiamo via, chiamo un taxi.-

Così tutte e tre ci dirigemmo verso l’uscita del “Jazz”, non appena Vera si sarebbe ripresa e si fosse sentita meglio le avremo fatto una bella grattata di testa.

 

 

 

 

 

Una pesante sensazione gravava sul mio stomaco, pian piano il risveglio mi stava strappando dalle braccia di morfeo e, con la crescente consapevolezza di starmi per svegliare ne cresceva anche un’altra, di consapevolezza.

Quella non era una sensazione, ma un peso vero e proprio.

Era la fottuta gamba di Daniela che era delicatamente poggiata sulla mia pancia e attanagliava entrambi i miei fianchi 

Grugnii in modo molto poco femminile.

Da quando eravamo piccole non si era mai tolta quella fastidiosa abitudine.

A momenti non la scaraventai dall’altro del letto, dove dormiva Vera.

Una volta in piedi, mi diressi in bagno e , dopo essermi soffermata per qualche minuto ad osservare il mio riflesso allo specchio, realizzai di aver assunto le sembianze di un morto vivente.

Gli occhi erano gonfi e contornati dal residuo di trucco della notte precedente, i capelli ridotti ad una matassa e nel complesso facevo schifo.

Sbuffai sonoramente e mi diressi in cucina, dove  trovai un post it appeso al frigo da parte dei miei genitori.

Tesoro, siamo andati a fare colazione al centro, torniamo per ora di pranzo.

Se non dovessimo tornare in tempo per salutare le tue amiche spero tu possa farlo per noi. 

Baci,

mamma.

Ci impiegavo sempre tanto a decifrare i bigliettini di mia madre, dopotutto era sempre un medico.

Sapeva però che con me doveva essere più chiara, altrimenti non avrei decodificato cosa cavolo ci fosse scritto.

Erano soliti uscire la Domenica, era un giorno che dedicavano solo a loro... quando ero una bambina anche io prendevo parte a quelle uscite ma crescendo avevo di gran lunga preferito dormire.

Probabilmente si erano recati a Piazza Navona, lì c’era un chiostro che amavano alla follia.

-Buongiorno...-

Una  Vera molto malconcia si appoggiò allo stipite della porta della cucina.

-Buongiorno Vè-

Parlai senza lasciar trapelare dal suono delle mie parole alcun tipo di emozione. 

Ero arrabbiata con lei, non per il fatto di aver bevuto, ma per aver lasciato che uno stupido ragazzo per poco non se ne approfittasse.

La Vera che conoscevo io era scaltra, non le sarebbe mai successa una cosa del genere.

Dedicai tutta la mia attenzione a ciò che il frigo conteneva, piuttosto che guardarla e farle capire in modo così crudo ciò che provavo.

D’altronde se non lo dicevo io, lo diceva la mia faccia.

-Sei arrabbiata?-

Mi chiese, sedendosi su una delle sedie del tavolo da pranzo.

Rimasi un attimo a riflettere se fosse giusto rispondere o meno.

Ovviamente, tempo due millesimi di secondo, mandai tutti i miei buoni propositi al diavolo.

-Sì Vè, sono arrabbiata con te!- le davo le spalle, quindi non poteva vedere l’espressione dura che avevo stampata in volto.

-Veronica... sono stata una fottuta stupida, e so di non avere scuse.- fece una pausa in cui prese un bel respiro.

-Potevo passare un guaio,- fece una breve pausa in cui sembrava star riflettendo bene su ciò che dire- potevo mettere anche voi nei casini, 

E Dio solo sa quanto mi dispiace.- concluse.

Ci fu un silenzio, un silenzio nel quale continuai a prepararmi la colazione indifferente. 

-Se lo fai un’altra volta...- mi girai di scatto, e le puntai contro il coltello (di plastica) ,con il quale stavo spalmando la nutella sui biscotti, tutto ciò per aggiungere pathòs alla mia minaccia.

-Se lo fai un’altra volta ti spacco il culo.-

Conclusi, tutto d’un fiato.

 

 

Vera saltò in piedi e mi buttò le braccia al collo. Per due minuti buoni non fece altro che ripetermi che mai ci avrebbe fatto preoccupare così tanto e che era contenta che l’avessi perdonata.

Sorrisi poggiando il mento sulla sua spalla.

-Sì, però dopo devi affrontare Daniela...so cazzi tuoi.-

Scoppiano entrambe a ridere e ci sciogliemmo da quell’abbraccio.

-Ah, Verò! Mi ricordo vagamente che Thomas, lo stronzo di ieri, ti abbia nominato parlando del suo amico... un certo Michele.-

Le mie orecchie si drizzarono come due antenne.

Finsi malcelato interesse, ma in realtà dentro motivo per sapere cosa la mia amica mi dovesse dire.

-Ah sì? Forse perché andiamo nella stessa scuola. -

Thomas Sforzi, uno che faceva parte del gruppo elitario che frequentava lo stesso Giuliani.

Si credevano un po’ i re della scuola.

Quel tizio mi sembrava lo stesso che il giorno prima aveva fatto un apprezzamento sul mio sedere.

Un brivido mi percosse solo al pensiero.

Nel frattempo Vera assunse l’espressione tipica di chi si sforza per ricordare qualcosa.

-Può darsi.... però ricordo che parlava di te e di un’altra ma non so il perché, mah.-

La mia amica si strinse nelle spalle, e iniziò a dedicare tutta la propria attenzione alle sue unghie.

Un’altra, ma di chi?

Addentai un biscotto sconfortata.

Dei chili in più mi avrebbero di certo fatta più bella, bella mossa Veronica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Scoperte ***


Scoperte

 

Il fiato corto, i polmoni che bruciavano come carboni ardenti e il corpo che non reggeva più per lo sforzo eccessivo dovuto alla lunga corsa che avevo fatto da casa fino a scuola, complice il mio estremo ritardo.

Della serie: Usain Bolt, spostati.

Entrai in classe, tirando un sospiro di sollievo nel constatare che la professoressa fosse ancora più “puntuale” di me.

Raggiunsi il mio banco che, in quel momento e in quelle condizioni psico-fisiche, mi pareva una delle sette meraviglie del mondo.

-Buongiorno Veronica!-

una raggiante Laura mi stava seduta di fianco. 

Non potevo vederla in viso perché avevo abbandonato la testa sulle braccia, a loro vota poggiate sul banco.

In risposta, sbiascicai qualcosa di simile a quello che aveva detto lei e tornai a vegetare.

-Mamma mia, non ci crederai mai... ho un sacco di cose da dirti!- squittì eccitata, la mia compagna di banco.

Evviva..

-Allora, partiamo dal fatto che è stato un fine settimana da urlo, ah! Sono andata a fare shopping con mamma.- 

sbattei la testa sul banco, non capivo perché ciò doveva succedere proprio a me.

-No aspè, a questa non ci crederai mai... è una bomba Verò!-

Laura non riuscì mai a informarmi della notizia bomba che doveva darmi perché 

la prof entrò in classe proprio in quel momento, facendo calare un silenzio tombale... si percepiva da due mila chilometri che quella vecchia megera era in vena di interrogazioni.

Mentalmente, pregai Daniel Defoe per intercedere lì nel regno dei beati a mio favore.

Dopo aver fatto l’appello, la professoressa d’Inglese ci sorrise.

Mi stropicciai gli occhi per constatare se avessi realmente visto la Marconi sorridere. 

Non fui l’unica ad avere quella reazione, ma come me metà classe era rimasta sbalordita.

-Ragazzi...- 

La prof ci scrutò uno ad uno, eravamo rimasti tutti con il fiato sospeso in trepidante attesa di una spiegazione riguardo quel folle gesto.

-Sono felice di annunciarvi,- proseguì- che la vostra classe è stata scelta per seguire un progetto sullo studio della lingua e letteratura inglese, con viaggio istruzione annesso.-

Per qualche secondo nessuno si azzardò a proferire parola, come se temporaneamente privi di alcun tipo di emozione.

Da un momento all’altro nella classe si scatenò l’impensabile, con la presente della Marconi.

Eravamo tutti estasiati all’idea, ed ognuno lo stava manifestando in modo evidente.

Al Leopardi erano soliti fare viaggi di istruzione, ma senza alcun tipo di percorso e soprattuto principalmente in Italia.

Era raro che la meta fosse all’estero.

Dal mio canto, la situazione nella scuola che avevo frequentato precedentemente era più o meno la stessa.

-Please guys,Un po’ di contegno!-

La Marconi ci richiamò all’attenzione ed il silenzio ricalò, ma stavolta eravamo tutti pimpanti e pendevamo dalle labbra della nostra professoressa.

-Siete stati gemellati con alcune classi, il resto ve lo spiegheranno all’ultima ora in Aula magna. Tutti coloro interessati dal progetto saranno  lì.-

Decisamente la giornata aveva preso una svolta migliore.

Rivolsi gli occhi verso l’alto e pensai che lassù allora almeno qualcuno si ricordava di me ogni tanto, con un sorriso ebete stampato in volto.

Data l’eccezionalità della notizia, la prof fu talmente magnanima da non interrogare ed il resto dell’ora volò via.

 

A ricreazione mi ero sentita poco bene, quindi avevo preferito rimanere in classe piuttosto che uscire con le altre.

Fortuna che almeno le telenovelas di Laura me le ero risparmiate.

In quarta ora quei maledetti crampi allo stomaco proprio non volevano sapere di andare via, chiesi quindi al prof di andare in bagno.

In realtà non avevo urgenze fisiche, ma volevo controllare se fosse tutto apposto.

Prima che entrassi io il bagno era deserto, ad un certo punto però  capii di avere compagnia a causa di due distinte voci femminili.

-Ma lo sai che lui nel frattempo ci ha provato con un’altra?-

Si trattava di una voce squillante e alquanto acuta, con una cadenza abbastanza marcata.

Ovviamente solo io ero cosciente del fatto che fossimo in tre in quel posto, dato che mi trovavo chiusa dentro uno dei bagni disponibili.

-Ah sì? Bello stronzo...- 

la seconda voce era più pacata, ma comunque si trattava indubbiamente di due pettegole, però preferii restare lì ad ascoltare perché uscire e far capire loro che avevo assistito alla conversazione non era proprio il massimo.

-Certo che è proprio figo però, peccato che sia così.- continuò la seconda.

L’altra sospirò.

-D’altronde mica è fidanzato, con una era solo sesso e dell’altra ci sono solo voci... sembra che siano amiche addirittura.-

Bello stronzo sì.

I maschi ragionavano solo con una cosa, era innegabile.

Quando le due ragazze finalmente  uscirono  dal bagno, feci lo stesso anche io.

Ero talmente persa nei miei pensieri che, nella strada per ritornare in classe, mentre svoltavo per raggiungere la mia classe, qualcuno che stava seguendo la direzione opposta alla mia si scontrò con la mia decisamente poco imponente figura.

-Ma che cavolo...Giuliani?-

Non appena sollevai lo sguardo mi gelai, rendendomi conto che era proprio lui il ragazzo contro cui ero andata a sbattere poco prima.

Quando si dice la sorte!

Lui, dal suono canto, si limitava a guardarmi dall’alto in  basso, dedicandomi un sorrisetto furbo e compiaciuto.

-Veronica.-

-È il mio nome.-

Gli dedicai un sorriso tiratissimo e feci per oltrepassarlo, ma me lo impedì.

Perché il suo nome sulle mie labbra sembrava quasi un insulto? E perché io ero improvvisamente diventata così suscettibile?

Decisi di ricompormi e darmi un contegno, non ero mica difronte a Ryan Gosling!

-Nervosetta?- mi chiese ironico, non sapendo di rischiare la vita.

-Ti puoi spostare?- 

Imitai un finto tono cortese, poteva andare ad illudere qualcun altro.

-Non ti ho più vista dopo la festa, che hai fatto nel weekend?-

Beh se era così interessato, avrebbe anche potuto contattarmi in qualche modo, pensai.

Un risentimento che non ero del tutto certa di provare si era accesso da qualche in parte in me, tentai comunque di soffocarlo anche se in vano.

-Niente di che.- risposi, sperando che il mio disagio non fosse troppo evidente.

In quel momento il suo sguardo si fece indecifrabile e con i suoi occhi blu sembrava scrutare la mia figura  con attenzione.

-Dopo sei impegnata?-

Fermi tutti.

Le cose erano due, o stava per chiedermi di uscire o io stavo facendo un sogno.

-Perché ?-

risposi frettolosamente, imitando la sua sicurezza e fingendo di non aver capito dove volesse andare a parare.

Si passò una mano fra i boccoli biondi, e si ummettò le labbra carnose passandovi in mezzo la lingua.

-Tieniti libera per oggi pomeriggio.-

Un flebile “ok” volo via dalle mie labbra istintivamente, ma probabilmente non era neanche giunto alle sue orecchie , dato che si era già volatilizzato nel nulla.

Pregai affinché non avesse sentito, e ne ero quasi certa.

Non potevo essere così contraddittoria, quel consenso mi era scappato... era stata tutta colpa del mio infido subconscio.

Ma era successo veramente o mi ero immaginata tutto?

Un sorriso spontaneo mi fece curvare le labbra,non appena  realizzai che fosse tutto vero.

Ero felice, e non di avere un appuntamento con un ragazzo ma di avere un appuntamento con lui.

Significava quindi che forse un pochino lo avevo colpito.

Era forse il primo a suscitare in me qualcosa, come se mi stesse in qualche modo lentamente  riscuotendo da un torpore, che alla lunga ti assorbe completamente.

-Grande! Che ci fai qui impalata  in corridoio?-

La scia dei miei pensieri fu bruscamente interrotta dal Prof di arte, uno di quelli abbastanza alla mano ed in gamba.

-Scusi, ero andata in bagno.-

Con il viso completamente bordeaux e la coda fra le gambe, passai accanto al professore e mi diressi spedita in classe.

Chissà quanto sembravo tonta vista da fuori...

 

 

 

 

 

Quando la professoressa ci aveva informati che “poche” altre classi avevano aderito al progetto, probabilmente avrebbe dovuto anche precisare di non prenderla alla lettera.

L’Aula Magna era piena di studenti appartenenti a diverse classi del triennio, 

il chiacchiericcio diffusosi nella stanza trasudava eccitazione e curiosità.

-Pss..- 

Ignorai quel richiamo pensando che non fosse rivolto a me, sbagliando.

-Psss!-

Ma chi era il cretino che non recepiva il messaggio? Odiavo quel rumore.

-Veronica, ti giri un attimo?-

Ah, ero io quindi.

-Che c’è ?-

Mi voltai verso  di Laura , seduta dietro di me, che aveva stampato in faccia un sorriso incuriosito, ma questa invece di parlare mi indicava solamente con la mano un punto alla sua sinistra .

Con lo sguardo seguì la traiettoria del suo dito indice, sinceramente confusa.

Ma cosa diavolo stava indicando?

Quando stavo quasi per convincermi che mi stesse prendendo in giro, mi resi conto che un ragazzo dall’altro lato della stanza non faceva altro che guardarmi, e anche se distoglieva lo sguardo per un secondo, per rispondere al richiamo di qualche suo compagno, il secondo successivo i suoi occhi erano nuovamente su di me.

Qualcuno avrebbe potuto consideralo un atteggiamento inquietante, ma non se gli occhi in questione erano i lapisazulli di Michele Giuliani.

Socchiusi la bocca per lo stupore. 

Sentì il cuore accelerare un po’ i battiti, mentre qualcosa in me era contenta al pensiero che quell’idiota di Giuliani mi stesse osservando, magari da quando ero entrata in Aula Magna.

Non mi ero neanche accorta della presenza della sua classe.

Mi rigirai di scatto, rossa come un peperone per l’imbarazzo.

Non volevo che qualcun altro si accorgesse di ciò che era successo... Laura già valeva per mille bocche.

Sentii picchiettare sulla mia spalla, ma stavolta non mi girai.

-Veronica,adesso mi spieghi questa storia.- 

asserì Laura trattenendo le risa, probabilmente vedendo di sfuggita la mia faccia e constatando la rigidità che si era impadronita del mio corpo.

-Dopo.- sussurrai a denti stretti.

L’arrivo dei Professori fu provvidenziale, infatti questi ultimi richiamarono all’ordine gli studenti presenti, e ottennero  ciò che avevano chiesto praticamente all’istante.

Evento più unico che raro.

Ogni singolo ragazzo pendeva dalle loro labbra.

Un insegnante  di un’altra sezione si era alzato in piedi, si trattava di un uomo sulla cinquantina e con una faccia paffuta e rossiccia.

-Benvenuti ragazzi, io sono il professor Domesi, insegno lingua e letteratura Inglese.- 

Fece una breve pausa, poiché  interrotto da fischi e uqualche applauso provenienti dalla parte dell’aula dove vi era il VC, probabilmente una classe in cui insegnava.

-Sì...- continuò imbarazzato - dunque, siete qui perché parteciperete al progetto organizzato da noi professori, con viaggio finale di una settimana in un college nei pressi di Londra, dove sarete invitati a presentare ciò a cui avete lavorato durante l’anno scolastico.-

Un applauso assordante raggiunse le orecchie di tutti i presenti, alcuni fischiavano,altri gridavano, ed io e le mie amiche esultavamo come pazze.

Londra! Era molto al di sopra delle nostre aspettative, sarebbe stato un campo scuola da urlo.

-Ragazzi!- 

La Marconi strappò  di mano il microfono al professore, palesemente irritata.

Dovette richiamarci più volte per riacquistare la nostra attenzione.

-Ragazzi, non sarà una passeggiata ! Avrete molto a cui lavorare, quindi direi di iniziare subito con la divisione dei gruppi.-

Guardò i suoi colleghi ottenendo il consenso di tutti loro.

-Parteciperanno anche altre scuole della zona, perciò ognuna delle vostre classi è stata gemellata con un’altra di una di queste scuole.-

La Marconi fece una pausa, assicurandosi che tutto fosse chiaro, poi proseguì.

-La classe con la quale siete stati gemellati vi verrà presentata direttamente a Londra. Si tratta infatti solo di una mera questione organizzativa.-

Alcuni studenti alzarono la mano per fare  domande, e nuovamente la spiegazione venne interrotta.

Si persero così parecchi minuti in cui ci dedicammo a fare congetture e parlare di quanto epico sarebbe stato quel viaggio.

-Ah, un’ultima cosa! Il progetto riguarderà la connessione della letteratura e della lingua inglese con quella italiana, verrà svolto nell’ora settimanale che da oggi fino ad aprile sarà dedicata ad esso. Il lavoro più originale e creativo riceverà un premio. È tutto!-

La conclusione del discorso della Marconi fu seguita tempestivamente dal rintocco della campanella, che poneva fine ad un’altra giornata scolastica.

 

All’uscita non riuscii ad evitare in alcun modo di finire fra le grinfie di Laura che, presami in disparte, aveva iniziato a farmi il terzo grado.

-La, te l’ho detto: Alla festa abbiamo ballato e prima mi ha chiesto di uscire; 

cosa c’è di tanto sconvolgente?-

Era tutto sconvolgente, ma non volevo approfondire l’argomento proprio nel cortile della scuola, dove chiunque avrebbe potuto sentire.

Difatti, mi guardavo attorno preoccupata di fare una figura tipica delle mie.

La mia amica però sembrò non riuscire a vedere oltre le righe, sbarrò infatti gli occhi totalmente scioccata dalle mie parole.

-Cosa?! Ma se fino a due secondi fa non lo potevi vedere!-

Si interruppe bruscamente, boccheggiando come un pesciolino fuor d’acqua, probabilmente in cerca delle parole giuste da usare.

Se non fosse stato per il semplice fatto che mi stesse tenendo praticamente sotto interrogatorio, avrei trovato la situazione quasi comica.

-Poi parliamo di Giuliani, mica di uno qualsiasi!- 

A quell’esclamazione non potei fare altro che roteare gli occhi al cielo.

-Lui  è Il Bono della scuola, Bono con la B maiuscola.- 

Increspai le labbra, infastidita dalla piega che stava prendendo il discorso.

Quindi se era così “Bono” non poteva uscire con me? Perché tutto questo stupore? 

Va bene, inizialmente il suo atteggiamento era anche accettabile ma ora che aveva metabolizzato il tutto no.

-Cosa vuoi che ti dica, è successo che alla fine mi sono resa conto di non trovarlo così antipatico.- Risposi, sfoggiando il tono più acido che avessi in repertorio.

Laura scosse la testa e sospirò sonoramente, segno che magari si fosse arresa.

Chi mi capiva era decisamente bravo.

-Vabbè, sai che ti dico? Non importa.- 

Emisi un sospiro di sollievo, pensando di essere finalmente libera di andare.

-Aspetta, Vero!-mi richiamò la mia (quasi ex) compagna di banco.

Mi voltai controvoglia, dato che il desiderio di tornare a casa superava di gran lunga quello di restare lì.

-Ma quindi ci esci?- 

mi chiese Laura, con un filo di voce.

Che diamine  le era preso? Sembrava  come impazzita.

In realtà non avevo ancora deciso sul da farsi, quindi preferii astenermi dall’uso della parola e rispondere con una semplice alzata di spalle.

Aspettai ancora qualche secondo perché Laura pareva essere in procinto di dire qualcos’altro.

In effetti in prima ora mi aveva preannunciato “una notizia bomba” di cui voleva parlarmi, molto probabilmente non era altro che uno scoop come un altro.

-Ok... allora ci vediamo domani.-

La salutai di rimando con un cenno del capo, e mi lasciai alle spalle l’uscita della scuola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Appena tornata a casa, avevo allegramente mangiato assieme a mia mamma.

Durante il pasto, mi aveva fatto notare che ero più felice del solito, e non poteva credere ai suoi occhi quando mi ero alzata addirittura per preparare il caffè.

L’interrogatorio di Laura non era bastato per guastarmi l’umore.

Ero ancora su di giri per ciò che stava capitando proprio a me, la regina del mai una gioia sotto un punto di vista sentimentale.

Non che non avessi mai ricevuto un invito per un appuntamento, ma perché tutti coloro che ci avevano provato non suscitavano in me alcuna curiosità. Giuliani, per un motivo che ancora mi è sconosciuto, sin dal primo momento in cui lo avevo incrociato alle macchinette , non mi era mai rimasto indifferente.

Cercavo di ignorare questa sensazione sconfortante, dato l’atteggiamento da viziato che aveva assunto con me.

Le persone prepotenti non mi erano mai andate a genio ma,come mi aveva detto lui stesso, poteva aver semplicemente avuto una brutta giornata... capitava a tutti in fondo.

Dopo pranzo mia madre dovette subito correre per il suo turno in ospedale che stava per cominciare, ed io mi diressi in camera mia dove mi attendeva una lunga seduta di matematica.

Fui distratta dal suono di una notifica del cellulare, che richiedeva la mia attenzione.

Avevo un messaggio nuovo su facebook messanger, da parte di niente popo’ di meno che Michele Giuliani.

Pensi al diavolo...

Il cuore, quello stupido organo vitale, perse un battito.

Era un pensiero idiota forse, tipico da ragazzina innamorata, ma leggere il suo nome sullo schermo del mio telefono mi aveva regalato una bella sensazione.

Non ero proprio in me.

Non avrei confessato mai a nessuno quello che stavo pensando, neanche sotto tortura... mi sarei vergognata troppo.

Un po’ ansiosa, decisi di leggere il messaggio.

“Grande, ti va se ti vengo a prendere tra un’ora e mezza? Scrivimi l’indirizzo.”

Lessi il messaggio più di una volta, talmente ero rimbambita.

Certo non si poteva dire che fosse il massimo del romanticismo, però a me piaceva così.

Se avesse messo tremila faccine, e avesse scritto in maniera più smielata probabilmente non gli avrei neanche risposto.

Quel modo di esprimersi rientrava proprio nell’idea che mi ero fatta di lui.

Il signorino però aveva già dato per scontato che avessi accettato il suo invito, il che adesso era vero ma non giustificava questa presunzione.

Non che non mi piacesse la sua sicurezza, ma non ero mica una personcina carina e accondiscendente, sarebbe stato meglio farglielo intuire subito.

Con il cuore in gola, scrissi il messaggio e lo inviai.

“Giuliani...come mai questa fretta? Non ti ho ancora detto di sì mi sembra”.

Abbondai il telefono sul letto e feci finta di concentrarmi sul testo di matematica, in realtà non facevo altro che pensare quale sarebbe stata la risposta di Michele. 

Quando sentii nuovamente  il telefono emettere quel dannato suono, da brava ipocrita, mi catapultai su di esso.

Ti sembra male tesoro, in corridoio hai acconsentito. “

Non appena capii il senso di quel messaggio, mi detti della cretina da sola.

Era vero, diamine.

Mi aveva sentito lo stronzo.

Potevo pensarci due volte prima di fare la preziosa, no?

“In corridoio mi hai colto alla sprovvista, magari non volevo ferire i tuoi sentimenti.”

Mossi le dita sullo schermo più veloce del solito, presa dalla foga di  voler inviare il contenuto.

Acqua, quella risposta faceva acqua da tutte le parti.

Difatti, la replica di Michele non tardò ad arrivare.

“Va bene Grande, ma ormai hai dato la tua parola... vuoi tirarti indietro?”

Che provocatore!

Non poteva puntare sul mio orgoglio, come aveva fatto a capire che era uno dei mie punti deboli?

Nonostante questi pensieri, mi ritrovai con un sorrisetto da demente stampato in faccia.

“Solo per pietà... Via degli Orlandi 45”*

Stavolta presi la seria decisione di ignorare  il telefono, e di concentrarmi su quell’orribile materia che necessitavo di studiare.

D’altro canto quell’oggetto infernale non suonò più.

 

 

 

 

 

 

 

*Indirizzo totalmente frutto della mia fantasia, non sono sicura che esista.

Qualsiasi riferimento è puramente casuale.

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