The Time

di Yuphie_96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ti Voglio Bene ***
Capitolo 3: *** Smarrimento ***
Capitolo 4: *** Verità? ***
Capitolo 5: *** Confidenze ***
Capitolo 6: *** Famiglia? ***
Capitolo 7: *** Vortice ***
Capitolo 8: *** Non Voglio Perderti Ancora ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Angolino della Robh: Buonasera buonasera buonasera.
Dunque, che dire, sono un pò nervosa, questa è la prima fiction sul primo anime che ho visto quando ero ancora piccola e...ho già detto che sono nervosa? ^^''' 
Passiamo alla storia comunque, non prende spunto da brotherhood per chi è più appassionato a questa serie, mi spiace, ma io sono davvero molto legata alla prima che hanno fatto andare in onda, più precisamente l'inizio avrà luogo dopo la fine del film 'Il Conquistatore di Shamballa', poi...vedrete e leggerete u.u. Ci sarà una oc, che conoscerete (diciamo) in questo prologo e che sarà un personaggio fondamentale, che cambierà un punto davvero molto importante dell'anime, diciamo che la fiction si basa su quel cambiamento, non ha una vera e propria trama ben costruita, e non vi dico di più, sarà sono sorpresa, spero solo vi possa piacere come mi è piaciuto a me scrivere di lei.
Detto questo, spero possa comunque piacervi leggere la mia storia che, tra l'altro, è già finita, devo solo rivedere i capitoli e per questo farò un aggiornamento regolare, ogni martedì sera per essere precisi, come gli episodi che uscivano ogni settimana su MTV per chi si ricorda xD.
Arrivati a questo punto, buona lettura a tutti <3.

 

Un signore anziano poggiò lentamente il suo fidato bastone fuori dal taxi, poi si tirò su, grazie anche all’aiuto del taxista che lo afferrò per un braccio.
“E dire che alla tua età ero io ad aiutare gli altri”
Rise l’anziano, dando i soldi all’uomo, insieme alla mancia che si era guadagnato con quell’aiuto.
L’uomo sorrise e lo salutò con un cenno del cappello, congedandosi poi tornando dentro al suo taxi.
L’anziano stette a guardare l’auto andare via, immergendosi di nuovo nel traffico di Monaco.
“Dunque, dunque…veniamo a noi”
Mormorò tra sé e sé.
Si girò e s’incamminò verso l’entrata dell’ospedale. Odiava quel posto, così come detestava i medici che lavoravano lì e ogni volta che doveva andarci, faceva i capricci peggio di quando si rifiutava di bere il latte.
Stavolta, fortunatamente, non era una di quelle occasioni.
Stavolta aveva un sorrisone sulle labbra, mentre si muoveva lentamente lungo i corridoi, ormai sapeva esattamente come muoversi in quel postaccio.
Girare a destra, dritto per alcune stanze, ascensore fino al quarto piano, di nuovo a destra, sinistra ed eccolo lì.
Reparto maternità.
Sorrise, sentendo il suo povero cuore aumentare i battiti.
Aprì la porta del reparto pronto per andare incontro a quella nuova vita che lo aspettava, ma prima che potesse chiedere della stanza, vide un uomo corrergli incontro con un fagottino rosa tra le mani.
“Papà! Oh, papà, menomale che sei arrivato”
“Non mi accoglievi con così tanto entusiasmo da quando mi hai annunciato che ti saresti sposato”
Rispose il vecchio signore, andandosi a sedere su una sedia di plastica lì vicino.
“Non c’è niente da ridere, tieni la bambina per favore, Fey ha avuto delle complicazioni, adesso c’è sua madre con lei ma voglio andare anch’io in sala”
L’anziano annuì e prese il fagottino tra le sue braccia, disponendolo bene per non far male alla creaturina che dormiva beata tra le coperte.
“Che ci fai ancora qui, allora? Corri da tua moglie!”
L’uomo annuì, accarezzando un attimo la fronte del fagottino, poi si voltò nella direzione da dov’era venuto e si mise a correre per raggiungere la sala operatoria.
“Ah figliolo! Un attimo solo!”
L’uomo si voltò verso il padre.
“Come si chiama?”
Chiese l’anziano.
L’uomo sorrise.
“Amèlie”
E riprese a correre.
“Amèlie eh…”
Sorrise pure l’anziano, riportando lo sguardo dorato sul visino della neonata che teneva in braccio.
Tolse delicatamente un braccio, riuscendo a tenerla stretta con l’altro e prese ad accarezzarle la guancia rossa. La bambina strinse gli occhietti, iniziando ad agitarsi per quel contatto non troppo gradito.
“Oh pardon, ho sbagliato braccio”
Rise l’anziano, cambiando il braccio con cui sosteneva la nipotina.
“Siamo suscettibili eh? D’altronde è un gene di famiglia. E tu, piccola Amèlie, sei la prima Elric femmina dopo tanto tempo”
Mormorò il neo nonno, prendendo la manina della neonata tra le sue dita.
Amèlie aveva ormai gli occhietti aperti, disturbata dal suo sonno, e stringeva curiosa quelle dita sconosciute.
“Cosa guardi, uhm? Con i tuoi piccoli occhiettini”
Le diede un leggere bacino sul naso, facendole storcere il nasino e facendo ridere lui.
“Adesso ti do io qualcosa da guardare, okay? Mi raccomando però, non dirlo al tuo papà, altrimenti inizierà a lamentarsi che ti vizio già adesso che sei appena nata, sarà il primo nostro piccolo segreto”
Tolse il dito dalla stretta della bambina e iniziò a frugare nella tasca del suo giaccone, tirando fuori un orologio d’argento.
“Mi è costato un po’ questo regalino, ma per la mia nipotina questo e altro, è venuto davvero bene tra l’altro”
Mormorò nostalgico l’anziano, passando un dito sopra il rilievo del disegno.
Fece scattare il coperchio e vide le due scritte che aveva fatto incidere.

Don’t forget 3. oct. ‘11

Dont’t forget 1. dic. XX

Una data che segnava la morte e una che segnava la nascita.
Edward sorrise e richiuse l’orologio, mettendolo nelle manine minute della nipote che lo iniziò a tastare con la curiosità tipica dei neonati, mentre il nonno la cullava con dolcezza.

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Capitolo 2
*** Ti Voglio Bene ***


Angolino della Robh: Buonasera a tutti...se ci siete.
Purtroppo ho visto che la mia storia non è piaciuta molto, però voglio continuare ad aggiornarla, ma non per ambizione o perchè sono convinta di essere una grande e brava scrittrice badate bene, io per prima non mi considero poi questa gran scrittrice, ma semplicemente perchè mi è piaciuta scriverla e voglio condividerla con voi non tanto per le recensioni, ma per farvi vedere quanto mi sono divertita, tutto qui ^^. Ovviamente, poi, se volete commentare, una recensione fa sempre piacere xD.
Passiamo alla storia però, questo capitolo è sia introduttivo che abbastanza 'cruento' diciamo, ho cercato di descrivere la scena il meglio possibile, se non ci sono riuscita, mi dispiace, ditemelo pure e cercherò di migliorare ^^.

Buona lettura <3.


Una serie di colpi sulla porta chiusa a chiave fece schiudere gli occhi alla ragazza sotto le coperte, che si prese il suo tempo per tornare nel mondo della realtà dopo il sogno che ormai non ricordava neanche più. Solo quando i colpi divennero vere e proprio manate contro la porta, la sedicenne allungò la mano fuori dal piumone caldo per andare a prendere il suo orologio d’argento, lo aprì e guardò l’ora mentre il padre le urlava che era tardi…mancava ancora un’ora alla prima campanella.
Sospirò, stiracchiandosi e alzandosi per andare ad aprire la porta.
“E’ l’ultima volta che te lo dico, signorina, smettila di chiudere la porta a chiave la sera! Giuro che te la tolgo sennò”
“Scusa”
Mormorò la ragazza, uscendo dalla stanza e andando a sedersi al tavolo della cucina.
Il padre continuò a rimproverarla per qualcosa che non aveva capito, ancora per metà nel mondo dei sogni mentre beveva il suo succo all’ace freddo di frigorifero.
“Potresti metterti qualcosa di più idoneo, almeno a tavola?”
Chiese poi suo padre, sospirando.
La ragazza guardò la maglia enorme che usava per dormire in inverno, poi alzò le spalle.
“Amèlie”
Sospirò ancora, il padre, passandosi una mano sulla fronte.
“E’ comoda per dormire”
Protestò lei.
“Uff…va bene, forza ora, vai a cambiarti, alla prima ora hai latino no?”
Stavolta toccò ad Amèlie a sospirare.
“Tesoro ne-“
“Ne abbiamo già parlato”
Finì lei, alzando gli occhi al cielo.
Si alzò anche dal tavolo e andò in bagno a darsi una sciacquata.
Tornò in camera sua e, sorridendo, chiuse la porta a chiave.
Per non sentire di nuovo le urla del padre accese l’ipod collegato alle casse e si mise a danzare in maniera buffa mentre si svestiva, poteva permetterselo ora che era da sola.
“Feel the rain on your skin!”*
Urlò, prendendo i jeans dal cassetto, poi da quello sotto le calze imbottite.
Fermò il suo ancheggiare e l’indossò, andando poi a scovare il reggiseno nella massa di stoffe che sua madre li regalava ogni domenica quando andavano a fare shopping insieme, mise la canottiera, la maglia leggera a maniche corte, quella a maniche lunghe e infine il suo adorato maglione lilla.
Adorava l’inverno proprio perché poteva mettersi i suoi amati maglioni caldi.
A quel punto pronta, andò ad aprire la porta, lasciando però la musica accesa in modo che anche il padre la sentisse. Capì che l’aveva sentita quando lo sentì a sua volta mugugnare qualcosa.
Si diresse nuovamente in bagno ridendo, mentre suo padre andava a spegnere la musica rimproverandola, si pettinò in maniera accurata i capelli castani, prese delle ciocche dai lati e li legò dietro grazie al suo adorato fermaglio a forma di piuma.
Si mise giusto un tocco di matita intorno agli occhi verdi, contornati da qualche pagliuzza dorata, e del leggero mascara sulle ciglia.
“Forza Amèlie, siamo in ritardo, in ritardo!”
Riandò di corsa in camera, prendendo la cartella dove ci aggiunse la macchina fotografica caricata la sera prima e l’orologio del nonno.
Corsero fuori di casa e poi di filata in macchina.
“Presi tutti i libri?”
Chiese il padre.
Amèlie annuì, accendendo la radio.
Non gli andava di parlare della scuola, già era imbarazzante farsi accompagnare alla sua età ma dopo cinque assenze non motivate, di cui suo padre non sapeva niente, l’uomo aveva deciso di accompagnarla personalmente per evitare altre scorribande della figlia.
Arrivarono in perfetto orario, dopo una quindicina di minuti.
“Bene, buona giornata tesoro, di pomeriggio viene a prenderti tua madre”
“Okay, buona giornata papà”
Gli diede un bacio sulla guancia e scese dalla macchina, andando a confondersi tra la massa di studenti pronti a entrare nell’istituto classico.
L’uomo si sporse giusto un poco dal finestrino, tenendo d’occhio il fermaglio tra i capelli della figlia, quando la vide entrare nella struttura sorrise, più tranquillo, e riaccese la macchina per andare a lavoro.

Amèlie controllò che nessun professore fosse in giro, poi corse nei bagni del piano terra, aprì la finestra vicino ai lavandini e la scavallò, saltando fuori nel cortile sul retro.
Si guardò di nuovo intorno e poi corse al muro infondo, si arrampicò borbottando contro gl’inservienti che non tagliavano mai le foglie degli alberi. Arrivata in cima, prese macchina fotografica e il cellulare della tracolla e poi la buttò oltre il muro, iniziando la sua discesa.
Ripresa la tracolla e messo a posto tutto, si mise a correre, sia mai che qualcuno la beccasse proprio in quel momento.

Un’ora e mezza dopo precise, che aveva trascorso sul treno a scattare foto fuori dal finestrino e a persone assorte nei loro pensieri, Amèlie si ritrovò davanti alla casa di riposo per anziani ‘Ultimo Respiro’.
Salendo le scale si ritrovò a ridere, ancora una volta, per il nome e per la reazione del nonno quando si era ritrovato lì davanti per la prima volta.

“Mi vuoi proprio male figliolo se mi metti qui dentro!”

Entrò facendo tintinnare la porta.
“Signorinella, tu non dovresti essere a scuola?”
La riprese l’infermiera alla reception, con fare divertito.
Amèlie le fece l’occhiolino, salutandola.
Ormai tutti la conoscevano in quel posto e non facevano più caso se la ragazza entrava anche in orario non di visita.
Anche perché trovava comunque il modo di entrare.
In quanto a testardaggine, Amèlie faceva concorrenza al nonno.
La ragazza si mosse veloce verso l’area relax, dove aveva intravisto una coda di cavallo a lei molto familiare.
Fece una leggera corsetta e abbracciò di slancio le spalle dell’anziano, lasciandogli un bacio a schiocco sulla guancia.
“Buongiorno nonno!”
Quello alzò gli occhioni dorati verso di lei e sorrise.
“Mi stavo chiedendo come mai eri in ritardo, fagiolina”

“Le mie ossa con questo tempo non fanno che borbottare, per non parlare degli arti artificiali”
“Cambiare aria ti fa bene ogni tanto, lo sai, non puoi stare sempre dentro quell’edificio ad ammuffire”
Edward girò la testa quel poco che bastava per guardare in faccia la nipote, che stava guidando la sua carrozzina.
“Amèlie, come faccio ad ammuffire lì dentro se vieni praticamente ogni giorno per portarmi fuori?”
“Oh beh, le persone di bassa statura sembrano sempre più vecchie”
Ironizzò la ragazza, fermandosi vicino al gazebo poco lontano dalla casa.
“Mi stai dando del fagiolino?!”
“Non lo farei mai”
Rise lei, sedendosi sui gradini e tirando fuori la macchina fotografica dalla tracolla.
Fece una foto al nonno con l’aria imbronciata, andando poi a zoomare sugli occhi dorati.
Erano bellissimi.
Così vivi, infuocati direbbe quasi, nonostante l’età dell’uomo.
“Amèlie”
Edward la fece tornare al presente.
“Sai che tuo padre si arrabbierà quando scoprirà che sei venuta di nuovo qui, dovresti essere a scuola”
“Tu a scuola non ci sei andato, hai fatto solo l’elementari eppure sei un genio”
Si lamentò la nipote, accasciandosi sulla scalinata.
“Erano…altri tempi tesoro, la scuola ti serve”
“Non quella! Non l’ho scelta io, l’ha scelta papà! Io volevo fare l’artistico…ma lui no! Devi studiare cose importanti, per poi entrare in una buona università!”
Sbottò la ragazza.
“Gli Elric sono testardi fagiolina, lo sai”
Mormorò l’anziano, accarezzandole la testa.
La castana si rialzò un poco, andando ad appoggiare il capo sulle sue gambe, chiudendo gli occhi.
“Raccontami ancora le tue storie nonno”
“Non sei troppo grande?”
Chiese Ed, accarezzandole i capelli che tanto gli ricordavano quelli di Trisha.
“Poi mio figlio si arrabbia, perché dice che ti riempio la testa di baggianate”
“Voglio andare nel tuo mondo per un po’, per favore nonno”
L’anziano sorrise.
Quando c’era qualcosa che la stressava troppo, Amèlie gli chiedeva sempre di raccontarle le storie che le raccontava quando era piccola, prima di andare a letto, allora erano solo favole della buona notte, adesso erano un modo per fuggire dalla realtà.
“Quale vuoi sentire, fagiolina?”
“Il tuo scontro contro il colonnello di fuoco”
“Oh, ti piace tanto sentire di come tuo nonno veniva mezzo umiliato eh?”
Chiese Edward, incrociando le braccia al petto.
Amèlie alzò lo sguardo verso il suo e sorrise birichina.
L’anziano non poté che capitolare. Cosa non fanno i nonni per i nipoti, e ormai alle lamentele di suo figlio si era abituato pure lui.
“Dunque…”

Era arrivato quasi a fine racconto, quando sentì che qualcosa non andava.
Era stato nell’esercito e, anche quando erano rimasti da quella parte del portale, lui e Al si erano continuati ad allenare fino a quando avevano potuto, il suo orecchio quindi era ancora abituato a captare dei rumori.
“Che succede?”
Chiese Amèlie, alzando il capo dalle sue gambe, non sentendolo più raccontare.
Edward poggiò le mani sulle ruote della carrozzina e la girò, dando le spalle alla nipote, poggiando un dito sulle labbra, dicendole silenziosamente di non parlare.
La ragazza fece come detto e ‘allungò’ anche lei all’orecchio, ma al contrario di Ed, lei non sentiva niente. Si guardò intorno, ma ancora niente. Aspettò pazientemente allora, rimanendo seduta, fino a quando il nonno le fece segno di andare accanto a lui.
Si alzò e si accucciò di fianco a Ed, rimanendo a disposizione.
“Ascoltami bene Amèlie, adesso prendi la tua borsa e corri fino alla casa di riposo, quando sei arrivata prendi il telefono della reception e chiama immediatamente la polizia”
“La polizia?...Ma, non posso chiamarla da qui con il cellulare?”
“No, devi andartene immediatamente!”
“E tu che fai? Non posso mica lasciarti qui!”
“Io sono vecchio quindi posso anche fare da e-“
“Non pensarlo minimamente!”
Urlò la ragazza, alzandosi in piedi.
Edward, troppo preso dalla conversazione con la nipote, non si era accorto dell’uomo nascosto lì vicino, e quando sbucò dal suo nascondiglio, non fece in tempo a prendere il braccio della nipote per spostarla via da lì.
Vide sua nipote venir bloccata per la vita e una siringa che le s’infilava nel collo.
Avrebbe voluto gridare il suo nome ma qualcosa di freddo gli si appoggiò alla nuca.
“Signor Elric, dovrebbe farci il grande favore di venire con noi”
“Immagino di non poter rifiutare”
Mormorò vedendo Amèlie svenire tra le braccia del suo aggressore.
L’uomo dietro di lui sorrise.
“Immagina bene”

Amèlie si risvegliò con un gran mal di testa, con dei ricordi confusi che le ballavano davanti agli occhi. Sbattendo le palpebre, cercò di riprendere un po’ di controllo, ma quello che si ritrovò davanti non l’aiutò per niente.
“Nonno!”
Gridò, scattando in avanti ma un colpo alla testa la sbattè di nuovo per terra.
“Ehi! I patti erano chiari! Non dovevate toccarla!”
Urlò Edward.
“E lei non doveva muoversi”
Rispose il capo, scuotendo le spalle con nonchalance.
“Lasciami avvicinare”
Sibilò l’anziano.
“Poi continueremo, ma adesso lasciami andare da mia nipote”
Andrei, il capo, lo guardò attentamente, poi avvicinò il viso al suo.
“Patti chiari Elric, cinque minuti con la nipotina poi farai esattamente quel che ti diciamo, altrimenti la saluterai in un altro modo, abbiamo capito entrambi quale, vero?”
L’anziano si ritrovò ad annuire frettolosamente, prima di venir sollevato e spinto per terra vicino alla nipote.
Le accarezzò la tempia sporca di sangue.
“Che succede nonno? Chi sono questi? Cosa vogliono?!”
Mormorò Amèlie, terrorizzata, mentre iniziava a piangere.
“Sono delle persone che fanno parte di un’organizzazione che pensavo di avermi lasciato dietro le spalle parecchi anni fa, tesoro mio, mi dispiace così tanto di aver coinvolto anche te”
Le sussurrò Ed, abbracciandola stretta.
Quando la sentì farsi sfuggire un singhiozzo spaventato si sentì morire dentro.
Avrebbe voluto poter dirle che sarebbe andato tutto bene, ma non ne ebbe neanche il tempo, li separarono brutalmente.
“Mollami! Dannazione, lasciami!”
Urlò la castana, iniziando subito ad agitarsi tra le braccia del suo aggressore.
Andrei la guardò di striscio un attimo soltanto, poi prese la sua pistola dalla cintura e sparò alla gamba di carne di Edward.
Alla castana gli mozzò il fiato in gola mentre l’anziano reprimeva l’urlo.
“Oh, la bambina si è calmata, molto bene, passiamo alle cose importanti Elric, ora. Aziona il cerchio”
Lo incalzò l’uomo, prendendolo per la collottola delle spalle in modo da metterlo in piedi, indicando poi con la pistola il cerchio disegnato per terra con il gesso.
Ed ingoiò la saliva, cercando di non imprecare dal dolore, doveva tenere gli occhi fissi su Amèlie.
“L’alchimia non funziona da questa parte, non posso attivarlo”
“Ma davvero?”
Chiese Andrei, facendosi passare un fascicolo di fogli.
“Perché, secondo queste informazioni, in passato sei riuscito ad attivarlo e i nostri predecessori sono riusciti ad arrivare a Shamballa, esattamente quello che vogliamo fare pure noi. Ora, io scommetto la vita della tua cara nipotina che, volendo, puoi attivarlo invece”
“Non posso, il portale è stato chiuso da entrambe le parti!”
Urlò l’anziano.
“Scommettiamo?”
Sorrise Andrei, puntando la pistola contro Amèlie.
“No!”
Gridò l’anziano mentre la ragazza stringeva gli occhi, preparandosi al colpo.
“Lo farò! Lo farò, ma lasciala stare!”
Gridò ancora, guardando le lacrime che scorrevano sulle guance del suo tesoro più grande.
“Ma serve un sacrificio…uno scambio equivalente, altrimenti non si attiverà”
“Nessun problema”
La pistola stavolta sparò verso l’uomo che teneva ferma Amèlie, la quale si ritrovò a strillare terrorizzata quando ulteriore sangue andò ad imbrattarle il viso, scappando verso le braccia di Ed tese verso di lei.
“E’ abbastanza come sacrificio?”
Sorrise Andrei.
“Bastardo”
Bisbigliò l’anziano, accarezzando la schiena della nipote scossa dai tremiti.
L’uomo perse il sorriso e puntò la pistola nuovamente verso Amèlie.
“Muoviamoci vecchio, Shamballa ci aspetta”
Edward sospirò.
“Tesoro, accompagnami per favore”
“Cosa vuoi fare?”
Chiese la castana.
Il nonno accarezzò la guancia alla nipote.
“Amèlie…i miei non erano racconti, erano ricordi…”
“Non…Non capisco”
L’anziano annuì, baciandole delicatamente la fronte.
“Ti prometto che ti porterò via da qui, ti fidi di me, eh fagiolina?”
La ragazza annuì e, titubante, abbozzò un sorriso per farlo stare tranquillo e lo accompagnò fino al cerchio per terra, aiutandolo a inginocchiarsi.
Ed si morse con forza il dito, facendosi uscire un po’ di sangue. Guardò l’uomo agonizzante al centro del cerchio e si ritrovò a sospirare, sussurrando delle scuse.
Batté le mani, lasciando che il sangue si mescolasse bene anche sull’arto meccanico, poi poggiò le mani per terra, sopra il gesso.
Non successe niente.
Edward chiuse gli occhi, mormorando qualcosa.
“Beh?!”
L’anziano pressò meglio le mani sul gesso.
“Nonno?”
Bisbigliò Amèlie.
Ed si girò verso di lei e le sorrise.
“Ti voglio tanto bene Amèlie”
Le mormorò alzando la mano per mettergliela sulla spalla, la guardò con amore e poi la spinse con tutta la forza che gli rimaneva dentro al cerchio.
La ragazza, già frastornata, non riusciva a capire quel comportamento ma poi iniziò a sentire delle mani sul suo corpo. Abbassò lo sguardo e vide centinaia di manine nere che iniziarono a trascinarla verso il terreno.
Strillò.
Alzò lo sguardo su suo nonno ma lo vide sorridere tranquillo.
“Andrà tutto bene, tranquilla…ti voglio bene fagiolina”
Avrebbe voluto chiedergli tanto altro, Amèlie, ma quello che le uscì dalla bocca fu solo un lungo ‘no’ quando vide Andrei sparare alla schiena di suo nonno.
L’ultima cosa che vide fu Edward accasciarsi al suolo, poi quelle manine nere la fecero scomparire del tutto e lei cadeva nell’oblio.



*La canzone è 'Unwritten' di Natasha Bedingfield.
Noticina post capitolo: so benissimo che il portale nel film è stato distrutto, ma mi sono presa questa piccola licenza poetica ispirata alla scena del film dove Ed, dopo essersi passato una mano sulla guancia ferita, attiva il cerchio, un pò banale lo ammetto ma passatemela per favore ^^''.


 

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Capitolo 3
*** Smarrimento ***


Angolino della Robh: Kyahahahahah -risata da strega- Buon Halloween a tutti!
-risponde la bollicina di sodio con 'c'è nessuno?'-
Comunque, siamo al secondo capitolo vero e proprio, è un capitolo un pò confusionario, veloce, perchè è dal punto di vista di Amèlie e lei, in quel momento, è pieno panico per via di Ed, se ricordate la fine del capitolo scorso.
Orbene spero vi piaccia comunque ^^ e piccola noticina, per essere in linea con il tempo, mi sono informata e le cinture davvero non erano ancora inventate a quel tempo, per questo Amèlie si stupisce ;) .

Buona lettura <3.



Amèlie spalancò gli occhi, prendendo un grosso respiro fino a farsi bruciare i polmoni, come se fosse stata in apnea fino a quel momento. Si girò su un fianco, tossendo nel tentativo di ricominciare a respirare normalmente.
Passarono almeno una decina di minuti prima che riuscì a riprendere il controllo, calmando anche il battito cardiaco furioso, a quel punto si massaggiò le tempie ma una la trovò appiccicosa al tatto, se la portò davanti agli occhi e nel vedendola rossa sgranò gli occhi.
Una serie di ricordi le passò davanti nella mente.
Non riuscì a trattenersi e vomitò il succo che aveva bevuto a colazione insieme a succhi gastrici, riuscì a calmarsi solo dopo altri minuti, passandosi le maniche del maglione sulla bocca ma non facendo niente per le lacrime.

‘Piangere ti fa bene tesoro, quindi non trattenere le lacrime, sfogati pure’.

Le aveva detto una volta sua madre, quando aveva avuto la sua prima delusione amorosa.
Ripensando a quella sciocchezza di a malapena un mese prima soffocò un singhiozzo, aveva visto un pazzo sparare a suo nonno, uccidere un uomo e sparare alla schiena di Ed!
Lasciò andare anche un urlo, poi decise di prendere in mano la situazione.
La polizia.
Doveva assolutamente andare dalla polizia, doveva dire quello che era successo e soprattutto doveva chiamare un’ambulanza! Magari lo sparo alla schiena non era troppo grave, se si muoveva rapidamente, forse, era ancora in tempo.

Chiuse gli occhi, asciugandosi le lacrime con le mani.

Guardandosi intorno scoprì di essere in una specie di chiesa abbandonata, con i banchi di legno usurato dal tempo e le ragnatele quasi in ogni angolo. Alzandosi in piedi si tastò le tasche dei jeans, l’orologio del nonno lo aveva ancora e funzionava, costatò aprendolo, il portafogli aveva dentro ancora gli spiccioli che aveva messo la sera prima e i documenti, mentre il cellulare che aveva messo in tasca non appena Ed l’aveva messa in allarme era praticamente a pezzi. Decise di lasciarlo lì, tanto ormai non le serviva più a nulla e poi di certo nessuno sarebbe venuto a lamentarsi se ‘sporcava’ visto lo stato della chiesa. Lasciò lì, anche se a malincuore, anche il maglione, ormai sporco di vomito e residui di sangue e accennò qualche passo fuori.
Era in un vicolo.
Cosa buona, almeno per il momento, perché se la polizia l’avesse vista mezza ricoperta di sangue, di cui una buona parte non suo, anziché ascoltarla, l’avrebbero sicuramente messa dentro e allora non avrebbe davvero più potuto fare niente per suo nonno.
Superò la chiesa e s’infilò in un altro vicolo, alla ricerca di una fontanella con cui ripulirsi.
Purtroppo questo richiese un po’ di tempo, e dovette infiltrarsi sempre di più in quei vicoli che non sapeva dove portarono, ma l’importante è che alla fine l’ha trovata.
Si tolse anche la maglia a maniche lunghe, restando con quella a maniche corte, la bagnò e prese a pulirsi il viso dal sangue, stracciandola poi con un sasso appuntito cercato lì in giro e si fasciò la testa alla ben meglio.

Riprese poi la sua camminata, inoltrandosi per le strade, cercando quella principale.
Guardandosi intorno non riconosceva niente, non un edificio, non una strada, e dire che lei aveva camminato spesso anche nella periferia di Monaco per poter scattare le sue adorate fotografie.
Quel posto le era del tutto estraneo.
Pensava che suo nonno, buttandola in quella specie di porta che si era aperta sul cerchio dove quelle specie di manine l’avevano afferrata, fosse una specie di…teletrasporto? Una cosa del genere insomma.
Invece forse l’aveva mandata in un posto sconosciuto.
Poco le importava adesso, doveva trovare la strada principale e poi andare dalla polizia.

Pellegrinò ancora per del tempo che le sembrò interminabile, poi iniziò a sentire dei rumori.
Li seguì, cercando di orientarsi il meglio possibile e finalmente si trovò sulla principale.
Inarcò un sopracciglio, perplessa.
Davanti a lei si stavaglia uno spettacolo…preferì definirlo particolare.
Uomini, donne e bambini vestiti con abiti tipici dei primi anni del novecento, abiti che aveva visto solo nei suoi libri di storia e negli albi fotografici che gli regalava Ed o che si comprava ogni tanto in libreria.
Le macchine che passavano non erano da meno. E le case, e i negozi.
Tutto quanto!
Si guardò intorno, ora si che si sentiva fuori posto, altro che al liceo classico.
Cercò di ricomporsi, abbassandosi l’orlo della maglia e si avvicinò a uomo che stava uscendo da un bar.
“Mi…Mi scusi, signore, avrei bisogno di un favore”
Mormorò, attirando la sua attenzione prendendogli un pezzo di manica della giacca.
L’uomo si voltò verso di lei.
La squadrò per bene dalla testa ai piedi, guardando i suoi vestiti male, ma vedendo poi la fasciatura alla testa, i suoi occhi si addolcirono un poco.
“Vuole che le chiami un taxi per l’ospedale, signorina?”
“No io…non avrei comunque abbastanza soldi, grazie-“
“Oh allora l’accompagno io, non c’è problema”
Le sorrise.
“E’ davvero gentilissimo, ma io devo andare urgentemente alla polizia, la prego, mi può dire dov’è?”
Chiese Amèlie, con un sorriso titubante.
“La polizia?”
“Si, è davvero urgente, mio nonno è…è nei guai, devo chiamare aiuto prima che-“
“Ho capito, stia tranquilla, l’accompagno subito”
Le disse gentilmente l’uomo, posandole una mano sulla schiena, accompagnandola alla sua macchina poco distante.
Se prima aveva delle reticenze verso di lei per il suo vestiario, adesso era più tranquillo, capendo che non era una delinquente.
La fece sedere davanti insieme a lui.
“Scusi ma le cinture di sicurezza?”
Chiese Amèlie, guardandosi intorno.
“Cosa?”
Chiese l’uomo di rimando, mettendo in moto il veicolo.
“Le cinture di sicurezza, quelle si legano intorno alla vita e al busto per evitare di sbattere la testa negli incidenti”
Spiegò la castana, come se si trovasse di fronte a un bambino.
“Perdonami ma proprio non so di cosa stai parlando”
Rispose lui, rimanendo concentrato sulla strada.
“Andiamo bene”
Bisbigliò la ragazza a tono bassissimo per non farsi sentire, aggrappandosi con forza ai lati del sedile.
“Mi racconti cos’è successo a suo nonno, intanto”
Amèlie decise di mentire, era gentile nell’accompagnarla alla polizia ma era pur sempre uno sconosciuto, di una città sconosciuta, e non sapeva se era in contatto con Andrei o con altri tizi che potevano essere collegati al suo rapimento e quello di Ed.
Così gli raccontò che suo nonno soffriva di cuore, che gli era venuto un attacco e che era svenuto in casa quando aveva scoperto dei ladri in casa ma che aveva fatto in tempo a chiamarla al telefono per avvisarla e lei, nella fretta di uscire per chiamare aiuto, era ruzzolata giù dalle scale, ferendosi così alla tempia che aveva fasciato con del tessuto di fortuna.
Lo sconosciuto sembrò credere a quella storia assurda e accelerò quanto poté per poterla portare al più presto dalla polizia.
La castana gli fu molto riconoscente e, visto che mancava ancora un po’ e quella era l’ora di punta del mattino gli disse l’uomo, si mise a guardare fuori dal finestrino.

Avrebbe tanto voluto avere la sua macchina fotografica.
Quella città, o paese che fosse, era davvero bellissima ora che la poteva vedere scorrere davanti a lei. Abbassò il finestrino e mise il viso di fuori, come quando era bambina, e lasciò che il vento facesse muovere i suoi capelli castani, si accorse in quel momento di sentirli liberi da restrizioni, segno che anche il suo fermaglio adorato era andato come il cellulare e il maglione, s’intristì giusto un attimo visto che era uno dei pochi regali di sua nonna, la ex moglie di Ed, ma poi tornò a pensare a quest’ultimo e la tristezza sparì, doveva fare in fretta, non poteva assolutamente abbandonarlo perché lui non l’aveva mai fatto con lei.
Restò con il viso di fuori, per potersi rilassare con il vento tra i capelli, ma tenendo bene in mente qual era la sua situazione e l’obiettivo.

Dopo interminabili minuti passati nel traffico, fermi, nei quali Amèlie aveva tamburellato nervosamente le dita sulle gambe, il signore che stava guidando tirò fuori un sospiro di sollievo.
“Ci siamo quasi signorina, il quartier generale degli alchimisti è vicino ormai”
“Quartier…generale?”
Chiese Amèlie, sgranando un poco gli occhi, confusa.
“Scusi ma doveva portarmi dalla polizia”
“E’ quello che sto facendo, stia tranquilla, loro sapranno aiutare suo nonno”
“Speriamo”
Mormorò la castana, massaggiandosi la punta del naso.
Ed. Salvare Ed.
Questo era l’importante, quindi se quei tizi del quartier generale potevano aiutarla come la polizia, tanto meglio.
Svoltarono in un lungo viale circondato da una struttura, mentre al centro c’erano degli alberi che separavano le due corsie.
Amèlie sporse nuovamente la testa dal finestrino, impressionata da quel luogo, ora era convinta anche lei che quei tizi potevano aiutarla. Sbirciò quanto più poté dalla sua postazione della macchina per contemplare l’edificio, si accorse solo un paio di minuti dopo, quando ormai erano prossimi all’entrata principale, delle bandiere con sopra uno strano stemma.
“Si fermi!”
Urlò improvvisamente, poggiando le mani sul cruscotto.
L’uomo frenò bruscamente, facendoli quasi sbattere entrambi contro il finestrino, e si voltò sconvolto verso la ragazza.
“Cosa succede? Ma…signorina!”
Urlò lui.
Amèlie però era già corsa fuori dalla macchina e correva per arrivare davanti all’entrata, lì si fermò, raggiunta dall’uomo che l’aveva accompagnata e che voleva delle spiegazioni, non venendo però ascoltato quando iniziò a fare le domande.
La castana stava fissando lo stemma su quella grande bandiera verde dell’entrata.
Senza pensarci tirò fuori il suo orologio d’argento, il prezioso regalo di suo nonno.
Vi era inciso sopra lo stesso identico stemma.
“Ma! Ma lei è un’alchimista di stato! Poteva dirmelo prima!”
Urlò l’uomo esterrefatto.
“Alchimista…”

“Nonno ma tu hai mai partecipato a una guerra?”
Chiese una piccola Amèlie, arrampicandosi sulle gambe del parente.
Edward rise e si tirò la bambina sulle ginocchia.
“Fortunatamente io e lo zio Al siamo riusciti a evitarla, però ho fatto parte dell’esercito si”
“Davvero?”
Chiese la piccola, con gli occhietti illuminati, ora si che avrebbe fatto rodere quegli stupidi dei suoi amici.
“Certo, ero un maggiore sai!...Nella sezione degli alchimisti, usavamo l’alchimia”
Mormorò l’anziano, dando un bacio sulla fronte alla nipotina.
“Alchimisti…”
Bisbigliò Amèlie.


“Da quanto tempo esiste questo edificio? Cosa sono gli alchimisti? Dei militari?!”
“Signorina…se ha quell’orologio anche lei fa parte degli alchimisti di stato, dovrebbe saperlo”
“Mi risponda!”
Urlò Amèlie, voltandosi verso di lui, con l’orologio stretto in pugno.
“Si calmi adesso, si ricordi di suo nonno”
La fece ragionare l’uomo, poggiandole le mani sulle spalle.
“Mio nonno…giusto mio nonno, devo correre per mio nonno”
Bisbigliò la castana, rigirandosi verso l’entrata, ancora mezza intontita per quella scoperta, e iniziando a salire i gradini a due a due per poter arrivare in cima più velocemente, corse poi verso l’entrata, seguita sempre dall’uomo che le arrancava dietro.
Ma si bloccò di nuovo, stavolta per via di un’armatura che camminava verso di lei, appena uscita dall’edificio.
Dove diavolo era capitata?!
“Buongiorno”
Le disse pure l’armatura, cordialmente.
“Buon…giorno”
Mormorò lei scioccata.
“Al, con chi stai parlando?”
Domandò una voce dietro.
“Stavo solo salutando questa ragazza, sai…mi stava fissando fratellone”
“Perché quando passiamo, attiri sempre l’attenzione?”
“Non fare domande di cui sai già la risposta”
“…In effetti”
Fece guardando altrove, un ragazzo biondo, comparendo da dietro l’armatura.
“Oh, un bambino, ti sei perso? Dovresti tornare dentro per chiedere aiuto sai?”
Disse l’uomo facendosi avanti mentre la ragazza fissava la scena.
Una vena di rabbia comparì sulla tempia del biondino che si affrettò a prendere l’uomo per il colletto della giacca.
“CHI SAREBBE IL NANO COSì PICCOLO CHE NON SI RIESCE  A VEDERE perché PERSINO UN FUNGO è Più GRANDE DI LUI?! EH?! EH?!”
“Fratellone! Quel signore non ha detto nulla del genere!”
Urlò l’armatura, prendendo il ragazzo per la vita per poterlo allontanare dal povero malcapitato.
Il biondo sbuffò, lasciandolo andare, ma guardandolo comunque male.
L’uomo si girò, scandalizzato, verso la ragazza.
“Forse dovrebbe trovare qualcun altro che possa aiutare suo nonno…signorina? Signorina?”

Amèlie era persa nei ricordi.

Fratellone! Fratellone eccomi”
Mormorò un anziano, avvicinandosi a un altro che stava facendo dondolare una bambina sull’altalena.
“Eccoti qua, Al”
Sorrise Edward, fermando l’altalena, facendo storcere il nasino ad Amèlie.
“Guarda tesoro, questo è lo zio Al”
L’anziano appena arrivato le sorrise.


“Nonno ma perché ti arrabbi quando dicono che sei piccolo?”
Chiese Amèlie, prendendo in mano la sua tazza di succo.
“Perché non bisogna mai prendere in giro un uomo sulla sua statura, ricorda, gli ferisci l’orgoglio”
Gli rispose l’anziano, facendo ridere la nuora che servì in tavola la colazione.
“Ma io ti chiamo fagiolino e non ti arrabbi”
“Perché tu sei la mia fagiolina”


“Se sapevo che avresti fotografato solo me, non avrei insistito tanto su tuo padre per comprartela”
Mormorò stanco Edward, sulla sua carrozzina.
“Devo pur esercitarmi su qualcuno no?”
Rise Amèlie.
“E poi nonno, hai davvero degli occhi bellissimi”


Quegli occhi dorati che l’avevano guardata con amore un’infinità di volte adesso erano davanti a lei, uguali nella loro fiamma ardente ma diversi nell’età.
Eppure non poteva essere, l’ultima volta che li aveva visti quegli occhi stavano cercando di trasmettergli sicurezza e tranquillità nonostante la situazione in cui erano.
Su questo rifletteva Amèlie mentre i tre si erano avvicinati a lei.
“Ehi…tutto bene? Sei pallida”
Mormorò il biondo, mettendole la mano destra sulla spalla.
“Hai bisogno d’aiuto? Sono un alchimista di stato quindi potrei aiutarti”
“…me…”
“Eh?”
“Il tuo nome”
Il ragazzo sbattè gli occhi sorpreso.
“Edward Elric”
Rispose dopo qualche secondo di esitazione.
Amèlie il suolo mancarle sotto i piedi.
“Signorina!”
Urlò l’uomo che l’aveva accompagnata, mentre la castana cadeva nelle sue braccia svenuta.

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Capitolo 4
*** Verità? ***


Angolino della Robh: stasera parto con i ringraziamenti prima dei saluti, eh si, mi stò riferendo proprio a te mantegazzina! Grazie mille per aver messo la mia storia nelle seguite, mi hai fatto toccare il cielo con un dito dalla felicità ç.ç -commossa-.
Ora passiamo alla storia, capitoletto corto, uno dei pochi che ci saranno, dove presento l'inizio (?) della conoscienza tra i tre famigliari che, purtroppo per Amèlie, non sarà delle migliori.
Se volete scoprire la reazione del nostro fagiolino preferito, leggete :3 -cattiveria mode on- (xD).
Buona lettura <3.



Gli occhi verdi screziati d’oro si aprirono leggermente per poi chiudersi nuovamente.
Amèlie ripeté l’azione un paio di volte, cercando di abituarsi alla luce del sole che si rifletteva sul soffitto bianco.
Si guardò un poco attorno, senza alzare la testa dal cuscino morbido. La sentiva così pesante…soprattutto dopo l’ultima cosa che l’era successa.
“Che razza d’incubo è questo”
Mormorò portandosi le braccia a coprire gli occhi.
“Hai fatto un brutto sogno?”
Chiese una voce a fianco a lei.
La ragazza girò la testa e si lasciò scappare uno strillo, rischiando pure di cadere dal letto.
L’armatura alzò le mani in segno di resa.
“Ti prego calmati, calmati, non voglio farti del male”
Per dimostrarglielo, l’aiutò a mettersi seduta, mettendole due cuscini dietro la schiena per farla stare comoda.
“Hai fatto un brutto sogno? Se vuoi, puoi parlarmene”
Chiese ancora.
Amèlie guardò quegli occhi vuoti, tentennando.
Non aveva molti ricordi di Alphonse Elric, e quei pochi che aveva erano anche sfuocati perché l’aveva conosciuto quando era ancora piccola, poi l’anziano era morto a causa di una malattia che, diceva suo nonno, aveva portato via anche la bisnonna Trisha.
Ricordava il suo viso solo grazie alle foto che suo nonno aveva di loro e…decisamente, non era un’armatura.
“Non sono molto rassicurante, eh?”
Domandò l’armatura.
“Tu…Tu sei Alphonse…Alphonse Elric, giusto?”
Cercò di chiarire la castana.
“Sei la prima che non mi scambia per l’alchimista d’acciaio!”
Sorrise (?) Alphonse.
“Mi chiamo Alphonse, si, il mio fratellone si chiama Edward, è stato lui a portarti qui insieme al signore che era con te”
“Qui dove, di preciso?”
“Siamo nell’infermeria del quartier generale, sei svenuta dopo essere diventata molto pallida, sembravi un lenzuolo”
“Ho avuto una specie…si, una specie di shock diciamo”
Mormorò Amèlie, abbassando lo sguardo sul lenzuolo.
Si torturò le mani per un momento, poi chiese la domanda che le premeva di più in quel momento. In verità le domande erano due, però preferiva tenersi quella più ‘scomoda’ per un altro momento, quando forse sarebbe entrata più in confidenza con Al.
“Sai dirmi dove il non-Edward?”
Si corresse, non abituata a chiamare il parente per nome.
“Hai bisogno del fratellone?”
“Si…si, ho bisogno di parlare urgentemente per parlare di una questione con lui”
“Il signore di prima però ha detto che ti sei fatta male e che sei venuta qua per tuo nonno”
Disse Al.
Amèlie strinse le mani tra di loro.
“Vedi sono nuova in città, non conosco nessuno e mi serviva un passaggio per arrivare fino a qui per chiedere dell’…dell’alchimista d’acciaio visto che…che abbiamo quasi la stessa età, la testa, beh, sono caduta dai gradini della stazione, sono proprio imbranata certe volte”
L’armatura rimase in silenzio per alcuni secondi, ma poi si alzò annuendo, dicendo che sarebbe andato a chiamare il fratello.

La castana sospirò, rilassandosi contro il cuscino dietro la schiena, ringraziando la sua abilità nel mentire, maturata nel corso dell’inizio del liceo per mentire ai professori sulle assenze ingiustificate.
Abilità che non funzionava mai con la sua famiglia, nella quale rientrava anche Alphonse, visto come entrò Ed con sguardo sospetto verso di lei, seguito passo, passo dall’armatura.
…Avrebbe voluto prendersi a testate.

“Perché hai bisogno di me?”
Chiese il biondo, sedendosi sulla sedia che prima era occupata dal fratello minore.
“Io volevo parlarti di…di alchimia! Si, di alchimia…vedi, mi è successa una cosa strana, recentemente, e siccome ho sentito parlare un sacco di te, del fatto che sei entrato nell’esercito così giovane”
Iniziò Amèlie, aggrappandosi soprattutto ai ricordi delle storie che le raccontava il nonno.
E al suo orgoglio.
Se c’era una cosa che la castana aveva imparato in sedici anni di vita, trascorsi per la maggior parte con l’uomo…ragazzo che le stava affianco in quel momento, era che ingrandire l’ego di Edward Elric significava ingraziarselo.
E c’era un metodo che non falliva praticamente mai.
“Poi sei così alto, davvero, inspiri un sacco di fiducia con la tua altezza”
Finì la ragazza, prendendo le mani dell’alchimista tra le sue.
Quando vide lo scintillio familiare negli occhi di questo, capì di aver fatto centro.
“Vedi Al?! Finalmente una ragazza che capisce quanto le mie magnifiche abilità si rispecchiano nella mia altezza!”
“Fratellone…lei non ha detto niente del genere”
“Non è vero!”
“Delle mani!”
Urlò Amèlie, interrompendo la conversazione che altrimenti sarebbe iniziata tra i due.
“Qualcuno…mi ha spinto in una specie di cerchio e sono uscite delle strani mani nere che mi hanno preso e…trascinato giù, in una specie di…non so cosa, insomma da lì i ricordi sono molto confusi, per caso sai di cosa sto parlando?”
Capì che qualcosa non andava quando suo nonno sgranò gli occhi e la prese per le spalle, scuotendola leggermente.
“La verità…tu hai visto la verità! Come hai fatto?! Sei tutta intera quindi non hai fatto nessuno scambio! Hai usato la pietra filosofale?! Ce l’hai ancora con te?!”
“Fratellone falle una domanda per volta, la stai spaventando!”
Urlò l’armatura, staccando il maggiore dalla ragazza per rimetterlo a sedere.

Amèlie chiuse gli occhi, non tanto tramortita per l’energia di Ed, quanto per le informazioni: verità, pietra, scambio…per lei quelle cose avevano sicuramente un significato diverso da quello che intendeva il biondo, ricordava solo vagamente di una certa pietra da un racconto che suo nonno non le aveva raccontato spesso perché lei ne preferiva altri.
Prese un grosso respiro, per liberare la mente, poi scostò le coperte e si mise seduta a gambe incrociate davanti ai due.
Non poteva continuare a mentire quindi doveva dire la verità.
Semplicemente la verità.

“Voglio che entrambi mi promettiate che, prima di fare qualsiasi domanda, mi farete finire di parlare”
I due fratelli annuirono e lei con loro, per darsi la spinta finale per svuotare il sacco.
“Mi chiamo Amèlie Elric, sono nata il 1 Dicembre del xxxx, a Monaco in Germania, mio padre si chiama Roy Elric mentre mia madre si chiama Fey Koch, hanno divorziato quando io avevo cinque anni e da allora ho iniziato a passare sempre più tempo con mio nonno paterno, anche lui divorziato da mia nonna”
Iniziò la castana, poi guardò il biondo.
“Mio nonno paterno si chiama Edward Elric”
Raccontò l’inizio della sua giornata, dalla normale colazione con il padre, alla sua solita fuga da scuola alla sua visita alla casa di riposo, alla loro scampagnata che si era trasformato in un rapimento, di Andrei e di Ed che la spingeva dentro quello strano cerchio dove quelle manine l’avevano afferrata, di come si era svegliata dentro una chiesa in quella strana città, di come voleva andare alla polizia per cercare un aiuto per suo nonno ma si era ritrovata davanti proprio lui, ringiovanito di 60 anni e più.
Finito il discorso, si morse le labbra, in attesa della reazione.
I due fratelli si guardarono, poi Ed guardò Amèlie.
“Allora?”
Chiese lei, invitandolo a parlare.
“Hai preso proprio una bella botta in testa per aver immaginato tutto questo”
Disse il biondo, annoiato.
“Forse dovremo farti riposare ancora un po’, per farti riprendere”
Propose Alphonse.
“No, nononono, vi assicuro che questa è l’assoluta verità, se mi lasciate un attimo vi mostro i miei documenti”
Cercò di fermarli la castana, ma quelli si alzarono lo stesso, Edward borbottando che era stata una perdita di tempo mentre il minore lo rimproverava, e si avviarono verso la porta.
“Sono seria! Sei davvero mio nonno, ti conosco e mi conosci da quando sono nata! Mi chiamavi sempre fagiolina da bambina prima di andare a dormine!”
“CHI è IL FAGIOLINO CHE SCHIACCERESTI PER METTERLO NELLA ZUPPA?!”
Urlò l’alchimista, girandosi contro la ragazza per urlarle in faccia.
“Sei tu che mi hai dato il permesso di chiamarti così!”
“Scusami, ma conoscendo mio fratello, so che non permetterebbe a nessuno di chiamarlo in quel modo”
Intervenne l’armatura, trattenendo il fratello.
Amèlie avrebbe dato, nuovamente, una testata al muro, stavolta per disperazione, ma non poteva demordere, aveva ancora una carta da giocare.
“Posso giurarvi che non sto mentendo, guardate questo!”
Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni l’orologio d’argento e lo aprì per far vedere le scritte.
Edward bloccò il suo agitarsi e sgranò gli occhi.
“Come…?”
“Me lo hai regalato il giorno della mia nascita, lo hai fatto fare appositamente, facendo incidere queste due date”
Spiegò Amèlie, indicando l’interno.
Il biondo non l’ascoltava, continuava a fissare la prima data incisa mentre prendeva il suo di orologio dalla tasca e lo apriva.
La stessa data era incisa sui due orologi.
“Come hai fatto?”
Finì di domandare, alzando gli occhi su di lei, furiosi.
“Come hai fatto a sapere di quella data?! Perché ce l’hai incisa?! Come lo sapevi?!”
Urlò andando a scuoterla, stringendo troppo con l’auto-mail facendole scappare un gemito di dolore.
“Fratellone!”
“Solo noi due, solo noi due e Winry sapevamo di questa incisione Al!”
“Si ma-“
“Niente ma!...Sei una spia dell’esercito?! Ti ha detto Mustang degli affari nostri?! Rispondi e dicci la verità!”
“Te l’ho appena detta la verità!”
Gli urlò in faccia Amèlie.
“Bugiarda! Se non ce la dirai tu, ce la dirà il colonello!”
Urlò il biondo in risposta.
La strattonò per farla scendere dal letto e iniziò a tirarla fuori dall’infermeria, poi nei corridoi del quartier generale, con l’armatura che li seguiva preoccupati.

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Capitolo 5
*** Confidenze ***


Angolino della Robh: Buonasera bella gente, come state?
Io, personalmente, da schifo perchè proprio ieri mi sono rotta la caviglia, che bel modo per iniziare la settimana eh?
Comunque in questo capitolo abbiamo un leggerissimo scorcio sulla mia otp di questo fandom, credo non sia molto difficile capire qual è, ma se siete curiosi allora leggete u.u.
Si, non do altre anticipazioni, il gesso mi rende ancora più pigra (?).
Buona lettura <3.



“Se qualcuno mi avesse dato del tempo in più, adesso non sarei sotterrato qui sotto!”
Sbottò per la quindicesima volta il colonello Mustang, ed erano passati solo pochi secondi dalla quattordicesima.
“Se qualcuno avesse incominciato a firmarli quando sono arrivati sulla scrivania, adesso non sarebbe sotterrato da quei fogli”
Sottolineò il tenente Hawkeye, tenendo la sua fidata pistola in traiettoria, giusto per ‘aiutare’ Roy a sbrigarsi nel suo lavoro.
I sottoposti girarono la testa dall’altra parte per fare una risatina, giusto per non venire incendiati; l’unico che, ahimè, si fece scappare la risata proprio davanti al superiore, fu Havoc che si prese una sorta di rivincita visto che la settimana scorsa il colonello gli aveva fregato la ragazza.
Rivincita che durò poco.
“Paga tagliata!”
Urlò Mustang, incenerendolo con lo sguardo.
“Ma non è giusto!”
“Così impari a ridere del tuo superiore!”
Il sottotenente stava per iniziare a difendersi per riottenere la sua, già misera, paga, ma dei rumori, o meglio urla, fuori dalla porta fecero azzittire tutti.
“Mi fai male! Lasciami, so camminare da sola!”
“Fratellone, la stai stringendo con l’auto-mail , le lascerai il segno!”
“State zitti! Siamo arrivati”
Un calcio alla porta e i tre urlatori entrarono nel caos dell’ufficio.
“Delicato come un elefante in un negozio di cristalli, come sempre, acciaio”
Borbottò, lasciando andare la penna sul tavolo, Roy per poggiare il mento sulle mani.
La cosa buona di avere lì Edward era che almeno aveva una scusa decente per prendersi una pausa da quelle scartofie.
“Cosa ti porta qui? Di nuovo? Oh, aspetta, sentivi la mia mancanza magari?”
“Stia zitto, colonello lavativo!”
Urlò Ed, furibondo sempre di più.
Tirò avanti Amèlie, facendola quasi inciampare tra i tavoli mentre gli altri la guardavano confusi.
“Edward!”
Urlò Riza, andando a vedere se la ragazza si era fatta male, ma il biondo la indicò.
“Che significa Mustang?!”
“Che significa cosa, sei tu che hai portato qui questa povera ragazza maltrattandola”
Specificò Roy.
Sapeva benissimo che il carattere del ragazzo era abbastanza… focoso, soprattutto quando erano da soli, ma non l’aveva mai visto accanirsi in quel modo contro una sconosciuta, anche se a dirla tutta la ragazza gli ricordava qualcuno, ma le urla del giovane maggiore riportarono l’attenzione del colonello su di lui.
“L’ho portata qui perché ha una copia del mio orologio d’argento!”
Urlò ancora Edward, tirando fuori i due orologi identici.
Il silenzio cadde in un momento nella stanza, tutti gli occhi puntati sulla castana, Riza che irrigidì la presa, prima gentile, su di lei.
“Posso spiegare, come ho spiegato a loro-“
“Farai meglio a farlo in fretta signorina, altrimenti passerai dei grossi guai”
Intervenne Roy, alzandosi dalla poltrona, prendendo le parti del suo adorato fagiolino.
“Lo so benissimo anch-“
“Voglio delle spiegazioni immediatamente”
“Se mi fa parl-“
“Copiare l’orologio d’argento di un alchimista di stato è un reato gravissimo! Punibile con la prigione e-“
“VUOI FARMI FINIRE DI PARLARE VECCHIACCIO?!”
Urlò Amèlie.
“SE MI LASCIASSI FINIRE DI PARLARE, POTREI SPIEGARE TUTTO, COS’è, TI PIACE COSì TANTO IL SUONO DELLA TUA VOCE CHE VUOI FARE UN INTERO MONOLOGO?! VECCHIO! LAVATIVO! VANESIO! VECCHIO!”
Sbraitò la ragazza, agitando le braccia, impazzita.
Calò di nuovo il silenzio nella stanza, stavolta per un motivo decisamente diverso.
Tutti i presenti, tranne Roy che al secondo ‘vecchio’ si ritirato a lavorare nuovamente con una nuvoletta nera sulla testa, si ritrovarono a guardare prima la ragazza e poi l’alchimista d’acciaio, poi da questo rispostarono gli occhi sulla ragazza, accorgendosi anche loro di una vaga somiglianza che prima aveva visto il colonello.
“Cosa c’è?”
Chiese Ed a chi gli puntava gli occhi addosso.
“Fratellone…”
Mormorò Al.
“Sembrava di vedere te che urlavi sulla tua altezza”
Proseguì Fury, innocentemente.
“Grazie tante, sono sua nipote!”
“…Ah”
Fu l’unica cosa che seppero dire i presenti.

“Dunque, ricapitoliamo, tu sei la nipote di acciaio, e sei finita qui dopo una trasmutazione che l’anziano acciaio ha compiuto per salvarti da un pazzo che voleva venire a Shamballa, hai detto”
Concluse Roy.
Amèlie, seduta davanti a lui, con di fianco i due Elric, annuì.
Le anime, alias Ed, si erano calmate, tutti si erano seduti e avevano ascoltato il racconto che la castana aveva già detto ai due fratelli, nel mentre Fallman aveva controllato la fattura dei due orologi, trovandola diversa, mentre Fury era andato a prendere i registri di suddetti, non trovando segnato quello di Amèlie.
“Che sia la verità?”
Chiese Breda, sottovoce, al tenente, ma quella alzò le spalle.
Come racconto era quasi impossibile, ma da quando avevano conosciuto Ed e Al, tutti quanti avevano avuto di che ricredersi sull’impossibile.
“La fattura degli orologi è diversa da quella dell’esercito”
Ripeté Mustang, prendendo gli oggetti che il maresciallo gli porgeva.
Li aprì, facendo sussultare Ed che, anche se glielo aveva già fatto vedere non dicendo niente ad Al, rimaneva comunque molto fragile riguardo a quella incisione, e fece passare le dita sui rilievi.
“Anche questi sembrano fatti da due mani diverse, quindi di sicuro non ha potuto ricopiarlo dal tuo originale acciaio”
Il colonello porse l’orologio al ragazzo, che si affrettò a chiuderlo e a nasconderlo nella tasca dei pantaloni, arrossendo leggermente e facendo scappare un piccolo sorriso al moro prima che questi riprese con la castana.
“Te l’ha dato tuo nonno?”
Chiese, nuovamente, Roy.
“Si, mi ha detto che me l’ha regalato il giorno in cui sono nata”
“Ovvero la data scritta qui sotto”
“Esatto”
Il biondo di fianco a lei lasciò andare uno sbuffo infastidito.
Il colonello cercò di ignorarlo e continuò con le domande.
“Hai un documento con te?”
Amèlie si alzò e tirò fuori dai pantaloni il portafoglio, prendendo la carta d’identità per porgerla e Mustang la lesse ad alta voce.
“Amèlie Elric, nata a Monaco il 1 dicembre xxxx, capelli castani, occhi verdi, professione studentessa, stato nubile, segni particolari occhi screziati, corrisponde tutto a quanto vedo”
Roy alzò lo sguardo, dopo aver soppesato un po’ la situazione.
“Bene, signorina Amèlie, sinceramente non so cosa dire, questa storia è assurda ma veritiera, a questo punto possiamo fare solo degli esami per vedere se anche la storia che sei la nipote di acciaio è vera”
“Ovvio che non lo è!”
Disse la sua, Ed.
“Lo è, invece! Perché dovrei inventare una cosa del genere?!”
“Per arrivare alla pietra! Per cos’altro sennò?!”
“L’unica pietra di cui ho mai sentito parlare è quella dei tuoi racconti!”
“Bugiarda!”
“Lo sono stata solo a scuola!”
Il colonello sbatté la mano sulla scrivania, riportando i due all’ordine.
“Sembrate fratello e sorella”
Borbottò Mustang, facendo incrociare le braccia al petto Edward, infastidito, di sicuro in quel modo si era giocato una buona settimana di sesso, ma era comunque l’uomo con il grado più alto quindi era lui a dettare legge lì dentro.
“E non farmi quella faccia acciaio, altrimenti ti spedisco al nord, comunque, Amèlie avrei bisogno di una tua ciocca di capelli”
La castana annuì mogia, e l’uomo fece un cenno a Fury che andò a tagliare una piccola ciocca alla ragazza.
“Bene, acciaio tu vieni con me adesso, andiamo dal Dottor Knox, Havoc tu dovrai sorvegliare Amèlie, voi altri invece…bocca chiusa, assolutamente, non è una storia che vorrei arrivasse ai piani alti”
“Le sembro davvero una persona che dev’essere sorvegliata?”
Chiese la castana.
“Mi dispiace mia cara, ma ho imparato che è sempre meglio non fidarsi della gente”

La ragazza ora era seduta sugli scalini che portavano al cortile interno del quartier generale, guardava in alto le nuvole, sperando che il tempo potesse tornare indietro alla mattina, per poter dar retta per una volta a suo padre e entrare al liceo per seguire le lezioni, e per non balzarsele, scappando fuori dal bagno.
“Cerchi una nuova bugia convincente?”
Chiese Havoc, arrivando da dietro per mettergli davanti una ciotola da cui proveniva un buon profumo.
“Il pranzo signorina”
“Grazie…e non sono bugie! Capito, razza di fumatore incallito?!”
Il biondo alzò il sopracciglio, sedendosi accanto a lei con la sua ciotola.
“Quando ti arrabbi non è difficile crederci, gli assomigli molto, specialmente per questa vena che pulsa sulla tempia”
Specificò Jean, dandole un buffetto sulla suddetta vena.
Amèlie abbassò lo sguardo sulla ciotola e diede una leggera mescolata alla porzione di stufato, il suo piatto preferito.
“Lo dice…lo diceva spesso anche papà”
Mormorò prendendo la prima cucchiaiata, lasciandosi sfuggire un gemito di piacere, non era come quello che le preparava Edward quando era piccola, ma era comunque squisito.
Il sottotenente le sorrise e iniziò anche lui a mangiare.
“Chi dei tuoi genitori sarebbe il figlio del capo?”
“Papà, si chiama Roy Elric”
L’uomo quasi si strozzò.
“Niente domande prego”
Chiarì lei, minacciandolo (?) con il cucchiaio.
“Si…decisamente meglio, si”
Disse Havoc.
“Già”
“Possiamo parlare del capo, allora?”
“Non ne ho voglia”
“Ah davvero?”
Amèlie morse il cucchiaio, indecisa, ma poi iniziò a sputare fuori tutto quello che le passava per la testa.
“Era il nonno migliore del mondo…lo so che lo dicono tutti i nipoti però lui era speciale…sai fin da piccola mi raccontava tante cose, dopo la scuola mi prendeva in braccio e m’insegnava cose che a scuola non facevamo perché diceva che quei maestri erano solo fanforoni, stessa cosa per le medie, papà lo sgridava ma lui continuava e i suoi racconti poi, oh quelli li ho sempre adorati, all’inizio me li raccontava solo prima di andare a letto e mi chiamava ‘fagiolina’, sempre, e io ridevo, poi ho iniziato a chiederglieli sempre di più e lui mi accontentava e papà gridava sempre di più e…e…”
“Ehi, respira!”
Jean le mise una mano sulla schiena, massaggiandogliela, per aiutarla a calmarsi; lei annuì e chiuse gli occhi, inspirando profondamente.
“Mio padre e mia madre hanno sempre avuto degli screzi fin da quando erano fidanzati, si sono sposati solo perché mamma è rimasta incinta e all’inizio andava tutto bene, almeno per quel che ricordo, poi sono iniziate le varie liti, le varie urla, fino a quando un giorno si sono dimenticati di venirmi a prendere all’asilo, io non mi ricordavo i recapiti e quindi i maestri hanno chiamato la polizia, il primo a correre da me, per quanto poteva, è stato proprio il nonno, mi ha riportata a casa e il giorno dopo i miei decisero di divorziare. Da quel giorno lui è diventato il mio porto sicuro, l’unico su cui sapevo di poter contare davvero, l’unico che non mi avrebbe mai lasciata cadere se mi fossi lanciata, era mio nonno ma era anche la mia ancora, fu lui a convincere papà a comprarmi una macchina fotografica, per papà era solo una sciocchezza che mi avrebbe allontanata dallo studio ma per lui no, quella era una passione e le passioni vanno coltivate. Quando papà ha deciso di portarlo in una casa di riposo ricordo che urlai come un’isterica e fu proprio il nonno a darmi una calmata, dandomi uno schiaffo, l’unica volta che mi abbia mai toccata in quel modo, dicendo che era la cosa migliore per lui, ma io non volevo rinunciare, così iniziai ad andarlo a trovare, saltando le lezioni, sai il liceo l’ha scelto papà, io volevo fare l’artistico ma per lui erano sciocchezze, mamma non ha detto niente perché era troppo impegnata con il lavoro, così scappavo, ogni giorno, andavo dall’unica persona al mondo che pensavo mi volesse bene…e ora sono qui, nel mondo dei suoi racconti, ho incontrato perfino il colonello di fuoco, quello che ci divertivamo a prendere in giro e mio nonno…mio nonno adesso mi odia, non crede che io sia sua nipote e…mi odia, non ho più nessuna ancora, adesso se cado nessuno mi prende…che bella vita, già”
Mormorò mettendo da parte la ciotola.
Havoc le tolse la mano della schiena e poggiò la sua ciotola vicino a quella della ragazza, accendendosi una sigaretta, inspirò una bella boccata prima di parlarle.
“Sai, io non conosco bene i due Elric, incontro Ed solo quando viene qui a Central per fare rapporto al colonello, però so che è un bravo ragazzo”
“Questo lo so anch’io”
Lo interruppe Amèlie.
“Allora adesso ti dirò una cosa che probabilmente non sai, o su cui non hai riflettuto, decidi tu. Il tuo Edward, tuo nonno, era in quel modo semplicemente perché lui ha vissuto cose che questo Edward non ha ancora sperimentato”
La ragazza aprì la bocca, ma non trovò niente con cui ribattere quindi il militare continuò.
“Tuo nonno era anziano, pieno di esperienza e credo che volesse essere quel qualcuno che ti afferrava per non farti commettere gli stessi errori che, molto probabilmente, ha compiuto lui. Questo Ed di errori ne ha fatti, ma ne dovrà fare ancora molti per poter arrivare al livello di aiutare te, non sa aiutare neanche se stesso…non dirglielo sennò mi arriva un pugno con l’auto-mail”
Amèlie rise e Havoc con lei.
“Dici che se gli esami sono positivi potrebbe cambiare idea su di me?”
“Non ne ho idea, è testardo e la sua famiglia è stata solo suo fratello per parecchio”
“Quindi dovrei…?”
“Dargli tempo, forse molto tempo”
“Già…forse è la cosa migliore…dimmi una cosa però, adesso”
“Dimmi pure, signorina Elric”
“Come mai sei solo sottotenente se sai dare consigli così utili?”
“Ho altri interessi invece che scalare le posizioni dell’esercito”
Mormorò Havoc, iniziando a fantasticare.
“Ovvero?”
Chiese Amèlie, ora incuriosita.
Jean alzò le mani davanti a sé, a poca distanza dal petto.
All’inizio la ragazza non capì il riferimento ma poi il militare abbassò lo sguardo sulla sua maglia a maniche corte, lei seguì lo stesso indirizzo.
“Oh”
“Eh”
Mormorò lui, ancora più sognante, muovendo le mani come per strizzare cose invisibili.
“Sai, ora che ci penso, nonno mi ha parlato anche di te”
“Ah si?”
Si risvegliò Havoc, molto stranito.
“Oh si”
Rispose Amèlie, prendendo le due ciotole e alzandosi per tornare all’interno.
“Tu sei il sottotenente che si faceva fregare le donne dal colonello”
“Ah…EHI!”
La risata della ragazza si fece sentire, prepotente, in tutto il corridoio che percorsero per tornare nell’ufficio di Mustang.

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Capitolo 6
*** Famiglia? ***


Angolino di Robh: Ma buonasera.
Eccomi qui anche con il gesso alla gamba...anche se mi chiedo il perchè O.o.

Oh beh, ho la bicicletta e pedalo, quindi se c'è qualcuno, buona lettura <3.



Le parole che sentì Amèlie, una volta tornata dentro l’ufficio di Mustang, non l’aiutarono per niente a sentirsi meglio.
“Per i risultati degli esami ci vorranno una settimana, fino a quel giorno la signorina Amèlie resterà nella casa che vi ho messo a disposizione”
Dichiarò Roy, rivolgendosi direttamente a Ed.
“Non la voglio una spia in casa!”
“Fratellone!”
“Non sono una spia!”
Urlò ancora la ragazza, contro il biondo.
“Finché non so chi sei, per me resterai una spia o anche peggio, un homunculus!”
“Acciaio, ora basta!”
Ordinò, duramente, il colonello guardando i tre.
“Questi sono gli ordini Elric, se non ti stanno bene potrai sempre andare a lamentarti davanti alla corte marziale”
A quelle parole, Edward non poté ribattere niente e Roy, vedendo lo sguardo contrariato del giovane, addolcì il suo leggermente.
“Tu sei il primo a cercare qualcosa che per molti è un mito, qualcosa d’impossibile, quindi perché non credere a questa ragazza?”
“Lei non conosce il potere degli homunculus, finché gli esami non mi diranno chi è veramente non la voglio vicino a me o ad Al”
Mormorò a denti stretti, il biondo.
Roy sospirò, rivolgendo lo sguardo sulla castana, quella aveva gli occhi rivolti al pavimento, stanca anche di controbattere contro l’alchimista.
“Spero che almeno per te non ci sia problema ad andare con loro”
“No…”
“Durante il giorno, se vorrai uscire, sarai scortata dal sottotenente Havoc, così facciamo contento anche il nanetto”
“CHI SAREBBE IL FAGIOLINO COSì PICCOLO CHE SI PERDE PERFINO IN UN ORTO?!”
Scattò Edward, alzandosi addirittura sulla sedia per inveire contro il superiore, il tutto con il povero Alphonse che cercava di tirarlo giù, scusandosi ripetutamente con tutti i presenti.
“Sisi Acciaio, come vuoi, ora potete andare, tutti e tre”
Sottolineò Mustang.

E tutti e tre furono condotti in una casa abbastanza carina, a un piano, con un piccolo giardino sul davanti, ma soprattutto era abbastanza vicino al quartier generale da poterci arrivare anche a piedi dopo una piacevole camminata di dieci minuti.
All’interno i tre Elric si ritrovarono subito in un grande salone, la prima porta che trovarono sulla destra era una piccola cucina provista di stoviglie e pentole, le due porte infondo era due stanze semplici, con due letti in una e uno solo nell’altra, con un armadio e una scrivania, mentre l’ultima stanza, vicino alle due camere sulle sinistra era il bagno.
Edward poggiò un attimo la valigia sul tavolino al centro del salone per poter fissare Amèlie negli occhi.
“Mettiamo delle cose in chiaro, tu non mi piaci, esami o non esami”
Per la ragazza, quella, fu una grossa stoccata al cuore ma lasciò continuare l’altro.
“Ci saranno delle regole da rispettare in questa settimana, e la più importante è che dovrai stare in contatto con noi il meno possibile, vietato assolutamente entrare nella nostra stanza, ancora di meno quando non ci siamo, capito? Soprattutto ti terrò d’occhio, se sei in contatto con gli homunculus o sei una di loro, stai certa che in questa settimana lo scoprirò di certo”
“Non so nemmeno cosa sia questi homu-cosi, non me ne hai mai parlato prima d’ora”
Disse la ragazza, stringendosi le braccia al petto.
“Questo perché non ci conosciamo! Non ci siamo mai visti prima di oggi e prima la finirai con questa farsa, prima noi potremmo andarcene da Central!”
Detto questo, il biondo alchimista riprese la valigia per rinchiudersi in camera.
Amèlie si lasciò cadere sulla poltrona, portandosi le mani sugli occhi; Al, allarmato, iniziò a cercare una qualche sorta di fazzoletto.
“Non sto piangendo, ma grazie”
Chiarì la ragazza.
“Oh…scusa”
Mormorò l’armatura, sedendosi sul divano, davanti a lei.
“No…scusa tu, non avrei dovuto dire niente, avrei dovuto…non lo so, ma non questo”
“E cos’avresti fatto da sola, in una città che non conosci?”
“Non sai neppure quante volte mi sono arrangiata da sola”
Sorrise Amèlie, in modo amaro.
“Tutti gli Elric allora sono bravi a farlo”
“Tu…mi credi?”
“Sinceramente non lo so, però di una cosa sono sicuro. Solo mio fratello avrebbe potuto fare una cosa del genere”
Indicò l’orologio della ragazza, questa sorrise con gratitudine.
“Per me vale molto questa frase”
Le sembrò che l’armatura le sorrise di rimando, prima di venir chiamata a gran voce dal fratello in camera.

Anche Amèlie decise di andare in camera sua, dove si sedette sul letto per vederne la morbidezza e per togliersi le scarpe, decise poi di togliersi anche i jeans e le calze, slacciandosi poi il reggiseno e poggiando tutto all’interno dell’armadio, mettendosi infine sotto le coperte, addormentandosi quasi subito.
A occhi chiusi si promise che avrebbe seguito il suggerimento di Havoc, avrebbe aspettato che Ed riuscisse ad avere fiducia in lei.

Cosa per niente facile e per nulla scontata.

Il giorno dopo il suo arrivo nel mondo dei racconti di suo nonno, Amèlie si svegliò completamente sola in casa, i due fratelli erano già andati via, fortunatamente poco dopo arrivò Havoc, con in mano colazione e un sacchetto dove c’era dentro un vestito azzurro con un maglioncino bianco.
“Da parte del tenente Hawkeye”
Sorrise il biondo.
I due, dopo che la ragazza si era fatta una doccia veloce e cambiata con gli abiti nuovi, fecero colazione nella piccola cucina della casa. Il sottotenente chiese poi alla castana se le andasse di fare un salto in biblioteca, per sbirciare dei libri sulla fotografia di quel tempo, Amèlie ovviamente accettò entusiasta, stupendosi che il militare si ricordasse della sua passione per la fotografia.
Dai racconti dell’anziano Edward, Jean Havoc era un po’ un sempliciotto.
Le cose però, non andarono per niente come previsto, siccome beccarono i due fratelli all’entrata dell’edificio, appena Ed vide la castana andò su tutte le furie, iniziando ad urlandole contro mentre Al e Havoc cercavano di calmarlo.
Alla fine trovarono un accordo dopo aver telefonato al colonello, i due fratelli Elric sarebbero andati a cercare informazioni nella biblioteca dell’esercito mentre la signorina Elric, per non intralciare e non capitare di nuovo sulla strada dei due, sarebbe potuta andare a fare compere, visto che non poteva usare sempre i vestiti che le passava il tenente, facendo mettere tutto sul conto di Edward, perché Roy non era intenzionato a sborsare un soldo per colpa dei ‘capricci’ di acciaio.
Havoc così finì per fare il portapacchi, non tanto di vestiti, ma quanto di libri, specialmente sulla fotografia e sull’arte. Amèlie decise di comprare anche la cena, visto che rientrò solo la sera, ricevendo un ringraziamento da Al ma non da Ed che prese il suo piatto e se ne andò in camera.
La ragazza decise di non demordere ma i giorni seguenti passarono più o meno come il primo, che usciva o che restava a casa a leggere i libri che comprava con Havoc, Edward non la degnava di uno sguardo, anzi prima di mangiare guardava attentamente il piatto, come a domandare se Amèlie non l’avesse avvelenato, Alphonse chiedeva sempre scusa per il comportamento di suo fratello e lei mandava giù il magone che sentiva in gola a forza.
Fino al quarto giorno.

Anche quella sera aveva pensato lei alla cena, preparando lo stufato, sapendo che era uno dei piatti preferiti di suo nonno.
Quel ‘stai cercando di corrompermi per caso?’ detto con uno sguardo duro, fece traboccare il vaso della sua pazienza.
“Ascoltami bene, nano che non sei altro, perché lo dirò una volta sola!”
Sbottò Amèlie, sbattendo la padella sul tavolo, sporcando la tovaglia con lo stufato fuoriuscito.
“IO non volevo essere qui! NON ERA IN PROGRAMMA, che io fossi qui! In questo momento io dovrei essere alla cena settimanale con mia madre, programmata dal tribunale, al nostro solito ristorante thailandese, dove mi sarei abbuffata così tanto che domani avrei avuto la scusa perfetta per saltare la scuola, per poi alla fine venire a trovare TE allo spizio. Invece mi trovo QUA, con te che mi urli contro di essere una spia, un coso, un essere abominevole ma, caro fagiolino ti stai dimenticando una cosa essenziale. SEI STATO TU A PORTARMI QUI! NON DARE LA COLPA A ME PER QUELLO CHE HAI FATTO TU!”
Finì la ragazza, lasciando andare la pentola per andarsene in camera sua, sbattendo la porta.
Edward stava per aprir bocca, ma Al iniziò prima di lui.
“Amèlie ha ragione fratellone, la stai trattando male da quando è arrivata, dovresti trattarla con più riguardo visto che è della famiglia”
“Al non sai nemmeno se questa storia è vera!”
“Se invece di andarle contro ti fermassi per solo un secondo, ti accorgeresti che ti assomiglia più di quanto pensi!”
Ed sbuffò, prendendo una cucchiaiata di stufato per portarselo alla bocca.
Sgranò gli occhi, aveva un sapore squisito…proprio come quello che faceva Trisha quando loro erano bambini, ma solo loro e zia Pinako sapevano la ricetta che usava la donna.
“Vuoi davvero stare qui a mangiare?!”
Il biondo rialzò lo sguardo sul fratello, abbassando il cucchiaio.

Amèlie poteva conoscere quella ricetta solo in un modo…si alzò, sotto lo sguardo (?) compiaciuto di Al, e si diresse verso la stanza della castana.
“Che vuoi?!”
Urlò Amèlie, quando sentì bussare.
Ed, fuori dalla stanza, represse un’altrettanta risposta scortese siccome aveva già fatto abbastanza danni.
Aprì la porta ed entrò, trovando la ragazza raggomitolata sotto le coperte del suo letto, si andò a sedere vicino al suo corpo e, non sapendo bene cosa fare, alzò la mano artificiale e le pattò delicatamente quella che credeva essere la testa della castana.
“Ascolta…magari non sono stato proprio cortese-“
“Non proprio?”
“Va bene, diciamo pure che sono stato orribile nei tuoi confronti, però…cerca di capirmi, io e mio fratello siamo perseguitati da degli uomini pericolosi e non possiamo commettere errori falsi, tra cui fidarci di una ragazza che spunta davanti al quartier generale dicendo che io sono suo nonno, è una storia impossibile”
“Tu me ne hai raccontate tante di storie impossibili, io non ci ho mai creduto…fino ad ora”
Mormorò la ragazza, raggomitolandosi di più nelle coperte.
Edward stette in silenzio, fissando la porta da dov’era entrato.
“Chi ti ha dato quella ricetta dello stufato?”
Chiese, infine, il biondo.
Amèlie fece uscire gli occhi dalle coperte.
“Tu…me l’hai fatto la prima volta quando avevo cinque anni”
I due incrociarono gli occhi, l’oro si perse nel verde screziato e l’alchimista, per la prima volta, le accennò un sorriso.

La stampante faceva cadere delicatamente i fogli nella mano della giovane Amèlie, mentre suo padre era davanti a suo nonno.
“Devi capire, papà, che non puoi più stare da solo, la ragazza che abbiamo assunto adesso è al settimo mese di gravidanza e non può più correrti dietro, Amèlie tra alcuni mesi andrà alle superiori quindi anche lei non può più stare qua ogni giorno”
Disse Roy, con tono calmo, mentre prendeva i fogli della casa di riposo che avevano cercato lui e la figlia su internet.
“Quindi mi stai dicendo che sono un vecchio da buttare via, ahimè non posso darti torto, fa un po’ vedere”
Borbottò il vecchietto, strappando i fogli dalle mani del figlio, facendo sospirare quest’ultimo e ridere la nipote.
“Ma che razz-, L’ultimo-“


“-Respiro?! Mi ha davvero mandato in un posto con un nome del genere?! Figlio scellerato, mi voleva proprio male se mi ha mandato in un posto del genere!”
Urlò Edward, facendo ridere ancora di più la ragazza, stesa accanto a lui.
“Hai detto la stessa identica frase anche allora!”
Rise la castana.
Nonno e nipote, dopo una specie di tacito accordo, si erano sistemati meglio sul letto: Amèlie era rimasta sdraiata sotto le coperte, ma si era sistemata meglio, con la testa sul cuscino, Edward invece si era messo comodo, appoggiando la schiena alla testata del letto, stendendo le gambe vicino alla ragazza.
“E mi ci ha davvero mandato?”
“Si, e non era per niente un posto brutto alla fine, le infermiere erano davvero simpatiche e hanno smesso di rimproverarmi dopo un po’ che continuavo a farti visita fuori orario”
“Venivi anche fuori orario? Perché?”
“Perché s-eri mio nonno, la persona che mi stava più al cuore al mondo”
Disse la castana con naturalezza, poggiando la testa su una gamba del biondo.
Edward arrossì, grattandosi una guancia.
“Una volta sono rimasta a dormire lì sai? Era il giorno prima del mio compleanno, io ero venuta lo stesso, anche se era prevista una nevicata da record, infatti nevicò moltissimo e la notte i treni non riuscivano a partire, così la capo infermiera mi montò un lettino, era scomodissimo ma ero contenta lo stesso perché ero con te, mi hai rimboccata le coperte anche se non ero più una bambina e mi hai raccontato la mia storia preferita, il tuo incontro contro il colonello di fuoco, mi hai chiamato fagiolina e mi hai dato la buona notte, poi mi hai svegliata, a mezzanotte precisa e mi hai fatto esattamente il regalo che volevo da tanto, discutendo spesso con papà immagino”
“Cos’era?”
“Una macchina fotografica”
“Ti piace tanto la fotografia?”
“Da morire! Il giorno dopo sono uscita fuori a fare un sacco di fotografie della neve, quanto hai urlato per farmi rientrare, allora ho cominciato a fotografare te e anche lì mi hai rimproverata, non ti stava bene niente ma ho continuato a fotografarti, soprattutto gli occhi, li avevi bellissimi e li hai ancora”
“Ah! La smetti di dire cose imbarazzanti?!”
“Ehi, così siamo pari, tu dicevi spesso cose imbarazzanti a me!”
“Ah si?”
La sfidò Ed, puntellandole la guancia.
“Oh si, il primo giorno dell’elementari mi hai chiamata fagiolina davanti a tutti e da quel giorno tutti mi hanno presa in giro!”
“…Ops?... Ma come mai fagiolina?”
“Mi hai detto perché quando mi hai vista appena nata ero davvero piccolissima”
“Anche adesso, non è che sei altissima”
“Ha parlato lui”
Il biondo si stava già preparando ad una sfuriata ma Amèlie fu più svelta, alzò di scatto la testa e gli baciò la guancia, andando poi ad accucciarsi di nuovo sulla sua gamba.
Edward arrossì come un peperone.
“Non mi piace neanche a me il latte, sai? Lo sopporto solo un goccio nel thè e solo perché mamma me lo metteva sempre in segreto”
“Sai così tante cose di me…eppure io di te non so praticamente nulla”
“Non importa, a me va bene anche così, basta che mi sei vicino”
Mormorò la ragazza chiudendo gli occhi, il biondo iniziò a passarle l’auto-mail sui capelli e Amèlie sorrise. Ci era voluto un po’ perché Ed si fidasse di lei, ma ora le sembrava proprio come se fosse un giorno qualunque, dove lei era in compagnia di suo nonno…certo adesso con un po’ d’imbarazzo, visti i movimenti un po’ impacciati del ragazzo ma, la castana sperava, con il passare del tempo si sarebbe attenuato.
“Ehi nonno”
“Non chiamarmi così, mi fai sentire vecchio”
“Va bene”
Ridacchiò la ragazza.
“Posso farti una domanda?”
“Certo…basta che non si basi sulle nostre ricerche”
“Ancora non ti fidi?!”
“L’alchimia può essere un’arma a doppio taglio, una persona a me cara è morta perché sapeva troppo, quindi niente alchimia per te signorina”
“Okay…è intima però”
“Sentiamo”
Mormorò Ed, incuriosito.
“A te piace o stai con il colonello Mustang?”

Alphonse, che era rimasto in sala a ripulire il macello sul tavolo, sentì due urla e una serie di tonfi che lo fecero preoccupare, decise però di restare dov’era, se voleva che quei due legassero come dovevano allora doveva credere in suo fratello.

“Ma dico, ti sei ammattito?!”
Urlò Amèlie, tenendosi la testa dove mancava una ciocca di capelli, strappata dalla mano artificiale di Ed all’improvviso, dopo aver fatto la fatidica domanda.
“Io?! E tu invece?! Che razza di domande sono da fare?! Un…Un po’ di rispetto per gli anziani no?!”
Urlò lui di rimando, caduto dal letto e cercando di nascondersi sotto.
La ragazza alzò la coperta per guardarci sotto e vide il nonno che cercava di nascondere il viso.
“Hai la mia età adesso, non puoi usare quella scusa”
“Segreti di alchimista di stato allora!”
“Si, e io sono la regina Elisabetta d’Inghilterra”
“Chi?”
“Lascia stare”
Sospirò Amèlie, poi riprese.
“Mio padre si chiama Roy, esattamente come il colonello e la nonna-“
“Mi sono sposato?!”
“Beh…non proprio, storia lunga, comunque la nonna da giovane aveva dei lunghi capelli neri e gli occhi scuri, come la devo interpretare questa cosa?”
Mormorò appoggiando il mento sul parquet di legno.
Edward la guardò un secondo poi riabbassò la testa, facendo sorridere Amèlie.
“Senti non-Ed…hai detto che l’alchimia non è un argomento di cui poter parlare ma posso farti comunque una domanda inerente?”
“Peggio dell’altra non può essere, sentiamo”
“Riusciresti a farmi tornare indietro?”
Il biondo alzò la testa, rischiando di dare una testata e guardò la ragazza negli occhi, diventando serio dopo un momento di smarrimento.
“Ti prometto, Amèlie, che farò tutto quello che è in mio possesso per farti tornare nel tuo mondo, e non sono uno che fa le promesse a vuoto”
“Lo so”
“Che ci fate entrambi per terra?!”
Chiese Alphonse, entrato in quel momento, non sentendo più altri rumori giungere dalla camera.
Amèlie si alzò, poggiandosi sul materasso.
“Mi stava raccontando la storia del topolino dei denti secondo le vostre usanze”
Disse con nonchalance.
“CHI SAREBBE COSì PICCOLO CHE FAI COSì FATICA A DISTINGUERLO ANCHE DA UN TOPO DI CAMPAGNA!?”
“Tranquillo, tu saresti sicuramente un topolino di biblioteca”
“AMèLIE!”
L’armatura scoppiò a ridere, insieme alla castana, mentre Edward tentava, invano di uscire da sotto il letto per cantarne quattro a quei due.

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Capitolo 7
*** Vortice ***


Angolino di Robh: Buona sera, buona sera, buona sera.
Non ho molto da dire su questo capitolo, è un pò di passaggio per il prossimo, non succederà niente di eclatante ma sarà un pò di raggruppamento d'informazioni per Amèlie, specialmente nell'ultima parte.
Buona lettura! <3

 

I giorni restanti della settimana passarono in modo assolutamente migliore per tutti e tre gli Elric.
La mattina Ed aspettava Amèlie e insieme facevano colazione, con Al seduto a capotavola insieme a loro, e la ragazza raccontava tutto quello che aveva letto sulla fotografia e l’arte di quell’epoca, facendo ridere i due fratelli quando si emozionava come una bambina, ma alla castana poco importava, finalmente poteva studiare le cose che voleva lei, e non quelle del suo odiato liceo.
I tre poi si dirigevano al quartier generale, dove si separavano, Ed e Al andando a fare le loro ricerche mentre Amèlie si dirigeva nello studio di Mustang, chiedendo se poteva fare qualcosa, e fu lì che mise alla prova la sua capacità di copiare le firme dei suoi genitori, imparando a copiare quella del colonello quando lui si metteva a fare gli affari suoi…almeno finché non lo scopriva la tenente Hawkeye, gran donna, davvero, si ritrovò a pensare la ragazza uno di quei giorni.
A fine giornata, i parenti si riunivano e tornavano a casa insieme per cenare con qualcosa che compravano lungo la via, riuniti nuovamente a tavola erano i due fratelli chiedevano del loro futuro alla castana che rispondeva molto volentieri.
Gli raccontò di come avevano girato la Germania e di come si erano nascosti in America quando la guerra era entrata nel vivo, lì Edward aveva incontrato la sua compagna, non la sposò mai anche se rimase incinta un anno dopo e quando Roy fu grande, Ed decise di ritornare in Germania visto che da molto tempo non l’amava più, con sorpresa scoprì che il figlio sarebbe andato con lui, lasciando la madre sola, che non protestò molto, dicendo che ormai doveva lasciarli liberi di andare dove volevano, anche se questo significava andare via da lei.
Amèlie raccontò di averla incontrata poche volte, perché raramente lasciava l’America, e il ricordo più prezioso che aveva della donna era un fermaglio a forma di piuma, perso quando era arrivata in quel mondo.
Il giorno dopo, la ragazza ne trovò uno uguale a quello descritto la sera prima sul bancone della cucina, al che andò nella stanza dei fratelli per saltare addosso ai due per ringraziarli, e iniziare poi la loro solita routine.
Una routine piacevole, a cui si abituarono presto tutti e tre, non ricordando l’ultima volta che sentirono quel piacevole calore che proveniva da una famiglia unita.

Arrivò l’ultimo giorno e i due seguirono la ragazza fino all’ufficio del colonello.
“Credo che ormai questi siano inutili, che ne dite?”
Sorrise Roy, mettendo un plico di fogli davanti al biondo e alla castana.
Edward li prese comunque e vide che effettivamente, scritto su bianco, Amèlie era sua parente sanguinea.
“Si, vittoria!”
Urlò entusiasta, la ragazza, dopo aver dato una sbirciata ai fogli, alzando le braccia al cielo.
Havoc soffocò una risatina dietro la sigaretta, mentre gli altri facevano un leggero sorriso, compreso il colonello che ritirò i fogli dalla mano del subordinato.
“Allora, signorina Amèlie Elric, ora che ha intenzione di fare?”
Amèlie sorrise, aprendo la bocca…richiudendola dopo qualche istante, con l’entusiasmo che scemava pian piano dai suoi occhi, si girò a guardare tutti per riportare lo sguardo infine sul colonello.
“Che faccio adesso?”
Chiese ad alta voce, domandandolo sia a sé stessa che agli altri intorno a lei.
Non andava più a scuola, non c’era bisogno di andare più da suo nonno…quindi?
Si guardò ancora in giro.
“Perché non rimani qui a Central, potresti fare la segretaria”
Propose Fury.
“Sarebbe un’idea interessante, ormai ti sei ambientata qui, potresti essere la segretaria del colonello”
Continuò Falman, andando ad appoggiare la mano sulla spalla della castana.
“Soprattutto potrebbe continuare a copiare la firma del colonello”
Bisbigliò Havoc a Breda, che se la rise nascosto da una mano, ma entrambi furono rimessi in riga da un’occhiata minacciosa di Roy.
“Non ho capito bene signori, avete per caso detto che volete donare metà delle vostre paghe ai fondi dell’esercito?”
Chiese il superiore.
“Ci dispiace, signore!”
Dissero in coro.
“Ah ecco”
Borbottò Roy, mentre Riza scuoteva la testa sconsolata.
Intanto Amèlie aveva pensato alla proposta…almeno avrebbe avuto un posto dove stare nel frattempo che suo nonno sistemava la sua questione.
A questo stava riflettendo quando Ed si alzò e la prese per mano, facendo alzare anche lei.
“Amèlie viene con noi”
Annunciò serio.
“Davvero?”
Chiese Al.
“Davvero?”
Seguì Amèlie.
“Davvero?!”
Finirono i militari.
“Ehi! Cosa c’è di strano?!”
“Beh…hai detto tu che non dovrei immischiarmi”
“Ti ho fatto una promessa e per mantenerla devi venire con noi”
“E’ un modo per dirmi che sennò mi avresti mollata qui?”
Chiese la ragazza, assottigliando gli occhi.
Edward arrossì, colto in fallo, ma Amèlie decise di fare finta di niente, abbracciando il nonno e scoccandogli un bacio sulla guancia, vedendo di soppiatto come il colonello stringeva un pugno e sogghignando, aveva notato che lo faceva spesso quando dava dimostrazioni aperte di affetto verso acciaio.
“Comunque sia, accetto! Verrò con voi così vedrò con i miei occhi i racconti di cui mi hai sempre parlato!”
“Guarda che non sarà una passeggiata”
L’avvisò Ed.
“Sei davvero sicuro di volerla portare con te?”
Chiese conferma, Roy, guardando il giovane fisso negli occhi.
Acciaio ricambiò quello sguardo con uno altrettanto serio.
“Le promesse vanno mantenute”

E Edward cercò davvero di mantenere la parola ma tutto divenne molto più difficile.
Suo nonno la mise a sapere dell’esistenza di strani esseri, uomini artificiali chiamati homunculus.
Partirono per Reole per cercare di fermare la rivoluzione.
Amèlie fece la conoscenza di Rose, Layla e Scar.
Vide quello che successe a Reole e capì perché suo nonno avrebbe voluto tenerla lontano, ma ormai era troppo tardi, suo zio Alphonse era diventato la pietra filosofale che i due fratelli cercavano da tempo.
Allora iniziarono a scappare, Ed lasciò l’esercito, venendo però fermati dal colonello in persona che li rimprovera per non aver chiesto la sua protezione.
Conobbe la famosa Winry e scoprì che è stato Roy a uccidere i genitori della ragazza.
Arrivano al paese natio dei due fratelli, dove Amèlie fa la strana conoscenza del suo bisnonno: Hohemheim Elric, che la scambiò per Trisha.
Da quel incontro, le cose iniziarono a precipitare senza che la ragazza potesse fare niente.
Suo nonno aveva ragione, i racconti sono molto diversi, quando si vivono sulla propria pelle.

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Capitolo 8
*** Non Voglio Perderti Ancora ***


Angolino della Robh: scusate il mancato aggiornamento di settimana scorsa, ma mia sorella aveva sequestrato il pc e me l'ha ridato solo oggi ==.
Questo capitolo è il penultimo, ed è il punto centrale della storia, la storia stessa è stata scritta per arrivare a questo capitolo che, beh, cambia un punto fondamentale della prima serie, quindi spero vi piaccia e ci vediamo martedì prossimo con l'ultimo capitolo ^^.

Buona lettura <3.


Amèlie stava guardando fuori dal finestrino la strada che stavano percorrendo, mentre il sole che tramontava dava a tutto una sfumatura diversa.
Accanto a lei, al posto di guida si trovava il tenente Hawkeye vestita da uomo, mentre nei posti dietro si trovavano il colonello Mustang e suo nonno che discutevano. Le due donne rimanevano in silenzio per ascoltare le loro parole, solo qualche volta il tenente interveniva mentre la più giovane taceva, non sapendo bene cosa dire.
Suo zio Al era stato rapito dagli homunculus dopo che era diventato la pietra filosofale, l’unica soluzione per poter riavere indietro i corpi dei fratelli e per poter far tornare a casa Amèlie.
Suo nonno era determinato ad andare contro il capo degli homunculus per riavere indietro il fratello minore e la ragazza era intenzionata ad andare con lui, nonostante il biondo avesse protestato all’inizio.
Il colonello, invece, sarebbe andato contro il comandante supremo in persona, supportato da tutti i suoi subordinati, il tenente per prima, con cui aveva ideato un piano di battaglia.

Ora si trovano in una via.
I due parenti di fronte all’uomo, il quale fece un leggero baciamano alla ragazza.
“E’ stato un piacere conoscerti, signorina Amèlie Elric, spero di venire a sapere che sei tornata a casa tua, nel tuo tempo”
Amèlie gli sorrise.
“Lo spero anch’io colonello, buona fortuna”
Roy le rispose con un cenno del capo, poi si rivolse a Ed.
Il nero pece si fuse con l’oro.
Mustang allungò la mano verso il più giovane.
“Allora…addio”
Edward fissò per qualche attimo quella mano, allungò anche la sua di riflesso ma, invece di dare una stretta poderosa a quella del superiore, gli batté il cinque, sorridendogli, come gli sorrise in seguito il colonello con fare bonario.
Poi il biondo prese con delicatezza il braccio della nipote e le fece cenno di voltarsi, iniziando poi a correre.
La castana però non era molto tranquilla.
“Nonno aspetta!”
Urlò fermandosi.
Ed si girò verso di lei, confuso.
“Amèlie, cosa c’è? Sai che non abbiamo molto tempo”
“Lo so, lo so, tranquillo…ma vuoi davvero che finisca in questo modo?”
Mormorò, accennando con il capo alla macchina ancora ferma dietro di loro.
“Amèlie…”
“Non voglio che tu abbia dei rimpianti, se dobbiamo andare in contro al capo degli homunculus allora dobbiamo andarci preparati! Quindi, adesso guardami negli occhi e giurami che gli hai detto tutto quello che dovevi dirgli”
Lei lo aveva già fatto, a Resembool, con il sottotenente che tanto l’aveva aiutata all’inizio della sua strana avventura, quando Ed l’aveva, involontariamente, ferito insieme a Fury.
Il biondo puntò il suo sguardo sull’automobile, appena la vide mettersi in moto scattò, correndo e urlando il nome del superiore.
Quello uscì dall’auto, stranito, ma riuscì a parlare perché Ed lo prese per la collottola della camicia bianca e lo baciò, facendo scontrare le loro labbra con prepotenza.
Quando vide Roy ricambiare il bacio di suo nonno, Amèlie alzò la mano, andando a sfiorare il fermaglio che le teneva i capelli, non era veramente quello di sua nonna, ma la ragazza si sentì comunque collegata a lei in qualche modo, aveva forse vissuto sapendo che lei per Edward era solo un rimpiazzo dell’uomo che ora stava davanti alla nipote? Era per questo che non l’aveva seguito in Germania?
Amèlie immaginò di si e si sentì fiera di essere sua nipote, nonostante fosse anche contenta per suo nonno.
Quello poteva definirsi un vero addio.
Infatti, quando vide il parente tornare da lei, capì subito che aveva il cuore più leggero, e insieme ripresero a correre per andare a riprendere Alphonse.

Una città intera si stagliava davanti ai loro occhi, alla ragazza venne su un conato di vomito ripensando a quanto era successo a Reole e a quello che era dovuto succedere in quel posto, mentre l’alchimista di fianco a lei urlava il nome del padre.
Poi attratti dalla musica, arrivarono in un teatro, dove dentro li stava aspettando Rose che danzava da sola.
Quando prese a danzare con suo nonno, Amèlie ne approfittò per andare a perlustrare un po’ il posto ma presto si ritrovò davanti il volto di Layla, o meglio Dante, come poi si ritrovò a spiegare suo nonno.
La castana, dopo una leggera battaglia, si ritrovò da sola, intrappolata dal homunculus di nome Envy che l’aveva presa alla sprovvista mentre cercava di aggredire Dante con una sedia di legno, unica arma che era riuscita a trovare nel momento di rabbia quando la donna fece sparire suo nonno.
Adesso, mentre suo zio stava venendo mangiato da Gluttony, Dante punì l’homunculus più piccolo di nome Wrath togliendogli gli arti che erano appartenuti a Ed, e proprio il biondo, a sorpresa, riuscì ad uscire dal portale.
Ora stava combattendo contro Envy.
Amèlie invece stava cercando di svegliare Rose da quella specie di trans in cui Dante l’aveva fatta cadere, come gli era stato ordinato da suo nonno siccome l’altra donna era un nemico troppo ostico per lei, dopo insieme si sarebbero occupati di Al.
“Scappa, andiamo, pensa a tuo figlio!”
Urlò per l’ennesima volta la ragazza, strattonando l’altra per un braccio, mentre alternava lo sguardo da lei al nonno.
Ma Rose non l’ascoltava e Dante la derideva per i suoi metodi inutili, inutile com’era lei in quel momento visto che non sapeva né combattere né usare l’alchimia per aiutare Ed e Al.
“Mi chiedo, quindi, cosa ci faccia tu qui”
Finì la donna, con un sorriso cattivo sul volto.
Cosa che fece venire voglia ad Amèlie di mollare Rose per riprendere la sedia e dargliela in testa.
Il silenzio della battaglia, però, catturò la sua attenzione.
Si girò verso suo nonno, vedendolo con gli occhi sgranati, indifeso mentre Dante riprendeva a parlare, stavolta spiegando la vera storia di Envy. A quel punto anche Amèlie sgranò gli occhi, lasciando andare il braccio di Rose, e vide tutto come al rallentatore.
Envy che trasmutava il suo braccio in pietra e che lo puntava contro suo nonno.

“Andrà tutto bene, tranquilla…ti voglio bene fagiolina”
Avrebbe voluto chiedergli tanto altro, Amèlie, ma quello che le uscì dalla bocca fu solo un lungo ‘no’ quando vide Andrei sparare alla schiena di suo nonno.
L’ultima cosa che vide fu Edward accasciarsi al suolo, poi quelle manine nere la fecero scomparire del tutto e lei cadeva nell’oblio.


Amèlie non era mai stata un asso in educazione fisica a scuola, nonostante suo nonno le continuasse a dire che per avere una mente ben allenata anche il corpo lo doveva essere.
In quel momento però corse come non aveva mai fatto e riuscì per un pelo a lanciarsi contro suo nonno, venendo ferita al fianco, mentre lei e Ed cadevano sul pavimento con Al che urlava i loro nomi e Rose che finalmente si svegliava dalla sua trans.
“Non voglio vederti morire di nuovo”
Fece in tempo a sussurrare la castana, prima che Envy le desse un calcio allo stomaco facendole sputare sangue, allontanandola dal biondo che si riprese a quelle parole.
Si avventò contro l’homunculus, venendo aiutato da Wrath che prese Envy per un piede, cercando di tenerlo fermo.
Anche Amèlie, dopo aver tossito e sputato del sangue che aveva in bocca, si andò ad aggrappare alla vita dell’homunculus, tentando di fermarlo.
“Amèlie!”
“Vai dallo zio, muoviti!”
Urlò lei in risposta, mentre sopportava insieme a Wrath i colpi che Envy infliggeva loro per liberarsi.
Ed tentennò solo qualche secondo, poi corse da suo fratello prima che Gluttony finisse di mangiarlo.
“Edward che fai, fermati, fermati immediatamente!”
Urlò Dante.
Il biondo però batté le mani, rivolgendosi poi a Envy.
“Vuoi vendicarti di Hohemheim? Allora vieni a prenderlo!”
I due lasciarono andare l’homunculus mentre quello si gettava sul biondo proprio mentre quello posò le mani sul cerchio alchemico, iniziando la trasmutazione.

Quando Amèlie riaprì gli occhi, chiusi per colpa del bagliore, trovò suo nonno inginocchiato con in braccio un corpo coperto dalla sua giacca nera, di Envy non c’era traccia.
Un sorriso nacque sul volto della castana, mentre sentiva la tensione scendere e andare via dal suo corpo.
“Via!”
Urlò Edward, alzandosi in piedi e le due ragazze eseguirono.
Rose si tolse le scarpe per non avere intralci e strinse forte suo figlio al petto, Amèlie invece prese in braccio il corpo di Wrath, non poteva lasciarlo là quando lui l’aveva aiutata, e insieme al biondo iniziarono a correre fuori dal teatro mentre Dante gridava dalla rabbia.
Si fermarono solo quando furono al sicuro, fuori dalla chiesa, nelle vie di Central.
I due parenti si guardarono negli occhi, con il fiato che mancava a entrambi nei polmoni e si sorrisero.
“Andiamo all’ospedale”
Mormorò Ed, facendo annuire la nipote.
Lì trovarono una disperata, tenente Hawkeye che l’informò che il colonello Mustang era appena entrato nella sala operatoria.
 
Da quel giorno passarono esattamente due settimane, in cui Roy, appena ripreso abbastanza, venne sottoposto al giudizio della corte marziale, venendo giudicato innocente della morte di King Bradley solamente perché Ed, Hawkeye e gli altri suoi sottoposti riuscirono a portare le prove che il comandante fosse un nemico dell’esercito stesso e che Mustang aveva reagito solo per il bene del paese. Venne poi ricoverato nuovamente, per poter curare l’occhio rimasto ferito per colpa di Archer.
Alphonse venne ricoverato nello stesso ospedale, in un altro reparto, sotto le cure del dottor Knox che gli faceva esami tutti i giorni, dosandogli in piccole porzioni il cibo perché lo stomaco del ragazzo si riprendesse ad assimilare normalmente e facendogli delle flebo quando ne aveva più bisogno.
Ad Ed e Amèlie vennero curate le ferite superficiali e la ragazza si vantò, ridendo, con Havoc che avrebbe avuto una cicatrice di guerra dopo la sutura che gli avevano fatto al fianco per chiudere la ferita causata da Envy.

Quel giorno la ragazza si trovava nel giardino dell’ospedale, seduta a gambe incrociate su una panchina, mentre aspettava suo nonno che era in visita al colonello come tutti gli altri giorni; giocherellava con la macchina fotografica che Edward le aveva regalato da qualche giorno, Winry, venuta da Resembool per stare anche lei vicino ad Al, le aveva insegnato come si usava ma alla castana piaceva giocherellarci come faceva con la sua vecchia.
“Ohibò, ecco un’altra Elric”
Se ne sbucò Havoc, andandosi a sedere vicino alla ragazza, accendendosi una sigaretta, gustandosela fin dalla prima boccata, siccome, purtroppo per lui, nelle stanze dell’ospedale era vietato fumare.
“E’ venuto a far visita a Mustang?”
Chiese la ragazza, non alzando gli occhi.
“Già, ero venuto a dare il cambio al tenente ma ho trovato già il capo, così sono andato a fare visita ad Alphonse, infine ho trovato te”
“Che non ero programmata”
Rise Amèlie, alzando finalmente gli occhi, puntandoli in quelli azzurri del militare.
“No, non lo eri affatto…”
Mormorò Jean, dando un’altra boccata, prima fare quella domanda ostica che tutti si stavano chiedendo in quel momento.
“Che farai adesso?”
La castana riportò lo sguardo sulla sua macchina e l’alzò verso l’uomo per scattargli una foto.
“Non tornerò a casa”
Rispose alla fine.
“Il nonno dovrebbe fare una terza trasmutazione per poter aprire di nuovo il portale, o cercare addirittura la pietra filosofale di nuovo, entrambe le opzioni non sono realizzabili, specialmente la seconda, quindi rimarrò qui”
“E sei triste? Per la tua famiglia?”
“Tempo fa ti dissi che la mia ancora era il nonno, senza di lui mi sentivo come una barca senz’ancora in mezzo in mare, in balia delle onde…durante il viaggio ho capito che non è del tutto vero, mia madre mi ha insegnato a come gestire le mie emozioni e questo mi ha aiutato molto, mio padre certe volte è stato molto duro con me ma ora ho capito che era solo per prepararmi alla cruda realtà della vita…nonna…la compagna del nonno, non l’ho conosciuta molto ma credo che sia davvero una grande donna, una vera signora con il suo orgoglio e spero di poterle somigliare un giorno. Sono assolutamente certa che mi mancheranno…però venendo qui, modificando delle cose che forse sarebbero dovute succedere, ho modificato anche il futuro che conoscevo così quindi…magari saranno felici, magari ho cambiato il loro futuro in meglio chi lo sa, io cercherò di portare i loro insegnamenti e seguirli per quanto mi è possibile”
Finì la ragazza, alzando gli occhi al cielo.
Havoc sorrise.
“Ascoltandoti ora sembri proprio Edward”
“Ne sono fierissima”
“La domanda ritorna però, che farai adesso”
“Ci ho pensato molto, e ho deciso, farò quello che ha fatto nonno quando arrivò a casa”
Affermò Amèlie, appoggiando la testa alla spalla del militare.

Qualche giorno dopo i due si ritrovarono davanti ad un treno, insieme a Ed e Roy, dimesso il giorno prima.
La ragazza stava davanti ai tre, vestita semplicemente, con la valigia che era del biondo tra le mani e un sorriso sulle labbra.
“Sei davvero sicura di voler andare da sola, non conosci niente e nessuno”
Protestò ancora Edward, allungando la mano metallica per posarla su quelle della nipote.
“Anche tu non conoscevi niente di Monaco, per questo sei partito”
Rispose Amèlie, con semplicità.
Ed non  fu molto convito della risposta, certo adesso la castana non avrebbe corso più i pericoli che aveva corso viaggiando con lui e Al, ma poteva succedergli molto altro e non sarebbe stato là con lei a proteggerla. Roy, capendo i pensieri di acciaio, gli mise un braccio sulle spalle e lo strinse a sé, facendogli intendere che doveva lasciarla andare perché la ragazza era uno spirito libero come lui.
Amèlie gli sorrise complice per poi fingere uno sguardo truce.
“Se vengo a sapere che lo tratta male, giuro che torno subito e la prendo a pugni! E comunque, quando torno voglio vederla sedere sul trono come comandante supremo!”
Disse, puntandogli il dito contro.
“Ai tuoi ordini, signorina Elric”
Sorrise Mustang, facendo il segno militare per far ridere la ragazza.
Ragazza che poi lasciò andare la valigia per buttarsi addosso al nonno, stringendolo forte.
“Prenditi cura di te e dello zio, ti voglio un sacco di bene!”
Urlò la castana, riempiendo di bacini la guancia del parente, facendolo morire dalla vergogna.
“No, dai…smettila, Amèlie!”
“Oh andiamo, con Mustang farai anche di peggio, almeno con tua nipote puoi lasciarti andare un po’, ora che sei giovane”
“Amèlie!”
Urlò Edward, diventando viola in viso, mentre Mustang faceva un piccolo colpo di tosse per nascondere il suo ghigno da gnorri.
I due parenti poggiarono la fronte una contro l’altro.
“Ti voglio bene nonno”
“Ti voglio bene anch’io fagiolina”
Il treno fischiò, pronto per la partenza e la ragazza si affrettò a salire per poter accaparrarsi il posto accanto al finestrino, un colpo contro di questo richiamò la sua attenzione.
“Hai salutato tutti tranne me, solo perché sono il sottotenente che si faceva fregare le donne dal colonello non vuol dire che conto poco, sai?”
Ghignò il biondo, appoggiandosi contro il treno.
“Infatti devo chiederti un favore importante”
Sibilò la ragazza sporgendosi, facendo incuriosire Havoc.
Amèlie sorrise birichina e si tolse il fermaglio a forma di piuma, prendendo la mano del militare per poterglielo dare.
“Non è l’originale ma è molto importante per me, prometti che lo conserverai bene fino a quando ritornerò”
Il biondo sorrise e fece anche lui il saluto militare.
“Riesce meglio a Mustang”
“Ehi!”
Amèlie rise e, prima che il treno iniziasse la partenza, riuscì a dare un bacio sulla guancia al sottotenente.
Poi si mise a sedere, tranquilla, prese la sua macchina fotografica e osservò il paesaggio che correva di fuori.

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Capitolo 9
*** Epilogo ***


Angolino della Robh: Eccomi con l'epilogo di questa storia, con un giorno di ritardo... pardon mi sono appisolata ieri sera u.u'''.
Comunque, questa è la fine della storia di Amèlie, spero vi sia piaciuta come l'ha amata io, è stata creata per un anime molto importante per me, il mio primo anime, quindi posso dire di essere molto legata a questa oc <3.
E niente, per l'ultima volta, buona lettura <3.


Ed non aveva il vizio di mangiarsi le unghie, ma in quel momento si sarebbe mangiato volentieri anche le tutte le dita dell’automail.
“Sei troppo teso, mi chiedo cosa farai quando toccherà a noi”
Sorrise Roy, appoggiato con nonchalance al portone d’ingresso.
“Smettila di fare il cretino!”
Sbottò il biondo, diventando color porpora in viso, facendo ridere il più grande.
Erano passati quattro anni dall’inizio della loro relazione ma Edward rimaneva sempre timido come il primo giorno, e dire che aveva insistito lui per iniziare la loro relazione… continuata poi grazie ad Amèlie, che aveva prontamente ringraziato con il regalo di quel giorno.
Un grande giorno.
“Generale che ci fa ancora qui?!”
Urlò la castana, facendo la sua entrata in scena.
“Amèlie…”
Mormorò Ed senza parole.
Quando l’aveva visto sul manichino gli era sembrato troppo pomposo, ma doveva ammettere che la nipote e Winry avevano ragione, quel vestito stava un incanto alla ragazza.
Il corpetto stretto, ricoperto con dei fili di perle, sottolineava il seno e la vita della ragazza mentre le onde di seta del sotto rendevano l’abito simile a quello di una principessa, il velo poi era stato sistemato in modo perfetto dalla bionda in modo che risaltasse con l’acconciatura che Amèlie aveva optato per quel giorno.
La castana arrossì leggermente, rendendo le gote più rosse del trucco leggero che ci aveva messo sopra.
“Sei una meraviglia”
Confermò Mustang.
“Vada al suo posto!”
Borbottò lei in risposta, minacciandolo con il bouquet di rose bianche e margherite.
“Ai suoi ordini, signorina Elric”
Alzò le mani, in segno di resa, Roy, ed entrò nella struttura.
I due Elric a quel punto si guardano negli occhi e sospirarono una risata; Ed si avvicinò alla nipote e poggiò la fronte contro la sua.
“Sei pronta?”
“Ho una cosa nuova”
Passò una mano sul vestito.
“Una cosa vecchia”
Sfiorò il suo orologio d’argento.
“Una cosa blu”
Alzò gli occhi a indicare il fiorellino che aveva nei capelli.
“E la mia famiglia”
Terminò la lista Amèlie, riportando gli occhi screziati in quelli d’oro del nonno. Quello sorrise, e si staccò, porgendogli  il braccio a cui la castana si aggrappò tremando un poco.
“Andiamo”
Mormorò la ragazza.
Edward annuì e insieme attraversarono il portone, trovandosi davanti il tenente Jean Havoc vestito con uno smoking, accanto a lui il generale di brigata Mustang e dietro di loro il prete che attendeva solo la sposa.
“Nonno?”
Mormorò Amèlie sottovoce mentre avanzavano, tra la folla che si alzava.
“Si?”
“Ti voglio tanto bene fagiolino”
“Ti voglio tanto bene anch’io, fagiolina”

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