La Strega addormentata nel bosco

di Oxis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Strade che si incrociano ***
Capitolo 2: *** Tempesta in arrivo ***
Capitolo 3: *** La bambina uccisa ***
Capitolo 4: *** I preparativi del Torneo ***
Capitolo 5: *** La morte di Artù ***
Capitolo 6: *** Un nuovo angelo custode ***
Capitolo 7: *** Kendra l'infermiera ***
Capitolo 8: *** La segregazione del principe ***
Capitolo 9: *** Il ritorno di Merlino ***
Capitolo 10: *** La magia del Lago ***
Capitolo 11: *** Battiti di cuore ***
Capitolo 12: *** Quella cosa che non riesco a dirti ***
Capitolo 13: *** Le cose non dette ***
Capitolo 14: *** Addio ***
Capitolo 15: *** Ti salverò ancora due volte ***
Capitolo 16: *** Il Lago Ninive ***
Capitolo 17: *** La strega addormentata nel bosco - parte 1 ***
Capitolo 18: *** La strega addormentata nel bosco - parte 2 ***
Capitolo 19: *** Una nuova strega ***
Capitolo 20: *** Ricordi pericolosi ***
Capitolo 21: *** Tutto quasi come prima ***
Capitolo 22: *** Doccia gelida ***
Capitolo 23: *** Accadde all'improvviso ***
Capitolo 24: *** Lady Oleynn ***
Capitolo 25: *** Senza Kendra ***
Capitolo 26: *** La verità ***
Capitolo 27: *** Io sono un mago ***
Capitolo 28: *** Bentornato... fratellino ***



Capitolo 1
*** Strade che si incrociano ***


Ciao a tutti!
Questa è una storia prossima alla conclusione, che ho deciso di pubblicare a puntate, con cadenza settimanale.
Mi farà taaaanto piacere se vorrete dirmi qualsiasi cosa, sul mio stile, sugli errori, sui possibili miglioramenti.
Amo Merlin e sono così egocentrica che mi piace inventare sempre un personaggio femminile protagonista delle mie fan fiction in cui immedesimarmi. 
Spero che la mia storia possa appassionarvi quanto sta appassionando me scriverla.

Grazie anche solo per essere arrivato a leggere fino qui,

Oxis
(fate un giro sulla pagina FB ufficiale di Merlin Italia, l'unica seguita dall'account ufficiale della serie tv. Si chiama Merlin * •Italian Page•* e io sono una degli editor :) )



PROLOGO

Nella foresta, Artù precedeva Merlino, brandendo la balestra e aspettando il momento giusto in cui avrebbe fatto scattare la freccia che si sarebbe conficcata con precisione nella schiena della sua preda. Un cervo maschio bruno che avevano intravisto solo per qualche secondo tra le fronde.

- Merlino, la smetti di fare tutto questo rumore? - sibilò il principe voltandosi - Questa è l'ultima volta che ti porto a una battuta di caccia, sei più goffo di un...
Un rumore trafisse il silenzio della foresta.
- Cos'è stato? - esclamò il mago guardandosi intorno.
- Shhh!
Un urlo, perfettamente distinguibili li fece sobbalzare. Artù si voltò di colpo.
- Banditi! - gridò estraendo la spada.
Due uomini incappucciati e protetti da una pesante armatura si scagliarono verso di loro, sbucando all’improvviso.
Artù scartò, bloccò rapido un colpo indirizzato alla sua testa e Merlino, nella fretta di abbassarsi per evitare la spada del secondo uomo, inciampò e cadde a terra.
Il principe era già parecchi metri più lontano, sferrando colpi al bandito.
Ma un'altra figura arrivò correndo, alle spalle del suo protetto.
- Artù! - urlò il mago.
Il giovane si voltò ma il primo bandito lo afferrò per le spalle, spingendolo con forza contro il tronco di un albero. Perse l'equilibrio e cadde a terra, la spada era già lontana, inutilizzabile. Prima che se ne rendesse conto, fu strattonato e immobilizzato. Si divincolò ma inutilmente. Vide con la cosa dell'occhio che altri due uomini avevano preso anche Merlino.
L'uomo che gli stava davanti, ridendo sguaiatamente gli puntò la spada al cuore. Artù cercò di passare in rassegna le sue possibilità ma proprio mentre cercare di fare chiarezza mentale,  sentì un grido, più flebile del primo.
Un secondo dopo, vide una spada lampeggiare in aria e scagliarsi sull'uomo di fronte a lui, che si voltò di scatto e schivò il colpo.
Artù fissò una sagoma più esile di quella del bandito, muoversi repentina sferrando colpi al bandito con una velocità fulminea.
Riuscì a scorgere solo una scia di quelli che gli parvero dei lunghi capelli rossi che sbucavano da sotto un cappuccio.
E' una donna.
Ma non aveva mai visto una donna combattere, tantomeno con così tanta forza.
- Ti dispiacerebbe darmi una mano? - gli arrivò una voce affaticata ma limpida, inconfondibilmente femminile, da dietro il cappuccio abbassato.
Artù si rese conto in quel momento che era di nuovo libero. Si alzò di scatto e afferrò la prima spada che vide a terra, lanciandosi contro l'uomo.
Lo colse di spalle e riuscì a stordirlo con un colpo alla nuca, poi si voltò e corse verso il suo servitore.
La ragazza fu più veloce. Con uno scatto fluido liberò Merlino dalla presa del primo bandito, mettendo in fuga l'altro.
Artù si girò e puntò la spada verso la figura incappucciata, che abbassò la sua.
- Chi sei? - chiese.
La donna esitò. Poi abbassò il cappuccio, rivelando il viso pallido di una ragazza, con lunghi capelli rossi legati in una treccia e occhi di un verde brillante.
Artù abbassò la spada, stupito di non trovarsi davanti a un guerriero.
- Mi hai salvato la vita - ansimò Merlino alzandosi da terra.
Lei sorrise e Merlino le tese una mano.
- Mi chiamo Merlino - disse - Tu chi sei?
La ragazza gettò un'occhiata al principe, che la scrutava con sospetto.
- Sono Kendra.
Nell’attimo in cui le loro mani si strinsero, qualcosa percorse entrambi i loro corpi come la scarica di un fulmine. Merlino ritrasse la mano di scatto e trasalì, ritraendosi all’istante.
Guardò Kendra che aveva la sua stessa espressione sbalordita sul volto. Cos’era stato? 
- Scusa... - disse incerto - Devo... averti dato la scossa.
Lei non sorrise. Abbassò lo sguardo sulla spada che reggeva con l’altra mano e la tese ad Artù.
- Questa è vostra.
Lui la prese e con un gesto lento la puntò al petto della ragazza, che si immobilizzò.
- Come sapevate che quei banditi ci avrebbero attaccato? - chiese con voce dura, fissando Kendra.
- Artù… - cominciò Merlino allarmato ma la ragazza pareva irritata più che spaventata.
- Vi ho appena salvato la vita! - esclamò quasi scandalizzata.
- Rispondete.
- Sire… - tentò di nuovo il mago.
- Taci, Merlino!
- Sono in viaggio per Camelot - rispose Kendra senza cedere allo sguardo altezzoso del principe - Ho sentito l’arrivo dei banditi e li ho seguiti fino qui. Speravo di riuscire a… rubare qualche provvista. Sono giorni che non mangio.
Artù non trattenne un sorriso sarcastico.
- Tu da sola contro sei banditi? - scoppiò in una risata era cattiva.
- Mi sembrava che qualche minuto fa non ti facesse schifo il mio aiuto.
Si guardarono torvi, poi Artù abbassò piano la spada.
Merlino era a metà tra il sorpreso e l’ammirato. 
- Di dove siete, Kendra?
- Zàlatos - rispose Kendra. Nel suo sguardo Merlino fu convinto di aver letto una punta di l’amarezza. Zàlatos non se la passava bene da qualche periodo.
- Ti portiamo noi a Camelot - si affrettò a dire Merlino in un tentativo di abbassare la tensione.
Lei lo fissò.
- Conoscete Camelot?
Merlino annuì e indicò il suo padrone.
- Lui è Artù Pendragon, il principe di Camelot.
Kendra sobbalzò.
- Siete voi? Ah, dunque ho salvato la pelle al principe di Camelot - commentò con voce sarcastica.
- Non mi avete affatto salvato la pelle! - esclamò Artù.
Kendra gettò indietro la testa e rise.
- Siete uno di quegli uomini che non accettano di essere stati salvati da una donna?
Si allontanò di qualche passo e si chinò per prendere la spada di uno dei banditi svenuti. L’elsa era intrisa di rosso. La pulì con noncuranza sull’erba e la fissò alla cintura. Spinse indietro i capelli e puntò gli occhi ridotti a fessure contro il principe.
- Non puoi parlarmi in questo modo - disse Artù.
- Ci ha salvato la vita - intervenne Merlino, poi si rivolse alla giovane - Potete venire con noi, Kendra.
- Non c'è bisogno, grazie - replicò la ragazza alzando una mano - andrò per la mia strada. Addio.
Si voltò e iniziò e si addentrò rapida nella foresta. In pochi secondi era sparita.
- Ma perché l'avete... - cominciò Merlino, ma Artù alzò una mano, in un gesto che parve molto simile a quello della ragazza.
- Merlino, sta’ zitto. Sono già abbastanza irritato in questo momento.
Merlino sospirò e raccolse la balestra del principe che aveva abbandonato al momento dell’imboscata.
- Torniamo a Camelot. Per oggi con la battuta di caccia abbiamo finito.

 

Kendra entrò a Camerot che albeggiava. Era molto stanca perché aveva camminato quasi tutto il giorno prima, fermandosi solo poche ore a dormire per evitare di imbattersi di nuovo nei banditi. Prima di varcare le mura della città si fermò un attimo e si guardò indietro, come rimpiangendo tutta la strada percorsa che la stava allontanando sempre di più dalle sue origini. Non che la spaventasse dovesse preoccuparsi di mantenersi da sola, dopotutto aveva sempre aiutato suo padre a tirare su i maiali e a curare l'orto. Ma ora non l'aveva più al suo fianco e le cose sarebbero state molto diverse.
Oltrepassò il portone principale della città e iniziò a girare per le strade indorate dalla luce mattutina.
La vita intorno a lei iniziò a risvegliarsi. Uomini che uscivano dalle case con arco e frecce, donne che portavano fuori ceste di biancheria e l’aria già pervasa dal profumo di pane che usciva dai fornai. Le risa dei bambini si unirono molto presto ai colpi regolari del fabbro.
La contemplazione del paesaggio si interruppe per un fastidioso brontolio dello stomaco di Kendra che voltò la testa in cerca di qualcosa che potesse soddisfare la sua fame. Individuò il banchetto di un mercato e si avvicinò svelta, contando le monete rimaste nella saccoccia. Erano solo due, non abbastanza per comprarsi l’invitante pasticcio di piccione che la guardava dal banco. Sospirò e si voltò, appoggiandosi con noncuranza al palo del bancone. Poi, con un gesto fulmineo, prese una delle due monete e la lanciò contro l’ampolla di vetro colma di sidro. Con uno schianto, la moneta roteò nell’aria e centrò il vetro che si frantumò in mille pezzi con una forza incredibile. Kendra afferrò il pasticcio di piccione mentre l’uomo al banco urlava di dolore tentando di estrarre le schegge di vetro conficcate nel collo.
Si allontanò in fretta, sopprimendo abilmente il senso di colpa come era stata abituata a fare.
Camelot le piacque subito, forse per la sua vitalità, molto diversa dall’atmosfera lugubre che aleggiava per le vie di Zàlatos in quel periodo.
 Finì la sua colazione camminando per la strada principale.
Non sapeva ancora cosa avrebbe fatto, aveva pensato di cercare lavoro come aiuto fabbro o serva, al suo villaggio aveva imparato molti mestieri da tutte le persone che conosceva. Suo padre le aveva detto che a Camelot avrebbe avuto una vita più facile di quello che avrebbe mai potuto avere a Zàlatos, che pochi mesi prima era stata conquistata dai Cavalieri del regno di Kolkos che avevano decimato la popolazione. Kendra allontanò il pensiero di suo padre, del suo villaggio. Non poteva permettersi di provare emozioni forti come la tristezza. La moneta contro l’ampolla aveva funzionato solo perché era affamata e con le forze a terra. Doveva restare stanca ed esausta a tutti i costi.
Il motivo per cui era arrivata a Camelot, però, poteva attendere. Aveva bisogno di un lavoro, non poteva continuare rubando all’infinito, qualcuno se ne sarebbe accorto e allora sarebbe stata in guai seri.
Girando l’angolo, cozzò contro qualcuno.
La mano ormai allenata virò verso la spada appesa alla cintura ma il suo sguardo incontro un paio di occhi familiari.
Ci mise un attimo a riconoscerlo e l’istinto le disse subito di scappare via. Si costrinse a restare ferma, mentre ordinava al suo cuore di smettere di battere forte. Niente emozioni forti. Niente paura. Bastava una sola emozione forte a distruggere una città, l’aveva imparato a sue spese. Ma ora l’emozione le bloccava il respiro.
Merlino le sorrideva sorpreso, con in mano un secchio d’acqua.
- Ehi, hai trovato la strada.
Kendra annuì. Mise una mano in tasca e cercò di calmarsi. Che fosse lui quello che stava cercando? La stretta di mano nella foresta doveva pur significare qualcosa. Era ovvio che fosse magia.
- Così sembra - disse.
- Hai fatto buon viaggio?
Dunque Merlino era un mago. E probabilmente sospettava lo stesso di lei.
- Sì. Vuoi una mano?
Il giovane alzò le spalle.
- No, ti ringrazio. E’ pesante.
Kendra guardò il cielo sopra di loro. Era tinto di una sfumatura violetta, con nuvole rosa sfilacciate.
Cavolo. Quel piccione le aveva fatto troppo bene. Sentiva le forze rigenerarsi ed eliminarle la stanchezza dal corpo. Le girò la testa. Ma come poteva essere tanto stupida?
- Ti senti bene?
Fin troppo bene. Eppure suo padre l’aveva messa in guardia. Kendra si maledisse in silenzio. Quell’orribile magia che navigava in lei senza controllo doveva essere tenuta a bada e l’unico modo possibile era quello di essere sempre perennemente esausta.
Si allontanò da Merlino, sentendo crescere in lei una forza sovrumana.
Non di nuovo, non di nuovo. Per favore.
Corse a perdifiato lungo la strada principale di Camelot ma inciampò nel selciato e cadde. Vide in un impeto di malsana gioia un rivolo di sangue sporcarle la mano e la magia si attenuò.
Ma non abbastanza. All’improvviso, fluì in lei il familiare e odiato calore bruciante con il quale fin da piccola aveva dovuto convivere e non riuscì più a resistergli. Sfociò dalle sue mani e dai suoi occhi come un violento spostamento d’aria, che la destabilizzò e si riversò sul selciato. Le pietre saltarono fuori dal proprio letto di terra, creando un fosso che divise in due la strada principale.
Kendra afferrò la spada dalla parte della lama e l’affilatura le tagliò la pelle della mano. Il sangue uscì copioso e più sangue si riversava nel terreno, meno il calore bruciava e meno la forza che si impossessava di lei era violenta.
Finì lentamente, ma finì.
Kendra si guardò intorno. C’erano delle persone a terra. Una donna e una bambina. Si impose di restare calma, poi si alzò da terra e mise la mano in tasca, allontanandosi velocemente dal proprio sangue per terra.
Mamma e figlia stavano bene, erano solo cadute per terra per lo spostamento d’aria.
Kendra tirò un sospiro di sollievo e placò il senso di colpa che come ogni volta era tornato a tormentarla.
Tremava ed era sfinita. Le girava la testa, ma questa volta perché stava per svenire. Quella stanchezza le provocò un moto di insensato sollievo, mentre si lasciava cadere a terra e si sedeva. Smise di preoccuparsi di sé stessa e si guardò intorno.
Aveva fatto un bel buco anche questa volta ma non sembrava irreparabile. La punizione per aver rubato il pasticcio di piccione. Sorrise, improvvisamente serena e vide Merlino correre verso di lei.
- Stai bene? Cosa è successo?
- Sembra che sia stato un fulmine. Incredibile, neanche piove.
- Un fulmine?
Era ovvio che lui non ci avrebbe creduto ma Kendra avvertiva le persone arrivare a frotte sulla strada e cercò di alzare la voce.
- Non chiederlo a me. L’ha appena detto quel signore, deve essere stato un fulmine. Ma come è possibile che abbia fatto tutto questo?
Fare domande prima che delle domande vengano rivolte a te, la regola base. Mostrarsi stupita. Essere una vittima. Continuare a fare domande, così nessuno le rivolgerà a te. Tremare. Attacco isterico, se ne necessario. Attacco di panico ancora meglio, ma non era quello il caso.
- Cosa è stato, Merlino? Qualcuno si è fatto male? - si affrettò a chiedere con la voce spezzata adeguatamente di spavento.
Merlino si guardò intorno.
- Stanno tutti bene. Non so cosa sia stato...
Il battito del cuore di Kendra era rallentato. Stava bene. Era passato. Controllò le proprie funzioni vitali, mentre intorno a sé gli abitanti di Camelot correvano su e giù e la confusione esplodeva. Tutto a posto. Era esausta e andava bene così. Poteva restare a digiuno fino alla mattina dopo, avrebbe corso nella foresta per sfinirsi del tutto e avrebbe dormito tranquilla, magari sotto un albero, così che il riposo non sarebbe stato efficace.
Sentì la disperazione che seguiva sempre un attacco di magia salirle per la gola e si costrinse a restare calma. Sarebbe finita presto ma aveva bisogno dell'aiuto di un altro mago.
- Hai bisogno di bere un po' d'acqua e riposarti. Vieni con me. - Merlino interruppe le sue riflessioni con un sorriso amichevole.
Kendra si alzò da terra e lo seguì.
Sopra Camelot, un cielo scuro virava verso di loro allontanandosi dall'orizzonte.

 

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Capitolo 2
*** Tempesta in arrivo ***


Merlino portò Kendra a casa sua. Era un locale basso, con due stanze e molte cianfrusaglie da chimici.

- Sei uno scienziato? - chiese Kendra passando la mano sulla fila di volumi scritti in una lingua antica incomprensibile, una delle tante file sugli scaffali che circondavano l’intero ambiente.

Merlino versò un bicchiere d’acqua dalla brocca sul tavolo.

- No, vivo con il medico di corte.

Kendra si sedette al tavolo. Mai bere qualcosa offerto da uno sconosciuto, diceva sempre suo padre.

Prese il bicchiere e lo esaminò.

- Stai bene?

Kendra spostò la sua attenzione su Merlino. Il giovane si era appena seduto davanti a lei e la scrutava. Aveva occhi azzurri e delle buffe orecchie a sventola. Sembrava molto sveglio.

- Sto bene - rispose Kendra, decidendosi a bere l’acqua nel bicchiere. Ne bevve solo un paio di sorsi nonostante sentisse una gran sete: non doveva permettere alla forza magica di tornare all’attacco.

Il post-attacco di magia era sempre un sollievo per Kendra. Le forze le mancavano e la sete che le prendeva la gola era quasi incontrollabile, motivo per cui il suo corpo non poteva sopportare altra magia. E quindi non c’era nessun rischio.

Kendra incontrò lo sguardo di Merlino e seppe cosa stava per chiederle.

- No. - lo anticipò senza preavviso.

- No? - chiese lui aggrottando la fronte.

- Qualunque cosa tu mi stia per chiedere, non chiedere nulla.

Kendra si arrischiò a bere un altro sorso e non riuscì a evitare che i suoi occhi si chiusero per un attimo al piacere dell’acqua che scendeva dissetante in gola. Aveva troppa sete. Si alzò dalla sedia.

- Ti ringrazio, sei stato molto gentile. Sai per caso di qualcuno che cerca una cameriera o qualcosa del genere?

Merlino restava vagamente stupito appoggiato al tavolo. Si riscosse.

- No.

- Allora io vado.

- Aspetta.

Kendra fece per andarsene, ma lui sgusciò via dalla sedia e la fermò prendendola per un braccio. Un’ondata di calore si propagandò dal contatto e la forza di un fulmine percorse il corpo di Kendra, lasciandola con il battito del cuore accelerato.

Magia. Se c’era stato un dubbio, ora Kendra non ne aveva più.

- E questo cos’è?

Kendra si stava facendo la stessa domanda. Si scostò in fretta dalla presa del giovane. La paura che l’aveva sopraffatta scemò pian piano, quando si rese conto che quella strana scarica non alimentava la sua forza magica incontrollabile che aveva dentro di sé. Aveva il battito accelerato, il respiro leggermente affannoso, si sentiva un po’ più stanca di prima ma nient’altro. Non c’era pericolo che esplodesse la magia, per cui si tranquillizzò. Quanto meno, toccare Merlino non era pericoloso.

I pensieri si affollarono nell’allenato cervello di Kendra alla velocità della luce, così rispose dopo qualche secondo.

- Magia, ovviamente.

- Sei una strega?

- Non esattamente.

Merlino tacque.

- Non ho mai avvertito una magia così - disse dopo un po’.

Kendra prese il bicchiere d’acqua e bevve un altro minuscolo sorso.

- Cosa vuol dire “non esattamente”? - chiese di nuovo Merlino.

- Niente. Fai finta che io sia una strega, si può ridurre bene a questo nome.

Merlino abbozzò un sorriso. Per un attimo Kendra pensò che volesse riprendere un contatto e si allontanò di un passo.

- Sei stata tu a fare quel disastro là fuori?

Lei abbassò la testa e giocò con una goccia d’acqua sul piano del tavolo.

- Non si è fatto male nessuno.

Il mago la guardò perplesso, Kendra capì di essere stata troppo sulla difensiva.

- Sì, mi capita a volte.

- Quando?

- A volte.

Merlino tacque, Kendrà sbuffò.

- D’accordo, meglio che vada a trovarmi un lavoro.

Si diresse verso la porta e mentre abbassava la maniglia, la porta la anticipò e si aprì arrivandole a due centimetri dal naso. Allenata a difendersi da attacchi a sorpresa, Kendra afferrò istintivamente il bavero dell’aggressore e con forza lo tirò a sé, lo spinse contro il muro ed estrasse la spada.

- Ma che cosa…?

Artù Pendragon la stava guardando con gli occhi sbarrati di rabbia.

- Ancora tu?!

Kendra si allontanò rapidamente da lui e mise via la spada.

Artù si raddrizzò, non trovando le parole, si rivolse a Merlino.

- Che ci fa lei qui?

- Buongiorno, Sire - salutò con una punta di sarcasmo Kendra - non vi avevo riconosciuto.

Merlino si affrettò a mettersi in mezzo.

- Le ho offerto un bicchiere d’acqua, Artù.

Il principe rinunciò a ribattere.

- Se hai la compiacenza di muoverti, Merlino, la tua presenza sarebbe molto gradita qui fuori - disse irritato - Hai del lavoro da fare.

- Ho già fatto tutto quello che dovevo fare stamattina - rispose il mago.

- Prima che un fulmine si abbattesse sulla nostra strada principale, su cui fra meno di una settimana dovrebbero passare le carrozze dei cavalieri per il Torneo. - ribatté Artù - Ti dice niente?

Kendra dovette trattenersi dal dare un pugno in faccia al principe.

- D’accordo.

Artù uscì dalla porta e rimase sull’uscio.

- Trova qualcuno che possa riparare la strada - ordinò con lo sguardo fisso di fuori.

- Io.

Il principe si voltò verso Kendra.

- Prego?

- So riparare una strada, mio padre costruiva le case e io lo aiutav…

- No grazie - la interruppe bruscamente Artù sollevando una mano - non credo siano lavori adatti a una ragazza.

Kendra si slaccò la cintura a cui aveva agganciata il fodero della spada, si tolse la bisaccia che indossava e il mantello. Poi, sotto lo sguardo sbalordito dei due, staccò il bordo della gonna che si aprì verticalmente e cadde a terra, rivelando dei pantaloni. Kendra allacciò di nuovo la cintura e sistemò la camicia. Si sgranchì la schiena con un colpo di reni e si spostò indietro la treccia.

- Sono pronta, andiamo.

- Qui gli ordini li do io. - disse Artù senza scomporsi.

- Ho bisogno di un lavoro, Sire. Vi prego.

Artù le si avvicinò. A Kendra parve che quegli occhi azzurri potessero contenere solo altezzosità e antipatia.

- Credi di sapere come fare una strada? Allora facciamo una scommessa - scambiò una breve occhiata divertita con Merlino prima di proseguire - Se riparerai la strada da sola in meno di tre ore, ti darò un lavoro al castello. Sarai la mia servitrice insieme a Merlino. Così lui potrà assistere meglio Gayus.

Kendra sentì il cuore pulsarle più velocemente.

- Mi prendete in giro?

Artù sorrise ironico.

- Ti do la mia parola. - si pose la mano sul cuore ridacchiando - Merlino mi è testimone.

Kendra tese la mano al principe, che la guardò sorpreso. Nonostante la strana situazione, strinse la mano della ragazza.

Kendra sogghignò. Senza indugiare ulteriormente, uscì dalla porta e si diresse verso la strada principale, seguita da Artù e Merlino. Era stordita. Arrivarono sulla strada principale e subito Kendra si sentì morire. Il solco sul lastricato era profondo e aveva sollevato le pietre.

Aveva solo tre ore ma la sua sfiducia

Artù alzò le mani.

- Abbiamo una nuova sfida - gridò, così che tutti nella piazza e dalle strade vicine si affacciarono curiosi.

Merlino si avvicinò a Kendra.

- Non userai la magia, spero. E’ pieno di gente.

Kendra gli sorrise.

- Non ho mai imparato a usare la magia, Merlino.

Il mago la guardò stupito.

- Signori, vi prego, lasciate tutto quello che state facendo e assistete a quest’impresa epica - stava urlando Artù - e chi sta provando a riparare la strada, si allontani.

Ormai intorno alla strada si stava formando una piccola folla.

- La signorina…

Si voltò verso Kendra con aria interrogativa.

- Kendra.

- La signorina Kendra tenterà l’inimmaginabile: riparerà da sola questo buco e lo farà in tre ore. Quando sei pronta.

Kendra lo guardò. Non poteva farlo ora, doveva mettere insieme le idee, era tanto tempo che non faceva una cosa del genere. Si voltò verso Merlino, che le annuì incoraggiante.

- Qualcuno tenga il tempo - urlò Artù - Via!

- Si diverte, eh? - bisbigliò Kendra a Merlino - Bene.

La ragazza fece un respiro profondo e liberò la mente. Poteva farcela. Era difficile ma non impossibile.

C’erano cinque secchi di calce accanto al solco. Si accovacciò a terra e controllò la situazione. Il terreno era completamente ribaltato e alcune pietre erano spaccate a metà.

- Servono delle pietre nuove - disse.

Artù le fece un sarcastico cenno di obbedienza.

- Portate delle pietre - ordinò.

Arrivarono anche le pietre. Kendra si mise al lavoro. Per la prima mezz’ora si limitò a controllare i danni, cercando di ricordare quando lavorava insieme a suo padre. Lui era preciso, metodico, non veloce e tranquillo. La velocità non aiuta, le ripeteva sempre. Così iniziò, lenta e attenta e si stabilizzò su una media velocità andando avanti. I suoi movimenti erano precisi come quelli di suo padre e più il suo corpo dava fitte di cedimento, i muscoli bruciavano e il sudore le bagnava la fronte, più la sua magia stava quieta e lei tornava di buon umore.

Rifece la prima parte della strada in poco tempo, non era perfetta ma andava bene. Metteva la calce, sistemava la terra, posava le pietre piatte.

Intorno a lei ormai c’erano tante persone e anche cortigiani venuti dalla cittadella si affacciavano a guardare la sfida.

- Mancano solo dieci minuti! - urlò qualcuno dalla folla. In poco tempo stavano inneggiando il suo nome.

Kendra si raddrizzò per un attimo e si passò la mano sulla fronte. Le faceva male la schiena ma aveva quasi finito. Le ultime quattro pietre.

Qualche secondo.

Finì per il rotto della cuffia, levigando l’ultimo sbaffo di calce. La folla esplose e Kendra si lasciò cadere a pancia in su sulla nuova strada, ridendo.

Nel suo campo visivo entrò il volto di Artù che le tese una mano.

- Non male.

Kendra accettò la mano del principe e si rimise in piedi. Lui sorrideva. Diede un’occhiata a Merlino che rideva trionfante, sbalordito.

- Avete promesso. - ricordò al principe.

Artù annuì e le fece un piccolo inchino, questa volta senza sarcasmo, poi si rivolse alla folla.

- Abbiamo una vincitrice!

I muscoli di Kendra erano brucianti di fatica ma il suo volto era splendente. Aveva un lavoro.

Ma la sua serenità durò poco. Il sorriso del principe si oscurò quando si rivolse di nuovo a lei.

- Inizi oggi. Due settimane di prova e mi riservo il diritto di sbatterti fuori. Chiaro?

Kendra ammutolì.

- Merlino ti spiegherà tutto quello che devi sapere. Fatti trovare fra un’ora nelle mie stanze. E porta un paio di secchi d’acqua… - indugiò sulle braccia affaticate di Kendra - la forza non ti manca.

Artù si allontanò.

Kendra era furente.

- Come si permette di parlarmi così? - si sfogò su Merlino, che sollevò le spalle.

- E’ sempre così. Ma poi migliora. - ridacchiò - Dovrai farci l’abitudine.

 

 

 

- Che idiota… reale - borbottava Kendra tentando di prendere l’acqua al pozzo vicino alla piazza, senza successo. Non capiva come si dovesse tirare su il secchio corda, perché era diverso da quello che aveva nel suo villaggio.

Merlino le aveva fatto fare il giro del castello e le aveva spiegato cosa avrebbe dovuto fare come serva del principe. Lui e Kendra si sarebbero divisi i compiti permettendo a Merlino di assistere con maggiore attenzione il medico di corte.

- Vorrei sapere cosa ci sta quello a fare il re. 

Era abitudine di Kendra parlare da sola, anche se molto spesso veniva presa per una ritardata. Armeggiò con la catena del pozzo.

Una mano maschile si impadronì della carrucola e sollevò il secchio con facilità.

Kendra si voltò e vide Artù che le rivolgeva un sorriso beffardo.

- Incomincia col non fare ritardo. - disse.

- Siete esperto nei lavori da servi - replicò lei senza riuscire a mordersi la lingua in tempo.

Il principe ignorò il suo commento ma i suoi occhi azzurri lampeggiarono.

- Mi devo allenare oggi. - esordì, mentre Kendra riempiva un altro secchio. - Merlino è a dir poco inutile con l’allenamento, per cui voglio testare la tua abilità.

Kendra sogghignò.

- Non avete dimenticato che sono stata più veloce di voi l'ultima volta, vero?

Artù sollevò le sopracciglia e si mise a ridere. Non era una risata divertita.

- Sì, certo.

Si fissarono truci, aspettando che l'altro abbassasse per primo lo sguardo.

Lo abbassò Kendra, fumante di rabbia. Il suo primo giorno di lavoro prometteva solo mal di stomaco da rabbia e prurito alle mani, ma aveva bisogno di soldi.

Andarono al parco del castello e Kendra aspettò a lungo finché Artù non tornò con l’armatura addosso, seguito da Merlino. Sbuffò. Non era leale così, ma almeno a quanto pareva, l’onere di lustrargli l’armatura spettava ancora a Merlino.

- Bene, - le gridò Artù, quando fu abbastanza vicino da sentirla - Vediamo cosa sai fare. E le lanciò una spada.

Kendra afferrò al volo la spada e lo guardò aspettando istruzioni.

- Senza riscaldamento?

- Cosa ti aspettavi? - replicò lui. Poi si lanciò in avanti in uno scatto così fulmineo che Kendra riuscì a bloccare solo per istinto.

- Niente di diverso. - rispose.

Al decimo colpo Kendra, malgrado l’espressione impassibile che aveva assunto per non dare soddisfazioni al principe, era stanca morta. Merlino la guardava preoccupato a bordo del parco.

Artù era davvero troppo forte per lei. Quando cadde sul prato per la terza volta, Artù alzò un sopracciglio.

- Credevo che fossi invincibile - la canzonò. - Alzati.

Kendra obbedì e schivò un colpo con una mossa audace, ma subito dopo le ginocchia le cedettero.

- Allora? Tutto qui? Impegnati. O non sarò pronto per il torneo.

- Scusatemi - disse la ragazza rimettendosi in piedi - Vi ho salvato la vita! Mi potreste concedere una pausa?

- Nessuna interruzione. - replicò freddamente lui.

Kendra riprese fiato per un attimo, poi si gettò su di lui, comandando alle gambe di reggerla.

Colpì l’armatura del giovane e con un affondo fulmineo, levò la spada e con l’ultima goccia di forza disarmò senza preavviso Artù. Lo costrinse a cadere all’indietro e gli avvicinò la spada immobilizzandolo.

Artù fissò la spada dritta al suo collo e sorrise.

- Allora non sei così scarsa come sembravi.

Kendra spinse più avanti la spada, e solo per il gusto di farlo gli sfiorò la pelle.

- Potrei uccidervi in questo istante - disse con voce tagliente ma ferma.

Merlino era in piedi vicino a loro e Kendra sorrise. Non aveva idea di cosa era capace di fare la propria forza di volontà. Forse avrebbe dovuto tranquillizzare Merlino.

- Ma è più divertente umiliare il grande Artù ancora un po’. - concluse cambiando tono di voce. Ritrasse la spada.

- Per oggi basta così. Hai talento. - concluse Artù rialzandosi.

- Grazie - replicò Kendra.

- Dove hai imparato a combattere? - chiese lui togliendosi l’elmo.

- Nel villaggio in cui sono cresciuta ero l’unica bambina. - rispose - Mio padre mi insegnava a combattere. Diceva che così avrei saputo difendermi. E con i ragazzi non si può fare molto altro.

Artù emise una risata impercettibile. Lei lo guardò storto.

- Per essere una ragazza sei abile.

- Sarebbe il vostro complimento? - chiese Kendra sarcastica.

- I commenti di Artù sono sempre molto sentiti ma molto nascosti - intervenne Merlino.

Artù lo guardò storto.

- Fatti gli affari tuoi, Merlino. E non gongolare troppo: mi devi lavare l’armatura, per domani. E anche lucidare la spada e spazzolare i calzari.

Merlino sospirò.

- Certo, Sire.

Il principe si rivolse di nuovo a Kendra.

- E comunque ti consiglio di non abituarti troppo ai miei complimenti.

Mentre stava per finire la frase, ci fu un boato nel cielo. Kendra sobbalzò e tutti e tre guardarono verso l’alto. Qualcosa squarciò il cielo sopra Camelot e si fece buio all’improvviso.

- Ma cosa diavolo è? - esclamò Artù.

Merlino si voltò verso Kendra, che capì e scosse la testa con forza. Non era lei, di questo era sicuro.  Era stanca morta e la sua magia era assopita. Guardò il cielo che si stava rannuvolando rapidamente. Era in arrivo una tempesta. Aveva a che fare con la Corona Nera? Dopotutto fino a quel momento, il suo potere non aveva potuto risvegliarsi… ma ora Kendra era arrivata a Camelot e forse stava succedendo qualcosa.


Ciao cari Merliniani!
Spero che il secondo capitolo vi piaccia. Vi ricordo che pubblicherò settimanalmente.
Ci tengo particolarmente a ringraziare paige95, l'autrice della prima recensione che questa storia ha ricevuto ( <3 ) e nuova autrice di storie su EFP, seguitela se ve la prendete bene con Dragon Ball e Harry Potter :)
Grazie per aver letto tutto questo mare di parole e spero che leggerete il seguito.

Oxis

 

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Capitolo 3
*** La bambina uccisa ***


La bambina uccisa




- Questa è la tua stanza.

Kendra aprì la porta di legno ed entrò, seguita da Merlino.

- Mi piace - disse subito - E’ piccola.

C’era una sola finestra nella stanza. Il mago andò alla finestra e l’aprì. Era rivolta a est e infatti Kendra non riusciva a vedere il sole che tramontava. C’era un piccolo letto e delle coperte sul materasso un po’ consunto. Un pesante cassettone di legno tarmato, addirittura uno specchio e una piccola panca di pietra sotto la finestra.

Merlino si voltò verso di lei sorridendo.

- Benvenuta, allora.

- Grazie, Merlino. Sei stato gentile. Comunque ho lasciato le mie cose a casa tua.

Merlino si batté una mano sulla fronte.

- E’ vero! Te le porterò più tardi.

Scese una pausa densa di attesa.

- Hai idea di cosa fosse quella cosa di poco fa? - chiese il mago abbassando la voce.

- No. - rispose Kendra, un po’ troppo precipitosamente. Sospirò. Se era come temeva, era un potere enorme collegato alla sua magia che si stava risvegliando proprio per il motivo per cui era venuta a Camelot. Per il momento però, poteva far finta che fosse un temporale particolarmente violento e improvviso.

Non con Merlino però. Lui sapeva che era stata magia.

- Uther Pendragon non tollera la magia.

Kendra alzò lo sguardo sorpresa dal suo tono d’avvertimento.

- Non sono stata io.

- Però non mi hai neanche detto cosa è successo - replicò il mago.

- Non te l’ho detto perché non lo so.

Gli occhi di Merlino la squadrarono da capo a piedi. Non disse nulla. Quando tornò a parlare, il suo tono non era più inquisitorio.

- Stai attenta, qualunque cosa sia.

Kendra annuì, avvicinandosi al cassettone. Aprì un cassetto. Un buon odore di legno si sprigionò nell’aria.

- Allora… - disse Merlino - La faccenda della strada invece non era magia. Si può sapere come hai fatto? - ora ridacchiava.

Anche Kendra si rilassò.

- Mio padre è un costruttore. Fin da piccola l’ho aiutato a girare la calce, mettere le pietre… insomma, ho imparato in fretta. E tu invece… cosa mi dici di questo lavoro? Mi piacerà?

All’improvviso Kendra sentì il bisogno di dire a Merlino quanto fosse preoccupata e ansiosa.

Il mago trattenne un ghigno.

- Sono il servitore di Artù da più di un anno. Sono più i giorni in cui lo ammazzerei che quelli in cui devo lavargli le mutande, ma non è così male, in fondo. - rispose, poi sembrò ripensarci - Molto in fondo.

- Spero di essere alla tua altezza, allora.

- Non penso che avrai difficoltà. Basta che gli tieni testa. E poi è un sollievo avere una collega, così ci dividiamo i compiti: nel combattimento io non riuscirei ad arrivare al tuo livello neanche tra un centinaio di anni. Dove hai imparato?

Kendra scoppiò a ridere di colpo.

- Mio padre, il costruttore, voleva tanto avere un maschio. E io ero l’unica bambina del paese.

- Quindi oltre che costruire case, sai anche combattere - rise Merlino.

Prima di uscire, il mago si voltò verso di lei.

- Non farti mettere i piedi in testa da Artù. E’ solo un caprone.

Kendra rimase da sola nella stanza. Prima di iniziare a fare qualsiasi cosa, si concesse un momento per rendersi conto di quante cose erano successe solo nelle prime ore di quella giornata.

Era molto più di quanto avesse osato sperare. Non solo aveva trovato un lavoro, ma aveva anche una dimora sicura nel castello reale. Ora doveva solo assicurarsi di svolgere i suoi compiti al meglio e tentare di restare calma quel tanto che bastava per sopravvivere.

Il suo grande obiettivo che l’aveva portata a Camelot era difficile e poteva aspettare: doveva trovare Alysian, il grande mago che si diceva fosse più potente del mondo. Per farlo però doveva prima estorcere a Merlino un aiuto, anche contro la sua volontà. Ci avrebbe pensato poi. Per ora bastava farselo amico.

Aveva un po’ di cose da fare intanto: lavare l’armatura del principe, sistemare le cose che aveva lasciato a casa del mago. Era meglio che andasse subito a prenderle.

Aprì la porta e uscì di slancio, sbattendo contro qualcuno.

Si ritrovò di fronte ad Artù che si allontanò massaggiandosi un braccio.

- Oh. Scusatemi.

- Sei qui da meno di dieci minuti e già fai danni? - la apostrofò lui acidamente.

- Siete voi che mi avete detto di venire qui. Con permesso.

Kendra si voltò e percorse in fretta il corridoio, saltando i gradini della scalinata a due a due. Ma era destino che quel giorno dovesse andare a sbattere contro tutti i reali del castello.

La giovane sbucava dietro l’angolo a velocità folle e le due cozzarono una contro l’altra.

- Perdonatemi - mormorò Kendra alzando lo sguardo.

Gli occhi che la fissavano erano azzurri e dolci. Lady Morgana sorrise.

- Sono stata sbadata io, scusami. Sei nuova?

Kendra gettò una rapida occhiata al lungo abito smeraldo che portava la ragazza e ai gioielli discreti. Doveva essere la figliastra di Uther, ne aveva sentito parlare.

- Sono la nuova serva di Artù, mia signora. Mi chiamo Kendra.

- Merlino non lavorerà più per lui? - chiese Morgana con una nota di apprensione nella voce, da cui Kendra dedusse che i modi gentili verso di lei non fossero una novità.

- Ci divideremo i compiti. A quanto ho capito il medico di corte aveva bisogno di un aiuto più consistente da parte sua.

Morgana annuì pensierosa.

- E’ stato un piacere - la salutò rispettosamente e Kendra le sorrise inchinandosi prima di allontanarsi nel corridoio. Allora non tutti gli esponenti della famiglia reale erano degli stupidi inetti come Artù e suo padre.

Quando uscì dal castello, rallentò per esaminare la sua opera: la strada era perfettamente ricostruita ma c’erano degli uomini che rifinivano o ricontrollavano le pietre. Kendra sogghignò.

Mentre stava cercando di ricordarsi la via della casa di Merlino, sentì qualcuno strattonarla per un braccio. Si voltò, pronta a rispondere l’offesa, la mano corse all’elsa e non trovandola si rialzò pronta assumendo la forma di un pugno. Ma l’uomo che l’aveva urtata era già passato oltre e si stava facendo largo fra la folla.

- A morte!

Il grido gelò il sangue di Kendra: ogni cosa che non rientrava nella normalità era per lei fonte di frustrazione. Sentì la sua magia ribollirle dentro ed ebbe paura. Guardò il cielo. Il sole sarebbe calato presto e non aveva mangiato altro che il pasticcio di piccione di quella mattina. Era stanca e priva di forze, la sua magia non poteva risvegliarsi.

- A morte! Uccidetelo!

Di nuovo quel grido. Kendra individuò la fonte del grido dietro di sé e allontanò una donna per far strada all’uomo che aveva urlato. Aveva una spada in mano e grondava sangue e sudore. I denti erano stretti dall’odio e lo sguardo puntava dritto al suo obiettivo, che si era fermato fra la gente.

Qualcuno cercò di strattonarlo per farlo allontanare.

L’uomo armato puntò addosso all’altro la spada e si avvicinò di tre metri in un passo. Kendra schizzò istintivamente e si frappose fra i due.

- Ragazzina, spostati se non vuoi ritrovare la tua testa che rotola per la strada - le ringhiò l’uomo. Aveva una voce stranamente metallica.

Kendra si sentì strattonata e spostata di peso, si divincolò furiosa e afferrò la cintura dell’uomo. L’aggressore agitò la spada in aria e la fece roteare.

- Infame! - urlò - Pagherai per avermi tradito! Io sono…

Nessuno seppe chi fosse l’uomo perché la spada perdette il controllo. Successe tutto nel giro di un lampo. L’uomo che stava per essere trafitto si gettò da un lato e urtò una bambina facendola cadere. Poteva avere otto anni. La spada si infilò nella sua pancia senza un lamento, la piccola non ebbe neanche il tempo di urlare.

Kendra vide tutto a rallentatore e le sembrò che tutto si fermasse e diventasse nero. Per qualche secondo, il tempo si fermò. Poi la bambina si accasciò e restò boccheggiante sulla strada, mentre urla terrorizzate invadevano l’aria.

Il frastuono era assordante. Nella foga, Kendra venne colpita a un fianco da qualcuno che scappava e cercò di portarsi lontana dalla strada per non farsi calpestare. Si udirono gli zoccoli di cavalli in avvicinamento. Cinque lunghi mantelli rossi a cavallo si fermarono sulla strada e il caos in qualche modo si affievolì.

Kendra ebbe un groppo in gola: una donna gridava al cielo vendetta, reggendo il corpo quasi senza vita della bambina. Il suo aggressore era tenuto fermo da quattro uomini, mentre due dei Cavalieri di Camelot gli puntavano addosso le spade.

- Cosa sta succedendo?

La voce di Artù. Avanzava serio e rapido verso il l’uomo. Venne distratto dalle urla della donna e Kendra vide il suo volto cambiare espressione quando vide la piccola vittima di quel massacro.

- Vivianne! - gridava la madre - Ha preso mia figlia! Mia figlia!

Artù si avvicinò alla madre, rimise la spada nel fodero.

Si abbassò, prese una mano della bambina e controllò che respirasse ancora, la madre pianse più forte. Poi guardò la donna negli occhi.

- Non resterà impunito. - disse con voce ferma e dura, poi si rivolse ai suoi uomini. - Sir Cador e Breunor, portate questa donna e sua figlia nelle stanze del castello. Chiamate subito il medico di corte. Riceveranno tutto il sostegno che potremo loro dare.

Kendra seguì con lo sguardo un cavaliere prendere in braccio la bambina che si muoveva sempre più debolmente mentre l’altro sosteneva la donna, fino a che il pianto di quest’ultima si fece meno forte e loro non furono spariti oltre la piazza.

Fu come se all’improvviso un’aura di autorevolezza fosse calata sui presenti, che guardavano la scena atterriti, chi piangendo sommessamente, chi semplicemente paralizzato.

Artù levò la spada.

Kendra fece un passo avanti. Quel bifolco intendeva ammazzare l’assassino della piccola.

Ma rimase sorpresa. Il principe appoggiò la spada alla pancia dell’uomo, che lo guardava stringendo i denti.

- Tu andrai davanti a mio padre a rispondere delle tue azioni. Portatelo via.

L’assassino venne scortato via, mentre lui urlava e si dimenava. Kendra fece per tornare nella folla, ancora atterrita, ma Artù non aveva ancora finito.

- Chi ha visto come sono andate le cose? - disse rivolgendosi ai presenti.

Nessuno rispose.

Il principe rimise la spada nel fodero.

- Allora?

- Lei!

Kendra sobbalzò, perché un ragazzo stava indicando proprio nella sua direzione.

- Ha cercato di fermarlo!

No. Non poteva essere coinvolta in quelle cose, doveva fare di tutto per restare nell’ombra. Non poté tuttavia fare altro che alzare la testa. Artù la stava guardando con aria perplessa.

- Kendra.

- Mio signore, non ho visto come sono andate le cose. Ho solo cercato di fermare l’uomo prima che ammazzasse quell’altro - spiegò.

- Un altro?

Il ragazzo che l’aveva indicata annuì vigorosamente.

- E’ scappato di là!

- D’accordo - Artù alzò le mani per ottenere l’attenzione della folla - Quello che è appena successo è una disgrazia, ma vi prometto che vi sarà fatta luce su quello che sta succedendo in questi giorni. Kendra, seguimi. Tutto quello che puoi dire a riguardo sarà utile.

Inutile ribattere. Kendra seguì Artù per la strada.

- Mio signore…

- Dirai tutto a mio padre.

Kendra cercò di stare al suo passo.

- Volevo solo dire che… avete fatto una cosa buona con quella donna.

Artù si voltò verso di lei.

- Cosa?

- Averla fatta accompagnare al castello per assisterla… Insomma, era distrutta. Lo avrà apprezzato molto.

Artù sollevò le spalle.

- Non ho bisogno di altro scompiglio per le strade - rispose stancamente - Non ho voglia di vedere in giro altre persone urlanti e disperate.

La rabbia ribollì nel cuore di Kendra a un tratto, veloce come l’attimo in cui aveva provato simpatia per Artù. Simpatia che ora sembrava non esserci mai stata.

Tacque per tutto il resto del tempo in cui seguì il principe al castello ed entrò nella sala del trono. Poi dovette mettere da parte la sua irritazione perché Uther Pendragon entrò nella stanza.

Era quello dunque, il re di Camelot. Grosso e imponente, con una faccia seria e appesantita dalle rughe, accolse suo figlio con un cenno del capo e si sedette sul trono con aria solenne.

- Mi hanno messo al corrente i Cavalieri. - disse, poi indicò Kendra con un vago cenno della mano - Lei chi è?

- Ha assistito al massacro.

Kendra vide Merlino spuntare da dietro una colonna. Colse un guizzo sorpreso sul suo viso, aggrottò le sopracciglia, ma prima che potesse comunicarle la sua perplessità, Artù si rivolse al suo servo.

- Gayus?

- Sta arrivando - rispose il mago.

Kendra colse subito che non si trattava del semplice assassinio di una bambina, per quanto brutale. L’aria che si respirava era densa di preoccupazione. Doveva esserci qualcos’altro.

Morgana entrò dalla porta principale sostenuta da un uomo anziano, con lunghi capelli grigi ai lati del viso e un’aria grave sul volto. Teneva un braccio sulle spalle della ragazza con aria paterna.

- Non ho potuto fare nulla per la bambina - disse con voce bassa arrivato al centro della sala.

- E’ già il quarto caso in due settimane - disse Morgana con la voce scossa dal pianto.

- Kendra, dì cosa hai visto - esortò Artù.

Kendra, confusa, raccontò di come aveva cercato di fermare l’assassinio.

- Urlava “a morte”. L’altro è scappato.

Non si azzardò a chiedere spiegazioni, alla presenza dei reali, ma non ne ebbe bisogno.

- Da quando hanno iniziato ad ammazzarsi a vicenda senza motivo, mi sembra di stare all’inferno - sospirò Morgana cercando di calmarsi.

- Gayus, ancora nessuna novità? - chiese Uther.

L’uomo dai capelli lunghi che cingeva le spalle della giovane, scosse la testa.

- Non c’è traccia di magia. Gli uomini esplodono di rabbia senza motivo.

- E’ per forza magia - contraddisse Uther. - Non c’è altra spiegazione.

- Un uomo sano di mente non può arrabbiarsi all’improvviso e aggredire un suo simile, suo fratello, un suo amico fino ad arrivare ad ucciderlo - rincarò Artù.

- Sto continuando a cercare una spiegazione, mio signore - disse Gayus - sto esaminando le vittime e le armi e anche i due aggressori che siamo riusciti a catturare. Non hanno niente di più di un uomo normale. Dopo l’aggressione sono apatici e inermi, non sanno cosa hanno fatto né perché abbiano compiuto un simile gesto.

Il silenzio cadde grave. Kendra cercò lo sguardo di Merlino che rispose con un cenno. Le avrebbe detto tutto più tardi.

- Kendra - la chiamò Artù - vai pure. Grazie per le informazioni.

Kendra si congedò e percorse a grandi passi la sala.

Quando uscì, Merlino la intercettò.

- Non c’entro, Merlino, te lo assicuro - disse la strega stupidamente.

Il mago scosse la testa.

- E’ iniziato molto prima che arrivassi tu.

- Davvero le persone si ammazzano senza un motivo?

- Sembra che prendano di mira un obiettivo e che non si fermino finché non l’abbiano ucciso o finché qualcun altro che intralcia il loro cammino venga ucciso. Solo la morte sembra fermarli.

Kendra gettò un’occhiata all’interno della sala del trono, dove tutti stavano ancora parlando.

- E’ magia?

- E’ sicuramente magia. Ma Gayus, il medico di corte, è restio a parlarne a Uther perché…

- …perché il re farebbe ammazzare chiunque abbia un’aria vagamente cattiva - completò Kendra con rancore. La fama di Uther come assassino di maghi e streghe era nota a tutte le contrade, compresa quella del suo paese.

Merlino sospirò.

- Quindi? Che cos’è? - chiese Kendra.

Il mago la squadrò un attimo. Quando tornò a parlare, la sua voce era bassa.

- Se Gayus ha ragione, stiamo per affrontare qualcosa di molto pericoloso. Sembra una magia molto antica, come se fosse l’ombra di una vecchia maledizione che voglia sterminare il maggior numero di uomini… - Merlino si morse le labbra - Non si sa da dove venga, ma il problema è che fra pochi giorni inizierà il torneo del regno.

Kendra annuì.

- Ci saranno molti più uomini cattivi.

- E molti più obiettivi. Uno di questi potrebbe essere Artù.

- Artù?

In quel momento, come se fosse stato chiamato, il principe uscì dalla sala. Si fermò e li guardò. 

- Invece di chiacchierare durante le ore di lavoro, potresti darvi da fare?

Kendra sentì prudere le mani. Il principe le lanciò un’occhiata irritata e se ne andò, sistemandosi un ciuffo di capelli biondi.

- Se Artù è uno degli obiettivi, spero tanto che venga messo a segno il punto - commentò acida.

Merlino sorrise.

- Non dire così. Artù è meglio di quello che sembra.

- Sicuramente - ribatté sarcastica Kendra. Fece per allontanarsi, ma Merlino la bloccò con un braccio.

- Kendra… ancora noi due non ci conosciamo bene. Se dovessi… sapere qualcosa di questa storia o avessi delle informazioni… ti prego, parlamene. E’ più importante di quanto pensi.

Kendra lo scrutò a fondo. Merlino aveva l’aria di una persona buona, dentro a quegli occhi blu. Mai nessuno che conoscesse la sua magia l’aveva mai guardata prima con così tanta fiducia nello sguardo.

Qualcosa di simile alla gratitudine la percorse in tutto il corpo. Ma se il mago avesse saputo chi era davvero Kendra… forse non avrebbe accettato altrettanto facilmente di essere suo amico.

Forse avrebbe potuto sfruttare l’imminente torneo per strappargli l’aiuto che le serviva per raggiungere il suo obiettivo.



Cari e care,
spero che vi sia gradito questo capitolo. Purtroppo sono in ritardo, ma ho avuto anche io finalmente qualche giorno di vacanza (!!!) e non ho potuto scrivere.
Ringrazio ancora tanto Paige95 e rinnovo il mio invito di dare un'occhiata alla sua pagina da autrice. Grazie mille per seguirmi, significa tanto per me <3
Per tutti gli altri, che commentiate o leggete solo, grazie di cuore.
Ci si vede di nuovo mercoledì prossimo :)

Oxis

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Capitolo 4
*** I preparativi del Torneo ***


4. I preparativi del torneo

 

Finalmente abbiamo concluso con le presentazioni e iniziano i capitoli un po’ più interessanti.

Kendra ha un segreto, Merlino è vicino a scoprirlo, Artù si sta rivelando un po’ meno idiota del previsto... ma probabilmente non vivrà abbastanza a lungo da godersela, come al solito :D

Rinnovo i miei calorosi e doverosi ringraziamenti a Paige95 e rinnovo anche il mio invito a chi sta leggendo queste righe, a seguire le sue storie. Grazie, grazie, grazie, sei un tesoro. Non esagero quando dico che mi commuovo. Sapere che qualcuno legge quello che scrivo, per me è la cosa migliore a cui poter ambire.

Spero che questo capitolo ti piaccia!

E spero che piaccia anche a tutti voi (?)

Oxis


 

KENDRA P.O.V.
 

Kendra correva a perdifiato oltre le mura del castello. La spada agganciata alla vita tintinnava a ogni passo.

Era in ritardo, come l’ultima volta.

Stavolta Artù si sarebbe arrabbiato parecchio.

Arrivò ansimante al parco e vide il principe aspettarla con insofferenza. Stava facendo roteare la spada annoiato, con l’armatura già indosso. Appena la vide alzò le braccia al cielo esasperato.

- Eccola! - la salutò - Hai bisogno di un tè? Un pediluvio? Una bella dormita che ti faccia recuperare l’energia persa durante le ore di ozio?

Kendra si morse le labbra per evitare che la battuta sarcastica che le era affiorata alle labbra uscisse, mandando all’aria tutta la fatica che aveva fatto per resistere alla tentazione di mollare un ceffone ad Artù.

- Non succederà più, Sire.

Merlino, poco lontano da loro, lucidava l’elmo del principe.

- Lo spero bene - replicò Artù sdegnoso - Forza, cominciamo. E non pensare di essere brava con la spada solo per quello che è successo nel bosco. L’ultimo nostro allenamento è stato un disastro.

Kendra lasciò fluire la frustrazione e il rancore verso il principe lanciandosi in avanti e inferendogli un colpo che venne prontamente parato.

- Nervosetta?

- Devo allenarvi, o no? - ringhiò Kendra.

Artù rise senza allegria.

- Allenare me? Direi di no. Semplicemente, visto che non posso costringere i miei Cavalieri ad allenarsi giorno e notte e che ho una serva che almeno sa tenere in mano una spada a differenza di Merlino, si può vedere di combinare qualcosa.

Kendra attaccò di nuovo.

- Molto bene. Combiniamo qualcosa.

I colpi di Kendra vennero parati per i primi minuti, poi Artù decise che si era annoiato a giocare da difensore e iniziò a contrattaccare. Kendra resse bene per un paio di mosse, poi cadde miseramente sotto la spada del principe che le arrivò a pochi centimetri dalla gola.

- Mmm - commentò Artù passandosi una mano fra i capelli. Non era minimamente stanco, Kendra invece ansimava - Non ci siamo.

Kendra si rialzò e recuperò la spada. Combatterono ancora, Kendra migliorava scaldandosi, Artù non perdeva mai un colpo.

- Quella mossa che hai fatto nel bosco… - disse Artù rimettendosi dritto dopo una lodevole parata di Kendra a un suo attacco.

- Quale?

- Quella prima che Merlino rischiasse di farsi ammazzare…

- Ehi! - esclamò il mago alzando la testa dal suo lavoro - Se voi foste stato un po’ più veloce a…

Artù alzò una mano.

- Dai, Merlino, lo sappiamo che tutto quello che sai fare è metterti nei guai. Ora ci stiamo allenando. - si rivolse di nuovo a Kendra - La mossa con cui hai disarmato il secondo bandito.

Kendra alzò la spada si voltò dandogli le spalle, fece un affondo a sorpresa e prima che Artù se ne rendesse conto era disarmato e a terra.

- Questa? - gli chiese senza riuscire a fermare una nota di sarcasmo e orgoglio nella sua voce.

Artù la guardò da sotto in su e si rialzò.

- Si deve cogliere di sorpresa l’avversario - spiegò Kendra - Se ti volti, crederà che non stai per attaccare. E’ una mossa che bisogna fare appena dopo una pausa. Un affondo, veloce. Il Cavaliere proverà a pararlo dal basso se è sveglio, ma ha copertura solo dall’alto verso il basso.

Kendra rifece la mossa a rallentatore, tese la spada di fronte a sé, rifece l’affondo.

- …ma voi lo colpite prima alle gambe, facendogli perdere l’equilibrio. Istintivamente le braccia si alzano e la spada sarà a portata di mano.

Colpì la spada di Artù con la propria, ma il principe questa volta la tenne stretta. 

- Voglio provare.

Artù provò tre volte durante le quali fu così prevedibile che Kendra, dopo l’ultimo tentativo quasi per pietà si rialzò e fermò l’allenamento.

- Siete troppo rigido. - decretò - Provate a… rilassarvi. Deve essere una cosa naturale. Mio padre diceva che ogni movimento deve essere la continuazione di quello precedente, deve essere fluido, come una danza.

Incrociò lo sguardo di Artù e per una volta non vi colse traccia di sarcasmo. 

- Questa è una mossa per i furbi che non hanno abbastanza forza da attaccare un avversario più forte di loro. Siate veloce, leggero e furbo. - disse Kendra - Riprovateci.

Artù si preparò al colpo. Per un attimo, Kendra vide la concentrazione scendergli sul volto poi lui le voltò le spalle e in un attimo Kendra si sentì vacillare. Il principe colpì la sua spada e lei riuscì a trattenerla solo grazie ai suoi riflessi pronti.

- Perfetto! Quasi… - esclamò Kendra e per un attimo si rese conto che era la prima volta che provava entusiasmo per qualcosa che riguardasse il principe.

Anche Artù sembrava entusiasta. Si voltò verso Merlino.

- Beh, Merlino. Direi che pure in questo sei stato battuto da una donna - ridacchiò.

- Non ho mai chiesto di essere un mulinatore di spada.

Kendra scoppiò a ridere.

- Un cosa?

- Merlino è un pacifista - commentò Artù facendo segno al suo servo di togliergli l’armatura.

- Io credo semplicemente che rischiare la pelle solo per degli applausi sia stupido - replicò il mago avanzando verso di loro.

Il principe lo guardò storto.

- Attento a come parli.

- Infatti Merlino, attento a come parli. - intervenne Kendra con l’ombra di un sorriso - Non ci sono solo gli applausi. Ci sono anche i pomodori da lanciare, i maiali…

Il principe le voltò le spalle irritato e se ne andò senza un altro commento.

Prima che se ne fu andato, Kendra diede una gomitata a Merlino nelle costole.

- Posso lanciarglieli io i pomodori? - sussurrò a voce abbastanza alta da farsi sentire.

Non vedeva l’ora di poter scagliare qualche frecciatina al principe dopo il torneo, prendendolo in giro per la sua pessima performance.

 

 

MERLINO P.O.V.

 

Merlino avvertì la leggera gomitata di Kendra come un’inaspettata contrazione allo stomaco. Non seppe che cosa fosse finché non si ritrovò a fissarla mentre rideva con gli occhi della propria battuta e lo guardava attendendo una risposta. Allora capì che probabilmente aveva appena assunto l’espressione di un pesce lesso.

- Sì - disse stupidamente, accorgendosi che non le era mai stata così vicina.

Kendra non si accorse del suo sguardo ebete perché era impegnata a scuotere la testa ironica verso Artù.

Merlino tornò al castello seguendo la scia del principe, un po’ perso nei propri pensieri. Non si era mai sentito così euforico all’improvviso, ma il suo inatteso entusiasmo avrebbe dovuto aspettare: un grido lo fece sobbalzare.

Si voltò. Sulla strada principale stava arrivando uno stuolo di cavalieri decorati da uno stemma blu e giallo.

- Ecco i Cavalieri! - urlò qualcuno nella folla.

Il Cavaliere, in realtà. Doveva essere il primo degli invitati per il torneo di Camelot.

Merlino si affrettò. Raggiunse Artù che era già nella sua stanza.

- Artù, è arrivato il primo Cavaliere - disse entrando senza bussare.

Il principe si voltò.

- E’ già arrivato? - scosse la testa - Che maleducati. Non si arriva così tanto in anticipo.

- Siete agitato per il torneo? - chiese Merlino.

- No. Vincerò io, non c’è motivo per agitarsi.

Merlino alzò gli occhi al cielo.

- Ma certo. L’allenamento è andato bene, vero?

- Discreto. Meglio di quando mi allenavo con te, comunque.

Fu veloce e improvviso: mentre Artù stava ancora parlando, il pavimento iniziò a tremare. Merlino sobbalzò e si aggrappò alla porta.

- Cosa sta succedendo? - esclamò spaventato.

Questa volta Merlino seppe cosa stava succedendo prima che le parole gli uscissero di bocca. Era magia, ed era arrivata a Camelot proprio quando era arrivato quel primo Cavaliere. Non era un caso.

Forse era una vittima di quella strana magia nera che faceva diventare iracondi e violenti gli uomini nel Regno.

Il terremoto finì veloce come era arrivato.

- Mio padre mi vorrà vedere.

Artù scomparve dalla stanza prima che Merlino se ne rendesse conto.

Mentre usciva dalla stanza del principe, cercò di pensare furiosamente a qualcosa che avesse già visto in passato che avesse quei sintomi magici. C’era stato un fulmine a ciel sereno che aveva distrutto la strada, poi quelle nubi e quei tuoni sopra il cielo di Camelot, ora quel terremoto.

Iniziò a correre e uscì dal castello.

Erano tutte anomalie atmosferiche. Aveva letto sul suo libro qualcosa a proposito, ma ora non riusciva a ricordare.

- Gayus! - chiamò spalancando di scatto la porta di casa sua.

Il medico di corte era chino su un libro, in piedi davanti al tavolo di lavoro.

Sobbalzò.

- Merlino! E’ successo qualcosa?

- Vi ricordate qualcosa a proposito di strane magie atmosferiche? - disse correndo in camera sua.

Prese il suo libro di magia e lo gettò sul letto, iniziando a sfogliarlo febbrilmente.

- Che hai per la testa? - chiese Gayus sbucando in camera sua - Stai attento con quello - aggiunse indicando il volume.

- Credo che Uther abbia ragiona, una volta tanto - rispose Merlino.

Si soffermò su una pagina.

- Questa è magia.

- Lo sapevamo già.

- Credo di aver capito qualcosa di più. Queste cose successe di recente forse sono tutte collegate e hanno a che fare con la magia che sta facendo impazzire gli uomini facendoli diventare assassini.

Gayus scosse la testa.

- Impossibile.

- E perché mai? Le magie atmosferiche che si presentano in momenti tanto ravvicinati di solito sono tutte collegate da un potere molto grande. Non sono coincidenze.

- E’ una supposizione poco interessante, Merlino. 

- Qualunque cosa sia, per avere così tanto effetto sulla mente degli uomini, è una forza molto potente.  C’è pericolo per Camelot, parecchi uomini forti stanno arrivando a Camelot proprio ora per combattere nel Torneo. Se dovessero cadere vittima di quella magia sarebbero ancora più letali di qualunque contadino, fabbro o lavandaio, dato che sanno impugnare una spada. Se solo riuscissi a trovare quella pagina… A voi non dice niente?

Gayus alzò le spalle e scosse la testa.

Merlino chiuse gli occhi per concentrarsi meglio ma quando li riaprì era al punto di partenza.

Aveva avvertito la pericolosità di quella strana magia quando era caduto il fulmine che aveva colpito la strada. Ora aveva una pista, ma non sapeva come arrivare a combattere quella minaccia.

Di colpo una fredda intuizione lo colse.

Davvero non ci aveva pensato prima? Kendra.

Le magie atmosferiche erano iniziate con lei. E aveva trovato lei quando la strada era stata dissestata. Il suo primo giorno a Camelot. Coincidenze?

Merlino si sentì improvvisamente accaldato. Non poteva c’entrare qualcosa. Non lei. Non Kendra. Non era malvagia, lo sapeva. O se lo immaginava soltanto per quello sguardo angelico?

Scosse la testa, sentendosi arrossire.

Se quella strega era venuta a Camelot per nuocere ad Artù, doveva fermarla. Ma prima voleva saperne di più. In cuor suo sperava che si sbagliasse.

E poi frenò quel fiume di pensieri in piena. Kendra era venuta a Camelot dopo che si erano già verificati diversi casi di assassini nel Regno, ancora prima che la incontrasse nel bosco insieme ad Artù. Forse le due magie non erano collegate e il suo cervello stava inventando tutto di sana pianta.

E poi, non per forza doveva c’entrare Artù. Questa cosa di proteggere il futuro re di Camelot gli stava prendendo un po’ la mano, ultimamente.

Anche se non era la prima volta che qualcuno si recasse a Camelot con l’intenzione di far fuori il principe.

Non si sarebbe fidato di Kendra. Non finché non avesse saputo da dove arrivasse quella magia così potente da avere effetto sulle perturbazioni atmosferiche.

- Ehi!

Merlino sobbalzò. Non si era accorto che Gayus gli stava urlando addosso.

- Merlino, mi senti o sei diventato sordo?!

- Scusate… io devo andare.

Si alzò di colpo, mise il libro sotto la solita asse di legno nascosta e si precipitò fuori dalla stanza.

 

 

KENDRA P.O.V.

 

Kendra stava spiando oltre la balconata della scalinata la fila di Cavalieri che si presentavano al re.

Ne erano arrivati altri due nel giro di un paio d’ore. Guardava i mantelli ricamati con diverse casate ondeggiare dietro i loro possenti padroni che avanzavano a passo sicuro circondati dalle mogli e dai servitori.

I servitori erano aumentati nel castello, c’erano anche i servi delle altre casate giunti con i Cavalieri perché gli ospiti avrebbero alloggiato nelle stanze reali. Solo in quelle prime ore il caos era aumentato e si respirava aria di grandi preparativi.

Kendra si affacciò per vedere chi altri entrava dal portone principale, ma una voce la distrasse.

- Proprio non riesci a farti gli affari tuoi, Kendra.

Sbuffò prima ancora che Artù smise di parlare. 

- Buonasera anche a voi - rispose senza voltarsi - Stavo cercando di capire quale può essere il volto dell’uomo che vi toglierà di mano la spada e si prenderà gli applausi al vostro posto.

Il principe gettò un’occhiata all’ingresso sotto di loro e ridacchiò.

- Credi seriamente che riusciresti a fare meglio di me?

Lei si girò verso di lui, distogliendo lo sguardo da una coppia di Cavalieri appena entrati vestiti con paramenti dorati.

- Non ho mai detto questo.

- Mi sarei divertito a vedere come ti batti in una vera arena - replicò lui acido - E’ un peccato che il Torneo sia solo per uomini.

Kendra strinse le labbra.

- Uomini forti e vigorosi - proseguì il principe.

- A questo proposito… buonasera.

Kendra e Artù si voltarono. A parlare era stato un uomo alto e magro, con una barba folta e occhi incredibilmente mobili. Il suo sguardo percorse velocemente ogni punto del volto di entrambi, prima di soffermarsi su Artù.

- Buonasera a voi… - mormorò il principe raddrizzandosi e cercando di riprendersi dalla sorpresa - Voi dovete essere…

- Sir Galasmirk di Covington - si presentò l’uomo con un sorriso mellifluo e tese la mano ad Artù.

- Benvenuto. - disse lui stringendogliela - Siete qui per il Torneo, suppongo.

- Ovviamente.

Kendra notò con una punta di disgusto i denti gialli e rovinati del Cavaliere ed ebbe un brivido alla schiena. Poi vide un bagliore all’altezza del collo dell’uomo. Era un piccolo ciondolo di un rosso che virava al viola.

Si paralizzò all’istante prima ancora di capire dove avesse già visto quella pietra.

- Vi auguro un buon Torneo, Sire. - stava dicendo Sir Galasmirk congedandosi.

Il cervello di Kendra ci arrivò con qualche secondo di ritardo rispetto al suo istinto.

Era troppo terribilmente familiare per non riconoscerlo.

Quel medaglione era appeso al collo dell’uomo che aveva assassinato suo fratello quindici anni prima.

 

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Capitolo 5
*** La morte di Artù ***


5. La Morte di Artù



Ciao a tutti!

Subito i ringraziamenti: un mega grazie a paige95 che mi segue sempre e mi motiva a continuare. E' un enorme spinta per me.
Grazie a MammaGiu, nuovissimo recensore di EFP che saluto con il cuore e che spero leggerà questo nuovo capitolo.

Spero che vi piaccia!

Tornerò qui mercoledì prossimo con un capitolo molto più romantico del solito…

Un bacio a tutti i merliniani :)

Oxis

 

 

KENDRA P.O.V.

 

Kendra rimase a fissare il ciondolo appeso al petto dell’uomo fino a quando lui fece una piccola riverenza con la testa al principe e si allontanò.

Sir Glasmirk di Covington.

Non aveva mai saputo quel nome.

Le parole si erano incagliate nella sua testa come un vecchio ricordo che all’improvviso era stato illuminato da una debole luce nei meandri del suo cervello. Affiorarono alle sue labbra ed ebbe il bisogno fisico di pronunciarlo a mezza voce. 

Artù la guardava con le sopracciglia alzate.

- Problemi?

Kendra scosse la testa meccanicamente e sentì all’improvviso gli occhi riempirsi di lacrime.

- Con permesso - mormorò e si allontanò.

- Ricordati della festa di inizio Torneo stasera. - le gridò dietro lui.

Non aveva ancora fatto una decina di passi, quando si voltò con il cuore in gola. Doveva dire qualcosa ad Artù.

Rimase lì impalata per qualche minuto a guardare la schiena del principe che si sporgeva giù dalla scalinata, poi si voltò di nuovo.

Sentiva che Artù non la prendeva ancora sul serio, e probabilmente non l’avrebbe creduta.

Ricominciò a camminare, poi si mise a correre. Non sapeva quante volte aveva già percorso quella strada correndo da che era venuta a Camelot.

Bussò alla porta della casa di Merlino con il fiato corto e le aprì Gayus.

- Oh… scusatemi. Cercavo Merlino.

- Oggi era nelle stalle, mi sembra - rispose Gayus guardandola con sospetto.

- Grazie.

Kendra corse via appena il medico di corte ebbe chiuso la porta e tornò al Castello. Avrebbe detto a Merlino solo parte della verità.

Quei primi tre giorni a Camelot erano già più interessanti di tutto il resto della sua vita.

 

 

MERLINO P.O.V.

 

Merlino ascoltò il discorso di Kendra spazzolando con forza l’ultimo cavallo rimasto. Con tutto quel delizioso odore di stalla non gli fu facile comprendere tutto la prima volta.

- Sei sicura che fosse proprio lui? - ripeté quando lui e Kendra uscirono finalmente all’aria aperta.

Vide Kendra trattenere a stento uno sbuffo.

- Non lo so. Sono sicura del medaglione.

- Ed è lo stesso che portava lo stregone che uccise quel ragazzo nel tuo paese, quindici anni fa.

Kendra si fermò e rifletté. Merlino la guardava in attesa.

- Non ricordo il nome, non ricordo il volto… - mormorava la strega fra sé e sé - Che quel Cavaliere abbia preso il medaglione appartenente a un altro uomo?

Merlino scosse la testa.

- Non lo so. Ma è già capitato che accusassi un Cavaliere di magia e per poco non stavo per essere fatto fuori. - ripensò amaramente ai suoi primi giorni a Camelot quasi un anno prima - Valiant.

Kendra sembrava interessata al suo flusso di pensieri.

- Come è finita?

- Ho rischiato che ammazzasse Artù. Ho dovuto forzare la mano e fare in modo che la sua magia venisse rivelata… lui aveva uno scudo magico. - rifletté - più o meno sembra che le situazioni si assomigliano.

- Credo che sia normale che durante un torneo ci sia qualcuno che voglia uccidere il principe… - osservò Kendra.

Merlino riprese a camminare. Quando era successo con Valiant, Artù non si era fidato subito di lui. Ma ora… dopotutto avevano passato insieme troppe cose perché il zuccone non lo stesse a sentire. Ma si basava su qualcosa detto da Kendra e come poteva fidarsi Artù quando neanche Merlino si fidava di lei al cento per cento?

Rivolse una breve occhiata alla strega e sentì il bisogno di sapere tutta la sua storia.

Qualcosa gli diceva che poteva fidarsi di lei. Senza pensarci le prese una mano. Subito il calore magico che aveva sentito la prima volta che si erano dati la mano scaturì di nuovo, forte e improvviso.

Kendra sobbalzò e si ritrasse in fretta. Un attimo dopo aveva estratto la spada che portava sempre al fianco.

- Che stai facendo? - esclamò puntando la spada al petto del mago.

Merlino rimase esterrefatto.

- Volevo solo… capire questa cosa che succede quando ti tocco.

- Evita di toccarmi. - rispose lei. Aveva una voce molto dura.

Merlino si rese conto che Kendra si metteva sulla difensiva in ogni momento in cui sentiva anche solo vagamente in pericolo. Era una corda perennemente tesa.

- Vieni a Camelot da un altro paese e fai mostra della tua magia, che a quanto pare non è poca, mi racconti storie su un medaglione magico che può essere una minaccia per Artù e io dovrei crederti sulla parola senza sapere nulla di te? - chiese il mago con le mani ancora alzate.

Kendra sembrò calmarsi. Abbassò la spada e un attimo dopo era tornata la ragazza innocente che il suo volto angelico mostrava al mondo.

- Mi dispiace.

- Fai bene.

- Non posso raccontarti niente.

- E io non ti credo.

Kendra esplose.

- Bene. Allora salvalo da solo il tuo principe!

E senza un’altra parola corse via per il prato e sparì dal suo campo visivo.

Merlino rimase interdetto e con una punta di delusione nel cuore. A capo chino tornò a casa.

Non raccontò niente di quello che era successo a Gayus, sapeva cosa avrebbe detto il vecchio: doveva esserne assolutamente certo prima di dire qualcosa ad Artù e finire nei guai.

Un Cavaliere che faceva uso di magia era una cosa ancora scottante. Kendra non era sicura né del nome né del volto dell’uomo. Poteva essere solo una terribile coincidenza. Poteva aver ricevuto quel medaglione da qualcuno senza che ne sapesse l’origine o poteva conoscerne i poteri ma non essere in grado di usarli. C’era differenza fra essere uno stregone potente e essere un semplice Cavaliere sleale o essere uno che credeva di indossare solo un amuleto per superstiziosi.

E poi Kendra poteva sbagliarsi.

Percorse con gli occhi le pagine del suo libro di magia da cima a fondo e solo alla fine riconobbe una descrizione che poteva coincidere con quella fornita da Kendra.

Una pietra rosso violaceo usato come talismano per convogliare il potere magico di uno stregone.

Si chiamava pietra di Emathos. Se era quella, allora forse il Cavaliere era uno stregone? Cosa era venuto a fare a Camelot?

Era troppo strano: che senso aveva lasciar penzolare un talismano magico al collo con il rischio che qualcuno lo vedesse?

Doveva accertarsi con i propri occhi di che cosa si trattasse e il momento propizio sarebbe stato proprio quella sera alla festa di inizio torneo.

 

 

KENDRA P.O.V.

 

Furente, Kendra cercava di calmarsi in camera sua e l’unico modo che conosceva era riordinare. Solo che nella sua nuova camera non c’era granché da riordinare.

Dopo aver sistemato i suoi pochi abiti e rifatto il letto, si sedette sul letto con le mani in grembo.

Non dovette aspettare molto, qualcuno bussò alla porta pochi secondi dopo, sollevandola dai propri pensieri.

- Avanti - disse.

Sperava che non fosse Merlino.

Ma non era il mago, era una ragazza. Piccola, bionda, con grandi occhi azzurri e un fazzoletto in testa.

- Permesso - mormorò con voce incerta - Scusatemi…

- Hai bisogno di qualcosa?

Lei strinse le labbra ed entrò nella stanza.

- Mi chiamo Synia. Sono una delle serve del castello… voi siete Kendra, giusto?

Kendra annuì.

- Ho visto quello che avete fatto alla strada - esclamò la ragazza con occhi che brillavano - Volevo dirvi… insomma, siete stata una forza.

Kendra si alzò, squadrandola da capo a piedi. Poteva avere sedici o diciassette anni, non di più. Non era minacciosa, era una semplice serva.

- Stasera ci sarete alla cerimonia di apertura del torneo? - chiese di nuovo Synia prima che Kendra potesse rispondere.

- Sì, penso che dovrò esserci per forza.

Synia si era già impadronita di una confidenza speciale. Entrò in camera e fece il giro, guardandosi intorno e dando uno sguardo fuori dalla finestra.

- Voi cosa indosserete?

Kendra richiuse la porta perplessa. 

- Il mio vestito.

- Me lo fate vedere?

- Certo, apri pure l’armadio.

Synia obbedì e un grande sospiro di sorpresa esalò pochi secondi dopo.

- Non credete che sia troppo normale?

- Io non…

- Insomma, siete la serva di Artù, non potete andare in giro vestita come una qualunque serva.

Kendra scoppiò a ridere senza riuscire a contenersi.

- Non mi interessano granché le cerimonie…

Synia parve contrariata, ma subito si rianimò.

- Vi invidio tanto sapete, vorrei essere io la serva di Artù - mormorò con aria sognante.

- Non credo - non riuscì a trattenersi Kendra - Non ti piacerebbe.

- Ma lui è il principe!

Fantastico, pensò Kendra. Aveva proprio bisogno di una conversazione sulle cotte impossibili di una sedicenne.

- Almeno mi permetterete di intrecciarvi i capelli prima di stasera?

Kendra guardò Synia e sul suo viso innocente e sereno vi lesse qualcosa di molto simile alla stima. Non si era mai sentita rivolgere quel tono tranquillo e di sincero interesse in tutta la sua vita.

Sorrise.

- Solo se mi dai del tu.

Synia parve illuminarsi tutta.

- Va bene. Avete… hai dei capelli bellissimi.

- Di cosa ti occupi esattamente? - chiese Kendra estraendo il vestito dall’armadio e posandolo sul letto.

- Vivo da sempre nel castello - spiegò - mia madre è morta che ero molto piccola e mio padre non l’ho mai conosciuto. Sono stata allevata dalle serve.

Kendra sentì un moto di affetto improvviso. Synia le ricordava tanto una ragazza che frequentava a Zalatos, il suo paese.

La ragazza si concentrò sul vestito.

- Il verde ti dona molto - disse a Kendra che la guardava incuriosita.

La sua tendenza a non fidarsi facilmente delle persone teneva Kendra sempre in guardia. Synia poteva apparire piccola e bionda, ma poteva essere anche una spietata assassina.

La porta si spalancò e Synia urlò dallo spavento, ma era solo Artù.

- Avanti - disse Kendra sarcasticamente.

Synia la guardò terrorizzata.

- Sei occupata in grandi preparativi, vedo - commentò Artù.

Kendra si sentì avvampare.

- Il mio turno è finito, oggi lavora Merlino. - si sforzò di essere gentile - Avete bisogno di qualcosa?

- Merlino non si trova - rispose - E ho bisogno di lui ora. Trovamelo.

Si voltò sbattendo la porta senza dire un’altra parola.

- Proprio una fortuna lavorare per Artù, sì - disse Kendra irritata.

 

Non l’aveva trovato. Merlino sembrava dileguato nel nulla. Quando Kendra scese nell’atrio del castello, erano già tutti giù, Cavalieri, dame e servi.

Synia si era divertita con i suoi capelli che ora erano intrecciati in un modo complicato che non piaceva troppo a Kendra, ma la sua nuova ammiratrice le era sembrata così contenta di poter stare con lei che le si era intenerito il cuore.

Artù invece la aspettava furente, all’entrata della sala. Non aspettò neanche che si fosse avvicinata, le fece un cenno sdegnoso e le si avvicinò.

- Dove diavolo è Merlino? Ho dovuto vestirmi da solo! - sibilò tremante di rabbia.

- Che onere gravoso.

Artù la fulminò con lo sguardo.

- I tuoi giorni come mia serva sono contati, Kendra. Trovami quell’idiota subito!

Le ultime parole le disse con talmente tanta forza che Synia, dietro Kendra, sobbalzò spaventata.

Kendra si allontanò sbuffando, dirigendosi a passo rapido verso il salone del trono. Dove era finito Merlino?

La serata iniziò senza di lui. Non riuscì a trovarlo da nessuna parte. Tornò alle stalle, andò a casa sua… sembrava sparito.

- Synia… - si arrese a un certo punto, tornando al castello - Ho bisogno che mi aiuti a trovare Merlino. Sai chi è?

- Certamente!

Synia si dileguò in un lampo. Poteva essere piuttosto utile, pensò Kendra.

Individuò fra la folla Artù, che le lanciò uno sguardo interrogativo.

Kendra si fece largo fra le persone con fatica, reggendosi l’abito con entrambe le mani.

- Non so dove sia, Artù - disse prima che lui potesse dire qualcosa - L’ho visto l’ultima volta vicino alle stalle, non so dove sia ora.

Si aspettava che il principe le urlasse ancora contro, invece lui alzò lo sguardo sulla folla, pensieroso.

- Non è da lui - mormorò.

Kendra si stupì. Era preoccupazione quella che vedeva sul suo volto?

- L’ho cercato dappertutto, Sire - disse - Non si trova.

- Si sarà cacciato di nuovo nei guai - disse Artù.

- Non può essere… - si lasciò sfuggire Kendra pensierosa.

Il principe la guardò perplesso.

- Cosa?

- Lui… forse è andato a scoprire se… - si interruppe. Non poteva dirgli niente.

- A scoprire cosa, Kendra?

- Artù… lui credeva che ci fosse un pericolo… magico a Camelot. Arrivato con uno dei Cavalieri.

Kendra si sentì sudare freddo, davanti all’espressione del principe.

- Cosa vuol dire questo? Parla chiaro!

Se a sospettare di magia fosse stato Merlino, avrebbe avuto più credibilità agli occhi di Artù.

Kendra si sorprese a essere preoccupata per l’incolumità del principe. Non era arrivata a Camelot per questo, aveva altri progetti.

Ma questa questione era anche nel suo interesse: dopotutto era sicura che quel ciondolo era lo stesso appartenuto allo stregone che aveva ucciso suo fratello. Il minimo che potesse fare era scoprire perché era finito a Camelot esattamente quando c’era anche lei.

Una tromba squillò per la sala facendoli sobbalzare: l’inizio della festa.

Kendra rivolse un rapido sguardo di perlustrazione tutto intorno alla sala, anche di Synia non c’era traccia.

Artù fece per allontanarsi, ma Kendra lo afferrò per un braccio istintivamente. Si guardano per un attimo.

- Artù… - non sapeva che dire. Lo lasciò andare, impotente - Continuo a cercare Merlino, mio signore.

Il principe si unì al Re mentre Kendra tornò a confondersi fra la folla.

Ma non aveva fatto neanche tre passi, che un urlo la fece raggelare.

Nel salone si stava creando un vuoto proprio al centro della sala e due uomini avevano estratto la spada. Erano due Cavalieri.

Cadde un silenzio teso e spaventato. Qualcuno sussurrò senza capire, commenti spaventati serpeggiarono nel salone e arrivarono fino alla zona dei troni. Lady Morgana, splendente nel suo abito azzurro, si voltò spaventata verso l’origine del rumore.

Kendra sentì il cuore in gola e Uther si alzò dal trono.

- Cosa sta succedendo? - tuonò.

Uno dei due Cavalieri era spaventato e cercava di fermare l’altro che gli sferrava colpi violenti.

- Vi chiedo di smetterla. Non intendevo dire nulla di offensivo! - esclamò sovrastando il rumore delle spade e continuando a parare gli attacchi dell’avversario.

Kendra notò che l’altro Cavaliere aveva lo sguardo vitreo e inespressivo, come se fosse stato soggiogato da una forza magica.

Era magia, senza dubbio.

Si voltò verso Artù che la stava guardando pochi metri lontano.

- Maestà, fermate questo oltraggio! Principe Artù! - urlò il Cavaliere che stava disperatamente cercando di difendersi.

Il Cavaliere si fermò all’improvviso. Come l’altro ebbe pronunciato il nome di Artù, si voltò e lasciò cadere il braccio che reggeva ancora la spada.

Per qualche interminabile secondo, ci fu silenzio, poi il Cavaliere dallo sguardo vitreo si voltò di scatto e individuò il principe a poche decine di metri da lui.

Kendra ebbe un tuffo al cuore.

Artù, sbalordito, guardava immobile l’uomo avanzare verso di lui con espressione assente e levare la spada, pronto a uccidere il principe.

La spada si gettò sulla testa di Artù, fredda e indomabile e il principe la scartò per un soffio.

Immediatamente, i Cavalieri di Camelot accerchiarono l’aggressore, che non sembrò curarsene.

Bastò un solo secondo: loro erano tanti, ma Artù era disarmato.

La lama del Cavaliere trafisse il principe nel basso ventre, facendolo trasalire.

Artù fece solo in tempo a schiudere le labbra in un’espressione di sorpresa, poi cadde all’indietro, schizzando sangue sullo stemma dei Pendragon inciso sul pavimento.

 

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Capitolo 6
*** Un nuovo angelo custode ***


La strega addormentata nel bosco

6. Un nuovo angelo custode

 

Ciao a tutti!

Sono la nuova editor della pagina ufficiale di Merlin Italia, se amate Merlin la conoscete già sicuramente, ma se ancora vi manca fateci un giro!

Si chiama Merlin * •Italian Page•* ed è l’unica pagina FB italiana seguita da MerlinOfficial su Twitter. Oltre a trovare le mie grafiche, tantissime news sui personaggi della serie e sugli attori, per continuare a far vivere Merlin.

Un grazie di cuore a paige95 con cui mi scuso anticipatamente: ho avuto delle nuove idee e ho allungato e revisionato la storia, per cui… in effetti… questo non è un capitolo romantico come avevo promesso. Perdonami! :(

Spero che piaccia a tutti voi lo stesso e ricordate: il Mercoledì è il Giorno Merliniano.

Ci vediamo settimana prossima!

Un bacio a tutti <3
 

Oxis

 

 

MERLINO P.O.V.

 

La camera di Sir Glasmirk di Covington doveva essere per forza l’ultima porta del corridoio rimasta.

Merlino aveva memorizzato il colore e lo stemma dei paramenti che gli aveva descritto Kendra, per cui, quando entrò nella stanza, ci mise un attimo a riconoscerli. L’abito da cerimonia era sul letto, steso ordinatamente in attesa che il Cavaliere lo indossasse quella sera e lo stemma della casata di Convington erano appesi al muro.

La festa sarebbe iniziata di lì a mezz’ora, aveva tutto il tempo di curiosare fra gli oggetti personali di Sir Glasmirk e tornare da Artù per aiutarlo a vestirsi.

Come se quello zuccone avesse bisogno di aiuto.

Merlino entrò nella camera.

Aveva poco tempo. Doveva trovare la pietra di Emathos, nel caso remoto in cui il Cavaliere non l’avesse con sé. Un azzardo, ma tanto valeva provarci.

Fu troppo tardi quando sentì la chiave scattare. Si girò con il cuore in gola.

- Sarò magnanimo. Ti lascio la possibilità di andartene da questa camera prendendo un’altra uscita. - disse una voce gelida.

L’uomo era in piedi davanti alla porta, il viso serio e segnato dalle rughe, immobile nel suo sguardo glaciale.

Al collo, una pietra rossa dalle sfumature violacee.

L’uomo indicò la finestra dietro le spalle di Merlino. I vetri erano aperti.

- Scusatemi - esordì con un groppo in gola il mago - Volevo… Ecco, la festa sta per cominciare e il principe voleva essere sicuro che tutti gli ospiti fossero puntuali…

Ovviamente aveva smesso di credergli dopo la seconda parola del suo discorso.

- E quindi il principe Artù vuole assicurarsi che io non sia in ritardo - ripeté lui.

Ci fu un momento di attesa, durante il quale Merlino si chiese se effettivamente non fosse il caso di buttarsi giù dalla finestra, poi decise per il colpo a sorpresa, così si gettò verso di lui.

Glasmirk fu più veloce. Senza battere ciglio, la pietra al suo collo brillò e Merlino fu scaraventato contro il cassettone, ai suoi piedi.

- Addio, mio caro.

La pietra brillò di nuovo, ma questa volta il mago si difese. Non ebbe altra scelta. Gli occhi di Merlino si accesero e lui tese una mano in avanti, poi si spostò di lato mentre il cassettone cadeva addosso a Glasmirk.

- Sei un piccolo mago, dunque - rise con uno sguardo cattivo il Cavaliere, mancando il mobile per un soffio e raddrizzandosi - Peccato non poterti arruolare nel mio esercito. Purtroppo con i maghi non funziona. Ma non sei qui per questo, vero?

Una voce li fece all’improvviso trasalire.

- Merlino!

Una voce femminile al di là della porta.

- Un momento, prego - disse Glasmirk prima che Merlino potesse dire qualcosa, e fece scattare la serratura, aprendo la porta.

Una ragazza bionda si affacciò alla porta intimorita.

- Perdonatemi, Sire… - si rese conto dei segni di colluttazione e si interruppe, spaventata.

- Volevi qualcosa, mia cara? - chiese con voce melliflua lui.

- Io… stavo cercando il servitore di Artù…

Un lampo attraversò il viso di Glasmirk, che sorrise di nuovo.

- Il servitore di Artù! - esclamò con un gesto plateale delle braccia - prego, mia cara. Entra pure.

Merlino riconobbe subito Synia quando lei non poté fare a meno di entrare nella stanza, stringendo le braccia al petto e guardandolo con uno sguardo spaventato. L’aveva vista diverse volte nel castello, era una delle serve che lavorava in cucina.

Merlino rifletteva. Non poteva rivelare la sua magia davanti a lei, ma  se non l’avesse fatto, probabilmente Glasmirk l’avrebbe ammazzata.

- Molto bene. Credevo di giocare un po’ con te - riprese l’uomo - ma date le tue… qualità non è possibile. Direi che abbiamo qui una valida sostituta!

Tese una mano e toccò il ciondolo. Merlino non ebbe il tempo di muoversi.

Dalla pietra di Emathos uscì un getto di luce rossa che colpì Synia sul volto.

- Oh - fece in tempo a dire la ragazza, prima che la luce le entrasse negli occhi e le sue iridi si illuminassero per un attimo. Il viso spaventato divenne più immobile di una maschera di cera, lei raddrizzò le spalle e rivolse la testa a Sir Glasmirk.

- Quale è il tuo nome? - le chiese con la voce tornata gelida.

- Synia.

- Puoi andare ad assolvere i tuoi compiti, mia cara Synia.

La sua voce era un po’ metallica. Merlino ebbe paura.

Ecco come il mago convertiva persone per bene ad esseri spietati e assassini. Ne era sicuro, era stato lui.

- Perché vuoi uccidere Artù? - chiese dopo che Synia fu uscita.

Glasmirk scoppio a ridere.

- Te lo potrei raccontare, ma credo che fra esattamente mezzo minuto tu non ricorderai più niente di tutto questo.

Merlino si preparò ad attaccarlo di nuovo, ma l’uomo sollevò il ciondolo e lo toccò di nuovo. Il getto di luce investì Merlino che si sentì percorrere da uno strano freddo viscido e gli occhi gli si chiusero di colpo.

 

 

KENDRA P.O.V.

 

A Kendra sembrò di aver visto tutta la scena a rallentatore. All’improvviso la forza magica che albergava in lei si scatenò e dovette aggrapparsi a una delle colonne per trattenere la prima ondata di potenza.

Non se lo aspettava: lo spavento di aver visto Artù trafitto aveva fatto accendere la miccia che, solo quando provava emozioni troppo forti, esplodeva.

Corse istintivamente in avanti, senza ricordarsi di avere addosso il vestito, così inciampò. Si raddrizzò e sgomitò fra le dame e i cavalieri.

Tutto era nel caos. Le donne piangevano e gridavano terrorizzate, cercando di scappare dalla sala e urtando i Cavalieri che, disarmati, non sapevano come trattenere l’aggressore di Artù.

Kendra raggiunse il principe e gli lanciò una rapida occhiata, frapponendosi subito fra lui e l’uomo che l’aveva colpito. Artù era riverso a terra e guardava il suo aggressore con il viso contratto dal dolore.

Kendra era disarmata e con un vestito che la intralciava nei movimenti, lui aveva una spada intrisa di sangue e la stava fissando.

Non aveva molte possibilità. Il primo colpo sfiorò la testa della ragazza di qualche centimetro e si abbatté a pochi centimetri dalle gambe di Artù.

I Cavalieri di Camelot difendevano il principe. 

- Kendra - mormorò Artù.

Stava perdendo troppo sangue. Aveva bisogno di Merlino.

Kendra scartò un altro colpo diretto al principe, riuscendo a trascinare Artù dietro al trono di Uther, poi cadde per i pochi gradini che dividevano il resto della sala dalla postazione dei troni e si guardò intorno con ansia.

Di Merlino non c’era nessuna traccia e lei non poteva usare la magia sotto tutti quegli occhi.

Poi Kendra si rese improvvisamente conto di una cosa. L’aggressore non stava cercando di colpire lei. Uno dei Cavalieri aveva perso la spada e l’uomo non lo degnava di uno sguardo. Colpiva solo chi impugnava una spada.

- Abbassate le spade! - urlò colta da un’idea improvvisa.

Come era prevedibile, nessuno la stava ascoltando.

Si precipitò da Artù. Stava perdendo i sensi.

- Mio signore, dovrete aspettare ancora un po’ prima di morire - commentò Kendra afferrando le mani di Artù e togliendogliele con forza dalla pancia che si stava tenendo nel disperato tentativo di fermare l’emorragia.

Non sapeva cosa fare. La ferita era profonda ma era sicura di aver visto di peggio.

- Gayus… - sussurrò il principe con un filo di voce.

- Non c’è tempo per Gayus. Devo mettervi prima al sicuro.

I Cavalieri di Camelot stavano facendo del loro meglio per tenere lontano l’uomo stregato da Artù.

- Portalo via di qui! - urlò il Cavaliere più vicino a lei.

Kendra respirò profondamente trattenendo la magia che sentiva bruciarle tutto il corpo. Come un sorso di acqua troppo grande, cercò di respingerla indietro e si calmò.

Poi si slacciò il vestito e se lo tolse in fretta, rivelando al di sotto i suoi soliti calzoni.

- Non sai proprio essere una donna, tu - mormorò Artù nel flebile tentativo di fare una battuta.

- Vediamo se questa donna riesce a essere forte quanto voi - ribatté Kendra stracciando il vestito. Ne fece un lungo tessuto che avvolse intorno al ventre di Artù per bloccare l’uscita del sangue.

Poi lo aiutò ad alzarsi e lui diventò bianco come il marmo.

- Non svenite, Artù. Tenete duro.

Artù si aggrappò a lei ma sotto il suo peso, Kendra vacillò. Per l’ennesima volta in vent’anni di vita, Kendra si chiese a cosa le servisse possedere la magia se non poteva aiutarla in momenti come quelli.

Trascinò il principe al limite della sala e gettò un’occhiata dietro di sé. C’erano ancora tre Cavalieri che combattevano contro l’uomo. Quanto doveva essere forte la magia che lo possedeva?

- Kendra, non posso continuare - soffiò Artù fra le labbra.

Kendra si fermò e il principe le cadde addosso. Il vestito che gli aveva messo addosso come bendaggio provvisorio era zuppo di sangue.

- Merlino! - urlò Kendra disperata - Merlino!

Non riusciva a fermare l’emorragia, ormai il sangue aveva inzuppato anche i suoi vestiti.

- Artù!

Gli occhi di Artù si socchiusero e lui non rispose.

La frustrazione bruciò nel ventre di Kendra, che sentì la magia esplodere senza controllo e abbattersi come l’onda di un uragano verso il corridoio.

Il battito del principe era sempre più debole.

Poi Merlino comparve in fondo al corridoio.

Kendra non riuscì a trattenere la collera.

- Dove eri finito!?

- Cosa è successo?

- Salvalo! Io non ne sono capace!

Merlino controllò la ferita, chiamò il principe.

- Devi bloccare il sangue.

Kendra vide il mago all’opera per la prima volta. Gli occhi azzurri di Merlino si illuminarono e lui stese la mano sul ventre di Artù. I lembi di pelle lacerati si richiusero, il sangue smise di uscire.

- Serve Gayus, subito - disse agitato.

- Dobbiamo portarlo in camera prima, non può restare qui. Gli stanno dando la caccia.

Kendra fu sollevata dal fatto che Merlino non chiese nulla a riguardo. Presero Artù per le braccia e lo trascinarono via.

Nel salone c’erano ancora i rumori di una lotta ormai arrivata agli sgoccioli. Kendra aveva paura di sapere chi aveva avuto la meglio, ma non aveva tempo per pensarci ora. Il peso del principe la distraeva da tutto il resto.

Raggiunsero la camera di Artù e Merlino lo adagiò sul letto mentre Kendra sprangava la porta e si voltava verso il mago.

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Capitolo 7
*** Kendra l'infermiera ***


La strega addormentata nel bosco

7. Kendra l'infermiera



Ciaone!

Oggi qualcosa di diverso. Mi piace il rapporto che Artù ha con Kendra e ho voluto approfondirlo un po’ e svilupparlo.

Come sempre, grazie a paige95: le tue domande avranno forse qualche risposta ;) e a MammaGiu: spero che tu sia soddisfatta di questo capitolo! Vi ringrazio tanto, per me le vostre parole sono motivo per continuare, non mi stancherò mai di dirlo. <3

Spero che vi piaccia questo capitolo, andateci dentro con critiche e commenti.

Segnatevi sull’agenda mercoledì prossimo, per continuare questa storia.

Rinnovo il mio invito a fare un giro sulla pagina ufficiale di Merlin Italia di cui sono la nuova editor. Si chiama Merlin * •Italian Page•* . Troverete le mie grafiche e tantissime news sui personaggi della serie e sugli attori, per continuare a far vivere una delle serie più magiche di sempre.

 

Un bacio, cari

p.s. D'accordo. Lo so. La foto potevo risparmiarmela. Ma dà tutta un'altra immagine alla pagina! (?)

 

Oxis

 

 

MERLINO P.O.V.

 

- Cosa è successo?

Kendra si voltò verso di lui e si asciugò il sudore dalla fronte, riprendendo fiato.

- C’era un Cavaliere maledetto. - disse con voce tremante - Ha colpito Artù prima che chiunque potesse rendersene conto.

Merlino guardò il letto dove giaceva il principe ancora incosciente.

- Bisogna trovare Gayus.

- Dove diavolo eri finito? - chiese all’improvviso Kendra, con tono accusatorio - Ti ho cercato per tutto il castello.

Merlino aggrottò la fronte.

- Per tutto il castello? Sono solo andato da… - si interruppe, cercando di mettere a fuoco i pensieri - …da Sir Covington per cercare la pietra di cui mi hai parlato.

Gli occhi di Kendra si fecero enormi mentre lei aspettava il seguito della frase.

- Non ho trovato nulla - disse Merlino sollevando le spalle.

Mentre lo diceva, una strada voce nella sua testa mormorava che non era del tutto vero.

- Non hai trovato nulla?

Merlino scosse la testa confuso. Non era andata proprio così, eppure non si ricordava cosa fosse effettivamente successo.

- No… in realtà la porta della camera era chiusa.

Questo suonava meglio.

- Non sei riuscito a entrare? Ma si può sapere cos’hai? - esclamò Kendra.

Il mago si riscosse.

- Ti vedo molto agitata, dovresti…

- Dovrei cosa? Cosa? Ti ho cercato per ore e non c’eri, ho dovuto…

- Per ore?

La campana batté le undici ed entrambi sobbalzarono, tornando alla realtà come se il tempo avesse all’improvviso dato conferma della propria presenza.

- Vai a cercare Gayus, la ferita ha bisogno di essere curata. - disse Kendra con apprensione.

Merlino le rivolse un’altra occhiata perplessa prima di uscire dalla camera guardingo.

Attraverso tutto il castello di corsa, ma non dovette fare molta strada.

Vide Gayus correre verso di lui lungo l’ultimo corridoio che portava al salone principale.

- Gayus! Dovete correre da Artù, è ferito!

Il medico di corte si fermò solo un qualche secondo.

- Mi è stato detto. Vai da Uther, ti sta cercando.

Merlino sentì le budella contorcersi mentre guardava Gayus scomparire dietro l’angolo. Cosa voleva Uther da lui? Era successo qualcosa.

Cercò di riorganizzare i pensieri per essere pronto per il colloquio con il re, ma tutto quello che riuscì a ottenere fu un enorme sforzo mentale vano. La sua mente era come una densa distesa di nebbia. Si appoggiò al muro, cercando di calmarsi. Kendra l’aveva cercato per ore. Ma dove era stato lui per tutto quel tempo?

Si ricordava chiaramente di essere andato nella stanza di Sir Convington e di averla trovata chiusa. O forse era aperta?

Come diavolo era possibile che non si ricordasse una cosa tanto importante?

 

 

KENDRA P.O.V.

Dopo che Gayus ebbe medicato e fasciato Artù, Kendra sentì un enorme peso scivolarle di dosso. Le era venuta addosso un’angoscia fastidiosamente intensa dopo che il principe era stato ferito.

Il medico di corte decretò che, nonostante Artù avesse perso molto sangue, la ferita non era così grave e si sarebbe rimesso completamente nel giro di un mese.

- Comunicherò le condizioni di Artù al re - disse Gauys prima di aprire la porta - Spero che si sistemi tutto.

- Sta succedendo qualcosa? - chiese Kendra - Il torneo non si farà più, vero?

- Fosse solo il torneo… Uther è in collera per l’attacco del Cavaliere. I suoi servitori sono stati messi in celle separate e domani mattina arriverà la famiglia al completo per discutere dell’offesa mossa contro i Pendragon.

Kendra si alzò di scatto.

- Non è stata colpa sua! Era… - poteva azzardarsi a parlare di magia davanti a uno dei più fidati servi del re di Camelot? - Io credo… credo che sia tutto così assurdo. - concluse calmandosi, deviando il discorso.

Gayus la guardò in un modo strano, come se avesse capito che stesse cercando di cambiare discorso. Non commentò, aprì la porta e uscì dalla stanza.

- Se non altro, ora il principe è fuori pericolo e il castello è di nuovo tranquillo. - disse con un sorriso e si richiuse la porta alle spalle.

Kendra si sedette di nuovo sulla sedia accanto al letto di Artù. Avrebbe voluto che tornasse in fretta Merlino, stare lì da sola con il principe moribondo le provocava un leggero senso di nausea. Non era mai stata brava ad accudire i malati. Odiava il fatto di doversi prendere cura di qualcuno.

Era già passata almeno un’ora e il mago non era ancora tornato, quando Artù si mosse e aprì gli occhi.

Kendra si raddrizzò.

- Artù.

Il principe sembrava disorientato.

- Gayus ha detto che state meglio - disse Kendra - Vostro padre, cioè… il re non può venire da voi ora.

Artù aprì la bocca e si sollevò dal letto con uno scatto.

- Cosa è successo…?

- No, volevo dire… È solo in riunione, o qualcosa del genere. - si affrettò a correggersi Kendra - Sta bene. Stanno tutti bene a parte voi. Cioè, anche voi state bene… Non troppo. Diciamo quanto basta. Insomma, starete meglio.

Si guardarono per un attimo. Kendra avvampò.

- Beh, ecco. Non morirete oggi. - concluse impacciata distogliendo lo sguardo dagli occhi del principe.

Seguì un momento di silenzioso imbarazzo. Non per Artù, ovviamente. Quando mai il principe si imbarazzava? Ma Kendra non era a suo agio a stare lì come una piccola badante incapace, al capezzale del principe di Camelot che pareva perfettamente a suo agio, con il petto nudo e la benda sporca di sangue.

- Non morirò oggi. - ripeté ironico dopo un leggero colpo di tosse - È rassicurante.

- Sì.

- Gayus ha detto così?

- Sì… No. - riprese il controllo della propria lingua - Ha detto che avete perso troppo sangue ma che la ferita non è grave come sembrava.

Artù si sollevò, appoggiandosi fra i cuscini.

- Non dovreste alzarvi. Restate giù. - disse Kendra. Le uscì un tono perentorio e autoritario che cozzò in un modo buffo con l’impaccio dei suoi modi - Il sangue potrebbe… affluire alla pancia con maggiore insistenza e la ferita potrebbe riaprirsi.

Si costrinse a puntare gli occhi per terra, chiedendosi perché diavolo aveva usato quelle parole così forbite. Artù scoppiò a ridere e subito iniziò a tossire.

Kendra si affrettò a prendere il bicchiere d’acqua sul comodino e a porgerglielo senza guardarlo.

- Che fortuna che la mia serva conosca anche la medicina - commentò ironico lui dopo che la tosse si fosse placata.

- Non sto scherzando.

- Neanche io.

- Invece sì, voi scherzate sempre.

- Anche voi.

- Non sono io che ho un buco nella pancia.

Artù la fissò divertito.

- Avere un buco nella pancia non mi permette di scherzare?

Kendra sbuffò. Era già esausta e Artù era sveglio solo da una manciata di minuti. Non replicò.

- Andiamo, mi stavo divertendo - la punzecchiò lui.

- Io no - ribatté lei rimettendo il bicchiere sul comodino.

- Ma fino a prova contraria, sono io il principe. Devi eseguire i miei ordini. - replicò Artù con un ghigno.

Kendra finalmente lo guardò in faccia.

- Eseguire i vostri ordini! - esclamò irritata - Vi ho trascinato fin qui mentre voi inondavate di sangue il pavimento e i miei vestiti come una brocca rotta che perde acqua!

Rimasero in silenzio per un attimo. Il ghigno del principe si affievolì e si trasformò in un’espressione radicalmente diversa. Quando tornò a parlare, la sua voce era ferma.

- E hai anche impedito che quel Cavaliere mi ammazzasse nella sala del trono, mi hai difeso nonostante rischiassi la vita e hai fatto di tutto per proteggermi e portarmi al sicuro.

Non abbassò lo sguardo.

- E di questo te ne sarò riconoscente ogni giorno, fino alla mia morte - mormorò infine.

La frustrazione di Kendra si sciolse di colpo al suono di quelle parole. Scrutò gli occhi azzurri di Artù e la sincerità che emanavano il suo viso e la sua voce la colpì in pieno.

- È stato un piacere. - mormorò imbarazzata, sentendo con chiarezza le guance che le si accendevano di rosso.

Artù sorrise e Kendra abbassò lo sguardo. Quando lo guardò di nuovo, aveva di nuovo un sorriso sarcastico sul viso.

- E quindi anche le donne con i pantaloni sono donne, dopotutto.

- Mi avete rovinato il vestito - replicò Kendra, tornando al suo tono torvo.

Artù rise di gusto.

- Non sembri molto dispiaciuta. Te ne farò avere un altro.

Kendra si sentì sollevata che quella strana conversazione imbarazzante si fosse conclusa.

- Dunque. Merlino che fine ha fatto? - chiese di nuovo Artù.

Si aggiustò un ciuffo di capelli e cercò di sistemare i cuscini dietro di sé.

- Non lo so.

Kendra si affrettò ad aiutare Artù e l’imbarazzo piombò di nuovo su di lei come una nuvola nera. Le provocava una strana tensione cercare si sprimacciare i cuscini tentando di non toccare nessun centimetro di pelle del principe. Assurdo che le riuscisse così semplice maneggiare una spada e non fosse in grado di sistemare dei cuscini.

- Bene. Abbiamo appurato che come infermiera è meglio Merlino.

Kendra non riuscì a controllare la risata che le uscì dal petto a quella frase, immaginandosi Merlino con la crestina e un grembiule bianco pronto a servire Artù.

Anche lui iniziò a ridere e a un certo punto la stava di nuovo guardando negli occhi. Kendra si interruppe di colpo, allontanandosi dal letto.

- Me ne vado, torno dopo a controllarvi le bende - disse senza voltarsi e aprendo di scatto la porta della stanza, uscendo.

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Capitolo 8
*** La segregazione del principe ***


8. La segregazione del principe

 

Ciao a tutti!

 

Scusate se non sono stata presente all’appuntamento del mercoledì ma sta arrivando ottobre e i lavori da fare si accumulano…

Grazie a paige95 e a MammaGiu per le vostre belle parole dell’ultimo capitolo :)

MammaGiu, in effetti hai ragione: sono un po’ corti i capitoli… un po’ perché scriverne uno a settimana è complicato quando hai da scrivere per lavoro decine di altre cose e poi perché non so mai se, facendoli troppo lunghi, diventano noiosi :) Però è vero, è un mio limite. Cercherò di rimediare.

paige95, aspetto a risponderti per la questione del triangolo amoroso perché non andrà esattamente così e aspetto a svelarti la mia storia d'amore ideale anche se verrà a galla fra pochissimo...

Spero che vi piaccia questo nuovo capitolo!

Settimana prossima, Mercoledì. Sarò puntuale, è una promessa.

Rinnovo il mio invito a fare un giro sulla pagina ufficiale di Merlin Italia di cui sono l’editor. Si chiama Merlin * •Italian Page•* . Troverete le mie grafiche e tantissime news sui personaggi della serie e sugli attori, per continuare a far vivere Merlin <3

Un bacio,

Oxis

 

 

ARTHUR P.O.V.

 

- Me ne vado, torno dopo a controllarvi le bende - disse Kendra senza voltarsi.

Artù la guardò aprire la porta e uscire, chiudendosi la porta alle spalle. Si sorprese a sorridere.

Quella Kendra era una forza della natura. Scontrosa, ma decisamente sorprendente.

La ferita faceva ancora male, ma non era quello a preoccuparlo. Ciò che lo preoccupava era non sapere il motivo per cui le persone stavano impazzendo, là fuori.

La porta si aprì interrompendo le sue riflessioni.

Una ragazza bionda che conosceva solo di vista si affacciò dalla porta con un sorriso timido.

- Maestà, il medico di corte mi ha mandato a portarvi questa medicina per la vostra guarigione - mormorò mostrandogli una bottiglietta.

Artù annuì perplesso. Gayus non aveva avuto tempo di portare lui stesso il farmaco e non aveva neanche avuto il tempo di mandare uno dei suoi servitori?

- Entra pure - la invitò.

La ragazza avanzò lentamente al suo letto, impacciata.

- Ecco. Ha detto di berlo tutto subito.

Gli porse la fiala. Conteneva un liquido lievemente colorato di porpora.

- Cos’è? - chiese Artù.

- Non capisco molto di medicina, Maestà - rispose lei con un filo di voce.

Artù prese la fiala e la portò alla bocca.

 

 

MERLINO P.O.V.

 

Merlino era davanti alla porta della sala del trono, aspettando di trovare il coraggio di entrare. Non sapeva cosa il re potesse chiedergli né perché aveva voluto parlare con lui.

Alla fine spinse la porta ed entrò.

Uther era al trono, Morgana alla sua sinistra sembrava scossa. Gayus, in piedi davanti a loro gli rivolse un’occhiata.

- Merlino - disse Uther.

- Vostra Maestà.

Il re guardò Gayus, che annuì.

- Gayus mi ha assicurato che posso avere completa fiducia in te. Hai dimostrato più volte in passato di essere fedele a Camelot e ad Artù. Oggi dovrai rinnovare il tuo impegno.

Si alzò dal trono e si avvicinò di un passo.

- Gayus crede che quello che sta succedendo agli uomini sia opera di magia.

Merlino si trattenne dall’applaudire. Probabilmente non era il caso.

- Crede anche - continuò il re - che tutto questo sia opera di una maledizione che ha come obiettivo uccidere Artù. Il Cavaliere di ieri sera l’aveva puntato.

Merlino annuì. Uther sospirò, guardò di nuovo Gayus come per assicurarsi di potersi fidare di lui.

- Quello che ti chiedo è di tenere Artù sott’occhio. Non deve per nessun motivo lasciare la sua stanza.

- Non è possibile per lui farlo, ora - rispose Merlino.

- Il re intende che anche quando starà meglio. Dovrà restare chiuso in camera sua. - precisò Gayus.

- I Cavalieri di Camelot sono già andati alla ricerca di Sir Landimark, il Cavaliere che ha attaccato Artù ieri notte. Artù vorrà sicuramente unirsi a loro quando sarà in grado di alzarsi dal letto, e noi dobbiamo tenerlo all’oscuro. Gayus ha già detto ad Artù che non si potrà alzare dal letto per qualche settimana, in realtà la ferita non è così grave. - concluse Uther.

Gayus annuì.

- È essenziale che Artù creda di dover restare a letto, perché il numero di persone maledette sta aumentando e ora hanno iniziato a comportarsi come se l’unico motivo per cui stanno al mondo fosse minacciare la vita del principe. - disse Gayus.

Il medico di corte gettò uno sguardo eloquente a Merlino, uno sguardo che significava che era meglio per lui scoprire la fonte di quella magia al più presto. Nessuno sarebbe riuscito a tenere sotto custodia Artù per molto tempo.

- Ma persone innocenti stanno morendo! - gridò Morgana all’improvviso.

- Non è colpa nostra, Morgana. - disse Uther, come se avesse già dovuto rispondere a quella provocazione altre volte - Il principe deve…

- Non puoi lasciare il castello circondato da pazzi assassini che combattono per arrivare nelle stanze di Artù. - disse la donna calmandosi - Le persone che muoiono occasionalmente finendo sotto le spade dei maledetti sono troppe.

- Ma qui Artù è protetto! - replicò il re - Cos’altro posso fare? Lasciarli entrare nel castello?

- Lascia che Artù segua i maledetti…

Merlino non poté fare a meno di intervenire.

- Seguirli?

- Tutte le persone maledette combattevano fra loro, come scosse da una rabbia incontrollata. - spiegò Gayus - Ora continuano a lottare per arrivare ad Artù, e combattono chiunque provi a fermarli. Ma appena vengono feriti, scappano.

- Vanno tutti nella stessa direzione - mormorò Morgana.

- Esatto - affermò Gayus - come se avessero un punto di ritrovo comune, o tornassero alla base.

- I Cavalieri di Camelot sono già sulle loro tracce. - disse il re, poi si rivolse a Merlino - Posso contare sulla tua discrezione e sulla tua lealtà? - chiese il re.

Il mago annuì.

- Certamente, Maestà. Mi assicurerò che Artù non lasci mai il corridoio delle sue stanze.

Uther lo guardò sospirando, le rughe sulla sua fronte si addensarono rapidamente.

- Grazie.

- Kendra è già stata avvisata? - chiese Merlino.

- L’ho aggiornata io - disse Gayus annuendo.

Merlino fece un piccolo inchino e si congedò.

Uscì dalla sala e si avviò verso la stanza di Artù.

 

 

KENDRA P.O.V.

Kendra spalancò la porta. Synia era china su Artù e gli stava porgendo qualcosa.

- Synia, che ci fai qui?

La ragazza sobbalzò e si voltò verso di lei. Kendra abbassò gli occhi sulla fialetta che il principe aveva appena ricevuto. Era di un colore porpora.

- Aspettate! - esclamò. - Cos’è quella?

- Potresti anche bussare, queste sono stanze reali - l’apostrofò Artù.

- È una medicina per il principe…. - mormorò Synia intimorita.

- Cos’è?

- Ti ha già risposto, Kendra.

Kendra afferrò la fiala di mano ad Artù e la guardò. Il suo sesto senso fin troppo allenato la fece riflettere su tre cose. La prima, Synia non era serva personale di Artù e quindi perché mai Gayus avrebbe dovuto dare a lei un medicinale per il principe?

Secondo, aveva incrociato Gayus nel corridoio solo una manciata di secondi prima mentre andava a prendere dell’acqua per Artù, perché il medico non aveva consegnato a lei la fialetta?

Terzo, il colore del liquido all’interno era spaventosamente simile alla sfumatura di porpora del medaglione di Sir Convington.

Le tremarono le mani.

Era solo una coincidenza?

Guardò Synia. Sembrava troppo spaventata e ingenua per tramare contro il regno. Era strano, ma Kendra aveva imparato a sue spese che non si era mai troppo prudenti. E dopotutto, l’ordine di non raggiungere le stanze di Artù eccetto i suoi servitori personali e il re, era stato dato.

- Kendra, si può sapere cosa…

Prima che Artù ebbe il tempo di finire la frase, Kendra si lasciò sfuggire dalle mani la fialetta, che cadde a terra e si frantumò.

- Si può sapere cosa ti ha detto il cervello? - urlò Artù terminando la frase con un accento di rabbia.

- Maestà, perdonatemi… - mormorò Kendra, gettando uno sguardo a Synia per notare la sua reazione.

Nessuna reazione. La ragazza non mosse un muscolo del viso.

Fin troppo strano.

- Synia, ti dispiacerebbe uscire dalla stanza? Devo lavare questo disastro - disse Kendra.

Lei obbedì tranquilla, sotto lo sguardo irritato di Artù.

- Possibile che ogni volta che…

- Zitto!

Il principe la fissò e Kendra notò la sua frustrazione montare.

- Scusatemi, Artù. Ma non credo che quella ragazza avesse buone intenzioni.

- Cosa vuoi dire?

- Ovviamente era interessata solo a vedere il principe da vicino - inventò Kendra. Dire che forse Synia voleva assassinare il principe non era il caso e poteva portarla su una brutta strada.

Artù parve riflettere.

- L’ha già fatto in passato, in effetti. Aveva convinto il mio vecchio servitore a farmi entrare in camera mia per vedermi. Non ricordavo che si chiamasse Synia, ma ora che ci penso gira molto spesso qui intorno.

- Ecco! Vedete? Le fate cadere tutte ai vostri piedi - disse Kendra prendendo la palla al balzo.

La porta si spalancò di nuovo.

- È destino che oggi non riposi - borbottò Artù.

Era Merlino.

- Merlino, eccoti pronto a compiere i tuoi doveri. - esclamò Artù - Ovviamente bussare è diventato ufficialmente secondario. Portami del cibo, sto morendo di fame.

- Maestà. I Cavalieri di Camelot sono andati a cercare i maledetti in fuga. -snocciolò.

Kendra si voltò verso di lui.

- Merlino!

Il mago la ignorò.

- Cosa? - disse Artù sollevandosi dai cuscini. - Dove sono andati?

- Sire, dovete restare a letto.- insistette Kendra.

- I vostri compagni sono tutti andati in cerca del responsabile di questa maledizione. - ripeté Merlino - Sapete che tutti scappavano verso i boschi dopo che erano stati feriti. Gayus pensa che ci sia un qualche punto di ritrovo.

Kendra era sbalordita. Uther aveva avvisato a Merlino di non dire nulla ed era impossibile che non l’avesse ancora fatto: aveva visto il mago entrare nella sala del trono quando era andata a prendere dell’acqua dal pozzo pochi minuti prima.

Cosa stava succedendo?

Artù aveva già gettato le coperte sul letto.

- Non potete alzarvi, Artù. Non potete - disse Kendra frapponendosi fra il principe e Merlino.

- Kendra, i miei uomini sono usciti senza di me, devo andare.

- Vogliono voi, Artù! Il castello è circondato da maledetti che vogliono uccidervi. - esclamò lei - Dovete restare qui. I vostri uomini se la sanno cavare senza di voi.

Artù la afferrò per le braccia e la scostò di lato.

- Dovete aiutarmi a uscire senza farmi vedere da mio padre. - disse - È già  buio, fra poco sarà il momento buono.

- Io non sono d’accordo, Sire - tentò Kendra.

- Non ti sto chiedendo un parere, ti sto chiedendo… - Artù si interruppe, portandosi una mano alla fasciatura.

Kendra strinse i denti e si voltò verso Merlino. Se solo lei avesse saputo usare la sua magia per immobilizzare Artù a letto… O se solo Merlino non fosse completamente uscito di senno.

Lo sguardo del mago era vacuo. Kendra ebbe di nuovo il brutto presentimento che gli fosse successo qualcosa.

- Merlino, non puoi essere d’accordo con questa follia…

Ma Artù e Merlino non la ascoltavano. Merlino stava aiutando il principe a vestirsi.

Kendra andò alla finestra e guardò nella piazza. C’erano due coppie di uomini che combattevano con arnesi da lavoro urlandosi parole sconclusionate.

Camelot stava cadendo nel caos, non poteva lasciare andare Artù fuori da solo.

Sentì la frustrazione e l’impotenza accendere la miccia della sua magia e dovette stringere gli occhi e immobilizzare il corpo per controllarla.

Si voltò. Artù era vestito.

C’era una sola cosa da fare.

- Vengo con voi.

Il principe la squadrò.

- Siete ferito e posso combattere bene quanto voi. - disse con fermezza.

- Non esagerare.

- Smettetela di scherzare! - urlò Kendra - Posso difendervi.

Artù la guardò sorpreso. 

- Va bene. - si arrese dopo qualche secondo - Merlino, tu resta qui.

Il mago non fece obiezione.

Kendra lasciò la finestra e andò alla porta.

- Vado prima io, voi mi state dietro. Prendete la spada.

Artù ridacchiò.

- Dimenticavo che qui si fa come dice Kendra. - la prese in giro.

Poi tornò serio.

- D’accordo. Ti seguo.

 

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Capitolo 9
*** Il ritorno di Merlino ***


9. Il ritorno di Merlino


 

Ciaooooo!
 

Le cose iniziano a farsi difficili per tutti e tre i protagonisti.

Sto rivisitando molto la storia che avevo scritto in precedenza perché sinceramente mi sta prendendo molto :D

Grazie a paige95 per la tua recensione. Iniziano a entrare in scena nuovi elementi, spero che ti piaccia come sta venendo fuori questa avventura :)

Fate un giro sulla pagina ufficiale di Merlin Italia di cui sono l’editor: Merlin * •Italian Page•* . Troverete le mie grafiche e news sui personaggi della serie e sugli attori, per continuare a far vivere Merlin.

a Mercoledì prossimo! 
 

Oxis

 

 

KENDRA P.O.V.

 

Kendra non aveva avuto tempo per fermarsi e riflettere sulla piega che avevano preso i suoi piani da quando era arrivata a Camelot.

Era giunta lì nella speranza di intraprendere un viaggio che si sarebbe concluso con l’incontro con Alysian, uno dei più grandi stregoni di tutti i tempi.

E invece ora si ritrovava a sgattaiolare furtiva per tutto il Castello reale con un Pendragon dietro di lei, che a ogni passo la tirava o la spingeva per una manica del vestito per farla indietreggiare o accelerare.

Patetico. Non era per questo che era arrivata.

In quel momento particolarmente sconsigliato, Kendra trovò il tempo per riordinare i pensieri. Si rese conto che era da giorni che la sua magia non si ribellava dentro il suo corpo, addirittura in quelle ultime ore se n’era quasi dimenticata.

Non capiva il motivo di questo improvviso assopimento.

Solitamente, per tutta la sua vita, fin dal giorno in cui aveva ricevuto i poteri per non si sa quale maledizione, era stata costretta a tenere sotto controllo emozioni forti e perfino la sua stessa salute fisica per evitare che la forza scaturisse incontrollata.

Le sue riflessioni furono interrotte da una gomitata nella costola piuttosto dolorosa.

- Aspetta! Lasciale passare! - sussurrò Artù dietro di lei, indicando quattro guardie che passeggiavano appena dentro le mura della città.

Kendra si trattenne dal ribattere e si massaggiò il fianco. Nel farlo, sfiorò l’elsa della spada.

Quella notte avrebbero combattuto, poco ma sicuro.

I suoi pensieri virarono inaspettatamente verso Merlino. Da quando lo conosceva, era rimasta affascinata da quel suo modo di mantenere il controllo sulla propria magia. Avrebbe voluto impararlo anche lei, forse non avrebbe avuto bisogno di impugnare armi, se fosse stata in grado di difendersi con la magia.

Sentì la mano del principe spingerla malamente verso il bosco oltre le mura.

Corsero fra gli alberi e rallentarono appena dopo.

– Potreste evitare di manovrarmi come un burattino… Mio Signore? – sibilò Kendra.

Artù scosse la testa infastidito.

– Potresti prestar attenzione a quello che stiamo facendo? Superare le guardie una cosa da fare mentre si pensa a cosa indosserai domani. Chiaro?

Kendra sbuffò sonoramente.

– Voi non dovreste neanche essere…

Non terminò la frase perché Artù stava circoscrivendo l’aerea in cui si trovavano, guardando fra gli alberi l’ingresso della città poco lontano.

Kendra lo seguì.

– Il piano qual è esattamente? Aspettare che qualcuno esca urlando e agitando la spada per vedere dove scappa?

– Precisamente.

– Voi scherzate.

Il principe si sistemò con la schiena contro un albero, rivolto verso la città, posizionando la spada, pronta per essere sollevata e usata.

– Tutti gli uomini maledetti scappano verso Ovest, dopo che sono stati feriti.  Non passa giorno che qualcuno combatta. Non ci vorrà molto. – spiegò come se lo stesse spiegando a una bambina. – Alzati! Dobbiamo essere pronti quando arriverà qualcuno!

Kendra, che si era appena seduta, lo guardò da sotto in su.

– Non è più semplice cercare i vostri compagni?

– Senza un’indicazione sarebbe difficile nel buio. Tanto vale aspettare che qualcuno ci porti da loro.

Rimasero zitti per una manciata di minuti, dopo Artù cominciò a dare segni di cedimento.

Si spostava da un piede all’altro, sospirando e tenendosi la pancia. La ferita aveva ricominciato a sanguinare.

Kendra si guardò bene dall’alzarsi per aiutarlo. Si limitò a lanciargli un’occhiata sarcastica.

– Quando vi dissanguerete fatemelo sapere. Potreste attirare qualche orso, sarebbe meglio che me ne andassi prima. – commentò.

Quello che accadde un secondo dopo fu del tutto inaspettato.

Artù si staccò con violenza dall’albero e puntò la spada addosso a Kendra, sfiorandole il collo con la punta. Lei sobbalzò e, colta di sorpresa, afferrò la lama con una mano, spinse indietro il principe, che reagì.

Attimi di colluttazione, poi si bloccarono. Kendra aveva bloccato Artù contro il tronco dell’albero, lui ansimava, affaticato per la ferita.

– Volete ammazzare anche me? – sibilò Kendra.

Artù si raddrizzò.

– Scusami. Mi sono fatto prendere la mano.

Il suo tono era stanco.

– Avete paura? – chiese Kendra, mentre lui si sedeva sulle radici.

– Tutti hanno paura – rispose lui.

I loro occhi si incrociarono per un attimo. Kendra avvertì di nuovo quella  strana sensazione di disagio, ma non ebbe tempo di pensarci troppo.

Come se le parole del principe fossero state una parola d’ordine, si udì un urlo e dei passi che correvano nella loro direzione.

Artù si alzò di scatto e impugnò la spada.

– Dovremo correre veloce – mormorò Kendra, pronta a scattare.

L’uomo, il maledetto, era ferito a una gamba ma correva come se la Morte in persona lo stesse seguendo e non accennava a rallentare. Era chiaro che era posseduto dalla magia.

Ma lo era anche Kendra.

La forza magica dentro di sé alimentava il suo corpo e sanava il bruciore dei muscoli e i polmoni in fiamme, così che la strega non avvertiva minimamente la fatica. Il principe, dietro di lei, arrancava con più difficoltà.

Lo seguirono, schivando i rami bassi degli alberi e i tronchi grazie alla luce che la luna spandeva nella foresta. Correndo, tennero d’occhio l’uomo, finché Kendra si voltò in corsa e non vide più Artù che la seguiva.

Ebbe un momento di ansia mentre si fermava di colpo.

La vegetazione si era infittita e sopra di lei quasi non si vedeva più il cielo schiarito dalla luce della luna.

Era buio pesto intorno a lei, l’uomo era scappato via e Artù sembrava scomparso.

– Artù! – urlò nel buio.

Da quando era diventato così buio? Kendra si paralizzò.

Non si era accorta di quel buio. Ascoltò il proprio respiro e le sembrò di non sentire più neanche il rumore del vento fra le foglie.

Non era solo buio.

C’era qualcosa nell’aria, qualcosa di magico e di malvagio.

Il battito del suo cuore accelerò, più il panico aumentava e più la sua magia infuocava dentro di lei, rischiando di esplodere.

E alla fine esplose, mentre Kendra era ormai posseduta dal terrore di non poter vedere o sentire. Il calore la avvolse con un bruciore insopportabile e non poté resistergli. Uscì da lei con forza e si abbatté tutto intorno, facendola cadere.

Sentì gli alberi spezzarsi e cadere con rumori sinistri e l’erba piegarsi con un unico sibilo.

Kendra riaprì gli occhi che aveva chiuso senza rendersene conto, ma intorno a lei c’era ancora il buio. Poi dei passi che si avvicinavano in fretta, un colpo forte alla nuca la sorprese.

Il dolore esplose nella sua testa.

 

 

MERLINO P.O.V

 

Merlino richiuse la porta di casa sua. Gayus alzò lo sguardo dal libro che stava esaminando.

– Spranga la porta. – ordinò – Non si è mai troppo prudenti con quei pazzi là fuori.

Il mago obbedì.

– Cosa studiate?

– Non ne sono sicuro – rispose il medico di corte – Sto cercando informazioni su quello che sta succedendo. Ho ripensato a quello che hai detto sulle magie atmosferiche, ma sembra proprio che non c’entri nulla con questa sete di morte che hanno i maledetti. Soprattutto ora che hanno sete di  morte di Artù.

Merlino si sedette al tavolo. La testa gli faceva male. Si sentiva stordito e confuso.

– Ti senti bene? – domandò il vecchio, guardandolo con gli occhi aggrottati densi di rughe.

– Credo di sì, io…

– Allora potresti darmi una mano a cercare. Forse quel tuo libro di magia potrebbe esserci utile.

Merlino sentì qualcosa scattare dentro di sé ma non riusciva a identificare cosa fosse. Sembrava un ricordo lontano, qualcosa che avrebbe voluto dire ma che non ricordava perché probabilmente non era importante.

– Il mio libro… – mormorò sovrappensiero, poi si diresse verso la sua camera – Ma Uther sa che stai facendo ricerche su libri di magia?

– Uther deve solo ringraziare al cielo di essere ancora vivo. – ribatté Gayus dall’altra stanza per tutta risposta.

Merlino prese il libro dall’asse fuori posto del pavimento e lo posò sul tavolo, iniziando a sfogliarlo con poco interesse. Era ancora distratto.

Gayus gli strappò il libro dalle mani e lo guardò di traverso mentre sfogliava velocemente le pagine, chinandosi per leggere, poi si fermò su un capitolo.

Il mago lo guardò.

– Questo è interessante – commentò il medico – Lo sapevo che c’era qualcosa di collegato con la faccenda della pietra di Emathos. Guarda.

Merlino si chinò su di lui. Una pietra rosso-porpora disegnata spiccò sulla pagina e come una scintilla di luce rischiarò tutto il buio che stava inghiottendo il suo cervello. Fu come se all’improvviso una secchiata d’acqua lo svegliasse di colpo.

Si ritrovò a fissare la pagina mentre nella sua mente tutto riacquistava la forma originaria e i ricordi tornavano al proprio posto. Si accorse di ansimare.

– Sir… Sir Convington – esalò. Si sorresse con entrambe le mani al tavolo per paura di cadere, visto che gli girava la testa.

Gayus sollevo gli occhi su di lui.

– Merlino, che c’è?

Con voce interrotta, Merlino spiegò tutto quello che riuscì a ricordare a Gayus, che lo ascoltò con crescente preoccupazione.

– Come è possibile che sia riuscito a fare tutto questo? Non ricordavo nulla! – ripeté il mago sconvolto alla fine del racconto.

– Forse per questo motivo – rispose Gayus indicando un paragrafo alla fine della pagina a cui lui non aveva fatto caso.

Se usato contro i maghi, non funziona per all’assoggettamento ma può essere usato per cancellare parti di memoria a breve termine”.

Tutto si spiegava.

– Quindi Sir Convington mi ha cancellato la memoria così che io non potessi scoprirlo. E a Synia ha fatto direttamente il lavaggio del cervello. L’ha fatta diventare una dei maledetti.

– Dobbiamo trovare Synia prima che faccia qualcosa di male – disse Gayus.

Merlino rifletté. Synia era piccola e comunque non in grado di maneggiare un’arma anche se era stata assoggettata a Sir Convington.

Pensò a Kendra, all’improvviso. Lei e Synia erano amiche. Possibile che Kendra davvero c’entrasse qualcosa? Quel pensiero non aveva consequenzialità logiche, ma lui aveva imparato a fidarsi del suo istinto.

Lesse tutto il capitolo da cima a fondo, poi si voltò verso Gayus con il fiato corto.

– Avete detto che non trovavate nulla sulle magie atmosferiche? Leggete qui.

Gayus si chinò sul paragrafo che gli stava indicando il mago.

Il potere della pietra di Emathos può essere sconfitto solo da magie potenti. Letale è da considerarsi ogni tipo di contrasto atmosferico, come quello procurato dalla forza magica della Dama del Lago, che tuttavia è una delle poche magie in grado di usufruire correttamente del potere di Emathos”.

– Cosa significa? – chiese Merlino.

– Non lo so. La Dama del Lago è solo una leggenda. – rispose il medico – Quello che però posso dirti con certezza è che la magia che ti ha colpito non è forte come avrebbe potuto esserlo. I ricordi ti sono ritornati facilmente quando hai rivisto la pietra, il che vuol dire…

– Cosa? – incalzò Merlino.

– …che potrebbe esserci un mandatario per Sir Convington. Qualcuno che gli abbia dato la pietra, qualcuno di più forte di lui che abbia per esempio accesso alle magie atmosferiche. La pietra ha un potere proprio, cioè può essere usata anche senza essere uno stregone, ma se usata da qualcuno di magico amplifica il suo potere.

Merlino sobbalzò sulla sedia.

– Kendra.

– Cosa?

– Kendra è una strega. Io credo che abbia a che fare con la magia atmosferica che si è scatenata in questi giorni su Camelot.

Gayus ci mise un attimo a cogliere il senso delle parole.

– Kendra?

Il cervello di Merlino collego automaticamente gli ultimi avvenimenti e il mago si precipitò alla porta.

– Merlino! 

– Devo andare, devo trovare Artù. L’ho lasciato da solo con Kendra!

Senza aspettare una risposta, corse fuori lasciando la porta aperta.

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Capitolo 10
*** La magia del Lago ***


10. La magia del Lago

 

Ciaone :)

Dunque, dopo questo capitolo saprete un po’ di più su Kendra. E qualcosa si svilupperà.

Grazie paige95 per le tue parole, grazie grazie grazie mille come al solito :)

Spero che vi piaccia questo capitolo! In realtà non vedo l’ora di postare il prossimo, ma devo aspettare un’altra settimana.

Fate un giro sulla pagina ufficiale di Merlin Italia di cui sono l’editor: Merlin * •Italian Page•* . Troverete le mie grafiche e news sui personaggi della serie e sugli attori, per continuare a far vivere Merlin.

Ci si vede Mercoledì. Non mancate. Siateci. Per forza. 

 

Oxis

 

 

ARTHUR P.O.V.

Artù cadde in ginocchio e si buttò in avanti cercando di resistere al conato di vomito che l’aveva sorpreso. Le sue mani premettero la ferita all’addome insanguinata. Stava perdendo ancora sangue.

– Kendra! – urlò.

L’aveva lasciato indietro. Sperava almeno che riuscisse a seguire il Maledetto.

Si sollevò e si appoggiò a un albero. Gli girava la testa. Un moto di terrore per i suoi compagni lo colse alle viscere e istintivamente dovette resistere a un altro conato.

Prese in mano la spada e proseguì a passi lenti. Non sarebbe tornato indietro, di questo era sicuro.

Sentì un rumore dietro di sé e si voltò per affrontare un maledetto, ma non c’era nessuno. Il buio era troppo fitto, la luna rischiarava debolmente, lasciando enormi zone d’ombra.

Di nuovo un rumore. Questa volta, qualcuno correva verso di lui.

– Artù!

Una sagoma goffa e scoordinata lo raggiunse.

– Merlino! – esclamò, contento di vederlo suo malgrado – Che ci fai qui?

Merlino lo raggiunse ansimando. 

– Dov’è Kendra?

– Ci siamo persi di vista. Non dovevi restare al Castello?

Merlino guardava intorno a sé con agitazione febbrile.

– Torniamo. – disse.

– Neanche per sogno – replicò Artù e riprese a camminare lentamente, tenendosi la ferita con una mano, mentre con l’altra reggeva la spada.

Merlino rinunciò a tentare di ribattere. Nell’ombra pareva molto pensieroso.

Continuarono a camminare per diverso tempo.

Artù era convinto che prima o poi avrebbero trovato qualcosa perché il percorso era segnato: man mano che proseguivano, i segni che qualcuno era passato di lì erano sempre più palesi: erba schiacciata, rami spezzati.

Era una scommessa, ma non potevano fare altro, anche perché Kendra era ancora da qualche parte lì intorno.

Camminavano almeno da un’ora, quando avvistarono il limitare del bosco.

– Ma cosa… – mormorò Artù, accelerando il passo.

Pochi metri davanti a loro, gli alberi finivano. Non si ricordava di quel luogo, era sicuro che il bosco continuasse ancora, eppure era lì da vedere.

Scostarono i rami degli ultimi alberi e Artù sentì Merlino trasalire, mentre rivelarono un enorme spiana che scendeva verso il basso formando una conca.

– Quella cos’è? – chiese Merlino.

Artù gli fece cenno di tacere.

Al centro della spianata, a una cinquantina di metri da loro, si ergeva una torre, non troppo alta ma possente, di pianta esagonale.

 

 

KENDRA P.O.V.

Il colpo alla testa tramortì Kendra, che rimase immobile a terra, stringendo i denti dal dolore.

– Cosa ci fai nella mia proprietà, strega?

Kendra sussultò e alzò la testa.

Il buio le premeva ancora sugli occhi, era come essere cieca.

– Chi sei? – chiese con voce tremante, raggiungendo l’elsa della spada. Si alzò e fronteggiò il nulla, alzando la lama.

– Questa domanda tocca a me farla.

La voce di chi parlava era grave e maschile, molto roca, come se non l’avesse usata da anni.

Kendra spalancò gli occhi più che poté ma senza risultato. Quella era magia, l’aveva avvertita subito. E chiunque potesse scagliare il buio negli occhi di un  ignaro passante, non ispirava fiducia.

– Non vedrai niente, è inutile che ti sforzi.

– Chi sei? – ripeté Kendra.

La voce emise una risata bassa e sarcastica.

– Davvero non mi riconosci? Eppure eri tu che volevi venire da me, non molto tempo fa.

Kendra sentì il cuore fermarsi.

– No. Non può essere…

Il buio si dileguò rapido come era arrivato. La luce della luna inondò la piccola radura in cui si trovavano e illuminò la sagoma di un vecchio, basso e informe.

– Alysian.

La voce di Kendra si spezzò di colpo. Non l’aveva mai visto, ma non poteva sbagliarsi. Era lui. Il più grande mago di tutti i tempi, esattamente come l’aveva descritto suo padre e come Kendra si era sempre immaginata.

– Come sapevi che ti cercavo?

Il vecchio tornò nel cono d’ombra accanto a un albero che non era raggiunto dalla luce lunare.

– Lo sapevo, Dama del Lago.

Se Kendra era sbalordita fino a quel momento, era niente in confronto a quello che provò nell’essere chiamata così. 

Fu come risvegliare un ricordo terribile e ormai sepolto dentro il suo cuore, e riesumandolo, ogni frammento del suo passato si sollevò in aria e la avvolse in una morsa di dolore.

Quando tentò di parlare, la sua voce era un rantolo di rabbia e sofferenza.

– Non chiamarmi così.

Non chiese neanche come facesse a saperlo. Non le importava. Non sentiva quelle parole da anni.

Alzò gli occhi su Alysian e lo vide sorridere.

– Se non sbaglio, questo è il tuo nome.

– Il mio nome – urlò lei – è Kendra.

Aysian uscì dal cono d’ombra.

– Perché mi cercavi? – chiese.

Kendra rimise via la spada e si scostò i capelli dalla fronte. Aveva ancora il cuore impazzito.

– Perché devi togliermela.

Il mago aspettò che fosse lei a dirlo.

– Devi togliermi la magia.

Pronunciare quelle parole ebbe uno strano effetto su Kendra. Aspettava di dirle da quando suo fratello era stato ucciso quindici anni prima da un uomo che indossava la stessa pietra di Sir Covington.

– Perché non sei venuta da me prima? Ti sei affezionata alla magia del Lago?

Kendra estrasse di nuovo la spada e con un passo fulmineo si avvicinò al vecchio e gli puntò la lama al petto.

– Non scherzare con me, vecchio. Lo sai che io sono l’unica persona che può fronteggiarti e uscirne senza un graffio.

Alysian abbassò la punta della spada con due dita.

– Non c’è bisogno di minacce. Io e te siamo più simili di quanto credi.

– Devi togliermela – ripeté Kendra.

– Non hai risposto alla mia domanda.

Kendra si allontanò di un passo.

– Non sono venuta prima perché mio padre era convinto che potessi possedere la magia perché era solo questione di allenamento. Mi ha impedito di cercarti fino ad adesso. E tu questo lo sai. – sentì gli occhi riempirsi di lacrime – Ma io non posso possederla. Non ne sono capace.

Alysian sospirò. Nell’ombra, i tratti del suo viso parvero diabolici. Kendra aveva il corpo in fiamme, sconvolta dall’idea che il momento che aspettava da anni sembrava finalmente arrivato.

– L’hai posseduta fino ad oggi.

– Ma a quale prezzo? – urlò Kendra – Ho ucciso delle persone!

Cercò di fermare le lacrime che le scendevano sulle guance, senza risultato.

– E sono diventata un mostro, insensibile a ogni cosa. Questa magia mi rende insensibile.

– Toglierti i poteri non cambierà quello che è successo.

Kendra chiuse gli occhi e cercò di calmarsi. Sapeva che lui avrebbe detto così e che non sarebbe stato facile convincerlo.

– Un’altra bambina prenderà il mio posto, quando sarà pronta. La storia non si ripeterà.

– Non è ancora finito il tuo tempo, Kendra.

– Alysian – mormorò Kendra – sono qui per implorarti. Non voglio più fare del male a nessuno.

Il vecchio le si avvicinò e le prese il mento con una mano. I suoi occhi erano neri come il buio.

– Io non posso aiutarti. Solo se morirai per mano tua nell’acqua del Lago, esso ti restituirà una morte da essere umano e se chi è con te ti salverà, anche la tua vita tornerà ad essere quella di un essere umano. Ne uscirai libera dalla magia, ma non cancellerai i tuoi crimini. Le tue mani non saranno pulite dal sangue che hai versato. Questo devi ricordartelo.

Kendra registrò quelle parole assorbendole senza muovere un muscolo.

Era quella sua salvezza? La risposta che aspettava di avere da tutta la vita?

– Devo… devo avvicinarmi alla morte per potermi liberare da questa magia? – sussurrò.

Alysian annuì, poi la lasciò di colpo.

– Pensaci due volte.

E senza un’altra parola, il buio offuscò di nuovo la vista di Kendra.

– Aspetta! Devi dirmi cosa devo fare! – urlò sconvolta.

Mulinò la spada intorno a sé, ma non vedeva nulla.

Il terrore si impossessò di nuovo di lei e il dolore che provava accese la miccia della magia che tanto lei si sforzava di mantenere assopita.

Esplose di nuovo intorno a sé e questa volta la reazione istintiva si tramutò in uno scoppio di pianto incontrollabile.

Rimase immobile nell’erba senza riuscire a smettere di singhiozzare, mentre la sua disperazione diventava più densa del buio.

 

 

MERLIN P.O.V.

– Credete che sia qui che vengono portati i Maledetti? – chiese Merlino.

– Più che altro credo che sia qui che vengono loro.

Merlino scrutò la torre in cerca di qualcosa che gli spiegasse cosa stesse succedendo.

L’edificio era imponente e silenzioso, non si sentivano le urla dei Maledetti come si era immaginato.

– Forse non è qui. – ipotizzò.

Artù scosse la testa.

– I segni ci portano fino a qui. Quello che non capisco è: dove sono gli altri Cavalieri di Camelot?

– Saranno tornati indietro.

Merlino osservò di nuovo la torre. Ci sarebbe tornato da solo, senza nessun principe vulnerabile al fianco.

– Anche noi dovremmo tornare indietro. 

Artù si voltò verso di lui, ma prima che potesse parlare, Merlino lo anticipò.

– Non siete in grado di stare in piedi, Sire. Vi riporterò a Camelot.

Vide Artù sul punto di contraddirlo, ma poi annuì.

– Per una volta hai ragione. Andiamo.

Ripresero il cammino. La ferita di Artù aveva smesso di sanguinare e la luna stava lasciando il posto a un grigiore mattutino.

Era appena spuntato il sole, quando la sonnolenza di Merlino venne spazzata via da un rumore.

Qualcuno singhiozzava.

– Lo sentite?

Artù lo precedette, lui lo seguì.

Erano in mezzo una radura e un fagotto nero illuminato dai primi raggi dell’alba sussultava.

Artù estrasse la spada e si avvicinò. E in quel momento, Kendra si voltò verso di lui e lo guardò.

Aveva gli occhi rossi di pianto e le guance bagnate di lacrime. Sembrava che non dormisse da giorni.

Merlino si gettò su di lei per aiutarla a farla alzare, ma lei si avvinghiò alle sue braccia e ricominciò a piangere.

– Kendra.

All’improvviso, il bosco e Artù sparirono intorno a loro e Merlino smise di tentare di allontanare Kendra e la strinse a sé, affondando il viso nei suoi capelli.

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Capitolo 11
*** Battiti di cuore ***


11. Battiti di cuore

 

Ciaone :)

 

Insomma, dopo questo capitolo avrete capito (scusate l’orrido gioco di parole) quale storia d’amore mi sta a cuore.

Spero che vi piaccia questo capitolo!

Grazie come sempre a paige95. Dimmi cosa ne pensi di questa specie di triangolo amoroso :D

Fate un giro sulla pagina ufficiale di Merlin Italia di cui sono l’editor: Merlin * •Italian Page•* . Troverete le mie grafiche e news sui personaggi della serie e sugli attori, per continuare a far vivere Merlin.

A Mercoledì prossimo :)

 

Oxis

 

 

KENDRA P.O.V.

 

Erano passate due settimane dal giorno in cui Kendra aveva incontrato Alysian. Aveva cercato di tornare nel bosco ma non aveva più ritrovato l’esatto punto in cui era diventata cieca a causa del campo di forze del mago.

Non aveva parlato con Merlino dopo che lui e il principe l’avevano trovata in lacrime in mezzo alla radura.

Ogni volta che il mago cercava di interrogarla, lei dava risposte elusive. Non aveva voglia di condividere con nessuno come si sentiva.

Merlino era fin troppo apprensivo. Rispettava il suo silenzio e si limitava a stare vicino ma era una presenza fin troppo costante.

Artù invece era diverso. I sentimenti di Kendra erano perennemente in bilico fra insofferenza e simpatia. Quest’ultima si manifestava quando il principe riusciva a farle dimenticare i suoi pensieri per qualche secondo con una delle sue battutine ciniche e sarcastiche.

Neanche questo però riusciva a scalfire la sua paura.

Se voleva liberarsi dalla magia che da quindici anni le impediva una vita normale, avrebbe dovuto affogarsi nel lago Ninive e sperare che qualche buon’anima riuscisse a tirarla fuori prima che i suoi polmoni si riempissero completamente d’acqua. Così aveva detto Alysian.

Un solo secondo di morte bastava per risolvere tutti i suoi problemi, ma significava anche rischiare di morire davvero. Kendra non era pronta per rischiare di morire e non era pronta neanche a parlarne con Merlino, probabilmente l’unico che avrebbe potuto veramente aiutarla.

Cercava il coraggio, ma senza successo.

Il vento si alzò e per un momento Kendra temette che fosse colpa sua.

Sollevò lo sguardo verso le nuvole che coprivano il cielo. Era solo un temporale in arrivo. Doveva sbrigarsi a raccogliere le erbe per dormire. Da qualche giorno stava dormendo male.

Sulla cima della collina oltre la quale c’erano le scuderie, apparve Artù.

Aveva l’armatura addosso e la spada al fianco. Rallentò.

– Kendra.

– Sire – rispose lei – Dove andate?

– Mi alleno con la spada… devo riprendere la forma.

– Vi vedo ingrassato.

Artù le lanciò uno sguardo pungente e Kendra trattenne un sorriso.

– Io sarei ingrassato? Ti ricordo che stai parlando con…

– …con il mio principe, sì. – lo canzonò lei.

Il principe in questione alzò gli occhi al cielo, poi li piantò in quelli di Kendra, che lo anticipò prima che potesse dire qualcosa.

– Un principe grasso ma senza dubbio un principe.

Artù si limitò a un espressione di esasperazione poi, senza preavviso, afferrò Kendra per le braccia in un amichevole finta di aggressione.

– Non puoi dire al tuo principe che è grasso! – esclamò bloccandole le mani dietro la schiena.

– Perdonatemi, mio signore – rise Kendra divincolandosi.

Artù la lasciò andare.

– Mi dirai prima o poi cosa è successo in quella foresta? – chiese.

Il sorriso svanì di colpo dal volto di Kendra e la leggerezza del momento si interruppe.

– Eri sconvolta, andiamo.

Prima che potesse finire la frase, Kendra era già scappata via a grandi passi, dimenticandosi del cestino pieno di erbe medicinali ai piedi di Artù.

 

 

MERLINO P.O.V.

 

Una stretta allo stomaco sorprese Merlino quando dall’alto della collina vide Artù afferrare Kendra e lei ridere con una serenità che non le vedeva addosso da giorni. Una strana sensazione di gioia selvaggia lo prese quando Kendra si allontanò dal principe.

Scese dalla collina e corse nella sua direzione, avendo cura di non essere visto da Artù.

Raggiunse la strega quando era già alle porte di Camelot.

– Ehi – la chiamò.

Lei si voltò, poi si girò di nuovo e proseguì.

Merlino si affiancò a lei.

– Come stai?

– Bene.

– Ottimo.

Una pausa di silenzio.

– Sei sicura che tu stia bene?

Kendra si voltò di colpo. Aveva le guance infiammate e gli occhi verdi mandavano lampi.

– Basta.

– Cosa?

– Basta. Basta chiedermi come sto, se sto bene e cosa diavolo è successo in quel bosco. Ne ho abbastanza. – disse con voce dura.

Merlino tacque.

Kendra si voltò e lo lasciò immobile, poi decise che anche lui ne aveva abbastanza.

Afferrò un braccio di Kendra e la fermò.

– Anche io ne ho abbastanza. Non sei l’unica ad essere stanca di questa situazione, Kendra. O preferisci… Dama del Lago?

Vide gli occhi della ragazza sgranarsi e il suo corpo smise immediatamente di dimenarsi sotto la sua stretta. Le labbra le si schiusero in un’espressione sbalordita e Merlino dovette costringersi ad alzare gli occhi per evitare che vi indugiassero troppo.

– Dato che io non ho ancora deciso se tu sei pericolosa o meno, voglio sapere ogni cosa – disse – perché se devo annientarti, vorrei almeno essere sicuro di fare la cosa giusta.

– Come fai a saperlo?

– Ho fatto delle ricerche.

Kendra strattonò via il braccio e sospirò.

– Cosa devo dirti?

– Primo, mi interessa sapere che intenzioni hai.

– Non voglio ammazzare il tuo principe.

Merlino scosse la testa.

– Perché sei venuta a Camelot? E cosa è successo in quella foresta?

Kendra lo fissò negli occhi per un lungo istante, poi gli fece cenno di seguirla.

– Ti dirò tutto. Ma non qui.

 

 

ARTHUR P.O.V.

 

La notte era quasi scesa del tutto, l’orizzonte era scuro e il freddo si alzava insieme al vento.

Seduto sul cornicione di una piccola torre del castello, elevato sopra Camelot, Artù respirava a pieni polmoni e pensava.

Andava spesso lì. Era lontano da tutti, in uno dei punti più alti del castello in cui nessuno poteva raggiungerlo.

Aveva appena finito di assaporare la beata solitudine di cui poteva godere, quando la piccola porta della scala che portava al terrazzino intorno alla torre si aprì piano e una nuvola di capelli rossi comparve.

Il cuore del principe fece un guizzo che lui ignorò.

– Oh… Scusate, non pensavo che ci fosse qualcuno a quest'ora. – disse Kendra con voce piatta – Non… non è proibito salire qui, vero ?

Artù sorrise.

– No, Kendra, non è proibito. Anche se dubito che per te farebbe qualche differenza. – commentò tornando a guardare il cielo.

Kendra indugiò sulla porta, poi avanzò di un passo e attese. 

– Beh, allora buonanotte. – concluse tornando sui propri passi,

Artù la fermò.

- Resta qua. Era per questo che sei venuta, no?

Si alzò e le si avvicinò. Si chinò verso di lei, fissandola negli occhi mentre si sporgeva per chiudere la porta della torre, alle sue spalle. Vide Kendra trattenere il fiato impercettibilmente quando i centimetri che li dividevano diminuirono.

La porta si richiuse e Artù si raddrizzò.

Kendra lo seguì sul cornicione, guardò la città dall’alto e sorrise.

– Bello, vero? – disse il principe.

– Meraviglioso.

Artù riprese posto sul basso muretto davanti al parapetto della torre.

Sotto di loro si ergeva la grande Camelot, in un aspetto incredibilmente innocuo e tranquillo.

Un fresca brezza autunnale scompigliò loro i capelli e arrivò leggera fino a scuotere le foglie degli alberi al limitare del bosco davanti a loro.

Kendra si sedette accanto a lui.

Rimasero in silenzio, guardando i puntini luminosi spegnersi a poco a poco nelle case.

– Questa è la torre più alta del castello – mormorò Artù, senza alzare troppo la voce per non disturbare il silenzio.

– Ci venite spesso qui? – chiese Kendra.

– Di tanto in tanto. È un posto che fa pensare.

Lo sguardo del principe vagò sui monti innevati lontani, sulle guglie del castello e infine si posò sui capelli di Kendra, che sotto la luce della luna avevano un riflesso rosso scuro.

Kendra si voltò verso di lui.

– E voi pensate spesso?

Artù non si rese conto che il suo corpo era proteso verso di lei fino a quando lei non si allontanò, abbassando lo sguardo.

Si chiese cosa pensasse in quel momento e non trovò una risposta. Il volto della ragazza era sempre ermetico. La osservò mentre lei guardava l’orizzonte.

L'orologio nella piazza suonò dodici rintocchi e Artù sobbalzò, rendendosi conto di colpo di un pensiero che gli strinse il cuore: non era una ragazza, era la sua serva.

Si ritrasse rapidamente.

– Scusami – mormorò, sentendosi un idiota subito dopo.

Cercò qualcosa di buffo da dire per spezzare la tensione, ma riuscì solo ad abbozzare un sorriso.

Kendra si alzò di scatto.

– Devo andare – disse in fretta – È tardi.

Artù annuì, alzandosi istintivamente mentre lei scendeva velocemente dal cornicione e apriva la porta della scala.

– Buonanotte… – disse con qualche secondo di ritardo.

Lei era già sparita nel buio, lasciandolo da solo.

 

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Capitolo 12
*** Quella cosa che non riesco a dirti ***


12. Quella cosa che non riesco a dirti

 

 

 

 

Ciaone :)

Non ho potuto pubblicare prima, purtroppo il lavoro mi costringe a picchiettare sulla tastiera ma non per Merlin. Perdonatemi!

Paige95, ormai oltre che ringraziarti dovrei proprio darti un mega abbraccio per il tuo supporto. Spero che il mio ritardo non ti abbia tolto la curiosità di sapere cosa succederà adesso. Grazie di cuore ancora :)

 

Fate un giro sulla pagina ufficiale di Merlin Italia, l'unica riconosciuta ufficiale da Merlin Official di Twitter, e di cui sono l’editor: Merlin * •Italian Page•* .

Ci sentiamo Mercoledì! Love you all <3

 

Oxis

 

 

 

KENDRA P.O.V.

 

Il giorno dopo quello strano incontro alla torre, tra principe e serva le cose sembravano tornate esattamente come prima, con grande sollievo di entrambi.

Quando Kendra, esitante e timorosa entrò nella stanza di Artù per svegliarlo, lui le rispose come al solito, gettandole il cuscino in faccia e annullando qualsiasi principio di imbarazzo riguardo a quello che era successo - o non era successo. Kendra aveva comunque deciso di non tornarci più e di evitare accuratamente ogni momento in cui rischiava di restare da sola con il principe. Per qualche ragione, la cosa l’aveva turbata.

Sembrava che l’episodio fosse stato assolutamente dimenticato, ma lei faceva fatica a guardarlo negli occhi.

Anche perché, nonostante per quasi tutto il tempo Artù manifestava indifferenza totale, un paio di volte Kendra avrebbe giurato di aver visto una scintilla maliziosa nei suoi occhi.

– Allora? – chiese Merlino facendole schioccare le dita davanti agli occhi una mattina che avevano deciso di studiare insieme un modo per risolvere il problema di Kendra. Chini sui libri, avevano sfruttato l’assenza di Gayus a casa di Merlino per parlare liberamente.

Aveva raccontato tutto a Merlino. Di Alysian, della sua magia. Del motivo per cui era venuta a Camelot e dell’incontro con il mago nella foresta.

Merlino non era d’accordo sul fatto di rinunciare alla sua magia, ma lei era ferma nella sua decisione.

– Mmm?

– Sei distratta… – commentò Merlino scrutandola – Dopotutto stiamo pianificando la tua morte, non mi sembra il momento migliore per distrarsi.

Kendra si riscosse al suono di quelle parole e il pensiero di Artù sfumò via all’istante.

– La mia morte.

– Già.

Si alzò, sentendo lo sguardo del mago fisso su di sé.

Erano ore che studiavano il libro di magia di Merlino alla ricerca di un modo che permettesse a Kendra di annegare nel lago quel tanto che bastasse per perdere la propria magia ma senza morire definitivamente. La questione era piuttosto complessa da risolvere. Al momento avevano deciso che Merlino l’avrebbe tirata fuori dall’acqua appena lei avesse perso i sensi nell’acqua.

– Sei sicura di dover proprio morire? Acqua nei polmoni e tutto il resto? – chiese Merlin rimettendosi sul libro.

Kendra scosse la testa.

– Non lo so. Continua a cercare… qualunque cosa.

– Credo che Gayus possa aiutarci con questo – azzardò Merlino.

Lei lo fissò e lui alzò le mani in segno di resa.

– Bene, come non detto. Era un’ipotesi.

La porta si spalancò ed entrambi sobbalzarono.

Gayus entrò trafelato e si diresse di corsa verso la sua riserva di pozioni mediche.

– Che è successo? – esclamò Merlino allarmato.

– Sono tornati.

– Chi? – chiese Kendra alzandosi lentamente.

– I Maledetti. Erano giorni che non si verificava un nuovo episodio – rispose convulsamente Gayus. Prese alla rinfusa delle provette e delle bende e gettò tutto nella sacca – Merlino, devi aiutarmi a curare le persone.

– Si stanno ammazzando di nuovo?

– Si uccidono fra di loro, uomini, donne, anche bambini. Non c’è modo di fermarli. Si possono solo curare le feriti di chi è rimasto ferito accidentalmente.

Kendra sussultò.

– Artù sta bene?

Gauys scosse la testa, non lo sapeva. Merlino le indicò la porta.

– Vai tu.

Kendra corse fuori dalla casa. Sembrava tutto tranquillo, finché non arrivò sulla strada principale. Guardò le pietre che aveva posizionato lei stessa una contro l’altra quando aveva rifatto la strada. In mezzo alla piazza, due uomini lottavano fra loro, uno armato di catene da cavallo e l’altro con due boccali di birra vuoti fra le mani.

Intorno a loro, una donna piangeva e altri due uomini cercavano di separarli senza successo. Erano animati dalla magia senza dubbio.

Kendra proseguì e corse verso il Castello. Era strano. Gli uomini di Camelot avevan smesso di ammazzarsi fra loro settimane prima, decidendo che era meglio prendere di mira il principe. E ora erano tornati ad ammazzarsi fra loro. Non aveva senso.

O forse un senso c’era, e a lei sfuggiva.

I muscoli si stancarono in fretta a correre su per il viale. Urtò contro qualcuno e si voltò per chiede scusa.

Era una ragazza poco più grande di lei. Nel momento in cui la sfiorò, si girò di scatto e aprì la bocca in un ringhio orribile. Kendra fece un balzo indietro e istintivamente sfoderò la spada.

Se non l’avesse fatto, il bastone di legno della scopa che la ragazza teneva in mano avrebbe probabilmente spezzato la sua schiena.

Kendra non ebbe il tempo di sorprendersi: prima che se ne accorgesse stava lottando contro la ragazza, che le sferrò un altro colpo.

Era aggressiva, il volto ricordava la parvenza di una dolcezza che non esisteva più. Kendra notò i suoi occhi e si spaventò. Le iridi erano del colore della pietra di Emathos, rosso porpora.

Duellò con lei, ma per fortuna la sua aspirante carnefice aveva scelto una ragazza più abile di lei con le armi.

Kendra la atterrò in pochi minuti ma non senza difficoltà. La sua spada si levò in alto.

Doveva ucciderla?

– No!

Il grido le giunse da una voce sconosciuta. Si voltò e vide una donna molto simile alla ragazza, gli stessi capelli neri folti, lo stesso corpo sottile. Correva verso di lei, piangendo.

– No! Non mia figlia!

– Questa non è sua figlia! – urlò Kendra.

La ragazza sotto di lei la fissò minacciosa, bloccata a terra.

La madre della ragazza corse verso di lei, si lanciò ai suoi piedi e le prese il viso.

– Opal, figlia mia…

La ragazza la guardò un istante con una strana espressione sul volto, poi con uno scatto fulmineo diede un calcio a una gamba di Kendra, che lanciò un grido di dolore e cadde, presa alla sprovvista.

La Maledetta afferrò la spada di Kendra, la rigirò e la infilò da parte a parte nel ventre di sua madre.

Kendra urlò e il suo urlo era dolore e frustrazione che le lacerarono il petto e le scossero tutto il corpo.

Fu presa da un odio potente che la pervase e le bruciò le viscere dall’interno. Il dolore le offuscò la vista.

Afferrò il collo della Maledetta e sbatté con forza a terra la testa della ragazza. Una volta, due. Una pietra si incrinò sotto il suo capo e la ragazza smise di lottare. Kendra non si fermò. Non si rese conto che i suoi occhi lacrimavano e dalle sue labbra non aveva mai smesso di uscire un grido di dolore.

Le sue mani sembravano mosse da una forza incontrollabile.

Qualcuno la afferrò alle spalle con forza, conficcandole le unghie nella pelle.

– Basta!

Tutto si fermò così come era iniziato.

Kendra rimase a fissare con il respiro ansante il volto della ragazza ancora stravolto. Gli occhi vitrei ormai morti erano tornati normali, di un dolce castano e non rossi.

Si alzò reggendosi a malapena sulle gambe.

Era Merlino quello che l’aveva tirata via dal cadavere.

– Mia madre – sussurrò Kendra afferrando le braccia del mago per reggersi.

– Kendra… calmati.

– Anche mia madre…

 

 

P.O.V. MERLIN

 

Ci era voluto un bel po’ prima che Merlino riuscisse a carpire qualche informazione da Kendra.

L’aveva riportata a casa e l’aveva fatta calmare con una tisana alle erbe che lei aveva bevuto controvoglia.

Era molto scossa. Il mago sapeva che il potere di Kendra fosse in qualche modo legato a quella strana forza magica che stava facendo impazzire gli uomini per quello che lei gli aveva detto su Sir Covington, ma nulla di più.

– I suoi occhi erano rossi – mormorò Kendra per la terza volta.

Questa volta c’era anche Gayus e Kendra era sul letto di Merlino. Il mago le aveva prestato una coperta.

– Sir Convington ha ucciso tuo fratello con la pietra di Emathos. – disse Gayus facendo il riepilogo. – E poi anche tua madre.

Merlino sbuffò. Avrebbe voluto che la lasciasse in pace, da un’ora stava facendo l’interrogatorio a Kendra.

– E ora sta usando quella pietra per scatenare qualche forza magica che induce gli uomini a impazzire e ad ammazzarsi fra loro.

Kendra cercò il suo sguardo. Era supplichevole.

– Gayus – disse Merlino – Basta. Kendra ha bisogno di riposarsi.

Gayus tirò il fiato per ribattere, ma Merlino lo sospinse fuori dalla porta e chiuse la porta alle sue spalle.

– Volete far diventare pazza anche lei? – lo accusò subito.

Il medico di corte lo guardò stranito.

– Che vuol dire? Dobbiamo conoscere tutta la verità sul suo conto, Merlino.

– Questo non è un buon motivo per stressarla così – rispose – Ha visto quella donna morire e le ha ricordato sua madre, non c’è bisogno di traumatizzarla ancora.

– Quella strega ha raccontato cose che non sappiamo siano vere o no. Tu stesso hai detto che non ti fidi del tutto di lei – gli fece notare Gayus.

Merlino scosse la testa e non trovò cosa rispondere.

– Sir Convington non si vede in giro da giorni. – cominciò – Nessuno sa dov’è. Probabilmente mi sbaglio come al solito, ma se ho ragione, è stato lui ad ammazzare il fratello e la madre di Kendra perché aveva la pietra di Emathos e non sapendo come usarla, ha scatenato un potere incontrollabile che li ha uccisi. La domanda è: cosa ci faceva il fratello di Kendra nei paraggi di Sir Convington?

– Non ti seguo. Se è così, vuol dire che il fratello di Kendra e quindi la madre di Kendra e quindi anche Kendra, stavano tramando qualcosa di magico insieme.

– Oppure Sir Convington si è impossessato di qualcosa che non gli apparteneva.

Gayus strabuzzò gli occhi.

– Credi che la Pietra di Emathos appartenesse a Kendra?

– Pensateci. Anche Kendra possiede una magia che non riesce a controllare. Non lo so. Ci vedo un nesso.

– Se così fosse, perché Kendra non ti ha detto che quella pietra è sua?

Merlino alzò le spalle.

– Forse non lo sa. Forse solo lei può controllarla. Avrebbe senso, è un oggetto magico di proprietà, il che vuol dire che usato nelle mani sbagliate può funzionare male o non funzionare. Come è capitato a me.

Qualcuno bussò alla porta. Gayus e Merlino si guardarono spaventati, poi il vecchio andò ad aprire.

– Sire, che sorpresa.

Artù entrò nella sala.

– Merlino. Ti stavo cercando.

Merlino avanzò rapido verso di lui e chiuse velocemente la porta, lasciando fuori due soldati della guardia reale.

– Artù, non dovreste stare qui. I Maledetti…

– I Maledetti non sono un problema. Non mi hanno toccato.

– Come siete uscito, Maestà? – intervenne Gayus – Credevo che il re non facesse uscire nessuno dal Castello.

Artù sospirò pesantemente e si torse le mani. Merlino lo fissò perplesso. Neanche una battuta di caccia lo faceva diventare così serio quanto lo era ora, con quell’espressione fissa al pavimento e le sopracciglia aggrottate.

– State male, Sire? – chiese Merlino con il cuore in gola – È successo qualcosa?

– C’è stato un ordine. Dall’alto. – mormorò lui schiarendosi la gola – un ordine improvviso. Mio padre.

Merlino si trattenne dall’afferrargli le spalle per scuoterlo.

Artù lo guardò finalmente negli occhi.

– Mi sposerò fra due settimane.

 

 

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Capitolo 13
*** Le cose non dette ***


13. Le cose non dette

 

Ciao a tuttiiiiiii

Ebbene, spero tanto che vi piaccia il nuovo capitolo! Dopo il botto dell’ultima volta, vi devo qualche spiegazione… o forse no.
Spero che soprattutto tu, paige95, apprezzi, anche se io amo tirarla per le lunghe ;)

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Oxis

 

 

ARTHUR P.O.V.

 

Merlino lo stava guardando con un’espressione indecifrabile sul volto. Artù non capiva cosa stesse pensando, ma all’improvviso non ebbe più importanza. Si rendeva conto solo ora del fatto che era corso da Merlino senza motivo, solo per dargli quella notizia.

Si stava per sposare.

Aveva avuto bisogno di sapere cosa gli avrebbe detto Merlino, ma il suo amico stava impassibile davanti a lui, rendendo la realtà dei fatti insopportabile.

Artù si sentì di colpo mancare l’aria e deglutì in fretta un paio di volte. Forse era meglio tornare al Castello.

– Come sarebbe a dire che vi sposate fra due settimane?

Sentì la voce del suo servitore da lontano e lentamente tornò alla realtà.

Non rispose. Guardò Merlino negli occhi e seppe che gli stava passando per la mente lo stesso pensiero.

– Con… con chi? – mormorò lui.

Artù sentì la tensione scivolargli di dosso. Con chi? 

– Ma secondo te con chi, Merlino? – sbottò esasperato – Con la figlia di Lord Salinsly

– Ma perché?

– Il padre della… della ragazza governa le terre a Nord della foresta dove abbiamo visto quella fortezza di maledetti. Ho fatto l’errore di dirlo a mio padre e lui è impazzito. Due anni fa Lord Salinsly aveva proposto sua figlia in sposa a me e lui aveva rifiutato. Ora mio padre crede che loro abbiano qualcosa a che fare con tutto questo e pensa che…

Non riuscì a finire la frase, ma la finì Merlino per lui.

– …che sia in combutta con lo stregone che sta assoggettando gli abitanti di Camelot.

Artù annuì.

– Il re non si è mai piegato davanti agli stregoni – osservò Merlino perplesso.

– Un buon motivo per cambiare idea – commentò acido Artù.

Si fissarono ancora per un istante pieno di silenzio.

Solo in quel momento Artù si accorse che nella stanza c’era anche Gayus che discretamente faceva finta di non aver sentito la conversazione, sistemando boccette e lozioni nei rispettivi ripiani della credenza.

– Gayus– mormorò Artù schiarendosi la voce.

L’uomo si voltò verso di lui, probabilmente indeciso se il suo fosse un saluto o una semplice esternazione di un fatto.

– Sire.

Artù si concentrò di nuovo su Merlino, ma poi abbassò d’istinto gli occhi a terra.

– Ecco… Kendra, l’hai vista? – mormorò.

Si sentì avvampare. Che assurdità, perché ora sentiva caldo intorno al collo?

Con lo sguardo ostinatamente puntato verso il basso, deglutì un’altra volta.

– Sì – rispose la voce del suo servo.

Alzò lo sguardo. Merlino aveva le sopracciglia alzate.

– Ha ucciso una Maledetta e ora sta riposando. Non si sentiva bene.

– Oh. – fece Artù registrando con incredibile lentezza le informazioni – Bene.

Indugiò sulle gambe, dondolandosi e pensando a quello che aveva appena detto Merlino.

– Dille che deve lavarmi le lenzuola.

Si voltò di scatto, avanzò a grandi passi verso la porta e uscì.

 

 

MERLINO P.O.V.

 

Kendra si era svegliata la mattina presto del giorno dopo la strana visita di Artù e Merlino era in piedi accanto alla porta ad aspettarla, così impettito che la spaventò quando uscì assonnata dalla sua camera.

– Merlino! – esclamò la ragazza portandosi una mano al petto.

Merlino ebbe un tuffo al cuore e per un secondo gli passò per la mente l’ombra della possibilità. Le guardò i capelli rossi indorati dal sole del mattino che entrava dalla finestra e d’istinto sorrise.

Non gliel’avrebbe detto in quel momento, non c’era bisogno che si rovinasse la giornata.

– Scusami. Io… hai fame?

– Sì.

Si sedette al tavolo con lei e la guardò mentre lei divorata la zuppa di legumi che non aveva toccato la sera prima. No. Non poteva tenerglielo nascosto, doveva dirglielo. O forse no?

– Hai dormito bene?

– Ho dormito molto – replicò Kendra – Ne avevo un gran bisogno. Artù oggi mi strapazzerà, gli avevo detto che avrei rimesso a nuovo la biancheria della stanza ma non ho avuto tempo.

Merlino scosse la testa e avvertì la gola seccarsi.

– Non ti preoccupare… lo farai oggi.

La ragazza mangiava di gusto. Boccone dopo boccone. Merlino strinse i pugni, si inumidì le labbra.

– Kendra.

– Sì?

– Devo dirti una cosa.

– Cosa?

No. Semplicemente non poteva dirglielo. Non poteva. Non era convinto se il suo blocco mentale era dovuto al fatto che non voleva recare dispiacere a Kendra in quel momento inspiegabilmente sereno o se non voleva farlo  perché provava qualcosa per Kendra e non sopportava vederla irritata

– Niente.

Kendra tornò a mangiare guardandolo perplesso.

– Non me la racconti giusta – disse fra un boccone e l’altro.

Merlino si morse le labbra. Se fosse stato Artù a dare la notizia delle sue nozze a Kendra, forse lei avrebbe avuto bisogno di essere consolata.

Si vergognò di sé stesso.

Artù era sua amico, doveva rispettare i suoi tempi. L’avrebbe fatto lui, Merlino non c’entrava nulla con i doveri di unione del principe.

Li aveva visti insieme solo durante il lavoro e il loro non era niente di più di un rapporto professionale… Ma a chi voleva darla a bere?

Il cuore di Merlino si strinse per un attimo. La sua sensibilità da mago purtroppo era più acuto del normale e captava delle vibrazioni da entrambi i due giovani.

Aveva sospettato fin dai primi giorni che ci fosse qualcosa fra Kendra e Artù e l’espressione sconvolta negli occhi del principe poche ore prime era stata inequivocabile.

– Niente. 

Kendra scosse la testa divertita e finì la zuppa.

– Vado da Artù.

– No!

Lo guardò di nuovo perplessa.

Merlino non sapeva neanche il motivo per cui aveva urlato “no”.

– Dovremmo pensare a un modo per ucciderti temporaneamente e poi farti resuscitare da umana e non più da strega – snocciolò con così tanta pedanteria che Kendra scoppiò a ridere.

– Hai così tanta fretta di ammazzarmi?

Merlino tentò disperatamente di sorridere ma quello che ne uscì fu solo una smorfia atterrita.

 

 

KENDRA P.O.V.

 

Dopo tre ore di lavoro, studio e simulazioni, Kendra non aveva più paura come prima.

Aveva definito i particolari del suo assassino reversibile con Merlino e aveva messo a punto un piano. La domenica successiva avrebbero tentato di porre fine alla sua magia. Merlino sembrava distratto e poco partecipativo, e Kendra non era riuscita a fargli dire neanche una parola dopo che avevano smesso di pianificare la disfatta del suo potere.

Gayus se n’era andato salutandola solo con un breve cenno e un’occhiata obliqua a Merlino. Forse avevano litigato.

Era riuscita addirittura a rifare la stanza di Artù. Il principe non era nelle sue stanze così aveva potuto fare tutto il lavoro in fretta, poi era tornata da Merlino e aveva ricominciato a studiare tutti i passaggi nel tentativo di trovare qualcosa, quando la porta si spalancò e sulla soglia apparve Synia.

Kendra e Merlino sobbalzarono.

Kendra non la vedeva da settimane.

– Ciao, chi si vede. Tutto bene?

Synia sorrise e Kendra notò distintamente Merlino irrigidirsi davanti a lei.

Un raggio di sole brillò fra i capelli biondi della ragazza, accendendoli di luce all’improvviso.

– Kendra, il principe Artù ti cerca. Devo riferirti che ha bisogno che lo aiuti con dei vestiti, o cose del genere.

– Con dei vestiti?

– Sì.

Kendra si alzò dal tavolo guardando con tristezza il piatto ancora mezzo pieno.

– Va bene.

Merlino si alzò quasi contemporaneamente dalla sedia.

– Dove vai?

– Da Artù – rispose. Ma stava bene?

Merlino annuì come se le avesse letto nel pensiero.

Kendra non era del tutto convinta quando uscì dalla porta.

 

 

Entrò in camera di Artù seguita da Synia, che rimase dietro di lei a sbirciare.

– Artù?

Il principe sobbalzò. Era seduto sul letto intento a sistemare le coperte del letto, cosa che lasciò Kendra abbastanza basita.

– Sire? Cosa state…

– Kendra, entra pure. Synia, puoi andare.

Kendra obbedì e, sentendo la porta chiudersi con riluttanza alle sue spalle, attese.

Il principe si alzò e si voltò verso di lei e in qualche modo le parve più imponente del solito. Forse era per il sole che lo illuminava dalla testa ai piedi.

Aprì la bocca ma la richiuse quasi subito.

Kendra si rese conto che quello era probabilmente il primo momento che restavano davvero da soli dopo la cosa strana che era successa sulla terrazza.

Abbassò gli occhi sul taglio di luce che inondava la stanza e si sentì arrossire.

– Ecco, dovrei dirti una cosa.

Anche lui?

– Ditemi.

Artù aprì la bocca e mentre prendeva fiato, Kendra realizzò finalmente cosa c’era di strano in quella giornata.

Il sole. Il sole era forte e luminoso e nelle ultime settimane c’erano stati solo venti forti e cieli grigi. Ecco perché si sentiva anche così serena e riposata quella mattina, il sole le aveva sempre fatto quell’effetto. Come aveva fatto a non accorgersene prima?

Insieme a quella consapevolezza, un’altra domanda più inquietante si affacciò nel suo cervello. A cosa era dovuta quell’improvviso cambiamento?

Si riscosse da sola e si schiarì la voce.

– Scusate Sire, ero sovrappensiero. Dicevate?

Lui la guardò per un attimo, poi l’aria nei suoi polmoni uscì.

– Il torneo inizia domani. Quello che era stato interrotto per i Maledetti.

– Tutto qui?

Artù annuì.

– Devi prepararti bene…

– Come al solito. – ribatté scontrosa Kendra, senza riuscire a trattenere uno sbuffo.

Possibile che le facesse perdere tempo così tutte le volte?

Con un ultimo sguardo duro agli occhi azzurri che la fissavano stranamente impietriti, si voltò e uscì stizzita dalla stanza.

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Capitolo 14
*** Addio ***


14. Addio


 

Ciao  <3

Un capitolo di sentimenti più che azione,e qualche lacrimuccia. 

Io adoro questi due personaggi, spero anche voi :)

Un grazie a paige95 che mi segue dal primo episodio con una costanza a cui devo gran parte dell’entusiasmo che ho nel pubblicare.

Un enorme ringraziamento alle parole di Dont_Die, che mi ha fatto incredibilmente piacere ricevere e letteralmente commuovermi.

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Oxis

 

 

KENDRA P.O.V

Il sole non sorgeva da settimane su Camelot.

Gli occhi di Kendra erano fissi sulle fronde degli alberi sopra di lei, mossi dalla brezza.

Vento fresco. Cinguettio, luce.

Sentiva il freddo del tronco dell’albero a cui era appoggiata e il legno duro del suo arco teso. Il braccio era rilassato, non stava per tirare.

L’arco era una fabbricazione nuova, era stanca di usare solo la spada e aveva costruito uno strumento rudimentale. L’unica freccia che aveva fatto fino a quel momento non era perfetta, aveva sbagliato qualcosa con la dinamica.

Si piegava in basso con l’attrito dell’aria.

Kendra spostò il peso da un piede all’altro e strinse in mano la freccia. Era ancora grezza, l’avrebbe sistemata più tardi.

– Guardi gli uccellini?

Abbassò lo sguardo di colpo e contemporaneamente alzò l’arco. Il braccio scattò, la corda si tese all’istante.

– Perché sei voluta venire alla battuta di caccia, se poi non usi quello?

Artù apparve a un metro da lei.

Si fissarono per un istante. Kendra non rispose, abbassò l’arma.

Il principe brandiva la balestra, dietro di lui si stavano avvicinando due cavalieri. Il giovane perse a poco a poco la sua espressione sarcastica e Kendra ebbe all’improvviso paura.

Quel viso stava progressivamente perdendo la maschera che lei gli aveva sempre visto indossare.

– Ho solo una freccia – mormorò Kendra, distogliendo lo sguardo.

Si mosse qualcosa fra i cespugli dietro Artù. Kendra fece un passo di lato e sollevò l’arco. Era la centesima volta che lo sollevava a vuoto. Non si trovava bene con quell’arma, non riusciva a controllarlo e la faceva impazzire l’idea di perdere buona parte delle frecce, quando le avrebbe avute.

Due grosse orecchie spuntarono fra i rovi, poi un muso.

L’arco si tese un’ultima volta, poi l’unica freccia sibilò nell’aria e si conficcò nel muso di un cervo adulto.

Kendra ebbe un fremito di terrore. Togliere una vita le dava ancora una tristezza infinita, nonostante i poteri della Dama del Lago la rendevano più fredda e insensibile degli altri esseri umani.

– …e ha fatto centro – completò Artù con un filo di voce.

Il cuore della ragazza saltò un paio di battiti e il suo corpo si mosse prima che lei ebbe il tempo di riflettere, abituato com’era ad allontanarsi dal pericolo.

Due passi indietro, arco in spalla, zona di sicurezza.

Kendra sentì lo sguardo del principe sulla schiena, mentre si voltava per guardare il cervo, appena visibile fra l’erba.

– Non mi abituerò mai a questo – disse.

Sentì Artù prendere fiato per risponderle, ma fu interrotto dall’arrivo del cavalieri.

– Scommetto che è stata Kendra – rise Percival avvicinandosi al cervo.

– Avevi dei dubbi, Percival? – replicò Kendra riprendendosi la freccia conficcata nel muso del cervo e lanciandola via.

Si voltò verso Artù e riprese il suo vecchio sorriso di scherno.

– Sembra che il principe sia troppo lento anche oggi.

Mentre i cavalieri ridevano e il principe la rincorreva per pochi passi, prima di rendersi conto che forse non era un comportamento appropriato, Kendra pensò che non voleva provare quello che stava provando.

Non era sicura di cosa stesse provando, ma sicuramente non voleva provarlo.

Ritornarono al castello.

La città era pronta per il torneo che sarebbe iniziato quello stesso pomeriggio. I controlli erano più serrati e il re aveva ordinato un severo coprifuoco.

L’atmosfera non era festosa come al solito, ma almeno non era morto nessun altro.

Kendra guardò di nuovo il cielo, senza capire perché fosse così luminoso. I poteri della pietra di Emathos si imbattevano negli eventi meteorologici con strani esiti. Quel sole le faceva paura e la spingeva a prendere una decisione che le frullava dalla testa già da qualche giorno.

Merlino la raggiunse mente si faceva largo fra le tende degli ospiti e i banchetti adibiti per la registrazione dei cavalieri.

– Kendra.

Si voltò e incrociò gli occhi azzurri di Artù che la sorpassava.

– Kendra!

– Cosa?

Merlino cercava di attirare la sua attenzione.

– C’è un problema.

Kendra distolse gli occhi da Artù.

– Che problema?

– Sir Convington. È tornato.

Kendra si fermò di colpo.

– Tornato? Era sparito nella fortezza dei maledetti.

– L’ho visto in città, giuro che fosse il suo volto. O il suo fantasma.

– Beh, non è più un mio problema.

Merlino la guardò allibito.

– Come sarebbe?

Kendra respirò a fondo e guardò il mago negli occhi.

– Ho deciso, Merlino. Tutto quello che mi hai detto su Artù… questa è la tua battaglia, non la mia. Ho già rischiato abbastanza di farmi uccidere difendendo il tuo principe.

Gli occhi del ragazzo erano insostenibili. Lo sapeva che aveva qualcosa da nascondere. Puntò in basso i suoi, ascoltando distrattamente il rumore del fermento attivo della città appena prima del torneo.

– Vuoi dire il nostro principe – la corresse lui, cauto.

Merlino era diventato il migliore amico che avesse mai avuto, ma Kendra non poteva sopportare quella situazione oltre.

Iniziava a provare qualcosa per Artù, e ciò significava che la sua capacità di giudizio era offuscata da questo strano movimento interiore che le provocava una fastidiosa tachicardia ogni qual volta il principe la fissava.

Prima ancora di poter capire se fosse qualcosa di serio, Kendra aveva deciso che non avrebbe mai lasciato che la sua sopravvivenza venisse messa in pericolo da qualche inutile accelerazione del battito cardiaco.

– Non devo salvare nessuno, questa è la tua missione. Io sono venuta a Camelot per trovare qualcuno che mi togliesse la mia magia, e l’ho trovato. Non voglio essere coinvolta in nient’altro.

Le ultime parole faticò a farle uscire dalla gola, sembravano rimaste impigliate.

– Stasera ci sarà la luna piena e andrò al lago Ninive. Poi tornerò a casa mia, come una persona normale.

– Ma tu non sei una persona normale! – esclamò Merlino.

– Qui non servo, Merlino. Hai protetto da solo Artù per tutto questo tempo, continuerai a farlo altrettanto bene.

E si allontanò senza un’altra parola.

 

 

ARTHUR P.O.V.

 

Davanti ai suoi compagni e a suo padre aveva mostrato coraggio e ardimento, come al solito. Ma la verità era che Artù aveva paura. Non era mai stato tanto spaventato per un torneo in tutta la sua vita.

Merlino aveva detto che Sir Convington era tornato in città. Nessuno l’aveva più visto dopo che aveva cercato di ucciderlo nella sala del trono, e nessuno l’aveva visto ora, solo Merlino.

Artù si fidava del suo servitore e proprio per questo sapeva che se Merlino avesse avuto anche solo il minimo dubbio di sbagliarsi, non gliel’avrebbe detto.

Eppure era sicuro: Sir Convington era là fuori, pronto a finire ciò che stava per compiere.

I suoi pensieri virarono su Kendra, dato che era stata lei a fermarlo e a salvargli la vita.

In un lampo di orgoglio vide se stesso campione del torneo, salutare fra la folla la sua serva che gli rivolse un sorriso complice.

Ma cosa gli stava succedendo?

La voce di suo padre gli rimbombò nelle orecchie.

Due settimane. La sua sposa non l’aveva mai vista. Al suo fianco si materializzò il giorno delle sue nozze, una donna vestita di bianco accanto a lei. Capelli rossi e lunghi.

Si premette le mani sul volto e la spada tintinnò al suo fianco.

Concentrazione, serviva concentrazione. Il torneo stava per cominciare.

Duello con la spada, si andava sul sicuro per la prima tappa.

Doveva battere nove cavalieri per passare al turno successivo.

I tornei erano il suo pane quotidiano, ma ora non riusciva a trovare la grinta per entrare sul campo. Sentiva la folla acclamare fuori, scorse una fiumana di persone lungo gli spalti, sbirciando da oltre le tende.

 

 

Il combattimento durò poco. Non era al massimo della sua forma e i pensieri non erano fissi sull’obiettivo. Fu la prova più scarsa della sua intera carriera da spadaccino. Rosso di umiliazione, Artù rientrò nella tenda seguito da Merlino dopo essere stato battuto dal sesto cavaliere.

Aveva i capelli madidi di sudore e il respiro pesante.

L’elmo rotolò lontano quando lui lo scagliò via con un gesto di rabbia improvviso. Merlino non disse nulla, gli prese la spada e gli tolse gli spallacci.

– Faccio io. – lo fermò prima che il servo potesse togliergli la cotta.

Le tende si scostarono e poco dopo sentì altre mani, più leggere, sulla sua armatura.

– Ho detto…

Si voltò, era Kendra.

Qualcosa si mosse dentro il suo petto, e sperò che lei non si accorgesse che aveva trasalito.

– Dove sei stata? Non ti vedo da…

– Ieri sera.

Vide Kendra scambiarsi un’occhiata con Merlino.

– Avete fatto schifo, poco fa.

– Grazie tante.

Kendra tolse la cotta e aiutò Artù con il resto dell’armatura, poi si fermò davanti a lui.

– Visto che vi siete allenato con me, non vorrei che là fuori credano che io sia una completa incapace.

Artù sentì gli angoli della bocca alzarsi in un sorriso involontario che non riuscì a reprimere.

– Che vi prende?

Il sorriso si attenuò. I suoi occhi si incagliarono in quelli verdi della ragazza. Davvero non capiva? Forse lei non provava lo stesso.

Di nuovo una stretta allo stomaco.

– Non sono concentrato.

– Concentratevi allora.

Merlino era uscito dalla tenda. Artù provò a concentrarsi, ma riuscì solo a fissare più intensamente gli occhi di Kendra, che sembrava inaspettatamente più vicina di prima.

– Mi sto concentrando.

– Non è vero.

– Sì invece.

– Voi mentite.

Scoppiò a ridere e la tensione si allentò.

Kendra appoggiò una mano sulla spalla di Artù.

– Pensate a ogni avversario come a un cervo.

Aveva gli occhi verdi con delle strane sfumature nocciola.

– Tu resterai qui? – gli uscì prima che ebbe il tempo di trattenere le parole.

Gli parve stupido e del tutto fuori luogo.

Kendra non si allontanò, ma la sua espressione si aprì nel solito sorriso sarcastico.

– A vedere il grande Pendragon sconfitto? No, credo che me ne andrò prima di cena.

Gli porse la spada di nuovo…

 

 

KENDRA P.O.V.

… e le loro mani si sfiorarono. Le dita nude di lei e il guanto del principe.

Quello era un addio e Artù non l’avrebbe mai capito.

Se ne stava andando.

Il sorriso del principe era luminoso, la folla fuori impazziva. Poteva ancora vincere il torneo, ma doveva mettercela tutta.

Sentì un groppo in gola. L’avrebbe mai rivisto?

Il suo cuore si agitò e lei si costrinse a calmarlo. Se ne doveva andare da Camelot il più in fretta possibile.

Artù si avvicinò alla tenda.

– Allora a dopo – disse voltandosi di nuovo.

Kendra annuì alla sua schiena e deglutì.
Era stato bello vivere a Camelot, ma era giunto il momento di compiere ciò che voleva fare da una vita e poi tornare a casa.

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Capitolo 15
*** Ti salverò ancora due volte ***


15. Ti salverò ancora due volte


 

Ciao  <3

Mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitolo, Kendra è molto più coraggiosa di quanto potrei mai essere io in tutta in vita :D

Spero che vi piaccia, ho trovato una nuova energia. Manca poco alla fine… ma non così poco.

Un enorme e sentito grazie a paige95, spero tanto che ti piaccia questo capitolo. E un altro enorme grazie a Dont_Die, spero che tu abbia apprezzato e abbi fede… siamo solo a metà della storia ;)

Fate un giro sulla pagina ufficiale di Merlin Italia di cui io sono l’editor: Merlin * •Italian Page•* !

Alla prossima <3

Oxis

 

 

MERLINO P.O.V

 

Le tende rosse sventolavano. Merlino aspettava, con una brocca d’acqua in mano. Guardava la tenda senza vederla.

Fuori la folla era agitata, strepitava e incitava Artù che aveva ripreso in mano la situazione.

Il mago sentì un urlo e sobbalzò, sbirciò fuori dalla tenda per l’ennesima volta: Artù era a terra e stava rantolando. Si irrigidì, preparandosi a usare la magia per fermare il suo avversario. Era parecchio strano che Artù si facesse battere con così tanta facilità da un cavaliere.

Guardò il principe sollevarsi a fatica e rimettersi in piedi, con la spada pronta all’attacco. Sferrò un paio di colpi che andarono a segno, ma poi non riuscì a bloccare l’attacco dell’avversario, che gli fece volare la spada in aria.

Il clangore della lama a terra fece infuriare la folla, ma Artù sollevò una mano, salutò il suo popolo e, dopo una stretta di braccio dell’altro cavaliere che l’aveva appena battuto, si avviò a testa china verso la tenda.

Sbuffò e si tolse l’elmo, mettendolo malamente in mano a Merlino, che preferì tacere.

Aiutò Artù a togliersi l’armatura.

– Mio padre sarà fiero di me – mormorò il principe traboccando sarcasmo. I suoi occhi erano fissi sul pavimento con un’espressione di così forte rammarico che Merlino si sentì stringere il cuore.

– Mi dispiace, Sire. Ma è solo un…

– Solo un torneo, sì – completò stizzito Artù.

Si prese la testa fra le mani.

– Dov’è Kendra?

Merlino si immobilizzò.

– Non lo so. – disse.

Non voleva pensare che lei se ne stesse per andare. Tutte quelle parole sul fatto che Merlino poteva cavarsela da solo e che non era la battaglia di Kendra l’avevano ferito e la cosa peggiore è che doveva far finta di niente, anche davanti ad Artù.

L’unica cosa che gli dava speranza è che avrebbe avuto il tempo di parlarle a quattr’occhi quella sera, prima di andare al Lago Ninive per affrontare il tentativo di far morire e risorgere Kendra dalle acque.

Sentì la testa scoppiargli sotto il peso dei pensieri e della tensione.

– Merlino?

– Sire.

– Aiutami.

Artù bevette fino all’ultima goccia di acqua nella brocca, la restituì a Merlino e indossò di nuovo l’elmo.

– Non dici nulla di incoraggiante? – sbuffò il principe con poco entusiasmo.

– Dovete concentrarvi – replicò Merlino – Uscite là fuori e combattete per quello che siete, cioè il primo cavaliere del re. Siete il miglior cavaliere di tutta Camelot, questo siete. Dovete ricordarlo a quel branco di idioti là fuori.

Snocciolò l’incoraggiamento con poco trasporto emotivo, ma Artù sembrò apprezzare lo stesso il tentativo. Sorrise appena.

– Grazie – commentò.

Lo vide sforzarsi di concentrarsi, stringere la spada in pugno.

Merlino allungò una mano e scostò la tenda sull’anfiteatro, per lasciarlo uscire.

Quando guardarono fuori, il gelo percorse il corpo del mago come una scarica elettrica e l’aria uscì dai polmoni.

Sir Convington era pronto ad aspettarlo, con la spada sguainata.

Merlino si voltò di scatto verso Artù.

– Non potete andare.

Il principe sembrava impietrito.

– Devo per forza.

Si raddrizzò e fece per uscire dalla tenda, ma all’ultimo momento il mago lo fermò.

– Artù, è uno stregone. Ve ne rendete conto?

Artù sorrise lievemente.

– Sì. Ho già fatto una volta l’errore di non crederti.

– Lasciate perdere le scuse, ora. Non potete andare. – tentò di nuovo Merlino.

Artù gli posò una mano sulla spalla e lo fissò negli occhi. Aveva lo sguardo duro di un cavaliere che si appresta al combattimento finale.

– Sto già facendo la figura dell’incapace, non farò quella del codardo.

Uscì dalla tenda.

Merlino sbuffò forte, poi si posizionò dietro alla tenda, pronto a proteggere il principe.

 

 

ARTHUR P.O.V.

 

Un passo davanti all’altro. La folla inneggiava il principe ma Artù sentiva i rumori attutiti.

Sir Convington aveva un’armatura chiara ed era grosso poco più di lui. Non sembrava minaccioso, lui aveva sconfitto cavalieri e banditi di gran lunga più imponenti.

Il respiro gli tremò. Se Merlino diceva la verità, e lui ne era certo, quello era uno stregone che già una volta aveva provato ad ammazzarlo.

Suo padre poteva pensare quello che voleva, ma in quell’arena lui non aveva possibilità.

Un altro sospiro, poi alzò la testa e la spada.

Era l’ultimo avversario, dopodiché avrebbe dovuto combattere con altri tre per guadagnare le posizioni che aveva perso.

Assurdo che stesse davvero pensando ancora al torneo, in quel momento.

Sir Covington si gettò su di lui, Artù scartò.

Il combattimento era iniziato.

Sotto il peso dell’armatura, il principe sudava. Il suo avversario era forte, ma Artù era convinto di poterlo battere, se non faceva uso di magia. Era veloce ma aveva molti punti ciechi. In pochi minuti capì che sorprendendolo da sinistra non reagiva abbastanza velocemente da potersi difendere. Quando attaccava però, lo faceva con tutta la forza che aveva.

La spada di Artù cadde due volte ed entrambe riuscì a riprenderla e a rimettersi in piedi. Non era concentrato come doveva.

La terza volta, Sir Convington si gettò su di lui e lo bloccò con le spalle a terra. Artù sentì la sua spada scivolare via e si ritrovò a fissare negli occhi lo stregone.

Non riusciva a contrastarlo. Era la fine?

Sentì la folla urlare, ma era solo un rumore lontano. Il cuore gli batteva troppo forte per rendersi conto di qualunque altra cosa.

Artù vide un bagliore porpora brillare da sotto l’armatura, una luce che illuminò il viso dell’uomo. I suoi occhi divennero dello stesso colore.

Il suo cuore accelerò impazzito.

– No! – urlò. Era più forte di lui.

Sentì la gola chiudersi e per un attimo pensò che fosse il panico, ma poi tutto il suo corpo si strinse in una morsa e lui smise di respirare.

Stava soffocando.

All’improvviso, Sir Convington cadde di lato come un burattino.

Artù trasalì.

– Cosa…?

I suoi occhi si posarono sulla spada conficcata nella schiena dell’uomo: la lama sporca di sangue aveva trapassato il metallo dell’armatura con una facilità impressionante.

Alzò lo sguardo. Un cavaliere era in piedi dietro il cadavere di Sir Covington, davanti ad Artù e fissava il corpo ai suoi piedi. La morsa che stringeva il suo corpo si sciolse.

Prima che potesse riprendersi, altri quattro cavalieri con un mantello rosso cupo corsero nell’arena e afferrarono il cavaliere per le braccia.

– Fermi!

Uther Pendragon si alzò dal trono, levando in aria le mani.

– Questo è una violazione del codice del torneo – urlò.

Artù si rese conto solo in quel momento che la folla era impazzita.

Piano piano i rumori tornarono nella realtà e lui riuscì a vedere quello che stava succedendo con distacco. Si alzò da terra.

Suo padre fece un gesto e i cavalieri di Camelot trascinarono il cavaliere che gli aveva salvato la vita a bordo arena.

Artù riprese fiato e si tolse l’elmo.

– Sei entrato nell’arena, interrotto il combattimento e ucciso un cavaliere. Mostrati. – disse il re con voce grave – Se sei iscritto al torneo, sarai squalificato immediatamente. Se non lo sei… questa sarà stata la tua ultima azione coraggiosa.

Artù seguì la scena con il cuore in gola.

Kendra. Era lei. Doveva per forza essere lei.

Un altro pensiero però spinse il primo via e ottenne la sua attenzione per un attimo: davvero suo padre non si era accorto che gli aveva salvato la vita? O non gli interessava?

– Mostrati – ripeté Uther.

Era Kendra, ne era sicuro.

Il suo salvatore alzò una mano verso l’elmo e lo sollevò.

Artù trattenne il fiato.

Di colpo, un’ondata di energia scaturì dal cavaliere e lo spostamento d’aria abbatté tutti quelli che erano intorno.

Le guardie reali che lo trattenevano caddero come mele mature, Uther cadde dal trono così come Morgana, vicino a lui.

Tutto il pubblico ne risentì, sotto una fascia di energia che si disperdeva man mano che le persone erano più lontane dallo sconosciuto.

Artù cadde a terra. Vide soltanto il cavaliere correre fuori dall’arena, poi perse i sensi e piombò nel buio.

 

 

KENDRA P.O.V.

 

L’adrenalina non era passata. Il corpo di Kendra tremava, esausto.

Le mancava poco per esaurire tutte le sue energie, ma doveva raggiungere il bosco prima che svenisse per la strada e andasse incontro alla ghigliottina.

L’avrebbero uccisa senza pensarci.

Aveva salvato Artù. Questo pensiero le provocò uno strano singhiozzo, a metà fra un sospiro di sollievo e un respiro ansante.

Non riusciva più a correre.

Dietro all’arena si era tolta l’elmo e l’armatura, strappandoseli via con la magia, in corsa. Ora correva per la città in calzoni e camicia, e sperava che questo bastasse per seminare le guardie reali.

Si fermò dietro una casa che aveva la porta aperta. Le scoppiava il petto.

Sapeva che Merlino l’avrebbe raggiunta, lui era capace di trovarla con la sua magia.

Controllò che intorno non ci fosse nessuno ed entrò nella casa.

Una donna era in piedi davanti al focolare. Canticchiava, mescolando qualcosa in un paiolo sul fuoco, non si era accorta di lei.

Kendra ebbe una stretta al cuore, ricordando sua madre.

Usò l’ultima goccia di energia per far uscire la sua magia e colpire la donna, che scivolò a terra svenuta.

Si accertò che fosse viva e la allontanò dal fuoco. Poi cercò penna, calamaio e pergamena e scrisse un messaggio.

“Torno a casa, non seguirmi. Conoscerti è stata la cosa migliore che mi sia mai capitata, non ti dimenticherò mai. Non compirò quello per cui sono venuta qui, ho capito che ciò che mi è stato donato non può essermi portato via”.

Piegò la pergamena e la posò sul caminetto. Merlino l’avrebbe trovata e avrebbe capito. O almeno sperava.

Con il cuore in gola, uscì dalla casa e riprese a correre in direzione della foresta. L’immagine di Sir Convington inerme a terra le diede nuova forza e risolutezza. Artù aveva rischiato grosso per colpa sua.

Aveva ancora una missione da portare a termine, ma questa volta non avrebbe coinvolto nessun altro.

Nessuno avrebbe rischiato di morire per lei.

 

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Capitolo 16
*** Il Lago Ninive ***


16. Il Lago Ninive

 

Ciaone, Merliniani!

Ecco il nuovo capitolo delle gloriose avventure di Kendra.

Spero che vi piaccia. Spero che piaccia soprattutto a paige95, che ringrazio come ogni volta, con il cuore, per le sue parole di incoraggiamento. Tanto tanto love <3

Vi aspetto la prossima settimana, ricordatevi della Strega Addormentata nel Bosco… perché finalmente questo titolo avrà un senso :D

Oxis

 

 

MERLINO P.O.V

 

Era immobile ed era rimasto immobile finché il sole era calato e nella stanza era scesa la penombra.

Una scia di luce aveva illuminato il letto fino a pochi minuti prima. 

Merlino non riusciva a muoversi. Fissava il volto di Artù e cercava le parole giuste con le quali gli avrebbe detto che Kendra se n’era andata, senza trovarle.

Stringeva in mano la pergamena che la sua magia gli aveva fatto trovare in una casa e sentiva le lacrime premere sotto le palpebre. Non si era mai sentito più vulnerabile, strano da pensare per lui.

Il principe non si era ancora svegliato. Il suo volto era immobile e così quello di quasi tutti gli abitanti di Camelot, da quando l’onda di energia aveva messo a terra tutti quelli che assistevano al torneo, più della metà di tutta la popolazione della città. Sembrava che fuori non respirasse anima viva.

Merlino sospirò e spostò il peso da un piede all’altro, senza sapere cosa fare.

Sollevò un’altra volta la pergamena ma abbassò subito la mano, alzando gli occhi al cielo.

Sapeva bene che Kendra mentiva, eppure una parte di lui sperava che le sue parole fossero vere, che stava tornando a casa senza rischiare la morte. Eppure, se la conosceva un minimo, era sicuro che sarebbe andata al Lago Ninive quella notte, quando la luna piena sarebbe stata alta e avrebbe provato a compiere quell’assurdo rituale per sbarazzarsi della sua magia, anche senza di lui. Era ancora in tempo per raggiungerla, ma ora il suo posto era con Artù.

Aveva giurato di proteggerlo e non ci era riuscito, di nuovo.

La magia di Kendra poteva uccidere e il respiro del principe non era ancora forte come prima. Merlino non riusciva nemmeno a rendere concreto il pensiero di un possibile peggioramento del principe.

Il buio si faceva più fitto ogni minuto che passava. Merlino non sentiva alcun rumore, una sensazione singolare per essere all’interno del castello.

Immaginava Kendra galoppare verso il Lago di Ninive, accamparsi attendendo la luna. Non aveva paura per quello che avrebbe potuto aggredirla prima di immergersi nel lago, bestie della foresta, banditi.

Rabbrividiva al solo pensiero dell’acqua.

Ma doveva stare con Artù e sarebbe stato tutto più semplice se lui si fosse svegliato. Finché il principe non si fosse svegliato, lui non poteva allontanarsi dalla città. Camelot non aveva quasi nessuno a proteggerla e Merlino era l’unico in grado di farlo, dal momento che gran parte delle guardie e dei cavalieri erano tutti addormentati. Non poteva neanche chiedere aiuto a Gayus, perché aveva ricevuto la stessa sorte.

Si trovava in una sorta di limbo, in cui sentiva sulla città un inquieto terrore, come se qualcosa di minaccioso fosse in all’erta, pronto a balzare fuori quando Merlino avrebbe abbassato la guardia.

Disperato si avvicinò al letto del suo principe e si aggrappò alle colonne. Si sentiva estremamente impotente. Non poteva fare nulla e più la sera calava più aveva paura di non avere il tempo per raggiungere Kendra e non poterla salvare.

Lo sapeva con certezza sempre di più, a forza di pensarci: avrebbe provato a perdere la magia senza aspettarlo. Sarebbe morta piuttosto che metterlo in pericolo.

Aveva le mani legate.

Si domandò all’improvviso perché i Maledetti, sicuramenteappostati da qualche parte, non avevano ancora provato a penetrare nel castello per uccidere Artù.

Si sedette su una sedia, stanco.

Una sottile lama di luce bianca apparve dal nulla, disegnando una strana linea contorta sui lastroni di pietra vicino alla finestra. Il cuore di Merlino sussultò.

La luna piena era sorta.

 

 

KENDRA P.O.V.

 

La luce lunare batté sul viso di Kendra che si stava appisolando. Le sue forze non si erano ancora rigenerate. Spalancò gli occhi e lo strano formicolio che la pervadeva quando aveva paura le prese lo stomaco, trasformandosi rapidamente in una morsa di ansia.

Si alzò e si accorse che le gambe le tremavano. Nella sua testa iniziarono istantaneamente a scorrere tutte le informazioni che doveva tenere a mente per compiere ciò che stava per compiere, che si riducevano pressoché a tre: entrare nel Lago, affogare, infine riemergere, possibilmente non da cadavere.

Questa era la questione più complicata, il punto che Kendra non aveva ancora pienamente risolto. O non aveva avuto ancora il coraggio di provarci.

Prese la sua spada e si avvicinò al limitare del bosco. Aveva rubato un cavallo per galoppare fino a lì, poi l’aveva fatto scappare per evitare di attirare qualunque tipo di ospite indesiderato. Era stato un rischio, ma le parve incredibilmente normale di fronte a quello che si apprestava a compiere.

La striscia di alberi si allungava fino alla sponda del lago. Kendra si appoggiò all’ultimo tronco e camminò fino alla riva.

Era magnifico, perfino in quella situazione.

Il lago non era molto grande, probabilmente se fosse stato un altro momento e avrebbe fatto più caldo, Kendra l’avrebbe coperto in una ventina di bracciate. Una stretta al cuore accompagnò il pensiero di suo padre che le insegnava a nuotare. Anche lì però non era estate e l’acqua del ruscello davanti a casa era ghiacciata.

La luna cadeva nell’acqua, formando una pozza di riflesso argenteo che si allungava fino a lei. Non era ancora perpendicolare e doveva esserlo, per innescare la magia inversa.

Il muschio si avviluppava su sé stesso, al limitare della riva, cadendo dalla   bassa sponda e immergendosi nell’acqua.

Kendra respirò profondamente qualche volta e proprio in quel momento il vento si alzò, frusciando fra gli alberi e facendola rabbrividire.

Si strinse nel mantello, pensando a quando se lo sarebbe dovuto togliere.

Le faceva paura il freddo e l’acqua, e continuava a rimandare il momento in cui avrebbe dovuto pensare a una soluzione per non annegare definitivamente.

La luna si alzava ogni minuto di più, il tempo scorreva.

Artù si era svegliato a quell’ora? Doveva aver capito per forza che era stata lei ad ammazzare Sir Convington. Kendra sperava che non si ricordasse che aveva usato la magia, ma qualcosa le diceva che quando Artù si sarebbe svegliato, avrebbe ricordato e lei sarebbe stata bandita da Camelot, o avrebbero iniziato a darle la caccia.

 

 

ARTHUR P.O.V.

 

Buio. Buio e silenzio. Gli occhi di Artù ebbero bisogno di qualche secondo per rendersi conto che non era diventato cieco e che semplicemente, si erano aperti al buio.

C’era una luce lunare che entrava dalla finestra e una sagoma che si proiettava sul muro. Non la riconobbe ma in un lampo successero tre cose: ebbe paura che la sagoma fosse un sicario venuto ad ammazzarlo, il suo corpo reagì inviandogli ondate di stanchezza e la mano che si era sollevata di un centimetro nel gesto istintivo di prendere la spada per difendersi ricadde fra le coperte.

– Merlino. Dimmi che sei tu, te ne prego.

Merlino si mosse nel buio e dallo scatto del suo corpo, di nuovo Artù ebbe paura che non fosse il suo servo.

Ma poi la candela sul comodino si accese, inghiottendo il buio, e una luce gialla e bassa spazzò via il freddo alone della luna.

– Artù, state bene?

Assomigliava a una supplica.

Ora che il principe si era accertato che il suo servo fosse l’unica persona nella stanza, si concentrò sui propri ricordi, ma avvertì solo un’altra ondata di stanchezza.

– Non riuscite ad alzarvi? – chiese Merlino. Sembrava in preda a una strana febbre che lo agitava.

Artù si fece aiutare a mettersi seduto e lasciò che le immagini vagassero nella propria mente, senza meta.

– Ditemi cosa ricordate – disse Merlino.

– Sto bene, sono solo stanco. Stavo combattendo.

Si voltò verso di lui come per chiedere conferma, che non arrivò.

– Contro un cavaliere. Mi ha battuto. Sono tornato nella tenda. Sono uscito di nuovo. C’era… – aggrottò la fronte – Sir Convington.

Questa volta la conferma di Merlino fu involontaria, un piccolo accenno di assenso.

– Credevo che mi avrebbe ucciso.

Si interruppe.

– Un cavaliere mi ha salvato. L’ha ucciso al posto mio.

Si interruppe di nuovo e poi tutto fu chiaro, i dettagli si incastrarono nella storia. La gola si seccò di colpo, la testa gli girò all’improvviso e gli tremarono le mani.

Aspettò un attimo prima di proferire parola.

– Non vincerò il torneo. Ho fatto l’ennesima figuraccia, mio padre starà cercando un modo per far finta che io non sia suo figlio, ci scommetto.

 

 

KENDRA P.O.V.

 

Era il momento, non poteva davvero più tergiversare.

Aveva formulato un piano, nei minuti in cui era stata ferma a fissare il pavimento d’acqua davanti a lei e le era venuto freddo.

Il piano era azzardato, assurdo, la probabilità di sopravvivenza minima e sempre più irrisoria.

Si era legata la vita con una corda all’albero più vicino. Aveva usato uno dei nodi per le trappole che suo padre le aveva insegnato. Con un complicato meccanismo, aveva fatto in modo che la trappola scattasse appena la corda tesa al massimo si fosse mossa, cosa che di solito succedeva quando un coniglio inciampava nella corda. Fin qui tutto nella norma. Il difficile era stato escogitare un modo per far scattare la trappola a comando.

Prese la spada e la strinse a sé.

L’aveva legata alla corda. Doveva stringerla a sé fino a quando avrebbe sentito di stare per svenire. Fino a quel momento, Kendra sarebbe stata sott’acqua, ferma sul fondo del lago grazie al peso della spada.

Era un rischio enorme, ma secondo i suoi calcoli, se avesse lasciato la spada appena prima di svenire, la spada avrebbe toccato il fondo, la corda si sarebbe tesa e la trappola sarebbe scattata, facendo in modo di trascinare in superficie il corpo di Kendra.

Era durante quel lasso di tempo che sarebbe annegata.

Il fondo del lago era profondo, non avrebbe avuto il tempo di salvarsi neanche se il suo spirito di sopravvivenza avesse preso il sopravvento.

Sarebbe annegata, ma poi sarebbe riemersa.

Tutto si basava sul fatto che il suo corpo era abbastanza forte da espellere l’acqua nei polmoni da solo.

Kendra si tolse il mantello prima di ripensarci e avanzò di un altro passo sulla riva del lago. Il prossimo passo in avanti l’avrebbe fatta cadere nel vuoto e poi nell’acqua. Confinò nella sua mente il pensiero che non ce l’avrebbe mai fatta e tentò di schiarirsi le idee.

– Sono pronta – disse a sé stessa.

Una calma profonda scese su di lei e il suo corpo smise di tremare.

Durò un attimo, poi si sollevò sulle punte dei piedi, rivolse il viso alla luna, fece un passo in avanti e avanzò nel vuoto.

 

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Capitolo 17
*** La strega addormentata nel bosco - parte 1 ***


17. La Strega Addormentata nel Bosco - parte 1

 

Ciao  <3

Ed eccoci giunti a uno dei punti focali della nostra storia.

Finalmente il titolo di questa fan fiction ha un senso.

Spero che vi piaccia questo capitolo :)

Grazie infinte a paige95 per le sue parole che mi arrivano puntuali ogni settimana e danno di nuovo un senso al mio impegno di pubblicare ogni volta. Grazie infinite.

E grazie anche a chi mi manda messaggi su Facebook, è una gioia ogni volta leggere le vostre parole. 

Vi ricordo la pagina FB che gestisco come editor, Merlin * •Italian Page•*, l’unica ufficiale di Merlin Italia. :)

Alla prossima!

Oxis

 

MERLIN P.O.V.

Non era possibile.

Non stava succedendo davvero, Artù non poteva essere completamente ammattito.

Davvero non ricordava nulla dell’ondata di magia che aveva steso metà dei cittadini di Camelot? Davvero non ricordava nulla del misterioso cavaliere che l’aveva salvato?

– Non era mai successo nulla del genere – stava continuando a dire il principe.

Aveva un braccio sulla fronte e gli occhi verso il soffitto in un’espressione amareggiata e impotente.

Merlino si chiese se avrebbe dovuto dirgli qualcosa. Aspettò che fosse lui a fargli finalmente la domanda più ovvia.

– Merlino… Dove mi ha colpito Sir Convington? Sono rimasto incosciente a lungo?

– Sì, qualche ora. Vi ha preso… vi ha preso in testa.

– Quel tiranno. Che figuraccia.

Merlino sospirò impercettibilmente e chiuse gli occhi per un secondo. Un altro vicolo cieco. Ma era meglio che Artù non sospettasse della magia di Kendra, né di nessuna altra magia. Se nessuno lo ricordava, probabilmente Uther non avrebbe scatenato un’altra guerra magica e questa era la cosa più importante.

Artù scostò indietro le coperte e si alzò dal letto con foga.

– Sire! Non potete alzarvi! – gridò Merlino scattando verso di lui e spingendolo di nuovo fra i cuscini. Lui ricadde e il suo volto si increspò di irritazione.

– Merlino. Si può sapere quale connessione del tuo invidiabile cervello ha fatto cilecca questa volta per permetterti di spingere il tuo principe in questo modo? – ringhiò.

– Siete debole. L’ha detto il medico.

– E dov’è il medico? Vai a cercare Gayus, così me lo dirà di persona.

– Non è possibile – mormorò Merlino.

– Vuoi andare avanti a scherzare ancora per molto?

– Gayus non può venire.

Artù sbuffò ma cercò di mantenere la calma.

– Sta dormendo – concluse il mago.

– Dormendo.

– Esattamente.

– Merlino, la mia pazienza sta per varcare il limite.

Merlino pensò in quel momento che sarebbe stato molto più comodo addormentare di nuovo Artù con la magia per farlo tacere.

Poi gli venne in mente che probabilmente, se lui si era svegliato, lo stavano facendo anche tutti gli altri e la magia di Kendra era stata in qualche modo finalmente riassorbita dalla popolazione… o qualcosa del genere. Perciò poteva correre da lei per evitare che si uccidesse nel Lago, lasciando Artù sorvegliato dalle guardie. Il tempo era agli sgoccioli.

Si voltò verso la porta ma capì che non sarebbe stato in grado di mentire. Sapeva quanto tenesse Artù a Kendra.

– Allora?

Il principe lo guardava. Merlino dovette raccogliere tutte le sue forze per guardarlo negli occhi e mantenere una voce ferma.

– Kendra ha bisogno di aiuto.

Non si aspettava la sua reazione.

– Ah, che novità. Per cosa, esattamente? – replicò Artù senza interesse.

Merlino lo guardò stranito.

– Credo che stia per fare qualcosa di stupido – disse.

– Sarebbe stato strano il contrario.

Artù incrociò il suo sguardo e senza abbassarlo si alzò dal letto. Questa volta Merlino non lo fermò.

– Perché dovrei essere interessato ad aiutare la mia serva che non ha neanche la decenza di assolvere i suoi doveri? L’ho vista due volte in una settimana e non le è passato di mente che magari dovrebbe fare la serva, dato che l’ho assunta come tale. – sbottò.

Merlino sbuffò con impazienza.

– Sire…

– Kendra dovrebbe solo ringraziare che io non l’abbia ancora licenziata.

– Kendra è in pericolo!

Artù si voltò, in attesa. Forse per la voce grave di Merlino, la sua espressione irritata si attenuò. Merlino si pentì immediatamente di essere andato così lontano. Dopotutto era davvero necessario che Artù lo aiutasse?

Se fosse andato nel bosco da solo, aveva buone probabilità di restarci secco, e di conseguenza Kendra, questo era vero. Ma aveva paura che lui scoprisse che Kendra era una strega e la mandasse al rogo.

Merlino si vergognò subito di quel pensiero. La vita della sua amica era nelle sue mani.

– Si ucciderà – gli uscì dalla bocca all’improvviso.

Artù non mutò espressione.

– Cosa?

– Kendra si ucciderà veramente.

Merlino tirò un lungo sospiro e si sentì incapace di trattenere le lacrime. Poteva dire solo una parte della verità.

– È davvero in pericolo. Parla del suicidio, di come si sente soffocare a Camelot, di come la sua famiglia sia morta… stasera credo che…

– Mi prendi in giro, Merlino? Ti pare divertente?

Artù si era avvicinato a lui e lo stava minacciando. I suoi occhi mandavano lampi.

Solo quando il mago sostenne il suo sguardo senza parlare, Artù deglutì e il suo viso divenne buio.

Fu solo per una frazione di secondo che Merlino vide negli occhi del principe un lampo di quello che assomigliava molto al terrore.

– Andiamo.

 

 

KENDRA P.O.V.

L’impatto con l’acqua ghiacciata fu come una pugnalata al cuore.

Fu come sentire ghiaccio e fuoco insieme, ogni centimetro del corpo di Kendra bruciò all’improvviso e tutto il sangue parve fermarsi di colpo, congelando le sue membra.

Sott’acqua, tutto sembrò immobilizzarsi. Kenda aprì gli occhi e si accorse che non riusciva già più a respirare.

Tutto era dolore, buio e silenzio.

La corda le stringeva la vita e piano piano lei riacquistò il controllo di sé stessa. Tremava violentemente, in un modo che non aveva mai provato prima.

In un lampo, la sua mente fu lucida e sgombra.

Era pronta.

Una sorta di eccitazione mista a terrore la afferrò per le viscere, facendola deglutire involontariamente.

Stava per morire, e così la sua magia. Doveva farcela, era troppo vicina a riuscirci.

Rivolse lo sguardo verso l’alto. Ebbe paura di tutto quel buio, ma l’ignoto non l’aveva mai spaventata. Era la morte a spaventarla.

Sentiva che il suo corpo stava scendendo sempre più in basso e avvertiva il metallo della lama contro il proprio corpo. Abbracciava la spada come se fosse la sua ancora di salvezza. E lo era davvero.

I suoi polmoni ebbero il primo rigurgito e la mente di Kendra venne di nuovo offuscata dal terrore. Stava arrivando il momento.

Sarebbe durato poco. Il movimento involontario dei polmoni le avrebbe fatto aprire in fretta le cavità orali, spingendo l’acqua ad entrare.

Sarebbe morta e poi riemersa. Avrebbe funzionato.

Chiuse gli occhi e si concentrò sul proprio corpo, con difficoltà.

In un attimo, non fu più lucida.

Mamma, si ritrovò a pensare. Scusami.

Papà…

Non fu in grado di finire il pensiero. L’ultimo spasmo dei polmoni strattonò con forza il suo istinto di sopravvivenza e lo accese con una forza ignota.

La spada le scivolò di mano e nel momento in cui accadde, si rese conto che era tutto sbagliato.

Non doveva morire. Non poteva morire.

Gettò le braccia in avanti con tutta la forza che aveva, mentre la sua bocca si apriva senza consenso e l’acqua fredda le entrava in gola. Il suo corpo si stava rivoltando contro di lei.

Forse stava piangendo, ma non poteva saperlo.

Nuotò con ogni scintilla vitale che le era rimasta in corpo per tornare in superficie, ma il meccanismo era scattato e la spada, cadendo, aveva teso la corda, bloccando Kendra sott’acqua.

No! Non voglio morire.

La disperazione le scese in gola insieme al dolore che le provocò il primo fluido gelido nei polmoni, spalancò la bocca in cerca di bolle di aria che non esistevano e si fermò.

Il buio dell’incoscienza la circondò e il corpo di Kendra rimase immobile a galleggiare, inerme come il cadavere di un pesce.

 

 

ARTHUR P.O.V.

Il vento della foresta gli arrivava in faccia senza dargli tregua.

Sul suo cavallo, galoppando dietro a Merlino, Artù credeva di stare rincorrendo un sogno.

Non era possibile che fosse finito in quella situazione.

Gli affiorava in mente una domanda dopo l’altra a cui non riusciva a trovare risposta. Era confuso.

Le domande si accavallavano come cose di poco conto, nessuna di essere era degna di nota. Per il momento, aveva una sola cosa in testa: trovare Kendra. Non riusciva a credere alle parole di Merlino, doveva sbagliarsi per forza.

Kendra non poteva fare una cosa del genere. E perché, poi?

Il cavallo di Merlino si fermò all’improvviso.

– Il Lago è qui! – urlò il suo servitore. La sua voce era interrotta dal panico.

Artù quasi cadde dal suo cavallo mentre cercava di scendere, e solo allora si accorse che stava tremando senza controllo. Faceva fatica a mettere un piede davanti all’altro, stremato dall’idea che ogni secondo che passava poteva essere il secondo che avrebbe deciso della vita o della morte di Kendra.

Il Lago. Lo vide.

La luna era nel suo punto più alto e l’acqua riluceva come uno specchio.

Finalmente riuscì a vedere Merlino davanti a lui, illuminato flebilmente dalla luce. Lo sentì urlare.

Allora corse, ancora. E vide il mucchio di abiti di Kendra e la cinta che le reggeva la spada, poi la corda legata all’albero.

– Artù!

Gli occhi incontrarono l’acqua scintillante, ne oltrepassarono il livello e scesero in profondità, dove riconobbero la sagoma di un cadavere.

Il corpo di Artù decise per lui, le sue mani si slacciarono febbrilmente il mantello, fu l’unica cosa che si tolse.

Non se ne rese conto, quando toccò l’acqua. Fatto sta che a un certo punto il gelo lo paralizzò e lui cominciò a nuotare verso il fondo del lago, urlando sott’acqua il nome di Kendra.

 

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Capitolo 18
*** La strega addormentata nel bosco - parte 2 ***


18. La Strega Addormentata nel Bosco - parte 2

 

Ciao  <3

Ecco la seconda parte di questo capitolo.
Spero che vi piaccia!

paige95, grazie ancora di cuore per le tue recensioni… non ci sei andata lontano con le intuizioni! Spero che ti piaccia come prosegue la storia…
Tutte le domande avranno una risposta nel prossimo capitolo...

Vi ricordo la pagina FB che gestisco come editor, Merlin * •Italian Page•*, l’unica ufficiale di Merlin Italia. :)

Alla prossima settimana!

Oxis

 

 

ARTHUR P.O.V.

Il cuore di Artù cessò di battere nel momento in cui vide il corpo di Kendra sul fondo del Lago. Cereo e livido, immobile, morto.

In quel preciso momento provò una disperazione così viva e sanguigna che in seguito lo spaventò e a cui pensò a lungo. Era diversa da qualunque altra cosa avesse mai provato e lo pervadeva di un senso di abbandono e morte che gli congelavano il cervello in una morsa dolorosa come se a ondeggiare morto nell’acqua fosse stato lui stesso.

Mentre ogni bracciata lo avvicinava sempre di più a Kendra, si ritrovò a pensare che quei capelli rossi che ora sembravano alghe nere, non avrebbero più scintillato alla luce del sole.

La sua mano afferrò il braccio della ragazza. Era freddo come l’acqua.

La scosse, urlando il suo nome e uno sbuffo d’acqua gli entrò in gola, facendolo annaspare.

Non riusciva a respirare. L’aria gli mancava già. La afferrò per la vita e la trascinò in superficie, ma lì si bloccò.

Si accorse di una corda che le cingeva i fianchi e con due dita la percorse dietro la schiena di Kendra. C’era qualcosa di duro che tirava il corpo sul fondo.

Nuotò a riva con forza e il primo respiro che infranse la superficie del lago non fu ricco di vita.

– Aiutami! – urlò a Merlino ma la voce non gli uscì dalla bocca. Era paralizzata in gola. – Avvicinati, devi tenerla.

Merlino era pallido e tremava, ma obbedì e si protese oltre la riva.

Artù prese di nuovo l’aria e si rituffò. Il terrore non aveva scaldato l’acqua, il gelo lo pungeva di un dolore atroce.

Con i polmoni pieni di ossigeno scese sul fondo del lago seguendo la corda e trovò la spada. La sciolse dalla corda e la lama cadde più a fondo e si perse nei meandri oscuri.

Artù spinse il corpo di Kendra verso la superficie del lago. I muscoli esplosero di dolore.

Intravide Merlino afferrarla e trascinarla a riva ancora prima che la sua testa uscisse dall’acqua.

Si erse sul bordo, afferrando frammenti di terra e trascinandosi fuori. Annaspò per un attimo, poi si trascinò da Merlino che stava scuotendo con forza il corpo di Kendra.

Artù non riuscì a fare a meno di guardarla in faccia. Aveva la pelle di un bianco malato con lividi violacei sotto gli occhi. Le labbra erano blu.

Era irriconoscibile.

Quando le prese una mano per sentire il polso, si accorse di una ferita che sanguinava lungo quasi tutto il braccio. Il liquido rosso scuro usciva lento, come a rallentatore.

– Non è congelata, il sangue esce ancora – disse con voce strozzata. O forse non l’aveva detto ad alta voce.

La prese e la ribaltò con forza, iniziando a darle dei colpi forti in mezzo alla schiena. I capelli bagnati si erano appiccicati alla stoffa sottile della sottoveste.

Era una sottoveste? Non l’aveva mai vista in sottoveste.

Non l’aveva mai vista morta.

– Basta!

La voce di Merlino gli arrivò piano, poi si sentì all’improvviso strattonato via. Il suo servitore l’aveva strappato via dal corpo.

– Basta.

Merlino lo stava fissando negli occhi. Aveva il volto stravolto.

– Basta. – ripeté.

Artù cadde nell’erba e solo in quel momento si accorse di tremare violentemente. Si aggrappò alle radici dell’albero più vicino e affondò le unghie nella corteccia.

Si rese conto che non sarebbe più riuscito a muoversi da lì.

Realizzò che il dolore che provava in quel momento l’avrebbe accompagnato per lungo tempo ancora.

 

 

MERLIN P.O.V.

Merlin aveva la mano sulla ferita di Kendra. Il sangue lento continuava a uscire. Nella nebbia del suo cervello, qualcosa di simile alla speranza l’aveva invaso quando aveva visto il sangue.

Non era congelata, altrimenti il sangue non sarebbe uscito. Allora c’era un’unica, sola, ultima cosa da fare, dateo che era morta annegata.

Stese la mano sulla gola della ragazza, cercando una concentrazione che non riusciva a trovare.

Appoggiò la mano sul petto e gettò un’occhiata alle sue spalle. Artù era curvo a terra, immobile. Gli dava la schiena.

Tornò a concentrarsi su Kendra. La mano gli tremava.

Sussurrò qualcosa a mezza voce e sentì il consueto calore agli occhi del momento in cui gli si illuminavano appena prima di usare la magia.

Il corpo di Kendra si inarcò e si ridistese. L’acqua uscì dalla bocca della ragazza come un fiume in piena, liberandole i polmoni. L’aveva letteralmente spinta via.

Merlino sentì il cuore stringersi a quella vista, ma la sollevò e le tenne le spalle finché l’ultima goccia non l’ebbe abbandonata.

– Forza. – sussurrò.

Non voleva fare quello che stava per fare, ma non aveva altra scelta.

La distese supina e avvicinò il viso al suo.

Mentre le chiudeva il naso con una mano, aderì le labbra alle sue rabbrividendo. Erano fredde come il marmo.

La manovra non gli riuscì benissimo, ma l’ultima volta gli parve che il petto della ragazza ebbe un fremito.

– Ti prego – mormorò.

Non poteva lasciarlo con il rimorso di non essere stato con lei.

Kendra restava immobile.

Merlino sentì le lacrime scendergli sul viso. L’unica cosa calda in quella notte.

Non poteva essere. Non poteva essere un mago e non poterla salvare.

Guardò la ragazza e cercò di accettare la verità tremenda che gli stava restituendo quel viso pallido e freddo.

E mentre la stava fissando ed erano tutti e tre immobili, successe qualcosa di strano. Il corpo di Kendra divenne bollente. Merlino se ne accorse perché le teneva ancora una mano fra le sue.

Senza capire cosa stava facendo, si chinò di nuovo sul suo volto e ripeté la manovra di rianimazione, spingendole il petto con una mano.

Poi si alzò.

– Kendra!

Artù si era voltato e in un attimo fu accanto a lui. Ma non toccò la ragazza e quindi non sapeva che il suo corpo si stesse riscaldando. Dall’esterno non era visibile, ma la mano di Kendra ormai era quasi impossibile da tenere per quanto scottava.

Era incredibile.

Il corpo della strega ebbe un sussulto e il suo viso si deformò in un’espressione di estremo dolore.

Poi i suoi occhi si spalancarono di colpo.

 

 

KENDRA P.O.V.

Il buio cedette, le palpebre si sollevarono e Kendra tornò di nuovo nel mondo.

Fu come essersi svegliata da un sonno profondo. Si rese conto che tutto le era nuovo. Non aveva cognizione di chi fosse o dove si trovasse, né di come c’era arrivata. Tutte le informazioni erano assopite e lei ne era in qualche modo consapevole, eppure non riusciva ad afferrarne nessuna, come quando vedeva un volto familiare ma non era in grado di accostarlo a un nome o a un ricordo.

Non riusciva a ricordarsi come si dovesse muovere un corpo, non aveva percezione del tempo e delle emozioni. Tutti i rumori le provocavano un gran frastuono interiore e ogni movimento le scuoteva l’anima, come se ogni nervo del suo corpo fosse scoperto e lei fosse diventata all’improvviso la creatura più fragile della Terra.

Si accorse della sagoma che la stava abbracciando come se il proprio corpo non le appartenesse.

Si sentiva una maschera di cera, bollente e immutabile.

Mentre quella sagoma la stringeva, singhiozzando, Kendra ricordò il proprio nome e poi vide il Lago.

Alla vista dell’acqua, si ricordò ogni cosa, ma in un modo tranquillo e placido, come un bel sogno che ritorna in mente.

I suoi sensi erano ancora ipersensibili.

Merlino si staccò da lei. Stava piangendo.

Kendra gli accarezzò il viso e si accorse di non sorridere. Si concentrò sulle proprie funzioni vitali, sembrava tutto a posto.

La sua magia?

Il cuore accelerò i battiti. Stava tornando a percepire il mondo e le emozioni come una persona normale. Abbozzò un sorriso per comunicare a Merlino che stava bene, ma i suoi pensieri erano tutti concentrati nella magia.

Non la sentiva più. Ma era davvero finita?

Si alzò. Forse Merlino l’aiutò, ma non ne era sicura. Si avvicinò all’acqua e guardò la luna. Ormai era oltre gli alberi, quanto tempo era passato?

Fu la prima domanda che formulò nella sua testa.

Il suo organismo stava imparando di nuovo ad adattarsi al mondo.

Toccò la corteccia di un albero e le parve una sensazione nuova.

Un passo alla volta.

Qualcosa le fece male. Il braccio. Voltò la testa troppo velocemente e avvertì un dolore al collo. Il braccio sanguinava. Si girò verso Merlino e solo allora si accorse di Artù.

Lo riconobbe dopo qualche secondo che si stavano guardando. Aveva un’espressione nuova, ma in realtà tutto per lei pareva inesplorato.

Gli occhi erano quasi neri dalla paura che gli invadeva il volto. Era immobile e si reggeva allo stesso tronco che aveva sfiorato lei.

Gli lesse il labiale mentre sussurrava “Kendra” e solo allora si rese conto di non sentire alcun suono.

Aprì la bocca per rispondere ma non le uscì nessuna parola.

Il suo corpo non era ancora tornato del tutto. E quando questa consapevolezza ebbe preso forma nella sua mente, un ombra nera vide oltrepassare il lago scivolando sulle acque e andare verso di lei.

Aveva il volto di qualcuno che non conosceva, ma Kendra ormai non si fidava più delle proprie sensazioni.

Qualcosa le disse che era l’anima di un morto. Come faceva a saperlo?

Non ebbe il tempo di rispondersi perché cadde a terra e i suoi occhi si chiusero di nuovo.

 
 

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Capitolo 19
*** Una nuova strega ***


19. Una nuova strega
 

 

 

Ciao genteeeeeeeee <3

Sono in ritardo ma fra obiettivi della vita quasi raggiunti e valigia non ho avuto tempo per pubblicare prima (non c'è la solita immagine di copertina perché sono su uno stupido Flixbus con la connessione pessima). Sorry.

paige95, non so più che parole usare per dirti GRAZIE! Ricevo messaggi personali ma mai nessuno che si espone tanto con una recensione vera come fai tu, e per una scrittrice è la cosa più importante. Grazie grazie. Spero che non resterai delusa da questo capitolo :) Fammi sapere!

A dire la verità non so che piega stia prendendo questa storia, come ho già detto era nata per essere una cosa e ne sta diventando un’altra… vedremo! Fatemi sapere anche solo con un “anche no” oppure “vai così”.

Vi ricordo la pagina FB che gestisco come editor, Merlin * •Italian Page•*, l’unica ufficiale di Merlin Italia. :)

Alla prossima settimana!

Oxis

 

 

MERLINO P.O.V.

 

L’avevano riportata a casa.

Artù non aveva cambiato espressione per tutto il tragitto. Era atterrito e sconvolto quando lui. Nella notte, quel silenzio sembrava ricco di morte, come lo era uno dei loro cavalli neri che trasportava il corpo esanime pallido e violaceo di Kendra.

Nessuno dei due aveva parlato a parte un timido “si riprenderà” da parte di Merlino, che non aveva smosso minimamente la situazione. Non aveva idea di quello che poteva esserci nella testa di Artù in quel momento. Non l’aveva mai visto così.

Kendra era svenuta e non si era più ripresa.

Durante il viaggio verso Camelot dal Lago Ninive, Merlino si accertava ogni dieci minuti che non fosse morta, ma il suo petto si alzava e si abbassava normalmente, dandogli un enorme sollievo.

Il sollievo era la seconda cosa che scuoteva il cuore del mago. Il primo era qualcosa che ogni centimetro del suo organismo gli urlava da tempo ma che si era sempre rifiutato di ascoltare. Amore.

Merlino si era irrimediabilmente innamorato di Kendra. E finalmente era arrivato al punto di accettarlo.

Averla persa per pochi minuti, avere avuto davanti la visione di lei morta era stato un colpo impossibile da ignorare.

E anche Artù, ne era convinto ormai. Era troppo sensibile per non capirlo.

Entrambi erano ancora in silenzio.

A Merlino sembrò che lui e il principe non fossero mai stati così vicini. Condividevano l’ansia per Kendra, di questo era sicuro.

Sentì un moto di gratitudine improvviso verso il suo principe, per essere al suo fianco, silenziosamente vicino a lui.

Erano seduti davanti alla porta della stanza di Kendra ormai da ore. Dentro c’era una serva che aveva insistito per prendersi cura di lei. Merlino aveva dovuto cedere quando la ragazza aveva spiegato con delicatezza che avrebbe sarebbe stato carino rispettare la sua intimità mentre lei lavava Kendra e la sistemava. L’avevano lasciata passare e si erano messi davanti alla porta come due guardie.

Albeggiava.

La sottile striscia di luce aranciata stava diventando sempre più gialla ed era in procinto di sfiorare la gamba di Merlino.

Sentì Artù muoversi accanto a lui.

– Hai fame?

Di tutte le domande, questa lo colse inaspettato e spezzò lo schermo di preoccupazione e angoscia nella sua testa.

Merlino scosse la testa. Aveva fame, in realtà.

Artù si voltò verso di lui. Rimase a fissarlo per un po’ prima di soffiargli:

– Tu sapevi che l’avrebbe fatto. Perché non mi hai detto nulla?

Merlino sapeva che la domanda sarebbe arrivata, ma non si aspettava così presto. E non capiva cosa c’entrasse la fame.

– Artù…

– Perché?

Alzò lo sguardo sul principe e gli vide un’espressione che gli era familiare ma non riusciva a capire cosa gli ricordasse.

– Perché io non pensavo…

– Perché?

Merlino si sentì improvvisamente a disagio.

– L’avrebbe fatto comunque.

Artù voltò di nuovo la testa e chiuse gli occhi appoggiandola al muro. Un muscolo si contrasse sul suo collo. La bocca si strinse e il volto si fece duro. Merlino lo fissava senza capire. Era arrabbiato? Con lui?

– Artù… Si riprenderà. Non dovete preoccuparvi…

Il principe si alzò di colpo, facendolo sussultare.

– Non lo sai se si riprenderà! – urlò, come se quelle parole contenessero un terrore inspiegabile che doveva uscire per forza tutto insieme in quel momento.

La voce rimbombò grave nel corridoio.

– State dando la colpa a me? – chiese incredulo Merlino.

Artù si voltò e finalmente lo guardò negli occhi.

– Kendra aveva bisogno di aiuto. Tu sapevi che aveva intenzione di fare quello che ha fatto e non hai fatto nulla per tirarla fuori. Si è salvata per miracolo!

Io l’ho salvata! – si lasciò sfuggire il mago, sentendo la rabbia che montava.

Il principe alzò le mani, tentò un’espressione sarcastica, ma non riuscì a farla. I suoi occhi freddi gli rivolsero un ultimo sguardo di biasimo prima di voltarsi e allontanarsi, camminando a grandi passi per il corridoio.

Merlin sentì qualcosa rompersi dentro di sé e un groppo in gola gli impedì di deglutire.

 

 

KENDRA P.O.V.

 

I suoni tornarono distintamente nel mondo. Ancora prima di aprire gli occhi, Kendra sapeva cosa avrebbe visto e riconosceva ogni rumore che avrebbe dovuto sentire.

Ancora prima di aprire gli occhi, ricordò ogni cosa e le parve tutto lontano.

Ancora prima di ogni cosa, seppe che era Synia quella che le stava rinfrescando la fronte. Non aprì gli occhi subito.

Sentiva che c’era qualcosa di diverso in lei, e capì subito cosa fosse.

Avvertiva tutto, ogni cosa, distintamente come non lo era mai stato.

A partire dai rumori intorno a lei, era come se i suoi sensi si fossero ampliati e i suoi nervi fossero ancora sensibili. Ora riusciva a pensare con lucidità e si mise a riflettere.

La cosa principale che aveva imputato alla sua magia era sempre stata l’insensibilità che aveva preso il sopravvento dal momento in cui era diventata una strega. Il fatto di dover controllare quel potere enorme dentro di sé, non solo l’aveva resa diffidente verso il resto del mondo, distaccata e solitaria, ma era di per sé disturbante per i suoi sentimenti umani. La magia aveva risucchiato molte delle sue caratteristiche umane, fra cui la sensibilità e la reattività dei sensi. Ora percepiva tutto. 

Con ogni parte del suo corpo era in grado di accorgersi di una cosa diversa, dall’udito al tatto.

Aprì gli occhi. C’era il sole. Sentì le lacrime scivolale giù dagli occhi e con qualche secondo di ritardo si rese conto che era semplicemente commozione.

Avrebbe dovuto farci attenzione d’ora in poi.

– Ben tornata fra noi.

Era Synia, con i suoi capelli biondi e una strana voce metallica. Non era in lei, Kendra lo seppe subito con certezza.

Un’altra dote della sua rinata sensibilità? Non sapeva dirlo con certezza ma capì subito che qualcosa non andava.

– Come ti senti? – le chiese di nuovo. Aveva lo sguardo vitreo.

Il sole era alto, doveva essere mattina inoltrata.

Annuì. Non voleva provare a parlare davanti a lei, aveva quasi timore di farlo.

Poi la vide di nuovo, di fronte a sé ed ebbe paura.

Era un’ombra scura che si materializzò davanti a lei, o forse era sempre stata lì in quella stanza a fissarla.

Era l’anima di un morto.

Kendra non sapeva come, ma era convinta di questa cosa come lo era stata quando l’aveva vista la prima volta nel bosco, quella stessa notte.

Il volto non le parve familiare. Chi poteva essere?

Synia la stava fissando con occhi dolci.

– Stai bene?

Kendra annuì e tornò a fissare la sagoma, con un senso di allerta in corpo. Era l’unica cosa che in quel momento la spaventava.

Chi era? Perché era qui? Era venuta per lei.

Era sua madre? Il cuore di Kendra accelerò.

Poi all’improvviso la prospettiva della stanza si ribaltò e i suoi occhi tremarono.

Di colpo era in mezzo alla stanza, a fluttuare nel vuoto, guardando il letto sotto di sé. Tutto il mondo le parve solo una flebile apparizione slavata, inutile e irrisoria. Il nulla avvolgeva ogni cosa del suo essere, eppure era in grado di vedere la stanza, il sole e… qualcuno sul letto.

La paura, fredda e limpida come non l’aveva mai avuta, si impossessò di lei.

C’era il suo letto, riconosceva la propria sagoma sdraiata fra le lenzuola.… ma il suo volto era irriconoscibile. Kendra provò a guardarlo ma non le fu possibile.

Era come afferrare un ricordo che scappasse via sempre più in fretta. Non riuscì a identificarla, e prima che se ne rendesse conto, stava guardando di nuovo la sagoma nera , di nuovo sdraiata nel suo letto.

E capì, con la terribile lucidità di un’intuizione assurda eppure reale, che sfugge ancora alla comprensione.

La sagoma era lei e lei aveva appena trascorso gli ultimi venti secondi della sua vita dentro la sagoma.

 

 

ARTHUR P.O.V.

 

Appena dopo aver girato l’angolo, Artù si mise a correre, cercando di scacciare il malessere e l’angoscia che non lo abbandonavano da ore.

Solo quando si fermò davanti alla porta della propria camera, si rese conto che non avrebbe rifatto mai più lo stesso errore.

Girò su sé stesso e tornò a grandi passi da Merlino, ripercorrendo lo stesso corridoio. Non poteva lasciare da sola Kendra.

Non riusciva a capacitarsi del fatto che Merlino avesse permesso una cosa del genere.

Per la prima volta da anni, Artù mise in discussione la fiducia che riponeva nel proprio servitore.

Scosse la testa, tentando un motivo che lo aggrappasse alla loro amicizia e fu sorpreso di non trovarne. Accantonato quella sensazione, il senso di colpa lo  prese e lo svuotò di ogni altra cosa.

Arrivò davanti alla porta della camera di Kendra, Merlino era ancora seduto contro il muro e alzò gli occhi.

Non disse nulla.

Stava per riprendere il suo posto accanto a lui, anche se con riluttanza, quando la porta si aprì e uscì la serva. Era la ragazza che aveva già visto una volta.

– Synia – sentì Merlino mormorare. Il suo servitore si alzò di scatto – Come hai fatto a entrare nella stanza?

Merino era pallido e agitato e guardava la ragazza con terrore. Artù non capì il motivo ma non gliene importava molto in quel momento.

Li sorpassò ed entrò come una furia in stanza.

Era lì. Kendra.

Seduta sul letto, con il viso ansioso o preoccupato o sconvolto, non riuscì a decifrarlo.

Prima di poterlo decidere, si diresse verso di lei e si protese sul letto. Ma qualcosa bloccò il suo desiderio sentirla viva e calda di nuovo contro di sé e l’abbraccio morì ancora prima di essere concepito.

Rimase immobile per un momento e si fissarono. Kendra sorrise, poi il sorriso divenne il suo solito ghigno sarcastico e l’imbarazzo si sciolse. Artù arrossì e si aggrappò alla colonna del letto, cercando di dare una giustificazione a tutto quell’impeto che l’aveva fatto irrompere nella stanza.

Mentre la guardava cercando delle parole stupide e insignificanti che rompessero il silenzio, Merlino entrò nel suo campo visivo e strinse fra le braccia la sua serva.

Una stretta al cuore, solitaria, piccola. Troppo piccola per offuscare la gioia nel vederla di nuovo viva ma grande abbastanza rimettere di nuovo in circolo tutta la serie di domande che l’aveva tenuto sveglio quella notte e che non aveva fatto smettere di battere troppo forte il suo cuore.

 

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Capitolo 20
*** Ricordi pericolosi ***


20. Ricordi pericolosi

 

BUON ANNO!

Sono finalmente tornata attiva dopo le vacanze e da oggi si riparte con la pubblicazione settimanale della mia fanfiction!

Per iniziare bene l'anno, una rivelazione improvviso è al centro di questo nuovo capitolo.

Spero che vi piaccia e che lo leggerete con curiosità.

Un abbraccio speciale a paige95. Mi auguto di non deluderti con questo capitolo e spero che queste settimane di assenza non abbiano diminuito la tua curiosità.

 

Vi ricordo la pagina FB che gestisco come editor, Merlin * •Italian Page•*, l’unica ufficiale di Merlin Italia. :)

Alla prossima settimana, si torna all'attacco!

Oxis

 

 

KENDRA P.O.V.

 

Kendra strinse Merlino fra le braccia e avvertì il suo corpo tremare leggermente. Alzò lo sguardo su Artù ma proprio mentre i loro occhi si incrociavano, vide dietro di lui Synia uscire dalla stanza e scomparire.

Si allontanò da Merlino, ma la sua attenzione tornò sul mago.

- Come stai? - le chiese.

Il suo sguardo era eloquente e pieno di ansia. Kendra sapeva che intendeva qualcosa di diverso da un semplice "come stai".

- Mi sento… meglio - mormorò, restituendogli lo stesso sguardo d'intesa.

Merlino annuì leggermente. Avrebbero parlato più tardi.

- Sei di nuovo fra noi, quindi - disse Artù, appoggiato alla colonna del letto. Non la guardava in viso, sembrava imbarazzato.

Kendra deglutì e si schiarì la voce. Era arrivato il momento di concludere quella storia.

- Sono stata molto stupida. - disse guardando il principe, aspettando che lui voltasse la testa - Mi dispiace avervi fatto preoccupare. Non succederà più.

Artù finalmente la guardò. Non riuscì a reprimere un sospiro d'ansia, faceva fatica a sostenere il suo sguardo.

Nel momento di silenzio che seguì, Kendra si perse nei dettagli del mondo che riusciva ad avvertire con la sua nuova sensibilità.

La sagoma misteriosa era sparita, e nonostante le facesse paura quello che era appena successo, ora non poteva preoccuparsene. Non aveva idea di quello che fosse.

Aveva creduto che fosse l'anima di un morto, ma poi era stata in grado di prendere il suo posto, e quindi non si trattava di un fantasma o di uno spirito. Decise che se ne sarebbe preoccupata quando sarebbe stato il momento. Magari era solo una conseguenza normale dell'ottenimento di una sensibilità più acuta.

Non era più una strega. La sua magia incontenibile, quel giogo che la teneva incatenata da anni si era finalmente spezzato. Non avrebbe più avuto bisogno di contenere le proprie emozioni per timore di aggredire qualcuno.

Avrebbe solo dovuto essere sé stessa, d'ora in poi. Imparare a vivere a pieno la sua vita e reggerne le redini senza paura.

Il suo cuore accelerò i battiti e l'emozione le salì agli occhi, facendoli diventare umidi. Un peso enorme le era scivolato via dal cuore.

Era finalmente libera.

 

 

MERLINO P.O.V.

 

Dopo essersi accertato che Kendra stesse bene, Merlino tornò a preoccuparsi di tutto il resto.

Lui e Artù avevano lasciato Camelot solo poche ore prima e Merlino non aveva avuto il tempo di occuparsi del sonno improvviso che aveva colpito gli abitanti di Camelot a causa della magia di Kendra. Mise insieme i pezzi degli ultimi avvenimenti con ordine meticoloso.

Kendra aveva salvato Artù, uccidendo Sir Convington. Uther le aveva chiesto di togliersi l'elmo, ma lei per evitare di farsi riconoscere, aveva usato i suoi poter per espandere un'onda di magia che aveva messo al tappeto tutto il pubblico nell'arena, compresi il re e il principe. Poi era scappata.

Artù si era risvegliato e non aveva dato segno di ricordare che uno strano cavaliere dal volto coperto aveva usato la magia contro un quarto della popolazione di Camelot e quasi tutte le guardie reali. Tuttavia, Merlino doveva essere sicuro che non covasse alcun dubbio.

- Artù - si schiarì la gola - dovreste riposare anche voi. Siete reduce da un combattimento…

Il volto di Artù venne solcato da un'espressione di consapevolezza improvvisa, come se all'improvviso anche lui si fosse ricordato che c'era qualcos'altro, oltre a Kendra, di cui preoccuparsi.

- Mi sento bene, mi sono completamente rimesso… - mormorò.

Merlino lo guardò con il cuore in gola, sperando che i suoi ricordi non si fossero modificati dall'ultima volta che ne avevano parlato. Il principe guardava la ragazza, ma non aggiunse altro.

- L'unica cosa positiva di tutto questo è che Kendra non ha visto la vostra disfatta al torneo - azzardò Merlino, concentrandosi sulle reazioni del principe.

Artù lo guardò irritato.

- Oh… avete perso? - chiese Kendra con voce innocente.

- Un cavaliere ha ucciso Sir Covington al mio posto - rispose lui.

- Salvandovi la pelle - commentò Merlino. Stava cercando di provocare Artù. Se davvero si fosse ricordato di qualcosa, l'avrebbe detto sicuramente.

- Grazie, Merlino. La figura l'ho già fatta.

Merlino gettò un'occhiata a Kendra, che gli rivolse un breve sguardo d'intesa.

- E… chi era questo cavaliere? - chiese la strega.

Artù sollevò le spalle.

- Qualcuno che non voleva vedermi infilzato, suppongo.

Alzò lo sguardo e scrutò il suo servitore.

- Tu hai visto qualcosa?

Merlino rifletté.

Se ogni altro abitante della città non ricordava nulla di quello che era successo in quell'arena, poteva fingere di non sapere nulla anche lui.

- Ero nella tenda - rispose scuotendo la testa.

- Non avete idea di chi sia, quindi? - chiese Kendra.

- Non si è tolto l'elmo, se ben ricordo. Poi sono svenuto, perciò… - il principe concluse la frase sospendendola nell'aria.

Merlino fece un impercettibile sospiro di sollievo. Se Artù non si ricordava di essere stato vittima della magia, non avrebbe indagato oltre.

Ma non era finita, restava Uther. E Merlino non aveva idea se il re in quello stesso momento stava già mettendo in moto una caccia alle streghe. C'era solo da sperare che anche lui, come ogni altra persona colpita, non ricordava nulla. Merlino era pessimista a riguardo.

Doveva parlare con Kendra a quattr'occhi.

 

L'occasione gli venne qualche ora più tardi.

Avevano lasciato Kendra a riposare, lui e Artù erano tornati nelle stanze reali. Artù era stato chiamato dal re e Merlino aveva potuto restare da solo. Era tornato dalla ragazza, non prima di accertarsi che ogni altro abitante di Camelot avesse conservato ricordi pericolosi.

Nonostante i suoi timori, non c'era nulla da temere. Aveva fatto domande innocenti a servitori, aveva ascoltato frammenti di conversazioni nella piazza di Camelot e nelle strade della città. Sembrava tutto tranquillo.

La momentanea perdita di coscienza delle persone si era risolta con un normale risveglio. Per fortuna, per qualche motivo, la magia di Kendra aveva agito nel migliore dei modi, senza lasciare traccia.

L'unica fonte di preoccupazione era la convocazione di Artù da parte del re. Merlino sperava che fosse solo per parlare del torneo o per sapere come stava suo figlio, dopotutto aveva perso il girone. Ma anche lì, non sapeva se i loro ricordi sarebbero stati discordanti.

Doveva solo aspettare, e nel frattempo poteva solo parlarne con Kendra.

Tornò in camera sua e bussò. Synia se n'era andata.

Avrebbe dovuto occuparsi di quella ragazza il più presto possibile.

Affamato di spiegazioni, entrò nella stanza e chiusa la porta alle spalle, febbrilmente.

- Merlino - lo salutò Kendra.

Lui si avvicinò al letto e si sedette ai suoi piedi.

- Ha funzionato?

Kendra annuì.

- Non sono più una strega, Merlino. Mi sento bene, finalmente non ho più questo peso. 

Gli prese una mano e la strinse.

- Grazie per avermi salvato la vita - mormorò abbassando la voce - Non sapevo se ce l'avrei fatta da sola. E con il senno di poi, credo di no.

- E' stato davvero un azzardo, come hai potuto pensare di riuscirci?

- Avevo escogitato una specie di trappola a molla - spiegò lei - aveva funzionato quando cacciavo nei boschi, da bambina. Era la mia sola speranza. Ho preferito provarci lo stesso, era l'unico tentativo che potevo fare.

Merlino sospirò. Ora stava bene, era quello che contava.

- E ora le questioni scottanti - disse lei, abbassando di nuovo la voce - Siamo sicuri che nessuno a Camelot ricordi nulla?

- Sì. Ho fatto il giro della città poco fa. Sembra che la tua ondata di magia abbia steso non solo i corpi ma anche i loro ricordi.

Rimasero in silenzio per un po'.

- Anche Artù?

- Non ha idea di quello che è successo. - confermò - Ne sono sicuro.

Kendra sorrise, Merlino vide una sorta di ombra ansiosa abbandonare il suo volto.

- Perciò… sono libera. Sono davvero libera. Ce l'abbiamo fatta.

 

 

ARTHUR P.O.V.

 

Artù guardava Camelot dall'alto. Seduto sul muretto della torre più alta del castello, dove una notte aveva trascorso qualche intimo minuto con Kendra, lasciava che il suo turbamento interiore fosse mitigato dalla vista della grandezza del paesaggio.

Il suo cuore batteva forte e le sue mani tremavano.

Merlino non ricordava nulla di quello che era successo al torneo e sembrava che anche ogni altro abitante di Camelot non fosse a conoscenza di quello che era successo quando il misterioso cavaliere dal volto coperto aveva ucciso Sir Covington.

Ma Artù sapeva che il cavaliere era Kendra.

L'aveva riconosciuta subito, non solo da quel ciuffo di capelli rossi che aveva intravisto dentro l'elmo, ma dalla posizione del busto che lei stessa gli aveva insegnato per attaccare, una volta nel parco e che aveva assunto quando aveva dato il colpo di grazia al suo avversario.

Era lei, non aveva dubbi.

E questo voleva dire che quell'energia magica che aveva fatto addormentare tutti, proveniva da lei. Sir Covington era già morto. Artù era troppo vicino a Kendra per non essersi accorto che la fonte della magia era lei

Nessun altro se n'era reso conto perché erano tutti sugli spalti dell'arena, ma era innegabile.

Artù aveva convocato i suoi fedeli cavalieri. Ognuno di loro aveva dato la stessa versione: Sir Covington l'aveva battuto ma all'ultimo momento, tutti avevano visto il principe Artù ucciderlo. Lui aveva vinto il girone del torneo.

Nessuno ricordava la presenza del cavaliere misterioso, era come se quel ricordo fosse stato cancellato. Perfino Merlino, a cui non sfuggiva nulla, non sapeva.

Artù benedì il fatto che per una volta il suo cavaliere non era stato così diligente come al solito. Se avesse scoperto che Kendra era una strega, probabilmente l'avrebbe denunciato a Gayus e sarebbe arrivato a suo padre. O forse no perché erano amici, ma non poteva sapere come avrebbe reagito.

Ora c'era la questione che però lui, Artù, si era tradito, dicendo in più di un'occasione che aveva visto un cavaliere misterioso uccidere Sr Convington. Sarebbe stato sospetto agli occhi di Merlino, che lui conservava un ricordo discordante da quello degli altri. Non poteva più tirarsi indietro.

L'unica cosa che gli restava da fare era cercare di non parlarne più e sperare che il suo servitore non approfondisse più la questione e dimenticasse quello che gli aveva detto appena sveglio.

Fece un respiro profondo e tentò di calmarsi.

Kendra era una strega e lui era il solo a saperlo. Non era stato in grado di rivelare tutto a suo padre, nonostante i suoi insegnamenti.

Nella sua mente, vedeva ogni cosa che Kendra aveva fatto dai pochi mesi che la conosceva. Ripensò alle volte che gli aveva salvato la vita.

Forse non tutta la magia era malvagia. Forse suo padre si sbagliava.

O forse stava cambiando idea solo per quello che provava quando i suoi occhi incontravano quelli della ragazza, per quel motore che si metteva in modo dentro di lui, accelerando il battito cardiaco e aumentandogli la salivazione.

Forse aveva appena capito di essersi innamorato di una strega.

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Capitolo 21
*** Tutto quasi come prima ***


21. Tutto quasi come prima

 

Buon Mercoledì!

Finalmente lasciamo le cose troppo tristi e drammatiche per un po' di romanticherie. Che io amo. Anche se alla fine temo che anche questo capitolo sarà triste :D

Fra Artù e Kendra sembra correre una nuova cosa indefinita, ma si scopre che in realtà… non è tutto oro quel che luccica, forse erano solo i capelli biondi di Artù. O forse no?

Nessuno spoiler.

Spero che vi piaccia questo capitolo, mi avete mandato molti messaggi privati su Facebook e devo ringraziarvi tutti, ma la prima che ringrazio è ancora paige95, a cui devo il motivo principale della voglia che mi spinge ad aggiornare la storia settimanalmente. Non so perché ma le recensioni su EFP mi fanno sentire meglio. ;)

Grazie grazie grazie con tutto il cuore a tutti. Mi spronate a fare sempre meglio e a credere in questa storia nata solo per gioco.

Fate un giro sulla pagina ufficiale di Merlin Italia di cui sono editor: Merlin * •Italian Page•*, l’unica ufficiale di Merlin Italia. :)

Love,

Oxis

 

 

KENDRA P.O.V.

 

Kendra si era ripresa completamente. Era passata più di una settimana e ancora non si era abituata alla sua nuova natura di completo essere umano dotato di emozioni normali. Adorava la sua condizione.

Quando non era impegnata con le faccende domestiche per Artù, passava tutto il suo tempo libero nella foresta, ad ascoltare la natura o per strada, a guardare le persone che passavano, a chiacchierare con loro di cose inutili e a crogiolarsi nella visione di un sorriso o una risata. Amava il fatto di sentirsi finalmente parte del mondo, non sarebbe tornata indietro per nulla al mondo. Era tutto diverso, ora.

Al castello c'era un po' di fermento per i preparativi di una serata speciale di cui lei non aveva capito granché, che si sarebbe tenuta la sera successiva, ma dal momento che Kendra era così ossessionata dal vivere ogni istante a contatto con la natura e le persone, perfino le faccende mondane che riguardavano il regno non le interessavano molto.

E anche il timore di una minaccia che non si era ancora ripresentata non riusciva ad affossare Kendra: Sir Convington era morto ma gli assoggettati dovevano essere ancora in qualche punto della foresta là fuori, a fare chissà cosa. Nonostante Kendra avesse sentito il bisogno di aiutare gli altri con la sua magia, ora era cambiato tutto. Non era più una strega e non si sentiva ancorata da nessun obbligo morale. Dopotutto, per quanto potesse star male per le famiglie dei Maledetti, lei non aveva più il potere di fare niente.

Era impensabile andare nella foresta da sola, disarmata, pensando di poter sconfiggere un'orda di persone assoggettate da uno stregone.

Merlino tentava di parlargliene ma lei, suo malgrado, sviava sempre il discorso. Si sentiva un po' in colpa, ma aveva da recuperare vent'anni di altruismo costrittivo, perché nonostante avesse sempre cercato di usare il meno possibile la sua magia, capitava sempre che si mettesse nelle situazioni più assurde e pericolose perché si sentiva in dovere di aiutare qualcuno.

Era successo esattamente questo con Artù.

Ma ora aveva il diritto di essere un po' egoista. Ora che non aveva neanche i mezzi per comportarsi diversamente.

Immersa nei propri pensieri e sensazioni, quella mattina arrivò in ritardo nelle stanze del principe.

Artù si era già messo i pantaloni.

- Oh, scusate, sire - disse entrando trafelata in stanza.

Lui la guardò con sufficienza ma Kendra notò che non riuscì a reprimere un sorriso. Si voltò per nasconderlo.

- Domani sera ci sarà la festa. Le mie vesti devono essere perfette, ma sono sicuro che tu non ti sei affatto dimenticata di provvedere…. - mormorò sarcastico.

Kendra trasalì. Aveva effettivamente dimenticato di provvedere.

- Certo che no, Maestà, io... ho già...

- Ti sei dimenticata, vero?

Lei non rispose. I loro occhi si incrociarono e lei sentì tremare il labbro inferiore nel tentativo, come il principe, di fermare un sorriso sul punto di nascere. Da quando si era risvegliata, la solita eterna sfida con Artù era diventata qualcosa di più. Una sottile intesa si allungava nell'aria e nessuno dei sue sembrava in grado di opporsi o di nasconderla.

Se fosse stato solo questo, Kendra avrebbe perfino ammesso che fosse piacevole. Non sapeva esattamente cosa le stesse succedendo, ma era come se la sua sensibilità umana venisse amplificata quando era con lui, si sentiva più felice ed euforica, era qualcosa che non conosceva ed era la prima volta che lo provava.

Non era solo questo però. Nella sua piacevole confusione, Kendra si sentiva ancora più confusa quando l'insopportabile indole da dongiovanni di Artù emergeva. Cosa che succedeva un po' troppo spesso di recente, e che la faceva sentire in un modo che non le piaceva.

- Imparerai mai, Kendra? - sbuffò Artù infilandosi la camicia e allacciandola.

Lei lo guardò.

- Andrò a caccia stamattina. - aggiunse il principe - Tu resterai qui a lavare le mie cose.

Kendra sbuffò più forte. Artù sapeva quanto la sua serva ci tenesse ad andare nei boschi a cavallo.

- Ma...

- Ma?

- Niente. Come volete, Sire.

- Ottimo. Adesso aiutami.

Kendra si avvicinò e lo aiutò a indossare l'armatura. La sua vicinanza le fece stringere un po' le viscere, ma l'irritazione per la punizione avuta le fece strattonare i lacci un po' più del necessario.

Artù sorrise.

- Siamo cattive oggi?

- Siamo insopportabili oggi?

Il principe si voltò di scatto, facendo trasalire la ragazza, che si ritrovò a pochi centimetri dal suo viso.

Ecco, quel momento. Kendra andò in confusione. Artù sorrideva con una punta di sfrontatezza che a lei non piaceva per niente. Non era come quella volta sulla torre più alta di Camelot, lì era sembrato così sincero. Ora invece si sentiva quasi presa in giro e non capiva il motivo.

Doveva essere una questione di sentimenti umani che lei non aveva mai provato.

Barcollò e per allontanarsi da lui fece un passo indietro, ma inciampo in una piastrella alzata.

Sentì la mano di Artù chiudersi sul suo braccio e trattenerla.

Di nuovo occhi negli occhi. 

– Non ti permettere di parlare così al futuro re di Camelot - disse Artù, ma la sua voce sorrideva.

Quando i loro nasi inaspettatamente si sfiorarono, Kendra si raddrizzò di scatto, strappò il braccio dalla presa di Artù e si voltò, senza aggiungere altro. Poi uscì sbattendosi la porta alle spalle.

 

 

MERLIN P.O.V.

 

Merlino voltò l'angolo e urtò Kendra che andava nella direzione opposta a passo svelto, rischiando di far cadere il vassoio della colazione che lui reggeva in mano.

– Ehi!

Alzò lo sguardo e i suoi occhi mandarono lampi di frustrazione.

– Tutto bene? - chiese.

Kendra si passò una mano sul viso e tentò di sorridere senza grandi risultati.

– Scusa, non ti avevo visto.

Fece per allontanarsi, ma Merlino la fermò.

– Dimmelo. Cosa c'è? Si vede che c'è qualcosa.

Kendra finalmente lo guardò negli occhi e sospirò. Sembrò sul punto di dire qualcosa ma poi ci ripensò e se ne uscì con un flebile "Artù", a 'mo di spiegazione.

Merlino sentì simultaneamente un tuffo al cuore. Il viso della ragazza era diventato incredibilmente espressivo da quando non era più una strega e lui era troppo bravo a capire le persone per non accorgersene.

Sapeva esattamente cosa significava quell'espressione.

Ma era ovvio che lei non ne volesse parlare con lui.

– Cosa è successo? - chiese il mago.

– Mi fa arrabbiare - rispose lei.

Lo disse con una voce così infantile e dolce che Merlino ebbe un attimo di infinita tenerezza e sperò con tutto il cuore che prima o poi sarebbe arrivato il suo turno e che lei avrebbe parlato così di lui. O con lui.

– Ah. Per cosa?

Kendra alzò le spalle.

– Non lo so. Mi fa arrabbiare e basta. Probabilmente ho i nervi a fior di pelle per questa… questa cosa dell'assenza di magia.

Merlin sapeva che non era così, ma volle crederci.

– Sì, è sicuramente per quello. Ti abituerai. Anche se Artù continuerà a essere insopportabile.

Il sorriso di Kendra era debole e distratto e Merlino sentì un'altra stretta al cuore.

– Devo… andare – disse. Doveva smetterla di prendere in giro sé stesso.

– Sì, anch'io. Ci vediamo, Merlino…

Kendra si allontanò senza un altro sguardo, lasciandolo solo a fissare il corridoio. Sospirò e proseguì, cercando di scacciare il pensiero dalla testa.

Entrò nella camera di Artù e appoggiò il vassoio della colazione sul tavolo.

– Sire, la colazione.

Artù era seduto sul letto, mezzo vestito e si rigirava un gambaletto dell'armatura fra le mani.

– Sire?

Il principe sobbalzò e si voltò verso di lui.

 

 

ARTHUR P.O.V.

 

Non si era minimamente accorto che Merlino era entrato nella stanza.

– Ah sì, grazie.

Doveva essere sembrato piuttosto strano che avesse risposto "grazie", perché il suo servitore si avvicinò a lui e lo guardò con aria strana.

– Dovete mangiare prima di andare a caccia.

Si alzò e si avvicinò al tavolo, mentre Merlino gli sistemava il collo della camicia scuotendo la testa.

– Ve la siete infilata dalla parte giusta, almeno. – disse. – Perché Kendra non è qui a vestirvi? Siete completamente incapace di farlo da solo.

– Se n'è andata.

– Perché?

Artù sollevò le spalle e morse una mela.

– Prossima volta niente mela, solo carne - disse.

– Avete bisogno di vitamine.

– Sono io il principe e decido io.

– Come avete deciso del vostro matrimonio?

Il gelo cadde nella stanza.

Artù si voltò verso Merlino, interdetto e non riuscì a trovare le parole.

Non capiva da dove veniva quella fredda voce sarcastica. Non apparteneva al suo servitore. Più che irritazione, Artù si sentì quasi ferito.

Merlino abbassò gli occhi.

– Scusate, l'ho detto in un modo troppo rude. Volevo solo dire… lo sapete.

Si guardarono. Artù non rispose. Lasciò la mela sul vassoio e si voltò di nuovo verso la porta.

Lo sapeva, sì. Sapeva bene cosa intendesse Merlino, avevano potuto ometterlo fra di loro e far finta di nulla, ma il giorno era alle porte.

Non potevano più mentire. Artù non poteva più mentire.

– Kendra non lo sa, vero? – mormorò Merlino.

Artù si sentì premere le lacrime agli occhi, che subito ricacciò indietro con convinzione. L'argomento era rimasto sospeso su di lui e il suo servo troppo a lungo per essere ignorato ancora.

Perfino quando altri servitori avevano preso le misure dell'abito da cerimonia di Artù, perfino quando i cuochi avevano fatto portare la lista del menù da scegliere.

Né Artù né Merlino l'avevano detto a Kendra e Merlino aveva iniziato a far dire nel castello sotto ordine di Artù, che il principe voleva assoluto riserbo anche fra i servi, se non quelli strettamente necessari e che non voleva sentir parlare di quella cosa fino a che non fosse stato ufficiale. Era diventato quasi un gioco, o così pareva. Artù e Merlino sapevano che era ben diverso dall'essere divertente.

Così Kendra non lo aveva mai saputo. Era giunto in suo aiuto il fatto che la sua serva sembrava in un altro mondo da dopo la faccenda del Lago e quindi probabilmente neanche si era fatta troppe domande sulla misteriosa serata speciale.

Ma prima o poi avrebbe dovuto saperlo e Artù aveva procrastinato il momento fino a quando avrebbe capito di essere pronto.

Non era ancora pronto.

– Non so perché non riesco a dirglielo – disse Artù con gli occhi rivolti alla colazione. – Non riesco. Sento che… spezzerei il cuore di qualcuno.

Non aveva mai parlato in quel modo a Merlino, con il cuore così aperto. Non riusciva però ancora ad ammettere di essere innamorato di lei, anche se sapeva che Merlino lo sospettava. Quel "qualcuno", sperava che non fosse soltanto sé stesso e nello stesso tempo, temeva la delusione sul volto di Kendra, se i suoi desideri fossero stati esauditi.

Si trovava a metà fra il desiderio di essere ricambiato e la paura di farla soffrire.

– Artù, dovete dirglielo. Stasera. Non avete più tempo.

Artù annuì.

– Hai ragione. Troverò un modo per dirglielo. Devo essere io a farlo.

Artù impugnò la spada e lasciò la carne sul vassoio.

Gli era passato l'appetito.

Non riusciva a pensare a niente se non al fatto che due giorni esatti dopo, a quell'ora, si sarebbe svegliato nel letto con una donna al suo fianco, una donna che non amava e che aveva detto accettato di diventare sua moglie.

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Capitolo 22
*** Doccia gelida ***


22. Doccia gelida

 

Ciaooo!

Sono in un ritardo spaventoso ma purtroppo sembra che gli impegni continuino ad aumentare.

Spero tanto che vi piaccia questo capitolo, molto molto melodrammatico. Nonostante sia molto semplice e sia tutto un Kendra POV, spero di aver reso bene i sentimenti dei personaggi.

paige95: tesoraaaaa, dimmi che ne pensi, sono curiosissima di sentire il tuo parere!

Grazie grazie grazie a tutti voi.

Fate un giro sulla pagina ufficiale di Merlin Italia di cui sono editor: Merlin * •Italian Page•*, l’unica ufficiale di Merlin Italia. :)

 

Love <3 <3 <3

Oxis

 

 

KENDRA P.O.V.

 

Era quasi ora di cena quando Kendra si presentò nella camera del principe con una pila di vestiti puliti e piegati e solo una sfumatura d frustrazione in corpo.

Artù era sdraiato sul letto e quando si alzò di scatto, come se fosse stato colto in flagrante a fare qualcosa di sconveniente.

– Kendra.

– Sire.

Appoggiò gli abiti del principe sulla sedia accanto al paravento e rimase in piedi a guardarlo con aria truce.

– Ce l’hai ancora con me per ieri mattina?

Lei non rispose.

– È perché non ti ho permesso di venire alla battuta di caccia? - sorrise Artù

– Sì. – rispose semplicemente lei, arrossendo perché dopotutto non aveva nessun diritto di pretendere che il principe di Camelot le permettesse di accompagnarlo nei boschi. Distolse lo sguardo proprio mentre il sorriso sul viso del giovane Pendragon si spense.

– Mi dispiace. Sono stato un po' eccessivo.

Kendra alzò gli occhi su di lui alzando le sopracciglia.

Artù non avrebbe mai dovuto dare spiegazioni a una serva sulle sue decisioni, né tantomeno chiederle scusa, ma Kendra sapeva che lui stesso si in dovere di farlo e doveva ammettere che le dava uno strano piacere.

– Allora, mi perdoni?

Artù le si era avvicinato e sorrideva in attesa, con il volto un po' abbassato e lo sguardo sfrontato.

Kendra non riuscì a evitare a un sorriso di salirle alle labbra.

– Vedremo.

– Lo so che le mie scuse ti hanno lasciata senza parole - la punzecchiò lui, avvicinandosi e scegliendo una camicia bianca dalla pila di vestiti puliti.

– Non mi stupisco così facilmente – ribatté lei, arrossendo di nuovo – Scegliete questa – aggiunse poi pescando dalla pila una camicia azzurra e porgendogliela.

Artù si tolse la casacca che indossava, guardando ostentatamente la sua serva, che cercava di non far scendere lo sguardo oltre il collo del giovane, ma con scarsi risultati.

– Perché l’azzurro? - chiese.

– I vostri occhi sono azzurri. - rispose sentendosi incredibilmente stupida.

– Ah, interessante. – replicò Artù, cercando di allacciare un bottone senza grandi risultati.

Kendra sbuffò, reprimendo il nervosismo e lo aiutò.

– Vi divertite? – mormorò risentita - Io non sono come quelle che abbindolate di solito, sapete?

Lo sguardo di Artù era insostenibile, il suo sorriso si spense e la sua voce si fece più seria.

– E come saresti, invece?

Kendra sentì le guance in fiamme. Cercò di non toccare la pelle di Artù, mentre abbottonava la camicia che lei stessa aveva scelto.

Il principe non sembrava più in vena di scherzare. La guardò mentre finiva di vestirlo e non si mosse neanche quando lei prese la giacca e gliela fece indossare.

– Devo dirti qualcosa a proposito di stasera – esordì.

Kendra avvertì una strana sensazione nelle sue parole. C'era qualcosa di importante che stava per dirle?

– Ci saranno quattro città a rendere omaggio al principe erede al trono. -– mormorò.

– Che onore.

Avvertì la difficoltà di Artù di proseguire il discorso.

– Puoi indossare un abito da cerimonia – continuò il principe.

Era ovvio che non era quello che avrebbe voluto dirle.

Kendra rimase in attesa senza mettergli fretta.

Artù si avvicinò a lei e all'improvviso si rese conto che erano molto più vicini del normale. Lei riusciva a vedere ogni sfumatura degli occhi del principe. Azzurri, con sfumature grigie. Penetranti.

– Non possiedo abiti da cerimonia – rispose lei.

– Chiederò a qualcuno di fartene portare uno.

– Sarà uguale a quello dell'ultima volta. Che penseranno le dame di corte? – disse Kendra sforzandosi di stemperare la tensione.

– Non credo lo noteranno.

– Grazie mille – ribatté lei fingendosi offesa.

Artù sollevò le sopracciglia e goffamente le prese una mano, poi sembrò ripensarsi all'ultimo secondo e sfiorò per un attimo il polso della ragazza, prima di allontanarsi e voltarsi dall'altra parte.

– Non volevo dire… Io…

Non sembrava in sé.

– Artù, calmatevi. Stavo scherzando. E poi sono abituata alle vostre frecciate sarcastiche – commentò Kendra con una risata.

Il principe non rispose.

– Sentite, forse potete dirmi qualunque cosa volete dirmi stasera, con un po' di vino in corpo – propose lei vedendolo chiaramente sconvolto – Tanto presumo che sarò io quella che dovrà versarvelo, come sempre. Io ora devo scappare, sire. Ho parecchie faccende da sbrigare prima della festa.

Artù si voltò verso di lei. Era sul punto di dire qualcosa, ma non riusciva a pronunciare una sola parola.

Kendra aprì la porta e sorrise ad Artù, poi uscì. Percependo le emozioni delle persone con così tanta chiarezza le pareva di voler mettere a proprio agio tutti, nonostante quello strano comportamento del principe la preoccupasse.

 

Kendra uscì dalla sua camera solo un'ora più tardi, con una strana emozione in corpo e percorse in fretta il corridoio. Aveva trovato il vestito sul letto. Nero, semplice ed elegante. Sembrava ancora una serva, ma le sembrava di essere in qualche modo più attraente e questo le provocò uno strano piacere che non ricordava di avere mai provato. Forse l'assenza di magia non solo le aveva donato un nuovo contatto con gli altri esseri umani, ma aveva anche migliorato il rapporto che aveva con sé stessa.

Si era sorpresa con un sorriso a pettinarsi i capelli rossi intrecciandoli con cura. Era abbastanza soddisfatta del suo aspetto.

Quando arrivò alla scalinata, Artù era davanti all'ingresso, nella sua camicia azzurra sotto la casacca scura, che discorreva con suo padre e un signore distinto che sembrava apprezzare ciò che diceva il principe.

L'atmosfera era festosa e curiosamente diversa dalle solite feste.

Erano arrivati altri cavalieri e dame da altri regni e Kendra notò un paio di persone che avevano tutta l'aria di essere reali.

Per la prima volta, si chiese che cosa fosse quella serata e cercò di fermare una serva, prima che quella le sfrecciasse accanto senza degnarla di un'occhiata.

Un desiderio pungente e vanesio le toccò il cuore: avrebbe voluto che Artù si voltasse verso di lei e la vedesse.

Rimase delusa e sorrise di sé stessa, mentre scendeva i gradini della scalinata con lo sguardo fisso sul principe, che però le dava le spalle.

Girò su sé stessa in cerca di Merlino. Non aveva voglia di passare la serata in compagnia delle altre serve, non c'era nessuna che le andasse a genio.

Kendra seguì un paio di serve che entrava nella sala del trono, chiedendosi distrattamente perché gli invitati non stessero andando nella sala da pranzo. Era ora di cena.

Serpeggiava una strana frenesia fra le persone. Nella sala calò il silenzio presto e tutti presero posto, perfino i servitori erano ammassati contro il muro.

Artù e Uther percorsero la navata, seguiti dal signore che, solo ora Kendra se ne rese conto, portava una corona, e un paio di dame dietro di loro vestite con abiti di lusso, probabilmente la moglie e la figlia e si voltarono verso la platea.

Uther aveva un sorriso fremente stampato sul volto, Kendra non l'aveva mai visto così fuori di sé.

– Credo che sia arrivato il momento – esordì.

Kendra notò Artù lanciarle un'occhiata spaventata. Qualcosa non andava, lo capì immediatamente.

– Da padre e da re, sono orgoglioso di fare questo annuncio. – disse Uther – È con mia grande gioia che annuncio il fidanzamento ufficiale di mio figlio Artù con la figlia del re Thomas di Felton, Lady Oylenn.

Le parole di Uther ebbero un effetto del tutto inaspettato su Kendra. Fu come se una spada le si fosse conficcata nello stomaco all'improvviso.

Lo scroscio di applausi e di grida entusiaste contrastava con la sensazione di stordimento che provava lei. Per un attimo credette di non aver capito. Fidanzamento ufficiale? Chi era Lady Oleynn?

La sua domanda disperata ebbe una risposta quasi subito. Una ragazza, con uno splendido abito dorato, saliva i gradini e porgeva la mano ad Artù.

Si voltò verso il pubblico con un sorriso radioso. Kendra si sentì spezzare d'invidia e dolore in un modo tanto brusco che faticava a respirare.

Lady Oleynn era bellissima. Aveva i capelli di un rosso chiaro, più biondo rispetto al rosso cupo di Kendra e la pelle luminosa di una futura regina. Kendra abbassò lo sguardo ma si costrinse a rialzarlo.

Addirittura i capelli rossi come lei. Aveva voluto proprio divertirsi nel cercare il buon partito.

Artù sorrideva, mano nella mano con la sconosciuta.

Come aveva potuto non dirglielo?

Kendra sentì gli occhi riempirsi di lacrime, contro la sua volontà. Era il principe.

E di colpo, tutte le sue certezze, le sue illusioni, i suoi teneri sogni si frantumarono uno dopo l'altro.

Scosse la testa, cercando di scacciare la nebbia che aveva offuscato la sua capacità di pensare, mentre un torrente di delusione la travolse.

L'aveva sempre presa in giro. Tutti quei momenti… come aveva potuto pensare anche solo per un attimo che il principe di Camelot avesse provato qualcosa di più della semplice simpatia per lei?

La sua serva.

Gli occhi del principe cercarono per un istante quelli di Kendra. Erano senza espressione.

L'ultimo colpo al cuore.

Come se fosse in un sogno, Kendra indietreggiò, incapace di restare in quella stanza un secondo di più e scappò via.

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Capitolo 23
*** Accadde all'improvviso ***


23. Accadde all'improvviso


 

Ciao a tutti!

Ci stiamo avvicinando alla fine. E questo è uno dei capitoli che mi sta più a cuore.

paige95: grazie mille per le tue parole, come al solito. Spero che ti piaccia questo capitolo, fammi sapere :)

Grazie grazie grazie a tutti voi.

Fate un giro sulla pagina ufficiale di Merlin Italia di cui sono editor: Merlin * •Italian Page•*, l’unica ufficiale di Merlin Italia. :)

 

Tanto love <3

Oxis

 

 

MERLINO P.O.V.

 

Artù vide Kendra sparire dalla sala e non riuscì a mantenere il sorriso. Rimase lì, con la mano che reggeva una mano piccola e morbida appartenente a una ragazza radiosa, bellissima, che gli sorrideva al suo fianco.

Tutta quella situazione gli sembrava sbagliata e surreale, eppure non riusciva a trovare una via d'uscita. Nella sua mente si affollavano scene in cui diceva a suo padre che non poteva sposarsi, scene in cui lasciava sull'altare Lady Oleynn… ogni cosa gli pareva assurdo e infattibile.

Non poté allontanarsi durante la cena e l'unico momento in cui Merlino fu a portata d'orecchio e gli chiese se l'avesse vista, il suo servitore scosse la testa abbassando lo sguardo. Il principe fremeva di impazienza ma fu costretto a restare a tavola con la sua futura sposa.

Kendra non si fece vedere a cena e neanche al ballo in onore degli ospiti.

Così fu Artù ad andare in camera della sua serva, quando già il castello era buio e silenzioso, tutti erano addormentati e perfino Merlino aveva smesso di guardarlo con quell'aria di biasimo e se n'era andato.

Dovette aspettare parecchio prima che Kendra tornò in camera. Artù aspettò al buio fino a quando gli occhi non gli si chiusero.

Il rumore della porta che si apriva lo fece sobbalzare. Kendra entrò, senza accorgersi della sua presenza, sbatté la porta dietro di sé e si sedette sul letto, senza muoversi più e con lo sguardo fisso davanti a sé.

Artù sentì una fitta al cuore e prima che avesse deciso cosa dirle, si alzò dal pavimento e si tolse dall'ombra.

Kendra sussultò alla sua vista e scattò in piedi. Poi lo riconobbe.

– Cosa ci fate nella mia stanza? Non vi ho dato il permesso di entrare!

Artù la ignorò e si avvicinò a lei ma Kendra indietreggiò. Quando parlò, la sua voce era una protesta e un rimprovero.

– Quando avevate intenzione di dirmelo, che vi sposate? Un'ora prima della cerimonia settimana prossima?

– Avrei dovuto…

– Voi non avete fatto altro che…

Le morirono le parole in gola, per il pianto e per la frustrazione. In fondo non aveva mai avuto nessun diritto su di lui e lo sapeva bene. Ma quando i loro occhi si incontravano, quando ridevano insieme, quando erano nel bosco, e tutte quelle frecciatine che si lanciavano continuamente… Kendra si sentiva come una ragazza qualunque e non come la serva del principe di Camelot. Aveva imparato a convivere con quel sentimento che giorno dopo giorno aumentava di intensità dentro di lei e per qualche motivo, era stata convinta per qualche attimo felice, che lui la ricambiasse.

Ma non poteva biasimarlo. Lui doveva sposarsi un giorno, era il suo destino. E non prevedeva che lei ne facesse parte.

Artù le prese le spalle. Quel tocco provocò in Kendra una strana reazione. Voleva allontanarsi da lui ma non riusciva a sottrarsi alla sua presa.

– Kendra…

Lui l’aveva ingannata. Le aveva fatto credere che poteva esserci qualcos’altro, qualcosa di più di una relazione servo-padrone. E adesso si sentiva così stupida e umiliata per aver pensato anche solo una volta, che un principe avrebbe potuto pensare a lei in un modo diverso da quello di un reale che scambia due parole ogni tanto con chi gli fa il bucato.

– Siete soltanto un…! – eruppe senza controllo con le lacrime agli occhi. Non riuscì a finire la frase da quanto il suo viso e tutto il suo corpo traboccasse di odio.

Artù la fissò negli occhi e si sentì male.

In quel momento fu come se ogni cosa non detta in quei mesi, uscisse e riempissi finalmente il silenzio fra di loro. Non c'era più bisogno di mentire, di fingere, di fare frecciatine. Era evidente solo adesso quanto entrambi tenessero uno all'altra.

E sotto questo peso che lo schiacciava, per quello che lo aspettava e per la sua vita che di lì a qualche giorno sarebbe cambiata, Artù cercò la mano di Kendra e la tenne stretta.

Era ruvida e forte, non come quella di Lady Olyenn, tenera e morbida. Era la mano di una guerriera. 

Si protrasse verso di lei e la avvolse con le braccia, stringendola contro di sé.

Avvertì il suo stupore, ma Kendra non si allontanò.

Rimasero lì, immobili, stretti uno all'altra, come se si aggrappassero con tutta la forza che avevano.

– Perché? – mormorò Kendra, con la voce soffocata dalla sua spalla. Sentiva il calore del suo corpo che lo riempivano di una gioia disperata.

Non riuscì a rispondere. Cosa doveva risponderle?

– Perché sono stata così stupida da assecondare i vostri giochetti? – disse ancora Kendra. La frase traboccante di rabbia e frustrazione vibrò nell'aria e si abbatté sul principe con una forza devastante.

– Se solo tu… – sussurrò con voce rotta. Ma non sapeva cosa dire, si sentiva frastornato.

La sentì muoversi, pregò che non se ne andasse, ma poi si raddrizzò e sciolse l'abbraccio.  

 

 

KENDRA P.O.V.

 

– Se solo tu… – mormorò il principe.

Di colpo, Kendra cadde nella realtà e le parole di Artù la schiaffeggiarono in pieno viso.

Se solo tu… cosa? Stava per dire "se solo tu fossi una principessa", o qualcosa del genere?

Kendra sentì la rabbia montarle dentro e si staccò dalla stretta di Artù, senza guardarlo.

Non aveva intenzione di scusarsi per la propria posizione sociale, era fiera di essere nata nella famiglia dove era nata, e non voleva certo diventare una di quelle con la puzza sotto il naso e gli abiti eleganti, preoccupate di non fare più di due passi fuori dal castello per non sporcarsi le suole della scarpe.

– Se solo tu… cosa? – lo sfidò a mento alto.

Non lasciò tempo ad Artù a rispondere, si voltò subito dall'altra parte.

A un tratto le parve che non ci fosse mai stato niente in comune fra loro.

– Andatevene. – disse  senza sollevare lo sguardo.

– Ma… cosa…?

– Andate… VIA! – urlò.

L'urlo rimase sospeso nella stanza come una presenza concreta.

Kendra avvertiva lo sguardo di Artù che cercava i suoi occhi, ma il principe non osava più avvicinarsi a lei.

Un boato improvviso li fece sobbalzare, seguito da un rumore sempre più insistente proveniente dal corridoio. Rumore di gente che urlava. Artù si girò di scatto verso la porta, ed estrasse la spada.

Kendra aprì la porta e uscì nel corridoio con il cuore in gola.

Urli e grida, rumori di spade.

– Artù!

Un grido più vicino degli altri. Artù uscì in fretta dalla stanza di Kendra e lei lo seguì. 

Una guardia reale, Kendra la riconobbe dal viso ma non indossava l'armatura, stava correndo incontro a loro con la spada levata in alto.

- Sire… Ci stanno attaccando.

Il cuore di Kendra si fermò per la seconda volta in pochi secondi. Vide Artù impallidire, poi il momento passò e il suo volto assunse un’espressione impavida e risoluta.

Fu la vista di quel viso così fermo e deciso che provocò una fitta nel cuore di Kendra. Era nato per combattere, così come era nato per sposare quella Lady Olyenn.

Artù si voltò verso di lei e la guardò con un nuovo sguardo e disse ciò che Kendra meno si aspettava.

– Resta qui.

Capì che in quella frase c'era tutto ciò che le aveva sempre tenuto nascosto. Non voleva che combattesse. Ora vedeva la preoccupazione sul suo volto.

– No.

Le parole le uscirono in un soffio. Avrebbe combattuto al suo fianco.

Non poteva impedirglielo, dopotutto.

– Prendo la spada – disse.

Con un ultimo sguardo, Artù raggiunse il Cavaliere oltre la scalinata e Kendra tornò in camera.

Si slacciò in fretta il vestito da cerimonia e si infilò un paio di calzoni e gli stivali e si allacciò il corpetto di metallo della sua armatura quando era già in corridoio, con la spada che dondolava al fianco.

Nel castello c'era un putiferio. Non vide uomini, ma solo moltissime donne, vecchi e bambini che preparavano medicamenti e bende. Un trambusto impressionante impediva a Kendra di avvicinarsi al portone d’ingresso del castello. Afferrò una donna per una manica e la costrinse con uno strattone a prestarle attenzione.

– Cosa è successo? Dove sono i Cavalieri?

Lei scosse la testa spaventata. Sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.

– Dove?

La donna indicò il lato ovest di Camelot.

Kendra si lanciò verso il portone principale, sgusciando fra le persone.

In un secondo era uscita, facendosi largo tra i soccorritori che trasportavano feriti. C'erano feriti gravi.Come avevano fatto ad arrivare al cuore di Camelot così in fretta?

Corse rischiando di cadere sui ciottoli della strada e di inciampare nelle macerie che avevano provocato le esplosioni.

Poi lo vide.

Un enorme creatura che volava nel cielo, più grande di un drago, con ali nere e occhi rossi, puntava verso il cuore della cittadella. I Cavalieri stavano combattendo più avanti e Kendra vide l’orda di soldati in armatura nera che premeva per entrare nella città alta. Erano meccanicamente letali.

I Maledetti. Erano stati loro a mandare il mostro, allora. Kendra alzò lo sguardo, ma non c’era più.

Sentì una strana tensione salirle nello stomaco e prendere la testa, che iniziò a pulsare. All’improvviso il mondo intorno a lei sembrò affievolirsi e una voce spaventosa le invase il cervello, tuonando nelle sue membra.

Non avresti dovuto farlo, Dama.

Kendra si guardò intorno, ma nessuno l’aveva sentita oltre a lei.

Ebbe paura. Di chi era quella voce?

Lo vedrai.

Kendra alzò la spada e corse per raggiungere i Cavalieri di Camelot, molti dei quali non indossavano l'armatura.

– Kendra!

Si voltò di scatto col cuore in gola. Artù era davanti a lei, in mano la spada insanguinata, il viso stravolto e teso per la fatica.

Si fissarono per un attimo, la sorpresa di Artù diventò rabbia e terrore.

– Dovevi restare nel castello!

Kendra non sapeva cosa rispondere, ma un colpo alla schiena le risparmiò la fatica.

Si voltò, bloccando la spada di un cavaliere nero. Per un attimo vide i suoi occhi, spenti e senza iride e trasalì. Bloccò altri due colpi, poi afferrò il collo del suo avversario e affondò la spada nel suo petto. Lo lasciò andare quando si accasciò a terra. Si voltò verso Artù, che stava combattendo con altri due cavalieri.

Kendra vide la scena come a rallentatore.

Un terzo Maledetto si liberò dalla presa di un Cavaliere di Camelot, girò su stesso e con un movimento fluido alzò la spada e la puntò verso il cuore di Artù.

L’urlo di Kendra non venne sentito dal principe che si muoveva scaltro, ma non aveva visto il pericolo dietro di sé. La lama lo trapassò da parte a parte e lui si accasciò a terra.

Furono le mani di Kendra a fare tutto, lei era così sconvolta che non riuscì a pensare. Poi sentì uno strano calore guidarla, che la spinse ad alzarsi e, obbediente, ad allungare le mani verso i nemici. Avvertì una strana forza dentro di sé, un potere mai provato prima.

Era tornata una strega? Non era possibile.

Il potere nacque da lei e si liberò con forza, colpendo i Maledetti, che si riversarono a terra immobili. L’urto sconvolse anche Kendra, che perse l’equilibrio e, spinta dallo sforzo cadde a terra.

Incredula si rialzò e corse verso il corpo esanime del principe.

– Artù!

Lo voltò e un sollievo enorme la pervase. La lama aveva colpito la spalla. Il sangue si riversava copiosamente intorno e il viso di Artù era pallido, ma la spada non aveva toccato organi vitali. Le sue mani si sporcarono del suo sangue, mentre lei tentava di fermare l'emorragia.

Gli occhi del principe si aprirono e la sua bocca si socchiuse.

Fu l’ultima cosa che Kendra vide, il volto di Artù a metà tra l’esausto e il commosso.

Poi un colpo dietro la nuca le fece esplodere la testa di dolore e piombò nel buio.

 

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Capitolo 24
*** Lady Oleynn ***


24. Lady Oleynn


 

Ciao a tutti!

Oggi conosciamo per la prima volta la futura sposa di Artù.

Ditemi che ne pensate e come credete che vada avanti la storia ;)

Intanto ringrazio paige95 che con le sue parole mi è sempre vicina e mi sostiene puntualissima, ogni settimana. Praticamente quando scrivo penso sempre se piacerà a te :D

E ringrazio Always_Merthur per il suo incoraggiamento perché mi sono emozionata nel sapere che avevo catturato l'attenzione di qualcuno che solitamente non legge questo genere di coppia. Grazie mille per le tue parole, davvero.

Fate un giro sulla pagina ufficiale di Merlin Italia di cui sono editor: Merlin * •Italian Page•*, l’unica ufficiale di Merlin Italia. :)

 

Love e ancora più love <3

Oxis

 

 

ARTHUR P.O.V.

 

Artù stava fissando il volto di Kendra e nel delirio pensò come sarebbe stato baciarla lì, in quel momento. Forse non avrebbe avuto più tempo dopo, forse stava morendo. Pensò disperatamente che aveva perso troppo tempo e aveva sprecato tante occasioni.

Kendra si chinò su di lui, controllò la ferita e le lesse in volto il sollievo.  Tentò di parlare e si rese conto che il suo impedimento era dovuto all'emozione. L'aveva salvata un'altra volta, quel boato, quell'energia… era stata lei.

Voleva dirle qualcosa. Voleva dirle che si era innamorato di lei.

– Kendra… – mormorò, ma forse l'aveva solo immaginato.

Poi un boato forte, Kendra si voltò, poi la vide trascinata lontano da lui e uscì dal suo campo visivo.

Udì la sua voce che urlava il suo nome. Provò ad alzarsi, ma non ci riuscì. La spalla irradiava dolore bruciante.

Qualcuno stava la portando via. L'ultimo movimento che fece, gli provocò una forte emorragia, si lasciò cadere indietro esausto e perse i sensi.

Si risvegliò su una superficie dura e udì il trambusto e le urla intorno a sé. Quando aprì gli occhi, vide due ragazze che gli si affaccendavano intorno. La spalla gli bruciava ancora di un dolore lancinante e ricordò il colpo della lama avversaria.

  • Kendra… - mormorò quasi involontariamente.

Una ragazza si fermò e lo guardò. Aveva gli occhi tesi e ansiosi, gli pose una mano sulla spalla. 

Artù sentì un moto di fastidio salirgli alla gola e allontanò la mano della serva in malo modo. Le ragazze infermiere lo guardarono perplesse.

Era stato disteso su una tavola e non indossava più l'armatura. Artù si alzò dal tavolo e cercò di reggersi in piedi. Strinse forte la fascia sulla spalla, e tentò di respirare profondamente. Dov'era la sua spada? Odiava quando gliela toglievano.

– Artù, non potete uscire! – era Merlino, che lo bloccò con un braccio proprio mentre lui si era trascinato fino al portone sprangato.

– Io devo… devo andare a…

Vide gli occhi del giovane stringersi per lo sforzo di comunicargli qualcosa. Capì che Merlino sapeva.

– Dov'è?

– Non lo so, Artù. L'hanno… qualcuno l'ha portata via. – mormorò Merlino.

Artù si sentì mancare la terra sotto i piedi.

– Che cosa hai visto?

– Artù… Un Maledetto l'ha presa e l'ha caricata su un cavallo. È scappato con lei, io ero troppo lontano per poter…

Artù si dimenò dalla sua presa e gemette per il dolore alla spalla.

– La ritroveremo – sibilò Merlino cercando di trattenerlo per un braccio – è una promessa.

I due giovani si fissarono intensamente e in quel momento, Artù sentì un improvviso senso di sollievo. Aveva Merlino. Aveva il suo amico.

– Allora devi aiutarmi a ritrovarla.

Merlino lo lasciò andare e lui corse fuori dal castello. C'era uno spettacolo raccapricciante. A terra e dovunque, i corpi di decine di cavalieri e abitanti di Camelot. Sentì le lacrime premergli contro le palpebre. Il suo popolo era stato decimato.

La battaglia era finita. I Maledetti erano spariti e i Cavalieri di Camelot, quelli rimasti, giravano intorno alla piazza davanti al castello, con la testa bassa e il passo pesante.

Vide suo padre andargli incontro e lo raggiunse.

– Padre!

Uther era composto come al solito, ma sul suo volto si leggeva distintamente la paura.

– Il regno è sotto attacco. Hanno decimato la popolazione. Ora se ne sono andati, ma dobbiamo recidere questo potere alla radice. È opera di magia.

Artù era così sconvolto che fu sul punto di urlargli addosso che una strega gli aveva appena salvato la vita.

– Cosa è successo qui? – chiese, indicando il punto in cui era stato ferito e Kendra l'aveva protetto.

– Probabilmente hanno provato ad attaccare con la magia, ma gli si è ritorta contro – commentò il padre guardandosi intorno con aria furtiva – ci ritiriamo, richiamo le truppe.

– Dobbiamo seguirli…

Uther alzò una mano.

– La guardia non è al completo. Non farò uscire i miei uomini a vuoto per essere ammazzati come formiche uno dopo l'altro. Prepareremo una contro offensiva fra qualche giorno.

Artù si premette gli occhi con una mano, cercando di ragionare in modo logico. Se Kendra era stata rapita pochi minuti prima, c'era una possibilità di ritrovarla. Potevano andare al covo dei Maledetti, c'erano già stati prima.

– Vai a riposarti. – disse Uther, poi si rivolse a Merlino – Portalo nelle sue stanze e fai in modo che ci rimanga. Questo è un ordine.

Si allontanò senza un'altra parola.

Artù non ebbe altra scelta che farsi sorreggere da Merlino fino in camera sua. La spalla gli doleva molto e la fasciatura era già da cambiare.

– L'attacco si è fermato all'improvviso – disse Merlino.

Era stata Kendra a farlo fermare, Artù lo sapeva. Strinse forte gli occhi e l'immagine di Kendra che si voltava verso di lui gli apparve vivida nella sua mente.

– Prepara i cavalli. Partiamo subito – disse guardando oltre la finestra.

Merlino gli si avvicinò.

– Il re ha dato l'ordine di rafforzare le pattuglie intorno al Castello, per evitare un altro attacco a sorpresa... Non è possibile uscire senza che se ne accorga. Dobbiamo… dobbiamo prepararci e pensare bene a come uscire da Camelot, ma non sarete di nessuno aiuto se morite dissanguato per strada.

– Ma io devo andare a cercarla. Perché hanno preso lei?

Appena lo disse, si rese conto che forse la ragione del rapimento di Kendra era proprio che lei era una strega. La coincidenza era troppo strana.

Doveva dirlo a Merlino. Ma era sicuro di potersi fidare di lui?

– Merlino…

Il suo servitore lo guardò in attesa.

– Io credo… io non capisco perché l'abbiano presa. Che ragione potrebbero avere?

Merlino distolse lo sguardo e scosse la testa.

– Non lo so, Sire. Forse non è stata l'unica a essere presa.

– O forse ci sono delle cose di lei che non sappiamo…

Lo sguardo allarmato di Merlino gli fece cambiare idea repentinamente: non poteva rivelargli la vera natura di Kendra. Si fidava di Merlino, ma non poteva rischiare, non con suo padre allerta, pronto a trucidare chiunque avesse parlato di magia.

– Artù… Dobbiamo aspettare.

Artù si rialzò a fatica dal letto. In ogni caso il suo servo aveva ragione, non avrebbero fatto tre metri di strada finché lui non si fosse rimesso completamente.

Mentre cercava di pensare a una soluzione per accelerare i tempi di ricerca, qualcuno bussò alla porta, facendolo sobbalzare.

Merlino andò ad aprire.

Era Lady Oleynn.

– Mio signore… – mormorò con un sorriso timido affacciandosi nella camera.

– Mia signora – rispose Artù meccanicamente.

– Mi hanno detto che siete stato ferito, come state?

– Non è nulla. Guarirò presto. Grazie, Lady Oleynn.

Cerco di sorriderle ma non ci riuscì.

– Ormai direi che potete chiamarmi Oleynn.

Merlino dondolò sul posto, guardando ostentatamente il soffitto. Artù giurò di sentire un colpetto di tosse e arrossì.

– Bene… Oleynn, io dovrei…

– Posso?

La ragazza entrò nella stanza e sorrise a Merlino. Si avvicinò ad Artù e gli posò una mano sulla spalla, guardando la ferita.

– Oh, non vi preoccupate… Vi sporcherete – disse Artù tentando di dissuaderla, ma lei sorrise di nuovo.

Aveva un sorriso dolce e tranquillo. Lui la guardò mentre sollevava la benda e gliela sistemava più stretta intorno alla spalla.

– Quello che è successo è una tragedia… – mormorò Oleynn – mi dispiace molto. Doveva essere un giorno felice e invece… Spero non sia per causa nostra.

– Causa vostra?

– Del nostro arrivo qui a Camelot. Sembra fatto apposta – rispose con voce triste Oleynn.

Artù non rispose e fu lieto che Merlino lo fece per lui con la diplomazia di cui lui non era capace in quel momento.

– Mia signora, non lo dite neanche per scherzo. I Maledetti ci avevano già attaccato molto prima del vostro arrivo.

Oleynn sembrò sollevata, poi prese una mano di Artù.

– So che avete la mente impegnata e non pretendo che sia diverso. Siete un principe e dovete pensare al vostro popolo prima di tutto. Ma se… se vorrete distrarvi o stare tranquilli per qualche ora, potrete accompagnarmi per i preparativi del matrimonio, come prevedeva il programma. Solo per… insomma, se avrete bisogno di staccare.

Artù la guardò e lei subito arrossì e abbassò la testa.

– Io… mi dispiace, non volevo dire… Ovviamente non avete tempo…

– So cosa volevate dire. Vi ringrazio molto – rispose Artù e per la prima volta, il sorriso era sincero.

Oleynn gli strinse la mano.

– Voglio solo ricordarvi che ora potete contare su di me, per qualsiasi cosa.

La mano piccola e morbida lo lasciò e lei sgusciò via nella stanza. Rivolse un piccolo inchino a Merlino, che intenerì Artù e uscì.

Merlino si voltò verso di lui.

– Questo rende tutto più complicato.

Artù sapeva a cosa alludesse il suo servo, ma scosse la testa. Per quanto potesse essere adorabile la sua futura sposa, il suo cuore apparteneva a un'altra.

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Capitolo 25
*** Senza Kendra ***


25. Senza Kendra

 

Ciao a tutti!

Sono in ritardo, davvero perdonatemi. Non riesco a stare al passo con tutto ciò che ho da fare. Ma finalmente pubblico di nuovo e spero che vi piaccia il nuovo capitolo <3

Grazie a paige95, hai intuito qualcosa ma non tutto… i tuoi dubbi verranno presto soddisfatti :D

Grazie a Always_Merthur, fammi sapere che ne pensi di Lady Oleynn dopo aver letto questo capitolo… sono molto curiosa di conoscere i tuoi pensieri...... :D

Fate un giro sulla pagina ufficiale di Merlin Italia di cui sono editor: Merlin * •Italian Page•*, l’unica ufficiale di Merlin Italia. :)

Grazie mille a tutti,

Oxis

 

 

MERLINO P.O.V.

 

Artù e Merlino ebbero parecchie difficoltà a uscire dalla città senza essere visti, quella notte. I controlli erano più serrati e le nuove guardie, arruolate subito il giorno successivo all'attacco, erano all'erta. Dopo quasi un'ora che cercavano il modo di passare inosservati, le otto che tenevano d'occhio il portone principale si appisolarono di colpo, senza motivo.

Merlino fece in modo che Artù credesse di averle eluse grazie alle sue innate capacità di velocità, correndo verso le porte della città, anche se si rese conto che il principe sembrava perso nei propri pensieri.

Aveva un'espressione cupa che non lo abbandonava mai. Merlino aveva notato inoltre che aveva smesso di fare battute ed era più taciturno del solito.

Lo scrutò nel buio mentre correva a perdifiato oltre il cancello. Quando furono abbastanza lontani, rallentarono. 

– Avete idea di dove stiamo andando? – chiese.

Non ottenne risposta. 

Si addentrarono nella foresta e percorsero la strada già battuta una volta per ore che sembravano non passare mai, senza parlare. Merlino sentiva il cuore battere forte. Lui e Artù conoscevano la strada, era come se entrambi ricordassero alla perfezione ogni curva del sentiero che poche settimane prima avevano percorso.

La luna era quasi scomparsa sotto l'orizzonte quando Merlino si fermò.

– Artù, fermatevi!

Il principe si voltò, ansimando leggermente. La strada era in salita. Non avevano fatto altro che camminare dritto, senza una vera e propria meta per tutta la notte, senza fermarsi mai. Solo quando si fermò, si rese conto di quanto gli facevano male le gambe.

– Che c'è, Merlino?

Il mago gli si avvicinò.

– Dobbiamo fermarci, sire.

– Gli ordini li do io, Merlino – rispose Artù voltandosi per proseguire.

– Artù…

– Se hai paura, puoi tornare indietro! - disse con voce dura il principe continuando a camminare.

– Non lasciate che i vostri sentimenti offuschino la vostra capacità di pensare. Se sarete troppo stanco, non riuscirete a combattere neanche il più stupido dei cavalieri.

Artù rimasse interdetto per un attimo.

– L'unico che può dare ordini sono io – ripeté.

– Sire – disse Merlino con voce più accorata – anche se siete testardo, sapete che ho ragione.

Il principe si voltò di nuovo a fissarlo, ma non smise di camminare.

– Non posso smettere di camminare, Merlino – mormorò – Non ci riesco. Mi sembra che così ogni metro che percorro mi avvicini a lei e questo…

– Questo fa sembrare l'ansia sopportabile. Lo so.

Merlino sentì Artù sospirare.

– Artù… voi l'amate?

Il principe si bloccò di colpo, ma non si voltò.

C'era silenzio intorno a loro, la foresta dormiva ancora.

– Non ti autorizzo a rivolgermi domande del genere mai più in futuro.

– Sire, sono io. Con me non dovete nascondervi.

– Se ammettessi una cosa del genere, dovrei nascondermi per il resto della mia vita… da mio padre. – disse infine.

Merlino tacque. Non trovò niente da dire. Artù aveva ragione, ovviamente. Quella era una confessione, però? L'amava davvero?

– Ma così non è – disse ancora il principe, come se volesse rispondere alla sua tacita domanda. Merlino aggrottò la fronte.

– Ma…

– E non voglio ripetertelo, Merlino. Kendra è la mia serva. Una serva e nient'altro. Hai capito?

Il mago fissò la schiena di Artù e scosse la testa.

– Sì.

Perché Artù si ostinava a trattarlo in quel modo? Cosa era successo fra loro? Sembrava che si fosse spezzato qualcosa. Era palese che lui fosse innamorato di Kendra e Merlino non si capacitava del fatto che lui non glielo volesse confidare.

Il principe aveva ripreso a camminare e sembrò che l'argomento fosse chiuso.

Ci vollero altre due ore prima che Merlino sentisse la necessità di spezzare quello strano silenzio. Per fortuna non dovette farlo lui.

Erano arrivati alla radura dove avevano trovato Kendra in lacrime ormai molto tempo prima, quando il sole spuntò e Artù si fermò.

– Mi ricordavo che fosse qui. Ne sono sicuro.

Merlino sapeva che stava cercando la strana fortezza che avevano scoperto quella notte e dove presumibilmente erano segregati i Maledetti. Si ricordava anche lui che fosse da quelle parti, ma erano passate settimane e i ricordi erano offuscati.

Merlino guardò in alto. Il tempo scorreva e dovevano tornare in città per non destare sospetti.

– Sire, dobbiamo tornare. Nel castello si sveglieranno fra poco e scopriranno la vostra assenza.

Artù era frustrato, si vedeva chiaramente. Girava in tondo, senza sapere se proseguire e addentrarsi sempre più in profondità o tornare indietro.

– Torneremo – disse Merlino – la prossima volta la strada sarà più facile da percorrere, andremo più spediti. E ci sbrigheremo prima.

– Come è possibile che non troviamo quella fortezza? – chiese Artù più a sé stesso che al suo servitore.

– Non lo so. Ma dobbiamo tornare a Camelot.

Finalmente il principe parve riprendersi dai propri pensieri e annuì.

Il sole era sempre più alto e non potevano rischiare che qualcuno iniziasse a cercarli.

 

 

ARTHUR P.O.V.

 

La cameriera di Lady Oleynn bussò pochi minuti prima che Artù fosse rientrato nelle sue stanze, con l'invito a presenziare ad alcune questioni riguardo al matrimonio, così riferì il messaggio.

Con il cuore pesante, Artù si cambiò gli abiti e raggiunse la serva in corridoio. La seguì fino a una delle sali di pranzo del castello, e appena entrò si sentì subito a disagio.

Suo padre era sulla porta e gli sorrise appena lo vide. Era radioso, sembrava quasi che il suo viso fosse più rilassato e senza rughe. Artù non si capacitava di questa cosa, dato che dopotutto il regno era stato attaccato meno di due giorni prima.

– Ecco lo sposo – disse Uther.

– Padre. Cosa succede?

Lui lo guardò intensamente.

– So che ora i tuoi pensieri sono per Camelot, ma ti prego di rilassarti. Ho tutto sotto controllo. – disse, lasciandolo un po' sorpreso.

Non era da suo padre essere così entusiasta di qualcosa, soprattutto in quelle circostanze.

– Uther è preoccupato per la tua serenità – disse re Georjen, un uomo alto e dinoccolato, i cui occhi, identici a quelli della figlia, guardavano tutti in un modo austero che non piaceva molto ad Artù. Lo rispettava, ovviamente, ma gli dava fastidio che parlasse di suo padre come se fossero già amici intimi.

– Ma almeno per ora, goditi le gioie del matrimonio – mormorò Uther. Il suo sorriso ora apparve sincero ad Artù, che non poté ribattere perché Lady Oleynn lo chiamò dalla sala.

– Artù?

Il padre di Lady Oleynn dette una piccola pacca sulla spalla al padre e si allontanò con lui.

Artù non ebbe altra scelta che entrare nella stanza. 

Lady Oleynn e sua madre, Lady Astrian stavano confabulando leggermente chine su drappi di tessuto stesi su un lungo tavolo. Due serve porgevano tessuti e pizzi, mostrandoli alle dame.

– Eccovi, Artù – lo salutò Lady Astrian – devi scusarci per questo programma inaspettato, ma Oleynn credeva che potesse essere divertente.

Artù si avvicinò al tavolo.

Le due donne si assomigliavano incredibilmente. A parte per i capelli, rosso chiaro quelli della figlia e neri quelli della madre, avevano lo stesso portamento e gli stessi lineamenti dolci ma decisi.

Lady Oleynn gli sorrise e arrossì.

– Madre, puoi lasciarci soli? Credo che per un uomo questo momento sia abbastanza imbarazzante senza che resti anche la madre della sposa.

Artù non poté fare a meno di scuotere la testa.

– Vi prego, Lady Astrian, non vorrei che ve ne andaste a causa mia.

– Mia figlia ha ragione, e poi ho molte cose da fare oggi – rispose con tono squillante la regina, facendo un piccolo inchino e allontanandosi dalla sala.

– Lady Oleynn… avete bisogno di me? – chiese, sforzandosi di mantenere un tono entusiasta, avvicinandosi alla sua promessa sposa.

– Non mostrate entusiasmo che non avete, mio signore – replicò la ragazza con un sorriso, indicandogli il tavolo imbandito di tessuti – non mi offendo se non siete interessato. Ho solo pensato che potevamo passare un po' di tempo insieme. Sono sicura che potreste trovarlo piacevole.

Il principe la guardò mentre sollevava un tessuto color porpora.

– Sono certo che il tempo passato in vostra compagnia sia molto piacevole.

La frase suonò falsa perfino a lui, ma Oleynn sembrò non farci caso.

– Che ne dite? Per il vostro abito.

Artù si sforzò di concentrarsi. Non aveva molte altre scelte.

– Molto bello…

– Non sembrate convinto.

Si guardò intorno. Vide un altro tessuto, azzurro cupo con dei ricami opachi impressi.

– Mi piace questo… – mormorò, indicandolo.

Oleynn gli si avvicinò e guardò il tessuto.

– Perché questa scelta?

– I miei occhi – rispose istintivamente Artù, ricordando le parole di Kendra.

Si rese conto del tono austero con cui aveva pronunciato le parole solo quando lei lo guardò sorpresa e scoppiò in una risata cristallina. Artù la fissò imbarazzato.

– Il vostro gusto è impeccabile – disse – Perdonatemi se rido, è insolito vedere un principe attento a cose come abiti e tessuti.

Artù non poté fare a meno di sorridere, suo malgrado.

– Mi dispiace avervi dato l'impressione di non essere troppo… uomo.

Lady Oleynn smise di ridacchiare e gli prese una mano.

– Non lo dite neanche per scherzo, Artù.

I loro occhi si incontrarono. Artù sentì un tuffo al cuore e per un attimo, solo per un attimo, si sentì sereno e senza preoccupazioni.

Lady Oleynn non era la principessa altezzosa e amabile che aveva creduto, sembrava una persona sincera e solare. Sentì la sua mano piccola e morbida stringerlo e all'improvviso sentì una grande confusione dentro di sé.

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Capitolo 26
*** La verità ***


26. La verità

 

Ciao a tutti!

In questo capitolo finalmente sapremo un po' di ciò che c'è da sapere su Kendra. Finalmente :D

Grazie a paige95 che mi sostiene costantemente dal primo capitolo. Spero che ti piacciano i retroscena di questa storia… :)

Grazie a Always_Merthur, di cui finalmente sono riuscita a leggere qualche fan fiction Merthur e… dovete. Per. Forza. Andarle. A. Leggerle. Perché. Sono. Wow. Spero ti piaccia questo capitolo :)

Fate un giro sulla pagina ufficiale di Merlin Italia di cui sono editor: Merlin * •Italian Page•*, l’unica ufficiale di Merlin Italia. :)

Grazie mille a tutti,

Oxis

 

 

KENDRA P.O.V.

 

Quando Kendra si svegliò, in un primo momento pensò che fosse ancora notte. Poi i suoi occhi incontrarono la luce di una feritoia da cui filtrava una sottile lama d'oro.

Si alzò e si avvicinò alla feritoia. Le prese l'ansia allo stomaco, come una morsa irresistibile. Era molto in alto. Riusciva a intravedere una radura ad almeno centro metri sotto di lei e il bosco intorno.

Si allontanò in fretta dalla fessura e quando i suoi occhi si abituarono alla penombra, capì di essere in una torre circolare.

– Come ti senti? Vuoi un po' di acqua?

La voce la fece sobbalzare.

Kendra alzò la testa tanto in fretta da farsi male al collo.

– Chi sei? – chiese con voce tremante – Fatti vedere.

– Va bene.

La figura alta e scura si spostò sotto la luce e Kendra vide il volto pallido di una donna alta e dai lunghi capelli di un biondo chiarissimo. Indossava un mantello color porpora e aveva due voluminosi bracciali di ferro intagliato a entrambi i polsi, che risaltarono agli occhi di Kendra.

Il sorriso della sconosciuta era strano, come se i suoi occhi sorridessero e le labbra no.

– Sono Dreda. Una sacerdotessa della Religione Antica. – si presentò con una voce strana tanto quanto i suoi occhi che erano violacei. – E tu sei proprio quello che la mia Congrega stava cercando da molto tempo. Una Dama del Lago in carne e ossa che ha disertato i suoi doveri e ora vive sulla terra ferma.

Kendra sentì un brivido percorrerle lungo la schiena.

– Il profeta della nostra Congrega ci aveva informati della tua situazione diciannove anni fa, quando la Dama del Lago tuo predecessore ha scelto te come predestinata. Tuttavia abbiamo dovuto aspettare fino a questo momento.  – mormorò Dreda.

Kendra registrò quelle parole con qualche secondo di ritardo. Quindi la sconosciuta sapeva esattamente chi era lei.

– Perché siete tanto interessati a me? Cosa volete? – chiese.

Dreda si spostò più vicino alla luce e i suoi capelli brillarono. Kendra ricordò con un fiotto di dolore i capelli biondi di Artù.

– Ne parleremo più avanti. Il profeta dice che non opporrai resistenza. Credo che tu lo conosca.

Il sorriso di Dreda si fece più ampio.

– Lo conosco?

– A quanto so, l'hai cercato in lungo e in largo per anni… e alla fine l'hai trovato.

Kendra cercò di trovare una logica in quelle parole. C'era una sola cosa a cui quella donna potesse riferirsi: la rinuncia alla propria eredità magica, quello che era successo al Lago Ninive.

– Il mago Alysian – disse.

Appena pronunciò il suo nome, un'altra figura che Kendra non aveva notato nel buio, sbucò a fianco di Dreda.

Lo riconobbe subito: il mago più grande di tutti i tempi, il vecchio che aveva trovato nella radura, che le aveva detto come disfarsi dei suoi poteri, che le aveva detto come morire.

– Ci rivediamo, Dama del Lago – mormorò con un cenno.

– Cosa c'entrate voi in questa storia? Non sapevo che faceste parte di una Congrega.

Alysian la fissò negli occhi per un lungo istante prima di avvicinarsi a lei.

– Quando ci sono in gioco cose importanti, le alleanze sono necessarie.

– Cosa volete da me? – ripeté Kendra.

– Che tu stringa un'alleanza con noi. Che ci aiuti a riportare la magia in questo mondo, alle nostre condizioni.

Kendra cercò qualcosa sul viso dei due che le dicesse che stavano mentendo e che avevano cattive intenzioni, ma non trovò nulla.

– Siete stati voi a reclutare i Maledetti? – chiese.

– Sì – rispose Dreda.

– Non mi sembra affatto l'opera di benefattori.

Dreda sospirò e gettò un'occhiata ad Alysian.

– Può sembrare così, Kendra. Ma c'è una spiegazione: noi siamo rimasti in pochi. Le streghe e i maghi, i druidi e gli altri esseri magici si contano sulle dita di una mano. Abbiamo incantato gli uomini per ridurne il numero. Li abbiamo portati qui, stanno bene. Sono in ottime condizioni e presto torneranno a casa, quando tutto questo sarà finito.

– Volete prendermi in giro? Avete reclutato uomini per costringerli a stare al vostro servizio?

– No! – esclamò Dreda – Certo che no. Non abbiamo reclutato nessuno, l'incantesimo doveva servire a metterli fuori gioco. A renderli innocui, a ridurre il numero di minacce, così da non poterci attaccare.

– Hanno ucciso dei bambini! Si sono ammazzati fra di loro! Non raccontatemi balle!

– L'incantesimo era troppo complicato e serviva molta più magia del previsto e non ha funzionato bene – spiegò Alysian.

Kendra si raddrizzò e incrociò le braccia, cercando di capire quell'assurdo discorso.

–  I Maledetti hanno attaccato innocenti, hanno attaccato il principe Artù… Se davvero la vostra opera era a fin di bene, perché ci sono state così tante morti? Perché mi avete prelevato con la forza, ieri, scatenando quel massacro? – chiese con voce gelida.

– Perché la situazione ci è sfuggita di mano. Il rancore degli uomini ha reagito male con l'incantesimo, c'è stato qualcosa che non avevamo previsto. Nessuno più di noi ne è addolorato. – rispose Dreda.

Kendra scrutò la donna. Aveva le lacrime agli occhi. Poteva essere sincera, poteva non esserlo.

Però dopotutto lei era stata rinchiusa in una torre, e quello non era esattamente il trattamento amichevole che uno si aspetterebbe da gente che dice di stare dalla stessa parte.

– Come faccio a crederci?

Alysian sorrise.

– Tu più di tutti dovresti crederci. Tu più di tutti noi sai esattamente cosa vuol dire essere posseduta da una forza incontrollabile che ti fa essere artefice di crimini orribili, come uccidere innocenti. E tu più di tutti dovresti capire cosa vuol dire non avere la minima intenzione di fare del male a qualcuno.

Kendra sentì una fitta al cuore. L'aveva colpita nel suo punto debole, ma non bastava questo per crederci.

– Quegli uomini dovevano solo diventare dei corpi addormentati, venire qui senza uccidere nessuno e restare innocui e al sicuro fino a che il nostro scopo non fosse stato raggiunto. Non era previsto che si ribellassero all'incantesimo.

– Non posso essere sicura della vostra buona fede – disse.

– Ha ragione – disse Dreda ad Alysian – In questo momento sembriamo noi i cattivi.

– Lo deciderà da sola. – replicò il mago – Lo vedrà con i suoi occhi. Ma ora, il punto è un altro. Lei è la Dama del Lago…

– Non sono più la Dama del Lago – obiettò Kendra interrompendolo – Sono morta in quel lago e sono tornata in vita. Non c'è magia dentro di me.

– Non è così, te ne sarai accorta ormai.

Kendra trattenne il respiro. Quella sagoma nera sopra il suo letto… chi era? Per un attimo fu tentata di chiedere spiegazioni, ma ancora non si fidava di loro.

– Che cosa volete da me?

– Che tu ti unisca a noi. Che abbracci di nuovo la tua magia e ci aiuti a costruire un mondo magico dove le creature come noi non debbano nascondersi.

– Se per farlo significa uccidere tutte le persone che hanno paura di noi, non ci sto.

– Niente di tutto questo. – disse Dreda scuotendo la testa – Abbiamo un altro piano. Li arrenderemo a noi mostrando quanto di buono può fare la magia. Li costringeremo a vederlo con i loro occhi, in modo che non potranno più avere paura di noi. Per farlo, dobbiamo decimarli in modo tale che non ci attacchino. E per decimarli, intendo portare qui più persone possibile. Quando i re avranno cambiato le leggi, il popolo lo accetterà per forza.

– Da qui la scelta di assoggettare le persone. – proseguì Alysian – Vedrai con i tuoi occhi che stanno bene, fra poco. E prima che tu lo chieda, ti abbiamo portato in questa torre perché sarebbe stato impossibile avvicinarti in un altro modo, sei troppo vicina a Uther Pendragon.

– Ci dispiace averti rapita. – mormorò Dreda – È stato un brutto affare.

Kendra tacque. Doveva mettere insieme i pezzi, riflettere su quello che aveva sentito. C'erano ancora parecchie cose che non le erano chiare.

– Io… non deciderò niente se prima non avrete dato le prove che agite nel bene.

Alysian annuì con un cenno.

– Allora vieni a vedere con i tuoi occhi.

 

 

MERLIN P.O.V.

 

Merlino sentiva Artù ridacchiare con Lady Oleynn, dentro la sala.

Sbuffò, spostò il peso da un piede all'altro e cercò di calmarsi.

Il suo pensiero era fisso su Kendra. Doveva andare a cercarla e tirarla fuori da quella torre, sperando che non fosse già troppo tardi.

Sentire Artù così indifferente alle pene che stava soffrendo Kendra, lo irritò. Per tutta la mattinata era rimasto in quella sala con Lady Oleynn a fare chissà cosa, invece di andare a cercare Kendra.

Cercava di contenere la rabbia, ma ogni secondo che passava, la sua stima per Artù scendeva, suo malgrado.

Bussò per la terza volta.

– Avanti – disse Artù dall'interno.

Merlino entrò e dette una rapida occhiata. Stoffe e tessuti sparsi sul tavolo.

– Merlino. Cosa c'è?

– Sire, vi richiedono… nella sala del trono. – inventò Merlino.

Artù lo guardò negli occhi. Probabilmente aveva capito che non era vero, ma sorrise lo stesso a Lady Oleynn, le fece un piccolo inchino e uscì dalla sala.

Quando la porta fu richiuse, Merlino sputò fuori tutta la sua frustrazione.

– Che state facendo? Dobbiamo andare a cercare Kendra.

– Merlino, hai visto cosa sta succedendo nel castello ora? – sibilò il principe guardandosi intorno per essere certo che non ci fossero orecchie indiscrete in ascolto.

– Per Kendra potrebbe essere troppo tardi.

– Non posso sparire dal castello per otto ore senza dire dove vado! Riesci a capire questo? Dobbiamo aspettare stanotte. Ne abbiamo già parlato.

– Sì, ma evidentemente solo uno dei due stava ascoltando.

Artù cambiò radicalmente espressione e in un attimo la collera gli balenò in viso. Si avvicinò al viso di Merlino così tanto che il mago credette che l'avrebbe preso a pugni.

– Non dirmi quello che devo fare. Ho dei doveri verso Camelot…

– Doveri? Come quello di sposare una perfetta estranea?

– Non posso oppormi al volere di mio padre. E tu lo sai. – ribatté Artù con violenza.

– Se il popolo sapesse che il suo principe ha così tanta paura di suo padre da non cercare di salvare la donna che ama, vi rinnegherebbe immediatamente.

La frase di Merlino scoppiò fra loro come un petardo e rimase sospesa nell'aria in una nuvola di frustrazione.

Merlino sentiva il viso bruciare di rabbia. Non riusciva a credere di aver detto quelle parole con così tanta forza.

– Come osi parlarmi così? – ringhiò Artù.

– Se io avessi anche solo metà del vostro potere, combatterei per ciò che amo. Ma voi non avete il fegato di dire a vostro padre chi amate. E io, che la amo davvero, non posso averla e devo restare qui a guardarvi fare il leccapiedi a Uther. Siete solo un debole.

E detto questo, Merlino si voltò e tremando si allontanò, lasciando Artù sconvolto.

 

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Capitolo 27
*** Io sono un mago ***


27. Io sono un mago

 

Ciao a tutti cari!

Ho mancato il capitolo di settimana scorsa e vi prego di scusarmi.

Oggi c'è Artù che si comporta in un modo che Merlino non avrebbe mai immaginato :D

Un grazie enorme di nuovo a paige95 che mi supporta ogni singola volta da che ho iniziato questa storia. <3

Un grazie a Rosilvale per la sue parole incoraggianti <3

E un grazie grandissimo a Always_Merthur che mi ha segnalato alcuni errori nel mio precedente capitolo… mi vergogno un sacco di non aver azzeccato alcuni congiuntivi, di solito non faccio questi errori! Grazie mille per la tua pazienza <3

 

Fate un giro sulla pagina ufficiale di Merlin Italia di cui sono editor: Merlin * •Italian Page•*, l’unica ufficiale di Merlin Italia. :)

Grazie mille a tutti,

Oxis

 

 

KENDRA P.O.V.

 

Alysian e Dreda dicevano la verità, Kendra se ne rese conto pochi minuti dopo.

La fecero scendere dalla torre, che si allargava alla base fino a diventare un enorme ambiente circolare. I Maledetti stavano tutti lì, come maschere inermi, seduti su grandi panche. A parte lo sguardo vacuo, sembravano in buone condizioni. Kendra sentì un brivido lungo la schiena. Erano vivi, ma c'era qualcosa di raccapricciante in quello spettacolo. Avevano gli occhi vitrei.

– Datemi la vostra parola che stanno bene – mormorò.

Dreda le posò una mano su una spalla.

– Te lo giuro.

– Sembra strano a vedersi, ma è solo per il loro bene – disse Alysian con la sua voce grave, iniziando a girare fra di loro – Staranno qui finché l'esercito di Camelot non sarà stato disarmato e avremo costretto il re a riportare la magia nel regno. Staranno al sicuro e torneranno solo quando i loro re saranno pronti ad accettarci.

Kendra scrutò i volti dei Maledetti e raccolse tutti i pensieri, cercando di analizzarli.

– Perché vorreste iniziare proprio da Camelot a riportare la magia? – chiese.

– La grande profezia – spiegò Dreda.

Kendra non capì e rimase in attesa.

– Non la conosci?

Alysian la guardò perplesso, poi sembrò ripensarci.

– In effetti non dovrebbe stupirmi. Tu non hai mai voluto avere niente a che fare con questa tua

– Quale profezia? – ripeté Kendra.

– La profezia sul principe Artù Pendragon.

 

 

ARTHUR P.O.V.

 

– State bene, Artù?

Si voltò. Lady Oleynn l'aveva raggiunto fuori dalla porta e gli aveva preso una mano. Cercò di sorridere ma dopo un attimo capì che il nodo allo stomaco che gli stava strizzando le viscere, glielo avrebbe impedito. Annuì.

La ragazza lo scrutò con attenzione.

– Era il vostro servitore?

Artù annuì.

– Come si chiama?

Il principe la guardò sorpreso.

– Perché volete sapere come si chiama? – chiese con una voce più dura di quello che voleva.

Lady Oleynn arrossì.

– Perdonami. Mi sembri scosso e credevo che foste amici – mormorò abbassando lo sguardo con un movimento degli occhi che colpì Artù in pieno cuore, da quanto era impregnato di tenerezza.

– Come… come fai a saperlo? – mormorò.

Lei sorrise.

– Soltanto due amici litigano così – rispose con semplicità.

Suo malgrado, ad Artù venne spontaneo prenderle la mano. Registrò ancora una volta quando era morbida e sentì la fiducia aumentare per quella ragazza che era pressoché una sconosciuta, ma che sarebbe diventata sua moglie.

– Merlino è al mio fianco in tutti i momenti in cui ne ho bisogno, anche quando… non so di volerlo – disse, fissando il pavimento – Lui c'è. E questa volta non ci sono stato io per lui.

Non era esattamente così, ma di certo non poteva dire di essere innamorato della sua serva che era sparita.

Della sua serva strega.

All'improvviso gli balenò in testa un'idea folle e la bocca gli si seccò.

– Perdonatemi – balbettò – devo andare.

Lasciò la mano di Lady Oleynn e corse nel corridoio, dalla parte verso cui era scappato Merlino.

Per qualche misteriosa ragione si era completamente dimenticato che Kendra fosse una strega. E questo cambiava tutto.

Trovò Merlino poco dopo e lo raggiunse mentre stava entrando nella casa di Gayus.

– Merlino!

Il suo servitore si voltò, lo vide e si girò di nuovo.

Gli prese un braccio e lo costrinse a voltarsi.

– Aspetta! Per favore.

Mentre riprendeva fiato, si rese conto con terrificante lucidità della realtà.

– Questa è una situazione brutta – esordì – Una situazione in cui non avrei mai immaginato di trovarmi. Ma ci siamo e dobbiamo risolverla insieme, perché siamo gli unici che lo possono fare. So di essere… un babbeo a volte… ma sono qui per chiederti aiuto.

Merlino non aveva ancora smesso di aggrottare la fronte. Artù lo guardò negli occhi.

– Mi dispiace. Mi dispiace essermi innamorato della stessa donna di cui è innamorato il mio servitore… soprattutto perché il mio servitore è il mio migliore amico.

Tacque. Vide sul volto di Merlino un guizzo, come se avesse potuto vedere il cuore fare un piccolo sobbalzo a quell'ultima frase.

Rimase ad aspettare una reazione e finalmente la fronte di Merlino si spianò.

Passarono diversi secondi prima che riuscisse a dire qualcosa.

– L'avete detto perché siete sotto i fumi del vino che avete sorseggiato con Lady Oleynn? – chiese Merlino cinico.

Artù scosse la testa.

– Niente vino, lo giuro.

Merlino lo fissò ancora per un attimo, poi alzò gli occhi e si schiarì la voce.

– Avete ragione, Artù. È una brutta situazione.

– Lo so.

– Mi dispiace aver detto che siete un debole. Siete la persona più forte che io conosca.

– Lo so.

– E mi dispiace aver detto in passato che siete un babbeo.

– Lo so.

– Però lo siete.

– Va bene.

Artù sbuffò sotto l'ombra di un sorriso, poi gli tese la mano.

– Risolviamo un problema alla volta. – disse cercando ancora il suo sguardo, fino a che Merlino non gli strinse la mano. Finalmente il suo volto si aprì in un sorriso.

– Il vostro migliore amico, eh?

– Non gongolare troppo. Dobbiamo concentrarci, ora.

– Entrate.

Merlino gli fece cenno di seguirlo in casa.

Artù non sapeva quanto quella situazione di tregua sarebbe durata fra loro e aveva paura che qualcosa si stesse per spezzare. Anzi, era inevitabile che sarebbe successo. E c'era l'incognita di Lady Oleynn.

Non sapeva cosa pensare di lei. Aveva disprezzato l'idea d sposarla, ma ora suo malgrado doveva ammettere che ne era attratto e che sarebbe stata un'unione più proficua e meno rischiosa. E non avrebbe distrutto l'amicizia con Merlino.

Cercò di non pensarci, non era quello il momento.

– Siamo soli? – chiese guardandosi intorno nell'abitazione.

Il suo servitore annuì.

Artù respirò profondamente e sganciò la bomba.

– Kendra è una strega.

Merlino sobbalzò dalla sorpresa e le guance gli si tinsero di rosso.

– Cosa… come?

– Lo so, è uno shock.

– Ma… come lo sapete? – esalò Merlino portandosi una mano alla fronte.

– Mi ha salvato la vita al torneo. So che era lei e che ha usato la magia, ho riconosciuto le sue mosse di combattimento sotto l'armatura. Ma non è questo il punto, ora – disse in fretta – Io so che c'è un modo per localizzare un essere magico con precisione.

Merlino sembrava più sbalordito che mai.

– Cosa?

– Merlino, la finisci di essere così sorpreso? Hai intenzione di denunciarmi a mio padre? – sbuffò.

– Certo che no!

– Bene – tagliò corto lui – allora ascoltami. Molti anni fa mio padre riuscì a catturare uno stregone. Faceva parte di non so quale gruppo magico e sotto tortura rivelò che c'è un modo magico di localizzare una strega o un mago… Merlino? Mi ascolti?

Merlino lo stava fissando sconvolto.

– Oh. Sì. Certo, sire.

– Lo so che la magia è bandita a Camelot, ma quella fortezza è sparita dal posto in cui l'abbiamo trovata e io ho paura che non vogliano farcela trovare. Credo che potrebbe essere l'unico tentativo che possiamo fare per trovare Kendra.

Sospirò profondamente e lo fissò, cercando di capire se avesse potuto fidarsi di lui, se era dalla sua parte.

– Solo che ci serve un mago – concluse il principe.

 

 

MERLIN P.O.V.

 

– C-cosa?

Merlino non riusciva a credere alle proprie orecchie. Artù sapeva davvero della magia di Kendra e gliene stava parlando con una naturalezza disarmante.

– Artù… ne siete sicuro? – chiese guardandolo negli occhi.

– Sì. Sono sicuro.

Merlino sentì il suo cuore rallentare e la sua mente scendere in uno strano stato di calma.

Era quello il momento. Respirò impercettibilmente e deglutì. Gli girava la testa.

Sono io un mago, pensò. Devo dire che io sono un mago. Lo devo dire ad Artù.

Davvero lo sto per dire?

Scrutò il volto di Artù e pensò a come sarebbe stato se fosse stata tutta una messinscena di suo padre, per mettere lui al rogo.

No, non era possibile. Si fidava di Artù. Doveva farlo anche adesso.

Aprì la bocca e prese fiato.

La porta si aprì di scatto, facendoli sobbalzare e Gayus entrò di corsa.

Artù si voltò verso il vecchio e lo raggiunse.

– Ecco la persona giusta. Gayus, ci serve il tuo aiuto, ma non ti piacerà.

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Capitolo 28
*** Bentornato... fratellino ***


28. Bentornato... fratellino

 

Ciao a tutti!

Ecco il nuovo capitolo… waaaaaaaa sono troppo impaziente di farvi leggere il resto, non vedo l'ora che mi diciate cosa ne pensate.

Un grazie con tutto il cuore alla mia fidata e amata sostenitrice paige95, yes, la profezia è proprio quella che tutti conosciamo. Il principe Artù è destinato a far riportare la magia a Camelot… ma le cose non andranno esattamente così…

e a Rosilvale, non ti preoccupare… non farei mai un finale come quello nella serie… ancora rabbrividisco :D

e a Always_Merthur, eeeeeh, il coming out di Artù dovrà aspettare ancora un po'… :)

 

Fate un giro sulla pagina ufficiale di Merlin Italia di cui sono editor: Merlin * •Italian Page•*, l’unica ufficiale di Merlin Italia. :)

Grazie mille a tutti,

Oxis

 

 

MERLIN P.O.V.

 

Gayus rimase sulla porta immobile, spostando lo sguardo da Merlino ad Artù con la bocca semi aperta.

– Sire? Ma che dite?

Artù gli aveva spiegato tutto.

– So che ti sto chiedendo di tradire mio padre, ma vi prego Gayus… siete la nostra sola speranza.

Gayus fissò Merlino che scosse la testa impercettibilmente sollevando le spalle, in un tentativo di dirgli "non so che fare".

Probabilmente il medico lo capì, perché si voltò lentamente, chiuse la porta a chiave dietro di lui e si avvicinò.

– Artù, quello che mi chiedete non si può fare.

– Ve ne prego, Gayus. – implorò Artù. – Mio padre non lo saprà mai.

Respirò profondamente, poi guardò Merlino.

– Diglielo, Merlino. – incalzò di nuovo Artù.

Merlino temporeggiò, cercando qualcosa da dire. Tutta quella situazione gli sembrava assurda, ma a questo punto era meglio se avesse continuato a mantenere il segreto.

– Gayus, Kendra è in pericolo. Sappiamo che facevate uso di magia e lo so che è grande l'impegno che vi chiediamo…

– Si tratta solo di una localizzazione magica. – disse Artù.

Gayus strabuzzò gli occhi.

– E voi come sapete cos'è una localizzazione magica? – chiese.

– Non abbiamo tempo, vi prego!

Guardò Merlino, strinse le labbra ed esito un attimo.

– D'accordo. Merlino, saresti così gentile da… – Gayus tentennò, indeciso su cosa dire.

Per fortuna il mago capì subito.

– Da prendere il vostro libro di magia? È quello nello scaffale di cui vi ho chiesto ieri mentre stavo spolverando, vero?

Diversivo un po' deboluccio, pensò Merlino mentre Gayus annuiva, assecondandolo. Ma Gauys non sapeva dove fosse il suo libro di magia e non poteva certo chiederlo a lui di fronte ad Artù. Il medico di corte non possedeva libri di magia da decenni.

Merlino andò in camera sua ed estrasse da sotto l'asse del pavimento il volume che tante volte gli era stato d'aiuto.

Ritornò nella stanza e lo appoggiò sulla tavola.

– È questo, vero? – chiese mantenendo un tono noncurante.

– Esattamente – dice Gayus.

Lo aprì. Merlino e Gayus si scambiarono un'occhiata.

– Ci serve una mappa della città – disse Gayus – Merlino, ce ne dev'essere una vicino a quella pila di pergamene.

Per fortuna non aveva dimenticato i suoi giorni di stregone. Merlino si affrettò a prendere la mappa e a dispiegarla sul tavolo.

– Siete sicuro, Artù? – chiese di nuovo.

– Se vostro padre dovesse venire a saperlo… – mormorò Gayus.

Artù prese un braccio del vecchio e cercò il suo sguardo.

– Voi non sapete nulla di questa storia e io non farò mai il vostro nome.

Merlino gli credette e con uno strano calore nel cuore, sentì che stava per arrivare il momento in cui poteva finalmente uscire allo scoperto con il suo migliore amico.

Gayus intanto sfogliava le pagine. Ricordava come fare l'incantesimo di localizzazione e lo pronunciò a bassa voce, aiutandosi con il libro.

Con un groppo in gola, Merlino sentì le lacrime premere sotto gli occhi, immaginando quando avrebbe fatto lui quell'incantesimo e sarebbe stato lui a ricevere quello sguardo ansioso e di gratitudine che ora Artù rivolgeva a Gayus.

Incrociò per un attimo lo sguardo del principe. Il momento sarebbe arrivato anche per lui, non poteva essere lontano quel giorno.

 

 

KENDRA P.O.V.

 

– Quale è la profezia sul principe Artù? – chiese Kendra senza fiato.

Dreda si spostò alla luce del sole e Kendra rivide i capelli biondi di Artù per la seconda volta. Le balenò in testa un pensiero assurdo. Ma non poteva essere la madre del principe, era morta. Questo lo sapeva, era una storia che tutti raccontavano quando era piccola. Eppure quella Dreda aveva qualcosa di familiare che le sfuggiva.

– La profezia dice che Artù è destinato a far tornare la magia nel regno in cui governerà – disse Dreda.

Il cuore di Kendra perse qualche battito. Non lo sapeva e non aveva mai sentito parlare di questa profezia.

– Come so che è vero?

– Qualunque druido te lo potrà confermare. La profezia da decenni è conosciuta fra gli esseri magici – replicò la donna.

– Tutte le leggi sull'abolizione della magia verranno cancellate – confermò Alysian. – Noi vogliamo arrivare a quel punto. Il destino non si compie da solo.

Kendra rifletté.

– Cosa volete che io faccia? – chiese infine.

– Se sei con noi e hai scelto di darci la tua fiducia, devi darci la Corona Nera e congiungere il tuo potere al nostro.

Kendra respirò a fondo e si portò una mano sugli occhi. La Corona Nera era la fonte del suo potere di Dama del Lago che amplificava la sua magia. Quando aveva ricevuto la magia, aveva ricevuto anche la Corona e aveva deciso di seppellirla in un posto nella foresta vicino a casa. Aveva vissuto tutti quegli anni senza più pensarci, decisa a trovare il modo di rinunciare ai poteri, ma il giorno dopo che era arrivata a Camelot ne aveva sentito il potere. Quella tempesta sopra la città che virava verso di loro… era sicura che c'entrasse qualcosa, aveva quella sensazione. Ma la Corona ormai non l'aveva più lei.

– Non ce l'ho più. L'ho seppellita anni fa – disse Kendra.

Alysian gettò un'occhiata a Dreda che parve riflettere.

– Sei sicura che sia nel posto in cui l'hai seppellita? – chiese.

– Sì. A nord del mio paese, il secondo albero della foresta accanto al fiume. Non potrei mai dimenticarmi quel giorno – mormorò a denti stretti.

– Va bene. Se sei d'accordo, manderemo qualcuno a prenderla. – disse – Sono sicura che non sarà difficile.

– Ma ho fatto il rituale che mi ha spiegato Alysian… non ho più magia dentro di me… a meno che… – le si illuminò il volto – a meno che tu non mi abbia mentito e che quel rituale non sia servito a nulla.

Alysian scosse la testa.

– No. Il rituale ha funzionato. Non sei più una strega, ma con la Corona Nera potrai tornare a esserlo.

Tutto ciò che Kendra non voleva ottenere. Sbuffò e si sentì fra l'incudine e il martello. E comunque doveva ancora accertarsi che quella profezia di cui parlavano fosse vera.

Doveva tornare strega se voleva dare un'altra possibilità alla magia. I suoi pensieri andarono a Merlino. Lui non avrebbe dovuto più nascondersi. 

– Non so controllare quella magia. Ha fatto solo danni. – rispose – Ma… vi aiuterò. Sono con voi. Forse esiste un'altra magia che può davvero solo fare del bene – aggiunse, pensando a Merlino.

Dreda sorrise e Alysian annuì.

In quel momento, una voce metallica proruppe dal nulla e la fece sobbalzare.

– Eccovi tutti qui. Finalmente possiamo regolare i conti.

Un cavaliere stava sulla porta della torre. L'elmo dell'armatura gli copriva il volto, ma Kendra si sentì mancare il respiro.

Aveva un medaglione appeso al collo.

Una pietra rosso violacea.

– Sir… Sir Convington – esalò senza fiato.

Come era possibile che fosse ancora vivo? L'assassino di sua madre e suo fratello era in piedi davanti a lei, a poche decine di metri, davanti ai Maledetti che, intorno a loro, non si stavano accorgendo di nulla.

Kendra estrasse la spada e si mise istintivamente davanti a Dreda e Alysian. L'aveva ucciso, ne era sicura. L'aveva visto cadere con i suoi occhi.

– Come puoi essere ancora vivo? – ringhiò.

– Ci sono tante cose che ancora non sai di me, Kendra.

Tolse l'elmo. Nulla del suo aspetto faceva presupporre che avesse mai preso una spada nella schiena in quel torneo.

– Ti ho ucciso nell'arena – disse Kendra – Come puoi…

Sir Convington rise di una risata bassa e cattiva che colpì Kendra come un pugno nello stomaco. Aveva creduto che il suo incubo era finito, aveva pensato di essere finalmente riuscita a vendicare sua madre e suo fratello una volta per tutte.

– Chi sei e perché sei venuto qui? – chiese Alysian avvicinandosi minaccioso.

– Non mi interessa della vostra congrega. – rispose Sir Covington – sono qui per regolare i conti con lei.

All'improvviso Kendra sentì un dolore bruciante alle tempie e la sua vista si oscurò. La spada le cadde dalle mani.

Quando smise di urlare, vide solo una macchia confusa di forme. Sir Convigton la stringeva con un braccio intorno alla gola.

– Perché? – urlò tentando di divincolarsi dalla stretta – Perché li hai uccisi e perché ora vuoi uccidere anche me?

Il dolore riapparve più forte di prima. Sir Covington la voltò in modo che il suo viso fosse vicino al proprio. Non l'aveva mai visto da così vicino. Solo in quel momento si rese conto che i suoi occhi erano di un colore singolare, scuro con qualcosa di azzurro. Conosceva quel colore. Era impossibile da fraintendere.

Aprì la bocca per dire qualcosa ma lui rise e la sua voce la colpì al cuore.

– Prova a immaginarlo… sorellina.

Il dolore tornò come una stilettata e lei svenne.

 

 

ARTHUR P.O.V.

 

– Ok, dobbiamo andare – disse Merlino.

L'incantesimo aveva dato i suoi frutti. Avrebbero dovuto solo portare la mappa con loro e seguire il percorso che era apparso dal nulla sulla pergamena. Non potevano perdersi con quella.

Gayus era sicuro che avrebbe funzionato. Artù si sentiva male al pensiero di avere appena infranto tutte le maggiori leggi che aveva istituito suo padre. Cercò di non pensare a cosa sarebbe potuto succedere se l'avesse scoperto.

Lo faceva per Kendra.

Erano già usciti dalla porta della casa di Merlino, quando vide una ragazza corrergli incontro e si fermò. Era Lady Oleynn.

– Cosa ci fate qui? – chiese sbalordito.

– Siete voi Merlino? – domandò lei con la sua voce soave, rivolto al ragazzo.

Lui annuì.

– Vostra altezza…

– È un piacere conoscervi – mormorò. Artù arrossì per quel "voi" dato al suo servitore. Le sorrise.

– Io sto… – mormorò Artù cercando una giustificazione.

– Non dovete darmi spiegazioni. Volevo solo essere certa che stavate bene… siete uscito così di fretta – disse lei – e dirvi anche che stasera… ci sarebbe una cena per le nostre famiglie, se… se avrete piacere a esserci.

Artù ci provava davvero a cercare un motivo per non essere infastidito dalla sua presenza, ma anche ora il pensiero che Kendra fosse in pericolo era slittato inspiegabilmente in secondo piano davanti a quella presenza femminile rassicurante che lo guardava con timidezza.

– Io… certo. – rispose – Ci sarò.

– Dobbiamo andare, Sire – tentò Merlino.

– Sì, scusatemi… io – Oleynn lo fissò negli occhi e annuì sorridendo – torno al castello.

Fece un piccolo inchino e scomparve.

Artù prese Merlino per un braccio e lo trascinò via prima che il suo servitore potesse chiedergli il motivo della sua espressione confusa.

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