Zoostopia

di Switch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Wild Times ***
Capitolo 2: *** Escape from ZPD ***
Capitolo 3: *** Maybe Wilde is... innocent? ***
Capitolo 4: *** I'll scratch your back if you scratch mine ***
Capitolo 5: *** Never, never, be afraid to do what's right ***
Capitolo 6: *** Ben ***
Capitolo 7: *** Just you and me ***
Capitolo 8: *** In the name of the law ***
Capitolo 9: *** Dead end ***
Capitolo 10: *** Face to face ***
Capitolo 11: *** Puzzles ***
Capitolo 12: *** When the forces clash ***
Capitolo 13: *** A step further ***



Capitolo 1
*** The Wild Times ***


Zootopia.
Luogo dove predatori e prede vivono in perfetta armonia.
O almeno, così era all'inizio.
Molto, molto tempo prima. Prima che i predatori venissero umiliati e degradati.


Nicholas P. Wilde, Nick per gli amici, quello lo sapeva bene. Lo viveva ogni giorno sulla propria rossa pelliccia, e se all'inizio era stato disarmante e strano, e umiliante, col tempo aveva imparato a farselo scivolare addosso, tanto da non vederlo nemmeno più come una limitazione.
Anche se era davvero, davvero fastidioso.
Per il semplice fatto che, quello sgradevole collare, spuntava fuori dalla camicia rovinando la sua splendida immagine. Diamine, non potevano almeno farlo più piccolo e discreto? No! Era un quadrato di plasticozza nera attaccato ad una spessa cinghia dello stesso colore, che ledeva alla sua perfetta figura.

Infilò un dito nel cinturino nero e lo tirò un poco verso l'esterno, lontano dal suo collo, prendendo un respiro più profondo che poté, -ma erano anni che non poteva,- poi fece scivolare la scatolina appena verso la schiena, con uno sbuffo stizzito, guardandosi nello specchio prima di uscire. La fissa lucina verde era ancora visibile, ma almeno lui era fortunato: si intonava ai suoi occhi.
Cosa non doveva fare una volpe per vivere.
Cosa non doveva fare un predatore, per vivere.

Uscì di casa con un sospiro, infilandosi in fretta nella calca della città, con la testa già piena di pensieri.
Come ogni sera, quasi sul calare del sole, le strade brulicavano di gente che si affrettava a tornare a casa dopo l'estenuante giornata di lavoro, chi di fretta, chi con stancante lentezza, chi già con la mente sulla cena e chi invece perso in ragionamenti propri.
Lui, Nick, camminava con aria svagata, andando verso il suo lavoro, invece di esserne appena uscito. E lo faceva con un gran sorriso soddisfatto sul muso.
Lo sguardo cadde su uno degli enormi manifesti che tappezzavano le strade, con la faccia sorridente del sindaco Bellwether e il suo slogan preferito, bello grande, proprio sotto:
Zootopia, dove chiunque può essere ciò che vuole e tutti sono al sicuro.
Fece schioccare la lingua contro il palato, rollando gli occhi al cielo, parte del suo buon umore svanito. Accelerò il passo per allontanarsi prima possibile e lasciarselo alle spalle.

Superò una famiglia di Lemming che camminavano in fila indiana e svicolò tra le gambe di una giraffa avvocato in abito elegante e valigetta scura; rallentò solo dopo qualche metro, lasciando andare un sospiro sommesso, continuando a guardarsi attorno.
Riconobbe alcuni volti nella calca: un leone gli fece un gesto cortese con la testa, facendo muovere la folta criniera, un paio di tigri gli sorrisero apertamente e una donnola strinse solo appena gli occhietti nel riconoscerlo, per non essere vista.
Nick sollevò l'angolo della bocca con rinnovato entusiasmo e tirò dritto con più leggerezza addosso. Era bello essere apprezzati e sapere di star facendo qualcosa di buono.

Era così sereno e rilassato, che quello che successe lo colpì come una doccia gelata, riportandolo di colpo sulla terra: dieci metri più avanti, una macchina a folle velocità bruciò il rosso e si schiantò contro un'altra che, procedendo dall'altro verso, aveva svoltato a destra. Ci fu il rumore del tentativo di frenata, un gran boato e decine di urla.
Il traffico si congelò all'istante, la folla si fermò all'istante, e tutti trattennero il fiato per lo spavento, non sapendo cosa fare.
Dalla prima macchina emerse un'antilope, un po' stordita ma relativamente a posto, mentre, dopo interminabili minuti, dalla seconda uscì un lupo malconcio e palesemente terrorizzato. Sul muso c'era un vistoso taglio, ma non si poteva vedere se fosse ferito oltremodo.

Ma è impazzito? Non ha visto il rosso?” urlò verso l'antilope, tenendosi un fianco con la zampa.

Lo spavento aveva ceduto posto alla rabbia, in un attimo.
E altrettanto velocemente, la lucina verde del suo collare verté verso un rosso lampeggiante, pericolosamente: il povero lupo venne investito da una scarica elettrica che lo attraversò tutto, contraendo i suoi arti dal dolore, per qualche secondo. Poi sparì e quelli si rilassarono di contro, trascinandolo giù in ginocchio, ma ancora cosciente.
Nick si sentì moralmente vicino a quel tizio senza nemmeno conoscerlo. Sapeva il dolore che quell'aggeggio infernale creava, quanto male riuscisse a fare, e venne colto da pena per lui.

Nella strada c'era un gran silenzio e tutti gli occhi erano sul lupo. Occhi pieni di paura e occhi pieni di rimprovero. Ogni preda lo osservava con biasimo e disprezzo, allontanandosi da lì come se fosse una bestia, anche se in realtà era lui la vittima.
La polizia arrivò in quel momento sul posto e disperse la folla, avvicinandosi per gli accertamenti: negli occhi dei poliziotti, un rinoceronte, una zebra e un ippopotamo, c'era la stessa aria critica degli altri nel guardare il lupo ferito, rimessosi in piedi a fatica, che cercava di spiegare cosa fosse successo con la pelliccia tutta arruffata dalla corrente.

Nick non rimase a guardare ancora. Andò via, con la coda raso terra, e il morale ancora più sotto.
Perché la realtà era sempre lì, non importava quanto uno cercasse di non vederla: le lucine verdi dei collari erano sempre lì, sui colli di tutti i predatori, a ricordar loro quello che la società pensava di loro. Erano sbagliati, erano pericolosi.
L'avevano deciso le prede e loro dovevano sottostare. Non potevano nemmeno arrabbiarsi o alzare la voce, anche se erano nel giusto. Non potevano agitarsi e provare forti emozioni.
Altrimenti, la scarica elettrica cadeva su di loro come una punizione divina, riportandoli immediatamente al loro posto.
Era come essere costantemente imbrigliati e legati, schiavi nel proprio stesso corpo.
Nick aveva quel collare da quando aveva dodici anni, ma non riusciva a ricordare per niente come fosse non averlo; lo aveva cancellato, il senso di libertà, e sapeva che non lo avrebbe più provato davvero.

Con il cuore gonfio di amarezza, si incamminò sempre più verso le zone meno frequentate della città, la periferia industriale con le fabbriche ormai chiuse e una gran quiete.
Spuntavano già le prime stelle, nel cielo quasi nero.
Il capannone anonimo lo accolse come sempre con quel silenzio disarmante e totale; la sua figura si stagliava fatiscente e logora a ridosso di un fiumiciattolo; era un posto insignificante.
Ghignò leggermente, mentre si avvicinava ad un piccolo gabbiotto degli attrezzi lì vicino. Entrò a passo spedito e fischiettando, poi dopo qualche istante, scomparve.

Un tripudio di colori e miriadi di lucine esplosero d'improvviso davanti al suo muso, quando uscì dal tunnel segreto: la scritta più grande e luminosa formava la scritta: Wild Times, a caratteri cubitali.
Ehi, ragazzi, è arrivato Nick!” urlò una voce nel marasma, dando il via ad una sequela di saluti.
Ehi, Nick!”
Ciao, Nick! Come va?”
Vieni qua, Nick!”
Tutti lo salutavano euforici, sbracciandosi al suo passaggio, con un gran sorrisone da parte a parte, mentre lui, anche se lusingato dall'accoglienza, faceva la gimcana tra le attrazioni per raggiungere il suo ufficio.

Il Wild Times era il suo vanto, la sua raison d'etre, il boom della sua vita. Il suo paradiso.
Era la più grande attrazione mai inventata prima ed era totalmente segreta. Aveva faticato per costruirla, dopo anni di lavoretti non proprio puliti e umiliazioni, -e c'era anche il merito della mafia se aveva potuto farlo, ma quella era un'altra storia,- però alla fine aveva realizzato un'utopia vivente, un parco di divertimenti completamente per predatori, in cui potessero essere “liberi”, anche se per poco.
Non liberi al cento per cento, non poteva togliere loro i collari, ma all'interno di quel vasto capannone, quei diabolici congegni smettevano di funzionare, pur restando al loro posto: grazie ad un complicato sistema informatico creato dal suo amico Benjamin, amplificato da parete a parete, il Wild Times era come una bolla sicura in cui ogni predatore poteva sentirsi libero di urlare, arrabbiarsi, sovreccitarsi e divertirsi in totale libertà, senza il pericolo di ricevere una scossa o sentirsi giudicato o discriminato.

Le varie attrazioni costruite da lui, Nick, e dal suo dipendente quasi socio Finnick, permettevano le più libere espressioni dei predatori: come le montagne russe dell'urlo o la prova di forza del morso o la pista di corsa in loop che correva sopraelevata per tutta la struttura.
Le possibilità erano infinite e grazie al passaparola, era sempre pieno tutte le sere; e poteva contare sulla segretezza, grazie ad una sorta di fratellanza tra predatori.

Ehi, Finn” salutò entrando nell'ufficio, proprio dietro l'attrazione delle montagne russe dell'urlo.
Finnick, il piccolo Fennec seduto alla scrivania, rispose con un cenno del capo, continuando a contare i soldi dentro una cassetta di sicurezza.

Come va stasera?” gli domandò, attirando infine la sua attenzione.
Splendido. Gli incassi vanno alla grande” ribatté l'amico, che a dispetto della piccola statura aveva una voce profonda e rauca. Rimise il gruzzolo nella piccola cassaforte e la richiuse con premura, facendola poi sparire nel fondo segreto della scrivania. Infine si alzò e gli lasciò il posto.
Bene! Benissimo!” esultò Nick, strofinando le zampe tra loro. “Adesso ti mostro un nuovo progetto a cui sto lavorando!”

Si sedette nella rattoppata, ma comoda, poltroncina girevole e aprì un paio di cassetti, rovistando tra le cartacce; con un gran sorriso prese una cartellina logora e la sbatté sulla scrivania con frenesia: la aprì e svelò i fogli all'interno pieni di disegni e scritte fitti fitti, dal tratto molto approssimativo.
Stavo pensando, mi è venuto in mente l'altra sera nel guardare la tv, e oh mio dio l'adorerai, di aggiungere un'attrazione di immersione totale! No aspetta, fammi finire: un cinema 4D, proiezioni di paesaggi selvaggi e naturali e rampe per correre oppure avventure mozzafiato con movimenti in sincrono con le immagini e spruzzi d'acqua o folate di vento... insomma, un'esperienza totale e completa, che liberi adrenalina e eccitazione!”
Era lui quello emozionato, alla sola idea di mettere in pratica quel progetto. E per fortuna il collare non funzionava in quel momento o avrebbe preso una scossa elettrica non indifferente.

Bello, ma non abbiamo posto anche per questo” fu la laconica risposta dell'amico, che intanto aveva scalato una pila di libri lì accanto per poter vedere bene di cosa lui parlasse.
Ma sì! Facciamo slittare di qualche metro la Cat-apulta e spostiamo la vasca dei gomitoli dall'altra parte e-”
E non ci sarà più spazio nemmeno per muoversi” lo interruppe Finn, scheggiando il suo entusiasmo.
Ma se noi rimpic-”
No, Nick. L'unica soluzione è togliere qualche attrazione. Ormai ce ne sono talmente tante, possiamo togliere una delle più vecchie per fare posto a questa.”
Togl- no! Non ci rinuncerò. Non toglierò le montagne russe dell'urlo o il karaoke “Howl along” o altro! Potremmo...” si passò le zampe sul muso, immerso in veloci pensieri.
Potremmo spostarci in un nuovo capannone, più grande” esalò alla fine, compiaciuto della sua idea.

Finnick scoppiò a ridergli in faccia, apparentemente divertito.
Sì? Spostiamo un'attività clandestina, così, con facilità? E perché non mettiamo anche dei bei manifesti per farlo sapere a tutti?”
Potrei cercare di ottenere i permessi legali, questa volta. Ormai i soldi per le pratiche li ho e anche per i brevetti delle attrazioni. Potrei spuntarla questa volta!”
Finnick si chiese da dove venissero gli sprazzi di ingenua fiducia che ogni tanto colpivano Nick, che pure era uno dei più pratici e cinici predatori che conoscesse; c'era in lui, forse, ancora quella volpe con tanti progetti e sogni che voleva solo aiutare i suoi simili a stare meglio. Quella che esisteva prima di aver sbattuto il muso centinaia di volte nel tentativo di cercare finanziamenti per mettere in pratica quei sogni.

Nick” iniziò, scuotendo lentamente la testa, “non c'è legale che ti sosterebbe, sono tutti prede, se te lo fossi dimenticato; e penso tu abbia dimenticato anche la legge a proposito dei collari, perché sapresti che non c'è nessuna possibilità. Ci sei già passato.”

I predatori devono portare e tenere i collari 24 ore su 24, assicurandosi anche della loro piena funzionalità e avvisare le autorità in caso di malfunzionamento dello stesso.
Nessun predatore può togliere e/o manomettere il proprio collare o il collare di un altro predatore.
Il predatore sprovvisto del collare sarà fermato e arrestato e la pena commutata varierà da un periodo di reclusione di un anno ad una pena a vita a seconda delle aggravanti e delle circostanze, nonché un periodo di terapia riabilitativa contro l'aggressività” citò a memoria Nick, comprovandogli la sua piena sanità mentale. “Quindi dovresti sapere che non abbiamo toccato i collari in nessuno modo, né li togliamo mai.”

Finnick scese dalla pila di libri e si incamminò verso la porta, sporgendosi poi sulla punta delle zampette per arrivare alla maniglia; aprì e gli fece cenni di seguirlo, mentre il silenzio intanto si riempiva di urla e grida festose dal di fuori e di musichette accattivanti dei giochi.
Camminarono fianco a fianco, guardandosi attorno. C'erano ovunque facce allegre e divertite, un'intera famiglia di orsi polari che faceva la fila per le montagne russe, e poi ancora lupi, tigri, leoni, furetti, pantere, leopardi e ogni genere di predatore, impegnati a ridere e spassarsela in pace e armonia, senza mai uno scoppio di rabbia o di violenza in alcuna forma. Come poteva essere sbagliato, ciò che facevano?
Era così bello vedere il piccolo led dei collari spento, innocuo, totalmente dimenticato.

Anche senza aver manomesso materialmente i collari, qui dentro cessano di funzionare e non sarebbe ben visto dalle prede. Tu fai in modo che la loro aggressività si sfoghi, ma le prede lo vedrebbero come se tu stessi solo alimentando i loro istinti animali. Non finirebbe bene, Nick” esclamò Finnick, la rauca voce più addolcita.
La volpe sospirò, con una scrollata di spalle. L'amico aveva ragione e lui lo sapeva bene.
Solo perché quello era il suo paradiso, non significava che gli altri lo vedessero come tale.

Ok, allora penseremo a come aggiungere il cinema 4D con cal-”
Le luci si spensero tutte contemporaneamente e il capannone piombò nell'oscurità più nera, le musichette cessarono e un'innaturale silenzio li circondò. Sfarfallando debolmente, le lucine dei collari si riaccesero una ad una come percorse da una corrente continua, verdi e fisse, come stelle malate.

Nick, grazie alla vista notturna, si accorse delle facce preoccupate dei suoi clienti e del suo amico, tutti con gli occhi sbarrati nel buio alla ricerca di una spiegazione.
Tranquilli, sarà il generato-”
Polizia! L'edificio è circondato! Venite fuori con le zampe in alto e disarmati!” gracchiò potentemente una voce amplificata da un megafono.
Si udirono centinaia di fiati trattenuti all'unisono, nello stesso secondo. Le espressioni sorprese si erano trasformate in maschere di orrore e paura, e non c'era nessuno all'interno della struttura che non si stesse guardando intorno alla ricerca di una via d'uscita, sussurrando disperatamente in cerca di idee.
Nick era congelato sul posto. Non riusciva ancora a crederci.

Sono il capitano Bogo, ripeto: venite fuori con le zampe in alto e niente scherzi. Avete un minuto, dopodiché irromperemo nel locale!”

Nick! Dobbiamo muoverci!” lo scosse Finnick al sentire il secondo avviso, strattonandolo per la camicia.
La volpe scrollò la testa, uscendo dal suo stato di trance.

Prima gli altri!”
Con passo svelto e felpato, corse verso la piscina dei gomitoli e ci si poggiò contro, cercando di spingerla con tutte le sue forze. Esalò forte, tendendo i muscoli allo spasmo.

Aiutatemi! Presto!” chiese senza fiato, continuando a spingere.
I sussurri spaventati si spensero immediatamente, al sentire la sua disperata richiesta.
Una pantera, un orso e una tigre si mossero nel buio per raggiungerlo e si misero ai suoi lati, velocemente: imitarono i suoi gesti e spinsero tutti assieme la grande struttura che dopo pochi istanti iniziò a slittare, cigolando cupamente.

Nick si staccò e si inchinò non appena sentì il dislivello sotto le zampe inferiori e vide perfettamente la grande maniglia argentata, che nel buio sembrava solo grigia scura.
Tirò verso l'alto usando tutto il corpo e il coperchio della botola saltò via come un tappo di sughero da una bottiglia di spumante: una gran nuvola di polvere si sollevò e gli entrò nelle narici, facendolo tossire.

Finn! Scendi per primo e mostra loro la strada!” ordinò poi, appoggiando il coperchio a terra. “Voi altri, seguitelo: è un'uscita sicura, spunterete molto lontano da qui. Andate!”

Con rapidità, seguendo il Fennec, la folla si mise in fila indiana e sparì nel buco del terreno, silenziosamente: perfino i cuccioli erano tesi e muti, capendo che non era un gioco e che dovevano comportarsi bene. Nick supervisionava ancora dal capannone e si assicurava che tutti passassero e che quelli che non vedevano non inciampassero, distribuendo pacche rassicuranti sulle schiene di quelli nervosi.
Tempo scaduto” urlò la voce amplificata, da fuori. “Facciamo irruzione!”
Il panico serpeggiò nei predatori rimasti e Nick fece del suo meglio per velocizzare la fuga e poter fuggire anche lui, senza però che si generasse il caos.
Ancora un orso. Poi un leone. Dopo il lupo c'erano ancora quattro predatori, potevano farcela.

D'improvviso, un gran fragore scosse il portone del capannone e le vibrazioni si propagarono nello spazio vuoto, ancora più spaventose.
Non fermatevi! Via, via!” li esortò Nick, al vederli bloccarsi nel panico.
Un secondo boato riecheggiò subito dopo, potente come il primo. Il cigolio del legno fu più forte, quella volta, scricchiolando disperatamente.
Non avrebbe resistito ancora.
La testa del giaguaro sparì nel buco e non mancava che un furetto.
Nick si sentiva percorso da un'agitazione crescente e pregò che il collare non gli desse la scossa proprio in quel momento o sarebbe stato preso e tutto sarebbe stato perduto.
Ma non lo sarebbe stato comunque nel momento in cui la polizia fosse entrata lì?

Si chinò per prendere il coperchio della botola e scendere anche lui, richiudendosela dietro per depistare, quando il portone andò letteralmente in frantumi, schegge impazzite che volavano ovunque, mentre urla imperiose e luce entravano da fuori.
La polizia irruppe a ranghi serrati, con taser e pistole tranquillanti nelle zampe, e Nick capì che non ce l'avrebbe fatta: spinse il coperchio con tutta la silenziosità possibile e scivolò all'indietro, assottigliandosi contro la piscina dei gomitoli, trattenendo il fiato.
I suoi occhi scrutavano nel miscuglio tra ombre e luce, seguendo con la tachicardia il via vai frenetico dei poliziotti, che si sparpagliavano nel capannone a macchia d'olio, cercando tracce. Vedeva i loro musi sorpresi nel guardare le varie attrazioni, poi il disgusto nel capire cosa fossero, gli sguardi ancora più incattiviti nel cercare un colpevole.
D'altronde, tutto il corpo di polizia era composto da prede.

Arrendetevi immediatamente. Non c'è via di scampo!” gridò il capitano Bogo, la sua voce molto meno fastidiosa senza il gracchiare del megafono, ma comunque allarmante.
Nick li sentì avvicinarsi sempre più, ticchettii e fruscii, e si chiese se sarebbe mai riuscito a sgattaiolare fuori e a dileguarsi inosservato.
Si ricordò in tempo della lucina del collare e la coprì con una zampa, appena prima che una antilope passasse di fronte al suo nascondiglio con un taser ben teso di fronte a sé, scrutando tutto intorno. Nick chiuse un secondo le palpebre, nel timore che i suoi occhi potessero scintillare nell'oscurità.
Si rese conto che erano troppi e che non avrebbe potuto nascondersi ancora a lungo. E non c'era tempo per cercare una soluzione che forse nemmeno esisteva.

Prese tutta la disperazione che lo animava, e anche un grosso respiro, e non appena altri due poliziotti lo ebbero oltrepassato, scattò in avanti e si lanciò in una folle corsa a testa bassa verso la porta distrutta da cui entravano fasci di luce, scartando velocemente due o tre figure che gli sbarravano la strada.
Sospetto in fuga! Allerta!” urlò un ovino, le zampe che sussultavano mentre cercava di prendere la mira sulla rapida silhouette che sfrecciava nelle ombre e in mezzo alle loro gambe.
Tutto intorno, non c'erano che armi che puntavano contro Nick, che lo avrebbero fulminato o narcotizzato. Scartò a destra per evitare un ippopotamo. Deviò a sinistra per scansare un elefante.

Fu la grossa stazza del pachiderma a trarlo in inganno, a non fargli vedere la figura appena dietro: sbatté contro un corpo solido e massiccio con un tonfo e finì a gambe all'aria.
Non muoverti! Zampe in alto” ordinò il grosso bufalo che torreggiava su di lui, tenendo la pistola puntata dritta in mezzo alla sua fronte.
Sono il capitano Bogo. Identificati.”
Nick sollevò lentamente gli arti, senza staccare il contatto visivo con lui. Qualsiasi cenno poteva essere frainteso dal poliziotto.

Nicholas Piberius Wilde” sussurrò muovendo meno possibile le labbra, le orecchie basse e appiattite contro la testa. “Ci deve essere un malinteso, se mi fate spiegare, vedrete che è tutto un equiv-”

Signore! Abbiamo trovato qualcosa!” urlò a squarciagola una capra, uscendo con aria sconvolta dall'ufficio di Nick. Una giraffa la seguì, anch'essa turbata.
C'era un fondo di paura e terrore, quando guardarono la volpe.

Tu” disse Bogo, rivolto ad una gazzella lì vicino, “tienilo sotto tiro, non osare farlo scappare.”
Il grosso bufalo si assicurò che i suoi uomini lo avessero in custodia prima di rimettere la pistola nella fondina e incamminarsi verso il fondo del capannone, dietro la biglietteria delle montagne russe, con un sinistro ticchettio delle zampe inferiori.
Sparì oltre la porta, e per interi minuti non si sentì più nulla.

Nick non sentiva nulla se non il battito del suo cuore. Erano nel suo santuario, stavano frugando tra i suoi progetti, tra i suoi ricordi, e non avrebbero capito. Ma poteva spiegare loro che era sbagliato giudicare senza conoscere, che in realtà quel posto era un paradiso.
Lo avrebbero capito?
Il capitano riemerse dalla stanza, una linea tesa sopra gli occhi che esprimeva tutta la sua preoccupazione e serietà. Solo quando fu di fronte a lui, Nick si accorse di alcune gocce di sangue sulle sue dita.

Nicholas Wilde, ti dichiaro in arresto per l'omicidio di un caribù” esalò mortale Bogo, afferrando le manette dal suo fianco.
COSA?” strillò Nick, cercando di capire, reagendo inconsciamente all'arresto. Una scossa dolorosa lo attraversò all'improvviso, vincendo ogni reticenza.
Hai il diritto di rimanere in silenzio. Tutto quello che dirai potrà essere usato contro di te in tribunale.”
Un paio di zampe lo afferrarono e lo costrinsero a voltarsi, bloccando le sue dietro la schiena.

No! Io non- Io sono innocente” mormorò debolmente la volpe. Gli girava la testa. Le manette scattarono intorno ai suoi polsi, gelide e dure.
Hai diritto ad un avvocato. Se non puoi permettertelo, te ne verrà assegnato uno d'ufficio” continuò imperterrito il capitano, ignorando ogni sua protesta.

Lo trascinarono fuori, praticamente di peso. Nella notte fresca, ma stranamente soffocante.
Vide le macchine assiepate lì davanti, le luci dei fari che si mischiavano a quelle ad intermittenza delle sirene, confondendolo ancora di più.
E tutto intorno c'erano poliziotti. E tutti erano ovviamente prede.
Si sentiva schiacciato dai loro sguardi accusatori, arrabbiati e disgustati. E ancora non riusciva a capire, ad assimilare, ciò che davvero era accaduto.
Una zampa lo spinse nel sedile di dietro di una macchina, decisa, ma per nulla rabbiosa. La portiera sbatté secca al suo fianco.

Dritto in centrale, Trunkaby” sentì dire alla voce di Bogo rivolto verso il poliziotto alla guida, prima che le sirene esplodessero in un suono lamentoso, riecheggiando nella notte.

Nick fece appena in tempo a voltare il collo e guardare il suo capannone allontanarsi velocemente, violato e invaso da chi non poteva capire.
Il suo paradiso era perduto per sempre.




Note:
Salve!
Sono Switch, piacere, questa è la mia prima storia in questo fandom.

Ho visto Zootopia e me ne sono innamorata perciò, dopo averlo visto altre quattro volte, ho sentito il bisogno di scrivere una ff che fosse il continuo della storia, subito dopo che Nick è diventato poliziotto. Ma, facendo ricerche per i dettagli, ho scoperto che all'inizio la trama doveva essere molto diversa, con i collari elettrici per i predatori e una forte discriminazione verso essi. Era più cupa e più dark e l'ho adorata. Mi si è formata in testa come avrebbe potuto essere e non sono più riuscita a pensare ad altro.
Ho accantonato per il futuro il sequel che avevo in mente e, usando alcune idee della bozza iniziale, ho iniziato a scrivere questa storia: Zoostopia.
Tutto sarà diverso, ma i personaggi saranno gli stessi. Con i caratteri pensati originariamente per loro.

Il Wild Times esisteva nello script originale ed era una sorta di parco di divertimenti per predatori, così come l'ho descritto, ma aveva una differenza: Nick toglieva loro i collari quando entravano, permettendogli totale liberta. Nella mia storia, invece, ho deciso che i collari entrano solo in una sorta di stand by, perché volevo che fossero sempre un monito presente e che nessuno avesse più provato un senso di libertà totale da quando furono introdotti. Per sviluppi futuri.

Spero vi piaccia, grazie per aver letto.
Switch

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Capitolo 2
*** Escape from ZPD ***


ZPD.
Zootopia Police Department.
Lo scudo della società, la sua difesa.
Integrità, Fiducia, Coraggio, recitava il suo motto, inciso su ogni distintivo.
Il corpo di polizia di Zootopia credeva fin nel fondo del cuore a quel precetto e tutti i suoi componenti lavoravano anima e corpo per proteggere i cittadini.
Però, c'era un però.

Dopo l'entrata in vigore dei collari elettronici, vent'anni prima, un profondo cambiamento era avvenuto in tutta la città e immancabilmente anche nella polizia: molte, se non tutte, le cariche importanti che prima erano ricoperte da predatori, erano state prese dalle prede in maniera quasi naturale e obbligata; nessuno voleva più un sindaco o un poliziotto o un avvocato o un dottore predatore, la fiducia era andata via via scemando ed era stata sostituita da diffidenza e discriminazione, anche troppo velocemente.
E tra i poliziotti serpeggiavano gli stessi pregiudizi, purtroppo.
Gli elefanti, le giraffe, gli ippopotami, i bufali, i rinoceronti che ne facevano parte, pensavano fosse loro compito proteggere le prede dalle malefatte dei predatori; ecco perché per la maggior parte erano prede di grande taglia e stazza, adatti a contrastare l'aggressività e l'irruenza degli indisciplinati predatori.

Ed ecco perché una come Judy Hopps non era il classico poliziotto.
Piccola, esile, insignificante.
Judy Hopps era un coniglio, il primo coniglio a far parte del corpo di polizia di Zootopia, entrata in servizio alla centrale del primo distretto nemmeno sei mesi prima: in quell'esiguo lasso di tempo aveva dovuto fare del suo meglio, tutto il suo meglio, per poter essere considerata alla pari dei suoi mastodontici colleghi.
Aveva risolto da sola un complotto contro una banca, tre rapine, un sequestro di gazzella e una sparatoria in centro. Da sola, tutto da sola. Aveva lavorato dando il quadruplo di quanto si impegnassero gli altri, ottenendo lo stesso livello di rispetto, per lo meno.
E quello che si diceva su di lei non la sfiorava davvero.

Quella mattina era arrivata in centrale presto come suo solito, inosservata: si era seduta alla sua scrivania e ci aveva passato ore in perfetto silenzio, intenta nel suo lavoro per quella giornata, -compilare i fascicoli degli ultimi casi risolti,- sapendo benissimo che nessuno l'avrebbe disturbata, che non ci sarebbero stati colleghi invadenti in vena di chiacchiere e con una tazza di caffè in omaggio.
Non succedeva mai, a lei.

Verso l'ora di pranzo decise di desiderare davvero una pausa, in fin dei conti, e si gettò giù dalla sedia, diretta verso la macchinetta nell'atrio, a passo spedito ed evitando di incrociare lo sguardo con chiunque. D'altronde era quello che facevano anche gli altri.
Nessuno voleva iniziare una discussione con “Hopps il poliziotto di ferro”, “senza anima Hopps” o “l'intransigente Hopps”.
Li aveva sentiti i suoi soprannomi, ben più di una volta, quando i suoi colleghi pensavano che lei non li sentisse; e se anche l'avevano ferita, non l'aveva mai mostrato a nessuno.
Il loro parere non le interessava, si ripeteva, e metteva tutta la sua concentrazione nel lavoro, lasciando quelle piccole scaramucce nel dimenticatoio nel fondo della sua mente.
Amava il suo lavoro, amava essere una poliziotta, e nessuno avrebbe distrutto quel sogno.

Finì di bere il suo caffè di tarassaco e gettò la tazzina di carta nel cestino. Ripercorse in fretta il tragitto per la sua scrivania, già con la testa concentrata sulle prove da catalogare per-
Hopps!” urlò la voce del capitano Bogo, dalla balaustra in vetro del piano superiore, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
Judy sollevò il viso e guardò il suo capo con un'espressione stupita: quando Bogo usava quel tono secco, o c'era un problema o lei aveva un problema. Ripensò in fretta a cosa potesse avere combinato per suscitare l'irritazione del suo superiore, ma niente le saltò alla memoria.
Sfilò nel corridoio sotto gli occhi di tutti, diretta verso l'ufficio del capo.

Il capitano era seduto dietro la bella e grande scrivania e le indicò la sedia di fronte a sé, quando lei entrò; Judy ci saltò su a piedi uniti e si sedette composta, navigando in quella sedia troppo grande.
Silenzio.
Bogo occhieggiava dei fascicoli con aria preoccupata e Judy si chiese se non avesse dimenticato qualcosa negli ultimi che gli aveva consegnato.

Signore, i rapporti del caso-” provò a dire, prima che la zampa del bufalo scattasse in aria, mettendola a tacere con sussiego.
Judy si afflosciò sulla sedia, in attesa che fosse lui a dirle cosa non andasse e perché l'avesse richiamata lì.

Il capitano controllò ancora un paio di fogli, poi esalò un sospiro tetro e richiuse la cartellina. Infine sollevò lo sguardo e lo fissò su di lei.
Hopps” disse, lentamente, “abbiamo un problema.”
Le orecchie grigie della coniglietta schizzarono in aria, per il tono preoccupato. Bogo non era un poliziotto da allarmismi, se definiva una situazione “problema”, allora lo era.

Siamo stati assaliti dai giornalisti” spiegò, stancamente.
Si accorse solo in quel momento delle occhiaie del suo capo e si chiese da quanto tempo fosse in piedi e da quanto in servizio, ma non osò domandarglielo. Tuttavia la notizia non le era sembrata così allarmante come l'aveva dipinta lui e attese altre informazioni prima di intervenire.

Qualcuno ha fatto una soffiata sul caso Wilde e non c'è un giornalista in città che non voglia notizie fresche di prima mano” continuò Bogo, spingendo verso di lei il fascicolo che aveva prima guardato con così tanta ossessione.

Era una cartellina gialla e sopra vi era scritto proprio il nome che il suo capitano aveva citato: Wilde.
La aprì e sfogliò nel silenzio, velocemente, gli occhioni viola che scivolavano in fretta per le pagine, estrapolando le informazioni che le interessavano e scartando tutto il superfluo resto. Era una cosa in cui era estremamente brava.
Parco di divertimenti per predatori. Collari disattivati. Istinti liberi e sollecitati. Omicidio.

Girò il foglio successivo e si trovò davanti al muso la foto di una volpe, maschio, sui trent'anni di età, con il numero di incarcerazione tra le zampe: gli occhi verdi erano spalancati e il pelo rosso arruffato attorno ai polsi.
Nicholas P. Wilde. Il sospettato principale. L'unico, a dire il vero.
Lo osservò attentamente, imprimendosi i dettagli nella mente, cercando in lui un segno di quella sottaciuta cattiveria che sapeva vedere negli altri, ma non le parve di scorgere nulla se non paura.

La pagina seguente le gelò il sangue nelle vene e nello stesso momento le cancellò qualsiasi empatia avesse provato verso il muso di volpe pochi istanti prima: il referto dell'autopsia rivelava la causa della morte del caribù, correlato con vivide e dettagliatissime foto.
Anche troppo dettagliate per il suo stomaco.
Morte per ripetuti e violenti fendenti, dodici per la precisione, che avevano portato la vittima a dissanguarsi in pochi istanti, probabilmente molto dolorosamente.
Come qualcuno potesse essersi accanito così ferocemente su un altro essere vivente, le sfuggiva alla comprensione. Sembrava non esserci nessun collegamento tra il signor Rangi Tarandus, la vittima, e quel Wilde, ma l'omicidio era avvenuto nella proprietà della volpe, non c'erano molte alternative o altre piste valide come quella.

E finalmente capì perché i giornalisti avevano invaso la centrale a quella soffiata e cosa avrebbe comportato per loro.
Un predatore che uccideva una preda, aiutato dalla disattivazione del proprio collare, in un parco a tema solo per predatori, in cui i loro istinti erano liberi e accentuati: perfino il peggior giornalista della città, quello che scriveva i pettegolezzi del rione, ne avrebbe tirato fuori un pezzo esplosivo, con quelle premesse.
Si rischiava di causare uno scisma ancora più evidente tra predatori e prede, probabilmente una rivolta, prese di posizione contro i predatori che avrebbero portato a gravi conseguenze.
Dovevano essere cauti per non fomentare la folla e non causare isterismi, a nemmeno due giorni di distanza dalle celebrazioni per i vent'anni del mandato del Sindaco Bellwether; non avrebbe voluto essere nei panni del capitano, in effetti.
Ma se l'aveva chiamata lì, un motivo doveva esserci.

Vuole che parli io coi giornalisti” provò ad indovinare, chiudendo infine il fascicolo. Bogo l'aveva osservata per tutto il tempo, indovinando i suoi pensieri via via che leggeva.
No, Hopps, volevo solo un tuo parere” rivelò lui, spiazzandola. Positivamente.
Si era data tanto da fare, davvero tanto da non aver quasi riposato, e vedere il suo lavoro ripagato, vedere che perfino il capitano si fidasse di lei e del suo giudizio, le accendeva una scintilla di orgoglio nel cuore.

Il fatto è... che io non credo Wilde sia colpevole” rivelò il capitano sottovoce, come fosse un segreto inconfessabile.
Ma... le prove! La vittima nella sua proprietà, nel suo ufficio! Come può pensare che non sia colpevole?” insorse la coniglietta, saltando sulla sedia con le zampe dalla foga.
Si accorse dopo qualche secondo di silenzio di aver alzato decisamente troppo la voce e si ridimensionò sotto lo sguardo tetro, eppure quieto, del suo superiore, che non aveva mosso un muscolo.

Le... le prove” mormorò, di nuovo. “Perché pensa che Wilde non sia colpevole?”
Istinto” fu la secca risposta che ricevette.
Con tutto il rispetto, signore, l'istinto non reggerà in tribunale, né scarcererà il sospettato. Dovrebbe anche provare che il suo istinto ha fondamento.”
Bogo sbuffò per quella sua indisciplinata saccenza, ma ovviamente era d'accordo con lei. Però avrebbero dovuto passargli sopra prima che lo ammettesse a voce alta.

Per questo ti ho chiamata. Ti affido al caso Wilde, agente Hopps. Lavorerai con Trunkaby e Higgins e indagherai ogni pista senza fermarti alle apparenze. So che sei capace di farlo.”
Judy scattò sull'attenti, seria e impettita, le orecchie svettanti al cielo per la concentrazione. Quello che il capo aveva inteso, e sotto-inteso, era un lavoro di fiducia e responsabilità non indifferente, in cui probabilmente si sarebbe scontrata con i pareri dei suoi colleghi, contro molti muri impenetrabili e vicoli ciechi.
Il genere di indagine che le faceva fremere il naso dall'eccitazione.

Sissignore!” rispose, trattenendo a stento un ghigno a quella sfida.
Bene” concluse soddisfatto Bogo, più rilassato. “Io rilascerò un intervista tra poco, in cui dirò niente, facendo credere di dire tutto.”
Judy stirò le labbra in un rapido sorriso, prima di congedarsi formalmente e saltare giù dalla sedia. Era arrivata alla porta, quando le arrivò la voce del capitano:

Trunkaby e Higgins hanno già i fascicoli del caso e li ho avvisati che ci sarai anche tu in squadra. Cerca di andare d'accordo con loro, Hopps.”
La coniglietta afflosciò le orecchie, e rispose con un ben più mesto “sissignore”, prima di richiudersi la porta alle spalle e incamminarsi verso le scrivanie dei suoi colleghi.

Trunkaby era un elefante e Higgins un ippopotamo, che facevano coppia in pattuglia da almeno cinque anni: erano affiatatissimi e si fidavano ciecamente uno dell'altro, e ovviamente non vedevano di buon occhio intromissioni di altri poliziotti. Men che meno il suo.
Sospirò rumorosamente, vedendo già in lontananza le loro grosse zampe attorno alla scrivania di Higgins, i due intenti a chiacchierare con una tazza di caffè nella zampa di uno e una ciambella in quella dell'altro. Ridacchiavano a bocca aperta, dicendosi chissà cosa.
Judy si fermò proprio sotto di loro e li salutò con un risicato buon giorno.
Come se non l'avessero sentita, i due continuarono a parlottare tra loro, di proposito o in buona fede. Judy tossì vistosamente e ripeté il saluto, a voce più elevata, le orecchie al cielo, forse per sembrare più minacciosa e alta anche lei.

Trunkaby ammutolì e guardò verso il basso, proprio sotto la sua proboscide, la piccola coniglietta minacciosa. Judy Hopps non si rendeva nemmeno conto di apparire sempre arrabbiata, agli occhi degli altri.
Il caso Wilde. Il capitano me l'ha affidato assieme a voi. Da dove iniziamo?” esclamò a voce alta e imperiosa.
Higgins rollò gli occhi al cielo e appoggiò la tazza di caffè alla scrivania.

Non c'è niente da iniziare. È colpevole. Le prove sono tutte contro di lui. Tieni, controlla” disse, lanciandole il fascicolo tra le zampe con fare annoiato.
Il suo avvocato arriverà tra poco. Se qualcuno degli avvocati d'ufficio se la sentirà di provare a difenderlo” aggiunse Trunkaby, ridacchiando.
Judy era combattuta. Quel Wilde era un predatore, era molto probabile che fosse lui il colpevole, ma condannare qualcuno a prescindere non era sbagliato?

Fece per aprire bocca per ribattere, ma uno spaventoso urlo e una sirena echeggiarono in contemporanea nella centrale: le orecchie di tutti rizzarono subito in alto in allarme e il naso della coniglietta fremette.
Evasione! Evasione in atto!” urlava ancora la voce, che riconobbero come quella dell'agente Yax, il sin troppo disteso secondino che si occupava dei sospettati trattenuti.
Tutti gli agenti corsero verso le celle, ma Judy, piccola e agile, scivolò tra le zampe e arrivò per prima, davanti a una di quelle vuote, aperta, dove l'allampanato Yak si stava disperando, fissando il water come se gli avesse fatto un torto.

Che succede?” tuonò la voce di Bogo, accorso alle grida. La folla si scisse per permettergli di passare.
Il sospettato Wilde, signore. Si è... si è...” tentennò Yax sotto lo sguardo severo del capitano. “Si è scaricato nel water!”
Cosa?”
È una cella per grandi mammiferi, tutto è enorme e lui... si è scaricato nel water.”
Voglio tutti gli agenti immediatamente nelle fogne! Fermate qualsia-”

Judy aveva smesso di ascoltare il capitano molto prima e si era fiondata in fretta verso l'angolo del secondino, frugando tra le attrezzature per le emergenze: prese soddisfatta la larga tuta usa e getta per i rilevamenti e ci si fiondò dentro a zampe unite e tirò su la zip; quello che gli altri videro fu un fagotto bianco e molle che correva verso la cella a tutta velocità, le lunghe maniche che sventolavano pazzamente all'indietro: lo osservarono saltare oltre il bordo del water e udirono lo sciacquettio dell'acqua all'interno.
Scaricatemi” esclamò la coniglietta, la voce attutita dalla stoffa.
Hopps! Non ti azzardare a farlo” la riprese Bogo.
Scaricatemi!” ordinò Judy, allungando la sua stessa zampa per arrivare al pulsante da sola.
Yax si accorse del suo sforzo e lo premette per lei; lo scroscio dell'acqua invase ogni spazio e lo scarico ingollò la piccola coniglietta tutta intera, poi placidamente rimase stagnante, osservata da tutti i poliziotti nella cella, in religioso silenzio.

YAX!” scoppiò Bogo, fuori di sé.
E voi cosa fate lì impalati? Correte all'inseguimento! Cercate Hopps! E cercate Wilde! Via, via!”
Con veemenza tutti i mammiferi partirono al trotto, facendo tremare il pavimento sotto la loro importante mole, lasciando il capitano nella cella.
Il bufalo si voltò verso il secondino, che in silenzio provava a infilare una zampa nel water, forzandola per passarci. Lo Yak si accorse dello sguardo sorpreso e seccato di Bogo e si interruppe con la gamba a mezz'aria.

Pensavo di scaricarmi anche io, per fare prima” mormorò, svagatamente.

Judy atterrò nella melma, dopo una scivolata infinita giù per le tubature.
La sporcizia e il tanfo la circondavano e la tuta che si era messa per proteggersi non era poi così “protettiva” come aveva immaginato; iniziò a respirare con la bocca, il suo naso era troppo offeso dall'odore per collaborare.
Era tutto buio e nero lì sotto, ma aveva dalla sua un udito fino come alleato.

Tese le orecchie in alto, attenta ad ogni suono. Iniziò subito a riconoscere lo scroscio di alcune tubature e il fischio assordante di una valvola fuori fase e il cigolio dei tubi sotto pressione: non appena si fu abituata a tutto quel ritmico fracasso, fu facile riconoscere la nota stonata. Il rumore acquoso di passi che si allontanavano.
Scattò all'inseguimento senza pensarci due volte, le orecchie come radar sensibili che le indicavano la giusta via.


Nick stava correndo nemmeno avesse la morte alle calcagna, usando la sua vista notturna per orientarsi nel dedalo di gallerie delle fogne, immerse nella cieca penombra; voleva uscire da lì al più presto, ma non se la sentiva di sbucare in pieno centro da uno dei tombini.
Doveva mettere quanta più distanza possibile dalla centrale di polizia, prima che riuscissero ad organizzarsi per seguirlo.
Scaricarsi dal water era stata un'idea geniale, senza essere modesto. Non una delle migliori, ma di certo geniale.
L'espressione dello Yak era stata impagabile, quando si era lasciato andare giù.
Avevano forse creduto che sarebbe rimasto lì a farsi condannare per qualcosa che non aveva commesso? Un omicida, lui, Nicholas Wilde? Era ridicolo.
Era ovvio che qualcuno lo avesse incastrato e toccava a lui scoprire chi fosse stato.

Era immerso nei suoi pensieri, e anche in quelli geografici mentre pensava da quale tombino sarebbe stato meglio uscire, quando si accorse di qualcosa di strano. Un rumore cadenzato che prima non c'era.
Alle sue spalle.
Si voltò e intravvide un fagotto bianchiccio che oscillava da una parte all'altra mentre si avvicinava velocemente, con lunghi arti che sventolavano grottescamente e mollemente all'indietro.
Non rimase lì per chiedergli che diamine fosse, se un mostro o un fantasma, ma con un urlo si fiondò invece in avanti, correndo ancora più forte di prima.

In nome della legge ti ordino di fermarti!” gridò il mostro, con una strana voce camuffata.
Il fatto che fosse una creatura apparentemente affiliata con la polizia non lo rincuorò affatto, anzi; non si girò a controllare a quanta distanza fosse e prese a zigzagare per i cunicoli, sperando di perderlo in fretta.

Fermati! Sei in arresto!” gridava a più riprese il suo inseguitore, senza arrendersi.
Sempre più vicino.

Nick occhieggiò una via di scampo a pochi metri da sé: saltò con foga e si attaccò alla scaletta e vi salì freneticamente; sbatté la testa contro la lastra di metallo, per la fretta, e con un'imprecazione tra i denti si sbrigò ad aprire il tombino.
Uscì all'aria aperta, fresca, deliziosa, profumata perfino. Ma non restò lì immobile a godersela: saltò fuori e lanciò il tombino al suolo, spaventando una piccola gazzella che passava lì vicino per il gran fragore.
Poi corse via per le strade gremite, incurante degli sguardi dei passanti e delle espressioni di disgusto per l'odore che emanava.

Fermati in nome della legge!” sentì di nuovo, questa volta più nitidamente.
Si voltò per controllare e vide il fagotto bianco di prima che, issatosi dal tombino, si era aperto a metà rivelando la piccola coniglietta al suo interno. Dal cipiglio minaccioso.
Per un secondo, gli occhi viola e quelli verdi si incontrarono.

Fermo, Wilde!”

Nick non ci pensò nemmeno e schizzò via saltando piccole famiglie di lemmings e scivolando sotto le zampe di una giraffa.
Tutta la zona, perfino il traffico, sembrava essersi congelata per assistere all'inseguimento in diretta. Una volpe inseguita da una coniglietta.
Nick sapeva di doverla distanziare e più in fretta possibile. Non che quella piccoletta fosse una minaccia, in fin dei conti, ma era pur sempre una poliziotta e per quello che ne sapeva, poteva anche aver richiamato i rinforzi e segnalato la sua posizione.

Via, spostatevi!” gridò gesticolando, verso i piccoli topolini che affollavano il piccolo arco d'entrata di Little Rodentia.
Piccoli squittii di paura riempirono l'aria mentre quelli cercavano di scappare con un fuggi fuggi scomposto.

Nick scivolò sotto la volta in pietra ed entrò nel piccolo e recintato quartiere di roditori, dove tutto era piccolo, estremamente piccolo; perfino lui, una volpe, si sentiva come un gigante.
Fece la gimcana tra i palazzi alti praticamente quanto lui e per le viuzze strette tanto da dover trattenere il fiato per passarci attraverso: gli strilli dei topolini mentre passava e faceva tremare la terra sotto i suoi passi erano troppo flebili perché riuscisse a sentirli, ma si scusava lo stesso a ripetizione, davvero contrito.

Mi spiace, scusate, mi scusi, sono dispiaciuto!”
Fermo, criminale!”

La coniglietta si era infilata anche lei in Little Rodentia e gli era a pochi passi di distanza, caparbia fino al midollo. Caricava come un piccolo rinoceronte in carica, evitando gli ostacoli e i minuscoli civili con maestria, molto più facilitata rispetto a lui.
La volpe trattenne il fiato e si infilò in una stretta stradina tra due palazzi, spingendosi sempre più a fondo; poi rimase in silenzio, con le orecchie tese per ascoltare, sperando che la sua inseguitrice avesse perso le sue tracce.
La sentì passare proprio davanti al suo nascondiglio e sorpassarlo senza nessuna idea che lui fosse lì. Sogghignò leggermente, già praticamente certo di averla fatta franca, e con l'idea di poter uscire al più presto da lì e raggiungere Finnick.

Un tintinnio metallico scattò nell'aria e qualcosa iniziò a trascinarlo via dal suo rifugio, dall'altra parte, tirandolo per il braccio: raschiò il muso contro il muro del palazzo e decise di uscire fuori di sua spontanea volontà o avrebbe lasciato la metà del suo bellissimo pelo contro la parete; saltò fuori di botto e si bloccò davanti alla piccola coniglietta.
La tua puzza si sente per chilometri!” disse lei, con uno sguardo disgustato.
Ti dichiaro in arresto, Wilde” continuò alzando la zampa per mostrargli le manette, una attorno al suo polso e una attorno al polso della volpe.

Nick sollevò la propria zampa senza sforzo, tirando su senza fatica la piccola coniglietta fino a che i loro musi non furono uno di fronte all'altro: vide il piccolo naso rosa fremere alla fine del suo, prima degli occhioni viola che lo fissavano con stizza.
Tu e quale esercito, carotina?” chiese sarcastico, facendola ciondolare appena di qua e di là.
Non ti azzardare!” tuonò Judy offesa, colpendolo dritto sul naso con le zampe posteriori.
Nick ululò dal dolore e cadde all'indietro, trascinando la poliziotta giù con sé. Dal pavimento, i due continuarono a osservarsi in cagnesco.

Sono l'agente Judy Hopps e tu sei in arresto! Aggiungeremo l'evasione e l'offesa a pubblico ufficiale alle tue imputazioni!”
Nick non voleva tornare in prigione e non voleva che fosse quella piccola coniglietta a riportarcelo, assolutamente.

Senti, carotina... Hopps,” iniziò, scansando con un sorriso accattivante l'occhiataccia che lei gli mandò, “io sono innocente. So che è una cosa che dicono tutti, ma io sono davvero innocente! E devo cercare le prove per dimostrarlo, da solo!”
Judy sbuffò dal naso e si rimise in piedi, torreggiando su di lui.

Sì, ho già sentito questa canzone. Sei innocente, è stato tutto uno sbaglio, e bla bla bla. Dammi un motivo per cui dovrei crederti.”
Beh, guardami. Ti sembra possibile che una volpe piccola come me abbia potuto uccidere un caribù? Un caribù. Solitamente alti intorno ai due metri e beh, pesano almeno cinque volte quanto peso io. Ti sembra possibile?” esclamò Nick con veemenza, strattonandola senza volere mentre gesticolava.

Judy rimase in silenzio.
Certo, quello che diceva la volpe sembrava giusto, tuttavia poteva essere una subdola mossa per cercare di scappare, in fin dei conti. Ma anche il capitano credeva nella sua innocenza, perciò forse avrebbe dovuto investigare a fondo e cercare di capire la verità. E poi Trunkaby e Higgins lo avevano già condannato e non l'avrebbero aiutata a fare ulteriori indagini.

Cosa pensavi di fare?” chiese guardinga, cercando di non suonare interessata.
Vado a fare un paio di domande ad un amico che sa molte cose. E di certo sa anche chi è stato ad incastrarmi e perché. Se poi non trovassi nulla, allora ti giuro che tornerò in centrale di mia spontanea volontà!”

Judy sollevò un sopracciglio.
Parola di volpe, immagino.”
Ehi, la parola di una volpe è onorevole e assoluta.”
Facciamo così: io verrò con te dal tuo amico e ascolterò quello che ha da dire. Se mi sembrerà che tu sia anche solo vagamente innocente, ti aiuterò a cercare le prove che ti scagionino. Ma se proverai a scappare, ti sparerò un proiettile soporifero talmente forte da stordirti per una settimana. Va bene, Wilde?”
Nick sbuffò e provò ad aprire bocca, ma si trovò inchiodato al suolo dalla determinazione della coniglietta e non poteva in effetti chiedere una possibilità migliore. Tuttavia non doveva mostrarsi troppo soddisfatto dalla situazione.

Non credo che sia una buona idea, carotina. Non posso farmi vedere assieme a te. Dovrai rimanere nascosta!”

Judy sollevò la zampa e fece tintinnare le manette con fare provocatorio.
Non hai molta scelta... non ho le chiavi” rivelò con un sogghigno, mordendosi le labbra per non ridere della disperazione del suo nuovo compagno di indagini.




Note:
Buona sera.
Vi chiedo innanzitutto scusa per l'enorme ritardo, non era mia intenzione tardare così tanto per pubblicare il secondo capitolo. Vi assicuro che per i prossimi non ci metterò così tanto.

A questo punto della trama scartata, era previsto che Nick evadesse di prigione usando fortuna e astuzia e io ho usato l'evasione tramite water, omaggiando così il film.
Mi piaceva richiamare la stessa scena e in futuro metterò altri di questi collegamenti.

È entrata in scena Judy ed è diversa dalla Judy che conosciamo. È più dura e anche un po' più cinica. Una poliziotta di ferro, tutta d'un pezzo. Chissà se in futuro vedremo un po' della sua dolcezza.

Vi ringrazio per aver letto, per la fiducia che avete dimostrato. E io mi impegnerò al massimo!

A presto! Abbraccio!

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Capitolo 3
*** Maybe Wilde is... innocent? ***


Collaborare, per Nick e Judy, non fu facile.
Non era facile e nessuno dei due in realtà lo voleva, loro malgrado.

Nick puzzava tantissimo, tanto per iniziare, e Judy aveva uno sguardo truce e indisponente.
Ma quello era il meno. Sembravano non essere d'accordo su nulla.

Una volta usciti da Little Rodentia, la loro difficoltosa collaborazione ebbe ufficialmente inizio: la volpe prese una direzione, il coniglio andò in quella contraria ed entrambi sbatterono una contro l'altro quando le manette tirarono e poi li riportarono indietro.
Si massaggiarono i polsi doloranti e si guardarono in cagnesco ancora una volta.

Devi seguirmi” esclamò Nick tirandola verso di lui, con sfrontatezza.
Judy puntò le zampe a terra per resistergli, con una faccia stizzita.

Tu devi seguire me!”

Nick si inchinò quel tanto che gli bastava per fissare con arroganza il muso della coniglietta, un sopracciglio inarcato di puro scetticismo.
Ah sì? Perché tu sai dove dobbiamo andare? Tu sai dove andare a raccogliere informazioni? Allora avanti, carotina, mostrami la strada!”
Judy si erse più in su che poté, le orecchie svettanti al cielo, e lo guardò da sotto in su. Ne avrebbe voluto dire tante, a quel tipo, ma la parte razionale del suo cervello le diceva che aveva ragione e che doveva ingoiare il boccone amaro e fare come le diceva. Almeno nei limiti del possibile. Se le avesse chiesto qualcosa che non poteva fare, lo avrebbe semplicemente trascinato fino alla centrale e tanti saluti alla collaborazione.

Va bene” accettò a denti stretti. “Fai strada, Wilde.”

La volpe sorrise fastidiosamente e, rimessasi dritta le fece cenno verso destra, iniziando ad incamminarsi.
Potresti chiamarmi solo Nick, sai, carotina?” disse svagatamente, di buon umore per aver vinto la loro diatriba.
E tu dovresti smetterla di chiamarmi carotina, Wilde. É offensivo. E implica un grado di confidenza e intimità che non c'è e non ci sarà affatto” rispose lei secca, caracollandogli dietro.
Perché? È un nomignolo carino.”
Un coniglio può dire ad un altro coniglio che è carino. Detto dagli altri è offensivo!”
Io ho detto che il nomignolo è carino, non tu.”
Lei gli lanciò un'occhiataccia, ma si morse il labbro per non replicare ancora e terminare così quell'infinito scambio di frecciatine.

La differenza di altezza, la distanza di Judy nonostante le manette che li legavano assieme e il suo non sapere dove stessero effettivamente andando, nonché il loro reciproco astio, si erano tramutati in un'andatura barcollante e strascicata, per le strade gremite della città, sotto gli occhi sorpresi dei più.
Sembravano due stizzosi ubriachi ammanettati assieme.
Sarebbe bastato anche solo quello a renderli ben visibili, senza aggiungere che uno era un predatore e l'altra una preda, e ancora una poliziotta e un palese furfante.
Ne erano ben consci entrambi.

Basta, non possiamo continuare così” esclamò Judy ad un tratto, fermando bruscamente la loro bislacca camminata.
Non saremmo costretti, se qualcuno non avesse perso le chiavi di queste” replicò Nick, facendo tintinnare la manetta al suo polso.
Non le avrei perse, se qualcuno non mi avesse fatto correre per mezza Zootopia e per le fogne, nella sua evasione.”
Sì, sì, potremmo stare qui ore a decidere chi ha fatto un torto a chi, carotina, ma non ci aiuterà ad andare avanti. Allora dimmi, cosa proponi di fare?”

Dammi la zampa. Almeno cammineremo un po' meno sbilenchi.”
Ma sei impazzita? Guarda un po' qua, cosa ti sembra che sia questo?” domandò la volpe, puntando un dito verso il suo collo.
Judy fissò per qualche secondo stranita il piccolo quadratino di plastica e la sua luce verde.

Un... collare?” azzardò, non sapendo proprio perché lui le chiedesse una cosa così ovvia.
Brava. Un collare. Vuol dire che io sono un predatore, carotina. E i predatori e le prede non vanno zampa nella zampa a spasso verso un roseo tramonto come se nulla fosse.”

C'era del risentimento, nel fondo della sua voce sarcastica, che Judy captò, ma non capì. Le leggi di Zootopia erano giuste, erano necessarie per una civile convivenza e una pacifica coesistenza; perché allora quella volpe sembrava metterle in discussione?
Perché sembrava credere che ci fosse dell'ingiustizia nei suoi confronti?

E poi” continuò Nick, puntando lo sguardo verso l'orizzonte, “non ci faciliterebbe comunque. Dobbiamo arrivare a Snowy Hills, e sarebbe meglio prima di dare davvero troppo nell'occhio.”
Snowy Hills? A Tundratown? Stai scherzando? Ma è lontanissimo! Dall'altra parte di Zootopia!”
Puoi indignarti e urlare quanto ti pare. È lì che dobbiamo andare.”
Ma non possiamo andarci a piedi!”

Nick piegò la testa di lato e in effetti fu costretto a darle ragione. C'erano molti chilometri di distanza e se con un auto ci avrebbero messo all'incirca mezz'ora, in due, a piedi e ammanettati assieme, ci sarebbero volute ore. Se non li avessero presi prima.
Gli occhi scivolarono attorno, come se stesse cercando una soluzione nei dintorni: seguì per un attimo il via vai delle macchine, soprattutto un grosso pickup che trasportava verdure.

Dobbiamo prendere il furgone di Finn” mormorò quasi tra sé, assorto.
Judy, che odiava essere ignorata, lo strattonò per il polso e gli rivolse una espressione interrogativa e anche un filino seccata.
Nick, per tutta risposta, si incamminò nella direzione opposta a dove stavano andando fino a qualche attimo prima e la trascinò a viva forza con sé.

Stiamo andando dalla parte sbagliata! Cosa pensi di fare? Insomma, dimmi qualcosa!” strepitò la coniglietta.
A recuperare il furgone di Finn. Al Wild Times” replicò asciutto Nick, con una strana aura di orrore.

Ci misero poco a raggiungere la zona periferica. Perfino nella loro situazione.
L'enorme capannone entrò nella loro visuale già da molto lontano e Nick si sentì stringere il cuore. Gli sembrava così solitario, così diroccato. Era come vederlo davvero per la prima volta.
Distolse lo sguardo serrando forte i denti, cercando di non farsi vedere dalla dispotica coniglietta, che non avrebbe perso quell'occasione per immischiarsi negli affari suoi.
Tuttavia, non poté evitare di notare il nastro giallo della polizia che circondava la costruzione, rendendo il tutto solo più grottesco.
L'unica nota positiva era la mancanza di poliziotti in vista. A parte quello che aveva legato al polso, ovviamente.

Virarono verso sinistra, allontanandosi dal magazzino, un po' verso il fiume. Vicino ad un vecchio ponticello diroccato, c'era un piccolo furgone dalle tonalità rugginose, o forse era arrugginito per davvero, e con un'aerografia sul fianco piuttosto fantasy, con una volpe guerriero che reggeva una bella volpacchiotta in maniera drammatica e epica, contornati da fulmini.

Judy storse appena il naso al vederlo, ma non disse nulla. Nick la trascinò verso la parte del guidatore e aprì la portiera grigia, palesemente presa da un furgone diverso, scostò la pila di libri che servivano al suo piccolo amico per arrivare a vedere oltre il cruscotto e si arrampicò sopra il sedile.
Poi si bloccò.
Guardava fisso di fronte a sé, sconvolto. E rimase così per un minuto buono.

Che c'è? Allora?” lo scosse Judy, la pazienza ormai sottile sottile.
Le chiavi. Non ci sono le chiavi.”
Si voltò e lo sguardo che piantò negli occhi viola della coniglietta era ricolmo di paura.

Sono al Wild Times. Nel mio ufficio” disse quasi monotono, prendendo un gran respiro.
Dritto nella scena del crimine.


Non dovremmo essere qui” sussurrò Judy, seguendolo comunque silenziosamente oltre la soglia del magazzino.
Erano passati sotto i nastri gialli e si erano intrufolati all'interno: non era stato difficile, dato che la porta era stata buttata giù nell'incursione; avevano cercato di rimediare con assi inchiodate alla bell'e meglio. Avrebbero tenuto alla larga i più, ma per due di piccola taglia come loro non erano certo un deterrente.

Sono d'accordo con te, questa volta” rispose sottovoce Nick, facendo strada nella penombra. Evitò di guardarsi troppo in giro, gli faceva male, male fisico, vedere il suo paradiso con gli occhi di un sospettato.
Tutto era stato scoperto, violato, sporcato.

Ma non possiamo fare diversamente. Dobbiamo prendere le chiavi.”

Per Judy la situazione era differente. Cercava di vedere fin dove poteva, studiando le varie attrazioni con occhio critico, chiedendosi a quale uso fossero predisposte e quale il loro scopo; le sembravano inutili e una perdita di tempo.
Perché, si chiedeva, i predatori sentivano il bisogno di un posto del genere?

Oltrepassarono le montagne russe dell'urlo ed eccola lì, la porta dell'ufficio. La porta degli orrori.
Di nuovo, Nick si bloccò, e rimase a fissarla. La lucina verde del suo collare si rifletteva sulla sua superficie lucida, ma il suo cervello bloccato non registrò l'informazione: il sistema informatico era stato disattivato e probabilmente anche portato via.
Fu Judy, a spezzare gli indugi: allungò la zampa verso la maniglia e la abbassò decisa, spalancando l'uscio.
Lentamente, un rettangolo di stanza si svelò a loro, immersa nell'oscurità. Un forte odore, penetrante, invase all'istante le loro narici. Sapeva di ferro, ma era nauseante.

Judy entrò per prima, e Nick non poté fare altro che seguirla, suo malgrado. La osservò nel buio mentre cercava a tentoni l'interruttore della luce. Capendo che stava solo rimandando l'inevitabile, tese il braccio e premette il pulsante, impercettibilmente.
La luce giallognola e accecante illuminò la stanza e il malessere si fece più forte, in lui. Il suo ufficio, il suo amato rifugio, era sottosopra e in completo disordine: cassetti tolti dalle loro guide e lasciati a terra capovolti; fogli e fogli che tappezzavano il pavimento in legno scuro, quasi nero, trasformandolo in una confusa e scomposta scacchiera; tutti gli oggetti preziosi della sua vita lanciati al suolo o poggiati su ogni superficie con noncuranza. E sangue, sangue ovunque.

Il cuore si strinse per un secondo, prima che vedesse la sagoma a terra, tracciata con nastro bianco contro il nero, sbozzata, senza dettagli, ma dalla inequivocabile forma: un enorme mammifero.
Distolse lo sguardo, disgustato. Anche se fosse stato scagionato e avesse potuto per miracolo tenere aperto quel posto, niente sarebbe stato più come prima. Avrebbe sempre visto quella sagoma, incisa dietro agli occhi.

Judy non era così impressionata. Non era coinvolta con quel posto e quella non era la prima scena del crimine che vedeva, sfortunatamente: si avvicinò con cautela, spostando lo sguardo attorno.
Il naso fremette, leggermente.
Qualcosa scattava nella sua mente e il suo talento nell'analizzare ed estrapolare ciò che era importante davvero stava affiorando. C'era qualcosa di strano, lì dentro.

Il referto diceva che la vittima era stata colpita dodici volte, soprattutto al collo e al torace, ma gli schizzi di sangue, sebbene estesi, non sembravano abbastanza per convalidare quel resoconto. Sarebbero dovuti arrivare fino al soffitto, data l'altezza della vittima e la violenza del colpo, ma così non era.
E il corpo, ricostruendo nella mente dove dovesse essere dalle tracce, avrebbe dovuto sbattere contro il bordo della scrivania nella caduta verso il basso. Ma era distante almeno mezzo metro.
Sembrava tutto molto artificioso. Quasi costruito. Perfino nel disordine, sembrava esserci una fin troppa sistematicità.

Spostò fugacemente lo sguardo verso la volpe al suo fianco, per un solo secondo.
Avrebbe dovuto dirgli cosa pensava di aver scoperto?
Non sapeva se poteva fidarsi, ancora. C'erano ancora troppe domande e misteri, in quella storia.
Decise di tenere tutto per sé, per il momento, e vedere cosa la collaborazione con Wilde avrebbe portato. Alla fine avrebbe anche potuto trovare la conferma e le prove che era lui il colpevole, in fin dei conti.

Nick, ignaro, si sentiva quasi soffocare lì dentro, e decise che ne aveva abbastanza: si avvicinò alla scrivania e alla sua sedia accasciata a terra e prese a frugare, lanciando tutto ciò che trovava sotto le zampe. Voleva andare via da lì più in fretta possibile.
Ti do una zam-”
Nick si scostò quasi bruscamente, sovrappensiero. Si accorse solo dall'espressione sorpresa di Judy di come avesse reagito.

Le ho trovate. Andiamo” mormorò frettolosamente, mostrandole le chiavi.

Ci fu un secondo di tensione, poi distolsero entrambi lo sguardo e si avviarono all'uscita. Nick si fermò di colpo appena prima della porta, occhieggiò intorno e corse verso la poltrona logora dell'angolo, su cui si era accasciato uno scheggiato attaccapanni: afferrò con riverenza un elegante cappotto scuro, lungo e un po' grande per essere il suo, che spolverò con pacche decise, ma gentili.

Judy, trascinata a viva forza, rimase basita dalla sua premura nel stringerselo al petto mentre uscivano.
E lui intercettò il suo sguardo.

Era di mio padre” si sentì in dovere di dirle, accorato. Pieno d'affetto e anche di dolore.
Incredibilmente, Judy non provò a fare altre domande, nonostante avvertisse che fosse importante.

Uscirono dall'edificio in silenzio, senza voltarsi.


La centrale di polizia del primo distretto era insolitamente quieta. Più della metà dei suoi poliziotti era fuori a pattugliare le strade alla ricerca del fuggitivo Wilde e della scomparsa agente Hopps. Quella sconsiderata era andata via senza nemmeno portare con sé la ricetrasmittente.
Bogo sospirò forte, al pensiero. Judy Hopps sarebbe stata la causa dell'infarto che lo avrebbe stroncato troppo presto o della pazzia che lo avrebbe colto ad un certo punto.
Erano passate più di due ore dall'evasione e fino a quel momento c'era stato silenzio radio. E la pazienza diventava via via più sottile.

Premette sull'interfono, spazientito.
McHorn! Dammi notizie! Contatta Higgins immediatamente!” ordinò categoricamente. Dall'altra parte rispose un ligio “sissignore!”.
Tamburellò con le dita sulla scrivania, continuando a fissare il telefono con insistenza, al limite della sopportazione.

Quello squillò una volta e Bogo premette il pulsante del vivavoce con premura.
Higgins a rapporto, signore” gracchiò una voce, leggermente distorta.
Qual è la situazione?”
Il sospettato Wilde è stato visto entrare in Little Rodentia, seguito dall'agente Hopps, Capitano. È stato difficile entrare e cercare dei testimoni.”
Cosa hanno detto, Higgins! E che fine ha fatto Hopps?”

Sembra che Wilde sia entrato per primo e che Hopps gli sia andata dietro. C'è stato un inseguimento per il quartiere, ma poi i testimoni sono discordanti. Alcuni dicono di aver visto il sospettato sequestrare l'agente, un altro che sono andati via assieme, altri che Hopps non era nemmeno lì. Ma erano tutti troppo distanti, probabile che non abbiano visto bene.”

Bogo sbatté il pugno contro la scrivania, frustrato.
Non voglio probabilità! Voglio fatti! Voglio sapere dove sono andati e voglio sapere che ne è dell'agente Hopps! Continuate a cercare a tappeto. Se tra un'ora non mi arriveranno buone notizie, verrò a raddrizzarvi le schiene, di persona. Sono stato chiaro?”
Sì, signore!”

La chiamata si interruppe con un sonoro sospiro, da entrambe le parti. Bogo si stropicciò gli occhi stanchi, poggiandosi allo schienale della sedia. Non dormiva da più di ventiquattro ore e sapeva che avrebbe dovuto prendere in mano quella situazione, presto o tardi, e che avrebbe riposato ancora meno.
Ma era un caso troppo importante.

L'interfono trillò e la lucina rossa si accese.
Si sporse in avanti, sbuffando impercettibilmente, e premette il pulsante.

Che c'è?”
La voce di McHorn replicò professionale:

Ha chiamato l'ufficio del sindaco, signore. L'aspettano urgentemente per parlare del caso Wilde.”
Bogo si accasciò ancora una volta contro lo schienale e chiuse gli occhi. La giornata andava decisamente di bene in meglio.


Judy fermò il furgone in una distesa di neve, a perdita d'occhio.
Aveva guidato attraverso Sahara Central, Downtown e poi Tundratown. Nick aveva insistito che data la posizione delle manette, e per la configurazione del furgone per piccoli guidatori, sarebbe stato meglio se avesse guidato lei. Insomma, aveva trovato un sacco di scuse.
Judy sospettava che la volpe non sapesse semplicemente guidare e che si vergognasse di ammetterlo. Non c'era nessuna configurazione per piccoli guidatori, in fin dei conti, solo una pila di libri per permettere di toccare il volante.

Comunque, erano infine arrivati. Aveva seguito minuziosamente le sue indicazioni e in quel momento, attraverso il parabrezza che si stava velocemente condensando col loro fiato caldo, guardavano il locale alla periferia di Snowy Hills, tutto candidamente avvolto dalla neve.
Come tutto del resto.
L'enorme insegna al neon rossa formava la scritta: Koslov's Palace. La sua luce tingeva la neve attorno, sembrava brillare del colore del sangue.

Allora, cosa ci facciamo qua?” domandò la coniglietta, poggiandosi al volante per poter scrutare meglio fuori. Un leggero nevischio scendeva dal cielo, quasi impalpabile.
Quel locale appartiene a Koslov. È il capo della mafia di Tundratown, ma ha agganci praticamente in ogni parte di Zootopia” rivelò in un soffio Nick, affossato nel suo sedile con malumore.
Lei spalancò gli occhioni e si voltò a guardarlo, sconvolta. Un'informazione del genere, servita così, a bruciapelo. Le fremevano le zampe all'idea di fare irruzione e arrestare un pesce così grande della malavita.

Se c'è qualcuno che sa cosa sta succedendo, è lui. Devo entrare a fargli delle domande” continuò Nick. “Ma tu non puoi ovviamente farti vedere. Se Koslov avesse anche solo il sospetto che stessi collaborando con la polizia o che fossi un informatore, mi farebbe fuori senza alcun rimorso.”
E allora troverai qualche difficoltà. Come pensi di risolvere il problema di queste?” replicò Judy alzando il braccio ammanettato, facendo tintinnare lievemente la catena.

E Nick, inaspettatamente, sorrise. Sollevò il cappotto che teneva ancora tra le braccia e lo tenne in alto.
Con questo” rispose tranquillamente, ghignando della sua espressione confusa.



Note:

Buona sera a tutti!
Scusatemi ancora. Ce la sto mettendo tutta per essere veloce nel pubblicare, ma non è semplice. La storia è tutta nella testa, completa, ma il problema sono Judy e Nick.
Muoverli in modo da mantenerli IC e allo stesso tempo col carattere come era stato pensato all'inizio è molto difficile. Sto lavorando molto nelle loro interazioni, sono minuziosa perché sto cercando di farli esprimere al meglio, di renderli verosimili.
Spero di esserci riuscita.

La loro collaborazione è iniziata, ma i misteri sono tanti e dovranno cercare di andare d'accordo per arrivare fino alla fine e chissà come finirà.
Ho fatto uno schizzo di mappa per farvi vedere le distanze. Abbiate pazienza, l'ho fatta in dieci minuti, so che è orribile. Appena ho tempo ne farò una dettagliatissima. In internet non se ne trovano.

Grazie mille per la fiducia, per i preferiti, i vostri bellissimi commenti. Grazie!

Abbraccio

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Capitolo 4
*** I'll scratch your back if you scratch mine ***


La neve scricchiolò sotto le zampe per l'ultima volta, poi Nick si bloccò sul gradino del locale, proprio sotto la sua tettoia innevata. Guardava l'enorme porta di legno spesso e respirava a fondo, creando brevi nuvolette di fiato caldo che svanivano in un istante nell'aria.
Non c'era ormai modo di tornare indietro.

Gettò una fugace occhiata intorno e, una volta sicuro che non ci fosse nessuno, parlò:
Tutto bene, carotina? Andiamo?” chiese sottovoce.
Andiamo!” fu la decisa risposta, dalle sue spalle. Sebbene, appunto, non ci fosse nessuno attorno.
C'era solo lui, infagottato nel grande cappotto nero che risaltava come inchiostro a contrasto con la candida neve; aveva uno strano, piccolo rigonfiamento nella schiena però che, quando la voce della coniglietta gli aveva risposto, si era mosso impercettibilmente.

Judy Hopps era tenace, quello sua mamma gliel'aveva ripetuto tante volte, mai come un complimento. Anche suo padre lo ripeteva sempre, usando come similitudine l'edera e la sua caparbietà.
Mai, come in quel momento, Judy sentì vere quelle parole.
Era letteralmente avvinghiata come edera a Wilde e si reggeva con caparbietà e tenacia per non scivolare giù con ogni fibra del suo essere.

Perché la magnifica idea di quell'idiota di volpe, non era niente di geniale e non era per niente facile.
Aveva sollevato il cappotto come se fosse stato la risposta a tutte le domande dell'universo e invece, aveva solo pensato di nasconderla al di sotto. Che genio.
Lei gli aveva fatto sarcasticamente notare che non avrebbe funzionato, e poi lo aveva insultato per aver anche solo pensato che potesse infilarsi là sotto insieme a lui, con quel tanfo che emanava. Nick aveva aperto la portiera del furgoncino, l'aveva trascinata fuori e poi si era buttato nella neve e ci si era rotolato avanti e indietro per interi minuti, per eliminare la puzza, nonostante le temperature sottozero e un venticello glaciale che prendeva a schiaffi.
Tutto per accontentarla.
Dopo quello, Judy non se la sentì davvero di andargli contro ancora. Accettò con un sospiro sconfitto.

Nick aveva cercato di convincerla che dovesse nascondersi davanti e avvinghiarsi al suo torace, ma lei, ovviamente, aveva negato categoricamente e proposto invece la schiena. Anche se la posizione sarebbe stata, ed era in effetti, molto più complicata.
Schiena contro schiena, il braccio sinistro di lui e quello destro di lei legati dalle manette, infilati nella manica: l'avrebbe lasciato molle lungo il fianco, per non far piegare l'articolazione di lei in modo strano e arrecarle dolore; l'altro braccio della coniglietta era libero e lei lo usava per ancorarsi al suo torace, usando anche il sostegno delle gambe, che gli cingevano i fianchi. Sarebbe anche potuta sembrare una posizione vagamente erotica, se il tutto non fosse stato così assurdo.

Il cappotto copriva entrambi, spuntavano solo le punte delle zampe di Nick da sotto il bordo e la sua testa oltre il bavero alzato del colletto. Nemmeno la sua coda, era visibile.
Era solo un po' più grosso e curvo del solito, non potevano accorgersene, sperava. Completava quello strano camuffamento un nero berretto di lana di Finn, trovato nel furgone.

Comunque, presa ormai la decisione e avendo ricevuto l'ok della poliziotta, Nick si decise e allungò la zampa solitaria verso la maniglia e la abbassò: spinse con forza il pesante portone ed entrò nel locale, con un passo sicuro.
Rimase un secondo lì, incorniciato dalla soglia, a guardare l'ambiente ed i suoi avventori: un locale scuro, denso, seppure scavato interamente nel ghiaccio, dalle pareti al mobilio, fino al bancone del bar; le luci smorte e rosse creavano un'atmosfera intima e riservata, illuminando tenuemente le sottili lastre. Era tutto soffuso, velato.

Frequentato da molti orsi polari, un paio di trichechi appoggiati al bancone, una coppia di foche seduta in un tavolino in fondo e perfino mammiferi non proprio dell'ambiente che sfidavano le temperature polari, come orsi bruni, una pantera e un leone.
Chiacchieravano e bevevano, seduti sulle sedie di ghiaccio come se fossero comode poltroncine imbottite.

Nick si accorse di avere attirato l'attenzione di alcuni e si affrettò ad entrare e chiudere la porta, oscurando così quel frammento di luce bianca che era filtrato al suo ingresso; si avvicinò al bancone a piccoli passetti, per evitare che eventuali sobbalzi potessero far cadere la coniglietta abbarbicata alla sua schiena.
L'orso dietro al bancone lo seguì per tutto il tragitto con lo sguardo, finché la volpe non si fermo oltre il bordo lucido e splendente e non sollevò la testa per guardarlo.
Smise di lustrare il bicchiere con lo straccio e sollevò un sopracciglio nella sua direzione, come a chiedergli che cosa volesse.

Un... un Midnicampum holicithias” chiese Nick titubante, leggendo il nome scritto nel cesellato tabellone dei cocktail alle spalle del barista.
Quello mandò anche l'altro sopracciglio in alto a seguire il compagno e poi aprì bocca.

Non ce l'abbiamo. Qualcos'altro?”

Nick fece finta di leggere ancora, piegando la testa con fare assorto. Posò lo sguardo su un punto qualunque e rispose: “Un Night Howler, doppio, liscio, bicchiere di ghiaccio.”
Non c'era niente del genere, scritto nel listino. E sia Nick che il barista lo sapevano.
Fin dalla sua prima parola era stato uno scambiarsi di codici segreti, nella sequenza giusta.

L'orso barman poggiò il bicchiere al bancone con un colpo secco, attirando l'attenzione di un altro orso polare che osservava distrattamente una macchinetta del gioco d'azzardo all'angolo, a cui un suo amico stava giocando: intercettato lo sguardo del barista, però, smise quella sua copertura e occhieggiò Nick, poi di nuovo il barista che annuì in silenzio.
Accomodati nella saletta interna. Arriva tra un attimo” disse quello con nonchalance, voltandosi per mescere il cocktail dopo avergli indicato la porta.
Non che fosse difficile vederla. C'era l'orso di poco prima che ci stava proprio davanti, enorme, vestito in un elegante completo scuro che faceva a pugni con l'ambiente distinto ma non così raffinato: lo squadrò da sotto in su per qualche istante e poi si fece da un lato e lo lasciò passare.

Oltre la soglia, c'era un intimo studio in penombra, anch'esso scavato e scolpito nel ghiaccio e illuminato dalle stesse luci rosse. Una volta oltre, la porta gli si chiuse alle spalle.
Nello stesso istante, due orsi spuntarono fuori dalle ombre e si fiondarono su di lui, minacciosi, tendendo le zampe per perquisirlo.
Era spacciato. Avrebbero trovato carotina aggrappata alla sua schiena e li avrebbero uccisi entrambi. Il suo cuore accelerò o forse era quello frenetico della coniglietta che gli rimbombava dentro. Era rigida, tesa, emanava un intenso calore che lo avvolgeva e schermava contro il gelo, e lui percepiva ogni più piccola variazione nel suo corpo, ogni turbamento che la scuoteva, che la faceva fremere. Era snervante, stare schiena contro schiena e condividere le emozioni l'uno dell'altra, la paura condivisa, eppure diversa.
Era sfinente.

Raymond! Kevin!” ordinò secca una grossa voce e i due orsi si fermarono appena prima di toccarlo e si voltarono verso le loro spalle, con riverenza.
C'era una grande scrivania di ciliegio, pesante e spartana, ricoperta di brina negli angoli; dietro, su una grande poltrona, era seduto un ancor più enorme orso polare, gigantesco in confronto agli altri due e infinitamente più minaccioso. Il nero del suo completo era così vivido da spiccare nitidamente sul pelo immacolato.
Bastò una sua sola occhiata perché i suoi scagnozzi si facessero da parte e si mettessero ognuno in un angolo della stanza, in silenzio.

Non ce n'è bisogno. È Nick. È di famiglia!” esclamò, aprendo le braccia per accoglierlo, un gran sorrisone sul muso.

La volpe si avvicinò pian piano, mantenendo il contatto visivo; se avesse avuto anche solo un sospetto, il suo umore si sarebbe rivoltato drasticamente.
È un piacere vederti, Koslov” disse con la sua più convincente faccia di bronzo, accostandosi per permettergli un imbarazzante e fugace abbraccio, come da tradizione.
Che lui non aveva mai capito, ma rispettava o sarebbe morto.

Sperò che Koslov non sentisse il corpicino della coniglietta e si staccò in fretta per evitarlo.
Cos'è questo travestimento? E questo bozzo molliccio sulla schiena?” domandò invece e infatti quello, aggrottando in fretta le sopracciglia e scoprendo parzialmente i denti. “Non avrai mica un microfono?”
Nick si affrettò a togliere il berretto e sbottonò il primo bottone del cappotto, con un sorriso mellifluo, nascondendo la paura nel fondo dello stomaco.
La coniglietta si era irrigidita, ma lui non aveva tempo per pensare anche a quello.

No, no, scherzi? Sono ricercato! Mi sono travestito e pensavo, sai, se fossi assomigliato ad un armadillo... ho dovuto improvvisare!” gli rifilò bellamente la volpe, mettendo su una faccia oltraggiata per il suo sporco sospetto. Dio, se fosse sopravvissuto avrebbe fatto domanda come attore.

Koslov lo fissò dubbioso per interminabili secondi e Nick si impedì anche di deglutire per paura di essere scoperto.
Poi, l'orsone ghignò all'insù, e batté una mano contro il tavolo, facendo trasalire sia lui che la sua piccola parassita.

Il buon vecchio Nick. Astuta volpe!”
Sogghignarono tutti con quella che sembrava più una paresi facciale, in un silenzio attonito e nervoso, in attesa della prossima mossa del boss. Koslov si appoggiò soddisfatto contro lo schienale della sedia e fece segno a Nick di sedere in una piccola e dimessa poggiata contro una parete. In genere, nessuno si sedeva in quell'ufficio tranne Koslov, per mantenere i suoi ospiti sempre sul chi vive. Sempre sulle spine.

Nick si avvicinò alla sedia e si sedette lentamente, cercando di far coincidere la forma del loro groviglio di corpi per dare un po' di sollievo alla coniglietta: si appoggiò allo schienale solo leggermente, per permetterle di puntellare le ginocchia e rilassarsi per un poco, anche se lui moriva dal mal di schiena. Ma chissà come soffriva lei.
Allora, Nick, dimmi perché sei qui” tagliò finalmente corto il grosso orso, smettendola con i convenevoli.
Sai perché sono qui. Hai sentito sicuramente cos'è successo.”

Koslov ghignò con l'aria di saperla lunga, quasi pregustandosi quel momento fisicamente.
Oh sì. L'omicidio. Sei stata davvero una volpe cattiva, Nick” mormorò stuzzicandosi un canino con la punta della lingua, come se sentisse il sapore del sangue solo al pensare al misfatto.

Nick sobbalzò disgustato e Judy gli rifilò un pizzicotto al braccio per farlo calmare, ignorato bellamente da lui che si sollevò un poco sulla sedia, sporgendosi verso il boss.
Sono stato incastrato! Andiamo, mi ci vedi ad ammazzare qualcuno? Io?”
Perché no? Siamo predatori, in fin dei conti. È nel nostro DNA. L'eccitazione della caccia, il sangue che scorre fin nella testa mentre i sensi si acuiscono, il cuore che lo pompa rimbombando come un tuono! Non ti solletica il desiderio anche il solo pensarci?”

Di nuovo, Nick sentì il battito scuoterlo con forza e si rese conto quella volta che era quello della poliziotta proprio dietro al suo, che batteva impazzito di orrore e forse anche un pizzico di paura.
Credeva forse alle parole di Koslov? Credeva che lui potesse aver ucciso qualcuno e provato piacere nel farlo?

Io sono innocente! E sono qui per investigare e provarlo!”
Oh, ecco cosa vuoi, allora. Informazioni, Nick? Informazioni per scagionarti?”
Devi sapere qualcosa. Anche dettagli che ti sembrano inutili, ma che possono aiutarmi!”
Forse. Forse sì, forse no.”

Si squadrarono in silenzio, nessuno dei due intenzionato a cedere di un passo.
Forse so qualcosa, Nick. Ma, questo qualcosa ha un prezzo. Ricordi? Io gratto la tua schiena, se tu gratti la mia.”
Cosa vuoi, Koslov? Non mi rimane più nulla.”
Oh no, non sottovalutarti così. C'è qualcosa che tu hai e io voglio.”
Nick spalancò gli occhi, abbassò le orecchie, colpito da un ricordo.

Il sistema informatico per i collari” sussurrò tra sé, anche se dal sorriso sul muso di Koslov doveva averlo sentito perfettamente.
Il sistema per disattivare i collari. Sì, è quello che voglio” esclamò quello, dandogli ragione.

Quando Koslov aveva accettato di prestargli i soldi per aprire il Wild Times, -dato che le banche, in mano a sole prede, si erano tutte rifiutate di darglieli,- l'orso si era interessato soprattutto al sistema informatico che disattivava i collari e la loro funzione di stordimento, e ne aveva fatto richiesta a Nick, nemmeno troppo velatamente.
Ma Benjamin si era categoricamente rifiutato di cedere alla mafia il suo programma. Aveva minacciato Nick di disattivarglielo se avesse anche solo provato a mostrarlo al boss o rivelato il suo nome.
E non c'era da scherzare con Benjamin. A dispetto del suo aspetto morbidoso e pacioccone era un genio dei computer paranoico e complottista e non ci avrebbe messo neanche un secondo a mandare in corto un collare e a far provare al proprietario una scarica elettrica mica da ridere.
Forse poteva anche uccidere, tramite collare. Meglio non scoprirlo mai, si era detto.

Sai che non posso. Cla- il programmatore non vuole che si diffonda e non vuole essere trovato. Non potrai parlargli e persuaderlo a dartelo.”
Anche perché sapeva per quali affari Koslov lo avrebbe usato ed era proprio per quello che Ben non voleva darlo a persone di cui non si fidava.

È un peccato, Nick. Allora la nostra piacevole discussione finisce qui, tanti auguri con la polizia” disse brusco l'orso, facendo un cenno ai suoi due sottoposti con una zampa.

Nick sentì il rumore di passi e si alzò in fretta, scivolando quasi dietro alla sedia del boss per sfuggire loro: Judy dovette essere stata presa alla sprovvista, perché scivolò un poco verso il basso, sentì la sua zampa slittare senza presa sul suo torace, prima che gli artigliasse dolorosamente lo stomaco. Si morse l'interno della guancia per non urlare.
Ok! Ok, forse... forse posso parlargliene. Lo convincerò io, spiegherò che ho barattato il programma con la mia libertà, garantirò per te!” strillò invece con urgenza, prima che Kevin e Raymond lo acchiappassero.
Judy lo pizzicò come a chiedergli se facesse sul serio e Nick si limitò a tirare su le spalle per farle capire che no, non aveva nessuna intenzione di cedere alla richiesta, ma che era meglio fargli credere il contrario, se volevano sopravvivere.

Koslov sembrò aver sentito proprio ciò che si aspettava: rimandò i suoi scagnozzi ai loro posti e si voltò a guardare Nick, che non sembrava intenzionato a spostarsi da dietro la sua sedia.
Perfetto. Mi fido della tua parola, sai che non ti conviene mentirmi” soffiò gelido l'orso, per un momento. Quello successivo sorrideva affabile, assurdamente contento.
Allora ti dirò quello che so. So che questo omicidio non è il primo che accade al Wild Times” rivelò, lanciando la notizia come una bomba.
Cosa?” strillò Nick e fu quasi certo di aver sentito anche la coniglietta lasciare andare un gemito di sorpresa, fortunatamente non udito da nessun altro. Per quanto riguardava lui, era troppo sconvolto per fare un gesto e metterla all'erta.

Un mese fa, nel magazzino, vicino alla vasca dei gomitoli, è stata uccisa una gazzella. Finnick ci ha chiamato, l'ha trovata di prima mattina, dopo che tutti se n'erano andati” raccontò Koslov con estrema delizia.
Forse nel vedere la sua espressione attonita trasformarsi in dubbio.

Finnick ha detto che non l'ha uccisa lui. L'ha solo trovata e non sapendo cosa fare ci ha chiamati per... disporre del corpo. Ce ne siamo occupati noi, tranquillo, ci ha già pagati.”

A Nick non fregava assolutamente niente di come avesse pagato l'amico o cosa avesse dovuto dargli o promettergli per i loro servigi.
Era troppo sconvolto dalla notizia e da tutte le sfumature che comportava: se era vero perché Finnick non gli aveva detto niente? Se era vero come era possibile che fosse successo nel suo paradiso, e per ben due volte? Chi aveva ucciso la prima vittima e chi quella per cui lui era stato accusato? E perché?
C'era un serial killer, tra i suoi clienti?

Koslov lesse le sue domande nelle sue espressioni. Si accese un sigaro con gesti lenti, spegnendo la fiamma del cerino con un gesto secco della zampa, e dopo aver tirato una boccata, parlò:
Sai, le prede sono stupide. Non c'è bisogno di aggressività o sete di sangue per uccidere. Serve solo una pistola. Un'arma. Nessuna emozione. Nessuna violenza. Solo un bang. Non c'è nessuna differenza tra predatori e prede: tutti posso sparare ad un altro. Tutti possono uccidere qualcun altro.”
Emise una grande voluta di fumo dalla bocca, compiaciuto, inondando la stanza.

Nick non aveva capito se Koslov volesse suggerirgli che potesse essere stata una preda ad ucciderne un'altra o se invece intendesse dirgli che poteva essere stato chiunque e non necessariamente un cliente del Wild Times.
Ma allora perché ucciderli nel suo paradiso? Qual era il motivo, se c'era? Solo per incastrare lui? Chi lo odiava a tal punto?

Fece per aprire bocca, per domandargli risposte più concrete, ma contemporaneamente un lieve colpo di tosse fin troppo forte e acuto risuonò nel silenzio, spezzandolo.

Nick sussultò e alzò le orecchie e i suoi occhi si spalancarono di orrore. Koslov strinse gli occhi a fessura e Kevin e Raymond si guardarono un secondo e poi tirarono su le spalle minacciosi, fissando lui.
Avrebbe potuto dire che aveva tossito a bocca chiusa, che il fumo gli era entrato nel naso e non aveva fatto in tempo e che per quello il suono era sembrato strano... avrebbe potuto trovare una scusa in fretta e salvare la situazione, ma la coniglietta non era del suo stesso avviso; forse si era stufata di stargli appesa alle spalle, forse pensava che ormai fosse stata scoperta senza possibilità di riparo: velocemente sgusciò dal suo nascondiglio, sfilando il braccio incatenato dalla manica del cappotto assieme a quello della volpe e scendendo in contemporanea dalla sua schiena.

Apparve così in fretta che i tre orsi non ebbero il tempo di reagire o forse non si aspettavano davvero che quel bozzo nascondesse un essere vivente, pulsante, in carne e ossa; ci furono occhi sorpresi che si trasformarono all'istante in sguardi minacciosi mentre le zampe correvano alle armi e un paio di occhi viola che da guardinghi e risoluti si tramutarono in un secondo in disperazione nel constatare che lei non arrivava alla sua arma, legata in vita al fianco destro.
Il paio di occhi verdi erano terrorizzati, spalancati di orrore.

Una poliziotta?” strillò Koslov con la bava alla bocca, spingendo indietro la sedia con disprezzo e disgusto.
Hai portato la polizia nel mio locale? Da me? Hai osato tradirmi, Nick?” sbraitò fuori controllo, alzandosi in tutta la sua imponente altezza, che nonostante tutto non impediva la traiettoria di tiro delle due pistole a narcotici puntate contro di loro.
Kevin e Raymond non li avrebbero persi di vista, né mancati, nemmeno volendolo.

Nick gesticolava furiosamente cercando di spiegarsi, facendo tintinnare le manette e balbettando per trovare le parole giuste che potessero salvarli, ma non gliene veniva nessuna che potesse aiutarli. Nessuna che potesse far scomparire quella rabbia omicida dalla faccia di Koslov.
Judy al contrario, a parte la paura per non riuscire a raggiungere l'arma, era spavalda e inferocita, come scudo il suo piccolo distintivo appuntato al petto.

Sono l'agente Hopps! Vi dichiaro in arresto! Rispondere-”
Fece un gesto di troppo. O disse qualcosa di troppo.

Con sibili morbidi piccoli dardi saettarono nell'aria, sparati dalle due pistole degli scagnozzi e si conficcarono uno dopo l'altro nel piccolo ed esile corpicino nervoso, che si contorse come al rallentatore quando le punte penetrarono la carne.
Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei.
Sette colpi.

Avrebbero svuotato i caricatori su di lei, completamente, se non si fosse accasciata d'improvviso al suolo, inerte. Nick si sentì trascinare in giù per il braccio incatenato.
Era rimasto immobile a guardarla mentre veniva colpita, mentre il sedativo entrava in circolo nel suo corpo e la stendeva implacabile, trasformandola in una bambola di pezza.
Non aveva fatto niente. Non aveva provato a mettersi di fronte a lei o a spostarla.
Niente.

E ancora la guardava, fermo, incapace di reagire. C'era una parte del suo cervello che si chiedeva se tutto quel sedativo in un corpo così piccolo non fosse pericoloso, se non potesse portarla alla morte. E quel pensiero gli ghiacciò il sangue come tutto il freddo di Tundratown non aveva ancora fatto.
Prese la coniglietta tra le braccia e nel farlo, alcuni dardi si staccarono dal suo corpo e caddero al suolo tintinnando sinistramente. Quel suono lo rese ancora più risoluto, in un certo senso.

Allungò la zampa verso il fianco destro della poliziotta, lui ci arrivava benissimo, e prese la sua pistola: era piccola, per lui, ma si sarebbe adattato in fretta.
La puntò su Koslov e tremava, cielo se tremava, ma non la abbassò nemmeno per un secondo. Intanto indietreggiava sempre più lontano dall'entrata, stringendosi la coniglietta contro con foga. La testolina ciondolava molle sulla sua spalla, sventolavano anche le lunghe orecchie.
Il cappotto di suo padre ondeggiava sbilenco dalla sua spalla, spazzando il pavimento.

Non riuscirai mai a scappare da qui, Nick. Abbassa quell'arma!”
Non aveva pensato nemmeno per un istante che la pistola potesse essere la soluzione al suo problema, ma gli serviva per tentennare e distrarre Koslov e gli altri dai suoi gesti, da quel suo allontanarsi a piccoli passetti all'indietro che non era casuale, non lo era affatto.
Avevano scordato che era già stato lì altre volte? Avevano scordato che conosceva due o tre cosette di quella stanza anche lui?
Toccò la parete con la coda e si fermò. Da qualche parte, doveva essere lì da qualche parte.

Le canne delle pistole di Kevin e Raymond erano buchi neri puntati contro di lui che sembravano ingrandirsi ogni secondo di più, minacciando di inghiottirlo.
Non aveva molto altro tempo. Non poteva chiederne ancora.

Abbassò l'arma e contemporaneamente strusciò il dorso della zampa contro il muro, contro l'unica porzione non scavata nel ghiaccio, e qualcosa scattò rumorosamente in contemporanea ai due proiettili esplosi.
Volpe e coniglio caddero nel vuoto quando il pavimento si aprì sotto di loro, evitando uno dei dardi per un soffio; l'altro si conficcò nel collo della coniglietta, ancora.
Slittarono giù per lo scivolo di ghiaccio e si fermarono solo dopo qualche secondo, su un grande mucchio di neve fredda e morbida; Nick non stette lì a godersela, si alzò in fretta e corse per il cunicolo, col magone e il batticuore, aguzzando le orecchie all'indietro per sentire i rumori dei suoi inseguitori.

Prendeteli!” urlava Koslov a ripetizione, sempre più furioso, ancora al di sopra della sua testa.
Agì d'istinto: colpì con tutta la sua forza uno dei pilastri che sorreggevano la precaria volta di neve e ghiaccio. E lo colpì. E lo colpì ancora con la spalla dolorante, ma colpì.
Colpì finché le mura non tremarono e il soffitto sopra la sua testa non rombò pericolosamente: non rimase a guardare ancora, scappò a rotta di collo nel cunicolo in salita, mentre tutto cadeva alle sue spalle in una valanga terrificante e rischiosa in cui lui non voleva essere ingoiato. Il cielo e la terra rimbombavano e gli si chiudevano addosso.
Non aveva mai corso così veloce prima di quel momento.

L'uscita del passaggio segreto di Koslov sembrava lontano, irraggiungibile: la porta gli apparve e sembrava davvero distante. Le forze lo avrebbero abbandonato prima di raggiungerla? Avrebbe vinto la valanga?
Si tuffò letteralmente oltre, una volta raggiunta, e la oltrepassò al volo, stringendo la coniglietta al petto per non perdere la presa e non perderla nella neve.
Sentì il tonfo della valanga contro la struttura della porta e poi tutto crollò su sé stesso.

Rimase ad ansimare pesantemente, ascoltando il silenzio. Il respiro della sua compagna era difficoltoso e debole, disperato; doveva portarla via prima possibile.
Staccò il dardo dal suo collo, tremando appena.

Andrà tutto bene, carotina. Ti porto in un posto sicuro” mormorò, alzandosi e spostandola meglio nelle braccia, uscendo all'aperto, oltre una montagna di neve che nascondeva l'uscita del passaggio d'emergenza.

Non si attardò, per paura che Koslov e gli altri li stessero aspettando al varco e corse invece via, in direzione del furgoncino, che fortunatamente non avevano lasciato in bella vista.
Spostò bruscamente la pila di libri dal sedile del guidatore in quello a fianco e ci saltò su, poggiandosi la coniglietta sulle ginocchia con quanto più garbo possibile.

Ok, Ben saprà come aiutarci” disse, girando la chiave nel quadro, risoluto. Il furgoncino sobbalzò un paio di volte e poi partì a singhiozzo, fin quando non capì come dovesse usare i pedali e il cambio, poi sfrecciarono più veloce possibile, slittando un poco sulla neve di Tundratown, diretti a tutto gas verso il Rainforest District.



Note:

Salve a tutti!

Ho rifatto la cartina e adesso ne sono più soddisfatta, anche se siamo ancora lontani dall'essere perfetta. Mi sono basata sulle immagini del film ed è stato difficile estrapolare i vari pezzi dai frammenti qua e là. Spero vi piaccia.

A questo punto della trama scartata, chiamiamola così che fa scena, Nick trascinava Judy a Tundratown, in cui c'era un cattivo che poi è stato sostituito da Mr. Big nel film: Koslov, l'orso polare che nel film trasporta il suddetto toporagno artico.
Un orsone gigantesco. Non si dice molto se non che Nick va da lui per cercare informazioni, non si sa bene come la discussione degenera e quindi lui e Judy sono costretti a scappare, con lei priva di sensi. Io ho costruito la mia idea di come questa scena potesse essere.

In questo capitolo avrebbe dovuto esserci anche Bogo, volevo mantenere la narrazione doppia tra fuggitivi e inseguitori, ma era troppo lungo, quindi Bogo lo vedremo nel prossimo.

Vi voglio ringraziare di cuore, ho trovato molto riscontro e seguito, non me l'aspettavo. Grazie, davvero grazie!
Un abbraccione!


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Capitolo 5
*** Never, never, be afraid to do what's right ***


Stava camminando a passo marziale sui lucidi e bianchi marmi del Municipio, con un lieve ticchettio. Gli impiegati indaffarati che si muovevano freneticamente da un ufficio all'altro nell'enorme androne lo scansavano quasi inconsciamente, per la sua stazza possente e il suo sguardo disinteressato, e Bogo era contento così, non aveva voglia di chiedere gentilmente scusa per potersi muovere agevolmente.
Era già abbastanza di malumore per conto suo. E stanco.
E avrebbe preferito trovarsi fuori di lì a dare la caccia a Wilde e a cercare la sua sottoposta dispersa, piuttosto che sostenere un discorso col sindaco, che sarebbe stato più un monologo del sindaco. Sapeva già come sarebbe andata.

Trasse un grande respiro, la porta designata già visibile alla fine del corridoio, annunciata dalla opulenta targa d'oro in cui c'era inciso a grandi lettere: Ufficio del Sindaco.
Proprio a fianco c'era un bel bancone della reception di lucido legno color noce oltre il quale spuntava la testa di una giovane cerbiatta dagli occhioni blu. Stava digitando freneticamente al computer, ma di tanto in tanto sollevava lo sguardo su di lui, in attesa che la raggiungesse.

Il sindaco l'aspetta” disse infatti con una dolce voce flautata, quando lui le si parò davanti. Sbatté le lunghe ciglia, con un solare sorriso solo per lui.

Se avesse avuto venti anni di meno quel sorriso gli avrebbe fatto un certo effetto, ma alla sua età pensava solo a quanto smaliziata fosse quella giovane che gli batteva le lunga ciglia contro con fare civettuolo; se fosse stato suo padre una cosa del genere non l'avrebbe permessa.
Sbuffò dal naso, contrariato dai suoi stessi pensieri: davvero a quarantacinque anni si sentiva così vecchio? No, si disse, ma per una di appena vent'anni di certo.
E poi, si ridisse, era convinto che si comportasse così con chiunque, o almeno con molti.

Le rivolse un veloce grazie per non sembrare scortese, poi si avvicinò alla porta e aprì dopo un lieve colpo per annunciarsi, ma senza attendere una risposta: la luce che entrava dalla ampia finestra dietro la scrivania lo colpì in pieno facendogli strizzare gli occhi e costringendolo a schermarsi il viso con una zampa mentre con l'altra richiudeva l'uscio.
L'enorme, luminoso e moderno ufficio era esattamente come lo ricordava, dall'ultima sua visita non avevano mai nemmeno spostato il grande ficus all'angolo sinistro un po' avvizzito; e ancora più identica e immobile era la minuscola pecora bianca che sedeva nell'imponente sedia nera, i grandi occhioni verdi spalancati con delizia.
Accennò anche un sorriso nella sua direzione, ma Bogo non ci cascò affatto.

Buon giorno, sindaco” disse, prendendo posto di fronte a lei.

Bellwether lasciò che il sorriso scivolasse via con esasperata e affettata lentezza e poi si schiarì rumorosamente la gola.
Capitano Bogo” soffiò con la sua vocetta zuccherosa, scuotendo piano la testa cotonosa, di biasimo. Sospirò teatralmente, continuando nel silenzio per interminabili secondi.
Bogo si trattenne con tutte le sue forze dallo sbottare e gridarle contro per quella estenuante attesa, che gli logorava ancora di più i nervi; urlare in faccia al sindaco era una delle cose che poteva fargli perdere il posto di lavoro ad una velocità allarmante.
Nemmeno il tempo di dire la sua frase iconica: “non mi interessa”.
Anche perché, in realtà gli interessava eccome.

Sono rimasta molto delusa nell'apprendere la notizia... un'evasione, nel suo distretto, sotto il suo naso... non è professionale, mi sarei aspettata di meglio” disse petulante, sempre scuotendo la testina.
Bogo mise su un'espressione contrita, giusto per mostrare uno stato d'animo adeguato, poi separò le labbra per parlare, ma la pecorella lo interruppe, improvvisamente infervorata.

Un pericoloso criminale a piede libero! Che ha allestito un parco clandestino per permettere ai feroci predatori di sfogare e alimentare le loro aggressive fantasie! Immagini cosa può fare adesso che è in fuga! Un assassino! Un uccisore di povere prede!
Tutti i miei cittadini sono in pericolo! Potrebbe uccidere ancora, per cercare una via di salvezza o anche solo per divertimento.
Dovete trovarlo, capitano! Siamo già assediati dalla stampa, se sapessero che il colpevole dell'omicidio è evaso dalla centrale, lei si giocherebbe il lavoro e io, che l'ho messa al posto dove sta, perderei credibilità! L'opinione pubblica ci schiaccerebbe e in città si spargerebbe il dubbio e la paura e né io né lei potremmo mai più riprendere la loro fiducia, lo capisce no? Sa che cosa c'è domani? Sa cosa rischiamo se quella volpe si presenta ad una manifestazione così grande e in preda alla pazzia?”

Durante tutto il monologo valanga, Bogo aveva annuito con la testa a più riprese, ma alle ultime domande si sentì di dover rispondere e fece per prendere la parola, col suo cipiglio serio che avrebbe terrorizzato perfino il più navigato malvivente di Zootopia, ma non Dawn Bellwether.
Lei si era alzata, o meglio si era gettata giù dalla sedia, ergendosi in tutti i suoi cinquantasei centimetri dal suolo, lanciandogli un'occhiata perentoria se solo avesse azzardato ad interromperla. Poi aveva trotterellato verso la grande finestra alle sue spalle, tra le due aste che sorreggevano due grandi bandiere col simbolo della città, osservando il panorama di Sahara Square dall'alto del suo ufficio al settantasettesimo piano del Palm Tree Hotel: il quartiere coi suoi enormi edifici sparsi in lungo e in largo contornato dall'arido e caldo deserto difficile da conquistare e civilizzare; era tutto rosso e arancio e ocra a perdita d'occhio, fino all'incontro con l'azzurro più intenso e luminoso possibile.

Pure, proprio alle pendici di quel lussuoso albergo, scintillavano anche in pieno giorno le luci al neon della oasi sul quale sorgeva, del casinò e dei pub privati, del piccolo parco dei divertimenti e dei discutibili locali per soli adulti dai nomi allusivi. E poi, le luci più splendenti: l'arena circolare che ospitava concerti e manifestazioni, che si addobbava a festa per il giorno seguente.
Proprio lì lo sguardo di Bellwether cadde e si fermò, scintillando di riflesso.

Domani sera ci saranno i festeggiamenti per i miei venti anni di mandato da sindaco. Venti anni in cui la criminalità si è abbassata del diciannove percento. Venti anni in cui i predatori non hanno nuociuto in alcun modo alle prede e se lo hanno fatto sono stati presi immediatamente e puniti per la loro colpa. Venti anni di pura gioia e utopia.
Ci saranno assessori e consiglieri, tutte le personalità di spicco della città e quasi due terzi dei cittadini. Non posso permettere che un pazzo squinternato metta a repentaglio tutto questo. Tutto quello che ho costruito. E nemmeno lei!”
Si era voltata a guardarlo col viso trasfigurato in un'espressione torva, con gli occhi colmi di folle determinazione. Non molti mammiferi avevano visto quella faccia ed avevano poi mantenuto il loro posto di lavoro.

Bogo sentì il bisogno di deglutire ed era davvero stupido avere soggezione di una pecorella che era metà della metà della metà della metà della metà di lui, ma non poté evitare un brivido freddo lungo la schiena.
Quello che è successo” riuscì finalmente a dire, “non era possibile prevederlo, sindaco. Il sospettato Wilde è molto più furbo di quanto ci aspettassimo. Ma l'agente Judy Hopps si è gettata subito al suo inseguimento, lei è una dei nostri migliori agenti!”
E dov'è, allora? Ha già preso il colpevole? Lo ha già sbattuto in una cella a prova di evasione?” incalzò Bellwether, avvicinandosi a grandi passetti, minacciosa.
No. Non abbiamo nessuna notizia da quando le è corsa dietro... li stiamo cercando in tutta Zootopia” ammise sconfitto.

Gli occhi del sindaco si assottigliarono ancora di più, due linee sottili di disappunto.

Allora mi vedo costretta a darle una mano io” sussurrò cripticamente, issandosi con tutta la dignità possibile nella sua pantagruelica sedia e lisciandosi quindi con zampate decise il tailleur. Poi, pigiò un pulsante del suo interfono e si rimise comoda, senza aggiungere nient'altro a quella che pareva una minaccia in piena regola.
I secondi parvero eterni in quel pesante silenzio e Bogo stava decidendo se interromperlo o meno e chiedere spiegazioni, quando la porta si aprì di colpo.

Sono qui, sindaco. Posso aiutarla?” domandò una voce armonica, mentre la porta si richiudeva.
Oh, sì, Swinton, puoi eccome. Avvicinati” disse Bellwether, con un lezioso sorrisino.

Giselle Swinton sfilò sul pavimento con grazia, facendo ondeggiare con sensualità i fianchi generosi. Era una procace e avvenente suina, dalla figura elegante e un ciuffo di capelli biondi a ricaderle morbido sul viso; gli occhi viola scintillavano nel guardare il Capitano e le labbra ricalcate di voluttuoso rossetto rosso erano incurvate in un languido sorriso.
Quello show era tutto per lui e lui lo sapeva.

Buon giorno, capitano Bogo” soffiò quando fu arrivata al suo fianco, poggiandosi con nonchalance al bracciolo della sua sedia.
Lui fece per parlare, per alzarsi e poterle così cedere il posto, ma ancora una volta venne interrotto.

Bogo, conosce già il mio vice sindaco, non c'è nessun bisogno di salamelecchi” tagliò corto Bellwether, infastidita, rimandandolo a sedere con un gesto frettoloso.

Ti ho chiamata per un motivo, Giselle” continuò quando i due le dettero la loro attenzione.
Dobbiamo mettere a parte il capitano del segreto del tracciatore, per via del caso Wilde.”
La maialina spalancò gli occhi di sorpresa, la bocca una O perfetta di stupore.

Ma sindaco, non crede che-”
La pecora zittì anche lei con un gesto secco della zampa, salendo sulla sedia con quelle posteriori per l'agitazione e il nervoso.

Non c'è tempo! Domani ci sarà il ventennale! Voglio Wilde dietro le sbarre e anche ammanettato ad esse per prevenire un'altra fuga, entro stasera!”
Swinton annuì piano, deglutendo, e il ciuffo ondeggiò delicatamente seguendo i movimenti della testa.

Capisco” sussurrò a voce bassa. “Allora, quello che sto per confidarle è top secret, capitano Bogo. Nessuno al di fuori di me e del sindaco ne è al corrente e nessun altro deve saperlo.”

Il bufalo, che già era completamente focalizzato su di lei, al sentire quell'avvertimento serio si concentrò ancora di più, sporgendosi in avanti sulla sedia.
Poco tempo fa è stato indetto un esame dei collari dei predatori, se lo ricorderà. Tre mesi fa. È passato per un normale controllo, ma in realtà era più un aggiornamento” iniziò a raccontare Swinton, lo sguardo incatenato al suo.
Ho supervisionato personalmente il lavoro, ho perfino dato una mano al professor Tarandus a impostare il programma. Ora, siamo in grado di tracciare i collari dei predatori, con uno scarto di pochi metri, ovunque e in ogni angolo di Zootopia.”
Quasi, Bogo non urlò un “cosa?”, preso in contropiede dalla rivelazione. Non si meravigliò che una cosa del genere dovesse rimanere segreta, violava buona parte dei diritti costituzionali dei mammiferi. E si sentì in dovere di ricordarlo.

Non potete controllare e seguire i predatori senza che lo sappiano!” sbottò infatti, disgustato.

Ma noi dobbiamo” esclamò Bellwether, che nel frattempo si era riseduta per bene e aveva ripreso tutta la sua compostezza.
Non che lo abbiamo mai fatto, sia ben chiaro. Ma avere una carta così potente nelle nostre zampe è essenziale, soprattutto in casi come questo. Noi non passiamo le giornate a scrutare e tenere sott'occhio i predatori, no, certo che no! Non violiamo la loro privacy o la loro libertà. Ma se fosse necessario, se qualcuno si comportasse male e cercasse di scappare o nascondersi, noi dovremmo poter sapere dove trovarlo e così proteggere gli innocenti cittadini” gli spiegò come avrebbe fatto ad un bambino un po' sciocco.

Potreste almeno informarli. Informare la popolazione che in caso di delitti e crimini i collari possono essere tracciati e quindi prevenirli e tutelare tutti. Sia i predatori che saprebbero a cosa vanno incontro, sia le prede che saprebbero di essere ancora più protetti” provò a ribattere ancora lui, logicamente.
No, no, capitano. No. Non sta pensando alle conseguenze. Nascerebbero conflitti e malcontenti. Inizierebbero dibattiti su cosa sia giusto e cosa sia etico, su diritti dei mammiferi e fin dove siano i confini accettabili, e mi creda, né io né lei vogliamo che simili tumulti nascano nella popolazione. Quello che non sanno, non può nuocergli. Solo i malvagi e chi infrange la legge dovrà temere il tracciatore, gli altri potranno dormire sonni tranquilli” incalzò sicura Bellwether, come se quel discorso se lo fosse preparata e ripetuta in vista di una situazione come quella.

Tuttavia, Bogo non era ancora convinto della spiegazione. Al di là di tutte le loro ragioni o presunte tali, sentiva che era sbagliato trattare tutti i predatori come criminali in potenza, da dover tenere sotto controllo e vigilare, nel terrore di futuri problemi.
Ma sapeva che spiegarlo all'infervorato sindaco sarebbe stato inutile. E per quella volta, solo per ritrovare Wilde e Hopps, avrebbe accettato di usare quel metodo ingiusto.
Solo per sapere al più presto che ne era della sua sottoposta. Sperando per il meglio.

Va bene, fornitemi il modo e io mi metterò subito al lavoro” acconsentì con voce incolore, sospirando.

Sarà un piacere, capitano” disse Swinton, captando di sfuggita il sorriso vittorioso di Bellwether.
Si allontanò dalla sua sedia e sfilò ancora con quella sua lenta camminata sensuale, verso sinistra, verso un sottile tavolino di legno contro la parete, su cui poggiavano un telefono vecchio stile laccato di bianco, alcuni opuscoli sparsi e una statua geometrica intagliata nel legno. Si assicurò di dare le spalle e che lui non potesse vedere cosa stesse facendo.
Bogo, seppure ignaro, sentì un lieve rumore, un ticchettio ritmato, e capì dopo qualche istante cosa fosse: il disco del vecchio telefono che tornava indietro ogni volta che Swinton lo lasciava andare dopo aver selezionato un numero.
Il ticchettio si ripeté ancora, a volte a lungo e a volte per un tempo più breve, finché non capì che quello era un codice. Una combinazione.

Swinton indietreggiò di un passo e Bogo riuscì a vedere il disco nero del telefono tornare al suo posto per l'ultima volta: uno scatto secco risuonò nello stesso momento nel silenzio e il piccolo quadro rettangolare appeso al muro poco sopra girò su sé stesso, morbidamente, rivelando una piccola cassaforte delle stesse dimensioni.
Swinton aprì sicura lo sportellino e ne tirò fuori qualcosa, richiudendo poi tutto velocemente perché lui non potesse vedere oltre, nel mucchio di documenti e oggetti in penombra che si intravvedevano.

Questo è il dispositivo per il tracciamento” disse infine, tornando indietro e mettendo nella sua zampa un oggetto simile ad uno smartphone ultima generazione, dai bordi bianchi. Lo schermo era nero, spento.
Le basterà accenderlo e selezionare pochi punti: Famiglia dei canidi, genere Vulpes, specie Vulpes vulpes. Arrivato alla schermata le appariranno i nomi di tutti i predatori appartenenti alle categorie scelte e allora le basterà premere o digitare il nome di Wilde per poter tracciare il suo segnale. Semplice, no?”
Bogo osservò l'oggetto che, nonostante le sue esigue dimensioni, conteneva le vite e i percorsi e la privacy di una parte dei cittadini ignari, colpevoli solo della loro origine, del loro DNA.

Semplicissimo” sibilò in risposta. “Ma che succede se il collare non fosse tracciabile?” domandò poi, dubbioso.

Le due donne si guardarono in viso, con espressione attonita, forse credendolo pazzo. Non gli avevano forse spiegato come funzionasse non meno di due secondi prima?
Dimenticate che Wilde possiede una tecnologia capace di disattivare i collari? È possibile che possa averla usata anche per nascondersi” continuò, svelando il dubbio che lo aveva assalito.
Ah, sì, ci stiamo occupando di quel programma per trovare il modo di aggirarlo, bloccarlo e distruggerlo” intervenne serafica Bellwether, senza scomporsi minimamente.
Nel frattempo, se il segnale di Wilde non dovesse apparire nel monitor, può sempre cercare di tracciare l'ultimo punto in cui è stato visibile prima di essere schermato, e partire da lì. Praticamente gliel'abbiamo consegnato dritto nelle mani, non può sbagliare.”
Con quello, il discorso era chiuso, Bogo lo capì forte e chiaro.

Swinton infatti si allontanò e gli fece strada verso la porta, e lui si alzò dalla sedia e si apprestò a seguirla, ma prima che potesse voltarsi per congedarsi dal sindaco, la pecorella lo interruppe ancora una volta.
Capitano, mi aspetto dei risultati quanto prima. Se non avrete preso Wilde entro il tramonto, manderò in campo la T.U.S.K.” annunciò con voce dolce, eppure in qualche modo per quello più crudele.
La T.U.S.K.
L'unità speciale formata da soli facoceri che non rispondeva a nessuno se non al sindaco. Rozzi. Crudeli. Senza regole. Se avesse lasciato che dei simili elementi entrassero in campo non avrebbe più trovato nemmeno un atomo di Wilde.
E di Hopps neppure.

Non la deluderò” esalò tra i denti, già di un passo oltre la soglia. Non poteva vedere il viso del sindaco, ma sapeva che era compiaciuta.

La porta si richiuse alle sue spalle con un tonfo funereo, seppellendo quel poco di dignità che ancora sentiva di avere. Si sentiva sporco, al pensiero di stare andando contro tutti i suoi principi.
Era sporco. Aveva appena fatto un patto col diavolo. Sapeva che il sindaco non era veramente cattivo, quello no, ma nella sua distorta visione di giustizia, molti torti finivano per trasformarsi in abitudine, in atti giustificati.

La zampa di Swinton si poggiò delicatamente sul suo braccio, strappandolo da quelle riflessioni e si accorse che gli stava sorridendo, lì impalata al suo fianco.
Non c'è niente di male nell'avere dei dubbi. E le fa un grande onore continuare a fare ciò che fa nonostante li abbia” gli disse a voce bassa, attenta che nessuno, soprattutto l'avvenente gazzella segretaria che lanciava occhiate verso il capitano, la sentisse.
Lui ricambiò brevemente il suo sorriso, leggermente rincuorato. Sembrava che anche lei si sentisse in qualche modo colpevole e forse come lui doveva sottostare agli ordini di Bellwether, pur non condividendoli.

Lo nasconda per adesso” mormorò lei occhieggiando verso la zampa che ancora teneva il tracciatore. “E non ne faccia parola con nessuno.”
Il capitano lo mise immediatamente nella tasca del pantalone e cercò di non guardarsi attorno per controllare se qualcuno lo avesse visto, per non destare inutili sospetti.

Swinton lo accompagnò fino all'ascensore, intrattenendolo con lui un discorso leggero sulla festa del giorno dopo e sul programma che ci sarebbe stato, sugli ospiti e tutti gli spettacoli.
Sarà molto piacevole” concluse, mentre aspettavano che l'ascensore arrivasse al piano.
Non per me. Io sono in servizio e addetto a gestire la sorveglianza” rivelò Bogo, augurandosi che per l'indomani avesse già preso Wilde e che quindi parte delle sue preoccupazioni fossero risolte.
È un vero peccato” soffiò delusa lei, senza nasconderlo.

Quando Bogo si voltò a guardarla, Swinton gli sorrideva maliziosa.
Avevo pensato di invitarla come mio accompagnatore... ma se non può, che ne dice di un invito a cena, quando sarà più libero, Hector? Posso chiamarla Hector?”
Benché esteriormente non mostrasse cambiamenti, dentro Bogo si sentì avvampare, nel sentirla pronunciare il suo nome così facilmente, quasi con sfrontatezza.
E gli piaceva. Swinton era matura, attraente, intelligente e sfacciata, conscia della sua sensualità e decisa. Sapeva quello che voleva.

Mi farebbe molto piacere, Giselle” ribatté, dandole così risposta ad entrambe le domande.

L'ascensore arrivò al piano e si aprì con un delicato trillo, liberando una decina di mammiferi che scalpitarono via per le loro commissioni, lasciandogli posto libero.
Bogo salì e premette il pulsante del piano terra.

Passerò a prenderla sabato alle sette” le annunciò pacato.
Lei sorrise, mentre le porte iniziarono a chiudersi.

Allora a presto, Hector.”

La discesa fu morbida e quasi non la sentì. Sentiva un formicolio di euforia che aveva spazzato via perfino la stanchezza. A quarantacinque anni avere ancora un certo ascendente sul gentil sesso era lusinghiero.
Un secondo dopo scosse la testa, riprendendo tutta la sua compostezza mentale.
Prima di tutto, prima di qualsiasi altra cosa, doveva occuparsi di Wilde e Hopps.

Le porte si aprirono quando arrivarono al piano terra e Bogo ne uscì, tenendo il telefonino premuto contro l'orecchio.
Percorse il corridoio a passo spedito.

Sono il capitano Bogo. Tutte le squadre all'erta, abbiamo una pista” annunciò, uscendo dal palazzo, nel caldo infuocato di Sahara Square.




Note:

Buon giorno!

Questa parte, che sarebbe dovuta essere assieme al capitolo precedente, a causa della sua lunghezza è diventato un capitolo a sé.

Come dicevo, mi piace l'idea della doppia narrazione tra fuggitivi e inseguitori, come fosse un film, anche se nulla del genere era presente nella bozza originale scartata.
Tutto quello che riguarda Bogo, che in fondo non compariva nemmeno all'inizio, è perciò mia invenzione.
Hector non è il suo vero nome, non ha un nome, perciò mi sono permessa di inventarlo, per esigenza di trama. Se e quando gli daranno un nome canon, mi fionderò qui a cambiarlo.
Intanto, penso che Hector gli stia bene.

Swinton avrebbe dovuto essere il sindaco nella prima versione, i maiali sono intelligenti e portati al potere; ma quando venne scartata la bozza, anche lei venne sostituita da Lionheart, che come leone pareva più indicato come sindaco.
Dov'è Lionheart nella mia storia? Eh, lo intravvedremo.
Comunque, nemmeno Swinton aveva un nome e mi imbattevo sempre nel nome Giselle ultimamente e così l'ho chiamata. Anche se il concept del suo personaggio è stato scartato, c'è una maialina che le somiglia alla fine del film che controlla Bellwether in prigione.

Anche il tracciatore non esiste, è un congegno che ho inventato per la mia storia.
Insomma, ho inventato molto. Spero che per voi non sia un problema.

Invece, nella bozza originale l'ufficio del sindaco era situato nel Palm Tree Hotel, quella costruzione a forma di palma che vediamo a Sahara Square, e credo che anche se non lo hanno specificato, sia rimasto lì anche nel film finito. La forma del corridoio, della finestra dell'ufficio e della vista al di fuori, mi fanno pensare che si trovi agli ultimi piani del Palm Tree Hotel.

La T.U.S.K. era un concept iniziale, una sorta di squadra Swat composta da soli facoceri, armati fino ai denti, gli inseguitori designati per cercare Nick in origine. Li ho solo menzionati, chissà se in futuro li vedremo.

Per i più giovani, il telefono a disco era il primo telefono noleggiabile per le case. Un telefono fisso, con un disco al centro: per comporre un numero di telefono si infilava il dito nel foro del numero e si tirava il disco fino ad una linguetta di metallo e poi si lasciava andare. Quando tornava indietro faceva un rumore caratteristico, una specie di grattato, ma più armonico. E così si faceva per tutti i numeri, ma ognuno era ad una distanza diversa, perciò il grattato era più o meno lungo, a seconda del tempo che il disco impiegava a tornare indietro.
Da bambina lo adoravo. E adesso mi sento vecchia a dover spiegare cosa sia.

Ok, spiegazioni finite. Wow, tantissime stavolta.

Io ci tengo a ringraziarvi ancora e sempre, sono felicissima del seguito della storia. Grazie di cuore.


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Capitolo 6
*** Ben ***


Luce, rumori, suoni, violenti dopo esser stata costretta e attutita contro il tessuto nero e spesso del cappotto.
Una luce improvvisa che l'aveva disorientata, i volti sorpresi degli orsi polari nel vederla e poi le pistole puntate addosso e il lieve dolore dell'ago che penetrava la carne, come la puntura di un'ape, ma tante, troppe, e tutto era piombato in una fredda oscurità in un secondo.

Buio.
Buio.
Buio.

Non riuscirai mai a scappare da qui, Nick. Abbassa quell'arma!”
Buio.

Andrà tutto bene, carotina. Ti porto in un posto sicuro.”
Buio.

Ben! Sono io, Nick! Presto!”
Buio.

Il freddo ha rallentato il metabolismo. Non ha assorbito molto sedativo.”

Buio.
È epinefrina. Tripla dose per coniglio.”

Buio.
Adesso? Adesso preghiamo, Nick.”

Buio.
Buio.
Buio.


Buio.
Ma il buio vorticava e girava senza fine, senza sopra né sotto, e qualcosa premeva la sua testa in una morsa dolorosa.
Era tutto molto confuso e ovattato, quasi etereo.

Non mi hai ancora spiegato nulla, Finn!” urlò una voce che conosceva, così forte da far tremare dolorosamente l'oscurità.
Un respiro trattenuto e un altro decisamente pesante.

L'ho fatto nel tuo interesse!” rispose un'altra voce, molto profonda e rauca, dal tono urgente.
Davvero? Fare le cose alle mie spalle è nel mio interesse? Un cadavere al Wild Times non è un semplice problema di manutenzione. Come posso fidarmi, Finn” esclamò Nick, ferito.
Te l'ho detto! Non volevo farti preoccupare!” insisté l'altro mammifero, il tono un po' più alto e acuto, anch'esso afflitto.

La volpe inspirò profondamente. Nel silenzio una terza voce canticchiava sommessamente, molto flebilmente. Era uno strano motivo che stonava con la serietà della situazione.
Se ti avessi detto del corpo avresti dato di matto, avresti cercato di capire cosa fosse successo, forse avresti anche chiuso il Wild Times... e io non potevo permettertelo. È il tuo sogno, Nick. Devi lasciare a me il lavoro sporco, senza preoccuparti di nulla” mormorò il mammifero rauco.
Non è il tuo lavoro! Siamo soci, quasi, e io-”
Un mugugno flebile uscì dalle labbra di Judy, e Nick alzò le orecchie in allerta.

Carotina?” chiamò con un tono dolce che prima non aveva.

Judy mugugnò di nuovo, riconoscendo quel nomignolo, ormai quasi del tutto cosciente, anche se confusa.
Aprì gli occhi, ma li richiuse immediatamente per la troppa luce.

Carotina, tutto ok?”
Strizzò le palpebre forte e provò ancora, socchiudendo piano, ma il bagliore era così intenso da far pulsare gli occhi nelle orbite e tutto quello che vedeva era sfocato e ovattato, attraverso le ciglia.
C'erano tre volti sopra di lei. Una volpe con una apparente paresi alla mascella, un grasso ghepardo curioso e un fennec dallo sguardo torvo.
Tre predatori. Le luci sui loro collari erano spente, nere come un abisso insidioso.

Saltò su ignorando le vertigini e il mal di testa, e la zampa corse immediatamente al fianco, alla ricerca della pistola a tranquillanti, ma trovò solo la fondina vuota.
Gli occhi rotearono attorno velocemente, e dolorosamente, e si accorsero della pistola poggiata sul comodino lì affianco: si tuffò in uno svolazzare di bianche lenzuola e la afferrò, puntandola poi dritta davanti a sé, il respiro corto e breve, al limite dell'asfissia, il mal di testa che le premeva il cranio in una morsa.

I suoni e le luci giravano e si mischiavano, rendendo il tutto ancora più confuso.
Aveva una forte nausea alla bocca dello stomaco e un sapore di bile in bocca.

Non vi muovete!” urlò con la voce roca, lo sguardo che saettava frenetico da uno all'altro.
Le loro espressioni stupite non la convinsero nemmeno per un secondo.

Cosa-”

Nick provò a fare un passo verso di lei, ma venne interrotto da un suo gesto inconsulto e dalla pistola improvvisamente puntata in mezzo alla sua fronte.
Silenzio! E state fermi! Se provate ad avvicinarvi vi metto a dormire!” li minacciò, sul crollo di una crisi isterica.
Aveva già visto alcuni carcerati reagire in quel modo al risveglio dopo una cura di sedativi, con rabbia e paranoia, ma in quel momento il suo cervello non era abbastanza lucido per accorgersene e cercare di calmarsi.
Vedeva solo minacce e pericoli e nient'altro.

Carotina, è tutto ok! Siamo a casa di amici, siamo al sicuro” mormorò Nick quieto, provando a calmarla nonostante tutto.
Ma Judy scosse la testa forte e indietreggiò verso la spalliera, il braccio sempre teso e tremante di fronte a sé, cercando uno scampo con la mano libera.

No. No. I predatori devono avere i collari accesi, devono essere sempre sotto controllo” farfugliò nel panico, osservando i loro denti puntuti, i loro artigli affilati.
Nessuno vuole farti del male! Per favore, metti giù la pistola!” intervenne la volpe, iniziando a spazientirsi un pochino. C'era frustrazione nei suoi occhi, il suo respiro era sempre più corto e breve, come quello di Judy.
I predatori sono pericolosi! I collari servono a tenerli a bada! Non possono stare senza, non potete stare senza! Siete pericolosi!”

Le orecchie di Nick si appiattirono contro la testa e gli occhi si spalancarono enormemente, feriti. Mosse un passo e un altro, senza prestare attenzione alla pistola puntata su di lui, senza guardare la coniglietta, e si chinò sul letto per afferrare il cappotto nero che l'aveva tenuta al caldo fino a qualche istante prima, ormai tutto scomposto e raggomitolato.
Gli diede un paio di pacche affettuose e dopo lo poggiò sul braccio con riverenza.
Poi finalmente alzò lo sguardo serio su di lei e cominciò a parlare.

Mio padre era la volpe più gentile che sia mai esistita. Cortese, elegante, emanava tranquillità da ogni gesto; non l'ho mai visto arrabbiarsi o urlare, nonostante io non fossi il più semplice dei cuccioli. Aveva una parola gentile per tutti e aiutava quando poteva e tutti nel nostro quartiere lo rispettavano.
Aveva un negozio di abiti formali, lui stesso usciva con una cravatta diversa ogni giorno, intonata perfettamente ai suoi completi, e ne era fiero; voleva che sempre più mammiferi si vestissero bene, che si comportassero con elegante decoro, diceva.
Io non capivo, ma lo ammiravo moltissimo e lo seguivo al lavoro e lo guardavo lavorare su quelle giacche e quei completi, felice della sua passione.
Poi arrivarono i collari. Avevo dodici anni, non lo scorderò mai.
Fu come se glielo avessero messo così stretto da ucciderlo.
Si sentì... umiliato. Quel collare per lui era come una vergogna, un marchio indelebile per una qualche colpa che non capiva.
Perché essere punito per essere nato predatore? Lui non lo aveva scelto, così era nato.
Provò ad andare avanti, ma le prime ingiustizie verso i predatori cominciarono: atti di bullismo verso i cuccioli, piccoli torti per far prendere una piccola scossa e riderci sopra, degradazione sul posto di lavoro, approfittando del clima; i clienti iniziarono a scarseggiare e quando mio padre trovò la vetrina del suo negozio ricoperta di graffiti e scritte derisorie, chiuse.
I mesi successivi li passò nascosto dentro casa, nella vergogna. Ho provato e riprovato a parlarci, a farlo ragionare, a spiegargli che non doveva prenderla così a male.
Ma lui si sentiva giudicato e disprezzato. Gli avevano tolto la dignità, disse, lo reputavano una bestia e lui come bestia si era auto-ingabbiato.
Gli venne un infarto sei mesi dopo che gli hanno messo il collare e forse sarebbe sopravvissuto, se non si fosse consumato dalla vergogna che non lo faceva nemmeno dormire.
Mio padre era un predatore. Il predatore più gentile che sia mai esistito. Non osare mai più dire che siamo pericolosi. Non osare sputare sentenze su cose che non capisci.
Sei libera, Hopps. Ho tagliato le manette, puoi andare dove vuoi, anche a chiamare i tuoi amici poliziotti, se vuoi.”

Si voltò e la lasciò lì, con le sue parole accorate e raccontate con voce spezzata da un profondo dolore mai assopito ad aleggiare nel silenzio teso.
Il ghepardo e il fennec si scambiavano occhiate tristi e nervose mentre Judy aveva abbassato la pistola inconsciamente, ad un certo punto durante il racconto, e guardava nel vuoto con sguardo vacuo.
Le sue orecchie si erano afflosciate e la boccuccia era semi aperta, gli angoli verso il basso.
Il nasino rosa fremeva piano.
C'era qualcosa, oltre le sensazioni di panico e isteria che andavano affievolendosi, che la fece sentire persino più male: un lancinante e profondo senso di colpa.

I due predatori se ne andarono, lasciandola sola con quel sentimento di vergogna.
Si sentiva... stupida. Si sentiva cattiva. Sbagliata. Le parole di Nick l'avevano schiaffeggiata, riportandole la mente alla ragione.
Sapeva che la sua reazione eccessiva era stata colpa degli effetti collaterali dei sedativi, in dose massiccia nel suo caso, ma sapeva anche di essere colpevole di avere pregiudizi nel profondo, di essere stata ottusa.
Solo perché le avevano insegnato quelle cose, non era detto che fossero vere. Non aveva lei stessa deciso di dare una possibilità a Wilde, disgustata dai pregiudizi dei suoi colleghi, che avevano già deciso dovesse essere colpevole perché predatore?
Non si era rivelata meglio di loro.
Anzi.

Lo sguardo ferito della volpe le balenava davanti agli occhi e il cuore si stringeva sempre più. Doveva chiedergli scusa, anche se probabilmente non sarebbe servito a nulla. Lei non si sarebbe perdonata, se fosse stato in lui.
Affinò l'udito, cercando di capire cosa stesse succedendo fuori dalla stanza.
Sentì chiacchiere sommesse e un veloce ticchettio sui tasti di una tastiera. Lasciò andare la pistola, che cadde senza un rumore sul materasso, e poi scese con passi felpati, avvinandosi alla porta.

Ebbe il tempo di guardarsi attorno, di accorgersi delle dimensioni enormi dei mobili, a misura del tondo ghepardo che doveva essere ovviamente il padrone della casa; la stanza adiacente era la più straordinaria, una sorta di postazione high-tech futuristica, tre schermi enormi e quattro differenti tastiere, una enorme poltrona imbottita di tessuto nero e altri complicatissimi aggeggi di cui lei non capiva assolutamente nulla.
I muri erano ricoperti di cavi e fili che si connettevano e serpeggiavano, srotolandosi poi composti al suolo.

Il ghepardo era seduto nella poltrona e smanettava sulle tastiere velocemente, tanto che le sue zampe quasi non si vedevano: le immagini nei tre schermi cambiavano alla stessa velocità, tutti e tre i predatori le seguivano con attenzione.
Allora, trovato nulla?” chiese Nick alla sua destra, poggiato coi gomiti sulla scrivania.
È da ieri notte che sta al computer, dagli tregua” mormorò il piccolo fennec, alla sinistra della poltrona.
Il padrone di casa non sembrava turbato dai loro scambi di battute, sembrava esserci perfettamente abituato e continuava nel suo lavoro senza un tentennamento.
Dopo un sorso da una lattina, si rivolse a Nick, senza voltarsi.

Le notizie sul tuo arresto sono dovunque, notiziari e giornali hanno fatto a gara a chi riusciva a spararla più grossa cercando di indovinare... sono riuscito anche ad accedere ad alcuni file riservati, ma nessuno fa il nome della vittima e non capisco perché-”

È Tarandus. Rangi Tarandus” mormorò piano Judy, interrompendolo.
Si era avvicinata a loro, le orecchie ancora flosce e lo sguardo che saettava verso il basso per non incontrare quello di Nick. Si stava torturando le zampine l'una con l'altra, dal nervosismo.
Non si era così accorta delle loro espressioni attonite.

Tarandus? Quel Tarandus?” strillò il ghepardo, rimettendosi immediatamente a digitare.
Apparvero tre distinte foto di un caribù, tutte in camice da dottore e occhiali da vista calati sul muso; le schede accanto fornivano dati personali e un'intervista al suddetto il cui titolone citava: 'il genio dei collari', sottotitolo 'la preda che li ha addomesticati'.
Judy lesse in fretta, estrapolando l'essenziale in pochi secondi.

La vittima era l'inventore dei collari? L'inventore dei collari è stato trovato morto in un'attrazione clandestina in cui venivano disattivati?” sbottò a voce decisamente alta, incredula lei stessa.

Si era anche dimenticata del senso di vergogna che l'aveva stretta fino a poco prima e guardò Nick dritto negli occhi.
Eravate in società?” gli chiese, puntando un dito verso lo schermo.
No! Io non lo conoscevo neanche! Ben ha creato il programma che disattiva i collari e non era nemmeno una cosa che ha a che fare coi collari fisicamente! È più un'onda che... non so spiegarlo, Ben aiutami!

Il ghepardo si sporse verso di lei e le tese una delle sue zampone grassocce.
Sono Benjamin Clawhauser, hacker, molto piacere.”
Scosse la sua zampina con vigore e poi si risdraiò contro lo schienale imbottito della poltrona.

Il mio programma trasmette onde radio che interferiscono con la scheda madre dei collari: non li rovina né li rompe, ma ostacola la trasmissione del segnale perché i comandi base non vengano recepiti; perciò se un predatore si arrabbia, il sensore non lo riconosce come un sentimento ostile e non invia la scossa.
Più o meno, a grandi linee, questo è quello che fa il mio programma.”

Era strano, quel Ben. Apparentemente rilassato, con un perenne sorriso sornione sulle labbra, sembrava non avere un problema al mondo.
Viveva nell'universo binario e bidimensionale del suo computer e tanto gli bastava, a parte ciambelle e bibite gassate, a giudicare dalle scatole e dalle bottiglie vuote che lo circondavano.
La nuova informazione sembrava averlo emozionato e aveva iniziato a cercare mille dati differenti, canticchiando tra sé.
Judy si chiese se quel Ben sapesse del patto di Wilde con Koslov sul programma dei collari e che cosa il grasso ghepardo ne potesse pensare; certo, quello della volpe era stato un bluff, ma pensava che avrebbe dato di matto nel saperlo.
Sembrava troppo bonario e pacifico per permettere che la mafia avesse una cosa così pericolosa.

Comunque, la sua spiegazione la convinse, anche se già lo aveva fatto il suo sesto senso quando aveva deciso di credere a Nick.
Ok, ma il fatto che l'inventore dei collari sia stato ucciso al Wild Times non può essere una coincidenza. Ci deve essere un motivo che collega le due cose” disse decisa, avvicinandosi alla postazione dei computer.
I suoi occhietti scivolavano per le pagine scorse a grande velocità dall'hacker, cercando di dare il suo contributo come poteva.

Potresti... potresti entrare nella sua mail?” esclamò d'un tratto, esprimendo un pensiero a voce alta.
Sua di chi?” saltò su Nick.
Sua di Tarandus. Magari c'è qualcosa, qualcosa che può essere sfuggito... ad un occhio meno attento” suggerì lei, le orecchie di nuovo in alto di emozione repressa, certa che avrebbero trovato qualcosa.
Ben fece spallucce e si fece dire la mail da lei, poi iniziò a cercare mentre Judy ignorava lo sguardo tagliente di Nick, che poteva voler dire tante cose come nessuna.

Il genio del computer si scontrò contro un firewall di protezione che lo tenne impegnato per una decina di minuti nel quale digitò un numero improponibile di algoritmi, sempre più seccato. Infine, sbottò in una pigola espressione di gioia e non ci mise che pochi secondi a crackare la password, entrando finalmente nel deposito delle mail del caribù.
Stavano infrangendo un numero considerevole di leggi ormai, una più una meno, che importanza aveva.
Ben scorse in fretta gli oggetti delle mail, leggendo a voce alta.

Documenti, scadenza, revisione anticipata, è tutto ok, tranquillo” lesse, scendendo via via, soprappensiero. Non erano nulla di allarmante, solo strane ad una persona estranea.

Passò alle mail inviate e lì i toni sembravano più secchi e cupi, soprattutto in quelle più recenti.
Le sue sopracciglia si aggrottavano via via che le scorreva.

C'è un oggetto qua: 'Cernita', inviata ad un certo ReMan@animail.com.”
L'aveva notata perché era l'unica inviata a quell'indirizzo e anche perché l'ultima inviata in assoluto.
Dentro c'era un breve messaggio di convenevoli, con la promessa di una chiamata per organizzare un incontro per un caffè e in allegato una sorta di lunga lista, con la richiesta di una mano per selezionare alcuni per il progetto di cui avevano già parlato.

Non sembra importante” sbottò Finnick scocciato, che doveva mettersi sulle punte delle zampe e sporgersi più che poteva per riuscire anche solo ad arrivare al livello della scrivania.
È molto importante, invece” dissero insieme Judy e Ben, con un filo di voce.
Si guardarono e si scambiarono un sorriso complice, poi finalmente spiegarono.

C'è un messaggio. Nascosto nella mail.”

L'hacker iniziò a digitare, con una risatina chioccia, immettendo un comando lunghissimo che fece partire una reazione a catena di parole e numeri che scivolavano via velocemente.
Ho impostato un programma di decriptazione, ci metterà un po', ma alla fine sapremo se c'è un messaggio. Nel frattempo cerco l'indirizzo del destinatario” disse prendendo un lungo sorso di cola, prima di rimettersi al lavoro.
Gli altri tre se ne stavano in religioso silenzio, tutti attorno a lui, gli occhi che saettavano da uno schermo all'altro, capendo solo un decimo di quello che il ghepardo stesse facendo.

Ad un certo punto, sia Finnick che Nick saltarono su con un'identica esclamazione di sorpresa.
Renato?” esclamò poi Nick, scambiandosi un'occhiata col fennec.
Sullo schermo centrale c'era una scheda anagrafica completa in ogni punto.

Conoscete questo” iniziò a dire Judy, ricontrollando sul monitor per leggere bene, “dottor Renato Manchas?”

È un cliente del Wild Times, un giaguaro nero. Un tempo era un dottore molto famoso, ma con i collari... ha perso prestigio” spiegò Nick con voce calma, e tutti, anche Judy ormai, avevano capito cosa in realtà quelle parole significassero.
Quello che non capisco è come sia possibile che Tarandus, l'inventore dei collari, e Renato, un predatore, si scambiassero mail. Potevano conoscersi da prima, ma non capisco... tutto questo, quello che è successo, non possono essere coincidenze. Non riesco a capire. Ci deve essere qualcosa che non capisco, ma... perché hanno deciso di mettere in mezzo me?”

Forse questo Manchas può dirci qualcosa. Andiamo a trovarlo” propose Judy, che aveva già memorizzato l'indirizzo.
Andate, tanto ne avremo ancora per un po' prima di avere il messaggio. Probabilmente fate prima a farvelo dire da Manchas in persona, a questo punto” si intromise Ben, con la bocca sporca di zucchero a velo della ciambella che aveva appena finito di masticare.
Sempre che abbia voglia di parlare.”

Judy e Nick si scambiarono un'occhiata, il disagio di prima di nuovo tra loro, chiedendosi entrambi se dovessero semplicemente andare e lasciare il passato alle spalle.
Una voce roca si insinuò tra loro e li sorprese.

Andiamo” disse Finn, sfregandosi le zampette. Sembrava essere entusiasta di poter prendere parte all'azione, finalmente.
Di nuovo, coniglia e volpe si scambiarono una fugace occhiata, prima di correre a prendere le loro cose.

Mentre Judy risistemava la pistola nella fondina, nella camera di Ben, una sirena esplose nell'aria, facendola saltare su.
Dallo strillo sorpreso di Nick dall'altra stanza capì che doveva essere stato lo stesso per lui.
Corse fuori e si diresse alla postazione computer, sulla quale lampeggiava una luce rossa ad intermittenza, che pulsava allo stesso ritmo della sirena.

Cosa succede?” urlò Nick per sovrastare il suono, premendosi le zampe contro le orecchie.
Si era rimesso il cappotto del padre, l'allarme lo aveva sorpreso mentre si stava abbottonando, infatti il lavoro era fatto solo a metà.

Qualcuno è entrato nel perimetro della casa! Sono l'unico che abita quassù, la sirena mi avvisa quando qualcuno si avvicina troppo e non sono stato io ad invitarlo” spiegò a gran voce Ben, il tondo faccione corrucciato.

Una zampa digitava su una tastiera e l'altra in quella a fianco: nello stesso momento si spense la sirena e apparve su uno dei monitor la ripresa di un circuito chiuso di sorveglianza, in bianco e nero.
Judy trattenne il fiato, le zampine che prima avevano tenuto le orecchie in basso per il rumore corsero alla bocca.

Capitano Bogo!” esclamò sorpresa e inorridita allo stesso tempo.
Nel mondo in bianco e nero dello schermo sfilarono una decina di mammiferi in tenuta da poliziotto, capeggiati da un grosso bufalo dal cipiglio scuro e dall'andatura marziale.
Tutti stringevano le armi nelle zampe, pronti a fare fuoco.

Judy si chiedeva come li avessero mai trovati, e soprattutto cosa dovesse fare. Con Bogo lì fuori, le sarebbe semplicemente bastato uscire e spiegargli la situazione ed era quasi certa che lui avrebbe capito e forse li avrebbe anche aiutati.
Se fosse stato da solo, forse.
Ma sentiva di essersi spinta troppo in là e di avere per le zampe troppo poche informazioni ancora per poter convincere qualcuno, probabilmente l'intera commissione interna data la sua condotta, e che tutto si sarebbe rivoltato contro di lei.
E contro di Nick.
Tutte quelle nuove informazioni sembravano solo altri indizi che lo accusavano.
E qualcosa le diceva che erano un po' troppo perfetti per essere veri.

Dobbiamo andare via” sentì dire alla sua stessa voce, e non era la sola ad essere sorpresa della sua uscita.
Nick la guardava come se fosse impazzita.
Ben intanto aveva iniziato a digitare sulle tastiere come un matto, i morbidi rotoli di ciccia che ballonzolavano per l'impeto.

Devo cancellare alcuni file. Voi iniziate a scappare, c'è un'uscita di sicurezza dietro la vecchia cristalliera in cucina. Vi porterà al fiume, andate! Saranno qui tra pochi minuti” mormorò senza nemmeno guardarli in faccia, troppo concentrato su ciò che stava facendo.
Dai monitor scomparivano centinaia di informazioni al secondo, come evaporandosi.

Finn fece strada in tutta fretta verso la cucina, e Judy nonostante la premura fece in tempo ad accorgersi che era più una dispensa con riserve per sostenere almeno due guerre, prima di mettersi a spingere il mobile assieme al fennec e alla volpe.
Nel muro c'era una piccola porta, ma sufficiente perché anche Ben ci potesse passare, a quattro zampe. Bogo invece non ci sarebbe passato mai, pensava.
Nick la aprì facilmente, si era aspettato un qualche codice o sistema ad impronte conoscendo la lieve paranoia di Ben, e fece segno a Judy di passare per prima; lei prese la piccola torcia dalla cintura e illuminò fiocamente il buio davanti a sé.
Lui fu il secondo a passare e trasalì quando, invece di sentire i passi di Finn seguirlo, il tonfo sordo della porta riecheggiò nel corridoio e l'oscurità si fece più densa.

Finn?” chiamò, voltandosi.

Oltre la porta sentì qualcuno sbuffare e poi un cupo rumore raschiante di qualcosa di pesante.
Finn!” urlò, pestando contro la superficie legnosa. Provò a spingere, ma l'uscio non si mosse di un millimetro.
Vai, Nick. Ci pensiamo io e Ben” disse la voce roca dall'altra parte e ansimava come se avesse corso. Spostare quel grosso mobile da solo non doveva essere stato facile.
Ma- no! Andiamo, non ce n'è bisogno!”
Gli farà perdere tempo. Tu vai e trova il bastardo che ti ha incastrato.”

Nick fu contento che fossero circondati dall'oscurità e che Judy non potesse vedere l'espressione sulla sua faccia, perché pensava che fosse brutta, molto brutta, e che svelasse anche troppo di sé.
Ci vediamo dopo, Finn” mormorò, sperando che fosse una promessa.
Ci vediamo dopo, capo” rispose sicuro l'amico.
Rimase immobile ad ascoltare il silenzio, cercando di captare qualcosa.

Una zampina piccola si insinuò nella sua e strinse forte. Poi lo tirò via, piano, verso tutt'altra direzione.
Finn è un buon amico” disse Judy, che guidava alla fioca luce della torcia.
Nick annuì convinto, poi ricordandosi che lei non potesse vederlo, sussurrò:

Sì, lo è.”
La lucina verde del collare sfarfallò debolmente e dopo qualche altro passo si accese definitivamente, ma era troppo fioca perché potesse fornire un po' di luce.

Quando avremo le prove che ti scagioneranno lo rilasceranno subito. Potrebbero accusarlo tuttalpiù di intralcio alle indagini, ma saranno tutti troppo occupati con la mente criminale che ha organizzato tutto questo per occuparsene” continuò lei, con un tono dolce.
Nick non rispose. Era concentrato a cercare di captare suoni lontani, ma ormai tutto quello che sentiva era il rumore dei loro passi e quello dei loro respiri nel silenzio.
La coniglietta ne trasse uno grande, d'un tratto.

Ti chiedo scusa, per prima” sussurrò. E senza aspettare una risposta continuò:
Sono stata stupida, aggressiva e ingiusta. Ero ancora scossa dagli anestetici, ma quello che ho detto era quello che credevo, era quello che mi hanno insegnato sui predatori. Sapevo che non mi avresti fatto del male, ma ho detto comunque tutte quelle cattiverie, come una idiota. E mi dispiace. Io ti credo e ti darò una mano per scagionarti. Magari non vorrai perdonarmi, ma questo te lo devo, Nick.”

La volpe sorrise, senza farsi sentire. Era la prima volta che quella strana, rigida e probabilmente solitaria poliziotta lo chiamava per nome e il suono gli piacque.
Strinse la sua zampina. Per la fine di quella avventura, forse lei avrebbe imparato ad essere meno quadrata, lui ad essere un po' più cauto e forse sarebbero diventati amici.
Finalmente, arrivarono alla fine della galleria. Non avevano sentito rumori alle loro spalle, quindi presupposero entrambi che la polizia, che in quel momento doveva essere entrata nella casa, non avesse scoperto l'uscita di emergenza.
Judy aprì la porta, lasciando andare la sua zampa.

Una piccola folata di vento li accolse, insieme al tenue scroscio della pioggia.
Uscirono all'aperto del Rainforest District, strizzando le palpebre per abituarsi alla luce.
Judy, che era incosciente quando erano arrivati, rimase stupita nel capire dove fossero. L'ultima volta che era stata all'esterno era tutto ricoperto di bianca neve, a Tundratown.
Ed era giorno.
Invece in quel momento era tutto buio, le stelle splendevano oltre le luci per le strade e lungo il fiume a pochi passi da loro.
Doveva essere appena dopo il tramonto. Si voltò verso Nick, cercando di capire per quanto fosse stata ko.

Che ore son-”

Uno sparo echeggiò nell'aria.
Poi un altro.

Nick si era tuffato in avanti, travolgendola nel bel mezzo della frase, ed entrambi finirono nel fiume con un tonfo.
Judy infranse la superficie traendo un gran respiro e si guardò attorno, strizzando le palpebre pesanti d'acqua per vedere nella semioscurità.

Nick?” urlò, voltando la testa in agitazione. Batteva le zampe freneticamente per rimanere a galla e pregava che lui riemergesse da un secondo all'altro.
Il forte gorgoglio del fiume sovrastava la sua voce.
Poi, con orrore, notò la striscia di sangue che increspava la superficie dell'acqua e andò nel panico.

Nick!”

Il suono di altri spari fischiarono vicino alle sue orecchie e si accorse con terrore di essere lei il bersaglio.
Doveva scappare a nuoto, sparire dalla visuale, ma cercare Nick era più importante. Era completamente bloccata, ben visibile e bersaglio facile.
Una zampa afferrò una delle sue e la tirò sott'acqua e mentre si dibatteva con tutte le forze aprì gli occhi e incontrò quelli verdi di Nick. Tenendola per la zampa cominciò a nuotare, lasciandosi dietro una scia cremisi.
La corrente lì sotto era sempre più forte e li aiutò a spostarsi velocemente, ma l'aria iniziava a mancare ed entrambi sentivano il bisogno di respirare.
Si trattennero finché poterono poi, quando ormai l'acqua premeva contro il naso e la bocca e il pericolo sarebbe stato un respiro di morte, risalirono in fretta e riemersero.

Respirarono a fondo, famelici, controllandosi attorno per essere certi che non ci fossero pericoli.
Il borbottio del fiume era molto più forte, roboante.

Nick, sei ferito?” provò a chiedere Judy, ma lui non la sentì.

D'un tratto, l'acqua sembrò finire.
Precipitarono assieme ad essa nella cascata gorgogliante, con un urlo senza fine, senza peso, il cuore che ormai pulsava direttamente in gola.
Nick strinse più forte la presa sulla zampa e tirò Judy a sé, coprendola col suo corpo in attesa dell'impatto.
Si schiantarono sulla superficie schiumante sollevando grandi spruzzi, poi più niente.



Due colpi secchi alla porta.
Polizia, Nicholas Wilde vieni fuori con le zampe in alto” disse una dura voce, perentoria.
Non c'è nessun Wilde. Sono Ben, Benjamin Clawhauser, questa è casa mia” rispose il ghepardo dalla sua postazione, continuando a digitare come un forsennato.
Gli mancavano ancora pochi file da cancellare, ce la doveva fare.
Sarebbe morto prima che qualcuno mettesse mano alle sue invenzioni e ai suoi programmi.
Che ci provassero a capirci qualcosa senza i suoi appunti.

Sappiamo chi sei. E sappiamo che Wilde è qui. È inutile coprirlo.”
C'era una certa sicurezza nella voce al di là della porta che solleticò la mente di Ben, stimolando la sua fervida immaginazione.
Era un po' troppo sicuro, quel poliziotto, che Nick fosse lì. E per esserne così sicuro, non poteva essere una semplice soffiata o una deduzione.
Pensava più ad un certezza matematica, ad un segnale inequivocabile.
Cancellò l'ultima cartella del file e si assicurò che non potesse rimanere nulla, smagnetizzando l'hardware.
Era tutto perso per sempre, ma poco importava.
Aveva trovato qualcosa di nuovo da fare.

Nick non c'è. Potete entrare a vedere, se non ci credete” rispose con un gran sorriso, premendo un pulsante sotto la scrivania per aprire la porta a distanza.
La squadra fece irruzione con le pistole tese, tentennarono solo un attimo nel vedere il ghepardone comodamente seduto nella poltrona con quella sciocca espressione da peluche.
Quando si accorsero che il suo collare era spento, sembrarono dare tutti di matto.

Zampe in aria e non un movimento. Dov'è Wilde?” esclamò il grosso bufalo in prima fila, puntando la sua pistola dritto sulla sua pancia.
Ben fece come ordinato e così Finn, tenuto sotto tiro mentre entrava nella stanza.

Non c'è nessun Wilde. Solo io e Ben, volete giocare a carte con noi?” domandò il piccolo fennec dalla voce profonda, sorprendendo i poliziotti.

Voi, cercate nelle stanze” fece segno il capitano ai sei poliziotti alla sua destra.
Voi siete in arresto” disse ai due predatori che se ne stavano tranquillamente lì, come se la cosa non li riguardasse. “Chissà che in centrale non vi si sciolga la lingua.”
Con vero piacere, Capitano Bogo” chiocciò Ben, lasciando che lo ammanettassero.
Il bufalo corrucciò la fronte, un freddo brivido.

Che ne è di Hopps?” chiese, mentre venivano scortati fuori.
Finnick sorrise.

Ovunque sia Nick” mormorò, tra sé e sé.



Note:

Ritardo! Ritardissimo!
Questo capitolo è stato un autentico parto. Forse perché dovevo mettere indizi, ma senza svelare troppo, ed è difficile; non so, ma ci ho messo tantissimo a buttarlo giù e non mi convince del tutto. Forse dovrei rileggerlo a mente fredda, ma volevo pubblicare.

Allora, parliamo del padre di Nick: un passato tragico, uno dei motivi per cui questo Nick è così com'è.
Nella bozza originale viene mostrato il padre, molto distinto ed elegante, e poi un'immagine del piccolo Nick col collare che sta davanti al negozio di alta sartoria “John Wilde” ricoperto di graffiti, tutto solo.
Quindi non c'è una spiegazione canon di cosa sia successo, e io me lo sono inventato di sana pianta. Spero che la storia che ho immaginato vi piaccia.
Ma che ne è della mamma di Nick? Verrà menzionata anche lei. Prossimamente.

Poi, ecco Ben! Ovviamente anche lui diverso dal Ben del film, sempre tondo, mantiene un po' della sua dolcezza e svagatezza, ma questo ghepardone è un hacker, è sveglio, forse per necessità dato i collari.
Io comunque non credo che neanche nel film Ben sia quel tontolone che a tutti piace immaginare: se è entrato in polizia, deve aver fatto un buon test di ingresso e una buona prova fisica. Qualcosa deve essere cambiato in seguito, ma non penso che sia stupido o inetto.

Nella bozza era più paranoico e meno hacker (ovviamente dato che i collari li toglievano e non li disattivavano come ho inventato io), e stava praticamente in un bunker cercando collegamenti di una teoria complottistica della pecora, assieme ad un personaggio originale che non ho mai messo.
Io ho smussato molto questo lato, lasciando solo una lieve paranoia che è insita in ogni hacker, credo. Insomma spero vi piaccia anche così.

Judy finalmente sta facendo un'esame di coscienza; sta cambiando, speriamo.
Tarandus... vi eravate accorti che l'ho citato in più di un capitolo?
Il nome di Manchas è Renato, ho cercato appositamente, e in questa versione l'ho reso un dottore.
E la cascata... citazione necessaria al film. Era presente anche nella bozza originale e deve essergli piaciuta così tanto che l'hanno tenuta.

Capitolo finito in sospensione, il prossimo vi confesso che non vedo l'ora di scriverlo. Spero di essere molto veloce, stavolta.

Grazie di cuore, ancora e sempre,
megabbraccio


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Capitolo 7
*** Just you and me ***


Nick guardava un soffitto sconosciuto, quando riprese conoscenza.
La testa era pesante e sentiva il suo corpo bruciare, da qualche parte, ma quello che più lo impensieriva era proprio quel soffitto sconosciuto. Dove diamine era?
Gli spari e poi... il fiume... erano caduti in un fiume. Quel dolore atroce, la corrente impetuosa, li ricordava sempre più nitidamente, e poi... la cascata. Erano caduti nel nulla.
Carotina... Judy, dov'era Judy?

Cercò di muoversi e il bruciore si acuì in una fitta sull'addome che gli mozzò il respiro e lo costrinse di nuovo a sdraiarsi; inspirò a fondo, cercando di resistere al dolore improvviso e spiazzante.
Non devi sforzarti” disse una voce piccola alla sua sinistra.
Torse il collo e i suoi occhi incontrarono quelli di Judy, stanchi e preoccupati, anche se lei non voleva mostrarlo. Era seduta accanto al letto dove lui era sdraiato e probabilmente lo aveva tenuto d'occhio per tutto il tempo.
Lasciò andare un sospiro di sollievo, lei sembrava stare bene.

Dove-” si schiarì la gola rauca. “Dove siamo?”
Nel mio appartamento. Ti ho portato qui dopo che sei svenuto” rispose la coniglietta, saltando giù dalla sedia e sparendo oltre una porta a sinistra, appena dopo lo specchio appeso al muro. La sentì trafficare in quella che immaginò la cucina.
Alzò appena la testa e ne approfittò per guardarsi un attimo attorno: era in una stanza che conteneva un letto e una scrivania, oltre lo specchio di prima e un guardaroba aperto in cui la maggior parte dei vestiti erano divise da poliziotta.
Un ambiente pratico, ma un po' spoglio. Gli trasmetteva tristezza, senza sapere perché.

Judy ritornò con un bicchiere d'acqua in una zampa e una pastiglia nell'altra e glieli porse con gentilezza. Gli sprimacciò i cuscini per aiutarlo a mettersi seduto e lui mandò giù quello che sperò forse un antidolorifico, che gli alleviasse anche di poco gli acciacchi che sentiva dappertutto.
Si lasciò andare contro i cuscini con un mugugno di dolore.

Sei stato colpito dal proiettile di striscio, all'addome, fortunatamente non hai perso molto sangue. L'impatto con la cascata ti ha procurato qualche livido e forse incrinato qualche costola. Sei stato molto imprudente” disse Judy, dandogli le spalle.
Stava poggiando il bicchiere vuoto sulla scrivania lì accanto, ma dal tono lacrimoso con cui aveva parlato, trattenuto, Nick pensò invece che stesse cercando un pretesto per non farsi vedere in faccia.

Sorrise brevemente, contento che lei non lo vedesse. Rimase colpito della sua premura e si chiese se non si fosse preoccupata troppo e data la colpa in tutto quel tempo in cui lo aveva vegliato. Sì, di certo lo aveva fatto.
Tuttavia non si sentiva troppo male, considerato quello che aveva passato: il volo senza fine gli ripassò davanti agli occhi e così l'impatto smorzato di poco dall'acqua che ribolliva.
Solo il colpo di proiettile sembrava una ferita più seria, ma di certo non mortale.

Sentendo di nuovo bruciare la pancia, e volendo controllare, sollevò il lenzuolo e vide la grossa fasciatura bianca che gli stringeva la vita, stretta forte forte, e poi la sua pelliccia fulva.
Era nudo.

Riabbassò in fretta il lenzuolo e si voltò a guardare Judy, che si era girata in quel momento verso di lui, dopo essersi riseduta. Per qualche secondo cercò il coraggio di parlare.
Voleva chiederle il perché e anche il come, ma tutto ciò che gli uscì fu:

Sono nudo.” Un'affermazione.
Sì” rispose tranquillamente la coniglia, senza scomporsi.
E per qualche assurdo motivo quella sua calma lo imbarazzò ancora di più e arrossì senza ragione, con la bocca aperta mentre cercava di argomentare.

Dopo qualche attimo lei sembrò capire, forse si accorse della sua vergogna e arrossì anche lei sotto la grigia pelliccia.
Avevi i vestiti bagnati e... io avevo gli occhi chiusi!” strillò girando lo sguardo da un'altra parte. “Li ho messi ad asciugare, saranno pronti ormai!”
Nick si accorse solo allora che lei si era cambiata e che indossava una maglietta azzurra e un paio di pantaloni aderenti neri.
Era molto carina, così informale.

Siamo- siamo al sicuro qui?” domandò per riportare la conversazione in un campo neutro.
E poi, si chiedeva davvero se potessero concedersi tempo per riposarsi.

Anche io pensavo fosse sotto controllo, ma evidentemente non credevano saremmo mai venuti nel mio appartamento... non so se in effetti sia stata stupida o geniale a portarti qui. Ma potremo stare al sicuro per un po', almeno finché non tornano i miei vicini.”
Nel dirlo, Judy si era voltata a guardare il muro nel punto in cui erano appesi due piccoli quadretti, con un sospiro rassegnato.

Ti porto i vestiti” aggiunse poi, scivolando giù dalla sedia.

Nello stesso istante il telefonino sulla scrivania trillò, vibrando, facendola sobbalzare.
Sullo schermo la foto sorridente di due conigli e sotto la scritta “Mamma e Papà”.

Oh no! Oh no!” esalò nel panico, girando in tondo.
Devi alzarti! Ti aiuto io, forza!” esclamò completamente andata, allungando le braccia verso di lui.

Mentre il trillo riempiva il silenzio, Nick la guardava con apprensione e stupore.
Perché?”
Perché sono i miei genitori ed è una video-chiamata. Non possono vederti!” insisté la coniglia, afferrandogli il braccio per convincerlo.
E allora? Spostati verso la porta” rispose lui con fare accondiscendente, come avrebbe fatto con un matto.

Judy iniziò a tirarlo con tutta la sua forza e lui si dovette mantenere al lenzuolo per non finire nudo a terra.
No, rispondo sempre seduta alla scrivania. Se cambio qualcosa se ne accorgeranno. Tu non sai quanto siano ficcanaso! Dai, forza!”

Insisteva con così tanto vigore, e lo strattonava con così tanto ardore, che alla fine si convinse.
Tirò via il bianco lenzuolo e se lo avvolse attorno a mo' di toga, poi più veloce che poté senza farsi male scese dal letto e si appoggiò a Judy, che lo portò a piccoli, ma frettolosi passetti vicino alla porta per la cucina.
Il telefono non aveva smesso di squillare e vibrare per un momento, intanto, e Nick si chiedeva come mai non avessero ancora riattaccato.

Fermo lì, e non fiatare!” sussurrò Judy mentre lo lasciava poggiato contro il muro e correva verso la scrivania.

Si sedette al volo, prese un gran respiro e afferrò il telefonino.
Si stampò un sorriso forzato e premette il tasto di risposta.

Tesoro! Ci hai messo tanto a rispondere, tutto bene?” chiocciò la madre, Bonnie, preoccupata.
Era una coniglia di mezza età, dal pelo grigio come il suo e gli stessi occhi viola. Sua madre era solo meno combattiva, un po' più docile e mansueta.
A volte aveva invidiato l'amabilità di sua madre, a lei mancava quella dolcezza.

Ciao, mamma. Tutto ok, sono appena tornata... un caso difficile, sai” cominciò ad inventare per non preoccuparli.

Tu lavori troppo! Dovresti prenderti una pausa, venire a fare una visita a casa, ogni tanto” si intromise suo padre, Stu, entrando di prepotenza nell'inquadratura.
Era tozzo, dal pelo marrone e occhi dello stesso colore, testardo e cocciuto come lei. Ma aveva la stessa dose di invadenza e apprensività di sua moglie.

Sì, papà. Quando potrò prendermi delle vacanze verrò. Ma ci sono molte indagini, non posso lasciare tutto e partire.”

Ma devi avere dei giorni di permesso, dei giorni settimanali di pausa, dei turni! Non puoi lavorare così tanto. Guarda l'orario! Ci siamo preoccupati quando non ci hai chiamato alle nove come al solito” mormorò Bonnie, con voce amorevole.
Aveva ragione, ma le dava fastidio sentirselo dire.
Lavorava tanto, sì, e lo faceva con passione che sfociava nell'ossessione. Per tanti motivi: cercare il rispetto dei colleghi, essere reputata al loro stesso livello, dare il suo contributo per rendere Zootopia un posto migliore... anche se, alla luce di quello che aveva scoperto nelle ultime ore, sentiva che le sue certezze si stavano tutte sgretolando sotto le zampe.

Non puoi venire questo fine settimana?” insisté ancora sua madre, approfittando del suo silenzio.
Io... no! Ho da fare. Vi avviserò quando-”
Dovresti andare a visitarli più spesso, carotina” la interruppe Nick, con tono pacato.

I tre conigli alzarono le orecchie tutti nello stesso momento, i due dentro lo schermo che si voltavano cercando di vedere oltre ciò che la telecamera non poteva riprendere, mentre Judy si era girata verso destra, con uno sguardo allo stesso tempo di rimprovero e di rabbia.
Era una voce maschile, quella?” domandò all'improvviso Stu, il suo tono attonito e leggermente alterato.
Aveva spinto via la moglie dall'inquadratura e si sporgeva più che poteva, forse sperando di attraversare lo schermo.

No, era-”

So cosa ho sentito. Può mostrarsi, signore?” insisté suo padre, ormai rosso in viso e spazientito.
Mi scusi, non sono presentabile al momento” rispose tranquillamente Nick, in completo contrasto col coniglio.
Judy si schiaffò la zampa libera in faccia.

Nick!” mugugnò frustrata, voltandosi a guardarlo.
Nick fece spallucce e con un gesto della mano indicò la sua tenuta effettivamente imbarazzante, con una faccia da schiaffi.
Si stava divertendo. Si stava divertendo a metterla in imbarazzo davanti ai suoi genitori.

Judy si voltò per fronteggiare i due che aspettavano, incorniciati dalla telecamera, oltremodo sconvolti.
Suo padre sembrava sul punto di saltare sul primo treno per Zootopia.

Mamma, papà, posso spiegare, non è come-”
Venne interrotta ancora, stavolta da sua madre.

Perché non ce lo hai detto?” chiosò stranamente felice, spingendo via il marito che sembrava sempre più sull'orlo di una crisi di nervi. “Del tuo fidanzato?”
Fida- no, non è... è...”
Avrei dovuto capirlo. Sei diversa. Sembri più rilassata. È sicuramente amore” continuò Bonnie imperterrita, con un sorrisone entusiasta, facendosi chissà quali viaggi mentali.
Mamma, no! Non sono-”

Qual è il tuo nome, giovanotto?” domandò sua madre a voce alta, occhieggiando verso la parte destra della stanza, come in attesa di una qualche apparizione mistica.
Judy, imbarazzata oltre ogni dire si voltò per guardare Nick, dannatamente rilassato. Lo fulminò con lo sguardo, ma tanto più di quello non poteva fare.

Sono Nicholas Wilde, signora. Può chiamarmi Nick” rispose lui con voce affabile, sfoderando uno charme invidiabile, facendo ridacchiare Bonnie.
La frustrazione di Judy era ormai alle stelle, insieme a quella di suo padre.
Quel cicisbeo era nella camera di sua figlia e si permetteva di fare il civettuolo con sua moglie. Aveva insultato un aniuomo per molto meno.

Bonnie sembrò accorgersi dello stato d'animo del marito e della figlia, perché iniziò a congedarsi:
Si è fatto molto tardi, meglio salutarci per oggi. E Judy, tesoro, perché non ci fai una sorpresa portando il signor Nick qui per un weekend, prossimamente?”
Judy scoppiò in una flebile risatina isterica, che pregò sua madre prendesse per semplice nervosismo.

Restereste davvero sorpresi, in effetti” rispose enigmatica, continuando a ridacchiare.

Sua madre ovviamente non colse.
Allora ci contiamo. Fai attenzione, tesoro, e chiama. Buona notte. E signor Nick, per favore tratti bene la nostra Judy” si raccomandò gentilmente, trattenendo suo marito fuori schermo perché non si intromettesse.
Stavano ingaggiando una lotta ormai.

Lo farò. La nostra Judy è preziosa” mormorò Nick, sorprendendo la diretta interessata.
Arrossì, presa in contropiede, evitando di guardare verso la volpe.

Bonnie sorrise, notando l'improvvisa dolcezza negli occhi della figlia, di cui lei sembrava non essere nemmeno conscia.
Buona notte, allora! A presto, cari” disse prima di pigiare il tasto per chiudere la chiamata, l'ultima immagine lei che tappava la bocca al marito iracondo.
E fu silenzio.

Judy poggiò il telefonino sulla scrivania, con un leggero tocco sordo.
Sempre silenzio.
Si massaggiò piano il ponte del naso e si voltò lentamente verso destra, incrociò lo sguardo di Nick e rimase ferma a guardarlo.
Lui sorrideva innocentemente, tenendosi il lenzuolo stretto addosso.

Si osservarono a lungo, poi:
Ma sei impazzito?” sbottò d'improvviso Judy, gettando al vento la calma.
Nick rise, facendole andare ancora di più il sangue alla testa.

Mio padre sarà probabilmente già sul treno per Zootopia, armato di forcone. E aspetta quando vedrà che sei una volpe! Ha un teaser anti-volpe, sai, e non vede l'ora di usarlo!” lo sgridò, saltando giù dalla sedia.

Sembrava quasi che lo stesse caricando, invece lo superò a grandi passi e si infilò in cucina, tornando subito indietro con le braccia cariche dei suoi vestiti. Glieli gettò in faccia, tranne il cappotto, e andò a sedersi sul letto, poggiando però il capo di suo padre con garbo sulla spalliera della sedia.
Sbrigati a rivestirti!” gli disse, voltando il viso verso la finestra, stizzita.
Fu difficile, con gli acciacchi e la stanchezza accumulata riuscire a fare gesti semplici come infilarsi i vestiti, ma trattenendo il fiato quando una fitta di dolore si presentava e poggiandosi al muro, riuscì a rendersi presentabile in pochi minuti.
E la barriera dei vestiti lo fece sentire decisamente meno vulnerabile.

Sembrano dei bravi genitori” mormorò, senza riuscire a trattenersi.

Judy lo sentì e alzò le orecchie, ma ancora non si voltò.
Sì, lo sono. Un po' invadenti, però” rispose controvoglia. Non voleva parlare dei suoi genitori, era ancora arrabbiata con lui per averla messa in imbarazzo davanti a loro e per le mille spiegazioni che avrebbe dovuto dar loro nel futuro.
Vogliono vederti, gli manchi. È normale, è bello. Non dare per scontati i tuoi genitori, vai a trovarli ogni volta che puoi” esclamò Nick ormai di fronte a lei. Aveva poggiato il lenzuolo ai piedi del letto e l'aveva raggiunta, fermandosi a due passi.
Stava finendo di abbottonare la camicia, la cravatta ancora sciolta poggiata attorno al collo.
Judy sentì una malcelata nostalgia in quelle parole e le venne in mente che aveva scoperto che cosa ne era stato di suo padre, ma che non sapeva dove fosse sua madre.

Allungò le zampine e afferrò la sua cravatta, annodandola con movimenti lenti.
Dov'è tua madre?” gli domandò, senza guardarlo in viso.
È morta” rispose a bruciapelo Nick, senza un attimo di esitazione.
Le zampe le tremarono un secondo, ma ritornarono in fretta ad acconciare il nodo.

Ero piccolo, ero un cucciolo. Era molto malata. Non la ricordo bene. Mi ricordo solo il profumo che indossava e il sapore della sua torta ai mirtilli e poi... la sua voce che mi canta una ninna nanna. È tutto quello che mi rimane di lei. ”
Nonostante il tono che voleva sembrare calmo e disinteressato, c'era una fame di quell'affetto, di quei ricordi, che tradivano la sua solitudine e la sua nostalgia.

Judy tirò su piano col nasino, il viso ancora inclinato e perciò celato allo sguardo di Nick.
Lasciò andare la cravatta annodata e la lisciò un poco con delicate pacche, ammirando il suo lavoro.
Poi scattò in avanti e gli allacciò le braccia al collo, strette strette, così tanto che il collare gli feriva la carne, quasi.

Nick la sentì respirare bruscamente e agitarsi senza sosta, come scossa da singulti.
Come siete emotivi, voi coniglietti” le disse piano, dandole una pacca tenera sulla testa e una sulla piccola schiena. Eppure quel contatto gli fece piacere, era l'inizio di qualcosa.
Era caldo. Era dolce.

Va tutto bene, sto bene, vedi, tutto be-”
Judy lo lasciò andare e si tirò indietro e Nick sentì immediatamente che qualcosa era diverso.
Una sensazione viscerale di libertà.

Nelle piccole zampine lei teneva il suo nero collare e gli sorrideva, con gli occhi umidi in attesa e il nasino rosa che fremeva con trepidazione.
Il piccolo led verde era spento, era innocuo e disattivato... era un semplice pezzo di plastica.
Le zampe di Nick corsero verso il proprio collo, si infilarono nella folta pelliccia arruffata da anni di quella tortura e scorsero via libere in su e in giù ripetutamente senza incontrare ostacoli.
Si sentì libero. Si sentì euforico. Si sentì... selvaggio.
Una sensazione dimenticata da tempo, un benessere che non provava da tanto, un calore al centro del petto che lo fece sentire davvero vivo.
Un'estasi mistica che lo commosse.
Era come correre libero per una foresta incontaminata, tuffarsi nel più limpido nei laghi, volare col vento dritto in faccia.

Aveva chiuso gli occhi rapito da quelle sensazioni, e li spalancò all'improvviso, fissandoli sulla coniglietta, che ancora gli sorrideva, commossa.
Non puoi togliermi il collare. Le leggi... non puoi togliermi il collare” riuscì a dirle infine, balbettando per l'emozione mista alla delusione che si stava impadronendo di lui.
Non gli era venuto nemmeno in mente di chiederle come avesse fatto a toglierlo, non era importante al momento.
Non poteva durare, non sarebbe durato.

Ma carotina continuava a sorridergli, senza tentennare.
Sono una preda e una poliziotta, posso dire di avere i ragionevoli requisiti per togliere il tuo collare e garantire per te. E anche se non fosse, questo coso è inutile e ingiusto e tu non devi più portarlo. I predatori non devono mai più portarli.”
Lo gettò a terra e quello cadde con un ticchettio sordo, inerme.
Vedere il collare così lontano da sé, dopo due decenni in cui era stato la sua gabbia e la sua catena, fece sentire Nick straordinariamente bene, lo portò quasi sull'orlo delle lacrime.

Si gettò sulla coniglietta e la strinse, la strinse forte.
Grazie. Grazie, grazie, grazie, grazie” continuava a ripeterle nello spazio tra le orecchie, dove poggiava il suo mento.
Judy ridacchiò da qualche parte vicino al suo collo, al suo libero collo, e gli diede delle pacche sulla schiena, prima di abbracciarlo anche lei.

Come siete emotive, voi volpi” gli disse, sopraffatta dall'emozione.

Rimasero abbracciati finché uno stomaco ululante non gorgogliò nel silenzio, spezzando l'atmosfera.
Si separarono con una identica risata.

La tua pancia ulula come un lupo, carotina” la canzonò Nick, tirandosi indietro di un passo.
Cosa? È stato il tuo stomaco a brontolare, non negarlo!”

Judy scese dal letto e si diresse nella piccola cucina, seguita qualche secondo dopo da Nick.
Assemblò una cena veloce con quello che aveva nel frigo e anche se gli aveva detto di andare a sedersi, lui rimase lì appoggiato allo stipite della porta per tutto il tempo, solida compagnia.
Poi cenarono, senza fretta.
Sapevano che i problemi dell'omicidio, di Tarandus e Manchas, di Bogo e della polizia non erano scomparsi, ma per qualche ora, solo per qualche ora, volevano accantonarlo nel fondo della mente e rilassarsi. E chiacchierare di cose vane o non parlare affatto.
Avevano bisogno di una pausa o sarebbero crollati al suolo sfiniti.

Al termine della cena, quando ormai i piatti sporchi erano impilati al centro del tavolo e gli stomaci ben pieni, e la sonnolenza minacciava di abbatterli, sentirono entrambi un colpo secco poco distante e poi due voci urlare una contro l'altra, forti.
Stai zitto!”
Tu stai zitto!”
Nick spalancò gli occhi e guardò Judy, che ridacchiava della sua espressione sorpresa.

Sono i miei vicini. Sono molto rumorosi e litigano in continuazione” sussurrò flebile, sporgendosi verso di lui.
Non aveva mai capito che rapporto legasse le due antilopi che abitavano accanto a lei, anche se qualche teoria se l'era fatta.
Era un rapporto di amore e odio, il loro.

Sono anche dei gran ficcanaso e hanno un udito fine. Faremo meglio ad andare a dormire. Ci svegliamo all'alba e sgattaioliamo fuori, verso la casa di Manchas. Ok?”
Qualche ora di sonno gli avrebbe fatto bene, gli avrebbe ridato il vigore che serviva loro per arrivare in fondo a quella storia, avrebbe anche aiutato le ferite.

Nick annuì in assenso; Judy spense la luce e fu lui a guidarla al buio verso il letto, grazie alla sua vista notturna.
C'è un solo letto, ma è grande abbastanza per entrambi... per te va bene?” mormorò lei sporgendosi verso l'alto per arrivare alle sue orecchie.
Certo” rispose lui piano, chinandosi per arrivare alle sue.
Si infilarono sotto le coperte senza aggiungere altro, più vicini di quanto avessero mai concesso a qualcuno di stare loro, preda subito del sonno e della stanchezza.

Nick si appoggiò al cuscino con un sospiro rilassato, non si sentiva così comodo da troppo tempo: aderiva così bene, c'era solo morbido, morbido ovunque, senza plastica o fibbie strette. Judy era a pochi centimetri e anche lei era serena e morbida.
Ed era strano per due solitari come loro dormire con qualcuno accanto.
Ed era bello.

Quel tepore, quella sensazione di tranquillità, quella sicurezza che si dava e riceveva in egual misura. Si addormentarono in fretta, cullati da quelle sensazioni, in pace.
Tutto il resto avrebbe aspettato il sorgere del sole.



Note:

Buon giorno!

Un capitolo pausa, come li chiamo io. Dove sembra non succedere nulla, ma in realtà io credo che accada moltissimo.

Dunque: come avrete notato ho cambiato la casa di Judy. Nel film non è niente di più che una stanza... dove va in bagno? E tutte le case sono così? Poveri vicini, nel caso.
L'idea che ci fosse una seconda stanza mi è venuta perché alla prima visione io pensavo sul serio ci fosse: quando le viene mostrata la stanza, la porta d'ingresso si riflette sullo specchio e io pensavo fosse una seconda porta che portava ad un altro ambiente.
L'idea mi è rimasta appiccicata in testa e quando ho iniziato a progettare questa storia ho deciso che l'avrei messa.
L'altra stanza è della stessa lunghezza, ma più stretta; è divisa tra cucina e un piccolo bagno.

Il termine aniuomo che trovate nella storia è una cosa che ho inventato per definire gli uomini in questo mondo zoo-antropomorfo; la versione inglese “Animan” (penso sempre prima in inglese) mi piace di più, ma non si può avere tutto.

Nella bozza originale a questo punto Judy portava Nick ferito a Bunnyburrow, che avrebbe dovuto essere nella città di Zootopia: dato che poi lo hanno messo distante, praticamente in campagna, non era fattibile come idea. Comunque, quando lei lo portava dai suoi genitori e innumerevoli fratelli, loro scambiavano Nick per il fidanzato di Judy e si inalberavano moltissimo. A modo mio ho voluto lasciare i fraintendimenti, anche se per telefono. Ho riso tutto il tempo, lo giuro.

Finalmente il collare è andato! E qui c'è uno dei motivi per cui non ho messo l'idea iniziale che si togliessero i collari nel Wild Times: volevo che il momento in cui Judy toglie il collare di Nick, fosse la prima volta in assoluto da quando gliel'avevano messo in cui provava la sensazione totale di libertà nel non averlo.
Volevo fosse speciale e assoluta.
Avrebbe perso se fosse successo già prima e se toglierlo fosse stato così semplice, no?

Dopo questa pausa ci butteremo di nuovo nell'azione!

Un grandissimo abbraccio, grazie di cuore!

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Capitolo 8
*** In the name of the law ***


La centrale di notte sapeva di sudore rancido, alcol scaduto e sigarette.
Gli odori della giornata si erano accumulati, amplificati e mescolati, e stagnavano nell'androne centrale: sospettati dall'igiene discutibile, alcolizzati che avevano creato problemi in qualche locale e anche squillo dei quartieri più malfamati dal persistente odore di fumo, decantavano nelle celle, saturando l'aria.

Bogo entrò e si fermò un attimo nell'atrio, inspirò appena e lasciò andare uno sbuffo disgustato. C'era da pensare che dopo più di quindici anni di carriera avesse fatto il callo a quel puzzo, ma in verità non lo aveva mai sopportato e mai l'avrebbe mandato giù.
Si incamminò stanco verso le macchinette, frugò nella tasca del pantalone e fece scivolare una manciata di monete nella fessura di quella più a destra, poi digitò il pulsante del caffè, pigiò un paio di volte quello dello zucchero perché fosse amaro e infine confermò l'ordine: con un cigolio metallico il distributore si mise in funzione e una serie di gorgoglii interruppero il silenzio. Il bicchiere scese in postazione.

Da lontano, vicino al bancone nell'ingresso, arrivavano rumori indistinti, chiacchiere vane di colleghi che si incontravano entrando o uscendo, il ticchettio di un paio di zoccoli sul pavimento chiaro, ma non si voltò a guardare chi fosse, non aveva davvero voglia di parlare con nessuno.
Era sfinito. Ormai non sapeva davvero da quanto fosse sveglio e il pulsare degli occhi nelle orbite non lo aiutava. Gli dava fastidio perfino il tenue bagliore della macchinetta e qualsiasi rumore faceva lo stesso effetto di una macina nel cervello.

Eppure quello continuava ad andare, continuava a domandare.
Dov'era Wilde? Hopps era ancora viva? Era con lui? Costretta con la forza o di sua spontanea volontà? E cosa c'entravano il ghepardo e il fennec?
Domande, solo domande. A cui non trovava risposta, nonostante il fiato sul collo di Bellwether, altro incentivo a mettere fine a quella storia al più presto.
Con un bip sonoro il distributore lo distolse dalle sue riflessioni; Bogo afferrò il caffè bollente, nero, e lo bevve di colpo, fece un'espressione disgustata per il retrogusto di petrolio, stritolò la tazzina, la gettò nel cestino lì accanto e poi si voltò deciso.
Doveva interrogare il panzone e il mingherlino e trovare risposte alle sue domande.

Si diresse verso le stanze degli interrogatori. I due erano stati separati in due diverse per non farli comunicare tra loro e attendevano da ore, giusto per lasciarli un po' sulle spine.
Avrebbe cominciato dal fennec, che tra i due sembrava quello più informato. Era un volpide, aveva sicuramente a che fare con Wilde; molto più dell'altro probabilmente.

Entrò senza bussare nella stanzetta a destra, l'ultima del corridoio, sicuro di spaventare l'occupante, ma il fennec non batté ciglio; si limitò a sollevare lo sguardo torvo su di lui, che poi riportò dritto di fronte a sé, sull'enorme specchio un po' scheggiato che occupava quasi tutta la parete.
Le stanze da interrogatorio erano diverse dalla modernissima e quasi asettica centrale: piccole, senza finestre, grigie, lugubri tuguri che instillavano un senso di soffocamento, arredati con pochi mobili vecchi e zoppi che logoravano i nervi.
Erano pensati ad oc, per fiaccare anche il più resistente dei malviventi.

C'era uno spesso silenzio.
Un tocco alla porta lo ruppe per un attimo e quando si aprì dopo il suo comando, l'agente Yax caracollò dentro con una cartellina stretta in una zampa, inciampò sul nulla e sparse tutti i fogli in aria.
Bogo sospirò forte e si passò una zampa sulla faccia, senza muoversi altrimenti.
Lo yak si mise carponi, farfugliando qualcosa di indefinito, e in fretta cercò di raccogliere tutti i fogli; poi si rizzò di scatto e glieli passò, alla rinfusa, e il capitano si accorse della divisa stropicciata.

Va bene, agente Yax, grazie. Esci ora” mormorò nel modo meno seccato che gli riuscisse di fare.

Quando la porta si richiuse, il fennec era ancora nella stessa posizione, immobile, come se tutta quella scenetta non l'avesse vista nemmeno.
Bogo diede una scorsa veloce ai fogli incasinati, mentre si avvicinava al tavolo; arrivato ad uno degli ultimi lasciò andare uno sbuffo sarcastico dal naso e poi li lanciò sulla superficie, dando il colpo definitivo a quel poco di ordine che ormai avevano.
Il fennec abbassò un secondo gli occhi sul foglio più vicino, al contrario rispetto alla sua prospettiva, e poi a quelli intorno, ognuno con una sua direzione.

Allora, Finnick Fox... davvero non hai saputo trovare un soprannome più originale?” esclamò sarcastico Bogo, sollevando un sopracciglio.

Il piccolo sospettato lo fissò in silenzio.
Qual è il tuo vero nome?” incalzò il buffalo, senza dargli tregua.
Il muso del volpide si aprì in un piccolo ghigno, pura soddisfazione.

Prova a scoprirlo da solo.”

Bruciava, a Bogo, che con tutte le risorse a disposizione non fossero riusciti a scoprire la vera identità del piccolo predatore. Poteva essere chiunque, poteva aver fatto qualunque cosa e il fatto che avesse bisogno di un soprannome gli diceva che probabilmente il suo passato era costellato di crimini.
Ma non gli diede soddisfazione. Avrebbe usato le carte sicure nelle sue mani per farlo parlare.

Allora Finnick, o preferisci Fox? Finnick, ok... sappiamo che lavori con Wilde e tanto ci basta. Sappiamo che c'eri anche tu nel capannone, che conosci le attrazioni, che lo hai aiutato. Sono sicuro che sai anche dove sia.”
Il fennec si limitò a rollare gli occhi al cielo, ma ovviamente non rispose.

Vedi, Wilde è davvero in una brutta situazione, su di lui pendono delle accuse molto gravi, ci sono prove schiaccianti ed è anche evaso... quando lo troveremo, lo sbatteremo in galera per molto, molto tempo. Tu e il ghepardo siete accusati di intralcio alle indagini e favoreggiamento per aver nascosto Wilde, perciò entrambi avrete una pena di almeno quattro anni, per cominciare” disse Bogo, gettando una fugace occhiata per controllare se le sue parole sortissero un qualche effetto. Poi continuò:
Ma, se collabori, possiamo trovare un accordo con il procuratore ed evitare che tu finisca in galera. Devi dirmi solo dove si trova Wilde.”

Inaspettatamente, almeno per il capitano, il piccolo predatore scoppiò in una fragorosa risata, gettando la testa all'indietro così violentemente che le lunghe orecchie sbatacchiarono con uno schiocco secco. Rise e rise, contro la sua espressione apparentemente composta.
Al tuo posto mi chiederei che fine ha fatto la coniglietta” esalò alla fine, tra gli ultimi sprazzi di risata, lo sguardo furbo che saettava di derisione.
Bogo lo sapeva che voleva solo punzecchiarlo ed esasperarlo e non aveva mai abboccato a provocazioni del genere, eppure quella volta gli costò ogni briciola di autocontrollo che possedeva per non cadere nella trappola; la tentazione di rovesciare il tavolo e schiacciare quel minuscolo arrogante era così forte.
Inspirò forte, un paio di volte.

Wilde avrà la pena di morte, lo sai, vero? Non puoi salvarlo” mormorò poi sottovoce, brutalmente.
Finnick alzò le orecchie e ogni traccia di divertimento era sparita dal suo viso. Il suo muso si aprì in un ringhio, i denti puntuti sguainati.

Nick è innocente! Non ha fatto niente!” urlò con la sua voce roca, agitandosi appena sul posto.
Wilde è un assassino! Ha ucciso e lo farà ancora! E abbiamo l'ordine di sparargli a vista, per questo” incalzò Bogo, ormai preda della rabbia.

Il fennec saltò sul tavolo a zampe unite e ringhiò così forte che si sorprese, di udire un ruggito tanto potente da un essere così piccolo. Prima che potesse anche solo muoversi di un altro passo, il collare lampeggiò di rosso, ad intermittenza, e una scarica elettrica lo investì da capo a piedi, immobilizzandolo col dolore.
Bogo riacquistò in fretta il suo senno, a vedere il piccolo predatore contrarsi nella sofferenza e poi cadere sul tavolo inerme, mentre riprendeva fiato. Finnick respirava a fondo, provato, poi si rialzò piano, puntando le zampine sulla superficie.
Provò un moto di pena così forte che, anche se sapeva lo avrebbe fatto solo più infuriare, si sporse in avanti per aiutarlo.

Prima che potesse anche solo sfiorarlo, però, la porta della stanzetta si aprì e uno stambecco in un completo apparve, impettito. Sembrava molto giovane e anche molto inesperto.
Si allontani dal mio cliente, per favore” disse perentorio, entrando nella stanza e chiudendosi la porta dietro.
Sono l'avvocato Ibex, assegnato d'ufficio al signor Finnick Fox. Non può parlare con lui e tutto quello che ha detto senza la presenza di un avvocato non è legale. Ci lasci da soli, per favore.”

Finnick si era rimesso a sedere e guardava il suo difensore con sospetto, mentre Bogo, capito che ormai non avrebbe ottenuto niente, si diresse verso la porta, senza una parola.
Poco prima di uscire, passando vicino allo stambecco, lo sentì sussurrare:

Ci penserò io a farlo parlare, non si preoccupi.”

Poi si trovò nel corridoio bianco. Con il mal di testa che gli schiacciava le tempie in una morsa dolorosa e un moto di bile che risaliva dallo stomaco.
Perdere le staffe in quel modo... che mancanza di professionalità. Si sentiva anche colpevole per la scossa elettrica, era stato lui a istigare il fennec.
Si passò di nuovo la zampa sulla faccia, stropicciando gli occhi con forza.
Forse con il ghepardo non sarebbe andata così male, anche se dubitava che il suo avvocato non fosse già arrivato anche lui.

Percorse un pezzo del corridoio al contrario, fino ad arrivare alla terzultima porta a destra, e la aprì, piano stavolta. C'era solo un mammifero nella stanza, nessun avvocato.
Il ghepardo era seduto sulla sedia, piccola per la sua mole, e canticchiava tra sé e sé, osservandosi attorno con aria svagata. Sembrava un bambino in attesa ad un luna park e non un sospettato di favoreggiamento.

Capitano Bogo!” chiocciò nel vederlo, ritornando poi alla sua occupazione precedente.

Tutto, in Benjamin Clawhauser, spiazzava Bogo. Ma la sua apparente calma anche in una situazione come quella era ciò che più di tutto lo sorprendeva.
Come prima, un tocco lieve alla porta annunciò l'entrata di Yax, ma questa volta il capitano fu più veloce e afferrò la cartellina immediatamente, chiudendogli poi l'uscio sul muso.
Poi si mise a leggere veloce i pochi fogli all'interno. C'erano poche informazioni, ma per lo meno sembravano tutte giuste; aveva fatto sparire quelle indesiderate col suo talento come hacker.

Anche io ho fatto le mie ricerche, Hector Bogo.”
Sollevò gli occhi dalla cartella e li piantò sul grasso ghepardo, col sangue nelle vene che riprendeva a scorrere, dopo essersi ghiacciato per un secondo.
Non c'era stata nessuna minaccia nella voce del predatore, anzi, sorrideva, ma in qualche modo si sentì pressato, si sentì vulnerabile, e non gli piacque.
Cosa riuscisse a fare quel tipo solo con un tastiera da computer era una cosa che non voleva davvero scoprire.

Benjamin Clawhauser, tu...”
Mi chiami solo Ben, Ben va bene” lo interruppe l'altro, affabile.
Bogo prese un respiro e ricominciò.

Clawhauser” insisté, “hai creato tu il programma?”
Non avevano nemmeno coniato un nome adatto a definirlo. Era solo 'il programma', come se dovesse essere chiaro di cosa stessero parlando, come se dovesse essere universalmente conosciuto che era 'il' e non 'un'. Il programma definitivo.
E ovviamente sapeva benissimo di che parlava.

Ben sorrise fierissimo, mostrando tutti i suoi denti aguzzi, ma senza nessuna aggressività.
Sì, sì, sono stato io.”
Parlamene. I nostri tecnici hanno trovato delle difficoltà quando-”
Si interruppe nel vedere lo scintillio compiaciuto negli occhi del ghepardo e il sorriso ridimensionarsi appena, un piccolo ghigno mesto.

Certo, no, non ci riusciranno. E anche se cercassero nel mio computer non troverebbero davvero nulla, solo vuoto cosmico. Mi spiace, non vi lascerò toccare il programma” annunciò solenne, con uno sguardo serio, per la prima volta.

Passò in fretta e Bogo si chiese se non se lo fosse solo immaginato. Ma quel Ben sembrava così intelligente e furbo, che si chiese fin dove potesse spingersi nell'interrogatorio senza cadere in qualche trappola.
Il programma è una minaccia all'integrità dei collari. Se cadesse nelle mani sbagliate quello che abbiamo fatto, tutti i progressi, sarebbero nulli. I predatori avrebbero libero accesso ai loro istinti più vili e nessuno sarebbe al sicuro!”

Non sorrideva più, Clawhauser. Lo aveva fissato dritto negli occhi, e il sorriso si era spento e quell'aria svagata era caduta.
Lo guardò, il viso tondo una maschera impenetrabile.

Le prede non capiscono cosa provochino i collari. Non possono. Ma penso che lei possa, capitano. È la stessa sensazione che si prova ad eseguire un ordine che va contro la propria etica, solo perché è una persona potente a chiederlo. Ci si sente costretti, ci si sente sporchi, ci si sente sbagliati.”
Sollevò un sopracciglio, esplicito.

Bogo sentiva il proprio battito del cuore rimbombargli nelle orecchie e il sangue salirgli nella testa e quella sembrava proprio paura. Gli si bloccò il respiro.
Il ghepardo non poteva sapere. Ma quella frase sembrava troppo perfetta per essere un caso.

E comunque” lo distolse da quello stato di trance l'altro, “non ho mai permesso, e non permetterei mai, che il programma finisse in mani sbagliate.”

Il capitano rimase ancora in silenzio, a fissarlo, mentre a poco a poco tornava in sé.
Sembrava sincero, sembrava sicuro, ma sarebbe stato sciocco a fidarsi.

Se ci darai il programma e Wilde, alcune accuse a tuo carico potrebbero cadere. Sicuramente non ti farebbero più avvicinare ad un computer in vita tua, ma è meglio che finire in prigione. Pensaci, Clawhauser.”
No, mi spiace, non è fattibile. Nick è innocente e sta cercando le prove per sbattervele in faccia, non posso permettervi di prenderlo prima che le abbia trovate” confessò, anche se sapeva di stargli dando delle informazioni.
Wilde non stava scappando, stava cercando prove per scagionarsi. O almeno era quello che aveva fatto intendere ai suoi compari, vero o meno.

Dov'è l'agente Hopps? È con lui, l'ha rapita?” domandò a bruciapelo, cercando di prenderlo di sorpresa e poter così scoprire altre notizie.
Sta bene, posso dirle solo questo. Non è in nessun modo in pericolo” rispose pacato Ben, che sentiva la sua genuina preoccupazione per l'agente.
Pensi davvero che Wilde sia innocente?”
Lo chiese, diretto, senza sapere nemmeno perché.

Sì, sono certo che lo sia” fu la serafica risposta.
Ci sono prove schiaccianti contro di lui.”
Anche troppo. Le prove possono essere fabbricate, lo sa?”
Perché qualcuno dovrebbe cercare di incastrare Wilde?”
Questa è un ottima domanda, capitano.”
Bogo sbuffò, preso in contropiede, non sapendo davvero dove stessero andando a parare. Era l'interrogatorio più strano che avesse mai fatto. E tuttavia gli risultava difficile arrabbiarsi o essere spietato con quel morbidoso e intelligente ghepardo.

Se Wilde è innocente, lo scoprirò. Indagherò a fondo e lo aiuterò, se davvero è innocente. Ma devi dirmi dove si trovano lui e Hopps” propose sinceramente.
Ben lo fissò e scosse la testa, sconsolato, poi occhieggiò verso l'angolo a destra, dove c'era la telecamera, prima di riportare lo sguardo su di lui.
Sapeva di essere tenuto d'occhio, e Bogo si chiese chi fosse poi davvero a sorvegliarli. C'era qualcun altro, di cui il ghepardo era a conoscenza?

In quel preciso istante, il suo telefonino trillò. Con uno sbuffo seccato lo tirò fuori dalla tasca.
Il numero sul display era dell'ufficio del sindaco.

Riprenderemo l'interrogatorio più tardi. Nel frattempo, puoi chiamare il tuo avvocato, se vuoi” disse in fretta, andando già verso la porta.
La aprì, superò l'uscio e poco prima di richiuderla udì il sussurro di Clawhauser, nient'altro che un sussurro:

Stia attento a non perdere il segnale, capitano.”
Rimase fermo un istante contro la porta, nel corridoio pieno solo del trillo insistente del suo cellulare.
Di nuovo, gli sembrò che il ghepardo sapesse, o indovinasse, più di quanto lecito.

Bogo” disse infine, portando il telefonino all'orecchio.
La vocetta stridula del sindaco gli perforò il timpano, gli diede i brividi.

Non ha preso Wilde!” urlò con tutto il fiato. “Le è fuggito dalle zampe, come fosse un novellino! Come diamine ha fatto? Dopo averglielo praticamente servito su un piatto d'argento!”
Bogo non le chiese come fosse già a conoscenza della situazione. Resistette durante tutta la sua sfuriata, poi si infilò in mezzo ad una pausa in cui prendeva fiato.

È stato aiutato” le disse asciutto, incamminandosi verso l'atrio.

Nel ricevitore sentì uno sbuffò seccato, Bellwether prese un respiro duro.
E io adesso aiuterò lei, di nuovo. La sua squadra può occuparsi di altro, il caso passa alla T.U.S.K.! Lei li indirizzerà verso la giusta direzione e loro si occuperanno di tutto il resto. E voglio risultati!”
La chiamata si interruppe bruscamente.

Era arrivato all'atrio ormai, ed era vuoto. C'era solo la gazzella all'accoglienza, mezzo addormentata.
Fuori, oltre le grandi porte a vetri era notte, notte fonda.

Non si era mai sentito così stanco e così combattuto come in quel momento. Ubbidire all'ordine del sindaco voleva dire condannare a morte certa non solo Wilde, ma anche Hopps. E le parole del ghepardo gli tornavano alla mente, quella sua cieca sicurezza nella innocenza della volpe. E anche come il piccolo fennec l'aveva difesa.
A cosa doveva credere? A chi doveva credere?
Di certo, si disse, non avrebbe detto alla T.U.S.K. dove trovare Wilde, non prima di aver controllato una cosa personalmente.
Oltrepassò l'ingresso e uscì e sapeva che non avrebbe dormito nemmeno quella notte.



Judy si era svegliata presto, pressata contro la volpe, entrambi più avvinghiati di quanto avessero inteso all'inizio. E Nick aveva scelto proprio quel momento per svegliarsi.
Dopo qualche istante di imbarazzo, si erano alzati, senza dire una parola.
E sempre in silenzio, forse per non svegliare i vicini o forse entrambi consci di non dovere per forza dire qualcosa, si erano preparati: al buio, quietamente, doccia, colazione, antidolorifico per Nick, e poi erano scivolati fuori dall'appartamento.
Mancava poco all'alba, quando uscirono dal palazzo; c'era una lieve luminescenza ad est.

Si mossero più in fretta possibile; Nick, stretto nel cappotto di suo padre, resisteva al lieve dolore con stoicismo. Lei aveva tolto la divisa e girava con abiti civili, la fondina nascosta sotto una leggera giacca a vento.
Nel silenzio, le lunghe orecchie si inclinarono. Afferrò un braccio di Nick e lo tirò piano, ma con decisione, verso il vicolo alla loro sinistra.
Prima che la volpe potesse protestare o anche solo aprire bocca, lei lo zittì poggiandoci una zampina sopra; poi si sporse per un attimo, occhieggiando indietro verso il portone del suo palazzo.

Da una macchina appena fermatasi, scese il capitano Bogo in persona. Serio e rigido come non lo aveva mai visto.

Judy si appiattì contro il muro del vicoletto, trattenendo il fiato. Nick fece per sporgersi anche lui, per vedere cosa le avesse scatenato quell'espressione così strana in viso, ma lei lo bloccò.
Sentì il cigolio del portone e capì che stava andando al suo appartamento.

Bogo era lì, da solo. E la stava cercando. Non sapeva come avesse fatto a trovarla, ma non poteva essere un caso.
Se fosse andata da lui, se gli avesse spiegato con calma tutto quello che avevano scoperto, le prove, le cose che non quadravano e se gli avesse fatto conoscere Nick e gli avesse raccontato della sua bontà, del suo carattere, era sicura che il capitano avrebbe capito e li avrebbe aiutati.
Era un colpo di fortuna che fosse lì, una svolta completa in tutto quel casino.

Fece per sporgersi, per andargli dietro, ma i suoi sensi l'avvertirono della minaccia un'istante prima di mostrarsi e si bloccò, in bilico tra la sicurezza e il pericolo.
Con uno stridore di gomme un enorme blindato si fermò di fronte al palazzo e una squadra di cinghiali armati fino ai denti ne eruttò fuori: facendo scuotere il terreno sotto i loro passi, irruppero nel portone, sparendo alla vista in un frammento di secondo.

La T.U.S.K.” sussurrò spaventata, allungando una zampina verso Nick. Trovò la sua e strinse forte.

Poi si lanciò in avanti, portandolo lontano, più lontano possibile, verso una via di salvezza.
Se mai ci fosse stata.



Note:

Buonanotte.

Voglio innanzitutto scusarmi per l'enorme tempo passato dall'ultimo aggiornamento. Da allora, sono successe molte cose, non sono stata affatto bene, in molti sensi. La vita è bella e terrificante allo stesso tempo, e ci tiene a ricordarcelo a volte.
Ma finisco quello che inizio. E tengo moltissimo a questa storia e a voi, e piano piano la finirò. Vi chiedo solo pazienza. Anzi, grazie, per averne così tanta.


Passando alle cose importanti:
allora, capitolo dalla parte della legge. Finn e Ben interrogati, ovviamente a modo loro.

Finn, non so se lo sapevate, non è il vero nome del piccolo Fennec. Finnick è un soprannome, non si sa quale sia quello vero, ma a quanto pare non è nulla di così cool. Ce lo vedo bene a chiamarsi Timothy, io, per esempio.
Il cognome Fox non compare nel canon, gliel'ho dato io per esigenze di trama, tanto il suo nome era già inventato.

I due interrogatori si svolgono in maniera diametralmente opposta: uno calmo e rilassato, l'altro rabbia e violenza. Yin e yang.

A ben pensarci, Finn e Bogo non interagiscono mai nel film, ma immagino non andrebbero molto d'accordo.
Ben e Bogo invece interagiscono eccome, ma il capitano non mi sembra mai capace di arrabbiarsi davvero con quel morbidoso ghepardo.

Ovviamente, Ben è differente qui, ma ho cercato di mantenere quella sua naturale dolcezza, naturale calma, che lo distingue: questo Bogo, più stanco e serio, ne è chiaramente spiazzato. Lui non ha certo avuto un Clawhauser alla reception da anni a mangiare ciambelle.
Mi sono divertita, a scrivere il capitolo. E a scrivere di Ben, lo adoro da morire. Renderlo così furbo e schietto mi fa impazzire di gioia.

Ultimo, ma non ultimo: entra in scena la T.U.S.K.
Riuscirà Bogo a tenerli a bada? Riusciranno Nick e Judy a scappare? E a scoprire finalmente la verità? La T.U.S.K. li prenderà?
Ma soprattutto, Ben avrà delle ciambelle?
Questo e ancora di più, nei prossimi capitoli.

Grazie di cuore, davvero e sentitamente.
Grazie

abbraccione


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Capitolo 9
*** Dead end ***


Il corridoio era deserto.
Lo sguardo spaziò sulla carta da parati beige e sui pannelli viola in basso, un po' rovinati.
Non era mai stato nell'appartamento di Hopps, anche se sapeva dove fosse; non c'era mai stato quel tipo di confidenza, anche se tra di loro correva buon sangue e rispetto. Però sapeva perfettamente dove abitasse.

Trovare l'appartamento non fu difficile, nonostante mancassero i numeri alle porte, grazie allo zerbino color lilla con la scritta “Welcome” composta da carote e lettere, con un'altra grossa carota proprio sotto.
Solo Hopps poteva avere uno zerbino del genere, ne era certo.
Ci si fermò sopra e poi alzò una zampa: bussò piano, ma deciso. Un tocco solo.

Hopps?” chiamò sottovoce.
Non ci fu alcuna risposta. Ripeté di nuovo il gesto, chiamando il nome appena più forte.
Di nuovo, solo silenzio.

Scrutò a destra e sinistra, cautamente, prima di indietreggiare di un passo: poi, con un solo colpo secco si abbatté contro la porta, sfondandola con facilità: si spalancò, appena sbilenca, e Bogo si affrettò ad entrare. Ricontrollò nel corridoio, prima di chiudersi la porta alle spalle, per assicurarsi che nessuno fosse uscito a controllare.

La stanza di Hopps era in penombra, ma sicuramente vuota. Si sporse oltre la porta alla sua destra e si accertò che anche la cucina e il bagno fossero vuoti.
Libero, si disse mentalmente.
Non che pensasse davvero di trovarla lì.

Solo che il segnale di Wilde, prima di sparire del tutto, quadrava con quella zona e occhieggiando intorno in cerca di indizi, capì subito perché: il collare di un predatore era poggiato al suolo accanto al letto, ovviamente disattivato.
Strinse un'imprecazione tra i denti, avvicinandosi a grandi passi. Cosa diamine era saltato in mente a Hopps? Levare il collare ad un predatore?
Era un fatto da corte marziale, all'istante e senza passare dal via.
Ma se Wilde l'avesse costretta? E se lei in quel momento si fosse trovata nelle sue zampe, come ostaggio o... che altro?
Non poté impedirsi di essere preoccupato, anche se non riusciva a immaginare la caparbia e agguerrita Hopps in una situazione del genere.

Il pavimento in legno tremò sotto le zampe e un decimo di secondo dopo la porta venne sbalzata via una seconda volta, stavolta scardinata del tutto: cadde con un tonfo sul pavimento, lasciando libero campo ai cinque facoceri armati di tutto punto che l'avevano sfondata, probabilmente a capocciate.
Contemporaneamente, senza pensare, Bogo tirò un calcio al collare, spedendolo sotto il letto.

Erano in cinque. Indossavano giubbotti antiproiettile sulle divise, con l'acronimo T.U.S.K., Tactic Units Special Kommando, scritto in bianco sul petto; il loro armamentario variava da piccole mitragliatrici a pistole d'ordinanza, armi da taglio e perfino da lancio, come uno di loro che indossava una banderuola di Kunai sul davanti.

Uno rimase piantonato all'entrata per trattare con eventuali scocciatori o curiosi, uno si infilò nell'altro ambiente in cerca di mammiferi, gli altri tre, palesemente al comando, si avvicinarono con fare minaccioso.
Il più vecchio, di certo il più alto in grado, era un cinghiale dal pelo grigio, con l'occhio destro completamente bianco attraversato da una cicatrice e un'attitudine marziale che traspariva da ogni passo.

Capitano Bogo, sono il capitano Sirbon. Loro sono il tenente Sus e il sergente Wart” disse con la sua voce roca, indicando il facocero e l'altro cinghiale che erano con lui, a mo' di saluto, presumibilmente.

Il grosso bufalo abbassò lo sguardo verso di lui, guardandolo in cagnesco.
Mi avete seguito?”
Ordini del sindaco. A cui non piacerà per niente sapere che lei se n'è andato in giro per i fatti suoi senza avvisarci.”
Non devo rendervi conto di nulla. Voi lavorate per me.”
Il cinghiale si erse in tutta la sua altezza, tirando su il grosso cinturone nella larga vita con fare prepotente.

Noi non prendiamo ordini da lei. Lei prende ordini da noi” sibilò minaccioso. “Tenente Sus!”

Nello stesso istante uno degli altri due, il giovane cinghiale dal pelo castano con una bandana in fronte, rispose al nome e passò un telefonino dritto nelle zampe di Bogo.
Risponda, capitano, è per lei.”
Benché riluttante, e con ancora molte cose da dire, Bogo portò il cellulare all'orecchio, intuendo già chi potesse esserci dall'altra parte.

Bogo!” strillò la vocetta di Bellwether, così furente e acuta che si sentiva a malapena.
E per fortuna, perché quello che seguì aveva tutta l'aria di essere una sequela di insulti.

Si allontanò di qualche passo perché i tre suidi non sentissero nemmeno una parola.
Sindaco...”
Una nuova caterva di improperi.

Sindaco...”
Lo stridio gli stava perforando il timpano.

Sindaco...”

Finalmente la voce si interruppe e prese un grosso respiro. Prima che potesse ricominciare, iniziò lui a parlare, velocemente, ma in poco più che un sussurro.
Il segnale è scomparso del tutto. L'appartamento di Hopps era l'ultimo posto registrato, ho preferito controllare personalmente prima di avvisare la T.U.S.K. Temo che Wilde tenga il mio agente in ostaggio.”
Non mi interessa!” fu la secca risposta dall'altra parte. Priva di empatia, priva di qualsiasi preoccupazione. C'era solo rabbia e impazienza.
Controllate che nell'appartamento non ci sia il programma per disattivare il collare!” ordinò bruscamente. “Probabilmente Wilde è schermato anche adesso ed è perciò che non riuscite a trovarlo!”

Bogo inghiottì a vuoto, ma non disse la verità, non disse che il collare di Wilde era stato disattivato e che attualmente si trovava sotto al letto; ma non sapeva perché non lo avesse detto. Sentiva che non era un dettaglio da rivelare, non in quel momento, non a Bellwether.
Avrebbe continuato a far finta di non sapere.

Faccia parlare il ghepardo grassone. Lui sa sicuramente dove trovare Wilde. E voglio da lui anche i progetti del programma. Anzi, no” Bellwether prese un grande sospiro, voluto a detta di Bogo. “Ci penserà la T.U.S.K. a farlo parlare.”
La chiamata si interruppe ancora una volta bruscamente, e Bogo si figurò perfettamente la stizza che la minuscola pecora doveva averci messo nel buttare giù.

I tre erano ancora lì piantonati, con le orecchie tese verso di lui e si affrettò a restituire il telefonino, con un gesto secco.
Fece per aprire bocca e riversare la sua frustrazione, quando venne interrotto.

Signore, abbiamo trovato qualcosa!” disse una voce, di un giovanissimo cinghiale che uscì dall'altra stanza di gran corsa.
Tracce di sangue, fresche” annunciò, porgendo una bustina contenente un batuffolo rosso e un pezzo di garza.
Uno dei due fuggiaschi è ferito” asserì trionfante Sirbon, passando il reperto all'agente di prima perché lo portasse ai laboratori. “Saranno più lenti.”

Bogo rabbrividì e pregò mentalmente che non si trattasse di Hopps. Poi si chiese come potesse essersi ferito uno dei due, a casa di Clawhauser non avevano trovato alcuna traccia. Era talmente concentrato in quei pensieri che non aveva nemmeno reagito alle accuse dell'altro contro la sua agente.
I cinghiali iniziarono a raccogliere le proprie cose e a dirigersi verso la porta, ma, notato che lui non si era mosso, Sirbon si fermò e si voltò a guardarlo. C'era un sorrisino soddisfatto sul grugno dai denti sporgenti.

Lei viene con noi. Si è dimenticato per chi lavora?” domandò con evidente disprezzo.

Bogo si erse in tutta la sua statura e si incamminò verso la porta, ormai sicuro che non avevano trovato il collare e che sarebbero andati via senza trovarlo.
Non l'ho dimenticato. Non mi interessa.”
Li oltrepassò e uscì, senza degnarli di un altro sguardo.


L'alba era estremamente luminosa, da lassù.
La funivia scivolava senza il minimo sobbalzo, con leggerezza, sul Rainforest District.
Sotto di loro scorrevano rivoli d'acqua e verdi e lussureggianti paesaggi amazzonici, bagnati da una lieve e tenera pioggerellina.
Era umido ed era fresco, ma non freddo. Era piacevole e rinfrescante.

Quindi la T.U.S.K. è una squadra speciale, formata per casi di terrorismo o sommosse o sparatorie?” domandò Nick spezzando il silenzio, dopo che lei gli ebbe spiegato più o meno tutto.
Judy annuì lentamente.

Sì, e sono pericolosi. Non fanno domande, non trattano e non negoziano. Se sei un loro bersaglio, e ti trovano, ti sparano addosso senza tanti complimenti. E non tranquillanti o taser... hanno proiettili veri. Uccidono senza alcun indugio e non si fanno problemi a far sparire chiunque li intralci. Sono al limite della legalità, se vuoi sapere come la penso, ma sono alle direttive del sindaco, perciò hanno carta bianca.”
E sono sulle mie tracce” esalò sconvolto il volpide, appoggiandosi al parapetto della funivia.
Sulle nostre tracce” gli ricordò lei dolcemente, poggiandogli una zampina su un braccio.

Nick si irrigidì un poco ed evitò di guardarla, preferendo osservare di sotto. Si strofinò il collo in imbarazzo, un gesto che da quando non aveva più il collare ripeteva sempre più spesso.
Dopo quella notte di sonno, solo sonno, assieme, si sentiva unito a Judy, più di quando erano stati legati da un paio di manette. Più di quanto avesse mai concesso a sé stesso di legarsi a qualcun altro, più di quanto consentito dal buon senso.
Se all'inizio portarla appresso era stato solo un obbligo per non essere arrestato, in quel momento, da quel momento, le avrebbe anche affidato la sua vita senza ripensamenti.
Ma non glielo disse.
Rimase a guardare l'alba con quell'aria riservata, spaventato dall'idea di confessare qualcosa di così grande.
Perché, anche senza il collare, lui rimaneva un predatore. E lei la sua preda.

E il pensiero poi, che l'avesse trascinata in quel casino, mettendo in pericolo la sua vita, lo colpì così forte allo stomaco, che davvero non se la sentiva di parlare.
Ma già pensava a lasciarla al sicuro da qualche parte. Doveva solo trovare il momento giusto per parlargliene o per abbandonarla in un posto sicuro. La seconda scelta, probabilmente, perché sebbene la conoscesse da poco meno di una giornata, sapeva benissimo che provare a spiegarle il perché o provare a convincerla sarebbe stato inutile.

Si disse fiducioso che probabilmente da Manchas avrebbero trovato tutte le risposte e che avrebbero risolto tutto in più in fretta possibile e che quindi tutte le accuse sarebbero cadute e loro sarebbero stati in salvo.
Un angolo della bocca si sollevò da solo, di fronte al suo palese, infantilissimo desiderio.

Hai detto che il tuo capitano era all'appartamento... pensi che stia lavorando con loro?” chiese d'un tratto, colpito da quel ricordo.

Judy aggrottò le sopracciglia, evidentemente presa di sorpresa. Poi i suoi occhi si abbassarono, timorosi che lui ci leggesse dentro la verità. Anche le sue orecchie si afflosciarono e il nasino rosa fremette involontariamente.
Perché ci aveva pensato, oh quanto ci aveva pensato mentre faceva finta di nulla e spiegava a Nick perché erano scappati con tutta quella premura. Ma non voleva saperlo davvero.

Non lo so. Il capitano Bogo... è un bravo poliziotto. Il migliore. Non ce lo vedo a lavorare con la T.U.S.K., ma... non andrebbe mai contro un ordine dall'alto. Se qualcuno ha richiesto la squadra speciale e l'ha affidata a lui, allora seguirà l'ordine e collaborerà, che gli piaccia o meno.”
Di nuovo il silenzio piombò tra loro, carico di domande e paure, ed entrambi ringraziarono il panorama per essere una scusa e un pretesto per non parlare.

Stavano salendo, verso la parte più alta del Rainforest District, dove poche isolate case sorgevano su solitarie vette unite da lunghe e sospese passerelle al resto del territorio. La casa di Manchas era proprio una di quelle, ultimo ricordo della sua ottima carriera da dottore prima dei collari.
La funivia rallentò in prossimità di una piattaforma in legno e Nick si affrettò ad aprire la porta del cubicolo e a scendere, tenendo aperto perché anche lei potesse calarsi senza fatica. Quando richiuse, la funicolare continuò ad andare avanti, riprendendo velocità, sparendo velocemente alla vista.
Si incamminarono verso il sentiero che da lì saliva ancora più in alto, una stradina solitaria, ricoperta quasi completamente dall'edera e praticamente abbandonata a sé stessa; non incontrarono nessuno, dovettero solo fare attenzione alle pozze di bagnato sulle parti sdrucciolevoli.

Quando arrivarono al ponte sospeso che portava da Manchas, gli irrigatori del distretto si misero in funzione e un vero e proprio acquazzone li investì, infradiciandoli in pochi istanti.
Percorsero perciò il traballante ponte in legno con urgenza eppure più attenzione possibile, arrivando alla cima del pinnacolo dall'altra parte relativamente in fretta, ma grondanti di pioggia.

La casa di Manchas doveva essere stata una bella villa, in passato. Costruita seguendo la struttura di un immenso albero sicuramente preesistente, era un'ottima fusione con il paesaggio attorno e di certo all'inizio il dottore si era preoccupato di mantenerla in ordine e rigogliosa. Ma quello che si presentava davanti a loro in quel momento era un'abitazione abbandonata a sé stessa, ricoperta di erbacce ed edera che penzolavano come liane, rendendola spettrale. Il resto visibile era completamente rivestito di muschio.
C'era solo una fioca luce sotto il portico all'ingresso, ad illuminarla.

Si avvicinarono circospetti e una volta arrivati si guardarono per un attimo in viso, poi Judy cercò il campanello: era sepolto sotto una cortina di edera e lo trovò solo dopo qualche istante. Risuonò con un trillo secco, poi silenzio.
Si sentiva solo il rumore della pioggia sul pontile.
Premette ancora una volta il pulsante.

Signor Manchas?” chiamò titubante.
Di nuovo non ci fu risposta.

Renato? Sono Nick Wilde, vorrei chiederti una cosa” provò allora Nick, domandandosi se forse non rispondesse perché ignaro di chi fossero.

Ma Manchas non rispose nemmeno quella volta e loro due iniziavano a sentirsi esposti, lì fuori, benché soli. Si sentivano troppo vulnerabili.
Pensi che non ci sia?” domandò Judy sottovoce, senza sapere nemmeno perché.
Forse. Magari è uscito presto, magari non è nemmeno tornato a casa.”
Non avevano pensato a quell'eventualità. E non sapevano cosa altro fare.
Ormai Ben e Finn dovevano essere stati arrestati e perciò non avrebbero potuto aiutarli in nessun modo e se volevano trovare risposte, Manchas era l'unica strada da percorrere.

Entriamo” disse risoluta Judy, prendendolo di sorpresa. Con una decisa energia si sporse in avanti e iniziò a trafficare con la porta, con le sue zampine piccole e veloci.
Nick spalancò la bocca così tanto che sentì uno scricchiolio.

È violazione di domicilio!” le ricordò, a voce bassa, proprio a lei, la poliziotta.
Judy sorrise mentre faceva girare il tondo pomello della porta, aprendola appena.

Lo segnerò nel rapporto alla fine delle indagini.”
Vedendo il suo sguardo torvo si affrettò ad aggiungere, più seria:

Non rubiamo niente. Diamo solo un'occhiata.”

Entrarono svelti e si chiusero la porta alle spalle. L'atrio era immerso nella penombra, ma sembrava molto spazioso.
Per qualche istante rimasero a gocciolare nel silenzio, formando una pozza ai loro piedi, sul parquet.
Oltre all'odore di pioggia e terra bagnata che si portavano addosso, e quello di muffa della casa, ne sentirono uno nuovo, che impregnava tutta la stanza: ferro.
Una esalazione ferrosa e sgradevole, che avevano già sentito prima. E un altro odore ancora, più sottile, ma persistente, acidulo e dolciastro.

Judy sentì Nick trattenere il fiato e si voltò verso la direzione del suono, ma lei non aveva la sua vista notturna.
Cosa? Cosa c'è?”
Lui trasse un profondo respiro prima di risponderle.

C'è qualcuno lì a terra.”
Lo aveva detto in un sussurro esile.

Cercò a tentoni l'interruttore, benché sapesse fosse stupido e pericoloso, e dopo qualche istante di buio e paura le lampadine del lampadario sfarfallarono e poi si accesero, illuminando la stanza.
Proprio al centro, vicino ad un grosso tavolo in noce, giaceva a terra un grande giaguaro nero, riverso a pancia in giù, immobile.
Una enorme macchia rossa imbrattava il tappeto sotto di lui e la candida camicia bianca che indossava.

È... morto?” sibilò piano Nick, pietrificato lì dove si trovava.

Judy si era incamminata verso il corpo, invece, e si era inchinata vicino alla sua testa, assorta nei suoi pensieri.
Non era la prima volta che vedeva un cadavere, in accademia i corsi comprendevano anche dimostrazioni di dissezioni e autopsie, perciò lo esaminò con occhio clinico, cercando di ricordare cosa avesse imparato. Studiò le pupille, la rigidità degli arti, il colorito sotto la folta pelliccia nera. Lo sollevò appena per studiare la parte anteriore, dal punto in cui era fuoriuscito tutto quel sangue.
Poi annuì leggermente in direzione di Nick, ma quello stava rimettendo la colazione nella fioriera vicino alla porta con tutta l'anima annessa. Fece una lieve espressione disgustata, poi parlò a voce sostenuta, ma alta abbastanza perché lui la sentisse al di sopra del rumore che stava facendo.

È morto. Da più di ventiquattro ore, credo. Gli hanno sparato in pieno petto, tre colpi.”

Nick si rialzò, sputò l'ultima volta cercando di raschiare via il saporaccio, poi la guardò ed era dannatamente serio.
Quindi... potrebbe essere morto alla stessa ora di Tarandus?” chiese piano, senza osare poggiare lo sguardo sul corpo.
Conosceva Renato. Non erano mai stati grandi amici, ma lo conosceva. Ci aveva parlato, avevano scherzato, conosceva il suono della sua voce, il modo in cui sorrideva, quanto profondo poteva diventare il suo sguardo. E invece in quel momento era... morto. Senza vita, più nulla, solo un guscio vuoto. Ucciso in maniera cruenta.
Per cosa? Perché?
Lo stomaco minacciava di rovesciarsi di nuovo ad ogni momento, se lo avesse guardato.
Quello che sembrava più strano, irreale, era il collare ancora al suo collo, ma completamente spento. Forse era quello, più di tutto, a rendergli surreale la scena.

Judy si era rialzata e si passava le zampine sui pantaloni neri, assorta.
Sì, forse, è... molto probabile” ammise sovrappensiero.
Non era un caso, non poteva esserlo.
Manchas aveva scoperto qualcosa ed era stato fatto fuori per quello.
Probabilmente a causa del suo scambio di mail con Tarandus.

Il computer. Cerchiamo il suo computer!” esclamò d'un tratto, lanciandosi già verso le altre camere.

Non avevano nemmeno controllato che l'area fosse sicura e che non ci fossero altri mammiferi nella casa, ma se nessuno aveva dato l'allarme fino a quel momento, pensavano, significava che Manchas viveva da solo.
Nick rimase solo qualche istante nell'atrio, con il silenzio e con il corpo, poi si mosse anche lui, stando ben attento a tenersi bene alla larga da esso.

Judy?” chiamò piano, percorrendo il corridoio del pianterreno, in legno scuro come tutte le pareti della casa.
Sono qui” disse la vocina da una stanza alla sua destra e sporgendosi vide la coniglietta indaffarata a frugare in quello che sembrava un ripostiglio.
Dobbiamo cercare il suo studio!”

Si divisero, Judy rimase al pianterreno, mentre Nick salì l'intarsiata scala a chiocciola e si inoltrò nelle stanze al piano di sopra.
C'erano tre camere da letto, due bagni, un salottino e un piccolo studio, ma nessuna traccia di computer. Era tutto molto impolverato, molti mobili erano coperti da teli e lenzuola.
Notò anche lì l'ordine che aveva trovato sotto. Non c'erano segni di effrazione o di colluttazione o di furto.

Passò da una stanza all'altra cercando, ma con lo sguardo, senza osare toccare niente. Solo nello studio si accorse finalmente di qualcosa di strano: sul legno impolverato della scrivania c'era un segno rettangolare, lucido e netto.
Judy?” chiamò di nuovo, sporgendosi oltre la balaustra della scala.
Lei apparve dopo qualche attimo , con le orecchie verso l'alto, incuriosita dal suo tono; lui le fece solo segno di salire.
Una volta nello studio, le mostrò il rettangolo lucido nell'angolo della scrivania.

Hanno portato via il computer” indovinò facilmente lei, con un sospiro.
Anche se avessero cercato ancora, non avrebbero trovato niente. Ed erano perciò ad un punto morto.
Stavano lì, entrambi confusi, entrambi smarriti. Non sapevano davvero cos'altro fare, dove altro cercare, nemmeno cosa dire.

Judy si sentì così inutile. Se lei era lì con lui, oltre al credergli, era per aiutarlo, per trovare la soluzione, per scagionarlo. Si era illusa di riuscirci, si era illusa di potercela fare, solo lei, perché lei era Judy, e riusciva sempre in quello che si prefissava.
Ma non era infallibile. E non era così speciale.
E a pagare per la sua arroganza sarebbe stato Nick, alla fine.

Non voleva arrendersi. Non poteva arrendersi.
Se- e se avesse stampato qualcosa? Magari c'è qualcosa qui, nel suo studio” strillò concitata, dandosi veloci occhiate attorno.
Ci sperò davvero e si mise a cercare nelle scaffalature dietro la scrivania, una parte delle quali coperte da lenzuola impolverate. Controllò i titoli di alcuni libri e spostò con stizza, mentre cercava di vedere quelli dietro.

Nick non si era mosso, però.
Era lì impalato dove lo aveva lasciato, con le orecchie basse schiacciate contro la testa, gli occhioni verdi fissi nel vuoto.
Era tutto inutile. Era tutto finito. Non avrebbe mai trovato le prove che gli servivano, avrebbe dovuto passare la vita a scappare senza sosta o a marcire in galera per qualcosa che non aveva commesso.
Tutta la speranza era scivolata via dal suo corpo, come la vita aveva abbandonato Manchas.
Avevano vinto. Chiunque ci fosse dietro tutto quello, aveva vinto.
Ma Judy sembrava non volerlo capire.

Basta” sussurrò sconfitto, in un poco più di un sussurro.
No! Possiamo- possiamo ancora farcela, noi-”

La coniglietta aveva già svuotato più della metà della libreria e continuava a frugare, a gettare alla rinfusa, a sfogliare freneticamente i libri e le cartelle che trovava. Ne prese una e, dopo aver girato in fretta alcune pagine, si bloccò e la guardò attentamente, come calamitata.
Lesse velocemente, ma senza perdersi una parola.

Questa è... una ricerca di Manchas” disse, mentre ancora leggeva, assorta.
Era interessantissima, era ciò che serviva in una città come Zootopia in quel momento.

Sui predatori e sui collari e... parla anche di te.”
Nick sollevò le orecchie e si voltò a guardarla, sorpreso.

Parla del Wild Times, dell'effetto sui predatori che lo frequentavano, ha fatto molti test e molti studi, a quanto pare.”
Nick si meravigliò. Renato andava spesso al Wild Times e non lo aveva mai visto fare test di nessun genere. Parlava con tutti, quello sì, ed era molto interessato alle attrazioni, ma non avrebbe mai pensato che lo facesse per ricerche comportamentali.

I soggetti non presentano maggiore aggressività, ma anzi, alla fine del trattamento, dopo aver sfogato l'energia repressa con giochi innocui e atti a far provare un senso di libertà ed euforia, si riscontra un livello di serotonina più elevato, che induce in essi un senso di pace e tranquillità” lesse a voce alta Judy, trepidante.
Era entusiasta. Una ricerca di quel genere era manna dal cielo e poteva portare l'opinione pubblica a riflettere e dibattere sui collari. Se solo fosse stata pubblicata.
Ma senza Manchas...

La porto via” disse risoluta. “Questa ricerca deve essere resa pubblica.”
La chiuse con garbo e si accorse di qualcosa di sottile, ma duro, alla fine della cartella. Tolse con attenzione i fogli e scoprì un piccolo CD, senza scritte sopra.
Lo portò davanti alla faccia, studiandolo da ogni angolo.

Pensi che... che possa esserci qualcosa di importante?” domandò cauta, mentre Nick si avvicinava a passetti, più baldanzoso di prima.
Judy gli stava ridando fiducia, non mollava mai. E il modo in cui ormai prendeva a cuore la causa dei predatori gli scaldava il cuore.

Se lo ha nascosto in questa cartella, forse sì. Ma potrebbero essere solo i dati della sua ricerca.”
Io credo che ci sia di più. Dobbiamo guardarlo.”

Si diedero un'occhiata attorno. Non c'era più nulla da fare lì. E sarebbe stato pericoloso rimanere ancora.
E Renato?” domandò piano Nick, che non aveva dimenticato il corpo di sotto. Non lo avrebbe mai dimenticato, anche provandoci per cent'anni.
Le orecchie di Judy si abbassarono e il suo sguardo si addolcì per un attimo.

Quando saremo lontani avviseremo anonimamente. Non lo lasceremo ancora da solo.”

Si presero per la zampa e si incamminarono verso la scala.
Dovevano andare via, dovevano scappare ancora. E ancora e ancora.




Note:

Salve a tutti.
Innanzitutto ci tengo a ringraziarvi, siete stati molto gentili. Grazie.

Poi passo alle note, perché ce ne sono moltissime.

Prima di tutto parliamo della trama: come molti di voi si sono accorti, ormai non sto seguendo praticamente più la bozza originale, questo perché ormai non c'è molto da seguire; dopo la visita a BunnyBurrow (che io ho cambiato con l'appartamento di Judy) i nostri due capivano che molti dei misteri successi nella città erano connessi, capivano chi c'era dietro e andavano a risolvere il caso.

Tutto ciò non è spiegato nel dettaglio, dato che la bozza iniziale era molto approssimativa e fu subito scartata, perciò non si sa quali fossero questi misteri e quali i collegamenti.
Io però, ho creato alcune sotto-trame e messo personaggi che non c'erano e ovviamente devo sviluppare le une e muovere gli altri verso una fine convincente e definitiva.
Quindi ormai è tutto inventato da me, e spero però che vi piaccia.
Fin dall'inizio vi ho detto che avrei preso un paio di idee e costruito la mia versione attorno.

La T.U.S.K. era un altro dei concept non sviluppati, di cui non si sa nulla se non che sarebbero stati loro a seguire Nick nella fuga e la foto di tre dei componenti. Quindi, per cosa stesse l'acronimo non si sa, mi ci sono scervellata sopra, io l'ho reso: Tactic Units Special Kommando. Davvero non so cosa avessero in mente loro.
Il nome è un gioco di parole: si legge come task (da task force, unità militari o di polizia formate per fronteggiare particolari situazioni d'emergenza), ma tusk vuol dire zanna in inglese. E loro sono tutti facoceri.

Anche qui, una precisazione: in inglese viene detto che sono Hogs, che sarebbe praticamente traducibile come suidi, la famiglia a cui appartengono i maiali e simili. Quindi sia facoceri (Warthogs), che cinghiali (Wildhogs).
Io li ho resi un po' e un po', dalla foto mi pareva che non fossero tutti cinghiali né tutti facoceri, quindi ho messo squadra mista, poi a volte li definisco uno o l'altro come fossero sinonimi, ma so che le due specie hanno differenze.

I loro nomi li ho inventati io, non esistevano nel concept.

Arriviamo a Manchas. La sua casa è la stessa del film.
Mi è dispiaciuto moltissimo ucciderlo. Per quel poco che si vede nel film mi ha straziato il cuore, un gigantesco giaguaro con gli occhioni terrorizzati, spaventato da tutto, che vive nel terrore. L'avrei voluto abbracciare.
Ma se qui è morto, c'è il suo perché. Perdonami, Manchas!

Infine, Judy e Nick. Parleranno, succederà, hanno ancora molto da vivere assieme.
Que serà serà!

Dovevo dire altro? Sono logorroica, perdonatemi, ma amo mettervi a parte di come sviluppo la storia o i personaggi, se vi annoia mi scuso, saltate le note senza problemi.

Vi ringrazio ancora di cuore e vi mando un grande abbraccio


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Capitolo 10
*** Face to face ***


Bogo non pensava che avrebbe rimesso piede in centrale così presto. Eppure un altro giorno era sorto, anche se non erano passate che poche ore da quando era uscito.
Aveva distanziato la T.U.S.K., ma sapeva che gli erano alle calcagna, così come lo era Bellwether: aveva rifiutato due sue chiamate solo negli ultimi cinque minuti.

Attraversò in fretta l'atrio e quasi si scontrò contro Yax, apparso all'improvviso nella sua traiettoria, come sempre senza fare attenzione a dove andasse o ad eventuali ostacoli.
Il goffo Yak sbatté contro il petto massiccio del capitano e confuso e disorientato, dopo aver rimbalzato indietro di qualche passo, alzò lo sguardo, incontrando il suo stizzito.
Sorrise, scostandosi il ciuffo scomposto dalla faccia.

Sto cercando il mio cellulare, lo ha mica visto, capitano?” chiese con la sua parlata strascicata, punzecchiando i nervi di Bogo.

Il grosso bufalo prese un grosso respiro e contò mentalmente fino a dieci, prima di rispondere.
No.”
E non mi interessa, avrebbe voluto aggiungere se avesse avuto il tempo. Invece lo lasciò lì e continuò per la sua strada, diretto verso le celle.
C'erano pochi detenuti al momento, molti avevano pagato la cauzione ed erano usciti in attesa del giudizio in tribunale; oltre al ghepardo e al fennec, trattenuti ovviamente senza cauzione data la situazione, c'erano un grosso leone depresso e un lupo dall'aspetto trafelato, con un vistoso taglio sul muso che si era gonfiato.

Superò le altre celle, senza gettare nemmeno un'occhiata dentro, e si diresse verso le ultime, in fondo: il ghepardo sedeva ad occhi chiusi, sul pavimento lercio a zampe incrociate, in meditazione; mormorava una lieve nenia, una sorta di canzoncina.
Quando sentì il rumore dei suoi zoccoli fermarsi davanti alla cella smise all'istante e aprì gli occhi, piantandoli nei suoi; un sorriso sornione si dipinse sulle sue labbra.

La aspettavo, capitano” disse con quella sua calma zen.
Allora sai già perché sono qui” sussurrò Bogo, attento a non farsi sentire da nessun altro.

Ben si alzò piano da terra e si spolverò con le manone grassocce i pantaloni, poi con calma andò a sedersi sulla panca in legno che stava proprio di fronte allo spesso vetro antiproiettili della cella. Il legno scricchiolò un po' sotto il suo peso.
Non le darò il programma” mormorò a sua volta, deciso.
Bogo sbuffò dal naso, per nulla sorpreso.

Dimmi almeno dov'è Wilde.”
Questo dovrebbe saperlo più lei di me, capitano.”

A quel punto, la pazienza di Bogo iniziò a vacillare e sbatté forte le zampe contro il vetro, per resistere all'impulso di prenderlo invece a craniate.
La T.U.S.K. sta per venire qui ad interrogarti. Se non parlerai con me, loro troveranno metodi poco carini per farti parlare e io non potrò farci niente. Perciò te lo chiedo ancora una volta: dov'è Wilde?”
Al sentire quell'acronimo, Ben spalancò per un attimo i grossi occhioni, un lampo di comprensione nel profondo. Anche lui sapeva bene chi fossero e quali fossero i loro metodi; anzi, a dirla tutta, sapeva più di quanto non sapessero gli altri, aveva trovato molti loro file segretati e video di loro “prodezze” non proprio pulite.
Ben sapeva cosa succedeva ai mammiferi interrogati dalla T.U.S.K. E non era niente di buono.

Non capisco. Io so che lei può trovare Nick quando vuole, capitano. E allora perché insiste nel chiedermelo, se sa che io invece non lo so?”

Nel silenzio che seguì quella domanda si osservarono, con pensieri differenti, ma nemmeno troppo. Bogo valutava, tra il mal di testa e la stanchezza, quanto davvero quel ghepardo sapesse.
E quanto lui potesse dirgli.

Wilde non ha più il collare. Hopps glielo ha tolto” sibilò in un sussurro impercettibile.
A Ben cadde la mandibola per la sorpresa, poi le labbra si incurvarono velocemente in un grande sorriso soddisfatto e in qualche modo dolce.

È davvero una coniglietta in gamba” disse, come se fosse una risposta.
Bogo capì che l'altro stava implicitamente dicendogli che Hopps non era stata costretta, che si stava muovendo di sua spontanea volontà, ma poteva crederci davvero?

Devo capire dove sono prima che li trovi la T.U.S.K. o di loro non rimarrà abbastanza per capire quale sia la verità.”

Non ottenne niente più che un'occhiata di pietà da parte del ghepardo, in perfetto silenzio. Il telefono nella sua tasca vibrò e seppe senza nemmeno guardare chi fosse. Bellwether doveva decisamente imparare un po' di autocontrollo.
Dammi qualcosa, qualsiasi cosa” sussurrò come una supplica, praticamente sottovoce.
Ben si alzò piano dalla panchina e camminò a piccoli passetti verso il vetro; li separava un confine così sottile, eppure così impenetrabile.

Renato Manchas, Tujunga Vine 7, Rainforest District” confidò piano, parlando direttamente nei fori del vetro.

Bogo si sorprese, ma si astenne dal chiedere di più. Ed in effetti non sapeva chi fosse il mammifero a cui si riferiva, o cosa c'entrasse con tutta quella storia, ma credeva alla luce onesta nel fondo degli occhioni dell'hacker.
Non ringraziò, sarebbe stato strano, ma con un cenno della testa si voltò e fece per andarsene.

Addio, capitano” sentì dire a Clawhauser, mentre era ancora a portata di orecchio. Si bloccò di colpo, all'altezza della cella di Finnick e si girò, ma Ben si era già spostato, di nuovo a terra a meditare.

Bogo uscì dal corridoio con una strana sensazione addosso, di disagio. Si convinse che fosse solo stanchezza e quando raggiunse l'ingresso se n'era già dimenticato: nell'androne della sua centrale, il capitano Sirbon e il tenente Sus spadroneggiavano arrogantemente, squadrando chiunque con uno sguardo di superiorità.
Sentì montargli una grande rabbia in corpo e ogni altra cosa venne cancellata immediatamente. Li raggiunse in poche falcate e si piantonò di fronte a loro.

Fuori dalla mia centrale!” sibilò indignato, sottovoce.
Sirbon si tirò su il cinturone, e lo fronteggiò senza nessuna paura.

Non provi mai più a disobbedire o a seminarci, capitano Bogo. Le conseguenze potrebbero essere molto spiacevoli” lo minacciò di rimando, senza curarsi di abbassare la voce.
Le orecchie della gazzella poliziotto all'accoglienza fremevano nella loro direzione, mentre controllava inesistenti fogli con eccessiva attenzione.

Il tenente Sus si frappose tra loro, porgendo come prima un telefonino verso Bogo: quello glielo strappò quasi dalla zampa e lo portò all'orecchio, stringendo i denti nell'attesa che la vocina stridula di Bellwether gli perforasse i timpani.
Hector” disse invece una voce gentile, calda.
Giselle?” rispose sorpreso, alzando il tono più di quanto avesse voluto. I due cinghiali sghignazzarono sguaiatamente della sua espressione; diede loro le spalle e si allontanò di qualche passo.

Giselle, cosa...”
Non rispondeva alle chiamate del sindaco, e sono stata incaricata di chiamarla. Non può nemmeno immaginare quanto Bellwether sia infuriata al momento, e sa chi ne fa le spese? Io.”
Al di là del tono accusatorio c'era un velato divertimento nella sua voce che non poté che farlo sorridere.

Stavo interrogando Clawhauser, non potevo rispondere” mentì, sentendosi solo un poco colpevole. Poi si pentì di averlo detto, temendo che il sindaco potesse stare origliando la loro conversazione.
Bene” disse la maialina, compiaciuta. “Ha novità che io possa riferire al sindaco?”
No, per ora no. Ma siamo su una pista. Le dica solo di avere pazienza.”
Sentì Giselle ridere cinicamente e anche lui si trattenne a fatica. Pazienza e Bellwether non erano due parole che andavano d'accordo nella stessa frase.

Mi ha chiesto di ricordarle che il servizio d'ordine per la festa della celebrazione deve essere all'hotel questo pomeriggio, alle quattro in punto” aggiunse lei con sussiego. “Per favore, non faccia tardi. O il sindaco ha minacciato di farle cose che non posso ripeterle al telefono. E che non vorrei le facesse davvero.”
D'accordo, ricevuto. La rassicuri da parte mia, per favore” replicò Bogo. Avrebbe voluto dire altro, parlare un po' con lei, ma quello non era né il luogo né il momento adatto.
Ci sentiamo presto, Giselle.”
A presto, Hector.”

Quando si voltò per restituire il telefonino, trovò due ghigni derisori sui grugni dei cinghiali che spazzarono quella fugace sensazione di calma che lo aveva pervaso.
Schiaffò il congegno sulla zampa di Sus e con una espressione impassibile comunicò loro che avevano una pista da seguire.

Ma, se volete collaborare, dovete seguire i miei comandi” aggiunse con voce pacata.
Nessuno scherzo, nessun inseguimento, nessuna insubordinazione. Si lavora assieme o niente” finì duramente.
I due cinghiali non si guardarono, ma avevano la stessa identica aria di sfida.
Ci fu un intenso momento di spesso silenzio, con scambi di sguardi di tensione.

Eeeeeeehm, uno di voi tre ha mica visto un telefonino?” spezzò l'atmosfera Yax, apparso lì vicino a loro, guardandoli a turno interrogativamente.



La porta si spalancò sulla penombra, ma si poteva intuire perfettamente che l'ambiente fosse angusto. Oltre che umido e dall'odore persistente di muffa.
Nick fece strada e chiuse l'uscio, e solo dopo aver premuto l'interruttore lasciò andare la zampa di Judy: entrambi guardavano dritti di fronte a sé, nella poca luce al neon, il piccolo tugurio nel quale erano entrati: un'unica stanza che fungeva da camera da letto, cucina e salotto, senza alcuna finestra. Un'unica porta che speravano entrambi fosse il bagno e che non ci fosse invece semplicemente un water nel centro della stanza, lì, magari nascosto al momento alla vista dal divano/letto sfatto.

Nick fece qualche passo in silenzio e spostò un paio di cartoni di “Pizza Ant” che ingombravano il cammino. Judy era rimasta pietrificata lì dov'era, nel timore di poter accidentalmente far cadere una pila di lattine di birra se si fosse mossa anche solo di un millimetro.
La volpe si girò a guardarla e lei fece un sorriso tirato, scoprendo i dentoni di davanti.

È... una, una... casa, ehm, accogliente” tentennò incerta, annuendo comunque con convinzione.
Nick sbuffò dal naso con ilarità, agitando la zampa.

Non è casa mia! È il covo di Finn” disse con tono ovvio, davanti alla sua espressione piena di premura.

La boccuccia di Judy divenne una O perfetta di comprensione e ringraziò la pelliccia che nascondeva il lieve rossore delle sue guance.
Quindi Finn vive qui? Originale.”
Non so se viva davvero qui. A quanto ho capito ha almeno due o tre di questi rifugi sparsi per Zootopia, ma non so se per lui siano casa. Per quanto ne so potrebbe vivere in una bella villa con giardino, con moglie e figli e usare questi monolocali per sfuggire quando si sente oppresso” spiegò Nick pulendo il letto dalle briciole e tirando le coperte in modo da offrire una copertura sommaria.
Ma... siete amici, giusto?” domandò Judy perplessa, tenendo ben stretta la cartellina contro il petto, azzardando di muoversi verso di lui.
Nick si voltò con un sorriso sghembo e fece spallucce.

Non parliamo di cose troppo personali o almeno Finn non lo fa. È una sua regola e io lo rispetto abbastanza per non insistere.”

Non era facile capire il tipo di rapporto che legava la volpe e il fennec: quando si erano conosciuti, cosa li aveva legati, perché erano diventati amici?
Judy voleva sapere tutte quelle cose e altre ancora, curiosa di quel mondo che non conosceva e di quei mammiferi così diversi da come li aveva immaginati, così profondi, così... reali. Fino a quel momento non aveva mai tenuto in considerazione i sentimenti o le emozioni dei predatori, per ignoranza o paura o pregiudizio.
Sorrise piano piano, mentre pensava.

Mi piacerebbe conoscere meglio questo Finn” mormorò sinceramente.
Sì, beh, non è il tipo socievole, carotina, ma se lo tampini come hai fatto con me penso che cederà per forza.”

Decisero che non avrebbero toccato molto e che sarebbero rimasti giusto il tempo di riordinare le idee e indagare nel CD trovato a casa di Manchas.
Judy si sedette sul bordo del divano-letto, rigida come uno stoccafisso.

Ci serve un computer.”
Nick, pratico quanto lei della casa, controllò freneticamente attorno per trovare un computer, certo che Finn, per quanto disorganizzato, dovesse averne almeno uno. Era impensabile il contrario o almeno speravano non fosse così.

Dopo qualche minuto di ricerca infruttuosa e il crollo di una pila di giornalini di Playfur, Judy poggiò la cartellina sul letto e si alzò per dargli una mano.
Rimpiango i guanti in lattice della polizia” mormorò dopo aver frugato sotto al letto, scoprendo suo malgrado un paio di mutande che lanciò con disgusto dall'altra parte della stanza. Finirono dritte sul piccolo frigo bianco sporco e lì rimasero, flosce e sfatte.
Ok, ok, penso di averlo trovato!” esultò finalmente Nick, con la testa infilata nel mobile sotto il lavandino del bagno.

Judy stava per chiedere che ci facesse un computer in bagno, anche se non voleva saperlo poi davvero, ma si zittì davanti al residuato bellico che Nick le mostrò con perplessità: era un nero pc portatile di prima generazione, grande come un trolley e altrettanto pesante, la cui sola batteria doveva pesare all'incirca quanto lei dalla punta delle orecchie alle zampe.
Funziona, quella cosa?” riuscì a dire quando riacquistò la voce.
Nick sorrise mestamente, sembrava sul crollo di una crisi di nervi.

Non sono sicuro, forse va a carbone.”

Lo appoggiarono sul letto e dopo aver connesso l'enorme caricabatteria alla presa provarono ad accenderlo.
Emise un forte stridio meccanico che costrinse Judy a tirare giù le orecchie e a schiacciarsele contro la testa, si accesero un paio di spie colorate e infine, dopo un paio di minuti, lo schermo si illuminò: un cerchio in carica annunciò che ci sarebbe voluto qualche momento per la comparsa della schermata principale.

Questo coso sta scherzando, spero!” sbottò alla fine Nick, dopo aver passato cinque minuti che si caricasse.
Il gesto inconsulto gli strappò un esile lamento e si piegò un poco su sé stesso, poggiando la zampa sull'addome.

La tua ferita!”
Nella fretta di scappare si era dimenticata della ferita di Nick e si chiese solo in quell'istante se non si fosse aperta: avevano percorso un immenso tratto a piedi, nascosti nelle ombre, certo, ma più veloci che poterono. Nick si era sforzato davvero tanto e fino a quel momento non si era lamentato nemmeno una volta.

Mentre il rudere si decide a partire do un'occhiata alla fasciatura. E sarebbe il caso che tu prendessi un altro antidolorifico” esclamò la coniglietta risoluta, frugando nelle taschine della giacca a vento. Aveva un paio di bustine di garze sterili e un blister di antidolorifici.
Nick stette immobile, sembrava non respirasse nemmeno, mentre lei controllava lo stato della ferita e gli rifaceva la fasciatura: rasserenata dal fatto che non fosse peggiorata, gli diede infine una pastiglia, porgendogli un bicchiere con un poco d'acqua.
Lui mandò giù in un solo sorso. Sembrava stare bene, solo un po' stanco.

Non era nemmeno mezzogiorno e avevano già percorso non meno di trenta chilometri, la colazione era ormai un ricordo lontano e lo stress accumulato si faceva sentire tutto.
Senti, riposa un po' mentre io controllo il CD. Se scopro qualcosa di interessante ti sveglio immediatamente” propose Judy premurosamente.
Nick fu quasi sul punto di ringraziare, ma rifiutare la generosa offerta. Non voleva farle fare tutto il lavoro da sola. Ma poi l'istinto di conservazione prevalse: era stanco, la ferita pizzicava innervosendolo sempre più e chissà se avrebbe avuto modo in futuro di riposare.
Le rimandò un sorriso grato e annuì piano. Con un poco di fatica si issò sul letto e si sdraiò, lasciando andare un leggero sospiro.

Judy si accomodò vicino a lui, seduta col computer tra le zampe che illuminava il suo viso con la sua luce statica. Attese che si accendesse completamente.
Nick era rannicchiato al suo fianco, ad occhi chiusi, ma il leggero fremito delle sue orecchie le disse che non stava ancora dormendo.
Il computer si avviò con un aumento del rumore della ventola, che nel silenzio sembrò una turbina d'aereo.
Eppure, Nick non aprì gli occhi, né si mosse. Judy riuscì ad aprire lo scomparto apposito e infilò il CD. Ma ovviamente il computer/rudere non lo caricò immediatamente, perciò rimase lì immobile ad aspettare e prima che se ne rendesse conto, stava osservando Nick.
Le sue orecchie continuavano a tremolare, di tanto in tanto, e si chiese se non fosse una cosa involontaria, se magari gli capitasse anche nel sonno.

E di colpo, l'immagine del risveglio, nemmeno poche ore prima, le balzò davanti agli occhi.
Tutto quel rosso, quella fulva pelliccia davanti e intorno, calda, avvolgente. Poteva ancora ricordare il suo odore o la sua morbidezza.
Ma erano stati i suoi occhi, quando si era svegliato all'improvviso scoprendola mentre lo fissava, verdi, intensi e confusi, a farle saltare un battito.
Ovviamente si era ripetuta incessantemente che era stata solo la sorpresa. Sia per come si erano avvinghiati, sia per l'imbarazzo di scoprirlo nello stesso istante.
Ma era stata sincera, almeno con sé stessa?

Nick era gentile, era divertente, era premuroso. E leale, coraggioso, insicuro, dolce, folle.
Tutto nascosto sotto la sua folta pelliccia e una finta maschera di strafottenza, mentre sfidava il mondo una notte alla volta nel suo parco dei divertimenti.
Nick era straordinario.
Un altro, al suo posto, invischiato in un complotto così grande e pericoloso, probabilmente non avrebbe dimostrato la sua ostinazione, la sua risoluzione.
Più lo conosceva e più voleva conoscerlo, sapere di più, poter fare ancora di più per aiutarlo.

Le orecchie di lui titillarono ancora e quasi allungò una zampina, per toccarle.
Gli occhi verdi si spalancarono e incontrarono i suoi, di nuovo. E il silenzio si tese.

Nick non era riuscito ancora ad addormentarsi. Pensava e pensava.
E sentiva, aveva sentito per tutto il tempo, lo sguardo di Judy su di sé.

Era una posto. Per essere una preda era anche troppo a posto. La costanza e l'ardore con cui lo stava aiutando, anche se non aveva nessun obbligo, anche se avrebbe potuto andar via in qualsiasi istante, erano ammirabili. Nessuno avrebbe messo in gioco la sua carriera e la sua vita per un estraneo; nessuna preda avrebbe perso nemmeno mezzo minuto a difendere un predatore.
Ma Judy sì. Con quella sua onestà, senza rinunciare mai, trovando perfino l'energia per sostenerlo e motivarlo.
La conosceva solo da un giorno, ma già sentiva che non poteva fare a meno della sua presenza. Della sua forza, della sua caparbietà, della sua grinta.

E nel fondo dello stomaco, sentiva che forse stava diventando anche troppo importante.
Trovarsela appiccicata addosso appena sveglio, specchiarsi in quei grandi occhi viola, gli aveva quasi causato un infarto. Quel nasino rosa che fremeva contro il suo.
Era stato bello, bello e dolce, e sbagliato. E non poteva non pensare che forse era stata colpa sua.

Mi dispiace, per stanotte” riuscì a dire alla fine, riempiendo il silenzio.
Judy spalancò un po' gli occhi, aveva capito perfettamente a cosa si riferisse.

No, mi scuso io... anzi, probabilmente non è colpa di nessuno.”
L'uno aveva cercato l'altro, forse, ma l'altro lo aveva lasciato fare.
O forse si erano cercati entrambi, nel sonno, stringendosi forte l'uno all'altra.
Certo, ammetterlo voleva dire grossi guai.

Ma era il tuo letto, avrei dovuto lasciarti i tuoi spazi. Non sarebbe successo nulla” insisté Nick, abbassando lo sguardo.
Non... non mi è dispiaciuto” lo interruppe Judy, sottovoce.
Non lo stava guardando, la sua testolina era piegata verso il computer, perciò dalla sua posizione poteva vederla solo di tre quarti, ma il modo rigido in cui era seduta tradiva tutto il suo imbarazzo.
E lui non poté nascondere il suo.
Perché se quello che Judy aveva detto significava quello che lui aveva compreso... Dio, se era sbagliato.

Nella sua vita, Nick aveva incontrato molte femmine che gli erano interessante: belle, divertenti, piacevoli. Aveva avuto flirt, una o due storie brevi e anche una relazione importante, durata qualche anno, un buon bagaglio di esperienza.
Ma nessuna di loro gli aveva mai fatto mancare il respiro come faceva Judy. E il pensiero lo terrorizzava, aveva paura di chiedersi il perché, non voleva sapere la risposta.
A Zootopia c'era ancora chi non vedeva di buon occhio la relazione tra due predatori o due prede se non erano della stessa specie: se un predatore e una preda si fossero uniti, probabilmente sarebbe successo il finimondo.
E poi, era possibile una cosa del genere? Non era... contro-natura? Non era sbagliata?
Anche se niente, in Judy, gli sembrava sbagliato.

Con un bip sonoro il computer spezzò il silenzio, avvertendoli che era pronto per aprire i file del CD ed entrambi ebbero una scusa per lasciar cadere il discorso.
Dovresti dormire, adesso” disse Judy, con lo sguardo incollato allo schermo.
Nick chiuse gli occhi. Ma le sue orecchie continuarono a tremolare.
E le domande, e quelle sensazioni, rimasero ad aleggiare per tutto il tempo, attorno a loro.



Note:
Buona notte,

Sono felice di riuscire a pubblicare.
Scusatemi ancora per i miei ritardi, sono mortificata.

Allora, un capitolo che potrebbe sembrare piatto, ma che nasconde di più. Per ora però non posso dirvi di più.
Amate ormai tutti Bogo, ne sono felicissima! Pensate se alla fine come colpo di scena vi dicessi che è il cattivo! XD Scherzo. Adoro anche io come sta venendo fuori.

Dovete sapere che ormai si muovono tutti di propria iniziativa, io non decido più nulla. Hanno un carattere così determinato che fanno cose che io non avevo pensato all'inizio, ma che mi trovo a scrivere e dopo mi dico che ci stanno, che sono plausibili.

Un semi confronto tra Nick e Judy che però muore dopo poche scintille, c'è troppo pregiudizio, troppa paura, non ce la fanno ad affrontare qualcosa che non hanno nemmeno capito loro stessi. O almeno così pare.
Se solo uno di loro provasse qualcosa di più?

Comunque, l'azione arriverà presto, siamo pur sempre in un poliziesco!

Grazie ancora, vi mando un grande abbraccio


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Capitolo 11
*** Puzzles ***


Il contenuto del CD consisteva in due cartelle differenti.
Una sotto la dicitura “tesi”, era l'insieme degli studi di Manchas, tutti i dati raccolti, le interviste effettuate e i test fatti, dettagliati e completi.
L'altra cartella era soprannominata “Tame” e dentro c'erano altre due cartelle: in una la raccolta delle mail che Manchas e Tarandus si erano scambiati; l'altra invece era bloccata da una password.
Judy non aveva mai visto una cosa del genere e non sapeva come poterla sbloccare. Era certa che se avesse potuto far vedere il CD a Ben, il ghepardone non ci avrebbe messo molto a trovare la password, ma al momento doveva trovarsi nelle celle della centrale e non potevano avvicinarsi.

Decise di ispezionare il resto dei file, per provare a trovare qualche indizio o pista da seguire, ma dopo il decimo file degli studi di Manchas sbadigliò piano.
Nick era addormentato al suo fianco, le sue orecchie avevano smesso di tremolare già da un po', sembrava completamente rilassato, lui, rannicchiato su sé stesso in posizione fetale.
Così indifeso, così fiducioso.
Scrollò la testa, cacciando via qualsiasi pensiero non richiesto al momento e si concentrò ancora una volta sul computer; chiuse con un click la pagina che stava leggendo e si concentrò sulle mail tra i due scienziati.

Erano tre, in tutto.
La prima risaliva all'incirca a tre mesi prima e a mandarla era stato Tarandus: si era presentato, non si conoscevano prima di quel momento, apparentemente, e chiedeva a Manchas un colloquio privato per poter parlare con lui di un progetto importante per il futuro in cui probabilmente sarebbe servita la sua consulenza.
Tutto molto formale e impersonale e dai toni cortesi. La risposta di Manchas era stata sullo stesso tono, fornendo il suo numero di telefono per potersi mettere d'accordo sull'appuntamento.
La mail successiva era da parte di Manchas, parlava di una scoperta fatta e di voler confrontarsi con Tarandus su alcune questioni, per cui chiedeva la sua risposta al più presto, dato che non riusciva a rintracciarlo al telefono. Tarandus aveva risposto in modo conciso, promettendo un contatto a breve.

La terza mail era quella che loro stessi avevano letto a casa di Ben e come allora, Judy sentì fremere il nasino, alla sola vista. Come allora, sentiva che c'era di più in quella mail:

Egr. Dott. Manchas,
Sono dispiaciuto di non averla potuta contattare prima, purtroppo ho avuto molto lavoro tra capo e collo e la mia salute non è stata delle migliori.
La richiamerò al più presto per poter finalmente prendere un caffè assieme e parlare tranquillamente della sua scoperta.

Nel frattempo, se non le dispiace, mi serve una sua consulenza su alcuni materiali per la ricerca di cui abbiamo parlato. Mi fido molto del suo giudizio e della sua esperienza e so che saprà consigliarmi bene, senza alcune pressioni. So che conosce mammiferi nei settori giusti, che sapranno indirizzarla e aiutarla.
Se poi volesse occuparsi lei stesso dei materiali, mi faccia sapere, ci organizzeremo. Le lascio qui la lista, può darmi la sua risposta quando ci vedremo.

Distinti saluti
Dott. Rangi Tarandus


Microscopio Barren
Rifrattometro Nest 
Densimetro Herd
Durometro Hive
Disgregatore Army
Granulometro Bask
Polarimetro Prickle
Respirometro Roubiner
Mulino Troop 
Frantumatore Lounge
Bilancia Sounder 
Centrifuga Blessing 
Cappa chimica Flock 
Estrattore Goggle 
Dispensatore Mute 
Normalizzatore Colony 
Incubatrice Smack 
Respirometro Business
Polarimetro Troubling
Estrattore Mustering
Bilancia Fold
Normalizzatore Rout
Disgregatore Coalition
Centrifuga Gulp
Rifrattometro Drove
Frantumatore Congregation
Granulometro Train
Microscopio Gam
Mulino Murder
Densimetro Turn
Cappa chimica Descent
Durometro School
Dispensatore Huddle
Incubatrice Gaze

Judy voleva alzarsi e cercare carta e penna, per seguire un'idea che le era balenata alla mente, ma se lo avesse fatto avrebbe di certo svegliato Nick, e voleva che riposasse il più possibile. Certo, logicamente sapeva anche che dovevano sbrigarsi a risolvere quell'enigma e cercare risposte concrete, proprio nel bene di Nick, oltre che al suo.

Stette per qualche istante tesa, incerta sul da farsi, quando un trillo improvviso decise per lei, risuonando nella stanza e svegliando la volpe al suo fianco.
Nick saltò su con occhi spaventati, incurvandosi appena per il dolore all'addome. Judy aveva appoggiato il computer al letto e si era alzata, girando le orecchie per capire la fonte del suono.
Il trillo continuava e continuava, insistente.

La coniglietta scavalcò un paio di riviste a terra e dei vestiti informi e si diresse nell'angolo del cucinino, spostando di fretta alcune scatole di pizza gettate alla rinfusa: sotto, un vecchio telefono fisso trillava, incessantemente.
Judy lo fissò per qualche istante, poi si voltò a guardare Nick e lui le rimandò lo stesso sguardo spaventato e sorpreso che doveva avere lei al momento.
Il suono si interruppe e ci fu un improvviso silenzio.
Erano tutte e due vigili e nervosi, le orecchie tese in alto a percepire qualsiasi rumore esterno, gli occhi fissi sul telefono.
Judy lasciò andare il respiro inconsciamente trattenuto, iniziando a ragionare di nuovo.
Con una scrollata di spalle cercò di scacciare la paura, dandosi della sciocca.
D'altronde, la chiamata non poteva essere per loro, di certo era stato solo un caso che fossero lì quando aveva squillato, nessuno poteva sapere che fossero lì...

Il telefono trillò di nuovo. Il coniglio e la volpe si scambiarono un'altra occhiata fugace, quasi a voler comunicare senza parlare.
Dopo un istante, contro ogni logica e buon senso, Judy sollevò la cornetta e la portò lentamente all'orecchio.

Accendete su ZNN, adesso” disse una voce metallica, di sicuro di un sintetizzatore vocale.
Chi parla? Cosa vuole?” strillò Judy nel ricevitore.
Accendete la tv su ZNN e non fate tardi, non avete molto tempo” ribatté la voce pacatamente, prima di buttare giù.

Judy si voltò a guardare Nick con ancora la cornetta premuta contro la testa e lesse nel suo viso la curiosità e le domande che voleva farle: lei chiuse il telefono e si diresse immediatamente verso il piccolo televisore poggiato contro la parete al lato, praticamente di fronte al divano/letto: era un vecchio modello a tubo catodico, ma sembrava ancora funzionante. Premette il pulsante di accensione e attese, fremendo.
Il telecomando era sparito da tempo tra le pieghe del lerciume del monolocale e non si diede nemmeno la pena di cercarlo, cambiò i canali con i grossi pulsanti nel riquadro in basso del televisore, finché non trovò il notiziario di Zootopia News Network.

... notizia è sconvolgente, ed è arrivata in redazione non più di un'ora fa...” stava dicendo il giornalista, un alce americano con il viso compassato.

Judy premette il pulsante del volume, alzando di qualche tacca.

Grazie ad un blitz della polizia è stato scoperto e smantellato un parco di divertimenti per predatori, gestito qui a Zootopia da una volpe corrispondente al nome di Nicholas P. Wilde. Nel parco, i collari erano disattivati e sembra che in una di queste serate sia stato ucciso il massimo esponente cittadino nel campo delle invenzioni, il dottor Rangi Tarandus, padre dei collari. Wilde è sospettato dell'omicidio ed è attualmente in fuga. È considerato molto pericoloso, non cercate di avvicinarlo, se doveste avvistarlo chiamate le autorità a questo numero, è stata posta una forte taglia per chi lo denuncia.”

In sovrimpressione apparvero un numero di telefono e una foto di Nick, la foto di quando era stato arrestato, presumibilmente, col pelo arruffato e gli occhi fuori dalle orbite.
Judy non ebbe il tempo di voltarsi a guardarlo per vedere la sua reazione, che il giornalista continuò:

Si teme che possa essere armato e si invitano i cittadini alla massima prudenza. Il sindaco ha fatto sapere che le migliori squadre di poliziotti sono all'inseguimento del pericoloso ricercato e che a breve rilascerà un'intervista per rassicurare personalmente la popolazione; lo svolgimento delle celebrazioni per il ventennale si terranno, con un maggiore dispiegamento delle forze di polizia, ma il sindaco assicura che non ci sarà alcun pericolo.
E adesso passiamo alle notizie da Tundratown sulle condizioni del traffico, a te la linea...”

Con un click del pulsante, Judy spense la tv, ma rimase qualche attimo a guardare lo schermo nero, assorta.

Ormai tutta Zootopia sapeva delle accuse a Nick, del suo arresto e della sua fuga. Come potevano sperare di potersi muovere liberamente dopo che il suo muso era stato sbattuto sulla tv cittadina, nel notiziario più seguito?
Come potevano sperare di chiarire il suo nome ormai, se tutti, vedendolo, avrebbero pensato fosse colpevole?
E ultimo, ma non meno importante, chi li aveva avvisati e perché?

Nick si schiarì la gola, attirando la sua attenzione. Era seduto sul letto, la faccia ancora un po' assonnata, ma gli occhi verdi erano vigili, su di lei.
Qualcuno deve aver fatto una soffiata ai giornalisti” constatò scioccamente Judy, più per spezzare il silenzio.
Qualcuno alla centrale. Solo loro potevano sapere del Wild Times o che la vittima fosse Tarandus” esclamò Nick, passando una mano distratta sul collo.
Era cupo, era così serio e irato. E Judy si sentì male, ma sapeva che aveva ragione: qualcuno nel suo distretto aveva venduto la notizia ai giornalisti, per lucro probabilmente. Un suo collega, qualcuno di cui si fidava; forse lo aveva fatto in buona fede, ma la loro situazione era peggiorata in maniera esponenziale in pochi secondi e non sapevano che fare.
Anche trovando le informazioni che servivano nel CD di Manchas, non sarebbero potuti uscire fuori senza rischiare il linciaggio o l'arresto immediato, senza possibilità di difendersi.

Ma non sanno che non hai più il collare!” affermò Judy entusiasta, come se fosse una conquista. Bogo doveva averlo visto quando era andato al suo appartamento, lo avevano lasciato per terra, senza il pensiero di nasconderlo perché non pensavano qualcuno potesse andare a cercarli lì. Ma il capitano probabilmente lo aveva tenuto per sé, forse lo aveva nascosto anche alla T.U.S.K..
Si diede della sciocca per tutta quella speranza, ma non poteva evitare di pensare bene del suo capitano, anche in una situazione come quella.

Probabilmente non hanno voluto diffondere il panico. Se avessero rivelato che un predatore gira senza collare per la città, sarebbe scoppiato il caos” rifletté più pratica la volpe, con un'alzata mesta di spalle.
Judy non se la sentì di replicare con una risposta poco sincera e a voler pensare razionalmente, probabilmente Nick aveva ragione.

Cosa facciamo?” gli chiese, invece.
Non si stava arrendendo. No. Non lo avrebbe mai fatto, non era da Judy. Voleva discutere con lui per trovare la soluzione a quell'ulteriore ostacolo, perché insieme potevano farcela.

Nick si stava guardando attorno, lentamente, forse cercando un'illuminazione, qualcosa nel lerciume della tana di Finn che potesse aiutarli. Il suo sguardo si fermò infine sulle sue zampe posteriori incrociate sul letto.
Potremmo” iniziò a dire senza alzare lo sguardo, “cucire un travestimento.”
E alzando la testa per guardarla, infine, infilzò un'unghia nel piumino sotto di sé e tirò forte, squarciandolo: le sue dita afferrarono la bianca imbottitura e la tirarono fuori, lasciandola cadere poi come neve sintetica.

Un travestimento... cotonoso” aggiunse con un sorrisino trionfante per la sua pensata.

E Judy sorrise di rimando, contagiata dal suo rinnovato ottimismo. Si avvicinò al letto, a passettini leggeri.
Ah, però se speri che sia io a cucire, stai sbagliando di grosso. Non so nemmeno come si tenga un ago” mormorò, spostando il pc perché lui potesse togliere il piumino.
Ci penserò io. Mio padre mi ha insegnato a cucire, era un gran sarto” rivelò Nick assorto, gli angoli della bocca incurvati in su da un lontano ricordo.
Judy lo osservò per un istante, resistendo all'impulso di abbracciarlo stretto.

Ok, allora cercherò di sbrigarmi anch'io con questi file” esclamò sedendosi sul bordo del letto, col computer sulle gambe.
Hai scoperto qualcosa?” chiese Nick, sbirciando al di sopra della sua spalla.
Forse. La mail che abbiamo visto da Ben era nel CD e penso ancora che contenga un messaggio. Potrei avere un'idea di come decifrarlo, ma mi servono carta e penna.”

Nick lasciò andare il piumino lacerato e tutta l'imbottitura estratta e si alzò per frugare velocemente in giro. Dopo qualche minuto si risedette, porgendo a Judy un foglio che si rivelò il retro di un volantino di pizzeria e una matita cortissima.
Perfetto. Io lavorerò alla mail e tu al travestimento. Dobbiamo farcela nel minor tempo possibile.”
Lo stomaco di Nick brontolò fortissimo appena ebbe finito di pronunciare la frase, con grande imbarazzo del suo proprietario. Tutta la colazione era finita nella fioriera di Manchas e non avevano più toccato cibo.

E nel frattempo mangeremo anche qualcosa, sempre che qui ci sia qualcosa di commestibile” propose Judy, con un gran sorriso.



Pioveva leggermente nel Rainforest Disctrict. Gli irrigatori erano in funzione già da qualche ora e le strade erano completamente bagnate.
Bogo trovava che il clima di quella parte della città fosse quello che detestava maggiormente. Una pioggerellina fastidiosa che si appiccicava alla pelle e rendeva il pelo più pesante, era una seccatura quando si voleva guidare e faceva male alle ossa, per giunta.
Stava di nuovo pensando come un vecchio.
Il pontile di legno traballava sotto il suo peso e quello dei cinghiali della T.U.S.K.; la casa all'indirizzo fornitogli da Clawhauser era in cima ad un pinnacolo, collegato al resto da pontili sospesi.
Fragili pontili in legno.

Arrivarono fortunatamente tutti incolumi e fu Bogo a bussare forte alla porta.
Renato Manchas? È la polizia, possiamo farle qualche domanda?”
Non ci fu alcuna risposta, né rumori all'interno della casa, così riprovò un'altra volta.
Quando una seconda risposta venne negata, il capitano Sirbon prese il comando: mandò un paio dei suoi uomini a recuperare 'l'ariete'.
Bogo si oppose.

Siamo qui solo per una soffiata, non potete agire in questo modo. Non abbiamo nemmeno il mandato!”
A noi non servono mandati” replicò beffardo Sirbon.

I suoi due sottoposti arrivarono solerti, portando in spalla un moderno ariete in metallo per le incursioni, che passarono prontamente nelle zampe di Sirbon: bastarono due colpi secchi vicino alla toppa della chiave e la porta si spalancò, come per magia; irruppero tutti senza molte cerimonie, senza nemmeno annunciarsi.
A differenza dell'esterno incolto e ricoperto di edera e muschio, l'interno della casa era pulito in maniera maniacale e Bogo sentì dappertutto un forte odore di candeggina.
Comunque non sembrava esserci traccia né di quel Manchas, né di nessun altro nella casa.

Si sparpagliarono, con le armi in pugno e cariche, esplorando ogni angolo dell'ambiente: tre cinghiali salirono al piano di sopra, con non pochi cigolii delle assi in legno, mentre Bogo, Sirbon e Sus controllavano il piano terra.
Libero!” “Libero!” Libero!” riecheggiò dopo qualche istante da posti diversi e in un attimo tutti misero via le armi, rilassandosi all'istante.
Non c'era nulla, in quella casa, e Bogo iniziava a pensare che Clawhauser lo avesse preso in giro. Eppure gli era parso così sincero mentre gli parlava, non sembrava uno capace di mentire.
Continuò a girare ancora un po', solo per essere certo, ma dovette arrendersi all'evidenza, era ad un punto cieco.

Stava per lasciarsi andare alla rabbia, quando vide una lieve traccia di terra vicino alla fioriera dell'ingresso. Non ci avrebbe fatto caso, in un altro momento, non erano più di quattro pulviscoli marroni sul pavimento in legno scuro, quasi mimetici, ma stonavano così tanto con l'aspetto asettico della casa, da aver catturato il suo sguardo; si avvicinò distrattamente, come se non volesse attirare l'attenzione, e buttò un'occhiata all'interno della fioriera: mancava la maggior parte del terriccio e molte foglie delle piante erano state strappate con forza.
Come se quello non fosse già strano, attaccati ad una foglia sopravvissuta c'erano un paio di peli rossi.

Si trattenne dall'allungare la zampa e prenderli, sapeva già senza farli esaminare che appartenevano a Wilde e che quindi ad un certo punto la volpe era entrata in quella casa.
Ma perché? Cosa c'entrava quel Manchas che non erano riusciti a trovare? Era in combutta con Wilde?
Continuava a farsi domande, ma quello che più trovava strano, era l'innaturale pulizia che pareva essere stata fatta di recente e non era proprio possibile che Wilde si fosse messo a fare le pulizie di primavera mentre fuggiva.
C'era qualcosa che non tornava e la sua mente cercava di fare i collegamenti, ma sentiva che gli mancavano informazioni essenziali.

Ehi, capitano! Non c'è niente qui!” lo distrasse la voce roca di Sirbon, con tono arrogante.
Si voltò per fronteggiare il cinghiale, che lo fissava vicino allo spesso tavolo in noce, circondato dai suoi uomini.

Non c'è niente, ci ha portato a fare un giro?” insisté il cinghiale, alzando la voce.
No, qui c'è-”

Il suo telefono trillò in quel preciso momento, interrompendolo. Un trillo breve, di un messaggio. Frugò nella tasca per controllare e trovò un sms da nessun numero.
Guardò di nuovo, certo di essersi sbagliato, ma nel mittente non c'era nessun numero. Non un numero sconosciuto o privato, semplicemente uno spazio bianco, un nulla.
Lo aprì, titubando solo un secondo, certo che il contenuto dovesse essere altrettanto strano.

Se vuoi trovare la tana del Bianconiglio, segui le mie istruzioni, Alice” diceva il messaggio, seguito da un indirizzo.

Sì, era decisamente strano.
Quello era il suo cellulare d'ordinanza e il numero era conosciuto solo ai suoi sottoposti e all'ufficio del sindaco, tanto per cominciare.
E poi, anche se il tono del messaggio era indubbiamente surreale, la menzione al coniglio non poté che fargli pensare a Hopps e l'indirizzo poteva essere il posto dove trovarla.

Allora?” incalzò il cinghiale, spazientito.
E Bogo cancellò quello che aveva scoperto dalla punta della lingua, che la T.U.S.K. si trovasse gli indizi da sola.
"Non c'è nulla, è stato un buco nell'acqua” mormorò.
Sirbon ghignò soddisfatto della sua ammissione e del suo fallimento, poi rivolse un cenno ai suoi sottoposti.

Troveremo noi una pista. Andiamo ad interrogare il ghepardo.”
Uscirono dalla casa in fila ordinata, mormorando tra di loro il malcontento.

Ci vediamo in centrale, capitano” disse Sirbon prima di sparire oltre la porta, senza nemmeno voltarsi a guardarlo.

Bogo rimase solo, nella casa vuota. Osservò un paio di volte il cellulare, si avvicinò alla fioriera e prese il ciuffo di peli fulvo, infilandolo in una bustina sterile che mise poi in tasca. Di nuovo guardò il telefonino e rilesse lo strano messaggio.
Trattenne il fiato per qualche secondo decidendo il da farsi, poi si avvicinò deciso all'uscita, a grandi falcate.

Non aveva più molte alternative: avrebbe seguito il Bianconiglio, giù fino al paese delle meraviglie, e scoperto quanto profonda fosse la sua tana.



Note:

Salve a tutti! Spero stiate tutti bene.

Spero che il nuovo capitolo sia valsa l'attesa, per lo meno.

La trama va avanti e così i misteri: in questo capitolo c'è la mail con il messaggio segreto, mi ha divertita pensare a qualcosa che poteste provare a risolvere voi stessi, mi ci sono scervellata molto. Ovviamente a crearlo ci vuole di più, sono sicura che da risolvere risulti persino banale, ma spero che vi diverta. E spero di averlo fatto giusto, ho ricontrollato 23 volte e il risultato era a posto, ma se lo avessi riportato male sarebbe tutto vano, per voi e per me. Incrociamo le dita.
Se trovate la soluzione non mettetela nei commenti, però, mi raccomando.

Un misterioso personaggio agisce nell'ombra, aiutando Nick, Judy e perfino Bogo... ma sarà davvero così?
Non manca molto alla fine e tutto sarà chiarito.

Il prossimo capitolo sarà al cardiopalma, non vedo l'ora!

Intanto vi mando un abbraccio, vi ringrazio di cuore e spero di sentirci presto.



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Capitolo 12
*** When the forces clash ***


Nel piccolo monolocale si lavorava senza sosta.

Da una parte c'era Nick che cuciva rapidamente i batuffoli di imbottitura su una base di tessuto, usando un ago malandato raccattato dal fondo di un cassetto; dall'altra Judy, carta e penna alla zampa, gli occhi che saettavano dallo schermo del portatile al foglio, riportava meticolosamente le parole della mail, controllando ossessivamente che fosse tutto giusto.
Di tanto in tanto, sollevavano la testa e si scambiavano un'occhiata fugace e un breve sorriso, che poteva dire tutto o niente, poi ritornavano in fretta ai loro compiti.
C'era la pressione del tempo, non potevano rimanere ancora per molto lì dentro, si sentivano esposti a sapere che qualcuno conosceva la loro ubicazione, seppure avendoli avvisati potesse essere un alleato.

Non seppero per quanto tempo lavorarono, ma ad un tratto esultarono simultaneamente di gioia: Nick abbandonò il costume sul letto e si avvicinò immediatamente a Judy, sbirciando al di sopra della sua spalla.
Hai scoperto il messaggio?”
Gli occhi di Judy scintillavano, il suo nasino rosa fremeva.

Penso di sì. Ricordi l'oggetto della mail? Cernita.”

Gli mostrò la pagina scarabocchiata, le parole segnate e cancellate.
Non vuol dire selezionare qualcosa tra tante?” domandò Nick un po' confuso.
Sì, esatto. E quindi se ci pensi vuol dire scartare delle cose tra tante. Mi sono ricordata di quando da piccola facevo giochi di enigmistica coi miei fratelli e-”
Sul serio? Per divertirvi facevate giochi di enigmistica?” lo interruppe Nick con un sopracciglio alzato e un ghigno sul muso.
Judy rollò gli occhi al cielo e poi gli mandò un'occhiataccia prima di continuare.

In enigmistica la cernita è uno schema di doppio scarto, vuol dire che le lettere uguali si cancellano due a due, finché non restano lettere uniche e quindi un messaggio!”

Ora le cancellazioni sulla pagina avevano più senso, ma non le lettere rimaste, cerchiate per risaltare sulle altre.
Pitoaz?” lesse Nick titubante, pronunciandola come se fosse una parolaccia. “Che cavolo di messaggio sarebbe? Se è una parola straniera siamo fregati, io parlo solo il volpese.”
Judy sorrise divertita.

Deve essere un codice o una-”
Si bloccò, spalancando gli occhietti viola folgorata da un'improvvisa ispirazione. Cliccò in fretta sul pc, chiudendo la pagina della mail, frugando tra le cartelle finché non trovò il file bloccato.

O una password!” concluse trionfante.

Digitò le lettere nello spazio vuoto della schermata e premette invio: la pagina si caricò per qualche attimo, poi apparve una scritta che non si era aspettata e che smorzò immediatamente il loro entusiasmo:
Errore, password errata. Hai ancora due tentativi a disposizione.”
Un brivido li percorse da capo a piedi.

Forse non era la password per questo file” tentò Nick. Judy scosse la testolina, gli occhi ancora fissi sullo schermo.
No, sento che è la strada giusta. Abbiamo un messaggio cifrato e un file bloccato, è ovvio che siano connessi, ma sto sbagliando qualcosa.”

In silenzio ricontrollarono la mail e le parole, assicurandosi di non averle trascritte male nella fretta e aver così pregiudicato il messaggio, ma tutto combaciava e le lettere finali erano proprio quelle.
Pitoaz. Pitoaz, Pitoaz” ripeté Nick, sentendo il suono sulla lingua alla ricerca di qualche significato nascosto.
Continuava a non avere senso, tuttavia.

E se-” esordì Judy, prendendo il foglio di carta. “Se lo anagrammassimo? Non riesco a ricordare bene, ma mi pare che alla fine si dovessero anagrammare le lettere rimaste per trovare una parola di senso compiuto.”
Provarono tutte le combinazioni possibili, scomponendo in sillabe, agglomerando a tre a tre, spostando le lettere avanti e indietro, ma alla fine solo una parola sembrava avere senso:

Topazi.”
Ok, non so cosa c'entri, ma almeno è una parola vera” disse Nick, facendo spallucce.
Allora proviamo?”

Judy digitò la nuova parola lentamente, solo un po' dubbiosa, le labbrucce strette mentre aspettava l'esito.
La pagina si caricò nuovamente e la stessa schermata apparve dopo qualche secondo:

Errore, password errata. Hai ancora un tentativo a disposizione.”
Il panico si fece sentire prepotentemente.

Ok, forse... forse è meglio che stacchiamo un attimo e pensiamo bene. Se sbagliassimo ancora, probabilmente non potremmo più provare o il file si distruggerebbe o-”
Ok, James Bond, non credo proprio che il CD prenda fuoco se sbaglieremo” rimbeccò Judy sarcastica, rollando gli occhi al cielo.
Anche se forse, un pochino di possibilità c'era eccome.

Comunque, il consiglio era ottimo in quel momento di stress, perciò si allontanarono un momento dal pc, rimuginando a fondo: Judy percorreva a piccoli passetti il poco spazio a disposizione, mentre Nick controllava distrattamente il suo costume, in realtà assorto sulla parola misteriosa.
Le lettere sono giuste, abbiamo già controllato. E sono sicura che bisogna anagrammarle per ottenere la parola giusta, ma nessuna ha senso. Manca qualcosa, ma cosa?” farfugliava la coniglietta senza freno, sempre più frustrata.

Nick aggiustò un punto di cucito in una parte che non lo convinceva, mentre le parole di Judy si facevano strada dentro di lui. In effetti, sembrava sempre che mancasse qualcosa, risposte, prove, consigli, aiuti... mancava sempre qualcosa.
Mancava qualcosa.
Mancava qualcosa!
I suoi occhioni verdi si spalancarono e quando Judy si voltò lo trovò così, immobile con gli occhi spalancati a fissare il vuoto, mentre cercava di afferrare un'idea.

È giusto: manca qualcosa. Nella parola! Passami il foglio!”

Judy si fiondò a prenderlo, spronata dal suo tono urgente e poi rimase lì al suo fianco a guardarlo mentre scarabocchiava.

Sin dall'inizio, la parola mi era sembrata familiare, aveva un suono conosciuto, ma non sapevo perché. Se aggiungiamo due O e anagrammiamo, viene fuori...”
Zootopia” lesse Judy stupita. “Ma non ha senso, non ci sono le due O in più, non può essere, a meno che... a meno che, non sia stato fatto apposta!”
Si guardarono, entrambi emozionati, entrambi sulla stessa lunghezza d'onda.

Sì, perché nella cernita le due O si eliminavano necessariamente l'una con l'altra, un piano perfetto per confondere chiunque fosse entrato in possesso della mail e avesse provato a decifrarla.”
Anche un programma di decriptaggio sarebbe caduto nella trappola, molto furbo!”

Si avvicinarono in fretta al pc, ma Judy si bloccò con le zampine a mezz'aria sui tasti, timorosa.
Siamo sicuri? Sicuri sicuri?”
Nick allungò una delle sue zampe e digitò la prima lettera, premendo delicatamente sulla sua.

Sicuri.”
Judy aggiunse il resto con un po' più di baldanza, poi premette invio e trattenne il respiro, ignara che anche Nick, lì al suo fianco, lo stesse facendo.

La pagina si caricò per la terza volta, e forse era il magone, ma sembrò metterci secoli: poi, lo schermo bianco diventò improvvisamente nero e dopo un secondo un video partì in automatico, mostrando un caribù in camice da laboratorio seduto ad una grande scrivania.

Ciao, Renato” disse il dottore, la sua voce era molto profonda e calma. Lo sguardo invece era spaventato, con profonde occhiaie sotto gli occhi castani.
Se stai guardando il video significa che sono sparito dalla circolazione, e spero di essere riuscito a scappare, perché l'altra alternativa è che sono morto.
Non sono stato completamente sincero con te, mi vergognavo molto a raccontarti tutto quello che avevo fatto, me ne vergogno ogni giorno; dirmi che non avevo una scelta non mi ha alleviato la coscienza.
Sai già che in seguito alla modifica dei collari, questi possono ora essere tracciati: non c'è un predatore in tutta Zootopia che si possa nascondere, ormai.”

Judy e Nick si scambiarono una breve occhiata sorpresa e spaventata e le zampe di lui corsero inconsciamente al collo; avrebbero commentato la fortuna che li aveva colpiti nel momento in cui Judy aveva deciso di toglierglielo, se Tarandus non fosse in procinto di continuare.

Ovviamente so che è sbagliato, ma sembrava un male minore. Quello che non ti ho raccontato è molto, molto più grave. A mia discolpa posso dire solo che allora non sapevo a cosa servisse la modifica richiesta.
Nell'aggiornamento dei collari è stato inserito non solo un tracciatore, ma anche un distorsore: è un programma che agisce sul possessore, ancora non so in che modo, ma che serve ad alterare lo stato mentale. Potrebbe farlo impazzire, potrebbe renderlo aggressivo, potrebbe perfino ucciderlo. Basterebbe solo premere un piccolo pulsante e ogni predatore della città sarebbe spacciato, senza possibilità di scampo.
Non ho prove a riguardo, non ho potuto impossessarmene: nel momento stesso in cui hanno capito che sospettavo qualcosa, mi hanno tagliato fuori. Ma so dove trovarle. Nell'ufficio del sindaco, dietro un quadro, c'è una cassaforte: all'interno ci sono delle chiavette con tutti i dati e tutte le prove: c'è tutto, nomi e conversazioni, studi e progetti. E il telecomando.
La combinazione è 3171984. Ho faticato molto per trovare queste informazioni e so che mi costeranno la vita, se mi trovano.
Ma mi fido di te, solo di te.”

A quel punto il dottore sembrò crollare sotto il peso di tutto quello e si incurvò, stanco, molto stanco, passandosi una zampa sul viso mentre prendeva un grande sospiro.

Non avrei mai voluto invischiarti in tutto questo, ma so che hai amici che possono aiutarti. So che c'è qualcosa di grande, in movimento. So che se non faremo niente succederà qualcosa di brutto ai predatori. Prendi quelle prove e ferma tutto questo, ripara al mio errore, ti prego.
E per favore, stai attento. Addio, Renato. E grazie.”
Il video si interruppe, ma lo schermo rimase nero.

Gli occhi di Judy erano attraversati da un velo umido e anche Nick sembrava turbato.
Nel silenzio la ventola del computer sembrava la turbina di un aereo.
Non avevano mai conosciuto Tarandus, ma sapevano che sorte gli era toccata, e vederlo, sentirlo, conscio di quello che gli sarebbe successo, senza poter fare nulla per cambiarlo, era triste e ingiusto. Lui e Manchas erano finiti in qualcosa più grande di loro e forse nessuno dei due aveva mai saputo la sorte dell'altro, anche se per ironia erano morti praticamente nello stesso istante.
E adesso in tutto quello c'erano finiti loro e la fine avrebbe potuto essere la stessa.

Nick spezzò per primo il silenzio, schiarendosi la gola dall'emozione; Judy sussultò e si voltò a guardarlo e per la prima volta, nei suoi occhioni viola lesse la paura.
Rimasero così per un istante.

Non riesco a crederci.”
I collari.”
Il sindaco!”
Tracciati, che scandalo!”
Non è possibile.”
E il distorsore per fare impazzire i predatori!”
Lo sguardo di Judy si addolcì un secondo.

Sono contenta di avertelo tolto, ancora più di prima” confidò, sincera.

Nick si passò una mano sul collo, di imbarazzo, e le sorrise grato.
Se tutto questo è vero, e non vedo perché Tarandus avrebbe dovuto mentire a Manchas, la cosa è molto grave. I predatori sono in pericolo. E c'è il sindaco dietro a tutto, ma non capisco perché sia stato messo in mezzo io.”
Tu sei il perfetto capro espiatorio, è evidente che chi ha creato quel programma ha intenzione di usarlo e non vuole essere incolpato: e qui entri in scena tu. Un predatore, con un parco clandestino per i predatori in cui i collari sono disattivati: attribuire tutto a te è facilissimo, probabilmente il primo omicidio e poi quello di Tarandus servivano a incastrarti e creare la base per l'accusa finale.”

Ma non abbiamo prove per scagionarmi, se non recuperiamo il materiale dentro la cassaforte. Ma questo vuol dire...”
Entrare nell'ufficio del sindaco” finì Judy per lui, ugualmente preoccupata.
Se già entrare di nascosto nell'ufficio del sindaco dovesse essere difficile, di certo in una giornata come quella doveva essere praticamente impossibile: tutto il Palm Tree Hotel era di certo sotto controllo totale della polizia, in vista delle celebrazioni del ventennale.

Col tuo costume avremmo più possibilità, no?”

Nick infilò il travestimento e no, non avrebbero avuto più possibilità.
Lui sembrò notare il suo mutismo e aprì le braccia, come un'esortazione.

Allora?”
La sua testa era il doppio del normale, una nuvola candida e così fissa da sembrare panna montata, che confondeva i suoi tratti somatici: il finto manto spuntava anche fuori dal colletto e dai polsi del grande cappotto nero che fortunatamente nascondeva l'assenza di zoccoli. Sembrava uno zucchero a velo con gli arti e due scintillanti occhi verdi.

Judy non sapeva se ridergli in faccia o piangere.
Perfetto, sul serio” riuscì a dire miracolosamente.
Riuscì a vedere il sopracciglio di Nick alzarsi sarcasticamente anche sotto l'imbottitura.

Sul serio? Non mentire, so che stai mentendo. Come sto, carotina?”
Lei si lasciò scappare un sorriso, presa in castagna.

Ok, ok, da vicino si vede benissimo che è finto. Hai una testa di imbottitura di piumone!” rise incredula, “Ma se non ti avvicini troppo a qualcuno, andrà tutto bene.”
Dobbiamo solo andare dall'altra parte della città senza incontrare nessuno, allora... facile” commentò Nick, ondeggiando il testone cotonoso. “E si muore già di caldo, qua dentro, a Sahara Square sarà terribile.”

Nonostante le lamentele, la paura, quello che sentivano e l'incertezza della riuscita, dovettero mettere tutto nel piccolo bagaglio che si portavano dietro e lasciare quel rifugio sicuro, alla ricerca della verità.
In quello che sembrava dovesse essere il viaggio più lungo della loro vita.


Bogo parcheggiò e rimase un attimo poggiato al volante, pensieroso.
Benché fosse ancora a Downtown, la parte più costosa e ambita di Zootopia, dove si trovava in quel momento era tutto fuorché alla moda. O sicuro. O pulito.
A ridosso del confine con il Rainforest District, la zona era umida, ombrosa, semi-abbandonata e degradata: le case erano piccole e basse, attaccate una all'altra così che le stradine non erano altro che stretti viottoli, molti dei quali senza via di uscita. La polizia non passava spesso da quelle parti e la sola vista della sua macchina d'ordinanza era bastato a far sparire chiunque dalla circolazione.
Quando scese si diede comunque una rapida occhiata intorno, giusto per essere sicuro che non fosse una trappola. Vide solo un montone che si allontanava, già un piccolo puntino bianco.

L'indirizzo fornitogli era poco più avanti, alla fine di un vicolo in discesa: quando arrivò suonò il campanello, ma si chiese cosa avrebbe mai potuto dire se qualcuno avesse risposto.
Salve, uno sconosciuto che gioca al cappellaio matto mi ha dato questo indirizzo, mi può dire cosa sa di una volpe fuggiasca e di una coniglia poliziotta scomparsa?”
No, non aveva senso. Come tutto quello che stava facendo, del resto.
La sua mente andò solo una volta a Clawhauser, che in quel momento probabilmente era sotto le grinfie della T.U.S.K. Lo stomaco si strinse per un attimo.

Suonò di nuovo, con un po' più di insistenza. Gettò veloce uno sguardo a destra e sinistra e poi, non vedendo cosa altro potesse fare, buttò la porta giù.
Non aveva più tempo per giocare e se qualcuno lo aveva mandato lì, doveva essere importante.
Ci vollero tre spallate poderose, inferte a denti stretti per resistere al dolore, per farla saltare dalla guida: si aprì cigolando, con un colpo secco.
L'interno era un buco maleodorante e ingombro di sporcizia, pareva una tana di un accumulatore seriale, c'era caos ovunque.

Facendo attenzione entrò con la zampa sulla pistola, per sicurezza. E per lo stesso motivo si annunciò e chiese se ci fosse qualcuno. La sua voce si spense subito, senza risposta.
L'ambiente era tutto lì, perciò escluse che qualcuno potesse essere nascosto all'interno e dopo un'occhiata al bagno più piccolo che avesse mai visto in vita sua, ne fu certo. Allontanò la mano dall'arma e ispezionò l'area, confuso su cosa potesse mai trovare lì e arrabbiato con sé stesso per aver creduto ad messaggio anonimo.

Si accorse immediatamente del piumone squarciato e dell'imbottitura sparsa un po' ovunque, ma in quel caos non era di certo la cosa più strana, perciò non ci fece caso: quello che lo interessò, tra tutto il ciarpame, era il volantino di una pizzeria un po' stropicciato poggiato sul divano letto aperto e sfatto, con noncuranza.
Lo prese e lo studiò, sorpreso nel trovare una fitta serie di parole nel retro, segnate e risegnate, cancellate, per poi trovare in fondo, in una grafia diversa, la scritta 'Zootopia'.
Ma la prima grafia era indubbiamente di Hopps. Aveva letto troppe volte i suoi zelanti rapporti dei casi per non riconoscere le sue lettere tondeggianti.
Era un indizio? Un messaggio per lui?
No, Hopps non sapeva di certo che sarebbe arrivato. Ma era sicuramente stata lì.

Uscì dall'appartamento come una furia, veloce come non era mai stato prima e si guardò di nuovo attorno, trafelato; non c'era nessuno. Scattò in avanti per la via, nella direzione inversa in cui era arrivato, seguendo un istinto, forse, qualcosa che il suo subconscio aveva già inteso prima di lui.
Il suo sguardo angosciato si posò su un puntino candido in lontananza e qualcosa scattò nella sua mente.
Ridusse la distanza in un attimo, anche troppo per un bufalo di quarantacinque anni che si lamentava in continuazione degli acciacchi, ma l'adrenalina gli scorreva nelle vene e non vedeva che quel punto bianco di cotone diventare grande, sempre più grande via via che si avvicinava.
La pistola era già nella zampa, ma razionalmente non sapeva quando l'avesse presa.

Ferma, Wilde!”

Il cotonoso batuffolo si congelò dalla paura, incapace perfino di girarsi ad affrontarlo.
In un secondo un paio di occhi viola e grandi, pieni di risoluzione e sfida, lo fronteggiarono con rammarico, insieme al foro di una pistola.
Judy Hopps stava puntando l'arma contro il suo capitano.
Non l'aveva nemmeno vista arrivare, non sapeva nemmeno da dove fosse spuntata, non c'era un attimo prima, ma in quel momento era tra lui e Wilde, ritta in tutti i suoi novanta centimetri scarsi, orecchie escluse, con la sua pistola di ordinanza puntata dritta sulla sua faccia.

Hopps” riuscì a dire e il suo tono poteva dirsi sorpreso quanto confuso. E anche enormemente sollevato nel vedere la sua agente sana e salva.
La palla di cotone si mosse appena e voltò la testa e Bogo riuscì a vedere tra le cuciture mal fatte lo sguardo colpevole e impaurito di Wilde.
Non guardava lui, era fisso sulla piccola coniglietta che gli faceva da scudo.

Hopps, abbassa la tua pistola!” ordinò Bogo, riprendendo compostezza.
Nick è innocente, capitano” rispose Judy, la voce deferente in contrasto con le sue azioni. Le sue zampe non vacillarono nemmeno per un attimo dalla posizione.
Nick? Ti sei lasciata coinvolgere?”

La domanda suonò come un'accusa alle lunghe orecchie di Judy, ci sentì dentro accuse sporche che non venivano da Bogo, lo sapeva, ma dai pregiudizi di Zootopia.
Non è come sembra.”
Gli hai tolto il collare!”
Nick è innocente!” ripeté convinta, quasi rabbiosa. Disperata.

Non sembrava nemmeno la stessa Hopps con cui aveva parlato la mattina prima. Poteva essere stata plagiata fino a quel punto? Conosceva gli effetti della Sindrome di Stoccolma, ma non poteva essere scattata così in fretta... o sì?
Tanto da gettarsi davanti alla sua pistola per proteggere Wilde col suo corpo? Non da proiettili sedativi o altro, ma da proiettili veri, che penetravano la carne da parte a parte, mortali.
E Hopps lo sapeva bene.

Abbassa la tua arma e parliamone, allora” propose come ultima risorsa, se poteva convincere la sua poliziotta a collaborare.
Conosco il suo tono da mediatore, non funziona come me. Io e Nick adesso ce ne andiamo.”
Non scappare, Hopps, non costringermi a spararti.”
Non mi costringa a farlo per prima, capitano.”

Nick era pietrificato. Osservava senza nemmeno respirare lo scambio tra i due poliziotti, lo scontro tra due parti nel giusto, eppure diametralmente opposte.
Sentiva la sua fine vicina, sempre più vicina, e voleva solo scappare e nascondersi per sempre.
Ma era pronto ad arrendersi per salvare Judy.

Fece un passo in avanti, la pistola di Bogo si sollevò su di lui, per istinto, e Judy reagì immediatamente alla minaccia: una detonazione riempì l'aria e il capitano indietreggiò di un passo, sorpreso.
Un dardo scintillava nel suo collo nerboruto, piccolo ma nocivo.
Nell'unico secondo di lucidità prima che le pupille si dilatassero, i suoi occhi mostrarono stupore e amarezza, poi la pistola cadde a terra dalle zampe molli e il corpo massiccio seguì con un tonfo.

Il sedativo non era forte abbastanza da addormentare uno della sua statura, sarebbe rimasto cosciente, ma lo avrebbe intorpidito e rallentato quel tanto che bastava alla loro fuga.
Judy non riusciva a distogliere lo sguardo dall'unico suo occhio visibile, confuso e arrabbiato; la mano con la pistola era mollemente al suo fianco, l'altra zampina sulla bocca, sconvolta lei stessa dal suo gesto.

Mi dispiace, capitano. Mi dispiace.”

Lo mormorò come una nenia, per alcuni istanti. Poi la zampa di Nick la prese per un polso e iniziò a portarla via, quasi di peso.
Uscì dal suo stato di trance quando erano già distanti qualche metro e lei si voltò verso di lui, rapidamente.

Andiamo a prendere le prove! Glielo giuro, capitano. Torneremo con le prove!” urlò con tutta l'aria dei piccoli polmoni.
Divenne un piccolo puntino, sempre più piccolo.

Mi dispiace!” fu l'ultima cosa che Bogo sentì prima che sparissero dalla sua vista, lasciato lì a fissare un pezzo di strada e uno di cielo, entrambi sfocati.




Note:
Buona sera a tutti.

Nuovo capitolo e finalmente le due parti della storia hanno un punto di contatto, anche se breve e intenso: capitano e sua sottoposta si tengono sotto tiro e infine Judy spara a Bogo. Se avete notato lei ha ancora la pistola a sedativi, mentre il capitano ha proiettili veri; diciamo che ho pensato che generalmente hanno quelle a sedativi o a taser, ma che in casi speciali e pericolosi, come questo, vengano attrezzati con proiettili veri. Judy ha reagito per prima, ma io non credo che lui avrebbe mai sparato davvero, non vuole far loro del male.

La pista è fresca e sembra promettente, adesso ai due fuggiaschi tocca vedere dove li porterà.

Alla prossima, vi abbraccio forte, fortissimo.


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Capitolo 13
*** A step further ***


Sahara Square era dall'altra parte di Zootopia.
Chilometri e chilometri di strada e poi sabbia rovente da percorrere.
Senza un mezzo di trasporto, rivestito di un pesantissimo costume di imbottitura di piumone e trascinandosi dietro una coniglia in piena crisi di identità, Nick pensò che probabilmente non sarebbe mai arrivato vivo alla meta e di certo non in tempo per sventare qualsiasi piano malvagio stesse per prendere atto.
Sarebbe morto prima per un colpo di calore o un malessere e almeno tutta quella storia sarebbe finita, pensava, e lui non avrebbe più dovuto preoccuparsi di nulla.

Judy Hopps, tosta coniglietta dal sogno nel cassetto di poter dimostrare di valere quanto chiunque altro, a dispetto della sua statura e della reputazione calma della sua razza, era spezzata.
Qualcosa le si era spezzato dentro, probabilmente il suo senno, e continuava a seguire il finto montone stringendo mollemente la sua zampa, docile e infranta, mentre la testa era preda di paure e ansie della peggior specie.
Aveva sparato al suo capitano.
Aveva sparato al capitano Bogo, in pieno collo, mandandolo giù dritto in una paresi momentanea e vigile, costellata di allucinazioni probabilmente; le sue dita avevano reagito di propria volontà, quando lo aveva visto sollevare la sua pistola, pistola con proiettili veri, contro Nick: non avrebbe potuto permettere che gli sparasse, che lo uccidesse, senza fare niente.
E così il grosso bufalo si era accasciato ai suoi piedi, inerme, facendo tremare il terreno sotto la sua possente mole.
Quell'occhio attento, arrabbiato e sprezzante, l'avrebbe perseguitata per sempre.

Non era possibile che il capitano stesse male per il sedativo, continuava a ripetersi, era grande e una piccola dose lo avrebbe solo stordito per un po', si sarebbe solo risvegliato con un cerchio alla testa e un lieve capogiro, per certo.
Il peggio sarebbe arrivato dopo: Bogo avrebbe sicuramente dato loro la caccia con furia maggiore e rabbia, implacabile e instancabile, senza più remore o favori e una volta trovati li avrebbe gettati nella cella più oscura, gettando via la chiave. Chissà che non li punisse anche per ciò che avevano osato fargli. E loro non avrebbero mai trovato le prove per scagionarsi, era tutto vano, vano, sarebbero morti provandoci o tacciati per sempre come assassini e pazzoidi.
Nemmeno lei, una preda, avrebbe ormai potuto sperare nella clemenza, dopo aver preso così spudoratamente e accanitamente le difese di un predatore.
Se solo avesse potuto spiegare e far capire a quella dannata città quanto sbagliavano sui predatori.

Nick si fermò di colpo e Judy gli andò a sbattere contro, contro la lanugine finta e morbida, con un tonfo sorpreso.
Carotina, stai bene?” domandò premuroso, voltandosi a guardarla.
In un'altra occasione Judy avrebbe riso degli occhi preoccupati sotto l'enorme testa di riccioli di poliestere, ma in quel momento rimase congelata a fissarli, in stato catatonico.
Nick le poggiò una zampa sulla spalla e la scosse piano, chiamandola ancora.

Judy, tu mi hai salvato” disse infine, e il suo tono caldo di gratitudine incrinò appena la sua apatia.

Ricominciò a camminare, trascinandola ancora, ma Judy fu un po' più collaborativa e strinse la sua zampa con un po' di vigore.
Tu mi hai salvato e non parlo solo di poco fa, col tuo capitano. Mi hai seguito e mi hai spronato e mi hai sostenuto, mi sei rimasta accanto nonostante fosse pericoloso e folle e-” prese un respiro profondo, incerto lui stesso su cosa volesse dirle davvero.
Grazie, Judy” tagliò corto, e la presa di lei si fece più forte per un istante.
Sono sicuro che riusciremo a trovare le prove e che il tuo capitano capirà. Ce la faremo, ne sono convinto” aggiunse incoraggiato e incoraggiante.

Judy accelerò il passo e lo affianco, le spalle più indietro e il mento in alto, e lasciò andare un grosso sospiro; sollevò lo sguardo e gli lanciò un timido sorriso di scuse.
È già molto tardi, e Sahara Square è molto distante, dovremo prendere un passaggio” esclamò più baldanzosa, indicando con un cenno della testa davanti a loro.
L'integerrima poliziotta stava indicando una lunga fila di macchine in sosta.
E ormai Nick aveva capito l'antifona e non le disse la solita battuta, non era più il caso: avrebbero preso in 'prestito' una vettura e l'avrebbero aggiunta alle cose da mettere a posto una volta che fosse tutto finito, in coda a tutte le altre.

Judy forzò la portiera con pochi gesti calcolati e si inclinò sotto al volante, armeggiando con fili e cavetti, con una maestria dubbia; già una volta Nick aveva avuto l'impulso di chiederle dove avesse imparato cose del genere, perché era certo che non lo insegnassero all'accademia di polizia.
O forse sì, per quello che ne sapeva lui.

Mia sorella Charlene è un meccanico” la sentì dire con tono attutito, assorta nel suo compito, come se gli avesse letto nella mente. “E mio fratello George una volta ha forzato la porta di casa, era rimasto chiuso fuori e quella sera era uscito di nascosto e aveva bevuto birra di manioca fino a stare male, ma ovviamente è stato scoperto e si è fatto tre settimane di punizione a raccogliere ortaggi nei campi. Comunque poi ha insegnato a tutti noi come aprire le serrature, per gioco, anche se ognuno di noi poi l'ha usato per scopi diversi.”
Il motore partì con un ruggito possente e Judy si sporse un po' per mandargli un sorriso al contrario.

Avere 275 fratelli e sorelle può essere una seccatura durante le feste, ma ha una sua utilità, come vedi, impari le cose più disparate.”

Nick boccheggiò sotto il costume, ma lei non poté vederlo. Il solo pensiero di avere 275 fratelli era inconcepibile per la sua mente di figlio unico, casa Hopps doveva essere una bolgia, una stazione piena in cui non si poteva mai essere da soli, nemmeno per un attimo; però, non poté fare a meno di chiedersi, chissà quando dovesse essere bello avere sempre qualcuno con cui parlare, qualcuno da abbracciare, qualcuno di famiglia.
Un posto pieno di affetti in cui poter ritornare, sempre, a prescindere da tutto.
Judy lo stava guardando con attenzione, colpita dal suo mutismo, incerta.

Guido io, carotina, fai posto” le disse con sussiego, facendole un gesto con la zampa.

Partirono con uno spunto incerto, poi la macchina prese velocità e si allontanarono di gran carriera, con solo poche incertezze da parte di Nick.
Judy sedette rigida e in silenzio per gran parte del tragitto, ma attenta alla strada e a Nick, anche lui quieto e vigile.
Provò a fare mente locale, quello era lo stesso Nick che ventiquattro ore prima l'aveva fatta guidare verso Tundra Town, che non sapeva come fare, mentre in quel momento eccolo lì a prendere il coraggio e provarci, dopo aver fatto pratica quando l'aveva salvata da Koslov, e tutto sembrava così diverso, nonostante fosse passato così poco tempo.
Nick era diverso. E lei era diversa. E le cose tra di loro erano diverse.
E forse anche Zootopia era diversa, o forse lo era sempre stata e lei se ne era accorta solo grazie a tutto quello.
Cosa sarebbe successo una volta che tutti avessero scoperto quanto marcio e quanto ingiusto fosse il loro mondo?
Cosa sarebbe successo dal giorno dopo in poi?
A Zootopia, ma soprattutto a loro due?
Sentiva un'inquietudine crescere, come un presagio appollaiato sul cuore, che non la faceva respirare a fondo.

Il tragitto fu relativamente corto e arrivarono al confine con Sahara Square facilmente, il traffico ancora molto lieve: probabilmente nella sera si sarebbe intensificato, ma c'erano ancora molte ore prima delle celebrazioni e fortunatamente ancora pochi controlli.
Sahara Square era torrido, torrido da morire.
L'aria condizionata non partì immediatamente e Nick, ingabbiato nello spesso costume, era infradiciato di sudore già molto prima di poter vedere da lontano la sagoma del Tree Palm hotel stagliarsi contro l'orizzonte.
Lasciarono la macchina poco distante, certi che il proprietario avrebbe avvisato la polizia in poco tempo del 'furto', se non l'aveva già fatto, e percorsero l'ultima parte a piedi, cercando di non dare nell'occhio.

L'hotel era enorme, un grattacielo di acciaio, pietra e vetro che pareva ancora più alto in mezzo alla piattezza del deserto: la sua forma poi lo rendeva iconico, tutti conoscevano la gigantesca palma scintillante nel sole, svettante verso il cielo.
Essendo l'hotel più prestigioso e lussuoso, era normale che fosse sempre molto frequentato, ma in quei giorni, a causa delle celebrazioni, molti mammiferi erano arrivati dagli angoli più remoti, occupando quasi tutte le stanze disponibili; c'era un gran via vai alle porte, che li fece ragionare per la prima volta su un particolare a cui non avevano seriamente pensato prima: come sarebbero entrati, senza dare nell'occhio?

Rimasero bloccati a rimuginare all'angolo del palazzo, cercando vano refrigerio all'ombra, osservando attentamente attorno.
C'erano ancora poche guardie in giro e ancor meno poliziotti, ma Judy era purtroppo abbastanza conosciuta per alcuni clamorosi arresti fatti e il travestimento di Nick non avrebbe ingannato nessuno una volta oltrepassate le porte; una volta tolto poi, tutti avrebbero riconosciuto il muso del ricercato numero uno del momento.
Come poter entrare indisturbati?
Tra le varie opzioni c'era intrufolarsi nelle cucine, ma erano entrambi certi che anche quei locali fossero pesantemente sorvegliati, per non rischiare avvelenamenti o manomissioni del cibo a cinque stelle.

In quel momento arrivò un piccolo furgoncino bianco, candido e immacolato, con un logo sul fianco a cui non prestarono davvero attenzione: furono invece attratti dal fattorino che spalancò le portiere posteriori, rivelando un numero eccessivo di valigie, dalle dimensioni notevoli; Judy sarebbe entrata facilmente anche nel beautycase, ma erano comunque così grandi che anche Nick avrebbe trovato comodamente posto in una qualsiasi delle più piccole.
L'unico problema era: come arrivarci?
Judy voltò il capino a destra e a sinistra con frenesia, saltellando appena sul posto. Le serviva un'idea, un'idea al volo.
La mente era un completo foglio bianco.
Saltellò sempre più freneticamente, il respiro corto.
E nel panico che la avvolgeva, l'unica idea fu un'idea stupida.
Ma era appunto l'unica idea.

Coprimi un po' con quel pelo finto” ordinò a Nick, cercando di nascondercisi dietro.
Lui obbedì e si accorse che lei trafficava incerta con la zip del giubbino leggero, ma forse sussultava per l'adrenalina.

Quando te lo dico, tossisci forte, ok? Un rumore improvviso e forte” aggiunse Judy, sistemandosi meglio alle sue spalle.
Nick era un po' confuso, forse aveva capito cosa lei volesse fare, ma non ebbe il tempo per farle domande o fermarla, perché lei gli diede il segno vocale: Nick tossì forte, il suono si amplificò grazie alla testa di imbottitura, ma riuscì a sentire la lieve detonazione che i batuffoli di poliestere non riuscirono ad attutire completamente.

Un flebile barrito riempì l'aria rovente e contemporaneamente sentì un tremolio sotto le zampe e Judy urlare ancora nascosta alle sue spalle:
Cielo, quell'elefante si è sentito male, aiuto!”
Tutti i mammiferi riversi in strada e anche quelli nella hall dell'hotel si allertarono immediatamente, correndo tutti verso il pachiderma appena caduto al suolo, chi chiamando un'ambulanza, chi cercando di prestare immediato soccorso.

Il pachiderma era riverso al suolo, ma ancora cosciente, l'enorme mole avrebbe smaltito e trattato il sedativo della pistola di Hopps come un lieve capogiro e debolezza degli arti per un'ora al massimo.
Judy comunque non era fiera di quello che aveva fatto.
Prese la zampa di Nick e lo trascinò di corsa verso il furgone, approfittando del parapiglia, mormorando sotto voce:

Gli manderò un cestino di fiori. Anche di frutta. E ci aggiungerò dei palloncini” ripeté a mo' di scuse, per calmare il suo animo colpevole.


C'era una grande confusione. Dentro, intorno, fuori.
Ad un certo punto le luci si erano mescolate una con l'altra, i suoni si erano accavallati uno sull'altro, la mente sembrava una luce ad intermittenza, portandolo da un mondo di oblio ad una leggera coscienza confusa e nauseante.
Hector Bogo odiava non avere pieno controllo di sé e nelle sporadiche prese di coscienza odiò il mondo con ancora più intensità di quanto non facesse solitamente; nel delirio iniziò ad odiare anche Judy Hopps, e lei era quella che tollerava di più, il che era tutto dire.
Aprì gli occhi su un soffitto luminoso tanto da essere asettico, e rimase qualche attimo a guardare un lieve sfarfallio in una delle lampadine.
Dio, odiava anche quello.

Non abbiamo tutto il giorno, bell'addormentato” sbraitò una voce sgradevole alla sua destra.
Torse appena la testa confusa e posò lo sguardo sul grugno di Sirbon, impalato lì di fianco insieme a Wart e Sus, tutti e tre con a stessa identica espressione di sufficienza.
Ora, risvegliarsi in quel modo era già abbastanza per renderlo di malumore perennemente, senza mettere in conto ciò che era successo prima.

Era incosciente in mezzo alla strada” lo informò Sirbon con sgarbo, come se lui già non lo sapesse.
Ovviamente però il facocero voleva sapere il perché.

Bogo riuscì a frenare il forte senso di nausea quel tanto da mettersi seduto, così da poter torreggiare sui membri della T.U.S.K.; era nell'infermeria della centrale, riconobbe i muri bianco sporco e la macchia scura sul pavimento che tutti si erano domandati almeno una volta se fosse o no sangue rappreso.
Respirò a fondo un paio di volte, pesantemente.

Hopps mi ha sparato un tranquillante” sputò fuori, digrignando i denti al vedere i loro brutti musi aprirsi in un ghigno.
Si trovò a dover spiegare controvoglia tutto quello che era successo, le zampe strette a pugno, e lo sguardo spaventato e tuttavia deciso di Hopps gli balenò alla mente più e più volte, tormentandolo.

Sirbon grugnì di perversa soddisfazione, tronfio e ancora più odioso del solito.
La poliziotta è complice, ma lo sapevamo già” disse, con sufficienza, tirandosi su la cintura.
Bogo avrebbe potuto provare a difenderla, a dire che probabilmente era soggiogata o che le avevano fatto il lavaggio del cervello, ma il mal di testa e il senso di pressione dolorosa nelle orbite degli occhi non gli rendeva facile provare compassione o empatia verso chi gli aveva sparato in pieno collo, plagiata o meno.
Avrebbe seguito Wilde e Hopps con così tanta dedizione che avrebbero dovuto guardarsi le spalle anche da loro stessi e una volta presi non era certo di cosa gli avrebbe fatto.

Un telefonino trillò nel silenzio e Bogo si accorse solo dopo qualche attimo che la suoneria era la sua e frugò con fastidio nelle tasche finché non lo trovò, portandolo all'orecchio.
Hector!”
Giselle? Cosa-” rispose preoccupato per il torno allarmato di lei.
Lo sa che ore sono? Ho provato a chiamarla almeno dieci volte, che è successo?”
Bogo corrugò la fronte nel suo solito cipiglio e scostò appena in telefono per osservarlo con un'occhiata attenta e osservare l'orario.
Erano le cinque e un quarto, notò con orrore.
Era in ritardo per il suo servizio d'ordine all'hotel di un'ora e quindici minuti. Inqualificabile.
Avrebbe messo anche quello sul conto di Hopps.

Riportò in fretta il telefono all'orecchio, preparandosi alle scuse.
Giselle, sono mortificato, io-”
Hector. Corra qui, senza altre scuse. Il sindaco è fuori di sé e ha maltrattato il povero Lionheart malamente, solo per averle portato il tè troppo caldo. Corra qui o non credo che risponderà più di sé!”
Bogo riuscì a sentire tutta l'urgenza e la preoccupazione di Swinton, anche da così lontano, ma il pensiero di Wilde e Hopps, di doverli seguire dopo averli avuti così vicini, rendeva il pensiero di lasciare tutto più difficile.
Avrebbe dovuto lasciare tutto nelle mani della T.U.S.K. e non poteva non pensare che qualsiasi rabbia o remore avesse per la sua sottoposta, non meritasse comunque un destino simile.
Avrebbe però osato disobbedire ad un ordine diretto del sindaco?

Le dica che sto arrivando” soffiò fuori con rassegnazione, suo malgrado.
Grazie, Hector” fu la replica soddisfatta della maialina.

Chiuse con più stizza di quanto avesse voluto mostrare a quei maledetti e si affrettò ad alzarsi per lasciare la stanza.
Ci penseremo noi a Wilde e alla sua poliziotta, capitano” esclamò a sfregio Sirbon mentre lui si dirigeva verso la porta senza far trapelare il capogiro che ancora lo scuoteva.
Ah, e quasi dimenticavo: Clawhauser è scappato portandosi dietro Finnick Fox, ci occuperemo anche loro, data la sua incompetenza” sibilò minaccioso, un tono sadico che pregustava chissà quali propositi.
Bogo si congelò con una zampa sulla maniglia e non poté fare a meno di lanciare un'occhiata indietro, sorpreso.
Clawhauser era evaso? Come- quando-... poteva credergli o era solo una scusa per coprire qualche brutale delitto commesso contro il pacioccoso ghepardo, al fine di insabbiare tutto?

Aprì la porta e sparì oltre l'uscio, chiudendola con un colpo secco.
Stava tutto scivolandogli dalle zampe, e tra quello che voleva fare e quello che doveva fare ormai c'era un abisso enorme.
Poteva scegliere da quale parte saltare?

Il telefonino vibrò brevemente e Bogo lo controllò con sorpresa.
Un messaggio dal 'cappellaio matto', come lo aveva ribattezzato.

Coraggio, capitano, i pezzi sono quasi tutti al loro posto. Presto sarà tutto finito.”
Il messaggio forse voleva essere in qualche modo incoraggiante, ma risultò invece come un orrido presagio.

Bogo stava per rispondere in malo modo, quando un'idea gli balenò nella mente ancora mezzo annebbiata.
Digitò in fretta, come se temesse di perdere quel pensiero se non lo avesse buttato giù.

Clawhauser?”

Attese con uno strano magone, nel corridoio deserto, un lieve batticuore sottopelle.
Il telefonino vibrò di nuovo, Bogo lesse la risposta e si allontanò a grandi falcate, lasciando la centrale, una fretta indiavolata che lo animava.


Note:
Buona notte a tutti.

Sono tornata, non vi abbandonerei mai.

Siamo quasi in dirittura d'arrivo, ma questo non vuol dire che non ci siano ancora tante cose da dire, anzi! I nostri stanno per infiltrarsi, andrà tutto bene? Bogo è fuori di sé e sta per raggiungerli senza saperlo. E Ben è alla macchia con Finn! Vecchio e scaltro ghepardone. Avete capito come è scappato? 

Vi abbraccio forte, al prossimo capitolo!


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