Il libro delle crepe

di DPTS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La foresta ***
Capitolo 3: *** Albero 473 - dolore - Albero 490 ***
Capitolo 4: *** albero 730 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

I suoi occhi si appannarono, e gli apparve davanti agli occhi: per un breve istante vide un teschio, ma poi mise a fuoco una ragazza, sorridente. aveva gli occhi azzurri, i capelli rossi ed un sorriso bianchissimo. Dire che era la ragazza più bella che avesse mai visto era riduttivo. In lei c'era qualcosa che gli faceva ribollire il sangue... era una sensazione strana. Era come se il suo cervello gli urlasse di fuggire, ma una parte di lui era stranamente ed ossessivamente attirata da lei. Lei si limitò a guardarlo, sorridente.
«Sei sicuro?» gli domandò. Lui non rispose. Non ce n'era bisogno, non con lei.
La fissò a lungo negli occhi, ma poi distolse lo sguardo. Nei suoi occhi, così azzurri da sembrare di ghiaccio, poteva vedere riflessa la sua vita... e non era qualcosa che gli piacesse osservare. Diede un'ultima occhiata. La prima volta in cui si era confessato, la prima sgridata di sua madre, le offese, la cattiveria dei suoi amici e parenti... Era inutile. Non riusciva a pensare neanche ad un solo bel ricordo legato a quella vita. Guardò la ragazza, che sorrideva ancora. Era un'offerta così allettante...

Prese il coltello in mano, e lei si inginocchiò davanti a lui. Lentamente, si incise le vene delle braccia. Non sentì quasi dolore. Mentre il sangue gocciolava, lei posò una mano sulla sua guancia, e appoggiò la fronte sulla sua. Erano così vicini che lui si accorse che lei non stava respirando. "Era ovvio" pensò "cosa mi aspettavo?". Come se gli avesse letto nel pensiero, lei scosse la testa, divertita. Il sangue continuava a cadere. Faceva un bel contrasto con il bianco delle mattonelle. Lentamente, formava dei piccoli ghirigori sul pavimento, ma lui non ci fece caso. Era impegnato a guardarla, negli ultimi momenti che gli erano rimasti.

Era così bella...

Ma scorse qualcosa negli occhi di lei. Un piccolo, importante ricordo, che lo fece sorridere mentre una lacrima solitaria gli rigava il volto. Lei si portò ancora più vicino a lui e lentamente, lo baciò. Fu come essere spezzato a metà, ma non fece male. Chiuse gli occhi, ma le strinse la mano.

Lei lo condusse via, per sempre.

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Capitolo 2
*** La foresta ***


La Foresta

Spalancò gli occhi in una foresta di betulle, rade ed altissime, senza la più pallida idea di come ci fosse arrivato. Ai suoi occhi le immagini arrivavano quasi sfocate, come se il paesaggio fosse immerso nella nebbia, ma allo stesso tempo era tutto troppo chiaro e lucido per essere vero. Tossì e sputò per terra un paio di volte: si sentiva la bocca impastata, e un formicolio al basso ventre, che gli riportò alla memoria la piacevole sensazione di essere stato spezzato dalla morte. Si accorse di avere un libro ai suoi piedi. Lo raccolse, passò una mano sopra la pelle ruvida della copertina, e lesse il titolo: "Il libro delle crepe". Lo aprì alla prima pagina, e sgranò gli occhi: nel libro c'era scritta tutta la storia della sua vita, completa dei suoi pensieri più intimi e segreti. Sfogliò tutto il libro, terrorizzato ma anche ipnotizzato da quella scoperta, e vide che non era stato risparmiato neppure un dettaglio. Dentro di lui, si mescolavano tra di loro sensazioni che non aveva mai provato prima. Ogni pagina gli faceva rivivere chiaramente periodi e situazioni già vissute, come un film spietato che lo faceva a pezzi per esaminarlo con la freddezza di un chirurgo. Si sentì improvvisamente nudo e vulnerabile, ed esausto chiuse il libro. Era svuotato, e si dovette sedere contro una betulla per calmarsi e cercare di liberare la mente. Mentre il suo respiro si normalizzava, cercò di fare il punto della situazione: Tutto questo non aveva dannatamente senso. Era morto, se lo ricordava, aveva rivissuto quella vicenda tramite il libro, quindi cosa ci faceva in quel posto? Era forse questo l'aldilà? Una stupida foresta di betulle ed un libro con la storia della sua vita? No, non poteva crederci. mentre formulava questi pensieri, gli venne un'idea: riaprì il libro, e andò all'ultima pagina scritta. Non potè nuovamente credere a quello che vedeva: Mentre pensava, nel momento preciso ed esatto in cui un pensiero sfiorava la sua mente, gli appariva scritto sotto gli occhi, e non poteva fare nulla per fermarlo. Non riusciva a rimanere lucido, perché tutto quello che pensava lo leggeva in contemporanea, e tornava a ripetersi sul libro poiché lo pensava di nuovo, e anche il suo tentativo di stare dietro a questo processo veniva meccanicamente e lucidamente registrato e scritto sul libro. Esasperato, distolse lo sguardo, e tentò di riordinare il disastro che aveva in testa. Aveva paura, voleva liberarsi di quella maledizione e scappare, ma non sapeva come. Lasciò il libro sotto la betulla e corse via, per cercare di salvarsi, ma dopo pochi metri si fermò, incapace di proseguire oltre... E se qualcuno avesse trovato e letto il suo libro? Poteva vedere non solo tutto ciò che gli era successo, ma anche quello che gli stava succedendo in ogni momento... O era da solo in quel posto? Era così sterminato che stentava a crederci.

Raccolse di nuovo il libro, e se lo portò dietro. L'unica cosa che poteva fare era camminare dritto davanti a sé, e vedere cosa poteva incontrare. Cominciò a domandarsi se avrebbe mai trovato una fine, e se aveva fatto bene a porre fine alla sua vita, ma non riusciva a pentirsene, ed era convinto di aver fatto la scelta giusta, Anche leggerlo non lo aveva smosso da questa convinzione.

Cominciò a perdere il senso del tempo, anzi, si accorse di non avere nessun punto di riferimento per calcolarlo. Si guardò meglio intorno, studiando il paesaggio, e alzando gli occhi capì cosa lo aveva confuso all'inizio: La luce non proveniva dal cielo, che anzi era completamente grigio ed uniforme, ma sembrava provenire da tutte le direzioni, incluso sé stesso, cosa che rendeva tutti gli oggetti piatti e surreali.

Continuò a marciare per quelle che sembrarono ore, e si accorse non sentirsi né stanco fisicamente né affamato, ed immaginò fosse abbastanza ovvio, per un morto.

Cominciò a contare gli alberi per capire quanta strada stesse facendo, e notò che la corteccia delle betulle era tutta rovinata, come se fossero stati alberi secolari, e sopra alcuni sembrava che qualcuno ci avesse inciso qualcosa… un brutto segno.

Non era solo.

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Capitolo 3
*** Albero 473 - dolore - Albero 490 ***


Albero 473

 

Gli alberi si erano susseguiti rapidamente, ma gli avevano dato tempo per pensare alla situazione in cui si trovava. Forse era stata la morte a dargli una prospettiva diversa, ma ora che era libero dalle preoccupazioni di tutti i giorni si sentiva desideroso di pensare alla vita, quella che aveva vissuto e il suo significato in generale.

è assurdo pensò mi sento come se avessi sbagliato qualcosa, ma per quanto ci pensi non riesco a capire cosa… certo, mi sarei potuto risparmiare qualche stronzata, ma nel complesso ho vissuto la mia vita nel miglior modo possibile.

Aveva quasi perso il conto, immerso nei suoi pensieri, ma per fortuna aveva cominciato a fare un segno sulla corteccia di ogni quindicesimo albero, così tornò indietro all’ultimo albero segnato e riprese a contare “465… 466… proseguì.

Poco lontano scorse qualcosa che attirò la sua attenzione: c’era una roccia, una ventina di alberi più in là, che sembrava scavata al centro. Accelerò il passo, e quando vi si trovò davanti vide qualcosa che lo confuse: dentro la roccia era stata scavata una nicchia, come un piccolo altare, dentro cui si trovavano alcune pagine strappate. Sopra, incisa nella pietra, c’era una scritta: “Dolore”.

Preso dalla curiosità, raccolse le pagine, e si accorse del fatto che erano straordinariamente simili a quelle del suo libro. Non resistendo oltre, cominciò a leggerne il contenuto.

 

Dolore

 

“Una lezione priva di dolore non ha valore. Perchè, senza sacrificio, l’uomo non può ottenere nulla”

Il dolore mi ha aperto al mondo.

Nonostante mi abbia spezzato, mi ha ricostruito, più e più volte, e mi ha fatto vedere la bellezza del mondo. Ho sperato più volte che i miei sentimenti sparissero, venissero annientati dal tempo, ma non è mai successo, sono sempre risorti più forti di prima.

Il vuoto che mi ha lasciato dentro mi ha permesso di capire le persone, di condividere il loro dolore e la loro sofferenza. Forse, la sua oppressione ci rende tutti simili, e capaci di rifletterci negli altri. Ho potuto apprezzare molte persone, che mi hanno aiutato perché mi comprendevano.

Come fa qualcosa di così freddo a scaldarti l’anima? Perché è così facile crogiolarsi dentro di lui? Quando tutto è andato male, il dolore è un vecchio amico che torna a trovarti, una base conosciuta per ripartire da capo, ancora ed ancora.

Il dolore mi ha reso un sognatore. Mi fa sognare vite e mondi diversi, cammini paralleli e futuri ignoti. Grazie a lui, con la mente costruisco città e palazzi, e seguo la vita che mi costruisco, perché so che è quella giusta. Mi ha fatto capire che sono io il comandante del mio destino, e nessuno può dirmi cosa sarò o dovrei essere. Ho imparato a scrivere questi sogni, condividerli con quelli che reputavo degni.

Il dolore mi ha insegnato tanto.

Mi ha insegnato che fa male lottare per qualcosa, ma che ne vale la pena se è qualcosa di importante. Mi ha insegnato ad alzare la voce ed impormi, quando era giusto farlo e non potevo più sopportare qualcosa. Mi ha insegnato a lasciar perdere. Mi ha insegnato a distinguere il bene dal male, e a scegliere le mie battaglie. Mi accompagna da quando sono nato, e svanirà con me.

Tutto quello che ho, viene dal dolore, e non potrebbe esistere senza di lui, così come non posso farlo io.

Il dolore mi ha reso libero.

“Non si impara nulla da una lezione senza provare dolore, proprio come non puoi guadagnare senza sacrificare qualcosa in cambio. Ma, quando superi il dolore e impari la lezione, ottieni in cambio un cuore forte ed insostituibile… un cuore d’acciaio.”


Albero 490

Era ancora confuso da quello che aveva appena letto, quindi lo rilesse un paio di volte.

Era una specie di poesia, pareva, che lo colpì in modo particolare. C’erano molte cose che non condivideva, ma coglieva un senso profondo.

Tuttavia, non riusciva a capire. Cos’era?  Cosa ci faceva lì? Perché quelle parole risuonavano nel suo animo come profondi rintocchi?

Cosa poteva significare quell’altare, e chi l’aveva costruito? “maledizione!” urlò, rivolto al cielo, o a chiunque potesse essere in ascolto “Da quando sono qui, non faccio altro che farmi domande a cui non ho risposte! sono stufo! qualcuno mi parli, qualcuno mi dica cosa cazzo ci faccio qui!

Nessuno rispose al suo grido.

Scosse la testa, stringendosi nelle spalle, e riprese a camminare, contando gli alberi.

 

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Capitolo 4
*** albero 730 ***


Albero 730

 

Non pareva esserci nient’altro, oltre l’altare che aveva incontrato più di duecento alberi prima, ed il paesaggio si succedeva monotono, come al solito.

La cosa che odiava di più era il silenzio. Non potendo concentrarsi sui suoni circostanti, che erano quasi inesistenti, era costretto a pensare… e non era qualcosa che gli piacesse fare. Tutte le volte che cominciava a pensare, e la sua mente vagava libera, era costretto ad affrontare tutti i suoi problemi, che pure ora sembravano lontanissimi, ma lasciavano sempre segni indelebili nella sua testa.

Calcolò che arrivato a questo punto avrebbe dovuto avere fame, sete, o quanto meno sentirsi le gambe pesanti, ma non riusciva a sentire niente a parte il rumore dei suoi pensieri e la sensazione di formicolio allo stomaco, dove si era spezzato. Immaginò nuovamente che fosse ovvio, era morto in fondo, ma non sapeva se si sarebbe mai abituato a quella situazione. Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma aveva capito subito che non avrebbe mai assistito ad una nottata all’interno di quella foresta maledetta.

Il silenzio spettrale cominciava a farsi strada nella sua testa, scavando nella sua lucidità, e ben presto cominciò a sentire di star impazzendo. Se si fermava, il silenzio era tanto pressante da fargli sentire il battito del suo cuore.. e non era sicuro che il suo cuore battesse davvero. provò ad appoggiare una mano sul suo torace, ma si accorse presto con orrore che non c’era battito, nonostante respirasse ancora. Forse anche il respiro era più un'azione automatica che un bisogno, ma non poteva pensarci, non ora.

 

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