Elusive Seduction

di mar89giss93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2 Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3 Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4 Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5 Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6 Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7 Capitolo ***
Capitolo 8: *** 8 Capitolo ***
Capitolo 9: *** 9 Capitolo ***
Capitolo 10: *** 10 Capitolo ***
Capitolo 11: *** 11 Capitolo ***
Capitolo 12: *** 12 Capitolo ***
Capitolo 13: *** 13 Capitolo ***
Capitolo 14: *** 14 Capitolo ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo ***
Capitolo 18: *** CApitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** TO BE CONTINUED ***



Capitolo 1
*** 1 Capitolo ***


È bello svegliarsi presto, fare un po’ di jogging con la musica nelle orecchie che mi sprona, tornare a casa e dopo una doccia rigenerante cominciare una nuova giornata di lavoro. 
Ogni mattina vesto formale, prendo la ventiquattrore e mi dirigo verso il solito bar dove ad aspettarmi c’è il mio amico, Finn Davis.
Ci conosciamo dai tempi del college, da lì la laurea insieme in economia, contro il volere di mio padre che ha sempre ribadito che l'unica strada per il successo fosse Scienze Politiche. Quanto si sbagliava! Io mi sono laureato a pieni voti e Finn ha aperto uno studio economico proprio nel New Jersey, dove svolgo la mia professione di economista.
Siamo molto diversi lui ed io: Finn è un gran donnaiolo, ha forse meno fascino di me, ma con le donne sa il fatto suo.
Biondo, classica faccia da povero cucciolo indifeso, trova sempre un buon motivo per spassarsela. Non fa che ripetermi che se avesse avuto in dono la mia faccia non avrebbe mai pagato per portarsi a letto una donna. Il solito esagerato!
Un'altra tappa, prima di raggiungere Finn, è la bancarella dei fiori della signora Gem, una donna molto simpatica.
Ogni giorno non mi lascia andare senza adagiarmi un fiore sull'occhiello della mia giacca, oggi ha scelto una piccola margherita bianca. Che donna insolita!
Finalmente arrivo al nostro solito bar.
Ecco Finn che mi attende a braccia spalancate come se stesse accogliendo un lontano parente all’aeroporto.

"Ciao Finn"
"Buongiorno Richard! Quanta eleganza questa mattina! Gem "la milf" non la smette con le sue avance! Bravo il mio allievo!"
"Per te la gentilezza non esiste, ogni gesto cortese è una dichiarazione d’amore!"
"Amico rimodernati! Le donne ormai lo fanno solo per il sesso, lo vuoi capire?"
"Alla soglia dei sessant’anni! Ma dai!" mi schiaffeggia il viso e mi dice "Appunto!!! Tu sei uno splendido bocconcino! Guarda e impara."

Tira i capelli indietro, aggiusta la giacca e si dirige a passo spedito verso la bancarella di Gem, un paio di metri lontano dal bar: "Buongiorno Gem! Sempre splendida e fresca come un fiore!" e la fiorista con tono ammiccante: "Grazie signor Davis" accompagnato da un occhiolino.

Finn è sempre il solito Latin Lover.
Fa il piacione con tutte, senza distinzioni.
Finalmente entriamo nel nostro bar di fiducia. Il profumo inebriante delle brioches e l’aroma del caffè mi risvegliano.
"Buongiorno ragazzi, il solito?" ormai la cameriera ci conosce bene. "Sì, grazie"

Ed ecco che Finn cambia immediatamente espressione si avvicina a me e sottovoce comincia a parlare. "Ehi Smith stammi a sentire, ho una bella sorpresina per te. Dobbiamo animare questo sabato sera. Sarà incredibile, tutta gente di nicchia, il top!"
"Serata chic?" 
"Che chic e chic! Serata special, fuochi d’artificio! BUM BAM!"
Questa sua espressione non preannuncia mai nulla di buono: "Cosa hai in mente?" 
"Mi hanno consigliato un localino che fa proprio al caso nostro! Esclusivo ma soprattutto hard!" 
"Tu devi essere pazzo" 
"Ma va’ fratello! Su con la vita! Non vorrai mica rimanere a casa questa sera!" 
"Certo che no! Ma non sarebbe il caso di rimanere fedeli ai nostri locali?" 
"Fratello, il brivido è l’elemento base, donne, nero, lingerie e soprattutto sesso! Capisci? S-E-S-S-O! Il nome del locale dice tutto “Elusive Seduction!”"
"Elusive Seduction?" 
"Stasera strage di donne! Prima ci incontriamo, prendiamo due cocktail per sciogliere la tua malsana diffidenza e poi via verso l'Elusive. Ah, quasi dimenticavo di dirti di portare dietro una benda, rigorosamente nera mi raccomando!"
"Una benda??? Ma sei impazzito! A cosa dovrebbe servirci una benda??" 
"Tu porta la benda, al resto ci ho già pensato io. Devi fidarti di me, in fondo non ti ho mai deluso!"

Decido di fidarmi.
Alla fine è solo una serata e forse non ha tutti i torti.
Il nostro è un lavoro ordinario, dove la professionalità è un must.
In ambito lavorativo Finn sembra tutt’altro che dedito alle tentazioni, è molto preciso, determinato, ha l’aria della persona seria e responsabile, il classico uomo casa, carriera e famiglia.
Penso ancora a questo locale, solo lui poteva propormi qualcosa del genere.
Non mi piace il brivido devo ammetterlo ma ogni tanto bisogna correre il rischio e lanciarsi dal parapetto.
Ovviamente, puntuale come un orologio svizzero, è arrivata la chiamata di mia madre, ha preparato le lasagne per pranzo, le sue origini italiane si fanno sempre sentire, con mio grande piacere.
Dopo aver pranzato con loro sono tornato a casa, nel mio appartamento, quello che Finn chiama "il rifugio dei peccatori".
Il sabato, per fortuna, lavoriamo solo metà giornata quindi ho tutto il tempo per prepararmi e per dedicarmi alla mia lettura, accompagnata da un mezzo bicchiere di scotch, il mio liquore preferito. Doccia, barba e poi subito in tiro.
So già cosa indossare, total black per questa serata “Speciale.” Camicia e pantalone rigorosamente nero pece, mi donano.
Capelli ingelatinati, scarpe allacciate e sono pronto.
Scendo, prendo la macchina e raggiungo Finn al solito bar. La benda è in tasca.
Arrivo, dopo aver parcheggiato e lo sento parlare:

"Un Japanice per me, ed uno per il mio amico"
"Hai già ordinato Finn?"
"Certo! Si parte col botto!" 
Dopo pochi minuti: "Ecco a voi ragazzi." I camerieri e il personale qui sono sempre molto efficienti.
"Allora Bello? Ti vedo spento! Cosa ti prende?"
"Niente, sono un po’ titubante."
"Dai Ice-man sciogliti! Non fare il prezioso che oggi si sfonda!"
"No, non è per quello. Sai, non sono mai stato in locali del genere!"
"Ma va’, ti divertirai un sacco! Tante donne su di te, mani ovunque, credimi non capirai più niente. Hai portato la benda?"
"Sì, tranquillo Finn, non l’ho dimenticata!"
"Grande amico! Facciamo un altro giro e andiamo. Cameriere mi scusi?"
"Sì, dica?"
"Ce ne porta altri due?"
"Arrivo subito." 
Dopo questi due drink al volo ci dirigiamo verso la cassa:
"Fermo Finn, oggi pago io."
"Ma hai già pagato la scorsa volta!"
"Voglio ringraziarti in anticipo per lo splendido regalo di questa sera!"
"Bella Rich! Adesso si che riconosco il mio allievo!"

Arriviamo all'ingresso del locale e fuori ad accoglierci c’è il bodyguard, un uomo robusto dall’aspetto tenebroso.
Con prontezza Finn gli dice: "Buonasera, abbiamo prenotato due privè"
"I vostri cognomi prego."
"Davis e Smith"
"Avete un documento?"
"Certo!"
"Accomodatevi in cassa e seguite le istruzioni del titolare."
Una voce grave ci chiama:  "Signori?" e subito io: "Dice a noi?"
"Sì, avvicinatevi per favore, vi spiego come funziona. In questo locale abbiamo delle regole: non si fuma, non ci si chiama né per nome né per cognome e soprattutto vige l’anonimato, quindi né bigliettini né numeri di telefono. Non dovete alzare la benda per nessun motivo al mondo. Ci sarà un camerino prima di arrivare in stanza, spogliatevi, bendatevi ed entrate. Una volta sdraiati sul letto, premete il pulsante alla vostra destra. Non appena lo avrete premuto le clienti donne potranno entrare in stanza. Sono stato chiaro?"
"Sì, chiarissimo." 
Il tipo mette paura più del mastino lì fuori.
La sua presenza mi stranisce e questa musica altissima rimbomba nel mio cervello, roba commerciale senza dubbio. 
Tuttavia non riesco a non togliermi una curiosità:

"Mi perdoni, solo una domanda, ma le donne di cui parla dove sono?"
"Questo locale è diviso in due compartimenti distinti e separati. I clienti uomini entrano da questa stessa entrata mentre le nostre clienti donne entrano direttamente dall’altra parte del locale. In questo modo non potrete mai incrociare lo sguardo con nessuna e potrete mantenere tutti un perfetto anonimato. Vi assicuro che tutto questo renderà la vostra serata ancora più intrigante! Ah ragazzi, dimenticavo, nel cassetto del comò ci sono i preservativi. Non si sa mai!"  il tutto accompagnato da un suo sprezzante occhiolino. "Perfetto, grazie"
Dopo averci mimato un "ok", con l'indice ci indica la strada da seguire.
Ci dirigiamo verso le nostre stanze.
Finn prima di entrare mi fa sottovoce "Spacca Fratello!"
Gli rispondo semplicemente con un mezzo sorriso ed entro in questa specie di camerino.
Indosso la benda e percorro il corridoio, toccando un po' ovunque, per non inciampare.
Entro nella stanza.
Sento con le dita la stoffa delle lenzuola posta sul materasso e mi sdraio.
Seguo le istruzioni del titolare.
Premo il pulsante sul comò.
Buio totale.
Ad un tratto, a rompere il silenzio, solo un rumore. TACCHI! 


 
 

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Capitolo 2
*** 2 Capitolo ***


Quando la confusione del presente mi assale amo smarrirmi nei ricordi del passato.
Mi piace perdermi tra le pieghe della mia infanzia, per trovare il coraggio di affrontare gli avvenimenti che mi lasciano sconvolto.
Ricordo che quando avevo cinque anni, la domenica, mia madre mi vestiva di tutto punto, per recarci insieme a messa da Padre Steward.
Io, come la maggior parte dei bambini, preferivo poltrire a letto. A nulla valeva la mia scarsa recitazione di bimbo malato.
Mia madre mi trascinava tenacemente fuori dal letto. In compenso mio padre, all'epoca, sapeva sempre come convincermi.
Ogni volta mi prometteva che al ritorno saremmo corsi verso il negozio di giocattoli “The Seagull”.
Ho sempre amato le macchine e lì vendevano dei modellini bellissimi. Ogni volta impazzivo dalla gioia!
Era una tappa fondamentale della mia infanzia, fino al giorno in cui Tilly, la malefica signora che abita al 1° piano del nostro palazzo, mi rivelò, pizzicandomi assurdamente le guance, che il proprietario, il signor Mark, era stato colto da un infarto. Per me fu un grande dolore.
Quell'uomo era parte integrante della mia vita, una specie di Babbo Natale della domenica e la signora Tilly me l'aveva portato via.
Mi rendo conto che era un pensiero davvero stupido e infantile ma i bambini sono semplici e ovviamente non concepiscono la morte, è inaccettabile.
Alcuni anni dopo i figli del signor Mark decisero di vendere l'attività di loro padre e lì capì che un pezzo della mia infanzia spariva per sempre.
Qualche volta porto ancora un fiore sulla sua tomba, un gesto affettuoso per il mio amico dalla barba bianca.

Come al solito mi sono perso tra i ricordi.
È quasi mezzogiorno e devo prepararmi.
Una bella doccia rigenerante è quello che ci vuole per affrontare ciò che mi aspetta.
Mia madre mi ha avvisato che oggi verranno a trovarci i miei cugini, in visita dalla California. Me lo risparmierei volentieri visto il mio assurdo mal di testa. Prendo il mio smartphone e vedo un messaggio di Finn: “Amico, caffè nel pomeriggio?”, ovviamente si, ho proprio bisogno di vederlo ed ho la perfetta scusa per cavarmela anche questa volta. 
Arrivo a casa ed ecco ad accogliermi il classico bacio della mamma sull’uscio della porta.

“Figliolo che faccia che hai! Tutto bene?”
“Nulla mamma, sono solo stanco. Finn ed io abbiamo fatto un po' tardi questa notte.”
“Quel Davis! Devo parlarci io e dirgli di non stressarti con la sua voglia di fare baldoria ogni sabato sera. Avete bevuto troppo, non è vero?”
“No mamma, stai tranquilla. Semplicemente non ho riposato bene.” 
“Se hai mal di testa posso darti qualcosa per il dolore.” 
“Tranquilla mamma, sto bene” l'abbraccio e le do un bacio sulla guancia, è l'unico modo che conosco per calmarla davvero.
“Ricordi che i tuoi cugini arrivano per le 17:00, vero?”
“Non riesco ad esserci per quell'ora, ho dimenticato di avvertirti scusami.” 
“Ma come Richard! Sono anni che non vi vedete!”
“Appunto, un altro anno in più non sarà un problema!” 
“Richard Smith!” Ahia! Quando mi chiama per nome in quel modo non è mai un buon segno, meglio inventarsi qualcosa!
“Mi dispiace mamma ma devo risolvere una situazione importante con Finn, questioni di  lavoro. Scusati con loro da parte mia e digli che mi dispiace tanto non poterlo fare di persona.”

Purtroppo mia madre non riesce a capire che odio queste “riunioni di famiglia”.
Ogni volta mio padre sminuisce il mio lavoro elogiando invece mio fratello, a cui ho volentieri lasciato l'eredità politica di nostro padre.
Parlando del diavolo.. eccolo che arriva. “Ragazzo” 
“Ciao papà”
“Mentre ero al parco ho incontrato il professore della facoltà di Scienze Politiche. Mi diceva che quest’anno le iscrizioni sono aumentate parecchio!>>
"Papà sto bene anch'io grazie, gentile da parte tua chiederlo.” 
“Lo dicevo solo per fare conversazione, figliolo” 
“Potremmo non parlare di politica almeno oggi? Ho la testa che mi scoppia” 
Intanto mia madre ci chiama dalla cucina, interrompendo ogni sua risposta: “Cristopher, Richard è pronto!” Santa donna!
Sa sempre come fargli cambiare discorso, soprattutto la domenica, visto che è la giornata libera di Betty, la nostra meravigliosa cameriera.
Ogni domenica mamma è una pila elettrica e quindi ogni sua è quasi un ordine.

Durante il pranzo in casa mia c’è sempre un gran silenzio.
Mio padre fa zapping con il telecomando per guardare ogni specie di telegiornale ed ogni replica di tutte le notizie politiche.
Io, pur di non starlo a sentire, aiuto mia madre a sparecchiare la tavola ed ad asciugare le pentole.
Tutto pur di svignarmela dai suoi soliti discorsi.
Sono le 14:45 prendo le mie cose, saluto mia madre mentre mio padre mi dice:
“Dove vai? Arrivano i tuoi cugini nel pomeriggio insieme a tuo fratello Michael, tua madre non ti ha avvertito?”
“Raggiungo Finn, dobbiamo vederci per una cosa di lavoro, non posso rimandare.”
“Dico bene che dovresti cambiare mestiere! Sei ancora in tempo figliolo!”
“Certo papà, buon divertimento”

Esco finalmente dalla porta di casa.
Sono passate solo poche ore a me invece sembra passata un'eternità.
George è già fuori con l'auto per fortuna. Destinazione il solito bar.
Ecco Finn, già lì che mi aspetta.
“Ehi Finn ciao!”
“Ciao Rich cos’è quella faccia da cane bastonato?”
“Si vede tanto?”
“Hai gli occhi gonfi, sembra quasi che ti abbiano picchiato? Ti senti bene?”
“Sarà perché ho dormito male”
“Io amico non ho dormito per niente! Che serata! Una cosa mai provata in tutta la mia vita! A te come è andata?”
“Uhm.. si. Non male!”
“Non male? Non male?? Fratello è stato pazzesco, ti devo raccontare tutto!”
Quanto avrei voluto evitare questo momento. Ma forse ascoltare la sua esperienza mi chiarirà le idee.
“Smith sono entrato in stanza, mi sono sdraiato sul letto e dopo aver premuto il pulsante sono entrate le ragazze. Erano tre, fratello! Me ne sono accorto quando hanno cominciato a toccarmi ovunque e quando dico ovunque intendo ovunque! Solo a pensarci mi vengono i brividi. Bocca, lingua, mani.. amico una sensazione fantastica. Ad un certo punto mi hanno spalmato qualcosa sul petto.. non so cosa fosse ma aveva un profumo fruttato, forse yogurt..” 
Ed io a testa bassa sottovoce, toccandomi la fronte: “Non parliamo di profumo..” 
“Cosa Rich? Scusami non ti ho sentito”
“No nulla, continua”
“Dove ero rimasto? Ah si! Sono salite sul letto, la prima agitava il seno sul mio viso, credimi Rich aveva due meloni al posto delle tette! La seconda si strusciava per bene, la terza invece saltava su di me, come una torella scatenata. Mi hanno legato ,messo il preservativo e hanno cominciato a ballarci sopra una per volta, Dio che sensazione! Mi sentivo un re, il re del Sesso! Ho chieso di slegarmi ed ho cominciato a toccarle. Le ho fatte godere! Urlavano come delle pazze! È stato troppo eccitante. Ci tornerò sicuramente. Il tizio aveva ragione non vedere è meglio, un risveglio di sensi." continua a parlare ma lo seguo a tratti, poi fa: “Amico? Ci sei? Mi stai ascoltando?”
“Si, si, scusami mi sono distratto un solo secondo, colpa del mio mal di testa perdonami!”
“Si vede che la seratona ha sconvolto anche te!”
“Eh già mi ha sconvolto, eccome!”
“Sapevo che non ti avrei deluso. Dobbiamo tornarci assolutamente!” 

Lasciamo il bar e camminiamo un po’ fino a raggiungere George.
Torno a casa. Che stupido che sono stato! Dovevo dirgli di ieri notte.
Però forse è meglio aspettare qualche altro giorno, sarà stata la sbornia a farmi fare strani sogni.
Passerà, ne sono certo.

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Capitolo 3
*** 3 Capitolo ***


Sogno.
È tutto buio.
Aiuto.
Che mi succede? Mi sento rinchiuso in una bolla.
Aspetta. C’è qualcuno?
Sento delle mani. Toccami ancora. Chi sei?
Le tue mani sono fredde, ma su di me sento ardere un fuoco.
Chi sei? Rispondimi. Sei sempre tu, vero?
Non lasciarmi così. Ancora una volta. Fatti vedere.
Il tuo corpo su di me, mi sfiora. Mi accarezza. Toglimi la benda. Rivelati.
Vieni ancora da me. Non lasciarmi in balia di questo oblio.
No, aspetta. Non andare.
Aspetta, ti prego. Chi sei? Chi sei?

Sono sveglio, è successo ancora, l’ho sognata di nuovo.
Incredibile come alle 3:00 di notte si possa perdere il sonno.
Ormai è andata, anche se avrei preferito continuare a sognarla.
Sta diventando un’ossessione, oppure sto diventando pazzo!
Meglio aprire la finestra ho bisogno d’aria.
Mi dirigo verso l’angolo bar, forse un bicchiere di scotch potrà farmi compagnia in queste poche ore prima che sorga il Sole.
Meglio avvertire Finn che domani ci sono. Ho bisogno di parlare con qualcuno. Anche se posso già immaginare la sua risposta da inguaribile tombeur de femme, è l’unico amico sincero a cui posso rivolgermi. “Ei Finn, per domani tutto confermato. 7:30,solito posto."
Oggi il tempo promette bene. La mattinata sembra fresca ma soleggiata.
Prendo tutto con calma, sono leggermente in anticipo, chiamo l’ascensore che come al solito è sempre occupato.” Buongiorno Signor Arthur”
“Buongiorno Signor Smith! Gran bella giornata oggi! Buon lavoro!”
“Grazie anche a lei” il portinaio del palazzo è così cortese con me ha sempre la parola giusta per far  cominciare al meglio anche le giornate più cupe.
Ecco Finn stranamente in orario oggi.

“Ehi Finn!”
“Ah mascalzone abbiamo fatto le ore piccole. I tuoi messaggi alle 3:00 di notte mi rendono fiero. L’allievo supera il maestro!”
“Io ti odio!”
“Dovresti amarmi anche solo per “l’Elusive!”“
“Fanculo l’Elusive. Quel locale è la mia tragedia.”
"Ma dai, è la tua rinascita. Se non ti svegliavo con l'Elusive altro che arpionare la fiamma delle 3:00."
“Più che lei quello in fiamme ero io!”
“Bravo!!! Così si fa!! L’hai fatta gridare?? Dimmi la verità??”
“Ero io quello che gridava!”
“Wow! Una tigre! Ma chi è? La conosco?”
“Non credo! Non la conosco neanche io!”
“Come non la conosci? Ma che hai fatto questa notte?”
“Ho fatto un sogno. Da quando mi hai portato in quel locale maledetto, tre giorni fa, non faccio che sentire la presenza di questa donna. È come se la vedessi ovunque, anche per strada”
“ Amico, ma, hai preso qualcosa?”
“No Finn, davvero, sono distrutto. Non dormo bene, vedo sempre il suo tatuaggio sulla schiena!”
“Frena amico! Allora ti sei tolto la benda? Sei un pazzo!”
“È stato un attimo. La cosa più nitida di quel momento è la parola “temptation” sulla sua colonna vertebrale.”
“Tu sei fuori! Se ti avessero visto sarebbe scoppiato il caos. Li vige l’anonimato, l’hai scampata bella!”
“Chi se ne frega. Volevo vederla. Fanculo le conseguenze.”
“Amico, toglitela dalla testa, non la troverai mai! Scopati un’altra e vedrai che ti passa!”
“No Finn, mi sento bollire il sangue quando ci penso”
“Allora il nome del locale è stato profetico!”
“”Elusive Seduction”, seduzione sfuggente! E lei mi è sfuggita tra le dita.”
“Ah ah ah ah. Non ci credo, Richard Smith intrappolato tra le grinfie di una donna?”
“Finn non so più che fare”
“Fratello, lasciala perdere. Oppure parla con qualcuno che possa aiutarti!”

Le ultime parole mi accompagnano durante tutto il tragitto fino allo studio. “Fatti aiutare!”
Arrivo, saluto tutti e accendo il pc. Oggi è una giornata piena.
Tutte scartoffie da compilare mi serve concentrazione devo calmarmi.
Cerco di tenere a freno i pensieri ed ecco che finalmente arrivano le 18:00,un’altra giornata di lavoro è finita! Che freddo che fa.
Questo taxi senza riscaldamento, come era prevedibile. Per giunta il taxista ascolta la radio a tutto volume, senza rispetto. Incivile.
Non ho nemmeno avuto il tempo di chiamare George con l’auto.
Almeno la musica sembra decente. “Every breathe you take” di Sting. No! Non è possibile!
Anche la canzone mi ricorda lei! "I dream at night i can only see your face"
Non ce la faccio più. Basta, io devo prendere una decisione.
Arrivo, saluto Arthur alle prese con la posta.
Finalmente a casa: caffè, doccia. Oggi non riesco a trovare pace.
Le parole di Finn mi ronzano nel cervello. “Parlane con qualcuno, fatti aiutare”.
Ma sarà mai possibile che Richard Smith, trentacinquenne economista di successo, IO! IO che posso avere ai miei piedi tutte le ragazze che voglio, mi sia fatto incastrare da una donna senza identità di cui non conosco nemmeno il volto.
Devo trovare una soluzione a tutto questo. Forse so cosa fare.
Il mio smartphone è ancora nella ventiquattrore lo prendo e mi decido a comporre il numero.
Ansia. Attesa interminabile. Poi una voce:

“Buonasera, studio della Dottoressa Eleonor Banks. Come posso aiutarla?”
“Salve, credo di essere diventato pazzo!”
“No, io credo che lei abbia sbagliato numero!”
“La vedo qui adesso, sento il suo profumo, mi sta toccando, non posso farne a meno. È sconvolgente”
“Signore, ma si sente bene?”
“Credo di si, ma ormai, non sono più sicuro di niente!”
“Guardi, devo riattaccare mi dispiace.”
“ No, no la prego di scusarmi, ascolti, voglio fissare un appuntamento.”
“Ne è davvero sicuro?”
“Sì, sì, mi fissi un appuntamento. Adesso!”
“Ok, va bene, stia calmo. Solo un attimo che controllo. Allora … Mercoledì alle 17:00 le va bene?”
“Benissimo, si grazie.”
“Lei è il signor?”
“Smith!”
“Il suo nome per favore?”
“Richard.”
“Sa dove ci troviamo signor Smith?”
“Si, lo so, la ringrazio.”
“Bene. Allora signor Richard Smith le confermo l’appuntamento e la aspettiamo mercoledi"

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Capitolo 4
*** 4 Capitolo ***


Classico stretching e passeggiata di riposo nel parco, la mia tabella di marcia segna sette chilometri e mezzo in 25 minuti. Perfetto!
Sono appena tornato a casa, in perfetto orario
Oggi, mi sento stralunato.
Come se fossi un bambino che aspetta con ansia e trepidazione il primo giorno di scuola: la divisa che si muove al ritmo dei passi e della frescura dei primi giorni d’autunno, le farfalle nello stomaco.. È il dubbio che provoca tutto questo.
Oggi mi aspetta il primo incontro con la dottoressa Banks e non so proprio cosa aspettarmi.
Da sempre, non poter prevedere cosa possa accadere, non poter controllare una qualunque situazione mi destabilizza.
Questo continuo rimuginare mi blocca persino l'appetito.
Devo calmarmi. Cosa potrebbe mai succedere? Infondo, devo ammetterlo, sono molto curioso.
Chissà che tipo avrò davanti. Di solito gli "strizzacervelli" sono gente assurda: molto rigidi, scontrosi, corredati da un paio di occhiali a fondo di bottiglia e un gran caos sulla loro costosissima scrivania. Almeno per mia madre, che è sempre stata restia a queste "pratiche". Per lei è uno spreco di soldi: perché spenderli quando puoi parlare di tutto con la tua famiglia? La classica mentalità italiana.
Spero almeno che la dottoressa non rappresenti questo stereotipo. Basta già il mio di caos!
Tutta colpa di questi maledetti sogni che mi allontanano dalla realtà e che non mi fanno concentrare su nulla.
Quel che è peggio è che oggi Finn non sarà in ufficio: ha un incontro importante con altri responsabili e quindi tocca a me prendere il comando della baracca. Non ci voleva proprio, non credo di riuscire a liberarmi in tempo per l'appuntamento.
Devo assolutamente chiamare per trovare una soluzione.

"Buongiorno, studio della dottoressa Eleonor Banks, come posso aiutarla?"
"Buongiorno sono il signor Smith, vorrei posticipare il mio appuntamento dalle 17:00 alle 18:00. È possibile?"
"Certo signor Smith, ma ci sarà da attendere qualche minuto."
"Non importa. Confermi comunque per le 18:00."
"Perfetto, la aspettiamo nel pomeriggio. Buona giornata!"
"La ringrazio, a dopo."
Perfetto, adesso posso stare più tranquillo e pensare al lavoro.

Apro l’ufficio di Finn.
Le pratiche da sistemare sono tantissime, quasi non so da dove cominciare!
La mole di lavoro è così tanta che non ho nemmeno il tempo di scendere giù e comprare qualcosa da mangiare.
Per fortuna la mia segretaria ha portato un bel caffè forte e qualcosa da mangiare dal take-away. Un panino al volo basterà per oggi!
Sono le 17:30, è il momento di chiamare George e avvisarlo che sto per scendere.
Prendo tutte le mie cose e chiudo l'ufficio.
Premo il tasto dell'ascensore ma qualcosa fa bloccare il mio dito a mezz'aria. Sento un profumo strano. Quasi familiare.
Chiudo gli occhi.
Trattengo il respiro per qualche secondo.
È mai possibile che sia.. lei?.
È il suo profumo.
Lo riconoscerei tra mille.
È lo stesso che portava la donna di quella maledetta notte.
Che sia qui?
Aumento il passo, scendo le scale di corsa.
Il mio corpo è percorso da intensi brividi.
Sto tremando.
È come se fossi in preda ad una strana febbre.
Non ce la faccio più.
Sono giù.
Ho percorso tutti i piani a piedi.
Ho il fiato corto per quanto ho corso ma lei non c'è.
Nessuna traccia della mia misteriosa donna.
Cerco di calmarmi, di riprendere fiato.
Entro in macchina. Inspiro ed espiro l'aria.. fuori, lentamente.
Rivivo ad occhi chiusi la scena vissuta all'Elusive, il sapore delle sue labbra sulle mie, le sue mani che mi toccano dolcemente ma con insistenza.
Tutto di lei mi travolge ma.. uno strano rumore, un ronzio fastidioso rimbomba nella mia testa.
Dove sono? Aiuto! Aiuto! Cosa mi succede?
 
BIIIIIII BIIIIIII
"Signor Smith? Signor Smith, mi sente?"
Il citofono interno della limousine! È George, maledizione! Stavo sognando!
"George! Sei tu.. Mio Dio, tu sei pazzo! Mi hai fatto prendere un colpo!"
"Lo credo, signore! Si era addormentato! Non era mai successo!"
"Mi dispiace George.. colpa della stanchezza, suppongo."
"Dovrebbe riposare di più, signore."
"Hai ragione, George! Hai proprio ragione!"
"Dove devo portarla? A casa oppure da suo padre?"
"No George, dovresti accompagnarmi sulla 14°."
Esita un po’ prima di rispondermi: "Subito!"
Mi faccio lasciare all'angolo della strada.
Non voglio che sappia di questo incontro. Mi fido ciecamente di George ma non vorrei che lo rivelasse distrattamente a mio padre. Meglio evitare!

Raggiungo il portone e noto una targa dorata con su scritto: "Dott.ssa Eleonor Banks. Psicoterapeuta". Suono.
"Si?”
"Sono il signor Smith!"
"2° piano, Signore"
Prendo l’ascensore e apro la porta. È scattata l'ora x.
"Buonasera!"
"Buonasera, si accomodi."
In sala ovviamente non c'è nessuno.
La segretaria, suppongo, mi dice che devo aspettare qualche minuto, perché la dottoressa è con un paziente.
Bene, questo allenterà la tensione.
Intanto fisso lo sguardo sull'ambiente che mi circonda: noto subito le pareti color beige chiaro in contrasto con l’arredamento scuro.
La sala d’aspetto è sempre il biglietto da visita in uno studio. Le sedie sono grandi e sembrano anche comode. Al centro della stanza c’è un tavolino con dei giornali, a destra una balcone con una tenda a righe, presa a un lato in modo da far entrare i colori delle luci della città.
Un muretto basso divide la sala con l'angolo riservato alla segretaria: una ragazza a modo, gentile, ben vestita, anonima nell'insieme, si intona con l'ambiente. La sento parlare con il citofono interno, sicuramente è così che comunica con la dottoressa.
Immagino che sia arrivato finalmente il mio turno.
"Signor Smith, la prego di pazientare ancora qualche secondo!"
"Certamente!"
Intravedo un’ombra nel corridoio. Deve essere lei. Sento la voce della segretaria: "Dottoressa, il signor Smith può entrare?"
"Si Juliet, fallo accomodare"
La ragazza con un cenno della mano mi indica la porta.
Sull'uscio la sento ancora parlare "Prego signor Smith si accomodi." è talmente educata.. quasi stucchevole.

Finalmente entro nella stanza.
La dottoressa è seduta alla sua scrivania e devo ammettere che è davvero una bella donna.
Sicuramente ha superato i 45 anni ma è molto attraente: alta, snella, capelli lisci, di un biondo molto chiaro con uno sguardo decisamente penetrante.
Un tailleur nero la avvolge perfettamente, corredato da una camicia bianca leggermente scollata, provocante ma non volgare.
Indossa una gonna che poggia sul suo ginocchio come una carezza e sotto delle calze di filanca che regalano un delizioso effetto "vedo non vedo".
Sono sconvolto. La sua mise mi lascia senza parole. Non la immaginavo affatto così!
Devo proprio cambiare opinione su questi psicologi!

"Buonasera!"
"Oh salve! Lei deve essere il futuro senatore!"
"No dottoressa, mi dispiace, ha sbagliato Smith!"
"Come? Non è lei l’erede al trono di suo padre?"
"No, ho ceduto volentieri il posto a mio fratello."
"Incapacità di prendere decisioni o poca prontezza nell’assumersi le responsabilità?"
"Eccesso di popolarità. Mi dispiace contraddirla!"
"A quanto pare non le piacciono i riflettori!"
"Direi di sapermi esprimere meglio a luci spente!"
"Queste sue abitudini non le sono d’aiuto! Dovrebbe imparare ad esprimersi anche a luci accese!"
"E lei cosa ne sa?"
"Mi perdoni signor Smith, qui le domane le faccio io!"
Questa donna è decisamente impertinente.
"Tergiversare sicuramente non risolverà il mio problema."
"Mi spieghi il motivo di questo incontro."
"C’è qualcosa che mi ossessiona. Mi sta facendo impazzire! La notte ormai non riesco più a dormire! Sento il suo profumo ovunque."
"Ma scusi, di chi sta parlando?"
"Di una donna."
"Conosce questa “donna” signor Smith?"
"No, l’ho intravista in un locale.. particolare."
"Si lasci andare Signor Smith, deve aprirsi a me. È questo l'obbiettivo del nostro incontro."
"Ero in un locale a luci rosse. Ero bendato e il suo profumo mi ha sconvolto. Ricordo solo la sua schiena dritta e quel tatuaggio.."
"Poi? Cos’altro ha visto?"
"Nient’altro dottoressa."
"È sicuro signor Smith, che questa donna esista davvero e non sia soltanto frutto della sua immaginazione?"
"Ah adesso mi crede pazzo? Lei sta dicendo che sono pazzo?"
"Veramente lo sta dicendo lei!"
"Continua a stuzzicarmi da quando sono entrato! Non sono pazzo, ok? La smetta!"
"Si calmi, per favore"
"No, non mi calmo affatto, qui chi paga sono io e di certo non mi faccio prendere per i fondelli da una che si fa chiamare psicologa!"
Mi alzo adirato, esco e a passo spedito mi dirigo verso la sala d’aspetto.
Sento distintamente, dietro di me, il rumore dei tacchi della dottoressa che chiama con voce calma ma decisa: "Juliet?"
"Si dottoressa?"
"Prendi un altro appuntamento per il signor Smith. Oggi è alquanto agitato, riproveremo la prossima volta."
È davvero senza vergogna questa donna, non sa con chi ha che fare: "Signorina, non si scomodi. Non serve un altro appuntamento! In questo studio non ci metterò mai più piede!"
Appena pronuncio queste parole la dottoressa mi guarda sprezzante, un sorriso ironico adorna il suo viso. "Complimenti, bella scenetta! Mi sorprende signor Smith vedere che invece le piace tanto stare al centro dell’attenzione. Il suo atteggiamento in questo momento sa… mi ricorda qualcuno! Ah si! Suo padre!"
"Cosa centra adesso mio padre in tutto questo? Risponda!"
"Le auguro una buona giornata signor Smith!"
Le lancio un’occhiataccia terribile.
Senza neanche salutare sbatto la porta e prendo l’ascensore.

Sono davvero arrabbiato!
Dovrebbero cambiarla quella targa giù e scriverci “psicopatica” invece di psicoterapeuta! Incompetente!
Poi citare mio padre? Perché?
Per giunta d’avanti ad una paziente che aspettava il suo turno in sala.
Però mi sorge un dubbio.
Per quale motivo ha tirato in ballo mio padre?
Fin da subito lo ha messo al centro del nostro colloquio.. Sono confuso!
Bene, direi che questa "psicologa" si è rivelata solo una gran perdita di tempo e mi ha regalato un altro mal di testa. Very good!
 
 

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Capitolo 5
*** 5 Capitolo ***


Tempo instabile.. rispecchia perfettamente il mio umore.
Questa mattina c'era un sole che spaccava le pietre adesso, invece, piove a dirotto. Una metafora perfetta per il mio stato d'animo: un momento prima sto bene, azzarderei dire quasi euforico, un momento dopo tutto è nero e nulla riesce a sollevarmi il morale.
Il mio incontro con la "strizzacervelli"? Di male in peggio..
Ma è meglio non pensare certe cose, rimuginare non serve a nulla.
Ora mi sdraio sul divano e cerco un programma spazzatura, niente più del sano trash riesce a liberare la mente.
Mentre mi rilasso sento suonare il campanello con insistenza..
Non si può mai stare tranquilli: "Un attimo! Quanta fretta!"
Non aspettavo nessuno, chi sarà mai alle 9 e 30 di sera? Il rumore del campanello è quasi insopportabile: "Si, ho capito! Arrivo!"

Apro la porta.
"Ehi sporcaccione! Perché ci hai messo tanto ad aprire? Ho interrotto qualcosa?"
"Finn che sorpresa! Sei sempre il solito! Non ti aspettavo, stavo quasi per addormentarmi sul divano!"
"Per fortuna c'è il tuo Finn che pensa a tutto! Oggi c’è il football! Forza! Ecco il cappellino, sciarpa e pizzaaaaaa! La birra c’è?" 
" È in frigo!"
"Già in pigiama baby? Qualche pupa all'orizzonte?"
"Ma che pupa!"
"Ti prego non dirmelo... Stai ancora pensando a quella donna.."
"Non te lo dico allora."
"Fratello basta! Devi dimenticarla! Fai finta che sia stato solo un sogno molto hot!"
"Ti ci metti anche tu con questa storia del sogno? Credi che l'abbia immaginata? Che sia pazzo? Forza Finn, dillo! Che aspetti? Eh? Dillo: Rich sei pazzo! È frutto della tua immaginazione! Dillo maledizione!"
"Ehi Rich calma! Non sto dicendo questo! Ma cosa ti prende?"
"Scusami, è che ieri ho avuto un incontro particolare.. che non mi ha aiutato per nulla."
Finn è completamente concentrato su di me, dovrei dirglielo? So che posso fidarmi di lui. Ma di me stesso?
"Con me puoi parlare Rich, lo sai"
"Sono stato da una psicologa ed è stato un grosso errore!"
"Perché?"
"Non dovevo andarci"
"Di solito parlare con tipi del genere aiuta, sono accomodanti e non giudicano"
"Stronzate! Non ha fatto altro che prendermi in giro e ha cominciato a parlare di mio padre, del suo lavoro… Cazzo! Sto peggio di prima!"
"Cosa ti ha detto esattamente?"
"Ma non lo so, era criptica, tergiversava ma ha espresso chiaramente che, secondo lei, sono un megalomane simile in tutto e per tutto a mio padre!"
"E dei sogni che ha detto? Hai parlato con lei dell’Elusive?"
"Non mi ha dato neanche il tempo, Finn. Ha tratto le sue conclusioni dal nulla ed io sono diventato una bestia! Sono andato via dopo 5 minuti dall'inizio della seduta."
"In pratica l’hai mandata a fanculo!"
"Esattamente!"
Finn sembra soppesare le mie parole: ha chiuso gli occhi e si dondola sulla sedia, sta pensando sicuramente a come aiutarmi.
Posso sempre contare su di lui. "Almeno questa psicologa è una bella donna?" Ecco, appunto! Come non detto!
"Cazzo Finn! Non si può fare un discorso serio con te. Pensi subito al sesso!"
"Perdonami amico! Sei tu quello bloccato! Io sono perennemente a caccia!"
"Sai che novità! Vuoi una risposta? Era fottutamente sexy! Tu la definiresti una milf da paura"
"Perfetto, ci tornerai?"
"Perché me lo chiedi? Vuoi accompagnarmi per controllare la merce?" È sempre il solito tombeur de femmes.
"Scherzi a parte amico, credo che dovresti riprovarci! Non bastano certo 5 minuti per capirci qualcosa, potrebbe aiutarti se la prendi sul serio."
"Non lo so Finn, è una donna veramente indisponente!"
"Non fare lo stronzo! Ascolta cosa vuole dirti! Bisogna farle parlare le donne! Che ne sai: magari voleva testare il tuo carattere oppure, sotto sotto, anche a tuo padre piacciono ancora le belle donne!"
"Finn, è un uomo sposato da più di 40 anni e con due figli adulti. Secondo te andrebbe in giro ancora a fare certe cose?"
"Baby, il lupo perde il pelo ma non il vizio!"
"Mi fai schifo!"
"Quanto sei permaloso! Scherzavo! Al buon vecchio Cristopher verrà di certo un bel singhiozzo! Allora? Queste birre? Arrivano?"

Parlare mi ha fatto bene, quella testa calda di Finn sa sempre come tirarmi su il morale.
Sorridere per qualche minuto mi ha dato l’impressione di poter sistemare tutto.
Forse dovrei davvero ritentare con una nuova seduta. Infondo cosa ho da perdere?
Che mal di testa, penso tutto il contrario di tutto mentre Finn si guarda la partita in santa pace. Beato lui!
Forse dovrei stendere le gambe sul tavolino, bere la mia birra e concentrarmi. Si funzionerà!

"Gooooooooooooolllllll! Vai! Così! Rich? Rich?"
"Si sono sveglio, sono sveglio!"
"Ma se russavi come un ghiro! Chi vuoi prendere in giro?"
"Perché gridavi? Che ore sono?"
"Hai fatto buoni sogni principino? Abbiamo perso e mi hai lasciato vedere la partita da solo! Infame che non sei altro! Se ci fossimo addormentati accanto domani chissà cosa avrebbe pensato la donna di servizio!"
“Ammettilo, hai sempre sognato una notte sexy con me!”
“Con te e qualche bella donna sicuramente!”
“Peccato per te che non sono in vena.”
"Ho capito, allora vado fratello.. conosco la strada. Buona notte!"
"Anche a te Finn.. A proposito: sei un amico." "Lo so baby! A domani!"
"Notte a domani!"
   

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Capitolo 6
*** 6 Capitolo ***


È stata una mattinata intensa!
Stiamo controllando una serie di documentazioni importanti in ufficio.
C’è un progetto statistico in corso e bisogna saper prevedere offerta e domanda, tenendo conto delle scorse vendite.
Analizzare tutte le tendenze di mercato non è affatto facile.
Le mie doti informatiche mi aiutano molto e l’eccellente capacità di relazione e comunicazione di Finn agevolano la riuscita del progetto.
 
Siamo rimasti chiusi in ufficio fino a tarda sera.
Il mio orologio segna le 10 e 30 ed ho la testa che mi scoppia!
Non riesco a calmare i pensieri.
Prendo lo smartphone, collego gli auricolari e cerco di rilassarmi con un po’ di musica.
Mi distendo sul divano. Gli occhi si chiudono!
Quanto vorrei riuscire a  riposare in pace!

Sogno.
Ma sei ancora tu?
Avverto il tuo profumo!
Che fai? Mi tocchi?
Aspetta no, non andare più giù.
Sei bollente!
Cos’è questa sensazione?
Fermati, così mi fai impazzire.
Ah! Mio dio! No, non così ti prego!
Le tue labbra di fuoco hanno un sapore fantastico!
Chi sei?
Perché non posso vederti?
Dimmi il tuo nome, fottitene delle regole!
Non costringermi ad alzare la benda.
Perché non ti riveli?
Non deludermi, non sul più bello!
Toccami!
Non smettere!
Si così, adesso baciami.
Ancora!
Vai via?
No ti prego, non farlo!
Aspetta, rimani con me! Aspettaaaaa…

Mi sveglio ansimando
Ah! Ah! Ah! Ah!
Sono tutto sudato!
Mi è capitato ancora una volta, non è possibile.
Mi sono addormentato con la musica nelle orecchie, proprio con la stessa canzone che da giorni, ormai, mi da il tormento: “Be mine” degli “Ofenbach”.
Nulla mi da pace!
And i want to be mine è la frase che rimbomba nelle mie orecchie.
Quanto vorrei sapere chi sei!
Perché continui a ronzare nella mia testa?
Tolgo gli auricolari, cerco di addormentarmi ma ormai non credo di poterci riuscire.
Meglio mettersi al lavoro!
Accendo il pc, compilo qualche rapporto economico da presentare nella prossima riunione.
Lavorare mi distrarrà!

TI TI TI TI TI.
La sveglia ha un rumore assordante!
Devo proprio cambiarla!
Contro ogni previsione sono collassato di nuovo sul tavolo del mio studio ed ora ho un torcicollo assurdo!
Credo che dovrò accontentarmi di una doccia qui in ufficio e di una svelta colazione al bar.
Raccolgo tutte le mie cose e mi incammino al nostro solito bar.
La giornata comincia proprio bene.. come al solito!
Diluvia.. come volevasi dimostrare!
Raggiungo Finn ma, ovviamente, non è ancora arrivato.
Meglio entrare e ripararmi da questa pioggia.

“Buongiorno! Che profumino invitante questa mattina!”
“Buongiorno a lei signor Smith? Il solito?” per la cameriera, ormai, sono di casa.
“Si grazie, ma aspetto il mio amico!”

Ad un tratto sento una voce femminile dietro di me
“Buongiorno Signor Smith.”
Non riesco a voltarmi subito.
Il mio dolore impedisce il movimento.
Non mi sembra una voce familiare.
Metto la mano sul collo, inclino leggermente la testa, girando contemporaneamente lo sguardo, per capire chi mi ha salutato!
È una ragazza. Mi sembra di averla già vista: capelli biondo scuro, indossa pantaloni dal taglio elegante neri come la giacca a soprabito, che lascia intravedere il collo di una camicia bianca.
Porta grandi occhiali dalla montatura scura che nascondono un leggero filo di trucco.
Il suo viso è dolce, sembra quasi una bambina.
Non riesco proprio a capire chi possa essere.

“Buongiorno, mi perdoni ma non mi ricordo di lei”
“Sono Juliet!”
Ci penso un po’… Probabilmente la mia faccia esprime il mio disagio perché prontamente continua: “La segretaria dello studio Banks!”
“Ah si! Ora ricordo! Scusi, con la memoria non ci vado tanto d’accordo! Come sta?”
“Molto bene, grazie!”
“Prende qualcosa?”
“No, grazie devo scappare. Ho già fatto colazione!”
“Allora non posso offrile proprio nulla?”
“No, davvero, la ringrazio comunque.”
“Si figuri, anzi già che è qui sarebbe possibile prendere un altro appuntamento?”
“Ah, ha cambiato idea riguardo la dottoressa, mi fa piacere. Comunque non ho l’agenda con me, chiami durante l’orario di ufficio e sicuramente riusciremo ad accontentarla.” Mentre ascolto le ultime parole della segretaria vedo entrare Finn, con il suo solito sorriso malandrino.
Chissà che diavolo starà immaginando.
Il suo tempismo è perfetto in queste situazioni.
“La ringrazio, allora buon lavoro”
“Grazie a lei, a presto.”

Juliet.. dovrò ricordarmi questo nome.. Almeno per non fare l’ennesima brutta figura.
Appena la ragazza esce, Finn si avvicina a me.
Si vede che muore dalla voglia di dare voce ai suoi assurdi pensieri.
Il solito sbruffone!

“Hai capito il  Maledetto! Organizzi una cosa di gruppo e non mi rendi partecipe?”
“Ma cosa mangi la sera pane e sesso per svegliarti con queste tue perle la mattina?”
“Scusami Smith, tu non ti faresti due domande vedendo il tuo amico flirtare con una donna? Con lei che candidamente risponde “riusciremo ad accontentarla”? A proposito è carina la piccoletta! Chi è?”
“Per prima cosa il flirt è solo nella tua testa! Stupido, ti pare che mi metta ad organizzare porcate con la segretaria della psicologa?”
“Se non per te cosa ci faceva da queste parti?”
“Aveva una busta con dei caffè, suppongo li stesse portando in ufficio. Che domande assurde!”
“Dai non fare il timido! Dimmi la verità! L’hai invitata tu qui al bar! Ecco perché sei voluto rimanere in ufficio questa notte era tutto organizzato!”
“Certo che sei proprio cretino! Ti pare che io abbia bisogno dell’ufficio per appartarmi? È entrata, mi ha visto e mi ha salutato. Nemmeno mi ricordavo di lei e gliel’ho anche detto. È stato semplicemente un caso!”
“Allora non c’è proprio niente di porno?? Sicuro?”
“Ancora! Ti ho detto di no!”
“Questa è stata la conversazione più noiosa di sempre! E tu dovresti vergognarti! Non puoi dire ad una donna che non ti ricordi di lei. Devo proprio insegnarti le basi Rich!”
“Mi dispiace, avrai tanto lavoro da fare, mio mentore!”
“Forza schiappa! Andiamo a lavoro.”

Ci incamminiamo verso lo studio ma un pensiero continua a ronzarmi nel cervello: dovrei parlargli di questa notte?
Sono stanco. Forse dovrei, lui sa tutto di me ed io non posso continuare a pensarci.
Ho bisogno di un confronto sincero, da amico.. Insomma devo sbloccarmi!

“Ehi Finn questa notte l’ho sognata ancora!“
“La tipa del locale? Allora è un ossessione! L’Elusive ti ha dato alla testa!”
 “Non so come liberarmene!”
“Amico non so proprio come aiutarti! A me non è mai successo niente di simile! È difficile immaginare cosa ti sta capitando!”
“A chi lo dici è difficile comprenderlo anche per me!”
“Sai cosa ti potrebbe far stare meglio?”
“Finn non ricominciare ti prego!”
“Una bella seratina sexy a casa tua stile Davis! Tante donne in gonnella che fanno strip e poi… va beh hai capito!”
“Ma non ci pensare neanche! Dovevo immaginarlo! Sciocco io a credere che mi avresti risposto diversamente.”
“Eh va beh! Ci ho provato!”

Speriamo che questa giornata passi in fretta!
 

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Capitolo 7
*** 7 Capitolo ***


"Buonasera signor Smith! Di nuovo qui?"
Esatto, sono di nuovo qui.
Purtroppo ho bisogno di aiuto e forse, questo, è l'unico modo per risolvere il mio problema.
La dottoressa mi accoglie con un sottile ghigno dipinto sulla sua faccia ma se crede che starò al suo gioco si sbaglia di grosso.
"Ha visto dottoressa, forse non sono poi così simile a mio padre.."
"Questo lo lasci giudicare a me!" Questa donna è sempre più insolente, ma non le renderò la partita facile!
"Dunque, crede che dovrei concedermi a lei interamente?"
"Per sommi capi diciamo di sì! Si distenda pure sul lettino."
"Dottoressa! Mi stupisce! Lei è così diretta, non me lo aspettavo!"

Bene, è decisamente irritata e indignata: l'espressione sul suo viso ha perso tutta la sua compostezza.

"Signor Smith la prego di piantarla! Se è venuto in questo studio per altri scopi che non sono inerenti al mio lavoro quella è la porta! Sa quanti ne ho visti di tipi come lei? Le assicuro che hanno fatto tutti la stessa fine! Spero di essere stata chiara!"
"Perdoni il mio sarcasmo! Ho scelto solo il modo sbagliato per allentare la tensione. La prego di perdonarmi, non era mia intenzione provocarla!"
O quasi… ma non posso certo dirglielo. La dottoressa è notevole, decisamente una bella donna, ma credo che abbia ragione: è giunto il momento di ricominciare da capo e di dare una chance a questa seduta.

"Allora ricominciamo: cosa fa nella vita signor Richard Smith?"
“Sono un economista. Mi sono laureato a pieni voti 10 anni fa. Non ho ricevuto un grande sostegno dalla mia famiglia ma questo, invece che demotivarmi, ha solo fortificato la mia forza di volontà."
"Però aveva una carriera già avviata, non trova?"           
"Si ma sono attratto dalle sfide difficili, spesso e volentieri anche da quelle più impossibili!"
"Questo si era capito già dalla prima seduta! Abita con i suoi genitori?"
"No dottoressa, da 5 anni ormai vivo solo. Ho bisogno di tranquillità e il mio appartamento, all’ultimo piano, è il posto perfetto per passare le serate più cupe... e non solo quelle!"
"Arriviamo al sodo! Cosa l’ha spinta a chiedere il mio aiuto?"
Con la sedia, al termine della sua domanda, si sposta di lato e mi guarda negli occhi, è chiaro come il sole che vuole scrutarmi e catturare ogni impercettibile movimento del mio viso. Forse questa dottoressa non è davvero così incompetente come pensavo.
"Faccio dei sogni ricorrenti, riguardanti il locale di cui le parlai la scorsa volta."
"Argomenti a ruota libera…non sia vago, sono qui per ascoltarla. Cominciò, se non erro, a parlarmi di una forte attrazione per una donna misteriosa, ricordo male?"
"Ha una buona memoria dottoressa, questa donna mi dà, letteralmente, il tormento. La notte mi sveglio, la penso, quando sono a lavoro o per strada continuo a sentire il suo profumo. Quel locale, per me, è stata una doccia fredda! Non credevo di arrivare a tanto. Sono stravolto!"
"Lei ha usato la parola tormento. Cosa crede che abbia scatenato in lei questa ossessione?"
"Le sono sincero, oltre ad una attrazione epidermica nei suoi confronti, sento che c’è molto di più sotto. Capisce? Non ho la più pallida idea del perché mi provoca tutte queste sensazioni. È come se avessi perso completamente il lume della ragione... Non riesco nemmeno a trovare le parole per spiegare ciò che sento... Mi sento in balia di qualcosa che nemmeno io riesco pienamente a capire."
"Come descriverebbe in una parola quello che ha provato? "
"Ero suo! Anima e corpo!"
Si, è così, ero totalmente suo. Senza possibilità di ritorno, finalmente sono riuscito a dirlo e ad ammetterlo a me stesso.

"Ah la faccenda si fa interessante! Mi parli adesso della sua situazione amorosa. È mai stato sentimentalmente legato ad una donna, signor Smith? Ha mai avuto una relazione seria e duratura?"
"No dottoressa, solo avventure. Le mie storie non durano più di due mesi. Le relazioni impegnative mi annoiano!"
"Ecco! Bisognerebbe, dunque, scavare nel profondo per capire bene la sua situazione!"
"In che senso, scavare nel profondo?"

Di che diavolo sta parlando questa donna?

"Lei ha un grande problema ad impegnarsi con le donne! Non accetta il fatto che possano far parte della sua vita, che condividano i suoi stessi spazi, che siano parte integrante della sua esistenza. Tutto ciò potrebbe anche dipendere dal contesto familiare in cui vive. Mi parli un po’ della sua famiglia. Cosa pensa di suo padre?"
Dopo avermi posto la domanda accavalla le gambe in modo davvero sensuale e cala i suoi occhiali, lentamente, sul naso... Se crede di potermi fregare ha sbagliato preda.

"Ci risiamo! Sapevo che, prima o poi, avrebbe trovato il modo per parlare nuovamente di lui! Possibile che i nostri incontri debbano essere incentrati su mio padre? Il fulcro delle nostre conversazioni deve essere il mio rapporto con la misteriosa donna di quella notte, lo vuole capire? Basta parlare della mia famiglia! Che diavolo centra? "
“Signor Smith la prego di abbassare i toni! Mi era sembrato di essere stata abbastanza chiara. Lei non è qui per fare domande ma per rispondere alle mie. Ad ogni modo concorderà con me che basta pronunciare la parola padre per farla adirare. Non trova che sia alquanto strano?”
"La sua calma comincia a darmi sui nervi!"
"Calma e pazienza fanno parte del mio lavoro. Dovrà abituarsi se vuole continuare questo percorso!”
"Cerchi di evitare di sollevare sempre la questione di mio padre, la prego."
"Le dico subito che è una cosa che non le posso promettere."
"Quindi, immagino, che sia necessario approfondire l’argomento!"
"Si, signor Smith."
"Allora sarà molto più complicato di quanto immaginavo!"

Chi me l'ha fatto fare!
Maledetta lei, maledetto l'Elusive, e quella strega misteriosa che mi ha lanciato questo sortilegio... E maledetto anche Finn!
 
 
 

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Capitolo 8
*** 8 Capitolo ***


Finalmente a casa!
Oggi è stata una giornata decisamente piena ed ora mi è rimasto solo il tempo di farmi una doccia veloce, prepararmi e uscire.
Questa sera ho voglia di cambiare aria ed una serata con quel pazzo di Finn è l'ideale per riuscirci.
Per rimanere sempre sul pezzo Finn-l'uomo-che-non-deve-chiedere-mai mi ha inviato un selfie per mostrarmi il suo outfit da conquistatore della notte.
Quel ragazzo è tutto strano!
Decisamente non ricambierò con una mia foto, questa moda di mandarsi selfie per mostrare il proprio abbigliamento non l'ho mai capita.
L'ostentare sui social è una pratica a me lontanissima.
Comunque è meglio che mi dia una mossa, non ho voglia di arrivare in ritardo e di sentire i bonari rimproveri di quel pazzo.
Indosso una camicia bianca alla coreana, un pantalone effetto denim, il mio giubbotto in pelle ed inglesine.
Nulla di troppo impegnativo. Sistemo il ciuffo e noto che i miei capelli sono tutto un programma! Meglio non perderci troppo tempo.
Prendo le chiavi e scendo.

Ecco Finn che appena mi vede si mette in posa, strappandomi una risata.
Quel ragazzo mi fa morire!
“Allora mio prode mentore come sto questa sera?”
“Amico e me lo chiedi! Sei uno sballo!”
“Oggi è la serata giusta Finn! Oggi si ricomincia!”
"Finalmente! Era ora Ice"

Quanto vorrei credere alle mie stesse parole ma preferisco non far trapelare il mio vero stato d'animo.
La scorsa volta mi sono aperto decisamente troppo e continuare a parlarne, senza che nulla cambi, non mi porterà a niente.
Ora voglio solo assecondarlo e divertirmi.
Ho voglia di respirare aria nuova.

Intanto entriamo nel nostro locale serale di fiducia: qui servono i migliori cocktail di tutto il New Jersey!
Non riusciamo proprio a farne a meno.
Ogni sera c'è sempre della buona musica ed è bello trascorrerci qualche ora.
Finn, ovviamente, appena entrato si butta in pista mostrando la sua versione de "La febbre del Sabato sera", intento a dare il meglio di sé con il suo classico pugno in su. Quel ragazzo è incorreggibile.
Guardandomi intorno noto due ragazze che non mi staccano gli occhi di dosso, non ho proprio idea di chi possano essere.
Una delle due si è appena seduta allo sgabello del piano bar, l’altra invece si avvicina, spedita, verso di me.
È bassina, con bei capelli ondulati che scendono sulle sue spalle.
Indossa una maglia a dolcevita all’interno di una gonna plissé corta.
Ai piedi porta dei tacchi che mascherano la sua reale altezza.
Ha un trucco molto sobrio, a differenza di tante ragazze che sono nel locale: il suo rossetto opaco, nella sua semplicità, sottolinea le sue labbra.
Labbra che mi sembrano carnose ma senza esagerare... Semplici e tenere, come tutto di lei.
È sobria, perfetta per questa serata.

“Buonasera Signor Smith!” Mi dice, a due passi da me.
“Buonasera! Lei deve essere….” Cavolo, chi diavolo è? Possibile che non sappia dare un nome al suo volto?
“Juliet, dello studio Banks! Sono sempre io! Effettivamente sono piccoletta, posso sembrare invisibile ma non irriconoscibile."
Dio, con lei faccio sempre queste figure di merda.
“Mi scusi signorina, davvero non so come farmi perdonare!” Maledetta memoria! Non riesco mai a riconoscerla! Ma non è tutta colpa mia: ogni volta che la vedo sembra trasformarsi, sembra sempre diversa... quasi camaleontica.
Chissà qual è il suo vero aspetto!

Non faccio in tempo a dire altro che Finn mi da uno spintone col gomito, salvandomi o affossandomi ancora non l'ho capito, rubando tutta la scena con il suo savoir-faire da playboy. “Molto piacere. Io sono Finn Davis, il migliore amico di Rich! Con quale splendida creatura ho il piacere di parlare?”
“Sono Juliet Thompson, molto lieta!” Dice sorridendo, non posso negare che la biondina abbia un bel sorriso.
Ho voglia di intromettermi, magari sorriderà ancora.
“Juliet la prego di perdonare il mio amico Finn! A lui piace mettersi in mostra!”
A queste mie parole il mio amico fa una faccia scioccata. Che avrò mai detto?
“Rich ma non ti vergogni? Dare del lei ad una signorina! Non ha mica 50 anni puoi anche darle del tu! Non è vero, Juliet?”
“Sempre che la signorina sia d’accordo fuori dall’orario di ufficio!” Dico prontamente.
Infondo è sempre la segretaria della mia psicologa, non voglio metterla in imbarazzo.
“Lei è davvero una persona compita signor Smith!” Mi risponde con un sorriso appena accennato.
“Quindi desidera darmi del tu?”
“L’idea a dire il vero non mi disturba ma devo ammettere che chiamarla signor Smith crea un alone di mistero!”
Intrigante la piccoletta...
“Sai Juliet, il piccolo Richard è sempre un po’ frenato con le donne! Gli faccio da maestro ma ha tanto da imparare!”

Lei ride mentre io arrossisco.
Finn e la sua dannata boccaccia.
Non ha proprio contegno.
Vuole sempre farmi passare per l'ingenuo della situazione!
Per fortuna le luci del locale mascherano il mio rossore: mostrare il mio volto color peperone non gioverebbe alla mia causa.
Finn continua dicendo: “Bevi qualcosa con noi?”
“Accetterei volentieri, ma ho lasciato la mia amica lì, sola soletta. Ero passata solo per un saluto. Grazie lo stesso, sarà per la prossima volta!”
Detto questo si allontana.

Mentre cerco di capire come mai si sia allontanata di colpo, ricevo una sonora sberla dietro il collo!
“Ahia Finn! Ma sei impazzito?”
“Sei un cretino! Come ti salta in mente di dire ad una donna che non la ricordi? I miei insegnamenti non valgono a nulla? Dillo che sei tutto scemo e facciamola finita! Devo sempre salvarti il culo!”
“Tu invece non potevi proprio trattenerti? Il mio amico è un po' frenato con le donne... Che cazzo dici?"
“Preferisci che la prossima volta dica che ho un amico coglione?”
“Quanto sei spiritoso! La prossima volta ti presenterò come il mio amico porco. Contento?"
“Almeno non sono come te che con le tue assurde paranoie allontani le ragazze!"
"Adesso non parliamo di cose che non centrano nulla Finn, è un colpo basso questo!"
"Hai ragione amico, scusa. Ma sono solo preoccupato."
So che ci tiene ed è preoccupato per me ma certe volte esagera e alludere all'Elusive è una provocazione bella e buona.
"Poi “lei” di qua “lei” di là! Ma quando ti svecchi?”
“Dalle mie parti si chiama rispetto!”
“No guarda, non mi prendi per il culo. Te lo dico io come si chiama amico: si chiama noia! Sei patetico, obsoleto e retrogrado!”
“Tu sei soltanto un maiale! Sembra che non vedi una donna da secoli!”
“Dici sul serio? Quella e la sua amichetta tu le chiameresti semplicemente donne? Ma le hai viste? Sono delle “fear pussies”…  delle “fighe da paura” fratello!”
“Le donne non erano tutte uguali per te?"
“Ah, Rich sai cosa ti dico? Continua a dormire! Fammi sapere quando ti svegli, nel caso mi trovi in pista a far conquiste!”

Detto questo si gira e va verso la pista canticchiando. Alcune volte, con lui, non si può proprio ragionare.
Maledette donne, saranno la mia rovina.
Meglio uscire e fumarmi una sigaretta, calmerà i miei nervi.
Appena apro la porta sento l'aria gelida schiaffeggiarmi il viso.
Questo freddo mi fa bene, raffredda la mia collera e la nicotina contribuisce a rilassarmi.
Finalmente un po' di pace.
Tuttavia non sono solo.
Sento dietro di me una vocina tremolante: “Simpatico Finn! Non so come un tipo del genere possa essere suo amico!”
È la piccola segretaria. Sembra proprio che, questa sera, non possiamo stare lontani.

“Finn è anche il mio capo! Immagini che fortuna!” Dico girandomi verso di lei mentre, ridendo piano, si avvicina a me.
“Serata fresca… non trova?”
“Per quanto ancora continueremo a darci del lei?”
La domanda cade nel dimenticatoio, sembra proprio non volermi dare alcuna risposta.
Tocca a me rompere il ghiaccio se voglio uscire da questo imbarazzante silenzio.
“Fumi?”
“Si.”
 Le porgo una sigaretta.
“Grazie!”
“A proposito di “boss”: la dottoressa è sempre così indisponente?”
“Diciamo che è una donna complicata!”
“Voi donne siete tutte complicate! Beato chi vi capisce!”
“Che esagerazione! Posso dire che la rivaluterai con il tempo. All’inizio è un po’ scontrosa ma nel suo lavoro è eccezionale!”
“Vuoi la verità: dal tempo non mi aspetto più nulla. Vada come vada.”
“Permettimi di darti un consiglio. Non dico che sarà meglio quando sarà diverso, ma è necessario che cambi se deve migliorare!”
Queste parole mi suonano familiari… Ah sì! Ci sono!
“Lichtenberg! Complimenti! Decisamente non me lo aspettavo! Sono stupito!”
“Le donne hanno sempre un asso nella manica!”
“La tua è stata solo una mano fortunata!”
“Tocca a te! Immagino tu abbia una mossa di riserva, hai la possibilità di fare scala!”
“Non posso, mi manca la Regina!”
“La carta però è ancora nel mazzo! Non tutto è perduto se hai una buona abilità nel mischiare!” Mi viene da sorridere: come siamo arrivati a tutto questo?
“Wow! Da Lichtenberg all’azzardo! Come siamo passati a questo discorso?”
“A dire il vero mi sono persa anche io!”

Non so se crederle.
Tutto fa sembrare che voglia dirmi qualcosa senza esporsi troppo.
Ma cosa mai potrebbe volermi dire una bionda segretaria?
Che voglia studiarmi per riferire i miei comportamenti alla mia dottoressa?
Forse sto esagerando... o forse no.
La cosa mi confonde e non ho bisogno di altre domande senza risposta che mi riempiano la testa.

“Ci conviene entrare, conosco Finn e so già che si starà facendo un film!”
Entriamo nel bar e una scena spicca davanti ai nostri occhi: Finn e l’amica di Juliet stanno pomiciando in pista, senza vergogna!
Non possiamo smettere di ridere.
Direi che si sono proprio trovati!
“Io torno a casa, non vorrei interrompere questo bel teatrino! Chiamo il mio autista, vuoi un passaggio?”
Ormai qui per me non c'è più nulla da fare.
“No, ti ringrazio, aspetto che si stacchino. Devo riaccompagnare la mia piovra a casa!"
E continua a ridere.
Non sembra per nulla imbarazzata anzi sembra davvero divertita dalla situazione.
Chissà chi si nasconde davvero sotto la sua aura da bimba per bene.
"Come desideri. Buona notte Juliet."
"Buona notte a te!"

Questa serata è stata decisamente strana!
 
 

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Capitolo 9
*** 9 Capitolo ***


Mentre raggiungo la mia meta non riesco a smettere di pensare a quello che affronterò.
Mi aspettano un paio di ore impegnative e non ho proprio idea di dove mi porterà tutto questo.
Oggi, con la dottoressa Banks, parlerò di mio padre.
Durante l'ultima seduta è stata categorica e, anche se la prospettiva mi rende tremendamente irrequieto,  non posso sottrarmi.
Sapevo che questo momento sarebbe arrivato, non sono stupido, ma è strano per me parlare di cose così intime con una persona che conosco da un solo mese... il fatto che debba pagarla lo rende ancora più pazzesco.
Ma devo affrontarlo. Credo di essere pronto.
Ora che sono qui non mi resta che muovere gli ultimi passi che mi porteranno dentro lo studio.
“Si?”
“Smith!”
“Salga”
L'ascensore è occupato... come al solito.
Dovrò farmi due piani a piedi.
La porta è aperta e ad accogliermi, oltre a Juliet, c'è la dottoressa, che aspetta comodamente nella sala d'attesa. Impossibile per me non ammettere che questa donna è incredibilmente sexy nella sua austerità.
Possiede un fisico perfetto e armonioso, si mostra sempre in ordine e ben curata.
È una donna eccitante, inutile negarlo... anche volendo, proprio, non ci riuscirei.
“Signor Smith è arrivato. Buona sera!”
Il mio sguardo scivola sulle sue lunghe gambe e mi accorgo che devo risponderle per non risultare un completo idiota.
“Buona sera, buona sera a lei!”
“Mi segua Signor Smith, non perdiamo tempo!”
“Certo!”
Seguo la dottoressa nel suo studio e lancio un piccolo sorriso a Juliet che ricambia, mentre è occupata in una chiamata di lavoro.

“Prego entri signor Smith!”
“Dopo di lei, dottoressa!”
“Come è galante oggi!”
“La mia galanteria la mostro a piccole dosi ma solo alle donne che lo meritano!”
“Poche chiacchiere, Signor Smith. Si accomodi, prego!”

Ci risiamo.
Non abbocca mai all'amo. Fa la preziosa e non si sbilancia mai, è sempre maledettamente misurata: mai una parola, mai un gesto in più in cui addentrarmi  per scalfire la sua perfetta armatura, fatta di assoluta compostezza.
La psicologa non si lascia corteggiare e devia prontamente le mie avances, senza mai pensarci troppo.
Questo suo modo di fare mi eccita da morire e la rende una preda ancora più ambita ai miei occhi. So che non dovrei perdermi nella libido dei miei pantaloni, visto che dovrebbe "curarmi", ma sono ferocemente attratto da chi non si lascia andare al primo colpo.

“Allora come si sente oggi signor Smith?”
“Un po’ nervoso a dire il vero!”
“Solo nervoso?”
“Anche un po’ incuriosito. Non so cosa potrebbe emergere da questa seduta!”
“Non si preoccupi, affronteremo tutto un po' alla volta. Si sente pronto a cominciare?”
Cavolo, perché qualsiasi cosa dica questa donna il mio cervello la percepisce come un qualcosa di fortemente allusivo?
Calmo Rich, sta calmo! Tranquillo, rilassato, lasciala parlare e non fare lo stronzo! Così andrà tutto bene.

“Sì, dottoressa”
“Mi parli un po’ della sua famiglia. Vada a ruota libera.”
“In casa mia siamo in quattro, anzi, se vogliamo essere precisi, in cinque contando il cane. Ci siamo io, mio fratello, mia madre, mio padre e Mal.”
“Signor Smith, mi perdoni, ma non le ho chiesto il suo albero genealogico! Parlare della propria famiglia non vuol dire elencarla!”
“A lei non sfugge nulla, vero dottoressa?”
“Crede che non sappia che questo è uno dei suoi mezzucci per sviare l'argomento, signor Smith? Che mossa astuta! Oserei definirla una vera volpe! Per quanto ancora ha intenzione di fare questi suoi giochetti?” Che donna sagace!
“Dottoressa se non la conoscessi penserei che mi sta prendendo in giro! Quando ha accantonato la sua rigida serietà?”
“Io, seria, non ho mai smesso di esserlo! Si ricordi, Signor Smith, che sto lavorando."
Accavalla le gambe e cala leggermente sul naso i suoi occhiali e continua a dire: "Riguardo alla sua famiglia vorrei che mi parlasse delle sue origini, di come è nata.”
"Tutti conoscono la nostra famiglia come una delle più ricche del New Jersey ma in pochi sanno che questo è accaduto solo dopo l'inizio della carriera politica di mio padre e dopo il matrimonio con mia madre. Almeno è questo che mi ha sempre raccontato mia nonna.”
“Quindi mi sta dicendo che il senatore Smith ha umili origini? Interessante... Continui per favore.”
“Mio nonno Richard, era un fuciliere delle USS Army, arruolato in Arizona. Grazie alla sua, misera, paga riusciva, insieme a mia nonna, a portare avanti la famiglia. Dopo poco nacque mio padre: il primogenito dei loro sogni. Il figlio modello, portato per gli studi... Sapevano che sarebbe riuscito a realizzarsi, aveva tutte le carte in regola per farlo, a dispetto della loro situazione economica. Quando mio nonno fu richiamato alle armi nacque mio zio Steve. Cinque mesi dopo, tramite una missiva, mia nonna apprese che suo marito era morto per il bene della patria. Il corpo di mio nonno non è mai stato trovato è rimasta solo una misera bandiera."

Anche se non ho conosciuto quest'uomo so cosa ha passato mia nonna e parlare di queste cose mi fa sentire impotente e svuotato di ogni energia.
La dottoressa sembra accorgersene perché prontamente, con voce dolce, mi dice: "Mi dispiace per la perdita della sua famiglia, Signor Smith. Faccia con calma, si prenda il tempo che le occorre."
Questo è un nuovo lato della bella dottoressa, sono tentato di fermarmi ma so che facendolo non sarei più in grado di continuare.

"Mio padre, inizialmente, reagì duramente e non accettò la cosa. Mia nonna si ritrovò sola e con due figli da crescere. Ma tutto prese una piega inaspettata il giorno in cui mio padre compì 18 anni. Lui trovò una lettera, una lettera scritta da mio nonno per lui."
“Ricorda, a grandi linee, il contenuto di quella lettera?”
“Si! Mio nonno gli scrisse che non sapendo se sarebbe mai tornato da quei luoghi aveva la necessità di lasciargli qualcosa di sé. Diceva che sarebbe voluto rimanere al loro fianco ma era contento che il denaro della sua morte sarebbe servito a farlo studiare e a far avverare i suoi sogni. Gli chiedeva di studiare e di renderlo fiero di lui."
"Suo nonno era un grande uomo, Signor Smith."
"Si, è vero. Forse è proprio per questo che mio padre non perse tempo e si iscrisse alla facoltà di Scienze Politiche dell’università più vicina. Dopo la laurea un grande partito politico lo prese sotto la sua ala protettrice e con i primi stipendi aiutò mia nonna a trasferirsi in un bel quartiere del New Jersey. Lì conobbero i Martini una famiglia italiana benestante, trasferitasi in America per ampliare l’azienda di famiglia. Le mie nonne ci misero lo zampino e fecero di tutto per avvicinare i due giovani. Ma i miei genitori non hanno mai avuto nulla in comune: mio padre era un trentaseienne quotato e con una carriera spianata d’avanti a sé, mia madre, invece, studiava lettere e sognava di insegnare ai ragazzi in un college di New York. Tutti erano felicissimi di questo matrimonio... tutti tranne gli sposi, a quanto pare!”

“Quindi il matrimonio dei suoi genitori è stato solo un matrimonio di interesse?”
“Esattamente dottoressa. Per mio padre era un buon affare e mia nonna spronava mia madre a sposarsi, vista la sua età. A quei tempi una donna nubile, dopo i 18 anni, rappresentava una grave macchia per tutta la famiglia!"
La dottoressa, sorridendo, prende la parola e dice "Per fortuna i tempi sono cambiati!"
"Alleluia!" Rispondo ridendo, anche lei ride con me e devo ammettere che è una bella sensazione.

"Continui pure, Signor Smith."
"Mio padre ha anche tradito più volte mia madre. Lei l'ha sempre saputo, l'abbiamo saputo tutti in famiglia. D'altronde lui non ha mai fatto nulla per nasconderlo."
“Però, a quanto mi risulta, sua madre non ha mai chiesto il divorzio, pur essendo a conoscenza della cosa.”
“Non ha voluto creare scandalo e scompiglio... non voleva distruggere la sua famiglia. Infondo le stava bene anche così, suppongo!”
“Lei è d’accordo con la decisione di sua madre?”
“Io lo avrei spedito a calci fuori di casa. A volte mio padre sa essere un uomo davvero spregevole!”

Appena smetto di pronunciare queste parole mi accorgo che mi fanno, davvero, male.
Ammetterlo ad alta voce non è facile e sento di non avere più la forza di continuare a parlare.
Dopo aver guardato, per non so quanto tempo, la parete davanti a me, giro lentamente il viso e punto il mio sguardo verso quello della donna.
Non so perché, non so cosa cerco dai suoi occhi, cosa voglio ottenere, ma dopo queste parole mi sento legato a lei.
Probabilmente questo è l'effetto che avviene dopo essersi confidati con qualcuno... non l'ho mai fatto quindi mi sento vulnerabile in questo momento ma, tuttavia, non riesco a staccarle gli occhi di dosso.

La bella Eleonor sembra imbarazzarsi, abbassa lo sguardo sul suo polso e dopo aver controllato l'ora sul suo orologio mi dice: “Bene, per oggi può bastare signor Smith. Ha bisogno di riprendersi e metabolizzare gli argomenti di questa seduta. Io intanto trarrò le mie conclusioni!"
Detto questo si alza dalla sedia e cammina verso la porta per aprirla e congedarmi. "Ci vediamo tra una settimana, Signor Smith."
Ora sono ad un passo da lei.
I suoi occhi scuri mi incantano, mi sento frastornato, ma non posso fare a meno di chiederle un'ultima cosa: “Parleremo ancora di mio padre?” e lei sorridendo maliziosamente mi risponde: “Vedremo, Signor Smith. Vedremo!”
 
 

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Capitolo 10
*** 10 Capitolo ***


Immagino che sia comune a molti rimuginare mentre si fa jogging o meglio spero che lo sia.
Personalmente mi concentro sui ricordi, ritorno indietro nel tempo e assaporo i momenti che hanno segnato il mio cammino, che mi hanno reso l'uomo che sono. Anche se, francamente, di alcuni momenti avrei fatto volentieri a meno!
Da ragazzino ero abbastanza solitario, non ero avvezzo a certe smancerie o roba simile, in particolar modo odiavo le feste: quelle stupide ricorrenze da festeggiare in famiglia in cui bisognava elargire grandi baci e abbracci a persone che non avevo visto più di un paio di volte in tutta la mia giovane vita.
Ancora adesso, che sono passati tanti anni, si contano sulle dita di una mano le volte in cui ho visto tutta la mia famiglia al completo.
Ma si sa, le famiglie italiane amano questi slanci di affetto, che siano veri o no per loro è irrilevante, ed io da bravo figliolo dovevo sottostare alle "regole" di mia madre. Tuttavia ne ricavavo sempre una buona fetta di torta quindi il mio sacrificio aveva un senso!
Ma nessuna torta è riuscita a cancellare l'umiliazione dell'assurda festa, organizzata da mia madre, per i miei diciotto anni!
La villa era invasa da una marea di gente, molti dei quali non avevo mai visto prima, ed io ero conciato da Elvis Presley, il mito di mia madre... ovviamente!
Ribellarmi? Non potevo, da piccolo ho sempre cercato di non darle ulteriori dispiaceri, quelli che viveva quotidianamente con mio padre erano già sufficienti.

Ma perché diavolo sto pensando a queste cose?
Tutte queste cazzate mi ronzano nel cervello, soprattutto da quando ho cominciato le sedute con la sexy dottoressa.
O forse è soltanto la corsa che fa riaffiorare questi strani pensieri dentro di me!
Tuttavia la mia tabella di marcia segna un punteggio eccellente e visto che mi trovo davanti al mio bar preferito merito una bella colazione.

Al diavolo lo stile sportivo, non crollerà il mondo se per una volta mi faccio vedere in questo stato.
Entro spedito nel bar e noto, accanto al bancone, una piccola ragazza bionda... finalmente so di chi si tratta.
Si gira verso di me e mi regala un sorriso che farebbe invidia alla pubblicità di un dentifricio.
Devo ammettere che è davvero bella nella sua semplicità.

“Il signor Smith in versione atleta? Non mi sarei mai immaginata di vederti tutto sudato e con i capelli fuori posto!”
“Ciao Juliet, non credevo che facessi jogging anche tu!”
“Lo sport aziona le tue celluline grigie: ti sei ricordato il mio nome!”
Preferisco non controbattere, infondo ha ragione, ho scampato l'ennesima figuraccia.
La candida Juliet oggi porta i capelli legati in una coda di cavallo e noto che nella sua tenuta sportiva sembra ancora più piccola del solito, da l'impressione di essere un fragile passerotto. Chissà chi sarà il gatto che la mangerà in un sol boccone!

“Prendi  qualcosa con me, Juliet?” Classico, semplice, cauto... Finn sarebbe fiero di me!
“Questa volta accetto. Prendo un caffè, grazie!”
Sembra che non sappia rifiutare un caffè, buono a sapersi.
Le sorrido e mi rivolgo alla cameriera: “Mary due caffè, uno per me e l’altro per la signorina!”
“Certo provvedo subito signor Smith. Vi accomodate?”
Rivolgo il mio sguardo, di nuovo, verso la piccola biondina: preferisco non decidere anche per lei, infondo è la segretaria della Banks, e non vorrei metterla a disagio: “Juliet ci accomodiamo?”
Ma sembra che non voglia nemmeno rispondermi: si limita ad abbassare lo sguardo e a scuotere leggermente la testa con un piccolo sorriso sulle sue labbra rosa. Questa ragazza mi confonde: “Quindi cosa vuol dire?”
Finalmente incrocia il mio sguardo e con un piccolo sorriso dall'aria... malinconica forse?
Non saprei dirlo, mi risponde: “Mi sa proprio che devo ricominciare a chiamarti Signor Smith!

Tutto ciò non fa che imbarazzarmi, perché mai dovrei capire le sue espressioni?
È una sconosciuta per me.
Chi si crede di essere?
Perché dovrei capirla al volo?
Mah.. strane le donne!
Cerco di non mostrare il mio disappunto e dico alla cameriera: “Mary lo prendiamo qui al banco, grazie!”
“Arrivano subito, signor Smith!”

I caffè sono sul bancone e non posso resistere alla tentazione di guardarla, con la coda dell'occhio, mentre è intenta a versare lo zucchero nel suo caffè. Che starà pensando?
Questo silenzio mi uccide!
Mi sento sulle spine e non riesco a capire il perché.
Ad un tratto sembra che non voglia rivolgermi nemmeno la parola.
Che accidenti è successo? Questa ragazza cambia umore nel giro di tre secondi!
Immagino che tocchi a me dire qualcosa per uscire da questo momento senza senso.

“Il caffè si beve amaro altrimenti perde il suo sapore!”
“È uno dei consigli della nonna?”
“Certamente! Lei è italiana!”
Mi guarda alzando un sopracciglio e dice: “Era una battuta!” e ride di gusto.
La sua risata è cristallina ma devo ancora capire se ride di me o con me.
“Ah perdonami, non ho acceso le celluline grigie!”
Meglio sottolineare che non dimentico le velate offese, ma lei non sembra curarsene e mi risponde: “Direi che sono gusti, io lo preferisco dolce!”

Non credo che sia una che ami lo scontro anche se in modo discreto non le manda certo a dire, sarà una prerogativa delle donne di quello studio avere sempre la risposta pronta.
A tal proposito, per non ricadere in un imbarazzante silenzio, le dico: “Oggi pomeriggio ci rivediamo!”
“È una domanda o un’affermazione?” Mi guarda sorpresa e sgrana gli occhi.
“Intendo dire che ho appuntamento con la dottoressa!”
“Ah ok, ok... giusto! Questa volta sono stata io poco perspicace!”
Abbassa gli occhi e scuote leggermente la testa, come per schiarirsi le idee.
Non mi sembra di aver detto nulla di strano.
Che non avesse segnato l'appuntamento?

“Scusami ma ora, signor atleta, devo proprio scappare! Oggi tocca a me aprire lo studio e non ho ancora fatto la doccia! Ci vediamo dopo! Grazie mille per il caffè.” “Figurati, a dopo!”
Strana questa Juliet, è sempre di corsa. Sembra sveglia, ha sicuramente una lingua tagliente, ma allo stesso tempo è molto riservata.
Scappa prima di poter intavolare una vera e propria conversazione.
Non capisco se è soltanto anonima o se sotto la cenere c'è molto di più!
 
Dopo una doccia al volo e una giornata di riunione del personale, dedicata al bilancio e alla presentazione delle new entry, finalmente sono le 17.30.
Per strada c’è poco traffico e, per fortuna, arrivo in perfetto orario alla mia seduta con la dottoressa Banks.
Il portone è già aperto.
Salgo e suono il campanello.
La porta automatica si apre. Juliet mi dice che la dottoressa è libera e che può ricevermi immediatamente.
La saluto, quasi senza guardarla, e mi avvio nel corridoio.
Eccola lì, la bella Eleonor, nei suoi tacchi vertiginosi e nel suo perfetto tailleur, senza dubbio uno Chanel. Sexy ma austera!

“Signor Smith! Buonasera!”
“Buonasera dottoressa! È sempre un piacere vederla!”
“Si accomodi, prego!”
“Mi dica dottoressa: come sta oggi?”
“Questa domanda dovrei farla io a lei, non crede?”
“Volevo solo giocare un po'!“ dico sfoderando un sorriso galante e continuo: “Comunque sto bene, la ringrazio.”
“Bene, allora possiamo cominciare!”
Ci accomodiamo alle nostre rispettive poltrone e subito riprende la parola: “Signor Smith io vorrei parlare del motivo per cui è venuto qui. Il fattore che ha scatenato la sua confusione, credo che ormai siamo pronti, non le pare?”
Ci siamo, è arrivato il momento!
“È quello che sto aspettando sin dal primo incontro, dottoressa!”
“Bene. Mi parli di quella sera signor Smith. Chiuda gli occhi e rievochi le sensazioni e le emozioni che ha provato nell' Elusive Seduction. Mi dica cosa è successo in quel locale.”
 
“Beh ero tremendamente ansioso, lo confesso. Non sapevo cosa aspettarmi da un locale del genere e il fatto che dovessi presentarmi bendato mi lasciava interdetto. Comunque seguì le indicazioni del proprietario, infondo sono un uomo e la situazione mi eccitava, non posso negarlo: l'anonimato e il non conoscere nulla del proprio partner sessuale era stimolante, molto intrigante.”
Le dico alzando un sopracciglio e sorridendo leggermente, rivivere quei momenti e raccontarli a lei mi elettrizza ma devo contenermi.
“Entrai nella stanza assegnatami e mi stesi sul letto. L'essere privato della vista acuiva tutti gli altri sensi. Sentì subito un rumore di tacchi, credevo che avrei avuto un'avventura con più donne invece ce n’era solo una con me: me ne accorsi quando due piccole mani fredde si posarono sul mio corpo.”
Dopo aver pronunciato queste parole guardo la mia dottoressa: la vedo leggermente scossa, le sue guance sono rosse... che il mio racconto le faccia effetto? Continuo a guardarla per cercare di scorgere qualche segno di cedimento ma lei prontamente prende la parola: “Continui pure signor Smith, la ascolto!”
“Sentire quelle mani su di me fu una maledetta rivelazione: sapevo che nulla sarebbe stato come credevo. Quelle mani, al primo tocco, mi eccitarono da morire. Gemevo e inarcavo la schiena ad ogni suo passaggio, mi sentivo ardere. Non sono mai stato tanto eccitato in vita mia.”
Rivolgo il mio sguardo sul suo viso e la vedo perplessa, che mi sia lasciato troppo andare?
“Mi scusi dottoressa, forse mi sono lasciato troppo andare.”
“Si figuri signor Smith, siamo qui per lasciar parlare il suo istinto. Non mi scandalizzo di certo. Vada avanti.”

Non si scandalizza eh? Interessante... meglio continuare Richard, non si sa mai!

“Ricordo distintamente il suo profumo perché era una fragranza inaspettata. La stanza, come può immaginare, era decisamente calda: i gemiti miei e suoi si confondevano... e lei era una vera diavoletta, sensuale e senza freni ma il suo profumo era dolce oserei dire delicato e leggero, un odore fruttato, quasi impercettibile. Visto il momento che stavamo vivendo mi aspettavo di sentire un profumo deciso ed erotico... quasi  afrodisiaco invece era leggerissimo, intimo direi.” “Quindi questo l'ha colpita?”
“Si perché è come se in un momento del genere volesse rimanere comunque sé stessa, senza fronzoli... Non era artefatta.. solo sé stessa!”
“Cos'altro ricorda signor Smith?”
“Eravamo complici: sembrava che avessimo fatto già tante volte sesso, eravamo puro istinto ma sapevamo perfettamente cosa accendeva l'altro. Io ero in estasi: la stringevo a me, volevo possederla in tutti i modi possibili, volevo poter gridare il suo nome in preda al piacere.”
Non ho mai parlato così con nessuno, nemmeno con Finn ma le parole lasciano la mia bocca e non riesco a frenarmi.

Che mi succede? È la dottoressa oppure è la donna dell'Elusive che mi fa quest'effetto?

“Non vuole dirmi altro signor Smith?” “Mi scusi, ero perso nei miei pensieri!”
“Deve dirli a me i suoi pensieri. Vada avanti!”
“Ero fottutamente perduto nell'estasi, dottoressa. Agì d'istinto e chiesi alla donna il suo nome, sapevo che il regolamento non lo prevedeva ma non me ne importava nulla! Tuttavia lei non mi rispose e la sentì allontanarsi da me. Si fermò come spaventata... ma io volevo solo stringerla e possederla ancora, in ogni modo possibile…  E così le dissi di dimenticare la mia richiesta. Avevo voglia di lei, il resto poteva aspettare, almeno così le feci credere!”
“Che intende dire?”
“Ho alzato la benda. Per un attimo soltanto. Lei era di spalle, ai piedi del letto. Sono riuscito a scorgere, sulla sua schiena bianchissima, solo un tatuaggio che percorreva la colonna vertebrale. ”
“Cosa raffigurava il tatuaggio?”
“Era una scritta, ricordo solo due parole EXCEPT TEMPTATION !”
“Molto interessante signor Smith. Il tatuaggio potrebbe fare riferimento alla famosa frase di Oscar Wilde: I CAN RESIST ANYTHING EXCEPT TEMPTATION, ci ha mai pensato?”
“Ehm no, veramente no!”

Come ha fatto a pensare immediatamente ad una frase del genere? Sono stupido io o c'è dell'altro?

“Quindi, secondo il suo racconto, questa donna non si lascia sottomettere dalla passione ma rimane lucida, tanto da non rivelarle la sua identità. E lei, signor Smith, non si attiene alle regole, nulla di nuovo a quanto pare!”
“Cosa vuole dire, dottoressa?” “Siamo franchi signor Smith: lei è sempre stato abituato ad ottenere tutto e ad avere il controllo di ogni situazione. Il fatto che questa donna, mentre si concedeva a lei, avesse in mano le redini del gioco e che non seguisse le sue regole l'ha destabilizzata. Questa donna aveva il pieno controllo della situazione, lei era solo il mezzo del suo piacere!”
“Quindi sta dicendo che la mia è solo smania di possesso? Il capriccio di un ragazzino idiota abituato ad ottenere tutto ciò che vuole?”
“Esattamente!”
No, non posso continuare ad essere insultato in questo modo.
Ma chi si crede di essere questa donna?
Mi alzo dalla poltrona e battendo i pugni sul tavolo le dico senza trattenermi:“Ma come si permette? Mi deve rispetto, ha capito? Io la pago profumatamente e di certo non per dirmi queste stronzate!”
“Moderi il linguaggio signor Smith. Questo suo scoppio d'ira avvalora la mia tesi. Lei ama essere al centro dell'attenzione, ama comandare nella vita e nel sesso, ecco perché si è recato in quel locale: per sottomettere una donna e comandarla. Usarla per la sua libido, altro che sentimento! Per la scopata di una notte, scusi la franchezza, poteva avere qualunque donna. Invece il suo intento era quello di sentirsi potente e di dominare, di possederla in ogni modo, proprio come ha detto lei prima.”
“Io non sono quel genere di persona, mia cara dottoressa!”
“Allora perché si è recato in quel locale a luci rosse?”
“Per buttarmi in un'avventura e poi l'idea non è partita da me!”

Nemmeno finisco di pronunciare queste parole che scoppia in una forte risata. È impazzita? Che avrà mai da ridere?

“Signor Smith, lei è proprio come suo padre! Lei è un uomo e continua ad essere un eterno Peter Pan! Non si prende la responsabilità delle sue azioni e gioca perennemente a scarica barile! Lei vorrebbe che quella donna si materializzasse dal nulla e che le giuri che non è stato solo, forse, del buon sesso. Ma perché dovrebbe farlo? Perché dovrebbe fare lei il primo passo? Ha pensato signor Smith che se fosse così interessato al cuore di questa donna sarebbe tornato in quel locale a chiedere informazioni, invece di crogiolarsi nei ricordi e ad eccitarsi come uno scolaretto?”
“Invece di insultarmi dottoressa farebbe bene a starmi a sentire: in quel locale vige l'anonimato! Nessuno mi direbbe nulla!”
“È qui che si sbaglia caro signore: ho fatto alcune ricerche su quel locale e lì ad essere bendati sono solo gli uomini!”
“Non capisco! Cosa sta cercando di dirmi?”
“Che quella donna sa perfettamente chi è lei! D'altronde chi non conosce il figlio del grande senatore Smith? La ragazza non ha alcun motivo di rivelarsi perché,anche se avesse provato le stesse sue sensazioni, quella donna non ha nessuna garanzia sul fatto che lei voglia altro al di fuori del sesso! Perché mai dovrebbe farsi avanti? Per rendersi ridicola? Non potrebbe mai credere che proprio lei, caro signor Smith, cerchi quel sentimento chiamato, comunemente, con cinque lettere!”
“Sarebbe a dire?”
“L'amore signor Smith! Come vede non sa nemmeno riconoscerlo quando se ne parla!”

Dopo queste parole mi accomodo di nuovo al mio posto.
Mi sento spossato e confuso ma, devo ammettere, che sullo spirito di quella serata non posso darle torto: “Ovviamente sarei falso a dire che quella notte cercavo amore e non posso certo dire di aver amato la donna che ho posseduto”
“Vede? Non era poi così difficile ammetterlo!”
“Ma credo che potrei farlo, conoscendola forse potrei innamorarmi davvero. E per la cronaca: non sono come mio padre, visto che a lei piace tanto dirlo. Non sposerei mai una donna per interesse. Preferisco rimanere solo per sempre, non riuscirei a vivere facendo soffrire le persone intorno a me. So già cosa significa e non lo farei passare a nessuno!”
“Cerchi di far chiarezza signor Smith, si chieda cosa desidera davvero. È l'unico modo per dare una svolta alla sua vita. Si ricordi che rimuginare non serve a nulla!”
 
 

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Capitolo 11
*** 11 Capitolo ***


L’ultimo colloquio con la dottoressa Banks mi ha lasciato stravolto, ha annientato tutte le mie certezze.
Quasi non sento più nulla, tranne questi pensieri, queste parole, che come stilettate irrompono nella mia testa.
Non mi sono nemmeno accorto che è già Primavera.
Ho sempre pensato di dare agli altri un immagine di me seria, elegante, rispettabile ma, forse, ho  sempre sbagliato tutto. Non so più nulla.
Possibile che gli altri possano schernirmi? In trentacinque anni sono stato sempre sicuro di me, attento al mio aspetto, misurato con le parole ed ora scopro che la gente potrebbe avvicinarmi  solo per la mia posizione sociale, solo e soltanto per il proprio tornaconto.
Che sia sempre stato, solo, un povero ingenuo?
Questa donna mi fa porre domande a cui non avrei mai pensato di desiderare delle risposte e non so ancora se colei che mi scatena tutto questo è la Banks o la misteriosa femme fatale dell’Elusive.
Malgrado ciò il pensiero che quest'ultima non mi desideri più, dopo quell’unica volta insieme, mi fa ribollire il sangue.
Io la desidero ancora, la bramo, la sogno…
Possibile che lei sia riuscita a dimenticarmi così facilmente?
Possibile che conosca realmente la mia identità e che creda che non sia degno di vedere il suo volto?
È mai possibile che sotto il mio corpo, tra le mie mani e dentro la mia bocca non abbia goduto quanto me?

Eppure sono sicuro che mi sfugge qualcosa ma non so bene cosa!

Maledetta donna!
E poi sarei io lo snob e il casanova!
Donne, tutte uguali… tutte strane, streghe perverse che incantano gli uomini, ecco cosa sono!

Intanto il fischio dello smartphone mi avverte che Finn mi ha girato una foto con delle pratiche: “Sporcaccione mancano le tue firme! A chi pensi invece di concentrarti?” non si smentisce mai!
Noto che è ancora online e con un messaggio vocale gli rispondo: “A tua sorella!”.
Mentre riempio il mio bicchiere con del buon whisky ascolto la sua risposta: “Ottimo, allora dille di raggiungere il tuo appartamento e di portarsi dietro qualche sua calda amichetta per me. Ci vediamo da te tra poco!”.

 Il solito pagliaccio!

Il mio stomaco brontola, spero che si porti dietro del buon cibo e non i soliti panini farciti il cui odore si sente fino ad un kilometro di distanza!
Sul cibo sono molto selettivo, se il mio naso non approva evito di mangiare.
Stessa cosa vale per le donne, se non hanno un buon profumo non mi stimolano, non mi attirano.
Ho gusti molto decisi sulle fragranze femminili, non che mi ritenga un gran intenditore ma ogni volta che ho fatto un regalo di questo genere ad una donna ho sempre fatto centro!

Suona il citofono… Strano! Possibile che Arthur non mi abbia avvertito? Che si sia allontanato senza avvisarmi?
 “Sì, chi è?”
“Sei nudo o posso salire?”
“Sali idiota!!”
Doveva capitare proprio a me un amico così stupido?
Il bello, di questo ridicolo teatrino, è che sento le sue risate fin dietro la porta!
Dopo averla aperta mi ritrovo il suo ghigno idiota stampato sulla sua faccia. La cosa riesce ad irritarmi ancora di più!
“Tu sei proprio cretino! Non sei normale, non sai cosa sia la vergogna! Sono cose da gridare ad un citofono, secondo te?”
“Su con la vita, Yeti! Da quando sei diventato così poco spiritoso, mio sexy uomo delle nevi?”
Mi risponde, quasi, senza guardarmi in faccia mentre entra nel mio appartamento.
Ovviamente non può farmi mancare il suo ultimo, benevolo, commento: “Sembri una vecchia signora!”
Roteo gli occhi mentre chiudo la porta e sbuffando gli chiedo cosa ha portato da mangiare.
Lui solleva i sacchetti che ha tra le mani ed esclama, tutto soddisfatto: “Cheeseburger, coca e patatine!”
Ecco, lo sapevo! “Dovrei mangiare ancora queste schifezze secondo te? In ufficio non basta?”
“Non lamentarti Rich, proprio perché ti voglio bene ho portato anche dell’insalata, contento principino?”
“Smettila di canzonarmi Finn, non è aria!”
Si accomoda sul divano e mi risponde: “Oggi ti sei svegliato con il broncio?”
“Lasciamo perdere, non mi va, ok? Non sono in vena di cazzate.”
“Cos’altro ti è successo, adesso? Posso saperlo?”

Mentre finisce di pormi la sua domanda, mi accomodo sulla sedia, accanto al tavolo, e porto una mano alla nuca per massaggiarla.
Mi sento teso, un fascio di nervi. “Non lo so Finn, sto pensando continuamente all’ultima seduta che ho avuto con la psicologa. È stato tutto strano… Meglio ancora assurdo!”
“In che senso?” “In ogni senso!” gli rispondo esasperato.
Finn si stende sul divano e mi dice: “Qualcosa di più specifico?”

Ad un tratto un’idea mi ronza nel cervello e metterla a tacere per me è impossibile:“Posso farti una domanda, Finn?”
Strabuzza gli occhi e mi risponde: “Eh? Certo, dimmi!”
“Che genere di persona credi che io sia? Rispondimi sinceramente!”
“Rich ti sei bevuto il cervello?” Mi dice guardandomi come se avesse visto un fantasma.
Ma io non sono intenzionato a mollare la presa: “Tu rispondimi!”
A questo punto volta il viso verso il soffitto e chiude gli occhi.
Vedo chiaramente che, mentre aggiusta uno dei cuscini del divano sotto la sua testa , sta soppesando le parole da dirmi.
Valuta come rispondermi.
Quando apre gli occhi decide, finalmente, di aprire anche la bocca: “Rich cosa dovrei dirti? Siamo amici da una vita. Ho grande stima di te, altrimenti non ti avrei assunto come mio braccio destro.”

Maledizione! Sta deviando la mia domanda! Di una risposta così impersonale non me ne faccio niente!

“Finn, voglio sapere che tipo di carattere credi che io abbia. Credi che sia una persona senza cuore? Un ricco che, con i suoi soldi, vuole dominare gli altri? Che vivo solo per i soldi e per il sesso? Che non so guardare oltre la punta del mio naso?”
Mentre pronuncio queste parole Finn gira il volto verso di me.
Si mette seduto e con voce ferma interrompe il fiume delle mie parole.
Sembra di essere di nuovo a lavoro, in ufficio, mentre assume il cipiglio severo del capo.
Usa lo stesso tono di comando: “Ferma Rich! Dimmi chi ti ha messo queste cazzate nel cervello!”
“Continui a non rispondermi: lo pensi o no?
“Certo che no! Ma scherzi? Ti conosco troppo bene! Tu sei esattamente l’opposto!”
Lo guardo negli occhi e gli chiedo: “Non lo stai dicendo solo per non ferirmi, vero?”
Risoluto, mi risponde: “Adesso sei tu che offendi me se credi che ti mentirei vedendoti così sconvolto! Richard, che diavolo ti sta succedendo?”
“Perdonami Finn! Non sei certo il tipo che non dice ciò che pensa. Scusami!”

Dopo aver pronunciato queste parole abbasso la testa. Mi sento pieno di insicurezze, quella donna, con le sue sentenze, mi ha reso insicuro.
“Continui a non rispondermi: come sei arrivato a pensare tutte queste cose assurde sul tuo conto?”
“La psicologa”, due semplici parole che spiegano  chi mi sta portando verso l’esasperazione!
“Che cazzo ti ha detto?”
“Mi ha stroncato, mi ha fatto quasi a pezzi! Tutto è iniziato durante la seduta in cui abbiamo parlato di mio padre. Mi ha chiesto cosa penso di lui, dei suoi esordi in politica, la vita della nostra famiglia, tutto. Alla fine mi ha congedato dicendomi che aveva bisogno di pensare alle mie parole. Durante l’ultima seduta, invece, abbiamo parlato dell’Elusive.”
“Era ora!” risponde poggiando i piedi sul tavolino posto davanti al divano.
“Avrei preferito non parlarne, credimi!”
“Stai girando intorno alla questione, Rich! Vuoi parlarmene o no?”

Dalla mia sedia punto il mio sguardo nel suo, voglio cogliere ogni segnale del suo viso per capire se è già a conoscenza di quello che sto per rivelargli: “Sai che le ragazze del locale non sono bendate? Che possono vedere il loro partner?”

Finn sgrana gli occhi, mi guarda a bocca aperta… No, chiaramente non ne era a conoscenza.

“Come? Scusa? Credo di non aver capito bene”
“Hai capito benissimo, invece.”
Si alza in piedi e comincia a camminare avanti e dietro per la stanza.
Vedo che sta elaborando l’informazione ricevuta e non è difficile immaginare cosa stia pensando: “Aspetta un attimo… Frena amico, mi stai dicendo che le donne di quella sera…” “Si Finn, potrebbero averci riconosciuto!”
“Assurdo! Come lo hai saputo?”
“È qui che la faccenda si complica: me l’ha rivelato la Banks!” Finn boccheggia, non ha parole ed io non posso, certo, dargli torto.
Abbasso di nuovo la testa e continuo a parlare: “Dice di essersi informata sul locale… Sa per certo che la donna che ha fatto sesso con me sa chi sono e che, probabilmente, non vuole rivelarsi per via delle chiacchiere, del gossip. Dice che ha paura del mio stile di vita!”
“Si è informata sul locale, hai detto?” Mi guarda socchiudendo gli occhi.
Dove vuole andare a parare?
“Si, esattamente.”
“E ha detto che, secondo lei, quella donna non vuole avvicinarsi a te perché, in un certo senso, ti teme, giusto?”
“Sì! Quindi? Cazzo Finn, mi stai tenendo sulla spine e il tuo camminare avanti e dietro mi fa girare la testa! Dimmi cosa stai pensando!”
Finalmente si ferma ma non ha ancora intenzione di dirmi apertamente quali strani ingranaggi si stanno muovendo nel suo cervello: “Secondo me, quella ragazza, non può non venire da te solo per delle voci di corridoio… Quindi mio caro Rich, mi duole dirtelo, ma forse non sei stato una scopata da ripetere per lei…” Ovviamente non posso lasciarlo continuare.
Va bene essere confusi ma nessuna donna si è mai lamentata delle mie prestazioni : “Credimi Finn urlava e come la ragazza!”
“Magari lo faceva solo per far terminare presto quell’agonia!” e ride, che amico idiota!
“Piantala di dire cazzate, idiota!”

 Si accomoda ancora una volta sul divano e continua a dirmi, alzando le braccia in segno di resa: “Scusa amico, non ho resistito. So che sei un grande tombeur de femmes!” Direi che la mia faccia esprime esattamente cosa sto pensando, infatti riprende subito la parola.
“Tornando seri: Rich, secondo me questa donna ti conosce. Nel senso che ha parlato con te, che fa parte, in qualche modo, della tua vita!”
“Cosa?” Sono scioccato, non avevo mai pensato a questo!
“Pensaci amico” continua a dirmi: “Sa chi sei, sa che non ti sei mai legato a nessuna donna, ma lo sa per certo. Non per voce di alcuni stupidi giornaletti scandalistici! Quindi il cerchio delle possibili opzioni si restringe di parecchio!”
“Cioè? Che vuoi dire Finn?”
“Le possibili candidate per la ragazza dell’Elusive non possono che essere tre donne! La prima direi Hanna Sancez, la tua ex. Lei ti conosce e forse quella sera si è riaccesa la passione!”
Scuoto la testa, un nome davvero assurdo: “No, impossibile io e Hanna siamo rimasti in ottimi rapporti e ci sentiamo, infatti ha vinto un concorso nel Queens. Manca dal New Jersey da mesi!”
“Ok, allora meno una! Passiamo alla mia seconda ipotesi: Megan Riggs, la tua segretaria personale. Potrebbe avere una cotta per te. Ho visto come  ti guarda!”
“Finn ci vedi malissimo! La leccapiedi è sposata e con una donna quindi, come puoi immaginare, non sono il suo tipo! Certo che dei tuoi dipendenti non conosci nulla!”
“Conosco le informazioni base: il davanzale prorompente e il suo gran bel culo!”
“Sei un maiale!”
“Si certo, come vuoi! Ora torniamo alle cose serie! Ci resta solo una persona Rich e l’ho tenuta per ultima perché penso che sia proprio lei la nostra donna misteriosa.” “E sarebbe?”
“La tua psicologa!”

Alle sue parole mi alzo in piedi di scatto facendo cadere la sedia su cui ero seduto.
Gli rispondo quasi urlando: “La dottoressa Banks? Ma che cazzo dici? Sei forse impazzito?”
Lui, ancora seduto, fa aderire completamente la schiena alla spalliera del mio divano e, guardandomi con un sorrisetto soddisfatto, incrocia le braccia al petto esponendomi la sua teoria: “Pensaci bene Rich! Quella donna ti sfida fin dalla prima seduta. Come poteva già conoscerti? Si, sei conosciuto ma associarti immediatamente a tuo padre… Dai non siete i reali d’Inghilterra!”
Pensandoci, forse, la cosa potrebbe avere senso: “In verità mi ha subito domandato se mi piace stare sotto i riflettori. Quando le ho risposto che preferisco esprimermi a luci spente ha avuto come un moto di stizza e mi ha rimproverato, dicendomi che non sono abitudini così salutari.”
Lo guardo mentre si sfrega le mani e, ridendo piano, mi dice: “Vedi? Qualcos’altro che potrebbe avvalorare la mia teoria?”
“Appena le ho detto le parole del tatuaggio, che ho intravisto sulla schiena della donna dell’Elusive, mi ha subito risposto che potrebbero appartenere ad una frase di Oscar Wild!”
“Così su due piedi?”
Alla sua domanda annuisco muovendo il capo e lui continua chiedendomi: “E la cosa non ti puzza?” “È parso strano anche a me.”
“E quale sarebbe la frase incriminata?”
“I can resist anything except temptation”
“Tentazioni… Dunque sei tu la tentazione a cui non può resistere!”

Ho bisogno di nuovo di bere del whisky.
Cazzo che situazione!
Bevo il mio bicchiere tutto d’un fiato e gli chiedo, ancora una volta: "Credi davvero che possa essere lei?"
"È un ipotesi che non mi sento di scartare, Rich... anzi!"

“Cazzo, maledizione!” Esclamo sbattendo il bicchiere sul tavolo del piano bar! “Come ho fatto a non pensarci prima? Quella megera mi ha persino detto di riordinare bene le idee e che tutto sarebbe stato più chiaro! Voleva che arrivassi a lei, secondo te?”
“Molto probabile, amico! Le donne fanno sempre le misteriose! Poi non ti sei ancora accorto di una cosa fondamentale, caro il mio ingenuo!”
Lo guardo senza proferire parola, invitandolo con un gesto della mano a continuare: “Perché secondo te la sua segretaria, il bocconcino biondo, quella un po’ strana… insomma come diavolo si chiama?” “Juliet!” Suggerisco prontamente.
“Sì esatto! Juliet! Te la trovi sempre dietro, non ci hai mai pensato? Magari ti spia, cerca di intrufolarsi nella tua vita per poi raccontare tutto, da buon cagnolino addestrato, alla sua padrona!”
“Lo sapevo! Ho fatto bene a non darle corda. Soprattutto durante la sera in cui hai infilato la tua lingua nella bocca della sua amichetta! A proposito non mi hai detto come è andata a finire!”
“Semplice: le ho dato il colpo di grazia. Adesso, anche lei, ha il marchio Davis!” Dice compiaciuto, chiudendo gli occhi e sospirando.
“Immagino che sia finita con -è stato bello, tanti saluti-, o sbaglio?”
“Rich non farmi il sentimentale, ti prego! Chiamerà la pupa quando avrà voglia di un altro giro”
Non posso fare a meno di sogghignare e di dirgli: “Hai ragione, stupido io ad avertelo chiesto!”

Meglio riprendere il discorso, ho bisogno ancora di confrontarmi con lui su alcune cose: “Comunque incontro spesso la biondina al bar vicino al nostro ufficio eppure lo studio della dottoressa è molto lontano da lì!”
“Un altro punto a mio favore e poi Rich, siamo seri: una psicologa che si interessa di un locale del genere? Dai c’è stata per forza, almeno una volta! Quello, l’energumeno, disse che sono informazioni riservate. In un locale del genere non si può dire tutto a chiunque. Andiamo è la Banks non l’FBI!”

Lo guardo sconvolto… Mio Dio è davvero la Banks!

Finn mi guarda compiaciuto e dice: “Mi devi un favore fratello!”
Non posso fare a meno di rispondergli: “Tranquillo, appena risolvo questa situazione ti organizzo una seratina con i fiocchi!”
Finn ride, scarta il suo cibo e mi dice: “Eccolo il mio Rich! Vai da lei e sfidala. Mettila con le spalle al muro e falle sputare la verità! E se non lo fa strappale i vestiti di dosso. Se è davvero lei griderà più forte di quella notte! La panterona è ormai in trappola!”
“Puoi dirlo forte, Finn!”

Mi sento, finalmente, leggero!
E bravo Finn! Adesso anche investigatore!
Finalmente la situazione comincia a districarsi.
Sembra che la buona sorte stia tornando a farmi visita.
Mi è tornato anche l’appetito!
La prossima volta non mi sfuggirai cara dottoressa… o meglio cara Eleanor!
Sarai ancora mia!
 
 

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Capitolo 12
*** 12 Capitolo ***


“Allora, cosa te ne pare?”
“Cazzo fratellone, sei un vero schianto!”
Eccolo qui il mio fratellino Michael! L’uomo tutto d’un pezzo e con la testa sulle spalle.
L’uomo che tra una manciata di giorni si sposa.
Chi l’avrebbe mai detto!
Tuttavia non posso non ricordargli una piccola cosa: “Quante volte devo dirti di non chiamarmi fratellone? Mi fai sentire vecchio!”
Lo so, lo fa solo per irritarmi ma, ormai, è un nostro rito: lui deve chiamarmi “fratellone” ed io devo ribattere!
Poggio le mani sulle sue spalle e gli dico, sorridendo: “Vieni qui fatti abbracciare!”
Mi tocca ammetterlo, mi è mancato! Anche se è, maledettamente, identico a mio padre.

Quando sciolgo il nostro abbraccio gli ricordo: “Finn ed io ti abbiamo organizzato un addio al celibato con i fiocchi!”
Lui, ridendo, risponde: “Non avevo dubbi che quel pazzo di Finn Davis ci avesse messo il suo zampino!”
“Caro il mio Michael, lui è il Re dello sballo! Bisogna dare a Cesare ciò che è di Cesare!” e lui, sorprendendomi, risponde: “ E a Michael quello che è di Michael! Questa è la mia ultima notte da single e mi aspetto che tutto sia all’altezza delle mie aspettative!”
Hai capito il fratellino? Testa a posto un corno! Il gene Smith non si smentisce mai!
“Non te ne pentirai fratello, credimi!”

Dopo questa mia ultima battuta saliamo in limosine, dove troviamo, alla guida, il fedele George che, con un sorriso sghembo, ci saluta:”Buonasera signori!”
“George accennami qualcosa, ti prego! Dove ci accompagni questa sera?” Chiede subito Michael, senza quasi salutarlo. È proprio su di giri!
“George non dirgli nulla! E tu signorino calmati! In meno di cinque minuti lo vedrai con i tuoi occhi!”

Detto questo vedo Michael rilassarsi contro lo schienale, sembra essersi rassegnato.
Dopo qualche minuto di silenzio, lo vedo abbassare il vetro del finestrino accanto a lui e accendersi una sigaretta.
Ad un tratto, senza apparente motivo, mi chiede: “Allora Rich sei stato a casa di recente? Papà che dice?”
Lui? Lui, chiede a me, di nostro padre? Lui che lo sente al telefono, quasi ,venti volte al giorno?
È impazzito! O, molto probabilmente, è una domanda pilotata da mio padre “il grande capo” per non si sa quale strano motivo!
Meglio svignarmela, giocando la carta dell’ironia: “Signori e signore benvenuti ad una nuova puntata del nostro show -Come rovinare una splendida serata”!- Mi guarda stralunato e mi dice: “Ok, ok! Ho afferrato il concetto!” e alza le mani in segno di resa.

Meglio cambiare, repentinamente, argomento! “Eccoci arrivati! Guarda un po’ fuori dal finestrino!”
Michael sporge la testa e commenta: “Elusive Seduction? Ne ho sentito parlare, sai? Spero che le dicerie siano vere!”
Sorridendo gli rispondo: “Puoi dirlo forte! Scendiamo, Finn è già qui!”
Lui annuisce, ridendo piano: “Il ghigno idiota del tuo amico si vedrebbe anche a chilometri di distanza!”
Non posso, proprio, dargli torto! Mentre scendiamo dall’auto per raggiungerlo, ci viene incontro salutandoci, freneticamente, con le braccia alzate.
Finn è sempre il solito!
“Ecco qui i fratelli Smith! E che playboy!” il tutto corredato con un fischio di apprezzamento.
Intanto, metto il braccio sul collo di mio fratello, per avvicinarlo a me, e rispondo, senza giri di parole, al mio pazzo preferito: “Buonasera Finn! Stavo accennando a Michael che gli hai riservato una sorpresina speciale!”
Finn ride e, atteggiandosi, gli rivela sornione: “Stai tranquillo ragazzo, quando si parla di divertimento puro con Finn Davis vai sul sicuro!”
Mio Dio, come stiamo cadendo in basso!
Michael mi precede, per fortuna! “Finn, manca solo il pollice in su, un occhiolino sprezzante, e sei  pronto per uno squallido spot pubblicitario!”
Finn sgrana gli occhi, per una frazione di secondo, e comincia subito a ridere a crepapelle.
Dopo la sua forte risata, che sicuramente avranno sentito tutti i passanti, risponde con un sorriso smagliante: “Hai  capito il nostro ragazzo! Lo sai che sei più simpatico di quella lastra di ghiaccio di tuo fratello?”
Ovviamente non riesce, mai, a risparmiarmi nessuna frecciatina: “Finn ti prego, non farmelo diventare una mente deviata!”
A queste parole si avvicina al mio viso e con un’espressione quasi rabbiosa, che non gli ho mai visto, mi risponde: “L’unica mente deviata questa sera è la tua! E lo sarà ancora di più una volta entrati nell’Elusive!” Cazzo! Quando si tratta di infastidirmi è sempre in prima linea: “Adesso mi fai incazzare! Hai sempre una battutaccia pronta all’uso! Sei davvero squallido Finn!”
Con fare annoiato mi risponde: “Rilassati principino! Hai visto Michael?” dice puntando lo sguardo su mio fratello: “Il tuo fratellone è diventato suscettibile. Una donna gli ha dato alla testa e non si può più scherzare!” conclude le sue parole guardandomi con occhi carichi di rabbia.

Ma che, diavolo, gli è preso?
Michael è visibilmente imbarazzato.
Non capisce, giustamente, di cosa stiamo parlando e quindi, da ragazzo educato, cerca di compiacerlo, per allentare la tensione: “Eh già, ho notato!” risponde guardandosi intorno.
Che cazzo di serata, accidenti a te, Finn!
“Michael non assecondarlo, ti prego!”
Volto il mio sguardo verso Finn e gli dico: “Finn tu non stai scherzando ma vuoi solo provocarmi! Comunque, non è certo questa la serata giusta per litigare.” Mi riprometto di riprendere il discorso quando saremo soli.
Questo suo scatto non mi è piaciuto per niente e non riesco a capire il motivo di tanta acrimonia nei miei confronti.

Comunque ora è meglio non pensarci.
Meglio salvare la serata e dare a Michael la sua festa.
Con un piccolo sorriso continuo dicendo:”Ora entriamo e pensiamo a divertirci ma soprattutto a far divertire questo futuro sposino!” concludo scompigliando, con una mano, i capelli di mio fratello.
Finn ride e finalmente l’aria si fa più distesa.
Ci dirigiamo verso l’ingresso ma il buttafuori, prontamente, ci blocca: “Avete una prenotazione?”
“Sì! Un privè a nome Smith!” gli rispondo.
“Un attimo solo!” l’omone controlla la lista e dice: “Sulla lista non ci siete!”
Ad un tratto, quasi come per magia, compare il titolare a cui il buttafuori chiede: “Logan, i ragazzi hanno per caso prenotato un privè?”
Il titolare, senza rispondergli, ci fa un cenno con la mano indicandoci di entrare: “Prego signori, potete accomodarvi”
“Ha visto lei? Uomo di poca fede!”Finn e la sua dannata boccaccia!
Il buttafuori ci minaccia con uno sguardo che non fa presagire nulla di buono mentre io spingo lo sbruffone del gruppo all’interno del locale.
Con voce bassa gli dico: “Ma cosa ti salta in mente! Tu sei pazzo! Hai visto il tipo? Con una carezza è  capace di mandarti in coma!”
Lui rotea gli occhi e mi risponde: “Tranquillo Rich, non fare sempre la signorina!”
“Qualche giorno finirò nei guai e sarà solo colpa tua. Mi avrai sulla coscienza!”

Il titolare del locale interrompe la nostra conversazione.
“Allora ragazzi ditemi: chi è il festeggiato?” “Eccolo qua!” esclamo, poggiando la mia mano sulla spalla dello sposino.
Il titolare porge la mano a Michael e gli dice: “Quindi tu devi essere Michael Smith, piacere di conoscerti!”
E lui, da buon futuro Senatore, risponde: Il titolare riprende subito la parola, sfregandosi le mani: “Allora ragazzi il regalo è pronto. Non mi sembra giusto rubarvi altro tempo!”
Ci dice strizzando l’occhio : “Potete cominciare ad avviarvi verso la stanza 129” conclude, indicandocela.
Prima che se ne vada ho bisogno di chiedergli una cosa… purtroppo quando la natura chiama bisogna rispondere!
“Chiedo scusa, potrebbe indicarmi la toilette?”
Lui mi guarda stralunato, probabilmente non molti uomini, appena entrati, chiedono questo genere d’informazione.
Tuttavia si riprende subito e sorridendo, cordialmente, mi risponde: “Certamente. Vada sempre dritto nel corridoio. È la seconda porta sulla sinistra!”
Prima di dirigermi verso il bagno Finn mi richiama, con una pacca sulla spalla: “Ehi Rich, dove vai? Sei già venuto nei pantaloni?”
“Idiota! Ti ricordo che le mie prestazioni sono molto più lunghe delle tue!”
Mentre si  avvia verso la stanza 129 mi risponde, con voce alta: “Vedi di non fartela addosso!” e ridendo continua: “Ricordati: nulla è più duraturo di Finn Davis, il mio marchio non ha eguali!” Detto questo abbraccia mio fratello e, trascinandolo con sé, esclama: “ Entriamo Michael, godiamoci il tuo bel regalino!”

Finn è sempre il solito, non si smentisce mai!
Intanto noto, con piacere, che il bagno è libero.
Non mi sono quasi accorto di esserci arrivato, come non riesco, questa sera, a percepire lo scorrere del tempo.
Sarà tutta colpa dell’atmosfera dell’Elusive? Eppure mi sento molto rilassato.
Nessuna tensione o agitazione attraversa il mio corpo.
Se devo essere sincero, non mi sembra strano essere qui, ancora una volta, nel luogo in cui tutto è cominciato!
Credevo che potesse farmi uno strano effetto e invece: nulla.
Solo adesso me ne sto rendendo conto.
Il pensiero che possa esserci lei, il pensiero di poterla incontrare ancora, non mi è passato nella testa nemmeno per un secondo.
Magari questa mia ossessione è, finalmente, sparita. Forse si è dissolta come una nuvola di fumo.
Magari Finn aveva ragione: forse, la soluzione, era solo ributtarsi in pista!

Dopo, credo, una manciata di minuti sono di nuovo in questo lungo corridoio.
Mentre percorro solo pochi passi, vedo, davanti a me, la stanza 129.
Tutto è quasi impalpabile grazie alla luce soffusa ma ad un tratto qualcosa attira la mia attenzione.
Un profumo travolge i miei sensi.
È un profumo che ho già sentito.
Un profumo che fa parte di questo luogo.
Un profumo che riconoscerei tra mille.
Il cuore accelera i battiti.
Per fortuna!
Credevo che non potesse farmi più effetto!
Sono un pessimo veggente!
Credo di essere completamente fregato ma… mio Dio… non posso sbagliarmi. Proprio non posso!

Lascio questa fragranza femminile, che per me è come ambrosia, entrare nelle mie narici e trattengo il respiro, con gli occhi serrati.
Voglio assaporarlo con tutto il mio essere.
Riapro gli occhi ed espiro questo profumo, che sconvolge il mio corpo.
Riprendo il mio percorso, fatto di pochi metri, e noto con piacere che l’odore di questa donna, della mia donna, diventa sempre più intenso.
È lei, lo sento.
È lei e, da questa notte, sarà finalmente mia.
Non può più sfuggirmi.
Arrivo davanti la porta del privè, poggio la mano sulla mostrina rossa e vedo  una donna bionda, con le spalle bianche completamente scoperte .
Indossa una splendida culottes nera in pizzo, delle autoreggenti a rete che si agganciano, ad essa, con un sottile e sensualissimo reggicalze, adornato da piccoli fiocchetti neri.
Una vestaglia velata, sicuramente la sua, giace sul pavimento, accanto ai suoi piedi.
Mentre rotea i suoi fianchi al ritmo di una musica che non riesco a decifrare, vedo sulla sua schiena, semicoperta dai suoi capelli chiari, la famosa frase che mi dà, ostinatamente, il tormento “posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni”, il caro Oscar Wilde ha proprio ragione: resistere per me, adesso, è davvero impossibile!
Mi avvicino a lei, quasi senza far rumore, non voglio certo spaventarla.
Anzi, tutt’altro.
Affondo il mio naso sul suo collo e adagio le mani sul suo seno fino a scendere, lentamente, sui suoi fianchi.
Le bacio e mordo dolcemente la base del suo collo.
Sento che freme.
Rabbrividisce sotto le mie mani e sotto il tocco delle mie labbra.
La mia dama bionda apprezza gemendo.
Le sue mani gelide si adagiano, dolcemente, sulle mie, e le riportano sul suo seno, per torturarle i capezzoli.
Non resisto più: sussurro al suo orecchio, con voce quasi impercettibile: “Ciao streghetta.”
Mentre le mie mani giocano con il suo corpo i miei occhi vagano nella stanza.

La stanza, che questa volta posso finalmente vedere, è completamente rossa con delle sfumature di blu.
Giochi di luce che trasmettono una forte carica erotica.
Vedo Finn a gambe aperte disteso sul divanetto, anch’esso rosso, intento a guardarmi beatamente compiaciuto, come se stesse assistendo ad un porno in diretta streaming.
Michael, invece, è legato ad una sedia, completamente nudo e imbavagliato.
Una donna è seduta sul suo bacino e si muove lentamente su di lui.
Lo sento gemere, anche se il suo apprezzamento è un po’celato dalla stoffa rossa che circonda la sua bocca.
Vedo i suoi occhi vagare, come i miei, incessantemente per tutta la stanza.
Immagino che la situazione gli sembri surreale ma dalle espressioni del suo viso, il ragazzo, apprezza… eccome se apprezza!
È proprio uno Smith, senza dubbio!

Ad allontanare i miei pensieri dai miei compagni di avventura ci pensa la mia dama del mistero.
Finalmente la sento parlare e se il suo viso fosse rivolto verso il mio, la vedrei sicuramente sorridere.
“Pensavo che la sorpresa fosse per te!” mi dice con voce roca. E continua:”Ho insistito affinché mi scegliessero per questa serata! Desideravo essere il tuo regalo!” A queste parole un brivido di eccitazione attraversa il mio corpo. Non posso fare a meno di risponderle, con voce fioca: “Adesso che ti ho trovata sarai mia per sempre! Non sai quanto ho sperato che la donna di quella notte fossi tu!”
Continua a darmi le spalle muovendo, deliziosamente, il suo bacino sul mio. Non può non sentire il mio sesso contro il suo sedere. Infatti spinge forte quest’ultimo verso il mio bacino e geme, chiamando solo, e soltanto, un nome: “Signor Smith!”
Mi sta facendo impazzire!
Mentre le mie mani prendono a coppa la pienezza del suo seno le bacio il collo pronunciando, finalmente, il suo nome:”Eleonor!”
Un vortice ci inghiotte e non riusciamo a smettere di gemere i nostri nomi.
“Signor Smith!”
“Eleonor!”
“Signor Smith!”
“Eleonor!”

Ad un tratto sento, distintamente, delle insistenti percosse sulle mie spalle e una, fastidiosissima, suoneria che mi costringe ad aprire gli occhi.
Una sola domanda e un solo nome viene articolato dal mio cervello: “Eleonor! Dove sei?”
“Signor Smith! Che Eleonor e Eleonor! È impazzito forse?”
Oh mio Dio! Chi è? La Mummia!
“Le  sta squillando il telefono. Non volevo svegliarla così bruscamente!”
Mio Dio era un sogno!
Ho fatto un sogno erotico come un qualsiasi ragazzetto!
Cazzo! Cazzo! Cazzo!
E quel che è peggio mi ha svegliato Dory, con la mia eccitazione in piena vista!
Ma mia madre una donna di servizio più carina non poteva sceglierla?
Che figura di merda! Cazzo!
La smorfia sul mio viso deve rivelarle, sicuramente, il mio disappunto.
Credo sia il caso di articolare qualche suono!
“Santo cielo, grazie Dory! Che ore sono? Stavo sognando!”
Raccattando le mie cose per la stanza mi dice: “Lo chieda alla persona che la sta chiamando! Sono dieci minuti che non molla la presa!”
Purtroppo il mio cervello non è ancora del tutto sveglio e Dory lo intuisce subito visto che continua dicendomi: “Il suo cellulare squilla da una decina di minuti, signore!” Cazzo non è possibile! Sono nei guai!
La suoneria del mio smartphone ricomincia, ancora una volta, a riempire la stanza.
Lo afferro e il nome di Finn aleggia sul display come un amaro presagio.

Maledizione! Sono fottuto!
“Sì, pronto!”
“Stronzo! Cosa cazzo significa pronto? Dove diavolo sei? Hai dimenticato la riunione di oggi?”
Dio! Grida come un matto, meglio giocare d’astuzia: “Che ore sono Finn? È ancora presto!”
“Cretino il tuo orologio ha, forse, il fuso orario? Sei nel New Jersey non in Italia! Sono le 8:30 e questi cinesi del cazzo stanno cominciando ad innervosirsi! Rimanda a casa la escort che ti stavi sbattendo, data la voce da arrapato con cui mi hai risposto!”
Cazzo! Cazzo! Cazzo!
“Nessuna escort, Finn! Stavo solo dormendo. Non è suonata la sveglia! Perdonami!”
“Non perderti in sogni principino. Muoviti! Ti concedo solo dieci minuti, altrimenti sei finito Smith!”
“Scusami davvero, faccio più in fretta possibile, te lo prometto!”
Chiudo la chiamata ed esco dalla mia stanza.
Mi conviene fare attenzione, la befana sta lavando i pavimenti, e, ora come ora, non posso permettermi di scivolare.
Mentre mi avvio verso il bagno Dory mi ferma dicendomi: “Mi perdoni per prima, signor Smith. Non volevo spaventarla. È  stato poco carino irrompere così di soppiatto nella sua stanza! Non accadrà più!”
Mi tocca essere gentile infondo non è, certamente, colpa sua! “No Dory, non hai nulla di cui scusarti. Anzi per fortuna c’eri tu. Sei stata un angelo, ti ringrazio! Ora scappo in bagno. Buon lavoro!”
Cazzo che situazione!

Dio! Quel sogno sembrava così reale.
Sono ancora, completamente, scioccato… per non dire altro!
Altro che dimenticarla ormai, quella dama malefica, è radicata in me!
Se non ci fosse stata Dory starei ancora dormendo e, devo ammetterlo, non mi dispiacerebbe affatto!
Cazzo! Non posso certo presentarmi in questo stato!
Mi tocca chiamare immediatamente George e fare una doccia lampo!
In compenso posso dire che anche i miei sogni avvalorano la tesi di Finn.
Cara la mia psicologa anzi, cara la mia Eleonor tutto questo diventerà presto realtà!
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** 13 Capitolo ***


 Sono completamente in palla! Da giorni ormai, dopo quel sogno, che ho la testa altrove.
Sono distratto, è così, senza se e senza ma.
Mi sembra di stare perdendo il lume della ragione e tutto questo mi fa dire cose che non avrei mai immaginato che potessero uscire dalla mia bocca.
È come se stessi giocando una partita a carte e ogni mossa risultasse essere quella sbagliata.
Credo che tutto si possa spiegare solo con una semplice e piccola parolina: “ossessione”.
Ma forse ho, finalmente, trovato la cura a questa mia malattia e tra poco ne assaggerò i benefici.
Dopo tutti gli strani avvenimenti di questi mesi mi sento come un cocktail troppo alcolico: ho esagerato con le emozioni, ho mischiato i sentimenti ed ho shakerato la mia parte razionale che ormai è diventata solo bollicine.

Ed ora? Ora sono qui, ancora una volta, a contemplare questo gigantesco portone. A fissare la sua targa, con su scritto il suo nome: Eleanor!
Ho paura perfino a citofonare. Mi sento agitato ma eccitato.
Cosa mi hai fatto? Cosa mi è successo? Quali sensazioni mi provochi?
“Scusi che fa, entra? Dico a lei, sto per chiudere!” Cazzo, ci mancava solo il condomino che mi cogliesse a fissare il suo palazzo.
Mi avrà preso per uno stalker!
“No, no non chiuda! Ero distratto, mi scusi!”
“Questi giovani d’oggi! Che fa prende l’ascensore?”
“No, vado a piedi la ringrazio, buona giornata!”
“A lei!”
Tutto suona come un déjà vu!
Meglio salire a piedi, ora come ora non riuscirei mai a stare fermo in poco spazio, nell’attesa che l’ascensore mi porti a destinazione.
Fare qualche rampa di scale mi aiuterà a scaricare la tensione!

Eccomi arrivato.
Suono il campanello, ho un nodo alla gola, il battito cardiaco accelerato e sento come un’improvvisa sensazione di vuoto.
La porta si apre, entro e c’è lei: la bionda dei miei sogni!
Colei che, ormai, alberga nella mia mente e che fa esplodere tutta la mia virilità. La donna che mi fa sentire maschio!
“Buonasera!” Pronuncio suadente. Voglio guardarla negli occhi, non abbasserò lo sguardo. Sono qui per giocare Eleanor e non puoi sfuggirmi!
“Bentornato signor Smith! Si accomodi in stanza. Segno questo appuntamento e sono subito da lei.” Accenna un piccolo sorriso e torna a guardare le sue scartoffie.
Oggi Juliet “la strana” non c’è.
Meglio così! Preferisco essere qui solo, soletto, con lei. Voglio farla urlare di piacere e preferisco non avere pubblico.
Non oggi almeno, magari in futuro, chissà!
La mia dottoressa oggi è più sexy del solito e il suono della sua voce accende tutti i miei sensi.

Qui, chiuso nel suo studio, stordito dal suo inebriante profumo, non riesco a non chiudere gli occhi e a non far vagare la mente.
Sento il mio corpo accendersi.
Lo so, sono impazzito ma non riesco a frenare la mia mano che scende sul mio sesso, che lo massaggia attraverso la stoffa dei pantaloni.
Seduto sulla sua sedia, la immagino davanti a me, mentre le sue mani accarezzano i miei capelli, graffiando piano la mia nuca.
Fisso le sue labbra, come un affamato, e la vedo disfarsi della mia giacca e subito dopo della mia cravatta.
Dio, sembra così reale!
La vedo sbottonarmi la camicia e immergere la sua mano nei miei pantaloni.
Non posso resistere dal fare la stessa cosa.

“Signor Smith! Che sta facendo?”
Oh è arrivata la mia bella! Bene, la nostra danza sta per iniziare!
“Dottoressa! Oh perdonami, ora posso chiamarti Eleanor, finalmente!” Mi guarda scioccata e in imbarazzo. Così rossa è ancora più desiderabile.
“Ma come si permette! Si abbottoni subito i pantaloni! Si è drogato, per caso?”
Rido e le rispondo: “Su sciocchina, adesso non fare la timida!”
“Le è forse saltata qualche rotella?”
“Quella sera non la pensavi così! Anzi, la mia intraprendenza sembrava essere di tuo gradimento!”
Mi alzo dalla sua sedia e togliendomi la giacca le chiedo: “Che c’è? Ora ti vergogni, dolcezza?”
“Ma cosa dice? La smetta immediatamente o la denuncio!”
“Ho capito, ti inibisce guardarmi negli occhi! Rimediamo subito: ho portato la benda!”
Mi avvicino con passo lento e felpato mentre lei, al contrario, indietreggia spaventata.
“Non osi avvicinarsi neanche di un millimetro!”
“Ma come Eleanor! Sono sorpreso! Ti piaceva così tanto stare attaccata a me quella notte e ora non vuoi? Eppure gridavi come una matta!”
A queste mie parole ha uno scatto d’ira, si avvicina a me con occhi di fuoco e mi dice: “Io a letto con lei? Ha le allucinazioni, signor Smith. Io non verrei mai a letto con lei. È completamente impazzito!”
“Probabilmente è vero: sono impazzito. Ma solo grazie a te! È inutile fare l’ingenua, so che vuoi cavalcarmi ancora.”
Mi avvicino ancora di più a lei, sono ad un soffio dalle sue labbra.
Questo suo fare la ritrosa mi eccita da morire, non può non avvertirlo.
Voglio provocarla, voglio scoprire le sue carte, una volta per tutte: ”Che c’è Eleanor? Non dirmi che la nostra performance all’Elusive ti è bastata? Ti ho sbattuta così forte che hai perso la memoria?” È furiosa, bene! Non potrà reggere, ancora, per molto.
“Ma come si permette? È un idiota! È talmente imbecille che non sa nemmeno chi si porta a letto! Ammetta che ha perso la ragione ed io non la denuncerò per diffamazione!” Conclude incrociando le braccia al petto.
Non ci siamo proprio dolcezza, non mi freghi! “Non mi incanti Eleanor! Quel tatuaggio è impresso nella mia mente! Dopo che tu stessa mi hai rivelato l’intera frase ti ho sognata. Ti ho sognata vogliosa e pronta per me e con la tua schiena in bella vista.”
Un sorriso sghembo affiora dalle mie labbra e concludo dicendo: “A proposito: in lingerie sei sexy da morire!” concludo mordendomi le labbra.
“Adesso basta! Chiamo la polizia!” Non fa in tempo a pronunciare questa frase che, come una lepre, fugge verso il telefono.
Appena impugna la cornetta afferro, energicamente, le sue braccia e spingo il suo corpo verso il muro.
Mi appoggio completamente a lei e sfioro il suo collo con la punta del mio naso.
In un primo momento la sento rilassarsi e gemere piano ma, subito, sembra riprendersi e torna ad essere la gattina battagliera di qualche istante prima.
“Mi lasci! Sono stufa di lei e di questo stupido gioco!”.
La guardo negli occhi, le mie labbra sono a pochi millimetri dalle sue e le sussurro: ”Nessun gioco Eleanor. Solo ti voglio!” Lei a queste mie parole gira la testa, regalandomi la visione del profilo del suo naso, e cerca di divincolarsi dalla mia presa.
Quando capisce che è tutto inutile mi dice:“Signor Smith, mi tolga subito le mani di dosso!”
Sembra che abbia davvero paura. Possibile che finga fino a questo punto, che voglia portare avanti questa commedia?
“Calmati Eleanor! Non voglio farti del male! Lo sai!”
“La smetta di chiamarmi Eleanor! Io la rovino!” È proprio una stronza testarda!
“Le minacce non mi fanno paura e  non uscirò da questa stanza finché non avrò la mia conferma!”

Mi allontano da lei.
La lascio libera dalla mia presa.
Sono stanco, voglio solo la verità.
So che è lei.
Deve esserlo!
E se non lo è allora deve darmene prova!
“Ma di quale conferma blatera? Ha dimenticato a chi si sta rivolgendo? Dove si trova? Lei non può pretendere alcunché!”
Rido piano e nel mentre mi appoggio cautamente alla sua scrivania, incrociando le braccia al petto.
Ostentando una calma che non sento affatto, le dico: “Mi sorprende che cerchi, ancora, di farmi cambiare idea. So che sei tu la donna dell’Elusive. Ci sono troppe coincidenza e io non credo alle coincidenze!” Lei tra i denti mi risponde “Peggio per lei!” Cerca di avvicinarsi alla porta ma con un rapido scatto afferro la sua mano e la porto sul mio petto, sussurrandole: “Cara Eleanor, non puoi scappare. Sei in trappola!”
Mettendo la mia mano sul suo fianco, massaggiandolo delicatamente, esclamo: “Voglio solo poter rivivere quei momenti. Rivelati a me. Lo vuoi anche tu. Non aver paura. Lo sai che ti desidero da impazzire!”
Vedo i suoi occhi intingersi di passione.
Mi guarda languida e mi sfiora una guancia, con la sua unghia laccata di rosso, delicatamente.
Si libera dalle mie mani e prende la parola: “È una conferma che vuole? Bene l’avrà! Ma dopo dovrà sparire. La incontrerò solo in presenza di un giudice!”
Si gira, lentamente, mi dà le spalle.
Sposta i suoi capelli dal collo e la sua giacca Calvin Klein rossa si posa, delicatamente, sul pavimento, accanto ai suoi piedi imprigionati da dei tacchi vertiginosi. Alza il capo, il suo sguardo incrocia il mio, affamato di vederla, affamato di lei. Mi dice: “Su venga! Come pensa che possa abbassare da sola una zip del genere?”

Mi avvicino emozionato. Il suo corpo è snello ma morbido nei punti giusti e le mie mani tremano, al solo pensiero di svestirla.
La sua longuette è, ora, completamente sbottonata e scivola, con l’aiuto delle mie mani, sui suoi fianchi, come seta.
Io non riesco ad allontanarmi dalla sua siluette e le mie mani risalgono lentamente sul suo corpo, come una dolce carezza.
Voglio condurla verso la pazzia, insieme a me.
Lei gira il viso verso di me, sorride, alza un sopracciglio, e mi dice: “Ci ha preso gusto, vedo. Si allontani, il suo compito è terminato!”
Io non ho più parole!
Sono un robottino, palesemente, eccitato nelle sue mani.
La mia spavalderia si è dissolta.
La mia gola è arida mentre la vedo piano, piano, sbottonare la sua camicetta nera in modo aggraziato.
Ammicca verso di me e dopo, come una timida educanda, abbassa le palpebre.
Vuole provocarmi la mia dottoressa.
Non ne ha certo bisogno!
Basta solo il flebile rumore delle sue unghia che battono contro i bottoni mentre, uno a uno, li stacca dalle asole, per mandarmi fuori di testa.
Intanto scopre lentamente le spalle, con fare lento e sensuale.
Va più giù, intravedo le bretelle del suo push-up in pizzo e le prime vertebre sotto il collo.
Del tatuaggio, ancora, neanche l’ombra!
Continua a sbottonare, e il suo scollo a V è diventato uno scollo a barca.

Mio Dio! Non può essere!
Allora non è lei!
Non stava mentendo!
Cazzo!
Il tatuaggio non c’è, non posso crederci!
La sua schiena è completamente scoperta e io arrossisco dalla vergogna!
Ma se non è lei, allora chi diavolo è la donna di quella notte?
Sono incazzato con me stesso!
Sono incazzato con quell’idiota di Finn!
Maledetto lui e le sue supposizioni da idiota del cazzo!
Cazzo!
Maledizione!
Ho fatto la figura del maniaco!
Mi sento un fallito, un emerito buono a nulla!
Ho del tutto umiliato questa donna!

“Adesso è contento? Le basta tutto questo come conferma?” Pronuncia queste parole guardandomi negli occhi.
È adirata, ed ha ragione!
Me lo merito.
Sono proprio un bastardo!
Non posso fare altro che tacere.
Non ho intenzione di complicare, ulteriormente, le cose.
“Tutto questo è disgustoso! Lei è riprovevole! Far spogliare una donna solo per il gusto di vederla nuda! La mia analisi su di lei è stata giusta fin dall’inizio! Lei è un bambino viziato che gioca a fare l’uomo ma con me casca male, signor Smith!”
La sua voce, mentre pronuncia il mio nome, è carica di disprezzo.
È come un fiume in piena mentre continua a riempirmi del suo sdegno: “Lei dovrebbe finire dietro le sbarre. Non creda di comprare il mio silenzio con i suoi soldi. Questo vostro vizio di famiglia ve lo faccio passare io! La rovino! Che c’è? Adesso non mi risponde? La sua spavalderia si è disintegrata? O la imbarazza vedermi in intimo dopo aver capito che lei è semplicemente un idiota? Fa tanto il grande uomo e ora non parla. Lei è patetico!”
Le sue urla rimbombano in tutto lo studio!
Mio Dio… Mi sento annientato.
Che cazzo ho combinato?

Ad un tratto la porta della stanza si apre: Juliet, con un tono di voce un po’ allarmato, entra con dei fogli in mano.
In quello stesso istante la Banks cerca di coprirsi, il più in fretta possibile.
“Dottoressa, l’ho sentita urlare tutto bene?” Alzando gli occhi dalle carte che ha tra le mani, continua: “Ci sono questi appuntamenti da conferma…”
I fogli che aveva tra le mani, ormai, sono tutti spalmati sul pavimento.
Sembra scioccata, e di questo non posso certo meravigliarmi.
Merda, che cazzo di situazione!
La vedo abbassarsi lentamente, verso il pavimento, per raccogliere i fogli che le sono appena sfuggiti.
Ad un tratto, solleva leggermente la testa e dice: “Oh Dio… Io… Chiedo scusa! Non volevo essere invadente!”
Il suo sguardo, dopo queste sue poche parole, poggia immediatamente sul mio.
Mi fulmina con i suoi occhi chiari mentre i miei sono carichi di vergogna.
Che cazzo di figura di merda!
Il suo volto non sembra più quello della brava ragazza che ho imparato a conoscere.
Appena finisce di raccogliere i fogli, si alza, e si dirige verso l’uscita.
Ad un tratto si blocca tra l’entrata dello studio e il corridoio.
Mostrandoci le spalle, con la mano sulla maniglia, esclama: “Mi scusi ancora dottoressa, non intendevo disturbarla. L’ho sentita urlare e visto che non aveva nessun appuntamento mi sono permessa di entrare senza bussare. Ho agito d’istinto. Non accadrà più. La prego di scusarmi.”
La Banks è visibilmente imbarazzata. Balbettando le risponde: “Juliet, grazie. Ne riparliamo più tardi.”

Dopo queste parole, Juliet chiude la porta dietro di sé.
Il rumore dello scatto della serratura riecheggia forte nella stanza.
Di nuovo soli, la Banks si gira verso di me, sconvolta e paonazza: “Si rende conto che mi ha fatto perdere di credibilità davanti alla mia segretaria?”
Io non riesco a proferire parola.
Sono come annientato.
Non posso fare altro che abbassare lo sguardo.
Lei, con tono forte e deciso, continua: “Lei è un uomo squallido! Si presenta nel mio studio, approfitta dell’assenza di Juliet per non farmi sapere che non aveva alcun appuntamento. Ed io come una cretina mi sono fidata! E cosa ho ottenuto? Una figuraccia del genere! Lei mi ha umiliata, e quel che è peggio mi ha umiliata davanti ad una mia dipendente!”
Sono davvero imbarazzato e non, ho davvero, parole.
Semplicemente non le trovo.
Nulla potrebbe rimediare a ciò che ho fatto.
Raccolgo la mia giacca e, a passo svelto, scappo letteralmente da questa stanza.
Sento la Banks urlare e sbattere la porta del suo ufficio. Lungo tutto il corridoio la sento imprecare contro di me.

Appena arrivo alla porta principale, per uscire finalmente da questo cazzo di studio che ha contribuito a rovinarmi la vita, sento una voce carica di risentimento dirmi: “Questa sua seduta le costerà cara!”
Juliet è a pochi centimetri dalla sua scrivania.
Ed io riesco a pronunciare solo alcune stupide parole: “Non è come pensi. Io posso spiegarti! La dottoressa ed io non…”
Lei mi interrompe immediatamente con fare nervoso: “Signor Smith, la prego, non deve certo spiegare a me cosa fa con la dottoressa, nel suo studio. Io mi occupo di altro in questo ufficio. Spero di essere stata chiara. Le auguro una buona giornata.”
Non l’ho mai vista così! Cosa le prende?
Abbassa lo sguardo e continua a compilare il prestampato che ha d’avanti.

Cosa cazzo mi è saltato in mente di giustificarmi con lei?
La bimbetta sembra essere diventata parecchio isterica!
Donne, tutte uguali. Infondo che le importa se mi scopo la Banks, nel suo studio?
Avrà sicuramente le sue cose! Si sa che le donne una settimana al mese sono intoccabili!
Darmi, di nuovo, del lei, poi… Pazzesco! Chi si crede di essere? Ci mancava solo lei!

Chiudo la porta dietro di me e scendo le scale del palazzo, alla velocità della luce.
Ho mille pensieri per la testa che scalciano per uscire fuori!
Oltre ad un senso di vergogna, mai provato prima, che invade il mio corpo e la mia anima.
Tuttavia sono, di nuovo, al punto di partenza: chi diavolo è la donna dell’Elusive?
Non riesco a darmi pace.
Non riesco a rassegnarmi!
Dopo oggi dovrei arrendermi ma, forse, ho ancora una carta da giocare. Infondo, anche se il New Jersey è grande, io ti troverò!
Dovessi perdere tutto , non mi importa.
Io ti troverò!
 
 

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Capitolo 14
*** 14 Capitolo ***


Credo di essere impazzito! La sanità mentale, ormai, è un vago ricordo.
Dopo l’increscioso episodio con la Banks dovrei smetterla. Ma smetterla sul serio!
Dovrei darmi una regolata, calmarmi e dimenticare quella notte all’Elusive!
Questo farebbe un uomo con un briciolo di senso.
Ma cazzo, per quanto mi sforzi… non ci riesco!
Non riesco a dimenticare il tocco delle sue mani, la sua pelle a contatto con la mia e quella schiena perfettamente bianca, che ho solo intravisto e che, sotto la mia bocca, sapeva di dolce e candida cioccolata bianca.
Un uomo come si deve dovrebbe prostrarsi ai piedi di quella poveretta, che ho quasi aggredito grazie alle cazzate, alimentate da Finn, che ronzavano nel mio cervello.
Ma, per quanto ci provi, non riesco a pensare ad altro che a scoprire l’identità di quella donna.
Devo riuscirci o non troverò mai pace!
La mia, ormai, è un’ossessione ne sono consapevole ma non riesco a fare marcia indietro.
Ed è spinto da questa certezza che percorro, in piena solitudine, a quest’ora di notte le vie della città.
Sono uscito di corsa senza nemmeno avvertire George, senza dirgli che forse, dopo, potrebbe servirmi l’auto.
Sia che la mia idea vada in porto oppure no!
Nessuno può capire il mio tormento e poi preferisco non rivelare a nessuno la mia meta.
Questa è una faccenda che devo sbrigare da solo e sono fermamente convinto che devo prendere il toro per le corna!
Devo tornare nel luogo dove tutto è cominciato!

Mentre cammino, in preda a non so quale follia, sento lo squillo del mio smartphone.
È da un giorno intero, esattamente da quando sono uscito dallo studio della Banks, che non rispondo a nessuna chiamata.
Il mio buonsenso mi dice di rispondere e, almeno in quest’occasione, sento il bisogno di assecondarlo.
Potrebbe essere mia madre che si chiede se sono ancora vivo e, di certo, non le occorrono altre preoccupazioni.

Prendo lo smartphone dalla tasca e, senza nemmeno guardare chi mi chiama, rispondo:
 “Pronto?”
“Pronto sto cazzo! Ti sto chiamando da ieri, dove sei finito? Qui in ufficio ti stiamo dando per disperso! Devi girarmi questa cazzo di e-mail!”
Ecco… ci mancava solo la chiamata di Finn! Non ho bisogno delle sue urla adesso.
Soprattutto non ho bisogno che mi parli di lavoro. Ho altro per la testa!
Devo sbrigarmi, non posso rimanere ad ascoltare i suoi rimproveri. Devo chiudere velocemente questa conversazione!
Infastidito gli rispondo: “Senti Finn è meglio che non mi rompi il cazzo, Ok? Non voglio starti a sentire!”
Dopo alcuni secondi di totale silenzio, lo sento rispondere: “Ma amico, ti sei drogato? Ho bisogno di questi documenti. E ne ho bisogno adesso! Smettila con le tue bambinate!” Non ci credo! Ha davvero detto una cosa del genere! A me!
Mi fermo per strada e alzando il tono della voce lo rispondo per le rime: “Ah, bambinate? Complimenti Sherlock Holmes dei miei stivali! Dopo la figuraccia che mi hai fatto fare con la Banks ti consiglio di non farti né vedere né sentire per un po’ di tempo. Lasciami in pace!” Questo è il minimo dopo avermi incitato a fare il maniaco sessuale con la Banks. Alla fine è tutta colpa sua e della sua follia! Mi ha contagiato!
Comunque non posso perdere tempo dietro a queste cazzate! Magari poi, con calma, gli spiegherò tutta la situazione ma ora voglio solo arrivare in quel cazzo di locale ed essere lì alla stessa ora di quella maledetta sera!
Parlare con lui ora è solo una perdita di tempo e mi distrae dal mio obbiettivo.
“Va bene, allora quando avrai finito di giocare allo scolaretto affranto con la tua sexy psicologa girami la mail, coglione! E vaffanculo tu, la Banks e la troietta che ti sei sbattuto all’Elusive!  Cresci stronzo!”

È pazzo!
Mi ha sbattuto il telefono in faccia!
Se crede di farla franca si sbaglia.
Per chi cazzo mi ha preso? Amicizia un cazzo! Forse non ha capito con chi ha a che fare!
Adesso non ho tempo per lui ma troverà pane per i suoi denti! Non finisce, certamente, così!

Riprendo a camminare e accellero il passo. Mi sento teso ma anche eccitato.
Voglio vederla.
Voglio vederla lì nuda e pronta per me.
O quanto meno voglio che qualcuno mi riveli l’identità della donna che ho posseduto quella notte.
Nulla è più importante per me, in questo momento!
Altrimenti non sarò più padrone delle mie azioni. Voglio saperlo. A qualsiasi costo!

Giro l’angolo e vedo, finalmente, l’entrata del locale.
Vedo, distintamente, il grande e grosso uomo barbuto. È piazzato davanti all’ingresso per controllare la situazione e quando dei clienti gli si avvicinano lui guarda una cartellina con, probabilmente, tutti i nomi degli avventori attesi per la serata.
Cazzo! Non ho proprio pensato alla lista!
Il danno è fatto e, francamente, poco mi importa.
Entrerò lo stesso.
Non sarà certo lui a frenarmi.
Ho l’adrenalina a mille.
Sento alcune gocce di sudore scendere, lentamente, sulla mia spina dorsale.
Adesso devo, necessariamente, calmarmi.
Devo dare un’immagine di me disinvolta e sciolta.
Arrotolo le maniche della mia camicia sulle braccia, prendo un respiro profondo e mi dirigo, spavaldo, verso l’ingresso.
Nulla mi impedirà di fare ciò che ho in mente!

A pochi passi dall’entrata, il buttafuori mi chiede: “È sulla lista?” “Si si”. Rispondo svogliatamente. Mentre lo vedo abbassare il viso per controllare i fogli che ha in mano, entro nel locale senza curarmi delle sue urla: “Un attimo! Ehi dico a lei! Dove scappa?”

Non mi importa più nulla!
Ormai sono dentro, sono tornato in questo maledetto Elusive e nulla mi impedirà di fare ciò che ho in mente da ieri!
Mi dirigo verso un lungo corridoio, accellero il passo.
Devo trovarla ad ogni costo,  anche a rischio di beccarmi una denuncia.
Questa volta, anche se colto da una strana frenesia, faccio più attenzione ai dettagli che riempiono questo luogo.
Lungo il corrodoio vedo tante porte.
Porte scure, anonime, che non regalano alla vista alcuna indicazione.
Le apro una ad una e ogni volta sento delle grida levarsi intorno a me.
Ogni stanza che apro mi regala uno scenario diverso, ma sono tutte accomunate da uno stesso dettaglio: uomini con una benda scura sul viso e una o più donne che scivolano seducenti su di loro.
Ma queste scene non regalano nessuna reazione all’interno dei miei pantaloni.
Mi affaccio solo per guardare, per studiare queste donne nude e seminude. Le scruto con occhio quasi clinico ma nessuna ha la sua pelle, nessuna porta con fierezza il tatuaggio che ho intravisto, quella notte, sulla sua schiena.
Sento di nuovo la voce dell’energumeno.
Questa volta non si rivolge a me ma chiama a gran voce un nome a me sconosciuto.
Può anche chiamare la cavalleria, non me ne frega nulla! Mi resta solo un ultima porta da aprire.
E nulla mi impedirà di farlo.

Abbasso la maniglia dell’ultima stanza a me ignota e, questa volta, mi si para davanti uno scenario che mai avrei pensato di vedere fra quattro mura. Davanti a me vedo uomini e donne, tutti con indosso una maschera e vestiti di pelle e borchie.
Scorgo almeno una ventina di persone all’interno di questa stanza, inondata da una tiepida luce rossa.
Vedo avvinghiati uomini e donne, uomini con uomini, donne con donne, uomini con donne e uomini.
Tutti uniti solo per un unico scopo: arrivare a toccare l’estasi.
Su un divano blu vedo una donna , vestita con un corpetto di pelle, come la maschera che indossa, con stivali alti fino alla sua coscia, sodomizzare un uomo. Vedo due donne che con un frustino a più code colpiscono un uomo che è a quattro zappe sul pavimento, mentre urla di dolore e di piacere.
Vedo cinque persone su un divano rosso e non riesco proprio  a capire dove finisca l’uno e cominci l’altra.
Sullo sfondo della stanza si staglia l’immagine di un uomo con ai piedi dei tacchi di vernice nera che scopa selvaggiamente una donna.
Tutto questo mentre un altro uomo guarda lo spettacolo completamente nudo, ad eccenzion fatta per la maschera che indossa sul viso, e con una mano sul suo sesso, mentre un altro dirige l’amplesso di due donne che gli offrono uno spettacolino piccante chiuse dentro una gabbia metallica.
Queste sono persone che non hanno freni inibitori.
Gente che cerca spasmodicamente, nella segretezza dell’anonimato, solo il piacere del sesso.
Nemmeno la mia presenza interrompe il loro idillio fatto di estasi.
Anzi, forse, guardare un uomo completamente vestito e senza nulla che copra il suo volto, che li guarda a sua volta, potrebbe eccitarli ancora di più.
Per quanto mi riguarda questa scena non mi trasmette nessun appetito sessuale.
Ho solo un’idea in testa: guardare attentamente queste donne e vedere, finalmente, se la mia strega è qui dentro!

Appena muovo un passo per entrare in questa stanza, inondata dalla lussuria, sento gridare dietro di me: “Jim prendilo!”
Una forza indescrivibile mi solleva e mi trascina lontano dalla stanza.
Mi dibatto e grido come una furia ma questo non sembra scalfire il grosso omone che, tirandomi per le spalle, mi allontana dall’ultima porta che voglio e pretendo controllare.
Anche adesso, che mi ha trascinato fuori dal locale, il bastardo non molla la presa!
Con tutto il fiato che ho in corpo urlo, ancora una volta: “Mi tolga subito queste luride mani di dosso!”

“Jim lascialo!” Sento rispondere, immediatamente, da una voce brusca che a stento trattiene la rabbia.
Finalmente, l’energumeno si decide a lasciarmi.
Libero dalle grinfie di quel mostro cerco di ricompormi, guardandolo in modo truce.
Sposto lo sguardo e vedo il titolare del locale infilzarmi con i suoi occhi di ghiaccio.
Effettivamente potrei aver rovinato gli incassi della serata ma non me ne frega un cazzo!
Se vuole posso anche rimborsarlo, basta che mi faccia entrare in quella maledetta stanza!
Dopo avermi lanciato una lunga occhiata, il titolare prende la parola: “Signore lei è entrato e ha creato scompiglio nella mia attività. Se non sparisce subito chiamo la polizia!” La sua espressione non ammette repliche.
Vuole sentirmi chiedere scusa? Può solo sognarselo il biondino!
Devo rientrare e controllare quella stanza prima che anche una sola donna possa sgattaiolare via.

Quest’uomo non sa contro chi si sta mettendo!
“Come si permette di usare questi toni con me?! Io sono Richard Smith, il figlio del Senatore Smith e non le permetto altro, perciò mi faccia finire ciò che ho cominciato!”
Il titolare, impeccabile nel suo completo grigio, mi guarda come se fossi un totale idiota e mi risponde: “Vedo che con lei le parole non risolvono nulla! Io non ho tempo da perdere con gli psicopatici e a finire ciò che ha cominciato non sarà lei ma il mio bodyguard”.
Appena termina il suo discorso guarda il grande e grosso omone e gli dice: “Jim, sai cosa fare!”
Non ho nemmeno il tempo di capire cosa sta succedendo che mi sento, ancora una volta, sollevare da terra e trascinare in una strada adiacente.
A qualche metro dal locale, Jim con un tonfo mi fa cadere sul duro asfalto mentre lo vedo ghignare soddisfatto, dopo aver incrociato le braccia sulla sua enorme pancia.
Con l’audacia come ultima carta da giocare gli rispondo: “Cerchi guai amico?”
So che può conciarmi per le feste, sarei un pazzo a sperare di avere una chance con lui, ma la miglior difesa è l’attacco…
Almeno è quello che ha sempre detto mio padre.
Lui mi guarda e ridendo risponde: “Sei simpatico sai? Proprio per questo ti farò un regalo, moscerino. Ti lascerò solo un ricordino! Giusto per ricordarti di non mettere mai più piede nell’attività del mio capo!”
Lo vedo alzare il braccio verso di me e dopo il buio.

Sento un ronzio allucinante nella testa e un dolore lancinante all’occhio sinistro.
Cado a terra e gemo in preda al dolore, dovuto al pugno che mi ha sferrato in pieno viso, mentre sento i suoi passi che si allontanano da me.
Avrei dovuto avvertire George! Maledizione!
Mi sento stordito.
Non riesco a capire nulla.
Non riesco a muovere nemmeno un musolo.

Cazzo! Cazzo! Cazzo che dolore!

Ad un tratto sento qualcuno che chiama il mio nome a gran voce.  
Sento una voce spaventata che non riesco a identificare e le mie spalle vengono, insistentemente, scosse da delle piccole mani che hanno una presa calda e decisa.
Stranamente mi sento al sicuro, protetto.
Devo guardare chi si sta dando tanta pena per me.
Provo ad aprire gli occhi.
Sento un male cane e la vista è sfocata, poco nitida.
Vedo solo un viso con intorno una luce bionda.
Che sia un angelo?
Che sia morto?
Cazzo no, non posso morire prima di suonargliele a quell’idiota di Finn!
“Sono in paradiso, chi sei?”
“Ma quale paradiso signor Smith! Più che il paradiso lei meriterebbe l’inferno!”

Merda! Ecco in scena la mia ennesima figura di merda”

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Devo guardare chi si sta dando tanta pena per me.
Vedo solo un viso con intorno una luce bionda.
Che sia un angelo? Che sia morto?
Cazzo no, non posso morire prima di suonargliele a quell’idiota di Finn!
“Sono in paradiso, chi sei?”
“Ma quale paradiso signor Smith! Più che il paradiso lei meriterebbe l’inferno!”
Merda! Ecco in scena la mia ennesima figura di merda!
 
 
“Andiamo! Riesce ad alzarsi?”
“Non credo di poterci riuscire!”
Non poteva capitarmi di meglio: la segretaria della Banks che mi vede in questo stato!
L’ennesima figura di merda che faccio davanti a lei.
Comunque devo ammettere che vederla in pena per me, mi provoca un certo piacere.
Tutta rossa e scarmigliata sembra, finalmente, senza barriere, quasi raggiungibile.

“Avanti Signor Smith, non riesco a tirarla su! Si faccia forza! Cerchi di aiutarmi, per favore!”
“Non ce la faccio, mi sento debole” Ecco una sua nuova espressione: collera!
“Cazzo su non ti facevo così flaccido e femminuccia! Alzati!”
Sapevo che la ragazzetta non era così composta come tende a far credere! Ora posso mettere fine alla mia commedia.
“Aspettavo il momento in cui mi dessi del tu, adesso posso alzarmi!”

Con occhi sgranati mi guarda e comincia a boccheggiare. Mi ricorda quasi un pesce rosso!
 Dopo qualche secondo si riprende e mi dice: “Che stronzo! Ed io come una stupida, mi sono spaventata per nulla!” Incrocia le braccia al petto e, con un sopracciglio alzato, riprende a dirmi: “Hai proprio una bella faccia tosta!”
Le sorrido ma immediatamente sento una forte fitta all’occhio.
Il dolore, istintivamente, mi fa serrare gli occhi e portare le mani alla testa.
Cazzo, adesso si che fa davvero male! Mi verrà un gran occhio nero, ne sono certo!
Ad un tratto sento delle piccole mani, dal tocco delicato, premere sulle mie per farle allontanare dal mio viso.
 Apro immediatamente gli occhi e la vedo vicinissima a me. I suoi occhi sono leggermente lucidi e preoccupati.
Possibile che abbia quest’espressione solo a causa mia?
Sono quasi rapito da lei, non saprei spiegarlo con altre parole.
Sono così rapito tanto da vedere, distintamente, le sue labbra muoversi ma non sentire la sua voce.
Devo cercare di riprendermi. Per rimediare, le chiedo subito: “Hai detto qualcosa?”
Annuendo con la testa, mi dice: “Vuoi che ti accompagno in ospedale o vuoi che chiami il 911?”
“No, grazie. Basterà solo un po’ di ghiaccio. Starò senz’altro meglio”
Subito riprende la parola. È testarda la piccoletta! “A pochi metri c’è il bar dove lavora la mia amica, io stavo andando lì. Puoi venire con me e vediamo di farti avere un po’ di ghiaccio.”
Quasi non aspetta una mia risposta.
Immediatamente mi fa poggiare a lei e ci incamminiamo verso la nostra meta. Per aiutarmi, nella foga, non si accorge che il suo lato sinistro è completamente appoggiato sul lato destro del mio corpo, tanto che riesco a sentire perfettamente le sue forme.
Come pensavo: è piccola ma ben proporzionata.
Sento la rotondità del suo seno premere su di me e la curva dei suoi fianchi sfregare deliziosamente contro la mia.

Sembra quasi… Richard basta!
Non è questo il momento per eccitarsi come uno scolaretto!
Ho un occhio nero, cazzo!
E Juliet sta solo cercando di aiutarmi.
Devo comportarmi da vero gentiluomo!
Per fortuna vedo l’insegna di un bar e Juliet mi dice, prontamente, che siamo giunti a destinazione.
Meno male, non so se sarei riuscito ancora a resistere!

Appena varchiamo la soglia del locale ci viene incontro una ragazza con una cascata di folti capelli rossi e con una spruzzata di lentiggini sul viso.
Direi proprio che questa deve essere la famosa amica di cui parlava prima Juliet.
La ragazza è, adesso, davanti a noi e, con occhi spalancati, si rivolge immediatamente alla mia samaritana!
“July? July cosa è successo?”
“Nulla Grace, il mio amico ha semplicemente fatto una brutta caduta. Potresti portarci un po’ di ghiaccio, per favore?”
Subito la ragazza, o meglio Grace, ci accompagna ad un tavolino vuoto.
Dopo esserci seduti, si allontana gridando “Vado a prenderlo subito!” Strana ragazza, come la sua amica!
Dopo qualche secondo ritorna.
Velocissima la rossa, sarà grazie a quelle sue gambe lunghe! Immediatamente mi porge la busta con il ghiaccio e mi guarda con aria dispiaciuta.

Sembra che sia arrivato il momento delle presentazioni.
Le porgo la mano e le dico: “Comunque io sono Richard”
Mi sorride di rimando e risponde: “Si, Io so. Ti conosco. Comunque io sono Grace!”
La guardo stranito! Adesso questa chi diavolo è?
No, ti prego, non dirmi che me la sono portata a letto e che ora non ricordo chi sia! Un’altra figuraccia davanti alla biondina non posso reggerla!
L’espressione del mio viso deve parlare per me, infatti subito mi risponde: “Tranquillo,hai ragione. Mi hai vista solo un secondo al pub! Sono un’amica di Finn. Lui mi conosce bene!” Alzo un sopracciglio e le rispondo: “Certamente Grace, non ho dubbi!”

Purtroppo, nel pronunciare queste poche parole, non riesco a trattenere una nota sprezzante, nota  che Juliet coglie al volo. Infatti la vedo ridere sotto i baffi, dopo avermi colpito con un piccolo calcio all’altezza della caviglia. È davvero una viperetta! Chi l’avrebbe mai detto!
La sua amica, invece, si lascia andare ad un risolino sognante. Cazzo mi ha preso sul serio! Poverina, si vede che non lo conosce quel pazzo di Finn!
Tuttavia, quando Grace rivolge il suo sguardo verso quello di Juliet tutto cambia! La bionda la guarda sogghignando e la rossa si ricompone immediatamente, dicendo: “Adesso devo lasciarvi, devo tornare al mio lavoro. Se avete bisogno di qualcosa chiamatemi.”
Appena ci dà le spalle Juliet le mima un ciao con la mano.
È davvero strana questa ragazza!

Con un occhio solo, mentre l’altro sta congelando per mezzo del ghiaccio, noto l’espressione con cui mi guarda e non mi piace per niente.
Ha l’aria di chi vuole mettermi con le spalle al muro. La piccoletta, però non sa con chi ha a che fare!
La vedo poggiare i gomiti sul tavolino, incrociare le dita delle sue mani sotto il mento e chiedermi: “Allora, intraprendente Signor Smith, io ero da queste parti per venire dalla mia amica, tu invece? Che ci facevi solo soletto?”
Le sorrido piano e poggiandomi completamente allo schienale della sedia, premendo ancora di più la borsa del ghiaccio sul mio occhio dolorante, le rispondo: “Nulla, sarebbe troppo complicato da spiegare ed io ho la testa ancora dolorante!”
Dopo le mie parole mi dice: “Un alibi perfetto! Non insisto” il tutto corredato da un fugace occhiolino finale.
Il suo occhiolino mi fa quasi trasalire. Perché questa biondina mi fa sentire sempre a disagio, quasi sulle spine?
Devo togliermi immediatamente da questa situazione. Devo renderle il favore!
“Posso farti una domanda?”
Socchiudendo gli occhi annuisce con la testa.
Bene, è arrivato il mio turno piccola Juliet. “Tu, biondina silenziosa ma onnipresente, chi sei?”, prova a fuggire da questa domanda signorina.
Senza scomporsi mi risponde: “Hai assimilato le doti della dottoressa?”
“Si fa quel che si può” le dico sorridendo.
Ad un tratto inclina leggermente il capo e riprende la parola: “Come ve le trasmettete per corpo o per spirito?”
Ah è curiosa! Mi allontano dallo schienale, avvicino lentamente il mio viso al suo, per quanto la grandezza del piccolo tavolino da caffè mi permette,e, allontanando per un secondo la borsa contenente il ghiaccio dall’occhio, le chiedo, spudoratamente: “Che c’è? Sei gelosa?”
“Addirittura!” Mi risponde allontanando, velocemente, il suo corpo dal tavolino.
Mentre la vedo incrociare le braccia al petto, ritorno alla mia posizione iniziale, con la borsa del ghiaccio ben attaccata al mio occhio.
Subito la sento continuare a rispondermi: “Io non ti conosco. Era solo una curiosità. Poi sai come si dice: la curiosità è donna!”
“Touchè” Le rispondo, ma ci tengo a dirle una cosa: “Però, se devo essere sincero, il tuo fare da donna misteriosa mi innervosisce molto”
Alle mie parole  mi risponde sarcastica: “Perché sei abituato ad ottenere tutto ciò che vuoi!”
“Ecco un’altra che mi classifica come il solito riccone” Le rispondo stizzito poggiando la borsa del ghiaccio sul tavolo.
Accidenti, sento mezza faccia paralizzata!
“Se te lo dicono in tante forse ci sarà un fondo di verità!” risponde, guardandosi le unghia, smaltate di rosa pallido, con fare indifferente.
“Mah.. tutta apparenza! Le vostre sono soltanto stupide supposizioni”
“Se lo dici tu” rotea gli occhi e riprende la parola “Coma va l’occhio?” dice guardando la borsa sul tavolino.
“Meglio ti ringrazio!” Anche se sei gentile con me, biondina, non intendo mollare la presa.
Subito riprendo il discorso: “Quindi? Non vuoi proprio rispondermi?”
Alza, di nuovo, lo sguardo su di me e mi chiede: “Cosa vuoi sapere?”
“Non so” rispondo alzando le spalle, e continuo: “Cosa fai oltre il lavoro, se sei single, cosa ti piace… Stupiscimi!”
“Vedo che il mal di testa è passato. Non molli la presa!” Risponde sorridendo.
Che nervi! Non mi sembra una domanda tanto difficile a cui rispondere! Innervosito riprendo la parola: “Andiamo! Sono domande innocenti. Giusto per fare un po’ di conversazione”
Dopo queste mie parole la vedo annuire con la testa e guardando ancora il tavolino, risponde: “Se proprio vuoi saperlo vengo da Hilliard, una cittadina dell’Ohio, e lavoro per la Banks da 3 anni. Per rispondere all’altra tua domanda, invece, si sono single”.
Dopo aver pronunciato queste parole, volge, nuovamente, il viso verso il mio e guardandomi negli occhi continua a dire: “Da un po’ di tempo ormai.”
Questo mi intriga e non posso esimermi dal chiederle: “Cosa significa da un po’ di tempo?”
“Diciamo che con gli uomini non ho mai avuto tanta fortuna” conclude, mordendosi piano il labbro inferiore. Decisamente l’ho messa a disagio! Un po’ mi spiace, effettivamente ha ragione, non conosco nulla della sua vita e insistere non è stato molto carino.
Cerco di sdrammatizzare dicendole: “Un po’ come me con le donne”
“Dallo spettacolino che ho visto dalla Banks non si direbbe” risponde con una punta di cattiveria.
È proprio una piccola vipera!  Stupido io che mi sono fatto abbindolare dal suo dolce faccino!
Sto per risponderle per le rime ma, appena apro bocca per parlare, mi precede immediatamente e, alzando le braccia in segno di resa, mi dice: “Dimenticavo, non sono affari miei! Ciò che accade nel suo studio deve sempre restare riservato! Ti chiedo scusa”.
Dopo aver pronunciato queste parole gira il viso verso il bancone del bar.

Ha chiuso la conversazione, è evidente. Questa ragazza finisce sempre per spiazzarmi.
Ma chi diavolo sei, Juliet?

Dall’imbarazzo di trovare qualche nuova parola da dire, per cercare di intavolare l’ennesima  conversazione, mi salva la sua strana amica che, trafelata, si avvicina al nostro tavolo per rivolgersi alla mia inaspettata accompagnatrice.
“Juliet, scusate” dice guardando, ora, anche me: “Non vorrei interrompere la vostra conversazione  ma se non dovete prendere nulla devo chiedervi di alzarvi. Il mio capo ha già fatto la faccia storta più di una volta. Non me ne volere, July!”
Juliet, sorridendo, le risponde: “Si, Grace ci alziamo subito. E poi non credo sia una buona idea farlo bere dato che giura e spergiura di avere mal di testa. Ma io non è che ci creda tanto. Sta sempre a parlare.”
La guardo accigliato e finalmente il suo viso sembra essersi rasserenato.

Dopo esserci alzati e aver salutato la sua amica le chiedo: “Ne hai una per ogni momento immagino! Da dove prendi l’ispirazione?”
“Ho le mie fonti” Ecco di nuovo un suo occhiolino corredato da una piccola linguaccia.
Direi che l’aria imbronciata, le è passata.
Chissà perché l’episodio della Banks sembra scocciarle tanto.
Forse perché si è sentita a disagio? Le donne… che rompicapo!
Fuori dal locale, l’aria fresca mi fa sentire meglio. Una boccata d’aria ci voleva proprio!
La biondina che mi affianca, intanto, è di nuovo silenziosa.
Mi sa che il suo dono della risposta pronta non comprende l’arte dell’intavolare una conversazione!
Ma, devo dire che, ora come ora, riesco volentieri a sacrificarmi.
Continuando a camminare accanto a lei, prendo la parola: “Juliet la donna del mistero! Sei stata molto esaustiva! Ho capito davvero tutto di te, conversazione prolissa!”
Con la coda dell’occhio vedo che le scappa un risolino. Subito mi risponde: “Come te che sicuramente hai saputo spiegare, alla lettera, il motivo del tuo occhio nero. Siamo pari!” Ecco, la solita risposta pronta!
Comunque ha ragione, se voglio che mi dica qualcosa di sé, devo sbilanciarmi anche io!
“Questo è il prezzo da pagare quando si ha in testa una donna!”
Sembra colpita, tanto da chiedermi: “Relazioni pericolose?”
“Più che altro complicate!”
“Quindi è per una donna che gironzolavi da queste parti”
“Da un po’ di tempo parecchie cose che faccio dipendono da questa donna!”
“Dev’essere davvero importante, più della Banks!”

Alle sue parole mi fermo immediatamente.
Questo suo modo di inserire sempre la psicologa nelle nostre conversazioni mi sta stancando, e di certo non farò nulla per tenerlo nascosto.
La Banks… ormai quasi non ci penso più, se non per l’immenso fraintendimento che si è creato!
Piccato le rispondo: “Cosa centra la Banks? Con lei è stato solo un errore di percorso!”
Ora si ferma, anche lei, qualche passo davanti a me, dandomi le spalle.
Dopo qualche secondo, si gira verso di me e guardandola posso vedere chiaramente la sua espressione scettica.
Non ci crede! Bene, giochiamo pesante allora, signorina.
Mi avvicino a lei. Ci separa solo qualche centimetro. Inclino la testa e, socchiudendo gli occhi, le chiedo: “Ti è mai capitato che un uomo ti prendesse così tanto da indurti a fare cose folli?”
Alle mie parole apre leggermente la bocca, sembra volermi dire qualcosa.
Ma subito la richiude e, allontanandosi, quasi, impercettibilmente dal mio corpo, risponde: “Non ti nego che mi è capitato ma sinceramente non ne è valsa la pena”
Mi allontano io, questa volta.
La piccola non vuole esporsi e devo prenderne atto.
Non posso costringerla ad aprirsi con me. Ma una cosa ci tengo a dirla, una cosa in cui credo fortemente: “Se lo hai fatto vuol dire che per te aveva senso”
Ancora una volta volge il suo viso altrove e mi dice: “Non credo che ne avesse per lui!”
Meglio riportare il discorso su lidi più tranquilli.
L’espressione che fa quando guarda un punto indefinito non mi piace.
Sembra, quasi, malinconica e vederla così non mi fa sentire a mio agio. Non so nemmeno perché!
Sorridendo e alzando un sopracciglio le dico: “Mi sa che anche tu hai bisogno di qualche seduta dalla Banks!”
Dopo una risata cristallina, mi risponde: “Ormai conosco tutti i suoi trucchi. Non può più aiutarmi!” e conclude le sue parole con un sorriso.
Ma non mi sembra un sorriso sincero.
Infatti, dopo aver abbassato i suoi grandi occhi verdi, volge di nuovo il suo sguardo lontano da me, per guardare un punto indefinito, che la porta sicuramente lontano dalla nostra fragile conversazione.
Lei non vuole parlarmi, vuole rimanere sulla difensiva ed io sono troppo stanco per continuare questo gioco che non ci porta da nessuna parte.
Sono successe troppe cose questa sera, tra la mia irruzione all’Elusive e la strana e inaspettata conversazione con Juliet, la mia testa, ormai, sta quasi per scoppiare ed ho, decisamente, bisogno di una bella dormita.
Domani, a mente fredda, e soprattutto lucida, riuscirò a capire davvero qualcosa di questa bizzarra notte.
Strano come certe cose comincino in un modo e finiscano in una maniera che non ti saresti mai aspettato.

È meglio chiamare George e concludere tutti qui.
“Io sto chiamando il mio autista, vuoi un passaggio?”
Alle mie parole mi guarda e risponde: “No, ti ringrazio, sono quasi arrivata. Aspetto che arrivi la tua macchina e poi vado via!”
Mentre compongo il numero sul mio smartphone le dico: “Guarda che non soffro di solitudine!”
Stizzita, incrocia le braccia al petto e dice: “Era una carineria. Se ti do fastidio me ne vado!”
Decisamente permalosa la ragazza e, ho notato, che irritarla mi diverte!
Meglio essere chiari comunque, non voglio che mi geli ancora con un suo sguardo tagliente!
“No rimani. Scherzavo!” Le dico sorridendo.
Mentre parlo al telefono con George la vedo scuotere il capo e sorridere.

Che strano…  Non pensavo che una persona anonima, in apparenza, avesse qualcosa in comune con me.
Più la guardo e più mi attrae: l’ondeggiare dei suoi capelli ad ogni suo movimento, il colore cangiante dei suoi dolci occhi verdi e quel suo sorriso che le illumina il viso, tutto le conferisce una luce particolare.
Sarà il periodo che sto vivendo, che tende a farmi percepire in modo strano ogni emozione che provo, ma sento di essere, quasi, travolto dalle mie stesse sensazioni.
Ma ora come ora non posso certo fidarmi di ciò che sento e non so più, davvero, cosa pensare!
Questa ragazzetta, però,  ha sicuramente qualcosa di particolare che mi confonde…  e questo accade fin dalle prime volte che l’ho vista.

Chi sei veramente, piccola Juliet?
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Questa mattina ho deciso di riprendere i soliti ritmi che scandivano la mia vita.
Sono seduto alla scrivania e cerco di finire, finalmente, queste pratiche che da giorni chiedono di essere revisionate.
Ho visto, appena arrivato in ufficio, solo per pochi attimi, Finn che si dirigeva a passo spedito verso la sala consigliare.
L’occhiata truce che mi ha rivolto non lascia molto spazio all’immaginazione. Lucidamente non posso dargli torto.
Dopo la sfuriata al telefono non l’ho più visto e sentito.
Spero davvero di recuperare il nostro rapporto e che i problemi sul lavoro non cancellino la nostra amicizia.

Anche per questo ho deciso di essere qui, questa mattina.
Voglio cercare di rimediare e poi… controllare questi documenti, sul pc, mi regala una parvenza di normalità e, probabilmente, ho solo bisogno di questo.
Ho bisogno di staccare la spina e non ho davvero voglia di pensare alle recenti vicende che hanno sconvolto le mie giornate.
Soprattutto, se devo essere sincero, non ho ancora la lucidità necessaria per analizzare, con freddezza, la strana serata che ho condiviso con la misteriosa segretaria della Banks e l’atroce figura di merda che ho fatto all’Elusive.
Ovviamente, pensare di metterci di nuovo piede è fuori discussione.
Il proprietario chiamerebbe la polizia e, forse, non me la caverei solo con un occhio nero.

Intanto la mattina scorre tranquilla: la segretaria mi porta il caffè, mi passa le chiamate e cerco di rimettermi in pari con il lavoro arretrato.
Poco prima della pausa pranzo vedo, dalla porta aperta del mio ufficio, Finn uscire dalla sala consigliare.
La riunione è finita, stringe mani a destra e a manca, e questa è la prima volta che non partecipo a questi piccoli rituali che sono così importanti per la riuscita dei nostri progetti. Forse è vero che sto perdendo la mia vita dietro ad una donna che non mi vuole.

Quando Finn si libera, dopo aver congedato e ringraziato tutti, entra immediatamente nel mio ufficio.
È spavaldo, come al solito, ma ha negli occhi una luce determinata che non riesco a spiegarmi.
Questo non è un buon segno.
A pochi passi dalla mia scrivania prende la parola: “Ah vedo che ti sei ricordato di avere un lavoro? Peccato che non hai la minima idea di cosa ti aspetta!”
Questo tono non mi piace e non riesco ad essere accondiscendente: “Finn, cambia tono perché non è aria!”
A queste mie parole poggia il palmo delle mani alla scrivania, socchiude gli occhi rendendoli quasi due fessure e mi risponde: “Da quando devo sottostare alle tue regole? Qui, io sono il capo e non il tuo amichetto. È chiaro o no il concetto?”
Adesso è tutto estremamente chiaro e non riesco a trattenermi: “Sei venuto con il piede di guerra?”
È ora di giocare a carte scoperte e lui, certamente, non è il tipo da tirarsi indietro.
Infatti mi risponde: “Certo che si, se non raggiungi gli obbiettivi per cui ci siamo fatti il culo per tutti questi mesi! Dove sono le e-mail che dovevi mandarmi? I contratti da leggere e firmare non sono ancora sulla mia scrivania!”
Mentre mi parla fingo di scrivere sulla tastiera, non voglio fargli capire che le sue parole mi feriscono perché so che sono vere e questo rende tutto ancora più difficile. Mi conosce, sa perfettamente che per me accantonare il lavoro non è un comportamento abituale. Ma a lui non importa, è deciso ad umiliarmi e lo fa dannatamente bene. Infatti continua a dirmi: “Quando ti parlo sei pregato di guardarmi in faccia! Non far finta di scrivere al pc. Adesso ti è magicamente tornata la voglia di lavorare? Non ti crede nessuno!”
La situazione può solo peggiorare e decido di essere conciliante, di provarci almeno, per cercare di troncare, quasi sul nascere, questa discussione: “Senti non complichiamo le cose. Hai ragione su tutto, ok? È solo un periodo cupo in cui nessuno riesce a capirmi”
Queste mie parole sembrano innervosirlo ancora di più. Sarcasticamente mi risponde: “Povero cucciolo! I problemi te li crei da solo, idiota! Non serve gironzolare attorno ad una donna che, a quanto pare, è solo nella tua testa!”
Adesso basta!
Mi ha rotto il cazzo!
Si sta accanendo contro di me e se lui non si fa alcuno scrupolo, in nome della nostra amicizia, allora è giusto che anche io agisca di conseguenza!
Mi alzo di scatto dalla sedia e, battendo i pugni sul tavolo, gli rispondo: “Complimenti , ti sei finalmente scoperto! Tu sei come tutti gli altri: avete questa presunzione del cazzo di sapere meglio di me cosa ho dentro. Basta, smettila di trattarmi come un povero coglione Finn!”
Stralunato mi guarda e dopo qualche secondo risponde: “Io dovrei smetterla? E tu, cosa dovresti fare invece? Guardati! Lo vedi come ti sei ridotto? Cos’è? Halloween è arrivato in anticipo? Ti ho assunto in questo ufficio perché diventassi il miglior economista, perché insieme siamo una macchina da guerra. E tu che fai? Ti presenti qui con un occhio nero! Mi dici cosa cazzo dovrei pensare?”
Dopo aver pronunciato queste parole, lo vedo portarsi una mano alla testa, per massaggiarsi le palpebre, con il pollice e l’indice.
È un suo vizio, lo fa sempre quando vuole cercare di calmarsi, di contenere la rabbia.
Una rabbia più che giustificata, lo so!
So che ha ragione! So che vuole aiutarmi… ma cazzo! Io mi sento prigioniero di un vortice che non riesco nemmeno ad identificare,prigioniero di un vortice a cui non so dare un nome.
Sono distrutto, perché queste parole sono le stesse che direi io se la situazione fosse inversa.
Mi accascio alla sedia senza parole.
Ormai non ha senso tentare di discolparmi.
Tutto questo è solo colpa mia e della mia testa che è impazzita, che è in preda ad un sogno che, lentamente, si sta trasformando in un incubo.
Finn senza guardarmi, con un tono di voce triste, quasi malinconico direi, un tono che non ho mai sentito mi dice: “Mi dispiace ma se continui così mi costringi a metterti in aspettativa.”
Dopo aver pronunciato queste parole si avvicina alla porta e riprende a dirmi: “Richard pensa bene a ciò che ti ho detto, per favore. Ti lascio solo un ultima settimana di tempo e poi… sta a te decidere. Spero di essere stato chiaro. Non vorrei ripetermi un’altra volta.”
Ed esce, chiudendosi la porta alle spalle.
Esce da questa stanza, lasciandomi in balia di questo mare di parole con cui mi ha travolto.

Potrei perdere il lavoro, tutta la mia vita, per una donna che nemmeno conosco.
Ne vale la pena?
Una mente assennata direbbe, certamente, di no.
Direbbe che sono un imbecille, che sono completamente impazzito e che la bella vita, l’agio e i soldi mi hanno dato alla testa.
Ma non è così. Non so nemmeno io cosa mi sia accaduto da quella notte.
Non so spiegarlo, non riesco a capire cosa mi spinge a non lasciare andare le emozioni di quella sera.
Maledizione!
Queste stupide sensazioni mi stanno travolgendo e non sono più lucido e razionale ma non lo sono da molto tempo, ormai.
 Anche con le donne che ho conosciuto dopo quella sera all’Elusive ho provato, e provo, cose che hanno contribuito a destabilizzarmi.
Con la dottoressa ho sentito, fin da subito, una forte attrazione.
Un’attrazione che, tuttavia, è svanita nel nulla quando ho scoperto che non era la mia misteriosa streghetta.
Con Juliet invece provo, dalla prima volta che l’ho vista, una strana forma di curiosità: vorrei che si scoprisse, che mi raccontasse di sé e poi il fatto che sia una bellezza quiete, una bellezza composta, che abbia questa innocente sensualità mi intriga.
Ma, anche in questo caso, non ho la certezza che, inconsciamente, non ci sia lo zampino della donna dell’Elusive.
Non posso essere certo che questa curiosità che sento, verso la piccoletta, sia davvero a causa sua e non per la maledetta voglia che provo di ritrovarmi davanti a quella donna.
Forse è proprio a causa di questo mio desiderio che fantastico su ogni donna con cui, dopo quella sera, ho un minimo contatto.
Oppure potrebbe essere un modo inconscio che la mia testa ha trovato, per cancellare la donna dell’Elusive dal mio animo, facendomi provare attrazione verso qualsiasi altra donna? Dio… è un circolo vizioso!
Sono solo dei pensieri contorti che non mi porteranno a nulla.
Tranne verso la strada per la perdita del mio lavoro. Un lavoro per cui ho tanto lottato.
Infatti, ancora una volta, ho accantonato qualcosa di importante per pensare a lei… fregandomene dell’ultimatum che mi ha dato Finn.
Finn, già… Mi ha completamente spiazzato.
La sua mi sembra una reazione eccessiva.
Forse è il suo, strano, modo di farmi reagire. Non lo so!
A questo punto, mi è rimasta solo una persona a cui chiedere consiglio.
Una persona che mi ha sempre ascoltato senza giudicarmi.
Credo che sia arrivato, proprio il momento, di confidarmi con lei.
 
“Cosa succede? Ti vedo strano”
“Nulla mamma, sono solo stanco dal troppo lavoro.”
Una bugia, me ne rendo conto ma non voglio farla preoccupare inutilmente.
Sono qui per parlarle, per chiederle aiuto ma non voglio che si agiti per i miei problemi.
Le basta mio padre! In questo non lo batte nessuno!

Ma lei mi conosce e non crede a queste mie parole. Infatti assume la sua solita posa battagliera, poggiando le mani sui fianchi, e con sguardo severo comincia a dirmi: “Richard Smith, non prendermi in giro. So che c’è qualcosa altrimenti non saresti venuto qui!”
Mentre mi parla abbasso la testa. Anche se sono seduto mentre lei è in piedi non riesco a guardarla, a reggere il suo sguardo.
La verità è che mi vergogno: parlare con lei di una donna che non mi considera, che per giunta ho conosciuto in un locale discutibile, è umiliante e poi non posso certo rivelarle che sono andato da una psicologa, che l’ho fatta spogliare e… Cazzo! Che cazzo mi è venuto in mente!
Non posso dire certe cose a mia madre!
Con la mano massaggio la nuca, per allentare la tensione, sto pensando a come uscire da questa casa nel modo più indolore possibile.
Ma lei si rende, immediatamente, conto che voglio scappare e sento, ad un tratto, la sua mano accarezzarmi i capelli.
Alzo, finalmente, lo sguardo su di lei e la vedo sorridermi, dolcemente, per poi sedersi accanto a me.
Subito, con voce dolce, mi dice: “Dimmi cos’hai. Sei mio figlio, so sempre quando qualcosa non va”
È mia madre, come ho potuto pensare di fuggire da lei, come se niente fosse?
Mi faccio coraggio e le rispondo: “Diciamo che ho conosciuto una donna!”
A queste mie parole inclina il capo e incrocia le braccia, poggiandole sul tavolo.
Con un sorriso risponde: “Una donna? Deve essere una ragazza interessante se, addirittura, riesce ad entrare nei tuoi pensieri!”
Le rispondo alzando gli occhi al cielo. Dovevo aspettarmi una sua battuta sarcastica.
Tuttavia continuo a parlarle.
Non voglio certo dirle dell’intera faccenda, voglio solo raccontarle gli elementi più importanti, senza entrare nel dettaglio.
Non credo che passerei indenne dalla sua ira se le raccontassi certi particolari!
“Diciamo che questa donna non vuole avere ulteriori contatti con me e, purtroppo, a causa sua ho trattato male un’altra persona, completamente innocente che, tra le altre cose, stava cercando di aiutarmi nella sua ricerca.”
La guardo e la vedo perplessa, non posso darle torto. Infatti mi chiede: “Non potresti spiegarti meglio, tesoro? Parli come un serial killer”
“Mamma, ti prego, preferirei tenere per me i dettagli più intimi!”
A queste mie parole mi guarda sorniona e, alzando un sopracciglio, commenta: “Ho capito… il solito vizio degli Smith!”
Sbuffo e alzando le mani, in segno di resa, le rispondo: “Dai mamma, adesso le tue critiche non sono d’aiuto!”
“D’accordo, d’accordo.” mi dice sorridendo.

Dopo queste parole vedo il suo volto diventare, estremamente, serio. Incrocia le mani sul tavolo e, guardandomi negli occhi, mi regala uno dei suoi preziosi consigli:“Richard, tu sei mio figlio ed io ti perdonerei qualsiasi cosa perché sarai sempre il mio bambino e ti voglio bene. Ma tu non mi stai chiedendo un parere da mamma e sentendo quelle poche cose che hai detto posso solo risponderti come farebbe una donna.”
A queste parole annuisco con il capo, voglio farle capire che ho compreso e che ascolterò, davvero il suo consiglio.
“Se pensi di aver sbagliato nei confronti di questa persona,  l’unica cosa che puoi fare è trovare dentro di te la forza, e l’umiltà, di chiederle scusa. Devi riuscire a fare di tutto per farti perdonare. Un uomo deve prendersi sempre le proprie responsabilità!”
La vedo alzarsi dalla sedia, accarezzarmi una spalla, e uscire dalla stanza.

Questo è da sempre il suo modo di chiudere ogni discorso.
Ha detto ciò che pensa e non c’è altro da aggiungere.
D’altronde sa perfettamente che non le racconterei nulla di più sulle mie vicissitudini quindi non potrebbe aggiungere nulla a queste sue parole.
Ora spetta solo a me fare tesoro di ciò che mi ha detto.

E credo proprio di sapere cosa fare.

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Capitolo 17
*** Capitolo ***


Dopo la strana e imbarazzante conversazione avuta con mia madre, ho riflettuto a lungo sull’intera faccenda.
Devo trovare il modo di fare ammenda con Eleanor Banks.
Questa ora deve essere, o meglio, è la cosa primaria per me.
Non devo lasciarmi prendere da altro perché non sarebbe giusto: l’ho trattata in modo indegno e questo solo a causa della mia follia.
È non è certo una giustificazione, anzi!
Sono ancora immerso in questo strano vortice che mi porta a compiere azioni che non avrei mai pensato di affrontare ma come ha detto mia madre – un uomo deve prendersi le proprie responsabilità - ed io non sono certo come mio padre. Ho sbagliato e non mi tirerò indietro!

Con la consapevolezza che non sarà affatto facile riuscire nel mio intento, salgo le poche scale che mi separano dallo studio della dottoressa, cercando di preparare, per la milionesima volta, le parole giuste da rivolgerle.
Ma, purtroppo, solo qui a due passi da lei mi rendo conto che non esiste alcuna parola giusta: devo solo essere me stesso e scusarmi sinceramente.
Sul pianerottolo noto che la porta d’ingresso è completamente aperta.
Avvicinandomi cauto, vedo che in sala d’aspetto ci sono la dottoressa Banks, Juliet e una ragazza che non ho mai visto prima.
Nessuna di loro si è accorta della mia presenza quindi decido, con l’aiuto di un leggero colpo di tosse, di palesarmi davanti ai loro occhi. Immediatamente si girano nella mia direzione e subito la dottoressa, con sguardo truce, prende la parola: “Vedo che non ha perso il vizio di piombare qui senza appuntamento!”
Cazzo! È ancora tremendamente arrabbiata. “Dottoressa, guardi sono qui per dirle che mi dispiace”
Dopo un risolino sprezzante mi risponde: “La cosa non mi interessa affatto, signor Smith. Vada fuori immediatamente! Altrimenti chiamo la polizia!”
Scuoto leggermente il capo e le rispondo: “Ma io voglio solo spiegare”
Ma la dottoressa non mi concede diritto di replica. Subito si avvicina alla porta e la chiude sulla mia faccia! Un’azione che mi costringe a fare due passi indietro per non trovarmi, oltre ad un occhio livido, anche il naso rotto.
Sospiro piano.
Sapevo che non sarebbe stato semplice ma pensavo che mi concedesse l’opportunità di spiegarmi.
Insomma una psicologa non dovrebbe essere comprensiva? O, quanto meno, darmi il beneficio del dubbio?
Cazzo! Che situazione!
Mi sento tremendamente in colpa e poi, se devo essere sincero, vedere Juliet ferma e immobile senza prendere le mie difese mi ha spiazzato!
Quando ho incrociato, per un breve attimo, il suo sguardo i suoi occhi erano freddi e questo, dopo la chiacchierata di qualche sera fa, non me l’aspettavo.
Ah… Le donne… non le capirò mai! È una causa persa!
Comunque devo solo trovare il modo di chiedere scusa alla Banks, non posso farmi prendere da altri pensieri!
Domani mattina proverò a chiamare al suo studio.
Magari una notte di sonno la renderà più clemente e aiuterà me a capire come affrontare la situazione.

Sono già le sette della sera.
Ho passato il pomeriggio a leggere interi fascicoli e tutte le e-mail che stanno tanto a cuore a Finn.
Purtroppo devo ammettere che ha ragione: devo decidermi a darmi una mossa.
Il lavoro, in compenso, è riuscito a distrarmi ma, sono certo, che il peso che sento allo stomaco non mi farà chiudere occhio questa notte.
Al diavolo! Ho deciso: chiamo ora! Aspettare fino a domani è inutile… e poi come si dice: via il dente, via il dolore!
Se andrà male potrò sempre ritentare domani mattina. Spero solo che la dottoressa non mi mandi a fanculo una volta per tutte!
Prendo subito il mio smartphone, che giace sul piccolo piano bar di casa, e compongo il numero.
Cercarlo in rubrica è inutile: lo conosco a memoria. Sono davvero patetico!
Dopo un paio di squilli sento una voce sconosciuta rispondere: “Pronto?”
Eh? Come pronto? Cazzo, ho sbagliato numero.
Di certo una segretaria non risponderebbe mai così ad una chiamata d’ufficio e poi questa non è certo la voce della biondina.
Subito rispondo: “Scusi, forse ho sbagliato numero.”
“Chi cerca?” La signorina all’altro capo del telefono non vuole mollare la presa. Mah… tentar non nuoce!
“Cerco la dottoressa Eleanor Banks”
Con voce squillante mi risponde: “Non ha sbagliato! È il numero giusto, dica!”
Ma cosa succede in quello studio? Che sia la ragazza che era con loro questa mattina?
Meglio non indagare: anzi forse sarà più facile portare a termine la mia idea: “Ah ok, vorrei un appuntamento domani con la Dottoressa, se è possibile.”
“Un attimo che chiedo. Lei è?”
“Richard Smith”. Mentire non ha senso, si incazzerebbe ancora di più.
La voce squillante è sparita. Che stia chiedendo alla Banks? Lascia la cornetta senza, quasi, dirmi nulla. Ma chi è questa incompetente e dov’è Juliet?
Sento afferrare il telefono e subito la voce della svitata mi chiede: “È ancora in linea?”
“Si, si certo”
“La dottoressa potrà riceverla solo domani mattina alle nove in punto.”
“Va bene, la ringrazi da parte mia. A domani!”
Non ho certo intenzione di fare il prezioso.
Questo può solo voler dire una cosa: la Banks si è calmata e questo mi fa ben sperare.
  
Finalmente ci siamo!
Nello studio trovo solo la bella Eleanor ad aspettarmi.
Di Juliet nemmeno l’ombra. Forse vuole che questo incontro avvenga in modo completamente privato, per non alimentare pettegolezzi tra le mura del suo lavoro, ed io non me la sento di darle torto.
Tuttavia, mi ha accolto con un glaciale buongiorno chiedendomi subito di seguirla nel proprio studio.
Ora qui davanti a lei, in piedi entrambi accanto alla porta, dopo averla chiusa alle sue spalle, non so proprio cosa dirle.
Non so come cominciare. Mi passo una mano sul collo per massaggiarlo nella speranza di allentare la pressione.
Lei al mio gesto incrocia le braccia al petto e alza gli occhi al cielo.
Devo sembrarle un perfetto idiota! Non ha poi tutti i torti.
Decide lei di toglierci dall’impiccio di questo imbarazzante silenzio: “Allora Signor Smith cosa vuole? Si sbrighi e se ne vada!”
Con un respiro profondo, e ad occhi bassi, comincio finalmente a liberarmi: “Mi dispiace. Dico davvero. Ero accecato dalla voglia di fare luce sull’identità di quella donna e non ho pensato alle conseguenze. Le chiedo perdono. Ho assunto un comportamento indegno e anche se mi sentivo provocato da lei, questo non mi giustifica. Le chiedo ancora scusa!”
Dopo il mio piccolo monologo alzo finalmente lo sguardo sul suo viso.
È ancora irritata ma credo di scorgere una punta di comprensione.
Possibile che sia stato così semplice? Questa donna continua a non convincermi.
Intanto la vedo allontanarsi da me e dirigersi verso la scrivania per appoggiarsi contro di essa.
La Banks mi guarda e risponde: “Va bene, scuse accettate. So che non era completamente in sé quindi non pensiamoci più!”

Non posso crederci! Ormai ne sono certo: mi nasconde qualcosa!
Non è possibile un atteggiamento del genere, non dopo il modo in cui mi ha trattato ieri.
Sembra che voglia liquidarmi, ed anche alla svelta. Ma non mollerò di certo.
Nasconde certamente qualcosa e l’unico modo per scoprirlo è quello di provocarla.
Niente di più semplice: infondo sono Richard Smith e quando voglio so essere, ancora, un vero stronzo!
Alzo un sopracciglio e le rispondo: “Wow le dirò: non credevo fosse così facile ottenere il suo perdono!”
La vedo scrutarmi attentamente e subito continuo dicendo: “Chissà, magari non era tanto poi dispiaciuta del mio comportamento, anzi!”
A queste mie parole si rimette dritta in piedi, e furente controbatte: “Signor Smith!” Ecco, lo sapevo. Si allontana dalla scrivania e si avvicina a me con aria minacciosa, continuando a dire: “In questo studio pretendo un atteggiamento maturo! Lei mi ha già causato un sacco di problemi!”
Appoggiandomi al muro spavaldo, le rispondo: “Ah, non esageri adesso!”
Dall’espressione del suo viso noto che è decisamente indignata, perfetto!
“Certo che sì! Lei viene qui, mi fa una piazzata del genere e pensa che questo non abbia delle conseguenze?”
Ecco la mia occasione.
Ti ho portato dove volevo bellezza e adesso non puoi sfuggirmi!
“E allora mi spieghi perché mi liquida così facilmente? Se le ho causato tanti danni perché mi perdona come se nulla fosse?”
A queste mie domande sgrana gli occhi, non si aspettava che giocassi d’astuzia! La vedo portarsi una ciocca di capelli, che è sfuggita alla sua elaborata acconciatura, dietro l’orecchio e rispondermi: “Non è il caso di parlarne. Si accontenti del mio perdono e facciamola finita!”
Detto questo si dirige dietro la scrivania e si accomoda alla propria sedia.
Per lei il discorso è chiuso. Ma per me no! Ora non posso cedere! Ora o mai più!
“Io le chiedo ancora scusa e farò di tutto per rimediare, perché le mie scuse sono sincere.” Appoggio le mani sulla scrivania e guardandola negli occhi continuo: “Ma lei deve dirmi come faceva a sapere che all’Elusive Seduction le donne non sono bendate”
Scuote piano il capo e ad occhi bassi mi risponde: “Signor Smith, questa sua richiesta mi mette in imbarazzo!”
“La prego dottoressa io devo saperlo. È questo che mi ha portato a fare ciò che ho fatto.”
Voglio che capisca, davvero, il motivo che mi ha spinto a farlo: “Io ero assolutamente certo che quella donna fosse lei e che mi avesse riconosciuto. E poi lei sapeva tante cose su di me. Coma fa a sapere tante cose sul mio conto?”

Riduco gli occhi a due fessure. La donna davanti a me sembra aver perso tutto il suo autocontrollo.
Vedo chiaramente, dall’espressione stampata sul suo volto, che sta decidendo se rispondermi o cacciarmi a pedate fuori dallo studio.
Ma dopo solo una manciata di secondi vedo ritornare la solita Eleanor Banks, autoritaria e imperscrutabile.
Guardandomi negli occhi, risponde: “Facciamo un patto: io le dirò la verità ma lei deve promettermi che ciò che dirò non uscirà da questa stanza!”
Immediatamente, le dico: “Ha la mia parola!”
Tuttavia la vedo mettere i gomiti sul tavolo e il mento sul dorso delle sue mani e dirmi: “Dovrà anche spiegarmi il motivo di quell’occhio nero!”
Sospiro. Non ho altra scelta e poi, a questo punto, imbarazzarmi con lei è ridicolo!
Mi accomodo alla sedia posta accanto alla scrivania e comincio a dirle la verità: “D’accordo, comincio io!”
Alzando gli occhi al cielo le dico: “Qualche sera fa sono tornato all’Elusive per cercare quella donna. Questo è un dolce omaggio del bodyguard!”
“Oh, mi spiace!” dice, ma sembra leggermente compiaciuta. È una sadica, senza dubbio!
Subito riprende la parola: “Capisco. Dunque adesso tocca a me!”
“I patti sono patti!” le rispondo pronto.
Ad un tratto la vedo girare la sedia di lato, facendomi vedere come, seducentemente, accavalla le gambe.
La signora è sexy, senza dubbio, ma questo non riuscirà a rendermi meno attento alle sue parole.
“Ebbene, sono stata anche io, tempo fa, una cliente di quel locale” detto questo rimane in silenzio per qualche secondo. Con un cenno della mano la invito a proseguire. Non può credere di cavarsela con così poco.
La vedo stringere le labbra e finalmente apre la bocca per rivelarmi: “L’uomo bendato con cui ho fatto sesso era suo padre! Soddisfatto?”
La vedo rimettere, con un movimento di bacino, la sedia al suo posto originario mentre io sono letteralmente sotto shock.
L’unica cosa intelligente che mi viene in mente da dire è: “Ho bisogno di bere! Ha uno scotch?”
“Si serva pure. Ho del brandy nel minibar!” Mi alzo dalla sedia come scottato e mi servo immediatamente da bere.
Dopo aver svuotato il bicchiere le chiedo: “Dottoressa ma come è accaduto? È stato solo un caso o è successo più volte?”
Riempio ancora il bicchiere, mando giù e le chiedo ancora: “Ha avuto una relazione con mio padre?”
Appoggiandosi completamente allo schienale della sedia mi risponde: “Guardi, non sono tenuta a scendere nei particolari. Posso solo dirle che lei è molto simile a suo padre, più di quanto immagina.”
“E questo cosa accidenti significa?” Massaggiandosi con due dita le tempie, mi risponde: “Si faccia bastare questa risposta!”

Io non so proprio cosa risponderle. Diavolo, non avrei mai pensato a nulla del genere.
Mio Dio, povera mamma. Quell’uomo l’ha sempre e solo presa in giro.
E quel che è peggio e che il destino beffardo mi ha portato a chiedere aiuto ad una delle amanti di mio padre.
Occasionale o meno non fa alcuna differenza. Continua sempre a rovinarmi la vita, in un modo o nell’altro.
Penso questo mentre mi avvicino alla grande finestra posta dietro alla scrivania della Banks.
Se non fosse trincerata dietro al segreto professionale si sarebbe fatta grasse risate con mio padre, parlando dei miei problemi.
So che è una professionista, di questo non ho dubbi. Dio… Volevo anche portarmela a letto!
Che vergogna! Che cazzo di situazione di merda! Che coglione!
I miei pensieri devono essere estremamente chiari o prevedibili visto che, alle mie spalle, sento la voce della dottoressa dirmi: “Avanti non la prenda così. Sa bene come è fatto suo padre!”
Continuando a guardare il paesaggio fuori dalla finestra, un paesaggio fatto di grandi palazzi e di un cielo grigio, le rispondo: “Guardi, per quanto un figlio possa saperlo è sempre un duro colpo!”
Direi che ora è giunto il momento di andare. In questo studio non c’è più nulla per me.
Tutto questo: tutta questa incoscienza, queste domande che non mi facevano dormire la notte, tutti questi mesi sono stati inutili, un semplice scherzo del destino. Ed io mi sento svuotato.
Con passi misurati mi dirigo verso la porta, sto per uscire e lasciarmi alle spalle questo posto.
Prima di afferrare la maniglia, aggiusto il colletto della mia giacca, un modo per riprendere il controllo delle mie emozioni.
Di indossare la maschera degli Smith, come è solito dire mio padre.
Infondo non ha tutti i torti la Banks a dire che siamo molto simili.
Quando sto per afferrare la maniglia sento, ancora una volta, la sua voce distogliermi dai miei pensieri: “Signor Smith, so che non ci rivedremo più. Non in questa veste almeno, ed io ci tengo a darle un ultimo consiglio.” Mentre continuo a darle le spalle la sento prendere un respiro profondo e dirmi: “Torni a casa e dimentichi ciò che le ho rivelato. Pensare a questo non le farà bene e a dispetto di ciò che crede suo padre è molto legato alla sua famiglia e a lei, Richard. E, cosa più importante, dimentichi la fantomatica donna dell’Elusive! Non è sano sentirsi disorientato verso una donna che nemmeno conosce! Non le sembra maniacale far girare il suo mondo attorno ad una fantasia perversa? Lei deve rassegnarsi! Questa donna non vuole saperne di lei. Si sta affannando per qualcuno che non la desidera. Non perda altro tempo!”
Sono stanco di sentirmi ripetere l’ovvio e semplicemente le rispondo: “Addio dottoressa”

Dopo queste parole abbasso la maniglia ed esco dalla stanza.
Mi sento uno stupido.
Mi sento impotente. Ho perso solo tempo.
Percorro il piccolo corridoio che mi porta nella sala d’attesa.
Sto per aprire la porta principale e uscire, per sempre, da qui ma una voce astiosa mi blocca: “Non si usa più salutare?”
Mi giro: è Juliet e la vedo fissarmi con sguardo teso.
Chissà quando è arrivata! Ho completamente dimenticato che potesse esserci qualcuno in studio.
Ho perso la cognizione del tempo.
Tuttavia devo sembrarle sconvolto perché la vedo, immediatamente, cambiare espressione e con tono dolce, questa volta, mi chiede: “Cos’hai? Sei pallido!”
Accennando un piccolo sorriso, le rispondo: “Effettivamente non sto molto bene”
Mi guarda preoccupata, queste sue premure mi fanno piacere.
Continua a chiedermi: “Te ne vai senza un ombrello? Fuori diluvia! Hai chiamato il tuo autista?”
Sembra una piccola mitraglietta mentre mi parla. È un tipo ansioso, le rispondo subito: “No, lo chiamerò adesso!”
Pronta mi risponde: “Allora lo aspetto con te. Non voglio lasciarti solo in queste condizioni. E poi devo andare via anche io!”
Deve andare già via? Strano! Decido di dare voce ai miei pensieri: “Vai già via?”
Lei, prendendo delle cartelle dalla sua postazione, risponde: “Si, ho finito qui!”
Immediatamente le chiedo: “Hai bisogno di un passaggio?”
“No grazie, ho già provveduto a chiamare un taxi.”
Detto questo la vedo entrare nella stanza della Banks e chiudere la porta!
Strano, forse dovrà sbrigare una commissione per qualche paziente per conto della Banks, ecco il motivo di tanta riservatezza.
Immediatamente compongo il numero di George e comunico l’indirizzo dello studio. Ormai non è più un problema farmi vedere qui. Io non ci verrò più e poi mio padre non avrà mai il coraggio di chiedermi nulla visti i suoi trascorsi con la signora.
Dopo qualche minuto vedo la bionda testolina di Juliet fare capolino dalla stanza della Banks.
Si avvicina a me e sorridendo mi dice: “Sono pronta, andiamo!”

Percorriamo le scale in religioso silenzio.
Non so perché ma sento un po’ di tensione arrivare da lei.
O forse è solo a causa mia. Mi sento così frastornato, ho solo un gran casino nella testa.
Arrivati giù, apro per lei il portone e le faccio cenno di uscire.
Anche se confuso cerco di essere sempre un gentiluomo.
Ma lei non nota questa mia carineria. Nemmeno mi guarda.
Cosa mi ha proposto a fare di aspettare George insieme se poi nemmeno sopporta la mia vista? Queste donne… chi le capisce!
Fuori noto che George è già arrivato e che mi aspetta accanto all’auto. Del taxi, invece, nemmeno l’ombra.
Piove a dirotto e non mi sembra che la piccoletta abbia un ombrello con sé.
Di certo non posso lasciarla sotto la pioggia.
Sto per riproporle un passaggio quando mi precede esclamando: “Cavolo! Questa dannata pioggia non ci voleva, mi bagnerò tutta! Cazzo!”
Wow, furente la biondina!
È strano sentirla lievemente imprecare, sembra così angelica e perfettina.
Sorrido tra me e me e le chiedo: “Allora, adesso accetti la mia proposta?”
Subito la vedo girare di scatto il viso verso il mio e guardarmi con occhi larghi.
La vedo mordersi il labbro inferiore e chiedermi: “Quale proposta?”
Pronto le rispondo: “Il passaggio con la mia auto!”
“Ah certo” mi risponde guardando i suoi piedi. Riporta lo sguardo sul mio e continua a dire: “Tranquillo, arriverà a momenti.”
Perché mi sembra che abbia capito tutt’altro?
Non so cosa pensare. Questa ragazza è sempre più strana!
Ad un tratto sento la sua voce esclamare: “Eccolo, è arrivato!”
Vedo il taxi accostare proprio davanti la mia macchina.
La pioggia è sempre più incalzante.

Quasi correndo, mi dirigo insieme a lei verso il taxi.
Aumentando un po’ il tono della voce le dico: “Aspetta, ti apro la portiera!”
Noto che ha i capelli incollati al viso a causa della pioggia.
Vederla così mi fa uno strano effetto.
Un’emozione che aumenta quando la vedo sorridere verso di me e rispondermi: “Quanta galanteria! Non preoccuparti ormai sono già tutta inzuppata!”
Non sento ragioni e apro la portiera dell’auto.
Mentre è intenta a sistemare la valigetta sul sedile, noto che la sua camicia, grazie alla pioggia, è diventata, quasi, una seconda pelle.
La camicia bianca è ormai semi trasparente e subito mi salta all’occhio un particolare: vedo sulla sua colonna vertebrale delle linee, dei segni neri.
Un tatuaggio oso immaginare, in questi pochi secondi in cui tutto accade ma che per me hanno una durata lunghissima.
Possibile che sia… No!
Non riesco nemmeno a formulare un pensiero del genere!
Che Juliet sia davvero lei? Mio Dio! Che cazzo sta succedendo!
Sono scioccato!
Quasi trattengo il fiato.
Sono sconvolto e credo che la mia faccia esprima tutta la mia sorpresa perché quando si siede nell’auto, finalmente, mi guarda e il suo sorriso svanisce.
Vedo che non comprende cosa mi sia successo.
Mi guarda curiosa.
Con gli occhi mi sta chiaramente chiedendo cosa mi sia accaduto in pochi attimi.
Che sia un caso?
Infondo un tatuaggio sulla schiena può averlo chiunque.
Anche se sulla colonna vertebrale…. È inutile rimuginarci su! C’è un solo modo per scoprirlo!
La vedo piegare il capo di lato, sta per dirmi qualcosa ma prima che cominci a parlare le sussurro: “Posso resistere a tutto…”
Ingoio saliva a vuoto.
Sento alcune goccioline d’acqua scendere sulla mia fronte e ormai non so più se è dovuto alla pioggia o alla tensione che sento invadermi il corpo.
A queste mie parole cambia completamente espressione.
Apre la bocca, quasi impercettibilmente, più volte.
La vedo lottare per trovare le parole giusta da dirmi.
Ad un tratto, dopo aver abbassato il capo, alza la testa, mi guarda negli occhi e sicura mi risponde: “Tranne che alle tentazioni!”
Immediatamente afferra la portiera del taxi, la chiude con forza e si rivolge al conducente gridando: “Vada! Si muova, vada!”
Ed io rimango qui, fermo sotto la pioggia a chiedermi…
No, non riesco a chiedermi nulla.
Perché ora ho una certezza: la donna dell’Elusive è Juliet.
E la Banks ha sempre avuto ragione: quella donna mi odia! Juliet mi odia!

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Capitolo 18
*** CApitolo 18 ***


La Banks aveva ragione.
Aveva ragione su tutto.
La donna che quella notte ho accarezzato, leccato, posseduto, la donna con cui ho sperimentato una passione mai provata prima, la donna per cui ho perso la testa mi odia.
Peggio ancora, non le importa nulla di me.
Ho stravolto la mia intera esistenza a causa di quella maledetta notte e lei, invece?
Cosa diavolo le ho fatto? Per lei non valgo nulla, nemmeno un secondo giro!
Ma non posso crederci, non voglio crederci. Non può essere davvero questa la realtà.
Io l’ho sentita!
Ho sentito quella donna gemere sotto i miei assalti, ho sentito quella donna urlare di piacere per me e con me.
La donna dell’Elusive non può avermi dimenticato. Juliet non può avermi dimenticato.
Perché quella streghetta dispettosa e conturbante è lei, è la mia ossessione. È Juliet!
Non posso essere stato solo un’avventura!
Quella notte non può essere stata solo il frutto di un caso fortuito.
Come non può essere stato un caso che Juliet abbia ripetuto la stessa frase che ha ipotizzato la Banks, durante una delle nostre sedute.
Quella frase sussurrata è tutta tranne che una coincidenza.
Quella frase è incisa sulla sua schiena e il fatto che la dottoressa mi abbia suggerito proprio la frase di Oscar Wilde lascia presagire che ci sia molto di più sotto la cenere.

Ma devo ammettere che di tutta questa faccenda adesso non mi importa nulla.

Non me ne frega un cazzo di cosa possano aver architettato quelle due arpie bionde!
Voglio solo sapere cosa pensa Juliet!
Cazzo è davvero Juliet!
Perché? Mi odia davvero, quindi?
Perché non è mai uscita allo scoperto?
Perché non me l’ha detto?
Eppure sapeva fin dal primo momento la mia identità ma non ha mai fatto nulla per evitarmi.
Perché?
Cosa mi nascondi, Juliet?
Non so più nemmeno quanto tempo è passato da quando sei scappata su quel maledetto taxi: se ore, minuti o semplicemente pochi secondi.
Sono stravolto!
Ad un tratto sento una mano posarsi con fermezza sulla mia spalla, chi può essere?
Juliet? Sei tornata finalmente da me?
Mi giro di scatto e vedo George fissarmi sconvolto.
È vero, è qui dal primo momento. È venuto a prendermi con l’auto.
Non sono più padrone nemmeno delle mie azioni.

“Signore la sto aspettando” mi dice quasi balbettando. Non devo essere di certo un bello spettacolo.
Mi porto una mano alla testa, sono completamente fradicio a causa della pioggia.
Intanto George mi ripara con un ombrello e continua a dirmi, con voce più sicura: “È pronto signore? Non le fa bene rimanere sotto la pioggia. È meglio andare via adesso!”
Non so nemmeno perché ma sulle mie labbra fa capolino un sorriso triste.
Annuendo con il capo, dico: “Si, George hai ragione, non c’è più nulla da fare qui. Andiamo!”
Mi accompagna all’auto e come al solito apre la portiera per me.
Vedo che mi guarda senza sapere bene cosa dire.
Ora non me la sento di rassicurarlo.
Sono svuotato e non riesco a non far trasparire le mie emozioni.
È più forte di me.
Dopo una manciata di secondi, sento l’auto cominciare a muoversi.
Mi stendo completamente contro lo schienale e chiudo gli occhi, mentre con le dita massaggio piano le tempie.
Ho un mal di testa assurdo ed ho un feroce bisogno di shock.
Ad un tratto la voce di George mi richiama dai miei pensieri: “Signore, so che non dovrei chiederle nulla ma sono preoccupato per lei”
Dopo queste parole tace, non ha intenzione di proseguire senza il mio consenso.
È sempre stato un uomo discreto, una caratteristica che mio padre ha sempre saputo cogliere nelle persone, questo devo concederglielo.
Apro gli occhi e, cercando di assumere sul sedile una posa dignitosa, rispondo: “Avanti George, sai che non devi chiedermi il permesso”
“È sicuro di stare bene, signore? Non mi sembra completamente in sé!”
Mi chiede se sto bene… beh George, visto che ci tieni particolarmente a sentire il mio sfogo, ti accontento subito: “No, non sto affatto bene George e sai perché? Perché in questo schifo di mondo preferiamo perdere tempo cercando l’impossibile. Ci affanniamo perché abbiamo la certezza che sia in capo al mondo ed invece questo qualcosa è sempre stato qui, sotto i nostri occhi. Quindi si, George non sto bene e sono anche un completo idiota!”
Lo vedo guardarmi dallo specchietto retrovisore con aria sgomenta.
Non posso dargli torto, non gli ho mai rivolto tante parole tutte insieme e di certo non gli ho mai parlato dei miei problemi.
Sono sempre stato uno di poche parole ma in questo caso le ho tutte vomitate fuori.
“Capisco signore. Le auguro di poter finalmente raggiungere ciò che desidera!”
Abbasso il vetro scuro dell’auto, prendo una boccata d’aria e guardando fuori rispondo: “Credo sia improbabile ma ti ringrazio, George!”
“Desidera andare in un posto particolare, signore?”
“No, voglio solo andare a casa!”
Detto questo mi lascio di nuovo andare, completamente, sul sedile e chiudo gli occhi.
Ora ho bisogno solo di riposare.
Non voglio pensare più a nulla.


Dopo una doccia mi sento meglio, forse sto cominciando a mettere in fila i pensieri.
Lo shock è ormai passato, ho assimilato la verità ma non so ancora cosa fare, come risolvere la situazione.
Non so se è meglio lasciar correre, dimenticare Juliet e questa faccenda assurda o cercare invece di parlare con lei, di avere finalmente un dialogo, un dialogo vero, senza menzogne. Un confronto civile, da persone mature.
Tuttavia lasciar correre significherebbe buttare mesi e mesi della mia vita, giorni di totale frustrazione nel cesso e poi odio lasciare le cose a metà.
Questo sarebbe peggio di un secco rifiuto!
Anche se la sua repentina fuga suona tanto come un gigantesco rifiuto.
Ma non devo mollare, sono uno Smith e gettare la spugna non fa parte del mio DNA.
Comunque sia devo parlarne con qualcuno.
Ho bisogno di ascoltare un altro punto di vista e solo Finn può aiutarmi in questo.
Chiamarlo è un azzardo, lo so bene ma in nome della nostra amicizia non potrà voltarmi le spalle.
Almeno lo spero!
Prendo il mio smartphone e compongo il numero del mio migliore amico.
Spero non mi deluda.
Dopo un paio di squilli sento la sua voce rispondermi: “Pronto?”
Brutto segno: non mi ha chiamato per nome!
“Finn!”
“Ascolta che intenzioni hai? Io sono stato chiaro, non ricominciamo adesso!”
Cazzo è ancora arrabbiato! Meglio mettere subito le cose in chiaro: “Finn, ascolta non ti chiamo per il lavoro!”
Lo sento sbuffare e rispondermi: “Sarà per le tue solite stronzate allora!”
Calmo Rich, sta calmo!
Non cedere alle provocazioni, devo solo essere sincero: “No, assolutamente. Adesso ho solo bisogno del mio amico!”
Dopo queste mie parole si susseguono attimi di interminabile silenzio.
Controllo, perfino, che non abbia chiuso la chiamata.
Falso allarme: è ancora in linea: “Finn ci sei?”
Finalmente sento ancora una volta la sua voce: “Dove sei?”
“Sono a casa mia!”
“Ok, arrivo tra poco!”
Detto questo chiude la chiamata.
Sapevo che non mi avrebbe deluso
 
 
È passato un po’ di tempo da quando Finn ha varcato la soglia della mia casa. I problemi sul lavoro ci hanno allontanato.
So che la colpa è solo mia e che lui voleva solo scuotermi dal mio torpore anche se, delle volte, ha decisamente esagerato.
Abbiamo due caratteri forti, siamo due teste calde ma alla fine so che posso sempre contare sul mio più caro amico.
In questo mondo circondato dal lusso e fatto di squali senz’anima, avere un amico sincero è un grande privilegio.
Ed ora è qui il mio amico Finn: un uomo un po’ impacciato che tenta di mostrare un atteggiamento da duro.
È sempre il solito, per fortuna!
Immediatamente si accomoda sul divano e senza giri di parole mi chiede: “Allora cosa devi dirmi? Quale tragedia greca si è abbattuta su di te?”
In piedi, guardando il mio bicchiere di scotch, rispondo: “Ho scoperto chi è la donna dell’Elusive!”
Si stende completamente sul divano e sbuffando risponde: “Questa è la stessa storia della dottoressa”
Alzo un sopracciglio con aria scettica, non posso fare a meno di ricordargli un piccolo dettaglio: “Guarda che l’idea sulla dottoressa è stata tutta farina del tuo sacco!”
Agitando una mano in aria, nel tentativo di minimizzare la realtà dei fatti, risponde seccato: “Dettagli! Come sei puntiglioso! Non siamo qui per mettere i puntini sulla i. Allora, chi sarebbe?”
Non mi guarda e mi presta poca attenzione.
Non credo che continuerà a canzonarmi ancora per molto.
Sicuro rispondo: “Juliet!”
Immediatamente gira la testa nella mia direzione, mi guarda negli occhi ed esclama: “Juliet? Juliet chi? La segretaria della Banks?”
Alla sua domanda annuisco piano con la testa.
Subito riprende a dire: “Non ci posso credere!”
Lo capisco perfettamente, nemmeno io riuscivo a crederci.
Subito mi chiede: “Chi te l’ha detto?”
Mi accomodo sulla poltrona davanti a lui e dopo aver bevuto un sorso dal mio bicchiere rispondo: “L’ho visto con i miei occhi!”
“Come l’hai visto? Te la sei portata a letto o sei tornato al locale?”
Continuando a guardare il bicchiere nella mia mano, facendo girare il shock, rispondo: “Al locale ci sono tornato e mi hanno regalato uno splendido occhio nero ma non è lì che ho avuto risposta. È successo tutto poche ore fa, sotto lo studio della psicologa!”
“Rich sei criptico e non mi stai facendo capire nulla, come tuo solito. Vai al sodo!”
Ha ragione, è che ammettere tutta la verità è difficile.
Sa che sto cercando di sfuggirgli, di dire il minimo indispensabile, mi conosce bene.
Ma devo ammettere tutto o non riuscirò a prendere una vera decisione.
Alzo la testa e guardandolo negli occhi comincio a parlare: “Ho intravisto, sulla schiena di Juliet, un tatuaggio troppo famigliare, conosci bene la storia del tatuaggio” dico passandomi la mano libera tra i capelli. Subito riprendo: “In quel momento ho subito collegato la cosa ed ho pronunciato la frase che mi suggerì la Banks: quella di Oscar Wilde. Lei l’ha conclusa per me e subito dopo è scappata via!
Guardandomi con aria sconvolta mi chiede: “Come è scappata? Ma sei cretino? Dovevi fermarla!”
Infastidito mi alzo e gli do le spalle.
Come fa a rendere le cose così semplici? Crede che sia idiota?
Rispondo stizzito: “Si, certo la fai facile tu! Finn, non sono Flash è scappata a bordo di un taxi!”
A queste mie parole comincia a ridere.
Subito mi giro e dalla mia occhiata truce capisce che non è davvero aria.
La smette e alza le mani in un gesto di resa.
Tuttavia, con un sorriso stampato in faccia, risponde: “Ma guarda un po’! Ancora non ci credo! Hai capito la piccoletta: sa come mettersi a nudo!”
“Adesso non so proprio cosa fare!”
“Beh la bella dottoressa, visto che ti ha suggerito quella frase, sicuramente è a conoscenza dell’intera faccenda!”
Osservazione acuta: sapevo che non poteva sfuggirgli un dettaglio del genere! Subito rispondo: “Si, lo credo anche io. Ma non voglio averci nulla a che fare!
A queste mie parole lo vedo guardarmi con aria scettica.
Sicuramente sta per farmi uno dei suoi rimproveri.
Decido di anticiparlo sul tempo: non ho proprio voglia di parlare della Banks… finirei per parlare di mio padre, ed è l’ultima cosa che mi serve in questo momento! Rispondo sicuro: “Non chiedermi il motivo, per favore!”
Incrocia le braccia dietro la testa e risponde: “D’accordo, d’accordo come vuoi tu principino!”
Lo vedo subito chiudere gli occhi e con un sorrisetto mi regala, secondo lui, la soluzione a tutti i miei problemi: “C’è solo una cosa che puoi fare ora: vai da lei, prendila e sbattila al muro, non credo che farà la preziosa!”
Sminuisce sempre tutto e che cazzo! Ho bisogno di una mano non delle sue solite stupide risposte!
“Certo Finn, la prendo e la sbatto al muro. Chissà perché non ci ho pensato prima.”
La stessa frase del cazzo che mi portò ad avere quell’increscioso episodio con la Banks!
“Maledizione Finn, tu rendi tutto facile! E sei anche monotono visto che mi hai suggerito la stessa cosa non molto tempo fa!” Proprio non vuole capire che questo gioco non può funzionare, non con lei! Irritato continuo a dirgli: “È scappata, non vuole vedermi: come cazzo dovrei convincerla secondo te?”
A queste mie parole si mette finalmente seduto.
Apre gli occhi e guardandomi finalmente negli occhi, mi risponde: “Dai Rich, ti prego! Ti fai sempre un sacco di inutili problemi! Ti è sempre corsa dietro, mi pare. E poi si vedeva che c’era qualcosa. Certo, non immaginavo nulla del genere ma ora bisogna agire amico mio, solo agire! Quindi vai lì e basta. Poi succeda quel che succeda, almeno metterai un punto a questa strana storia!”


Finn è andato via da qualche ora, ormai.
Sembra essersi risolto tutto tra di noi e questo non può che farmi piacere.
Abbiamo parlato civilmente, dopo la questione di Juliet, anche del lavoro.
Siamo arrivati ad un accordo, dopo avergli ovviamente promesso che non lascerò più indietro gli impegni lavorativi.
Voglio rimettermi in carreggiata e lo farò, sono determinato a riprendere la mia carriera in mano!
Tuttavia, è ormai notte fonda e sdraiato nel mio letto non riesco proprio a prendere sonno.
Penso a questa strana giornata, ad una giornata che mi ha aperto gli occhi e che ha portato alla luce vari segreti, anche quelli che avrei fatto volentieri a meno di sapere. Penso a tutto ciò che è successo in questi mesi e penso a lei.
Mi rendo conto che non sto pensando alla donna che ho posseduto all’Elusive, non penso ai momenti vissuti con lei durante quella notte fatta di passione e di gemiti incontrollati, no. Io sto pensando a lei: a Juliet, la ragazza riservata ma sagace.
Alla piccola bionda apparentemente anonima, ai momenti vissuti con lei, alle nostre strane chiacchierate.
Si è questa la ragazza a cui sto pensando!
Voglio parlarle, devo riuscirci a qualunque costo.
Devo arrivare a lei anche se sarà difficile visto come sono andate le cose.
Come posso fare? Non so nemmeno dove abita, come rintracciarla.
Lo studio della Banks è l’unico luogo in cui so per certo di poterla raggiungere, mi pesa tornarci ma devo farlo.
Per lei, per ciò che sento, ne vale la pena.
E poi ho bisogno della verità, di mettere in fila i momenti e di capire il motivo che l’ha portata a compiere tutte queste azioni senza, apparentemente, senso.
Mi alzo stizzito dal letto, di dormire non se ne parla.
Almeno non con questa confusione in testa!
Finn rende tutto semplice – parlale, falle sentire che sotto la superfice delle dita scorre ancora la stessa passione-  facile certo, se fossi sicuro che mi ascolterebbe!
Devo metterla in condizioni di ascoltarmi, o forse di leggermi… Una lettera?
Potrei scriverle una lettera!
Certo, le donne amano queste smancerie e poi anche se dovesse rifiutarla, in un primo momento, sono sicuro che dopo la curiosità vincerebbe!
Si, credo che questa sia l’unica cosa da fare.
Ed è lei la sola donna a cui devo rivolgermi: ormai, la donna dell’Elusive non esiste più!

Subito e mi dirigo nel mio studio, dove al centro della stanza troneggia una grande scrivania in mogano.
Mi accomodo alla poltrona, sposto il portatile e prendo carta e penna.
Immediatamente comincio a mettere giù, nero su bianco, tutte le mie sensazioni.
Juliet perché hai fatto questo? Questa è la domanda che più mi assilla!
Perché sei fuggita? Mi odi? Ho fatto qualcosa di sbagliato, non dovevo portare alla luce il tuo segreto?
Deve dirmi la verità o impazzirò!
È stata solo un’avventura per te? La follia di una notte? Che abbia ragione la Banks su ogni singola cosa?
L’unica cosa ormai che so per certo è che sa tutto di questa situazione!
Pensare ad una fortunata coincidenza, a questo punto, sarebbe davvero sciocco da parte mia.
Io voglio provare a capire se può esserci un noi tra me e te.
Quasi non so cosa sto scrivendo: le parole escono da sole.
Spero che possa leggerle e che mi dia la possibilità di mostrarle chi sono, realmente.
Solo così potremo risolvere i nostri problemi.
È chiaro che ha qualcosa da nascondere altrimenti non si sarebbe comportata in questo modo.
Spero che conoscendomi, conoscendomi davvero possa fidarsi e aprirsi completamente a me.
Domani le consegnerò la lettera durante l’orario d’ufficio.
Nello studio della Banks non avrà l’ardire di fuggire o di alzare la voce per mandarmi mia, è troppo ben educata e riservata per mettere in atto certe scene.
Questa è l’unica possibilità che mi resta per conoscerla davvero e non posso lasciarmela sfuggire.
A noi due mia piccola Juliet!
 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Ci siamo.
Alla fine, dopo tanti mesi, è giunta la resa dei conti.
Questa notte, dopo aver riempito quel foglio di tutte le mie emozioni, di tutte le domande che mi frullano nella testa, sono riuscito finalmente a chiudere occhio.
Ho scritto, nero su bianco, tutto ciò che provo per lei: di come fremevano le mie viscere al pensiero della donna dell’Elusive, di tutto ciò che mi provocava l’enigmatico sorriso di Juliet… Di tutto ciò che questa donna mi ha provocato fin dal primo istante.
Ed è come se aver messo su carta i miei pensieri, verso questo mistero di donna, mi abbia liberato da un enorme peso sullo stomaco.
Mi sento più leggero.

Tuttavia adesso è un altro il tipo di ansia che mi consuma, ovvero giocare finalmente a carte scoperte e farla finita con tutta questa messa in scena.
Finn ha ragione, ormai la bella Juliet non può più nascondersi, non può più sfuggirmi, ed ecco perché sono tornato ancora una volta qui.
Si, proprio nel posto in cui avevo giurato di non mettere mai più piede. 
Sono venuto meno al mio proposito solo ed esclusivamente per lei.
Ormai non so più da quanti minuti sto fissando il portone del palazzo in cui si trova lo studio della Banks.
Dopo aver comprato un mazzo di fiori, per la precisione rose bianche, una scelta che davvero non saprei spiegarmi, stringo nell’altra mano la lettera che ho scritto per lei e cerco di trovare il coraggio per entrare e consegnarla tra le sue mani.
Non posso scappare e sinceramente non voglio.
Sento che tutto questo potrebbe essere l’inizio di un qualcosa di bello, di forte, di positivo e non voglio lasciarmelo sfuggire tra le dita.

Vedo una ragazza uscire dal portone, subito colgo l’occasione per entrare senza citofonare.
Preferisco cogliere di sorpresa la mia bionda segretaria, non voglio darle l’opportunità di lasciarmi qui fuori a scongiurarla di lasciarmi entrare.
E poi chissà: l’effetto sorpresa potrebbe agevolarmi, in qualche modo!
Salgo lentamente le scale, quasi sento il cuore esplodermi nel petto.
Appena metto piede sul pianerottolo noto che la porta dello studio è aperta.
Tuttavia vedo chiaramente un’altra ragazza seduta alla scrivania riservata alla segretaria.
Non riesco a scorgere nessuna traccia di Juliet, vedo solo questa giovane ragazza dai capelli scuri e con un caschetto alla moda, seduta alla sua sedia.
Ma che sta succedendo?

Non perdo tempo, entro e mi fiondo davanti alla signorina. 
Quando si accorge della mia presenza, alza lo sguardo e mi chiede: “Buongiorno, mi dica!”
Con un sorriso degno del marchio di fabbrica Smith, appoggio la mano contenente la lettera alla scrivania e le chiedo: “Buongiorno a lei, cercavo la segretaria.” Si prendono più mosche con il miele che con l’aceto, mia nonna era solita dirmelo spesso.
Ma la ragazza non sembra tanto sveglia, purtroppo, e con un sorriso decisamente esagerato risponde: “Dica!”
Non ci sto capendo nulla. Non capisce la lingua o è solo stupida?
“No, guardi c’è un equivoco. Conosco bene la segretaria e, con tutto il rispetto signorina, devo dirle che so per certo che non è lei!”
Mi guarda come se fossi un folle.
In quale cavolo di situazione mi trovo? Juliet, dove cazzo sei?
Ad un tratto la vedo darsi uno scappellotto sulla fronte e dirmi: “Ah, capisco! Forse si riferisce alla segretaria che c’era prima!”
Prima? Prima di cosa? Cosa vuol dire? Decido di dare voce alle mie domande: “Come, prego? Prima di cosa?”
La vedo prendere da un cassetto della scrivania un foglio e dopo averci dato una veloce occhiata, mi risponde: “Cerca Juliet, giusto?”
Ah, ci siamo capiti finalmente! “Si, esattamente!”
Con un sorriso forzato dice: “Non lavora più qui, mi spiace!”
“Come non lavora più qui?” esclamo alzando il tono della voce. 
Subito mi rendo conto di aver esagerato. Questa ragazza non ha certamente nessuna colpa e alzare la voce come una ragazzina isterica non ha senso. Riprendo il controllo e subito le dico: “Mi dispiace signorina, sono stato sgarbato. Purtroppo non sapevo nulla e questa notizia mi coglie di sorpresa.”
Già, bella sorpresa mi hai fatto biondina! Maledizione!
Con un sorrisino di circostanza la moretta mi risponde: “Mi dispiace signore, purtroppo la signorina non lavora più qui. Ma se vuole può dire a me. C’è qualcosa che posso fare per lei?”
“No, si tratta di una faccenda privata!” dico arrossendo e cercando di nascondere, con scarsi risultati, i fiori dietro la mia schiena.
Allo stesso tempo vedo la nuova segretaria sporgersi dalla scrivania e poi dirmi, con un sorriso furbo stampato in faccia: “Ah capisco! Mi dispiace ma non so come aiutarla.” Sto facendo la figura di un emerito idiota.
Nemmeno un quindicenne in piena crisi ormonale si umilierebbe tanto.
Comunque ormai non posso tirarmi indietro e decido di fregarmene.
Sfacciato ma giocandomi la carta dell’espressione da cucciolo ferito, le chiedo: “Non saprebbe darmi un suo recapito?” Speriamo bene!
Con un piccolo broncio, la moretta risponde: “Guardi, io proprio non ne ho idea!” Ma dopo una manciata di secondi esclama gioiosa: “Posso chiedere alla dottoressa, se vuole!” Deve essersi appassionata la ragazza oppure le faccio pena.
Qualunque sia il motivo è meglio evitare ogni possibile contatto con la Banks.
Quasi senza rendermene conto esclamo: “No, ci mancherebbe solo questa!”
“Come dice prego?” 
Cazzo!! “No, no dicevo non si preoccupi. Anzi facciamo finta che questa conversazione non sia mai avvenuta. Non si preoccupi, farò da me!”
Con un’alzata di spalle mi risponde: “Come desidera, buona giornata!”
Sembra che la sua curiosità sia già scemata.
Che strana ragazza, chissà con quale criterio la Banks sceglie le sue segretarie.
Cordialmente le rispondo: “Grazie, anche a lei!”
Detto questo, giro i tacchi ed esco immediatamente dalla porta dell’ufficio.

Dopo solo qualche scalino, mi scontro con un ragazzino che porta al guinzaglio 5 cani.
Sono sulle scale insieme ad un adolescente preda dell’esuberanza dei suoi cari amici a 4 zampe.
Ci mancava solo questa!
Come se non bastasse il ragazzo sembra non avere nessun controllo sui cani che, mentre abbaiano, cercano di arrampicarsi come ossessi alle mie gambe. Il loro padrone, o probabilmente il loro dog-sitter, urla di smetterla ma non sembrano avere nessuna voglia di ascoltarlo.
Cazzo, ci manca solo che mi rompano i pantaloni e questa maledetta mattinata sarà completa!
Tra questo caos che sembra non avere fine, io e il ragazzo cerchiamo di scendere le ultime scale che ci restano, mentre sentiamo distintamente la voce di una donna che urla infuriata di smetterla con tutto questo baccano.
Ci mancava solo l’ennesima Wonder Woman del cazzo!
Finalmente, non so grazie a quale miracolo, riusciamo a completare la rampa di scale. I cani hanno perso finalmente interesse per me e per i miei pantaloni e cominciano a tirare il loro sfortunato accompagnatore verso l’esterno. Poveretto, non lo invidio affatto! 
Il malcapitato mentre cerca di domarli, esclama nella mia direzione: “Mi scusi signore, non volevo!”
Con il sorriso più finto che conosco rispondo: “No, non si preoccupi!”
Per fortuna sono andati via!
La sfiga mi perseguita non c’è altra spiegazione.
Cerco di ricompormi al meglio e finalmente esco dal portone dello stabile.

Faccio un profondo respiro per cercare di riprendere il filo dei miei pensieri.
E adesso cosa cazzo posso fare? Come posso rintracciarla? 
Forse potrei tornare nel bar in cui lavora la sua amica e chiedere di lei.
Magari la ragazza sa perfettamente dove diavolo si è cacciata quella streghetta che ha deciso di farmi impazzire scomparendo dalla circolazione.
Con questi pensieri comincio a percorrere la strada.
Devo allontanarmi da qui, non vorrei che mi vedesse la Banks o peggio che tornasse il ragazzino con tutti i cani al seguito.
Prendo dalla tasca il mio smartphone e chiamo Finn: devo assolutamente dirgli che la biondina mi è sfuggita, ancora una volta.

Mentre aspetto che il semaforo indichi ai pedoni di poter attraversare la strada, dopo un paio di squilli sento la voce di Finn, dall’altro capo del telefono, dirmi: “Pronto?”
“Finn, ha lasciato il lavoro!”
“Rich, articola la frase. Chi avrebbe lasciato il lavoro?” Effettivamente non ho dato al mio amico modo di capire la situazione.
Cerco di rimediare immediatamente: “Juliet, Finn! Ha lasciato il lavoro!”
Lo sento fischiare sonoramente e rispondermi poco dopo: “Cazzo! Amico, questo non me l’aspettavo!”
Mentre sono quasi arrivato all’altro capo della strada, rispondo: “Eh, dillo a me!”
Ad un tratto, mentre sono intento a girare l’angolo sento una voce di donna gridare a squarciagola: “Signore! Signore!”
Con la coda dell’occhio noto subito che la strana urlatrice è la nuova segretaria della Banks.
La ragazza è sul marciapiede dell’edificio e cerca di attirare l’attenzione di qualcuno, sventolando una busta di carta tra le mani. 
Subito la mia mente comincia a lavorare! Cazzo! Cazzo no!
Immediatamente mi rivolgo a Finn: “Amico, aspetta un attimo”
Mentre lo sento rispondermi affermativamente controllo velocemente nelle tasche della mia giacca e mi rendo conto che la mia supposizione è giusta.
Si può essere più idioti?
Ad alta voce esclamo: “Cazzo! La lettera!” Finn immediatamente risponde: “Rich, ma che dici?” 
“Scusa Finn, aspetta un minuto!”
Sono veramente un cazzone: ho lasciato la lettera per Juliet sulla scrivania della ragazza.
Ma dove cazzo ho la testa?
Devo recuperarla immediatamente!
Mentre torno sui miei passi, muovo le braccia come un indemoniato, cercando di far capire alla mia inconsapevole salvatrice che ho recepito forte e chiaro il suo messaggio.
Attraverso immediatamente la strada, trafelato senza guardare il semaforo.

Errore fatale.
Solo dopo pochi passi, quasi senza rendermene conto, mi sento sbalzare in aria, mentre il rumore assordante di un clacson riempie il mio cervello.
Sono a terra.
Sento l’asfalto duro e bollente sotto di me. 
Il telefono è lontano dal mio corpo ma sento distintamente la voce di Finn gridare il mio nome: “Rich!! Richard!! Che cazzo sta succedendo?? Richard rispondi, cazzo!”

Non vedo più nulla.
Non riesco a mettere a fuoco le immagini ma sento chiaramente la presenza di più persone intorno al mio corpo.
Una voce spaventata grida: “Oh mio Dio! Che cosa ho fatto?”

Qualcun altro la copre urlando: “Presto, chiamate un’ambulanza! Chiamate il 911! C’è un uomo a terra!”

Sento tutte queste voci che ronzano impazzite nella mia testa.
Non so più cosa è reale e cosa no. 
Sento una fitta allucinante trapassarmi il cervello e le forze pian piano mi stanno abbandonando.

Sto perdendo il contatto con la realtà e l’unico pensiero coerente è rivolto a te, Juliet. 
Vorrei parlarti.
Spiegarti.
Ascoltare la tua voce e la tua risata fresca da bambina. 
Juliet, mia Juliet vorrei… Vorrei tante cose ma il destino riserva sempre un conto da pagare. 
È il prezzo che si paga quando ci si avvicina così tanto al sole, al suo ammaliante calore.
Tuttavia è proprio grazie ad uno scherzo del destino che ci siamo trovati ed ora beffardo annienta ogni mia possibilità di poter arrivare a te.
Forse questo è l’unico finale possibile per una seduzione sfuggente

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Capitolo 20
*** TO BE CONTINUED ***


Finalmente il mistero è stato svelato!

Anche se per il nostro povero Richard il "mai una gioia" è sempre assicurato!

Grazie a tutti per essere arrivati fino a qui.

Ovviamente non può finire così... Non siamo sadiche fino a questo punto ;)

Perciò vi aspettiamo numerosi con "ELUSIVE DESIRE", il sequel della nostra opera.

A breve continueremo a raccontare le avventure di Richard e della bella Juliet!

A presto e ancora mille grazie a tutti.
 

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