Thousand Drops

di ale93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** hell is round the corner ***
Capitolo 2: *** careful where you stand ***
Capitolo 3: *** (i'm) eating me away ***
Capitolo 4: *** more nothing than being ***
Capitolo 5: *** all my deams splintering (under my fingernails) ***
Capitolo 6: *** the way it used to be ***
Capitolo 7: *** all my dreams out of reach (under my fingernails) ***
Capitolo 8: *** thousand drops ***
Capitolo 9: *** drowning in imperfections ***
Capitolo 10: *** falling inside (can you hear me?) ***



Capitolo 1
*** hell is round the corner ***


Thousand Drops




hell is ‘round the corner.
 
 
Vuole il buio. E il silenzio. E il vuoto.
 
Quello che ottiene, invece, è un giorno immacolato e il cinguettio degli uccelli. Maledetti uccelli sul davanzale della finestra. Maledetta luce attraverso la tenda.
 
“Dean,” mormora Sam fermo sulla porta. È un bambino davanti alla gabbia di una tigre.
 
“Sì,” risponde soltanto. Guarda verso il basso. Il pavimento è pieno di terra umida e foglie, gli scarponi hanno sporcato dappertutto. “Lo so.”
 
“Sei sicuro di voler - ?”
 
C’è una macchia di sangue, accanto alla sedia su cui è seduto.
 
“Dean, non dobbiamo farlo per forza.”
 
C’è sangue sui jeans.
 
“Possiamo ancora trovare un modo. Dean, possiamo…”
 
Sam fa un passo nella stanza. Non avrebbe dovuto. Dean è stato fermo per ore, su quella sedia, e non ha mai sollevato lo sguardo. Ma ora… Sam avanza. E lui alza gli occhi. E deve guardare per forza. Deve vedere per forza.
 
“Ho bisogno di un lenzuolo,” dice.
 
“…cosa?”
 
“Ho bisogno di trovare un lenzuolo,” ripete.
 
C’è sangue anche sulla sua maglia. È secco di ore. Non può tenersi addosso quella roba. Quindi si spoglia. Nell’alzarsi, urta la dannatissima sedia di paglia che crolla sul pavimento, e finalmente, finalmente si rompe.
 
Lascia cadere la camicia dalle braccia.
 
“Dean, che stai facendo?”
 
Urta anche Sam, uscendo dalla stanza.
 
Non avrebbe dovuto guardare. Non avrebbe dovuto esserci tutto quello schifo sul pavimento. Non avrebbe dovuto esserci sangue.
 
E ora ha bisogno di un lenzuolo. Bianco, pulito. Gira tutta la casa, per trovarlo.
 
Quando torna indietro, Sam sta sollevando da terra la sedia rotta. “Non devi fare tutto da solo per forza.”
 
Dean resta in piedi, mezzo nudo. Dovrebbe rabbrividire, lo sa; vede Sam stringersi nelle spalle per l’aria fredda che entra dalla finestra. Ma lui non riesce a sentire niente.
 
“E tu non devi parlarmi per forza.”
 
Il lenzuolo cade come un sottilissimo velo di neve. Bianco, pulito. Ma sembra troppo corto; per quanto tiri, non riesce ad avvolgere tutto. Ha bisogno di coprire ogni cosa, ma non può. Le sue mani continuano a perdere il controllo, tremano e non riesce a fermarle.
 
“Devi andartene,” dice quindi, ma Sam non si muove. “Sam. Per favore.”
 
Tira a destra.
 
E a sinistra.
 
Ma il bordo del lenzuolo scopre una mano. E poi la sua scarpa. Dannate scarpe da notaio con la suola rotta per la strada che hanno fatto.
 
“Dean, basta.”
 
I suoi capelli continuano a vedersi oltre l’orlo. Il grigio sulle tempie.
 
“Fermati.”
 
Avrebbe dovuto prendere le coperte del letto a due piazze, quelle sarebbero state grandi abbastanza. Ma non sono bianche. E lui aveva bisogno di un lenzuolo bianco e pulito e rispettoso, cazzo. Per coprire ogni cosa. Ma non ci riesce.
 
“Sam, non –” Tira e tira e tira, ma non riesce a coprire tutto. “Non posso.”
 
Sta ancora stringendo il lenzuolo nel pugno, quando la mano di Sam si apre al centro della sua schiena per tenerlo in piedi.
 
“Non posso.”
 
“Lo so, Dean,” lo costringe a mollare la presa. “Lo so.”
 
Finisce lui di sistemare ogni cosa, perché Dean al momento non è in grado di sistemare un bel niente.
 
Vuole solo il buio. E il silenzio. E crollare a terra, finalmente.

 

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Capitolo 2
*** careful where you stand ***


careful where you stand.
 
 
Sono in mezzo alla strada da un giorno e mezzo. Solo un giorno e mezzo, e Sam ha cominciato a rompere i coglioni non appena superata l’uscita per Cheyenne.
 
È un viaggio troppo lungo, sei esausto, non sai neanche da quante ore sei sveglio.
 
Spinge sul gas e brucia qualche altro chilometro, facendo di tutto per non starlo a sentire, ma “Dean, devi farti un paio d’ore di sonno,” insiste Sam. A quel punto, o lo accontenta o lo sbatte fuori dalla macchina e continua a guidare fino al Kansas senza di lui.
 
Il motel in cui si fermano ha il porno, il frigo bar e un distributore di barrette energetiche nel corridoio tra le stanze.
 
Il ragazzo – il nephilim – è contento come un bamboccio in un negozio di caramelle, il che non è poi così lontano dalla verità dei fatti. Se ne sta sul divano, le mani sporche di cioccolata, Sam che cerca disperatamente di abbassare il volume della televisione e una biondina che geme in maniera nauseante nello schermo.
 
Dean ha già studiato da cima a fondo i ripiani del frigo bar. D’interessante c’è solo la birra. Sperava in qualcosa di più forte, ma non sa cosa possa essere abbastanza forte per lui, al momento.
 
“Jack,” sta dicendo Sam, puntando il telecomando verso le barrette, “vacci piano con quella roba-“
 
Ma Jack è più interessato al porno, al momento. Il suo lato umano funziona a dovere, almeno.
 
“Non dovrebbe schiaffeggiarla in quella maniera,” dice, fissando lo schermo.
 
Sam si schiarisce la voce e fa per parlare, ma poi – si gira a guardare Dean.
 
La sua faccia cambia espressione cento volte prima di accartocciarsi. Richiude la bocca. E spegne la televisione senza dire un’altra parola.
 
Il ragazzo si acciglia, fa scattare lo sguardo da uno all’altro come se stesse guardando una partita di tennis.
 
Alla fine, inclina la testa, confuso.
 
E quello è tutto. Non può restare là dentro; non può stare seduto affianco a questo ragazzino che si suppone sia una grossa bomba ad orologeria e che invece parla come un alieno un po' spaesato.

E' un insulto il fatto che assomigli a Cas quando non ne sapeva niente del mondo.

Dean è fuori dalla stanza in una frazione di secondo.
 
Non ha idea di che cosa ci voglia per ammazzare i demoni che ha in testa, ma andrà a cercarlo.


*
 
 
Sam lo trova l’indomani mattina; lo sveglia con un calcio al piede.
 
Sono all’uscita sul retro di un bar e il vialetto puzza di piscio. Ha dormito abbracciato ad un sacco della spazzatura.
 
Sam ha deciso di non dire una parola. Ha scritto il suo disappunto su tutta la faccia, ma stringe le labbra e non fiata.
 
Guidano fino al confine di Stato; Dean sente sotto al culo ogni sobbalzo degli ammortizzatori ormai andati, la fronte premuta contro il freddo del finestrino. Niente riesce a distrarlo. Alla fine, chiede a Sam di accostare.
 
“Devo svuotare il serbatoio, muoviti.” In realtà, ha la bile in gola.
 
Fa il giro della stazione di servizio per inginocchiarsi nella ghiaia e vomitare. Si ripulisce con la manica. Ma l’amaro in bocca non sparisce come avrebbe voluto.
 
Quando torna indietro, apre lo sportello del posto di guida. Ha bisogno di stare dietro al volante; non di dormire, non di mangiare. Forse, ha bisogno di bere, ma soprattutto deve concentrarsi su qualsiasi cosa che non sia l’interno della sua testa.
 
Sam s’irrigidisce, soppesando le chiavi tra le dita.
 
“Andiamo, Sam, levati.”
 
Sam lo passa ai raggi x per capire se ci sta abbastanza con la testa. La risposta è no, sarà no per un sacco di tempo anche se giurerà il contrario, non è così stupido da non ammetterlo con se stesso.
 
Ma Sam si sposta comunque.
 
Per cinquanta miglia, Dean si concentra sul motore, sul pedale della frizione che gratta, sul contachilometri ormai impazzito. E per tutto il tempo, si sforza di non sollevare mai lo sguardo.
 
“Credo di averti offeso, in qualche modo.”
 
Sam si gira di scatto come una molla. “Jack, non è – ”
 
“Non è mia intenzione ferirti, Dean. Vorrei sapere cosa – ”
 
Per cinquanta miglia, Dean si sforza di non pensare al fatto che gli occhi blu nello specchietto retrovisore non siano quelli che vorrebbe vedere.
 
“Non c’è niente da sapere,” stringe le mani intorno al volante, “facciamola finita.”
 
Jack prende fiato per rispondere, ma Sam gli fa un cenno negativo.
 
Fino in Kansas, c’è solo silenzio e vuoto, nella macchina.

 

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Capitolo 3
*** (i'm) eating me away ***


(i’m) eating me away.
 
 
La luce nella biblioteca, in questi giorni, è sempre accesa.
 
Ogni volta che ci passa davanti, vede il ragazzo seduto sul pavimento con un libro sempre diverso sotto al naso. A volte il vangelo, a volte un vecchio manuale sulla costruzione dei bunker degli uomini di lettere.
 
Stanotte, quello che ha in mano decisamente non è un libro.
 
E Dean si ritrova a fare irruzione nella stanza prima che il suo cervello possa processare un pensiero logico.
 
Dice, dove l’hai presa, e quella con cui parla non è la sua voce. È il ringhio di un cane, è quello in cui si è trasformato. Dimmi dove l’hai presa.
 
Gli strappa via quello che stava guardando. L’etichetta è consumata e la scritta Dean Top TraXX è scolorita. Stringe la cassetta nel pugno e forse, in fondo, spera che si spacchi.
 
Il ragazzo lo guarda dal basso. “L’aveva in tasca. L’ho presa quando ho detto addio a mio padre. Prima di – prima – ”
 
“Non è tuo padre.”
 
“Sì, lo era,” insiste, alzando la voce. Le lampadine nella stanza impazziscono e cominciano a friggersi. “Mia madre mi ha detto che avrei avuto lui come guida.”
 
“Non era la tua guida, era il tuo pupazzo,” dice a denti stretti, puntando l’indice in faccia al tizio che con uno starnuto potrebbe far esplodere il sistema solare, “gli hai fottuto il cervello e lui è – adesso lui è –“
 
Jack scaccia la sua mano e si rimette in piedi, guardandolo intensamente. “Dean, non volevo che finisse in questo modo. Non volevo che morisse.”
 
L’ondata di nausea gli dà alla testa nel giro di un secondo, ha solo il tempo di girarsi e sbattere il pugno contro il tavolo.
 
Prima che riesca ad allontanarsi abbastanza, si sente dire: “Mi parlava di te come di un brav’uomo. Ci teneva così tanto… volevo – ”
 
"Cosa?", esplode; il sangue che ronza nelle orecchie. "Che cosa vuoi da me?"

"Capire. Voglio solo capire."

Le parole di Jack sono poco più di un sussurro, ha smesso di gridare; le lampade hanno smesso di sfrigolare. C'è qualcosa di angosciato nella sua voce, ma non gli interessa. Serra la mascella e, "non puoi,” dice duramente, "non potrai neanche tra un milione di anni."

 

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Capitolo 4
*** more nothing than being ***


more nothing than being.
 
 
 
Quando Dean entra in cucina, le spalle di Sam s’irrigidiscono automaticamente, come se dovesse prepararsi a ricevere un colpo.
 
Dean fa un cenno verso la tazza di caffè al centro del tavolo. “Spero per te che ce ne sia ancora.”
 
Guardare suo fratello lo spezza.
 
Dean non vuole parlare con lui di niente – di come stia sveglio tutta la notte a girare per casa come un fantasma, del giorno in cui lo specchio del bagno è andato in pezzi e lui si è fatto un taglio lungo sette centimetri al centro della mano.
 
E, neanche a pregarlo, direbbe qualcosa a proposito degli occhi cerchiati di oggi e del fatto che non si regga in piedi.

Sono le sei del mattino e non sa se Dean sia già ubriaco, o se lo sia ancora dalla notte precedente.
 
“Dean,” si schiarisce la voce. Dean non si gira a guardarlo. “Devi finirla.”
 
“Di fare cosa, Sam?” biascica. La sua voce suona sarcastica, una brutta copia di quella di sempre.
 
È a quel punto che succede tutto davanti ai suoi occhi. Dean perde l’equilibrio e prova a reggersi contro il ripiano della cucina e, “cazzo”, impreca, quando finisce per premere la mano troppo vicino al fornello ancora caldo.
 
Si sta rompendo. Un pezzo alla volta.
 
Sam lo raggiunge, la schiena dritte come le poche volte in cui ha avuto a che fare con suo padre per aggirare la sua corazza incrollabile. Se possibile, con Dean è ancora più difficile. Lui non alza muri per difendersi da attacchi esterni. Dean costruisce montagne nella sua testa per difendersi da se stesso.

Gli prende la mano e la tira verso di sé per guardare la bruciatura. “Questo,” dice a testa bassa. “Devi smetterla di fare questo. Lo so che stai soffrendo, ma non puoi… non puoi continuare così.”
 
“Perché?”
 
Apre il rubinetto e spinge la mano di suo fratello sotto l’acqua fredda con rabbia. “Quello che è successo non è giusto, ma fare così non ti porterà da nessuna parte. Devi – “
 
Dean si ritrae e lo scansa. “Devo fare che cosa? Andare avanti, accettarlo? È questo il tuo consiglio?”
 
“Non lo so qual è il mio consiglio, Dean! Ma non - non puoi lasciarti andare.”
 
Dean ricambia il suo sguardo. Sam, in quegli occhi, vede il niente. “Lo sai che posso, invece.”
 
Lo guarda uscire dalla stanza.
 
Le spalle di suo fratello non gli sono mai sembrate così piccole. E lui non si è mai sentito più bambino di così.

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Capitolo 5
*** all my deams splintering (under my fingernails) ***


all my dreams splintering (under my fingernails).
 
 
Dice, “che ci fai qui” per tre volte. Cas resta sulla porta di camera sua, le mani lungo i fianchi. Le assi del pavimento scricchiolano quando sposta il peso da un piede all’altro.
 
“Mi hai chiesto tu di venire.”
 
Dean annuisce lentamente e dice, “bene… bene”, picchietta le dita sulla scrivania a cui è seduto e poi, “vuoi una birra?”
 
Non sa cos’altro dirgli.
 
Cas aggrotta le sopracciglia. “Pensavo- ”, lo guarda a lungo e, alla fine, “Sì. Sì, una birra va bene.”
 
Sogna spesso di quel giorno, perché è stata l’unica volta in cui ha pensato che Cas potesse restare veramente. Senza più incazzarsi per i suoi andirivieni, senza più doversi dire stronzate a vicenda. È stata l’unica volta in cui ha pensato che potesse essere facile.
 
Due birre, uno stupido documentario in tv, il trench di Cas appeso alla sedia.
 
Avrebbe potuto essere veramente facile.

 

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Capitolo 6
*** the way it used to be ***


the way it used to be.
 
 
 
“Vuoi parlare di lui?” dice nella semi oscurità del corridoio. Il ragazzo è di nuovo davanti a quella dannata stanza. “E parliamo di lui, forza!”
 
Non si era accorto che Sam li avesse raggiunti. Meglio così. Sarà una cazzo di festa di famiglia e tutti staranno a sentire quello che ha da dire per mettere fine una volta per tutte alla questione.
 
Jack continua a dargli le spalle, la sua nuca è bassa, il collo teso e Dean vuole prenderlo a pugni in faccia. “Lui era la nostra famiglia. Mi ha salvato, ci ha parato il culo più volte di quanto si possa immaginare –“
 
“Dean,” Sam lo tira per una spalla. Non si era reso conto neanche di essersi avvicinato a tre centimetri dal ragazzo. Non si rende conto di niente.
 
“Cercava di fare la cosa giusta, ogni volta,” continua Dean e sta gridando adesso, ha il sangue al cervello, e Jack si gira a guardarlo, “lui– non puoi sapere cos’era. Non saprai mai niente di lui,” perde fiato, nella fretta di dire tutto, “e non era tuo padre, quindi smettila – ”
 
Il ragazzo lo studia attentamente. È calmo, mentre dice, “credi che sia colpa mia se lui non è qui adesso.”
 
“Bravo. Vedo che mi segui. Stai alla larga dalle sue cose,” dice, respirandogli addosso.
 
“Dean, smettila,” insiste Sam, cercando di tirarlo via.
 
Dean se lo scrolla di dosso e continua a fissare il ragazzo in attesa che se ne vada e smetta di girare intorno a quella porta.
 
“Credo di capire perché parlasse di te così tanto e in quel modo.”
 
Dean chiude gli occhi, la stanza traballa come se fosse ubriaco. “Non mi interessa cos’hai capito.”
 
“Non era un amico. Era...”
 
Le sue mani si stringono in pugni. Non riesce a vedere. E sta tremando. Vuole chiudergli la bocca. Dietro di lui, Sam mormora “Jack… per favore.”
 
Dean dà uno spintone al ragazzo, lo vede incassare il colpo e senza fare resistenza finire contro il muro. Jack non sembra alterato, solo confuso. Ma né lampadine né il sole minacciano di esplodere, al momento.

Sam lo aiuta a rimettersi in piedi senza dire una parola. Dean ha bisogno d'aria.

 
 

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Capitolo 7
*** all my dreams out of reach (under my fingernails) ***


all my dreams out of reach (under my fingernails).
 
 
“Mi hai chiesto tu di venire.”
 
Dean annuisce lentamente, picchietta le dita sulla scrivania a cui è seduto e poi, “vuoi una birra?”
 
Non sa cos’altro dirgli.
 
Cas aggrotta le sopracciglia. “Sì,” lo guarda a lungo e, alla fine, “Sì. Sì, una birra va bene.”
 
Dean torna indietro con due birre fredde; in tv un documentario, il trench di Cas appeso alla sedia, Cas sorride, prendendo dalle sue mani una bottiglia. “Perché mi hai chiesto di venire?” domanda.
 
Dean biascica. Non è così che è andata. Il sogno è tutto sbagliato. “Cas – ”
 
Cas cerca qualcosa nel suo sguardo, è seduto sul suo letto con la testa abbandonata contro il muro dietro di loro. Le palpebre mezze abbassate, mentre dice sottovoce, “mi piace stare qui quando non c’è... lavoro da fare. È tranquillo.”
 
Deglutisce; gli sarebbe bastato girarsi solo un po’. Gli sarebbe bastato alzare gli occhi nei suoi. Sarebbe stato veramente facile. “E allora resta.”

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Capitolo 8
*** thousand drops ***


thousand drops.
 
 
 
“Me ne vado per un paio di giorni. Da solo.”
 
Sam lo aveva guardato come un pazzo. “Dean – ”
 
Jack ha provato a seguirlo, ci sono voluti più di un paio di insulti e una minaccia non troppo sottintesa per levarselo dai piedi.
 
Sta guidando da ore. Non è andato molto lontano, ha l’impressione di girare in tondo. Non riesce a scappare.
 
 
*
 
Dorme in macchina, compra panini al tacchino che non mangia e che finiscono sotto il sedile. Non usa mai le carte di credito, Sam sa come tracciarle. La risolve giocando a biliardo un paio di volte.
 
Le risse arrivano praticamente da sole. Anni fa, avrebbe colto l’occasione per sfogare la rabbia. Adesso, le fa durare il meno possibile: aspetta di ricevere un pugno più forte degli altri, poi basta, smette di rispondere.
 
Non vuole sfogarsi. Vuole un dolore che zittisca tutto il resto. Il punto è che non riesce a procurarselo.
 
Chiama la segreteria di Cas ogni notte, ha lasciato così tanti messaggi da intasare la casella. Continua a chiamare comunque. Quando la voce del messaggio preregistrato inizia a parlare, Dean butta giù.
 
È un cazzo di codardo.
 
È ridotto ad uno schifo. E partire non è servito a niente.
 
*
 
Riaccende il telefono circa due giorni e mezzo dopo. Non ha mai sentito Sam più incazzato di così. E lui comincia ad aver bisogno di un letto vero.
 
 
*
 
“Vaffanculo, Cas.”
 
Il rubinetto del motel perde acqua.
 
“Vaffanculo.”
 
Circa quarantacinque gocce in un solo minuto.
 
“Non so – ”
 
Se si tappasse all’interno, potrebbe allagare la stanza durante la notte.
 
“… non so che cosa fare.”
 
Quarantacinque gocce al minuto. È la velocità con cui si lascerà andare a fondo.  

 
*
 
Cas sorride, prendendo dalle sue mani una bottiglia. “Perché mi hai chiesto di venire?” domanda.
 
Dean biascica. “Cas – ”
 
Cas cerca qualcosa nel suo sguardo, è seduto sul suo letto con la testa abbandonata contro il muro dietro di loro. Sta sorridendo. “Mi piace stare qui quando non c’è... lavoro da fare. È tranquillo.”
 
 “E allora resta.”
 
“Dean,” è Cas che si gira a guardarlo, è Cas che allunga una mano sulla sua maglietta, all’altezza del petto. “Posso – ho bisogno di – ”
 
Dean chiude gli occhi. Prende un respiro e dice, “sì.” Non è così che è andata, ma è quello che vuole. È solo un sogno.
 
La mano di Cas preme all’altezza del suo cuore; Dean arrossisce, è quasi certo che Cas possa sentirlo scoppiare contro il suo palmo. La sua bocca a qualche millimetro dal collo di Dean.
 
*
 
Si sveglia con gli occhi umidi e un vuoto nel petto.
 
Quarantacinque gocce al minuto. Per tutta la notte.

 
 

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Capitolo 9
*** drowning in imperfections ***


drowning in imperfections.



 
Si ricorda di quello che suo padre, Castiel, gli raccontava.

Nelle sue storie, Dean Winchester era un eroe. Un uomo buono, onesto.

Nelle storie di Castiel, Dean non era questo guscio di rabbia e tristezza che Jack ha ora davanti agli occhi.

“A volte può sembrare che abbia un carattere difficile,” diceva, Jack riusciva a sentire l’affetto che gli spezzava la voce, “ed è così. Dean è… testardo. Molto. Ma è l’uomo migliore che conosca. Lui e Sam Winchester sono gli uomini migliori che conosca.”

“È solo questo?” chiedeva sua madre. “C’è qualcosa nei tuoi occhi, quando parli di Dean. Lui è qualcosa di diverso.”

Quella era stata la volta in cui Jack aveva imparato a riconoscere i sorrisi di Castiel, dal modo in cui aveva detto, “Dean è diverso da… da tutto.”

Eppure, quello che vede Jack è solo un uomo arrabbiato, un’ombra scura negli angoli del bunker.

“Dimmi di lui,” lo prega, “di mio padre.”

Vuole che questo rompa la sua corazza di rancore, vuole scuoterlo abbastanza da avvicinarglisi.

Ma Dean è un animale in cattività. “Chiudi quella bocca,” gli risponde, “ti ho detto tutto quello che avevi bisogno di sapere.” Ma Jack sa che non è vero. C’è altro. C’è così tanto altro che dovrebbe sapere.

“Non sono mai riuscito a capire,” dice di fretta, una sera, un secondo prima che Dean sbatta la porta di camera sua, “che cosa ci fosse nella sua voce, quando parlava di te.”

Sta mentendo. Adesso sa cosa c’era nella voce di Castiel. Adesso che ha visto Dean spegnersi giorno dopo giorno per la mancanza di suo padre.

“Lui era l’unica speranza di capire che cosa sono. Mia madre diceva che mi avrebbe aiutato…” vede Dean premere la fronte contro lo stipite della porta mentre cerca di riprendere il respiro, “se mi racconti di lui forse posso imparare qualcosa. Da lui. Da te.”

*
Quella è la prima notte in cui Dean non gli chiude la porta in faccia. Non lo lascia entrare nella camera di Castiel. Non ancora. Ci sono cose che vuole tenere solo per sé.

Ma “non sarai mai come lui”, lo avverte, facendolo sedere in cucina. Dice, “la prima cosa che devi imparare, è non ferire gli innocenti. Mai. Questa è la prima lezione che devi prendere da –“, si schiarisce la voce. La maggior parte delle volte si rifiuta di pronunciare il nome di Castiel.

“Non so se sei capace di farlo,” continua. Quello che Jack sente è, Non so se posso farcela.

*
Quella notte, Dean non beve.

Non parla molto, i suoi occhi sono rossi e la sua voce è strascicata. A Jack sembra un involucro vuoto.

Ma non beve.

E non se ne va.

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Capitolo 10
*** falling inside (can you hear me?) ***


falling inside (can you hear me?).



 
Sono seguiti. Sempre. Ovunque vadano, c’è una squadriglia di angeli che li stana e cerca di ammazzarli tutti.

La maggior parte delle volte, Jack perde il controllo e gli angeli cadono ai suoi piedi come mosche, inceneriti.

“Imparerà a gestirsi” è l’unico commento che Sam riesce a fare. Dean ha smesso di ribattere; lo guarda inespressivo e lascia semplicemente correre.

È probabilmente un punto di partenza.

Così come lo è il fatto che non commenti per niente lo sguardo spaesato di Jack quando si rende conto di quello che ha fatto.

“A volte riesco a trattenermi, a volte no. Non so come funziona,” dice semplicemente il ragazzo.

“Sforzati”, risponde Dean in autopilot, senza neanche girarsi a guardarlo in faccia.

Ma Sam osserva tutta la scena ogni volta: Jack annuisce e il suo sguardo si fa concentrato come se stesse pensando a come farà ad accontentare Dean.

Sam ha l’impressione di potersi immedesimare ad un livello un po’ troppo profondo.

A volte, la cosa lo spaventa. Riesce a capire Jack così tanto, che in lui non vede altro che un ragazzino un po’ spaventato e un po’ elettrizzato da quello che riesce a fare. Conosce la parabola di quel percorso e teme che l’empatia che prova possa impedirgli di prevedere i pericoli.

Ha bisogno di essere lucido, per guidare Jack. Ha bisogno dell’aiuto di Dean.

“Sta cercando di fare quello che gli dici,” prova a dirgli davanti ad una birra; gli occhi di Dean sono troppo stanchi perché possa pensare di discutere con lui, “vuole andarti a genio.”

“Chi? Il Justin Bieber versione satanica?”

“Lo vedi anche tu che è solo un ragazzo…”

“Dammi tregua, Sam. Mi stai sfiancando.”

Sam prende un respiro. È consapevole che quello che sta per dire potrebbe benissimo costargli un pugno in faccia. “So che il tuo problema è che ti ricorda lui…”, si ferma e aspetta una reazione di Dean. Non succede niente; lo prende come un incentivo a finire di parlare prima che la pazienza di suo fratello arrivi agli sgoccioli. “È difficile, lo capisco. Ma ho bisogno che mi aiuti, se vogliamo impedire che faccia un casino ogni volta che respira. Dean –“

Ho bisogno di te.

Dean deglutisce; la sua mascella si contrae un paio di volte, prima che prenda un sorso nervoso dalla bottiglia.

Restano in silenzio per il resto della serata.



Alle tre del mattino, quando Dean si decide ad alzarsi per chiudersi in camera sua, Sam lo sente strozzare i respiri pesanti nel cuscino.

È la prima volta che si permette di piangere da quando hanno bruciato il corpo di Cas.

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