La Penna d'Autore

di vortix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


 
1


 
Si, si. Lo so cosa state pensando: “Oddio, ancora lei.” Oppure: “Ma non era finita la storia?”, “Cos’altro può ancora dire?”
Ebbene sì, sono ancora io. Chiara Lombardi, figlia di Apollo ma con qualche potere di Atena, unica semidea italiana rimasta e reduce da un combattimento mortale con l’ultimo dei sette re di Roma.
Se vi state chiedendo come io possa essere ancora in vita, leggetevi quello che mi è successo nell’ultima storia; ma per farla breve posso riassumervi la mia vita come una serie di straordinari (o sfortunati, dipende dai punti di vista) eventi.
Nel giro di poche settimane ho scoperto di avere un papà che abita nell’Olimpo, sono stata catapultata in un posto chiamato Campo Mezzosangue dove mi hanno costretto a mettere un elmetto con una cresta orribile, mi hanno affidato una missione impossibile, ho girato quattro Stati degli USA e alla fine sono riuscita a sconfiggere Tarquinio il Superbo. Okay, alla fine sono morta, ma sono dettagli.
Vi sfido ad aver avuto delle esperienze così entusiasmanti tutte in una volta.
Come se non bastasse ora sto viaggiando in uno di quei portali che Nico utilizza per arrivare al Campo Giove, “in tempo per l’ora di cena” ha promesso lui.
Dopo la mia missione insieme a Leo, Reyna e Percy l’ultima cosa che volevo fare è viaggiare di nuovo nell’Oltretomba, ma secondo Nico era la scelta più adatta per non perdere tempo.
Lasciare il Campo Mezzosangue dopo una esperienza come la mia potrebbe sembrare una decisione sciocca, ma Reyna se ne stava andando e io forse non ero pronta a lasciare lei.
Nella missione per sconfiggere Tarquinio ho creato un legame speciale con ognuno dei miei amici, ma con Reyna è stato diverso: è come se avessi trovato una sorella maggiore a cui fare affidamento e trovare protezione, e solo quando l’ho vista piangere sul mio corpo morto ho capito che le voglio un mondo di bene.
Le sue parole poi sul Campo Giove sono state così positive che era impossibile che non mi venisse un briciolo di curiosità su questo posto. Così ho deciso di seguirla e di vedere con i miei stessi occhi come sia questo fantomatico Campo per semidei romani, e farmi finalmente un’idea.
(Per quelli più interessati, andare al Campo Giove mi permette anche di non vedere ogni giorno un certo ragazzo con i capelli ricci, così a caso.)
Quando non sento più alcun pianto o urla infernale, capisco che il mio viaggio nell’Oltretomba è terminato, il mio corpo viene scaraventato a terra con violenza, e io non riesco a trattenermi dal imprecare.
Giuro su qualsiasi cosa che la prossima volta prendo anche uno skateboard piuttosto che rientrare in questo vortice che puzza di morte.
«Wow, che finezza.» Una voce ancora a me estranea rimbomba nelle mie orecchie, e solo pochi secondi dopo mi accorgo che Logan è in piedi accanto a me, che mi guarda con uno sguardo di sufficienza.
Giusto, mi sono dimenticata di parlarvi della new entry: il signor Logan OdioIlMondo Rand.
Prima di partire Reyna mi ha spiegato che Logan è uno dei tanti semidei romani che fanno tappa al Campo Mezzosangue per riposare e rifornirsi dopo un lungo viaggio. Casualmente il ragazzo era arrivato quando siamo arrivati noi dalla missione, e quando ha scoperto che Reyna tornava al Campo Giove, non ha esitato a proporsi per accompagnarla.
Quando io ho palesato il mio malcontento nei confronti di questo ragazzo lei mi ha assicurato che non c’è nulla di cui preoccuparsi, e che Logan è uno dei semidei più affidabili e tenaci che lei abbia mai incontrato.
Io però sono sicura che la descrizione di Reyna sia piuttosto distorta: fino ad ora Logan non ha rivolto la parola a nessuno, se non al suo amatissimo pretore per chiederle qualcosa su una certa Coorte o una cosa del genere. Il suo essere così solitario mi fa sentire a disagio, e quel poco che avevo imparato sui figli di Afrodite/Venere con lui è tutto buttato al vento.
La sua espressione perennemente crucciata non sembra tipica di un figlio della dea dell’amore, e il suo modo brusco di interagire con il mondo esterno ti fa passare la voglia di stare in sua compagnia.
L’unica cosa che gli riconosco è che è un ragazzo molto attraente, ma più di questo non riesco a dire.
Quando anche Reyna sbuca fuori dall’Oltretomba, il ragazzo vestito rigorosamente di nero l’aiuta ad alzarsi, tutto davanti ai miei occhi.
Io cerco di alzarmi il più aggraziatamente possibile, ma le mie ginocchia non lo permettono; così Logan mi guarda mentre cerco di mettermi in piedi, e sogghigna, alzando gli occhi al cielo.
La sua reazione mi fa infuriare più di quanto io possa immaginare.
Okay, è un bel ragazzo e tutto, ma questo non gli dà il permesso di fare lo stronzo.
Dopo svariati tentativi di riprendere le forze riesco ad avvicinarmi a Reyna, che mi fa notare che siamo finiti su una collina completamente deserta; l’unica cosa che vedo all’orizzonte è un enorme Arco di Trionfo, e al di là di esso una sconfinata valle piena di piccole case e palazzi più grandi.
«Benvenuta al Campo Giove, Chiara.» Annuncia Reyna con gli occhi lucidi.
Così io, Logan e Reyna camminiamo in un religioso silenzio verso l’entrata del Campo Giove, e quando arriviamo proprio sotto l’Arco di Trionfo noto che poco più avanti c’è una statua di marmo, senza braccia e scolpita solo dalla testa fino al ventre.
«Fermi! Questo è il confine di Nuova Roma e io sono qui per proteggerlo.» Esclama la statua, e io prendo un leggero spavento.
Reyna ridacchia come se una statua di marmo che parla è del tutto normale. «Terminus, sono Reyna. Con me ci sono Chiara e Logan, loro hanno il mio permesso per entrare.»
«Ha anche un nome questa statua?» Chiedo.
«Come osi! -rimbomba la scultura- Certo che ho un nome, sciocca ragazzina. Io sono Terminus, dio dei confini, sono qui per proteggere tutto il Campo dai nemici ed invasori.»
Gli occhi della statua si muovono come se stesse gesticolando, mostrando la vastità di terra che deve difendere ogni giorno.
«È consapevole di non avere le braccia, vero?» Chiedo questa volta sussurrando, e mentre Logan alza gli occhi al cielo, Reyna per fortuna ha la pazienza di rispondermi.
«È meglio che tu non glielo faccia notare, l’ultima volta Percy l’ha fatto e Terminus non l’ha presa benissimo.»
Buono a sapersi.
Dopo qualche minuto finalmente entriamo nella Nuova Roma e quello che si presenta ai miei occhi mi fa rimanere immobile dallo stupore: il villaggio davanti a me è formato da una serie di case con i tetti rossi disposte perfettamente in un incrocio di vie e quadrati di parchi e zone verdi, mentre gli alberi permettono di fare ombra sulle numerose strade ricoperte di sassi e ciottoli. Il pizzico di Atena che c’è in me mi fa notare che tutte le strade portano ad un enorme fontana di forma circolare, grande quanto una piscina, e questa sembra proprio essere il centro del Campo, dove tutti si riuniscono per il mercato.
Mezzo chilometro più in avanti riesco a scorgere un piccolo fiume, e capisco subito che si tratta di una modesta riproduzione del Tevere; i miei occhi poi riescono ad intravedere un Partenone e dei palazzi più grandi, ma sono troppo lontani perché io capisca a cosa servono.
Quando mi concentro sulle singole persone che mi passano di fianco mi accorgo che tra di loro ci sono anche semidei adulti, alcuni con dei figli in braccio e altri che spostano la carrozza con i cavalli. Tutti rigorosamente con una maglietta viola addosso.
Reyna mi aveva detto che questo Campo costituisce un’occasione per rifarsi una vita, ma non intendevo in modo così permanente.
Man mano che ci addentriamo nel labirinto di strade, la ragazza comincia a spiegarmi come il Campo Giove sia organizzato, ma io non riesco a stare molto attenta. Da quello che sono riuscita a capire i semidei romani vengono allevati prima da una Lupa, che qui non ci sono le varie case come al Campo Mezzosangue perché i ragazzi vengono suddivisi in varie Coorti.
Poi Reyna ha nominato qualcosa come “centurioni” ed “elezione dei senatori” e io ho perso il filo del discorso.
Il profumo del pane appena caldo e le varie fragranze dei fiori che provengono dalle strade mi colpiscono dolcemente, e vedere tutte queste persone indaffarate nelle loro faccende mi trasmette un senso di tranquillità e sicurezza che al Campo Mezzosangue non ho mai provato.
Nel frattempo Logan non ha pronunciato parola, ma cammina in silenzio dietro di me, e io mi sento come se volesse accoltellarmi da un momento all’altro.
Dopo una buona mezz’oretta di giro turistico, Reyna si ferma improvvisamente davanti ad un portone di un palazzo piuttosto alto, con tre piani.
«Logan, per oggi può bastare. Puoi ritornare alla tua postazione, ti aspettiamo questa sera per la cena.» Ordina la ragazza di fianco a me, e io comincio a capire perché sia stata eletta pretore.
Il suo tono forte e autorevole mette una certa paura, ma è quello che serve per riuscire a disciplinare un intero squadrone di semidei romani, soprattutto se sei una ragazza.
Così alle parole di Reyna, Logan fa un cenno con il capo e se ne va per la sua strada.
«Cominciano a mancarmi Leo e il suo carattere estroverso.» Sussurro, ma Reyna mi ha sentito lo stesso. Non facendo commenti, lei mi invita ad aprire il portone davanti a me, e io con una leggera spinta riesco a spalancarlo.
Un forte odore di chiuso e di vecchio mi investono le narici e io non posso fare a meno di starnutire. Una volta entrate vedo un numero enorme di libri posizionati in ordine alfabetico su una serie di scaffali e sulle pareti, e capisco che Reyna mi ha portata in una biblioteca, anche se non ne comprendo il motivo.
«Che ci facciamo qui?»
«Questa è una delle biblioteche più grandi ed importanti al mondo, anche se non sembra. Qui puoi trovare qualsiasi testo che desideri, è un enorme vanto per il Campo Giove.»
Io senza dire nulla comincio ad infilarmi nella prima corsia di libri, tutti perfettamente disposti su dei ripiani in mogano. Sotto ogni volume poi c’è una piccola targa in bronzo che indica il nome e l’autore del libro, cosa che a casa mia è impensabile.
«Dato che sei una figlia di Apollo, ho pensato che mostrarti un posto come questo potesse piacerti.»
Mi volto leggermente e sorrido a Reyna, ringraziandola per il pensiero.
Continuo la mia perlustrazione fino a quando non arrivo davanti ad uno scaffale con dei libri mancanti; quando mi avvicino di più per leggere la targhetta noto che all’appello manca “1984” di George Orwell.
«Che fine ha fatto questo libro?» Chiedo, anche se potrebbe essere stato preso in prestito da un ragazzo qualunque. In fondo siamo in una biblioteca, no?
Reyna si avvicina a me e mi rivolge uno sguardo preoccupato.
«Maledizione.» Sussurra lei in latino.
«Cosa succede?»
Lei ci mette qualche istante a rispondermi. «Questa è una delle biblioteche più importanti al mondo perché qui sono conservati tutti i primi volumi della prima edizione di qualsiasi testo che abbia fatto la storia della letteratura.»
«Per cui non si possono prendere in prestito e poi riportare indietro dopo un futuro non ben definito come succede di solito?»
«Assolutamente no. Qui non si prende in prestito nulla. Molti di questi libri sono stati scritti a mano dagli stessi autori, mentre quelli più recenti sono la prima copia stampata. Darli in prestito sarebbe una pazzia.»
Ora comincio a capire il perché del suo sguardo preoccupato, ma ho come la sensazione che mi manchino alcuni passaggi.
«Da quando sono andata al Campo Mezzosangue per Tarquinio alcuni libri sono scomparsi, come se fossero finiti in un buco nero. -spiega lei- L’ “Ulisse” di James Joyce, il “Don Chisciotte” di Miguel De Cervantes, i “Promessi Sposi” di Manzoni, “Guerra e Pace” di Tolstoj…»
Reyna si siede su uno sgabello vicino alla corsia dei libri classificati “Fantasy” e io mi avvicino a lei.
«Un momento, perché conservate tutti questi libri? Cosa c’entrano con i romani?»
«Perché Roma è la culla della cultura occidentale.»
«Sono quasi sicura che la vera culla sia la Gre…» Dico io, ma lei mi ferma subito.
«L’impero romano ha influenzato un enorme territorio, dalla Bretagna fino al deserto del Sahara, dalla fredda Russia alla Spagna. Tutto questa influenza è rimasta anche dopo la sua caduta, e per la maggior parte si è riversata sulla letteratura e sulle arti. Per questo Nuova Roma conserva tutti i primi volumi dei grandi autori della letteratura mondiale, perché li protegge e ne garantisce l’eternità. Non so se mi spiego.»
Io rimango per un momento in silenzio, cercando di dare un senso alla cosa.
«Cioè vuoi dire che i testi più famosi della letteratura che ho studiato per otto anni a scuola sono dovuti all’influenza romana?»
«Gran parte sì, ma per creare un classico della letteratura non basta l’ispirazione, serve un qualcosa di molto più potente. -Fa una pausa- Vieni, ti mostro una cosa.»
Dopodiché Reyna si alza da dove era seduta e comincia a camminare imperterrita in mezzo alle varie corsie della biblioteca, e io sono costretta a seguirla.
L’unica cosa che non mi fa perdere in questo labirinto di libri è il ticchettio della spada di Reyna che sbatte ripetutamente sulla sua armatura.
Dopo aver attraversato un paio di corsie arriviamo in una saletta grande quanto la stanza delle riunioni alla Casa Grande del Campo Mezzosangue, con al centro una teca di cristallo.
Dentro però non c’è la rosa rossa di Belle, ma una…penna.
«È grazie a questa che gli autori della maggior parte dei libri che abbiamo qui sono entrati nella storia.» Spiega Reyna, sistemandosi una treccia.
Mi avvicino lentamente e noto che quella che c’è dentro alla teca è una normalissima penna stilografica, completamente nera e con una punta molto sottile.
«Certo che tra voi e Percy la fissa delle penne è un po’ preoccupante.»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
…………
Salve a tutti!
FINALMENTE eccomi qui con la seconda storia di quello che ora è diventata una serie di fanfic.
Che ansia.
Allora, già ringrazio quelli che vengono dalla mia ultima storia e che hanno avuto il coraggio di inoltrarsi in questa. (Sul serio, perché?)
Per i nuovi lettori voglio dire che se volete capirci qualcosa in questa storia, vi consiglio di leggere quella precedente (“L’ultimo dei re”, cliccateci sopra per andarci direttamente) così che possiate capire davvero tutto. Ma se non volete farlo, non è un grandissimo problema, capirete il 90% delle cose.
Beh, per questa storia mi sono ispirata molto ad una stagione di OUAT per il fatto dell’Autore e della Penna, ma la somiglianza finisce lì. Diciamo che sarà un tantino diversa dalla mia ultima storia, e che ho in serbo per voi un sacco di sorpresine 😊
Niente, spero che per adesso possa avervi incuriosito!
Potete trovarmi su: Twitter (@glaukopsis)
Un bacio, Claire

 

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Capitolo 2
*** 2 ***



2




 
La ragazza ignora il mio commento e continua la spiegazione. «Questa penna è passata dalla mano di Cicerone, alla mano di Petrarca, per arrivare fino a Jane Austen, a Leopardi e a Oscar Wilde. Senza di questa non hai alcuna speranza di poter creare un capolavoro letterario e di diventare in qualche modo immortale.»
«Vuoi dirmi che anche io potrei diventare una scrittrice di successo se avessi quella penna?»
«Non è così facile. Devi essere un genio e avere un particolare talento, perché non sei tu a scegliere la penna, ma è lei a scegliere il prossimo grande scrittore o scrittrice.»
Così Reyna mi indica una piccola targa posizionata proprio sotto alla teca, completamente vuota. «Vedi? Quando la penna ha scelto il proprio Autore, su questa targa viene inciso il rispettivo nome. Quando questo ha finito il suo lavoro, la penna torna qui, aspettando il prossimo eletto. C’è un problema però: come può creare un nuovo capolavoro letterario, questo piccolo oggetto può dare il potere di distruggere qualsiasi tipo di libro, compresa la nostra mitologia.»
«Ma sono solo dei libri, il danno non sarebbe così grave, giusto?»
«Oh, invece sì. -fa una pausa- Pensaci bene, il Cristianesimo su cosa si basa?»
«Sulla Bibbia?»
«Esatto. Se non ci fosse più la Bibbia automaticamente non esisterebbe più quella religione; questo vale anche per la nostra mitologia, greca o romana che sia.» Chiarisce Reyna.
«Wow, dovrebbero scriverlo sui libri di scuola. Studiare letteratura diventerebbe più interessante.»
La ragazza però non sembra essere in vena di umorismo.
«Questa penna è un’arma estremamente pericolosa: con un semplice gesto o parola la nostra cultura potrebbe essere spazzata via, per cui ogni volta che questa scompare c’è sempre il pericolo che un ipotetico Autore voglia usarla per scopi malvagi. Per fortuna fino ad ora è stata usata per dare vita a nuovi capolavori, e non per distruggerli; di solito i nemici che affrontiamo si limitano alla guerra quando vogliono annientare qualcosa e non arrivano mai ad usare queste armi così sofisticate.»
A questo punto Reyna sembra aver finito la sua spiegazione, ma io ho ancora qualche dubbio da chiarire.
«E che mi dici dei libri scomparsi?»
«Di quelli non riusciamo a darci una spiegazione; se non vengono ritrovati il prima possibile può essere che vengano dimenticati, o peggio.»
Verso la fine della frase la sua voce si incrina leggermente, e intuisco che questa cosa crei più problemi del previsto. Certo, non tanti quanto quelli che ha creato Tarquinio, ma di certo non vorrei essere nei panni di Reyna in questo momento.
Dopo alcuni minuti ancora dentro alla biblioteca, Reyna mi accompagna fuori; stiamo per chiuderci alle spalle il portone quando una voce maschile ci distrae.
«Ragazze! Siete arrivate al Campo Giove e io lo vengo a sapere solo adesso!»
Quando sento la voce di Jason un po’ sorrido. Sembra passato un secolo da quando l’ho visto l’ultima volta e sono capitate così tante cose da quando proprio lui, insieme a Leo, mi ha portato al Campo Mezzosangue.
Sia io che Reyna ci voltiamo e sorridiamo al biondo con la sua fedele maglietta viola.
«Jason! Stavamo proprio venendo a trovarti, non è vero Chiara?»
«No?» Dico, ma l’occhiataccia di Reyna mi fa correggere. «Cioè volevo dire, certo! Non abbiamo fatto altro che parlare di te durante il viaggio.»
Jason si mette a ridere. «Se decidessi di credervi, sarei onorato di esser stato il vostro maggior argomento di conversazione.»
Il ragazzo ci risponde in italiano, e io realizzo di non parlare la mia lingua da un sacco di tempo.
Maledizione, ora non posso più dire nessuna parolaccia, qui mi capirebbero tutti.
«Chiara, vedo che dopo essere morta non stai così male.»
«Dovrebbe essere un complimento?»
Sia Reyna che Jason scoppiano a ridere. «Ho sentito molto sulla tua impresa. Sei stata molto coraggiosa, come una vera romana.»
Jason mi fa l’occhiolino, e io ricambio con un sorriso piuttosto incerto. Dopo tutto quello che mi è successo devo ancora capire se faccio parte del mondo greco o di quello romano. In effetti devo ancora capire molte cose, tra cui come Jason possa ancora portare quel taglio alla Justin Bieber nel 2017, perché il colore ufficiale del Campo Mezzosangue sia quell’orrendo arancione, perché gli americani si ostinino a mettere l’ananas sulla pizza e perché il Campo Mezzosangue si chiami così quando la versione romana si chiama Campo Giove; insomma, non dovrebbe essere Campo Zeus?
Reyna dopo aver dato un abbraccio piuttosto teso e imbarazzato al suo collega, mi dice che ha delle cose importanti a cui badare, e mi lascia insieme a Jason.
Io e il biondino cominciamo a camminare per le vie di Nuova Roma, e dopo pochi minuti scopro che quelli che prima mi sembravano dei templi in miniatura, ora sono dei Partenoni in tutto per tutto, grandezza compresa.
Il ragazzo mi spiega che la collina su cui sono costruiti è una delle sette colline che richiamano i veri colli in Italia, e che questa è la più alta per poter dare una visuale completa dell’intero Campo.
«Il Campo Giove è formato dalla Dodicesima Legione, che dopo la caduta dell'Impero Romano è sopravvissuta in clandestinità.» Mi spiega lui, non appena ci allontaniamo dalla pseudo Valle dei Templi, prendendo una strada chiamata “Via Praetoria”.
«I semidei vengono trovati dalla dea Lupa e dal suo branco. Così Lupa li mette alla prova e se rimangono vivi, li addestra e li spedisce in un lungo viaggio verso sud per arrivare al Campo Giove.»
«Woah, aspetta un attimo Alberto Angela. Vuoi dire quella lupa? Quella di Romolo e Remo?»
Il ragazzo annuisce.
«Ricordami di avvisarti quando voi semidei e le vostre stranezze avete smesso di sorprendermi.»
Ma lui sembra ignorarmi, e continua a camminare imperterrito mentre mi fa da guida turistica, tenendo ben salda la sua armatura tra le mani.
Anche se ci ha già pensato Reyna a farmi una presentazione con i fiocchi, lascio anche a Jason la possibilità di descrivere con orgoglio questo posto, per cui rimango zitta e ascolto ciò che dice. «Al Campo, una volta entrati nella Legione, i ragazzi devono entrare in una delle cinque Coorti e altri devono garantire per loro, essere perciò responsabili delle loro azioni. I ragazzi iniziano in probatio, ma, guadagnandosi la prima cicatrice, diventano legionari a tutti gli effetti.»
«Che vuoi dire con “prima cicatrice”?» Ho come la sensazione che non intenda cicatrice da taglio con la carta.
«È abbastanza impossibile che tu non te ne faccia una durante i nostri combattimenti. Sai, addestramenti, guerre a squadre, lotte tra gladiatori nell’arena, percorsi specializzati con anelli infuocati…»
«Sono quasi sicura che gli antichi romani non avessero dei percorsi specializzati con gli anelli infuocati…»
«Oh andiamo, siamo nel 2017. Dobbiamo aggiornarci anche noi.» Risponde prontamente Jason, per poi continuare la sua lezioncina.
«Qui i semidei sono perfettamente organizzati in vari gradi: ci sono i legionari, poi i centurioni…»
Grazie agli dei due ragazzi mano nella…zampa si avvicinano a noi e fanno fermare la parlantina di Jason.
Ora, vorrei chiarire una cosa: non sono il tipo che quando si avvicina una persona in carrozzina o con un difetto fisico si mette a fissarla finché non sparisce dalla mia visuale, ma in questo caso non posso farne a meno.
Il ragazzo in questione ha dei particolari tratti orientali, due spalle grandi quanto il portone della biblioteca, e una corporatura da giocatore di pallacanestro. La cosa che mi sconvolge però è che il suo braccio sinistro non ha le sembianze di quello di un umano, ma è simile a quello di un orso.
Se non è un qualche sortilegio io gli consiglierei una buona estetista.
Come se non fosse niente di che, una ragazza con una splendida chioma color cannella e riccia stringe il braccio peloso del ragazzo, e gli sorride.
Lei è molto più piccola e minuta di lui, con un paio di pantaloni color cachi che le rivestono perfettamente le sue gambe magre; il viso invece è contornato da una miriade di piccole lentiggini rosse, insieme ad un paio di occhi color oro.
Alla visione dei due ragazzi insieme uno dei pochi ricordi che riesco ancora ad avere dal legame che io, Leo, Percy e Reyna abbiamo stabilito mi investe.
Loro dovrebbero essere Hazel e Frank, gli altri ragazzi dei famosi “sette” che hanno sconfitto Gea.
«Ragazzi, voglio presentarvi la nuova eroina del Campo Mezzosangue, Chiara Lombardi.» Mi presenta Jason, sorridente. «Chiara, loro sono…»
Ma io non lo faccio finire. «Hazel e Frank, mi hanno parlato molto di voi.»
I due sono armati rispettivamente con una spada completamente d’oro e un paio di frecce con un arco, che mi ricorda molto quello di Katniss Everdeen in Hunger Games, ma evito di farlo notare.
Hazel è la prima a prendere la parola e venirmi incontro, per poi abbracciarmi come se fossi sua sorella. «Anche noi abbiamo sentito molto parlare di te. Leo non ha fatto altro che raccontarmi come hai sconfitto Tarquinio il Superbo.»
Alla pronuncia del nome di Leo il mio cuore perde un battito, ma mi impongo di non soffermarmi sul fatto che lui abbia parlato di me.
A differenza della sua ragazza, Frank sembra essere molto più timido, tanto che si nasconde le mani/zampe dietro la schiena e indietreggia leggermente.
«Perché il tuo ragazzo ha il braccio come quello di un orso?»
Niente, non ce l’ho fatta a resistere.
Hazel e Jason sogghignano, mentre quando Frank si sente preso in causa arrossisce leggermente, ma poi prende coraggio e si va avanti.
«Diciamo che posso trasformarmi in qualsiasi animale io voglia.»
«Aspetta, chi è il tuo parente divino?»
«Marte.»
Io rimango in silenzio, cercando di collegare gli animali con il dio della guerra. Mi avvicino a Jason lentamente e gli sussurro: «Credo mi manchi qualche passaggio, perché non riesco a collegare le due cose.»
A quanto pare devo migliorare il mio sussurro, perché a quanto pare tutti quanti mi hanno sentito, e scoppiano a ridere.
Hazel quindi si riavvicina a me e prende il mio braccio, per poi incastrarlo tra il suo. È così magra che mi sembra di poterla spezzare da un momento all’altro solo toccandola.
«Vieni, è quasi ora di cena. E noi stiamo morendo di fame.»
Così i ragazzi mi accompagnano alla famosa mensa di cui mi aveva parlato anche Reyna, mentre Jason ci promette che ci raggiungerà tra non molto.
Non appena entro nel salone strizzo gli occhi più volte per convincermi di quello che sto vedendo: tra i vari tavoli in legno e le sedie, una decina di fantasmi stanno girando con aria indaffarata per tutto il salone, con in mano dei piatti sporchi e una serie di posate.
Da quando i morti si sono dati al servizio catering?
Sto per fare un passo in avanti ma un fantasma dalle sembianze di un ragazzo sui quindici anni mi passa davanti velocemente, come se in cucina ci fosse qualcosa che valesse più della sua vita…vabbè, avete capito.
Io rimango paralizzata, non sapendo come comportarmi.
«Siete a corto di personale e vi siete rivolti ai morti?» Chiedo, cercando di metabolizzare tutto.
«No, quelli che vedi sono Aurae, spiriti invisibili del vento, servono alla mensa e aiutano i mezzosangue. Una volta si facevano vedere di meno, ora sono molto più socievoli.» Mi spiega gentilmente Hazel, per poi accompagnarmi al tavolo più vicino.
Il salone è già gremito di semidei in armatura che stanno mangiando e ridendo per chissà qualche motivo; le voci si sovrappongono tutte insieme e il risultato non è tanto diverso da quello dell’osteria che c’è nel mio paese in Italia.
Prima che io possa sedermi, una creatura mezza capra e mezza umana si avvicina a noi, posando le mani a ciotola come se volesse qualche monetina.
Il suo aspetto mi ricorda molto quello dei satiri che avevo visto al Campo Mezzosangue, ma sono del tutto sicura che quelli che ho visto non si metterebbero mai a fare l’elemosina.
«Che vuole il satiro? Una lattina di CocaCola da sgranocchiare?» Chiedo, con un tono di voce abbastanza alto per farmi sentire.
«Non è un satiro. È un fauno.»
Una voce maschile si intromette improvvisamente nella nostra conversazione, e quando il volto di Logan entra nella mia visuale non riesco a non alzare gli occhi al cielo. Che ci fa qui?
«Sempre mezza capra è.» Ribatto io, mentre Hazel e Frank stanno ancora cercando di capire chi sia questo tipo vestito completamente di nero.
«Guardate che vi posso sentire, bee.» Ribatte il fauno, ma subito dopo capisce che da noi non spillerà nemmeno un centesimo (qui usano i centesimi?) e si allontana, andando a disturbare un altro paio di semidei romani poco più in là.
«Chiara, conosci questo ragazzo?» Mi chiede Frank.
«Purtroppo si.»
Hazel ignora il mio commento e si alza dal tavolo per andare a salutare Logan: lui però non ricambia la sua stretta di mano e si limita ad un cenno con il capo, per poi andarsene senza dire niente.
«Non è un ragazzo simpaticissimo?» Prova a migliorare la situazione la ragazza, ma io e Frank la fissiamo senza rispondere.
Dopo questo piccolo momento imbarazzante con Logan, che ha confermato il mio astio verso quel ragazzo, i fantasmi/camerieri cominciano ad uscire dalla cucina portando una serie di piatti caldi e fumanti.
Un Aurae dalle somiglianze di una ragazza sui venti anni e dagli zigomi alti mi porge un piatto di lasagne e dell’acqua minerale, e io la guardo sconvolta.
È il mio piatto preferito, e io non l’ho mai ordinato né detto a nessuno.
«Beh, io ho una fame da lupi. E non è un modo di dire.» Esclama Frank, ma prima che lui possa affondare la forchetta nelle sue polpette di tofu la porta principale della mensa si apre bruscamente, facendo entrare Reyna con un’espressione sconvolta.
Il suo sguardo cerca immediatamente Jason, ma non trovandolo è costretta a parlare davanti a tutti e dare una spiegazione per la sua entrata improvvisa.
«Semidei, la penna d’Autore è scomparsa.»
 
 
 
 
 
 
………….
Salve a tutti!
*schiva i pomodori*
Lo so, lo so. Sono in ritardo, è praticamente una settimana che non aggiorno, ma dovete perdonarmi. Le lezioni dell’università mi stanno prendendo molto tempo, e ora che sono tornata al mio status di studente fuori sede mi devo occupare di faccende da casalinga e cose varie. Gestire tutto e scrivere è una bella impresa, ma spero di farcela.
Allora, tornando alla storia! Ho finalmente scritto anche di Hazel e Frank, mancavano solo loro all’appello insomma. Non sono molto sicura di renderli permanenti, ma vedrò cosa potrò fare. Logan continua a dare fastidio, ma per lui ho dei progetti, quindi non odiatelo troppo 😊
Dato che siamo ancora al secondo capitolo non pretendo che la storia vi piaccia, per ora ho solo introdotto il problema numero uno (la penna).
Spero che comunque il capitolo vi sia piaciuto e che vi possa ritrovare anche nei prossimi capitoli, per qualsiasi domanda o spiegazione sono disponibile a chiarire tutto quanto hahah
Grazie in ogni caso per essere passati 😊
Potete trovarmi su Twitter (sono @glaukopsis)
Ci si vede al prossimo capitolo!
Un bacio, Claire

 

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Capitolo 3
*** 3 ***



(scusatemi la gif, ma era troppo divertente)
3




 
È inutile dire che dopo l’annuncio a sorpresa di Reyna tutto il Campo è andato nel panico. Se fino a cinque minuti fa pensavo che quella penna non fosse tanto importante per la mia personale esistenza, dopo l’espressione di terrore dipinta sul volto di tutti i semidei romani comincio a ricredermi.
In mensa la confusione è diventata improvvisamente insopportabile, tanto che Reyna è costretta a fare un cenno con il capo per farci capire di seguirla fuori.
Io, Hazel e Frank recepiamo il messaggio, e a quanto pare anche Logan, che compare dal nulla in stile Nico di Angelo.
Parlando del diavolo, il figlio di Ade (che coincidenze) spunta fuori non appena usciamo dalla mensa e fissa Reyna con uno sguardo preoccupato.
I due si guardano come se stessero comunicando telepaticamente, e la tensione è palese.
«Dobbiamo recarci al Senato e discutere della situazione.» Annuncia poi il pretore.
«Una riunione in Senato? Alle sette di sera? Di giovedì?» Chiede Frank.
«Lo so, lo so. La serata karaoke dovrà essere posticipata.»
«Ehi, perché nessuno mi ha avvisato della serata karaoke?» Esclamo, ma nessuno sembra calcolarmi.
Così Reyna parte in quarta, e seguita da noi cinque come dei pulcini con mamma papera, arriviamo fino ad un palazzo alto una decina di metri, completamente bianco con tanto di colonnati, che Hazel mi indica come il Senato del Campo Giove.
Quando entriamo io mi sento intimorita dalla maestosità del posto: l’atmosfera ricorda perfettamente quella dell’antica Roma, come se fossi tornata indietro nel tempo. Una serie di statue rappresentati le maggiori divinità romane sono posizionate lungo i maggiori corridoi, i pavimenti sono rivestiti di un marmo bianco quasi accecante, e un leggero profumo di incenso riempie tutta l’aria. I nostri passi lungo le varie stanze rimbombano con un leggero eco, finché non arriviamo nella Curia Iulia, la sala principale dove sono sempre avvenute le riunioni più importanti dal tempo di Giulio Cesare. Quest’ultima è molto simile ad un’aula magna, con le rispettive gradinate e una zona centrale a forma ovale, che permette di avere una visuale perfetta di tutta la stanza.
Le gradinate sono occupate per la metà da un gruppo di anziani vestiti con delle toghe di diversi colori, che chiacchierano tra di loro con fare ansioso.
In cima all’ultimo gradino una statua alta circa sette metri di Zeus punta il suo sguardo verso di noi: la particolarità è che non è una statua bianca normale, ma è colorata.
La toga è azzurra come il cielo, la barba è grigia e il fulmine che il dio tiene stretto nella mano destra risplende di luce propria, come se fosse vero.
«Perché Giove è colorato?» Chiedo a bassa voce ad Hazel.
Più in là noto Logan alzare gli occhi al cielo, ma decido di ignorarlo.
«Contrariamente a come si pensa, le statue nell’antica Roma erano colorate. Noi adesso le vediamo tutte bianche perché con il tempo si sono scolorite.»
La mia vita ha di nuovo un senso. Penso che mi ci vorrà un bel po’ di tempo per metabolizzare la cosa.
Reyna nel frattempo si avvicina al centro dell’aula magna, e poco dopo sbuca anche Jason con fare preoccupato, e si affianca a lei.
Io invece seguo Frank e gli altri che si siedono sulla prima gradinata di scale, proprio davanti ad un paio di senatori che stanno discutendo su chi sia il miglior scrittore dell’antica Roma.
«Romani!» Annuncia Reyna in latino, urlando con voce piena per farsi sentire. Improvvisamente tutti quanti smettono di parlare, e prestano attenzione alla ragazza.
«Non vi farò perdere tempo con inutili premesse, la Penna d’Autore è scomparsa dalla biblioteca del Campo.»
Un rumorio si alza dagli spalti. «Come ben sapete la Penna è fondamentale per la cultura di cui noi siamo i creatori e sostenitori, e se finisce nelle mani sbagliate tutto questo, -Reyna indica la stanza- e tutti noi potremmo fare una brutta fine.»
Un senatore dalla toga viola si alza di scatto dalla sua gradinata e comincia a parlare. «Reyna, era da anni che la Penna non scompariva. Magari finalmente abbiamo un nuovo Autore.»
La ragazza sospira, e capisco che vorrebbe tanto fosse così. «Purtroppo sulla targa della teca non c’è scritto nessun nuovo nome… In realtà non c’è scritto proprio niente.»
Ancora sussurrii e voci varie.
Senza pensarci, mi alzo anche io e prendo la parola. «Ma Reyna, è impossibile. Tu stessa mi hai spiegato che la Penna non aspetta altro che un nuovo Autore da cui andare. Ci deve essere pur scritto un nome.»
A meno che su quella targhetta non venga inciso un nome di uno youtuber, altrimenti è meglio che non ci sia scritto niente.
«Reyna ha detto che nella targa non c’è scritto niente. È ovvio che la Penna sia stata rubata da qualcuno.» Interviene con tono saccente Logan, e tutti cominciano a commentare la nuova ipotesi a voce alta.
A proposito, che diavolo ci fa qui? Da quando gli è permesso stare nel Senato del Campo Giove durante una riunione straordinaria?
Okay, voi potreste rispondermi benissimo che queste domande potrebbero essere rivolte anche a me, ma penso che le mie ultime esperienze e la mia pseudo morte mi abbiano dato il diritto di andare dove cazzo mi pare. Detto in parole povere.
Logan mi rivolge un’occhiataccia, come se fossi stata io a rubare quella dannata Penna, e si risiede vicino a Nico, che esamina attentamente tutto quello che sta succedendo.
«Ma che ha problemi ha quel tipo?» Sussurro alla mia nuova amica Hazel, ma lei è troppo concentrata su quello che sta dicendo Jason.
«Logan ha ragione, -interviene il ragazzo- non è mai successo che la Penna sia scomparsa e che la targa non riveli chi sia il nuovo Autore. E’ molto probabile che sia stata rubata, ma da chi? Tarquinio il Superbo è morto, no?»
«E ci mancherebbe altro.» Rispondo io una volta che tutti guardano nella mia direzione.
«È il caso di avvisare Chirone?» Chiede Jason alla sua collega.
«No, per ora è un problema nostro. I Greci a malapena sanno che esiste la Penna.» Risponde secca Reyna, e il suo tono è così glaciale che quasi mi ferisce, anche se non stava parlando con me.
Ma improvvisamente Nico si alza dal suo posto, con fare deciso. «Reyna, penso che invece tu debba avvisare il Campo Mezzosangue. Questo è un problema di tutti, se la penna fosse usata per…»
«Nico, so quello che faccio. Per ora non allarmeremo nessuno. Nessun imperatore, re o dio ha minacciato di distruggerci per ora, quindi non abbiamo niente di cui preoccuparci a tal punto di coinvolgere i greci. Possiamo cavarcela anche da soli.»
Ascoltando le parole di Reyna mi viene in mente che Percy qualche giorno fa mi aveva raccontato la vecchia diatriba che c’era tra greci e romani, e anche se con la battaglia di Gea sembrava che l’odio fosse stato riposto, il tono della ragazza mi fa capire che entrambi i Campi vogliono rimanere indipendenti, e che si taglierebbe una gamba piuttosto di coinvolgere gli altri semidei in una situazione come questa.
La riunione finisce poco dopo, e sebbene i senatori del Campo Giove erano contrari alle idee di Jason e Reyna, gli ordini sono stati quelli di mantenere la calma e di spedire il giorno successivo delle piccole truppe in ricognizione per la ricerca della Penna.
Una volta usciti dalla Curia, Hazel e Frank mi salutano, per poi andare nelle rispettive stanze per risposare; Nico invece mi fa un cenno con il capo, e mi rendo conto che questo è il saluto più caloroso che il ragazzo dalla giacca di pelle mi abbia mai fatto.
Jason se ne esce insieme a Logan parlando di qualcosa che non riesco a capire, e così rimango da sola con Reyna.
Quando usciamo definitivamente dal Senato tra noi vige un silenzio imbarazzante, e tra tutte le cose che potrei dire in questo momento, non posso fare a meno di dire questa.
«Che razza di problemi ha Logan? Perché l’unica manifestazione d’affetto che potrei mostrare nei suoi confronti è un pugno nello stomaco.»
Reyna si mette a ridere, prendendo una strada che non avevo mai fatto. La sera sta calando e il sole ormai è all’orizzonte.
«Logan è un ragazzo particolare. Non sarà il massimo della simpatia, ma di lui puoi fidarti, è uno apposto. Bisogna solo capirlo e farti piacere.»
«Strano per un figlio di Afrodite, no?»
«Venere. -mi corregge lei- E comunque gli stereotipi sui figli della dea dell’amore sono sì molto veri, ma non sempre. Vedi te stessa, per esempio: se non avessi il potere di luce non direi che tu sia una figlia di Apollo, Leo mi ha detto che hai fatto schifo in tutte le sue prove di abilità. E di certo non sei vanitosa o non fai di qualsiasi frase che pronunci una nuova canzone.»
E quindi secondo Leo ho fatto schifo alle prove di abilità di Apollo? Beh… a pensarci bene non ha tutti i torti.
Anche se non sono soddisfatta della sua risposta, io e Reyna camminiamo ancora per qualche minuto finché lei non si ferma davanti ad una specie di condominio a due piani poco illuminato, per poi porgermi una chiave in bronzo.
«Qui ci sono alcune stanze che vengono usate dai semidei che stanno al Campo Giove solo per qualche giorno… La tua sta al primo piano, per questa notte dovresti trovarti bene.»
Io la ringrazio, finché lei non dice: «Ma chissà, potrei trovarti un alloggio più duraturo, se mai vorrai rimanere qui. Ti lascio pensare, buona notte!»
E se ne va.
Mi ha appena chiesto di trasferirmi al Campo Giove?
La mia testa sta decisamente per scoppiare: ho vissuto al Campo Mezzosangue per neanche due settimane di fila e già mi propongono di trasferirmi dall’altra parte del Paese.
Improvvisamente mi ricordo di avere anche una vita in Italia, dalla mia vera famiglia, e la confusione mi investe in meno di dieci secondi.
Decido di rimandare la decisione a un futuro indefinito perché sono troppo stanca anche per ricordarmi come mi chiamo, e quando apro la porta della stanza che mi è stata assegnata, mi tuffo sul letto e crollo in un sonno profondo.
 
“Ho inventato io il mito. Ho inventato io la letteratura. Ho creato io questo mondo, è opera mia se tu esisti.”
“Ma Signore, come può arrivare a fare una cosa del genere?”
“Ragazzo mio, non capisci? È una questione di principio: troppi ormai mi hanno succeduto, e io rischio di finire nel dimenticatoio… Ah, e io che pensavo che quello che ho scritto mi avrebbe assicurato l’immortalità! Devo rimediare: distruggerò tutto quello che è stato scritto fino ad ora, compreso quello che ho prodotto di mia mano, e riscriverò tutto daccapo.”
“E come pensa di poter farlo?”
“Semplice, mi riprendo ciò che è sempre stato mio.”
 
 
Quando mi risveglio la luce del sole mi acceca, e io sono costretta a richiudere gli occhi per recuperare la vista. Incredibile, vero? L’essenza del mio potere è la stessa che mi crea più problemi di quanti voi immaginiate.
Rimango per qualche minuto sdraiata sul letto della mia stanza, e mi accorgo di non essere nella Cabina Sette del Campo Mezzosangue: il soffitto è rivestito da una particolare carta da parati che ricorda molto dei disegni nelle antiche domus romane, il letto è più basso di uno di quelli in cui sono abituata a dormire, e nell’angolo vicino ad un armadio in legno c’è un mobile con una televisione al plasma; quando l’accendo comincio a ridere. Il volto di Alberto Angela immerso nei resti di Pompei compare sullo schermo, con tanto di sottotitoli in inglese per i più pigri.
Ma dopo aver visto “C’è Posta per un Dio” non credo di superare il mio livello di incredulità.
La voce che proviene dalla tv però mi fa ricordare il sogno che ho appena fatto: una serie di frasi buttate a caso si ripetono nella mia mente da una figura che non riesco ad identificare o a dargli un senso.
Leggere Freud a quanto pare non ha funzionato niente.
Così decido di lasciar perdere, e quando mi accorgo che sotto la televisione c’è un minibar, la questione del sogno viene completamente messa in secondo piano.
Dopo due pacchetti di biscotti alla vaniglia e una lattina di tè al limone qualcuno bussa alla porta, ma prima che io possa anche solo deglutire, questa si apre.
I capelli ricci e folti di Hazel sono i primi a comparire nella mia visuale, così io mi ripulisco dalle briciole e saluto la ragazza con ancora una voce assonnata.
«Buongiorno, pronta per la guerra?» Chiede lei.
Se stessi ancora bevendo il mio tè al limone molto probabilmente avrei sputato tutto quanto.
«Guerra? Trump ha lanciato un ultimatum alla Corea del Nord?»
«Peggio.» Afferma lei, sorridendo paradossalmente. «Oggi è la giornata dell’allenamento in guerra a squadre.»
Non suona molto bene come attività di divertimento, devo ricordarmi di fare un richiamo al centro ricreativo.
«Sei sicura che tu non ti sia confusa con la gara di mini golf?» Chiedo, speranzosa.
Io non ho la minima intenzione di partecipare ad una guerra a squadre.
«Negativo. Reyna ha detto di continuare con le nostre attività quotidiane come se non fosse successo nulla e noi faremo quello che ha detto. -Hazel fa una pausa, sfoderando la sua spada d’oro, che lei chiama “Spatha”- Andiamo, ci sarà da divertirsi!»
«Eh no, non mi fregate più. “Ci sarà da divertirsi alla Caccia alla Bandiera!” e poi sono quasi morta. “Ci sarà da divertirsi nella missione!” e sono effettivamente morta. Mi dispiace, ma io passo.»
Hazel ridacchia, e come se non avessi detto niente lei mi trascina fuori dalla mia stanza, e io capisco che alla ragazza non piace sentirsi un “no” come risposta.
 
 
 
 
 
 
………..
Salve a tutti! 😊
Allora, ho scritto questo capitolo in treno con un marmocchio di due anni che urlava come un indemoniato, quindi se vi fa schifo do la colpa a quella bestia di Satana.
BEH, chi non è pronto per l’addestramento in guerra al Campo Giove? Io probabilmente mi sarei finta morta.
Diciamo che questo capitolo non ha molta utilità, si scopriranno cose nei prossimi capitoli, ma mi serviva farne uno di passaggio altrimenti mi sembrava che non ci fosse un equilibrio, non so se è chiaro hahah
Ma l’avete visto il nuovo sito dedicato ai libri di zio Rick??? Avete fatto il test? Io sono figlia di Atena, e anche se mi sento molto figlia di Apollo diciamo che il risultato non mi ha deluso.
(E poi diciamocelo, le domande erano penose.)
Niente spero vi sia piaciuto il capitolo, d’ora in avanti penso di postarne uno a settimana; purtroppo gli impegni universitari e problemi vari non mi permettono di fare di meglio.
Scrivetemi cosa ne pensate, si accettano scommesse su chi è il cattivo della storia 😊
Potete trovarmi su Twitter (@glaukopsis) oppure su Instagram (Già vi sto mettendo il mio account WOW -@_ametaphor)
Grazie a tutti per essere passati,
un bacio, Claire.

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Capitolo 4
*** 4 ***



 

(Daniel Sherman aka Logan in versione """romana""", prego non c'è di che)
4





Trovo incredibile che io sia riuscita a farmi fregare una seconda volta: senza accorgermene mi ritrovo con in mano una spada e uno scudo rettangolare di bronzo, indossando un’armatura ancora più pensante di quella del Campo Mezzosangue e che prude così tanto che sono sul punto di strapparmela di dosso e urlare dalla frustrazione.
“Vedrai che ti piacerà” mi ha detto Hazel.
La ragazza mi ha trascinato di forza fuori dal quartiere residenziale del Campo Giove per poi portarmi in una vallata completamente deserta, se non fosse per i vari sentieri scavati nel terreno, i massi accumulati uno sopra l’altro per creare delle postazioni di sicurezza e una serie di strisce bianche che segnano il terreno come un campo da calcio. Vicino ad alcuni massi ci sono già la gran parte dei semidei che si preparano per l’allenamento, come se dovessero solo fare una semplice corsa di riscaldamento; alcuni ridono e scherzano, mentre altri stanno controllando se le loro spade sono ben pulite e affilate.
«Non fate sul serio.»
«Eccome. E sei stata anche fortunata, oggi non ci sono i cerchi di fuoco.» Hazel decisamente non ha la concezione di “fortuna”.
Facciamo qualche passo in avanti, e una volta che mi trovo davanti ad un insieme di semidei romani parecchi incazzosi e vogliosi di usare le loro armi nuove di zecca provo un senso di rabbia: io non voglio fare questa esercitazione, e non voglio combattere. Perché nessuno sembra ascoltarmi?
Ad un certo punto Reyna e Jason sbucano fuori dalla massa indistinta di soldati, e la prima cosa che noto è lo sguardo stanco della ragazza; anche Jason non sembra essere molto tranquillo, ma di certo sa nasconderlo molto meglio rispetto alla sua collega.
«Allora, semidei. Ci siamo, oggi è la giornata della battaglia a squadre. Ognuno di voi pescherà un bigliettino da questa scatola e verrà assegnato ad una delle due squadre, capitanate rispettivamente da me e Reyna. -fa una pausa- Le regole sono sempre le stesse, ma le ripeto per i nuovi arrivati.»
Tutti improvvisamente si mettono a fissarmi. «Jason, sono piuttosto sicura di come funzioni una guerra.»
«Certo, come no.» Una voce familiare sbuca fuori dal gruppo.
Logan si fa avanti con fare prepotente, tenendo ben saldo tra il suo braccio e il fianco l’elmetto in bronzo.
«E tu che ne sai?» Rispondo io a tono.
«A partire da come hai messo l’armatura: è storta.»
Mi guardo verso il basso e con orrore scopro che la parte posteriore della mia armatura è effettivamente nel verso sbagliato. Dannazione.
Tutti i semidei di fianco a me si mettono a ridacchiare, a eccezion fatta di Hazel e il suo ragazzo Frank che è arrivato da pochi minuti.
Quando rialzo lo sguardo sono furiosa, detesto essere presa in giro, e Logan lo sta facendo piuttosto bene. Improvvisamente ho una gran voglia di ucciderlo.
«Stavo dicendo, -riprende il discorso Jason, cercando di placare gli animi- questa non è una guerra vera e propria Chiara, ma una simulazione. Quindi ogni morte sarà penalmente punibile, ma questo non vuol dire che non ci si possa ferire, perciò occhi aperti. Ogni guerra in passato c’è stata per conquistare nuove terre, e questa non sarà da meno: vedete queste linee bianche dipinte sul terreno? Delimitano rispettivamente il territorio di ciascuna squadra che voi dovete conquistare. La simulazione si riterrà vinta quando almeno la metà dei semidei di una squadra avrà raggiunto il territorio dell’altra; oh e dimenticavo, sono ammessi i propri poteri divini.»
«Okay, non è difficile da capire. Basta che corro dall’altra parte del campo, no?» Questa volta cerco di non farmi sentire da molti, e mi avvicino di più ad Hazel, ma Logan si mette a ridere.
«Si vede che sei del Campo Mezzosangue. Voi greci non avete la minima concezione di strategia ed organizzazione.»
Sto per rispondere a tono, ma Frank prende le mie difese avanzando verso il ragazzo dagli occhi verdi con uno sguardo intimidatorio degno di un lupo.
«Amico, stai esagerando.»
Logan alza gli occhi al cielo, e se ne va verso Reyna per andare a pescare il bigliettino nella scatola.
Ringrazio velocemente Frank, e poi con un’innata voglia di mettermi a combattere, mi metto in fila per pescare il mio bigliettino.
Dopo pochi minuti tutti hanno in mano il proprio foglietto: Logan è in squadra con Reyna (che sembra particolarmente felice della cosa) come Frank, Hazel invece è con Jason. Guardando rispettivamente le due squadre direi che quella di Reyna è messa molto meglio come uomini per una serie di semidei adulti e piuttosto muscolosi, mentre invece quella di Jason sembra un insieme mal assortito di persone che non avevano la minima voglia di finire in questa situazione.
Come li capisco.
Dopo questa veloce panoramica, decido di aprire il mio bigliettino.
Jason.
Bene, quando mai sono capitata nella squadra dei più forti?
A pensarci bene però se fossi finita in quella di Reyna avrei dovuto collaborare con Logan, perciò la squadra di Jason mi va più che bene, anche se ci distruggeranno in meno di dieci minuti.
Quando tutti sono stati smistati i gruppi si riuniscono qualche secondo per decidere la tecnica da portare avanti, ma quando Jason comincia a parlare io non capisco un tubo di quello che sta dicendo.
«Allora, Rebecca e Andrew insieme a Luke e William saranno i maggiori attaccanti, mentre io ed Hazel ci occupiamo degli invasori rispettivamente a est e ovest, per quanto riguarda…»
Miei dei, sembra di star parlando di una partita di calcio.
Così per disperazione smetto di ascoltare del tutto, e decido che farò a sentimento; dopotutto ha funzionato fino ad ora.
Quando la piccola riunione di squadra si scioglie ci mettiamo tutti quanti in posizione, pronti con le proprie armi e scudi. Con la coda dell’occhio vedo Frank dall’altra parte del campo lanciare un occhiolino ad Hazel, mentre Reyna sorride a Jason passandosi il pollice lungo il collo, come per dire: “Ti farò il culo, bello.”
Poco più in là vedo Logan troppo occupato a concentrarsi sul campo di combattimento per accorgersi di me, ma il suo sorrisetto troppo sicuro mi convince ancora di più a corrergli incontro per fargliela pagare.
Una sensazione strana di eccitazione mi scorre nelle vene, mi sembra essere in una scena di un film, ma sono altrettanto sicura che molto probabilmente finirò per vomitare oggi.
Improvvisamente un fischio assordante riempie tutta la vallata, poi il panico.
Tutti i semidei della mia squadra cominciano a correre verso i nemici distribuendosi perfettamente in un quadrato fatto di scudi e armi mentre Reyna e Logan si scagliano sui semidei che Jason aveva messo come attaccanti.
Nel frattempo Frank si è trasformato in una specie di rinoceronte, e in questo momento non vorrei essere nei panni di quella ragazza che è costretta a vedersela con lui.
Voi giustamente vi starete chiedendo, e io?
Io sto cercando di dare un senso a tutto questo e non dare di matto. Una serie di spade e scudi volano davanti al mio volto, fasci di magia accompagnati da qualche trappola nascosta nel terreno si uniscono a corpi di ragazzi che cadono a terra come birilli; alcuni semidei decidono di fare fronte comune e difendere in gruppo il proprio territorio, mentre altri corrono con la spada alzata e imprecano qualcosa in latino. Diciamo che un quadro di Picasso sarebbe meno incasinato.
Aspettate, quello che è appena volato sopra alla mia testa è davvero un mattarello? Decido di non indagare.
Proprio mentre cerco di mettermi in salvo dietro ad una piccola montagna di massi, la voce di Jason che chiama il mio nome mi distrae.
«Chiara! Vieni con me!» Urla lui.
Faccio un respiro profondo, e cercando di convincermi di essere finita per sbaglio in un orribile videogioco, esco dal mio nascondiglio e raggiungo il biondino saltando in modo goffo un semidio dell’altra squadra giacente a terra.
Le urla in sottofondo mi confondono più di quanto io pensassi, e comincio a rimpiangere la Caccia alla Bandiera al Campo Mezzosangue.
Ad un tratto mi accorgo che la squadra avversaria sta avendo decisamente la meglio di noi, e io non ho la minima idea di cosa fare se non scappare difronte alle urla intimidatorie di Reyna.
«Vedi quel piccolo passaggio a destra? Dobbiamo infilarci lì per poter prendere Reyna dalle spalle, in modo tale da colpirla a sorpresa.» Spiega Jason ormai con il viso sporco di terriccio e…sangue?
«Vorresti colpire Reyna da dietro? Non è meschino?»
«È l’unico modo per fermarla. Sta mandando troppi nemici nel nostro territorio.»
«E cosa dovremmo farle? Pugnalarla alla schiena perché sta facendo bene il suo lavoro?»
«No, anche perché mi ucciderebbe con le sue stesse mani. Dico solo di distrarla in modo tale che la squadra non abbia più degli ordini da seguire. È sempre stato uno dei suoi punti deboli: pretende di avere la situazione sotto controllo in ogni singolo secondo, e così i ragazzi sono sempre ai suoi ordini. Ma se il capo viene eliminato, i soldati non sanno più cosa fare.»
Vedere Jason così preso da tutta questa simulazione mi trasmette un’adrenalina che non avevo mai provato. E’…eccitante.
«Non fa una piega. Ma come facciamo ad arrivare in quel sentiero? Sarà lontano un centinaio di metri, possono ucciderci in venticinque modi prima che arriviamo fin laggiù. O essere colpiti da un mattarello, perché usate i mattarelli in guerra?»
Io e Jason vediamo che verso di noi stanno arrivando due semidei della squadra di Reyna parecchi vogliosi di fare male a qualcuno, per cui sfoderiamo rispettivamente le nostre spade e cominciamo ad affrontarli insieme.
Il mio nemico è particolarmente grosso, ma io sono più piccola e di conseguenza molto più veloce, per cui riesco a cavarmela senza che lui non mi infilzi con il suo pugnale.
«Per arrivare fin laggiù ho io la soluzione.» Esclama poco dopo Jason togliendo la spada al suo nemico con una certa nonchalance.
Poco dopo il ragazzo mi lancia quello che sembrerebbe un cappello blu con una visiera dello stesso colore.
«Stai scherzando spero.» Dico ad alta voce, mentre raccolgo l’indumento.
Vorrei tanto sapere il perché il figlio di Giove abbia portato con sé un cappello in guerra, cosa me ne faccio? A meno che non si trasformi in una mitragliatrice non ho idea di quale sia la sua utilità adesso.
«Me lo ha dato Annabeth un po’ di tempo fa. Indossalo e ti renderà invisibile; in questo modo mentre io cerco di sistemare questi due bestioni tu vai avanti e distrai Reyna. Se non ti vede è ancora più divertente.»
Genio.
Decido di non fare altre domande, così mi infilo il cappello in testa e improvvisamente le mie braccia spariscono dalla mia visuale; mi concedo qualche altro secondo per ammirare il potere di questo cappello, e realizzo che finalmente il mio desiderio di essere invisibile si è realizzato.
Così, presa dall’euforia, comincio a correre tra i vari ragazzi in armatura che lottano tra di loro per arrivare il più velocemente al nascondiglio che mi ha indicato Jason.
Per i primi cinquanta metri le cose vanno grandiosamente: riesco a non farmi colpire da una mina di un figlio di Marte ed evito una trappola seminascosta nel terreno. Poi la situazione precipita drasticamente: un qualcosa di affilato mi colpisce il braccio destro tanto da provare una bruciatura piuttosto dolorosa, e io lascio cadere il mio scudo per coprirmi la ferita. Il dolore mi distrae tanto da non guardare più dove sto andando, così finisco per andare a sbattere contro un corpo umano, facendo cadere entrambi.
In un primo momento non mi rendo conto di cosa stia succedendo, ma quando riapro gli occhi il mio cervello si rifiuta di credere che il mio corpo è proprio sotto a quello di Logan giusto qualche metro più in là dal sentiero.
Una piccolissima possibilità che io abbia ancora il cappello indosso mi fa sperare di essere ancora invisibile, ma gli occhi verdi di Logan mi fanno capire il contrario. Infatti quando muovo leggermente la testa vedo che il cappellino giace vicino alla mia mano, e io posso abbandonare l’idea di aver evitato la figura di merda.
Senza dire nulla, lui fissa il mio braccio sporco di sangue e sul suo volto compare un’espressione che io non riesco a decifrare. È contento? È preoccupato? Si è pentito di qualcosa?
Aspettate un attimo…
«Sei stato tu!» Grido, levandomi il suo corpo dal mio. «Mi hai colpito tu con la spada!»
«Volevo colpirti sullo scudo, ma sei abbastanza sgraziata da aver rovinato i miei piani. Anche quando sei invisibile ti fai notare comunque.»
Non riesco a capire se l’ultima frase è un complimento o meno.
La sua mascella è squadrata, il tono è impassibile, come se fosse ovvio che abbia ragione lui.
«Oh, quindi ora sarebbe colpa mia?»
«Questo l’hai detto tu.»
Sono così scioccata che per i primi secondi non so cosa rispondere, finché non butto per terra le mie armi e la mia armatura, frustrata ed umiliata. La simulazione di guerra sta continuando ad andare avanti, ma io ormai non ci faccio più caso.
«Senti, non volevo farti male…» Comincia lui, ma io lo fermo subito.
«Non so quale problema ti affligga, ma io sono stufa. Non ti ho fatto niente, non hai nessuna cazzo di scusa per comportarti da stronzo nei miei confronti. Sono appena tornata da una missione contro uno dei re di Roma e ci ho quasi rimesso la pelle, e quando dovrei prendermi del tempo per riflettere sulla cosa sono qui in mezzo al fango cercando di vincere una dannata simulazione di guerra! E poi arrivi tu che mi lanci una spada contro solo per il piacere di farlo! Che razza di figlio di Venere sei?»
Sono così furiosa che le mie mani cominciano a prudere proprio come all’inizio della mia avventura da semidea, e l’esperienza mi dice che non finirà bene.
«Forse uno di quelli che non si vantano di quello che ha fatto e che non ha paura di quello che è.»
La sua risposta mi lascia così spiazzata che rimango senza fiato. Uno strano silenzio avvolge entrambi come un lenzuolo, e quando mi guardo intorno mi accorgo che tutti i semidei hanno smesso di combattere.
«Ragazzi, la guerra è finita.» Improvvisamente Jason compare vicino al nostro nascondiglio, e io mi ricordo che dovevo distrarre Reyna per sabotare tutta l’altra squadra, ma dall’espressione del biondo sembra che la questione sia passata in secondo piano.
«Cosa vuoi dire?»
«A quanto pare Reyna ha ricevuto un messaggio importante da Chirone, e ha dovuto sospendere l’addestramento.»
«Che tipo di messaggio era?» Chiedo questa volta io.
«Non ne ho idea, ma stanno aspettando te. A quanto pare Chirone vuole che ci sia anche tu.» La voce di Jason è particolarmente insicura, cosa che non avevo mai pensato accadesse.
Così la rabbia che provavo prima scompare del tutto, e senza aspettare un secondo di più seguo Jason, cercando di non guardare negli occhi Logan.
Una piccolissima parte di me è convinta che non volesse davvero farmi del male, ma la sua palese avversione nei miei confronti non la capisco, e non la merito.
«Sei ufficialmente una legionaria, adesso.» Cerca di rompere il ghiaccio Jason mentre raggiungiamo il Senato, ma io non capisco.
«Hai avuto la prima ferita in battaglia, se fossi una vera semidea romana avresti superato la probatio. Chi te l’ha fatta?» Continua lui, indicando il mio braccio ferito leggermente.
«Il peggior figlio di Venere che io abbia mai incontrato.»
«Beh, se non sbaglio non ne hai incontrati molti, a parte Piper.»
Prima che io possa rispondere però io e Jason siamo arrivati davanti al palazzo del Senato, ed entriamo fino ad arrivare nell’aula principale dove siamo stati ieri sera.
Oggi le gradinate bianche sono completamente vuote, al centro vedo solo Reyna con ancora la spada e lo scudo della battaglia e un braccio sporco di terra che sta parlando davanti ad una nuvola.
Per mia esperienza posso dire che si tratti di un messaggio Iride e chi l’ha voluto è sicuramente Chirone, che se ne sta davanti a Reyna cercando di farla ragionare su qualcosa che io non capisco.
Jason inizialmente si schiarisce la voce per far capire di essere arrivati, ed entrambi si girano verso di me.
«Chiara! Che piacere, come stai lì al Campo Giove?» Mi chiede Chirone con un sorriso forzato.
«Sanguinante, ma bene.» Mi limito a rispondere.
Reyna fa un piccolo sorriso, poi torna dal centauro dall’altra parte dell’arcobaleno (no, non è un modo di dire).
«Bene, sono contento. Ora che ci siete tutti quanti, voglio dirvi una cosa che non poteva aspettare oltre. Qui al Campo Mezzosangue è arrivato un…ospite particolare.»
«Ospite particolare? E’ Taylor Swift? State organizzando un suo concerto al Campo Mezzosangue? Vorrei troppo andarci.» La piccola cicatrice che Jason ha vicino alla bocca si piega leggermente insieme al suo sorriso, ma io e Reyna non possiamo fare a meno di fissarlo sconvolte.
«Ehi, perché ad un ragazzo non può piacere Taylor Swift?» Continua imperterrito il ragazzo.
«In ogni caso… -riprende il discorso Chirone- Non è Taylor Swift. La persona in questione non si faceva vedere da millenni, e la sua presenza ha sconvolto tutti qui. Ha chiesto esplicitamente di Chiara, per questo vi sto avvisando.»
«E chi sarebbe questa persona misteriosa che vorrebbe parlare con lei?» Chiede per me Reyna.
E soprattutto, perché una persona che non si fa vedere da millenni vorrebbe parlare con me?
Chirone aspetta qualche secondo, per poi pronunciare un nome che mai e poi mai avrei pensato di sentire in questo momento.
«Omero.»
 
 
 
 
 
 
 
………
Eeeee sbam.
Salve a tutti e buona domenica.
Eccoci qui al quarto capitolo della storia. Dato che volevo fare una specie di parallelismo con la Caccia alla Bandiera che avevo fatto nell’altra storia ho pensato che una simulazione di guerra al Campo Giove sarebbe stata abbastanza carina. Soprattutto perché me la immagino mooooolto più incasinata di una semplice Caccia alla Bandiera.
Qui Logan continua ad essere più o meno odioso, ma vi giuro che ha le sue motivazioni. 😊
E poi c’è l’ultima parte, con un personaggio che non ho mai trovato nei libri di Rick. (o almeno non ricordo).
Prima di scrivere questa storia ho pensato che in Percy si parla solo di personaggi mitologici e che provengono da storie di miti, quindi perché non parlare anche degli scrittori di questi miti? A me sembrava una idea carina, fatemi sapere cosa ne pensate, sarei molto felice di leggere i vostri pensieri a riguardo!
E vi ricordo che la Penna d’Autore continua ad essere scomparsa, per cui…
Grazie mille per essere passati a leggere!
Potete trovarmi su Twitter (@glaukopsis)
Un bacio, Claire

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Capitolo 5
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Quando mi hanno detto che Omero, il leggendario scrittore dell’Iliade e dell’Odissea, mi voleva parlare al Campo Mezzosangue quasi sono scoppiata a ridere.
Il fatto che uno dei più grandi personaggi della storia sappia anche solo chi sia mi fa sentire…strana. Trovo inspiegabili tutte queste attenzioni che ricevo da quando ho scoperto di essere una figlia di Apollo; insomma, se fino ad un mese fa non venivo nemmeno riconosciuta dal postino (sebbene vivessi in quella casa da vent’anni) ora a quanto pare sono così famosa che vengo convocata dal mitico Omero.
Come abbia fatto a trovarmi poi rimane un mistero, che abbia anche lui un account Twitter?
«Chiara, tutto bene?» La voce di Reyna mi distrae e io ritorno alla realtà.
Non appena il messaggio Iride di Chirone si è chiuso Reyna e Jason non hanno perso un secondo per preparare il necessario per ritornare al Campo Mezzosangue. A quanto pare la notizia di Omero ha preoccupato talmente tanto i due pretori da non fargli battere ciglio sul tornare sull’East Coast in così poco tempo, mentre io mi sento come una pallina da ping pong che viene sballottata da un Campo all’altro.
Cominciano a mancarmi le giornate in pigiama passate a guardare serie tv.
«Oh sì, alla grande. Non mi sento per niente convocata dal boss dei più grandi autori che ci sono stati nell’umanità.»
«Oh andiamo, non è poi chissà quale grande personaggio.» Ma neanche lei ci crede molto, infatti replica subito dopo: «Okay, lo sai che non sono brava a rassicurare le persone.»
Io e la ragazza ci avviamo verso il Foro Romano con le nostre poche cose, e l’ansia che proviamo entrambe ci rende particolarmente silenziose, tanto che l’unico rumore che sento è quello dell’armatura di Reyna che sbatte con la lama della spada provocando un ticchettio fastidioso.
«Anche per me è una situazione nuova, se ti può consolare. Non ho la più pallida idea del perché uno come Omero sia tornato in vita, perché si sia presentato al Campo Mezzosangue e perché abbia chiesto proprio di te.»
Io non so bene come rispondere, per cui continuo a rimanere in silenzio per un po’.
«La Penna può essere collegata in qualche modo?»
«Di sicuro. Non è mai capitato che questa sparisse, men che meno che il fondatore della nostra cultura si risvegliasse; di certo tutto questo non è un buon segno.»
Io annuisco, e continuo a camminare tra le vie di Nuova Roma.
Dopo una lunga camminata arriviamo al Foro e troviamo Jason e Nico pronti per accompagnarci nel viaggio nell’Oltretomba che dobbiamo fare.
Un piccolo gruppo di semidei con ancora l’armatura addosso dall’addestramento di oggi e un paio di senatori stanno parlottando tra di loro, ma io non riesco a capire di cosa si tratti. Le loro facce sono chiaramente preoccupate, ma mai quanto la mia.
Più avanzo e più una vocina nella mia testa mi ripete di girarmi e correre dall’altra parte per lasciarmi alle spalle tutto quanto, ma mi impongo di non farlo.
Dopotutto ho affrontato Tarquinio il Superbo, no? Posso affrontare uno come Omero.
Faccio un bel respiro, e raggiungo tutti gli altri al centro del Foro vicino ad una fontana con una statua di Venere che spruzza acqua dai capezzoli.
Poco lontano posso vedere Hazel e Frank che si avvicinano a me, mano nella mano.
«Abbiamo saputo che dovete partire di nuovo, mi dispiace. Stavi cominciando a piacermi!» Ammette la ragazza, passandosi una mano ingioiellata tra i capelli e sfoderando un sorriso.
«Voi non venite? So che ci sono molte persone al Campo Mezzosangue che sarebbero felici di vedervi.»
Per un momento i due si guardano e sorridono come se si fossero letti nel pensiero. «Abbiamo la nostra vita qui, e poi ogni mese ci facciamo un salto per rivedere tutti. Sono sicuro che saprai cavartela benissimo, Leo e Percy non hanno fatto altro che ripeterlo.» Mi dice Frank, e io non riesco a fare a meno di arrossire.
Annuisco, sperando di convincermi della stessa cosa. «Grazie ragazzi. Vi aspetto dall’altra parte, allora.»
«Chiara, pronta per partire? Il sole sta calando ed è meglio sbrigarsi.» Dice Jason appoggiandomi una mano sulla spalla.
Annuisco, per poi salutare Hazel e Frank.
Prima che io possa dire qualcosa, un viso squadrato e qualche ciuffo di capelli marroni entrano nella mia visuale, e io vorrei mettermi a gridare.
Che ci fa qui Logan?
Il mio braccio, ora fasciato, mi ricorda che Logan è appena entrato nella mia lista nera, e solo a vedere la sua faccia mi fa imbestialire.
Mi volto di scatto verso Reyna e le lancio un’occhiata gelida. Lei aggrotta le sopracciglia, non capendo, ma quando vede anche lei il volto del mio assalitore si avvicina e chiede perché è qui.
«Voglio venire anche io al Campo Mezzosangue.» Annuncia il ragazzo.
«No, non se ne parla.» Replico immediatamente io, attirando l’attenzione di tutte le persone intorno.
Reyna inizialmente non sa cosa dire, ma poi prende parola. «Logan, non c’è bisogno che tu venga. Il Campo Giove ha bisogno di essere protetto, soprattutto quando entrambi i pretori non ci sono, e tu sei uno dei migliori guerrieri.»
«E poi perché vorresti tornare al Campo Mezzosangue? Non ci sei appena stato?» Continuo io.
Non è che non voglia che venga con noi, eh…
«Io…ci ho lasciato in sospeso una cosa e voglio risolverla.»
Reyna guarda per qualche secondo Jason, che si limita ad alzare le spalle, impotente.
«Ragazzi, il mio braccio continua a farmi male, per vostra informazione. Vogliamo portarci dietro uno che lancia spade così a caso?» Intervengo io.
«Te l’ho già detto, non volevo colpirti il braccio, ma il tuo scudo.»
«Ancora peggio, volete davvero portarvi uno con una pessima mira?»
«Chiara, abbiamo capito. Reyna, ha detto di avere un conto in sospeso da risolvere. A me non cambia nulla se viene o non viene.» Interviene Jason, e io alzo gli occhi al cielo.
Reyna rimane perplessa per qualche secondo, ma quando si accorge che non ha nessuna motivazione per impedire a Logan di venire con noi, approva il nuovo compagno di viaggio.
La ragazza mima con le labbra una cosa come “scusami” ma io rimango comunque piuttosto offesa.
Così Nico decide di farsi avanti, e dopo aver avuto l’okay da parte di Jason apre il portale nell’Oltretomba con un gesto teatrale: in una manciata di secondi davanti a noi si spalanca un buco completamente nero che risucchia qualsiasi cosa gli sta vicino. Più ci si avvicina al passaggio e più una sensazione di terrore e morte si insinua nella mia testa, ma ormai sono abbastanza brava ad ignorarla e rimanere sana di mente.
«Forza, non abbiamo molto tempo prima che il sole tramonti. Chirone ci sta aspettando.» Ci informa Nico e noi ci posizioniamo in fila indiana, per poi entrare nell’Oltretomba ed essere avvolti dalle tenebre.
Quando riapro gli occhi capisco immediatamente di essere dall’altra parte degli Stati Uniti per via della brezza gelida che mi accarezza le gambe e mi maledico per non essermi messa dei pantaloni lunghi.
Come al mio solito ci metto una buona mezz’ora per riprendermi del tutto dal viaggio fatto di urla, pianti e lamenti infernali, e quando mi rialzo da terra noto che tutti stanno aspettando me.
Anche Logan è riuscito a riprendersi in tempo record, e la cosa mi irrita più di quello che pensavo.
Da quando Reyna gli ha concesso di venire con noi il ragazzo non mi ha più rivolto la parola, (il che mi sta più che bene) se non fosse che non la smette di fissarmi.
«La smetti di fissarmi?» Chiedo, passandogli davanti con naturalezza e sistemandomi l’armatura che mi porto dietro ancora dal Campo Giove.
«Non ti stavo guardando.»
«Come no.» Sussurro.
Arrivo vicino a Jason e insieme facciamo strada per arrivare al Campo. Mancano pochi minuti al tramonto e io non faccio altro che pensare che per me la giornata è solo cominciata.
Non appena attraversiamo la barriera dell’albero di Talia e oltrepassiamo l’Athena Parthenos troviamo Chirone e tutti i miei amici ad aspettarci, e a me quasi viene da piangere.
Anche se sono passati pochi giorni mi sembra di essere stata via un secolo.
Vedo immediatamente il corpo equino di Chirone e la sua barba da attore hollywoodiano, poi Percy ed Annabeth mano nella mano che ci sorridono, Piper che corre immediatamente da Jason e gli salta addosso avvolgendolo in un abbraccio e poi…Leo.
Quando lo vedo non riesco a trattenermi dal sorridere: i suoi riccioli sono sempre lunghi e disordinati, il viso è sporco di olio di motore e ai fianchi porta sempre il suo borsellino giallo che ci ha salvato la vita un po’ di volte nell’ultima spedizione.
Sto per andargli incontro e andare a salutarlo, quando dietro di lui appare una ragazza dai capelli lunghi e morbidi color caramello, con un paio di occhi neri e penetranti e un vestito bianco con solo una piccola cinghia d’oro a segnarle un vitino particolarmente stretto.
Improvvisamente la visione della ragazza insieme a Leo mi colpisce come uno schiaffo, e il mio sorriso scompare: quella è Calipso.
Devo ammettere che l’ultima volta che l’ho vista è stato in un film dei Pirati di Caraibi, e in confronto la Calipso che vedo è decisamente più bella ed intrigante; e molto probabilmente non si trasformerà in un ammasso raccapricciante di granchi.
Non appena vedo le loro mani intrecciarsi mi sale un groppo in gola e non riesco a continuare a guardarli, così cambio traiettoria all’ultimo momento e mi avvicino a Percy ed Annabeth, salutandoli con un abbraccio.
Chirone mi si avvicina immediatamente, e senza tanti convenevoli mi chiede di seguirlo fino alla Casa Grande.
Ormai la sera è calata su tutto il Campo, e ad illuminare le strade ci sono una serie di lampioni appostati accuratamente lungo tutte le vie.
Per arrivare alla Casa Grande sembra quasi di essere in un pellegrinaggio fatto di semidei greci e romani che in silenzio seguono il centauro e quando finalmente arriviamo a destinazione Chirone si volta leggermente: guardando la massa di gente che lo ha seguito in cerca di informazioni decide che possiamo entrare solo io, Reyna, e Percy.
Dopo una serie di lamentele, decido che sia meglio rimanere in silenzio e seguire gli altri nel corridoio della Casa Grande, non prima però di aver dato un ultimo sguardo alla mia sinistra, trovando Logan e Leo vicini ed entrambi impegnati a fissarmi.
Miei dei, che situazione imbarazzante.
Quando il portone principale si chiude alle mie spalle tutti i drammi che prima mi avevano distratto ora passano in secondo piano, e ora riesco a pensare solo ad una cosa: sto per incontrare Omero.
Un senso di panico mi percorre per tutta la schiena, e faccio fatica a deglutire. Cosa devo dire? Come mi devo comportare? Parlerà solo greco antico? Come mi conosce? Perché non poteva rimanere nei libri di letteratura e lasciarci in pace?
Io, Percy e Reyna percorriamo il solito tragitto che porta alla Sala principale, e quando Chirone spalanca le porte quello che vedo è un uomo nell’angolo sinistro della stanza, in piedi e con un bastone alla mano.
Omero sembra avere una settantina di anni, con tanto di barba bianca come quella che si vede nelle sue rappresentazioni in statua nei musei. È vestito con una semplice toga bianca, e ai piedi porta un paio di…infradito? Sono davvero delle infradito quelle?
Il viso è pieno di rughe e gli occhi non si vedono in quanto coperti da un paio di occhiali neri rotondi, in stile John Lennon.
«Dovrebbe essere lui?» Sussurro a Percy, e lui annuisce.
«Oh, sento con piacere che la fanciulla è arrivata.» Esclama Omero, e quando sento la sua voce mi sorprendo di sentirla così piena e giovane.
«Direttamente dal Campo Giove, Omero» Interviene Chirone, invitandomi ad avvicinarmi a lui per porgergli la mano.
Io faccio quello che mi ha fatto intendere di fare, ma quando porgo la mia mano destra allo scrittore lui alza il suo bastone in alto verso sinistra, mancandomi completamente.
È in questo momento che ricordo che una delle caratteristiche che venivano attribuite ad Omero era quella di essere cieco, per cui mi spiego gli occhiali e il senso di orientamento pari a zero.
«Ehm, signore… Da questa parte.» Dico, per indirizzare il suo bastone.
Omero quindi si avvicina a me e mi prende la mano, per poi stringermela con forza.
Per essere una mano che ha qualche millennio di anni devo dire che se la cava piuttosto bene.
Aspettate, questa mano ha scritto l’Iliade e l’Odissea, e mi ha appena toccato! Penso di poter svenire da un momento all’altro.
«Tu devi essere Chiara, figlia di Apollo e discendente di Atena. I miei occhi ti hanno vista da molto tempo. Tu cara mia sei una pedina molto importante per il destino del mondo.»
Mi volto verso Chirone e gli altri due cercando di capire se stia dicendo la verità o se quello che ha appena detto lo scrittore sia frutto di una demenza senile parecchio duratura.
«Ehi, non ero io quello importante per il destino dell’umanità o cose del genere?» Esclama Percy.
«Vedo che la modestia non ti manca.» Aggiunge Reyna.
«Lo sei stato e lo sei ancora, Perseus Jackson. Ma il mondo si evolve, e con esso anche i guai. Nuovi problemi significa nuovi eroi.» Pronuncia Omero, riferendosi chiaramente a me.
«Omero, ora Chiara è qui come avevi richiesto. Noi non stiamo nella pelle nel sapere del perché tu sia qui.» Dice Chirone, arrivando dritto fino al punto e cercando di portare l’attenzione su un’altra questione.
Io guardo per un momento Percy e Reyna che si siedono lungo il tavolo ovale, così mi avvicino a loro e ricomincio a respirare normalmente.
«Oh sì, giusto. Vedete, non mi sono fatto vedere per un po’ perché avevo da fare con la mia catena di abbigliamento, ma quando ho sentito che la mia penna era scomparsa non ho potuto ignorare tale evento. Reyna Ramirez Arellano, il pretore del Campo Giove, è qui?»
Io, Percy e Chirone fissiamo la ragazza come se fosse stata appena chiamata per un’interrogazione. «Si, sono qui signore.»
«Hai una vaga idea di dove sia la mia Penna?» Continua Omero fissando un punto indefinito davanti a lui. Il suo tono di voce ha un che di innocente, come se desse per scontato che noi sappiamo dove sia la sua amata Penna.
«Di che penna state parlando?» Chiede Chirone.
«Di questa?» Dice Percy, tirando fuori la sua arma dalla tasca.
Io rimango in silenzio, aspettando una risposta di Reyna, che nel frattempo è diventata di ghiaccio.
Purtroppo credo di sapere a quale penna si stia riferendo Omero, e di certo non è quella di Percy.
«Reyna, devi dirglielo.» Sussurro, e lei annuisce.
«Al Campo Giove è scomparsa la Penna d’Autore.»
«Non ne ho mai sentito parlare.» Dice Percy, così Reyna spiega velocemente la situazione.
«Ogni autore che sia entrato nella storia della letteratura ha usato quella Penna, diventando così “immortale” nella memoria culturale. È una penna che ti permette di creare un vero e proprio capolavoro che rimarrà nelle memorie di tutti e bla bla bla.»
«E il primo che l’ha usata è il sottoscritto, ovviamente.»  Aggiunge Omero, giusto perché non si capiva che è una figura così famosa e importante da mettermi in soggezione come mai aveva fatto nessuno.
«Ho sentito parlare di una penna del genere, e sapevo che questa scomparisse di continuo per andare da uno scrittore, giusto?» Chiede Chirone, appoggiando le sue braccia umane sul tavolo in mogano.
«Fino ad ora è stato così, ma questa volta sulla targa vicino alla Penna non c’è scritto nessun nome. Il che vuol dire che è scomparsa, o che qualcuno l’ha rubata.»
«È per tale motivo che quando ho capito che la Penna non fosse più al suo posto sono venuto qui. In gioco c’è molto.» Continua Omero.
«Aspettate, non capisco che collegamento ci sia tra una semplice Penna per scrittori e la salvezza dell’umanità.» Ribatte Percy, confuso.
«Ragazzo, se la Penna è capace di creare nuovi capolavori, è capace anche di distruggerli, compreso tutto ciò che ho scritto e quello che i miei colleghi romani hanno lasciato. E non sottovalutare la letteratura, perché è solo grazie a quella se siete qui e che la cultura greca e romana sia così radicata in Occidente.» Le parole di Omero sono ben scandite e dure, come se fosse una questione di vita o di morte… Beh o almeno di una morte imminente.
«Per cui se è scomparsa vuol dire che ci potrebbe essere qualcuno capace di usarla per distruggere tutta la nostra cultura?» Continua il figlio di Poseidone.
«Vedo che non ti sfugge niente.» Risponde Reyna.
«Grazie, mi sono allenato.»
La ragazza alza gli occhi al cielo, e io sorrido. Mi era mancato.
«Reyna, hai detto che la scomparsa della Penna è avvenuta qualche giorno fa. Perché non ci hai detto nulla?»
Ora la ragazza sembra essere tornata in modalità Elsa di Frozen. «Pensavo che la situazione fosse sotto controllo, non mi prima di Omero ovviamente. Io e Jason abbiamo mandato delle truppe per cercare la Penna e riportarla al Campo il prima possibile e abbiamo fatto delle ricerche.»
«E l’avete trovata?» Chiede Omero, con un leggero astio nel tono della voce.
«…No.» Posso percepire fin da qui l’ansia che sta provando Reyna, e provo del dispiacere nei suoi confronti.
Alla fine voleva mantenere quel senso di pace e tranquillità dopo tutto quello che era successo con Tarquinio, e non dire della Penna sembrava una buona idea per non mandare nel panico due Campi di semidei.
«La Penna a questo punto potrebbe essere dappertutto.» Dice Chirone dopo un lungo silenzio imbarazzante.
«Il problema non è che potrebbe essere dappertutto. -Pronuncia Omero, venendo verso il tavolo con fare cauto- Potrebbe essere dovunque e in qualsiasi epoca storica.»
Ho sentito bene? Epoca storica?
«Cosa intendi, Omero?» Chiede Chirone con un grosso cipiglio stampato in volto.
Il vecchio arriva finalmente al tavolo, e ci si appoggia con le mani.
«La Penna è stata da scrittori di qualsiasi epoca storica, e se è scomparsa potrebbe essere tornata da qualsiasi autore che è venuto fino ad adesso.»
Un macabro silenzio cala su tutta la sala.
«Vuoi dire indietro nel tempo? Potrebbe essere nel…passato? In qualsiasi periodo storico?» Chiedo io, sconvolta.
«Esattamente. Ora chi vuole ancora dire che non è un problema di dimensioni grandi quanto il cavallo di Troia?»
 
 
……………………
Salve a tutti!
Si lo so, lo so. Il cavallo di Troia a quanto pare era una nave fenicia (almeno così ha detto un archeologo pochi giorni fa). Ma io mi rifiuto di credere a questa storia; insomma, si parla del cavallo di Troia! È troppo iconico perché non possa essere esistito. Quindi facciamo finta che lo sia hahah
Allora, finalmente dopo una settimana molto piena sono riuscita a postare il capitolo: qui le cose cominciano a prendere una forma, e forse potete già intuire di che tipo sarà la spedizione in questa storia… 😊
Il “cattivo” della storia continua a non essere nominato, ma un motivo c’è. Se qualcuno lo indovina regalo un biscotto al cioccolato.
Niente, spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto. Se avete voglia lasciatemi un piccolo commento, così ricevo qualche feedback!
Potete trovarmi su Twitter (@glaukopsis)
Alla prossima!
un bacio, Claire

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Capitolo 6
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«Non sta dicendo sul serio, vero Chirone?» Chiedo, cercando di mantenere una certa calma.
«Ma è fisicamente impossibile. -interviene Percy, alzandosi dalla sedia in cui era seduto- Una penna non può andare indietro nel tempo per conto suo. Giusto?»
«Come non era possibile che la Terra fosse rotonda… invece mi pare di capire che è il contrario grazie a qualcuno che ora mi sfugge...»
«Galileo Galilei.» Suggerisco io, con un tono piuttosto seccato.
«Si! Proprio lui. -esclama Omero- Comunque, voglio dire che andare indietro nel tempo si può eccome, ma una penna non è dotata di volontà e coscienza, quindi qualcuno ce l’ha portata di sua iniziativa. Dovete scoprire chi e riportarla tra noi il prima possibile o tutto il mondo che conoscete non esisterà più e nessuno ne avrà ricordo.» Omero continua a camminare avanti ed indietro per la stanza, andando a sbattere qualche volta contro la parete.
«Perché “dovete”? Lui ha qualcos’altro di meglio da fare?» Chiede Reyna, ma non appena Omero prende in pieno un vaso di terracotta credo che voglia rimangiarsi quello che ha detto.
«Okay, fa niente.» Aggiunge poco dopo lei.
«Si ma, chi porterebbe la Penna d’Autore nel passato? E perché?» Chiedo io questa volta.
«Non ne ho la più pallida idea, so solo che un Autore non può prendere la Penna una seconda volta, quindi deve essere per forza un tizio che non l’ha mai avuta.» Mi risponde Reyna con un profondo cipiglio sulla fronte.
«Si, magari uno scrittore fallito che desiderava con tutto se stesso la penna ma non l’ha mai ricevuta, così ora si vuole vendicare e ha portato la Penna dove nessuno può recuperarla o usarla una seconda volta.» Continua Percy, convincendosi sempre di più del suo ragionamento.
«Si, si. Deve essere proprio così.» Dice Omero, trovando finalmente una sedia su cui sedersi dopo aver rotto un altro paio di vasi che sembravano essere parecchio antichi.
Chirone in tutto questo rimane in silenzio, grattandosi la barba nera.
«Chirone, hai qualche idea?» Chiede Percy.
«Non è tanto chi sia stato a rubarla, ma il come arrivare ad essa. -Fa una pausa, e io non capisco cosa voglia dire- Essendo figlio di Crono so molto bene che solo uno come mio padre può avere certi poteri con il tempo, e mi cadesse un fulmine addosso, non andrei mai a chiedere il suo aiuto.»
«Non ho nulla in contrario. Crono può benissimo rimanere dove si trova.» Dice Percy.
«Ah! Intendete quello che nel film sembrava un Transormer?»
«Si, lui.» Fa Reyna, sorridendo leggermente.
«L’Oracolo ha predetto qualcosa, Chirone?» Chiede Omero, appoggiandosi al suo bastone.
«Non che io sappia. Rachel ancora non ha detto nulla.»
Dopo pochi minuti di silenzio imbarazzante Chirone decide di sciogliere la riunione e di parlarne il giorno dopo, anche se Omero si è chiaramente opposto alla cosa.
Il fatto che questa volta non si tratti di una spedizione normale mi crea un mal di testa ancora più forte, e a pensarci bene non sono sicura di voler essere coinvolta in questa storia. Qui al Campo Mezzosangue ci sono un sacco di semidei che darebbero la vita per poter andare indietro nel tempo, e io non voglio rubare il posto a nessuno.
Quando esco dalla Casa Grande noto con piacere che tutta la calca di gente che c’era prima ora è scomparsa, e nell’aria c’è un lieve profumo di barbecue che mi fa venire l’acquolina in bocca.
Le strade sono per la maggior parte avvolte nel buio, ma per tutto il Campo vige un senso di tranquillità e pace che sono quasi certa non durerà per molto.
«Ehi Chiara, aspetta!»
Non appena mi giro vedo le ultime due persone che avrei voluto vedere oggi: Leo e Calipso mi stanno fissando con un’aria di chi vorrebbe sapere cosa stia succedendo, ma io non riesco a non fissare le loro mani intrecciate.
La ragazza da vicino è ancora più bella di quello che mi immaginavo, e io in confronto mi sento una specie di patata ammuffita.
«Finalmente sei tornata, come ti è sembrato il Campo Giove?» Leo è sorridente e attivo come sempre, al contrario della sottoscritta che vorrebbe sotterrarsi nel primo posto disponibile.
Inizialmente non so come rispondere, ma poi mi rendo conto che sono davanti allo stesso Leo che mi ha salvato la vita e che non devo farmi prendere dal panico.
«Molto…romano. Ma sono tornata per l’arrivo di Omero, a quanto pare la scomparsa della sua amata Penna lo ha sconvolto e io non so come ci sono finita in mezzo.»
«Mmh, non deve essere stato piacevole. A proposito, ha saputo che il cavallo di Troia non era un vero cavallo?»
Calipso dà una leggera gomitata allo stomaco del ricciolino. «Valdez, ti sembra una domanda da fare? -La ragazza poi si rivolge a me, spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio- Comunque io sono…»
«Calipso. -la precedo- Lo so, è grazie alla tua pozione se sono ancora viva.»
Lancio un veloce sguardo a Leo che si limita a sorridere e a grattarsi il capo con fare imbarazzato.
Prima che i due possano chiedermi qualcos’altro io alzo le mani e li fermo. «Se non vi dispiace tornerei nella mia cabina, sono parecchio stanca. Ci si vede in giro!»
E mi volto velocemente come se dovessi scappare da due malati di lebbra.
Arrivo in pochi minuti alla cabina di Apollo e ad aspettarmi non trovo nessuno, nemmeno Will; così ne approfitto per rinchiudermi della mia camera e buttarmi a letto, sperando che almeno un po’ di sonno possa darmi pace. Ma ovviamente non è così.
Comincio a sognare di un ragazzo con una maglietta nera e una collanina d’argento che cerca in tutti i modi di farsi spazio tra un groviglio inestricabile di piante, affannato e stanco; ripete una cosa come “mi dispiace” e “sono costretto a farlo, per il bene di Mike” e poi batte dei pugni sul terreno, sporcandosi i capelli e le braccia.
Quando mi sveglio la testa mi pesa più del normale, e le immagini di questo ragazzo si ripetono di continuo nella mia mente provocandomi una leggera fitta al petto, tanto che penso di essere nel bel mezzo di un infarto: nel sogno è come se avessi percepito il suo dolore, come se ogni singola particella del suo corpo si riflettesse sul mio, e a quanto pare ne sto provando ancora i rimasugli.
Il fatto che io non sappia nemmeno chi sia questo tipo mi mette un po’ in ansia, ma poi improvvisamente la cosa passa in secondo piano perché mi accorgo che vicino al mio letto c’è una figura immobile che mi fissa. Io ovviamente mi metto ad urlare, e per lo spavento cado dal letto.
«Buongiorno dormigliona.» Un ciuffo di capelli rossi mi svolazza di fronte, e capisco immediatamente che si tratta di Rachel.
Che diavolo ci fa qui?
«Rachel? Chi ti ha fatto entrare?»
«Will. È così gentile quel ragazzo.»
«Ricordami di fargli rapporto per la pessima prestazione da capo cabina all’ufficio delle risorse umane.»
«Ma qui non abbiamo un ufficio delle risorse umane.»
«Allora ricordami anche di fare una petizione per inserire al Campo un ufficio delle risorse umane.» Dico, alzandomi da terra e massaggiandomi il sedere per la botta appena presa.
«Che ci fai in camera mia?» Chiedo alla ragazza che ora si siede con nonchalance sul mio letto.
Lei alza le spalle. «Mi annoiavo. E poi tutti ora mi evitano perché pensano che l’Oracolo mi controlli 24h su 24 e che possa dire qualcosa sul loro conto.»
«Aspetta un momento, come fa un Oracolo a controllare una persona? Cioè, non basta che tu sappia leggere il futuro e pronunciarlo con grandi paroloni e rime a casaccio?»
«Magari, la parte peggiore è la puzza d’alito che mi viene ogni volta.»
Io e Rachel scoppiamo a ridere, e solo quando abbiamo finito mi rendo conto di non ridere da un sacco di tempo.
Senza pensarci troppo mi avvicino al mio piccolo armadio e cerco qualcosa da mettermi, ma a quanto pare alla maglietta arancione non posso rinunciare: una serie di t-shirt tutte dello stesso colore si ripetono nel mio guardaroba, e io vorrei tanto ritornare al Campo Giove solo per indossare qualcosa di non arancione.
«Allora, che ti ha detto Omero? Quanto è preoccupato da uno a Penelope che aspetta Ulisse di ritorno dalla guerra?» Chiede lei, appropriandosi definitivamente del mio letto.
«Mmh, direi al livello di Ulisse che non riesce ad uscire dalla grotta di Polifemo.»
«Caspita, deve essere più importante di quello che sembra.»
Io sospiro. «Già. E la sai la novità? A quanto pare questa fatidica Penna si trova nel passato, capisci? Era già un casino mettersi alla ricerca di cose qui nel presente, ora bisogna andare indietro nel tempo! Insomma, io…»
Quando mi volto verso la direzione di Rachel però non vedo più la stessa ragazza che si è intrufolata nella mia camera: ora al centro della stanza c’è un corpo completamente immobile, con un paio di occhi verdi fosforescenti e un leggera nebbiolina che le esce dalla bocca.
«Rachel, non starai mica per…»
E poi succede.
«La Penna d’Autore di secolo in secolo è andata,
qualunque scrittore l’ha intensamente bramata.
Ora questa è svanita senza lasciare traccia alcuna,
solo un figlio di Febo nel ritrovarla avrà fortuna.
Da quattro possibili autori si può rintracciare,
il primo è colui che di Enea ha voluto narrare.»
«No, non di nuovo…» Sussurro, ma ormai so che è tutto inutile. Nuova profezia, nuovi problemi.
«Il secondo ha scritto una Commedia che divina non era,
fiorentino di nascita e per Beatrice si dispera.
Il terzo dell’amor vero scriveva con ardore,
Romeo e Giulietta son l’esempio migliore.
Per arrivare al quarto e ultimo poeta,
francese è la parlata e dell’ “Albatro” profeta.
Solo tra questi geni la Penna s’è rifugiata,
affinché essa non venga trafugata.»
Io nel frattempo aggrotto un sopracciglio. «Aspetta signor Oracolo, dov’è il limite di tempo?»
Se c’è una cosa che ho imparato da Leo, è che nelle Profezie c’è sempre un limite di tempo.
«Sei notti rimangono prima che venga rubata,
ed è a quel punto che la nostra cultura verrà bruciata.»
«Ah, ecco.»
Subito dopo gli occhi della ragazza tornano di un colore normale, la nebbiolina verde scompare e Rachel cade a terra a peso morto. Io corro verso di lei e riesco a prenderla all’ultimo prima che sbatta la testa contro il pavimento.
Pochi secondi dopo la porta della mia camera viene spalancata dall’ultima persona che avrei voluto vedere oggi: Logan Rand.
Come al solito il ragazzo è vestito completamente di nero, ma questa volta ha una felpa che gli copre le braccia muscolose e una piccola collanina d’argento al collo che tiene ben nascosta sotto la maglietta. Mi chiedo perché per lui non valga la regola della maglietta arancione.
Logan punta i suoi occhi prima su di me e poi sul corpo inerme di Rachel, e fa un sorrisetto strano. Che diavolo sta pensando?
«Non è come sembra.»
«Perché, come ti sembra?»
«Lo sai come sembra.» Miei dei, è così fastidioso.
«Davvero dovrei saperlo?»
«Sei il figlio della dea dell’Amore, dovresti pensare a una sola cosa!»
«Quindi stavate facendo quella… cosa?»
«Oddio, no!» Mi alzo di scatto da terra, lasciando cadere per quei pochi centimetri che mancavano il corpo di Rachel.
«Cosa ci fai nella mia camera? Perché entrano tutti nella mia camera?!» Esclamo piuttosto infastidita.
«È appena arrivata una persona che ti vorrebbe parlare.» Il tono di Logan questa volta si fa più serio.
«E hanno mandato proprio te a dirmelo?»
«Passavo di lì.»
«Ti prego non dirmi che è un altro scrittore leggendario perché mi è bastato Omero.»
Logan non mi risponde subito, e dopo qualche secondo mi aiuta a tirare su Rachel dal pavimento. «No, è tuo padre.»
E a questo punto vorrei cadere a peso morto a terra proprio come Rachel.
«Gesù, non ho fatto nemmeno colazione e già sono sommersa di problemi.» Sussurro, appoggiando delicatamente il corpo della ragazza sul mio letto.
Quando entrambi ci abbassiamo per sistemare la rossa sul mio materasso i nostri volti si avvicinano tanto che riesco a sentire il suo respiro sulle mie guance. Mi permetto di guardare per un attimo i suoi lineamenti e mi rendo conto che è un ragazzo dannatamente bello; la cosa però dura pochissimo, tanto che sia io che Logan ci allontaniamo di scatto quasi subito.
«Comunque non è molto conveniente nominare Gesù davanti all’Oracolo di Delfi. -esclama ad un tratto Logan, avvicinandosi alla porta d’uscita- Tuo padre si sta aspettando alla Sala Grande, io non lo farei attendere.» E se ne va sbattendo la porta.
Io rimango accanto ad un Oracolo di Delfi svenuto nel mio letto con una serie di pensieri e sentimenti contrastanti, cercando di fare mente libera e dare priorità alle cose davvero importanti.
Okay: 1) Rachel ha dato una nuova profezia. 2) Apollo è qui e mi vuole parlare. 3)L’arancione è un colore orrendo. 4) Logan è l’essere più fastidioso sulla faccia della terra.
Direi che come classifica possa andare.
Così mi preparo in pochi minuti e poi con l’aiuto di un ragazzo della cabina sette porto Rachel nella sua stanza, lasciandola riposare.
Senza aspettare oltre mi avvio verso la Casa Grande, e non appena raggiungo l’entrata noto che vicino alla fontana al centro del piazzale c’è un carro grande quanto una decappottabile fatto interamente d’oro: all’interno per guidare il mezzo c’è un volante fatto di legno di mogano, nella zona dei pedali c’è un tappetino rosso con scritto “per un comfort stellare” e sui sedili posteriore è appoggiata una lira dello stesso materiale del carro.
Ovviamente mio padre non poteva arrivare come tutti gli altri. Ringrazio gli dei che non si sia presentato alle riunioni con gli insegnanti, come spiegavo che mio padre guida il carro del Sole e non una semplice Fiat Punto come un genitore normale?
Dopo essere entrata nella Casa Grande comincio a percorrere gli stessi corridoi di ieri e arrivo finalmente nella stanza dove sono tutti riuniti: Chirone e Omero sono a capo tavola, mentre mio padre è alla loro sinistra che giocherella con la sua collanina d’oro. Lui è sempre come me lo ricordavo dall’ultima volta che l’ho visto: alto, snello, abbronzato e con un sorriso smagliante. I capelli biondi questa volta sono più tendenti al riccio, e indossa ha una maglietta hawaiana con un paio di pantaloni beige.
Al suo fianco c’è Leo Valdez che non si risparmia con qualche battuta sul look di mio padre, e più in là ci sono anche Reyna, Jason, Percy, Annabeth e Nico.
Alla faccia della riunione intima, questo sembra più un reality show.
Non appena Chirone mi vede mi chiede gentilmente di sedermi vicino a Leo. Mio padre mi saluta con una mano come se fossi una bambina di cinque anni, e io ricambio con un sorriso tirato; ancora non so come sentirmi davanti ad un dio, a maggior ragione se quel dio è mio padre.
«Bene, ci siamo tutti. Ho convocato ognuno di voi perché Apollo ha voluto deliziarci con una delle sue visita a sorpresa, per cui non spreco altro tempo e lascio la parola al dio della poesia.» Annuncia Chirone, e Omero nel frattempo sorride indistintamente a tutti, non sapendo dove si trovi Apollo.
Ovviamente lo scrittore adora mio padre, non c’era nemmeno da chiederlo.
«Sono qui perché in cuor mio so che la famosa Penna d’Autore che io stesso ho forgiato e donato al qui presente Omero è scomparsa. -Apollo rimane per qualche istante in silenzio aspettando che qualcuno parli, ma nessuno lo fa, così è costretto a continuare- Perciò sono venuto per accertarmi che stiate prendendo la situazione sul serio. Oh, e poi volevo mostrare a tutti la t-shirt della mia nuova collezione primavera estate 2018 ispirata al mondo delle Hawaii. Se siete interessati sarà disponibile al più presto sul mio sito web.»
Un silenzio imbarazzante cala su tutta la Sala, e io non posso fare a meno di sbattere leggermente la testa sul tavolo.
«Chiara, figlia mia, non ti abbattere. Tra poco arriverà anche la linea femminile.» Aggiunge Apollo.
«Comunque, essendo anche il dio della profezia so che Rachel, l’Oracolo di Delfi, ne ha pronunciata una poco fa. Ne siete al corrente?»
E improvvisamente gli eventi di una trentina di minuti fa mi ritornano in mente. «Si! Era con me quando l’ha detta, ma poi è svenuta e io non sapevo cosa fare.»
Così tutti mi chiedono dettagli e io cerco di spiegare tutto il più semplicemente possibile; nel raccontare ciò che mi è capitato mi rendo conto anche di saper ripetere alla perfezione la profezia pronunciata da Rachel, e quando finisco di ripeterla Omero e Apollo si prendono la testa tra le mani, leggermente impanicati.
All’improvviso tutti quanti cominciano a parlottare tra di loro e un fastidioso brusio riempie tutta la stanza.
«Ora questa è svanita senza lasciare traccia alcuna, solo un figlio di Febo nel ritrovarla avrà fortuna. -ripete a macchinetta mio padre- Pensandoci bene, solo i miei figli possono prendere in mano la penna in quanto figli del dio della poesia…Chiara devi essere proprio tu a trovarla!»
Ma che culo. Qualcuno che si offre al posto mio?
«Aspettate, la profezia non ha fatto che elencare gli Autori da cui potrebbe essere la Penna!» Interviene Annabeth sovrastando con la sua voce il rumorio che si è creato.
«Il primo è colui che di Enea ha voluto narrare. Si tratta palesemente di VirgilioDice questa volta Jason, corrucciando la fronte. «Enea è il protagonista dell’Eneide di Virgilio, è palese che sia lui.»
Omero tossisce improvvisamente, pronunciando tra un tossicchio all’altro qualcosa come “il copione romano” altro tossicchio “il mio poema è venuto meglio”.
«Il secondo ha scritto una Commedia che divina non era. È ovvio che sia Dante AlighieriDice ora Nico.
Io lo guardo sorridendo e lui incredibilmente ricambia il gesto, anche se per pochi secondi; il fatto che entrambi siamo italiani ci porta a considerare Dante come una specie di mito incontrastabile, e la cosa sembra legarci tutto ad un tratto.
«Il terzo dell’amor vero scriveva con ardore, Romeo e Giulietta son l’esempio migliore.» Ripete mio padre con un gran sorriso. «Questo è mio figlio Shakespeare, che grande poeta. Tale padre, tale figlio.»
Sia io che Annabeth alziamo gli occhi al cielo, mentre invece Leo si limita a ridere.
«Si ma il quarto autore? Per arrivare al quarto e ultimo poeta, francese è la parlata e dell’ “Albatro” profeta. Avete idea di chi sia?» Chiede Percy incrociando le braccia al petto e appoggiandosi allo schienale della sedia.
Sia io che mio padre che Annabeth diamo la risposta contemporaneamente. «Baudelaire.»
Percy si avvicina leggermente al Jason e gli sussurra: «Dimmi che anche tu non lo hai mai sentito e mi sentirò meglio.»
Apollo sta per insultare pesantemente il figlio di Poseidone per la sua ignoranza, ma Omero lo ferma prima del tempo. «Perfetto, ora sapete da chi andare. La profezia ha parlato. Avete sei giorni di tempo per impedire la catastrofe…-silenzio- che ci fate ancora qui?»
Chirone si avvicina allo scrittore cieco e gli poggia delicatamente una mano sulla spalla. «Omero, il problema è che non sappiamo ancora come raggiungere questi quattro Autori indietro nel tempo.»
«Beh, io un’idea ce l’avrei.» Esclama Annabeth con un sorriso stampato in volto, e ho come la sensazione che questa non è la prima volta che la ragazza dice una cosa del genere.
 
 
 
 
………
Salve a tutti!
Finalmente eccomi qui con un nuovo capitolo; devo ammettere che è stata molto dura questa volta scriverlo in una settimana dato che tra due giorni ho un esame e sono stata sommersa di studio e slide di semiotica.
Ma eccomi qui. ALLORA, LA PROFEZIA!!!
Come potevo non farne una anche qui? Ammetto che mi sono divertita un sacco a scriverla, e colgo anche l’occasione di ringraziare la mia coinquilina che è rimasta sveglia con me fino alle tre di notte per aiutarmi a trovare delle rime decenti. (Cami tvb).
Ditemi, come vi è sembrata? Per la scelta degli autori devo dire che ci ho messo un po’ a decidere. Volevo che fossero in ordine cronologico e che fossero degli autori che davvero sono nella storia, e per l’ultimo non sapevo chi mettere; ero indecisa tra Baudelaire ed Hemingway ma alla fine ho scelto il francese per una cosa che scoprirete nei prossimi capitoli.
Spero davvero che tutto questo abbia un senso (perché nella mia testa ce l’ha) e se avete qualche dubbio o domanda non siate timidi e non fatevi problemi a scrivermi, sono consapevole di aver reso (di nuovo) tutta questa storia molto complicata.
In breve: la penna è da uno di questi quattro autori, così bisogna capire come fare ad andare indietro nel tempo (Crono non c’entra, ho escogitato un modo per evitarlo) e in più bisogna capire perché e chi ha portato la Penna nel passato.
Spero si capisca, ecco.
Se trovate qualche errore grammaticale perdonatemi, ma mi ritrovo sempre a scrivere e correggere il capitolo nel bel mezzo della notte e il sonno si fa sentire.
Oddio ho fatto uno spazio autore infinito. Ora mi dileguo, giuro.
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, ci si vede al prossimo!
Potete trovarmi su Twitter -> @glaukopsis
Un bacio, Claire

 
 
 
 

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Capitolo 7
*** 7 ***




 

7






La figlia di Atena prende dal suo zaino un tablet e con un gesto della mano lo sblocca per mostrarci un articolo del New York Times.
Tutti noi rimaniamo in silenzio, cercando di capire cosa ci voglia dire la bionda e come questo possa aiutarci per andare indietro nel tempo.
«Questo è un articolo del giornale più famoso del mondo: il New York Times. E indovinate un po’ chi è il direttore?»
Un silenzio imbarazzato aleggia per tutta la Sala Grande, tanto che tutti cominciano a guardare da un’altra parte, a tossire o ad allacciarsi le scarpe per cercare di evitare lo sguardo di Annabeth.
Lei alza gli occhi al cielo, e ci dà la risposta: «Aristea di Proconneso.»
«Chi?» Chiede Percy.
«Oh no, ancora quel tipo…» Commenta mio padre ma a quanto pare nessuno sembra dargli ascolto.
«Sono piuttosto sicura che il direttore del New York Times non si chiami Arista di Proconneso…» Aggiunge Reyna incrociando le braccia al petto.
«Aristea…» Corregge Annabeth.
«Ma anche se fosse… chi è questo tipo?» Chiedo io.
«Aristea di Proconneso è un protagonista di molte leggende che riguardano i viaggi nel tempo. È originario dell'isola del Proconneso, e sarebbe stato attivo durante la cinquantesima Olimpiade, ma alcuni pensano che fosse stato addirittura maestro di Omero.»
Così tutti noi fissiamo Omero, in cerca di conferme.
«Mai sentito nominare.»
Annabeth quindi ricomincia a parlare. «Le testimonianze che lo riguardano riferiscono dei suoi viaggi nelle regioni settentrionali, soprattutto per aver conosciuto gli Iperborei, i popoli nordici. Si dice avesse il dono dell'ubiquità, e che potesse separare l'anima dal corpo. Secondo Erodoto sarebbe stato posseduto da Apollo e lo avrebbe seguito sotto forma di corvo fino alle estreme regioni settentrionali.»
«Papà, qualcosa da aggiungere?» Chiedo improvvisamente io, e tutti cominciamo a fissare il dio con la camicia hawaiana.
«Si beh, ora che mi ci fate pensare Aristea ed io eravamo particolarmente intimi… Il fatto che poi mi abbia tradito con un dio nordico con uno strano martello e che io me la sia presa così tanto da lanciargli una maledizione me l’ero dimenticato. Ma si, conosco Aristea di Proconneso.»
«Vuoi dire Thor? Aristea ti ha tradito con quel Thor? -chiedo io, sconvolta- Quello degli Avengers?»
«Se ci fosse mio cugino non sarebbe così euforico.» Borbotta Annabeth, ma a quanto pare non la sente nessuno.
Mio padre non risponde, ma dall’espressione del suo viso ho come l’impressione che stia parlando proprio di quel Thor e che non abbia ancora digerito il fatto che gli abbia soffiato il posto nella squadra dei vendicatori insieme a Captain America e Iron Man.
«Oh dei, piacciono anche a te gli Avengers?» Esclama Jason, commosso per aver trovato un altro fan della Marvel.
«Ragazzi! Possiamo concentrarci su questo tipo?» Esclama Reyna, smorzando l’entusiasmo di entrambi.
«Già perché io non ho capito come questo Aristeo del Procoso faccia a viaggiare nel tempo.» Fa Leo, avvicinandosi con la sedia al tavolo.
«Leo, è Aristea di Proconneso, non è difficile.»
«Facciamo che per gli amici si chiama… Bob.»
«Comunque, ci sono molte storie su Aristea, o Bob, e sui suoi viaggi nel tempo. -Interviene per l’ennesima volta Annabeth- Erodoto racconta in una delle sue opere che un giorno Bob entrò in un negozio di Proconneso e lì, improvvisamente, cadde a terra morto. Subito il negoziante uscì dal negozio diffondendo la notizia della sua morte, ma tuttavia un uomo di Cizico contraddisse la notizia affermando di aver incontrato e parlato con Aristea qualche istante prima; ma ovviamente nessuno credette alla sua versione. Quando i familiari di Aristea si mobilitarono per recuperare il corpo nel negozio e organizzare il funerale, scoprirono che il corpo del defunto era scomparso. Nessuno era in grado di affermare se Aristea fosse ancora vivo o morto.»
Annabeth fa una pausa, assicurandosi che tutti stiano ancora prestando attenzione.
«E poi colpo di scena, Aristea ricompare sul Proconneso sette anni più tardi, scrivendo il poema nel quale sono descritti i suoi viaggi verso le regioni del nord. Ma non finisce qui! Dopo aver scritto la sua opera, Aristea scompare una seconda volta, per poi ricomparire ben 240 anni dopo nei pressi di Taranto! Qui ordinò la fabbricazione di una statua raffigurante se stesso e la costruzione di un nuovo altare dedicato al dio Apollo, con il quale era stato in viaggio sotto le sembianze di un corvo sacro.»
«Scarso tentativo di riacquistare la mia fiducia. - Commenta seccato mio padre, guardandosi il polso ricoperto da un orologio completamente d’oro.- Pff, una statua in mio onore, come se non ne avessi centinaia in giro per il mondo.»
«Annabeth, come fai a sapere che il direttore del New York Times sia proprio Aristea?» Interviene questa volta Chirone con uno sguardo incerto sul volto.
«Penso che il nome del giornale spieghi la cosa abbastanza bene.»
«Okay… e quindi come facciamo a viaggiare nel tempo come Bob?» Chiede Percy piuttosto scettico.
«Semplice, Testa d’Alghe. Andiamo a chiederglielo di persona.» Risponde la sua ragazza con un sorriso a trentadue denti.
 
Un mese fa sarei stata entusiasta di andare a New York, davvero. Se fossi stata una semplice turista sarei andata a Times Square, avrei mangiato un hot dog, avrei fatto una passeggiata a Central Park e molto probabilmente mi sarei persa tra le mega strade della città e avrei visitato la Statua della Libertà come fanno le persone normali.
Peccato che prima di tutte queste cose debba fare una tappa straordinaria nella sede del New York Times insieme a Percy, che a quanto pare è a capo della gita in quanto vero newyorkese, e insieme ad Annabeth, Leo e Logan.
Si, avete capito bene, Logan.
Non appena Chirone ha deciso che saremmo dovuti andare a New York in giornata a trovare questo Aristea, Leo e Annabeth si sono subito offerti volontari e io in qualche modo sono stata tirata dentro senza volerlo; poi però Chirone ha pensato che un figlio di Afrodite/Venere capace di persuadere le persone a rivelare informazioni o segreti per viaggiare nel tempo sarebbe stato utile, perciò Reyna non si è fatta scrupoli a nominare in sua vece Logan.
Nessuno si è opposto alla cosa, tranne la sottoscritta ovviamente.
Così Chirone in una manciata di minuti ha dichiarato fine della riunione e ci ha affidato una macchina per partire il prima possibile per la Grande Mela.
«Ragazzi andiamo! New York ci aspetta!» Esclama Percy felice come un bambino a Natale, suonando il clacson della macchina.
Io sbuffo sonoramente e Leo si avvicina a me, sorridendo, per poi salire in auto. «Non sei contenta di andare a trovare Bob?»
Io non rispondo e alzo gli occhi al cielo, ma poi lo seguo dentro la macchina.
Noto immediatamente che Percy ed Annabeth si sono già accaparrati i sedili anteriori, mentre Logan è seduto su quello adiacente al finestrino. Gli unici posti rimasti sono quello in mezzo e quello dietro ad Annabeth, e dato che Leo è il più mingherlino è costretto a mettersi nel sedile di mezzo, mentre io occupo l’altro sedile, chiudendo infine la porta con un colpo secco.
Il viaggio di andata è abbastanza silenzioso se non fosse per Leo che continua a parlare di ingegneria elettronica e del suo nuovo marchingegno a cui sta lavorando. Logan non proferisce parola tanto che ad un certo punto penso che abbia perso la voce, ma dato che in questa mini-missione è l’unica cosa che ci serve da parte sua, è meglio che la recuperi in qualche modo.
Poco prima di arrivare a New York faccio qualche domanda sia a Percy che ad Annabeth e dalle loro parole capisco che conoscono bene la città e sanno come muoversi, il che mi dà un certo conforto.
Quando arriviamo nella Grande Mela non riesco a fare a meno di non guardare fuori dal finestrino e ammirare ogni singolo grattacielo che mi passa davanti.
«620 Eighth Avenue.» Annuncia Percy svoltando improvvisamente a destra in un mega stradone.
Una volta parcheggiata la macchina in doppia fila (Percy dice che qui è la norma) Leo fa un commento sul non aver trovato ancora nessun mostro da affrontare, e da come lo guarda Annabeth capisco che vorrebbe incenerire il ricciolino.
Logan invece scende dall’auto con un movimento quasi teatrale e si sistema i capelli castani con le mani, scuotendoli leggermente. Io rimango per qualche secondo a fissarlo come se fossi incantata dai suoi movimenti, ma poi un uomo sulla cinquantina con una valigetta nera e una giacca blu mi viene in contro, colpendomi la spalla e urlandomi di stare più attenta.
Io sto per replicare a tono, ma la mano di Annabeth mi ferma. «Non ne vale la pena, credimi.»
Annuisco, e non appena alzo lo sguardo mi accorgo che davanti a noi si erge un enorme grattacielo abbastanza anonimo con una scritta che riporta il nome del giornale a lettere cubitali.
L’edificio è così alto che il solo pensiero di salire fin lassù mi mette un po’ di ansia, ma quando vedo che tutti i miei compagni entrano senza esitare decido di seguirli.
Quando siamo entrati troviamo davanti a noi un enorme salone bianco e nero con un sacco di persone vestite nello stesso modo che camminano avanti e indietro, intenti a parlare al telefono o scrivere sui loro computer. La reception non è difficile da trovare, anzi, è completamente sommersa di piante ed è l’unico punto di colore che si trova in questo posto.
Percy così parte in quarta e si avvicina al primo receptionist, ma dopo qualche minuto lui torna indietro con le sopracciglia aggrottate.
«Pensavi davvero di andare alla reception e che Aristea ti facesse entrare come se fosse niente?» Dice improvvisamente Logan, e quasi mi sorprendo. Fino ad ora è stato così silenzioso che mi stavo dimenticando che ci fosse anche lui.
«Tu hai qualche piano migliore?» Chiede Annabeth sulla difensiva.
«Posso convincerli a farci entrare. Sono un figlio di Venere, dopotutto.»  Risponde Logan, ed io mi sento stupida per non averci pensato prima.
Così Logan si avvicina alla reception e in trenta secondi netti riceve una chiave elettronica dal receptionist dietro il bancone, per poi tornare da noi con un’espressione trionfante spiaccicata sul volto.
«Amico, è stato così facile? Nessuna parola chiave? Nessun trabocchetto?» Chiede Leo, piuttosto deluso.
«Forza, dobbiamo andare.» Dice Percy lanciando un’occhiataccia a Logan e ignorando Leo, e insieme ci dirigiamo verso l’ascensore principale.
«Che so, la parola in codice poteva essere “TARDIS” o “MACCHINA DEL TEMPO”, oppure “CRONO MI FA UNA PIPPA”… insomma che divertimento c’è?»
Una volta entrati nell’ascensore Annabeth clicca un pulsante che dice “ADP” e le porte si chiudono automaticamente.
«ADP? Sta per Amministratore Del Periodico?» Chiedo, confusa.
«Aristea di Proconneso.» Risponde come se fosse ovvio Annabeth, e il fatto che sia davvero lui il direttore del giornale la fa sentire ancora più soddisfatta della risposta.
«Ah.» Faccio io, ma subito Leo si avvicina a me e mi sussurra: «Può voler dire qualsiasi cosa, come Altolà Doberman Pelosi…»
Io ridacchio leggermente, scuotendo la testa verso il basso, ma non appena la rialzo noto che Logan ci sta fissando, e poi alza gli occhi al cielo.
Dopo un minuto buono in ascensore le porte si aprono con il tipico “tin” dei film, e davanti a noi troviamo un ennesimo salone grande quanto casa mia con tanto di sedie, divanetti e una reception.
Una ragazza con i capelli rossi e gli occhi azzurri ci raggiunge e dopo averci fissato inquietantemente per trenta secondi buoni ci accompagna davanti ad un ufficio moderno e stiloso, con pareti fatte di vetro, una scrivania in mogano, un minibar con una serie di alcolici e un tappetto che sembra provenire dall’India.
In pratica sono capitata nell’ufficio di Christian Grey.
«Il signor A. vi sta aspettando.» Fa la ragazza, e io non prevedo niente di buono.
Una volta entrati nell’ufficio la sedia della scrivania si gira lentamente verso di noi, svelando un uomo con una carnagione olivastra vestito come se fosse appena stato ad un ballo del 1800.
I capelli sono neri e lunghi e per questo si intravedono da sotto alla parrucca bianca che porta in capo, le mani sono ingioiellate da un sacco di anelli di qualsiasi colore, e il vestito che porta è di colore blu e farebbe invidia a tutti gli uomini nobili della Londra del 1850.
«È uno scherzo, vero?» Rompe il ghiaccio Percy, sconvolto quanto me.
«Ragazzi! Quale piacere presentarmi a nuove persone, non mi aspettavo una vostra visita. Io sono Aristea di Proconneso…anzi, che dico, il favoloso Aristea di Proconneso. L’unico e inimitabile, colui che ha viaggiato per mare e monti alla scoperta del segreto della vita. Cosa posso fare per voi?»
Annabeth sta per rispondere ma viene interrotta dallo stesso Aristea. «Ma che maleducato che sono stato, non vi ho offerto nulla! Che pessimo padrone di casa. Cosa posso portarvi? Una zuppa di porri? Un bicchiere di latte alla menta? Ah, Napoleone ne andava matto. Sono stato io a dargli l’idea, e da quella volta non voleva bere altro.»
Io guardo i miei compagni in cerca di spiegazioni/aiuto ma hanno la stessa espressione spiazzata in faccia.
«Ehm, io sono Percy Jackson e loro sono i miei amici. Veniamo dal Campo Mezzosangue per richiesta di Chirone. Ci serve il tuo aiuto.»
Una volta che il figlio di Poseidone nomina il Campo Mezzosangue Aristea decide di darci ascolto, e smette di cercare nel suo frigobar della zuppa di porri.
«Chirone, dite? Oh, da quanto tempo non sento il suo nome! Come sta? E il papà? Ho saputo che un paio di semidei gli hanno fatto il culo qualche anno fa; peccato che io me lo sia perso, ma purtroppo stavo assistendo al Boston Tea Party del 1773.»
«Siamo noi.» Dicono all’unisono Percy ed Annabeth, sorridendo per essere riconosciuti dalle loro imprese.
«Oh, ma quale onore allora. Sapete, non ho un gran rapporto con Crono: lui vorrebbe essere l’unico a poter manipolare il tempo e bla bla bla… Allora, come posso esservi utile? -Aristea a questo punto ricomincia a guardare dentro il frigobar e alla fine trova una confezione in plastica di qualcosa- Oh ecco dove avevo messo l’acqua del mare che Mosè ha separato.»
Vedere un uomo sulla trentina vestito da Ottocento in un ufficio ultramoderno e sapere che quest’ultimo è anche il direttore del New York Times mi manda fuori di testa.
«Ci serve sapere come fai a viaggiare nel tempo.» Interviene questa volta Leo, avanzando di qualche passo.
Aristea si ferma, e dopo aver appoggiato l’acqua nel sacchetto sulla scrivania, scoppia a ridere così tanto che si mette le mani sullo stomaco. «Ragazzi, come siete divertenti. Bella come battuta.»
«Siamo seri.» Dice questa volta Logan, disprezzando visibilmente Bob.
«Beh, non se ne parla. Ora potete andare, ho un sacco di cose da far fare agli altri. Sicurezza!»
«Aspetta! -Esclama Percy, alzando le mani in aria- La Penna d’Autore è scomparsa nel passato, e prima che questa venga trovata da ancora non sappiamo chi e che possa usarla per distruggere tutta la nostra cultura, comprese le storie che ti riguardano, dobbiamo assolutamente trovarla. Tu sei l’unico oltre Crono a sapere come manipolare il tempo.»
Inizialmente penso che la spiegazione di Percy sia riuscita a convincere Aristea, ma poi lui alza le spalle con nonchalance e si siede sulla scrivania, appoggiando pigramente le gambe sul piano da lavoro.
Bob non risponde e noi rimaniamo davanti a lui come dei cretini. «È un sì?» Prova Leo.
«Per tutte le caravelle di Cristoforo Colombo, siete ancora qui? -Esclama seccato Aristea- Sicurezza!»
Quando comincio a pensare che sia tutto inutile, Logan finalmente si fa vivo e avanza di qualche falcata verso il viaggiatore nel tempo.
«Aristea, ascolta le mie parole. -comincia a dire Logan e questa volta la sua voce è molto meno dura del solito, come se stesse parlando con un bambino di sette anni. – Ci serve sapere come fai a viaggiare nel tempo, e tu sarai più che felice di dircelo.»
Aristea toglie le gambe dalla scrivania e con uno sguardo vacuo si alza dalla sedia girevole. «Bevo una pozione speciale. È quella che mi permette di viaggiare dove e quando voglio.»
«E dove possiamo trovare questa pozione?» Continua Logan.
«Da nessuna parte…La pozione…» Aristea scuote leggermente il capo, come se si stesse risvegliando da un brutto sogno.
Io, Leo, Percy ed Annabeth guardiamo in silenzio la scena, senza muovere un dito per paura di distrarre Logan.
«Aristea, dove possiamo trovare la pozione per viaggiare nel tempo?» Continua Logan mantenendo i suoi occhi verdi fissi su di lui.
«Da me, la produco solo io.»
«E dove si trova?»
«Nel terzo cassetto della scrivania.»
Chi diavolo tiene una pozione per viaggiare nel tempo nel terzo cassetto di una scrivania d’ufficio?
Percy ed Annabeth ad un tratto fanno un cenno verso di me e Leo, indicando il tavolo vicino a noi; senza dire nulla io e il figlio di Efesto ci avviciniamo lentamente prima ad Aristea che continua a fissare il vuoto e poi alla scrivania, e ci accovacciamo a terra per cercare di aprire questo dannato cassetto.
Con la coda dell’occhio noto che il mio ginocchio sfiora leggermente quello di Leo, e a quanto pare la cosa l’ha notata pure lui dato che mi guarda per qualche secondo.
«È ovviamente chiuso a chiave, hai qualche idea per come aprirlo?» Chiedo, e Leo fa il solito sorrisetto da so-tutto-io.
«Certamente, chica. Devo solo capire quale sia il meccanismo di apertura…»
«Entro domani, ragazzi…» Sussurra Annabeth, visibilmente ansiosa di andarsene.
«Okay, Chiara mi servono i tuoi poteri di Atena. Avvicinati e fissa intensamente la serratura, io cerco di scardinarla con il mio cacciavite di fortuna.» Sussurra Leo, tirando fuori dal suo magico borsellino giallo l’attrezzo.
Così faccio quello che il ricciolino mi ha detto, e mi avvicino alla serratura pensandola aperta, o in qualche modo scardinata. Leo nel frattempo infila il cacciavite nell’inframezzo del cassetto e della scrivania, e improvvisamente vedo il cassetto aprirsi come se qualcuno lo avesse spinto nella mia direzione. All’interno vedo una bottiglia di vetro con dentro un liquido violaceo e frizzantino pronto ad essere bevuta.
«Ehm…ragazzi…» Sussurra Percy, ma io e Leo presi dall’euforia ci abbracciamo, ed esultiamo non pensando che fosse così facile; il gesto a quanto pare distrae Logan, che comincia a fissarmi con uno strano sguardo.
Quello che accade dopo è il vero problema.
Non appena Logan distoglie lo sguardo e si concentra sull’abbraccio mio e di Leo, Aristea ritorna nel mondo reale e ci mette solo qualche secondo a capire che lo abbiamo ingannato per rubargli la pozione. Allo stesso momento Percy ed Annabeth sguainano le loro spade, facendoci notare che la sicurezza di cui parlava prima Bob non è la sicurezza che si vede sempre nei film, ma un esercito di corvi neri pronti a squarciare le nostre facce.
«Prendeteli, miei prodi!» Grida Aristea, puntando il suo dito ingioiellato contro di noi.
 
 
 
 
 
 
……….
Salve a tutti!
Oh, finalmente ce l’ho fatta a postare.
Allora, che ve ne pare dell’idea di Aristea? Ci ho messo un bel po’ a trovare un mito che riguardasse il viaggio nel tempo, ma a quanto pare la mitologia è riuscita a sostenermi anche questa volta. Aristea me lo immagino come un tipo ultramega stravagante, e spero di essere riuscita a renderlo il più possibile hahaha
Grazie a lui sono riuscita a sviare il problema di Crono, riportarlo in vita secondo me non sarebbe stata una grande idea… insomma, dopo cinque libri lasciamolo stare.
In pratica ora i nostri eroi devono scappare da un viaggiatore nel tempo e da un esercito di corvi, non vorrei essere nei loro panni.
Voi che ne pensate? Qualunque opinione mi va più che bene, io sono molto felice di averlo messo nella storia, anche perché sarà importante anche più in là nella storia 😊
E poi non avete ancora indovinato chi sia il villain in questa storia ehehe. Qualsiasi ipotesi mi va bene, sono curiosa di sapere se lo indovinate oppure no hahah
Niente, come al solito vi ringrazio infinitamente di aver letto il capitolo, spero vi sai piaciuto!
Ci si vede al prossimo!
Potete trovarmi su twitter come @glaukopsis
Un bacio, Claire xx
 
 
 

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Capitolo 8
*** 8 ***



8







Voi penserete: dovrebbe essere facile scappare da un direttore di un giornale. In che modo può essere minaccioso? Al massimo vi tira dietro qualche cartuccia della stampante o una vecchia copia della rivista mai venduta. E in generale dovrebbe essere così, peccato che questo direttore sia un viaggiatore nel tempo con qualche rotella fuori posto e con al seguito un centinaio di corvi che ci rincorrono.
Io e Leo ci alziamo da terra con uno scatto, e prima di cominciare a correre io ho l’accortezza di afferrare la bottiglia con il liquido e di sistemarla dentro la mia giaccia di jeans.
Ci allontaniamo dall’ufficio di Aristea in pochi secondi con lui che scoppia a ridere, e al sentire le sue risa mi fermo di colpo, cominciando a fissarlo da dietro la vetrata del suo ufficio.
Perché diamine sta ridendo?
«È inutile scappare, semidei. Non potete sfuggirmi come non potete sfuggire al tempo.»
Che cos…?
Prima che io possa replicare una mano calda e grande afferra la mia e mi trascina via dall’ufficio di Aristea. «Chiara, dobbiamo andare.»
Prima che possa fare resistenza mi accorgo che la mano che ha preso la mia è quella di Logan e che il ragazzo me la tiene saldamente come per assicurarsi che non vada da nessuna parte; io per i primi secondi lo seguo impassibile, poi riesco a staccarmi dalla sua presa e mi fermo in uno dei tanti corridoi del grattacielo.
Il gracchiare dei corvi rimbomba per tutto il palazzo per cui capisco che non abbiamo molto tempo prima che ci raggiungano. Percy, Annabeth e Leo stanno già scendendo verso la macchina e io non riesco a capire perché Logan abbia voluto tornare indietro e venirmi a prendere.
«Che ci fai qui?»
«Potrei rivolgerti la stessa domanda. Stare a fissare Aristea è la tua tattica in combattimento? Ragazza, ve bene che sei ancora nuova ma…»
«Non è la mia tattica in combattimento! Comunque, mi sono fermata perché si è messo a ridere. Come può mettersi a ridere quando dei ragazzi gli hanno appena rubato la cosa più preziosa che ha?»
Se prima il gracchiare dei corvi era solo un brusio in sottofondo, ora sono palesemente più vicini a noi. «Forse perché è pazzo? Ora andiamo, non voglio diventare mangime per uccelli.»
Per un momento mi torna in mente quello che ha detto Aristea e il fatto che non possiamo scappare per lo stesso motivo per cui non possiamo sfuggire al tempo, ma non posso elaborare più di tanto la cosa perché dai megafoni appesi al soffitto proviene un fastidioso stridio, e poi la voce di Aristea rimbomba per tutto il palazzo: «Questi ragazzi proprio non conoscono la disciplina… Guardate cosa mi è toccato fare, anche se questa cosa dei microfoni sparsi per tutto il grattacielo non è una cattiva idea. -fa una pausa, nella quale io e Logan ci fissiamo confusi- Comunque, se volete proprio scappare lasciate che metta un qualcosa di sottofondo. Mmh, vediamo: no, Britney Spears non è adeguata. No, nemmeno Bach e Beethoven, Frank Sinatra decisamente no... Oh, sì! Ecco la canzone perfetta.»
Dai microfoni provengono una serie di rumori che fanno pensare ad Aristea che mette un cd in un lettore stereo, e poi parte una canzone che in effetti è perfetta come sottofondo per una situazione del genere: Immigrant Song dei Led Zeppelin.
«Non ci posso credere, questo tipo è davvero pazzo.» Sussurro, ma il figlio di Venere non mi risponde in quanto parte in quarta e comincia a scendere le scale tre gradini alla volta con un’agilità che non gli avrei mai dato.
Così sono costretta a seguirlo e scendo cinque piani di scale a suon di Led Zeppelin, ma quando arrivo al secondo piano trovo non solo Logan ad aspettarmi, ma anche Percy, Leo ed Annabeth fermi vicino all’ascensore di servizio, con le armi alzate verso Aristea. La canzone continua ad essere trasmessa per tutte le stanze e piani, ma il verso dei corvi comincia ad essere più forte.
«Woah, come fa ad essere già qui?» Esclamo, con il fiatone.
«È la stessa domanda che ci stiamo facendo.» Sussurra Annabeth.
«Ragazzi, tenetevi pronti. Non ce ne andiamo senza la bottiglia.» Ordina Percy e nessuno osa fiatare.
Alle mie spalle, proprio dai corridoi con le scale, provengono i gracidi dei corvi e Leo si posiziona proprio dietro di me, evocando il fuoco con le sue mani.
«Dei pennuti mi occupo io.»
Un veloce flash di me e Leo davanti a Tarquinio il Superbo mi torna in mente e io non posso fare a meno di sorridere.
«Alla fine non è passato tanto tempo dall’ultima volta, no?» Sussurra Leo in modo tale che possa sentire solo io.
«Ragazzi, ragazzi… Come ve lo devo dire? Non riuscirete mai a scappare. Fareste prima a ridarmi quello che mi appartiene.» Dice con tutta la tranquillità del mondo Aristea, fissandosi le mani con una manicure perfetta.
«Scusaci. Tu mi stai simpatico, davvero, soprattutto dopo i Led Zeppelin, ma quel liquido ci serve.» Dice Percy digrignando leggermente i denti, e affiancandosi ad Annabeth e Logan comincia ad attaccare Aristea.
Nello stesso momento un esercito di corvi neri sbuca dalle scale e io decido di dare una mano a Leo. Mi volto di scatto verso il ricciolino, e in un batter d’occhio riesco ad evocare i poteri di luce ed incanalarli nella mia mano.
Comincio a colpire un uccello dopo l’altro, un po’ come se stessi giocando alla Wii. E se fosse davvero così, starei vincendo alla grande: sebbene il fuoco di Leo sia molto più efficace con questi corvi, a quanto pare il ragazzo ha una mira che fa piuttosto schifo.
Con la coda dell’occhio vedo gli altri tre miei compagni cercare di fermare Aristea, ma incredibilmente il viaggiatore nel tempo se la sta cavando alla grande: riesco a vedere che sia Percy, Logan e Annabeth lo stanno attaccando con le rispettive armi, ma lui schiva ogni colpo con un movimento del corpo sciolto e disinteressato, come se sapesse già quale mossa stanno per fare i miei amici.
E all’improvviso capisco: lui sa già che mossa stanno per fare. Aristea non è solo capace di viaggiare nel passato, ma anche di andare nel futuro e vedere cosa accade.
Lui sapeva già che saremmo venuti, sapeva già che gli avremmo preso il liquido e sapeva già che sarebbero stati proprio Logan, Annabeth e Percy ad attaccarlo.
Ritorno per un momento da Leo che sta cercando di tenere a bada i corvi. «Ce la fai ancora per qualche minuto?»
«Ma certo, io adoro gli uccelli. Non sono degli animali fantastici?»
«Leo, sei sarcastico?»
«E quando non lo sono?»
Alzo gli occhi al cielo e mi allontano di qualche metro, per poi avvicinarmi ad Aristea e cominciare a colpirlo con la mia mano destra con una serie di fasci di luce.
Come avevo immaginato, il viaggiatore nel tempo schiva prontamente anche il mio colpo, ma io faccio qualcosa che in combattimento non faccio mai perché mi richiede troppo sforzo: con la mano sinistra, contemporaneamente ai fasci di luce, cerco di spostare un vaso di porcellana cinese e lanciarlo contro Aristea.
Per un primo momento penso che la mia tecnica abbia funzionato: il fatto di aver usato di nascosto i miei poteri di Atena dovevano avere la meglio, ma lui un millesimo di secondo prima che venga colpito dal vaso si gira verso di esso, e con una nuvola di vapore scompare davanti a noi, facendo cadere il vaso per terra, rompendosi in mille pezzi.
«Dov’è finito?» Grida Logan, piuttosto infuriato.
«Non lo so, ma è meglio andarcene il prima possibile. Aristea potrebbe tornare da un momento all’altro.» Suggerisce Annabeth.
Sto per rivelare quello che ho scoperto su Aristea, ma Leo ci fa ricordare che l’esercito di corvi è ancora bello che presente e che non sta per niente scemando.
Percy così si concentra per qualche secondo e dai rubinetti del bagno vicino avanza un’onda d’acqua abbastanza grande da creare una barriera tra le due pareti del corridoio che impedisce ai corvi di raggiungerci.
«Andiamo, non durerà per molto.»
«Grazie amico, quei corvi cominciavano a stancarmi. Mi sembrava di star giocando a Fruit Ninja, solo che al posto della frutta volavano piume nere.» Dice Leo, e io riesco a ridere per qualche secondo.
Senza aspettare ancora riusciamo a percorrere i restanti due piani, e arriviamo finalmente all’atrio nel New York Times Building per poi correre fuori.
Quando ci avviciniamo al marciapiede però non vediamo nessuna macchina parcheggiata.
Non ce l’avranno mica…
«Dannazione!» Esclama Logan, trovando per terra un bigliettino rosa con scritto: “Non si lascia la macchina in seconda fila, chi vi ha dato la patente? -A.”
«Ce l’ha presa lui?» Chiede Leo, non riuscendo a non ridere.
«Come facciamo a tornare al Campo senza una macchina?» Chiedo, in preda ad una mezza crisi di nervi.
«Ci sono tanti altri modi: viaggio nell’Oltretomba, pegasi, Blackjack, Festus, Signora O’Lerary chiamata anche segugio infernale, cavalli immortali, il carro del sole di Apollo…» Dice Leo, elencandomi tutti i mezzi di trasporto mitologici possibili.
«E hai per caso uno di questi qui a portata di mano?»
«Ehm…no.»
All’improvviso gli stessi corvi neri con i quali io e Leo stavamo cercando di sterminare raggiungono l’atrio del New York Times Building e noi siamo costretti a scappare, e ci lasciamo alle spalle il grattacielo.
Sto per svelare ai ragazzi il fatto che qualunque cosa noi facciamo Aristea sarà sempre un passo avanti a noi, ma Percy mi precede.
«Dobbiamo andarcene da qui, seguitemi.»
«Aspettate, ragazzi!» Cerco di urlare, ma è tutto inutile: il chiasso del traffico newyorkese sovrasta la mia voce e loro sono troppo lontani per sentirmi.
Così sono costretta a seguirli, e a quanto pare quando Percy diceva che conosceva bene la città non mentiva. Insieme a lui percorriamo una serie di vicoli e stradine secondarie, cercando di fare attenzione a non attirare l’attenzione.
«Ragazzi, fermi!» Grido, fermandomi dalla corsa per riprendere un po’ di fiato. Per fortuna gli altri mi sentono e mi raggiungono.
«È inutile scappare da Aristea, lui sa già dove stiamo andando.»
«Impossibile, neanche io so ancora dove stiamo andando.» Replica Percy.
«Se non fosse stato per voi due sarei riuscito a convincere ancora per un po’ Aristea a farci dare direttamente da lui la pozione.» Sbotta improvvisamente Logan, con un tono duro.
Mi rimetto in piedi di scatto, e fulmino con lo sguardo il figlio di Venere. «Scusa? Se non fosse stato per noi? Almeno io l’ho presa la bottiglia!» E nello stesso momento mi tasto la giaccia di jeans per controllare se ce l’ho ancora.
«Ragazzi, non è questo il momento di litigare.» Interviene Annabeth, mettendosi tra me e Logan. 
«Chiara, perché hai detto che non possiamo scappare?» Dice Percy cambiando discorso.
«Lui manipola il tempo, e non solo andando nel passato, ma anche nel futuro. Lui sapeva già che saremmo venuti, che avremmo preso la pozione, che saremmo scappati e dove saremmo andati. -faccio una pausa, facendomi largo tra i miei compagni- Aristea sa a prescindere dove andiamo, per quello è inutile che scappiamo.»
Gli altri piombano in un silenzio irreale, e io non so cosa dire.
A questo punto mi sembra che questa piccola missione sia completamente inutile, ma poi a Leo sembra venire un’idea.
«Okay, non possiamo sfuggire ad Aristea, giusto?»
«È quello che abbiamo appena detto, vai avanti.» Commenta acidamente Logan.
«E se prendessimo in prestito un po’ della sua pozione? Noi gliela ridaremo, ma di meno. E il bello è che non può provarlo.»
Sto per ribattere, ma Leo continua a parlare. «Ho un contenitore magico che contiene qualsiasi tipo di liquido, solo che una volta dentro questo non si vede e non si sente.»
«Che aspetti? Prendiamocene un po’, allora.»
Vorrei tanto informarli che sono quasi certa che Aristea, essendo stato già nel futuro, è già a conoscenza di questo contenitore speciale, ma qualcosa mi fa stare zitta.
Così ci appartiamo in un angolino tra due strade di New York e Leo comincia a travasare un po’ del liquido di Aristea nella bottiglia magica presa dal suo marsupio giallo: una volta che la pozione violacea entra nel contenitore di Leo questa scompare come se non esistesse e, da fuori, sembra che non ci sia niente dentro.
«Okay, in questo modo dovremmo riuscire a portarcene un po’ al Campo e allo stesso tempo Bob non si accorgerà di nulla.» Dice Leo, e io gli sorrido forzatamente, sperando davvero che il suo piano funzioni.
Subito dopo ricominciamo a seguire Percy ed Annabeth in mezzo a varie stradine e scorciatoie, per poi finire in un vicolo cieco pieno di cassonetti della spazzatura e mobili dimenticati. Come avevo previsto, ad aspettarci troviamo Aristea con lo stesso costume ottocentesco azzurro e con le braccia conserte al petto; ha un’aria piuttosto seccata, e questo non mi tranquillizza.
«Ce ne avete messo di tempo, stavo cominciando ad annoiarmi.»
«Era per caso una battuta?» Chiede Leo.
«Aristea, sapevamo di trovarti qui.» Esclamo.
«Tu devi essere Chiara, figlia di Apollo. Come sta? Ce l’ha ancora con me per quel flirt con Thor?» Dice Aristea con una voce strana e nello stesso momento in cui pronuncia il nome di mio padre un corvo nero si appollaia sulla sua spalla, e lui lo caccia via malamente.
«Direi che ti sei risposto da solo.» Commento, puntando il corvo ora andato ad accovacciarsi su un cassonetto dei rifiuti.
«Dannazione, sono passati secoli! Non ne posso più di questi maledetti corvi, sono così anti-aesthetic! E poi sono proprio fastidiosi. Tuo padre non poteva lanciarmi maledizione peggiore.» Si lamenta Bob cominciando a camminare avanti e indietro. «Ad ogni modo, so che avete metà pozione in una bottiglia magica, ma io sono stato così previdente da farvi trovare una bottiglia con un semplice miscuglio di acqua frizzante e colorante viola. Non sono così fesso da farmi fregare da un paio di ragazzi con delle magliette di un colore improponibile.»
«E ce lo dice solo adesso?!» Esclama infuriata Annabeth, stringendo tra le mani un capello azzurro.
«Vuoi dire che quella che ho qui è semplice acqua colorata? -Leo alza in aria la sua bottiglia magica- Niente ragazzi, io ci ho provato.» E poi lascia cadere per terra il liquido, bagnando tutto cemento.
Fantastico, stavamo scappando con una pozione fasulla. All’improvviso mi sento una cretina.
Un silenzio imbarazzante cala tra tutti noi, finché Percy non decide di prendere la parola, cercando di convincere Bob a lasciarci la pozione.
«Aristea, la tua pozione ci permetterà di andare indietro nel tempo e recuperare la Penna d’Autore, solo tu puoi aiutarci e salvare tutta la nostra cultura…»
Inizialmente Bob sembra non ascoltarlo nemmeno, ma poi ad Annabeth viene un’idea. «Se i testi della cultura occidentale verranno distrutti verrà cancellato anche tutto ciò che riguarda te e quello che hai scritto. Non vorrai mica che i tuoi scritti sugli Iperborei vadano eliminati? Sarebbe una tragedia perderli.»
Solo pochi secondi dopo capisco che tirare in ballo i miti che riguardano lo stesso Aristea è una mossa geniale.
«Beh, la figlia di Atena non ha tutti i torti. Sarebbe un disastro se tutto quello che ho scritto andrebbe distrutto…»
«E poi se ci aiuti a recuperare la Penna verrai ricordato da tutti, sarai una celebrità.» Aggiunge Leo, stando al gioco di Annabeth.
«Ma io sono già una celebrità.»
«Una celebrità e un eroe.» Aggiunge questa volta Logan dopo essere stato un bel po’ in silenzio, mettendoci un pizzico di lingua ammaliatrice.
Dopo qualche istante Aristea scuote leggermente la testa e ci sorride. «Va bene, ragazzi. Vi aiuterò.»
Mentre Percy ed Annabeth esultano insieme io faccio un sospiro di sollievo, pensando che il peggio sia passato, ma poi Bob continua a parlare.
«Ma a una condizione.»
E te pareva.
 
 
 
 
 
 
 
……….
Salve a tutti!
Questo Aristea è un furbetto, non credete anche voi?
Devo essere sincera: ho fatto parecchia fatica a scrivere questo capitolo, perché tra paradossi temporali e descrizioni inutili pensavo che venisse uno schifo.
Okay, forse è venuto uno schifo ma almeno ho cercato di dargli un senso. Spero di non aver fatto un casino con la storia del passato e futuro haha
Ad ogni modo, non ho molto altro da dire, lascio a voi i commenti (anche se non me li scrivete, fa nulla)
Volevo ringraziarvi perché tra la mia vecchia storia (L’ultimo dei re) e questa il numero delle visualizzazioni dei primi capitoli è altissimo e io non mi sarei mai aspettata una cosa del genere, quindi ad ognuno di voi che sta continuando a seguirmi, grazie mille!! Spero di continuare a divertirvi e farvi passare un paio di minuti di svago.
Detto questo, ci si vede al prossimo capitolo!
Potete trovarmi su Twitter (@glaukopsis)
Un bacio, Claire
 

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