Don't give up

di lisi_beth99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 44 ***
Capitolo 46: *** Capitolo 45 ***
Capitolo 47: *** Capitolo 46 ***
Capitolo 48: *** Capitolo 47 ***
Capitolo 49: *** Capitolo 48 ***
Capitolo 50: *** Capitolo 49 ***
Capitolo 51: *** Capitolo 50 ***
Capitolo 52: *** Capitolo 51 ***
Capitolo 53: *** Capitolo 52 ***
Capitolo 54: *** Capitolo 53 ***
Capitolo 55: *** Capitolo 54 ***
Capitolo 56: *** Capitolo 55 ***
Capitolo 57: *** Capitolo 56 ***
Capitolo 58: *** Capitolo 57 ***
Capitolo 59: *** Capitolo 58 ***
Capitolo 60: *** Capitolo 59 ***
Capitolo 61: *** Capitolo 60 ***
Capitolo 62: *** Capitolo 61 ***
Capitolo 63: *** Capitolo 62 ***
Capitolo 64: *** Capitolo 63 ***
Capitolo 65: *** Capitolo 64 ***
Capitolo 66: *** Capitolo 65 ***
Capitolo 67: *** Capitolo 66 ***
Capitolo 68: *** Capitolo 67 ***
Capitolo 69: *** Capitolo 68 ***
Capitolo 70: *** Capitolo 69 ***
Capitolo 71: *** Capitolo 70 ***
Capitolo 72: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Aprì gli occhi mentre il pullman su cui viaggiava passò accanto al cartello “Mystic Falls” che annunciava l’imminente arrivo a destinazione. Jane sbatté più volte le palpebre per mettere a fuoco meglio la strada. Alti alberi secolari circondavano la via di asfalto che conduceva al centro della piccola cittadina nel mezzo della Virginia.
Il pullman si fermò accanto alla torre dell’orologio. Jane si alzò stanca dalle lunghe ore di viaggio, prese il bagaglio dalla cappelliera e scese i pochi scalini in metallo del mezzo. L’autista l’aiutò a prendere la valigia dalla stiva e la salutò cordialmente.

La giovane, dopo che il pullman era ripartito, si soffermò su alcuni dettagli della piazza in cui si trovava:  gli edifici erano vecchi ma tenuti molto bene, i mattoni erano visibili sulla maggior parte di essi. Accanto alla torre dell’orologio c’era un locale con un’immensa scritta “Mystic Grill” da cui, in quel momento, stavano uscendo alcuni ragazzi.
“Iniziamo la nostra nuova vita!” si disse estraendo lo smartphone dalla tasca della giacca in pelle e cercando le indicazioni per raggiungere l’unico hotel della città.

Camminò per qualche minuto fino a raggiungere un edificio di tre piani, la facciata era bianca e le finestre delle varie stanze avevano una bordatura azzurra che donava un po' di colore al tutto. Jane aprì la pesante porta in legno di noce e si avvicinò alla reception. “Buongiorno signorina!” la salutò la donna che sedeva dietro al bancone. “Buongiorno - le rispose la giovane - vorrei avere una stanza” sorrise educatamente attendendo la prossima domanda. “Per quanto resterà qui a Mystic Falls?” la receptionist stava distrattamente scorrendo il calendario appoggiato alla scrivania “Resterò per un po', non ho ancora deciso quanto…” un velo di imbarazzo si creò sul suo viso mentre la donna la guardava un tantino sorpresa. “Bene! - esclamò dopo poco – la sua stanza è la 106, al primo piano sulla destra della scala.” Le diede una chiave e le indicò con una mano la scalinata di legno a cui si riferiva.

Jane aprì lentamente la porta della camera che sarebbe stata casa sua per un bel po' di tempo. Sapeva infatti che quella città serbava delle cose interessanti, d'altronde era lì per consiglio della madre. E lei sì che se ne intendeva di cose bizzarre e fuori dal normale!


Angolo Autrice!

Ciao a tutti! Questo è il prologo ma non so ancora dove andrà a finire questa storia!!!
Se vi piace o avete qualche suggerimento ditemelo!!!
Buonaserata a tutti

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Si svegliò lentamente mentre la sveglia suonava sul comodino di legno chiaro posto accanto al letto. Si stiracchiò svogliatamente cercando di levarsi il torpore della lunga dormita fra quelle lenzuola comode. Erano ormai più di due anni che viveva su divani di conoscenti o in camere d’albergo ma mai, mai, aveva trovato delle coperte così confortevoli e calde. “Speriamo che anche il resto della città sia così” escalmò alzandosi e dirigendosi verso il bagno.

Il giorno prima era passata al liceo di Mystic Falls per iscriversi. Almeno avrebbe recuperato il tempo perso e quell’anno lo avrebbe fatto in una scuola, come una persona normale. Perché fare una vita che assomigliasse alla normalità non le poteva fare tanto male, no?
Si infilò un paio di jeans estratti dal capiente armadio posto accanto alla porta d’entrata, ci abbinò un pullover rosa antico, mise un quaderno e una penna nel suo zaino in tessuto jeans e scese per fare colazione.

La sala era mezza vuota, segno che poche persone andavano in vacanza in quella cittadina sperduta e la maggior parte di essi veniva ospitata dai parenti alla lontana che vi risiedevano.
La cameriera portò a Jane un cappuccino mentre addentava un cornetto alla cioccolata sfornato da poco. Non poteva trattarsi sempre così bene, prima o poi tutti quei carboidrati le sarebbero rispuntati sui fianchi!

Guardò l’orologio e si avviò per il primo giorno di scuola. Mentre camminava ripensava a tutti i primi giorni in una scuola nuova che aveva affrontato. Sua madre, Monique, aveva una passione per l’occulto e il soprannaturale che le aveva portate in varie città degli Stati Uniti e, per un breve periodo, anche in Europa. Per questo Jane aveva cambiato scuola praticamente ogni anno, per non parlare degli ultimi due anni in cui, per cause di forze maggiori, non si era iscritta da nessuna parte. Aveva perso così due anni, non per suo disinteresse, si capisca, ma per un motivo che l’aveva portata a scappare dalle istituzioni e rifugiarsi da un vecchio amico della madre in California. Quando Monique era morta per una malattia che l’aveva spenta in pochi mesi, i servizi sociali erano andati a prendere Jane che, al tempo, era ancora minorenne; pretendevano che si inserisse in una famiglia affidataria qualunque e che andasse avanti fingendo di essere una qualunque 17enne che frequenta un qualunque liceo. Ma a Jane questo non andava bene. Era stata abituata dalla madre ad un altro genere di vita, aveva conosciuto creature di varie specie durante la sua vita e non voleva rinunciarci. Sul letto di morte Monique le confidò l’esistenza di una cittadina in Virginia dove erano presenti vampiri, licantropi, streghe e doppelganger. Creature che Jane aveva imparato a rispettare e a non temere. Quando aveva solo 10 anni aveva conosciuto un vampiro, amico di sua madre, lo stesso che più avanti l’avrebbe aiutata a nascondersi dai servizi sociali in California; con lui si era resa conto di quanto le storie, le leggende e i miti fossero sbagliati e incompleti.

Immersa nei ricordi com’era, non si rese conto di aver raggiunto l’entrata del liceo. Intravide curiosità sui volti degli studenti che incontrava ma era normale routine per lei: l’eterna “nuova”. Raggiunse la segreteria dove fu istruita sul sistema della scuola e su quale fosse il suo orario. La segretaria fu così gentile da accompagnarla nella prima aula del suo piano studi. “Buona fortuna cara” la salutò dandole un leggero buffetto sulla spalla prima che Jane aprisse la porta di legno chiaro ed entrasse in quel mondo che aveva quasi completamente dimenticato.

Angolo autrice!
Buonasera a tutti! Come lo trovate questo capitolo? Con calma si scopriranno altre cose sulla vita di Jane prima del suo arrivo a Mystic Falls. Si scoprirà anche chi è questo misterioso amico che l'ha aiutata in California...
Continuate a leggere!!!
Un saluto

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Aprì lentamente la porta dopo aver bussato delicatamente. Seduto sulla cattedra c’era il professore di storia; sulla trentina, capelli chiari e corti, sguardo intrigante. Le sorrise gentilmente mentre le faceva un cenno con la mano di entrare. “Buongiorno” salutò Jane verso la classe senza soffermarsi su qualcuno in particolare. “Devi essere la nuova studentessa. Jane…” cominciò il professore “Jane Malone” finì lei mentre si sedeva all’unico banco libero in ultima fila, accanto ad un armadio in metallo. “Jane Malone – ripeté distrattamente l’uomo – Io sono Il professor Alaric Salzman. Vuoi dire qualcosa su di te alla classe?” la giovane si guardò un po' in giro poi tornò con gli occhi sul docente “Nulla di interessante” estrasse il blocco dallo zaino e prese una penna pronta per appuntarsi qualunque cosa avesse ritenuto interessante di quella lezione.

Le ore passarono abbastanza rapidamente; dopo le prime di storia in cui si parlò della guerra di secessione, Jane nella classe di lettere inglesi. Notò due ragazzi, presenti anche durante la lezione di storia, seduti una fila dietro a lei. percepì il loro sguardo incuriosito, così si girò per vedere meglio chi fossero. La ragazza aveva lunghi capelli castano scuro e occhi grandi, lui molto pallido, capelli biondino scuro e occhi verdi.

Quando la campanella suonò annunciando l’ora di pranzo, Jane mise velocemente il blocco e la penna nello zaino pronta per uscire nel giardino antistante la scuola e mangiare il cornetto alla crema che era riuscita a rubare dal buffet della colazione. I suoi piani però vennero infranti dal momento che quei due ragazzi le si avvicinarono con un sorriso sulle labbra. “Ciao! – salutò la ragazza – Mi chiamo Elena” le tese la mano. Jane rimase un momento interdetta: solitamente passavano almeno due giorni prima che qualcuno la avvicinasse. “Jane” rispose semplicemente stringendole la mano. Elena sorrise, se possibile, ancora di più. “Lui è Stefan” disse poi indicando il ragazzo accanto a lei. Jane lo salutò con un leggero sorriso mentre si alzava per uscire da quell’aula. Qualcosa in quel giovane le faceva pensare ai vampiri, forse la carnagione molto pallida o forse quei muscoli quasi impercettibilmente tesi per contenere la voglia di sangue.

Finalmente riuscì a sedersi appoggiata ad un albero presente nel giardino ben curato della scuola. Si guardò attorno per cercare di ambientarsi il prima possibile. D'altronde non sapeva per quanto si sarebbe fermata a Mystic Falls, era vero che nessuno le dava più la caccia da un anno ormai però, la vita che aveva fatto con la madre era molto nomade e l’idea di fermarsi le faceva uno strano effetto. Magari in quella cittadina abbandonata da Dio si sarebbe finalmente trovata a casa, avrebbe instaurato dei rapporti con gli abitanti e magari anche degli amici… forse era meglio tornare alla realtà! Il mondo le aveva girato le spalle, gli unici che erano stati disponibili con lei erano esseri che non dovrebbero nemmeno esistere. Cosa si aspettava da quelle persone? Quello Stefan poteva sì essere un vampiro e avrebbe anche potuto rivelarsi una presenza piacevole ma non voleva ripetere ciò che era successo in California.

“Hey!” una voce gioviale la distolse dai suoi ricordi. Notò la figura di Elena avvicinarsi con un volantino fra le mani “Jane, perché non vieni alla festa a casa Lockwood questa sera?” lo porse il pezzo di carta colorato. Jane lo prese un po' sconcertata. Ma quella ragazza era sempre così spontanea e estroversa? Nemmeno la conosceva e già la invitava ad una festa. Vedendo la titubanza sul volto della straniera Elena si sedette accanto a lei “Dai Jane vieni! Così fai conoscenza, ti presento ad un paio di miei amici. Almeno non starai più sola soletta come adesso!” le sorrise passandosi una mano fra i capelli. Jane, che fingeva indifferenza, nel profondo sentì qualcosa smuoversi: Elena aveva dimostrato un interesse sincero per lei, con quel semplice gesto l’aveva fatta sentire desiderata. Cosa poteva andare storto ad una festa in una città così? Jane la guardò negli occhi “Accetto l’offerta!” disse mettendoci più enfasi di quanta volesse. “Perfetto! – il sorriso della bruna si allargò – ce l’hai un vestito da sera lungo, vero? – a quelle parole la forestiera sbiancò. Elena capì che la risposta era negativa così si affrettò a continuare – non ti preoccupare, possiamo andare a fare shopping finita la scuola!” Jane scosse leggermente il capo “No, non ti preoccupare. Ci sarà un’altra occasione” si alzò pronta a rientrare nell’edificio ma una mano la fermò “Te ne posso prestare uno io! Ne ho comprati due per scaramanzia… sai com’è!” Jane la guardò cercando di decifrarla. Provo a pensare ad una qualunque scusa ma, alla fine, dovette arrendersi “Va bene” disse avvicinandosi all’entrata. “Bene, ci vediamo qui alle 6. La festa comincia alle 8 così abbiamo tutto il tempo di prepararci a casa mia!” l’entusiasmo che sprigionava era contagioso e, presto, Jane si ritrovò con un sorriso sulle labbra.


Angolo autrice
Ciao a tutti! Ecco il secondo capitolo, spero non sia troppo noioso... ditemi come vi sembra!
Buona serata!!!

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Le lezioni del pomeriggio furono abbastanza noiose e Jane si ritrovò a pensare all’imminente festa. Probabilmente si sarebbe annoiata a morte, non conoscendo nessuno cosa avrebbe fatto? Non poteva contare su Elena, lei sarebbe stata sicuramente con i suoi amici… decise di non pensarci più e concentrarsi sul foglio che aveva davanti: una fotocopia di un dipinto rappresentante le idee del romanticismo.

La campanella suonò qualche minuto dopo, la giovane raccolse le sue cose ed uscì per tornare in hotel. Il piano per quel pomeriggio era una lunga doccia e un riposino per prepararsi alla lunga serata. Scese le scale con altre decine di ragazzi, molti la guardarono strano, altri bisbigliavano qualche pettegolezzo sulla “divina” della scuola. Non ci prestò molta attenzione. Arrivò all’entrata, percorse il giardino e attraversò la strada dove alcuni ragazzi, nelle loro auto, aspettavano gli amici o le fidanzate.

Era quasi sul marciapiede quando una Camaro verniciata di azzurro partì senza notare che proprio davanti ad essa stava passando Jane. L’impatto fu minimo, la ragazza cadde più per lo spavento che per altro ma un’imprecazione ad alta voce non gliela tolse nessuno. Senza riflettere su tutti gli occhi che aveva puntati addosso si mise a raccogliere le poche cose che le erano uscite dallo zaino. Una ragazza bionda si chinò per aiutarla “Tutto bene?” domandò guardando Jane infilare il cellulare in tasca come se nulla fosse. “Damon, cazzo, potevi farla fuori!” la voce piena di astio era rivolta ad un tipo sui 25 anni con i capelli corvini e uno sguardo strafottente che stava fermo in piedi accanto al muso della sua auto. Jane si soffermò solo un attimo su quell’uomo mentre si rimetteva in piedi. “Controlli se ti ho graffiato la tue bella macchinina?” domandò rivolgendosi al corvino con uno sguardo di sfida negli occhi. Lui si voltò per guardare la forestiera che, fino a quel momento, non aveva degnato nemmeno di uno sguardo. “Se l’avessi ammaccata l’avresti ripagata” aprì lo sportello del guidatore e salì in auto. “Damon sei uno stronzo!” urlò la bionda che era ancora accanto a Jane. Senza rispondere mise in moto e sgommò via facendo un pelo alle due che erano ancora in mezzo alla strada. “Ma guarda un po' che coglione” sbuffò Jane avviandosi verso l’hotel. “Aspetta! - la bionda la fermo prendendole un braccio – Sei ferita!” solo allora si rese conto di un taglio poco profondo sullo stinco, il Jeans strappato era macchiato di sangue. “Non è niente” disse semplicemente continuando a camminare. La bionda non la fermò più continuando a guardarla mentre si allontanava.

In una decina di minuti arrivò in hotel. Si spogliò completamente mentre l’acqua della doccia si scaldava. Si mise sotto al getto bello caldo e si rilassò per una ventina di minuti. Quando uscì mancava una buona mezzora all’incontro con Elena. Si asciugò i capelli come meglio poté e si infilò il primo vestito che trovò a portata di mano. Prese la borsa più elegante che aveva ed uscì dalla stanza.

Arrivò con qualche minuto di anticipo così si sedette su una panchina vicino all’insegna della scuola. “Eccoti!” esclamò poco dopo Elena. La prese per un bracciò e la trascinò fino alla sua abitazione: una bellissima casa a due piani, con un portico abbastanza grande e un dondolo in vimini che sembrava comodissimo. Entrarono e in due secondi Jane si ritrovò nella stanza della bruna con in mano un vestito favoloso. “Dai provalo!” esclamò facendole vedere dove si trovasse il bagno. Non ebbe quasi il tempo di vedere come fosse la sua stanza: mobili semplici, letto a due piazze e soprammobili vari che davano un tocco di vissuto alla stanza. Nel complesso era confortevole e l’idea di avercela non avrebbe fatto schifo a Jane abituata ad un altro genere di “casa”. Solitamente sua madre affittava un bilocale tetro e mezzo ammobiliato. I letti erano semplicissimi, a volte solo dei materassi, e il bagno aveva sempre qualche problema, o con lo scarico del WC, o con il miscelatore della doccia.
Quando uscì dal bagno, Jane andò a guardarsi nello specchi posto accanto all’entrata. L’abito era blu notte, con le spalline ricoperte di diamantini, così come la cintura che passava sotto al seno, il taglio era quello degli abiti dell’Antica Grecia: stretto sotto al seno e morbido lungo tutto il resto della figura. Fortunatamente copriva la medicazione che si era fatta alla gamba poco prima di uscire.

Elena la guardava con uno sfavillio negli occhi “Sei stupenda!” lei indossava un abito semplice viola con un’unica spallina di pizzo. Teneva in mano una piastra per capelli “Ora siediti che ti sistemo quei capelli” sorrideva come se quello fosse normale fra le due. Jane si sentiva serena, dopo anni aveva qualcuno con cui si sentiva tranquilla, in pace, ed era una mezza sconosciuta.

Dopo una ventina di minuti Jane aveva uno chignon alto fermato da fermagli con un diamantino, come quelli del vestito, e qualche ciocca sciolta che le ricadeva in un boccolo lungo il viso. Rimase senza fiato quando si vide pronta per uscire; i capelli neri le facevano risaltare il colorito pallido della pelle. In verità lei sarebbe stata castana, un bellissimo capello castano chiaro e mosso, ma due anni prima mentre scappava, incontrò una strega che le rese i capelli neri corvino così da risultare più difficile l’identificazione

Elena le aveva anche truccato le palpebre con uno smokey eyes sul blu scuro e sulle labbra spiccava un rossetto rosa antico. Elena prese una pochette in pendant con il suo abito, sorrise a Jane e la trascinò giù per le scale, verso la porta “Andiamo a divertirci!” esclamò salendo in auto, seguita dalla forestiera.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


In pochi minuti arrivarono alla villa dei Lockwood: un’imponente casa bianca contornata da un altrettanto imponente giardino. La gente camminava avanti e indietro per tutta la tenuta, le auto passavano davanti alla porta d’entrata per scaricare i passeggeri. Elena parcheggiò la vettura accanto ad un albero, spense il motore e, assieme a Jane, entrò nella dimora.

C’erano una centinaia di persone, la maggior parte era adulta. Tenevano in mano un calice di Champagne e Jane cercò di intercettare il bar: sapeva che, senza alcool, non sarebbe uscita da quella serata. Troppe persone a lei sconosciute la fissavano. Elena la trascinò davanti ad una donna sulla cinquantina “Signora Lockwood, lei è Jane Malone. È nuova in città!” ecco! Senza accorgersene quella brunetta le avrebbe fatto fare il giro di presentazioni con tutti i presenti…

"Piacere” disse timidamente Jane mentre la donna le sorrideva allegra “Ciao cara! Benvenuta a Mystic Falls! Scusa Elena ma devo andare, è appena arrivato l’ultimo membro del Consiglio” e così dicendo si allontanò dalle due ragazze. “Consiglio?” chiese perplessa Jane. Elena intanto si stava avvicinando ad un gruppo di suoi coetanei “Sì, questa festa viene indetta ogni volta che il Consiglio si riunisce…” si bloccò come se si fosse resa conto di aver appena detto qualcosa che non doveva ma fu molto brava a nasconderlo. “Ciao ragazzi! – esclamò salutando il gruppetto – Lei è Jane!” per risposta la mora fece un leggero cenno con la mano. Gli altri la guardarono un po' incuriositi ma nessuno proferì verbo. “Vado a prendere qualcosa da bere” sussurrò all’orecchio di Elena che non le rispose nemmeno.

Arrivata al bar chiese un calice di Champagne al ragazzo che stava servendo una coppia di mezza età. Le lanciò uno sguardo poco convinto “Hai l’età per bere?” perché tutti le facevano sempre la stessa domanda? Okay, forse non aveva l’aspetto di una di 19 anni ma andiamo, vestita così com’era sperava che almeno 18 anni glieli dessero… estrasse il documento di identità e lo mostrò al barman che alzò le spalle e le porse ciò che aveva chiesto. La mora si girò contenta di poter sentire dell’alcool scorrerle in circolo e fece un lungo sorso.

“Sai che i minorenni non possono bere a questo tipo di eventi?” quella voce la conosceva, l’aveva già sentita… si voltò nella sua direzione e trovò Damon in smoking che la fissava con un bicchiere di qualche tipo di Whiskey in mano “Allora è un bene che non lo sia!” esclamò Jane andandosene e cercando con lo sguardo Elena.

La trovò sulla pista da ballo abbracciata a Stefan. Decise di non disturbarla, così uscì per prendere una boccata d’aria fresca, in quella sala mancava l’ossigeno.

Il giardino sul retro era ancora più bello di quello sul davanti. Un paio di panchine in marmo costeggiavano un vialetto di ghiaia che portava verso un gazebo bianco ricoperto da piante rampicanti. Jane si sedette sulla prima panchina che trovò, sorseggiando il suo Champagne. “Non ci siamo ancora presentati” la voce di Damon le giunse dalle spalle, senza nemmeno voltarsi alzò leggermente la testa per guardare il cielo “Non ne farei una malattia…” disse Jane pronta ad andarsene. Il corvino la fermo parandoglisi davanti “Damon Salvatore” le prese una mano e se la portò alle labbra, baciandole il dorso. Stranamente non si scostò, rimase immobile.

Quella scena le riportò alla mente il primo incontro con Nic: aveva solo 10 anni, durante un’estate lei e sua madre erano andate a Berlino e lì lo avevano incontrato. Monique glielo aveva presentato come un amico di vecchia data, una persona a cui rivolgersi in caso di bisogno. Alla piccola Jane era sembrato un uomo pericoloso ma quando lui le prese una mano e le pose un leggero bacio sul dorso, un senso di pace la pervase, come se in lui scorresse una forza in grado di proteggerla da qualunque pericolo.

Ritornò al presente rendendosi conto che la sua mano e quella di Damon erano ancora unite. Si allontanò velocemente, consapevole che solo con un vampiro poteva avere quella reazione. Era inspiegabile come un contatto con quegli esseri le bastasse per identificarli, probabilmente era dovuto dai lunghi anni di convivenza e apprendimento su di loro. A pensarci bene, quel cognome le suonava familiare. Sua madre le aveva parlato di un Salvatore vampiro che era diventato uno squartatore. Considerato lo sguardo da folle che aveva Damon, ci scommetteva che potesse essere lui.

“Jane! Ecco dov’eri finita” Elena si avvicinò notando la presenza dell’uomo “Damon… che ci fai qui?” il suo sguardo divenne diffidente ma il corvino si affrettò a sdrammatizzare la situazione “Sono venuto a conoscere la nuova arrivata. Stai tranquilla Gillbert, non la mordo mica!” e con quell’esclamazione si allontanò rientrando nel salone. Con quella frase Jane si era convinta che i suoi pensieri fossero fondati: quel Salvatore era sicuramente un vampiro.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Jane ed Elena tornarono alla festa. Raggiunto il gruppo di ragazzi di poco prima, riuniti in una stanza arredata con mobili in stile ottocentesco, si sedettero sull’enorme divano. “Non ci siamo ancora presentate! - esclamò una bionda mezza sdraiata su una poltrona con lo stesso rivestimento del divano – Sono Caroline” si mosse leggermente verso Jane che la riconobbe come la ragazza che qualche ora prima l’aveva aiutata dopo che Damon l’aveva praticamente investita. “Io sono Jane” cominciava ad essere stanca, le decolleté le facevano male ai piedi e stava pensando di tornarsene in hotel. In quel momento entrò nella stanza un ragazzo dai capelli neri tenendo in mano una bottiglia di vodka “Ho l’alcool!” esclamò sedendosi in malo modo accanto a Jane “Ciao! – la salutò sorridente – Sono Tyler!” stappò la bottiglia e fece un sorso di quella bevanda trasparente. Dopo aver guardato Elena passò l’alcolico a Jane che ne bevve giusto un goccio, non voleva rischiare di ubriacarsi. Caroline si sedette meglio sulla poltrona mentre una ragazza con la carnagione scura e i capelli mogano le si avvicinò e si sedette sul bracciolo “Bonnie è il tuo turno!” esclamò divertita la bionda mandando giù la vodka. In quel momento entrò Stefan sbarrando gli occhi per la scena. “Stefan vieni a divertirti anche tu!” esclamò un ragazzo biondo scuro seduto sul tappeto accanto ad Elena. “Matt sei già ubriaco?” l’altro sorrise divertito bevendo ancora un po'.

Dopo una decina di minuti e un sorso di troppo, Jane si ritrovò in una sorta di interrogatorio portato avanti dalla bella Caroline che, sempre più sdraiata nella sua poltrona, le poneva delle domande confuse. Inizialmente era delicata, chiedendole più che altro informazioni su come si trovasse a Mystic Falls, poi però fece una domanda che accese una spia nel cervello leggermente annebbiato della forestiera “Perché hai deciso di trasferirti proprio in questa città?” Jane non riuscì a trattenersi “Intendevi chiedermi perché ho scelto una città piena di vampiri?” solo quando pronunciò quella parola e notò lo sguardo preoccupato di tutti i presenti si rese conto di cosa avesse fatto così si affrettò ad aggiungere “Ho letto di vari attacchi di animali e, durante il viaggio, una vecchietta un po' pazza mi ha detto che erano stati dei vampiri… ma non credo ad una singola parola di quello che ho sentito!” sperò di aver sistemato la questione. Con nonchalance si alzò ed uscì dalla stanza. Aveva bisogno di riprendere il controllo sulle sue azioni.

Dagli sguardi in quella stanza aveva capito che sapevano. Stefan aveva stretto la mascella e, per un secondo, Jane aveva visto la paura nei suoi occhi. Probabilmente si era spaventato all’idea di doverle delle spiegazioni… Elena aveva stretto d’istinto la mano del suo ragazzo e Caroline aveva strabuzzato gli occhi irrigidendosi sulla poltrona. Era stata un’incosciente! Sapeva come fosse facile perdere lucidità con dei superalcolici, non avrebbe dovuto fare quel sorso. Non voleva si ripetesse l’errore commesso a Miami.

L’aria di fine settembre le sfiorava la pelle scoperta, provocandole un brivido che scese lungo tutta la schiena. Era stanca. Voleva andarsene in hotel e sprofondare nel letto. Sperava che il gruppo di ragazzi fosse abbastanza ubriaco da dimenticare tutto.


“Jane - Elena richiamò la sua attenzione affacciandosi dalla finestra della stanza in cui si erano rintanati – Io vado a casa. Vuoi un passaggio?” la forestiera le rivolse un stanco sorriso “Sì, grazie”

Angolo Autrice
Buonasera! Spero che il capitolo non sia stato troppo noioso... dal prossimo le cose diventeranno più movimentate!
Buona lettura ; )

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Jane aspettò Elena davanti alla sua auto. In pochi minuti furono a casa della bruna “Guarda che puoi ridarmelo domani il vestito, ti accompagno a casa” Elena aveva cercato di convincerla ma la corvina non aveva intenzione di far sapere a nessuno dove abitasse; avrebbe ridato il bellissimo vestito alla proprietaria e avrebbe fatto una passeggiata per tornare in hotel.

Riavuto il suo semplice abito di cotone, salutò la Gilbert “Sicura di non volere un passaggio?” sembrava preoccupata all’idea che andasse in giro da sola alle una di notte, ma Jane era abituata a questo tipo di cose. La notte non la spaventava e comunque non voleva scomodare la ragazza. Così scosse il capo ed uscì nella brezza fresca di inizio autunno salutando con la mano la bruna che era rimasta alla porta di casa.
Riuscì ad orientarsi subito e decise che tagliare per la strada che costeggiava il bosco non fosse un problema. Si strinse nel leggero cardigan che si era portata via per proteggersi dall’aria.

Qualche minuto dopo intravide una figura camminare fra gli alberi. Teneva una torcia in una mano e una pistola nell’altra. Jane si avvicinò facendo attenzione a rimanere nascosta. Era un uomo, molto giovane, e indossava la divisa della polizia della contea. Lo sentì parlare sottovoce alla radio “Credo di averlo trovato. Si trova ad est del bosco, mi avvicino” si spostò verso il fitto degli alberi e Jane continuò a seguirlo. Il suo istinto la stava portando in quella direzione, sentiva che non si trattava di un animale o un malvivente…

Pochi passi più avanti il giovane agente si bloccò alzando la pistola verso un punto difronte a Jane. Le mani gli tremavano e non riusciva a prendere la mira “Dannazione!” sussurrò cercando di calmarsi. La ragazza seguì la traiettoria della canna e scorse, a una trentina di metri, una figura alta chinata su un corpo inerme, con il viso nell’incavo del collo della sua preda: era sicuramente un vampiro. In quel momento un raggio di luna illuminò i due individui scoprendo così le loro identità. Jane spalancò gli occhi vedendo Damon intento a bere del sangue da una ragazza che era in classe con lei. il vampiro si staccò da lei, la guardò negli occhi e le disse “Dimentica ciò che hai visto, torna a casa e riposati!” la lasciò andare e si rimise in piedi. L’agente colse l’occasione per prendere meglio la mira. Jane ebbe solo pochi istanti per decidere cosa fare. Damon si era dimostrato capace di provare dei sentimenti: se fosse stato veramente lo Squartatore, come credeva lei, non avrebbe lasciato andare così tranquillamente la sua vittima. Jane aveva giudicato male quel vampiro.

In una frazione di secondo si scaraventò addosso al giovane cercando di prendergli la pistola. Partì un colpo e subito un dolore acuto al fianco sinistro le mozzò il fiato. L’agente, terrorizzato, si allontanò facendo cadere l’arma nel fogliame. Guardò negli occhi Jane “Va via!” gli urlò contro lei premendosi entrambe le mani sulla ferita. Lui la ascoltò e, in meno di cinque secondi, era sparito dalla sua visuale. La ragazza si voltò per controllare se Damon fosse ancora lì ma il vampiro era sparito non appena aveva percepito lo sparo, non si era girato per vedere chi fosse stato, sapeva che erano gli uomini dello sceriffo che cercavano di fare fuori tutti i vampiri presenti a Mystic Falls.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Raggiunse la sua stanza d’hotel cercando in tutti i modi di nascondere la ferita che continuava a sanguinare. Era stata una stupida, doveva ammetterlo! Come si poteva pensare di attaccare una persona armata ed uscirne indenni?

Aprì lo sportello nel bagno e prese un paio di garze, del disinfettante e del nastro di stoffa. Si levò il vestito ed esamino il solco lasciato sul fianco dal proiettile. Per fortuna l’aveva colpita di striscio e il proiettile non era nella ferita, però la situazione non era delle migliori. Sperava che durante la notte si sarebbe almeno fermata l’emorragia. Finì di medicarsi, infilò una T-shirt nera ed andò sotto le coperte esausta.

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Cercò di focalizzarsi su un qualunque oggetto presente nella stanza. Si era svegliata con un forte dolore alla testa e al fianco, provò ad alzarsi e trovò una chiazza di sangue fresco all’altezza della ferita, segno che non si era rimarginata come sperava. A fatica si mise seduta, doveva fare qualcosa! Pensò a quale potesse essere l’opzione migliore; andare in ospedale era da escludersi a priori… poi le venne un lampo di genio: lei aveva salvato Damon e lui avrebbe potuto darle un po' del suo sangue per guarire. Era semplice!

Prese il cellulare dal comodino e scrisse un messaggio ad Elena < Mi manderesti l’indirizzo di Damon?> non si preoccupò di aggiungere nulla e non pensò nemmeno alle migliaia di domande che si sarebbe fatta la ragazza, in quel momento la sua salute stava sopra a qualunque altra cosa.

Dopo pochi minuti, nei quali Jane controllò la ferita e la fasciò nuovamente, arrivò la risposta di Elena con indirizzo e un grande punto di domanda. < Questione in sospeso> digitò velocemente, sperando che alla ragazza bastasse. Cercò velocemente sulla cartina della città il tragitto più breve per casa Salvatore ed uscì dalla stanza. Si avvicinò alla reception per dire delle lenzuola sporche inventandosi che si era tagliata il giorno prima scivolando durante un’escursione. La donna alla scrivania le sorrise gentilmente “Non si preoccupi signorina, gliele facciamo cambiare immediatamente. Vuole che chiamiamo un medico?” Jane declinò cortesemente l’offerta dicendo che ci stava giusto andando in quel momento.

Ci vollero giusto cinque minuti per raggiungere un’imponente e maestosa villa a due piani. La facciata era di mattoni rosso scuro con delle travi a vista in legno antico, l’ambiente dall’esterno sembrava molto rustico. Si avvicinò velocemente all’entrata: una grossa porta in legno con un pesante battente in ottone. Appena appoggiò la mano sulla superficie rugosa del legno, l’uscio si aprì rivelando un breve corridoio che terminava in un’immensa sala con mobili antichi in legno. “Damon?” domandò titubante mettendo un piede nella casa. “C’è nessuno?” chiese ancora entrando nell’enorme salone.

Una figura era in piedi difronte alla grande finestra da cui entrava la luce del sole. Si voltò lentamente verso Jane che si pietrificò vedendo lo sguardo iniettato di sangue del vampiro “Stefan?”

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


“Che ci fai a casa di Damon?” Jane rimase immobile, gli occhi del vampiro erano circondati da vene nere ingrossate e le pupille erano scurite dal sangue che le irrorava. “Si dà il caso che questa sia anche casa mia! Damon è mio fratello…” a velocità da vampiro le fu davanti al viso, i canini completamente in mostra e lo sguardo da pazzo. “Stefan per favore…” sussurrò vedendo le sue zanne sempre più vicine “Non riesco a controllarmi…” le rispose lui ad un centimetro dal suo collo, fremendo per l’odore di sangue e tentando di non perdere il controllo. Jane indietreggiò di qualche passo ma non poté fare molto perché il giovane l’afferrò e piantò i suoi denti all’altezza della clavicola sinistra. Il dolore fu atroce e sommato a quello al fianco, le portava via le energie.

Voleva scalciare ma sapeva bene che, in quelle situazioni, non serviva a nulla cercare di scappare; l’unica cosa che poteva fare era provare a ragionare con lui: lo aveva visto con Elena, era in grado di essere più umano di quanto dimostrasse in quel momento. “Stefan – la voce era flebile – ascolta! So che puoi fermarti… ti prego. Pensa ad Elena… lei ti ama, cosa farebbe se ti vedesse in questo stato? – la violenza con cui le succhiava il sangue si fece maggiore portandola a capire che era lui lo Squartatore, non c’erano dubbi – Stefan! Non devi tornare il mostro che sei stato. Puoi ancora dimostrare di essere più forte dei tuoi istinti! Fermati!” non seppe bene quale delle migliaia di suppliche mascherate da consigli lo fecero rinsavire dal suo momento di follia ma Jane fu libera e, senza il sostegno del vampiro, cadde rovinosamente al suolo portandosi una mano al collo e una al fianco scoprendolo sporco di sangue.

Stefan si era allontanato di diversi passi continuando a fissare la ragazza che cercava di rimettersi in piedi. Lei lo guardò leggendogli negli occhi il disgusto per ciò che aveva fatto e la preoccupazione. “Scusami… - disse voltandole le spalle – Sono in un periodo in cui faccio fatica a controllarmi. Quando sei entrata c’era un odore di sangue… non ho resistito” Jane provò ad avvicinarsi ma le gambe le cedettero e si ritrovò per terra. Stefan le si avvicinò notando che la mano sul fianco era insanguinata, così come la maglia “Sei ferita!” la aiutò a sedersi sul divano in stile ottocentesco “Ero venuta qui per questo… avrei bisogno del sangue di un vampiro” gli sorrise debolmente “Com’è successo?” l’uomo, che prima sembrava pronto ad ucciderla, era tornato quello tranquillo di sempre ed era persino gentile, come se non fosse mai successo nulla. “Una lunga storia, niente di che in realtà!” Stefan si morse un polso e lo porse alla forestiera che bevve un po' del sangue.

Sentì le forze tornare e le ferite richiudersi. Sorrise al vampiro “Grazie! Ti sei sdebitato per avermi morsa!” gli fece l’occhiolino alzandosi dal divano. Lui la bloccò per un polso “TI prego di non dirlo agli altri, si preoccuperebbero per me…” la guardò supplicante “Direi che si preoccuperebbero anche per tutti gli abitanti umani di questa città! – rise alludendo alla pazzia omicida dello Squartatore. Stefan non sembrò apprezzare la battuta “Tranquillo, se prometti di non uccidere nessuno, mi porterò questo segreto nella tomba!” detto questo si voltò ed uscì dalla villa.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Jane tronò in hotel sollevata. Per un momento aveva temuto di essere in pericolo ma, fortunatamente, era riuscita a far ragionare quel vampiro. Non voleva pensare a cosa sarebbe accaduto se lui non si fosse fermato…

Il cellulare le vibrò nella tasca dei jeans, lo estrasse e lesse un messaggio di Elena < Ci vediamo al Grill fra un’ora. Mi devi delle spiegazioni!> sapeva a cosa si riferiva: Damon. Chissà quale film mentale si era fatta quella ragazza dopo aver letto il messaggio misterioso sul perché avesse dovuto andare a casa Salvatore. Rispose con un asettico, lanciò i vestiti in un angolo del bagno e si fece una doccia per pulire via il sangue secco dal suo corpo.
Legò i capelli ancora umidi in una coda alta e infilò un vestito rosa antico con la manica a trequarti, mise le ballerine nere che le aveva regalato sua madre qualche mese prima di morire e afferrò un golfino nero e la borsa che aveva preparato poco prima.

Trovò facilmente il Grill: era il locale che aveva visto il giorno del suo arrivo in quella cittadina. Era ormai passata una settimana, una settimana in quel posto e già si era fatta sparare e mordere. Era quasi un record! Da che era scappata, aveva rischiato un bel po' di volte di ferirsi gravemente, di uccidere qualcuno… una volta aveva rischiato persino il carcere. Ma quella era una storia che le provocava ancora dolore e preferì accantonare il ricordo triste dell’unica amica di cui si fosse mai fidata veramente.

Purtroppo era fatta così: i sentimenti li reprimeva, li nascondeva. A volte perché erano troppo scomodi, altre perché non era né il luogo né il momento, ma la maggior parte delle volte era perché non voleva scaricare i suoi malesseri e i suoi ricordi dolorosi su altre persone; tutti hanno i propri fardelli, non trovava giusto caricarli anche dei suoi.

“Ciao Jane!” Elena era arrivata e con lei c’erano Caroline e Bonnie. Tutte e tre sorridenti, ognuna con almeno due borse piene di vestiti “Fatto shopping?” domandò la corvina indicando col mento i sacchetti “Oh sì – esclamò Caroline – C’è una festa in programma per venerdì sera! Il tema è l’Ottocento, quindi vestiti con ampie gonne, merletti, pizzi e corsetti!” l’eccitazione che traspariva dalla sua voce era quasi eccessiva secondo Jane. “C’è stata una festa ieri…” l’espressione di stupore misto a shock sul viso della forestiera fece scoppiare a ridere le tre ragazze mentre, tutte e quattro, trovavano un tavolo al Grill e si sedevano togliendosi i golfini. “Qui non succede molto e le ricorrenze sono tante – disse Bonnie chiamando l’attenzione del cameriere più vicino – quindi facciamo molte feste e cose del genere.”

Ordinarono qualcosa per pranzo e continuarono a parlare dell’imminente festa. In realtà, come spiegarono a Jane, era più una sorta di commemorazione per la fondazione della cittadina avvenuta, perlappunto, nell’Ottocento dopo averla liberata da un gruppo di vampiri. Questa parte la tralasciarono ma Jane aveva letto in uno dei molti libri di sua madre la storia di Mystic Falls: liberata da un gruppo di vampiri che aveva fatto vittime nel raggio di chilometri, le famiglie fondatrici li avevano chiusi in una chiesa e le avevano dato fuoco. Era incredibile come il folclore e l’ignoranza portassero a considerare tutte le creature della notte come esseri immondi e pericolosi, da dover essere sterminati.

“Dovresti venire anche tu!” esclamò ad un certo punto Elena. Jane storse il naso “Rinchiusa in un corsetto e con una gonna potenzialmente mortale? Anche no, grazie!” prese una banconota dal portafogli e la lasciò sul tavolo. “Dai Jane! Sarà divertente! Possiamo aiutarti noi con il vestito e con l’acconciatura. Ti prego vieni!” gli occhi della bruna si trasformarono in quelli di un cucciolo. Jane si alzò afferrando la borsa. Lanciò uno sguardo ad ognuna di loro, infine sospirò sconfitta “Va bene ci vengo. Ma è l’ultima volta che mi convinci Gilbert!” le salutò con un gesto della mano e se ne andò dal locale.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Aveva fatto solo una decina di passi verso l’hotel quando il telefono vibrò. Lo estrasse dalla borsa e rispose alla telefonata “Cosa c’è ancora Elena?” era impossibile che quella ragazza fosse più testarda di lei… “Alle 8 al Grill questa sera! Non accetto un no come risposta!” non fece in tempo a rispondere che la bruna all’altro capo aveva già riattaccato. “Perfetto! – esclamò guardando verso il locale alle sue spalle – Ora mi faccio comandare da una diciassettenne!”

Arrivata in hotel aprì la cassaforte e guardò quanto contante le rimaneva. Abbastanza per un altro mese ma doveva assolutamente trovarsi un lavoro. Per i due anni in cui era stata ovunque si era sempre arrangiata lavorando come cameriera, barista o donna delle pulizie in qualche motel. Mentre era al Grill aveva pensato di chiedere al proprietario se aveva un posto per lei ma preferiva che le ragazze non sapessero nulla. Temeva, in cuor suo, che avrebbero cercato di aiutarla e lei non voleva sentirsi in debito con qualcun altro… aveva ancora un debito in sospeso con Nic, non poteva permettersene altri.

Cenò in hotel, come tutte le sere, poi tornò nella sua stanza e si preparò per la serata con le ragazze. Mise un paio di jeans neri, un top rosso con un bordo di pizzo nero e le sue inseparabili décolleté nere. Prese la borsa quando mancava un quarto d’ora alle 8 ed uscì con un velo di trucco sugli occhi e un rossetto rosso lucido.

Entrò nel locale con dieci minuti d’anticipo. Era decisa a parlare con il proprietario. Intercettò con lo sguardo Matt mentre serviva un tavolo; indossava la maglietta del Grill quindi decise di chiedere a lui informazioni sul padrone di quel posto.
“Ciao Matt, hai un secondo?” lui le sorrise dolcemente “Certo! Dimmi tutto!” possibile che in quella cittadina fossero tutti così carini e disponibili?! “Dovrei parlare con il responsabile di questo locale… se è possibile” il biondino le fece segno di seguirla e la portò vicino al bancone del bar “Ecco è lui!” esclamò facendole un cenno in direzione di un uomo di mezza età. Gli si avvicinò dopo aver ringraziato il ragazzo.

“Buonasera” Jane cercò di tirare fuori tutta la sua sicurezza: doveva fare una buona impressione. “Ciao!” sorrise l’uomo. I capelli erano grigio neri e gli occhi marroni gli davano un certo senso di tranquillità. Sembrava un uomo ragionevole. “Io avrei bisogno di un lavoro e, mi chiedevo, se lei avesse un posto vacante… sono brava a servire ai tavoli e a preparare drink.” L’uomo scoppiò a ridere “Sei carina! – la guardò poi con serietà – Sei di prova questa sera. Va dietro al bancone del bar e servi i clienti! Jeremy ti spiegherà dove stanno le bottiglie” il volto di Jane si illuminò “Grazie! Non la deluderò!”.
Non doveva bruciare quell’opportunità! Le ragazze avrebbero capito…

L’ultima volta che aveva lavorato come barista si trovava a Charleston, in Carolina del Sud. Erano passati un paio di mesi e sperava di non essersi arrugginita… si guardò un po' attorno trovando subito i liquori e i vari tipi di Whisky. I bicchieri erano sul lato opposto del bancone e quelli per gli shottini erano in un ripiano più basso.

“Un Bourbon grazie” quella voce… “Due!” anche quella le era famigliare. Alzò lo sguardo sullo specchio appeso sopra al ripiano dei bicchieri ritrovandosi Damon con una faccia da funerale e il professore di storia Salzman seduti al bancone. ‘Perfetto!’ pensò mentre prendeva due bicchieri e la bottiglia di Bourbon. Ne versò quanto bastava e si preparò alle reazioni dei due uomini. Uno era persino il suo professore… certo non avrebbe fatto una buona impressione. Senza dire una parola si voltò lentamente ed appoggiò i drink di fronte ai due. “Jane…” l’espressione del professore era di stupore puro mentre quella del corvino era più un ghigno divertito “Che ci fai qui, moretta?” la sua bocca si piegò in un ghigno. Jane odiava quello sguardo. Ma chi glielo aveva fatto fare di prendersi una pallottola per quel cretino?! “Sto cucinando, non vedi? Ah no, sto facendo il bucato!” si allontanò andando a servire un paio di ragazze con tanta voglia di bere.

Purtroppo dovette tornare verso i due “Non c’è bisogno di essere così scortesi, moretta!” si divertiva a provocarla. Lo aveva capito; doveva solo ignorarlo. “Come mai sei qui?” Il professore era più educato del suo amico che, nel frattempo, aveva scolato il suo drink e scuoteva il bicchiere vuoto in faccia alla giovane.
Sempre ignorando il corvino, si rivolse all’altro uomo “Avevo bisogno di un lavoro” prese uno straccio ed asciugò qualche goccia di liquido caduta sul bancone. “I tuoi genitori sono d’accordo che tu serva alcolici?” un sorriso amaro le si dipinse sul volto “Non ho nessuno che mi possa dire qualcosa…”. Si girò in direzione di un uomo grasso che la richiamava agitando una bottiglia di birra vuota.

“Ma quanti anni ha? Può vivere da sola?” Alaric guardava il suo amico di bevute che non staccava gli occhi di dosso alla forestiera mentre serviva drink ad un gruppo di ragazzi scatenati e preparava degli shottini per un addio al nubilato. “Tranquillo, Ric! Ha 19 anni” svuotò il suo terzo Bourbon e si alzò dal suo sgabello. “Sì ma qualcuno sa qualcosa sul suo conto?” il professore lo seguì fuori dal locale “No e non mi interessa – in quel momento incontrò lo sguardo di Elena – Ciao dolcezza!” ogni volta che la vedeva desiderava baciarla fino a non avere più fiato ma, come gli facevano notare ogni volta, lei era innamorata di suo fratello. Non c’era possibilità per loro due: lei dolce e fragile, lui una bestia, crudele e senza scrupoli.
“Se cerchi la tua nuova amichetta, sta servendo alcol a volontà!” fece un ghigno e si allontanò sparendo nella notte.

Alaric guardò la bruna “Lascialo perdere Elena, cerca piuttosto di capire qualcosa di più sulla nuova arrivata… secondo me nasconde qualcosa” le diede una leggera carezza sul braccio e si allontanò.


Angolo autrice
Buonasera, spero che il capitolo non risulti troppo noioso e lungo... non è successo un granché ma Jane deve ancora, diciamo, ambientarsi...
Buona lettura e, se avete tempo, lasciate un commento ;)

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Elena aspettò l’arrivo di Bonnie e Caroline per entrare al Grill. Erano in ritardo pazzesco ma, da quello che aveva capito, Jane era impegnata con il suo nuovo lavoro quindi… Si sentiva un po' infastidita dal fatto che la nuova amica non le avesse detto una cosa del genere però poi, ripensando al modo distaccato di quella ragazza, capì che era nel suo DNA. Qualcosa in lei faceva pensare ad un triste passato e, aveva ragione Alaric, lei doveva saperne di più!

Individuarono immediatamente la mora mentre serviva un paio di ragazzi. Si avvicinarono sorridendo e si sedettero ad un lato del bancone. Appena Jane le vide si avvicinò “E così hai un lavoro” esordì Caroline “Sono solo in prova. Ma ne ho veramente bisogno!” corse dall’altro lato del bar per prendere una bottiglia di Jack Daniels.
Non era più abituata a galoppare da una parte all’altra di un bancone, con decine di persone che urlavano la loro ordinazione e un perenne caos in sottofondo. La testa le scoppiava dal male ma non poteva arrendersi, aveva un disperato bisogno di quel lavoro: presto i fondi sarebbero finiti e non sarebbe più potuta rimanere in hotel.

Guardò l’orologio, erano quasi le 11 e le scorte di Vodka scarseggiavano. Il famoso Jeremy che doveva spiegarle dove stavano gli alcolici nel retrobottega non si era ancora fatto vivo quindi chiamò Matt perché rimanesse di guardia ed andò a cercare le scorte. Fu richiamata dalle ragazze che, sedute ad un tavolo poco lontano dal bar, la salutavano agitando i loro bicchieri. Non vide la porta della dispensa che veniva aperta violentemente. Sentì solo un dolore fortissimo al lato destro della faccia e il pavimento duro sul quale si era sfracellata.
Per qualche secondo fu tutto nero e un ronzare costante le impedì di sentire le voci allarmate di Elena e Bonnie che erano accorse immediatamente. Non appena riacquistata la vista, provò a mettersi seduta ma l’effetto fu abbastanza devastante.
“Jane fa piano!” esclamò Elena reggendo l’amica “Forse è meglio se ti portiamo via da qui…” la mora cercò di alzarsi reggendosi al ripiano poco lontano da lì “No, sto bene. Ora mi passa, devo tornare a lavoro o me lo scordo!”.

La gente in sala si era fermata qualche momento per fissare la scena ma, poco dopo, tornò ai discorsi e alle attività come se nulla fosse mai successo.
“Sei sicura? Forse dovresti farti controllare da un medico…” Caroline la afferrò prima che Jane potesse cadere al suolo dopo aver cercato di muovere qualche passo. La forza con cui la sorresse fece capire alla forestiera che quella era un vampiro come i Salvatore. Non ci pensò due volte “Dammi il tuo sangue” sussurrò mentre le gambe cedevano e tutto si faceva buio per la seconda volta.

Caroline si passò un braccio della ragazza svenuta dietro al collo mentre Elena la imitava “Cos’ha detto?” domandò la bruna, sperando di aver frainteso. “Credo sappia chi sono… sarà meglio portarla a casa di Stefan”. Bonnie recuperò la borsa della forestiera e seguì le sue amiche fuori dal locale cercando di non destare troppi sospetti sui clienti che lanciavano delle occhiate curiose e indagatorie a quel gruppetto.
Elena chiamò Stefan che le raggiunse in pochi minuti con l’auto. Adagiarono Jane sui sedili posteriori e il vampiro mise in moto “Ci vediamo a casa!” lasciò il freno e ingranò la marcia. Arrivato davanti al portone di casa spense la vettura, prese in braccio la giovane inerme e la adagiò sul divano del salone, accanto al camino acceso.

“E lei che ci fa qui?” domandò Damon scendendo la scalinata in legno. Fissò per qualche secondo la giovane, poi si voltò verso suo fratello che stava uscendo dalla cucina con un bicchiere d’acqua in mano. “Jane è svenuta al Grill, così le ragazze l’hanno portata qui. Damon, lei…” ma non finì la frase perché entrò Elena, seguita dalle sue amiche. “Sa che sono un vampiro!” esclamò Caroline andando a controllare la mora. Notò che sulla fronte si stava creando un ematoma “Cosa facciamo? Non possiamo lasciarla così…” Elena era preoccupata. Per quanto Jane fosse strana e misteriosa, le dispiaceva non poterla aiutare. Damon si avvicinò alla mora “Non ci vuole una scienza!” si morse il polso e lo adagiò sulle labbra della giovane. Lo sguardo di tutti i presenti si fissò su quella scena.




Angolo Autrice
Buongiorno, scusate per il ritardo! Sono stata malata per un po' quindi non ho avuto tempo di aggiornare.
Comunque spero che la storia vi stia prendendo!

Buon weekend a tutti 

Un abbraccio

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Jane aprì gli occhi, trovandosi a fissare un soffitto con travi a vista a lei sconosciuto. Non era nella sua stanza d’albergo e nemmeno al Grill… come un lampo le venne in mente la porta contro la sua faccia. Istintivamente si portò una mano là dove avrebbe dovuto avere un bernoccolo ma, con sua sorpresa, non c’era nulla. Le venne in mente la richiesta che aveva fatto a Caroline rivelando così che lei sapeva. Dannazione! Pensò mettendosi a sedere sul divano rivestito di un tessuto scarlatto. Guardandosi meglio attorno si rese conto di trovarsi nel salone di casa Salvatore. Fantastico! Si alzò dirigendosi verso la porta d’entrata, sperò di non essere sentita e di svignarsela. Non voleva dover spiegare a nessuno perché sapeva dell’esistenza dei vampiri e rispondere alle migliaia di domande che le avrebbero posto.

“La principessa si è svegliata! - il tono sarcastico di Damon non fece che confermare i suoi sospetti – Dove credi di andare? Dopo averti dato il mio sangue pretendo delle spiegazioni!”. Rimanere calma si rivelò abbastanza difficile, ciò che avrebbe voluto in quel momento era fuggire ma sapeva bene quanto sarebbe stato facile per lui fermarla.

In quel momento fecero la loro comparsa Stefan, Elena, Caroline e Bonnie. “Come ti senti?” domandò il padrone di casa. La domanda sembrava più una scusa per cominciare l’interrogatorio “Visto che ho sangue di vampiro che mi scorre nelle vene, direi bene!” lanciò un’occhiata a Damon che si stava versando del Bourbon nel bicchiere di vetro. “Avremmo un paio di domande da farti, Jane…” Bonnie fece un passo verso la ragazza che, automaticamente, indietreggiò “Ascoltate. Lo so che vi devo delle spiegazioni. Vi prometto che domani sera vi dirò qualcosa su di me e su come faccio a sapere della vostra esistenza – dicendo quello fece passare lo sguardo da Stefan a Damon, fermandosi su Caroline – ma non oggi! Buonanotte” si avvicinò al portone d’entrata. “Aspetta, ti accompagno!” si propose Stefan ma Jane scosse la testa “Non serve” disse muovendo qualche passo fuori dall’abitazione.

Arrivata quasi in strada fu attirata dal rumore di un motore che si avvicinava e, pochi passi dopo, una Camaro azzurra le si accostò. “Salta su!” Damon la guardava divertito facendole segno di salire. Senza capirne il motivo, lo ascoltò e in pochi secondi fu seduta sul sedile più comodo che avesse mai provato. Lanciò uno sguardo al vampiro che continuava a fissarla. “Quanto della tua vita ci racconterai domani?” le chiese curioso mentre metteva in moto. La mora si sentì in dovere di dire qualcosa, d'altronde era di Damon il sangue che l’aveva guarita… “Poco… Non amo parlare della mia vita” il tono lasciò trapelare quel senso di tristezza che le generava ogni volta che ripensava a sua madre in quella stanza d’ospedale pochi minuti prima che si spegnesse. Una lacrima premette per uscire ma la ricacciò in dietro: non era né il luogo né il momento.

“Dove abiti?” la sua voce era gentile, non sembrava il solito Damon. Nemmeno lui capiva perché si stesse comportando così con quella straniera; forse era solo una speranza che lei scucisse qualche informazione…

Jane non riusciva a spiegarsi il motivo della sua difficoltà a dire che abitava in un hotel, probabilmente perché la gente la ricopriva di domande, o forse perché dirlo ad alta voce lo rendeva reale e si doveva confrontare col fatto che la sua vita fosse da nomade. “Sto nell’unico hotel di Mystic Falls” guardò fuori dal finestrino aspettandosi la reazione dell’autista, ma “Interessante!” fu l’unica cosa che ottenne.

In poco tempo furono arrivati, “Buonanotte moretta. Ci si vede domani” Jane aprì lo sportello senza rispondere. Stava già pensando alla sera seguente.
Arrivata nella sua stanza si guardò allo specchio, ma chi glielo faceva fare di stare in quella cittadina? Di certo non era il luogo giusto per iniziare una vita normale! Senza pensarci molto prese la valigia da sotto il letto, la aprì e cominciò a buttarci dentro i vestiti che aveva sparpagliato per la camera. La fortuna di  spostarsi sempre è che il bagaglio non è molto: una valigia capiente e un borsone!

Nel giro di un quarto d’ora era pronta per partire, avrebbe chiamato un taxi e si sarebbe fatta portare nella città più vicina. Aprì la porta e sbatté conto una figura alta e muscolosa rischiando di cadere. Damon la fissava indagatorio “Non fa per me questo posto!” si stava davvero giustificando con quel tipo?! Probabilmente era solo la stanchezza. “Se non ti fermi mai, non puoi trovare il posto giusto per te” era diventato saggio, nemmeno suo  fratello se ne sarebbe uscito con una frase del genere…

Abbandonata l’idea della fuga, Jane si ritrovò in pigiama con Damon in camera sua. Era entrato trascinandosela dietro, nemmeno fosse un pacco.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Il vampiro la fissava rimanendo sdraiato sul letto “Cosa sai sui vampiri?” Jane non voleva rivelare nulla, avrebbe sicuramente dovuto parlare anche di Nic e dei viaggi con sua madre. Così rimase in silenzio mentre svuotava la valigia. Damon si scocciò per quella situazione e, a velocità di vampiro, l’afferrò per le spalle e la costrinse a guardarlo negli occhi “Dimmi tutto quello che sai su di noi!” le pupille si allargarono e restrinsero segno che stava usando la compulsione. Jane si ritrovò a parlare senza controllo “Siete vampiri trasformati nel ‘800, tuo fratello è uno squartatore e la donna che vi ha trasformato si nasconde da un originale al quale ha fatto un torto in passato.” Gli occhi azzurri di Damon erano fissi in quelli nocciola di lei “Come sai tutte queste cose?” la presa ferrea sulle spalle si allentò “Mia madre era un’appassionata di occulto e supernaturale. Abbiamo viaggiato, spostandoci nei maggiori centri come New Orleans , Edimburgo e Torino. Ho conosciuto decine di vampiri, per questo so cosa sanno fare.” Sul volto del corvino spuntò un sorrisino “Se conosci ciò di cui siamo capaci, perché sei venuta proprio in questa cittadina sperduta in Virginia?” lo sguardo sempre fermo e sicuro “ Mia madre mi ha consigliato di venire qui” nonostante la compulsione, Jane aveva sviluppato una capacità a dire lo stretto indispensabile. Cosa che la aiutò nella domanda seguente “E dov’è tua madre ora?” il ghigno di poco prima scomparve “Si trova a Chicago”.

Quella mezza verità le permise di distaccarsi dal controllo del vampiro. Con il tempo e la pratica aveva imparato che quel legame si indebolisce se ciò che si dice, come in questo caso, è vero ma non rispecchia il pensiero e la credenza comune: sua madre, Monique, si trovava davvero a Chicago ma in un cimitero, morta. Ciò travisava dalla realtà a cui credeva Damon, permettendo così a Jane di liberarsi quel poco da riprendere il controllo sulle proprie parole.

Rimasero a fissarsi per attimi che le parvero interminabili. “Che cosa vuoi?” quella domanda, che poteva sembrare banale, nascondeva un significato più nascosto. La forestiera capì che si riferiva alla sua decisione di vivere a Mystic Falls, ma decise di usare quell’ambiguità per togliersi il vampiro definitivamente dalla sua mente “Voglio che tu smetta di usare la compulsione su di me!”.

Lo stupore che si dipinse sul volto del corvino fu impagabile che, per qualche secondo, rimase immobile. Poi si allontanò di alcuni passi “Questa è nuova!” osservò Jane cercando di decifrare i suoi pensieri. Perché con quella ragazza era così diverso? Cosa aveva lei che gli impediva di agire come con tutti quelli che non stavano alle sue regole?

Stava per esprimerle i suoi dubbi ma qualcuno bussò alla porta della camera d’hotel. Chi può essere a quest’ora? Si chiese Jane voltandosi verso l’ingresso. Il tempo di tornare con lo sguardo verso il vampiro che di lui non c’era più traccia. La finestra era spalanca e le tende svolazzavano mosse dalla brezza fresca della notte. La giovane sentì una sorta di vuoto che aveva lasciato quella fuga silenziosa. Cosa poteva aspettarsi? Di certo non le avrebbe dato un bacio della buonanotte ma almeno un “Ci vediamo domani” poteva dirglielo.

Fu distolta dai suoi pensieri da un nuovo colpo sulla porta “Samantha fammi entrare!” la voce sbiascicata di un uomo raggiunse Jane che, nel frattempo, si era avvicinata. Aprì lentamente l’uscio ritrovandosi un trentenne con la barba appoggiato alla parete del corridoio. Era ubriaco e Jane ne fu convinta quando, avvicinandosi, gli sentì l’alito. “Oh scusa! Ho sbagliato camera!” scoppiò a ridere incamminandosi verso l’ascensore “Buonanotte cara!” urlò mentre le porte si aprivano e lui muoveva dei passi incerti.

Rimasta sola nella sua stanza, Jane finì di riporre i vestiti nell’armadio e nascose la valigia sotto al letto. Si addormentò con la testa piena di pensieri, la maggior parte avevano a ce fare con Damon e i vampiri.











Erano circa le cinque di mattina quando si svegliò tutta sudata. Aveva avuto una specie di incubo: si trovava in una sala da pranzo, al tavolo con un bambino di circa dieci anni e un uomo con una barba nera e un viso che mettevano paura. L’uomo la stava accusando di aver rubato qualcosa e le afferrò il braccio scoprendolo dalla manica della camicia che stava indossando. Avvicinò un sigaro acceso alla pelle delicata e lo appoggiò con violenza. Di istinto Jane urlò scoprendo però che la voce non era la sua, bensì di un ragazzino.

Rimase seduta nel letto per qualche minuto cercando di riprendersi. Ciò che aveva sognato apparteneva ai ricordi di qualcun altro. Ma chi?




Angolo Autrice
Ciao a tutti! Scusate il ritardo enorme nel pubblicare ma sono stati giorni di fuoco per via della scuola... 
Spero che l'attesa ne sia valsa almeno un po' la pena... 
Lo so! Il capitolo era un po' statico ma mi rifarò nei prossimi. Stiamo entrando nel clou della storia!
Buona serata!!!

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Quella mattina Jane aveva molti pensieri che le frullavano per la testa, primo di tutti era ciò che avrebbe dovuto dire quella sera ai suoi amici, se così li poteva definire. Poi doveva anche sistemare la questione con il gestore del Grill. Non aveva molta voglia di continuare a lavorare in quel posto… Aveva sì bisogno di denaro, ma non ci teneva a restare inchiodata dietro ad un bancone, specialmente se dall’altro lato sedeva agni sera il suo professore di storia e quel tipino di Damon! Soprattutto non voleva rischiare la vita tutte le volte che lavorava.

Mentre camminava verso la piazza centrale di Mystic Falls, si fermò a guardare le vetrine di un fioraio. In un vaso nero c’era un mazzo di gigli rosa screziati di giallo. Quello era il suo fiore preferito e, vederlo, le riportò alla memoria la sera del suo diciassettesimo compleanno, pochi giorni prima che sua madre si ammalasse gravemente. Le aveva fatto trovare un mazzo di gigli arancioni screziati di rosso sul tavolo della cucina. Li aveva presi nel negozio in cui lavorava in quel periodo. Monique aveva sempre detto che il fioraio era il suo mestiere preferito: a contatto con fiori di ogni tipo e con delle persone che amava vedere soddisfatte dopo un acquisto. Conosceva alla perfezione la proprietà e i significati di ogni pianta e si divertiva a dare consigli anche di erboristeria alle signore anziane rimaste sole. Sua madre era così! Amava dare un po' di conforto a chi era rimasto solo, probabilmente perché aveva perso l’amore della sua vita troppo presto. Non aveva mai raccontato a Jane cosa fosse successo al padre, era troppo doloroso, e Jane non aveva mai chiesto.

Una donna sui sessant’anni si avvicinò alla vetrina ed attaccò un foglio con scritto in rosso “Cercasi commessa”. Jane lo colse come segno del destino. Entrò nel negozio speranzosa. Il profumo di rose la investì lasciandola incantata per qualche secondo. “Cosa desidera signorina?” domandò la donna con voce gioiosa. “Buongiorno, ho visto il cartello…” Jane indicò il pezzo di carta appeso in vetrina “Hai esperienza?” la signora si versò una tazza di tè e si sedette ad un tavolino di metallo. “Veramente no. Però imparo in fretta e avrei bisogno di un lavoro…” la sua interlocutrice si alzò un po' a fatica dalla sedia e le si avvicinò “Sai? Mi ricordi molto una persona… sembri proprio mia nipote. Anche lei aveva questi bellissimi occhi marroni… Ahimè è scappata molti anni fa” poi si bloccò, rendendosi conto che non era il caso di raccontare la sua triste storia alla giovane “Puoi venire domani alle 10 di mattina. Il lavoro è tuo” Jane sbarrò gli occhi dallo stupore “Come? Non vuole vedere se ne sono all’altezza?” la signora si appoggiò al bancone dove erano appoggiati diversi vasi pieni di fiori “Guardati attorno, cara, non c’è molto da fare qui. Quello che cerco io è un po' di compagnia, tutto qui!” rise divertita mentre si rintanava in uno sgabuzzino buio. “Ci vediamo domani cara!” esclamò mentre Jane usciva dal negozio.

Quella donna era strana. Però sembrava così triste… A Jane fece tenerezza. E mentre camminava verso il Grill ripensava a ciò che aveva detto la proprietaria della fioreria riguardo alla nipote fuggita. Doveva aver provato molto dolore se ancora ci pensava con dispiacere.

In pochi minuti raggiunse il locale più frequentato di Mystic Falls. Entrò per cercare il proprietario ma scorse Damon seduto al bancone del bar, nello stesso posto in cui lo aveva visto la sera prima. Teneva in mano un bicchiere, sicuramente di Bourbon, mentre aveva lo sguardo perso in un punto indefinito della vetrina dei superalcolici. “Ah Jane! Come stai?” il proprietario le si avvicinò sorridendole “Bene grazie. Sono venuta qui per parlarle…” l’uomo le fece cenno di seguirlo in un luogo un po' più appartato. “Mi dispiace per l’incidente di ieri… Jeremy è distratto in questi giorni. Ma non ti preoccupare: il tuo posto lo puoi tenere!” La ragazza sorrise cordialmente “Non c’è problema, ma io sono qui per dirle che rinuncio. Non fa più per me questo lavoro. La ringrazio per la cortesia e per il disturbo. – mosse alcuni passi in direzione di Damon – Buona giornata!” esclamò lasciando l’uomo interdetto.

“Almeno potevi salutarmi questa notte” disse con voce impassibile mentre si sedeva accanto al vampiro che sorrideva divertito, nascondendosi dietro al bicchiere. “Chi era quello?! Il tuo spasimante?” si spostò leggermente per guardarla negli occhi. Come risposta ottenne una semplice alzata di spalle “Un ubriacone che aveva sbagliato camera… - si alzò osservando la gente che chiacchierava seduta ai vari tavoli – Ti auguro una buona giornata Damon. Ci si vede” fece per andarsene ma lui la bloccò per un braccio “Ricordati che mi devi delle spiegazioni!” la giovane, con un movimento brusco, si liberò “Lo so! Vi ho promesso che vi dirò di più questa sera” il vampiro si avvicinò “Eh no moretta! Tu mi devi spiegare come hai fatto a liberarti dalla compulsione” quest’ultima parte la sussurrò temendo che qualcuno potesse sentirlo. Jane si incamminò verso l’uscita del Mystic Grill “Ciao Damon” disse senza voltarsi.

Il corvino non riusciva a spiegarsi come quella ragazza riuscisse ad infastidirlo e incuriosirlo allo stesso tempo. Aveva un qualcosa di misterioso che lo attraeva ma il suo cuore era più impegnato a pensare ad Elena e a come le cose stessero andando meravigliosamente con Stefan. Continuava a sperare che lei scegliesse lui e lasciasse quel mangiatore di scoiattoli di suo fratello ma, come era già accaduto un secolo e mezzo prima, avevano scelto Stefan e Damon doveva solo adeguarsi. Ma lui non era abituato a doversi adeguare, era la gente che si adeguava a lui solitamente. Lui otteneva sempre ciò che voleva. Ecco! Pensò il vampiro Quella moretta è riuscita a farmi incazzare senza aver detto nulla! Più infastidito di quando si era alzato quella mattina, uscì dal locale sperando di trovare una qualche ragazzetta stupida da soggiogare per passare qualche ora a divertirsi.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Era scesa la sera. Verso le tre di pomeriggio le era arrivato un messaggio di Elena che la invitava a cena a casa Salvatore per le sette e mezza. non era molto propensa a passare una serata con gli occhi di tutti puntati come dei riflettori ma lo aveva promesso e non poteva tirarsi in dietro.

Si preparò con un po’ di anticipo e scese nella hall. Lì trovò il tipo ubriaco della notte precedente che le sorrise in modo un po' inquietante. Decise di non farci caso: a Los Angeles ne aveva visti molti di tipi come lui, un po' viscidi e con la faccia da stalker.

Mentre camminava per le strade della cittadina notò che quella sera la luna era inesistente e il cielo era più buio del solito. Andava lentamente sperando di tardare quel fatidico momento. Ma perché era rimasta? Come era riuscito Damon a bloccarla? Ah giusto! Usando la compulsione… che brava persona! Cosa aveva visto in lui quella notte per salvarlo da quel poliziotto?

Dopo una quindicina di minuti si ritrovò davanti al portone di casa Salvatore. Fece un respiro profondo cercando il coraggio di suonare il campanello. In quel momento la Camaro di Damon si fermò proprio dietro di lei. Scese con un ghigno sul volto “Buonasera moretta. Che bella serata vero?” Jane decise di non rispondergli, in quel momento stava pensando a tutte le cose che avrebbe dovuto dire. Si limitò a seguirlo nell’immensa casa. “Guardate chi ho trovato qui fuori!” esclamò divertito andandosi a versare un bicchiere di Bourbon.

“Jane come stai?- Elena le si avvicinò sorridendole gentilmente – vieni la cena è pronta! Io, Caroline e Bonnie abbiamo cucinato tutto il pomeriggio” la forestiera avrebbe voluto fuggire da quella situazione “Non dovevate disturbarvi…” perché si sentiva così fuori posto? Probabilmente perché erano anni che non aveva una relazione del genere con delle persone… diciamo pure che MAI aveva avuto una relazione del genere, solitamente rimaneva in un angolino, nessuno si interessava a lei… decise di lasciare quei ricordi per un momento meno impegnativo.

Quando raggiunse la sala da pranzo imponente e un po' pretenziosa trovò già seduti al tavolo Stefan, Bonnie, Caroline, Damon e il professor Salzman. Lo sguardo perplesso della ragazza fece sorridere l’uomo e Stefan si affrettò a spiegare “Alaric è un amico ed è a conoscenza dei vampiri” Jane gli rivolse un sorriso di circostanza “Se è così…” si sedette all’unico posto libero, accanto a Damon. Si scambiarono uno sguardo che durò alcuni secondi, forse troppi. Caroline si schiarì la voce “Non vorrei pressarti Jane ma tu ci devi delle spiegazioni!” in quel momento Elena portò un piatto contenente delle bistecche cotte alla griglia. “Andiamo Car, possiamo rimandare le domande a dopo”. Era incredibile come quella ragazza fosse gentile e pensasse sempre agli altri. Notò come gli occhi di Damon si fossero incantati sulla bruna. La guardava con un desiderio che Jane non aveva mai visto. Capì subito che il vampiro provava forti sentimenti per la ragazza, purtroppo vide anche come lo sguardo gli si spense nel momento in cui lei diede un bacio poco casto a Stefan.

Jane non aveva mai amato nessuno, non si era nemmeno mai innamorata… non ne aveva mai avuto il tempo. Però era certa che il suo cuore non avrebbe mai retto la vista dell’amato che si crogiolava fra le braccia di un’altra!

“Moretta ci sei?” il vampiro la stava scuotendo leggermente per una spalla “Sì, scusate…” abbassò lo sguardo imbarazzata, doveva piantarla di perdersi nei ricordi! In quel momento sentì che qualcosa non andava: la vista le si appannò leggermente, il cuore accelerò notevolmente i suoi battiti e tutto il ventre si contrasse, come se qualcosa si stesse muovendo. Cercò di non spaventarsi, fece dei respiri profondi pensando a cosa potesse essere. La nausea cominciò a crescere, costringendola ad alzarsi. “Scusatemi un attimo” disse correndo verso il giardino. “Jane!” esclamò Carolina correndole dietro.

“Torna dentro Caroline, sto bene” disse Jane dopo essersi appoggiata ad una panchina in legno. “Non mi sembra. Cos’hai?” la bionda le si era messa accanto e cercava di capire qualcosa di più sullo stato della ragazza “Nulla di che. Probabilmente ho mangiato qualcosa che non dovevo.” L’altra scosse il capo con disappunto “Il tuo cuore sta martellando come un pazzo e sei diventata pallida tutto ad un tratto… a me questo non sembra niente!” Jane si voltò per guardarla “Caroline tu torna dentro a cenare, io vi raggiungo fra un po'. Sto già meglio…” la vampira non era molto convinta ma decise di non recriminare.

Rimasta sola Jane cercò di capire cosa le stesse succedendo. Tutto il suo corpo era scosso da brividi, i muscoli erano contratti e sembrava che nell’addome ci fosse un cane che mordeva incessantemente. Alzò lo sguardo al cielo, notando che quella quasi impercettibile parte di luna si trovava praticamente all’apice.

“Come stai?” Stefan le appoggiò una coperta sulle spalle “Forse è meglio che tu vada a casa…” Jane scosse la testa cercando di sembrare più in forma di quanto fosse in realtà “No, vi ho promesso delle spiegazioni e le avrete!” il vampiro la guardò un po' preoccupato “Va bene, ma almeno vieni a stenderti” la ragazza non disse nulla e lo seguì in biblioteca dove si sedette su un grande divano antico, foderato di cotone cremisi.

Il dolore sembrava essersi affievolito, probabilmente era solo un malessere passeggero, niente di che. Dopo qualche minuto fu raggiunta dagli altri: Elena si sedette sulle gambe di Stefan su una delle poltrone, Bonnie si sistemò nell’altra, quella accanto a Jane, mentre Caroline prese posto sul divano cercando di capire come stesse la ragazza. Damon andò a versarsi l’ennesimo bicchiere di Bourbon al suo tavolino dei liquori e Alaric rimase in piedi accanto al camino.

Cercando di mascherare lo sforzo, Jane domandò “Bene, cosa volete sapere?” Elena la guardava preoccupata “Sicura di volerlo fare oggi? Forse dovresti riposare…” ma la mora scosse la testa “Sto meglio e ve lo devo”. Damon, per quanto fingesse indifferenza era leggermente preoccupato per la ragazza e continuava ad insultarsi mentalmente per questa sua debolezza. Insomma! Nemmeno la conosceva, eppure provava qualcosa per lei. era sicuramente incuriosito da tutti i misteri che le ruotavano attorno… ma c’era dell’altro. Qualcosa che non riusciva a decifrare.

“Come sai dell’esistenza dei vampiri?” domandò, dopo qualche secondo di silenzio, Alaric. “Ho viaggiato molto con mia madre. Lei amava tutto ciò che erano vampiri, streghe, lupi mannari e quant’altro – fece un respiro profondo nascondendo una smorfia per il dolore che stava aumentando – Siamo state in molti stati. Ho conosciuto diverse creature ed ho imparato quello che so.” Fu Bonnie a prendere la parola “Perché sei qui?” Jane fu scossa da un crampo all’addome che la fece rimanere immobile per alcuni secondi “Jane forse è meglio se ci fermiamo… Stefan dalle il tuo sangue!” la voce di Elena lasciava trasparire quanto fosse preoccupata “Non serve! Sono venuta qui perché me l’ha consigliato mia madre” Caroline allora si alzò prendendo il suo cellulare dalla tasca “Allora la chiamiamo così viene a prenderti! Qual è il suo numero?” la mora fece un sorriso amaro, il dolore pari a una coltellata nella schiena le rese lucidi gli occhi “Non risponderebbe mai Caroline. Mia madre è morta due anni fa! – si alzò sperando di far diminuire il dolore lancinante - Ho passato gli ultimi due anni a fuggire!” i presenti rimasero immobili e senza sapere cosa dire, mentre Jane si avvicinò con difficoltà a Damon che, più di tutti era rimasto scioccato. Quella ragazzina era riuscita ad ingannarlo nonostante fosse soggiogata… qualcosa in lei non quadrava.

Il vampiro osservò Jane avvicinarglisi barcollante. Non fece in tempo a rendersene conto che alla giovane cedettero le gambe mentre la vista si faceva sfuocata. Quando toccò il pavimento per qualcosa era cambiato.
I presenti si agitarono e corsero a vedere come stesse; il corvino, quello più vicino, aveva visto scomparire letteralmente il corpo della ragazza. Al suo posto era rimasto il mucchietto dei vestiti che indossava. Qualcosa di piccolo si mosse fra la stoffa.
“Non è possibile!” esclamò Bonnie mentre un musetto peloso, con orecchie a punta e lunghi baffi faceva la sua comparsa da sotto il reggiseno che indossava pochi attimi prima Jane.
“Veramente?! – rise nervoso Damon – Un gatto?”


Angolo autrice
Ciao a tutti! Come vi sembra? Comincia ad incuriosirvi? Vi immaginavate una cosa del genere? E come immaginate possa continuare? 
Recensite e ditemi cosa pensate possa succedere dopo!
Buona serata

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Come era potuto succedere? Jane, un momento prima, era una persona e subito dopo era un gatto. Pelo nocciola a strisce grigie, baffi bianchi, orecchie rosee e coda lunga. “Questo non è possibile!” Stefan osservava quella palla di pelo che si guardava attorno spaesata. “Disse il vampiro” gli fece eco suo fratello.

Jane, dal canto suo, stava tentando di capire cosa le fosse successo. Tutto era diventato esageratamente grande… o forse era lei che si era rimpicciolita? Mosse qualche passo incerto verso un vaso poco lontano, la superficie era lucida e ci si sarebbe potuta specchiare.

Forse sarebbe stato meglio se non lo avesse fatto perché, non appena vide un gatto color nocciola al posto del suo corpo umano, poco ci mancò che avesse un infarto. Le si drizzò il pelo sulla schiena inarcuata, la coda le si gonfiò e mostrò i canini a quella figura riflessa. “Sta calma gattina. Troveremo una soluzione! – detto da Damon non la rassicurava affatto – Non è vero streghetta? Va a cercare qualche informazione utile nel tuo Grimorio.” Più che un consiglio, suonò come un ordine ma la ragazza non si scompose “Ci avevo già pensato! - prese la borsa ed uscì - Vi faccio sapere appena trovo qualcosa!” Caroline decise di aiutare l’amica e lasciò la casa subito dopo. Alaric li lasciò dopo pochi minuti ricordandosi di avere dei libri sull’occulto che forse facevano al caso loro.

Jane non poteva sopportare la vista di quella che, ormai aveva capito, essere la sua figura riflessa nel vaso. Andò a nascondersi, come ogni bravo gatto fa, sotto al divano. Sperava fosse un incubo. Uno dei tanti che aveva… non riusciva ad accettare di essere diventata un grumo di peli ambulante.

"Andiamo Jane, esci da lì sotto. Troveremo una soluzione” Damon si era avvicinato al suo nascondiglio. Era l’unico che fingesse fosse una situazione normale. Gli altri erano scappati e Stefan ed Elena si erano rintanati in cucina per, testuali parole “Elaborare un piano”. Il corvino invece sembrava conoscere lo stato d’animo della ragazza in quel momento. “Dai Jane, esci! – ma ancora era titubante e guardava con i suoi grandi occhi marroni il vampiro che si era sdraiato sul tappeto per vederla sotto al divano – Se vieni fuori ti do un po' di latte!” un ghigno gli si dipinse in faccia. Si sentiva ridicolo e per fortuna che non c’era nessuno a vederlo in quel momento… però la capiva benissimo. Anche lui, la prima volta che si trasformò in corvo, rimase scioccato. Non sapeva cosa fare e si sentiva spaesato. Se avesse avuto qualcuno che lo aiutava sarebbe stato tutto più facile. Dannazione! Esclamò mentalmente. Mi sto rammollendo! Da quando in qua mi faccio abbindolare dagli occhioni di una gattina?! Si alzò cercando di ritrovare la sua solita arroganza e il menefreghismo “Guarda, ti do un’ultima possibilità altrimenti puoi anche startene lì fino a fare la muffa!” si allontanò di qualche passo ma si fermò con uno sguardo gongolante quando lo raggiunse il suono di un miagolio debole. Si voltò e vide la palla di pelo uscire dal suo nascondiglio, con uno sguardo infastidito. Gli si avvicinò zampettando e si diresse verso la cucina muovendo la coda da un lato e dall’altro.

“Ehi! Mi hai spaventata” Elena sobbalzò leggermente quando Jane balzò silenziosamente sull’isola di marmo della cucina Salvatore. Un aspetto positivo di quella forma era sicuramente la discrezione e il passo felpato. Se fosse rimasta per sempre in quel corpo avrebbe potuto divertirsi facendo scherzi alla gente.

Nel frattempo Damon si era avvicinato al frigorifero ed aveva preso un bricco di latte. Prese poi una ciotola e la posò accanto alla gattina che lo guardava grata. Non sapeva perché, ma sentiva il bisogno di bere un po' di latte. Il corvino rideva guardando Jane provare a prendere il liquido con la linguetta ruvida. Elena e Stefan si scambiavano degli sguardi misti tra lo stupito e il preoccupato per la scena che gli si presentava davanti agli occhi: era un sacco che non vedevano Damon divertirsi per una cosa così semplice. Per non parlare del fatto che si fossero accorti del legame che si stava creando fra i due. “Cosa avete da guardare voi? Non avete altro da fare?” il sorriso di poco prima lasciò lo spazio ad uno sguardo duro e freddo.

“Bonnie non ha ancora chiamato. – disse dopo alcune ore Elena – A questo punto andrei a casa.” Si erano sistemati in biblioteca a cercare informazioni nei vari volumi antichi ma, dopo più di due ore, non avevano trovato nulla. Jane si era addormentata sul divano, accanto a Damon che, quando credeva di non essere visto, le lanciava delle occhiate per controllarla. Per quanto quel tipo ci provasse, non riusciva a nascondere i suoi buoni sentimenti. Faceva un milione di cazzate al giorno e poteva apparire un arrogante pieno di sé, ma nel profondo era gentile e premuroso. Elena lo aveva provato: anche se stava con Stefan, Damon si era preso cura di lei. aveva fatto lo stronzo in diverse occasioni ma, alla fine, quello che aveva fatto lo aveva fatto per una giusta causa.

“Vengo qui domani mattina. Se dovesse succedere qualcosa, avvisatemi! – si alzò dalla poltrona, prese la borsa e andò a baciare Stefan – Ci vediamo domani!” Damon distolse lo sguardo infastidito dalla scena. Odiava vederli insieme! Sperava in continuazione che Elena si rendesse conto di quanto Stefan fosse una noia… con lui si sarebbe divertita maggiormente! “Andiamo a dormire Damon. Non troveremo nulla in questi libri…” Stefan si alzò stropicciandosi gli occhi, guardò l’orologio: erano quasi le una di notte. Il corvino lo seguì, non prima di aver controllato un’ultima volta la gattina che dormiva beata sul cuscino “La lasciamo qui?” domandò il più giovane. Il fratello gli rivolse un verso di scherno “Dove pensi di metterla? Nella cuccia?!” senza ulteriori indugi si andò a chiudere nella sua stanza.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Era notte fonda quando Jane si svegliò. Si trovava ancora sul divano, non era ancora tornata in forma umana… E se non tornassi più umana? Si chiese preoccupata. Scese dal suo giaciglio per guardarsi attorno. La casa era buia e silenziosa, troppo silenziosa. L’unico rumore era l’incessante ticchettio dell’orologio antico appoggiato sopra al camino. Tutto quel silenzio le metteva l’ansia… si sentiva sola e vulnerabile.

L’istinto animale ebbe la meglio sui suoi ragionamenti. Era vero che non correva realmente pericoli: era in una casa abitata da due vampiri, ma sentiva il bisogno di stare accanto a uno di loro. Quel suo istinto la spinse a seguire l’odore del corvino fino alla sua camera da letto. Se fosse stata umana sicuramente avrebbe fatto una scelta totalmente diversa ma, in quel momento, lei non era umana quindi…

Fu svegliato dal rumore di qualcosa che graffiava alla sua porta. Si alzò di malavoglia ed andò a vedere chi osasse disturbarlo alle quattro di notte.

Aprì appena la porta e quella palla di pelo di Jane entrò con non calanche, quasi fosse normale che lei si trovasse in quella stanza. “Ma prego, accomodati pure. – le disse in tono ironico – fa come se fossi a casa tua!” la gatta lo prese alla lettera e, con un balzo, fu sul suo letto “O andiamo! Non riempirmi di pelo le lenzuola… Sono di seta!” le si avvicinò per buttarla giù ma lei lo guardò con quegli enormi occhioni e lui dovette accettare la sconfitta. Quella ragazza gli faceva uno strano effetto. Anche con Elena era così, più o meno, ma Jane… per quanto cercasse di non pensarci, le tornava in mente spesso. Quello che poi aveva rivelato poco prima di trasformarsi lo aveva lasciato ancora più stupito. In qualche modo era riuscita a disfarsi della compulsione, la notte precedente, ingannandolo riguardo la condizione della madre. Se Jane fosse tornata ad avere meno pelo glielo avrebbe chiesto e, questa volta, non avrebbe accettato un’elusione alla domanda.

Si stese nella parte del letto che, gentilmente, Jane non gli aveva occupato e si addormentò subito. Sognò di trovarsi in un ospedale. Correva affannato lungo i corridoi. Sentiva di essere disperato e preoccupato, ma non capiva per cosa o per chi. Raggiunse una camera con la porta spalancata. Dentro un’equipe medica stava cercando di rianimare una donna dai capelli neri. Non riuscì a vedere il suo viso perché fu come sbalzato fuori da quel sogno.

Aprì gli occhi senza capire bene cosa fosse appena successo. Quel sogno… non gli apparteneva! Si rese conto poi che qualcosa era appoggiato sulla sua gamba destra. Spostò lo sguardo e rimase pietrificato per qualche secondo. La mano di Jane era appoggiata poco sopra il ginocchio. Era tornata umana, grazie a Dio. Il problema, però, era la totale mancanza di vestiti addosso alla giovane. Il corpo nudo era in balia dello sguardo affamato del vampiro. Se solo non fosse stata completamente addormentata…

Dovette risvegliarsi a fatica da quei pensieri per niente appropriati per la situazione. Controvoglia la coprì con il lenzuolo, non prima però di aver dato un’ultima occhiata al suo fondoschiena. Questa ragazza è un dono della natura! pensò ristendendosi al suo posto. Era attratto da lei fin da subito ma, in quel momento e con lei completamente per lui, fu molta la forza che gli ci volle per non cedere al suo più basso istinto.

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


I raggi del sole la colpirono dolcemente attraverso le tende. Le ci vollero pochi secondi per ricordarsi della sera precedente. Si mise a sedere scoprendo di essere tornata umana. “Grazie al cielo!” esclamò portandosi una mano sul petto. Sbiancò non trovando alcun indumento a farle da barriera. Sollevò leggermente il lenzuolo e riabbassandolo immediatamente sussurrò “Cristo!” un senso di vergogna misto a rabbia si impadronirono della giovane. Nella stanza di chi aveva dormito completamente nuda? “Buongiorno gattina!” Damon era in piedi appoggiato allo stipite della porta. Ecco la risposta alla domanda di poco prima. Lui le si avvicinò con uno strano sorriso sulle labbra mentre con gli occhi cercava di vedere quello che il lenzuolo non copriva “Damon! Razza di pervertito” Jane cercò di nascondersi “Oh dolcezza, nulla che non abbia già visto questa notte!” esclamò divertito mentre lanciava le mutandine di raso nere che indossava la notte precedente. La ragazza cercò di superare l’imbarazzo “Che ore sono?” il vampiro nel frattempo aveva aperto l’anta del suo armadio da cui aveva preso una camicia nera. “Sono passate le cinque di pomeriggio gattina. Cominciavamo a preoccuparci…” a quell’affermazione rimase più scioccata dal fatto che quel vampiro cinico si fosse, diciamo, preoccupato, piuttosto del fatto che avesse dormito fino alle cinque del pomeriggio.

“Dai muoviti! Gli altri ci stanno aspettando giù!” la voce spinosa del vampiro la risvegliò dai sui pensieri. Dopo essersi infilata furtivamente le mutandine, cercando accuratamente di non scoprirsi nessuna parte del corpo, si ritrovò con una camicia nera fra le gambe “Mettila, non vorrei scendessi mezza nuda”. “La simpatia” sibilò la giovane mettendosi l’indumento. “Come mi hai preso gli slip potevi fare lo sforo di prendere il resto dei miei vestiti…” esclamò cominciando a scendere le scale. Il corvino accanto a lei sogghignava divertito “E dove stava il divertimento se ti rimettevi quei vestiti?! Le tue cosce sono più belle se sono scoperte!” Jane dovette trattenersi per non saltargli addosso. “La smetti di guardarmi il culo?” disse al limite della sopportazione notando che gli occhi del suo interlocutore erano troppo abbassati “Non è colpa mia. Sei tu quella che è venuta nel mio letto questa notte!” la canzonò divertito. Ormai erano quasi in cucina, Damon la guardava con una scintilla di sfida negli occhi “Sì beh, tu sei entrato nella mia stanza dalla finestra! Cosa dovrei dire io?” non si accorse di averlo quasi urlato, infastidita dallo sguardo del corvino.

“Sei entrato in casa sua?” esclamò scioccata Elena, alternando lo sguardo tra Jane e Damon. “Quanto la fai lunga Gilbert. Non dirmi che sei gelosa?!” il vampiro si avvicinò al frigo ricevendo un’occhiataccia sia dalla giovane che dal suo ragazzo Stefan. “Lasciamo perdere… Jane come …?” ma la domanda rimase incompiuta perché la bruna si avvicinò velocemente e le prese una ciocca di capelli fra le mani “I tuoi capelli… sono castani!” negli occhi si leggeva l’incredulità. Jane si guardò nella prima superficie riflettente che trovò nella stanza L’attenzione di tutti i presenti si focalizzò sulla forestiera che si sentì immediatamente in imbarazzo ricordandosi di indossare una camicia di quell’odioso vampiro. Tirando l’orlo dell’indumento per allungarlo disse piano “SI vede che con quello che è successo ieri sera, l’incantesimo si sia spezzato…” Stefan le si avvicinò “Quale incantesimo scusa?”. E per la seconda volta nell’arco di poche ore, si trovò a raccontare qualcosa della sua vecchia vita “Quando sono scappata dai servizi sociali, due anni fa, ho incontrato a Los Angeles una strega che, con un incantesimo, ha cercato di rendermi meno riconoscibile cambiando il colore dei miei capelli e la loro lunghezza” Elena la guardò quasi con compassione, cosa che infastidì molto la giovane. “Come ti senti?” chiese Stefan dopo alcuni attimi di silenzio “Bene, non so cosa sia successo però…”

In quel momento entrò in casa Salvatore, la strega Bennet, seguita da Caroline, portando in mano un pesante libro “A questo quesito ho trovato una risposta, più o meno” lasciò cadere il volume sull’isola della cucina. Tutti si posizionarono attorno al piano in marmo, in attesa di informazioni. Bonnie aprì il Grimorio, sfogliandolo fino a raggiungere una pagina ben precisa “Dopo ore di lettura ho trovato quello che, credo, sia il nostro caso.” Lanciò una rapida occhiata alla diretta interessata “Qui dice che le streghe originarie, stanche di vedere umani aiutare i vampiri e salvarli, decisero di punire ogni individuo che salvasse la vita ad una creatura della notte trasformandola in gatto ad ogni luna nuova.” La stanza piombò nel silenzio più totale. Dannazione! Esclamò mentalmente Jane. Aveva aiutato Damon? Ecco! Quella era la sua punizione. Però… in fondo lo avrebbe rifatto.

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Jane aveva gli occhi di tutti puntati addosso “E chi sarebbe il fortunato?” domandò con una punta di fastidio il corvino. Cosa doveva fare? Dire la verità e ammettere che gli aveva salvato il culo o mentire, che le veniva tanto bene? Non ebbe il tempo di prendere una decisione perché il vampiro le piombò davanti fissandola negli occhi. La ragazza comprese immediatamente ciò che voleva fare. Senza abbassare lo sguardo disse calma “Sai che la compulsione non ha effetto su di me” Damon strinse gli occhi “Posso sempre provarci!” Stefan arrivò a velocità vampiro e si interpose “Di cosa state parlando?” il fratello maggiore fece un verso di scherno “La misteriosa qui, è riuscita a eludere il mio soggiogamento. – rivolgendosi nuovamente alla giovane, continuò – Non porti verbena addosso, non ne sento l’odore sulla tua pelle… Come fai?” Un pensiero gli sfiorò la mente E se la ingerisse? Senza rifletterci si fiondò sul collo chiaro della forestiera affondando i canini nella carne tenera.

Jane se lo aspettava, da uno come Damon non poteva sperare in gentilezza. Non fiatò, non si mosse. Rimase perfettamente immobile aspettando che quel cretino si staccasse dal suo collo… I presenti ebbero bisogno di qualche secondo per reagire. Ma Jane aveva la sua tecnica, non aveva bisogno di aiuto. Il morso del vampiro non era stato violento come quello di Stefan e non si era attaccato avidamente. Con molta tranquillità gli mise una mano sulla testa “Ti stacchi dal mio collo?” disse infastidita dandogli una leggera spinta per allontanarlo. Lui non oppose resistenza, passandosi una mano sulle labbra per pulirsi il rivolo di sangue. “Mi spieghi come fai?” quella scena così surreale, sembrava ai due una cosa normale… il resto dei presenti era rimasto interdetto, non sapevano come reagire. Elena si riprese prima degli altri. Si avvicinò a Damon e gli lasciò uno schiaffo in pieno viso. “Come hai potuto? Non hai un cuore!” a quelle parole il diretto interessato spalancò gli occhi, ma quella che forse si arrabbiò maggiormente fu Jane.

Scattò come una molla contro la giovane Gilbert “Sono capace di sbrigarmela da sola Elena! Non ho bisogno di qualcuno che mi difenda. – si allontanò dal gruppo andando verso il salone, poi si girò nuovamente – E comunque sapevo cosa avrebbe fatto! Era prevedibile…” andò a recuperare i suoi vestiti e salì la scalinata verso la stanza di Damon. Perché dovevano sempre mettersi in mezzo?! Lei aveva vissuto in mezzo ai vampiri per anni, sapeva come tenerli a bada… Elena non doveva permettersi. Quelli erano affari fra lei e il corvino. Aveva ragione, Jane gli doveva delle spiegazioni…
Arrivata nella stanza del vampiro si chiuse la porta del bagno alle spalle. Dopo aver tolto la camicia si rinfilò i vestiti che aveva indossato la sera precedente e si guardò un secondo allo specchio: i capelli, tornati castani, avevano anche acquistato alcuni centimetri. Si spostò l’intera massa da un lato, così da nascondere i due piccoli forellini lasciati dai canini. Il sangue le ribolliva nelle vene, ma nemmeno lei capiva perché quel gesto della Gilbert le avesse fatto quasi male… Come se lo schiaffo lo avesse dato a lei e non a Damon.

Jane sentì bussare alla porta e, velocemente, si riportò i capelli a coprire i segni. Quando uscì dal bagno trovò Elena che la fissava dispiaciuta. Fece un passo avanti, come per parlare, ma fu subito interrotta dalla forestiera – Non ho tempo da perdere con voi e i vostri drammi. Ho altro a cui pensare! – la scansò malamente e scese le scale in legno antico.

-Aspetta Lane! – anche Bonnie provò a fermarla ma lei era determinata ad uscirsene da quella casa immediatamente. Si chiuse il portone alle spalle ignorando totalmente le voci di Elena e Caroline che cercavano di convincerla a rimanere.

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Camminava velocemente per le vie di Mystic Falls. Come aveva potuto dimenticarsi della promessa fatta alla signora del negozio di fiori? Troppe cose erano successe in una notte…
Sperò di fare in tempo ma, quando fu davanti alle vetrine, la saracinesca era abbassata, le luci spente e non c’era segno della proprietaria. “Avrei volto salutarla…” pensò mentre si allontanava.

Gli avvenimenti della sera precedente l’avevano convinta che quel posto non fosse fatto per lei. Aveva salvato la vita a quel cretino di vampiro ed ora si ritrovava legata a lui, per l’eternità… Quanto ci sarebbe voluto perché tutti si rendessero conto del loro legame?! In qualche modo si sarebbe manifestato questo maledettissimo collegamento. E lei non voleva essere nei paraggi.

Tornò velocemente in hotel, fece le valigie, consegnò la chiave alla receptionist e andò a comprare un biglietto per il primo pullman che lasciasse la città. Avrebbe fatto quello che le veniva meglio: scappare.

In fondo era la sua specialità! Erano anni che lo faceva, per un motivo o per l’altro. E l’essere completamente da sola, le dava una spinta in più.
Montò sul mezzo di trasporto, si sistemò nel primo posto libero e cercò di lasciarsi quello che era successo alle spalle. Iniziava a sentirsi stanca, esausta… Probabilmente a causa della trasformazione in gatto. Anche quello sarebbe stato un problema… ogni mese si sarebbe dovuta rintanare? Avrebbe dovuto trovare un posto dove poter stare tranquilla e…

Il cellulare che vibrava nella sua tasca della giacca la ridestò dai pensieri sul proprio futuro apocalittico. Guardò il display: era Elena che la chiamava. Spense il dispositivo e lo ripose nello zaino che aveva fra le gambe.
L’ultima cosa che vide fu l’insegna “state lasciando Mystic Falls”.
*-*
 
“È la quinta volta che provo a chiamarla! - esclamò Elena sconfitta, appoggiò il cellulare sul tavolino nel soggiorno di casa Salvatore – Comincio a preoccuparmi” continuò guardando Stefan. “Vedrai che sta bene. Ha solo bisogno di elaborare quello che è successo questa notte” Caroline sperò di sembrare convincente. Per quanto conoscesse poco quella ragazza, non riusciva ad immaginarla chiusa nella propria stanza a cercare di capire cosa fosse successo. Le sembrava molto determinata quando aveva lasciato la pensione Salvatore.

Appostato sulla scala di legno, c’era Damon che ascoltava la conversazione. Per un qualche motivo a lui sconosciuto, sentì il dovere di cercare la forestiera. Non sapeva spiegarselo, ma aveva provato, per un solo secondo, preoccupazione… Doveva risvegliarsi! Quello non era lui. Damon Salvatore non si preoccupava per gli altri, specialmente per una ragazza appena conosciuta. Se poteva dire di conoscerla… Ancora non sapeva il suo segreto. Per non parlare del fatto che lei avesse fatto di tutto per non rivelare la sua vita passata.

Silenziosamente prese la sua auto. Non era riuscito a reprimere quella vocina che lo convinceva a cercare Jane. In poco tempo raggiunse l’hotel e soggiogò la receptionist affinchè gli rivelasse quello che sapeva sulla giovane. Scoprì così che era uscita due ore prima con i bagagli, dicendo che non faceva per lei quel posto.

Istintivamente si mise al volante, diretto verso una cittadina che distava poche miglia da Mystic Falls.
Quando ormai era quasi mezzanotte, spense il motore nel parcheggio di un caffè aperto 24 ore. Il suo istinto gli suggerì di entrare, e così fece.

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


“Signorina, vuole che chiami qualcuno?” una cameriera si era avvicinata a Jane che teneva la testa appoggiata sulle braccia sul tavolo. Durante il viaggio le era salito il mal di testa, le facevano male tutti i muscoli e si sentiva stanchissima.

Scosse leggermente il capo, alzandolo per guardare la cameriera “Non serve grazie” sussurrò. Ma la donna non mollò “Sicura di non volere che chiami qualcuno? Non ha un bell’aspetto…”.

Damon, appena entrato nel locale, si accorse della figura esile di Jane. Si avvicinò con il suo solito passo tranquillo e, avendo sentito la domanda della cameriera, si intromise “Ci penso io a lei. Non si preoccupi” la donna lanciò uno sguardo alla mora che la rassicurò sull’innocuità del vampiro, se si poteva definire innocuo…

Jane riabbassò il capo, sperando che il corvino sparisse. “Ci hai provato di nuovo, eh?” ruppe il silenzio lui con tono scherzoso. “Va’ via Damon” sussurrò la giovane muovendo leggermente la testa. Pregava perché la lasciasse da sola, ma non fu ascoltata. Il vampiro si sedette sulla sedia di fronte a lei “Oh andiamo gattina, non ho fatto tutti questi chilometri per niente!”

A quelle parole, la ragazza alzò lo sguardo su di lui “Come sapevi che ero qui?” chiese senza energie. Damon rimase leggermente sorpreso nel vedere la faccia stravolta di Jane. Sembrava esausta… provò nuovamente una vena di preoccupazione ma si affrettò a spegnerla nuovamente. “Me lo sentivo…” disse guardando la sua auto parcheggiata fuori. Jane sembrò riacquistare le energie “Beh, ora che hai visto che non sono morta, puoi tornare dagli altri e dirgli che non mi vedranno più! - si alzò lasciando una banconota sulla tavola. – Non sarò un peso per voi” finì allontanandosi.

Damon si alzò immediatamente e la fermò per un braccio “Non dire cazzate! Torna a Mystic Falls. Gli altri sono preoccupati per te…” Jane lo guardò con gli occhi stanchi “Gli altri…” ripeté come a far notare al corvino che lui era addirittura andato a cercarla. Come se l’avesse letta nel pensiero, si affrettò ad aggiungere “Io sono qui solo perché non sopportavo di vedere Elena torturarsi”.
Elena, pensò la forestiera. Damon era in grado di essere gentile solo se si trattava di quella ragazza. Che cosa strana si disse, sentendo come una morsa di gelosia. NO! Probabilmente era solo una sua impressione. Perché avrebbe dovuto essere gelosa?
Nel frattempo Damon si era avvicinato all’uscita e la incitava a seguirlo. Non l’avrebbe dato a vedere a nessuno, ma l’aspetto di quella ragazza lo stava preoccupando non poco. Sembrava che, da un momento all’altro, potesse cadere al suolo svenuta.
Jane lo raggiunse e, insieme, salirono sulla Camaro azzurra. La bruna allacciò la cintura di sicurezza e appoggiò la testa al sedile. Damon mise in moto l’auto e, in pochi secondi, erano di ritorno verso Mystic Falls.

Jane si addormentò, esausta, dopo solo dieci minuti di marcia. Il vampiro le lanciò occhiate di sfuggita per tutto il viaggio. Quando furono a metà strada, accostò per coprire la giovane con la propria giacca di pelle nera. Nemmeno in quel momento si svegliò.

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Quando il sole stava quasi per sorgere, Damon parcheggiò l’auto nel vialetto della pensione Salvatore. Jane non si era mai svegliata. Era rimasta immobile per tutto il viaggio, con la giacca a coprirla, la testa appoggiata al sedile e le gambe rannicchiate.
Il vampiro smontò dal veicolo e fece il giro, aprì la portiera del passeggero e provò a scuotere la giovane. “Gattina svegliati, siamo arrivati” per quanto fosse poco paziente, non riuscì a buttarla giù dalla macchina per farla svegliare. La guardò per un momento: non l’aveva mai vista con il volto così rilassato. Solitamente era sempre pensierosa, o sulla difensiva; l’aveva vista arrabbiata, preoccupata e triste, ma mai rilassata come in quel momento.

Le passò un braccio dietro alle spalle e uno sotto alle gambe, la sollevò e la tenne sterra al suo busto. Raggiunse il portone in legno e lo aprì con un calcio, poi entrò come se fosse la cosa più normale.

Stava per salire le scale quando un “Damon!” con tono infuriato provenne dal salone. In quel momento apparvero Elena, Stefan e Caroline. Quando videro la ragazza fra le braccia del corvino spalancarono gli occhi “Cosa le hai fatto?!” esclamò la bionda con un tono di voce alterato. Damon le lanciò un’occhiataccia “Evita di svegliarla Barbie!” cominciò a salire gli scalini, poi si fermò per un attimo “E comunque…” stava per dire che non aveva fatto nulla alla forestiera, ma all’ultimo decise di tacere “Lasciate perdere” sussurrò continuando a camminare. Qualunque cosa avesse detto, non gli avrebbero creduto. Tanto valeva stare zitti.

Andò nella prima stanza libera della pensione, al primo piano. Posò la giovane, che non si era ancora mossa, sul letto. Le tolse le ballerine e la fece stendere. Le sistemò il cuscino e la coprì con una coperta di cotone. Poi uscì senza guardarsi alle spalle, doveva smettere di cedere ai sentimentalismi! Quella ragazza non aveva fatto altro che mentire e impedire a chiunque di sapere qualcosa sulla sua vita. Tranne quelle poche informazioni che avevano ricevuto, Jane rimaneva a tutti gli effetti una sconosciuta.

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


Aprì lentamente gli occhi, il sole entrava dalla finestra aperta. Jane si guardò per un attimo attorno. Dove sono? Si chiese mettendosi a sedere. Qualcosa nello stile dell’arredamento le diceva di conoscere il luogo in cui si trovava… scese dal letto e recuperò le scarpe che giacevano poco lontano. Aprì la porta in legno scuro e si ritrovò in un corridoio lungo e poco illuminato. Mentre camminava verso una scala, anch’essa di legno massiccio, si rese conto che quella era casa Salvatore. Possibile che ogni volta si ritrovasse proprio in quel posto?!

“Come l’hai trovata? E dove? Dannazione Damon! Cosa diamine le hai fatto?! È quasi un giorno che dorme!” la voce infuriata di Stefan proveniva dal salone a destra della scalinata. Facendo molta attenzione ad emettere il minimo di rumori, Jane si avvicinò alla sala. Sul divano sedeva Stefan che seguiva con lo sguardo suo fratello mentre si versava un bicchiere di Bourbon. Damon si preoccupava solo di riempire il bicchiere, non rispondeva né dava segno di voler parlare.

Fece qualche passo verso il divano “Veramente non ha fatto nulla…” disse con la voce ancora un po’ impastata dal sonno “Mi ha trovata e riportata qui. È tutto quello che ha fatto.” Le sfuggì uno sbadiglio che cercò immediatamente di nascondere. Con la coda dell’occhio guardò l’orologio a pendolo lì vicino: le sei di sera. Aveva dormito così tanto?! Doveva cominciare a preoccuparsi…
“Come ti senti Jane?” domandò gentilmente Stefan, che le si era avvicinato di qualche metro. “Bene. Sarà meglio che tolga il disturbo.” Disse mentre si girava per andarsene. Le venne un flash: la sua valigia era rimasta in quel caffè aperto 24 ore! “Merda!” esclamò a denti stretti. A quell’ora sicuramente era già sparita… scosse la testa sconfitta.

“Hey micetta, cerchi questa? - Damon richiamò la sua attenzione facendo ondulare la sua valigia che teneva in aria con due dita – credevi di averla lasciata lì?!” la prese in giro con una delle sue facce da sberle. Ma lei era sicura di aver lasciato tutto in quella cittadina sperduta… forse era talmente stanca da non essersi accorta che Damon aveva messo i bagagli nel bagagliaio.

Alzò le spalle andando a prendere le sue cose “Grazie” sussurrò afferrando il borsone e cominciando a trascinare la valigia. “Dove pensi di andare?” in quel momento apparvero le tre ragazze. Bonnie le prese il borsone dalle mani e Caroline si preoccupò di fermare la valigia “Tu resti qui!” sentenziò la Gilbert. Non poté nemmeno controbattere, che si ritrovò sull’unica poltrona della stanza, circondata dalle tre ragazze che cominciavano a diventare inquietanti. “Perché te ne sei andata?” Elena sembrava triste dalla decisione della straniera “Dove pensavi di andare? Non credi che dovresti rimanere qui visto quello che ti è successo l’altra sera?” continuò Caroline al posto della bruna.

“Quante domande… avete paura che il nuovo giocattolino scappi ancora?” chiese ironico il corvino mentre prendeva le chiavi della sua auto e si avvicinava al portone d’entrata “Sei il solito rompipalle Damon! Al massimo sei tu quello che usa la gente a proprio piacimento per poi buttarla via!” gli urlò dietro Bonnie furiosa.

Jane rimase immobile, non sapeva realmente cosa fare. Normalmente, quando spariva, nessuno andava a cercarla, né tantomeno tentava di farla restare… Forse aveva davvero trovato un posto da chiamare casa? No, non è così… Anche a Los Angeles lo avevi pensato, ma guarda cos’è successo poi… pensò ricordando come le cose fossero andate in quella città sempre soleggiata.

“Ascolta Jane. Bonnie sta continuando a fare ricerche sul tuo, diciamo, problema. Anche Alaric sta provando a consultarsi con altri ricercatori, non devi andartene…” la bruna si era seduta sul tavolino accanto alla poltrona e la guardava con occhi tristi, quasi imploranti. Quanto odiava la compassione!

A quel punto la sua faccia doveva dire molto perché la ragazza si fermò e non parlò più. Al suo posto Bonnie la richiamò con un colpetto di tosse “In uno degli antichi scritti ho trovato altre informazioni: tu e il vampiro che hai salvato siete connessi in qualche modo, ma ancora non so come. Credo che dovresti rimanere qui. Sai chi è il vampiro?”

Stefan si intromise “Direi che di questo possiamo occuparci più tardi. Jane qui abbiamo molte camere e zero ospiti, puoi rimanere qui…” la forestiera si era quasi dimenticata della sua presenza “Grazie ma preferirei…” ma non finì la frase “Preferiresti tornare in hotel? Qui non spenderesti nulla.” Concluse il vampiro guardandola con occhi penetranti. E così lui sapeva… sicuramente glielo aveva detto suo fratello!

Si vide stretta in un angolo “Va bene…” disse sconfitta. Non c’era nulla che li avrebbe fatti demordere.

 

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


Stefan la portò nella stanza in cui aveva dormito la notte prima, prese delle lenzuola e degli asciugamani puliti e li lasciò su una poltrona accanto alla porta. “Sentiti come a casa tua. Se hai bisogno di qualcosa la mia stanza è l’ultima porta da quella parte” e le indicò il corridoio di destra. “Non ti dico nemmeno dove sta Damon. Tanto non credo ti sia di qualche aiuto…” disse leggermente imbarazzato. “Già!” rispose la castana seguendolo in cucina. Evitò di dirgli che sapeva esattamente dove stesse, sempre meglio dire il minimo indispensabile. Lì le mostrò brevemente dove poteva trovare le cose essenziali. Poi le lasciò il tempo di sistemarsi nella sua nuova stanza “Stefan” lo chiamò prima che scomparisse il biblioteca “Come sapevi dell’hotel?” in verità sapeva già la risposta, ma voleva una conferma. Lui le sorrise gentilmente “Damon me l’ha detto.” fece qualche passo verso la sala, poi si fermò “E, Jane, è tornato a prendere le tue cose ovunque le avessi lasciate.” Gli occhi della giovane si sbarrarono. Forse aveva sbagliato a dirle quella cosa, o forse no…

Jane si rintanò in camera, le parole di Stefan le rimbombavano nella testa. Dannazione! Imprecò mentalmente. Perché, se Damon era tornato in quel caffè, non le aveva detto nulla? Meglio non pensarci! Decretò infine.

Disfò i bagagli velocemente e decise di uscire, sperando di fare in tempo per incontrare la signora del negozio di fiori. Scese le scale velocemente mentre si infilava il golfino nero. “Dove vai?” Stefan comparve dalla biblioteca, facendo quasi venire un infarto alla ragazza “Io, andrei a fare un giro...” non disse quale fosse la sua vera intenzione, Stefan non doveva interessarsi. O forse sì? Forse avrebbe dovuto dirgli la verità?

Si tarlò il cervello per buona parte della strada. Era da troppo tempo che non viveva con qualcuno e anche quando era stata nella stessa casa con Nic o, prima ancora con sua madre, era sempre stata libera di uscire senza dire nulla a nessuno. Quella nuova situazione sarebbe stata strana per molti sensi.

In poco tempo raggiunse il negozio di fiori e, con sorpresa, lo trovò ancora aperto. Entrò sperando di non essere cacciata via. “Buonasera” disse titubante. La proprietaria fece capolino da dietro uno scaffale pieno di peonie “Oh sei tu cara!” esclamò posando delle cesoie “Temevo te ne fossi andata…” assunse un’espressione triste. Forse ripensò alla nipote, quella di cui aveva parlato al loro primo incontro.

“Mi dispiace non essere venuta più… non sono stata molto bene e non sapevo come contattarla.” Preferì mentire. E mentì spudoratamente… sarebbe sicuramente andata all’inferno per tutto quello. “Non preoccuparti cara – andò dietro al bancone e tirò fuori un bigliettino – questo è il mio numero. Se dovessi averne bisogno non farti problemi e chiamami. Anche solo per un consiglio o due parole…” poi si bloccò di colpo “Ma sicuramente tu, che sei tanto giovane, avrai ben altre persone con cui stare…”

A quelle parole Jane sorrise “Non sono una tipa molto socievole…” rimasero in silenzio per alcuni attimi mentre la donna si versava una tazza di tè e la giovane si guardava attorno. “Se lavori qui, dovrei sapere il tuo nome. Io sono Elodie Brown” disse la fioraia dopo aver sorseggiato la bevanda. Solo allora si rese conto di non essersi presentata, così le porse la mano “Io mi chiamo Jane Malone! Lei ha origini francesi per caso?” a quella domanda all’anziana guizzò un lampo negli occhi “Mia madre era di una cittadina poco lontano da Parigi. Diede ai suoi figli un nome che le ricordasse le sue origini e mia sorella, l’unica ad aver avuto figli, seguì la tradizione…” e subito tornò pensierosa e distaccata. In qualche modo Jane si ritrovava in quella donna. Anche lei si perdeva spesso nei ricordi…

“Mi dispiace signora Brown, ma ora devo proprio andare!” esclamò dopo quasi un’ora che parlavano di vari tipi di fiori che vendeva la donna “Certo cara. Ci vediamo domani. E parleremo del tuo stipendio.” Le sorrise cordialmente mentre la giovane recuperava la sua borsa ed usciva.

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


Arrivò alla pensione Salvatore verso le 19:30. Aprì la porta e si diresse verso la cucina. “Ancora qui tu?” chiese infastidito Damon quando vide la castana fare capolino nella sala da pranzo. “Le ho detto io di restare.” Disse calmo suo fratello, mentre sorseggiava un bicchiere, probabilmente di Bourbon. “Questa sarebbe anche casa mia! Non dovrei avere voce in capitolo?” il corvino agitò in aria un libro lanciando occhiate di fuoco al più giovane dei Salvatore. Stefan si rifiutò di rispondergli salutando con un sorriso caloroso la giovane “Com’è andata la passeggiata?” domandò poi.

Jane si bloccò sul posto. Che stesse sondando il terreno? Forse cercava di tenerla d’occhio… “Tutto bene.” Rispose vaga mentre passava nella sala accanto con non calanche. Appoggiò la borsa e si diresse in cucina. Cominciava ad avere fame. Aprì il frigo e trovò degli ingredienti che le piacquero molto. Sapeva cosa cucinarsi. Poi le venne un dubbio. Si sporse nella sala dove stavano ancora i fratelli “Voi mangiate solitamente?” era abituata a Nic che si nutriva esclusivamente di sangue, possibilmente da una persona… si era dato un contegno nel periodo in cui Jane stava con lui, accontentandosi di sangue rubato a qualche ospedale. Ma lei sapeva quali fossero le sue abitudini.

“Perché gattina? Vuoi prepararmi la cena?” ironizzò Damon guardandola con sguardo seducente. Jane afferrò la prima cosa che trovò (un mestolo che qualcuno aveva dimenticato) e lo lanciò dritto contro il vampiro “Non fare l’idiota!” esclamò, poi si rivolse a Stefan “Preparo una carbonara, ti interessa?” il vampiro le sorrise gentilmente, come suo solito, “Non sei obbligata… Non sei in debito con me” Damon fece un colpo di tosse “Ehilà, questa sarebbe sempre casa mia!” ma nessuno lo considerò.

In quel momento entrarono Caroline ed Elena “Ciao ragazzi! Jane dobbiamo pensare ad un piano per la festa di domani sera.” La forestiera sgranò gli occhi. Si era completamente dimenticata della festa ottocentesca… “Jane stava per cucinare. Rimanete anche voi?” domandò con un ghigno Damon squadrando la castana. “Volentieri!” risposero in coro le giovani.

Jane si rintanò in cucina. Estrasse dal frigo delle uova, un pezzo di bacon, visto che negli Stati Uniti non sapevano cosa fosse la pancetta, del formaggio da grattugiare e della panna da cucina. Era quasi passato un anno da quando si era cucinata una carbonara decente. Fece abbrustolire la pancetta, in quel momento entrò Elena “Come stai?” domandò sedendosi su uno sgabello. “Tutto bene. Non sono ancora abituata a questa situazione…” rispose l’altra mentre mescolava le uova con la panna. “Immagino. Non dev’essere facile per te. Però devi sapere che ti puoi fidare. Noi siamo come una famiglia ed ora anche tu ne fai parte.” Le comparve un sorriso sulle labbra a cui Jane rispose concentrandosi per non pensare a quelle poche volte che aveva creduto di essere parte di una famiglia e poi aveva visto portarle via tutto.

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


Si sedettero al tavolo in sala da pranzo e cominciarono a mangiare. “Sei un’ottima cuoca!” esclamò Elena gustandosi la pasta. Jane ringraziò mesta, era molto tempo che non cucinava per qualcuno. Dal momento in cui Monique si era ammalata ed era stata costretta a rimanere in ospedale, lei passava diverse ore della notte a preparare dolci e torte salate. Non riusciva a dormire, era troppo preoccupata e, non potendo restare con sua madre tutto il tempo, sfogava la frustrazione e la paura di perderla cucinando. Poi, dopo la morte di sua madre, si era andata a nascondere da Nic e lì aveva sempre preparato qualcosa per se stessa.

“Ti sei incantata di nuovo gattina.” Damon la richiamò dai suoi pensieri. Lo guardò per un secondo e il vampiro notò una nota di tristezza nei suoi occhi. “Dicevamo – parlò Caroline – per domani come farai Jane? Non hai un vestito.” La forestiera esultò interiormente “Vorrà dire che non ci vengo. Non è un grande problema.” Elena si intromise “No! Tu hai promesso che ci saresti venuta, dobbiamo trovarti un vestito al più presto!” a quel punto si intromise Stefan “In soffitta credo ci sia qualcosa…” le due giovani si illuminarono all’istante mentre Jane lo fulminò con lo sguardo. “Ci penseremo più tardi.” Disse la forestiera posando la forchetta nel piatto vuoto.

Per alcuni istanti la sala fu pervasa da un silenzio a dir poco imbarazzante, silenzio che fu interrotto da Caroline “Dove sei stata in questi anni?” la domanda era stata posta senza pretese, dal tono sembrava una cosa come un’altra. Tutti fissarono lo sguardo prima sulla bionda, poi su Jane che decise di rispondere dicendo la verità, per una buona volta. “Da Chicago ho attraversato diversi stati per arrivare in California da un vecchio amico di mia madre. Sono rimasta lì per un anno circa, nascondendomi dai servizi sociali che mi cercavano per tutto il paese…” si interruppe per deglutire “Poi me ne sono andata da Los Angeles e ho viaggiato senza una meta per un bel po’, arrivando a Miami.” Come dei flash, le riapparvero alla mente i motivi per cui era scappata prima da Los Angeles e in seguito da Miami; decise però di reprimere quei ricordi.

“Perché te ne sei andata?” Domandò Bonnie dopo aver bevuto un sorso d’acqua. La castana la fissò per alcuni secondi “Non potevo più rimanere. È successa una cosa… ho preferito andarmene. Ero diventata un problema per Nic.” Senza riflettere aveva detto il nome del suo, diciamo, amico. “Nic?” chiese Stefan, come appena ripresosi da una trance. Jane confermò “Era l’amico di mia madre. Mi ha ospitata e tenuta nascosta ma poi…” non volle continuare. Non sapeva come l’avrebbero presa gli altri e ancora non riusciva a parlarne apertamente. Nic l’aveva difesa (forse meglio dire vendicata), ma aveva ucciso un altro vampiro… uno del suo clan.

“E da Miami come sei arrivata qui?” Elena la guardò con comprensione, aveva capito che qualcosa di veramente brutto era successo, non voleva sforzarla a parlare. “A Miami sono rimasta per qualche settimana. È successo un mezzo casino anche lì e non potevo rimanere per nessun motivo al mondo, mi sono ricordata che mia madre parlava spesso di Mystic Falls e, visto che non avevo un altro posto, sono venuta qui.” Il silenzio calò nuovamente.

“Bene! Direi che l’interrogatorio di oggi è finito.” Disse senza enfasi Damon alzandosi dal suo posto e andandosene nel salotto adiacente.

Le ragazze sparecchiarono e, uscite dalla cucina, Stefan le portò in soffitta a vedere l’abito di cui aveva parlato poco prima. “Tu o tuo fratello nascondete qualche particolare passatempo?” chiese ironicamente Jane mentre il vampiro mostrava un vestito ottocentesco in perfetto stato. Lui prima la guardò ridendo, poi diventò serio “Era di una persona a noi cara… potrebbe essere la tua misura.” Passò l’indumento a Elena e scese le scale, lasciando le ragazze ad osservarlo.

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***


Lasciarono il vestito nella stanza di Jane ed uscirono per il resto della serata. Jane però continuava ad essere distante: per quanto le tre ragazze di Mystic Falls ci provassero, lei continuava a perdersi nei suoi ricordi.

Andarono al Grill per bere qualcosa e chiacchierare della festa imminente, mentre la castana si rivide passare davanti agli occhi le scene che la perseguitavano da tempo. L’immagine di quel vampiro che le stava addosso non se la sarebbe mai tolta dalla mente.
“A cosa pensi?” chiese Elena, dopo ore che la vedeva in quello stato di trance. L’altra le sorrise nascondendo i suoi veri sentimenti “Penso che domani a quest’ora sarò strizzata in uno scomodissimo abito di una donna morta e sepolta da chissà quanti secoli e mi toccherà pure ballare!” lo disse con un tono particolarmente infastidito, così da rendere credibili le sue parole.

Il giorno seguente, quello della festa, saltarono le lezioni per i preparativi. Tutti gli studenti erano entusiasti, tutti tranne Jane che ancora aveva praticamente frequentato solo due giorni… andando avanti così non si sarebbe mai diplomata!

Verso le due di pomeriggio, casa Salvatore fu invasa da corsetti, ampie gonne, scarpe importabili e quelle tre pazze fanatiche delle feste che costrinsero Jane a subirsi ore e ore di trucco, pettinature e altre torture simili. Non fraintendiamo: Jane amava avere sempre un bell’aspetto, nonostante tutto; ciò che non sopportava erano le cose fuori dal loro tempo! Le piaceva vivere nel suo secolo non fingere di essere una del diciassettesimo secolo.

Dopo un paio di ore, però, si ritrovò stritolata in un corsetto di una qualche donna che aveva vissuto in quella casa; l’ampia gonna color porpora era resa enorme da una sorta di gabbia in metallo leggero che le era stato legato in vita; il corsetto, anch’esso porpora, la stringeva e le toglieva il respiro. Caroline le aveva stretto troppo i lacci, probabilmente per la sua forza da vampira, o magari per torturarla meglio… La castana si guardava nell’ampio specchio della stanza che Stefan le aveva dato. Per carità, le stava bene, le segnava il punto vita e le rendeva il seno più grande e alto, ma la tortura di portare quel peso e tutto quell’ammasso di stoffa era insopportabile. Dopo averle sistemato i capelli in un intricata acconciatura che solo Caroline poteva fare, fu lasciata sola per qualche istante, giusto il tempo di abituarsi alle scarpe quasi importabili.

“Jane scendi e fatti vedere!” urlò Elena dal fondo delle scale. Era perfetta come dama ottocentesca: l’abito era sui toni dell’azzurro mare e metteva in risalto il colore dei capelli, che erano stati acconciati il boccoli fitti, appuntati in uno chignon alto. Anche Bonnie e Caroline attendevano la forestiera nell’entrata della Pensione Salvatore.

La castana maledisse per la millesima volta quella città, le sue usanze antiche e le tre ragazze che continuavano a chiamarla incessantemente. Quando si affacciò dalla scalinata, vide che anche Stefan era lì ad attenderla. Indossava un completo nero, con una semplice camicia bianca ed un panciotto rosso impreziosito da bottoni che, quasi sicuramente, erano d’oro. Teneva una mano dietro alla schiena di Elena, facendole sentire la sua presenza.

Anche Jane avrebbe voluto qualcosa di simile… Una persona su cui contare, di cui fidarsi. Ma il mondo maschile l’aveva delusa. Sempre!

Scese i gradini leggermente malferma e reggendosi al corrimano in legno antico. “Sei meravigliosa!” esclamò Elena raggiante “Sembra quasi che il vestito sia stato fatto per te.” Disse sorridente il vampiro andando ad aprire la porta d’entrata. “Sì, una me più magra!” rispose inacidita Jane mentre usciva di casa seguita dagli altri.

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***


Arrivarono nella piazza principale di Mystic Falls, dove erano stati allestiti banchetti e stand di vario tipo. Tutti erano vestiti in stile retrò, le auto erano sparite dalla circolazione e parole in disuso da secoli aleggiavano nell’aria.

Rimasero in piazza a far nulla fino al calare del sole: la festa infatti si spostava nei giardini di casa Lockwood, dove si sarebbero tenuti dei balli ed un rinfresco.

Jane iniziava a percepire la mancanza d’ossigeno. Aveva provato a chiedere a Caroline di allentarle i lacci ma la giovane vampira aveva riso e, testuali parole, aveva esclamato “Devi far vedere quelle tette! Quindi il corsetto deve rimanere stretto.” E si era allontanata come se nulla fosse.

A villa Lockwood la musica riempiva l’aria, molti invitati si erano già lanciati in pista, ballando sulle note di un walzer. “Andiamo anche noi?” supplicò Elena facendo gli occhioni dolci al suo ragazzo che, come li vide, sorrise e la portò al centro della pista.
Jane rimase immobile a guardarli. Notò anche Caroline intenta a trascinare Tyler lontano dal buffet per poter danzare. Bonnie si era allontanata per parlare con qualcuno vicino al salone principale così Jane si godette un po’ di tranquillità, continuando a guardare Stefan che faceva volteggiare la Gillbert.

“Disgustosi. Mi sale il diabete!” una voce a lei, ormai, troppo nota la fece voltare leggermente “Non sarai geloso Damon?” ironizzò mentre si spostava verso la scalinata in marmo che portava ad una fontana. Il corvino la seguì tenendo in mano un bicchiere di Bourbon. “Secondo me la gelosa sei tu!” fece di rimando “Vedo nei tuoi occhi il desiderio infinito di un bellissimo ed affascinante giovane che ti inviti a ballare.” Continuò il vampiro andandosi a posizionare alla sinistra della giovane che stava fissando un punto imprecisato nel cielo. “L’unica cosa che desidero in questo momento è allentare i lacci di questo maledettissimo corsetto! - si portò una mano sul ventre enfatizzando il suo disagio, poi guardò Damon che rimaneva in silenzio – potresti farmi un favore. Tanto tu sei vecchio quanto questi cosi. Ne avrai sfilati molti…” il vampiro le lanciò uno sguardo assassino “Mi hai appena dato del vecchio? Ma hai visto che fisico fantastico che ho?” chiese sarcastico allargando la giacca per farle vedere gli ipotetici addominali nascosti, comunque, dal panciotto grigio perla.

Jane lo guardò con tono di sufficienza “Non ci tengo molto. Dai aiutami. Ancora cinque minuti e svengo per asfissia!” si voltò dandogli le spalle. Sentì il rumore del bicchiere che veniva appoggiato sul marmo della balaustra e, dopo pochi secondi, percepì le mani di Damon scioglierle il nodo e allentare il corsetto. Per un attimo temette che glielo volesse togliere ma, quando sentì che venivano nuovamente stretti, molto meno rispetto a prima, fece un sospiro di sollievo.

“Ecco dolcezza!” Damon si allontanò per andare a riprendere il suo Bourbon. “Come pensavo. – fece Jane ritornando con lo sguardo nel vuoto – Ne hai slacciati molti nella tua vita!” un ghigno divertito le spuntò sulle labbra.

“Ora che non corri il rischio di morirmi ai piedi, ti devo fare delle domande.” Il tono serio del corvino fece concentrare tutte le attenzioni di Jane sul viso perfetto di lui. “Cerchiamo un posto più appropriato?” domandò lei cominciando a scendere la scalinata in marmo.

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 ***


I due si sedettero su una panchina lontana dalla festa, lontana dal rumore. Jane temeva per le domande che il vampiro le avrebbe posto, temeva specialmente per le risposte che avrebbe dato.

“Come riesci a resistere alla compulsione?” Damon aveva deciso di andare subito al sodo. Jane non gli sembrava una da prendere alla larga per ottenere delle risposte; se avesse insistito, questa volta, avrebbe avuto delle risposte vere!

“Dopo anni che vivo a contatto con vampiri e altre creature sovrannaturali ho imparato come gestirle. La compulsione è difficile da combattere, ma non impossibile. La chiave è rispondere con la verità ma non tutta. – il volto del vampiro faceva trasparire la sua incapacità di capire. – Ti spiego meglio: la sera che mi hai chiesto di mia madre tu la immaginavi viva ed io non ho detto fosse morta. È una piccolezza, ma permette di incrinare il collegamento che si crea tra il soggiogato e il vampiro.” Lui la guardò per alcuni istanti senza parlare. Jane capì che era difficile da spiegare “Soggiogami!” esclamò risoluta. Damon si stranì “Che?!”

“Usa la compulsione e fammi delle domande. Troverò il modo di spezzare il legame.” Jane era pronta a rischiare per provargli la sua teoria. Aveva mentito fin troppo ed in quel momento credeva fosse giusto rivelare qualcosa. Damon l’aveva trovata quando era scappata, era tornato a prenderle la valigia in quel caffè aperto 24 ore. Come aveva detto Bonnie, tra lei e il vampiro che aveva salvato si era creato un legame forte. Ora capiva il significato di quelle parole: con Damon non sentiva più il bisogno di mantenere dei segreti.

Quando si accorse di ciò che quel ragionamento implicava, si spaventò a morte: avrebbe scoperto tutto di Miami e Los Angeles. Non poteva permetterlo! Doveva lottare col suo stesso istinto.

“Va bene.” Disse poco convinto Damon, riportando Jane alla realtà. La prese per le spalle e inchiodò i suoi occhi ghiaccio in quelli nocciola di lei “Chi è Nic?” si maledisse immediatamente per quella domanda. Perché aveva iniziato proprio con quella richiesta? Era forse geloso? “Nic era amico di mia madre. L’ho conosciuto quando avevo 10 anni circa. Mi ha aiutata quando mia madre è morta.” E già così Jane era riuscita ad indebolire il soggiogamento. Ma Damon non demorse “Chi è davvero Nic?” Jane rimase inchiodata nei suoi occhi “Un vampiro. È molto vecchio. Mi ha salvata.”

Damon continuò col suo interrogatorio “Da cosa ti ha salvata?” la forestiera percepì che il legame si stava rafforzando nuovamente, il suo cervello si annebbiò più di quanto le fosse mai successo in tutta la sua vita. Sentì le parole uscirle senza riuscire a selezionarle “Mi ha salvata da un altro vampiro.” Tremò sperando che cambiasse discorso, ma così non fu “Perché?” chiese con voce ferma. A Jane scorsero velocemente le immagini di quella sera davanti agli occhi e una lacrima le scivolò lungo la guancia. “Mi ha aggredita.” Sussurrò percependo che il legame si era nuovamente indebolito. Probabilmente Damon aveva immaginato che il vampiro l’avesse morsa, non era nemmeno vicino alla realtà, così il legame fu quasi totalmente spezzato. La mente di Jane tornò quasi completamente lucida e, con la domanda seguente, si liberò totalmente “Cos’è successo a Miami?” Jane ringraziò il cielo di aver riacquistato la lucidità “Ho perso una cara amica.”

Alcuni secondi di silenzio seguirono. Un sorriso trionfante fece capolino sulle labbra di lei che guardò trionfante il corvino “Sono libera!”

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 ***


“Ora hai visto come faccio per liberarmi dalla compulsione.” Disse dopo un tempo indefinito in cui entrambi erano rimasti in silenzio, ognuno assorto nei propri pensieri. “Quale delle mie domande ha indebolito il legame?” domandò Damon continuando a fissare il cielo ormai richiarito solo dalle numerose stelle “Perché vuoi saperlo?” fece a sua volta la forestiera. Lui fece un sorso di Bourbon “Così so a cosa non hai risposto con la verità.” Jane scosse il capo “Non hai capito. Io ho sempre detto la verità. Il fatto sta in cosa tu hai recepito e come l’hai interpretato.” Il vampiro però fece chiaramente capire che non era per nulla chiara quella spiegazione così lei si voltò per guardarlo meglio “Vedi, quando mi hai chiesto cosa fosse successo a Miami, cosa ti ho risposto?” Damon posò il bicchiere sulla panchina portando poi tutta la sua attenzione alla sua interlocutrice “Mi hai detto che hai perso un’amica.” Jane fece un lieve cenno col capo “E tu a cosa hai pensato?” l’altro fece un verso di scherno, forse iniziava a capire come funzionasse quella cosa, o per lo meno iniziava a capire cosa frullasse nella testolina di quella giovane “Ho immaginato fosse morta ma, dal tuo ragionamento, deduco che non sia così…” lei prese il bicchiere di Damon e lo sollevò come per brindare alla sua risposta corretta “Hai capito, adesso?” gli chiese bagnandosi le labbra con il Bourbon. Lui le strappò il bicchiere dalle mani “Forse comincio a capirci qualcosa.”

Jane si alzò dalla panchina e fece un passo verso la festa “Io torno dagli altri. Chi lo sa se da questa festa ne tirerò fuori qualcosa di buono!” esclamò voltando le spalle al corvino che non sembrava proprio in vena di festeggiare. Si allontanò di qualche altro passo prima di essere richiamata dal vampiro “Cosa intendevi quando hai detto che sei stata aggredita? Ti ha morsa?” c’era uno strano tono nella sua voce, come se sperasse che quella parte l’avesse capita. Lei si voltò e gli regalò un sorriso il più sincero possibile “Quella storia è parte del passato.” Ricominciò a camminare, questa volta con la speranza di non essere più bloccata da nessuno.

Raggiunse presto la zona clou della festa. Vide che tutte le persone che conosceva si stavano divertendo: chi ballava e chi chiacchierava a bordopista. Qualcosa stava lentamente cambiando dentro di lei, d’un tratto non le sembravano più persone quasi fastidiose per il loro costante interesse e preoccupazione per lei. Certo, non avrebbe mai raccontato a nessuno quello che le era successo prima di arrivare a Mystic Falls, ma piano piano avrebbe anche potuto iniziare a sentirsi parte di una famiglia. Per quanto Monique avesse messo tutto il suo impegno per crescere la figlia nel modo migliore e donandole tutto l’amore che possedeva, non avrebbe mai potuto darle una vera famiglia e tutti gli spostamenti a cui l’aveva sottoposta non l’aveva di certo aiutata ad instaurare relazioni sociali.

Stava per fare un passo in direzione di Bonnie e Caroline che stavano ridendo assieme a Tyler accanto al buffet, ma il ricordo di Miami riapparve vivido nella sua mente. Anche quella volta era convinta di aver finalmente trovato qualcuno con cui lasciarsi andare; Clare era apparsa una sera accanto a lei in un caffè e aveva iniziato a chiacchierare con lei come se si conoscessero da sempre. Era solare e piena di energia. Il giorno dopo si videro per pranzare assieme e passarono il resto della giornata assieme, a parlare e scherzare come grandi amiche. Era andato a rotoli tutto molto facilmente e, per quanto Jane si fosse ripetuta milioni di volte che non ne soffriva, ancora faceva fatica ad uscire da quella spirale di pensieri negativi che la spingevano verso il fondo.
Senza pensarci ulteriormente pensò bene di imboccare la porta d’ingresso di casa Lockwood e tornare alla Pensione Salvatore dove, con grande sforzo e abilità da contorsionista, sarebbe riuscita a sfilarsi tutto quell’ambaradan che aveva addosso.

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 ***


C’era odore di putridume e morte nell’aria. Si guardava attorno con il fiatone, dentro di sé sapeva che era questione di secondi e non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo. Fu in un istante che una figura pesante apparve come piombando dal soffitto e si avventò sul corpo senza chiedere permesso. Si sentì buttare sulle assi di legno marcio del pavimento e le mani del vampiro iniziarono a toccare ogni superficie della sua pelle. Ci provò, ci provò con tutte le energie a chiamare aiuto, ma il panico si era impossessato del suo corpo e rimase inerme fino a quando quel mostro non fu scaraventato da un lato con la stessa forza con cui si era avventato sulla sua preda.

*-*

Il mattino seguente scese verso le 8 in cucina. La casa aleggiava nel silenzio più totale e la cosa le andava giusto bene. Quella notte, come risvegliata dalla conversazione con Damon durante la festa, la sua memoria aveva riportato a galla dettagli che Jane avrebbe voluto dimenticare per sempre. Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire le mani schifose di quel vampiro sulla sua pelle. Rabbrividì e dovette costringersi a guardare fuori dalla finestra per ricordare al suo subconscio che ora si trovava a Mystic Falls, nella casa di due vampiri che non avrebbero di certo fatto qualcosa del genere.

“’Giorno.” Un Damon con la faccia stravolta apparve in cucina “Fatto le ore piccole?” provò a scherzare Jane trovando così il modo di smettere di pensare a quello che era successo a Los Angeles. Il vampiro attraversò tutta la cucina per andare in salotto e prendersi un bicchiere di Bourbon. Jane lo seguì con la sua tazza di caffè in mano “Non è un po’ presto per bere?” chiese ancora sedendosi poi sul divano difronte al camino spento “Da qualche parte è l’happy hour quindi è perfetto!” il tono acido lasciò pensare alla giovane che non fosse proprio aria. Si rialzò e si diresse verso la scalinata principale “Indonesia.” Disse solo prima di iniziare a salire gli scalini. Damon rimase a fissare il punto in cui era appena sparita la giovane con una faccia indecifrabile, tenendo il bicchiere ad un centimetro dalle labbra. “In Indonesia sono appena passate le sei di sera. Ottima ora per fare aperitivo!” la voce, seppur ovattata, ma distinguibile di Jane lo raggiunse dal corridoio del primo piano. Fece un rapido sorriso coperto dal bicchiere e, subito dopo, ingoiò l’intero contenuto. Gliene sarebbero di certo serviti altri per togliersi quelle immagini dalla mente: quella notte aveva avuto un incubo che non sembrava appartenergli, cosa che gli succedeva non di rado in quel periodo… Si chiese se non fosse il subconscio che lo sfotteva! La sera prima aveva inteso che a Los Angeles Jane non era stata morsa ma qualcosa di molto peggio. Sperava di sbagliarsi ma, ragionando sulla falsariga di quello che aveva detto o fatto capire la giovane, quello che lui credeva era lontano dalla realtà ed era abbastanza sicuro che la domanda con cui si era realmente liberata Jane non era riguardo a Miami ma riguardo a quello che era successo a Los Angeles, il vampiro che l’aveva aggredita e da cui questo Nic l’aveva salvata.
Un senso di disgusto lo pervase e lo costrinse a posare il bicchiere per non spaccarlo. Quale mostro poteva fare una cosa tanto crudele?!

-*-

Il sole splendeva alto nel cielo così decise di uscire per prendere una boccata d’aria. Infilò le cose più comode che aveva in valigia ed uscì senza fare rumore; di certo non aveva voglia di imbattersi nuovamente in un Damon così scontroso.

Passeggiò attraversando il bosco dietro alla pensione e, con tutta la calma di chi non ha nulla da fare, raggiunse il centro della cittadina. Senza una meta camminò tra le vetrine dei negozi e dei locali, senza soffermarsi su nessun dettaglio. Neanche una persona le rimase impressa nella mente, tanto era focalizzata sui suoi pensieri.

“Jane?” la Signora Brown fece un cenno con la mano per richiamare l’attenzione della sua impiegata. Era seduta su una panchina al sole e sembrava sollazzarsi tra i raggi caldi “Signora Brown, anche lei si gode questa meravigliosa giornata?” fece Jane avvicinandosi e sedendosi poi accanto alla donna “Alla mia età è importante godersi ogni singola giornata come questa!” disse scherzosa tornando a guardare il movimento della cittadina.

Rimasero in silenzio per un po’, entrambe felici che l’altra non parlasse e non facesse domande. Fu allora che Jane notò un uomo già visto. Fece un rapido excursus nella sua mente e riuscì a collegarlo all’uomo ubriaco che aveva bussato alla sua porta in hotel. In qualche modo quel tipo le faceva venire i brividi…

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 ***


Tornò alla pensione poco dopo l’ora di pranzo, fece un salto in cucina dove rubò una mela dall’isola in marmo e andò a rintanarsi in camera sua. Sulla strada del ritorno si era convinta a mettersi a studiare per andare in pari con tutte le lezioni che aveva saltato e così fece per tutto il pomeriggio. Riuscì a chiudere tutte le sue domande e i suoi pensieri in un cassetto della mente e si concentrò sulla scuola: già era due anni in dietro, non poteva certo permettersi di perdere altro tempo!

Scese al piano di sotto solo verso le cinque, con una gran voglia di caffè. Usò la macchinetta dell’espresso che i due fratelli tenevano accanto al frigo e si domandò cosa se ne potessero fare due vampiri. La casa era silente, sicuramente entrambi i Salvatore erano andati da qualche parte a Mystic Falls, magari avevano entrambi una compagnia con cui stare. Poi si ricordò che Damon era l’unica persona meno socievole di Jane al mondo. Stefan no, lui incarnava lo spirito del bravo ragazzo; cosa che era del tutto indifferente agli occhi della forestiera che trovava irritante la sua costante apprensione nei suoi confronti.

Si portò la tazzina del caffè alle labbra continuando a riflettere sui caratteri tanto diversi dei suoi ospiti quando tutto si fece nero e cadde al suolo senza un’apparente ragione. La tazzina si frantumò appena toccò le piastrelle e il contenuto si spanse andando ad inzuppare la maglia di Jane che giaceva priva di sensi.

*-*

Si era rintanato al Grill nella speranza di non venire disturbato da nessuno. Peccato che dopo poco l’allegra combriccola, capeggiata da una fin troppo raggiante Caroline, fece il suo ingresso nel locale. Tutti finsero che Damon non fosse presente e si sedettero in un tavolo il più lontano possibile dal vampiro. Il corvino ingoiò l’ultimo goccio di Bourbon che gli era rimasto e lasciò il bancone sbastendo una banconota accanto al bicchiere vuoto.

Camminava con il suo solito passo spavaldo e fiero fra le radici degli alberi dietro a casa sua. Si bloccò immediatamente dopo aver percepito il rumore di un respiro a qualche metro di distanza. Acutizzò i suoi sensi per saperne di più su chi lo stesse seguendo. Ma non fece in tempo a schivare il colpo che si trovò per terra. Si rialzò velocemente scoprendo che il suo aggressore era uno degli ibridi di Klaus Mikaelson. Spolverò la giacca in pelle pronto ad attaccare il suo avversario ricordandosi di stare lontano dalle unghie del vampiro-lupo: non voleva fare una brutta fine…

Prima ancora di scattare, qualcuno da dietro gli afferrò il collo e lo spezzò. Di conseguenza Damon cadde privo di vita sul terriccio del sottobosco.

Tyler Lockwood estrasse il cellulare dalla tasca della giacca e compose un numero “Fatto. Damon Salvatore è k.o.” disse con disprezzo al suo capo che si limitò a chiudere la telefonata. “Ora che facciamo?” domandò spaventato l’ultimo arrivato del branco. Tyler si spolverò i pantaloni “Ora ce ne andiamo e lo lasciamo qui. Il nostro compito l’abbiamo svolto. Adesso è un problema di Klaus.”

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 ***


Spalancò gli occhi trovandosi a guardare il soffitto della cucina Salvatore. Si affrettò a rimettersi in piedi senza capire cosa fosse successo. Si tastò il petto come alla ricerca di qualche segno che le fungesse da indicatore, ovviamente non trovò nulla. Notò però che il suo caffè era finito ovunque tranne che nel suo stomaco. Infastidita e con la mente su un altro pianeta, si mise a raccogliere i cocci della tazzina e li buttò nella spazzatura. Si sedette poi su uno degli sgabelli, cercava di capire cosa fosse successo. Senza accorgersene si era messa a mordicchiarsi l’unghia dell’indice, cosa che non faceva ormai da anni…

Damon entrò in casa sbattendo la porta e sbraitando contro qualcuno che solo lui sapeva “Maledetto figlio di puttana!” credeva che in casa non ci fosse nessuno ma, quando percepì un battito cardiaco si morse la lingua prima di aggiungere qualche altra imprecazione. Seguì quel suono così regolare fino alla cucina dove trovò la sgradita ospite seduta a fissare un punto indefinito “Credevo fossi uscita!” fece con fare scontroso, Jane sbatté le palpebre un paio di volte, come per riprendersi dai suoi pensieri, poi distolse lo sguardo e lo posò sul vampiro “Che ti è successo?!” domandò vedendo lo stato in cui era: terriccio e qualche sassolino più grande erano appiccicati su tutti i vestiti di Damon; un paio di rametti microscopici erano infilati nei suoi capelli “Klaus ha mandato un paio dei suoi ibridi a farmi un agguato.” Rispose atono andando poi verso il salone. Jane, interessata, lo seguì e si andò a sedere sul divano “Cosa volevano?” il vampiro si versò tre dita di Bourbon e si avvicinò al camino senza enfasi “Non lo so. E la cosa non mi tranquillizza.”

Rimasero in silenzio per un po’, poi Jane rinvenne dai suoi pensieri “Questo Klaus… è così pericoloso?” da quando aveva sentito pronunciare quel nome per la prima volta, l’unica cosa di cui era certa era che nessuno in quel posto sopportasse questo vampiro. Damon, per la prima volta, puntò gli occhi azzurri sulla giovane “è il vampiro più pericoloso che io abbia mai incontrato. A differenza di Stefan Squartatore, Klaus è pienamente conscio di ciò che fa e gli piace anche! Se mai ti dovessi imbattere in lui, ti consiglio di scappare… che poi è una cosa che ti riesce anche facile, no?” Quella non era proprio la giornata giusta per trattare con lui. Non lo aveva ancora mai visto così rabbioso e acido, non che solitamente fosse una bella persona, ma quel giorno… “Beh, visto che non è aria, io vado!” esclamò alzandosi dal suo posto.

*-*

Quando, quella sera, Stefan rientrò Damon lo intercettò per raccontargli ciò che era successo nel pomeriggio. Convennero che avrebbero dovuto informare le altre e decidere cosa fare. Il più giovane dei Salvatore chiamò la sua ragazza che arrivò in meno di mezz’ora con Bonnie e Caroline al seguito. Alaric, contattato da Damon li raggiunse poco dopo.

Si sedettero attorno al tavolo in sala pranzo per discutere sul da farsi “Se Klaus ha mandato i suoi vuol dire che non è in città. Di solito sbriga di persona le sue faccende.” Caroline sembrava conoscerlo molto bene e la cosa fece pensare molto Jane. Chissà cosa legasse la bionda a quel vampiro… Damon scuoteva la testa “Non è detto. Potrebbe aver mandato quei due perché era troppo impegnato ad uccidere qualcun altro” Stefan si mise in piedi “Direi che è meglio stare all’erta e sperare che non si faccia vivo. Non sappiamo perché abbia messo fuori gioco Damon ed è meglio non abbassare la guardia…” decretò lanciando uno sguardo al professor Salzman.

La seduta fu sciolta e Jane provò ad abbandonare la sala per tornare nella sua stanza. Quando Damon aveva confessato che i due tirapiedi di Klaus erano riusciti a spezzargli il collo a lei era venuta una strana sensazione, per nulla piacevole. Se era legata al vampiro che aveva salvato, magari poteva provare le stesse cose che provava lui. Era svenuta nello stesso periodo in cui, da quello che aveva capito, era rimasto morto Damon.

“Jane, possiamo parlare un attimo?” Bonnie fece cenno alla forestiera di appartarsi vicino all’ingresso “Ho trovato alcune nuove informazioni sulla tua condizione… - fece una breve pausa – Tu sai chi è il vampiro che hai salvato?” l’altra scosse leggermente la testa, era ancora decisa a non rivelare quel nome, sapeva che sarebbe stata una questione di stato… Bonnie le strinse un braccio con fare ammonitorio “Dovresti scoprirlo al più presto! Ho trovato degli scritti antichi tra le cose di mia nonna, non sono riuscita a capire bene perché le scritte sono sbiadite ma ho capito una cosa: tu e il tuo vampiro avete un legame più profondo di quanto avessi immaginato… E sei tu ad essere in difficoltà. L’unica frase di cui sono certa recitava che l’umano paga con il sangue. – fece un’altra pausa – Non so bene come decifrarlo, ma ti conviene veramente far sapere al vampiro che hai salvato di non fare cazzate! Potresti essere tu quella che perde.”

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Capitolo 35
*** Capitolo 34 ***


Erano passate all’incirca due settimane da quella rivelazione di Bonnie e non era passato giorno in cui Jane non si fosse chiesta quale potesse essere la conseguenza di quel gesto così impulsivo che aveva compiuto ormai quasi un mese prima. In quei giorni era stata il più lontano possibile da tutti e tutto. Usciva presto la mattina per non dover andare a scuola assieme al quartetto che l’avrebbe sicuramente tartassata di domande, la maggior parte delle quali non le sarebbero sicuramente piaciute; il pomeriggio poi andava a fare compagnia alla signora Brown al negozio di fiori e si ritrovava a chiacchierare con la donna su come Mystic Falls fosse cambiata rispetto a quando era bambina, a volte si rabbuiava al pensiero di sua sorella ma cercava sempre di non darlo a vedere alla sua giovane assistente che da lei imparava non solo la storia della città ma anche molte proprietà di fiori e piante.

Alcune volte i suoi pensieri erano così caotici e fitti che Jane scendeva in salone e attingeva dal minibar di Damon, sperando che nessuno l’avrebbe mai notato.

Fu in una di quelle sere, erano da poco passate le undici, quando apparvero all’entrata Elena, Caroline, Bonnie e Stefan. Le tre ragazze erano eccitate e parlavano come delle dodicenni “Abbiamo appena saputo da Tyler – cominciò Elena dopo aver afferrato Jane per un braccio e averla costretta a seguirle in salone, prontamente la giovane aveva lasciato il bicchiere di Bourbon sul carrellino dei liquori – che fra quattro giorni faranno una festa a casa loro!” Jane riuscì a liberarsi e fece uno scatto verso la scalinata “Ancora?! Quante dannatissime feste fate in questo posto? Non avete nient’altro da fare?!” un’altra festa, no! Non aveva intenzione di passare le sue prossime serate a dover socializzare con tutte quelle persone “Questa volta potete provarci in tutti i modi ma la risposta sarà no!” mise le mani avanti immaginando già quale sarebbe stata la loro prima domanda “Ma Jane… sarà divertente!”

Stefan si era seduto su una poltrona e guardava divertito la faccia schifata della forestiera, gli ricordava molto le espressioni che faceva suo fratello. “Non puoi dire di no. – disse Bonnie ridendo – Sarai l’unica di Mystic Falls a non partecipare…” Jane scosse la testa “Andiamo… - provò Elena con la sua espressione solare – Puoi pensarci su qualche giorno e decidere all’ultimo. Non penso che una persona in più farà la differenza.”. L’altra lanciò uno sguardo di sfuggita a Damon che si stava gustando il suo liquore ignorando quasi totalmente la presenza degli altri “Non cambierà la mia risposta. Sabato c’è la luna nuova. – fece una breve pausa mantenendo lo sguardo sul pavimento – E visto come è andata la scorsa volta…” non aggiunse altro e si avviò verso la sua stanza. Nessuno provò a fermarla.

Sicuramente si sarebbe ritrasformata in un gatto appena la luna nuova avesse raggiunto il suo apice, sperava solo che questa volta sarebbe stato meno doloroso. “Ne dubito…” sussurrò al suo riflesso nello specchio in bagno. La pelle diafana e i capelli castani ormai lunghi fino a metà schiena. Più si guardava e meno si riconosceva, tutto di quella situazione le sembrava irreale. Se solo sua madre fosse stata lì con lei… Di certo avrebbe trovato una soluzione.

Una lacrima solitaria le scivolò lungo la guancia. Si affrettò ad asciugarla e fece un respiro profondo per allontanare la sofferenza. Era da talmente tanto tempo che non lasciava sfogo ai sentimenti che, se lo avesse fatto in quel momento, non si sarebbe più fermata.

Uscì dal bagno e si imbatté in Damon, quasi come se lui fosse rimasto lì ad aspettarla “Stai bene?” le chiese in un momento di gentilezza. Era da alcuni minuti che si sentiva come in un vortice di tristezza: un attimo prima stava pensando a come l’avrebbe fatta pagare a Klaus e il momento dopo gli era quasi venuta voglia di sprofondare in un baratro. La cosa lo aveva lasciato perplesso e, come spinto da una forza invisibile, era andato a cercare Jane. Così, senza motivo.

Jane fece apparire un sorriso allegro che sarebbe riuscito a fregare chiunque “Tutto bene!” disse con tono allegro. Aveva imparato così bene la parte della persona gioiosa, che non faceva neanche fatica a fingere. Il vampiro non replicò anche se era abbastanza certo che quella non fosse la verità. Rimasero a fissarsi per diversi secondi, poi Jane non fu più in grado di mantenere lo sguardo “Perché sei qui?” domandò muovendo un passo verso la porta della sua stanza “Quando c’è la luna nuova evita di uscire. Non sei in grado di gestire la cosa, finiresti per farti ammazzare.” Ritornò ad usare la sua voce infastidita. Girò sui tacchi e si incamminò per il corridoio “Tutto qui?!” la voce di Jane aveva una nota alterata “Se ti preoccupa che finisca di nuovo in camera tua non ti devi preoccupare: io commetto gli errori una sola volta!” spalancò la porta e la sbatté alle sue spalle.
Quell’odioso vampiro!

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Capitolo 36
*** Capitolo 35 ***


“Sono preoccupata per Jane…” Elena si era sistemata fra le braccia di Stefan in camera sua “Hai visto come è tornata la ragazza chiusa e sulle sue di quando è arrivata? Non capisco cosa sia successo… credevo che stesse migliorando, che stesse capendo che di noi si può fidare. E poi pensavo avrebbe legato almeno con Damon, mi sembra che quei due si assomiglino parecchio!” Stefan accarezzava distrattamente il braccio della sua ragazza “Forse le serve solo più tempo. È rimasta da sola per due anni, avrà dovuto imparare a cavarsela da sola e probabilmente non avrà potuto fidarsi degli altri. Da una parte la capisco… In uno dei miei periodi più bui sono stato anch’io così.” Elena si voltò a guardarlo “Ma tu sei sempre tornato a fidarti e a vedere ciò che di buono c’è nella gente. Lei questo non sembra volerlo capire!”

*-*

Venerdì sera si riunirono a casa Salvatore, come di consueto, per cenare e passare la serata in compagnia. Jane indossò la maschera più usata in quel periodo: rise alle battute, partecipò alle conversazioni e rispose alle domande (quelle che non concernevano il suo passato) ma, per il resto del tempo, la mente rimase assorta nei pensieri che si erano fatti ancora più contorti del solito. Quando tutti erano impegnati in qualche discussione in cui lei non veniva interpellata, si chiudeva nel suo silenzio e lo sguardo si faceva assente fino a che uno dei presenti non faceva il suo nome e allora lei tornava in casa Salvatore con un sorriso sulle labbra.

Vedere come si giostrasse così bene, come fosse abituata a nascondere le sue emozioni dietro ad un viso così allegro, fecero stringere il cuore a Damon. Ormai aveva anche smesso di lottare con quella sensazione di empatia che provava per la forestiera. C’era qualcosa in lei, qualcosa che lo attirava. Solo che non riusciva a spiegarselo.

“Jane, se vuoi domani sera restiamo con te.” Elena si sedette accanto alla forestiera e le mise una mano sul braccio “è solo la seconda volta che ti trasformerai. Magari non vuoi restare sola…” l’altra rivolse un sorriso delicato “Non è necessario. Voi andate e divertitevi! Io me ne starò chiusa nella mia stanza. – passò lo sguardo sul vampiro con fare allusivo – Non è poi tanto diverso da come passavo le serate negli ultimi due anni… - fece un incipit di risata sperando che gli altri la seguissero ma nessuno sembrava divertito dalla sua battuta “Oh andiamo ragazzi! È giusto così. E poi non sarei di compagnia… Voi andate e divertitevi. Mi racconterete domenica a cena! – si alzò perché ormai le stava diventando insostenibile quel sorriso finto – Buonanotte, sono stanca morta!”.

Salutati tutti, con le sue preoccupazioni che stavano per straripare come un fiume in piena, e si dileguò prima di far cadere la maschera.

Si chiuse in camera e si sdraiò sul letto. Il ricordo del dolore che aveva provato prima di diventare un gatto era paragonabile ad uno strumento di tortura… Ma non sarebbe mai stato così doloroso come l’essere violentata da un vampiro, la forza che aveva usato… Spalancò gli occhi per far sparire quell’immagine e quella sensazione davvero sgradevoli. Si mise seduta e si concentrò per riportare il cuore a battere regolarmente.

Si voltò verso la porta quando sentì un leggero bussare. Passò le mani sugli occhi per togliere ogni eventuale traccia di lacrime ed aprì. Si trovò davanti Damon con due bicchieri di Bourbon. Senza dire nulla si fece largo fra la ragazza e la porta, entrando nella stanza “Perché sei qui?” chiese Jane chiudendo l’uscio. Il vampiro le porse uno dei due bicchieri, quando lei lo prese con un’espressione dubbiosa lui fece un ghigno “Credevi veramente che non mi sarei accorto del Bourbon che spariva? Visto che a mio fratello non piace e non vive nessun altro qui, non era difficile da capire!” fece un sorso andandosi ad appoggiare alla cassettiera. Lei mantenne salda la presa sul bicchiere senza però bere “Perché sei qui, Damon?” domandò nuovamente. Il corvino fece un respiro profondo, portando lo sguardo fuori dalla finestra “Non lo so neanche io. Forse volevo solo complimentarti per la tua maestria.”.

Jane andò a sedersi sul letto “Che intendi?!” finalmente si decise a sorseggiare il liquore. Damon si sedette accanto a lei “Sei veramente un fenomeno a nascondere quello che stai provando…” lei fece un verso di scherno “Di punto in bianco non esisti solo tu?!” non sapeva come sarebbe riuscita a gestire qualunque cosa sarebbe successa dopo e la cosa la stava preoccupando parecchio. “Ho i miei momenti. Circa una volta all’anno mi ricordo di non essere l’unico a questo mondo!” scherzò a sua volta il vampiro. Jane mosse le spalle nel tentativo di allontanare Damon “Sono stanca, voglio dormire. Non puoi andartene?” ormai era agli sgoccioli, se fosse rimasto lì ancora un po’ sarebbe stata la fine…

Damon sembrò rendersene conto così si alzò e le lasciò una lieve carezza sul braccio “’Notte.” Disse prima di lasciare la stanza e lasciare Jane da sola con i suoi pensieri.

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Capitolo 37
*** Capitolo 36 ***


Il giorno seguente si svegliò con la tachicardia. L’idea di dover soffrire come il mese prima la stava terrorizzando. Ma se quello era il suo destino, forse avrebbe dovuto farci l’abitudine. Per tutto il giorno evitò il più vecchio dei Salvatore, in realtà cercò di evitare tutti ma fu difficile quando Caroline si presentò alla pensione appositamente per parlarle. La placcò in giardino e la costrinse a sedersi su una panchina con lei.

“Bonnie ci ha raccontato quello che ha trovato fra le cose di sua nonna. Tu sei certa di non sapere chi sia il vampiro che hai salvato? Non hai neanche una vaga idea?” era preoccupata, Jane glielo leggeva negli occhi, però non aveva intenzione di cambiare idea “Mi dispiace Caroline.” La vampira si fece più vicina “Potrei essere io? Se è così, dimmelo ti prego! Non voglio rischiare di farti del male…” l’altra le mise una mano sulla spalla “Non sei tu, tranquilla.” Fece un sorriso per tranquillizzarla ma Caroline ebbe un sussulto “Quindi tu sai chi è! Perché non lo vuoi dire?!” Jane si maledisse per l’irresponsabilità ma ormai il danno era fatto. “Non ha senso che lo si sappia. E poi non c’è motivo di allarmare chiunque sia legato a me. Ho preso una decisione perché ero convinta fosse quella giusta e ne pagherò le conseguenze senza essere di peso. In più, lo rifarei… anche se adesso so quali sono le conseguenze.”. L’altra rimase a fissarla per qualche istante, poi si fece largo un sorriso di comprensione e la costrinse in un abbraccio. Per una volta Jane non provò a liberarsi dalla stretta e ricambiò il gesto. Quando la bionda si fu staccata portò lo sguardo al cielo “Se mai avrai bisogno, sappi che puoi contare su di me!”.

-*-

La sera calò troppo rapidamente. Verso l’ora di cena Jane scese in cucina per prepararsi qualcosa da mangiare. Poco più di mezz’ora prima, la combriccola era passata a prendere Stefan per andare alla festa a casa Lockwood e Jane li aveva salutati dalla finestra con un cenno della mano. Damon era quasi sicuramente andato al pub a bere quindi non c’era nessuno in casa. La cosa le dava un senso di sollievo.

Addentò il toast appena uscito dal forno a microonde e si incamminò verso la sua stanza. Già iniziava a sentire dolori nella parte bassa della schiena. Quando arrivò in camera sua si premurò di chiudere la porta a chiave poi si avvicinò alla finestra per capire in quale posizione si trovasse la luna, anche se era quasi impossibile vederla. Una fitta alla pancia la costrinse a piegarsi in due per cercare di ridurre il dolore. Si andò a sdraiare nel letto sperando che tutto quello non sarebbe durato molto.

Guardò nuovamente l’orologio scoprendo essere le undici passate. La pelle era imperlata di sudore, ogni terminazione nervosa tremava e non riusciva quasi a muoversi. Aveva le lacrime agli occhi dal dolore che pervadeva ogni sua cellula e non sembrava darle neanche un attimo di tregua. Le venne la nausea mentre iniziava a sentire le sue viscere diventare incandescenti. Quando provò a mettersi seduta per placare quel senso alla bocca dello stomaco tutto si fece buio per un attimo; l’attimo dopo la stanza e i suoi mobili erano diventati enormi alla sua prospettiva.

Jane si scosse cercando di liberarsi dai vestiti e cominciò a zampettare per la stanza. Ogni parvenza di dolore era scomparsa, ora era attirata dagli odori, dai colori e dalle forme che la distraevano ogni volta che voltava la testa. La consapevolezza di tornare nella propria forma umana le era d’aiuto a godersi quel tempo che passava in veste di gatto. Tutti i sensi erano acutizzati, cosa che le stava piacendo parecchio. Saltò sulla cassettiera per guardare la stanza da una nuova prospettiva. Si sedette ad ammirare come tutto ora sembrasse lontano. Poi fu attirata dal rumore di passi poco fuori dalla porta. Tutti i suoi sensi si focalizzarono in quel punto pronti ad un potenziale segnale di pericolo.

La maniglia si abbassò provocando un rumore che Jane non aveva mai notato prima. Ovviamente la porta non si aprì e dal corridoio arrivò uno sbuffo a metà tra il divertito e lo scocciato “Non dirmi che hai chiuso la porta a chiave!” Damon appoggiò i palmi delle mani sullo stipite. “Gattina ci sei?” fece dopo alcuni secondi di silenzio. Un miagolio irritato lo raggiunse subito dopo “Non usare quel tono! Se non ti fossi barricata dentro, a quest’ora potresti scorrazzare per casa.”. A quelle parole la coda di Jane si ingrossò e si mise a soffiare alla porta per protestare alle parole del vampiro.

Damon si allontanò con un peso in meno sullo stomaco: la reazione della gatta lo aveva rassicurato sulle sue condizioni e si sentì libero di andarsene a dormire.

Jane passò il resto della notte a guardare fuori dalla finestra notando ogni piccolo animale che si aggirava nel giardino della casa. Ad un certo punto le parve di notare un volto guardarla attraverso i rami della magnolia piantata ad una decina di metri dalla sua finestra ma, quando tornò ad osservare quel punto, vide soltanto le foglie muoversi cullate dalla brezza che c’era quella notte.

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Capitolo 38
*** Capitolo 37 ***


Si svegliò cadendo dalla cassettiera su cui, a quanto pareva, si era addormentata. Sbatté il gomito per terra rendendosi così conto del fatto che fosse tornata umana. Si trascinò fino al letto e si infilò sotto le coperte senza le energie per rimettersi almeno gli slip. Crollò in un sonno profondo senza sogni.

Riaprì gli occhi quando il sole era alto nel cielo. Sentiva i morsi della fame così si costrinse ad alzarsi. Con molta calma indossò l’intimo e un maxi-maglione che teneva sulla sedia accanto all’armadio. Aprì la porta e trascinò i piedi scalzi fino alla cucina. Come al solito la casa era silenziosa, nessuno sembrava esserci. Tanto meglio! Non osava immaginare in che condizioni fosse.

Stancamente tirò fuori dal frigo uno yogurt e ci versò dentro dei cereali. Si sedette su uno degli sgabelli dell’isola in marmo e fece qualche boccone. Subito lo stomaco sembrò felice ma, poco dopo, lo sentì come chiudersi: aveva percepito una presenza in casa. Jane scosse il capo pensando che fosse solo la sua immaginazione ma il suo udito captò il battito accelerato di qualcuno e sembrava provenire dall’entrata.

La giovane lasciò lo yogurt e si alzò ritrovando le energie necessarie ad evitare di diventare un bersaglio. A quanto pareva i suoi sensi da gatto non erano spariti. Quatta quatta si avvicinò alla porta d’entrata. Si accorse troppo tardi della presenza di una figura palestrata e minacciosa in cima alla scalinata. Con un balzo Tyler Lockwood le fu davanti “Mi dispiace Jane, ma non posso rifiutarmi di eseguire un ordine.” Sembrava davvero dispiaciuto ma aveva anche una scintilla di determinazione negli occhi “Di che stai…?” ma non finì la domanda che il licantropo le conficcò una lama nell’addome. Estrasse il coltello prima di andare in profondità nella carne e lasciò la villa senza premurarsi delle condizioni della ragazza.

Jane cercò di raggiungere le scale, nella speranza di trovare le forze per arrivare nella sua stanza e usare il cellulare per chiamare aiuto ma le gambe non ressero il suo peso e si accasciò appena al primo gradino. Le mani erano premute sulla ferita mentre la mente stava cercando di capire come uscire da quella situazione e si chiedeva perché Tyler l’avesse fatto.

-*-

Caroline si avvicinò alla porta d’ingresso della pensione Salvatore facendo cenno al resto del gruppo di aspettarla solo un secondo. Quando era finita la festa a casa Lockwood, verso le tre di mattina, avevano seguito Stefan a casa sua per finire la serata a chiacchierare in un ambiente più tranquillo. Solo che la bionda si era dimenticata il cellulare sul divano e doveva recuperarlo prima di andare al Grill con gli altri. Bonnie l’aveva presa in giro dicendo che non sarebbe morto nessuno se avesse aspettato la sera per riprenderlo ma lei era in attesa di una chiamata e non poteva permettersi di perdere l’occasione.

Sentì subito l’odore pungente del sangue e, quando aprì cautamente l’uscio, sbiancò davanti alla vista di Jane in una pozza di sangue. “Ragazzi!” chiamò allarmata gli altri facendo uno scatto verso la giovane incosciente. Questa aprì leggermente gli occhi “Caroline…” sussurrò prima di richiuderli per la troppa fatica che le causava anche quel minimo sforzo. La vampira si morse un polso e lo avvicinò alle labbra di Jane che iniziò a bere il suo sangue sentendone subito il beneficio.

Elena portò le mani alla bocca pietrificata dalla scena mentre Stefan si avvicinò maggiormente per aiutare Jane a mettersi seduta “Cos’è successo?” chiese Bonnie chiudendosi la porta alle spalle. La forestiera abbassò lo sguardo sul pavimento sporco di sangue, il suo sangue “è stato Tyler.” Disse semplicemente.
“Cosa?!” esclamarono incredule Elena e Caroline all’unisono. Jane fece un cenno di assenso con la testa “Ha detto qualcosa sul fatto che non poteva rifiutarsi di eseguire un ordine…” Stefan si passò una mano sulla fronte “Deve essere stato Klaus. È peggio di quello che pensavamo!” si alzò ed estrasse il cellulare dalla tasca dei Jeans “Damon, devi tornare immediatamente! È per Klaus.” Chiuse la telefonata prima di sentire qualunque lamentela di suo fratello. Poi fece cenno alle presenti di spostarsi in salotto e si incamminò verso quella direzione.

Lo stomaco di Jane si rivoltò come un calzino “Vado a cambiarmi!” disse frettolosamente mentre iniziava a correre per le scale. Fece appena in tempo a raggiungere il water che vomitò tutto quello che aveva in corpo, praticamente solo il sangue di Caroline. Appoggiò la fronte sul braccio e fece dei respiri profondi cercando di trovare la calma. Il dolore lancinante che aveva provato quando Tyler l’aveva pugnalata cominciò a ripresentarsi. Alzò la maglia scoprendo così che il taglio si stava riaprendo. Ma quello non era possibile! Il sangue di vampiro l’aveva sempre curata. O almeno fino a quando non si era trasformata…

Ripensò a quando Damon le aveva dato il suo sangue dopo che Jeremy Gillbert le aveva sbattuto la porta in faccia. In quell’occasione aveva funzionato e non si era ancora trasformata. Ma all’epoca aveva già salvato il vampiro dalla morte, quindi teoricamente il legame si era già creato. Però poi pensò a Stefan la mattina dopo la festa, il suo sangue l’aveva guarita. Quindi il legame doveva essersi saldato solo dopo la prima trasformazione. E se… e se quel “pagare col sangue” avesse significato che solo il sangue di Damon Salvatore le avrebbe permesso di guarire? In quel caso avrebbe dovuto trovare il modo per farsi dare il suo sangue. Ma come? E come poteva uscire da quella stanza con la ferita che aveva ricominciato a sanguinare?

Due occhi gelidi avevano assistito alla fuga della castana verso il bagno da uno dei rami della magnolia piantata nel giardino dei Salvatore. Quando Jane vomitò il sangue ingoiato da poco, un ghigno malefico si dipinse sul volto adombrato dalle foglie della pianta. Orami ogni dubbio era dissipato e sapeva esattamente quale sarebbe stata la sua prossima mossa.

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Capitolo 39
*** Capitolo 38 ***


Per loro fortuna, Damon era già sulla strada di casa quando aveva ricevuto quella fastidiosa chiamata da suo fratello. Spalancò la porta notando una chiazza di sangue che si iniziava a coagulare poi percepì le voci provenire dal salotto ed apparve in pochi attimi accanto alla libreria “Che è successo di là?” chiese andando poi a versarsi un bicchiere di liquore “Tyler ha aggredito Jane. – iniziò con fare serio Stefan. Un impercettibile desiderio di uccidere quel licantropo attraversò gli occhi di Damon che però fu bravo a mascherare quell’istinto – L’ha mandato Klaus, sicuramente. Jane ha detto che si è giustificato dicendo di non poter rifiutare di eseguire un ordine. E chi conosciamo che dà ordini ai suoi ibridi a cui non possono non adeguarsi?”. Tutti in quella stanza avevano imparato che Niklaus Mikaelson aveva la capacità di entrare nella mente di tutti: essendo uno degli Originali, poteva usare la compulsione su umani, vampiri e sui suoi ibridi. Nessuno aveva via di scampo.

“Lei dov’è?” chiese il corvino avvicinandosi al camino “Di sopra, è andata a cambiarsi.” Rispose Elena lanciando uno sguardo alla scalinata. Jane ci stava impiegando un po’ troppo…

Fu allora che la porta d’ingresso fu scardinata. Quattro giovani con i muscoli delle braccia in vista entrarono nella pensione e si lanciarono in salotto per bloccare la fuga ai presenti. Tra loro c’era Tyler, assoggettato come sempre al volere del suo capobranco. Guardò con dispiacere i suoi amici mentre, dietro di lui, faceva il suo ingresso in casa il loro capo. La figura asciutta e un po’ troppo magra sfigurava accanto ai suoi sottoposti ma, nonostante ciò, Klaus Mikaelson sapeva incutere terrore con un solo sguardo “Vi sono mancato?!” domandò ironicamente con fare trionfale.

“Klaus!” sibilò Stefan facendo uno scatto verso l’Originale. All’altro vampiro bastò un cenno che uno dei suoi ibridi scattò a placcare il più giovane dei Salvatore. Lo guardò poi negli occhi e con la compulsione gli ordinò di stare buono e fermo, per non dargli problemi. Stefan si ritrovò bloccato sul posto con alle spalle la libreria e suo fratello a pochi passi, anche lui assoggettato a non interferire con i piani di Klaus. Le ragazze erano tenute sotto controllo da due degli intrusi e Caroline, l’unica che avrebbe potuto essere un problema per l’Originale, sapeva che non sarebbe servito a niente provare a combattere.

Klaus si guardò attorno godendosi l’immagine dei due fratelli immobili davanti alla libreria e di Elena che provava ad incutere timore ma gli faceva solo ridere. “Dov’è l’altra abitante di questa casa?” Damon provò l’impeto di saltargli al collo “Non è qui!” ringhiò, ringraziando che non gli avesse impedito anche di parlare. Sul volto dell’Originale comparve un ghigno divertito “Ci hai provato. – poi guardò Tyler – Lockwood! Vai a prendere la ragazza.”

Costretto ad obbedire, il licantropo fece una corsa su per le scale e raggiunse rapidamente la stanza di Jane. Aprì la porta senza delicatezza e trovò la giovane in bagno mentre guardava la ferita che, ogni minuto, si riapriva un pochino, facendo uscire sempre più sangue. Lei spalancò gli occhi alla vista del suo aggressore ma non ebbe le forze per opporsi alla sua presa e fu trascinata in salotto.
La prima cosa che vide furono gli sguardi all’erta di tutti i presenti. Damon e Stefan erano immobili da una parte della stanza, mentre Elena, Bonnie e Caroline erano sedute sul divano con due ragazzi mai visti prima che le tenevano d’occhio con fare minaccioso. Sicuramente erano lupi mannari come Lockwood. Solo alla fine la sua attenzione fu attirata da una figura dai capelli corti, castano chiaro e leggermente ricci “Ah eccola qui l’ultima ospite della festa!” Klaus si voltò per guardare Jane che sgranò gli occhi “Nick?!”.
Nella sua mente si unirono i puntini: quelle cose orribili che Klaus aveva fatto ai cittadini di Mystic Falls, il fatto che fosse un mostro, che avesse mandato Tyler ad aggredirla… Per tutto quel tempo Nick, il vampiro che l’aveva aiutata e protetta, aveva cercato di ucciderla!

 

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Capitolo 40
*** Capitolo 39 ***


Era rimasta pietrificata alla vista di Nick e, come un fiume in piena, i ricordi degli ultimi quattro anni riaffiorarono portandole via la capacità di respirare.

“Nick?! – esclamò Damon – Quello di Los Angeles?” Jane sembrava aver perso la capacità di parlare, riuscì solo a distogliere lo sguardo da un vampiro e posarlo sull’altro quasi implorando che tutto quello finisse. Non poteva crederci che Nick e Klaus fossero la stessa persona; non sapendo che sua madre si era sempre fidata di lui!

Klaus si avvicinò alla sua vecchia conoscenza e le sollevò la maglia quel tanto da mostrare il taglio ancora sanguinante “Dobbiamo fare qualcosa per questo, non vorrei morissi proprio ora!” Caroline si agitò sul posto “Ma io le ho dato il mio sangue… aveva funzionato!” l’originale si voltò con lo sguardo di ghiaccio “Fa’ silenzio! – le ordinò – Tutto a tempo debito.” Quella era la sua occasione per scoprire tutto il possibile su quella maledizione.

“Che cosa vuoi?” domandò Stefan nel tentativo di farlo ragionare “Jane non c’entra nulla. Dalle il tuo sangue e lasciala andare…” Klaus riabbassò la maglia della giovane e si voltò verso i due fratelli “Vedi Stefan, io sono qui esattamente per lei! – tornò a guardare Jane che non sembrava capire – Mi è giunta voce che a Mystic Falls c’era un’umana maledetta a trasformarsi in gatto ad ogni novilunio perché aveva salvato un vampiro da morte certa. Immagina il mio stupore quando sono arrivato e ho scoperto che eri proprio tu, Jane, la fortunata. – fece una breve pausa passeggiando indisturbato per la stanza – Ma poi la cosa non doveva tanto sorprendermi visto quello che ti ha insegnato tua madre… Ad ogni modo, ho avuto il tempo di osservarti e capire.” Jane iniziava a perdere colore in viso e Tyler, che non aveva ancora lasciato la presa sul suo braccio, sentiva come il suo corpo stesse cercando di non cedere. “Perché?” domandò solamente la giovane.

L’Originale le si avvicinò nuovamente “Perché in tutti i secoli di vita non ho mai avuto modo di imbattermi in una creatura come te. Gli umani che salvavano i vampiri non arrivavano alla luna nuova successiva. Sai, non amiamo molto avere una zavorra. Capisco benissimo perché non hai rivelato quel nome!” dicendo ciò si avvicinò maggiormente ai due fratelli che lo guardavano attentamente. Si fermò davanti a Stefan, estrasse un paletto da sotto la giacca e glielo conficcò all’altezza dello stomaco. Immediatamente il vampiro si piegò in due dal dolore e si accasciò al suolo “Perché l’hai fatto?!” urlò Elena provando ad alzarsi. Cosa che fece scattare uno dei due ibridi che la bloccò e la costrinse a tornare a sedere.

Klaus non distolse lo sguardo da Jane che temeva di sapere quale fosse il suo fine ultimo di quella pantomima. E la cosa la preoccupava molto, oltre al fatto che non avrebbe potuto andare avanti ancora a lungo, visto che la ferita era tornata completamente aperta e il sangue imbrattava sempre maggiormente la sua maglia. Il vampiro sembrò godere dello sguardo di supplica della giovane mentre, con ancora il paletto in mano, si avvicinava all’altro fratello.

Quando il paletto si conficcò nella sua carne, Damon non riuscì a trattenere un lamento di dolore. Si piegò su se stesso ma Klaus gli impedì di rovinare a terra. Non fu l’unico però a soffrire. Jane fu sopraffatta dal dolore e cedette sotto quella fitta lancinante cercando di trattenere l’urlo che le era nato in gola. Tyler non fu preparato dalla cosa e perse la presa sul braccio facendola finire al suolo.

Gli occhi di tutti, persino di Damon, si puntarono sulla giovane sul pavimento. Il dolore stava scomparendo a mano a mano che il vampiro guariva. Klaus si avvicinò e la costrinse a rimettersi in piedi “Come pensavo… solo l’umano è collegato al vampiro e non viceversa. – disse voltandosi verso il diretto interessato “Dalle il tuo sangue, così potremo continuare la conversazione senza che svenga!” ordinò e Damon si avvicinò non per sua volontà a Jane, si morse un polso e glielo porse mantenendo uno sguardo glaciale. Lei però non lo accettò “Sono solo un esperimento per te, Nick? – lanciò un’occhiata di puro odio a quello che un tempo era stato suo amico – Fottiti!”. Damon continuò a guardarla incapace di capire cosa stesse provando per lei in quel momento… Era ammirato dal fatto che, anche in quelle condizioni, stesse tenendo testa all’Originale, ma dall’altra la stava odiando per qualunque cosa avesse fatto per finire legata a lui. Sarebbe stata una scocciatura!

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Capitolo 41
*** Capitolo 40 ***


“Puoi anche rifiutarti di farti curare ma non farai altro che peggiorare e non credo che sarebbe carino morire sul pavimento di chi ti ha accolta.” Ironizzò Klaus andandosi a servire un bicchiere di Bourbon dal carrellino dei liquori di Damon. Il corvino alzò gli occhi al cielo trovando estremamente fastidiosa quella situazione. Si morse nuovamente il polso facendo sussultare di conseguenza la giovane di fronte a lui, che si portò la mano di riflesso sul suo polso. Per un attimo incontrò lo sguardo di disappunto del vampiro e, nemmeno seppe perché, si sentì in colpa per tutta quella situazione imbarazzante. Suo malgrado accettò il sangue di Damon e subito sentì le forze tornarle, almeno in parte, e la ferità prese a rimarginarsi.

L’Originale abbandonò il bicchiere su un tavolino accanto al divano “Bene! Ora che siamo tutti più tranquilli, vorrei fare un paio di prove. Giusto per capire come funziona questo legame…” si avvicinò ai diretti interessati e Damon, senza neanche rendersene conto, si parò tra Klaus e Jane con fare protettivo. “Non siamo cavie di laboratorio!”. Dicendo ciò, frammenti dal passato tornarono prepotenti alla sua mente. Per un attimo si bloccò ricordando gli esperimenti che avevano fatto su di lui. Jane non seppe come ma si sentì profondamente turbata, comprese però che il legame tra lei e il vampiro andava oltre il piano fisico…

“Non so quando mi capiterà un’altra occasione del genere. Sono curioso!” gli occhi di Klaus si accesero di una luce folle, con velocità sovrumana sferrò un colpo a Damon graffiandogli un braccio. Sia lui che Jane si portarono la mano opposta nella zona lesa, mentre gli altri presenti sobbalzarono per la scena e ciò che essa poteva implicare. Stefan provò a muovere un passo verso suo fratello ma la compulsione di Klaus era ancora potente e il suo gesto gli provocò solo un doloroso blocco degli arti inferiori. Intanto Mikaelson aveva girato attorno a Damon e si era posizionato alle spalle di Jane “Magari non lo sai, mia cara, ma i vampiri non sopravvivono ad una ferita di licantropo.” La ragazza gli rifilò uno sguardo acido “Lo so!” Klaus sorrise soddisfatto “Immaginavo… E sai anche che io sono un ibrido? Per metà vampiro e per metà lupo.” Jane non distolse lo sguardo “Non lo sapevo, ma ho iniziato ad intuire qualcosa quando mi hai fatta aggredire da un lupo mannaro!” l’Originale fece un sorriso divertito “Ho sempre saputo che sei una tipa intelligente! Però scommetto che non saprai che il mio sangue è una cura per i vampiri feriti dai licantropi…” si stava godendo quello scambio di battute come se fosse un gioco a chi sa più cose. Jane sgranò gli occhi ma non gli diede la soddisfazione “Quindi? L’hai ferito solo per vedere se sto male anch’io?!”

Klaus tornò nel centro della stanza, accanto al divano “Anche. Ma sono più curioso di sapere se il tuo sangue lo può guarire. – fece una breve pausa – Ma sai cosa? Mi hai dato una grande idea! Quindi ora noi ci metteremo a parlare come delle persone normali e aspettiamo che il veleno faccia effetto.” Con un gesto della mano invitò tutti a prendere posto sulle poltrone rimaste libere. Nessuno si mosse così il primo ibrido fu costretto ad usare la compulsione sui presenti; lasciò libera solo Jane: ricordava la sua abilità ad eludere il soggiogamento e non voleva brutte sorprese.

La forestiera non aveva di certo voglia di seguire gli ordini di quel sadico. Non mosse un passo fino a quando non fu costretta da Tyler che la afferrò per un braccio. Klaus si voltò per sedersi sul bracciolo accanto a Caroline e Jane colse il momento di distrazione per fingere di inciampare sui propri piedi e cadere sopra al paletto che l’Originale aveva lasciato sul pavimento senza preoccuparsene più. Fu rapida a nasconderlo nella manica della maglia che ora, oltre ad essere sporca di sangue, era slabbrata. Sotto gli occhi di tutti i presenti, Lockwood la riafferrò e la mise in piedi senza accorgersi che era riuscita a prendere il paletto.

Si posizionò dietro alla poltrona su cui era stato costretto a sedersi Damon. La cosa peggiore per lei in quel momento sarebbe stato avere i suoi occhi giudicanti a fissarla. E poi, dalla sua posizione aveva la visuale su tutti i presenti, tranne Tyler che le continuava a rimanere alle spalle. Voleva uscire da quella situazione alla svelta. Il braccio iniziava a formicolarle e, a giudicare dal leggero tic che aveva il corvino, anche lui doveva provare la stessa cosa. Avrebbe dovuto aspettare di sapere se era in grado di guarirlo con il suo sangue, in caso contrario era fondamentale che Klaus rimanesse in quella stanza!

“Se vuoi avere una conversazione amichevole, dovresti far sparire i tuoi tirapiedi.” Disse seccata la forestiera incrociando le braccia. L’Originale le riservò un sorriso compiaciuto “Vedo che il tempo passato con me ti ha resa più astuta. E te lo riconosco. – guardò i tre ibridi dietro alle sue spalle – Andate! – ordinò – Lockwood, tu resta!” Jane alzò le sopracciglia “Dolcezza, non resto del tutto da solo. Dovresti conoscermi ormai…”. Lei si massaggiò il braccio senza distogliere lo sguardo da Klaus “Inizia già a fare effetto?!” domandò l’intruso passando dalla giovane al corvino che però rimaneva quasi impassibile; gli occhi azzurri erano piantati in quelli di suo fratello come se stessero comunicando. Stefan di tanto in tanto lanciava un’occhiata a Jane, per capire come stesse ma sembrava diventata una maschera di ghiaccio, totalmente impassibile.

La forestiera rimaneva immobile; in piedi con la schiena retta, il battito cardiaco regolare, gli occhi che passavano in rassegna tutti i presenti. Nella sua mente stava pensando a come uscire da quella situazione, l’avere solo uno scagnozzo di Klaus era già meglio rispetto a prima ma ancora non era riuscita a trovare un modo. Il paletto era sempre nascosto dalla manica della maglia e attendeva solo il momento giusto per essere usato. Stava mettendo tutte le sue forze per non far capire che iniziava a perdere il controllo: gli occhi iniziavano a bruciare, così come il braccio. Non sapeva per quanto sarebbe resistita ancora.

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Capitolo 42
*** Capitolo 41 ***


La situazione rimaneva immutata. Klaus guardava di tanto in tanto l’orologio attendendo che i sintomi da avvelenamento si facessero più intensi. Sembrava godere della scena: entrambe le sue cavie erano estremamente testarde, nessuno dei due cedeva anche se ormai il dolore doveva essere quasi insopportabile. “Fa’ qualcosa!” provò Caroline, sperando che il vampiro avrebbe deciso di smettere di torturarli. Ma così non fu.

Jane non poteva pensare di andare ancora avanti. Voleva uscire da quella stanza, non vedere più tutti quegli occhi giudicanti puntati addosso e non voleva più vedere Nick che l’aveva tradita in quel modo. Che aveva tradito sua madre! Si sentiva così stupida per essersi fidata di quel mostro e non capiva come Monique avesse potuto trovare in lui un amico fidato. “Al diavolo!” colmò la distanza fra lei e la poltrona su cui era seduto Damon e gli piazzò il polso davanti alla faccia. L’Originale ghignò alla vista dei canini del corvino che spuntarono dalle labbra e si conficcarono nella pelle diafana della giovane. Immediatamente entrambi sentirono il beneficio di quel gesto. La giovane mosse un passo verso Mikaelson “Contento?! Ora hai la tua risposta!”

E, mentre lui annuiva soddisfatto, lei estrasse il paletto e glielo conficcò in pieno petto con tutte le forze che aveva. Klaus cadde con un tonfo sordo al suolo. La pelle si sbiancò diventando quasi grigia e si ricoprì di vene ingrossate. Era morto.

Ma tutti in quella stanza sapevano che non lo sarebbe rimasto per molto. Jane si voltò verso Tyler “Portalo fuori di qui!” gli ordinò quasi fosse in grado di controllarlo con la compulsione. Tutti la fissarono senza sapere cosa dire, però a lei non importava quello che pensavano, non le importava di nulla.

Si voltò e iniziò a camminare verso la scalinata. Subito prima di lasciare il salotto fece cadere il paletto sul pavimento e, senza voltarsi, si diresse nella sua camera.

Solo quando ebbe lasciato la stanza i presenti si ripresero. Lockwood guardò gli altri senza capire cosa fosse appena successo “Come ha tutta quella forza?!” domandò guardando prima Caroline poi Damon “Senti: non guardare me! - ringhiò il corvino – Portati via il tuo capo. Se ti vedo di nuovo in casa mia ti stacco la testa.” Poi si portò al suo carrello dei liquori con la necessità di bere fino a stare male. Tyler fu rapido ad eseguire l’ordine e sparì lasciando gli altri a fissare Damon.

“Sento i vostri occhi addosso.” Disse atono senza voltarsi. Suo fratello gli si avvicinò “Dovresti parlarle…” l’altro si voltò con gli occhi rabbiosi “Per dirle cosa?!” quasi urlò lanciando poi il bicchiere già svuotato. Bonnie si alzò dal divano “è assurdo che ti abbia salvato la vita e tu neanche lo sapevi!” Damon strinse i pugni “Ma voi, cosa volete da me?! Rompete le palle a quell’altra!” sbraitò muovendo un passo verso l’uscita.

Stefano lo bloccò “Quell’altra ti ha salvato la vita. E, se tu non hai idea di quando possa essere successo, io penso di saperlo… - suo fratello lo fissò con fare di sfida ma non aprì bocca – è successo qualcosa la notte della riunione del consiglio il mese scorso?” Damon sgranò gli occhi ricordandosi del bosco, della ragazza che aveva soggiogato per morderle il collo, il colpo di pistola che non era andato a buon fine. “Il giorno dopo Jane mi ha scritto chiedendomi il vostro indirizzo…” Elena si era appena ripresa dallo spavento di quel pomeriggio. Il corvino passò gli occhi glaciali sulla Gillbert poi tornò su suo fratello “Io so solo che lei si è presentata con una ferita.” Concluse il più giovane. Il corvino rimase a fissarlo per qualche secondo “Siete dei rompi palle!” sbraitò nuovamente incamminandosi verso il piano superiore.

Si fermò davanti alla porta chiusa della stanza di Jane. Stava cercando di fare chiarezza in quello che era successo. Lei gli aveva salvato la vita e quella era una certezza. Ma altre migliaia di domande gli stavano ronzando nella testa…

Senza premurarsi di annunciarsi, spalancò la porta trovando la giovane intenta a buttare qualche vestito nella valigia “Cosa stai facendo?” domandò entrando nella stanza e richiudendo la porta. Jane non smise di muoversi frettolosamente per la camera, raccogliendo tutto quello che era suo “Me ne vado. - Disse solo, senza distogliere l’attenzione dai suoi gesti – Non posso resta qui!” Damon fece un verso di scherno “Brava! Scappa, che ti riesce tanto bene!” alzò le braccia furioso, nemmeno sapendo perché si sentisse così frustrato. La giovane lanciò la maglia che aveva in mano per terra e si voltò a guardare il vampiro “Sì! Va bene?! È l’unica cosa che mi viene bene!”. Era stanca, stanca di doversi giustificare, stanca di dover temere che il suo segreto fosse rivelato, stanca del passato che le irrompeva nella testa, stanca di tutto.

Damon sembrò percepire lo stato d’animo della ragazza davanti ai suoi occhi, così provò a calmarsi. “Me l’avresti detto?” chiese tornando a parlare con tono normale. Lei smise di mettere le cose in valigia e scosse la testa “No. Non avresti mai dovuto saperlo…” confessò senza guardarlo. Il vampiro non fu in grado di placare la sua rabbia nuovamente scatenata “Cosa?! Stai scherzando, vero?! Non credi che, magari, avrei dovuto sapere di avere la tua vita sulle spalle?!” il modo in cui le stava urlando addosso la lasciò quasi impassibile: lei sapeva il perché di quella decisione e nulla le avrebbe mai fatto cambiare idea. Ma il modo in cui la stava trattando non le andava a genio e si ritrovò a rispondere con lo stesso tono astioso e incazzato di lui “Mi chiedi il perché?! – alzò le braccia al cielo – Guarda la tua reazione! E guarda come mi hanno guardato tutti di sotto! Come se fossi un caso pietoso!!! – urlò senza curarsi del fatto che magari anche altri avrebbero potuto sentirla: che andassero tutti a quel paese – L’unico sbaglio è stato prendermi un proiettile per salvare la tua vita.” Damon si bloccò rendendosi conto, forse per la prima volta, cosa quello significasse. “Perché l’hai fatto?” chiese ritornando a parlare con civiltà. Jane si voltò e si appoggiò alla cassettiera “Non ha importanza…” la sua voce aveva perso totalmente energia, così come il suo corpo. Si portò una mano alla fronte mentre la vista si faceva offuscata.

In tutta quella confusione aveva tirato fuori tutte le energie che aveva in corpo dimenticandosi di tutto quello che le era successo in poche ore. Svenne per il troppo carico. Damon si lanciò per prenderla prima che sbattesse la testa contro il mobile e la strinse al suo petto mosso da un sentimento che non credeva di provare per lei. “Tranquilla, ci penso io a te.” Le sussurrò all’orecchio prima di sollevarla fra le sue braccia e portarla nella sua stanza.

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Capitolo 43
*** Capitolo 42 ***


Damon stava fissando un punto a caso fuori dalla finestra del soggiorno, in mano aveva l’ennesimo bicchiere di Bourbon. Sospirò rumorosamente quando percepì lo sguardo di suo fratello addosso “Che vuoi?!” domandò continuando a guardare gli alberi nella proprietà. Stefan si avvicinò e rivolse un leggero sorriso all’altro “Come sta?” L’altro fece l’ultimo sorso “Sta dormendo.” Rispose senza enfasi. Il corvino si allontanò per andare a versarsi altre tre dita di liquore “Damon… - lo richiamò il più giovane dei Salvatore – non credi che, forse” ma non finì perché l’altro si voltò con lo sguardo acceso di rabbia “Non provare a farmi la morale, fratello! Lasciami bere in pace.” Afferrò il bicchiere, nuovamente pieno, e si diresse a passo rapido verso la scalinata.

Arrivato in camera sua richiuse la porta facendo il minor rumore possibile e si avvicinò alla finestra scostando le tende quel tanto per permettergli di guardare fuori. Non lanciò neanche uno sguardo alla giovane che dormiva nel suo letto, si chiese per quale motivo l’avesse portata lì ma non riusciva a darsi una risposta. Jane si mosse fra le lenzuola provocando un fruscio leggero, solo allora Damon si voltò a guardarla e vide la fronte pallida imperlata di sudore, gli occhi serrati così tanto da farle spuntare delle rughe su buona parte del viso. Appoggiò il bicchiere sul comodino e le si avvicinò. Si sedette accanto alla forestiera e posò una mano su quella di Jane stretta a pugno “Perché l’hai fatto?” sussurrò levandole una ciocca sudata che le si era appiccicata sulla fronte.

Jane spalancò gli occhi senza riuscire a mettere a fuoco. Sbatté le palpebre per alcuni istanti cercando di capire cosa fosse successo. Aveva percepito un tocco delicato, un sollievo che l’aveva riscossa dall’incubo in cui era caduta. La porta si aprì senza grazia e il vampiro a cui era legata piombò nella stanza “Ah bene, sei sveglia. – esclamò spalancando poi le tende – Il trio è di sotto che sta cucinando per te. Sarebbe educato se ti facessi vedere.” Disse tornando verso la porta. Jane non capiva, si sentiva frastornata e spaesata “Damon? – lo chiamò prima che lasciasse la stanza – sei stato qui prima?” le sembrava una domanda idiota, lo capiva, ma aveva una strana sensazione e non riusciva a spiegarsela. Lui fece spallucce “No di certo. Cosa dovevo venire a farci qui?” e senza aspettare una risposta, la lasciò da sola. Jane si passò una mano sul viso per cancellare le ultime tracce dell’incubo e si costrinse ad alzarsi. Passò in bagno per sciacquarsi il viso prima di cambiarsi, visto che quello che indossava era sudato e sgualcito e si presentò nella cucina della pensione solo dopo essersi fatta anche una doccia.

“Ciao!” fu subito accolta da sorrisi e sguardi misti tra preoccupazione e compassione “Come stai?! Domandò Elena lasciando il forno e avvicinandosi per abbracciarla. Era talmente rintontita che non schivò nemmeno quel gesto e rimase a fissare i presenti senza capire. Era certa che non avrebbero accolto bene la notizia che aveva salvato Damon da morte certa e che era legata a lui, per di più aveva creduto che non sarebbero stati ancora accoglienti con chi aveva attirato Klaus nella propria casa… E invece, erano lì e le sorridevano: Elena, Caroline, Bonnie, Stefan, persino il professor Salzman.

“Dov’è Damon?” domandò invece di rispondere ad una delle tante domande che le stavano ponendo. Stefan le porse un bicchiere d’acqua “Fuori. È uscito un attimo prima che scendessi.” Sembrava chiederle scusa con lo sguardo ma Jane si voltò subito verso Bonnie che stava finendo di grigliare delle zucchine “Che buon profumino!” esclamò celando immediatamente quello strano senso di abbandono che le stava crescendo nel petto. La strega le sorrise grata “Abbiamo pensato che avresti avuto fame, così ti abbiamo preparato una bistecca con delle verdure grigliate, un po’ di insalata mista e per dolce una torta al cioccolato.” Spiegò indicando vagamente le pietanze già predisposte in delle teglie sull’isola. “Wow! L’avete fatto per me?!” non era ancora riuscita a capire perché fossero così gentili. Caroline ricomparve dalla sala da pranzo dove stava imbastendo la tavola “Certamente Jane. Dovevamo pur ringraziarti per aver salvato Damon.” Il sorriso che aveva stampato in faccia le faceva credere che la vampira fosse seria “Mio fratello sarà anche un individuo complicato, ma gli vogliamo bene.” Spiegò Stefan “A volte!” aggiunse Alaric sorseggiando quello che Jane immaginò essere Bourbon. La forestiera si sentiva particolarmente in imbarazzo, non sapeva come uscire da quella cucina senza rischiare di offendere quelle persone che erano lì per lei. Non era abituata ad avere qualcuno che si preoccupasse che lei stesse bene, che mangiasse e cose simili; era vissuta da sola, aveva imparato a cavarsela da sola, si era difesa da sola non era certa di volere che qualcuno si intromettesse nella sua libertà. Perché, purtroppo, tutta quella solidarietà e amicizia (o come si poteva chiamare) la stava soffocando.

Per la durata della cena riuscì, per quanto le ci volle parecchia concentrazione, a non dare di matto e a restare sorridente. Il fatto era che, ogni volta che abbassava lo sguardo, i presenti si scambiavano delle occhiate alquanto eloquenti; per quanto cercassero di non farsi notare, Jane riuscì ad intercettarne diversi e ogni volta le veniva voglia di urlare. Fu allora che si ripromise di non stare mai più in una stanza assieme a Damon, sapeva che sarebbe stato imbarazzante e gli sguardi fra i presenti sarebbero stati ancora più indiscreti. Appena terminata la cena, prese il piatto e si alzò dal suo posto. Con l’ultimo sorriso che sarebbe riuscita a fingere per quella sera si congedò “Scusate ragazzi, sono ancora parecchio stanca. La cena era ottima, non dovevate… Buonanotte.” Lasciò il piatto ignorando le occhiate che si erano lanciati Stefan, Elena e Caroline e salì nella sua stanza. Ancora una notte in quel posto, giusto il tempo di riprendere totalmente le forze e sarebbe svanita nel nulla facendo attenzione a non lasciare tracce.

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Capitolo 44
*** Capitolo 43 ***


Damon rientrò tardi quella notte, non voleva correre il rischio di imbattersi in Jane o in nessuno della combriccola che, dalle sei di quella sera, si era accampata nella sua cucina. Non sapeva come gestire la faccenda con Jane, quella ragazza era un mistero anche ora che sapeva di avere un legame con lei, un legame profondo che li teneva uniti e che sarebbe stato un problema per lui. Da quando aveva scoperto quel legame, si era reso conto che aveva la vita di una persona sulle spalle, una zavorra! Quella stupida ragazza si era immischiata e ora a lui sarebbe toccato pure il ruolo di babysitter! Sbuffò salendo le scale e chiudendosi nella sua stanza. Si lasciò cadere sul letto e si sorprese ad annusare il profumo della forestiera impresso nelle lenzuola. Nemmeno si accorse di quanto rapidamente quel profumo si insinuò nelle sue narici e lo rilassò fino a farlo crollare addormentato.

-*-

“Ti prego!” un ragazzo stava supplicando da dentro una gabbia. La stanza in cui si trovava stava andando a fuoco. Jane sentiva una sensazione di paura nelle vene ma anche di forze ed energia. Si voltò a guardare qual ragazzo e gli si avvicinò senza però cercare di liberarlo. Per quanto si impose di aiutarlo, i suoi muscoli non reagivano, restava immobile a guardare il giovane negli occhi, occhi pieni di paura “Aiutami! Non lasciarmi qui…” continuava ad implorarla. Lei chiuse gli occhi, inspirò a fondo e poi sentì tutto svanire. Non provava più pena né compassione, ma non sentiva neanche più paura. Sembrava che fosse subentrata la completa assenza di sentimenti. Riaprì gli occhi e vide ancora più terrore in quel giovane “Aspetta!” urlò quello quando Jane iniziò a camminare a passo deciso verso l’uscita. Notò che per terra giacevano diversi corpi martoriati, nei loro colli c’erano segni di canini di vampiri. Si domandò cosa fosse successo in quel luogo e come il suo subconscio l’avesse portata lì. Quando era quasi fuori dalla porta le giunse un ultimo urlo disperato “Damon, non lasciarmi qui a morire!”

-*-

Jane spalancò gli occhi e cercò di riportare il respiro ad un’andatura normale. Si mise seduta sulla sponda del letto e si infilò le ciabatte. Quel sogno non era suo, come non lo erano stati tutti gli altri da un mese a questa parte. Ma ora sapeva perché al risveglio si sentiva come se avesse violato la memoria di qualcuno. Quei sogni appartenevano a Damon… si passò una mano sul viso mentre un senso di rimorso e paura fece capolino alla bocca dello stomaco. Aveva percepito una tristezza immensa in quel sogno, sembrava troppo vivido per non essere un ricordo e poteva percepire quanto il vampiro a cui era legata stesse combattendo con quel senso di colpevolezza. Si alzò titubante e percorse il corridoio fino ad arrivare alla stanza del corvino. Bussò piano ma nessuno rispose così si fece coraggio e socchiuse l’uscio. Nella penombra riusciva a vedere il vampiro agitarsi nel sonno, non si era accorto che lei era lì?! Rimase sorpresa Jane avvicinandosi al letto e sedendosi accanto a lui.

“Damon?” gli toccò una spalla nel tentativo di tranquillizzarlo ma quel tocco lo fece solo scattare. In un secondo aveva afferrato il braccio di Jane e l’aveva schiacciata sul materasso con tutto il suo corpo a impedirle di scappare. Sbatté un paio di volte gli occhi riconnettendosi con la realtà e lasciò immediatamente andare il polso della giovane “Che diavolo ci fai qui?!” sbraitò riprendendo immediatamente il controllo su di sé. Jane rimase immobile sdraiata sotto di lui, cercando di riprendersi dallo spavento “Io… beh… ecco.” Si schiarì la voce nel tentativo di prendere tempo: non aveva pensato a cosa gli avrebbe detto una volta svegliato. “Stavi avendo un incubo… l’ho percepito e volevo solo esserti d’aiuto. – fece una pausa immaginando che il corvino avrebbe avuto da dire qualcosa ma sembrava ancora un po’ distante – credo che anche i nostri sogni siano collegati.” Disse in fine. Quella frase fece scattare qualcosa nella testa di Damon “Fantastico! – esclamò mettendosi in piedi, liberando così Jane – Non bastava avere una fottuta zavorra, doveva anche avere un fottuto legame con i miei sogni!” sbraitò incurante dell’ora della notte in cui si trovassero. La forestiera si rimise in piedi a fronteggiarlo “Fottuta zavorra?! - gli fece eco guardandolo con sfida - Mi hai chiamata veramente fottuta zavorra?! Io ti ho salvato la vita, stupido idiota!” il corvino le si avvicinò di un passo “Ma io non te l’ho chiesto!” allargò le braccia senza staccare gli occhi di dosso alla ragazza in attesa di una sua risposta. Jane non sapeva come rispondere così rimase immobile per un attimo “Va’ a fanculo!” provò a superarlo per uscire dalla stanza ma lui la bloccò “Aspetta! Non intendevo…” ma lei si liberò agilmente e non lo lasciò finire “Non cercare scuse. Sapevo che sarebbe stato solo un problema. Non avrebbe dovuto saperlo nessuno! – fece un respiro profondo – Fingi che io non esista, okay? E dimenticati di questo dannatissimo legame. Tanto comunque… muoio io, non muori tu. Muori tu, non hai più di che preoccuparti. Non che ti sia mai preoccupato di qualcuno che non sia Damon Salvatore.”

Damon rimase interdetto per qualche istante, lasciando così andare Jane. Gli passò per la mente di seguirla ma poi si autoconvinse che non ne valeva la pena. Tornò a sedersi sul letto e non passò molto che qualcuno bussò alla porta “Non voglio sentire i tuoi discorsi, Stefan!” gli urlò attraverso la porta. “Forse ti interesserà sapere che è uscita. – gli fece di rimando l’altro Salvatore. Da dentro la stanza non ci fu un singolo rumore – Damon, sono le tre di notte. Non credi che sia pericoloso andare in giro da soli a quest’ora?!” Damon spalancò la porta con la sua velocità da vampiro “Sa cavarsela da sola. E come ha detto lei, io mi interesso solo di me stesso! Quindi, buonanotte.” Gli risbatté la porta in faccia e si lanciò sul letto cercando di riprendere sonno. Quella dannatissima ragazza!

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Capitolo 45
*** Capitolo 44 ***


Non riusciva ad immaginarsi di passare un solo istante in più in quella casa così, senza neanche cambiarsi, lasciò la pensione ed andò a fare una passeggiata per il centro città. Ovviamente alle tre di notte non c’era molta gente in giro, solo un paio di ubriachi svenuti al suolo. Si insultò mentalmente per buona parte del tempo e rientrò alla pensione solo con le prime luci dell’alba. Si sedette sul prato e si lasciò accarezzare dai timidi raggi che iniziavano ad apparire all’orizzonte. Si lasciò scivolare con la schiena e chiuse gli occhi, assaporandosi quella bella sensazione di pace.

-*-

Damon scese in soggiorno per prendersi un bicchiere di Bourbon scocciato: per quanto ci avesse provato, non era più riuscito a prendere sonno. La sua mente gli aveva riproposto immagini infinite di Jane torturata, Jane uccisa, Jane morta o Jane rapita. La cosa l’aveva infastidito non poco e alla fine aveva ceduto ed era sceso per farsi un drink. Si avvicinò alla finestra e notò una sagoma scura nell’erba “Non ci credo.” Sbuffò. Uscì in giardino e si avvicinò alla giovane “Le stanze della pensione non sono abbastanza o non sono di tuo gradimento?” domandò mettendosi sopra alla sua faccia. Lei aprì leggermente un occhio “Sono gli inquilini il problema. – fece una pausa – in realtà solo uno è il problema. Forse lo conosci: è un odioso pieno di sé per cui esiste solo lui.” Richiuse gli occhi, non voleva che il vampiro le rovinasse quel momento di pace.

Il corvino si sedette accanto a lei “Vagamente…” rispose solo, sorseggiando il suo liquore mentre guardava il sole sorgere. Nessuno dei due seppe quanto tempo fosse passato quando Damon aprì nuovamente bocca “Sai, prima non intendevo dire quello che ho detto.” Jane non sembrò muoversi, rimanendo con gli occhi chiusi. Il vampiro non sembrava voler continuare così si costrinse a dire qualcosa “Nel senso che non intendevi dire che io sono una fottuta zavorra o che non mi hai chiesto di salvarmi?” ci fu un’altra lunga pausa “Entrambi. – fece l’ennesimo sorso, finendo così il contenuto del suo bicchiere. Guardò il fondo in cristallo con disappunto – Sono stato un po’ troppo stronzo.”

“Quando ho impedito a quello sceriffo di sparati, non mi sarei mai aspettata tutto questo. – iniziò la forestiera mettendosi a sedere e fissando per la prima volta Damon negli occhi – Sono solo io da più di quattro anni, non ho intenzioni di far pesare a nessuno quello che ho fatto, specialmente su di te. – lo indicò con un leggero sorriso imbarazzato – Sai, credo che noi due non siamo poi tanto diversi… - Damon sollevò un sopracciglio – Entrambi siamo freddi e distaccati, la gente non ci capisce e forse è meglio così, abbiamo dovuto pensare a noi stessi per molto tempo… - notò lo sguardo quasi divertito del vampiro così distolse rapidamente lo sguardo – Forse sto dicendo un mucchio di idiozie! Ma sai, qualcuno non mi ha fatto dormire!”

Ormai il sole era sorto completamente, ma i due non sembravano volersi alzare dal prato “Perché l’hai fatto?” domandò ad un certo punto Damon. Era rientrato poco prima in casa solo per prendere da bere ad entrambi; e così ora ognuno aveva il suo bicchiere in mano solo che Jane aveva chiesto una spremuta al posto del liquore. “Ti ho visto con quella ragazza. Appena arrivata, quando ti ho conosciuto, credevo fossi lo Squartatore di cui avevo sempre sentito parlare. – fece un verso di scherno mentre Damon la guardava sorpreso – ma poi ti ho visto nel bosco con quella ragazza. Avevi una compostezza che ho visto in pochissimi vampiri e una cura per la tua vittima che quasi non mi sembrava vera. – alzò le spalle – Non lo so. Mi sembrava sbagliato, tutto qua.” Si costrinse a non guardarlo negli occhi, si sentiva un’idiota in quel momento. Da quando parlava così con qualcuno che non era sua madre? I suoi sentimenti erano sempre stati ben sepolti nell’eventualità che qualcuno potesse accorgersi che non era la fredda e calcolatrice ragazza che dava sempre a vedere.

Stefan comparve alla finestra della cucina e rimase a fissare i due nell’erba. Sorrise nel vedere come quei due fossero in gradi di andare d’accordo, Elena aveva ragione. “Che state facendo lì fuori?” domandò ancora col sorriso sulle labbra. Damon, quasi si fosse scottato, schizzo in piedi e si avviò verso la sua auto “Nulla di che. Io vado a fare un giro!” esclamò prima di mettere in moto e sgommare via. Jane fissò sorpresa la nuvola di polvere che il corvino aveva sollevato sul ghiaino del vialetto. Passò gli occhi su Stefan e fece spallucce. Si alzò dal prato e si incamminò verso il portone d’ingresso.

-*-

Verso le due di pomeriggio comparve Caroline con il suo solito brio. Jane era sdraiata su uno dei divani in soggiorno e leggeva uno dei libri della collezione Salvatore; avevano così tanti volumi nella loro biblioteca che avrebbe potuto leggere fino alla fine dei suoi giorni (sempre se fosse rimasta lì ancora a lungo). Aveva deciso di posticipare la sua partenza perché, in fondo, si trovava bene in quella cittadina e aveva un leggero timore a lasciarla. Sua madre le aveva parlato di Mystic Falls con una tale energia e sempre decantandola come se in quel posto ci fosse una parte del suo cuore, che Jane non era più certa di voler lasciare per paura di perdere il ricordo di sua madre.

Dopo i convenevoli la vampira la convinse a prendere una tazza di caffè assieme. “Sai, ho pensato tutta la notte alla tua condizione” stava dicendo mentre aggiungeva un cucchiaino di zucchero e lo mescolava. Jane la guardò infastidita “Non è una condizione, Caroline. È stata una conseguenza ad una decisione, non ne farei una malattia…” la bionda si scusò con lo sguardo “Comunque… Intendevo dire che ci ho pensato e credo che potrei darti un po’ di lezioni di difesa. Sai, combattere e difendersi. Così saremmo tutti più tranquilli. Damon in primis.” Jane alzò le mani in segno di difesa “No! Non ho bisogno di lezioni di combattimento o difesa. So badare a me stessa e non mi frega nulla se voi avete bisogno di credere che io non sia indifesa.” Caroline si affrettò subito a correggersi, nuovamente “Non intendevo dire… Ah lascia stare, non so esprimermi. Volevo dire che… sappiamo tutti che te la sai cavare. L’abbiamo visto come hai gestito Klaus l’altro giorno! Io pensavo solo che, tenersi in allenamento, magari poteva far bene ad entrambe… - fece un respiro profondo – sai, l’altro giorno mi sono veramente sentita inutile… - fece un sorriso tirato – avrei dovuto fare qualcosa.”.

Fu allora che Jane capì: la proposta di Caroline era più per se stessa che per la forestiera. Ma ciò non cambiava il fatto che lei non si sarebbe mai messa a combattere per sport contro la bionda “Caroline – iniziò appoggiando la tazzina di caffè – non avresti potuto fare nulla. Lui è un Originale, con la compulsione può comandare tutti a bacchetta. Non sarebbe cambiato nulla se tu avessi fatto ore e ore di allenamenti prima. E comunque io ho sempre usato la diplomazia piuttosto che la violenza.” l’altra però le mise una mano sul polso “Ma tu Jane, non eri soggiogata! Perché? Me lo sto chiedendo da quel pomeriggio… Perché Klaus non ti ha soggiogata?!” la forestiera scostò la mano, quel contatto non le stava piacendo. Andò a posare le tazze vuote nel lavandino, così da non guardare Caroline negli occhi “Non lo so. Ma è stato un bene, non trovi? – tornò a guardarla, poi fece vagare lo sguardo fino all’orologio e finse di stupirsi per l’ora – oddio! Cavolo, Caroline, scusami ma non mi ero accorta dell’ora. Mi sono ripromessa che mi sarei messa in pari con tutte le lezioni a cui non ho assistito quindi… scusami, ma io dovrei andare a studiare.” Fece una smorfia dispiaciuta mentre indicava il piano superiore. La vampira sembrò dispiaciuta da quel repentino cambio di piani ma cercò di non darlo troppo a vedere “Oh beh, scusa se sono piombata qui… Allora io vado. Se hai bisogno per lo studio chiamami pure.” Le sorrise andando verso l’uscita e in poco tempo Jane fu nuovamente sola.

Fece un sospiro di sollievo incamminandosi verso la sua stanza ma sulle scale trovò Stefan ad aspettarla “Non è una cattiva idea quella di Car. – iniziò spostandosi da un lato per permettere all’ospite di salire i primi scalini – Se non per imparare a combattere, potresti farlo per sfogarti. Avevi ragione prima sul prato. Tu e Damon siete più simili di quanto vi siate accorti.” Jane si bloccò in cima alla scalinata “Da quanto stavi lì a spiarci?!” domandò infastidita ma lui sorvolò la questione “Farebbe bene ad entrambi, sfogarvi un po’” e, detto ciò, si allontanò verso il salotto.

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Capitolo 46
*** Capitolo 45 ***


Quella sera Jane si intrufolò in soggiorno per prendersi un po’ di Bourbon da portarsi in camera ma non fece in tempo a riappoggiare la bottiglia sul carrellino dei liquori che un’ombra le fu alle spalle “La pianti di rubarmi l’alcol?!” fece il corvino fingendosi infastidito dalla cosa “Sono tua ospite. Dovresti lasciarmi soddisfare ogni mio desiderio!” rispose con lo stesso tono guardandolo con sfida. A quella frase Damon sollevò un sopracciglio “Qualunque?! Qualcuno dei tuoi desideri implica il sesso per caso?” Jane afferrò il libro che aveva posato poco prima sulla mensola lì accanto e glielo sbatté di violenza su una spalla. Stava per insultarlo quando Stefan comparve nella stanza “Ah perfetto. Siete qui entrambi. – si accomodò su una delle poltrone e li fissò per un istante – l’ho già accennato a Jane oggi pomeriggio, ma non l’ha presa molto bene. Ora lo ripropongo ad entrambi – la forestiera fece per ribattere ma lui non le diede il tempo – Perché non usate tutte queste vostre energie per allenarvi un po’? Damon, tu potresti insegnarle qualche trucchetto per mettere fuori combattimento un vampiro in pochi attimi.” L’interessato sbuffò “Sì, così poi le do le idee per farmi fuori?!” Jane lo colpì nuovamente col libro “Imbecille! Se ti uccido, uccido anche me! Te lo ricordi?!”. Per un attimo entrambi rimasero a fissarsi, quel legame ancora era una cosa troppo nuova e strana… “Ecco vedete? Avete un sacco di energie! Invece di bisticciare come dei bambini potreste farla fruttare.”

Silenzio. Per qualcosa come cinque minuti regnò il silenzio. Nessuno sembrava voler prendere una posizione perché, a pensarci bene, per Jane sarebbe stato utile combattere contro Damon l’avrebbe resa più veloce e scattante, non sarebbe stato come imparare a difendersi seguendo dei corsi a cui l’aveva iscritta sua madre, o come quando lei e Clare avevano deciso di iscriversi ad un corso di difesa personale. Certo, quelli avevano dato i loro frutti un paio di volte ma, doveva ammetterlo, combattere contro un vampiro era tutta un’altra storia. “Okay, va bene. Per me almeno…” decretò non del tutto sicura. Damon guardò suo fratello facendo roteare gli occhi “A una condizione: si segue il mio ritmo!” accettò alla fine anche lui. Stefan non sembrava particolarmente felice di quell’affermazione ma Jane accettò colpendo il corvino per un’ultima volta con il libro.

-*-

Il giorno seguente, dopo essersi subita ore interminabili a scuola, trovò Damon al suo carrello di liquori. “Sei pronta?” le domandò senza staccare gli occhi dal suo bicchiere “Sono appena entrata dalla porta. – fece lei infastidita – mi permetti almeno di mettermi qualcosa di più comodo?” Perché? Perché aveva avuto la brillante idea di ritornare a scuola? E perché aveva accettato di combattere con il vampiro? “Ti do cinque minuti!” le rispose serio il corvino “Me ne bastano tre.” Disse iniziando a correre su per le scale.

Tre minuti dopo infatti era nuovamente in salotto con indosso una tuta comprata e usata solo due volte a Miami prima della sua fuga dalla città. “Sono impressionato - scherzò lui indicandole di avvicinarsi – tu cerca di parare i miei colpi.” E, senza aspettare una risposta, le si fiondò addosso a velocità sovrannaturale. Jane non si lasciò prendere alla sprovvista ed afferrò la prima cosa che le capitò in mano per difendersi. La mano di Damon andò a sbattere contro un vassoio di argento ma non demorse, colpì la giovane in pieno petto facendola cadere al suolo senza fiato “Sei lenta!” la canzonò senza preoccuparsi che stesse bene. Jane si rimise in piedi non volendo dargliela vinta e si rimise in posizione di difesa. Il vampiro tornò alla carica e un paio di colpi furono parati ma lei non si accorse di essersi avvicinata pericolosamente al muro finendo per trovarsi intrappolata. Afferrò un vaso appoggiato sulla mensola accanto e lo frantumò sulla testa di Damon, finendo per sentire un dolore lancinante lei stessa “Maledetto legame!” sbraitò portandosi una mano a massaggiarsi il punto in cui sentiva pulsare. Il corvino non le lasciò un attimo di tregua e le fu nuovamente addosso. Jane si lanciò sul pavimento per scampare il pugno che l’avrebbe raggiunta in una frazione di secondo e cercò di riprendere fiato. Afferrò un libro e lo scagliò verso Damon che, ovviamente, lo schivò senza il minimo sforzo. Così si ritrovò a lanciare qualunque cosa le fosse a tiro nel tentativo di tenerlo lontano il tempo necessario per recuperare un po’ le forze. “Smettila di lanciare i miei soprammobili!” ringhiò lui dietro alle sue spalle. In un secondo le si era avvicinato e lei non se n’era neanche accorta. La bloccò tenendole le braccia dietro alla schiena e mimò di pugnalarla al cuore “Sei morta. Congratulazioni!” la lasciò andare e si avvicinò alla bottiglia di Bourbon sul solito carrellino “Sai, devo ammetterlo. L’idea di Stefan non è poi così spiacevole. Mi sto divertendo!” mandò giù due dita di liquore senza battere ciglio.

Jane gli si avvicinò fingendo di riprendersi, in mano teneva un candelabro che aveva sollevato delicatamente un secondo prima. Colpì Damon su una spalla e serrò la mascella quando anche lei sentì il dolore. Il vampiro si voltò per afferrarle il braccio ma la forestiera fu in grado di schivare la sua mano e colpirlo ancora con il candelabro. Lo guardò per un attimo con una scintilla negli occhi “Anch’io!” con un colpo allo stomaco il vampiro la fece crollare ma non sembrava dare segni di volersi arrendere. Erano anni che non sentiva questa forza nelle sue vene.

-*-

“Ma che diavolo state facendo?!” Stefan era appena entrato in casa seguito da Elena e Caroline. Si trovarono a fissare una Jane parecchio sudata bloccata sul tappeto del soggiorno da un ginocchio di Damon che gongolava. Entrambi si voltarono a fissare i nuovi arrivati e Jane non poté non cogliere l’occasione per liberarsi. Diede una gomitata nello stomaco al vampiro sopra di lei e gli afferrò un braccio torcendoglielo. Dovette mollare la presa perché il dolore le diventò insopportabile ma almeno Damon si tolse da quella posizione. “Ciao fratello, come va?” provò a deviare la conversazione il corvino “Avete praticamente distrutto il soggiorno… Vi avevo detto di allenarvi non di distruggere casa!” l’altro fratello fece un gesto vago con la mano “La prossima volta andremo in giardino.” Jane sembrò rianimarsi “Ah, quindi ci sarà una prossima volta?” “Certo!” fece Damon “No!” disse contemporaneamente Stefan. Tutti si scambiarono degli sguardi “Sì che ci sarà. Oggi è stato stimolante!” decretò la forestiera mettendosi in piedi diede un leggero colpetto sul braccio del suo avversario e si dileguò nella sua stanza. Aveva un disperato bisogno di una doccia.

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Capitolo 47
*** Capitolo 46 ***


Quella sera Jane non si fece vedere, né quando Elena passò per vedere se le andava di andare al Grill, né quando Stefan le portò da mangiare e lo lasciò fuori dalla porta. Dopo la sessione di allenamento con Damon si era resa conto di quanto in realtà fosse poco preparata ad un eventuale scontro con un vampiro. La prossima volta avrebbe dovuto impegnarsi maggiormente per non farsi battere dal corvino.

I giorni successivi furono più o meno uguale: scuola, un salto al negozio di fiori quando la Signora Brown la chiamava, allenamento, doccia e crollava prima di cena. Per una volta da quattro anni le sembrava di avere molti meno pensieri, la mente era più lucida e focalizzata. E tra un parare un colpo di Damon e cercare di colpirlo a sua volta, avevano iniziato a parlare, come se quella fosse una sorta di terapia per entrambi.

Dopo una settimana, era stremata. Si trascinò a colazione con una voglia tremenda di tornare a letto. “Buongiorno! Siamo stanche?” domandò ironico Damon dal soggiorno che, su ordine di Stefan, avevano dovuto rimettere a posto il giorno dopo averlo distrutto. Lei prese un bicchiere di latte (neanche aveva le forze per scaldarlo) ed andò a sedersi sulla poltrona accanto al corvino. “Mi dai il tuo sangue? - chiese bevendo un sorso di latte. Lui smise di leggere il giornale e la guardò accigliato – Solo due gocce. Quel tanto che mi faccia riprendere.” Lo guardò con tono di supplica. Senza dire nulla, Damon si morse il polso e lo porse alla giovane. Lei, massaggiandosi la pelle che bruciava sul braccio, bevve fino a quando non sentì nuovamente le energie scorrerle in corpo. “Oggi salta il nostro allenamento. La Signora Brown mi ha chiesto di aiutarla tutto il giorno visto che è sabato.” Il vampiro fece spallucce “Non capisco perché continui ad andare da quella donna. È chiaro che si sente soltanto sola.” Jane si rimise in piedi “Sì, ma mi servono soldi e lei mi paga anche solo se devo farle compagnia.” Lui sembrò accendersi di un improvviso interesse “Non ti credevo tanto crudele. Ti fai pagare per non fare nulla! Quasi, quasi inizi a piacermi…”. Non poté recriminare visto che aveva ragione: tecnicamente stava sfruttando quella povera anziana.

-*-

La giornata fu tranquilla, per lo meno non doveva combattere contro Damon. Ebbe l’impressione, però, più di una volta che qualcuno la stesse osservando dal lato opposto della strada. Un paio di volte si affacciò alla vetrina per vedere se ci fosse qualcuno ma non notò mai nulla di strano. Ad un certo punto si convinse che erano le troppe ore passate a stare in guardia con il vampiro che la rendevano sospettosa.

“Oggi è stata una lunga giornata cara, direi che possiamo chiudere il negozio.” Erano quasi le sei di sera. Quel giorno, forse grazie alle belle temperature e il sole splendente, erano entrati a comprare fiori in molti e la Signora Brown era stata molto contenta di aver scambiato quattro chiacchiere con così tante persone. Una volta chiuso il negozio, le due fecero un breve tratto di strada assieme e poi si divisero, ognuna per la sua strada. Era quasi arrivata all’imboccatura del vialetto di villa Salvatore quando si ripresentò quella strana sensazione. Si bloccò e si guardò attorno ma non vide nessuno in giro. Che stupida! Pensò rendendosi conto che la pensione si trovava su una strada secondaria e un po’ fuori dal centro. Quasi mai la gente ci passava, se non perché si erano persi.

Scrollò le spalle e percorse il vialetto a passo spedito. Richiuse il portone d’ingresso e si sorprese ad essere sollevata. “Tutto bene?” il corvino apparve dalla biblioteca “Certo!” scattò immediatamente lei “Sembri agitata. Sento il tuo cuore battere all’impazzata.” Lei fece un gesto noncurante con la mano “Ho fatto una leggera corsetta.” Iniziò a salire verso la sua stanza ma Damon, che non si era bevuto la bugia, visto anche che aveva percepito la paura della ragazza poco prima, si sentì quasi in dovere di tranquillizzarla “Jane, sei al sicuro qui.” E la guardò finire di salire le scale.

-*-

“Perché eri spaventata ieri?” le domandò Damon mentre schivava l’ennesimo tentativo della sua avversaria di colpirlo “Te l’ho detto: non avevo paura! Avevo fatto una corsetta gli ultimi metri, tutto qui.” Scansò all’ultimo un pugno diretto al suo stomaco buttandosi nell’erba. Si rialzò rapidamente per non lasciarsi indifesa troppo a lungo “Non me la dai a bere, gattina.” Sembrava serio, troppo serio rispetto al solito Damon. Jane cercò di colpirlo con un calcio ma la gamba fu bloccata immediatamente e con una leggera spinta, il vampiro la fece cadere nuovamente al suolo. Ormai i suoi vestiti sembravano un quadro impressionista tra macchie di terra, erba e ghiaino. Perché sì, un giorno aveva finito per essere scaraventata sul vialetto dove poi aveva cercato di atterrare il vampiro finendo sempre con il sedere su quella dannata ghiaia.

“Non mi importa se non mi credi. È la verità!” non aveva certo intenzione di dirgli che si sentiva spiata. Era solo una sua sensazione infondata. “Tu, piuttosto. Hai le notti un po’ agitate ultimamente.” Voleva sviare l’attenzione dalle sue paure “Adesso mi controlli anche quante donne mi porto a letto?!” provò a scherzarci lui, ma temeva di sapere a cosa si riferisse lei. “Intendo i tuoi sogni, idiota! - cercò di parare l’ennesimo colpo mentre lui prendeva tempo per non rispondere e la tartassava con una serie di colpi su tutto il tronco – Ma se ci tieni posso dirti esattamente quante volte hai fatto sesso questa settimana e quali partner ti hanno soddisfatto di più.” Lui si bloccò “Cosa?!” fece senza riuscire a distogliere lo sguardo dagli occhi nocciola di lei “Già, ti ricordi il legame che ci unisce? Sangue, sogni e… emozioni. – fece una pausa godendosi il rapido ragionamento che stava facendo il corvino nella sua mente – immagina l’imbarazzo quando ho iniziato a sentire un brivido di piacere ed ero in fila in caffetteria. Fortunatamente so nascondere bene le mie emozioni.” Sferrò un colpo sperando che andasse a segno visto il momento di riflessione in cui era caduto il suo avversario. Ma così non fu: Damon intercettò il braccio e lo bloccò a mezzaria. “Quando è successo?” era estremamente serio “L’altro giorno. Francamente sono rimasta sorpresa dal fatto che ti fossi astenuto così tanto.” Lei continuava a guardarlo divertita mentre lui non lo era affatto “Ma io non mi sono astenuto. – a quel punto anche Jane divenne seria. Perché allora aveva percepito quelle emozioni solo pochi giorni prima? – il legame si sta fortificando…” dedusse Damon. Ed entrambi sapevano che quello non poteva essere un bene. Jane mosse subito un passo verso la porta d’ingresso “Meglio che vada.” Disse prima di svanire all’interno della pensione. Il vampiro rimase a fissare le fronde degli alberi che si muovevano dolcemente accarezzate dalla leggera brezza. Che diavolo stava succedendo?! Perché si era quasi sentito in colpa a sentire che Jane percepiva le sue emozioni, anche quando faceva sesso? Non gli era mai importato di una cosa del genere, perché ora sì? Forse perché era diverso percepire le emozioni dal trovare il proprio ragazzo a letto con un’altra?
Jane, dal canto suo, si rese conto che forse non avrebbe dovuto rivelargli quella cosa. Ma forse era anche stato un bene perché ora si rendeva conto che il loro legame si stava fortificando e non poteva essere una cosa positiva. O sì?

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Capitolo 48
*** Capitolo 47 ***


I giorni successivi non si incontrarono più per gli allenamenti, convennero che era meglio stare il più lontani possibile. Non sapevano quale avrebbe potuto essere il livello successivo e non volevano neanche scoprirlo. Quando uno entrava in una stanza l’altra ne usciva immediatamente e viceversa. Il resto del gruppo rimase sorpreso dal repentino cambio ma, per quanto avessero indagato ognuno a suo modo, né Jane né tantomeno Damon avevano detto qualcosa.

Non lo avrebbe mai ammesso ma le mancava il corvino. Quelle ore passate a schivare pugni e a provare a darne erano state un modo per esprimersi, per sfogarsi. Ora si sentiva nuovamente di dover reprimere tutte le emozioni. A scuola e con gli altri (quelle rare volte che usciva per andare a bere qualcosa) fingeva di essere allegra ma in realtà aveva ricominciato a pensare di andarsene.

-*-

Si svegliò sudata e con il cuore a mille. Aveva sognato ancora di trovarsi in quella casa in fiamme, quel ragazzo chiuso nella gabbia continuava ad implorarla di aiutarlo. Era sempre il sogno di Damon ma da alcune notti si era fatto ancora più opprimente. Pensò di andare nella sua stanza, svegliarlo e cercare di farsi raccontare a cosa fosse collegato quel ricordo ma si autoconvinse che non era la cosa giusta. Si rimise a dormire e, fortunatamente, non si ripresentarono incubi.

Il mattino seguente, quando scese per fare colazione, scoprì che la casa era deserta. Si lasciò scivolare sul divano mentre aspettava che il caffè fosse pronto e si beò dei raggi primaverili che iniziavano a farsi vedere attraverso la finestra. Erano quasi tre mesi che viveva a Mystic Falls, il suo terzo novilunio sarebbe stato la notte successiva ma questa volta si sentiva meno preoccupata. Era ormai marzo inoltrato e in poco più di un mese avrebbe compiuto i 21 anni. Ripensò a come avesse passato gli ultimi quattro compleanni, cinque se pensava a quello passato in ospedale accanto a sua madre ormai nei suoi ultimi giorni di vita. Si asciugò una lacrima solitaria conscia che nessuno l’avrebbe vista anche se si fosse messa a piangere, ma ormai era così: non lasciare spazio alla tristezza era diventato un mantra.

“Ciao cara.” Jane fece un salto sul divano “Nick!” esclamò vedendo l’Originale in piedi accanto a lei “Che cosa sei venuto a fare qui?” si alzò di scatto portandosi il più lontano possibile da quell’essere “Non dirmi che te la sei presa per il nostro ultimo incontro. Dovevo capire come funzionasse questo legame, tutto qua!” rivolse un sorriso alla giovane che non sembrava voler abbassare la guardia “Ci hai torturati. Non credo che mi andrà giù presto. Ti ripeto la domanda: cosa vuoi?” lui fece vagare lo sguardo sul mobilio “Volevo vedere come stavi. Ho trovato una strega, parecchio vecchia, lei dice che più a lungo l’umano vive, più il legame si intensifica e fortifica. È solo una sua teoria visto che nessuno è mai vissuto tanto a lungo ma sai, io volevo vedere se era vero.” Fece spallucce. Jane scosse il capo con poca energia “Non direi. Siamo praticamente degli estranei come all’inizio.” Non stava mentendo, tralasciando quel breve periodo in cui i due si erano avvicinati un po’ di più, il resto del tempo non sembrava neanche vivessero sotto lo stesso tetto. Nick guardò l’orologio che aveva al polso e ghignò “Quindi ora non stai percependo una sensazione di angoscia?” ovviamente si aspettava che rispondesse affermativamente. Da qualche secondo aveva effettivamente sentito qualcosa di pesante al cuore, un urlo che non poteva essere liberato “Cosa gli stai facendo?” domandò rabbiosa, faticando a trattenersi dall’urlargli contro “Oh cara, io niente. Potrebbe essere che qualcuno gli abbia appena detto che sei morta.” Fece spallucce come se quella cosa non fosse importante. Jane sgranò gli occhi “Cosa?!” se quello era vero, allora Damon si stava sentendo tremendamente in colpa per la sua morte ma la cosa la lasciava parecchio confusa “Ma non è vero! Devi dirgli che non è così!” ordinò senza però essere presa seriamente “Quindi è vero, riesci a percepire ogni sua piccola sfaccettatura, come se fossero tue le emozioni… Affascinante.” Estrasse il cellulare dalla tasca dei pantaloni e chiamò un numero, pochi secondi dopo rispose qualcuno “Sì, grazie Tyler puoi lasciarlo andare.” Ripose il telefono e lanciò uno sguardo di sfida alla forestiera “Ci rivedremo mia cara. Passa una buona giornata!”

-*-

Raggiunse il Mystic Grill il più in fretta che poté. Dalla vetrina adocchiò immediatamente la capigliatura corvina che le interessava e si scaraventò nel locale. “Damon.” Gli posò una mano sulla spalla facendolo voltare. Per un attimo lui rimase immobile a fissarla “Ma che diavolo?!” esclamò portandosi subito dopo il bicchiere alle labbra “Mi dispiace. Nick… Klaus voleva vedere fino a che punto si è saldato il nostro legame…” Damon fece un verso di scherno “Che bell’amico che hai. Mi sento un idiota ad essermi quasi preoccupato per te.” Sapeva benissimo che lei aveva percepito quello che lui aveva provato dal momento in cui Lockwood gli aveva detto che la forestiera era morta ma non gli importava. Jane capì anche quella sua mossa ma non gli andò giù “Fottiti Damon!” esclamò girando sui tacchi ed uscendo dal locale più in fretta di quanto non fosse entrata.

Sulla strada si imbatté nel trio di amiche che andavano a fare shopping “Ti va di unirti?” domandò Bonnie indicando un negozio di intimo in cui stavano per entrare “Perché no.” fece Jane iniziando a seguirle. Mentre Caroline si provava l’ennesimo completino senza però essere mai soddisfatta di come apparisse poi nello specchio, Jane pensò di scambiare qualche parola sui grimorii con Bonnie “Hai scoperto altro sul mio legame con Damon?” la strega fece un cenno negativo “Mi dispiace, ho cercato ovunque, sono andata persino a cercare in un vecchio magazzino dove abbiamo messo le cose di mia nonna che non volevamo dare via ma nulla. Come ha detto Klaus, tu devi essere un’eccezione.” La forestiera guardò Caroline uscire dal camerino per la milionesima volta, indossava un reggiseno a balconcino glicine con degli slip dello stesso colore ricamati con un filo argentato. Scosse la testa ancora non soddisfatta e tornò a rintanarsi dietro alla tenda “Ho letto – mentì – che qualcuno crede che il legame si fortifichi con il passare del tempo. Tu cosa pensi?” Bonnie sembrò sorpresa da quella cosa “Non lo so, dimmelo tu. Sei tu quella legata a Damon. Non hai notato nulla di diverso rispetto all’inizio? – poi si bloccò per un secondo – Aspetta! Dove l’avresti letto?! Perché se l’hai letto su internet è quasi sicuro che sia una bufala.” Jane scosse il capo “In realtà me l’ha detto Klaus. Si è presentato alla pensione questa mattina. Voleva fare uno dei suoi esperimenti. – la vampira spuntò dal camerino con gli occhi sgranati ma Jane non le permise di aprire bocca – Prima che vi allarmiate, sto bene. E sì Bonnie, per rispondere alla tua domanda… Klaus ha fatto dire a Damon che ero morta per vedere se avrei sentito quello che provava. È stato orribile.” Dichiarò alla fine. Caroline, incurante di essere ancora solo in mutande e reggiseno, le si avvicinò per accarezzarle un braccio “Non è colpa tua, Damon è insensibile. Pensa solo a sé…” Jane non volle correggerla “Però Klaus aveva ragione. All’inizio percepivo solo qualche leggera cosa, ma oggi era come se fossi Damon. È stato strano…”

Elena riapparve con una pila infinita di roba in braccio “Se vi interessa di là ci sono un mucchio di capi scontati a metà prezzo!” era euforica ma si accorse subito che le altre non avevano più il morale allegro come poco prima “Che è successo?” chiese preoccupata “Nulla.” Si affrettò a dire Jane prima di avviarsi verso l’uscita “Scusate, mi sono ricordata che avevo promesso una cosa ad una persona…” e così dicendo, lasciò il trio a fare acquisti.

 

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Capitolo 49
*** Capitolo 48 ***


Quella notte fu ancora più agitata delle precedenti. Sognò sua madre, inizialmente si sentì sollevata poi però vide che con lei c’era Nick. Entrambi erano seduti su una pila di cadaveri, le davano le spalle ma poteva percepire che ridevano di gusto, e il sangue colava da ogni parte. Ci provò con tutte le sue forze a convincersi che sua madre non era così ma sentiva la sua voce dirle “Ti voglio bene” mentre l’Originale strappava la testa ad un uomo.

Spalancò gli occhi ansimando. Che razza di scherzi le faceva la sua mente?! Scese in cucina per prendersi un bicchiere d’acqua e si andò a sdraiare sul divano con un libro. Non riusciva ad immaginarsi di riprendere sonno, non in quel momento almeno.

Damon rientrò tardi anche quella notte. Era rimasto al Grill con Ric fino a che il proprietario non li aveva mandati via per la chiusura. Percepì un respiro pesante venire dal soggiorno e si sorprese nel trovare Jane con il libro caduto sulla sua faccia. Stava dormendo. Senza pensarci le tolse il volume dalle mani e lo richiuse appoggiandolo sul tavolino; le adagiò una coperta sul corpo e spense l’abat-jour prima di salire nella sua camera.

-*-

Era sdraiato; per quanto ci provasse, non riusciva a liberarsi i polsi e le caviglie: entrambi erano legati con delle cinghie di cuoio. Un uomo si fece vicino e la sua faccia era divertita. In mano teneva un bisturi con cui iniziò a tagliuzzare la carne della sua cavia. Provò a ribellarsi, ma non aveva forze; si sentiva affamato… Il dolore era sempre più insopportabile e quasi pensò di perdere i sensi quando lo scienziato iniziò ad incidergli il bulbo oculare, arrivando fino alla cornea. Urlò, urlò con tutte le sue forze. Voleva uscire da quell’incubo era tutto troppo doloroso e vivido…

-*-

Jane spalancò gli occhi e, per la seconda volta in una notte, aveva la tachicardia. Notò appena la coperta che la ricopriva e il libro appoggiato sul tavolino accanto. Qualcuno doveva essere passato di lì, si sarebbe ricordata di essersi infilata sotto ad una coperta, no?
Ma decise che quella domanda non era importante quanto il sogno che aveva appena fatto. Si sentiva turbata, agitata e spaventata. Non sembrava la prima volta che accadeva una cosa del genere, per lo meno Damon non sembrava provare quella sensazione. Perché era ovvio che quel sogno appartenesse al corvino, di certo non a lei; l’ambiente, per quanto poco l’avesse visto, era sembrato vecchio, di un’altra epoca, così come il camice del medico o scienziato che fosse. Quel mostro aveva fatto degli esperimenti su Damon? Perché? Era già un vampiro a giudicare dai sensi acutizzati che avevano reso l’incubo ancora più terribile.

Mentre ci rifletteva, stava tornando nella sua stanza. Quando passò davanti alla camera di Damon fu tentata di entrare e vedere come stesse, ma si diede della stupida ripensando a come avesse reagito la volta prima. Quel senso di paura però non svanì neanche il mattino seguente anche se cercò di distrarsi in ogni modo possibile. Verso l’ora di pranzo si mise a cucinare dolci per ripulire la mente. Fortunatamente quel giorno erano usciti prima da scuola visto che quel pomeriggio ci sarebbe stata una qualche riunione, l’importante era potersene stare a casa. E così, mentre l’allegra combriccola si era data appuntamento al Grill, lei aveva preferito starsene a casa da sola, mangiare in santa pace e finire il romanzo che aveva iniziato qualche giorno prima.

Si distrasse a guardare il cielo che si ingrigiva mentre aspettava che i muffin appena infornati si cuocessero. “Che buon profumo!” Klaus apparve sulla soglia facendo spaventare Jane “Dannazione! Ancora qui?! – afferrò il coltello che aveva appena messo nel lavandino e lo puntò contro l’Originale “Vattene!” lo minacciò, lo sguardo puntato in quei suoi occhi gialli cha da piccola, inizialmente, le avevano fatto paura. Ora ricominciava a provarla quella paura, Nick non era più il vampiro che l’aveva aiuta e protetta, ora era una spietata macchina assassina. “Non fare così cara. Sono qui in pace. Giuro che non ho secondi fini questa volta.” Alzò le mani in segno di difesa ma Jane non si fidava “Non mi importa. Tu, qui, non ci devi stare!” sperò che il cuore palpitante non la tradisse ma ovviamente così non poteva essere “Oh andiamo, lo sento che sei terrorizzata. Ma non devi esserlo, non sono un mostro”.

Nel giro di un battito di ciglia l’Originale si trovò sbattuto contro una parete della cucina. Damon si stagliava imponente sopra alla figura sorpresa di Klaus “Cosa ci fai qui?” domandò minaccioso il padrone di casa. L’altro vampiro si rimise in piedi spolverandosi la giacca “Come ho già detto, sono venuto in pace. Volevo vedere come stavi, Jane.” Si rivolse alla forestiera che non si era mossa di una virgola e teneva ancora il coltello puntato contro l’intruso. Damon indicò la porta “Bene, ora hai visto che sta bene. Te ne puoi andare e non tornare più!”. Nick si avvicinò alla porta di ingresso ma, prima di uscire, si voltò ancora a guardarli “Buffo che non abbiate ancora capito che quel legame non è solo una maledizione… Beh, buona giornata.” Salutò vagamente e lasciò la pensione “Che cosa vorrebbe dire?” chiese Jane, più a se stessa “Non lo so…” Damon si voltò e la trovò ancora con il coltello in mano, non sembrava volerlo lasciare “Puoi metterlo giù.” Aggiunse. Solo allora lei si accorse di stringere il manico come se ne dipendesse la sua vita “Oh sì, certo.” Rimise l’oggetto nel lavandino e fece un respiro profondo.

Il vampiro lottò con la sua coscienza: da una parte voleva andarsene ma dall’altra non se la sentiva di lasciarla lì in quel modo, era chiaro che fosse turbata “Ti va se andiamo fuori e ti distruggo come sempre?” sfoderò uno dei suoi sorrisi da seduttore ma Jane sembrava distante anni luce “Devo andarmene.” Disse senza enfasi. A quelle parole lui strabuzzò gli occhi “Che cosa?! Ancora con questa storia?!” lei batté una mano sul piano cottura “Sì! Ancora con questa storia, Damon! Non servo a nessuno qui. Nessuno ha bisogno della mia presenza. Tu non mi vuoi fra i piedi e così immagino che sia anche per Stefan. Sono a Mystic Falls da mesi ma potrei svanire nel giro di 15 minuti senza che qualcuno se ne accorga!” Damon la interruppe bruscamente “Ovvio! Non hai fatto altro che startene sulle tue! Magari se avessi socializzato un po’ di più…” Lei gli si avvicinò di un passo “Senti da che pulpito! Guarda che scoparti chiunque non significa socializzare… anche tu ti vivi la tua vita senza badare agli altri. Quindi, per te va bene ma per me no?!” perché finivano per litigare ogni volta che provavano a parlare?

Damon rimase a fissarla per qualche istante “Sai che ti dico? Vattene. Nessuno verrà a fermarti, non io per lo meno.” Lasciò la stanza e Jane si sentì investire da un’onda di tristezza, si appoggiò al frigo cercando di scacciare quella sensazione. Aveva posticipato la sua partenza per troppo e, l’idea che rimanere a Mystic Falls l’avrebbe fatta sentire più vicina a sua madre, stava rapidamente svanendo sovrastata dall’immagine di Klaus che appariva in soggiorno con quel ghigno malefico e Damon che si vedeva lontano un miglio non la sopportasse più. Il forno produsse un ding che annunciò la fine della cottura. Estrasse i muffins e li lasciò raffreddare mentre prendeva una boccata d’aria in giardino. Da quando era arrivata a in quella cittadina aveva tentato di fuggire più volte ma alla fine, in un modo o nell’altro, Damon l’aveva sempre fermata. Damon, non Stefan o Caroline o chiunque altro di quel gruppo. Era stato Damon e la cosa la faceva sentire ancora più a disagio. Tornò in cucina e mise un muffin su un piattino, andò poi in biblioteca a cercare carta e penna.Scrisse ciò che sentiva e portò con sé il piattino al piano di sopra. Lasciò il muffin davanti alla porta di Damon, il bigliettino appoggiato sotto al piattino. Sospirò prima di andare a fare la valigia. La luna nuova sarebbe stata quella notte ma non voleva essere di disturbo ancora per molto.

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Capitolo 50
*** Capitolo 49 ***


Il vampiro percepì il suo battito cardiaco fermo fuori dalla sua camera. Per una frazione di secondo sperò che bussasse ma subito dopo si insultò mentalmente e Jane si era già allontanata. Nell’ambiente iniziò a distribuirsi un gradevole profumo di pasticceria e per un attimo gli sembrò di essere di nuovo nella sua prima casa, con sua madre intenta a sfornare una delle sue torte. Aprì la porta e quasi calpestò un muffin. Lo guardò mentre un sorriso leggero si dipinse sul suo volto. Sollevò il piattino e vi trovò sotto un messaggio per lui Perdonami lesse mentalmente prendendo il bigliettino. Quella ragazza era così diversa…

Tornò sul suo letto ma non riuscì a togliersi quegli occhi spaventati dalla mente. Nemmeno quando Klaus l’aveva fatta pugnalare era stata così impaurita, anzi, in quell’occasione poi si era rivelata capace di pugnalare l’Originale senza battere ciglio. Cos’era cambiato?

Bussò delicatamente attendendo di sentire un rumore provenire dall’interno ma tutto tacque tranne per battito costante di un cuore “Lo so che ci sei. Sento il tuo cuore… - attese ancora un attimo – Jane, apri. So cosa ho detto prima, non sono qui per fermarti. Voglio solo parlare.” Ci fu un click e la porta si aprì leggermente “Cosa vuoi? Non ci siamo insultati abbastanza?” aveva la voce rabbiosa sebbene gli occhi sembrassero quasi implorarlo di entrare, o riusciva a percepirlo per via del legame? Mise una mano ad impedirle di chiudere la porta “Perché non ti fermi un attimo e proviamo a parlare come persone civili?” lei lo guardò ancora peggio “Guarda che sei sempre tu quello che inizia a sbraitare!” lui scosse le spalle “Questa volta prometto che non mi scalderò. Ma voglio capirci qualcosa di tutto questo” fece un gesto vago indicando loro due. Jane aprì ancora un po’ la porta e lo lasciò entrare.

“Di cosa vorresti parlare?” chiese dopo un paio di minuti in cui entrambi fissavano le due borse della forestiera spalancate sul pavimento e già mezze riempite. “Perché non inizi dicendomi cos’è successo a Los Angeles? O a Miami… La tua vita sembra un enorme punto di domanda e inizio a chiedermi” ma non finì perché lei scosse la testa “Non puoi chiedermi questo. Non ho voglia di ripensare al passato.” La determinazione in quegli occhi fece sospirare il vampiro. Fu come un colpo ma, da un secondo all’altro, si sentì infinitamente triste, una tristezza che non riusciva a spiegarsi e fu allora che si rese conto di quanto fosse andato in là il loro legame “Non servirà a nulla continuare ad ignorarsi, lo sai?” le domandò allora, andandosi a sedere sul letto. Jane continuò a piegare magliette e pantaloni, buttandoli poi con poca cura in uno dei borsoni “Lo so. Klaus mi ha detto che secondo una strega con cui ha parlato, il legame si fortifica col passare del tempo… Più a lungo vivo, più questo legame diventa solido.” Disse passando al cassetto della biancheria. Damon le fu in un secondo addosso e le bloccò i polsi “Cosa?! E quando avevi intenzione di dirmelo, scusa?!” il tono adirato non mancò a ripresentarsi e la forestiera si costrinse a non urlargli contro come al solito “Non lo volevo fare. Come non volevo sapessi di questo e non volevo di certo finire a vivere qui. Non volevo nemmeno dovermi trasformare ad ogni luna nuova o passare quattro anni a scappare! – il tono stava perdendo la compostezza con cui aveva iniziato a parlare – E non volevo dover fare lavori che è meglio dimenticare, non volevo vedere mia madre morire – aveva iniziato ad enumerare con le dita ogni cosa che dicesse – non volevo che quel vampiro mi aggredisse! Non volevo neanche lasciarmi coinvolgere da Clare e il suo brillante piano di andare a far festa, non volevo sparare a quel tizio e non avrei voluto fidarmi di Nick, o Klaus, come preferisci chiamarlo. E in ultimo, non vorrei avere questa costante sensazione che da un momento all’altro la terra si possa aprire sotto ai miei piedi per inghiottirmi! – fece una pausa riprendendo fiato. Damon la fissava con gli occhi spalancati, non si sarebbe aspettato quel fiume di parole – Come avrai capito, sono molte le cose che non avrei voluto fare e forse avrei dovuto tenermele per me.” Si passò una mano sulla faccia e si voltò per ricominciare a buttare slip e reggiseni nel borsone.

Damon non sembrò più avere tutto quel brio di poco prima, ritornò a sedersi sul letto fissandola nei suoi movimenti. Avrebbe voluto chiederle a cosa si riferisse quando aveva detto di aver sparato ad un uomo, ma capì che l’avrebbe solo spinta a chiudersi ancora di più. Sarebbe arrivato il momento in cui, di sua spontanea volontà, avrebbe raccontato cosa le fosse capitato in quei quattro anni. “Inizio a percepire i tuoi sentimenti.” Disse senza distogliere lo sguardo da un reggiseno che era caduto sul pavimento. “Ah.” Fece solo la giovane mentre nella sua testa si chiedeva quanto realmente il vampiro potesse percepire. “Tutto qui?!” per lui era impensabile che quella potesse essere la sua reazione. Jane si voltò a guardarlo “Cosa vuoi che ti dica?! Dovrei insultarti? Non l’hai deciso tu. E io comunque percepisco le tue, non sarebbe corretto infastidirmi.” Lui rimase con gli occhi fissi in quelli di lei “Sei troppo ragionevole. Comunque, sento solo quelle più forti… - rimase in attesa di una sua reazione ma nulla – Prima, con Klaus, eri terrorizzata.” Jane scrollò leggermente le spalle “Mi ha colta di sorpresa, tutto qua.” Provò a minimizzare. Si sentiva a disagio, voleva uscire da quella stanza e lo voleva fare subito. Guardò l’orologio sul comodino: erano quasi le sette di sera, per quella notte non avrebbe potuto andarsene. “Mi hai trattenuta apposta, vero? – iniziò a scaldarsi nuovamente – avevi detto che non mi avresti fermata, perché lo stai facendo di nuovo?” Damon la guardò scattando in piedi “Ti sbagli! Non mi importa se te ne vai, non me ne frega niente. Ero qui solo perché mi sentivo in colpa!” Jane avrebbe voluto recriminare ma il vampiro lasciò la stanza in un attimo e lei si sentì un’idiota.

 

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Capitolo 51
*** Capitolo 50 ***


I bagagli erano pronti, Jane era seduta sulla poltrona in biblioteca e sorseggiava del Bourbon mentre i muscoli della schiena iniziavano ad irrigidirsi così come quelli dell’addome. Era la terza volta che si trasformava, ma iniziava ad abituarsi a quel dolore lancinante, o almeno era quello che sperava. Stefan era uscito con Elena, aveva in mente di farle una sorpresa con un picnic sotto le stelle visto che le temperature iniziavano ad essere piacevoli anche di sera; Damon invece era uscito con Alaric, non aveva voglia di stare in casa con la forestiera e lei ne era più che felice. Verso mezzanotte i dolori divennero insopportabili, si era già rintanata nella sua stanza senza però chiudere a chiave la porta, anzi la lasciò accostata. Aveva infatti l’idea di iniziare a vagare per la pensione per imparare ad ambientarsi in ampi spazi.

-*-

“Che devo fare Ric?” domandò Damon finendo il secondo giro di Bourbon di quella sera. Il professore aveva ascoltato il suo amico sfogarsi su quello che era successo con la forestiera. Da quando era apparsa a Mystic Falls aveva cercato informazioni su di lei trovando però poco o niente. Era nata a maggio del 1990 in una cittadina poco conosciuta al confine col Canada e quello era tutto ciò che aveva scoperto. “Forse dovreste entrambi provare a pensare non solo a voi stessi. Da quel poco che ho potuto vedere di Jane, lei ti assomiglia parecchio” il corvino gli rifilò un’occhiataccia “Non iniziare anche tu con questa storia!” l’altro fece cenno al barman di versare un altro giro “Dico solo quello che penso. Sei tu che mi hai chiesto una mano… - fecero entrambi un sorso – Damon, è chiaro che lei ti interessi. Guarda che l’ho visto il modo in cui la guardi quando credi che nessuno ti stia osservando e ho notato anche che non ti infastidisci più quando vedi Stefan con Elena.” Damon appoggiò il bicchiere rendendosi conto che il suo amico aveva ragione. Non se n’era neanche accorto fino a quel momento… Vedere suo fratello baciare la ragazza che amava non gli provocava più quella fitta di gelosia, ma com’era possibile? Come aveva fatto a non accorgersene? Decise di cancellare quei pensieri “Beh, se anche fosse, lei ha in piano di andarsene. – fece ruotare il contenuto del bicchiere guardando il liquido mescolarsi – di nuovo.” Finì sperando che la nota di disappunto non fosse colta dal suo compagno di bevute. Ma, anche se Alaric se ne accorse, non indagò e tornò a bere.

-*-

Jane si era trasformata da pochi minuti, la transizione fu dolorosa come sempre ma questa volta la gattina iniziò a zampettare per la casa felice di non sentirsi spaesata e completamente attratta da ogni forma e colore. Tutto era amplificato, riusciva a vederci anche solo grazie alle luci delle stelle che brillavano in cielo. Era soddisfatta di se stessa e del modo in cui stava affrontando quella situazione. Raggiunse il paino terra della villa e si mise ad annusare i profumi nell’aria. Non poté non accorgersi dell’aroma inconfondibile di Damon che aleggiava in tutta la casa. Le era rimasto impresso nel naso dalla prima notte in cui si era trasformata ma, fino a quel momento, era riuscita a distogliere l’attenzione ogni volta che lo percepiva.

Poi, con sorpresa, intravide la finestra della cucina aperta e si sentì particolarmente intrepida quando balzò con grazia sul davanzale e con il muso si aprì un varco maggiore. Si sedette ad osservare le fronde quasi immobili nel giardino e decise che la pensione era troppo piccola per lei. Voleva vedere il resto con gli occhi da gatto.

Con un salto atterrò nell’erba scoprendo che i fili le facevano un leggero solletico ai cuscinetti. Fece qualche passo assaporandosi i profumi ancora più intensi. Si mise a correre e si rotolò nel prato fermandosi poi ad osservare una falena volarle sopra la testa. Iniziò ad inseguirla mentre gli istinti animali prendevano il sopravvento. Senza accorgersene, era arrivata sulla strada. Si guardò attorno notando come ci fosse pace in tutta la zona. Zampettò così verso il centro, incurante che qualcuno avrebbe potuto chiedersi cosa facesse.

Si sorprese di come tutto sembrasse più bello e luminoso con quegli occhi. Un paio di persone si fermarono a guardarla e le fecero una carezza mentre le dicevano parole carine. Si godette quel contatto apprezzando le grattatine dietro alle orecchie. Un profumo di pesce la attirò verso il Grill e finì per sedersi sul muretto difronte al locale. Vide nitidamente Caroline mangiare delle patatine mentre Tyler rideva ad una qualche battuta. Matt puliva un tavolo accanto alla vetrina, alzò gli occhi notando la gatta e le fece un leggero sorriso. Jane saltò giù dal muretto e si avvicinò alla vetrina mentre il ragazzo usciva con un avanzo di pesce in un tovagliolo e glielo appoggiava accanto. Lei passò lo sguardo dagli avanzi al cameriere. Un gatto vero sarebbe stato grato ma a lei venivano i conati solo al pensiero di chi avesse toccato prima quel cibo. Matt sembrò non capire “Che c’è? Non ti piace il pesce? Sei un gatto strano tu!” lasciò gli avanzi e tornò al suo lavoro.

Rimase a guardare il viavai di persone per un bel po’. Il Mystic Grill si svuotò rapidamente, ciò significava che era l’ora di chiusura. “Buonanotte!” esclamò Damon uscendo dal locale seguito da Ric. Si bloccò vedendo un gatto tigrato sui toni del nocciola seduto con eleganza su una panchina poco più in là. “Non ci credo…” indicò la gatta al suo amico che non impiegò molto a capire di chi si trattasse. Jane rimase a fissarli con i suoi occhioni. Fece un leggero miagolio prima di saltare giù dalla panchina e iniziare a trottare verso casa. I due si lanciarono uno sguardo ma non dissero nulla. Si separarono poco dopo e ognuno andò verso la propria abitazione.
Quando raggiunse la pensione, intravide una sagoma agile saltellare fra le aiuole “Jane – la chiamò sorridendo divertito – Stefan ti uccide se gli distruggi i fiori!” poi aprì il portone e le fece cenno di entrare. Inizialmente la gatta non volle dargli retta, ma poi si accorse che il salto per raggiungere la finestra della cucina era ancora fuori dalla sua portata così dovette seguire il corvino. “E così ti sei avventurata fuori. Ti sei divertita?” chiese lui mentre si versava del liquore. Lei fece un miagolio eccitato che finì per far sorridere il vampiro “Credevo ti ci volesse di più prima di andartene a zonzo per la città…” lei per risposta soffiò leggermente nella sua direzione. Se avesse potuto parlare lo avrebbe insultato visto quello che le aveva detto giusto un mesetto prima sul ‘non uscire’. Damon passò poi in cucina dove versò del latte in una ciotola “Hai ragione. Tu sai cavartela in ogni situazione. È stato stupido dirti di non uscire dalla tua stanza…” alzò le mani in segno di resa mente lei saltava sul ripiano e si metteva a bere il latte. Lo guardò grata per un secondo poi, però, fu attirata da un’ombra nascosta dietro gli alberi. Fece uno scatto verso la finestra ma, per quanto aguzzasse la vista, non riuscì a scorgere nessuno. Fu percorsa da un brivido che fu percepito anche dal corvino e la coda si ingrossò mentre il pelo si drizzava. “Che c’è?” le si avvicinò seguendo i suoi occhi ma neppure lui vide qualcosa. La accarezzò distrattamente “Sta’ tranquilla. Non c’è nessuno…” ma quelle parole non sembravano esserle d’aiuto.

Jane si costrinse a rilassarsi un po’ ed andò a sdraiarsi sul divano. Non riusciva a capire perché continuasse ad avere quella sensazione, come se qualcuno la stesse osservando. Sonnecchiò per un po’ poi si rese conto che era meglio tornare nella sua stanza, non voleva svegliarsi completamente nuda in soggiorno.

-*-

Era legata ad un tavolo di metallo, la vista nitida che schizzava da una parte all’altra della stanza. Si trovava in un ampio spazio con delle orribili mattonelle giallognole alle pareti. Un uomo si avvicinò con in mano un bisturi. Non era la prima volta. Il ghigno di divertimento le toglieva il respiro, avrebbe voluto scappare ma i polsi e le caviglie erano bloccati da delle cinghie di cuoio. Il bisturi calò sulla sua pelle e un’incisione profonda sull’addome la fece quasi urlare. L’uomo si staccò per un secondo poi tornò a martoriarla incidendo vari strati di tessuto, arrivando fino all’osso.

Si svegliò di soprassalto. Portò una mano al petto scoprendo così che era tornata in forma umana. I primissimi raggi del sole stavano iniziando a schiarire il cielo. Era agitata, turbata e spaventata. Si infilò la camicia da notte e gli slip che ancora non aveva messo in valigia e si diresse decisa verso la camera di Damon. Quella volta non si sarebbe fatta bloccare dalla paura della sua potenziale reazione, quella volta era lei ad avere bisogno di entrare in quella stanza perché aveva l’impressione che solo lui fosse in grado di trasmetterle un po’ di pace.

Entrò facendo il minor rumore possibile e si sdraiò accanto al vampiro che si agitava leggermente fra le lenzuola. Per un attimo ebbe paura che l’avrebbe aggredita come la volta precedente… si appoggiò allo schienale del letto cercando di decidersi sul da farsi. Fu allora che gli occhi azzurri di lui si bloccarono sulla giovane nel suo letto. Lei non seppe cosa dire mentre Damon si passava una mano sulla faccia per cancellare le tracce dell’incubo. Sapeva benissimo perché era lì ma non era certo di volerla avere fra i piedi “Sto bene.” Disse senza particolar enfasi. A quell’affermazione Jane abbassò lo sguardo “Lo so…” sussurrò prima di rimettersi in piedi lui però la bloccò delicatamente e la riportò sul letto “Resta… se vuoi.” Si affrettò ad aggiungere. Anche lui riusciva a percepire il turbamento della forestiera e non voleva più mandarla via.

Jane, titubante, si sdraiò accanto al corvino e fece dei respiri profondi “Ho la sensazione che qualcuno mi stia seguendo. – iniziò, forse grazie al buio che le impediva di vedere le potenziali reazioni del suo interlocutore – sono settimane che ho questa sensazione…” lui la strinse a sé, un gesto involontario e del tutto inaspettato da entrambi “Lo so. Ma potrebbe essere Klaus… è ovvio che ti stia tenendo d’occhio.” Iniziò ad accarezzarle un braccio ma lei scosse il capo “No, non è lui. L’ha già fatto in passato. Spiarmi intendo. Controllava che stessi bene quando mia madre era in ospedale… e poi quando ero a Miami. Me l’ha detto lui, altrimenti io non me ne sarei mai accorta. – fece una pausa aspettandosi domande dal corvino che non arrivarono mai – Ora invece so che qualcuno mi osserva ma non riesco mai a vedere chi sia…” rabbrividì fra le braccia di Damon che la attirò maggiormente a sé. Si chiedeva come lo spietato vampiro Originale avesse potuto preoccuparsi di lei per così tanto tempo. Che avesse sempre finto? “Non potrebbe essere che stai mantenendo la sensibilità di quando ti trasformi in gatto? I sensi acutizzati potrebbero darti strani effetti.” Ipotizzò. Jane si accoccolò maggiormente sul suo petto, la cosa sembrava così naturale che non si sentì in imbarazzo “Non lo so…” stava iniziando a biascicare per la stanchezza. Damon se ne accorse e la coprì con il lenzuolo di seta “Non ti preoccupare. Dormi. Ci penso io, va bene?” lei mosse lievemente la testa mentre veniva risucchiata nel mondo dei sogni. Il corvino si riaddormentò poco dopo, continuando a tenerla stretta, quasi temesse che qualcuno gliela potesse portar via. Per la prima volta da giorni si sentiva in pace, tranquillo e nessun incubo si presentò. Forse l’Originale aveva ragione, quella non era solo una maledizione.

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Capitolo 52
*** Capitolo 51 ***


Quando aprì gli occhi, sentì un vuoto dove Damon aveva lasciato le sue braccia. Si rigirò nel letto scoprendo che il vampiro non era più in quella stanza. A fatica, si costrinse a lasciare le lenzuola e scendere in cucina per mangiare qualcosa. “’Giorno.” Biascicò ancora mezza addormentata trovando i due fratelli intenti a fare una partita a scacchi in soggiorno.

“Non credevo foste così strateghi!” disse quando riapparve dalla cucina con uno yogurt in mano “Ho 172 anni e, tolti i primi 25, la mia vita è stata una strategia di sopravvivenza.” Damon neanche staccò gli occhi dalla scacchiera mentre Stefan lanciava un’occhiata divertita alla giovane che si era appena lasciata scivolare sul divano “Abbiamo mangiato il vocabolario per colazione?” fece ancora con tono divertito lei. Il corvino finalmente la guardo “No, capelli.” Jane istintivamente si toccò la massa castana che le cadeva sulle spalle mentre arrossiva. L’altro Salvatore passò gli occhi da suo fratello alla forestiera domandandosi se fosse meglio indagare o meno. “Non chiederò nulla.” Dichiarò dopo un paio di secondi.

Jane, che ancora era affaticata dalla trasformazione, finì per addormentarsi sul divano annoiata dal gioco dei due fratelli. Stefan notò con che espressione Damon si fosse perso a guardarla sonnecchiare a pochi passi da loro “Avete dormito assieme?” domandò divorato dalla curiosità “Non avevi detto che non avresti chiesto nulla?” lo canzonò il corvino. L’altro fece spallucce “Sì, questa mattina è venuta da me… - si stava chiedendo se raccontare dell’accaduto fosse un bene o meno – abbiamo parlato un po’, poi si è addormentata. – notò lo sguardo sorpreso di suo fratello – Che c’è?!” l’altro scrollò le spalle “Nulla. Solo che, questa è forse la prima volta che parlate senza finire per litigare…” Damon mangiò una torre di Stefan “Non è la prima volta. Lo facevamo anche quando ci allenavamo. Scacco matto!” cercò di deviare la conversazione. L’altro vampiro non si scompose “Perché avete smesso allora?” il corvino lanciò un’altra occhiata a Jane “Il legame si stava intensificando. Credevamo che fosse perché passavamo più tempo assieme…” Stefan ricompose la scacchiera “Ma non è così, vero?” Damon sbuffò “Già. A quanto pare è legato a quanto a lungo vive Jane. Più lei rimane in vita, più noi due siamo uniti. – prese un respiro profondo – che follia.” Il più giovane si mise in piedi e si avviò verso la scalinata “Secondo me dovreste ricominciare ad allenarvi assieme. Faceva bene ad entrambi.” E sparì al piano superiore.

-*-

Dal giorno seguente Jane e Damon ripresero effettivamente a combattere. La giovane infatti si era detta d’accordo con l’idea di Stefan e così non avevano perso tempo. Il corvino però temeva ancora che il legame fosse un problema. Dopo una settimana, cominciò a percepire dei leggeri formicolii lì dove lui colpiva Jane e la cosa non gli stava piacendo molto.

Jane, dal canto suo, si stava accorgendo che qualcosa non andava. Damon era sempre distaccato e si massaggiava distrattamente parti del corpo, quasi gli dessero fastidio. Dall’altra parte però, ogni volta che lei lo colpiva e, di riflesso, sentiva male si sentiva sempre più forte; il dolore sembrava sempre più simile ad un fastidio. Aveva nuovamente messo da parte l’idea di andarsene, per lo meno fino a quando non fosse capitato nuovamente qualcosa di grave e si fosse finalmente decisa ad andarsene. Il fatto era che le piaceva passare del tempo con Damon… Non riusciva a spiegarselo, non capiva proprio come fosse arrivata a pensare al corvino così frequentemente durante il giorno. Era legata a lui a vita ma quello che iniziava a percepire era forse qualcosa di diverso? Qualcosa di nuovo? No! No, non poteva essere così!

Stefan in quel periodo era sempre tranquillo, a volte li guardava e si chiedeva come ci fosse ancora così tanto attrito tra quei due. Però stava riuscendo a coinvolgere Jane in alcune serate con il resto del gruppo. All’inizio era stato difficile ma, complice l’insistenza di Elena, la forestiera aveva ceduto e si era fatta trascinare un paio di volte al Grill. Jane sembrava nuovamente più tranquilla agli occhi di tutti tranne di Damon che poteva percepire sempre maggiormente un senso di incertezza che cresceva in lei.

-*-

Fu in una di quelle rare volte, mentre si trovava al Mystic Grill per pranzare con Bonnie, Elena, Caroline e Stefan, che fece vagare lo sguardo su una parete a cui non aveva mai badato prima. C’erano foto di decine di persone ma una la stava chiamando. Si alzò attirando l’attenzione degli altri presenti a quel tavolo e si avvicinò a quella parete. Ebbe un tuffo al cuore quando vide una donna bionda, sui 40, seduta ad uno di quei tavoli con un’altra donna, anche lei 40 anni; entrambe sorridevano al fotografo ma Jane non riuscì a trattenere una lacrima. Come aveva fatto a non notare prima quella foto?! Rapida, si asciugò la lacrima mentre Elena la raggiungeva. “Tutto bene?” domandò notando poi cosa stesse guardando “Quella è Jenna, mia zia – iniziò a spiegare con una nota di nostalgia, indicando la donna bionda – e lei era una sua amica del liceo, Monique.”

Jane staccò gli occhi dalla foto e li posò in quelli della ragazza “Lei è stata qui?” domandò senza riuscire a trattenere un leggero sussulto nella voce. Elena sembrò turbata “Parli di Jenna? Lei è morta qualche tempo fa…” si strofinò le braccia per darsi un po’ di sostegno ma Jane era persa “Intendo l’altra… Monique” quel nome le graffiò la gola “Sì, è arrivata a Mystic Falls circa due anni fa, perché?” ma la forestiera non le rispose “Sai dov’è ora?” Elena le posò una mano sulla spalla “Jane, è morta. La conoscevi?”

Per lei fu come rivivere quella notte in ospedale “Cosa?!” era quasi sotto shock. Afferrò il braccio di Elena che sussultò non aspettandosi una tale forza “Jane! Che ti prende?” provò a divincolarsi richiamando l’attenzione del suo ragazzo. Stefan fu lì in pochi attimi ma Jane sembrava già tornata impassibile “Monique era mia...” ma non riuscì a concludere la frase ed uscì dal locale. La giovane provò ad inseguirla ma il suo ragazzo riusciva a riconoscere negli occhi di Jane lo stesso desiderio che aveva visto spesso in Damon: volevano essere lasciati soli.

 

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Capitolo 53
*** Capitolo 52 ***


Stava baciando una tizia appena rimorchiata al Mystic Grill. Erano usciti per andare alla pensione Salvatore. Damon aveva giusto qualche idea di cosa fare con quella giovane senza freni inibitori che lo stava spogliando freneticamente mentre lo spingeva sul divano della biblioteca. In un secondo tutta la voglia che gli scorreva nelle vene svanì. Costrinse la ragazza a fermarsi prima che terminasse di slacciargli i pantaloni e la spinse via con malo modo. Una vocina persistente aveva iniziato a sussurrargli all’orecchio il nome di Jane.

Sbuffò fiondandosi nuovamente sulla biondina che lo fissava senza capire. Le sfilò il vestito ma un’ondata di tristezza lo investì in pieno, quasi lasciandolo senza fiato. Scostò nuovamente la ragazza che sembrava così impaziente di concludere. Senza dire nulla si alzò dal divano, recuperò la maglia dal pavimento e lasciò la casa. C’era qualcosa che non andava con Jane, doveva trovarla. Non riusciva a pensare ad altro.

Si lasciò guidare dal suo istinto come quando la forestiera era scappata solo poco tempo prima. Non dovette cercarla molto perché la trovò nel bosco dietro la pensione. Jane era seduta su un masso, fissava un punto non definito e sembrò non accorgersi della presenza del vampiro. “Gattina… - Damon le si avvicinò e le mise una mano sulla spalla – Stai bene?” era ovvio che non stesse bene! Gli occhi erano vacui e la giovane si limitò a scuotere leggermente la testa.

“Tu hai conosciuto Monique?” domandò la giovane dopo un silenzio interminabile. Lui la guardò senza capire dove volesse andare a parare “Intendi l’amica della zia di Elena, Jenna?” Jane fece un leggero cenno di assenso così lui si sedette accanto a lei “Sì, è stata qui a Mystic Falls circa due anni fa… è stata alla pensione. – fece una pausa – Perché?”. Jane non ce la faceva più, sentiva un peso immenso schiacciarle il petto, il respiro era corto e irregolare e stava lottando per non scoppiare a piangere. Per quattro anni aveva creduto che sua madre fosse morta e ora scopriva che due anni prima era stata nello stesso posto in cui era lei adesso?! Soffocò un singhiozzo. In quel momento il cellulare di Damon suonò nella sua tasca, lo estrasse e lesse un messaggio di suo fratello ‘Trova Jane. Ha bisogno di te.’ Grazie fratello, sei molto utile! Pensò mentalmente riponendo il cellulare. “Jane… - le mise una mano sulla spalla senza capire cosa fosse successo – Perché mi hai chiesto di Monique?” lei si strinse nelle spalle per darsi conforto “Come è morta?” per la prima volta rivolse lo sguardo sul vampiro che rimase immobile a fissarla “Era morta già quattro anni fa! Come è successo?!” alzò la voce arrabbiata e schizzò in piedi. Fu con quella frase che Damon capì. Si alzò anche lui “Monique era tua madre?!”.
Quelle parole resero tutto concreto e una lacrima minacciò di uscire “Come ci è arrivata qui? Come poteva essere ancora viva? Io l’ho vista! Damon, io ho visto quando i medici l’hanno dichiarata morta… Cos’è successo?!” si portò le mani alla testa mentre il vampiro si rendeva conto che quel sogno ormai vecchio di quasi tre mesi era appartenuto alla giovane che ora sembrava ad un passo dal baratro. Le andò in contro e la strinse a sé “Era un vampiro, quando è arrivata qui era già stata trasformata.” Accarezzò la schiena della ragazza che però si ribellò “E come?! Chi?!” quella parte da spiegare sarebbe stata più dura per lei ma Damon le doveva dire la verità, per quello che ne comportava “Da quello che mi hai raccontato tu e dalle parole di tua madre, penso sia stato Klaus… mi dispiace Jane.” Lei lo fissò sbattendo le palpebre un paio di volte “Nick? Lui l’ha trasformata? E perché? Perché non me l’ha mai detto in tutto questo tempo? Perché mia madre era qui? Cosa cercava?” ma, proprio quando espresse quelle ultime due domande, comprese perché fosse andata a Mystic Falls. Si portò le mani sulle labbra “Era qui per me… - la lacrima che minacciava di uscire rotolò indisturbata sulla guancia della giovane ed altre la seguirono – Mi aveva detto di venire qui ed è stato il primo posto in cui mi ha cercata. – alzò gli occhi su Damon che non sapeva come comportarsi, da quando Jane era apparsa si era sempre atteggiata come una persona forte e quasi senza emozioni, ma ora? – Io non c’ero. Non c’ero…” iniziò a singhiozzare provocando un buco nel petto del vampiro che la attirò nuovamente a sé e la strinse più che poté per farle sentire che lui c’era. “Non è colpa tua Jane. Tu non potevi saperlo…” lei però si ribellò a quel contatto “No! Avrei dovuto capirlo! Mamma è sempre stata attratta dal vostro mondo, avrei dovuto capire che avrebbe cercato di trasformarsi prima o poi…” il corvino la guardò dispiaciuto per non poterle dare conforto. Per una volta nella sua vita non si sentiva egoista, avrebbe tranquillamente potuto andarsene e lasciare la giovane a piangersi addossa, ma solo l’idea di lasciarla lo faceva stare ancora peggio. “Ti sbagli, lei non voleva diventare un vampiro. – Jane smise di singhiozzare e si asciugò gli occhi attendendo che lui continuasse, voleva sapere tutto quello che era possibile – Quando è arrivata a Mystic Falls, tua madre ed io siamo diventati – si sedette su un masso cercando la parola giusta – amici. – la forestiera lo seguì e si sorprese nell’immaginare sua madre e quel vampiro amici che chiacchieravano del più e del meno – Sai, né io né tua madre abbiamo deciso di diventare vampiri… Quando mi sono svegliato assetato di sangue volevo lasciarmi morire, ma mio fratello non voleva vivere in eterno da solo e quindi l’ho accontentato terminando la transizione. – si rese conto di non aver mai raccontato quel particolare a nessuno. Nessuno aveva mai capito perché ancora provasse del rancore per Stefan, ma ora Jane lo sapeva e lo guardava con gli occhi ancora lucidi e arrossati dal pianto ma era grata di quella condivisione – Per Monique era stato più o meno lo stesso. Mi diceva spesso di quanto avesse pensato a sua figlia prima di decidere di bere sangue umano per completare la trasformazione. Ma decise di farlo pensando a te, al fatto che vi sareste potute ritrovare e stare assieme ancora per un po’. – fece una pausa mentre Jane ricominciava a piangere ormai incapace di contenere le sue emozioni – Questa parte sarà difficile da digerire però so quanto la verità sia importante per te e” ma non finì perché lei alzò nuovamente lo sguardo e lo fissò negli occhi azzurri di lui “Grazie.” Sussurrò lasciando Damon quasi ipnotizzato dalle iridi nocciola di lei “Dicevo… - si costrinse a concentrarsi su una corteccia poco lontana dal suo piede – Tua madre non aveva calcolato quanto la brama di sangue potesse essere grande e per un paio di anni ha vagato abbandonandosi agli istinti di vampiro. Quando è rinsavita è venuta a cercarti pensando che fossi venuta qui, dove ti aveva indicato di andare. – Jane era rimasta sorpresa da quello che aveva appena detto il vampiro: ricordava quanto integerrima fosse sempre stata sua madre e non si sarebbe mai aspettata che cedesse così facilmente agli istinti vampireschi. Però lei non ci era passata e, di certo, la transizione non doveva essere facile specialmente se si era da soli e non si voleva quella vita… - Non ha mai detto realmente chi cercasse, sapevamo solo che lei era nata e cresciuta a Mystic Falls e prima di diventare un vampiro aveva detto ad una persona importante di venire qui. Adesso so chi stava cercando…” tornò a guardare Jane che si era messa a tamburellare con un piede sul terriccio “Già… ma io non c’ero. Sono arrivata con due anni di ritardo. – si affrettò ad asciugare l’ennesima lacrima – sono stata un’idiota! Perché non sono venuta subito qui?! Avrei dovuto pensarci!” Damon le prese le spalle e la costrinse a guardarlo negli occhi “Come avresti fatto? Come potevi immaginarti che sarebbe diventata un vampiro? – la scosse per farla rinsavire – Non avevi neanche 18 anni ed eri rimasta sola. Non darti la colpa per quello che hai fatto perché non è colpa tua…” la lasciò andare. Rivivendo nella sua testa la morte di Monique davanti ai suoi occhi. Anche quello avrebbe dovuto sapere Jane ma non riusciva a trovare il coraggio di dirglielo.

La giovane rimase incollata a quei pezzi di ghiaccio che però le stavano trasmettendo più di chiunque altro avesse mai conosciuto. Fu un secondo, aveva bisogno di sentire il vampiro più vicino, si sentiva ad un passo dal precipitare in un baratro, come se stesse affogando in un mare in tempesta. Troppe cose erano state portate a galla in così pochi istanti: sua madre che non era morta in ospedale ma era stata trasformata da Klaus, l’Originale che non aveva mai detto nulla e aveva continuato a fingere di proteggerla, Damon che ricambiava quello sguardo così intenso… si avvicinò di un soffio al corvino e le loro labbra si incollarono.

Entrambi furono percorsi da un brivido quando avvenne quel contatto. Il bacio fu immediatamente approfondito mentre lui le afferrava la nuca e la attirava, se possibile, maggiormente a sé. Sembrava che quello fosse il loro posto, non più solo un legame immateriale ma un’unione fisica.

Jane però fu riscossa da quell’attimo di perfezione, si staccò a fatica dalle labbra di Damon e si allontanò di qualche passo lasciando il corvino spaesato. “Non mi hai ancora detto come è morta. Elena mi ha detto che mia madre è morta. Come? Quando?”. Quella domanda riportò il vampiro alla cruda realtà. Si voltò per non guardarla negli occhi “È stata tutta colpa mia… - iniziò provocando una scossa di rabbia improvvisa nella giovane – Elena era stata rapita da Elija, il fratello di Klaus” Jane sbuffò “Lo so chi è! – sputò fuori ad un passo dal mettersi ad urlare – Vai avanti!” lo aggredì. Damon rimase quasi impassibile davanti al suo cambio repentino di umore ma anche lui era incline a queste esplosioni quindi non poteva certo dire qualcosa “Io e Stefan non sapevamo come trovarla così abbiamo chiesto aiuto a Monique. Aveva detto di averci già avuto a che fare con gli Originali. Siamo finiti in una trappola di Klaus… – si voltò per vedere il viso di Jane – Tua madre si è sacrificata per me… E questo non me lo perdonerò mai.” Lei aveva gli occhi sbarrati, i pugni stretti lungo i fianchi e una lacrima che si era fermata sul suo zigomo “È morta per salvare Elena?! – si avvicinò di un passo pronta a sferrare un pugno al vampiro – Ruota sempre tutto attorno ad Elena, non è vero?! Stefan vive per Elena, Caroline non fa altro che elogiare Elena, Bonnie scodinzola ogni volta che Elena apre bocca e tu?! Anche tu pendi dalle sue labbra! – urlò alzando le braccia al cielo – Non credere che la tua faccia annoiata tragga in inganno. L’ho visto dalla prima volta che sono entrata in casa tua quanto desiderassi che le attenzioni che rivolge a tuo fratello fossero rivolte a te. Hai ucciso mia madre per Elena! – gli puntò un dito accusatore contro – Mi fai schifo! Io me ne vado.” Senza aspettare una risposta si avviò verso la pensione.

“Brava. Vattene! Mi stavo domandando quanto tempo avresti resistito. Dovevi essertene andata già giorni fa!” sbraitò il vampiro iniziando ad andare nella direzione opposta.

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Capitolo 54
*** Capitolo 53 ***


Jane raggiunse rapidamente il portone d’ingresso della pensione. Il sangue le ribolliva nelle vene misto ad una malinconia immensa. Aspettava solo che le cose peggiorassero per scappare, no? Ecco. Era stata appena accontentata! Corse al piano di sopra per preparare per l’ennesima volta i suoi bagagli. “Stupida! Stupida!” continuava a ripetersi mentre lanciava a casaccio la sua roba dai cassetti ai borsoni aperti sul letto. Perché era rimasta? Perché si era fatta convincere da Damon a tornare la prima volta che era fuggita? Perché?!

Era furiosa, avrebbe voluto spaccare qualcosa o urlare fino a non avere più ossigeno nei polmoni, ma non poteva. Doveva pur sempre mantenere il controllo. Era già tanto se aveva lasciato libero sfogo alle lacrime…

Raggiunse il bagno dove recuperò quelle poche cose che aveva lasciato lì. Si fermò a guardarsi nello specchio. Si passò una mano sugli occhi per cancellare le tracce di pianto, senza successo. “Come è stato possibile?” sussurrò al suo riflesso. Per quattro anni era riuscita a non legarsi a nulla e nessuno; Clare era stata la prima persona con cui Jane si fosse sbottonata un po’, neanche tanto, ma si era visto come era andata a finire… Ripensò alla sera in cui le due ragazze erano uscite, al tipo strafatto che le aveva inseguite e aveva cercato di aggredire Clare. Jane aveva rivissuto l’aggressione da parte del vampiro e, vedendo il revolver caduto accanto all’uomo che si era lanciato sulla sua mica, aveva subito agito sparandogli. L’uomo era morto prima dell’arrivo dei soccorsi e, per quanto entrambe portassero i segni dell’aggressione, furono portate nella centrale di polizia più vicina. Klaus le aveva tirate fuori usando la compulsione e Jane era svanita nel giro di una notte senza salutare Clare.

Questa volta non sarebbe stato diverso. Chiuse le cerniere e sollevò il borsone solo dopo aver appoggiato il trolley al suolo. Trascinò fuori dalla pensione la sua vita racchiusa in così poco. In soggiorno vide Damon darle le spalle mentre beveva del Bourbon guardando fuori dalla finestra. Aveva ragione lui: avrebbe dovuto andarsene quando l’aveva detto qualche settimana prima. Si sarebbe risparmiata tutto quello.

Non disse nulla. Sospirò, scuotendo la testa ed aprì l’uscio. Il sole pomeridiano la investì senza darle quella sensazione piacevole di calore che era solita di quel periodo. Trascinò il trolley sul ghiaino fino alla strada. Da lì proseguì fino alla fermata dei pullman in centro, sperando di non incrociare nessuno di sua conoscenza.
Arrivata nella piazza centrale, mollò i bagagli per comprare un biglietto sul primo mezzo che sarebbe partito. “Buongiorno. – salutò il bigliettaio – Qual è la prima corsa?” l’uomo controllò sul monitor del PC “Il primo pullman è diretto a Daytona Beach in Florida. Ferma a Richmond, Florence, Savannah, Jacksonville.” Disse senza staccare gli occhi dal monitor “Perfetto. Un biglietto per Daytona Beach, grazie.” Più chilometri metteva tra quella città e se stessa e meglio era. Fortunatamente aveva già riscosso l’ultima settimana di lavoro al negozio di fiori, così il biglietto lo avrebbe pagato con quei soldi e le restava tutto quello che aveva racimolato nell’ultimo periodo, che era da aggiungere a quello che le era avanzato del gruzzolo di quando era giunta in quella cittadina. “Bene signorina, sono undici ore di viaggio. L’autobus parte tra venti minuti. Le auguro buon viaggio.” Sorrise leggermente alla giovane che prese il biglietto appena appoggiato sul banco e si allontanò.

Rimase su una panchina all’interno della stazione dei bus ad attendere i venti minuti più lunghi e angoscianti della sua vita, osservava il viavai per controllare che nessuno si accorgesse di lei. Sperava che si sarebbero dimenticati di lei rapidamente.

Quando salì sul mezzo che l’avrebbe portata alla sua nuova vita si sedette sul lato finestrino per osservare la strada. Appena tre mesi prima era scesa da un pullman proprio in quella cittadina, convinta che avrebbe potuto ricominciare da capo. Quante cose erano cambiate da quel momento. E sarebbero cambiate ancora. Appena vide il cartello ‘State lasciando Mystic Falls’ recuperò il cellulare dalla borsa e compose un numero.

“Pronto?” una voce anziana rispose quasi subito “Signora Brown? Salve, sono Jane. Mi dispiace informarla in questo modo ma sto lasciando Mystic Falls… purtroppo ho appena saputo che ci sono problemi famigliari e sto tornando a casa.” La donna all’altro capo fece un respiro profondo “Mi dispiace cara, quando credi che potrai tornare?” c’era ancora un briciolo di speranza nella sua voce ed a Jane venne male al pensiero di quello che stava facendo. Stava abbandonando quella donna come già le era successo anni prima e le dispiaceva ma non vedeva altra soluzione “La chiamo per questo, Signora Brown. Mi licenzio, non tornerò. Mi dispiace…” non diede tempo all’altra e riattaccò. Spense il cellulare e staccò la batteria.

Due ore dopo, si fermarono per la prima tappa: Richmond, ancora in Virginia. Jane smontò assieme agli altri passeggeri per sgranchirsi un po’ le gambe e gettò il cellulare in un cestino al alto della strada. Entrò in un negozio accanto alla fermata e comprò un cellulare usa e getta solo per le emergenze. Mezz’ora dopo ripartirono alla volta di Florence, almeno sarebbe stata in Carolina del Sud e non più nello stesso stato di Damon. Più pensava a quello che aveva detto sulla morte di sua madre, più le ribolliva il sangue nelle vene. Sua madre si era sacrificata per quel vampiro?! E perché aveva deciso di aiutare i Salvatore a cercare Elena?

Più cercava di non pensarci e più poteva sentire che Damon era divorato dalla rabbia almeno quanto lei. In quel momento più che mai avrebbe voluto che non ci fosse quel dannato legame ad unirli. Si chiedeva se lui sarebbe riuscito a trovarla come l’altra volta o se, mettendo così tanti chilometri fra loro, sarebbe riuscita a svanire anche dai suoi radar.

Fu proprio in quel momento, al confine tra la Carolina del Nord e la Carolina del Sud, che ogni tipo di emozione proveniente dal corvino svanì. Immaginò che la sua supposizione fosse corretta. Nessuno, nemmeno il vampiro con cui condivideva un legame di sangue, l’avrebbe mai più trovata. E la cosa le stava più che bene.

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Capitolo 55
*** Capitolo 54 ***


Damon stava ancora fissando fuori dalla finestra quando l’allegra combriccola fece irruzione in casa. Dovevano essere passate un paio di ore da quando Jane aveva lasciato la pensione senza dire nulla e sentiva un vuoto nel petto, all’altezza del cuore.

“Damon! – lo chiamò suo fratello dall’ingresso – Non hai trovato Jane? L’abbiamo cercata ma senza successo.” il corvino si voltò con un sorriso amaro “Certo che l’ho trovata.” Si portò alle labbra il bicchiere di liquore mentre Elena si faceva avanti “E dov’è ora?” l’altro fece spallucce “Non lo so. Non è più qui.” “Cosa?! - Caroline sembrava stupita – Ma il vostro legame…” ma non terminò perché Damon scattò infuriato “Non è un mio problema Barbie! Non sono il suo babysitter! – lanciò il bicchiere che si sfracellò a pochi passi da suo fratello – Cazzo, siete dei veri rompicoglioni!” sbraitò. Stefan rimase quasi impassibile a quella scena, non era la prima volta di certo che Damon perdeva le staffe “Cos’è successo?” chiese rimanendo calmo “Se n’è andata.” Ammise l’altro abbassando il capo quasi sconfitto. Elena si avvicinò maggiormente “Perché? E perché non l’hai fermata?” a quelle domande il corvino rialzò lo sguardo acceso dalla rabbia “Perché?! Perché Monique, l’amica di tua zia, era sua madre! E io le ho raccontato di come è morta!” alzò le braccia al cielo con una voglia matta di azzannare qualcuno. Tutti ammutolirono per un secondo ripensando alla fine di Monique “Non lo sapevo…” sussurrò la Gilbert “Certo che non lo sapevi! E lei non sapeva che sua madre fosse stata qui e che abbia sacrificato la sua vita per salvarti!” iniziava a capire a cosa si fosse riferita la forestiera quando aveva parlato di Elena come una regina attorno alla quale girava tutto.

“Aspetta. Quindi le hai detto che sua madre si è messa tra te e Klaus? Le hai detto che l’ha uccisa lui?” Bonnie, che era rimasta in un angolo fino a quel momento, si era fatta avanti. Non riusciva a capire cosa avesse spinto la giovane a scappare dato che non era colpa di nessuno se non del vampiro che credeva suo amico e, cosa più importante, amico di Monique. Damon scosse leggermente il capo “No, non gliel’ho detto. Non ho fatto in tempo. – guardò suo fratello – non me ne ha dato il tempo! Quella dannata ragazza!” Stupida, stupida ragazza! Si disse nella sua testa mentre si avvicinava al carrellino dei liquori e si scolava mezza bottiglia di Vodka, visto che il Bourbon era finito.

Nessuno in quella stanza lo aveva mai visto in quello stato e capirono che era bene lasciare i due fratelli da soli. Le ragazze uscirono con il pretesto di provare a contattare la fuggitiva e svanirono in un attimo.

“Damon – lo richiamò nuovamente Stefan – la ami, vero?” il corvino non si voltò per guardarlo “Certo che no!” sbottò ingoiando un altro sorso di alcol “Ne sei sicuro?” Damon gli rifilò un’occhiata gelida “Assolutamente sicuro. È questo dannato legame! Riesco a sentire tutto quello che prova e non posso fare nulla…” sembrava abbattuto ma sembrava anche in grado di distruggere qualunque cosa in un secondo. Stefan si avvicinò e posò una mano sulla spalla del fratello “E tu come ti senti?” il corvino lasciò la bottiglia “Sono incazzato! E non lo sopporto più questo fottuto legame.” Voleva lasciarsi le emozioni alle spalle, non voleva più pensare a nulla. Era stufo di sentire quel vuoto nel suo petto, quel senso di abbandono e quella voglia irrefrenabile di ritrovare Jane e spiegarle come fossero andate realmente le cose. Ma non poteva fare nulla di tutto ciò. Non poteva eliminare il legame però poteva cancellare un fattore dall’equazione. Chiuse gli occhi per un attimo e gli ci volle poco per spegnere i propri sentimenti.

Stefan si accorse di cosa stesse facendo suo fratello troppo tardi. “No! Damon…” guardò gli occhi spenti del corvino mentre sulla sua faccia si dipingeva un sorriso raccapricciante che non vedeva da tempo. “Troppo tardi, fratello.” Disse ironico mentre si avviava verso l’uscita “Dove vai?” lo fermò Stefan “Ho sete, sono troppi giorni che non assaggio il sangue di qualche turista sconsiderata.” Il più giovane dei Salvatore non poté fermarlo. Chiamò rapidamente Elena e le disse cosa fosse appena successo. Entrambi convennero che sarebbe stato meglio ritrovare Jane e alla svelta.

-*-

Arrivò a Daytona Beach sedici ore dopo essere partita da Mystic Falls. Poco dopo essere ripartiti da Jacksonville, il pullman aveva avuto un guasto e avevano dovuto aspettare quello di sostituzione. Un viaggio infinito, fortunatamente era riuscita a dormire per buona parte del tempo. Recuperò i bagagli e si avventurò alla ricerca di un motel non troppo squallido ma che sarebbe comunque costato poco.

Trovò un posto decente quasi sulla spiaggia, una piccola pensione a gestione famigliare con degli ottimi prezzi. Furono sorpresi di vedere una ragazza così giovane da sola, come sempre infatti l’avevano scambiata per una ragazzina e aveva dovuto mostrare il documento (falso) per poter avere la stanza. Si era buttata a letto appena entrata e si era messa a riposare profondamente distrutta da quello che era successo. Non riuscì però ad addormentarsi.

C’era un vuoto nel suo cuore ma non sapeva spiegarsi se fosse dovuto all’aver scoperto che sua madre era morta per Damon o se invece fosse la mancanza di quest’ultimo che la stesse tradendo. Non riusciva a capire se realmente fosse possibile che un legame del genere potesse svanire solo con la distanza. Sospirò rigirandosi fra le lenzuola e per un attimo le tornò in mente il loro bacio. Com’era successo? Si toccò le labbra con le punte delle dita e sentì un leggero pizzicore là dove, meno di ventiquattrore prima, si erano posate le labbra del vampiro. Spalancò gli occhi dandosi della stupida e costringendosi a cambiare pensieri. Era ovvio che non sarebbe mai più successo.

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Capitolo 56
*** Capitolo 55 ***


“È un disastro!” esclamò Caroline semisdraiata sul divano di casa Salvatore mentre osservava il Grimorio di Bonnie. La strega stava scartabellando tutti i fogli in suo possesso che era riuscita a trovare, era andata a cercare pure tra le cose di sua nonna, nella speranza di trovare un modo per contattare Jane. Peccato che ogni tentativo fosse stato inutile.

Erano passare più di due settimane da quando Jane era svanita; due settimane durante le quali Damon era tornato il vampiro privo di emozioni e scrupoli di un tempo, Stefan cercava un modo di farlo rinsavire finendo per inseguirlo per la città ad impedirgli di uccidere chiunque gli capitasse a tiro, Bonnie non si era fermata un attimo per riuscire a localizzare la forestiera senza successo, Caroline cercava di tenere alto il morale anche se stava perdendo ogni speranza ed Elena iniziava a sentire il peso di quello che era successo.

Qualche giorno prima, infatti, il corvino aveva finalmente espresso quello che pensava di lei “Sai Elena, è tutta colpa tua! È colpa tua se Monique è morta ed è colpa tua se Jane se n’è andata!” le aveva sputato addosso fiele sentendosi però meglio. Lei era rimasta sopraffatta da quella rivelazione e nessuno, nemmeno il suo ragazzo, erano riuscita a farle cambiare idea. Effettivamente Monique era morta perché aveva aiutato i fratelli Salvatore a trovarla e si era lasciata impalare da Klaus proteggendo Damon. E Jane… Iniziava a capire perché se ne fosse andata… Come poteva vedere chi le aveva portato via l’unica famiglia?

-*-

Jane iniziava ad abituarsi alla nuova vita a Daytona Beach. Da quando era arrivata, due settimane prima, era riuscita già a trovare un lavoro come cameriera in un bistrot e le mance erano buone. Non c’era giorno però che non percepisse quel vuoto e, per quanto si sforzasse, non svaniva mai. Aver smesso di percepire i sentimenti di Damon si era rivelato più difficile di quanto non credesse. Quel legame, infatti, le dava la parvenza di avere qualcuno che tenesse a lei, ma forse era solo stata un’illusione da cui era bene svegliarsi prima che fosse troppo tardi. E poi non doveva dimenticarsi che si era rivolta ad una strega delle Glades per farle un incantesimo così che nessuno, neanche la magia più potente, l’avrebbe trovata. Era stata lei a scegliere di svanire dai radar e doveva convivere con quella decisione. L’unico modo per tornare ad essere rintracciabile era rompere il braccialetto di perline verde smeraldo che la strega le aveva dato, dandole così la libertà di scegliere cosa fare.

Anche quel giorno raggiunse il bistrot dove iniziò immediatamente il turno. Poco dopo entrò nel locale un uomo dai capelli neri e che indossava una giacca di pelle nera. Lei si immobilizzò credendo che fosse il corvino ma fo subito riscossa vedendo che era un signore sui quaranta. Sospirò un po’ troppo rumorosamente e tornò a lavorare. Devi togliertelo dalla testa! Si ripeté più volte, senza però un grande successo.

Raggiunse la sua stanza alla pensione e si mangiò un pasticcino a cui aveva aggiunto una candelina “Buon compleanno.” Disse a se stessa. Quel giorno aveva compiuto 21 anni e almeno da quel momento il suo documento falso avrebbe potuto essere cestinato. Guardò le stelle e si domandò cosa stessero facendo a Mystic Falls in quel sabato sera, quasi sicuramente era stata organizzata una festa.

-*-

Le strade erano quasi deserte, tutti erano riuniti a villa Lockwood per la riunione del consiglio. Damon era riapparso in casa propria solo poco prima della festa con del sangue a macchiargli la camicia. Per quanto ci avesse provato, Stefan non riusciva a vederlo buttarsi in quel modo. Ormai passava tutto il suo tempo a letto con qualche ragazza adescata con la compulsione o attaccato ad un bicchiere di alcol, quando non era una bottiglia. Solo Alaric riusciva a stargli accanto senza provare l’irrefrenabile desiderio di ucciderlo.

Il professor Salzmann era riuscito a far parlare Damon una sera che si erano ritrovato al Grill per bere qualcosa. Il vampiro era totalmente libero da qualunque emozione ed aveva parlato di Jane e di quello che era successo il giorno che poi se n’era andata. Ridendo aveva detto di averla baciata e di aver effettivamente provato qualcosa e la cosa lo divertiva molto “Come se quella potesse realmente piacermi. Figuriamoci! È tutta colpa di questo legame! Almeno ora me ne sono liberato.” Non provando più emozioni non riusciva più a percepire nemmeno quelle di lei. “Damon, non per tornare sull’argomento. – iniziò una sera Alaric – ma come credi che stia Jane? Pensi che non stia percependo che qualcosa non va?” sapeva di tirare troppo la corda ma voleva farlo riflettere, ci doveva provare per lo meno. Il vampiro fece spallucce “Non è un mio problema. Io me la spasso un sacco ed è tutto ciò che mi interessa.” Ed aveva tagliato il discorso.

Durante la festa si presentò con il suo ghigno irritante di chi è strafottente ed aveva sfidato suo fratello a buttarlo fuori. Prima di riuscirci, Stefan non riuscì ad impedirgli di distruggere un vaso antico presente in casa Lockwood. “Sei impazzito?” gli aveva urlato strattonandolo in giardino. Caroline corse in suo aiuto, almeno in due sarebbero riusciti a portarlo verso il bosco. Avevano ormai deciso che era un bene per tutti se spariva per un po’ dalla circolazione. Poco prima della festa avevano nascosto delle siringhe piene di verbena nel buco di un albero.

Erano quasi arrivati al punto in cui avevano nascosto il veleno quanto Tyler apparve molto incazzato “Che cazzo ti prende Damon?” lo aggredì scatenando una reazione insensata da parte del vampiro. Il corvino infatti si liberò in un secondo dalla presa di suo fratello e si lanciò contro il licantropo. “Damon!” orlò Stefan cercando di fermarlo. Caroline invece era corsa all’albero ed afferrò la siringa, pronta ad usarla appena possibile. Tyler scaraventò Damon contro un albero mentre iniziava a trasformarsi. La vampira fu rapida ad iniettare la verbena nel collo del corvino “Fermo Tyler! Non è in sé! - Stefan si parò davanti al fratello privo di sensi – ha spento i sentimenti…” provò a giustificarlo. Il lupo mannaro smise di trasformarsi “Non è un mio problema. Cercate di controllarlo!” e si allontanò lasciando i vampiri a gestire le questioni da vampiri.

Elena li raggiunse assieme a Bonnie alla pensione. Stefan aveva incatenato Damon in una delle celle nel seminterrato, la verbena non avrebbe fatto effetto ancora per molto e quando si fosse risvegliato, sarebbe stata una lotta estenuante.

“Cos’è successo?” la strega fissava il vampiro sdraiato sul pavimento di pietra “Ormai è totalmente fuori controllo, non c’era altro modo. Lo farò morire di fame, di solito questo gli fa tornare l’umanità.” Spiegò Stefan fissando suo fratello. Lasciarono il seminterrato solo dopo aver chiuso a tripla mandata il portone della cella.

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Capitolo 57
*** Capitolo 56 ***


“Stai bene?” Millicent, l’altra cameriera che faceva sempre i turni con Jane la stava guardando dall’alto. Solo allora si accorse di essere stesa sul pavimento. Fortunatamente era tardi e non c’erano più clienti nel bistrot. Si mise a sedere mentre sentiva le sirene di un’ambulanza avvicinarsi “Hai chiamato i soccorsi?” domandò rimettendosi in piedi contro il parere di Millicent “Sì certo. Sei svenuta da un secondo all’altro! Mi sono preoccupata…”

Con la mente Jane ripercorse gli attimi prima che perdesse i sensi: aveva sentito un leggero dolore al braccio, poi uno molto più intenso alla schiena e poi il nulla. Quello doveva essere il suo legame con Damon. Era successo qualcosa al vampiro? Era convinta che il legame non arrivasse fino a lì, non aveva più sentito le sue emozioni. Allora come poteva essere…? Fu come una rivelazione. Ripensò al sogno in cui era in una stanza in fiamme, quella sensazione che tutto di colpo non avesse più importanza, quel senso di pace… Aveva spento i sentimenti! E doveva averlo fatto anche in quel caso. Per quello non sentiva più nulla da parte del corvino.
Guardò i paramedici entrare nel locale ed individuare le due cameriere su indicazione del proprietario. Si fece visitare anche se sapeva che non avrebbero trovato nulla “Questo come se l’è procurato, signorina?” uno dei due teneva la manica della divisa sollevata e indicava un arrossamento nella zona interna del polso “Non lo so…” ammise continuando a fissare quel segno leggero. Iniziava a pizzicarle la pelle.

I paramedici dichiararono che si era trattato di un calo di zuccheri, le consigliarono di mangiare più frutta e non ritennero necessario ricoverarla in ospedale, per sua fortuna. Jane ringraziò Millicent per essersi preoccupata e le fu permesso di lasciare il bistrot un po’ prima rispetto alla fine del suo turno. Quando fu nella sua stanza iniziò a fissarsi il braccio quasi si immaginasse sarebbe uscito un mostro da sotto la pelle. Ovviamente non accadde nulla del genere ma una strana sensazione si stava presentando nella sua mente.

Più il tempo passava, più quel rossore le pizzicava la pelle fino a diventare un dolore costante e pulsante. Capì allora che quello era stato inflitto da un licantropo, il dolore crescente era quasi identico a quello che aveva provato quando Klaus aveva ferito Damon per il suo piccolo esperimento. Ciò poteva solo voler dire che il vampiro fosse in pericolo e non aveva molto tempo per agire. Si era ripromessa che non sarebbe tornata più a Mystic Falls e, per più di due settimane, era riuscita a dimenticarsi della cittadina; non delle persone ma almeno della città sì. Ora doveva tornarci e alla svelta se voleva evitare una morte lenta e dolorosa ad entrambi.
Afferrò la borsa e si accertò che ci fossero i soldi necessari per un biglietto di andata e ritorno, il cellulare usa e getta che aveva acceso solo un paio di volte da quando era arrivata e i suoi documenti. Chiamò un taxi per la stazione delle autocorriere e pregò che il primo per Mystic Falls non fosse dopo ore, perché temeva che non avrebbero auto più di ventiquattro ore per rimediare alla ferita di licantropo. Per sua sfortuna il primo partiva dopo poco meno di un’ora, ma non poteva fare altro. Sperava che quelle dodici ore non sarebbero state fatali per Damon e quindi neanche per lei.

-*-

Stefan aprì la porta della cella e trovò suo fratello semisdraiato sul pavimento. Si fissava l’interno del braccio dove due segni di unghiata risaltavano sulla pelle diafana del vampiro “Cos’è?” chiese il più giovane avvicinandosi solo di poco: per esperienza sapeva fino a dove potessero spingersi i trucchetti di Damon per liberarsi. Suo fratello non dava cenni di voler rispondere “Allora? È uno dei tuoi trucchi per provare a fregarmi?” continuò Stefan ma Damon non sembrava più divertito come poche ore prima “Quel cane bagnato mi ha graffiato.” Sussurrò passando lo sguardo sul suo fratellino “Ti ho detto che i tuoi trucchi non attaccano più con me. Sei stato un idiota ad aggredire Tyler ieri sera ma questo non vuol dire che” ma si bloccò notando che l’altro non accennava a cambiare espressione “Ho fatto una cazzata, che ti devo dire?” Stefan sgranò gli occhi “Lo sai che hai messo in pericolo anche la vita di Jane?! Se non ci fossimo stati noi e Tyler avesse completato la trasformazione?” Damon tornò a fissarsi il polso e suo fratello immaginò che si fosse arreso con quella farsa. “Torno più tardi.” Dichiarò prima di uscire e richiudere la porta a tripla mandata.

Rimasto da solo, Damon si accarezzò lì dove c’erano i due segni lasciati dalle unghie del licantropo “Mi dispiace Jane…” sussurrò appoggiando poi la testa alla parete di roccia.

-*-

Appena tornato al piano di sopra Stefan afferrò il cellulare e chiamò Lockwood “Quando hai lottato con Damon l’hai graffiato?” domandò secco senza nessun tipo di preambolo. Dall’altra parte ci fu un attimo di silenzio “Credo di sì. Mi dispiace Stefan… Posso provare a chiamare Klaus ma non credo che verrebbe, in più ha detto che andava in Europa per una faccenda, non arriverebbe mai in tempo…” dalla voce si capiva quanto si sentisse in colpa ma in realtà era stato quello stupido di Damon a mettersi in quel casino. Ora però avrebbe dovuto pagare anche Jane.

Tornò nella cella di suo fratello, trovandolo nella stessa posizione di prima “Okay, vieni. Ti porto di sopra.” Disse iniziando a staccare la catena dal muro “Cosa stai facendo?” domandò il corvino “Ho chiamato Tyler, mi ha confermato che ti ha graffiato quindi ti porto nel tuo letto visto che fra poco inizierai a stare male.” In quel momento gli sembrava di avere quasi a che fare con un bambino. Damon si lasciava spostare e sollevare senza grande interesse per quello che gli succedeva attorno “Hai riacceso i sentimenti?” gli chiese mentre salivano i gradini del seminterrato “No, figurati! Si sta meglio senza quel perenne senso di colpa…” il più giovane si domandò se fosse vero ma non volle indagare ulteriormente. Adagiò il fratello nel letto e si premurò di incatenarlo alla struttura massiccia dello stesso “Giusto in caso fosse tutta una farsa.” Dichiarò prima di lasciare la stanza.

Come fu nuovamente in soggiorno, chiamò Bonnie “Devi assolutamente trovare Jane. – iniziò con voce grave – Damon è stato graffiato da un licantropo e Jane è l’unica possibilità per lui.” La strega arrivò di corsa alla pensione portando con sé il Grimorio e trovò il resto del gruppo in salotto a discutere sul da farsi “Mi dispiace ma ho fatto qualunque cosa per trovarla. È come se fosse svanita nel nulla.” Elena era nervosa sulla poltrona su cui si era seduta poco prima “Come è possibile? Una qualche magia?” ipotizzò e l’altra fece un leggero cenno col capo “Potrebbe essere, ma deve essere una magia molto potente perché ho provato anche incantesimi per abbattere delle barriere magiche e non è servito a nulla…” Stefan rimaneva in silenzio a guardare i presenti, poco prima si era aggiunto anche Alaric che era preoccupato per il suo amico “Ragazzi, c’è l’eventualità che sia morta. – disse serio il professore, causando una serie di sguardi allarmati – È sparita da più di due settimane, non si sa nulla. Okay, è un’ipotesi remota ma con le creature che conosce non è poi così impossibile…” Caroline scosse la testa “No, non è possibile. Andiamo! L’avete conosciuta tutti: è forte abbastanza da essere riuscita a tenere testa a Damon! Hanno combattuto per giorni e non si è mai arresa! Io non posso credere che sia morta…”. Seguirono attimi di silenzio, poi Stefan si alzò in piedi “Beh, se non la troviamo, lo sarà molto presto assieme a Damon.” Quell’affermazione gettò solo più sconforto sul gruppo.

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Capitolo 58
*** Capitolo 57 ***


Il pullman si fermò a Richmond, ultima fermata prima di Mystic Falls. Erano passate undici ore da quando era salita su quel mezzo, le undici ore più lunghe della sua vita. Il formicolio aveva iniziato a spargersi su tutto il corpo e, poco dopo, era stato seguito dal bruciore. Il braccio era sempre leggermente arrossato ma a lei sembrava in fiamme. Le facevano male i muscoli e si sentiva la testa pesante e febbricitante. Dopo la seconda tappa si era coperta la faccia col cappuccio per evitare che la gente facesse domande ma la stava mandano fuori di testa, avrebbe voluto togliersi tutti quei vestiti e non dover stare stretta su quel sedile. Aveva iniziato a sentire un senso di nausea e la vista si stava appannando.

C’era un unico pensiero nella sua mente: raggiungere Mystic Falls e salvare la vita di Damon e la sua. Si appisolò sperando di lenire il dolore. Mancavano due ore e tutto sarebbe passato, doveva solo reggere ancora un po’.

-*-

Damon era steso sul letto ed era scosso da brividi lungo tutto il corpo. Stefan lo guardava dalla porta, non aveva il coraggio di entrare e rivelargli le brutte notizie. “Sono moribondo ma ti sento.” Sussurrò senza energie il corvino. “Mi dispiace. – iniziò l’altro facendo un passo verso il letto – Damon ho cattive notizie… Ci abbiamo provato in tutti i modi ma non riusciamo a trovare Jane. Mi dispiace tanto” si sedette in fondo ai suoi piedi. Il corvino fece un verso che doveva essere un ghigno ma risultò più come un rantolo “Me lo merito, per tutto quello che ho fatto nella vita. – e, prima che Stefan potesse domandarglielo, Damon anticipò la sua ipotesi – sì, ho riacceso i sentimenti. Sei felice?” l’altro scosse il capo “Avrei voluto che non facessi quella cazzata e che non lasciassi andare Jane. – fece un sospiro – non lo ammetterai mai vero?” il più vecchio alzò stancamente gli occhi su suo fratello “Ammettere cosa?” Stefan scosse il capo “Che la ami…” si alzò e si avviò verso le scale “Non voglio ammetterlo. Non se lo merita.” Confessò ad un passo dal cadere in un sonno abitato da incubi.

Damon aveva riacceso i sentimenti un attimo prima che suo fratello entrasse nella stanza. Per quanto avesse potuto ignorarlo, Jane sarebbe morta con lui a breve. Persino il Damon spietato non era riuscito a restare impassibile a quell’ipotesi… I sentimenti erano riaffiorati come un’onda anomala mozzandogli il fiato per un istante. Si sentiva un vero bastardo a non aver ragionato prima di fare quella cazzata. La vita di una ragazza era sulle sue spalle e, se all’inizio l’aveva trovato un fardello, ora si rendeva conto di aver quasi bisogno di lei. Però non l’avrebbe mai ammesso.

Stefan tornò al piano di sotto sconfortato. “Come sta?” domandò impaziente Elena “Non bene. Ha riacceso i sentimenti, non so neanche più se sia una buona cosa in questo momento.” Bonnie chiuse infuriata il suo Grimorio “Ormai è inutile! È troppo tardi in ogni caso… Il veleno di licantropo impiega al massimo 24 ore per uccidere un vampiro e siamo già a 18. Se anche riuscissimo a rintracciare Jane dovrebbe essere al massimo a due ore di distanza da qui…” si sedettero tutti senza parlare. Alaric si dileguò e raggiunse la stanza del suo compagno di bevute.

Bussò leggermente sulla porta socchiusa e la aprì quel tanto per vedere dentro “Posso?” domandò delicatamente. Damon gli fece un cenno leggero con la mano “Quindi finisce così? – domandò indicando il polso arrossato – non si berrà più al Grill fino a fare cose stupide?” il corvino sogghignò stancamente “Tu fai cose stupide, io non l’ho mai fatto.” biascicò cercando di fare il simpatico. Ric non poté trattenere un sorriso divertito “Come pensi che stia Jane?” chiese ancora il professore. Damon si rabbuiò “Male. Come me. Ma io ci sono già passato una volta… - fece un respiro profondo – Sono stato un vero idiota incosciente.” L’altro non negò visto che si trovava pienamente d’accordo con il suo amico.

Nel momento in cui aveva riacceso i sentimenti, tutto quello che aveva cancellato si era ripresentato spietato. Ora, però, poteva percepire quasi nitidamente quali fossero le sensazioni di Jane e nessuna era piacevole. Avrebbe voluto capire dove si trovasse ma, per quanto ci avesse provato, era stato inutile. Sembrava veramente svanita nel nulla; per lo meno sapeva che era ancora viva, almeno per il momento. Socchiuse gli occhi pesanti dalla fatica e dalla spossatezza “Hey amico, resto qui con te. Va bene?” Alaric si accomodò su una poltrona senza realmente aspettare il via libera del vampiro che ormai era già scivolato nuovamente in un limbo.

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Capitolo 59
*** Capitolo 58 ***


Jane spalancò gli occhi senza fiato. Era stata investita da una miriade di emozioni non sue che l’avevano strappata a forza dal suo sogno. Si asciugò la fronte imperlata di sudore e cercò di capire a che punto della strada fossero. Aveva la bocca secca, le mani non smettevano di tremare così come il resto del corpo. Stava sudando in ogni piega del suo corpo ma, nonostante quello, aveva un freddo glaciale che le scorreva nelle vene. Temeva che ormai mancasse veramente poco alla loro dipartita, tuttavia, non voleva arrendersi così.

Dopo quasi un’ora, il conducente dell’autocorriera annunciò di essere quasi arrivati a Mystic Falls e nel cuore di Jane si riaccese una luce di speranza. Quando poi vide il campanile in pieno centro si sentì un leggero peso togliersi dal suo petto, ma ancora non era neanche minimamente vicina alla salvezza.

A fatica smontò dal mezzo. Il conducente la aiutò e, sebbene avesse chiesto come stesse, lei aveva evitato di rispondere. Ogni sua cellula era focalizzata sul farle raggiungere la pensione Salvatore il più presto possibile. E, se il viaggio in pullman le era sembrato un’odissea, dover camminare per mezza città si rivelò ancora peggio.

Mantenendo lo sguardo basso e il cappuccio calato sulla faccia, raggiunse la stradina nel bosco che collegava il centro con la pensione. Arrancò cercando un sostegno negli alberi senza mai fermarsi perché, se si fosse fermata anche solo un secondo, non era certa che sarebbe riuscita ad andare avanti. Quando ormai credeva che sarebbe caduta, priva di forze, nel sottobosco, vide la villa stagliarsi a poca distanza da lei. Si concentrò per fare quei pochi metri che la separavano ma, mentre procedeva trascinando i piedi, le passò un orribile pensiero nella testa E se Damon non fosse qui? E se se ne fosse andato come aveva fatto lei? Tutti quegli sforzi sarebbero stati inutili. Una lacrima le scivolò lungo la pelle bollente, dandole un lieve sollievo.

Raggiunto il portone d’ingresso, bussò sperando che qualcuno fosse in casa. Dopo un attimo, in cui Jane appoggiò la fronte sul legno, Caroline aprì la porta “O mio dio! Jane!” esclamò prendendola per le spalle e facendola entrare “Sei qui!” anche Elena aveva la stessa faccia attonita della bionda “Dov’è Damon?” sussurrò senza più forze la forestiera. Stefan comparve dalla cucina “Di sopra. Non avete più molto tempo…” rispose lui con voce grave “Lo so. Sono arrivata prima che potevo.” Fece lei fissandolo con gli occhi arrossati dalla febbre “Ti porto di sopra. È nella sua stanza!” disse Caroline indicando le scale “Non serve. – Jane iniziò quella scalata nascondendo lo sforzo immane che stava facendo – ce la faccio da sola.” Nessuno recriminò ed effettivamente la giovane riuscì a raggiungere la stanza del corvino in pochi attimi, probabilmente perché vedeva la salvezza ad un soffio e aveva recuperato quel briciolo di energia necessaria.

La porta della stanza era socchiusa, la scostò vedendo il professor Salzman seduto accanto al letto di Damon. Il vampiro era semisdraiato su una quantità infinita di cuscini e sonnecchiava esausto. Uno dei polsi era incatenato al sostegno del letto e, per una frazione di secondo, Jane si domandò il motivo. “Professore?” domandò facendo un passo nella stanza. Ric si voltò e vide la figura sciupata della sua allieva in piedi, ad un passo dal tracolo. Si fiondò a sostenerla prima che rovinasse al suolo e la aiutò a raggiungere il corvino. “Grazie.” Sussurrò prima che l’uomo li lasciasse soli. Era infatti convinto che quei due avessero molto di cui parlare appena guariti e non voleva trovarsi in mezzo. Chiuse la porta dietro alle sue spalle prima di scendere al piano inferiore e tranquillizzare tutti.

“Jane?” Damon aprì di poco un occhio e puntò l’iride ghiaccio sulla giovane seduta accanto a lui. “Bevi.” Disse lei stremata, porgendogli il suo polso. Il vampiro non se lo fece ripetere ed affondò i canini nella pelle bianca di lei. Ci volle più sangue di quanto avessero immaginato per iniziare a sentire gli effetti del veleno svanire. Jane, ormai senza più un briciolo di energia, svenne sul letto accanto al vampiro. Solo allora Damon smise di bere il suo sangue. La attirò a sé e la fece adagiare sui cuscini accanto a lui. La guardò mentre il viso si distendeva finalmente libero dal dolore. Le passò un braccio sotto alle spalle e la circondò per farla sentire al sicuro. Dopo pochi istanti era crollato anche lui.

-*-

Era passata più di un’ora da quando Jane era ricomparsa a Mystic Falls. Erano rimasti tutti in soggiorno impazienti di rivedere i due scendere le scale ma nulla. “Dite che è meglio controllar?” Bonnie non aveva smesso di leggere formule dal suo Grimorio nel tentativo di capire cosa avesse reso la forestiera irrintracciabile, senza risultati. “Forse li potremmo trovare in una situazione compromettente?” ipotizzò Caroline immaginandosi già scene di passione fra i due, Stefan però la riportò alla realtà “Credo abbiano solo bisogno di chiarirsi. Spero che Damon le dica come sono realmente andate le cose con sua madre… - poi posò lo sguardo su Alaric – e spero che la convinca a rimanere.” Forse loro due erano gli unici in quella casa ad essersi resi conto di quanto realmente quella ragazza comparsa quattro mesi prima fosse importante per Damon, ma entrambi erano decisi a lasciare andare le cose per il loro verso senza forzare troppo la mano. “Vado a vedere come stanno!” esclamò Caroline incurante delle occhiatacce degli altri.

Con passo leggero raggiunse la stanza del corvino e rimase in ascolto per captare i suoni provenienti dall’interno. Nulla. Poteva sentire solo il cuore di Jane battere regolarmente. Delicatamente aprì la porta e rimase sorpresa da quello che vide: Jane era sdraiata accanto a Damon, il viso appoggiato sul petto del vampiro che la teneva stretta in un abbraccio estremamente delicato per lui, mentre la sua testa era ad un soffio dai capelli di lei. Caroline non riuscì a smettere di guardarli, in quell’immagine c’era qualcosa di bellissimo e triste allo stesso tempo, anche lei avrebbe voluto che qualcuno la stringesse in quel modo, che le trasmettesse quella calma, perché Jane aveva il viso più rilassato che mai. Da quando era arrivata a Mystic Falls nessuno l’aveva mai vista rilassata; sempre in guardia e sul chi vive, sì, ma rilassata? Mai.

Stefan le mise una mano sulla spalla e la fece ridestare dai suoi pensieri “Lasciamoli riposare ancora un po’” sussurrò per paura di svegliare uno dei due. Lei fece un cenno con la testa e tornarono in soggiorno per rassicurare gli altri.

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Capitolo 60
*** Capitolo 59 ***


Damon aprì gli occhi pigramente, il sole pomeridiano entrava dalla piccola fessura che era rimasta fra le tende. Spostò la sua attenzione sulle labbra socchiuse di Jane che ancora dormiva fra le sue braccia e si sorprese a pensare quanto quella cosa fosse piacevole. Aveva dormito profondamente, senza fare incubi, ed ora si sentiva ricaricato delle sue energie. Si mosse leggermente per poter leggere l’orologio sul comodino e scoprì essere passate le quattro di pomeriggio, ciò significava che avevano dormito entrambi per quasi un giorno.

“Gattina?” la scosse delicatamente provocando solo un mugugno infastidito mentre Jane si rigirava dall’altra parte senza dare cenno di volersi svegliare “Sorgi e splendi! Hai dormito per quasi 24 ore, non credi che siano abbastanza?” però una cosa aveva iniziato ad impararla, Jane amava dormire. Lei finalmente aprì un occhio e si voltò nuovamente fra le lenzuola per poterlo guardare in faccia “Cosa? - biascicò ancora mezza addormentata – ma sono ancora esausta…” si lamentò stropicciandosi gli occhi. Damon si morse un polso e glielo avvicinò alle labbra “Dai bevi. Vedrai che poi andrà meglio e spariranno anche quelli.” Fece un cenno verso i due buchi sul polso di lei da cui aveva bevuto il suo sangue. Jane non protestò ed ingoiò qualche sorso di sangue di vampiro. Le energie iniziarono a ripresentarsi anche se continuava ad avere l’impressione che un tir le fosse passato sopra.

Rimasero entrambi a fissare il soffitto senza la minima intenzioni di alzarsi “Non avrei dovuto andarmene.” Iniziò la giovane “E io non avrei dovuto lasciarti andare.” Le fece di rimando il corvino. Si voltò per guardarle il viso “Ho fatto una cazzata, lo so. Attaccare Tyler è stato ancora peggio… Stavo per ucciderti.” Disse grave. Anche lei si voltò a guardarlo e gli accarezzò distrattamente il braccio più vicino “Stavi per morire anche tu…” “Ma io me lo sarei anche meritato!” si affrettò Damon. Jane gli sorrise “Che cosa stupida che hai appena detto. – fece un sospiro ripensando a quanto si fosse arrabbiata con lui per la morte di sua madre – non lo pensavo veramente. Non ti do la colpa per la morte di mamma… ero solo sopraffatta.”

Il vampiro temeva quell’ipotesi, temeva che sarebbero tornati sull’argomento, e non sapeva come comportarsi, non voleva litigare ancora con lei. “Tua madre mi ha salvato la vita. Si è messa tra me e il paletto che era destinato a me. Se non fosse stato per lei, sarei morto da tempo – poi costrinse Jane ad avvicinarsi nuovamente e la circondò con le sue braccia – e, se non ci fossi stata tu in quel bosco, sarei morto quattro mesi fa. Così come sarei morto questa notte se tu non fossi riapparsa in tempo. – la guardò mentre alcune lacrime le sfuggivano al controllo e andavano a rigarle il viso – mi chiedo se riuscirò mai a ricambiare il favore…” lei cercò di asciugarsi gli occhi “Arriverà il tuo momento.” Sorrise dolcemente anche se lui percepì una nota di amarezza, temeva la motivazione così non chiese.

“Meglio se scendiamo. Tu devi mangiare e io devo nutrirmi.” Interruppe quel contatto prolungato che iniziava ad essere difficile da gestire “Puoi bere il mio.” Disse seria lei sedendosi sul letto “Che dici? Sei ancora debole.” Damon rimase spiazzato da quella idea “E allora poi mi darai un po’ del tuo sangue. andiamo Damon, lo so che ti soddisfa di più il mio sangue. Ricordi? Il nostro legame… - ma, visto che lui non sembrava proprio dell’idea di accettare, aggiunse – la tua saggezza ci ha quasi uccisi, direi che ora seguiamo le mie idee, non credi?” incrociò le braccia al petto e lui, che si era già messo in piedi, fu costretto a tornare sul letto “Non credere che sarà sempre così!” esclamò prima di azzannarle il collo il più delicatamente possibile. Jane trattenne un mugugno di sorpresa e dolore e si attaccò al braccio del vampiro che le cingeva il petto, la vista si fece leggermente sfocata.

Dal canto suo, il corvino stava assaporando il sangue della giovane che sembrava l’unico in grado di dargli veramente una soddisfazione e un senso di appagamento. Si staccò dal collo di Jane solo quando si sentì sazio, accorgendosi troppo tardi di essere stato troppo avido. La pelle della giovane infatti era più bianca del solito e gli occhi erano spenti “Oddio scusa! – esclamò mordendosi il polso e avvicinandoglielo alla bocca – ti avevo detto che era una pessima idea.” Jane riprese colorito abbastanza in fretta. Mentre attendevano che si riprendesse, erano tronati accoccolati come prima e lei si stava beando di quella sensazione di pace “Non ho più avuto quella sensazione che mi seguissero.” Disse ad un certo punto. Lui la scostò leggermente “Bene, no?” Jane mosse la testa “Sì, credo di sì…”.

Ci fu silenzio ancora per un po’ poi Jane si tirò su mettendo tutto il peso sulle braccia “Era di Klaus il paletto che ha ucciso mia madre?” chiese senza traccia di rabbia nella voce. Damon rimase sorpreso dal modo in cui stesse gestendo la cosa questa volta “Come lo sai?” confermò senza staccarle gli occhi di dosso. Jane si sedette a gambe incrociate “Beh, avete sempre detto che è spietato e, quando hai scoperto che Nik era Klaus, c’è stato qualcosa di particolarmente strano nella tua reazione. Non so come spiegarlo… e poi, quando mi hai parlato di mia madre e del fatto che vi abbia aiutato a trovare Elena quando era stata rapita da Elijah, ho percepito che mi stavi tenendo qualcosa segreto. – espirò rumorosamente – Una vola aperti gli occhi, è impossibile negare che Klaus sia un mostro. Basta vedere cos’ha fatto pur di sapere come funziona il nostro legame… e so anche quanto sia importante per lui la sua famiglia, quindi vi avrà attaccati perché voi avete attaccato suo fratello.” Il corvino le accarezzò una gamba “Più o meno è andata così. Mi dispiace Jane” lei lo guardò con una vena di rabbia “Non capisco come abbia potuto fidarmi di lui!” Damon poté quasi palpare l’ostilità che la giovane aveva sviluppato per l’Originale “Però è stato lui a salvarti da quel vampiro, no?” forse era sbagliato, ma detestava vederla in quel modo. Jane abbassò lo sguardo “Sì beh… non so perché l’abbia fatto. – in un secondo aveva diminuito la sua presenza in quella stanza del più possibile, richiudendosi a riccio al ricordo del vampiro sopra di lei – non ho avuto le forze per respingerlo e ho finito per lasciargli fare quello che voleva. Probabilmente sarei morta se non fosse arrivato Nik.”

Damon rimase ad osservarla perdersi nei ricordi, non voleva costringerla a parlare di quello che aveva passato, ma allo stesso tempo avrebbe voluto sapere chi fosse il mostro che l’aveva attaccata per staccargli la testa. Lei tornò con l’attenzione sul corvino “Sento quello che vorresti fare. – gli rivolse un mezzo sorriso – Klaus l’ha ucciso quel giorno stesso. L’ha lasciato bruciare al sole della California…” rabbrividì ripensando alle urla del vampiro mentre la pelle prendeva fuoco. “Meglio così. – decretò Damon prima di mettersi a sedere – ora però dovremmo davvero scendere. Devi mangiare qualcosa.” Fu un po’ strano per entrambi quell’interessamento e quel senso di protezione che ormai il vampiro provava per la giovane, però Jane non ne era infastidita. Per anni era stata da sola ed aveva creduto che avere qualcuno che si preoccupava per lei fosse solo un peso, ora però era felice che lui si preoccupasse ma forse era proprio a causa del legame se le piacevano quelle attenzioni.

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Capitolo 61
*** Capitolo 60 ***


Quando comparvero in salotto, Stefan sorrise ad entrambi felice che fossero ancora vivi. “Come vi sentite?” domandò abbandonando il giornale che stava sfogliando “Mai stato meglio! – rispose con un sorriso angelico Damon – Ti eri preoccupato per me, fratello?!” scherzò avvicinandosi e dandogli una pacca sulla spalla. “Jane e tu?” chiese ancora il più giovane dei Salvatore. Ma la forestiera si era già persa nei suoi mille pensieri, rabbuiando di conseguenza anche lo sguardo del corvino “Non stai pensando di andartene ancora, vero?!” il tono del vampiro cambiò nella frazione di un secondo e si andò a parare proprio davanti alla giovane.

Jane aveva infatti ricominciato a chiedersi se fosse il caso di restare a Mystic Falls oppure fosse meglio tornare a Daytona Beach. Alzò gli occhi e li puntò in quelli azzurri del suo interlocutore “Ho lasciato tutta la mia roba lì… avevo appena ricominciato a Daytona Beach. Damon…” ma lui non la fece finire “Ricominciato una vita?! In due settimane?! – iniziò subito alzando la voce e spalancando le braccia incredulo – Non ci posso credere! Ma tu sei in grado di fermarti una volta tanto?! È da quando sei arrivata che cerchi di scappare!” scosse la testa e si avviò verso il carrellino dei liquori. Stefan ritenne opportuno eclissarsi e lasciarli chiarire anche se, aveva sperato che già lo avessero fatto…

“Damon… - lo richiamò Jane sempre ferma sullo stipite della porta – Non ho detto che voglio scappare. Dico solo che non so se Mystic Falls sia il posto giusto per me… Sai? Non è male la Florida.” Il corvino tornò a fissarla con lo sguardo gelido “Se, dopo tutto quello che hai visto di questa cittadina, ancora credi che non sia il posto adatto a te… beh, allora stai solo mentendo a te stessa.” Ingoiò l’intero contenuto del bicchiere che si era appena riempito. Avrebbe voluto dirle quello che provava, quello che pensava veramente ma aveva detto la verità: lei non si meritava il suo amore. E forse non si meritava nemmeno la sua compagnia.

“Perché non mi accompagni? Avrai undici ora di viaggio per convincermi a restare. In ogni caso devo tornare a Daytona per prendere la mia roba, chi lo sa… magari mi convinci.” Gli sorrise nella speranza che lui cogliesse quella tacita supplica. Non era pronta a rinunciare a lui, anche se quel vampiro era difficile da trattare e la faceva spesso incazzare, un sentimento profondo aveva già preso il sopravvento e solo in quel momento, forse grazie anche all’esperienza di poche ore prima, riusciva a percepire che non era l’unica in quella stanza a provare una sensazione di fiducia cieca e di abbandono all’altro. E Damon lo capì a sua volta.

Le sorrise, distendendo i muscoli della faccia “Guido io!” esclamò avviandosi verso l’entrata “Lo spero bene, visto che io non ho la patente! – rispose lei indicando però la cucina – Ti ricordo che io dovrei ingoiare qualcosa, prima di andare…”

-*-

Stefan sorrideva appoggiato al muro perimetrale della casa, un peso si era sollevato dal suo cuore avendo sentito che quei due erano riusciti a rappacificarsi. Però, quanto sarebbe durato? Sperò con tutto se stesso che Jane sarebbe tornata con Damon ed era anche convinto che quel viaggio avrebbe giovato ad entrambi.

Quando i due uscirono dalla pensione, trovarono l’altro vampiro intento a sistemare alcuni cespugli fingendo di essere molto indaffarato. Alzò lo sguardo sul corvino che metteva in moto l’auto “Dove andate?” domandò fingendo interesse “Guarda che non sai mentire, fratello!” e partì senza dargli una risposta.

*-*

Presto furono al confine con la Carolina del Sud e Jane non poté nascondere i pensieri che le riapparvero nella mente. “Che succede?” domandò il vampiro, percependo il suo turbamento. Jane fece un gesto vago con la mano “Nulla di che… è una cavolata.” Ma questo non impedì a Damon di volerne sapere di più. I suoi occhi glaciali si puntarono sul profilo della giovane e non accennavano a tornare sulla strada.

“Va bene! – cedette alla fine – Ma cerca di guardare la strada, non voglio morire!”. Il corvino fece un ghigno divertito e tornò a concentrarsi sulla guida. Lei si perse a guardare il panorama “Due settimane fa, quando ho passato questo confine, ho smesso di percepire le tue emozioni… - lo guardò di sottecchi – credevo che con la lontananza il nostro legame si fosse, non so… disabilitato?! – se fermò ancora, cominciando a sentire una strana sensazione di malinconia che non le apparteneva – Damon, è stato orribile. Il pensiero che… - ma non sapeva come continuare – ah, lascia stare, non so che mi sia preso!” iniziò a guardarsi distrattamente le unghie sperando di uscire da quella conversazione.

Per un po’ regnò il silenzio nell’abitacolo ma poi il vampiro fu stanco di aspettare che continuasse “Jane. Sono stato un idiota a spegnere le mie emozioni, lo so. Ma continuavo a sentire la tua rabbia e la tua disperazione… e non sapevo come fare a farti stare meglio e a farmi stare meglio… Quando le ho riaccese e, di conseguenza, ho ricominciato a percepire te… Allora mi sono accorto di quanto sia stato stupido e inutile il mio gesto.” Posò la mano libera su quelle di Jane che teneva in grembo “Mi sono sentita di nuovo sola.” Confessò la ragazza e mentalmente ringraziò Damon per averle dato il tempo di esprimersi a parole anche se poteva percepire ormai quasi tutto di lei.

Il resto del viaggio lo passarono ad ascoltare musica, parlare di quello che aveva trovato Jane a Daytona Beach ed analizzare nel dettaglio i pro e i contro del tornare a Mystic Falls. Damon ce l’aveva messa tutta per convincerla a tornare con lui ed era ormai chiaro ad entrambi che Jane aveva ancora bisogno di tempo per decidere.

“Vedrai, la pensioncina che ho trovato è carinissima. Sta sulla spiaggia e al mattino si può andare a vedere il sole sorgere. È stata come una vacanza per me. Prima, ovviamente, che qualcuno decidesse di rischiare le nostre vite facendo il cretino!” lo canzonò quando ormai erano quasi arrivati; “Non te ne dimenticherai tanto facilmente, vero?” per risposta Jane gli diede un pugno sulla spalla.

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Capitolo 62
*** Capitolo 61 ***


“Eri proprio decisa a rimanere qui, eh?!” la canzonò Damon appena entrato nella stanza di Jane. Le valigie erano aperte sul pavimento e in giro c’erano solo una divisa da cameriera e un beauty con una spugna appoggiata sopra. “Non ho avuto tempo per sistemarmi…” provò a giustificarsi lei, senza riuscita.

Indicò l’unica finestra presente nella camera “Vieni, ti faccio vedere la spiaggia. Con il tramonto diventa ancora più bella!” fece per tirare Damon verso l’uscita ma il vampiro rimase immobile “Non avevi detto che dovevi solo prendere le tue cose?” lei lo guardò sospirando rumorosamente “Sì. Ma sono stanca, non ho voglia di rimettermi in auto subito. E poi, scusa, siamo qui, al mare, perché non possiamo godercelo un po’? Potremmo restare qui ancora per un paio di giorni, no? Che fine ha fatto il Damon Salvatore che vive per il piacere?” lui tamburellò le dita sulle cosce fingendo di rifletterci “Tanto sai già la mia risposta, no?!” fece prima di superarla e uscire alla luce del tramonto.

Camminarono fianco a fianco fino alla spiaggia, dove si sedettero sulla sabbia ancora calda dal sole e rimasero lì a fissare l’orizzonte “Lo so che probabilmente lo percepisci già ma voglio comunque dirtelo… - iniziò ad un tratto Jane – Tornerò a Mystic Falls con te ma non prometto di restarci per sempre.” Damon si voltò a fissarla. Non riusciva a capire perché lei fosse diventata così importante per lui, perché non era più in grado di stare senza di lei? Perché quando se n’era andata per lui era stato come morire?

E poi gli tornò in mente la domanda di suo fratello “La ami, vero?” e tutte le sue domande trovarono una risposta. Che senso aveva lottare contro quella sensazione?

“Jane…” ma non poté continuare perché la giovane gli si era già avvicinata pericolosamente “Dici che è a causa del legame? Quello che proviamo è solo una finzione… o no?” Per un secondo il vampiro rimase immobile, a decifrare le parole di Jane. Scavò a fondo e si rese conto di aver sempre avuto quel lieve calore nel suo cuore freddo, segno che non era l’unico lì a provare qualcosa oltre l’affetto per l’altra.

“Non lo so… Ma, sinceramente, ha importanza?” chiese lui incastrando i suoi occhi a quelli di Jane “Per una volta dopo tanto tempo non mi sento da sola al mondo… E questo legame non fa altro che mostrare all’altro ciò che prova e subisce quindi forse…” Damon le accarezzò una guancia “Forse anche questo è così?” la giovane si beò di quel contatto “Non posso credere che un legame, per quanto di sangue, possa fare una cosa del genere. Io so di essermi innamorata di te e…” ma non finì perché le labbra del corvino le impedirono di fare qualunque altra cosa se non ricambiare il bacio che entrambi stavano aspettando da tempo, senza essersene mai accorti.

Fu come toccare il cielo con un dito, come nuotare in un mare di stelle, come se l’universo finalmente avesse avuto un senso. Senza che se ne fosse quasi accorta, Damon l’aveva sollevata e riportata nella camera della pensione con la sua velocità sovrannaturale. Ridevano entrambi di gusto mentre si levavano i vestiti a vicenda. Jane si morse il labbro inferiore quando vide il fisico scolpito del vampiro tutto per sé, di riflesso, Damon non poté non ridere a quel pensiero della giovane.

Era tutto perfetto. Mentre continuavano a stuzzicarsi lasciandosi scie di baci su ugni parte del corpo, Damon la spingeva delicatamente verso il letto. Lei si lasciò cadere sul materasso ed attese di essere raggiunta dal vampiro continuando a pensare a quanto tutto quello fosse fantastico. Il corpo minuto di Jane fu completamente sovrastato da Damon che si fiondò nuovamente sulle sue labbra, come se fossero ossigeno per lui.

Jane si boccò di colpo. Fu questione di un secondo e un’immagine terrificante le tornò in mente, vivida come se fosse successo pochi attimi prima. Il corvino percepì il cambio repentino e si bloccò. “Jane…” si tirò a sedere e la prese per le mani aiutandola a tirarsi su “Scusa.” Sussurrò lei, in imbarazzo. “Ehi, tranquilla. Se vuoi ci fermiamo.” Rispose lui cercando di agganciare i suoi occhi a quelli di Jane. La giovane però scosse la testa “No, questa cosa non può più condizionarmi la vita. – alzò finalmente lo sguardo – a Los Angeles, il vampiro… mi ha violentata. – espirò rumorosamente. Non lo aveva mai detto ad alta voce a nessuno… Damon le prese le mani e gli lasciò un paio di piccoli baci delicati – Non ho avuto la forza per fare nulla. Mi sono completamente abbandonata a quel mostro e se non fosse arrivato Nik, Klaus… sarei sicuramente morta.” Si sentiva meglio. Non lo credeva possibile ma l’aver espresso a parole quello che era successo, lo aveva reso meno opprimente. “Mi dispiace Jane. Non so cosa dire per farti stare meglio…” ma lei gli posò una mano sulla guancia “Non serve. Ricordi? Il nostro legame. Riesco a percepire tutto e ti ringrazio. Ma c’è ancora una cosa che non ti ho raccontato… - fece una breve pausa per trovare le parole giuste – a Miami è successa una cosa simile… o quasi. Ero uscita una sera con un’amica. La cara amica di cui ti ho accennato quella sera, quando ti ho spiegato come mi libero dalla compulsione. Era l’unica con cui avessi instaurato un legame dopo tanto tempo, oltre a Nik ovviamente… Siamo state aggredite da un tizio ubriaco. Si è fiondato su Clare, la mia amica. Ho rivisto il vampiro di Los Angeles e ho cercato di difenderla. Nella lotta è spuntata una pistola e l’ho usata per salvare le nostre vite. – si interruppe percependo la solidarietà di Damon – Nik è venuto a tirarci fuori dalla centrale di polizia in cui ci avevano portate. Sono scappata quella notte stessa, non so perché l’ho fatto. Forse perché attiro problemi ovunque vada?”.

Il corvino non le aveva staccato gli occhi di dosso nemmeno un secondo e un leggero sorriso gli illuminava gli occhi “Finalmente ho scoperto cosa ti è successo in questi anni. – iniziò attirando Jane a sé – e finalmente capisco il tuo atteggiamento. – le diede un bacio sulla testa mentre lei si lasciava avvolgere dalle braccia di Damon – Che ne è stato della tua amica?” Jane si sistemò meglio “Credo che Nik l’abbia ospitata per un po’… non lo so per certo, non l’ho più cercata. Quando me ne sono andata eravamo appena usciti dalla centrale di polizia. Nik aveva offerto un posto ad entrambe. Non riesco ancora a capire come l’Originale che ho conosciuto io sia lo stesso che ha ucciso mamma e terrorizzato Mystic Falls…”.

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Capitolo 63
*** Capitolo 62 ***


Il giorno seguente Jane si sveglio che il sole doveva ancora sorgere. Si voltò per vedere il vampiro e lo trovò semisdraiato a fissare il soffitto “Buongiorno!” lo salutò mettendosi seduta “Dormito bene?” chiese lui. “Sì, è strano ma quando dormiamo accanto non ho problemi di incubi…” Damon si voltò a guardarla “Già, l’ho notato anch’io. – poi tornò a fissare il soffitto – Senti, che cosa vuoi fare? Torniamo a casa o restiamo qui un po’?”

Casa. Quella parola le fece pensare subito alla sua stanza alla pensione Salvatore. Si rese conto che lì davvero si sentiva a casa, al sicuro, con persone che si preoccupavano per lei e che le volevano bene.

Fece un cenno di assenso “Va bene, torniamo a casa. Ma prima… - si mise a cavalcioni sul corvino, in un impeto di spudoratezza – C’è una cosa che vorrei fare prima di partire.” Si abbassò sulle labbra di Damon che fu ben felice di riavere quel contatto con la ragazza. Le mani andarono subito a togliere la canottiera che aveva indosso mentre Jane esplorava con le mani ogni centimetro di pelle scoperta. In un attimo le posizioni si invertirono e, come lei si trovò pressata tra il vampiro e il materasso, l’immagine della sua aggressione riapparve nella sua mente.

Come scottato, Damon si staccò “Va bene, così non funziona…” si passò una mano sulla fronte poi si coricò accanto alla giovane “Mi dispiace Damon, non riesco a controllare i miei pensieri. Io…” ma lui non la lasciò finire “Non ti scusare. Quello che hai passato è orribile ed è chiaro che avermi sopra di te non va bene… - le afferrò le cosce e in un attimo se la sistemò sopra al suo corpo – così va meglio?” sussurrò ad un soffio dal viso di lei. Un sorrisetto comparve sulle labbra di Jane ma durò solo un attimo perché già era tornata a baciare il vampiro.

Da lì in poi fu tutto molto naturale, come se quello fosse il posto di entrambi. Per Jane fu una bellissima sensazione poter condurre il gioco e Damon non sembrava disprezzare le mosse della ragazza. Poter sentire l’uno le emozioni dell’altra si rivelò un aspetto vantaggioso e fu semplice per entrambi raggiungere un senso di appagamento che rasentò la perfezione. In tutti i suoi anni di vita, il vampiro non riusciva a trovare una singola donna che gli avesse dato quello che era riuscita Jane e si sentì ancora più felice nel constatare che l’aggressione subita fosse svanita dalla mente della giovane, lasciando il posto a tutte le nuove sensazioni che aveva provato quella mattina.

*-*

“Hai tutto?” il corvino era già seduto al posto di guida mentre Jane finiva di sistemare il borsone nel bagagliaio “Direi di sì. Le chiavi le ho riconsegnato, quindi possiamo andare.” Salì in auto e guardò per l’ultima volta la spiaggia lì vicino. Daytona Beach era stata una bella meta dove approdare in quel momento burrascoso ma ora capiva che non era il posto giusto per lei “Quando finalmente mi sarò diplomata potrei seguire le orme di mia madre e viaggiare un po’ in giro per il mondo. – fece una pausa – Verresti con me?” Damon si abbassò gli occhiali da sole mettendo poi in moto “Vedremo gattina, vedremo.” Il suo ghigno distintivo fece capolino mentre si immetteva nel traffico.

“Dove vorresti andare?” domandò Damon dopo una mezz’ora di viaggio, durante la quale erano rimasti in silenzio per far apprezzare a Jane gli ultimi attimi in quella città. “Non ci ho ancora pensato ma vorrei vedere il mondo! – esclamò in un momento di euforia – Vorrei andare in Scozia, per cominciare.” Lui sbuffò “Il clima è pessimo lassù.” Lei fece un gesto vago “Allora in Spagna.” Il vampiro si abbassò leggermente gli occhiali da sole facendoli scivolare sul naso “Durante la corrida? Potresti assistere ad un bagno di sangue. Sarebbe divertente!” Jane gli lanciò un’occhiataccia “Sei odioso! In Nuova Zelanda? Sud Africa? Brasile!” tentò ancora lei “Troppi surfisti, troppe zanzare e no.” Enumerò lui con la mano libera dal volante “Hai detto no al Brasile?! Cosa c’è che non ti piace, scusa?! – ma prima che potesse risponderle, aggiunse – E comunque sono tutti posti che vorrei visitare io! Non sei mica costretto a seguirmi per il mondo… credevo che a te piacesse goderti le bellezze del mondo, ma a quanto pare sei soddisfatto di passare la tua intera esistenza, che per giunta è eterna, in quella cittadina sperduta della Virginia.” Il corvino non diede cenno di voler replicare, puntando tutta la sua attenzione sulla strada.

“Francia?” riprovò dopo un po’ Jane “Il cibo è sopravvalutato.” Rispose pacato lui “Okay… Italia! A questa non puoi dire di no!”. Per risposta Damon mugugnò qualcosa che fece sorridere la giovane “Hai origini italiane, non vorresti vedere da dove viene la tua famiglia?” lui smise di fissare la strada “Jane, sono in giro su questo pianeta da un mucchio di tempo, sono andato più o meno ovunque. È ovvio che sia andato in Italia… - forse era stato un po’ brusco? – Senti, perché non ci pensi fino al diploma? Direi che, se vai avanti così, non lo prenderai neanche fra tre anni…” c’era qualcosa che le nascondeva e che, nonostante il legame, lei non riusciva a capire. O forse non voleva capirlo?

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Capitolo 64
*** Capitolo 63 ***


Finalmente erano giunti quasi alla pensione Salvatore. Damon parcheggiò e spense il motore. Mentre si slacciava la cintura di sicurezza, Jane non riuscì a frenare la lingua “Perché sei contrario alla mia idea di vedere il mondo?” domandò sottovoce per non essere sentita dagli eventuali vampiri e licantropi presenti in casa. Damon fece un sospiro infastidito “Sei sempre lì con questo pensiero di non fermarti mai. Non sei ancora entrata in casa e già pensi di andartene. Va bene, non sono un fan di Mystic Falls, non lo nego, ma questa è comunque casa mia! Che mi piaccia o meno. Finisco sempre qua quando qualcosa non va…” Sulle labbra di lei comparve un sorriso delicato; finalmente aveva ascoltato quello che il vampiro aveva nel cuore “Damon, non sto dicendo che voglio andarmene per sempre. Sto solo dicendo che mi piacerebbe viaggiare, vedere il mondo. Sì, con mia madre sono stata in alcune città ma sono ancora tanti i posti in cui sarebbe bello andare. – fece una breve pausa ripensando per un secondo a come avesse vissuto male tutti quei trasferimenti e a come non si fosse goduta nemmeno una delle loro mete – Ti giuro, cadesse il mondo, che non scapperò più! Né da te, né dai problemi.”

Fu in quel momento, dicendogli quelle parole, che comprese una cosa di Damon: quella facciata da duro, odioso ed egocentrico era l’unica cosa che gli permettesse di non far vedere a nessuno quanto in realtà fosse terrorizzato dall’abbandono. Tendenzialmente era lui a lasciare chiunque, così da non essere lasciato. E fu allora che Jane si rese conto che in quell’auto non era l’unico ad avere quella paura, che il suo continuare a fuggire e abbandonare le persone era il suo modo per non soffrire…

“Avevi ragione. Quella mattina, dopo il nostro litigio, uno dei tanti… Tralasciando il nostro legame di sangue, noi due siamo davvero simili. Più di quanto pensassimo.” Damon era giunto alla sua stessa conclusione. Si avvicinò al viso di Jane e le diede un bacio per suggellare quelle parole.

-*-

Appena entrati in casa, furono accolti da tutta la combriccola. Caroline per poco non incrinò un paio di costole alla giovane. Elena fece un mezzo interrogatorio ad entrambi ma nessuno dei due scucì grandi informazioni. Finsero quasi una totale indifferenza l’una per l’altro. Nessuno gli credette ma rispettarono il loro intento di discrezione. Stefan abbracciò prima Jane poi suo fratello e gli sussurrò qualcosa all’orecchio che trasmise sia a Damon che a Jane una sensazione di benessere.

Si sedettero tutti in soggiorno e chiacchierarono del più e del meno fino ad un orario indecente, poi ognuno se ne tornò a casa propria, tranne Elena che rimase per la notte.

Jane tornò nella sua stanza dove Damon aveva già portato le sue cose e si infilò stancamente il pigiama. Si lavò i denti poi, in punta di piedi, raggiunse la stanza del vampiro. Senza chiedere il permesso, aprì la porta ed entrò “Disturbo?” sussurrò avanzando a tastoni, dato che la luce era spenta e c’era solo uno spicchietto di luna ad illuminare l’ambiente. Una folata di aria fredda le fece venire la pelle d’oca, percepì una presenza alle sue spalle ma, prima che potesse anche solo pensare a cosa fare, una bocca ormai ben nota si posò sul suo collo. “Mi stavo giusto chiedendo quando saresti arrivata.” Disse lui in un bisbiglio prima di farla girare e cominciare a baciarla avidamente.

Le mani di lei tastarono il torace del corvino alla ricerca di eventuali indumenti da togliere ma sembrava avesse già tolto la camicia. Scese allora alla ricerca della fibbia della cintura, mentre continuava a baciarlo e a lasciarsi toccare ogni millimetro del suo corpo. Sobbalzò quando non trovò nessun tipo di tessuto “Ma sei nudo!?” esclamò facendolo arretrare di un mezzo passo. Damon cominciò a ridere “Sai, certe cose si fanno senza vestiti… e tu, mia cara – disse afferrandole le mani e attirandola nuovamente a sé – ne hai ancora troppi addosso!” La maglia del pigiama svanì in un colpo e i pantaloni non tardarono molto a prendere il volo. Si sentì sollevare ed appoggiare alla scrivania poco lontana. Si sentiva così bene lì con lui, che sarebbe potuta esplodere una bomba in quel momento senza che se ne accorgesse.

Una bomba non esplose ma due paia di occhi attenti erano appostati al limitare della proprietà dei Salvatore e osservavano i movimenti all’interno della casa. Il loro momento stava per arrivare e nessuno se lo sarebbe aspettato. “Presto non sarà più così felice.” Sussurrò una voce maschile disprezzante prima di voltarsi verso l’altra figura e farle cenno di allontanarsi. Il piano era studiato nei minimi particolari, ci avevano messo due mesi per metterlo a punto ma ormai era a prova persino di creature sovrannaturali. Nessuno li avrebbe fermati dal vendicarsi.

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Capitolo 65
*** Capitolo 64 ***


Il sole che filtrava dalla finestra e le scaldava leggermente la pelle faceva un piacevole contrasto con il freddo del corpo del corvino che stava sotto di lei. Damon era sveglio da parecchio ma si era perso a guardare il viso rilassato di Jane, ad accarezzarle i capelli con gesti delicati, a godersi il respiro caldo sul suo petto. La giovane si stiracchiò costringendosi ad uscire dal mondo dei sogni “’Giorno” biascicò scivolando sul cuscino accanto. Aveva dormito divinamente, la notte passata con il vampiro era stata ancora più magica e perfette rispetto a Daytona Beach.

Una volta scesi in cucina, trovarono Stefan ed Elena intenti a cucinare qualcosa mentre si lanciavano sguardi divertiti “Buongiorno!” il più giovane dei Salvatore doveva averli sentiti scendere le scale “Stiamo preparando dei waffles. Ne volete?” domandò Elena mentre passava dietro al suo ragazzo e gli lasciava un bacio rapido sulla guancia. A Damon non diede il minimo effetto vedere quel gesto. Si rese conto solo allora di quanto Alaric avesse ragione e lui non si era neppure accorto di quanto i suoi sentimenti fossero cambiati nel corso di quei tre mesi da quando Jane era comparsa nella sua vita. Jane percepì una piacevole sensazione di calore e si voltò verso il corvino. Lo trovò intento a digitare qualcosa sul suo cellulare. Un messaggio non tardò molto ad arrivare e un ghigno soddisfatto si stampò sulla sua faccia.

“Mi sono dato appuntamento con Ric fra un po’… - disse Damon mentre si metteva seduto – Gli devo un giro di Bourbon.” Jane non chiese cosa intendesse, “Va bene, io avevo in programma di fare due passi qui intorno. Ci rivediamo verso l’ora di pranzo?” lo scambio fu così naturale che i due spettatori rimasero ad osservarli con uno sfarfallio negli occhi. Finalmente quei due avevano smesso di litigare per cose inutili e avevano aperto gli occhi. “No, Jane! – intervenne la Gillbert – Mi vedo per fare shopping con Bonnie e Car appena finiamo la colazione. Per sabato è in previsione la festa per il solstizio d’inverno.” Jane sbarrò gli occhi “L’ennesima festa?! Voi qui siete veramente esagerati in fatto di ricorrenze, eh?!” tutti sorrisero a quell’esclamazione, tranne lei che si cominciava a chiedere se fosse opportuno aprire un conto nel negozio di abiti dove erano solite portarla. Damon le si avvicinò quel tanto per sussurrarle all’orecchio “Ti conviene farci l’abitudine, gattina! – poi si alzò di scatto – Bene. Io vado! Non svaligiate il negozio.” Salutò con un gesto rapido della mano e lasciò la pensione.

Stefan aspettò che la sua ragazza lasciasse la stanza per parlare un secondo con Jane “Non lo vedevo così da molto tempo. – disse riferito al fratello – Sono felice che finalmente abbiate trovato un equilibrio.” Le sorrise mentre Elena rientrava in cucina “Eccomi, ho preso tutto. Possiamo andare!”

-*-

Per una volta, andare per negozi con il trio non fu una tortura per Jane. Poteva dire di essersi quasi divertita nel vedere Caroline entrare e uscire dal camerino provando qualunque abito sui toni del rosa. Alla fine, optò per uno blu notte, che nulla aveva a che fare con il rosa ma, quando Jane le tirò fuori quello, la bionda se ne innamorò “E poi con questo risaltano meglio i tuoi occhi.” Le aveva detto Elena soddisfatta della figura dell’amica.

Bonnie ed Elena furono meno difficili con la scelta mentre Jane si innamorò di un abito verde smeraldo dal corpino interamente di pizzo con dei piccoli cristalli cuciti su tutto il disegno e una gonna asimmetrica. Come lo aveva provato si era sentita bella, una sensazione che non provava da un po’ e aveva deciso di prendere quello senza cercare oltre. Le tre erano rimaste folgorate da quanto la forestiera sembrasse risplendere di luce propria “Damon rimarrà senza fiato!” si era lasciata scappare Caroline senza pensarci. L’altra le rifilò un’occhiataccia di gelo “Lo faccio per me. E per nessun altro!” chiarì mentre pagava alla cassa.

“Beviamo qualcosa al Grill?” domandò Bonnie appena uscite dal negozio di scarpe. Era ancora presto per tornare a casa così si avviarono al pub nella piazza centrale e si sedettero in un tavolo vicino alla vetrina. Jane percepì una strana sensazione, di nuovo le sembrava di essere osservata… Si guardò attorno e notò il professor Salzmann al bancone che la guardava indicandola al corvino accanto a lui. Si diede della paranoica e li salutò con un cenno della mano tornando poi ad ascoltare cosa avesse da raccontare la strega.

“Credi che il tuo legame con Damon ti renda anche immortale?” le stava chiedendo Bonnie. Lei scosse la testa “Non saprei… Mentre ero a Daytona ho conosciuto una strega abbastanza… antica? – non sapeva come definire quella strana donna delle Glades – Lei mi ha fatto un incantesimo per non essere rintracciata. Ne sa parecchio di magia, credetemi. Ma quando le ho accennato questa cosa mi ha solo detto che nessuno è mai vissuto abbastanza a lungo per raccontarlo…” raccontò sorseggiando la tisana che avevano appena portato. Distrattamente si portò la mano al braccialetto mentre ripensava a quello che era successo nella casa di quella strega “Almeno ora capisco perché non riuscivo a rintracciarti! Per un attimo abbiamo pensato fossi morta Jane…” confessò Bonnie e le altre due fecero un cenno affermativo con il capo “Se nessuno è mai sopravvissuto forse significa che non sei immortale.” Azzardò Elena “Sì, possibile… Ma magari solo perché il vampiro a cui era legato ogni umano lo ha ucciso poco dopo.” Jane soffiò sulla tisana lanciando un’occhiata a Damon “Se lui mi avesse uccisa subito, sarei morta sicuramente. Il nostro legame si è fortificato con il tempo, magari anche questa cosa dell’immortalità si sviluppa nel tempo… - fece una pausa mente tutte sembravano perse nei loro ragionamenti – Una cosa è certa: non mi farò ammazzare per scoprirlo!” scoppiò a ridere cercando di far tornare il buon umore a tutte e sembrò funzionare.

Il cellulare della castana suonò nella tasca in cui lo aveva tenuto tutto quel tempo. Lo estrasse e vide che il numero era sconosciuto, rispose comunque per sicurezza. Quando capì chi fosse all’altro capo quasi rovesciò la tazza che aveva davanti. Si alzò di scatto e si allontanò dal tavolo “Nik?” era incredula. Come aveva fatto ad avere il suo numero? “Cosa vuoi ancora? – ruggì cercando di mantenere un tono di voce basso. Quasi non poteva credere alle sue orecchie – Chiedere scusa?! Vai al diavolo!.” Stava per chiudere la chiamata quando l’Originale aggiunse qualcosa che non poté ignorare. Le ci volle un attimo per decidere cosa rispondergli “Va bene, arrivo. Cinque minuti e sono lì.” Riattaccò e tornò al tavolo solo per recuperare le sue cose. “Devo fare una cosa, non ci vorrà molto.” Rincuorò tutte con un sorriso e si allontanò.

Damon aveva percepito il cambio di umore e si stava già avvicinando per capire cosa stesse succedendo “Va tutto bene. Tranquillo. – gli mise una mano sul petto – Torno appena possibile, non ci vorrà molto. Devo parlare con una persona.” Non voleva dirgli che era Klaus, il mostro che aveva quasi ucciso entrambi e si era divertito a torturarli. “Con chi?” si informò lui. Lei scosse impercettibilmente la testa “Tu non ti preoccupare, so gestirla. Promettimi che non mi segui come già so che stai pensando…” il corvino sbuffò. Non voleva dargliela vinta, era ovvio che qualcosa non andasse. Jane sapeva che non avrebbe ceduto così si rivolse al professore di storia “Ti prego, non perderlo di vista. – tornò poi a guardare Damon – Ci vediamo a casa.” Non attese una risposta e lasciò il Grill.

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Capitolo 66
*** Capitolo 65 ***


Camminò rapidamente per le vie del centro fino a raggiungere il limitare della foresta dove aveva appuntamento con l’Originale. Il cuore le pulsava nervoso nel petto, sperava di non aver fatto un errore a presentarsi da sola ma voleva sapere quali novità avesse scoperto sul suo legame con Damon.

“Finalmente!” la salutò Klaus avvicinandosi a lei. Subito Jane si bloccò e alzò un braccio in segno di difesa “Stammi lontano. Dimmi quello che hai da dire e poi sparisci!” si complimentò per la bravura nel nascondere la paura. L’altro sbuffò divertito “Che poca fiducia che hai in me. Un tempo non era così.” Lei non riuscì a placare la sua ira “Stai scherzando, vero?! Ti sei divertito a torturarmi! Cosa dovrei fare? Abbracciarti come un vecchio amico?!”. L’Originale si avvicinò di un passo “Possibile che tu non lo abbia ancora capito?! –fece una pausa immaginandosi che avrebbe detto qualcosa, ma Jane rimaneva immobile con quella paura mista a rabbia negli occhi – Tutto quello che ho fatto era per proteggere te! - dalla tasca della giacca in pelle estrasse un foglio ripiegato in quattro e lo porse alla giovane che sembrava scioccata dalle sue parole – Non supererai il solstizio d’inverno.” Lo disse con voce grave, sembrava davvero preoccupato per le sorti di Jane. Lei si riscosse “Cosa? Come lo sai?” colmò la distanza e gli strappò il foglio di mano, accorgendosi che era solo una fotocopia di quella che doveva essere stata una pagina di un libro, probabilmente una pergamena antica. Provò a leggere ciò che c’era scritto ma non era una lingua a lei nota “Cosa c’è scritto? - domandò a Klaus – Che lingua è?!”. Lui riprese il foglio “Si tratta di una pagina di un grimorio del 1.000 dopo Cristo, circa. È scritto nella langue d'oïl” stava per continuare ma fu interrotto “Il francese antico? Cosa c’entra con me?” aveva lo stomaco ristretto ad una nocciolina dalla preoccupazione; che diavolo stava succedendo? Cosa intendeva Klaus dicendo che non avrebbe superato il solstizio d’inverno?

“Su questa pagina c’è scritto che il solstizio d’inverno decreta la fine. La strega che ha scritto questo grimorio parla di una donna maledetta a trasformarsi in un gatto ad ogni novilunio. Ti ricorda qualcuno? – la indicò senza attendere una risposta – A quanto c’è scritto, la strega l’ha protetta finché ha potuto ma al sorgere della luna del solstizio la donna è morta.” Jane rimase a fissare per un attimo l’Originale “Dove l’hai trovata questa pagina? Come faccio a crederti…” non sapeva più cosa pensare: doveva fidarsi come un tempo o scappare il più velocemente possibile da quel mostro?

Klaus ripiegò la fotocopia e la passò alla giovane “Ho i miei informatori. Ho sguinzagliato più o meno tutte le creature di New Orleans per trovare informazioni. Ieri finalmente uno di loro ha trovato questo grimorio, era in possesso ad una strega che ha origini francesi. Le informazioni sono attendibili. Dovresti tenerti pronta all’evenienza…” Jane tornò a guardarlo negli occhi dopo tanto tempo e vi lesse una sincera preoccupazione. Possibile? “No! È soltanto uno dei tuoi giochetti, uno dei tuoi esperimenti. Questa volta non ci casco!” accartocciò la fotocopia e la gettò nel sottobosco. Senza dire altro fece per andarsene poi si bloccò con la schiena rivolta all’Originale “Un tempo mi fidavo di te.” e si allontanò.

Estrasse il cellulare dalla tasca e fece per chiamare Damon e tranquillizzarlo. Sentiva quanto fosse preoccupato per lei e sicuramente il sentire le ultime emozioni di lei non doveva avergli reso l’attesa più facile. Non fece in tempo a far partire la chiamata perché un paletto le sfrecciò a pochi centimetri dalla faccia. Si arrestò di colpo e si voltò per capire cosa stesse succedendo. Klaus aveva un colorito cinereo e il paletto era conficcato al centro del petto. Il cuore prese a martellarle ancora più frenetico, voleva correre dall’Originale ma una improvvisa scarica elettrica le mozzò il fiato. Cadde al suolo priva di sensi.

-*-

“Dovrebbe già essere qui!” il corvino camminava avanti e indietro per il soggiorno ad un passo dal fare una strage “Ha detto che avrebbe fatto in fretta… Damon è passata solamente mezz’ora.” Provò a tranquillizzarlo Ric, senza grande successo. Damon si fermò davanti a Bonnie “Ripetetemi che cosa è successo!” ordinò ignorando lo sguardo di fuoco che gli lanciarono tutte e tre le ragazze “Ancora?! Sarà la decima volta che ce lo chiedi!” sbottò Caroline alzando le braccia “Te lo abbiamo già detto. – iniziò Elena, più calma delle sue amiche – Ha ricevuto una telefonata, si è allontanata e poi ha detto che doveva fare una cosa. E il resto lo sai perché eri presente anche tu. –provò a posare una mano sul suo braccio ma fu allontanata con disprezzo “Barbie, sicura di non aver sentito nulla della conversazione? Nemmeno la voce?!” la vampira scosse la testa “No, te lo ripeto: c’era troppa confusione al locale, non sono riuscita a sentire nulla e poi non mi sembrava carino origliare una conversazione privata…”
Damon, per nulla soddisfatto, si avvicinò al carrello dei liquori e stappò la bottiglia di Bourbon, portandosela poi alla bocca. “Fratello, forse dovresti calmarti un po’…” ma non poté continuare perché il corvino frantumò la bottiglia, accasciandosi poi al suolo “Damon!” urlarono più o meno tutti in quella stanza. Stefan lo aiutò subito a rimettersi in piedi “Bonnie, rintraccia Jane. Subito!” disse il più vecchio dei Salvatore, cercando di non svenire.

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Capitolo 67
*** Capitolo 66 ***


Caroline corse al piano di sopra e recuperò una maglia di Jane, su indicazione della strega. Quando ritornò al piano inferiore, Damon era ancora seduto sul divano in uno stato di semicoscienza mentre ripeteva che qualcosa non andava. Nessuno lo aveva mai visto in quello stato, nemmeno quando era quasi morto per il veleno di licantropo. “Grazie Car. Con questa dovrebbe essere più facile trovarla, rispetto all’ultima volta.” disse Bonnie mentre prendeva la maglietta e la sistemava al centro del cerchio fatto di candele e sopra alla cartina della città. Lanciò l’incantesimo ma non riuscì ad ottenere una risposta, lanciò un’occhiata alla mappa di Mystic Falls ma non comparve nessun segno che indicasse la posizione della giovane. Ci riprovò un paio di volte ma sempre invano. “Damon, riesci a percepirla?” domandò alzandosi dal pavimento. Il corvino scosse la testa cercando di scacciare quella sensazione sgradevole alla bocca dello stomaco “Secondo te, se sapevo dove sta, chiedevo aiuto a te?!” Stefan gli posò una mano sulla spalla per supportarlo come poteva “Sarà ancora sotto l’incantesimo?” ipotizzò Elena guardando le altre due “Sicuramente… altrimenti l’avremmo trovata.” Bonnie guardò il cerchio di candele per terra mentre passava in rassegna qualunque incantesimo di sua conoscenza per riuscire a rintracciarla.

“Dobbiamo uscire a cercarla. È l’unica soluzione.” Alaric guardò soltanto il suo compagno di bevute, per una volta che aveva trovato un po’ di felicita e si era aperto ai sentimenti, non poteva lasciare nulla di intentato per riportargli quella giovane. Si organizzarono in piccole squadre che avrebbero scandagliato l’intera città alla ricerca di Jane.

-*-

“Jane!” una voce lontana la stava chiamando già da un po’ ma non riusciva a riprendere il contatto con la realtà. “Jane, dannazione!” Klaus non poteva fare altro che chiamarla, non riusciva a sopportare la vista della ragazza accasciata sul pavimento di cemento priva di sensi. Finalmente aprì gli occhi e si guardò attorno spaesata. “Dove siamo?” chiese quando si accorse dell’Originale. Aguzzò la vista e rabbrividì vedendo le spesse catene che erano ben saldate attorno ai polsi e alle caviglie di Klaus. La pelle attorno era tutta arrossata, segno che il ferro era stato imbevuto di verbena per controllare il vampiro. Provò a spostarsi ma i suoi polsi erano legati assieme da una corda e alle sue caviglie c’erano le stesse manette dell’altro. Erano però troppo lucenti per essere di ferro… “Sono d’argento?” sussurrò tornando poi verso il compagno di cella. Quello sbuffò “Sembra che chiunque ci abbia rinchiusi qui, sappia esattamente con chi ha a che fare…”. Jane fu turbata da quella informazione. Se si erano presi la briga di fare catene d’argento e imbeverle nella verbena, sapevano anche fin troppo bene cosa fosse l’Originale.

Si guardò attorno, cercando una via d’uscita o un qualcosa da usare per liberarsi. Erano in una specie di seminterrato, c’era una sola finestrella in alto. Avrebbero potuto usarla per scappare ma aveva le sbarre. Così si concentrò sulla porta, sembrava a tenuta stagna ma pareva parecchio vecchia, forse degli anni ’70? A giudicare dalla ruggine sulla sua superficie, sì. Quella magari sarebbero riusciti a sfondarla, solo se prima riusciva a liberare se stessa e Klaus… Per un attimo si immaginò di vedere Damon comparire sulla soglia e portarla via senza il minimo sforzo e fu allora che si ricordò dell’incantesimo per non essere rintracciata. Mosse i polsi nel tentativo di liberarsi ma erano così stretti che non le circolava neppure più bene il sangue e iniziava a sentire le dita formicolare.
“Che stai facendo?” le chiese Nik dopo un po’ che la vedeva contorcersi “Devo togliermi questo braccialetto! O gli altri non ci troveranno mai…” con il mento indicò la fila di perle smeraldo. L’altro fece un verso divertito “Astuta! Ecco perché non riuscivo a trovarti nelle scorse settimane.” Jane si bloccò “Mi cercavi anche tu?! Cosa volevi, fare l’ennesimo esperimento?” era arrabbiata ma non aveva tempo ed energie da sprecare con quell’essere che, per giunta, sembrava essersi rassegnato e restava immobile attaccato alla parete, senza cercare un modo per liberarsi “Ovvio che ti stessi cercando. Ho fatto una promessa a Monique, intendo mantenerla.” Perché quella cocciuta ragazza non voleva capire?!

Come sentì il nome di sua madre, Jane scattò “Non osare pronunciare quel nome! So cosa hai fatto! L’hai trasformata in un vampiro e poi l’hai uccisa!” lo sguardo di odio che gli lanciò lo ferì, anche se non lo avrebbe mai ammesso nemmeno a se stesso “Non sono stato io a trasformarla. – dalla faccia capì che lei non gli credeva – è stata mia sorella, Rebekah. Era in collera con me e ha voluto punirmi. Quando l’ho scoperto, sono andato a cercarla ma Monique sembrava sparita. Poi è ricomparsa a Mystic Falls… Quella stupida si è parata davanti a Damon Salvatore. Quando l’ho vista era troppo tardi. – fece una pausa vedendo gli occhi lucidi di Jane che lottava contro le lacrime - Non ti ho mai detto nulla per proteggerti.” Lei sbatté le palpebre un paio di volte, cercando di capire cosa gli avesse appena detto “Cosa?!” fece, convinta di aver sentito male “Fin da quando ti ho conosciuta, ti ho tenuta d’occhi accertandomi che stessi bene. Monique mi chiese di proteggerti ed è quello che ho sempre cercato di fare.” Sembrava tornato il vampiro che aveva conosciuto da bambina, quello di cui si fidava, quello da cui era andata quando sua madre era morta ed era rimasta sola. “Perché?” fu solo in grado di chiedere. Lui fece un sospiro “Perché la amavo.” confessò. Prima di poter aggiungere qualunque cosa, la porta si spalancò e due figure entrarono nella stanza.

La luce improvvisa impedì a Jane di vedere chi fossero i rapitori ma poi uno dei due parlò e una vocina nel cervello le sussurrò un ricordo “Oh bene! Vedo che siete coscienti, possiamo iniziare.” Quella voce le diceva qualcosa, ma cosa? La porta fu nuovamente chiusa e la giovane si trovò a fissare quel tipo ubriaco che era andato a bussare alla sua camera in albergo. “Chi sei?” ringhiò allontanandosi il più possibile. Quello le rivolse un ghigno compiaciuto “Oh tesoro, nessuno che ti possa interessare. Il tuo compito l’hai svolto in modo perfetto, non mi servi più! – si voltò verso l’altra figura che era rimasta nella penombra – Puoi ucciderla. Non mi importa come. È una tua amica no? Scegli tu se vuoi farla soffrire o preferisci una morte rapida.” Passò una pistola a quella sagoma che uscì in quel momento dal suo nascondiglio e per poco Jane non si strangolò con la saliva “Clare?!” non ci poteva credere. Cosa ci faceva la sua amica di Miami con quel pazzo? E perché avevano preso lei e Klaus? Ma la domanda che le faceva tremare ogni fibra del suo corpo era una: quando sarebbe morta? Forse non avrebbero dovuto aspettare il solstizio d’inverno per vederla morta. Quella sarebbe anche stata l’occasione per scoprire se il legame con Damon le aveva passato anche l’immortalità o meno… lanciò uno sguardo di terrore all’Originale che, solo allora, diede segni di voler combattere e cercò di staccare le catene dal muro dove erano state inchiodate, lottando contro il dolore dell’argento e della verbena sulla sua pelle.

Clare si avvicinò ulteriormente alla giovane incatenata mentre si rigirava la pistola fra le mani. “Lasciatela andare! – provò Nik – è me che volete, no?” ma tutta la paura che solitamente incuteva sembrava essere scomparsa totalmente “Oh ma Clare ha un piccolo conto in sospeso con la tua amica, non è così cara?” domandò l’uomo alla sua complice. Quella gli rivolse appena un’occhiata prima di tornare a guardare Jane “Mi hai lasciata con quel mostro! – iniziò indicando l’Originale con la mano libera – Mi ha portata nel suo covo di bestie succhiasangue, come hai potuto?!” le puntò la pistola contro. Il cuore di Jane sembrò fermarsi per un attimo “Ti ho lasciata con lui perché mi fidavo!” era la verità e forse anche in quel momento era così. Sì, perché nonostante tutto quello che aveva fatto Klaus, Nik le era sempre stato accanto, proteggendola e guardandola da lontano. A Los Angeles, a Miami e chissà in quante altre occasioni… E si fidava delle parole che le aveva detto.

La mano sulla pistola non era salda e l’arma tremolava davanti al petto della giovane stesa atterra. “Clare…” provò a dire ancora ma non riuscì a formulare nemmeno un pensiero che quella premette il grilletto. Il suono si propagò per tutto l’ambiente seguito immediatamente da un urlo straziato di Jane. Il colpo non l’aveva uccisa ma il proiettile le aveva trapassato la spalla sinistra provocandole un dolore lancinante. La vista era annebbiata e l’unica cosa che riuscisse a sentire era il rimbombo dello sparo.

-*-

Damon, Alaric e Bonnie erano andati nella foresta, mentre Stefan ed Elena si erano addentrati nelle strade di Mystic Falls e Caroline, assieme a Tyler, aveva deciso di andare verso il confine della città. Si tenevano in contatto con i cellulari e tentavano nel frattempo di rintracciare quello della giovane continuando a chiamarla.

“Sento qualcosa!” esclamò ad un certo punto il corvino bloccandosi in mezzo al fogliame del sottobosco. Si era ripreso quasi del tutto anche se continuava a percepire un’inquietudine. Era quasi certo che Jane fosse svenuta da qualche parte e sperava con tutto se stesso di ritrovarla accanto al suo cellulare. Seguì rapidamente la pista sonora fino ad arrivare ad una piccola radura dove trovarono il cellulare, ma della ragazza nessuna traccia. “Dannazione!” esclamò calciando un sasso. “Chiamo Tyler. Ci servirà il suo fiuto da lupo per cercare di seguire una traccia.” disse Bonnie cercando il numero in rubrica. Damon si sentì investire dalle emozioni di Jane, segno che si doveva essere ripresa. Era terrorizzata, incazzata e sembrava non avere molte speranze di uscirne viva. Ti troverò, lo prometto. Pensò il vampiro mentre si guardava attorno in cerca di qualche indizio.

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Capitolo 68
*** Capitolo 67 ***


Fortunatamente Tyler e Caroline non erano molto lontani dalla loro posizione e li raggiunsero in poco tempo. Il licantropo si mise subito alla ricerca di qualche traccia ma qualcosa nell’aria non era normale… “Non riesco a percepire nulla.” disse senza però perdere le speranze “Cerca ancora!” gli ordinò il corvino. Una nuova ondata di paura lo bloccò dal dire qualunque altra cosa “Damon?” lo chiamò Ric mettendogli una mano sulla spalla. “Damon!” la bionda vampira ricomparve un attimo dopo con un pezzo di carta stropicciato in mano. Lo passò al professore che lo esaminò assieme al corvino “Sembra la fotocopia di un libro antico… - iniziò – credo sia in francese antico ma non riesco a capire molto…” Damon glielo strappò di mano e cercò di capire qualche parola “Riconosco solo le parole gatto e solstizio d’inverno.” passò il foglio a Bonnie “Credo sia un grimorio… sembra parecchio antico. – si soffermò su una parola -questa credo significhi morte”. Il vampiro la piegò e se la mise in tasca “A questo ci penseremo dopo. Dobbiamo trovar…” ma non finì la frase perché un dolore lancinante alla spalla sinistra lo costrinse a piegarsi in due. Lockwood si avvicinò ai due, non aveva belle notizie “Hanno spruzzato qualcosa nell’aria, non riesco a trovare nessuna traccia… Non riesco a sentire nemmeno quella di Alaric ed è qui accanto a me.” Il vampiro sbarrò gli occhi, anche quella possibilità era sfumata. “Cazzo!” fu l’unica cosa che sbraitò tenendosi ancora la mano sulla spalla.

-*-

“Hai una pessima mira!” scoppiò a ridere l’uomo che li aveva rapiti mentre contemplava il corpo agonizzante della giovane. Jane lottava affinché il dolore non la sopraffacesse e si costrinse a pensare a Damon. Era preoccupato per lei, lo poteva sentire, se solo fosse riuscita a togliersi il braccialetto… Con le lacrime che le rigavano le guance, iniziò a sfregare la corda che le bloccava i polsi nella speranza che il cordoncino cedesse.

“Chi sei?! Cosa vuoi da me?” Nik cercava di attirare l’attenzione su di sé così da dare un po’ di tempa alla ragazza. Sembrava avere una mezza idea e voleva assecondarla. L’uomo vagò per la stanza divertito “Ah già, giusto, non mi sono ancora presentato. Sono Thomas!” fece il gesto di porgere la mano all’Originale e poi la ritrasse godendosi lo sguardo di gelo dell’altro “Dovrebbe dirmi qualcosa?” fece ancora l’ibrido “No, effettivamente no. Non ci siamo mai visti prima, ma tu – e lo indicò con un paletto che aveva tirato fuori in quel momento da sotto la giacca – conoscevi mio fratello. Lo hai trasformato in un mostro e lo hai ucciso davanti ai miei occhi, quattro mesi fa. Te lo ricordi Samuel Collins?” Klaus scosse la testa con noncuranza “Ne ho uccisa davvero tanta di gente in mille anni di vita. Credi che mi ricordi ognuno di loro?” forse la tattica non era un granché ma non sapeva che altro fare se non mandare chiari segnali di superiorità.

Thomas perse la pazienza e piantò il paletto nella coscia di Nik che si lasciò sfuggire un gemito di dolore “Sei un abominio! Mi ci sono voluti tre mesi per mettere a punto il mio piano e finalmente estirpare questo scempio della natura dalla faccia dell’universo. – si allontanò lasciando il paletto nella carne dell’altro – E sulla strada ho incontrato questa splendida creatura che la pensa come me – indicò Clare – non è così tesoro?” quella annuì e gli si avvicinò ridandogli la pistola. Jane si trascinò cercando di mettersi seduta, causandole un’infinità di fitte che le mozzarono il fiato. Cosa diavolo era successo alla sua amica a cui piaceva solo fare festa?

Con i polsi continuava a cercare di rompere il braccialetto e iniziava a sentire qualcosa cambiare; non sapeva però se fosse il cordoncino che cedeva o la sua pelle che non sopportava più quel costante sfregare. Decise di concentrarsi sulla prima ipotesi mentre il pazzo che li aveva sequestrati andava avanti con il suo monologo “E lei non è stata l’unica che mi abbia aiutato. C’è un tale a New Orleans che era soggiogato ad un vampiro. Forse tu lo conosci… - lanciò un’occhiata alquanto eloquente e Nik si contorse dalla rabbia senza poter fare molto – Beh, io l’ho aiutato. Avevo già iniziato a studiare le creature della notte prima di imbattermi in lui e così ho saputo cosa fare. – fece una pausa teatrale – Gli ho dato la verbena e così non era più assoggettato a quel pazzo sanguinario. Una volta che gli ho detto cosa stava succedendo e spiegato il mio piano, lui è stato ben felice di aiutarci.” L’Originale urlò furioso “Il grimorio nella langue d'oïl lo hai creato tu! Hai usato il mio tirapiedi contro di me?!” Thomas finse dispiacere “Non ricordi nemmeno il suo nome… ma ti sei fidato di lui quando ti ha portato quel grimorio. Ah, per la cronaca, solo la pagina riguardante la tua amica laggiù è opera mia, per il resto è tutto originale. E pensa che per fortuna ho un paio di amici dell’università che sono appassionati di storia e mi hanno trovato il libro. Pensa che uno dei due è un fenomeno nel falsificare manufatti antichi. È stato divertente per loro aiutarmi.”

Jane era stufa di quella scenetta “Cosa c’entro io in tutto questo? È chiaro che ce l’hai con lui…”. L’uomo si voltò e constatò con disappunto che non fosse ancora svenuta “Da quando ho iniziato a studiare il tuo amico ibrido, mi è stato chiaro subito che l’unica cosa a cui tenga, oltre a se stesso, sei tu. È stato facile – si interruppe ripensando a qualcosa - più o meno, stare dietro a te nell’attesa che il momento giusto arrivasse. Per un attimo ho temuto di dover cambiare i miei piani quando ti sei trasformata in un gatto. – scoppiò a ridere – E chi lo avrebbe mai pensato possibile! In tutti i libri che ho letto non ho mai sentito parlare di una cosa del genere! – tornò serio – E lì abbiamo dovuto cambiare un po’ i piani… è così che ho conosciuto Terence. – si girò versò Klaus – quello è il nome del tuo tirapiedi, ricordatelo. – tornò a rivolgersi alla giovane che stava perdendo colore in viso – ci abbiamo impiegato un mese per creare quella pagina su di te e ci siamo inventati una data vicina come tua possibile data di morte così da spingere l’ibrido a venire da te subito. E poi tu sei sparita! Letteralmente! Puff… - imitò una piccola esplosione con le mani – Per un attimo ho temuto di dover trovare un nuovo modo. Per quelle settimane mi sono arrovellato il cervello alla ricerca di un modo ma nulla… E poi sei riapparsa! – batté le mani contento – E a quel punto dovevamo fare tutto in fretta visto che già temevo saresti sparita di nuovo. Abbiamo preparato tutto: le catene d’argento imbevute nella verbena, questo vecchio bunker che non è presente su alcuna piantina della città, l’adorabile miscela di candeggina, lavanda, caffè e un altro paio di cose che avrebbero depistato gli eventuali licantropi sulle tracce del loro capobranco. – si godette lo sguardo di rassegnazione che vide negli occhi di Jane – e ieri, quando te la spassavi con quell’altro vampiro, abbiamo capito che era il momento giusto. Avevi le difese abbassate come mai prima d’ora. Quindi grazie! Ci hai reso le cose difficili ma, sul finale, sei stata proprio quello che ci serviva! – si accucciò accanto a Klaus – Che tenero! Dovevi proprio amare quella donna per girare il mondo seguendo la figlia e tenendola lontana dai pericoli… - l’Originale scattò per morderlo ma quello si ritrasse rapidamente felice che l’argento e la verbena fossero così efficaci sulla creatura – Adesso starai pensando che tutto quel lavoro non è servito a nulla… che era meglio se le stavi lontano visto che morirà proprio perché ti è stata vicina.”. Gli occhi di Nik si iniettarono di sangue “Mi libererò e poi ti ucciderò molto lentamente!” lo minaccio. Thomas si avvicinò alla porta e fece cenno a Clare di fare lo stesso “Oh beh, prima dovresti riuscire a liberarti… Noi andiamo a prendere un paio di cose che ci serviranno fra poco. Conoscete la quercia bianca? – fece per richiudersi la porta alle spalle ma, all’ultimo, riapparve solo con la testa – Voi non vi allontanate, mi raccomando!” scherzò sprangando l’uscita.

Con uno strattone che la fece quasi morire dal male, sentì il cordoncino cedere e le perle iniziarono a rotolare sul pavimento. Ringraziò mentalmente quello spiraglio di speranza e si lasciò andare priva di forze. “Ce l’ho fatta! Ci troveranno presto…” a fatica Jane si rimise seduta, il respiro irregolare e il sangue che le imbrattava ormai metà della maglia. “Dovranno sbrigarsi. Se mi uccidono, moriranno anche tutti i vampiri e gli ibridi che mi discendono.” l’Originale cercò di spezzare le catene senza successo “Cosa?! - sbarrò gli occhi. – Non puoi essere ucciso definitivamente.” Lui strattonò ancora sperando di allentare la presa dal muro “Sì, se hanno davvero un paletto di quercia bianca. – tentò ancora di liberarsi – Mi dispiace.” disse Nik, lei girò quel tanto la testa per trovarselo nel campo visivo ormai sfocato. “La amavi davvero?” le parole ormai erano un sussurro, era a un passo dal perdere i sensi ma voleva sapere quell’ultima cosa. Sentì distintamente la risposta “Sì, come mai ho amato nessuna.”

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Capitolo 69
*** Capitolo 68 ***


Erano tutti riuniti nella radura alla ricerca di una qualche traccia della giovane e di chiunque fosse stato lì con lei quando Tyler si irrigidì “Cosa hai sentito?!” sbottò Damon, impaziente più che mai. L’altro sembrava restio a parlare ma dopo l’occhiataccia di tutti i presenti, si convinse “È solo una leggera traccia… Magari non vuol dire niente. – mise le mani avanti sapendo già che quello che avrebbe seguito non sarebbe stato apprezzato – Klaus è stato qui. È l’unica traccia che riesco a percepire più distintamente visto che è il mio Alfa. Ma non riesco a capire dove porti…”.

Jane era andata da sola nella foresta con quel pazzo maniaco?! Nessuno dei presenti riusciva a capirne il motivo “L’ha presa lui. È ovvio!” esclamò Damon già pronto a scagliarsi ovunque il suo subconscio lo spingesse. Stefan lo bloccò prima che facesse qualche cazzata, come suo solito “Non lo sappiamo per certo. Magari…” ma non finì perché il fratello lo allontanò in modo brusco “Magari, cosa?! Si sono incontrati hanno bevuto una tazza di tè e si sono salutati come grandi amici?! E poi per caso lei è sparita dopo che si sono lasciati? Andiamo fratello, ti credevo più intelligente!” Elena si mise fra i due “Litigare non ci aiuterà a trovarla! Se davvero l’ha presa Klaus, dobbiamo capire il perché e che cosa vuole da lei.”. Per quanto il corvino fosse ad un passo dallo spaccare qualcosa, dovette placare i nervi rendendosi conto che la Gilbert aveva ragione. Prese un respiro profondo cercando di captare anche il minimo rumore, ma nulla.

Poi, di colpo, sapeva dove fosse Jane. “La percepisco.” dichiarò prima di lanciarsi nel fitto del bosco seguendo la sua bussola interiore. Stefan, Caroline e Tyler lo seguirono con la stessa rapidità, lasciando gli altri tre nella radura. Bonnie tirò fuori dallo zaino la maglia di Jane e le candele, improvvisando l’incantesimo di localizzazione. Sulla mappa di Mystic Falls comparve un puntino ad un paio di miglia dalla loro posizione “Deve essere riuscita a spezzare l’incantesimo!” esclamò entusiasta la strega abbandonando tutto e seguendo il professor Salzmann che aveva già iniziato a correre verso il luogo indicato dalla cartina.

-*-

Fissava la porta contando i battiti del suo cuore. Damon stava arrivando, lo percepiva. O era solo la disperazione? Nik cercava di liberarsi senza grande successo, chiunque avesse creato quelle catene era un abile fabbro. Poi l’uscio si aprì e la speranza rianimò entrambi i prigionieri. Un sorriso debole rischiarò per un solo secondo il viso di Jane che credeva di avere la salvezza ad un passo.

Clare lanciò uno sguardo glaciale all’Originale, passando poi alla sua amica semisdraiata sul pavimento di cemento “Mi dispiace Jane. È giunto il tuo momento.” Con una chiave liberò le caviglie della giovane e la afferrò per il braccio sano, costringendola ad alzarsi.

Fu questione di un attimo. Dall’unico ingresso una folata di vento distrasse l’aguzzina. Jane sentì la presa allentarsi di violenza e Clare era già stata sbattuta contro la parete. “Ti ho trovata.” Sussurrò Damon sostenendo Jane prima che si accasciasse al suolo. Un sospiro di sollievo le alleggerì il petto. La cavalleria era arrivata.

Stefan e Caroline cercarono di liberare Klaus, senza successo mentre Tyler andò a recuperare le chiavi che aveva ancora in mano Clare. Damon si morse un polso e lo avvicinò alla bocca di Jane. Lei però fu attirata da un’ombra dietro alle spalle del corvino. Sbarrò gli occhi ed ebbe un solo attimo per agire. Dalla finestrella spuntava un paletto di legno biancastro caricato su una balestra. Era puntato contro l’Originale. Thomas premette il grilletto mentre lei si gettava ad intercettare il dardo. Pensò a tutti i vampiri che avrebbero cessato di esistere se il colpo fosse andato a segno e fu contenta del suo gesto incosciente. Damon non fece in tempo a capire cosa stesse succedendo né tantomeno a fermare la ragazza.

Il paletto si conficcò nel mezzo delle scapole di Jane, mozzando il fiato di tutti i presenti. Lo sguardo ghiacciato dal terrore della giovane si posò su Nik che era rimasto immobile, incapace di comprendere il gesto di quella sconsiderata. Damon combatté contro il dolore profondo che condivideva con Jane e la afferrò mentre le sue ginocchia cedevano. L’ultima cosa a cui pensò fu che il legame con il corvino non le aveva regalato l’immortalità.

Ti amo. Furono le uniche due parole che rimpianse di non aver avuto il coraggio di dire a Damon.

Il vampiro sentì il suo mondo andare in frantumi. Non c’era nulla da fare per salvarla. Il cuore di Jane aveva appena smesso di battere.

Stefan si risvegliò prima degli altri e alla velocità massima andò ad afferrare quello che ormai era l’assassino della loro amica. Provò un piacere sconsiderato nello strappargli il cuore senza dargli nemmeno il tempo di comprendere cosa stesse succedendo e, con ancora l’organo in mano, tornò nel bunker in cui tutti sembravano sospesi in un limbo. Quando incontrò gli occhi di suo fratello, ebbe un sussulto. Damon non si sarebbe mai potuto riprendere da quell’avvenimento.

Quando anche Elena, Ric e Bonnie arrivarono nel luogo in cui era prigioniera la giovane, si paralizzarono alla vista di Damon che estraeva un paletto dalla schiena di Jane. Il legno, un tempo biancastro, era ormai pregno del sangue della ragazza. Elena si lasciò andare, appoggiandosi completamente al suo ragazzo che non dava cenno di voler staccare gli occhi di dosso dal fratello. “Cos’è successo?” domandò in un sussurro la strega, passano in rassegna la scena e accorgendosi solo in quel momento che Klaus era presente. L’Originale, seppur finalmente libero dalle catene, non accennava a volersi alzare, né a fare qualunque altra cosa. Era fisso anche lui sulla giovane che aveva dato la vita per risparmiare quella dell’ibrido e di tutti i presenti, che da lui discendevano.

“Damon…” provò a richiamarlo il professor Salzmann. Il corvino adagiò la sua amata sul pavimento di cemento mentre una rabbia incontenibile gli annebbiava il cervello. Non riusciva a pensare lucidamente, il dolore lo stava consumando. Se solo fosse stato più rapido, se solo avesse notato quel pazzo con la balestra, se solo… Di colpo puntò gli occhi glaciali sull’Originale. Si alzò come una furia e lo sbatté contro il muro “È colpa tua!” urlò ad un soffio dalla faccia impassibile dell’altro. Tyler scattò per proteggere il suo Alfa, ma Nik lo bloccò con un gesto rapido della mano. Se lo meritava. Anni a seguire a debita distanza Jane Malone, a controllare che non le accadesse nulla di male, a tirarla fuori dai guai come aveva chiesto sua madre e lei moriva davanti ai suoi occhi. Caroline si avvicinò al paletto che giaceva in una pozza di sangue e lo esaminò attentamente “Damon, lascialo andare! – la vampira cercò di far mollare la presa del corvino - Ha salvato tutti noi…” Damon si voltò con lo sguardo ancora più adirato, non voleva sentire nulla da nessuno. Lei gli mise l’arma sotto agli occhi “Questo è legno di quercia bianca. Se avesse colpito Klaus saremmo tutti morti.” la voce le si incrinò mentre si rendeva conto di quanto fossero stati ad un passo dal cessare la loro esistenza. Se Jane non si fosse sacrificata… No, quel pensiero era troppo da egoisti, persino per lei. Jane era stata fin da subito scostante ma si vedeva che in loro aveva trovato una famiglia. Un paio di lacrime le rigarono il viso mentre si avvicinava a Tyler per cercare un po’ di conforto fra le sue braccia.

Damon sembrava non voler capire, continuava a fissare il corpo inerme della sua amata senza sapere cosa fare. Jane gli aveva salvato la vita sacrificandosi, ancora una volta. Soffriva infinitamente ma non voleva spegnere i sentimenti, voleva provare tutto quel dolore perché magari qualcosa di quelle emozioni appartenevano ancora alla sua gattina. Aveva dovuto perderla per comprendere quanto profondo fosse l’amore che provava per lei.

“Cosa facciamo ora?” domandò Lockwood passando dal suo capo a Stefan ad Alaric, gli unici presenti che sembravano seriamente presenti e non avvolti in un limbo. “La portiamo alla pensione. Poi organizziamo una degna sepoltura. Quello che ha fatto non deve passare inosservato.” Il più giovane dei Salvatore sembrava certo che una cerimonia avrebbe aiutato tutti a salutare Jane nel modo più adatto. E poi credeva che solo così suo fratello avrebbe potuto ritrovare il contatto con la realtà.

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Capitolo 70
*** Capitolo 69 ***


Jane era stata lasciata nella stanza che aveva occupato alla pensione Salvatore. Damon l’aveva adagiata come un automa sul letto e non l’aveva più voluta guardare in faccia. La pelle così pallida e priva di vita gli procurava una morsa allo stomaco che gli scatenava un’irrefrenabile voglia di uccidere. Si rinchiuse nella sua stanza senza parlare con nessuno. Non avrebbe sopportato la pietà di nessuno.

Tutti si erano riuniti in salotto, con un bicchiere di qualunque alcolico pesante fosse a portata di mano sul carrellino dei liquori. Klaus aveva lasciato Mystic Falls appena avevano deciso cosa fare della giovane, non sopportava di vederla morta su quel letto. Si incolpava, giustamente, per l’accaduto e sentiva solo il bisogno di andare a fare visita alla tomba di Monique.

Nessuno in quella sala sapeva cosa dire, fissavano tutti i loro bicchieri ripensando al loro primo incontro con Jane. “Era così fredda e chiusa in se stessa quando è arrivata…” iniziò Elena, quella che aveva avuto il primo contatto con la forestiera “Già… Sempre all’erta e con i nervi saldi. – Caroline prese un sorso di Gin – Se penso a quando mi ha chiesto di darle il mio sangue… Aveva capito subito che ero un vampiro.”. Stefan rivide la castana apparire in quello stesso salotto, puzzava di sangue, era ferita ed era in cerca di Damon. “Però aveva una grande forza.”

Ad ascoltare tutte quelle parole, Alaric non poté impedire di chiedersi cosa stesse facendo Damon al piano di sopra. Lui che mostrava sempre un vortice di devastazione quando le cose andavo per il verso peggiore, come minimo stava progettando di sbranare il maggior numero di persone della città. Senza farsi notare dagli altri, si diresse verso la stanza del suo amico, sperando di riuscire a placarlo il più possibile. Lasciò il bicchiere sul tavolino vicino alla porta del salone e si avviò sulle scale.

Quando raggiunse il piano, notò un’ombra provenire dalla stanza in cui avevano lasciato Jane. Si domandò se il corvino avesse cambiato idea, così si avvicinò, cercando di fare il più piano possibile. La porta della stanza si aprì ma la figura che ne uscì non era chi si aspettava il professore.

“Jane?!” la squadrò domandandosi se fosse uno scherzo della sua mente. La ragazza aveva lo sguardo allucinato e saettava da una parte all’altra dell’ambiente. Con una mano cercava di sorreggersi al muro mentre l’altra era stretta attorno al collo “Ho sete…” sussurrò lei cercando di mettere a fuoco l’uomo che aveva davanti. Ric capì cosa intendesse, fece un passo indietro per mettere più distanza con quella che un tempo era la sua giovane allieva ma che ora era nella fase di transizione, perciò estremamente pericolosa e imprevedibile. “Damon!” urlò girandosi appena verso l’altro capo del corridoio. Frastornata da quel suono troppo acuto, Jane non riuscì a trattenere quell’impeto violento che aveva tenuto a bada fino a quel momento.

Si mosse con una velocità che non riconosceva come propria e in un battito di ciglia era avvinghiata al collo del professore, con i canini affondati nella carne tenera. Alaric cercò di staccarla usando un vaso lì vicino e dandolo in testa alla quasi vampira, ma sembrò farle solo il solletico. Dannazione se era forte quella ragazza! “Aiuto!” gridò nella speranza di attirare l’attenzione dei vampiri al piano di sotto, dato che il corvino sembrava non volerlo sentire. Nonostante il dolore che gli provocavano i canini di Jane, si accorse che non era avida come si sarebbe aspettato, anzi, sembrava che dosasse la forza e cercasse di liberarlo dalla sua stessa presa.

Stefan raggiunse Alaric alla velocità massima ma si bloccò vedendo la scena “Jane?!” era allibito. Ma dovette risvegliarsi in fretta prima che il suo amico venisse prosciugato. Caroline invece rimase sull’ultimo gradino, senza sapere cosa fare. Sentendo quel nome, il suo nome, Damon lasciò tutti i suoi brutti pensieri nella sua stanza ed uscì in corridoio. Non poteva credere ai suoi occhi! Jane era lì, a pochi passi da lui, in piedi. Viva! Poi però si accorse che aveva i canini piantati nel collo di Ric e dovette ricredersi alla svelta.

“Jane! – la chiamò Damon, avvicinandosi. – Gattina.” Nessuno dei presenti voleva fare gesti bruschi, sapevano per esperienza che era rischioso in quella delicata fase. La quasi vampira smise di succhiare il sangue quando sentì quella voce. Non era sazia, affatto, ma quel nomignolo le permise di risvegliare la sua parte umana e riprendere del tutto il controllo sulle sue azioni. Fece ritrarre i canini e le vene che iniettavano le sue sclere tornarono al loro posto, ridandole lo sguardo caldo e dolce. Sorresse Alaric, senza però staccare gli occhi da Damon. Stefan le fu accanto in un attimo e aiutò il professore a sedersi sul pavimento “Mi dispiace… - iniziò lei passando a guardare Ric, semicosciente. Damon la guardava senza riuscire a muoversi – Non sono riuscita a controllarmi… Io… ho così tanta sete.” Una lacrima scivolò sulla guancia. Era diventata un mostro? “È normale. Sta’ tranquilla. – la rincuorò Stefan dopo aver dato un po’ del suo sangue a Ric, affinché si riprendesse – Damon…” si voltò verso il fratello che ancora non accennava a volersi muovere dal suo posto.

Nel frattempo, il trambusto aveva richiamato gli altri che si erano apprestati a correre su per le scale. “Elena, Bonnie, uscite subito! Non è prudente per voi stare qui!” ordinò Caroline, riprendendosi finalmente. Jane sembrava in grado di controllarsi parecchio bene, ma non era prudente tentare la sorte lasciando due umani a zonzo per la casa. Poi si voltò verso Tyler “Noi due andiamo nel seminterrato. Ci serviranno parecchie sacche di sangue. – lanciò un’occhiata a Stefan – ne avete ancora, vero?” l’altro vampiro fece un cenno affermativo e in un secondo la bionda era sparita, trascinandosi dietro il suo ragazzo.

“Damon…” il sussurro di Jane fu una supplica, non riusciva a sostenere quello sguardo vago e incomprensibile del corvino. Era lei, vampira o umana, Jane rimaneva Jane. E Damon riusciva a capirlo dalle occhiate preoccupate che continuava a lanciare al professore, da come i suoi occhi trasudassero disorientamento e paura, le stesse emozioni che aveva letto in lei il giorno in cui l’aveva trovata nel bosco dopo che aveva scoperto della morte della madre.

Finalmente riuscì a sbloccarsi e in pochi passi la raggiunse e la strinse a sé con tutte le forze. Non la voleva lasciar andare, non voleva rischiare di perderla. La tenne fra le sue braccia per un tempo imprecisato, mentre Stefan aiutava Alaric ad alzarsi e gli diceva di raggiungere le ragazze fuori e portarle da qualunque parte fuorché nei paraggi. Jane si lasciò cullare da quell’abbraccio, inspirando il profumo del corvino che, ora, percepiva più intenso. La voglia di sangue era passata per un attimo in secondo piano, grata di quel contatto che aveva temuto di aver perso per sempre. “Credevo di averti persa.” Le sussurrò il corvino all’orecchio. Nonostante tutto, lei trovò le energie per sorridere “Allora è un bene che tu mi abbia dato il tuo sangue questa mattina…” si staccò da lui per guardarlo negli occhi, sperava di vederlo sollevato ma continuava ad esserci solo preoccupazione. “Che c’è?!” domandò portandosi poi entrambe le mani alla gola. Aveva sete, si sentiva prosciugata e non credeva sarebbe resistita molto.

Caroline si fermò alla base della salinata “Abbiamo le sacche di sangue! – disse senza bisogno di urlare – Le mettiamo in cucina.” Rapidamente lasciarono la borsa colma di sacche di sangue sull’isola in cucina e decisero di lasciare la pensione, certi che a Damon e Jane servisse del tempo da soli. I due vampiri e la giovane in transizione scesero al piano sottostante, il corvino aiutò Jane a sedersi sul divano. Prima di darle il sangue voleva essere certo che fosse quello che lei voleva.

“Jane, ne sei certa? – le domandò Damon, serio come mai prima d’allora – non è una cosa da cui puoi tornare indietro… Se completi la transizione sarai condannata ad un’eternità come vampiro. – per lui era stato un passaggio traumatico e non voluto. Ancora incolpava suo fratello per averlo costretto a diventare quella creatura, non voleva che la stessa cosa fosse per Jane. - Se bevi quel sangue…” lei lo guardava cercando di controllare la fame e provando a seguire il suo discorso. Gli posò entrambe le mani sulle guance “Damon, ci sono ancora così tante cose che voglio fare, posti che voglio visitare… Mi sono buttata davanti a quel paletto consapevole che questa fosse una possibilità. – Damon sbarrò gli occhi sorpreso – c’era una minima possibilità che con il legame, mi avessi trasmesso l’immortalità ma, in ogni caso, avevo bevuto il tuo sangue poche ore prima…” lasciò la frase in sospeso, certa che i presenti avessero compreso le sue parole. Quando si era sacrificata per salvare chissà quanti vampiri e ibridi, l’aveva fatto con la consapevolezza che in un modo o nell’altro sarebbe tornata presto. “Ora, ti prego, dammi quel sangue! Potrei uccidere qualcuno. – si bloccò facendo una faccia contrita – Era un pessimo gioco di parole, scusate…” lanciò un’occhiata a Stefan e lo trovò appoggiato allo stipite della porta con un sorriso enigmatico.

Damon tornò dopo un attimo con le sacche di sangue. Ne stappò una e la passò alla giovane che sembrava sul punto di sbranare davvero qualcuno “Ti insegneremo a controllarti, così da non uccidere qualcuno per sbaglio.” Le stava dicendo il più giovane dei Salvatore mentre lei beveva avidamente. Era già alla terza sacca di sangue, di cui non aveva sprecato nemmeno una goccia “Anche se, da quello che vedo, sei già ad un ottimo passo…” commentò il corvino stupito della precisione che aveva Jane.

Stefan capì di essere di troppo in quel momento. Quei due avevano decisamente bisogno di tempo e di spazio per loro due. "Vado da Bonnie a chiederle di farti un anello per uscire alla luce del sole.” dichiarò mentre si avviava verso la porta. Jane smise di nutrirsi “Non ho anelli…” il corvino si alzò ed andò alla libreria dove frugò in una scatola antica e ne tirò fuori un monile che incantò la neo-vampira “Era di nostra madre, può andare?” lo rigirò fra le mani. La montatura d’argento aveva incastonata una pietra di ametista, all’interno vi era una piccola incisione Semper te amabo. Era un dono del padre alla sua amata ed ora sarebbe stato una promessa del vampiro alla sua amata. Stefan fu contento di quel gesto, era il chiaro segnale di ciò che suo fratello provava per lei. Prese l’anello e lasciò la casa.

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Capitolo 71
*** Capitolo 70 ***


La festa per il solstizio d’inverno giunse rapidamente. I giorni che la precedettero furono pieni di prove per Jane che superò quasi senza grossi sforzi. Un paio di volte rischiò di perdere il controllo e aggredire Elena o Alaric, ma alla fine riuscì sempre a fermarsi un attimo prima. Furono giornate piene: imparò a controllare il suo nuovo stato, sfamarsi con discrezione e stare nella società senza destare sospetti. Gli anni passati a contatto con i vampiri le avevano reso il tutto più semplice e i suoi insegnanti avevano dovuto faticare poco per raggiungere gli obiettivi. Le notti furono la parte che forse preferì in assoluto. Lei e Damon si amarono in mille modi e godettero di ogni secondo in cui stavano assieme. Nessuno dei due, nonostante tutto, aveva ancora avuto il coraggio di dichiararsi apertamente anche se, l’anello di famiglia con quell’incisione poteva definirsi una dichiarazione d’altri tempi.

Per una volta Jane era felice di partecipare ad una festa. Era emozionata e preoccupata al tempo stesso: quella sarebbe stata la sua prima apparizione ufficiale come vampira e la prima occasione in cui avrebbe dovuto far vedere che gli insegnamenti avevano dato i loro frutti. Si preparò con calma, nella stanza che aveva ancora per sé, nonostante passasse tutte le notti con Damon. L’abito verde smeraldo le donava ancora di più ora che la pelle era di quel tipico candore dei non-morti. Nel corridoio incontrò il suo amato che le offrì il braccio “Sei splendido!” lo salutò mente iniziavano a scendere la scalinata “E tu sembri più raggiante del solito!” ricambiò lui notando quanto fosse quasi impossibile tutto quello.

Raggiunsero la tenuta dei Lockwood e fu come se nulla fosse cambiato. Tutti quegli umani che chiacchieravano, ridevano e bevevano drinks non le diedero nessun effetto. Inspirò ed espirò lentamente “Va tutto bene?” Damon era preoccupato che quello potesse essere troppo per la giovane ma lei non sembrava affatto impensierita “Certo. È che ancora stento a crederci… - lo costrinse a seguirla fuori, su quella pancina nel giardino dove gli aveva mostrato come si liberava dalla compulsione; lì dove si era instaurato quel legame che nemmeno la morte avrebbe reciso. Il vampiro la seguì incuriosito ma senza fiatare. Quando si sedettero sul marmo freddo, lei riprese a parlare – Fino a qualche mese fa la mia vita era un disastro, poi sono arrivata qui e qualcosa è cambiato fin da subito. La maledizione che ci ha colpiti alla fine si è rivelata una benedizione. – scoppiò a ridere alla faccia di disappunto del suo amato – Va bene, lo è stata per me. – gli concesse – Finalmente, dopo tanto tempo, non mi sentivo sola al mondo. sapevo che ci saresti stato tu, in ogni caso, finché non avresti deciso di uccidermi!” scherzò “Non lo avrei mai fatto.” sottolineò, serio, Damon. Lei gli posò una mano sulla spalla, lo sapeva “Ora che sono un vampiro, voglio davvero fare tutte quelle cose che non ho ancora fatto. Voglio viaggiare! Andare in Scozia, Australia, Spagna, Grecia, Marocco, Nuova Zelanda, Brasile… Ovunque! – le brillavano gli occhi per l’entusiasmo – E vorrei che tu riflettessi sulla possibilità di venire con me. – fece una pausa per ricomporsi – Ti amo Damon. E vorrei poter fare qualunque cosa con te.”

Attese. Con la paura che lui la abbandonasse lì su quella panchina, o che le dicesse qualunque cosa lei non si aspettasse. E invece nulla. Lui rimase immobile, a guardarla negli occhi, mentre rifletteva su chissà cosa. Il loro legame era stato spezzato nel momento in cui lei si era risvegliata e così ognuno era tronato a percepire solo le proprie emozioni. La cosa era ancora strana per entrambi, che ormai si erano abituati a quella circostanza…

“Qualunque cosa pur di stare con te. – esordì Damon dopo attimi eterni di silenzio – Ti amo Jane. Ti amo come non ho mai amato nessuna!” colmò quei pochi centimetri che lo tenevano lontano dalle labbra della giovane e suggellarono quelle parole con un bacio che ebbe la capacità di isolarli dal resto del mondo. Poi, però, il corvino interruppe quel contatto “Ti porterò ovunque ma, ti prego, evitiamo l’Australia! È piena di surfisti palestrati e non li sopporto!” lei scoppiò a ridere facendo un cenno affermativo con la testa mentre afferrava il colletto della sua camicia e lo attirava nuovamente a sé.

-*-

Due mesi dopo erano pronti per partire. Avevano stabilito di andare nell’aeroporto più vicino e da lì decidere quale sarebbe stata la loro prima meta. Nessun piano, nessun percorso. Solo loro due per tutto il tempo che avrebbero deciso di stare via. I soldi non mancavano dato che i Salvatore avevano messo da parte una vera fortuna nei decenni e per Jane fu una cosa fantastica, non doversi preoccupare di quell’aspetto una volta tanto. Stava cercando il modo di convincere Damon a fare tappa a New Orleans. Voleva rivedere Nik e parlare con lui di alcune questioni. Nell’ultimo periodo infatti aveva fatto un po’ di ricerche ed era arrivata alla conclusione che Monique fosse in qualche modo imparentata con la Signora Brown del negozio di fiori, ma sperava di avere qualche informazione in più dall’Originale. In più era curiosa di conoscere come fosse la vita all’interno dell’impero di Klaus Mickaelson. Tyler aveva informato il suo Alfa appena la situazione con Jane era stata sistemata ed era stato l’Originale in persona ad averla invitata nel suo territorio, quindi sarebbe stato scortese non accettare l’invito. Damon se ne sarebbe dovuto fare una ragione… E poi a New Orleans c’era una strada dedicata al Bourbon, il corvino l’avrebbe amata.

Quando fu il momento di partire, non mancarono le lacrime di Caroline che era estremamente emotiva e qualche raccomandazione da parte di Stefan che non si fidava ancora appieno del fratello. Salutarono tutti con abbracci e baci, persino Damon si lasciò stringere dal fratello. Promisero di tornare per il diploma (Jane ormai ci aveva rinunciato: aveva l’eternità davanti a sé per prendere quel maledetto pezzo di carta) e saltarono sulla Camaro azzurra pronti per una nuova avventura che, speravano, non avrebbe implicato la morte di nessuno.

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Capitolo 72
*** Epilogo ***


5 anni dopo


Jane parcheggiò la Camaro davanti all’ingresso della pensione Salvatore. Tirò il freno a mano e smontò afferrando il borsone che aveva lasciato sul sedile del passeggero. Aprì il portone mentre si levava gli occhiali da sole. “C’è nessuno?” domandò iniziando a guardarsi attorno. Lasciò cadere il bagaglio e si avviò verso la cucina.

“Bentornata!” urlò un gruppetto di gente in salone. Per poco la vampira non staccò la testa alla cosa che aveva più vicina: Caroline. “Ma che cavolo?!” esclamò passando in rassegna i presenti. C’era Bonnie, accanto a Lorenzo St. John: il vampiro che aveva perseguitato gli incubi di Damon e Jane per il periodo in cui erano stati uniti dal legame. Era comparso un paio di anni prima con l’intento di uccidere il corvino per averlo lasciato in quella casa in fiamme ma poi, per varie circostanze, si erano rappacificati e il nuovo membro della combriccola si era perdutamente innamorato della strega Bennet.

Poi c’era Alaric. Lui sembrava sempre il solito però aveva conosciuto qualche mese prima una donna che forse finalmente lo avrebbe allontanato dal bancone del Mystic Grill. Jane lo sperava per il suo fegato. Ma sapeva anche che “bere un bicchiere al Grill” era il modo che avevano sia il professore che Damon per parlare dei loro problemi. Ed erano sempre molti.

Jane passò ad osservare la coppia che un po’ invidiava, dato che sembravano sempre perfetti e mai in disaccordo. Elena e Stefan erano la rappresentazione dell’armonia. La giovane era stata trasformata in vampiro tre anni prima per un incidente stradale dopo che aveva ingerito un po’ di sangue del suo ragazzo. Per lei la transizione era stata un po’ più complicata rispetto a quella di Jane, ma ne era uscita ed ora risplendeva di gioia.

Caroline era sola alla festicciola di bentornato. Lei e Tyler si erano lasciati poco prima del diploma: troppo pericoloso continuare la loro storia e poi lui era stato richiamato a New Orleans da Klaus per questioni da lupi di cui nessuno voleva sapere qualcosa. La bionda però sembrava raggiante nel suo completino lilla e fu la prima ad abbracciare la vampira appena tornata.

L’ultimo viaggio, Jane aveva deciso di farlo in solitaria. Aveva seguito l’ennesima pista su suo padre, non ancora stanca di fare sempre buchi nell’acqua. Nik le aveva dato quelle poche informazioni di cui era a conoscenza ma lei aveva comunque deciso di provare a cercarlo. Le sembrava che una parte della sua vita fosse ancora un mistero e si sentiva, in qualche modo, incompleta. Quella disperata ricerca non fece che portare dissapori tra lei e Damon. Anche per quello era partita per il Madagascar da sola. Inutile dire che non avesse trovato nulla nemmeno quella volta. E quella sarebbe stata l’ultima. Non voleva più sprecare tempo a cercare qualcuno che non la voleva.

Si guardò attorno, alla ricerca del suo compagno, ma di lui non c’era traccia. Stefan sembrò capire chi stesse cercando, così le fece un cenno verso l’altro “È di sopra.” Lo ringraziò con gli occhi e si affrettò su per le scale. Quando fu davanti alla porta della loro stanza bussò timorosa. Nessuno rispose così aprì e si affacciò “Ciao. Sono tornata.” entrò e si richiuse l’uscio alle spalle. “Lo vedo. – rispose atono il corvino – Come è andata la ricerca?” sapevano entrambi che non gliene importava nulla ma Jane apprezzò il tentativo. Si sedette accanto a lui sul letto “Male. Ho trovato soltanto altre domande e ancora non so nemmeno che faccia abbia. Ci rinuncio. – fece un verso infastidito, più dal silenzio di Damon che dal non avere ottenuto risposte – Sono stata una stupida, Damon. Lo so! Ho passato gli ultimi tempi a cercare un fantasma. Probabilmente è morto chissà quanto tempo fa e io ancora lo cerco! - si passò le mani fra i capelli – So che sei arrabbiato, fai bene… ma questo mese passato lontano da te mi ha ricordato una cosa che avrei dovuto non dimenticare mai… Sei tu l’unica famiglia di cui ho bisogno. – gli prese le mani e lo costrinse a guardarla – Ho rischiato così tante volte la vita per te e ti ho salvato così spesso perché senza di te non potevo vivere! E mi sento un’idiota per averlo dimenticato, anche se solo per poco.” Bene, tutto quello che aveva da dirgli, lo aveva detto. Ora toccava a lui.

“Non sono arrabbiato con te perché volevi trovare tuo padre. Sono arrabbiato perché è chiaro che tu non mi voglia con te in questa ricerca!” Damon si alzò di scatto “Cosa?! Ma se siamo andati persino in Alaska assieme!” Jane lo seguì alterandosi “Sì, certo! E mi hai praticamente parcheggiato in quella baita!” lei lo guardò spiazzata. Perché non si era accorta di nulla? Perché era così concentrata sul trovare un fantasma da dimenticarsi di avere qualcuno che la amava così tanto? Gli si avvicinò, posandogli una mano sulle spalle “Mi dispiace. Non me n’ero accorta… - sussurrò massaggiandogli la zona nel tentativo di allentare la tensione – Perché non ce ne torniamo ad Antigua? Potremmo isolarci per un po’ noi due… da soli, con la spiaggia e il mare tutto per noi. Sono quasi sicura che quella casetta in riva al mare sia ancora libera.” Si portò davanti al corvino e gli prese il viso fra le mani. Lui sembrò sciogliersi un po’ sotto quel tocco e un leggero sorriso fece capolino “Lo sai che non so dirti di no quando si tratta di nasconderci da qualche parte, solo noi due! - la attirò a sé e le intrappolò le labbra con un bacio appassionato – E poi la spiaggia al tramonto è uno sfondo perfetto per fare una domanda specifica…” lasciò la frase in sospeso, attendendo una qualche reazione della sua compagna.

Lei lo guardò indagatrice “Non stai dicendo seriamente, vero? Abbiamo appena fatto pace dopo un mese di silenzio…” erano sicuri che quella fosse una scelta saggia? Damon forse aveva perso qualche rotella in quel mese di lontananza… Ma non sembrava così, anzi. “Perché no?! Litigare e fare pace era all’ordine del giorno fin da subito fra di noi. Io ti amo, tu ami me. Perché non sposarci?” Jane ragionò per un attimo su quella idea. Non ci aveva ancora mai pensato ma il corvino aveva ragione: si amavano, quello era l’importante. Sorrise entusiasta, facendo un cenno affermativo deciso “Sì, sì! Hai ragione. Io ti amo e tu mi ami. Facciamolo! Sposiamoci!” gli saltò al collo e ricominciò a baciarlo, trasportata da quella nuova avventura che avrebbero fatto assieme. Si staccò solo per un attimo “Me lo richiederai sulla spiaggia al tramonto, vero?!” lo sguardo fintamente minaccioso lo fece scoppiare a ridere “Oh no, tesoro! Sarai tu a metterti in ginocchio la prossima volta!”






Angolo autrice
Ebbene sì, cari lettori, siamo giunti al termine di quest'avventura che è durata anni. 
Ringrazio chiunque abbia avuto la pazienza di arrivare fino alla fine e mi piacerebbe leggere qualche recensione (anche se non lo spero troppo, visto che siete sempre tutti così taciturni)


Un caro saluto
Lisi

 

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