Halloween: confini sottili

di Najara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***



Capitolo 1
*** Parte I ***


Halloween: confini sottili

 

 

Parte I

 

L’uomo si tese in avanti, gli occhi fissi nei suoi. Kara trattenne il respiro, mentre l’uomo alzava la mano e le sfiorava l’orecchio.

“Cos’abbiamo qua?” Domandò lui con un sorriso sulle labbra stringendo tra le mani una brillante moneta e tendendogliela. “Tenetela stretta o scapperà di nuovo via.” Affermò tirandosi indietro. Kara rise stringendo tra le mani il piccolo gettone dorato.

Lena, seduta accanto a lei sorrise. Quanto le era mancata Kara? Quanto le era mancata quella risata, spontanea e genuina? Quella capacità di sorprendersi e di meravigliarsi che la ragazza non aveva abbandonato con la maggiore età?

“Oh, dobbiamo assolutamente assumere anche lui!” Esclamò Kara uscendo dalla piccola stanza in cui avevano seguito la performance del mago.

“Lo hai detto ogni volta, Kara, per ogni performer.” Le ricordò lei, sorridendo.

È vero…” Ammise la ragazza. “Ma non è colpa mia se sono tutti così bravi!”

“Non immaginavo che questo genere di cose ti piacesse così tanto.” Commentò lei, mentre percorrevano i corridoi dirigendosi verso l’uscita, oltrepassando oggetti di scena e carrelli pieni di abiti ricoperti da stelle e paillettes.

“La magia è così… piena di sorprese!” Affermò allora Kara, gli occhi che brillavano. Lena la osservò per un istante, beandosi del suo buon umore. Erano mesi che era terribilmente chiusa e imbronciata, malgrado fosse sempre gentile con lei, mesi che declinava i suoi inviti con qualche scusa, ma ora le cose stavano tornando alla normalità e vederla così felice valeva il pomeriggio perso in un compito che avrebbe potuto assegnare a chiunque altro o semplicemente decidere a tavolino.

“Allora li faremo venire tutti.” Acconsentì.

Kara ruotò lo sguardo su di lei e la fissò con occhi sgranati.

“Davvero?” Chiese, poi scosse la testa. “No, non possiamo… costerebbe davvero troppo e non voglio che…”

“Vogliamo che sia il miglior party di Halloween che la CatCo abbia mai visto, giusto? Divideremo la sala in angoli con temi diversi, ognuna di esse avrà un performer unico e con uno spettacolo interattivo adatto al tema.” Dichiarò e sorrise nel vedere gli occhi di Kara illuminarsi.

“Oh sarebbe bellissimo!” Ammise la giovane, lasciandosi convincere con estrema facilità. “I due contorsionisti potrebbero andare con ragni e ragnatele, l’illusionista con i fantasmi, il lettore della mente con i vampiri e il mago… con le streghe e altre cose spaventose, invece di monete dalle orecchie potrebbe estrarre caramelle!” Lena rise e Kara la imitò. “Grazie.” Mormorò, poi, osservandola un poco di sottecchi.

“E di cosa?” Chiese lei, agitando la mano. “Sono io a doverti ringraziare per avermi accompagnato.” Affermò, anche se entrambe sapevano che Lena aveva deciso di occupare così il pomeriggio solo per Kara.

“Grazie di non avermi lasciato andare e di aver lottato per… la nostra amicizia.” Mormorò lei, piano.

Lena abbassò lo sguardo.

“Vali ogni sforzo, Kara.” Affermò, delicatamente.

Rimasero in silenzio, camminando una accanto all’altra, tra loro vi era una nuova serenità, una nuova calma dopo quelle parole. Lavorare assieme presentava delle tensioni a volte, ma la loro amicizia era forte e non mancava mai la comunicazione tra di loro. Lena ne era felice, non le era mai successo di poter essere completamente se stessa… evitò di pensare a un piccolo dettaglio, un sentimento forte che non riusciva sempre a nascondere e che Kara non doveva scoprire.

“Oh! Guarda!” Disse, piena di entusiasmo, Kara indicando la scritta attaccata alla porta che stavano oltrepassando.

“No.” Affermò decisa Lena.

“Sì!” Esclamò invece Kara, un ampio sorriso sulle labbra.

“Hai messo il veto all’ipnotista, io metto il veto alla lettura delle carte!” Kara fece una smorfia a quelle parole decise.

“Non volevo vedere l’ipnotista perché Clark ha avuto una pessima esperienza una volta e non volevo rischiare.” Spiegò.

“Clark Kent?” Chiese Lena, chiedendosi, non per la prima volta, che rapporti avessero i due reporter, Kara ne parlava ogni tanto come se fosse un parente e altre come se fosse solo un collega.

“Sì.”

Dal corridoio spuntò una donna dai lunghi capelli neri, sciolti sulle spalle, e brillanti occhi verdi.

“Buon pomeriggio.” Disse scrutandole e sfiorandosi l’alto cappello a cilindro con mani guantate di bianco. Non aveva l’aria di una lettrice delle carte, quanto meno Lena non ne aveva mai vista una in un elegante giacca nera, camicia bianca, papillon argento in tono con il gilet e… lunghi stivali neri. “Stavate aspettando me?” Chiese. Lena la guardò sorpresa, o si era dimenticata la gonna o quella era la tenuta di una maga sexy più che di una lettrice di carte.

“No.” Rispose lei.

“Sì!” Esclamò invece entusiasta Kara. Lena le lanciò un’occhiataccia.

“Solo una carta dunque.” Affermò la donna, gli occhi che brillavano, agitò la mano prima che Lena potesse protestare e tese a Kara una carta. “La Forza.” Affermò. “Coraggio e sicurezza, forza interiore e disciplina.” La giovane sorrise fiera a quelle parole.

“Dai Lena, una per te, solo una!” Chiese e Lena cedette davanti al suo sguardo da cucciolo.

“Va bene.” Accettò. La donna la guardò un istante, poi fece svolazzare la mano e tra le sue dita comparve una seconda carta. Kara sorrise entusiasta.

“L’Imperatrice.” Spiegò. “Abbondanza e intelligenza, ambizione e capacità.”

“Questo era facile.” Affermò Lena, pentendosi subito delle sue parole quando vide gli occhi dell’elegante donna dardeggiare di divertimento e una seconda carta apparire tra le sue dita, una carta tesa a Kara.

“Gli Amanti.” La ragazza corrugò la fronte e Lena strinse le labbra conscia della strada che i pensieri di Kara stavano prendendo. “Incertezza nell’amore, desideri inespressi.” Gli occhi della donna saettarono di nuovo su Lena e una carta si materializzò nella sua mano.

Kara sbiancò nel vederne apparire l’immagine e Lena strinse i denti ricordando perché detestava quelle cose e ripetendosi che lei era una donna di scienza e che non credeva in quelle sciocchezze.

“La Morte.” Decretò con tono serio la maga. “Rinascita, spiritualità… cambiamenti.”

“Basta.” Era stata Kara a intervenire, decisa.

La donna piegò il capo e le carte che ancora stringeva tra le dita sparirono.

“Perdonatemi, avevamo detto solo una carta.” Disse, ma i suoi occhi non sembravano contenere nessun rimorso. “Permettetemi di fare ammenda.” La donna fece svolazzare la sua giacca dalle lunghe code nere e nelle sue mani comparve una piccola fiala. “Un filtro magico.”

“Non abbiamo bisogno di nessun filtro…”

“Paura di un po’ di sciroppo colorato?” Domandò la donna e sorrise nel vedere la mascella di Lena contrarsi. “Sa di fragola.” Aggiunse la donna, poi fece un occhiolino a Kara e le tese la fialetta. “Alla più coraggiosa.”

“Cosa dovrebbe fare?” Chiese Kara dubbiosa per una volta.

“Oh… molte cose o nulla… dipende.” Di nuovo sorrise fissando Lena con occhi brillanti di divertimento. Kara l’aprì e ne bevve un sorso.

“Sa di fragola.” Confermò e poi la tese a Lena.

“Non crederai che io beva qualcosa di cui non conosco l’origine?” Chiese la donna e la maga si strinse nelle spalle.

“A volte la scienza non è tutto, miss Luthor, a volte i cambiamenti possono essere accolti.”

“Oh, va bene, è solo un gioco.” Decise, prese la fialetta dalle dita di Kara e bevve il secondo sorso che conteneva. Era dolce e sapeva, decisamente, di fragola.

Quando riabbassò il capo lei e Kara erano sole.

“Dov’è finita?” Chiese, sorpresa, si era distratta solo un istante. Kara ruotò la testa sorpresa a sua volta.

“Oh… io… non lo so.” Ammise, poi sorrise. “Magia!”

Lena fece una faccia scettica, ma si rilassò nel rendersi conto che quell’incontro strano non aveva intaccato il buon umore di Kara.

“Quella pozione mi ha ricordato quei dolcetti alla fragola che ti piacciono, ricordi? Li abbiamo mangiati in quella pasticceria sulla tredicesima…”

“Sì, ricordo, a te non erano piaciuti.”

“Vero, a me non piacciono molto le fragole… ma c’erano dei pasticcini ripieni di crema che erano deliziosi!”

Lena sorrise nel vedere gli occhi di Kara brillare.

“Mi sembra che dopo tutto questo lavoro ci meritiamo un po’ di riposo.” Kara ridacchiò divertita, poi la sua espressione cambiò come se avesse appena ricordato qualcosa.

“Non abbiamo chiesto alla donna come si chiamava! Sarebbe stata perfetta al tuo party!”

“Se ti è piaciuta chiederemo anche di lei, dubito che siano in molte ad andare in giro vestite così…”

“Mi è piaciuto il suo filtro.” Ammise Kara e lanciò uno sguardo divertito a Lena che rise lasciando che la tensione per quelle ultime due carte se ne andasse via.

Quando, varie ore dopo, Jess la informò che aveva preso gli accordi necessari con la compagnia che gestiva tutti gli artisti che avevano conosciuto quel pomeriggio, rimase solo un poco stupita che, nessuno, avesse saputo dire chi era la donna che avevano incontrato nel corridoio. Non importava, avevano abbastanza artisti per riempire il salone in cui, da lì a una settimana, si sarebbe svolto il party di Halloween della CatCo. Il primo evento che veniva organizzato da quando lei era diventata la socia maggioritaria della compagnia, un evento che avrebbe dovuto essere memorabile, ma non stravagante, sofisticato, ma non noioso… sperava davvero che avrebbe funzionato.

 

***

 

Kara si guardò attorno con occhi meravigliati, i decoratori che Lena aveva ingaggiato stavano facendo un lavoro meraviglioso, dando forma a quello che lei aveva immaginato quasi per gioco.

“Vi piace, miss Danvers?” Chiese Jess avvicinandosi a lei.

“Sarà bellissimo.” Confermò, gli occhi che brillavano, nell’osservare i tecnici montare le luci e aggiungere ragnatele, scheletri e zucche.

“Lo spero.” Commentò Jess.

“Vi serviva il mio aiuto per…?” Chiese Kara ricordandosi perché fosse lì.

“Sì, miss Luthor vorrebbe che confermaste il menù per il buffet.” Tutta l’attenzione di Kara tornò alla donna alla sola menzione di un buffet. “Avrei mandato una mail, ma visto che eravate solo al piano superiore e che volevo anche un parere su come stesse venendo la sala…” La donna si strinse nelle spalle e Kara annuì confermando l’ottima decisione, mentre la donna le passava il tablet e lei iniziava a sentire lo stomaco borbottare nel leggere ciò che prevedeva il menù.

Kara sorrise.

“Ha preparato Lena il menù, non è vero?” Chiese, riconoscendo tutti i suoi piatti preferiti.

“Sì.” Confermò la donna.

“Mi sembra tutto perfetto.” Affermò allora lei decisa e Jess annuì soddisfatta, inviando la conferma al catering.

“Sarà una sera magica!” Dichiarò con gioia Kara.

 

Supergirl, dietro di te!” Kara schivò e poi ruotò su se stessa, afferrò l’alieno e lo congelò quanto bastava per bloccare la crescita di ulteriori arti, poi gli diede un pugno che lo mandò nel mondo dei sogni.

“Ottimo lavoro.” Kara afferrò l’alieno svenuto e volò al DEO per poi lanciarlo in tutta fretta in una cella.

“Come mai così di fretta?” Le chiese Winn ne vederla tornare di corsa nel centro operativo. “Alex ti porta a fare dolcetto e scherzetto?” Chiese ridacchiando all’idea.

“La festa alla CatCo! Ho promesso a Lena di arrivare un po’ prima per aiutarla con gli ospiti e non voglio essere in ritardo!”

“Il sole non è ancora tramontato, non sei in ritardo. Sono solo le sei.” Le venne incontro Winn. Kara osservò i riflessi rossi che si infrangevano sui vetri dell’edificio e fece una smorfia. Peccato che in ottobre il sole tramontasse alle sei e il party sarebbe cominciato esattamente alle sei!

“Ci vediamo lì.” Affermò Kara, lanciandosi verso l’alto, i raggi del sole la avvolsero, gli ultimi, pochi istanti, mentre lei ancora volava nel cielo, e il sole sparì nell’oceano tinto di oro e rosa.

Il senso di urgenza divenne improvvisamente pressante, tanto da farla annaspare e così la paura, una paura intensa che stringeva il suo cuore in una morsa, ma non paura per se stessa...

Sbatté gli occhi confusa, mentre si ritrovava ad osservare non il sole tramontare sull’oceano di fronte a National City, ma una piccola baia con una nave.

Scosse la testa e la sensazione sparì così come quella insolita immagine. Confusa si lanciò verso casa, entrando nel suo appartamento con appena un senso di vertigine.

Doveva essere stato causato dal suo scontro con quell’alieno bizzarro. Kara si morse il labbro indecisa, poteva tornare al DEO e fare una serie completa di analisi, perdendo ore, o sperare che fosse solo un episodio e andare alla festa che Lena aveva organizzato.

Sei mesi aveva passato cercando di allontanare la giovane, perché… perché averla accanto la faceva sorridere e stare bene e lei non voleva sentirsi bene, lei doveva soffrire, altrimenti… smise di seguire quel corso di pensieri e decise che non avrebbe abbandonato Lena, aveva fatto una promessa alla donna e l’avrebbe mantenuta, una piccola allucinazione non l’avrebbe fermata.

Rapida sfilò il costume da Supergirl e indossò l’abito che aveva scelto per quella sera, si concesse un istante per osservare il vestitino dal corpetto azzurro scuro e dalla gonna corta, composta da strati di veli di un azzurro chiaro, ruotò le spalle osservando le ali quasi trasparenti della stessa tonalità. Soddisfatta raccolse i cappelli in uno chignon alto e li fissò con una coroncina di fiori.

Avrebbe sorriso allo specchio se non fosse stato per quel senso di ansia, che la spingeva a muoversi in fretta.

Afferrò una borsetta ricoperta di palliettes, perfetta per il suo abito da fatina, e uscì di corsa dal suo appartamento.

Una decina di minuti dopo entrava alla CatCo. Salutò la guardia all’ingresso e salì in fretta le scale, il salone della festa era poco distante, si udiva già una debole musica e il vociare dei primi ospiti. Era in ritardo. Di nuovo fu assalita da un intenso senso di ansia. Quasi corse nell’attraversare l’ultimo corridoio, spalancò la porta e i suoi occhi corsero lungo la stanza ignari delle splendide decorazioni, degli artisti che eseguivano i primi numeri, del lungo tavolo con il buffet, alla ricerca di qualcosa, di qualcuno.

Non sapeva cosa le stava succedendo, tutto quello che aveva importanza ora era…

“Lei.” Mormorò e i suoi occhi si fermarono su Lena. La donna stava chiacchierando con James e altri due reporter. Aveva indossato un abito nero che le arrivava appena sotto al ginocchio, una cintura evidenziava la vita, mentre il decolté era composto da strisce di tessuto nero, che ricordavano una ragnatela, le maniche corte del vestito erano trasparenti, avrebbe potuto essere solo uno dei suoi soliti eleganti abiti, ma, tra le mani Lena, teneva un cappello a punta, che chiaramente non aveva intenzione di indossare. Kara sorrise, mentre il suo cuore si riempiva di gioia. Stava bene, tutto era al suo posto.

Eppure, mentre guardava ammirata la donna, non poté fare a meno di notare come stringeva le dita attorno al cappello e come vi fosse una piccola contrazione sulla sua fronte, come se qualcosa non andasse, come se… soffrisse.

Di nuovo fu presa da un senso d’ansia, fece un passo avanti e Lena alzò gli occhi incontrando i suoi.

Il cambiamento fu quasi spettacolare. Il viso della donna si illuminò e ogni traccia di disagio scomparve. Kara fu riempita da un senso di benessere, di gioia e di felicità.

Eccolo: il sorriso più bello del mondo diede nuova luce al viso di Lena, mentre camminavano una verso l’altra. Oh, quanto l’amava!

Sbatté gli occhi confusa da quel pensiero, da quelle sensazioni così…

Il telefono suonò e lei abbassò gli occhi sulla borsetta, quando alzò lo sguardo sul viso di Lena vi era un’espressione confusa. La donna si voltò osservando il gruppetto che aveva appena lasciato. Kara la imitò e notò subito lo sguardo perplesso di James e dei due reporter.

Prima che potesse dare un senso o riflettere ulteriormente sulla cosa il cellulare richiese, con un ulteriore squillo, la sua attenzione. Estrasse il telefono e corrugò la fronte nel vedere il nome terrestre di Kal.

“Pronto?” Disse, preoccupata.

“Kara! Stai bene?” Chiese subito Clark, un tono teso che non era comune in lui.

“Sì… sì, credo di sì. Cosa succede?”

“Non lo so!” Il tono di suo cugino era frustrato ora. “Ho parlato con Zatanna, mi ha fatto due o tre allusioni su di te e mi sono preoccupato.”

“La maga con cui hai lavorato ogni tanto?” Kara stava cercando di ricordare qualcosa riguardo alla donna, non era una nemica di Superman, anche se ogni tanto il suo modo di aiutare era discutibile. Improvvisamente un’altra maga le venne in mente e Kara si sbatté la mano sulla fronte. “Oh!”

“Oh?” Intervenne subito Kal, di nuovo teso.

“Io… credo di averla incontrata, non l’ho riconosciuta, ma ora che ci penso…”

“Cosa ti ha fatto?” Domandò il giovane.

“Nulla, ha tirato due carte per me e due per Lena, le ultime non erano gentili così le ho chiesto di smettere e lei si è fatta perdonare con un filtro…”

“Sì?” La spinse a continuare Kal, Kara, però, aveva posato di nuovo lo sguardo su Lena che ora stava parlando con Jess, ma, sentendosi osservata, alzò gli occhi su di lei e sorrise. Di nuovo percepì qual senso di sollievo nel vederla al sicuro e di nuovo non poté fare a meno di pensare che era la più bella donna… no, il più bel essere umano che avesse mai visto in tutta la sua vita e lei avrebbe tanto voluto raggiungerla, prenderla tra le braccia e… si rese conto di aver fatto qualche passo solo quando udì Kal che la chiamava dal telefono.

“Kara?”

“Sì.” Rispose, gli occhi sgranati. “Ci ha dato una pozione, doveva contenere qualche allucinogeno.”

“Non sembra essere nel suo stile, non ne vedrei il motivo, sono sicuro che non vuole farti del male…” Disse però titubante Kal.

“Cosa ti ha detto Zatanna, di preciso?”

“Qualcosa riguardo alla necessità che avevi di aprire gli occhi sul passato e sul presente, che aveva deciso di farti un regalo e che questa notte di Halloween sarebbe stata una notte da ricordare.” Spiegò il giovane.

“Sai dove posso trovarla? Devo parlarle, deve far smettere questa cosa, subito.” Kara percepì il panico nel suo tono.

“Proverò a contattarla, non è una facile da trovare, ma troverò un modo, intanto tu… fai attenzione, va bene?”

“Grazie.” Sospirò Kara, poi il suo cuore ebbe un balzo quando rialzò lo sguardo e si ritrovò ad osservare gli splendidi occhi di Lena.

“Tu…” Mormorò la donna, alzando la mano e accarezzandole il volto. “Sei qui.” Disse e Kara non poté fare a meno di bearsi di quella dolce carezza.

“Stai bene.” Disse, con un senso di sollievo. “Credevo… credevo…” Non lo sapeva, non ne era sicura. “Che ti avessi persa per sempre.”

Lena scosse la testa, era confusa a sua volta, lo si vedeva nel suo sguardo, poi i suoi occhi tornarono su di lei e la donna sorrise.

“Sono qui.” Affermò, quasi come se cercasse di convincere se stessa e lei allo stesso tempo.

La stanza attorno a Kara iniziò a cambiare, a muoversi, mentre lei e Lena erano immobili, come se i loro piedi fossero ancora in un mondo che mutava.

Improvvisamente stava danzando, sentiva la musica moderna e al contempo nelle sue orecchie vi erano ritmi di un altro tempo. Sbatté le palpebre e fu in un altro luogo.

 

La musica smise di riempire l’aria e lei si inchinò. Era annoiata. Rapida evitò l’uomo che si stava avvicinando nel chiaro intento di chiederle un’altra danza, salutò il notabile del castello con un cenno della testa, ruotò dietro ad una colonna per evitare lo sguardo di suo padre e si infilò in cucina, sfruttando un gruppo di servitori che ne stavano uscendo con un vassoio ricolmo di cacciagione. Afferrò un piccolo vassoio di dolci e si infilò nella dispensa, lì non avrebbe dato fastidio e avrebbe potuto godersi qualche minuto di pace.

Distratta dalla decisione di quale dolcetto mangiare per primo non si rese conto di non essere sola nella dispensa, se non quando un braccio la afferrò e una mano si posò sulla sua bocca soffocando il suo gridolino sorpreso.

 

“Ehi, Kara, sei arrivata?” James si fece avanti, lanciando loro uno sguardo perplesso.

Kara sbatté gli occhi riscuotendosi, cos’era successo? Cosa le aveva detto Lena? Solo un’istante prima lei era…

“Sì…?” Il giovane la fissò ancora più confuso dalla sua risposta che sembrava più una domanda.

“Ehm… allora: una fata e una strega, vi siete messe d’accordo?” Tentò di nuovo, passando lo sguardo da Kara e Lena. Lei seguì il suo sguardo e notò gli occhi confusi di Lena, anche lei sembrò fare fatica a connettersi con quello che James stava dicendo.

“Sì.” Affermò alla fine la donna. “Si può dire così, anche se in realtà Kara mi ha obbligata a indossare un costume e alla fine abbiamo concordato per qualcosa di… accettabile.” Lena sembrava aver ripreso il controllo della situazione, ma di nuovo, sulla sua fronte, era apparsa quella piccola ruga, come se avesse mal di testa.

Kara rivolse la sua attenzione a James, che aveva un lungo mantello e un abito elegante, probabilmente voleva essere un vampiro.

È Halloween!” Dichiarò. “Bisogna travestirsi!” Sì, era alla festa di Halloween della CatCo. Qualsiasi cosa le avesse fatto Zatanna doveva indurre strane allucinazioni.

“Avrei potuto indossare quell’abito che mi fa sembrare una zucca gigante…” Affermò Lena e Kara fece ruotare gli occhi, lasciando da parte i suoi problemi con la maga.

“Quell’abito ti sta a meraviglia!” Protestò. Gli occhi di Lena scivolarono di nuovo su di lei, luminosi e pieni di…

Eccola di nuovo, quella sensazione di profonda gioia nel vedersi oggetto di quello sguardo, fonte di quel brillare.

 

Entrò nella dispensa con un ampio sorriso che le illuminava il viso.

“Buonasera, baronessa.” La salutò la donna seduta tra i sacchi di farina, un libro appoggiato sulle gambe.

Si morse il labbro.

“Da quanto lo sai?” Chiese, leggermente rossa in volto, preoccupata.

“Non era un gran segreto.” Dichiarò la giovane chiudendo il libro.

“Cambia qualcosa?” Domandò allora lei, osservandola timorosa. Le noiose feste che suo padre organizzava ogni fine settimana erano diventate qualcosa da attendere, grazie ai suoi incontri con la giovane, a quei momenti rubati nelle cucine in cui ridevano, scherzavano e, fino alla settimana precedente, prendevano in giro la misteriosa e invisibile figlia del barone.

 La donna sollevò il sopracciglio e sorrise.

“Cambia qualcosa?” Le chiese e lei scosse la testa per poi sorridere felice.

“No. Cosa stai leggendo?” Domandò poi, sedendosi accanto a lei il cuore più leggero.

 

Ohhhh.” Mugugnò, sorprendendo James, mentre Lena scuoteva la testa come se scacciasse qualcosa dai suoi pensieri. “Devo… andare via.” Affermò, poi, prima che gli altri due potessero protestare, si allontanò, ma non prima di vedere un lampo di delusione negli occhi di Lena e provare un senso di vergogna. Sentì che la stava abbandonando, di nuovo, che la stava lasciando al suo destino e non provava neppure a lottare.

Spinse via quella sensazione e si inoltrò nella stanza sperando di sparire tra le ombre create dai decoratori o tra le folla sempre più grande di impiegati della CatCo.

 

“Ehi, Kara, ti senti bene?” Si era nascosta tra le fitte ombre create da un ragno gigantesco, ma a quanto pare non era il posto migliore.

“Sì, tutto bene.” Eve le lanciò uno sguardo perplesso, un mantello rosso che ondeggiava sulle sue spalle.

Kara sentì che doveva dire qualcosa al riguardo.

“Bello il tuo costume.” Affermò e la donna si illuminò.

“Mi sembrava perfetto con il colore dei miei capelli e poi ho pensato che sarebbe piaciuto a miss Luthor.” Spiegò e poi arrossì. “Non… non in quel senso… voglio dire che miss Luthor ammira moltissimo Supergirl e allora… mi sembrava appropriato… lei è una donna così meravigliosa!”

Kara annuì.

“Già…” Mormorò, provando di nuovo quel confuso senso di colpa che non riusciva a spiegarsi al quale si aggiunse l’imperativo di raggiungerla, di trovarla. Un’urgenza che aveva già provato due volte quella sera e che combatté, resistendovi.

“Credo sia la migliore capa che potessimo sperare! Non fraintendermi, Cat Grant è un mito, ma miss Luthor, insomma, sei fortunata ad essere sua amica.” Continuò la donna, gli occhi che scandagliavano la stanza alla ricerca della fonte della sua ammirazione.

“Sì, sono fortunata.” Ammise Kara. Sapeva di esserlo, perché Lena era speciale, in moltissimi modi. I suoi occhi seguirono quelli di Eve, alla ricerca di uno sguardo, uno sguardo che aveva saputo sincero fin dalla prima volta che lo aveva incontrato.

Un mago tagliò in due una ragazza della contabilità e ci fu un applauso, una mummia spuntò da una parete, facendo sobbalzare un gruppetto di reporter sportivi che risero con fragore, un contorsionista eseguì una figura quasi impossibile e un coro di oh premiò il suo sforzo. Gli occhi di Kara proseguirono, rapidi, fino a quando non incontrarono colei che cercava.

Lena era accanto a Jess che frugava nella sua borsa alla ricerca di qualcosa di cui evidentemente la donna necessitava, ma che dimenticò nel momento stesso in cui i loro sguardi si incontrarono. Un caldo senso di benessere scacciò via l’urgenza e la tensione, ogni cosa passò in secondo piano ora che Lena era di nuovo nel suo raggio visivo. Sorrise e fu avvolta da un profumo di fragole.

 

“Fragole?” Domandò la donna, sorpresa. “Dove hai trovato delle fragole?”

Shhh!” Le ricordò lei, sbirciando oltre la dispensa, preoccupata che qualcuno le sentisse, ma non c’era nessuno se non i cuochi consapevoli da sempre della loro presenza, ma leali a lei che avevano visto crescere.

Quando si voltò, la ragazza era vicinissima. Il suo cuore sobbalzò, sorpreso, e l’emozione si riverberò lungo tutto il suo corpo, come un’onda di calore. Da qualche tempo le succedeva, quando la giovane la sfiorava o si trovavano troppo vicine.

“Le ho trovate nel bosco.” Disse, le guance rosse, facendo un passo indietro e creando di nuovo uno spazio tra loro.

“Nel bosco…” Mormorò la donna che aveva una fragolina tra le dita e la faceva ruotare piano tra indice e pollice, gli occhi fissi su di lei. “Cosa ci facevi nel bosco?”

“Mi sembra ovvio… cercavo fragole.” Spiegò, ma quello sguardo su di lei era penetrante, intenso, come se volesse strapparle la verità.

“Non ti piacciono le fragole.” Commentò e lei annuì.

“Sono per te.” Ammise, fece un passo indietro e si ritrovò contro i sacchi di farina, incastrata. La ragazza sorrise, avvicinandosi di nuovo.

“Il tuo è stato davvero un pensiero gentile.” La sua voce si ruppe, sembrava essersi resa conto, solo in quel momento, di quanto fossero vicine.

Il suo cuore prese a battere veloce, tanto da toglierle il respiro, mentre le labbra della donna si avvicinavano e i suoi occhi la guardavano curiosi, timorosi e al contempo pieni di coraggio.

Un rumore le fece allontanare. Il segnale che la cuoca lanciava loro quando suo padre mandava qualcuno a cercarla.

Si mosse, per allontanarsi, ma la mano della giovane si strinse sul suo braccio trattenendola.

“Dopo il tramonto, nella radura.” Le bisbigliò, poi sorrise, un delicato rosa colorava la sua pelle perlacea. La donna prese le fragole e uscì, sparendo dalla sua vista.

Lei si accasciò sui sacchi di farina, incurante del rischio di farsi trovare lì. Non sapeva cos’era successo, ma il suo cuore batteva veloce e non riusciva a smettere di sorridere.

 

Sbatté le palpebre, sempre più confusa, cosa significavano quelle immagini, quelle sensazioni, quei sentimenti? Perché doveva vedere e sentire quelle cose? Non capiva…

Strinse i pugni e distolse lo sguardo da quello di Lena che sembrò riscuotersi e prendere il bicchiere che Jess le stava tendendo. Una cosa era certa, qualsiasi cosa fosse era legata a Lena.

Distolse lo sguardo da lei e si allontanò, prese l’ascensore e salì fino al piano degli uffici della CatCo.

Il grande stanzone, di solito pieno di attività e fermento, era vuoto. Kara avanzò tra le scrivania, notando appena le piccole decorazioni di Halloween sparse qua e là, scheletri aggrappati agli schermi dei computer, tazze a forma di zucca, boccali pieni di caramelle a forma di ragni o scorpioni.

I giorni prima aveva sorriso entusiasta davanti a quelle manifestazioni della festa d’autunno, ma ora non si sentiva proprio in vena di sorridere.

Prese il telefono tra le dita chiedendosi se chiamare di nuovo Kal, oppure, forse, avrebbe dovuto chiamare Alex o il DEO. Si appoggiò al balcone, incerta sul da farsi, i suoi piedi erano di piombo, le sembrava di aver fatto uno sforzo enorme anche solo nell’allontanarsi così tanto da Lena…

“Kara…?” La voce di Lena era titubante, ma fece accelerare subito il cuore a Kara. Si voltò appena, ma non la guardò, cercando di ricordare che i suoi sentimenti non erano quelli giusti, non erano i suoi, era tutto colpa di quella maga e di quella maledetta pozione!

“Ho fatto qualcosa che ti ha dato fastidio?”

“No, certo che no!” Esclamò, provando una fitta di rimorso nel sentire il tono teso e preoccupato di Lena. Questa volta si voltò e la guardò, mentre si tormentava le mani, un sorriso timido che nascondeva la confusione. “La festa è bellissima, ogni cosa è bellissima… tu sei bellissima.”

Kara arrossì e vide Lena sorridere un poco di più, ma abbassare gli occhi un delicato e soffuso rossore che colorava i suoi zigomi.

“Anche tu sei bellissima.” Questa volta alzò gli occhi nel dirlo, facendo incrociare i loro sguardi. La donna fece un passo avanti.

Kara fu di nuovo avvolta da quella calda sensazione di felicità. Le sue labbra si aprirono in un ampio sorriso, lasciò il telefono su di una scrivania, dimenticato, e si avvicinò a Lena, alzò la mano e osservò quella della giovane intrecciarsi alla sua. Il contatto la fece rabbrividire, era così giusto, così naturale e al contempo così nuovo!

Un contrasto che la sua mente faticava a comprendere, ma a cui il suo cuore non sembrava voler badare.

Un dolce profumo, fresco e delicato, giunse alle sue narici, Kara sbatté gli occhi e vide Lena corrugare la fronte.

Stava per succedere di nuovo.

 

 

 

Note: Rieccomi con una nuova piccola storia, divisa in due parti e, dal titolo dovreste averlo intuito, in onore di Halloween. ;-)

Cosa ne dite? Avete intuito cosa sta succedendo a Kara, cosa sono queste allucinazioni? E Lena? Starà vivendo qualcosa di simile? Fatemi sapere cosa ne pensate.

La storia è stata scritta utilizzando i prompt dell’iniziativa organizzata dal gruppo: LongLiveToTheFemslash.

 

 

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Capitolo 2
*** Parte II ***


Parte II

 

Kara assaporò l’aria sentendo in essa il profumo dei fiori e il dolce tepore lasciato da una calda giornata estiva. Poi ascoltò la gioia che la pervadeva, l’emozione e l’eccitazione, mescolata a un senso di euforico terrore.

Scese la ripida strada che, se avesse percorso al contrario l’avrebbe ricondotta al castello la cui ombra aveva da poco abbandonato. I suoi piedi trovarono un piccolo sentiero e la guidarono lungo la collina. Il buio non sembrava infastidirla, neanche quando si fece più fitto sotto le fronde degli alberi tra i quali si infilò. La sua mano accarezzò gli steli d’erba e lei raccolse un fiore, portandoselo al naso. Ispirò il dolce profumo, sorridendo, fino a quando non intravide una scura figura seduta in attesa. Il suo cuore prese a battere più veloce, ma i suoi passi non rallentarono.

“Credevo che non arrivassi più.” Dichiarò la donna, un ampio sorriso che cancellava tutta la severità nel suo tono. Kara sentì il cuore accelerare ancora, mentre gli occhi della donna si posavano su di lei. Li conosceva, oh sì, li aveva già visti! Poco importava la scarsa luce, poco importava se il volto a cui appartenevano era diverso, quegli occhi non li avrebbe confusi mai.

“Mio padre mi ha trattenuto dopo cena.” Spiegò. “Non è facile sgattaiolare via dal castello la notte.” Tese il fiore con timidezza e la donna sorrise ancora di più. La sua mano si avvolse, però, attorno al suo polso e lei fu gentilmente attirata verso la donna.

“È un bellissimo fiore, ma io non riesco a smettere di pensare a quello che è successo nella dispensa, questo pomeriggio…” Le mormorò, mentre le accarezzava il volto. Quella delicatezza, quel modo di sfiorarla, lo ricordava, lo riconosceva. “Oh meglio… quello che è quasi successo.”

Sentì le guance diventare rosse.

“Ecco… io… ehm… neanche io riesco a smettere di pensare a… te.” Si sentì dire e vide la sconosciuta sorridere con quel misto di speranza e timidezza che sembrava appartenere a una donna che lei conosceva, colei che aveva occhi uguali, ma volto diverso.

“Baciami…” Le mormorò la sconosciuta, vi fu un lampo di decisione nei suoi occhi e il cuore di Kara fece un balzo.

Le loro labbra si avvicinarono e finalmente si incontrarono.

 

Kara poteva chiaramente sentire tutte le emozioni di quel primo bacio e le pareva quasi di vederle riflesse anche negli occhi di Lena che le parlò, con voce delicata.

“Il mio destino sembrava segnato… credevo di non poterti vedere mai più, credevo di non poterti dire addio…” Lena si morse le labbra. “Credevo di non poterti baciare mai più. Eppure…”

“Sono qui, sei qui.” Kara percepiva di nuovo quel senso di sconnessione… come se fosse lì e anche altrove, come se tutto avesse senso eppure non ne avesse.

La ragazza allungò la mano libera e le sfiorò il viso con il dorso, accarezzando la sua guancia.

Ora era vicina, tanto che Kara poteva sentire il suo respiro infrangersi sulle proprie labbra, chiuse gli occhi e attese che le loro bocche si sfiorassero.

“Interrompo qualcosa?” La voce divertita di una donna fece sobbalzare entrambe. Kara si tirò indietro, le guance in fiamme, il cuore che sembrava voler saltare fuori dal suo petto.

“Voi?” Esclamò Lena.

“Io.” Confermò la donna. Era seduta sulla balaustra del balcone, incurante del vuoto dietro di lei, la gambe coperte solo dalla calza a rete ondeggiavano mentre dietro di lei, il vento faceva agitare le code nere del frac. La donna fece un saltello e atterrò sul balcone, eseguì un elegante inchino, sfilandosi il cappello a cilindro. “Zatanna Zatare, al vostro servizio.” Disse, lanciando uno sguardo divertito ad entrambe. “Un amico mi ha detto che volevi parlarmi.” Aggiunse poi, questa volta a Kara.

“Tu ci hai fatto bere una pozione…” Si bloccò arrossendo, non poteva dire una cosa simile dopo aver quasi baciato Lena… arrossì ancora al solo ricordo, alla sola idea.

“Era solo sciroppo di fragola.” Affermò però la donna agitando la mano.

“Non mentire! Qualcosa ci hai fatto!”

“Kara?” Domandò però Lena. “Di cosa stai parlando?”

“Quello che proviamo… non è normale.” Affermò e vide Lena sobbalzare, come se l’avesse colpita, come se la sua frase l’avesse ferita. “Oh…” Comprese. “No… non voglio dire che…” Si ingarbugliò nei pensieri. “Sarebbe normale, normalissimo.” Arrossì. “Ma non… non per noi… noi siamo amiche, sì, migliori amiche e… ed è tutta colpa sua se ora siamo confuse!” Guardò verso la maga, ancora più arrabbiata.

La donna alzò le mani in un evidente segno di resa, senza che il sorriso divertito sulle sue labbra diminuisse di un briciolo.

“Non ho il potere di far innamorare le persone, se è questo quello che credi. Quello che ho fatto è darvi la possibilità, per una notte, una notte speciale in cui i confini sono meno netti, di entrare in contatto con le vostre incarnazioni passate. Volevo darvi una mano ad intraprendere la giusta strada, la strada che ogni vostra incarnazione ha preso.”

“Di cosa sta parlando?” Domandò Lena.

“Permetti?” Chiese la donna, tendendo la mano. “Posso mostrartelo in maniera più chiara.”

“Non credo proprio.” Affermò Kara, frapponendosi tra Lena e la maga. “Non ti permetterò di peggiorare la situazione.”

“Non le farò del male, promesso.” La donna sorrideva. “Se vuoi posso farlo ad entrambe.” Una seconda mano fu tesa.

“Perché dovremmo acconsentire?” Domandò Kara incrociando le braccia, con aria decisa a resistere.

“Volete capire, giusto? Vi darò una spinta verso la comprensione.”

“Non voglio che…” Kara si interruppe, la mano di Lena si era posata sul suo braccio, mentre la donna si faceva avanti.

“Non so cosa stia succedendo, ma hai ragione, c’è qualcosa di strano. Ho un terribile mal di testa dal tramonto, mal di testa che sparisce quando parliamo o quando mi guardi e non sono sicura di sapere perché abbiamo detto certe cose e quello che ho visto…” Scosse la testa. “Se questa donna ci ha drogato, in qualche modo, allora dobbiamo andare da un medico, ma, prima, chiameremo la sicurezza.” Il tono di Lena era fermo, deciso.

La maga roteò gli occhi.

“E va bene, volevo essere gentile, ma, a questo punto, faremo a modo mio.”

Prima che Kara potesse muoversi la mano della donna era su quella di Lena, là dove la giovane Luthor ancora toccava il suo braccio.

 

Ora era in una stanza sontuosa, un letto a baldacchino sopra la testa, un corpo nudo stretto a sé. Il suo petto era pieno di gioia, pieno di incontenibile felicità, il suo cuore sembrava traboccare di estasi, nulla, nulla poteva essere più bello, più dolce, più meraviglioso di quello che lei aveva.

Abbassò il capo e si ritrovò a specchiarsi in due occhi limpidi come il cielo, indefinitamente verde azzurri, chiari come una goccia di rugiada. Le sue dita tracciarono i tratti di quel volto sconosciuto, con la delicatezza e la meraviglia di una prima volta.

“Sei bellissima.” Mormorò piano.

“E tu sei…” La porta si spalancò e il suo cuore sobbalzò, questa volta non di gioia, ma di paura. La sua porta avrebbe dovuto essere chiusa a chiave, nessuno avrebbe dovuto entrare nella sua stanza.

“Questo è un abominio!” Urlò un uomo afferrando la ragazza e trascinandola fuori dalle lenzuola.

“Lasciatela andare, padre!” Dichiarò lei, ergendosi in tutta la sua statura e fronteggiando l’uomo. Lo schiaffo la raggiunse con violenza facendole girare la testa, il suo labbro si spaccò sporcandole la guancia di sangue. La donna che un attimo prima lei stringeva tra le braccia si liberò dalla presa dell’uomo e si scagliò su di lui con rabbia.

“No!” Gemette Kara, ma gli occhi chiari della giovane ora contenevano solo furia, mentre colpiva il signore del castello, suo padre.

“Oh, la pagherai per questo, poco importa se tuo padre è il mercante più ricco della contea!” Affermò l’uomo afferrandola con più forza e urlando a dei servi di intervenire.

Il suo cuore sprofondò.

“Vi prego padre, vi prego, punite me!” Chiese, in ginocchio.

Kara richiusa in quel corpo si ribellò, non voleva soffrire ancora, non voleva perdere anche lei, non poteva!

 

Annaspò e si ritrovò in ginocchio, sul balcone della CatCo. Lena era stesa accanto a lei, gli occhi chiusi il battito accelerato.

“Fallo smettere!” Gemette guardando la maga che sorrideva compiaciuta di sé.

“Hai appreso la lezione?”

“Non voglio perdere anche Lena!” Rispose lei, senza neppure badare alla domanda. “Quell’illusione, non so da dove venisse, ma…”

“Illusione?” La interruppe Zatanna. “Quello era il tuo io passato.”

Kara scosse la testa, mentre stringeva la mano a Lena, incapace di credere alle parole della donna.

“Perché non torna anche Lena?” Chiese, spaventata dal pallore della giovane e dal suo cuore che batteva veloce.

“Perché lei non si è arresa. Lei non fugge.” La voce di Zatanna ora era decisa, seria. Kara alzò gli occhi su di lei.

“Io non fuggo!” Dichiarò.

“No? Eppure è quello che hai fatto negli ultimi mesi.”

“Ho capito che sbagliavo, che Alex, la mia famiglia, i miei amici sono qui per me, che posso e devo lasciare che…” La maga scuoteva la testa e lei si interruppe.

“Non parlo del dolore superficiale per la perdita di quel pisciasotto daxamite.” Nel vedere la sua espressione la donna aprì le mani in segno di resa. “Perdonami, lasciami riformulare: il nobile principe daxamite che sì è sacrificato, rimanendo su questo florido mondo, al sicuro al tuo fianco, lasciando la gloriosa guida del suo popolo, che si preparava alle fatiche della riconquista di un mondo distrutto, alla sua despotica e schiavista madre.”

Mon-El non…” Kara scosse la testa, non voleva parlare del ragazzo.

“Oh, andiamo, persino Clark ha fatto la faccia più vicina alla disapprovazione che io gli abbia mai visto sul volto, quando ha saputo della vostra relazione. Ti risparmio i commenti di Lois…” Ghignò la donna.

“Non…” Tentò di protestare ancora.

“Vero, non centra nulla, il daxamite non è mai centrato nulla. Quello di cui stiamo parlando, adesso, è che, stai fuggendo da Lena.”

“Non sto fuggendo da lei!” Replicò Kara, quello era un terreno più sicuro, rispetto a tutto il discorso Mon-El.

“Ripeto: perché lei è ancora lì sicura che arriverai, mentre tu sei qui? Perché lei crede ancora in voi, mentre tu l’hai abbandonata?”

“Non l’ho…” Si interruppe, ricordando l’immagine di Lena che veniva trascinata via davanti a i suoi occhi. “Non posso vederlo accadere di nuovo…”

“Cosa?” Chiese la maga con delicatezza questa volta.

“Non posso perderla, come ho perso il mio mondo, mia madre, i miei genitori, Astra…” Non aggiunse Mon-El, perché quel sordo peso sul petto non aveva nulla a che vedere con il ragazzo. Lasciarlo andare era stato così… facile. Il suo dolore derivava proprio da quello, dalla vergogna nel sentirsi quasi sollevata, liberata. Che razza di persona era? Si era chiusa in se stessa, aveva esasperato e riesumato il dolore della perdita dei suoi genitori e di Krypton e lì era rimasta, fino a quando… sua sorella, J’onn, James, tutti le avevano parlato, ma solo…

Kara scosse la testa, ma il pensiero si era presentato nella sua mente ed era impossibile evitarlo: solo quando Lena le aveva detto che le mancava il suo cuore aveva ripreso a battere e Lena era riuscita a farla sorridere di nuovo e il suo genuino e sincero affetto aveva scaldato il suo cuore… l’aveva resa felice.

“Perché mi hai mostrato…?” Zatanna le venne in aiuto.

“La tua vita passata?” Chiese e quando lei annuì, sorrise. “Te l’ho detto, volevo aiutarti. Volevo che aprissi gli occhi.”

“Quello che ho visto appartiene ad un’altra persona.”

“Vero e falso.” Spiegò lei. “Chi hai visto negli occhi della donna che stringevi? Cosa hai provato nel stringerla?” Domandò.

“Io…” Kara si morse il labbro. Lena. Certo che aveva visto Lena, la sua dolcezza, la sua forza, il suo coraggio, la sua determinazione, il suo entusiasmo, la sua bellezza. “Non sono sicura di capire.” Ammise.

“Vi amavate, nel passato e lei ti è stata strappata via. La deporteranno, strappandola alla sua famiglia, al suo paese, strappandola da te.”

“Dove… dove andrà?” Chiese Kara con un tremore nella voce, mentre stringeva con forza la mani di Lena.

“Nelle Americhe, là, dove mandano tutti i criminali, la feccia, i dissidenti del paese.”

“Avrà una vita difficile?” Chiese, quasi bisbigliando, mentre accarezzava il volto di Lena. La sua pelle pallida era morbida come la seta sotto i suoi polpastrelli.

“Sì.” Confermò Zatanna. “Ma la sua storia, nel Vecchio Mondo, non è ancora conclusa.” Kara alzò la mano e la tese verso di lei. “Sei pronta a smettere di fuggire?”

Kara non era affatto sicura di quello che ciò significava, ma una cosa la sapeva, non avrebbe permesso che Lena vivesse quel momento da sola e neppure quella sconosciuta. Era stanca di perdere le persone a cui voleva bene, ma non poteva permettere che quella stanchezza facesse del male a Lena.

“Sì.” Affermò e, stringendo una mano di Lena, tese quella libera fino a sfiorare le dita guantate di bianco della maga.

Un solo battito del suo cuore e fu di nuovo in un altro luogo.

 

Le catene erano pesanti attorno ai suoi polsi, il freddo vento sibilava nelle sue orecchie, mentre la pioggia scorreva sul suo viso. Sulla costa l’erba era gialla e le onde si infrangevano violente sulle scogliere poco fuori la piccola baia, ma i suoi occhi erano fissi sulla strada che dal piccolo molo si dipanava lungo la collina fino a raggiungere il castello posto in alto, a dominare ogni cosa.

“Pronti a salpare!” Urlò la voce del capitano, un uomo dalla barba incolta e dai denti gialli.

“Non ancora!” Ordinò, perentoria. Sarebbe arrivata, lo sapeva, lo sentiva.

Il capitano sputò fuori bordo.

“Mettetela nella stiva.” Ordinò, non sembrava affatto felice del compito di carceriere che gli era stato dato, lei si dibatté quando due marinai la afferrarono. Sfuggita alla loro presa corse fino alla prua, tirando con sé le pesanti catene.

“Lasciatela stare.” Ordinò allora il capitano, fosse mosso dalla pietà.

Lena non gli badò. Sarebbe arrivata, certo che sarebbe venuta.

I suoi occhi fissi sempre verso la costa, verso quel sentiero, che tante volte aveva percorso mentre dal borgo del villaggio andava al castello e alla dispensa, piena di farina e, ormai di ricordi o a quella radura in cui avevano riso, giocato, in cui si erano amate per tutta l’estate e per quell’inizio di autunno.

“So cosa aspetti.” Sibilò una voce nelle sue orecchie e lei strinse i denti scuotendo il braccio da quella presa. “Ma, non accadrà, la ragazza si sposerà domani mattina, il giorno dopo la festa di All Hallows' Eve.”

“No.” Protestò lei, ma fu una protesta debole persino alle sue orecchie.

“Sì, invece, accettalo. Una volta che la costa non sarà più in vista convincerò il capitano a toglierti le catene e potrai servire alla mia tavola.” La voce dell’uomo era suadente e mielosa, piena di sottintesi e lei provò un moto di nausea. Scosse la testa, non voleva ascoltare.

Lena sentì le dita dell’uomo stringerla con più forza, sapeva che le stava lasciando dei lividi.

Era strano, per la prima volta non le sembrava più un sogno, ora tutto era più intenso e quasi familiare. Rifletté sulla paura, il freddo, la speranza, erano tutte sensazioni che provava dal momento in cui la festa alla CatCo era iniziata, sensazioni che aveva respinto in un angolo della mente, com’era solita fare quando qualcuno le parlava della sua famiglia con la volontà di ferirla. Si era procurata un forte mal di testa, un mal di testa che era sparito solo quando Kara…

I pensieri di Lena si condensarono attorno a quel nome. Kara. Ricordava le allucinazioni, ricordava di non aver riconosciuto il suo volto, ma i suoi occhi sì, il suo modo di ridere, di abbassare il mento e di arrossire, il suo modo di farfugliare e di parlare troppo. Ricordava di averla amata, intensamente, esattamente come la amava anche quando era in sé. Un amore che nascondeva perché non voleva perderla, perché dovevano restare solo amiche.

“Lei verrà.” Mormorò, cercando di esorcizzare l’esitazione che le parole dell’uomo avevano creato. Lei sarebbe venuta, perché Kara era sempre lì per lei. Anche in quegli ultimi mesi in cui era distante e fredda, non era sparita, non l’aveva odiata per la colpa che aveva, e ora che era tornata tutto era di nuovo come prima, meglio di prima.

Mani dure si chiusero con ancora più forza sul suo braccio.

“Suo padre l’ha rinchiusa nel castello, non ne uscirà se non sposata.” Ci tenne ad informarla l’uomo. “Anche se, cosa di cui dubito, volesse venire e condividere il triste e pericoloso destino che ti attende se deciderai di affrontare da sola il Nuovo Mondo, non potrebbe.”

Lena sentì il cuore stringersi, le vele si gonfiarono dietro di lei, ora che i marinai le avevano sciolte al vento e la costa iniziò ad allontanarsi.

I sogni o allucinazioni, non era sicura di come chiamarli, erano stati così belli, così pieni di complicità, di amore, perché ora doveva fare quell’incubo? Perché esso era il più vero e intenso di tutti?

Strinse i pugni sulla murata di legno, conscia come non mai delle catene fredde e pesanti, dei piedi nudi sul ruvido tavolato della nave, del vento freddo che agitava i suoi abiti e della mano, pressata sul suo braccio.

Si voltò e fissò gli occhi in quelli di lui, per la prima volta. Lei era Lena Luthor!

“Lascia subito il mio braccio.” Dichiarò e lasciò che attraverso la sua voce riverberasse tutta l’autorità del suo nome. L’uomo fece un passo indietro, sorpreso, ma lei non lo guardava più, i suoi occhi fissavano di nuovo la costa, perché non avrebbe mai smesso di credere in Kara, mai.

 

Kara colpì la guardia con un pugno e gemette nel sentire il dolore riverberare tra le sue dita e poi lungo il braccio.

“Ahi!” Si lamentò agitando la mano, ma non smise di camminare. Uscì dalla sua stanza e seguì i corridoi del castello. Quello non era più un sogno, ora poteva agire e sua sorella le aveva insegnato come si stende un uomo con un bel pugno sul naso, che avesse i poteri o che non li avesse.

Sentiva dentro di lei, la donna che era in quel momento e, al contempo, sapeva di essere Kara. Era come alla festa, quando aveva guardato Lena e aveva avuto quella strana sensazione di giustapposizione.

Halloween le ricordò la sua mente o All Hallows' Eve come lo chiamava la sua se stessa del passato. Una notte in cui le mura erano più sottili e i confini labili.

Peccato che le mura del castello erano decisamente concrete.

Kara oltrepassò un corridoio e diverse stanze, sapeva dove doveva andare e sapeva che la donna che era stata aveva bisogno della sua esperienza, ma non del suo coraggio, di quello ne aveva da vendere. Sorrise, malgrado tutto.

Sentì suo padre ridere assieme ad un altro uomo, mentre oltrepassava la grande stanza centrale del castello.

Non si fermò ad osservare il viso dell’uomo che avrebbe sposato l’indomani, non aveva nessuna importanza, perché lei non lo avrebbe mai sposato.

Sgattaiolò oltre la porta e uscì nell’aria fredda del tramonto. Ignorando la sensazione del vento che si infilava tra i suoi abiti iniziò a correre lungo la collina, il sole che lentamente scompariva oltre il castello alle sue spalle.

Ed eccola, la nave. Il suo cuore prese a battere, mentre veniva sommersa da una profonda sensazione di urgenza. Le vele erano già gonfie e i marinai stavano lavorando rapidi sul ponte e sugli alberi, presto sarebbero stati fuori dalla baia.

Individuò una figura a poppa, i lunghi capelli neri che si agitavano al vento. Lena. Non provò paura per se stessa, per il suo futuro, ma per quello della donna sì, cosa le sarebbe successo nel Nuovo Mondo? Come se la sarebbe cavata da sola? Poco importava che fosse la donna più intelligente, capace e forte che conoscesse.

Riconobbe l’intensa paura provata al tramonto, mentre tornava a casa e, Kara, comprese, per la prima volta per davvero, che quello era il passato, che tutto era già successo.

Eppure non importava, avrebbe lottato lo stesso per… per il suo passato e per il suo futuro.

Scese correndo la collina, poi raggiunse il borgo e il molo e, senza esitare, malgrado la paura che sentiva il suo corpo provare, si gettò nell’acqua. Non importa che lei non sapesse nuotare, Kara poteva farlo, poteva per entrambe.

Nuotò con decisione fino a quando non udì le urla dei marinai e una corda non le fu gettata vicino. La afferrò e si lasciò trascinare sul ponte. Dopo tutto non era così divertente nuotare nell’acqua gelata senza i suoi poteri.

“Sei qui.” Mormorò una voce. Alzò gli occhi e individuò una figura farsi largo tra il cerchio di marinai.

“Ne dubitavi?” Chiese, i denti che battevano per il freddo e il corpo scosso da tremori, ma un sorriso sulle labbra.

“È la figlia del barone.” La riconobbe uno dei marinai. Una coperta fu gettata sulle sue spalle, ma a Kara importava solo lo sguardo della donna davanti a lei.

“No, non ne dubitavo.” Mormorò la ragazza e Kara sorrise di nuovo nel vedere gli occhi di Lena addolcirsi.

“Dobbiamo riportarla indietro!” Sbraitò un uomo, ma il capitano scosse la testa.

“Non perderò altro tempo con queste sciocchezze! Date alla baronessa una cabina, verrà con noi nel Nuovo Mondo e se suo padre la vorrà dovrà venire a prendersela.”

“Non ci sono cabine libere, capitano.” Fece notare un marinaio e il capitano puntò il dito verso l’uomo che aveva suggerito di riportarla indietro, l’uomo che aveva denunciato a sua padre l’amore che vi era tra lei e la ragazza, l’uomo che voleva sposare la ricca figlia del mercante che l’aveva rifiutato senza neppure un istante di riflessione. “Prendete la sua.” Dichiarò il capitano e Kara sorrise.

“Vi ringrazio, capitano.” Lui le fece un sorriso mostrando i denti gialli e assomigliando molto alla madre, la gentile donna che, tanti anni prima, le aveva fatto da balia, sostituendo sua madre che era morta alla sua nascita, poi con un secco ordine rispedì i suoi marinai al lavoro, il viso di nuovo severo.

Nessuno obiettò quando lei ordinò di togliere le catene a Lena e, dopo averlo fatto, il marinaio le condusse alla cabina, per poi lasciarle sole.

“Tu…” Mormorò la donna, alzando la mano e accarezzandole il volto. “Sei qui.” Disse e Kara non poté fare a meno di bearsi di quella dolce carezza.

“Stai bene.” Disse, con un senso di sollievo. “Credevo… credevo…” Non lo sapeva, non ne era sicura. “Che ti avrei persa per sempre.”

Lena scosse la testa, era confusa a sua volta, lo si vedeva nel suo sguardo, poi i suoi occhi tornarono su di lei e la donna sorrise.

“Sono qui.” Affermò, quasi come se cercasse di convincere se stessa e lei allora stesso tempo.

Da qualche parte nella sua mente le parole fecero eco, come se le stesse ripetendo adesso e anche in un tempo futuro. Vide la donna davanti a lei corrugare la fronte, presa, forse, dalla stessa curiosa sensazione.

“Cosa succederà adesso?” Domandò piano, senza sapere se era lei a chiedere o la donna che era stata.

“Siamo assieme.” Le ricordò la giovane e sorrise, come se quella semplice cosa bastasse ad allontanare ogni timore per il futuro e, Kara, si rese conto che era così. Sorrise e chiuse gli occhi lasciando che le loro labbra si toccassero.

 

Kara sbatté gli occhi sentendo il duro pavimento della CatCo sotto di sé.

“Kara?” Chiese Lena guardandosi attorno confusa.

“Ti senti bene?” Le chiese subito, aiutandola ad alzarsi in piedi.

“Io…” La donna sembrava leggermente spaesata, ma annuì. “Sì, è solo che…” Alzò gli occhi e, finalmente, la guardò. “Eri con me… in quel posto?” Domandò, alla fine.

“Nel passato, sì.”

“Nel passato?” Lena scosse la testa. “Non è possibile, non è scientifico.” Contestò. Kara sorrise e poi le prese le mani, ignorando il piccolo brivido che le diede fare quel gesto così intimo.

“Ad Halloween la scienza va a farsi un riposino.” Lena non poté fare a meno di sorridere mentre scuoteva la testa alle sue parole.

“Kara!” Protestò.

“Lo so, lo so, non devi crederci per forza.” Ammise. “Quello che importa è che…” Kara arrossì un poco e sorrise. “Che tu credi in me, e…”

Lena la guardava ora, con intensità, tanto che Kara si interruppe.

“Dobbiamo chiamare la polizia e far rintracciare quella donna, ormai è chiaro che ci ha aggredite e drogate, spingendoci in quella specie di sogno lucido.”

Kara osservò Lena, così sicura, così… si interruppe, perché gli occhi della donna sfuggivano i suoi ora e lei si rese conto che stava mentendo. Sgranò gli occhi sorpresa.

“Stai mentendo!” Affermò e Lena separò le loro mani, stringendole una contro l’altra.

“Non sto mentendo.” Dichiarò.

“Oh sì, invece! Tu sai che era tutto vero, che quello che abbiamo vissuto era vero e sai che…” Si interruppe e improvvisamente comprese perché Lena aveva aspettato che lei tornasse, non si era arresa, non aveva ceduto come aveva fatto lei, perché Lena… Lena l’amava.

Kara arrossì violentemente e vide la giovane Luthor stringere i denti e distogliere lo sguardo, conscia che lei aveva capito.

“Non posso perderti.” Mormorò la donna. “Per favore, fingi che… fingi che non sia mai successo. Se vuoi non sporgerò denuncia, ma ti sarei grata se dimenticassimo tutta questa strana storia.”

Kara la osservò a bocca aperta. Non riusciva a crederci eppure ora tutto era chiaro.

Sentire quelle parole, vedere il modo in cui gli occhi della donna divennero lucidi, percepire un tremore nascosto tra le sillabe, la colpì profondamente.

Quanto era stata cieca a non vedere? Quante volte Lena aveva mostrato che il suo sentimenti andavano oltre una buona amicizia? E lei, come una sciocca, non aveva visto, non aveva capito.

“Lena…” Incominciò, chiedendosi cosa avrebbe dovuto dire o fare. Dopo tutte le emozioni che aveva provato nelle ultime ore non era sicura di poter esprimere al meglio ciò che sentiva.

“Per favore.” Chiese di nuovo la donna.

“Io… va bene.” Acconsentì e vide la donna annuire, ma non vi era sollievo nei suoi occhi, che ora non incontravano più i suoi.

“Dobbiamo tornare al party, si staranno chiedendo dove siamo.” Dichiarò Lena, decisa, poi si voltò e si diresse verso l’ascensore. Kara la osservò allontanarsi, ma non si mosse.

Quando la donna fu lontana sospirò e si appoggiò al balcone osservando il cielo pieno di stelle di National City.

Sentiva ancora il legame con il passato, percepiva ancora Lena tra le sue braccia, la gioia di averla con sé, il brivido d’eccitazione all’idea del futuro che le aspettava, un futuro pieno di difficoltà che lei, però, non aveva più paura di affrontare. Sorrise, Lena era il suo futuro e… si interruppe scuotendo la testa. Quello era nel passato, ora erano solo amiche… almeno questo era quello che lei provava.

Voleva bene a Lena, certo che le voleva bene, era molto importante per lei. La faceva sorridere, ridere, riempiva la sua giornata di gioia anche sono con un sorriso e lei adorava vederla sorridere…

Chiuse gli occhi un sorriso sulle labbra mentre pensava al luminoso sorriso che Lena dedicava solo a lei, quando li riaprì, davanti a lei vi erano gli occhi di Lena.

Sobbalzò sorpresa la donna era stata silenziosa nell’avvicinarsi, oppure lei era stata troppo distratta, troppo persa nel pensare a due brillanti occhi chiari.

“Non voglio essere solo amiche.” Dichiarò la donna in quel tono leggero, dolce, delicato, che, di nuovo, dedicava solo a lei.

Lena era lì, davanti a lei, ancora una volta, pronta a lottare per loro, a credere in lei, anche se lei…

“Sono innamorata di te. L’ho nascosto per molto tempo, ma dopo questa notte non credo di poterlo più fare. Se vi è una possibilità, anche se estremamente remota che, la gioia che ho provato in quelle allucinazioni e che ho visto nei tuoi occhi, si avveri, allora, devo provarci.” Disse con semplicità la giovane Luthor. “Questo è tutto quello che dovevo dirti.” Affermò, annuendo. “E volevo anche recuperare il mio cappello.” Aggiunse. Prese l’oggetto dimenticato su di una scrivania e si voltò, lasciando Kara a fissare il silenzioso ufficio con occhi sgranati.

Il suo cuore batteva veloce, un senso di profondo calore l’avvolgeva e non vi era l’estraniante sensazione di dislocazione adesso. Quell’emozione era tutta sua… ed era così… bella!

“Oh, capperi.” Disse, mentre un enorme sorriso si apriva sulle sue labbra. “Oohhh, capperi!” Esclamò di nuovo, mentre correva verso l’ascensore. Pigiò sui bottoni e si fiondò all’interno, poi scese i piani con il cuore in gola.

La stanza era piena di persone, la musica era trascinante, vari gruppi si erano formati in ogni angolo della stanza, ridendo e divertendosi mentre i performers eseguivano i loro numeri. Kara scandagliò la stanza alla ricerca di Lena, il cuore che non le dava tregua nel petto.

“Kara! Dove sei stata per tutto questo tempo?” James le venne incontro con un bicchiere che le tese, ma lei scosse la testa.

“Hai visto Lena? Devo parlarle.” Disse senza smettere di cercare.

“Kara!” Winn li raggiunse e aprì le braccia mostrandole il suo costume. “Ti piace? Credi che piacerebbe a… lui.” Disse con un’aria molto allusiva.

Kara sorrise, si era aspettata un costume da Superman, invece Winn indossava una replica quasi identica del costume da marziano di J’onn. Si era persino colorato il viso di verde e aveva messo lenti rosse.

“Sarebbe contento, sì.” Ammise, con un sorriso.

“Anche le tue ali, sono belle.” Le disse il giovane, poi le si avvicinò e ammiccò. “Non che ti servano delle ali per volare…”

James si schiarì la gola guardandosi attorno preoccupato.

“Credo di aver bevuto troppo punch. Ma dovevo provarli tutti! Uno aveva degli occhi dentro che sapevano di ciliegia, uno era tutto blu e ce n’era uno verde che fumava, buonissimo. Ora proverò quello con le arance che hanno il sorriso da zucca.” Winn iniziò a dirigersi verso il tavolo del buffet, mentre ancora parlava. “Lena è stata troppo gentile ad invitare anche me, questo è il miglior party di sempre!” James alzò gli occhi al cielo, nel vedere il giovane ondeggiare.

“Ci penso io a lui.” Disse a Kara seguendo Winn.

“Ehi, Eve.” Chiamò nel veder passare la ragazza con il costume da Supergirl. “Hai visto Len… miss Luthor?” Pronunciare il suo nome le diede un brivido d’eccitazione. Sapere che la donna era innamorata di lei, di lei! Le faceva girare la testa e sorridere come un’idiota.

“Credo che sia…” Lei non la ascoltò più, perché ora i suoi occhi si concentrarono su di una figura al centro dalla stanza. Il cuore di Kara sobbalzò nel vedere la donna che la fissava con occhi pieni di timore e speranza. Si precipitò in avanti e la raggiunse.

“Io…” Ora era senza fiato. Si era mai vista una supereroina senza fiato?

“Ti va di danzare con me?” Le chiese allora Lena, spezzando il silenzio che si era creato, e Kara lanciò uno sguardo attorno a sé, nessuno stava ballando.

“Sì.” Disse, però, rendendosi conto che, dopo tutto, non le importava degli altri. Con un poco di titubanza si avvicinò e poi strinse la giovane tra le braccia.

“Pronta?” Mormorò Lena e lei annuì. La giovane Luthor sorrise e poi iniziò a muoversi lentamente, ignorando la musica moderna che risuonava nella stanza. “Non sono mai stata brava a danzare, nemmeno il maestro pagato da mia madre è mai riuscito ad andare oltre i passi di base.”

Kara alzò la mano e le accarezzò il volto, delicatamente, un sorriso sulle labbra nel vedere il viso di Lena arrossire un poco.

“A me sembri molto brava.”

“Ci muoviamo appena.” Fece notare Lena, nascondendo l’emozione dietro ad un tono sarcastico.

Kara si morse il labbro, le emozioni che si rincorrevano nel suo petto. Le sembrava di sentire il rollio della nave sotto ai suoi piedi e al contempo sentiva due solidi corpi stretto al suo, quello di Lena ora, quello di Lena allora. Sorrise.

“La senti?” Chiese piano e la donna annuì.

“Sì, anche se non so come sia possibile…”

“Halloween.” Affermò Kara stringendosi nelle spalle, sapeva che un giorno avrebbe dovuto spiegarle chi era Zatenna e cosa aveva combinato, ma ora… ora voleva solo rimanere lì e godersi il futuro che avevano davanti.

Kara non notò Jess avvicinarsi al DJ e non si accorse della musica che ora, molto più dolce, accompagnava i loro passi. Come non vide Eve che le osservava da un angolo della sala, le mani intrecciate davanti al petto gli occhi lucidi e un ampio sorriso sulle labbra.

“Credi che è troppo presto per baciarti?” Mormorò Lena, dopo alcuni minuti, gli occhi limpidi e pieni di luce, facendo arrossire Kara. “Sì, è troppo presto.” Comprese la donna. “Prima ti inviterò a cena.” Annunciò.

“Va bene.” Riuscì a dire lei, controllando il rossore sulle sue guance e Lena rise. Kara non poté fare a meno di assaporare la gioia che conteneva quella risata.

“Grazie.” Mormorò, poi, incurante delle occhiate che ormai in molti stavano lanciando loro, si avvicinò un poco di più a Lena e fece combaciare le loro tempie, chiuse gli occhi e si rilassò. “Grazie.” Ripeté. “Perché hai salvato la parte migliore di me.”

L’abbraccio di Lena si fece ancora un po’ più stretto e Kara sorrise.

Halloween sarebbe finito, quello strano senso di dislocazione sarebbe cessato, ma di una cosa ora era sicura: avrebbe smesso di avere paura del futuro e avrebbe smesso di aver paura di perdere le persona che amava, perché Lena, non l’avrebbe persa mai.

 

***

 

“Clark, davvero?”

Lois osservò il compagno attraverso lo specchio che stava usando per cancellare il trucco.

Luthor! Una Luthor!” Ripeté il giovane, continuando a camminare avanti e indietro nella camera da letto. Aveva ancora addosso il costume dopo il party di Halloween del Daily Planet, ma non sembrava ricordarsene.

“Abituati all’idea, quando Kara te lo dirà, dovrai dirle che sei felice per lei.” Clark guardò la compagna con aria sconsolata.

“Ma…”

“Niente ma. È una donna forte, intelligente, coraggiosa, buona e, soprattutto, è innamorata persa di tua cugina.”

“Vorrei solo che Zatanna…” Ricominciò lui, e Lois fece ruotare gli occhi.

Zatanna ha dato una spinta a qualcosa che prima o poi sarebbe comunque accaduto, più poi che prima visto che Kara è quasi peggio di te.” Clark si mise le mani sui fianchi a quell’affermazione, offeso allora Lois si voltò con un sorriso e scosse la testa. “Andiamo! Non eri così preoccupato neppure quando hai saputo che usciva con quel…”

“Sì, sì, conosco la tua colorita opinione su Mon-El.” La interruppe il giovane. “Non ero troppo preoccupato, perché sapevo che Kara non lo amava, questa volta invece è diverso.”

“Non le farà del male.” Assicurò Lois, comprendendo, infine, perché l’uomo che amava fosse tanto preoccupato.

“Lei no, ma altri sì. La useranno contro di lei e…”

“Clark.” Lois gli prese il volto tra le mani e fece incrociare i loro occhi. “Ricordi cosa mi hai detto quel giorno? Il giorno in cui volevo lasciarti perché…” Il giovane le posò due dita sulle labbra, negli occhi passò ancora un lampo del dolore provato tanti anni prima.

“Sì, ricordo.” Mormorò, sospirando e Lois annuì.

“Lei non sarà la sua debolezza, così come io non sono la tua.” Ribadì il concetto.

“No, tu sei la mia forza.” Assicurò Superman.

“E Lena sarà la forza di Kara.” Concluse Lois.

Clark si cambiò a super velocità e la coppia si stese a letto, Lois si strinse a lui e chiuse gli occhi, lasciando che il sonno la reclamasse.

“Però è una Luthor…” Borbottò ancora Clark e lei rise.

“Sì, è una Luthor.” Mormorò e sorrise, chiedere a Zatanna di dare una mossa alle due ragazze era stata un’idea geniale. Lois si sistemò meglio contro il corpo caldo di Clark e si addormentò, soddisfatta.

 

 

 

 

Note: E così si conclude la storia, piccola sorpresa, dietro a tutto vi era Lois! ;-)

Fatemi sapere se vi è piaciuta anche questa seconda parte e se avete apprezzato le parole della maga e i momenti tra Kara e Lena. Niente bacio… giusto così o volete farmi del male per la mancanza?

Ditemi tutto!

 

Voglio fare una precisazione, riguardo a Zatanna. La misteriosa maga artefice di questo viaggio nel passato appartiene al mondo DC, non è dunque frutto della mia fantasia, i suoi poteri comprendono, tra gli altri, la psicometria che le permette di “leggere” la storia degli oggetti con un semplice tocco, abilità questa, che combinata alla telepatia le permette d’inviare le coscienze altrui avanti o indietro nel tempo (wikipedia); Mi è sembrata dunque perfetta per questo ruolo. Malgrado ciò, non la conosco se non si contano vaghi ricordi di Smallville, eventuali incongruenze con il suo carattere sono quindi assolutamente possibili.

Ci tengo a ringraziare hinata93 che ha letto in anteprima e mi ha convinto a pubblicare dopo avermi indicato come rendere migliore (spero) la storia e avermi restituito l’entusiasmo per essa.

 

Come sapete la storia è stata scritta grazie all’iniziativa del gruppo: LongLiveToTheFemslash.

Questi erano i prompt che conteneva il mio pacchetto ”A life in the past”: A e B sono due reincarnazioni e durante la notte di Halloween i loro “io” del passato riemergono.

Genere principale: Avventura

BONUS: Filtro magico.

Grazie per il bel contenuto!

 

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