Ovunque tu sia nel mondo

di Five Silent Miles
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ancora un altro po' ***
Capitolo 2: *** Due sbadati cronici ***
Capitolo 3: *** Il sogno di Taki ***
Capitolo 4: *** Una familiare coppia di sconociuti ***



Capitolo 1
*** Ancora un altro po' ***



 

Ancora un altro po’
 

Correva lungo una discesa in sterrato, tanto veloce da non capire più se stesse davvero cercando di fermarsi o se si fosse abbandonato definitivamente all’idea di schiantarsi. Era una notte alquanto luminosa, con una leggera brezza di montagna che ad ogni passo gli faceva perdere un po’ di sensibilità ai piedi, per non parlare del naso arrossato, che gli dava l’aspetto ridicolo di un ubriacone che capicollava giù per la montagna.

Riconosceva quel posto, c’era già stato altre volte. Sapeva cosa avrebbe incontrato dopo quella ripida discesa: prima una svolta a destra, davanti al dirupo, poi si sarebbe immesso sulla strada principale che, scendendo accanto alle rive del lago, proseguiva giù fino a delle luci soffuse in lontananza.

Non era la prima volta che sognava queste strade. Le aveva percorse di persona, anni prima. Quella in lontananza era la cittadina di Itomori: l’avrebbe riconosciuta tra mille. Si trovava sulle sponde di un piccolo lago, nascosta tra i monti e un fitto bosco, nella prefettura di Gifu.

Era un paesino rurale abitato per lo più da anziani, gente legata alle proprie tradizioni e distante dalla vita caotica delle metropoli giapponesi. Offriva poche distrazioni ai ragazzi del posto: senza molti ristoranti, niente centri commerciali, cafè o sale giochi.Inoltre, da qualche anno a quella parte, alla lista delle cose che mancavano a Itomori si erano aggiunti anche i suoi sfortunati abitanti.

8 Anni prima la notizia di un meteorite, andatosi a schiantare sul paese, aveva monopolizzato i programmi televisivi per settimane: la cometa Tiamat, che orbita in prossimità della Terra ogni circa 1200 anni, aveva perso un frammento mentre raggiungeva la massima vicinanza al pianeta. Questo frammento aveva impattato proprio dove gran parte della popolazione era raccolta per celebrare un festival.

Fu uno dei disastri ambientali più grandi degli ultimi decenni, non tanto per l’entità dei danni e delle perdite (il Giappone era abituato a molto peggio), ma per come tutti si sentirono impotenti ed impreparati di fronte alla distruzione di un nemico “alieno”, che non proveniva dal sottosuolo, ma da un posto così freddo e lontano.

Aveva atteso l’arrivo di quella cometa per mesi, e vederla sfrecciare nel cielo fu uno spettacolo senza pari: qualcosa di incredibile, paragonabile ad un’aurora boreale ai tropici...le macchine si fermavano per strada, i treni arrivavano in ritardo a Tokyo! Da quel momento nacque in lui una sorta di ossessione per Itomori e per la sua storia.

Arrivò per giunta a recarsi sul posto nel 2016, in una spedizione alla cieca con i suoi amici Okudera e Tsukasa. Furono dei giorni tosti: una vicenda abbastanza confusa, di cui ricordava solo di aver dormito in cima a quella montagna che spesso ancora sognava, e di aver probabilmente litigato con gli altri al punto da farli ritornare a Tokyo senza di lui. Non ricordava per quale ragione avessero deciso di partire, ma quella sensazione di malinconia e di attrazione per Itomori non era scomparsa.

 

 

Tutu-tutu-tutu-tutu- La sveglia delle sette suonò puntuale. L’ennesimo colloquio di lavoro richiamava Taki dal mondo dei sogni, per riportarlo alla realtà.
Beh, credevi forse che un pezzo di carta ti avrebbe fatto trovare automaticamente un posto fisso?
Ma ormai era quasi arrivato alla fine della discesa, all’ingresso del paese…
Manca poco, ancora un po’ e sono arrivato. Devo salvarli.

Le luci della città si erano fatte vicine: avrebbe finalmente visto com’era quel luogo che trovava così affascinante nella sua indecifrabilità. Ma una volta alzato lo sguardo si accorse che ormai era tardi: la cometa era lì, alta nel cielo, e stava per impattare al suolo. Anche stavolta non era riuscito a salvarli.

'Aaah' Sobbalzò Taki, svegliandosi di soprassalto.


Si era alzato con gli occhi lucidi e il respiro affannato: ogni volta che faceva di questi sogni, si svegliava un po’ scosso, talvolta con le lacrime agli occhi, talvolta gridando così forte da spaventasi da solo. La costante era una sensazione di vuoto e malinconia, che lo accompagnava per buona parte della mattina.

Ogni tanto sognava quella discesa, oppure uno stagno coperto dalla nebbia, un filo rosso cremisi e una ragazza perennemente di spalle, che si nascondeva dietro una chioma nera. Non sapeva come questi elementi fossero collegati, ma per il modo in cui si ritrovava a svegliarsi ogni mattina dopo aver fatto quei sogni, era giunto alla conclusione che dovessero essere pezzi di un unico puzzle.
'Ancora un altro po' 'Implorò ancora nel dormiveglia, 'c'ero quasi stavolta'. Tutu-tutu-tutu-tutu- Suonò la sveglia di sicurezza, a ricordargli di doversi sbrigare.

Tra un borbottio e uno sbadiglio, Taki si mise in piedi. Diversi anni passati fuori casa l’avevano spinto a parlare da solo un po’ più di quanto volesse ammettere: 'Anche oggi la stessa storia...Questa giornata inizia proprio bene!'commentò sarcasticamente, avvicinandosi alla cucina per preparare frettolosamente la colazione.
Per fortuna non aveva mai un grande appetito di prima mattina, e a maggior ragione quando l’ansia per un colloquio iniziava a farsi sentire, riusciva a malapena ad addentare qualche boccone.

Cuffiette e disegni alla mano, uno sguardo veloce all’abito piegato la sera precedente, e dopo un’ultima sistemata alla cravatta fu pronto ad andare. Avrebbe preso la metro verso Shinjuku, fino alla stazione di Yotsuya, per poi proseguire a piedi fino a un vicino studio. “Studio di Architettura Sostenibile” gli sembrava proprio un nome interessante e questo non faceva altro che renderlo ancora più teso.

Mentre scendeva dal vagone al cambio di Shinjuku, si trovò a pensare alle sue sfortune lavorative: solo in quel mese aveva sostenuto qualcosa come 15 colloqui, e si erano rivelati tutti dei fragorosi buchi nell’acqua. Non pensava ci sarebbe voluto così tanto a trovare un lavoro, e ogni giorno la sua sicurezza vacillava un po’ di più. Ancora assorto nei suoi pensieri prese posto sull’ultimo treno. Lo sguardo, spento e perso nel vuoto, era rivolto distrattamente al vetro della porta scorrevole, su cui veniva schiacciato dalla calca mattutina.

Ed eccola.

Era certo di aver riconosciuto qualcuno nel treno che sfrecciava nella direzione opposta. Ma appena un secondo e scomparve, così come era comparsa. Avrebbe giurato che anche lei si fosse voltata, che avesse guardato per un istante nella sua direzione, che anche i suoi occhi l'avessero cercato.

Quel flash era bastato per fagli saltare il cuore in gola: di colpo era nuovamente vivo, pervaso da un’emozione inspiegabile. Doveva trovarla, parlarci, scoprire chi fosse. Qualcosa gli diceva che quella ragazza doveva essere la risposta alle sue giornate spente, alle notti insonni e ai suoi risvegli agitati.

Appena un istante dopo tornò coi piedi per terra, con più dubbi e domande di prima. Probabilmente non sa nemmeno che esisto, me lo sarò inventato...ormai è andata: è impossibile andare a sbattere due volte nella stessa persona, per caso, a Tokyo. E’ come trovare un ago in un pagliaio. Forse avrei preferito rimanere con quella vaga sensazione di vuoto che dover convivere con la consapevolezza di aver perso qualcosa.

Il rumore stridente di freni riportò Taki al presente: non si era nemmeno accorto di essere già arrivato alla stazione di Yotsuya. Gettò l’occhio sul polso per controllare l’ora, visibilmente sorpreso nello scoprire di essere in orario.
Per qualche secondo rimase immobile a guardare fisso davanti a sè. Da una parte c’era l’ennesimo colloquio di lavoro, per giunta in studio molto promettente, e dall’altra c’era quella ragazza che l’aveva scosso così inaspettatamente, per poi scomparire.

 Prese quindi parola la voce della coscienza: Cosa voi fare Taki? Cosa PUOI fare? Smettila di perdere tempo e vai al colloquio, per una volta che sei in orario!
Dopo aver scosso la testa -come se bastasse per scacciare i pensieri controproducenti- si avviò a passo sostenuto, con lo sguardo basso e le mani strette rigidamente a formare dei pugni.
Tremava, nonostante fosse appena inizio settembre. Aveva già imboccato la strada per lo studio, quando di colpo gli parve di avere un’allucinazione: ogni cosa intorno a lui divenne immobile, con una sorta di filtro bluastro a rendere il tutto ancora più surreale.

Sentì una voce femminile che pareva chiamarlo dolcemente: 'Taki-kun...Taki-kun!'.
Si voltò per capire chi avesse parlato, ma non c’era nessuno e tutto sembrava ancora fermo intorno a lui.
'Non ti ricordi di me?' sussurrò la stessa voce, ancora più vicina, tanto che gli parve di sentire il calore di un respiro alla sua destra.
Si voltò di scatto, ma anche stavolta non trovò nessuno dietro di lui. Quella voce… Si chiedeva dove l’avesse già sentita.
Un lampo, una certezza: l’illuminazione. Quella voce! La stessa della mattina, la stessa che sognava così spesso. Inconsciamente stava già correndo nella direzione opposta, diretto nuovamente verso la stazione di Yotsuya.

Si guardava intorno nervosamente, come un predatore famelico. Aveva una luce nuova negli occhi: c’è chi ci avrebbe visto speranza, ma qualcuno di più esperto vi avrebbe riconosciuto lo sguardo della disperazione. Continuava a correre instancabilmente per i marciapiedi, superando ponti e salite, incurante dell’asfalto bagnato che sporcava il vestito: non era più neanche tanto sicuro che ci sarebbe andato a quel colloquio.

Si fermò.
Era arrivato davanti a una lunga scalinata in cemento, con una ringhiera rossa al lato, nei pressi del tempio di Yotsuya. Immobile, in cima alla gradinata, c’era quella ragazza; sembrava quasi che lei lo stesse aspettando. Ce l’aveva fatta: era riuscito nell’impossibile.

Dopo un secondo di esitazione iniziò a salire la scalinata, ma man mano che le si avvicinava si faceva sempre più insicuro.Cosa le potrei mai dire? Come faccio a spiegare?pensava Taki, consapevole dell’assurdità della situazione.
Lei rimase ferma lì in alto per qualche momento, sperando che fosse lui il primo a rivolgerle la parola. Vedendo poi che questi aveva iniziato a venirle incontro, anche lei iniziò a muoversi nella sua direzione.

Mentre continuava a pensare a cosa dirle, lei gli era quasi passata accanto: i due rallentarono, ma nessuno dei due si fermò.
Che cazzo stai facendo Taki? Parla, fermala, fai qualcosa! Non farti scappare questa occasione, te ne pentirai.

Si sentiva ancora più a disagio di quella volta che andò ad un appuntamento con la sua collega Okudera, passato poi alla storia come “Il peggior appuntamento di sempre”.
Ma in qualche modo sapeva che in quel momento non c’era cosa più giusta al mondo che urlare a una sconosciuta, che si allontanava nella direzione opposta: non poteva lasciarsela scappare.
Per quale ragione dovesse farlo, poi, per lui restava un mistero.
Un bellissimo mistero con dei lunghi capelli neri.


Alla fine trovò il coraggio di girarsi.Un passo, due, quelle scale non sono poi così lunghe. Se ne sta andando, Taki, che cosa pensi di fare?
ehm coff coff 'Hei' iniziò lui.
Vedendo che si era fermata, continuò, preso da un impeto di coraggio: ' Mi stavo chiedendo, ecco… ho come l’impressione che noi ci siamo già incontrati prima'.
Passarono pochi secondi di silenzio, che a lui parvero interminabili, ma poi lei rispose, visibilmente emozionata: 'Pensavo anche io lo stesso!...'.

Si era voltata lentamente, il braccio stretto al petto e un leggero sorriso a increspare le labbra fini, mentre percorreva i gradini a ritroso per andargli incontro.
Con un certo stupore, a Taki parve di vederla piangere.
Non avendo mai avuto motivo di dubitare della sua vista, presto si accorse che, se non stava vedendo bene, era perché anche i suoi occhi avevano iniziato a lacrimare. Così, senza un apparente motivo, e non accennavano a voler smettere.

In quel groviglio di emozioni, immagini e ricordi sbiaditi, il suo cervello non riusciva a processare altro che “adesso non farla scappare”.

'Ti sembrerà assurdo, e mi prenderai per matto. Ma appena ti ho vista su quel treno, io-' disse Taki, in evidente difficoltà.
' Ti è sembrato di ricordare qualcosa, qualcosa che avevi dimenticato da troppo tempo' lo interruppe lei, venendogli in aiuto.
'E’ come se ti conoscessi. Ma allo stesso tempo non ho nessun ricordo di te ' riprese poi 'so solo che ti stavo cercando, ma l’ho capito soltanto adesso '.
Strano come a volte la memoria giochi di questi scherzi, pensò Taki.
'Il tuo nome è…?'chiesero i due all’unisono.  



                                                                       *****************

Piccolo edit: mi ero scordato che non si potesse usare il formato < < e quindi ho fatto un po' un casino, spero che quelle nove visualizzazioni che mi aveva contato fossero solo mie però. Mi dispiacerebbe davvero se quelle persone non vedessero mai il capitolo corretto #sad.
Come accennavo nell'intro, ci tengo molto alle recensioni, sia per iniziare a scrivere meglio, sia per aiutarmi nella scrittura dei prossimi capitoli ( preferisco aspettare di averne un po' in mano prima di proseguire a pubblicare, per avere un'idea più chiara della storia).
Se qualcuno di voi è arrivato fin qui, grazie.spero che il problema dei dialoghi ora sia risolto!

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Capitolo 2
*** Due sbadati cronici ***


I due scoppiarono a ridere. In una situazione così surreale non potevano che sentirsi un po' euforici: nonostante fossero ancora così lontani da risolvere il loro mistero, essersi incontrati era un primo passo avanti.

'Io mi chiamo Taki, Taki Takibana. E tu?'

'Mitsuha, Mitsuha Miyamizu'. 
Ci fu qualche secondo di silenzio e nel mentre i due inizarono a scendere le gradinate, tornando un'altra volta nella direzione della stazione di Yotsuya.
 

'Un po' mi suona familiare, Miyamizu... è forse una marca di sake?' chiese lui, sinceramente interessato. *

'Questa devo ricordarmi di raccontarla a mia sorella' disse Mitsuha, dopo aver fatto una strana smorfia, per poi lasciarsi scappare una risata.

'Non ti seguo più, perché stai ridendo adesso? Ho detto qualcosa di strano?'

'No, no. E' una cosa tra me e mia sorella', rispose lei sorridendo, 'comunque, Takibana Taki, visto che mi hai fermata così per strada... perché non mi dici qualcosa di te?'
 

Mitsuha si sentiva davvero a suo agio con lui. 
Forse a causa del suo aspetto timido e un po' goffo, risultava difficile sentirsi insicuri davanti a Taki: trovava che fosse uno sconosciuto di cui potersi fidare.

'Come avrai sentito dal mio accento, sono nato e cresciuto a Tokyo. Il tuo accento invece... non è di queste parti, vero?'  chiese lui, incuriosito.

'Ci hai visto bene, eppure omai sono diversi anni che ci siamo trasferiti quì. Ad essere onesta speravo si sentisse un po' meno' rispose lei.

'Ma no! È molto ehm-' disse Taki in evidente difficoltà, trattenendo a stento una risata, '... caratteristico' .
 

Inizialmente Mitsuha lo fissò duramente, fingendo di essere terribilmente offesa, per poi tradirsi appena qualche seconodo dopo, cercando di nascondere un sorriso (con pessimi risultati).

'Quindi vieni dal Kansai, giusto?' le chiese lui.

'Da quando mi sono trasferita qua non c'è stato uno, e dico uno, capace di riconoscere il dialetto di Mino da quello del Kansai!' rispose stizzita, per poi continuare: 'Qui a Tokyo vivete proprio fuori dal mondo!'

'Disse la ragazza della prefettura di Gifu' la canzonò lui, 'e dimmi, come mai ti sei trasferita nella grande metropoli?'
 

Nuovamente ci fu qualche secondo di silenzio. Il sorriso sul volto di lei svanì, lasciando Taki perplesso, a chiedersi se avesse detto qualcosa di male.

'Io, mia sorella e mia nonna ci siamo trasferite 8 anni fa. Abbiamo aperto un negozietto dove la nonna vende kumihimo e cerchiamo di darle una mano nel tempo libero, per quanto possiamo' disse lei, con la voce un po' spenta e lo sguardo rivolto a terra.


Mitsuha non se la sentì di parlare di Itomori: era un tasto dolente e lo riteneva un argomento troppo personale per una conversazione di presentazione.
Taki riconobbe il cambiamento d'umore, e decise quindi di assecondarla spostando la conversazione da un'altra parte. 

'Ah, che bello, ormai non si vedono più le attività a conduzione familiare... Quindi vendete quegli strani braccialetti intrecciati a mano?' (non era proprio il re delle conversazioni entusiasmanti, ecco.)

'Si, diciamo di si. La nonna se la cava abbastanza bene con l'aiuto di mia sorella, mentre io sono quasi sempre incastrata al lavoro, ma quando posso aiuto'.
'

'Ma lei cosa fa nella vita, signor Takibana?' chiese lei con fare serioso, mettendo le sue doti recitative a dura prova nel tentativo di ravvivare la conversazione.

'Tutta questa formalità mi lusinga, signorina Miyamizu' rispose lui ancora più cerimonioso mentre tratteneva a stento un sorriso, per poi restare in silenzio per qualche istante.
''Ehm, ad essere onesti, mi sono laureato solo alcuni mesi fa e al momento sto cercando ancora un lavoro decente...' disse un po' imbarazzato, allungando il braccio per indicarle un blocco pieno di disegni che portava con sé.

 

Fu proprio mentre guardava distrattamente il braccio che il riflesso del suo orologio gli ricordò del colloquio. Si portò freneticamente il polso davanti al volto e gridò: 'Oddio, sono in straritardo!! Scusa, scusa, ma devo scappare, ho un colloquio qui vicino... spero mi faranno ancora entrare!'

'Cavolo, mi dispiace! Spero non ti abbia fatto fare troppo tardi...è un colloquio importante?'

'Beh si, diciamo... Non penso di avere molte speranze, ma sarebbe fantastico se mi prendessero', rispose lui tra il sognante e lo sconfitto.

'Allora, se dovessero fare l'errore di prenderti, mi farai vedere quei disegni che ti porti dietro' disse Mitsua, abbozzando un sorriso che sembrava voler dire "buona fortuna".
'Ehm, ora che mi ci fai pensare... Che ora è ?' chiese lei preoccupata, cascando un po' dalle nuvole: aveva perso completamente la concezione del tempo.

'Sono le 8 e 10, perchè?' rispose lui divertito, mentre Mitsuha letteralmente gli sbiancava davanti.

Quindi gridò disperata: 'Merdaaa, stamattina attaccavo alle 8. Devo scappare!!'


E così fece.
Senza nemmeno fermarsi a salutare, prese a correre a rotta di collo per poi scomparire poco dopo tra la folla.
Il rumore di imprecazioni invece si sentì ancora a lungo mentre si allontanava, e Taki, rimasto di stucco, immobile in cima alla gradinata, tentava di processare l'accaduto.

Poteva almeno lasciarmi un numero prima di scappare così, pensava.

Ancora un po' frastornato, cercava di capire se la conversazione fosse davvero andata bene, considerando che lei fosse praticamente scappata via.
Tutto sommato però era soddisfatto: qualcosa gli diceva che in qualche modo sarebbe riuscito a rivederla.

8 e 15, ma che stai facendo ancora qui? Dovevi essere al colloquio alle 8, corri coglione!
 

Seguendo l'esempio di Mitsuha, si precipitò in direzione dello studio, convinto che sarebbe arrivato lì solo per trovare la porta sbarrata.
Giunse davanti ad un edificio imponente, dalla figura flessuosa e poco squadrata, che dava l'impressione di essere stato costruito molto recentemente. La facciata, così come il portone d'ingresso, consistevano in un'enorme vetrata dall'andamento ondulato, che conferiva una luce verdastra ed irregolare alla struttura.

Intimorito anche dalla sola facciata, impugnò la maniglia con titubanza, prendendo un grosso respiro prima di spingere per aprirla.
Prima di tirare per aprirla. 
Le porte sembravano volersi aprire sempre al contrario di come pensasse lui:era frustrante.

Una volta entrato all'interno, si lanciò verso le scale, per poi svoltare a sinistra e trovarsi in un lungo corridoio dall'aspetto freddo e asettico. 
Sulla destra si trovavano diversi ragazzi seduti in attesa, tutti ben vestiti e nervosi.

Forse sono ancora in orario, pensò sorpreso.

Si sedette anche lui, ed aspettò lì per circa un quarto d'ora prima che un uomo barbuto, dal volto stanco ed assonnato, si affacciasse all'ingresso della sala conferenze per chiamare il suo nome.
Lo seguì all'interno della sala un po' impacciato, per poi accostare la porta alle sue spalle.

L'uomo che l'aveva fatto entrare prese posto dietro alla scrivania, poi indicò a Taki la sedia solitaria davanti a lui, invitandolo a sedersi. Accanto a questi sedeva scompostamente un altro signore molto più giovane, probabilmente sulla quarantina, che sembrava prestare molta più attenzione al suo smartphone che ai colloqui.


Ora basta solo capire quale sia tra i due il poliziotto cattivo, e l'interrogatorio può iniziare, pensava Taki.

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* citazione a un dialogo con yotsuha riguardo al kuchikami-sake nella prima parte del film.
Allora rieccomi e anche un po' in ritardo, se il capitolo sembra corto è perchè ho dovutp spostare tutta la parte finale nel capitolo successivo. Ieri mi è arrivato il cofanetto di Your Name e quindi dovevo tornare a pubblicare qualcosa, anche senon è abbastanza lungo a mio parere. 
beh, che ve ne pare?  Il  prossimo capitolo è già pronto, la prima parte sarà il colloquio e quindi ho preferito tagliarlo da questo per non appesantire troppo la lettura ( noterete che non sono riuscito a trattenermi tanto in quel particolare punto ed è un po' prolisso, ma vabbè, dovevo liberarmene)
Tornando al capitolo di oggi, abbiamo praticamente finito tutte le parti "riprese" dal film e ora si entra nel vivo, spero vi stia piacendo fin'ora. 
Mi scuso gia da adesso se poi ci vorrà un po per i prossimi capitoli( soprattutto per il quarto), gli esami chiamano!
Ora, momento recensione: QUANTO E' BELLO IL COFANETTO DI YOUR NAME? tanto, ma speravo di più , soprattutto enorme delusione per il braccialetto, che praticamente non può nemmeno venire indossato...
Se volete aggiungere un commento anche a questo nella recensione, fate pure... Mi serve un po' di feedback perchè ho alcuni dubbi soprattutto per il futuro della storia. Fatemi sapere la vostra, grazie!

 

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Capitolo 3
*** Il sogno di Taki ***


 

Il più anziano dei due prese in mano alcuni documenti dalla scrivania, e dopo aver dato una veloce occhiata ai nomi, sollevò lo sguardo verso di Taki, 'Allora... Chi abbiamo qui?'
'Eccolo, candidato Takibana Taki, giusto?' disse mentre scorreva con l'indice sulla lista.

Lui annuì con la testa, quindi il vecchio continuò: 'Vedo che lei ha un curriculum molto interessante: un ottimo voto di laurea, delle sorprendenti capacità grafiche, e ha pure condotto diversi stage presso grossi studi della zona'.
Si fermo qualche secondo, e con un sorriso sul volto proseguì: 'ma come lei saprà, siete in tanti ad avere le carte in regola per questo posto... mi dica perchè dovremmo scegliere proprio lei.
Perchè vuole lavorare per noi?'

Era un uomo sulla sessantina, di statura media, grassoccio ma con uno sguardo rassicurante e paterno. Sopra ad un collo cortissimo, quasi inesistente, si stagliava un volto paffuto e rotondeggiante. I capelli, anch'essi corti, erano di un bianco grigiastro, ripiegati su di un lato come a nascondere un principio di calvizie incombente.
Nel mentre l'altro "esaminatore", belloccio ed elegante, sembrava molto attento ad esaminare un certo album dal nome "Mare 2017" su Facebook: senza dubbio prendeva con molta serietà il suo compito di commentatore di foto di coetanee di sua figlia.

'Vivendo in Giappone, sin da bambini dobbimo convivere con tante difficoltà: il rischio di terremoti, tsunami, il pericolo del nucleare, solo per citarne alcuni-' rispose Taki, dopo aver preso qualche secondo per organizzare il discorso, '...in un mondo così spaventoso, vorrei poter creare qualcosa di rassicurante, che possa restare nei cuori della gente.
Creare qualcosa che si integri con la natura, che sia sicuro ma nel rispetto delle nostre tradizioni. Qualcosa che sia così memorabile da poter sopravvivere a tutto'.

Rimase in silenzio per qualche secondo -un'infinità di tempo ai suoi occhi- insicuro su come proseguire. Ripensò alla ragazza che aveva appena incontrato alla stazione e trovò le parole per continuare.

'Diversi anni fa visitai le rovine della cittadina di Itomori.
Fu un'esperienza molto toccante: di fronte ad uno spettacolo simile non si può restare impassibili.
Però non fu quell'enorme distruzione a colpirmi maggiormente, ma vedere come la natura, seppur lentamente, stesse riprendendo il controllo sul cemento e sulle macerie...

Il mio sogno è veder rinascere posti del genere, diventare un architetto capace di progettare qualcosa di simile'.

Il più anziano dei due, che aveva seguito il suo discorso molto attentamente, annuiva con il capo; l'altro invece sembrava non essere molto soddisfatto- probabilmente doveva essere arrivato all'album Inverno 2017- e scuoteva la testa con
dissenso.

Un po' confuso nel vedere due reazioni così discrepanti, Taki riprese a parlare: 'Se posso farvi vedere a cosa mi riferisco, qui ci sono una serie di progetti e schizzi a cui ho lavorato in questi anni...'

Prese allora il blocco che aveva portato con se e tirò fuori una serie di lavori, fatti a tempo perso ai tempi dell'università.
'Questi sono sulla ricostruzione di Itomori, questi su Fukushima, questi sulla penisola di Hoshika e alcuni invece sono su Tokyo...' disse mentre indicava e raggruppava i progetti e i disegni a cui si stava riferendo.

Il più anziano dei due guardava le tavole con molta attenzione, annuendo con il capo.

'Il suo sogno è ammirevole, signor Takibana, e le sue motivazioni sono molto valide.
Sapesse quanti candidati dal curriculum stellare vediamo ogni giorno, con l'unica aspirazione di mettere il proprio nome su qualche edificio ed intascarsi il loro compenso per tornare a casa contenti.
In questo studio, invece, difficilmente si torna a casa contenti. Ma tutte le sere usciamo da quì soddisfatti, consapevoli di aver fatto qualcosa per un mondo migliore rispetto a quello che avevamo trovato il giorno prima'.

Si fermò. Volse uno sguardo duro verso il collega alla sua sinistra, tanto che persino Taki potè percepire il disprezzo negli occhi dell'anziano signore.
Questi, sentendosi forse osservato, smise di scrollare ed annuì alla parole del suo superiore, fingendo di condividerle in pieno.

Quindi si rivolse nuovamente verso Taki, stavolta non più corruciato, e riprese a parlare: 'Dalle sue parole e da questi lavori traspare un'enorme passione.
Lei ha capito davvero qual è la missione che ci siamo imposti in questo studio-' prese in mano un progetto dal blocco (un piano di ricostruzionee di Itomori), tendolo sollevato per guardarlo controluce.

'In particolare, questo progetto mi ha molto colpito, potrebbe lasciarmelo per qualche giorno? Vorrei farlo vedere ad alcuni miei colleghi'.

Taki si sentì finalmente soddisfatto. Qualcuno non solo apprezzava il suo lavoro, ma condivideva i suoi stessi ideali, combatteva le sue stesse battaglie.
L'uomo si alzò in piedi e con fare gioviale tese la mano destra, 'Il progetto potrà venire a riprenderlo lunedì mattina, e in cambio mi metterà una firma sul suo contratto'.
I due si strinsero la mano e successivamente, seppur controvoglia, anche l'altro uomo si alzò per fare altrettanto.

'Grazie mille per darmi questa opportunità, vi sono infinitamente grato' disse Taki tutto d'un fiato, mentre si inchinava quasi fino a dare una testata sul tavolo di fronte a lui.
'E' un piacere averla tra noi. Mi raccomando, sia puntuale lunedì'.
 

                                                                                                  *****
 

Per tutto il fine settimana, Tsukasa e Takagi vollero assicurarsi che il tasso alcolemico di Taki si mantenesse a livelli tali da garantire il disturbo della quiete pubblica.
Dopo molte bevute e diverse prese in giro all'ultimo arrivato nel mondo del lavoro, rincasò ormai a notte fonda.
Per paura di arrivare in ritardo, il mattino seguente uscì di casa pressochè all'alba, nonostante fosse ancora in hangover e trovasse difficoltà anche solo a camminare in linea retta.

Quantomeno lo rassicurava il fatto che, di lì a poco, si sarebbe trasferito in un nuovo appartamento, dalle parti di Shinjuku, e che quindi non si sarebbe più dovuto svegliare ad orari così disumani.
Se non fosse stato per l'aiuto e la pazienza che Okudera aveva dimostrato negli ultimi giorni, probabilmente si sarebbe trovato a dormire sotto qualche ponte per una settimana prima di trovare casa vicina all'ufficio.

Il primo giorno trascorse molto velocemente.
Dopo la mattina dedicata ad ascoltare una serie di presentazioni, venne messo sotto la supervisione di un collega -un ragazzo poco più grande di lui- che si occupò di fargli conoscere lo studio.
Scoprì che i due incontrati al colloquio il venerdì precedente non erano altri che il figlio del proprietario e il secondo in comando, il più anziano dei due, amico e collega di lunga data del proprietrio dello studio.

Poco dopo le 5 e mezza,Taki lasciò lo studio per ritornare a casa.
Si sentiva un po' demoralizzato perchè nei giorni precedenti ogni suo sforzo di trovare la ragazza della stazione era stato vano: nessun profilo Facebook, nessun indizio sul suo posto di lavoro.
Addirittura anche la ricerca del negozio della nonna si era rivelta un buco nell'acqua.

Decise quindi di allungare la strada, nella speranza che magari la potesse incontrare nuovamente dallle parti della stazione, dove l'aveva vista la prima volta.
Dopo un lungo e infruttuoso girovagare giunse infine a Yotsuya, da cui normalmente avrebbe preso il solito treno affollato per casa.
Ma invece che salire sul treno, all'ultimo volle cambiare destinazione: da quelle parti si trovava un enorme centro commerciale, e Taki aveva una serie di acquisti da fare prima di trasferirsi nell'appartamento nuovo.

 

Una volta sbarrata anche l'ultima parola della lista della spesa, si sedette al tavolo di un bar all'aperto, in una sorta di piazzale all'interno del centro commerciale, sorseggiando un frappè mentre controllava distrattamente i messaggi sul cellulare.
Ben presto però la sua attenzione fu attirata da una coppietta, che discuteva animatamente davanti ad un negozio di abiti da sposa, a pochi metri di distanza.
Anche in questo caso, riconobbe un marcato accento del Kansai.

A pensarci bene però, potrebbe anche essere un accento di Mino, commentò Taki tra sè e sè, memore della lezione di linguistica che gli era stata impartita qualche giorno prima.


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AAAAAllora rieccomi! Il capitolo è pesantissimo, un mattone, una pallonata sugli zebedei, un'armadio sul mignolino... Mi dispiace! Pensavo che sarebbe stato sbagliato omettere il colloquio quindi ho iniziato a scrivere sta parte, ma si è rivelata molto difficile. 
Spero si noti che comunque ci  ho messo il massimo dell'impegno, cercando di non sembrare troppo banale e alleggerendo in qualche modo alcuni punti. Ho concluso con un cliffhanger che di suspense ne ha veramente poca, perché sicuramente saprete tutti a chi mi stessi riferendo, però vi avviso che il prossimo capitolo scorre che è una meraviglia se paragonato a questo, ed è pure pressoché completo, devo solo decidere a che punto concluderlo!
Vi giuro che le parti noiose dovrebbero essere finite, state con me ancora per un po' che arrivano le parti migliori( Università permettendo). 
Beh ditemi un po' che ve ne pare, ogni critica è accettata e ogni recensione mi aiuta :) 
Mi chiedevo, come mai ci sono così poche ff a tema Your Name? Sarà perchè siamo nella categoria film e non in quella anime? Avete qualche suggerimento per il proseguimento?

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Capitolo 4
*** Una familiare coppia di sconociuti ***


'Ma è il millesimo abito che provi soltanto oggi! Ancora non ti sei decisa?' Chiese il ragazzo disperato, in piedi davanti all'ingresso.
'Per tua informazione abbiamo appena inizato' rispose lei stizzita, 'e ti pregherei di stare lontano: lo sposo non deve assolutamente vedere l'abito fino al giorno delle nozze!
Che ne so: vai a fare la spesa, in sala giochi...trova qualcosa da fare. Quì non puoi starci!' continuò lei, mentre chiudeva la porta d'ingresso.
'Ma siamo quì da stamattina! Ho già fatto la spesa per almeno tre mesi, ho battuto tutti i record di un certo Madmax a "Digdug" e ti giuro che se dovessi avere altri cinque minuti potrei far denuclearizzare la Corea del Nord e porre fine alla fame nel mondo'.
'Aahh Tessie, sei sempre il solito catastrofico'. La ragazza riaprì la porta e si avvicinò per dargli un bacio sulle labbra 'abbi ancora un po' di pazienza, abbiamo quasi finito'.
'Mmmmm... almeno vedete di sbrigarvi' rispose lui stremato, portando gli occhi al cielo.

Poco più lontano Taki, involontario spettatore della scena, non sapeva se ridere o compatire il ragazzo, martire immolatosi per il genere maschile.
Tessie, eh? Che nome strano...Oddio, sta venedo in questa direzione, mi avrà visto ridere? Pensò.
Questi si avvicinò, soffermandosi proprio davanti al tavolo di Taki.
Si tolse quindi gli occhiali da sole e si diresse verso il tavolo accanto, sospirando a gran voce mentre sprofondava nella sedia.

'Ragazzo, se posso darti un consiglio, non sposarti mai... ma chi me l'ha fatto fare!' Disse con lo sguardo sempre rivolto al cielo.
Tessie era un ragazzo dalla carnagione olivastra, portava i capelli rasati a zero e aveva appena un accenno di barba; doveva dimostrare al massimo qualche anno in più di Taki. Ma c'era qualcosa di rassicurante nel suo aspetto, che Taki trovava familiare.

'Scusi signore, cosa le posso portare?' chiese un giovanissimo ed imbarazzato cameriere, giunto davanti al tavolo di Tessie, che ancora sospirava accasciato sulla sedia.
'Ehm ah, si certo. Mi porti... un caffè, facciamo un Americano, grazie' ripose Tessie che, colto un po' alla sprovvista dalla richiesta, per poco non caddè all'indietro. Stavolta Taki non si potè davvero trattenere.

'Ehi, ragazzo, che cos'hai da ridere?' chiese Tessie un po' scontroso, pur senza scomporsi eccessivamente.
'No, niente, scusami. Oggi sembra che non te ne vada bene una' commentò Taki, portando avanti le mani per cercare di scusarsi.
'Che ci posso fare, è una vita di stenti la mia' rispose lui, mentre il cameriere arrivava al tavolo con un vassoio in mano. 'Ecco il suo caffè, signore' disse quest'ultimo.
'Almeno una soddisfazione ogni tanto' commentò Tessie mentre portava la tazza di caffè bollente alle sue labbra.
'Fosse per me, farei il caffè usando altro caffè al posto dell'acqua' rispose Taki scherzosamente.
'Questa è l'idea più geniale che abbia mai sentito. Mi piaci ragazzo'.
Ma perchè continua a trattarmi come se avessimo vent'anni di differenza?! Si chiese Taki.

La conversazione venne interrotta da una voce femminile, proveniente dal negozio di abiti da sposa, che chiamava a gran voce: 'Tessieeeeeeee, abbiamo finito! Sbrigati a venire: Sayaka ha voglia di mangiare la pizza'.
Il promesso sposo portò nuovamente gli occhi al cielo, per poi alzarsi, borbottando qualche insulto incomprensibile nella direzione di quella voce.
'Come dicevo, è una vita di stenti' sussurrò tra un sospiro e l'altro.
Dopodichè divenne di colpo serio e si irrigidì sul posto, come un soldato sull'attenti, e urlò: 'Ai vostri ordini Seregente, arrivo!'

Continuò ad osservarlo mentre si allonava a passo di marcia, divertito e allo stesso tempo incuriosito da quel personaggio così eccentrico.
Lo sposino aveva già superato la sartoria quando Taki notò i suoi occhiali sopra al tavolo del bar, e si alzò per rincorrerlo.
Tessie si trovava poco lontano, circa ad un centinaio di metri, e si dirigeva verso l'uscita del centro commerciale. Era accompagnato da quella che pareva essere la sua futura sposa e da un'altra ragazza, probabilmente amica della sposa, che era rimasta all'interno del negozio per tutto quel tempo.
Li aveva quasi raggiunti quando, come la settimana precedente, tutto intorno a lui si fece di come immobile, tinto di una surreale luce bluastra, e una voce parve risuonare nella sua testa.

'I fili convergono e prendono forma, si torcono, si intrecciano... a volte si sciolgono, si spezzano e si uniscono di nuovo. Questo è Musubi, questo è il tempo' disse quella voce saggia, e il tempo immediatamente ritornò a scorrere. Che cavolo sta succedendo? Merda, se ne sta andando!

 

Taki si guardò velocemente intorno e riprese a correre, seppur scosso dall'accaduto.
'Ehi, aspetta-'...Tessie, giusto? Ti sei scordato...gli occhiali' disse lui con il fiato spezzato dalla corsa.
I tre si fermarono di colpo, e si girarono per portare lo sguardo verso di Taki.
'Sono un cretino!' Tessie si dette una pacca sulla fronte, mentre le due accanto a lui sogghignavano.
'Tessie-' disse Taki prendendo fiato, '...i tuoi occhiali.'
D'un tratto la ragazza che si accompagava alla coppietta smise di ridere.
'Taki!' disse lei stupita.
'Mitsuha!' rispose lui, ancora piegato in avanti a prendere fiato.
'Mi stavi pedinando? Hentai!'
'No, no! È il tuo amico che si è scodato gli occhiali'. Tese il braccio per mostrarli al gruppo.
'Eh già, ogni volta che vede un caffè, Tessie perde la testa. Vero amore?' commentò Sayaka scherzosa.
'Dopo tutte le ore passate in questo posto, stavo inizando a considerarla casa mia' rispose Tessie fingendo di essersi offeso.
Tutti scoppiarono in una risata.

'Maaaa quindi, com'è che voi due vi conoscete?' chiese Mitsuha a Tessie.
'Sinceramente stavo proprio per chiedere lo stesso a te' rispose lui.
'Taki, giusto?' S'intromise Sayaka, 'non è che per caso ti andrebbe una pizza?'
Mitsuha la fulminò con lo sguardo, mentre Tessie riusciva a malapena a trattenere le risate.
'Io, beh certo... a chi non piace la pizza'.
Taki guardò verso Mitsuha, come a chiederle conferma delle sue parole.
'Mitsuha, non dirmi che questo è il ragazzo di cui mi stavi parlando l'altro giorno!' se ne uscì Sayaka, come colta da un'illuminazione.
Mitsuha e Taki divennero entrambi del colore di un peperoncino habanero.
'Ah, quindi questo è il ragazzo famoso?' chiese Tessie.
'Volete smetterla voi due?!' si lamentò Mitsuha, sempre più imbarazzata.
'Non mi avevi detto che fosse così carino!' continuò a stuzzicarla Sayaka.
'Sayaka!' Gridò Mitsuha sconvolta.
'Scappa finchè sei in tempo' mormorò Tessie nella direzione di Taki.
'Basta, non perdiamo più tempo che ho fame. Abbiamo un tavolo prenotato per le 8; un posto in più non sarà un problema' concluse Sayaka con tono perentorio.
'Agli ordini, Generale' rispose Tessie divertito.

I quattro si avviarono verso l'uscita, gli sposini a condurre la fila e gli altri due lasciati dietro a chiuderla.
'Mi dispice per i miei amici, possono essere davvero antipatici alle volte' disse Mitsuha a bassa voce, in tono di scusa.
'Ma no, dai, sono simpatici... anche loro sono delle tue parti, vero?'
'Si, ci conosciamo da una vita. Ma senti, alla fine com'è andato quel colloquio?'
'Ah, quasi dimenticavo, ti devo aggiornare. Mi hanno preso!'
'Grande, complimenti! Certo che dovevano essere proprio disperati per assumere te...' disse lei scherzosamente.
'E invece tu sarai stata sicuramente licenziata per il ritardo, giusto?'
'A parte gli scherzi, l'ho davvero rischiata grossa, sai? Quella mattina toccava a me aprire'.
'E come hai fatto a scampartela??'
'Correndo più veloce di Usain Bolt'.

Il gruppo prese la metro fino alla stazione di Shinjuku, da cui poi si diresse attraverso il parco di Shinjuku Gyoen fino ad arrivare davanti al ristorante.
Distratto dalla conversazione, Taki non si accorse che quel percorso gli avrebbe dovuto ricordare qualcosa.
Ma quando vide l'enorme scritta "Il giardino delle parole" stagliarsi in alto sopra l'ingresso, non potè che rimanere stupito di fronte all'incredibile coincidenza.
Fra tutte le pizzerie che si potevano trovare a Tokyo, siamo capitati proprio nel ristorante per cui ho lavorato per gli ultimi due anni delle superiori, pensava Taki. Beh, almeno quì gioco in casa.

'Saranno anni che non vengo qui al Giardino...' commentò con voce sognate, mentre varcavano la soglia del locale.
Era esattamente come l'aveva lasciato anni prima: i tavoli, le luci, i menù... perfino il proprietario all'ingresso, che non sembrava essere invecchiato nemmeno un po'.
Negli anni tutti i suoi amici avevano lasciato il lavoro al locale. Ad iniziare da Shinta e Tsukasa, poi lui, e per ultima anche Okudera sempai, solo qualche anno prima. Forse era questo il vero motivo per cui non vi era più tornato: quel posto evocava troppi ricordi di tempi passati.

'Quindi anche tu sei già stato qui altre volte?' chiese Mitsuha.
'Oh, tantissime volte a dirla tutta. Tante da farmi quasi venire la nausea' rispose scherzoso.
'Noi non ci stancheremmo mai di questo posto, ormai siamo dei clienti fissi' disse Sayaka, lievemente offesa.
'Vi capisco, ma dopo averci lavorato per anni, fa sempre strano tornare come cliente' rispose lui, cercando di spiegarsi meglio.
Mitsuha e Sayaka rimasero entrambe colpite da quest'ultima affermazione e i loro sguardi si incontrarono alle spalle di Taki e Tessie.
I quattro si sedettero, Mitsuha e Sayaka da un lato, Tessie e Taki dall'altro.

Sayaka prese il menù in mano ed iniziò a leggerlo distrattamente, per poi chiedere: 'Se posso permettermi, quanti anni fa lavoravi quì?'
'Facevo ancora le superiori, quindi... saranno stati quattro o cinque anni fa. Perchè?' chiese Taki perplesso.
'Perchè in tal caso, probabilmente ci siamo già incontrati prima' rispose lei.
Taki guardò Sayaka incuriosito.
'Ho scoperto questo posto il giorno dopo essermi trasferita a Tokyo, ormai otto anni fa. Non so, era come se conoscessi già la strada. Da quel giorno, questo è diventato il nostro ritrovo' spiegò Mitsuha.
'Eppure non mi ricordo di te' li interruppe Sayaka, quasi sospettosa.
'Beh, nel 2016 vivevamo molto lontani da Shinjuku, non ricordate?' s'illuminò Mitsuha.
'Ah già, i tempi della nostra convivenza, chi se li scorda più' rispose Sayaka divertita.

L'arrivo del cameriere, pronto a prendere le ordinazioni, mise fine alla discussione. A parte la pizza con Ananas ordinata da Sayaka, la cena fu di tutto rispetto, e trascorse piacevolmente.
I quattro formavano un gruppo molto affiatato: chiunque li avrebbe scambiati per amici di vecchia data, piuttosto che due coppie ad un doppio appuntamento improvvisato.
'Quindi sei un architetto? Anche il padre di Tessie si occupa di costruzioni' disse Sayaka
'Il vecchio ha cercato di trascinare anche me nel baratro, ma non c'è proprio stato verso di convincermi' commentò Tessie.
' Voi invece che lavoro fate?' chiese Taki al resto della tavolata.
'Io ho aperto un piccolo negozio di elettronica qui vicino, mentre Sayaka fa la commessa nel centro commerciale dove ci siamo incontrati questo pomeriggio' rispose Tessie.
'Ed anche io lavoro come commessa nel centro commerciale. A voler essere precisi, faccio la schiava nel negozio di abiti da sposa.' rispose Mitsuha.
'Fossi stato io il tuo padrone, ti avrei licenziata anni fa' commentò Tessie divertito.

In quel momento Mitsuha notò che Taki portava ancora con se la cartella del giorno del colloquio.
'Ricordi, avevi promesso di farmeli vedere se ti avessero assunto' disse entusiasta, facendo un cenno col capo per indicarla.
'Ah, si hai ragione, me li hanno restituiti solo oggi... dammi un secondo.'Taki fece spazio sul tavolo e vi posò sopra il blocco contente i suoi lavori.
Sin da subito tutti guardarono incuriositi alle tavole, ma giunti alla terza pagina, il loro interesse venne definitivamente catturato.
' Quella...' disse Sayaka incupita.
'Quella...' cercò di continuare Tessie.
'Quella è Itomori' concluse Mitsuha malinconicamente.
'Un attimo' disse Taki, preoccupato da delle reazioni così inaspettate, 'quando mi dicesti che venite dalla prefettura di Gifu, volevi dire che voi...che voi venite da Itomori?!'

Mitsuha prese il blocco in mano e continuò a sfogliarlo, le lacrime che scorrevano sul suo volto mentre l'espressione di stupore continuava a aumentare.
'Sono così tanti, così dettagliati... ' disse lei mentre passava al quarto, quinto, al decimo disegno su Itomori. Sembrava assistere all'ossessione di Monet per la cattedrale di Rouen.
'Io...io non avrei mai immaginato' cercò di scusarsi Taki.
'Non devi scusarti, sono belissimi' rispose Mitsuha ancora grondante. 'Casa mia è scomparsa, ormai l'ho accettato. L'importante è che siamo riusciti a salvare quasi tutti' continuò lei, con un lieve sorriso a increspare le labbra.
'Cosa vuoi dire?' chiese Taki incuriosito, pensando ai suoi sogni ricorrenti in cui cercava di salvare Itomori dalla catastrofe.
'Quella notte di 8 anni fa, noi tre riuscimmo a far evacuare il paese appena prima che la cometa si schiantasse' rispose lei.
'Ad essere onesti, il merito va tutto a Mitsuha' commentò Tessie
'Beh, noi abbiamo il merito di aver creduto a questa cretina' Sayaka diede una gomitata alla sua destra, colpendo Mitsuha alle costole.

Taki ascoltava attentamente, ora più che mai convinto che i suoi sogni e Mitsuha avessero un collegamento.
Dubbiosa, Mitsuha si rivolse a Tessie: 'mi sono sempre chiesta, com'è che decisi di far evacuare la città? Ricordate come vi convinsi?'
'Ricordo solo che mi rubasti la bicicletta per andare in cima alla montagna dietro al tempio, e che tornasti decisa più che mai a portare a termine il piano...' rispose lui.
'Eri pur sempre una sacerdotessa del tempio, probabilmente avremmo pensato a qualche intervento dei Kami' commentò Sayaka.

La montagna dietro al tempio di Itomori, la stessa montagna su cui mi svegliai anni fa?... devo parlare con Mitsuha di questa cosa. Solo io e lei, o non mi crederà mai, pensò Taki emozionato. Sapeva che in qualche modo si stava avvicinando sempre di più alla risoluzione del mistero.

'Questo disegno... Sayaka, guarda quì.' Mitsuha, quasi spaventata, strattonò il braccio dell'amica per attirarne l'attenzione. Di colpo anche il suo volto, precedentemente solo intristito, divenne terrorizzato.
Guardò prima Mitsuha negli occhi, poi si girò sospettosa verso Taki.
'Questa è casa mia, vero Sayaka?' chiese Mitsuha, guardando fissa nel vuoto davanti a sè.
'Non c'è dubbio... quella è casa tua.' rispose lei, sempre guardando fissa Taki, quasi con disprezzo.
Ora era Taki ad essere sconvolto 'Cosa?! Ma è impossibile!'
Quella tavola era infatti una delle poche per cui non aveva utilizzato alcun materiale d'ispirazione, non poteva essere come dicevano: era sicuro di essersi basato esclusivamente sulla sua immaginazione.

'Quel disegno non c'entra niente con gli altri... non può essere come dici.' L'atmosfera si era fatta elettrica,e la serata definitivamente rovinata.
'Tutto ciò non ha senso' commentò Tessie.
'Questa situazione è troppo inquietante. Tachibana Taki, dimmi chi sei tu veramente, e soprattutto dimmi perché non dovrei chiamare la polizia in questo istante? Chiese dura Mitsuha. 'Questa è la mia camera da letto!' gridò mentre mostrava la tavola, sorretta con una mano all'altezza del suo volto.

Taki era mortificato, non sapeva nemmeno cosa rispondere. Se gli avesse chiesto il motivo della sua ossessione per Itomori, anche in quel caso non avrebbe saputo darle nessuna risposta. Che bello, stamattina sono diventato un lavoratore, e stasera sono ufficialmente diventato uno stalker! Commentò tra sè e sè sarcasticamente.
'Ti prego, fammi spiegare... E' una situazione assurda, lo capisco. Ma puoi fidarti di me', cercò di dirle lui.
'Io vorrei fidarmi, ma al momento sono davvero spaventata... Tutto questo è troppo per me. Mi dispiace.'
Mitsuha gli restituì il blocco, evitando completamente il contatto visivo.
'Vuoi che lo mandi via, Mitsuha?' Chiese Tessie mentre si alzava in piedi minaccioso.
Solo ora Taki si accorse di quanto il suo fisico fosse imponente se paragonato al suo, e questo lo preoccupava non poco.
'No, fermati Tessie, non cacciarlo!' Mitsuha si aggrappò al suo braccio per fermarlo, poi continuò: 'c'è qualcosa che io e lui dobbiamo risolvere: quegli strani sogni di cui vi parlavo, le visioni, ma anche questo posto e questa situazione... non può essere una coincidenza che sia tutto collegato a lui.'
'Devi credermi Mitsuha, anche io sono qui per la stessa ragione. Questa mia ossessione per Itomori... neanche io riesco a spiegarmela. Ci sono tante cose che non riesco a capire, e tutte sembrano condurre a te',disse lui disperato, quasi sul punto di piangere per la frustrazione.
'Dammi una possibilità di spiegarmi: sono convinto che assieme possiamo venire a capo a questo mistero. Io sono stanco di continuare a sbattere sempre allo stesso muro, senza mai trovare le risposte giuste.

Fu Tessie ad intervenire: 'Mitsuha, posso capire che tu non voglia cacciarlo: siamo stati assieme tutta la sera ed anche a me è sembrato un ragazzo a posto'. Quindi si sedette e poi riprese parola: 'ma non mi fido a lasciarti da sola con lui, ora che ho visto queste cose. Pensaci un po', potrebbe davvero essere un maniaco'.
'L'altro giorno alla stazione, hai detto che ti era sembrato di averlo già visto prima, no?' chiese Sayaka preoccupata.
'E oggi, guarda caso, compare proprio davanti al tuo negozio' continuò Tessie.
'E poi c'è quel disegno... come fa a conoscere i gli interni di casa tua?' concluse Sayaka sempre più preoccupata.
Taki tirò fuori la sua agenda e ne strappò via un foglio. Indispettito ed esasperato dalla situazione, prese in mano la stilografica che teneva nella giacca e scrisse velocemente il suo numero. Fece poi per scrivervi accanto il suo nome, quando alla prima linea del primo ideogramma, Mitsuha raggelò.

La sala del ristorante intorno a lei scomparì, e come in una scena di un film, si ritrovò catapultata da tutt'altra parte.
Si trovava in cima a quella montagna dietro al tempio di Itomori. Riconobbe il lago davanti a sé: la sua forma bilobata suggeriva che la cometa si fosse già schiantata sul paese. Era il tramonto, anzi, era il Kataware Doki, come si diceva da quelle parti.
Solo in quel momento notò la mano di un ragazzo toccare dolcemente la sua, per scrivere qualcosa sul suo palmo con un pennarello.
Non gli lasciò terminare di scrivere, strappò via la sua mano per guardarla, ancor prima che lui potesse terminare il primo ideogramma.
Come un Thè offuscato da un abbondante bicchiere di latte, l'immagine si fece sempre più offuscata, per poi scomparire così come era apparsa poco prima.
Disorientata, riconobbe di trovarsi nuovamente nel ristorante. Le era già successo di vedere quella scena, quel lago e quella mano che cercava di scrivere sulla sua, ma mai da sveglia.
Come tutte quelle volte però, non appena cercava di guardare il volto del ragazzo, il sogno finiva.

Se non avessi avuto fretta avrei potuto vedere tutta la scritta? O sarebbe comunque finito tutto così? pensava Mitsuha, mentre guardava al biglietto che Taki aveva scritto sul tavolo.
Si guardò intorno. Senza che lei se ne fosse accorta, lui se ne era andato.
'Tutto bene Mitsuha? Ti sei incantata, ci siamo tutti spaventati!' chiese Sayaka, visibilmente proccupata, 'puoi stare tranquilla adesso, quel Taki se ne è andato'.
Mitsuha prese il foglio in mano, e guardò attentamente il primo ideogramma. Assomigliava terribilmente a quello che aveva visto, troncato a metà, sulla sua mano. Anche la scrittura, probabilmente, era la stessa.
Mitsuha si mise il foglio in tasca.'Ho deciso, voglio rivederlo'.
'COSA?!' gridarono gli altri due all'unisono, facendo girare metà delle persone presenti nel locale.

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Allora, rieccomi dopo un bel po' di tempo. Sinceramente sono un po' in difficoltà con il capitolo successiv, e con gli esami che si avvicinano temo proprio che non riuscirò a farlo uscire prima di natale. Però in compenso questo capitolo è pure un pochino più lungo dei precedenti.
Scusate se scomparirò per un po' ( Non che ci sia poi sto gran seguito hahahaha) 
Ci rivediamo dopo Natale. Buone feste :)
 

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