Time to fight, M'Lady.

di breathekate
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Cattivi supereroi ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - "Super-Fan" ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Fragili ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Appuntamento serale ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Pensieri ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Confusione ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Teletrasportati ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Hawk Moth ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Più forti di prima ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Gatto e principessa ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Inganno ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Cattivi supereroi ***


Capitolo 1 - “Cattivi supereroi”

 

Era un’altra di quelle sere estive tipiche parigine, dove l’afa del giorno lasciava posto alla leggera ma fresca brezza della sera e le stelle spuntavano luminose nel cielo sopra ai lampioni gialli. Due ombre si muovevano agili sui tetti delle abitazioni, fino a fermarsi su quello del municipio, atterrando sul cemento con grazia ed eleganza. 

“Allora Chat, tutto chiaro?” Chiese Ladybug, rivolta al suo compagno d’avventure. 

“Ma certo”. Rispose convinto lui, prima di spiccare un veloce balzo per superarla e sfondare la porta di sicurezza che dava sull’interno dell’edificio. La mora lo seguì a ruota e insieme corsero lungo il corridoio che conduceva alla rampa di scale principale. 

“M’Lady” Disse Chat, porgendo una mano, o meglio, una zampa alla sua amata Lady, per poi tenerla stretta per la vita, sfoderare il suo bastone e scivolare giù alla velocità della luce.

“Meglio di un ascensore” Scherzò Ladybug, poggiando i piedi sul pavimento. Chat le rivolse un’occhiata divertita, poi foderò il suo bastone e s’incamminò verso la porta che conduceva alla sala convention. Il giovane eroe sembrava totalmente a suo agio in una sala così grande e con così tanti personaggi famosi, celebrità, pezzi grossi della politica e perfino il capo della polizia. Ladybug sembrava invece stranamente a disagio, seppur essendo ormai abituata a parlare davanti alle telecamere e ad affrontare situazioni ben peggiori di una semplice cena formale. 

“Tranquilla, M’Lady. Chat Noir è sempre accanto a te” le sussurrò in un orecchio, prima che i fotografi notassero la loro presenza e si precipitassero da loro.

“Le entrate a sorpresa hanno sempre un gran successo” scherzò poi, concedendosi alla folla di flash che ormai li circondava. Ladybug si rese conto di essere rimasta impalata dietro l’amico e si strinse nelle spalle, prima di sospirare e farsi coraggio per sembrare il più possibile a suo agio.

“Ladybug!” Un gridolino acuto molto familiare si fece largo tra la marea di fotografi, fino a svelare il volto da cui aveva origine: Chloè.

“Largo, largo, fate passare la figlia del sindaco!” Starnazzò, protestando contro i paparazzi in adorazione. Finalmente riuscì a passare, lanciando gomitate a destra e a manca e inciampando sul treppiedi di una videocamera, per finire casualmente abbracciata alla sua eroina preferita.

“Ciao anche a te Chloè” disse poco convinta la coccinella, cercando di liberarsi dalla presa.

“Facciamoci un selfie insieme, Ladybug!” Esclamò la bionda, sfoderando un costosissimo cellulare platinato. Aprì l’applicazione della fotocamera e con un click si immortalò insieme all’eroina. 

“Permettetemi di darvi il benvenuto a questa festoso evento, Ladybug e Chat Noir” disse il sindaco, scacciando via la folla di fotografi.

“Piacere nostro” rispose cortesemente Chat, improvvisando un veloce inchino dei suoi. 

“Ci avete invitato per un preciso motivo, giusto sindaco?” chiese Ladybug, finalmente libera dalle grinfie di Chloè. Il sindaco annuì, avviandosi verso la lunga tavolata posta al centro della sala. 

“Esatto. Siete qui per partecipare alla presentazione del nuovo regolamento di sicurezza cittadino” rispose l’uomo, prendendo posto a capotavola. Chat e Ladybug si sedettero entrambi alla sua sinistra, leggermente incuriositi.

“Avete scelto due modelli perfetti, direi” rise il biondo, ammiccando all’amica. La mora alzò gli occhi al cielo, sussurrando un “ti prego, Chat”, poi si guardò velocemente intorno, nella speranza che anche Adrien, essendo figlio un famoso stilista, si presentasse.

“Dicevamo, dunque” borbottò il sindaco, attirando l’attenzione della giovane “ho accordato un incontro con il capo della polizia l’altro giorno per discutere degli avvenimenti recenti. Siamo giunti, di comune accordo, che la sicurezza dei cittadini sarebbe più efficiente se voi collaboraste di più con la polizia” 

“Ma, signor sindaco… Gli akuma sono esseri magici quanto potenti e malvagi, non possiamo rischiare che i vostri uomini si mettano in pericolo. Non avete i mezzi” Rispose Ladybug, tra il nervosismo e un disperato tentativo di non sembrare scortese. Dopotutto, era la paladina della città; non poteva apparire sgarbata con il sindaco.

“Sono sicuro che i nostri corpi di polizia siano più che qualificati per darvi un solido appoggio nelle operazioni di salvataggio”  ribattè l’uomo, sistemandosi la cravatta. 

“Vede, sindaco, non vorremmo sembrarle scortesi o ingrati, ma fino ad ora ce la siamo cavati egregiamente…” tentò di intervenire Chat Noir.

“Questo non lo metto in dubbio, mio caro Chat Noir, ma è anche vero che i corpi di polizia sono stati addestrati per situazioni di emergenza come queste e credo che sia giusto dar loro fiducia” 

“Certo, certo, ma…” 

“Non acconsentirò altre obbiezioni” Intervenne il capo della polizia, seduto dalla parte opposta del tavolo, a poche sedie di distanza “Il regolamento è ormai nero su bianco”

“Spero quindi che mi affiancherete sul palco più tardi per l’annuncio alla stampa, miei cari” aggiunse il sindaco, non ammettendo risposte. Ladybug e Chat Noir si guardarono poco convinti per un attimo, poi si concessero alle deliziose portate che componevano il menù di quella sera: deliziosi primi alle verdure, pesce pregiato su un letto di salse esotiche, desserts di frutta e squisito cioccolato fondente. 

Tuttavia però, nella testarda mente dell’eroina in rosso continuavano a lottare rabbia e ragione. Come avrebbe dovuto comportarsi da ora in poi? Avrebbe dovuto chiedere il permesso alla polizia di intervenire? O semplicemente continuare a lottare come sempre? Instintivamente il suo sguardo si posò sulla figura del suo fedele compagno in tuta nera e orecchie da gatto alla sua destra. Stranamente Chat sembrava non essersi accorto delle improvvise attenzioni della sua Lady. 

“Un attimo di attenzione, prego” una voce riecheggiò nella stanza, attirando su di sè gli sguardi incuriositi dei presenti.

“Mi chiamo Super-Fan e sono qui per omaggiare i miei due supereroi preferiti, Ladybug e Chat Noir… E voglio i loro miraculous”

 

Spazio Autrice:

Hello! Questa è la mia prima ff su ML, perciò spero di non aver fatto troppo OOC i personaggi ^^'

Sembra che Ladybug e Chat Noir non abbiano mai pace! Chi sarà il nuovo/la nuova akumatizzato/a?

Alla prossima ^^

Bk.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - "Super-Fan" ***


Capitolo 2 - “Super-Fan”

 

Una donna dallo strambo vestito grigio chiaro reggeva il microfono, sghignazzando maleficamente da dietro il suo ciuffo di capelli corvini. Aveva uno strano cappello bianco, che culminava con un piccolo ventilatore, collegato a sua volta ad un anello-bottone che la donna portava sulla mano destra. 

“Ti faremo un autografo volentieri” disse Chat Noir, balzando in un attimo sul tavolo e sfrecciando verso il palco. Ladybug gli fu subito dietro. Una rapida occhiata d’intesa, e i due si divisero i lati: la rossa, pronta ad attaccare con il suo fedele yo-yo, si lanciò a destra, mentre il biondo si accostò a sinistra. 

“Perchè non mi regalate i vostri miraculous autografati allora?” Lì schernì la grigia, saltando agilmente sull’impianto acustico alle sue spalle. Chat Noir e Ladybug le furono subito davanti e sferrarono il loro attacco incrociato, che però finì per essere un garbuglio di fili, bastone e supereroi. Chat infatti si era distratto, dopo aver visto per un attimo il volto familiare della sua segretaria dietro a quel ghigno. 

“Incompetenti!” Urlò il capo della polizia da dietro un tavolo ribaltato, mentre Super-Fan sfrecciava contro i numerosi poliziotti che la circondavano, con i fucili in mano.

“Non gli dare ascolto, Ladybug” sussurrò Chat ancora una volta, prima di aiutare la rossa a slegarsi, a malincuore, da quell’intreccio che li teneva stretti uno all’altra. I due fuorno subito in piedi e scattarono verso una delle finestre rotte, dalle quale Super-Fan era appena scappata, lasciando numerosi frantumi di vetro e pallottole mancate dietro di lei.

“State indietro, è pericoloso!” Ladybug redarguì gli ospiti un’ultima volta, prima di spiccare un balzo e precipitarsi all’inseguimento insieme a Chat Noir. 

“Non per i miei uomini!” Esclamò il sindaco, indignato, mentre stringeva a sè Chloè.

Il buio della notte inghiottì la coccinella e il gatto non appena si ritrovarono sul tetto del palazzo di fronte. La rossa non vedeva assolutamente nulla, a differenza del suo compagno, che era atterrato non molto lontano da lei.

“I lampioni sono spenti…” osservò Ladybug, mentre sentiva il senso di pericolo crescerle alle spalle. Quando si trattava di combattere al buio, infatti, doveva far affidamento su Chat, il quale però non rientrava nella sua visuale al momento. Ma uno stridio di pneumatici e il rumore di un elicottero della polizia, accompagnato da fasci di intensa luce bianca, la risvegliarono dallo stato di paura e con un agile movimento del braccio, riuscì ad afferrare Chat appena in tempo per schivare un onda di vento di Super-Fan, spuntata fuori da chissà dove.

“Come ha fatto a tornare qui così velocemente?” Chiese il biondo, mentre armeggiava sapientemente con il suo bastone argenteo. 

“Non lo so, ma dobbiamo trovare il modo di toglierle quell’anello dalla mano” Rispose la rossa, facendo roteare il suo yo-yo “L’akuma deve essere lì”

“Sto ancora aspettando per il mio autografo!” Esclamò Super-Fan, fingendosi infastidita. 

“Lo avrai presto!” Esclamò Ladybug, preparandosi ad un altro attacco. 

Un battito di ciglia, e la grigia si ritrovò imprigionata nella morsa dello yo-yo a pois, mentre qualcosa di argenteo luccicava al bagliore della luna e delle luci delle torce della polizia, colpendole il ventilatore, che smise così di funzionare. Chat Noir aveva lanciato il suo bastone, facendolo incastrare tra le ventole del malefico aggeggio, mentre Ladybug si preparava al colpo di grazia. Assicurò bene la presa sul suo yo-yo, facendo dapprima roteare la donna su se stessa, per poi lasciarla cadere sulle dure mattonelle del tetto su cui si trovavano e urlare fieramente: ”Lucky Charm!”, ritrovandosi tra le mani un grazioso pacchetto di chewing-gum a pois. 

“Problemi di alito, M’Lady? Non ti preccupare, non mi tirerò certo indietro se..”

“Chat, attento!” Un suono metallico avvisò l’arrivo improvviso del bastone del gatto, che era schizzato fuori dal ventilatore e che avrebbe colpito il suo padrone, se Ladybug non lo avesse spinto in tempo. 

“Devo trovare il modo di usare queste gomme” disse frettolosamente la rossa, guardandosi intorno “Ho bisgno che tu mi copra, però” aggiunse poi, rivolgendosi al compagno. Chat capì al volo ciò che doveva fare.

“Copertura attivata!” la rassicurò lui, per poi lanciarsi all’attacco. Mentre Super-fan cercava invano di far precipitare Chat Noir di sotto, Ladybug corse lungo il perimetro del tetto, masticando con gusto un chewing-gum, per avere la giusta rincorsa e atterrare sulle spalle del nemico.

“Ora o mai più” si disse, lanciandosi sulla donna. Mentre ancora fluttuava in aria, approfittò del vantaggio e appiccicò abilmente il chewing-gum nel ventilatore, mandandolo temporaneamente in palla.

“Chat, l’anello!” esclamò, mentre atterrava sul lato opposto del tetto, cercando di non cadere. L’amico non esitò un attimo e sfilò l’oggetto dal dito della donna, per poi lanciarlo all’indietro. Ladybug lo afferrò all’istante e lo scagliò con forza contro una delle mattonelle del tetto. L’anello fu in frantumi, ma nessuna farfalla viola ne uscì.

“Com’è possibile?” mormorò l’eroina, fissando quello che sarebbe dovuto essere l’oggetto akumatizzato. 

“Ladybug!” La voce di Chat, che sembrava così lontana, non bastò a farla scansare in tempo e la rossa fu scaraventata sulla parete del palazzo di fronte da una potente onda d’aria. Chat sfuggì per un pelo alle grinfie dell’akuma, con cui stava ancora lottando, e si lanciò dalla sua Lady.

“Ladybug!” Urlò di nuovo l’amico, sfrecciando verso di lei. Attivò il bastone per usarlo come leva e lanciarsi a salvarla. Arrivò appena in tempo per afferrarle un braccio e issarla su di se, mentre con la mano libera si affidava nuovamente al bastone per scendere a terra, al sicuro. 

“Laybug…” Sussurrò preoccupato, mentre si riparava dietro all’angolo di una strada, tenendo l’amica in braccio. Sentì il proprio cuore perdere diversi battiti in quei pochi istanti in cui Ladybug rimase incosciente, tra le sue braccia. 

 

Spazio Autrice:

Hello! Ecco qua il secondo capitolo :3

Super-Fan non sembra la solita vittima akumatizzata e ora Chat Noir deve correre contro il tempo, per proteggere l’identità della sua Lady. Ci riuscirà?

Alla prossima ^^

Bk.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Fragili ***


Capitolo 3 - “Fragili”

 

Ladybug si risvegliò dolorante al suono del suo miraculous, ormai quasi scarico. La prima cosa che vide fu l'immagine sfocata di Chat Noir, che la guardava preoccupato.

"Bentornata, M'lady" sussurrò dolcemente, accarezzandole una guancia. L'eroina non ebbe le forze per respingere quel gesto, anche perché era stato... Carino, da parte del suo compagno, prendersi cura di lei. 

"Chat?" Mormorò, mettendo faticosamente a fuoco la figura dell'amico, ormai sulla soglia della porta. Ladybug si stupì, non riconoscendo camera sua.

"Il tuo miraculous è quasi scarico e so quanto tu tenga alla tua identità. Adrien ci ha ospitato in camera sua e sul comodino ci sono dei biscotti" sorrise il gatto, sforzandosi di non tradire la sua identità. Detto ciò, uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Ladybug sospirò, mentre la tuta a pois lasciava posto ai suoi vestiti ordinari.

"Hey Tikki, ci sono dei biscotti sul comodino" disse alla sua kwami, che raggiunse affamata il vassoio. Mentre la creaturina ricaricava le energie, la ragazza si mise a sedere sul letto, appoggiando la schiena al cuscino e concedendosi un po' di tempo per imprimersi nella mente la stanza di Adrien. Si dovette trattenere dall'urlare per la gioia quando notò il braccialetto porta-fortuna che gli aveva regalato appeso ad un angolo del monitor, accanto alla foto di una giovane donna dai capelli color grano e gli occhi verdi. Marinette pensò che dovesse essere la madre di Adrien; si somigliavano così tanto. 

"Come stai? Ero preoccupatissima per te!" Esclamò Tikki, tra un biscotto e l'altro. La blu si risvegliò dai suoi pensieri e lasciò che la kwami le abbracciasse una guancia.

"Sto meglio ora, grazie. Ma dobbiamo tornare subito là fuori, Super-Fan è ancora a piede libero" rispose, trangugiando in fretta un biscotto. Tikki la guardò perplessa, poi acconsentì alla trasformazione. Pochi minuti dopo la porta della camera da letto si aprì di scatto, rivelando una Ladybug in piena forma (o quasi) con il suo fedele yo-yo in mano. 

“Hey” ammiccò affettuosamente Chat, nonappena la vide uscire dalla camera “stai bene?”

“Sì, sì, sto bene. Ricordami di ringraziare Adrien Agreste quando tutto questo sarà finito” 

“Tranquilla, non ci vorrà molto” la voce odiosa di Super-Fan risuonò agghiacciante nelle orecchie dei due supereroi, che si misero schiena a schiena, pronti a difendersi. Improvvisamente una delle finestre del corridoio si chiuse, provocando un rumore sinistro. Ladybug sentì il proprio cuore accellerare i battiti e il sudore impiastricciarle i capelli sulla fronte, poi percepì un ululato di vento, ed ecco apparire Super-Fan davanti ai loro occhi. 

“Fatti sotto” sibilò l’eroina a denti stretti, mentre prendeva la rincorsa per l’attacco. Iniziò a far roteare il suo yo-yo, scattando verso la donna in grigio, e quando fu abbastanza vicina, la intrappolò nuovamente nella sua morsa a pois. La teneva stretta, tanto che ebbe il dubbio che riuscisse a respirare bene. 

“Chat, il cat-aclisma, adesso!” Urlò poi al compagno, che fece comparire strane particelle di materia oscura nel suo pugno. Aveva gli occhi verdi infiammati, brillavano di una strana luce, ma sembrarono spegnersi di colpo quando, ormai vicino alla nemica, riconobbe la sua fedele Nathalie, dietro a quella montatura chiara e il ciuffo corvino. La mano gli si fermò di colpo, la pupilla ridotta, il cuore fermo. La voce di Ladybug che lo implorava di colpire Super-Fan sembrava lontanissima. Se alla cena aveva avuto il minimo dubbio, ora ne aveva la certezza: Super-Fan era Nathalie. Chat Noir atterrò sul pavimento lucido del corridoio, lasciando che il pugno si sciogliesse lungo il fianco. Le scene seguenti sembrarono passargli accanto come pellicole di un vecchio film: Ladybug che colpiva Nathalie, i frammenti di vetro degli occhiali conficcate nelle guance di entrambe, Super-Fan a terra, poi ancora Ladybug che gli afferrava la mano mentre scappavano da un terribile tornado, e infine il buio di un vicolo e la luce soffusa di qualche lampione. Il gatto si chiese che ore fossero.

“Chat” si sentì chiamare.

“Chat Noir” ancora.

“Kitty?” 

I singhiozzi lo fecero finalmente voltare verso la sua Lady. Il cuore del micio perse un battito: la sua coccinella era lì, al suo fianco, con gli occhi gonfi e lucidi, il viso sporco di sangue e lacrime secche e i capelli appiccicati alla fronte.

“M’lady, io…” farfugliò, prima di ritrovarsi tra le braccia della sua Lady, che non riusciva a smettere di singhiozzare.

 

 

Inconsapevoli di ciò che stava succedendo a villa Agreste, i poliziotti del sindaco si erano sparpagliati per le vie della città adiacenti al municipio, aspettando istruzioni dalle squadre di ricognizione in elicottero. 

“Trovateli!” Continuava ad urlare intanto il capo della polizia, che sorvegliava il tutto dal tetto del municipio, insieme al sindaco. Chloè, che era voluta rimanere con il suo adorato “papikins”, aveva addirittura tirato un calcio nei gioielli di famiglia della sua guardia del corpo, e ora continuava a farfugliare cose nella giacca del padre. 

“Chloè, principessina mia, dovresti davvero farti riaccompagnare in hotel, quassù è troppo pericoloso per te” le disse cautamente il sindaco, provando a scollarsi dalla figlia. In risposta si beccò un’occhiataccia, poi fu come se non avesse detto nulla. 

Passarono dodici ore buone, prima che un poliziotto arrivasse di corsa sul tetto urlando: “Capo, abbiamo trovato qualcosa!”.

 

Spazio Autrice:

Hello! Eccomi qui con il terzo capitolo ^^

E’ un po’ più lungo rispetto agli altri due, spero di non avervi annoiato.

Finalmente l’identità di Super-Fan è stata svelata, ma come farà Chat a combattere la sua fidata segretaria Nathalie?

Alla prossima :3 (sì lo so, sono una personcina cattivah)

Bk.

P.S. = grazie mille a chi ha recensito la storia, chi l’ha stellinata e messa tra le preferite e anche chi ha solo letto in silenzio. Grazie davvero, non pensavo di ricevere recensioni così positive ^^

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Appuntamento serale ***


Capitolo 4 - “Appuntamento serale”

 

Poco tempo prima…

 

Un raggio di sole del primo mattino interruppe il sonno in cui Ladybug e Chat Noir erano caduti. I due, dopo lo scontro a villa Agreste, si erano rifugiati in un vicolo e, stanchi morti per lo scontro e per le lacrime, si erano addormentati uno abbracciato all’altra. La coccinella fu la prima ad aprire gli occhi, infastidita dalla luce. “Mi sono addormentata qui” pensò, sbadigliando sonoramente. Pochi istanti dopo si accorse di essere ancora abbracciata a Chat, perciò sgusciò lentamente fuori dalla stretta del gatto e si mise in piedi per stiracchiarsi un po’. Rimase incantata dalla luce dell’alba che dipingeva d’oro e arancio le strade, i lampioni e i tetti delle case. Luce che, riflessa nei suoi occhi, sembrava un mare al tramonto. Per lo meno, questo pensò Chat quando si svegliò, vedendo la sua Lady già in piedi.

“Buongiorno, M’Lady. Dormito bene?” Chiese il gatto, cercando di scacciare i brutti ricordi della sera precedente che gli attaglianavano il cuore. 

“Buongiorno, Chat-dormiglione” Ladybug fece una linguaccia “Dobbiamo metterci subito alla ricerca di Super-F” la coccinella fu interrotta dal compagno, che gli posò un dito sulle labbra.

“In realtà, dovremmo prima tornare, uhm, normali. Se le persone che ci conoscono senza la maschera scoprono che siamo spariti, daremo nell’occhio” spiegò.

“Già…” sussurrò Ladybug, pensando ai suoi genitori, che a breve sarebbero saliti in camera sua a svegliarla. Cosa avrebbero pensato se non l’avessero trovata nel suo comodo letto? Li avrebbe sicuramente fatti preoccupare a morte.

“Facciamo così: troviamoci stasera alle dieci in punto sulla Torre Eiffel, così pensiamo ad un piano d’azione” propose la rossa, per poi issarsi sul tetto del palazzo a fianco per correre a casa.

“E per me niente invito?” Super-Fan bloccò la strada a Ladybug, pronta ad azionare il suo ventilatore malefico. Chat, sentendo la sua voce, tirò fuori il bastone argenteo e con un agile salto raggiunse la sua amica. Sospirò forte, prima di riprendere fiato e urlare: “Cat-aclisma!”, mentre con un balzo raggiungeva il ventilatore della donna. Fu un attimo, e i suoi artigli distrussero il malefico aggeggio, riducendolo in mille pezzi. Il gatto atterrò oltre la donna, mentre una farfalla viola usciva dai frammenti del ventilatore. Ladybug non si fece scappare l’occasione e catturò immediatamente l’akuma con il suo yo-yo. 

“Ciao, ciao, piccola farfalla” disse, mentre seguiva con lo sguardo il piccolo insetto bianco livrarsi in aria. Quando poi la farfalla non fu più visibile, la ragazza tirò un sospiro di sollievo. Adesso sarebbe potuta tornare alla sua vita normale e riposarsi, prima che qualche altro akumatizzato attaccasse ancora Parigi.

“Cosa… Cosa è successo?” Nathalie, che aveva riacquisito le sue sembianze normali, era svenuta tra le braccia di Chat. Ladybug corse da lui, per poi inginocchiarsi all’altezza dei suoi occhi. Finalmente riconosceva quello sguardo magnetico, che era scomparso dal volto del gatto fino a poco prima. Si sentì improvvisamente più leggera, come se si fosse liberata di un peso insopportabile. Anche Chat, pur tenendo in mano una persona a lui cara, sembrava essere tornato in sè. 

“Miraculous Ladybug!” Gridò la rossa, lanciando in alto il pacchetto di gomme a pois, che aveva custodito nel colletto della tuta. Immediatamente una scia di particelle luminose si addensò sopra la sua testa, per poi inondare la città, ripristinando i danni causati. Nathalie riuscì a mettersi in piedi, mentre guardava la scena stupita.

Bip! Bip! Bip!

“Chat Noir, il tuo miraculous” lo avvisò. Il gatto spostò velocemente lo sguardo sul suo anello, poi di nuovo sugli occhi dell’amica. Non disse nulla: le avrebbe spiegato tutto quella sera.

“A-A stasera, M’Lady” la salutò lui, scomparendo tra i tetti della città. La rossa affidò Nathalie ai poliziotti che nel frattempo avevano circondato il perimetro del palazzo, per poi balzare da un tetto ad un altro fino a casa. 

 

Francie, il poliziotto che si stava occupando di Nathalie, la fece accomodare sui sedili posteriori della volante, poi contattò i colleghi rimasti al municipio.

“Pronto? Sì, la vittima è salva. E’ la segretaria di Gabriel Agreste. Sì, avvisate il capo” Furono le veloci parole che inviò attraverso la radiolina. Dopo un veloce giro di controllo, salì nuovamente in macchina e si diresse verso il municipio a gran velocità. Nel frattempo, un altro poliziotto aveva raggiunto il sindaco urlando:”Capo, abbiamo trovato qualcosa!”.

 

 

Spazio Autrice:

Hello! Scusate se questo capitolo è corto, ma serviva solo da flashback, y’know ^^

Alla prossima ^^

Bk.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Pensieri ***


Capitolo 5 - Pensieri

 

Quella sera Parigi era particolarmente affascinante: il cielo, di un denso blu scuro, abbracciava i tetti della città come un mantello di stelle, che si riflettevano nell’acqua della Senna insieme alla luce dolce e accogliente dei lampioni. L’aria era fresca e passava tra i capelli come un piacevole sussurro, per poi infilarsi tra i rami degli alberelli dei viali e scuoterne leggermente le foglie verdi. 

“Woah” sussurrò Ladybug, dalla cima della Torre Eiffel, ammirando il panorama notturno. Erano le dieci in punto e lei, stranamente puntuale, si era seduta sull’estremità di uno del palchetti della Torre, lasciando che le gambe penzolaserro nel vuoto. Si sentiva estremamente leggera, seppure le guance le dolessero ancora e i piedi avessero molte piaghe. Inoltre, quella mattina a scuola, aveva rischiato di tradire la sua identità.

 

Quella mattina, infatti…

 

Marinette era in ritardo per la quinta volta in una settimana, senza contare che il giorno prima aveva saltato l’ora di letteratura e si era beccata una partaccia dai genitori. Per lo più, quella mattina era così di fretta che si era scordata di coprire le ferite della battaglia con del fondotinta.

“Sono in ritardo, anzi, in super-ritardo!” Pensò disperata, mentre correva sulla scalinata della scuola. Varcò il portone maldestramente, per poi scattare al piano superiore e dirigersi in classe. Arrivata davanti alla porta, la aprì lentamente e sgattaiolò all’interno dell’aula, fino a sedersi al suo posto. Si stava per rivolgere ad Alya, quando al posto dell’amica trovò niente di meno che Adrien. Arrossì di botto quando lui, accortosi della sua entrata furfantesca, aveva ridacchiato sotto i baffi. 

“Alya è malata e Nino è ad una visita medica, perciò ho pensato di sedermi qui” spiegò poi, sorridendo. Marinette arrossì ancora di più.

“Oh, ehm, okay” balbettò, cercando di reprimere la fangirl in sè. 

“Hey ma cosa ti è successo al viso?” chiese poi il biondo, avvicinandosi per vedere meglio. La ragazza diventò rossa come un pomodoro maturo e andò nel panico. 

“I-ieri ho c-cercato di a-accarezzare un randagio gatto… Cioè, un gatto randagio… E m-mi ha graffiato” Adrien sembrò voler aggiungere altro, ma venne bloccato dalla professoressa, che da un po’ li stava guardando male.

“Marinette e Adrien! Potreste riservare i vostri momenti intimi per dopo? Sto facendo lezione!” Li sgridò la professoressa di scienze. Marinette credette di scoppiare.

“Scusi prof” disse Adrien, concentrandosi sul suo quaderno. 

“Quei tagli, però…” pensò tra sè e sè, mentre scriveva distrattamente alcuni appunti per Nino. 

 

“Stupida me” sussurrò ancora la rossa, scuotendo la testa. 

“Io non ti trovo affatto stupida, M’Lady” un fruscio impercettibile, ed ecco Chat Noir sedersi accanto a lei, mostrandole uno dei suoi bellissimi sorrisi. Ladybug sorrise a sua volta, per poi rivolgere nuovamente l’attenzione a Parigi e alle macchine che scorrevano sulle strade, sembrando puntini luminosi. 

Il panorama sembrò incantare anche Chat, perchè tra i due ci fu un lungo momento di silenzio, interrotto solo da qualche piccione che sbatteva le sue ali al vento. 

“Ladybug” disse poi il gatto, spezzando il ghiaccio “credo di doverti spiegare alcune cose”.

“Chat, se ti riferisci a quello che è successo ieri, non importa, davvero” cercò di tranquillizzarlo lei, agitando le mani davanti alla faccia.

“Siamo un team no? Con te parlerei di tutto, anche della mia vera identità, se tu volessi” Ladybug annuì, poi si mise ad ascoltare il discorso di Chat.

“Ho sempre pensato di essere molto fortunato a poter lavorare con te, M’Lady, ed ero convinto che, non importa quale ostacolo si ponga davanti a noi, avremmo comunque vinto. Quando però ho riconosciuto Nathalie, dietro a quella maschera…” Iniziò il gatto, tenendo lo sguardo fisso sulle stelle “…Adrien mi aveva parlato molto di lei e di quanto ci tenesse, seppure per lui non fosse sempre facile capire che ciò che Nathalie faceva era per il suo bene” Chat si dovette fermare un attimo. Sentì un nodo salirgli in gola, e il respiro farsi affannoso. Non aveva mai parlato così apertamente di sè con qualcuno che non fosse Plagg, e soprattutto, non lo aveva mai raccontato nei panni di Chat Noir. Ladybug sembrò notare l’espressione triste del compagno, perciò gli accarezzò dolcemente la schiena, mentre lui finiva con calma il discorso.

“Per questo ho avuto paura” sussurrò in conclusione, sforzandosi di non cedere. Dopotutto, non era sicuro che Ladybug avrebbe apprezzato una rivelazione troppo esplicita della sua identità, anche se lui avrebbe voluto dirglielo, prima o poi. 

“Oh, Chat” disse la rossa, appoggiandogli una mano su una spalla “non tutti sarebbero stati in grado di lottare contro qualcuno a cui si tiene. Sei un gatto coraggioso, sai?” Chat Noir arrossì lievemente a quelle parole: erano pochi i momenti in cui i due parlavano così seriamente a lungo. 

“A volte mi chiedo…” cominciò Ladybug, togliendo la mano dalla spalla del compagno “…come sarebbe stata la mia vita se non avessi il Miraculous. Insomma, dietro la maschera mi sento sicura, agile, forte, amata,”–arrossì–“mentre quando sono solo io, è come se perdessi tutto ciò”.

“Davvero ti senti… Amata?” 

“S-Sì. Il ragazzo che mi piace sembra notarmi di più quando mi mostro a lui come Ladybug” rispose la rossa, sorridendo amaramente. Chat stette in silenzio per un secondo, come se improvvisamente tutte le parole gli fossero morte in gola. Non avrebbe mai pensato di essere così geloso di Ladybug. 

“E chi sarebbe questo ladro che ha rubato il cuore alla mia Lady?” chiese disinvolto.

“Si chiama Adrien. Adrien Agreste” rispose di getto la coccinella, voltandosi verso il compagno. Chat si impietrì a quelle parole. Sentì il cuore fermarsi e la testa andare in confusione. Per un attimo si ricordò di tutti i momenti in cui Marinette si fosse comportata “strana” davanti a lui nei panni di Adrien e gli sembrò di riconoscerla, sotto a quella maschera a pois. 

“Chat?” lo dovette richiamare lei. Il gatto si riprese, cancellando i pensieri di prima.

“Perdonami, M’Lady, la stanchezza si sta facendo sentire” mentì, con un sorriso.

“Ah, ti capisco” disse la rossa, alzandosi in piedi “anche io sono un po’ stanca. Se vuoi possiamo parlare un’altra volta, okay?”

“Certamente” rispose Chat, baciando il dorso della mano della compagna. Ladybug alzò gli occhi al cielo, poi salutò l’amico e si allontanò lanciando il suo yo-yo da un palazzo all’altro. Il gatto rimase a guardarla fino a che gli fu possibile, poi si avviò anche lui verso casa, usando il suo fidato bastone. Quando finalmente fu sul letto di camera sua, Plagg annullò la trasformazione e si fiondò sul Camembert poggiato sul comodino. 

“Qualcosa non va, Adrien? Sembri turbato” chiese poi, volando vicino al ragazzo.

“Io… Credi sia possibile che Ladybug sia… Insomma, sia una persona che conosco?” chiese, non molto sicuro.

“Adrien, prima che tu dica qualunque altra cosa, stammi a sentire: c’è un antico patto che io e Tikki, il kwami di Ladybug, abbiamo fatto taanto tempo fa. Abbiamo promesso di non svelare le identità dei nostri protetti a nessuno, a meno che non sia una grave situazione di emergenza” spiegò serio Plagg, guardando Adrien negli occhi. Il biondo sembrò rifletterci un attimo, poi chiese: “Quindi potrei farti qualsiasi nome, ma tu negheresti comunque, vero?”

“Già. Mi dispiace Adrien, so quanto tu ci tenga”

“Non importa. Se devo infrangere un patto e scoprire l’identità di Ladybug senza che lei lo voglia, preferisco restare così in eterno” rispose tristemente il ragazzo, mentre si metteva il pigiama e si sistemava il cuscino.

“Buonanotte, Plagg” sussurrò poi, spegnendo la luce.

“ ‘Notte”

 

 

“Cioè, mi stai dicendo che sei stata tutta la mattina accanto ad Adrien e non hai trovato il momento adatto per chiedergli di uscire?” Sbottò Alya al telefono, dopo aver ascoltato il racconto –fin troppo dettagliato– dell’amica. Marinette sbuffò sconsolata, buttandosi sul divanetto in camera sua. 

“Non ci posso fare niente, Alya! Lui è così bello che…”

“Oh no, ti prego, non ricominciare” disse scherzosamente la mora, per non sorbirsi l’ennesimo elogio alla bellezza di Adrien. 

“Parlando di te… Stai meglio?” Chiese la corvina, sperando di non dover toccare ancora l’argomento “Agreste”.

“Sì, grazie. Domani dovrei poter tornare a scuola” 

“Evvai! Allora a domani, buonanotte” 

“Buonanotte” e chiusero la telefonata. Marinette posò il cellulare sulla scrivania e guardò l’ora: erano le undici e mezzo.

“Sarà meglio che vada a dormire” pensò tra sè e sè, vedendo che Tikki si era già addormentata su un peluche. 

 

 

Spazio Autrice:

Hello! Questo quinto capitolo è stato oggetto di ristesure continue, perciò perdonatemi se ci sono errori o incongruenze varie T^T

Bk.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Confusione ***


Capitolo 6 - Confusione

 

La mattina seguente alla “chiacchierata” con Chat fu più strana del previsto: Marinette si era svegliata in orario, pur sentendo le ore di sonno arretrate pesarle sugli occhi, ed era riuscita ad arrivare a scuola prima degli altri. Sarebbe tutto normale se non si parlasse di Marinette, e soprattutto se la corvina non avesse rischiato di rotolare giù dalle scale e di finire sotto ad una macchina. 

“Hey Mari!” La voce squillante di Alya scosse la ragazza, che improvvisò un sorriso per salutare l’amica. 

“Sei in anticipo oggi! Che è successo?” Le chiese la mora, guardandola sospettosa. Marinette balbettò qualcosa tipo:”Uh, nulla di che”, poi prese l’amica sottobraccio e si avviarono in classe.

“Oh giusto, quasi dimenticavo! Ho lo scoop degli scoop! Pronta a sentire la notizia-bomba?” Esclamò Alya, sedutasi al proprio posto. Marinette annuì distratta.

“Guarda qua! Sembra che Ladybug e Chat Noir si siano incontrati sulla Torre Eiffel ieri sera, pur non essendoci akumatizzati in giro” –assunse un’espressione malefica–“Mi sa tanto che c’è del tenero tra quei due!” 

“Uh, ehm, davvero? Ma Ladybug respinge sempre i flirt di Chat” ribattè Marinette, ormai rossa in viso. Alya la guardò strano, mentre rimetteva il cellulare nello zaino.

“Tu dici? A me sembra che entrambi flirtino in continuazione, anche nel pieno di una battaglia” disse, alzando le braccia al cielo. 

“Hey Alya, ho visto il Ladyblog ieri sera!” Esclamò Nino, fiondandosi al suo posto

“Chat Noir e Ladybug stanno sicuramente insieme! Sono fatti uno per l’altra!” Marinette arrossì di botto, mentre lasciava i due alle loro strane teorie. Si chiese se non fosse stata una cattiva idea quella di vedersi con Chat senza il reale bisogno e soprattutto si dette della stupida a non aver pensato che qualcuno li avrebbe potuti vedere. Inoltre, dopo la lotta con Super-Fan/Nathalie, nè il sindaco nè il capo della polizia avevano fatto sapere niente su quel famoso “accordo” e ciò la preoccupava molto. Oltre a tutto questo, quella notte aveva chiuso occhio solo dopo qualche ora essersi sistemata sotto le coperte e aveva pensato e ripensato a Chat e alle sue parole. Sentiva inoltre dalla sera precedente una strana sensazione allo stomaco, molto più intensa di quella che provava quando vedeva Adrien. Si chiese cosa potesse essere.

“Marinette! Marinette!” La corvina si sentì tirare per un braccio e scosse la testa. 

“Eh?”

“Ma cos’hai oggi? La campanella è suonata da almeno cinque minuti!” Sbottò Alya, seppur essendo più preoccupata per l’amica che arrabbiata con lei. Marinette la guardò sorpresa per pochi istanti, poi iniziò a balbettare scuse insensate.

“Andiamo a prendere una boccata d’aria in cortile, così mi racconti tutto” disse poi la mora, trascinando l’amica giù per le scale. Una volta arrivate in cortile, si sedettero sulla solita panchina verde e rimasero in silenzio per un po’.

“Cos’è che ti preoccupa così tanto?” Chiese nuovamente Alya, guardando l’amica negli occhi. 

“Io… Io non lo so” Marinette sospirò sconfortata. Era la prima volta che le capitava di non potersi sfogare con la sua migliore amica e questo la faceva sentire ancora più frustrata. Stava per dire qualcosa, quando vide una sagoma familiare avvicinarsi a loro.

“Buongiorno ragazze” salutò Adrien, abbozzando un sorriso. Aveva l’aria di uno che non aveva dormito per niente e anche per una ragione ben più complicata di un semplice “non lo so”. Stranamente Marinette riuscì a ricambiare il saluto con una frase sensata, facendo preoccupare ancora di più Alya.

“Non ti ho visto in classe alla prima ora, dov’eri?” Chiese la corvina, sforzandosi di levarsi Chat dalla mente per un secondo.

“Mio padre mi ha trattenuto per alcuni scatti di prova” mentì il biondo, grattandosi la nuca. In realtà si era addormentato proprio quando si sarebbe dovuto preparare per scuola e aveva inscenato un improvviso mal di pancia con Nathalie per saltare la prima ora. 

“Adrikiiins!” Chloè si fiondò sul biondo, stritolandolo in un abbraccio smielato.

“Papi mi ha detto che stasera darà una festa per il lancio del nuovo disco di Jagged Stone e tu sei assolutamente invitato” starnazzò poi, senza mollare la presa. Adrien, che non aveva minimamente voglia di andare, fece un sonoro sbadiglio e poi rispose calmamente con un “no grazie, Chloè”. La bionda borbottò qualcosa infuriata, poi sciolse la stretta infernale dal modello e girò i tacchi. Marinette la guardò divertita mentre si sfogava con Sabrina. 

“Io vado un attimo in bagno, a dopo” Adrien congedò la corvina e Alya, per poi trascinarsi in bagno. Si appoggiò con le braccia sul lavabo e si guardò allo specchio.

“Cavoli, che occhiaie” susurrò Plagg, facendo capolino dalla giacca del ragazzo. Adrien lo guardò male, ma non poteva non dargli ragione: sotto agli occhi, di solito di un verde ammaliante, si estendevano due pallide occhiaie violacee. Per non parlare dei capelli insolitamente arruffati, che sembravano non essere del solito color grano-dorato.

“Non so cosa cavolo mi sia preso” borbottò sconfortato, mentre si passava dell’acqua fresca sul viso pallido. La temporanea frescura lo fece sentire meglio, ma non aiutò molto a distrarlo dal pensiero di Ladybug, che lo aveva tenuto sveglio per tutta la notte. Plagg sembrò preoccuparsi seriamente, perciò decise di venire allo scoperto e di condurre Adrien in uno dei bagni alle sue spalle. Di solito non era così altruista nei confronti del suo giovane eroe, ma in quel caso era davvero messo male.

“Dovrei essere contento, Plagg” disse il ragazzo, chiudendosi la porta verde alle sue spalle “e invece…”

“Dovresti eccome! Tu ami Ladybug e lei ama te, qual’è il problema?” 

“Lei ama Adrien, non Chat” rispose amaramente il biondo, appoggiandosi al muro.

“Questo perchè non conosce la tua vera identità. Per lei siete due persone diverse, è ovvio che pensi di non potervi amare entrambi!” Esclamò il piccolo kwami, agitando le zampette nere. Gli occhi di Adrien sembrarono brillare di una strana luce, per un attimo. Il ragazzo abbozzò un mezzo sorriso, poi disse: “E se si innamorasse di Chat? A quel punto non ci sarebbero più problemi” Plagg lo guardò strano, poi sospirò.

“Mi spaventi a volte, sai? Stavo per dirti la stessa cosa” Il ragazzo ridacchiò, poi fece tornare il kwami sotto alla sua giacca e uscì dal bagno. Ora sapeva cosa fare.

 

Nel frattempo, come se i due si muovessero in sincronia, Marinette si era rifugiata nel bagno delle ragazze con Tikki. Dopo essersi assicurata di essere sola con la sua kwami, entrò in uno dei bagni e si chiuse a chiave. Sospirò, sentendo la serratura scattare.

“Marinette non ti ho mai visto così giù di corda, che ti succede?” Chiese la creaturina, svolazzando all’altezza degli occhi della ragazza.

“Io… Chat… Alya…” iniziò a farfugliare Marinette, lasciandosi cadere lungo il muro.

“Hey, hey, calmati. Una cosa alla volta” le disse dolcemente Tikki, volando sulle mani della giovane.

“Quello che mi ha detto Chat ieri… Il suo tono, i suoi occhi… Non mi hanno lasciato un secondo” inziò la corvina “lui è sempre lì per me, pronto a proteggermi e a seguirmi quande ne ho bisogno e io… Io penso solo a me stessa. Gli ho pure mentito!”

“Oh, Mari. Lo sai che Chat tiene molto a te –come tu tieni a lui– e lo fa perchè sa che tu faresti lo stesso. Lo dite sempre che siete un team, no?” Marinette annuì, sorridendo al pensiero di un Chat allegro che si complimenta con lei per la missione ben riuscita. Tikki la guardò un attimo pensierosa, poi sorrise anche lei.

“Però gli ho mentito ieri sera… E questo non va bene” continuò poi la corvina, levandosi il sorriso dalle labbra.

“Su cosa gli avresti mentito?” Chiese la kwami, preoccupata.

“Quando gli ho detto di sentirmi amata nelle vesti di Ladybug perchè Adrien sembra notarmi di più, non gli ho detto tutta la verità. Mi sento amata anche perchè so cosa Chat prova per me e mi… Mi fa stare bene” rispose la corvina, sentendo le guance in fiamme. Perchè era arrossita tutto ad un tratto al pensiero di Chat?

“Mari” Tikki richiamò l’attenzione della ragazza sul suo sguardo serio “tu sei sicura di essere ancora innamorata di Adrien?”

“Uh? Certo… Io…” La kwami ridacchiò, sollevata. Marinette la guardò con fare interrogativo e leggermente infastidito. Cosa c’era di tanto divertente?

“Stai ridendo di me?” Le chiese.

“Oh no, no, non potrei mai” sorrise la creaturina “stavo ridendo perchè pensavo fosse una cosa più grave”

“Hey! Questo è grave!”

“Mari… Credo tu debba…”

BOOOM!

Tikki fu interrotta da un’improvvisa esplosione, che sembrava essere avvenuta non molto lontano dai bagni. Marinette scattò in piedi, stranamente sveglia e attenta grazie all’adrenalina in corpo. Non ci pensò un attimo e subito disse: “Tikki, spots on!”

 

Spazio Autrice:

Hello! Scusate per il capitolo kilometrico (o forse no?), maaa la tastiera mi è scivolata di mano lol ^^

Anyway, siccome sono una personcina cattiva vi lascio per un po’ sulle spine •ᴗ•

Prima di sfuggire ai vostri pomodori (lo so, mi odiate già hahah), vi volevo ringraziare per tutto il supporto che sto ricevendo attraverso le recensioni positive che avete lasciato. Mi rende incredibilmente felice sapere che il mio lavoro piace a qualcuno ^^

Grazie, grazie, grazie, anche a chi sta leggendo in silenzio :3

Alla prossima! ^^

Bk.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Teletrasportati ***


Capitolo 7 - Teletrasportati

 

La scuola parigina era nel panico: studenti feriti giacevano nel cortile e nei corridoi, affiancati da paramedici nel disperato tentativo di curarli durante una furiosa battaglia, gli insegnati correvano da una parte all’altra dell’istituto cercando di aiutare i ragazzi a fuggire, mentre la polizia cercava di tenere a bada il cattivone di turno aspettando l’arrivo di Chat Noir e Ladybug. 

“Vi siamo mancati?” Esordì per l’appunto il gatto, balzando elegantemente nel cortile. Ladybug gli lanciò un’occhiataccia, poi mise mano al suo yo-yo. Sbiancò, non sentendo l’oggetto sotto le dita. Chat le rivolse uno sguardo preoccupato, poi le urlò un “attenta!” e si parò davanti a lei con il suo bastone rotante. Un uomo molto alto e snello, dai lunghi capelli platinati e gli occhi celati da una scura maschera viola,  aveva provato a colpire la rossa con una strana onda d’energia. 

“Cerchi questo, coccinellina?” Chiese beffardo l’uomo, mostrando lo yo-yo scintillare sotto la luce del sole. 

“Mi sembri troppo cresciuto per un simile giocattolo” rispose lei a tono, cercando di riprenderselo con un balzo. Fallì, e atterrò in ginocchio accanto a Chat. 

“Depositi l’arma e metta le mani dietro la testa!” Urlò poi uno dei poliziotti, tenendo un fucile in mano. L’akumatizzato lo guardò, poi, senza il minimo sforzo, si teletrasportò accanto a lui e lo tramortì con un colpo ben assestato tra le scapole. Ladybug inorridì. Sembrava che l’akuma questa volta fosse molto più cattivo e spietato degli altri. Chat, che non ne poteva più di parare colpi su colpi, digrignò i denti e si lanciò all’attacco, brandendo il bastone come una spada. Riuscì a ferire solo di striscio il nemico, mentre atterrava con una capriola dietro di lui. Il platinato sghignazzò ancora, sputando un dente e del sangue per terra. 

“Aggressivo, il gattino” 

“Oh, ancora non hai visto cosa posso fare io” Ladybug si lanciò di nuovo sull’uomo, stendendo la gamba per tirargli un calcio, ma lui fu più veloce e la bloccò, tenendo la caviglia stretta tra le dita. Erano ancora sopsesi in aria, perciò Ladybug dovette fare affidamento su tutti i suoi muscoli per mantenersi vicina al corpo dell’uomo, che parava tutti i suoi tentativi di schiaffi. Alla fine, esausta, gli sputò in un occhio e lui la lasciò cadere per terra con un tonfo sinistro. 

“Ladybug!” Esclamò Chat, correndo verso di lei. Parò un paio di colpi con il bastone, poi si inginocchiò sull’amica, preoccupato. Mentre lei era lì distesta, gli sembrò ancora una volta di vedere Marinette dietro alla maschera, ma si disse che non era il momento e scacciò via quel pensiero. 

“Stai bene? La schiena…” Mormorò, aiutandola a rialzarsi. La Lady serrò le labbra, cercando di non fare caso alla fitta lancinante che le percorreva la schiena, poi iniziò a correre come una furia verso il platinato. Chat le fu dietro in un secondo. Stava per dirle qualcosa, quando l’uomo si parò davanti ai due eroi, tenendo le braccia spalancate. Quando furono abbastanza vicini, li serrò in uno strano abbraccio, e sparì con loro. 

 

Nino e Alya, rifugiati sotto ad una panchina nell’angolo del cortile, avevano ripreso tutto con i loro cellulari, fino a che un poliziotto non li aveva trovati e li aveva trascinati fuori dall’edificio, dove erano stati esaminati velocemente da un medico. Alya era illesa, ma Nino aveva un brutto taglio sulla fronte. 

“Per fortuna la ferita sembra superficiale” disse il medico, passando una garza e del disinfettante sulla fronte del ragazzo. Alya sentì uno strano moto di gelosia nel petto, e si stupì di se stessa nel sapere che riusciva ad essere gelosa di un medico donna.

“Così dovresti stare ben… Nino?” Il ragazzo stava per rispondere che andava alla grande, ma perse conoscenza all’imporvviso, accasciandosi sulla dottoressa, che gli scuoteva le spalle e lo chiamava per nome. Alya sbiancò e gli andò vicino. Sembrò diventare ancora più pallida, quando scorse un’altra ferita, ben più grossa e profonda, sulla nuca del ragazzo. 

“Un’ambulanza, presto!” gridò la ragazza, stringendo la mano al fidanzato. La dottoressa la guardò per un attimo con compassione, poi le chiese gentilmente di allontanarsi e consegnò Nino a dei soccorritori, che lo distesero cautamente su una barella grigiastra. Appena l’ambulanza fu caricata, la dottoressa chiuse i portelli posteriori e fece cenno all’autista di partire. Alya guardò il mezzo allontanarsi velocemente, con le sirene a tutto spiano. 

 

Ladybug aprì gli occhi. Le ci volle un po’ a capire se era davvero sveglia o meno, dato che vedeva solo nero intorno a sè. 

“Chat?” Chiamò. In risposta non ricevette nulla. Si provò a muovere ma qualcosa la teneva legata alla parete a cui era appoggiata. Si agitò ancora di più, solo per sentire un lancinante dolore alla schiena e ai polsi, che sembravano bruciare a contatto con le manette di corda. 

“Chat!” Chiamò ancora. Nessuna risposta. Il panico la assalì: i respiri si fecero irregolari, il petto e le spalle scossi da singhiozzi incontrollati, gli occhi che pizzicavano per le lacrime. 

“Chat Noir!” Urlò, con voce spezzata. Ancora silenzio. 

 

 

Spazio Autrice:

Hello! No, non sono scomparsa da efp.

Mi dispiace aggiornare con sei giorni di riatrdo, ma ho avuto molto da fare in questi giorni ^^’

Anyway, lo so che il capitolo è corto, don’t kill me plz. Vedrete cosa succederà nel prossimo capitolo ;)

See ya,

Bk.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Hawk Moth ***


Capitolo 8 - Hawk Moth


Chat Noir non seppe dire quanto tempo aveva passato ad urlare il nome di Ladybug perso nel buio, con le mani e i piedi legati a quella che doveva essere la parete a cui era appoggiato. Urlò ancora e ancora, fino a che non si rese conto dell’inutilità di quel gesto, e si zittì, appoggiando la testa al muro. Lacrime amare minacciavano di uscire, ma lui le ricacciava indietro. “Non piangerò” – si era detto – “Sarò forte”. Proprio mentre si ripeteva ancora quelle parole per costringersi a non piangere, un fascio di luce gialla si riversò nell’ambiente, illuminandone l’interno. La luce gli ferì gli occhi, perciò ci mise un po’ di tempo ad abituarsi. Non appena fu in grado di tenere gli occhi ben aperti, si rese conto che si trovava in un’ampia cupola metallica, sorretta da pilastri curvi dello stesso bagliore argenteo e dorato, dovuto alla luce proveniente da una porta alla sinistra di Chat. Si sentì un rumore meccanico e un grosso rosone circolare di vetro si aprì alla sua sinistra, rivelando i tetti delle case parigine e il cielo azzurro sopra ad essi. La luce del giorno inondò la stanza, rassicurando Chat per un attimo. Negli istanti precedenti aveva infatti pensato che non avrebbe mai più visto il sole. Il motivo a farfalla con cui il vetro leggermente violaceo era decorato lo fece però inorridire: Hawk Moth lo aveva intrappolato nel suo covo. Non fece in tempo a farsi altre domande, che l’uomo entrò nella stanza, seguito dal platinato di quella mattina.

“Chat Noir, che onore averti qui” disse, con voce maliziosa. Il sorriso sghembo gli piegava le labbra leggermente carnose, estendendosi fino alle estremità della maschera argentea che gli copriva la maggior parte del volto. Gli occhi, di un azzurro scuro misto a dei riflessi lilla, sembravano bruciare dalla soddisfazione.

“Non posso dire lo stesso di te, Hawk Moth” replicò l’eroe, con fare di sfida.

“Oh, ma che peccato. E dire che ho impiegato così tante forze per averti finalmente qui” disse ancora l’uomo, avvicinandosi al ragazzo, che si schiacciava ancora di più sul muro. Sembravano la rappresentazione di una piccola preda e di una grossa bestia.

“Dov’è Ladybug?” Chiese di scatto Chat. Quel nome fece guizzare un lampo malvagio negli occhi del uomo in viola.

“Valla a prendere” ordinò al platinato, che uscì con andatura meccanica dalla grossa stanza circolare. Un’espressione di consapevolezza di sè fiammeggiava sul volto di Hawk Moth, che però a tratti tradiva una certa ansia di conquistare e vincere. 

“Cosa ti fa credere di poter vincere così facilmente?” Chiese Chat, sostenendo lo sguardo del nemico. 

“Ma sentitelo, il nostro piccolo eroe! Avete abboccato al mio amo con estrema facilità, mio caro Chat. Ovvio che sono certo di vincere” rispose l’uomo in viola, sghignazzando. Il gatto gli sputò adosso e non se ne pentì affatto. L’adrenalina che aveva in corpo aveva azzerato la paura e lo aveva convinto a combattere con qualsiasi mezzo. Hawk Moth si ripulì della saliva con noncuranza, poi sghignazzò ancora, appoggiandosi al suo bastone. In quel momento, il platinato rientrò nella stanza, tenendo Ladybug a mo’ di sposa. La ragazza, priva di sensi, aveva la testa ripiegata all’indietro con uno strano angolo, e gli arti le penzolavano senza vita. Chat perse un battito e sbiancò. 

“Ladybug!” Esclamò, tentando di liberarsi. Hawk Moth rise, poi fece un cenno con la testa allo scagnozzo, che adagiò la rossa sul grembo di Chat. 

“M’Lady” sussurrò, con gli occhi che gli pizzicavano per le troppe lacrime trattenute.

“Perchè fai tutto questo?” Chiese, urlando. 

“Perchè la vendetta è un piatto che va servito freddo. E cos’è più freddo di un corpo morto e un cuore spezzato?” Replicò con calma serafica l’uomo in viola, abbassandosi al livello di Chat. L’eroe trattenne il fiato per quella che gli smebrò un’eternità. Poi si abbandonò alle lacrime calde, che gli scendevano lente sul viso. Il petto e le spalle erano scossi da forti singhiozzi, e i polsi si muovevano spaspodicamente in un disperato tentativo di liberarsi dalle corde. 

“Cosa le hai fatto?” Esclamò a denti stretti, cercando di ricomporsi. Ma il dolore era troppo, e le lacrime non accennavano a fermarsi. 

“Oh, molto semplice. Non stava un attimo ferma e si era riappropiata del suo yo-yo, perciò le ho somministrato del veleno” rispose Hawk Moth, come se parlasse allegramente di un cucciolo ribelle. Chat abbassò istintivamente lo sguardo e vide lo yo-yo al suo posto. Sospirò.

“Ci hai tenuti qui abbastanza, non credi? Dicci cosa vuoi e basta” sbottò, meravigliandosi di non star più piangendo. 

“Va bene, va bene, micetto rompiscatole. Se mi consegnerai i vostri Miraculous, ti darò l’antidoto” – tirò fuori da una tasca una fialetta marroncina – “e vi lascerò andare”

“Cat-aclism” sussurrò, riducendo le corde che gli tenevano i polsi e le caviglie legati in brandelli. Appoggiò Ladybug al muro dietro di sè, poi balzò in piedi, con il bastone che gli roteava in una mano. 

“Vedo che sei molto testardo, Chat Noir” disse Hawk Moth, mentre indietreggiava “ti costerà molto caro” concluse poi, impugnando il bastone come uno scettro. Il gatto non ci vide più e si scagliò sul nemico. Sferrò un paio di colpi efficaci, poi venne scaraventato sulla parete opposta. Chat attutì l’impatto lasciandosi cadere in ginocchio, poi rotolò sul fianco per evitare Hawk Moth e si rialzò velocemente. 

Bip! bip!

“Quattro minuti” pensò. Si lanciò ancora sul nemico, sferrando colpi con il bastone a detsra e a manca, poi balzò all’indietro per un istante per schivare un colpo e si accanì sul viso dell’uomo, graffiandolo con i suoi artigli. Hawk Moth urlò di dolore e spinse via Chat, che però non ne voleva sapere di allontanarsi.

“Ladybug!” Esclamò l’uomo, rivolto al suo scagnozzo. Egli annuì, e intrappolò la ragazza, che stava iniziando a riprendere conoscenza, in una stretta soffocante. Chat si distrasse un attimo, attonito a quella scena, e Hawk Moth colse l’occasione per sferrargli un montante, facendo sì che l’eroe barcollasse e cadesse all’indietro. L’uomo gli fu sopra, bloccandolo con il suo peso contro il pavimento. Chat si divincolò, assestandogli un calcio tra le gambe e riuscì a liberarsi, scattando in piedi. Recuperò velocemente il bastone, che gli era rotolato via poco prima, e lo fece roteare in aria.

Bip! bip!

“Tre minuti” pensò, mentre colpiva con violenza la schiena di Hawk Moth, ancora a terra. L’uomo urlò nuovamente di dolore, poi si girò di scatto, intrappolando le caviglie di Chat tra le sue, facendolo inciampare. Lo prese per un braccio e lo scaraventò di nuovo su una delle pareti. L’eroe tossì e sputò sangue, ma non si arrese. Si rialzò in piedi, tenendosi la spalla ferita con la mano libera e inziò a correre verso il nemico, che era tornato in piedi. Il bastone di Chat e quello di Hawk Moth si scontrarono con un clangore sinistro, poi i due continuarono a combattere come se fossero due spadaccini. L’uomo in viola tentò più volte un affondo, ma Chat, sotto la cui maschera si nascondeva uno spadaccino provetto, li evitò tutti agilmente, per poi infliggere un colpo ben assestato sul torace dell’avversario. 

Bip! bip!

“Due minuti” pensò. Schivò di poco un fendente, poi si abbassò di scatto e usò il bastone per colpire le gambe del nemico e farlo barcollare. Hawk Moth però non cadde a terra come Chat avrebbe voluto e gli scagliò contro, lanciando il bastone dietro di se per l’ira del momento. Il gatto sfruttò la corsa del nemico per indietreggiare velocemente e scansarsi, facendolo sbattere violentemente contro un pilastro. Si sentì un tonfo, e Hawk Moth scivolò dolorante sul pilastro, reggendosi il naso con una mano. Chat approfittò del momento per liberare Ladybug, ma lei si era ripresa e aveva messo K.O. il platinato con un secco colpo di karate. Gli occhi azzurri le scintillavano di rabbia dietro alla maschera. Chat non ebbe il tempo di ammirarla, perchè lei lo spinse via, per parare un colpo di Hawk Moth, che si era infuriato. 

“M’Lady! Stai bene?” Chiese il gatto, sentendosi più carico che mai. Lei annuì debolemente, mentre faceva roteare il suo yo-yo con fatica per contrastare il nemico. Chat, seppur accortosi che la sua Lady non poteva essere stata avvelenata e che quindi era stato ingannato bellamente, non perse un secondo e colpì nuovamente l’uomo in viola con un feroce movimento del bastone. Si sentì un sinistro rumore di ossa rotte, e finalmente Hawk Moth cadde a terra. Ladybug si accovacciò sul platinato, togliendogli le scarpe e calpestandole fino a che una farfalla viola non ne uscì. Usò il suo yo-yo per catturarla, poi si rialzò.

Bip! bip!

“Un minuto” sorrise Chat. I due eroi riposero le loro armi, restando per attimi infiniti in piedi, uno accanto all’altra, con i respiri affannosi che facevano alzare e abbassare regolarmente i loro toraci. Chat ruppe il silenzio e prese Ladybug tra le sue braccia, mentre l’eroina si accasciava e tornava alla sua forma canonica. Chat pregò Plagg di non abbandonarlo proprio in quel momento, poi si lanciò fuori dal rosone, atterrando su un tetto lì vicino. Aiutandosi con il bastone e la coda, balzò agilmente sulle case pargine fino a intrufolarsi nella sua stanza, passando dalle finestre della sua abitazione. Appena appoggiò Marinette sul suo letto, Plagg annullò la trasformazione e raggiunse Tikki, che era rimasta nascosta nella giacca della ragazza. Adrien buttò fuori l’aria e si accasciò sul letto, stanco morto. 

 

Spazio Autrice:

Hello! Eccoci qui con un altro capitolo ^^

*suona le campane* finalmente Adrien sa chi è Ladybug! *intona l’Allelujah*

Spero il capitolo vi piaccia e che non vi abbia ucciso, perchè ci sono ancora un paio di cosette da sistemare *faccina malefica*. 

La storia sta volgendo al termine, signori e signore, ma come andrà a finire?

Alla prossima!

Bk.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Più forti di prima ***


Capitolo 9 - Più forti di prima

 

L’ospedale cittadino era un edificio molto grande e moderno. La costruzione di base era bianca e cupa, nascosta sotto alle numerose tettoie e finestre di vetro celeste scuro, che brillavano sotto la luce del sole. La mattina dopo all’attacco dell’ultimo akumatizzato l’ospedale era stato preso d’assalto: non c’era un minuto in cui non arrivava un’ambulanza con a bordo uno studente o un insegnate ferito. Quella notte, poi, un paio di persone non ce l’avevano fatta e non c’era stato nemmeno il tempo di farli salutare dalla famiglia: i posti liberi mancavano e quei letti dovevano essere riempiti da altri pazienti. 

“Ma è crudele!” gridava a tal proposito una signora sulla quarantina, mentre discuteva animatamente con una sua amica, fuori dalla stanza in cui dormiva Nino. Il ragazzo, dopo essere svenuto a causa della grossa ferita sulla nuca, era stato ricoverato e sottoposto ad un delicato intervento di ricucitura della ferita. Al poveretto erano stati messi ben venti punti interni e altrettanti esterni, e ora riposava tranquillo, steso sul fianco destro. 

“Hey, Nino” sussurrò Alya, entrando nella stanza. La ragazza sapeva che probabilmente non era ancora orario di visite, ma in tutto quel trambusto nessuno si sarebbe curato di lei, no?

“Hey” biascicò lui, sorridendo. Aprì lentamente gli occhi e si infilò gli occhiali che Alya gli aveva passato, poi si mise a sedere sul letto, appoggiando la schiena sui cuscini. 

“Ma hai pianto?” Chiese, guardando preoccupato gli occhi arrossati della fidanzata. Lei si morse un labbro, distogliendo per un attimo lo sguardo da lui. Si era seriamente preoccupata dopo aver visto la ferita e i dottori ne avevano parlato con tono estremamente grave. 

“Io… I dottori avevano detto che…” balbettò. Nino sorrise, poi le sfiorò una guancia con le dita, come se potesse asciugare le lacrime ormai secche sulla pelle caffellatte. Alya gli prese delicatamente il polso tra le dita e chiuse gli occhi, appoggiandosi sul palmo del ragazzo.

“Hey, guardami” disse Nino “Sto alla grande, zia! Le ossa rotte quando si rimarginano tornano più forti di prima, no?”

“Oh, Nino” rise lei, abbracciandolo. Il ragazzo ricambiò la stretta, respirando il dolce profumo di rose che impregnava la pelle di Alya e nascondendo la testa nell’incavo del suo collo. Rimasero così, uno stretto all’altra, fino a che non sentirono dei veloci passi fermarsi sulla porta e spalancarla. 

“Nino!” Esclamò Adrien. I due si staccarono all’istante, imbarazzati. 

“Ciao bro! Come ti butta?” Chiese allegro Nino, facendo cenno all’amico di avvicinarsi. Il biondo fece qualche passo avanti, fino a raggiungere il bordo del letto.

“Alla grande” rispose, cercando di non pensare al grosso livido che aveva sulla spalla destra “Tu, piuttosto? So che te la sei passata maluccio… Mi dispiace” 

“Nah, non ti preoccupare, bro! Lo stavo dicendo prima ad Alya: sono più forte di prima” rispose allegro Nino, lanciando uno sguardo complice alla fidanzata. Alya si accorse del gesto e ricambiò il sorriso, arrossendo. 

Di-di-don! Di-di-don!

Il cellulare della ragazza prese a squillare con la sua bizzarra suoneria, distraendola dalla conversazione tra Adrien e Nino. Fece un veloce cenno di scuse con la mano, poi tirò fuori lo smartphone e rispose, dirigendosi fuori dalla stanza d’ospedale. 

“Hey Mari” salutò allegra “dimmi”

“Alya! Ho saputo di Nino, come sta?” Chiese la corvina, dall’altro capo del telefono.

“Alla grande, anche se ha un sacco di punti sulla nuca” rispose la mora, girando un attimo la testa verso il fidanzato, come se potesse scappare.

“Oh, meno male. Mi sembravi così preoccupata per lui ieri” disse, sforzandosi di non ricordare la battaglia con Hawk Moth e il sonno tormentato, per non parlare dell’imbarazzo di quando si era accorta che, nella dormiveglia, Chat l’aveva prima portata a casa di Adrien, poi a casa sua. A casa sua…

“E tu stai bene?” Chiese Alya, sedendosi su una delle sedie nel corridoio.

“Si si, tranquilla” rispose la corvina, poi fece una pausa “Sai qualcosa di Adrien?”

“E’ qua con noi, è venuto a trovare Nino. Se ti sbrighi potresti…”

“No” la interruppe Marinette “Ehm… I miei non mi fanno uscire e comunque dovrei aiutare in pasticceria” 

“Woah! Marinette che non corre subito dal suo amato Adrien è una cosa seria!” Scherzò l’amica ad alta voce. Il biondo però non sembrò accorgersene, mentre parlava animatamente con Nino.

“Alya! Qualcuno potrebbe sentirti!” Protestò la corvina tra le risa, poi salutò l’amica e chiuse la telefonata. Lanciò il cellulare lontano da lei, sul letto. Si sentiva estremamente confusa, dopo quello che aveva passato con Chat.

 

La notte precedente…

Adrien si era svegliato di colpo, mettendosi a sedere sul pavimento di scatto. Si era addormentato accanto a Marinette, dopo averla portata in salvo; la battaglia era stata devastante. Sbadigliò sonoramente, poi corse in bagno e, una volta rinchiuso nella doccia, tirò a forza Plagg fuori dalla sua camicia.  

“Plagg, claws out!” Aveva sussurrato, mentre il kwami si ritrovava risucchiato dal Miraculous del ragazzo controvoglia. Una volta nei panni di Chat, seppur sapendo che la stanchezza di entrambi avrebbe accorciato la durata della trasformazione, tornò in camera e scostò dolcemente il lenzuolo dal corpo di Marinette. La ragazza aveva mugugnato, ma non si era svegliata. Chat la prese in collo a mo’ di sposa per quella che gli sembrò la centesima volta, poi aprì piano una delle finestre e si catapultò nel buio della notte, seguito da Tikki. Si aiutò con il suo bastone, mentre saltava da un tetto all’altro della città, correndo come un’ombra tra i lampioni di Parigi. Ad un certo punto si era fermato sull’ampio tetto della scuola per riposarsi: portare in braccio una ragazza – seppur leggera – dopo una battaglia e poco riposo non era affatto facile. Appoggiò per un attimo Marinette al parapetto di cemento che correva per tutto il perimetro del tetto, poi fece un profondo respiro e cercò di trovare un modo per atterrare sul balconcino di casa Dupain-Cheng senza svegliare i genitori della ragazza. Dette una rapida occhiata al robusto parapetto scuro che circondava il baloncino e alla botola di legno poco più in là, una macchi scura sul pavimento color pesca. Per un attimo si chiese se la stanchezza non gli avesse peggiorato i sensi da gatto, ma non se ne curò e riprese Marinette in collo. Stava per andare, quando ricordò la presenza di Tikki accanto a sè.

“Ti posso chiedere un favore?” Chiese piano.

“Certo” rispose Tikki, guardandolo con i suoi grossi occhioni blu. 

“Non dire nulla a Mari. Preferisco farlo io”

“D’accordo, Chat Noir. Come vuoi” disse la kwami, sorridendogli. Chat la ringraziò, poi si concentrò sulle mosse successive. Con un veloce movimento della mano afferrò il suo fidato bastone e si calò sul balconcino, poi con un piede aprì lentamente la botola e si calò giù, tenendo la ragazza abbracciata stretta a sè. Quando fu finalmente con i piedi sul pavimento della stanza, richiuse la botola con il bastone e attraversò la stanza per posare Marinette sul letto e rimboccarle il lenzuolo. Fece per girarsi e andarsene, quando notò una fitta serie di fotografie e poster con la sua faccia – quella di Adrien – tappezzare completamente la parete sopra la scrivania della ragazza. Sentì le guance andare a fuoco e al contempo, lo stomaco ritorcersi: “Lei ama Adrien, non Chat”, si era detto, amareggiato. 

Sospirò di nuovo, poi si issò su per le scale, aprì la botola, montò sul balconcino e la richiuse dietro di sè, per poi spiccare un balzo e scomparire di nuovo nella notte. Fece appena in tempo ad atterrare nella sua stanza, prima che Plagg annullasse la trasformazione e gli cadesse esausto tra le braccia.

“Scusa amico” gli aveva sussurrato, posandolo su una forma di Camembert “non ti stancherò così mai più”.

 

“Tikki?” Marinette chiamò la sua kwami, che si precipitò da lei, sorridendo. La ragazza si chiese come faceva ad essere sempre così positiva, dopo tutto quello che ha dovuto sopportare “Stai bene?”

“Sto benone, Mari. Non ti devi preoccupare per me” ripose la creaturina, com tono affettuoso. 

“Mi dispiace per ieri…” Sussurrò, triste. La kwami le abbracciò una guancia, come faceva sempre per confortarla, e la ragazza non potè che sorridere a quel gesto. 

“Mari! C’è qualcuno per te!” Le grida della signora Cheng dal piano inferiore fecero nascondere Tikki nella giacca della corvina, che scese di corsa le scale. Non fece caso allo sguardo interrogativo della madre, quando vide che aveva i vestiti stropicciati, come se ci avesse dormito. 

“Alya!” Esclamò contenta Marinette, riconoscendo l’amica sulla porta.

“So che hai da fare con la pasticceria, perciò ho pensato di passare a darti una mano” spiegò allegra la mora “sempre che i tuoi acconsentano, ovviamente”

“Ma certo, cara, vieni, ti dò un grembiule” disse subito la signora Cheng, entusiasta. Marinette guardò le due scomparire in cucina con uno sguardo stupito, poi le seguì e si infilò il suo grembiule preferito. 

“Allora, da dove cominciamo?” Chiese Alya, rimboccandosi le maniche della camicia a quadretti. Marinette ridacchiò, vedendo l’amica così determinata, poi l’accompagnò al tavolo di lavoro, dove suo padre stava preparando l’impasto per il pane. 

“Ho da raccontarti un sacco di cose su Ladybug” le disse l’amica, ammiccando. Marinette rise di nuovo, poi ascoltò le storie sull’eroina che Alya aveva da raccontarle, mentre impastavan il pane. Per tutto il pomeriggio non pensò ad altro che ai dolci da preparare a quanto le facesse piacere la compagnia di Alya. 

“E di Adrien nemmeno l’ombra” disse una vocina in fondo alla sua testa.

 

Spazio Autrice:

Hello! Eccoci qua, al post-battaglia. 

Ho messo un po’ di Marichat perchè sì, la Marichat ci sta XD

Alla prossima! ^^

Bk.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Gatto e principessa ***


Capitolo 10 - Gatto e principessa

 

Adrien era spaparanzato sul divano, le braccia penzoloni a sfiorare il pavimento, le gambe accavallate sul bracciolo del sofà, la testa girata verso lo schermo ultrapiatto. Alla televisione stavano trasmettendo un mediocre film di azione, che però sembrava essere abbastanza di compagnia al modello, annoiato dalla continua assenza di persone con cui parlare. La scuola era finita ormai da un paio di giorni, e lui si sarebbe aspettato di essere accompagnato a destra e a manca per fare alcuni scatti, ma il padre sembrava essere ancora meno a casa che prima: partiva un giorno “per lavoro” – borbottava sempre a Nathalie – e tornava due giorni dopo solo per riparitre, di nuovo, con la medesima scusa. Adrien ci era abituato, ma era comunque noioso stare in casa tutto il giorno a oziare. Inoltre, da quando avevano sconfitto Hawk Moth, non c’erano più stati akuma da combattere. La missione del suo alter-ego si era ridotta ad evitare qualche borseggio o qualche assalto di un ubriacone fuori da una discoteca. La ragazza che aveva salvato non lo aveva nemmeno ringraziato. E come se non bastasse, Ladybug sembrava scomparsa nel nulla. Adrien sapeva benissimo chi portava quella maschera e si chiedeva come mai lo avesse abbandonato proprio allora, proprio quando avrebbero potuto parlare, senza che un akuma li infastidisse.

“Interrompiamo la trasmissione per comunicare una notizia dell’ultim’ora” la voce del giornalista tirò Adrien fuori dai suoi pensieri, catturandone l’attenzione. Gli occhi verdi del ragazzo scrutarono il sindaco che parlava animatamente di un ricevimento per i paladini della città e di un accordo ancora da firmare. 

“Ma certo” si disse, con fare annoiato “dobbiamo collaborare con la polizia” concluse, facendo dei versi buffi. Plagg ridacchiò – letteralmente – sotto i baffi, ingurgitando l’ennesimo pezzo di Camembert, poi svolazzò fino a piazzarsi davanti al suo padroncino. 

“Sento puzza di Chloè” disse il kwami, leccandosi le zampette dai rimasugli di formaggio. Adrien fece una smorfia, mettendosi a sedere sul divano. Non aveva nemmeno notato che il film era ricominciato, si era limitato a memorizzare luogo e ora dell’evento. 

“Credi che Ladbybug verrà?” Chiese al kwami, con fare sognante. 

“Perchè non dovrebbe?” 

“Non rispondere ad una domanda con una domanda” sbottò Adrien, notando l’espressione divertita sul musetto della creaturina.

“Senti coso biondo, sono il dio della distruzione, posso fare ciò che voglio” replicò il kwami, con fare beffardo. Il ragazzo gli lanciò un’occhiataccia, poi si buttò di pancia sul letto con aria afflitta. Sospirò, pensando all’eventualità che la sua Lady non venisse al ricevimento. 

“E adesso cos’hai?” Chiese Plagg.

“Ladybug deve venire… Insomma” – si girò sulla schiena, aprendo le braccia – “se lei non viene, io non le potrò parlare” – guardò un attimo il kwami accanto a lui – “e ho assoluta necessità di farlo”

“Puoi sempre chiederle di vedervi sulla Torre Eiffel, come l’altra volta” propose la creaturina. Adrien sembrò pensarci su un secondo, ma poi tornò ad affliggersi sul letto.

 

“Non credo accetterebbe, ultimamente mi ha lasciato solo” rispose il ragazzo con un faccino triste. Plagg fu stranamente mosso a pietà e gli abbracciò una guancia in segno conforto: “so che non sono mai smielato, ma vederti così è veramente un’agonia”. Adrien lo guardò con la coda dell’occhio, ringraziandolo. Restarono in quel modo per una manciata di secondi, poi il kwami si staccò e svolazzò davanti al viso del padroncino, assumendo l’aria di chi ha appena avuto un’idea geniale e malefica. 

“Perchè non fai visita a Marinette? Magari ti schiarisci le idee” propose poi, sorridendo. Adrien non se lo fece ripetere due volte: scattò in piedi e acconsentì alla trasformazione. Una volta nei panni di Chat, si assicurò che Nathalie non fosse nei paraggi e poi si fiondò fuori dalla sua stanza, brillando come onice sotto al sole.

 

Molti balzi felini dopo…

 

Chat atterrò silenziosamente sul parapetto del balconcino di casa Dupain-Cheng, riponendo il suo bastone sulla schiena. Il sole splendeva alto nel cielo e illuminava prepotentemente tutta la città; dai tetti delle case, ai verdi fili d’erba nei parchi, alla tuta lucida dell’eroe. Il gatto fece un profondo respiro, poi scese dalla ringhiera e si accucciò sulla botola, bussando un paio di volte. Non sapeva esattamente cosa le avrebbe detto o cosa avrebbe fatto per farle capire come stavano le cose, ma era comunque determinato ad andarsene con delle risposte.

“C-Chat sei tu?” La voce di Marinette risuonò ovattata da sotto la botola, che piano piano si apriva, rivelando il volto incerto della ragazza. Chat sorrise, poi si calò giù per le scale, atterrando davanti alla corvina. Erano così vicini che sarebbe bastato un respiro e si sarebbero baciati. Marinette si accorse della tensione nell’aria, perciò indietreggiò un po’ e fece segno al gatto di accomodarsi.

“Allora, uhm, a cosa devo l’onore di questa visita?” Gli chiese, pregando di non arrossire come un pomodoro.

“Niente in particolare, volevo solo vederti” rispose sincero Chat, guardandola negli occhi. Marinette sentì le guance in fiamme, perciò distolse subito lo sguardo. I due restarono a lungo in silenzio, incerti su come scacciare quella tensione che si era insinuata nella stanza. 

“Woah” esclamò Chat all’improvviso, posando lo sguardo su un abito ancora in fase di lavorazione “l’hai fatto tu quello?” 

“Eh?” Marinette sembrò destarsi da un sogno “ah sì, sì” annuì, avvicinandosi a Chat e al manichino. Il gatto si era alzato dal divanetto e stava ronzando intorno all’abito con fare esperto e compiaciuto. Marinette non potè che sorridere, vedendolo in quel modo. 

“Siamo un team no? Con te parlerei di tutto, anche della mia vera identità, se tu volessi”

Quelle parole, dette da lui tanto tempo prima, riecheggiarono nella mente della ragazza come un nostalgico richiamo. La corvina si chiese perchè ogni volta che lo vedeva sorridere le ricordava quelle parole, quel viso, quella sera…

“Mari?” Chat la risvegliò dai suoi pensieri “Tutto ok?”

“Oh ehm, s-sì sto bene” farfugliò lei, accorgendosi che probabilmente il ragazzo le aveva fatto una domanda “Cosa dicevi?”

“Che questo abito è stupendo” rispose il gatto, sorridendo “sei bravissima, principessa”

“M-ma no, non è stato complicato lavorare con le stoffe” disse imbarazzata Marinette “sono tessuti pregiati che mi ha passato un compagno di classe”

Chat ricordava benissimo quando le aveva portato a scuola un paio di stoffe che erano avanzate da un progetto del padre: lei aveva sorriso e le si erano illuminati gli occhi. 

“Agreste, vero?” Chiese il gatto, toccando la stoffa.

“Già” rispose distrattamente Marinette, senza togliergli gli occhi di dosso. Era strano come non avesse mai notato quanto Chat fosse bello; il profilo perfetto, le spalle muscolose, i movimenti armoniosi delle braccia, i glutei sodi, le gambe affusolate. Rimase quasi senza fiato quando lui si girò, guardandola con fare misto tra il curioso e il divertito. Che si fosse accorto? No, impossibile. Ma…

“Hey principessa” disse lui “il gatto ti ha mangiato la lingua?”

“N-No” rispose lei. Chat rise, appoggiandosi con un gomito al manichino. Stava per replicare che poteva fissarlo quanto voleva, ma il manichino cedette e si ritrovò gambe all’aria, con un braccio incastrato sotto alle stoffe. Marinette lo guardò per un attimo, poi scoppiò in una fragorosa risata. Chat si incantò a vedere la corvina ridere in quel modo; inoltre, non aveva le solite codine, perciò i capelli le ricadevano sciolti sulle spalle e ondeggiavano leggermente con la testa. 

“Hey gatto” lo schernì “il manichino ti ha steso?” 

“Ah ah, molto divertente Mari” replicò lui, fingendosi offeso, mentre la ragazza spostava il manichino e gli porgeva una mano per aiutarlo. Lui la accettò volentieri e una volta in piedi, invece di lasciare la presa, tirò Marinette a sè, baciandola. La corvina divenne prima rossa, poi viola, poi bianca, poi finalmente si abbandonò al gesto del gatto, chiudendo gli occhi e circondandogli la nuca con le braccia. Chat sorrise tra un bacio e un altro, poi finalmente si staccò. Entrambi avevano le guance arrossate, i respiri affannosi e il cuore che batteva a mille. 

“…L-Ladybug?” Sussurrò Marinette, con voce spezzata. Sentì la consapevolezza di cosa aveva appena fatto piombarle addosso come un treno in corsa e lasciarla senza fiato. Chat lasciò la presa sui fianchi della corvina solo per spostarle una ciocca di capelli ribelli dal viso e chiederle dolcemente di ripetere quello che aveva detto. 

“E Ladybug?” Riuscì a dire Marinette, sforzandosi di non piangere. Era confusa: era convinta che Chat amasse Ladybug e non potesse mai innamorarsi di nessun’altra, e invece eccolo lì, davanti a lei, con gli occhi brillanti, dopo averla baciata. 

“Io…” stava per dire il gatto, ma un urlo agghiacciante gli spezzò la frase a metà. I due si staccarono di colpo, correndo alla finestra. La scena che videro li lasciò senza fiato. 

 

 

Spazio Autrice:

Hello! Scusate per l’aggiornamento microscopico e ritardatario > < ‘

Marichat fluff alert lol XD 

Per le Ladynoir/Adrienette shippers come me: abbiate pazienza per qualche altro capitolo ^^

Coomunque, altri rompiscatole in arrivo! Avranno mai pace quei due? *sghignazza*

Alla prossima!

Bk.

 

P.s. = vorrei lasciare un salutino speciale a: Trisha_Elric e _Daphne Johnson_ per avermi sempre fatto sapere in modo simpatico e gentile le loro opinioni (e i loro scleri lol) sulla storia. Grazie <3

E, in generale, un grazie enorme a tutti voi che leggete e seguite la storia <3

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Inganno ***


Capitolo 11 - Inganno

 

La piazza davanti a casa Dupain-Cheng era gremita di cadaveri, tutti vestiti da Ladybug e Chat Noir. A colpo d’occhio, Adrien (ancora nelle vesti del suo alter-ego), ne avrebbe contati una ventina. Ma la cosa che innorridì i due ragazzi non fu tanto il numero di morti, quanto il grosso lago di sangue che ristagnava sotto di loro.

“Dove sono Ladybug e Chat Noir?” urlò una donna disperata, seduta sui gradini della scuola “dove sono?” continuava a gridare, dondolandosi avanti e indietro, in stato di shock. Chat, stranamente, non si sentì impietosito da quella vista e si parò istintivamente davanti a Marinette con un braccio.

“Chat Noir è qui” disse, avvicinandosi cautamente alla donna, mentre con una mano teneva stretto il bastone dietro la schiena. Marinette lo seguiva ansiosamente a passo lento, tenendosi dietro al braccio dell’eroe. Era così confusa che non aveva nemmeno idea su cosa volesse fare in quel momento: se trasformarsi rivelando la sua identità o restare nei suoi panni civili e aspettare un momento migliore. Ma l’improvviso attacco della donna, che ora rivelava un tatuaggio di una farfalla viola sulla guancia sinistra, la richiamò all’ordine mentale. Lasciò che Chat la spingesse di lato per parare il colpo, poi approfittò della spinta per rifugiarsi nella siepe che circondava l’edificio e si trasformò.

“Scusate il ritardo” disse, lasciando che l’adrenalina del momento parlasse al posto suo. Si avventò sulla donna con un calcio volante, poi atterrò con grazia dietro di lei, giusto in tempo perchè Chat facesse un affondo con il suo bastone e la spingesse tra le braccia dell’eroina. Ladybug allora sfoderò il suo yo-yo e lo usò come lazo per intrappolare la donna, che ora si dimenava e urlava come un animale in gabbia.

“Cosa significa tutto questo?” chiese arrabbiato Chat, indicando prontamente la massa di cadaveri in piazza.

“Significa sconfitta, mio caro” rispose beffarda l’akumatizzata, approfittando della distrazione dei due eroi per liberarsi dalla trappola dello yo-yo. Assestò una gomitata tra le costole di Ladybug, poi mirò al volto di Chat. Mentre i due erano presi dalla lotta, la rossa notò che i cadaveri nella piazza si stavano dissolvendo, trasformandosi in mille scintille viola. Ci mise un attimo a capire che l’akumatizzata aveva teso loro una trappola, e cercò di avvisare Chat, ma il dolore lancinante al petto glielo impedì. Si sentì mancare l’aria e tossì bruscamente, portandosi istintivamente una mano sotto le costole colpite. Si inginocchiò, continuando a tossire, mentre Chat cercava un modo per avvicinarsi a lei senza subire danni.

“M’Lady! Tutto ok?” le chiese, appena fu abbastanza vicino da farsi sentire.

“Sì, sì” rispose la rossa, recuperando il fiato e rimettendosi lentamente in piedi. Chiuse gli occhi, concentrandosi, prese un bel respiro e li riaprì, giusto in tempo per schivare un colpo dell’akuma e attivare l’incantesimo di purificazione.

“Miracoulous Ladybug!” gridò, lasciando che una rete da pesca si afflosciasse sulle braccia. Chat le fece cenno con la testa, prima di tornare a combattere per lasciarle tempo di pensare. La mente di Marinette volò veloce, più veloce che mai, e poco dopo l’idea che aveva trovato fu messa in pratica: l’akuma venne catturato e neutralizzato.

“Batti il pugno” disse Chat, chiudendo una mano a pugno. Ladybug sorrise e battè il pugno con il suo. Un improvviso senso di nostalgia la pervase, impedendole di staccare lo sguardo da quello del gatto. Non sentiva nemmeno più il dolore, anche se probabilmente quello era dovuto all’effetto del suo Miraculous.

Beep! Beep!

“Oh no” disse, risvegliandosi dal provvisorio torpore “devo andare”

“Aspetta” la bloccò Chat, mentre sentiva le sirene della polizia in lontananza. Ladybug sussultò, le pupille ridotte a puntini per la tensione.

“Lasciami andare” disse, cercando di liberarsi dalla stretta del gatto. Le sirene si facevano sempre più vicine e con loro il rischio che la polizia scoprisse l’identità dell’eroina. Chat sospirò, lasciando il polso della coccinella, che scattò in direzione del balcone di casa sua, senza minimamente pensare all’errore che stava commettendo. Quando se ne rese conto fu troppo tardi: era già distesa sul lettone rosa, con la testa sul cuscino.

“Tikki?” sussurrò, cercando la compagnia del kwami.

“Sono qui” rispose la creaturina, svolazzando nel campo visivo della mora.

“Cosa ho fatto?” Mugugnò Marinette, scattando a sedere e schiaffeggiandosi in faccia “Vedendomi saltare sul balcone Chat avrà capito chi sono”

“Marinette” la richiamò dolcemente “probabilmente lo aveva già capito”

“Cosa?!” sbottò la ragazza, puntando le braccia sul materasso. L’idea che Chat sapesse della sua identità e glielo avesse tenuto segreto le balenò in testa come un fulmine a ciel sereno. Rimase folgorata dal pensiero che la loro promessa di non svelarsi le identità potesse essere stata infranta da un errore così banale.

“Non può aver capito, ho aspettato a trasformarmi a posta per non essere palese” borbottò, cercando una scusa che potesse calmarla. Ma l’agitarsi servì solo a far preoccupare Tikki.

“Perchè non cerchi di capire se Chat sa davvero di te?” le propose, sedendosi sulle sue gambe. Marinette la guardò pensierosa per un attimo, poi i ricordi di qualche ora prima fecero nuovamente capolino e si ritrovò a scuotere la testa, ormai rossa come un pomodoro.

“Tanto ci avresti dovuto parlare comunque, dico giusto?” La incitò Tikki, sorridendo sorniona.

“Tikki!!” sbottò la ragazza, possibilmente ancora più rossa. Si guardarono per un attimo, poi scoppiarono entrambe a ridere.

Sarebbe stata una bella chiacchierata.

 

 

Spazio Autrice:

*resuscita*

Sono tornata! Mi scuso enormemente per la mia lunghissima assenza, ma ora sono qui con un capitolo un po’ più lungo del solito per farmi perdonare ^^

Spero vi piaccia :3

P.S. = Ringrazio tutti/e coloro che hanno seguito e, se avranno voglia, continueranno la storia. In particolare, un grazie a Lady_Sue1789 <3

-Bk

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