Rocky's

di _Circe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** II ***



Capitolo 1
*** 1. ***



“La sala era pervasa dall’intenso profumo del fritto”

Ah, no. Quello è l’incipit del Ritratto di Dorian Gray. Beh, quasi.
Okay, non era la migliore cosa che avesse mai scritto, lo può accettare. Ma hey, vorrei vedere voi nel cercare di trovare ispirazione al McDonald.
Il ragazzo che se ne sta seduto lì, in quell’angolo attaccato alla grande finestra del Mc è Jin, ed il suo sogno è quello di fare l’attore. Ma prima deve trovare i soldi per un’accademia, quindi sta scrivendo un libro, dal quale ricavato si pagherà gli studi, e che farà diventare un film, di cui lui sarà regista, sceneggiatore e protagonista. Pretenzioso? Forse. Probabilmente. Va bene, va bene: sicuramente.
Ma lui è ancora giovane, pieno di speranze, energia e bellezza, come ricorda sempre a tutti. Quindi, never mind.*
“Mi piacerebbe venire, dico sul serio. Ma ho delle cose da fare.”
“Hyung, lascia stare quel maledetto libro.”
“Lasciare stare il libro? Sarebbe praticamente come se tu lasciassi il rap.”
“Non puoi paragonare le due cose, lo sai bene. Come sai che scrivere non è la tua passione e senza offesa, ma si vede.” Un piccolo sbuffo uscì dal telefono come risposta a Yoongi.
“Quella che hai letto era solo una bozza. Una bozza. Non puoi giudicarmi solo da quello.”
“Senti, facciamo un patto: tu mi accompagni a questo sottospecie di talent per sfigati e io ti faccio conoscere qualcuno che potrebbe, magari, aiutarti con quella cosa che stai scrivendo.”
“Credici o no, non mi fido.” Dice mentre inizia a mettere ordinatamente le sue cose nel borsone, preparandosi ad uscire dal locale “E comunque, davvero non posso. Non per il libro, ma perché devo lavorare. Questa settimana ci sono due matrimoni, un battesimo e tre compleanni. No. Non ridere. La vita di un’aiutante fotografo è impegnativa.”
“Ma vaffanculo va’. Alle nove e mezza al Rocky’s. Puntuale. Anzi no, puoi fare ritardo. Se ti perdi un po’ di quella merda non succede niente.”
“Come sei delicato.” Le ultime tre parole Jin le dice al vuoto, visto che l’amico aveva attaccato  non appena finito il suo discorso pieno di acidità e cinismo. E amore, ovviamente.
Dopo aver finito di mettere a posto e sue cose ed essersi preso un’occhiataccia dal cameriere aver occupato per un’ora e mezza il tavolo ordinando solo un cheeseburger, il ragazzo regala un sorriso al cassiere, sperando che sarebbe stato abbastanza luminoso da poter sostituire una mancia.
 Spoiler: no.
Non si può considerare un cielo limpido quello sotto al quale sta camminando Kim Seokjin, ma per lui non fa tanta differenza: pensa che il sole non si possa apprezzare se ogni tanto non fa capolino un po’ di oscuri… okay, spera solo che in vista della pioggia possa stare un po’ a casa, magari perché qualcuno aveva annullato delle celebrazioni. E poi gli piacciono le forme che prendono le nuvole, è da lì che ogni tanto prende ispirazione per il suo libro, e ogni tanto è il massimo a cui possa ambire per quanto riguarda il fronte scrittura. Yoongi ha ragione, scrivere non fa per lui, ma ha intenzione di sperimentare di tutto, non lasciare nulla al caso. Ed ora è il suo momento scrittura, sempre meglio dell’ultima fase, quella del pittore. Là aveva avuto la decenza di lasciar stare quasi subito. Secondo l’amico Jin dovrebbe concentrarsi di più sulla sua “parte interessante”, che secondo Yoongi è la sua voce. Ma no, lui è uno di quelli che canta sotto la doccia o mentre cucina, non certo perché non si ritiene bravo, non gli sono mai piaciuti i falsi modesti, sa di avere una bella voce, semplicemente non gli interessa. Yoongi è bravo con la voce, invece. Oddio, magari non proprio con la voce, diciamo con le parole, non quando parla,  ma quando fa il suo rap. Riesce a comunicare così tanto, ma così tanto, che Jin rimane sempre incantato. Lui invece è una frana con il rap, ma non importa, perché Yoongi è una, se non la, persona più stonata che conosce.
Si sono conosciuti quasi due anni fa, quando Seokjin aveva trovato lavoro in quel negozio di cd di ottava mano, negozio in cui, neanche a dirlo, l’altro passava tre quarti della sua giornata, da lì sono sempre rimasti amici. Una volta aveva partecipato ad un congresso di un uomo che si occupava di pubblicità, e gli aveva detto (in realtà l’aveva detto a centocinquanta persone, non solo a lui, ma tende a essere megalomane) che la cosa che più rimane impressa di una persona sono i primi sette secondi di conversazione, beh, quelli con Yoongi non se li ricorda, ma il primo giorno di ferie è impresso a fuoco nella sua memoria: non doveva essere a lavoro il primo dei tanto desiderati sette giorni di vacanza, ma si trovava nelle vicinanze perché lì c’era un fioraio che conosceva e che quindi avrebbe potuto fargli uno sconticino, era il compleanno di sua nonna. Quando si mette a piovere. E non quelle pioggerelline piacevoli che sanno di primavera, no. Ma una di quelle stronze, come direbbe Yoongi. Sì, sì, lo so: sfiga. State iniziando a compatire il povero ragazzo, eh? Ricorda di aver pensato: “Se questo è il primo giorno di riposo, non oso immaginare l’ultimo.”
Allora si era messo a correre verso il negozio, che era il primo rifugio disponibile, e lo aveva trovato lì, appoggiato sul bancone guardando un cd, talmente assorto che non si era accorto di lui nemmeno una volta che la porta, aprendosi, aveva fatto tintinnare lo scaccia pensieri fatto di conchiglie che aveva comprato come souvenir a Jeju, l’unica nota luminosa in quello spazio che era non tanto più grande di un ripostiglio.
“Ehy? Ehy, scusa? Mi senti?” Niente. Nessuna risposta dal ragazzo.
“Ci sei?” Continua, imperterrito. Questa volta con più successo, infatti come risposta riceve uno sbuffo. Progressi ragazzi, progressi.
“Non sono sordo o cieco, e sicuramente non scemo. Ti stavo ignorando.” Aveva finalmente alzato lo sguardo. “Carpisci i segnali.”
“Ah. Okay. Beh, continua pure ad ignorarmi tranquillamente, ma io rimango qui finché non smette di pio…”
“Mica c’è bisogno che mi spieghi quello che fai,” lo aveva interrotto “tu ti fai i cazzi tuoi e io i miei. In più sei tu ce ci lavori qui, non io, a rigor di logica avresti più diritto tu di starci in questo posto.”
Da lì in poi le cose sono sempre andate meglio nella loro amicizia, Yoongi era passato dal chiamarlo “bambolina” a “l’unico normale in questo dannato posto” a “amico”.  L’ultima parola la usava di rado, quasi come fosse una cosa da non dire, una cosa troppo forte e sì, ogni tanto “bambolina” ricompariva, ovviamente.
Yoongi era uno di quei classici tipi che, se vuoi andarci d’accordo, non devi prendere troppo sul serio quello che dice. Uno di quelli con cui stai se non sei una persona con carenze d’amore, sempre bisognoso d’affetto, perché altrimenti ti taglieresti le vene dopo mezz’ora. Fortunatamente, Jin rispondeva perfettamente a tutte queste caratteristiche. L’unica cosa che trovava piuttosto complicata era capire quando voleva dire qualcosa che aveva il fine di  dimostrare qualcosa di simile alla tenerezza, perché usava comunque lo stesso acido tono, ma non gli interessava, tanto quei momenti erano comunque abbastanza rari.
Si guarda in giro, è veramente iniziato a piovere adesso. Cerca un riparo, ma ci sono solo alberi n giro e non essendoci “colpito da un fulmine” nella sua lista di cose da fare, decide di optare qualcos’altro. Mentre cammina velocemente, sfiorando la corsa, mette una meno nel borsone per cercare il telefono. Chiavi, fazzolettini, no, no, cerca ancora. Porta penne, macchina fotografica, pacco di chewingum. Dov’è finito? Carica batterie, agenda, telefonino, orolog-- aspetta! Telefonino! Lo tira fuori e con una pressione sul lato lo spegne. Non gli piace avere nessun apparecchio elettronico acceso quando c’è un temporale, cosa che crea problemi sul fronte comunicazione il più delle volte. Sa benissimo che se spegne il cellulare non ci saranno meno possibilità di essere colpito da un fulmine, ma è un’abitudine che ha da quando è piccolo, e non fa niente per cercare di eliminarla.


NamJoon si sta, scusate il francesismo, rompendo il cazzo.
 Pesantemente, aggiungerebbe lui. E sfido chiunque a dire che non lo fareste anche voi.
Alza lo sguardo, e nel farlo sposta il ciuffo viola, troppo alternativo per i canoni coreani.
Scrittura Creativa, legge sulla porta.
I consigli dell’insegnante gli scivolano addosso, cose sentite e risentite, suggerimenti banali e scontati.


Non usate troppe frasi fatte.
Cercate di trasmettere qualcosa.
I dialoghi non devono essere forzati.



Nah, non mi dire. Quante informazioni sconvolgenti.

Guarda l’orologio, mancano solo dieci minuti. Lo sapeva che era una pessima idea, Yoongi l’aveva avvisato. Ma gli serviva qualcosa da fare, una volta finiti gli studi si era ritrovato con un ottimo punteggio di diploma e una tristissima consapevolezza di aver buttato troppi anni sui libri senza fare niente in realtà.
Ha scritto e amato la lettura da sempre, ma ovviamente erano discipline che passavano in secondo piano se paragonate alla matematica o alla scienza, per tutti, ma non per lui. Non capisce e non ha mai capito perché le materie scientifiche fossero tanto ambite da tutti; secondo lui non erano molto più che memoria e esercizio, allora tutti potevano farcela. Ma la scrittura? Oh, quella per Nam è sempre stata decisamente più importante. Capire come stimolare una parte di qualcuno soltanto con l’uso della parole, con la giusta combinazione di lettere, punteggiatura, sospensioni… come simulare oppressione? Quali lettere è meglio usare se vuoi rievocare l’idea di casa? Anche il concetto stesso di esercizio è diverso. Per saper fare un’equazione cosa ci vuole? Una, due giornate di esercizio? E poi basta, sai fare tutte le equazioni di quel tipo. Invece scrivere è una continua lotta con te stesso, un continuo cercare di lasciare che il flusso di emozioni e parole che hai dentro di te esca fuori, per poi imbrigliarle e renderle poesia. E allora in certi casi ti riempi di adrenalina, e quando sembra che tutto stia andando bene, ti blocchi. E non sai mai perché, e la cosa ti fa arrabbiare. Poi  ti viene in mente quella parola, che sblocca tutto, e ti senti invadere da un’energia nuova, che ti da la voglia di continuare. Non puoi mai smettere di esercitarti con la scrittura, mai. Perché ogni giorno scopri che ti manca qualcosa per il periodo perfetto, e non sai mai cos’è o dove trovarla. E accade che come per miracolo, arrivi ad una frase che non è perfetta, ma che va bene; che guardi e ti senti soddisfatto di te, anche se è solo di quattro parole. E te la conservi, la curi, la leggi e la rileggi, perché sei fiero di te stesso.  Ma arriverà un momento in cui rileggerai quella frase, e penserai che è orribile, che non sai come hai fatto a partorire qualcosa di così brutto, e lo penserai perché sei migliorato, esercitandoti. Per questo lui ama la scrittura: perché non puoi far a meno di evolverti, niente è mai statico.
Al contrario di questa lezione che ha anche un orologio statico, visto che le lancette paiono non muoversi mai.
Lo sguardo gli cade di nuovo sul foglio di carta appallottolato a metà lezione. Per l’ottantanovesima volta, s’intende.
Non leggerla, non aprirla, non guardarla, non cercare di correggerla.  
Non leggerla, non aprirla, non guardarla, non cercare di correggerla.  
Niente da fare, cede. La prende in mano e la alliscia sul banco, non ci mette impregno, tanto sa che tra cinque minuti la stropiccerà di nuovo.
 E’ la sua nuova canzone. La sua prima canzone in realtà, aveva scritto solo poesie o racconti fino a quel momento. Un giorno però un suo amico per scherzo prese un suo scritto e iniziò a rapparlo, e gli piacque tantissimo. Da lì iniziò a sperimentare: scoprì che alcune poesie non suonavano per niente bene sottoforma di brano, altre perfettamente, quindi da quel momento in poi, oltre a cercare di comunicare il sentimento perfetto, era in continua ricerca del suono perfetto, che sembrava una chimera. Aveva deciso che non sarebbe stato uno di quegli artisti per cui la loro prima canzone rappresentava il più grande imbarazzo della loro carriera, voleva che la sua prima canzone fosse di un certo livello, ed è per questo che dopo quasi tre mesi e mezzo non ha ancora  finito di scriverla. C’è qualcosa che non va, ma non capisce cosa.
Metrica? Perfetta.
Significato di fondo? Consistente.
Melodia? Decente. Si può fare di meglio, ma in fondo non è una canzoncina idol, ci sta che non sia particolarmente orecchiabile.
“Basta. La butto e la riscrivo da capo” sussurra mentre fa del foglio una pallina. “Okay, magari la butto domani… ” e la lancia sotto il banco, a metà tra l’arrabbiato e il disilluso.
“Per oggi è finita, ci vediamo giovedì, va bene? Buona giornata!” La voce dell’insegnante finalmente pronuncia quelle parole, parole che NamJoon aspettava da cinquantacinque minuti.
La lezione ne dura sessanta.


~ ~Thank you Ms. Graham for coming today. You look very nice today, sorry, that's not professional, I guess.  ~ ~
‘Piano Hands’ di Drake lo avvisa che qualcuno lo sta chiamando; valuta se non rispondere giusto per sentire di più la canzone. Controlla chi è: la sorella.
Lascia che scatti la segreteria telefonica, aspetta un minuto e le manda un messaggio:
Sta sera sono impegnato, non torno a casa.
Se esci non fare tardi.
Al Rocky’s non ci rinuncia, questo è poco ma sicuro. In più, quella sera sul palco ci sarebbe stato anche Yoongi, e non gli andava di perderselo.
Cuffie nelle orecchie, esce dalla struttura dove si tiene il corso di scrittura monotona, come lo chiama lui, e inizia ad andare verso la biblioteca, sperando di trovare qualcosa con cui tenersi occupato, magari un bel  Hermann Hesse.
Sarebbe bello avere l’illusione di trovare ispirazione, scrivere una canzone proprio grazie ad un libro che lo appassiona. Alla fine una canzone è un romanzo concentrato in pochi versi, è affascinante. Rinuncia all’idea, bollandola come stupida e irrealizzabile, controlla di avere la tessera della biblioteca nel portafoglio, se lo rimette in tasca e inizia già a pregustare un po’ di tranquillità immerso nel suo libro.
Dopo un paio d’ore, in diverse parti della città, in diversi modi, con diversa cura, due persone si stanno preparando per uscire ed andare ad ascoltare un amico che canta.
Uno con una maglietta e dei pantaloni, l’altro dopo un’ora e mezza impiegata in bagno e a scegliere cosa mettersi.

Sicuramente quella sera sarebbe stata una normalissima e tranquillissima sera al Rocky’s.
Sicuramente non ci sarebbe stato niente di eclatante, di speciale.
La solita manfrina: una canzone, una birra, magari un po’ di gente nuova.
Ma non è forse nella quotidianità che si annidano le sorprese?


Ciao!
Premetto che questa doveva essere una oneshot, una cosetta scritta per un'amica, ma per un cosa e per l'altra è diventata una long.
Scrivere sui Bts fa parte di una delle mie paure da scrittrice, solo ultimamente ho superato quella di scrivere su Doctor Who, ora il mio obiettivo è Harry Potter. Tutto ciò per dire: siate clementi. Oppure no, fate voi.
Ho anche altre cose in porto, quindi se avete piacere di avere il prossimo capitolo, fatemelo sapere con na recensione!
Tanto amore e cose belle,
_Circe

*Never mind non è un inglesismo inutile, ma una citazione, infatti è una canzone dei Bangtan. Immagino lo sapeste già, ma meglio precisare ;)

Ps: avete sentito DNA? E' da sei ore che fischietto, amo troppo.

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Capitolo 2
*** II ***


E’ cosa nota e universalmente  riconosciuta che* il Rocky’s non è un bel locale.
 Diciamo pure che è brutto. 
E’ costruito su due piani, anche se quello superiore è più un soppalco. Giù c’è il piano bar, una pista da ballo e un palco, se così si può chiamare, visto che sarebbe più opportuno chiamarlo “superficie -traballante- leggermente rialzata”; sopra invece è  riservato ai tavolini, quindi per i più temerari che hanno il coraggio di provare a mangiare qualcosa. Il piano inferiore è collegato a quello superiore con una scala a chiocciola senza ringhiere che viola più o meno tutte le leggi sulla sicurezza. La maggior parte delle volte sembra un matrimonio greco: ogni volta che un cameriere fa cadere un piatto, e non è cosa rara, tutti i clienti gridano “OPPA!”
Tutti tranne Yoongi, ovviamente.
Il  raggio di sole quale è il ragazzo se ne sta seduto in un angolo a sbuffare, lamentarsi e divertirsi per la penosità delle persone che si sono esibite fino a questo momento. Non che avesse torto, visto che la maggior parte facevano venire i brividi. Quasi come vedere il suo amico Jin ballare.
 Quasi.
Il telefono vibra sul bancone, un messaggio. Lo legge: è solo una nuova promozione che la sua compagnia vuole rifilargli; l’orario segna le 21:45. Strano che NamJoon non sia ancora arrivato, di solito è lui quello puntuale. Tra qualche minuto si dovrà esibire e un po’ lo secca che l’amico non lo veda.
Anche se ovviamente se glielo chideste direbbe che non se ne frega niente.
Certo Min, ci crediamo tutti.
La porta del locale si apre, un cameriere inciampa, i clenti gridano e NamJoon entra.
Lo stanno facendo apposta, ci scommetto, è il pensiero che per la terza volta in una serata rimbomba nella testa di Yoongi, ma non dandogli troppo peso si alza e va verso l’amico per salutarlo. Un pugno, un mezzo abbraccio e due spalle che si scontrano e i convenevoli sono fatti, il perfetto saluto da fratello-ti-voglio-bene-ma-sono-troppo-uomo-per-ammetterlo-quindi-ci-picchiamo-per-compensare.
“Nuovo colore?” dice indicando il ciuffo di NamJoon.
“Ah, questo? Sì, di tre giorni fa. Volevo fare qualcosa di più tranquillo, poi ho visto il viola.”
“Hai fatto bene, che te ne fotte. Tanto sono capelli: ricrescono”

Oh, come si vede che non siete ragazze.

                                                            “ E ora ragazzi facciamo un applauso per il prossimo cantante, Min YO-ongi!”

“Yo-ongi? Sul serio? Tipo’ Yo, fratello, come butta?’ ” La risata di NamJoon si può sentire anche da Soul.
“Sta’ zitto, non mi sono registrato io così” 
“Ah, no? E chi sarebbe stato?” Min Yo-ongi sarebbe stato il cavallo di battaglia per ogni volta che avesse voluto sfottere il bruno da questo momento in poi.
“Deve essere stato quel bastardo di Jin. Questa me la paga.”
“Chi?”
“Ehy, devo salire, ci vediamo dopo.”
“Vai e spacca i culi, Yo-ongi”
Un bellissimo ed elegante dito medio alzato dà a NamJoon la risposta che si aspetta, mentre si va a sedere al bancone e ordina una birra. Sente un rumore dietro di lui, un ragazzo aveva spostato lo sgabello per sedersi .
“Mark, la birra viene 5.000, no?” Mark è il barista del Rocky’s, nonché socio del proprietario. Tutte le ragazze -e qualche ragazzo-  gli vanno dietro e pendono dalle sue labbra perché è per metà americano. O forse perché è simpatico e bello.
NamJoon decide che è solo una questione di geografia.

“Come sempre. Hai seri problemi di memoria, amico”
“Sì, sì, okay.” Il ragazzo tira fuori una banconota da 10.000 won dalla tasca e la appoggia distrattamente sul bancone, lasciando per sbaglio anche il biglietto da visita del corso di scrittura creativa. Non una grande perdita, c’è da dire.
Neanche sta guardando Mark, tanto è preso dall’esibizione di Yoongi. Ma è costretto a distogliere lo sguardo quando viene chiamato più volte dal barista.
“Non hai i soldi precisi? Mi manca il resto.”
“No, scusa.” Si tasta le tasche e apre il portafoglio, ma niente. “No, proprio no.”
“Ehy, se vuoi te li posso cambiare io.” NamJoon si gira verso il ragazzo che aveva appena parlato, è quello che si era seduto lì qualche minuto prima.
“Ah, sì. Sì, grazie.” Gli porge la banconota mentre ne riceve due dal bruno che si ritrova di fronte. Ha qualcosa di strano ai suoi occhi, qualcosa che non torna, ma non capisce cosa. E’ il tipico coreano: capelli neri, alto e magro; occhi scuri e carnagione chiara, l’unica cosa non troppo comune sono le sue spalle larghe. Non fa neanche in tempo a domandarsi perché avesse notato le sue spalle che la sua nuova conoscenza gli sorride dicendo “prego”, e allora non capisce più niente. 
La sua fenomenale dialettica va a puttane, e riesce solo a fare un mezzo sorriso e a dire che deve andare, così si alza e vola via dal locale, senza neanche veder Yoongi finire la sua esibizione.
“Ehy!” Gli urla Jin, “Hai dimenticato qualcosa!” 
Ma non c’è nessuna risposta, Nam era già uscito. Prende il bigliettino e lo guarda: scrittura creativa. Lo mette in tasca, potrebbe essergli utile.
“Beh, visto che lui non mi ha offerto niente al contrario di quello che pensavo, la birra me la prendo da solo.” Dice Jin con una risata a Mark.
“Tieni” risponde l’america-coreano dandogli una bottiglia presa dal congelatore “Sono 5.000 won.”
“Ah. Scusa, ho solo una banconota da 10.000.” Un sorriso imbarazzato e divertito gli si dipinge sulle labbra.
“Ma dai, seriamente?” Risponde Mark sulla soglia della disperazione.
 
 
 
Che gli era preso?  Aveva reagito come un cretino. E per cosa, poi? Un sorriso. Un sorriso di un tipo qualsiasi visto una volta in un locale -di merda- mentre stava bevendo una birra -di merda- e facendo una figura -indovinate come- di merda. Per uno stupidissimo sorriso da un probabilmente stupidissimo ragazzo con delle stupidissime spalle larghe.
Ci deve essere un motivo, pensa NamJoon, dovevo essere delirante. Forse ho la febbre. 
Sì, sì, sicuramente. Ho la febbre.

Si ficca le cuffie nelle orecchie, affondando le mani nelle tasche più profondamente possibile dopo essersi messo il cappuccio, e torna a casa, convincendosi di essere malato. Fisicamente, sì, ma soprattutto mentalmente.



 
Yoongi  scende dal palco prendendosi il pigro applauso di un pubblico che non lo aveva ascoltato veramente, sentendosi tutto sommato di se stesso.
Si dirige verso il soppalco, dove erano seduti un paio di persone che conosceva, quando il suo sguardo viene catturato da uno sfortunatissimo ragazzo intento a bere la sua birra.
Si avvicina a Jin con passo quasi militaresco, cercando di controllarsi per evitare di urlargli contro i più creativi insulti che la sua mente potesse partorire.
L’amico si accorge troppo tardi che Yoongi è vicino e che quindi non può più scappare, quindi decide che tanto vale divertirsi.
“Ehy, Yo-ongi! Bella esibizione!” Un sorriso e braccia aperte in segno di un abbraccio accolgono l’incazzatissimo  rapper.
“Sei un uomo morto.”
 
 
Yoongi  scende dal palco prendendosi il pigro applauso di un pubblico che non lo aveva ascoltato veramente, sentendosi tutto sommato di se stesso.
Si dirige verso il soppalco, dove erano seduti un paio di persone che conosceva, quando il suo sguardo viene catturato da uno sfortunatissimo ragazzo intento a bere la sua birra.
Si avvicina a Jin con passo quasi militaresco, cercando di controllarsi per evitare di urlargli contro i più creativi insulti che la sua mente potesse partorire.
L’amico si accorge troppo tardi che Yoongi è vicino e che quindi non può più scappare, quindi decide che tanto vale divertirsi.
“Ehy, Yo-ongi! Bella esibizione!” Un sorriso e braccia aperte in segno di un abbraccio accolgono l’incazzatissimo  rapper.
“Sei un uomo morto.”
 
Poche persone possono capire quanto sia profondo il sollievo di NamJoon quando, tornato a casa, scopre di avere veramente la febbre.
Non una febbre alta, da cavallo, ma quanto basta per darsi pace e saltarsi un paio di giorni fuori di casa. Non che avesse una vita ricca d’impegni e giornate piene ed emozionanti, ma tutto quel suo sforzarsi nel trovare un posto nel mondo è stancante. Un po’ di sano otium latino sarebbe stato utile e rinfrescante.  Peccato che in realtà avrebbe passato quel tempo facendo assolutamente niente, provando a far finta di scrivere e ascoltare musica. Più che otium latino questo è ozio e basta. Non che qui si disprezzi l’ozio, anzi.
Si alza dal divano su cui si era buttato e va in cucina, ha proprio voglia di un tea. Apre l’elegante scatola decorata con fiori colorati in cui erano contenute tutte le bustine in ordinate sezioni quadrate; sua madre aveva l’ossessione per la perfezione, le bustine erano posizionate per colore: dalla più scura (il tea nero) a quello classico, di un giallo chiarissimo, passando per tutte le tonalità: rosso per le bacche di goji, viola per i frutti selvatici e un delicato rosa per la pesca.
Opta per un tea verde, che dovrebbe avere proprietà rinvigorenti e  energizzanti, ma che in realtà ti fa solo venire voglia di guardare la tv con dieci coperte addosso e dormire. Ottimo, era proprio quello che aveva in mente.
Il suono della teiera lo sveglia dai suoi pensieri, che lo avevano trasportato nel solito mondo tutto suo distaccato dalla realtà. Si prepara l’infuso e va di nuovo verso il divano, si siede e, telecomando alla mano, inizia a sorseggiare la sua bevanda.
Pessima idea.
Non appena il liquido caldo e dolce oltrepassa le labbra e diffonde il suo calore in tutto il corpo, quasi fosse una reazione chimica, NamJoon ricorda e riconosce la sensazione che aveva provato prima, con il ragazzo del Rocky’s.
Subito allontana la tazza dal suo viso, ma poi la riavvicina, pensando che poi non è così male.
Ah, la febbre.
 
 
Uno stranamente ancora vivo Jin si accinge a tornare a casa a un orario vergognosamente consono e corretto, ma non è colpa sua se la serata è finita presto.
Prende nota mentale di chiamare il numero sul biglietto da visita che il ragazzo con i capelli strani aveva lasciato sul bancone, prima di andarsene. Un po’ ci era effettivamente rimasto male del fatto che fosse sparito di colpo, ma non ne fa una questione di vita o di morte, anzi, se ne  è già dimenticato. Però deve ammettere che è da un bel po’ di tempo che nessuno lo colpisce, e poi boom, un ragazzo a caso nel locale che frequenta da una vita. Ma sì dai, essere colpito d qualcuno non vuol dire niente, no? Chi ci crede al colpo di fulmine oggi? Per quanto Jin non sia una persona pessimista o triste, a cose come l’amore a prima vista non ci crede da un bel po’. E’ un’idea carina in cui crogiolarsi quando si  particolarmente positivi o in balia di qualcuno, ma poi se ci si ripensa oggettivamente, una cosa del genere non esiste.
Forse però questo è uno dei momenti in cui ci si può crogiolare… non si fa male nessuno se si sogna un po’.
Ma tanto rimarrebbe un sogno.
Quante cazzate Jin, riprenditi. Manco lo conosci ‘sto tipo.
Trip mentale risolto con una risata, come al solito.
 E, come al solito, una risata non basta a cancellare un pensiero.
 
 
 
Angolo autrice.

Piccolo piccolo capitolo che non basta assolutamente, ma volevo pubblicare qualcosa per farmi perdonare del ritardo.
Sono stata impegnatissima in questo periodo e ho tutt’ora il pc rotto, quindi devo scrivere super scomodamente dal telefono o da computer prestati.
Cercherò di aggiornare prima la prossima volta, ma non vi posso promettere niente. L

*La frase è l’incipit di Orgoglio e Pregiudizio. Il capitolo scorso  iniziava con quello di Dorian Gray, provate ad indovinare quello del prossimo ;)
 Indizio: come i due precedenti è un classico J
 
Fatemi sapere cosa ne pensate e cosa vi aspettate, mi raccomando!
 
Buona serata,
_Circe

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