DOMINUS

di Mei91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 11 ***
Capitolo 13: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

 

 

 

DOMINUS

 

 

 

 

Il re dei demoni correva a perdifiato per raggiungere nel minor tempo possibile il proprio palazzo reale. Lo scontro contro il demone drago Ryokotsusei era stato violento e lui era rimasto gravemente ferito, ma alla fine era riuscito ad avere la meglio su di lui ed ora il suo pensiero fisso era quello di correre dalla propria compagna. Gli era giunta voce, infatti, grazie al suo fedele servitore Miyoga, che la propria regina era in travaglio e che stava per partorire il suo secondo genito.

Non appena però era arrivato a palazzo, i suoi servitori e le levatrici non gli avevano permesso di assistere la moglie nelle ore di travaglio e ne era certo, per più di una volta aveva rischiato di perderla e lui non poteva far altro che attendere e sperare.

 

Quattro ore dopo…

 

La neve cadeva fitta da un cielo grigio ardesia quando il re dei demoni Inu no Taisho entrò nella stanza della regina e capì non avere più la mente lucida per continuare a governare il proprio regno. Non che non ne fosse più in grado, solo che ultimamente nella sua mente regnava sovrana la sua regina. Lentamente si avvicinò al letto dove la compagna se ne stava sdraiata e priva di sensi e si stese accanto a lei, osservandola a lungo, mentre tutta l’ansia e il nervosismo delle ore precedenti lasciava il posto a una profonda preoccupazione per la sua giovane sposa.  Erano secoli che governava come re, secoli che pensava prima al prossimo anziché a se stesso e adesso era giunto il momento di prendere una decisione, l’unica a suo dire fattibile.

Nella stanza imperiale della casata demoniaca, infatti, il re dei demoni se ne stava comodamente sdraiato sul proprio letto e su un fianco, la mano artigliata destra poggiata sulla tempia del proprio viso mentre con la mano sinistra giocava con i capelli corvini e sudati della propria donna.  Il braciere a forma di camino ardeva in un angolo della stanza donando quella luce e quel calore necessario per non far sì che lei non si ammalasse. In quel momento lei era fin troppo debole, esausta dopo un parto durato quasi tutta la notte.

La neo regina dei demoni contrasse leggermente il viso per il dolore non appena il suo possente corpo era entrato in contatto con quello minuto di lei. Il parto era stato dannatamente complicato e pericoloso e più volte, dalle urla e grida preoccupate e ansanti delle levatrici demoniache all’ interno della stanza, gli avevano fatto ben intendere che la sua donna aveva rischiato la vita più di una e due volte quella notte per mettere al mondo suo figlio.

 Istintivamente si avvicinò maggiormente a lei per donarle il proprio calore e far in modo che lei si rilassasse maggiormente, facendola sentire al sicuro.  Il re dei demoni aveva una gamba poggiata su quella della neo moglie e la schiena leggermente dolorate a causa della posizione in cui era. Una posizione non proprio comoda per lui ma calorosa per lei. Erano passate due ore da quando Izayoi aveva partorito il suo secondo genito, e le levatrici avevano portato via suo figlio Inuyasha per prestargli le dovute cure dopo parto, poi la sua giovane sposa era svenuta per il troppo dolore e per la stanchezza. Quelle ore erano state terribili, agonizzati, ma per fortuna pareva che adesso lei stesse meglio.

 

Inu no Taisho era dannatamente orgoglioso di lei. Izayoi, decisamente umana, era riuscita a mettere al mondo un suo erede e sano come un pesce, ma la preoccupazione del re era dovuta al fatto che la regina, non accennava a riprendere conoscenza.

Aveva gli occhi puntati su di lei da ore in cerca di un minino malessere da parte di lei. Il respiro del re sembrava essere regolare e le continue carezze al viso della donna gli davano un aria completamente rilassata. Tuttavia se qualcuno avesse avuto il privilegio di leggere nella sua mente, avrebbe notato una grande attività, una paura ben celata agli occhi di tutti tranne che a due persone. Suo figlio Sesshomaru e Izayoi, sua moglie.

Un tuono rimbombò nell’ aria. La bianca luce frastagliata di un lampo squarciò il cielo dell’epoca Sengoku illuminando maggiormente la stanza e facendo sussultare Izayoi che aprì gli occhi allarmata.

“Taisho!” esclamò la donna scattando seduta. Subito dopo un gemito di dolore la costrinsero a piegarsi su se stessa e ansimare trattenendo a stento le lacrime.

“Sono qui Izayoi!” sussurrò cheto il re dei demoni tirando un sospiro di sollievo nel constare che finalmente la moglie si era svegliata e costringendola a rimettersi supina e riprendendo a carezzarle i capelli per cercare di farla rilassare e placare il dolore.

 Izayoi non era una donna che si spaventava facilmente, ma era una donna umana, fortemente provata dal parto, con la paura costante di perdere lui, perché Izayoi lo sapeva, il marito non era un re a cui piaceva stare con il culo poggiato al trono, era un re attivo, un condottiero, un generale, e probabilmente teneva per se tutte quell’ansia e quella preoccupazione nei suoi confronti per non essergli d’intralcio, per non intaccare i suoi obblighi di re, per non tappargli le ali, per così dire, ovvero proibendogli di mostrare il proprio valore, il proprio essere re e via dicendo. Izayoi lo supportava in tutto quello che lui decideva e voleva fare, era una donna in grado di dare ottimi consigli, di accettare con grande dignità i pericoli che sia lui che Sesshomaru correvano ogni giorno e probabilmente nessuno aveva provveduto ad avvisare Izayoi del suo ritorno dalla battaglia, anche perché in quel momento la regina era impegnata a partorire, quindi Izayoi si era svegliata con l’angoscia di non averlo al fianco e inoltre non aveva previsto un temporale né si era preparata all’eventualità di lampi e fulmini.

“Sei qui amore mio…” ansimò la donna chiudendo gli occhi stanchi e voltando piano la testa di lato per poi poggiarla su un suo avambraccio.

“I…Inuyasha è nato” sussurrò flebilmente Izayoi con occhi chiusi.

“Lo so! Sei stata molto brava Izayoi!” esclamò Il re dei demoni, calmo, controllato, con voce cupa e facendole una tenera carezza al volto.

“Lui…” sussurrò sempre più flebilmente Izayoi tanto che persino lui dovette concentrarsi per sentirla.

“Dov’è? Lo hai visto?” sussurrò sempre flebile la regina.

Izayoi si accucciò maggiormente a lui.

“Inuyasha?” chiese Taisho e non appena la vide annuire piano tenendo sempre gli occhi chiusi, il re dei demoni accennò un sorriso. Ecco un'altra qualità di Izayoi, si preoccupava sempre prima per il prossimo anziché per se stessa.

“Di là! È con le levatrici, si stanno prendendo cura di lui. Tu come stai?” sussurrò il re de demoni, amabilmente.

“Bene… credo” sussurrò la giovane regina seppellendo il viso nel petto del marito. Taisho le mise una mano sulla vita per poi spingerla delicatamente e dolcemente verso di se.

Izayoi sospirò e sorrise stancamente. Si sentiva terribilmente al sicuro tra le braccia del marito e dopo una notte come quella, Izayoi aveva disperatamente bisogno di sentirlo vicino, e le parve che il marito avesse ben intuito il suo bisogno.

“Izayoi!” la chiamò il re dei demoni.

“Uhm?” sussurrò a occhi chiusi. La regina non aveva le forze di tener gli occhi aperti.

“Vorrei abdicare in favore di Sesshomaru!” esclamò il re

Izayoi sgranò gli occhi e annaspò.

“Perché?” sussurrò Izayoi.

“Il regno ha bisogno di un re condottiero, come Sesshomaru!”

“Come te!” sussurrò Izayoi, prima di addormentarsi. Non aveva le forze quella notte per indagare sul perché il marito avesse deciso di rinunciare al trono e di conseguenza, ne era certa, alle battaglie.

Inu no Taisho non rispose ma la sua mente corse al figlio Sesshomaru, nato dalla sua precedente relazione con la sua precedente moglie, anche ella un demone cane di nome Inukimi.  Pensò a Inuyasha appena nato e a Izayoi che per quanto forte, era pur sempre una donna bisognosa del proprio uomo e lui l’aveva trascurata per troppi anni. Izayoi si era affezionata parecchio a Sesshomaru nonostante il carattere del figlio maggiore e Sesshomaru, con gli anni, aveva imparato ad apprezzare e difendere Izayoi considerandola membro della propria famiglia, ma è sempre di Sesshomaru che si parlava, lui agiva non parlava.

“Ti sei affezionata a Sesshomaru parecchio donna, devo essere geloso?” esordì il re dei demoni con l’ombra di un sorriso, ma Izayoi ormai era andata a far visita a Morfeo.

Inu no Taisho guardò fuori dalla finestra e la totale assenza della luna lo colpì.

Il novilunio. In quel giorno Inuyasha andava protetto. Poi in lontananza, nel cielo, passò un raggio di luce, quasi fosse una cometa.

Inu no Taisho sorrise.

Sesshomaru.

Sesshomaru era arrivato, sicuramente aveva fiutato la nascita di Inuyasha e il pericolo che aveva corso Izayoi.

 

 

Takemaru Setsuna camminava avanti e indietro per il proprio palazzo umano.

La pazienza non era certo una delle sue virtù migliori e inoltre più passava il tempo più la preoccupazione e la paura prendevano il sopravvento sulle sue azioni decisionali.

 Due anni fa, proprio in quel periodo, la sua amatissima sorella Izayoi, era sparita per più di una settimana, poi un suo messaggero, che aveva mandato alla ricerca della sorella stessa, lo aveva avvertito che la principessa Izayoi era stata rapita e fatta prigioniera da re dei demoni Inu no Taisho.

Izayoi era una donna di tutto rispetto, forte, elegante, dolce, il rifugio perfetto per lui nel momento del bisogno. Sua sorella era l’unico membro della famiglia che gli rimaneva e in punto di morte aveva promesso ai propri genitori che l’avrebbe sempre protetta e invece due anni fa era venuto meno alla promessa fatta al padre, aveva permesso che quel maligno re dei demoni rapisse sua sorella e la facesse prigioniera.

Takemaru si chiese cosa in quel momento stesse facendo la sorella, se stesse bene, se era in grado di proteggersi dalle grinfie dei demoni. Sua sorella l’aveva aiutato sempre e comunque in particolar modo con sua figlia Rin, che da quando era morta la madre aveva trovato in Izayoi un punto fermo, una specie di seconda madre e di questo Takemaru era profondamente grato ai Kami dell’esistenza di sua sorella.

Takemaru si affacciò alla finestra del proprio palazzo e sorrise. Nei giardini del palazzo il suo tesoro più grande stava passeggiando con una delle ancelle.

Rin. La sua bambina.

Rin era infatti la creatura più bella che il mondo umano avesse mai visto.  Quell’anno avrebbe compiuto vent’anni, ma era già di una bellezza da mozzare il fiato. Alta, con un elegante portamento, capelli lunghi e corvini, occhi di un caldo color cioccolato.

 Rin era uno splendore.

Rin era cresciuta immersa nell’amore. Izayoi l’amava come una figlia e lei amava lui e sua sorella esattamente come una foglia ama i propri genitori anche se effettivamente Izayoi non era sua madre ma solo sua zia e quando quel demone l’aveva rapita, Rin cambiò radicalmente.

Rin era conosciuta con molti nomi, i più comuni erano il respiro del re, in quanto Rin era davvero il respiro stesso di Takemaru.

  Lui stesso avrebbe dato la vita per lei. Da quando sua moglie era morta per proteggerla da un demone, per lui Rin era diventata il suo stesso respiro, senza di lei si sentiva perso, ma da quando la madre era morta, anche Rin era cambiata, all’ epoca aveva smesso di fidarsi di tutto e di tutto e poi quando due anni fa anche la zia era stata rapita, Rin era cambiata ancora covando un rancore profondo nei confronti dei demoni e decisa a farli tutti fuori, inoltre la sua piccola bambina aveva anche smesso di sorride e di essere allegra e spensierata e aveva preso a passare le proprie giornate allenandosi per diventare più forte, più irresistibile, più spietata. Rin aveva ereditato dalla madre un lato del suo carattere molto particolare, era in grado di attendere anni per la sua vendetta, ma quando il giorno arriva era spietata e da lui invece aveva ereditato la determinazione, lo spirito combattivo e inoltre c’era anche uno spruzzo della stessa Rin nel carattere di Rin. Sua figlia era una donna che era meglio non avere come nemico.

Certo, era sempre il fiore più bello di tutto il giardino, ma il suo secondo nome, Ruby Red, Rubino rosso, lasciava bene intendere a quanti cuori spezzati aveva lasciato alle sue spalle, e quanto spietata poteva essere nell’ambito in cui decideva di attaccare.  Rin non era nemmeno una donna indifesa.

Rin era diventata una femme fatele.

Era un mix perfetto di scaltrezza, furbizia, freddezza, mistero, seduzione, dolcezza, eleganza, che persino lui faticava a tenerle testa, da due anni a quella parte, da quando la sua amata zia era stata rapita, zia che lei considerava come una seconda madre, Rin aveva preso ad allenarsi con maggiore assiduità, affinato le sue doti, utilizzato al meglio le proprie armi sia di seduzione che di combattimento.

Ruby Red poteva essere considerata l’arma più potente che il regno umano possedeva.

Ruby Red era decisamente pericolosa non solo per gli umani, ma anche per i demoni, perché con i suoi modi dolci e affabili era capace di attaccare indisturbata. Rin era la migliore cacciatrice di demoni che Takemaru possedeva tra le sue schiere, ma lui, non era ancora del tutto convinto di voler utilizzare la propria amata figlia come un’arma.

La sola idea di perderla la spaventava a morte.

La sola cosa che Takemaru voleva, era proteggere la sua bambina da altre sofferenze gratuite.

 

Un rumore destò Takemaru dai propri pensieri e si voltò verso la porta osservando un trafelato capo della guardia reale davanti a lui.

“Sumuro, che succede?” esclamò Takemaru.

“Notizie dalla guardia di barriera padrone, pare che nel regno dei demoni ci sia in programma una festa?”

Takemaru inarcò un sopracciglio.

“Per cosa?”

“Pare per la nascita di un secondo genito demoniaco!” esclamò il capo della guardia reale.

“E allora?”

“Il secondo erede è un mezzo demone e si vocifera che sia figlio del re dei demoni e…e…” esclamò Sumuro per poi iniziare a balbettare.

“E?” lo esortò il re.

“Di vostra sorella Izayoi sire!” concluse.

“Cosa!” Annaspò Takemaru a occhi sgranati

“Inoltre pare che il principe ereditario Sesshomaru abbia fatto ritorno al regno demoniaco!” continuò Sumuro.

“E si vocifera anche che il re voglia abdicare il favore del figlio!” continuò Sumuro.

“Cosa? Ma che diavolo sta succedendo in quel regno!” urlò Takemaru iniziando a camminare nervosamente avanti e indietro per tutta la stanza. Sumuro tossicò.

“Sire, un'altra cosa!”

“Ancora? Che altro c’è? “Esordì esasperato

“Pare che molte demoni donne si stiano avviando al palazzo reale demoniaco…” iniziò titubante Sumuro

“Il palazzo reale demoniaco!” esclamò allibito Takemaru. Erano anni che cercava quel palazzo e adesso spuntava così, dal nulla, da un giorno all’ altro. Ne era certo nel regno demoniaco stava succedendo qualcosa e forse quella era l’occasione più adatta per poter recuperare sua sorella.

“Come faccio a salvare Izayoi!” borbottò tra se e se Takemaru.

“Pare che il palazzo per questa settimana sia visibile!” continuò Sumuro.

Takemaru voltò di scatto la testa verso Sumuro e lo guardò a occhi sgranati.

“Ma cosa? Perché?” ansimò Takemaru.

“Per le donne demoni!”

“Ma perché?” urlò il re degli umani.

“Pare che per diventare re il principe demoniaco debba prima sposarsi!” concluse Sumuro. “Quelle donne sarebbero le pretendenti!” continuò il capo della guardia reale.

“E’ un’occasione ghiotta, papà!” esordì fredda una donna entrando nella stanza.

“Rin! Per cosa un’occasione ghiotta figlia mia?” chiese Takemaru prestando attenzione alla figlia che nel frattempo uscì dalla penombra.

Rin indossava uno splendido abito bianco con decori floreali e semplici, molto sobrio ma al contempo elegante.

La bocca di Sumuro arrivò per terra non appena vide la principessa Rin.

“Principessa, siete stupenda!” esclamò il capo della guardia reale. Rin lo guardò e fece un cenno con il capo, ma i suoi occhi erano freddi, insensibili alle lusinghe maschili.

“Lasciaci Sumuro!” ordinò il re fulminandolo.

Sumuro ubbidì all’ istante, poi sparì. Takemaru si girò verso la figlia e sorrise.

“Ha ragione, sei splendida e io geloso!” ridacchiò il padre.  Gli occhi di Rin si illuminarono al complimento di Takemaru. Era insensibile a tutte le lusinghe, fuorché a quelle del padre.

“Non avete da che temere padre. Siete l’unico uomo della mia vita!” esordì Rin sorridendo.

“E voglio ben sperare! Sono geloso marcio lo sai!” esordì Takemaru ridacchiando.

“Lo so, comunque papà. Potremmo davvero salvare la zia, se mi mandate al palazzo demoniaco come esca per sedurre questo principe demoniaco…”

Takemaru che in quel momento stava bevendo un bicchiere di Sakè si soffocò con esso e guardò la figlia allibito.

“Taki!” esclamò il re degli umani.

“Dite sire!” esclamò una donna vestita con abiti semplici ma al contempo eleganti.

Taki era un ancella di Rin.

“Porta Rin nelle sue stanze, probabilmente oggi mia figlia ha sbattuto violentemente la capoccia!” ringhiò Takemaru infuriato. Sua figlia era forse uscita di senno? Mandarla nella tana del nemico? E anche se fosse chi andava li possedeva un aura demonica e Rin era umanissima.

“Eseguo sire!” esclamò Taki prima di avvicinarsi a Rin e metterle le mani sulle spalle per esortarla a camminare.

Rin chiuse gli occhi e sospirò assecondando il volere del padre senza dire una parola di più.

“Rin, se non tenessi a te non reagirei così e tu poi non possiedi un aura demoniaca, stanne certa non ti mando a morire!” ringhiò il padre prima che Rin uscisse dalla sala del trono.

“Ricorda le mie parole padre, non è un aura demonica che ti rende forte! Il re dei demoni stesso cela la sua potente aura demoniaca eppure chiunque sa quanto in realtà egli è crudele, spietato e senza cuore. Ha rapito la zia papà, tua sorella, e se noi possiamo fare qualcosa per salvarla è nostro dovere farlo! Non mi serve un aura demoniaca per sedurre e uccidere un demone e tu questo lo sai molto bene!” esclamò Rin prima di sparire dietro la porta.

Takemaru sussultò poi si lasciò cadere sul trono con una mano tra i capelli.

 

To be continue

Buona sera signori e signore, sono qua con una nuova storia. Diciamo che dopo anni d’assenza sul fandom di Inuyasha torno con una nuova storia a capitoli. Per chi fosse interessato ogni domenica aggiornerò, ovviamente salvo imprevisti. Ringrazio tutti coloro che leggeranno questa storia e che mi dedicheranno due minutini del loro tempo per recensirla.

Un kiss enorme Mei.

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


 

 

 

 

 

Capitolo 1

 

La neve continuava a cadere dal fitto cielo grigio, stesso cielo che univa sia il regno demoniaco che quello umano. Rin uscì in giardino e rabbrividì a causa del pungente gelo che le entrava fin dentro le ossa. Il gelo cristallino si ergeva attorno le mura del palazzo donandogli quasi un’aria di totale immobilità.

In quel momento il proprio castello diede a Rin l’impressione di essere completamente disabitato, non si muoveva una mosca, ma forse era comprensibile data la tarda ora della notte.

Affondando le caviglie nella spessa coltre bianca, Rin si avviò al lago dove quando era piccola passava molte ore in compagnia della sua giovane zia.

Il vento pareva non sapersi decidere, era diviso tra forti raffiche di vento che provenivano da destra per poi essere susseguite da forti raffiche di vento che provenivano da sinistra, sembrava che lo stesso vento avesse intrapreso una specie di lotta e lei si era trovata nel mezzo di queste due correnti ostili, ma non le importava. Rin amava il freddo, amava l’aria ghiacciata che le pungeva la pelle del viso, amava la staticità della neve.

Rin amava, quasi venerava il gelo.

La gente la chiamava Ruby Red perché sapeva essere spietata e sanguinaria, la chiamava Ruby Red perché con la sua bellezza era in grado di sedurre persino un ippopotamo, con la sua intelligenza era in grado di girare ogni situazione a suo giovamento.

Ma Rin amava il freddo, lei si sentiva più come una Lady di Ghiaccio anziché il Ruby Red. Ferma sulla riva del lago studiò attentamente le profonde acque del lago fortemente increspate dal forte vento, ma al contempo pronte anche a ghiacciarsi. Osservò l’oscurità inalando il profumo della neve fresca, poi sorrise.

Se le si chiedeva di chi fosse innamorata, lei di sicuro avrebbe risposto della neve. L’amava con ogni fibra del suo corpo. L’inverno, la neve, il freddo per lei era un dolce balsamo per la sua anima irrequieta, insoddisfatta, e a volte irruenta e incauta.

Sollevando leggermente la lunga veste, Rin immerse i piedi nell’ acqua congelata e chiuse gli occhi sorridendo, rilassandosi e sollevando la testa verso il cielo.

“Oh, zia…dove sei? Mi manchi tanto!” sussurrò Rin.

Rin non sopportava l’idea che la tanto amata zia fosse stata rapita dai demoni né l’idea di quanto la sua povera zia stesse soffrendo in quel momento, come non sopportava nemmeno la proibizione del padre di usare lei come esca per poter trarre in salvo la propria sorella.

Forse l’unica soluzione era fuggire dal castello per dirigersi nelle terre demoniache e salvare la zia da sé, essere quindi l’eroe e la fanciulla indifesa di quella guerra visto e considerato il fatto che il proprio padre non ne voleva sapere di mandarla e mandargliela soprattutto senza scorte.

Rin si lasciò avvolgere da un'altra gelida folata di vento, poi spalancò gli occhi. Per lei era sempre così, il gelo le portava sempre buon consiglio.

“Ma certo!” esclamò Rin alzandosi di scatto tirando fuori i piedi nudi dall’ acqua e dirigendosi verso il proprio castello correndo goffamente a causa della neve alta.

Cinque minuti dopo era già all’ interno del castello diretta agli alloggi dei soldati. Doveva parlare con Sumuro. Forse lui era davvero l’unica persona che avrebbe potuto aiutarla a capire se l’idea che le era appena balenata in mente potesse avere delle fondamenta sicure.

Sperare era comunque difficile, date le circostanze. Non aveva idea di quanto rischiosa poteva essere quell’idea, ma date le circostanze era inevitabile correre qualche rischio. Sua zia per lei era come una madre, quando era piccola l’aveva aiutata spesso a superare determinate situazioni, e ora toccava a lei fare di tutto per salvare la zia dal re dei demoni.

Rin si chiese come avesse vissuto la zia in quei due anni lontana da casa, se i demoni, nonostante tutto, la trattassero con il dovuto rispetto, ma ne dubitava fortemente. I demoni erano creature viscide, ignobili, senza cuore, spietati e assassini.

Per la prima volta Rin ponderò l’idea di entrare negli alloggi dei soldati senza alcuna scorta. Sapeva bene di non poterselo permettere, da quando era cominciata la guerra umani e demoni, i soldati residenti al castello non avevano avuto alcuna compagnia femminile in quegli anni, e quindi lei presentandosi lì in piena notte non avrebbe fatto altro che stimolare la libido e la curiosità delle guardie e dei soldati, ma non poteva fare altrimenti, in ballo c’era la vita della sua amata zia e poi non mancava molto all’alba.

Avrebbe fatto di tutto per strappare dalle grinfie di Inu no Taisho Izayoi.

Prima di giungere negli alloggi dei soldati si fermò un attimo davanti il piccolo tempio e rivolse ai Kami protettori del proprio regno una preghiera d’aiuto. Pregava per se stessa, affinché i Kami le dessero la forza di portare avanti la sua idea. Era spaventata dai suoi stessi pensieri, questo Rin non lo negava, e sperava che i Kami le dessero la forza per superare queste sue paure e aiutarla a salvare la zia.

Molte donne pregavano i Kami affinché si mostrassero clementi e proteggessero la principessa Izayoi dalle ire di Inu no Taisho, lei, invece, preferiva pregare per se stessa, per avere la forza di affrontare quel demone a testa alta, senza paura e con indomito coraggio.

Lentamente Rin si alzò, dato che precedentemente si era messa in ginocchio difronte il piccolo tempio, si sistemò le vesti, poi con passo reale e controllato si diresse da Sumuro.

Davanti la porta, bussò flebilmente, poi l’aprì. Non appena i soldati la videro sgranarono gli occhi per la bellezza della loro principessa, ma fortunatamente non fecero nulla di poco consono, se ne stettero seduti ad osservarla camminare verso il loro capo: Sumuro.

“Principessa Rin!” sussurrò Sumuro. “ Voi? Qui? A che dobbiamo l’onore?” sussurrò ancora Sumuro chinando la testa davanti a lei in segno di supremo rispetto.

“Avrei bisogno di conferire con voi, mio buon capitano!” esclamò docilmente Rin e mettendosi sul viso la faccia della gentilezza fatta a persona, nascondendo dentro di se dubbi e preoccupazioni.

Sumuro si alzò dal proprio letto e le fece segno con la mano di fargli strada. Rin sorrise e annuendo diede le spalle al capo delle guardie per dirigersi verso l’uscita dell’alloggio.

 Fuori dagli alloggi e con Sumuro dietro di lei, Rin si voltò lentamente verso di lui, poi esordì.

“Vi ho sentito dire a mio padre che al momento il castello demoniaco è visibile, che molte demoni affluiscono al castello per corteggiare il principe Sesshomaru?” esclamò Rin sicura di se.

“Si, principessa è così!”

“E se ho ben capito questo è dovuto al fatto che questo fantomatico principe si debba sposare?” chiese gelidamente Rin

“Si, mia signora, ma perché volete sapere ciò!”

“C’è una cosa che non mi torna!  Perché il re dei demoni Inu no Taisho sta abdicando in favore del figlio maggiore?” esclamò fredda Rin. Sumuro deglutì, sapeva bene che non era un bene mentire a un sovrano, e in particolare sapeva bene che non era un bene mentire a Rin.

“Mia signora, purtroppo so solo le voci, ma pare che il re dei demoni abbia avuto un altro figlio…” iniziò Sumuro.

“Bene…se ha avuto un altro figlio tanti auguri, ma ancora non capisco che…”

“Un figlio mezzo sangue Milady, è l’unica umana nelle terre demoniache è…” sospirò con fare titubante, Sumuro.

Rin annaspò e divenne cadaverica.

“Mia zia!”

Sumuro annuì.

“Ma non capisco…non…”

“Un mezzo sangue non è visto di buon occhio da entrambe le fazioni.” Concluse Sumuro prima di dare le spalle a Rin e rientrare nei suoi alloggi.

“Sumuro!” esclamò Rin e il capo dei soldati si fermò prima di entrare e in attesa che Rin parlasse.

 “Voi siete stato alla barriera. Sapete dirmi com’è il confine demoniaco? Ci sono guardie?” chiese Rin preoccupata

“Rin-sama, non penso che voi dovreste interferire con ciò. Sia vostro padre che tutti noi sappiamo che siete un abile guerriera, non per niente il vostro appellativo è Ruby Red, ma questo non è affare da donne. “Esclamò Sumuro prima di entra dentro gli alloggi e sta volta non attendendo proteste da parte di Rin.

Rin si morse le labbra, con quel piccolo dialogo avuto con Sumuro comprese che nella sua idea era completamente da sola e che di conseguenza avrebbe agito da sola.

Con passo controllato si diresse nelle proprie stanze preparando lo stretto necessario per partire, poi andò nelle stanze del padre, che dormiva profondamente e facendo attenzione a non fare il minimo rumore, rubò dal scrigni segreti del padre una boccetta preziosa che anni prima una sacerdotessa di passaggio, Midoriko, aveva dato a suo padre per proteggersi.

Quella boccetta conteneva una speciale essenza, chiamata “spirito” e serviva a dare agli umani una falsa aura demoniaca per poter passare dalle terre dei demoni senza essere attaccati o peggio uccisi. Velocemente Rin la mise nella propria sacca da viaggio, poi prese un pezzetto di papiro e scrisse due righe al padre.

-          Vado a salvare la zia, papà! Non cercarmi. Rin-

 

 

La mattina arrivò presto e Izayoi lentamente aprì gli occhi e gemette di piacere nel notare la calda coda del proprio compagno su di lei come una calda coperta. Inu no Taisho però se ne stava seduto sul letto continuando a dare le spalle alla moglie e sembrava quasi che entrambe le mani fossero occupate.

“Taisho!” sussurrò Izayoi tentando di mettersi seduta e non appena il marito si voltò con il busto verso di lei, Izayoi sussultò e gli occhi le si inumidirono di lacrime.

Taisho sorrise.

“Te che ti preoccupi se ho visto o no nostro figlio, mi sa che ho passato più tempo io con lui che tu, visto che tu hai ben pensato di schiacciare un pisolino per tutta la notte!” esclamò Taisho sorridendo. Izayoi abbassò il viso imbarazzata, poi sussultò. Che diavolo ci faceva con il seno scoperto e al vento. Si voltò verso il marito con sguardo dubbioso e non appena vide il dito artigliato del re dei demoni indicare il figlio Inuyasha tra le proprie braccia, Izayoi ridacchio. Taisho si era già preparato alla sua sfuriata, immaginava già che lei vedendosi nuda, avrebbe attribuito la colpa a lui e alla sua libido, quindi si era premunito con il dito indicando il vero colpevole, e quando lei aveva alzato il viso pronta a parlare, la vista del dito del marito verso Inuyasha tramutò la sfuriata in un risolino.

“Aveva fame! Ho messo Inuyasha sul letto e lui si allungava verso di te, al che te l’ho messo sul petto e lui ha cominciato a mordicchiarti la veste, poi mi sono ricordato di cosa faceva Inukimi con Sesshomaru e ti ho allentato il Kimono, il resto ha fatto tutto Inuyasha. E’ stato lui ad attaccarsi al tuo seno e tu dormivi tutto il tempo come un sasso, poi praticamente si è staccato solo cinque minuti fa ed ha finito con l’addormentarsi tra le mie braccia!” esordì Inu no Taisho in propria difesa.

“Va bene, va bene, basta giustificativi amore mio, ormai mi conosci bene!” esclamò Izayoi.

“Fin troppo!”

“Taisho!” lo richiamò.

Taisho la guardò dubbioso.

“Mi dai Inuyasha di grazia. Tu te lo sei goduto a sufficienza, tocca a me. Molla mio figlio!”

“Donna dittatrice! Prima ti preoccupi se ho visto nostro figlio, e ora me lo vuoi togliere dalle mani?” esclamò Taisho sorridendo. Izayoi sollevò le spalle e poi le riabbassò, come a dire – e allora? Sono fatta così, prima mi preoccupo, poi pretendo! -, infine allungò le braccia verso il marito affinché le dasse il proprio bimbo. Inu no Taisho sorrise porgendo Inuyasha addormentato alla propria moglie che istintivamente lo strinse al petto per poi depositargli un tenero bacio sulla testa e tra le orecchie da cane. Gli occhi di Izayoi si inumidirono nuovamente per l’emozione di stringere tra le braccia il proprio bambino.  Con le manine Inuyasha afferrò I capelli della madre e se le portò alla bocca. Izayoi sorrise e Taisho si stese al fianco della moglie, poi Inuyasha muovendo le manine più energicamente tirò i capelli della madre.

“Facci l’abitudine, è tutta la notte che mi tira i capelli!” sussurrò Taisho depositando un piccolo bacio sulla fronte della moglie.

Izayoi agì d’istinto, con la mano destra tenne Inuyasha stretto al petto, la sinistra corse dietro il collo del proprio marito e lo tirò verso di se unendo le sue labbra a quelle del demone in un bacio dolce e casto.

“Ti amo Taisho e grazie per Inuyasha!” sussurrò Izayoi sulle labbra del marito. Il demone sorrise.

“No, mio raggio di luna, grazie a te. Grazie di esistere!” esclamò Taisho unendo nuovamente le labbra a quelle della moglie, poi Izayoi si staccò da lui e poggiò la testa sulla spalla del compagno e prese a guardare Inuyasha e a giocherellare con un orecchio del proprio bimbo.

“Taisho!” esclamò seria Izayoi.

“Uhm?”

“Perché vuoi abdicare?” esclamò piano.

“Izayoi…”

“Ti prego amore mio, dimmelo!” sussurrò Izayoi continuando a cullare Inuyasha.

Taisho sospirò afflitto, poi indicò Inuyasha.

“E’ un mezzo demone tesoro. Non sarà facile farlo accettare dal mondo demoniaco, e sia tu che lui al momento avete bisogno di protezione, io sarò la vostra protezione e marito e padre, mentre Sesshomaru sarà il re dei demoni. Non posso permettere che rischiate le vostre vite, perché Izayoi Tu, Inuyasha e Sesshomaru siete la mia vita stessa.

“Ma…”

“No, niente ma Izayoi. Ormai ho deciso!” esclamò

“Sesshomaru sarà costretto a prendere moglie Taisho. Lui…” inizio Izayoi.

La porta della stanza da letto si aprì. Un demone alto, possente, elegante fece il suo ingresso. L'udito demoniaco era qualcosa di fenomenale e le preoccupazioni di Izayoi avevano costretto il principe dei demoni a disturbare il padre in un momento intimo con la moglie e il neo cuccuolo

“Non dire stupidaggini donna! Nessuno costringe Sesshomaru a fare qualcosa che non vuole!” esclamò il principe dei demoni.

“Sesshomaru! Bentornato!” esclamò controllato Inu no Taisho.

“Padre!” esclamò freddamente Sesshomaru in segno di saluto per poi annuire.

“Vuoi dire che ti va bene sposare una donna che non ami, Sesshomaru!” esclamò Izayoi in apprensione.

Sesshomaru si avvicinò al letto dove erano sdraiati Inu no Taisho e Izayoi, poi osservò Inuyasha.

“Non vengo meno ai miei doveri Izayoi e mio padre merita un po’ di riposo…con te e…lui!” esclamò controllato, impassibile Sesshomaru.

“Inuyasha!” esclamò il padre e Sesshomaru annuì.

“Ma una moglie! L’amore non è così…”

“L’amore Izayoi? Tsk, non sono interessato all’ amore!” esclamò gelidamente Sesshomaru prima di uscire dalla stanza con passo elegante e raffinato.

“E’ sempre lui! Non cambia mai!” sbuffò Izayoi e Taisho ridacchiò.

“Che ti aspetti da uno la quale idea di divertimento è uguale ad allenamento!” esordì Inu No Taisho baciando la testa della moglie.

“Io non sono d’accordo su questa cosa del matrimonio e dell’abdicare, ma contento tu e tuo figlio…” sbuffò Izayoi

“Guarda che Sesshomaru è anche figlio tuo!”

“No, lui mi odia, non vuole che lo consideri mio figlio!” esclamò Izayoi.

“E questo chi lo ha mai detto? Guarda Izayoi, se Sesshomaru ti odiasse, stanne certa, non ti avrebbe degnato nemmeno di uno sguardo, ne sarebbe venuto a conoscere Inuyasha, ne e soprattutto Izayoi, sarebbe accorso qui così velocemente se non avesse percepito il rischio che hai corso ieri notte partorendo Inuyasha. Anzi per l’appunto se ti azzardi ad alzarti dal letto per tutta la settimana, ti ci lego!”

“Taisho! Ma io sto bene! Ho ventisei anni, sono perfettamente in grado di partorire e riprendermi subito!” esclamò Izayoi risentita coprendo con la coperta Inuyasha steso al suo fianco e che si era mosso leggermente. Izayoi istintivamente gli carezzò la testolina per calmare il figlio.

“Niente storie, Izayoi!”

“Che vuoi dire?”

“Voglio dire, se partorire un umano alla tua età è fattibile ma difficile, partorire un mezzo demone è pericoloso, tesoro, molto più difficile, molto più complicato e non è una questione d’età. Partorire un mezzo demone per un umana, miete più vittime di quanto pensi. Sono dannatamente fortunato ad averti ancora con me Izayoi, mi capisci!” esclamò serio Inu no Taisho. Izayoi annuì piano per poi depositare un tenero bacio sulla guancia del marito.

“Perciò non ti muoverai da questo letto fino a quando non lo dico io!” esclamò Taisho staccandosi di scatto da lei.

“Peggio di mio fratello sei! Uffa!” sbuffò Izayoi lasciandosi scivolare nel morbido letto, portando Inuyasha sul proprio petto.

“Izayoi!” la richiamò gelido.

“Scusa, scusa!” sussurrò Izayoi prima di sbadigliare e addormentarsi nuovamente.

Inu No Taisho si avvicinò al letto e con una mano artigliata carezzò dolcemente una guancia della moglie che ormai si era nuovamente addormentata, poi uscì dalla stanza per raggiungere il figlio Sesshomaru. Da quella mattina molte donne demoni si erano presentate al palazzo. La notizia della successione al Trono di Sesshomaru si era sparsa più velocemente del previsto e molte donne demoni erano ansiose di conoscere il possente e glaciale principe dei demoni.

Taisho aveva conferito con il figlio durante il viaggio e lo aveva messo al corrente delle motivazioni che lo spingevano ad abdicare al trono, ma Sesshomaru aveva capito subito che quell’abdicazione in suo favore non era per fargli un torto. Il possente re dei demoni aveva bisogno dell’aiuto di suo figlio in quel momento delicato della sua vita, con una moglie umana, e un piccolo principe mezzo demone, la sola protezione che avevano dai demoni cattivi che non avevano accettato Izayoi come regina, ne Inuyasha come loro simile, era proprio Inu no Taisho e Sesshomaru ed entrambi non se la sentivano di abbandonarsi in un momento del genere, così Sesshomaru aveva deciso di farsi carico del regno demoniaco per lasciare al padre la protezione dei membri della loro famiglia.

La postilla del matrimonio a lui non intaccava minimamente, l’essere sposato non avrebbe cambiato nulla. Non era interessato a possedere una moglie e di conseguenza non aveva bisogno di alcuno sfogo carnale.

La preoccupazione di Izayoi nei suoi confronti lo aveva colpito, ma ancora non riusciva a capire perché, l’idea che lui si sposasse senza quella parola che gli umani chiamano Amore, la turbasse così profondamente, la innervosisse tanto da spingerla a protestare davanti alle sue scelte o a quelle del padre.

 

Rin osservò davanti a se l’enorme barriera, che divideva il regno demoniaco da quello umano. Prendendo un profondo respiro e nascondendosi dietro un albero innevato, prese dalla sacca la boccetta di spirito e se ne versò qualche goccia addosso, poi con passo lento si diresse di nuovo davanti la barriera. Le guardie demoniache si girarono ad osservare e quando davanti a lei la barriera si aprì, le guardie tornarono a fare la guardia. Pareva che quella barriere si aprisse solo quando davanti a se percepiva un aura demoniaca e dato a quel fatto Rin comprese, che alla cerimonia erano ammesse solo donne demoni.

Doveva stare attenta a non farsi scoprire….

 

To be continued

Eccomi qua con il secondo capito di dominus, ringrazio di cuore tutte quelle persone che hanno messo questa storia tra le seguite e le ricordate e che mi hanno dedicato due minuti del loro tempo per lasciarmi un apprezzatissima recensione. Grazie di cuore e al prossimo aggiornamento che avverrà sempre o di Sabato o Domenica. Un kiss enorme  e alla prossima Mei.

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo2 ***


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rin superò la barriera demoniaca con passo svelto ma al contempo timoroso: aveva come l’impressione di essere fuori posto in quei luoghi. Si guardò attorno con una punta d’ansia, ma presto le sue paure lasciarono posto alla curiosità.

Prese a camminare lentamente lungo la foresta, tenendo i sensi bene allerta. Non si era di certo aspettata che ingannare i demoni sentinella sarebbe stato così facile.

Fino a quel momento aveva temuto che l’essenza contenuta nella boccetta di spirito, rubata al padre, fosse semplicemente una presa in giro, insomma che non funzionasse. Invece era passata tranquillamente oltre la barriera: nessuno si era ancora accorto del suo sotterfugio.

Non le piaceva per niente l’idea di essere nei domini del Re dei Demoni, ma più si avvicinava al castello, più le pareva che la propria anima si quietasse.

Le sensazioni che provava in quel momento erano decisamente contrastanti. Aveva da sempre immaginato che quei luoghi vedessero come scenario morte, sangue e violenza; invece non c’era nulla di simile, anzi, quei paesaggi erano splendidi, persino più dei domini umani. Sentiva tutto il proprio essere fondersi con la natura circostante ed era come se gli alberi, seppur spogli e aridi insieme al vento, intonassero per lei una soave melodia.

Gli alberi erano alti, con i rami pieni di neve, e Rin ne era sicura: in primavera o in estate avrebbero messo foglie stupende e rigogliose, ma in quel momento, cioè in inverno, erano spogli, adornati soltanto dal bianco gelido della neve, ma nonostante tutto erano maestosi, sani, in qualche modo sembravano protettivi, esattamente il contrario degli alberi a cui era abituata lei: piccoli, scheletrici e quasi in fin di vita.

Proseguendo lungo il viale, ai bordi del sentiero, c’erano strani animaletti demoniaci, che facevano capolino dalla neve e la guardavano curiosi. Rin li trovava adorabili, sembravano dei peluche bianchi che giocavano a rincorrersi sotto la neve. Si strinse maggiormente nel lungo mantello che indossava e proseguì.

Più avanti, sul lato destro del sentiero, c’era il mare, e per Rin quello fu un vero e proprio colpo al cuore: in tutta la sua vita non lo aveva mai visto. Il richiamo per quell’elemento maestoso e sconosciuto fu troppo forte così, ignorando il sentiero che l’avrebbe condotta al castello del Re, si diresse verso il mare, che date le sue correnti, e il suo movimento, non era per niente ghiacciato, ma sembrava accogliente, stupendo.

Arrivata sulla riva, Rin non seppe resistere e immerse i piedi nell’acqua, scoprendola fredda, ma mai quanto quella del lago umano: era giusto un pizzico più calda, forse a causa delle onde.

Si sedette su quella strana distesa di sabbia innevata e chiuse gli occhi inspirando l’odore salmastro, che ebbe il potere di rilassarla maggiormente.

Guidata dall’istinto e incurante di prendersi un malanno, Rin si tolse il pesante mantello e il primo kimono, restando quindi semplicemente con la sottoveste bianca, ed entrò in acqua.

Rabbrividì da capo a piedi, ma lei amava tutto ciò che era freddo, tutto ciò che era in grado di congelarla fino alle ossa. Non aveva idea del perché quell’amore per il freddo fosse così forte, fatto stava che lo adorasse. Si tuffò di scatto ma annaspò al contatto della propria testa con l’acqua congelata, ritrovandosi a berne un’ingente quantità, tale da farla tossire. Non riusciva più a emergere, rischiava di soffocare. Le parve come se il suo cervello e il suo corpo fossero trafitti da mille lame, ed ebbe l’impressione di restarci secca.

Nonostante la situazione tragica, ridacchiò nella sua mente: si aspettava di essere uccisa dai demoni, ma per la sua stupidità e per la sua maledetta curiosità di sapere come potesse essere fare il bagno d’inverno in mare, ci stava per rimettere le penne. Aprì gli occhi, provando nuove ondate di brividi quando le sue irridi toccarono l’acqua congelata, ma non appena riuscì a mettere a fuoco quello che aveva intorno, notò un movimento fulmineo di qualcosa che poteva somigliare a un corpo, poi una possente pinna le dette un colpo sul sedere e la fece volare fuori dall’acqua.

La giovane atterrò sulla sabbia innevata e prese a tossire convulsamente. Aveva la bocca salata e secca, il corpo le tremava come una foglia. Si cinse con le braccia per cercare di combattere il freddo e guardandosi intorno si rese conto di essere atterrata vicino al punto in cui aveva lasciato i suoi vestiti. Gioì internamente mentre, con mano tremante, prese il mantello e vi si avvolse, sentendosi subito meglio.

A quel punto cercò di farsi forza e di esaminare la situazione. Si voltò verso il mare trovando, sulla riva, una creatura che non aveva mai visto e la osservò a bocca aperta. Quell’essere aveva le sembianze per metà di un pesce e per l’altra metà di una donna. Doveva sicuramente essere un demone, ma di che razza di demone si trattava?

“Il mare è affascinate, ma chi non possiede una coda per combattere le correnti dovrebbe tenersi alla larga!” Esordì la donna con voce dolce. Rin sgranò gli occhi.

La demone davanti a lei era di una bellezza da mozzare il fiato: i lunghissimi capelli neri le cadevano bagnati lungo le spalle e le arrivavano fino alla vita, mentre qualche ciocca le andava a coprire il seno nudo. Rin era esterrefatta nel constatare come quella donna, o meglio quel demone, riuscisse a stare dentro l’acqua congelata senza alcun problema, neanche un minimo accenno di tremolio. Continuando a osservarla notò che i suoi occhi erano dello stesso identico colore dell’oceano. L’ondeggiare del mare metteva in risalto anche la sua possente e squamosa coda di un abbaiante verde smeraldo, così luminosa, così brillante, che a Rin parve di aver trovato una delle sette meraviglie del mondo. Seppure odiasse profondamente i demoni, non poteva certo negare che quella fosse di una bellezza sublime.

“Tu… mi hai salvata?” Balbettò. I denti non facevano altro che batterle per il freddo e quando la vide sorridere e annuire, ebbe come l’impressione che quella creatura l’avesse osservata per tutto il tempo.

“Grazie!” Sussurrò.

“Prego! Adesso vado, per favore stai attenta, il mare non è un lago!” Disse con voce melodiosa prima di rituffarsi in acqua.

“Aspetta!” La chiamò Rin, ma la voce le uscì come un sussurro e della creatura, che probabilmente non l’aveva neanche sentita, non rimase più alcuna traccia.

“Come ti chiami?” Sussurrò all’oceano nella speranza di ricevere risposta, ma nulla, era sparita così come era comparsa. Rin sospirò e abbassò la testa afflitta, poi però dall’oceano, la stessa demone di poco prima tornò a galla e le sorrise amabilmente.

“Kagome, mi chiamo Kagome!” Sussurrò prima di sparire nuovamente tra e onde del mare, non lasciando a Rin nemmeno il tempo materiale per elaborare il fatto che fosse tornata in superfice soltanto per risponderle, per esaudire il suo desiderio di conoscere il suo nome, e poi di nuovo se ne era andata, non concedendole la possibilità di presentarsi a sua volta.

Sospirò e si chiese se fosse stata davvero un demone… possibile che un demone le avesse salvato la vita?

Sospirando aprì la sacca con i vari cambi che aveva e, dopo essersi asciugata come meglio poté, velocemente indossò un kimono pesante, prima di prendersi davvero un malanno, mentre la sua mente continuava a vagare con il pensiero a quella strana creatura. Il padre le aveva sempre detto che i demoni erano subdoli, cattivi, e che uccidevano senza pietà. Chiuse gli occhi e si strinse maggiormente nel mantello chiedendosi come mai, allora, quella demone, l’avesse salvata. Se davvero i demoni erano spietati assassini, perché l’aveva salvata da un annegamento certo?

Camminò per diversi minuti lungo la spiaggia, finché delle voci arrivarono alle sue orecchie e, presa alla sprovvista, si nascose dietro una roccia mettendosi a spiare le due creature davanti a sé.

“Com’è la situazione a nord?” Esordì la voce possente e controllata di una delle due figure.

“Sotto controllo, padre.” Rispose glaciale l’altro.

Rin rabbrividì: si trattava di due demoni, e dall’aura che sprigionavano dovevano anche essere molto potenti. Nonostante le sue considerazioni, rimase estasiata a osservare quello che sembrava essere il più giovane tra i due.

“A sud, le sirene?” Domandò di nuovo il più grande.

“Alleate.” Fece freddamente l’interpellato.

“Non avevo dubbi che saresti riuscito a convincere le sirene ad allearsi alla nostra causa!”  

Rin spostò freneticamente lo sguardo dall’uno all’altro e quando i suoi occhi si soffermarono sul volto del demone più giovane il suo cuore perse un battito.

Era la personificazione dell’inverno stesso. Non degnò neanche di una risposta l’uomo che si stava complimentando con lui e che aveva chiamato padre, ma si limitò ad annuire, per poi dargli le spalle. Rin lo osservò andare via con passo lento. Era folle, ma tutto di lui cominciava ad attrarla: la sua voce, i suoi occhi, il suo viso, persino la sua camminata lenta e decisa.

“Non c’è che dire, il fascino ce lo ha quel demone!” Borbottò rendendosi conto, suo malgrado, di essere arrossita da capo a piedi.

“Ma che cavolo dico? Ho una missione da compiere!” Mormorò cercando di tornare con la mente alla realtà.

Una risata divertita la riscosse dai suoi pensieri.

Subito dopo Rin vide il demone più grande, il padre del mega fusto insomma, annusare l’aria e voltare lentamente la testa verso di lei.

“Non nascondetevi piccola demone volpe, quell’albero non copre il vostro odore!” Le comunicò controllato e con una voce che le mise quasi i brividi: il suo tono era davvero molto profondo, e quando parlava seriamente con quello che doveva essere suo figlio era già inquietante, ma sentirlo passare a un tono dolce e divertito per rivolgersi a lei era anche peggio. Rin si sentiva quasi del tutto insignificante al cospetto di quella creatura, e sebbene non lo vedesse chiaramente in viso, si chiese chi diavolo fosse e che genere di poteri avesse e soprattutto, nel caso in cui avesse deciso di attaccarla, lei come si sarebbe difesa? Senza nemmeno iniziare la sua missione di recupero della zia, già si sentiva spacciata.

Non sapeva chi fosse quel demone, ma il fatto che soltanto tramite l’odore avesse intuito la sua presenza e che tipo di essenza di spirito avesse addosso, la innervosiva parecchio.

“Oh, per i fulmini! E ora dove mi nascondo?” Borbottò fra sé.

Istintivamente corse verso l’oceano e vi si tuffò, ignorando ampiamente l’acqua congelata, ma non fece nemmeno in tempo a fare una nuotata, che un colpo di pinna la fece volare fuori dall’acqua e atterrare davanti ai piedi del possente demone, con il didietro sulla neve.

“Ma… ma… ahio!” Sbuffò per poi riscuotersi udendo la risata profonda del demone.

“Grazie principessa Kagome!” Fece rivolto alla creatura che galleggiava in acqua, e che rispose al demone con un sorriso e un segno di assenso con il capo.

“Tu! Tu sei la creatura che mi ha salvata prima! Perché mi hai fatto questo!?!” Fece Rin vedendo la demone sorriderle e alzare e riabbassare le spalle con nonchalance, poi si immerse di nuovo e sparì.

Rin riprese a tremare come una foglia. Non era preparata a fronteggiare un demone di quel calibro, specie congelata com’era. Non andava affatto bene: era appena arrivata e già aveva rischiato di annegare e di morire di freddo! Senza contare che non era né riuscita a celare la sua presenza ai demoni, né tantomeno a fuggire da uno di loro in caso di pericolo. Cosa stava combinando? Provò rabbia per se stessa e per la sua ingenuità.

“Maledetta strega!” Ringhiò rivolta all’oceano.

Il possente demone la guardò a lungo con aria paziente, poi le porse la grande mano artigliata per aiutarla ad alzarsi. Rin si sentì una bambina ribelle al suo cospetto, e l’orgoglio le impose di non accogliere quella mano, così si alzò da sola fronteggiandolo come solo Ruby Red sapeva fare. Il demone la guardò ancora inarcando un sopracciglio.

“Quella era una sirena, non una strega” La informò pazientemente, mentre lei continuava a rivolgergli uno sguardo di sfida.

“Siete una delle pretendenti del Principe?” Chiese tranquillamente.

“Col cavol…” Iniziò Rin, ma poi si corresse subito annuendo. “Ehm, sì!”

“Beh, allora dovreste affrettarvi. Sono arrivate quasi tutte. Se non volete perdervi la presentazione dovreste avviarvi al palazzo prima che comincino, mia cara!” Disse lui dandole le spalle e iniziando a camminare nella direzione opposta a quella da cui era arrivata Rin.

Lei sussultò. Non aveva la minima idea di come arrivare al palazzo reale, per non parlare poi del fatto che si sentiva decisamente indolenzita a causa del freddo, e il suo sedere, al momento, protestava a causa della botta ricevuta per colpa di quel mezzo pesce.

Non aveva scelta: doveva usare le arti che nel mondo umano l’avevano contraddistinta come Ruby Red. Addolcì lo sguardo e si morse piano le labbra.

“Oh! Perdonatemi mio signore. Ecco è la prima volta che giungo in questi domini, non saprei come arrivare a palazzo e non vorrei, come dite anche voi, perdermi la presentazione del Principe! Ecco, mi chiedevo se per caso… se per caso non potessi approfittare della vostra gentilezza chiedendovi di indicarmi la strada.” Sussurrò con fare angelico e in qualche modo seduttivo. Usò il tono di voce che aveva visto molti uomini vittime del suo fascino. Dato lo stato in cui si trovava, era l’unica arma che avesse a disposizione, in quel momento, per iniziare a compiere i primi passi per sapere dove fosse la sua amata zia.

Il possente demone ridacchiò e si voltò verso di lei.

“Non serve che con me utilizziate quel tono mia cara, risparmiatevi per il Principe, io sono felicemente sposato. Comunque mi sto recando al palazzo proprio in questo momento, sarei più che felice di accompagnarvi!” Le disse facendole sgranare gli occhi incredula. Era rimasto immune alla sua tecnica di persuasione seduttiva? In quel momento Rin si sentì più confusa che mai. Non si era di certo aspettata tutto quello che le era successo non appena aveva superato la barriera demoniaca! Come aveva potuto quel demone schernirla in quel modo? Prima il mare, poi quella demone pesce, poi i due demoni che parlavano tra di loro (tra cui il più giovane che l’aveva già colpita senza nemmeno parlarle), e ora il più grande dei due che pareva del tutto immune al suo fascino e inoltre era anche sposato. Rin si era sempre chiesta se, come gli umani, anche i demoni fossero infedeli alle proprie mogli, ma dalle parole di quell’essere pareva proprio di no, o meglio, lui pareva talmente fedele alla propria moglie, che il suo potere seduttivo non aveva avuto alcun effetto.

Velocemente raccolse le sue cose, facendo però bene attenzione a non far notare la boccetta di essenza di spirito che aveva con sé, e prese a seguirlo affiancandolo.

“Perdonate, posso farvi una domanda?” Gli chiese alzando la testa per guardarlo. Era davvero molto alto.

“Ditemi.”

“Avete detto di avere una moglie… che tipo di persona è?” Era curiosa di sapere che razza di demone avesse sposato e che capacità avesse per trarre irrimediabilmente a sé una creatura bella come quella e farla essere anche fedele. Nonostante lei fosse rimasta molto più affascinata dal figlio, non si poteva negare che anche lui avesse fascino, più maturo, ma pur sempre fascino.

“Mia moglie? Uhm… testarda, cocciuta, fa sempre di testa sua, ma sa farti sentire a casa!” Le rispose cortesemente.

Rin sgranò gli occhi incredula davanti a una tale descrizione così poco in linea con l’idea che si era fatta sui demoni.

“Ma se fa sempre di testa sua, come la sopportate?”

Il demone la guardò poi le sorrise intenerito e le mise una mano tra i capelli scompigliandoli.

“Perché mi fa sentire vivo, perché lei è tutto per me. Questo lo potrete capire, piccola demone volpe, solo quando avrete qualcuno di cui sarete innamorata. Ho l’impressione che non lo siate mai stata. Vi hanno mandata qui i vostri genitori?” Chiese facendola arrossire da capo a piedi.

Come poteva affermare una cosa del genere avendola vista soltanto una volta? Ma soprattutto… come aveva fatto ad avere anche ragione?

“Ehm, non esattamente! Voglio solo conoscere il Principe!” Disse imbarazzata. Cominciava quasi ad avere paura che nel giro di pochi minuti, quell’uomo sarebbe stato in grado persino di capire il suo inganno!

“Conoscerlo? Mia cara, qui oggi ci sono solo pretendenti, potreste conoscerlo in un altro momento!”

Rin si fece decisamente nervosa: era curiosa di sapere chi fosse il Principe, sperava vivamente che potesse essere uno scorfano, e non certo come quel demone o come suo figlio, altrimenti il suo piano si sarebbe complicato a vista d’occhio! Le sarebbe risultato decisamente più difficile uccidere un demone dalle fattezze stupende anziché uno sgorbio, specialmente adesso che aveva la prova lampante dell’effetto che era in grado di avere su di lei un bel demone!

“No, cioè ma io lo voglio!” Balbettò.

“Cosa?”

“Il Principe!”

Il demone ridacchiò, poi improvvisamente con il corpo si voltò, e Rin lo seguì con lo sguardo, restando a bocca aperta quando davanti a lei si parò il maestoso castello.

“Beh, allora buona fortuna! Di là c’è l’ingresso del palazzo!” Disse il demone prima di fare dietro front e lasciarla lì, da sola, davanti all’imponente edificio.

Rin prese un profondo respiro: nonostante il suo ex interlocutore fosse un demone, dentro di sé lo aveva trovato simpatico, gentile e per un certo senso dialogare con lui era stato molto istruttivo… si ritrovò a pensare che sarebbe stato bello essere sua amica, ovviamente nel caso in cui non fosse stato un demone!

Prima di entrare a palazzo, si nascose dietro un gruppo di folti alberi e si cambiò.

L’abito che indossò non era originario del Giappone: Rin non amava vestire seguendo la massa, ma adorava distinguersi. Aveva commissionato, proprio per quell’occasione, un vestito che aveva ben poco in comune con i classici kimoni. Era arrivato appositamente per lei dalla lontana Europa: si trattava di un abito casto, dalla fattura pregiata, di un colore bordeaux scuro, che presentava un corpetto con delle rifiniture dorate, che le fasciava busto e fianchi e slanciandone la figura. Le maniche lunghe arrivano fino al ginocchio, la gonna ampia le offriva decisamente più movimento di quella a tubo di un kimono. Sulla vita c’era una sorta di cintura dorata che evidenziava ancor più le forme. Lo scollo del vestito, leggermente a barca, metteva in risalto il decolté della ragazza, che pur risultando comunque casto, era decisamente seducente e più in vista rispetto agli abiti tradizionali giapponesi. I ricami sul vestito erano uno spettacolo per gli occhi e le donavano luminosità e maggior fascino di quanto già non possedesse.

Era finalmente pronta per la presentazione, ma per sicurezza si spruzzò addosso un’abbondante dose di essenza di spirito, e infine si diresse all’ingresso del palazzo.

Non appena le due guardie demoniache la videro, Rin ghignò dentro di sé.

Si fermò davanti a loro e sorrise cordialmente, in attesa che si degnassero di chiudere la bocca e aprirle le porte.

“B…Buonasera Milady. Di quale casata fate parte?” Chiese uno dei demoni sentinella non distogliendo lo sguardo dalla sua figura. Rin si sentì soddisfatta del disagio che aveva generato in quei due soltanto con la sua presenza: l’abito stava facendo la sua figura mandando in pappa il cervello di entrambe le guardie.

Non c’era che dire, anche se demoni erano sempre maschi e la vista di una bella donna, o meglio ai loro occhi di una bella demone, faceva il suo effetto.

“I Kitsune del nord” Sussurrò dolcemente.

Il secondo demone annuì, le prese dolcemente la mano accompagnandola all’interno del palazzo, poi con un piccolo inchino si congedò tornando al suo lavoro.

Rin entrò e si guardò attorno: il palazzo era sontuoso, spettacolare! Molte donne correvano a destra e a manca per servire, altre se ne stavano comodamente sedute, chi nei divanetti, chi nelle poltrone, chi nei salottini. Le tende enormi e sontuose, ma finemente ricamante davano l’impressione di trovarsi più che in un castello demoniaco, in un castello fiabesco. Camminando per la sala e sollevando leggermente le vesti per non inciampare, Rin arrivò davanti a quelli che parevano essere due troni, probabilmente lì sedevano il famoso, crudele e spietato Re dei Demoni e la sua consorte. Dietro i troni si ergeva una porta riccamente decorata da raffigurazioni demoniache, che sembrava essere molto massiccia.

Rin si chiese come stesse la propria zia in quel momento e in quali prigioni di quale ala del palazzo fosse rinchiusa. Sperava ardentemente che grazie a tutta quella confusione, avrebbe trovato l’occasione per defilarsi, cercare la zia Izayoi e liberarla.

Sospirando, vide due demoni farle elegantemente il gesto di avvicinarsi. Provò un moto di disgusto nell’osservarle: erano demoni lucertola, un animale che le faceva schifo già nella sua forma originale, a maggior ragione non avrebbe mai potuto apprezzarne una forma demoniaca!

Chiuse gli occhi e mise sul volto la sua solita maschera d’indifferenza totale, cercando di non mostrare alcuna emozione, si avvicinò a quelle demoni.

“Milady, perdonate, avete preso il numero?” Le chiese una delle due mentre dalla sua bocca usciva la lingua biforcuta. Rin sgranò gli occhi per poi rabbrividire leggermente.

“A cosa serve questo numero?” Chiese con tono calmo, controllato e gelido. Le due lucertole si guardarono dubbiose, poi una di loro riprese a parlare, sempre con quella disgustosa lingua che faceva capolino dalle labbra.

“Prima che sua maestà scelga la propria consorte, è stabilito un breve colloquio con lui!” Spiegò porgendo il bigliettino con il numero tredici a Rin.

“Voi al momento siete la tredicesima, vi auguro buona fortuna e che il Principe non scelga una pretendente con un numero antecedente al vostro!” Mormorò educatamente chinando il capo.

La ragazza sbuffò. Sicuramente a ogni donna prima di lei avevano detto le stesse identiche parole, ma in fondo non le interessava: tanto il suo essere pretendente del Principe era solo una copertura per girovagare nel castello indisturbata come ospite.

Non degnò le sue interlocutrici di nessun’altra parola e prese il numero che le porgevano, dirigendosi poi al centro della stanza quando, dopo che un’ultima donna demone fu entrata nel palazzo, le porte vennero chiuse, facendola sussultare.

Fece dei respiri profondi per cercare di calmarsi, e si diresse verso un angolo della stanza, mentre tutte le demoni si accalcavano davanti al trono, nella speranza di vedere apparire il loro Principe.

Rin poggiò la schiena contro il muro e attese il momento più propizio per sgattaiolare via.

Nella stanza fece il suo ingresso un demone che pareva essere una specie di sacerdote. Istintivamente la ragazza inarcò un sopracciglio, chiedendosi cosa cavolo ci facesse un sacerdote a una cerimonia demoniaca che serviva al Principe per conoscere le sue pretendenti. Fece spallucce fregandosene: di sicuro non le interessavano per niente le tradizioni demoniache. Osservandosi attorno notò che nessuno stava facendo caso a lei, anzi, erano tutti concentrati prima sul sacerdote, poi sull’ingresso che c’era dietro i due troni.

Credendola l’occasione più propizia, Rin prese a camminare furtivamente costeggiando il lato della stanza, fino a raggiungere una porta che dava su un corridoio. Non aveva idea di dove l’avrebbe condotta, ma doveva al più presto defilarsi da quella stanza per concludere il prima possibile la sua missione. Tuttavia quando dalla porta dietro i troni, uscì il demone che poco prima aveva visto al mare, ovvero il figlio di quello con cui aveva parlato, Rin si bloccò e lo guardò estasiata. Stava dando un’occhiata in giro, con eloquente disinteresse stampato in volto. Non aveva prestato attenzione a nessuno: aveva fatto la sua apparizione, si era guardato a malapena in giro poggiando per un attimo lo sguardo su di lei, e poi si era voltato verso il monaco demoniaco dicendo con glaciale indifferenza: “Sposami alla tredici!”

Rin annaspò mentre portava con mani tremanti il proprio bigliettino davanti gli occhi. Un brusio di voci riempiva la stanza e molte demoni ringhiavano guardando deluse i loro bigliettini.

Era come pietrificata. Non riusciva a emettere un fiato, e quando vide il sacerdote annuire e iniziare a compiere il rito, fu tentata di darsela a gambe.

“No! No! No! Doveva esserci il colloquio!” Gridò nel panico mentre il suo cervello elaborava la situazione: il sacerdote era lì per celebrare il matrimonio! Ma quello non doveva essere soltanto un incontro? Una semplice presentazione?

Vide il Principe fare un leggero taglio con un pugnale sulla propria mano, e far cadere qualche goccia di sangue dentro un vaso, poi il monaco demoniaco alzò la testa ed esordì verso le demoni lucertola.

“Portatemi la fanciulla detentrice del numero tredici!”

Rin vide le due annuire e poi avvicinarsi a lei con passo svelto.

Il Principe dei Demoni seguiva l’andatura delle creature che la stavano raggiungendo, poi i suoi occhi dorati incrociarono quelli marroni della ragazza, e a quel punto per lei fu come morire. Mentre lo guardava non si accorse nemmeno che quelle due l’avevano afferrata per le braccia e la stavano portando davanti a lui. Sentì che il monaco le prendeva la mano e dopo tale gesto lei distolse lo sguardo da quello del Principe.

“No! Non voglio! Il colloquio…” Esclamò ritirando di scatto la mano.

“Sua maestà Sesshomaru, non ama i convenevoli, e questo per lui è solo un matrimonio d’obbligo. Una donna vale l’altra” Spiegò il monaco senza un briciolo di compassione.

Il Principe inarcò un sopracciglio mentre Rin si strinse le mani al petto. Tornarono a guardarsi negli occhi, e di nuovo la ragazza cadde come in uno stato d’incoscienza. Per essere bello, caspita, era proprio bello! Ma era pur sempre un demone e non un demone qualunque: era il sovrano!

 “Siete una pretendente del Principe, e lui ha scelto voi, quindi non potete opporvi!” Disse il monaco riafferrando la mano di Rin. Lei era come ipnotizzata da tutta quella situazione e pareva che il suo corpo non ne volesse sapere di muoversi, di reagire a quella specie di violenza psicologica. Si riscosse nuovamente quando sentì il palmo della propria mano inciso, ma ormai era troppo tardi perché il suo sangue era già caduto nel vaso cerimoniale, fondendosi con quello del principe, e il loro matrimonio era compiuto. Rin si era leggermente informata sui matrimoni demoniaci, e sapeva bene che da quel preciso momento lei era la moglie di un demone!

Strinse la mano a pugno e se la portò al petto continuando a osservare il Principe, incapace di fare alcunché: per la prima volta in vita sua si sentiva come una delle sue vittime, stregata da una forza superiore, ammaliata e totalmente alla mercé degli eventi.

“Ho l’onore di presentarvi il nuovo Re dei Demoni, Sesshomaru e la sua Regina… come ti chiami bambina?” Chiese il monaco.

Prima che Rin potesse parlare, le porte sull’ala est si aprirono e un demone annunciò a gran voce: “Sua maestà il Re dei Demoni Inu No Taisho e il Principe Inuyasha!”

Rin e Sesshomaru si voltarono verso il Re e la ragazza ebbe l’ennesimo colpo al cuore. Il demone con cui aveva parlato al mare e che trovava decisamente gentile, buono e affabile, altri non era che il temibile Re dei Demoni! L’uomo che aveva rapito e torturato la sua amata zia.

Doveva immaginare che i demoni non fossero altro che dei luridi bugiardi! Con quale coraggio le aveva detto di essere fedele alla propria moglie? Lei sapeva che non era affatto così, perché quel demone aveva tradito la propria sposa rapendo sua zia e facendo con lei un figlio! O forse torturare e violentare una donna umana non equivaleva neanche a un tradimento per un demone? Contavano così poco gli esseri umani per loro? Erano alla stregua di oggetti? Lo odiava, lo odiava con tutta se stessa!

Con grande disprezzo vide tutti i demoni inchinarsi davanti a lui.

“Sua maestà la Regina Izayoi!” Annunciò di nuovo il ciambellano.

Rin sussultò nell’udire quel nome, e spostò lo sguardo incredulo verso la porta da cui era entrato il Re. Fu in quel momento che vide sua zia entrare e affiancare il Re dei Demoni, e per poco non svenne.

Izayoi non toglieva gli occhi di dosso al Re, e lo guardava con un sorriso sincero, felice, carico d’amore. La vide prendere il braccio che il demone le stava offrendo, e poi tutti i presenti urlarono con gioia.

“Lunga vita al Re! Lunga vita alla Regina! Lunga vita al principino Inuyasha!”

Il Re si avvicinò con maestosa solennità al figlio maggiore e a Rin, che era caduta in uno stato di shock: le braccia le formicolavano, respirava velocemente ma le mancava comunque l’aria e le sembrava che il cuore volesse uscirle fuori dal petto.

“Auguri figlio mio! Oggi non sono più Re, ma abdico con gioia, sapendo che saprai essere un sovrano migliore di quanto io non sia mai stato!” Esclamò Inu No Taisho, generando altre grida di approvazione da parte dei suoi sudditi, che stavolta acclamarono il Re Sesshomaru e la sua Regina, di cui ancora non conoscevano nemmeno il nome.

Izayoi spostò per la prima volta lo sguardo sulla regale consorte del figlio maggiore di suo marito, e in pochi secondi si ritrovò a impallidire, forse anche più della sconvolta ragazza che aveva di fronte.

“Per i fulmini, Rin!” Esclamò.

“Z… zia…” Balbettò la giovane Regina.

Sesshomaru e Inu no Taisho guardarono le due donne increduli.

 

 

 

 To be continued

Buona sera signore e signore eccomi qua con un nuovo aggiornamento di Dominus. Mi scuso se non ho trovato il tempo di rispondere alle recensioni, prometto che rimedierò non appena avrò un  minuto libero, questo capitolo comunque è stato un vero e proprio parto tra mostruosi clienti che non capiscono un tubo e cerimonie veloci veloci.

Ringrazio di cuore Supersara per l'aiuto, supporto e sostegno e grazie ancora a chi ha messo questa storia tra le preferite, ricordate e seguite e soprattutto grazie di cuore a chi l'ha commentata. Grazie ancora alla prossima Mei

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


 

 

 

 

 

 

Inu no Taisho inarcò un sopracciglio osservando prima la moglie, poi la donna che era appena diventata la consorte di suo figlio Sesshomaru, e con cui poco prima aveva scambiato due chiacchiere in modo così affabile. Aveva ben notato che in quella giovane c’era qualcosa di decisamente strano, ma di certo non si era aspettato di scoprire che fosse umana e che avesse addirittura un netto legame di parentela con la propria moglie.

Tutto ciò l’aveva lasciato totalmente sorpreso ma, di in fondo, non gli dispiaceva affatto che il figlio si fosse sposato con un’umana; forse, a suo dire, tale legame avrebbe potuto portare la tanto agognata pace in cui lui sperava, sia per il regno umano che per quello demoniaco.

Spostò lo sguardo prima su Sesshomaru che pareva essere del tutto impassibile alla nuova scoperta, e si trovò a sperare che quella donna gli potesse insegnare il vero significato della parola “amore”, come Izayoi aveva fatto con lui.

 

La sua attenzione si focalizzò sulla neo regina, che pareva essere diventata più pallida di un cadavere e non riusciva a staccare gli occhi da sua moglie. Intanto Izayoi aveva preso a mordicchiarsi il labbro, cercando una spiegazione logica da dare alla nipote, che pareva chiamarsi Rin.

Il parlottio dei sudditi giunse alle orecchie dell’ex Re Dei Demoni, che per evitare uno scandalo proprio nel giorno dell’incoronazione e del matrimonio del nuovo Re, agì d’istinto porgendo Inuyasha a sua moglie, che lo prese al volo, con gesti malfermi, tanto che Inu No Taisho temette di veder ruzzolare per terra il figlioletto, poi con calma mise un braccio attorno la vita della moglie, aiutandola a tenere anche Inuyasha, e una mano alla base della schiena di Rin, sospingendole entrambe verso l’enorme portone dietro il trono, facendole così entrare nella stanzetta privata, in modo da poter dar loro l’opportunità di parlare e chiarirsi in tutta tranquillità, senza che orecchie indiscrete origliassero i loro discorsi, infine puntò gli occhi su Sesshomaru.

“Seguici!” Fece con voce autoritaria l’Ex Re Dei Demoni mentre avanzava di qualche passo spingendo le due donne a fare lo stesso.

Inu No Taisho sorrise per un secondo quando percepì il sospiro estasiato di Rin. La sua ilarità aumentò nel sentirla poggiare la testa sul suo braccio: in confronto a lui, la ragazza era davvero bassa.

Spostò lo sguardo sulla moglie che si era stretta a lui: con una mano teneva Inuyasha, mentre l’altra l’aveva portata alla bocca per mangiucchiarsi le unghie a causa, Inu No Taisho ne era certo, del nervosismo, e sapeva anche che la moglie si stava scervellando per trovare qualcosa da dire alla neo consorte di suo figlio.

Non appena l’enorme portone si richiuse dietro le loro spalle Rin, resasi conto di essere completamente appoggiata all’ex Re Dei Demoni, annaspò nel panico staccandosi di scatto da lui.

“Come osi toccarmi lurido demone!” Urlò.

Sesshomaru inarcò un sopracciglio e così fece anche suo padre.

“Ehi signorinella, modera i toni!” La richiamò Izayoi scattando sull’attenti. Inu No Taisho guardò di sottecchi la moglie e sorrise. Per una volta in vita sua era bello sentirsi protetto dalla propria compagna.

Rin abbassò lo sguardo con fare colpevole ma si riscosse all’istante.

“Osi rimproverarmi zia!” Urlò.

“Oso! Oso! Vorrei farti notare che stai dando del lurido a mio marito!” Ringhiò Izayoi.

“Oh per i Kami, ma allora è vero!” Fece la ragazza guardando la zia con un’espressione quasi inorridita e portandosi una mano tremante davanti la bocca.

“Cosa?”

“Che questo orrendo demone ti ha plagiata e sedotta!” Esclamò Rin.

L’ex Regina abbassò lo sguardò su Inuyasha, poi si schiarì la voce.

“Ehm… tesoro di zia… piccola mia, ma ce li hai gli occhi o sei cieca come tuo padre? Se mio marito è orrendo allora io sono proprio una racchia!” Fece con impeto Izayoi, per poi continuare dicendo: “Guardalo bene! Secondo te, anche se demone, Inu No Taisho può mai essere un cesso?”

La sua espressione era divertita, del resto sapeva di essere l’unica in grado di mettere in imbarazzo Ruby Red.

“Ma certo! È innegabile: è un demone ed è orrendo!” Sentenziò con malcelata insicurezza la giovane.

“Rin, guardalo!” Ridacchiò Izayoi.

“No...”

“Cos’è? Per caso hai capito di aver detto un’enorme boiata?”

Rin arrossi.

“ZIA!!!” Protestò rossa in viso, ma non appena alzò lo sguardo si ritrovò a specchiarsi in due freddi occhi ambrati, ma affascinanti da morire. Il nuovo Re Dei Demoni si era leggermente avvicinato alla matrigna e la alla sua giovane sposa e, per un attimo, incrociò lo sguardo di quest’ultima come a intimarle di stare attenta a quello che diceva.

Per una frazione di secondo lui e Rin avevano stabilito un contatto visivo unico, raro, significativo, e infatti la ragazza aveva abbassato leggermente il volto con fare imbarazzato e istintivamente si era ritrovata a fare un gesto di assenso verso Sesshomaru.

Il Re Dei Demoni non la degnò di altre attenzioni perché si era immediatamente diretto verso la porta secondaria.

 “Sesshomaru, dove vai?” Chiese Inu No Taisho. Sesshomaru guardò il padre freddamente.

“Fuori!” Disse gelido estraendo dal suo fodero Tokijin ma non distogliendo mai lo sguardo da quello di Rin.  La neo regina rabbrividì al suono della voce del consorte, ma al contempo ne rimase anche terribilmente affascinata. Amava tutto ciò che era freddo. Si riscosse dai propri pensieri e si dette della stupida. La sola voce del nuovo Re De Demoni era stata in grado di mandarle per un attimo il cervello in pappa, ma lui aveva messo una mano sulla propria spada e Rin comprese che non era un gesto fatto a vuoto ma bensì una velata minaccia diretta a lei.

L’espressione della ragazza si fece dura: detestava i demoni e non aveva esitato a farlo capire, quindi si aspettava l’astio che un essere come quello poteva provare nei confronti di un essere umano, ma di sicuro non aveva la benché minima intenzione di mostrarsi debole o di non rispondere alle provocazioni.

“Tsk! Sono umana, la cosa non vi infastidisce?” Chiese drizzando le spalle e sollevando il mento, ricambiando infine il suo sguardo con altrettanta freddezza.

Sesshomaru la guardò con totale indifferenza e non le rispose.

“Sesshomaru…” Iniziò a dire l’ex Re Dei Demoni.

“Rin, che ci fai qua?” Borbottò Izayoi afferrando il braccio del marito e stringerselo al petto mentre Inu No Taisho prendendo nuovamente il piccolo Inuyasha, dormiente.

L’interpellata sgranò gli occhi incredula al gesto della zia e a quello “del demone”, non si era di certo aspettata di vedere con quanta apprensione e quanto amore la zia supportasse quell’essere e le dava un certo senso di inquietudine vedere un’umana amare a quel modo un demone e un demone ricambiare lo stesso amore sostenendo l’umana sua compagna ed essere ricambiata, ma soprattutto era difficile accettare quanta dolcezza ci fosse nei gesti che entrambi facevano nei confronti del frutto del loro amore proibito. Tutto ciò sembrava essere contro natura, un atteggiamento decisamente sbagliato.

“Ah, io che ci faccio qui? Ma cosa odono le mie orecchie! Io passo l’inferno, letteralmente, per venirti a salvare e tu mi chiedi che ci faccio qui?”

“Ma chi te lo ha chiesto? Io sto benissimo! Non ho bisogno di essere salvata!”

“Papà e tutti noi pensiamo che il Re Dei Demoni ti abbia rapita, torturata, violata… imprigionata… costretta a procreare e a far nascere un mezzo demone che non volevi e…” Le parole le morirono in gola mentre tutta l’angoscia e la preoccupazione provata per la zia sembravano pian piano assumere delle sfumature di inutilità.

Inu No Taisho sgranò leggermente gli occhi, cominciava a provare un po’ di pena per la ragazza, perché si era fatta il culo per andare a salvare la zia, rischiando la vita, mentre Izayoi, pareva del tutto insensibile alle fatiche e alle sofferenze patite dalla nipote, ma comprendeva bene anche l’atteggiamento della moglie. Rin infatti, da come lo aveva percepito l’ex regina, era andata lì per strapparla via dalla felicità che aveva cominciato a provare insieme a lui.

Sesshomaru inarcò nuovamente un sopracciglio, stavolta con fare infastidito.

“Chi lui? Lui violare me?” Esclamò la donna indicando Inu No Taisho.

Quando la giovane annuì Izayoi sospirò dicendo: “Ma se praticamente l’ho dovuto costringere, sedurre, torturare… martoriare… insistere talmente tanto affinché mi portasse a letto che secondo me alla fine ha acconsentito a fare l’amore con me per esasperazione. Altro che lui costringere me!” Spiegò divertita, poi di scatto divenne seria e il suo sguardo quasi spietato, tanto che la nipote deglutì.

“E poi… quale costringere a procreare? Inuyasha per me è un vero e proprio dono dal cielo. Rin, puoi permetterti di dirmi tutto quello che vuoi, puoi anche non essere d’accordo sul fatto che un demone, anzi no il Re Dei Demoni sia mio marito, ma non permetterti mai di dirmi che Inuyasha non era voluto, perché l’ho desiderato con tutta me stessa. Ho quasi dato la vita per lui. Capito? Non ero felice nel regno di Takemaru, ero solo la dama di compagnia di sua figlia. Se non fossi fuggita e non avessi incontrato l’amore della mia vita ai confini della barriera, avrei finito per condurre la vita rinchiusa in una gabbia dorata, sposata a qualche ricco mercante scelto per me da mio fratello. Avrei continuato a stare con te, e questo mi sarebbe andato bene, ma l’idea di essere una semplice dama di compagnia non mi entusiasmava e tu, Rin, questo dovresti saperlo bene. Ti ho ripetuto all’infinito che sono una donna che ama l’avventura, non una a cui tarpare le ali. Quando fuggii dal regno fu perché sentii tuo padre organizzare le mie nozze con Mogumo.  Rin, ti rendi conto? Con Mogumo: il figlio babbeo del nobile Tatewaki! Amante del bere e della guerra, crudele, e spietato. Se fossi rimasta che vita mi sarebbe aspettata? Semplicemente quella della cagna di compagnia di Mogumo, con il solo scopo nella vita di sfornargli i marmocchi, preferibilmente maschi, per dare eredi valenti alla casata Tatewaki. Se fossi rimasta, se Inu No Taisho non mi avesse salvata dal mio destino, a quest’ora starei conducendo una vita infernale, accanto a un uomo che non mi ama e che io non amo. A quel tempo, quando conobbi mio marito, mi trovai davanti ad una scelta: andare con lui nel regno dei demoni, ignara di quello che mi sarebbe potuto succedere, o tornare a casa e sposare Mogumo. A questo punto ho preferito l’ignoto, ma i Kami sono stati benevoli con me e io mi sono innamorata di Inu No Taisho e lui di me… e da lì ha cominciato a prendere corpo la mia felicità. Felicità a cui non sono disposta a rinunciare. Qui sono felice, sono libera, là ero in prigione. Non era così che volevo vivere. Non volevo fare la madre dei figli di Mogumo e sinceramente non posso tollerare che insulti così mio marito e mio figlio, senza nemmeno sapere come sono andate davvero le cose! Non tornerei indietro neanche per tutto loro del mondo! Neanche per te!” Concluse implacabilmente Izayoi mentre Inu No Taisho sgranava gli occhi incredulo alle rivelazioni che aveva fatto. Lui non era a conoscenza di ciò che avrebbe atteso sua moglie nel regno umano se lui non l’avesse per così dire rapita; puntò gli occhi sulla sua donna e le mise una mano sulla spalla stringendola possessivamente a sé, poi esortandola a frenare le parole. La sua ultima frase era stata davvero crudele nei confronti della ragazza.

Rin sbiancò da capo a piedi.

“Zia…”

“Si?”

“Vaffanculo!”

Diede le spalle alla zia e trottò a passo di carica verso l’uscita, trattenendo a stento le lacrime.

“Izayoi… ti sei resa conto di quello che hai appena detto?” Chiese piano l’ex Re dei Demoni.

La moglie lo osservò a lungo e nel frattempo riesaminò le proprie parole. Infine sbiancò.

“Oh Kami… mi sono spiegata male! Oh Kami! Aspetta…Rin… Rin… Rin… dannazione aspetta!” Urlò correndo nel corridoio del castello e intravedendo la nipote, che nell’udirla arrestò la corsa.

“Me ne torno a casa. Tu fai quello che cavolo ti pare e piace. Con te ho chiuso! Non mi vedrai mai più Izayoi!” Esclamò gelida Rin.

L’ex Regina annaspò. La ragazza non l’aveva mai chiamata con solo il suo nome senza aggiungere l’appellativo di zia, e in quell’attimo la donna comprese quanto avesse appena ferito sua nipote senza nemmeno rendersene conto. La giovane riprese a camminare a passo spedito.

“Rin…non puoi tornare a casa. Rin, cribbio e fermati…” La chiamò con voce quasi disperata, seguendola mentre Sesshomaru e Inu No Taisho camminavano a debita distanza dietro di loro.

“No, non voglio più starti a sentire!”

 “Non puoi… non puoi più tornare a casa. Ora sei la Regina dei Demoni!”

“Col cavolo. Voglio immediatamente la separazione!”

“Rin… non puoi…”

“Perché?”

Sesshomaru sollevò il viso odorando l’aria, l’odore di lacrime trattenute era decisamente forte. Decise di prendere la parola, senza provare la minima pena per l’umana che aveva appena sposato: “Perché non esiste la separazione tra i demoni!” Disse glaciale camminando verso di lei.

Rin trattenne il fiato e non appena il demone si fermò davanti a lei, sollevò il viso per guardarlo negli occhi.

“Andiamo!” Concluse autoritario.

“Non vengo da nessuna part…” Iniziò la ragazza, ma non appena colse una particolare sfumatura negli occhi di Sesshomaru, deglutì e si arrese iniziando a seguirlo. Nemmeno lei riuscì a spiegarsene il motivo, ma la fermezza di quello sguardo le impose di arrendersi e obbedire. Cercò di giustificarsi con se stessa per quella debolezza dicendosi che seguendolo avrebbe sicuramente capito qualcosa di più sul suo conto e su come sbarazzarsi di lui.

“Rin…” La chiamò Izayoi trattenendo un singhiozzo, ma lei la ignorò ampiamente, continuando a seguire quello che era suo marito.

“Inu No Taisho…” Sussurrò l’ex regina.

“Tesoro, le hai detto che Inuyasha è più importante di lei praticamente, e tu mi hai raccontato che Rin per te era come una figlia e che ti dispiaceva lasciarla. Mi hai detto che anche che lei ti considerava una madre dato che la sua non l’ha mai conosciuta, e tu hai perso la testa quando ti sei sentita insultata per Inuyasha, ma tesoro, c’è da dover capire anche tua nipote. Lei è venuta qua, sotto mentite spoglie, per salvarti credendoti in pericolo, ma tu ti sei schierata da subito dalla mia parte. Non che la cosa non mi abbia fatto piacere, al contrario! Poi di scatto la ragazza si è ritrovata moglie di Sesshomaru, qui si può dire che la colpa sia di mio figlio in quanto lui non fa mai le cose come da protocollo ma di testa sua: oggi doveva essere solo un colloquio e invece c’è stato un matrimonio e Rin si è sposata; in più senza possibilità di separazione. Inoltre Sesshomaru le ha intimato di seguirlo, e sappiamo bene sia io che te quanto paura possa fare il suo sguardo. La piccola si sente come in trappola e l’unica alleata che credeva possedere, ovvero tu, le si è rivoltata contro. È ovvio che abbia reagito in questo modo.” Spiegò saggiamente Inu No Taisho.

“Devo andare da lei!” Esclamò Izayoi facendo per andare verso il punto in cui si erano diretti i due neo sposi, ma il marito la bloccò prontamente

“Non ora tesoro. Sai anche che Sesshomaru un cuore lo possiede, no?” Sorrise il demone e la donna parve placarsi un attimo, ma il senso di colpa la stava divorando viva.

 

 

ANGOLO AUTRICE

ed eccomi qua con un nuovo capitolo di Dominus

Volevo ringraziare chiunque abbia messo questa storia tra le preferite, ricordate e seguite e ringrazio in particolar modo SuperSara per la sua straordinaria pazienza verso di me. Grazie di cuore sorella

Ringrazio anche chi ha speso due minuti del suo tempo per lasciarmi una piccola  recensione

Grazie di cuore alla prossima Mei

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


 

 

 

 

 

 

Inu no Taisho inarcò un sopracciglio osservando prima la moglie, poi la donna che era appena diventata la consorte di suo figlio Sesshomaru, e con cui poco prima aveva scambiato due chiacchiere in modo così affabile. Aveva ben notato che in quella giovane c’era qualcosa di decisamente strano, ma di certo non si era aspettato di scoprire che fosse umana e che avesse addirittura un netto legame di parentela con la propria moglie.

Tutto ciò l’aveva lasciato totalmente sorpreso ma, di in fondo, non gli dispiaceva affatto che il figlio si fosse sposato con un’umana; forse, a suo dire, tale legame avrebbe potuto portare la tanto agognata pace in cui lui sperava, sia per il regno umano che per quello demoniaco.

Spostò lo sguardo prima su Sesshomaru che pareva essere del tutto impassibile alla nuova scoperta, e si trovò a sperare che quella donna gli potesse insegnare il vero significato della parola “amore”, come Izayoi aveva fatto con lui.

 

La sua attenzione si focalizzò sulla neo regina, che pareva essere diventata più pallida di un cadavere e non riusciva a staccare gli occhi da sua moglie. Intanto Izayoi aveva preso a mordicchiarsi il labbro, cercando una spiegazione logica da dare alla nipote, che pareva chiamarsi Rin.

Il parlottio dei sudditi giunse alle orecchie dell’ex Re Dei Demoni, che per evitare uno scandalo proprio nel giorno dell’incoronazione e del matrimonio del nuovo Re, agì d’istinto porgendo Inuyasha a sua moglie, che lo prese al volo, con gesti malfermi, tanto che Inu No Taisho temette di veder ruzzolare per terra il figlioletto, poi con calma mise un braccio attorno la vita della moglie, aiutandola a tenere anche Inuyasha, e una mano alla base della schiena di Rin, sospingendole entrambe verso l’enorme portone dietro il trono, facendole così entrare nella stanzetta privata, in modo da poter dar loro l’opportunità di parlare e chiarirsi in tutta tranquillità, senza che orecchie indiscrete origliassero i loro discorsi, infine puntò gli occhi su Sesshomaru.

“Seguici!” Fece con voce autoritaria l’Ex Re Dei Demoni mentre avanzava di qualche passo spingendo le due donne a fare lo stesso.

Inu No Taisho sorrise per un secondo quando percepì il sospiro estasiato di Rin. La sua ilarità aumentò nel sentirla poggiare la testa sul suo braccio: in confronto a lui, la ragazza era davvero bassa.

Spostò lo sguardo sulla moglie che si era stretta a lui: con una mano teneva Inuyasha, mentre l’altra l’aveva portata alla bocca per mangiucchiarsi le unghie a causa, Inu No Taisho ne era certo, del nervosismo, e sapeva anche che la moglie si stava scervellando per trovare qualcosa da dire alla neo consorte di suo figlio.

Non appena l’enorme portone si richiuse dietro le loro spalle Rin, resasi conto di essere completamente appoggiata all’ex Re Dei Demoni, annaspò nel panico staccandosi di scatto da lui.

“Come osi toccarmi lurido demone!” Urlò.

Sesshomaru inarcò un sopracciglio e così fece anche suo padre.

“Ehi signorinella, modera i toni!” La richiamò Izayoi scattando sull’attenti. Inu No Taisho guardò di sottecchi la moglie e sorrise. Per una volta in vita sua era bello sentirsi protetto dalla propria compagna.

Rin abbassò lo sguardo con fare colpevole ma si riscosse all’istante.

“Osi rimproverarmi zia!” Urlò.

“Oso! Oso! Vorrei farti notare che stai dando del lurido a mio marito!” Ringhiò Izayoi.

“Oh per i Kami, ma allora è vero!” Fece la ragazza guardando la zia con un’espressione quasi inorridita e portandosi una mano tremante davanti la bocca.

“Cosa?”

“Che questo orrendo demone ti ha plagiata e sedotta!” Esclamò Rin.

L’ex Regina abbassò lo sguardò su Inuyasha, poi si schiarì la voce.

“Ehm… tesoro di zia… piccola mia, ma ce li hai gli occhi o sei cieca come tuo padre? Se mio marito è orrendo allora io sono proprio una racchia!” Fece con impeto Izayoi, per poi continuare dicendo: “Guardalo bene! Secondo te, anche se demone, Inu No Taisho può mai essere un cesso?”

La sua espressione era divertita, del resto sapeva di essere l’unica in grado di mettere in imbarazzo Ruby Red.

“Ma certo! È innegabile: è un demone ed è orrendo!” Sentenziò con malcelata insicurezza la giovane.

“Rin, guardalo!” Ridacchiò Izayoi.

“No...”

“Cos’è? Per caso hai capito di aver detto un’enorme boiata?”

Rin arrossi.

“ZIA!!!” Protestò rossa in viso, ma non appena alzò lo sguardo si ritrovò a specchiarsi in due freddi occhi ambrati, ma affascinanti da morire. Il nuovo Re Dei Demoni si era leggermente avvicinato alla matrigna e la alla sua giovane sposa e, per un attimo, incrociò lo sguardo di quest’ultima come a intimarle di stare attenta a quello che diceva.

Per una frazione di secondo lui e Rin avevano stabilito un contatto visivo unico, raro, significativo, e infatti la ragazza aveva abbassato leggermente il volto con fare imbarazzato e istintivamente si era ritrovata a fare un gesto di assenso verso Sesshomaru.

Il Re Dei Demoni non la degnò di altre attenzioni perché si era immediatamente diretto verso la porta secondaria.

 “Sesshomaru, dove vai?” Chiese Inu No Taisho. Sesshomaru guardò il padre freddamente.

“Fuori!” Disse gelido estraendo dal suo fodero Tokijin ma non distogliendo mai lo sguardo da quello di Rin.  La neo regina rabbrividì al suono della voce del consorte, ma al contempo ne rimase anche terribilmente affascinata. Amava tutto ciò che era freddo. Si riscosse dai propri pensieri e si dette della stupida. La sola voce del nuovo Re De Demoni era stata in grado di mandarle per un attimo il cervello in pappa, ma lui aveva messo una mano sulla propria spada e Rin comprese che non era un gesto fatto a vuoto ma bensì una velata minaccia diretta a lei.

L’espressione della ragazza si fece dura: detestava i demoni e non aveva esitato a farlo capire, quindi si aspettava l’astio che un essere come quello poteva provare nei confronti di un essere umano, ma di sicuro non aveva la benché minima intenzione di mostrarsi debole o di non rispondere alle provocazioni.

“Tsk! Sono umana, la cosa non vi infastidisce?” Chiese drizzando le spalle e sollevando il mento, ricambiando infine il suo sguardo con altrettanta freddezza.

Sesshomaru la guardò con totale indifferenza e non le rispose.

“Sesshomaru…” Iniziò a dire l’ex Re Dei Demoni.

“Rin, che ci fai qua?” Borbottò Izayoi afferrando il braccio del marito e stringerselo al petto mentre Inu No Taisho prendendo nuovamente il piccolo Inuyasha, dormiente.

L’interpellata sgranò gli occhi incredula al gesto della zia e a quello “del demone”, non si era di certo aspettata di vedere con quanta apprensione e quanto amore la zia supportasse quell’essere e le dava un certo senso di inquietudine vedere un’umana amare a quel modo un demone e un demone ricambiare lo stesso amore sostenendo l’umana sua compagna ed essere ricambiata, ma soprattutto era difficile accettare quanta dolcezza ci fosse nei gesti che entrambi facevano nei confronti del frutto del loro amore proibito. Tutto ciò sembrava essere contro natura, un atteggiamento decisamente sbagliato.

“Ah, io che ci faccio qui? Ma cosa odono le mie orecchie! Io passo l’inferno, letteralmente, per venirti a salvare e tu mi chiedi che ci faccio qui?”

“Ma chi te lo ha chiesto? Io sto benissimo! Non ho bisogno di essere salvata!”

“Papà e tutti noi pensiamo che il Re Dei Demoni ti abbia rapita, torturata, violata… imprigionata… costretta a procreare e a far nascere un mezzo demone che non volevi e…” Le parole le morirono in gola mentre tutta l’angoscia e la preoccupazione provata per la zia sembravano pian piano assumere delle sfumature di inutilità.

Inu No Taisho sgranò leggermente gli occhi, cominciava a provare un po’ di pena per la ragazza, perché si era fatta il culo per andare a salvare la zia, rischiando la vita, mentre Izayoi, pareva del tutto insensibile alle fatiche e alle sofferenze patite dalla nipote, ma comprendeva bene anche l’atteggiamento della moglie. Rin infatti, da come lo aveva percepito l’ex regina, era andata lì per strapparla via dalla felicità che aveva cominciato a provare insieme a lui.

Sesshomaru inarcò nuovamente un sopracciglio, stavolta con fare infastidito.

“Chi lui? Lui violare me?” Esclamò la donna indicando Inu No Taisho.

Quando la giovane annuì Izayoi sospirò dicendo: “Ma se praticamente l’ho dovuto costringere, sedurre, torturare… martoriare… insistere talmente tanto affinché mi portasse a letto che secondo me alla fine ha acconsentito a fare l’amore con me per esasperazione. Altro che lui costringere me!” Spiegò divertita, poi di scatto divenne seria e il suo sguardo quasi spietato, tanto che la nipote deglutì.

“E poi… quale costringere a procreare? Inuyasha per me è un vero e proprio dono dal cielo. Rin, puoi permetterti di dirmi tutto quello che vuoi, puoi anche non essere d’accordo sul fatto che un demone, anzi no il Re Dei Demoni sia mio marito, ma non permetterti mai di dirmi che Inuyasha non era voluto, perché l’ho desiderato con tutta me stessa. Ho quasi dato la vita per lui. Capito? Non ero felice nel regno di Takemaru, ero solo la dama di compagnia di sua figlia. Se non fossi fuggita e non avessi incontrato l’amore della mia vita ai confini della barriera, avrei finito per condurre la vita rinchiusa in una gabbia dorata, sposata a qualche ricco mercante scelto per me da mio fratello. Avrei continuato a stare con te, e questo mi sarebbe andato bene, ma l’idea di essere una semplice dama di compagnia non mi entusiasmava e tu, Rin, questo dovresti saperlo bene. Ti ho ripetuto all’infinito che sono una donna che ama l’avventura, non una a cui tarpare le ali. Quando fuggii dal regno fu perché sentii tuo padre organizzare le mie nozze con Mogumo.  Rin, ti rendi conto? Con Mogumo: il figlio babbeo del nobile Tatewaki! Amante del bere e della guerra, crudele, e spietato. Se fossi rimasta che vita mi sarebbe aspettata? Semplicemente quella della cagna di compagnia di Mogumo, con il solo scopo nella vita di sfornargli i marmocchi, preferibilmente maschi, per dare eredi valenti alla casata Tatewaki. Se fossi rimasta, se Inu No Taisho non mi avesse salvata dal mio destino, a quest’ora starei conducendo una vita infernale, accanto a un uomo che non mi ama e che io non amo. A quel tempo, quando conobbi mio marito, mi trovai davanti ad una scelta: andare con lui nel regno dei demoni, ignara di quello che mi sarebbe potuto succedere, o tornare a casa e sposare Mogumo. A questo punto ho preferito l’ignoto, ma i Kami sono stati benevoli con me e io mi sono innamorata di Inu No Taisho e lui di me… e da lì ha cominciato a prendere corpo la mia felicità. Felicità a cui non sono disposta a rinunciare. Qui sono felice, sono libera, là ero in prigione. Non era così che volevo vivere. Non volevo fare la madre dei figli di Mogumo e sinceramente non posso tollerare che insulti così mio marito e mio figlio, senza nemmeno sapere come sono andate davvero le cose! Non tornerei indietro neanche per tutto loro del mondo! Neanche per te!” Concluse implacabilmente Izayoi mentre Inu No Taisho sgranava gli occhi incredulo alle rivelazioni che aveva fatto. Lui non era a conoscenza di ciò che avrebbe atteso sua moglie nel regno umano se lui non l’avesse per così dire rapita; puntò gli occhi sulla sua donna e le mise una mano sulla spalla stringendola possessivamente a sé, poi esortandola a frenare le parole. La sua ultima frase era stata davvero crudele nei confronti della ragazza.

Rin sbiancò da capo a piedi.

“Zia…”

“Si?”

“Vaffanculo!”

Diede le spalle alla zia e trottò a passo di carica verso l’uscita, trattenendo a stento le lacrime.

“Izayoi… ti sei resa conto di quello che hai appena detto?” Chiese piano l’ex Re dei Demoni.

La moglie lo osservò a lungo e nel frattempo riesaminò le proprie parole. Infine sbiancò.

“Oh Kami… mi sono spiegata male! Oh Kami! Aspetta…Rin… Rin… Rin… dannazione aspetta!” Urlò correndo nel corridoio del castello e intravedendo la nipote, che nell’udirla arrestò la corsa.

“Me ne torno a casa. Tu fai quello che cavolo ti pare e piace. Con te ho chiuso! Non mi vedrai mai più Izayoi!” Esclamò gelida Rin.

L’ex Regina annaspò. La ragazza non l’aveva mai chiamata con solo il suo nome senza aggiungere l’appellativo di zia, e in quell’attimo la donna comprese quanto avesse appena ferito sua nipote senza nemmeno rendersene conto. La giovane riprese a camminare a passo spedito.

“Rin…non puoi tornare a casa. Rin, cribbio e fermati…” La chiamò con voce quasi disperata, seguendola mentre Sesshomaru e Inu No Taisho camminavano a debita distanza dietro di loro.

“No, non voglio più starti a sentire!”

 “Non puoi… non puoi più tornare a casa. Ora sei la Regina dei Demoni!”

“Col cavolo. Voglio immediatamente la separazione!”

“Rin… non puoi…”

“Perché?”

Sesshomaru sollevò il viso odorando l’aria, l’odore di lacrime trattenute era decisamente forte. Decise di prendere la parola, senza provare la minima pena per l’umana che aveva appena sposato: “Perché non esiste la separazione tra i demoni!” Disse glaciale camminando verso di lei.

Rin trattenne il fiato e non appena il demone si fermò davanti a lei, sollevò il viso per guardarlo negli occhi.

“Andiamo!” Concluse autoritario.

“Non vengo da nessuna part…” Iniziò la ragazza, ma non appena colse una particolare sfumatura negli occhi di Sesshomaru, deglutì e si arrese iniziando a seguirlo. Nemmeno lei riuscì a spiegarsene il motivo, ma la fermezza di quello sguardo le impose di arrendersi e obbedire. Cercò di giustificarsi con se stessa per quella debolezza dicendosi che seguendolo avrebbe sicuramente capito qualcosa di più sul suo conto e su come sbarazzarsi di lui.

“Rin…” La chiamò Izayoi trattenendo un singhiozzo, ma lei la ignorò ampiamente, continuando a seguire quello che era suo marito.

“Inu No Taisho…” Sussurrò l’ex regina.

“Tesoro, le hai detto che Inuyasha è più importante di lei praticamente, e tu mi hai raccontato che Rin per te era come una figlia e che ti dispiaceva lasciarla. Mi hai detto che anche che lei ti considerava una madre dato che la sua non l’ha mai conosciuta, e tu hai perso la testa quando ti sei sentita insultata per Inuyasha, ma tesoro, c’è da dover capire anche tua nipote. Lei è venuta qua, sotto mentite spoglie, per salvarti credendoti in pericolo, ma tu ti sei schierata da subito dalla mia parte. Non che la cosa non mi abbia fatto piacere, al contrario! Poi di scatto la ragazza si è ritrovata moglie di Sesshomaru, qui si può dire che la colpa sia di mio figlio in quanto lui non fa mai le cose come da protocollo ma di testa sua: oggi doveva essere solo un colloquio e invece c’è stato un matrimonio e Rin si è sposata; in più senza possibilità di separazione. Inoltre Sesshomaru le ha intimato di seguirlo, e sappiamo bene sia io che te quanto paura possa fare il suo sguardo. La piccola si sente come in trappola e l’unica alleata che credeva possedere, ovvero tu, le si è rivoltata contro. È ovvio che abbia reagito in questo modo.” Spiegò saggiamente Inu No Taisho.

“Devo andare da lei!” Esclamò Izayoi facendo per andare verso il punto in cui si erano diretti i due neo sposi, ma il marito la bloccò prontamente

“Non ora tesoro. Sai anche che Sesshomaru un cuore lo possiede, no?” Sorrise il demone e la donna parve placarsi un attimo, ma il senso di colpa la stava divorando viva.

 

 

ANGOLO AUTRICE

ed eccomi qua con un nuovo capitolo di Dominus

Volevo ringraziare chiunque abbia messo questa storia tra le preferite, ricordate e seguite e ringrazio in particolar modo SuperSara per la sua straordinaria pazienza verso di me. Grazie di cuore sorella

Ringrazio anche chi ha speso due minuti del suo tempo per lasciarmi una piccola  recensione

Grazie di cuore alla prossima Mei

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


 

 

 

 CAPITOLO 5

Rin sospirò piano seguendo i passi di quello che da qualche ora era diventato suo marito. L’idea di stare a correre dietro alla morte, lungo quel tragitto, la sfiorò più e più volte, tanto che il pensiero di fuggire via aveva preso possesso di lei. Tuttavia i suoi occhi – che se avesse potuto si sarebbe cavata più che volentieri –  finivano per osservare le enormi spalle del demone e non solo quello. Infatti si era ritrovata spesso a contemplare anche il sedere sodo, muscoloso, terribilmente sexy e malamente coperto dalla coda di suo marito.  Aveva guardato a lungo i movimenti dei suoi glutei mentre camminava e aveva provato il profondo quanto sconcertate desiderio di accarezzarlo. I suoi ormoni avevano reagito di testa loro davanti la visuale di quel maschio etereo.

Come se non bastasse una leggera brezza faceva muovere i capelli di Sesshomaru, donandogli un’eleganza e un portamento degno di un re, facendole provare l’irrefrenabile desiderio di saltargli addosso. Le giungeva potente alle narici l’odore virile del demone: una fragranza simile al muschio bianco, odore che le fece venire quasi l’acquolina in bocca e una voglia matta di affondare il naso nel suo collo per ispirarlo.

Era pazza.

Si diede della stupida per quei pensieri lascivi nei confronti di uno dei demoni più potenti sulla faccia della terra, se non addirittura il più potente. Arrivò a considerarsi un’idiota, perché non aveva la forza di fuggire o quantomeno attaccarlo alle spalle, seppur fosse un gesto meschino, sapeva che probabilmente era l’unico modo per prenderlo di sorpresa… anche se non ne era nemmeno così sicura.

La cosa che invece la terrorizzava era il fatto che, anche se avesse potuto, non desiderava scappare, anzi si sentiva quasi desiderosa di seguirlo, di prenderlo per mano e di stringere il suo braccio contro il petto.

L’occhio le cadde nuovamente sul sedere di Sesshomaru e impossibilitata a frenare le movenze del suo corpo, Rin allungò una mano verso di lui sfiorandogli prima la punta dei capelli e di conseguenza la parte alta del sedere. Un attimo dopo si riscosse.

Non si era nemmeno resa conto che Sesshomaru si fosse fermato, nonostante anche lei si fosse bloccata dietro di lui. A quel punto aveva seguito l’istinto e gli aveva sfiorato i glutei con nonchalance, come se la cosa fosse del tutto normale. Il demone la osservò di sott’occhi, aspettando che si rendesse conto di quello che stava facendo. Appena Rin se ne accorse le si accapponò la pelle e avvampò come un pomodoro ritraendo di scatto la mano lasciva.

Si arrabbiò terribilmente con se stessa per quei pensieri nei confronti di un demone e si odiò per aver assecondato il suo desiderio mentale di toccarlo.

Sesshomaru tornò a guardare avanti a sé, per poi esordire con tono glaciale: “Guarda!”

Rin alzò di scatto la testa e sgranò gli occhi incredula seguendo l’indicazione del demone. Rimase estasiata. L’aveva portata in cima al colle del regno demoniaco per farle vedere il panorama. Il fiume a valle, aveva cominciato a scavare dei solchi nella neve e di conseguenza tanti piccoli ruscelli si diramavano per i boschi creando degli arcobaleni di luna. La luna stessa sembrava essere a portata di mano e illuminava la valle rendendola luccicante.  Le punte dei pini quasi brillavano di luce propria. Allungando lo sguardo, notò un villaggio demoniaco tutto illuminato da fiaccole con al centro un enorme falò. I demoni sembravano essere felici, socievoli, parevano divertirsi tra di loro. Si voltò di scatto verso il demone per chiederle come mai l’avesse portata lì, ma la voce le si bloccò in gola. Sesshomaru aveva il viso rivolto verso la luna che lo illuminava facendolo quasi risplendere. Il suo sguardo pareva del tutto rilassato, la bocca era chiusa a formare una leggera linea tranquilla, e la coda soffice e morbida si era posizionata dietro di lei come a proteggerla dal vento gelido di quel colle. Lei amava il freddo, ma Sesshomaru non lo sapeva, eppure quel gesto valeva più di mille parole.

“Oh… wow!” Le sfuggì quel piccolo gemito estasiato non tanto per il panorama che stava osservando ma più per lui, per lo splendore che era avvolto dai raggi della luna e quel piccolo atto di gentilezza che aveva avuto nei suoi confronti.

Non solo Sesshomaru non l’aveva ammazzata per averlo toccato, ma non le aveva neanche fatto pesare quell’azione, anzi le aveva mostrato il panorama demoniaco che adesso era anche il suo regno di cui tra l’altro era diventata regina e, dulcis in fundo, l’aveva protetta dal freddo con la sua soffice coda. Ne era sicura: Sesshomaru aveva voluto in qualche modo rassicurarla.

“Perché mi avete portata qua?” Chiese tornando a guardare davanti a sé dopo essersi data un contegno. Se avesse continuato a guardarlo, ne era sicura, avrebbe cominciato a balbettare.

Sesshomaru abbassò lo sguardo verso di lei per un attimo, poi tornò a guardare il panorama. Rin inarcò un sopracciglio, poi sospirò.

“Voglio la separazione, Sesshomaru!” Sussurrò piano. Non sapeva perché, ma quel posto le infondeva una pace suprema.

“Non si può, Rin!”

“Perché?”

Lui la osservò con uno sguardo neutro.

“E’ la legge dei demoni!”

“Io però non sono un demone e tu mi hai scelta a casaccio. Così tanto perché ti dovevi sposare!” Sbottò.

Sesshomaru la guardò.

 “Non scelgo mai a caso, Rin!” Le comunicò.

La giovane sgranò gli occhi incredula e si voltò di scatto verso di lui trovandosi a specchiarsi in due pozze d’oro fuso, seppur gelido. Non le piaceva quella situazione, né quello sguardo, e istintivamente prese a indietreggiare di diversi passi allontanandosi.

Deglutì più e più volte osservando la mano di suo marito, o meglio i suoi artigli, posizionarsi davanti al suo petto e prendere una colorazione sul verde. Notò lo scattò veloce del demone e istintivamente, sollevò un’enorme lastra di ghiaccio davanti a sé chiudendo gli occhi. Appena li riaprì ciò che vide la lasciò senza fiato.

Sesshomaru se ne stava in posizione eretta davanti a lei, la mano artigliata distesa, la lastra di ghiaccio eretta tra di loro era stata bucata dal suo attacco, e gli artigli ora si trovavano a un millimetro di distanza dal suo naso.

Lentamente il demone ritirò la mano mentre la lastra si spaccò in due cadendo ai lati del corpo della ragazza che lo osservava con gli occhi sgranati. Su viso del Re dei Demoni faceva capolino un sorriso più unico che raro. Un sorriso vero.

“Ora dovresti capire perché ti ho sposata!” Decretò gelido Sesshomaru.

La ragazza annaspò.

“Sa… sapevi che mi sarei protetta?” Mormorò battendo le palpebre incredula. Aveva sempre creduto di essere stata in grado di tenere nascoste le sue abilità di elementare, sia agli umani che ai demoni. Se il padre avesse scoperto ciò che era in grado di fare con l’acqua o con il fuoco, l’avrebbe di sicuro uccisa credendola una strega. Fino a quel momento pensava che nessuno l’avesse mai scoperta, e invece a Sesshomaru era bastato un attimo per capirlo.

Lo vide annuire brevemente per poi tornare a darle le spalle.

“Un dominatore è una creatura che va protetta, non importa di che sesso o razza sia. Va protetta!” Concluse sempre più gelido.

“Qua... quando l’hai capito?” Chiese ansante.

Sesshomaru la guardò per un secondo e Rin capì all’istante. L’aveva percepita. L’aveva sentita arrivare e quando l’aveva vista di sfuggita al castello aveva capito che era lei e l’aveva scelta.

“Come l’hai capito?”

“Non sei il primo dominatore che incontro!”

“Oh Kami… la zia!” fece allibita.

Il demone annuì brevemente prima di riprendere a camminare lungo il colle. 

Si chiese che cosa mai potesse significare la frase: “Un dominatore va sempre protetto”. Cosa voleva dire? Perché un demone del suo calibro doveva abbassarsi a proteggere una come lei o come la zia? Che cosa…

“Rin, andiamo!”

“Demon... Sesshomaru, la zia è un elementare? Cosa può…”

Sesshomaru la fulminò con lo sguardo e la ragazza comprese immediatamente: non le avrebbe risposto, e se voleva sapere doveva chiedere direttamente a Izayoi.

“Posso farti un’ultima domanda?”

Lui si fermò per guardarla e annuì.

“Se tuo padre non avesse rapito mia zia…”

“Tuo padre l’avrebbe uccisa.” Concluse intuendo.

“Perché?”

“Perché Izayoi è una dominatrice e lui l’aveva scoperto!” Riprese il cammino. 

Rin ansimò e si portò una mano al petto, poi a capo chino riprese a seguire Sesshomaru.

 

Al castello demoniaco Izayoi se ne stava stesa sul suo letto a piangere, ignorando Inuyasha che si lamentava e il marito che faceva avanti e indietro per la stanza con la speranza di calmare il figlio che gli stava facendo venire i capelli bianchi, anche se bianchi già li aveva.

“Buono Inuyasha! Izayoi, aiutami! Avanti vedrai che appena Sesshomaru e Rin torneranno tutto sarà chiarito!” esclamò, ma il pianto di Izayoi divenne ancora più potente.

“Oh, povero me!” Borbottò l’ex Re dei Demoni che sospirando poggiò il bambino in lacrime nella culla e salì sul letto prendendo la moglie tra le braccia.

“Oh, su, su! Dai Izayoi! Vedrai che si risolverà tutto!” Le sussurrò cullandola un po’ prima di depositare un bacio sulla fronte dalla moglie che prese a singhiozzare maggiormente.

“Le ho detto cose orribili!”

“Ma non le pensi davvero, no?”

“Certo che no! Amo terribilmente Rin! È come una figlia per me!” Non riusciva a smettere di piangere.

“Questo lo so! E lo sa anche Rin…”

“Ma le ho detto che Inuyasha è più importante di lei! Che… che non mi interessava il sacrificio che aveva fatto venendo qua e…”

“Rin non è stupida, Izayoi. Capirà che quelle parole non le pensavi davvero e che erano dettate da un momento di rabbia!”

“No… non è così!” Si lamentò tornando a piangere sul petto del marito. Inu No Taisho sollevò gli occhi al cielo e lanciò uno sguardò al piccolo Inuyasha lacrimante.

“Iza…”

Un leggero bussare interruppe le parole del demone.

“Avanti!” esclamò con voce possente, sussultando quando vide la porta aprirsi.

“Piccola Rin!” esclamò Inu no Taisho facendo scattare sull’attenti Izayoi che tirò più volte su con il naso e si mise seduta per osservare sul ciglio della porta la nipote, che se ne stava a capo chino. Dietro di lei c’era Sesshomaru con la solita faccia inespressiva.

“Posso entrare?” chiese la ragazza in un sussurrò.

A un cenno d’assenso del demone, la giovane avanzò verso la coppia, ma quando il pianto disperato di Inuyasha le giunse alle orecchie, voltò la testa verso la culla vedendo il cucciolo dimenarsi. Inu no Taisho la vide bloccarsi e girarsi verso la culla del figlio e fare qualche passo verso di essa e temette, in un primo momento, per l’incolumità del suo cucciolo; ma quando la giovane fu davanti la culla, il pianto di Inuyasha parve placarsi, sorprendendolo, e non appena lei allungò una mano verso il bambino, sorrise. Un attimo dopo si alzò dal letto e si bloccò dietro Rin poggiandole una mano sulla spalla e chinando la testa per parlarle a un orecchio.

“Innocuo, no?” sussurrò sorridendo.

Infatti Inuyasha aveva afferrato l’indice della ragazza e se lo era portato alla bocca usandolo come ciuccio. Lei si era intenerita davanti a quel pianto disperato e lo aveva preso tra le braccia, facendogli poggiare la testolina bianca adornata da due simpatiche orecchiette da cane, sul suo petto, per poi accarezzare quei candidi capelli. La ragazza involontariamente si trovò ad annuire alla domanda dell’Ex Re Dei Demoni.

Inu No Taisho si voltò di scatto verso la moglie quando la sentì singhiozzare violentemente, e comprese che anche per sua moglie era importante che la nipote accettasse la sua famiglia.

“Izayoi!” la chiamò il demone preoccupato.

“Niente, non è niente!” sussurrò.

“Izayoi, per favore, sai che non mi piace vederti piangere!” esclamò con voce incrinata dalla preoccupazione, tono che commosse leggermente Rin. Più ore passava in compagnia di quel demone, più cominciava a pensare che tutto quello che le aveva detto il padre su quella razza fosse una grande, grandissima balla.

“Lo so amore mio, ma non ci posso fare nulla. Mi viene da piangere!”  

Rin, mentre cullava Inuyasha, vide Inu No Taisho sospirare afflitto per la condizione emotiva della moglie.

La giovane abbassò lo sguardo per un attimo, sentendosi un po’ in colpa, ma d’altra sentiva anche di avere la sua parte di ragione in quella storia. Una cosa era certa: sua zia aveva delle cose da dirle.

“Perdonatemi” Iniziò a dire rivolgendosi al demone “ho bisogno di parlare con Izayoi… da sola…”

Inu no Taisho annuì, mentre la moglie sentì quasi un colpo al cuore: l’aveva chiamata per nome, senza usare l’appellativo di “zia”; questo le face intendere che Rin era ancora arrabbiata con lei nonostante quello che aveva potuto dirle Sesshomaru per rabbonirla.

“Vi lascio sole!” esclamò per poi chinarsi su di lei per prendere Inuyasha.

Rin istintivamente si fece indietro, stringendo maggiormente il piccolo fra le braccia. Non voleva separarsi da lui, le infondeva una sicurezza che non credeva di possedere. Non voleva lasciarlo andare e la cosa la sorprendeva. Perché si sentiva così a suo agio stringendo il figlio di un demone? 

L’ex re la guardò interrogativamente, non riusciva a cogliere la natura di quella reazione.

Solo in un secondo momento la ragazza si rese conto di quello che aveva appena fatto, e guardò il neonato fra le sue braccia. Quel piccolo musino in pochi attimi era riuscito a conquistarla, tanto che lei non lo avrebbe voluto lasciare andare.

“Oh Kami… perdonatemi!” esclamò imbarazzata avvicinandosi a lui e porgendogli il frugoletto.

Inu no Taisho prese in braccio il figlio, che immediatamente gli si aggrappò ai capelli felice.

“Ahi, piccolo birbante! Com’è che ogni volta che ti prendo in braccio ti prodighi per farmi diventare calvo?!”  

Inuyasha amava infinitamente suo padre, e tirargli i capelli per lui era una sorta di gesto d’affetto.

Rin sorrise intenerita, rischiando quasi di scoppiare in una fragorosa risata quando lo sentì protestare e implorare aiuto da parte della compagna.

“Ahi, Izayoi…”

“Non me ne parlare, sto diventando più calva di te.” Affermò asciugandosi gli occhi, rincuorata da quella scena.

Un attimo dopo Inuyasha allungò le mani verso Rin e le mosse velocemente causando la sorpresa della ragazza.

“Cosa vuole?” mormorò quasi intimorita: non sapeva perché, ma quel bambino pareva leggerle dentro.

“brruur bruuu” fece il piccolo sporgendosi dalle braccia del padre verso di lei.

“No… no… no…”

Inu No Taisho si avvicinò a lei, finché non arrivò al punto che Inuyasha poté afferrarle i capelli e tirarli.

“Ahi!” si lamentò Rin facendosi indietro, ma più tirava più il neonato non la mollava, così non ebbe altra scelta che riprenderlo in braccio. Le mani della ragazza corsero a stringere il corpicino di Inuyasha e affondare il naso tra le sue piccole orecchiette mentre un sorriso tranquillo le spuntava sulle labbra.

Izayoi assistete con sgomento alla scena, poi sorrise sempre più commossa. Suo figlio inconsciamente stava facendo quello che loro non erano stati in grado di fare: consolare la ragazza e farla sentire a suo agio.

Un singhiozzò sfuggì dalle labbra di Rin che nascose il viso nel piccolo collo di Inuyasha, lasciandosi sfuggire delle lacrime ribelli. Il piccolo sollevò una manina e gliela poggiò piano sulla guancia costringendola a sollevare il viso e a guardarlo negli occhi.

“Brrff prufff” un rivolo di bavetta colò dalla boccuccia sdentata. Rin scoppiò a ridere.

Inu No Taisho, soddisfatto per l’atmosfera meno tesa, scosse la testa in segno di negazione quando vide che la ragazza cercava di restituirgli il bambino.

“Tienilo tu, io ho delle mansioni da sbrigare.” Disse sorridendole e mettendole una mano sulla testa per scompigliarle i capelli.

Rin s’irrigidì sorpresa: quel gesto fatto da un demone avrebbe dovuto disgustarla, invece le era piaciuto.

“Vi lascio sole, per favore piccola Rin prenditi cura di mio figlio e di mia moglie!” concluse l’ex Re dei Demoni avviandosi alla porta.

“Aspetti! Inuyasha…” iniziò a dire la giovane dopo essersi riscossa dal torpore piacevole che quella carezza le aveva dato, ma ormai il demone era fuori.  

Sospirò abbassando il viso sul piccolo e gli carezzò una guancia.

 

TO BE CONTINUED

Eccomi di nuovo qua, signori e signore, perdonate l'enorme ritardo nel publicare questo capitolo, ma per ora è un pò un delirio e non so mai quando publicherò. Ringrazio di cuore tutte quelle persono che hanno messo questa storia tra le preferite, tra le ricordate e tra le seguite e chi assiduamente trova un minutino di tempo per farmi sapere che ne pensate. ( chiedo infinitamente venia se non riesco a rispondere all vostre recensioni, ma prometto che se non subito, prima o poi arriverò a rispondere a ognuno di voi) Grazie ancora infinitamente a tutti . Ringrazio anche infinatamente Supersara per la sua pasienza e i suoi consigli. Un grosso bacio a tutti alla prossima

vostra

Mei

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 6 ***


 

CAPITOLO 6

 

Inuyasha istintivamente si portò un ditino alla bocca, sbadigliando teneramente, poi prese a succhiarselo mentre gli occhietti ambrati assonnati osservavano Rin con fare curioso e indagatore.

“Sei proprio bellino tu!” sussurrò istintivamente la ragazza a Inuyasha e lui si tolse il ditino dalla bocca e le fece la pernacchia.

“Ehi!” protestò Rin ridendo per poi dare un buffetto con l’indice sul piccolo nasino del cucciolo che rise. Non sapeva come, ma per Rin quello era il momento più bello di tutta quella assurda giornata, pareva infatti che l’unico a capirla davvero fosse un neonato. La fanciulla prese a giocare con i capelli corti del piccolo e tale movimento pareva piacere al mezzo demone che ridacchiò, poi il suo pancino brontolò e l’espressione felice e rilassata si contrasse in una smorfia.

“Rin…” la chiamò Izayoi intenerita osservando la nipote cullare e giocare con suo figlio e non appena lei sollevò appena il viso per guardare la zia, Izayoi sospirò afflitta.

“Mi dispiace…non volevo dirti quelle cose Rin…io…”

Rin scosse la testa in segno di negazione chiudendo gli occhi e sospirando per poi avvicinarsi al letto della zia e sedersi al suo fianco.

“Penso che entrambe abbiamo reagito in modo un po’ esagerato a tutto quello che sta succedendo.” Dichiarò mite Rin mettendo un dito sulle labbra di Inuyasha.

Il brontolio della pancia di Inuyasha la interruppe, e non appena prese a mordicchiare il dito di Rin, la giovane lo tolse di scatto. Seppur Inuyasha non avesse ancora i denti, la sua prese era abbastanza forte, poi il pianto dilaniato del piccolo riempì la stanza attirando l’attenzione di Rin che lo cullò.

Inuyasha però non si quietò e Rin inarcò un sopracciglio e allontanò da sé il cucciolo per guardarlo a debita distanza.

“E ora perché piangi marmocchio?” brontolò la ragazza più confusa che mai osservando Inuyasha con fare inquisitorio. Amava i bambini ma le risultava giusto un tantino difficile comprenderli dato anche che era figlia unica.

Izayoi ridacchiò.

“Credo che abbia solo fame tesoro!” esclamò Izayoi allungando le braccia verso Rin per prendere il figlio tra le braccia.

Appena Izayoi ebbe Inuyasha in braccio e si scoprì il seno, la nipote annaspò notando il capezzolo della zia essere pieno di lividi.

“Zia!”

“Shh, non dirlo a Inu No Taisho, se no quello è capace di non farmi dare più da mangiare a mio figlio e prendere una nutrice!”

“Ma…”

“E’ normale Rin! A volte capita anche alle donne umane con bambini umani avere lividi al seno a causa delle poppate e noi dobbiamo considerare che Inuyasha è sempre un mezzo demone, seppur piccolo è sempre più forte di un bambino umano normale!” sussurrò Izayoi continuando a guardare il figlio con estremo amore mentre mangiava.

“Ah sì?” sussurrò Rin imbarazzata.

Izayoi annuì.

“Ma perché non ne parli con il Re Dei Demoni?”

Izayoi inarcò un sopracciglio.

“Perché dovrei parlarne con Sesshomaru?”

Rin arrossì.

“Ehm intendevo l’Ex Re Dei demoni!”

“Rin, puoi chiamarlo semplicemente Inu No Taisho, non si offenderà se lo chiami per nome!”

“Ehm…no.” Esclamò la ragazza facendo ridacchiare la zia.

“Perché no? Forse perché hai avuto il sentore che Inu No Taisho in realtà non è cattivo e che per altro con te si è comportato come una sorta di padre comprensivo?” ridacchiò l’Ex regina decisa a provocare la nipote e costringerla ad ammettere che in realtà al cospetto di suo marito lei si sentiva al sicuro.

“Zia, possiamo parlare d’altro? Magari quello per cui sono venuta qui?” dichiarò la nipote con tono solenne. Rin era molto brava ad evitare i discorsi che non voleva affrontare.

Izayoi sussultò. Finalmente la nipote l’aveva richiamata con l’appellativo di zia ma ciò non eludeva il fatto che lei non volesse quindi sapere la verità, allora le sorrise e annuì.

. Rin era rimasta estasiata quando la zia l’aveva provocata parlando di suo marito e lei aveva notato una luce meravigliosa sul volto di Izayoi quando parlava di Inu No Taisho che non le aveva mai visto.  Aveva l’impressione che in quel momento, in quel luogo, insieme a quel demone la zia fosse davvero felice, aveva tutto quello che poteva desiderare: un marito che l’amava immensamente, una figlio, e lei che anche se involontariamente l’aveva già perdonata, anzi più la vedeva così felice più la voglia di farla ritornare a casa con lei diminuiva.

 La vide accarezzare la testolina del figlio con amore e dedizione, poi la sfregare un dito sul pancino di Inuyasha e il piccolo mezzo demone ridacchiò sul seno della madre per poi afferrarle e il polso e stringerselo al petto.  Era lampante, quel bambino amava da morire sua madre come sua madre amava lui.

“Zia, perché non mi hai fatto sapere che eri viva? Perché ti sei dimenticata di me? Sei come una madre per me e senza di te sto male! E perché mi hai lasciata sola? Perché non mi hai più cercata? “Sussurrò la ragazza trattenendo a stento le lacrime.

Izayoi sussultò e alzò di scatto la testa per fissare la nipote che invece se ne stava a capo chino e con gli occhi nascosti dalla frangia dei suoi capelli. Izayoi si alzò dal letto sistemando meglio Inuyasha fa le braccia, poi facendo il giorno dell’enorme materasso, abbracciò stretta Rin e appena si staccò, si inginocchiò davanti la ragazza e scosse la testa in segno di negazione.

“No Rin, non ti ho mai dimenticata e di certo non ti avrei mai lasciata da sola. Avrei trovato un modo per venirti a prendere. Il problema è stato che io sono qui da due anni. L’anno scorso abbiamo dovuto aumentare le difese perché pareva che Takemaru avesse scoperto l’ubicazione della barriera demoniaca che in quel momento era molto fragile e tesoro io ero e la moglie del Re dei Demoni allora e non potevo certo lasciare mio marito da solo e sotto attacco per giunta oppure chiedergli se apriva un varco nella barriera. Ti immagini me dirgli: “Ehi amore mio, apri la barriera, prendo Rin e torno, in questo frangente chissà quanti nostri sudditi sarebbero morti. Poi però appena le acque si sono chetate, ovvero l’anno scorso, e quindi eravamo di nuovo al sicuro, io sono rimasta incinta e cribbio se è difficile anche solo pensare con un bambino mezzo demone dentro, praticamente senti tutto, sia lui, che quello che succede fuori. Inoltre la gestazione di un mezzo demone è di dodici mesi! Penso alle donne umane che si lamentano di dover portare in grembo un bimbo per nove mesi, e io che dovrei dire visto che ho portato Inuyasha dentro di me per un anno intero!  Lo amo immensamente, ma la gravidanza demoniaca pesa un botto!” spiegò calma Izayoi cominciando ad accarezzare una gamba della nipote per tentare in qualche modo di consolarla. Rin tirò su con il naso e continuò ad ascoltare la zia senza aprire bocca.

“Inoltre Rin…non solo gli umani stanno soffrendo per questa guerra, credimi. Anche i demoni sono stanchi. I demoni vorrebbero la pace, è degli umani che dubito. Poi appena ho partorito e mi stavo preparando psicologicamente per venirti a prendere e chiedere a mio marito d’aiutarmi, si presenta Inu No Taisho e mi dice: Izayoi voglio abdicare al trono in favore di Sesshomaru, e poi Sesshomaru: ne sposerò una a caso, l’amore non serve a nulla…e bla bla via dicendo.

Rin annaspò.

“Scherzi?” esordì la nipote.

“No, non scherzo! Non ho avuto tempo di organizzarmi, e poi puff sei sputata tu qua così’ dal nulla e cribbio eri la moglie di Sesshomaru. Ti giuro Rin mi sono sentita un idiota impotente in quel momento, e poi tu hai reagito male, hai insultato mio marito per cui darei la vita, e mio figlio per la quale ho faticato e sputato sangue per averlo per un anno, che be… anf…Lui è mio figlio Rin! Ho sbagliato a dirti che non ti voglio bene, ti voglio bene Rin, ma Inuyasha lo amo di un amore infinito e solo quando anche tu sarai madre potrai comprendere a pieno questo mio sentimento.  Ti voglio un mondo di bene. Mi dispiace averti fatto intendere diversamente!” sussurrò Izayoi.

“Una a caso? Davvero?” ringhiò Rin stringendo i pugni. Izayoi scoppiò a ridere

“No, cioè, io ho fatto un lungo discorso su tutto quello che è successo in questi due anni e tu ti sei fermata al fatto che Sesshomaru ha detto che “Ne sposerà una a caso?” ridacchiò l’ex regina.

Rin annuì ringhiando.

“Quel maledetto spilungone, prima dice che non sceglie mai a caso, e poi scopro che mi ha scelta a caso! Maledetto bastardo di un demone, te la farò pagare!” ringhiò Rin. Izayoi rise di cuore.

“Rin, lascia perdere, ti serve del tempo per decifrare Sesshomaru, ancora è presto!”

“Gliela farò pagare, giuro!” esordì Rin.

“Niente, è partita per il paese di vendettilandia! Temo le sorti del mio povero figlio acquisito” scherzò Izayoi facendo ridacchiare insieme a lei anche la nipote, poi Izayoi torno seria.

“Però hai sentito la mia spiegazione? Mi comprendi? Mi capisci tesoro?” chiese Izayoi speranzosa. Rin annuì e sorrise leggermente.

“Capisco.

Izayoi sorrise mite e carezzò i capelli di Inuyasha che gongolò a quelle carezze. La giovane si trovò a pensare che quel mezzo demone era davvero dolcissimo e tutto da spupazzare. Scosse la testa con violenza per allontanare quei pensieri e concentrarsi sulla zia.

“Non amo l’idea di essere sposata a quello lì, a maggior ragione ora che so che mi ha scelto tanto per!” sbottò Rin infine.

“Con quello lì, intendi Sesshomaru?” chiese Izayoi con l’ombra di un sorriso.

“Si, è freddo più del ghiaccio e pure bugiardo.” esclamò Rin annuendo con vigore.

“Ma tu ami il ghiaccio e in quanto al bugiardo, io nutrirei qualche dubbio!” esordì Izayoi

“E che c’entra? Non si può negare che anche lui sia un bel maschio, che sia ben fatto, ma sta di fatto che mi ha scelta solo perché doveva sposarsi per diventare re!

“Può darsi, però se lo conoscessi meglio, potresti anche innamorarti di…”

“Direi proprio di no, zia! Di qua ad innamorarmi di lui, ne deve passare di acqua sotto i ponti!” sbuffò Rin incrociandole braccia al petto e stampandosi in volto un’espressione schifata.  Izayoi sollevò il viso e la osservò per poi ridacchiare.

“Prova a conoscerlo!”

“Manco morta!”

“Hai paura di innamorarti di lui?”

Rin rabbrividì da capo a piedi. L’idea di innamorarsi le faceva accapponare la pelle e a maggior ragione la disgustava l’idea di innamorarsi di un demone anche se era bello. Lei non era Izayoi. Lei non cedeva così facilmente ai sentimentalismi. Lei non si sarebbe mai innamorata di nessuno, men che meno di un demone, men che meno del re dei Demoni, Sesshomaru.

“Mai! Non se ne parla proprio! Zia, mi conosci. Sai che…”

“Non ti innamori mai di nessuno. Il tuo secondo soprannome è perfettamente azzeccato, Lady di Ghiaccio, ma ti do un consiglio, la vita è prevedibile quanto imprevedibile.” Ridacchiò Izayoi.

“Imprevedibile? Direi più che è beffarda, meschina. L’amore e l’affetto portano solo dolore. Lontano da me certi sentimenti idioti!” esclamò Rin gelando la zia con lo sguardo. Izayoi sussultò poi sospirò.

Izayoi rise

“Tu e Sesshomaru siete sulla stessa lunghezza d’onda. La pensate allo stesso modo!”

“Non credo! Io non andrò d’accordo con ghiacciolo ambulante!” sbuffò Rin

“Ha parlato Miss Fuoco e fiamme!” ridacchiò Izayoi e parve che anche Inuyasha, attaccato al suo seno, avesse ridacchiato

“Parliamo di cose serie ora.  Quello lì, mi ha detto che sei un elementare e che papà voleva ucciderti “chiese Rin con fare accusatorio ma si pentì all’istante di quella domanda e del tono usato. Infatti vide l’espressione tranquilla, divertita e rilassata della zia irrigidirsi e sbiancare e infine stringere convulsamente il suo cucciolo al petto.

“Sesshomaru ti ha davvero detto questo? Sesshomaru ti ha parlato di questo?” sussurrò Izayoi a capo chino per poi sollevare appena il viso.

“Si”

“E’ vero Rin! Takemaru ha tentato più e più volte di uccidermi!”

Rin annaspò.

“Più e più volte?”

Izayoi annuì cheta.

“Perché?”

“Nel regno umano un’elementare è considerata al pari di una strega e tuo padre ha deciso di liberare il mondo di tutte quelle creature che non sono umani, demoni ed elementari compresi!”

Rin s’irrigidì.

“Perché? E come ti ha scoperta? Io non ne sapevo nulla!”

Izayoi s’irrigidì da capo a piedi e tale irrigidimento causò il disappunto di Inuyasha che tirò i capelli della madre.

“Scusami amore mio!” sussurrò Izayoi cercando di rilassarsi per concedere al figlio la possibilità di nutrirsi tranquillamente. Rin comprese che per la zia non era facile raccontare e soprattutto raccontarle quegli avvenimenti, quindi sospirò.

“Zia, per favore raccontami, ho bisogno di capire!” esclamò Rin con un tono di voce più gentile e allungando una mano per prendere quella della zia che era poggiata sul corpicino di Inuyasha. Vide la zia rilassarsi e accennare un sospirò.

“Da quanto tempo lo sa papà che sei un elementare?” insistette Rin

Izayoi strinse i denti e prese un profondo respiro.

 

“Rin, ricordi come ti chiamavano al villaggio? Con quale soprannome?”

“Ruby Red?” rispose Rin.

“E Ti sei mai chiesta perché il tuo soprannome è anche Ruby Red?”

“Veramente no, tu mi hai sempre chiamata cosi e io pensavo fosse un semplice soprannome”

Izayoi alzò di scatto il viso e lo puntò su quello della nipote.

“Io? Non sono stata io a darti quel soprannome, io l’ho solo confermato e continuato a chiamarti cosi negli anni successivi.”

Rin annuì

“Allora chi me lo ha dato?”

“Ah no, questo non me lo estorcerai nemmeno sotto tortura, non devo essere io a dirtelo!”

“Zia!”

“No!”

“Uffa!” sbuffò Rin mettendo il broncio.

“Ah, piccola mia, anche tu, come me, sei un elementare e sei l’elementare del…”

“Ghiaccio, lo so: Sesshomaru me lo ha appurato!”

Izayoi sgranò gli occhi.

“Del ghiaccio? Possiedi anche l’elemento del ghiaccio? E che vuol dire che Sesshomaru lo ha appurato?”

“Posseggo solo quello come elemento e Sesshomaru lo ha appurato attaccandomi e costringendomi ad utilizzarlo!”

Izayoi annaspò.

“Cos’è che avrebbe fatto quel cane petulante!” ringhiò Izayoi facendo ridacchiare Rin.

“Tranquilla ho bloccato il suo attacco!”

“Hai bl…bloccato il suo attacco? Ma come ci sei riuscita?” esclamò Izayoi incredula.

Rin arrossì da capo a piedi.

“Non ha importanza, mi stavi dicendo?” la esortò Rin. Izayoi sospirò.

“Non possiedi solo l’elemento del ghiaccio Rin, ma possiedi anche un altro elemento.”

“Che elemento?”

“Il Fuoco!”

Rin annaspò. Lei odiava il fuoco, lo odiava con tutte le sue forze. Ricordi vaghi di una figura che si accasciava davanti a se ricoperto di frecce infiammate e imbevute di sostanze inibitrici le si scagliarono nella mente, poi il ricordo di un possente calore che le partiva dal cuore, raggiungeva le mani, gli occhi, e infine ogni parte del suo corpo prese possesso di lei con immagini relativi di alberi in fiamme, il villaggio in fiamme e quella figura che poi prima si era accasciata a terra e che lei percepiva come un caro amico, prese anche lui fuoco, a quella vista lei era scappata dopo il buio totale. Odiava il fuoco.

“No…no…non è possibile!”

“Ricordi l’incendio al villaggio di cinque anni fa?” chiese Izayoi tremante.

“Vagamente, i demoni ci hanno attaccato e …”

“E’ quello che ha voluto farti credere tuo padre, ma le cose non sono andate così. Rin quell’ incendio lo hai scatenato tu. Quella sera ti eri arrabbiata terribilmente con tuo padre perché ti aveva scoperto, ti arrabbiasti e corresti a casa non rendendoti conto che mentre correvi stavi dando fuoco al tutto il villaggio. Per fortuna in quel momento al villaggio non c’era nessuno perché tutti erano impegnati sul fronte di guerra e li allora intervenni io, coprendo e camuffando le fiamme con la terra. In quel momento però comparve Takemaru scoprendo i miei poteri. Mi picchiò e mi massacrò a lungo lasciandomi con una minaccia. Mi disse: troverò il modo di ucciderti strega, troverò il modo di liberarmi di te senza infangare il mio nome, fino ad allora ti renderò la vita un inferno. Farò di te quello che voglio, ti farò sposare agli uomini più crudeli che conosco. Uh…ci sono! Ti darò in moglie a Mogumo!” dichiarò Izayoi ripetendo le stesse parole con cui Takemaru l’aveva minacciata.

“Che cosa!” annaspò Rin.

“Mio padre ti ha…ti ha…” Iniziò Rin balbettando e appena vide la zia a capo chino il respiro le si mozzò in gola.

“Oh miei Kami, non è possibile. Mio Dio, zia!” esclamò Rin tuffandosi tra le braccia della zia e abbracciandola stretta. “Che cosa aveva scoperto mio padre su mi me?”

“Ci ha provato, ha provato a rendermi come tutte le donne del villaggio, stupide e sottomesse ai loro uomini, ma con me non ci è riuscito. Mi ha picchiata a sangue, questo sì, ma non è riuscito a piegare la mia volontà o a sottomettermi al suo volere. Era il re, ma io ero una principessa e perciò…per quanto riguarda il resto…non penso che debba essere io a dirtelo” concluse Izayoi sospirando e chiudendo gli occhi.

“Parla!”

Izayoi sospirò

“Rin?”

“Zia!” protestò la ragazza e l’ex regina dei demoni sospirò rassegnata.

“Non è la prima volta che tu e Sesshomaru vi incontrate Rin.”

“Cosa?!”

“Il motivo che scatenò la tua furia, risvegliando l’elemento del fuoco, fu il fatto che tuo padre aveva scoperto la tua amicizia con Sesshomaru. Eri poco più che una bambina eppure ti fidavi di Sesshomaru più che di tuo padre, confidavi a lui i segreti di tuo padre e avevi più che ragione a farlo, ma quando Takemaru lo scoprì ordinò ai suoi guerrieri di uccidere Sesshomaru davanti i tuoi occhi in modo tale che tu comprendessi che la tua amicizia con lui aveva portato il villaggio alla morte. I suoi guerrieri quindi lo hanno ricoperto di frecce davanti i tuoi occhi e lui cadde a terra. Tu credendolo morto e sentendoti in colpa per quello che a causa tua i guerrieri di tuo padre avevano fatto a Sesshomaru fuggisti per il bosco urlando e piangendo, niente riusciva a consolarti.  Sapere che tuo padre aveva ucciso il tuo migliore amico è stato per te un vero e proprio trauma e li risvegliasti i tuoi poteri dando fuoco a tutto. Quando quella sera poi tornai in camera tua, dopo che riuscii a fuggire dalle grinfie Takemaru, tu eri svenuta, priva di forze, la stanza era in fiamme ma il fuoco pareva non toccarti, anzi pareva che esso fosse generato da te. Utilizzai nuovamente i miei poteri per sopprimere i tuoi, che dato che eri svenuta erano molto deboli. Purtroppo quando la mattina dopo ti svegliasti, non ricordavi più nulla. Né i tuoi poteri, né la tua amicizia con Sesshomaru, ma prima di sparire alcuni soldati hanno giurato di sentire il ringhio di Sesshomaru e il suo rispettivo urlo era: tornerò a prenderti Ruby Red. Ti salverò. Purtroppo quando l’anno dopo lui tornò tu non ti ricordavi più di lui, anzi lo attaccasti…a quel punto io però non potevo più restare al castello, sarei finita sposata a Mogumo e alla merce di Takemaru…fuggii e non sapevo nemmeno dove ero diretta e quando alla barriera incontrai Inu No Taisho, ebbi paura, questo sì, ma era meglio andare con lui piuttosto che tornare da mio fratello. Non ero più al sicuro con Takemaru, sapendo cos’ero avrebbe fatto di tutto per togliermi di mezzo” sussurrò Izayoi cheta

“No…no…Non è vero…papà non può essere così crudele! Ricordi male! E poi…se davvero dici che ho già conosciuto Sesshomaru, mi sarei ricordata di lui vedendolo ora.”

“No di certo, quando quella volta lo vedesti lui era nella sua vera forma demoniaca e nel tuo sguardo c’era odio per lui, quel giorno Sesshomaru sparì, e sparì per cinque anni. Sei libera di credermi o meno su ciò che mi è successo…” Iniziò Izayoi per poi slacciarsi il Kimono “Ma non penso che queste cicatrici possa esserle fatte da sola!” concluse Izayoi e quando vide le labbra della nipote aprirsi in una protesta, la fulminò.

“Non osare dire che è stato mio marito a farmi queste cicatrici perché non sei stupida e capisci benissimo che il modo perfetto in cui si sono cicatrizzate non è certo opera dei medici umani. Fu proprio mio marito, con la sua saliva ad aiutarmi a guarire e senza conseguenze umane e per quanto riguarda Sesshomaru, lui non è un tipo che agisce senza riflettere, Rin. Non c’è essere sulla terra che io conosca razionale quanto Sesshomaru!” concluse seria Izayoi.

“Oh miei Kami…ma allora forse quando Sesshomaru mi ha detto che non sceglie mai a caso…”

“E’ esattamente perché lui non sceglie mai a caso! Non esiste creatura più ponderata e razionale di Sesshomaru stesso Rin!”

“Oh Kami, zia mi dispiace, non so perché ho detto che non ti credo, non ho alcuna prova che mi dice che quello che mi stai dicendo è vero, ma sento che è tutto vero, me lo sento nella pancia.  Sento che di te mi posso fidare ciecamente anche se sei sposata a quel…quel demone e credo che mio padre mi ha sempre ingannata. “Singhiozzò Rin e Izayoi allungò la mano non impegnata a tenere Inuyasha per stringere la nipote in un abbraccio consolatore.

“Su, su Rin, con il tempo avrai tutto più chiaro, l’importante ora è che siamo di nuovo insieme!” esclamò Izayoi stringendola mentre Rin annuiva mestamente.

“Perché non ricordo lui…” sospirò Rin.

Izayoi scosse la testa.

“Non lo so Rin, ma è successa un'altra cosa, quando ti dimenticasti di Sesshomaru, dimenticasti anche cosa significava la parola amore, la tua anima era diventata fredda come il ghiaccio, priva di sentimenti. E ora mi sorge una teoria, credo che nella stessa notte in cui risvegliasti il potere del fuoco, risvegliasti anche quello del ghiaccio intrappolando in esso il tuo ricordo di Sesshomaru e i tuoi sentimenti.” sospirò Izayoi allentando la presa per permettere a Rin di staccarsi da lei.

Rin annaspò e sbiancò.

“Mi dispiace, non dovevo essere io a dirti queste cose…io…” iniziò Izayoi ma si bloccò quando sentì il figlio Inuyasha staccarsi da lei, scivolare sul letto e rotolare vicino a Rin, poi prese a mordicchiare un dito.

Quel gesto Rin lo intese con una semplice frase da parte di InuYasha: non è mai troppo tardi. Mamma è qua, fratellone pure…io pure…recupera. Infine come un gattino, Inuyasha si arrampicò su Rin per affondare in nasino freddo nel collo di Rin. Rin singhiozzò, strinse Inuyasha in un abbraccio e scoppiò a piangere a dirotto mentre Izayoi faticava a trattenere le lacrime e strinse al suo petto sia Rin in lacrime, che Inuyasha che con la manina piccola carezzava il collo della nipote.

 

Due ore dopo Rin finalmente chetò il suo pianto e insieme a Izayoi e Inuyasha uscirono dalla stanza trovando, appoggiati al muro, davanti la porta, Sesshomaru e Inu no Taisho, poi Sesshomaru aprì gli occhi gelidi.

Izayoi fulminò il marito.

“Inu no Taisho, è novità quella di origliare?” dichiarò Izayoi seria. L’ex Re alzò le mani in segno di resa e guardò di sott’occhi Sesshomaru.

Rin deglutì, poi si rivolse a Sesshomaru.

“Dobbiamo parlare!

Sesshomaru si staccò dalla muro e non la degnò di risposta poi sparì.

 

Sesshomaru si rifugiò in giardino e lentamente sollevò il viso verso il cielo. Non credeva che origliare la conversazione tra Izayoi e Rin lo avrebbe condotto a ricordare ricordi che avrebbe preferito dimenticare.

Il ricordo di lui ferito gravemente dalle nuove armi anti demoni degli umani lo invase, ma con esso fece capolino anche il ricordo di una giovane ragazza umana, Rin.

“Un demone?” aveva sussurrato la giovane che poteva avere non più di quindi anni e senza un briciolo di paura nello sguardo.

“Sparisci se non vuoi morire!” aveva detto lui, gelido e freddo, sprezzante e odioso persino a se stesso, ma la risata della ragazza lo sorprese.

Rin aveva sorriso con una luce negli occhi che l’aveva fatto sussultare. Occhi buoni erano i suoi.

Si era avvicinata a lui l’aveva fulminata con lo sguardo ma lei senza alcun timore si era inginocchiata affianco a lui per poi estrarre dalla borsa alcune pezzuole e alcuni liquidi. Non appena fece per avvicinarsi alle sue ferite, ringhiò.

“Non osare toccarmi, insulsa umana!”

Lei lo fulminò e gli afferrò di scatto il braccio. Lui era rallentato dalle ferite e dalla moltitudine di frecce che aveva piantonate nel corpo che rilasciavano nel suo corpo una sostanza inibitoria e che lo rendevano un pappamolle di demone. Quei dannati sacerdoti umani erano riusciti a creare delle armi che mettevano in difficoltà i demoni, persino lui.

“Sta un po’ fermo! Non voglio farti del male!” dichiarò per poi mettergli sulla ferita una pezzuola imbevuta di un erba disinfettante: lo riconobbe dall’odore.

Sesshomaru la gelò con lo sguardo e scostò violentemente il braccio.

“Amo tutto ciò che è freddo quindi la tua occhiataccia non può che farmi piacere ma, se vuoi crepare, crepa, ma non davanti i miei occhi! Sta fermo!” dichiarò solenne lei. Sesshomaru più la osservava più si accorgeva che gli occhi di quella ragazza erano davvero buoni, puri, limpidi e gli infondevano un senso di fiducia profonda nei suoi confronti.

In quel momento lui non aveva le forze per opporsi a quel rimprovero e pareva che negli occhi della ragazza brillasse una luce rossa paragonabile alle fiamme del fuoco. I suoi occhi sembravano due rubini infiammati.

Lo curò a lungo, e senza fiatare, con fare scrupoloso e attento e ogni tanto versava del liquido sulle sue ferite, ogni qualvolta lo liberava da una freccia piantata nel suo corpo. Sesshomaru ebbe l’impressione che mentre lo curava lo coccolasse come a chiedergli scusa di quello che gli aveva fatto la sua gente. Non appena finì, lei si alzò e fece per allontanarsi, ma la sua voce, che lui stesso non riconobbe perché gli parve fin troppo calda e rilassata, la bloccò irrigidendola.

“Perché mi hai aiutato?”

“Perché non sono d’accordo con questa insulsa guerra ingaggiata tra demoni e umani!” sospirò piano lei.

“Come ti chiami?” si udì chiedere e tale domanda lo shoccò. Lui, Sesshomaru che si abbassava a dialogare con un umana e che pareva essere fredda forse quanto lui.

La ragazza aveva sorriso e lui si corresse, fredda quanto lui forse no, ma al punto giusto sì.

“Tu come vuoi chiamarmi?”

“Ruby Red!” aveva risposto sorprendendosi. Era persino arrivato a dare un soprannome a una ragazza umana che non conosceva.

Quel giorno, il grande Sesshomaru si era bevuto il cervello fidandosi di un umana.

“Bene, quello sarà il mio nome per te!” poi la ragazza sparì e lui ebbe un nuovo motivo per sorprendersi: lo aveva aiutato senza sapere chi lui fosse e non lo aveva voluto sapere.  Da quel giorno, ogni fine settimana, o ogni quando poteva, Sesshomaru andava in quel luogo dove per la prima volta aveva incontrato Ruby Red e con sua grande sorpresa ogni volta anche lei tornava, cominciando così ad essergli amica, a sorridergli, a parlargli, a confidarsi e a confidargli i segreti delle armate umane. Per lui Ruby Red era diventata davvero una sua preziosa alleata, almeno fino a quel fatidico giorno in cui gli umani lo avevano privato anche della sua migliore amica.

 

A quel tempo Sesshomaru non aveva capito perché Rin non gli avesse voluto dire il suo vero nome, ma con il senno di poi e sapendo che lei era la figlia del loro acerrimo nemico, aveva fatto più che bene a non dirglielo se no lui l’avrebbe uccisa.

Sesshomaru sospirò impercettibilmente poi sospirò.

“Ricordami Ruby Red!” sussurrò infine alla luna. Il rumore della porta del giardino che si apriva lo costrinse a girare la testa di scatto, specchiandosi in un paio di occhi castani con sfumature rosse.

“Sesshomaru!” lo salutò Rin con tono indifferente.

“Rin!” le fece eco.

 

 

Lontano dal castello del regno demoniaco, precisamente nel regno umano, Takemaru batté violentemente il pugno sul tavolo di frassino, infuriato. Il capitano delle guardie deglutì piano e fece un leggero passo indietro. Fino a quel momento aveva temuto terribilmente la reazione del suo re quando gli avrebbe portato la notizia che la figlia non si trovava nelle sue stanze e che pareva essere scomparsa da più di dodici ore. Non aveva di certo preso bene la notizia della scomparsa delle figlia, e Sumuro sapeva bene che era meglio attendere che si fosse calmato per dargli il resto delle notizie.

Takemaru afferrò il calice con il vino e lo scolò tutto d’un fiato, poi prese un profondo respiro.

“Che diavolo significa che mia figlia è scomparsa? Avete idea di che catastrofe è questa?” urlò Takemaru.

“Me ne rendo conto sire e me ne dispiaccio, ma c’è dell’altro.”

“Parla!”

“Pare che vostra figlia sia stata avvistata per l’ultima volta, prima della sua scomparsa, ai confini della barriere demoniaca, poco prima che essa si richiudesse e scomparisse!” concluse il capitano della guardia.

“Che cosa! Quei dannati demoni, non solo due anni fa hanno preso mia sorella impedendo la realizzazione dei miei piani, adesso anche mia figlia! Me la pagheranno! Sumuro, Rin ha ricordato?” chiese il re degli umani.

“Cosa sire?”

Lo sguardo eloquente del re fece deglutire nuovamente il suo capitano.

“Non mi pare. Sembra che Rin sia scomparsa dietro la barriera, ma il suo unico obiettivo pareva essere salvare la principessa Izayoi!”

“Quindi non è troppo tardi! Se Rin non ricorda quel maledetto demone che anni fa le era amico, forse possiamo ancora salvarla e riportarla a casa? Preparate tutto, dobbiamo trovare un modo per penetrare quella maledetta barriera demoniaca e riprendermi mia figlia!” ringhiò Takemaru.

“E la principessa Izayoi?”

Takemaru ghignò, poi sorrise malefico.

“Se la troviamo dovete fare una cosa per me, mio buon amico!”

Sumuro scattò sull’attenti.

“Dite!”

“Dovrete uccidere Izayoi!”

“Ma sire la principessa…”

“Uccidetela!” urlò furioso. “Mi avete capito bene? Se la trovate e non avrò la sua testa su un piatto d’argento, Sumuro, vorrò la vostra testa, mi sono spiegato!”

Sumuro sbiancò.

“Agli ordini sire!” esordi infine cheto ma al contempo spaventato.

 

 

Rin deglutì a fatica. Non si era minimamente aspettata di trovarsi davanti suo marito e l’Ex Re Dei Demoni e soprattutto non le andava giù che entrambi avessero origliato la sua conversazione con la zia e a maggior ragione l’avessero sentita e vista con le lacrime agli occhi. In quel momento la ragazza temette che, dato il suo sfogo, adesso quei demoni la reputassero una debole piagnona, cosa che lei non era affatto. Però, la zia le era mancata terribilmente, fino a qualche giorno prima aveva temuto che fosse prigioniera dei demoni e che l’avessero sottoposta a chissà quali torture e invece qualche giorno dopo si era ritrovata davanti la zia, che invece di essere sciupata e torturata era più raggiante che mai, si era ritrovata sposata a un demone, che per quanto bello e familiare, si, perché Sesshomaru le dava una grande impressione di familiarità, era pur sempre un demone, spietato, freddo, crudele, che godeva a infliggere dolore alle persone, e nonostante la zia le avesse spiegato che i demoni non erano quello che gli umani credevano, Rin aveva dentro di sé una sorta di sentore che le diceva di essere prudente,  e la sua mente le gridava di non fidarsi, ma nonostante ciò però il suo cuore aveva agito diversamente e dando voce alla sua bocca chiedendo a Sesshomaru di parlare.

Dopo che Sesshomaru era sparito, la ragazza aveva avvertito dentro di sé come un senso di colpa, come se l’origliare la loro conversazione avesse risvegliato qualcosa di doloroso dentro il demone. Lui infatti era sparito come faceva di solito, ma quella volta negli occhi freddi del nuovo Re Dei Demoni aveva intravisto un lampo di sofferenza e così di scatto si era rivolta alla zia per chiedere se per caso lei sapesse dove fosse andato suo marito, ma la zia non fece in tempo a risponderle che a prendere parola fu un Inu no Taisho fin troppo serio.

“Forse è meglio che lo lasci stare oggi!” dichiarò Inu no Taisho con tono inespressivo.

“Perché?”  Chiese la ragazza deglutendo. Qualcosa le dette sentore che in quel preciso momento Inu no Taisho stesse proteggendo il figlio da lei.

“Origliare non è stata una delle migliori pensate di mio figlio”

“Perché?”

“Rin, lascialo in pace oggi è meglio!” concluse serio Inu No Taisho.

“Inu No Taisho…”

L’occhiataccia che l’Ex Re Dei Demoni lanciò alla moglie fece rabbrividire Rin.

“Ho esagerato vero?” chiese Izayoi mite.

“Direi proprio di sì! Ti aveva chiesto di non parlare di lui e del suo passato con lei a Rin, Izayoi, tu hai fatto esattamente il contrario di quello che Sesshomaru ti aveva chiesto come favore personale.  Si era rivolto a te come a una madre confidando nella tua discrezione, e tu...” iniziò Inu No Taisho facendo abbassare la testa alla moglie con fare colpevole e farle sussurrare uno “scusami” singhiozzante.

“La prego signore, non se la prenda con la zia, io ho davvero bisogno di parlare con Sesshomaru. Di capire!” esclamò la ragazza venendo in soccorso della zia e tentando di far capire al suo nuovo” zio” quanto per lei fosse importante parlare con Sesshomaru. Inu No Taisho sospirò.

“Cosa ti serve parlare con lui?”

“Ho davvero bisogno di recuperare i vuoti della mia memoria e se le parole delle zia sono fondate, penso che il soprannome di Ruby Red me lo abbia dato proprio Sesshomaru e quindi solo lui possa aiutarmi a ricordare! A recuperare la mia memoria.”

“Izayoi! Anche questo le hai detto!” ringhiò piano Inu No Taisho.

“Scusa, scusa amore mio, ma non le ho mai detto che il soprannome glielo aveva dato lui, ma Rin ha la capacità di estorcermi informazione senza che nemmeno io me ne renda conto. “Sussurrò Izayoi stringendo maggiormente Inuyasha, poi si rivolse alla nipote.

“Come hai capito che il soprannome te lo aveva dato proprio Sesshomaru?”

Rin alzò le spalle.

“Diventi intransigente quando si tratta di proteggere la famiglia zia, e quando ti ho chiesto chi mi avesse dato il soprannome di Ruby Red, tu mi hai risposto che non ti avrei estorto questa informazione e quindi ho fatto due più due. Se a me che sono parte della tua famiglia, non mi hai voluto rivelare nulla, rimanevano solo gli altri due membri della tua famiglia e che “non odi” quindi erano indecisa se a darmi quel soprannome fosse stato il signor Inu No Taisho o Sesshomaru visto che Inuyasha è troppo piccolo per aver un segreto. A questo mio dubbio amletico è stato risolto dal diretto interessato e a seguire dal signor Inu No Taisho stesso, che ti ha rimproverato sul fatto che Sesshomaru ti avesse chiesto di non parlarmi di lui e del suo passato. Siccome stupida non sono, ho dedotto che Sesshomaru fosse la persona del mistero, azzeccandoci in pieno! Ecco il mio ragionamento!” spiegò Rin mite.

Inu No Taisho per la prima volta in vita sua si trovò a rimanere a bocca aperta. Lui stesso, il possente Ex Re Dei Demoni aveva tradito suo figlio. Rin ridacchiò e fece qualche passo verso di lui, si mise in punta di piedi e alzò una mano per poggiarla sotto il mento del ex Re.

“Chiuda la bocca se no entrano i moscherini!” esclamò Rin con sguardo e tono dolce. La ragazza aveva intuito i pensiero del ex Re.

“Non lo ha tradito Signore, io però sono abituata a leggere fra le righe. Con un padre come il mio, che non mi dice mai nulla, o leggi fra le righe o campi nell’ignoranza!” esclamò Rin dolcemente.

“Rin…” iniziò Inu No Taisho.

“Ora per favore, mi dica dove è suo figlio, quello sguardo…era così triste. Devo parlare con lui!”

“Non è il caso Rin!”

Rin gelò lo sguardo, drizzò le spalle e affrontò fiera l’ex Re dei demoni.

“Quello è mio marito, signore! Ho tutto il diritto di capire perché mio marito è triste! Mi dica dov’è!” esclamò Rin fiera scatenando un sorriso da parte di Izayoi. 

Inu No Taisho sgranò gli occhi e osservò Izayoi che istintivamente alzò e riabbassò le spalle.

“Il sangue non è acqua.  Quando un elementare trova qualcuno affine a sé lo protegge e cerca di capirlo!”

“Non dire cazzate zia, Sesshomaru non è affine a me!” ringhiò Rin

“Se se, e allora perché stai reagendo così all’ ombra di tristezza che hai visto negli occhi di Sesshomaru?”

“Eh? Come? Che? Cosa…ma che c’entra questo!” urlò Rin facendo dietrofront per allontanarsi dalla zia e dall’Ex Re.

“Chiederò a qualcun altro!” sbottò Rin. Izayoi scoppiò a ridere, poi urlò.

“Nel giardino di luna, dietro il castello Rin!”

“Izayoi!” urlò Inu No Taisho incredulo. Con la coda dell’occhio Rin vide la zia fare la linguaccia al marito per poi riprendere a coccolare Inuyasha che si era svegliato.

 

Mentre correva per i corridoi del castello, la giovane si rese conto di non avere la minima idea di dove si trovasse il giardino che le aveva indicato la zia e non aveva per niente voglia di tornare da lei e dal suo alquanto incredulo marito per chiedere che direzione prendere per raggiungere il luogo dove se ne stava Sesshomaru.

Rassegnata si mise a gironzolare per i vari corridoi del palazzo nella speranza di trovare un minimo indizio, briciola, spiraglio che le indicasse dove si era andato a rintanare quel demone.

Sbuffando la ragazza alzò gli occhi al cielo snervata dal fatto che ormai era più di mezz’ora che gironzolava e apriva porte a casaccio della speranza di beccare quella giusta. Comprese di trovarsi presso l’ala adibita al personale/servitù del palazzo. Rin arrossì da capo a piedi quando aprendo una porta della stanza si trovò un uomo o meglio un demone e una demone intenti nell’atto di copulare.  Silenziosamente tentò di dileguarsi, ma inciampò in un qualcosa attirando l’attenzione dei due.

“Accidenti!” borbottò Rin.

“Per le trombe dell’inferno, maestà, ma che ci fate qua?” esclamò il demone accendendo la luce della candela. Se fosse stato possibile in quel momento Rin sarebbe esplosa per l’imbarazzo.

“Oh, Kami perdonatemi!” borbottò la ragazza trovando decisamente interessanti le proprie scarpe.

“Maestà è successo qualcosa?” esordì la donna con tono apprensivo.

La neo regina scosse violentemente la testa in segno di negazione.

“No, no. Ho solo smarrito la strada” si udì rispondere con tono quasi balbettante.

Sentì la donna alzarsi dal letto e lei s’irrigidì quando la mano artigliata di lei le si poggiò sulla spalla.

“Alzate pure il viso mia regina, siamo presentabili. Io sono Ayame e quello è mio marito Koga!”

“Ehilà!” esordì Koga con un sorrisone.

“Koga, porta rispetto è la nostra regina. Rivolgiti garbatamente e non come se foste amici di vecchia data!” lo rimproverò Ayame e Kaga sbuffò. Rin non seppe perché ma il tono amicale con cui Koga si era rivolto a lei l’aveva per così dire rasserenata.

“Perdoni il mondo indecente in cui ci ha trovato… noi stavamo…” iniziò Ayame e Rin s’irrigidì, non voleva udire i giustificativi di quelle donna davanti a lei solo perché stava amoreggiando con suo marito. A conferma di ciò sentì Koga sbuffare, togliere le coltri che gli coprivano il corpo e infilarsi talmente velocemente un paio di pantaloni che Rin quasi non si accorse di lui, ma sussultò quando lo sentì al fianco e infine poggiarle una mano sulla spalla come a proteggerla dalla sua stessa moglie.

“Ayame credo che in questo momento, con il tuo puntualizzare cosa stavamo facendo, sei tu che non stai portando rispetto alla nostra regina!” sbottò, per infine piazzarsi davanti a lei e chinarsi per raggiungere la sua misera altezza, poi lo sentì esclamare.

“Se ho ben capito vi siete perduta tra le mura del palazzo. Se posso chiedere cosa cercavate?”

Rin istintivamente si trovò a sorridere dolcemente a Koga e annuire con vigore.

“I giardini di luna. Lady Izayoi me ne ha parlato, mi ha detto che sono stupendi e che avrei dovuto vistarli, ma non riesci a trovarli!”

Il demone, che per la conoscenza che possedeva Rin sui demoni seppe decifrare che quello era un demone lupo così come anche a moglie. Il demone lupo sorrise.

“Non siete molto distante, sono qui vicino, se volete vi accompagno?” esordì Koga.

S’irrigidì e scosse con vemenza la testa in segno di negazione. Non le andava a genio che i demoni venissero a sapere che lei era andata a cercare suo marito, ma ancora di più non voleva rivelare che in medesima ubicazione in cui lei era diretta, ci fosse anche Sesshomaru.

“No, no, non preoccupatevi, ho solo bisogno che mi indichiate la strada, credo che per il resto potrò fare anche da sola.”

“Koga annuì poi le poggiò una mano sulla base della schiena sospingendola verso l’usci. Rin lanciò un occhiata intimidita ad Ayame, ma la demone aveva un sorriso fiducioso e rilassato sul volto e aveva preso a riassettare la stanza mentre il marito parlava con lei. Voltò la testa verso il profilo di Koga e lo vide schiacciare l’occhiolino alla moglie con i suoi magnetici occhi blu e uscire dalla stanza insieme a lei.  La giovane si rese immediatamente conto di quanto amore e quanta complicità quei due avevano. Possibile che davvero tutto quello che le aveva detto il padre fosse un enorme balla e che i demoni erano capacissimi di amare? Che non erano spietati, crudeli e malvagi? Che non miravano a sterminare la razza umana? Possibile che fino a quel momento lei fosse stata così cieca davanti una verità lampante?

No, lei non era cieca, ma fino a quel momento aveva preferito crogiolarsi in ciò che conosceva anziché conoscere creature nuove e buttarsi nell’ignoto come invece, anche se costretta dalla situazione e dagli eventi aveva fatto la sua stessa zia.

“Allora maestà…”

“Rin! Per favore mi chiami semplicemente Rin. Non sono la vostra regina!”

Lo sguardo dubbioso e sospettoso di Koga la fece sussultare e giustificare quella frase.

“Intendo, ancora non conosco bene sudditi e …”

Koga scoppiò a ridere.

“Milady, maestà, non nascondetelo, sappiamo che siete umana, ma noi non abbiamo problemi con l’esistenza degli umani come invece gli umani li hanno nei nostri confronti” spiegò Koga.

Rin lo guardò incredulo.

“E poi se ho ben intuito voi avete un legame con la regina Izayoi? Per gli inferi adoro quella donna e come bacchetta l’ex Re dei demoni. Non immaginate milady come lo tiene in riga. Persino con il cibo! – No, Inu No Taisho, questo ti fa venire la pancia grassa. Non mi piace che il mio uomo compagno la pancia grassa!” esclamò Koga recitando la parte di Izayoi.

“Come?”

“Mia moglie è cameriere presso gli alloggi reali e di lì se ne sentono di tutti colori!” rise Koga

“Persino il principe Sesshomaru…oh scusate il Re Sesshomaru a volte fugge dal dominio della regina Izayoi!” esclamò Ayame raggiungendo il marito e affiancandolo.

“Davvero? “

“Ricordo che una volta una certa Kagura aveva preso a vantare diritti su Sesshomaru cominciando a toccarlo e a fare la smorfiosa con lui.  La regina non ci ha visto più ha tirato fuori uno zoccolo di legno e ha cominciato a tirarlo addosso a Kagura urlando – tocca un'altra volta mio figlio e ti spello-. Ahm che bei tempi! “Sospirò Ayame diverta.

“Poi che è successo?”

“Be…”

Sia Koga che Ayame si erano fatti improvvisamente tristi e quado si accorse di quello sguardo sussultò. Quei due demoni tenevano terribilmente ai loro sovrani e siccome sua zia aveva sposato il loro re, per loro era diventata un membro reale importante.

A rompere il silenzio fu Ayame.

“Be, la regina rimase incinta e molti sforzi o eufuismi non li poteva più fare.”

“E…”

“Fino a li andava più che bene. Almeno fino a quando il principe Sesshomaru non tornò a casa. Occhi spenti, viso vitreo, e Izayoi lo percepì all’ istante, cuore spezzato.  Quel giorno Sesshomaru si chiuse nella camera di Izayoi e parlò con lei per ore, a fine discorso Sesshomaru sparì e Izayoi non sorrideva più. Nessuno mai seppe e saprà cosa la regina e il principe si dissero in quella stanza, ne perché da quel viaggio Sesshomaru fosse ritornato così a pezzi. Così distrutto!” concluse Ayame. Anche la loro conversazione da divertente e leggera, in quel momento era diventata pesante.  Rin ne dedusse che per i due demoni ricordare la sofferenza dei loro sovrani non era un bel ricordo e che ancora anche a loro faceva male.

“Eccoci mia regina, la lasciamo sola. Il Giardino di luna e infondo a questo corridoio, subito a destra, troverà una porta in legno con intagliato “Giardino di luna” e li siete arrivata.”

“Perché si chiama così questo giardino?”

“È il giardino che l’Ex Re dei demoni fece costruire per la sua prima consorte, la madre del principe Sesshomaru.

Rin annaspò. Quindi una suocere diversa dalla zia c’è l’aveva?

“E costei dov’è?”

“L’hanno uccisa Milady! Gli umani l’hanno uccisa!” esordì Ayame prima di fare dietrofront e tornare in camera sua seguita dal marito che la salutò con un occhiolino. Rin sgranò gli occhi e li seguì per un attimo con lo sguardo, poi con coraggio seguì le indicazioni di Koga e si trovò danti l’enorme portone.

Aprì piano e fece il primo passo dentro il giardino attirando l’attenzione di Sesshomaru, che la osservò con occhi freddi.

“Rin!”

“Sesshomaru!”

Il demone non si era mosso di un millimetro la osserva come a chiedere come cavolo, lei semplice umana, avesse fatto a sapere dove lui fosse.

“Che ci fai tu qui?” la fulminò Sesshomaru.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 7 ***


 

 

CAPITOLO 7

 

Rin deglutì violentemente e istintivamente si trovò ad arrossire. Suo marito illuminato dai riflessi della luna sembrava risplendere di luce propria, sembrava quasi essere un dio. La sua bellezza in quel momento era da mozzare il fiato e il suo cuore accelerò istintivamente i battiti senza che lei potesse fare nulla per frenarlo. Uno strano flash attraversò la memoria della nuova regina e lo scenario che le si presentò, le causò un moto strano di nostalgia. Infatti nella frazione di un secondo, nella sua stessa mente, vide una rigogliosa distesa di prato verde, il viso di lui e i suoi occhi riflessi nei suoi e la mano artigliata del demone che le carezzava una guancia. Poi un altro Flash, di lei che rideva felice e di lui che le teneva una mano sulla spalla e le sorrideva a vicenda coprendola anche con la sua coda. La ragazza s’irrigidì per un attimo nel constatare il fatto che di aver pensato al Re dei Demoni come la creatura più bella che avesse mai visto, di aver provato un moto di nostalgia allo strano flash che la sua immaginazione aveva creato e di aver addirittura paragonato lui, un demone, a un dio.

Fattasi coraggio si avvicinò molto lentamente a quello che era suo marito.

“Ti cercavo?” sussurrò la ragazza con un tono di voce titubante. Lui la osservò, ma, com’era prevedibile non la degnò di una parola, ansi addirittura affilò lo sguardo facendolo diventare, e lei non si seppe spiegare come, ancora più freddo, scuro, gelido, spietato

“Lo avevo intuito!” esordì il demone gelido tornando infine ad osservare la luna. Rin s’irrigidì e sussultò.

L’attimo seguente calò un silenzio estremamente freddo, tant’è che lei si trovò a rabbrividire. Deglutendo fece qualche passò verso di lui, ma non appena lui si voltò verso di lei, sussultò frenando il passo.

La ragazza comprese all’istante che in quel momento Sesshomaru non gradiva la sua presenza lì e dalla sensazione che provava, intuì che quello per la famiglia reale, e soprattutto per lui era un luogo sacro e lei con la sua presenza lo stava disturbando.

Sospirando Rin si sedette li, per terra, sul prato del giardino a debita distanza da lui e ignorando il fastidio di suo marito. Il silenzio calò di nuovo e involontariamente la giovane si trovò a sbuffare e a sussurrare tra sé e se.

“Per quanto cavolo di tempo mi terrai il broncio, Sesshomaru? Ho diritto anche io a sapere le cose! Ho diritto anche io a capire perché mi sono ritrovata sposata a te in un attimo, senza che nemmeno ti conosco e perché mia zia pare toccare il cielo con un dito quando parla di tuo padre, e della felicità che prova nell’ essere sposata a lui tanto da scordarsi di avermi lasciata sola!” dichiarò la giovane superando il timore di lui e la barriera che Sesshomaru aveva appena eretto.

Sesshomaru girò il viso verso di lei e la gelò con lo sguardo.

Rin sbuffò ma e stufa di stare lì a perdere tempo si alzò e si scotolò le vesti, pronta a fare dietrofront.

“Sei un bambinone Sesshomaru! Non so cosa tu abbia sentito dalla discussione avuta con mia zia, ma il tuo atteggiamento è dannatamente infantile!” dichiarò gelida la ragazza.

Sesshomaru la guardò.

“Moderati Rin!” esordì gelido.

“Moderarmi! Moderarmi Sesshomaru?  Ti rendi conto in che situazione mi trovo io? Sono venuta fin qua, nonostante tutti, nonostante non abbia un buon rapporto con i demoni. Però sono venuta fin qui perché per mia sfortuna sei mio marito ed è dovere di una moglie cercare di capire il proprio compagno. Quindi armata di rassegnazione sono venuta per parlare e tu invece te ne stai lì fermo, immobile, mi fulmini con lo sguardo intimandomi di non aprire bocca ma anche tu non lo fai. Mi hai sposata e non so nemmeno perché tu l’abbia fatto dato il risentimento e l’odio che leggo nel tuo sguardo. Sembro stupida demone, ma non lo sono. Perché mi odi? Dovrei essere io ad odiarti!”

Sesshomaru non aprì bocca, ma continuò a fissarla con quel suo sguardo indecifrabile, di fondo si sentiva onorato nel costatare che Rin si considerava già sua moglie e che l’idea che lui fosse triste, o qualcosa di simile, l’avesse spinta a parlare con lui, ma non glielo fece capire e quindi non le rispose e lei esasperata alzò gli occhi al cielo e urlò.

“Ecco lo vedi, sei un bambino! Un vero uomo avrebbe affrontato direttamente il problema…ah no, dimenticavo, tu non sei un vero uomo!” esclamò la ragazza tagliente prima di alzarsi e avviarsi verso le porta del giardino da dove era entrata.

Il demone non la degnò nemmeno di un briciolo di attenzione e non appena la ragazza mise una mano sulla maniglia della porta, si ritrovò sbattuta al muro e gli occhi di Sesshomaru iniettati di rosso fissi dentro i suoi.

“Non osare paragonarmi a un uomo! Non osare venire a parlare con me quando fai palesemente finta di non ricordarmi!” ringhiò Sesshomaru afferrandola per la vita e facendo aderire il proprio bacino con quello di lei mentre le spalle della ragazza erano poggiate alla porta e un altro Flash strano di lei invase la mente di lei. Uno strano flash in cui lei lo abbracciava con enfasi e dove molto probabilmente non voleva che lui si staccasse da quell’abbraccio.  Poi un altro flash di un bacio tra lei e il demone che le fece perdere la pazienza. S’irrigidì di scatto e fattasi coraggio e riprendendosi, alzò le mani e piantò nel petto di Sesshomaru spintonandolo con furia costringendolo ad allontanarsi da lei.

“Ora basta! Io non ti conosco! Non ti ricordo sul serio, se davvero in passato ci siamo conosciuti, ma comincio a credere che sia davvero così! Cosa diavolo sono questi flash che ho? Dimmelo!” urlò la ragazza avanzando a passo di carica verso di lui ma sta volta non facendosi intimidire da Sesshomaru stesso e da quel suo sguardo rosso. Ora, la furia, aveva iniettato di rosso anche gli occhi di lei. Il demone si trovò a specchiarsi in due occhi quasi rossi come rubini.

“Io non ricordo niente! Non faccio finta di non conoscerti, IO NON TI CONOSCO, ma dai racconti della zia, e dai Flash che da giorni torturano la mia memoria, e dalla tua reazione, sembra che io e te ci conosciamo davvero da tempo. E quindi dimmi chi diavolo sei per me? Non permetterti tu di darmi della bugiarda! Prima d’ ora, prima di questa farsa di matrimonio, io e te cos’eravamo?” urlò Rin.

Gli occhi di Sesshomaru tornarono del suo colore naturale e l’ombra di un sorriso albergò sul suo viso.

“Rispondimi dannazione! “Continuò la ragazza allontanandosi da lui e cominciando a passeggiare per il giardino facendo avanti e indietro. Sesshomaru si limitò a seguirla con lo sguardo.

“In questi giorni ho dovuto leggere tra le righe delle parole di tutti per cercare di capire che stesse succedendo, mi si dice che mio padre è un mostro, ma su quali prove? Io non ho prove sulla mostruosità di mio padre anche se da ciò che sento dentro, e da ciò che mi ha raccontato mia zia, posso anche crederlo, ma devo e ho bisogno di capire perché mio padre è un mostro e io che rapporto ho ed ho avuto con te? Vengo a sapere che sono un elementare, prima da te e poi da mia zia, e non un elementare qualunque ma bensì del ghiaccio e del fuoco…” urlò la ragazza e quando vide una leggerissima smorfia nel viso del marito, Rin sbiancò.

“Lo sapevi? Sapevi che ero anche l’elementare del fuoco?”

Sta volta Sesshomaru su limitò ad annuire e vide la moglie annaspare.

“Io odio il fuoco!”

“C’è un motivo per la quale odi questo elemento, Rin!” dichiarò calmo Sesshomaru

“Dimmi quale? Non so nemmeno questo di me! Dimmi per quale motivo odio il fuoco? “

Sesshomaru scosse piano la testa in segno di negazione e la ragazza furiosa sferrò un pugno contro un albero rompendosi le dita.

“Rin…”

“Lasciami stare, non avvicinarti! Non vuoi parlami, non vuoi dirmi niente. Sono tua moglie solo per farti diventare Re, ma se tua moglie stessa ti chiede di aiutarla a ricordare, tu non fiati! Sai che ti dico Sesshomaru. Vaffanculo! Non voglio avere più nulla a che fare con te!”

“Non è così semplice! Se ti faccio ricordare senza che sei ancora pronta, un elementare muore!” esordì serio Sesshomaru.

“E a te che ti frega? Tanto sono solo un oggetto ornamentale! Sono la principessa umana e tu odi gli umani no? Quindi che ti importa!” Ma poi, che cavolo è un elementare? Perché ho questi poteri? A che servono? Sono ampiamente stanca, parlo con tuo padre e mi dice che non è il caso di parlare con te in questo momento perché hai l’uovo girato e non so quali problemi mentali tu abbia, e sinceramente non me ne frega un cazzo. Io voglio solo capire chi sono e perché per qualche assurdo motivo ho avuto a che fare con te e perché cazzo nel mio flash mentale, TI STAVO BACIANDO! Nonostante ciò, nonostante il mio cervello stia andando in fumo per quanto mi stia sforzando di ricordare e capire chi sia io in realtà, da SOLA non riesco a ricordare una mazza, dannazione a te!  E mi odio a morte, sai perché, perché qualche ora fa, fuori dalla porta della stanza della zia, tu hai sentito o pensato a qualcosa che ti ha ferito e te ne sei andato e io come una scema non ho sopportato quello sguardo triste e sono accorta da te, da mio marito per cercare di capire se lui stesso può aiutarmi e se io stessa posso togliere quella tristezza dai tuoi occhi, ma tu non mi parli non mi dici niente e io mi sono umiliata per niente. Tu Re Dei Demoni, in quel frangente, fuori dalla porta della stanza della zia eri triste, e non provare a negarlo perché riconosco perfettamente la sofferenza e la tristezza, ma quello che non ho capito è se eri triste per me oppure per te! Comunque Intuendo la tua sofferenza, perché si anche tu stai soffrendo anche se non lo vuoi ammettere, sono accorsa a cercarti e a parlarti e tu che fai? Non parli, fai il gradasso e il pezzo di ghiaccio e se ti definisco un bambino, perché hai avuto questo atteggiamento pari a questo, ti infuri e mi sbatti contro la porta! Dov’è finito il controllo del grande Sesshomaru? Hai bisogno che io ricordi? E allora aiutami a ricordare no?” continuò la ragazza e quando Sesshomaru fece un passo verso di lei, Rin indietreggiò di scatto.

“No, non avvicinarti! Io sono cresciuta con gli umani, la mia missione è sterminare voi demoni, ma sto facendo uno sforzo enorme per cercare invece di capire te! Tu invece non muovi un dito per cercare di capire me!”

“Rin…non posso forzare la tua memoria. Almeno non proprio io! Risveglierei i tuoi traumi passati!”

“Se davvero in passato ci conoscevamo, Sesshomaru, ho diritto a colmare questi vuoti di memoria. Qual è questo trauma di preciso? Nella mia breve esistenza ho avuto più traumi di quanto tu possa immaginare!  Uno in più non fa la differenza, credimi! Chi sei tu per me e chi sono io per te? Voglio capire!”

“La farà, credimi Rin!” esordì controllato Sesshomaru.

“Ho bisogno di capire, Sesshomaru!”

“Non è il momento giusto!”

“Lo è! Dannazione voglio ricordare mi sento un pesce fuor d’acqua in qualsiasi luogo. Anche qui ed ora che sto litigando con mio marito!”

“Non stiamo litigando!”

“Tu dici, a me sembra il contrario!” ringhiò Rin

“Vengo qua, per cercare di parlare con te, per cercare di ricordare e colmare questi miei vuoti mentali, e perché per assurdo sento nascere dentro di me, da quando abbiamo fatto questa sottospecie di matrimonio, un bisogno assurdo di proteggerti. Io che dovrei ucciderti invece voglio proteggerti! Perché?”

“Non vuoi saperlo, Rin! Fidati di me!”

“Fidarmi di te? Ma sei pazzo. Se questo non è litigare… “

“È anche assurdo quello in questo momento sto provando, non so se per te. Ma sento il cuore in gola, mi batte come un ossesso e ho voglia di piangere. È assurda l’idea che vederti triste mi rende irrequieta e mi fa pure male. È assurdo provare un sentimento, come quello che al momento sto provando per te senza che nemmeno ti conosco e per venire da te mi imbatto in una situazioni non poco casta con Ayame e Koga! Avrei preferito non vederli amoreggiare e questo è successo solo perché cercavo te! Poi finalmente ti trovo, e tu sei seduto qua, bellissimo e illuminato dalla luna e il mio cuore comincia a sperare in delle risposte concrete e che in un modo o nel altro tu riesca a placare questi sentimenti contrastanti che provo me poi la mia mente mi serve su un piatto d’argento flash di noi due che io nemmeno ricordo di aver vissuto, apro bocca e tu mi fulmini, non mi aiuti e mi attacchi e quindi oltre a leggere fra le righe nelle parole di tutti devo mettermi anche a decriptare i tuoi sguardi! Mi guardi con odio, mi tieni a distanza con lo sguardo comportandoti come un bambino capriccioso.  Ma che volete da me! Sono stupida, questo lo so, non arrivo alle ovvietà da sola, quindi Sesshomaru, grande Re, illuminami astro nascente. Stella della sera e del mattino!” urlò Rin finendo il suo monologo con sarcasmo mal celato. Sesshomaru si avvicinò a lei e la strinse in un abbraccio. Rin sussultò e le lacrime uscirono dai suoi occhi.

“Chi sei? Perché i tuoi abbracci mi sono cosi familiari? Perché questa sensazione di nostalgia? Perché il mio corpo adora stare al contatto con il tuo. Dannazione…voglio risposte!”

Sesshomaru non emise suono, non disse una parola e la guardò a lungo negli occhi. Snervata Rin alzò le braccia al cielo, lo spintonò per l’ennesima volta, e poi le riabbassò le braccia e si allontanò da lui.

“Bene, addio Re Dei Demoni, trovati un'altra allocca su cui sfogare i tuoi silenzi!”.

Detto ciò Rin tornò sui suoi passi e uscì dal giardino. 

Correndo la ragazza non si accorse del l’Ex Re Dei Demoni e andò a sbattere contro il suo petto possente.

“Ahi…dannazione!”

“Piccola Rin!” esclamò quello che per lei era il suo nuovo “zio” e non appena si chinò su di lei per aiutarla ad alzarsi, si beccò un ceffone in viso talmente forte da fargli voltare la testa di lato e sgranare gli occhi incredulo. Quando voltò la testa nuovamente verso la ragazza, la trovò in piedi con i pugni serrati, gli occhi pieni di lacrime e coperti dalla frangetta.

“Rin…”

“Questo schiaffo è stato per aver generato uno stronzo per figlio!”  Esclamò Rin tra i singhiozzi e prima di scappare via.

“Rin…” urlò l’Ex Re, per poi correre dietro la ragazza e afferrarla per il braccio e stringersela al petto.

“Che è successo Rin?” chiese il demone.

“Mi lasci… Ho detto Mi lasci!” si dimenò la ragazza singhiozzante nella presa del demone.

“Inu No Taisho, lasciala!” esordì la voce della zia alle spalle del demone e l’Ex Re eseguì all’istante lasciando andare la nipote che fuggì più veloce di un fulmine.

“Izayoi…”

“Sta zitto…” sussurrò Izayoi tirando su con il naso e guardando il punto in cui la nipote era sparita.

“Izayoi… che diavolo le è successo?”

“Ho sbagliato a lasciarle intuire quello che ha intuito su Sesshomaru senza chiarirle i dubbi. Senza aiutarla a ricordare. Avevi ragione tu! Per l’ennesima volta!” sussurrò Izayoi con il labbro tremante.

“Izayoi…” sussurrò il demone camminando verso la moglie che tratteneva a stento le lacrime e per poi stringerla in un abbraccio.

“Padre…”

Inu No Taisho sollevò la testa di scatto dalla spalla di Izayoi fulminando il figlio con lo sguardo e l’ex regina voltò la testa verso di lui rimanendo però ancorata al petto di Inu No Taisho e guardandolo con astio.

“Dov’è Rin?”

 

Lontano dal castello, alle pendici del monte Hakurei, dove sorgeva il cimitero dei demoni e terminava la barriera demoniaca eretta dal ex Re Dei Demoni, il suo nuovo zio, e cominciava il regno di suo padre, il regno umano, da ore Rin se ne stava lì a piangere tutte le sue lacrime e tutta la sua sofferenza indecisa se varcare o meno la linea immaginaria che l’avrebbe ricondotta nuovamente al regno umano. Aveva del tutto azzerato la propria aura e grazie a un infuso che quando era piccola la zia le aveva insegnato a preparare per poter viaggiare indisturbata e senza che i demoni riconoscessero l’odore umano, aveva quindi occultato il suo stesso odore e la sua stessa presenza impedendo così a qualsiasi demone di capire dove lei si trovasse. Aveva bisogno di stare sola e per i conti propri.

Un altro Flash di lei seduta sulle gambe di Sesshomaru, le braccia che cingevano il collo di lui e le sue piccole mani tra quei fili argentati la invase. La ragazza osservò la propria il proprio viso nel flash. Pareva essere qualche anno, forse cinque anni più giovane di come era adesso, i proprio occhi erano luminosi mentre si rispecchiava in un paio di occhi ambrati, gli occhi di Sesshomaru, che parevano essere nettamente più caldi di come li aveva conosciuti lei in quei giorni e anche sul suo viso albergava un’espressione meno crucciata, meno fredda, più dolce e le sue mani erano poggiate sui suoi fianchi con fare tenero.

“Come hai fatto a sfuggire alle tue guardie del corpo umane, Rin?” le chiese Sesshomaru nel flash con tono neutro

“Semplice, amore mio, le ho sedotte! Ho acceso i loro animi con il fuoco della passione per me!” lo provocò lei.

“Tu hai fatto cosa, vipera umana?” ringhiò Sesshomaru serrando una mano sul suo fianco.

La ragazza scoppiò a ridere chinando la testa verso di lui e baciandogli teneramente una guancia.

“Tranquillo subito dopo le ho congelate, cosi poi sono sgattaiolata via per venire ad incontrare te. Appena si scioglieranno si troveranno ad amoreggiare tra di loro!”

Sesshomaru la fulminò con lo sguardo e lei rise nuovamente.

“Geloso?”

“No!”

“Si, certo, come no!” rise ancora Rin, prima di chinarsi su di lui e unire le sue labbra a quelle del demone.

Cinque minuti dopo Rin si staccò da lui e lo guardò seria.

“Sesshomaru, ricorda che hai promesso!” esclamò lei sollevando una mano per carezzare il volto del proprio amato. Sesshomaru la guardò serio a sua volta.

“Rin…”

“Hai promesso Sesshomaru, hai promesso che qualunque cosa succeda tu non ti avvicinerai mai e più di così al regno di mio padre!”

“Rin”

“Promettimelo Sesshomaru! Promettimi che se un giorno qualunque io non dovessi presentarmi a uno dei nostri incontri clandestini e tramite il nostro legame dovessi intuire che sono in difficoltà, tu non ti dovrai mai avvicinare al regno. Mai! Non perché mi vergogni di te, tutt’altro, ma perché mio padre non capisce quanto umani e demoni in realtà potrebbero essere buoni alleati e ti ucciderebbe! Promettimelo! Questo me lo devi!  Quando ti salvai la vita mi facesti questa promessa e io oggi voglio che tu la riconfermi!”

“Rin…”

“Sesshomaru ti prego!”

“Va bene Ruby Red, te lo prometto!” promise inespressivo Sesshomaru.

Rin sorrise grata.

“Ti amo mio principe!” concluse la ragazza prima stringersi maggiormente al petto del demone e unire le proprie labbra con le sue. Lui accennò un sorriso triste sulla labbra di lei per poi chiudere gli occhi e partecipare al bacio dell’amata.

 

“Basta! Basta! Che cosa sono questi flash! Basta!!” urlò Rin esasperata portandosi le mani sulla testa dolente e con gli occhi pieni di lacrime.

Aveva l’impressione, mentre la sua mente le presentava quei flash, di stare vedendo un film come spettatrice di un qualcosa che non ricordava di aver vissuto eppure aveva la netta impressione che davvero quei flash appartenevano ai suoi ricordi persi.

“Soffri tanto bambina?” esordì una voce profonda ma gentile.

Rin sussultò e alzò di scatto la testa, togliendo le mani da essa e tirando su con il naso e poi guardò alle proprie spalle

“Chi sei?”

“Mi chiamo Jinenji e sono un mezzo demone cavallo. Non temere piccola umana non voglio farvi del ma…oh per i demoni ma voi siete la regina!” esclamò il demone inchinandosi immediatamente davanti a Rin.

“No, ti prego! Alzati Jinenji, non sono la tua regina, io non so nemmeno chi sono!” sussurrò Rin trattenendo a stento le lacrime. Jinenji sollevò piano il viso e con esso un sopracciglio cresposo.

“Qual è il problema mia regina?” sussurrò il mezzo demone cavallo. Jinenji era felice che un membro demoniaco della famigliare reale avesse sposato un umana, forse con il tempo umani e demoni avrebbero potuto convivere pacificamente insieme grazie alla regina Rin e al Re Sesshomaru. Già anni prima era stata avviata questa sorta di unione dei due regni grazie al Re Inu No Taisho e alla Regina Izayoi, forse con i nuovi regnati la pace non era più un utopia.

“Io…io…non ricordo…il mio passato” esclamò Rin fidandosi. Non sapeva il perché ma quel demone le infondeva, anche solo guardandolo, una grande fiducia nel prossimo.

“I…io sono un demone guaritore, maestà, se volete posso usare qualche erba in mio possesso e qualche pozione di mia conoscenza per aiutarvi a ricordare o a placare i ricordi del vostro passato, se questo vi può far star meglio ed è vostro desiderio?” chiese Jinenji.

“Davvero?”

“Si maestà e se desiderate so anche essere un buon ascoltatore!”

Rin si alzò in piedi e subito dopo si inchinò davanti Jinenji in un inchino di piena gratitudine.

“Ve ne prego sì, credo che accetterò anche la vostra offerta di ascoltarmi, non so perché ma mi infondete grande fiducia! Aiutatemi a ricordare mio buon amico!”

“Vi prego mia regina, alzatevi, non prostratevi davanti a me. Vi aiuto ben volentieri, prego seguitemi nella mia capanna, li avremo modo di parlare e io di ascoltarvi mentre preparo gli infusi! Sono lieto di infondervi fiducia, forse l’ereditarietà di mio padre, può finalmente servire a qualcosa.” sussurrò gentilmente Jinenji e Rin piano si sollevò e seguì piena di fiducia il demone cavallo.

 

To be continue

 

 

Ed eccomi qua, scusate l' enorme ritardo, allora come vi sembra il capitolo? Spero che vi sia piaciuto e ringrazio chiunque legga e recensisca questa storia. Grazie infinite alla prossima . Vostra affezionata Mei

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 8 ***


 

 

CAPITOLO 9

 

Quando Jinenji si alzò, Rin sussultò. Non si era resa conto di quanto alto in realtà fosse quel demone, e non appena si girò per avviarsi alla sua dimora, ne rimase profondamente sorpresa.

Si era semplicemente alzato e avviato verso casa lasciandole la scelta di seguirlo o meno.

In quel momento si sentì davvero capita, a pelle, Jinenji, le aveva dato l’impressione che comprendesse davvero la sua confusione, il suo disagio, i suoi dubbi.

Il luogo che suo padre le aveva detto di odiare, si era rivelato il contrario di quanto si aspettasse. Fino a quel momento nessun demone aveva tentato di aggredirla, nessun demone l’aveva fatta sentire non accolta, a parte quelle due lucertole nel giorno del suo matrimonio. Nemmeno quando era fuggita dal castello avevano cercato di farle del male, al contrario, volevano fermarla per capire perché stesse scappando e piangendo. Infine poi era arrivato Jinenji. Così buono, così affabile, e così disponibile ad aiutarla.

Senza esitazione, lo aveva seguito nella speranza che tramite il suo aiuto, i ricordi avrebbero trovato giusta collocazione nei buchi presenti nella sua mente.

Per la prima volta da quando aveva messo piede nel regno demonico, aveva finalmente trovato qualcuno che non facesse il misterioso e che le offrisse il suo aiuto senza costringerla a scervellarsi.

Di sicuro i demoni non erano così malvagi come credeva.

I suoi pensieri andarono a Sesshomaru e alle sue parole.

Come sapeva che lei odiava il fuoco?

Lei stessa non sapeva dare un motivo a quell'avversione. La zia le aveva accennato che tramite quell'elemento, aveva dato fuoco al villaggio e per coprirla, Izayoi, era stata costretta a utilizzare i suoi poteri... ma lei sentiva nel profondo che non era solo quello il motivo del suo odio per l’elemento del fuoco, ci doveva essere qualcos'altro! 

Quando finalmente Jinenji si fermò davanti quella che sembrava essere una capanna un po’ vecchiotta, sentì correre lungo tutta la schiena un brivido di timore, ma il mezzo demone scostò la tenda che copriva l’ingresso, lasciandola senza parole. La capanna era accogliente, anche se sembrava datata, e c’era un piccolo fuoco che ardeva al centro. Quella casa era stata costruita accanto un grande albero secolare, le cui radici formavano una specie di salottino attorno al fuoco, con una piccola insenatura che dava l’impressione di essere l’antro di una strega, di quelli in cui si preparano pozioni e incantesimi. Guardandosi intorno notò decine e decine di libri sparsi un po' ovunque, alcuni tomi parevano molto vecchi e dei grandi colossi di lettura. Poco più avanti  e accanto ad altri libri vi era uno scrittoio su cui erano poggiati tanti barattoli con dentro radici di varie piante, foglie essiccate, rametti rinsecchiti, o così pensava lei.

“Prego, accomodatevi maestà!” La esortò Jinenji a entrare.

Quando mise piede dentro la capanna, Rin ebbe l’impressione di essere entrata in un luogo sacro, millenario.

“Mia regina, qualcosa vi turba?”

La giovane lo fulminò con lo sguardo. 

“Va bene. Rin!” Disse sorridendo il demone cavallo, ricevendo un cenno di gratitudine da parte della ragazza.

“Chi sei in realtà?” Chiese lei cominciando a sentire una sorta di soggezione.

“Io? Io mi reputo un umile servitore della corona, ma sono anche il guardiano del regno demoniaco. Io sono colui che tutto sa. So il passato e ne rimembro le vicende, so il presente e lo vivo con umiltà e so il futuro che non è mai scritto e che sempre può cambiare. Sono colui che aiuta il Re a proteggere il regno e a mantenere la barriera. In sostanza un vecchietto disponibile a dispensare consigli!”

Rin annaspò e arretrò di un passo. Aveva pensato di trovarsi davanti un demone comune, e invece quello era uno dei pilastri del regno demoniaco.

“Ma…ma non eri solo un demone guaritore?” Balbettò indecisa se inchinarsi o meno.

Jinenji sorrise per poi ridacchiare: “Fra le altre cose...”

“Oh per tutti i Kami!”

“Mia regina qualcosa non va?” Chiese preoccupato vedendola impallidire.

L’appellativo "regina" le stava ancora decisamente stretto, e Jinenji se ne accorse.

“Essere la mia regina… ehm, la nostra regina, vi disturba tanto Lady Rin?” Chiese cercando di riordinare in qualche modo il disordine che albergava dentro la capanna, con un tono di voce un po’ triste.

Rin sgranò gli occhi e scosse una mano davanti a sé, come a richiamare l’attenzione di Jinenji che si voltò lentamente verso di lei.

“Non è questo, credimi! Ma davvero non sono la tua regina... beh, forse tu sai chi sono in realtà!”

Il mezzo demone annuì mestamente e la giovane regina arrossì.

“Avete intuito vero maestà? Non ci siamo incontrati a caso, davvero io posso aiutarvi a far luce su molti di quei dubbi che tartassano la vostra anima. Quindi ditemi mia buon amica, cosa vi turba?”

La ragazza non se lo fece ripetere due volte e drizzando le spalle esordì con un tono di voce carico di dubbi e insicurezze. Essere davanti a "colui che tutto sa" le metteva un certo tipo d’ansia.

“Sesshomaru mi ha sposato solo ed esclusivamente perché ero una delle femmine presenti alla selezione.”

Jinenji inarcò un sopracciglio.

“Ne siete sicura?”

“Si, ma in seguito mi ha detto di averlo fatto anche perché già mi conosceva, cosa che io non ricordo, e anche perché..." fece una pausa guardando con titubanza il suo interlocutore. Sapeva che era inutile far finta di niente, e soprattutto che Jinenji conosceva ogni cosa di lei, quindi si decise a continuare "sono una dominatrice o qualcosa di simile… ancora nemmeno io so cosa significhi esserlo.” 

“Però, che io sappia, al Principe Sesshomaru non è mai piaciuta l’idea di diventare Re senza al suo fianco una donna che ama. Poi, un altro appunto, milady: se il Re vi ha detto che vi ha sposato perché già vi conosceva, essere sua moglie dovrebbe giovarvi. Nessuno, né umano, né demone può toccare una donna sposata con un sovrano. Sono le leggi di entrambi i regni, correggetemi pure se sbaglio”

“Le persone cambiano idea” esordì Rin cercando di intavolare una flebile difesa, ma dentro di sé sapeva che Jinenji aveva perfettamente ragione.

“Beh, ma lui è un demone, e raramente i demoni cambiano idea, maestà, specie se sono innamorati e se unendosi alla compagna amata possono salvarle la vita.”

Rin sussultò: "Che vuoi dire?”

“Che anche se sua maestà, il Re Sesshomaru, vi ha detto che una donna valeva l’altra, credo che non fosse vero. Per la famiglia reale il matrimonio è qualcosa di sacro, ecco perché Sesshomaru aveva chiesto il colloquio con le eventuali partner.”

“Ma il colloquio non c’è stato!”

“Forse perché sapeva da tempo chi voleva sposare, milady. Penso proprio che il Re volesse avervi al suo fianco, non come trofeo, ma come qualcuno con cui condividere la vita.” Spiegò Jinenji mentre Rin sgranò gli occhi incredula.

“Non è possibile… non ha senso!”

“Milady, Sesshomaru ha avuto davanti agli occhi entrambi gli esempi di una relazione, ovvero quella fatta per convenienza e quella fatta per amore.”

La ragazza lo ascoltava con attenzione.

“Il primo matrimonio dell’ Ex Re Dei Demoni fu dettato da semplici ragioni di convenienza, ma non c'era amore, e la madre di Sesshomaru, l’ex Regina Inukimi, non faceva altro che indebolire il Re, costringendolo a preferire la guerra anziché la sua compagnia, e per i primi cent’anni Sesshomaru crebbe con il cuore di ghiaccio. Poi però nacque la principessa Izayoi. Milady, il padre di vostra zia, vostro nonno, era molto amico di Inu No Taisho e quando nacque Izayoi fu suo esplicito desiderio che il Re Dei Demoni conoscesse la sua figlioletta. Quello fu il primo incontro tra vostra zia e l’ex Re. Già dalla sua nascita, Izayoi, placò il suo animo tormentato... per lei inizialmente fu un amico, un protettore, un fratello che viveva segretamente nell'attesa che crescesse. Lui la vegliava e intratteneva con delle semplici conversazioni, anche se vostra zia era intimorita dal fatto che fosse un demone, ma per Inu No Taisho quegli incontri flebili bastavano... poi  però il re degli umani morì e subentrò al trono Takemaru, e per anni Inu No Taisho non vide più Izayoi. Fu un duro colpo per il re che partì, lasciando nelle mani della moglie e del figlio il dominio del regno, fino a quando, da dietro la barriera, cinque anni fa, non vide gli occhi di vostra zia. Erano vuoti, spenti, non era più la ragazza che ricordava."

“Cosa?” Ansimò Rin allibita

Jinenji continuò imperterrito.

“Quando la regina Inukimi morì, Inu No Taisho tornò a casa e riprese a governare. Non era giusto caricare il figlio del fardello del regno, perché significava costringerlo a fare quello che in passato aveva dovuto fare lui stesso. Quando venne a sapere che di nascosto Sesshomaru si vedeva con un'umana, non si oppose, anzi ne fu sollevato, ma poi…”

“Poi…tutto cambiò vero?" Iniziò a dire Rin "A causa di mio padre la guerra ebbe inizio, e la zia, che mi aveva spesso raccontato di avere un amico segreto nel cuore, che vedeva di rado, fu costretta a separarsi definitivamente da lui. Quell'amico era Inu No Taisho, vero Jinenji?”

Il mezzo demone annuì.

“E voi, milady? Perché non vi siete opposta a questo matrimonio, se davvero non lo volevate?” 

“Non potevo oppormi, dovevo salvare la zia!”

“Milady, potevate chiedere la separazione!”

“L’ho fatto, mi è stato detto che non era possibile farla.”

“Chi ve lo ha detto?”

“Sesshomaru!”

“Chiedetevi il perché: la separazione è possibile, se entrambe le parti lo vogliono!”

“Cosa? Sesshomaru mi avrebbe mentito?”

“No. Prestate attenzione: ho detto "se entrambe le parti lo vogliono". Il Re non voleva separarsi da voi e non perché gli servivate, la sua posizione resterebbe tale con o senza di voi. Non voleva per altre ragioni, che ovviamente io non so, ma che sospetto.” Concluse affabile e gentile.

“Ho bisogno di ricordare, Jinenji. Ho bisogno di capire chi sono. Sembra che qui tutti sappiano tranne me. Ditemi chi sono! Sesshomaru non mi vuole dire nulla.”

“Non può dirvelo, Milady. Il dolore vi ucciderebbe. Dovete ricordare da sola, ma io posso aiutarvi. Posso preparare delle erbe che vi aiuteranno a ricordare, ma sarà solo una sollecitazione: ricorderete solo se lo vorrete davvero!"

“Voglio farlo!”

“Siete sicura?”

“Sicurissima!”

“D’accordo!” Acconsentì Jinenji alzandosi e dirigendosi verso l’antro che aveva visto quando era entrata. Seguendo l’istinto, Rin si alzò e gli andò dietro, osservandolo trafficare con vari barattoli ed erbe, per poi metterle dentro un pentolino a bollire. 

Dopo minuti di attesa che le parvero ore, Jinenji si voltò verso di lei, serio.

“Il ritorno al passato, i ricordi del passato sono qualcosa utile alla persona, ma non bisogna mai farsi condizionare da essi, milady. Probabilmente, se questo infuso funzionerà e la vostra memoria si vorrà risvegliare, sarete invasa da molti dei sentimenti che provavate allora, ma dovete essere capace di capire se ciò che avete provato in passato persiste tuttora. Quindi, mia buon amica, imparate dal passato, scoprite il vostro passato, ma agite con il cuore, agite con il presente.” Sussurrò cauto Jinenji e la ragazza si trovò ad annuire mestamente. Poi successe tutto velocemente: afferrò il recipiente che il demone cavallo le porgeva, bevve tutto d'un fiato, si stese sul giaciglio lì a fianco e chiuse gli occhi, prima di cadere in una specie di sogno in cui non fu più capace di distinguere né lo spazio né il tempo.

Le passò davanti agli occhi tutta la sua vita, dai giochi di bambina nel giardino del palazzo, a rincorrere le farfalle, al primo incontro con Sesshomaru... non appena vide quella scena si agitò nel sonno, tanto che Jinenji le poggiò un panno bagnato sulla fronte per darle sollievo.

Il demone cane se ne stava con la schiena poggiata a un albero ed era ferito, probabilmente a causa della guerra contro gli umani. A quel punto, Rin vide se stessa: si vide chinarsi su Sesshomaru per aiutarlo.

“Non osare toccarmi, insulsa umana!”

"Era ancora più stronzo di com'è ora!” Borbottò tra sé e sé, realizzando finalmente che sì, lo aveva già incontrato in passato, e finalmente ricordava almeno quello!

“Sta un po’ fermo! Non voglio farti del male…” Si meravigliava di se stessa e di come si fosse prodigata per soccorrerlo, ma ora che la sua mente ripercorreva quei momenti, capiva che lo avrebbe fatto per chiunque: demone o umano, davanti a una creatura ferita gravemente, non si sarebbe tirata indietro, perché nonostante fosse cresciuta nell'odio per quella razza così diversa dalla sua, Rin era una persona buona.

"Perché mi hai aiutato?”

“Perché questa insulsa guerra tra demoni e umani ha già fatto troppe vittime!” sospirò piano lei.

“Come ti chiami?"

“Tu come vuoi chiamarmi?”

Certo! Ora era tutto chiaro: a quel tempo, Rin non aveva potuto rivelargli il suo nome, del resto era la figlia del re! Si sarebbe messa in pericolo da sola. 

Sesshomaru la guardava con freddezza, ma nel ripercorrere quel ricordo, come allora, la ragazza riuscì a percepire la sua curiosità, e dalle labbra del demone riaffiorò quel nome con cui tutti, da allora, si sarebbero sempre riferiti a lei.

“Ruby Red!” 

“E sia" disse la se stessa di quel tempo "per te da oggi avrò questo nome!” 

 Altre le scene le si pararono davanti: lei che sgattaiolava fuori dal castello per incontrarsi segretamente con lui, le notti passate l'una fra le braccia dell'altro a guardare le stelle, picnic segreti, Izayoi che le sorrideva complice, baci carichi di passione, urgenza, amore... e poi quella notte!

“Stavo pensando…”

“Cosa, amore mio?” Chiese lei sorridendo.

Sesshomaru le sorrise di rimando. Come aveva potuto dimenticare quel sorriso? Quei momenti? Quell'amore? Quella persona! Sapeva che non stava succedendo, ma che era tutto già accaduto nel passato, eppure una sensazione di paura si impossessò di lei, mentre l'unica speranza, l'unico desiderio, era di poter perdersi in quel ricordo, prima che giungesse al suo terribile crepuscolo, continuare a viverlo finché era ancora tutto così perfetto!

“Sposiamoci!”

“Cosa? Ma… mio padre!”

“Rin, mi ami?”

“Sì, da morire. Darei la vita per te!”

“Solo questo conta, tutto il resto è solo contorno. Sposiamoci domani all'alba, porterò il guardiano del regno demoniaco, se è lui a sposarci niente e nessuno si potrà opporre!”

“Il guardiano… chi?”

“Jinenji!”

Le emozioni provate quel giorno, ora Rin lo sapeva, erano state le più forti della sua vita.

“Accetto!”

Sesshomaru sorrise prima di baciarla dolcemente.

Lei si staccò da lui dicendo: “E i testimoni?”

“Izayoi e Jaken!”

“Hai pensato a tutto, amore mio…”

“Come sempre, Ruby Red.”

 

Era tutto vero! Aveva avuto davvero una relazione con Sesshomaru, e guardare quei ricordi le creava un moto di nostalgia, una voglia matta di correre da lui, di chiedergli scusa per averlo dimenticato!

Poi un ultimo ricordo le affiorò alla mente, nella vallata della luna, dove  lei e Sesshomaru si stavano sposando, dove la zia fremeva felice e un po’ impaurita, dove Jaken si lamentava in continuazione, e dove Jinenji sorrideva entusiasta.

Lei, vestita di bianco, non vedeva l’ora di raggiungere Sesshomaru davanti all'altare e baciarlo rendendolo suo per sempre.

 

La scena che le si presentò davanti le fece accapponare la pelle. Una possente pioggia di frecce calò su di loro, e due di esse colpirono Jinenji, una al fianco e una al braccio, mentre un'altra freccia colpì il piede di Jaken. Rin vide chiaramente l'ondata travolgerla, e serrò gli occhi aspettando l’impatto, ma esso non avvenne. quando ebbe il coraggio di guardare, sollevò il viso trovando davanti a sé l'espressione sofferente di Sesshomaru, che per proteggerla, le aveva fatto da scudo, finendo trafitto da cinque frecce piantate sulla sua schiena. Dall'odore che sentiva dovevano essere avvelenante, un veleno in grado di indebolire gravemente i demoni cani, sicuramente preparato dalla strega Urasue. Quella pazza megera si era unita al padre di lei perché i demoni l’avevano bandita dal regno e ora a farne le spese erano Sesshomaru, Jinenji e Jaken.

“Sei una vergogna, Rin. Amoreggiare con i demoni!”

“Padre!”

“Ti spedirò all'inferno! Nello stesso luogo dove ho spedito tua madre!”

“Mia madre è morta di parto!” Rispose istintivamente, senza assimilare le parole di suo padre.

“Credilo pure se vuoi, e quando la rivedrai, puttanella, dille che ti manda tuo padre!” Esclamò Takemaru, pronto ad attaccarla.

“No… no… non è possibile!”

Sesshomaru la vide scostarsi da dietro di lui per fronteggiare suo padre. Era pallida, incredula, disperata. Quando un colpo di frusta lanciato da Takemaru la ferì al braccio facendola urlare di dolore, Sesshomaru si scagliò su di lui con rabbia, ingaggiando una lotta all'ultimo sangue. Il demone era superiore in forza fisica e abilità, ma il suo errore fu non aver immaginato che il padre di Rin avesse fatto ricorso alle arti magiche oscure, inventate da Urasue. Quando la spada di Takemaru si conficcò nel suo petto, Rin urlò di dolore, finendo per essere accecata dalla rabbia, e un profondo calore la invase facendola scoppiare. Dalla sua mano sinistra uscirono possenti fiamme rosse, e dalla destra fiotti di ghiaccio. Il ghiaccio corse da Sesshomaru, Jaken, Jinenji e Izayoi, rimasta illesa per pura fortuna, e li avvolse, mentre le fiamme che uscivano dalla sua mano destra bruciarono tutto quello che aveva davanti, investendo lo stesso ghiaccio a protezione dei suoi cari.

Quando finalmente si fu calmata, tutti i soldati erano carbonizzati, il padre aveva un braccio bruciato e si dimenava per terra, apparentemente privi di vita, c’erano Sesshomaru, Jaken e Jinenji.

“Puttana! Maledetta strega!” Urlò Takemaru, ma Rin non lo ascoltò: i suoi occhi erano fissi sui suoi compagni, su Sesshomaru, fermo immobile a terra.

“No… no… zia... amore mio…” balbettò facendo qualche passo verso il demone per poi inginocchiarsi, mettergli una mano sulla spalla e scuoterlo.

“Se… Sesshomaru… svegliati. Amore… ti prego… apri gli occhi. Sesshomaru!”

“Rin…” Balbettò piano Izayoi.

“S… Sesshomaru...” guaì piano la ragazza non ascoltando la zia e scuotendolo, ma Sesshomaru non le rispondeva.

“Non fare scherzi… dai… svegliati!” Pianse ancora Ruby Red.

“E’ morto! Non ci credo! Amata figlia, hai ucciso il principe dei Demoni. Oh amata figlia mia!” Esordì il padre con un sorriso folle.

 “No…NO NOOOOOOOOOOO!” Urlò Rin alzandosi in piedi e scappando via, mentre anche la mano destra, da cui prima era uscito il ghiaccio adesso emanava fuoco, tanto che mentre correva ogni pianta, foglia, arbusto, fiore, prendeva fuoco, e con la coda dell’occhio si accorse che il padre aveva preso a seguirla, pur con il braccio ferito e dolorante, ma prima che potesse raggiungerla la terra si scosse e in lontananza vide la zia avvolgere il corpo di Sesshomaru in una fortezza di terra, per poi fronteggiare il fratello.

“Non osare toccare mia nipote, Takemaru!”

“Izayoi…” Esclamò allibito Takemaru. “Sei una strega!”

“Un elementare, stronzo!”

 

Rin si svegliò di scatto urlante e con le lacrime agli occhi. Il cuore le batteva a mille. Jinenji accorse a sorreggerla, accogliendola fra le sue grandi braccia mentre era scossa da singhiozzi e spasmi.

“Vi ho ucciso! H… Ho ucciso Sesshomaru?”

“No Rin, ci hai protetto. Il ghiaccio ci ha circondati, proteggendoci dalle fiamme, mentre il fuoco ha fatto evaporare il veleno di Urasue.” Spiegò con un sorriso, ma Rin piangeva a dirotto e non riusciva a calmarsi.

“Maestà… vi prego calmatevi. Cosa posso fare per voi?”

“Portami da mio marito. Ti prego Jinenji, portami da Sesshomaru!” Ansimò Rin in preda all’ansia. Aveva bisogno di lui, di stringerlo.”

 “Siete sicura?”

“Jinenji!” Fu quasi un grido, una supplica disperata, il suo volto era sconvolto dal dolore. Doveva sbrigarsi, faticava a respirare. Aveva bisogno di Sesshomaru.

Jinenji assunse la sua forma demoniaca, ovvero quella di un cavallo, e dopo averla fatta salire in groppa, corse fino al castello.

 

To be continued

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 9 ***


 

 

 

 

Giunto al castello e ricevuto l’inchino da parte delle guardie reali, Jinenji fece scendere dalla propria schiena una Rin sconvolta e in lacrime. La ragazza teneva le mani strette al petto e aveva come la sensazione che la testa, ma soprattutto il cuore, le stessero per scoppiare. Aveva un disperato bisogno di vedere suo marito, di assicurarsi che stesse bene.

Lentamente scese dalla schiena di Jinenji e non appena le due guardie davanti l’ ingresso la videro le corsero incontro.

“Maestà, che è successo?” Chiese il primo demone bloccandole il passo

“Qualcuno l’ha attaccata, maestà?” Chiese l'altro.
“Sembrate sofferente mia regina!” 

Rin socchiuse gli occhi, si portò una mano al petto e strinse le proprie vesti convulsamente, mentre cercando di non crollare a terra si poggiò alla spalla di Jinenji.

“Maestà!”

“Cedete il passo! Non lo vedete che la vostra regina ha bisogno di tornare nelle sue stanze a riporsi? La state rallentando!” Fece Jinenji alterandosi non poco: oltre ad essere preoccupato per Rin, temeva anche per se stesso, considerato come, a causa del suo incantesimo, fosse ridotto la regina.

Le due guardie s’irrigidirono quando Jinenji sospinse Rin su per le scale d’ingresso del palazzo. La ragazza si voltò verso di loro e con voce dolce sussurrò: “Vogliate perdonarmi, non volevo farvi preoccupare. Sto bene, un po’ di riposo e sarò come nuova. Perdonate l’irruenza di Jinenji!”

Le due guardie si guardarono sorprese, come a chiedersi chi era quella donna che si era rivolta a loro così cordialmente, dato che la regina non aveva mai dimostrato tanta comprensione per la razza demoniaca.

Jinenji sorrise.

“Che c’è?” Chiese Rin titubante mentre le grandi porte del castello venivano richiuse.

“State tornando: la vecchia voi, il vostro vero carattere, quello non plagiato da vostro padre, sta tornando a galla. Ne sono lieto.”

Lei gli sorrise.

“Rin!” Esclamò una voce profonda, e lentamente Rin si voltò verso il suo nuovo interlocutore, con la mano sempre stretta al petto e non appena lo vide sorrise e si prodigò in un inchino.

“Maestà, vogliate perdonare il comportamento che ho avuto in questi giorni. Sono stata davvero scortese con voi, me ne dispiaccio!” Sussurrò la giovane tenendo china la testa.

Inu No Taisho sgranò gli occhi e poi li puntò su Jinenji, ma non fece in tempo a chiedere spiegazioni che Rin riprese parola.

“Vorrei… sarei lieta a tempo debito di scambiare due chiacchiere con voi, magari mi racconterete, la vostra storia con mia zia nei particolari, ora se permettete mi congedo. Vorrei raggiungere il mio sposo!” Esclamò chinandosi nuovamente davanti al precedente Re, che la guardava allibito. Un dolore al petto la fece gemere e si affrettò a raggiungere le stanze di suo marito, ma prima si voltò verso Jinenji.

“Ciao amico mio, grazie davvero di tutto. Vi devo la vita!”

“Mio signore…” Salutò poi Inu No Taisho.

Ma prima che potesse allontanarsi vide Izayoi affiancare il suo compagno.

“Cara zia…” Disse avvicinandosi a lei e abbracciandola “Quanto ti voglio bene! Grazie di tutto!” 
“Che intendi?” Chiese la donna allibita.

“Ricordo tutto! Zia, hai protetto mio marito, vero?”

Izayoi arrossì e abbassò il viso in imbarazzo. Rin ridacchiò.

“Grazie zia." Esclamò prima di stamparle un bacio sulla guancia, per poi fuggire via.

“Che diavolo è successo?” Chiese incredulo Inu No Taisho.

“Ricorda tutto.” Sussurrò Izayoi, poi gridò di gioia: "Ricorda tutto! Oh Kami! La mia Rin! La mia piccola Ruby Red! È tornata! La mia nipotina non è plagiata più da Takemaru! Non ci credo!” Era euforica e con le lacrime agli occhi per l'emozione.

“Izayoi…” La chiamò il marito.

“E’ Tornata Inu No Taisho! Da oggi potrai conoscere la vera Rin. Oddio… è tornata!”

“Non so che significhi, ma sono contento!”

“Lo scoprirai amore mio. Scoprirai perché tuo figlio si è perdutamente innamorato della mia bambina!” Sussurrò dolcemente Izayoi.

Mentre camminava lungo i corridoi del castello, Rin fu costretta più volte a fermarsi per poggiarsi al muro e respirare profondamente per placare il dolore al petto che sentiva. Il bisogno di vedere Sesshomaru aumentava ogni secondo di più, ma non poteva correre da lui ignorando i sovrani del castello, era suo preciso dovere porgere i propri saluti e congedarsi come il galateo di una regina esigeva, ma adesso aveva la fronte imperlata di sudore, il respiro ansante, difficoltà motorie, la sola cosa che desiderava in quel momento era raggiungere le stanze di Sesshomaru.

“Rin!” Esclamò una voce fredda ma in qualche modo anche sollevata.
La ragazza restò interdetta nel vedere Sesshomaru davanti a lei, vestito con la sua armatura da guerra. Era bello come il sole.

“Amore mio…” Ansimò Rin cadendo in ginocchio. Le forze l’avevano abbandonata ora che si trovava davanti il suo sposo, infatti un mancamento la fece oscillare in avanti.

Sesshomaru agì d’istinto e prima che Rin sbattesse la faccia per terra, il suo braccio frenò la caduta.

“Rin? Ricordi?” Esclamò quasi allarmato Sesshomaru stringendo la moglie tra le sue braccia, ma Rin era svenuta.

Lentamente se la caricò in braccio, tranquillizzato dal fatto di riaverla di nuovo a casa. Si diresse nuovamente nelle sue stanze e non appena fu dentro, depositò la giovane sull’enorme letto, poi si avvicinò alla finestra osservando la luna. Quella notte era luna piena. Rin amava la luna. Si girò verso il proprio letto notando che lei aveva un sonno terribilmente agitato. Con passo lento e controllato si avvicinò al letto e le mise una mano sulla fronte sudata, tanto che parve placarsi all’istante.

Poi si alzò dal letto e le dette le spalle cominciando a sganciarsi la pesante armatura e poggiarla a lato della stanza. Tolse prima le spade, poi gli stivaletti, infine sciolse il nodo della parte superiore del suo Kimono fatto con il pelo dell’Inezumi, rimanendo così a petto nudo. Il demone fece per sciogliere anche la cintura dei pantaloni, ma il grido di sua moglie lo costrinse a girarsi di scatto.

“Sesshomaru!” Urlò la ragazza con le lacrime agli occhi.

“Rin!” Il demone corse da lei, si sedette sul letto e le mise una mano sulla spalla. Lei si voltò a guardarlo intensamente.

“Oh mie Kami. Sei qui!” Esclamò tuffandosi su di lui e stringerlo in un abbraccio, seppellendo il viso nel suo petto nudo, singhiozzando.

Sesshomaru rimase fermo, con gli occhi leggermente sgranati, poi chinò il viso osservando le spalle della moglie che si muovevano spasmodicamente. Sollevò una mano e la poggiò sulla testa di lei, prendendo ad accarezzarla come fosse un cucciolo, per cercare di calmare il suo pianto disperato.

Il battito del cuore di Rin gli perforava i timpani. Era terrorizzata e al contempo incredula e felice di poterlo stringere a sé.

“Donna, staccati un momento. Spiegami che diavolo è questo pianto disperato?” Chiese Sesshomaru.

La ragazza allontanò leggermente il viso dal petto di lui per poterlo così guardare negli occhi.

Lo guardò a lungo, come a imprimersi il suo viso nella mente, vogliosa di non dimenticarlo mai più, poi con un filo di voce timido, sussurrò.

“Ricordo tutto”

Sesshomaru sgranò gli occhi, poi li richiuse lasciando che quelle parole gli riempissero l’anima.

“Ricordi tutto” Ripeté guardandola di nuovo in viso, e quando la vide annuire per poi tirare su col naso, provò una specie di moto di tenerezza. Sorrise grato ai Kami, poi sussurrò di nuovo.

“Ricordi tutto. Anche il nostro passato?” Chiese quasi timoroso. Rin accennò un sorriso.

“Soprattutto quello!" Disse. Poi divenne seria "Come ricordo anche il fatto di averti ucciso” fece mentre un'altra lacrime le uscì dagli occhi. Sesshomaru sospirò.

“Sono qui Rin, vivo e vegeto, quindi non mi hai ucciso.”

“Ma il fuoco…”

“Mi ha salvato la vita. Se ricordi, allora sai che prima mi hai avvolto con il ghiaccio e poi con il fuoco, la fusione di questi due elementi…”

“Ha fatto evaporare il veleno delle frecce. Jinenji me lo aveva detto, ma non sapevo se crederci e…”

“Sei stata da Jinenji? Perciò non hai ricordato da sola...”

“Oh sì che l’ho fatto! Jinenji mi ha detto che le sue erbe mi avrebbero aiutato solo se la mia mente era pronta a ricordare, e come vedi la mia mente era pronta anche se…”

“Ti ha fatto male?”

“Non l’infuso, non i ricordi, ma scoprire chi è stato il colpevole della mia infelicità, quello sì. Ha fatto male!”

Sesshomaru sospirò sollevando una mano per poggiarla sulla guancia di lei e con il pollice sfiorarle le labbra.

“Tuo padre”

“Già. Non capisco perché odi così tanto noi elementari e i demoni. Il nonno era amico di tuo padre…”

Sesshomaru sgranò gli occhi.

“Com’è che sai questa cosa? Io non l’ho mai detta a nessuno, nemmeno a te in passato!”

“Jinenji!”

“Quel demone parla troppo!” Esclamò gelido

“Sesshomaru!"

Il demone cane la guardò.

“Ho un favore da chiederti!”

“Dimmi!”

“Baciami, ti prego!”

Sesshomaru la guardò a lungo come a cercare una sorta di dubbio nei suoi occhi, e quando non trovò nulla, accennò un sorriso mite, per poi chinarsi piano su di lei. Rin abbassò un attimo gli occhi sulle proprie mani e quando si accorse di averle poggiate sul petto nudo di lui arrossì e le staccò di scatto. Il demone si frenò e osservò dubbioso l’atteggiamento della ragazza.

“Che hai?”

“Ehm… ecco… io… Ti stavo toccando!” Sussurrò in imbarazzo Rin.

“E allora?”

“E' indecente per una donna toccare un uomo!”

“Rin, guardami!” Esclamò Sesshomaru prendendole un polso. Quando Rin alzò gli occhi, l’espressione del suo sposo era quasi un ghigno soddisfatto.

“Io però sono un demone!” Le disse portando la sua mano di nuovo sul petto “E tu sei mia moglie!”

Rin batté più volte le palpebre, poi sorrise annuendo e Sesshomaru unì le sue labbra a quelle di lei. 
La giovane gemette euforica e sollevò l’altra mano che era rimasta sulla sua gamba per poi poggiarla sulla guancia del marito e successivamente infilarla tra i suoi lunghi e lisci capelli argentati.

La ragazza si divincolò dalla presa di Sesshomaru, poggiando il palmo sulla spalla di lui. Fece un po’ di pressione, dopodiché lo tirò sul letto costringendolo a stendersi su di lei.

Sesshomaru staccò le labbra dalle sue.

“Rin…”

“Shh”

La ragazza gli poggiò delicatamente la bocca sul collo, inspirò il suo odore poi prese piano a slacciargli i pantaloni.

“Rin!” La frenò Sesshomaru.

Ma lei scosse la testa in segno di negazione, poi lo guardò con occhi lucidi.

“Non privarmi di te Sesshomaru. Non so bene che cosa mi è successo, perché ti ho dimenticato, ma da ciò che ricordo, io e te avremmo dovuto essere sposati ormai da anni. Ti amo e non ho paura di dirlo. Sapendo che ti ho al mio fianco, niente può farmi paura, né i miei poteri nascosti, né mio padre, né il regno umano. Tu sei la mia forza e in qualche modo io voglio essere la tua. Voglio donarti tutto di me e vorrei che tu facessi lo stesso con me. Sento una fiducia incondizionata nei tuoi confronti, sono sicura che mi aiuterai ad essere la vera me, a non avere paura dei miei poteri, come in passato mi avevi promesso. Ricordi?”

Sesshomaru annuì e la giovane gli sorrise grata.

“ Per favore Sesshomaru, non allontanarti da me, amami!” Disse con impeto Rin, sicura di sé, e quando lui s’impadronì all’istante delle sue labbra, lei non poté far altro che gemere estasiata per poi riportare le mani all'altezza della cintura e slacciargli i pantaloni. Lei annaspò, sgranando gli occhi per la sorpresa.

Sesshomaru sorrise beffardo.

“Avevo cercato di avvertiti mia regina!”

“Oh…Kami” Balbettò Rin staccando gli occhi dal membro del marito e guardandolo di nuovo in viso.

“Che devo fare?” Chiese totalmente in imbarazzo.

“Lasciare fare a tuo marito!” Le rispose Sesshomaru prima di circondarle la vita con un braccio e sollevarla per poi farla sedere a cavalcioni sulle sue cosce e iniziare lentamente a toglierle le vesti.

Non appena l’intimità di Rin entrò in contatto con quella del marito, istintivamente circondò le sue spalle con le braccia e seppellì il viso nell’incavo del collo di lui ansimando violentemente.

“Calma…” sussurrò Sesshomaru portando la mano libera dietro la schiena di lei e cominciando a carezzarla.

Rin era stretta al corpo scolpito del marito e con una mano gli scompigliava i lunghi capelli. Non sapeva decifrare la sensazione che provava al basso ventre, ma si sentiva terribilmente bagnata e con il respiro ansante. Quando le dita di lui corsero a sfiorarle l’intimità, il gemito di Rin lo fece sorridere. L’aveva appena sfiorata e lei era già pronta per lui.

Dopo diversi minuti di preliminari la fece venire già due volte, Sesshomaru staccò le mani dalla sua femminilità per metterle dietro la sua schiena e costringere Rin a stendersi su di esse, poi spinse il bacino verso di lei e la giovane gemette ancora.

“Sei pronta?”

“Penso di si!” Sussurrò docilmente la ragazza tenendosi stretta a lui e quando Sesshomaru sorrise, Rin si sentì sull’ orlo di un altro orgasmo.

Il Re Dei Demoni strinse i denti, sapeva che avrebbe dovuto farle male e sperava solo che per Rin quello fosse un dolore sopportabile. Si staccò leggermente da lei e si sedette nuovamente sul letto, poi prese di nuovo tra le braccia una Rin che pareva non avere più forze, e le aprì le gambe, chinandola piano e dolcemente sulla sua asta.

Al contatto con il membro di Sesshomaru, Rin sussultò e s’irrigidì

“No, no, Rin, rilassata!” Disse con tono serio. 

La vide ansimare forte e stringere nel pugno una ciocca dei suoi capelli argentei, mentre nascondeva il viso nel suo collo.

Sentendola leggermente più distesa, cominciò a entrarle dentro. La ragazza urlò per il dolore, e questo gli lacerò l’anima. Si fermò per darle il tempo di abituarsi e non appena la sentì pronta, ricominciò a farsi strada in lei. Fu un susseguirsi di emozioni e sensazioni potenti, oltre che di un grande piacere crescente, e quando le venne dentro, Rin gemette di piacere, esausta ma felice.

Quella notte, per la prima volta in vita sua, Rin divenne completamente di Sesshomaru. Mentalmente, emotivamente e fisicamente adesso era sua, come Sesshomaru era suo.

 

 

to be continued

eccoci qua gente, ci avviciniamo inesorabilmente alla fine della storia, mancano su per giù due o tre capitoletti. Ringrazio chiunque abbia messo questa storia nelle preferite, nelle ricordate e nelle seguite, e ringrazio di vero cuore chi spende un minutino di tempo per lasciarmi una recenzione

per ultimo ma non per questo meno importante ringrazio infinitamente SuperSara con la collaborazione di  Ameliasvk (alias bob) per il grandissimo aiuto che mi date. Grazie ancora di cuore.

alla prossima Mei

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


 

 

 

Quella mattina, alle prime luci dell’alba, quando un tenue sole stava cominciando a fare capolino sul regno demoniaco, la nuova Regina Dei Demoni aprì gli occhi assonnati. Si sentiva strana, accaldata, ma terribilmente felice. La ragazza sentiva un caldo che in tutta la sua intera esistenza non aveva mai provato e, abbassando lo sguardo, notò che le coperte dell’enorme letto matrimoniale erano attorcigliate in malo modo ai suoi piedi, che un paio di gambe possenti e muscolose avevano immobilizzato le sue. Salendo con lo sguardo notò un braccio con una mano artigliata che le cingeva la vita, e in quel momento ricordò cosa era accaduto la sera precedente: aveva fatto l’amore con Sesshomaru. Un piccolo particolare però quella mattina era saltato all’occhio di Rin. Sebbene fosse euforica e felice dal fatto di star dormendo attaccata a suo marito, non aveva fatto i conti con la coda di lui. Lei amava sentire le proprie gambe imprigionate da quelle di Sesshomaru, così come la propria vita circondata dal suo braccio, ma il suo corpo era anche avvolto, in stile involtino primavera, dalla sua calda, morbida e soffice coda, che sebbene, ne era convinta, in inverno le avrebbe dato un immenso piacere, ad agosto inoltrato, la stava facendo sudare terribilmente. Con movimenti leggeri e facendo attenzione a non svegliare Sesshomaru, tentò in mille combinazioni possibili di allontanare la coda, fallendo miseramente.

Sbuffando Rin si girò tra le braccia di lui e ritrovandosi ad osservare un petto muscoloso, pallido e scolpito. Sollevò appena lo sguardo per osservargli il viso e sussultò nel vederlo per la prima volta dormire, rilassato e con l’ombra di un sorriso sincero sul volto. La infastidiva parecchio l’idea di svegliarlo, ma davvero stava morendo di caldo.

Puntando le mani sul petto di lui, lo chiamò piano, ma Sesshomaru parve non sentirla e, nel sonno, la strinse maggiormente a sé. La ragazza lo richiamò nuovamente, ma per l’ennesima volta lui non la udì.

Sbuffando spintonò il petto del marito  e quando lui aprì gli occhi per guardarla dubbioso, la moglie esclamò.

“Amore, non che non sia bello dormire abbracciata a te, ma sei una stufa ambulante, sto morendo di caldo e siamo ad agosto!” protestò.

È l’alba, Rin! Non fa così caldo!” Sussurrò Sesshomaru, stringendola.

“Forse per te che non sei avvolto in una coda di pelo bollente! Soffoco!” Sbottò Rin mettendo il broncio come una bimba.

Sesshomaru abbassò lo sguardo sul corpo della moglie, rendendosi conto che avesse ragione.

Non si era accorto di averla legata come un salame. Lo aveva fatto in consciamente per la felicità che la moglie si fosse ricordata di lui, ma insieme a quella consapevolezza era arrivata anche la paura di perderla nuovamente.

Non facendole notare il suo turbamento, il demone allentò la presa e la liberò, stendendosi sul letto di schiena. Rin sospirò di sollievo ma un attimo dopo rabbrividì e si catapultò su di lui cingendogli la vita con le braccia tremanti.

“Ok, avevo detto solo la coda, abbracciami!” Balbettò battendo i denti e Sesshomaru sorrise costringendola a mettersi su un fianco, a dare la schiena al suo petto, poi la circondò con le braccia il busto e con le gambe le cosce. Rin si rilassò all’istante e sorrise chiudendo gli occhi.

“Sì, ecco, così va decisamente meglio!” Sussurrò sbadigliando, ma quando il membro eccitato del marito le sfiorò i glutei, la ragazza spalancò gli occhi pregustando il momento.

“Posso?” Chiese Sesshomaru causandole un colpo a cuore. Perché le stava chiedendo il permesso?

“Sono tua, puoi fare quello che vuoi con me!” Sussurrò dolcemente sfregando la guancia sul braccio del marito, che il quel momento stava usando come cuscino.

Lentamente Sesshomaru entrò dentro di lei.

“Ahi!”

Sesshomaru si bloccò.

“Scusa, non ero pronta!”

“Rilassati Rin!”

“Sono rilassata!”

“No, sembra che tu abbia paura!” Sussurrò Sesshomaru, dando voce anche ai suoi pensieri.

La moglie sospirò e gli depositò un bacio sul polso che cingeva le sue spalle.

“Effettivamente…”

Il Re Dei Demoni s’immobilizzò all’istante dentro di lei facendola gemere di disappunto.

“Di cosa hai paura, Rin?”

La ragazza gemette nuovamente di disappunto e nascose il viso imbarazzato nella piega del braccio di lui. Quando però un tenero bacio le si depositò sul collo, la regina arrossì.

“Dimmelo Rin. Dimmi di cosa hai paura?”

“Di perderti” Sussurrò talmente piano che persino col suo udito demoniaco faticò a sentirla.

“Non succederà mai Rin, tranquilla!” Disse ricominciando a muoversi dentro di lei e stringendola a sé, alternando baci sul collo e sulle guance umide di lei.

“Dai Rin….”

“Ho paura, amore… mio padre…”

“Non lo temo!”

“Io sì Sesshomaru! Ho ricordato, e mio padre conosce il mio punto debole!”

Sesshomaru sgranò gli occhi stringendo forte la moglie.

“Che punto debole? Rin quale sarebbe il tuo punto debole?”

La ragazza scosse violentemente la testa, poi sollevò la mano che corse ad intrecciare le dita con quelle di lui, depositate sul suo ventre per poi stringerle e portarsele all’altezza del cuore. Serrò gli occhi per evitare alle lacrime di uscire. Con quei gesti Sesshomaru capì all’istante.

“Io?”

“Si, per favore amore. Ovunque vai, qualunque cosa fai, devi stare attento. Non posso perderti. Morirei di crepacuore se ti perdo una seconda volta” Dichiarò la giovane, scoppiando a piangere a dirotto. Sesshomaru sgranò gli occhi.

“Per i demoni Rin… tranquilla sono qui!” Dichiarò con tono di voce caldo, cominciando a coccolare e consolare la moglie. In quel preciso momento Sesshomaru capì perché la compagna si era dimenticata di lui. Se non lo avesse fatto, credendolo morto, sarebbe impazzita, probabilmente sarebbe perita a sua volta. I suoi stessi poteri avevano agito per lei: il ghiaccio e il fuoco si erano uniti per ibernare i ricordi di Rin e concedere a lui la possibilità di riscaldarla. Per anni non aveva ricordato perché i ricordi l’avrebbero uccisa se fosse stata lontana da lui.

 “Sesshomaru…”

“Non ti libererai di me tanto facilmente, donna!” Esclamò sicuro, risoluto, prima di iniziare a muoversi dentro di lei con più enfasi, più passione per impedire alla sua donna di pensare e ci riuscì egregiamente, infatti dopo un’ora e mezza d’amplesso, lei si addormentò tra le sue braccia con un sorriso felice.

Sesshomaru osservò il sole per una frazione di secondo decretando mentalmente che erano circa le sei e mezza del mattino, e che si sarebbe dovuto alzare per controllare il regno, volando sulla barriera per rafforzarla, come era consuetudine ogni tre mesi. Abbassò lo sguardo sulla moglie.

Oggi ci penserà mio padre, io non ho voglia.

Con quel pensiero che inconsciamente spedì al padre, il Re Dei Demoni poggiò il viso tra la spalla e l’incavo del collo della moglie e s’addormentò.

 

In una delle stanze reali Inu No Taisho, steso nel suo letto con la moglie seduta su di lui che si muoveva lentamente, annaspò e sgranò gli occhi.

“Dannazione, questa me la paghi figlio ingrato!” Ringhiò.

Izayoi fermò il movimento dei fianchi e osservò il marito con sguardo dubbioso.

“Che succede?” Chiese.

“Sesshomaru ha boicottato il lavoro passando la palla a me!” Sbuffò l’ex Re Dei Demoni.

“Che significa?”

“Che devo sorvolare il regno per rafforzare la barriera!”

Izayoi sbuffò, si sollevò e fece uscire il marito da dentro di sé.

“Ecco, questa è quella cosa che non mi manca di quando eri il re: svegliarmi senza di te al mio fianco!”

“Izayoi…”

“Lo so, non è oggi il caso, ma appunto perché stavamo facendo l’amore odio questa cosa, ma d’altra parte non mi pare nemmeno giusto costringere Sesshomaru ad andare ora che ha ritrovato Rin.”

“Quindi per te non è un problema?”

Izayoi sorrise e scosse la testa in segno di negazione, poi gli dette le spalle, anche se ancora terribilmente eccitata e chiuse gli occhi sussurrando.

“Vai, torna presto. Ti aspetto!”

“Speriamo che il mio potere regga dato che non sono più il re. Ti amo donn…”

Un pianto disperato costrinse Inu No Taisho a tacere e Izayoi a spalancare gli occhi.

“Ecco, come vedi oggi non era giornata per amoreggiare. Inuyasha chiama! Non preoccuparti caro, reggerà. Magari più tardi, dopo che Sesshomaru e Rin si saranno svegliati, chiederemo a nostro ehm… tuo figlio di aggiungere al tuo potere il suo, così per un po’ non ci saranno problemi.” Fece Izayoi scostando le coperte, alzandosi in piedi e infilandosi la vestaglia per poi camminare fino alla culla del figlio e prenderlo in braccio e accostarlo al seno. Inu No Taisho sorrise felice del fatto che sua moglie considerasse Sesshomaru suo figlio, a maggior ragione ora che la nipote era sua moglie.

“Ahi, piano marmocchio. Il mio seno è ancora turgido per colpa di tuo padre” Disse Izayoi ridacchiando. Inu No Taisho si vestì, poi si diresse dalla moglie e le baciò il collo.

“Prenditi cura di nostro figlio, nutrilo... torno in un secondo e riprenderemo da dove abbiamo interrotto!”

Izayoi gemette, poi annuì sentendo lo spostamento d’aria. Il marito si era catapultato fuori dalla finestra e lei iniziò a cullare Inuyasha nella speranza che mentre mangiava si riaddormentasse di nuovo.

 

Nel regno umano era tardo pomeriggio quando l'urlo di Takemaru mise in agitazione tutto il palazzo. Sumuro s’inchinò cominciando a tremare come una foglia.

“Com’è possibile?”

“Non lo so Sire, fino a ieri sera la barriera sembra leggermente più debole, la potevamo toccare, oggi chiunque la sfiori viene scaraventato lontano mille miglia.

Takemaru prese a camminare avanti e indietro per tutta la sala del trono.

“Devo escogitare un modo per riprendermi mia figlia, non posso permettere che la memoria di mia figlia torni. Se lei ricorda e noi oseremo anche solo alzare un dito su Sesshomaru, saremo tutti morti!” 

“Che vuol dire sire?” Chiese titubante il generale.

“Niente che debba interessarti, anzi vedi di trovare un modo per riportare la principessa Rin a casa, anche se ciò significherebbe morire. Riportami Rin, Sumuro, altrimenti morirai per mano mia!”

Con quelle parole Sumuro si ritirò nelle proprie stanze, cercando di escogitare un modo per riportare la principessa. Doveva assolutamente riuscire, un fallimento gli sarebbe costato la vita.

Takemaru si ritirò nelle proprie stanze e si fermò davanti un quadro che raffigurava sua sorella, la principessa Izayoi... un moto d'odio gli attanagliò la bocca dello stomaco.

Come aveva osato suo padre decretare nel testamento che il suo successore al trono era Izayoi?

Come aveva osato quell’ingrato genitore umiliarlo a quel modo, dando lo scettro del potere a sua sorella minore e per di più a una donna con poteri da elementari!?

Sicuramente il padre non era stato in grado di intendere e volere, plagiato per com’era dall’amicizia con l’ex Re Dei Demoni. Era stato inevitabile ucciderlo, aveva compiuto un gesto magnanimo privandolo della vita. Sicuramente non era felice di vivere in quello stato di demenza.

Dopo la morte del padre, Takemaru aveva pensato bene di far modificare il testamento in suo favore, e denigrare e rinchiudere la principessa Izayoi, sua sorella minore, facendo attestare che fosse pazza e che quindi, per ordinanza del padre, lei avrebbe dovuto fare tutto quello che lui ordinava, persino sposarsi con chi voleva lui. Per un primo momento pareva che il suo piano stesse andando bene, non si sarebbe mai aspettato che Izayoi fosse in grado di disobbedirgli, e mai avrebbe immaginato che la sorella possedesse poteri da elementare, proprio come il padre.

Anche Shiori, la madre di Rin, era un elementare, il suo potere era il ghiaccio. Takemaru lo aveva scoperto dopo la nascita della figlia e per evitare problemi in futuro l’aveva uccisa, facendo poi credere a Rin che fosse morta di parto. Sperava che la figlia avesse preso da lui e che quindi non possedesse alcun potere magico, ma quando lui aveva tentato di uccidere il Principe Dei Demoni, la figlia si era infuriata e aveva risvegliato quei maledetti poteri diabolici.

Doveva portare tutto alla normalità, riprendersi Rin ed evitarle di ricordare il passato, altrimenti era un uomo morto. Per eufemismo temeva di più la figlia che il Re Dei Demoni.

Takemaru si stese sull’enorme letto e si mise una mano sugli occhi cominciando a riflettere su come creare uno squarcio in quella barriera e rapire ai demoni la sua stessa figlia.

 

Quando a mattina inoltrata Rin aprì gli occhi e allungò una mano verso la parte sinistra del letto, gemette di dispiacere nel constatare che fosse vuoto e freddo, tanto che le lacrime minacciarono di uscirle dagli occhi.

“Sono qui, Rin!”

La ragazza voltò la testa di scatto verso il suo interlocutore e rimase senza fiato. Il marito era bello da mozzare il fiato, poi si accorse che aveva le vesti addosso.

“Ma perché sei vestito?” Sussurrò la ragazza con un tenero broncio. Avrebbe preferito starsene tutto il tempo a letto a coccolarsi il marito, ma a quanto pareva il programma che si era fatta non sarebbe andato a buon fine.

Sesshomaru sorrise.

“Tu dormi, io lavoro!”

“Volevo stare con te…”

Sesshomaru sorrise nuovamente.

“Ho dormito con te fino alle nove!”

“Capisco… aspetta, le nove? Perché ora che ore sono?”

“Le undici!”

“Cosa!? Ma non ho mai dormito così tanto in vita mia!”

“Vorrà dire che stanotte ti sei completamente rilassata.” Dichiarò il Re Dei Demoni.

“Effettivamente… ed è tutto merito tuo. Grazie amore!” Sussurrò dolcemente la ragazza con un sorriso imbarazzato.

“Rin…”

“Si?”

“Se ti alzi andiamo a fare colazione!”

Rin sgranò gli occhi e si mise seduta sul letto, tenendo sul petto le lenzuola.

“Non hai mangiato?”

Sesshomaru non le rispose ma lei comprese il suo sguardo. Voleva che facessero colazione insieme e lei aveva dormito come un ghiro fino a mattinata inoltrata!

“Due secondi e sono pronta!”

Sesshomaru annuì e lei imbarazzata sussurrò.

“P… potresti girarti… ecco sono…”

“Ti ho già vista nuda! Sbrigati!” Esclamò sentendosi leggermente offeso.

“Ma…”

“Avanti Rin!”

Imbarazzata, la ragazza annuì e scostò da sé le coperte. Quello che la sorprese fu la reazione di Sesshomaru, che sebbene non lo dette a vedere, davanti al suo corpo nudo si irrigidì, come se cercasse di trattenersi dal saltarle addosso... fu per lei un moto d’orgoglio.

“Tranquillo, mi fa lo stesso effetto vedere te nudo!”

“Rin!”

La ragazza scoppiò a ridere e lentamente si vestì. Lo adorava. Non ci poteva fare nulla, lo adorava con tutta se stessa.

“Ho solo una cosa da dirti prima di andare a cambiarmi!” Esclamò Rin scendendo dal letto e avvicinandosi al marito con passo calmo e controllato, prima di sollevare una mano per accarezzargli il collo.

“Dimmi!”

“Ti amo!”

Sesshomaru sgranò gli occhi, poi li chiuse godendosi la carezza al collo della moglie e infine annuì per poi lasciarsi tirare giù da lei e unire le loro labbra. 

 

Dieci minuti dopo, sia lei che Sesshomaru erano seduti nella grande sala da pranzo, l’una difronte a l’altro e chiacchieravano e mangiavano, come se stessero insieme da una vita.

La porta del salone principale si aprì ed entrarono l’ex Re Dei Demoni, che fulminò il figlio con uno sguardo che avrebbe messo paura persino al peggiore dei mostri, sua moglie e zia di Rin, e il piccolo Inuyasha, tra le braccia della madre, che come al solito giocava con i suoi capelli.

“Maestà!” Esclamò Rin alzandosi per fare un piccolo inchino a Inu No Taisho, per poi cercare di avvicinarsi a lui.

Sesshomaru le mise una mano sul braccio come a bloccarla, poi la guardò con un sorriso.

È furioso. Meglio non avvicinarlo!” Le spiegò.

“Ci sarà anche un buon motivo se sono furioso, figlio ingrato!”

Izayoi ridacchiò e Rin la guadò come a chiedere spiegazioni.

“Lascia perdere tesoro, stamattina il tuo maritino ha interrotto il mio…”

“Che?”

“Stamattina ho boicottato il lavoro alle sei, mandando mio padre alla barriera!” Spiegò Sesshomaru.

Rin sgranò gli occhi.

“Perché l’hai fatto?” Chiese al marito guardandolo con occhi dubbiosi.

 Aveva passato anni a studiare il regno dei demoni e sapeva per certo che il lavoro del Re non era da sottovalutare.

Era grazie al sovrano e al suo potere che i demoni erano in grado di vivere civilmente e stabilizzare il loro poteri, era sempre grazie al Re, che i demoni evitavano conflitti inutili e sempre a lui era dovuto l’equilibrio dei vari regni. Plagiata dalla volontà del padre, Rin in passato non aveva fatto caso a ciò che avrebbe comportato uccidere il Re. Se suo padre fosse riuscito nell’impresa di uccidere il sovrano o anche un membro della medesima famiglia reale, l’intero universo ne avrebbe risentito e con gravi conseguenze. Si sentì terribilmente in colpa per aver dimenticato Sesshomaru e aver tentato di ucciderlo in passato, dopo che aveva dimenticato.

“Già, figlio, perché?”

“Smettetela di lagnarvi padre, ho adempito lo stesso alle mie mansioni.”

“Sesshomaru!” Ringhiò il padre per poi zittirsi quando sua moglie prese a ridere.

“Avanti tesoro, comprendilo. Prima notte di nozze…”

“Smettila di difenderlo Izayoi, il Re ha dei doveri specifici e…”

“Amore, smettila tu di essere risentito. E’ vero, ci ha interrotti in un momento intimo, ma avremo modo di rifarci!” Izayoi era divertita, mentre Rin in quel momento comprese.

“Oh Kami, No!”

“Cosa tesoro?” Chiese Izayoi alla nipote.

“Per carità zia, non dar fiato alla bocca. Non voglio sapere quello che stavi facendo con sua maestà…”

“Perché no? Stavo facendo quello che tu stanotte stavi facendo con il tuo maritino!” La provocò beffarda.

Rin si portò le mani alle orecchie.

“No, no, no…non voglio sapere! Non voglio sapere!”

Izayoi scoppiò a ridere.

“Su Rin! Sei grande e devi sapere cosa succede nella camera da letto tra un uomo e una donna!”

“Lo so già!” Sbottò sotto lo sguardo attento di Sesshomaru.

“Ma ti devo insegnare…” Ridacchiò Izayoi.

“A quello, madre, se permettete ci penso io!” Esordì controllato Sesshomaru ma con un ghigno divertito. Izayoi sussultò nel sentirsi chiamare “madre” da lui e istintivamente si portò una mano sul cuore emozionata. Il Re Dei Demoni se ne accorse e le rivolse un sorriso dolce.

“Ma no! So già tutto, ho già imparato la lezione!” Sbuffò Rin nascondendo il viso tra le mani.

Sesshomaru si chinò verso l’orecchio della ragazza e sussurrò.

“Moglie, non hai visto nulla! Quello di stanotte non era che l’introduzione della lezione!”

“Ah! Oh Kami…” Fece alzandosi in piedi e rifugiandosi dietro la schiena di Inu No Taisho, non perché non sapesse cosa succedesse tra un uomo e una donna dentro il talamo nuziale, ma faceva già fatica lei stessa a non saltare addosso al marito tanto era bello, poi lui si metteva a provocare e lei ne era certa, se non si fosse allontanata all’istante da lui, lo avrebbe baciato e chissà cos’altro davanti la zia e suo suocero.

“Chi sei tu? Che ne hai fatto del ghiacciolo di mio marito?” Aggrappandosi alla coda del ex Re Dei Demoni come a cercare un ancoraggio sicuro. Inu No Taisho girò la testa verso di lei dubbioso e la guardò come a chiederle: “Che c’è?"

Rin timida gli rispose sempre con lo sguardo: “E’ una tentazione troppo forte tuo figlio!”

Per la prima volta in quella giornata, Inu No Taisho ridacchiò.

“Mio padre non ti proteggerà da me, donna!” Dichiarò gelido Sesshomaru.

“Chi ti dice che non lo farò?” Esordì divertito il demone.

“Non voglio essere protetta, ma lo uso come scudo contro i tuoi assalti ai miei sensi!”

“Grazie tante, ma posso fare di peggio, ho sempre grande potere su questo palazzo, e posso separare le vostre stanze, collocando Rin lontano da te, Sesshomaru, e vi potrete vedere solo per poco tempo!” Ghignò malefico Inu No Taisho.

“Non oserai!” Ringhiò il figlio maggiore.

“No, mai!” Protestò Rin sgranando gli occhi e guardando il suocero come se fosse diventato il peggiore dei mostri.

“Inu No Taisho, smettila immediatamente!” Lo richiamò la moglie seria.

“Non lo capisci che loro due stavano giocando con le parole e tu te ne esci con questa frase stupida? Devo forse farti un corso accelerato di relazioni in una coppia?” Sbottò.

“No!” Gemette l’Ex Re Dei Demoni, conoscendo le lezioni/punizioni della moglie. In bianco per tre mesi? Non avrebbe mai resistito.

Inu No Taisho mise un broncio adorabile e incrociò la braccia al petto. Sesshomaru e Rin guardarono Izayoi allibiti.

“Lo ha addomesticato!” Sussurrò incredula Rin.

“Padre…” Fece in tono sofferente Sesshomaru. Izayoi ridacchiò.

 

Da quel giorno i mesi passarono tranquilli e Rin adorava sempre di più vivere con Sesshomaru, la zia e il suocero. Aveva stabilito un rapporto degno d’invidia con Inu No Taisho, e non se la sentiva più di considerarlo solo il marito della zia, per lei era diventato un padre. In quei giorni il piccolo Inuyasha aveva preso a gattonare e si era legato a lei in modo morboso, infatti quando la vedeva era euforico. Passava ore seduta nei giardini del palazzo a vederlo giocare con il prato, lo prendeva in braccio e giocava con lui. Ovviamente passava molto tempo anche con il marito, che sebbene terribilmente impegnato con il suo lavoro di Re, trovava sempre il tempo per stare con lei. In quei mesi aveva anche rivisto il piccolo kappa Jaken, che dopo una serie di lamentele, era stato contento di saperla lì al palazzo.

La notte poi era sempre il momento della giornata che attendeva di più. Sesshomaru l’amava ogni sera, si prendeva cura di lei, la coccolava, anche se spesso la mattina non lo ritrovava nel letto a causa dei suoi compiti, sapeva di essere sempre nei suoi pensieri, come lui era nei suoi. Inoltre in quei giorni anche il rapporto con la zia era migliorato parecchio.

“Rin!” La chiamò Izayoi, e quando lei si voltò la vide a braccetto con il marito.

“Tutto ok?” Chiese. Rin abbassò il viso sul piccolo Inuyasha che giocava nel prato.

“Sì, zia, smettila di chiedermelo ogni cinque secondi, sei apprensiva! Inuyasha sta giocando!”

“Non sono apprensiva, Rin! Sono solo terribilmente felice. Non sono mai stata così felice in vita mia. Dico davvero!”

“Lo so zia, anche per me è così. Non posso credere che in passato ho odiato questo posto, che ho cercato di uccidere papà e Sesshomaru e…”

È il passato Rin, questo ora non importa più.” Esclamò Inu No Taisho. Rin sorrise.

“Ti voglio bene, papà!”

Inu No Taisho sorrise e annuì.

“Anche io piccola mia! Andiamo Izayoi!”

La donna annuì, si avvicinò a Rin e prese il figlio in braccio, poi le dette le spalle, ma si frenò un secondo dopo.

“Ah, Rin?”

“Si?”

“Sesshomaru mi ha detto che tra un'ora ti aspetta al giardino…”

Rin annuì e sorrise alla zia e al suo nuovo padre, poi si alzò e andò a fare una passeggiata al confine con la barriera, riflettendo sul fatto che il suo vero padre non l’aveva mai davvero amata, come invece non appena l’aveva conosciuta aveva fatto Inu No Taisho.

Un attimo dopo fu colta di sorpresa quando due mani l’afferrarono da dietro con un fazzoletto imbevuto di una strana sostanza che le fece perdere i sensi. Si sentì sollevare, poi il buoi totale.

 

To be continued

 

 Insicurezza Time su questo capitolo.

Buona sera ragazze/i eccomi qua con un nuovo aggiornamento di Dominus, spero che questo capitolo vi piaccia, perchè io ne sono terribilmente insicura.  Bando alle ciancie ringrazio infinitamente SuperSara, per avermi aiutato nel betaggio di questa storia. Ringrazio anche tutte quelle persone che hanno messo questa storia tra le ricordate, le seguite e le preferite e grazie di cuore a chi pazientemente mi dedica un minutino del suo tempo per recensirmi. Grazie di cuore e alla prossima

un grosso Kiss

Mei

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Capitolo 12
*** CAPITOLO 11 ***


 

 

 

CAPITOLO 11

 

Lentamente Rin aprì gli occhi, mentre un mal di testa assurdo le perforò le tempie. Tentò di muoversi, ma in quel preciso momento si rese conto di avere mani e piedi legati.

Con non poche difficoltà, e con fatica, la giovane regina dei demoni, tentò di mettersi seduta, e non appena ci riuscì, per poco non la beccò un infarto. Davanti a lei, ai piedi del letto, e immobile come una statua, se ne stava un uomo, vestito con un armatura da guerra, l’enorme spada era rivolta verso il basso con la punta poggiata a terra, mentre le mani erano strette sull’ elsa.

 Percorrendo la figura dell’uomo, si accorse che non poteva avere più di quarant’anni, a prima impressione, poi, però, osservandolo meglio, si accorse che forse era un po’ più grande.

Tra i lunghi capelli neri facevano capolino qualche filo bianco, gli occhi viola del tutto spenti, inespressivi, vuoti. Il corpo sembrava quello di un guerriero forgiato da mille battaglie, ma Rin non credeva di averlo mai visto, né alla corte demoniaca, né altrove. Una cosa però l’aveva notata, quell’uomo sembrava somigliare terribilmente alla sua amata zia Izayoi. Aveva gli stessi lineamenti, ovviamente più spigolosi e duri, in quanto uomo, ma la somiglianza era parecchia. Aveva gli stessi occhi, anche se quelli dell’uomo erano spenti e freddi, non come quelli della zia caldi e dolci, e poi avevano lo stesso colore di capelli. Sembrava la versione di sua zia al femminile. Il mento invece sembrava quello del padre.

La ragazza si guardò attorno per capire dove si trovasse, poi un brivido la percorse lungo tutta la colonna vertebrale. Se non ricordava male, quella era la stanza che usava per dormire quando ancora abitava nel regno umano. Speranzosa di sbagliarsi, perché non aveva proprio voglia di tornare a vivere tra gli umani, data la felicità ritrovata e nel constatare, che, la zia fosse ancora viva, che i demoni non erano poi così male, che il padre in realtà era un mostro senza cuore, e che aveva un marito bello come il sole e che l’amava, tanto da essere disposto a subire i suoi insulti a lui, e alla sua famiglia, quando ancora, lei, non ricordava il suo passato e per ultimo,  ma non meno importante, Sesshomaru l’aveva aspettata per anni.

Si dimenò nella speranza di attirare l’attenzione del guerriero, sperando che il suo cuore si muovesse a pietà tanto da liberarla o quantomeno farla andare in bagno. Aveva una strana sensazione di vomito da quando si era svegliata, inoltre risvegliarsi legata come un salame non aveva di certo aiutato il suo, già debole, stomaco. Ma più lei urlava e si dimenava, più le corde si stringevano e il guerriero pareva del tutto insensibile alle sue preghiere.

I suoi sospetti ebbero fondamenta certa, sul fatto che si trovasse alla corte umana, quando la porta della sua stanza si aprì facendo entrare l’uomo che, inconsciamente, Rin aveva preso ad odiare: Suo padre.

“Puoi andare, papà! Aspettami fuori!” esclamò suo padre e per poco gli occhi non le uscirono fuori dalle orbite nell’ udire quelle parole, e quando vide l’uomo, che fino a un secondo prima sembrava una statua vivente; un morto in piedi, muoversi per dirigersi verso la porta d’ingresso rigido e senza dire una parola, la giovane regine dei demoni cominciò a temere per la propria incolumità. Paradossalmente la presenza di quel gigante nella stanza, le incuteva meno timore del padre stesso, inoltre il fatto che Takemaru avesse chiamato quell’uomo con l’appellativo di “papà” fece passare per la schiena della ragazza l’ennesimo brivido e sorgere un campanello d’allarme nella mente della giovane.

“Salve padre!” sussurrò con tono gelido, imparato dal marito, l’ex principessa umana.

“Rin!”

“Chi era quello?”

Takemaru la guardò di sott’occhi.

“Tuo nonno!”

Rin s’allarmò. Suo nonno era una leggenda, l’elementare completo. L’essere più forte che sia i demoni che gli umani, temevano e veneravano al contempo.  Il migliore amico del re dei demoni.

Ryoma Setsuna.

“Non è possibile! Il nonno è una leggenda. E’ l’elementare per eccellenza e io non l’ho mai conosciuto perché morto prima della mia nascita!”

“Non puoi conoscerlo! Quello è tuo nonno, è vero, ma non puoi conoscerlo perché prima che tu nascessi, io l’ho sigillato e ho sigillato la sua memoria.”

“Che cosa? Non è possibile! Il nonno dovrebbe essere m…”

“L’ho fatto credere io, ma in realtà l’ho solo sigillato. L’elementare completo non può essere ucciso facilmente e io dovevo liberarmi di lui, specie dopo aver saputo che voleva unire il regno degli umani con quello dei demoni. Gli elementari sono al pari dei demoni, come lunghezza di vita e modo di pensare. Quanti anni credi che abbia tuo nonno?”

“Cinquantanove?” tentò la ragazza.

“Io ho cinquantacinque anni, tuo nonno non può certo avermi avuto all’ età di quattro anni. Gli elementari sono demoni, e come tale ho dovuto trattare mio padre, riducendolo a una marionetta nelle mie mani e azzerando la sua memoria, così potrò utilizzare i suoi poteri per liberarmi una volta e per tutte dei demoni e poi di lui stesso. Non lo sai Rin, ma gli elementari sono così forti perché attingono la loro forza dalle loro relazioni con i demoni. Ecco perché quando ho scoperto che papà voleva dare in sposa Izayoi al re dei demoni, ho agito di conseguenza.”

“Che cosa? Hai sempre saputo che la zia era un elementare?”

“Sempre!”

“Non me lo aspettavo da te, in quanto mia figlia, e io sono privo di poteri!” ringhiò il padre e in quel momento Rin comprese.

“Non ci posso credere!”

“Che cosa?”

“Tu vuoi uccidere me, la zia, il nonno, gli elementari, i demoni, solo perché tu non hai poteri!” lo accusò Rin.

Takemaru ringhiò per poi correre da lei e circondarle il collo con le mani.

“Io meritavo i poteri.”

“Per farne cosa? Distruggere l’equilibrio. Non lo sai papà, che i demoni regolano l’equilibrio del mondo. Senza di loro, non esisterebbe niente! Niente!” esclamò la ragazza a fatica a causa delle mani sul collo da parte del padre.

“Poco male!” esclamò Takemaru lasciando la presa e liberando la figlia, che, tossì violentemente mentre il padre aprì la porta per fare entrare il nonno.

“Come hai fatto a rapirmi? Come hai fatto a superare la barriera?” chiese Rin.

“Semplice.  Ricorrendo alla mia amante, come quando ho dovuto sigillare tuo nonno: la strega Urasue e in seguito uccidendo i guardiani! E utilizzando mio padre per rapirti!”

“Cosa? Hai ucciso Koga e Ayame!” annaspò Rin e quando il padre annuì, la ragazza scese dal letto e corse in bagno a rimettere pure l’anima, mentre le lacrime presero a scendere dal suo pallido viso.

Il padre la raggiunse in bagno, seguito dal nonno che pareva essere davvero una marionetta nelle sue mani, e quando il Re degli umani osservò il proprio padre, per chiedere spiegazioni sul perché la figlia avesse rimesso, come un automa robotizzato, il nonno rispose.

“Progenie demoniaca regale…”

“Che cosa! Dannata figlia ingrata!” urlò Takemaru afferrando nuovamente per il collo Rin, e subito dopo buttarla a terra con violenza, tanto che la ragazza annaspò allarmata e ancora sotto shock per la rivelazione del nonno. Istintivamente portò le mani a proteggere il proprio cucciolo, mentre il padre, aveva preso a prenderla a calci violenti.

“Hai osato procreare con un demone!” urlò Takemaru, per poi frenare i calci. Rin sputò sangue.

“Bene, assisterai alla fine del tuo amante e di tutta la sua famiglia e la stessa sorte toccherà al demone che cresce dentro di te, e se oserai aprire bocca, non esiterò a uccidere anche te.” Ringhiò Takemaru, prima di voltarsi verso il nonno.

“Va, trova la famiglia reale demoniaca. Fai fuori il Re Dei Demoni, l’ex Re Dei Demoni, e Izayoi stessa!” ringhiò il padre, e quando il nonno annuì facendo dietro front per trovare suo marito, suo suocero e sua zia Rin, urlò.

“Non toccare mio marito, mio padre e mia madre!” urlò Rin

Takemaru le diede l’ennesimo calcio, mentre il nonno era ormai scomparso.

“Sono io tuo padre!”

“Mai!”

Takemaru la fulminò con lo sguardo, poi con un altro calcio le fece perdere i sensi.

To be continue

 

Eccomi qua con un capitolo piccolissimo. Purtroppo è un capitolo di passaggio, però non volevo lasciarvi proprio senza nessun aggiornamento fino a novembre perciò eccolo qui. Spero vi piaccia

Grazie a chiunque segue questa storia, l’ha recensita messa tra le seguite e ricordate.

Grazie alla prossima un kiss

Mei

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Capitolo 13
*** EPILOGO ***


 

 

EPILOGO

 

Nel regno dei Demoni, oltre la barriera, metà del palazzo demoniaco era ridotto in macerie.

Al suo interno, Sesshomaru, in sembianze di demone cane, e con occhi rosso sangue, ringhiava ferocemente contro il padre e la madre acquisita.

“Sesshomaru, figliolo, calmati!” esclamò l’ex re dei Demoni, quasi timoroso di avvicinarsi al figlio.

 Purtroppo, Inu No Taisho, conosceva molto bene le sensazioni e le emozioni provate in quel momento dal figlio, che era stato brutalmente separato dalla compagna. Le emozioni che in quel momento, il figlio, stava provando erano tanto forti e tanto dolorose da fargli quasi perdere la ragione.

Sesshomaru non era abituato a soffrire a quel modo e quella sofferenza aveva messo a dura prova i nervi del demone, tanto che non era più riuscito a controllarsi.

Da quando aveva appreso la notizia che Rin era scomparsa, il figlio, era esploso in un impeto di rabbia e dolore, distruggendo qualsiasi cosa si parasse sul suo cammino.  Non che, effettivamente Sesshomaru avesse perso la testa, perché sua moglie era scomparsa; lui non perdeva mai testa, ma percepiva il dolore e la sofferenza della moglie come suoi e la cosa non giovava a un già preoccupato e nervoso Re Dei Demoni.

Sua moglie stava soffrendo e lui non era con lei per aiutarla.

Inoltre Inu No Taisho e Izayoi, temettero di non aver fatto bene a mettere al corrente il figlio della presenza pericolosa che sentivano provenire dal regno umani. Era una presenza, dannatamente potente, ma quell’ aura, sia all’ Ex Re Dei Demoni, che a sua moglie Izayoi, era loro molto più che familiare di quanto potessero immaginare.

Entrambi si erano convinti che quella sensazione poteva solo essere un’illusione.

Quell’aura apparteneva a Ryoma Setsuna, ma lui era morto secoli prima.

 “R…Rin!”

“Lo so, figlio mio! Ti prometto che la troveremo e la salveremo, ma ora ti devi calmare, mi servi lucido e in forze per affrontare questa aura che si avvicina al nostro palazzo ed ha superato la barriera senza alcun problema. Sesshomaru…non sappiamo chi sia, e quanto forte è, ma mi serve il tuo aiuto, metti da parte il dolore per un attimo…”

“Soffre …” Ringhiò Sesshomaru

“Lo so, non la senti solo tu, figlio mio. Le voglio bene come a una figlia, la sento. Le stanno facendo male, e la cosa scuote parecchio i miei nervi, ma mi serve la mia ragione e mi servi tu: ragionante!  Non mi serve un demone pazzo che si fa guidare dall’istinto!” ringhiò il Padre e a quelle parole Sesshomaru sgranò gli occhi, mentre l’attimo dopo era di nuovo in sembianze umane, gli occhi ancora rossi, e il respiro affannoso.

Per Izayoi quella era una vista che le straziava il cuore. Sesshomaru non l’aveva guardata nemmeno per un istante, aveva gli occhi fissi in quelli del marito, nella speranza che guardare gli occhi le padre lo avessero aiutato a tranquillizzarsi.

Suo figlio stava soffrendo, e parecchio anche, e aveva dentro di sé anche la sofferenza riflessa di sua moglie, sua nipote Rin.

E lei ne era sicura, a far soffrire Rin era quel folle di suo fratello.

L’urlo che le uscì dalle labbra attirò l’attenzione dei due demoni, poi Izayoi lasciò cadere i pugni per terra, spaccando il terreno.

“Giuro che ti uccido con le mie mani Takemaru!” urlò Izayoi, ansante, e ancora con i pugni piantati nel terreno. Il secondo dopo, la metà del castello che era ancora in piedi, crollò, facendo alzare un polverone e lasciando ai piedi di tutti, una landa desolata e piena di macerie.

 Il castello era stato raso al suolo.

“Izayoi…” la chiamò il marito incredulo, mentre la osservava svincolare le mani dal terreno, e rimettersi in piedi, sempre con il respiro affannato, puntò gli occhi in quelli di Sesshomaru, poi esclamò.

“Dovesse costarmi la vita, Sesshomaru, tu riavrai tua moglie e io mia nipote!”

Poi muovendosi come una guerriera sul campo di battaglia, fece volare via il proprio mantello, e diede le spalle al marito e al figliastro, camminando a passo spedito verso la barriera.

L’odore della moglie arrivò dritto alle narici dell’Ex Re Dei Demoni, così come anche le sue intenzioni. Non sapeva come, ma aveva un brutto presentimento.

Con uno scatto raggiunse la moglie e l’afferrò per il braccio e la tirò verso di se.

“Dove pensi di andare?”

“A dare una lezione a mio fratello. Questa è tutta colpa di Takemaru!” ringhiò Izayoi, divincolando il braccio dalla presa del marito.

“Tu non v…”

Inu No Taisho non ebbe il tempo di finire la frase, che una palla di fuoco lo colpi al braccio, e se non fosse stato per il suo fiuto, e per la sua velocità, in quel giorno sarebbe stato vedovo.

Dopo che il fumo si diramò, rivelando chi aveva lanciato l’attacco; Izayoi svenne, mentre lui sgranò gli occhi incredulo balbettando il nome del suo nemico, un tempo migliore amico.

“R…Ryoma.”

 

Nel regno degli umani, nelle prigioni sotterrane Rin aprì gli occhi per l’ennesima volta, era legata al muro come la peggiore delle criminali, il viso tumefatto e pieno di sangue, così come anche il corpo era pieno di lividi e graffi, il padre non si era certo risparmiato dal picchiarla a sangue, però di una cosa era certa.

Aveva utilizzato il suo potere del ghiaccio misto a un pizzico di fuoco, per proteggere il suo grembo. Da quando il nonno, era strano pensare che fosse ancora vivo, aveva detto a Takemaru che nel suo grembo stava crescendo una “progenie demoniaca regale” aveva intuito immediatamente che il re si sarebbe infuriato, e se la sarebbe presa con lei e con il suo cucciolo, e agendo d’istinto, aveva usato i propri poteri per proteggere il suo bambino, e ancora adesso lo stava proteggendo. Anche se, era allo stremo delle forze, ma non aveva la minima intenzione di mollare la protezione sul suo cucciolo.

Sollevando il viso con fare fiero, vide il padre seduto poco distante da lei, si rese conto in quel momento di non essere legata al muro, ma bensì a una tavola di legno movibile. Le gambe erano state divaricate e legate ai lati della tavola, così come anche le mani. Poco più avanti e con affianco degli attrezzi che le fecero accapponare la pelle, c’era Urasue con un ghigno malefico in volto.

La ragazza sbiancò.

Che cosa le volevano fare?

Il padre si alzò dalla sedia, si avvicinò a Urasue e la baciò.

-Bleah- pensò Rin.

“Procedi, ora che è sveglia! Deve vedere!”

Urasue ghignò poi si avvicinò a una manopola per permettere alla tavola di mettersi in orizzontale.

“Qui, vostra maestà, dovete procedere voi, io farò il resto!” esclamò Urasue, quasi divertita.

Ghignando Takemaru si avvicinò alla figlia.

“Che vuoi fare?” ansimò la ragazza.

“Toglierti quella cosa immonda che covi dentro!”

“Non ti permettere…n…uhm”

Non poté finire la sua protesta, perché con uno schiocco di dita Urasue le aveva impedito di parlare. Le lacrime presero a scendere dagli occhi di Rin, mentre si dimenava.

Takemaru la ignorò, si avvicinò a lei e le sollevò la veste strappata, fin sopra il seno, scoprendoglielo.  La ragazza gemette disgustata, quando, Istintivamente il Re glielo carezzo.  Infine, il padre si diresse verso i mutandoni della ragazza, e glieli strappò, lasciandola completamente nuda, davanti a lui.

Si chinò su di lei e osservò la sua intimità, poi allungo una mano e la toccò, infine si allontanò.

“Ok, Urasue, procedi. Uccidi quell’immonda creatura.”

Takemaru si era chinato su l’intimità della figlia, non perché avesse intenzioni poco caste, ma la curiosità di vedere se la progenie demoniaca si vedesse, gli aveva fatto compiere un gesto davvero stupido, quasi infantile.

La strega si avvicinò a Rin per farla abortire, ma quando il raschietto si avvicinò all’ intimità di Rin, esso sembrava non riuscire a perforare nulla. Sembrava che il feto fosse avvolto da una lastra di ghiaccio spessa.

“Non funziona, Takemaru, non riesco a perforare la placenta!” sbottò Urasue tentando ancora.

Takemaru sollevò un sopracciglio, era curioso di vedere come fosse un feto demoniaco, ma quando spostò lo sguardo sulla figlia e notò il ghignò divertito di quest’ ultima, il malvagio re spintonò la strega.

“Da qua, ci penso io!”

Quando il re fece per fare, una potente luce rossa invase Rin, dandole una forza disumana, tanto da permetterle di liberarsi delle catene. Scese dal tavolo e infine lanciò una palla di ghiaccio contro il padre, che venne scaraventato contro il muro, poi si riappropriò delle proprie vesti.

Poi con una freccia di ghiaccio perforò il cuore di Urasue, che cadde a terra priva di vita, poi una sfera di ghiaccio avvolse il padre, ma sapeva che presto padre si sarebbe liberato dato i poteri, sebbene deboli, quella pazza megera di Urasue gli aveva dato, tra cui, lo aveva capito vedendo il comportamento del nonno, il controllo della mente.

“Che cosa sei tu? Come è possibile?”

“Non sono una sprovveduta padre, ho protetto mio figlio con i miei poteri, e ora lui sta proteggendo me, dandomi la sua forza. L’aura rossa che vedi attorno a me è l’aura di mio figlio, non ti permetterà più di torcermi un capello. Degno figlio di suo padre, poi non dimenticare che sono un elementare e la sfera in cui sei prigioniero, invece, è opera mia. So che presto ti libererai, ma almeno io ho la possibilità di scappare, tornare a casa. Da mio marito. Addio Takemaru!” esordì Rin prima che l’aura rossa l’avvolse del tutto, facendola sparire nel nulla.

Rin si materializzò nel cielo.

“Oh Oh. Potevi farmi atterrare a terra, figlio! Aiuto, precipito!” urlò chiudendo gli occhi attendendo la botta che non avvenne. Era atterrata su qualcosa di morbido.

“Rin!”

Quella voce. Spalancò gli occhi e si trovò a specchiarsi di due pozze d’oro fuso.

“Se…Sesshomaru?” urlò la ragazza per poi unire le labbra a quelle del suo sposo.

Sesshomaru si staccò di scatto e lanciò un occhio al padre che stava combattendo, poi tornò a prestare attenzione alla moglie.

“Dov’eri?”

“Mio padre…”

Sesshomaru ringhiò ma poi si riscosse.

“Come sei tornata? Come hai fatto a capire dov’ero?”

Rin arrossì.

“Ecco…proprio io, non lo sapevo”

“Che vuol dire?”

Il corpo di Inu No Taisho volò di fianco a loro attirando l’attenzione dei due coniugi.

“Che succede?” chiese Rin, poi si accorse del nemico “Oh, cazzo: il nonno!” ansimò Rin scendendo dalle braccia di Sesshomaru e mettendosi davanti a lui come a proteggerlo.

In quel momento Inu No Taisho li raggiunse seguito dalla moglie.

“Rin, stai bene?” chiese L’ex Re Dei demoni.

“Sono stata meglio, ma questo non è il momento di pensare a me. Papà, quello è davvero Ryoma Setsuna, Takemaru lo ha sigillato per tutto questo tempo facendoci credere che fosse morto, ma non lo è mai stato. Takemaru, ha anche usato un potere, che le ha dato quella pazza della strega Urasue e gli controlla la mente. Non ho voluto ucciderlo appunto per questo. Papà, se c’è una possibilità di far tornare il nonno in se, io voglio tentare. Al contrario ho fatto fuori Urasue!” Spiegò Rin seria.

“Che cosa?” esclamarono increduli e meravigliati Izayoi e Inu No Taisho.

Sesshomaru ghignò. “Questa è mia moglie! Imbattibile, forte, fiera, indomabile!”

“Solo una persona mi può domare!”

“Chi?”

Rin si voltò verso il marito.

“Tu, scemo!”

L’attimo dopo tutti e quattro evitarono un attacco di Ryoma che era un misto tra aria e acqua.

“Nonno…cerca di svegliarti!” urlò Rin parando un attacco del nonno con uno scudo di ghiaccio.

“Ryoma, ricorda dannazione! Sei il mio migliore amico! Ricorda il nostro passato!” urlò Inu No Taisho evitando i massi che Ryoma gli lanciava addosso, ma quest’ultimo si muoveva come un automa e non pareva udirli.

“Papà…ti prego! Risvegliati!” urlò Izayoi, venendo colpita in pieno dall’ acqua, ma Izayoi notò che l’attacco rivolto a lei era molto più debole rispetto a quelli lanciati contro il marito, la nipote e il figliastro. Quando alla voce d’Izayoi, Ryoma bloccò per un attimo i propri attacchi, Rin comprese.

“Zia, continua a parlargli!”

Izayoi si voltò un attimo verso la nipote.

“Z…zia?” Balbettò Ryoma per un attimo, poi si riprese lanciando un attacco verso Inu No Taisho. Il demone sta volta s’infuriò.

“Adesso mi hai rotto! La finisci di fare il babbeo e ti liberi da quell’incatesimuccio da quattro soldi, o devo dire a tua figlia, qual è il tuo punto debole? Idiota di un umano!”

“Non sono così umano, per come credi, cagnolino!” sbottò Ryoma.

“Ah no? Io pensavo che il mio migliore amico avesse più fegato. Cos’è, ti senti in colpa nei confronti di Takemaru perché hai chiesto tu stesso agli spiriti guardiani di non dargli poteri? Quindi, per questo ti fai manipolare? Chi dei due è il vero cagnolino?” urlò Inu No Taisho mentre Ryoma ringhiò nel vedere che la mascella della figlia era andata a baciare il terreno.

“L’ho fatto perché Takemaru non possiede la forza necessaria a essere un elementare ed è…”

“Psicologicamente instabile!” concluse per lui Inu No Taisho “Lo sappiamo, tutti noi abbiamo sperimentato la sua pazzia sulla nostra pelle. Per tutti i demoni, voleva dare Izayoi in sposa a Mogumo! Ti rendi conto!”

“Che cosa?”

“Ha costretto tua nipote, Rin, a cancellare i suoi ricordi perché si era innamorata di mio figlio! Ha quasi ucciso mio figlio, se non fosse stato per Rin. Ha tentato più volte di uccidere Izayoi, l’ha picchiata un infinità di tempo, vuole sterminare i demoni, creando l’apocalisse. Perché assecondi la pazzia di quel pazzo di tuo figlio? Non è nemmeno figlio tuo …”

“Zitto!”

“Anche se avessi chiesto agli spiriti guardiani di bloccare i poteri di Takemaru, loro non avrebbero potuto farlo, perché non ne ha. Takemaru è figlio della tua ex moglie, ma non tuo. Lo hai sempre saputo, ma non lo hai mai ammesso nemmeno a te stesso. Adesso basta, è arrivato il momento di guardare in faccia alla realtà. Takemaru non è e non potrà mai essere un elementare e aggiungo io, e meno male!” continuò ringhiando l’Ex Re Dei Demoni.

“Avevi promesso di mantenere il segreto!”

“E tu avevi promesso di aiutarmi a creare la pace e proteggere la mia famiglia, sei venuto meno a entrambe le promesse. Idiota!”

“Attaccate!”

L’urlo costrinse tutti a voltarsi, e quando videro Takemaru a cavallo, con una flotta con delle armi in grado di ferirli gravemente, Inu No Taisho, temette per il suo popolo che si era radunato per osservare i suoi sovrani combattere.

“Dannazione…andate via…”

Un enorme fiotto di acqua, invase gli uomini seguaci di Takemaru, e lo stesso Takemaru, annegandoli tutti.

Inu no Taisho si voltò di scatto verso Ryoma, trovandolo con la mano alzata a governare l’acqua, mentre gli occhi erano bassi e chini al terreno.

Stava uccidendo degli umani per proteggere dei demoni, ma quegli umani, lo aveva percepito, erano morti dentro. Takemaru aveva fatto bere loro la pozione di Urasue, per poter governare loro e le armi per uccidere i demoni. L’unico modo per ucciderli, era appunto annegarli.

Dopo un po’, ritirò le acque, facendo cadere una pioggia di umani morti. Il corpo agonizzante di Takemaru gli cadde ai piedi.

“Mi dispiace per tutto, figlio mio!” poi con la punta della sua spada, trapasso il cuore di Takemaru che, morì all’istante. Lui, più di tutti aveva bevuto una quantità ingente di pozione, e ucciderlo era l’unico modo per liberarlo.

 

Il silenzio crollò sovrano, Rin corse ad abbracciare sua zia, che nel frattempo era scoppiata in lacrime, Inu No Taisho rinfoderò la spada e altrettanto fece Sesshomaru. Tutto il popolo demoniaco, nel frattempo era uscito dai suoi nascondigli, per vedere cosa fosse successo. Ryoma, lentamente aveva alzato il viso e lo aveva puntato gli occhi sul quelli del suo migliore amico, che, gli sorrise leggermente annuendo.

“Ryoma…”

“Non ora, Inu!”

Inu no Taisho sorrise, erano secoli che nessuno lo chiamava più con quell’appellativo, appunto da quando il suo migliore amico era “per così dire” era morto.

Ryoma si voltò lentamente verso Izayoi.

“Perdonami figlia mia…”

“Che significa tutto questo, se Takemaru non è …era davvero mio fratello…Rin…”

“E’ sempre tua nipote. Shiori, sua madre, era un elementare. Mia figlia. L’ho avuta con la mia amante, al di fuori del matrimonio. Takemaru lo aveva scoperto, e ha deciso di sposarla, nella speranza di risvegliare i suoi poteri. Poteri che non poteva risvegliare, perché non ha mai avuto nel sangue, sangue elementare. Era un semplice umano, ma quando lo trovai in fasce davanti il mio castello, non potei evitare di prenderlo con me. E quando gli spiriti elementari, dieci anni dopo, mi dissero che volevano farmi un dono, affidando a Takemaru, mio figlio, il potere elementare dell’aria, rifiutai. Tuo fratello, già a dieci anni, si divertiva a uccidere gli animali. Non potevo affidare un potere elementare, a uno come lui. Gli elementari rispettano la natura, quasi la venerano. Quando lo venne a sapere, Takemaru, cinque anni dopo, cominciò a covare un odio nei miei confronti, specialmente dopo essere venuto a conoscenza della mia amicizia con il Re Dei Demoni, e per vendicarsi, strinse amicizia con Urasue, la strega del regno. La cosa mi aveva preoccupato e esiliai Urasue, lui di conseguenza utilizzò quello che quella strega gli aveva insegnato, per sigillarmi…poi il resto della storia, la sai.” Spiegò lentamente.

“Mi dispiace così tanto…Izayoi…io…”

“Non fa niente papà, adesso sei qui, mi hai spiegato tutto e…” iniziò Izayoi camminando verso lui, per poi abbracciarlo. “Ti voglio bene, e mi sei mancato”.

“Oh, Izayoi…” sussurrò l’elementare stringendo la figlia a se.

“Maestà…maestà…” urlò una demone lucertola.

“Cosa c’è Guendalina!” esclamò Inu No Taisho.

“Non ci crederete maestà!” continuò Guendalina, per poi indicare dietro di lei.

“Oh, per i demoni! Izayoi…” la chiamò Inu No Taisho.

“Cosa?” sussurrò la regina, staccandosi dal padre, per poi seguire con lo sguardo dove indicava il marito.

Un umano era sfuggito al potere di Ryoma, ma prima che potesse attaccare il popolo, qualcuno lo aveva ucciso.

“Oh per i Kami: Inuyasha!” sgranò gli occhi increduli, Izayoi.

Il figlio, con le manine piccole era riuscito a soffocare l’umano, e ora camminava traballante verso di loro.

“Pa…pà…ma…mamma...” balbettò il piccolo Inuyasha.

Inu No Taisho, corse da lui.

“Ma che fai, campione!”

“Pr...proteggo…popolo!”

“Oddio, parla!” ansimò Izayoi portando le mani alla bocca, emozionata.

Inu no Taisho scoppiò a ridere.

“Sesshomaru, prendi esempio da tuo fratello!”

“Ah. Ah!”  Poi il demone si voltò verso la moglie e la baciò con passione.

 

 

12 MESI DOPO

 

“Ti uccido Sesshomaru!” urlò Rin in preda ai dolori e alle spinte. Il travaglio era cominciato da più di sei ore, e il pargolo non ne voleva sapere di uscire.

“Papà…uhm…” piagnucolò Rin allungando una mano verso Inu No Taisho.

“Shh, lo so piccina, lo so. Coraggio!” esclamò il demone, afferrando la mano di Rin e stringendola al petto.

“Spingi Rin, ora!” urlò Izayoi.

“Fa male!”

“Lo so tesoro, ma presto vedrai il tuo bambino!”

Rin urlò e spinse violentemente.

“Oh, Rin…” sussurrò Sesshomaru

“Fuori! Vattene Sesshomaru, altrimenti ti uccido con le mie mani!” gracchiò la ragazza, madida di sudore.

“Va fuori!” Urlò ancora, vedendo che il marito non si muoveva.

“Vai, Sesshomaru. Per una volta ascolta tua moglie!” sbottò il padre, e mesto Sesshomaru uscì dalla stanza.

Un’ora dopo, un pianto squarciò il castello, poi un Izayoi sudata ammollo, uscì con un sorrisone

“E’ nato. Un bel maschietto. Rin chiede di te!”

Un sopracciglio del demone s’inarcò e Izayoi scoppiò a ridere.

“Ecco perché, i mariti, secondo me non devono assistere al parto. Io, Inu No Taisho, non l’ho voluto appunto per questo. Durante il parto, le donne insultano i compagni come se non ci fosse un domani, poi a fine di tutto li rivogliono. Vai dai lei, prima che dia di matto!” concluse Izayoi, poi Sesshomaru annuì ed entrò.

“E’ nata la piccola?” chiese Ryoma vedendo Izayoi.

“E’ un pargolo, un maschietto papà, ma si, è nato!”

“Tu come stai?” con un sorriso beffardo.

“Se lo sai, non farmelo dire, non lo sa nessuno ancora!”

“Se non lo dici, nemmeno tu, lo realizzi. Dai, dimmelo figliola!”

“Incinta… di nuovo. Io lo ammazzo papà!” esclamò Izayoi, per poi correre in bagno a vomitare.

“Sai figlia, la prossima volta di a tuo marito di usare un contraccettivo!”

Izayoi si bloccò.

“Non gli piace mettersi quel coso…oddio…vomito!” urlò Izayoi per poi sparire. Ryoma scoppiò a ridere, poi entrò nella stanza dove la nipote aveva dato alla luce il frutto dell’unione dei due regni.

Senza Takemaru, la pace era stata una passeggiata.

 

The End

 

Ed eccomi qua, signori e signore con l’Epilogo di Dominus, è stato un vero e proprio parto, lo so che avevo detto che ci sarebbero stati altri due capitolo, ma la storia mi diceva di essere conclusa a questo modo, spero che comunque vi sia piaciuta e ringrazio che ha messo questa storia tra le seguite, le ricordate, le preferite, e chi mi ha dedicato un minutino del suo tempo per farmi sapere che cosa ne pensava con una recensione. Grazie davvero di cuore e spero di ritrovarvi presto.

Se vi fa piacere potete fare un saltino alla mia nuova storia, “Solo per Amore “sempre su Inuyasha

Grazie ancora di cuore e alla prossima

Un bacione

Mei.

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