Trappola di cristallo

di lmpaoli94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il concorso ***
Capitolo 2: *** L'arrivo a New York ***
Capitolo 3: *** Sospetti di un complotto ***
Capitolo 4: *** La telefonata ***
Capitolo 5: *** La decisione ***
Capitolo 6: *** La Tower Crystal ***
Capitolo 7: *** L'esplosione ***
Capitolo 8: *** Corsa contro il tempo ***
Capitolo 9: *** Tutti in pericolo ***
Capitolo 10: *** 50° piano ***
Capitolo 11: *** L'epilogo della verità ***



Capitolo 1
*** Il concorso ***


Era un caldo pomeriggio d’autunno quando Bunny e le sue amiche si ritrovarono all’uscita della loro scuola.
«Accidenti! Non sembra neanche autunno» fece Bunny coprendosi gli occhi dal sole che la stava accecando.
«Già, puoi dirlo forte. Non è mai stato così caldo in questo periodo» ribadì Ami.
«Ragazze, però bisogna  anche dire che abbiamo avuto un estate fredda.»
«Rea ha ragione» rispose Morea.
«Da qualche tempo a questa parte, le temperature ed il clima sembrano non essere quelle del periodo. Colpa del surriscaldamento globale e dell’inquinamento» disse Marta con tono saccente.
«Parliamo d’altro… Sapete che giorno è oggi?» domandò Bunny con trepidazione.
«No…»
«Oggi sapremo se saremo le fortunate ad essere state scelte per l’inaugurazione della Tower Crystal che si terrà a New York il mese prossimo. Oddio! Non sto più nella pelle!»
«Ancora non capisco perché abbiamo dovuto partecipare anche noi…»
«Perché è un occasione più unica che rara, mia cara Rea… Ci saranno le maggiori autorità di spicco del pianeta: imprenditori, ministri, attori… Insomma, sarà una serata indimenticabile.»
«Frena l’entusiasmo, Bunny» fece Morea con tono serio «Ti vorrei ricordare che a questo concorso, hanno partecipato milioni e milioni di persone in Giappone. Quindi non sarei così tanto ottimista. Rischi di rimanerci male.»
«Mi ci hai già fatto rimanere male tu ora dicendomi così» ribadì la bionda con tono affranto. «Ma non mi darò mai per vinta! La speranza è l’ultima a morire. Corro subito a casa! Ci sentiamo più tardi.»
Bunny, con la sua valigetta da studente, corse via alla velocità della luce.
«Accidenti! Mai vista andare così veloce» disse Ami sorpresa.
«Se solo venisse a scuola con tale rapidità…»
«Rea, non lo fa’ perché la scuola non gli interessa» ribadì Morea con tono ovvio «Comunque è meglio se andiamo anche noi.»
«Anche tu muori dalla curiosità?»
«Sì, Marta. A dopo.»
«A dopo ragazze» disse infine Ami mentre ognuna stava per tornarsene a casa propria.
 
«Eccomi qua… sono arrivata» disse Bunny piombando in casa sua dopo aver corso come una maratoneta.
«Bunny! Già a casa? Non ti aspettavo così presto. Di solito ci metti sempre un sacco di tempo per ritornare.»
«Sì mamma, ma oggi è diverso. Se sono fortunata, oggi mi arriverà la lettera di quell’invito a quella famosa inaugurazione di cui ti parlo da mesi.»
«Ah, giusto… me ne ero dimenticata…»
«È arrivato qualcosa per me? Ti prego dimmi di sì!»
«Sì. Eccola qui» disse sua madre porgendogli una lettera.
«Grazie! Vengo subito.»
Dopo aver ripreso fiato momentaneamente, Bunny salì in camera sua.
Buttò la sua valigetta sul letto e con fare impaziente, strappò la busta per leggerne il contenuto.
 
Gentile signora Bunny, siamo lieta di annunciarle che…
 
Ci fu qualche secondo di momentaneo silenzio.
Fino a quando…
«Sììì!!! Sono stata sorteggiata per l’inaugurazione!!!»
La sua voce rimbombò per tutto il quartiere.
Ce l’aveva fatta.
Era stata una delle fortunate vincitrici a partecipare a quell’inaugurazione.
«Mamma! Ce l’ho fatta!»
«Sì, lo so. L’ho sentito dalla tua eccitazione incontenibile» fece sua madre smorzando un sorriso.
«Ma ti rendi conto? Tra un mese esatto sarò a mangiare e a brindare in uno dei grattacieli più belli e moderni del mondo. Ancora non mi sembra vero!»
«Sì,però…»
La mamma di Bunny aveva lo sguardo triste.
«Cosa ti prende, mamma?»
«Ecco non so… Ma ho una brutta sensazione… sul giorno dell’inaugurazione…»
«E cioè?»
«Che accadrà qualcosa di brutto… Ma non so dirti con certezza cosa…»
«Secondo me sei troppo apprensiva, mamma. Insomma, starò via solo due giorni.»
«Non è la durata dei giorni che conta… Secondo me non dovresti andarci…»
«Cosa?! stai scherzando, vero?»
«Per nulla…»
«Mamma, è un occasione più unica che rara. Non puoi impedirmi di andarci.»
«Ma cosa credi di fare tutta sola in una città così grande?»
«Ti ricordo che ho 20 anni!»
«Questo non significa nulla! Sei ancora una ragazza ingenua. E poi New York è molto pericolosa.»
«Come Tokyo, del resto. È una grande città come New York.»
«Sì, ma tu andresti in una città che non conosci. Mentre qui sai come muoverti!»
«Comunque ti ripeto che non puoi impedirmi di andarci!»
«Ah no? Posso eccome! Sono tua madre!»
Bunny stava per scoppiare a piangere.
«Ti odio! Ti odio perché mi fai questo!»
La giovane ragazza tornò in camera sua disperata, immersa nella più totale delusione.
 
Bunny piangeva da circa un’ora.
Non riusciva a pensare ad altro.
Il suo più grande sogno.
Il suo più grande desiderio stava svanendo.
Continuava a immergersi nella più totale solitudine, Bunny sentì bussare alla porta.
«Chiunque sia se ne vada! Non voglio vedere nessuno!»
Ma la persona entrò lo stesso.
«Non mi hai sentita?!»
«Bunny, calmati. Sono Ami.»
«Oh Ami, scusami. Pensavo che fosse qualcun altro…»
«Tipo tua madre?»
«Sì...»
«Avete litigato?»
«Lei e le sue sensazioni! Accidenti! Una volta nella vita che sono fortunata a partecipar ad un evento del genere, lei me lo impedisce.»
«Bunny, è per questo che ora sono qui…»
Ami continuava a fissarla con sguardo sorridente e misterioso.
«Anch’io, come te, Rea, Morea e Marta siamo state sorteggiate per partecipare all’inaugurazione del Tower Crystal.»
«Davvero? Sono molto contenta per voi…»
«Cos’è quella faccia?»
«Io non potrò venire…»
«Tua madre ci ha riflettuto a lungo e…»
«Potrai andarci.»
La voce di sua madre echeggiò nelle orecchie di Bunny come un suono soave e melodioso.
«Mamma, hai detto…»
«Hai capito bene, Bunny. Hai il mio totale permesso.»
«Grazie mamma! Sei la donna più brava e meravigliosa che io abbia mai conosciuto» fece Bunny piombandogli addosso per dimostrargli il suo più totale affetto.
«Peccato che prima non la pensavi così…»
«Perché ero arrabbiata con te.»
«Ma adesso lasciamo perdere. Sotto sotto, sono molto contenta per te. Ma ti prego di non farmici pensare troppo, altrimenti potrei cambiare idea.»
«Certo che no! Caspita Ami! Andremo a New York!»
«Sì, anch’io non vedo l’ora» ribatté la sua amica felice.
«Devo organizzarmi alla perfezione. Devo portarmi dietro vestiti costosissimi e accessori di ogni tipo. Dovrò fare bella figura. Non ci sono alternative.»
«Sì Bunny, ma adesso calmati. Hai ancora molto tempo per pensarci.»
«Cosa? Un mese trascorre molto in fretta! anzi, sono già in ritardo. Devo prepararmi.»
«Non posso crederci… Quando gli chiedi una cosa non è mai pronta. Ma per questa inaugurazione…»
«È molto eccitata per l’avvenimento, signora.»
«Sì Ami. Purtroppo hai ragione. Se fosse sempre così anche per le altre cose, sarebbe una ragazza perfetta. Non una trasandona come ora.»
«Ti ho sentito, mamma» ribadì Bunny con sguardo torvo e facendogli la linguaccia.
«È la pura verità e non possiamo farci nulla.»

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Capitolo 2
*** L'arrivo a New York ***


Era trascorso un mese da quando Bunny e le sue amiche avevano vinto il concorso dell’inaugurazione alla Tower Crystal a New York, e ormai l’attesissimo giorno era arrivato.
«Accidenti, ma quanto ci mette Marta ad arrivare? Non è mai puntuale?» protestò Bunny mentre la stava aspettando nella sala d’attesa dell’aeroporto internazionale di Tokyo.
«Stai calma Bunny, vedrai che tra poco arriverà.»
«È ancora molto presto. Il nostro volo parte tra due ore.»
«Sì Morea, ma se dobbiamo farci trovare all’aeroporto molto prima un motivo ci sarà. Non ho mai preso l’aereo prima d’ora.»
«Devono fare un sacco di controlli di sicurezza» fece Ami.
«Eccomi ragazze! Scusate il ritardo» fece Marta dopo averle salutate con la mano per attirare la loro attenzione.
«Finalmente! Eravamo molto in pensiero» disse Bunny con tono impaziente.
«Già… Quando Bunny non arriva in ritardo, ti ci metti tu?» domandò Rea senza riuscire ad evitare un sorrisetto.
«Che cosa vuoi insinuare?»
«Per le cose che ti interessano sei puntuale… Ma per le altre cose…»
«È solo la mattina quando non riesco a svegliarmi. Quindi, di conseguenza, arrivo in ritardo.»
«Sì certo, tutte scuse.»
«Oh, smettila. Se sei così insopportabile prima di partire, allora forse è meglio se prendo un altro aereo...»
«Non lo faresti mai, perché arriveresti in ritardo per l’inaugurazione» ripose Rea di rimando.
«Non ti sopporto quando fai così, sai?» fece Bunny facendogli la linguaccia.
«Da quando in qua voi vi sopportate?» domandò Morea con tono ovvio.
«Ormai sappiamo tutte che non siete fatte per stare insieme…»
«Però siamo lo stesso buone amiche, giusto?»
«Sì Rea… tranne quando non riesco a sopportarti.»
«Adesso finitela. Abbiamo un aereo da prendere» rispose Marta interrompendo la disputa che sembrava non avere fine.
«Sì, hai ragione. Andiamo a imbarcarci.»
 
«Chissà come sarà New York!» fece Bunny con trepidazione. «Non sto più nella pelle!»
«Magari tra qualche anno potrai venirci ad abitare…» rispose Ami sorridendogli.
«Bunny a New York? Non ci resisterebbe nemmeno una settimana.»
«Che cosa vuoi insinuare?»
«Che ti perderesti… Anche se bisogna dire che è già tanto se non riesci a perderti a Tokyo.»
«Adesso basta! Non voglio più parlare con te per tutto il resto del viaggio» brontolò Bunny mettendo le braccia conserte.
«Quello neppure io…»
«Non siamo ancora partiti e già non vi sopporto più» disse Marta mettendosi le cuffie nelle orecchie per ascoltare un po’ di musica.
«Tranquilla Marta. Se avranno così tanta voglia di litigare come adesso, potremmo buttarle giù dalla Tower Crystal.»
«Ben detto Morea. Così non saranno più un problema» rispose la ragazza bionda dagli occhi azzurri prendendoli in giro.
«Che cosa state confabulando?» domandò Bunny con sguardo serio.
«State per caso parlando di noi?»
«No care. Non siete al centro dell’attenzione come pensate.»
La voce di una hostess interruppe la loro conversazione.
Era ora.
Il decollo dell’aereo era ormai imminente.
«Bunny, essendo la prima volta, spero che non abbia paura di volare. Se è così, siamo fritte. Rischia di avere degli attacchi di panico.»
«Tranquilla Rea, non sarà così.»
 
Il loro arrivo a New York fu più burrascoso del previsto.
«E meno mal che non avresti avuto degli attacchi di panico. Mi hai fatto passare il più brutto viaggio aereo della mia vita!» fere Rea irritata.
«Smettila Rea, non è colpa sua» disse Ami difendendola.
«Accidenti a quelle turbolenze! Mi hanno fatto spaventare a morte!» fece Bunny ancora con le lacrime agli occhi per la paura.
«L’abbiamo notato… anche gli altri passeggeri. Che figura.»
«Basta! Non prenderò mai più un aereo in vita mia!»
«E come farai a tornare a Tokyo, eh sapientona?»
«Ci andrò in nave.»
«Bell’idea. Così rischi di avere il mal di mare.»
«Oh Rea, ma perché non ti fai gli affari tuoi?!» fece Bunny esasperata dai lamenti della sua amica.
«Sto cercando solo di farti aprire gli occhi e di farti prendere decisioni giuste.»
«Ragazze, non credete che adesso non sia il momento adatto per parlare del viaggio di ritorno? Anche se qui ci staremo solo due giorni, potremmo parlarne più tardi. Magari dopo l’inaugurazione.»
«Sì, Marta ha ragione» rispose la bionda sbuffando.
«Dov’è che dobbiamo andare adesso?»
«Alloggiamo al President Hotel, vicino alla Tower Crystal.»
«Bene, allora prendiamo un taxi e scarichiamo i bagagli. Non ce la faccio più!»
«Che noia che sei, Bunny. Sempre a lamentarti! Perché hai portato così tanta roba con te? Ti ricordo che stavi via solo due giorni!»
«Lo so, cara la mia suocerina, ma non ho ancora deciso cosa mettermi. Devo essere elegante e impeccabile. Magari un riccone di quelli che incontreremo potrà farmi sua…» ribatté Bunny con un sorrisetto compiaciuto.
«Sì Sì… Sogna pure ad occhi aperti. Lo sai che l’abito non fa il monaco?»
«Non mi interessa. Ho un sacco di vestiti con me. E appena arriveremo in albergo, li proverò tutti.»
«Fa pure. Io e le altre invece, andremo a giro per New York. Che ne dite ragazze?»
«Sì certo» fece Marta sorridente.
«È ovvio» disse Morea.
«Magari rimarrò io a fare compagnia e ad aiutare Bunny…»
«Oh grazie Ami. Sei una vera amica» disse Bunny abbracciandola.
«Adesso cerchiamo di trovare un taxi, va bene?» fece Morea seria.
«Oook!» risposero in coro le altre.
 
New York era una città affollatissima e in continuo fermento.
«Caspita! Guardate quanti negozi! Potrei perdermi in tutti questi!»
«Oltre a spendere i pochi soldi che ti sei messa da parte» fece Ami prendendola in giro.
«Non sono così sprovveduta come pensi. Sono una tipa risparmiosa.»
«Cosa? Ma non dire sciocchezze! Dobbiamo ricordarti di quell’orrendo vestito che hai preso un anno fa’ per la mia festa di compleanno?»
«Non era così male, Morea. Era solo…»
«Aveva un colore disgustoso.»
«Già. Quel marrone non ti donava affatto!» fece Marta entrando nel discorso.
«E per di più hai speso un sacco di soldi! Quando tua madre è venuta a saperlo…»
«Solo perché voi tutte siete delle spione! Perché non riuscite mai a farvi gli affari vostri?»
«Perché siamo amiche, Bunny. E se lo abbiamo fatto, è solo per il tuo bene.»
«Sì certo, Ami… Infatti ho dovuto risarcire mia madre, visto che quei soldi spesi non erano miei.»
«Ci dovevi pensare prima, non credi?»
«Ora ti ci metti pure tu, Rea?!»
«Ragazze, siamo arrivati» fece il tassista.
«La ringrazio tanto» disse Marta porgendogli i soldi della corsa.
L’ingresso dell’albergo era illuminato da luci chiare e splendenti.
Lo spazio era davvero immenso.
Sembrava stare in mezzo ad una piazza.
«È davvero stupendo!» fece Bunny eccitata.
«Bene, andiamo nelle nostre camere e disfiamo i bagagli.»
«Buonasera signorine, come posso esservi utili?» domandò il portiere d’albergo con tutta la gentilezza che lo contraddistingueva.
«Buonasera. Siamo le ragazze vincitrici che domani parteciperanno all’inaugurazione della Tower Crystal» disse Rea prendendo il sopravvento.
«Ah benissimo! Vi faccio i miei più sinceri complimenti. Siete state davvero molto fortunate.»
«La ringrazio.»
«Ecco, questa è la chiave della vostra camera» fece il portiere porgendogliela «Vi auguro un meraviglioso soggiorno nel nostro albergo e una buona serata in questa magnifica città.»
«Grazie mille!» disse infine Rea sorridente.
«Ma Rea, un momento…»
«Cosa c’è, Bunny?» domandò la ragazza scocciata.
«Solo una chiave? Quindi questo vuol dire…»
«Che dormiremo nella solita camera. Contenta?»
«Per nulla! Che scherzo è questo? Io pensavo che ognuna di noi avesse in dotazione una camera singola. Non tutte assieme!»
«Cara Bunny, ti ricordo che chi organizza certi concorsi, non può permettersi di spendere più del dovuto.»
«Come no?! Qui si sta parlando dell’inaugurazione della Tower Crystal! È normale spendere un sacco di soldi!»
«Mi dispiace Bunny, ma non so che dirti.»
«Guarda il lato positivo, Bunny…»
«Perché c’è un lato positivo in tutto questo?»
«Se in una delle città più belle del mondo in compagnia delle tue migliori amiche, e per di più domani parteciperai ad una cena di gala, dove parteciperanno persone di ogni spicco sociale.»
«Sì Ami, hai ragione. Non devo lamentarmi… Ma ho bisogno dei miei spazi!»
«Tranquilla Bunny, le avrai» fece Morea annoiata.
 
La camera delle ragazze si trovava al terzo piano dell’albergo.
«Eccoci qua! Camera 301» fece Rea mentre stava aprendo la porta.
Come prima occhiata, la camera dove dovevano alloggiare le cinque amiche, non era per niente male.
Era dotata di tutti i confort.
Dal mini bar ad un bagno lussuoso e ben accessoriata.
L’unica cosa era che la camera non era molto grande. Anzi…
«Ci sono solo tre armadi? E io dove metterò tutta la mia roba?»
«La lascerai in borsa, cervellona.»
«No Rea! Devo disfare le valigie e provarmi ogni singolo vestito!»
«Fai come vuoi, ma non puoi prenderti tutto lo spazio necessario. Ci siamo anche noi.»
Dopo aver posato le valigie ed essersi rinfrescate un momento, Rea, Morea e Marta erano pronte per ripartire.
«Ma dove state andando?»
«A  far un giro per la città. È innegabile rimanere chiuse qua dentro.»
«Marta ha ragione, ragazze. Noi tre andiamo. Te cosa fai, Ami? Rimani con la sclerotica Bunny?»
«Sì, andate pure. Ho promesso a Bunny che l’avrei aiutata a scegliersi il vestito.»
«Ma Ami…»
«Tranquilla Rea. New York l’ho visitata un sacco di volte. Non mi perdo niente.»
«Allora potresti farci da guida!»
«Magari un’altra volta… Mi dispiace.»
«È un vero peccato… Ci vediamo a cena» disse Morea salutandola.
«A più tardi» rispose Ami.
«Ma dove stanno andando?»
«In giro per New York. Io rimango qui ad assisterti» fece la ragazza dai capelli blu prendendola in giro.
«Ma se vuoi andare…»
«Tranquilla, non ti preoccupare. Rimango volentieri con te.»
«Grazie Ami. Non so cosa farei senza di te» fece Bunny con tono dolce e felice «Allora non perdiamo tempo. Iniziamo!»

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Capitolo 3
*** Sospetti di un complotto ***


«La città di New York è davvero bellissima di notte. Guardate quanto è illuminata!» esclamò Marta come una bambina che doveva scoprire il mondo.
«Già, è davvero fantastica» rispose Morea con tono felice.
«Che ne dite se andiamo a fare un giro in qualche negozio interessante?»
«Mi sembra una buona idea, Rea. Ce n’è uno qui vicino.»
«Allora cosa aspettiamo? Entriamo?»
 
Il negozio in questione dove Rea, Morea e Marta si erano fermate, era rifornito di qualsiasi cosa.
Aveva a disposizione tutte le marche dei migliori stilisti di moda al mondo.
Da Dolce & Gabbana a Zara.
«Wow! Non ho mai visto niente del genere!» fece Marta quando vide tutto quel ben di Dio.
«Se Bunny sapesse cosa si è persa…»
«Sì Rea. Si pentirebbe amaramente.»
«Ma noi da amiche non gli diremo nulla» fece Morea con un sorrisetto.
«Adesso basta pensare a loro. Proviamo qualche vestito?»
«Ma non possiamo permettercelo» fece Marta con tono triste.
«E chi se ne importa! Almeno avremmo avuto il gusto di provarli» disse Rea con insistenza.
«Va bene, mi avete convinto…» rispose Marta ritrovando il sorriso.
 
Passò circa un’ora da quando le ragazze erano entrate nel negozio.
Sembravano di essere nel paese dei balocchi.
«Molto bene. Credo che per oggi possa bastare» fece Marta prendendo i vestiti che si era provata per rimetterli a posto.
«Quanto sei noiosa, Marta! Quando ci ricapiterà di fermarci in un negozio simile?»
«Ma io…»
«Marta ha ragione. Si è fatto tardi» fece Morea difendendo la sua amica.
«Accidenti… E va bene, andiamo.»
«È un vero peccato che non possiamo permettercelo…»
«Già. Ha me piaceva quel vestito nero tempestato di diamanti.»
«E a me piaceva quel vestito verde.»
Le ragazze erano in preda ad una tristezza velata.
«Che ore sono?»
«È quasi mezzanotte» disse Marta guardando l’orologio. «Ecco perché sono così stanca…»
«Però quando facevamo shopping non sentivi tutta questa stanchezza.»
«Ahahah, lo so Morea. È una dote di noi ragazze non sentire la minima fatica quando facciamo spese» ribadì Marta scoppiando a ridere.
«Forse è meglio se ce ne torniamo in albergo.»
«Sì, andiamo.»
Mentre le tre ragazze camminavano lunghi i viali illuminati e affollati di New York, qualcosa attirò l’attenzione di una di loro.
In un vicolo buio, Marta vide una persona incappucciata parlare sottovoce.
«Vi raggiungo subito, ragazze.»
«Che cosa vuoi fare, Marta?»
«Niente di che. Vado solo in un bar qui vicino per andare in bagno. Non riesco a resistere fino in hotel.»
Rea e Morea la guardarono allibita.
«Mah… Vabbe’. A più tardi» disse Rea senza dilungare la conversazione.
«A dopo.»
Quando le due ragazze si furono allontanate abbastanza, Marta si avvicinò sempre di più a quella persona misteriosa.
Stava parlando al telefono.
Il cuore di Marta gli martellava all’impazzata.
Sembrava che si fosse messa nei panni di una poliziotta alle prime armi.
Si avvicinò sempre di più alla persona sconosciuta per ascoltare cosa diceva al telefono.
«Sì. Domani sera a quest’ora sarà tutto finito… La nostra vendetta sul presidente della Tower Crystal sarà compiuta. Dopo tutti questi anni…»
La conversazione dell’uomo si interruppe improvvisamente.
Marta si era mossa facendo rumore.
Spaventata, si nascose meglio che poté.
«Forse è meglio se ti richiamo più tardi…»
La voce era contraffatta.
Marta non riuscì a capire se era un uomo o una donna.
Ma in quel momento era l’ultimo dei suoi problemi.
Aspettò alcuni secondi prima di uscire allo scoperto.
Il silenzio regnava indisturbato.
Non c’era anima viva.
La persona era scomparsa nel nulla.
“Accidenti. Meno male non sono stata scoperta” fece Marta tirando un sospiro di sollievo.
Appena uscì dal vicolo buio, qualcuno gli venne incontro.
«Ma Marta… Dov’eri?»
«Accidenti Rea! Mi hai fatto prendere un colpo!»
«Non dovevi essere nel bar qui vicino?»
«No, non ci sono andata.»
«Cosa? E perché?»
Marta aveva lo sguardo serio e concentrato.
«Andiamo in albergo. Spiegherò a te e alle altre ragazze cosa sono venuta a sapere.»

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Capitolo 4
*** La telefonata ***


Dal bar dove Rea e Morea l’avevano ritrovata, fino in albergo, Marta non disse una parola.
Aveva lo sguardo serio.
Quella frase al telefono l’aveva turbata profondamente.
“Sì. Domani sera a quest’ora sarà tutto finito… La nostra vendetta sul presidente della Tower Crystal sarà compiuta. Dopo tutti questi anni…”
«Bentornate ragazze» fece Ami con sorriso cordiale «Come è andata la serata?»
«Ci siamo divertite moltissimo a provare vestiti costosissimi e di grandi marche» rispose Rea come se fosse al settimo cielo «E tu con Bunny?»
«Molto bene. Alla fine Bunny è riuscita a trovare il vestito che si metterà all’inaugurazione di domani.»
«Splendido. E adesso dov’è?»
«È andata a dormire. Era veramente stanca… Ora tocca anche a me provare il vestito che metterò all’inaugurazione. Domani sarà una giornata davvero movimentata.»
«Aspetta un attimo, Ami…»
«Cosa succede Rea?»
«Marta… deve raccontarci una cosa… Avanti parla.»
La bionda aveva lo sguardo perso nel vuoto.
«Marta, tutto bene?»
«Assolutamente no. C’è qualcosa che la preoccupa…» disse Morea parlando al posto della ragazza.
«Ecco, non so se è importante quello che ho visto…»
«Cosa? Eri molto strana quando ti ho visto uscire da quel vicolo. Che cosa hai visto?» domandò Rea con insistenza. «O meglio, chi?»
Marta fissava le tre ragazze.
«Andate a chiamare Bunny. È meglio che lo sappia anche lei.»
 
Era l’una di notte passata.
Bunny, sbadigliando a più non posso, aveva lo sguardo insonnolito.
«Ma che succede? Perché mi avete svegliata a quest’ora?»
«Marta ci deve parlare» disse Rea con sguardo serio.
«E non può aspettare domattina? Ho troppo sonno.»
«Purtroppo no… Sembra che sia una faccenda molto importante e delicata.»
Alla fine, Bunny si convinse delle parole delle sue amiche.
«E va bene. Cercherò di rimanere sveglia per ascoltare questa storia.»
Ma non era un compito facile.
Soprattutto per una come Bunny.
«Mentre mi stavo dirigendo in un bar, notai una persona alquanto sospetta. Incuriosita, decisi di avvicinarmi. E quello che sentii, mi fece accapponare la pelle…»
«Di cosa si tratta? Avanti, non tenerci più sulle spine» fece Morea con insistenza.
«Questa persona, che parlava con la voce contraffatta, disse che doveva vendicarsi del presidente della Tower Crystal…»
«E in che modo?» domandò Ami curiosa.
«Non lo so, non sono riuscita a scoprirlo… Mentre stavo origliando, ho mosso inavvertitamente qualcosa facendo rumore.»
«Oh no! Ti ha scoperto?»
«Fortunatamente no. Ma quando ho guardato se colui c’era sempre, egli era sparito nel nulla. Il resto lo sapete già.»
«Quindi non sei riuscita a vedere chi era?»
«No. Era incappucciato. E poi, come vi ho appena detto, aveva la voce contraffatta…»
«Capito…»
«Quindi, secondo voi… domani sera…»
«Dobbiamo tenere gli occhi bene aperti, Rea. Non so cosa potrebbe succedere…»
«Quindi sarebbe meglio non andarci, secondo voi?»
«Non lo so. Non possiamo mancare ad un evento del genere» disse Rea.
«Ma non possiamo nemmeno rischiare la vita! Insomma, se queste persone organizzassero un attentato?» domandò Morea un po’ spaventata.
«Credo che non ci dovrebbero essere problemi su questo. La sicurezza sarà molto alta, con guardie e poliziotti che sorveglieranno l’intera area del grattacielo» rispose Ami come se la sapesse lunga.
«Capisco… Tu che cosa ne dici Bunny?»
Ma la bionda, da prima insonnolita, si era già riaddormentata.
«Forse è meglio se andiamo a letto anche noi» disse Morea che aveva cominciato a sbadigliare.
«Sì. È molto tardi… Buonanotte.»
«Notte» risposero tutte in coro prima di sistemarsi nelle rispettive camere.
 
C’era un silenzio surreale.
Non si sentiva il minimo rumore.
Le ragazze stavano dormendo profondamente.
Fino a quando qualcosa non svegliò una di loro.
Il telefono dell’albergo cominciò a suonare insistentemente.
La prima a svegliarsi, e quindi a rispondere, fu Marta.
«Pronto?» fece con la voce insonnolita.
Dall’altro capo del telefono, non rispondeva nessuno.
«Pronto?!» fece Marta con insistenza.
Ma mentre stava per riattaccare, ecco che una voce contraffatta inizia a parlare: «So che mi hai spiato questa notte. Se spiffererai tutto alla polizia, ti verrò a cercare e ti ucciderò. Ci siamo capiti?»
«Ma chi è che parla?»
Marta aveva le lacrime agli occhi.
Quelle parole l’avevano ferita nel profondo.
«Dimmi solo se hai capito…»
«Sì…»
Subito dopo la sua risposta, lo sconosciuto riattaccò.
Marta, spaventata, iniziò a piangere come una disperata.
«Marta, cosa ti prende?» gli domandò Ami svegliandosi di soprassalto.
«Mi ha… mi ha chiamato uno sconosciuto… aveva la solita voce contraffatta che ho sentito qualche ora fa’…»
«E cosa ti ha detto?»
«Mi ha minacciata… Mi ha detto che se avessi raccontato il suo segreto, mi avrebbe tolto di mezzo…»
Ami fu rabbrividita da quella confessione.
«Ami… ho paura…»
«Sta tranquilla. Ci siamo noi qui con te. Non ti accadrà nulla.»
«Ma adesso… c-cosa facciamo?» domandò Marta singhiozzando.
«Dobbiamo stare allerta senza fare nulla…»
«Cosa? Dobbiamo far finta che non sia successo niente?»
«Esatto. Solo così non avremmo problemi…»
Marta fissava Ami con sguardo indecifrabile.
«Adesso torniamo a dormire. Penseremo domani sul da farsi…»
«Ami, come posso dormire dopo quello che mi è accaduto?» domandò Marta risentita.
«Tranquilla, dormirò con te. Almeno riposerai tranquilla, ok?»
Il nervosismo di Marta si placò.
«Ok… Ci proverò.»

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Capitolo 5
*** La decisione ***


Anche in compagnia di Ami, Marta non era riuscita a dormire.
Aveva uno sguardo spaventoso.
Era piena di occhiaie.
«Accidenti Marta. Che brutta c’era hai!» disse Bunny che, stranamente, fu la prima a svegliarsi.
«Non sono riuscita a dormire, stanotte.»
«E perché?»
Marta la guardava con sguardo accigliato.
«Come perché? Non ti ricordi?»
«Sinceramente no.»
«Bunny! Marta! Buongiorno a tutte e due» fece Rea piena d’energia.
«Buongiorno Rea. Vado a sistemarmi un po’ prima che il bagno venga assalito da tutte le altre.»
Bunny non riusciva ancora a capire lo stato d’animo della sua amica.
«Rea, cos’ha Marta?»
«Immaginavo che tu non la sapessi… sei sempre la solita.»
Bunny guardava Rea con sguardo allibito.
«Ma… cosa ho fatto?»
«Cosa non hai fatto! Marta è stata minacciata di morte.»
«Minacciata di morte?! E da chi?»
«Questo non lo sappiamo…»
Bunny non riusciva a credere a quelle parole.
«Più tardi, quando avremmo fatto colazione, decideremo cosa fare…»
«Puoi anticiparmi qualcosa?»
«Mi dispiace, ma lo saprai insieme alle altre…»
La bionda, sconcertata, disse: «E va bene.»
 
Dopo aver fatto colazione, le ragazze tornarono immediatamente nella loro camera per discutere sulla situazione.
«Sappiamo tutti, ormai, il pericolo che corre Marta. Data questa situazione, vorrei discutere su come comportarci…» fece Rea iniziando a parlare.
«Di sicuro, io personalmente, non chiamerei la polizia» rispose Morea senza avere ombra di dubbio.
«Ovviamente quello è fuori discussione, visto che credo che anche Marta sia d’accordo con te, Morea.»
Ma Marta non disse niente.
Era ancora profondamente scossa.
«Marta, tu cosa ne dici? Secondo te, dovremmo andarci all’inaugurazione, oppure no?»
«Cosa cosa? Certo che ci dobbiamo andare!» fece Bunny saltando inviperita come una molla.
«Bunny, non hai ancora capito quello che è accaduto a Marta? C’è in gioco la sua vita! Sei un’irrispettosa!»
«La capisco perfettamente, Rea! Ma addirittura non andare all’inaugurazione… mi sembra un’esagerazione.»
«La vita di una persona è più importante di qualsiasi altra cosa. Anche di questa inaugurazione» ribatté Rea seria.
Bunny rimase ammutolita.
«Lasciamo decidere Marta… Poi decideremo sul da farsi» mormorò Rea.
Ma nemmeno Marta sapeva cosa fare.
Non aveva le idee chiare.
Anche per lei, andare a quella serata, era importante.
«Di una cosa sono certa… Quando avrò preso la mia decisione, ci saranno dei pareri discordanti…»
«No Marta! Non puoi farmi questo!» disse Bunny disperata.
«Come al solito, non hai capito niente, Bunny… Secondo me a quell’inaugurazione ci dobbiamo andare…»
Dopo quella risposta, Bunny tirò un lungo sospiro di sollievo, senza riuscire a contenere la gioia.
«Bene… E così sia…»
L’unica a non essere soddisfatta era Rea.
A lei importava fino a un certo punto dell’inaugurazione.
E da quando era successo tutto questo, non ne voleva più sentire parlare.
«Rea, cos’hai?» gli domandò Morea.
«Niente… Perché?»
«Hai una faccia molto seria…»
«È la mia solita faccia di sempre, Morea.»
«Beh, sinceramente non credo.»
Rea fissava la sua amica con sguardo accigliato.
«Bene, visto che la nostra riunione si è conclusa, me ne vado un po’ a riposare. Questa sera sarà una serata speciale per tutte noi… A più tardi.»
Rea lasciò le ragazze completamente sorprese.
«Ma… perché si comporta in questo modo?»
«È il suo carattere, Morea.»
«È proprio una sciocca. Se non vuole venire alla festa, che non ci venga! Fine della discussione.»
«Ora che hai detto ciò, non ci verrò più, mia cara Bunny. Preferisco rimanere qui. Almeno sarai contenta.»
L’aveva sentita.
Rea aveva ascoltato tutto.
«Divertitevi anche senza di me.»
La ragazza era furiosa.
Ma non lo diede molto a vedere.
Lasciò la camera d’albergo per rimanere sola.
Lei e i suoi pensieri.
Solo così avrebbe ritrovato la sua calma insperata.
«Bel colpo Bunny. Sei contenta adesso?»
«Non ho fatto nulla di male. Ho solo espresso il mio pensiero!»
«Ah sì? Allora la prossima volta, certe cose tienile per te!»
Anche Morea era furibonda con Bunny.
Cercò d’inseguire la sua amica, ma senza successo.
Ormai era sparita chissà dove.
«Qui mi sembrano tutti matti… Non ho altro da dire…»
«Hai già detto anche troppo, Bunny.»
«Ti ci metti pure tu, Ami?!»
«Lasciamo stare. È meglio.»
La discussione aveva preso un finale insperato.
Marta ebbe ragione sui pareri discordanti.
Ma non credette mai che le sue amiche potessero arrivare a ciò.
«Bene… ci aspetta una bella serata» fece Marta con tono sarcastico.
 
Angola lmpaoli94
Ciao a tutti.
Intanto volevo ringraziare tutti coloro che seguono questa storia e che hanno fatto sapere il loro parere.
La prima parte della storia è finita.
Presto entreremo nel vivo del racconto.
Al prossimo capitolo le nostre amiche Sailor vivranno una serata indimenticabile (Vi lascio a voi il beneficio del dubbio xD).
Grazie ancora per il supporto e alla prossima J

 

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Capitolo 6
*** La Tower Crystal ***


Il momento era arrivato.
il mondo stava per fermarsi solo per questo evento: l’inaugurazione della Tower Crystal.
Ormai era tutto pronto.
Sarebbe stata una serata indimenticabile.
«Allora ragazze, siete pronte?» fece Bunny con il suo vestito bianco che sembrava quasi una sposa.
«Sì… Mi dispiace solo per Rea…»
«Se vuole venire, sa dove trovarci Marta» rispose la bionda senza mezzi termini.
«Sì però… senza di lei…»
«So benissimo che sarà un’altra cosa. Ma noi non possiamo farci niente.»
«Adesso però cerchiamo di non pensarci…»
«Sì. Ami ha ragione. Dobbiamo solo divertirci. Andiamo!»
Le ragazze lasciarono l’albergo sfoggiando vestiti davvero eleganti.
Ami aveva un vestito da sera blu scuro che si abbinava con i tacchi dello stesso colore.
Marta, invece, aveva un vestito arancione con filamenti d’oro, firmato da uno degli stilisti più in voga del momento.
Morea invece, predilì il suo colore preferito: il verde.
Il vestito di quel colore risaliva tutta la sua bellezza.
Erano tutte veramente stupende.
Ma purtroppo non erano felici come volevano.
Tranne Bunny, che emanava felicità da tutti i pori.
La serata si preannunciava senza nessun intoppo.
Ma sarebbe stato davvero così?
 
Quando le ragazze arrivarono dinanzi al grattacielo, rimasero letteralmente senza parole.
Era di una bellezza inaudita.
«Wow! È gigantesco!» fece Ami sorpresa.
«È davvero eccezionale. Non ho mai visto niente di simile» rispose Morea.
«Non sei la sola» ribadì Marta con sorriso impassibile.
«Bene ragazze, credo che dobbiamo andare all’ultimo piano del palazzo per andare alla festa.»
E per la prima volta nella sua vita, Bunny ebbe ragione.
Un giovane ragazzo alto e snello, li fece strada fino all’ultimo piano del grattacielo.
«Eccoci arrivate, ragazze» fece l’uomo appena aprì l’ascensore.
L’ultimo piano del palazzo, dove si stava svolgendo la festa, era stracolmo di gente.
«La ringrazio» disse Bunny al ragazzo.
Il giovane, cordiale, li salutò con un inchino, riprendendo l’ascensore e tornando al piano terra della Tower Crystal.
«Era veramente carino quel ragazzo, non trovate?»
Ma nessuna delle sue amiche diede ascolto a Bunny.
Erano completamente estasiate da tutte le persone di spicco che riuscirono a inquadrare.
«Guardate! Quello è un attore di Hollywood! Credo che si chiami Leonardo… Accidenti! Non mi ricordo il suo nome!»
«Leonardo DiCaprio, Marta. È in compagnia di Robert De Niro. Credo che presto dovrebbero fare un film dove li vedremo insieme.»
«Che cosa stiamo aspettando? Andiamo a presentarci!»
«Ferma Bunny. Cerchiamo di non farci riconoscere, ok?»
«Ami, ma io…»
«Scusate ragazze, voi siete le fortunate vincitrici del concorso in Giappone?»
Un uomo di mezza età, si era avvicinato a loro improvvisamente, facendole quasi sobbalzare dallo spavento.
«Sì, siamo noi» disse Morea rispondendo per tutte.
«Venite con me. Il presidente della Tower Crystal vi vuole conoscere.»
 
Le ragazze furono condotte da un uomo giovane sulla trentina d’anni.
Aveva i capelli mori e gli occhi azzurri.
Guardandolo, le ragazze rimasero allibite dalla sua bellezza.
«Buonasera. Piacere di conoscervi. Il mio nome è Marzio Stepperd e sono presidente della Tower Crystal.»
La prima a stringergli la mano fu Bunny.
Il calore di quell’uomo, la sua stretta, li fece battere il cuore all’impazzata.
«Piacere… N-nostro…» ribatté Bunny rispondendo anche per le altre.
«Vi state divertendo?»
«Tantissimo» rispose Ami.
Marta, nel vedere quell’uomo, gli ritornò in mente quello a cui aveva assistita.
Doveva avvertirlo.
Doveva parlargli immediatamente del pericolo che incombeva su di lui.
«Questo palazzo, è il mio sogno che si realizza. Sono anni che cercavo di farmi largo con le mie idee e di portarlo a compimento. E dopo più di dieci anni, finalmente ce l’ho fatta.»
«Più di dieci anni? Accidenti! È molto tempo.»
«Lo so. Infatti ho avuto anche dei problemi burocratici che non vi sto a spiegare… Ma adesso mi trovo qui con voi nella Tower Crystal. Ed è quello che conta.»
«Senz’altro» rispose Morea.
«Ma sbaglio, o dovevate essere in cinque?»
«Una nostra amica purtroppo non è potuta venire per problemi personali…» mentì Marta.
«Mi dispiace tantissimo. Questa sarà una serata irripetibile.»
«Lo sappiamo…»
«Bene, mi ha fatto piacere parlare con voi. Ma adesso devo fare gli onori di casa. A più tardi.»
Il presidente si congedò da loro stringendogli ancora la mano.
Ma Marta cercò di corrergli per parlargli una volta per tutte.
«Marta, dove vai?»
«Presidente! Aspetti!»
Con sguardo sorpreso, il signor Stepperd si girò verso la ragazza.
«Signor presidente. È ora» gli fece la sua guardia del corpo.
Ormai era troppo tardi.
Il presidente era già salito sul parco.
«Buonasera a tutti. Vi do il benvenuto alla Tower Crystal. Come molti di voi sapranno, questa costruzione è stata il mio sogno proibito da quando mi nasse l’idea più di dieci anni fa’. Essendo giapponese di nascita, arrivai nel vostro paese per cercare fortuna. E devo dire che alla fine l’ho trovata. Tra mille insidie e problemi, sono riuscito nel mio intento. Voglio solo ringraziare i miei più fidati collaboratori che mi hanno accompagnato in questa avventura e che sono con me anche questa sera. Senza dimenticarmi di tutti gli operai e costruttori che hanno messo anima e corpo nella costruzione di questo palazzo. Cos’altro vi devo dire… Spero che passiate una buona serata.»
Il discorso del presidente, fu accolto da un applauso scrosciante.
Ma questo applauso non riuscì ad evitare il peggio.
Un colpo improvviso, rimbombò in tutta la sala.
Spaventati, le persone si catapultarono a terra.
Il colpo in questione, fu un proiettile che andò a colpire l’inerme presidente Marzio Stepperd.
L’uomo fu ferito ad una spalla.
Il panico si stava dilagando molto velocemente.
Chi poteva essere stato? Chi poteva volere il presidente morto?
Una cosa era certa: questo era solo l’inizio.
Gli attentatori non si sarebbero mai fermati fino a qui.

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Capitolo 7
*** L'esplosione ***


Un video messaggio, che ritraeva due terroristi, fu visualizzato sul grande schermo del salone.
«Buonasera. Vi è piaciuta la nostra entrata in scena? Vi volevamo solo avvertire che questo era solo un espediente per attirare la vostra attenzione. Il bello arriverà tra poco... Siete pronti? Nessuno riuscirà ad uscire vivo da questo grattacielo. Nessuno.»
Il video terminò dopo solo un minuto.
Non avevano specificato le loro intenzioni.
Che cosa credevano di fare?
Seminare solo il panico?
Ma il problema principale non era questo.
Il presidente Marzio Stepperd continuava a perdere sangue dalla spalla.
Doveva essere trasferito subito in ospedale.
«Signor presidente, abbiamo chiamato subito l’ambulanza. Tra poco sarà qui» disse un suo collaboratore.
«Signor Stepperd, come sta?»
Bunny si era avvicinata a lui stringendogli la mano.
Era profondamente preoccupata per quell’uomo, anche se l’aveva conosciuto da poco.
«State indietro voi cinque!» tuonò la sua guardia del corpo alle ragazze.
Ma Bunny non lo ascoltò.
Era troppo presa dallo stare vicino a Marzio.
«Dobbiamo portarlo immediatamente al piano terra» fece Marta agli uomini che si occupavano di lui.
«Ci serve immediatamente una barella!»
Ma nessuno era attrezzato con materiali ospedalieri.
«Cosa? Volete forse dirmi che…»
«Mi dispiace signor Thompson…»
«Accidenti! Vuol dire che lo porteremo a braccetto. Qualcuno mi può aiutare?»
Bunny fu la prima che si offrì, seguita dalle altre ragazze.
«Bene. Andiamo!»
Erano pronti per scendere fino al piano terra.
Ma qualcosa li interruppe bruscamente.
«Cos’è stato?!»
Un forte rumore echeggiò nella sala e nell’area circostante.
«Sembrava una…»
«Come?! Un incendio?!»
«Sì, signor Thompson. È scoppiata una bomba nella sala generatori.»
«Una… bomba?»
«E non è tutto. Gli uffici dei computer dell’azienda al 40° piano sono invasi dalle fiamme. Dobbiamo evacuare la torre il più velocemente possibile.»
La comunicazione s’interruppe improvvisamente.
«Signor Thompson, adesso cosa facciamo?»
«Non lo so… Al 40° piano c’è un incendio… I computer dell’azienda ormai sono perduti.»
«Chi se ne importa dei computer! Dobbiamo portare il presidente subito in ospedale!» gridò Bunny.
Marzio era sempre più dolorante.
Ogni secondo che passava stava sempre peggio.
«Come possiamo portarlo in ospedale? Insomma, dovremmo oltrepassare le fiamme del 40° piano!»
«L’ascensore che porta fino al piano terra ha un sistema e una protezione indipendente. Grazie a questo, potremmo attraversare il 40° piano senza problemi» fece il signor Thompson.
Bunny tirò un sospiro di sollievo.
«Bene, cosa stiamo aspettando? Andiamo!»
L’ascensore della Tower Crystal si aprì senza problemi.
«Quante persone può portare alla volta?» domandò Rea.
«Al massimo venti persone.»
«Così poche?» domandò Morea allibita «Ci metteremo un sacco di tempo prima di portare tutti in salvo!»
«Mi dispiace, ma questa è l’unica soluzione» ribatté il consigliere del presidente.
«Morea, guarda il lato positivo… Meglio questo ascensore che niente.»
«Sì Ami, hai ragione. Però…»
«Dobbiamo fare in fretta. Non c’è tempo da perdere» disse Bunny impaziente.
«Oltre all’ambulanza, avete chiamato anche la polizia e i vigili del fuoco?»
«Sì signorina. Li ho chiamati io. Saranno qui a momenti» fece il signor Thompson rispondendo a Marta.
«Io proporrei di fare andare per prima le donne.»
«Sì, giusto…»
I primi a montare sull’ascensore furono il presidente ferito, Bunny, Amy, Rea, Morea e altre donne.
Con sorpresa, Marta non era tra queste.
«Marta, cosa stai facendo? Vieni anche tu!»
«Ormai siamo già in troppi. Aspetterò l’ascensore successivo.»
Ma Morea aveva capito che non diceva la verità.
Nello sguardo della bionda, capii che c’era qualcosa che non andava.
Come se stesse nascondendo qualcosa.
All’improvviso, anche Rea uscì dall’ascensore.
«Morea, ma che…»
«Non posso lasciarla qui da sola. Andate intanto voi. Vi raggiungeremo presto.»
Alla fine, le tre amiche si dovettero rassegnare.
«Va bene. Ma state attente» disse Ami prima che si chiudesse l’ascensore.
«Anche voi. Ci vediamo più tardi» replicò Marta.
L’ascensore si richiuse.
Erano rimaste loro due con circa un’ottantina di persone.
«Vieni con me» fece Marta allontanando Morea dal gruppo.
L’amica, che non riusciva a capire le sue intenzioni, la fissava con sguardo interrogativo.
«Sì può sapere cosa ti prende? Perché non sei entrata nell’ascensore come hanno fatto le altre?»
«Devo scoprire l’attentatore…»
«Cosa?! Ma sei impazzita?! Non è compito nostro!»
«La polizia qui non c’è. Dobbiamo pensarci da noi. Solo così gli eventi di oggi non rimarranno impuniti.»
«Marta, ti rendi conto di cosa stai dicendo?» gli domandò Morea cercando di fare ragionare la sua amica.
«Perfettamente… Se vuoi venire con me bene. Altrimenti, ti consiglio di prendere il prossimo ascensore che porterà in salvo altre persone.»
«Marta, come puoi…»
«Forse starai pensando che ho già rischiato la vita una volta… Ma devo fargliela pagare. A qualsiasi costo. Deve capire che non può minacciarmi come gli pare e piace.»
Alla fine, Rea fu convinta dalle parole della sua amica.
Aveva pienamente ragione.
Non poteva far finta di niente.
«Va bene. Verrò con te.»
Marta, sorridente, accettò con un cenno della testa, per poi sparire nell’oscurità del salone.

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Capitolo 8
*** Corsa contro il tempo ***


L’ascensore stava andando molto lentamente.
Il nervosismo delle persone che erano saliti sopra, stava aumentando vertiginosamente.
«Signor Thompson, tra quanto arriveremo?» domandò Bunny.
«Il generatore d’emergenza che alimenta questo ascensore non è stato collaudato a dovere. È per questo che stiamo andando così lentamente.»
«Accidenti! Ci mancava anche questa!»
«Ma non si deve preoccupare, signorina. Tra poco arriveremo a destinazione. Siamo dopo il 50° piano. Dobbiamo superare il piano critico, poi saremo in salvo.»
Bunny decise di non replicare.
Era preoccupata come non mai.
«Tranquilla Bunny, vedrai che tra poco tutto si sistemerà» disse Ami cercando di consolarla meglio possibile.
«Lo spero tanto…»
 
Intanto, Marta e Morea vagavano per il 75° piano correndo a più non posso.
«Marta. Mi dici perché stiamo correndo?»
«Ogni singolo secondo è prezioso, Morea.»
«Ma cosa stiamo cercando di preciso?»
«Delle risposte… Sono sicura che qui ce ne sono molte….»
Le due ragazze uscirono dalla porta che dava all’ultimo piano per dirigersi alle scale d’emergenza.
«Cosa…»
«Andiamo sul tetto. Forse troveremo qualcosa lì.»
«Aspetta Marta!» la fermò Morea.
«Cosa c’è? Hai visto qualcosa?»
«Fidati, stiamo solo perdendo tempo. Andiamocene finché siamo in tempo.»
Ma Marta non voleva sentire ragioni.
«No! Non me ne andrò di qui finché non avrò trovato il colpevole!»
La discussione delle due ragazze fu interrotta da un suono di passi.
«Che cos’è stato questo rumore?!» domandò Morea allarmata.
«Non lo so… Sembrano passi che si stanno allontanando…»
«Credi che qualcuno…»
«Ci stanno osservando. Seguiamolo!»
«Marta! Non sappiamo dove sta andando! Con queste luci d’emergenza non si riesce a vedere niente!»
«Tranquilla non andrà lontano.»
Morea non aveva mai visto Marta così determinata.
Era come se fosse scattato qualcosa in lei.
Qualcosa che non riusciva a comprendere.
“Hai le ore contate criminale. Ti troverò. Anche a costo della mia vita” pensò Marta con rabbia.
Correva a più non posso.
Non sapeva dove stava andando.
Ma questo non gli importava.
Voleva scoprire la verità.
A tutti i costi.
Ad un certo punto, sentì un tonfo a poca distanza da lei.
Sembrava che fosse caduto qualcosa.
O qualcuno…
“Perfetto!”
Una figura incappucciata giaceva a terra dolorante.
Finalmente ti ho raggiunto! Avanti, fammi vedere chi sei!
«Ma tu sei…»
«Che hai da guardare? Sei sorpresa che io sia una donna?»
«Ecco beh…»
Il suo sguardo rancoroso l’aveva interdetta.
«Sei davvero una ragazza coraggiosa, sai? Non se ne vedono molte in giro…»
Ma Marta non rispose.
Era profondamente arrabbiata.
Arrabbiata con lei e con il mondo.
«Sei tu, vero? Colei che ha scatenato l’esplosione nella Tower Crystal…»
«Sei davvero perspicace, ragazzina.»
«Smettila di prendermi in giro.»
«Ahahah, non ho mai preso in giro nessuno. Anzi, semmai il contrario… Quel presidente da strapazzo… Ha avuto quello che si meritava…»
«Come?»
Marta non capiva le sue parole.
«Essendo donna, tu mi puoi capire, vero?»
«Cosa dovrei capire?»
«Vedi, se ho fatto tutto questo, l’ho fatto solo per vendetta. Per vendicarmi dell’uomo che mi ha tradito e mi ha fatto soffrire, diventando ricco alle mie spalle… Ma è troppo complicato da spiegare.»
«Tranquilla» fece Marta con tono pacato «Ho tutto il tempo.»
«Sei sicura? Tra poco l’ascensore del mio ex fidanzato sarà vicino al punto cruciale. Sarà in quel momento che la mia vendetta sarà consumata per sempre. Mi dispiace solo per le anime innocenti che dovranno pagare… Io, Milena Kaiou, presto potrò vivere in pace. Per il resto dei miei giorni…»
Marta la teneva stretta a sé con ancora più forza.
«Che cosa intendi dire?!»
«Presto lo vedrai…»
La preoccupazione di Marta e di Morea aumentò sempre di più.
Che intenzioni aveva quella ragazza?
Quale era il suo scopo?
Uccidere tutte le persone della torre?
«Ti avverto, se farai del male…»
«Che cosa credi di fare, eh? Ormai è troppo tardi… E mi dispiace se qualcuno che conosci verrà fatto fuori… Ma questa è la vita. E noi non possiamo farci nulla.»
Le parole di quella donna toccarono nel profondo Marta e Morea.
«Maledetta!»
Marta stava per colpirla con tutta la forza che disponeva nel suo pugno destro.
«Marta, fermati!» gli gridò Morea «Non ne vale la pena…»
«Cosa…»
«Dobbiamo salvare le nostre amiche. In un modo o nell’altro...»
«Ma hai sentito cos’ha detto? Ormai è troppo tardi…»
«No, non ci credo. Ci sta solo facendo innervosire.»
«Tu dici? Io non ne sarei così sicura…» fece Milena con tono accattivante.
«Hai sentito Morea?»
«Sì, perfettamente…»
«Adesso cosa facciamo?»
«Dobbiamo portarla con noi per consegnarla alla polizia. È l’unico modo…»
Marta la fissava con sguardo scioccato.
Ma in fondo, la sua amica aveva ragione.
«Ok… però prima voglio sapere come faccio a fermare tutto questo…»
«Non si può fermare… È impossibile.»
«Non è vero! Tu stai mentendo!»
Milena sorrideva con ghigno malefico e divertito.
Ormai la criminale dagli occhi azzurri e dai capelli color turchese aveva in pugno l’intera situazione.
Come ne sarebbero uscite fuori?

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Capitolo 9
*** Tutti in pericolo ***


L’ascensore con a bordo Bunny, le sue amiche e il presidente si apprestava per passare nel punto critico del palazzo.
Le fiamme avevano raggiunto momentaneamente il 42° piano.
La situazione si faceva più grave.
Se i vigili del fuoco non sarebbero scesi in azione, l’intero grattacielo sarebbe bruciato.
«Ormai ci siamo…» fece Ami visibilmente preoccupata.
«Passeremo in mezzo alle fiamme!»
«Tranquille, non succederà niente. Siamo protetti, ricordate?»
Ma purtroppo, il signor Thompson non ebbe ragione.
L’ascensore si fermò di colpo, rimanendo intrappolato tra i piani che stavano prendendo fuoco.
«Accidenti! Perché ci siamo fermati?»
«Non lo so… Che sta succedendo?!»
Il panico si era dilagato completamente.
Se non avessero fatto qualcosa al più presto, le venti persone in ascensore sarebbero morte carbonizzate.
«Dobbiamo uscire di qui! Immediatamente!» fece Marzio cercando di trattenere il suo dolore lancinante. «Qualcuno deve aprire le porte dell’ascensore. Solo così riusciremo a trarci in salvo.»
«Se solo ci fosse Morea… Era lei che aveva la forza necessaria» fece Bunny con le lacrime agli occhi.
«Tranquilla Bunny, ci sono anch’io» ribadì Ami prenotandosi.
«Come?...»
«Sta a vedere.»
Ami, con tutta la forza che disponeva, riuscì ad aprire le porte, lasciando tutti completamente di sasso.
«Questa poi! Sei stata grandiosa, Ami.»
«Da un po’ di tempo cerco di farmi un po’ di muscoli. E credo che in questo momento sia servito» replicò la ragazza sorridente.
«Dobbiamo risalire il palazzo per allontanarci dalle fiamme. Non c’è tempo da perdere.»
«Signor Thompson, ma il presidente… Non può camminare più di tanto.»
«Ha ragione. Questo è un grosso problema…»
«State tranquilli, lo porteremo un po’ alla volta. Così almeno non faticherà più di tanto» fece Bunny che non voleva scrollarsi da Marzio.
«Se no, mi potete lasciare anche qui… Ormai sono un peso inutile…»
«Non lo dica nemmeno per scherzo!» replicò furibondo il signor Thompson.
«Ha ragione. Ma come ti possono venire in mente queste strane idee?»
«Lascia stare, testolina buffa…»
«Come mi hai chiamata?...»
«Avanti andiamo. Abbiamo perso fin troppo tempo» fece il signor Thompson scortando le venti persone tra il buio e l’oscurità del palazzo.
Intanto, Marta e Morea continuavano a non perdere di vista l’attentatrice.
«Chissà se le ragazze saranno arrivate a destinazione…» fece la bionda preoccupata.
«Speriamo… A quest’ora dovrebbero essere tutte in salvo.»
«Ma, a quale piano siamo?»
«Non ne ho la minima idea… L’unico modo per uscire di qui, oltre all’ascensore, è aspettare i soccorsi.»
«Già…»
«È inutile che vi illudiate, ragazze… Non avete via di scampo.»
«Davvero? Sei tu quella che non hai più via di scampo, ormai. Ti abbiamo in pugno.»
«Ne siete davvero sicure?»
«Che cosa vuoi dire?»
Marta e Morea erano profondamente preoccupate.
Girarono lo sguardo verso il corridoio di fronte a loro, riuscendo a intravedere una figura sospetta.
«Chi è là?»
Una figura femminile con i capelli biondi corti e dagli occhi azzurri uscì allo scoperto impugnando minacciosamente una pistola.
«Heles, finalmente. Ma dov’eri finita?»
«Ho dovuto occuparmi dell’ascensore del palazzo…»
«È andato tutto per il meglio?»
«Certo Milena. Non ti preoccupare.»
«Benissimo» replicò la ragazza dai capelli turchese con tono malefico.
«Che cosa state blaterando voi due?»
«Tra poco lo scoprirai, Morea…»
«Chiunque tu sia, metti giù quella pistola» gli intimò Morea.
«Ragazzina, credi di essere nelle condizioni giuste per minacciarmi? Io credo di no…»
Heles continuava a puntare la pistola alle due ragazze.
«Ditemi cosa è successo all’ascensore della Tower Crystal…»
«Diciamo che si è fermato in un punto… critico.»
«Che significa?! Parla chiaramente maledetta!»
«Non osarmi chiamarmi in questo modo, ragazzina!» urlò furente di rabbia la donna bionda.
«Morea, cosa stai facendo? Vuoi farla arrabbiare ancora di più?» gli mormorò sottovoce Marta.
«Sono stanca di questi sotterfugi!»
«Non ti devi preoccupare, mia cara Morea. Quando le venti persone che si erano avventurati in ascensore raggiungeranno il 50° piano, la loro vista si fermerà… per sempre.»
Marta e Morea fissavano la donna con sguardo terrorizzato.
«Hai… hai intenzione di scatenare altre esplosioni?»
«Esattamente» fece Heles con sguardo maligno.
«Ma perché… perché fate tutto questo? Solo per colpa del presidente Stepperd?»
«Milena, hai raccontato che tu e Stepperd…»
«Gli ho solo detto che era il mio ex fidanzato. Tutto qui.»
«Non hai specificato del perché facciamo davvero tutto questo?»
«Heles, non credi che non siano affari loro?» gli domandò Milena scrutandola con sguardo serio.
«Ormai non ha più importanza… Nemmeno loro due usciranno vive da qui.»
«Volete ucciderci tutti… è questo il vostro folle piano!» gridò Marta sconvolta.
«Se siete in questa situazione, dovete ringraziare solo Marzio Stepperd… Grazie al suo egoismo e alla sua sete di potere, ha fatto in modo di rubarci il progetto di costruzione della torre.»
«Heles ha ragione… Noi due eravamo dei suoi fidati collaboratori. Dovevamo entrare insieme in società. Ma lui non era d’accordo… Voleva il controllo della torre tutto per sé. Qualche mese fa’, quando si stavano ultimando gli ultimi lavori, ci ha cacciato malamente senza una spiegazione logica…» fece Milena fissando le ragazze con sguardo riprovevole.
«E da quel giorno, abbiamo attuato un piano per togliere di mezzo lui e questa maledettissima torre.»
«Non ha fatto altro che portarci problemi…»
«… Problemi e disgrazie, oserei dire. Il nostro lavoro era tutto per noi. E lui, malignamente, ce lo ha tolto senza una ragione» mormorò Heles che stava cominciando a piangere.
«Ma adesso ci stiamo vendicando come si deve… e pagherà… pagherà tutto il male che ci ha causato…»
«Posso capire la vostra rabbia e frustrazione… Ma cosa centriamo noi? Insomma, noi non abbiamo fatto niente.»
«Purtroppo bisogna morire per qualcosa, no?»
«Già… Dovete morire tutti. Il vostro peccato è avere messo piede qui.»
«Voi due siete pazze! Come potete dire una cosa del genere?!»
«Ragazzina, hai finito di offenderci!»
Heles era pronta a sparare e ad uccidere le due ragazze.
Ma qualcuno riuscì a fermarla in tempo, salvandole per un pelo.
La persona in questione, colpì la bionda dietro le spalle, tramortendola improvvisamente.
Milena, invece, la vide dritta negli occhi, ma non riuscì a sfuggire alla sua rabbia, facendo la stessa fine di Heles.
Quando le ragazze videro chi le aveva salvate, rimasero alquanto sorprese.
«Rea! Sei tu?» gridò felice Marta.
«E chi sennò?» ribatté sorridente la ragazza.
«Vieni qui. Fatti abbracciare» fece Morea piombandogli addosso.
«Ho sentito la notizia al telegiornale… Non volevo crederci… Non volevo credere a quello che stavo vedendo… A quel punto, mi diressi verso le squadre di soccorsi che si dovevano occupare di salvarvi. Convinsi i soccorritori a prendere un elicottero per venire fin quassù e raggiungervi. Pensavo di non fare in tempo, ma alla fine sono arrivata al momento giusto.»
«Dire di sì» rispose Marta facendo un respiro di sollievo.
«Bunny ed Ami dove sono?»
Marta e Morea assunsero uno sguardo preoccupato.
«Ecco… hanno preso l’ascensore del palazzo per dirigersi al piano terra e mettere in salvo il presidente…»
«Cosa? Ma l’ascensore, dopo l’esplosione al 40° piano, non è mai arrivato a destinazione!»
«Accidenti! Era quello che temevo!» gridò Morea furiosa.
«Il piano di quelle due scellerate sta procedendo anche se sono fuori combattimento» ribatté Marta stringendo i pugni per la rabbia.
«Ma se l’ascensore non è mai arrivato a destinazione, e Bunny, Ami e gli altri non sono usciti dal palazzo, dove si potrebbero trovare?»
«Molto probabilmente stanno risalendo la torre, in attesa che qualcuno li possa salvare.»
«Oh no! Ma se è così… Quando arriveranno al 50° piano…»
«Si stanno dirigendo verso una trappola ben congegnata» mormorò Rea «Dobbiamo salvarle immediatamente!»
«Noi? Cosa mai potremmo fare? Rischieremo di finire in pericolo!»
«Non possiamo lasciarle al loro destino, Marta. E non possiamo nemmeno attendere i soccorsi. Sarebbe troppo tardi.»
«Quindi, secondo te Rea, dovremmo scendere fino al 50° piano?»
«Non abbiamo altra scelta, Morea.»
«E le ottanta persone che stanno attendendo l’ascensore?»
«Li stanno trasportando in elicottero un po’ alla volta. Tra poco saranno tutti in salvo.»
«E cosa ne facciamo di queste due?»
«Me ne occuperò io.»
Una voce alle loro spalle echeggiò nel corridoio.
«Yuri! Sei tu!»
«Sono venuto a portarvi in salvo, ragazze.»
«Consegna alla polizia queste due squilibrate. Noi tre dobbiamo salvare le nostre amiche.»
«Cosa? Ma è pericoloso! La torre potrebbe crollare ed esplodere da un momento all’altro!»
«Lo sappiamo, ma non possiamo lasciarle morire.»
«Lasciate che arrivino i soccorsi. Stanno risalendo la torre. Alla fine arriveranno anche da loro» fece Yuri insistentemente.
«No. Sarebbe troppo tardi.»
«Ma Rea…»
«Non discutere! Ti prego, fai quello che ti ho detto.»
Yuri avrebbe volentieri insistito ancora di più, ma capì che non era il momento.
Non poteva far perdere altro tempo alla sua “amica”.
«Va bene, ti lascerò andare… Ma stai attenta. Se qualcosa dovesse andare storto, mettiti subito in salvo. Mi sono spiegato?»
«Senz’altro capo» ribatté divertita Rea «Ah, una cosa… Grazie.»
Rea diede un bacio affettuoso sulle labbra ruvide di Yuri, facendolo arrossire improvvisamente.
L’uomo, interdetto, rimase folgorato.
Ma non per molto.
Aveva una missione da portare a termine.
Per il bene di Rea e di tutta la sicurezza degli Stati Uniti d’America.

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Capitolo 10
*** 50° piano ***


Bunny, Ami e gli altri correvano più veloce che poterono.
Dovevano arrivare in cima alla torre, in attesa che qualcuno li potesse soccorrere.
Ma non era così semplice.
Il presidente diventava sempre più debole.
Non avrebbe retto ancora per molto.
«Marzio svegliati! Non mollare!» fece Bunny dandogli degli schiaffetti per renderlo cosciente.
«Testolina buffa… Sono molto stanco…»
«Devi resistere! Tra poco saremo fuori di qui… Signor Thompson, a che piano siamo?»
«Siamo appena arrivati al 50° piano.»
«Accidenti! Ci sono ancora venticinque piani da fare! Come faremo?»
«Bunny, non possiamo perderci d’animo. Dobbiamo andare avanti e basta.»
«Sì Ami, hai ragione. Proseguiamo.»
Bunny e tutti gli altri erano sfiniti.
Non ce la facevano più a correre.
Ma non potevano mollare.
Non potevano morire in quel modo ingiusto e meschino.
“Ce la farò Marzio… ti porterò in salvo” pensò Bunny per caricarsi un po’.
Ma mentre stavano attraversando il corridoio per risalire le scale che davano al 51° piano, successe l’incredibile.
Altre bombe, nascoste negli uffici, iniziarono ad esplodere a ripetizione.
«Oh no!»
Il 50° piano stava prendendo velocemente fuoco, intrappolandoli.
«Adesso cosa facciamo?!» gridò Ami disperata.
«Non c’è tempo da perdere! Dobbiamo andare al piano di sopra!»
Le venti persone corsero più veloce che poterono.
Bunny ed Ami facevano le chiudi fila.
Dietro a loro, le fiamme sui stavano propagando in maniera paurosa.
Dovevano raggiungere il piano superiore.
Solo così sarebbero state salve.
Ma il destino si voleva fare beffe di loro.
Le diciotto persone riuscirono a superare il piano per un soffio, ma le due ragazze si dovettero fermare a causa del crollo del pavimento.
«Ragazze avanti! Dovete saltare!» gli gridava il signor Thompson.
«È troppo distante! Non ce la faremo mai!» rispose Ami.
«Non è vero! Fidatevi! È l’unico modo!»
Ormai Ami non aveva niente da perdere.
Doveva saltare dall’altra parte se non voleva bruciare, o peggio ancora, attendere che il pavimento crollasse improvvisamente.
Ami, con la forza della disperazione, saltò tra le fiamme che stavano divorando il palazzo.
«Bravissima!... Ora è il suo turno, signorina» fece Thompson riferendosi a Bunny.
«Ma io… ho paura…»
«Bunny ti prego! Non farti prendere dal panico! Fai come me. Non pensare a nulla e salta.»
I momenti d’esitazione potevano essere fatali per la bionda.
Se continuava ad essere titubante, l’intero pavimento del corridoio del 50° piano sarebbe crollato tra le fiamme.
Bunny aveva le lacrime agli occhi.
Era completamente terrorizzata.
Gli tremavano le gambe.
Non riusciva a muoversi.
Come potevano Ami e il signor Thompson convincerla a saltare?
«Bunny, ti prego… Fallo per Marzio…»
«Come? »
«Sì, signorina Bunny. Lo faccia per il presidente. Deve portare a conclusione la sua opera di salvataggio. »
Nel sentire quelle parole, dentro il cuore di Bunny scattò qualcosa.
Senza pensarci più a lungo, decise di saltare.
Aveva gli occhi chiusi.
Aveva paura di guardare la morte in faccia.
Sembrava che il tempo non scorresse più.
Ma quando alla fine toccò terra, il pavimento sotto di lei crollò.
«Bunny! No!»
Stava per precipitare verso le fiamme dell’inferno.
Ormai sembrava tutto finito per lei.
Se non fosse che qualcosa le prese il braccio.
Marzio, con uno sforzo immane, riuscì ad agguantarla all’ultimo secondo.
«Marzio!»
«Bunny! Non mollare!»
«Non ce la faccio! Sto per cadere!»
«No! Tu non cadrai! Io, te e gli altri usciremo vivi da qui» gli gridò l’uomo mentre continuava a tenerla stretta.
La ferita non faceva altro che fargli male.
Ma lui riusciva lo stesso a sopportare.
Per il bene di Bunny.
«Marzio… lasciami andare… ormai è inutile… non riuscirò a salvarmi…»
«Zitta! Non dirlo nemmeno per scherzo!»
«Non puoi farcela a tirarmi su… La tua ferita…»
«La mia ferita non conta nulla se sono qui con te. Avanti! Tieniti stretta!»
Con la forza della disperazione, Marzio riuscì a mettere in salvo la ragazza.
Ma dovette pagare un costo molto caro.
«Credo che abbia la spalla slogata» fece il signor Thompson mentre il presidente stava gridando di dolore.
«Accidenti! Credo che Bunny sia svenuta. Ora come faremo a portare lei e il presidente in salvo?»
«Ami! Ci siamo qua noi!» gli gridò Morea andandogli incontro.
«Ragazze! Siete qui!»
«Avanti, dobbiamo uscire subito di qui. I soccorsi ci stanno aspettando.»
«Sì, andiamo.»

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Capitolo 11
*** L'epilogo della verità ***


La luce del sole inondava la stanza dell’ospedale dove Bunny si stava riposando.
Era una bellissima giornata.
La ragazza, appena aprì gli occhi, non riusciva a capire dove si trovava.
Ma di sicuro, era sana e salva.
Mentre stava piano piano riacquistando la vista, vide una figura nitida che la stava fissando con interesse.
«Testolina buffa. Finalmente ti sei svegliata.»
La voce dell’uomo in questione era di Marzio Stepperd.
«Marzio… Sei tu?»
«In carne ed ossa.»
«Sono davvero contenta di vederti» fece Bunny smorzando un sorriso.
«E io sono felice che tu mi abbia salvato la vita. Senza di te, non sarei qui.»
«Non dirlo nemmeno… Sei tu che mi hai salvata… Mi hai salvata dalle fiamme dell’inferno.»
«Non potevi morire in quel modo. Non dopo quello che era successo… E tutto per colpa mia…»
Marzio aveva lo sguardo affranto e le lacrime agli occhi.
«Cosa stai dicendo?»
«È colpa di due mie ex collaboratrici se è successo tutto questo…»
«Due ex collaboratrici?»
«Hanno tentato prima di uccidermi, poi di fare saltare in aria il palazzo… e tutto perché le ho mandate via…»
«Infatti anche noi vorremmo sapere del perché della loro vendetta.»
La voce di Morea riecheggiò in tutta la stanza.
«Ragazze! Siete qui!» fece Bunny al culmine della gioia.
«Come stai Bunny?» gli domandò Ami.
«Ci hai fatto preoccupare un sacco» ribadì invece Marta.
«Già… Se non fosse stato per Rea, io e Marta saremo morte sotto i colpi di pistola di quelle due pazze!» fece Morea con indignazione.
«Mi dispiace davvero… Per tutte voi…»
«Ora lei deve spiegarci un sacco di cose…»
«Tutto è iniziato quando le assunsi più di cinque anni fa’. Il progettista che stava dietro alla Tower Crystal, venne a mancare improvvisamente. Eravamo in piena costruzione. Dovevo rimpiazzarlo immediatamente. Fu allora che trovai in Heles e Milena le sostitute necessarie. Si impegnavano a dovere, lavorando giorno e notte. Fino a quando, a lavori ultimati, ho scoperto cosa volevano fare… Volevano dire a tutti che l’idea del progetto era stata esclusivamente solo di loro, facendomi fuori completamente. Io non potevo permettere tutto questo. Non potevo permettere che mi infangassero in questo modo… E fu in quel momento che dovetti mandarli via. Per il mio bene e del mio progetto.»
«Peccato che poi loro si sono vendicate…» fece Marta seria.
«Andandoci di mezzo pure noi…» disse invece Ami.
«Ragazze, non è colpa sua se quelle donne avevano una mente squilibrata» lo difese Bunny.
«Ma loro non si volevano vendicare solo per questo… C’è qualcos’altro dietro… Non è vero, signor Stepperd?»
«Dove vuoi andare a parare, Morea?»
«Io e Milena eravamo fidanzati…»
«E quando ha scoperto che tramavano alle tue spalle…»
«Ho deciso di farla finita, piantandola in asso.»
«Marzio…»
«Quelle maledette… Mi hanno rovinato la vita!»
«Adesso è tutto finito. Vedrai che non saranno mai più un nostro problema.»
Bunny cercava in tutti i modi di consolarlo.
Ma non era facile.
Era profondamente arrabbiato con quelle criminali e con se stesso.
«Adesso hanno avuto quello che si meritavano… Saranno condannate al carcere a vita.»
«Speriamo…»
«Per favore, potete lasciarci soli?» fece Bunny alle ragazze.
«Ma Bunny…»
«Vi prego, devo parlare con lui… In privato.»
S’eppur contrariate, le ragazze accettarono la richiesta di Bunny.
«Bunny, per qualsiasi cosa…»
«Stai tranquilla, Rea. Non mi succederà nulla» fece la bionda sorridendogli.
«Va bene. A dopo.»
Alla fine, Bunny e Marzio riuscirono a rimanere soli.
«Ci tengono molto a te le tue amiche» disse Marzio cercando di ritrovare il sorriso.
«Sì, mi vogliono molto bene. Come io ne voglio a loro.»
«Questa è davvero una gran cosa.»
«Lo so.»
Marzio continuava a fissare Bunny intensamente.
«Se ti fosse successo qualcosa di irreparabile… non me lo sarei mai perdonato…»
«Ma non è successo. Ed è questo che conta.»
Bunny aveva gli occhi lucidi dall’emozione.
Dinanzi a lei aveva l’uomo che l’aveva folgorata.
«Bunny, se tu vuoi… ti proteggerò. Per sempre.»
«Sì Marzio. Io voglio solo stare con te… Con te e con nessun’altro…»
Alla fine, le labbra di Marzio andarono a toccare le labbra della sua testolina buffa, immergendosi in un bacio lungo e appassionato.
«Secondo te, adesso, quale sarà la nostra prossima avventura?» gli domandò Bunny.
«Rimanere con te, ovviamente.»
«Non ti annoieresti mai?»
«Neanche un po’. Perché sei e rimarrai per sempre, la mia testolina buffa.»
«E tu sarai sempre il mio cavaliere gentiluomo.»

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