Da qui tutto ebbe inizio

di ClaireD
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** Camden, Maine ***
Capitolo 3: *** Il risveglio ***
Capitolo 4: *** Nuove conoscenze ***
Capitolo 5: *** Strane sensazioni ***
Capitolo 6: *** Back to the Past ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


In una piccola cittadina del Nord America, Claire decise di mettere radici. Non è che proprio lo decise lei, forze al di sopra della sua volontà avevano fatto i bagagli e prenotato un aereo dalla lontana Europa, per poi atterrare a New York e fermarsi col treno a Camden. La soluzione più semplice sarebbe stata prendere un altro aereo dal JFK, ma John, suo padre, voleva fare un interrail e vedere i bei panorami che l’America aveva da offrire quindi il treno era stata la scelta finale.
Sicuramente Claire avrebbe apprezzato di più quel viaggio se solo fosse riuscita a chiudere occhio sull’aereo, ma l’ansia e le preoccupazioni la dilaniavano dentro.
Domande, domande e ancora domande vorticavano nella sua mente. Cosa avrebbe trovato in quella terra sconosciuta?

Lei amava la sua ordinaria vita, odiava i cambiamenti, soprattutto quelli radicali, ma come poteva opporsi a suo padre? Del resto era solo una ragazzina che, di lì ad un anno, sarebbe diventata maggiorenne, ma pur sempre una ragazzina, mai uscita dal paese, con la sua casetta modesta dove rifugiarsi, i suoi due amici col quale passava la maggior parte del tempo e Tom, il ragazzo più affascinante della scuola che non la degnava nemmeno di uno sguardo, tanto bastava quello di lei per colmare la mancanza di lui per quante ore lei stava ad osservarlo. Ogni volta che lui passava lei aveva già lo sguardo su di lui e per quanto fosse il tipico ragazzo liceale, campione nello sport e in qualsiasi altra attività extra scolastica, lei riusciva a vedere quei piccoli dettagli che al resto del mondo sembravano sfuggire. Quando lo trovava nel prato davanti a scuola a leggere un libro sotto l’enorme quercia, lei aveva notato quanto assorto fosse e le strane espressioni, quasi impercettibili, che davano un senso alla sua lettura.

Tutti questi pensieri le balenarono in quello stretto sedile di seconda classe e non appena il comandante annunciò l’imminente arrivo in uno dei più grandi, se non il più grande, aeroporto del mondo, Claire cercò di scacciare via i ricordi e si stampò un sorriso sul volto per compiacere suo padre.

Era iniziata una nuova avventura.

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Capitolo 2
*** Camden, Maine ***


Camden era una bella cittadina, molto pulita e silenziosa in quelle prime ore di una giornata d'autunno. Le foglie degli aceri andavano dal giallo al rosso con tutti i tipi di sfumature esistenti di arancione. Era davvero uno spettacolo bellissimo che Claire avrebbe voluto immortalare con la sua macchina fotografica se solo non l'avesse sepolta in una delle tante valige. 
 
La passeggiata fino alla loro nuova casa fu piacevole, nonostante la stanchezza la stesse divorando da dentro e le palpebre faticavano a rimanere aperte, per di più ancora non si era abituata al fuso orario e certamente la notte quasi insonne non la stava aiutando. Erano partiti col giorno e atterrati con lo stesso sole. Una specie di viaggio indietro nel tempo le piaceva pensare, perchè lei oltre che una ragazza che amava la scienza, adorava anche fantasticare perciò spesso si ritrovava con un libro in mano ad immaginare di essere la protagonista di mille avventure.

Prima di arrivare a casa si fermarono in un Bistrò e consumarono la colazione a base di pancake, un pezzo di torta al cioccolato che divisero in due, due cappuccini e un paio di ciambelle da portare via nel caso avessero avuto ancora fame. 
Il locale era molto accogliente, aveva uno stile francese ma allo stesso tempo un poco rustico che non stonava affatto anzi gli dava quel tocco di originalità in più che attraeva le persone all'interno.
Sul soffitto erano rimaste in bella vistale grosse travi in legno scuro alternate da faretti che scendevano lungo i tavolini bianchi sparsi per il locale. 
Appena entrati ci si imbatteva nel bancone, anch'esso dello stesso legno delle travi, e proseguendo all'interno del locale si poteva scorgere un arco che divideva in due stanze l'ampio edificio. Le luci trasmettevano serenità e calore e davano agli altri arredi del locale una particolarità in più, in un angolo era stato messo una grande madia in legno di Noce e sopra di essa erano esposte delle torte con la classica glassa di zucchero americana che se ne mangi una fetta in più hai bisogno dell'insulina per digerirla ed evitare il diabete. Questo mobile illuminato dai faretti con la loro luce calda sembrava ancora più antico e si mischiava perfettamente all'arredo semi moderno dei tavolini e delle mensole dietro al bancone. 
Da quello che potè intuire Claire, Francine, questo era il nome del bistrò, alla sera si trasformava in un pub vero e proprio con musica dal vivo. La sua deduzione era sopraggiunta alla vista di un palco accennato nella stanza opposta alla porta d'entrata. 
La proprietaria doveva essere una ragazza bionda sui trentacinque anni che si muoveva freneticamente fra i tavoli portando vassoi di piatti vuoti e menù ai nuovi clienti arrivati, entrava in quella che doveva essere la cucina, dal quale si accedeva da una porta situata dietro al bancone, e controllava che gli ordini procedessero senza intoppi. Aveva persino richiamato due cameriere che, per la loro inesperienza, non avevano pulito un paio di tavoli fuori nella veranda, strutturata in legno per mantenere lo stesso stile dell'interno.
In ogni modo, quel locale le fece davvero una bella prima impressione.

Appena entrati nel locale tutti i presenti si voltarono ad osservarli, del resto loro erano la novità in città, malgrado ciò però gli abitanti si dimostrarono molto cortesi e questo piacque sia a Claire che a John.
Molti di loro si fermarono a presentarsi e a stringere la mano all'uomo senza però essere troppo invadenti. La colazione fu gradevole anche se la ragazza si sentì un po' in soggezione e cercò di mangiare il più velocemente possibile per uscire dagli sguardi dei più curiosi.

Nell’angolo appena entrati nel locale c’era una famigliola composta da quattro persone, padre, madre e due bambini di circa 3 e 5 anni ciascuno. La femmina, la più grande, stava addentando con foga un pancake immerso in un lago di sciroppo d’acero; il bimbo più piccolo invece era intento a fare le bizze per attirare l’attenzione dei genitori i quali, quasi disperati, cercavano di corromperlo con il cibo e un cagnolino di peluche.
Al bancone era seduto un uomo, sulla cinquantina, che stava finendo di sorseggiare il suo caffè. Non sembrava un tipo di compagnia, ma forse semplicemente non era loquace di prima mattina.
Verso la colonna dell’arco invece stavano due anziani signori che giocavano a carte e commentavano gli ultimi avvenimenti della città. Fermavano spesso le cameriere per coinvolgerle nei loro discorsi e loro puntualmente sorridevano e gli davano ragione, come la si dà ai bambini, e poi continuavano il loro lavoro strettamente osservato dalla proprietaria.
Nell’altra stanza c’era solo una coppia che sembrava essere nel bel mezzo di una discussione, addirittura sembrava che i due non avessero nemmeno toccato cibo da quanto erano presi dai loro discorsi. Nessuna delle cameriere osava entrare in quella parte del locale, nemmeno per pulire i tavoli più lontani ai due litiganti. Per fortuna i toni non erano alti perciò Claire non riuscì a capire quale fosse l’argomento così scottante.

Nel voltarsi per uscire dal locale, però, sentì una strana sensazione che dallo stomaco le pervase poi in tutto il corpo. Uscita all'aria tiepida della mattina, prese un profondo respiro e scacciò via quel senso di inquietudine e malessere dando colpa alla stanchezza dovuta al lungo viaggio durato due interi giorni.

Nel frattempo i concittadini sentivano che qualcosa nell'aria stava cambiando, era proprio a causa dell'arrivo dei due forestieri? Ben presto a Camden la tranquillità sarebbe stato soltanto un ricordo e le risposte cercate sarebbero finalmente arrivate.

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Capitolo 3
*** Il risveglio ***


Inizialmente Claire non riusciva a prendere sonno, la sua stanza era grande e luminosa, i mobili ancora scarseggiavano e tutto ciò che la rendeva ingombrante erano gli scatoloni che avevano fatto spedire la settimana prima con tutti i vecchi arredi dell’Inghilterra.
Le pareti erano bianche ed emanavano ancora un forte odore di vernice, del resto solo fino a qualche giorno prima l’agente immobiliare aveva rimesso in sesto tutti i difetti che la casa aveva a partire dalle tubature della cantina fino all’impianto elettrico della soffitta, con una bella mano di vernice in tutte le stanze per completare il lavoro. I colori li avevano scelti insieme, lei e suo padre, in una delle tante domeniche pomeriggio che usavano trascorrere insieme.

Decise di aprire la finestra per far entrare il lieve venticello autunnale che muoveva gli alberi di fronte al vialetto di casa.
Si sedette sul letto a contemplare le pareti, il soffitto, le scanalature che c’erano fra le finestre a vetrata
‘Proprio come le casette americane dei film’ pensò e piano piano, senza nemmeno accorgersene, si ritrovò sdraiata su quel materasso così morbido e confortevole che, anche se non fosse stata distrutta dal viaggio e da tutte quelle emozioni vissute nelle ultime ore, si sarebbe addormentata senza problemi.

Una strada. Pochi alberi ai lati. Tutto sembra distorto. C’è un uomo che porta a spasso il cane, ma non ha espressione sul viso.
Cammino e mi sembra di avere un passo pesante. Accelero, devo allontanarmi da questa sensazione del nulla intorno a me. Arrivo ad un bivio e prendo a sinistra. Lo scenario cambia totalmente, i colori sono vividi e di fronte a me ci sono un sacco di ragazzi con lo zaino in spalla. Ridono, si lanciano palloni, spingono la porta dell’edificio di fronte: è la scuola.
Mi accorgo di avere anche io la borsa con i libri e mi incammino per entrare, ma vengo fermata da una mano che mi afferra la spalla. Mi fa voltare con semplicità e mi sorride. ‘C’è qualcosa di inquietante in quel suo sorriso’ penso ed inizio a tremare. Le gambe non mi reggono più e cado a terra.
Adesso non c’è nessuno vicino a me, nessuno che si avvicini ad aiutarmi. Ho bisogno di aiuto per rialzarmi, ma il piazzale è deserto. Faccio leva su tutta la forza che ho dentro e riesco a riprendere il controllo delle mie gambe. Corro dentro l’edificio e così in classe.
Il ragazzo di prima è lì di fronte a me che mi osserva dal banco in prima fila e mi sorride. Questa volta però è un sorriso gentile e incoraggiante, mi sta dicendo ‘Ehi, andrà tutto bene’.


Si svegliò all’improvviso con un peso nel petto, era sudata fradicia e aveva il fiatone.
‘Perché?’ le venne spontaneo chiedersi, alla fine il sogno non era spaventoso, nessuno la stava rincorrendo eppure l’ansia la stava dilaniando da dentro.
Decise di farsi una doccia e guardando l’orologio constatò che ne aveva tutto il tempo prima di andare davvero a scuola. Aveva dormito per ben venti ore di fila. Come biasimarla, dopo un viaggio del genere chiunque sarebbe stato devastato.
Scese per la colazione che suo padre era andato a comprare poco prima.

“Buongiorno”

“Buongiorno, stellina!” rispose John con un sorriso che avrebbe contagiato chiunque.
Le piaceva quando lui la chiamava con i nomignoli, la facevano rimanere la sua piccola bambina anche se oramai aveva quasi raggiunto la maggiore età.

“Pronta a conoscere i tuoi nuovi compagni?”

“Mmh...” rispose Claire senza troppa convinzione, quel sogno non se n’era andato via nemmeno con l’acqua della doccia.

Ehi, andrà tutto bene”. Claire riconobbe subito la frase e si rizzò in piedi colta alla sprovvista. ‘Il sogno’. Si affrettò a sorridere il più dolcemente possibile al padre e corse a prendere la borsa e la giacca.
Si ritrovarono nel vialetto dove era parcheggiata l’auto.
Arrivarono molto in fretta alla scuola che con stupore Claire notò essere identica a quella del suo sogno.

‘Come diavolo è possibile?’ si chiese, non aveva visto foto, non era mai stata lì. Nemmeno il giorno prima avevano percorso quella strada. Non era possibile che avesse sognato ogni centimetro di quella struttura.

“..Claire…Claire allora vuoi scendere o no?” la richiamò il padre e tornando alla realtà lei si affrettò ad annuire e a scendere dalla macchina.
Senza degnare di uno sguardo John, il quale rimase stupido dell’atteggiamento della figlia, si incamminò verso la porta d’ingresso osservando ogni particolare, ogni persona.

Dopo aver fatto tutte le pratiche di trasferimento e chiarito quali fossero i corsi che avrebbe seguito quell’anno, la ragazza entrò in classe.

Si diresse velocemente dall’insegnante e quando la congedò, si voltò per cercare un posto a sedere e lo vide.

Era lui. Identico al ragazzo del sogno e alzando gli occhi, lui le sorrise.

Lei si affrettò, spaventata, a trovare posto in terza fila vicino alla finestra proprio dietro a lui. Era l’unico posto disponibile.

Si ricompose e si convinse che doveva esserci una spiegazione razionale a tutto ciò, anche perché non era stato tutto identico al sogno. Il ragazzo non era seduto in prima fila al centro, ma a parte quello il resto era sembrato vivere un déjà-vu.
 
 

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Capitolo 4
*** Nuove conoscenze ***


Le sembrava di stare all’inferno, strana sensazione per una che, nonostante fosse la nuova arrivata, era totalmente ignorata.
C’era soltanto una figura che sembrava provare dell’interesse nei suoi confronti e si trovava proprio di fronte a lei.

‘Ma cosa vuole da me?’ pensò mentre una rabbia intensa iniziava a salirle da dentro.
‘Cos’è tutta questa furia che sto provando? Perchè?’ mille domande si susseguivano senza logica tanto che iniziò a sentire un vago senso di svenimento per la fatica che la sua mente stava affrontando.
Dovette stringere le mani al bordo della sedia per non cadere a terra e riprendere un minimo di lucidità.

L’ora di matematica sembrava non finire mai, aveva sempre amato quella materia, ma in quel momento non vedeva l’ora di sentire la campanella suonare e non appena questa si decise a farlo, Claire scattò sulla sedia e corse fuori dalla classe verso il bagno più vicino.

Con un po' di rammarico regalò la sua colazione alle fognature e uscita dal cubicolo si lavò la faccia e realizzò, con sua grande contentezza che il bagno era vuoto e nessuno l’aveva vista in quello stato. Sarebbe stato un ottimo inizio per essere classificata la strana della scuola.

Appena rimesso piede nel corridoio inondato di studenti intenti a correre da una classe all’altra, fu sorpresa da una voce divertita che la stava aspettando proprio lì accanto al bagno delle donne.

“Ehi, biondina!”

‘Di nuovo lui!’
“Forse ti servono un paio di occhiali, non sono bionda!” rispose Claire scocciata da quell’atteggiamento divertito e saccente.

“Lo so” rispose con calma il ragazzo, “ma ancora non conosco il tuo nome e non ti hanno neanche assegnato un soprannome quindi ho pensato di darmi da fare io per trovartene uno” sorrise ancora.

“Claire” rispose semplicemente soltanto per farlo tacere, ma lui proprio non ne voleva sapere di lasciarla in pace e quando lei si mosse, lui la seguì divertito dalla sua espressione di smarrimento.

“Hai intenzione di seguirmi per tutto il giorno?”

“Hai intenzione di vagare senza una meta per tutta la mattina?” chiese lui di rimando

Scoraggiata Claire decise di affidarsi a quell’unica persona che, per quanto fastidiosa, la stava considerando e andando contro al suo orgoglio chiese dove potesse trovare l’aula di storia. Trovata l’aula si sedettero accanto ‘ovviamente anche lui ha storia a quest’ora’ sbuffò nella sua mente e cercò di provare gratitudine per quel ragazzo che le aveva permesso di non tardare alla lezione.

“Comunque sono Nick”

“Non te l’ho chiesto” rispose senza pensarci due volte e subito si maledisse per quella risposta così maleducata. ‘Cosa diavolo mi sta prendendo oggi, non mi riconosco, devo tornare in me subito’
“Mi dispiace, oggi non è proprio giornata. Piacere di conoscerti Nick” gli tese la mano sotto al banco e si stampò un lieve sorriso facendolo sembrare il più gentile e sincero possibile. Lui ricambiò la stretta di mano e si mise a ridacchiare per la situazione.

La giornata proseguì abbastanza bene dopo l’inizio turbolento e per fortuna non tutte le lezioni le aveva con lui così ebbe l’occasione di conoscere altre ragazze che la accolsero nel migliore dei modi.
Finite le lezioni del giorno, Claire aveva deciso di fare una bella passeggiata ed esplorare la cittadina, vedere cosa offriva e soprattutto trovare un lavoretto part-time per il dopo scuola.

Mentre stava lasciando il cortile della scuola, si sentì chiamare e voltandosi fu travolta in una stretta lungo i fianchi da parte Nick. Lui avvicinò pericolosamente il volto al suo e con un grande sorriso esclamò “Non ti muovere, morettina”
Claire sentiva il cuore in gola e aveva gli occhi spalancati che esprimevano un misto di stupore, rabbia e paura. Dopo qualche secondo lui la lasciò andare e avvicinatosi al suo orecchio le sussurrò “Grazie, mi hai fatto guadagnare venti dollari”
"Cosa diavolo.." iniziò a replicare, ma lui non sembrava ascoltarla anzi corse via e voltandosi Nick le chiese scusa mimando la parola con le labbra e con le mani. Si voltò un altro paio di volte per osservare l’espressione della ragazza che mutava da stizzita a rabbia pura fino a quando lei se ne andò infastidita.

Cosa caspita significava quello? Era appena stata vittima di una scommessa fra ragazzi. Se prima le era sembrato tutto strano nel non essere riempita di attenzioni da ragazza novità adesso la situazione era decisamente normale e provava una certa delusione nell’essersi illusa che in un posto nel mondo queste ragazzate non succedevano. Era, inoltre, molto arrabbiata con Nick nel quale aveva visto un possibile compagno nelle noiose lezioni di storia. Le doveva una spiegazione per quel tradimento. O forse no, in fondo cosa si aspettava? Si conoscevano da appena qualche ora mentre quei ragazzi intenti ad osservare la scena fuori da scuola erano i suoi amici da una vita, a loro andava la sua lealtà.

In quel momento, Claire si sentì sopraffatta da un senso di solitudine e cercò di ricacciare indietro le lacrime.

Tornò a casa stremata e, senza cenare, si abbandonò ad un pianto disperato fino ad addormentarsi.

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Capitolo 5
*** Strane sensazioni ***


Altri sogni, incubi questa volta. Sono confusi fra di loro, l’unico filo comune sembra essere un senso di inquietudine che divora dall’alto.

Claire si svegliò di soprassalto, sudata e sul pavimento ghiaccio di marmo della sua cameretta. Inizialmente non riuscì a capire nemmeno dove si trovasse e se fosse reale tutto ciò, a causa del buio che si estendeva per tutta la casa. Il sole non era ancora sorto e la cittadina sembrava sotto l’effetto di incantesimo da quanto quel silenzio era assordante.

Scese in cucina per cercare di calmarsi e si preparò una tazza di thè inglese. Oh quanto le mancavano quei sapori che nonostante avesse portato con sé, non molto per via della dogana, non le trasmettevano le stesse sensazioni probabilmente era anche il posto a renderle uniche nel loro genere, sapore e odore. Persino i colori di quelle foglie di thè sembravano più spente, quasi a voler comunicare la loro tristezza per essere state eradicate dal loro paese di origine.

Si sedette sul divanetto accanto alla finestra a contemplare l’esterno della casa, la strada deserta e “NICK!”

Saltò in piedi trattenendosi dall’urlare per lo spavento, cosa diavolo ci faceva quel ragazzo nel suo vialetto di casa alle 4 del mattino?!
Lui era lì piantato ad osservarla divertito dalla sua espressione. Nick alzò il braccio e con un dito le fece segno di raggiungerlo fuori.
Lei uscì fuori con l’intento di dirgliene due e per poco non sbatté contro il suo petto, e si ritrovò nel più grande imbarazzo possibile realizzando che si trovava in pigiama davanti ad un ragazzo.
Lui notò il suo disagio e si mise a ridere di gusto, cosa che Claire trovò fastidiosamente divertente e fu contagiata dalla sua risata. Tutto ciò riuscì a smorzare la rabbia che aveva pervaso in un primo impeto il cuore di Claire e sedutisi sui gradini della veranda si lasciarono cullare dal vento fresco e dalla brezza mattutina senza proferire alcuna parola. Non ce n’era bisogno, nessuno dei due aveva bisogno di dire niente, eppure non si conoscevano minimamente ed erano lì seduti come due amici di vecchia data.

‘Che strane sensazioni mi sta facendo provare questa Camden’ si disse Claire stringendo le ginocchia al petto per il freddo. Nick se ne accorse e delicatamente le cinse le spalle con un braccio trasportandola verso di sé. Inizialmente entrambi erano molto tesi in quella specie di abbraccio, ma una volta iniziato a parlare si concessero entrambi di rilassare i muscoli del corpo.

“Allora adesso vuoi dirmi cosa ci fai a quest’ora della notte a vagare per la città?” ruppe il ghiaccio Claire.

“Potrei chiederti lo stesso sai?” esclamò il ragazzo aspettando una risposta che non tardò ad arrivare.

“Cosa?” chiese incredula Claire e poi aggiunse “io ero dentro casa mia, non gironzolavo per strada!”

“Ehi! Non ti ho mica accusato di nulla, ho solo fatto una deduzione”

“E da cosa avresti dedotto tutto ciò? Che fra parentesi è totalmente errato.”

“Dalla tua fronte sudata ed i capelli in disordine, sembra tu abbia corso”

Claire si staccò subito dall’abbraccio per la vergogna, doveva sembrare veramente un disastro e per di più non aveva ancora fatto la doccia, aveva pensato subito al suo thè favorito alla vaniglia per calmare i nervi.
Lui la guardò con un’espressione pensierosa, doveva essersi accorto del suo cambio d’umore.
“Cosa c’è, Claire?” le domandò con un tono dolce e premuroso.

“Scusa, mi sono solo ricordata il sogno.. ecco spiegato il sudore”

“Oh.. hai fatto un incubo e ti sei spaventata. Capisco.”

“Cosa capisci esattamente?” domandò stranita lei.

“Allora mi inviti ad entrare dentro per la colazione o preferisci farmi rimanere al freddo? Stai congelando, sei un ghiacciolo, Claire!” constatò lui, evitando di rispondere alla domanda della ragazza. Non aveva voglia di aprirsi con lei, era una straniera e lo faceva sentire strano. Ancora non era riuscito a dara un nome a quelle sensazioni che provava in presenza di quella ragazza.

Spiazzata Claire decise che non poteva lasciar fuori un povero ragazzo infreddolito, anche se non aveva idea di come spiegare l’ospite in più per colazione al padre. Per fortuna ci pensò Nick, sembrava cavarsela bene con le scuse.
Per tutta la colazione e la strada verso scuola, Claire continuò a ripercorrere quella strana conversazione e la mancanza di risposta da parte di Nick alla sua domanda. C’era qualcosa che non le tornava, ma non aveva avuto modo di indagare più a fondo, lui si era totalmente chiuso ed era tornato quella persona semi odiosa che aveva incontrato a scuola il giorno precedente.

In ogni caso, qualcosa di lui la attraeva altrimenti non si sarebbe spiegata il comportamento che gli aveva riservato quella mattina, in una situazione del tutto inusuale. Avrebbe potuto denunciarlo per stalking e invece era finita a farsi una grande risata insieme a lui. Avrebbe potuto dire di no al suo auto invito per la colazione, ma le era sembrato così fragile mentre tremava al freddo accanto a lei. Nella stessa situazione, con gli stessi comportamenti, lei non avrebbe mai permesso a nessun ragazzo di lasciarla senza una risposta, avrebbe continuato a fargli la stessa domanda fino allo sfinimento e invece con lui non ne era stata capace, perché? 

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Capitolo 6
*** Back to the Past ***


La giornata proseguì senza che i due si incontrassero. Neanche durante la pausa pranzo Claire riuscì a trovare il ragazzo e tutto ciò le fece pensare che lui la stesse evitando.
A fine giornata lei si recò nel centro città per distribuire il curriculum in vari negozi e cafè. Un lavoretto part-time le avrebbe fatto comodo, non tanto per il guadagno, a quello lei non pensava, quanto per tenere la mente occupata dai pensieri e cercare di integrarsi in quella nuova società.
Verso la fine del pomeriggio entrò nell’ultimo negozio che faceva angolo con le due strade principali della città. Aveva uno stile molto inglese con le finestre a vetrata in legno colorate di un blu intenso ed una insegna molto elegante che diceva “Back to the past“
Il negozio era vuoto all’interno e non appena posò la mano sulla maniglia per aprirne la porta un terribile vento si alzò improvvisamente portando con sé le foglie autunnali che dominavano il paesaggio in quel periodo dell’anno. Claire si affrettò a ripararsi dentro chiudendosi alle spalle la porta e tenendosi con l’altra mano il suo cappellino per evitare di perderlo.

Risistematisi i capelli, alzò lo sguardo verso l’ampio locale e la prima cosa che percepì fu un forte odore dolciastro di cannella che si accostava benissimo con gli scaffali in legno. Tutto lì aveva dei colori chiari per dare una sensazione di calore e benvenuto alla clientela che entrava. Si ritrovò a sorridere da sola, con gli occhi che vagavano per la stanza ammaliati da tutto ciò che la circondava. Nessun negozio prima d’ora le aveva fatto questa sensazione.
Fece un passo in avanti e si ritrovò davanti una donna, sulla quarantina che la osservava. Aveva un sorriso splendido, di quelli veri che si vedono sempre più di rado, e gli occhi così espressivi che colpirono Claire.

“Buon pomeriggio, come posso aiutarti?” disse la donna.

“Salve, io sto cercando un lavoretto per il dopo scuola e volevo lasciarle il mio curriculum” rispose porgendole un foglio bianco con le sue poche esperienze pregresse.

“Qual è il tuo nome?” le chiese, prendendo il foglio ma senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.

“Claire, signora”

“Oh Claire, dammi pure del tu io sono Lynda, come te la cavi con l’inventario? “

“Penso bene, Lynda. Ne ho fatto una specie per il trasloco dall’Inghilterra a qui.” ridacchiò nervosa Claire.

“Ottimo, allora se ti va laggiù ci sono dei fogli con la lista di tutto quello che dovrebbe esserci in negozio, se manca qualcosa più tardi la ripristiniamo dal magazzino”

“Ma..ma si fida così? Cioè non ha nemmeno letto le mie esperienze, ne posto qualche domanda. Sono una perfetta sconosciuta per lei!” esclamò con stupore Claire

“Ho una buona sensazione su di te, cara.” sorrise Lynda e si incamminò verso il bancone alla loro destra. “A proposito, siamo colleghe dammi del tu Claire” e le scoccò un occhiolino.

Claire rimase qualche secondo imbambolata, cosa era appena successo? Aveva ottenuto un lavoro con una semplicità sorprendente e doveva anche ammettere che non le dispiaceva affatto quel negozio. Le dava un senso di pace e tranquillità e tutto ciò le ricordava la sua terra natale. Quando voleva estraniarsi da tutto e soprattutto dalle persone del paesino bastava che prendesse la sua bici e andasse in campagna. in mezzo alla natura si sentiva così libera, in quel silenzio recuperava tutte le energie per poi affrontare le successive settimane. In quel negozio stava riassaporando quelle stesse sensazioni, che oramai le sembravano così lontane da arrivare a pensare che non le avrebbe più potute percepire.

Si concentrò al massimo nel suo lavoro, ma non poté fare a meno di sentirsi nostalgica. Tutto lì dentro le richiamava casa sua. Spostandosi da uno scaffale all’altro trovò oggetti che non aveva mai nemmeno visto, quel negozio era un vero e proprio pezzo di antiquariato se così si poteva chiamare. Alcuni lo avrebbero definito “il negozio delle cianfrusaglie” ma lei trovava in tutto ciò una meravigliosa miniera d’oro.
Le due ore passarono in fretta e lei riuscì a terminare l’inventario immersa nei ricordi della sua infanzia. A chiusura si fermò a contemplare un servizio da thè posto nell’ultimo tavolino in fondo al locale. Le immagini che le apparvero nella mente la portarono nella vecchia casa di campagna della nonna nello Yorkshire.
Era la sua amata nonnina, colei che le aveva insegnato le ricette più strane e tradizionali della regione. Era anche l’unico legame che aveva con sua madre.

“Claire..” una voce da dietro la riportò alla realtà di Camden “tutto apposto, cara?”

“Si, si, assolutamente! Grazie Lynda.” Si affrettò a rispondere, posando sul tavolo la tazza e stampandosi un enorme sorriso sul volto.

“Benissimo, allora direi che ci vediamo domani dopo scuola d’accordo?”

“Certamente, se per te va bene” arrossì timidamente per tutta quella cortesia.

Uscirono dal negozio e si salutarono. Tornando a casa, Claire si fermò a comprare qualche ingrediente per la cena dal momento che John sarebbe rientrato più tardi.
“Che ci fa una donzella tutta sola a camminare per queste strade a quest’ora?” una voce uscì da un bar dietro di lei. Era Nick, doveva averla vista passare e l’aveva raggiunta.

‘Ma perché adesso mi rivolge la parola questo?’ pensò infastidita e confusa

“Sto tornando a casa, ma non sono affari tuoi” rispose Claire con tono brusco

“Ehi! Che ti ho fatto? Mi stavo solo preoccupando per te, perché mi aggredisci?” replicò lui. La sua espressione sembrava davvero amareggiata.

‘Forse mi sto sbagliando, oh santo cielo! Questo ragazzo mi confonde. Non capisco mai quello che vuole e quello che pensa. Se è o meno sincero con me’ la mente di Claire stava impazzendo, desiderava soltanto scappare via e rinchiudersi nella sua stanza, accendere lo stereo ad alto volume e ballare. Sfogarsi.
“Beh, grazie, ma sto bene così. Adesso vado, ciao.” Si limitò a rispondere infine, dopo qualche minuto di silenzio.

“No!” si impose lui intralciando il suo cammino

“No? Come no? Che vuoi dire?” quasi spaventata dalla sua reazione, ma senza darlo a vedere, incrociò le braccia in tono di sfida

“No, non ti lascio andare via finché non mi spieghi il tuo atteggiamento nei miei confronti”

‘Cavolo ha ragione. Mi sto davvero comportando male con lui e alla fine non ho un motivo concreto da presentargli. Non mi ha davvero fatto un torto. Sono solo supposizioni le mie. Paranoie che mi fanno odiare certi atteggiamenti delle persone, ma è davvero così? Mi ha davvero evitato per tutto il giorno? L’unica cosa che posso chiedergli è il perché della sua mancata risposta stamattina. Ma forse nemmeno quello, sarebbe davvero invadente da parte mia.’ Claire si rese conto di essere in torto e questa cosa la disturbava altamente dal momento che non si era mai ritrovata da questo lato di una discussione. Aveva sempre avuto molte argomentazioni a favore e aveva sempre stracciato l’avversario con la sua dialettica ottima, ma adesso? Forse doveva riconsiderare l’idea di prendere legge all’università. Forse non era davvero portata per controbattere soprattutto se le argomentazioni erano a sfavore. Avrebbe perso tutte le cause.

“Allora? Sto aspettando.” La incitò Nick con un tono più sostenuto e un lieve accenno di fastidio nella voce

“Io.. senti mi dispiace ho avuto una lunga giornata e sono molto stanca” rispose infine Claire

Lui non se la bevve però non volle insistere ulteriormente e la accompagnò fino a casa senza dire una parola. Claire vide quanto lui era dispiaciuto per quella sua bugia o parziale verità e si sentì veramente una persona orribile. L’indomani avrebbe dovuto rimediare al pasticcio, non voleva certo perdere l’unico amico che era riuscito a crearsi.
Andò a letto presto con un pensiero nella mente ‘Chissà cosa avrà pensato di me, Nick.’ 

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