La scienza della deduzione

di Rain_K
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Prologo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 4 ***


La voce familiare era indubbiamente di Sherlock; a Molly prese il panico ed ebbe un fugace pensiero di darsela a gambe. Fece qualche respiro profondo cercando di calmarsi. Quello che la preoccupava era cosa dire, come comportarsi, come guardalo in faccia. A Molly questi imbarazzi non piacevano la facevano sentire ancora più piccola. Stava pero ‘ diventando tardi per il lavoro, cosi ‘ dopo un altro paio di profondi respiri spinse la maniglia e apri ‘ la porta, sperando nell ‘ improvvisazione. Appena dopo aver messo piede nel laboratorio e aver chiuso la porta dietro di se’, Sherlock la saluto’ con un < Buongiorno Molly > con voce piatta, probabilmente in imbarazzo anche lui; per lo meno non doveva subirsi le piccole critiche che Sherlock le riservava appena la vedeva come: < dovresti mettere il rossetto hai le labbra troppo piccole, hai messo su 2 kg vero? >. Molly rivolse a Sherlock solo un veloce e quasi sussurrato: < buongiorno > e senza aggiungere altro si mise al lavoro cercando di cacciare via tutti i pensieri, dopo un po ‘ lui abbandono ‘ il laboratorio con un veloce saluto.
Sherlock torno ’ a sedersi sulla sua amata poltrona nel salotto del suo appartamento e si chiese il perche ‘ Molly quasi non l’ avesse notato, solitamente era gentile e premurosa di portarli una tazza di caffe ‘, poi capi ‘ che se quello che si erano detti aveva turbato uno come lui, Molly doveva esserci rimasta malissimo.
Si chiese se non fosse stato meglio parlarne direttamente con lei. Poteva provare, voleva che tutto tornasse come prima. Decise di tornare all ‘ ospedale nel tardo pomeriggio affinche ‘  potesse con la scusa di accompagnarla a casa, riuscire a parlarle.
Molly fini ‘ di lavare l ‘ attrezzatura di laboratorio, si sfilo ‘ il camice e dopo aver indossato il cappotto usci ‘ dall ‘ edificio. Quando udi ‘ Sherlock pronunciare il suo nome, si senti ‘ bollire di rabbia. Lui non se ne accorse subito dato che la luce aveva iniziato a calare e inizio ‘ < Molly, ho pensato che forse avresti voluto una spiegazione. Beh insomma sai volevo chiarirmi con te, oggi mi sei sembrata triste e un po ‘ arrabbiata. Io.. > Non riusci ‘ a continuare che Molly si giro ‘ e si allontano ‘ furiosa. Lui la raggiunse e le prese il braccio bloccandola. Quando lei si giro ‘ vide il suo sguardo e si infurio ‘ ancora di più per quanto fosse lento a capire certe cose, che non riusci ‘ a trattenersi. Lo spinse verso un angolo della strada in modo da dare meno nell ‘ occhio possibile e gli disse: < Senti Sherlock, inizio ad averne abbastanza delle tua prese in giro. Ok? Tu lo sai da quella volta, durante lo scambio dei regali di Natale che provavo qualcosa per te, ma ormai mi avevi già abbastanza umiliato, altrimenti molto probabilmente mi sarei anche dichiarata. Ma sai una cosa? Sono contenta di non averlo fatto. Tu non saresti stato capace di comprendere. Sei egoista e ti importa nient ‘ altro che di te. Ora ho smesso di importarmene io. Quindi qualsiasi sia il motivo per il quale mi hai chiamato quella volta, non ha piu ‘ importanza, tu non esisti piu ‘ per me. > Lasciando Sherlock allibito, Molly sali ‘ su un taxi con le lacrime che le rigavano il viso.

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Capitolo 2
*** Capitolo 3 ***


Durante la passeggiata Sherlock cammino ‘ cosi ‘ veloce che John faceva fatica a tenere il passo, inoltre il suo amico aveva davvero un ‘ aria che preoccupava il dottor Watson.
< Sherlock! > Lo chiamo ’ < Rallenta. Va tutto bene? Che ti prende? Sei piu ‘ strano del solito >
Mentre Sherlock stava per rispondere a John squillo ‘ il telefono.  Era la babysitter, John si scuso ‘ ma doveva correre a casa per occuparsi di sua figlia e lascio ‘ Sherlock solo.
Cosa poteva fare? Solitamente andare al laboratorio era una buona idea nei giorni grigi, cosi ‘ si avvio ‘ .
Sulla strada per raggiungere l ‘ ospedale Sherlock vide Molly che altrettanto si recava la ‘ , probabilmente rientrava dalla pausa pranzo. Molly si guardo ‘ intorno, ma appena si volto ‘ verso Sherlock, più velocemente che pote ‘ giro lo sguardo e accelero ‘ il passo.
Non era proprio intenzionata a starli vicino e tanto meno rivolgergli la parola. Era molto arrabbiata con lui, l ‘ aveva chiamata per farsi dire quelle parole per poi non farsi risentire piu ‘. Forse era piu ‘ arrabbiata con se stessa, per aver permesso alla speranza di accendersi. In quell ‘ intimo momento con Sherlock al telefono, dopo che lui l ‘ aveva pregata di pronunciare quella frase, penso ‘ davvero che lui non stesse mentendo. Eppure passarono settimane da quel giorno e non ricevette neppure un messaggio di scuse.
Per Molly questo era davvero troppo. Quando l ‘ aveva conosciuto aveva inizialmente provato ammirazione per lui, per come si destreggiava nel suo lavoro, poi conoscendolo meglio oltre la sua parte fredda, scostante e altezzosa aveva visto un ‘ uomo profondo in quei suoi occhi azzurri cosi ‘ luminosi.
Era il momento pero ‘ si smettere di fantasticare su un personaggio come Sherlock Holmes, ma in ogni caso non sapeva neppure cosa dirgli se se lo fosse trovato davanti.
Le stava salendo una leggera ansia, cosi ‘ scrollò dalla testa i pensieri,  indosso ‘ il camice e si avvio ‘ per tornare al suo lavoro. Stava per aprire la porta quando riconobbe una voce familiare.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


I giorni successivi all incontro con Eurus passarono per Sherlock in un totale vortice di pensieri. Domande riguardati sua sorella, dubbi su quello che ne sarebbe stato e come avrebbero risolto la situazione. Era davvero preoccupato per Eurus, sapeva della sua fragilita ', le stette vicino e suonava per lei.
Quando le cose iniziarono ad andare meglio, Sherlock dovette soffermarsi su un ' altra cosa che aveva momentaneamente accantonato ma che era li ' che martellava nella sua testa da settimane: le sue parole dette a Molly. Il suo primo pensiero fu proprio perche ' ci si stavo soffermando tanto. Le aveva dette no? Ormai Molly era salva e tutto era tornato come prima.
Non era quello che in realta ' sentiva. Sherlock si sentiva come se non avesse soltanto recitato ma come se le avesse pronunciate realmente. Si tormentava chiedendosi il perche ' di questa sensazione, a lui sconosciuta, si era impossessata della sua mente e forse anche del suo cuore?
Ormai stremato si addormento ' sul divano del salotto.
L ' indomani la signora Hudson lo sveglio ' spostando le tende della stanza, ma ormai era gia ' tarda mattinata.
< Sherlock, cosa ci fa ancora addormentato? Ha passato la notte in bianco? Si sente bene? > Lui le rispose < No, si sto bene, non si preoccupi ora mi riprendo subito. Dovrebbe arrivare John per confrontarci su qualche caso >
Il tempo di bere una tazza di te '  che senti ' John salire le scale. Parlarono ore dei fatti accaduti nei giorni precedenti a Londra e su quali casi accettare o meno. Ogni tanto pero ' quel pensiero che lo riportava alle parole pronunciate per Molly, lo distoglievano dal suo amato lavoro.
Stava quasi per parlarne a John ma cosa doveva dire? Doveva dare davvero importanza a tutto cio '. Voleva bene a Molly, lei era davvero un aiuto importante nel suo lavoro, sapeva che per lei lui significava di piu ' ma per lui?
Venne distratto da John, che penso ' che non avesse preso qualche dose dato il suo stato poco lucido.
Sherlock decise che uscire un po ' avrebbe potuto farli bene e tiro ' fuori anche John con una scusa.

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Capitolo 4
*** Prologo ***


Qualche giorno dopo aver giocato con la sua stessa vita e con quella delle persone a lui care durante la visita di sua sorella Eurus, Sherlock in una particolare a occasione si è trovato in una situazione davvero difficile. Eurus gli aveva posto un indovinello, non proprio di buon gusto, mostrando una bara con una frase sopra incisa: ti amo. Sherlock era riuscito ad arrivare alla risposta: Molly, Molly Hooper, la ragazza che l’aiutava nel suo lavoro, che lui considerava come un’amica mentre lei invece ne era innamorata, a lei era destinata. Il < gioco > consisteva nel far ripetere a Molly quelle stesse parole senza svelare dove si trovasse e che fosse in pericolo. Lei si sentiva confusa, umiliata e affranta per quello che Sherlock stesse cercando di farle pronunciare e così ormai stanca delle suppliche di Sherlock, Molly rivolge a lui la domanda: Tu mi ami? Dimmelo!.
Il signor Holmes si trovò costretto a ripeterle per salvarle la vita ma che a lui erano così difficili perché se amare era considerato naturale non lo era per Sherlock. Lui si considerava spostato col il suo lavoro, niente amore nella sua vita, pochi amici e quello bastava, ma non sapeva che prima o poi anche l’uomo più indifferente all’amore cede come un ramo seppur robusto può piegarsi ad un forte vento.
 

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