Questa
storia partecipa alla
challenge di Halloween
(Ripopoliamo i Fandom!) indetta dal gruppo facebook Il
Giardino di Efp.
Questa storia prende spunto dal
libro “Cose Preziose.”
Ci sono desideri, in noi, soffocati,
dimenticati.
Ma esistono anche desideri tormentosi,
che non puoi soffocare, dimenticare.
Sono quelli contro i quali nessuno riesce a
difendersi.
(L'ispettore Derrick)
a vetrina
è stretta e lunga, e mostra
l’unica cosa al mondo che Sandor vorrebbe possedere.
L’insegna dice: “Ditocorto.” Entra
nel negozio, un luogo tetro e angusto, dove gli scaffali sono stracolmi
di cose
insignificanti. Non gli interessa niente di ciò che vede.
Il bancone è vuoto, la cassa aperta.
Sandor si guarda intorno, pensa di
allungare una mano e fuggire, ma poi ricorda l’oggetto in
vetrina. Potrebbe
rubare quello, pensa.
«Amico
mio…»
Un uomo, basso e con un sorriso
sornione, compare davanti ai suoi occhi. Ha una lunga veste grigia che
lo fa sembrare
uscito da un’epoca passata. «Cosa posso fare per
te?»
«In
vetrina» borbotta Sandor. «Voglio
quello.»
«Quale
esattamente? La fiasca senza
fondo?»
«Quella.
Qual è il trucco?» chiede,
mentre l’uomo scompare oltre la tenda per prenderla.
«Come può avere sempre
vino?»
Lui sorride e
non risponde, come se
fosse un segreto che proprio non può rivelare.
«Eccola. Esaminala tu stesso…»
Sandor la afferra, se la rigira tra
le mani, quando la apre, la trova piena fino all’orlo.
«Va riempita.»
«Oh,
no. Non ce ne sarà bisogno.»
«Com’è possibile?»
«La vuoi o no?»
C’è
uno strano odore di zolfo nel
negozio. Sandor si tasta le tasche sperando di avere denaro a
sufficienza. «A
quanto la vendi?»
«Questa? Oh, no, non si può comprare…
ma puoi averla in cambio di un piccolo
“favore”…»
Potrebbe mettergli le mani al collo,
spingerlo a terra e portarsi via la bottiglia. E a quel solo pensiero
l’odore
diventa più intenso, dandogli alla testa.
«Che
vuoi?»
L’uomo
solleva il capo, un baluginio
di soddisfazione negli occhi. «Stamattina è venuta
da me una giovane… figlia
del vicesindaco.»
Sansa
Stark.
«Hai
capito di chi parlo… una ragazza
molto bella… Peccato che sprechi tutto il suo tempo in quel
giardino. Fiori,
rose che potrebbero pungerla… Alla sua età
dovrebbe uscire, non credi?»
Sandor posa gli
occhi sulla fiasca.
«Dimmi cosa devo fare.»
Un altro lampo. Gli occhi dell’uomo
sembrano infiammarsi come i fuochi dell’inferno.
«Distruggi il suo giardino.»
ansa Stark
è felice. La zappetta che
ha trovato in negozio è delle dimensioni giuste per la sua
mano, è ricoperta da
una vernice bianca e una striscia di velluto grigio, e riesce ad andare
a
fondo, scavando la terra più di quanto lei stessa avrebbe
mai potuto fare.
Proprio come ha sempre desiderato.
«Poco importa quello che ho dovuto
fare a Margaery…»
Attraversa il paese con passo leggero
e la coscienza pulita. Gli alberi stanno iniziando spogliarsi, ma il
suo
giardino è ancora pieno di colori e di vita.
“Solo
un favore, mia cara… Uno scherzetto innocente.”
In fondo che
importanza può avere
quel singolo pettegolezzo? Margaery si era confidata con lei, ma alla
fine il
segreto riguardava suo fratello Loras…
“Lui
è… insomma… preferisce gli uomini. Ma
non dirlo a nessuno.”
Chissà
come avrà fatto il
proprietario del negozio, Petyr Baelish, a conoscere quel segreto?
È chiaro che
Margaery non si è confidata solo con lei… Quindi
non c’è nulla da temere.
Nell’aria
c’è uno strano odore, come
di fiammiferi accesi.
Sansa sistema
meglio la gonna a
pieghe quando arriva di fronte al cancello. Il giardino che suo padre
ha
comprato apposta per lei. I suoi fiori la stanno aspettando.
Nessun altro ha accesso alle aiuole,
solo lei.
Ma
c’è qualcosa che non va… il
lucchetto è intatto, ma la catena è spezzata.
Sansa non sa se entrare o correre
a chiamare qualcuno. Fa un respiro profondo ed entra.
Blocchi di terra
ovunque. Fiori
sparsi sul terriccio. L’acero, che si stava colorando di
rosso, ridotto a
pezzi. Il suo albero delle farfalle… il suo preferito,
quello di cui ha seguito
la crescita sperando di vederlo arrivare in cielo, è morto.
Annerito dal fuoco,
impossibilitato a riprendersi.
I settembrini, fioriti da poco,
lasciati a marcire insieme agli altri. Petali bianchi, viola e rosa
sparsi come
semi sul terreno.
Sansa sente le
gambe cedere. E poi è
a terra, insieme a loro.
assa davanti al
negozio e nemmeno si
ferma. Jon Snow non ha niente da chiedere, niente da desiderare.
Incontra lo
sguardo freddo del proprietario, vede il sorriso fisso sulla sua bocca,
e lo
ignora.
Sansa ha telefonato a lui. Nonostante
non vivano più insieme, nonostante lui abbia deciso di
arruolarsi.
“Non
chiamo papà. Si arrabbierebbe… Lui e Robb sono
capaci di mettere a ferro e
fuoco il paese pur di scoprire chi è stato. E non parliamo
della mamma…”
È
vestito di nero, più coperto degli
altri. Si è lasciato crescere i capelli e li tiene legati in
una coda alta.
Il paese puzza.
La gente lo guarda in
modo strano. Sembra confabulare. Su alcune case sono comparsi dei
graffiti.
Alcuni superano ogni confine di civiltà.
Jon supera la casa di Margaery e
Loras Tyrell, nota le persiane chiuse. Solo dopo, svoltando
l’angolo, lo vede: frocio.
Una sola parola che riesce a farlo
rabbrividire. Osserva la scritta rossa, i bambini che la indicano
ridacchiando.
Sulla strada ci
sono fogli volanti.
Non sembrano manifesti. Jon si china per prenderne uno. È
una pagina strappata
di un libro. D’istinto, solleva lo sguardo fino alla
libreria: il vetro è
rotto, gli scaffali semivuoti. Il libraio piange mentre un poliziotto
raccoglie
le sue generalità.
Che
sta succedendo qui?
Una donna corre
seminuda per la
strada, urlando. Alcuni ragazzi la inseguono con i bastoni. Il
poliziotto
sembra non vedere, sembra non sentire.
Cosa
succede?
Jon sente la pazzia dilagare.
Raggiunge i confini del paese, la siepe che nasconde il giardino di
Sansa.
Trova il cancello aperto, lei, in ginocchio, tra le piante strappate.
«Sansa…»
Lei si volta.
Gli vola tra le
braccia. «Devi trovarlo» gli sussurra.
«Trovalo. Fagliela pagare.»
’odore
di zolfo è insopportabile. Un
incendio è scoppiato ai confini del paese.
Cammina in mezzo alla strada, la
fiasca in mano, la bocca sporca di vino. Sandor si ferma davanti al
negozio
“Ditocorto”, dà un’occhiata
all’interno: non c’è nessuno. Forse
è ancora in
tempo per rifarsi di qualche spicciolo…
Il paese è nel caos, la polizia
impegnata con fatti più importanti. Nessuno
baderà a lui.
Quando entra,
trova la cassa aperta.
Vuota. La spinge a terra e grida. L’alcol gli scorre nelle
vene. Vede una mazza
da baseball autografata (gli torna in mente Loras il frocio, e il suo
desiderio
di averla). La afferra, la usa contro gli oggetti sugli scaffali, poi
la spezza
in due.
«Ti
diverti?»
Petyr
è lì che lo osserva. Non sembra
arrabbiato, e nemmeno teso. «Ho ancora qualcosa che potresti
volere…»
Sandor beve un
altro sorso. Il vino
gli scorre giù per il mento.
L’odore di zolfo è così forte da
dargli la nausea.
«Ecco…»
Ha un guanto tra le mani.
«Incarna tutto ciò che tocca…»
Una visione gli appare davanti. Lui
che tocca un portafoglio, una collana d’oro, del
denaro… e tutto svanisce.
Tutto viene risucchiato dalla sua mano guantata.
Ormai sa cosa
deve dire. «Che favore
vuoi, questa volta?»
ansa
è seduta sulla panchina di
pietra, davanti a casa. Ha gli occhi vuoti, la mente persa
chissà dove. È sola:
Jon è in giro per il paese a indagare per conto suo.
La sua famiglia non c’è.
Tutto si aspetta – che qualcuno la
svegli, che vengano a dirle che è stato tutto uno scherzo,
che il suo giardino
è esattamente come lo aveva lasciato – tranne una
sua visita.
Quando lo vede oltrepassare il
cancelletto, il fumo dell’incendio alle spalle e la gente che
corre impazzita
per le strade, sgrana gli occhi e resta immobile.
«Che
cosa ci fai qui?»
Non si aspetta
che le risponda. Crede
sia una visione. È tutto così irreale…
I fiammiferi sembrano essere stati
accesi a centinaia sotto i suoi piedi. Eppure non
c’è niente che lei riesca a
vedere.
«Sono
venuto a portarti un regalo…
Ecco.»
Petyr non siede
al suo fianco, resta
in piedi di fronte a lei. Le porge una sacca di bulbi. «Sono
miracolosi» dice.
«Qualunque sia la stagione, il tempo o il nutrimento,
cresceranno forti e sani.
E molto in fretta… Presto potrai riavere il tuo
giardino.»
Lei solleva gli
occhi fino a
incontrare i suoi. È un istante. «Sei stato
tu?» domanda.
Un passo indietro, il volto che si
inclina appena. L’incertezza svanisce subito. «A
fare cosa?»
«Hai
distrutto tu il mio giardino?»
«No, non sono stato io.»
«Però sai chi è stato.»
Sansa gli porge
il sacco. Rinuncia ai
bulbi del suo giardino, al suo desiderio più grande.
«Un
favore, giusto?» chiede ancora.
«Dimmi chi è stato e avrai quel favore.»
bambini
stanno lanciando sassi. Gridano contro
la casa di Loras. Jon ascolta gli insulti senza intervenire. Li aggira
e
prosegue la sua indagine.
Non ha idea di cosa dire a Sansa.
Come può scoprire chi è entrato nel suo giardino?
La gente sembra impazzita,
nessuno dirà niente, nessuno avrà visto niente.
Il negozio di liquori è stato
saccheggiato. Le donnette del paese sono agghindate a festa, piene di
gioielli
stupendi che Jon non aveva mai visto. Ridono e parlano tra loro come se
fosse
un giorno qualunque.
«Vieni
qui…» borbotta la voca bassa e
roca di Sandor Clegane. Incespica sulla via, cercando di tenere il
passo dietro
a quelle donnine. «Andiamo a divertirci.»
Tra le mani stringe una fiasca di
vino, ne versa qui e là, poi inciampa e cade. La fiasca
rotola ai piedi di Jon,
spargendo vino tutto intorno.
«No…» bofonchia Sandor, gattonandole
dietro.
Jon si china e la raccoglie. È piena
fino all’orlo. La solleva contro la luce del giorno, cercando
di leggerne
l’etichetta. Ma Sandor gliela ruba dalle mani.
«Dove
l’hai presa?» chiede Jon.
«Che t’importa?»
Un’idea, e tutto sembra chiaro. «Da
“Ditocorto”? Dimmelo, non voglio la tua.»
Gli occhi
annebbiati di Sandor si
allargano appena. «Sei il fratello di Sansa Stark?»
«Diciamo parente. Allora, questa
fiasca?»
Sandor sembra
tornare in sé, giusto
il tempo di rispondergli: «Sì, l’ho
presa da “Ditocorto”.»
on conosce il
senso di colpa. In
fondo, pur di avere il guanto e la fiasca, cos’ha fatto di
male? Il giardino
ricrescerà, e l’altro favore…
l’altro favore è un po’ più
grave, ma niente a
cui non si possa rimediare.
Sandor ha raggiunto la casa di Loras
e Margaery Tyrell. Ha sfondato la porta. Tutto qui. Una porta per un
guanto
magico, che assorbe tutto ciò che tocca.
I bambini si sono riversati
nell’entrata, alcuni adulti con loro… Ci sono
state grida, ma cos’altro si può
pretendere? Loras se ne farà una ragione.
Il negozio è in fondo alla strada. È
quasi tentato di tornare… e se avesse altro per lui? Un
borsello pieno d’oro,
senza fondo come la sua fiasca?
Sta per attraversare la strada quando
la vede. Sansa Stark.
«Sei
stato tu!» lo spinge.
L’alcol gli annebbia la vista, eppure
prende un altro sorso mentre cerca di reggersi in piedi. Nessuna di
quelle
donnine ha accettato di andare con lui…
«Perché?!» chiede, le lacrime negli
occhi. «Non ti ho mai fatto niente… Non ti conosco
nemmeno.»
Sandor è tentato di prendere lei. Il
vino è un grande amico, capace di dargli i consigli migliori.
«Se lo
dicessi a mio padre… Saresti
finito. Finito!»
La afferra per un braccio,
attirandola a sé. «Tuo padre… Tuo padre
verrà cacciato dal consiglio. Cosa vuoi
che faccia?»
«Lasciami!
Lui e Robb te la faranno
pagare…»
La trascina per
la via, adocchiando
il negozio di liquori, ormai deserto. Può portarla
lì dentro, e prenderla senza
problemi. Chi interverrà? Ha visto Ramsay Bolton fare lo
stesso con una ragazza
nella libreria…
Poi un urlo
sovrasta le grida, le
risa.
Sandor si volta
a guardare. Sansa con
lui. Viene dalla casa di Margaery e Loras Tyrell. E lui è
proprio lì… pende da
un lampione, la corda stretta al collo. Agita le gambe, poi,
semplicemente, si
ferma. Continua a ballonzolare fuori, come una pessima decorazione per
Halloween.
La sorella piange e grida tra la
folla di bambini.
Un altro sorso
per Sandor. Solo che
ora sembra aver perso tutto il suo sapore.
Note
dell’autrice:
Ciao! Ho dovuto dividere la
storia in
due parti, perché un po’ lunga…
però, cavolo, che bello scriverla! Spero che vi
piaccia (idem per il banner!). È già conclusa, e
la prossima settimana
pubblicherò la seconda parte.
Per ora non dico altro. A presto!
Celtica