Do you want to hear a scary story? di KomadoriZ71 (/viewuser.php?uid=805793)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 1 *** 1. ***
speciale di halloween 2017 - renzoku - intro
Speciale
di Halloween 2017
Spin off :
Renzoku-Tekina
«La più
antica e potente emozione umana è la paura,
e la paura
più antica e potente è la paura
dell’ignoto».
-
Howard Phillips Lovecraft
Non
trattengo un urlo
quando il mio sguardo incrocia il calendario, Max alza gli occhi dal
libro per lanciarmi un'occhiata perplessa e priva di
positività.
“A cosa devo
quest'esuberanza, Ivan?”.
Domanda e incrocia le
braccia esili contro al petto, assumendo il portamento di chi
è
pronto a farmi la classica ramanzina da uomo maturo e intellettuale.
Eppure non riesco a smettere di sorridere e mi avvicino al tavolo a
cui è seduto il mio collega, l'eccitazione mi trasforma in
un vero e
proprio ragazzino.
“È
Halloween, Maxie!” esclamo senza controllare il tono della
voce, mi
abbasso per posare il braccio muscoloso lungo le sue spalle e
stringerlo. “Lo sai cosa succede in questo giorno speciale, a
notte
fonda ci riuniamo nella cella di Gerardo per ascoltare le sue storie
dell'orrore. Ormai è diventata una ricorrenza, non dirmi che
te lo
sei dimenticato!”.
Lui sbuffa per mantenere
la calma e rotea lo sguardo, dimenandosi per liberarsi dalla stretta
di ferro.
“Continuo a non
trovarci niente di interessante” mormora con scetticismo e
sistema
gli occhiali sul naso. “E poi voglio ricordarti
com'è andata a
finire l'anno scorso, hai passato una settimana a dormire con me
perché eri spaventato dai mostri che vivevano sotto al tuo
letto.
Sei sicuro di volerci riprovare?”
Comincio subito a
ridacchiare, leccandomi i denti con un gesto svelto della lingua.
“Non sembravo un vero
e proprio disturbo per te, scienziatuccio” lo stuzzico
aggiungendo
una leggera gomitata, conosco fin troppo bene Max e so come
provocarlo nel giro di pochi istanti. “Lo so che fai l'uomo
maturo
che non crede nei fantasmi, ma quella sera c'ero anche io e ho visto
che te la sei fatta sotto dalla paura”
“Staremo a vedere!”
Siamo riuniti nella
cella di Gerardo e le luci del carcere si sono appena spente, il
silenzio dei corridoi è ideale per creare l'atmosfera
giusta. Per un
attimo volto lo sguardo verso Max e sorrido, non è stato
difficile
coinvolgerlo nella serata all'insegna del terrore, è bastato
mettere
in discussione la sua fiducia per la scienza e si è
presentato senza
battere ciglio. Respiro con calma e gli stringo forte la mano, sono
sicuro che mi aiuterà a non dare di matto com'è
successo l'ultima
volta.
Gerardo è seduto nel mezzo del cerchio che abbiamo creato,
tiene il grosso libro posato sulle ginocchia e si schiarisce la voce,
poi comincia a narrare la prima storia.
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Capitolo 2 *** 2. ***
speciale halloween 2017 - renkozu - prima storia holovox
1.
Holovox
By
Lily
Era
una classica giornata di Autunno per la città di Luminopoli,
le
foglie degli alberi che decoravano le vie principali si tingevano di
rosso, il cielo era coperto da un immenso manto grigio e la pioggia
scendeva a catinelle nei momenti meno opportuni. Il clima di
metà
stagione non impediva alle persone di affollare le strade, le
strutture pubbliche continuavano le loro attività senza mai
fare una
sosta e, le zone riservate alla natura o che si trovavano in
prossimità della grande torre, brulicavano di ragazzini
intenti a
giocare con i loro amici Pokémon e famiglie occupate a
visitare i
negozi più in voga della capitale.
Quel
pomeriggio ero uscito per prendermi una pausa dal lavoro, prendere
una boccata d'aria fresca era una priorità che non potevo
ignorare.
Ero indolenzito a causa dei continui e incessanti movimenti fatti
dietro al bancone, lavorare in una caffetteria non era facile e
quegli attimi di relax potevo concedermeli grazie alla mia dolcissima
collega Wenona, una ragazza sulla ventina che si era trasferita da
Romantopoli e si guadagnava soldi per pagarsi gli studi in
infermieristica.
Fumavo
una sigaretta vicino ai cassonetti della spazzatura quando notai un
riflesso in lontananza, era vicino allo sbocco che si affacciava
sulla parte più misteriosa e intricata di Luminopoli, quella
che si
collegava ai molteplici labirinti di vicoli oscuri che traboccavano
di criminalità e sporcizia varia, non invidiavo per niente
gli
allenatori che si tuffavano in quel lago di degrado solo per provare
l'ebrezza del pericolo, fin da bambino ero sempre stato un tipo
tranquillo e con la testa sulle spalle, per me non era divertente
l'idea di sfidare la sorte o di gettarmi in direzione dei guai senza
pensare alle conseguenze. Ma non potevo resistere alla
curiosità,
perciò mi avvicinai con cautela in direzione del bizzarro
luccichio
e mi chinai per analizzare il misterioso oggetto. Si trattava di un
Holovox di buona fattura e di un fucsia fluorescente immerso
nell'acqua di una pozzanghera, dall'aspetto si capiva che era appena
uscito dalla scatola, ma l'ampio schermo era rotto a causa di
un'ipotetica caduta e ciò lo rendeva inutilizzabile.
Raccattai
l'aggeggio elettronico per analizzarlo mentre mi concedevo gli ultimi
tiri della sigaretta, cominciai a rigirarlo tra le dita per vedere se
era possibile accenderlo o risalire alla persona che l'aveva
smarrito, solo allora i miei occhi entrarono in contatto con una
scritta a pennarello che macchiava la parte posteriore.
“Lucy”.
Per
un attimo cercai di fare mente locale e di collegare il nome a un
possibile volto, questo procedimento risultò inutile sul
nascere
visto che la caffetteria mi metteva in contatto con un numero
spropositato di gente. Ero sul punto di metterlo in tasca e di
tornare alla mia postazione quando questo cominciò a tremare
nella
mia mano, il vetro si illuminò per una manciata di secondi.
Di
sicuro era il proprietario, perciò schiacciai il pulsante
centrale
per rispondere alla chiamata.
«Pronto?»
…
Non
riuscivo a sentire niente, solo una voce soffocata da un rumore
distorto in lontananza. «Pronto? Sono il ragazzo che ha
appena
trovato questo Holovox in mezzo alla strada, sei Lucy? Posso
contattarti in qualche modo?».
Silenzio.
Ancora. «Ehi? Mi senti?!».
«Fa...Male».
Una
voce flebile uscì dall'altoparlante e la chiamata
terminò così.
Sentii
un brivido attraversarmi la spina dorsale e alzai lo sguardo per
controllare la zona che mi circondava, gettai la sigaretta
sull'asfalto e mi infilai quel coso nella tasca del pantalone per
tornare dentro.
Passai
il resto della serata senza spiccicare parola e a lavorare per
distogliere la mia attenzione da quello che era successo nel vicolo,
appena Wenona provava a infilarsi nella discussione cercavo un motivo
valido per allontanarla, il tutto senza suscitare il minimo sospetto.
Non volevo coinvolgerla in una situazione che reputavo bizzarra e
insensata, credevo che la mia fosse una semplice suggestione e che
dovevo contattare la proprietaria per rintracciarla e renderle
l'oggetto smarrito. Eppure c'era una parte di me che non voleva dare
retta al mio istinto da uomo maturo, si rifiutava di entrare in
comunicazione con quella voce e sentiva il bisogno di sbarazzarsi
dell'apparecchio in questione.
«È
tutta la sera che ti comporti in modo strano, per caso hai visto un
fantasma e non me lo vuoi dire?»
Scrollai
le spalle davanti all'esclamazione della mia collega, proprio allora
mi affrettai per andare a chiudere la porta del locale. Finalmente
era arrivato il momento di tornare a casa, non vedevo l'ora di
gettarmi nella vasca e dimenticare quel bruttissimo episodio.
«Nah,
sto una meraviglia».
«I
bugiardi non li sopporto, ormai dovresti saperlo».
«E
va bene» sbuffai e, seppur contro voglia, recuperai l'Holovox
dalla
tasca per posarlo sul bancone di legno. «L'ho trovato vicino
ai
bidoni dell'immondizia, lo schermo è rotto ma sembra
funzionare
ancora».
Wenona
afferrò il piccolo oggetto e, proprio come avevo fatto io,
si era
messa ad analizzarlo e a leggere il nome scritto sul retro.
«Strano,
questi oggettini sono stati creati per gli allenatori di
Pokémon e
li hanno resi resistenti agli urti per impedire inconvenienti di
questo tipo».
La
guardai e alzai le spalle. «Magari è
difettoso».
«Magari
è arrivato lì dopo che si è
rotto».
Aggrottai
le sopracciglia. «Ma dai, secondo me è solo colpa
di una ragazzina
sbadata che non si è accorta di averlo perso».
«Può
essere» sospirò lei, posandolo sul bancone.
«Hai detto che
funziona, quindi la proprietaria ti ha contattato. Giusto?»
«Sì,
nel momento in cui l'ho ritrovato».
«E
cosa ti ha detto? Di volerlo venire a prendere?».
«Non
saprei, ho risposto ma dall'altra parte non si sentiva
niente».
«Va
bene» mormorò Wenona, molto dubbiosa riguardo alla
situazione. «Io
vado a casa, ti consiglio fare in fretta se vuoi evitare di passare
qui la nottata».
«Come?!
Cosa?!».
«Non
ti ricordi? Hai promesso al proprietario di rimanere qui dopo
l'orario di chiusura per occuparti dell'inventario, lo facciamo una
volta al mese e ora tocca a te».
«Merda!».
Non
era piacevole trascorrere le serate nel retrobottega della
caffetteria, il quartiere circostante diventava buio e silenzioso
quando l'orologio si avvicinava alle undici di sera, creando
un'atmosfera sinistra e inquietante capace di piegare anche l'animo
più coraggioso del creato. La luce dorata del lampadario
illuminava
solo una piccola parte dell'ampio locale in cui mi trovavo, decorato
per lo più da mobili ingombranti e vari scaffali di legno
nero.
Tutto questo non era molto utile per rassicurare il mio cuore che
diventava sempre più irrequieto, la penombra che riempiva i
vari
angoli della stanza mi impediva di controllare la porta del
magazzino, tenendo fuori dalla mia portata anche l'uscita chiusa dal
maniglione antipanico e che si poteva aprire solo dall'interno. Una
finestra occupava il muro posto alla mia sinistra e mi teneva unito
al mondo esterno, i lampi che schiarivano il cielo notturno mi
facevano comprendere dell'arrivo imminente di un temporale, il clima
autunnale era impossibile da prevedere e questo mi faceva pentire di
essere uscito di casa senza l'ombrello. Dai vetri appannati penetrava
il tenue bagliore bianco del lampione, lo stesso che da svariati anni
aveva il compito di fare luce sull'incrocio che collegava il vicolo
posteriore alla strada principale, le prime volte in cui lavoravo
nella caffetteria mi piaceva donargli la figura di una guardia
silenziosa, che portava avanti la sua unica mansione senza badare
agli avvenimenti che accadevano al calare del sole. La sua presenza
mi donava compagnia e mi tranquillizzava, appena i miei occhi
finivano sul fascio bianco riuscivo a controllare le mie emozioni
personali e mi chinavo sul pesante schedario per concludere il mio
operato e tornare a casa prima della mezzanotte.
Ma non era
l'unico oggetto in grado di infondermi il benessere che cercavo, per
l'occasione tenevo acceso il minuscolo televisore dall'aspetto
diroccato e malconcio, prima di mettermi a sedere l'avevo
sintonizzato sul programma televisivo più in voga degli
ultimi
cinque anni, era mia abitudine quella di crearmi un sottofondo
pacifico per tenermi compagnia durante le ore di solitudine.
In
quel momento ero appollaiato su uno sgabello traballante per stare
difronte al tavolino improvvisato, la testa iniziava a farmi male a
causa delle ore passate a scrivere numeri e lettere varie, ero
situato nell'angolatura che mi permetteva di individuare il salone
principale della caffetteria e dietro di me c'erano gli armadietti in
ferro che utilizzavo per dare un sostegno alle mie spalle stanche. Il
grande manuale riempiva il tavolo da lavoro ma, nell'angolo
più
remoto, avevo installato il mio computer portatile munito di una
connessione eccellente. Era mia abitudine quella di portarmelo a
lavoro per utilizzarlo durante la pausa pranzo, in quel modo avevo la
possibilità di continuare a scrivere la mia tesina di laurea
senza
avere pensieri o tornare a casa a tutti i costi.
Ogni
tanto la mia mente veniva rapita dall'apparecchio televisivo, cercavo
di rimanere dietro alle movenze del presentatore, lo stesso che
intratteneva i suoi ospiti con storie o discussioni che riguardavano
il mondo del paranormale, un evento abbastanza in tema visto che il
calendario segnava il 31 Ottobre. La notte di Halloween non mi aveva
mai appassionato, in realtà ero sorpreso davanti
all'atteggiamento
inorridito del pubblico in sala e non riuscivo a concepire un
entusiasmo simile, la mia mente scettica mi aiutava ad allontanare
gli argomenti impossibili da spiegare con una certa
razionalità, ero
molto più fedele al metodo scientifico e ai calcoli
matematici.
Sospirai
e tornai a sudare sulle pagine rimaste bianche, quella situazione non
mi piaceva per niente e non vedevo l'ora di concludere per rifugiarmi
nella sicurezza del mio appartamento. Ma tutto sembrava essersi messo
contro di me, proprio allora il mio Holovox cominciò a
suonare
all'impazzata.
Controllai lo schermo lampeggiante con uno sbuffo,
era un mio caro amico.
«Cosa
vuoi?».
«Ehi
amico, sono appena passato da casa tua e di te non c'è
nemmeno
l'ombra. Si può sapere dove ti sei cacciato? Dovevamo uscire
stasera».
«Mi
dispiace, ma sono rimasto bloccato sul lavoro».
«Caspita,
proprio quando volevo farti conoscere quella tipa carina di cui ti
parlavo l'altra volta!».
Mostrai
un sorrisetto, poi scrollai le spalle. «Quante volte ti devo
dire
che non sono interessato a trovarmi una ragazza? Ho troppe cose a cui
pensare e, in questo momento, una relazione per me diventerebbe un
obbligo in più. Non ho tutta questa fretta di mettere su
famiglia».
«Va
bene...come vuoi. Io comunque sono rimasto fuori casa, ti scoccia se
passo a trovarti per scroccarti una birra?».
«Puoi
provarci, ma non ti assicuro niente riguardo alla reazione del mio
principale».
«Sei
sempre il solito perfettino, ci vediamo dopo».
«D'accordo,
a dopo allora!».
Chiusa
la telefonata la mia attenzione tornò immediatamente
sull'inventario
e, dato che il programma televisivo cominciava a darmi sui nervi,
agguantai il telecomando per fare un po' di sano zapping. Non c'era
niente di interessante al di fuori della fascia oraria, durante la
notte di Halloween solo i film più osceni della storia del
cinema
avevano la possibilità di andare in onda.
Sospirai e mi
sintonizzai sul notiziario della mezzanotte.
“Sono
passate ore da quando le autorità stanno indagando sullo
strano caso
di Lucy Leroy”.
Drizzai
le orecchie, impressionato dalla notizia.
“Il
corpo martoriato della giovane allenatrice è stato ritrovato
in
tarda serata dai Pokémon della polizia, il fatto
è avvenuto nei
vicoli collegati a Corso Alto.
Il
Coroner non ha rilasciato molte dichiarazioni a riguardo ma,
l'assenza degli effetti personali della giovane vittima, fa passare
l'accaduto come una rapina finita nel sangue. Non è la prima
volta
che un fatto del genere sconvolge i cittadini di Luminopoli, molti
sono gli allenatori che hanno incontrato esperienze simili dopo aver
messo piede nei vicoli più apparati della capitale”.
La
voce della giornalista cominciava a diventare un eco lontano e
sinistro per le mie orecchie, il nome di quella ragazza mi faceva
ripensare all'Holovox che avevo rinvenuto vicino ai bidoni
dell'immondizia. Se quella storia era vera, allora ero entrato in
possesso di un oggetto utile per le indagini. Eppure non riuscivo a
non dimenticare la chiamata che avevo ricevuto, ricordavo
perfettamente la voce femminile provenire dall'altro lato della
cornetta, era impossibile dimenticare il tono acuto e sofferente che
ero riuscito a intercettare nonostante il segnale disturbato. In
qualche modo avevo sentito l'ultimo respiro esalato dalla povera
vittima.
Un brivido cominciò a percorrere la mia schiena, era
impossibile e irrazionale. Agguantai il telecomando per spegnere la
televisione e mi alzai dallo sgabello per andare dietro al bancone
della caffetteria, avevo bisogno di eliminare l'accaduto una volta
per tutte ed ero vicino allo scaffale degli alcoolici quando un
rumore assordante cominciò a provenire dal vetro della
finestra sul
retro. Il mio respiro diventò più affannato del
normale, ma era
meglio non lasciarsi travolgere dalla suggestione e affrontare la
situazione come un uomo maturo e dedito alla scoperta scientifica. A
quanto pare quel brutto rumore era opera del mio amico, forse era
arrivato prima del previsto e cercava di provocare quel rumore per
spronarmi ad aprire. Afferrai la birra che gli avevo promesso e
avanzai verso il retrobottega ma, arrivato sulla soglia della porta,
qualcosa mi bloccò così tanto da farmi scivolare
la bottiglia dalle
mani e che si frantumò a contatto con il pavimento. C'era
qualcuno
che mi fissava oltre al vetro della finestra.
Non
riuscivo a intravedere nulla se non dei lunghi capelli scuri che
occultavano il volto del bizzarro personaggio femminile, adornati da
vestiti mal ridotti e ricoperti di sangue rappreso.
Io
ero lì, immobile.
Ero
sul punto di muovermi quando qualcosa dentro alla mia tasca
cominciò
a tremare, infilai la mano dentro al taschino per recuperare
l'oggetto che provocava così tanto disturbo. Lo guardai, era
l'Holovox dallo schermo danneggiato.
Senza rendermene conto avviai
la telefonata e lo posai contro all'orecchio.
«Fa
male...»
Ascoltavo
quelle parole e tenevo lo sguardo incollato contro alla finestra,
quella creatura era sempre lì e i capelli si discostavano
dal viso
per permettermi di intravedere il volto martoriato della singolare
apparizione.
«Fa dannatamente male!».
La
voce gutturale e soffocata
prendeva il sopravvento, il mio cuore cominciò a battere
all'impazzata nel petto e per me era impossibile muovermi.
Il
terrore più grande mi assalì quando notai che
quello era soltanto
un inutile riflesso.
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Capitolo 3 *** 3. ***
speciale halloween 2017 - renzoku - seconda cornice
«Once
again...welcome to my house. Come freely.
Go safely; and leave something of the happiness you bring»
- Bram
Stoker ; Dracula
Anche
questa volta mi son lasciato trascinare
da Maxie nella cella di quello scassinatore, com'è che si
chiamava?
Gerardo, credo; non voleva che rimanessi da solo. Beh, ma che me ne
importa? Tanto anche in quest'occasioneme ne starò tutto
tranquillo
in un cantuccio ad ascoltare quelle storielle che non farebbero paura
nemmeno ad un marmocchio. Ebbene sì, questa è la
notte di
Halloween, una festività che non mi ha mai fatto
né caldo né
freddo, per me ogni giorno è uguale ad un altro, non
festeggio mai
nulla, neppure il mio compleanno, perché mai dovrebbe
interessarmi
allora quest'inutilissima ricorrenza?
Gli altri miei
"colleghi" invece sembrano attendere con una certa
impazienza questa festa, per loro è un modo come un altro
per
socializzare meglio, stare insieme e fare qualcosa di diverso. Non mi
riferisco in particolar modo a Maxie, un uomo di scienza come lui non
perde il proprio tempo in queste sciocchezze, infatti così
come io
sono stato condotto qui da lui, lui è stato condotto qui
dall'insistenza di Ivan, ed è proprio a lui che
faccio
riferimento. Non capirò mai quel marinaio, fino a ieri
scalpitava
come un piccolo Ponyta all'idea di venir qui a sentire storie horror,
colmo di entusiasmo, mentre adesso trema tutto terrorizzato dopo aver
ascoltato la prima, e finge pure di non essere minimamente turbato,
ma la sua strizza si vede lontano un miglio. A proposito di marinai,
ora che ci penso, una decina di anni fa avvenne un fatto assai
sinistro lungo le coste di Arenipoli, la mia città natale,
se mi
mettessi a raccontarlo recherei notti insonni a tutto il trio qui
presente poiché, al contrario delle loro storie inventate
sul
sovrannaturale, quel fatto cui mi riferisco è
accaduto
realmente e l'ho visto coi miei stessi occhi.
|
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Capitolo 4 *** 4. ***
speciale di halloween - renzoku - seconda storia
2.
Sinking
madness
By Xavier
Nella
mia città, dunque, non molto
distante dalla mia abitazione, in una modesta casetta su un
promontorio a strapiombo sul mare, viveva una donna di nome
Giulietta; se sia ancora viva non lo so, dopo tutto questo tempo
passato lontano da Arenipoli. Apparentemente era una normale signora
sulla trentina, alta, dal bel fisico armonioso e snello, un viso
solare con capelli dorati e pelle ambrata sotto i caldi raggi solari,
sempre sorridente e disponibile con tutti. Ma se descriverla
fisicamente può risultare banale, parlare del suo carattere
risulta
un'impresa.
Certamente
posso affermare che era una donna molto
socievole e sempre pronta a scambiare quattro chiacchiere con
chiunque: la solitudine gioca brutti scherzi d'altronde. Aveva
sposato un marinaio della sua stessa età quando entrambi
erano molto
giovani ed innamorati, e poi si erano trasferiti insieme in quella
casa dove avevano iniziato una serena convivenza. Li si vedeva
scendere, ad ogni tramonto, giù per le basse spiagge del
borgo,
tenuti per mano e felici mentre si concedevano lunghe passeggiate
fino a notte, scherzando spensierati sul bagnasciuga. Una scena
patetica, per i miei occhi. Ad ogni modo, una di quelle sere l'uomo
corse dalla sua amata in lacrime, miste tra gioia e tristezza,
poiché
finalmente era stato assunto come timoniere su un piccolo veliero e
questo avrebbe portato a due conseguenze: da un lato, un lavoro
sicuro e un salario decente, dall'altro l'allontanamento da Giulietta
per lunghi periodi. Prima della sua partenza, l'indomani mattina, i
due si appostarono ad attendere l'arrivo dell'imbarcazione sul molo,
mentre l'alba iniziava a colorare l'atmosfera coi suoi dolci colori,
scambiandosi nel frattempo tra pianti e sorrisi le ultime effusioni
amorose, quasi avessero temuto che sarebbero state le ultime. Il
mezzo non tardò ad arrivare, il marinaio saltò
sopra, salutò la
ragazza agitando freneticamente il cappellino stretto in mano e ben
presto sparì all'orizzonte, creando commozione in tutti i
presenti
che conoscevano e adoravano la coppia.
Arenipoli,
come si sa, è
una meta fondamentale per tutti gli allenatori decisi ad affrontare
la Lega Pokémon, poiché ospita l'ottava ed ultima
palestra, quella
di tipo Elettro, ma generalmente questi giovani intraprendenti si
fermano a trascorrere anche qualche giorno in più in giro
per la
città, dal momento che sa offrire un piacevole paesaggio
marino e
varie attrazioni, come lo storico mercato o il grande faro e,
sorprendentemente, anche la casa di Giulietta. Casa sua, dunque, era
quasi sempre aperta, sia nelle ore diurne che in quelle notturne,
aperta proprio a tutti, tuttavia a farle visita erano
perlopiù i
turisti, per pura curiosità o per gustare una fresca bevanda
e
scambiare qualche ciancia; gli abitanti del posto invece tendevano a
tenersene alla larga, per un'assurda scaramanzia. Curiosamente, se
qualcuno chiedesse a quegli allenatori di parlargli di Giulietta,
ognuno di loro con tutta probabilità ne darebbe una
descrizione
totalmente diversa, solo alcune coinciderebbero.
Chi aveva
avuto
occasione di incontrarla il Lunedì, aveva il ricordo di una
donna
abbacchiata e mogia che chiedeva di esser tirata su con una storiella
frizzante per poter cominciare con più brio la nuova
settimana
pronta a venire, e chi riusciva a soddisfare la sua richiesta,
otteneva un Fiocco Allarme da applicare ad uno dei propri
Pokémon,
"per ricordare un evento
corroborante che ha creato energia
vitale". Chi, invece, era andato a trovarla di
Martedì, ne
forniva una versione pressoché diversa: Giulietta come una
donna
alquanto agitata che raccontava del primo appuntamento avuto col
marito, avvenuto appunto un Martedì, e di come l'evento le
avesse
incusso timore, e a tal proposito pregava il visitatore di
raccontarle qualcosa che potesse stupirla, e chi la sorprendeva
vinceva un Fiocco Stupore per il proprio Pokémon, "per
ricordare un evento elettrizzante che ha reso la vita più
emozionante".
Durante il
Mercoledì, poi, era solita
lamentarsi per qualche chilo di troppo che le impediva di indossare
un abito regalatole dal marito e così l'ospite, attirato da
quelle
lagne, si ritrovava costretto a narrarle una storia commovente per
farla piangere, e se le lacrime sgorgavano dai suoi occhi,
ricompensava l'oratore con un Fiocco Sconforto, "per ricordare
tristi sentimenti che hanno aggiunto sale alla vita".
Di
Giovedì invece Giulietta risultava piuttosto energica,
tant'è che,
dopo la visita di un allenatore, al quale chiedeva se avesse mai
vissuto un'esperienza di sbadataggine, come ad esempio calzare un
paio di scarpe coi piedi opposti, divertita dalla disavventura appena
udita, correva giù al mercato per comprare la sua rivista
settimanale che usciva proprio quel giorno, e faceva la stessa cosa
ad ogni singola visita, per poi donare al visitatore un Fiocco
Indolenza, "per
ricordare un errore che però ha fatto prendere
decisioni importanti".
Gli
allenatori poi che erano andati a
trovarla nel Venerdì, ricevevano una richiesta alquanto
bizzarra:
poiché Giulietta si disperava non riuscendo a trovare una
nuova
ricetta nel suo scarno repertorio culinario, li pregava di parlarle
di qualcosa che avesse a che fare con dei numeri ordinati in modo
"perfetto", come un acquisto dal costo di 777 Pokédollari
e così la donna, rincuorata, offriva loro un Fiocco Relax, "per
ricordare un evento piacevole che ha dato vivacità alla
vita".
Infine, i
giovani che si erano accomodati nella sua
dimora nel weekend, ricordavano atteggiamenti della donna ancora una
volta differenti: quelli del sesto giorno della settimana,
rimembravano una Giulietta particolarmente impigrita e
assonnata, desiderosa di stringere un morbido cuscino tra le braccia,
che chiedeva consigli su cosa avrebbe potuto usare come guanciale e
dove comprarlo, e se la proposta soddisfaceva la sua richiesta,
prontamente donava al consigliere un Fiocco Pisolino, "per
ricordare una grossa dormita che ha reso la vita più
rassicurante".
Chi era riuscito a fare un salto da lei nell'ultimo giorno della
settimana, ne rievocava una memoria particolare: Giulietta preda
della nostalgia, che si metteva a raccontare le sue avventure vissute
in gioventù quando, a detta sua, era felice. Ne seguiva un
lungo
sospiro e poi, concludeva, che era felice anche in quel momento, con
la sua nuova vita accanto al suo amato marinaio, ma che era un tipo
di felicità diversa e, come suo solito, poneva una domanda
all'interlocutore: chiedeva cosa significasse per lui la
felicità.
Ognuno certamente dava risposte personali e soggettive, ma ad ogni
modo lei ricompensava tutti con un Fiocco Sorriso, "per
ricordare che sorridere arricchisce la qualità della vita".
Comunque sia, non mancava giorno che non parlasse di quel marinaio,
di quanto soffrisse per la sua assenza, e a chi le chiedeva dove si
trovasse, lei scrollava le spalle e rispondeva sbuffando che non ne
aveva idea, "da qualche parte in mezzo al mare", e
l'ingenuità con cui dava quelle risposte inteneriva i cuori
di
tutti. Ah, che stolti! Se solo avessero conosciuto la verità
dei
fatti non si sarebbero fatti smuovere così, e il bello della
storia
giunge proprio qui.
Un
pomeriggio di fine ottobre, dopo aver
finito i miei compiti, decisi di scendere giù in spiaggia
per
respirare un po' di brezza e per far sgranchire il mio Magikarp ormai
prossimo all'evoluzione. Erano giorni che non ne voleva sapere
di rimanere nella sua sfera, mangiava tantissimo e non faceva altro
che saltellare freneticamente in tutta la camera. Un po'
controvoglia, dunque, risalii una piccola falesia a picco sul mare e
mi sistemai a sedere sulla nuda roccia, poi tirai fuori Magikarp che
con un gran balzo si tuffò dalla sporgenza gettandosi
nell'acqua,
che in quel posto era già abbastanza alta, e lo lasciai
libero di
nuotare lontano da occhi indiscreti. Quell'angolino di baia
già non
era molto frequentato per la difficoltà di scalata, in
più la
fredda aria autunnale scoraggiava la maggior parte della gente a
rimanere oltre una certa ora, cosa alquanto propizia per uno che come
me voleva starsene da solo, e tantomeno volevo che qualcuno mi
notasse insieme a quel Pokémon così impacciato,
non vedevo l'ora
che diventasse un rispettabilissimo Gyarados.
Il tempo
trascorreva
placido e tranquillo, di tanto in tanto gettavo qualche occhiata a
Magikarp, almeno lui sembrava euforico, poi ritornavo sui miei
appunti circa la relazione che avrei dovuto consegnare il giorno
dopo, senza mai perdere di vista l'orario. Quando scoccarono le sei
in punto, notai qualcosa di strano: il cielo, all'inizio appena
solcato da qualche velatura plumbea, aveva cominciato a rabbuiarsi
con nere nubi gonfie di pioggia che man mano si addensavano
sull'insenaturacostiera, privandola degli ultimi raggi di sole del
tramonto. Il vento, poi, era cessato del tutto, così
all'improvviso, e l'aria venne colmata da un'opprimente
foschia
carica di umidità. Mi alzai in piedi e mi accorsi che anche
Magikarp
si stava comportando in modo anomalo, cercava di risalire lo scoglio
con degli spasmodici guizzi, quasi fosse inseguito da uno Sharpedo,
senza però riuscirci, procurandosi anzi delle escoriazioni
superficiali laddove la sua pelle aveva cozzato con la pietra, per
cui lo feci tornare nella sua Poké Ball e lui non oppose
alcuna
resistenza. Raccolsi le mie carte e discesi rapidamente la falesia,
attraversai la battigia e trovai riparo in un piccolo chiosco
lì
vicino, insieme ad altre persone che come me erano state colte alla
sprovvista dal maltempo. Anche i pescatori in procinto di
avventurarsi in alto mare ritirarono i loro pescherecci nella darsena
e vennero a ripararsi con noi, blaterando i loro timori circa
l'imminente tempesta: i più giovani dicevano di non aver mai
visto
nulla di simile, i più anziani nonché
più spaventati invece si
misero a parlare di un'esperienza simile vissuta dai loro nonni,
incerti però sulla sua veridicità; a quelle
chiacchiere di
intrattenimento non prestai il minimo ascolto, intento com'ero
a
scrutare l'atmosfera. Ad essere sincero, non comprendevo il motivo di
tutta quella preoccupazione, era solo una normale burrasca,
niente di eccezionale per gente di mare come noi, sarebbe stata
violenta, questo era certo, ma sarebbe durata molto poco, eravamo
abituati a quel genere di clima; poteva risultare giusto inusuale per
quel periodo dell'anno, dal momento che tempeste simili sono solite
scatenarsi in estate, mentre in autunno si hanno piogge più
leggere
ma frequenti, o forse quei marinai volevano semplicemente
terrorizzare quei poveri turisti ignari che si erano rifugiati
insieme a noi, dato che, ora ricordo, quel giorno era proprio
Halloween!
Il diluvio
non tardò ad arrivare, seguirono
lampi, fulmini e folate di vento capaci di smuovere uno Snorlax, e
poi al richiamo del cielo rispose anche il mare, le onde si alzarono
repentinamente di parecchi metri e si scagliarono con ferocia contro
la costa, i cavalloni parevano dei veri e propri Rapidash che,
imbizzarriti, galoppavano a briglia sciolta con le loro criniere di
spuma frizzante scintillanti nel tetro crepuscolo, e poi anche loro
terminavano la sfrenata corsa contro la roccia, infrangendosi in
mille fragori. Tutti stavamo fissando estasiati quello spettacolo che
ci stava offrendo la natura, quando uno dei lavoratori gridò
con una
voce così forte da sovrastare il muggito della bufera:
"guardate
lì!" e puntò col dito una sagoma appena appena
visibile in
lontananza. Tutti i nostri occhi seguirono il suo indice, e ben
presto all'orizzonte si materializzò la silhouette di un
veliero.
Quale
sciocco mai si sarebbe messo in viaggio
con quel tempaccio?
Gli
stranieri che erano con noi si misero ad
intonare incitamenti verso quell'imbarcazione in balia del caos, come
se l'equipaggio avrebbe potuto udirli, e più essa veniva
travolta
dalla marea, più i loro incoraggiamenti si facevano forti.
Li
trovavo insopportabili! Era più che evidente l'incoscienza
del
timoniere, non sapeva mantenere la rotta, si faceva sbattere da una
parte all'altra dalle correnti, proprio come un Wingull, in cuor mio
speravo affondasse, così avremmo avuto un imbecille in meno
in
città; e invece ad uno dei pescatori venne la brillante idea
di
correre al faro per avvertire gli addetti della presenza di un
vascello in difficoltà nella mareggiata, ed essi prontamente
accesero i fanali e li puntarono proprio sul natante, per fargli da
guida; la cosa entusiasmò i presenti, che incalzarono
quell'odiosa
tifoseria, e alla loro cantilena, come se non bastasse, si aggiunsero
anche gli ululati di Houndour che per qualche motivo era uscito dalla
sua sfera e si era messo a latrare ben nascosto dietro le mie gambe.
Lo presi in braccio per tranquillizzarlo, pensavo fosse spaventato da
tutta quella pioggia, certe notti piovose infatti si metteva ad
abbaiare alla finestra grattando sul vetro e mi costringeva a
metterlo sulle mie ginocchia e accarezzarlo, fino a farlo
addormentare quieto. Mai avrei potuto immaginare il reale motivo del
suo sconforto.
La
tramontana cambiò rotta in modo repentino,
iniziando a soffiare verso sud-ovest, proprio in direzione delle
falesie rocciose e il veliero, dalle vele mezze strappate, venne
sospinto a gran velocità dal vento in poppa in una
densissima nebula
di foschia che si era depositata sulla superficie del mare, la quale
lo inghiottì per intero e lo rapì per diversi
minuti dai nostri
occhi, e tanto era compatta che neppure la luce del faro riusciva a
penetrarla, i marosi poi parvero approfittarne della situazione e si
avventarono con ancora più impeto su quel disgraziato, e a
quel
punto si temette il peggio e tutti tacquero.
Io tirai un
sospiro di sollievo e posai per
terra il Pokémon Buio, non vedevo l'ora di tornarmene a
casa, ma
ecco che di nuovo dalla folla si tirò un grido di
eccitazione: la
barca, seppur quasi completamente distrutta, era sbucata fuori da
quella nuvola torbida ed era stata nuovamente intercettata dai
fanali, ma non riusciva ancora a destreggiarsi nella burrasca e
presto si sarebbe scontrata contro gli scogli. Non feci neppure in
tempo ad alzare lo sguardo sull'orizzonte che quelle urla si
troncarono di botto e vennero sostituite o da cupi silenzi o da
strida di orrore, e credetti che finalmente la goletta fosse stata
inabissata. Intanto, altra gente era scesa in porto, incuriosita
dall'allarme lanciato da quel pescatore e mi risultò quasi
impossibile sgomitare tra la calca per andarmene, in più
Houndour
era rimasto a tremare inquietato e non ne voleva sapere di scollarsi
dall'angolo del chiosco, e inutilmente strattonavo il guinzaglio; mi
arresi alla sua ostinazione e strabuzzai le pupille nella direzione
mirata da tutti e finalmente mi resi conto che, a pilotare il
relitto, vi era un cadavere, legato dai polsi alla ruota del timone,
e nessun'altra anima viva a bordo. In quell'attimo di stupore e
distrazione mi sfuggì di mano la corda di Houndour e il
canide
scappò via, in preda al panico, verso il basso lido e io lo
seguii a
mia volta, chiamandolo a gran voce; la fitta nebbia che impregnava
tutto e mi limitava la visuale improvvisamente venne come riassorbita
dal cielo con una fresca ventata, la tempesta cessò in un
baleno
così come era iniziata e, con essa, anche le onde chinarono
le
proprie creste, tornando miti e lente. Mi fermai per
stropicciarmi
le palpebre punzecchiate dalla rena sollevatasi prima e, quando
spostai dal viso l'avambraccio che mi aveva riparato, mi accorsi che
il natante si era incagliato nella sabbia proprio davanti a me e il
violento urto aveva tanto squassato il cadavere da fargli
ributtare dalla bocca acqua e alghe. Il miasma di morte si
fece
intenso, indice che il decesso doveva essere avvenuto almeno tre
giorni prima, infatti al malcapitato mancavano i bulbi oculari,
probabilmente beccati via da qualche Murkrow, e dalle sue orbite
uscivano ancora alghe, e così anche dalle narici e, sempre
alghe
verdi tenevano le sue mani legate al timone. Il resto della carcassa
era ridotto a brandelli, era come se fosse stato squarciato a pezzi
da una pesante scure, ma date le circostanze io penso che avesse
semplicemente sbattuto con forza contro i parapetti in metallo e si
fosse procurato così tutte quelle scissure, e forse era
stato
proprio un cozzo alla testa ad ucciderlo. Mentre ero intento ad
osservare il naufrago, le guardie costiere e gli altri presenti
giunsero sul posto e qualcuno debole di stomaco si sentì
male e
svenne, ma altri meno schizzinosi si avvicinarono e qualcuno mi porse
anche delle domande. Risposi che l'unica cosa che mi turbava erano
proprio quelle erbe che lo tenevano annodato poiché, mentre
lui
doveva esser vecchio di qualche giorno, esse erano invece
freschissime, come se fossero state messe poche ore prima del
ritrovamento, chi mai avrebbe fatto una cosa simile, e a quale scopo?
E se così fosse stato, cosa aveva ucciso il marinaio?
Ad ogni
modo, espresso il mio parere, mi feci
da parte per recuperare il mio Pokémon e lasciar proseguire
le
indagini, e a quel punto un pescatore disse di aver riconosciuto la
vittima grazie ad un tatuaggio che rappresentava un'ancora disegnato
sul collo, lo stesso che aveva anche il marito di Giulietta. Tutti
quanti ammutolirono e, ironia della sorte, proprio in quel momento
arrivò la donna che si fece largo tra la folla e uno dei
detective,
ascoltate le deduzioni del pescatore, propose a Giulietta di
identificare il morto, senza mezze parole, richiesta alla quale i
cittadini risposero con rabbia per la mancanza di tatto dell'agente
nei confronti della poveretta. Che squallore! Lei parve ignorare
l'appoggio del popolo e con stoicismo avanzò e si
chinò sul
cadavere, bisbigliando poi un nome, credo quello del consorte.
L'investigatore dunque annuì soddisfatto all'affermazione
della
signora, la fece spostare ed ordinò ai suoi di recidere le
piante
che tenevano vincolato lo sposo, ma più essi tagliavano,
più loro
stringevano la morsa attorno ai suoi polsi, avviluppandovisi
più e
più volte; provarono persino a bruciarle con un acciarino,
ma anche
quello si rivelò un tentativo inutile che rischiava anzi di
compromettere lo stato della carcassa. Giulietta allora,
approfittando della pausa di riflessione dei ricercatori, si
accostò
nuovamente alla salma e bastò un solo tocco delle sue mani
su quelle
dell'altro a far sciogliere come d'incanto i nodi e, quelle alghe,
scivolarono via ricadendo in mare e disperdendosi per sempre. Tutti
quanti erano troppo presi da quella visione mistica per potersi
accorgere che Giulietta aveva afferrato il corpo da sotto le braccia
e stava cercando di portarselo via, blaterando frasi come "finalmente
sei tornato, adesso possiamo andare a casa, lontano da tutti, e
vivere felici insieme"; ma quando il caporale se ne rese conto,
le intimò di lasciarlo stare immediatamente altrimenti si
sarebbe
presa una denuncia per intralcio alla giustizia, lei tuttavia non
diede il minimo ascolto alle sue parole e anzi continuò a
trascinare
il cadavere tenendolo abbracciato, e se le orbite di quest'ultimo
erano cave ed inespressive, gli occhi di Giulietta non erano da meno,
completamente vuoti e persi, era irriconoscibile.
Poiché
l'ultimatum non era stato accolto, il
detective stesso si precipitò a recuperare il marinaio
deceduto,
provò prima a separare le braccia della donna da lui ma non
ci
riuscì, poiché la presa di Giulietta era
diventata dura come
l'acciaio e neppure l'aiuto dei suoi colleghi poté
dividerli, e così
con gli altri due uomini afferrò il morto per le gambe e
iniziò a
tirare via, e più tiravano, più la tenacia della
moglie si faceva
intensa. Nessuno osava muovere un dito, era una scena al limite tra
il macabro e il commovente, l'orrido e il dolce, sentimenti che
perforavano le anime dei più portandoli a piangere e gridare
come
fossero a teatro, spettatori di una vera e propria tragedia,
ma
io non li capirò mai e rimanevo impassibile.
Ad un certo
punto, dopo pochi minuti di
resistenza, la carogna si spezzò in due parti all'altezza
della
cintola, segno che evidentemente la sua spina dorsale era stata
già
rotta quando ancora era in mare, e da entrambe le parti mozzate del
suo corpo fuoriuscirono ancora… alghe, alghe verdissime e
fresche.
Le guardie mollarono inorridite la loro parte, mai si era
visto
nulla di simile, le sue interiora erano state completamente
sostituite dalle alghe!
Giulietta,
nel vedere suo marito tranciato in
due, cadde sulle ginocchia, serrandosi al petto ciò che ne
rimaneva
come il più prezioso dei tesori e lanciò urla
indecifrabili, forse
mere maledizioni, verso il mare, verso il cielo e contro tutti.
Terminato il fiato che aveva nei polmoni, si accasciò sulla
sabbia,
inerme, e a poco a poco, la pelle della carogna
iniziò a
staccarsi dai tessuti e cadere via come foglie e appena toccava il
suolo anche essa si trasformava in alghe; fissavamo tutti quel corpo
scorticato quand'ecco che anche gli altri tessuti molli decaddero ed
ebbero la stessa sorte della cotenna, e del marinaio rimasero
soltanto le ossa spolpate e le vesti. Infine, tutto il mucchio di
erbe, come fosse dotato di vita propria, strisciò
timidamente via
verso l'acqua e si disperse per sempre.
La donna
era svenuta, motivo per cui venne
portata via da dei cittadini, e così l'investigatore, seppur
profondamente scosso, poté continuare in santa pace le
indagini e
fece allontanare tutti, me compreso ovviamente. Ricordo però
che a
bordo del relitto venne rinvenuto un diario, scritto forse dalla
stessa vittima, che venne poi consegnato alla scientifica insieme ad
un forziere, anch'esso ritrovato a bordo, dall'aspetto antico ed
esotico. Ancora oggi non so cosa abbiano scoperto a riguardo, la
polizia preferì chiudere il caso e dopo nemmeno un
mese si
perse interesse per la questione e nessuno osò
più riaprire il
dibattito e, ora che ci penso, quel giorno era un Martedì,
proprio
come oggi!
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Capitolo 5 *** 5. ***
special di halloween 5 - renzoku - ultima cornice
«Non
credo che sia stata un'ottima idea quella di partecipare alla serata
horror».
La
voce di Max non riesce a bloccare il mio continuo tremore,
ogni rumore che sento provenire al di fuori della cella mi costringe
a sobbalzare, mi avvolgo tra le coperte candide del letto e mi fiondo
sul petto del mio compagno senza chiedere il permesso, per puro
istinto lo stringo e cerco un conforto tra le sue braccia.
Così
sottili e sincere, dalla stretta che mi arriva sembrano gradire la
mia presenza.
Nascondo
il viso contro al petto gracile e caldo del rosso, chiudo gli occhi
per dimenticare la storia che ho appena sentito, ma sono sicuro che
non la scorderò mai.
«N-no»
bisbiglio, spaventato. «D-devo
ammettere che è stato molto divertente».
Ma
le mie parole nascondono una bugia bella e buona, anche Max se
n'è
reso conto.
«Ah...Sì?!»
esclama lui con un sorrisetto beffardo in volto. «Allora che
ne dici
di scendere e di dormire nel tuo letto? Qui si comincia a stare
troppo stretti e...».
«NO!»
grido e mi fiondo su di lui con un balzo quasi felino, stringendolo
più forte che posso per evitare di lasciare la presa.
Lo sento
sussultare a causa della mia morsa di ferro e scoppiare a ridere,
è
strano vedere che non si sente disturbato perché ho appena
infranto
il suo spazio personale. Ma non ci sono parole adatte per descrivere
l'imbarazzo del momento, Max continua a prendersi gioco di me.
«D'accordo,
d'accordo».
Sospira
e posa una mano tra i miei folti capelli scuri, percepisco i
movimenti docili dell'altro e mi calmo sotto alla candida carezza.
«Puoi restare mio dolce marinaio coraggioso, ma non farci
troppo
l'abitudine perché sai come la penso».
«Sì...».
Borbotto
e mi accoccolo contro di lui, comincio a sorridere dopo che vengo
preso alla sprovvista da un bacio svelto da parte dello scienziato.
«Buonanotte
Maxie...».
«Buona
notte Ivan, cerca di non fare dei brutti sogni».
Fine.
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