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di scoiattolo17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Five years ***
Capitolo 2: *** La principessa dei fiori rosso sangue ***
Capitolo 3: *** Legami indissolubili ***
Capitolo 4: *** Polvere degli Angeli ***
Capitolo 5: *** Brotherhood ***
Capitolo 6: *** Sotto tiro ***
Capitolo 7: *** Guerriera ***
Capitolo 8: *** Vecchie conoscenze ***
Capitolo 9: *** Nuovi colleghi ***
Capitolo 10: *** Dubbi ***
Capitolo 11: *** Condizioni ***
Capitolo 12: *** Scusami ***
Capitolo 13: *** Messaggi ***
Capitolo 14: *** Verità rivelate ***
Capitolo 15: *** Buoni propositi ***
Capitolo 16: *** Rewind ***
Capitolo 17: *** Angelo ***
Capitolo 18: *** Il passato ritorna ***
Capitolo 19: *** E' stato giusto così ***
Capitolo 20: *** Sguardi d'intesa ***
Capitolo 21: *** Chiamate ***
Capitolo 22: *** Respiri ***
Capitolo 23: *** Angeli custodi ***
Capitolo 24: *** EPILOGO Destini Legati ***



Capitolo 1
*** Five years ***


La potente auto blu accostò lungo il marciapiede sotto la grande palazzina nel quartiere di Shinjuku.
Il freddo pungente di quell’anno entrava come una spina nelle ossa.
La ragazza strinse ancora di più le mani intorno al bicchiere di caffè bollente take-away appena comprato, riscaldandosi un pò, mentre una nuvoletta di vapore usciva dalla sua bocca.
Ormai erano cinque anni.
Cinque anni passati in polizia. Passati a rischiare la vita per la legge.
Ancora ricordava il giorno esatto in cui era entrata al distretto. Era solo una novellina e per la maggior parte gli altri poliziotti si facevano gioco di lei. I primi giorni furono un inferno ma quando le venne affiancato Ryo Saeba come collega, tutto cambiò.
Quando il direttore li presentò, notò un certo distacco nei suoi confronti. Non sembrava contento di avere di nuovo una partner anzi, sembrava piuttosto scocciato.
Lo capì anche dal fatto che l’uomo volle parlare con il direttore da solo e che, quando uscì, ancora più incazzato di prima, non le rivolse nemmeno uno sguardo.
Ma i giorni passarono e mentre iniziava ad insinuarsi un minimo di rapporto tra i due, tutti, al distretto, sembravano mantenere un certo contegno con lei: nessuno la disturbava più o faceva battute poco consone.
Solo dopo capì che era Ryo al suo fianco ad incutere una certa paura intorno a loro. Tutti lo rispettavano, ma in pochi gli si avvicinavano.
Con il passare del tempo capì che Saeba era una specie di ‘lupo solitario’ all’interno della prima divisione: lavorava da solo da diversi anni e riusciva ad assicurare alla giustizia qualsivoglia malvivente che aveva avuto l’ardire di tagliargli la strada.
Aveva anche imparato a conoscerlo. A lungo andare aveva capito il suo strano carattere: non parlava mai della sua vita privata, tanto che lei stessa non conosceva praticamente niente del suo passato, in compenso discorreva spesso di futili argomenti. Di frequente le parlava di donne, o faceva apprezzamenti sulle ragazze che passavano. All’inizio credeva che l’avesse scambiata per un ragazzo date le sconcerie che le raccontava, ma alla fine ci aveva fatto l’abitudine. Tanto che lei stessa a volte gli dava consigli o pareri sulle ragazze che frequentava. E ne frequentava una baldoria, ma si sa… Il fascino della divisa acchiappa il cuore delle signorine…
 
Fece un sorriso mentre ripensava a tutte le volte che gli aveva parato il culo col direttore perché aveva fatto tardi ad un appuntamento la notte prima. Strinse ancora più forte le mani intorno al caffè, guardando verso il suo portone di casa.
 
Nonostante tutto però in cinque anni si era creata una squadra eccezionale. Ormai si intendevano con un solo sguardo e lui le aveva insegnato tutto quello che poteva servirle; non tutto quello che sapeva, sarebbe stato troppo anche per lei.
-Ciao ragazzina!- salutò Ryo entrando in macchina
-Finalmente!!!- ironizzò lei –Siamo in ritardo come al solito, serata pesante??!!- sorrise quella, passandogli la tazza fumante.
-Grazie Kaori-chan, sei la mia salvezza!- sussurrò Saeba prima di dare fondo al caffè.
 
La ragazza mise in moto la potente auto della polizia, ormai affidata alle sue cure dopo che Ryo ne aveva disfatte diverse.
Il motore della Nissan GT-R risvegliò Ryo dal suo coma post-serata.
-Ricordami. Per quale motivo guidi sempre te?-
-Perché quattro mesi fa hai distrutto l’ultima di cinque auto della polizia; finendo la tua corsa giu per il molo inseguendo quello spacciatore… Ahahahah… Il direttore quando lo seppe diventò prima rosso poi viola… Che ridere quel giorno…-
Anche a Ryo comparve un sorriso sul volto. Far sorridere la sua collega era la cosa più bella di tutte le sue giornate lavorative. Nonostante tutte le ragazze che gli facevano compagnia la notte, l’unica cosa di cui gli importava veramente era Kaori.
Aveva avuto vari colleghi nella sua vita. Ma nessuno era mai riuscito a farlo sentire ‘bene’. Come ci era riuscita lei. Non vi era assolutamente mai stato niente tra di loro, solo una forte amicizia e complicità.
Ma quel rapporto era la cosa più bella che gli era mai capitata da sempre.
-Beh ragazzina mi sbaglio o oggi festeggiamo qualcosa??!!-
Kaori lo guardò incuriosita: -Non dirmi che ti sei ricordato??!-
-In verità si… Ma solo perché il freddo di oggi sembra proprio lo stesso di cinque anni fa…-
Quando l’auto si fermò sotto al distretto Saeba posò sulle gambe di Kaori un sacchetto di carta colorata:
-Aprilo, è per te-
Kaori lo guardò allibita: -Saeba non è da te fare regali! Cosa ti è mai successo?-
Ma non aspettò la risposta del collega per aprire il suo regalo. Ne tirò fuori una sciarpa morbida e colorata di quelle che piacevano tanto a lei.
 
Ad un tratto si ricordò di un diverbio tra loro due solo di qualche giorno prima. Mentre erano di ronda per Shinjuku lei si era fermata davanti ad una vetrina che sfoggiava sciarpe di tutti i tipi:
-Guarda che bella!- aveva sussultato lei, indicandogli la suddetta sciarpa.
-Ma dai Kaori quella è da ragazzine, dovresti svegliarti un po’!- ironizzò lui voltandosi dall’altra parte della strada richiamandola poco dopo –Ecco vedi Kaori-chan!- la indirizzò con lo sguardo dall’altra parte della strada dove una ragazza ben vestita stava chiamando un taxi –Tu dovresti vestirti in quel modo!-
-Naaa… tu scherzi! Guardala! Sono due gradi sotto zero come fa a resistere in quel giacchettino striminzito!! Con quel foulard leggero! Diavolo starà tremando… Gliela comprerei io una sciarpa come si deve!!! Mi fa quasi pena…-
-A me non fa pena per niente…- rantolò l’altro già con gli occhi a forma di cuoricino
-Ti giuro Saeba, nonostante mi impegni, non capisco cosa ci trovi… Come fa a piacerti una che già capisci da lontano che preferisce apparire piuttosto che essere? Come si fa ad uscire conciate in quel modo con questo freddo?? Gli manca qualche vestito così come qualche neurone senza dubbio!!!- ironizzò quella rimettendosi in cammino.
-Secondo me sei solo gelosa!...-
-Si, del fatto che le mancano un bel po’ di neuroni e a me no…-
-Magari è solo calorosa…-
-Certo è un animale a sangue freddo, va in ibernazione d’inverno e non si accorge…- […]
 
-Grazie Ryo!!! E’ bellissima!- disse sorridendogli amorevolmente, scendendo poi dalla macchina, indossandola.
Un sorrisetto si formò sul volto dell’uomo ancora in auto; all’inizio era l’ultima persona che avrebbe voluto al fianco. Quando gliela presentarono era una novellina giovane ed inesperta. Adesso invece… Adesso che le aveva insegnato il lavoro, il loro legame era diventato praticamente inscindibile… Adesso si sarebbe opposto con tutte le sue forze prima di essere diviso da lei.
Purtroppo la cosa non avrebbe tardato.

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Capitolo 2
*** La principessa dei fiori rosso sangue ***


Entrando al dipartimento di polizia notarono subito una certa attività quella mattina. Le segretarie avevano i centralini intasati e tutto sembrava più caotico del solito.
Imboccando il corridoio che portava alla prima divisione i due si scambiarono uno sguardo d’intesa: era accaduto qualcosa.
-Era l’ora, signori, che ci onoraste della vostra presenza!- il direttore li guardava dall’alto della fredda scalinata di metallo.
-Che palle…- sussurrò Ryo all’orecchio della socia, strappandole un sorriso dagli occhi.
-Forse non lo sapete ancora ma stanotte è successo il finimondo, vorrei sapere dove cazzo eravate! Il vostro turno è iniziato mezz’ora fa!- continuò il direttore paonazzo in viso.
Ryo gli stava rispondendo assumendosi le responsabilità ma la sua partner lo precedette: -Colpa mia capo, l’auto non partiva stamani… Forse a causa del freddo…-
Ryo guardò la ragazza con ammirazione e ringraziamento, sapeva che il capo si sarebbe incazzato ulteriormente se avesse saputo di un altro ritardo dell’uomo.
-Mmm… Comunque, tornando a noi…- si schiarì la voce mentre veniva raggiunto dai due –Stanotte ci sono stati cinque omicidi, tutti identici. Cinque prostitute sono state uccise in cinque zone diverse di Tokyo. Uno solo di questi omicidi è avvenuto a Shinjuku ma la questione è ormai di portata nazionale. La scientifica è già sul posto ma voglio che vi rechiate subito là. Voglio un rapporto completo prima che qualunque altro dipartimento metta le mani sul cadavere e invadi la scena del crimine. Visto che avete mezz’ora di ritardo non vi scoccerà sapere che il rapporto lo voglio per mezzogiorno sulla mia scrivania-.
Detto questo si girò, rispondendo ad una chiamata sul telefono personale mentre se ne andava.
Kaori guardò Ryo.
-Fare rapporto per mezzogiorno è praticamente impossibile…-
-Andiamo socia, non sei una tipa che molla … Dammi le chiavi della GT, guido io adesso…-
-Tu sei matto! Almeno ci schiantiamo… Guido io  vah, che è meglio…-
 
Entrando nella stanza del vecchio motel nei sobborghi di Shinjuku Kaori fu colpita non poco dal cadavere di quella giovane. Non che non ne avesse mai visto uno, anzi. Certo era che quel mestiere camminava a fianco della morte, seguendone le tracce. Ma la vista di quella ragazza, giovane e dal bel corpo ormai freddo la fece rabbrividire. Non doveva avere più di vent’anni. Poco più che una ragazzina insomma. Immobile su quel letto. Prona, bianca come una bambola di porcellana e bella e fredda come proprio doveva essere la morte. Un coltello conficcato tra le scapole e lei, dopo il colpo subìto, si era adagiata morente sul letto pieno di cuscini; il suo sangue aveva tinto i tessuti di un colore scarlatto incorniciandola in quel quadro macabro.
Ryo notò subito il fremito di Kaori ma non riuscì a dire niente; anche a lui quella scena colpì non poco.
Fecero tutte le rilevazioni del caso in breve tempo, scattarono diverse fotografie, ma non trovarono niente che facesse anche solo ipotizzare la presenza dell’assassino. Il cellulare della vittima era al fianco del corpo ma non erano autorizzati a contaminare la scena del crimine e lasciarono che fosse la scientifica ad informarli in seguito dei tabulati telefonici.
Tornarono velocemente al distretto e seduti alla scrivania di Kaori iniziarono a scrivere il rapporto.
Ryo si dondolava sulla sedia di fronte a lei mentre la ragazza stendeva il verbale in silenzio.
-La faccenda degli omicidi mi puzza… Non può essere certo casuale… Deve esserci qualcosa sotto…-
-Chiunque le abbia uccise doveva trovarsi li, ma… Se così fosse come ha fatto a non lasciare traccia?? Come può essere entrato nel motel senza farsi notare dal proprietario? E’ quasi impossibile…- chiese Kaori distogliendo lo sguardo dal monitor per guardare il suo socio in faccia.
Ryo la fissò negli occhi.
In fin dei conti il coltello nella schiena faceva presupporre ad un omicidio ma come poteva l’assassino essere entrato nella stanza al quarto piano del motel senza essere visto? Nessuna delle due telecamere di video sorveglianza l’avevano inquadrato.
-Non lo so ma… Non mi torna… Occorrerà aspettare i rapporti degli altri omicidi e confrontarli per tirarne fuori qualcosa-
-Gia…- sussurrò Kaori tornando al suo lavoro.
 
Più tardi, dopo aver consegnato il verbale al direttore, i due erano di pattuglia lungo la via principale di Shinjuku. Come sempre in borghese non attiravano mai l’attenzione; anche se, oramai, erano conosciuti dai malviventi della zona come City Hunter: erano la coppia di poliziotti più temuta nel quartiere e se si mettevano sulle tracce di qualcuno, quel qualcuno era praticamente già in prigione (o sottoterra nel peggiore dei casi).
Erano un po’ i silenziosi paladini della legge, una legge che oggigiorno è un po’ un ‘fai da te’. Comprata e svenduta al miglior offerente. Era infatti molto probabile sentire di poliziotti che si erano venduti alla malavita e al crimine organizzato per coprirne le tracce ed arricchirsi schifosamente.
Ma non era il loro caso. La correttezza nella loro coppia era il laccio che li univa. Il lavoro che facevano era per garantire la giustizia e non per garantirsi i soldi. Chi aveva cercato di comprarli in passato, oltre che cadere nelle fauci del lupo, era anche finito in galera a vita.
Il freddo della mattina sembrava non volesse smorzarsi e tutta Tokyo continuava a restare sotto uno strato di brina.
Kaori, avvolta nella sua nuova sciarpa multicolor, camminava pochi passi più avanti del suo compagno, persa nei suoi pensieri.
La folla caotica del centro si accalcava e rendeva difficile il passaggio lungo il marciapiede quando ad un tratto la porta di un locale si aprì e il tipo che ne uscì si scontrò in pieno con la donna, che batté letteralmente il suo naso contro il petto dell’uomo di fronte.
La donna stava per urlargli contro tutta la sua collera quando il suo occhio vigile notò una pistola nella fondina sotto il cappotto dello straniero.
Veloce e senza farsi notare dalla folla, estrasse la sua pistola, premendola contro l’addome dell’uomo di fronte a lei.
Quello restò immobile e con un sorrisetto stampato sul volto seguì le indicazioni di Kaori che lo intimava a spostarsi nel vicolo adiacente.
Quando Ryo notò la situazione raggiunse la socia all’imbocco del vicolo, prendendo il tipo per il bavero della giacca e mettendolo spalle al muro.
Era un uomo dai tratti occidentali:  alto, biondo e occhi azzurri come il ghiaccio.
-Che succede Kaori?-
-Ha una pistola- disse quella mentre lo disarmava e lo perquisiva ulteriormente.
Il tipo se ne stava fermo e buono, con le mani in alto e un fottutissimo sorrisetto beffardo sul volto.
-Perché sei armato?- ringhiò Kaori mentre Ryo lo teneva sotto tiro
-Non credevo che la polizia Giapponese fosse così sfacciata nei confronti degli americani…-
-Noi non abbiamo paura di nessuno e nemmeno di voi fanatici delle armi… Ha il porto d’armi per questa?-
-Certamente signorina- rispose maliziosamente il biondo –Ce l’ho nella tasca dei pantaloni, lo prendo da solo o lo vuole prendere lei??-
Ryo rideva sotto i baffi. La sua socia non era il tipo da avances e quando qualcuno si rivolgeva a lei in maniera poco appropriata diventava una tigre.
Ma quella volta rimase stranamente calma e stette al gioco del forestiero.
-Faccia pure da solo… Non ho portato i guanti…-
-Peccato perché si sarebbe divertita…- detto questo il tipo tirò fuori dalla tasca il borsello di pelle nera e lo diede a Kaori.
Quella lo aprì e rimase spiazzata.
Agente C.I.A.
Mick Angel, NY
Il distintivo era più che sufficiente a far capire alla donna che aveva reagito troppo d’impulso.
Guardò Ryo dicendogli di abbassare l’arma.
-Mi scusi signor Angel, ho visto l’arma ed ho tratto conclusioni affrettate- si scusò la ragazza facendo un breve inchino con il capo
-Non si preoccupi signorina…- fece una pausa aspettando che quella gli dicesse il suo nome
-Kaori Makimura-
-…signorina Kaori, da lei mi sarei anche fatto prendere in ostaggio- ironizzò, rinfoderando la pistola.
-Che ci fa la CIA a Shinjuku?- Ryo prese la parola
-Mi dispiace ma non sono autorizzato a rivelare il motivo della mia permanenza a Tokyo- rispose Mick con tono di sfida verso il poliziotto
-Comunque…- riprese parola l’americano rivolgendosi a Kaori –Se il destino vorrà ci rincontreremo Darling- detto questo uscì dal vicolo, venendo poco dopo inglobato dalla folla.
Ryo guardò Kaori
-Che tipo… Ehi Kaori tutto bene?-
-Ho reagito come una dilettante…-
-Non potevi sapere che era un agente della CIA, hai fatto bene…-
Kaori non rispose ma si limitò a sospirare… Quella giornata iniziata così bene… Adesso non vedeva l’ora che giungesse al termine…

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Capitolo 3
*** Legami indissolubili ***


Quella notte, nel suo piccolo appartamento nella periferia di Shinjuku, Kaori non riusciva a dormire. Accoccolata nel suo letto le sembrava di essere sdraiata da un’eternità.
Domande, dubbi, pensieri a rimbombarle nella testa.
Le ricordava un po’ quelle tristi notti trascorse prima di affiancare Ryo; quando, non riuscendo ad integrarsi con i poliziotti del distretto, le sembrava che quel lavoro e quella vita fossero stati la peggior scelta della sua esistenza che avesse mai potuto intraprendere.
Questa volta però i suoi sogni non erano turbati dalle sue insicurezze. Piuttosto dall’immagine ricorrente della ragazza sdraiata sul letto di sangue. Quell’omicidio, se tale era, non poteva essere casuale. Doveva collegarsi per forza con gli altri omicidi avvenuti nella notte a Tokyo. Ma come? E da chi?
Alzandosi dal letto notò la flebile luce verdastra della sveglia: 03:17 A.M.
La notte avvolgeva tutta la casa in una stretta morsa d’ombra. Un po’ come la solitudine abbracciava il cuore di Kaori da qualche tempo, ma, soprattutto, da quella mattina.
Aprendo il portatile, ancora posizionato sul piccolo tavolinetto della cucina, il fascio di luce del monitor invase lei e la stanza, creando uno spicchio colorato che scacciò le tenebre.
Controllando la casella di posta sperò che ci fosse ciò che stava cercando: tre messaggi non letti.
I rapporti di tre degli altri quattro omicidi avvenuti a Tokyo la scorsa notte le erano finalmente stati inviati.
Aprendo una delle email si immerse completamente nella lettura, nonostante l’ora, il buio e la stanchezza. Solo una fiamma ardeva nel suo corpo: giustizia.
 
Quella notte Ryo era seduto al bancone di un piccolo bar di Tokyo. Stranamente non aveva cercato compagnia per quella sera. Nonostante il pensiero di rientrare a casa senza nessuno con cui condividere il letto lo facesse rabbrividire, quella volta doveva proprio stare da solo. Doveva pensare e cercare di sbrogliare la matassa dei suoi pensieri. Guardando l’orologio per l’ultima volta decise che era l’ora di rincasare, bevendo in un unico sorso il liquido ambrato rimasto nel bicchiere, lasciò i soldi al barman ed uscì in strada.
Tokyo era deserta. Strano vederla così. La città che non si ferma mai a volte prendeva fiato.
Riprendendo a camminare sentì l’incessante vibrare del suo telefono nella tasca, sul monitor lampeggiava un nome: Kaori-chan.
-Pronto?! Kaori tutto ok?-
-Ciao Ryo… Scusa se ti ho svegliato...-
-Non mi hai svegliato, sono fuori! Che succede a quest’ora?-
-Ah, scusa ti ho disturbato… Non volevo intromettermi in qualche tua tresca notturna…- disse lei mentre un sospiro le sfuggiva dalle labbra
-Sono da solo, Kaori vuoi dirmi perché hai chiamato??!-
-Sono arrivati i tre rapporti degli omicidi. Non riuscivo a dormire e li ho già letti… Ryo non c’è un cazzo di prova, o indizio, in nessuno dei tre. Sono tutti praticamente identici…- la voce leggermente scossa della collega destò l’uomo
-Sono più vicino a casa tua che a casa mia, arrivo da te- rispose quello riagganciando e affrettando il passo montò in auto.
 
Quando Ryo entrò nel piccolo appartamentino trovò Kaori davanti al computer avvolta in una morbida felpa troppo grande per lei. I pantaloni che indossava, blu con gli elefantini rosa, non lasciavano dubbi; anche se sapeva dell’imminente arrivo del socio non aveva perso tempo a vestirsi o a cambiarsi ed aveva riletto per l’ennesima volta i verbali alla ricerca di un solo dannato indizio.
Un tenero sorriso comparì sulle labbra di Ryo vedendola così.
Nonostante la conoscesse da cinque anni ormai, sapeva che dentro l’involucro di donna forte rimaneva una ragazzina, la sua ragazzina. La stessa che le sorrideva gentilmente o arrossiva ogni tanto se faceva discorsi troppo spinti.
In fondo quell’anima che, anche se alloggiava in un corpo snello e allenato, rimaneva comunque quella di una bambina sincera, timida e troppo buona per quel mondo, l’aveva sempre attratto.
-Nottataccia?- chiese l’uomo, chiudendosi la porta alle spalle.
-La peggiore degli ultimi cinque anni- sospirò l’altra.
-Dai, fai leggere anche a me…- gli sussurrò l’uomo ad un orecchio, prima di darle un bacio tra i capelli ed avvicinare una sedia alla sua.
Kaori era abituata ai gesti amorevoli del suo collega. Non erano frequenti. Ma quelle volte che l’aveva abbracciata o baciato teneramente la fronte, sapeva che erano gesti di affetto puro, incondizionato.
Lavorare fianco a fianco in quegli anni li aveva fatti diventare quasi ‘empatici’. Soprattutto Ryo sembrava riuscire a capire Kaori anche solo da uno sguardo. E, in quegli anni, quando l’aveva vista abbattuta, stanca o triste le aveva sempre regalato un abbraccio o una coccola.
Dal canto suo Kaori non riusciva a fare lo stesso con Ryo. Forse il non aver mai avuto storie serie la portava a non aver ‘praticità’ con le dimostrazioni di affetto. Ma non per questo non capiva cosa provasse Ryo in determinati momenti.
Il legame che li univa era indissolubile; e mai, nessuno dei due, avrebbe più immaginato una vita senza l’altro a coprirgli le spalle nel lavoro.
Una volta terminati di leggere i verbali si sedettero sul piccolo divanetto di casa Makimura ponendosi domande alle quali però trovarono non risposte, bensì altri dubbi e quesiti.
Continuarono a discuterne per un po’ ma ben presto entrambi si addormentarono cadendo tra le braccia di Morfeo…
 
Il suono incessante e lontano di una sveglia fece sobbalzare Kaori, che si ritrovò completamente sdraiata sopra al suo socio, accartocciato sul divanetto di casa sua.
-Ma che??...- rantolò Ryo cercando di tapparsi le orecchie con uno dei cuscini, quasi neanche facendo caso alla presenza della donna sopra di lui.
-Per quale motivo sono sopra di te??- chiese Kaori (mentre uno sciame di libellule attraversava la stanza).
-Questa notte prima hai tentato di seviziarmi, poi ti sei addormentata di botto…- scherzò Ryo ancora con gli occhi chiusi.
-Deficiente…- borbottò Kaori alzandosi –vuoi un caffè?-.
-Grazie socia, ne ho bisogno… Sai che russi tantissimo??- canzonò nuovamente quello cercando di nascondere un sorriso.
-Ti sei svegliato simpatico stamani, noto con piacere…-.
-Già… dormire solo due ore per notte mi rallegra tantissimo- continuò quello – e soprattutto anche avere una copertina morbida…-.
-Mi hai usato come copertina??-.
-Beh, che c’è!? Avevo freddo, te dormivi… Che potevo fare?? Non volevo svegliarti…- rise Ryo.
-Tu a volte non sei normale…- rispose l’altra accennando un sorriso mentre scompariva nel cucinotto.
-Buongiorno anche a te…- sussurrò lui senza che lei lo potesse sentire.
 

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Capitolo 4
*** Polvere degli Angeli ***


Il freddo, anche quella mattina, stringeva Tokyo in una morsa ghiacciata.
Sbuffi di vapore uscivano dalla bocca di Kaori mentre faceva il palo fuori da un night club il cui ingresso era riservato a soli uomini.
‘Non ti preoccupare socia, ci penso io’ aveva proclamato Ryo con gli occhi a cuoricino dopo che a lei era stata negata l’entrata.
Tramite un informatore che bazzicava sempre nei sobborghi di Shinjuku erano riusciti a risalire all’identità di una delle cinque ragazze uccise. Sembrava che lavorasse sporadicamente in quel night e Ryo era entrato in borghese per controllare la situazione.
Kaori si strinse nelle spalle, accostando la sua nuova sciarpa alla bocca per scaldarsi un po’ quando, dal vicolo limitrofo, uscirono due ragazze avvolte in cappottini dai colori accesi. Dall’andatura e dalle calzature vertiginose che indossavano, Kaori dedusse che dovevano essere due ballerine del night e le avvicinò:
-Ciao ragazze, scusate se mi permetto…- disse fingendo un sorriso –sto cercando una ragazza che lavora qui a volte, non riesco a contattarla…-.
-Chi stai cercando tesoro?- disse la più alta delle due non degnandola neanche di uno sguardo mentre rovistava nella minuscola borsetta.
-Si chiama Chou -.
Ma Kaori non fece neanche in tempo a terminare la frase che alla ragazza cadde rovinosamente la borsetta a terra.
Quella sgranò gli occhi:
-Non sappiamo niente di Chou!- il tono era cambiato, non sembrava più affabile e disinteressato come prima –Puoi anche andartene da qui, lei non lavora più in questo posto da mesi- ringhiò nuovamente mentre cercava di raccogliere le sue poche cose da terra.
-Mi avevano detto che l’avrei trovata qui…- aggiunse Kaori cercando di calcare un po’ la mano.
-Ti ho detto che puoi andartene!- gridò nuovamente quella, sovrastandola –Chou a deciso di intraprendere altre strade e noi non vogliamo saperne niente!- finì quella girandosi ed incamminandosi di nuovo.
-Che genere di strade?-.
-Non sono affari che ti riguardano ragazzina e ora fuori dai piedi…- il tono non ammetteva repliche ma Kaori tentò il tutto per tutto
-Ti prego! E’ una mia cara amica e non riesco a trovarla… Per favore mi basta anche solo sapere se sta bene…-.
Quella la guardò in cagnesco, prese la sua borsetta e trascinando la sua amica con sé, se ne andò.
Kaori rimase immobile in mezzo al marciapiede prima di accorgersi che una ragazza la stava fissando.
Era bionda platino e avrebbe avuto un corpo mozzafiato se solo non fosse stata vestita di pochi straccetti stracarichi si strass che la rendevano tremendamente vamp.
-Amore- disse avvicinandosi a Kaori –Chou non tornerà più… L’hanno sedotta con promesse di denaro e lei, povera ingenua, c’è caduta in pieno-.
Kaori guardò la ragazza con tristezza.
-Lo so che non tornerà più, ho visto il suo corpo immobile, sopra un letto di sangue. E voglio sapere chi è stato e perché-.
La voce ferma di Kaori fece trasalire la donna. Quella che poco prima sembrava una ragazzetta spaurita aveva ora tirato fuori gli artigli e la tenacia di una leonessa. Quella era una poliziotta o, comunque, qualcuno che voleva giustizia per Chou. Ma lei non poteva rischiare più di tanto, sapeva che “quella gente”, se tale poteva essere chiamata, aveva occhi e orecchie dappertutto.
-Sei una poliziotta?- chiese.
-Forse, ma non ce l’ho con te, ne con nessun’altra ragazza che lavora qui. Non voglio interrogarti, ne arrestarti. Voglio solo uno stramaledetto indizio. E date le tue parole credo che qualcosa, anche seppur minima, devi dirmela-.
La tipa le si avvicinò abbracciandola e tra un bacio sulla guancia e l’altro le sussurrò:
-E’ tutta colpa della Polvere… La Polvere degli Angeli-.
Detto questo le sorrise amorevolmente e se ne ritornò da dove era venuta.
 
Quando Ryo uscì dal night notò subito la socia aspettarlo all’angolo della via: le mani in tasca, la sciarpa avvolta fin sotto gli occhi e il pensiero perso chissà dove.
-Ti va di guidare?- gli chiese mentre la stava raggiungendo.
-E me lo chiedi? Era l’ora che questa macchina provasse un guidatore esperto come me…-.
-Si, come no…- ribatté lei lanciandogli le chiavi.
-Kaori cosa c’è che non va?- chiese l’uomo mentre salivano in auto.
-Ancora non lo so… Devo fare una chiamata- rispose lei scorrendo la rubrica, poi, mettendo il telefono all’orecchio, aggiunse –Scoperto qualcosa là dentro?-.
-Niente di che… Dentro praticamente non c’era nessuno data l’ora… Ho fatto un giretto ma sembrava piuttosto tranquillo… Tu, invece? Hai scoperto nulla facendo il pal…- ma si zittì subito quando qualcuno rispose alla chiamata che la socia stava effettuando:
 
-Ehi piccola come stai?-
-Ciao, abbastanza uno schifo, siamo dietro ad un caso e non ci caviamo un ragno dal buco…- rispose Kaori
-Ho sentito… I cinque omicidi?-
-Esatto proprio quelli… pensa che noi ne abbiamo in mano solo uno e non riusciamo a trovare uno stralcio d’indizio… A parte questo… Mi servono dei dossier…-
-Sai che non posso-
-Dai… Non ti ci mettere pure te…E ti ricordo che mi devi almeno una decina di favori…-
-Okay, Okay… Che ti serve?-
-Tutto quello che trovi sulla Polvere degli Angeli-
Kaori non lo notò, ma sia Ryo al suo fianco che il suo interlocutore al telefono rimasero un attimo senza fiato.
-Ehi! Ci sei ancora??- domandò Kaori
-E per quale motivo?-
-E’ l’unica pista che ho-
Dall’altra parte della cornetta il suo interlocutore rimase un attimo in silenzio ma dopo un leggero sospiro rispose:
-Okay, ti porto stasera tutto quello che trovo. A patto che mi tenga aggiornato su tutto lo sviluppo delle indagini-
-Cosa? Già è difficile fare rapporto al capo senza neanche una prova e adesso ti ci metti pure te?!-
-O così o niente-
-Okay stress… A stasera…- finì lei, riagganciando.
 
La ragazza guardò distrattamente fuori dal finestrino mentre chiudeva la conversazione.
-Cosa c’entra la Polvere degli Angeli?- chiese Ryo con tono serio.
Kaori si girò guardandolo. Solo ora si accorgeva dell’espressione grave dipinta sul volto del suo collega. Quel modo di fare non gli apparteneva, o perlomeno, lei non l’aveva mai visto così.
Così a metà tra il pensieroso e il dannatamente preoccupato.
-Ne hai già sentito parlare?-
-Non hai risposto…-
-Mentre eri dentro ho avvicinato delle tipe che uscivano dal night. Ho chiesto notizie di Chou e una di loro mi ha detto che la ragazza è stata ingannata con promesse di denaro facile e che è tutta colpa della Polvere degli Angeli…- guardò quindi dubbiosa il collega aggiungendo nuovamente: -…Ne hai già sentito parlare??-
Solo un flebile - Si - uscì dalla bocca quasi serrata di Ryo che stava ancora elaborando la cosa.
-E quindi…??- lo spronò Kaori a raccontare.
Ryo la guardò per un istante. Un istante che sembrò infinito quando negli occhi della donna notò il riflesso di quelli del suo ex-collega. Cosa doveva dirle? Cosa ‘poteva’ dirle che le bastasse sapere?
-Prima che tu arrivassi al Distretto ho avuto a che fare ‘direttamente’ con la Polvere degli Angeli e con l’Unione che cercava di contrabbandarla a Tokyo-.
-In che senso ‘direttamente’?- chiese lei.
-Perché essendo da poco arrivato al Distretto ero riuscito ad infiltrarmi nell’organizzazione e… Comunque il fatto è che quella banda era stata sgominata! Eravamo riusciti a distruggerla e i maggiori esponenti sono tutti in carcere a vita!-.
Alla donna quella non sembrò altro che una giustificazione piuttosto che la risposta ad una semplice domanda di lavoro; il tono di Ryo, infatti, era passato dal preoccupato all’incazzato in poco più di un semplice discorso.
Kaori notò che la presa dell’uomo sul volante dell’auto si era strinta in una feroce morsa. Non era semplicemente preoccupato o arrabbiato. C’era qualcosa di più.
-Forse è meglio se guido io adesso-
-Non ce né bisogno- ringhiò lui -Piuttosto, con chi stavi parlando al telefono?-
Quella domanda, con quel tono, non piacque a Kaori che subito alzò un muro in difesa; doveva capire perché Ryo si era incazzato così tanto per una semplice questione lavorativa. Ovvio che era inutile continuare a fargli domande. Piuttosto avrebbe cercato le risposte altrove.
-Un amico- ribatté veloce senza aggiungere altro.
Ryo la guardò in cagnesco. La conosceva troppo bene per non capire che gli stava mentendo. Con chi poteva avere contatti per ciò che riguardava il crimine organizzato? Un informatore? Un detective? La cosa comunque non gli piaceva.
Lei doveva stare alla larga dall’Unione e dalla Polvere degli Angeli.
Questa volta non poteva rischiare di perdere anche lei.

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Capitolo 5
*** Brotherhood ***


Quella sera Kaori rincasò stranamente presto. La giornata era stata uno schifo. Sin dalla mattina il suo collega non aveva fatto altro che tirare su una barricata nei suoi confronti; un po’ come se quella ‘Polvere degli Angeli’ avesse incrinato qualcosa nella sua solita stabilità d’animo.
Qualsiasi discorso avevano affrontato in quelle ore erano finiti col darsi contro una marea infinita di volte. Fino a che non si erano chiusi entrambi in una sorta di silenziosa contemplazione.
La risoluzione del caso non avanzava di un millimetro. Nessun indizio,  nessuna traccia.
Se non la ‘Polvere degli Angeli’. Ecco tutto ciò che sapevano. E, ne era certa, Ryo ne sapeva molto di più, solo che non aveva praticamente proferito parola da quella mattina.
Andandosene dal distretto le aveva rivolto un misero ciao e quando lei gli aveva chiesto se voleva essere riaccompagnato a casa con l’auto non le aveva manco risposto.
Odiava questa parte di lui. Le aveva insegnato tanto sul lavoro in quei cinque anni. Ma, nonostante tutto, la vedeva ancora una ‘ragazzina’ e non sempre la faceva partecipe delle sue investigazioni.
In generale odiava tutti quelli che ritengono una donna inferiore agli uomini in campo militare.
Lei non aveva niente di meno dei suoi colleghi maschi e si era fatta il culo come gli altri per arrivare fin lì.
Questa cosa la faceva andare in bestia.
Guardò l’ora sul monitor del suo pc quando una chiave girò nella toppa di casa.
Senza neanche voltarsi disse:
-Hide non ti ho dato le chiavi di casa perché tu possa entrare a tuo piacimento…-
-Ciao anche a te sorellina…- sorrise Hideyuki di rimando.
Kaori si girò sorridendo a sua volta.
-Ciao Hide- salutò lei compiaciuta –come stai?-
-Abbastanza bene, pieno di lavoro, poi ti ci metti pure te…- scherzò quello, appoggiando un grande scatolone pieno di diversi dossier e fogli sul piccolo tavolo della cucina.
-Trovato qualcosa sulla ‘Polvere degli Angeli’?-
-In linea di massima si ma… Prima raccontami tutto dall’inizio…-
 
Quando Hideyuki se ne andò era mezzanotte passata.
Kaori aveva spiegato il caso a suo fratello e quello era rimasto in silenzio ad ascoltarla.
Sembrava piuttosto perso nei suoi pensieri ma ogni tanto le rivolgeva qualche domanda e tentava di fare qualche supposizione per aiutare la sorella a sbrogliare la matassa.
Kaori guardò l’ora: 00:23.
Era tardi. Aveva del sonno arretrato e la testa cominciava a farle male. Ma la tentazione di sfogliare qualche dossier era tanta, sicuramente troppa. Accese la piccola abatjour accanto al divano, prese il primo fascicolo che le capitò alla mano e, noncurante dell’ora, iniziò a sfogliare le pagine.
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00:23 segnavano le lancette del grande orologio nel bar SunRise di Kabukicho, il quartiere a luci rosse di Shinjuku.
Ryo bevve l’ultimo sorso del suo cocktail prima di salutare il barman con un cenno del capo.
I pensieri che lo avevano disturbato fino a poco tempo prima si erano dissolti quasi tutti, uno dopo l’altro, come i drink che si era scolato quella sera.
La mente adesso, più leggera, stentava a ricordare tutto ciò che era legato a quella maledetta Polvere degli Angeli ed a tutto ciò che aveva comportato nella sua vita.
A volte invidiava la sua collega Kaori. Giovane, inesperta ed “illesa”. Quel lavoro, a lei, non aveva ancora tirato nessun tiro mancino e lui aveva sempre tentato di tenerla lontano da tutta la merda che girava in città.
Ma non sempre le cose vanno come devono andare, caro Ryo. E tutto ciò da cui l’aveva tenuta lontana e che lui aveva cercato di dimenticare era venuto a bussargli direttamente alla porta di casa.
Ma se Ryo aveva imparato una cosa in quegli anni in polizia, era proprio il fatto che scappare ti rende una preda facile.
Scappare dai ricordi, dal passato, da ciò che ci fa paura non ci procura altro che sofferenza.
Piuttosto combatti. Lotta contro le onde che ti vogliono trascinare giu.
Dando un ultimo sguardo all’orologio uscì dal locale.
Doveva fare una visitina ad un vecchio amico quella sera.
Il traffico della Polvere degli Angeli a Tokyo aveva le ore contate.
Per la seconda volta.
Ma sarebbe stata l’ultima.
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Hideyuki Makimura guidava la sua piccola vettura tra le strade di Shinjuku. Troppi pensieri a rimbombargli nella testa. La polvere degli angeli. Ancora non ci credeva di aver udito nuovamente quel nome in città.
Pensava che il meccanismo micidiale che quella maledetta droga aveva messo in atto anni prima fosse stato debellato al tempo ed invece si ritrovava a doverci combattere nuovamente.
Anche se, questa volta, non poteva più prendere parte alla lotta di quei dannati. O, perlomeno, non avrebbe più potuto lottare attivamente. Questa volta però, sul campo, non c’era lui, bensì sua sorella Kaori. Era la persona alla quale teneva di più al mondo. Erano diventati grandi insieme dopo la prematura scomparsa dei genitori, e, nonostante lei fosse stata adottata, l’aveva cresciuta con tutto l’amore che un fratello maggiore può dare. L’aveva sempre appoggiata, in tutte le sue scelte. Da quando a dodici anni aveva deciso di tagliarsi i capelli cortissimi a quando, a diciotto, aveva voluto seguire le sue orme e quelle del padre, iniziando l’accademia militare.
Ma adesso. Adesso temeva per la sua incolumità.
Se davvero l’Unione si era riformata, e quegli omicidi erano davvero opera sua, quella scarica di violenza non si sarebbe placata tanto facilmente.
Ma come diavolo era possibile? Chi diavolo era stato a rimettere in moto tutto se erano finiti tutti in carcere o ammazzati?
Questi pensieri lo accompagnarono fino a casa. Praticamente fino al letto.
Spogliandosi notò la sua immagine riflessa nello specchio. Si portò una mano al petto, sulla sinistra. Quella cicatrice tormentava ancora i suoi incubi peggiori.
Aveva rischiato di morire nella guerra contro l’Unione.
Quella notte l’aveva ancora incisa a fuoco nella mente.
Da quella notte era cambiato tutto.

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Capitolo 6
*** Sotto tiro ***


Kaori chiuse un altro dei dossier che le aveva da poco portato Maki. Non li aveva ancora letti tutti ma tra quelli che aveva ispezionato risultava sempre il nome di un night-bar, fulcro della vecchia ‘Unione Teope’ che aveva spacciato la potente droga PCP, mietendo vittime a non finire, circa una decina di anni prima a Tokyo e, principalmente, a Shinjuku.

Guardando l’orologio notò che non erano ancora le 2.

Il sonno ormai era sparito e la voglia di fare un salto proprio in quel night-bar la stava assalendo. Dopotutto che male avrebbe fatto? Con la scusa di prendersi un drink avrebbe dato un’occhiata in giro, e poi, in fin dei conti, era anche a soli due isolati da lì ed il giorno dopo avrebbe persino avuto la giornata libera.

Veloce si alzò, prese il suo bomber, le chiavi, ed uscì di casa chiudendosi la porta alle spalle.

 

Era già una mezzoretta che Ryo si aggirava nel night. Per il momento nulla aveva attirato la sua attenzione ne aveva notato facce conosciute. Si guardava attorno mentre sorseggiava molto lentamente l’ennesimo drink di quella notte.

Le ballerine si muovevano sinuose sui cubi colorati mentre una marea di luci strobo invadeva il palco centrale prima dell’esibizione della serata. La gente in sala pareva tranquilla e solo un gruppetto di uomini faceva un po’ più baccano del normale.

Ad un tratto vide spuntare qualcuno dietro le tende rosse del palco. Sembrava un semplice addetto alle luci ma Ryo lo conosceva bene. Era stato uno dei tirapiedi del capo dell’Unione Teope. Era solo un bulletto al tempo, e si era salvato dalle manette perché, qualche giorno prima della notte della sommossa, era caduto dalla moto ed, essendo in ospedale, aveva avuto un alibi inattaccabile.

‘Bingo’ fece Ryo mentalmente. Era proprio lui che era venuto a cercare lì quella notte. Chissà se sapeva dargli qualche informazione…

Con questi pensieri in testa l’uomo posò il bicchiere sul bancone, poi si diresse verso la porta laterale al palco che, con molta probabilità, l’avrebbe portato nel backstage.

Non curante del pericolo e guardandosi attorno per non essere visto, aprì la porta nera e vi stava sgattaiolando dentro quando qualcuno lo bloccò alle spalle.

 

L’insegna ‘Angel’, fuori dal locale, lampeggiava ad intermittenza, di un colore rosso che quasi faceva male agli occhi.

Kaori si ritrovò fuori dal Night in questione una quindicina di minuti dopo essere uscita di casa; non era stato difficile trovarlo anche se, adesso, si chiedeva se fosse giusto essere lì, oppure, se fosse stato meglio aspettare l’indomani, per chiamare Ryo ed informarlo su ciò che aveva scoperto.

Poi si ricordò del modo in cui Saeba l’aveva trattata poche ore prima ed un moto di rabbia la assalì.

Alla fine si era rivelato come gli altri suoi colleghi: incapace di crederla alla sua altezza solo perché era una donna. Non credeva che anche lui fosse così. In quei cinque anni pensava di essere riuscita a creare un legame profondo col suo collega; un legame fatto di fiducia reciproca. Ma si era sbagliata. Quel pomeriggio, Ryo , le aveva volontariamente nascosto qualcosa sulla Polvere degli Angeli. Ne era convinta.

Il suo comportamento era stato strano e teso tutta la giornata.

Ebbene. Se neanche più poteva fidarsi della persona che avrebbe dovuto proteggerle le spalle, perché avrebbe dovuto aspettarlo? Tanto valeva entrare nella fossa dei leoni da sola.

Si era ormai decisa ad entrare nel locale quando dei rumori provenienti dal vicolo adiacente la insospettirono.

Avvicinandosi capì che si stava svolgendo una specie di rissa e che, il malcapitato al centro, non se la stava vedendo tanto bene: era accerchiato da quattro uomini e tenuto sotto tiro da un quinto.

Sicuramente quella sorta d’incontro, se così poteva essere definito, non si stava svolgendo in termini di parità.

Si avvicinò lentamente facendo attenzione a rimanere nell’ombra fino a che qualcosa non le fece gelare il sangue nelle vene: quella voce. Quella voce l’avrebbe riconosciuta in mezzo a mille altre. Era la voce di Ryo.

-Stai giocando sporco Kuma… Sono disarmato lo sai… Non mi sembra un bel benvenuto questo…-

-Nel mio locale gli sbirri non devono venire a ficcanasare… Soprattutto tu!- disse quello con la pistola in mano, poi aggiunse –Dimmi che cazzo sei venuto a fare?-.

-Lo sai bene perché sono venuto qui, Kuma, sei un ragazzo sveglio…-

-Se è per la storia degli omicidi non troverai niente qui, ci puoi contare sbirro…-

-Vedi che se vuoi ci arrivi….- sibilò ironicamente Ryo poco prima di essere colpito all’addome da uno degli scagnozzi che lo accerchiavano.

Il colpo lo fece piegare ma non cedette e poco dopo si rialzò. Non poteva fare molto in quella situazione. Era sotto tiro, era nel loro territorio ed, inoltre, era disarmato.

-Non sono venuto per gli omicidi- esordì poi –Ho sentito che girano delle voci… dicono che l’Unione è stata ricostituita… Mi chiedevo solo se fossi stato così gentile da sputare il rospo…- sorrise guardandolo.

-Non farmi ridere, Saeba- urlò quello –Ti sembra il caso di venire a bussare a casa mia a farmi domande illecite?-

-Beh… volevo solo togliermi il dubbio…- ironizzò nuovamente Ryo

-E adesso dimmi che dovrei fare con te?-

-Lasciami andare e torniamo ad essere amici come prima…-

 

Ryo lo stava sfidando troppo. Che diavolo aveva in mente quel pazzo del suo collega? Kaori assisteva alla scena pietrificata. Era accerchiato ed in più tenuto sotto tiro. Non aveva nessuno scampo.

Quello che doveva essere il capo rise di gusto. Poi, senza dire niente fece un cenno ai suoi scagnozzi che si gettarono su di Ryo. Lui riuscì a tenergli testa per un po’ nonostante la superiorità numerica ma, poco dopo, fu bloccato da uno mentre gli altri tre infierivano a suon di pugni.

Kaori, con un gesto istintivo, cercò la pistola sul fianco ma si maledisse mentalmente ricordandosi di non aver preso l’arma.

Ryo era ancora immobilizzato da uno degli scagnozzi quando il capo li fermò.

Kaori, nascosta nell’ombra, trattenne il respiro cercando di sentire le sue parole.

-Bene, Saeba, spero che la prossima volta ci penserai due volte prima di entrare nel mio locale, ora devo lasciarti, ma i miei ragazzi ti terranno compagnia un altro po'… Contento?- detto questo si girò e sparì nell’ombra della porta di servizio.

Ryo sputò un po' di sangue dalla bocca prima stringere le labbra in un sorriso di scherno.

Quel bastardo, l’aveva tenuto sotto tiro il tempo che bastava ai suoi per togliergli tutte le energie.

Quando sentì il rumore della porta che si chiudeva, la morsa dell’uomo che lo tratteneva da dietro si strinse ancora di più. Uno dei tirapiedi di Kuma lo colpì di nuovo. Stava per perdere i sensi se solo qualcosa non avesse colpito la sua attenzione.

Qualcuno si era scagliato sull’uomo che l’aveva appena percosso gettandolo a terra; poco dopo, il tipo che l’aveva trattenuto fino ad allora, lo mollò per difendersi a sua volta.

Ryo cadde in ginocchioni a terra cercando di recuperare un briciolo di forze.

Sentì che il rumore della rissa si spostava dietro di lui.

 

Kaori sentiva i tagli aprirsi sulle nocche delle sue mani.

Una volta che l’individuo che teneva Ryo sotto tiro se ne era andato, lei non c’aveva pensato due volte.

Si era scagliata come una furia sul tizio che stava colpendo Ryo, lasciandolo a terra tramortito.

Gli altri tre non si erano accorti del suo arrivo e rimasero stupefatti della potenza con la quale si era scagliata sul loro amico, poi, come una leonessa in una gabbia di pecore, si era avventata sull’altro, riuscendo a liberare il poliziotto.

Kaori riuscì a cavarsela niente male nei secondi successivi ma sapeva bene che contro tre uomini di quella stazza avrebbe resistito poco. Sperava solo che Ryo avesse il tempo di riprendere fiato e reagire.

Riuscì a metterne k.o. un altro quando uno dei due rimasti sfoderò un coltellino serramanico.

Kaori si passò il dorso della mano sul labbro sporco di sangue; la faccenda si faceva pericolosa. Non che non l’avesse messo in conto un attimo prima di buttarsi in mezzo alla mischia per salvare il collega, sperava solo di dare a Ryo il tempo necessario per alzarsi.

-Andiamo Saeba, fammi il piacere, alzati!...- bisbigliò quella poco prima che il tipo di fronte le si lanciasse contro.

Riuscì a schivare il coltello svariate volte prima di riuscire a distanziarlo il poco necessario per riprendere fiato. Ad un tratto sentì una presenza dietro di lei. Prima di riuscire a girarsi, sentì la sua voce:

-Spiegami un po' ragazzina… Che diavolo giri da queste parti?-

La voce calda e bassa di Ryo la scosse dai suoi pensieri. Il suo socio si era rialzato e capeggiava dietro di lei.

Riuscì a tirare un sospiro di sollievo nonostante ancora non fossero fuori pericolo.

Adesso, spalle contro spalle, i due poliziotti guardavano i rispettivi sfidanti. Kaori si slanciò verso il tipo cercando di disarmarlo ma non riuscì ad evitare che la schivasse facendola cadere a terra.

Subito dopo quello si diresse verso Ryo ancora di spalle, impegnato a suonarle di santa ragione all’ultimo rimasto. La ragazza capì subito quale erano le sue intenzioni: voleva colpire il suo collega alle spalle.

Kaori si lanciò all’inseguimento.

Fu veloce come una lepre ed in breve tempo lo riprese. Era però ormai troppo vicino a Ryo e a lei rimase solo un unico disperato tentativo: fare da scudo.

Solo nel momento in cui Ryo si girò capì la situazione.

Veloce si avventò sul tizio colpendolo con un sonoro destro tra la mascella e lo zigomo, facendolo cadere a terra privo di sensi.

Voltandosi nuovamente vide Kaori in ginocchioni portarsi una mano alla spalla.

Perdeva sangue.

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Capitolo 7
*** Guerriera ***


La grande stanza bianca era immersa nella luce fredda dei neon.
Kaori guardava il signore di mezza età dalla statura bassa e dal camice bianco che le stava suturando la ferita alla spalla.
Ripensò velocemente ai fatti accaduti neanche un'ora prima.
Il tizio che l'aveva ferita alla spalla. Il dolore che aveva provato. Il sangue. Lo sguardo preoccupato di Ryo.
Poi si era sentita sollevare; il suo collega  l'aveva caricata in macchina e l'aveva portata lì.
Non era un ospedale. L'aveva portata nello studio di un medico privato, un amico di Ryo. Lui lo chiamava Doc.
-E' stata fortunata signorina-
La voce del dottore la riportò con i piedi per terra e sentì nuovamente il dolore che la ferita le procurava.
-La lama non era grossa ma se l'avesse colpita poco più giù le avrebbe perforato un polmone-
La ragazza sospirò e si rimise a fissare la luce del neon proprio sopra di lei.
Quello stronzo l'aveva colpita poco sotto la clavicola. Fortunatamente nulla di grave, solo un po' di sangue e una quindicina di punti di sutura.
-Dovrà stare qualche giorno a riposo- disse Doc, finendo col disinfettare di nuovo il tutto e fermandole sulla ferita una grossa garza con dello scotch -Tra una quindicina di giorni torni pure da me, le toglierò i punti-
-Grazie Doc- rispose Kaori.
 
Appena Doc uscì dalla stanza trovò Ryo appoggiato al muro, in piedi, braccia incrociate.
Guardava un punto imprecisato sulla parete di fronte. Aveva lo zigomo e la mascella lividi e del sangue ormai secco sporcava il suo viso.
-Ti hanno conciato male questa volta Saeba- scherzò Doc, poi aggiunse -Ma non è da te farti salvare dalle donzelle...-
-Se non fosse arrivata me la sarei vista brutta Doc... A questo giro la pivellina mi ha salvato la pelle...-
-Comunque è tutto ok... Le ho dato un po' di punti, è stata fortunata. Il coltello non ha ferito nessun organo vitale. Si sta rivestendo, la puoi riportare a casa-
-Grazie Doc-.
 
 Ryo stava guidando già da qualche minuto quando esordì con:
-Per stanotte resti a dormire da me-
-Cosa? E perchè? Guarda non ce ne è bisogno Ryo, sto bene, non ti preoccupare-
-Casa mia è a pochi isolati e c'è l'ascensore-
-E quindi? Guarda che mi ha ferito ad una spalla mica ad un piede...- ribatté la ragazza ridendo.
Anche Ryo sorrise. La tensione della serata si stava finalmente allentando.
Nonostante i vari tentativi di depistaggio di Kaori, Ryo volle a tutti i costi farla dormire a casa sua quella notte.
Erano ormai più delle 4 di mattina quando entrarono in casa. Ryo cedette la sua stanza alla ragazza che oramai quasi non si reggeva più in piedi per la stanchezza ed andò a farsi una doccia.
Passando nel corridoio una decina di minuti dopo notò la luce ancora accesa attraverso la porta accostata. La tentazione di affacciarsi fu più forte di lui e senza neanche riflettere un attimo aprì la porta.
Kaori si era addormentata ancor prima di entrare sotto le coperte. Era sdraiata sul letto, una mano portata sulla ferita quasi come rimedio al dolore che sicuramente provava.
Ryo si avvicinò lentamente. Le tolse le scarpe e tirò su le coperte.
Avvicinandosi al suo viso le scostò un ciuffo di capelli dalla fronte. Amaramente notò che aveva uno zigomo livido e del sangue secco le incrostava l'angolo delle labbra.
Cosa aveva rischiato quella notte?
Più che avrebbe voluto tenerla lontana dall'Unione, più che gli sembrava di avercela tirata dentro. Forse non era stata una buona idea tenerla all'oscuro da ciò che sapeva, da ciò che era successo quasi dieci anni prima. C'era solo una domanda che gli rimbombava nella testa più delle altre: come mai Kaori si trovava lì quella notte? Forse era stata più scaltra di lui e, le informazioni che lui si era tenuto per sé, se le era andate a cercare da un'altra parte.
Nonostante ciò, e nonostante tutti i se e i ma che gli rimbombavano nella testa, solo una cosa gli era chiara:
Kaori quella notte gli aveva salvato la vita. Non si era fatta scrupoli. Non era rimasta a guardare. Si era lanciata come una tigre su quattro uomini più grandi e forti di lei per salvarlo.
Era stata una guerriera la sua ragazzina.
Le diede un bacio sulla fronte poi, silenziosamente, spense la luce e sgattaiolò fuori dalla stanza.
Il sole filtrava pallido attraverso le tende scure della stanza.
Kaori aprì gli occhi improvvisamente e, non riconoscendo il luogo in cui si trovava, si alzò di scatto sul letto.
Non si ricordò però della ferita ed una fitta lancinante la colpì proprio sotto la clavicola ricordandole che la notte precedente non era stata un sogno, ma una dolorosa realtà.
Alzandosi con più cautela riuscì a mettersi in piedi. Sentiva la pelle tirare sotto il grande cerotto sulla sua spalla.
Osservando fuori notò che un pallido sole cercava di riscaldare una Tokyo brinata dal freddo della notte precedente. Dovevano essere all’incirca le dieci di mattina, non si ricordava il giorno di essersi svegliata così tardi negli ultimi cinque anni; anche nei giorni liberi era sempre in piedi prima delle otto. Ma la stanchezza accumulata nei due giorni precedenti le aveva tirato sicuramente un cattivo scherzo.
Guardandosi attorno notò come la stanza di Ryo fosse moderna e confortevole. Non era mai stata nel suo appartamento fino ad allora. Beh, in teoria non ricordava nemmeno bene come ci fosse arrivata; doveva essere molto stanca la sera precedente.
Aprendo la porta si ritrovò in un immenso corridoio e, seguendolo, finì in una splendida sala.
Kaori non era mai salita nell'appartamento del collega e vedendolo bene soltanto adesso ne rimase strabiliata.
Era un attico gigantesco, moderno, ben tenuto ed ordinato.
La ragazza trovò Ryo che armeggiava in cucina e lo guardò con occhi sorpresi
-Che c’è?- domando titubante l’uomo
-E questa sarebbe casa tua?-
-Si, perché?-
-Sembra il castello delle favole versione moderna ecco perché-
Ryo non riuscì a trattenere un sorriso e poi passò alla collega una tazza di caffè fumante
-Tieni, spero sia buono… Solitamente me lo portano…- ammiccò lui.
Kaori sorrise. Ma il sorriso le si spense sulle labbra quando vide gli ematomi sul volto di Ryo e si ricordò nuovamente della sera precedente, anche se in verità era difficile dimenticarsela, data la ferita che le pulsava sotto la maglietta.
-Sei conciato male-
-Anche tu non sei un fiorellino se è per questo…-
-Immagino… Non ho ancora avuto il coraggio di specchiarmi stamani- disse finendo di sorseggiare il suo caffè -Ryo posso farmi una doccia?-
-Certo, vieni… ti faccio vedere dove è il bagno…-
……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
Il direttore del dipartimento di polizia di Shinjuku stava sudando le famigerate sette camicie mentre era in colloquio con l’ispettrice dell’Interpol Saeko Nogami.
Quella donna era entrata come una furia nel suo ufficio da quella mattina e fino ad allora non aveva fatto altro che imporgli le sue condizioni.
Quei due pazzi di Saeba e Makimura dovevano averla combinata grossa la notte precedente.
Da quanto dichiarava l’ispettrice Nogami avevano quasi mandato in fumo la copertura di uno dei suoi agenti infiltrato in un giro di contrabbando da più di un anno.
Ma che diavolo avranno mai combinato?” continuava a domandarsi il direttore mentre la voce della Nogami ormai era diventato un insistente cicalio sottofondo.
-Deve prendere dei provvedimenti Direttore, quei due devono essere sospesi-
-Non sia esagerata Ispettrice Nogami, i miei agenti non sapevano del vostro infiltrato, non avrebbero mai messo a repentaglio la vita di nessuno…-
-I suoi agenti sanno più di quanto sappia lei, forse dovrebbe farsi aggiornare…-
-Bene allora li convoco direttamente qui, adesso, così ne parliamo assieme-
………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
 
-Kaori hai ancora molto??- urlò Ryo, bussando ripetutamente alla porta del bagno
-Fatto- rispose con un sorriso l’altra aprendo all’improvviso la porta.
Forse Ryo non era preparato a trovarsela di fronte in quel modo, così maledettamente vicino.
Fu un colpo basso.
La maglietta che lui le aveva prestato le stava immensa ma, annodata sul fianco come l’aveva messa lei, in quel momento, gli sembrò  la cosa più sexy che avesse mai visto indosso ad una donna.
-Ehi Ryo??!! Mi senti??-
-Ehm cosa?-
-E’ libero… se devi entrare…-
-No, sono venuto a chiamarti perché ho appena ricevuto una telefonata dal capo. Ci vuole lì all’istante. Ti avverto che non aveva un tono amichevole…-
-Andiamo di male in peggio- sospirò l’altra prendendo il bomber che l'uomo le stava porgendo.

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Capitolo 8
*** Vecchie conoscenze ***


Entrando nell’ufficio del direttore Kaori notò subito una donna di spalle che, non curante del loro arrivo, continuava a guardare fuori dalla vetrata a braccia conserte.
Il direttore sembrava molto infastidito da quella situazione.
-Vedo che vi hanno conciato per le feste ieri notte…- borbottò il direttore notando i lividi sulle facce dei suoi agenti
-Direttore, posso spiegare- intervenne Ryo -Comunque sia è tutta colpa mia, Kaori si è trovata costretta ad aiutarmi ma non sa niente…-
Kaori guardò stupita la faccia di Ryo. Perché dal momento in cui erano entrati in quell’ufficio sembrava essere diventato un altro? Che diavolo gli era preso? Di solito non era mai intimorito in presenza del capo ed invece… Che fosse a causa di quella donna?
Kaori la guardò e quella, quasi sentendo i suoi occhi su di lei, si girò di scatto.
-Forse Saeba avresti dovuto startene buono ieri notte, stavi per far saltare la copertura di uno dei miei infiltrati!-
-Che diavolo vuoi che ne sappia io di quali sono i tuoi agenti infiltrati a giro per Tokyo?- le rispose l’uomo
-E quindi ti sembra normale andare da un trafficante di droga a chiedere informazioni sull’Unione e sulla Polvere degli Angeli così da un momento ad un altro? Ma che cazzo era il tuo un tentativo di suicidio?- sbraitò quella.
Il direttore sembrò riscosso da quelle parole
-Ispettrice Nogami se permette sono i MIEI agenti e vorrei essere aggiornato prima da LORO dei fatti avvenuti ieri notte-
L’ispettrice sembrò scocciata e si voltò di nuovo, guardando fuori.
Kaori osservò Ryo e lasciò che parlasse.
Pochi minuti dopo l’uomo terminò di raccontare una versione dei fatti piuttosto sintetica e ristretta, omettendo alcuni particolari.
-Makimura, lei che diavolo ci faceva di notte a giro per Night?-
Kaori arrossì di botto.
-Ehm… Io…-
-Ma andiamo è impossibile che passasse di là per caso!- s’intromise di nuovo l’ispettrice -Questi due sono d’accordo Direttore, dia retta a me… Faccia come le ho detto… Ho rischiato un uomo a causa loro…-
-E io non rischierò i miei…- mormorò il Direttore. Stava per aggiungere altro quando qualcuno bussò alla porta dell’ufficio.
Kaori e Ryo non si voltarono nemmeno a vedere chi fosse entrato ma un sonoro: -Signorina Makimura che piacere rivederla di nuovo- li fece girare entrambi.
Kaori notò con imbarazzo che l’americano che aveva fermato due giorni prima era appena entrato nell’ufficio del direttore. Riuscì solo a sussurrare un flebile: -Buongiorno Sig. Angel- prima che la Nogami entrasse in mezzo ai loro discorsi:
-Come fate a conoscervi?-
Mick prese subito la parola notando lo sguardo infastidito di Kaori e del suo collega:
-Vede Signorina Nogami, ho avuto il piacere di conoscere questi due agenti ieri l’altro. Sono molto scaltri. Hanno notato la mia pistola nella fondina e, giustamente, mi hanno fermato per chiedere chiarimenti-
-Se fermassero i criminali invece degli agenti CIA sicuramente sarebbero più utili piuttosto che scaltri- sibilò nuovamente quella.
Kaori strinse i pugni. Non tollerava le parole di quella tipa, ne tanto meno le arie da super donna che si dava. Ma chi diavolo era quella?
-Bene date le circostanze…- il direttore si schiarì la voce -…Mi dispiace ragazzi ma dovrò sospend…-
-Mi scusi Direttore- lo interruppe Mick Angel -Avrei un’idea per arginare la situazione, potrei illustrargliela in privato?-.
 
Pochi attimi dopo Ryo e Kaori si ritrovarono in corridoio ad attendere.
-Mi spieghi chi è quella stronza?- chiese la ragazza
A Ryo scappò un sorriso: -E’ un’ispettrice dell’Interpol, si chiama Saeko Nogami-
-E tu la conosci?-
-Beh… Ehm, ecco…-
-No, non dirmelo… Te la sei portata a letto e adesso è inviperita come un babbuino e vuole farci sospendere tutti e due!-
-Cavoli Kaori che intuito- confermò Ryo (N.d.A mentre un corvetto si spiaccicava sul muro)
-Non ci posso credere…- sospirò Kaori
-Non ti preoccupare ragazzina… Non ci sospenderanno e anche se lo facessero mi prendo la responsabilità di tutto, non ti farò sospendere puoi prendermi in parola…-
Kaori guardò Ryo. Era quasi più impaurita della possibilità di essere separati che di venire sospesi entrambi.
-Perché quella faccia?- chiese Ryo notando la preoccupazione nello sguardo della sua partner.
-Beh… Perché siamo una squadra… E non è giusto che ci separino, e poi per cosa? Perchè quella Nogami si è svegliata male? Non abbiamo fatto nulla di sbagliato, se non il nostro lavoro…-
Non finì di parlare che la porta si aprì e nuovamente si ritrovarono nell’ufficio di fronte al direttore, all’agente della CIA e all’ispettrice dell’Interpol.
-Allora ragazzi, siccome l’agente Angel si è battuto per non farvi sospendere, abbiamo deciso che Saeba passerà alla Terza Divisione mentre Makimura affiancherà l’Interpol e l’agente Mick nelle loro investigazioni fino a che saremo certi, o meno, di un’ipotetica ricostituzione dell’Unione-
Ryo serrò la mascella mentre il suo corpo s’irrigidiva. Maledetti. Lo spedivano alla Terza Divisione così non avrebbe più potuto lavorare al caso dei cinque omicidi. Ma la cosa che lo faceva imbestialire di più era che Kaori era costretta a collaborare con l’Interpol e che, probabilmente, le loro ‘investigazioni’, come le aveva chiamate il direttore, erano proprio volte alla pista della Polvere degli Angeli.
Lo tenevano fuori da quella storia perché sia il Direttore che la Nogami erano al corrente di cosa era accaduto dieci anni prima.
Bastardi. Più che avrebbe voluto evitare a Kaori di venire direttamente in contatto con l’Unione, più che adesso era oltretutto impossibilitato a proteggerla.
Kaori guardò di sottecchi Ryo. Era nervoso per quella decisione. Forse era più incazzato che se li avessero sospesi.
-Bene. Makimura lei può direttamente seguire l’ispettrice Nogami e l’agente Angel all’Interpol, le spiegheranno le sue mansioni lungo il tragitto. Durante questo periodo farà riferimento all’Ispettrice Nogami come suo principale. Saeba lei resti un attimo che le devo parlare-
Kaori si voltò. Guardò Ryo e gli sorrise. Poi fece una cosa che Ryo non si aspettava: gli diede le chiavi della Nissan GT-R.
-Trattalo bene il mio gioiellino…- gli sussurrò all’orecchio, poco prima di seguire Saeko e Mick fuori dall’Ufficio.
Ma non fece in tempo a muovere un passo che Ryo la bloccò.
-Prenditi cura di te ragazzina…- le disse piano all’orecchio -Ci vediamo presto-.
 

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Capitolo 9
*** Nuovi colleghi ***


-Non avrebbe dovuto mandarla con l’Interpol!- ringhiò Ryo
-Saeba, era l’unica soluzione possibile, oltre la sospensione…-
-Sarebbe sicuramente stata meglio… Quelli investigano sulla Polvere degli Angeli da una vita e non c’hanno mai cavato un ragno dal buco, per quale motivo hanno voluto lei?-
-Piuttosto fatti la domanda del perché hanno voluto buttare fuori te…- bofonchiò il direttore
Ryo digrignò i denti. Aveva ragione. E lui lo sapeva benissimo. Non avrebbe dovuto ficcanasare nei loro affari la notte precedente, sapeva che l’Interpol teneva sotto controllo il night bar, ma quei cocktail di troppo stavolta gli avevano davvero dato alla testa. E adesso questa. Essere separato dalla sua collega. Fra tutte le ipotesi era senza dubbio la peggiore. Sapeva che qui, però, c’era lo zampino di Saeko. Ancora non aveva finito di fargliela pagare…
-Saeba- disse pacatamente il direttore -Tu adesso sei alla Terza Divisione, ricordi?-
-Si- rispose quello, poi aggiunse -Quindi non posso più partecipare allo svolgimento delle indagini sui cinque omicidi…-
-E’ vero… Ma il ‘Terzo’ su cosa investiga?-
-Sostanze illegali e crimine organizzato-
A Ryo s’illuminarono gli occhi mentre al direttore compariva un sorrisetto beffardo sulla faccia:
-Bene. Ora che ci sei arrivato, voglio che tu faccia tutte le investigazioni che ti occorrono per scoprire il più possibile su l’Unione prima che quei figli di puttana dell’Interpol si aggiudichino il merito anche stavolta. Mi dispiace per l’agente Makimura, ma ho dovuto affidargliela perché quell’americano ha insistito per avere un’assistente. Se riuscite però mantenetevi in contatto… E poi fa sempre comodo un’infiltrata all’Interpol…-
………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
L’ufficio di Saeko Nogami si trovava al sedicesimo piano di un grattacielo (tutto dell’Interpol) interamente a vetrate. Kaori guardava confusa e leggermente in imbarazzo la donna e Mick Angel che discorrevano di questioni lavorative quando ad un tratto Saeko la guardò fredda:
-Signorina Makimura, lei sarà a disposizione dell’agente Angel. Ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a leggere tutti i dossier e che lo accompagni a giro per la città; confido in lei-.
-Certo, Ispettrice-
-Bene, io adesso ho del lavoro da svolgere- disse la Nogami, aprendo la porta e facendo capire ai due che era l’ora di uscire da lì.
Quando furono fuori, Mick accompagnò Kaori nell’ufficio accanto che era a sua a disposizione da quando era arrivato a Tokyo una settimana prima.
 
-Sono qua da una settimana… Hanno mandato me perché so parlare bene il giapponese ma non sono altrettanto capace a leggerlo…- sorrise Mick
-Perché è dovuto venire a Tokyo, Signor Angel?- chiese
-Sto seguendo una pista… La CIA collabora da sempre con l’Interpol giapponese e uno dei maggiori traffici di droga che gira a New York da ormai un anno, sembra arrivare proprio da qui…- poi aggiunse -La chiamano PCP o…- ma non finì il discorso che Kaori lo interruppe
-Polvere degli Angeli…- esordì, destando l’interesse dell’agente
-Mi sembra di capire, signorina, che allora non sia un caso che lei, ieri notte, bazzicasse nei dintorni di quel locale… O sbaglio?-
Kaori lo guardò di sottecchi. Poteva fidarsi di lui?
-In verità non è stato un caso. Ero lì perché l’unica pista che avevo dell’omicidio avvenuto due notti fa nella nostra prefettura era proprio la Polvere degli Angeli. È stato un caso, però, che ci abbia trovato il mio collega-
-Beh, questo dovrebbe farla sospettare… Il suo collega forse sa qualcosa che ne io ne lei sappiamo?-
-Non ne ho idea. E in ogni modo non vi ho seguiti all’Interpol per essere messa sotto interrogatorio-
Un sorrisetto beffardo spuntò sulla bocca dell’occidentale creando una deliziosa fossetta sulla sua guancia.
-Perché non ci diamo del tu, Kaori?-
……………………………………………………………………………………………………………………………………………………
 
Ryo si trovò di fronte la targhetta ‘Terza Divisione’ solo pochi minuti dopo aver parlato con il direttore.
Aprendo la porta notò come era strano girare per il dipartimento senza la sua collega al fianco.
Subito gli agenti del Terzo, chi in piedi chi alle scrivanie, si voltarono per guardarlo.
In molti lo conoscevano e chi non lo conosceva ne aveva sentito parlare.
Ryo si guardò attorno e subito incrociò lo sguardo di un energumeno che prontamente si diresse verso di lui.
-Saeba, come va? Il capo mi ha appena avvertito del tuo arrivo…-
-Potrebbe andare meglio, Falcon-
Il gigante sorrise sotto i suoi spessi occhiali da sole:
-Vieni nel mio ufficio, dobbiamo parlare-.
 

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Capitolo 10
*** Dubbi ***


Quella sera Kaori rientrò a casa abbastanza tardi. Era stata tutto il giorno a sfogliare dossier sulla Yakuza e sul traffico della PCP degli ultimi cinque anni con Mick Angel che continuava a fargli domande strane, come strani erano i suoi atteggiamenti e tutti gli apprezzamenti che le faceva solo perché sapeva ‘leggere’ il giapponese. Che poi era ovvio che lo sapesse leggere bene; lei ERA giapponese.
Guardò l’orologio abbastanza distrutta. E pensare che quello sarebbe dovuto essere il suo giorno libero. Erano poco più delle nove e non aveva ancora cenato quando qualcuno bussò alla porta.
Aprendo notò con piacere, ma soprattutto stupore, che Ryo era venuto a trovarla.
-Ciao ragazzina, come va?-
-Se devo essere sincera, uno schifo…-
L’uomo ridacchiò sotto i baffi chiudendo la porta e seguendo la giovane nel microscopico cucinotto.
-Sei di buon umore vedo…-
-Ryo ti conviene non stuzzicare il cane che dorme. Ti ricordo che mi devi un giorno libero-
-Okay, okay… Hai ragione Kaori-chan… Mi dispiace per tutto il casino che ti ho creato… Davvero-
La ragazza lo guardò di sottecchi. Sembrava davvero dispiaciuto.
-Allora Kaori? Che aria tira all’Interpol?- chiese con nonchalance l’uomo sedendosi su una delle due sedie al tavolinetto.
La donna fece lo stesso; era contenta di vederlo lì, che si preoccupasse per lei, ma qualcosa la bloccava nell’essere apertamente sincera con lui.
Forse quel minuscolo dubbio che Mick Angel aveva instillato in lei, quel pomeriggio, pulsava troppo nella ferita ancora aperta sotto la sua clavicola.
“Beh, questo dovrebbe farla sospettare… Il suo collega forse sa qualcosa che ne io ne lei sappiamo?”
Ed effettivamente Ryo aveva avuto solo comportamenti strani da quando aveva saputo del ritorno dell’Unione a Shinjuku. Perché? Aveva forse qualcosa da nascondere? Da nascondere persino a lei?
Pensava che la loro squadra non avesse segreti. Ed invece… Eccola qui a combattere con un unico dubbio che un semplice sconosciuto era riuscito a scovare.
-Se per Interpol intendi stare chiusa in un ufficio con l’agente CIA a sfogliare fascicoli impolverati, ribadisco che va uno schifo…-
Ryo s’irrigidì. Sapeva che, probabilmente, in qualcuno di quei dossier, compariva anche il suo nome.
-Dossier come quelli?- chiese l’uomo indicando diversi fascicoli sparsi sul divanetto della collega.
-Ehm… Si…-
-E da quando l’Interpol fa portare il lavoro a casa ai suoi dipendenti?-
Kaori, insospettita dal cambio repentino d’umore dell’uomo, non stette al gioco del collega e volle marcare un po' la mano:
-Primo: io non sono una ‘dipendente’ dell’Interpol e secondo: quei fascicoli sono miei- rispose fredda lei
Non poté fare a meno però che Ryo si avvicinasse allo scatolone ed iniziasse a ficcanasare al suo interno.
-Dove l’hai trovata questa roba Kaori? Queste notizie non ce l’ha neanche l’Interpol…- chiese duro lui
-Me le ha procurate un amico…- rispose vagamente Kaori
-Non dovresti ficcare il naso in questa storia, Kaori. Non cercare di indagare da sola, è pericoloso, QUESTA VOLTA-
-Grazie per il consiglio, Ryo. Dovresti seguirlo anche tu visto che, se non era per la sottoscritta, ieri quasi ci lasciavi le penne…-
‘Touché’ pensò Ryo. Chi era in fin dei conti lui per predicare bene e razzolare male? Eppure lo sapeva che la sua ‘ragazzina’ non era una sprovveduta.
Una smorfia di sorriso si fece largo sul volto dell’uomo che lasciò cadere il fascicolo all’interno dello scatolone.
-Hai ragione ragazzina, ma HO i miei motivi…-
-Nonostante sia stanchissima ho tutto il tempo per ascoltare le tue RAGIONI, Ryo- ribatté lei, invitandolo con un gesto a sedersi.
Per l’uomo fu una doccia gelata. Non voleva rivangare il passato. Non voleva rivivere quelle sensazioni, quelle immagini che ancora, a volte, popolavano i suoi incubi.
-Kaori ho già vissuto questa guerra, dieci anni fa. Non ho voglia di riviverla e rivedere la scia di sangue che si è lasciata appresso. Ne oggi ne mai-.
Detto questo stava per uscire dal piccolo appartamento, quando la voce della collega lo fece dubitare un attimo
-Pensavo che fossimo una squadra-
-Forse è un bene essere stati divisi questa volta- rispose lui di tutto punto.
A Kaori si raggelò il sangue nelle vene. Praticamente le negava qualsiasi possibilità di dialogo su quella questione.
-Prenditi cura di te, Saeba…-sussurrò lei, poco prima che l’uomo uscisse da casa sua silenziosamente, così come era arrivato.
 
……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
 
La mattina seguente Tokyo si svegliò sferzata da un vento gelido.
Kaori, uscendo di casa, notò Mick, all’interno della sua Chevrolet Camaro rossa, attenderla.
-Ehi Kaori!- la chiamò l’americano -Visto che non hai l’auto posso venire a prenderti io la mattina! Il mio albergo è qua vicino…-
Kaorì salì sull’auto maledicendosi di essersi fatta riaccompagnare a casa la sera precedente. Adesso, ne era sicura, non l’avrebbe più lasciata in pace.
-Grazie Mick- sussurrò, poco prima che l’auto partisse sgommando.
Erano a pochi isolati dall’Interpol quando Kaori notò uno strano movimento lungo il marciapiede.
Fece accostare Mick e si diresse sull’altro lato della strada. A metà del suo tragitto si accorse che alcuni clienti di un bar scappavano fuori impauriti.
 
-Brutta stronza che non sei altro!- gridò un tipo con il volto mezzo coperto da una sciarpa.
-Vattene subito fuori dal mio locale, idiota!!! Riprenditi il tuo amico e non fatevi più vedere!!- ringhiò la ragazza dall’altra parte del bancone brandendo una padella.
Un secondo uomo giaceva disteso vicino al bancone, massaggiandosi la testa e lamentandosi.
-Sei una puttana!- sbraitò il tizio avvicinandosi dirompente verso la barista.
Ma Kaori gli fu addosso in pochi balzi, bloccandolo in una stretta morsa da dietro.
Lui non la poteva vedere e cercò di divincolarsi come meglio poté, invano.
-Che cazzo vuoi tu adesso??- ringhiò di nuovo, dimenandosi.
Kaori lo colpì alle gambe facendolo cadere in ginocchioni e velocemente estrasse la pistola, puntandogliela alla testa.
-Voglio che tu te ne stia buono buono un attimo- gli sussurrò all’orecchio.
Quello, sentendo la canna della pistola premergli sul cranio, alzò le mani in segno di resa.
La barista la guardava allibita da dietro il bancone. Il locale era ormai deserto quando il campanello della porta tintinnò e Mick fu dentro.
-Tanto di cappello Kaori- scherzò quello prendendole la pistola dalle mani per permetterle di legare i polsi al malvivente con una fascetta.  Strinse così forte che quello imprecò, ma si zittì subito quando Mick caricò il cane della pistola.
Una volta bloccato anche l’altro steso a terra, Kaori si avvicinò alla ragazza dai lunghi capelli scuri.
Era visibilmente impaurita e stringeva ancora la padella tra le mani.
-Ciao, come ti chiami?- chiese teneramente
-Miki- rispose flebile l’altra.

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Capitolo 11
*** Condizioni ***


-Miki puoi lasciarla la padella- sorrise Kaori -Adesso sei al sicuro, ci siamo noi…-
-Gr… grazie… Ti sono debitrice- disse la ragazza, lasciando la padella e prendendo le mani di Kaori.
Kaori le sorrise e la guardò
-Ti hanno fatto male?-
-No… Cioè quello si è avvicinato, io ho avuto paura e l’ho colpito con la padella…-
-Non ti preoccupare… Gli sta bene!- rise l’altra -Ma cosa volevano? L’incasso?-
-No…- rispose titubante Miki volgendo lo sguardo verso i due malviventi.
Kaori capì subito che la ragazza aveva paura di ciò che avrebbero potuto farle se le avesse detto la verità quindi non aspettò oltre e ribadì:
-Sicuramente volevano fare gli idioti e ci sono riusciti… Vedrai, Miki, che una notte al fresco gli farà bene a questi due e non verranno più nel tuo locale a disturbarti…-
Miki le sorrise amorevolmente chinando la testa in segno di ringraziamento.
Kaori raggiunse Mick Angel poco distante
-Avresti dovuto chiederle spiegazioni, con che accusa li metti dentro questi due?- le chiese sommessamente all’orecchio
-Non è giusto farla parlare adesso, soprattutto con loro due davanti… Potremmo creare ritorsioni e poi…-
Kaori non fece in tempo a finire il discorso che il campanello della porta tintinnò violentemente e Ryo fece irruzione dentro il locale seguito da Falcon.
Incrociando lo sguardo del suo ‘collega’ notò come fosse sorpreso di vederla là dentro e di quanto fosse scocciato nel notarla così maledettamente vicina all’agente CIA.
-Sei arrivato tardi Saeba…- scherzò Kaori, allontanandosi da Mick
-Abbiamo ricevuto la chiamata cinque minuti fa, eravamo la pattuglia più vicina… Come mai l’Interpol adesso fa il lavoro della polizia?- ironizzò Ryo.
Colpita e affondata. Se avesse voluto trovare parole più perfide per farle notare che non era più una poliziotta non ci sarebbe riuscito.
-Piuttosto è l’Interpol che è cinque minuti avanti alla polizia mi sembra- sentenziò Falcon, poi aggiunse rivolgendosi alla barista -Miki, tutto bene?-
-Si, grazie Falcon- sorrise la ragazza.
-Falcon conosci questa graziosa creatura?- rise beffardo Ryo verso il gigante.
-Ehm, si… Faccio colazione qui la mattina…- borbottò l’altro, tingendosi di rosso.
Kaori guardò il suo collega scherzare con Falcon ed a malincuore notò che erano una bella squadra.
Ryo sembrava a suo agio con il nuovo compagno di lavoro. Non conosceva molto bene Falcon ma l’aveva visto varie volte in azione e sapeva che era un poliziotto in gamba. Di certo Ryo aveva trovato qualcuno a coprirgli le spalle migliore di lei.
 
Kaori si avvicinò a Ryo.
-Dato che l’Interpol non fa il lavoro dei poliziotti, ti affido i due teppisti, magari una notte in cella non gli farà male…-
-Con che accusa li butto dentro?- chiese senza neanche guardarla in faccia.
-Non saprei, ma confido in te e nella tua immaginazione…- rispose l’altra, uscendo dal locale seguita da Mick Angel.
Niente sembrava più filare liscio.
 
Quel pomeriggio, il Distretto di polizia di Shinjuku sembrava essere diventato il posto più noioso del mondo da quando Falcon aveva ordinato a Ryo di sistemare i vari documenti sul suo computer.
Ryo guardava il monitor pieno zeppo di documenti e si malediceva mentalmente per essersi fatto spostare alla terza divisione quando il telefono sulla scrivania di Falcon squillò.
-Pronto?-
-Quante volte ti ho già detto di non rispondere al mio telefono?- gli chiese Falcon dall’altra parte della cornetta
-Beh mi stavo annoiando…- sbuffò l’altro
-Sono in laboratorio… Ho delle novità sulla droga usata negli omicidi…- […]
 
Kaori osservava Tokyo sfrecciare veloce al di fuori del finestrino della Camaro rossa di Mick.
La sera ormai volgeva al termine quando Mick accostò l’auto sotto casa di Kaori:
-Ehi Kaori ti vedo strana questa sera; qualcosa non va? - le chiese carinamente
Kaori si girò a guardarlo. Appena conosciuto non lo sopportava: il classico americano attraente che fa cascare tutte ai suoi piedi. Ma adesso le sembrava diventare ogni giorno più gentile con lei.
Abbozzò un finto sorriso e gli rispose:
-Non so Mick… In questa settimana sono successe così tante cose… Ho la testa da un’altra parte, perdonami se non parlo molto ma…-
-Ma no figurati… Mi rendo conto… Ma cos’hai qui Kaori??- chiese quello indicandogli la maglietta
Kaori guardò il punto che indicava l’uomo e notò che la maglia era sporca di sangue: la ferita si era aperta.
-Cazzo- sibilò quella uscendo veloce dall’auto.
-Ehi Kaori ferma!- la seguì Mick trattenendola -Che diavolo hai fatto? Quello è sangue…-
-Nulla di grave Mick, avevo una ferita, probabilmente si è riaperta…-
-Non si può lavorare in queste condizioni… Perché il tuo direttore ti tiene a lavoro?? Avvertirò subito l’ispettrice Nogami- disse l’americano sfilando il telefono dalla tasca  -Tu dovrest…-
-No, Mick!- gli rispose brusca lei bloccandogli la mano -Non devono saperlo, non voglio stare a casa… Ti prego non dirlo a nessuno…- aggiunse poi dolcemente.
Mick la guardò negli occhi un attimo che gli parve un’eternità: quella ragazza gli toglieva il respiro. Eppure in vita sua di donne ne aveva conosciute a bizzeffe, eppure nessuna di quelle bamboline gli aveva mai fatto provare una sensazione del genere.
-Ok, ok… Parliamone, che cosa intendi fare? Hai la maglietta fradicia di sangue… Andiamo all’ospedale?- chiese un Mick più preoccupato che mai.
Kaori lo guardò con un sorrisetto malizioso: -Ma… Gli agenti CIA non sanno mettere i punti?-.
 

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Capitolo 12
*** Scusami ***


-Ma che diavolo hai combinato Kaori?- chiese Mick Angel poco dopo, mentre, nel piccolo appartamento di Kaori, si preparava ad intervenire sulla ferita.
-Vuoi saperlo per forza?- rispose Kaori corrugando la fronte, titubante.
-Si, o sarò costretto prima a chiamare Saeko e poi a portarti in ospedale…-
-Ok, ok…- sospirò lei, poi aggiunse -L’altra notte, al night… Quando ho dato una mano a Saeba… E’ stato lì che mi hanno colpito. Uno aveva un pugnale e… Stava per ferire il mio collega… Io mi sono messa in mezzo, tutto qui…-
-Tutto qui? Ti sei presa una coltellata al posto suo e non hai detto niente al Distretto. Ti sembra normale?-
-Non volevo che Ryo finisse nei casini col Direttore, e poi non è così grave… E’ solo un taglietto…-
-Non è un taglietto- borbottò l’uomo intento a pulire la ferita, mentre lei stava seduta sul tavolo con la scatola del kit medico in mano.
-Per favore Mick, non dire niente al Direttore, ne alla Nogami… Mi lascerebbero fuori dal caso della PCP…-
-Allora è questo che ti preme?- chiese lui, puntandogli quegli occhi color ghiaccio fino in fondo all’anima.
-Si… Avrei voluto lavorare agli omicidi e mi hanno buttato fuori… Vorrei almeno occuparmi della Polvere degli Ang…-
Ma la ragazza non finì il discorso che qualcuno si catapultò nell’appartamento.
Kaori e Mick si girarono di scatto mentre un Saeba preoccupato faceva irruzione in cucina.
-Che cazzo è successo?-
-Prego, accomodati pure Ryo; non si usa bussare??!!!- ironizzò l’altra
-Ci sono gocce di sangue dal pian terreno fino alla tua porta, figurati se mi metto a bussare…- rispose l’altro scuro in volto.
-Comunque nulla di grave Saeba- Intervenne Mick -Si sono aperti alcuni punti… Sai la coltellata che Kaori si è beccata per te??!! Ecco, ci sto pensando io…- sentenziò duro, tornando a lavorare sulla ferita
Ryo strinse i pugni e serrò la mascella avvicinandosi ai due. Guardò Kaori seduta sul tavolo della cucina cercare di coprirsi con la maglietta il tanto che bastava per permettere a Mick di darle i punti. Odiava vedere la sua socia stare male a causa sua. Odiava sé stesso per averla messa nei guai e odiava che quel Mick le stesse così addosso.
Avrebbe venduto l’anima al diavolo per non averla tirata in mezzo, ma lo sapeva bene che, alla fine, tutta quella situazione, era a causa sua.
Kaori guardò Ryo di sottecchi. Sembrava preoccupato e teso allo stesso tempo. Non l’aveva mai visto così.
 
Quando Mick finì di suturare, Kaori si rivestì alla svelta.
Non mostrando alcun segno di cedimento convinse i due uomini a non preoccuparsi per lei e praticamente li buttò fuori di casa in men che non si dica. Aveva solo voglia di buttarsi sul letto e dormire. Cosa che praticamente non faceva da giorni con tutti i pensieri che aveva a rimbombarle in testa.
Erano passati poco più di dieci minuti, durante i quali Kaori si era fatta una doccia veloce ed aveva indossato il pigiama, che qualcuno bussò alla porta.
Guardando dallo spioncino notò che Ryo era di nuovo sul suo uscio di casa.
Aprendo la ragazza si appoggiò allo stipite della porta con aria interrogativa.
-Potrai prendere per il culo l’americano, ma me no. Si vede lontano un miglio che sei a pezzi. Sei bianca come un cadavere-
-Grazie per i complimenti. Credo di non averli mai ricevuti così tanti in un’unica frase…- sentenziò Kaori chiudendo la porta dopo che Ryo fu entrato
-Ho preso la pizza, così mangi qualcosa… Ed anche dei ricostituenti…-
-Sei andato in farmacia? Per me?-
-Che domande sono? Ovvio-
Kaori si zittì. Saeba difficilmente faceva la parte del preoccupato, ma questa volta doveva ammettere che gli stava riuscendo proprio bene.
Mangiarono la pizza in silenzio e poi si misero seduti sul divanetto a guardare la tv; dovevano entrambi staccare la spina dal caso e da quella settimana d’inferno.
-Non ti preoccupare per me Saeba- disse ad un tratto Kaori -Sto bene, non c’è motivo che tu mi faccia compagnia stasera… Non hai nessuna bella pollastrella da abbindolare stanotte??- chiese ironica senza togliere lo sguardo dalla tele
-No, stanotte no. Voglio stare con te stanotte. Non riesco a dormire da giorni…- sospirò l’altro, poi aggiunse -Mi dispiace Kaori… Per quello che è successo… Non avrei mai voluto tirarti in mezzo a questa faccenda… Non avrei mai voluto che ti ferissero ne che ci separassero… Io… MI dispiace- Esordì Ryo guardandola.
-Scuse accettate Saeba- sorrise teneramente Kaori di rimando -Ma non è stata colpa tua… Mi ci sono infilata da sola in questo casino…-.
-Beh… Che ne dici adesso di riposarti un po'?- le chiese lui, tirandola giu delicatamente, fino a farle appoggiare la testa sulle sue gambe.
-Prova a dormire un po', ragazzina… Stiamo insieme stanotte- le sussurrò all’orecchio appena si fu addormentata.

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Capitolo 13
*** Messaggi ***


Il sole filtrava pallido attraverso le tende tirate. Kaori aprì gli occhi poco prima che la sveglia suonasse.
Sedendosi sul divanetto si portò una mano alla fronte quasi come se ciò l’aiutasse a rimettere a posto i pezzi della serata precedente. Si guardò intorno ma di Ryo nessuna traccia. Probabilmente se ne era già andato.
Ne ebbe la conferma quando, sul cartone della pizza abbandonato sul tavolo dalla sera precedente, trovò scritto: ‘Buongiorno ragazzina, prendi i ricostituenti. Ci vediamo stasera. R.
Inghiottì due pasticche con un sorso d’acqua e quasi si sentì subito meglio. Poi cercò qualcosa da mangiare ma, maledicendosi mentalmente per non aver avuto tempo quella settimana per fare la spesa, decise di prendere un caffè al bar.
Dopo una decina di minuti usciva dal portone del condominio diretta al bar più vicino. Ad un tratto però pensò a Miki, la ragazza del bar che aveva soccorso ieri. Il suo bar si trovava a qualche isolato di distanza, ma decise comunque di andare lì.
 
Quando la campanella della porta tintinnò, Miki salutò calorosamente la nuova arrivata.
La ragazza si sedette al bancone, invitata dalla barista che subito si mise all’opera per prepararle un caffè.
Data l’ora, il bar non era ancora molto affollato, e Kaori riuscì a mangiare due fette di torta appena sfornata.
Miki sembrava entusiasta della voracità con cui Kaori aveva mangiato la sua torta e la guardava compiaciuta.
Iniziarono a discorrere del più e del meno ma il discorso girò inesorabilmente su ciò che era successo il giorno prima:
-Ehi Miki… Non ti va di dirmi per quale motivo quei due tizi ti stavano importunando?-
Ad un tratto il bel sorriso sulla faccia della barista sembrò oscurarsi. Abbassò lo sguardo e passò una manciata di secondi prima che rispondesse:
-Volevano spacciare droga nel mio locale… Ci hanno già provato un paio di volte nell’ultimo mese… Non mi era mai capitato, inizio ad avere paura…-
-Miki tu sai che se non li denunci la polizia non può fare niente, vero? Quei farabutti avranno passato la notte al distretto ma li butteranno fuori presto senza un’accusa…-
-Lo so Kaori ma… Non sono due teppistelli qualunque… Mi sono informata… Ormai tutta Shinjuku è sotto il loro controllo, posso denunciare loro ma ne verranno altri…-
-Non sai nient’altro su questa droga o su questa famiglia, Miki?-
-No nient’altro… A parte che si fanno chiamare Unione… Tutto qui…- rispose frettolosamente la barista mentre usciva da dietro il bancone per prendere un’ordinazione al tavolo.
Kaori rimase spiazzata e le ci vollero alcuni secondi per fare il punto della situazione.
Questa ‘cosa’ andava fermata subito. L’Unione doveva essere debellata, anche se fosse stata la sua ultima missione. Costi quel che costi.
Quando Miki tornò al bancone Kaori non c’era più. Sotto il piatto della torta trovò i soldi della colazione ed un messaggio scritto su di un tovagliolo di carta: ‘L’unione ha il tempo contato. Per qualsiasi cosa chiamami. K.’ Seguito dal numero di telefono.
 
-Pronto?-
-Ciao Ryo, ho bisogno che tu mi faccia un favore…-
-Dimmi tutto piccola-
Kaori sorrise sentendo quel termine riferito a lei -Hai presente i due tipi di ieri? Quelli del bar?-
-Si…-
-Sono ancora in cella?-
-Si, ma per poco… Dovrebbero buttarli fuori a minuti…-
-Ok, devi mettere una cimice da qualche parte a uno dei due-
-La fai facile tu… Lo sai che ci vuole una richiesta per queste cose… Se mi becca il capo mi butta fuori, ma non dal distretto, dal Giappone direttamente-
-E da quando in qua Ryo Saeba pensa alle formalità?- chiese ironica la ragazza
-Da quando il capo mi ha affiancato quel segugio di Falcon…-
-Ryo, quelli sono due scagnozzi dell’Unione. Torneranno alla base prima o poi e…-
-E noi non possiamo farceli scappare. Fanculo le formalità… Vado a vedere cosa posso fare…-
-Ti adoro Saeba-
-Non sai io, ragazzina-
CLICK
 
Quel pomeriggio il sole aveva abbandonato i cieli di Tokyo per rifugiarsi dietro a grossi nuvoloni plumbei che incombevano tuonando sulla città.
Kaori stava tornando a casa dal negozietto vicino con una busta carica di spesa. Mick aveva obbligato Saeko, con una scusa, a darle il pomeriggio libero. Doveva ammettere che le aveva fatto piacere tutta la premura che l’americano aveva avuto nei suoi confronti.
Era vicina a casa quando una ragazza le si parò di fronte.
All’inizio non l’aveva riconosciuta dato il cappuccio della felpa tirato fino sul naso ma poi si ricordò di lei. Era la ballerina del night. Quella che per prima le aveva detto della Polvere degli Angeli.
Vestita così e struccata era quasi del tutto irriconoscibile.
-Ciao poliziotta- esordì quella guardandola negli occhi -Ho alcune cose da dirti prima che mi facciano fuori… Quindi abbiamo le ore contate…-
Kaori, metabolizzando le parole appena sentite, le disse gentilmente: -Vieni con me- ed entrambe s’incamminarono verso casa della ragazza.
 
Grosse gocce di pioggia sbattevano violentemente sul vetro della finestra di cucina mentre Kaori riponeva la spesa.
La ragazza stava seduta al tavolo, con una tazza di thè fumante tra le mani e guardava Kaori con ammirazione.
-Certo che ci vogliono le palle nel tuo lavoro- esordì quella
-No… Ci vuole passione… E amore per la giustizia… Nient’altro- rispose la poliziotta guardandola, poi aggiunse: -Non mi hai ancora detto come ti chiami…-
-Mi chiamo Eriko-
-Io sono Kaori, ma dimmi, Eriko, come hai fatto a trovarmi?-
-Oggi per caso sono andata al bar vicino a casa mia, la proprietaria, Miki, è molto gentile, mi conosce, sa che lavoro faccio e che non ho molti soldi… Spesso mi offre la colazione e facciamo due chiacchiere. E oggi mi ha parlato di te. Che l’hai salvata. Ti ha descritta e subito ho capito che eri te. ‘Quante poliziotte ci saranno mai in tutta Tokyo con i capelli corti e gli occhi nocciola belli come i tuoi’ ho pensato. Mi ha detto in quale quartiere abitavi ed oggi pomeriggio sono venuta qui… Volevo cercarti… Ho chiesto in un paio di negozi e una signora ha detto che vivevi in questo palazzo. Stavo venendo qui quando ti ho visto…-
-Beh, sei una brava detective non c’è che dire- le rispose scherzosamente Kaori, poi tornò seria -Di cosa mi devi parlare Eriko?-
-Voglio dirti tutto quello che so sulla Polvere degli Angeli. So che rischio la pelle, anzi, probabilmente già mi staranno cercando, ma non voglio vedere altre ragazze morire, come fossero giocattoli spezzati nelle mani di bambini troppo cresciuti…-
Kaori la guardò negli occhi.
-Non ti accadrà niente Eriko, te lo prometto… Se decidi di collaborare verrai messa sotto protezione-.
-Non sai che la maggior parte dei poliziotti sono corrotti? Mi troveranno in men che non si dica…- sorrise amaramente quella, poi aggiunse -Comunque ciò non mi farà tornare indietro. Questa vita ormai l’ho sprecata fino adesso, ora è il momento di fare qualcosa di buono per gli altri, di fare qualcosa di buono per me-.
La luce di un lampo invase la stanza, le luci traballarono e un tuono scoppiò fragoroso su tutta Tokyo; la pioggia non accennava a diminuire.
Eriko fece un sospiro, guardò Kaori ed iniziò a raccontare…
 

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Capitolo 14
*** Verità rivelate ***


La pioggia continuava a cadere incessante sopra i tetti di Tokyo. Kaori guardava Eriko dormire tranquilla sul divanetto di casa. Era crollata poco dopo aver finito di raccontare la sua storia.
Non era servito poi molto: solo pochi discorsi per risolvere l’enigma della Polvere degli Angeli.
Non ne aveva ancora la certezza matematica ma aveva capito come l’Unione operava indisturbata per le strade di Shinjuku.
Doveva assolutamente avvertire Ryo. Guardò l’ora: erano da poco passate le nove di sera. Lo chiamò varie volte ma non ricevendo alcuna risposta constatò che o era ancora a lavoro o era impegnato in qualche tresca notturna. Più probabilmente la seconda.
La ragazza guardò fuori dalla finestra: il temporale imperversava su Shinjuku e solo per un attimo un misto di rabbia e tristezza invase il suo cuore. Aveva così tanto bisogno di Ryo per andare avanti nella risoluzione del caso? No. Lei aveva bisogno di Ryo semplicemente perché con lui si sentiva al sicuro. Si sentiva imbattibile. Questa era la verità. Non voleva ammetterlo a se stessa ma LEI aveva bisogno di LUI al fianco.
Lui le aveva dato forza cinque anni prima quando tutto le era sembrato sgretolarsi intorno a lei.
E adesso di nuovo quella sensazione.
Ma non poteva permettersi di rimanere in standby solo perché Saeba non rispondeva al telefono. Non poteva permettersi di regalare tempo all’Unione. Guardandosi intorno guardò i fascicoli di Hide accatastati in un angolo del salotto. Doveva ancora finire di leggerli. Forse, con la chiave di volta del caso raccontatale poco prima da Eriko, sarebbe stato più facile incastrare i pezzi mancanti.
Prese uno tra i tanti faldoni e cominciò a sfogliarlo.
 
 
Le fredde luci al neon del commissariato di Shinjuku erano ormai quasi tutte spente. Ma, nella grande stanza della Terza Divisione, una lampada da scrivania proiettava il suo fascio avvolta dall’oscurità. Come una scintilla che può illuminare il più profondo dei pozzi.
Ryo era seduto alla scrivania, di fronte a lui Falcon.
Lavoravano al caso della PCP da ormai molte ore.
- Andiamo…- disse d’un tratto il gigante.
-Non che ami particolarmente farlo ma… Dobbiamo ancora finire di stilare il rapporto…- rispose Ryo
-Muovi il culo o ti chiudo dentro-
-Che modi… Dove andiamo? Birretta?- chiese l’altro spengendo il monitor
-Idiota… Devo andare a trovare un’amica- sorrise Falcon sotto i baffi
-O beh, ancora meglio…-
 
Entrando nel grande edificio notarono come pullulasse di gente nonostante l’ora. Tutti sembravano molto impegnati e solo dopo alcuni minuti di attesa in un salottino adibito qualcuno aprì la porta cercandoli all’interno.
-Ehi Falcon! Come va?- chiese una ragazza piuttosto giovane che indossava un lungo camice bianco.
-Tutto bene Kazue, grazie… Tu come stai?-
-Si tira avanti- rispose quella inserendo alcune monete nella macchinetta del caffè.
-Kazue sei riuscita a…-
-Si, non ti avrei detto di venire altrimenti! Seguitemi, parleremo con più tranquillità nel mio studio- detto questo estrasse il caffè fumante dalla macchinetta e si catapultò nei corridoi.
Ryo seguiva Falcon.
-Che tipa! Ma chi è?-
-E’ la figlia di un mio vecchio amico. Lavora come chimico in questa industria farmaceutica. Le ho chiesto un piacere…-.
Entrando nello studio Saeba notò quante attrezzature ci fossero e soprattutto quanto caos a giro.
-Accomodatevi pure…- li esortò gentilmente, poi continuò -Allora, sono riuscita a dare un’occhiata alla relazione del medico forense… Qua dice che la vittima, oltre che alcol in lieve quantità, aveva assunto anche sostanze stupefacenti ed allucinogene, tra le quali: fenciclidina, mda e benzodiazepine.
Da ciò che ho appreso con le vecchie relazioni riguardanti i casi di PCP di dieci anni fa, solo la fenciclidina era alla base della Polvere degli Angeli e nient’altro. Non credo che la ragazza abbia assunto tre diverse droghe in una serata… Piuttosto, secondo me hanno sintetizzato una nuova droga, sempre sulla base della vecchia fenciclidina ma aggiungendo altre sostanze, con effetti particolarmente ipnotici e dissociativi-
-Quindi pensi che la nuova Polvere degli angeli sia più pericolosa della vecchia?- chiese Falcon
-Direi proprio di si, non posso esserne sicura al cento per cento, ma suppongo che chiunque assuma quella droga sia fortemente e facilmente manipolabile da terze parti. La Fenciclidina altera il giudizio, le benzodiazepine tolgono la consapevolezza. Un cocktail di droghe pauroso-.
Ryo balzò in piedi.
-Kazue, se una persona assume questa nuova PCP può arrivare a suicidarsi se le viene ordinato??-
Kazue guardò Saeba per un attimo, poi sospirò: -Assolutamente si-.
 
 
Non poteva crederci.
Kaori guardava allibita la pagina di fronte a lei.
Rilesse varie volte la stessa relazione soffermandosi sui nomi. Guardò la data in cui era stata stilata: dieci anni prima; esattamente quella notte che le era rimasta impressa nella mente.
Aveva diciassette anni. Era tardi. Stava nel letto con un orecchio teso a sentire se Hide fosse rincasato. Una strana sensazione le attanagliava lo stomaco. Poi il telefono squillò. Un’infermiera le disse che suo fratello si trovava in ospedale. Si ricordava ancora come le parole le si mozzarono in gola. Si ricordava di come si era vestita al volo e della corsa per prendere un taxi.
Poi tornò alla realtà.
Le mani avevano iniziato a tremare come dieci anni prima.
Rilesse sul fascicolo il passaggio: ‘L’agente Makimura Hideyuki protegge l’agente infiltrato Saeba Ryo. L’agente Makimura Hideyuki viene colpito al petto. L’agente infiltrato Saeba Ryo rimane illeso. Lo scontro a fuoco avviene…’
Quella notte, durante il blitz, erano morti molti agenti. Kaori ringraziò Dio in cuor suo che la vita di Hide non fosse finita lì, e neanche quella di Ryo, che suo fratello aveva protetto a discapito della sua.
In quel blitz era deceduto anche il collega di Ryo: Kenny. Le aveva parlato alcune volte di lui. Ma non le aveva mai detto come fosse morto.
Adesso capiva come mai Ryo avesse tanto a cuore la risoluzione del caso. Come mai tentasse di tenerla lontana. Aveva perso un collega nella lotta contro l’Unione Teope, probabilmente conosceva il rischio e non voleva che vi fosse immischiata pure lei.
Capiva anche come mai Hide fosse così incuriosito dalle svolte del caso. La chiamava spesso per conoscerne l’andamento. Forse anche lui temeva per la sua incolumità. O forse la cicatrice sul suo petto aveva ricominciato a bruciare.
Non poteva ancora credere che una notte di dieci anni prima i destini delle due persone più importanti della sua vita si fossero incrociati così.
Hide aveva perso il suo lavoro a causa di quella ferita.
Ryo aveva perso il suo collega a causa della PCP.
Lei aveva quasi perso suo fratello.
Qualunque cosa facesse o pensasse, le sembrava proprio che la ruota incontrastabile del destino si fosse rimessa in moto.
Dopo dieci lunghi anni.

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Capitolo 15
*** Buoni propositi ***


La mattina seguente la pioggia era cessata, ma grossi nuvoloni neri minacciavano tempesta sopra i grattacieli di Tokyo.
Kaori guardava fuori dalla finestra. Si era già preparata e stava aspettando che Eriko finisse di fare la doccia.
Pensò a Ryo. Non l’aveva più richiamata e non si era neanche fatto vivo dalla sera precedente. Subito un brivido le pervase la schiena.
Quasi d’impulso prese il telefono e compose il numero che ormai sapeva a memoria.
Telefono spento.
Dove diavolo era finito?
Non fece nemmeno in tempo ad ipotizzare cosa stesse combinando il suo collega che qualcuno bussò alla porta di casa.
Kaori veloce corse ad aprire pensando che potesse essere Ryo ma una leggera delusione turbò il suo volto quando, aprendo, scoprì che sulla porta c’era Mick.
-Kaori non sei felice di vedermi? - sorrise Angel
-Ehm?... No, ma cosa dici… Accomodati pure Mick…-
-Come ti senti oggi? Meglio? Te la senti di venire a lavoro?-
-Certo che me la sento Mick… Tra l’altro… Ho delle novità…- Ma non finì il discorso che Eriko entrò nella sala.
-Kaori, chi è questa ragazza?-
-Lei è Eriko, Mick. E’ la persona che ci permetterà di annientare l’Unione Teope-
 
 
La Chevrolet Camaro di Mick sfrecciava veloce sulla Tangenziale est di Tokyo.
-Quindi il traffico della droga avviene attraverso le prostitute?- chiese Mick stupito
-Si. La maggior parte delle prostitute di Shinjuku sono state ‘assoldate’ dall’Unione. Praticamente per un misero compenso in denaro diventano i corrieri della droga- rispose Eriko guardando la città scorrere veloce fuori dal finestrino.
-Quindi, se è come dici, basta fermare una prostituta qualunque e farle fare da infiltrato per…-
-No!- urlò Eriko infastidita -Sono già morte abbastanza ragazze mi sembra… Comunque non è così semplice. L’Unione utilizza il Dark Web per i suoi loschi scopi. Ogni sera le ragazze ‘corrieri’ vengono cambiate. Sul Dark Web vengono aggiornate le foto degli ‘Angeli’. Chi vuole la roba deve cercarle. Le ragazze non sanno del loro lavoro se non poco prima di sera. Vengono contattate dall’Unione che le informa su dove sia nascosta la roba che dovranno smerciare quella notte. Da ciò che ho sentito dire le ragazze non interagiscono con nessuno dell’Unione, se non al telefono. Quindi è inutile tirarle in mezzo a questa storia. Già che rischiano la vita praticamente tutte le notti…-.
-Non ti preoccupare Eriko… Nessuno toccherà le ragazze, stai tranquilla. Non metteremo le loro vite in pericolo puoi contarci- esordì Kaori guardandola negli occhi.
Mick guardò la collega ammiccare un sorriso alla giovane donna seduta sui sedili posteriori dell’auto.
Dio se era bella Kaori quella mattina. Nella sua semplicità. Nella sua sincerità. Eppure si vedeva lontano un miglio che non aveva chiuso occhio tutta la notte.
Quella ragazza dai capelli corti lo attraeva da matti. Eppure di ragazze ne aveva passate… Perché? Perché proprio lei? Il suo mandato in Giappone non sarebbe durato in eterno… Ma solo adesso si chiedeva se avesse preferito tornarsene subito a New York oppure rimanere lì per sempre.
-Mick???!…-
-Ehm si?- chiese l’uomo tornando coi piedi per terra e rendendosi conto che aveva già parcheggiato di fronte all’Interpol -Si, dimmi Kaori…-
Kaori lo guardò per un po’ : -Ti senti bene?-
-Cosa?-
-Sei strano…-
‘Certo che se se ne accorge lei che mi conosce da una settimana, la cosa mi si deve proprio leggere in faccia’ pensò Mick rammaricato.
-Comunque volevo parlarti un attimo in privato, possiamo salire nel tuo ufficio?-
 
 
-Ma cosa dici Kaori? Certo che dobbiamo informare Saeko e l’Interpol di Eriko!-
-Non voglio che le capiti qualcosa, capisci?- gli rispose la donna
-E tu come penseresti di proteggerla? Se chiediamo la protezione testimoni per lei, sarà al sicuro! Potrebbe anche migliorare la sua vita… Non ci pensi?-
-Si, ma… Non so… Ho una strana sensazione… Se l’Unione la trovasse? Se le facessero del male? Non potrei perdonarmelo…-
-Kaori, cosa vuoi fare allora? Nasconderla a casa tua per sempre? Rifletti su ciò che dici… Abbiamo forse alternative?-
Kaori lo guardò afflitta. Eriko aveva sempre vissuto nell’illegalità e adesso la legge l’avrebbe davvero protetta?  Stava davvero facendo la cosa giusta? -Ok- disse rassegnata, aprendo la porta dell’ufficio.
 
…………………………………………………………………………………………………………………………………………..
 
Ryo guardava il puntino rosso sul monitor muoversi tra alcune vie di Tokyo. La ragazzina aveva fatto centro stavolta. Quei due tizi che avevano recuperato al Cat’s Eyes la mattina precedente facevano davvero parte dell’Unione. Pesci piccoli ma molto utili. Con una microspia nascosta nella fodera del giacchetto di pelle di uno dei due adesso vedeva in diretta i loro spostamenti e senza dubbio, la loro ultima fermata, lo incuriosiva non poco: l’ex scalo merci di Shinjuku. La vecchia stazione, ormai inutilizzata da anni, era forse il loro punto di smercio?.
Con un’occhiata d’intesa guardò Falcon.
-Andiamo a fare un giro- si limitò a dire il gigante rinfoderando la sua Desert Eagle.
 
Giunti sul posto si limitarono ad osservare da lontano la zona.
Ryo, munito di cannocchiale, osservava il via vai di gente all’interno della vecchia stazione fatiscente. Un piccolo camioncino aveva già scaricato alcuni scatoloni che venivano trasportati all’interno.
Falcon monitorava i movimenti dei tipi sul gps.
-A vedere dalla gente che c’è, deve esserci un bel giro da queste parti. Una rete bella fitta non c’è che dire…-
Sentenziò Saeba rientrando in auto.
-Già… La tua collega c’ha visto lungo… Dai torniamo al distretto, dobbiamo informare il capo…-
Ryo pensò a Kaori. Non l’aveva più richiamata. Il suo telefono cellulare si era scaricato la sera precedente e non si ricordava il numero di lei. ‘Accidenti a me’ continuava a pensare; averla avuta al fianco cinque anni gli aveva forse fatto dimenticare quanto in realtà fosse importante per lui? Oppure non se ne era mai accorto prima di essere stato separato da lei?
Solo di una cosa era certo: quella ragazzina era la persona più importante della sua vita.
E lui la rivoleva al suo fianco.
 
 

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Capitolo 16
*** Rewind ***


Saeko era seduta sulla sua poltrona di pelle bianca, gambe accavallate, braccia incrociate e una strana smorfia pretenziosa sulla faccia.
Aveva ascoltato il racconto di Eriko pochi minuti prima e adesso aspettava con impazienza notizie  dal tecnico informatico che si stava operando per trovare il sito con il quale l’Unione contrabbandava droga.
-Finalmente, in qualche modo, ti sei rivelata utile pure tu, Kaori- aveva sentenziato poco prima.
Mick aveva guardato la ragazza dai capelli corti con tristezza, sapeva bene quanto la Nogami potesse essere stronza. Ma, con suo stupore, Kaori non aveva reagito, anzi. Probabilmente non l’aveva neanche sentita.
 
Kaori stava pensando a Ryo. Chissà se lui avrebbe approvato quella situazione? Avrebbe venduto anche lui una testimone alla Nogami? Per cosa poi? Una misera pista sul dark web?
-Trovato!- il tecnico informatico fece cenno ai tre di avvicinarsi -Ecco la pagina… Sembra un sito di prostituzione… Ci sono le foto delle ragazze e… Qua ci sono quelle degli ‘Angeli’-
-Bene… Quindi la ragazza non mentiva…- sussurrò Saeko -Riesci a risalire all’indirizzo IP del computer dal quale aggiornano le foto?- chiese al tecnico.
-Posso provarci, ma il deep web solitamente usa reti criptate, non sarà facile…-
-Sei o non sei il tecnico informatico migliore di tutta Tokyo? Sono convinta che ce la farai…- Gli sussurrò maliziosamente la bella ispettrice.
 
Kaori, non sopportando più il modo di fare di quella donna, stava per andarsene quando bussarono alla porta.
Entrò un agente dell’Interpol in borghese che chiese il permesso di trasportare Eriko in uno degli alloggi adibiti al programma protezione testimoni di Tokyo.
Kaori scattò in piedi  : -Vado con loro- esordì e, senza nemmeno aspettare un consenso da parte della Nogami o di Mick, uscì dall’ufficio seguita dall’agente.
-E’ troppo indisciplinata, non trova, signor Angel?- chiese l’ispettrice.
Mick si limitò a stringere le labbra in un forzato assenso: ‘E’ troppo vera, piuttosto’ pensò.
 
………………………………………………………………………….
L’alloggio di Eriko non era male. Kaori vi era già stata un paio di volte in quella zona di Tokyo. Lo chiamavano Palazzo Blu ed era uno dei pochi palazzi interamente adibiti al programma protezione testimoni.
Solitamente le persone venivano messe al sicuro lì fino a che un magistrato ne avesse autorizzato lo spostamento ed un giudice, a seconda della gravità della situazione, lo avesse approvato.
-Ti troverai bene qui, Eriko, vedrai… Sarà un po’ dura all’inizio, fino all’udienza, ma vedrai che poi potrai rifarti una nuova vita, lontano da qui e dall’Unione…- la incoraggiò Kaori -Appena posso verrò a trovarti, ti va?-
-Si, grazie Kaori- le sorrise affabile Eriko, quella ragazza le ispirava fiducia.
-Bene, adesso devo tornare all’Interpol, passerò presto… Ti lascio il mio numero, non esitare a chiamarmi per qualunque motivo, ok?-
-Ok- rispose prontamente la ragazza, salutandola e chiudendosi la porta alle spalle.
Quell’appartamento era molto carino, sicuramente di più di tutti gli appartamenti in cui aveva vissuto in vita sua. Era tutto nuovo. Casa nuova. Telefono nuovo. Documenti nuovi. Un nome nuovo. Ma Eriko era forse cambiata?
Fu un attimo e l’ansia le salì fino alla gola. Il collo sembrava bruciarle ed il fiato divenne corto.
Doveva calmarsi e conosceva solo un modo.
Velocemente schizzò in camera prendendo la sua pochette. Da una piccola scatolina estrasse una pasticca.
Sarebbe stata l’ultima, lo promise a sé stessa. Le serviva solo per calmarsi.
Veloce la mise in bocca. E aspettò che si sciogliesse sotto la lingua.
Si lasciò cadere sul letto e il suo corpo sembrò rilassarsi.
Fu poco dopo che il telefono squillò.
 
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..
 
Uscendo del grande palazzo Kaori fu investita da una folata di vento gelido.
Era solo pomeriggio eppure pareva notte tanto le nubi oscuravano la città.
Era da poco salita in auto con l’agente Interpol quando vide il suo Distretto stagliarsi sulla via.
-Puoi fermarti un attimo al Distretto?- chiese all’agente che, alzando le spalle in segno di consenso, accostò l’auto poco dopo.
Entrando, un misto di piacere e malinconia la assalirono. Alcuni suoi colleghi la salutarono calorosamente ed anche il capo, sempre impegnato al telefono, le fece un cenno di saluto attraverso la parete a vetri del suo ufficio.
Dopo aver fatto alcune rampe di scale velocemente varcò la soglia della terza Divisione.
-Chi non muore si rivede!- la accolse sorridente Ryo vedendola arrivare.
-Senti da che pulpito viene la predica! Sono due giorni che non ti fai vivo!-
-Era solo per vedere quanto tempo ci mettevi a venirlo a cercare- ironizzò Falcon al suo fianco.
Kaori lanciò un’occhiata minacciosa verso Saeba -E’ vero?- gli chiese.
Ryo sorrise sornione -Mi piace essere desiderato, che ci vuoi fare…-
-Saeba sei proprio una stup…- ma Kaori non riuscì a finire la frase che l’uomo, passandole un braccio intorno al collo la avvicinò a sé sussurrandole -Non vado a casa praticamente da due giorni e mi si è scaricato il telefono ragazzina… Ho delle novità, ma è meglio uscire di qui…-
 
…………………………………………………………………………………………………………………………..
 
-Avevi ragione Kaori, i due scagnozzi del bar erano collegati all’Unione e, grazie a loro, abbiamo scoperto uno dei punti nevralgici del loro traffico di droga- cominciò Ryo poco dopo, porgendole una tazza di caffè.
-Dove si nascondono?-
-All’ex scalo merci di Shinjuku…-
-Maledetti…- esordì Kaori bevendo un sorso di caffè, poi aggiunse: - Invece noi, grazie ad una testimone, abbiamo scoperto come trafficano la droga… Praticamente utilizzano le prostitute… Ogni sera ragazze diverse, vengono soprannominate ‘gli angeli’, ritirano la droga e la spacciano. I compratori le cercano attraverso la pubblicazione delle loro foto sul dark web… Poco fa ho lasciato il tecnico informatico tentare di scoprire l’indirizzo IP di chi aggiorna il sito… Ma ancora niente…-
-Che figli di puttana… Allora utilizzano le ragazze…-
-Già… credo che i cinque omicidi fossero una specie di biglietto da visita…-
-SUICIDI… Vorrai dire…-
-Suicidi?!- chiese Kaori perplessa
-Già… Abbiamo chiesto alla scientifica dei riscontri sulla nostra teoria, stiamo aspettando la risposta… E credo che siano stati proprio dei suicidi… Abbiamo parlato con una ragazza che lavora come chimico… Secondo lei la nuova polvere degli angeli è una specie di cocktail esplosivo che rende le persone facilmente manipolabili… Forse prima le hanno drogate e poi hanno ordinato loro di togliersi la vita…-
-Ma come… E’ davvero possibile una cosa del genere?-
-Si, se la droga è potente… Forse hanno utilizzato il telefono per dargli l’ordine, non so… la scientifica sta controllando i tabulati telef…- ma l’uomo non finì la frase che Kaori scattò in piedi.
Una brutta sensazione le attraversò la spina dorsale fermandosi all’altezza dei polmoni.
Se all’Unione bastava utilizzare semplicemente un telefono per i suoi loschi scopi allora, praticamente, riusciva ad arrivare ovunque… Anche nel Palazzo Blu…
-Eriko… La testimone…- disse un attimo prima di precipitarsi giu per le scale del distretto.
Uscendo in strada si guardò attorno cercando l’agente Interpol, dove diavolo si era cacciato?
-Cerchi queste?- Ryo, dietro di lei, le porgeva le chiavi della Nissan GT-R parcheggiata proprio lì di fronte.
La donna non rispose neanche, sfilandogli le chiavi di mano.
Aspettò che Ryo salisse nel lato passeggero, poi ingranò la marcia, le ruote sgommarono stridendo e il motore dell’auto ruggì.
Poco dopo l’auto blu notte correva lungo le vie di Tokyo.
 
 
 

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Capitolo 17
*** Angelo ***


Il portone del palazzo Blu sbatté forte poco dopo che Kaori vi si fu catapultata dentro.
Il poliziotto di guardia all’interno le intimò l’alt ma lei infilò le scale di corsa senza neanche considerarlo.
Arrivata alla porta di Eriko notò con sgomento che era chiusa a chiave, subito iniziò a sbattere la mano sull’uscio e a chiamarla.
Nel frattempo Ryo e la guardia l’avevano raggiunta sul pianerottolo, quest’ultima intervenì cercando di fermare Kaori:
-Si calmi signorina, qual è il problema?-
-Apra subito questa stramaledetta porta!!!- il tono e lo sguardo della ragazza non ammettevano repliche e la guardia si vide costretta a tirare fuori la chiave universale che apriva le porte del palazzo blu.
La chiave non fece neanche in tempo a girare del tutto nella toppa che Kaori e Ryo furono dentro.
Tutto era dannatamente silenzioso. Qualcosa non quadrava. Entrambi i poliziotti estrassero le pistole. Con uno sguardo d’intesa Kaori imboccò il corridoio, seguita a pochi passi da Ryo.
La camera da letto era vuota.
Continuarono verso la porta del bagno da cui usciva uno spiraglio di luce.
Aprendola del tutto Kaori rimase senza fiato. Fu come se qualcuno le avesse scaricato un mitra addosso, anzi, fu peggio.
Gettando la pistola a terra cadde in ginocchio.
Solo allora Ryo riuscì a vedere.
Una ragazza giaceva a terra in una pozza di sangue. I polsi tagliati e una miriade di cristalli di specchio rilucevano attorno a lei, incorniciandola in un macabro quadro dove la morte era appena passata silenziosa, lenta e calma raggelando tutto poi, come il sangue attraverso le sue vene.
Ryo si avvicinò al corpo cercando invano di sentirne il battito attraverso il collo. Niente. Non avrebbero potuto fare più nulla per lei.
Il suo sguardo poi incrociò quello della collega.
Impassibile guardava il cadavere. Lo sguardo freddo e cinico di chi, ancora una volta, ha perso. Non faceva trapelare nessun sentimento e ciò era dannatamente strano per lui che riusciva a comprenderla anche solo attraverso un’occhiata.
Ma lui sapeva che, nonostante le apparenze, lei, dentro, stava bruciando.
-Kaori…- sussurrò, ma non riuscì ad aggiungere altro che diversi poliziotti invasero la scena.
 
………………………………………………………………………………………………….
 
 
-Kaori, tutto bene?- chiese Mick Angel, anche lui giunto poco dopo nell’appartamento.
La ragazza si limitò ad annuire con un breve cenno del capo. Mick si accorse subito dagli occhi della donna che quella perdita, per Kaori, sarebbe stata difficile da superare.
Ryo aveva da poco finito le formalità con i colleghi che a Kaori squillò il telefono.
-Chi è?- chiese Mick che, vicino a lei, notò l’incertezza della ragazza nel rispondere
-La Nogami- replicò lei senza aggiungere altro.
-Non rispondi?-
-No-
-Forse dovresti…-
-Fatti gli affari tuoi Mick- ringhiò la ragazza
Mick rimase spiazzato dalla risposta. Non che non se la fosse meritata ma non se la sarebbe mai aspettata da una come lei.
-Kaori calmati- intervenne Ryo -Ricordati che Mick e la Nogami sono tuoi superiori-
La ragazza serrò la mascella.
Non riusciva più a stare dentro quell’appartamento. Voleva solo andarsene. Da sola, il più lontano possibile da quello schifo di posto. Aveva bisogno di aria fresca. Sentiva che qualcosa dentro si era rotto e che rischiava di fare o dire qualche cazzata se fosse rimasta ancora lì per molto.
Veloce scattò fuori dalla porta.
-Kaori aspetta!- la chiamò Mick.
-Ti conviene sbrigarti agente CIA se la vuoi fermare- lo incalzò Ryo con voce atona – Kaori ha le chiavi della Nissan GTR, non riuscirai più a raggiungerla se monta in auto-
Mick guardò Ryo negli occhi. Anche lui l’amava. Perché allora gliela stava cedendo così?
 
……………………………………………………………………
La Nissan GT-R sfrecciava sulla tangenziale est di Shinjuku.
Sfogare la rabbia sull’acceleratore dell’auto l’aiutava a non pensare a niente. Il rombo del motore e la radio erano così forti che non c’era posto per nient’altro, neanche per i pensieri.
Sapeva che era un gioco pericoloso. Ma era l’unico modo per evitare la triste realtà dei fatti.
Poco lontano da lei la Camaro rossa di Mick le stava dietro.
‘Calmati Kaori’ pensava Mick che a stento riusciva a non perderla di vista.
Ad un tratto la vide rallentare ed uscire dalla tangenziale. Seguendola arrivò al grande parcheggio di un centro commerciale ormai vuoto.
Kaori scese dall’auto e fu quasi sorpresa di veder arrivare Mick.
-Cosa vuoi ancora?- gli chiese con rabbia
-Voglio parlare, capisco cosa prov…-
-No, non capisci!- lo interruppe lei -Lasciami stare ok? Voglio stare da sola!- esordì
-Kaori ascolta, ci sono passato anch’io. So cosa vuol dire perdere qualcuno… tu non…-
-PERDERE QUALCUNO MICK?!- urlò lei -Qua non si tratta di aver perso qualcuno! Qua si tratta di averla uccisa, Mick! L’HO UCCISA IO!!! LO CAPISCI?? Non dovevo farla testimoniare! Avrei dovuto agire diversamente!!-
La voce rotta nel dirgli quelle cose fece trapelare ciò che Kaori stava provando e Mick fu scosso da un brivido.
-Kaori devi calmarti, non sei lucida… Non è stata colpa tua. È colpa dell’Unione, lo sai bene…- disse Mick, cercando di avvicinarla.
-Mick… Ho sbagliato tutto…- sussurrò cedendo allo sconforto.
-Non hai sbagliato niente, Kaori. E’ solo andata a finire male, ma tu non hai sbagliato niente-
Kaori alzò gli occhi, guardandolo.
E quegli occhi trafissero Mick più che qualunque lama avesse mai potuto fare.
Vide la rabbia e la fragilità che contraddistinguevano quella ragazza. Vide la sincerità in quegli occhi lucidi e pieni di odio. Forse vi vide pure la sua anima. E fu quella a fregarlo.
Avvicinandosi prepotentemente accostò il suo volto a quello di lei, baciandola.

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Capitolo 18
*** Il passato ritorna ***


Kaori si divincolò veloce dalla stretta di Mick e, senza dire una parola, lo guardò confusa.
-Scusa Kaori, non volevo… Solo che… Non sopporto vedere le ragazze piangere…-
La ragazza lo squadrò. Sembrava veramente dispiaciuto per l’accaduto ma non aveva voglia di dover pensare anche a lui adesso. Doveva andare via, stare da sola.
Senza dire una parola si diresse verso la Nissan GTR ma poco prima che riuscisse a salire in macchina Mick la trattenne per un braccio.
Un lampo fendette l’aria e pesanti gocce di pioggia iniziarono a cadere sopra i tetti di Tokyo.
-Lo so che praticamente non ci conosciamo ma… Io… Mi piaci Kaori… Odio il fatto di avertelo detto adesso, così, in questa giornata di merda… Ma è stato più forte di me, mi dispiace…-
Kaori si voltò, guardandolo negli occhi.
Occhi azzurri come il cielo.
Quell’uomo, da quando l’aveva conosciuto, le era parso cambiare ogni giorno. Tanto che alla fine quasi le piaceva stare in sua compagnia. Adesso in quegli occhi, che solo una settimana prima le erano sembrati pieni di presunzione, non riusciva a vedere altro che sincerità.
La pioggia li stava infradiciando da capo a piedi ma per alcuni secondi nessuno dei due si mosse.
-Mick, per favore, lasciami andare… Devo stare da sola, adesso…- la voce rotta di Kaori fece tornare Mick con i piedi per terra. Solo allora si accorse che, mischiate alle gocce di pioggia, sul bel viso della collega, c’erano anche le sue lacrime. Quasi come se si fosse scottato mollò la presa sul braccio della donna e quella, veloce e senza dire una parola, montò in auto, andandosene.
Mick rimase immobile sotto la pioggia con la sensazione di essersi appena fatto scivolare via dalle mani la cosa più bella della sua vita.
 
……………………………………………………………..
 
Ryo tornò a casa distrutto quella sera. Dopo aver concluso le formalità al Palazzo Blu, era rientrato al Distretto per aggiornare il capo e Falcon degli ultimi avvenimenti che avevano coinvolto l’Interpol.
Aveva provato a chiamare Kaori più volte ma, come temeva, la ragazza non gli aveva mai risposto.
Era preoccupato per lei. Sapeva quanto potesse essere forte il dolore di una perdita. Sapeva quanto Kaori si stesse dando la colpa di tutto ciò che era successo quel pomeriggio. Anche a lui era capitato in passato. E ancora quel senso di nausea tornava a trovarlo nelle serate come quella.
Una di quelle sere in cui tutto pare andare storto, anche i pensieri.
Guardò le luci della città brillare sotto il temporale attraverso la grande vetrata del suo appartamento.
Avrebbe dovuto cercare la sua partner, contattarla almeno; doveva sapere se era al sicuro.
Non fece però neanche in tempo a prendere il cellulare che qualcuno bussò violentemente alla porta dell’appartamento.
Aprì trovandosi di fronte Kaori bagnata fradicia.
Lo sgomento del non sapere dove fosse finita la sua collega svanì in un battibaleno vedendola di fronte a sè, ma lasciò in breve tempo spazio all’apprensione per lei.
-Kaori sei fradicia, vieni dentro…- disse prendendole l’avambraccio e tirandola verso sé.
La ragazza era ancora visibilmente sconvolta.
-Ti ho riportato l’auto- esordì lei porgendogli le chiavi.
-Kaori non mi interessa l’auto- disse sfilandole le chiavi. Dal contatto delle loro mani però, Ryo notò quanto fossero gelide quelle di Kaori.
-Diavolo Kaori sei ghiacciata! - sentenziò, facendo caso solo allora quanto violacee fossero le sue labbra.
-Non ti preoccupare Ryo, sto bene… Devo solo dormirci su…-
-Invece mi preoccupo, rischi di prenderti una polmonite così!- ribadì sfilandole il bomber, poi aggiunse -Spogliati, ti porto qualcosa di asciutto-
Kaori lo guardò sparire nella sua camera. Lentamente e tremando per il freddo si tolse felpa e jeans rimanendo in canottiera.
Quando Ryo fu di ritorno le portò maglietta, felpa e pantaloni di una tuta. Tutto praticamente immenso per lei ma almeno sarebbe stata all’asciutto. Anche se si era ripromesso di non guardarla mentre si cambiava, la sua attenzione cadde inevitabilmente sul grosso cerotto bianco sotto la clavicola. Dopo tutto quello che era successo in quei giorni si era quasi dimenticato di ciò che la sua collega aveva rischiato per lui. Cercando di ingoiare il sorso amaro senza farglielo notare, l’accompagnò sul divano, coprendola premurosamente con un plaid, poi sparì in cucina per prepararle un tè caldo.
Quando Ryo tornò con la tazza fumante fra le mani, Kaori guardava fuori il temporale che imperversava su Tokyo.
-Bevi ragazzina, vediamo se scongiuriamo almeno la polmonite…- ironizzò quello
-Grazie Ryo- furono le uniche parole che Kaori riuscì a dire.
 
……………………………………………….
Hideyuki Makimura entrò nell’appartamento della sorella quella sera, trovandolo vuoto. Aveva appena saputo dell’uccisione di una testimone del caso sulla polvere degli angeli al Palazzo Blu e avrebbe voluto avere qualche notizia in più da sua sorella.
Ma Kaori quella sera non era ancora rincasata nonostante l’ora tarda.
Un brutto presentimento gli attraversò la schiena ma cercò di non pensarci.
Stava per girare i tacchi ed andarsene quando notò i faldoni che lui stesso gli aveva portato accatastati nell’angolo del salottino. Uno era aperto sul tappeto.
Si avvicinò piano quasi come se qualcuno potesse sgridarlo. Ma sapeva bene che là dentro c’era anche un pezzo della sua vita. E infatti, quasi come se fosse stato il destino a richiamarlo su quella pagina, si irrigidì capendo che quella era la relazione della sera in cui, quasi dieci anni prima, lui fu ferito.
Scorse velocemente la pagina con il dito fino al punto interessato: ‘L’agente Makimura Hideyuki protegge l’agente infiltrato Saeba Ryo. L’agente Makimura Hideyuki viene colpito al petto. L’agente infiltrato Saeba Ryo rimane illeso. Lo scontro a fuoco avviene…’.
Sembrava che il passato fosse venuto di nuovo a cercarlo quella sera. Quasi in automatico si portò una mano al petto.
Quindi Kaori adesso era a conoscenza che la Polvere degli Angeli era stata la causa del suo ferimento, ma soprattutto, sapeva che lui stesso aveva protetto la vita al suo attuale collega: Ryo Saeba.
 

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Capitolo 19
*** E' stato giusto così ***


Un fulmine fendette l’aria sopra Tokyo rimbombando, poi, con un fragoroso frastuono.
Kaori aprì gli occhi. La tempesta non era ancora cessata. Dalla grande vetrata dell’appartamento di Ryo si poteva ammirare la metropoli dall’alto e la miriade di luci che la popolavano di notte era ancora più accentuate dalla pioggia che picchiettava sui vetri.
Rimase solo un attimo affascinata da quello spettacolo per poi accorgersi di essere ancora sul divano avvolta fra la morbida coperta e il corpo caldo del suo collega.
Arrossì leggermente cercando adesso di rimanere immobile per non svegliarlo: era sdraiata su di lui, con la testa appoggiata contro il suo petto. Poteva sentire il cuore dell’uomo battere ed il suo respiro calmo sembrava cullarla.
Aveva un buon profumo e la sua pelle era calda. Le piaceva quel contatto, sarebbe stata lì per l’eternità se solo avesse potuto.
Ad un tratto le tornò in mente il bacio di Mick. Inconsciamente si portò una mano alla bocca, sfiorandosi le labbra con le dita. Che diavolo gli era preso a quello stupido di un americano? Come era possibile baciare una persona così su due piedi? Certo, la sua era stata una specie di dichiarazione, ma… Cosa poteva volere da lei? Lei era una qualunque, non era di certo alla sua altezza… Le donne che poteva avvicinare uno come lui erano senz’altro cento volte più belle e più alla moda di lei.
Sospirando tornò con la mente a qualche ora prima.
Il palazzo Blu. Eriko.
Un pugno nello stomaco avrebbe fatto meno male del pensiero che riaffiorò alla sua memoria della ragazza in una pozza di sangue. Nonostante glielo avesse promesso non era riuscita a salvarla.
Avrebbe voluto sparire dalla faccia della terra.
Le forti braccia di Ryo le cinsero la vita, tirandola un po' più verso di lui, rincuorandola.
L’uomo la strinse a sé quasi come se riuscisse a seguire il filo dei suoi pensieri.
-Ehi, ragazzina, te l’ha mai detto nessuno che sei una copertina fenomenale? - sussurrò quello.
A Kaori scappò un sorriso.
-Me l’avevano già detto, ma non ricordo chi…- ribattè ironica lei.
-Se non altro ti sei riscaldata- sospirò l’uomo.
-Come non potrei? Sembri una stufa-
-Beh, tu una copertina e io una stufa… Siamo una splendida coppia!-
A Kaori uscì un sorriso. Finalmente riusciva a rilassarsi, a non pensare per un attimo a ciò che era accaduto poche ore prima.
Tentò di alzarsi ma Ryo la trattenne vicino a sé.
-Ehi, dove scappi?-
-Beh, credo sia l’ora di tornare a casa… Ti ho già disturbato abbastanza…- rispose lei
-Il temporale non è ancora finito e fuori è buio pesto, non ci provare ragazzina, stanotte resti qui…-
-Resto ad una condizione…-
-Ti senti pure in grado di scegliere i termini? Bene, sentiamo la pivella cosa vuole in cambio…-
-Voglio sapere cosa è successo dieci anni fa con l’Unione e del blitz che c’è stato. Basta segreti Saeba- il tono calmo e rassegnato con cui l’aveva detto era in forte contrasto con ciò che voleva sapere.
Il corpo dell’uomo s’irrigidì e ciò non sfuggì alla collega che si alzò dal divano per andarsene.
Stava per muovere il primo passo quando Ryo la trattenne per un braccio.
Un fulmine squarciò l’aria ed entrambi si poterono guardare dritti negli occhi.
Non bastò altro per far crollare i muri della fortezza che il poliziotto aveva costruito intorno al suo cuore da dieci anni a questa parte. Infatti, nonostante il ricordo di quel fatto fosse ancora vivo in lui, aveva cercato in ogni modo di dimenticare.
Ma la sua collega, giustamente, esigeva risposte.
E lui non avrebbe tardato a dargliele.
 
‘Quando iniziammo ad indagare sulla PCP, dieci anni fa, essendo uno dei più giovani, riuscì facilmente ad infiltrarmi tra la gente dell’Unione. Nonostante fosse agli albori, era una banda molto organizzata e da solo, tra la vita al distretto il giorno e la criminalità organizzata la notte, non potevo farcela. Vedendo i miei scarsi risultati, il mio collega Kenny volle aiutarmi e, nonostante all’inizio fossi contrario, alla fine cedetti, così cercai di farlo entrare nell’Unione. Ci riuscì e per alcuni mesi indagammo insieme ed i risultati non tardarono ad arrivare. Conoscevamo quasi tutti i membri, sia i pesci grandi che quelli piccoli, luoghi di smercio e contrabbando. Sapevamo praticamente tutto. Con così tante carte in mano avremmo potuto organizzare una retata e bloccare l’Unione per sempre.’
Fece una pausa, si passò una mano fra i capelli.
‘Ero ancora troppo giovane per capire che Kenny stava cambiando. Ogni volta che saltava fuori una bella occasione per sbatterli tutti in carcere ed io gli proponevo di organizzare un blitz, lui rimandava, dicendomi che dovevamo aspettare un momento migliore, che sarebbe arrivato, che non potevamo farci sfuggire l’Unione dalle mani solo perché avevamo corso troppo.
Intanto però la gente moriva di overdose ad ogni angolo di Tokyo e non c’era giornale che ogni mattina non parlasse dei morti nella notte a causa della Polvere degli Angeli.’
Ryo guardò Kaori negli occhi.
‘Il capo una mattina ci chiamò nel suo ufficio separatamente. Io gli dissi tutto ciò che sapevo, tutto ciò di cui eravamo venuti a conoscenza. E pochi giorni dopo, una sera, venimmo informati da lui stesso che era stato organizzato un blitz al molo e che sarebbe avvenuto poche ore più tardi quella stessa notte.
Kenny s’infuriò terribilmente. Mi incolpò di aver mandato in fumo tutto il nostro lavoro degli ultimi mesi e che il blitz sarebbe stato un fiasco.
Quella notte ero stranamente preoccupato. Eravamo da poco entrati nel capannone del molo quando si innescò un feroce conflitto a fuoco.
La gente dell’Unione era stranamente preparata alla possibilità di un attacco quella notte e la nostra squadra fu costretta a dividersi per cercare riparo.
Io rimasi con Kenny dietro un container, cercando di rispondere al fuoco nemico.
Quando finii le munizioni guardai dalla parte di Kenny per chiedere la copertura. Fu allora che mi accorsi che mi stava tenendo sotto tiro da un po'. Aveva la pistola puntata nella mia direzione e il suo sguardo era stranamente sereno.
Mi disse che avevo fatto un errore madornale, che quel blitz era una pagliacciata. Non avrei dovuto ficcanasare nei suoi affari e che ne avrei pagato le conseguenze.
Capii che Kenny si era venduto all’Unione e non riuscì a muovere un muscolo. Forse li aveva pure avvertiti della sommossa.
Non potevo credere che sarebbe finita così, che lui avesse tradito il distintivo per cosa poi? Soldi sporchi e una lunga lista di morti sulle proprie spalle.
Poi sentì due spari e qualcuno che mi tirava a terra. Caddi, sbattei la testa e l’ultima cosa che ricordo di quella notte sono gli occhi di un altro poliziotto che era caduto al mio fianco.’
Kaori ebbe un brivido e distolse lo sguardo dal collega per guardare fuori.
Ryo abbassò gli occhi e continuò: ‘Quando mi sono svegliato in ospedale mi dissero che un agente di un’altra squadra mi aveva fatto da scudo e che aveva sparato a Kenny, uccidendolo.
Nonostante mi avesse salvato la vita non l’ho mai ringraziato. Non ho mai avuto il coraggio di andarlo a trovare in ospedale e quando mi decisi di chiedere informazioni al suo Distretto mi dissero che non lavorava più lì.’
Kaori lo guardò. Saeba le era sempre sembrato forte ed imbattibile ma adesso sembrava un uomo comune, con le sue paure ed i suoi fantasmi nell’armadio. Se solo avesse saputo che l’agente che l’aveva protetto dieci anni prima era suo fratello…
-Però Kenny non è stato indagato per corruzione… Perché?- sussurrò lei
-Perché non ho mai detto a nessuno quello che era accaduto durante il blitz. Ho sempre ribadito di non ricordare a causa della caduta. Kenny era un uomo buono, o almeno lo era stato. Aveva una bella famiglia che, oltre alla sua perdita, non si meritava anche la delusione.
Era morto durante un blitz, da eroe e non da codardo.
È stato giusto così-.
 
  
 

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Capitolo 20
*** Sguardi d'intesa ***


Il chiarore dell’alba trovò una Tokyo fradicia e fredda ma senza pioggia.
Mick Angel guardò la luce irrorarsi nel cielo, colorandolo di sfumature rosee.
Tutta la notte non aveva fatto altro che pensare al bacio che aveva strappato a Kaori ed a quelle poche parole che era riuscito a malapena a dire.
Come poteva una semplice ragazza come quella ridurlo ad uno straccio così?
Solitamente era lui a cui piaceva fare lo stronzo con le donne. A tutte quelle che lo avvicinavano, abitualmente spezzava il cuore. Era più forte di lui. Vi vedeva solo belle bambole vuote con cui giocare per un po’ e poi buttare via.
Perché invece Kaori lo attraeva così tanto? Cavoli, le aveva addirittura rubato un bacio proprio come fanno i mocciosi…
Stava guardando l’orologio sul suo comodino scandire i secondi lentamente, quando il suo cellulare squillò.
-Mick Angel- rispose stanco
-Angel ti voglio qui tra un quarto d’ora- la voce di Saeko al telefono non ammetteva repliche -Cerca anche quell’inetta di Makimura e portala qui-
Mick non rispose neanche, tanto sapeva che alla Nogami piaceva riattaccare il telefono in faccia. Piuttosto adesso il difficile diventava rintracciare Kaori. Chissà se gli avrebbe risposto…
 
 
Il silenzio che era calato nel salotto di Ryo fu interrotto dall’incessante vibrare del telefono di Kaori.
La ragazza si sporse sul tavolino da fumo per vedere chi fosse; sul display lampeggiava un nomignolo: ‘C.I.A.’
-Dovresti rispondere ragazzina…- la voce bassa di Ryo, che aveva letto il nome sullo schermo, la riportò con i piedi per terra. Avrebbe davvero dovuto rispondere? Probabilmente voleva solo parlare con lei di ciò che era successo qualche ora prima… O forse era solo preoccupato… In fin dei conti era praticamente scappata via da lui.
Sommessamente rispose:
-Pronto? -
-Ciao Kaori, scusa se ti chiamo a quest’ora… Ma la Nogami ci vuole all’Interpol tra un quarto d’ora… Passo a prenderti a casa tua, va bene? -
Kaori si alzò veloce: -No Mick, non sono a casa. Ci vediamo direttamente lì, a dopo…-
-Okay- rispose un Mick atono, riattaccando.
‘Non sono a casa’. Quella frase riecheggiò in testa all’americano per un po’. Dove era stata tutta la notte??!
Mick Angel gettò il telefono sul letto.
Non aveva tenuto conto di un particolare.
Forse il cuore di Kaori era già occupato.
 
 
Kaori si cambiò velocemente. I suoi jeans erano ancora leggermente umidi ma Ryo la convinse ad indossare almeno una maglietta ed una felpa sue.
-Se continui così Kaori dovrai rifarmi il guardaroba- sogghignò quello guardando la sua collega cercare di infilare alla meglio la grossa maglietta nei pantaloni.
La ragazza sorrise sistemandosi frettolosamente la pistola nella fondina sulle coste, stava per controbattere che il suo telefono squillò nuovamente.
Numero sconosciuto.
-Pronto? – rispose titubante
-Kaori sono Miki- una voce spaventata arrivò all’orecchio della poliziotta -Stanno cercando di entrare nel locale!-
-Miki? Cosa??!-
Ryo capì subito che qualcosa non quadrava e si avvicinò per sentire meglio
-Kaori ti prego aiutami! Quelli dell’Unione stanno cercando di entrare nel locale, non so cosa vogliono… io…-
La conversazione cadde e Kaori guardò Ryo allarmata.
Bastò un solo sguardo ai due per intendersi.
Veloci presero i loro giubbotti e prontamente raggiunsero l’auto parcheggiata in strada.
La potente Nissan GTR ruggì e, con un forte stridio di gomme, veloce partì alla volta del Cat’s Eyes: il locale di Miki.
 
 
I due agenti, durante il tragitto che li separava dal bar di Miki, riuscirono a contattare Mick Angel e Falcon.
Quando furono in prossimità del locale fermarono l’auto e scesero silenziosamente impugnando le pistole.
Dal Cat’s Eyes provenivano rumori di voci e cocci rotti.
-Hai visto puttana cosa accade se non dai retta all’Unione?- disse un tizio che teneva la pistola puntata alla testa della barista.
Miki guardava pallida gli altri tre sgherri che stavano mettendo a soqquadro il suo locale. Aveva una ferita alla tempia e le usciva del sangue dal labbro.
Kaori e Ryo si scambiarono uno sguardo d’intesa e veloci piombarono nel locale.
Ryo fece fuoco verso il tizio che teneva Miki sotto tiro mentre Kaori recuperò la ragazza, portandola con sè dietro ad un tavolino rovesciato. Subito si innescò un violento conflitto a fuoco.
Ryo aveva colpito due dei quattro tizi nel locale ma, i due rimasti, gli stavano dando del filo da torcere. Kaori cercava, come meglio poteva, di rispondere al fuoco, ma non era facile dato che doveva tenere la barista al coperto dal fuoco nemico.
Ad un tratto arrivarono all’unisono anche Falcon e Mick che, coprendo le spalle a Ryo e Kaori, decretarono la fine dello scontro e il successivo arresto dei quattro scagnozzi dell’Unione.
-Kaori stai bene??!- Mick si avvicinò alle due ragazze dietro al tavolino
-Si, tutto bene, grazie Mick… Dovremmo portare Miki in ospedale, ha una ferita alla testa-
-Sto bene Kaori, non temere- sussurrò la barista ancora sotto shock -grazie per essere venuta subito qua, ti sarò debitrice in eterno, non so come ringraziarti…- finì, abbracciandola amorevolmente.
-Figurati Miki, hai fatto bene a chiamarmi-
-Accompagno io Miki in ospedale- esordì un Falcon rosso in volto ma leggermente preoccupato
Saeba sorrise porgendo la mano alla sua collega, aiutandola ad alzarsi.
-Ben fatto, ragazzina- le sussurrò all’orecchio, mentre in lontananza le sirene delle auto della polizia squarciavano l’alba silenziosa da poco spuntata su Tokyo.
 
La Camaro Rossa accostò sotto il grattacielo dell’Interpol.
Mick e Kaori scesero dall’auto. Erano in un madornale ritardo e nessuno dei due fremeva per vedere la Nogami.
-Sei pronta?- chiese l’uomo di fronte alla porta dell’ufficio dell’ispettrice
-Hai una domanda di riserva, Mick?- sorrise la ragazza, poco prima che l’americano aprisse la porta.
-Dove diavolo eravate finiti??!!- saettò Saeko appena li vide entrare
-Abbiam…- tentò Mick invano
-Dovrei rimandarvi uno dall’altra parte dell’Oceano e l’altra in quel buco di distretto! Esigevo la vostra presenza qui un’ora fa!-
-Abbiamo risposto ad una chiamata. Un bar di Shinjuku è stato attaccato dall’Unione all’alba e siamo riusciti a bloccarli in tempo. Nessun morto- riprese l’americano.
-Bene- applaudì sarcastica la Nogami -Ma ti ricordo, Mick Angel, che tu sei qui per sgominare il traffico di droga, non per fare il lavoro di un semplice agente, e che lei- disse indicando Kaori -lei dovrebbe aiutarci, non rallentarci-
Non aveva aggiunto altro ma Kaori sapeva che si stava riferendo alla sera precedente; in fin dei conti era sparita dalla circolazione senza renderne conto a nessuno. Ciò però non implicava l’utilizzo di quel tono strafottente nei loro confronti.
Mick guardò la ragazza stringere i pugni ed ingoiare il sorso amaro senza proferire parola.
-L’agente Makimura è una poliziotta molto valida. Se siamo giunti fino qua è solo grazie a lei che in pochi giorni ci ha permesso di capire come l’Unione smercia indisturbata la droga a Tokyo-
Saeko Nogami, stizzita dalla risposta dell’americano, cambiò discorso facendo orecchie da mercante.
-Il tecnico informatico ha decodificato il segnale ip del sito dell’Unione, arriva dall’ex scalo merci di Shinjuku, ho inviato una squadra in ricognizione e pare davvero esserci uno strano giro di merce. Ho quindi organizzato un blitz per stanotte. La squadra Alfa dell’Interpol sta disponendo un piano, vorrei che voi due, sempre che ve la sentiate, partecipaste alla retata-
Kaori guardò Mick.
Uno sguardo d’intesa.
-Molto volentieri-
 
 
 

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Capitolo 21
*** Chiamate ***


Si guardò allo specchio. Era ormai sera. Le fredde luci del neon dello spogliatoio femminile dell’Interpol facevano sembrare l’ambiente asettico e glaciale. Aveva da poco indossato la divisa antisommossa.
Il giubbino antiproiettile pesava abbastanza e le premeva la ferita ancora aperta sotto la clavicola. Aveva una strana sensazione. Le era già capitato di fare le sommosse con la tenuta incursori della polizia ma al suo fianco c’era sempre stato Ryo. Quella sera era diverso.
Si guardò intorno. Lo spogliatoio era vuoto, come sempre, d’altronde. Le poche agenti che lavoravano in polizia solitamente erano addette in ufficio.
Prese il telefono e svelta compose un numero.
-Ehi ragazzina…-
-Ciao Saeba, come va?- chiese lei, tentando di smorzare la tensione che provava
-Siamo chiusi al distretto a lavorare… Una noia mortale…-
-Senti Ryo…- fece una pausa, ingoiò la saliva, non trovava le parole
-Si?-
-Grazie per stanotte… Mi ha fatto piacere che tu mi abbia raccontato quello che è successo dieci anni fa…-
Ryo notò preoccupazione nella voce della collega, cercò quindi di smorzare i toni con una battuta
-Avevo forse scelta? Ci mancava altro che mi puntassi la pistola alla testa…- disse sarcastico
Anche la ragazza riuscì a rilassarsi un attimo sorridendo.
-So che non dovrei dirtelo, segreto d’ufficio eccetera ma… Stiamo per fare un blitz all’ex scalo merci di Shinjuku… Il tecnico informatico ha decodificato l’indirizzo ip del sito e sembra provenire proprio da lì. Avevate ragione tu e Falcon. E’ lì il covo di quei bastardi-
Saeba preoccupato guardò l’energumeno di fronte a lui che subito intuì la situazione.
-Kaori a che ora è previsto il blitz?-
-Tra circa un’ora… Ho una strana sensazione Ryo. Ironia della sorte: mi sembra di bruciare i tempi. Eppure la cosa che più voglio al mondo è disintegrare l’Unione, però mi sembra un piano troppo affrettato... Stamattina quando siamo arrivati all’Interpol la Nogami e la squadra Alfa avevano già predisposto il piano di incursione e…-
-Kaori, non ti preoccupare- la interruppe l’uomo.
Fece una pausa. Quante cose avrebbe voluto dirle. Nella sua testa, però, ne riecheggiava una sola: ‘Qualunque cosa accada torna da me’.
Ma quello non era ne il modo ne il luogo per dirglielo.
-Stai tranquilla ragazzina, vedrai che andrà tutto bene. Inoltre vorrai sapere che Miki sta bene e ti manda i suoi saluti. Ha detto a Falcon che farà una festa al più presto per ringraziarci. Così potrai darle la bella notizia che l’Unione è andata a farsi benedire-
Kaori sgomberò la testa dai pensieri negativi e fece un profondo respiro
-Hai ragione Ryo, devo darle la bella notizia, a presto-
-Tieni gli occhi aperti ragazzina, a presto-
 
Ryo riattaccò il telefono e batté un pugno sulla scrivania. La botta riecheggiò nella grande sala della terza divisione ormai quasi vuota.
-Faranno una sommossa? - chiese Falcon
-La Nogami li manderà a morire! È troppo presto, CAZZO!!-
-Andiamo anche noi- disse tranquillamente il gigante -Tanto sappiamo entrambi per CHI lo stiamo facendo, o sbaglio?-
Ryo lo guardò: l’uomo di fronte a lui non era uno sprovveduto ed amava il suo lavoro più della sua stessa vita.
-Hai ragione Falcon, ma visto che LEI è un’agente di questo distretto è giusto che anche il distretto ne sia informato-
E così dicendo compose velocemente un numero
-Capo?? Devo parlarle…-
 
Kaori riattaccò il telefono in parte rincuorata.
Si sentiva meglio ad averne parlato con Ryo. Lui era il suo collega ma anche un punto fermo nella sua vita. Nonostante fosse strano e cascamorto con le donne, eterno ritardatario e stupido talvolta, nonostante tutto questo, era proprio lui ad animare le sue giornate. Era grazie a lui che amava il suo lavoro.
Guardò l’ora sul display del telefono, mancavano pochi minuti e avrebbe dovuto presentarsi in sala riunioni con la squadra e Mick per gli ultimi accorgimenti.
C’era ancora tempo per un’ultima chiamata.
-Ehi, Hide…-
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 22
*** Respiri ***


Scesero piano dal furgone militare.
Kaori aveva da poco indossato il passamontagna ma nonostante ciò il gelo la investì appena mise piede a terra.
Alzando lo sguardo notò con gioia ed una certa malinconia che il cielo era cosparso di stelle quella notte. La luna non c’era e tutta quell’oscurità non faceva altro che favorirli.
Erano a circa duecento metri dall’ex scalo merci quando Mick la superò.
-Resta sempre dietro di me, Kaori-
-Mick non ce ne è bisogno, so cavarmela…-
-In quanto tuo superiore non ammetto repliche- sussurrò serio l’americano.
A Kaori non restò altro che annuire tacitamente. In effetti il grado di Mick era più alto del suo e non avrebbe dovuto disobbedire ai suoi ordini, ma non poté fare a meno di notare che in poco più di una settimana passata insieme non era mai accaduto che lui utilizzasse il suo grado per impartirle dei comandi. Anzi, in verità era sempre stato molto gentile con lei, l’aveva sempre trattata alla pari e non le aveva mai fatto pesare la differenza di grado.
Forse anche quella era solo una premura nei suoi confronti.
Fece un profondo respiro e cercò di concentrarsi.
Ma i pensieri facevano troppo rumore quella notte.
 
La squadra Alfa riuscì in breve ad entrare indisturbata in uno dei grandi magazzini abbandonati.
All’interno non c’era praticamente nulla. Vuoto totale.
Alcuni agenti si posizionarono alle poche finestre per sorvegliare l’intera area.
C’era movimento nel magazzino affianco e qualcuno faceva la ronda lungo il perimetro. Contarono quattro guardie che si muovevano in coppia. Avrebbero dovuto metterle k.o. nello stesso momento o qualcuno avrebbe potuto dare l’allarme.
Mick ed altri tre agenti furono scelti per bloccare le sentinelle. Kaori sarebbe rimasta nel magazzino con altri sei.
L’americano la guardò per un istante prima di uscire allo scoperto. Lei ricambiò l’occhiata.
Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima. Ebbene, lei, negli occhi azzurri e profondi di Mick, vide solo un sentimento: amore.
Ed il suo cuore perse un colpo perché sapeva di non poterlo ricambiare. Si chiese come mai lui si fosse innamorato di lei così, in breve tempo.
Ma quell’attimo svanì alla svelta e Mick scomparve poco dopo nella notte che buia avvolgeva l’ex scalo merci.
Passati i tre minuti accordati per bloccare le guardie di ronda anche Kaori ed i sei agenti della squadra Alfa uscirono lungo il perimetro del magazzino.
Ogni mossa era silenziosa e calibrata in base al rischio. Si muovevano come pantere con il favore delle tenebre.
 Il comandante maggiore comunicava gli ordini con i gesti della mano e tutto sembrava andare nel migliore dei modi.
Riuscirono ad infiltrarsi nell’altro magazzino dove trovarono diversi bancali stracarici di droga.
Si posizionarono dietro alcuni scaffali poco prima che diversi spari squarciassero l’aria.
Qualcosa era andato storto, erano stati scoperti.
Kaori si guardò attorno. Sapeva che questa volta era sola. Non c’era Ryo al suo fianco a coprirle le spalle.
Guardò gli altri della squadra Alfa: rispondevano al fuoco, uno era a terra.
Fece un respiro. Sfilò la pistola dalla fondina legata alla gamba. Sentì nella mano il freddo metallo della sua beretta semiautomatica. E mentre il cuore accelerava i battiti, Il suo sguardo si accese. 
Un altro respiro ed iniziò a rispondere al fuoco.
Alcuni dei trafficanti caddero a terra esanimi ma erano in numero maggiore e probabilmente continuavano ad arrivare dagli altri magazzini allarmati dagli spari.
La squadra riuscì a rispondere al fuoco incessante per diversi minuti ma altri due agenti vennero colpiti. Kaori li vide accasciarsi al suolo poco distanti da lei. Erano rimasti in pochi. Guardò il comandante maggiore: anche lui si era ormai reso conto della disfatta dell’operazione.
Le squadre di supporto sarebbero intervenute a breve ma li avrebbero recuperati vivi o morti?
Fu allora che egli dette il comando di ritirarsi. Kaori vide la squadra indietreggiare ma sapeva bene che la porta utilizzata per entrare molto probabilmente era stata bloccata oppure piantonata a vista. Se fossero usciti da lì sarebbero caduti in trappola. Fece cenno all’agente più vicino a lei di non seguirli.
-Non andare! E’ quello che vogliono!- gridò, cercando di farsi sentire nonostante gli spari.
Non sapeva chi fosse, poteva vederne solo gli occhi castani attraverso il passamontagna.
-Resta qui! Tentiamo la fuga da quelle scale laggiù!- gli fece cenno, indicando con la testa delle scale di ferro in fondo al magazzino a circa venti metri di distanza.
Le aveva notate appena entrata. Ryo le ripeteva sempre di cogliere più particolari possibili dell’ambiente circostante, in qualsiasi situazione. Secondo lui, poteva salvarti la vita.
E se la botola portava sul tetto avrebbero potuto tirare avanti per altri dieci minuti.
Kaori guardò il ragazzo di fronte a lei esitare. Avrebbe voluto seguire la squadra ma forse la poliziotta aveva ragione.
Ad un tratto una deflagrazione scoppiò al di fuori del magazzino e l’attimo di silenzioso spiazzamento che ne seguì fu un ottimo pretesto per tentare di raggiungere la botola.
La ragazza corse veloce verso le scale ed una volta raggiunte iniziò la salita.
Presto gli spari ricominciarono ma lei era riuscita a raggiungere la botola illesa. Con un sospiro di sollievo constatò che era aperta e dava accesso al tetto.
Stava per chiudersi la botola alle spalle quando notò che l’agente della squadra Alfa aveva ascoltato il suo consiglio e la stava raggiungendo. Si teneva una spalla, probabilmente ferito. Kaori lo coprì sparando verso i nemici, permettendogli di attraversare la botola senza essere colpito.
Una volta sul tetto, Kaori richiuse la botola e ne fissò la maniglia con un bastone di ferro. Non avrebbe impedito per molto la salita dei trafficanti ma gli avrebbe dato altro tempo, seppur misero.
Aiutò il ragazzo a sedersi in terra, appoggiato al cornicione. Perdeva molto sangue, forse aveva un polmone perforato.
La ragazza si tolse il passamontagna e cercò di tamponargli la ferita come meglio potè.
-Cerca di restare sveglio- gli disse guardandolo negli occhi – la squadra di supporto dovrebbe essere qua a momenti-
Il ragazzo le sorrise lievemente -Gli altri sono morti…- le sussurrò.
Kaori lo guardò malinconica, in silenzio.
-Avevi ragione, siamo caduti in trappola…- aggiunse poi lui.
-Non parlare, risparmia le energie…- gli consigliò -tieni premuto qui, io cerco di trovare una via di fuga- finì lei, impugnando la sua Beretta semiautomatica, rimanendo bassa, sotto al cornicione.
Le erano rimasti pochi colpi ancora.
Affacciandosi notò un fuggi fuggi generale. I trafficanti stavano scappando. In lontananza sentì il rumore di un elicottero. Lo vide alzarsi in volo dal tetto di un magazzino lontano. Probabilmente qualche pesce grosso dell’Unione si stava dando alla fuga.
Poi ci fu un’altra deflagrazione. Questa volta più vicina. Riuscì a vedere attraverso il fumo una squadra di poliziotti avanzare prendendo terreno.
Erano salvi.
-I poliziotti stanno arrivando, resisti- sussurrò al ragazzo, avvicinandosi nuovamente a lui.
Ma un forte colpo provenne dalla botola e prima che Kaori potesse raggiungerla due trafficanti le puntarono le mitragliette contro.
La ragazza si pose tra loro e l’agente ferito, puntando a sua volta l’arma.
-Gettate le armi a terra, è finita!- li intimò
-Se è finita per noi, sarà finita anche per te puttana!- le urlò contro uno di quei sgherri.
La donna sapeva bene che se avesse fatto fuoco verso di lui, l’altro le avrebbe sparato.
Ma non aveva altra scelta.
Fece un respiro, prese la mira e fece fuoco.
 
 
 
 

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Capitolo 23
*** Angeli custodi ***


Uno sparo squarciò l’aria.
Ed avvenne qualcosa che la ragazza non si aspettava: entrambi i malviventi si accasciarono al suolo.
-Mi stavo chiedendo quanto ci avresti messo a fare fuoco, ragazzina-
Una voce maledettamente familiare le giunse all’orecchio: Ryo era in piedi poco distante dalla botola, la Colt fumante stretta nella mano.
Aveva sparato nello stesso istante in cui lei aveva fatto fuoco, colpendo l’altro individuo.
-Ryo…- sussurrò Kaori abbassando l’arma.
-Sei ferita??!- le chiese premurosamente l’uomo avvicinandosi, notando le mani di lei sporche di sangue.
-Io no… Ma lui si, occorre un’ambulanza…- fece cenno lei, indicando l’agente ferito poco distante.
-I soccorsi stanno arrivando…- le disse avvicinandosi -Sono contento di vederti Kaori- le sussurrò ad un orecchio -Questa volta ho veramente temuto che non ti avrei rivista- finì, avvolgendola in un abbraccio.
La ragazza appoggiò la testa sul petto caldo di lui. Fu solo allora che le fu chiaro quanto in verità amasse quell’uomo. Quello era il posto che preferiva in assoluto sulla faccia del pianeta: tra le sue braccia. Era lui che rendeva felici i suoi giorni, era lui l’unica persona a cui, davvero, avrebbe affidato il suo cuore.
-Grazie Ryo…- sussurrò poco prima che lui le posasse un tenero bacio sulla fronte.
 
 
Le ambulanze arrivarono poco dopo. L’agente che era rimasto con Kaori sul tetto, fu trasportato d’urgenza verso il più vicino ospedale. Poco prima di essere caricato sull’ambulanza aveva caldamente ringraziato la ragazza.
 
-Kaori…- qualcuno la chiamò alle spalle poco dopo che l’ambulanza fu partita a sirene spiegate.
-Mick! Meno male… Dove eri finito?- chiese la ragazza con tono sollevato
-Dall’altra parte dello scalo… Non so come ma ci hanno scoperto… Sono riuscito a seminarli e mi sono infiltrato in una specie di magazzino adibito ad ufficio… Ho trovato alcuni computer ma non c’era nessuno, poi ho sentito un elicottero alzarsi in volo dal magazzino vicino…-
-Si, l’ho visto anch’io…-
-Quando sono arrivato qua, ho visto cosa era rimasto della squadra Alfa e… Mi dispiace di averti abbandonato Kaori… Non avrei dovuto lasciarti scoperta, avrei dovuto rifiutare l’ordine! -
-Non temere Mick- sorrise la ragazza di rimando -A quanto pare ho un buon angelo custode…-
Mick ricambiò il sorriso ma dentro ancora tremava al pensiero di pochi attimi prima, quando, tornato al primo magazzino, aveva visto gli agenti della squadra Alfa a terra morti. Aveva temuto di trovarci anche lei.
Invece lei era viva, ed a quanto era riuscito ad apprendere, aveva persino salvato un agente. Quella ragazza lo sorprendeva ogni giorno di più ed ogni giorno di più l’affascinava.
 
Il blitz alla fine dei conti si era rivelato un fallimento. Le vite perse non valevano meno delle incarcerazioni dei trafficanti ne delle partite di droga trovate e confiscate.
L’unica pista lasciata da chi era riuscito a scappare erano gli spostamenti di denaro trovati all’interno di uno dei computer. La maggior parte veniva trasferita in conti alle Cayman e da lì a New York.
 
Quella fredda notte sembrò non finire mai. E solo quando una flebile luce fece capolino in un’alba leggermente nebbiosa Ryo, Kaori e Mick poterono tornare a casa.
Quando Mick vide salire i due agenti sulla Nissan GTR capì che erano una squadra formidabile. Erano legati da fiducia e rispetto reciproci. Un legame così inscindibile era difficile da trovare, se non impossibile.
Ovviamente era riuscito ad innamorarsi dell’unica donna che probabilmente non lo avrebbe mai ricambiato.
-Ehi Mick, sali, ti diamo un passaggio- Kaori lo chiamò dall’auto.
In fin dei conti, forse, qualche probabilità con lei ce l’aveva ancora, pensò Mick, e di certo non avrebbe mollato prima di aver giocato tutte le sue carte…
 
 
…………………………………………………………………………………………..
 
Il lontano vibrare del suo telefono interruppe uno dei sogni più belli che avesse mai fatto in vita sua.
Kaori aprì gli occhi ancora assonnata. La luce filtrava dalle tende scure… Ciò voleva dire che probabilmente era mezzogiorno passato.
Chi diavolo aveva disturbato il suo magnifico sogno? Guardò distratta il display del telefono poggiato sul comodino: ‘Capo’.
La cosa le destò qualche sospetto dato che il capo difficilmente chiamava, solitamente delegava anche il più minuscolo cavillo. Ma la cosa che veramente le destò qualche sospetto fu il pesante braccio che la tratteneva sul letto.
Girandosi di colpo e vedendo Ryo sdraiato sotto le coperte al suo fianco poté constatare che il sogno fatto non era stato SOLO un sogno… Arrossì lievemente e ripercorse mentalmente il loro rientro a casa…
 
Era ormai l’alba quando Ryo fermò la Nissan GTR sotto il palazzo.
-Kaori…- sussurrò l’uomo vedendola addormentata sul sedile.
-Sono stanca…- borbottò lei accigliata senza nemmeno aprire gli occhi.
-Da brava ragazzina su… Scendi dall’auto, sei a casa...-
Ma Kaori già si era riaddormentata.
-Ok, l’hai voluto tu…- disse l’uomo poco prima di scendere dall’auto, frugare nello zaino della ragazza in cerca delle chiavi di casa e caricarsela in braccio.
Arrivato nel piccolo appartamento di Kaori la adagiò piano sul letto.
Le tolse le scarpe, le due fondine e quella dormiva ancora, peggio di una bambina.
Il cuore dell’uomo però fece una giravolta alla vista della maglietta indossata dalla ragazza: la SUA maglietta.
Troppo grande per lei e troppo, troppo, maledettamente sexy.
Stava per fare un passo indietro che due occhi nocciola lo colsero alla sprovvista: era sveglia.
Si guardarono un lungo istante negli occhi. Un istante in cui le loro anime urlarono cercandosi ma le loro bocche rimasero inesorabilmente chiuse.
-Ho temuto di perderti stanotte, ragazzina- un sussurro dalla bocca di lui, sincero.
-Sapevo che saresti venuto, me lo sentivo…- rispose lei, tirandolo sul letto verso di sé.
Aveva sonno, era stanca, ma in quel momento l’unica cosa che voleva era lui. Sentiva di non poterne più fare a meno. Lo desiderava. Voleva che almeno per quella notte, lui, fosse suo.
Lo tirò vicino a sé. Le loro bocche erano vicine, i loro sguardi incatenati. Potevano sentire l’uno il respiro dell’altra sul proprio volto.
E come di riflesso, le loro bocche si cercarono, avvicinandosi in un bacio appassionato.
Si cercavano, si volevano, nessun argine avrebbe più retto. Entrambi, ormai, si desideravano ardentemente ed il fuoco della passione aveva acceso le loro anime.
 
Il nuovo ed incessante vibrare del telefono la destò dai ricordi della ‘notte’ passata.
Veloce prese il telefono e silenziosamente sgattaiolò fuori dal letto, rendendosi conto, imbarazzata, di essere completamente nuda. Indossò la prima cosa trovata a terra e corse a rispondere in cucina.
 
 
 
Ryo la trovò appoggiata al tavolo della cucina. Aveva indosso solo una grossa felpa che lasciava scoperte le lunghe gambe perfette. Aveva ancora il telefono in mano e lo sguardo perso chissà dove. Era maledettamente bella.
Alzò lo sguardo incrociando quello dell’uomo che la osservava dalla porta della cucina.
-Mi ha telefonato il capo…- esordì lei, il tono leggermente esitante -Mi ha proposto di andare a New York con Mick Angel, per continuare ad investigare sulla Polvere degli Angeli affiancando la CIA…-
Ryo rimase immobile quasi trattenendo il respiro.
-Cosa pensi di fare?- chiese
Lei notò il tono di leggera preoccupazione nella voce di lui. Gli si avvicinò.
-Credo che accetterò- gli rispose guardandolo negli occhi -Ho ancora un conto in sospeso con quelli dell’Unione-
Un sorriso si accennò sulle labbra di Ryo -Sei proprio la mia ragazzina…- le sussurrò prima di avvolgerla in un bramoso abbraccio.
 

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Capitolo 24
*** EPILOGO Destini Legati ***


Due giorni dopo. Aeroporto di Narita – Tokyo
 
Kaori guardava preoccupata il grande monitor luminoso delle partenze.
Ad un tratto pensò che in quell’aeroporto si incrociavano milioni di persone all’anno.
Milioni di destini, milioni di volti, milioni di anime.
Chissà se quel viaggio avrebbe condotto anche lei verso il suo destino.
-Ehi ragazzina…-
Una voce alle sue spalle la fece tornare con i piedi per terra.
-Ciao Saeba- rispose sorridendogli -Cosa ci fai qui? -
-Passavo di qua… Sciocca, cosa vuoi che ci faccia? Ho fatto carte false con il capo perché mi desse il permesso di venire…- le rispose ironico
-Non dovevi… Mi sbaglio o ci siamo salutati stanotte? – gli sussurrò maliziosa lei ad un orecchio
-Si da il caso che stanotte non sia stato un saluto molto formale…-
Kaori sorrise e le sue guance si tinsero lievemente di rosso.
Dio come era bella, pensò Ryo, ammirandola in tutto il suo splendore.
Odiava sapere che se ne sarebbe andata e che, dall’altra parte dell’Oceano, non avrebbe potuto proteggerla. Ma d’altro canto era giusto così. Doveva spiccare il volo dal nido, imparare a volare con le sue ali. Aveva sempre saputo che quel giorno sarebbe arrivato prima o poi. Ma non avrebbe mai creduto che sarebbe stato lo stesso della scoperta del suo amore per lei.
Quasi d’impulso l’attirò a sé, avvolgendola in un forte abbraccio.
La strinse forte come se lei fosse tutta la vita e gliela volessero portar via.
La strinse sentendo che lei era tutta la vita che poteva esserci per lui. (NDA cit. fantastica tratta da E. Hemingway).
Anche se forse era troppo tardi per arrivare a certe conclusioni: Kaori stava per andarsene.
Ma la verità è che quando un uomo ti desidera, quando ti vuole con sé realmente, mette da parte tutto il mondo. Non esistono le paure, non esistono le scuse, i chilometri, le difficoltà, non esiste niente.
E questo fu il significato che Kaori diede a quell’abbraccio.
In una sola parola: amore. Quello vero, sincero. Quello che non ha bisogno di futili parole. Piuttosto quello che parla con gli occhi, con i gesti, quello che, alla fine dei conti, era sempre trapelato silenzioso tra di loro.
Solo ora lo vedeva.
-Mi mancherai Kaori, vedi di non infilarti nei guai-
Kaori sorrise staccandosi dall’abbraccio
-Vedi tu di non infilarti nei guai, senza di me a pararti il culo- rispose ironica
Ryo la guardò divertito poi tirò fuori dalla tasca un piccolo pacchetto regalo e glielo pose in mano.
-Questo è per te, però… Aprilo quando sarai partita-
Lei lo guardò stupita.
-Saeba non è da te fare tutti questi regali-
-Beh, stai per andare dall’altra parte dell’oceano… Dovevo pur farti ricordare di me in qualche modo…-
-Non starò via molto-
-Per me sarà un’eternità- rispose lui quasi d’impulso, ma si pentì presto di aver pronunciato quelle parole. Si era ripromesso di lasciarla andare via senza nessuna costrizione.
-Ryo io…-
-Forse è meglio che vada adesso…- sentenziò lui senza farla finire di parlare.
Fece qualche passo ma una voce li sorprese.
-Ehi sorellina mica te ne andrai senza salutarmi?!-
Entrambi si girarono di scatto, stupefatti.
-Hide! Ce l’hai fatta a venire!- lo salutò lei contenta andandogli incontro
-Non potevo non salutarti prima che quelli della CIA ti facciano il lavaggio del cervello- rispose ironico -Non me lo sarei mai perdonato!- continuò abbracciandola -Mi mancherai sorellina, resta fuori dai guai mi raccomando-
-Sarà fatto- disse lei, voltandosi poi dalla parte di Ryo
-Saeba, vorrei presentarti mio fratello-
Ryo si avvicinò. Non sapeva che Kaori avesse un fratello ma la cosa che lo turbava di più era senz’altro quella vaga sensazione di averlo già visto da qualche parte.
-Piacere, Hideyuki Makimura- disse l’uomo porgendogli la mano
-Ryo Saeba- rispose di rimando stringendogliela
Quegli occhi maledettamente familiari gli erano entrati fino in fondo all’anima. Eppure non assomigliavano neppure lontanamente a quelli della sorella.
-Ehi Kaori, hanno chiamato il nostro volo- la voce di Mick Angel interruppe il silenzio che era calato tra i tre. Era rimasto a qualche passo di distanza quando aveva visto i due uomini salutare Kaori.
-Arrivo- gli rispose caricandosi in spalla il suo borsone; poi si rivolse agli altri due.
-E’ bello vedervi qui insieme, inizio a credere che i nostri destini siano legati- sorrise la poliziotta – Ciao ragazzi, ci vediamo presto… E fate i bravi in mia assenza! -
Kaori poi abbracciò il fratello e quando fu il turno di Ryo gli sussurrò all’orecchio: -Adesso, se vuoi, puoi ringraziarlo- finì, baciandolo su di una guancia. Poi si girò e con il suo borsone si affrettò a raggiungere Mick Angel che a sua volta salutò con un cenno del capo i due uomini.
Ryo la guardò allontanarsi poi rifletté sulle sue ultime parole. Guardò di soppiatto l’uomo al suo fianco che stava ancora guardando la sorella allontanarsi.
Ad un tratto tutto tornò al suo posto. Tutto combaciò e finalmente tutto gli sembrò limpido di fronte a lui.
Venne catapultato alla notte di dieci anni prima, una notte fredda, che gli aveva lasciato l’amaro in bocca per troppo tempo.
Hideyuki Makimura era l’uomo che dieci anni prima gli aveva salvato la vita.
Sembrava che finalmente ogni pedina su di quella scacchiera si fosse posizionata al suo giusto posto.
-Io devo ringraziarti…- si rivolse allora verso Hideiuki
L’uomo si girò guardandolo e sorrise -Sono io che dovrei ringraziarti, hai salvato la vita a mia sorella… Quindi siamo pari. Che ne dici?-
Ryo lo guardò incredulo. Hideyuki Makimura aveva messo a repentaglio la propria vita dieci anni prima per salvare la sua. Eppure adesso gli sorrideva sereno, senza un briciolo di rancore.
Non si stupiva di quanto Kaori gli somigliasse. Erano senza dubbio due fratelli speciali.
-Dimmi un po’ Saeba… Ti fidi a lasciar andare mia sorella con il biondino della CIA?-
-Neanche un po’…- sussurrò l’altro tra i denti
-Immaginavo…- sorrise Hide -Vedrai, saprà cavarsela, la mia sorellina ha una marea di trucchetti nella manica! Vieni, ti offro un caffè…-
Fu così che i due uomini si avviarono verso uno dei tanti bar presenti all’interno dell’aeroporto.
Come aveva detto Kaori i loro destini erano legati.
Tutto quello che era successo in passato era avvenuto con uno scopo preciso.
Era nato un amore.
Ed una grande amicizia stava per nascere.
 
 
Kaori fini di sistemare il bagaglio nella cappelliera dell’aereo.
Si sistemò sul sedile e sentì la piccola scatolina di Ryo all’interno della tasca, picchiarle sulla coscia.
La prese tra le mani.
Mick, seduto di fianco a lei, la vide aprire il pacchetto.
All’interno vi era una collana con un ciondolo a forma di rondine. Aveva un piccolo rubino incastonato sul cuore.
Kaori guardò il ciondolo meravigliata. Sorridendo lo indossò subito.
Era bellissima quella giovane donna. Più di ogni altra donna che avesse mai incontrato. Era una bellezza che riscaldava il cuore. Ogni suo gesto era sincero, ogni suo sguardo, ogni suo sorriso. Tutto di lei faceva innamorare.
L’americano sospirò. Sapeva che il cuore di Kaori era già occupato.
 
-Perché una rondine?- le chiese l’americano
Lei lo guardò, sorrise di nuovo e gli rispose:
-Perché le rondini tornano sempre a casa-
 
 
FINE!
 
 
N.d.A: Ciao Ragazze! Ed anche questa fanfiction si è conclusa 😊 Spero vivamente che vi sia piaciuta. Non me ne abbiate per il finale aperto, ma forse chissà… La mia testolina potrebbe già avere in mente qualcosa… E poi volevo lasciare un finale in stile Hojo :D (ehi ehi rinfoderate quei coltelli su!!) ahahahah :D
Aspetto qualche altro commento, fatemi sapere se vi è piaciuta o se avreste preferito qualche altro finale! Vi saluto e vi abbraccio! Alla prossima! Ciauuuz! S. 😊

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