La madre di Gokudera di kamy (/viewuser.php?uid=60751)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 La desidero ***
Capitolo 2: *** Cap.2 Proposta ***
Capitolo 3: *** Cap.3 Amara notizia ***
Capitolo 4: *** Cap.4 La piccola Bianchi ***
Capitolo 5: *** Cap.5 La moglie del Boss ***
Capitolo 6: *** Cap.6 Salvataggio ***
Capitolo 7: *** Cap.7 Promessa davanti al pianoforte ***
Capitolo 8: *** Cap.8 Fronte unito ***
Capitolo 9: *** Cap.9 La decisione della tempesta ***
Capitolo 10: *** Cap.10 Momenti d’intimità ***
Capitolo 11: *** Cap.11 Sul balcone ***
Capitolo 12: *** Cap.12 La fuga di Lavina ***
Capitolo 13: *** Cap.13 Gokudera ***
Capitolo 14: *** Cap.14 Malata terminale ***
Capitolo 15: *** Cap.15 Bicicletta ***
Capitolo 16: *** Cap.16 Lettere ***
Capitolo 17: *** Cap.17 In attesa del compleanno ***
Capitolo 18: *** Cap.18 La morte di Lavina ***
Capitolo 1 *** Cap.1 La desidero ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Cap.1
La
desidero
La
giovane suonava piegata in
avanti, le sue dita affusolate sfioravano i tasti del pianoforte e i
capelli argentei
le ondeggiavano dietro le spalle. Teneva gli occhi chiusi e il suo viso
era
illuminato dalla luce tremolante di una lampada.
All'ingresso
del locale, allo
stipite della porta, era appoggiato un uomo. Si grattò un
baffo con l'indice ed
espirò il fumo del proprio sigaro dalle narici. L'aria
fredda della sera aveva un
odore umido che si confondeva con quello del tabacco.
Il
boss mafioso socchiuse gli occhi,
mentre delle nuvolette di fumo si condensavano davanti al suo viso. Si
allontanò il sigaro dalle labbra e lo fece ondeggiare, della
cenere cadde sul
pavimento. Con l'altra mano si strinse la cravatta, mentre cercava di
ascoltare
la melodia del pianoforte coperta dal brusio delle voci all'interno del
locale.
"Signore,
sua moglie a casa
l'aspetta. La bambina...". Iniziò a dire uno dei suoi
uomini.
L'uomo
scrollò le spalle e ghignò,
mentre entrava nel locale. I suoi occhi si posarono sul collo niveo
della
pianista, seguì la forma delle clavicole di lei e si deterse
le labbra con la
lingua. Superò una finestra ed un quadro.
La
pelle nivea della giovane faceva
contrasto con l'ambiente scuro circostante.
La
gente vide il mafioso avanzare,
le loro voci si fecero più concitate, parecchi si alzarono
dai loro tavolini
quadrati e alcuni di loro rovesciarono delle sedie.
La
pianista riaprì gli occhi e si
voltò, stringendo le labbra. Smise di suonare, mentre il
mafioso si metteva una
mano in tasca. Giocherellò con l'accendino d'oro che teneva
lì e si sedette in
una delle sedie.
La
pianista corrugò la fronte. Il
mafioso indicò uno dei suoi uomini, alzando e abbassando il
dito. Il suo uomo
gli si avvicinò, inginocchiandoglisi accanto.
"Desidero
che divenga mia. E
giurò che l'avrò" gli bisbigliò il
mafioso all'orecchio.
Il
suo uomo annuì.
"Provvedo"
rispose.
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Capitolo 2 *** Cap.2 Proposta ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Cap.2
Proposta
La
pianista socchiuse gli occhi
guardando l’uomo davanti a lei.
Il
mafioso stringeva tra le mani un
mazzo di rose rosse, alcuni petali erano caduti sul pavimento del
locale.
Nell’ambiente risuonavano i passi degli uomini alla porta, i
loro respiri e una
mosca che girovagava nell’ambiente.
“Non
ho mai incontrato un’artista
brava come lei” disse gentilmente il mafioso.
La
donna mise un braccio dietro la
schiena.
“Ormai
è un mese che viene a
sentirmi” rispose lei, socchiudendo le labbra piene.
Osservò il vestito a righe
dell’uomo e alzò lo sguardo, il viso del mafioso
era in ombra sotto il
cappello.
“E
ormai non mi basta più” ribatté
l’uomo. Mise un piede sopra il primo gradino di legno del
palchetto dove si
trovava il pianoforte.
“Volete
venire a suonare a casa
mia?” chiese, porgendole le rose.
La
donna avvertì una fitta al cuore.
“Non
penso vi si possa dire di no”
rispose.
L’uomo
ghignò e i suoi baffi
fremettero.
“Infatti”
ribatté secco, indurendo
il tono.
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Capitolo 3 *** Cap.3 Amara notizia ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Cap.3 Amara notizia
La giovane osservò il millepiedi vermiglio che saliva
lentamente lungo la
parete bianca. Socchiuse gli occhi e si nascose una porzione del corpo
ignuda
con il lenzuolo candido.
Il
vento che
entrava dalla finestra le faceva ondeggiare i lunghi capelli grigi
intorno al
viso ovale. Strinse le labbra, mentre il letto al suo fianco cigolava.
L'uomo
si
mise seduto.
"Oggi
ho parecchi affari da sbrigare" disse. Si sporse e le prese il viso
nella
mano.
"E
prima devo farmi vedere da mia moglie" le disse, facendole voltare il
capo. Le baciò il collo, la donna s'irrigidì,
rabbrividendo.
"Oggi
al locale non mi hanno fatta suonare" sussurrò con voce roca
la donna.
Il
mafioso
le sfiorò le labbra con le proprie.
"Non
dovrai più esibirti in pubblico, ora sei roba mia"
spiegò. Sfilò una
pistola da sotto il cuscino, vi montò il silenziatore preso
dal comodino e
sparò al millepiedi.
Lavina
si
coprì le orecchie con le mani, stringendo gli occhi.
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Capitolo 4 *** Cap.4 La piccola Bianchi ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Cap.4
La piccola Bianchi
“Non
voglio che tu mi fraintenda”
sussurrò l’uomo, passandosi pollice e indice su
uno dei due spessi baffi neri.
Lavina
si passò la spazzola tra i
lunghi capelli argentei, indietreggiando con la schiena verso la
specchiera.
“Ho
seguito assiduamente ogni tuo
concerto. Per me sei veramente speciale” disse con voce roca
il mafioso.
La
donna socchiuse gli occhi dal
taglio tondo.
“I
tuoi uomini sono alla porta?”
domandò.
L’uomo
si tolse il cappello a falde
larghe e lo appoggiò sul comodino.
“Sì,
i miei fidati guardiani sono
fuori dalla porta. Tranne il mio braccio destro che ha affari
più importanti da
mandare avanti” spiegò.
Il
pianto di un bambino piccolo
risuonò nella stanza, proveniente da fuori.
“Cos’è?”
domandò Lavina. Si alzò in
piedi, congiunse le mani al petto e si guardò intorno.
“La
figlia di mia moglie e mia. La
prova che alla fine questo dannato matrimonio combinato non
è nemmeno servito
ad avere un maschio” sibilò acido
l’uomo. Strinse un pugno e si alzò in piedi
dalla sedia su cui era accomodato.
“Ti
lascio riposare, ora devo andare
a vedere perché le serve non calmano quella mocciosa di
Bianchi” sussurrò,
dirigendosi verso la porta.
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Capitolo 5 *** Cap.5 La moglie del Boss ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Cap.5
La moglie del Boss
Il
boss mafioso si tolse la giacca a
righe e ne mise una totalmente nera, controllò i polsini
della camicia e
raddrizzò i gemelli di famiglia.
Sua
moglie avanzò alle sue spalle,
aveva dei lunghissimi capelli color rosa scuro.
“Torni
dalla tua amante più tardi?”
domandò.
L’uomo
assottigliò gli occhi e
corrugò la fronte.
“Finché
non accetterà di sposarmi. Poi
te ne dovrai andare” sibilò. Si voltò
verso la moglie e la vide stringere i
pugni.
“Vedi
di non farmi fare cattiva
figura alla festa di stasera” le ordinò.
La
donna aveva due ampie ciocche di
capelli che le si aprivano a sipario davanti a un viso lungo e magro.
“Non
ho nessuna intenzione di
mostrare in pubblico le tue nefandezze” sibilò.
Il
marito fece il segno di alzare la
mano.
<
Nel nostro mondo si possono
avere fino a due matrimoni, ma non vorrei mai dover rimanere al tuo
fianco >
pensò.
“Mamma!”
gridò Bianchi. Corse nella
stanza e raggiunse la donna, le abbraccio le lunghe gambe dalle ossa
sporgenti,
affondando il viso nella gonna rosa chiaro.
“Io
vado avanti. Vi aspetto in
salone” ordinò l’uomo.
Uscì
dalla stanza e la bambina
singhiozzò.
“Devi
odiarli, piccola mia. Tuo
padre, la sua amante e il loro possibile figlio bastardo. Hai
capito?” ringhiò
la donna.
La
piccola annuì, facendo ondeggiare
i lunghi capelli dello stesso colore di quelli della madre.
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Capitolo 6 *** Cap.6 Salvataggio ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.6 Salvataggio
Lavina si affacciò,
guardando l’interno del salone e vi
entrò, scostò le tende strappate. Si
alzò sulle punte dei piccoli piedini e le
afferrò con entrambe le mani, le fece cadere pesantemente a
terra e tossì per
la polvere, mentre si alzavano stuoli di falene. Le trascinò
fino a un divano
dalla stoffa strappata, ve le lasciò ricadere di sopra,
appallottolate su loro
stesse.
“Perché questa
stanza della villa è abbandonata?” si
domandò. Si mise una ciocca argentea dietro
l’orecchio e camminò lungo il
pavimento, si affacciò e si guardò intorno nel
corridoio.
< Non devono scoprire che sto
andando in giro da sola per
le ale della villa. Non voglio che fraintendano >
pensò. Si tirò indietro e
notò che in un vaso c’erano delle rose bianche
appassite, lo afferrò con
entrambe le braccia e lo portò fuori, raggiunse il bagno e
nella piccola
spazzatura fece cadere le rose. Gettò l’acqua
sporca nel lavandino, recuperò
tutte le foglie secche gettandole nella spazzatura e
sciacquò il vaso. Lo
riempì con acqua fresca e raggiunse nuovamente la stanza.
< Sì, che
è pieno di serve. Ho la vaga sensazione che le
serve occupino il loro tempo più per sparlare che per
lavorare > rifletté.
Udì
un’esplosione, le finestre della stanza tremarono. Si
mise a correre, il battito cardiaco accelerato. Trovò il
vice del boss intento
a spegnere delle fiamme, che si alzavano alte dall’entrata di
una stanza.
“Chiamate il guardiano
della pioggia, subito. Il boss è
rimasto bloccato in laboratorio!” ordinò. Le
fiamme si facevano sempre più
alte, mentre l’estintore tra le sue braccia si esauriva.
“Tu cosa ci fai
qui?!”. Lavina udì urlare un’altra voce
femminile e vide la moglie del boss camminare verso di lei a passo di
carica. “Sei
stata tu a manomettere le sue fiale, vero? Volevi morisse in
un’esplosione” le
urlò contro.
Lavina negò con il capo,
le iridi color perla liquide. Si
voltò nuovamente e allungò davanti a
sé le braccia esili, delle fiamme della
pioggia fuoriuscirono dalle sue dita affusolate, spegnendo le fiamme.
Il vice del boss corse dentro,
raggiunse il boss steso esanime
sul pavimento e se lo issò sulle spalle, trascinandolo
fuori. Il viso del boss
era annerito, i suoi capelli biondi erano sporchi di fuliggine e il suo
respiro
affannoso.
La donna guardò Lavina con
gli occhi sgranati.
“P-perché lo hai
salvato, sgualdrina? Vuoi davvero diventare
la sua nuova moglie?” ringhiò.
“Lui mi ha rapito, ma io
non uccido nessuno” rispose Lavina,
con voce decisa, ma dal tono molto basso.
La piccola Bianchi osservava la scena
nascosta dietro l’angolo
del corridoio.
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Capitolo 7 *** Cap.7 Promessa davanti al pianoforte ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.7 Promessa davanti al pianoforte
Lavina si deterse la bocca un
fazzoletto e tirò lo scaricò
del bagno, si lavò, il suo viso era pallido.
< Non faccio altro che
vomitare ultimamente. Fortunatamente
il dottore che hanno mandato a chiamare è Shamal, lo conosco
da sempre >
pensò. Uscì fuori dal bagno e con passo tremante
raggiunse il salotto, vi entrò
e sgranò gli occhi, al centro di esso c’era un
pianoforte nero a coda,
illuminato dalla luce del sole che entrava dalla grande vetrata.
“Le cameriere mi hanno
detto che nell’ultimo periodo ti sei
occupata di questo posto. Era sporco, volgare, mal ridotto e tu lo hai
fatto
splendere come la stanza più bella di tutta la
villa” disse il boss. Teneva una
mano appoggiata sul pianoforte.
Lavina rabbrividì e
chinò il capo, i lunghi capelli grigi le
finirono davanti al viso.
“È un regalo per
me?” domandò.
Il boss si accese una sigaretta, la
raggiunse e le afferrò
il polso, traendola a sé.
“Mi hanno detto che sai
anche difenderti, Yamamoto. Allora
perché mi lasci fare quello che voglio?”
domandò.
Lavina arrossì e
alzò il capo.
“N-non penso tua sia
davvero cattivo. Ami la musica”
mormorò.
Il boss la baciò con foga,
arrossandole le labbra sottili.
“Stai vedendo un principe
oltre la bestia, ‘belle’?” le
domandò.
Lavina negò con il capo.
“N-no. La bestia ti
assicuro che è molto più grande”
rispose.
Il boss inarcò un
sopracciglio.
< Mi sta deridendo o non ha
capito che non ero letterale?
Parla poco e quando lo fa non la comprendo, ma questo accresce il suo
fascino. È
un’artista così enigmatica >
pensò.
“Sì,
è un regalo per te. Voglio che diventi la mia sposa, te
l’ho detto e ho intenzione di conquistarti. Inoltre vorrei
che tu facessi a me
quello che hai fatto questa stanza. Mi rendessi meno cattivo, pieno di
me e
aggressivo, non voglio essere questo genere di persona solo
perché tutti se lo
aspettano” rispose il boss.
“Tu mi ricordi tanto mia
madre. Anche lei sembrava cattiva,
ma non lo era. Perché questa stanza stava cadendo a
pezzi?” chiese Lavina, con
voce bassa e tremante.
Il boss le lasciò andare
il polso, la pelle della giovane si
era arrossata.
“Qui mia madre aveva preso
l’abitudine di picchiarmi, ogni
volta che mio padre era via per lavoro. E qui, per legittima difesa,
l’ho
uccisa dopo che lui era scomparso. Sono un assassino, mi temi per
questo?”
domandò.
Lavina rabbrividì.
“Come temo tutta la mia
famiglia, non per questo li ho amati
di meno” disse gentilmente. Prese con entrambe le mani quella
di lui, chiuse
gli occhi e gli sorrise. “Cercherò di addolcirti,
allora, promesso”.
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Capitolo 8 *** Cap.8 Fronte unito ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.8 Fronte unito
Lavina si affacciò,
guardando il salotto e rabbrividì.
< Finalmente mi hanno dato il
permesso di girare per la
casa. Forse pensano che non abbia più intenzione di
scappare… però non mi
aspettavo sarebbero arrivati a far venire ospiti con me qui >
rifletté.
“Perciò abbiamo
deciso di adottare una bambina. Così nel caso
non dovesse andarci bene, potremmo sempre restituirla. Le donne non
valgono poi
tanto” udì dire la voce di una donna. Vide che
proveniva da una donna dai corti
capelli rosa, ancora più ossuta della moglie del boss che le
stava davanti.
“Non
dovresti trattare
così le nostre figlie. Sono eredi di una grande
famiglia” disse gelida sua
madre. I lunghi capelli grigi le ondeggiavano dietro le spalle e teneva
una
mano sull’elsa della spada.
“Mia
cara, una sola. L’altra
figlia è assolutamente inutile” rispose
l’uomo, accendendosi un sigaro.
Lavina serrò un pugno.
“Ci vorranno parecchie
scartoffie, ma se prendiamo la figlia
di qualche schiava, non dovremmo nemmeno pagare tanto. In fondo ci sono
parecchie nobili cadute in disgrazia” disse un uomo,
accomodato in una
poltrona.
“Bianchi è una
bambina, ma penso sia un’ottima erede. Sta
dimostrando una fiamma della tempesta molto potente” disse la
moglie del boss.
“Sorella cara, non essere
così ingenua. È solo una fiamma
minore” disse l’altra donna. Fece un sorriso
sghembo e si piegò in avanti,
mostrando i denti cavallini. “Inoltre si dice che
l’amante di tuo marito sia
incinta. Se sarà un maschio, l’onta
sarà terribile” sussurrò.
Lavina entrò nella stanza
con passo veloce, raggiunse la
donna e la colpì con un pugno al viso.
“Ma
cosa…” gridò l’uomo.
Lavina si massaggiò la
mano, si era spezzata le ossa delle
dita.
< È con questo, mi
sono giocata davvero la carriera da
pianista professionista > pensò.
“Per-perché lo
hai fatto?” chiese con voce tremante la
moglie del boss.
Lavina vide che l’uomo si
stava alzando, afferrò un
fermacarte dal tavolinetto davanti a lui e lo avvolse di fiamme della
pioggia.
“Fossi in voi non sfiderei
le due mogli del boss. Forse voi
non lo sapete, ma se ne possono avere fino a due”
sibilò.
“Oh, un fronte unito. Non
mi capitava da parecchio di
vederlo” disse l’uomo, facendo traballare la sua
pancia lardosa.
Sua moglie si rialzò,
tremando.
La moglie del boss sbatté
un paio di volte le palpebre e la
guardò con la bocca socchiusa, Lavina si sporse e le
avvicinò le labbra all’orecchio.
“Odiami pure, ma ti
prometto che ti farò rimanere qui. Se
tuo marito mi vuole, dovrà volere anche te”
promise.
“Odiami
pure,
sorellina, ma se papà vuole che io sia la figlia ideale che
gli manderà avanti
i ristoranti, dovrà volere anche te” disse la
bambina.
Lavina
arrossì e
abbracciò la sorella gemella.
“Grazie,
Lavanda”
sussurrò.
Le lacrime rigarono il viso della
moglie del boss.
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Capitolo 9 *** Cap.9 La decisione della tempesta ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.9 La decisione della tempesta
La moglie del boss chiuse la pesante
tenda della finestra.
“Vi occupate sempre
egregiamente delle feste, mia signora”
disse il guardiano della pioggia.
La moglie del boss si legò
i capelli rosa in uno chignon e
si mise una ciocca sfuggita dietro l’orecchio.
“Questo è il mio
ruolo” disse. Lo raggiunse e gli sfiorò il
dorso della mano con le dita, il guardiano rabbrividì.
“M-mia signora, voi sapete
i miei sentimenti per voi, ma il
boss…” esalò.
La donna gli poggiò
l’indice sulle labbra e sorrise.
“Mio marito ed io abbiamo
deciso di comune accordo di non
toccarci più fisicamente. Entrambi ci facevamo ribrezzo in
quel senso, ma
abbiamo scoperto che possiamo ‘parlare’. Come
confidenti e amici, alla fine,
non funzioniamo tanto male.
Gli ho detto che noi due eravamo
innamorati prima del
matrimonio combinato e che tu, per fedeltà, non hai mai
detto niente” sussurrò.
L’uomo deglutì e
rabbrividì.
“E se vostra figlia Bianchi
lo scoprisse?” domandò.
“Allora ti aspetto in
camera mia, per non rischiare” mormorò
la donna. Si allontanò da lui e appoggiò una mano
sul fianco ossuto.
“Il boss sta cambiando
davvero tanto da quando ha portato
qui la sua amante, vero?” chiese il guardiano della pioggia.
“Non crederò, il
fatto che lei lo stia rendendo ‘gentile’
non vuol dire che smetterò di odiarli”
borbottò la padrona di casa.
Il guardiano della tempesta li spiava
da dietro lo stipite
della porta.
< Da quando quella
‘maledetta’ è qui, stiamo diventando
una famiglia ‘debole’. Guardiani che provano
attrazione per la moglie del boss
e quest’ultimo che lascia fare? Dove andremo a finire? Di
questo passo, la
punizione dei Vongola e della loro
‘santità’ si abbatterà su di
noi e ci
spazzerà via > pensò, guardando i due
allontanarsi verso l’androne delle
scale. < Devo agire, subito > si disse.
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Capitolo 10 *** Cap.10 Momenti d’intimità ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.10 Momenti
d’intimità
Lavina si sfilò le
ballerine nere con il tacco e si sedette
sul letto.
“Perché indossi
ancora quei vestiti? Qui non sei una
prigioniera, ma la padrona di casa. Quelli che ti regalo non sono forse
di tuo
gradimento?” chiese il boss. Era steso ignudo sul letto e si
grattava il petto
niveo, lì dove c’erano alcuni peli biondi.
Lavina si slacciò il
colletto del lungo abito candido che
indossava.
“Sono comodi”
sussurrò. Si portò un fazzoletto alle labbra e
tossì piano.
“Oggi ti sei stancata
troppo, il dottore dice che dopo il
parto ti sei indebolita molto, dovresti riprenderti” disse il
boss, issandosi a
sedere.
“Ho solo consolato il tuo
guardiano della nuvola. Nessuno mi
aveva detto che veniva addirittura dalla Cina, quel posto è
lontano e ligio
eccessivamente alle regole. Lo shock culturale doveva farlo soffrire
già molto.
E sono venuta a sapere che sono morti entrambi i suoi figli, ancora nel
fiore
degli anni. È terribile, dovevo dargli aiuto”
rispose Lavina.
Il boss le prese la mano nella
propria e se la portò alle
labbra, baciandola con foga.
“Devi sempre aiutare tutti,
vero? Finirò per essere geloso
delle attenzioni che rivolgi agli altri. Tu sei…
sei…”. Iniziò.
“Tua?” chiese
Lavina. Gli appoggiò la testa sulla spalla, si
era spogliata e il suo corpo ignudo tremava piano.
“Sto cercando di
smettere” borbottò il boss. Si sporse,
prese una sigaretta da un pacchetto sul comodino e aprì il
cassetto, cercando l’accendino.
“Sono consapevole che i
boss sono possessivi, ne ho avuto
uno” mormorò la giovane.
“Ho saputo che Dokuro ha
osato metterti le mani addosso. Si
tenesse la sua di moglie, maledetto pervertito”
ringhiò il boss, accendendosi
la sigaretta.
“Era il mio promesso, mi
hanno costretta a forza a stare con
lui, ma devo almeno ringraziarlo per avermi insegnato a suonare il
pianoforte”
disse Lavina.
Il boss le cinse un fianco fino ad
arrossarglielo e soffiò
una nuvoletta di fumo.
“Da lui sei scappata,
perché da me no?” chiese con voce
roca.
Lavina gli poggiò un bacio
sulla punta del naso.
“Sei davvero antipatico, ma
non puoi essere tanto terribile
se veniva a ogni mio spettacolo. Diciamo che sei un
‘fan’ fuori controllo”
mormorò.
Il boss la baciò con foga,
Lavina sentì il sapore del
tabacco.
“Sei così
atipica che mi fai impazzire. Mia, mia, mia”
mormorò il giovane uomo con voce di gola.
< La mia famiglia ama
così, da prede o da predatori.
Anche la sua è così. Forse è per
questo che con me riesce a vedere oltre le
apparenze. In fondo anche lei sembra sempre accigliata, ma è
così dolce e, se
la conosci, tenera. Mia madre aveva un unicorno come box arma, lei
sembra
esattamente in quel modo > pensò.
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Capitolo 11 *** Cap.11 Sul balcone ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.11 Sul balcone
Lavina era ritta in piedi sul
davanzale della finestra, di
marmo, dagli intarsi riccamente decorati, e stringeva il figlio neonato
al
petto, quest’ultimo gorgogliava.
La donna lo guardò, il
piccolo era avvolto da una copertina
bianca che gli nascondeva anche il viso paffutello. Rialzò
il capo, guardando
il cielo azzurro con occhi liquidi, il vento le sferzava il volto
ovale, facendole
ondeggiare i lunghi capelli grigi.
La giovane donna indossava un lungo
vestito grigio chiaro,
che aderiva alle forme del suo fisico minuto. La giovane
corrugò la fronte,
aggrottando le sopracciglia sottili, udendo dei passi alle sue spalle.
Si voltò
e vide il guardiano della tempesta del boss avanzare verso di lei.
“Cosa vuoi?”
domandò secca, con voce bassa, stringendo di
più il proprio figlio al petto.
“Il boss si è
messo in testa di sposarti. Lo sai, vero?”
domandò l’uomo.
Lavina si allontanò dal
bordo del davanzale e batté le
palpebre.
“Questo perché
è un problema?” chiese.
Il guardiano si strinse la cravatta e
la guardò in viso con
gli occhi assottigliati.
“La tua famiglia
d’origine è nemica alla famiglia Vongola a
cui noi siamo affiliati. Un vostro matrimonio ci metterebbe in cattiva
luce con
Timoteo. Se il Nono boss dei Vongola decidesse di attaccarci, ci
potrebbe
facilmente spazzare via.
Saresti la causa della rovina di
questa famiglia” disse.
Estrasse una sigaretta da una tasca.
“Non fumare davanti al
bambino” lo fermò Lavina, alzando un
po’ la voce.
Il guardiano della tempesta
scrollò le spalle e rimise la
sigaretta al suo posto.
“Non voglio danneggiare
l’erede del boss. Aveva proprio
bisogno di un maschio, ma dovresti rivedere le tue priorità.
Ti sto dicendo che
verremo uccisi tutti.
Inoltre abbiamo saputo che eri
‘promessa’ al boss di un’altra
famiglia a cui eri scappata” disse.
“Se avessi voluto scappare
da questo rapimento, l’avrei già
fatto” rispose Lavina.
“Non hai capito. Se
l’altro boss, di una nostra famiglia
alleata, sapesse che sei qui, sarebbe ugualmente disposto a scatenare
una
guerra. Sei un po’ come Elena di Troia, pronta a far ricadere
la sventura sulla
nostra famiglia” disse secco il guardiano.
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Capitolo 12 *** Cap.12 La fuga di Lavina ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.12 La fuga di Lavina
“C-cosa vuol dire che
è… scappata?” domandò il
boss. Si alzò
in piedi dalla poltrona, le mani tremanti, gettò un
bicchiere tra le fiamme del
camino e il contenuto fece alzare delle alte fiamme.
“Signore, non è
fuggita lontano. Alcuni dei nostri uomini l’hanno
vista all’altezza dei vigneti. Ed anche l’Hitman
Reborn, che si muove in quella
zona per via della locanda può confermare. Andiamo a
prenderla?” chiese il
guardiano della nebbia.
Quello della nuvola si sedette sul
davanzale della finestra
e chinò il capo, sospirando pesantemente.
< Cosa può essere
successo? Quei due si amavano > si
domandò.
“No” disse secco
il boss.
Il suo guardiano del fulmine
trasalì e si nascose nell’angolo
tra l’armadio e il muro.
“Come scusi,
signore?” domandò il vice.
Il boss fumò avidamente la
sigaretta, il suo viso era in
ombra sotto le falde larghe del capello.
“Le ho detto che
l’amavo” sussurrò.
“Boss, voi volete
sposarla” gli ricordò il guardiano della
pioggia.
“Se vuole essere libera,
che lo sia. Per dimostrare il mio
amore, la lascerò andare” disse il boss. Le fiamme
del camino si riverberavano
sul suo mento, dando vita a dei giochi di ombre e luce.
“Questa è la
scelta più saggia, boss. Vedrete che si renderà
conto da sola dell’errore e che tornerà”
mentì il guardiano della tempesta.
< Il dolore lo
temprerà, torneremo una famiglia forte e
spietata > pensò.
Il boss avvertì delle
fitte al petto e il suo vice sospirò.
< So cosa vuol dire soffrire
per amore. L’ho capito il
giorno in cui mia moglie se n’è andata portandosi
via i miei due figli >
pensò quest’ultimo.
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Capitolo 13 *** Cap.13 Gokudera ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.13 Gokudera
“Lei
è…” borbottò Bianchi.
Masticò rumorosamente la gomma
che teneva in bocca, facendo fremere le sue labbra piene.
“Papà,
ho incontrato
la signora mamma di Hayato” sussurrò Bianchi.
Il padre si
calò il
cappello sul viso e la guardò, i suoi occhi erano cerchiati
da occhiaie.
“Sono
passati anni, ti
ho detto di starle lontano. Non voglio che Hayato pensi che sua madre
l’ha
abbandonato per colpa mia” disse con voce roca.
“Papà,
l’ho convinta a
incontrare fratellino. Ho trovato una scusa che
funzionerà” ribatté la figlia,
passandosi la mano sulla gonna di pizzo.
Bianchi batté le palpebre,
giocherellando con il nastrino
nero sulla spallina del suo vestito nero.
“Lavina Gokudera,
piacere” disse gentilmente la donna. Si
piegò in avanti e accarezzò la testa di Hayato.
Quest’ultimo guardò il sorriso
della madre e avvertì il proprio battito cardiaco
accelerare, arrossì.
< Sembra così buona
e bella > pensò.
< Gokudera… sbaglio
o è il nome di suo padre? Scelta
insolita presentarsi con il nome della famiglia minore.
Perché nascondere di
provenire dalla mafia proprio a un’altra famiglia mafiosa?
Bah, forse voleva
cambiare completamente vita > rifletté Bianchi,
passandosi le lunghe unghie
laccate di viola tra i lisci capelli rosa.
“Lei sarà la
nostra insegnante di pianoforte” la presentò
Bianchi.
Gokudera sgranò gli occhi
grigi, si tolse dalla giacca che
indossava un paio di occhiali e li infilò.
“Per me sarà un
onore” disse.
La donna notò
l’areoplanino di carta che usciva per metà
dalla tasca della giacca di suo figlio, il ginocchio sbucciato lasciato
scoperto dai pantaloncini corti e il cerotto sulla fronte del bambino.
“Anche per me, piccolo
mio” disse.
“Po-posso chiamarla
‘signora’?” chiese il piccolo con voce
tremante.
“Puoi chiamarmi come
vuoi” disse la donna. Prese la mano del
piccolo nella propria e lo condusse fino al pianoforte.
Bianchi li guardò da
dietro.
“Spero di aver fatto la
scelta giusta” bisbigliò.
Lavina si voltò a guardare
l’altra bambina.
“Vieni anche tu. In fondo
sono la ‘maestra’ di entrambi” la
invitò gentilmente.
Bianchi arrossì, si
mordicchiò il labbro e li seguì fino
all’immenso
pianoforte nero a coda.
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Capitolo 14 *** Cap.14 Malata terminale ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.14 Malata terminale
Lavina prese la mano del piccolo
nella propria e la spostò
un’ottava più in basso sulla tastiera del
pianoforte.
Il battito cardiaco del piccolo era
accelerato, mentre la
sua schiena aderiva alla madre.
< Quando sono con lei mi sento
così protetto, come se la
conoscessi da sempre > pensò.
“Bianchi non fa altro che
avvelenarmi i biscotti. Così mi
viene mal di pancia e non riesco a finire i concertini”
gemette Hayato.
Lavina gli accarezzò la
testa con l’altra mano dalle dita
sottili.
“Credevo che la tua
famiglia fosse immune ai veleni” disse.
“Non so come faccia. Io
sono immune, ma quelli che mi dà lei
sono micidiali. Perché lei usa la ‘cucina
velenosa’, ecco” borbottò il piccolo.
“Sicuramente ci
sarà un’altra motivazione, dovresti scavare
più a fondo. Bianchi è una bambina dolcissima e
ti vuole bene” disse
gentilmente Lavina.
Hayato sbuffò.
“Si veste sempre di nero,
come una signora del male. Ha dei
lunghi vestiti di pizzo, un’espressione
‘malvagissima’ e adesso ogni volta che
la vedo mi sento male. Mi sale subito la nausea, perché mi
vengono in mente i
suoi terribili biscotti”. Tirò su con il naso
rumorosamente. “Non mi vuole bene”
gemette.
“Chiederò a
Shamal di tenerla d’occhio. Va bene?” chiese
Lavina. Tossì un paio di volte, aveva gli occhi liquidi e
sia il petto, che la
gola, le dolevano.
“Tu e il dottore state
insieme, signora?” chiese Hayato,
continuando a suonare.
“No. Sai, sono un
po’ malata e il dottore mi aiuta a
curarmi. Però niente di grave, solo un po’
d’influenza” sminuì la donna,
mentendo.
< Come vorrei dirti che sono
tua madre e crescerti
piccolo mio, ma non mi resta molto tempo. La mia malattia mi sta
uccidendo.
Mi dispiace solo di morire
lasciandoti solo. Avrei voluto
rivedere mia sorella, per fartela conoscere, chissà
dov’è adesso. Non potrò
fare niente di tutto questo, ma voglio godermi questi ultimi attimi con
te >
pensò.
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Capitolo 15 *** Cap.15 Bicicletta ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.15 Bicicletta
Lavina osservò un
ragazzino dai capelli mori porgere con un
gesto brusco una bicicletta al figlio.
“Grande! Grazie
mille” disse Hayato. Salì in sella ed
iniziò
a pedalare, la bicicletta aveva delle rotelline ai lati.
La donna guardò il figlio
sfrecciare lungo la stradina, fino
a un negozio di giocattoli.
“Lei chi è? Ho
notato che lo sta guardando da prima, da
quando Danilo lo ha portato nel negozio a comprargli la bambola per il
compleanno” disse gelido il ragazzino.
La donna trasalì,
rimanendo nascosta all’angolo del vicolo,
coprendosi di più il viso con un foulard. Osservò
il giovinetto raggiungerla
con passo cadenzato, ne osservò gli scombinati capelli mori
e le sopracciglia
che si dividevano in due verso la fine.
Il giovane si strinse la cravatta
nera.
“Assomiglia davvero tanto
ad Hayato. Giurerei che lei è la
madre biologica” disse atono.
Lavina indietreggiò di un
paio di passi, rabbrividendo.
“Non voglio farle del male.
Lei assomiglia in un certo senso
alla mia di madre. Se teme Danilo o a motivo di credere che qualcuno
voglia
aggredirla, può dirmelo. La metterò sotto la
protezione dei Vongola” disse il
ragazzino con tono distaccato.
“T-tu sei il figlio del
Nono?” chiese Lavina con voce
soffocata.
“Sì, di Vongola
Timoteo” rispose Xanxus.
“Ti prego, proteggi mio
figlio” lo supplicò Lavina. Una
lacrima le rigò il volto, gli diede le spalle e corse via
lungo il vicolo.
“Le donne sono un mistero
che non riesco a comprendere”
borbottò Xanxus.
< Sarà meglio
controllare che il moccioso non si faccia
male con la bicicletta. Sarebbe veramente una cosa fastidiosa se si
facesse
male a qualche giorno dal suo compleanno > rifletté.
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Capitolo 16 *** Cap.16 Lettere ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.16 Lettere
“Papà, Lizzy doll
è bellissima. Grazie per avermela comprata.
Anche se Shamal dice che è
un regalo da bambine” disse
Hayato.
“Non è per
giocarci. È una bambola di porcellana da
collezione. I collezionisti possono avere qualsiasi sesso, mi sorprende
che un
dottore non riesca a comprenderlo.
Ora lasciami solo, devo
lavorare” rispose gelido il boss.
Hayato fece un inchino, facendo
ondeggiare i corti capelli
grigi.
“Vi lascio ai vostri
affari, allora, padre” disse, cercando
di avere un tono formale con la sua voce stridula e infantile.
Unì i talloni
delle scarpe nere di vernice e corse via dalla stanza, il colletto
della
camicia candida gli aveva arrossato la pelle nivea.
Il boss sospirò
pesantemente, alzandosi dalla poltrona di
velluto rosso davanti al camino su cui era accomodato, raggiunse la
poltroncina
nera della sua scrivania e vi si lasciò cadere pesantemente.
Intinse la penna d’oca
nel calamaio colmo d’inchiostro nero, estrasse dal cassetto
la sua carta da
lettere e l’adagiò davanti a sé.
< Continuo a scrivere lettere
d’amore e di supplica.
Nella speranza che Lavina torni.
Potrei trattenerla quando viene a
fare lezione di piano ai
bambini, ma… ho imparato che non puoi segregare la persona
che ami. Lei mi ha
cambiato, profondamente, mi ha fatto comprendere quanto sia profondo
l’amore
che le persone appartenente alla mia famiglia possono provare.
Voglio solo che ritorni. So che anche
lei mi ama e che non
vuole abbandonare nostro figlio, Hayato, la nostra piccola perlina
candida >
pensò.
“Cara
Lavina…”. Iniziò a scrivere con la
penna d’oca,
stringendola con forza tra le dita, attento a non far gocciolare
l’inchiostro.
< Mio padre un giorno
scomparve senza lasciare traccia,
senza avvertire nemmeno mia madre. Molti pensarono che fosse stato
ucciso in un
agguato, nonostante fosse un combattente quasi completamente
invincibile.
Non ho mai capito perché
ci avesse abbandonato, non credetti
mai che fosse morto. Ed ora sono costretto a pormi la stessa domanda
con l’unica
donna che io abbia mai amato > pensò.
Bianchi lo sbirciava, nascosta in
parte dallo stipite della
porta.
< Papà non
amerà mai così la mamma. Lei vorrebbe odiarli
ed anch’io, ma non sono sicura che entrambe ci stiamo
riuscendo > pensò.
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Capitolo 17 *** Cap.17 In attesa del compleanno ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.17 In attesa del compleanno
Hayato entrò con le gambe
tremanti nella stanza, raggiunse
la donna intenta a suonare e alzò il capo, sorridendole.
Lavina lo vide, smise di suonare e
gli sorrise a sua volta,
accarezzandogli il capo.
“Si-signora”
sussurrò Hayato.
La madre lo issò e se lo
fece sedere accanto sulla
poltroncina, appianandogli con la mano le pieghe della giacchetta.
Hayato dimenò le gambe,
indossava solo dei corti
pantaloncini.
“Dimmi” disse la
donna gentilmente.
“Lei verrà
domani per la festa del mio compleanno?” domandò
il bambino.
La donna chinò lo sguardo
e strinse le labbra, volgendo il
capo, i soffici e lunghi boccoli grigi le ondeggiarono intorno al viso
ovale.
“Ci terresti?”
domandò.
Hayato annuì un paio di
volte.
La donna accarezzò i tasti
del pianoforte, sospirò e alzò lo
sguardo, osservando il cielo azzurro che si vedeva attraverso la grande
vetrata
del salone.
“D’accordo, ci
sarò” promise. Si piegò in avanti e
posò un
bacio sulla fronte del bambino, le cui gote pallide si tinsero di rosa.
“Ora
però iniziamo la lezione”. Aggiunse. Gli prese la
mano con entrambe le proprie,
chiuse gli occhi e accentuò il sorriso, una ciocca di
capelli le scivolò sul
colletto alto del suo lungo vestito grigio.
Hayato annuì un paio di
volte, muovendo più velocemente le
gambe.
< Ha un buon odore, mi fa
sentire bene > pensò.
La donna gli prese entrambe le mani
sottili nelle proprie e
le appoggiò sulla la tastiera del pianoforte.
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Capitolo 18 *** Cap.18 La morte di Lavina ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.18 La morte di Lavina
“Sai, sapevamo tutti che
eri pazzo, ma da qui a uccidere la
donna che amavi… non ce lo saremmo mai aspettati”
disse Reborn.
Il boss si mise in ginocchio davanti
la tomba di Lavina e vi
appoggiò un mazzo di rose candide.
“Di cosa stai parlando,
Roberto?” chiese, rialzandosi in
piedi.
“Andiamo, lo sappiamo tutti
che è stato un omicidio la morte
di questa Yamamoto” disse secco l’arcobaleno. Si
calò il cappello a falde
larghe sul viso con indice e medio.
“Tu sragioni. Purtroppo non
mi aveva avvisato della sua
malattia mortale. Si è sforzata troppo a prendere la
macchina per comprare il
regalo ad Hayato ed è morta d’infarto alla
guida” mormorò roco il boss. L’ombra
del suo cappello nascose una lacrima che gli solcò il viso,
con mano tremante
si strinse la cravatta.
“C’erano i segni
di un camion che ha spinto la macchina
oltre il burrone e lo sanno tutti che ti aveva abbandonato con il
bambino,
macchiando il tuo onore. Il C.E.D.E.F. ha già aperto
un’indagine. Tutto fa
presagire sia stata opera dell’Hitman con il camion e questa
volta lo hai
assoldato tu” disse Reborn.
Il boss estrasse la pistola e gliela
puntò contro.
“Tu eri l’allievo
prediletto di mio padre ed è solo per
quello che non ti accuso di tradimento per queste illazione e non ti
faccio
ammazzare dai miei uomini. Ora vattene, invece d’infangare
ancora il mio
dolore.
Ti giuro, inoltre, che se si
scoprirà che è stato un
assassino, farò a pezzi l’omicida con le mie
stesse mani e scoprirà quanto può
essere temibile l’ira di Danilo Scoglio”
ruggì.
Reborn inarcò un
sopracciglio.
< Non gli dirò mai
che so dove si trova Hayato. Non
lascerò il piccolo Gokudera un secondo di più in
casa di un pazzo assassino. E,
se riuscirò, mi porterò via anche la piccola
Bianchi > pensò,
allontanandosi.
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