Navigare con fermezza

di SparksFly13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Restare a galla ***
Capitolo 2: *** Ofelia ***



Capitolo 1
*** Restare a galla ***


 

Chi sono? Chi voglio essere?

Navigo su una barca senza remi in balia delle onde.

Ondeggia a destra, a sinistra, su, giù.

Quando il mare si calma, la barca naviga con tranquillità verso un porto a me sconosciuto.

Le stelle indicano la strada, ma la tentazione di perdersi è troppo forte.

Girare il timone nel senso giusto non è il mio forte, non lo è mai stato.

Non lo è neanche remare con fermezza.

La tentazione di cedere alla corrente è dirompente e così, senza neanche accorgermene, il vento mi spinge lontano dal nord.

Il nord, il nord, il nord. Da sempre punto di riferimento di molti marinai, obiettivo costante, sicurezza indiscutibile. E mentre cerco il mio nord sembro tornare indietro, protendermi verso un'altra meta.

Navigo su una nave troppo stretta, non è capace di contenere tutto ciò che mi porto dentro.

Comincio a gridare, ma non dico niente.

Nessuno può sentirmi.

Mentre mi specchio nel mare mi vedo diversa, mi vedo nuova, e ad ogni onda l'immagine cambia e muta come muta il tempo.

Pioggia, neve, grandine, vento. Ondeggio e navigo.

L'obiettivo sfuma mentre torna il sereno. 

L'importante è rimanere a galla ripeteva sempre mia madre. Adesso, però, la sua voce mi sembra diversa, nuova, ma soprattutto, mi appare lontana. 

Il canto materno sfuma con la nebbia e rimane in me una strana dolcezza.

Non c'è nessuno a guidarmi con il suo canto.

Tutti vogliono farmi credere che ormai sono diventata grande, adulta, indipendente.

La realtà dei fatti, però, è che non si smette mai di avere bisogno di certezze, di sicurezze e di un consiglio amico.

Voglio tornare indietro, invertire la rotta, recuperare il cammino, ma mentre grido aiuto, vedo la terra.

O' che gioia nel vedere un porto sicuro a cui approdare, che gioia vedere che esiste, dopo tutto, una certezza.

La nave, però, arranca, fatica ad andare avanti. Le mie insicurezza salgono a bordo e la rendono sempre più pesante.

Giù, giù, più giù. Non vedo la luce. Ho bisogno di aria. 

Troppi fori sul fianco della nave, troppi dubbi si insinuano nella mia mente. 

Sprofondo in quella parte del mare in cui alla luce non è concesso arrivare.

Non c'è fondo in questo abisso, non c'è appiglio per darmi la spinta e risalire. 

Ora capisco di non essere una persona adatta ad approdare, a toccare la terra ferma. 

Il mio posto è l'ondeggiare delle onde, il vento che fa scompigliare i capelli, la libertà di non avere meta.

Mi abbandono dunque a quello che sarà, al futuro incerto, senza previsioni. 

Il mare, se vuole, mi sussurrerà dove andare.

È ora di cercare l'equilibrio, il mio equilibrio, un equilibrio nuovo. 

Non c'è nessuno a dirti dove andare, nessuno ad indicarti il nord. 

Devi nuotare con le tue gambe, trovare in te la spinta per risalire.

Non guardarti indietro; la terra ormai è lontana. 

Non ci sono mani pronte a sorreggerti, non ci sono canti di culla pronti a consolarti. 

 

 

Sento il bisogno di lottare, intuisco la necessità di provare, credere, avere fede.

La nave è affondata, ma la vita, o' cara vita, si riaffaccia e mi chiede di credere in lei. 

Ho anch'io un posto nel mondo? Esiste un porto in cui ripararmi?

Forse sì o forse no, ma vale la pena tentare.

È tempo di credere in me e essere libera perché il nord non è una meta, ma una ricerca continua.

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Capitolo 2
*** Ofelia ***


Per molto tempo lo sguardo perso e rassegnato di Ofelia, nel celebre dipinto di Sir John Everett Millais, mi è apparso privo di significato e, sinceramente, quasi patetico. 
I fiori, la radura verde e rigogliosa, l’abito elegante e sfarzoso mi parevano contraddittori, come se nell’intero quadro ci fossero degli elementi che non concordavano con la drammaticità dell’evento. C’è qualcosa, però in questo dipinto, che ora più che mia mi rapisce e mi conquista: il modo in cui è abbandonata alla corrente assomiglia al modo in cui io mi abbondando al tuo sorriso ogni volta che ti vedo. 
Il tuo effetto su di me è magnetico, più potente di ogni altra cosa. 
Quando si dice che l’amore è una vera e propria forza è la verità. L’amore ti rapisce ti trascina fino in fondo, facendoti perdere le forze fino a gridare per la fatica. 
È una lotta che non fa per me. 
Non riesco a guardarti in faccia e proferire parole degne di senso, non riesco a guardare in un punto che non sia il tuo e ogni volta tento di lottare per non correrti incontro e piangere sulla tua spalla. 
Sì, piangere, tu mi fai piangere. Ogni volta vorrei urlare e sprofondare i un mare di lacrime perché mi rendo conto di essere bloccata in un labirinto senza uscita, mi accorgo di girare intorno senza sosta fino a quando la testa gira e crollo a terra. 
Tutte le mie forze vengono risucchiate dalla tua indifferenza o dai tuoi sporchi giochetti così sottili ed inafferrabili. 
Non so quanto, ne tuo modo di fare, ci sia veramente la consapevolezza di stare giocando col cuore di qualcun’altro, non so se riesci a capire che avvicinarti in quel modo alla mia bocca può essere pericoloso. 
Sei l’enigma più complicato che io conosca. Per quanto io tenti di osservarti, capirti, ascoltarti, interpretare i tuoi gesti, la tua bocca, i tuoi movimenti, continuo ad osservare quel sorriso che cela una malizia a me nuova. Non so come fare a reggere la pressione dei tuoi occhi che sembrano volermi dire qualcosa, ma che allo stesso tempo sono muti ed inespressivi. 
Mi sta riducendo alla pazzia più profonda, sto perdendo il senno della ragione e non sai quanto vorrei per un attimo farmi trasportare dalla corrente come Ofelia, vedere dove mi portano le acque, vedere dove mi porta il vento. 
Aspettare inerte che qualcosa accada, che finalmente una luce mi illumini la mente... 
perchè non accade niente? Perchè sei indifferenti? Nessuno riesce ad udire le mie grida, sono sempre stata brava a fingere. E se ogni volta ho cercato di rassegnarmi alla sorte che non può essere domata, questa volta, mio caro, ho bisogno di credere.


 Ti prego, portami via.  


 

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