Adolescenza

di SANKY
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rivelazioni ***
Capitolo 2: *** Giochi innocenti ***
Capitolo 3: *** Lei non sa chi sono io! ***
Capitolo 4: *** Primo batticuore al freddo ***
Capitolo 5: *** Tormenti ***
Capitolo 6: *** Nuovo batticuore ***
Capitolo 7: *** Vorrei baciarla... ***
Capitolo 8: *** Pensieri nascosti ***
Capitolo 9: *** Il cucciolo della tigre ***
Capitolo 10: *** Il pugile ***



Capitolo 1
*** Rivelazioni ***


Scritta da Guiky80


Sono nel cortile della scuola e sento tre oche giulive esclamare il mio nome:

“Izawa!!!”

Appena mi volto loro hanno gli occhi a cuoricino e fanno un verso tipo "ooohhhh."

Sfodero un sorriso da conquistatore e dico: "Buongiorno ragazze."

La loro reazione è la seguente: "aaahhhh"

Ho la giacca della divisa completamente aperta e sotto la maglietta bianca è abbastanza attillata da far risaltare i muscoli.

A un tratto sento ancora il mio nome, ma con un tono ben diverso “Izawa, Izawa!”

Guardo davanti a me e vedo avanzare, con la divisa chiusa e precisa, l'oggetto dei miei sogni proibiti degli ultimi sei mesi: il portiere della Nankatsu, il mio migliore amico: Yuzo Morisaki.

Si ferma davanti a me scuotendo la testa, poi guarda anche lui le tre oche che si sono zittite di botto! Le osservo e hanno gli occhi con un sacco di cuoricini mentre esclamano "Izawa e Morisaki aaahhh"

Io sfodero l'ennesimo sorriso 'abbatti-oche-giulive', mentre lui solleva un sopracciglio, dopo sorride in maniera più dolce e meno sbruffona della mia.

“Buongiorno ragazze, tutto bene?”

Non ottiene risposta, perché le tre hanno praticamente smesso di respirare.

Gli batto una mano sulla spalla spingendolo in avanti verso gli altri.

Davanti alla porta della scuola noto Hajime e Teppei, in piedi, il primo con la divisa indossata come la mia, il secondo leggermente più composto, ma non ai livelli di Yuzo.

Le solite battute, i soliti saluti, e poi tutti in classe.

Per fortuna che quest'anno dovevamo essere tutti insieme! Che palle!

L'anno scorso era tutto perfetto! Il banco nell'ultima fila contro la finestra era di Hajime, accanto a lui Teppei, subito davanti io e accanto a me verso l'altra finestra, Yuzo. Un quadrato perfetto.

Invece quest'anno sono in classe solo con Morisaki, che ha sempre il posto verso la finestra e io quello accanto.

Il mio modo di sedermi è tutto fuorché adeguato, a detta del mio perfettino compagno di banco. Sono letteralmente svaccato contro lo schienale della sedia, le gambe allungate in avanti e divaricate. Le mani nelle tasche dei pantaloni e i capelli ribelli, lasciati liberi sulle spalle, ci sarebbero delle regole ma... francamente me ne infischio.

Due ragazze entrano e salutano composte, poi una vede me, arrossisce di botto e tira la manica all'altra, quando ho tutti e quattro gli occhi addosso, sorriso ammiccando.

Una diventa letteralmente fucsia, l'altra è in apnea.

Sogghigno e ricevo uno scappellotto: “Ma la pianti! Qui stiamo parlando di cose serie!”

Volto appena la testa e noto il trio alle mie spalle che discute dell'allenamento di oggi, Hajime e Teppei ci hanno seguito, prima di dirigersi nella loro aula qui accanto.

“Quindi, io potrei provare a cambiare ruolo, magari arretro un po' e vediamo come va.”

Yuzo annuisce all'esclamazione di Teppei: “Si potrebbe provare, tentar non nuoce, soprattutto durante l'allenamento.”

So che dovremmo pensare a quello, il campionato è alle porte e saremo senza Tsubasa, ma pensare agli allenamenti ultimamente è una tortura.

Allenamenti = spogliatoi = Yuzo mezzo nudo che esce dalla doccia = caldo infame per me = erezioni non consone all'ambiente!

Mi passo le mani sul viso sospirando, sono mesi ormai che ho capito questa cosa.

Yuzo mi piace.

C'è poco da dire, ancor meno da fare.

La lezione inizia, tutti prendiamo posto, salutando i due che corrono alla loro aula, fortunatamente il professore decide di lasciarci del tempo per finire di leggere il romanzo su cui verterà la prova scritta della prossima settimana.

In questo modo io ho tutto il tempo per pensare, senza essere disturbato da nessuno, inutile dire che io del romanzo so a malapena il titolo.

Apro il libro più o meno a metà, e fingo di leggere, tutti sono concentrati, anche lui qui accanto, ovviamente sta davvero leggendo. Lui è molto diligente a scuola, io no.

Torno con la mente a quel giorno, il momento in cui ho capito che le cose andavano in maniera strana.

 

Gli spogliatoi sono deserti, tutti se ne sono già andati, io sono stato punito dal mister, e ho dovuto fare una sessione extra di esercizi: che palle! Tutto perché non sono andato bene nella prova di matematica. Il professore si è lamentato con il vicepreside dei miei voti pessimi, e il mister ha sentito. Lo studio prima di tutto, ovviamente, quindi ha pensato bene di punirmi così. Al prossimo sgarro sono fuori squadra per una settimana. Non c'è niente da fare devo impegnarmi: che palle doppie!

Esco dalla doccia con un asciugamano intorno alla vita, i capelli lasciati liberi di gocciolare un po' ovunque, cosa che tutti odiano, ma tanto oggi sono solo... o così credo.

Appena arrivo nella zona degli armadietti, un paio di gambe allungate entrano nella mia visuale. Yuzo è seduto su una panca accanto alla porta. Con la schiena contro il muro, in una posizione non consona per lui, somiglia più alle mie, ha gli occhi chiusi.

Che fai ancora qui?”

Sussulta e i suoi occhi trovano i miei.

Ti aspettavo. Il mister mi ha detto dell'allenamento extra, sei proprio scemo Mamoru, ma non potevi dirmi che avevi problemi? Sai che sono bravo in matematica, abbiamo già provato a studiare insieme.”

Alzo le spalle mentre raccatto i vestiti, infilo i boxer voltandogli le spalle.

Strizzo i capelli che schizzano acqua sul pavimento, e sento il suo sospiro.

Se Nakazawa ti vedesse, ti tirerebbe il collo! Stai allagando tutto.”

Alzo di nuovo le spalle e non gli rispondo, infilo i pantaloni della divisa e torno verso il bagno.

Mamoru, davvero posso aiutarti. Non è un problema.”

Sì, sì.”

Vedo la sua immagine riflessa nello specchio mentre friziono i capelli, è appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate sul petto.

Ma che hai ultimamente?”

Scuoto la testa: “Ti è mai capitato di non sapere chi sei?”

Il suo sopracciglio alzato, mi fa stringere le labbra.

In che senso, scusa?”

Rifletto un secondo prima di parlare:

Nel senso... non so, sei convinto che ti piaccia una cosa e poi scopri che te ne piace un'altra.”

Lo vedo attento, come sempre, non è uno che inizia un discorso se non è intenzionato a portarlo fino in fondo.

Scusa, ma di cosa stiamo parlando? Cibo, libri...”

No... sì... in generale!”

Alza le spalle: “Beh, cresciamo, i gusti cambiano, è abbastanza normale direi.”

Decido di lasciar perdere, di certo non posso dirgli che il cambiamento che avverto io è di tipo sessuale!

Quando sono pronto ce ne andiamo, mi racconta un aneddoto divertente relativo a suo padre e conseguente caduta, ridiamo insieme, scherziamo, come sempre, come se nulla fosse, ma purtroppo non è così. Non lo è più per me!

Stendendomi sul letto fisso il soffitto: passo in rassegna i miei amici, tutti i maschi che conosco. La maggior parte atleti, quindi ben messi fisicamente, eppure pensare a Hajime o Teppei non mi dà problemi, nemmeno Shingo, tantomeno Ryo, per fortuna, sghignazzo da solo. Quando però mi balena in testa il sorriso di Yuzo, il cuore sussulta, l'inguine mi lancia una stilettata inequivocabile: sono fottuto!

 

Per questo è sempre più difficile stare da solo con lui, soprattutto se siamo negli spogliatoi mezzi nudi.

Non è semplice coprire l'erezione, quando ti colpisce improvvisa, e tu indossi solo i boxer o un asciugamano.

Per questo motivo sono sempre uno dei primi a fiondarsi in doccia, con la scusa dei capelli lunghi da asciugare; così riesco a essere vestito dalla vita in giù, quando Yuzo è sotto il getto dell'acqua, quando esce, quando il suo culo si riflette nello specchio, quando si gira e lo vedo a figura intera che si insapona. Una volta credo persino di essere arrossito, fortuna che non se n'è accorto!

Ogni sera poi torniamo a casa, un tratto di strada è lo stesso, poi il saluto, la pacca sulla spalla, la risata, la spinta, la battuta idiota, normalmente mia e via verso casa; dove posso gettarmi sul letto e lasciar vagare la mente, riuscire liberamente a pensare di passargli le mani addosso, di essere io quel sapone che gli scivola addosso così bene: dannatamente bene!

Il colpo che arriva sul banco, mi fa saltare sulla sedia e lanciare un urlo.

Un silenzio irreale mi circonda, mentre incrocio gli occhi del professore: merda!

“Izawa! Potresti almeno far finta di girare le pagine! Non trovi!?”

Lo fisso senza parlare, di solito rispondo sempre, cerco di difendermi, ma sono talmente scosso dal pensiero del sapone su Yuzo, che non riesco ad articolare parola.

“Bene, oggi siamo muti vedo, una volta tanto! Fuori dall'aula! Resterai in punizione fino alla fine della lezione e stai certo che questa lieta novella raggiungerà il mister!”

Chiudo gli occhi sospirando, mi alzo e avvio alla porta senza guardare nessuno.

Poso la fronte contro la finestra con le mani nelle tasche dei pantaloni e osservo il cortile sottostante, ora vuoto. Che palle, mi sono messo nella merda da solo.

 

A lezione finita i miei amici fanno capolino in corridoio. Li vedo arrivare tutti e tre, Yuzo sta parlando, presumo stia spiegando cosa è accaduto.

Hajime mi batte una mano sulla spalla, Teppei scuote la testa e poi si allontana con l'altro, Yuzo mi fissa. Ovvio, hanno lasciato a lui il compito di capire che cazzo succede.

“Andiamo a prendere aria sul tetto, Mamoru.”

Sarei tentato di dire di no, ma il tetto è uno dei miei posti preferiti; dovrei dare altre spiegazioni che non so dove trovare al momento.

L'aria che mi investe, mi fa stare subito bene, ecco perché adoro il tetto: libertà!

Una sensazione di assoluta libertà ti investe, nonostante la rete metallica che circonda il terrazzo.

Arrivo davanti alla rete aggrappandomi con le mani, il silenzio dietro di me è assoluto.

Passano forse un paio di minuti, alla fine non reggo: “Dai: non parti con la ramanzina?”
“No... non credo serva, immagino che tu ti sia già dato dell'idiota da solo.”

Annuisco: “Vero.”

È un sospiro pesante ad aprire il discorso: “In realtà io vorrei capire cos'hai. Nel senso: sei strano ultimamente. Non sei concentrato in campo, tantomeno a scuola. Non chiedi aiuto, non parli con nessuno. Non sei obbligato a parlare con me, ma fallo con qualcuno! Mamoru, non puoi continuare così. Finirai in guai seri. Vuoi che il campionato inizi senza di te? Vuoi che la Nankatsu scenda in campo menomata? Io credo proprio di no.”

Non rispondo ancora, quindi lui riprende.

“Se il problema è lo studio, posso aiutarti lo sai. Se il problema è la squadra... ti posso aiutare anche lì. Sai che ci sono.”

Abbasso la testa, chiudo gli occhi e sparo:

“E se il problema sei tu? Con chi parlo?”
Silenzio, assoluto, quasi assordante, poi un sussurro: “Io?!”

Mi volto, ormai è fatta, fanculo io sono stanco:

“Sì, tu! Il mio problema sei tu. Tu e il tuo essere come sei: gentile, buono, sempre disponibile, sexy da morire, da toccare, da baciare, da amare. Tutto questo mischiato al fatto che io ho scoperto di essere gay, capisci che è un problema!?”

Ho quasi il fiatone quando mi zittisco.

Lui ha gli occhi sbarrati, è rosso come un peperone, sembra quasi stia boccheggiando.

Si volta e se ne va.

 

Perfetto! Una bella giornata di merda!

 

Agli allenamenti vengo sollevato di peso dal mister.

“Tutti in campo ragazzi, Izawa: tu no!”

La ramanzina del mister è lunga, noiosa, continuo ad annuire e basta, finché vengo spedito dagli altri, finalmente.

La minaccia è precisa: allenamenti extra fino alla fine della settimana, ed è solo martedì!

 

Un'ora dopo tutti gli altri, entro negli spogliatoi, per fortuna deserti. Mi lavo con calma, sciogliendo i muscoli e la tensione sotto l'acqua calda, mi vesto con la testa piena di pensieri, e arrivo a casa.

Questa stessa litania mi accompagna per i tre giorni successivi. Yuzo mi saluta, sorride appena, non mi tocca più. Io fingo di non accorgermene, cerchiamo di mantenere un atteggiamento normale, per gli altri, che sembrano ignari di tutto.

Venerdì sera il mister mi comunica che la punizione è finita, quindi quando arrivo negli spogliatoi deserti, sono almeno un po' sollevato.

Dopo la consueta doccia calda, arrivo all'armadietto, ma non posso fare altro.

Un fisico muscoloso mi schiaccia contro il freddo ferro davanti.

Ho il viso premuto di lato contro gli armadietti, chi mi sta dietro è totalmente appoggiato a me, ed è un maschio. L'erezione che sento contro le natiche non mi lascia dubbi. Il suo viso però non è vicino al mio, quindi non so chi sia. Non riesco a voltarmi per vedere.

“Ma che caz-”

Non riesco a finire la frase perché la mano dello sconosciuto, scavalca facilmente l'asciugamano e afferra la mia erezione, non ancora pronta.

Accarezza, stringe, e io serro i denti: merda, devo reagire!

“La-lasciami subito!”

Il tono è cupo, basso e incazzato, chi cazzo è che arriva, ti sbatte al muro e ti fa una sega negli spogliatoi?!

Nonostante la situazione, o forse proprio per questa, non riesco a restare serio e incazzato a lungo, quella mano è davvero esperta. La mia sinistra è bloccata dalla sua, e quella destra è sotto al mio petto contro l'armadietto, e sta assumendo la stessa forma della chiusura dal male che fa.

Quando sono quasi all'apice del piacere, lo sconosciuto mordicchiandomi il lobo sussurra:

“Ti voglio.”

Sbarro gli occhi mentre la gola si secca all'improvviso: Yuzo!

“Lasciami!”

Sono tornato lucido e serio: cosa cazzo sta facendo?

Lentamente la pressione su di me si allenta, la mano mi lascia ed è una tortura girarmi su me stesso e incontrare i suoi occhi nocciola lucidi, come non li ho mai visti, quel viso serio, non indossa la giacca della divisa, ha la maglietta che aderisce perfettamente a quel fisico da urlo in modo molto erotico e ha solo i pantaloni addosso.

“Cosa cazzo credi di fare? Lo trovi divertente forse?”

Sono incazzato nero. Sono eccitato da far paura!

“No, Mamoru, quello che ho detto è vero: ti voglio!”

Respiriamo forte come due bufali, ma lui deglutisce e riprende:

“Mi hai stupito l'altro giorno sul tetto, non ho saputo che dirti e me ne sono andato, ma poi ho iniziato a riflettere. Tu ci sei arrivato prima di me. È dallo scorso anno che ho capito di essere omosessuale. Non ho mai detto nulla, ovviamente, e non ho mai visto nessuno di voi come potenziale partner, siamo troppo amici. Ma la tua confessione... è come se avesse abbattuto un argine. È da quel giorno che ci penso, e mi è cresciuta una voglia assurda di toccarti e baciarti. Sono attratto da te fisicamente, onestamente non so se sia amore, ma... insomma...”

Respiro forte: cos'altro mi serve per decidermi?

Prendo il suo viso tra le mani e affido una preghiera agli dei, sperando di non rovinare tutto.

Le labbra sono morbide quando le bacio, sono dolci, sanno di buono, la lingua poi, mi fa impazzire.

Gli tiro leggermente i capelli, mentre sento le sue unghie graffiarmi la schiena, è tutto dolce e veloce al tempo stesso. Quando ci fissiamo negli occhi con il respiro affannato, mi rendo conto che le sue dite stanno sciogliendo il nodo, ormai allentato, del mio asciugamano.

Resto nudo di fronte a lui che non abbassa gli occhi, li lascia fissi nei miei, è la sua mano ad arrivare dove stava prima e a riprendere la dolce tortura, la mia schiena tocca ancora l'armadietto, mentre mi sfuggono gemiti di piacere, mentre lui mi bacia ancora, mentre lo libero della t-shirt e passo in rassegna i suoi muscoli.

Graffio, accarezzo, dolore e dolcezza.

Gli apro i pantaloni mentre sfioro il bordo dei boxer.

Quando sono quasi all'apice, afferro la sua virilità, ormai pienamente pronta e insieme ci regaliamo piacere a vicenda. Fronte contro fronte godiamo, non ancora pronti al passo successivo, non ancora pronti a fonderci veramente, ma pienamente consapevoli di aver oltrepassato un limite da cui non si torna indietro.

Un confine che ormai è alle nostre spalle. I suoi occhi nei miei, le sue labbra sulle mie, il suo sorriso, non potrei chiedere di più in questo momento.

Me ne fotto della punizione del mister, me ne fotto dei voti a scuola, ora voglio solo trascinarlo in doccia con me, e poter finalmente essere io a guidare quel sapone su di lui.

 

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Capitolo 2
*** Giochi innocenti ***


Tutto nasce da questo video
https://medialy.info/post/1909164/find-more-japanese-media-in-facebookcomjrockradio
e Kara che commentandolo fa: ce lo vedo Hajime a fare lo scemo per poi scoprire che è una cosa seria…
Ecco: se questa shottina esiste, quindi, è anche colpa o merito suo. XD


Scritta da Sanae77

 
 
 
 
“Scusate il ritardo!”
“Non temere, Izawa: non sei certo l’ultimo!” esclamò Yuzo vedendo arrivare il compagno di corsa.
Erano anni che loro quattro si riunivano per fare la strada verso la scuola tutti insieme.
“Teppei, come al solito, deve uscire perfetto da casa. Uno di questi giorni ci farà fare tardi, ne sono certo!” rimbrottò Hajime appoggiato al muro di recinzione della casa dell’amico.
Erano circa dieci minuti che disegnava, con la punta delle scarpe, archi nella polvere della strada. Il suo sbuffare e borbottare davano una precisa dimostrazione di quanto fosse stufo della situazione.
Quanti anni erano che andava avanti quella storia?
Si fermò a pensare e… al diavolo: da che ne aveva memoria, Teppei era sempre l’ultimo ad arrivare perfettamente vestito e profumato.
Mister perfezione, lo aveva soprannominato.
Lui invece era molto meno fiscale in fatto di divisa scolastica. Certo, i primi anni c’era stato più attento, ma adesso che erano all’ultimo anno delle medie, nella realtà dei fatti, chi se ne fregava della divisa? Era pulito, tanto bastava.
Invece l’amico no, sia mai che una volta lo avesse visto con un bottone aperto. Giammai!
Si soffermò a guardare Mamoru, lui sì che poteva capirlo, non solo era arrivato mezzo trafelato,  ma aveva ancora la camicia fuori dai pantaloni e solo adesso che aveva finito di correre stava tentando di darle un verso.
“Mamoru, sembri uscito dalla guerra invece che da casa” scherzò il portiere avvicinandosi all’amico e aiutandolo negli ultimi ritocchi.
Era cambiato qualcosa tra quei due, non era ancora riuscito a capire che cosa ma il loro rapporto si era come… intensificato.
Distolse lo sguardo quando vide Izawa arrossire sotto il tocco di Yuzo nel sistemare il colletto.
“Grazie, Yuzo, ci penso io!” la testa si era mossa affinché i capelli riuscissero a coprire le guance rosse.
Certo, si potevano giustificare con la corsa, ma loro due sapevano cosa significassero.
Morisaki annuì, complice, capendo le difficoltà del compagno.
Era tutto nuovo per loro, era accaduto così improvvisamente che ancora dovevano prendere bene confidenza con la novità che la vita gli aveva messo di fronte.
“Potresti anche prepararti con calma, tanto lo sai che Teppei è una piattola!” lo tranquillizzò Yuzo.
“Chi sarebbe una piattola, scusa?”
“Toh, parli della ‘piattola’ e spunta all’improvviso” disse sarcastico Hajime dandosi una spinta con le braccia e staccandosi dal muro per poi proseguire il rimprovero.
“Forza, alla fine ci farai prendere un rapporto per la tua maniacale ossessione di essere sempre perfetto.”
“E tu invece sei sempre il solito casinista, guarda in che condizioni hai la divisa, pure i bottoni agganciati nelle asole sbagliate; non vedi che la giacca è storta?”
“Teppei, che palle!”
“Rispondimi per bene” disse mollando uno scappellotto all’amico.
Da dietro due risatine sommesse.
“Sembrate due zittelle inacidite che non trombano da secoli” li ‘perculò’  Izawa sorridendo sottilmente mentre picchiettava il gomito nel fianco di Yuzo per condividere con lui la battuta e la complicità degli ultimi tempi.
“Ah ah. Davvero simpatico, Izawa, sentiamo hai da illustrarci qualche novità in proposito: ci siamo persi qualcosa?” Hajime si voltò per fronteggiarlo.
Da quanto tempo andava avanti la storia del… ‘chi avrebbe perso per primo la verginità doveva avvertire gli altri’, quasi che fosse diventata una sfida?
Mentre lui… lui era sempre più confuso.
“Come siamo irascibili stamattina, neppure si può più scherzare, Hajime, datti una calmata, cazzo!”
“La piantate voi due? Siete come cane e gatto, alla fine sarà colpa vostra se faremo tardi a scuola.”
Teppei si era messo fisicamente tra i due, conosceva bene entrambi, non sarebbero mai arrivati alle mani, ma ultimamente erano tutti e due su di giri.
Morisaki prese Izawa per un braccio, trascinandolo via, Teppei fece altrettanto.
“Certo, adesso è colpa nostra se facciamo tardi…” Taki si era liberato dalla presa dell’amico e si era diretto verso la scuola con passo infuriato.
Kisugi era rimasto un attimo interdetto, ma poi aveva ripreso a camminare insieme agli altri due sollevando le spalle in segno di resa: certe volte era davvero intrattabile.
Ci voleva solo la loro pazienza per sopportare gli sbalzi d’umore di Hajime.
In particolare la sua.
Sanae sull’ingresso stava parlando con Ryo e Yukari, si salutarono con un gesto della mano e poco dopo tutti insieme s’incamminarono verso la meta.
“Che ha Hajime?” chiese Sanae sollevando un sopracciglio dopo che aveva visto arrivare l’amico a passo di carica distanziando tutti gli altri.
“Niente… le sue cose” sghignazzò Izawa.
Kisugi gli mollò una gomitata allo stomaco ammonendolo con uno sguardo glaciale.
“Mamoru, lui sarà anche irascibile, ma tu lo punzecchi di continuo.”
“Che posso farci se è permaloso in questo periodo? Pare davvero mestruato!”
Ryo rise apertamente passandosi distrattamente un dito sotto al naso cercando di contenere l’ilarità, ma non ottenne proprio il risultato sperato, tanto che Sanae fu costretta a voltarsi per non scoppiare a ridere anche lei. Entrambi si allontanarono velocemente verso l’aula; era davvero tardi.
“Ah ah, senti chi parla… forza, muovi il culo che sta per suonare la campanella.” Lo ammonì Yuzo spintonandolo con la spalla verso la loro meta.
Teppei sollevò lo sguardo al cielo e affrettò il passo per raggiungere Ryo, insieme entrarono in aula, Hajime era già al suo posto seduto e imbronciato.
Kisugi prese posto, afflosciando le spalle. Lo guardò di sottecchi e iniziò a prendere i libri per metterli sul banco.
Compiva gesti lenti e calibrati, calmi.
Non poteva certo permettersi sbalzi umorali, c’era già il compagno di banco a dare spettacolo.
Con voce pacata provò a parlargli, adagiandogli una mano sul braccio.
“Possibile che non riesci più a ridere delle battute di Mamoru e devi sempre prendertela così? Sai che lui scherza…”
L’amico sollevò l’altro braccio e si portò la mano al volto attraversandolo tutto con il palmo.
“Hai ragione, è che ultimamente dormo male la notte e tutto m’infastidisce.”
“Cos’è che ti dà fastidio?”
Fortuna che in quel momento entrò il professore.
Perché anche se avesse voluto rispondere all’amico, in realtà, neppure lui aveva ben chiaro quale fosse il problema.
Ultimamente era confuso: sui sentimenti, sull’amicizia, sulle ragazze, sui ragazzi, sul mondo in generale; e più ci pensava, più il cervello vagava in nebulose sempre più infinite.
Spesso il sonno sopraggiungeva per disperazione o per spegnimento celebrale.
I rumori delle sedie che si ricomponevano lo distolsero ancora da quelle elucubrazioni, quindi, si voltò verso Teppei, che gli regalò  un sorriso rassicurante, mentre tornava seduto.
L’altro invece aggrottò le sopraciglia, iniziava a essere preoccupato.
Lo aveva osservato negli ultimi tempi.
Hajime era sempre stato un ragazzo solare e allegro, pronto alla battuta, ultimamente invece…
Aveva ragione Mamoru: sembrava mestruato perenne.
Non aveva trovato pace neppure sulla sedia, lo aveva osservato tutta la mattina.
Era in perpetuo e costante movimento.
Il suono della campanella lo fece sussultare, come a farlo risvegliare da un sogno.
Teppei si alzò e stiracchiò, allungando le mani sopra la testa.
“Non ne potevo più, e ora cibo… finalmente!”
Taki sorrise, il primo della giornata, per fortuna quando si parlava di mangiare era sempre di buon umore.
“Già, andiamo a mensa prima che si formi la fila.”
“Non ti sei portato il bento da casa?”
“Stamattina l’ho scordato sul tavolo, prenderò qualcosa a mensa.”
Così si erano diretti velocemente verso la meta, prima che la calca si fosse impadronita della stanza.
Avevano già trovato gli altri in fila così si erano accodati.
Intanto Teppei era andato a prendere il tavolo visto che era l’unico con il pranzo portato da casa.
Il soprannome che Taki gli aveva dato non era certo a caso.
Seduto al tavolo aspettava gli altri per iniziare. Sempre più spesso si ritrovava a osservare il suo amico d’infanzia e sorridere di lui, ma le labbra assumevano una piega tenera: gli piaceva guardarlo, gli piaceva osservare le sue labbra o il suo broncio e la mattina, quando doveva uscire per raggiungere gli amici, tutte le volte che varcava il portone, il cuore faceva quello strano sussulto, quasi fosse un'emozione.
Si era dato dell’idiota più volte, scuotendo la testa.
Che diavolo gli stesse capitando ultimamente proprio non lo capiva.
 
La tavola era completa. Sanae e Yukari parlottavano in separata sede su chissà quale pettegolezzo del momento.
Ryo, Mamoru e Yuzo, ovviamente, si stavano accordando per il pomeriggio; gli allenamenti giornalieri, oramai, erano il loro ritrovo doposcuola.
Teppei osservò Taki girato con il volto in direzione della finestra, con una mano sorreggeva la testa e con l’altra spostava distrattamente con le bacchete il cibo da una parte all’altra.
Un pensiero gli attraversò la mente… ‘se non mangia neppure, allora è davvero grave.
“Non hai fame?”
Hajime balzò sulla sedia come se il compagno avesse gridato; si voltò con sguardo carico di panico e rilasciò l’aria tutto in un colpo.
Kisugi aggrottò le sopracciglia, perplesso, mormorando delle scuse.
“Scusa, Taki, non volevo spaventarti.”
“Fa niente, ero distratto!”
“Allora voi due, là in fondo, cosa votate?”
Si erano girati verso Mamoru che a capo tavola stava rivolgendo proprio a loro una domanda… il problema era capire su che cosa…
“Votare cosa?” domandò Teppei.
“Grazie per partecipare così carichi di entusiasmo alle mie proposte…” si era portato una mano alla fronte e teatralmente era caduto sulla sedia affranto.
Yuzo, sghignazzando, gli aveva dato uno scappellotto ammonendolo: “Izawa, dovresti fare l’attore melodrammatico, sai?”
“E tu? Da quanto è che sei diventato così manesco?” replicò massaggiandosi la nuca.
“Forse da quando spari cazzate a raffica?”
Tutti erano scoppiati a ridere, mentre Yuzo aveva sollevato le spalle per l’ovvietà della cosa.
“Grazie, davvero, bell’amico! Insomma, dicevo, oggi hanno riunito le nostre classi per fare educazione fisica insieme, manca la nostra insegnante di geografia, quindi stavamo decidendo che gioco fare…”
Taki si era sdraiato praticamente sulla sedia stendendo le gambe sotto al tavolo e incrociando le braccia dietro la testa. Ancora di toccare cibo non pareva averne intenzione, comunque rispose a Izawa.
“Che domande: calcio!”
“E certo, pare di stare alla fiera dell’ovvio… per una volta non possiamo fare qualcosa che soddisfi tutti: maschi e femmine!” aveva replicato Sanae, mentre cercava di raccogliere il suo pasto, oramai terminato, ordinatamente sul vassoio.
Anche gli altri piano piano avevano iniziato a compiere i medesimi gesti, l’ora di rientrare in classe era quasi arrivata.
“Mah, ci penseremo, ma la vedo dura, ci vediamo tra un'ora in palestra” così Ryo aveva chiuso il discorso e si era avviato verso l’uscita.
 
L’ora era passata in fretta e altrettanto velocemente avevano raggiunto la palestra, era raro che potessero fare attività fisica tutti insieme e le poche volte che capitava, andavano sfruttate.
Come al solito le ragazzine erano attratte da quel deficiente di Izawa, tutte intorno come le api sul miele. Anche se ultimamente dava meno peso alla sua fama, sembrava avesse trovato una certa dimensione parallela dettata da regole precise. Adesso era scuola, casa, studio e calcio, chissà cos’era cambiato in quest’ultimo periodo?
Stavano parlottando a gruppetti in attesa del professore, quando entrò un altro istruttore tutto trafelato dicendo loro di non fare confusione e di giocare a qualcosa gestendosi da soli, in quanto il loro insegnate aveva avuto un mancamento ed era andato in infermeria.
Mamoru si chinò a terra e raccolse il pallone.
“Calcio?” disse palleggiando distrattamente a bordo della palestra.
Sanae arrivò di fronte a lui afferrando la palla con le mani e scaraventandola lontano.
“Basta, facciamo altro!”
I ragazzi si raccolsero in gruppo incrociando le braccia…
“Sentiamo: e cosa vorresti fare?” indagò Ryo incuriosito.
Lei e Yukari si guardarono complici e dopo indicarono i vari attrezzi sparsi per la palestra.
Anego indicò il cavallo e disse: “Quello… voglio vedere i grandi calciatori quanto sono atletici!”
“Davvero spiritosa, ma per chi c’hai preso?”
Yuzo non se lo fece dire due volte, accettando la sfida, prese la rincorsa e con agilità saltò al di là del cavallo.
“Visto!” esclamò Ryo indicando il compagno.
“No, no, Morisaki non vale, lui è abituato a fare salti e slanci… piuttosto, perché non provi tu?” lo stuzzicò la Nishimoto.
“Sarà un gioco da ragazzi!”
E forse lo sarebbe anche stato se non avesse calcolato male i tempi e fosse rimasto piantato sul cavallo.
Cavallo che lo aveva disarcionato da fermo e fatto rotolare sui tappeti messi a terra.
Si rigirava come un ferito grave tenendosi i testicoli.
Gli altri erano accorsi tutti intorno… per ridere.
Perché quando avevano visto che in fin dei conti non si era fatto nulla, erano esplosi in una risata collettiva.
 
Teppei finalmente si sentì più rilassato, per qualche momento aveva dimenticato le preoccupazioni nei confronti di Taki. Ridere con gli amici, dopotutto, era sempre un toccasana.
Inoltre l’amico aveva proposto un gioco, al quale ovviamente lui non si era sottratto e aveva subito accettato.
Sì, era tutto come al solito, nessun timore, tutto come prima… per fortuna.
 
Si erano posizionati sul tappeto perché quello che aveva in mente Hajime alla fine era semplice, ma potevi comunque farti qualche bozzo.
Teppei continuava a guardarlo perplesso, con le mani ai fianchi, mentre lo tempestava di domande.
“Tu sei sicuro di riuscire a farmi fare la capriola prendendomi solo dalle braccia e ribaltandomi?”
“Sicuro!”
“E siamo sicuri che non cadiamo a terra?”
“Garantito!”
“Quante volte lo hai già fatto?”
“Mai!”
“Ecco, come sempre dovrò essere la tua cavia…” aveva risposto sbuffando.
Poi quella domanda: “Ti fidi di me?”
E quello sguardo, quella richiesta così diretta, così profonda lo aveva fatto sussultare e annuire guardandolo negli occhi… c’era molto più di una semplice capriola.
C’era tutto un mondo intero da scoprire dentro quegli occhi.
 
Che cazzo d’idea assurda gli era venuta in mente!
Come diamine gli era venuta una ‘genialata’ del genere?
Proporla a Teppei poi… un idiota: ecco cos’era!
Ma preso dal momento e dall’allegria generale si era lanciato in un volo pindarico senza alcun paracadute.
Era un idiota.
IDIOTA!
“Dai, facciamo la capriola come ci facevano fare i nostri padri da piccoli!” aveva esclamato così all’improvviso.
Certo… proprio un pensata grandiosa.
Per vari motivi…
Uno: se gliela facevano fare quando erano piccoli un motivo ci sarà stato, no? Il peso, ovvio.
Due: e dell’altezza vogliamo parlarne? Ma sì, parliamone… altro motivo.
Tre: il più drammatico, con tutti i dubbi che aveva avuto ultimamente, proprio un incontro ravvicinato con il culo di Kisugi doveva organizzare?
Si era passato una mano su tutto il volto e dopo aveva indossato la maschera.
La maschera della sicurezza.
Per non parlare poi della domanda rivolta a Teppei con tanta sicurezza.
“Ti fidi di me?”
Cosa diavolo voleva dimostrare con quella domanda?
Poi… poi aveva incrociato i suoi occhi e le ginocchia avevano vacillato per un secondo;
la confusione che regnava sovrana da giorni lo aveva investito come un treno dell’alta velocità, ma aveva resistito perché Teppei si fidava.
E ora che Teppei era piegato di fronte a lui, con la testa sotto le gambe divaricate non era più così sicuro di voler proseguire questo fottuto gioco.
Ma non si arrese, posò il ventre sulla schiena del compagno tanto da afferrare con le sue mani quelle dell’amico che comparivano da sotto le gambe.
Cercò di non pensare a quella dannata posizione.
E cioè: al culo di Teppei a così poca distanza dal suo viso.
Mentalmente si dette dell’imbecille per almeno altre cinque o sei volte.
Una volta afferrate parlò: “Sei pronto?”
“Prontissimo!”
“Si troncherà l’osso del collo, nella migliore delle ipotesi.”
“Grazie della fiducia, Izawa, grazie davvero” rispose piccato Hajime.
“Io faccio un video per i posteri” Ryo aveva sghignazzato e afferrato il cellulare per immortalare l’evento.
“Davvero spiritosi. Pronto: uno, due, e tre!”
E aveva tirato, con tutte le sue forze, tanto che davvero Kisugi s’era ribaltato su se stesso e aggrappandosi con le gambe ai fianchi dell’amico e con le mani al suo collo era davvero riuscito a mantenere l’equilibro e non cadere.
Peccato che il peso avesse fatto sbilanciare Taki e barcollare all’indietro fino a impattare con tutta la schiena contro muro retrostante.
D’istinto Teppei aveva allungato le mani al lato del suo volto appoggiandole al muro.
E lo aveva imprigionato così.
Le mani di Hajime servivano per sostenere il peso del compagno, quindi erano inutilizzabili.
I visi oramai troppo vicini, le labbra si erano chiuse in una smorfia di sforzo all’inizio; per poi aprirsi in un sorriso quando tutto intorno si era fermato e il silenzio era calato nella palestra.
Soltanto i loro fiati spezzati si riuscivano a udire.
Il tempo si era allungato come un elastico rallentando la corsa.
L’immobilità del momento e l’incontro delle iridi avevano contribuito a dilatare l’istante ancora di più.
E c’era qualcosa che finora era sfuggito a entrambi in quelle iridi scure.
Gli occhi avevano iniziato a parlare per loro, si erano fatti lucidi e commossi.
Si erano emozionati.
Gli odori si erano mescolati e i cuori avevano preso a battere all’impazzata.
Solo a quel punto Teppei aveva sorriso, ed era dolce, caldo.
Un sorriso che non gli aveva ancora mai visto fare, ed era lì, in quell’istante, che aveva capito tutto.
Che la nebulosa era sparita e che la nebbia era tornata nella sua sede.
Finalmente aveva capito tutto.
TUTTO!
Sorrise, anche lui, ma stavolta consapevolmente.
 
Poi gli schiamazzi dei compagni li avevano riportati improvvisamente con i piedi per terra.
L’incanto si era improvvisamente spezzato, ma la consapevolezza ormai era lì, si era palesata e aveva preso coraggio.
Coraggio per dopo.
Ci sarebbe stato tempo per affrontare il discorso con tutta la calma necessaria.
Era stato un susseguirsi di UHHH, AHHH e altri cori idioti partiti da quel cretino di Izawa.
Si erano ricomposti un po’ alla meglio e avevano proseguito i giochi come se nulla fosse.
Avevano riso e scherzato ancora, poi l’ora era finita e tutti si erano ritirati negli spogliatoi per mettersi la divisa e raggiungere il campo da calcio dove si sarebbero svolti gli allenamenti pomeridiani.
Ed era stato in quel momento che, temporeggiando, Hajime e Teppei erano rimasti gli ultimi.
Yuzo aveva chiesto se volessero fare la strada con lui e Mamoru, ma con una scusa avevano declinato l’invito.
Stavolta il primo a essere pronto fu stranamente Kisugi, che appoggiato alla porta dello spogliatoio guardava divertito il compagno: se voleva, sapeva come perdere tempo…
Taki si guardò intorno e raggiunse l’amico, gli posò una mano sulla spalla.
“Facciamo la strada insieme? Devo parlarti.”
“Ti stavo aspettando, anch’io devo parlarti.”
La strada quella sera sarebbe stata differente, perché la consapevolezza li avrebbe accompagnati.

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Capitolo 3
*** Lei non sa chi sono io! ***


Scritta da Guiky80


“Lei non sa chi sono io!”

Questa frase Genzo l'aveva sentita dire da suo padre un sacco di volte da piccolo, e pensava sempre che la gente dovesse essere stupida per non sapere che lui era il suo papà!

Ora Genzo è cresciuto, ora sta iniziando a capire cosa vuol dire essere un Wakabayashi, non solo per imporsi contro Ishizaki e compagni, ma anche per altre questioni che esulano dal calcio.

***

La partenza è arrivata.

Il tanto atteso trasferimento in Germania, con il suo allenatore personale Mikami, finalmente è alle porte. Dovrà sostenere provini, prove, fatiche, ma ce la farà perchè lui è forte, lui è un grande, lui è un Wakabayashi e quelli della sua famiglia non falliscono mai!

Tuttavia, passata una settimana, una sola fottuta settimana dallo sbarco in Germania, Genzo è piegato su se stesso. Inginocchiato. Sconfitto.

Serra i pugni picchiandoli nella terra fredda, è tornato da poco dagli allenamenti, sempre più disastrosi. Quel biondino stronzo continua a fare goal e non solo lui, tutta la squadra sfonda la rete come se nulla fosse, come se lui non esistesse.

Per la prima volta in vita sua prova la voglia irrefrenabile di andarsene. Di tornare a casa, in Giappone, dove lui: Genzo Wakabayashi, fa tremare la gente solo con il nome, dove lui è il portiere numero uno. Ha ceduto quel posto a Wakashimazu quando è partito, ora è lui il portiere più forte del campionato, mentre in Germania Genzo si è fatto battere.

La sua famiglia si vergognerebbe di lui. Sta disonorando il nome dei Wakabayashi.

Quando la prima goccia colpisce il suo pugno, alza lentamente il viso e una pioggia torrenziale lo sommerge. Si siede con le mani dietro la schiena a sorreggersi e il viso rivolto all'acqua, il cappellino a terra, chiude gli occhi e resta lì per fare in modo che le lacrime di rabbia si confondano con la pioggia, così che nessuno le veda, che nessuno sappia della sua sconfitta.

Tuttavia, chi lo conosce da sempre, chi l'ha cresciuto e aiutato, chi l'ha fatto diventare quello che è ora, non si fa confondere.

Arriva sedendosi di fronte, a gambe incrociate, con un ombrello a coprire la testa, lo osserva e sospira.

“Genzo, ti ammalerai. Rientra.”

“Ancora un attimo, sono stanco, stare qui è rilassante.”

La voce non tentenna, ma Mikami lo consoce bene, sa cosa sta passando il suo pupillo, sa cosa vuol dire essere in un paese straniero, pensare di essere il migliore e scoprire che non è così, che ti serve molto di più per sfondare, che non hai amici a sostenerti, tifosi, nessuno.

Sei solo e da solo devi farcela.

“Loro non lo sanno, ancora ignorano chi sono io! Sono un Wakabayashi! Non possono permettersi di trattarmi così! Non lo sanno, non sanno chi sono!”

L'allenatore accenna un sorriso che il suo protetto non vede, ora riconosce il ringhio dei Wakabayashi, quello che lo ha sempre distinto dalla massa. Ora riconosce il Genzo che lui ha cresciuto.

“E allora diglielo! Dimostra chi sei! Tira fuori le unghie e lotta, combatti per il tuo posto in squadra. Non piegarti, per quanti goal riusciranno a farti, tu non ti arrendere. Combatti! Lanciati, tuffati, non importa se non prendi la palla ma fai vedere che hai capito, che hai intuito dove sarebbe andata. Forza Genzo, rialzati e vinci!”

Gli occhi del portiere trovano quelli dell'uomo che più di tutti gli ha fatto da padre, stringe le labbra annuendo.

“Tu credi che ce la farò?”
“Io ne sono sicuro! O non ti avrei portato con me. So perfettamente che ce la farai. Ma non perché sei un Wakabayashi e la gente deve tremare al tuo passaggio, ma solo perché tu sei Genzo! Perché tu sei forte, sei il portiere più forte del Giappone, diventa il più forte di Germania e poi del mondo. Combatti Genzo, senza arrenderti mai, combatti e ce la farai, perché il ragazzino che io ho allenato e cresciuto in tutti questi anni, non resta inginocchiato nella polvere. Il ragazzo che io ho portato in Germania, lotta e vince, sempre! Questo è il Genzo che io voglio vedere!”

Finalmente il ragazzo sorride mentre l'allenatore annuisce.

Senza dire nulla si alzano, arrivano alla porta, Genzo tra i pali, pronto come è sempre stato. Mikami calcia con tutta la forza che ha, ma la corsa del pallone appesantito dall'acqua, si spegne tra i guantoni rossi del suo pupillo.

“Bene Genzo, questo è solo l'inizio. Domani mattina arriverai agli allenamenti e ti posizionerai in porta, ce la farai, parerai tutto, anche i tiri di Shneider, perché sei forte, perché sei Genzo! E il ragazzo che conosco io ce la fa sempre.”

“Grazie.”

Rientrati in casa, il ragazzo si ferma a metà scalinata.

“Ti prometto che ce la metterò tutta!”

“Genzo, non voglio più sentirti dire: lei non sa chi sono io, sono un Wakabayashi! Voglio sentire: lei non sa chi sono io, sono Genzo Wakabayashi, il portiere più forte al mondo!”

Il ragazzo sorride annuendo, ma Mikami non ha finito.

“Non devi confonderti con gli altri, tu sei un Wakabayashi, ma non uno qualunque, tu sei IL Wakabayashi, quello che ce la fa nello sport, quello che emerge e si fa conoscere al mondo, anche senza l'impero di famiglia. Tu sei Genzo e devi essere fiero di quello che sei, devi essere orgoglioso del tuo lavoro, dei tuoi traguardi, della tua vita, indipendentemente dalla tua famiglia di origine e dal cognome che porti.”

Genzo annuisce convinto: “Hai ragione Tatsuo, io sono Genzo Wakabayashi e ce la farò da solo!”


 

***

Di anni ne sono passati tanti, Genzo ormai è un uomo, è seduto nel giadino di casa, con il viso rivolto al cielo coperto di nubi, sorride alla voce del suo allenatore personale arrivato in visita.

“Che stai facendo?”

“Aspetto la pioggia!”

L'altro scuote la testa: “Comincio a essere troppo vecchio per starti dietro, mi vengono i reumatismi a stare qui con te con questa umidità!”

La risata del portiere è alta e allegra.

“Sai Tatsuo, l'ho detto ancora! L'altra sera uno mi ha rotto le palle e io gli ho detto 'lei non sa chi sono io!' ha scosso la testa così ho risposto 'sono Genzo Wakabayashi, il portiere più forte!' non è la prima volta che lo dico ovviamente. Tuttavia mi sono ricordato del primo periodo qui, di quando quelle parole me le hai rivolte tu, spronandomi a mettercela tutta. Ce l'ho fatta Tatsuo, ce l'ho fatta davvero. Grazie a te sono uscito dall'ombra ingombrante della mia famiglia, del mio cognome, che qui non vale molto è vero, ma in Giappone è come una spada di Damocle sulla testa, se non ne sei all'altezza, sei fottuto. Ho imparato a essere stronzo come tutti i Wakabayashi, ma a farmi riconoscere per il mio talento e non per il patrimonio.”

Mikami annuisce: “Sai Genzo, ho allenato molti giocatori nella mia vita, ho visto crescere dei campioni, ho visto cadere tanta gente, non farcela, ma con te è diverso. Tu sei forte, lo sei sempre stato, hai tutto ciò che ti serve per andare sempre più in alto, per diventare il più forte al mondo, ma la cosa fondamentale è che tu sei cresciuto come uomo. Da quando siamo qui, ti ho visto cambiare radicalmente. Hai smesso di nasconderti dietro il tuo cognome, o dentro la villa più grande di Nankatsu. Hai smesso di essere il ragazzino viziato e snob della Shutetsu, ora sei un uomo, che affronta il futuro, fiducioso delle sue potenzialità. Sei un uomo maturo, che ha ancora tanto da vedere e da imparare, ma è sulla strada giusta. Non potrei essere più orgoglioso di te, Genzo.”

“Non ti starai rammollendo? Vuoi farmi commuovere?”

“Screanzato! Ragazzino viziato! Mi rimangio tutto, guarda!”

Le risate dei due si confondono mentre le nubi iniziano a lasciar cadere qualche goccia.

La vita ha riservato tanto a Genzo: soldi, prestigio, un cognome importante. Ma Mikami l'ha reso uomo, l'ha reso forte e indipendente, a dispetto di tutti i Wakabayashi messi insieme. Genzo questo lo sa e gliene è grato.


 

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Capitolo 4
*** Primo batticuore al freddo ***


Scritta da Guiky80
 
 
 
Freddo. Fa sempre freddo qui da noi, ovviamente sono abituato a queste temperature, ma le ragazze sono più delicate.
Proprio stamattina, mentre spalavo la neve dal campo di calcio, ho visto Yoshiko accorrere in mio aiuto, le mani si sono arrossate subito, che sciocca! Non si può spalare la neve senza guanti.
Scuoto la testa e sorrido: Yoshiko è la manager della Furano già dallo scorso anno, è molto carina, non sono così scemo da non averlo notato, soprattutto ho capito che ha un debole per me. La squadra continua a fare battute idiote, quando siamo negli spogliatoi senza le ragazze, io sorrido, ma non do corda alle loro insinuazioni.
Sono completamente concentrato sul campionato ormai alle porte, devo battere la Nankatsu quest'anno, devo battere la Toho, devo vincere!
Io e i ragazzi ce lo meritiamo!
Arrivo al campo d'allenamento, dopo le lezioni, e tutto è di nuovo bianco, praticamente potevo non spalare stamattina! Sospiro e guardo i miei compagni arrivare alla spicciolata, sorrido sornione, so già che mi odieranno, ma il mio ordine arriva diretto e alto: “Forza, tutti a prendere una pala!”
“Oh no, Capitano!”
“Dai, Hikaru, non possiamo saltare per oggi?”
Li guardo male, saltare l'allenamento è fuori discussione, ma non posso nemmeno farli allenare così.
Sospiro con le mani sui fianchi. “Allora ragazzi, dobbiamo allenarci, la scelta a voi: o liberiamo almeno metà campo e ci alleniamo, oppure corriamo intorno alla scuola per un'ora nella neve alta.”
I ragazzi mi guardano tutti con un'espressione molto contrariata, è evidente quale sarà la scelta finale, correre a quel modo vuol dire faticare il doppio. A uno a uno tutti si armano di pala e scendono in campo.
Alle mie spalle sento una risatina sottile. “Capitano, sei proprio perfido!”
Mi volto lentamente con le sopracciglia inarcate: “Perfido? Io?! Ma no!”.
Scoppio a ridere con Machiko, la seconda manager della Furano che mi guarda e scuote la testa.
Dallo spogliatoio vedo uscire Yoshiko con una pala che subito prendo, seguendo gli altri. Non presto attenzione ai commenti alle mie spalle.
 
Passate due ore, con il freddo che si fa sentire sempre di più, sancisco la fine dell'allenamento, dopo un cenno d'intesa con il mister.
La doccia calda aiuta tutti a riprendersi dallo scampato assideramento a cui li ho sottoposti.
I commenti dei miei amici riguardano la serata che li attende, qualcuno dovrà studiare, qualcuno uscirà con un amico, uno solo annuncia di avere un appuntamento. Tutte le teste sbucano dalle docce e si fissano sull'ultima in fondo, dove il portiere continua tranquillo a insaponarsi il torace.
“Eh beh, allora? Cosa fai la butti lì così e poi non finisci? Con chi devi uscire?”
“Ehi parla! Non puoi andartene così!”
Sorridendo osservo il fervore di tutti e la pacatezza dell'interessato che si dirige al suo armadietto.
“Eddai, ragazzi, domani vi racconto.”
“Domani?! Adesso!”
“Ehi fermo! Racconta subito!”
“Con chi esci?”
“Dove andrete?”
“La bacerai?”
Il poverino non riesce nemmeno a rispondere tanto sono a raffica le domande che gli rivolgono, scuoto la testa, poteva aspettare domani a dirlo, ora non lo faranno vivere!
Non so bene come, ma il portiere riesce a vestirsi e defilarsi velocemente. Nello spogliatoio si sprecano i commenti: si lanciano nomi di potenziali ragazze, si parla di dove potrebbero andare, e infine si scommette sul bacio della buonanotte.
Non intervengo, spero solo si diverta, per il resto non mi importa con chi uscirà o cosa farà.
“Cavolo, vorrei avere anch'io un appuntamento!”
Uno dei ragazzi affranto si lascia cadere sulla sedia.
Gli altri gli urlano che è impossibile, che se non cambia atteggiamento, non uscirà mai con nessuna, pare le tampini tutte senza distinzioni.
Proprio lui riprende: “Lo so, lo so, del resto, tra tutti noi, solo Hikaru potrebbe uscire tranquillamente con ben due ragazze!”
Mi volto sorpreso e li guardo, mentre tutti annuiscono.
“Due ragazze? Ma che dite?”.
“Oh andiamo, Capitano, non fare il santarellino! Yoshiko ti muore dietro da più di un anno, è diventata manager della Furano solo per uscire con te! E anche Machiko ultimamente ti ronza intorno, non si farà mai avanti perché è amica di Yoshiko, ma per me accetterebbe un appuntamento con te.”
Sbalordito li sento proseguire, mentre si domandano come sarebbe uscire con due ragazze contemporaneamente. Alcuni ridono dicendo che sarebbe meglio averne una sola e fissa, piuttosto di tante.
Io resto immobile, a petto nudo, rigiro tra le mani la maglia e rifletto su quello che ho sentito, sapevo di Yoshiko, insomma, con tutte le battute che vengono fatte... ma Machiko... davvero ha un debole per me? Ma no! I ragazzi vogliono solo prendermi in giro!
Mi vesto velocemente e lascio lo spogliatoio con tutti gli altri, come tutte le sere, le manager ci aspettano al cancello della scuola.
Una volta a casa mi getto sul letto di schiena e fisso il soffitto.
Le ragazze: un bel problema per la maggior parte dei miei compagni. In realtà io non ho mai seriamente pensato di uscire con qualche ragazza, beh forse tra qualche anno... magari proprio Yoshiko, ma non adesso, ho altre priorità, altri pensieri.
Non credo proprio che Hyuga si perda dietro alle gonnelle, tantomeno Wakabayashi e neppure Ozora, beh no forse Ozora sì, in fin dei conti la manager della Nankatsu è quella ragazza carina, come si chiama? Bah non ricordo, comunque li ho visti spesso insieme.
Tuttavia non credo proprio che Tsubasa metterebbe a rischio l'esito del campionato per una ragazza, assolutamente no.
Mi rigiro nel letto e non capisco perché aver appreso di Machiko mi sconvolge così tanto. Mi piace? Beh sì, è carina e simpatica, poi è un'ottima manager, ma come ragazza con cui uscire non so.
 
Il tempo sembra migliorato, quantomeno non nevica più, così possiamo allenarci senza dover spalare il campo ogni giorno. Il portiere ha dovuto confessare di essere uscito con una ragazza di un'altra sezione e pare usciranno ancora. Devo dire che è rimasto concentrato sugli allenamenti e non ha risentito di questa situazione sentimentale; l'ho tenuto d'occhio proprio per vedere se subiva sbalzi di umore o altro.
Sono contento che il suo rendimento non sia calato, forse quindi, avere una ragazza non sarebbe così deleterio come credevo.
Mi siedo in panchina con il mister e osservo l'allenamento dei tiri piazzati, i miei compagni si stanno impegnando al massimo e ne sono felice.
L'occhio mi cade, poi, sulle manager, intente a sistemare il magazzino: Machiko è fuori e sta pulendo alcuni palloni, dentro vedo Yoshiko andare avanti e indietro. Sono entrambe carine, non saprei davvero chi scegliere per un'eventuale appuntamento. Il problema fondamentale è che mi sono distratto, infatti quando i miei occhi tornano al campo, vedo tutta la squadra intorno a me, mi osservano sorridendo come degli idioti. Sbatto gli occhi e mi volto verso il mister che sghignazza scuotendo la testa: che cavolo è successo?
È proprio l'allenatore a svelare il mistero: “Matsuyama, ti sei incantato?”
“Incantato?!”
Ma che dice?
“Ho dato ordine di finire l'allenamento, i ragazzi sono arrivati qui e tu hai continuato a fissare il magazzino.”
Uno dei mie compagni interviene: “No, mister, fissava le manager! E bravo Hikaru, chi hai puntato? No, non dirmelo, le hai puntate entrambe? Non si fa Capitano!”
Mentre io arrossisco di botto, tutta la squadra ride di gusto, mister incluso: che simpatici!
Incrocio le braccia sul petto e sbotto: “Avete finito?”
“Che succede?” Attirate dalle risate anche le manager arrivano, il primo che parla è morto! Per mano mia!
Tutta la squadra si zittisce di colpo, ma sghignazzano ancora sotto i baffi, è il mister a prendere la parola: cazzo, lui non posso ammazzarlo!
“Nulla ragazze, una sciocchezza, tutto a posto nel magazzino?”.
Il discorso si sposta su altro, e io respiro lentamente, i ragazzi mi guardano di sottecchi sempre ridacchiando, finché ringhio: “Negli spogliatoi! Adesso!”.
Mentre si spostano in massa, sento dei commenti.
“Che brutto carattere!”
“Non è mica colpa nostra se le fissa così!”
“Potrebbe semplicemente ammettere che gli piacciono e basta!”
Sospiro cercando di far passare il rossore che, mi rendo conto, non ha ancora lasciato il mio viso.
“Tutto bene, Capitano?”
Machiko mi posa una mano sulla spalla, sussulto, ma sorrido. “Sì, certo, tutto bene, grazie. Ora vado anch'io negli spogliatoi.”
Lei inclina la testa in maniera graziosa: “Non temere non dirò nulla a Yoshiko.”
“Co-cosa? Yoshiko?”
Sono sbalordito, non comprendo, cosa dovrebbe dire a Yoshiko?
“Ma sì non le dirò che la fissavi! Anche se so che la farei molto felice!”
Sempre più confuso e con il rossore che torna a farla da padrone sul mio viso, cerco di correre ai ripari.
“Ma no, io non la guardavo.”
“Capitano, non devi vergognarti, sappiamo che hai un debole per lei, esattamente come lei ha un debole per te. Non è un mistero.”
“Ma no, che dici? Io non ho un debole per lei. E poi c'eri anche tu al magazzino!”
Mi rendo conto di aver parlato troppo, infatti lei si zittisce e quando la sbircio scopro che è arrossita.
“Oh beh, io credevo che ti piacesse Yoshiko, insomma, spesso parlate, state insieme.”
“Beh trovo che sia una ragazza carina e simpatica, sarò onesto, non so se mi piace qualcuno o no, in questo momento. Non ho mai seriamente pensato alle ragazze, mi dispiace.”
Abbasso la testa e rilascio l'aria di colpo. Mi rendo conto che siamo rimasti soli, nemmeno Yoshiko è in giro.
Quando Machiko prende posto accanto a me, si siede molto vicina e sussurra.
“Capitano, non ti preoccupare. Sappi solo che tu piaci a Yoshiko, noi siamo amiche da tanto, ben prima di diventare manager della Furano, non le farei mai del male, quindi io non ho mire su di te, e spero tu non ne avrai su altre ragazze.”
Annuisco, ma aggrotto le sopracciglia.
“E se dovessi scoprire che mi piace un'altra ragazza? Magari tu? Che si fa?”
Trattiene il fiato e diventa ancora più rossa di prima, deglutisce vistosamente e scuote la testa.
“Non si fa nulla.”
Mi alzo in piedi, con le mani sui fianchi, guardo il campo deserto e poi di nuovo lei che a capo chino aspetta, forse, di restare sola.
“Machiko, te l'ho detto, non ho mai pensato alle ragazze, al di fuori del ruolo di manager o di compagne di classe. C'è il campionato, io sono concentrato su quello, forse sarà stupido, ma non voglio distrazioni. Tuttavia, quando mi renderò conto di volere una ragazza, non farò distinzioni, non rinuncerò per non ferire Yoshiko. Sarebbe molto sbagliato nei suoi confronti.”
“Ma Capitano...”
“Niente ma, potrei anche scoprire che la ragazza che mi piace non fa parte della Furano, o voi potreste innamorarvi di qualcuno nel frattempo, potrei anche scoprire che mi piacciono i ragazzi!”
Ci guardiamo fissi e poi lei sghignazza: “Scusa, ma non ti ci vedo a fare la corte, che so... a Hyuga!”
“No, beh in effetti non mi ci vedo nemmeno io!”
Sbottiamo a ridere insieme, ma io torno serio: “Tuttavia è così che la vedo, e sono sicuro che Yoshiko sarebbe d'accordo con me.”
Lentamente mi avvio allo spogliatoio; poco distante dalla panchina incrocio la prima manager, sbucata da una porta laterale del famoso magazzino, mi fissa sorridendo: “Sai Capitano, sono d'accordo con te.”
Merda, ha sentito.
Sembra tranquilla, però, Machiko ci raggiunge e affianca l'amica, prima di parlare.
“Tuttavia, se sceglierai una ragazza a caso... beh... la torchieremo finché non saremo sicure che sia quella giusta!”
Sbatto gli occhi sorpreso e loro sbottano a ridere.
Scuoto la testa e mi avvio agli spogliatoi, quando entro i ragazzi sono quasi tutti usciti dalle docce mi fissano sorpresi: “Finalmente, che stavi combinando?”.
“Decidevo del mio futuro in campo amoroso!”
Tutti restano di sale, solo il portiere azzarda un'altra domanda. “E quindi? Machiko o Yoshiko?”.
“Il campionato!”.
Vengo subissato di insulti e lanci di magliette, ma io so di aver fatto la scelta giusta, del resto non sono pronto a scegliere e poi chissà, magari la ragazza del mio cuore non è nemmeno qui, magari non l'ho nemmeno incontrata, o magari ho già visto la persona giusta, ma ancora non lo so.
Mentre sono sotto la doccia sbotto a ridere da solo: chissà magari davvero la persona della mia vita di solito scende in campo con le maniche arrotolate sulle spalle!

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Capitolo 5
*** Tormenti ***


Scritta da Guiky80


 


 

“Nishimoto! Mi piaci! No, non va bene così! Nishimoto! Vuoi essere la mia ragazza? Se ciao, scoppia a ridere! Oh merda!”

Da un'ora Ryo era davanti allo specchio del bagno, già pronto per la scuola, ma assolutamente non preparato ad affrontare la seconda manager della Nankatsu!

Lui e Yukari si conoscevano da anni ormai, ma solo da poco Ryo aveva iniziato a provare qualcosa di diverso dall'amicizia.

Tornato in camera, aveva fissato le foto appese alla parete, soprattutto una: lui e il suo capitano.

“Tsubasa, ti ho preso in giro per anni con la faccenda di Sanae e poi mi ritrovo io a non sapere che fare con Yukari. Del resto, anche se ti chiamassi non mi saresti utile... le faccende di cuore non sono il tuo forte, amico!”

L'urlo della madre dal piano di sotto lo riportò alla realtà, e fuori dalla porta, diretto a scuola.



Non dividendo la classe con nessuna delle manager poteva stare tranquillo. Tuttavia guardando giù dalla finestra aveva intravisto l'altra sezione fare esercizi in cortile. Era la classe di Yuzo e Mamoru; li vide intenti a parlottare con altri ragazzi, quindi... spostando lo sguardo incontrò il gruppo delle ragazze, perché i due compagni di squadra avevano la fortuna di avere in classe sia quel maschiaccio di Anego, sia la sua dolce Yukari.

Sospirando non si accorse nemmeno del cambio dell'ora, solo quando Teppei aveva battuto un pugno sul suo banco era tornato in sé.

“Ehi, Ryo, come sei pensieroso! Cosa guardi in cortile?”

Allungando il collo il ragazzo intravide l'altra sezione; alzando un sopracciglio sbottò: “Uh è vero, Yuzo e Mamoru hanno educazione fisica a quest'ora. Che hanno fatto, li hai visti?”

Ryo scosse la testa. “No, non ci ho fatto caso.”

Hajime, con le mani nelle tasche dei pantaloni, sospirò:

“Teppei, Teppei, sei proprio sciocco. Ryo non può sapere cosa hanno fatto i nostri amici, lui guardava dall'altro lato del cortile... scommetto che se gli chiedi cosa hanno fatto Nakazawa e Nishimoto lo sa di certo!”

Il rossore che aveva preso piede sul viso del difensore fece ridere Taki e alzare un sopracciglio a Kisugi.

“Ma non mi dire! Abbiamo una cotta per la manager? E di' un po': quale? Dobbiamo allertare Tsubasa di eventuali pretendenti o abbiamo puntato la seconda?”

Ryo ormai aveva assunto il colore di un peperone maturo, mentre Hajime allargava le braccia.

“Ma ovviamente la seconda!”

“La volete finire?”

Ryo si alzò di scatto e lasciò l'aula, salvo incrociare il professore appena fuori.

“Ishizaki, dove stai andando?”

“Al bagno!”

Il professore sospirò. “D'accordo, ma muoviti.”

In fondo all'aula la Silver Combi era intenta in uno scambio di battute sul loro compagno di squadra.

“Ma davvero non te ne eri accorto, Teppei? Guarda che l'ha notato anche Shingo: giusto l'altra sera mi ha detto di aver beccato Ryo in modalità stoccafisso a fissare la panchina.”

“E non potrebbe avere una cotta per Nakazawa?”

Hajime alzò un sopracciglio. “Ma dai! Sono amici da una vita, prima ancora che si formasse l'attuale squadra. Lui poi ha fatto di tutto per svegliare Tsubasa, e secondo te ora le va dietro? Ma no, è evidente che punta Nishimoto!”

Teppei annuì pensieroso. “Beh, basta che non punti te, poi per me può puntare pure la porta!”

Il rossore si impossessò anche di Taki ora, che sussurrò: “Scemo!”


 

Con la testa sotto il rubinetto dell'acqua, Ishizaki cercava di calmare i pensieri e il colorito poco naturale che aveva assunto.

Come cavolo aveva fatto Taki ad accorgersi della sua cotta per Yukari? Era stato davvero così poco attento?

Un sospiro lasciò le sue labbra quando incontrò la sua immagine allo specchio. “Idiota!”

Dopo essersi asciugato alla ben e meglio era tornato in aula per le ultime due ore prima del pranzo.

Di solito lui pranzava con il resto della squadra in cortile o in mensa, normalmente anche le manager erano con loro, tuttavia quel giorno di Nakazawa e Nishimoto nemmeno l'ombra. Ci pensò Izawa a svelare il mistero.

“Le ragazze della nostra classe hanno organizzato una riunione sul tetto, pare stiano stilando una classifica dei ragazzi più carini della classe.”

Teppei ribatté subito: “Ma dai?! Certo che ne hanno di tempo da perdere.”

“Infatti, è tempo perso.” Rispose Izawa. “È ovvio che sono io il più figo, non serve mica una riunione per deciderlo!”

Ci fu un attimo di silenzio, poi il caro Mamoru venne subissato di urla, fischi e lanci di avanzi di cibo e tovaglioli da parte di tutta la squadra.



Finalmente al campo, Ryo poté vedere Yukari.

Mentre si avviava, già con la divisa di allenamento, borbottava tra sé e sé: “Yukari, mi piaci! No, non va. Yukari, sei la più carina qui, lo sai? Ma che dico! Ci sono solo lei e Sanae! Uff che palle!”

“Che borbotti?”

Urlando per lo spavento, Ryo si ritrovò a fissare gli occhi nocciola e penetranti della sua amica d'infanzia.

“Sanae, che diavolo vuoi?”

“Come siamo scontrosi... ti ho visto pensieroso, e sono venuta a vedere se era tutto a posto, soprattutto vorrei farti notare che il campo è più a sinistra, stai andando verso la panchina. O forse devi dire qualcosa a Yukari?”

Aveva sbattuto le ciglia velocemente, ammiccando verso l'amica.

“No che non devo dirle nulla, e piantala!”

La risata allegra di Anego lo seguì fino in campo.

Come era prevedibile, l'allenamento non fu dei migliori, il mister tuttavia non disse nulla, mancava ancora molto all'inizio del campionato.

La doccia aiutò Ryo a chiarirsi le idee: se i suoi amici si erano accorti di qualcosa, forse anche la diretta interessata se ne era accorta. Chissà...

Appena fuori dagli spogliatoi salutò tutti, ma venne intercettato da Sanae.

“Ryo, torniamo insieme?”

“Co-cosa?!”
“Oh, non fare quella faccia! Non voglio provarci con te, voglio solo fare due passi e quattro chiacchiere!”

Si erano avviati in silenzio, fino alla gomitata della ragazza.

“Eddai, Ryo, a me puoi dirlo.”

“Cosa?”

Lei sbuffò.

“Che ti piace Yukari!”

Lui si bloccò di colpo, diventando rosso.

Lei sorrise teneramente.

“Ma non... non è... vero...”

“Ah no?”

“No!”

Sanae scosse la testa, prendendolo a braccetto.

“Ryo... eddai! Ci conosciamo da una vita, so sempre quando hai un problema, o qualcosa ti tormenta. Mi sono accorta di come guardi Yukari, perché non le parli? Potresti chiederle di uscire... da amici...”

Lui le rivolse un'occhiataccia.

“Sanae, appunto perché siamo amici da una vita, ti pare possibile che un tipo come Yukari, possa uscire con uno come me? Ma siamo seri. Nemmeno sa che esisto, a parte il fatto che deve lavarmi la divisa!”

“Oh, Ryo, come sei ingenuo... ti credi tanto adulto, ma nemmeno ti accorgi delle cose. Ti fidi di me? Invita Yukari a uscire.”

“Ma, io...”

Sanae si mise di fronte a lui con le mani sui fianchi e le gambe divaricate: ecco Anego!

“Oggi eravamo sul tetto a fare la classifica dei ragazzi carini della nostra classe, un gioco scemo inventato da San. Ovviamente al primo posto è finito Mamoru; a proposito, non dirglielo o se la tirerà da qui all'infinito! Al secondo posto è finito Yuzo. Sai che Yukari ci ha messo una vita a votare? Ha detto che per lei erano tutti più o meno allo stesso livello, io l'ho guardata stranita... insomma, a me piace Tsubasa, ma non sono così scema da non vedere che Mamoru è decisamente un bel ragazzo! Tuttavia lei mi ha confessato che il ragazzo che per lei è davvero carino, e non solo dal lato estetico, non era nella nostra classe, quindi tutti gli altri potevano essere messi sullo stesso piano...”

Ryo, sospirando la fissò. “Cosa ti fa pensare che parlasse di me?”
“Perché è la mia migliore amica, e come guardo te, guardo anche lei: fidati, parlava di te.”


 

Quella notte il sonno proprio non voleva saperne di arrivare a casa Ishizaki, Ryo continuava a rigirarsi nel letto pensando alle parole di Sanae.

Una parte di lui voleva ascoltarla, davvero lei lo conosceva da sempre e conosceva bene anche Yukari. Tuttavia dall'altra parte non voleva fare la mossa sbagliata, non voleva rischiare di perdere un'amica preziosa come reputava essere Nishimoto.

Sbuffando per l'ennesima volta si alzò e si posizionò davanti allo specchio. Fissandosi negli occhi aveva ripetuto: “Ce la puoi fare, puoi parlare con Yukari e non sembrare scemo. Se ci credi davvero, ce la puoi fare!”

La mattina seguente si presentò l'occasione giusta. Lui spedito a cercare dei gessi per la lavagna, ma nel ripostiglio c'era già qualcuno di un'altra sezione: Yukari.

“Ehi, Ishizaki, hanno spedito anche te in rifornimento?”

Ryo respirò forte decidendo di cogliere la palla al balzo. “Sì, gessi per la lavagna, e tu?”

“Stessa cosa, ovviamente toccherebbe a Izawa, ma figurati se quello si schioda, stava per venire Morisaki, ma alla fine la capoclasse ha spedito qui me! Giuro che Sanae me la paga, questa!”

“Anch'io sono stato spedito qui dal capoclasse, non era il mio turno.”

“Chi è da voi il capoclasse? Non ricordo.”

“Hajime...” E all'improvviso Ryo capì.

Sia Taki che Nakazawa credevano che lui avesse una cotta per Nishimoto, e quindi quale miglior modo per lasciarli soli? Sorrise tra sé e decise che era ora di accontentare gli amici.

“Senti, Nishimoto, volevo chiederti una cosa.”

“Dimmi.”

Lei non aveva ancora smesso di cercare i gessi, che normalmente erano in bella vista sugli scaffali: vuoi vedere che quei due avevano fatto addirittura un'incursione nel ripostiglio?

“Volevo chiederti una cosa...”

“Ho capito, cosa?”

“Potresti fermarti un attimo?”

Lei si volse a guardarlo. “Questo mi dovevi chiedere?”

“No!”

Yukari inclinò la testa.

“Ryo, sei molto rosso, stai bene?”

Il suo nome... pronunciato da lei... che bel suono...

“Mi hai... chiamato per nome...”

A quel punto fu impossibile non notare il rossore della ragazza.

“Scusa, è che Sanae lo fa sempre e io...”

“No, no va benissimo, lo puoi fare... Yukari.”

Occhi negli occhi, vicini, tanto vicini.

“Mi piace come pronunci il mio nome...” Sussurrò la ragazza abbassando gli occhi.

“A me piace pronunciarlo...”

“Davvero?”
“Davvero... senti, Yukari, ti andrebbe un gelato?”

Lei lo fissò con gli occhi sbarrati. “Adesso?”

Lui sorrise, consapevole del fatto che il più era andato!

“No, dopo gli allenamenti, magari mentre ti accompagno a casa...”

“Magari...”

E mentre la ricerca dei gessi veniva portata avanti, tra sorrisi e mani che si sfioravano, i due capiclasse si erano incrociati in corridoio, spediti a cercare i compagni, ma la loro ricerca sarebbe stata lunga e lenta; molto lenta.


 


 

Angolino di Guiky80: Si ringrazia per il betaggio di questa shottina, le 'tre caravelle' ahahahah

Lenea = lettura, commenti e betaggio. Grazie per le risate a non finire sul caro Ryo.

Melanto = lettura, betaggio, insulti e bacchettamento mani. Mel ti voglio bene! Ho sentito le tue urla prima ancora che mi arrivasse il betaggio...

Sanae77 = commenti, lettura e betaggio. Betucciamiaadorata!!! Grazie per aver letto la shottina e avermi aiutato nonostante il 'casino' in cui sei immersa, ti lovvissimo!!!


 

Le mie caravelle... sono differenti....

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Capitolo 6
*** Nuovo batticuore ***


Scritta da Guiky80


 

La mano passò tra i capelli lisci, il sospiro lasciò la bocca pesantemente.

Fissò l'immagine allo specchio prima di sbattere le palpebre e raddrizzare le spalle: basta piangersi addosso!

Kumi si alzò di scatto dalla poltroncina rosa posta di fronte al piccolo specchio, decisa raccolse i capelli nei soliti codini bassi e sistemò la divisa scolastica: era ora di andare.

Mentre camminava spedita verso scuola, si ritrovò a pensare al primo anno delle medie. Sorrise, la prima volta che l'aveva visto lui correva palla al piede, lei sapeva chi aveva davanti: il Capitano.

Le piaceva, le piaceva tanto. Lui, la sua passione per lo sport, la sua allegria, anche il suo essere goffo al di fuori del campo. Tutti lo rispettavano, tutti avevano belle parole per lui.

Era entrata nella squadra di calcio per farsi notare, voleva che lui diventasse il suo ragazzo, voleva fargli battere il cuore, come lui faceva con lei.

Fare la manager era divertente, ma anche faticoso. Era la più piccola e doveva portare rispetto a Nishimoto e Nakazawa.

Nakazawa.

Sanae Nakazawa.

La sua rivale numero uno per la conquista del Capitano.

Per mesi Kumi si era prodigata a bordo campo, sempre intenta a ronzare intorno ai giocatori, a lui. Pronta a ogni esigenza, voleva essere sempre presente, a costo di diventare stucchevole a volte. Si era ritrovata a seguirlo di domenica, per riuscire a intercettarlo da solo, a parlare con lui da sola, senza la squadra intorno, senza lei intorno.

Si rese ben presto conto, però, che per lui esisteva solo il calcio. Lui voleva solo giocare a pallone, vincere il campionato, andare in Brasile. Parlava solo di quello, viveva solo per quello.

O così lei credeva.

Quando pensò di essere pronta, andò da lui, aprì il suo cuore all'unico ragazzo che l'avesse fatto battere fino ad allora.

La risposta che ricevette non fu quella attesa, ma se l'aspettava. Si rifiutava di ammetterlo, ma il cuore lo sapeva già.

Lei non era mai stata in competizione con Sanae Nakazawa per il cuore del Capitano. Non era mai stata la sua rivale... perché il cuore di Tsubasa era già di Sanae.

Loro erano legati, indissolubilmente.

Kumi li osservò attentamente dopo quel giorno e le sembrò quasi di vederlo quel filo che li univa. Anche se ognuno era preso in chissà quali impegni, bastava nulla perché i loro occhi si incontrassero e in quel momento il mondo spariva. Kumi lo sentiva.

Sorrise persa nei ricordi e quasi non notò di aver superato Izawa e Morisaki, finché quest'ultimo non la chiamò.

“Ehi, Sugimoto, sei così ansiosa di andare a scuola?”

Si voltò stupita prima di sorridere.

“Buongiorno, scusate non vi avevo visti.”

Yuzo le sorrise con cortesia, mentre Mamoru inclinò la testa. “Va tutto bene? Sembri molto pensierosa.”

Il rossore non potè non invaderle il viso, incrociando le iridi nere del terzino della Nankatsu.

Tutte le sue compagne di classe e amiche erano innamorate perse di Mamoru Izawa e la invidiavano da morire, perché lei lavava la sua maglietta, poteva parlare con lui senza scuse strane o altro.

Tuttavia lei aveva ancora battiti accelerati per il Capitano, ma non come prima, forse cominciava a passarle la cotta.

In effetti anche lei pensava che Izawa non fosse niente male, anzi...

Scosse la testa sorridendo ancora. “Tutto bene, davvero.”

Subito vennero raggiunti dalla Silver Combi e insieme si avviarono a scuola. Varcò il cancello scortata da ben quattro Cavalieri, sotto lo sguardo attonito e invidioso di mezzo corpo studentesco femminile.


 

Seduta al suo banco, poche ore dopo, Kumi osservò il cielo terso, si preannunciava un caldo pomeriggio di allenamenti. Sospirò.

“Ehi, Kumi, stamattina sei arrivata con Izawa, è vero?”

Voltò la faccia verso le sue tre compagne di classe.

“Sì, ho incontrato lui e Morisaki in strada, poco lontano da qui.”

Le tre con i pugni stretti vicino al viso sbottarono in coro.

“Presentaceli!”

“Cosa?”
“Organizza un'uscita.”

“Dai andremo al karaoke, ci divertiremo!”

“Facci stare con loro!”

Parlarono tutte insieme e lei sperò di aver capito male! Avrebbe dovuto coinvolgere due dei ragazzi più popolari della squadra in un'uscita programmata? No, non erano per lei quelle cose!

“Ragazze, ma cosa dite? Devono allenarsi, non hanno tempo per le uscite!”

Le tre sbuffaro contemporaneamente, ma fu Riku a prendere la parola.

“Guarda che li abbiamo visti venerdì scorso, dopo l'allenamento, Izawa, Morisaki, Taki, Kisugi e Takasugi andare al karaoke. Sappiamo che si divertono anche loro la sera! Basterà sapere quando vanno e farci trovare lì! Sono tuoi amici, ti inviteranno al loro tavolo e il gioco è fatto!”

Kumi sbarrò gli occhi.

“Ma voi siete matte!”

“Eddai! Non vorrai tenerli tutti per te... o forse sì?”

L'insinuazione di Izumi si attirò l'attenzione delle altre che iniziarono a saltellare tutte insieme.

“Ingorda, Kumi, lascene qualcuno anche a noi!”

Lei strinse le labbra e cercò di evitare che tutta la classe venisse coinvolta nella discussione.

“D'accordo, vedrò cosa posso fare!”

Le urla di gioia vennero interrotte dall'arrivo provvidenziale del professore di matematica.


 

Al campo di allenamento, Kumi si sentì a disagio. Anche preparare l'acqua per la pausa dei ragazzi si rivelò difficoltoso. I suoi occhi continuavano a correre al campo, verso Izawa e poi indietro verso la porta di Morisaki, infine intercettava il movimento di Kisugi. Chiuse gli occhi e respirò a fondo: come poteva mettersi a spiare le loro conversazioni senza dare nell'occhio?

Quelle tre erano pazze! Non poteva mettersi a fare certe cose con i ragazzi della squadra! Sospirò ancora, attirandosi un'occhiata del mister, che però non disse nulla.

Il pomeriggio sembrò interminabile. A un tratto sentì delle voci fin troppo famigliari. Con terrore sollevò gli occhi e trovò le sue tre compagne di classe appostate poco lontano dal magazzino in contemplazione del campo.

Con un scusa si defilò e arrivò da loro.

“Che fate qui?”

“Allora? Hai saputo dove andranno stasera?”

Kumi sgranò gli occhi: subito?! Doveva spiarli subito?!

“No, non hanno parlato di nulla. Credo che certe cose le decidano negli spogliatoi a fine allenamento.”

Izumi annuì convinta.

“Molto bene, entrerai a cercare qualcosa e carpirai notizie per noi!”

Sugimoto sbarrò la bocca.

“Sei pazza?! Dovrei entrare negli spogliatoi mentre ci sono i ragazzi!? Ma non ci penso nemmeno! Cosa penserebbero di me? Non voglio trovarmeli davanti a petto nudo o peggio!”

Le tre si fecero pensierose, poi Saori sghignazzò.

“In realtà, io vorrei vederli a petto nudo... soprattutto Izawa.”

Le altre le diedero man forte.

“In effetti... non ti è mai capitato?”

“No! E non lo farò capitare oggi!”

Riku sollevò un sopracciglio.

“Sicura di volerci aiutare davvero? Fai di tutto per non farlo!”

“Veramente avete fatto tutto voi! Ora andate, io devo tornare al campo! Appena so qualcosa ve lo dico, promesso!”

Voltandosi con gli occhi chiusi tornò sui suoi passi. Una voce la fermò.

“Tutto bene?”

Sussultando si ritrovò a fissare Takasugi con le braccia incrociate sul petto che la guardò con la testa inclinata di lato.

Il rossore fu istantaneo sulle guance della ragazzina, che annuì freneticamente.

“Tutto bene!”

Lui annuì prima di aggiungere.

“Nakazawa ti sta cercando.”

“Grazie!”

Correndo Kumi si allontanò, non capendo bene perché le fosse venuto così caldo parlando con Shingo.


 

Percorrendo la strada verso casa, più tardi, Kumi venne raggiunta da Saori.

“Ciao, allora?”

Abbassò le spalle sconfitta.

“Datemi tempo! Non posso restare a fissarli aspettando che parlino dei loro impegni!”

L’altra arricciò le labbra. “Sei lenta... va beh vedi di darti da fare domani! Ci divertiremo vedrai e tu potrai scordare il tuo amato Capitano!”

Non disse nulla all'amica, in realtà aveva già iniziato a stare meglio, pensare a Tsubasa non la faceva più fremere come prima, forse stava 'guarendo'.

Qualcuno che arrivò di corsa la fece voltare di scatto.

“Ciao.”

Sbattè le palpebre sorpresa di trovarsi alle spalle Shingo Takasugi.

“Ciao, come mai qui?”

“Volevo... ecco io... volevo sapere se davvero va tutto bene? Oggi mi sei sembrata molto pensierosa, poi sono arrivate le tue amiche ed eri agitata. Sicura che va tutto bene?”

Lei strinse le labbra.

“Mi hai seguito per questo?”

Shingo abbassò il viso stringendosi nelle spalle.

“Beh... sì...”

Lei sorrise dolcemente arrossendo un po', era davvero molto carino da parte sua.

“Va tutto bene, davvero.”

Il ragazzo annuì, spostando il peso da un piede all'altro. Kumi lo osservò pensando che forse poteva scoprire qualcosa.

“Scusa, posso chiederti una cosa?”

“Certo.”

I loro sguardi di nuovo legati.

“Ecco... quando esci con gli altri... cioè con Izawa, Morisaki, così, dove andate?”

Lui sembrò sorpreso.

“In che senso: dove andiamo?”

“Beh... andate al karaoke, in un bar... che fate?”

Lui arriciò le labbra sovrappensiero.

“L'ultima volta al karaoke, un'idea di Mamoru, davvero pessima! Domani forse andremo in quella nuova caffetteria in centro, a vedere com'è... ma non c'è nulla di programmato... insomma, mentre camminiamo decidiamo se e cosa fare.”

Lei annuì. “Oh capisco... grazie mille.”

“Come mai lo volevi sapere?”

Lei arrossì all'improvviso.

“Così... per fare due chiacchiere. Ci vediamo domani!”

Voltandosi corse via.


 

La mattina dopo informò le amiche della possibile visita alla caffetteria, ovviamente venne coinvolta subito.

“Ti aspettiamo al cancello dopo gli allenamenti, vedi di muoverti e non perder temo a sistemare!”

Kumi incrociò le braccia sul petto. “Non perdo tempo, Saori! Sono l'ultima arrivata, se Nakazawa mi dà un ordine devo eseguirlo!”

L'altra scrollò le spalle.

“Dille che stai male e defilati, se arrivano prima di te, ti lasceremo qui!”

“E come li avvicinerete?”

Kumi sorrise subdolamente, quella situazione non le piaceva, ma sapeva anche che serviva lei per avvicinare i ragazzi.

L'altra sbuffò.

“Tu, muoviti!”


 

Ad allenamento finito, cercò di essere il più veloce possibile, fino alle parole di Sanae.

“Hai fretta, Sugimoto?”

Lei si morse il labbro inferiore.

“Veramente... avrei un impegno...”

L'altra si mise le mani sui fianchi.

“E non potevi dirlo subito? Vai pure, finisco io qui.”

“Davvero?”

“Certo! Ti fermi sempre, se una volta non puoi non succede nulla.”

Stupita Kumi ringraziò inchinandosi e corse via, non avrebbe mai pensato che Sanae l'avrebbe lasciata andare, forse non era così male come credeva lei.

Al cancello le amiche erano in trepidante attesa.

“Muoviti, Kumi: Taki, Kisugi e Morisaki si sono già incamminati. Però avevi ragione, parlavano proprio della caffetteria nuova. Izawa non è uscito ancora...”

La manager annuì. “Si è intrattenuto con il mister e ha raggiunto gli altri un po' dopo. Uscirà tra poco.”

“Perfetto! Così noi saremo già là quando arriverà e non penserà che lo abbiamo seguito!”

Riku era molto sicura di questa mossa, Kumi un po' meno, in fondo lei lo aveva saputo da Shingo e se lui fosse arrivato con Mamoru... scosse le spalle, non voleva pensarci.

La caffetteria si rivelò molto carina e grande. I ragazzi occupavano un tavolo ad angolo e furono subito individuati da Izumi.

“Passeremo lì accanto, se non ci vedono, salutali, Kumi!”

Fu invece Taki a notarle.

“Ehi, Sugimoto, anche tu qui?”

Lei sorrise cordiale, con le guance appena rosse, strinse la gonna tra le mani sperando di non fare brutte figure.

“Sì, siamo venute a vedere com'è. Voi invece?”

Yuzo sorrise da sopra il suo bicchiere.

“Aspettiamo Mamoru, che come al solito si è beccato una ramanzina dal mister per i voti!”

Scosse il capo e la ragazzina scoppiò a ridere divertita.

La spinta di Saori alle spalle la fece sussultare.

“Ehm... voi conoscete le mie compagne di classe? Loro sono Saori, Izumi e Riku.”

Le tre si inchinarono.

“Eccomi, finalmente! Non mi mollava più il mister oggi!”

Mamoru arrivò di volata, urtando una spalla della manager.

“Oh scusami... Sugimoto! Ciao! Coma mai qui?”

“Così...”

Lui annuì sistemandosi vicino a Yuzo, le quattro ragazze erano ancora ferme in piede, Kumi non sapeva più che fare, all'improvviso le arrivò un aiuto inaspettato.

“Ehi, ciao ragazzi. Avete preso un tavolo molto grande, ragazze perché non vi sedete con noi?”

Le quattro si ritrovano alle spalle la mole di Shingo e sorrisero.

Kumi arrossì appena stringendo le labbra, meno male che lui l'aveva aiutata.

Quando tutti furono seduti, Mamoru tirò una gomitata a Takasugi, sussurrando: “Perché le hai invitate?”

Lui scosse le spalle senza rispondere.

La serata proseguì tranquilla, qualche battuta, le ragazze che cercavano in tutti i modi di attirare l'attenzione di Mamoru e Yuzo, mentre Kumi si rilassava contro l'imbottitura del divanetto: lei aveva fatto tutto, ora spettava alle sue amiche fare... qualunque cosa volessero fare!

Il suo gomito urtò quello di Shingo.

“Oh, scusa.”

Lui scosse la testa. “No, scusa tu, occupo troppo spazio.”

“Ma che dici?”

Si guardarono e sbottarono a ridere insieme, attirandosi l'attenzione generale.

D'un tratto Mamoru scattò in piedi.

“Bene, io andrei. Yuzo?”

“Sì, in effetti...”

Anche Morisaki si alzò subito. Facendo spostare Hajime e Teppei si defilarono. Kumi salutò con la mano, ma Saori le tirò una gomitata.

“Muoviamoci!”

“Cosa?”

Lei non capiva, ma le amiche erano già tutte e tre in piedi e la stavano trascinando via.

“Ma... aspettate... scusate ragazzi!”

Venne letteralmente spinta fuori dalla caffetteria, sotto lo sguardo un po' sbigottito degli altri tre.

Teppei sbottò a ridere.

“Come sono prevedibili!”

Shingo lo fissò.

“Che vuoi dire?”

“Ma dai, non hai capito? Quelle quattro hanno puntato Mamoru, ovviamente, forse anche Yuzo, di certo non noi! E visto che se ne sono andati, sono schizzate via! Sugimoto avrà sentito che volevamo venire qui.”

Shingo incrociò le braccia sul petto perdendosi nei suoi pensieri, non ascoltando più il discorso intrattenuto dagli altri due.


 

Fuori dalla caffetteria, Kumi si liberò della presa ferrea sul suo braccio.

“Ma che vi è preso? Vi ho accontentate e siete state al loro tavolo.”

Riku incrociò le braccia sul petto.

“Sì, ma loro se ne sono andati e non ci hanno calcolto molto, parlottavano tra loro e basta.”

La manager alzò le spalle.

“Beh, non posso obbligarli a parlare con voi.”

“Presto, dobbiamo raggiungerli!”

Saori partì subito seguita a ruota dalle altre due.

“Cosa?!”
“La smetti di dire cosa!”

Riku prese Kumi per un braccio trascinandola di corsa dietro alle altre.

La ragazza cercava di liberarsi, non voleva seguire Morisaki e Izawa, magari facendosi pure beccare!

“Cavolo li abbiamo persi!”

Izumi si guardò intorno sconsolata, ma subito si riprese.

“Dividiamoci! Saori con me, Riku e Kumi di là, forza!”

Trascinata ancora dall'amica, Kumi si ritrovò a correre per una via parallela al parco.

“Ma mi spieghi perché li stiamo seguendo?”

“Per vedere cosa fanno dopo, vogliamo sapere tutto delle loro vite, per essere pronte quando usciremo con loro.”

“Uscire con loro? Cosa ti fa credere che vogliano uscire con voi?”

La ragazza si fermò fissandola come se fosse una ritardata.

“Andiamo, Kumi, è semplice: basta sapere cosa fanno, cosa piace loro, e fare le stesse cose! Così avremo un sacco di fattori in comune!”

L'altra sgranò gli occhi.

“Ma non puoi costruire le cose in comune! O le hai o non le hai!”

“Non dire assurdità...”

Tornò a trascinarla dietro di sé, fino al ponte poco più avanti.

“Caspita! Spero che le altre li abbiamo trovati. Controllo in quei negozi, tu resta qui e guarda la strada.”

Sospirando la manager si appoggiò al parapetto del ponte, finché delle voci conosciute la riscossero.

“Ma non qui...”

“Perché?”

“Come perché? Ma dai, Mamoru!”

“Uno solo...”

Lentamente Kumi si sporse oltre il parapetto, poco sotto appoggiato al pilastro del ponte, notò Morisaki, con Izawa davanti: ma cosa stavano facendo?

Gli occhi della ragazzina si sgranarono all'improvviso, non era possibile, Izawa stava... baciando Morisaki... sulle labbra... a occhi chiusi... un vero bacio!

La bocca si spalancò, ma non uscì nessuno suono. Si riscosse alla voce di Yuzo.

“Ecco, ora sei contento? Basta Mamoru, vuoi che ci veda qualcuno? Ti ho detto che i miei non ci sono, fermati da me e te ne do quanti ne vuoi.”

L'altro inclinò la testa.

“Casa tua è lontana, non potevo aspettare... però ci sto!”

L'altro scosse la testa.

Kumi si voltò di scatto, rossa in viso. No, non poteva aver visto bene: Morisaki e Izawa! Due dei ragazzi più popolari e belli della scuola... erano... omosessuali... oddei!

L'arrivo di Riku la riportò alla realtà.

“Allora? Li hai visti?”

Subito si allarmò.

“Chi?”

“Ma come chi? Sono passati Izawa e Morisaki?”

“No!” Beh, non aveva mentito... non era passati in effetti.

“Che peccato... va beh, si è fatto tardi io vado. Ci vediamo domani.”

“A domani.”

Kumi rimase ferma in quel punto per parecchio, la testa piena di pensieri, il bacio tra quei due ancora impresso nella memoria.

“Incredibile...”

Con questo sussurro si incamminò verso casa.


 

La mattina seguente si svegliò ancora con una strana sensazione addosso, come se avesse visto qualcosa che non doveva vedere, come se avesse interferito con la loro vita senza volere. Scosse la testa, infine le scappò da ridere: le sue amiche poteva far loro la corte quanto volevano, ma non sarebbero mai uscite con Izawa e Morisaki!

Uscì di casa poco dopo e incrociò Shingo.

“Buongiorno, come mai da queste parti?”

Lui arrossì appena. “Passavo di qui...”

Lei inclinò la testa.

“Ma tu non abiti in questo quartiere.”

“Beh... io... d'accordo lo ammetto ti stavo aspettando!”

Il rossore che colpì lei fu improvviso.

“Come... come mai?”

“Senti, l'altra sera mi hai chiesto dei nostri impegni e ieri ti trovo nella caffetteria nuova. Mi hai domando quello perchè volevi stare con Mamoru e Yuzo?”

Lei sbattè le palpebre veloci.

“Beh... sì... scusa se ti ho... usato...”

Lui sbuffò. “D'accordo, ma non farlo più, non mi piace!”

“Scusami davvero...”

“Beh, almeno ti sei divertita? Li hai raggiunti dopo?”

Lei sgranò gli occhi pensando a quello che aveva visto: eh sì, li aveva raggiunti in effetti.

“No, non li ho più visti.”

“Beh, mi spiace per te, comunque li vedrai agli allenamenti, potresti chiedere direttamente a loro di uscire.”

Solo allora capì che Shingo aveva frainteso tutto.

“No, aspetta: non sono io che voglio uscire con loro, ma le mie compagne di classe. Mi hanno usata perché li conosco essendo la manager della squadra. Certo, ammetto che Izawa è un bel ragazzo, ma non fa per me.”

'Decisamente!' Pensò Kumi.

“Davvero?”

“Certo. Mi spiace davvero averti usato.”

“No, non c'è problema, se a te non piacciono loro...”

Lei lo guardò di sottecchi mentre si avvicinavano al cancello della scuola.

“Se a me non piacciono loro?”

“Beh, meglio così!”

“Perché?”

“Beh... perché sì! Mamoru è un farfallone lo sai... e Yuzo... è troppo preso dalla scuola...”

“Capisco. Insomma non mi prenderebbero in considerazione come ragazza.”

“No, aspetta, non ho detto questo. Tu sei una ragazza davvero bella e dolcissima.”

Si bloccarono entrambi, rossi in viso, lei non sapeva più che dire, trattenne il fiato mentre lo guardava, le sfuggi solo un sussurro.

“Davvero?”

“Beh... io... sì... davvero... insomma...”

Lei strinse le labbra e sorrise.

Entrambi sguardo a terra, il cancello della scuola ormai visibile in lontananza, restarono fermi.

La voce di Shingo arrivò un po' bassa.

“Ti andrebbe... sì ecco... ti andrebbe di tornare nella caffetteria? Con me... dopo gli allenamenti?”

Lei sentì ancora più caldo alle guance, le mani strinsero più forte il manico della cartella mentre annuiva.

“Sì, mi andrebbe...”

Si scambiarono solo un fugace sguardo, prima di tornare occhi a terra.

“Bene... allora... ci vediamo agli allentamenti.”

“Agli allenamenti.”

Lui sempre più rosso le voltò le spalle allontanandosi in direzione di Taki e Kisugi che stavano sopraggiungendo, mentre lei con un sorriso allegro si avviò da Saori.

Il cuore le batteva forte, come non accadeva da tanto. Era pronta, pronta a non lasciarsi coinvolgere in altri stupidi inseguimenti, pronta a difendere la privacy dei giocatori, ma soprattutto era pronta a sorridere a una nuova cotta per Shingo Takasugi.


 

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Capitolo 7
*** Vorrei baciarla... ***


Scritta da Guiky80


 


 

Erano passati quattro mesi da quel giorno. Shingo sospirò guardando fuori dalla finestra della sua classe. Quattro mesi in cui era uscito con lei un paio di volte durante la settimana dopo gli allenamenti, qualche volta la domenica, quando il campionato era fermo.

Solo nell'ultimo periodo avevano preso a pranzare insieme nel giardino della scuola, ma non tutti i giorni. La squadra si era accorta di qualcosa, ma i ragazzi erano stati abbastanza discreti, tutti a parte Mamoru, ovviamente.

Il solito pettegolo aveva aggiornato gli altri: Yuzo, Teppei e Hajime, del fatto che lui uscisse con Kumi, pranzasse con lei o l'accompagnasse a casa.

Shingo sospirò, era come bloccato.

Kumi era una bella ragazza, simpatica e allegra, lui si trovava bene in sua compagnia, ma non riusciva ad andare oltre. Avrebbe voluto baciarla... invece si limitava a camminare con lei accanto, e molto raramente a tenerle la mano... forse non più di tre volte.

Arricciò le labbra, era pazzesco! Perfino Tsubasa prima di partire per il Brasile si era dichiarato chiaramente a Nakazawa!

Perché lui non ci riusciva? Certo aveva detto a Kumi di avere un debole per lei, ma non le aveva mai aperto veramente il suo cuore.

Che situazione! Avrebbe voluto chiedere consiglio ai suoi amici, ma i suoi amici era stupidi! E avrebbero finito con il prenderlo in giro invece di aiutarlo.

In pausa pranzo, si sedette al tavolo con gli altri ragazzi, Kumi lo aveva avvertito che sarebbe stata con le sue compagne di classe.

Era arrossita quando lo aveva detto, era dispiaciuta, ma lui le aveva sorriso, si sarebbero visti agli allenamenti, non era grave se per un giorno non pranzavano insieme.

Aveva visto qualcosa passare veloce negli occhi della ragazzina, cosa poteva essere? Forse delusione? Credeva che lui non ci tenesse abbastanza? In realtà lui era dispiaciuto, ma non voleva legare Kumi a sé in quel modo. Doveva essere libera di vedere le sue amiche, se voleva.

Sospirando di nuovo, Shingo si sedette accanto a Morisaki. Subito un sopracciglio di Mamoru saettò verso l'alto.

“Ci degni della tua presenza? La dolce Sugimoto si è stancata di te?”
Taki e Kisugi scoppiarono a ridere, mentre Yuzo gli tirò un calcio sotto al tavolo, borbottando: “Cretino! Shingo, va tutto bene?”

Mentre osservava Mamoru massaggiarsi la gamba e insultare il portiere, Takasugi sorrise all'amico.

“Sì, Yuzo, Sugimoto aveva da fare con le sue amiche.”

“D'accordo... ma va tutto bene? Mi sembri strano.”

Shingo rigirò il cibo nel suo piatto mentre rifletteva, forse con Yuzo poteva parlare.

“Beh, in effetti... potremmo parlare in privato, Morisaki?”

L'altro annuì subito, mentre Teppei si sporse al centro del tavolo.

“Ehi, così non vale! Come in privato!? E noi?”

“Voi niente! Mi prendete sempre in giro e fate gli stupidi, io ho bisogno di un consiglio sensato, quindi chiedo a lui.”

Si alzò lasciando il tavolo, seguito da Yuzo. Hajime incrociò le braccia al petto.

“Secondo voi è successo qualcosa con la manager?”
Mamoru alzò le spalle. “Può essere! Staremo a vedere, se non scopriamo nulla, torchierò Yuzo!”

Gli altri due annuirono, mentre Mamoru già pregustava il momento in cui avrebbe dovuto torturare il suo caro ragazzo per sapere la verità.


 

Poco distante Shingo sospirò per l'ennesima volta, raccontando all'amico le sue perplessità.

“Vedi, stamattina mi sembrava quasi delusa del fatto che io non me la fossi presa per il pranzo mancato di oggi. Ma cosa potevo fare? Non voglio proibirle di stare con le amiche. Oltretutto noi usciamo insieme è vero, io sto bene con lei, ma non ci siamo dichiarati nulla... insomma non posso considerarla la mia ragazza.”

Yuzo fissò il suo cibo in maniera meditabonda, prima di alzare gli occhi e chiedere: “Ma tu vorresti che lei fosse la tua ragazza?”

Il rossore che prese piede sul viso di Shingo fu veloce. “Beh... io... ecco...”

“Mettiamola così: se lei ti considerasse solo un amico, non se la sarebbe presa per il pranzo di oggi. Se invece tiene a te e vede che tu, senza problemi, la lasci andare con le altre... ci resta male... insomma non devi proibirle nulla, ma magari dirle che ti spiace il fatto che non resti con te.”

“Certo che mi dispiace... ma se lei mi proibisse qualcosa che voglio fare, mi arrabbierei.”

Yuzo annuì. “Ti capisco, ma le ragazze non ragionano esattamente come noi. Per oggi potresti solo scusarti. Per il resto però devi capire cosa vuoi. Insomma, esci con lei da parecchio, anche la domenica a volte, l'accompagni a casa, a volte arrivi a scuola con lei, pranzi con lei... Shingo, se ti piace davvero dovresti dirglielo e farla diventare la tua ragazza.”

“Io vorrei... baciarla...”

Il sorriso di Yuzo si fece più evidente: “Allora direi che hai già deciso.”

Shingo incrociò le iridi nocciola e il sorriso tranquillo dell'altro e sorrise a sua volta.

“Grazie, Yuzo! Mi serviva giusto una spintarella.”

“Quando vuoi, amico!”


 

Finiti gli allenamenti, Shingo fu piuttosto lento nello spogliatoio. Entrò in doccia per ultimo, si vestì per ultimo, e come aveva preventivato, sentì il tono scocciato di Mamoru.

“Shingo, ma che diavolo combini oggi? Sei lento!”

Si finse sorpreso: “Scusa, ero sovrappensiero. Andate pure, se riesco vi raggiungo.”

Scuotendo la testa il terzino lasciò lo spogliatoio seguito dalla silver combi. Yuzo fu l'ultimo a chiudere la porta, ma prima rivolse un sorriso all'amico, sussurrando: “In bocca la lupo.”

Shingo sorrise di rimando e finì di prepararsi.

Le manager stavano sistemando il campo. Infine andarono anche loro nello spogliatoio accanto a quello dei ragazzi.

Yukari fu la prima a uscire.

“A domani ragazze, scusate ma torno con Ryo.”

Arrossì leggermente sorridendo e se ne andò. Sanae scosse la testa.

“E pensare che nemmeno volevano uscire insieme, che zucconi!”

Kumi strinse le labbra guardando la prima manager chiudere la gonna dell'uniforme.

“Posso... posso farti una domanda?”
Sanae la guardò appena prima di rispondere. “Certo, dimmi pure.”

“Come fai a capire... insomma... come fai a decidere se un ragazzo... va bene per te?”
L'attenzione di Sanae fu tutta per lei. Per quella ragazzina che per anni era stata la sua croce, sempre intenta a ronzare intorno a Tsubasa. Ricordava ancora le volte che avrebbe voluto strozzarla.

Sbatté le palpebre confusa e mentre stava per dire qualcosa, ebbe come un'illuminazione. Sorrise dolcemente e sussurrò.

“Stiamo parlando di Takasugi?”

Il modo in cui Kumi arrossì abbassando la testa, fece sorridere di più la prima manager.

“Sei uscita spesso con lui ultimamente, o sbaglio?”

L'altra annuì.

“Quindi deduco che ti trovi bene con lui.”

Altro cenno d'assenso.

“Ti ha... preso la mano?”
La gonna dell'uniforme venne stritolata tra le piccole dita di Kumi che strinse le labbra, Sanae mise le mani dietro la schiena dondolando appena avanti e indietro.

“Lo prenderò per un sì. Ti ha baciata?”

Stavolta lo sguardo di Kumi trovò il suo, la bocca sgranata e la testa che negava animatamente.

“No, no, certo che no!”

A Sanae scappò da ridere.

“D'accordo, ma se anche fosse successo non sarebbe grave. A te piace Shingo, giusto?”

“Beh, io... sì... mi piace... ma non so se io gli piaccio fino a quel punto.”

La prima manager rimase in silezio un attimo prima di rispondere.

“Io credo proprio che tu gli piaccia, Kumi, o non sarebbe uscito con te, non ti avrebbe accompagnata a casa, o altro... insomma... non ho un legame stretto con lui, ma lo conosco da molto, non è il tipo che fa le cose tanto per fare. Se esce con te, è perché vuole uscire con te.”

La più piccola si appoggiò al muro alle sue spalle.

“Che dovrei fare?”

“Potresti chiedergli di diventare il tuo ragazzo.”

Sanae la buttò lì, ben sapendo che non l'avrebbe mai fatto. Forse nemmeno lei con Tsubasa sarebbe arrivata a tanto.

“Ma non posso!”

Ecco appunto.

“Sì, forse sarebbe eccessivo, ma potresti spingerlo a parlare. Potresti farlo ingelosire dicendo che un ragazzo si è mostrato carino con te. Oppure potresti dirgli che ti piacerebbe fare una cosa... se lui la fa per te... il gioco è fatto.”

La ragazzina non sembrava troppo convinta, fu allora che Anego prese parola.

“Facciamo così: se non ci sono novità in questi giorni, e lui non cambia comportamento, gli parlerò, cercherò di capire cosa pensa. Oppure potrei chiedere ai ragazzi... che so Morisaki, Izawa...”

“No, ti prego, non coinvolgiamo altra gente!”

“Va bene, va bene. Ora andiamo.”

Uscirono dallo spogliatoio e notarono un ragazzo appostato poco lontano, la sua mole non lasciava dubbi su chi fosse.

Sanae le tirò una gomitata. “Pare che qualcuno ti abbia aspettata. A domani, Kumi, e cerca di star tranquilla. Sono certa che tu gli piaccia, e anche tanto.”

Le fece l'occhiolino e si allontanò salutando allegramente il giocatore.

Prendendo un profondo respiro, la ragazzina si avvicinò, salutando.

“Ciao.”

“Ciao... tutto bene?”

Shingo sembrava nervoso.

“Sì, tutto bene, grazie, e tu?”
“Al solito.”

Kumi inclinò la testa.

“Non sei andato via con i ragazzi?”
“No, ho preferito aspettarti, spero non ti dispiaccia.”

Kumi scosse la testa e si avviarono.

Dopo qualche metro di assoluto silenzio, Shingo prese il coraggio a due mani.

“Senti, dovrei dirti una cosa.”

La ragazza tremò da capo a piedi, quel tono serio, fin troppo serio, non lasciava dubbi, Sanae si era sbagliata, Shingo era sul punto di dirle che non sarebbero più usciti insieme.

“Quando mi hai detto del pranzo con le tue amiche io ho sorriso e credo tu abbia mal interpretato quel gesto.”

Confusa lei lo fissò, Shingo era piuttosto arrossito, e faceva fatica a sostenere il suo sguardo.

“Vedi, io vorrei sempre pranzare con te, uscire con te eccetera, ma non voglio proibirti le cose. Se tu vuoi stare con le tue amiche per me va bene. Non è un problema. Certo avrei preferito restare io con te, ma insomma... spero tu abbia capito.”

Il sorriso di Kumi fece capolino.

“Sì, ho capito... grazie.”

“Volevo dirti anche un'altra cosa... tu... io... ecco...”

Prese un profondo respiro e sussurrò.

“Tu mi piaci, tanto, vorrei uscire con te sempre... ma vorrei che tu... insomma... vorrei che tu fossi la mia ragazza.”

Un rossore improvviso invase il viso di Kumi, un caldo pazzesco si impossessò di lei, mentre cercava di rallentare i battiti del suo cuore. La sua ragazza! Voleva davvero che lei diventasse la sua ragazza? Avrebbe avuto anche lei un ragazzo, e non uno qualunque... uno dei ragazzi migliori che conoscesse.

Si accorse che Shingo era ancora in attesa, e sbattè le palpebre veloci per svegliarsi dal turbinio di pensieri che l'aveva invasa.

“Io... mi piacerebbe... io però... non so come si sta con un ragazzo, non l'ho mai avuto.”

Abbassò il viso quasi vergognandosi, mentre lui sorrideva sempre di più: gli aveva detto sì, solo questo contava per lui.

“Posso essere onesto? Nemmeno io ho mai avuto una ragazza. Potremmo imparare insieme. Potremmo cominciare col venire a scuola e tornare insieme tutti i giorni.”

“Sì, potremmo...”

Lui le sfiorò la mano con la sua, decisamente più grande e trattenne il fiato mentre sussurrava.

“Potremmo tenerci per mano... camminare vicini.”

“Potremmo...”

Si guardarono un attimo prima di tornare a fissare la strada, sempre più rossi in viso.

Shingo prese coraggio e proseguì: “Potremmo anche... sai insomma... non subito se non vuoi ma... potremmo...”

Kumi non lo fece finire, strinse gli occhi fortissimo, si sollevò sulle punte e posò le labbra su quelle del ragazzo che sgranò gli occhi.

Fu tutto veloce, durò un attimo, ma per Kumi fu come se fosse durato ore.

Shingo rimase folgorato, prima di sorridere e schiarirsi la voce.

“Sì, ecco... potremmo fare anche questo...”

Lei sbuffò un sorriso seguita da lui.

I loro occhi si legarono per un attimo prima di sbottare entrambi a ridere.

Shingo sospirò rilassato.

“Dovremo imparare un po' di cose, ma siamo sulla giusta strada direi: non trovi?”

Lei annuì sorridendo felice, mentre si avviavano verso casa, verso la loro nuova storia.

Fuori casa Sugimoto, Shingo la fissò.

“A domani. Senti che ne diresti se dopo gli allenamenti andassimo nella caffetteria? Quella che le tue amiche usarono per accalappiare Yuzo e Mamoru? Torniamo solo noi, ci siamo stati solo una volta dopo... voglio tornare lì con te come mia ragazza. Voglio fare le cose per bene.”

Lei annuì sorridendo ancora.

“Fai già le cose fatte bene, non temere, ma verrò con te alla caffetteria, a patto che tu mi tenga la mano.”

Lui le sfiorò la guancia con un bacio sussurrando.

“Non la lascerò mai più.”


 

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Capitolo 8
*** Pensieri nascosti ***


Scritta da Guiky80
 
 
 
Lo sguardo percorre la figura in biancheria intima riflessa nello specchio, osservo attentamente le curve che iniziano a rivelare una femminilità che presto o tardi sboccerà. Il sospiro che rilascio è lungo come i miei capelli ramati lasciati sciolti sulle spalle, gli occhi castani sono spalancati e tristi… gli stessi occhi che tanto piacciono al ragazzo del secondo anno, da quanto ho saputo.
La domanda è sempre la stessa: perché?
Perché una ragazza che tutti definiscono: carina, gentile, intelligente, a modo, in realtà non piace alla sola persona che davvero le interessa? Perché?
Calcio, sempre e solo calcio.
Jun sa parlare solo di quello, sa tutto quello che riguarda quello sport e tutto quello che fa parte di quel mondo. Lui e la sua sfida con Tsubasa, ritenuto l’unico e degno rivale, lui e la sua sfida, ancora più grande, contro la salute e il suo cuore fragile, lo stesso che io saprei custodire, curare e amare: tenere al sicuro.
Ma lui non vuole questo da me, a lui serve la manager attenta, l’amica fidata, la compagnia di scuola che gli passa gli appunti, qualcuno che gli racconti come vanno gli allenamenti e come procede il campionato, che tenga il conto dei risultati delle partite e dei punti fatti, come e da chi.
A lui serve solo questo. Che sia io o un suo compagno di squadra, poco importa, anzi diciamo pure che non importa.
Lui non vuole il mio amore, non gli interessa. Non so che fare.
Continuo a guardare questo corpo che mi piace a giorni alterni, sposto gli occhi sull’armadio che ho lasciato aperto poco fa, dovrei vestirmi, scegliere un abito e andare a trovare Jun in ospedale, non serve concentrarsi molto, del resto… a lui non importa.
Per la prima volta da quando conosco Misugi, non ho voglia di andare da lui, non voglio vederlo, non voglio parlare con lui di scuola o di calcio, soprattutto di calcio.
Ho solo voglia di mettere quell’abito blu nuovo e uscire per incontrare qualcuno a cui davvero interessa sapere chi sono, come sono, solo io e basta.
Solo Yayoi Aoba.
Mi lascio cadere seduta sul letto con le mani abbandonate in mezzo alle ginocchia, in una posizione poco composta, ma non mi interessa, sono stanca di essere la brava ragazza che deve correre dal ragazzo più bello della scuola appena schiocca le dita.
Passano pochi minuti, lo sguardo torna allo specchio, le mani passano tra i capelli, li tirano indietro e li sistemano come sempre: ordinati.
Mi alzo e prendo una gonna e una maglia non penso a nulla mentre scelgo, non serve, so che Jun non lo noterà, mi vesto e poco dopo sono la stessa Yayoi, la stessa ragazza educata di sempre. Torno a essere la manager, l’amica, la compagna di scuola, la persona che gli parla degli allenamenti e di calcio e questo farò, andrò da lui, mi siederò sulla sedia e resterò lì ad attendere, aspetterò che lui si senta bene, che torni a giocare, che si accorga che accanto a lui c’è qualcuno che lo ama davvero, spero si accorga di me.
Non so se accadrà mai.
Sospiro e chiudendo gli occhi, mi allontano dallo specchio, da quell’immagine riflessa, triste, perché mi sento così e per la prima volta il pensiero di Jun non mi dà gioia.
Ma so che appena lo vedrò le cose torneranno al loro posto, il mio cuore batterà per lui. Forte, sempre più forte, batterà aiutando il suo malandato perché posso essere triste, ma sarò sempre innamorata del mio Capitano.

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Capitolo 9
*** Il cucciolo della tigre ***


Scritta da Guiky80


Il Meiwa.

Ce l’ho fatta, giocherò nel Meiwa.

Non sto più nella pelle, ma sono anche preoccupato, sono più piccolo degli altri giocatori, so che è una squadra forte, so che vincono spesso e che hanno un gioco duro, impostato sulla prestanza fisica più che sulla tecnica.

Questa è l’unica pecca secondo me, soprattutto perché io a livello fisico non posso competere con loro, ma in quanto a tecnica credo di avere delle buone possibilità.

Respiro forte e mi avvio al campo della scuola, sono sempre più teso, so che sarò guardato male per due motivi: il primo appunto è che sono piccolo, il secondo è che verrò presentato dal Capitano.

Sicuramente mi darà appoggio e protezione se servisse, ma tutti gli altri mi guarderanno come se fossi un raccomandato, se entrerò nella rosa toglierò il posto a qualcuno che gioca con gli altri da anni, decisamente sarà un ingresso in squadra particolare.

 

Da lontano vedo il Capitano, è seduto a terra da solo, lontano dal resto della squadra, che invece ride di chissà cosa accanto alla panchina.

L’arrivo del mister zittisce tutti, si inchinano e iniziano la corsa, sono coordinati nei movimenti; solo Hyuga resta in disparte, solleva gli occhi incrociando quelli dell’allenatore, che alza le spalle sedendosi in panchina. 

Alzandosi in piedi il ragazzo mi vede e mi fa cenno di avvicinarmi, salutandolo ci avviamo dal mister, mi stava aspettando è ovvio, le sue domande sono mirate e precise, rispondo a tutto con voce bassa, vorrei quasi sparire, perché ora anche gli altri stanno guardando nella nostra direzione..

Veniamo fatti unire alla squadra, che sta ancora correndo, subito sento dei bisbigli, ma Hyuga mi tira una gomitata: “Non ascoltarli, non appena vedranno quello che sai fare si ricrederanno.”

Annuisco, ma non sono molto convinto, arrivare in una squadra già unita e forte… o sei davvero un fenomeno, oppure vieni schiacciato.

Onestamente non credo di essere un fenomeno, sono bravo certo, ma non sono così convinto ora che vedo i ragazzi dietro di me e sento la loro aura negativa.

Il mister ordina una partita di allenamento, io vengo affiancato al Capitano, respiro a fondo e decido di buttarmi, cercherò di essere preciso e veloce, mi gioco il tutto per tutto.

Veder giocare Hyuga ed essere al suo fianco, sono due cose completamente diverse.

Da fuori campo vedi la sua velocità, la sua forza, la sua faccia scontrosa, essere accanto a lui vuol dire vedere e sentire tutte queste emozioni amplificate.

Il suo corpo sprigiona forza, irruenza, non si ferma davanti a nulla che sia ostacolo o un compagno di squadra per lui non fa differenza, atterrà chiunque sempre, al limite del regolamento.

Capisco quasi subito e per istinto che l’unica cosa da fare è tenere il suo passo ed essere sempre pronto a restituire i palloni a lui, solo a lui. Anche se ho campo libero davanti, non avanzo mai tanto palla al piede, preferisco passarla, in questo modo sono certo che lui ne terrà il possesso e segnerà.

Non ho mai giocato così, ho sempre cercato di essere strategico, ma la sua forza di spirito travolge tutto e ti obbliga quasi ad agire in questo modo.

Il primo gol lo sigla il Capitano, su un mio assist, lui si volta verso di me annuendo e torna a centro campo, io guardo a terra, non oso incontrare lo sguardo degli altri, so di aver fatto bene, ma proprio per questo ho paura.

Torno al mio posto e l’azione riprende, stavolta vengo scavalcato da un ragazzotto che mi tira una gomitata non necessaria, mi massaggio lo sterno mentre mi rialzo, vedo il Capitano che è già partito all’inseguimento, non ha guardato nella mia direzione per sincerarsi che stessi bene o per rimproverarmi, sta solo andando a recuperare il pallone, cosa che fa dopo tre passi netti.

Riparte e solo allora guarda nella mia direzione, lo sguardo duro che mi rivolge, mi gela sul posto solo un attimo, prima di capire che è meglio andargli dietro subito. In quest’azione non gli servo, fa tutto da solo e segna.

Il mister ferma il gioco, dà qualche consiglio agli altri ragazzi, col Capitano non parla mai, infine si rivolge a me e mi fa cenno di avvicinarmi alla panchina.

Mi aspetto una qualche sgridata per essermi fatto soffiare la palla, invece lui parla del Meiwa in generale, mi spiega i loro schemi, tutti incentrati sul far segnare Hyuga, poi mi parla proprio di lui.

“Sai è un elemento particolare, crea sempre problemi col suo carattere, io non ho particolari problemi con lui, lo alleno da tanto anche al di fuori della squadra. I ragazzi lo rispettano e so che ha molte aspettative su di te, non temere ti accetteranno tutti, ma tu devi metterci del tuo. Sei un bravo giocatore, proprio come avevo immaginato.”

Mi batte una mano sulla spalla e richiama la squadra per altri esercizi, prima di bere dalla bottiglia al suo fianco, so anche questo, che l’allenatore non è sempre esattamente sobrio, ma è un buon mister per il Meiwa.

 

Qualche ora dopo negli spogliatoi vengo spintonato dallo stesso ragazzotto che mi era venuto addosso in campo: “scusa, sei talmente mingherlino che non ti avevo visto!”

Ridacchia con gli altri e si allontana, decido di non ribattere, ma un altro ragazzo di cui non conosco il nome interviene dall’altro lato della stanza.

“Piantala di fare lo stronzo, il ragazzino se la cava bene, soprattutto tiene il passo del Capitano e non è da tutti.”

L’altro subito si altera: “piantala tu Sorimachi, cosa sei la sua balia?”

Alcuni ridono ancora, altri hanno annuito alle parole di chi è intervenuto in mia difesa, la voce di Hyuga riduce tutti al silenzio.

“Ho voluto io Takeshi in squadra, una volta che si sarà ambientato darà del filo da torcere a tutti, conviene che vi impegnate, sicuramente lui soffierà il posto da titolare a qualcuno di voi già dalla prossima partita. Se scopro che qualcuno gli sta dando fastidio saranno dolori, sono stato chiaro?”

“Sì, Capitano.”

La risposta è unanime e alta, tremo quasi dal tanto che le voci sono state coordinate. Il ragazzotto che mi ha dato noia, non mi guarda e si infila in doccia, al mio fianco compare il mio difensore che mi batte una mano sulla spalla. 

“Stai tranquillo, andrà tutto bene. Io sono Kazuki Sorimachi.”

“Piacere, Takeshi Sawada.”

Mi sorride e si avvia a lavarsi, noto che il Capitano torna fuori ancora con la divisa, sbircio dalla porta e vedo che torna in campo con un cesto di palloni, lo seguo e assisto più volte al famoso tiro della tigre, quello che non perdona, quello potente che sarà devastante quando sarà perfezionato, o quanto chi lo effettua diventerà più forte e più grande.

Sorrido, alla fine credo andrà tutto bene.


Sono passati anni, il Meiwa è un lontano ricordo, al Toho sono titolare dal primo anno, come Sorimachi e il Capitano, anche Wakashimazu si è unito alla squadra, siamo forti, gli unici che riescono a tenerci testa sono quelli della Nankatsu, i nostri nemici giurati, il primo campionato è finito in parità, quest’anno vedremo cosa accadrà, siamo solo alle prime partite.

Sospiro facendo vagare lo sguardo per lo spogliatoio, l’allenamento è stato massacrante, ma soddisfacente, la panchina trema per la poca grazia con cui qualcuno l’ha occupata. Sorrido alle parole del mio amico.

“Sono distrutto! Come cavolo fai a correre per tutto il tempo dietro a Hyuga? Io stramazzerei al suolo!”

“Andiamo, non essere melodrammatico. Corri anche tu tutto il tempo.”

“Un conto è correre, un conto è correre accanto a lui, è una furia, guarda che ho provato a prendere il tuo posto quando avevi la distorsione, mi sono reso conto allora di quanto realmente fai per la squadra e per le sue azioni.”

Arrossisco tirandogli una spallata: “scemo.”

Imbarazzato raggiungo la doccia, quella accanto viene prontamente occupata.

“Dico davvero Takeshi, dovresti avere più fiducia in te stesso.”

Alzo gli occhi, lui sorride appoggiato alla parete divisoria, dividiamo anche la camera al dormitorio, anche se non abbiamo la stessa età, ci siamo già visti nudi, tuttavia vedere quegli occhi che mi scrutano in questo momento mi manda fuori di testa.

Mi getto sotto l’acqua,, lo sento sghignazzare e finalmente qualcuno lo distrae dall’altro lato.

 

In camera mi butto sul letto, alla fine sono stanco anch’io, Kazuki non accenna a tornare, ho sentito che uno dei ragazzi gli ha chiesto un aiuto con chimica, decido di alzarmi e sedermi sul davanzale della finestra, fuori imperversa un temporale scoppiato all’improvviso appena finiti gli allenamenti. 

Adoro questo tempo, sono talmente assorto a seguire il percorso di un fulmine che non sento la porta aprirsi e il mio amico arrivare alle mie spalle, il mio urlo poco virile lo fa ridere.

“Sei pazzo a toccarmi così? Mi hai fatto prendere un colpo!”

“Così come? Ti ho solo sfiorato la spalla, non mi hai sentito arrivare?”

“Evidentemente no.”

Continuando a ridacchiare scruta anche lui oltre il vetro.

“Che tempo di merda! Ah no, giusto, a te piace vero?”

“Sì, soprattutto perché siamo all’asciutto.”

Il silenzio cala su di noi, ma non è teso, siamo tranquilli, finché lui decide di porvi fine.

“Takeshi.” Il modo in cui sussurra il mio nome è strano, volto il viso e trovo il suo molto vicino, molto più di prima. Deglutisco cercando di tirarmi indietro, ma sono con la schiena contro il muro della nicchia della finestra.

“Co-cosa c’è?”

Lui accenna un sorriso, ma sembra nervoso. “Vorrei fare una cosa, ma credo che tu non voglia.”

Spalanco gli occhi, ho paura di aver capito e se davvero fosse così, ha ragione: non vorrei.

“Allora non farla.”

“Ma voglio.”

Si avvicina ancora, deglutisco vistosamente nel momento in cui le sue labbra sfiorano le mie, non si stacca come avevo presupposto, ma insiste e alla fine cedo, lentamente schiudo le mie e la sua lingua scivola contro la mia. Sussulto, ma lui non molla, quasi sapesse che se si staccasse non potrebbe ricominciare. 

Non riesco a fermarlo, non so cosa fare, infine alzo una mano sfioro il suo petto e spingo.

Si allontana, evidentemente si aspettava questa reazione.

“Scusa io…”

“Lo so, non temere. So che non volevi, ma non ho resistito.”

Si allontana sedendosi sul letto, restiamo in silenzio, ora però non siamo più rilassati come prima.

“Takeshi, non farò più nulla, non ti devi preoccupare. Volevo solo che tu sapessi quello che provo. Mi piaci, ma questo lo sai, lo hai capito. So anche che tu non provi lo stesso per me. So per chi batte il tuo cuore e so che lui non ti corrisponde.”

Stringo i pugni: sono tutte cose vere che io so perfettamente, ma dette da lui non mi piacciono!

“Sai proprio tutto vero?”
“Sai che ho ragione, Takeshi. Sai che lui ti considera un fratellino, o non andrebbe a letto con-”

“Taci! Non sai un bel niente! Mi dispiace io non provo per te la stessa cosa, e cosa provo e per chi, non sono affari tuoi.”

Mi chiudo in bagno per calmarmi, mi guardo allo specchio: ha ragione, so che ha ragione, ma non posso farci nulla.

Li ho visti: Hyuga e Wakashimazu nelle docce degli spogliatoi, quando credevano non ci fosse nessuno, ho visto il capitano possederlo, sono rimasto sconvolto, me ne sono andato, e due giorni dopo ho sentito per caso il Capitano dire di non aver tempo per una storia d’amore, solo per il sesso se fosse capitato.

Quindi tra loro c’era solo sesso?

Mi sono domandato se avrei mai potuto prendere il posto di Ken. No, sapevo di non poterlo fare, mi sarei distrutto.

 

Infilandomi a letto, ringrazio il cielo: Kazuki è sotto le coperte voltato dall’altra parte, sospiro prima di sentire la sua voce.

“So che quello che provi ti sembra impossibile da cancellare, ma ti posso garantire che potresti essere molto più felice con me o con un altro, senza stare ad aspettare lui.”

Non rispondo, fisso il soffitto inerme.

“Pensaci. Io sono qui.”

Chiudo finalmente gli occhi, sono un adolescente, devo pensare alla scuola e al calcio, non ho tempo per altro ora, tuttavia il Capitano resterà sempre il primo amore.

Stringo le labbra: Kazuki eh… chissà.





 

Angolino dell’autrice: alle volte ritornano! 

Dedico la shottina alla mia betuccia nonché mezza mela bacata, sperando che presto possa tornare a deliziarci!

Anche ‘Adolescenza’ merita una spolveratina… chissà se riusciremo a spolverarla di più!

ahahahah Grazie a tutti.

 

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Capitolo 10
*** Il pugile ***


Scritto da Guiky80



 

Colpisco il sacco con un gancio destro, saltello e ripeto, torno a saltellare, sono sudato, ma l’adrenalina scorre nelle mie vene a più non posso: che palle!

Scarico l’ennesimo pugno e mi fermo, respiro forte mentre l’allenatore mi dice che per oggi può bastare, in realtà non vorrei fermarmi, anzi vorrei proseguire, ho ancora troppa rabbia da scaricare, la verità è che vorrei avere davanti una persona invece di un sacco da allenamento.

Scuoto la testa e mi avvio verso gli spogliatoi, tra qualche giorno avrò un incontro e non posso permettermi di farmi male. Sotto la doccia sento i muscoli sciogliersi, la testa ricade in avanti e lascio che l’acqua mi colpisca alla nuca, i miei compagni parlano e fanno battute sconce su una ragazza di cui non ho capito il nome, tanto so che non parlano di lei, nessuno fa mai battute su di lei, per due motivi: è una brava ragazza, non ci sono mai stati pettegolezzi, ma il motivo principale è che tutti sanno di rischiare la vita con me, nessuno la nomina e resta illeso.

Sanae Nakazawa, la manager del club di calcio, la ragazza simpatica e intelligente che io aveva intravisto nei corridoi, prima di scoprire che era in classe con un mio compagno di boxe, prima di sapere praticamente tutto di lei, anche della sua cotta per il grande Tsubasa Ozora.

Ho sempre saputo che il club di calcio era famoso, ma non me ne ero mai interessato, ovviamente appena appresa la notizia che ne faceva parte anche lei, mi sono precipitato a vedere e carpire informazioni. Non sono esperto, non ne capisco molto, ma so che la squadra è forte, ed è forte soprattutto per lui: il capitano.

Il fenomeno arrivato da chissà dove che ha portato la squadra di imbecilli guidata da Ishizaki a poter disputare una bella partita con la Shutetsu, lo stesso che ha poi preso il comando dell’attuale Nankatsu. 

So che è forte nel suo ruolo, che la squadra lo segue, anche le manager pendono dalle sue labbra, tutte, inclusa Sanae.

L’ho vista, certo è una ragazza indipendente, si vede che sa il fatto suo e mi piace anche per questo, ma quando Ozora è nei dintorni diventa anche lei un agnellino e questa cosa mi dà alla testa.

Vederla che lo aspetta, gli passa l’asciugamano, gli prepara i panini… come può una ragazza ridursi così per uno come lui? Uno smidollato! L’ho visto al di fuori del campo, sarà bravo a giocare, ma per il resto è un totale inetto.

Io sono un uomo vero, uno che sa far andare le mani quando occorre, ma anche uno interessante, simpatico, carismatico, con me dovrebbe essere così servizievole.

Dovrebbe diventare la nostra manager, allora la sua vita sarebbe decisamente migliore.

Sono giorni e anche notti che penso a lei, mi piace davvero, è bella, simpatica, intelligente… questo l’ho già detto lo so, ma è vero!

L’altro giorno nei corridoi ho sentito parlare del fatto che Ozora andrà in Brasile per perfezionarsi nel calcio: mi sembra un po’ esagerato.

Va bene è bravo, ma addirittura andare dall’altra parte del mondo per inseguire una palla su un prato! Ma andiamo!

Ho mandato qualcuno in avanscoperta e ho capito che è tutto vero: vuole partire dopo il campionato, non finirà nemmeno le scuole qui, sta prendendo lezioni private per potersi adattare alla vita in Brasile, sta organizzando tutta la sua vita dimenticando quella ragazza bellissima, simpatica e intelligente che gli sta sempre intorno.

Ovviamente lei resterà qui e a lui non importa! Fortuna che resto io con lei, sarò al suo fianco e la farò diventare la mia ragazza, sarà felice perché io sarò qui e non dall'altra parte del mondo.

Perché mai non dovrebbe scegliere me?



 

Incredibile: non ha scelto me!

Non l’avrei mai detto. Ero sicuro che, una volta capito che poteva stare con me, Nakazawa avrebbe dato un bel due di picche al caso Capitano e tanti cari saluti a lui e al Brasile, invece la ragazza ha alzato la testa, con sguardo fiero e combattivo mi ha detto che non le importa se partirà, non le importa se lui pensa solo al calcio, non le importano i miei sentimenti.

Lei vuole restare fedele a Ozora.

Proprio mentre parlavo con lei, cercando di convincerla di quanto stupida fosse quest’idea,  raccontandole che il suo caro Capitano non si fosse fatto vedere nonostante la sfida che gli avevo lanciato, ecco che arriva, lui: Tsubasa Ozora!

Ero certo non si sarebbe fatto vedere, ero convinto che avrebbe lasciato che le cose andassero per il loro corso. Del resto Sanae pende dalle sue labbra, perché avrebbe dovuto scomodarsi, rischiando anche il posto in squadra, per una scazzottata con me?

Invece è arrivato. Proprio non sa menare con le mani, lo hanno salvato i piedi infatti.

Quando ho capito che non sarei riuscito a far cambiare idea alla manager, me ne sono andato, non mi sono arreso ovviamente, ma li ho lasciati soli, tanto prima o poi lui partirà e allora lei sarà mia, solo mia. Nessuna ragazza resta fedele in un frangente del genere, alla nostra età.

 

Cammino spedito, i lividi che mi ritrovo addosso quasi non li avverto, alla fine sono abituato essendo un pugile; svolto l’angolo e la squadra della Nankatsu al completo è schierata davanti a me, sorrido, nessuno mi ferma, solo la voce di Ishizaki si alza dal gruppo.

“Kanda, abbiamo lasciato che ti affrontasse Tsubasa oggi, ma quando lui partirà, Sanea non resterà sola, avrà tutta la Nankatsu al suo fianco, di questo non dubitare, gira al largo e andrà tutto bene.”

“Cosa fai mi minacci, Ishizaki?”

“No, ti dico le cose come stanno.”

Li guardo tutti uniti, tutti pronti a difendere la ragazza del loro Capitano.

“Perché non resta Ozora qui a difenderla, invece di scaricare il lavoro a voi e andare a palleggiare in spiaggia?"

Izawa fa un passo avanti: non l’ho mai sopportato!

“Non sono affari che ti riguardano i piani di Tsubasa. Devi solo fare come ti è stato detto.”

Sbuffo un sorriso: illusi, nessuno mi fermerà quando Ozora non ci sarà più. Nessuna mi resiste, figuriamoci una ragazza triste per la partenza del fidanzato.

Certo all’inizio gli resterà fedele e devota, ma è una ragazza appunto, arriverà il momento in cui vorrà qualcuno al suo fianco, da abbracciare, baciare, tenere per mano, anche solo per fare tutte quelle cose sceme da femmine, sarà allora che io spunterò fuori, sarò pronto a cogliere la mia occasione, che Ozora si goda il sole, io mi godrò ben altro.

 

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