Family Values

di Bloodred Ridin Hood
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nightmare (Jin) ***
Capitolo 2: *** Save the Planet (Jun) ***
Capitolo 3: *** Books and a Ladder (Jin) ***
Capitolo 4: *** Family Issues (Lars) ***
Capitolo 5: *** Gossip Game pt.1 (Jin) ***
Capitolo 6: *** Gossip Game pt.2 (Jin) ***
Capitolo 7: *** Uncomfortable Talks (Jun) ***
Capitolo 8: *** Living Room Fights and Strawberry Milkshake (Lars) ***
Capitolo 9: *** Roller Coaster and Screaming Monkeys (Jin) ***
Capitolo 10: *** Post Apocalyptic Ninja Battles (Lars) ***
Capitolo 11: *** Meet the Number One Student (Jin) ***
Capitolo 12: *** Guess Who's Back (Jun) ***
Capitolo 13: *** Rendez-vous at the Flaming Dragon (Jin) ***
Capitolo 14: *** The (not-so) Great Escape (Jin) ***
Capitolo 15: *** Troubled Adolescence (Jun) ***
Capitolo 16: *** School of Shattered Dreams (Jin) ***
Capitolo 17: *** Borderline Criminal Behaviour (Lars) ***
Capitolo 18: *** Mean Girls (Asuka) ***
Capitolo 19: *** How (and how not) to Open a Door (Jin) ***
Capitolo 20: *** Melting Ice and Melting Hearts (Lars) ***
Capitolo 21: *** Onions (Asuka) ***
Capitolo 22: *** Math Disaster (Jin) ***
Capitolo 23: *** Förtroende (Lars) ***
Capitolo 24: *** Family Madness (Jin) ***
Capitolo 25: *** Dancing Queens (Asuka) ***
Capitolo 26: *** Nerd Parties Can Be Fun (Jin) ***
Capitolo 27: *** Sabotage (Asuka) ***
Capitolo 28: *** What the Hell is a Fanfiction Anyway (Jin) ***
Capitolo 29: *** It Could Be Worse (Jun) ***
Capitolo 30: *** Vodka Tears (Lars) ***
Capitolo 31: *** Metamorphosis (Jin) ***
Capitolo 32: *** Just Like in Fiction (Asuka) ***
Capitolo 33: *** Some Really Shitty Idea (Jin) ***
Capitolo 34: *** Let Me Treat You, Sweetheart (Jin) ***
Capitolo 35: *** The Man in Purple (Lars) ***
Capitolo 36: *** How She Met His Father (Jun) ***
Capitolo 37: *** Family Demons (Jin) ***
Capitolo 38: *** And This is Why You Should Always Call Before You Show Up to People’s Houses (Lars) ***
Capitolo 39: *** Cursed Superhero (Jin) ***
Capitolo 40: *** Guilty Memories (Lars) ***
Capitolo 41: *** Tea Parties Can Be Fun Too (Asuka) ***
Capitolo 42: *** Under Fake Stars (Jun) ***
Capitolo 43: *** The Spoiled-Rich-Kid Curse (Jin) ***
Capitolo 44: *** Different Kinds of Friendship (Jin) ***
Capitolo 45: *** Girl Talk (Asuka) ***
Capitolo 46: *** Flying With You (Lars) ***
Capitolo 47: *** Sometimes You Need to Close a Door Behind to Start Healing Your Life (Jin) ***
Capitolo 48: *** Disastrously Ever After ***



Capitolo 1
*** Nightmare (Jin) ***


NOTE, ISTRUZIONI, AVVERTENZE E CHIACCHIERE VARIE:

- Questa storia è un’AU a contesto realistico, non esiste il Devil, non esiste Ogre, così come tutti gli altri elementi sovrannaturali di Tekken (o almeno non esistono sotto la stessa forma).

- Kazuya e Jun sono entrambi vivi e vegeti, vivono nella stessa casa assieme al loro figlio Jin e non solo. I rapporti di famiglia non sono ottimali, ma non così disastrosi come nel gioco. (L’idea mi è venuta dopo aver visto il finale di Lars di TT2, se non lo conoscete guardatelo qui. Ho trovato l’idea di una famiglia Mishima in un contesto semi-normale carina e divertente che ho pensato di scriverci una storia.)

- Oltre agli elementi della trama dei videogiochi, ho inserito delle cose relative al film Tekken Blood Vengeance. Perché così mi andava.

- La storia è narrata con un punto di vista interno alternato, ogni capitolo avrà il suo personaggio narratore.

- Per quanto riguarda le AU, credo sia più facile finire per sbaglio qualche volta nell’OOC. Dato che i personaggi vivono realtà diverse, diverse saranno anche le loro azioni. Per quanto abbia cercato di mantenere i caratteri dei personaggi più fedeli a quella che per me è la loro personalità, spero mi perdoniate se qualche volta potrei aver varcato i sacri confini dell’IC. In ogni caso, ho segnato l’avvertimento OOC per sicurezza.

- È la prima volta che provo a scrivere un’AU e onestamente non so che cosa possa esserne venuto fuori. È un esperimento che a dirla tutta inizialmente non pensavo neanche di voler pubblicare. È una storia leggera, poco impegnata, consapevolmente trash e improbabile. Vi prego non siate cattivi! <3

Detto questo, buona lettura!

















 
FAMILY VALUES

1
Nightmare 

(Jin)

 

Mi sveglio di soprassalto con la fronte madida di sudore e il cuore che mi martella contro il petto. Non ho idea di che ore siano, ma la mia stanza è completamente buia e, a giudicare dall’insolita calma e assoluta assenza di rumore, deve essere ancora piuttosto presto. Cerco a tentoni l’interruttore della lampada sul mio comodino e accendo la luce. La mia sveglia digitale si è rotta l’ultima volta che ho litigato con mia cugina e sono costretto a leggere l’orario dal mio orologio da polso: le quattro e mezza in punto.
Ottimo, per lo meno ho ancora un po’ di tempo per cercare di rilassarmi prima di dovermi alzare e affrontare quella che sarà l’ennesima giornata di merda.
Affondo di nuovo sul cuscino e guardo il cerchio di luce gialla che la lampada disegna sul soffitto. Ho ancora le immagini di quell’incubo vivide nella mente.
Vivevo in una casa in una foresta, da solo con mia madre, e stavamo così bene in quella pace. Poi all’improvviso arrivava un terribile mostro alato, attaccava mia madre e la uccideva davanti a me. Io allora perdevo i sensi e al mio risveglio, sapevo di dover andare a Tokyo a cercare mio nonno Heihachi. Parlavo con lui, gli chiedevo di insegnarmi a combattere per poter sconfiggere il mostro alato e vendicare la mia adorata madre. Heihachi accettava di aiutarmi e in un primo momento si dimostrava affidabile, più avanti però mi si rivoltava contro e mi sparava un colpo in testa. La ragione era che avevo ereditato lo stesso gene demoniaco di mio padre, che aveva ucciso prima della mia nascita. Dopo essere stato sparato, cadevo a terra, ma invece di morire, iniziavo a sentire il sangue ribollirmi nelle vene, il mio corpo iniziava a trasformarsi, un’insana rabbia e voglia di uccidere mi travolgeva. Ero un mostro, un furioso incontrollabile mostro. Non riuscivo a controllarmi, mi osservavo disseminare morte e distruzione ovunque. A quel punto ho iniziato ad avere una paura agghiacciante e mi sono svegliato col cuore in gola.
Cosa cazzo ho mangiato ieri notte?!
Dovrò iniziare a pensare di farmi vedere da uno strizzacervelli?
Cosa sta cercando di comunicarmi il mio inconscio?
Per quanto i rapporti nella mia famiglia siano piuttosto singolari, non raggiungiamo di certo questi livelli. Per quanto sono assolutamente certo che mio nonno mi detesti, dubito che arriverebbe a spararmi un colpo in testa, o almeno spero. E per quanto mio padre sia stronzo, dubito che sia un essere demoniaco.
E soprattutto, di certo non lo sono io.
Riesco a riassopirmi e riprendo a fare strani sogni confusi, disturbanti e poco sensati, finchè, dopo quelli che mi sembrano cinque minuti, uno scoppio assordante mi fa saltare sul letto.
Spalanco gli occhi e mi guardo intorno, cercando di capire.
Quella peste di mia cugina Asuka è letteralmente piegata in due dalle risate con una padella e un cucchiaio nelle mani.
Asuka Kazama, età biologica quindici anni, età cerebrale quattro e mezzo. Seriamente, quanto può essere sciocca questa ragazzina?
“Asuka, sei una cretina.” borbotto scalciando le coperte e preparandomi ad acchiapparla.
Questa volta non la passerà liscia. Eh no, questa volta quella piccola stupida me la paga.
La sua stupidità è direttamente proporzionale alla sua capacità di farla sempre franca e, come se non bastasse, di conquistare sempre la ragione e l’approvazione di mia madre.
Questo è un altro dei motivi per cui Asuka è un’altra di quelle persone che rendono la mia vita in questa casa così tremendamente difficile.
“Questo è per avermi chiuso l’acqua calda mentre facevo la doccia ieri.” mi fa sapere con un ghigno sadico stampato in faccia.
Sì, d’accordo, non è stata la cosa più corretta del mondo, ma non l’avrei mai fatto se non mi avesse portato all’esasperazione qualche minuto prima, quando ha messo del wasabi nella mia bibita per poi filmare la mia reazione. 
Maledetta psicopatica, questa serie di continui dispetti dovrà pur finire prima o poi!
Mi alzo e inizio ad inseguirla. Sto per acchiapparle un braccio quando invece, con mia grande sorpresa, qualcosa mi trattiene una caviglia e finisco rovinosamente a terra pestando prima un ginocchio, poi l’intero corpo.
Mi girò per cercare di capire cosa è successo e vedo uno spago allacciato attorno alla mia caviglia.
Quella strega malefica mi ha legato la caviglia a un piede del letto e adesso è sulla porta piegata in due dalle risate.
“Questa me la paghi, maledetta stronza.” le urlo.
Lei continua a ridere e scappa via senza neanche rispondere.
“Jin!” neanche un minuto dopo, ecco mia madre che compare davanti alla porta aperta della mia stanza con un misto di sconcerto e disapprovazione sul suo volto “Ti ho sentito, sai? Ti sembra il modo di rivolgerti a tua cugina più piccola?”
Faccio un respiro profondo cercando di mantenere la calma.
Facciamola ragionare, magari finalmente aprirà gli occhi e soprattutto mi risparmierò la ramanzina su come io debba dare l’esempio.
“Mamma, vedi cosa sto facendo?” indico lo spago incriminato attorno alla mia caviglia che sto tentando di slegare “La tua cara nipote prediletta mi ha teso questa simpatica trappola, facendomi cadere a terra. Mi sono pestato il ginocchio e…”
Mia madre sospira, entra in camera e raggiunge la scrivania.
“Jin, chi è quello grande dei due?”
Ecco, ci risiamo.
Prende un paio di forbici dal portapenne.
“Vuoi forse metterti a piangere perché ti sei pestato un ginocchio?”
“Non è per il ginocchio, mamma!” insisto alzando la voce.
“Ti fa tanto male? Vuoi anche una caramella?” alza la voce anche lei “O magari un bacino così il livido andrà via più in fretta?! Jin, non puoi comportarti così e rivolgerti in quel modo a tua cugina solo perché ti ha fatto uno scherzo innocente! Comportati da ragazzo responsabile!”
Taglia lo spago con un colpo netto di forbici.
“Cosa c’entra questo con l’essere un ragazzo responsabile?” chiedo, immaginando già dove vuole arrivare.
“Come posso mandarti a vivere da solo in Australia se non mi dimostri di essere abbastanza maturo da comportarti da adulto responsabile?”
Ecco, ci risiamo. Ogni volta trova le scuse più assurde per ribadire che lasciarmi andare in Australia non sia una buona idea.
“Il modo in cui mi rivolgo ad Asuka non c’entra niente con l’essere un adulto responsabile!”
La cosa peggiore è che sicuramente quella stronza di mia cugina sta ascoltando dietro qualche porta e si sta sicuramente divertendo un mondo.
“Che cosa succede qui?”
Oh, perfetto. Mancava solo lui. Kazuya, mio padre, colui che il mio inconscio mi presenta sotto forma di essere demoniaco nei miei sogni, si affaccia dalla porta e osserva la scena a braccia conserte.
“Cosa sono queste urla di primo mattino?” continua.
Mi rialzo e faccio finta di niente, ignorando il dolore al ginocchio.
“Niente.” taglio corto.
Non serve che conosca la storia anche lui.
“Asuka ha fatto uno scherzo a Jin, lui è caduto, si è fatto male e si stava lamentando.”
Kazuya sogghigna, guardandomi come se fossi un povero scemo. Lo fa sempre e mi irrita come nient’altro in questo mondo.
“Non è andata esattamente così.” sibilo tra i denti “Adesso uscite, devo cambiarmi!”
Rimango di nuovo solo nella tranquillità della mia stanza e mi chiedo da quand’è che la vita a casa abbia cominciato ad essere così difficile.
Giuro che fino ad un certo punto le cose funzionavano bene. Certo, la mamma è sempre stata un po’ troppo apprensiva e Kazuya è sempre stato stronzo fin da quando ho memoria, ma un tempo ero stato un bambino felice, o almeno così mi sembra.
Le cose hanno più o meno cominciato a precipitare dopo che Kazuya ed Heihachi sono entrati in guerra cercando di diventare l’uno più ricco dell’altro.
In realtà è tutta la vita che, a loro modo, sono in guerra l’uno con l’altro. Nessuno mi ha mai spiegato i dettagli, e ho imparato fin da piccolo ad evitare di fare domande su questo argomento, ma so che Heihachi ha in qualche modo reso la vita di Kazuya molto difficile in passato. Ho ragione di credere che se oggi Kazuya è così come ce lo dobbiamo sopportare, sia principalmente per colpa di Heihachi. Non so quanto sia stato grave ciò che è successo tra di loro, ma so per certo che quelle cicatrici sul volto di mio padre sono legate a questa storia e per anni erano sul punto di uccidersi l’uno con l’altro!
Poi un giorno mamma è entrata nella vita di Kazuya e lei è miracolosamente riuscita a riportare un po’ di ordine nella loro esistenza e a farli arrivare ad una, seppur sofferta, reciproca sopportazione.
Le cose però, sono peggiorate di nuovo quando mio padre, circa dieci anni fa, è salito al comando della G Corporation.
La G Corporation è una società di ricerca scientifica altamente avanzata che opera nei più disparati settori del campo delle biotecnologie, il cui operato è notevolmente importante a livello mondiale.
Mio nonno Heihachi invece, è il capo della Mishima Zaibatsu, un impero finanziario il cui nome è da svariati decenni conosciuto come una delle più influenti e prolifiche multinazionali del mondo.
Circa una decina di anni fa Kazuya e Heihachi hanno trovato il modo di trasferire la loro rivalità sul piano economico ed è esattamente in quel periodo che Kazuya è diventato ancora più stronzo, mamma più nervosa ed Heihachi più insopportabile e odioso che mai.
Sì, credo che sia da quel punto in poi che le cose hanno cominciato ad essere difficili a casa. È da quel momento che si sono succeduti tutta una lunga serie di disastri che mi hanno rovinato l’adolescenza.
Infine, come se non bastasse, qualche tempo dopo si è aggiunto anche il problema Asuka.
Asuka è mia cugina di primo grado da parte di mamma. Nata e cresciuta ad Osaka, Asuka, che a parer mio a volte non brilla di intelligenza, aveva il vizietto di mettersi a fare da paladina della giustizia contro le bande di delinquenti della sua città. È capitato che poi, come era chiaro che prima o poi sarebbe andata a finire, un giorno ha incontrato dei delinquenti un po’ più pericolosi del solito e, per la sua incolumità personale, è stata costretta a cambiare città. Così, un anno e mezzo fa, Asuka si è trasferita da noi a Tokyo, mettendo definitivamente fine al mio benessere psicologico.
Io e Asuka non siamo mai andati troppo d’accordo. Lei ha sempre desiderato avere un certo tipo di rapporto con me che io invece non ero per niente interessato ad avere.
Quando è arrivata a casa io stavo ancora attraversando un periodo particolare della mia vita e non ero contento di averla tra i piedi, e soprattutto neanche avevo voglia di passare tutto il tempo che per qualche motivo lei si aspettava passassi con lei.
Non ho soddisfatto le sue aspettative di cugino grande ideale e, a quanto sembra, ha deciso di farmela pagare per tutta la vita.
Non posso più vivere in questa casa di pazzi.
È anche per questo voglio andare a fare un anno di studio all’estero.
Frequento la Mishima Polytechnical High School, di cui mio nonno è il fondatore. Oltre ad essere una delle più prestigiose scuole private del paese, quindi un posto pieno di insopportabili viziati figli di papà, è una scuola internazionale, gran parte degli insegnamenti sono impartiti in inglese, vanta un altissimo numero di studenti stranieri e organizza spesso iniziative di scambio culturale.
Quest’anno c’è in palio la possibilità di essere ammessi ad un prestigioso corso di studi universitario a Brisbane, in Australia. Se riuscissi ad allontanarmi dalla mia famiglia in questo modo sarebbe il massimo. La mia idea è poi di fare in modo di sistemarmi lì anche per il futuro. Mi cercherò un lavoro, vedrò di sostenermi da solo, continuerò gli studi e mi realizzerò per conto mio, e sarò finalmente lontano dalla mia famiglia.
La difficoltà più grossa, oltre allo stress di dover mantenere la mia media scolastica praticamente perfetta, è soprattutto quella di convincere mia madre a lasciarmi andare.
Per qualche motivo si è convinta che sono un ragazzo troppo problematico e non è sicura di volermi lasciare partire. E questo, dato che non ho ancora compiuto vent’anni, e quindi tecnicamente per questo paese non sono ancora ritenuto un maggiorenne, è un grosso problema.



Entro in cucina e prendo il mio posto a tavola, davanti ad Asuka. Mia madre, alla mia destra, versa succo d’arancia a me e ad Asuka, e Kazuya, alla mia sinistra, legge il quotidiano.
“Ora che ci siamo tutti, ne approfitto per farvi sapere che il biologo tirocinante che lavorerà con me in ambulatorio ha confermato. Arriverà questa settimana e confermo che starà qui da noi.” annuncia mia madre.
Me n’ero completamente dimenticato.
Mia madre è un veterinario piuttosto stimato ben conosciuto nel suo giro. Da qualche tempo ha deciso di assumere un assistente tirocinante che si occuperà delle analisi biologiche all’ambulatorio. Fin qui non ci sarebbe niente di male se non fosse per il fatto che ha deciso di prendere uno studente straniero che alloggerà a casa con noi!
Guardo Kazuya con sguardo allarmato. Ne hanno discusso per mesi, non posso credere che alla fine abbia ceduto. La situazione a casa è già catastrofica così com’è, ci manca solo l’arrivo di un’altra persona a complicare le cose e, almeno per questo genere di cose, io e mio padre ci troviamo di solito d’accordo.
“Che vuoi?” mi fa lui con il suo abituale sguardo truce.
“Come? Non hai niente da dire?” chiedo sdegnato.
“Jin, non fare il capriccioso! Io e tuo padre ne abbiamo già parlato tra di noi e questa è la nostra decisione definitiva.” interviene mamma arrabbiata.
Mi chiedo quale ricatto abbia usato per convincere Kazuya ad accettare di prestare casa ad un completo sconosciuto. Anzi, non credo di volerlo sapere.
“Il tirocinante lavorerà qui e noi tutti saremo carini con lui… o con lei.” continua mamma.
“Ci stiamo prendendo in casa un perfetto sconosciuto, in una casa dove niente funziona vorrei sottolineare” mi lamento “e non sai nemmeno se sia un uomo o una donna?”
“È un nome straniero che non riesco nemmeno a leggere.” risponde Mamma “Ma che problema c’è? Al suo arrivo si svelerà la sorpresa!”
“Potrebbe essere divertente avere in casa uno studente straniero.” interviene Asuka sorridente.
Mamma le sorride di rimando.
“Vero, Asuka? Lo penso anch’io!”
“Certo, sarà un ottimo modo per entrare in contatto con una nuova cultura.”
Quanto è lecchina e insopportabile!
La guardo con un sorrisetto cattivo, mi è appena venuta un’idea.
Questa potrebbe essere l’occasione perfetta per farle pagare lo scherzetto di stamattina.
Chissà quanto sarà felice zia Jun di sentire con chi ti ho visto venerdì sera, stronzetta.
“Mamma, ti ricordi di… Hwoarang?”
Mia madre mi porge il bicchiere e Asuka mi guarda confusa.
“Hwoarang?” ripete Mamma distrattamente.
“Sì, Hwoarang. Era alle medie con me.” continuo “Quel ragazzo che era stato sospeso perché aveva lanciato un banco dalla finestra per una sfida di coraggio, e aveva dato fuoco al bagno degli insegnanti per ripicca.”
Ho finalmente catturato l’attenzione di Mamma, che mi guarda sconvolta.
“Oh sì! Certo che mi ricordo di quel teppista! Che fine ha fatto?”
Mangio un boccone del pasticcio informe che c’è nel mio piatto e lanciò un’altra occhiata cattiva ad Asuka che sembra sempre più disorientata.
Sto per continuare il mio discorso, ma mi fermo, attonito dall’insolito sapore di quell’ammasso indefinito che apparentemente sa di uova, carne e pesce in una combinazione di sapori che non è esattamente piacevole.
“Hai… hai cucinato tu?” chiedo a mia madre.
Lei si rizza sulla schiena.
“Perché?” chiede sembrando improvvisamente molto nervosa.
Kazuya abbassa finalmente il giornale, guardando la scena con un minuscolo sorrisetto compiaciuto.
Mia madre ha mille pregi ed è brava a fare tante cose, ma se c’è proprio un’attività per cui non è assolutamente portata, è la cucina. Di solito infatti, è Kazuya che provvede a cucinare colazione e cena e, sono costretto ad ammettere, non se la cava affatto male.
Per quanto comunque mia madre sia una non prediletta cuoca, odia sentirselo dire.
“Jun ci teneva a presentarci una sua nuova ricetta.” dice Kazuya sogghignando.
“Com’è?” mi chiede Mamma quasi timidamente.
Momento di puro terrore.
Mi sforzo di mandare giù il boccone senza pensare al sapore.
“Non… non è male.” dico poi cercando di sembrare convincente.
Lei mi fa un gran sorriso, poi si gira da Asuka.
“Asuka, tu non mangi tesoro? Assaggia!”
Asuka mi sta ancora osservando con aria vagamente preoccupata senza aver ancora toccato cibo.
“Ok.” dice e assaggia il pasticcio.
Il suo volto rimane inespressivo, mentre ingoia il boccone, poi fa un tiratissimo sorriso.
“È buono.”
Mamma si volta a guardare Kazuya con aria soddisfatta.
Una delle tante cose che rendono la mia convivenza con i miei genitori tanto difficile è la loro continua voglia di competizione. Dopotutto si sono conosciuti ad un torneo di arti marziali.
“Hanno detto che è buono.” dice mia madre con orgoglio.
“Mentono.” risponde atono mio padre, che è sempre il solito stronzo “Forse sarebbe buono con qualche litro di salsa di soia in meno, con meno uovo e se non avesse il fondo mezzo bruciato.”
Mamma gli lancia uno sguardo severo.
“Che c’è?” fa lui rimanendo serio “Mi hai chiesto un parere sincero o no?”
Mamma guarda prima me poi Asuka accigliata.
“Perché non continuate a mangiare? Su!”
Asuka riprende a mangiare, forzando dei sorrisini di continuo.
“A me piace, zia Jun!”
Lecchina maledetta! Questo non ti salverà da ciò che ho in serbo per te!
Provo a mangiarne un altro boccone anch’io, ma mi si ferma in gola e comincio a tossicchiare.
“Jin, che ti succede?” mi chiede quasi con un rimprovero.
Kazuya ridacchia fra sé e sé.
“E non lo vedi? Non costringerlo a mangiare la tua prelibatezza, Jun, o finirà per vomitare sul tavolo. Devi semplicemente accettare il fatto che il tuo tortino non ha un buon sapore.”
Sempre. Il solito. Stronzo.
“Jin?” continua Mamma.
“Mmm beh… forse in effetti è un po’ troppo salato e…” provo a dire molto gentilmente, ma lei non mi fa finire neanche la frase.
“Avevi detto che era buono!” mi rinfaccia “Perché mi hai mentito?”
“Non è così male come dice lui!” indico Kazuya “È che a me il merluzzo neanche piace così tanto! Lo sai, no?!”
“A me piace, zia Jun!” ripete quella maledetta “Guarda, l’ho finito.” solleva un po’ il suo piatto per farglielo vedere meglio.
Vorrei urlarle che è una lecchina bugiarda, ma finirei per fare incavolare mamma ancora di più, invece cerco di calmarla con qualcos’altro.
“Perché non provi a fare qualcos’altro?” suggerisco “Tipo la torta all’arancia che hai fatto al tuo compleanno. Quella era davvero buona!”
“Era un preparato.” sogghigna Kazuya da dietro il giornale.
Adesso seriamente, come mai potrei andare d’accordo con mio padre?
“Ti stai divertendo un mondo, vero Kazuya?” lo fulmina mamma con un’occhiataccia che sarebbe in grado di incenerire le pagine del giornale.
Kazuya lo chiude e lo piega, mettendolo da parte.
“Jun, devi accettare che può esistere qualcosa in questo mondo che tu non sappia fare meglio degli altri.”
“D’accordo, se vi fa così schifo non mangiatelo!” dice alzando i palmi delle mani, offesissima “Vorrà dire che lo daremo ai cani.”
Kazuya corruga la fronte.
“Non darai ai miei cani questo schifo!”
Già, dimenticavo, a parte mia madre gli unici esseri viventi di questa terra ai quali Kazuya sembra essere legato da qualche tipo di affetto, sono i suoi tre cani mostruosi che da anni terrorizzano postini e ignari visitatori della nostra casa.
Dopo un’ordinanza dei vigili, due anni fa, siamo stati costretti a tenerli legati durante le ore del giorno dopo che avevano quasi spaventato a morte l’ispettore del canone TV.
Se è vero che gli animali assomigliano al loro padrone, non potrebbe esserci esempio più azzeccato di quello di Kazuya e le sue tre belve. Sono tre grossi Rottweiler maschi di cinque anni e ovviamente, in quanto perfetti esseri letali, Kazuya li adora e loro adorano lui.
Mia madre guarda Kazuya con sguardo gelido, profondamente scossa da quell’affronto.
Ci risiamo, episodi di questo genere sono all’ordine del giorno, ma in qualche modo riescono comunque a fare sempre pace.
“Ragazzi, è tardi. Andate a prepararvi per andare a scuola.” sussurra mia madre senza guardarci per invitarci a lasciarla sola con Kazuya.
“Veramente io avevo lasciato un discorso a metà.” osservo contrariato a voce bassa.
“Me ne parlerai in un altro momento, tesoro.” mi zittisce lei con quello che sembra più un ordine che un suggerimento.
Vedo Asuka che mi guarda minacciosamente dall’altra parte del tavolo.
“Non è finita qui.” le sussurro con un’espressione minacciosa.
“Non ci provare.” dice lei talmente piano che riesco a capirla solo leggendo il labiale.
Poi si alza e scappa via dalla stanza.


 
“Ohi, Kazama! Ti sei incantato? Chang ti ha fatto una domanda.”
È la pausa pranzo, sono sul tetto della scuola e ho appena avuto l’impressione di vedere qualcosa di scuro volare velocemente fra le nuvole.
“Ho visto…”
Qualcosa che mi ha ricordato…
“…un aereo?” Julia Chang, seduta al mio fianco, mi guarda alzando un sopracciglio.
“…un ufo?” ridacchia Shin Kamiya.
…un orribile mostro alato.
“Lasciamo stare.” sbuffo frugando all’interno del mio zaino in cerca del mio pranzo.
Quello strano incubo di ieri notte continua a tornarmi in mente e a mettermi in qualche modo di malumore. Più del solito, si intende.
Deve essere una metafora della storia della mia famiglia, ne sono certo. Era così orribilmente reale!
“Cosa hai oggi?” chiede Julia.
Tolgo fuori la scatola portapranzo e la studio al di là del coperchio di plastica coperto di condensa.
“Direi verdurine bollite con tofu.” poi scuoto piano la testa “Quante volte le avrò detto che odio il tofu?”
“Io ho polpettone con asparagi.”
“Perfetto, affare fatto.”
Non ci devo neanche pensare e ci scambiamo i cestini del pranzo.
Mia madre qualche tempo fa si è fissata con la storia che secondo lei consumo troppa carne e cerca sempre di rifilarmi dei menù vegetariani.
Più o meno nello stesso periodo, Julia è entrata nel vivo del suo spirito di paladina dell’ambiente e ha cominciato ad evitare gli alimenti di origine animale sempre più spesso. Sua madre però, imperterrita, le prepara delle ottime prelibatezze a base di carne, con la speranza di farle cambiare idea.
Per il momento l’operato delle nostre madri non sta avendo molto successo, dato che io e Julia abbiamo cominciato a scambiarci il pranzo sempre più di frequente.
Julia Chang è la figlia di Michelle Chang, un’amica di vecchia data di mia madre. Anche Michelle partecipò a quel famoso torneo di arti marziali dove si conobbero i miei genitori. Lei e mia madre sono rimaste in contatto fin da allora, trovandosi in affinità per molte cose, tra cui la salvaguardia dell’ambiente. Hanno anche fondato un’associazione insieme.
Per questo motivo, in un modo o nell’altro, ho sempre avuto a che fare con Julia.
È una ragazza seria, silenziosa e riflessiva. A volte è un po’ strana, ma in fondo non è una cattiva compagnia.
Shin Kamiya invece è un ragazzo che continuo a ritrovarmi in classe fin dai tempi dell’asilo. Abbiamo caratteri piuttosto dissimili e a volte è un vero idiota, ma anche lui, in fondo, non è una persona spiacevole.
Io, Julia e Kamiya abbiamo poco o niente in comune, se non il fatto di essere alcuni tra gli studenti con la media più alta di tutta la scuola. Non so bene se fu questo o qualche altro motivo a farci ritrovare, ma un giorno, qualche anno fa, ci siamo trovati a sederci insieme a pranzo e abbiamo cominciato con quella che con l’andare del tempo è diventata un’abitudine.
“Come sono andati i test di fine trimestre?” chiede Julia.
Kamiya la fulmina con lo sguardo.
“Ne dobbiamo proprio parlare?” chiede.
In effetti è un argomento che avrei evitato volentieri anche io.
“Lasciamo perdere.”  rispondo scocciato ed estremamente preoccupato.
“Cosa è successo?”
“È successo che ho preso un’altra sufficienza in fisica!” sbotto “Qualsiasi cosa faccia non riesco mai a prendere un voto decente. Mi serve una media più alta, mi servono quei dannati crediti!”
“Non lo so Jin, questa storia di fisica a me non convince…” dice Julia.
“Per favore, ne abbiamo già parlato.” la interrompo seccato ancor prima che cominci quel discorso che tanto so già dove farà arrivare.
Come dicevo prima, Julia è una persona abbastanza piacevole e la considero anche una dei pochissimi amici che ho, ma quando parla di scuola spesso diventa insopportabile.
“Sei estremamente intelligente e con il minimo sforzo riesci a prendere ottimi voti, ma evidentemente questo non sempre è sufficiente.”
“Julia, te l’ho già spiegato un milione di volte…” sibilo.
Io e Julia siamo studenti molto diversi, se escludiamo i risultati. Io normalmente non mi ammazzo sui libri, ho un metodo di studio molto logico e pragmatico. Mi concentro soprattutto sul ragionamento e riesco di solito ad ottenere così degli ottimi risultati senza sacrificarmi sui libri giorno e notte.
Julia è semplicemente la classica studentessa mangia-libri. Studia ore e ore al giorno per cercare le più assurde e inutili informazioni di contorno, andando a scovare strane informazioni e scoprire curiosità che non verrebbero mai in mente a nessuno di normale, leggendo approfondimenti in libri fuori stampa da oltre vent’anni, che i normali studenti di scuola superiore non oserebbero mai aprire.
Ammetto che anche io spesso approfondisco e leggo riguardo certi argomenti extra per puro piacere personale, ma ho anche altri interessi. Mi piace avere del tempo libero, mi piace allenarmi, leggere fumetti, giocare ai videogiochi, guardare serie-tv e tante altre cose.
Il fatto che io riesca quasi sempre a prendere gli stessi suoi voti è una cosa Julia non è mai riuscita a digerire e anche questo è uno dei motivo per cui diventa sempre estremamente fastidiosa quando si tocca questo argomento.
Ma Julia potrà anche rinfacciarmi di non studiare quanto lei per un sacco di materie, ma non per meccanica razionale!
“Sei ancora convinto che il prof ce l’abbia con te?!” mi chiede quasi mettendosi a ridere per quanto trovi ridicola questa possibilità.
Non rispondo. Se solo fosse nel mio stesso corso e potesse vedere con i suoi occhi non avrebbe bisogno di fare quella domanda.
“Andiamo Jin! Sai che quella è la scusa preferita dei nullafacenti.”
“Ah, adesso mi stai dando del nullafacente?”
“Ragazzi, state calmi.” interviene Kamiya lanciandoci un’occhiata obliqua.
“Non lo so. Sei tu che stai iniziando a ragionare come uno di loro.” dice Julia stringendosi nelle spalle.
“Ho passato tre sere intere a studiare per l’ultimo compito. Ho studiato da tre libri diversi! Ho risolto tutti i problemi del compito e ho risposto a tutte le domande aperte, eppure il risultato è sempre lo stesso.”
“Non so cosa dirti. Anche io seguo fisica con Chaolan e non ho mai avuto problemi.”
Eccola, si sta trasformando in quell’essere insopportabile. Se continua giuro che mi alzo e me ne vado.
“Perché dovrebbe avercela con te?” riprende scettica.
“Sì Kazama, a parte tutto, perché ce l’ha con te?” interviene di nuovo Kamiya.
“Cioè anche tu gli dai corda con questa storia?” gli chiede Julia incredula “Anche secondo te è tutto colpa di un pregiudizio del prof?”
“Beh, non so cosa ci sia sotto, ma che non si sopportino a vicenda è palese.”
“È mio zio.” li interrompo “Contenta adesso?”
Non l’avevo mai ancora rivelato a nessuno.
Julia mi guarda aggrottando le sopracciglia.
“Tuo zio?” ripete incredula “Come sarebbe a dire… tuo zio?”
Kamiya trattiene a stento una risata.
“Sul serio?”
“No aspetta!” riprende Julia “In che senso il professor Chaolan è tuo zio?
“È stato adottato da mio nonno Heihachi.” spiego “Questo vuol dire che ha vissuto con lui, quindi lo odia. Ma in casa c’era anche mio padre, quindi ovviamente odia anche lui, e siccome sono figlio di Kazuya, odia anche me.”
“Ma…” Julia è esterrefatta.
Non saprà i dettagli, ma almeno ha una vaga idea di quanto sia incasinata la mia famiglia. Forse almeno adesso comincerà a capire qualcosa, vedendo al di là del suo dannato orgoglio.
Sta per aggiungere qualcosa, quando una voce da dietro, richiama la nostra attenzione.
“Kazama, finalmente ti ho trovato!”
Non ci credo. Mi volto all’indietro per vedere chi ha parlato, anche se non ce ne sarebbe stato davvero bisogno.
E ora come ha fatto questo stalker psicopatico a salire fino al tetto della scuola senza essere buttato fuori?
“Che ci fai qui?” gli chiedo “Ti ha fatto entrare quella pazza di mia cugina?”
“Di che cazzo stai parlando?!” sembra confuso e mi guarda irritato “Chi cazzo è e cosa c’entra tua cugina?! Io e te abbiamo una faccenda in sospeso, stronzo!” ringhia.
Conosco Hwoarang da tanto tempo, e da altrettanto tempo so che combatte anche lui, ma ci siamo sfidati per la prima volta solo un anno e mezzo fa e vorrei non averlo mai fatto. Ho vinto, e per qualche motivo non riesce a farsene una ragione. Non mi dà pace, mi segue ovunque da più di un anno pretendendo una rivincita clandestina.
“Ti ho già detto, mille volte, che io non combatto più fuori dagli incontri sportivi.” gli spiego per l’ennesima volta “Iscriviti al torneo regionale e forse l’anno prossimo avremo occasione di rincontrarci.”
Spero di no. Spero di essere già in Australia per quel tempo.
“Vaffanculo a te e ai tuoi cazzo di incontri sportivi, Kazama!” urla “Vieni qui e combatti se hai le palle.”
“Se ho le palle?” ripeto voltandomi a guardarlo “Ti ho già battuto una volta. Perché dovrei avere paura di un avversario mediocre come te?”
Ok, forse non avrei dovuto provocarlo, ma è una giornata di merda. Ho dormito male, mia cugina è una rompicoglioni galattica, ho preso una misera sufficienza nell’unica materia per cui mi sono fatto veramente il culo per studiarla, Julia Chang mi ha appena dato del nullafacente e un dannato stalker mi perseguita.
“Vaffanculo Kazama!” si avvicina a passo svelto e minaccioso “Cazzi tuoi se non reagisci.”
Mi attacca. È serio.
Mi indirizza un pugno a tutta forza verso il volto.
Dev’essere completamente pazzo. Non è normale uno così.
Mi difendo, ovviamente, e contrattacco.
Brutto stronzo, gli farò rimpiangere il giorno in cui mi ha incontrato.
“Jin, sei impazzito?!” sento la voce di Julia.
“Kazama fermati, che cazzo fai?!” mi urla anche Kamiya.
Qualcun altro urla, qualcuno ride, degli studenti iniziano a fare il tifo e a schiamazzare.
Una professoressa irrompe nella scena.
“Che sta succedendo qui?” urla isterica.
Ci fermiamo all’istante.
Hwoarang mi guarda furente di rabbia e poi fugge attraverso le scale antincendio. Io rimango lì, indifeso ad affrontare da solo le conseguenze di questa azione sconsiderata.
“Kazama, in presidenza.” mi chiama l’insegnante “Sei in un mare di guai.”

 

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Capitolo 2
*** Save the Planet (Jun) ***


2
Save the Planet
(Jun)


Posiziono la piccola cornice argentata accanto al telefono sulla scrivania dell’ufficio. Da poco ho ritrovato quella vecchia foto e ho deciso di portarla all’ambulatorio. È una foto vecchia di almeno quindici anni fa, un goffo autoscatto che ritrae me, Kazuya e Jin davanti alla nostra tenda da campeggio rossa. Mi fa venire un po’ di nostalgia ripensare a quella sera indimenticabile.
“Non abbiamo mai avuto tempo di andare a fare una vacanza. Io e Kazuya eravamo sempre così pieni di lavoro quando Jin era piccolo!” penso a voce alta mentre Michelle, seduta dall’altra parte della scrivania, apre il suo portapranzo “Si può dire che quello sia stato l’unico giorno di campeggio tutti e tre assieme.”
Mi sfilo il camice bianco e lo appendo all’attaccapanni.
La mia pausa pranzo è ufficialmente cominciata e vado a lavarmi le mani nel bagnetto dello studio.
“Passare la notte nel retro del vostro giardino mentre la squadra di disinfestazione sterilizza la vostra casa lo definisci campeggio?” sento Michelle che ironizza ad alta voce “Che animale era quello che Jin aveva portato a casa?”
Torno da lei e prendo posto alla mia scrivania, tirando fuori la mia scatola con il pranzo.
“Una donnola indemoniata.” rispondo con un filo di voce, avrei preferito non dover ricordare anche quel dettaglio “Ha distrutto mezza casa e sparso pulci ovunque. Jin era piccolo, andava ancora all’asilo, e per qualche motivo l’aveva portata a casa scambiandola per un gattino dal collo lungo o qualcosa del genere. Ci son voluti cinque giorni per risistemare tutto.”
Non potrò mai dimenticare le imprecazioni di Kazuya mentre si lanciava all’inseguimento di quella bestiola. Quel giorno credevo sarebbe impazzito.
“D’accordo, era una circostanza un po’ particolare.” ammetto prima di cominciare a mangiare “Ma è pur sempre stata la nostra piccola vacanza in campeggio.”
“Almeno quel giorno il piccolo Jin ha imparato che portare a casa animali senza chiedere il permesso non è esattamente una buona idea.” dice Michelle.
Sorrido intenerita.
“Probabilmente la responsabilità è mia. Grazie anche al mio lavoro ho sempre cercato di trasmettergli l’amore per gli animali.” ridacchio “Comunque dopo quella volta non si è mai più azzardato a fare niente del genere.”
“Direi che è comprensibile.” aggiunge Michelle.
“Come sta Julia?” cambio discorso poco dopo.
È da un po’ che io e Michelle non ci vedevamo, tra qualche ora parteciperemo insieme ad una manifestazione del gruppo ambientalista di cui siamo presidentesse e, dato che anche lei lavora poco distante da qua, le ho proposto di pranzare insieme nel mio ufficio in quei quindici minuti scarsi di tempo che mi sono concessa come pausa pranzo.
“Ultimamente sta studiando tantissimo per gli esami di fine trimestre.” mi spiega Michelle “Anche troppo, per i miei gusti. A volte vorrei che si godesse di più la sua età.”
“Credo di capire cosa intendi.”
“Come va invece con Jin?” mi chiede “È ancora deciso a voler andare in Australia?”
Faccio una piccola smorfia.
“Sì, ed è sempre più determinato.”
Bevo un sorso d’acqua e rimango a fissare la foto dentro alla cornice argentata per qualche secondo.
“In realtà ultimamente sono un po' preoccupata.” ammetto.
Michelle mi guarda con aria interrogativa.
“Non starà attraversando un’altra fase ribelle.”
“No, no. Niente del genere. Quella storia è acqua passata.” ridacchio “Certo, continua ancora ad ascoltare quella robaccia terribile che lui definisce musica, ma per il resto direi che quella fase è completamente chiusa.”
“Non si sarà comprato un’altra moto?” prova ancora Michelle.
“No!” rispondo con decisione “Mi ha fatto promettere che non ne toccherà una mai più. Per questo l’ho convinto a prendersi la patente. Le auto sono certamente molto più sicure.”
Michelle alza le spalle poco convinta.
“Non è niente di questo tipo.” riprendo a spiegare “Ma è come se avvertissi della negatività in lui.”
“Cosa intendi dire?” chiede ancora Michelle “Senza offesa, ma è tutta la vita che tuo figlio va in giro con il broncio.”
“Sì, lo so.” ribatto “Ma ultimamente mi sembra troppo… come dire… nervoso, scontroso. È come se fosse pieno di rabbia. Più del solito, intendo!”
Michelle mi guarda e poi si stringe nelle spalle.
“Saranno gli ormoni.”
“Non lo so.” rispondo abbassando lo sguardo di nuovo sul mio pranzo “Anche questa ossessione dell’Australia è un po’ preoccupante. È tutto un pretesto per allontanarsi da casa il più in fretta possibile, l’ho capito benissimo. Quello di cui ho paura è che possa non aver capito che il vero problema da cui cerca di allontanarsi è questa negatività che trattiene dentro.”
Guardo Michelle senza preoccuparmi di nascondere la mia agitazione.
“Insomma, e se in Australia non si trova bene come pensa? E se… non so… prendesse una brutta strada e io non sono lì per poterlo aiutare?”
“Non lo so Jun, forse ti stai preoccupando eccessivamente.” ragiona la mia amica a voce alta “Non è più un bambino, ed è un ragazzo serio e responsabile. Forse dovresti dargli più fiducia.”
Alzo per un attimo gli occhi al soffitto.
“Non lo so. Te l’ho detto, è il suo atteggiamento così negativo a preoccuparmi. Devi vedere come litiga con la cugina! Per non parlare di Kazuya…”
“Il loro rapporto è sempre problematico?”
“Decisamente. E sai qual è il problema? Quei due sono uguali!” asserisco con convinzione “Testardi e orgogliosi allo stesso modo! L’uno vuole sempre avere ragione sull’altro. Per quello sono sempre in guerra.”
“Forse se Jin migliorasse il rapporto con suo padre sarebbe meno, per dirla con i tuoi termini... negativo?” ipotizza Michelle.
“Presumo di sì.” dico “Ma non saprei davvero che fare per aiutarli.”
“Forse dovrebbero passare più tempo insieme facendo qualcosa di normale, sai… andare al cinema, a pesca… le cose che si vedono nelle commedie per la famiglia in tv, no?”
“Come no! Finirebbero per prendersi a colpi. Come sempre.”
“Allora non saprei.” dice Michelle.
Ho finito di mangiare e dopo aver ritirato il piatto e ripulito la scrivania rimango qualche minuto in silenzio a riflettere tra me e me.
“Jun? Che hai?”
“Pensavo che forse il problema è proprio quello.” rispondo pensierosa “Jin e Kazuya non hanno mai fatto niente insieme… è come se, in un certo senso, non si fossero mai conosciuti.”
Michelle mi guarda dubbiosa.
“Sto per fare una cosa.” dico prendendo il telefono dalla borsa “Forse non è una buona idea, ma voglio provarci. Oggi devo portare Jin a guidare, dirò a Kazuya che la manifestazione durerà più a lungo del previsto e gli chiederò di pensare lui a Jin.”
“Ma se hai appena detto che se passano del tempo insieme finiscono per lottare.”
“Non possono di certo menarsi se sono dentro una macchina in movimento.” rispondo “Non sono così irresponsabili. Il problema è soltanto convincere Kazuya, ma… credo di poterci riuscire. Dopotutto mi deve un enorme favore.” affermo sicura con un sorrisetto.

 
La giornata è un po’ grigia e il cielo è coperto. Spero che non si metta a piovere, perché prendermi un raffreddore è l’ultima cosa di cui ho bisogno.
Raggiungiamo il resto del gruppo, dove noto che qualcuno ha già cominciato a preparare gli striscioni.
“Oh mio dio…”
Sono qui da meno di un minuto, e ho già notato qualcosa che non mi piace.
“Non avevamo detto basta alle lenzuola con i disegni?” chiedo avvicinandomi ad un gruppo di ragazzi che si apprestano ad innalzare il primo striscione.
“Ah sì? A me non è stato detto niente.” mi risponde un ragazzo.
“Rin doveva portare le lenzuola vecchie dell’albergo dei suoi genitori, ma all’ultimo momento ha cambiato idea.” mi informa una ragazza.
“Abbiamo preso da casa quello che abbiamo trovato.” conclude un terzo ragazzo.
“Sì, ma non siamo molto credibili con degli striscioni con delle scritte serie con uno sfondo di… Totoro.” osservo.
“Meglio Tororo che i Pokemon.” risponde la ragazza indicandomi un altro lenzuolo piegato da una parte.
Mi porto una mano alla fronte.
"Qual è il problema con Totoro?" insiste il primo ragazzo “Totoro rappresenta in un certo senso il legame dell’uomo con la natura. E stiamo anche dando un buon esempio su come riciclare dei vecchi oggetti per dei nuovi utilizzi.”
Torno a dare uno sguardo allo striscione.
"Se lo dici tu." borbotto con poca convinzione “D’accordo, spero che almeno abbiate usato degli inchiostri biologici.”
Mi avvicino ad un altro gruppo, che è intento a preparare i volantini informativi.
“Hey Julia! Come va il lavoro?”
Julia si volta e mi saluta. Indossa ancora la divisa scolastica, deve essere appena tornata da scuola. È bello vedere una ragazza giovane e impegnata come lei che si interessa ad argomenti come quello della salvaguardia dell’ambiente. Da qualche tempo facciamo preparare a lei gli articoli e i testi dei nostri fogli informativi e i risultati sono eccellenti.
“Piuttosto bene!” risponde “Sono passata a ritirare i volantini all’uscita da scuola. Ho corretto il testo come mi avevi detto e Ryuhei si è occupato della grafica. Guarda se ti piace.” dice offrendomene uno in mano.
Che brava ragazza! Sono davvero contenta che sia una cara amica di Jin. Quanto vorrei che anche lui partecipasse alle attività del nostro gruppo! Dice sempre che non ha abbastanza tempo, ma spero sempre che prima o poi possa in qualche modo seguire l'esempio di Julia.
“Benissimo, ottimo lavoro ragazzi.” mi complimento osservando il volantino.
“Jun Kazama?”
Qualcuno mi chiama da dietro.
Mi volto e noto un uomo anziano che cammina verso di me. Giurerei di aver già visto il suo volto da qualche parte, anche se non riesco proprio a ricordarmi dove e come.
“Sì, sono io.” rispondo incuriosita “Dica pure.”
“È passato tanto tempo, eh?” commenta fermandosi davanti a me.
Sono un po’ in imbarazzo.
“Chiedo scusa, ci conosciamo?”
“Sono il dottor Bosconovitch!” risponde con una risata gracchiante.
Rimango a bocca aperta.
Il dottor Bosconovitch? Che ci fa il primo scienziato della Mishima Zaibatsu alla mia manifestazione ambientalista? E poi da quando è di nuovo in Giappone? Le ultime notizie sul suo conto che mi erano arrivate riguardavano una sua particolare ricerca in un qualche posto sperduto. Questo però diversi anni fa, se non sbaglio Jin non era ancora nato.
“Bosconovitch! Sono senza parole, mi perdoni se non l’ho riconosciuta subito.” lo saluto mortificata “Saranno passati quasi vent’anni! Non sapevo che fosse di nuovo a Tokyo.”
“In realtà sono arrivato solo la settimana scorsa.” sussurra “Starò qui solo per un breve periodo.”
È ancora più piccolo e fragile di come me lo ricordassi. Era già vecchio vent’anni fa, dovrà avere almeno novant’anni ormai!
Quasi mi sorprendo di come riesca a stare in piedi!
“Le faccio i miei complimenti, dottoressa Kazama.” sorride poco dopo “È proprio un bel gruppo e una bella iniziativa.”
“La ringrazio, mi fa molto piacere.” rispondo con una punta di orgoglio.
Ho veramente investito tanto impegno e fatica in questa causa, è sempre bello ricevere degli apprezzamenti da qualcuno.
“A casa state tutti bene?” continua il vecchio dottore.
“Sì, direi di sì. Stiamo tutti bene, grazie.” rispondo cortesemente.
“Mi è stato detto che ha un figlio.”
“Sì, ha quasi diciannove anni.” sorrido.
“Oh, quindi ha più o meno la stessa età della mia Alisa.” dice lui.
“Alisa?” chiedo.
“Sì.” annuisce il vecchietto tutto contento “Mia figlia Alisa.”
Ho sentito bene?
Quest’uomo ha una figlia di diciannove anni?
“A proposito, gliela presento subito.” continua lui evidentemente ignorando la mia confusione.
Si volta e fa cenno ad una ragazza di avvicinarsi.
Mi accorgo di lei solo in quel momento. In effetti è una ragazza che non ho mai visto nel mio gruppo e di certo non passa inosservata.
Si avvicina a noi questa delicata ragazzina dai capelli rosa.
È estremamente carina e aggraziata, si muove con incredibile leggerezza. Indossa un vestito che la fa assomigliare ad una di quelle bambole di porcellana che collezionavo da piccola.
Sembra completamente uscita da un altro mondo e da un’altra epoca.
“Alisa, questa è la dottoressa Kazama, una mia vecchia conoscenza. Dottoressa Kazama, questa è mia figlia Alisa.”
Sua figlia.
Non riesco ancora a crederci.
“Molto piacere di conoscerla.” dice la ragazzina inchinando la testa in avanti molto educatamente.
“Molto piacere.” rispondo cercando di nascondere la mia perplessità.
Bosconovitch ha una figlia dell’età di Jin. Bosconovitch, un vecchietto quasi centenario, ha una figlia dell’età di Jin.
“Alisa è nata e cresciuta in una base di ricerca scientifica in Antartide, dove io ho lavorato per tutto questo tempo. Non ha mai frequentato una scuola e non ha mai avuto a che fare con la vera civiltà.” spiega il dottore.
Che cosa?
Le stranezze dunque non erano affatto finite.
“Per questo ho deciso che è giunto il momento che Alisa veda un po’ di mondo reale.” continua.
Adesso non credo di essere riuscita a trattenere il mio sconcerto.
Questa povera ragazza non ha mai avuto contatti con la civiltà? Chi condannerebbe il proprio figlio ad una vita di reclusione del genere?
“L’ho portata qui per farle conoscere una vita diversa, aprirsi a nuovi stimoli e sperando che possa conoscere nuove persone. Il club della salvaguardia dell’ambiente mi è sembrata un’ottima idea. Alisa adora la natura e gli animali. Vero Alisa?” si rivolge alla ragazza “Racconta alla dottoressa Kazama di quanto ti piaceva giocare con i pinguini!”
Alisa sorride e annuisce.
Io rimango ad ascoltare a bocca aperta, incapace di connettere i pensieri.
“Jun, stiamo per cominciare!” mi chiama Toshio, il nostro ragazzo delle riprese, riportandomi un attimo alla realtà “Inizio a filmare di già?”
In uno stato di semi-confusione annuisco e lancio un segnale d’assenso al ragazzo, per poi tornare a concentrarmi sulla vicenda di Bosconovitch.
Che razza di storia!
Bosconovitch sarà pure uno dei più brillanti scienziati dei nostri tempi, ma se quello che mi ha appena detto è vero, come genitore ha davvero preso delle scelte alquanto discutibili.
Guardo Alisa, ha un’aria così fragile e buona. Mi sento stringere il cuore.
“Non hai mai frequentato una scuola…”
Lei fa di no con la testa.
“Papà ha provveduto alla mia educazione fino a questo momento.”
“Le ho dato la miglior educazione che potesse ricevere.” risponde il vecchio con convinzione “Il suo livello di conoscenze è nettamente superiore a quello degli studenti delle scuole pubbliche.”
“Sì, ma… c’erano degli altri bambini alla base?” provo a domandare, anche se ho paura di aver già intuito la risposta.
“C’ero solo io.”
“Quindi non hai… mai giocato con altri bambini?”
“C’erano solo papà e gli altri scienziati.” risponde timidamente “E i pinguini.”
Deglutisco. Questa storia mi fa sentire incredibilmente triste, ma allo stesso tempo noto come la ragazza sembri incredibilmente tranquilla e serena. Non sembra mostrare neanche un minimo di risentimento, non credo si renda conto di tutte le cose che ha perso per sempre.
Mi chiedo se almeno se ne renda conto Bosconovitch!
“Comincerà a frequentare la scuola la settimana prossima.” sorride Bosconovitch.
“Se… seriamente?” chiedo.
“Sì, andrà alla Mishima Polytechnical High.”
Mi sforzo di sorridere a mia volta.
“Anche mio figlio frequenta quella scuola.”
“Alisa ha insistito tanto. Ci teneva davvero tanto a vedere finalmente una vera scuola.” continua Bosconovitch con un po’ di rassegnazione.
Mi mordo un labbro nervosamente.
Come può pensare, dopo diciannove anni di vita in completo isolamento, di trapiantarla improvvisamente in una scuola?
Questa ragazzina non riuscirà a sopravvivere neanche un giorno in una scuola superiore senza una minima preparazione.
Non posso starmene con le mani in mano sapendo che una povera ragazza andrà incontro ad ancora più difficoltà di quelle che ha già avuto.
So che non dovrebbero essere affari miei, ma proprio non ce la faccio.
“Dottor Bosconovitch, le posso parlare un momento in privato?” chiedo.
Avrei voglia di tirargli un pugno in faccia, se solo non mi desse l’impressione che possa sbriciolarsi come una statua di gesso.
“Certamente.” dice lui “Alisa, aspettaci qui.”
“Come può pensare di mandare una ragazza che non è mai stata a contatto con altri ragazzi in una scuola così di punto in bianco?” gli chiedo quando siamo un po’ distanti dal resto della folla “Non si rende conto che potrebbe presto diventare un bersaglio facile dei bulletti?”
Bosconovitch mi guarda confuso.
“Lei forse sopravvaluta la nostra civiltà, dottor Bosconovitch.” continuo con tono di rimprovero “Tra l’altro poco fa ha detto che lei si tratterrà qui soltanto per poco tempo, ha intenzione di abbandonare sua figlia al suo destino?”
“È una ragazza responsabile, gentile ed educata. Le ho insegnato tutto ciò di cui ha bisogno. Saprà cavarsela benissimo.” ribatte lui.
Alzo gli occhi al cielo e mi porto una mano alla fronte.
A quanto pare non vuole davvero capire.
Torno a guardare Alisa. Sembra così spaesata in mezzo alla folla. Si guarda intorno con occhi vivaci di curiosità, lo stesso entusiasmo che si leggerebbe nel volto di un bambino che sta scoprendo le cose per la prima volta.
Non posso starmene con le mani in mano. Non posso accettare una situazione del genere senza fare niente.
Ho dato vita al nostro club con l'intento di creare un mondo migliore, questa è un'altra occasione per dare un aiuto concreto a qualcuno che ne ha bisogno.
“Dottor Bosconovitch, Alisa potrebbe venire a stare con la mia famiglia.” propongo cautamente.
So che probabilmente Kazuya e Jin avranno da ridire. Soprattutto Jin. Per lui è già stato particolarmente difficile accettare l’arrivo prima di Asuka, poi del tirocinante che arriverà a breve.
Però una ragazza così timida ed educata quale problema potrebbe mai creare? Anzi, ripensandoci potrebbe persino essere una buona influenza per i ragazzi. Darò ad Alisa la possibilità di vedere cosa significa vivere a contatto con altre persone e allo stesso tempo i ragazzi potranno imparare qualcosa dalla sua educazione.
“Che… cosa?”
“Ha sentito bene.” rispondo spostando lo sguardo su di lui “Non posso stare a guardare senza fare niente per aiutarla. Le farà bene stare in una famiglia, potrà imparare cosa significa avere a che fare con altre persone più velocemente e mio figlio e mia nipote potranno essere dei punti di riferimento per lei a scuola. Ovviamente se non si troverà bene potrà andarsene quando preferisce.”
“Io… non saprei, è sicura?” il vecchio dottore aggrotta le sopracciglia “Come dovrei ripagarla?”
“Quello non è un problema. Ma se proprio ci tiene, la ragazza potrebbe darmi una mano a tenere in ordine l’ambulatorio come lavoretto part-time.” propongo.
“Dovrei pensarci.”
“Oh, no che non dovrebbe!” lo rimprovero “Se vuole finalmente fare qualcosa di buono per sua figlia farebbe bene ad accettare senza pensarci due volte.”
Mi guarda spaesato.
“Ne parli con la ragazza.” riprendo “E mi faccia sapere il prima possibile.”





















NOTE:
Grazie per aver letto il secondo capitolo di questo vaneggio. Un ringraziamento speciale a chi commenta/aggiunge ai preferiti/ricorda la storia. 
Anche Alisa ha fatto la sua comparsa nel cast. Per questo contesto realistico ho deciso di interpretare la sua diversità da un punto di vista sociale invece che fisico.
Nel prossimo capitolo si torna a parlare di Jin e arriverà un altro noto personaggio.

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Capitolo 3
*** Books and a Ladder (Jin) ***


3
Books and a Ladder

(Jin)


Dopotutto non sono poi così nei guai.
Fortunatamente erano presenti abbastanza testimoni per riuscire a dimostrare che mi sono mosso soltanto per legittima difesa e che ho agito contro di Hwoarang solo per evitare un pugno in faccia.
Certo, sono finito in punizione, ma l’importante è che non mi abbiano tolto né minacciato di togliermi nessun credito. Nessuno dei loro provvedimenti andrà ad ostacolare il mio progetto.
Si tratterà soltanto di trattenermi un po’ di tempo in più dopo l’orario d’uscita a riordinare la biblioteca.
Poteva andarmi molto, molto peggio. Non voglio neanche immaginare cosa sarebbe successo se avessi perso dei crediti, probabilmente avrei ucciso Hwoarang e avrei passato il resto della mia vita in carcere. Lontano dalla mia famiglia certo, ma pur sempre in carcere.
La maggior parte degli studenti sta lasciando la scuola e a quest’ora i corridoi iniziano a svuotarsi.
Sto salendo per la rampa di scale semideserta quando improvvisamente qualcuno mi si piazza a fianco improvvisamente.
Mi volto per un momento e quando capisco di chi si tratta sollevo gli occhi al soffitto con un sospiro esasperato.
Ci mancava solo questa!
“Che cavolo ci fai qui Sasaki?” chiedo.
Eriko Sasaki è una ragazza popolare, bella e consapevole di esserlo. Mi va dietro da anni e si rifiuta di accettare l’idea che non sono interessato a lei. Ha un atteggiamento da principessina capricciosa, non sopporta l’idea che non tutti i maschi debbano caderle ai piedi. Cambia ragazzo più o meno una volta alla settimana e io sono uno dei suoi bersagli ricorrenti. Nonostante le abbia detto più volte che non starei mai con una strega manipolatrice come lei neanche fosse l’ultima donna della terra, non mi dà pace e continua a provarci spudoratamente ai limiti della legalità.
“Ho sentito che sei stato messo in punizione.”
La guardo obliquo.
“E questo perché dovrebbe interessarti?”
“Mi chiedevo se…” mi si piazza davanti e mi parla con una vocina da scema che vorrebbe essere carina presumo “…ti andasse di avere un po’ di compagnia, tutto solo in biblioteca.”
Si sporge pericolosamente verso di me, costringendomi a spostarmi di lato.
Per poco non perde l’equilibrio e non cade dalle scale.
“La vuoi piantare di perseguitarmi?!” chiedo passando oltre.
Lei mi segue frettolosamente.
“Senti, so che non ti piaccio per tutta quella serie di difetti che ogni volta non fai che ricordarmi.” spiega tornando ad usare la sua vera voce “Ma per te potrei provare a cambiare, Kazama-kun. Tu mi piaci davvero, se solo mi dessi una possibilità…”
“No.” rispondo e continuo ad andare avanti.
“Ce l’hai ancora per quella volta a casa tua?”
Oh, giusto. Come se non bastasse, Sasaki è amica di Asuka. Un giorno era a casa nostra per studiare con lei e ad un certo l’ho sorpresa in camera mia che frugava dentro il mio armadio!
“Ovvio che ce l’ho ancora per quella volta.” rispondo gelido.
Maledetta maniaca psicopatica!
“So che ti servono dei crediti.” riprende a parlare e a seguirmi sulle scale come se niente fosse “Sai, per il progetto di cultura anglosassone stanno organizzando un ballo sul modello dei prom delle scuole americane. Sono previsti dei crediti bonus se partecipi al progetto! Se volessi partecipare, potremo andare insieme.”
So di questo ballo e so dei crediti, ma ovviamente farò di tutto per tenermi questa possibilità come ultima disperata risorsa.
In ogni caso, non ci andrei mai e poi mai con Sasaki.
La guardo con sdegno.
“Piuttosto che andare ad un ballo con te ballerei nudo dentro un nido di vespe.”
Forza una risata sarcastica.
“Bene, hai reso il concetto.” risponde amareggiata “Ma lo dovresti sapere le tue battutine cattive di dubbio gusto non hanno effetto su di me. Un giorno capirai di stare commettendo un grosso errore. Ci si vede Kazama-kun!” mi saluta con un gesto della mano e se ne va.
Almeno stavolta è stato relativamente semplice toglierla di mezzo. Ottimo!
Arrivo davanti alla biblioteca qualche minuto dopo. La professoressa mi ha parlato di un aiutante, presumo un altro studente in punizione, che a quest’ora dovrei trovare di già in biblioteca.
Apro la porta ed entro nella sala completamente buia. Un po’ incerto mi guardo attorno.
Strano, evidentemente il mio aiutante non deve essere ancora arrivato.
Cerco a tastoni l’interruttore della luce, lo trovo e lo aziono. Diverse lampade si accendono dal soffitto e illuminano la stanza, mettendo in mostra, una ragazza che dorme con la testa appoggiata sul banco.
È lei la mia aiutante?
Invece di lavorare ha spento le luci e si è messa dormire?
“Ehm… scusa?” provo a chiamarla.
Niente.
Dorme beatamente con il viso coperto dalle braccia.
Mi avvicino e solo quando le arrivo accanto la riconosco.
Come ho fatto a non capirlo subito?! Quei codini sono inconfondibili!
“Scusa?!” provo a ripetere più forte.
Ancora niente.
Non ho di certo intenzione di perdere tempo perché qualcuno ha scambiato l’ora di punizione per quella del pisolino.
“SCUSA?!”
Lascio cadere la mia borsa sul suo tavolo con un botto improvviso.
Ling Xiaoyu sobbalza e si rizza sulla schiena di colpo, guardandomi confusa.
“Kazama?! Che ci fai qui?” chiede poi con un misto di sconcerto e sgomento.
Ling Xiaoyu è una ragazza cinese che da qualche tempo vive sotto la custodia della Mishima Zaibatsu.
È una ragazzina minuta e mingherlina con le codine e con un’insensata passione per i bracciali colorati. A dispetto di quello che il suo aspetto dolce e delicato lascerebbe intendere però, è una combattente di un certo livello e questo è in sostanza il motivo per cui ci conosciamo.
Ling Xiaoyu ha una storia alle spalle che ha decisamente dell’incredibile e non so esattamente dove sia il confine fra realtà e leggenda metropolitana. A quanto si dice, suo nonno è qualcosa che potremo definire come un Pai Mei dei nostri tempi e fin da piccola l’ha istruita sulle arti marziali. A poco più di quindici anni poi, Xiaoyu ha deciso che ne aveva abbastanza della sua vita sulle montagne cinesi e ha avuto l’azzardatissima idea di farsi notare da Heihachi, nell’unico modo in cui non avrebbe mai potuto fallire. Pare infatti che una notte si sia infiltrata in una proprietà della Mishima Zaibatsu e abbia mandato, non so come, al tappeto l’intera squadra di sicurezza.
Heihachi, che ovviamente ha un debole per questo tipo di situazioni da film di kung fu degli anni 70, ha subito deciso di portarla con sé in Giappone per darle la possibilità di continuare ad allenarsi qui. Suppongo che abbia intenzione di farla entrare nella sua squadra quando sarà più grande, per questo avrebbe deciso di investire su di lei.
L’ho conosciuta poco dopo il suo arrivo a Tokyo, quando Heihachi una sera mi ha proposto di allenarmi assieme a lei.
I primi problemi tra noi sono cominciati in quello stesso istante. Dopo averla vista, ho chiesto ad Heihachi se mi stesse prendendo in giro e ho dichiarato di non avere alcuna intenzione di perdere tempo ad addestrare una bambina. Dato che mi era stata presentata come straniera, ero convintissimo che non potesse capire ciò che stavo dicendo, ma qualche frazione di secondo dopo aver finito la mia frase, Xiaoyu mi si è lanciata contro in un pazzo attacco che, essendo io totalmente impreparato, è andato mio malgrado a segno.
Dopo quell’episodio, ho accettato di allenarmi con lei regolarmente, anche se non mancavano battibecchi e litigi di vario tipo.
Questo finché un giorno ho detto qualcosa che deve averla offesa più del solito e non si è più fatta vedere.
Non mi aspettavo che ci saremo ritrovati in una simile circostanza.
“Mi sono addormentata?!” continua sempre più confusa.
“Sì, e ti è rimasta una pagina del quaderno stampata sulla guancia.” la informo con una certa impazienza.
Sì, esatto. Questo impiastro è la stessa persona che pare aver battuto da sola una squadra di Heihachi.
Mi guarda terrificata, poi abbassa lo sguardo sul quaderno aperto su cui sembra stesse svolgendo degli esercizi di algebra.
Si porta le mani al viso preoccupata e poi inizia a frugare dentro la borsa. Estrae uno specchietto e comincia a piagnucolare.
“Non dovevo addormentarmi!! Ma chi diavolo ha spento la luce?!”
“Funzioni a pannelli solari forse?” le chiedo sarcastico “Se ti sei addormentata è colpa tua, non di chi ha spento la luce!”
“Stavo riposando gli occhi per cinque minuti!” mi risponde accigliata “Ma il buio deve avermi conciliato il sonno.”
Si sfrega la guancia fino a far andare più o meno via il segno della penna blu.
Io nel mentre appoggio la mia roba e noto che lei mi guarda con sospetto.
“Comunque che ci fai qui?” borbotta “La biblioteca è chiusa a quest’ora.”
“Sono in punizione.”
Spalanca gli occhi.
“In punizione? Tu?”
Annuisco con un sospiro annoiato.
“Non per colpa mia.” preciso.
“Beh, ovvio.”
Non riesco a capire se in quella frase ci sia dell’ironia o meno, sto per chiederglielo quando invece mi precede e riprende a parlare.
“Quindi dobbiamo lavorare insieme?”
“Così sembra.” annuisco.
“Hm capisco.” risponde osservandomi con aria un po’ incerta.
Poi si alza e comincia a mettere a posto la sua roba. Nel mentre io do uno sguardo alla biblioteca per avere un’idea di cosa tutto ci sia da fare.
È un casino totale!
Tavoli e tavoli pieni di libri, anzi montagne di libri! Scaffali con libri rovesciati e ammassati per forza, fogli, trucioli di matita e pezzi di carta per terra.
“Ma per sistemare qui dentro ci vuole una giornata intera!” mi lamento.
Avevo intenzione di tornare a casa per la notte. Tra l’altro dovrei pure andare ad esercitarmi con la guida più tardi!
“Se lavoriamo bene e eviti di fare i capricci, entro un’ora saremo fuori di qui, Kazama.” mi apostrofa la mia aiutante.
“Capricci?” ripeto contrariato.
“L’altra volta c’è voluta più o meno un’ora.” continua facendo come se non mi avesse sentito.
“L’altra volta?”
Sono stupito. Non mi aspettavo che fosse solita finire in castigo.
“La settimana scorsa ho dato dell’imbecille al prof di matematica.” confessa con semplicità “E non l’ha presa bene.”
“Di certo il fegato non ti manca.” commento con un sorrisetto cattivo “O dovrei chiamarla stupidità?”
Mi lancia uno sguardo truce.
“A te invece la simpatia manca del tutto Kazama, non c’è proprio niente da fare.”
È la solita ragazzina impertinente che mi ricordavo. Le nostre conversazioni durante gli allenamenti andavano avanti più o meno sempre in questo modo.
Cominciamo a lavorare. Per prima cosa smistiamo i libri sui tavoli sistemandoli in colonne divise per argomento, procederemo a sistemarli negli scaffali in un secondo momento.
“Comunque non mi hai ancora detto come mai sei finito in punizione.” mi ricorda ad un certo punto.
Le rivolgo uno sguardo ironico mentre sistemo un libro di geologia in cima alla colonna dei testi scientifici.
“E perché avrei dovuto dirtelo?”
“Perché questo è quello che si chiama fare conversazione.”
“Sì, ma non sono cose che ti riguardano.”
Lei alza gli occhi al soffitto.
“Tua madre ha proprio ragione quando dice che sei un ragazzo difficile.”
“Scusa?!” chiedo corrugando la fronte.
Giusto, fra le altre stranezze di Ling Xiaoyu c’è quella di essere custode di un panda. Sì, un panda, l’orso bianco e nero, simbolo del WWF, avete capito bene. A quanto ho capito è stato un regalo di benvenuto da parte di Heihachi, lui stesso possiede un orso bruno di nome Kuma.
Comunque, il panda in questione è paziente di mia madre. E mamma ha una particolare adorazione sia per il panda, che per Xiaoyu.
Non mi sorprende che abbiano parlato di me in una delle loro chiacchiere da grandi amiche!
“Come non detto.” ridacchia prendendosi gioco di me “Comunque, non era per essere invadente. Volevo soltanto fare due chiacchiere. Sai, rimanere qui dentro per un bel po’ di tempo potrebbe diventare noioso, se non addirittura insopportabile.”
“Se hai tanta voglia di conversare allora perché non inizi tu?” propongo “Perché sei qui? Hai insultato un altro professore?”
“No, ho picchiato un ragazzo.” risponde.
La guardo stupito.
“Hai picchiato un ragazzo?” chiedo conferma, incerto di aver sentito bene.
È una combattente di un certo livello, ma di certo non è una persona violenta, e di certo non è mia cugina che si infila in risse che potrebbe decisamente evitare.
Annuisce evitando il mio sguardo.
“E perché?”
Aspetta qualche secondo prima di parlare per rispondere, poi si stringe nelle spalle. Ho l’impressione che la cosa la imbarazzi un po’.
“Ha fatto un commento da porco su una mia compagna di classe.” borbotta “Non era neanche la prima volta. Gli ho consigliato di chiederle scusa, ma… lui si è rifiutato e io ho perso la pazienza.” mi guarda per un momento per vedere la mia reazione.
La guardo serio per qualche istante, poi mi scappa un risolino.
“Chi era?” sono curioso di sapere.
“Un certo Ishikawa.” brontola “È un idiota del tuo anno, credo.”
Lo conosco.
Beh, tutti lo conoscono dato che è il capo dei teppisti della scuola.
“Ti sei messa ad avere screzi con Ishikawa?” chiedo colpito.
“Se l’è cercata.” risponde seria.
“Ma sai che genere di persona è, sai che probabilmente cercherà di fartela pagare?”
“So badare a me stessa.”
Ok, non credo che Ishikawa sia un tipo pericoloso nel vero senso del termine, ma è pur sempre meglio cercare di tenersi lontani dai litigi con gli stupidi.
“Ora tocca a te.” mi ricorda con un’occhiata fugace “Che hai fatto per finire qui?”
“Ho picchiato un ragazzo.” rispondo.
“Oh, anche tu!” mi guarda con un mezzo sorriso “Non mi dire che Ishikawa ha fatto un commento anche sul tuo sedere!”
“Davvero molto spiritosa! No, è una lunga storia.”
“Abbiamo ancora un sacco di roba da sistemare, c’è tempo.” mi ricorda.
Ci guardiamo in silenzio per qualche secondo, poi alzo gli occhi con un sospiro.
Credo di non aver scelta, sono costretto a raccontare quella noiosissima storia.
“È un ragazzo che ho battuto qualche tempo fa, uno di quei palloni gonfiati convinti di essere più forti di tutti e non sanno accettare le sconfitte, non so se hai presente…” spiego cercando di riassumere la storia il più velocemente possibile “Si è inventato per qualche motivo che il nostro incontro sia terminato troppo in fretta e così pretende una rivincita da parte mia perseguitandomi da quel giorno perché gli ho fatto fare la figura dello stupido che in realtà è.”
“Oh.” aggrotta un po’ le sopracciglia “E così l’hai picchiato.”
“Ha cominciato lui.” puntualizzo “Io mi sono soltanto difeso.”
“Sembra proprio una brutta storia.”
“Lo è, infatti.”
Si mette a ridere.
“Cosa c’è di così divertente?” le domando un po’ infastidito.
“C’è di divertente che quando voi ragazzacci litigate per il cosiddetto orgoglio maschile diventate peggio delle ragazzine che si scannano per il titolo di più bella della scuola o cose del genere.”
Rimango in silenzio.
In un certo senso credo che non abbia estremamente torto.
“Sì, ma vorrei precisare che in questo caso io non c’entro niente.”
“Certo che no.” risponde, e ancora una volta non riesco a capire se sia ironica o meno “Quindi è la prima volta che finisci in punizione?” riprende subito dopo.
Annuisco.
“Wow, domani sarà uno scoop!”
La guardo interrogativo.
“Scusa?”
Mi guarda con sufficienza e scuote la testa appena divertita.
“Abbiamo finito qui. Prendo la scala così mettiamo questi negli scaffali alti, ok?” mi chiede indicando alcune colonne di libri.
Prende la scaletta e la trascina vicino ad uno scaffale.
“Salgo io.” continua “Tu la tieni da sotto, ok? È un po’ instabile.”
In effetti questa scala sembra vecchia di almeno cent'anni e balla tantissimo.
Faccio come mi chiede e le passo un bel po' di libri che appoggiamo sul gradino più alto della scala, in modo che lei possa sistemarli negli scaffali ad uno ad uno.
“Che intendevi dire prima?” riprendo il discorso mentre lei sale in cima alla scala.
“Riguardo a cosa?” abbassa un momento lo sguardo su di me.
"Allo... scoop?"
Mi guarda ridacchiando.
"Non ti facevo così ingenuo." commenta con una smorfia ironica “Beh, sei… mmm… come posso dire? Piuttosto popolare fra le ragazze. Spesso osservano i tuoi movimenti, parlano di te, passano le lezioni a scrivere il tuo nome sul diario con penne di ogni colore e fantasticano ripetendo fra di loro Kazama-kun, notami! Kazama-kun, sei fantastico! Kazama-kun, ti amo! Kazama-kun, sposami!” le imita con una vocina stupida che non fa altro che rendere la scena nella mia immaginazione ancora più inquietante.
“È abbastanza, grazie!” la interrompo.
Lei mi guarda e scoppia a ridere un’altra volta.
“Che è quella faccia sconvolta?” mi chiede “Davvero non te n’eri accorto?”
Certo che mi ero accorto di destare una sorta di interesse di quel tipo. D’altronde stavo cercando di allontanare quella maniaca di Sasaki proprio qualche minuto fa, ma all’idea di essere spiato di nascosto e che parlino di me in questo modo non mi fa sentire esattamente a mio agio.
“In ogni caso, dubito che se tutta quella schiera di ragazzine urlanti provasse anche solo a passare un’ora con ti guarderebbero allo stesso modo.” riprende poco dopo tornando ad occuparsi dei libri “Quindi potresti prendere in considerazione di passare un po’ di tempo con loro se mai volessi togliertele dalle scatole.”
“Sembra che ti diverta un sacco cercare di offendermi o di prendermi in giro, a questo punto mi chiedo come mai abbia smesso di venire agli allenamenti.” commento velenoso.
Mi lancia un’occhiata fulminante.
“Perché sei un cafone, Kazama! Ne avevo abbastanza delle tue cattiverie.”
“Cattiverie?” ripeto “Non mi pare che tu sia molto più gentile nei miei confronti!”
“Sei un maleducato insopportabile.” continua guardandomi con rancore.
“E tu sei una mocciosa permalosa.”
In un primo momento apre la bocca con stupore, poi riparte alla carica.
“Sai solo brontolare e lamentarti di tutto e tutti! E ti manca completamente il senso dell’umorismo.” sbotta.
“Non è vero che mi manca il senso dell’umorismo!”
“Ah no, infatti sei un rinomato simpaticone!”
Finge di mettersi a ridere e nel farlo dà un colpo ad uno dei libri in cima alla scala.
Il libro cade e lo spigolo della copertina mi finisce esattamente nell'incavo tra il pollice e l'indice di una mano, facendomi un male cane. Istintivamente mollo la presa dalla scala e succede tutto troppo in fretta.
La scala traballa, Xiaoyu perde l’equilibrio, sgrana gli occhi e inizia a cadere all’indietro.
Provo ad afferrarle una mano per trattenerla, ma le nostre dita si sfiorano senza riuscire ad afferrarsi.
Cade a terra con un botto e le finisce addosso pure qualche libro.
Mi avvicino frettolosamente mi inchino a fianco a lei per vedere come sta.
Si toglie di dosso i libri con rabbia e va a toccarsi subito la caviglia sinistra.
“Ti sei fatta male?” le domando precipitoso.
“La caviglia.” si lamenta preoccupata “Ho girato la caviglia.”
Sembra piuttosto sofferente e preoccupata. Non so che fare, dovrei andare a cercare qualcuno?
“Prova a metterti in piedi. Ce la fai?” le chiedo cercando di usare un tono gentile.
“Non lo so, aiutami!” mi ordina acida porgendomi una mano.
L’afferro e l’aiuto a tirarsi su.
Si sistema la gonna con le mani. Prova a spostare il peso del corpo da una gamba all’altra e fa una smorfia di dolore. Poi prova a fare qualche passo, ma si ferma scuotendo la testa.
“Mi fa male come carico il peso su questo piede.” si lamenta.
“Ok, forse è una semplice storta.” dico cercando di sembrare rassicurante.
“No! Fa decisamente più male di una semplice storta.” mi zittisce “Dovranno ingessarmi!”
Si lascia cadere su una sedia e abbassa lo sguardo atterrita.
“Vuoi che chiami qualcuno?”
Non risponde.
“Ci sei?”
Si porta le mani alla fronte e si piega verso le ginocchia.
“Era successo anche a me una volta.” provo a rassicurarla “Ero caduto da un albero e…” mi fermo quando mi accorgo che ha iniziato a tirare su col naso.
No, questo no.
Non sono per niente bravo in queste situazioni, anzi diciamo che faccio proprio schifo.
“No, ma che fai?” chiedo.
Avrei voluto sembrare più gentile, invece ho parlato con un tono quasi di rimprovero.
“Ci sono le selezioni per le nazionali tra un paio di mesi.” mi informa “Se mi sono infortunata io…”
Sento un groppo alla gola.
Sono un atleta anche io e riesco a capire perfettamente come deve sentirsi in questo momento.
“… io ti uccido.” conclude guardandomi con uno sguardo killer.
Ok, la tristezza ha velocemente ceduto il posto alla rabbia omicida.
“Non è detto che sia un infortunio serio.” provo a dire per tranquillizzarla “Magari ti stai preoccupando eccessivamente e invece andrà tutto bene.”
“Tutto bene un corno!” sbotta con decisione con una sorta di ringhio.
Poi fa un grande respiro e sembra cercare di calmarsi.
“Senti, non dire altro per favore!”
“Ok.” rispondo incerto.
Forse è meglio così.
Tira di nuovo su con il naso.
È tornata la tristezza.
“Se non posso più combattere io…” non riesce neanche a finire la frase.
Per qualche minuto rimango in silenzio a non fare niente mentre fa di tutto per trattenere le lacrime. Non so che cosa fare e mi sento un idiota.
“Vuoi che vada a cercare del ghiaccio?” propongo allora.
Almeno ho la scusa per lasciarla un po’ sola.
Annuisce.
“Ok, grazie.” risponde serissima.
Vado verso la porta e mi giro a guardarla di nuovo un attimo prima di uscire.
“Cerco… di fare in fretta.”
Sarebbe più una domanda che un’affermazione.
Annuisce di nuovo senza guardarmi.
“Grazie.” ripete con delle scuse appena più sentite.
Esco dalla biblioteca e comincio a vagare per i corridoio senza avere una minima idea di dove stia andando.
Dove posso trovare del ghiaccio? La scuola è mezzo vuota, gli ultimi studenti si stanno preparando ad andare a casa e non incontro neanche un insegnante a cui chiedere aiuto.
L’infermeria è dall’altra parte dell’edificio e non sono neanche sicuro che sia ancora aperta.
Arrivo davanti ad una macchinetta per le bibite e compro una lattina di qualcosa che non ho neanche il tempo di controllare. Non so che altro fare. Per fortuna è ben ghiacciata.
Torno sui miei passi e rientro in biblioteca.
Xiaoyu ha smesso di piangere, ma ha ancora gli occhi rossi e lucidi e uno sguardo da funerale.
Mi avvicino a lei e le porgo la lattina da sistemare contro la caviglia gonfia.
“È la cosa più simile al ghiaccio che ho trovato.” spiego.
Forza un piccolo sorriso e annuisce.
Poi prende la lattina e l’appoggia contro la parte di caviglia dolorante.
“Ci mancava solo questa.” pensa a voce alta “Adesso mi hai pure visto piangere come una mocciosa.”
Si sta davvero preoccupando per questo?
“Non ho intenzione di giudicarti perché hai avuto una reazione del tutto comprensibile, ok?” le rispondo con un’occhiata veloce, prima di voltarmi verso la scala e i libri a terra.
“Mancava soltanto quella pila di libri.” dico “Se li sistemo possiamo andarcene. Cerco di fare in fretta.”
Mi guarda pensierosa con aria triste, poi annuisce piano piano.
“Senti… Mia madre viene a prendermi in macchina tra poco. Sto facendo pratica per l’esame di guida.” riprendo poco dopo “Posso chiederle di darti un’occhiata e ovviamente possiamo portarti a casa.”
Mi guarda ancora con quello sguardo pensieroso che faccio fatica a decifrare.
“Ti senti in colpa?” mi chiede.
“Scusa?” sono confuso.
Mi rivolge uno sguardo serio.
“Sei così gentile che non sembri neanche tu e mi stai confondendo non poco, quindi mi sto chiedendo se ti senti in colpa.” spiega semplicemente “Perché, se così fosse non dovresti sentirti in colpa. Lo so che prima ho detto che ti avrei ucciso, ma lo so che non è colpa tua. Ho visto che hai mollato la scala perché ti è finito quel libro sulla mano.”
“Non mi sento in colpa.” ribatto quasi risentito “È soltanto comune buon senso.”
A quanto pare tutti nel mondo sono convinti che io sia un grandissimo stronzo sociopatico, che non posso provare empatia per una persona in difficoltà.
Riprendo a sistemare gli ultimi libri nello scaffale, facendo estrema attenzione nell’usare la scala.
Nel giro di dieci minuti circa finisco e torno da lei.
“Possiamo andare. Ce la fai a camminare?”
Si alza in piedi e prova a fare qualche passo zoppicante.
“Credo.” mormora.
Mi avvicino e l’aiuto a sostenersi prendendole un braccio e portandolo oltre la mia spalla.
Mi guarda sconcertata.
“Potrai pure pensare quello che vuoi su di me, ma non sono ad un livello così basso da non darti una mano.” spiego ancor prima che possa commentare.
“Non ho detto niente!” esclama sulla difensiva.
Per la maggior parte del tragitto fino dalla biblioteca alle scale non apriamo bocca.
Xiaoyu ha uno sguardo afflitto e solo quando ci ritroviamo da soli dentro la cabina dell’ascensore mi decido a dirle qualcosa.
“Senti, seriamente, non è detto che dovrai saltare le nazionali.” cerco di spiegarle “E poi se anche dovesse essere, non sarà una partecipazione alle nazionali a compromettere la tua carriera!”
“Ho lavorato tantissimo per questa qualifica.” risponde seria evitando di guardarmi “Se non dovessi riuscire a partecipare, tutte le mie fatiche sarebbero valse a nulla.”
Ok, è pessimista fino in fondo. Ma come posso darle torto? Se fosse capitato a me probabilmente starei facendo ancora più casino.
Questa è una giornata sempre più di merda, ma me ne rendo conto meglio quando, una volta raggiunto il cancello della scuola, noto un’auto scura parcheggiata sul lato opposto della strada. Una macchina decisamente familiare, ma non quella che mi aspettavo di trovare, dato che è l’auto di Kazuya!
Mi blocco all’improvviso e mi irrigidisco.
No, non sono preparato. Non posso sopportare anche questo.
Xiaoyu, che si sta ancora sostenendo a me nota il cambio d’espressione e mi guarda confusa.
“Qualcosa non va?”
“Ehm… potresti aspettarmi un secondo qui?”
Lei segue il mio sguardo fino all’auto di Kazuya.
“Certo.”
Si separa da me e va ad appoggiarsi al recinto della scuola.
Attraverso la strada e mi dirigo a passo svelto verso l’auto nera di mio padre, la raggiungo. Lu è seduto al posto passeggero mentre è intento a fare qualcosa con il cellulare. Perché è seduto da quella parte? Devo guidare con lui?! Manco morto!
Busso al finestrino, si accorge di me e lo abbassa guardandomi con la sua solita odiosa aria di strafottenza.
“Che cosa ci fai qui?!” gli chiedo con impeto ancora prima che possa lui dirmi qualcosa.
“Jun si è ricordata di avere la manifestazione degli ambientalisti questo pomeriggio e non poteva venire.”
È furente di rabbia. Conoscendolo, di certo non si è offerto volontario per venirmi a prendere. Posso immaginare la scena perfettamente. Probabilmente, come sempre, hanno litigato al telefono per ore e alla fine ha vinto lei! E ovviamente devo essere io a subire tutta la sua frustrazione.
Tra l’altro, come se tutto ciò non fosse abbastanza dovrei guidare la sua macchina e sinceramente credo che affrontare un leone a mani nude sarebbe meno rischioso.
Torno a guardare Xiaoyu che aspetta sull’altro lato della strada.
Ma perché doveva capitarmi tutto oggi?!
“Allora ti muovi a salire?” mi richiama Kazuya “Non ho voglia di passare la notte qui.”
Mi volto di nuovo da lui.
“C’è un piccolo problema.” provo a spiegare “Sono finito… in punizione e…”
“In punizione?” mi interrompe guardandomi con aria insolente.
Deglutisco.
“Sì, è una lunga storia, ma…”
“Che coglione!” ride tra sé e sé “In punizione come un marmocchio delle elementari.”
Lo odio. Cazzo, quanto lo odio quando fa così!
“Comunque… ho dovuto riordinare la biblioteca assieme ad un’altra persona e…” riprendo il discorso cercando di ignorare le sue provocazioni “…questa persona si è fatta male e le ho detto che potevamo darle un passaggio, dato che in parte è stata anche colpa mia.”
“In parte è stata colpa tua?” mi scruta con sguardo accusatorio che mi fa sentire ancora più di merda.
“Beh, no. È stato un incidente, ma…”
“Dove è questa persona?”
Deglutisco ancora.
“È quella ragazza che aspetta vicino al cancello.” la indico con un quasi impercettibile cenno del capo “È la ragazza che sta alla Mishima Zaibatsu, hai presente?”
Kazuya si volta a guardare, poi torna a concentrarsi sul suo telefono.
“Dato che tu le hai fatto male, tu l’accompagnerai dove deve andare, mi sembra la cosa più opportuna.” dice “Avanti, chiamala.”
“Io l’accompagnerò…? Devo… devo guidare per forza io mentre la portiamo?”
“Mi sembra ovvio.” risponde gelido con un sorriso crudele.
So che si sta divertendo un mondo a farmi soffrire.
Ho cominciato a fare pratica in città solo da una settimana. Non credo di essere terribile per il mio livello d’esperienza, ma di certo non mi sento pronto ad usare la macchina di Kazuya, tantomeno con una terza persona a bordo.
Torno da Xiaoyu e devo essere sconvolto, visto che mi guarda incerta.
“Ehm… mia madre non è venuta, però possiamo portarti dove vuoi.”
Lei guarda Kazuya da lontano e sembra un po’ a disagio.
“Hmm… senti, io non voglio essere di disturbo.” farfuglia “Sei stato davvero gentile finora, posso arrangiarmi anche da sola.”
“Non essere ridicola!” la apostrofo “Non riesci neanche a poggiare il piede a terra senza fare smorfie.” le faccio notare.
Poi alzo lo sguardo al cielo e emetto un lungo sospiro.
“Ero io a tenere la scala, dopotutto.”
Mi guarda di sbieco.
“Ora sei tu che stai facendo il ridicolo, Kazama!” controbatte “Ti ho detto che è stato un incidente, non è stata colpa tua.”
“In ogni caso non sei in grado di andare da nessuna parte in queste condizioni.” taglio corto “Ti porterò a casa o… all’ospedale?”
Sospira in segno d’arresa.
“D’accordo. Andiamo a casa.”
Qualche minuto più tardi siamo tutti e tre in macchina, io sono seduto al posto di guida con le mani che sfiorano il volante e mi preparo mentalmente all’idea di mettere realmente in moto quella macchina e di doverla usare.
Do una veloce occhiata allo specchietto retrovisore e noto che anche Xiaoyu sembra decisamente a disagio. Per forza, mio padre deve sembrare un tipo terrificante per chi lo conosce poco, e ancora di più per chi lo conosce bene ovviamente.
Giro la chiave e si accende il quadro.
“Fai un solo graffio alla mia macchina e ti ammazzo con le mie stesse mani.” mi ricorda mio padre con una serietà agghiacciante.
Non sarei mai dovuto alzarmi dal letto stamattina.
Mi immetto nel traffico e con le gocce di sudore che mi scendono sulla fronte comincio a dirigermi verso il complesso della Mishima Zaibatsu.
“Fa piano con il cambio delle marce.”
Sono nervoso e sto guidando da schifo.
“Sei troppo al centro, spostati di lato.”
Però è anche vero che Kazuya è troppo pignolo. Non sono così al centro della strada, non posso spostarmi di più o rischio di toccare le auto parcheggiate. Credo.
“Non sono così in mezzo!”
“Sei in mezzo.” ribatte gelido.
“Io… non credo.” insisto.
“Ah sì? È così che protesterai quando ti bocceranno all’esame di guida?”
Voglio che questa terribile giornata finisca una volta per tutte!
“Mi capisci o sei ritardato?! Ti ho detto di essere più delicato con il cambio, cazzo!”
“Ci sto provando, cazzo!”
Mamma perché mi hai fatto questo? Perché devo sopportare di guidare la macchina di Kazuya con Kazuya a fianco?
“Cambia marcia quando deceleri! Non ho intenzione di ricomprare le pastiglie dei freni per colpa tua!”
Dopo un lunghissimo quarto d’ora e un centinaio di critiche, insulti e minacce, riesco a raggiungere il complesso degli alloggi della Mishima Zaibatsu. Parcheggio con una frenata, a detta di Kazuya, troppo brusca e scendo dall’auto.
“La ringrazio, signor Mishima.” sento dire a Xiaoyu poco prima di aprire lo sportello.
“Nessun problema.” risponde lui sembrando quasi cortese.
Ogni tanto dimentico che con gli estranei, quando vuole, sa pure sembrare normale.
Scende anche lei. Ci guardiamo.
“Hai bisogno che ti accompagni?”
“No, no.” si affretta a rispondermi con un sorriso nervoso “Hai già fatto molto per me, davvero. Grazie mille! Comunque mi fa già un po’ meno male, forse avevi ragione e dopotutto non era poi così grave.”
Non capisco se sia seria o se lo sta dicendo solo per convincermi.
Si volta verso la macchina “E poi non è il caso di far aspettare ancora tuo padre.”
“Non preoccuparti di quello!”
“No, no. Non fa niente, davvero! Sto bene.” insiste con una risatina un po’ forzata, poi indica l’edificio davanti a noi “Vivo qui al primo piano, non devo neanche fare le scale.”
“Sei sicura?”
Annuisce con decisione.
“Grazie ancora!” dice prima di avviarsi lungo il vialetto salutandomi con un cenno della mano.
Zoppica ancora, ma in effetti sembra muoversi meglio di prima.
Rispondo al saluto, poi mi stringo nelle spalle e torno alla macchina.
Kazuya è ancora al posto passeggero.
“Ti muovi?” mi chiede quando riapro lo sportello e prendo posto davanti al volante.
“Torno a casa?”
Per favore, fammi tornare a casa. Voglio rinchiudermi fra le mura sicure della mia stanza e godermi un po’ di tranquillità.
“No, continua dritto.”
Faccio come mi dice e continuo a guidare per altri venti minuti buoni, tra altri rimproveri, altri insulti e altre minacce di morte. Improvvisamente poi, poco fuori dal nostro distretto, durante uno scatto d’ira mi chiede di accostare.
Parcheggio la macchina al lato della strada e lo guardo dubbioso.
“Scendi.” mi ordina, prima di aprire lo sportello e scendere anche lui.
Faccio come mi dice, un po’ risollevato per il fatto di non dover più guidare con lui e scendo dall’auto.
“Che cosa ho fatto adesso?” gli domando mentre mi passa a fianco.
Non mi risponde ed entra al posto del guidatore. Sbuffo e inizio a muovermi per fare il giro dell’auto verso l’altro sportello, quando sento il rumore della serratura automatica.
Sgrano gli occhi e guardo Kazuya, che nel mentre mi osserva con un ghigno crudele stampato in faccia.
“Vediamo se la prossima volta ti ricorderai di andarci piano con il cambio delle marce.” mi dice prima di rimettere in moto la macchina. Il finestrino si risolleva.
“Hey, no! Cosa fai?!” urlo mentre cerco di forzare la maniglia della portiera.
Niente da fare, è chiusa.
“Non puoi lasciarmi qui, stronzo!” continuo battendo contro il vetro.
Kazuya ride con uno sguardo crudele, poi riparte, lasciandomi nel bel mezzo della strada a circa quindici chilometri di distanza da casa.
















NOTE:
Ovviamente non potevo non inserire Xiaoyu in questa storia!
 

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Capitolo 4
*** Family Issues (Lars) ***


4
Family Issues 

(Lars)


Pago il tassista e scendo dall’auto. Scarico le mie valigie dal bagagliaio e mi volto di tanto in tanto a guardare la casa.
È bellissima. Certo, non era di certo una sorpresa che i Mishima vantassero di una condizione economica invidiabile, ma questa villa ha decisamente superato le mie aspettative. È un vero gioiello d’architettura che unisce modernità ed eleganza giapponese in un equilibrio raffinatamente perfetto.
Dunque ci siamo finalmente.
Durante questo interminabile viaggio non sono mancati momenti di nervosismo o di tensione, ma sono più che pronto per adempiere a questa missione. Una missione che spetta a me più di qualunque altro.
Prendo il telefono e provo, per l’ennesima volta da quando ho lasciato l’aeroporto, a mettermi in contatto con Jun Kazama, ma ancora una volta il suo numero risulta non raggiungibile.
Accidenti!
Chiudo la chiamata e rinfilo il telefono nella tasca dei jeans. Osservo ancora la casa con indecisione.
Sta facendo buio e sono stanco, sono sveglio ormai da trenta ore. Alcune luci della casa sono accese, quindi dovrebbe pur esserci qualcuno. Certo, avrei preferito avvertire la signora Kazama prima del mio arrivo, ma non posso neanche stare qui tutta la notte ad aspettare che si guardi il telefono. Potrei provare a suonare al campanello, per esempio.
Il cancello del giardino è stato lasciato semi-aperto. Lo spingo piano per aprirlo meglio, il cancello si muove con un cigolio inquietante.
C’è un vialetto di ciottoli bianchi di circa venti metri che porta direttamente all’ingresso di casa. Il vialetto è delimitato da un muro di siepe su un lato e da una ringhiera che lo separa dal resto del giardino sull’altro. 
Perché improvvisamente mi sento così a disagio all’idea di percorrere questo vialetto e andare a suonare il campanello?
Ho una strana sensazione, come se fossi consapevole di stare facendo qualcosa di non corretto.
Lascio da parte questi pensieri, prendo i miei bagagli e inizio a camminare verso la porta di casa. Si sente della musica provenire dall’interno della casa. Una musica che non riesco a definire, ma sembra essere allegra e ben ritmata. 
Sono circa a metà strada, quando immerso in questi pensieri, un ruggito improvviso mi fa gelare il sangue nelle vene e per poco non lancio i bagagli.
Tre enormi cani, grandi e feroci come leoni, si stanno per lanciare contro di me con occhi iniettati di sangue. Con le gambe molli, faccio istintivamente qualche passo all’indietro e quasi perdo l’equilibrio. Trattengo il respiro e solo dopo qualche secondo mi rendo conto che i cani sono bloccati oltre la ringhiera e non possono raggiungermi.
Deglutisco e rimetto insieme le mie cose. Riprendo velocemente il tragitto verso l’ingresso della villa senza guardare i cani, che nel mentre mi seguono al di là della recinzione facendo un fracasso terribile.
Quando arrivo davanti all’ingresso mi rendo conto che la musica all’interno della casa si è fermata da un po’. Avranno sentito il baccano dei cani e saranno andati a controllare?
Mi assicuro di non aver sbagliato indirizzo leggendo il nome affianco al campanello.
Riconosco i kanji. Non dovrebbero esserci equivoci, finalmente ci siamo.
Suono.
Passano diversi secondi, forse minuti, e niente succede.
I cani continuano a ringhiarmi contro con come se desiderassero farmi a pezzi.
Deglutisco ancora. In generale non ho alcun tipo di problema con i cani, ma questi hanno una ferocia spaventosa e mi mettono piuttosto a disagio.
Provo a suonare un’altra volta. Stavolta non devo aspettare troppo a lungo e dopo mezzo minuto una voce femminile mi risponde dall’altoparlante.
“Chi è e chi cerca.” chiede in tono severo con quello che assomiglia più a un ordine che a una domanda.
Mi schiarisco la voce.
“Sono Lars Alexandersson.” mi presento “Sono il nuovo assistente della dottoressa Kazama.”
Silenzio.
Passano alcuni secondi e la porta si apre il tanto giusto per permettere ad una giovane ragazza con i capelli castani di fare capolino. Mi squadra dalla testa ai piedi con sospetto e sguardo vagamente ostile.
“L'assistente? Non ti aspettavo. Mi ha zia non mi ha detto che saresti arrivato oggi.”
Ancora una volta avverto quella strana sensazione come se stessi facendo qualcosa di disonesto.
“Lo so.” rispondo cercando di reprimere questa spiacevole sensazione “Sono partito all’improvviso, non appena sono riuscito a recuperare le ultime firme che servivano per registrare l’attività del tirocinio.”
La ragazza mi ascolta dubbiosa, poco convinta.
“Purtroppo non sono ancora riuscito a avvertire la dottoressa Kazama. Non risponde al telefono.” aggiungo.
“Mia zia non è in casa.” dice “Al telefono non risponde, dici?”
Annuisco.
“Ho riprovato anche qualche secondo fa.”
“Hmm…” ragiona inclinando la testa su un lato “È una situazione un po’ complicata. Non so, potrei farti entrare in casa… ma come faccio a sapere che non sei un malintenzionato?”
Si piega in avanti e mi guarda con aria minacciosa.
“Non lo sei, vero?” mi chiede alzando un sopracciglio.
Mi sento incredibilmente a disagio.
“Certo che no!” rispondo subito con impeto.
Lei ridacchia.
“Beh, se per esempio fossi un ladro di certo non lo ammetteresti.” osserva a voce alta, poi mi scruta con sguardo minaccioso “Pensi forse di poterti prendere gioco di me? Ti sembro una ragazzina stupida e indifesa, non è così? Magari stai pensando di poterti approfittare di me…”
“Cosa?” sono interdetto.
“Intendo dire…” alza gli occhi al cielo “Non sei un malintenzionato che sta cercando di farmi fessa, giusto?”
Sto avendo una delle conversazioni più strane e scomode della mia vita.
“N-no… certo che no!” mi affretto a rispondere.
“Beh, sarà meglio per te.” mi risponde con un sorriso cattivo “Sono esperta di karate. L’anno scorso ho vinto le nazionali per la mia categoria. Potrei spezzarti la schiena se solo lo volessi.”
Mi guarda torva e parla con voce cupa.
“Giuro che non ho alcuna cattiva intenzione.” asserisco.
“Sai, trovo sempre piacevole dare una bella lezione a chi se lo merita.” continua “E ne ho picchiati veramente tanti, prepotenti, teppisti e persino dei trafficanti di droga. Ma in effetti non mi è mai capitato di dover pestare un ladro che si era intrufolato in casa così astutamente. Spera di non essere la prossima new entry della mia lista nera.”
Ridacchia con un ghigno crudele.
Qual è il problema di questa ragazza?
“Tra l’altro, non ti ho detto che in questa casa siamo tutti dei lottatori professionisti. Insomma, io potrei non sembrare poi così spaventosa, ma spera di non far arrabbiare i miei zii! Perchè io dopotutto potrei ancora provare un po’ di pietà nei confronti di un povero patetico ladro… ma loro non credo che sarebbero altrettanto misericordiosi.” mi avverte sghignazzando “Per non parlare di mio cugino, che ha un evidente problema di gestione della rabbia che si trascina da anni! Secondo me è sulla buona strada per diventare un sociopatico.” fa una piccola smorfia, poi sospira e torna a guardarmi seria “Tra l’altro hai anche avuto il piacere di conoscere i nostri cagnolini.” sussurra indicandoli con un cenno della mano “E se c’è qualcosa che adorano più dell’odore del sangue, è l’odore del terrore.”
Finisce la frase sussurrando con sguardo serio, poi tenendo gli occhi fissi sui miei si sporge ancora una volta verso di me.
“Alla luce di tutto ciò te lo chiedo ancora e per l’ultima volta, Lars Alexandersson.” parla sottovoce “Sei un malintenzionato?”
“No!” ribadisco deciso seppure con un momento d’esitazione “Sono qui per fare da assistente alla dottoressa Kazama.”
La ragazza mi guarda in silenzio per qualche secondo, poi scoppia a ridere. Spalanca la porta e mi sorride in modo amichevole.
“Sì, certo che non lo sei.” dice “Tranquillo, io so riconoscere un delinquente quando ne vedo uno! Benvenuto! Accomodati pure!”
Mi invita dentro con fare gentile.
Sono stupefatto.
“Piantatela voi, bestiacce!” urla poco dopo ai cani che stanno ancora facendo un casino infernale.
Torna a guardarmi con aria gentile.
“Da dove vieni? Parli davvero bene il giapponese, sai? I tuoi capelli sono bellissimi.”
Sono sconcertato e confuso. Nel giro di pochi minuti sembra aver completamente cambiato personalità.
“Svezia.” mormoro confuso rispondendo ad una delle sue domande.
Ridacchia ancora.
“Non ti ho spaventato vero?” mi domanda “Stavo scherzando! Volevo soltanto divertirmi un po’. Ho capito subito che non eri un ladro! Cioè, quasi subito…” precisa con una risatina “…ma ormai mi hai perdonato, vero?”
Mi porge una mano e mi guarda con un gran sorriso.
Annuisco confuso e la stringo.
“Pace fatta allora!” riprende sempre sorridente, poi mi indica i bagagli “Vuoi che ti dia una mano a portare dentro le valigie? Sono forte, eh! Riguardo a quello non stavo affatto scherzando!”
Senza darmi il tempo di rispondere, riprende subito a parlare.
“Io comunque sono Asuka Kazama e sono la nipote di Jun Kazama.” si presenta “Sono nata e cresciuta a Osaka, ma da qualche anno vivo e frequento la scuola qui. Piacere di conoscerti!”
Sono sempre più confuso dai modi di fare di questa ragazzina e soprattutto dalla sua loquacità.
“Non… non preoccuparti per le valigie, faccio da solo.” dico portando dentro entrambi i bagagli.
Annuisce.
“Non so se mia zia abbia già preparato una stanza per te.” riprende Asuka riflettendo a voce alta “In ogni caso puoi accomodarti qui nel mentre che lei arriva.”
Mi indica il divano. Do uno sguardo all’ambiente, il bianco e il nero sono i colori principali, il design dell’arredamento è elegante e sofisticato, delle grandi vetrate rivelano una sorta di giardino interno che non avevo notato da fuori.
“È una casa bellissima.” commento andando a sedermi.
“Sì, i miei zii hanno un buon gusto.” risponde la ragazza annuendo “Vuoi qualcosa da bere? Vuoi del succo? Una coca? Una birra?”
“Un bicchiere d’acqua andrà benissimo.” sorrido.
“Oh.” sembra un po’ delusa, poi alza le spalle e sorride “Perfetto! Arrivo subito!”
Si dilegua in fretta verso quella che dovrebbe essere la cucina.
Mi guardo ancora intorno e la mia attenzione viene catturata dalle tre katane esposte sopra l’enorme televisore a muro.
Asuka torna poco più tardi con due bicchieri e una caraffa piena d’acqua che appoggia nel tavolino di vetro davanti al divano.
“Sei un veterinario anche tu?” mi domanda poi sedendosi a gambe incrociate affianco a me.
Bevo un sorso d’acqua e faccio di no con la testa.
“Sono un biologo, assisterò la dottoressa Kazama per le analisi in laboratorio.”
“Figo.” commenta con un gran sorriso “È la prima volta che vai a fare un'esperienza come questa all’estero?”
“Beh, per anni ho fatto il militare quindi ho preso parte a varie missioni in giro per il mondo…”
“Wow!” mi interrompe “Fai parte dell’esercito?”
“Beh, sì… anche se ho deciso di prendere una piccola pausa…”
“Quindi sai usare armi e cose del genere?”
“… sì.”
“Wow.” ripete Asuka con ammirazione.
Il rumore della porta di casa che si apre richiama l’attenzione di entrambi.
“Non posso credere che tu l’abbia mollato in mezzo alla strada in quel modo.” sento dire ad un’adirata voce femminile.
“Può benissimo prendersi una metropolitana. È grande abbastanza per muoversi da solo in città.” risponde un uomo con tono distaccato “Gli servirà da lezione. La prossima volta… se ci sarà una prossima volta e francamente spero di no, si ricorderà di ascoltarmi!”
“La colpa è solo mia, sono stata una stupida a fidarmi di voi due.” gli rinfaccia la donna “Come sempre ho riposto troppa fiducia nel vostro buon senso!”
“Senti, a momenti quell’idiota mi troncava la leva del cambio!” ringhia l’uomo.
“Ha cominciato a guidare una settimana fa! Che cosa ti aspetti?!”
“Non me la sono presa per la sua inesperienza.” ribatte ancora l’uomo gelido “Ma è testardo, arrogante, non ascolta, e mi dà sui nervi quando si comporta così.”
Devono essere i padroni di casa. Guardo Asuka, ma il fatto di sentire alla perfezione il loro litigio non sembra metterla per niente a disagio.
Ecco che vedo finalmente arrivare dall’ingresso la figura snella di una donna. È vestita in modo elegante e ha i capelli raccolti all’indietro. Sbuffa seccata e appoggia la borsa su un tavolino. Poco dopo fa la comparsa anche il secondo interlocutore, un uomo altrettanto elegante con un’espressione di fastidio stampata sul volto. È lui il primo a notare la mia presenza e mi guarda con aria vagamente intimidatoria.
Deve essere Kazuya Mishima.
Sento un brivido che mi sale lungo la schiena mentre il suo sguardo di fuoco incrocia il mio.
Noto che tocca appena il braccio della donna per richiamare la sua attenzione, le sussurra qualcosa che non riesco a captare e poi se ne va verso la scala e sparisce al piano di sopra con uno sguardo ancora traboccante di rabbia.
Jun Kazama si volta confusa e mi vede. Si sofferma prima su di me e poi su di Asuka e osserva quest’ultima con aria quasi di rimprovero.
“Asuka, non ti sembra un po’ troppo grande?” sibila fra i denti.
“Cosa?” dice Asuka e sta per aggiungere qualcos’altro, ma io mi alzo in piedi e inchino la testa in avanti.
“Dottoressa Kazama, sono Lars Alexandersson, il suo nuovo assistente di laboratorio.” mi presento “Mi dispiace essere arrivato senza preavviso, ma non sono riuscito a mettermi in contatto con lei.”
La dottoressa Kazama rimane qualche secondo in silenzio.
“Oh!” si lascia sfuggire mentre ragiona su ciò che le ho appena detto “Scusate, per un attimo ho pensato che…”
Poi scuote la testa come per allontanare chissà quale pensiero e riafferra la borsa. Fruga al suo interno e toglie fuori il telefono. Lo controlla velocemente, poi si morde il labbro.
“Accidenti, avevo il telefono scarico. Mi dispiace tantissimo Lars.” commenta, poi si avvicina a stringermi la mano “Benvenuto nella nostra casa. Ti mostro subito la tua stanza.”
Mi fa un gran sorriso e tutta la rabbia che sembrava aver avuto solo qualche momento fa sembra svanita nel nulla.
“Zia Jun, perché mi hai parlato così poco fa? Che cosa sei andata a pensare?!” si lamenta Asuka alzando gli occhi al soffitto mentre accende la televisione.
“Seguimi Lars, Asuka lascia stare.”
Prendo le valigie e seguo la dottoressa Kazama al piano di sopra dove mi porta davanti ad una porta in fondo al corridoio.
“Spero sia di tuo gradimento.” mi invita ad entrare.
Porto le valigie all’interno della camera e le do un’occhiata veloce. Come il resto della casa è spaziosa e arredata con lusso.
“È meglio di quanto avessi mai potuto immaginare, davvero.” ammetto e lo penso sul serio.
“Immagino che sarai stanco e affamato dopo tutte quelle ore di volo.” suppone a voce alta la padrona di casa “Puoi prenderti la giornata libera per domani, così avrai il tempo di smaltire il jet-lag.”
“Non ce n’è bisogno.” rispondo “Sono impaziente di vedere il laboratorio.”
“Come preferisci.” sorride la dottoressa “In ogni caso, ora forse vorrai riposarti e ambientarti un po’ nella stanza. Per qualsiasi cosa, mi trovi di sotto. La cena sarà pronta tra… hmm… circa un’ora. Manderò qualcuno a chiamarti.”
“Grazie.” sorrido a mia volta.
La dottoressa esce e chiude la porta, lasciandomi solo nella mia nuova stanza.
Non sono passati neanche venti minuti quando sento di nuovo un altro acceso scambio di voci dal piano di sotto. Stavolta sembra esserci un’altra voce maschile che litiga coloritamente con quello che mi sembra essere Kazuya e di tanto in tanto interviene anche la voce della dottoressa Kazama che cerca di fare da paciere fra i due. Il tutto avviene con il suono della risata di Asuka in sottofondo.
Finisco di sistemare i vestiti nell’armadio e qualche libro sulle mensole, poi prendo il computer portatile e lo accendo per registrare il punto fondamentale della giornata.

Giorno 1:
- Arrivo alla residenza Mishima-Kazama. 

Le cose procedono bene.
Devo stare calmo e attento. Non è poi così diversa da una delle mie solite missioni.
Non devo farmi influenzare dai miei sentimenti personali. Sono un professionista.
Andrà tutto bene.
 


Vengo chiamato per la cena circa un quarto d’ora dopo che il vociare si calma, ed è Asuka che viene ad avvertirmi.
A cena ho l’occasione di conoscere Jin, il figlio dei padroni di casa, l’ultimo membro della famiglia che non avevo ancora incontrato.
Sembra un ragazzo molto serio e sembra aver ereditato lo stesso sguardo infastidito di Kazuya, anche se ho l’impressione che i due non vadano per niente d’accordo.
La dottoressa Kazama mi indica il posto che devo prendere a tavola, a fianco a Jin, poi va in cucina assieme a Kazuya.
“Ciao.” mi rivolgo a Jin sedendomi “Sono Lars, l’assisten…”
“So benissimo chi sei.” mi zittisce in tono brusco senza neanche guardarmi.
“Jin! Non fare lo scemo come al solito!” lo ammonisce Asuka seduta dall’altra parte del tavolo con un soffio di voce appena udibile.
“Asuka, è tutto a posto.” mi affretto a dire.
Ho capito che il ragazzo ha appena litigato malamente con suo padre e probabilmente non è dell’umore di fare amicizia proprio adesso.
Jin mi guarda con fare annoiato.
“Non prendiamoci per il culo, so chi sei tu e tu sai chi sono io. Non ha senso fare altre presentazioni.” dice acidissimo, poi si fa serio “Ma voglio darti comunque un consiglio, scappa da questa casa il prima possibile.”
“Jin!”
La dottoressa Kazama è tornata nella stanza tenendo un tegame di alluminio con le presine e guarda il figlio con un misto di sorpresa e di sdegno.
Arriva anche Kazuya, ma non commenta la scena, ma fila dritto a sedersi a tavola e accende la televisione.
Jin alza le mani con una smorfia sarcastica.
“Ho cercato di fare del bene morale.”
“Lars, ti prego non fare caso e quello che dice mio figlio.” spiega la dottoressa prendendo posto a tavola “Jin è un ragazzo dal carattere piuttosto difficile.”
Jin sembra non apprezzare quel commento nei suoi confronti.
“Oh, giusto!” esclama a voce alta “Difficile, è così che mi definisci con gli altri, non è vero?”
“Ma di che cosa stai parlando?” chiede la madre confusa.
“Lasciamo perdere.” brontola lui servendosi da mangiare.
“Come è andata a scuola?” cambia allora discorso la dottoressa.
“Bene!” risponde Asuka sorridente “Ho preso il massimo nel test di geografia.”
La zia le mostra un grande sorriso.
“Bravissima, sono davvero orgogliosa di te, Asuka!”
Poi si volta a guardare il figlio.
“Jin, a te come è andata? Tutto bene?”
“Una meraviglia.” sussurra Jin tra i denti.
Segue un tesissimo, imbarazzantissimo silenzio, che fortunatamente la dottoressa Kazama pensa di interrompere dopo qualche lunghissimo minuto.
 “Perfetto, meglio così. Parlando d’altro, questo pomeriggio alla manifestazione del mio club…” apre una parentesi appositamente per me “Sai Lars, mi occupo di attivismo ambientale. Abbiamo un piccolo circolo.”
Sorride con un certo orgoglio. Annuisco e ricambio il sorriso.
“… dicevo, ho incontrato il dottor Bosconovitch. Ti ricordi del dottor Bosconovitch, Kazuya?”
“Certo che mi ricordo dello scienziato pazzo di Heihachi.” risponde lui con una smorfia, poi corruga le sopracciglia “Che cosa ci fa di nuovo da queste parti?”
“Questo in realtà non me lo ha detto, ma… in pratica ha una figlia” continua a spiegare la dottoressa “e questa ragazza è nata e cresciuta in Antartide, nella base dove lui ha condotto le ricerche negli ultimi… non so, vent’anni?”
Ci guarda come se volesse studiare le nostre reazioni.
“Vi rendete conto? Questa povera ragazza non è mai andata a scuola, non ha mai avuto uno straccio d’amico, perché il padre l’ha costretta ad una vita di isolamento.” scuote la testa esprimendo il suo massimo disappunto “E adesso ha deciso di portarla a Tokyo, di iscriverla in una scuola normale e di abbandonarla ad una vita nella civiltà che non è assolutamente pronta ad affrontare.”
Alza di nuovo lo sguardo sul resto dei commensali.
“È terribile.” commenta Asuka “Io fossi stata in lei, sarei scappata.”
“Ha detto che era in Antartide, come poteva scappare dall’Antartide?” la canzona Jin.
Asuka alza le spalle.
“Un modo l’avrei trovato.”
“Sei stupida o cosa?” continua Jin “Non si può scappare dall’Antartide! Meno male che hai preso il massimo in geografia!”
“Hey! Attento a come parli, brutto idiota!” lo avverte la cugina “So benissimo dove si trova l’Antartide, ma avranno pure delle barche, degli elicotteri o altri mezzi di trasporto, no?”
“Ragazzi!” li richiama la dottoressa Kazama “Manteniamo dei toni calmi, d’accordo?”
“Sì, ma non è questo il punto…” va avanti Jin.
“Invece sì, ti dico che io avrei cercato il modo di scappare.” insiste Asuka.
“E io ti dico di no. E ti dico anche che sei un’idiota se sei così convinta del contrario.”
“Avranno pur avuto qualcuno che gli portava le provviste, no? Dubito che siano andati avanti a carne di pinguino!” riprende Asuka che inizia ad innervosirsi “Mi sarei nascosta, che ne so, in mezzo alle scatole del cibo, per diamine! Hai mai visto un film d’azione?”
“Sei veramente un’illusa e una bambina se pensi che la vita sia come un film d’azione!”
“Ragazzi!” li interrompe di nuovo la dottoressa Kazama stavolta a voce alta, poi aggiunge in tutta fretta “Mi sono offerta di farla venire a stare da noi.”
A questo punto avverto fisicamente un inquietante gelo che si diffonde attorno al tavolo.
Tutti smettono di mangiare, la sala piomba in uno scomodissimo silenzio.
“Hai fatto… che cosa?” chiede Kazuya come se fosse incerto di aver sentito bene.
“Hai sentito.” risponde la compagna “Sai bene che quando sento storie di ingiustizie di questo tipo non riesco a starmene con le mani in mano…”
“Jun, questi non sono affari tuoi!” la rimprovera Kazuya “Quando imparerai a stare fuori dalle questioni che non ti riguardano?”
“Ne abbiamo già parlato milioni di volte.” risponde la dottoressa irritata “Se tutti facessimo qualcosa per aiutare gli altri, anche quando non sono propriamente affari nostri, il mondo sarebbe un posto migliore.”
Kazuya scuote la testa e riprende a mangiare.
“Ma per favore.”
“Che problema c’è?” continua la dottoressa “La casa è grande abbastanza, c’è posto per tutti e Alisa è una ragazza adorabile e educata, sono certa che andrà d’accordo con tutti noi.”
“Inizio a pensare che tu abbia lo stesso problema di mio padre con questa mania di portare gente a casa come se fossero randagi senza padrone.” brontola Kazuya e ho la scomodissima impressione di essere appena stato chiamato in causa “Prima Lee, poi quella ragazzina cinese che ha a carico che, tra parentesi, oggi tuo figlio ha pensato bene di infortunare.”
Il volto di Jin si incupisce improvvisamente e fulmina il padre con lo sguardo.
“Cos’è questa storia?” chiede Jun guardando il figlio “Cosa hai fatto a Xiaoyu-chan?”
Asuka scoppia a ridere sonoramente.
“Sei un danno!” dice sprezzante rivolta al cugino “Cosa le hai fatto?”
“Io non ho fatto niente! È caduta da una scala mentre rimettevamo in ordine la biblioteca.” si difende Jin.
Asuka continua a ridere e Jin sembra innervosirsi ancora di più.
“Che cazzo hai da ridere?”
“Hey! Ti ho già detto che non voglio sentire queste parole!” lo ammonisce la madre.
“Rido perché sei un imbecille.” risponde Asuka con naturalezza.
Lui la guarda rabbioso, e io, che sto in mezzo ai due, vorrei poter sgattaiolare via dalla stanza.
“Asuka si vede con Hwoarang.” dice Jin e la sala si gela ancora una volta, anche se non ho la più pallida idea di chi sia questo Hwoarang.
La dottoressa Kazama si volta da Asuka con la bocca spalancata.
“Non è vero, zia Jun!” si difende Asuka con la massima calma “Come al solito Jin non ha capito un accidente! Ci ho parlato solo qualche volta perché volevo convincerlo a cambiare strada e a riprendere gli studi… non hai appena detto che dobbiamo aiutare le persone quando vediamo che sono in difficoltà?”
La dottoressa si volta allora verso il figlio, poi nuovamente verso la nipote.
Noto Kazuya che ridacchia tra sé e sé e riprende a mangiare per conto suo.
“Ma devi sapere, zia Jun…” riprende Asuka guardando Jin “…che Jin ha deciso di fare l’idiota e se l’è presa con lui ingiustamente stamattina. L’ha picchiato sul tetto della scuola e per questo motivo è finito in punizione, e a questo punto presumo sia allora che abbia fatto male a Xiaoyu-chan.”
“Jin!” la madre lo guarda sconvolta.
“Non è vero!” si alza lui improvvisamente “È una stronza bugiarda!”
“Ho detto basta con queste parole!” strilla sua madre “Sei davvero finito in punizione per aver picchiato quel ragazzo?”
“Sì!” risponde Asuka.
Jin la incenerisce con lo sguardo, poi sembra riflettere per qualche secondo su che parole usare.
“Sì.” risponde infine “Ma non è stata colpa mia, io…”
La madre è furente.
“Hai usato la violenza a scuola…” lo interrompe.
“Dovevo difendermi!” sbraita il figlio incollerito.
“Vattene immediatamente in camera tua!” gli ordina la dottoressa Kazama “Parleremo più tardi.”
Jin lascia cadere le sue bacchette rumorosamente sul tavolo.
“Perfetto, tolgo subito il disturbo.” dice trascinando indietro la sedia che scivola sul pavimento con un fastidiosissimo rumore.
Si alza ed esce della sala.
“Lars, sono mortificata.” si scusa sottovoce la dottoressa Kazama.
“Oh no, non deve preoccuparsi.” mi affretto a rispondere.
“Poi vi chiedete perché mai voglio andarmene in Australia?” chiede Jin a gran voce mentre sale le scale con rabbia “Odio questa casa! Odio questa famiglia! Odio tutti!”
Kazuya ridacchia e continua a mangiare, la dottoressa Kazama si prepara un bicchiere d’acqua con un’espressione innaturalmente tesa stampata sul volto e Asuka trattiene a stento una risata con il viso seminascosto da una mano.
Mi sento piuttosto a disagio.
La mia prima cena assieme alla famiglia Mishima è stata decisamente diversa da come me l’ero immaginata.
“Asuka, cosa riguardava il compito di geografia?” le domanda la zia con un sorriso tirato, dopo aver mandato giù un lungo sorso d’acqua.









NOTE:
Mi piace torturare Jin e non è di certo finita qua! Bwahahahaha
Diamo il benvenuto a Lars nel cast! Vi è mai capitato di essere a pranzo o a cena da qualcuno e di assistere ad un bisticcio familiare di una certa importanza? A me sì, e posso assicurarvi che è una situazione decisamente imbarazzante. XD
Prossimo capitolo il 16 ottobre (salvo imprevisti).

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Capitolo 5
*** Gossip Game pt.1 (Jin) ***


5
Gossip Game pt.1 

(Jin)

 

“Dai Jin! Ti ho chiesto scusa!” esclama Asuka esasperata “Che cosa devo fare?”
Niente, non c’ niente che possa fare, per questo continuo ad ignorarla completamente. Per me lei oggi non esiste.
“Zia Jun se l’è presa così tanto?” chiede mordendosi un labbro.
Ancora una volta non rispondo e accelero il passo. Asuka mi segue imperterrita e si ostina a tentare di instaurare un dialogo con me.
Ma perché dovevo dimenticare gli auricolari a casa proprio oggi? Avrei sostituito molto volentieri il sottofondo della sua vocetta irritante con un po’ di buon vecchio technical death metal spacca-orecchie.
Arriviamo davanti alle strisce pedonali e spero che il verde del semaforo scatti velocemente.
“Non volevo arrivare a tanto, davvero, però anche tu che ti metti a dire quelle cose riguardo a Hwoarang!” continua Asuka che inizia a sembrare un po’ irritata “Dico sul serio, Jin! È stato molto scorretto!”
Scorretto?! Ora sarei io a fare il gioco sporco secondo lei? Ma per favore!
“E comunque eri davvero completamente fuori strada!” aggiunge dopo roteando gli occhi “Non c’è assolutamente niente tra me e Hwoarang. Lo conosco appena, ma non potrei mai uscire con un tipo del genere, come ti è potuto venire in mente?!”
Mi osserva e aspetta una mia possibile risposta o reazione, che però non arriva. Sbuffa e sposta lo sguardo in avanti. Ottimo, forse sta finalmente cominciando a stufarsi di questa conversazione unilaterale che va avanti da quando siamo usciti di casa!
“Jin, seriamente cosa devo fare?!” continua con un tono di voce serio “Ti ho chiesto scusa un milione di volte, capisco che sia ancora arrabbiato, ma almeno degnami di un po’ di considerazione.”
Ancora non rispondo e lei si esaspera.
“È per colpa di questo tuo carattere di merda che non riusciamo ad andare d’accordo!” mi dice stizzita.
D’accordo, vuole davvero la mia considerazione? Ci tiene davvero così tanto?
“Va al diavolo Asuka.” le rispondo prima di attraversare la strada per raggiungere i cancelli di scuola.
È rimasta indietro e non mi interessa voltarmi per vedere quanto se l’è presa.
Si merita questo e altro. Deve solo ringraziare che non ho tempo e voglia di vendicarmi come si deve.
Ad essere totalmente onesti, in realtà mia madre non se l’è presa così tanto, però stamattina ho comunque dovuto sorbirmi una sorta di paternale di cui non sentivo per niente la necessità. Secondo lei starei diventando troppo arrogante e aggressivo, e mi ha persino suggerito di prendermi una pausa dagli allenamenti, che è decisamente l’ultima cosa che intendo fare.
Potrà sembrare da sfigati, ma combattere è ormai una delle poche cose che mi fa sentire in pace con il mondo. Al diavolo Asuka, al diavolo tutto, io non rinuncio a combattere!
Entro a scuola e vedo Julia che mi viene immediatamente incontro.
“Hanno messo i risultati dei test di fine semestre.” dice un po’ agitata.
“Hmm.” rispondo con fare annoiato “Li hai già guardati?”
“Non ancora! Stavo aspettando te o Shin, ma quell’idiota non si vede da nessuna parte. An-andiamo?”
“Andiamo.” alzo le spalle.
In realtà ho sempre odiato queste stupide classifiche. L’acquisizione della cultura dovrebbe essere una crescita personale, non motivo di competizione fra gli studenti, e in ogni caso ho già un’idea del punteggio che dovrei aver preso. Ho dei voti piuttosto soddisfacenti in tutte le materie, a parte fisica in cui, dato che Lee Chaolan mi odia, ho solo una patetica sufficienza.
Julia invece ha una strana fissazione per questo genere di cose. È molto orgogliosa dei suoi traguardi, e soprattutto è piuttosto competitiva.
Mentre camminiamo mi accorgo che è talmente nervosa che le tremano le mani.
Arriviamo fuori dalla porta dell’aula magna e cerchiamo i fogli con i risultati del nostro anno.
“Sono qua.” dice Julia con un filo di voce, a qualche passo di distanza da me.
Sorride, ma come mi avvicino noto che il suo sorriso si trasforma presto in una smorfia inorridita.
Do un’occhiata alla tabella con i risultati degli esami e ne capisco subito il motivo, Julia non è riuscita ad avere il punteggio più alto della scuola nemmeno quest’anno.
Non solo infatti è a pari merito con me, cosa per cui ho il sospetto che in questo momento desideri uccidermi, ma c’è dell’altro che probabilmente la turba ancora di più.
Siamo entrambi secondi.
Il primo posto, con una media di quindici centesimi più alta della nostra, è occupato da uno studente che di nome fa…
“Steve Fox?” legge Julia a voce alta con voce insolitamente squillante “Chi è?”
“Non lo conosco.” rispondo.
“L’anno scorso non c’era… o comunque non era tra i primi o mi ricorderei il suo nome.” anche se cerca di non darlo a vedere, è molto irrequieta.
“Sarà arrivato quest’anno.” alzo le spalle.
La osservo dubbioso, sembra così delusa!
“Tutto bene?” chiedo.
Lei mi guarda come se le avessi chiesto la cosa più inopportuna possibile.
“Cosa vuol dire tutto bene?” mi chiede a sua volta con un sorriso fintissimo “Certo che sì! È un ottimo risultato e sono pienamente soddisfatta.”
“Sicura?”
Lei alza gli occhi al soffitto.
“Certo che sì, Jin!” risponde un po’ infastidita “Vado in classe, ci vediamo a pranzo.”
Si volta e se ne va salutandomi con un cenno della mano.
La seguo per un po’ con lo sguardo mentre si allontana verso l’altra ala dell’edificio scolastico. Sono leggermente preoccupato.
Ho sempre pensato che Julia prenda questa storia dell’eccellenza scolastica un po’ troppo a cuore. Va bene essere perfezionisti, ma se esagera rischia di diventare poco salutare.
Sì, penso che Julia abbia decisamente bisogno di cercarsi degli altri interessi al di là della scuola e della salvaguardia dell’ambiente.
Mi dirigo verso la mia classe e lungo il tragitto nel corridoio incrocio alcuni gruppetti di ragazze. C’è qualcosa di strano però nel loro comportamento. Noto infatti che al mio passaggio sembrano diventare silenziose e scambiarsi degli strani sguardi tra di loro. Non è come al solito, quando al massimo mi lanciano sguardi e sorrisini, oggi sembra proprio che stiano parlando di me.
Mi viene di colpo in mente il discorso di ieri sera con Xiaoyu, e di come aveva predetto che oggi si sarebbe parlato della mia punizione. Mi ricordo del suo racconto riguardo al mio nome scritto in mezzo a cuoricini colorati e rabbrividisco.
Ma la gente non ha proprio nient’altro a cui pensare?! Forse non è solo Julia che dovrebbe trovarsi dei nuovi hobby.
Intravedo Kamiya poco prima di arrivare in classe e appena mi vede si affretta a raggiungermi.
“Kazama, cosa è questa storia di cui parlano tutti?” mi chiede ridacchiando.
“Che storia?!” chiedo con sguardo interrogativo “Sono finito in punizione, ebbè?”
Mi guarda confuso e scuote la testa.
“No… a quanto si dice in giro qualcuno ieri ti avrebbe visto in atteggiamenti intimi con una ragazza di un altro anno.”
Ascolto sbigottito e rimango in silenzio in stato di confusione per qualche secondo.
“Allora?” chiede con un mezzo sorriso.
Sono indeciso se sia il caso di prenderla a ridere o di arrabbiarsi.
“Atteggiamenti intimi.” ripeto senza intonazione.
Sono allibito.
“Chi è?” mi chiede Kamiya con un sorrisetto beffardo “Perché non mi hai detto niente vecchio porco?”
“Non ti ho detto niente perché non è vero.” rispondo acido.
“Beh, non me lo diresti neanche se fosse vero.” osserva lui e sono costretto ad ammettere a me stesso che è una giusta intuizione “Quindi dovrai trovare un’altra spiegazione.”
Sospiro, mi infilo le mani nelle tasche ed entro in classe.
Non è il caso né di ridere, né di arrabbiarsi, affronterò questa ennesima assurdità come ho sempre fatto. L’indifferenza è la chiave di vittoria.
“Kazama… se dicono che ti hanno visto, qualcosa devono aver visto.” insiste Kamiya seguendomi.
“Chi mi avrebbe visto?”
“Non lo so, ma…”
“Ecco, guarda caso non si sa.” rispondo annoiatissimo.
Poggio le mie cose sul banco ed ecco che si avvicina un altro nostro compagno di classe, uno di quei tipici squallidi seduttori falliti. Uno di quegli individui che parlano di tette e culi tutto il giorno, nonostante siano quegli esatti tipi che le ragazze giustamente evitano come la peste bubbonica.
“Kazama! E così te la fai con Ling del secondo anno.”
Ecco, dovevo aspettarmelo.
Oggi qualcuno ha deciso di mettere davvero alla prova la mia pazienza. Seriamente, sarei divertito da tanta stupidità collettiva se solo non fosse così deprimente.
“Non è vero.” asserisco gelido, ma nessuno sembra darmi retta.
“Beh, hai buon gusto!” risponde infatti ignorando la mia risposta e continua con tutta una serie di apprezzamenti nei confronti di Xiaoyu, che deve sperare non arrivino mai alle sue orecchie.
“Hey, non dovresti parlare così della sua ragazza!” lo avverte Kamiya con tono grave.
Lancio uno sguardo torvo a Kamiya. A quanto pare si sta divertendo molto alle mie spalle.
L’altro fa una faccia come se si fosse appena reso conto del terribile errore appena commesso.
“Ma Kazama sa che sto scherzando.” commenta un po’ nervoso “Comunque dato che vi state frequentando, naturalmente, eviterò di provarci con lei.” ridacchia concitatamente “La vostra amica secchiona invece è libera?” domanda tornando serio.
“Chi? Chang?” chiede Kamiya trattenendo a stento una risata “Non pensarci nemmeno, non hai il quoziente intellettivo abbastanza alto per farti notare.”
Smetto di ascoltare e do una distratta occhiata alla classe. Noto che un sacco di gente mi guarda e parlotta.
Sono veramente tutti così pettegoli? Sono sempre più sconcertato.
Qualche minuto dopo mio zio Lee, che purtroppo mi fa anche da professore, entra in aula e tutti si affrettano per andare ai loro posti.
Kamiya si siede affianco a me.
“Dai, a parte gli scherzi, è vero o no?” mi chiede sottovoce.
“Non è vero!” ripeto per l’ennesima volta iniziando a perdere la pazienza “Si è fatta male ad una caviglia e l’ho aiutata a camminare fino all’uscita di scuola! Forse ci hanno visto in quel momento. Atteggiamenti intimi un cazzo!”
Ridacchia.
“Dai, non prendertela! Tanto smetteranno di pensarci non appena troveranno qualcosa di più interessante su cui spettegolare.”
“Infatti non mi interessa!” assicuro “Trovo soltanto ridicolo e squallido che la gente si metta a vaneggiare sulle vite degli altri!”
Il professore batte una mano sulla cattedra per cercare di richiamare l’attenzione e la chiacchiera si dissipa.
“Allora gioventù…” Lee fa scorrere lo sguardo sulla classe “Avrete già visto i risultati nel foglio che ho affisso fuori dal mio studio, ma ho portato i compiti nel caso qualcuno desiderasse vedere gli errori.”
Toglie fuori da una cartella un mazzo di fogli e guarda la classe con un sorrisetto di sufficienza.
“Devo dire che sono andati meno peggio dell’ultima volta. Finalmente state dimostrando che dopotutto c’è qualcosa che funziona dentro le vostre testoline.”
C’è qualcuno che ride. I soliti lecchini e le ragazzine che, senza aver mai cercato di tenerlo troppo nascosto, sono stracotte del professore.
Lee si guarda intorno con un’espressione compiaciuta.
“Dunque, chi ha desiderio di vedere il proprio capolavoro?”
Alcuni alzano la mano, la sollevo anche io. Sono proprio curioso di vedere come giustificherà il mio voto stavolta. Ho studiato tantissimo, non mi meritavo una schifosa sufficienza.
“Ok, due minuti per ciascuno che dopo devo spiegare. Akiyama vieni, cominciamo da te.” fa un cenno con la mano a una ragazza del primo banco.
“Comunque chi è la tua presunta ragazza?” torna a chiedermi Kamiya dopo un po’ “La conosco?”
“Che te ne frega scusa?”
“Beh, lui prima ha detto che è carina.” dice indicando il nostro compagno porco con un cenno della testa.
Gli lancio uno sguardo severo.
“Non stavi uscendo con l’amica di tua sorella, scusa?”
“Stavo, appunto.” sottolinea “Allora è carina?”
“Beh sì, indubbiamente lo è, ma… io non potrei mai davvero uscire con una come lei.” rispondo schietto.
“Perché?”
“Perché ha un atteggiamento da bambina capricciosa e comunque credo che mi odi.” spiego evasivo.
“Ti odia? Quindi dovete conoscervi abbasta bene!” ragiona Kamiya.
Apro la bocca per mandarlo a quel paese, ma Lee mi chiama alla cattedra.
“Kazama!”
Mi alzo e mi dirigo subito verso la cattedra.
Prendo il foglio del mio compito che Lee mi sta porgendo. Lui intanto si mette a sfogliare gli altri compiti.
Do uno sguardo veloce al foglio e mi concentro in particolare sul passaggio finale del problema, dove Lee ha segnato un punto esclamativo rosso.
Rileggo il passaggio e faccio il calcolo a mente, ma non mi sembra di trovare niente che non vada. Potrei aver sbagliato ad approssimare qualche risultato, possibile che mi abbia considerato quello come errore?!
Appoggio il compito sulla cattedra e guardo il professore contrariato.
“C’è qualcosa che non va?” mi domanda lui come se niente fosse.
“Non capisco il mio voto.”
Lee prende il compito in mano.
“Cosa c’è che non capisci? È una sufficienza piena, in generale devo dire che è buon compito, si vede che hai capito i concetti base e come vanno applicati…”
“E allora cosa ho sbagliato?” gli chiedo con arroganza.
Mi fulmina con lo sguardo, poi continua il suo discorso.
“… ma se non avessi avuto la presunzione di consegnare senza rileggere il compito, forse ti saresti accorto dell’abominio che hai scritto nel passaggio del momento torcente.”
Mi sbatte il compito sotto il naso. Lo riprendo.
Di cosa parla? Sono sicuro di aver ricontrollato almeno due volte prima di consegnare!
Vado a cercare il passaggio in cui calcolo il momento torcente e… lo vedo.
Mi irrigidisco e sgrano gli occhi.
Agghiacciante.
Ripugnante.
Disgustoso.
“Perché voglio pensare che quello sia soltanto un errore di distrazione, perché… se così non fosse potrei arrivare a dubitare delle tue conoscenze della matematica elementare.”
Sono un idiota. Sono un imbecille. Sono un essere inutile e me ne vergogno.
Lee ha ragione. Mi sono perso su una banalità incredibile.
È stato anche fin troppo buono a darmi una sufficienza. Per un errore del genere merito di essere sbattuto fuori dalla scuola. A vita.
Una cosa è certa, Julia non dovrà mai saperlo. Mai e poi mai. A costo di dover infiltrarmi di notte a scuola per bruciare quel compito.
“Tutto bene Jin-kun?” mi sussurra Lee con un sorrisetto crudele stampato in faccia.
Deglutisco e gli restituisco il foglio.
“Ho… ho capito l’errore.” borbotto cercando di non far trasparire il mio imbarazzo.
“Ne sono certo.” annuisce sogghignando.
Non voglio più vedere quel compito in vita mia.
Torno a posto velocemente.
Continua a mostrare le correzioni dei compiti per un po’ animando l’ora con inutili battutine che sembrano divertire un sacco la classe.
“Ricordatevi che io insegno scienza, non magia!” dice infine a gran voce riferendosi alle assurdità dei nostri compiti.
C’è gente che ride di nuovo.
Che disgusto! Ma non si rendono conto che ci sta sfottendo perché ne sappiamo meno di lui?
“Chi si offre volontario per cancellare la lavagna?”
Alcune ragazze delle prime bancate alzano la mano.
“Eccellente!” risponde lui con un sorriso smagliante.
La lezione comincia, e io vorrei ancora morire di vergogna.


Durante la pausa pranzo vedo che continuano le occhiatine e le chiacchiere al mio passaggio. Percorrendo la rampa di scale per arrivare all’ultimo piano, incrocio Eriko Sasaki.
Cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo?
Chi ero nella mia vita precedente? Uno spietato dittatore che ha causato guerre e spargimenti di sangue in giro per il mondo per seguire i propri interessi?
“Kazama-kun.” mi si piazza davanti.
Ha uno sguardo strano, come se volesse rimproverarmi qualcosa.
“Sasaki…”
Kamiya si allontana lentamente con aria divertita.
“E così… avresti una ragazza?” mi chiede.
Naturale che la voce sia arrivata anche a lei, e a giudicare dal rossore sul suo volto, l’idea di essere stata sorpassata da un’altra la disturba terribilmente.
In realtà sono certo che di stare simpatico a Sasaki più o meno quanto lei sta simpatica a me, ma ha deciso che vuole avermi, ed è tutta questione di prestigio sociale e immagine. Non mi dispiace che in questo momento il suo sangue stia ribollendo di rabbia, anzi è una cosa che mi rende vagamente felice. Certe ragazze diventano così stupide a questa età!
“Non vedo come la cosa possa riguardarti.” rispondo gelido.
Kamiya mi osserva stupito alzando un sopracciglio.
No, non mi sto approfittando della situazione. Anche se una voce simile potesse mai essere vera, non sarebbero comunque affari di Sasaki. Fino a prova contraria non ho confermato niente che non sia vero. Voglio soltanto gustarmi fino all’ultimo l’umiliazione e il disprezzo che leggo sul suo volto.
“Avresti potuto avvertirmi che ti vedevi con un’altra. Così non avrei fatto la figura della cretina che cerca i ragazzi fidanzati!”
Ma sentitela! Come se questo fosse mai stato un problema per lei.
La verità è un’altra, non sopporta l’idea di essere stata scartata per qualcun’altra.
“Ti ho già detto mille volte che non sono interessato a te, mi pare.” ribadisco cercando di sembrare più dispregiativo possibile.
Fa una smorfia, poi ridacchia.
“E così mi hai sempre respinta perché c’era un'altra.” ragiona a voce alta con superbia “E non è nemmeno la Chang. Chi sarebbe dunque questa superdonna?”
Che ragazza insopportabile!
“Non sono affari tuoi.” la ammonisco gelido per l’ultima volta “Lasciami in pace, non rivolgermi più la parola.”
La supero e continuo per la mia strada.
“Sei veramente uno stronzo, Kazama.”
Raggiungo Kamiya.
“Non ho intenzione di parlarne.” lo avverto “Andiamo.”
Ok, potrei aver sfruttato l’ambiguità della situazione per togliermi dalle scatole qualche personaggio scomodo, ma non è niente di poi così grave, giusto?
Spero soltanto di riuscire a tenermi lontano gente come Sasaki per almeno qualche mese. Almeno fino alla mia partenza in Australia, se tutto va bene.
A quanto pare questa stupida voce forse sta portando qualche vantaggio.
Sorrido malvagiamente.
Dopo aver svoltato l’angolo del corridoio, qualcuno mi afferra la camicia da dietro e mi costringe a voltarmi.
Hwoarang di nuovo?
Sto per mettermi in posizione di guardia, ma poi vedo di chi si tratta e mi blocco.
Mi spinge contro il muro.
“Xiaoyu.” forzo un sorrisetto innocente.
Sembra furente di rabbia, ho l’impressione che voglia picchiarmi.
Avrà sentito la mia conversazione con Sasaki?
“Hey, che cosa succede?” chiede Kamiya.
Xiaoyu si guarda intorno, incrocia lo sguardo di Kamiya, poi torna a guardare me, poi apre la porta di una stanza a pochi passi da noi e mi trascina dentro con lei.
D’accordo, forse è il caso che ci fermiamo un attimo a fare il punto della situazione.
“Torno tra un secondo.” ho il tempo di dire frettolosamente a Kamiya, prima che lei richiuda la porta.
È una specie di ripostiglio per gli addetti alle pulizie o qualcosa del genere. È piccolo e semibuio, ma anche con la poca luce che abbiamo a disposizione riesco perfettamente a vedere l’occhiata omicida che mi sta lanciando.
“Vedo che la caviglia va meglio.” commento con una mezza smorfia.
Non sembra neanche la stessa che solo ieri si stava immaginando il dramma della sua carriera distrutta.
“Alla fine era decisamente meno grave del previsto, grazie per l’interessamento.” dice glaciale “Che diavolo stai facendo?” mi chiede poi “Perché tutti pensano che stiamo uscendo insieme?”
Mi risistemo la camicia e la guardo con fermezza.
“Ieri devono averci visti mentre ti aiutavo a camminare e hanno frainteso qualcosa.” rispondo “Penso che sia inutile dire che io non c’entro niente con questa storia.”
“Ah sì?” dice lei “Perché da come hai parlato poco fa con quella ragazza, mi verrebbe da credere il contrario.”
“Quella ragazza mi tormenta da tempo, potrei semplicemente aver sfruttato l’equivoco per togliermela dai piedi per un po’.” ammetto “Ma se mi hai spiato bene, avrai notato che sono rimasto sul vago e di fatto non ho confermato niente che non sia vero.”
“Non cercare di fare il furbo con me, Kazama!” mi rimprovera “Non mi sta bene che si dica in giro che mi vedo con te! Adesso andrai subito a chiarire l’equivoco, a cominciare da quella ragazza.”
Ha le guance paonazze e la sua voce ha assunto una nota decisamente meno delicata del solito.
Mi scappa da ridere.
“Non ci penso proprio.” rispondo con un sorrisetto cattivo.
Sgrana gli occhi sconcertata.
“Come sarebbe a dire?!” ribatte poi arrabbiatissima “Se non vuoi uscire con quella ragazza, sii uomo e vai a spiegarle le cose come stanno, ma tienimi fuori dai tuoi problemi!”
Quanto è ingenua!
“Spiegarle le cose come stanno? Credi che non ci abbia mai provato?” le chiedo a mia volta “Senti, anche se continuassi a negare questa diceria, cosa che tra l’altro ho provato a fare da quando sono arrivato a scuola stamattina, non cambierebbe assolutamente niente. Non lo capisci? La gente è talmente stupida che preferisce credere ad una voce che passa per centinaia di bocche, piuttosto che da quella dei diretti interessati.”
Sembra sempre più preoccupata. Mi guarda in silenzio per diversi secondi.
“E quindi? Non hai intenzione di fare niente?” riprende arrabbiata “Io devo subirmi gli sguardi di odio e disprezzo dal tuo esercito di ammiratrici fuori di testa, solo perché tu sei talmente scorbutico da non sopportare che la gente ti stia intorno?”
Stringe le mani a pugno.
Mi stringo nelle spalle.
“Vai pure a dire che non è vero.” le suggerisco “Poi dovrai anche spiegare come mai ti sei rinchiusa in un ripostiglio con me durante l’intervallo.”
La guardo con un sorrisetto crudele. Lei sgrana gli occhi con terrore.
Non ci aveva pensato.
L’angoscia lascia rapidamente spazio alla rabbia. Mi guarda con rabbia, talmente tanta rabbia che mi aspetto di iniziare a vedere un’aura rossa sprigionarsi attorno al suo corpo.
“Non finisce qui.” sussurra, poi mi passa a fianco per uscire di corsa dallo stanzino.




 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Gossip Game pt.2 (Jin) ***



6
Gossip Game pt.2 
(Jin)


 
Esco dal ripostiglio al seguito di Xiaoyu e mi ritrovo quasi faccia a faccia con Lee, che apparentemente passava per caso da quelle parti.
Sta trasportando una scatola di cartone che contiene un’altissima risma di fogli e fascicoli, che arrivano a coprirgli parzialmente il volto, ma riesco comunque a intravedere il sorrisetto scaltro che mi sta rivolgendo.
Xiaoyu è in fondo al corridoio ed è quasi arrivata alle scale. Noto che Lee la segue con lo sguardo per qualche istante, poi torna a guardare me con quell’aria di chi la sa lunga e si lascia sfuggire una risatina cattiva.
“Che cosa stavate facendo?”
Mi raggelo. Lee, che ha una mente assai perversa, quando vuole sa essere un subdolo, spietato bastardo al pari dei suoi odiati familiari e tutto questo mi preoccupa. Per quanto sia convinto che non possa mettermi nei guai sulla base di un sospetto infondato, non devo abbassare la guardia con lui.
“Parlavamo.” rispondo serio.
“Parlavate.” mi scruta diffidente “Dentro lo stanzino degli inservienti?”
“Sì.”
Rimaniamo in silenzio per un po’, poi mi guarda con un sorriso strano che non riesco a decifrare.
“Dammi una mano.” dice indicando i fascicoli con un rapido cenno del capo “Aiutami a portare queste scartoffie nel mio ufficio, così facciamo due chiacchiere.”
Adesso sono estremamente preoccupato. Di che diavolo vuole parlarmi?
Mi avvicino e prendo qualche fascicolo dalla colonna. Lui mi guarda ridacchiando e me ne aggiunge altri, in modo che io ne tenga almeno due terzi. Bastardo!
“Non farli cadere!” si raccomanda.
Lo seguo per tutta la lunghezza del corridoio e arriviamo davanti alla porta del suo studio. Non ci ero mai entrato dentro ma in effetti una stanza come quella poteva essere solamente il suo ufficio, è decorato come la sua casa, con mobili dal gusto eccentrico e colori assurdi.
“Appoggia pure tutto sulla scrivania.”
Faccio come mi dice.
Lui va oltre il tavolo e fruga qualcosa in quello che sembra una specie di mini frigo.
“Accomodati.”
Ancora di spalle, fa un cenno verso una delle due poltroncine imbottite dietro di me.
Si volta con un secchiello per il ghiaccio tipo quelli da champagne tra le mani e lo posa sulla scrivania.
“Ti va un drink?” mi chiede “Ovviamente analcolico, siamo in orario scolastico.”
Sono confuso e sempre più in allerta.
“No… no grazie.” mi affretto a rispondere.
“Peccato.” alza le spalle e si dirige verso una specie di armadio vetrina dal quale estrae un unico bicchiere di vetro.
Torna alla scrivania e si prepara il suo drink analcolico (?) davanti a me, che osservo la scena con sguardo disorientato, mentre ancora mi chiedo per quale motivo mi trovi lì.
Poi, improvvisamente, porta il bicchiere in avanti e lo posiziona esattamente all’altezza dei miei occhi.
“Che cos…” sto per chiedere.
“Il ghiaccio.” mi anticipa “Non trovi che sia una splendida metafora per descrivere ogni essere umano?”
È ufficiale, è completamente fuori.
Guardo i tre cubetti di ghiaccio che galleggiano nel liquido rossastro e non mi viene niente in mente che abbiano in comune con gli esseri umani.
“Come?”
Lee si riavvicina il bicchiere e lo contempla stringendo gli occhi a due fessure.
“Un cubetto di ghiaccio immerso in una soluzione acquosa è visibile all’esterno soltanto per circa un decimo del suo volume. Quella piccola parte è esattamente quella esposta all’aria, e agli effetti del deterioramento.” comincia a spiegare “Per quanto ad alcuni di noi piaccia ostentare il contrario, e si impongono e convincono di dover essere assolutamente trasparenti con le persone, quella che definiamo la nostra personalità, ovvero ciò che noi scegliamo di mostrare di noi stessi davanti al resto del mondo, non è altro che un’infinitesima parte della nostra vera, complessa, umana natura. È soltanto una piccola parte del nostro essere, che ci rappresenta davanti agli altri, quella parte di noi che però viene anche inevitabilmente plasmata, modellata, distrutta o corrotta in funzione delle regole e delle aspettative della società che ci circonda.”
Assaggia il suo drink, poi torna a guardare me.
“Ed è per questo che quella che esponiamo, oltre a non rappresentarci nella nostra complessità, è anche la nostra parte più fragile.”
Fa una piccola pausa in cui si perde a fissare un punto indefinito nella stanza.
Non capisco veramente la finalità di questo strano discorso.
Torna ad incrociare lo sguardo col mio e mi studia in silenzio per qualche secondo, poi prende uno dei fascicoli che l’ho aiutato a trasportare.
“Sai cosa sono questi?” mi chiede.
Faccio di no con la testa.
“Sono i documenti che devo catalogare per il mio nuovo incarico.” mi informa “La professoressa Miyura si è presa un periodo di permesso per problemi familiari, ragion per cui, d’ora in poi, sarò io ad occuparmi della gestione dei progetti relativi agli scambi culturali della scuola.”
Finisce con una sorta di sorriso sadico.
“Ho sentito che saresti interessato al progetto di scambio con l'università in Australia.” riprende dopo una piccola pausa.
Ottimo! Proprio quello che avevo bisogno di sentirmi dire. Ora che c’è lui ad occuparsene, è un progetto ancora meno realizzabile.
“Posso chiederti per quale motivo?” continua.
Lo guardo di sbieco.
“In che senso per quale motivo?” rispondo seccato “Per lo stesso motivo per cui vogliono farlo gli altri, no?”
Lee si sistema meglio nella sua poltrona e mi guarda con aria di superiorità.
“Dovrai sembrare più convincente se vuoi vincere il posto, perché sai… dato che sarò io a gestire il progetto d’ora in poi, ho intenzione di cambiare un po’ le regole.” sogghigna “Oltre all’assegnazione dei crediti sulla base della media dei voti, sarà richiesto agli studenti di scrivere una lettera di presentazione, attraverso la quale potranno esporre le ragioni per cui dovrei assegnare la borsa a loro piuttosto che a qualcun’altro. A questa lettera verrà assegnato un punteggio, che andrà a sommarsi ai crediti di rendimento. Tutto chiaro?”
Ho ascoltato con attenzione, ma non rispondo.
Una lettera.
Sarà una schifosissima lettera a rovinarmi.
Bella trovata di merda! Ottima idea aggiungere un criterio di giudizio assolutamente soggettivo per poter fare quello che gli pare!
“Perché mi hai fatto venire qui? E perché mi stai dicendo questo?” gli domando dopo.
Perché, nonostante tutto, me lo sto veramente ancora chiedendo. Non capisco se avesse intenzione di darmi questa specie di avvertimento, o qualsiasi altra cosa abbia voluto dirmi con quell’assurdo discorso sui cubetti di ghiaccio.
Ride.
“Come perché? Non è chiaro?” mi chiede “Mi ero stancato di trasportare quei fascicoli, e il bello di essere un insegnante è che gli studenti sono sempre disposti a fare tutto quello che gli chiedi. Adoro questa infima, guasta ipocrisia.”
Scoppia a ridere di nuovo, poi beve ancora il suo drink e torna a guardarmi. Il suo sorriso si trasforma in un’amara smorfia.
“È inutile che mi guardi così.” mi apostrofa “So di non esserti mai piaciuto, e il sentimento, fidati, è reciproco. Anche per questo motivo dovrai darti molto da fare quando scriverai quella lettera e… ah!” mi punta un indice contro come per darmi un avvertimento “Giusto perché tu lo sappia, situazioni familiari sconvenienti non saranno prese in considerazione come fattori di simpatia.”
Sorride malvagiamente.
“Tutto chiaro Jin-kun?”
“Chiarissimo.” rispondo acidissimo.
“Eccellente!” esclama con un gran sorriso, poi fa un cenno con la testa verso la porta “E ora via dalle scatole grazie.”
Mi alzo e mi dirigo velocemente verso la porta.
“Ah Jin!” mi richiama Lee.
Mi volto.
Che altro vuole?
“La prossima volta che vai a parlare dentro uno stanzino degli inservienti con una ragazza, assicurati di non farti beccare. Qualcuno potrebbe pensare male.”
Sbuffo ed esco dallo studio chiudendo la porta con un botto.
 

“Guarda chi si rivede!” mi chiede Kamiya come arrivo in terrazza.
La pausa pranzo è quasi finita e non sono ancora riuscito a toccare cibo.
“La chiacchierata è durata un bel pezzo!” osserva.
Julia è seduta affianco a lui che guarda un punto indefinito davanti a sé vagamente imbronciata.
Mi siedo e tiro fuori il portapranzo dallo zaino.
“Risparmiati le battute, perché non ne ho voglia!” taglio corto “Sono stato bloccato da Chaolan nel suo ufficio.”
“Chaolan? E cosa voleva?”
“Non l’ho capito bene, ma probabilmente era per farmi sapere che sarà lui ad occuparsi del progetto degli scambi con l’estero.” rispondo con un sussurro “Quindi, in altre parole, sono fottuto.”
“Hmm, capisco.” commenta “Questo spiega come mai il tuo umore sembra ancora peggio di quello di Chang.”
Solo a quel punto Julia sembra risvegliarsi dai suoi pensieri e ammonisce Kamiya con un’occhiataccia.
“Hai qualche problema?”
“Mmh sì, qualche problema in effetti ce l'ho!” risponde diventando serio “Sasaki ha iniziato a stalkerare me. Con questo credo veramente di aver toccato il fondo. Però almeno, io non sono come voi due e cerco di prendere la vita con filosofia.”
Non riesco a trattenere un sorriso crudele.
“Seriamente? Adesso ha preso di mira te?”
“Sì.” risponde di getto, visibilmente turbato.
Poi mi guarda contrariato come se fossi il diretto responsabile.
"Ti preferivo quando eri ancora disponibile."
Continuo a mangiare, divertito dalla situazione.
Vendetta finalmente! Adesso quello stronzo di Kamiya scoprirà cosa significa essere il bersaglio numero uno di una pazza come Sasaki.
“Quando eri ancora disponibile?” chiede Julia aggrottando le sopracciglia “Mi sto perdendo qualcosa?”
“Per la miseria, Chang! A volte mi chiedo se frequentiamo la stessa scuola!”
“Perché?”
“Come perché? Ne parlano tutti!” esclama Kamiya.
“Parlano tutti di cosa?”
“Fattelo spiegare dal diretto interessato, che è meglio.”
Alzo le spalle.
“Non rompete, io non ho niente da dire.” taglio corto continuando a mangiare.
“Ma di cosa state parlando?” insiste lei sempre più confusa.
Nessuno dei due risponde e la campanella che indica la fine della pausa pranzo suona.
“Oh, andate a quel paese tutti e due!” risponde Julia infastidita “Tanto sarà sicuramente una delle vostre stupidaggini! Non mi interessa, ho ben altro a cui pensare.”
Si alza e prende la sua roba.
“Sì, come farla pagare a Steve Fox per averti soffiato il titolo di migliore della scuola, per esempio?”
“Kamiya, non sei per niente simpatico.” lo fulmina con un'occhiataccia “Devo preparare una presentazione per il circolo sulle fonti di energia rinnovabili, se proprio ci tieni tanto a saperlo.”
“Comunque hai scoperto chi è questo ragazzo?” chiede Kamiya.
“È un ragazzo inglese che è arrivato quest’anno.” risponde Julia con un sorriso forzato “Non so altro, e non mi interessa.”
Detto questo, gira le spalle e se ne va.
 

La fine di questa lunghissima giornata finalmente arriva e sto per uscire dal cancello di scuola, quando noto un consistente numero di persone che si dirigono verso una certa ala del giardino.
Alcuni sembrano entusiasti, altri più che altro curiosi. Riesco a captare delle parole e qualcuno fa riferimenti ad una presunta rissa.
Normalmente mi farei gli affari miei, ma per qualche motivo sento l’esigenza di dover andare a controllare. Giusto per essere sicuro che non si tratti di nessuno di mia conoscenza. Mi avvicino verso la cerchia di persone che si è radunata proprio ai piedi dell’orribile statua di mio nonno che troneggia sul prato all’inglese e mi faccio strada in mezzo alla folla per riuscire a vedere cosa sta succedendo.
Non devo faticare poi molto per riuscire ad intravedere la sagoma di mia cugina Asuka intenta a lottare con una ragazza bionda che non conosco.
“Oh merda!” mormoro fra me e me, mentre scanso le persone di mezzo per riuscire a passare.
Normalmente, ancora una volta, sarei ben felice di farmi gli affari miei. Per qualche motivo però, mia madre si è convinta che sia anche una mia responsabilità dare delle dritte ad Asuka, in quanto cugino maggiore. E sono certo che, se Asuka dovesse prendersi una punizione per qualcosa che io ho visto e non ho provato a fermare, diventerebbe anche un mio problema.
“Asuka, che accidenti stai facendo?!” la richiamo quando finalmente riesco a raggiungerla.
La prendo per un braccio e la strattono all’indietro. Nel mentre, con uno spintone, allontano la ragazza bionda che stava per colpirla con un calcio.
Asuka mi guarda a metà fra lo sconcerto e il fastidio.
“Jin?”
“Che stai facendo?” le ripeto con rabbia.
Apre la bocca per rispondermi, ma si interrompe quando la ragazza bionda ci passa a fianco guardandola con aria di sfida.
“Non finisce qui.” sussurra ad Asuka con un forte accento straniero.
Vedo la bocca di Asuka contorcersi in una smorfia di rabbia.
“Calmati.” la strattono “Andiamo a casa.”
Gemiti di delusione e commenti di disappunto si alzano dalla folla, che lentamente si sfalda e riprendono tutti a muoversi verso i cancelli.
“Mi vuoi spiegare che vi è saltato in mente?” le chiedo quando varchiamo i cancelli.
Mi sorride.
“Così adesso mi parli di nuovo, eh?”
Le lancio uno sguardo di rimprovero.
“Sì, ma non pensare che ti abbia perdonato.”
Iniziamo a fare la strada insieme verso casa.
“Allora, in realtà non so molto di quella pazza. So solo che si chiama Lili, che viene da qualche parte in Europa, e che non l’è andato giù che abbiano scelto me per l’organizzazione artistica della festa di fine anno.” inizia a spiegare Asuka “Beh, so che a te sembrerà molto stupido, ma tutto è iniziato da quando ha visto la coreografia che stavamo preparando con il gruppo di danza. Durante le prove non ha fatto altro che criticarci e dire che è chiaro che non ho esperienza per questo genere di cose e che invece dovrebbe occuparsene lei, dato che nella sua vecchia scuola era il capo delle cheerleader! Insomma, hai capito che genere di persona è?”
Mi guarda con rabbia stringendo le mani a pugno.
Alzo gli occhi al cielo. Sto probabilmente per sentire una storia degna di un filmetto rosa di gelosie e rivalità adolescenziali.
“Al che io l’ho presa da parte e ho cercato di farla ragionare, dicendole che, anche se era convinta di poter essere un capo migliore di me, doveva comunque rassegnarsi dato che a me quel compito piace e non ho intenzione di farmi da parte.” continua “Da lì è cominciato l’inferno! Ha cercato di prendere il mio posto praticamente ovunque! Non solo nel gruppo di danza, ma anche nel mio gruppo di amiche, nella squadra di pallavolo e persino nel club anti-bullismo di cui sono capo-fondatrice!”
Si volta di nuovo a guardarmi con aria agitata.
“Ti rendi conto? Sto iniziando a pensare che... voglia essere me! È pazza!”
“Calmati, Asuka.” le suggerisco.
“Come può un personaggio del genere prendere la direzione del club anti-bullismo? Una forma di bullismo è esattamente quello che sta facendo nei miei confronti, non credi?”
Non rispondo, in ogni caso non ne avrei avuto neanche il tempo, dato che riprende a parlare quasi subito.
“Oggi poi, ha persino sostenuto che mi avrebbe potuto battere anche ad un incontro di arti marziali! Insomma, non so se mi spiego.” ridacchia “Può mettere in discussione tutto, ma non le mie capacità in fatto di arti marziali. Non sarò una ballerina, ma se voglio potrei farle rimpiangere di aver mai messo piede in questa scuola.”
"Asuka..."
"No! Ci sono dei confini che non si devono varcare." insiste con rabbia "E a quel punto non ci ho visto veramente più!"
Ascolto attentamente e la scruto serio.
“Non ci hai visto più è un altro modo per dire che sei stata tu a cominciare?”
Si volta a guardarmi stupefatta.
“Ma sei scemo?" mi chiede scocciata "Ti ho appena spiegato che è partito tutto da lei, no?”
“Intendo dire…” la interrompo acido “… sei stata tu ad iniziare la rissa di oggi?”
“Beh, tecnicamente sì. Però, come ti ho spiegato, è stata lei che mi ha provocato. È tutta colpa sua”
Sospiro.
“Asuka, sei un’idiota.” constato a voce alta “Sai benissimo che qualsiasi cosa succeda, chi comincia passa sempre dalla parte del torto. L’unico motivo per cui non sono stato sospeso ieri, è che ero innegabilmente dalla parte offesa.”
“So benissimo che non avrei dovuto farlo, grazie.” sbotta, poi abbassa la testa “Ma mi ha veramente portato all’esasperazione. Quando ho cominciato a frequentare questa scuola, ho pensato che mi ci sarei trovata bene. Ho avuto le mie piccole soddisfazioni e raggiunto i miei obiettivi, come la medaglia del club anti-bullismo che ci hanno dato in municipio. Non può una ragazzetta gelosa qualunque fare di tutto per portarti via tutti i tuoi meriti! Non lo accetto!”
La guardo e sembra veramente turbata. Sono stupidaggini da ragazzine, ma dopotutto Asuka è ancora in quell’età dove queste scemenze sembrano importanti. Forse è meglio non continuare a parlarne, tanto non riuscirei a convincerla facilmente.
Continuiamo a camminare in silenzio per qualche minuto, poi Asuka, che nel mentre si è calmata, decide di parlare di qualcos’altro.
“E quindi hai una ragazza.”
Oh per favore! Quasi quasi preferivo parlare delle rivalità tra ragazzine.
Ma d’altronde era ovvio che la voce fosse arrivata anche a lei, era solo questione di tempo prima che decidesse di interrogarmi al riguardo.
“No, non è vero.” rispondo semplicemente.
Asuka ride.
“Ovvio che non è vero, ma la gente lo crede.”
“E allora? Non è vero!” ripeto atono.
“Sì, ma perché lo credono? Cosa hanno visto? Cosa è successo veramente?”
“Non fa differenza, tanto non è vero niente.” rispondo stanco.
“Sì, ma non me lo racconti?”
Silenzio. Asuka mi guarda offesa.
“Chissà zia Jun cosa direbbe se lo scoprisse.” dice sperando di convincermi a parlare.
Non rispondo.
Se continuo ad ignorarla prima o poi si stancherà e smetterà di fare domande. Ormai è un metodo collaudato.
“Almeno, come si chiama? La conosco?”
Ancora silenzio.
“In che classe è?”
“…”
Mi dà uno spintone che mi costringe a fare un passo laterale.
“Perché devi fare lo stupido così?!” si arrabbia “Rispondimi!”
Almeno è tornata quella di sempre.
La guardo di sbieco e continuo a camminare in silenzio per la mia strada.
 

Adoro allenarmi. Per almeno un’ora tutti i giorni, mi dimentico di ciò che mi tormenta durante il giorno e finalmente mi sfogo.
Ma se c’è un’altra cosa in questo mondo che adoro infinitamente fare, è guidare la mia moto. La mia fantastica, adorata moto.
È incredibile pensare che cotanta perfezione sia contenuta in un oggetto.
Purtroppo mia madre, da paranoica cronica quale è, non mi ha mai concesso di poterne avere una. È convinta che per qualche motivo sia qualcosa di pericolosissimo.
In ogni caso, il giorno stesso del mio diciassettesimo compleanno, usando dei soldi che stavo mettendo da parte per anni, ne ho comprato una di nascosto.
Mia madre l’ha scoperto un anno e quattro mesi più tardi, quando si è quasi fatta venire un esaurimento nervoso.
Abbiamo avuto una delle peggiori liti di sempre e alla fine mi ha costretto a venderla.
Non ha mai scoperto che l’acquirente fosse in realtà il fratello maggiore di Kamiya, che io ho pagato profumatamente per convincerlo a comprare e subito dopo rivendermi la moto.
Insomma, la mia adorata moto non ha mai smesso di essere mia per più di ventiquattro ore. Non ho mai smesso di guidarla e tanto meno ho intenzione di smettere. Per questo devo fare estremamente attenzione alle mie mosse.
Sono le otto e si sta facendo tardi, riprendo la strada di ritorno verso il garage del fratello di Kamiya, dove sono costretto a tenere nascosta la moto.
Gli pago una quota ogni mese anche per questo, ma ne vale la pena. Il garage è poco distante dal dojo della Mishima Zaibatsu dove mi alleno, e quasi ogni sera mi concedo un’oretta di puro piacere personale, dimenticandomi momentaneamente della mia vita di merda.
Apro il garage, parcheggio la moto ed esco. Sto per abbassare la serranda e andare via quando noto una figura che mi osserva a qualche metro di distanza da me.
Mi volto e mi sento raggelare.
“Guarda chi si vede!” mi saluta Xiaoyu con un cenno della mano e un sorriso crudele stampato in faccia.
Rimango immobile in preda alla più totale confusione.
Cosa ci fa lei qui? Non dovrebbe essere qui e soprattutto non dovrebbe vedermi in questo momento.
Mi si avvicina e si sporge appena per guardare dentro il garage.
“Era una moto quella che hai appena parcheggiato lì dentro?”
Di impeto abbasso tutto di colpo la serranda che fa un boato tremendo.
“Cosa ci fai qui?” ringhio guardandola minacciosamente.
“Sì, credo proprio di aver visto una moto.” risponde alla sua stessa domanda continuando a sogghignare.
“È la moto di un mio amico…” spiego acidissimo “… abita qui. Il garage è suo.”
Devo pensare in fretta ad un modo per salvarmi, ma parlando in questo modo sembro tutt’altro che convincente.
“Hmm. Capisco.” annuisce con aria derisora “E allora perché la stavi guidando tu?”
Non rispondo.
La guardo severo cercando di mascherare la mia preoccupazione.
“Sai, se la memoria non mi inganna…” sorride malignamente “… e la mia memoria non mi inganna quasi mai, tua madre racconta che l’hai venduta.”
Sapevo benissimo dove voleva arrivare questa piccola peste.
Non devo lasciarmi prendere dal panico, non permetterò ad una ragazzina dispettosa di portarmi via l’oggetto al quale tengo di più al mondo.
“L’ho venduta infatti.”
“Fammi indovinare, al tuo amico che vive qui. Però tu continui a guidarla.”
“Avrai visto male, non la stavo guidando.” rispondo.
Dopotutto se non ha prove non può dimostrare niente.
“Ah no?” chiede lei “Eppure quello che si vede in queste foto sembri proprio tu! E sei pure senza casco!”
Toglie fuori un cellulare dalla tasca e mi mostra una foto che inevitabilmente mi ritrae a bordo della mia moto.
La guardo con rabbia, poi cerco di strapparle il telefono di mano. Lei, prontamente, se lo ficca di nuovo in tasca del giubbotto. Provo allora a prenderla per un braccio, ma lei si ritrae agilmente all’indietro.
Maledetta ragazzina!
“Non penserai che sia così stupida.” si mette a ridere quando finalmente riesco ad acchiapparla e le sto per rubare il telefono dalla tasca “Ho mandato una copia della foto ad almeno tre dei miei indirizzi email.”
Mi dà un calcio in uno stinco e si divincola guardandomi sprezzante mentre io mi faccio sfuggire un gemito di dolore.
“Se provi di nuovo a rubarmi il telefono mi metto ad urlare.” mi minaccia.
Maledetta ricattatrice…
Sembra tanto buona e innocente, pure un po’ imbranata la maggior parte delle volte, ma a quanto pare sa trasformarsi in un essere malvagio quando vuole.
“Perché mi stai facendo questo?” non vorrei mai ammetterlo, ma inizio a disperarmi un po’.
Tutto, ma non la mia moto, per favore.
“Secondo te perché?” sgrana gli occhi con ostilità.
“Non c’entro niente con quella stupidaggine che sta girando a scuola!” ribatto per l’ennesima volta quel giorno.
“Sei complice anche tu perché ti stai approfittando della situazione!” sbotta corrugando la fronte.
Sospiro e alzo gli occhi al cielo.
Anche questa giornata sembra non voler finire mai e io sto veramente perdendo la pazienza.
Perché deve essere così permalosa?! Perché se l’è presa tanto al punto di aver pianificato di rovinarmi la vita?
“Perché ti scaldi tanto?” le chiedo iniziando ad innervosirmi “Sei proprio una bambina! Sei davvero così immatura da dare tutta questa importanza a quello che gli altri pensano di te?!”
Lei non risponde subito e per un attimo sembra un po’ ferita.
“Come?” chiede un po’ in difficoltà.
“Dovresti imparare a non dare peso a queste stupidaggini.” rispondo tagliente “Sai, le cose importanti nella vita sono altre.”
“Non… non è quello infatti!” ribatte lei con tono sgarbato “È che non mi va di essere usata per risolvere i tuoi problemi da misantropo quale sei, te l’ho già spiegato.”
Sospiro esasperato. Meglio finirla lì, non ho voglia di continuare un discorso che potrebbe andare avanti all’infinito.
“D’accordo. Quindi che vorresti fare adesso?” taglio corto “Ricattarmi?”
“Io non userei quel termine.” risponde.
“Beh, è quello che stai facendo!”
Inclina la testa su un lato e mi scruta con un mezzo sorriso.
“È la prima volta che ti vedo così preoccupato per qualcosa.” commenta divertita.
Alzo gli occhi al cielo.
“Per favore, lasciamo perdere le considerazioni su di me. Vogliamo arrivare al dunque?”
“La prima volta che ci siamo incontrati…” inizia invece a raccontare tornando seria “… sei stato incredibilmente cattivo con me.”
Non so dove voglia arrivare, ma sono molto preoccupato. Se inizierà a pensare a tutti i motivi per cui dovrebbe odiarmi probabilmente finirà per decidere di farmela pagare più cara possibile.
“Heihachi-san mi aveva avvertito. Mi aveva detto che avevi un carattere terribile, ma…” trattiene una risatina nervosa “… seriamente, è stato peggio di quanto avessi mai potuto immaginare.”
Evita il mio sguardo e si mordicchia un labbro. Sembra un po’ nervosa e a disagio.
Non devo cascare nella sua trappola però, non mi lascerò impietosire da qualcuno che mi sta ricattando!
“Non conoscevo ancora nessuno qui.” riprende “Mi ero appena trasferita in un paese straniero in cui non avevo mai messo piede. Mi sentivo sola, nervosa e… un po’ spaventata a dirla tutta. Tutti in Cina avevano cercato di convincermi a non seguire Heihachi e beh… per quanto non lo dessi a vedere, dentro di me avevo mille dubbi e anch’io temevo di poter aver preso una decisione sbagliata.”
Solleva gli occhi e torna a puntarli su di me.
“Tu sei stato la prima persona che ho conosciuto qui.” dice con aria triste “E dopo aver passato meno di mezz’ora con te, ho seriamente pensato di lasciar perdere tutto e di tornarmene a casa.”
Ok, forse quel giorno sono stato un po’ scortese, ma non mi sembrava così triste e fragile mentre mi rincorreva per il dojo per prendermi a calci.
Comunque mi sento un po’ uno schifo, non avrei mai pensato che l’avesse potuta prendere così male.
“Sì, poi con il tempo mi sono abituata alla tua cattiveria e ho capito che non valeva la pena rimanerci male ogni volta che aprivi bocca.” continua alzando le spalle “Ma all’inizio è stato un po’ difficile, ecco.”
“D’accordo.” la interrompo “Non so dove tu voglia arrivare e non so quanto possa servire adesso, ma…”
Ho un momento di esitazione, non mi sento molto a mio agio in questo tipo di situazioni. Lei mi guarda ascoltando con attenzione.
Devo farlo.
“… ti chiedo scusa.” dico piano.
Mi guarda sogghignando.
“Sembri incredibilmente a disagio, Kazama.” sussurra con un sorriso crudele “Quindi voglio pensare che tu non lo stia dicendo solo per cercare di migliorare la tua situazione.”
Le mie scuse erano sincere. Non pensavo di averle causato tutti quei problemi e mi dispiace se l’ho ferita, ma non ho intenzione di aggiungere altro.
Evito il suo sguardo e aspetto che continui a parlare.
“Fortunatamente per te Kazama, al contrario di te io non sono perfida.” riprende poco più tardi “Non farò vedere a tua madre queste foto per ora.”
Torno a guardarla scrutandola con attenzione.
“Ma dato che sono ancora convinta che tu abbia ben più benefici di me da quella stupida voce che sta girando a scuola e che tu hai contribuito a diffondere…”
Alzo per l’ennesima volta gli occhi al cielo.
“Ma non è vero!” protesto.
“Fammi finire!” mi interrompe “Queste foto mi serviranno per ricordarti che... sei in debito con me.”
Finisce con un ghigno cattivo stampato in faccia.
La guardo di sbieco.
“E questo non sarebbe un ricatto?”
“Sai una cosa? A direi il vero non mi interessa, chiamalo pure come vuoi.” ribatte ridacchiando.
“Che cosa vuoi che faccia?” chiedo allora arrendendomi.
Lei si stringe nelle spalle con aria indecisa.
“Non lo so ancora.” risponde come se niente fosse “Ma tranquillo, troverò il modo di farmi ripagare prima o poi.”
“Meno male che sei convinta di non essere perfida.” commento con un sibilo.
Lei alza le spalle un’altra volta.
“Che vuoi farci?” chiede “Devo aver avuto un buon maestro!”
Ridacchia di nuovo, poi torna seria e mi guarda gelida.
“Non puoi vincere sempre tu, Kazama.” sussurra. 
Poi sorride.
“Comunque si è fatto tardi. Ti auguro una buona notte!” 
Si gira e mi saluta con un cenno della mano prima di andar via.















NOTE:
L'ultima volta ero molto di fretta e mi sono dimenticata di dire qualcosa per introdurre Steve. Una delle poche informazioni che abbiamo riguardo alla sua vita fuori dai tornei è che si è laureato a Oxford, così ho pensato di renderlo uno studente brillante anche qua. :D
Con la parte di oggi si conclude questo capitolo, che ho dovuto dividere in due perchè troppo lungo. Spero vi sia piaciuto, alla prossima!

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Capitolo 7
*** Uncomfortable Talks (Jun) ***


7
Uncomfortable Talks 

(Jun)


“… e per oggi è tutto, cari amici ascoltatori! Ringraziamo il dottor Tadayoshi per aver esaminato con noi i benefici di una semplice mezz’ora di bicicletta al giorno, ottima abitudine sia per la salute e sia per il rispetto dell’ambiente! Vi aspettiamo domani con una nuova puntata del nostro programma il cui tema sarà: Stravolgimenti climatici e mezze stagioni.
La sigla del programma radio sfuma lasciando spazio ad una famosa canzone degli anni settanta. Ho sempre adorato questa canzone! È come se fosse capace di trasportarti in un’altra dimensione di calma e serenità. È davvero incredibile il potere che la musica ha sulla nostra sensibilità, è capace di farti sentire meglio persino in mezzo al traffico strangolante di Tokyo!
Se fosse un giorno qualsiasi, probabilmente mi sarei già lasciata andare ad un’imbarazzante esibizione di karaoke, ma oggi non è proprio il caso.
Mi volto da Lars seduto al mio fianco. È taciturno e sembra un po’ assonnato.
“Non ho ancora avuto occasione di scusarmi per la scena di ieri sera a cena.” dico rivolgendogli un sorriso imbarazzato.
Ho evitato di parlarne fino a quel momento, ma è stata una scena davvero così pietosa che sento di dover spendere due parole.
“Non si deve preoccupare dottoressa Kazama.” dice lui in tono gentile.
Che bravo e caro ragazzo!
È stato il suo primo giorno di lavoro e devo dire che si è comportato molto bene. Sembra un valido professionista, nonché una persona molto composta e educata.
Sarebbe un sogno se Jin e Asuka potessero imparare qualcosa dai suoi modi di fare.
“Chiamami pure per nome.” gli concedo “Dopotutto ora fai parte della famiglia.”
Mi guarda pensieroso per qualche istante, poi annuisce e sorride.
“Come preferisci, Jun.”
Ricambio il sorriso e torno a guardare l’interminabile coda di auto ferme al semaforo davanti a noi.
Sospiro. Probabilmente ci vorranno ancora diverse decine di minuti prima di riuscire a raggiungere il nostro quartiere.
Mi volto ancora da Lars.
“Comunque sul serio, situazioni come quella di ieri a casa nostra non sono per niente rare e ho paura che te ne accorgerai presto.” riprendo il discorso.
“Mi è sembrato di capire che i ragazzi non vadano molto d’accordo.” commenta Lars lanciandomi una rapida occhiata.
Sospiro ancora.
Dire che non vanno d’accordo è piuttosto riduttivo.
“Hanno qualche problema di comunicazione.” mi limito a dire “Ho provato in mille modi a farli avvicinare o per lo meno a farli arrivare ad un livello di reciproca tolleranza, ma sembra tutto inutile.”
“A volte i ragazzi sono difficili a quest’età.” risponde Lars “Come cresceranno probabilmente le cose cambieranno.”
“Me lo auguro.” commento amareggiata.
Vorrei crederci davvero. Nella nostra famiglia ci sono già abbastanza rapporti incrinati, preferirei davvero evitare di vedere Asuka e Jin fare la stessa fine.
Scatta il verde del semaforo e il traffico riprende lentamente a scorrere.
I colori delle insegne luminose delle strade scorrono oltre i nostri finestrini.
“Non eri mai stato in Giappone?” domando cambiando discorso.
“No, è la prima volta.” risponde lui.
“Capisco.” annuisco “Immagino che sia uno scenario un po’ diverso rispetto a quello delle città svedesi.”
“Decisamente.”
Ci fermiamo ad un nuovo incrocio.
La canzone alla radio è ormai finita ed è iniziato un programma di varietà alquanto stupido. Spengo l’autoradio e torno a voltarmi dal mio assistente.
“Lars, posso chiederti una cosa?” domando poco più tardi “Sempre che non sia qualcosa di troppo personale.”
“Certo, dimmi.”
“Dando uno sguardo al tuo curriculum ho notato che dopo la laurea sei stato nell’esercito per cinque anni.” osservo “Mi chiedevo come mai avessi deciso di intraprendere di colpo una strada così diversa.”
Lars non risponde subito, guarda dritto oltre il parabrezza con aria seria.
“Diciamo che nel periodo successivo alla laurea…” esita un po’ “…ci sono stati degli eventi che mi hanno portato a riconsiderare alcune cose riguardo alla mia vita.”
Rimango un po’ stupita da questa risposta così enigmatica e dalla sua espressione rigida. Mi chiedo se davvero la mia domanda non sia stata troppo invadente.
“Capisco.” rispondo vaga.
Riprendiamo a muoverci in mezzo al traffico per un po’, quando poi è Lars a rompere di nuovo il silenzio.
“Jun, posso chiederti una cosa io adesso?”
“Prego.” accolgo la proposta con un sorriso.
“Ovviamente sono a conoscenza della vostra parentela con il vertice della Mishima Zaibatsu.”
Il sorriso sulle mie labbra si spegne immediatamente e gli rivolgo uno sguardo serio.
Lars mi scruta in silenzio.
“Sì, certo, lo immaginavo.” rispondo atona tornando a guardare la strada.
“Nell’ambito della biochimica e delle biotecnologie gli impianti di ricerca della Zaibatsu sono tra i più avanzati al mondo. Sono tra l’altro gli stessi laboratori che per anni hanno servito anche le ricerche della stesa G Corporation, prima che questa diventasse indipendente, dico bene? Quindi mi chiedevo se…” esita un po’ “… se fosse possibile arrangiare una visita o qualcosa del genere.”
“Lars, devi sapere che i nostri rapporti col polo della Mishima Zaibatsu non sono esattamente i migliori.” rispondo a bassa voce.
“Capisco. Mi dispiace se ho chiesto troppo.” si affretta Lars a rispondere.
“Ma vedrò cosa è possibile fare.” aggiungo.


Apro la porta di casa e vengo accolta da Asuka, che dal soggiorno mi raggiunge immediatamente nell’ingresso.
“Zia Jun!” mi chiama a gran voce “Oh, bentornato a casa anche tu, Lars-san!”
Lars sorride e ricambia il saluto.
“Vado in camera mia.” dice togliendosi le scarpe prima di congedarsi e andare verso le scale.
Sistemo anche io le mie scarpe nel mobiletto dell’ingresso e appendo il cappotto all’attaccapanni.
“Come è andata a scuola?” chiedo ad Asuka mentre mi dirigo in cucina.
Asuka mi segue.
“Bene direi! È stato piuttosto divertente.” risponde “A scuola c’è un nuovo scoop e oggi praticamente non si è parlato d’altro tutto il giorno!”
Prendo il bollitore e mi sposto verso il piano cottura. Non vedo l’ora di rilassarmi sul divano a godermi il tepore del caminetto e un bel tè caldo.
“Ah sì? Sarebbe?” chiedo distrattamente accendendo il fornello.
“Beh, tutti oggi parlavano di Jin…” comincia Asuka abbassando progressivamente la voce “… e della sua presunta ragazza.”
Rimango di sasso.
Guardo Asuka con occhi spalancati.
Ho capito bene?
Jin e la sua ragazza?
“Tu non sapevi niente zia Jun?” mi interroga con aria divertita.
No, non sapevo niente. E il fatto che tutta la scuola l’abbia scoperto prima di me, il fatto che non si sia confidato con me per una cosa così è un po’ come una coltellata.
“No, non lo sapevo.” rispondo cercando di apparire distaccata, reprimendo i miei sentimenti.
L'ho sempre incoraggiato a parlare di tutto con me. Come mai non mi ha detto niente? So sempre di meno sulla sua vita personale. Lo sto perdendo. Jin sta gradualmente, inevitabilmente, diventando un estraneo.
Mi concentro a guardare la fiammella azzurra che danza sotto il bollitore.
“Chi sarebbe?” chiedo.
“Ecco, non me l’ha voluto dire!” si lamenta Asuka “Ovviamente non è stato affatto felice di questo gossip e si è rifiutato di rispondere alle mie domande.”
“Non… non è… per caso Julia vero?”
In quel modo credo che mi sentirei doppiamente tradita.
Asuka si stringe nelle spalle.
“Non lo so, non credo!” si stringe nelle spalle “Non so bene cosa sia successo, ma pare che ieri qualcuno li abbia beccati mentre si scambiavano effusioni d’affetto dopo le lezioni. Ma ci pensi? Stiamo parlando di Jin! È diventato umano tutto d’un colpo?”
Scoppia a ridere.
“Dove è lui adesso?” chiedo cercando di mantenere la calma.
“È andato ad allenarsi.” risponde Asuka stirandosi la schiena.
Da uno sguardo all’orologio  sul display del forno a microonde.
“E credo che ora andrò a farlo anche io!” aggiunge stirandosi i muscoli delle braccia “A più tardi!”
“A più tardi.” forzo un sorriso.


“Kazuya!” spalanco la porta del suo studio e irrompo dentro.
Lui solleva incuriosito lo sguardo dal computer portatile sulla scrivania.
Quello studio è come al solito troppo buio, se non per la luce azzurrina del monitor che gli colora il viso.
“Che succede?” chiede con il suo solito tono atono.
Prendo posto sulla poltrona davanti a lui e incrocio le gambe.
“Stai lavorando?” chiedo con fare vago.
“Sì.”
Annuisco nervosamente.
“Capisco.” rispondo tamburellando le dita sul bracciolo della poltrona “Ne hai per molto?”
“Sì.”
Mi scruta interrogativo.
“Tutto bene?”
“Sì, certo che sì.” sorrido forzatamente.
“Non è vero.” osserva lui “Si vede lontano un miglio che c’è qualcosa che non va. Che succede?”
Sospiro.
“Si tratta di Jin.” confesso.
“Chissà perché me lo aspettavo.” risponde lui meccanicamente “Cosa ha combinato stavolta?”
Alzo le spalle.
“Niente di che.” spiego “È che sento che si sta allontanando sempre di più e… mi rattrista.”
Kazuya mi scruta pensieroso.
“Questo è quello che si definisce crescere.” commenta “Direi che è ora che inizi ad andare per la sua strada, no?”
Alzo gli occhi al soffitto.
“A quanto pare sta frequentando una ragazza.” riprendo “E io l’ho saputo da Asuka. Lui non me ne ha parlato.”
Kazuya alza di nuovo lo sguardo dal computer e mi guarda con un sorriso ironico.
“Stiamo ancora parlando di Jin?”
“Perché non me ne ha parlato?” insisto “Perché non si è confidato con me?!”
Kazuya sogghigna.
“Andiamo Jun, lo conosci! È troppo impegnato ad odiare il mondo in ogni momento della giornata per avere una ragazza, dev’esserci certamente un equivoco.”
“Kazuya, ti prego. Sono seria.” lo apostrofo.
“Sono serio anch’io! Quale ragazza potrebbe sopportare quell’asociale?!”
Non riesco a credere a ciò che ho appena sentito.
“Kazuya! Da che pulpito!” esclamo in tono di rimprovero.
Sogghigna.
“Comunque anche se fosse perché dovresti rimanerci tanto male?” continua guardandomi di sbieco “Vorrei ricordarti che tu hai nascosto la nostra relazione alla tua famiglia per ben cinque anni.”
“Era una situazione completamente diversa!” obietto “Conoscevo perfettamente la mia famiglia e sapevo che non avrebbero mai approvato!”
“Non approvano tuttora.”
“Esattamente, ed è proprio perché so cosa vuol dire avere una famiglia alle spalle che non ti sostiene nelle tue decisioni che ho sempre fatto in modo affinché Jin sentisse di poter sempre contare su di me.”
“Hmm.” risponde Kazuya poco attento.
Sospiro e rimango a ragionare in silenzio per un po’.
“Pensi che le cose sarebbero andate diversamente se…” mi mordo un labbro “…quel periodo non ci fosse mai stato?”
“Jun, ne abbiamo parlato mille volte. Non è colpa tua.” risponde Kazuya alzando appena lo sguardo.
Già, ne abbiamo parlato mille volte, ma io non riesco a togliermi dalla testa questa idea.
Ormai sono passati anni, ma quel pensiero continua ancora a tormentarmi.
Era una sera di fine novembre di qualche anno fa, ero in macchina con Jin e stavamo rientrando a casa dopo un evento a scuola. Improvvisamente, ad un incrocio, una macchina arrivata da chissà dove ha colpito la nostra sfondando la fiancata del guidatore.
Jin fortunatamente non ha riportato conseguenze, se non delle piccole ferite, mentre io sono stata in coma per sei lunghi mesi.
“Aveva solo quindici anni, non era preparato per affrontare uno shock del genere.” riprendo guardando Kazuya.
“Non si può mai essere preparati per una cosa del genere.” osserva lui col suo fare distaccato.
“Sì, ma è stata quell’esperienza a cambiarlo, lo sai benissimo anche tu.”
“Jun, la cosa che conta è che tu ti sia risvegliata.”
“Mi sono risvegliata e mi sono ritrovata davanti mio figlio in una versione che non conoscevo.” insisto.
“Abbiamo tutti un lato oscuro.” continua Kazuya poco dopo “Il suo si  è rivelato in quella occasione, ma non vuol dire che non sarebbe potuto venir fuori per qualche altro motivo più avanti.”
Abbasso lo sguardo. Potrebbe aver ragione, forse era davvero inevitabile.
“Ma dietro quelle borchie, il giubbotto in pelle nero e gli occhiali scuri era sempre lo stesso ragazzino idiota che è sempre stato.”
Lo guardo negli occhi, vorrei poter essere completamente d’accordo con lui.
“Tra l’altro, di cosa ti lamenti?” riprende sprezzante “Ormai è uscito da quella sua fase di ribellione, ha anche smesso di riempirsi di borchie e di frequentare quegli ambienti.”
Su questo sono d’accordo. Grazie al cielo il periodo peggiore sembra esser passato.
“Certo c’è sempre quell’orribile musica.” aggiunge con una smorfia.
“Già”. annuisco.
“Comunque, visto che la cosa ti preoccupa particolarmente…” osserva “… forse non si confida con te per timidezza. Prendi tu l’iniziativa, prova a parlargli.” suggerisce con un sorriso sadico prima di tornare a guardare il computer.
“Sai benissimo che così lo metterei in imbarazzo.” osservo “E l’idea ti diverte un sacco vero?”
Kazuya non risponde, ma il ghigno che ha stampato sul volto è abbastanza eloquente di per sé.
“Come va invece riguardo a… quell’altra cosa?” mi chiede invece poco dopo tornando serio.
Sospiro.
“Molto bene, direi.” rispondo convinta “Lars sembra un ottimo professionista. Tanto che credo mi dispiacerà non poterlo tenerlo a lavorare con me per sempre.”
“Ricordati di fare attenzione.” mi rammenta Kazuya guardandomi negli occhi.
“Me lo ricordo benissimo, grazie.” lo interrompo.
Kazuya annuisce.
“Ha chiesto di poter vedere i laboratori Mishima.” aggiungo dopo qualche secondo di silenzio.
Annuisce ancora.
“Ricevuto.”
Torna a concentrarsi completamente sul suo lavoro al computer.
“Kazuya…” lo chiamo senza ottenere risposta.
“Hmm?” risponde solo qualche minuto dopo.
“Cosa devo fare per attirare la tua attenzione per cinque minuti?”
Distoglie finalmente gli occhi dallo schermo e mi scruta serio.
“Jun, lo sai. Devo lavorare.”
Sospiro, mi alzo e mi avvicino a passi lenti verso di lui seguita dal suo sguardo.
Mi posiziono dietro la sua poltrona e faccio scivolare le mani sulle sue spalle. Mi inchino su di lui e gli sfioro la guancia con le labbra.
“Sai che odio quando non mi dai abbastanza attenzioni.” lo avverto spingendo le unghie contro la sua carne.
Si volta verso di me e le nostre bocche si incontrano in un lieve e morbido bacio.
“Non lo sopporto, mi da sui nervi.” gli sussurro sulle labbra.
Le mie mani si muovono piano dalle spalle per poi passare ad esplorare i pettorali, mentre approfondiamo il bacio e le nostre labbra si muovono le une contro le altre con più energia, in modo quasi aggressivo. I nostri respiri si fanno più veloci, così come i nostri movimenti. La mia pelle è rovente contro la sua, so che sta adorando questo momento almeno quanto lo sto amando io.
Avverto un fremito sulla sua schiena quando la mia mano si chiude con decisione sui suoi pantaloni.
“Che ti succede?” gli chiedo all’orecchio con un sussurro “Sono finalmente riuscita a farti svegliare?”
Lascio la presa e lentamente ritraggo la mano. Mi risollevo in piedi osservando compiaciuta l’espressione sul suo volto.
Lui non risponde e sostiene il mio sguardo con severità.
“Dopo cena.” sussurro per fissare l’appuntamento “E farai bene ad aver finito di lavorare per quell’ora.”
Sogghigna come al suo solito.
“Senz’altro.”


Quando torno al piano di sotto, dopo aver sbrigato qualche faccenda, scopro che sia Jin che Asuka sono tornati a casa. Osservo Jin e rifletto su come potrei affrontare l'argomento. È in salotto, comodamente seduto sul suo posto preferito del divano, intento a leggere un libro dalla copertina scura. Probabilmente è in attesa di vedere qualche programma alla TV, altrimenti non starebbe mai fuori dalla sua stanza, tanto meno con Asuka seduta a un metro da lui che ride ogni due minuti per qualcosa di divertente che sta vedendo in televisione. Anche Lars è seduto con loro sul divano.
“Cosa leggi?” prova a chiedere ad un certo punto a Jin.
Lui non solleva neanche lo sguardo dalle sue pagine.
“Ce li hai gli occhi. C’è il titolo a caratteri cubitali impresso sulla copertina.”  risponde acidissimo.
Sospiro. Perché mai mio figlio deve essere un tale maleducato?
Lars inarca le sopracciglia confuso e probabilmente stupito da una simile antipatia.
Asuka si volta da Jin guardandolo con un misto di stupore e di disapprovazione, ma non dice niente.
“Al di là del bene e del male.” ci riprova Lars leggendo a voce alta il titolo del libro “Nietzsche! Ti interessi di filosofia?”
“Tu che dici?” risponde Jin  più strafottente.
“Tu e i tuoi libri da disadattato.” si inserisce nel discorso Asuka a questo punto “Sarà a furia di leggere quella roba che sei diventato così intrattabile?”
“Vedi, questo è un commento proprio degno della tua ignoranza Asuka.”
“Jin!” intervengo io a questo punto entrando nella stanza.
Tutti e tre si girano a guardarmi
“La cena è quasi pronta.” annuncio con un sorriso, poi torno a guardare Jin “Tesoro, non è che verresti a darmi una mano?”
Mi guarda con confusione.
“Ok.” dice appoggiando il libro sul tavolino.
“Ottimo.” rispondo andando verso la cucina.
Qualche secondo dopo mi raggiunge anche lui e, non appena entra, chiudo la porta alle sue spalle per evitare che possa sfuggirmi.
Si volta con fare preoccupato e mi guarda interrogativo.
“Mamma? Che stai facendo?” mi domanda.
Faccio un respiro profondo e mi preparo mentalmente al discorso che gli sto per fare.
“Se è per come ho risposto al tuo assistente poco fa, posso capire il tuo disappunto.” riprende, ipotizzando la ragione del mio comportamento “Ma già che ci siamo potresti fargli sapere che le cose tra me e lui potrebbero andare molto meglio se solo evitasse di parlarmi mentre sto leggendo roba di scuola. O se evitasse di parlarmi proprio punto e basta.”
“Jin!” lo interrompo “Non si tratta di questo.”
Mi guarda incerto.
“E allora cos’è?”
“Arriviamo subito al sodo, Asuka mi ha parlato di cosa si diceva oggi a scuola.”
Mi osserva con occhi spalancati per lo stupore.
“Asuka ha fatto cosa?!”
“Lasciamo Asuka fuori da questo discorso.” scuoto una mano come per allontanare l'argomento, poi lo guardo seria “Ti stai vedendo con qualcuno? Perché non me ne hai parlato?”
“Mamma non è vero e lo sa benissimo anche lei!” protesta alzando la voce.
“Jin, sai che puoi fidarti di me!”
“Ma non è vero sul serio!” continua arrabbiandosi “È uno stupido pettegolezzo che non ha niente di fondato!”
“Ne sei sicuro?”
Lui si porta le mani ai capelli.
"Non riesco a credere che stiamo avendo questa conversazione." commenta fra sè e sè.
“Jin, so che forse parlare dei tuoi fatti personali ti imbarazza, ma è un po’ di tempo che mi sembra di non sapere davvero più niente di te.” ammetto “Non so cosa fai nel tuo tempo libero, con chi ti vedi o che posti frequenti, e durante quelle poche occasioni in cui riusciamo a dialogare, si finisce per litigare per qualche motivo.”
Lo guardo, mentre lui continua a scuotere la testa come se non riuscisse a concepire la situazione.
“Se hai deciso di frequentare una ragazza io ne sono felice.” continuo “Ma mi ferisce che tu non me ne abbia parlato.”
“Mamma, non è vero.” ripete lui esasperato.
Ragiono in silenzio per un po’, poi mi arrendo e sospiro.
Se ha deciso che non me ne vuole parlare, a quanto pare non posso far altro che rassegnarmi.
“Va bene, diciamo che ti credo.” cerco di farlo calmare “Comunque devi riconoscere che non abbiamo mai affrontato questo genere di discorsi.”
“E non ho per niente voglia di farlo adesso, dato che non ce n’è assolutamente alcun bisogno.” dice spazientito mentre cerca di aprire la porta per uscire dalla cucina.
Maneggia la maniglia con forza, ma la porta non si muove.
Insiste con forza.
“Hai chiuso a chiave?!” mi chiede iniziando a impanicarsi “Sei impazzita?!”
“No, Jin. Dobbiamo parlare.” spiego con calma.
Mi guarda con un’espressione di terrore stampata sul volto.
“Che cavolo stai dicendo?”
“Per esempio, non abbiamo mai parlato di sesso.”
Mi guarda sconcertato, poi si lascia sfuggire quello che sembra un principio di risata nervosa.
“Mamma, piantala ti prego. Non ho intenzione di fare questo discorso con te.” spiega con una calma forzata “Ma poi, sul serio?! Ho diciannove anni! Senza offesa, ma sei un po’ in ritardo per questo genere di discorsi. Credimi, so già tutto quello che mi serve sapere, non c’è alcun bisogno di parlarne adesso. Veramente.”
“Sta calmo, voglio semplicemente farti sapere che ho delle vedute molto aperte.” insisto “È una cosa del tutto naturale. Puoi fare quel che vuoi, ovviamente sempre in maniera responsabile, ma non c'è bisogno che tu mi tenga nascosta una relazione.”
“Perché vuoi farmi questo adesso?!” protesta ancora.
“Jin, calmati.”
“Perché ce l’avete tutti con me?!” insiste in preda all’agitazione “Non vi rendete conto che di questo passo mi farete venire un esaurimento nervoso prima dei vent’anni?!” alza la voce.
Lo guardo disorientata.
“Jin, non gridare in questo modo.” lo avverto mentre comincio ad innervosirmi anche io “Adesso siediti per favore e soprattutto sta calmo.”
Sento dall’altra stanza il rumore di qualcuno che si avvicina alla porta.
“Cosa sta succedendo? Tutto apposto?” riconosco la voce di un Lars preoccupato dall’altra parte del muro.
Arriva anche la risatina di Asuka. Sta probabilmente origliando e di sicuro si sta divertendo un mondo.
“Tutto a posto Lars, grazie.” rispondo a voce alta.
“Ti avverto.” mi dice Jin serissimo cercando di contenere l’agitazione “Se non mi fai uscire subito, scappo dalla finestra e non tornerò mai più.”
Alzo gli occhi al soffitto.
“Adesso non essere sciocco.” lo rimprovero “Adesso chiedo ad Asuka di andare via dalla porta, così potremo continuare in santa pace.”
Credo che la proposta non gli sia piaciuta, mi guarda di nuovo con rabbia.
“Veramente poi ti chiedi perché voglio andare in Australia?” mi chiede velenoso.
Ancora questa storia.
Il modo in cui lo dice però ha qualcosa di particolarmente doloroso stavolta. Una coltellata mi avrebbe fatto meno male.
So benissimo che vorrebbe allontanarsi da casa, da Kazuya, da Asuka… e anche da me.
“Jin calmati, stai reagendo in maniera spropositata! Volevo solo scambiare due chiacchiere con te.”
Suona il campanello e rimaniamo immobili in silenzio a guardarci con rancore l’uno con l’altra per qualche istante.
Suona un’altra volta e una terza volta.
Mi passo una mano sulla fronte e mi sistemo i capelli dietro alle orecchie.
“Rimandiamo la nostra chiacchierata.” dico amaramente tenendo lo sguardo abbassato.
Ho cercato di non far trasparire la mia terribile delusione, ma non so se ci sono riuscita. In ogni caso a questo punto non mi importa.
Vado ad aprire la porta della cucina e mi vedo Asuka in ginocchio che si allontana di fretta a gattoni.
“Asuka non voglio più beccarti ad origliare una conversazione che non ti riguarda!” la rimprovero alzando la voce.
Poi sbuffo e vado verso il corridoio all’ingresso.
Passo accanto a Lars, che mi guarda con un misto di confusione e imbarazzo.
“Maledetta stronza!” sento Jin gridare ad Asuka e intanto li sento rincorrersi nel salotto.
Seguono insulti pesanti e irripetibili che rimbalzano da una parte e all’altra della stanza e sento anche il rumore di qualcosa che cade e si frantuma.
Mi avranno rotto un altro vaso ornamentale?
In questo momento non mi interessa nemmeno quello. Andrò a verificare più tardi.
“Piantatela di fare gli incivili, sto per aprire la porta” sbraito poco prima di aprire “Possiamo far finta di essere una famiglia normale per cinque minuti?!”
Perché in questa casa, nonostante tutti i miei sforzi, niente funziona in modo normale? Perché?
Apro la porta con uno scatto e un’espressione probabilmente truce, dato che la ragazzina di Bosconovitch dai capelli rosa mi sta guardando con un’espressione di sgomento.
“Oh.” mi sorprendo quando la vedo “Accidenti… mi ero dimenticata che saresti arrivata stasera.”
Cavolo, se solo mi fossi ricordata avrei fatto in modo di non farle trovare una situazione così strana. Spero che non rimanga traumatizzata e che non decida di fuggire a gambe levate.
Do un’occhiata alle valigie dietro di lei.
“Jin, Asuka!” li chiamo a gran voce “Venite subito qui! Ci sono valigie da portare dentro.”
Almeno così smetteranno di lanciarsi minacce di morte per qualche minuto.
Sorrido ad Alisa.
“Hai già cenato tesoro? Spero di no, perché noi stavamo giusto per sederci a tavola.” spiego cercando in tutti i modi di sembrare rilassata e naturale.
Credo di non essere riuscita nel mio intento particolarmente bene, perché Alisa continua a sembrare un po’ spaventata e estremamente a disagio.
“Serve una mano con i bagagli?”
Mi volto e vedo che Lars è l’unico ad essersi avvicinato.
“Non volevo disturbarti.” sospiro “Ma forse è meglio che vada a ripescare mio figlio e mia nipote con le mie mani.”
“Non ci sono problemi.” sorride e si avvicina a stringere la mano ad Alisa.
Sento che si presentano, mentre io vado a fermare Jin che sta tirando i capelli ad Asuka mentre lei si difende mordendogli una mano, tutto mentre inscenano uno strano incontro di wrestling tra i divani e il tavolino del soggiorno, sotto il quale ci sono, sparsi sul tappeto, i cocci di quello che un tempo era stato il mio vaso cinese con i decori floreali.


“Adoro i tuoi capelli, Alisa!” commenta Asuka a tavola.
“Grazie.” arrossisce lei “Di solito non tingo i capelli, ma ho dovuto farlo dopo aver combinato un pasticcio in laboratorio. I miei capelli erano diventati a chiazze verdi, così ho comprato una tinta scura al supermercato per riparare il danno, ma deve aver ossidato il reagente che c’era prima e mi sono venuti di questo colore.” spiega sotto lo sguardo confuso di tutti.
Cioè, quasi tutti. Kazuya è intento ad ascoltare la rubrica di economia e finanza al telegiornale.
“Ma mio padre ha detto che i giovani d’oggi hanno i capelli di colori assurdi, quindi dato che dovevo andare a Tokyo ho deciso di lasciarli così.” conclude.
Segue un momento di silenzio in cui ci scambiamo tutti uno sguardo di generale confusione. Beh, tutti eccetto Kazuya, è chiaro.
Alisa torna a concentrarsi sul suo piatto e ad armeggiare con le bacchette.
“Ehm… Alisa, ti piacciono le serie tv? Quale è la tua preferita?” chiede ancora Asuka cercando di fare conversazione.
Alisa alza lo sguardo un po’ confusa.
“Serie tv?” mormora dubbiosa fra sé e sé.
“Sì, sono dei tipi di programmi televisivi.” le spiega Asuka un po’ incredula “È come un film diviso in tanti episodi.”
“Oh, capisco!” esclama Alisa annuendo “Non ne ho mai guardato. Non avevamo la televisione nel nostro appartamento alla base. Mio padre ha sempre detto che la TV era diseducativa e non necessaria. Diceva sempre che ai suoi tempi si viveva benissimo senza.”
Asuka mi guarda scandalizzata. Anche Jin alza lo sguardo incerto.
“Davvero non hai mai visto la TV?” chiede gentilmente Lars.
Alisa scuote la testa.
“Cosa facevi tutto il giorno allora?” domanda Asuka esterrefatta.
“Studiavo e mi allenavo.” sorride.
“Ti allenavi?” chiedo.
Annuisce.
“Mio padre dice sempre che la guerra fredda è come un vulcano temporaneamente addormentato.” spiega a bassa voce “Non si sa mai quando potrebbe risvegliarsi e scatenare tutta la sua furia. Per questo ha ritenuto necessario prepararmi all’uso del combattimento corpo a corpo e alle armi da guerra.”
“Armi… da guerra?” chiede Lars incredulo.
In qualche modo questo argomento ha richiamato l’attenzione persino di Kazuya, che si è voltato a guardare la ragazza con sguardo incerto.
Alisa annuisce ancora.
“La mia specialità sono le armi da fuoco, ma me la cavo abbastanza bene anche con quelle da taglio.”
Asuka si lascia sfuggire una mezza risata colma di sorpresa.
“Wow.” commenta incredula “E dire che dall’aspetto sembri una ragazzina tanto delicata!”
Alisa sorride prendendolo come un complimento.
“Ah!” esclama poi come se si fosse ricordata qualcosa “Mi piace molto leggere!”
“Questo è molto interessante.” commento sorridendo “Che cosa leggi di solito?”
“Mi piacciono in particolar modo i romanzi russi ottocenteschi.” risponde timidamente “Trovo molto interessante la rappresentazione dell’uomo come singolo individuo alle prese con la società e la fragilità del suo mondo interiore.”
Ascoltiamo in silenzio con in un clima di stupore generale. Ad Asuka cade sul piatto il pezzo di tamagoyaki che teneva fra le bacchette.
“Wow.” commenta Jin visibilmente colpito.
È il suo primo commento da quando ha smesso di rincorrere Asuka.
“Ma mi interessa anche la letteratura scientifica.” continua Alisa “Ho letto diversi testi della biblioteca personale di mio padre.”
“Pure?” chiede Asuka sempre più stupita.
Alisa annuisce tutta contenta.
“Anche a te piace leggere?” domanda poi di rimando ad Asuka.
“Sì.” risponde un po’ incerta “Qualche volta.”
“Alisa, dovrai essere emozionata all’idea di iniziare la scuola!” intervengo io cambiando discorso.
“In effetti sì.” risponde timidamente non riuscendo a trattenere un sorriso pieno di gioia “Non vedo l’ora.”
“Oh vedrai, sarà fantastico!” le assicura Asuka “Ti insegnerò tutto ciò che c’è da sapere per sopravvivere al meglio nella nostra scuola e vedrai, ci divertiremo un sacco!”
Jin guarda la cugina con una smorfia sarcastica.
“Sopravvivere?” chiede Alisa confusa.
“Non sei mai stata in una scuola vera prima d’ora, giusto?”
Alisa scuote la testa.
“Avrai bisogno di qualche dritta.” osserva Asuka “La scuola può essere molto divertente, ma anche un posto terribile.”
“Asuka, non è il caso di spaventarla.” la avverto a bassa voce.
“È giusto che sappia come vanno le cose.” dice Asuka voltandosi a guardarmi “Purtroppo non sempre si ha a che fare con persone piacevoli.”
Poi si volta da Jin sogghignante.
“E poi bisogna imparare a difendersi dal terribile gossip scolastico, anche quello può diventare qualcosa di decisamente stressante.”
Jin smette di mangiare e guarda la cugina con aria gelida.
No, per l’amor del cielo! Non anche oggi!
Devo fare qualcosa per distrarli, non posso permettere che si mettano a dare spettacolo a tavola un’altra volta.
Lars mi guarda con aria preoccupata. Kazuya continua a prestare attenzione alla televisione.
Mi alzo in piedi di scatto, battendo le mani sul tavolo. Tutti si voltano a guardarmi.
“A qualcuno va un po’ di gelato?” chiedo con un sorriso nervoso.


 









 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE:
Capitolo un po' in ritardo, ma questi ultimi giorni ho avuto poco tempo. Sorry.
Jin ha avuto una sorta di fase ribelle. Ok, magari qualcuno la troverà una scelta un po’ strana, ma se andate a cercarvi i primi concept art ufficiali di Jin vedrete che era rappresentato come una specie di bullo di periferia.
La scelta del libro che Jin legge non è casuale. Nello Scenario Campaign di Tekken 6 infatti, ad un certo punto Jin cita Nietzsche e quella citazione è presa esattamente da “Al di là del bene e del male”.

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Capitolo 8
*** Living Room Fights and Strawberry Milkshake (Lars) ***


8
Living Room Fights and Strawberry Milkshake

(Lars)


Le prime luci del mattino filtrano timide attraverso le tende, accompagnandomi in quell’attività solitaria.
È domenica mattina, la prima domenica da quando sono qui. Sono in Giappone da quasi una settimana, ma non ho ancora smaltito del tutto il jet-lag. Il mio ritmo sonno-veglia è ancora talmente sfasato e mi ritrovo adesso, di primo mattino, ad essere in piedi già da un paio d’ore.
Ne ho approfittato per mettere a posto un bel po’ di materiale che mi sono fatto spedire da Stoccolma. Per la maggior parte sono libri pesanti e polverosi che, dato che dovrò stare qui per un bel po’, ci tengo ad avere con me. La mia stanza sembra meno vuota e decisamente più accogliente ora che la libreria è quasi piena. È stato un lungo lavoro, che mi ha tenuto occupato per diversi minuti, ma almeno ho trovato un buon modo per impiegare il mio tempo.
Prendo l’ultimo libro rimasto sul fondo dello scatolone. È un vecchio tomo di chimica organica, uno dei corsi che più mi hanno fatto sudare all’università. È un librone pesante dalle pagine ingiallite pieno di orribili formule, ma a cui devo decisamente tanto.
Osservo gli scaffali, pensando a dove posizionarlo e come sollevo il libro per sistemarlo sul piano più alto, qualcosa scivola dalle pagine e finisce a terra.
È una vecchia fotografia. Metto il libro al suo nuovo posto e incuriosito mi inchino per prendere la foto e studiarla meglio.
Cambridge, 25 giugno di qualche anno fa. Il giorno della mia laurea.
Lo scatto ritrae me e alcuni miei compagni di corso qualche ora dopo la cerimonia. Avevamo deciso di andare a bere qualcosa in un pub per festeggiare. Una serata decisamente indimenticabile.
Non sono passati nemmeno cinque anni, eppure quella foto mi sembra vecchia di almeno un secolo. Era ben prima di iniziare l’addestramento militare, prima di ricevere quella telefonata dalla Svezia, prima di scoprire la verità sul mio conto.
Mi siedo sul letto e poi mi sdraio sulle coperte, ancora osservando la fotografia.
Mi concentro sul mio viso, è il volto di un ragazzino con lo sguardo di chi è entusiasta di affrontare la vita, di chi crede di avere le carte nelle proprie mani.
Ingenuo.
Mi chiedo quanto sarebbe diversa la mia vita oggi se quel giorno mia madre avesse deciso di non telefonarmi. Forse sarei più felice. Forse non mi troverei qui in questo momento.
Apro il cassetto e ci infilo la fotografia, non voglio più vederla per oggi.
Mi alzo ed esco dalla mia stanza.
C’è un silenzio e una serenità così atipica tra quelle mura, una stupenda tranquillità che devo godermi il più possibile.
Percorro il corridoio e arrivo al bagno che condivido con Jin.
Prima che io e Alisa arrivassimo a casa, Jin e Asuka avevano entrambi un bagno personale. Ora Asuka lo divide con Alisa e Jin con me. Inutile dire che, mentre le ragazze sembrano essersi adattate molto bene alla nuova sistemazione, Jin non si è mostrato affatto contento di questa mia intrusione nei suoi spazi personali e ovviamente non si è impegnato per non farmelo notare.
Jun descrive suo figlio come un ragazzo difficile. Non so quanto questa definizione sia adeguata, ma di certo Jin non si presenta come una persona piacevole e la cosa non sembra importargli minimamente.
Entro in bagno e mi posiziono davanti al lavandino.
Osservo il mio riflesso nello specchio. Il mio volto è più pallido del solito e gli occhi sono segnati da due pesanti occhiaie. Lo stress e la privazione di sonno mi sta facendo decisamente male.
Mi passo una mano fra i capelli. Sono ancora umidi nonostante abbia fatto la doccia più di un’ora fa.
Mi volto verso la cabina doccia alla mia sinistra e osservo la bottiglietta azzurra di shampoo su uno dei ripiani e sospiro.
Asuka ieri notte mi ha raccomandato di non usare lo shampoo di Jin per nessuna ragione. Ci ha infilato dentro un uovo guasto o qualcosa del genere perché lui le avrebbe rotto la sua boccetta di profumo preferita durante una delle loro solite liti.
Di solito cerco di stare fuori dalla continua perpetua guerra tra i due cugini, ma forse stavolta dovrei avvisare Jin. Dopotutto i capelli sono una cosa seria! Uno scherzo del genere è un po’ troppo estremo persino per uno come Jin.
Sto per uscire dalla stanza quando un vociare che dal corridoio mi fa bloccare sul posto.
Sembrano Jun e Kazuya e sembrano parlare tra loro abbastanza animatamente. Sarebbe imbarazzante se uscissi ora dal bagno e me li trovassi a discutere davanti, quindi rimango immobile e cerco di capire i loro movimenti. Si stanno spostando lungo il corridoio, li sento passare affianco alla porta del mio bagno e poi andare oltre, probabilmente giù per le scale.
Aspetto un minuto o forse poco più prima di uscire dopo che il suono delle loro voci non è più udibile.
Apro la porta e proprio nello stesso momento si apre quella della stanza di Jin. Sembra ancora assonnato, ma appena si accorge di me mi guarda con il suo solito sguardo pieno di disprezzo. È spettinato, sopra i pantaloni scuri del pigiama ha indosso quella che sembra una maglietta di una band musicale dal nome illeggibile.
“Che hai da guardare?” mi chiede acido.
“Niente.” rispondo “Buon giorno.”
Fa una smorfia e scuote la testa fra sé e sé senza rispondere. Non mi va di provare a immaginare quali insulti e commenti dispregiativi gli passino per la testa ogni volta che gli capito di fronte. Non credo ci sia niente di personale nei miei confronti, ma sono uno sconosciuto in casa sua e questo probabilmente è abbastanza per trovarmi fastidioso.
Inizio a camminare in direzione della mia stanza, mentre Jin si muove verso il bagno. Mi ricordo in quel momento dello scherzo dello shampoo.
D’accordo, non è per niente una persona piacevole, ma forse se gli mostrassi un po’ di lealtà potrebbe finalmente decidersi a cambiare atteggiamento?
“Ehm… Jin?” lo chiamo voltandomi.
“Che c’è?” dice lui in tono esasperato sulla porta del bagno “Possibile che abbiate tutti questa dannata voglia di chiacchierare di prima mattina?!”
Ripensandoci, forse lo scherzo di Asuka non è poi così cattivo.
“Niente.” rispondo dopo un momento di esitazione “Volevo ricordarti di controllare che il rubinetto sia dalla parte dell’acqua calda.”
“Ti lavi con l’acqua fredda?” mi chiede sollevando un sopracciglio.
“Ogni tanto.” rispondo tenendo il gioco “Sapevi che in Svezia c’era l’usanza di fare il bagno in mezzo al ghiaccio per rafforzare l’organismo? Sai, per prepararsi all’inverno.”
Rimane incerto per qualche istante, poi fa una smorfia guardandomi con aria di sufficienza.
“Sei uno scherzo.” commenta sprezzante prima di chiudersi dietro la porta del bagno.
D’accordo, goditi pure il tuo shampoo.
Torno in camera mia e accendo il portatile. Prima di scendere a fare colazione segnerò gli appunti della settimana.
Non faccio caso all’esclamazione adirata di Jin dalla doccia che rimbomba per tutto il piano.
Deve aver scoperto lo scherzo.
Continuo a scrivere per un’altra decina di minuti, dopodiché mi decido a riuscire dalla stanza e per combinazione mi ritrovo Jin davanti ancora una volta.
È appena uscito dalla stanza di Asuka con un paio di forbici in mano.
Ha ancora i capelli bagnati e non appena mi vede si blocca sul posto.
Chiude la porta della camera di Asuka in silenzio, poi torna a guardarmi con aria ostile.
“Cosa stavi facendo?” chiedo scrutandolo con sospetto.
“Niente.” risponde vago entrando nella sua stanza ad appoggiare le forbici sulla scrivania.
Quando esce sono ancora lì ad aspettarlo.
“Piantala di guardarmi così!” sbotta vedendomi e passandomi affianco “Non sono affari tuoi.”
Lo seguo con lo sguardo mentre scende dalle scale, poi torno a guardare la porta chiusa della stanza di Asuka.
Forse ha ragione. Non sono affari miei e per quanto abbia un carattere tremendo dubito di dovermi preoccupare di cosa abbia appena potuto fare ad Asuka.
Vado verso le scale e inizio a scendere verso il pian terreno.
Sono immerso nei miei pensieri, mentre rifletto su quante possibilità ci siano che Jin si riveli un individuo socialmente pericoloso, quando un boato proveniente dal salotto richiama la mia attenzione.
Entro nella stanza e assisto ad un qualcosa di incredibile.
Davanti a me ci sono Jun e Kazuya che combattono in mezzo al soggiorno!
Rimango ad osservare la scena a bocca aperta, mentre Jun colpisce Kazuya che finisce sul divano.
“Jun, adesso cerca di calmarti.” la intima Kazuya tutt’altro che calmo.
Lei si butta contro di lui, ma Kazuya riesce a spostarsi e immobilizza Jun, che però si libera con un calcio.
“Non accetto che tu mi dica di calmarmi.” ribatte lei furente di rabbia “Non sono abbastanza forte secondo te?! È questo che stavi insinuando?”
Atterrano entrambi sul pavimento e Kazuya rotola sul tappetto per scansare ulteriori attacchi della compagna.
“Ma perché te la devi prendere tanto per una cosa così stupida?!” tuona Kazuya.
Mi porto le mani sulla testa. Avevo sentito che stavano parlando animatamente qualche tempo prima, ma non mi aspettavo di assistere ad una scena così. Cosa diavolo sta succedendo?!
Vorrei non doverlo mai fare e so che probabilmente me ne pentirò, ma devo intervenire! Non posso stare a guardare una cosa del genere senza fare niente, devo cercare di separarli. Proprio quando sto per fare qualche passo verso di loro, Jin arriva dalla cucina con un pacco di biscotti in mano.
Mi guarda, intuisce le mie intenzioni e mi intima con uno sguardo severo e un cenno della testa a tornare indietro.
“Ma…” tento di ribattere qualcosa, ma la voce mi si ferma in gola.
Jin si avvicina, mi afferra per la maglietta e mi trascina indietro.
Lo guardo interdetto, mentre lui con totale indifferenza continua a sgranocchiare i suoi biscotti.
“Non metterti in mezzo.” mi avverte mentre assiste allo spettacolo dei genitori che si picchiano in salotto come se fosse qualcosa di totalmente normale.
Che problemi hanno in questa famiglia? Possibile che siano tutti completamente fuori di testa?
“Ma… non possiamo lasciarglielo fare!” tento di protestare.
“Sono affari loro!” ribatte Jin “È la loro discussione e tu devi rimanere al tuo posto.”
“Ma…” continuo “Questo non è normale! Te ne rendi conto?”
Jin fa una smorfia, poi scuote la testa ridacchiando della mia presunta idiozia.
“Benvenuto in questa casa, Alexandersson. Non troverai niente di normale tra queste mura!” commenta guardandomi con aria truce “Se avevi voglia di normalità saresti dovuto andartene il primo giorno, come io ti avevo suggerito.”
Non so cosa rispondere. Credo di essere più o meno sotto shock.
“Comunque non è niente di serio.” riprende Jin tornando a guardare i genitori “È un altro dei loro normali litigi per futili motivi, ne avrò visti a migliaia.”
Si volta da me, che lo ascolto a bocca aperta.
“Non si lasceranno se è quello che ti stavi chiedendo.” fa un’altra smorfia “Ormai ci ho perso le speranze.”
Sto per chiedergli di ripetere, ma lascio perdere, tanto credo di non aver capito affatto male.
Jin scrolla le spalle e mi supera per raggiungere la scala.
Subito prima di iniziare a salire si ferma.
“Non intervenire a meno che non arrivino a prendere i coltelli.” mi dice senza voltarsi “In quel caso basta che li minacci di chiamare la polizia e si fermeranno. Tornare sotto interrogatorio è l’ultima cosa di cui hanno voglia.”
Ascolto esterrefatto.
Si volta e nota la mia espressione.
“Non dovresti agitarti tanto. Davvero, non ne vale la pena.” conclude Jin sogghignando.
Detto questo se ne va su per le scale.
Coltelli? Ho sentito bene?
Ha parlato di coltelli e anche di un interrogatorio?
Ok, è troppo. Mi guardo attorno. A fianco a me c’è la porta che da sul giardino posteriore, uno splendido giardino in stile tradizionale giapponese, con tanto di laghetto, ponticello e ciliegi che stanno iniziando a mostrare le prime gemme.
Un piccolo angolo di paradiso racchiuso tra le mura di una tale gabbia di matti.
Apro la porta ed esco. L’aria frizzante del mattino è piacevole sul mio viso, ma ancora più piacevole è il silenzio e la pace che si respira in quel piccolo ritaglio di pace.
I padroni di casa sono matti da legare, ma io sono nel giardino e tutto va bene.
Il silenzio però è presto rotto da uno strano rumore, una sorta di ringhio.
Mi raggelo, spalanco gli occhi e tendo le orecchie mentre mi guardo intorno, arretrando di qualche passo. Solo qualche istante dopo lo vedo, quel cane grosso come un toro e amichevole quanto un leone affamato.
È a qualche metro da me, si avvicina soffiando minacciosamente e guardandomi con occhi iniettati di sangue.
“Buono…” sussurro facendo un passo indietro.
Quale è questo dei tre? Non ho ancora imparato a distinguerli, ma non ho intenzione di restare qui un minuto di più.
Afferrò la maniglia della porta e con uno scatto fulmineo torno dentro casa richiudendomela alle spalle.
Jun e Kazuya stanno ancora litigando, urlandosi a vicenda.
Si sente un rumore di vetri rotti.
“Un altro vaso rotto!” urla Jun “Ed è tutta colpa tua!”
Un altro urlo arriva dal piano superiore. È Asuka.
“Jiiiiin, stavolta ti uccido sul serio!” grida a pieni polmoni.
Deve aver scoperto la vendetta del cugino, qualsiasi cosa lui abbia fatto con quelle forbici.
“Provaci, ti sto aspettando!” Jin sfida la cugina da qualche altra parte della casa.
In quel pazzo momento mi accorgo di una piccola figura, seduta a metà scala, che cerca di farsi più piccola possibile guardandosi intorno con un’aria un po’ impaurita.
“Hey!” cerco di richiamare la sua attenzione.
Lei incrocia il mio sguardo.
“Tutto bene?” chiedo sotto voce.
Alisa si stringe nelle spalle.
“Stavo scendendo a fare colazione ma…” si interrompe e mi sorride per un attimo.
Posso leggere sul suo viso l’imbarazzo. Non c’è bisogno di spiegarlo a parole, so benissimo cosa sta provando, perché mi trovo esattamente nella stessa situazione.
Per lei deve essere ancora più destabilizzante, dato che questa è la sua prima esperienza fuori dalla base in capo al mondo dove ha sempre vissuto.
“Ehm… io sto andando a fare colazione fuori da qualche parte, ti va di venire?” le propongo di istinto.
Devo andare fuori da questo manicomio, e forse sarebbe giusto portare fuori anche lei. Almeno finché le cose non saranno tornate ad un livello di sopportabile decenza.
Mi guarda titubante per qualche istante e subito mi pento di averglielo chiesto.
Per lei sono ancora un perfetto sconosciuto, forse si sente in imbarazzo ad andare a fare colazione con quello che è per caso suo coinquilino in quella stranissima situazione.
Sto per aggiungere qualcosa per salvare la situazione, quando lei cambia espressione e annuisce.
“Mi farebbe piacere.” risponde con un piccolo sorriso.


Non ci siamo allontanati molto da casa, è un locale in fondo alla via, piuttosto piccolo, ma raffinato, come dopotutto lo è il quartiere in cui è immerso. Non ci sono molti altri clienti a quell’ora di domenica mattina, solo una famiglia con due bambini piccoli e un distinto personaggio in giacca e cravatta che legge il giornale sorseggiando in silenzio il suo caffè.
È così tranquillo e silenzioso, un bel contrasto rispetto alla casa dalla quale siamo appena scappati.
“Hai deciso cosa prendere?”
Alisa abbassa il menù e mi guarda incerta.
“Non conosco niente di ciò che è elencato in questo menù.”
Come biasimarla? Persino per me metà delle voci sono un vero e proprio mistero.
“Il menù della mensa alla base non era molto vario.” spiega timidamente.
“Potrebbe essere la giusta occasione per provare qualcosa di nuovo. Queste torte alla frutta per esempio non sembrano male.” propongo indicandole la foto nel menù.
Lei annuisce.
“Sembrano invitanti.”
Alisa ha una voce gentile e delicata, spesso parla con un filino di voce appena udibile. Ha un aspetto così innocente, sembra quasi una bambola di porcellana. A vederla così non diresti mai che una ragazza del genere possa essere stata istruita alle arti del combattimento.
Si avvicina la cameriera, una giovane donna che ci accoglie con un gran sorriso.
“Buon giorno, siete pronti per ordinare?”
“Io prendo il numero trentadue e un caffè.” rispondo.
Alisa da un ultimo sguardo al menù, poi lo chiude e lo posa sul tavolo.
“Prendo anche io un trentadue e… un milkshake alla fragola.” fa la sua ordinazione “Asuka-san ne parla come se fosse la cosa più deliziosa del mondo.” mi spiega a bassa voce.
“Perfetto, sarò di nuovo qui tra pochissimo!” dice la cameriera prendendo nota sul suo taccuino.
La ragazza si allontana e restiamo soli ad aspettare in silenzio.
Da quando Alisa è arrivata a casa, non abbiamo mai avuto occasione di parlare al di fuori delle cene. Per quello che mi è sembrato di capire è una ragazza molto silenziosa, che preferisce parlare poco, soprattutto se non interpellata o se non sente di poter aggiungere qualcosa di concretamente utile alla conversazione. Sembra avere un grande spirito d’osservazione, studia con curiosità ogni situazione e ogni piccolo particolare attorno a sé, come per volerlo catturare, farlo proprio e imprimerlo nella mente per sempre.
Il mondo deve essere così pieno di informazioni nuove per lei che sembra fare in modo di non tralasciare e trascurare niente.
La osservo mentre studia con attenzione una rappresentazione del monte Fuji dietro il banco del bar.
“Quindi domani sarà il tuo primo giorno di scuola.” dico rompendo il silenzio “Sarai emozionata.”
Lei distoglie lo sguardo dal quadro e annuisce.
“Lo sono.” risponde piano.
Poi incrocia le mani sul tavolo e abbassa gli occhi un po’ pensierosa.
“Tutto bene?” chiedo notando quell’atteggiamento.
“Sono un po’ spaventata.” ammette con un filo di voce “Ci sono così tante cose che non conosco e mi sento così diversa da Jin-san e Asuka-san.”
È chiaro che si senta diversa, ma non mi aspettavo che ne potesse farne un problema.
“Non ti preoccupare.” cerco di rassicurarla “Vedrai che ti troverai bene, Asuka è una brava ragazza, sono certo che ti aiuterà ad orientarti come ha promesso.”
“È come se stessi per cominciare una vita che ho sempre sognato.” mormora continuando ad evitare il contatto visivo.
“Come?” chiedo.
“Niente, era una cosa stupida.” risponde con un sorrisino, incrociando il mio sguardo per un breve momento.
“Parlavi di sognare?” provo ad indagare.
Alisa si stringe nelle spalle.
“Io non conosco la realtà come la conoscete tutti voi. L’ho sempre e solo immaginata. A volte mi chiedo…” solleva finalmente gli occhi su di me “…cosa succederebbe se questa realtà non reggesse le mie aspettative. Se ne dovessi rimanere delusa?”
“È questo che ti spaventa?”
Annuisce.
La sua preoccupazione è del tutto comprensibile.
“La vita può essere dura e crudele, e a volte ci mette davanti a delle situazioni che non vorremo dover mai affrontare.” dico concentrandomi sul mio caffè fumante “Ma di tanto in tanto ci sono quelle piccole sorprese, che ti fanno ricordare che vale la pena affrontare tutte quelle difficoltà.”
Sorrido.
Lei mi guarda ascoltando attentamente.
“E sono ancora in tempo per imparare a vivere in questo mondo?” domanda “La mia esistenza finora è stata solo pagine di libri e calcoli.”
“Sono convinto che non sia mai troppo tardi per imparare qualcosa.” sussurro tornando serio “O per voler cambiare qualcosa della propria vita.”
La cameriera si avvicina con un vassoio e ci serve la nostra colazione. Le due fette di torta reggono bene il confronto con le fotografie sul menù, non sembrano più piccole e meno invitanti come spesso accade ed emanano un profumino a dir poco delizioso.
“Lars-san.” riprende Alisa quando ci troviamo di nuovo soli.
La guardo.
“Io non ho mai avuto una vera e propria famiglia e mi chiedevo se… beh, insomma… è così che funziona normalmente.” mormora prima di assaggiare un pezzetto di torta.
Bevo un sorso di caffè, tenendo la tazzina calda fra le mani.
“Così come dai Mishima intendi? No, direi proprio di no.” commento trattenendo a stento una risata amara “Non sono per niente una famiglia normale.”
“Lo sospettavo.” annuisce Alisa, poi mi guarda titubante “Come è la tua famiglia?”
Bevo un altro sorso di caffè, poi poso la tazza sul tavolo.
In realtà non sarebbe uno dei miei argomenti preferiti e in genere l’idea di parlarne non mi fa impazzire, ma data la situazione farò un’eccezione.
“Mia madre mi ha cresciuto da sola.” spiego velocemente “Vivevamo lontani dalla sua città d’origine quindi non ho potuto conoscere cugini o altri parenti stretti.”
“Oh.” mormora Alisa colpita.
“Non… non ho mai incontrato mio padre.” continuo fissando un punto indefinito nella parete dietro di noi “In realtà ho sempre saputo molto poco di lui. Mia madre non ama parlarne.”
“Mi dispiace Lars-san.” si affretta a dire Alisa “Mi scuso se sono stata invadente.”
“È tutto a posto.” le rivolgo un’occhiata e un sorriso rassicurante.
Alisa incrocia di nuovo le mani sul tavolo.
“Nemmeno io ho mai incontrato mia madre.” ammette a bassa voce “È morta tanto tempo fa.”
“Mi dispiace.”
“Mio padre è l’unica famiglia che ho.” continua.
Taglio un pezzo della mia fetta di torta con la forchetta.
“I Mishima ti hanno spaventato?” domando prima di assaggiarlo.
Alisa si stringe nelle spalle.
“Non lo so, è solo un’altra delle cose con cui non so bene come dovrei comportarmi.”
“Alisa” la fermo “La tua è una reazione più che normale, non ti devi preoccupare di questo.”
“Dici?”
Annuisco.
“Certe situazioni sarebbero imbarazzanti per chiunque. Nemmeno io so come dovrei comportarmi per la metà del tempo che passo con loro.”
Mi guarda e sorride, con un’espressione un po’ più rilassata.
“Ed è per questo che ora mi trovo qui assieme a te.” continuo prendendo un altro pezzo di torta.
Sorride.
“Sono felice che tu mi abbia chiesto di venire qui con te.” sussurra “Non avrei assaggiato questo milkshake di cui Asuka-san parla tanto… o questa torta deliziosa.”
Ridacchio, in effetti la torta è veramente ottima.
“… e non avremo mai avuto questa conversazione.” aggiunge parlando timidamente “Per questo ti ringrazio.”
È così carina e gentile!
Sono felice di averla aiutata a migliorare una mattina potenzialmente destabilizzante.
“Non c’è di che.” dico abbozzando un sorriso.
“Lars-san, penso che per certi versi siamo simili.”
“Simili?” chiedo stupito “Tu ed io?”
Annuisce.
“Entrambi non abbiamo conosciuto una parte della nostra famiglia e ora ci troviamo tutti e due a vivere con i Mishima nello stesso momento.” spiega.
Ci ragiono su per qualche secondo.
“Sì, non hai tutti i torti!” commento “Quante possibilità c’erano che una cosa del genere potesse capitare?”
“Meno del dieci percento.” risponde Alisa prendendo sul serio la domanda.
Poi prende il bicchiere del milkshake e si porta la cannuccia alle labbra.


Quando Alisa ed io torniamo a casa veniamo accolti da Jun che sta chiudendo il portone d’ingresso.
“Ah, eccovi qui ragazzi!” ci saluta non appena ci vede “Come è andata la passeggiata?”
Non abbiamo il tempo di rispondere che subito riprende a parlare.
“Io e Kazuya passeremo la giornata fuori, abbiamo degli affari da sistemare” spiega frettolosamente facendo un cenno del capo verso l’auto di Kazuya fuori dal cancello.
Lui è già lì che aspetta.
“Spero che i ragazzi non si azzuffino di nuovo.” continua seria “Stamattina hanno avuto un brutto litigio.”
Si porta una mano alla fronte e si scosta un ciuffo di capelli finito davanti agli occhi.
Non sembra voler fare accenno anche all’altro brutto litigo che è avvenuto proprio nel bel mezzo del salotto, ma va bene così, non saremo di certo noi a tirarlo in ballo.
“Asuka ha chiamato una sua amica per sistemare il problema.” riprende “Spero si sia calmata definitivamente. Almeno ha smesso di piangere.”
Ignoro ancora quale sia il problema che comprende un paio di forbici, il finire in lacrime e il dover chiamare qualcuno per sistemare le cose, ma sono felice che il problema sia stato risolto.
“Allora ci vediamo stasera ragazzi!” ci saluta Jun prima di percorrere il vialetto per uscire dal giardino.
Guardiamo Jun salire a bordo dell’auto scura di Kazuya, che quasi immediatamente si mette in moto e parte.
“Hanno fatto pace.” commenta Alisa a voce alta.
“Sì, a quanto pare non è così raro che capiti.” rispondo “Jin ha detto che è il loro modo di discutere riguardo a cose banali.”
Apro la porta ed entriamo in casa.
Mi sto ancora sfilando le scarpe quando sento la voce di Asuka provenire da qualche parte in soggiorno.
“Sì, ti dico! Un biondone nordico con occhi azzurri e capelli fantastici.” riesco a sentire “Ed è anche molto gentile, il che fa piacere quando devi avere a che fare tutti i giorni con quel sociopatico di Jin.”
Chiudo la scarpiera e faccio capolino nel soggiorno.
C’è un bel tepore, nonostante la stagione fredda non sia ancora del tutto arrivata, hanno acceso il caminetto.
Asuka è seduta di spalle al centro della stanza sopra un tappeto di giornali vecchi, un’altra ragazza è davanti a lei e le mostra uno specchio.
“Asuka, c’è gente!” l’avverte la ragazza parlando tra i denti.
Asuka si volta e ci sorride.
Non sembra per niente imbarazzata, benché io un po’ lo sia.
“Hey! Lars, Alisa! Dove eravate finiti?” chiede amichevolmente.
Poi si alza in piedi e ci mostra il suo nuovo taglio di capelli.
“Che ne pensate?”
Sono un po’ più corti di prima e ha una frangia a ciuffo su un lato.
“Stai molto bene Asuka-san.” dice Alisa.
“Sì, stai bene.” concordo.
“Grazie, siete molto gentili!” risponde compiaciuta sistemandosi la frangia “Sono stata costretta a questo taglio dell’ultimo minuto per colpa di quel degenerato di mio cugino. Mi ha tagliato un ciuffo di capelli mentre dormivo! Me li ha completamente rovinati, ho dovuto tagliare via un bel pezzo per fargli ritrovare un senso.”
Sospira lanciando un’occhiata di fuoco verso il soffitto, dal quale si sente risuonare una musica dal ritmo frenetico.
“Fortuna che si è chiuso in camera ad ascoltare quello schifo di musica. Non voglio doverlo rincontrare oggi o potrei ucciderlo veramente!”
Alisa mi guarda preoccupata, le faccio un lieve cenno per invitarla a stare tranquilla.
“Oh Yui-chan, non so davvero come ringraziarti!” dice poi Alisa rivolgendosi all’amica “Mi hai salvato la vita! Ti devo un favore!”
“Figurati, è stato un piacere!” risponde l’altra “Ti do una mano a pulire il casino per terra?”
Asuka da uno rapido sguardo ai ciuffi di capelli sui giornali intorno alla sedia.
“No! Non ti preoccupare, ci metto un attimo a pulire e poi mi sentirei davvero troppo in debito!” dice Asuka.
“Va bene, allora torno a casa a studiare per il compito di inglese.” dice la ragazza mettendo a posto i suoi strumenti nella borsa “Sono ancora in alto mare.”
“Non me ne parlare!” borbotta Asuka “Io non ho ancora cominciato e più tardi devo pure allenarmi! Si stanno avvicinando le selezioni per le nazionali e devo essere in forma perfetta.”
“Dai, allora ci vediamo domani a scuola!” dice la ragazza, poi fa un cenno di saluto verso me e Alisa che ricambiamo.
“A domani, grazie ancora!” la saluta Asuka accompagnandola fino alla porta di ingresso.
Prendo la sedia in mezzo al soggiorno e la sposto, in modo da poter chiudere i giornali con i ciuffi di capelli all’interno. Senza bisogno di dirci niente Alisa decide di darmi una mano.
Asuka torna poco più tardi mentre noi stiamo ancora dando una mano a pulire.
“Lasciate pure stare, ci penso io!” ci dice distrattamente.
Ha una busta da lettera in mano che guarda incuriosita.
“Ho trovato questa davanti alla porta. Non c’era quando siete tornati?”
“No.” rispondo sicuro.
Ricordo di essermi pulito le scarpe sullo zerbino, mi sarei accorto se ci fosse stata una lettera.
“Che cosa è Asuka-san?” vuole sapere Alisa.
“Non ne ho idea, ma a quanto pare qualcuno mi ha lasciato una lettera.” risponde mostrandoci il suo nome scritto a penna sulla busta.
La apre su un lato e toglie fuori quello che sembra un ritaglio di un giornale piegato in due.
Asuka corruga la fronte, lo dispiega e lo studia confusa facendo scorrere lo sguardo tra gli ideogrammi. Sto per chiederle di che cosa si tratti, quando vedo che improvvisamente la sua attenzione viene catturata da qualcosa in particolare. Apre la bocca sconcertata e impallidisce di colpo.
“Asuka, tutto bene?” chiedo notando la sua reazione.
Lei alza lo sguardo sul mio e annuisce nervosamente.
Accartoccia il pezzo di giornale, attraversa la stanza e lo lancia dentro al caminetto.
“Che succede?” insisto “Che cosa era?”
“Non… non avete notato se c’era qualcuno nelle vicinanze mentre stavate tornando?” chiede ignorando le mie domande.
Alisa scuote la testa.
“La strada era apparentemente vuota.”
“Asuka, c’è qualcosa che non va?” domando facendo qualche passo verso di lei.
La osservo mentre guarda il pezzo di carta che viene avvolto dalle fiamme. Sembra nervosa, quasi impaurita e inizio a preoccuparmi.
“Cosa c’era in quella busta?” ripeto con più decisione.
“Niente.” risponde continuando a guardare il fuoco, poi scuote la testa e mostra un sorriso un po’ tirato “Era soltanto uno scherzo.”
La guardo interrogativo.
“Un po’ di cattivo gusto forse, ma solo uno scherzo. Non pensiamoci più.” continua riprendendo lentamente la sua espressione abituale.
Torna al centro della stanza e riprende a piegare i fogli di giornale sul pavimento come se niente fosse.

 

 

 

 

 

 



 

 

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Capitolo 9
*** Roller Coaster and Screaming Monkeys (Jin) ***


9
Roller Coaster and Screaming Monkeys 

(Jin)


“Allora? Qual è il problema?” chiedo per la terza volta.
Alisa si stringe le mani davanti al petto, come se cercasse di farsi più piccola possibile e abbassa lo sguardo.
“Niente.” bisbiglia.
“Non prendermi in giro, è evidente che c’è qualcosa che non va.” rispondo esasperato “Ti senti male? Vuoi tornare a casa?”
Scuote la testa e alza lo sguardo verso la strada.
“È solo che… è… spaventoso.”
“Spaventoso?” mi volto a guardare la strada, file di macchine di ogni colore ci sfrecciano davanti “Che cosa esattamente?”
Nessuna risposta.
“Alisa, cosa stai pensando?” mi concentro per parlare in modo più calmo possibile.
Ancora evita di rispondermi.
“È la prima volta che ti trovi a dover attraversare una strada di questo tipo?” riprovo a parlare.
Annuisce.
Ecco, lo immaginavo, è una situazione totalmente assurda.
È il primo giorno di scuola per Alisa e non si è ancora abituata a tante cose del mondo civile, tra cui la normale convivenza con la remota possibilità di finire uccisi nel traffico. Ovviamente la responsabilità di accompagnarla a scuola per il primo giorno doveva cadere tutta sulle mie spalle, dato che quella scema di Asuka oggi si è fatta venire una finta febbre per evitare il compito di inglese per cui non ha studiato.
Alzo gli occhi al cielo.
Perché a me? Perché l’universo mi odia tanto?
Torno a guardare la strada e mi impegno per cercare di immaginare che effetto può fare a qualcuno che non si è mai trovato in mezzo al traffico. Forse se mi immedesimo nella sua situazione potrò capire come aiutarla a risolverla.
No, è inutile. Non ci riesco.
“Senti non devi preoccuparti, ok?” le dico semplicemente “Ti sembrerà spaventoso, ma il traffico non è così pericoloso. Basta rispettare delle semplici regole.”
“Le auto si muovono così velocemente!” ribatte diffidente “Il coefficiente di caos della città è così elevato che invece il rischio di essere uccisi è spaventosamente alto. È pericoloso!”
“No!” la zittisco “Mi ascolti quando parlo? Non è così pericoloso se si rispettano le regole.” ribadisco in modo un po’ brusco.
Mai e poi mai nella mia vita avrei pensato che mi sarei ritrovato a fare da tutor a qualcuno che non ha mai vissuto nella civiltà e ha paura di cose banali come il traffico.
“Ma senpai, ipotizzando che queste auto abbiano una massa media di una tonnellata e che si stiano muovendo ad una velocità di trenta chilometri orari, la quantità di moto posseduta da queste macchine sarebbe pari a più di ottomila Newton per secondo.” spiega mentre io la guardo allibito “È pericoloso! Non mi sorprende che il tasso di incidenti sia così elevato!”
Noto che alcune persone, che come noi stanno aspettano lo scattare del semaforo, devono aver sentito parte della conversazione e ci guardano incuriosite.
“Non lo è. Tra poco attraverseremo e non succederà niente. Stai tranquilla e piantala!” sussurro a bocca stretta.
Mi pare di sentire anche qualche risatina venire da qualche parte intorno a noi. Alisa non sarà per niente abituata ai pericoli della vita quotidiana in città, ma la cosa ancora peggiore, è che non ha assolutamente la minima idea di come ci si comporta normalmente in mezzo alla gente. Da quando è arrivata a casa non ha fatto altro che dire una cosa strana dopo l’altra.
È una brava ragazza, paurosamente intelligente, ma con un simile atteggiamento potrebbe non avere vita facile a scuola.
Mi guardo nervosamente intorno, poi mi avvicino a parlarle vicino all’orecchio.
“Ti ho già detto di evitare di fare questo genere di osservazioni a voce alta.” le ricordo per l’ennesima volta “La gente non è abituata a risolvere problemi di fisica mentre cammina per la strada! Sforzati di comportarti in modo normale!”
Mi guarda sembrando leggermente offesa.
Sospiro e cerco di addolcire il mio tono di voce, almeno un po’.
“La strada non è così pericolosa come sembra.” ripeto per non so quale volta “Basta aspettare che scatti la luce verde del semaforo, le auto si fermeranno e noi potremo passare in tutta sicurezza.”
Mi guarda ancora un po’ diffidente.
“Ti prego, prendi per buono quello che ti sto dicendo.” aggiungo poco dopo.
Annuisce.
“Ho capito, devo rassegnarmi e accettare questo fattore di rischio e pericolo. Perdonami.”
Torna a guardare la strada, sempre con aria poco convinta.
“Senpai.” mi chiama con un filino di voce.
“Hm?”
“Posso… posso prenderti la mano per attraversare?”
“Cosa?” chiedo sogghignando “Certo che no! Cos’hai cinque anni?!”
Alisa abbassa lo sguardo timidamente e si morde un labbro.
“Perdonami.”
Ok, ho esagerato e sono stato il solito stronzo, ma anche lei se l’è cercata però!
“Senti” parlo cercando di apparire un po’ più gentile “Non ti succederà niente, non devi avere paura.”
Annuisce in silenzio.
“E comunque ti ho già detto che non c’è bisogno di chiamarmi senpai, viviamo nella stessa casa, diamine!”
“Capisco.” mormora “È che ho già preso l’abitudine. Perdonami.”
“Non dovresti neanche dire ‘perdonami’ così spesso!” continuo “Sei troppo umile, se continui con questo atteggiamento la gente si approfitterà di te, ti ho già spiegato anche questo.”
Mi guarda mortificata.
“Perdonami.” mormora ancora una volta istintivamente.
Poi si rende conto di quello che ha appena fatto e abbassa lo sguardo.
Sospiro e torno a guardare davanti a me.
Grazie mamma, mi hai assegnato un compito impossibile, come se non ne avessi altre mille cose da pensare e situazioni difficili da risolvere tutti i giorni.
Scatta finalmente il verde e tutti ci muoviamo in avanti per attraversare la strada. Faccio qualche passo, poi mi volto per assicurarmi che Alisa sia tranquilla e mi accorgo che non si è mossa dal marciapiede. Mi fissa con uno sguardo di terrore stampato in faccia.
“Alisa!” la chiamo a voce alta “Che cavolo fai?! Muoviti!”
“Mi… mi dispiace… io…”
“Alisa!!”
Torno indietro, l’afferro per un braccio e la trascino velocemente fino all’altro lato della strada.
Come arriviamo sull’altro marciapiede le lascio il braccio, sotto lo sguardo perplesso delle persone che hanno notato la scena.
“Che diavolo ti è saltato in mente?!” la rimprovero “Perché devo ripeterti le cose mille volte? Ti ho spiegato che non c’è niente da temere! Se hai intenzione di rimanere nella civiltà, mettiti bene in testa che devi sforzarti di imparare a viverci!”
“Ma le statistiche dimostrano che certi automobilisti non seguono il codice della strada e… tra questo e agitazione per l’inizio della scuola… sono entrata un attimo nel panico, senpai. Mi dispiace.”
“Non puoi fare questi ragionamenti o non dovresti più uscire di casa!” ribatto con impeto.
Abbassa lo sguardo atterrita.
“Guardami! Faccio questa strada tutti i giorni da anni e come puoi vedere sono ancora vivo e vegeto!”
Alisa annuisce avvilita e imbarazzata.
“Mi dispiace.”
Emetto un lungo sospiro di esasperazione.
“Su, andiamo.”
Come arriviamo davanti all’entrata del cortile della scuola Alisa comincia a guardarsi intorno con sguardo affascinato.
“Ci sono tantissimi studenti!” commenta “Come farò a ricordare tutti i loro nomi?”
“È ovvio che non dovrai imparare tutti i loro nomi!” spiego come se fosse la cosa più scontata del mondo “Io a mala pena me ne ricorderò una decina!”
“Conosci così pochi studenti?” chiede stupefatta.
“Sì, più o meno.”
“Ma è triste!” commenta.
Mi viene quasi da ridere.
Mi fermo, si ferma anche lei guardandomi stupita.
“No, non lo è affatto.” rispondo.
Poi dato che ci siamo fermati, colgo l’occasione per farle un appunto.
“Alisa, ascoltami bene, per quanto questo potrebbe sembrarti… non so… triste, non dovrai parlare con nessuno se non c’è una buona ragione per farlo.”
Mi guarda incerta.
“Perché?”
“Perché è così che funziona la società.” ribatto “È per il tuo bene. Prendila come una sorta di regola di sopravvivenza. Parlerai soltanto con le persone che ti sono state presentate o che ti hanno rivolto una domanda e, soprattutto finché non le conoscerai bene, dovrai assolutamente evitare di dire tutte quelle strane cose su cui ti piace riflettere a voce alta, intesi?”
“Di cosa dovrei parlare allora?” mi domanda dubbiosa.
“Di niente! La gente, per la maggior parte del tempo, non parla di niente.” rispondo “Ti basterà osservarli per un po’ per potertene rendere conto. Alla gente piace blaterare a vanvera di stupidaggini soltanto per riempire il silenzio. Le loro conversazioni sono vuote di contenuti tanto quanto le loro teste. È proprio così che con il tempo, dato che nonostante tutto ti ritengo una ragazza intelligente…”
“Nonostante tutto?” inarca le sopracciglia.
“…imparerai a capire quali persone è bene evitare più di altre.” continuo ignorando la sua domanda “E allora, finalmente, a quel punto capirai che ricordarsi a mala pena il nome di dieci persone, non è affatto triste come ti era sembrato.”
Alisa ascolta con attenzione tutte le mie parole.
“Non sono sicura di aver compreso appieno il tuo punto di vista, senpai.”
“Devi evitare di aprire bocca il più possibile, questo è quanto.” rispondo spazientito.
Mi guarda ancora più incerta, poi fa un sorrisino.
“Non credo che Asuka-san mi avrebbe dato lo stesso consiglio.” osserva “Senpai, a te la gente non piace proprio, vero?”
Questa non me l’aspettavo.
Ecco che passo di nuovo per misantropo, anche da chi mi conosce appena.
Prima ancora che possa pensare a qualcosa da rispondere, qualcuno di mia conoscenza mi si piazza proprio davanti.
Ancora lei, Ling Xiaoyu.
“Buongiorno!” esclama con una vitalità che a quell’ora del mattino trovo veramente inconcepibile “Come va stamattina?”
Le rivolgo un’occhiataccia.
Non ci vediamo dalla sera delle foto.
“Alla grande.” rispondo sarcastico.
“Già, è bello vedere che sei di buon’umore come al solito! Ero venuta a dirti che sabato pomeriggio faresti meglio a tenerti libero.” mi dice con uno dei suoi sorrisetti malefici.
“Che cosa?”
“Sabato pomeriggio.” ripete “Sei in debito con me, ricordi?” mi lancia uno sguardo eloquente.
A quanto pare il momento è arrivato.
Cosa mi obbligherà a fare? I suoi compiti di matematica? Pulirle la casa? Lavarle i piatti? Il bagno?
Annuisco sforzandomi di non aprire bocca o finirei per sputarle addosso qualche insulto.
Odio sentirmi così inerme, ma finché esistono quelle foto devo stare al suo meschino ricatto.
“Senpai…” mi chiede Alisa curiosa “…questa è una tua amica?”
Xiaoyu sembra notarla solo in quel momento.
“Oh, non mi ero accorta che avevi compagnia. Vi ho disturbato?” mi chiede incerta.
In quel momento realizzo che la situazione è potenzialmente catastrofica e devo assolutamente mettere in chiaro una cosa.
“Ehm, lei è Alisa! È una nuova studentessa e sta abitando a casa mia.” spiego a Xiaoyu cercando di lanciarle uno sguardo esplicativo “È ospite di mia madre.”
È importante che Xiaoyu lo sappia. Se dovesse parlare delle foto o nominare la moto in presenza di Alisa sarei fottuto.
Xiaoyu fa un lieve sorriso e un breve cenno d’assenso per farmi capire di aver recepito il messaggio.
“Capisco.” dice, poi si volta da Alisa con un gran sorriso “Io sono Ling Xiaoyu, piacere di conoscerti.”
Poi Xiaoyu si volta da me e mi rivolge uno sguardo arrogante.
“E no, non sono una sua amica.”
“Già, siamo soltanto conoscenti.” preciso rispondendole con un’occhiataccia dello stesso tipo.
“E soprattutto, non dovrai credere a una sola parola riguardo a quello che potrai sentir dire su di noi.” aggiunge Xiaoyu tornando a guardare Alisa.
“Ho capito, credo.” risponde lei un po’ confusa, poi sorride e allunga la mano “Io sono Alisa Bosconovitch, molto piacere.”
“E così sei nuova?” domanda Xiaoyu.
Alisa annuisce sorridendo timidamente.
“Oggi è il mio primo giorno.”
“Oh fantastico! Da dove vieni?”
“Sono russa, ma ho sempre vissuto in Antartide.” spiega Alisa con disinvoltura.
Come era prevedibile, Xiaoyu cambia di colpo espressione e guarda prima lei, poi me con aria confusa ed è in quel momento che mi viene un’idea che potrebbe salvarmi la giornata.
“Scusa, credo di aver capito male perché ho sentito… Antartide?”
“Alisa, puoi scusarci un momento?” chiedo prendendo Xiaoyu per un braccio e trascinandola con me a qualche metro di distanza.
“Antartide?” mi chiede ancora quando siamo abbastanza lontani “Il polo sud?!”
“Ascoltami attentamente. Hai sentito bene, Alisa ha vissuto in una base di ricerca in Antartide da quando è nata fino a circa una settimana fa.” le spiego cercando di essere il più riassuntivo possibile “Non sa niente di come si vive nel mondo reale e come ci si comporta con la gente. Prima di arrivare qui non aveva mai visto altri ragazzi della nostra età.”
Spalanca la bocca con sgomento.
“Sul serio?” ripete sconcertata “Ma chi farebbe mai vivere il proprio figlio isolato dal mondo in questo modo?”
“Già.” annuisco “Comunque, capisci in che situazione delicata si trova?”
“Accidenti, poverina.” mormora sporgendosi un po' per guardarla “Ma siete parenti? Perché vive a casa con voi?”
“Non siamo parenti, ma suo padre, che lavorava per la Mishima Zaibatsu, in qualche modo ha incontrato mia madre e lei si è messa in testa di volerla aiutare.” spiego riassuntivo “Compito che poi è stato passato a me, dato che di fatto sono io ad essere qui con lei durante il suo primissimo giorno di scuola.”
Xiaoyu mi guarda con orrore.
“Il suo primissimo giorno di scuola?” mi chiede, poi torna a voltarsi da Alisa con aria preoccupata “Oh mio dio. Sei l’ultima persona a cui affiderei un compito come questo.”
Almeno in questo ci troviamo perfettamente d’accordo.
“Infatti.” annuisco “Forse si troverebbe meglio se a guidarla fosse qualcuno più come…”
Xiaoyu torna a guardarmi.
“…più come te.” concludo fiducioso facendo un cenno verso di lei.
So che è una brava ragazza, un po’ fuori di testa, ma pur sempre una brava ragazza. Certo, con me non lo è affatto, ma solo perché mi odia. Non metterebbe mai in difficoltà una ragazza nelle condizioni di Alisa, di questo ne sono certo.
Sembra pensarci su per un po’, poi annuisce.
“Sono d’accordo. Sono sicuramente più indicata di te per un lavoro come questo.” osserva.
Ottimo, sapevo che potevo contare nel suo spiccato senso di filantropia.
Mi rivolge un’occhiata severa.
“Sempre che tu non l’abbia già demoralizzata irrimediabilmente.”
“Ho cercato di educarla al mondo reale.” rispondo acido.
Xiaoyu fa una smorfia.
“Ho capito. Ci penso io.” assicura “Ma sia chiaro che lo sto facendo per aiutare lei, non te.”
“È più che ovvio.”
Torniamo da Alisa, che ci sta aspettando dove l’avevamo lasciata guardandosi intorno un po’ intimidita.
“Alisa, Xiaoyu continuerà a farti fare il giro della scuola.” le comunico “Probabilmente tra ragazze riuscirete a comunicare meglio.”
“Davvero?” chiede Alisa a mezza voce guardando Xiaoyu.
“Non preoccuparti, Alisa.” sorride Xiaoyu “Anche io sono arrivata qui qualche anno fa senza conoscere nessuno e, ironia della sorte, anche per me questo qua…” mi da una gomitata nelle costole “…è stato il primo che ho conosciuto. Credo di capire come ti senti.”
Alisa mi guarda incerta.
Annuisco massaggiandomi il punto dove Xiaoyu mi ha colpito mentre cerco di forzare un sorriso rassicurante.
“Ti ringrazio.” dice educatamente rivolgendosi a Xiaoyu.
Poi guarda me con aria un po’ preoccupata e si avvicina di qualche passo.
“Cosa dicevi prima riguardo alle cose strane che dovrei evitare di dire?” mi bisbiglia all’orecchio.
La guardo accigliato. Allora dopotutto ha ascoltato qualcosa di quello che le ho detto.
Sto per stilare un breve elenco di argomenti di cui eviterei di parlare se fossi in lei, quando poi cambio idea.
“Sai che ti dico? Parla pure di tutto quello che vuoi.” rispondo guardando Xiaoyu che aspetta a qualche passo da noi “Non credo che lei ti giudicherebbe male.”
Alisa mi osserva incerta.
“Beh, allora io vado.” le saluto con un cenno della mano mentre mi appresto a tagliare la corda “Divertitevi!”


“Kazama ti odio.” commenta Kamiya alla pausa pranzo quando arriva in terrazza.
Si piazza davanti a me rivolgendomi un’occhiata omicida.
Lo guardo per un attimo distrattamente mentre assaporo un altro boccone dell’ottimo riso ai gamberetti di casa Chang. Julia, alla mia destra, mangia il mio pranzo che oggi consiste in una strana poltiglia beige che io non ho avuto il coraggio neanche di provare a capire cosa sia.
“Cosa ho fatto per meritare il tuo odio?”
“Adesso tutte le galline petulanti che ti correvano dietro hanno deciso di perseguitare me.” spiega prendendo posto affianco a me.
“Questo è quello che succede ad essere l’amico della celebrità.” commenta Julia atona.
La guardo di sbieco. Sa benissimo quanto mi da fastidio che mi si ricordi di essere famoso solo perché accidentalmente faccio parte della mia disastrosa famiglia.
“Oggi mi hanno praticamente seguito in bagno!” continua Kamiya.
Julia si lascia scappare una risatina divertita.
“Problemi tuoi.” rispondo io.
“Fossero ammiratrici normali non avrei niente da dire, ma qui si sfocia nello stalking!” borbotta Kamiya.
“Parlando di cose serie.” ci interrompe Julia “Sul sito della scuola è uscito il bando per le gare di matematica. Che ne dite di partecipare?”
“Ah, io passo.” fa Kamiya tirandosi fuori “Mi basta e avanza l’esperienza dell’anno scorso. Non ho intenzione di tornare in quel circolo di pazzi.”
“Jin?”
“Da quando ti interessi a quel genere di cose?” chiedo con sospetto “Hai sempre evitato queste competizioni come la peste, dicendo che era roba da sfigati e solo una perdita di tempo.”
Fa le spallucce.
“Ho cambiato idea, in fondo non c’è niente di male in un po’ di sana competizione e potrebbe anche essere divertente.” risponde vaga “Comunque, voglio partecipare e mi servono due compagni di squadra! Siete disponibili o no?”
“No.” risponde secco Kamiya.
“Hm… pensi che possa farlo valere come credito?” rifletto.
“Certo che sì!” risponde sorridendo entusiasta “Puoi farlo rientrare a sostegno del tuo piano di fuga in Australia.”
“Hm… d’accordo, ci penso.” borbotto.
“Come? Cosa hai da pensarci?” insiste impaziente “Hai bisogno di quei crediti!”
Aggrotto le sopracciglia guardandola dubbioso.
“Perché ci tieni così tanto?” chiedo con sospetto.
Julia alza lo sguardo e sospira.
“Te l’ho già detto, ho voglia di provare qualcosa di nuovo!” dice tornando a mangiare il mio pranzo.
“Tu non me la racconti giusta!” riflette Kamiya a voce alta “Perché sei così strana da qualche giorno a questa parte?”
“Zitto Kamiya.” sbotta in modo un po’ troppo aggressivo per i suoi standard “Sono solo entusiasta di partecipare a queste gare. Fine della storia.”
Torna a concentrarsi da me.
“Allora ci stai?”
“Boh, ok.” l’accontento.
In effetti può essere davvero una buona idea per recuperare qualche credito.
“Ottimo! Hai da fare sabato pomeriggio?” mi domanda Julia cambiando improvvisamente atteggiamento “Iniziamo a fare qualche esercizio insieme?”
“Ok.” alzo le spalle.
“Perché adesso ti è venuta la fissa di questa gara di matematica? È una stupidata colossale, più che sulle conoscenze si basa sulla fortuna.” riprende Kamiya “E l’hai sempre detto anche tu, Julia sul serio, cosa mi sta sfuggendo?”
“Non è niente!” sbuffa esasperata “È solo che non ho mai partecipato e mi andava di provare qualcosa di nuovo, tutto qui. È così strano?”
Io e Kamiya la guardiamo in silenzio per qualche istante.
“Sì.” rispondiamo alla fine entrambi.
“Andate a quel paese.” borbotta lei.
“No merda!” mi ricordo all’improvviso “Sabato non posso.”
Julia mi guarda contrariata.
“Perché no?!” mi chiede alzando la voce.
Perché devo fare qualcosa di ignoto per qualcuno che mi sta più o meno ricattando.
“Non posso e basta, ok?”
“Sì, ma perché?! Cosa devi fare?” insiste “Non puoi rimandare? Oppure possiamo vederci prima o più tardi? A che ora è il tuo impegno?”
Non rispondo.
“Jin, cavolo!” si lamenta “Se devi inventarti una scusa almeno fai in modo di costruirne una credibile!”
“Non è una scusa!” ribatto “È che non so quando riuscirò a liberarmi!”
“Perché? Che cosa devi fare?! Si può sapere?”
“Qualcosa.” rispondo.
“Ma che…” alza i palmi delle mani al cielo “Mi stai prendendo in giro?!”
“Non possiamo fare domenica?” provo a cercare un compromesso.
“Domenica c’è la manifestazione per le fonti d’energia rinnovabili a Shibuya.”
“Beh, non so cosa dirti. Io sabato ho da fare.” ripeto irremovibile.
“Uffa Jin!” esclama con rabbia alzandosi in piedi di scatto.
Io e Kamiya la osserviamo sconvolti. Questo comportamento, decisamente, non è da lei. Lei che è sempre tranquilla, lei che è sempre calma, lei che non alza mai la voce, lei che a volte è quasi apatica.
“Ohi Julia, ma ci dici cosa c’è che non va una buona volta?” le chiede Kamiya in tono serio.
“Scusate.” risponde lei calmandosi di colpo e prendendo il suo zaino e mettendoselo in spalla “Vado alla macchinetta a prendere una bottiglietta d’acqua.”
La osserviamo andare via, poi Kamiya ridacchia scuotendo la testa fra sé e sé.
“Che diamine le sarà preso?” chiede “Ci sta sfuggendo qualcosa?”


È sabato pomeriggio e sto aspettando colei che mi ha preso in ostaggio per la serata fuori da casa sua.
Sono riuscito a convincere Julia a vederci domenica prima della manifestazione ed era pure così imbarazzata per il suo comportamento anomalo in terrazza che non si è nemmeno lamentata.
Non so cosa le stia prendendo ultimamente. Possibile che ci sia davvero rimasta così male per non essere stata la migliore della scuola? Forse per questa storia ha accumulato troppo stress e sta iniziando a dare i numeri. Forse dovrei parlarne con mia madre, così potrebbe evitare di darle troppo da fare per il circolo.
“Eccomi finalmente.” esclama Xiaoyu uscendo di casa “Scusa il ritardo.”
Figuriamoci! Ironico da parte sua scusarsi per il ritardo.
Comunque non sono ancora riuscito a farmi un’idea su che cosa abbia intenzione di farmi fare. Dovevo essere fuori da casa sua ad una certa ora e questo è tutto ciò che mi è stato detto.
Gira la chiave nella toppa per chiudere e mi raggiunge a passo svelto canticchiando a bassa voce chissà cosa.
Dire che sembra di ottimo umore è riduttivo. È l’idea di avermi incastrato a renderla così felice? Non lo so, e sono sempre più preoccupato.
“Allora andiamo?” mi chiede senza neanche guardarmi mentre rimette il mazzo di chiavi dentro la borsa.
“Sì! Dove e a fare cosa?”
Sorride, ma oggi il suo non è un sorriso cattivo.
“Tutto al suo tempo.” risponde “Tra poco lo vedrai.”
Guarda l’orologio da polso e sobbalza.
“Accidenti, è tardissimo! Corri!” strilla iniziando a correre e prendendomi per un braccio.
“Sì ma dove stiamo andando?” chiedo senza ottenere risposta.
Percorriamo a perdifiato tutta la lunghezza dell’isolato per svoltare poi in una traversa. Corriamo ancora per un po’ fino ad una fermata dell’autobus dove Xiaoyu si ferma all’improvviso e voltandosi verso l’altra estremità della strada sorride di nuovo.
“Giusto in tempo!”
Riprendendo fiato mi volto a vedere cosa sta guardando proprio quando un autobus si ferma affianco a noi.
Xiaoyu sale a bordo e mi fa cenno con la mano di seguirla.
“Muoviti!”
“Non mi avevi detto che avremo preso un autobus! Non ho il biglietto.”
Sospira spazientita. Scende dall’autobus e mi spinge dentro con entrambe le mani.
“Ne ho preso uno anche per te!” dice “Ti ho detto che avrei pensato a tutto o no?”
Oblitera due biglietti e me ne porge uno. Come lo prendo con fare confuso, lei mi supera per andare a prendere posto in uno dei sedili vicino al finestrino. È così felice che sembra muoversi senza neanche poggiare i piedi per terra.
Mi infilo il biglietto nella tasca del giubbotto e la seguo sedendomi dietro di lei.
“Potresti dirmi dove siamo diretti adesso?”
Si volta e mi guarda con aria scherzosa.
“No, non posso.” risponde.
“Perché no?!”
“Perché ho paura che se te lo dico te ne andrai.” ammette tornando a darmi le spalle.
Corrugo la fronte.
“E questo invece dovrebbe invitarmi a restare secondo te?”
Ridacchia.
“Ovvio che sì.” risponde con aria di sfida “Perché ora non potrai resistere alla curiosità di vedere dove ti sto portando.”
È furba la ragazzina.
Non solo è dispettosa e strana, ma è anche pericolosamente furba.
Non conosco la zona in cui ci stiamo addentrati, e dopo circa venti minuti di tragitto, decide che è il momento di scendere.
“Eccoci qua!” sorride quando l’autobus riparte e mostra cosa stava momentaneamente nascondendo.
“Un parco dei divertimenti.” la guardo interdetto “Seriamente?”
Attraversa la strada e si dirige verso il cancello.
Si volta a guardarmi.
“Allora, ti muovi?” chiede con un gran sorriso “Non vedo l’ora!”
La raggiungo.
“Perché?” chiedo “Perché mi hai portato qui?”
“Perché secondo te?” chiede sarcastica “Avevo voglia di divertirmi.”
“Sì, ma perché hai portato me?” insisto “Perché non chiedere a una delle tue amiche? Ti divertiresti sicuramente molto di più con loro, no?”
“Su questo hai ragione, avrei potuto certamente trovare compagnie decisamente più piacevoli della tua, ma… purtroppo ho due biglietti omaggio validi solo per oggi e l’unica amica che mi avrebbe potuto accompagnare odia i miei giochi preferiti.” spiega “Quindi sarai tu ad accompagnarmi e farai tutti i giochi che voglio. E non dovrai neanche sborsare un centesimo. I biglietti li ho vinti in un concorso online.”
Sono confuso. La seguo all’interno della biglietteria, dove il responsabile ci timbra i biglietti ed entriamo finalmente nel parco.
“Perché non chiedere ad Alisa?” continuo “Anche se vi conoscete solo da meno di una settimana sembrate già inseparabili!”
“Oggi il padre di Alisa parte e ho pensato che avrebbe preferito passare del tempo con lui.” poi mi guarda dubbiosa “Ma come mai mi fai tutte queste domande? Non avrai paura dei giochi?”
“No!” ribatto scocciato “È solo che non mi aspettavo che mi portassi qui.”
È la verità, credevo cogliesse l’occasione per farmi fare qualcosa di terribilmente noioso o umiliante. Comunque non lo dico perché non vorrei suggerirle idee per le prossime volte.
“Sai, sono da anni un’assidua frequentatrice di parchi dei divertimenti e ne ho visti a centinaia.” mi spiega guardando sognante le varie attrazioni davanti a noi “So come ti fanno sentire e credimi se ti dico che l’energia positiva che si respira in questo posto ha davvero il potere di migliorare le persone. Anche i casi più disperati come te.”
Finisce di parlare e mi guarda con un sorrisetto.
Alzo un sopracciglio guardandola sconcertato.
“Non puoi essere seria.” asserisco.
“Infatti sto scherzando!” risponde con una smorfia beffarda “Mi credi davvero così idiota?”
Non rispondo. Comunque è uno strano senso dell’umorismo il suo.
“Su, andiamo.” dice non stando più nella pelle.
Si volta e inizia a camminare in mezzo alla folla.
La seguo con un po’ di difficoltà. Il posto è veramente gremito di gente di tutti i tipi e di tutte le età. Si ferma in quella che sembra la piazza centrale del parco con bancharelle, musica, luci e fontane colorate tutto intorno. Si sente un buon profumo di pop-corn, patatine e altre cose invitanti, ma… no, non mi sento comunque a mio agio. Per niente.
“Tanto per capirci…” ci tengo a chiarire una volta che la raggiungo “… non ho intenzione di coprirmi di ridicolo accompagnandoti nella giostrina dei cavalli o nelle tazze che girano su sé stesse.”
Si volta, mi guarda e scoppia a ridere come se avessi appena detto qualcosa di estremamente divertente.
“Allora, nulla da dire sulle tazze, che sono un gioco decisamente sottovalutato, ma… la giostrina dei cavalli?! Sei serio? Mi hai preso per una bambina?”
Poi smettendo di ridere, fa una smorfia e mi blocca prima di poter provare a rispondere qualcosa.
“No, anzi. Non rispondere, non voglio saperlo.”
Si volta e punta un dito verso qualcosa dietro i chioschi “Dimentica la giostrina dei cavalli, inizieremo da quello!”
Sollevo lo sguardo su delle altissime e contortissime montagne russe.
Sembrano molto, molto alte. E contorte. Molto contorte.
“Da quello?” ripeto sorpreso.
Non mi aspettavo che volesse fare un gioco simile.
Aggrotto le sopracciglia e sto per chiedere se ho capito bene, quando lei mi afferra il braccio.
“Andiamo.” sorride prima di riprendere a muoversi tra la folla.
“Ci sei salita altre volte?” chiedo mentre mi trascina in mezzo a quel mare di persone.
Così, giusto per saperlo.
Lei si volta un attimo, mi guarda e ridacchia senza rispondere.
Raggiungiamo le montagne russe e ci mettiamo in fila.
“Speriamo di riuscire a sederci nei posti davanti!” mi sussurra dando uno sguardo alla folla attorno a noi.
“Perché?” chiedo istintivamente.
“Perché la sensazione di caduta libera è molto più forte se non c’è niente davanti a te!” mi spiega mimando la discesa con una mano.
Poi ridacchia e mi guarda divertita.
“Mi sembri nervoso, Kazama. Tutto bene?”
Non lo so. Non so se si possa definire tutto bene.
Una cosa è certa, fosse per me non mi troverei qui. Tutta questa allegria, queste luci, questi colori, l’atmosfera di festa, sono cose a cui non sono abituato e tutto ciò mi rende, per l’appunto, nervoso.
Alzo lo sguardo per vedere il vagoncino che ha appena iniziato il giro sulle montagne russe.
Una giostra che gioca con la percezione del pericolo e la scarica di adrenalina, non sono sicuro che questa idea di divertimento mi vada troppo a genio.
Comunque, l’ultimo vagoncino è appena partito, quindi avanziamo nella scala che porta alla piattaforma affianco al prossimo vagoncino in attesa di iniziare il giro. Xiaoyu è determinata ad accaparrarsi i posti davanti e muovendosi con una rapidità incredibile, ci riesce!
Mi fa un cenno con la mano per invitarmi a raggiungerla e, quando mi siedo affianco a lei, è ovviamente al settimo cielo.
“Ce l’abbiamo fatta!” esclama tutta felice “Vedrai, sarà fantastico!”
Non rispondo.
Credo di non essere mai salito sulle montagne russe. In realtà non mi è capitato di frequentare questi parchi molto spesso.
Ricordo di essere andato una volta quando ero alle elementari con mia madre, Julia e Michelle e credo che sia stata l’ultima volta.
“Come si mettono le cinture di sicurezza?” chiedo cercando di leggere il cartello con le istruzioni di sicurezza a fianco a noi.
“Aspetta, faccio io.” dice Xiaoyu occupandosi anche della mia cintura.
Questo mi fa sentire un po’ come se fossi un bambino da accudire e la cosa mi infastidisce un po’.
“Chiedevo soltanto, non c’era bisogno che lo facessi tu!”
Xiaoyu mi scruta pensierosa.
“Prima non mi hai risposto. Sei nervoso?” chiede ancora.
“No.” rispondo atono “È solo che i parchi dei divertimenti non mi divertono affatto.”
“Hmm, certo. Scommetto che non c’eri mai stato prima!” ribatte lei con un sorrisetto “Comunque non sei debole di cuore o cose del genere, vero?”
“Che?” mi volto corrugando la fronte.
Si avvicina l’addetto alla sicurezza, che controlla le nostre postazioni, abbassa una specie di protezione in metallo e manda l’ok per la partenza del nostro vagoncino.
Il macchinario si mette in moto e... sì, continuo a sentirmi vagamente nervoso, mentre Xiaoyu, alla mia sinistra non sta più nella pelle.
Stringo le mani attorno alla barra di sicurezza davanti a noi e cerco di mantenere la mia espressione il più normale possibile. L’ultima cosa che voglio è darle la soddisfazione di poter dire di essere riuscita a spaventarmi.
Perché di fatto, non mi sta spaventando, mi trovo solo in una condizione nuova e un po’ destabilizzante, ma Jin Kazama non si spaventa per così poco!
Facciamo le prime curve e non è niente di traumatico, poi prendiamo velocità e ho la sensazione di poter schizzare fuori dal sedile da un momento all’altro. Xiaoyu sembra divertirsi un mondo e non sembra minimamente avere la stessa sensazione, nonostante sia decisamente più leggera di me.
Il gruppo di liceali dietro di noi non fa che strillare da quando il vagoncino è partito e credo che, continuando di questo passo, alla fine del giro non avrò più i timpani.
Ecco che ci prepariamo per la prima grande salita. Il vagoncino rallenta, per darti tutto il tempo necessario a contemplare l’altezza.
Da quell’altezza si vede tutto il parco, si vede la ruota panoramica, si vedono i grattacieli in lontananza, credo di vedere pure la torre di Tokyo ancora più in lontananza.
“Preparati che adesso cominciamo a divertirci sul serio!” mi annuncia Xiaoyu con un enorme sorriso.
“Hmm.” rispondo solamente.
Torno a guardare davanti a me e noto solo in quel momento che la cima della salita è molto vicina! Mi accorgo si stare trattenendo il respiro da un po’, il vagone si ferma proprio poco prima del culmine della curva.
Che succede? È normale? È solo un altro modo per farti soffrire di più?
Mi volto da Xiaoyu. Qui è lei l’esperta. Non riesce a smettere di sorridere, stringe la barra di sicurezza talmente tanto forte che le nocche delle mani le sono diventate bianche.
Sì, allora probabilmente è tutto normale.
Ancora quale secondo di tranquillità.
E poi la morte.
Sento il mio stomaco che si contorce e una sensazione non paragonabile a nient’altro che ricordassi. Le ragazzine dietro di me si stanno sgolando. Neanche immaginavo che degli esseri umani potessero fare talmente tanto rumore! La discesa in caduta libera dura pochissimo, ma mi sconvolge come se fosse stata molto più a lungo. Non abbiamo il tempo di riprendere fiato che c’è subito un’altra serie di curve ultrarapide durante le quali Xiaoyu, per effetto della gravità, scivola un po’ addosso a me. Mi guarda come per vedere se mi sto divertendo quanto lei, poi risistema poco più in là quando il vagoncino si raddrizza e ci prepariamo per un’altra salita. Questa volta è più veloce, ma ancora più alta.
Xiaoyu torna a guardarmi con entusiasmo.
“Ora c’è il giro della morte.” mi preannuncia.
Ma lo vedevo già da me.
“Hmm.” annuisco con le labbra tese.
Un’altra pausa d’esitazione prima della discesa.
Ancora qualche secondo.
E se quella di prima mi era sembrata la morte, adesso ho bisogno di ridefinire il concetto.


“È stato divertente no?”
Divertente? Non so se userei questo termine.
È stata un’insolita esperienza. Non so quanto possa essere definita piacevole, ma di certo non è stato noioso.
“È stato… intenso.” rispondo cercando di riassumere in una parola il mio giudizio.
“Quindi ti è piaciuto?”
“Non esageriamo.” dico con un’occhiata obliqua.
Ricordiamoci che mi trovo qui non perché ci sia voluto venire di mia spontanea libertà.
Xiaoyu sembra leggere alla perfezione i miei pensieri e forza un sorrisetto.
“D’accordo, tanto non riuscirò a tenermelo dentro ancora per molto.” dice con aria colpevole “Ho cancellato quelle fotografie e non dirò niente a tua madre.”
“Cosa?”
Mi fermo e la guardo interdetto.
Ho sentito bene o è stato solo un frutto della mia immaginazione?
“Sono certa che tu mi abbia sentito bene.” risponde sembrando un po’ imbarazzata “Non farmelo ripetere.”
Sono confuso, molto confuso.
Questa ragazza è un continuo mistero.
“Hai cancellato le fotografie?”
Annuisce.
“E perché l’avresti fatto?” voglio sapere.
Sospira.
“Perché mi vergogno un sacco di quello che ho fatto e me ne sono pentita dieci minuti dopo essere tornata a casa.” borbotta “Un ricatto, non riuscivo a credere di essere caduta così in basso.”
Ascolto stupefatto.
“Volevo dirti la verità, ma poi ogni volta che ti vedevo facevi o dicevi qualcosa che mi faceva cambiare idea.” continua, poi mi guarda imbronciata “Perché questa è tutta colpa tua! Riesci a tirare fuori il peggio delle persone!”
“Quindi perché mi hai fatto venire qui oggi?” domando ancora confuso.
Si stringe nelle spalle.
“Era vero quello che ho detto prima. Adoro i parchi dei divertimenti, avevo un biglietto extra e nessuno poteva venire. È un peccato non utilizzarlo, non credi? La vita è fatta anche di questo, no? Giornate all’insegna del divertimento in cui puoi mandare a quel paese problemi e tue responsabilità per un paio d’ore.” mi guarda con un timido sorriso “Quando è stata l’ultima volta che hai avuto una giornata così?”
“Cosa?”
Mi guarda un po’ timidamente.
“Beh, ecco... c’era un po’ di vero quando ho detto che credo che questi posti abbiano il potere di rendere migliori le persone.” spiega sviando un po’ il discorso “Io ho trovato il coraggio di confessarti la storia del ricatto e…” alza le spalle “ora sei libero di andartene a casa, oppure puoi decidere di restare e continuare il giro.”
La guardo in silenzio per qualche secondo, incredulo.
“Posso continuare da sola, ma sarebbe un po’ triste.” aggiunge con un mezzo sorriso.
“Tu sei…” balbetto confuso “completamente matta, lo sai?”
Ridacchia.
“Preferisco prenderlo come un complimento.” dice.
Non sono sicuro che lo sia, ma è esattamente quello che sto pensando e non riesco ad esprimere altro.
“Io vado a fare la fila per quello.” dice facendo un cenno della testa verso un gioco dietro di noi “Ti vedo confuso, Kazama. Prenditi pure il tempo che ti serve per decidere.”
Si volta e inizia a camminare verso la sua prossima attrazione.
È una di quelle cabine che si muovono in verticale facendoti salire e scendere a velocità disumane per farti perdere la ragione.
Sto ancora cercando di elaborare quello che mi ha detto. Non sono più sotto ricatto, ma mi ha comunque trascinato lì.
Il mio telefono squilla, lo sfilo dalla tasca dei pantaloni e accetto la chiamata senza neanche guardare il nome di chi mi sta chiamando.
Continuo a guardare Xiaoyu.
“Pronto Jin?” sento la voce di Julia dall’altro capo della conversazione “Senti scusa te ti rompo, ma non è che ti sei liberato del tuo impegno prima del previsto? No, perché c’è un esercizio che mi sta facendo letteralmente impazzire e mi chiedevo se potessi darmi una mano.”
Da qualche parte vicino a me arriva il rumore improvviso di una sirena di un gioco per bambini.
“Ma dove cavolo sei?!” chiede Julia accorgendosi dell’insolito suono.
“È… una storia lunga.” rispondo vago.
“D’accordo, quindi ci sei oppure no?”
Xiaoyu si è messa in fila per il gioco. Noto che si volta a guardarmi per un momento probabilmente per vedere che cosa ho deciso di fare.
Non sembra in imbarazzo per essere rimasta sola, è talmente felice di essere in un parco di divertimenti, che la cosa non potrebbe farle né caldo né freddo.
Come si può essere così felici ed entusiasti per qualcosa di così semplice?
“Jin?” ripete Julia “Mi spieghi dove sei finito? Si sentono dei rumori un po’ inquietanti. Hai una vita segreta di cui non sapevo niente?”
Una vita segreta, non avrebbe mai potuto pensare niente di più sbagliato.
A parte una moto che tengo nascosta, la mia vita è fatta di regole autoimposte, tanto allenamento e duro lavoro.
Quando è stata l’ultima volta che hai avuto una giornata così?
È completamente pazza, ma proprio per questo credo di stare provando qualcosa a cui non sono abituato, qualcosa a metà fra l’invidia e l’ammirazione.
Credo di aver bisogno di capirne di più.
“Scusami Julia, ma proprio non posso.” rispondo piano “Ci sentiamo domani, così mi fai vedere l’esercizio.”
“Ma… sei sicuro?” risponde “Ok, ma non paccarmi!”
Chiudo la chiamata e mi dirigo verso la fila di persone che attendono la loro salita su quel gioco killer.
Non sono obbligato a rimanere. Non c’è alcuna ragione perché io stia ancora qui, ma ho comunque deciso di non andarmene.
Sì, devo essere impazzito anche io.
Forse questo posto ha davvero il potere di far qualcosa alle persone.
“Mi fa piacere vedere che hai deciso di restare.” dice Xiaoyu quando arrivo a fianco a lei.
“Solo perché non ho altro da fare.” borbotto “E perché è gratis.”


“Devo riconoscere che hai un vero talento per gli autoscontri, Kazama.”
È fine serata e ci siamo seduti in una panchina nella piazzetta circolare del parco, dove domina ancora un clima di festa. Stiamo facendo orario prima dell’arrivo dell’autobus e abbiamo preso qualcosa da bere.
Mi volto da Xiaoyu che mi guarda con il suo bicchiere di cola in mano. Sorride e beve dalla cannuccia.
“Come?” rispondo alzando un sopracciglio.
“Beh, non mi aspettavo tanto entusiasmo.” confessa.
Bevo un sorso di cola.
Non lo definirei entusiasmo, ma ammetto che non è stato male. È un modo come un altro di sfogare un po’ di rabbia.
“Mi sei sembrato decisamente più a tuo agio rispetto all’ultima volta che ti ho visto alla guida di qualcosa.” aggiunge con un sorrisetto beffardo.
Abbasso il bicchiere e le lancio uno sguardo torvo.
“Scusa?”
Lei ridacchia e continua a bere facendo finta di niente.
“Senti, va bene… quel giorno potrei aver guidato un po’ di merda.” inizio a spiegare “Ma era per colpa di mio padre che…”
“Dai, stavo scherzando!” mi interrompe alzando gli occhi “Non essere permaloso!”
“Permaloso?!” ripeto “Io sarei permaloso? Chi è che ha quasi picchiato il ragazzo della catapulta per averti chiesto di far vedere un documento?”
“Come si fa a mettere in dubbio che ho più di quattordici anni?!” borbotta ancora offesa “E comunque l’ho solo mandato a quel paese, non l’ho quasi picchiato. Non era proprio il caso di creare di nuovo problemi.”
“Creare di nuovo problemi?” chiedo interessato “A che ti riferisci?”
Xiaoyu mi guarda pensierosa.
“Non sono sicura di volertelo raccontare.” dice poco più tardi.
“Perché no?”
“Perché mi prenderesti in giro.”
La guardo in obliquo.
“Sono rimasto a farti compagnia, penso di meritarmi di sentire la storia.”
Sorride.
“Beh, ti ringrazio per quello!” risponde “Sapevo che in fondo eri un bravo ragazzo.”
“Finiscila.” borbotto “Se vuoi ringraziarmi raccontami la storia evitando di prendermi in giro.”
“Non ti stavo prendendo in giro, penso davvero che in fondo tu sia un bravo ragazzo.” ribadisce spostando lo sguardo sul suo bicchiere “Ho iniziato a pensarlo dal giorno della biblioteca. Sei stato molto gentile con me, dopo avermi quasi rotto una caviglia.”
“Non ti ho quasi rotto la caviglia.” preciso.
“Questi sono dettagli.” risponde lei tornando a guardarmi con un sorriso beffardo.
Poi abbassa lo sguardo e sospira.
“Comunque se proprio ci tieni…” indica qualcosa davanti a noi “Vedi quel chiosco laggiù? Il gioco funziona come una specie di tiro a segno, devi tirare una palla e cercare di farla entrare in uno di quei tubi. A seconda del tubo c’è un diverso punteggio e a seconda del punteggio vinci un premio.”
Annuisco.
“Ecco, adesso vedi quel panda di peluche sullo scaffale lì dietro? È o non è l’action figure della mia Panda?” mentre lo dice per poco non le brillano gli occhi.
Alzo le spalle, non so cosa dovrei rispondere. Mi ricordo il suo panda a mala pena e quello che mi indica mi sembra un comunissimo panda pupazzo. 
Che poi, non sono tutti uguali i panda?
“Ogni volta che venivo qui provavo a vincere quel pupazzo, ma non c’era mai verso!” continua imbronciata “E l’ultima volta…”
Non termina la frase e abbassa lo sguardo un po' imbarazzata. 
“L’ultima volta?” chiedo dopo diversi secondi di silenzio.
“Non sono mai stata brava nei giochi di mira, ok?” spiega sulla difensiva.
La faccenda si preannuncia interessante.
“Cosa hai fatto?” chiedo scrutandola con un mezzo ghigno stampato sulle labbra.
Deglutisce e torna a guardare verso il chiosco, dove si è appena fermata una coppia a giocare.
“Ho colpito quel signore in piena nuca.” mormora imbarazzata.
“L’hai colpito con la palla?” chiedo stupito “Tutto qui?”
Si volta da me sgranando gli occhi.
“Tutto qui?” ripete trattenendo una risata nervosa “No no no, tu non capisci! È caduto all’indietro! È svenuto! Hanno dovuto chiamare un’ambulanza, è stato orribile!” spiega parlando velocemente, senza prendere fiato “In più sono stata bannata da quel gioco per sempre per comportamento pericoloso!”
Guardo l’ometto sorridente che gestisce il chiosco e non riesco a trattenere una risatina ironica.
“Cioè hai quasi ucciso un vecchietto con una palla di plastica?”
Rotea gli occhi.
“Non dovresti ridere! È una cosa seria!” si lamenta.
“Ma hai veramente…”
“Senti lo so che sembra pazzesco!” mi interrompe “E comunque quell’uomo dev’essere particolarmente delicato! Non ho mai sentito nessuno che ha perso i sensi per un colpo di una palla di plastica.” continua scuotendo la testa “Però è andata così e ci sono rimasta molto male per questa storia! Mi sono sentita un essere orribile!”
Ascolto senza riuscire a smettere di sogghignare.
“Non avrò mai quel panda.” aggiunge infine abbattuta.
“Hai quasi ucciso un uomo e tu pensi al panda?” chiedo ridacchiando.
Mi fulmina con lo sguardo.
“Hey! Ho già detto che mi dispiace un sacco e che mi sono sentita orribile! Ho mandato fiori e biglietti di scuse a quell’uomo in ospedale!” dice arrabbiata “Ma questo non cambia il fatto che mi sarebbe piaciuto vincere quel pupazzo.”
Sogghigno ancora.
In realtà non stavo davvero mettendo in dubbio la veridicità del suo senso di colpa.
Se c’è qualcosa che ho capito su Xiaoyu dopo questa giornata è che oltre ad avere una strana dipendenza da giochi e situazioni adrenaliniche, è una persona ancora più buona di quanto avessi mai pensato. Sicuramente una persona migliore di me, perché non credo che io al suo posto avrei cancellato quelle fotografie per un semplice senso di colpa.
“Comunque, prima o poi dovrò davvero portare Alisa in questo posto.” dice dopo un po’ cambiando discorso “È la cosa più simile ad un ritorno all’infanzia che ci sia. Credo che potrebbe essere interessante per lei.”
“Non so se possa essere una buona idea.” rispondo dubbioso “Ha paura di troppe cose. A seconda del gioco potrebbe anche restarci secca!”
“Oh ma sta zitto! Sì, ci ha messo un po’ ad abituarsi al traffico, ma quella ragazza ha perfettamente ragione! Il mondo in cui viviamo è terribilmente pericoloso, ha tutti i diritti di stupirsene!” risponde guardandomi male “E mi ha raccontato pure dei tuoi commenti acidi.”
“Commenti acidi.” ripeto poco convinto.
“Sì, mi ha detto di come ti comporti con lei e con quell’altro ragazzo che avete a casa.”
La guardo aggrottando le sopracciglia.
“Te l’ha detto lei?”
Xiaoyu annuisce.
“E mi ha detto anche che vorresti andartene in Australia.”
La guardo di nuovo.
“Avete parlato anche di questo?!”
Xiaoyu alza le spalle.
“Forse.” mormora un po’ titubante.
Sbuffo.
“Ad Alisa piace proprio chiacchierare, eh?” ragiono a voce alta.
“Sì, ma non prendertela con lei.” dice Xiaoyu un po’ preoccupata.
“No.” rispondo dopo un momento di esitazione “D’altronde non ne faccio un mistero. Stare a casa mi sta facendo impazzire e voglio andarmene.”
“Forse allora ti farebbe bene davvero.” dice Xiaoyu a voce bassa.
“Come?”
“Intendo dire, andare via per un po’.” ripete parlando senza guardarmi “Forse non sarebbe una cattiva idea.”
Sono sorpreso. Di solito non ricevo molte opinioni positive a riguardo.
A parte quella di Asuka ovviamente, che non vorrebbe più avermi tra i piedi. E sono certo che lo pensi anche Kazuya, anche se ovviamente non ne parla mai.
“Tu dici?” chiedo stupito.
Annuisce.
“A volte c’è bisogno di cambiare un po’ aria quando le cose diventano troppo soffocanti.” riprende “Dopotutto è quello che ho fatto anche io venendo qui.”
Non ci avevo mai pensato, ma in effetti non so molto della sua vita prima di venire a stare in Giappone.
Effettivamente potrebbe aver scelto di venire qui per scappare da qualcosa di ancora più deprimente.
Mi incuriosisce, ma non sono certo di volerglielo chiedere. Di solito non è una che si fa troppi problemi prima di iniziare a parlare. Se non ha mai toccato questo argomento forse è perché non le va di farlo.
Restiamo in silenzio per qualche minuto, quando poi mi alzo in piedi.
“Beh, dove stai andando?” chiede.
“Voglio vedere se ho una mira migliore della tua.” rispondo sogghignando “Aspetta qui.”
Non c'è una vera e propria ragione per cui lo sto facendo, voglio semplicemente provare. 
Mi dirigo verso il chiosco di quel vecchietto sorridente con pochi denti e pochi capelli. Il panda è il premio per il punteggio maggiore, quindi il più difficile da ottenere.
L’uomo mi porge una palla per iniziare a giocare. Guardo la palla, poi guardo la sua testa. La plastica è dura, ma tutto sommato la palla è molto leggera. È pazzesco pensare che un colpo di questa palla sia stato in grado di mandare qualcuno KO.
Tiro la palla, ma è veramente più difficile del previsto e invece di raggiungere il tubo più alto, rimbalza e finisce in uno di quelli inferiori.
L’uomo scoppia in un applauso e saltella verso di me tutto felice.
Ho vinto una scimmietta arancione.
“Se le premi la pancia urla!” mi spiega il signore entusiasta.
Bofonchio qualcosa per ringraziarlo e per salutarlo e torno indietro.
Xiaoyu mi guarda da lontano, bevendo dalla cannuccia ciò che è rimasto nel suo bicchiere di cola.
Come mi avvicino mi sorride.
“Non sono riuscito a prendere il panda.” dico un po’ scocciato fermandomi davanti alla panchina.
“Ho visto.” sorride.
Le porgo la scimmia.
“Tieni.”
Xiaoyu mi scruta divertita.
“Non vuoi tenerla tu?” chiede.
“Non me ne faccio niente.” 
Ridacchia.
“Sarebbe un ricordo di questa strana serata!” dice.
“Dai, prendila.” insisto “Non sarà il panda, ma è meglio che la tenga tu.”
Sorride di nuovo, poi si decide ad afferrare la scimmietta.
“D’accordo, l’aggiungerò alla collezione di premi secondari che ho accumulato nel corso del tempo.”
“Se le schiacci la pancia urla.” aggiungo, come se fosse un dettaglio importante.
Lei ci prova e la scimmia urla catturando l’attenzione delle persone intorno a noi.
Xiaoyu ridacchia della situazione, mentre io mi imbarazzo un po’.
“Sì, lei sarà il pezzo più importante della collezione. Ti ringrazio.”
Si alza anche lei e sistema la scimmietta dentro la borsa.
“Andiamo, l'autobus starà per arrivare!” sorride.








 

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Capitolo 10
*** Post Apocalyptic Ninja Battles (Lars) ***


10
Post Apocalyptic Ninja Battles
(Lars)


Sono le sei e il mio turno di lavoro è finalmente ufficialmente finito. Sistemo gli ultimi referti delle analisi nelle cartelle, faccio un ultimo giro di ricognizione per controllare che tutto sia in ordine e mi preparo per lasciare il laboratorio.
Spengo le luci ed esco. Trovo un biglietto attaccato fuori dalla porta.
 
Ciao Lars,
Potrei tardare di una decina di minuti stasera.
Se vuoi un passaggio per tornare a casa aspettami,
se torni per conto tuo lasciami un messaggio.
A più tardi
Jun

Prendo il biglietto, lo piego e me lo infilo nella tasca del camice.
È stata una giornata piuttosto impegnativa. L’altro responsabile del laboratorio è in malattia e ho dovuto fare il doppio del lavoro per riuscire a non rallentare i tempi d’attesa delle analisi. Non ho dubbi riguardo al da farsi, l’ultima cosa di cui avrei voglia in questo momento è di infilarmi in una metropolitana gremita di gente.
Mi dirigo verso il corridoio principale. La maggior parte degli altri impiegati si sta preparando a lasciare la struttura, a parte l’unità di pronto soccorso.
Da quello che ho potuto constatare fino ad ora, questa piccola clinica lavora molto bene ed efficientemente. Jun è un ottimo capo ed è rispettata e stimata da tutti. Si respira un clima di assoluta calma e ordine tra queste mura, ed è ironico che sia praticamente l’opposto di ciò che si percepisce a casa.
Arrivo alla saletta centrale dove mi attende il distributore automatico di bevande.
Seleziono il solito caffè e aspetto l’erogazione.
Sto finalmente riuscendo a dormire con ritmi più regolari, ma dopo otto ore di duro lavoro la stanchezza si fa comunque sentire.
Prendo il bicchiere di caffè e mi lascio cadere su una delle panchine lì a fianco.
Bevo un sorso di caffè e chiudo gli occhi per riposare la vista.
Spero che Jun non faccia troppo tardi. È strano che mi abbia lasciato un biglietto per avvisarmi di un ritardo di soli dieci minuti, probabilmente voleva essere ottimista.
Quando riapro gli occhi, per bere un nuovo sorso di caffè, noto che qualcuno ha preso posto sull’altra estremità della panchina.
“Alisa!” commento sorpreso a voce alta.
Lei si volta e mi guarda con un sorrisetto.
“Credevo ti fossi addormentato!” dice.
Mi accomodo meglio sulla panchina e incrocio le gambe, sentendomi appena in imbarazzo.
“No, stavo solo riposando gli occhi.” rispondo.
“Capisco.” risponde tornando a concentrarsi sul bicchiere fumante che tiene tra le mani.
“Come mai sei ancora qui?” chiedo incuriosito.
È la prima volta che incontro Alisa a lavoro. Fa l’assistente alla segreteria part-time ogni giorno dopo le lezioni, ma di solito se ne va prima di noi per avere più tempo da dedicare allo studio.
“Oggi c’era più lavoro da sbrigare.” risponde “E avevo già finito i compiti per domani.”
È incredibile che nonostante le ore a scuola, lo studio e il lavoro, non sembra affatto risentire della stanchezza. Sembra sempre prendere tutto con una incredibile naturalezza e positività che a volte mi chiedo se sia davvero umana.
“Stavo dando un’occhiata a quelle foto poco fa.” dice indicando qualcosa sulla parete davanti a noi.
La guardo, è bacheca che contiene una raccolta di foto degli animali e i loro padroni che frequentano questa clinica.
L’ho sempre notata, ma non ci ho mai prestato troppa attenzione.
“Dev’essere bello avere un animale da compagnia.” continua pensando a voce alta.
Si volta da me.
“Tu ne hai mai avuto uno?” mi domanda.
“Io? No, il mio appartamento era troppo piccolo per prendere in considerazione l’idea.” rispondo.
“Hmm.” annuisce.
Beviamo entrambi un sorso delle nostre bevande e restiamo in silenzio per qualche secondo.
“Stavo guardando se c’era una foto del panda tra quelle.” riprende poco dopo Alisa facendo un cenno verso la bacheca “Sarei stata curiosa di vederlo.”
“Il panda?” chiedo incerto di aver capito bene.
Si volta da me e annuisce.
“Ho fatto amicizia con delle ragazze a scuola e una di queste è un’ami… una conoscente di Jin-senpai.” mi spiega “E… beh, lei vive con un panda ed è seguito da questo centro.”
Ascolto interdetto.
“Un panda.” ripeto “Cioè vive con un orso?!”
Alisa annuisce.
“Bello, vero?”
Non capisco, o sono fuso per il troppo lavoro o mi sto perdendo qualcosa.
Da quando i panda sono considerati degli animali da compagnia?
“Sei sicura che abbia parlato di un… panda?”
Alisa ridacchia.
“Lo so, persino io ho pensato che fosse piuttosto insolito.” risponde alzando le spalle “Ma a quanto pare è così. È un panda altamente addestrato ed è abituato alla civiltà.”
Ok, questa è ufficialmente la cosa più strana che ho sentito da quando sono arrivato qui e non so bene cosa pensare.
Aggrotto le sopracciglia e bevo l’ultimo sorso di caffè.
“E così ti stai trovando bene a scuola?” chiedo poco dopo.
“Adoro andare a scuola!” risponde con entusiasmo “È interessante e si conoscono delle persone simpatiche. Certo, all’inizio è stata un po’ dura abituarmi ad alcune cose, ma non è male, davvero.” fa una pausa, poi mi guarda con un mezzo sorriso “E poi stare a scuola è piuttosto diverso da come me l’aveva descritto Jin-senpai.”
Non mi riesce affatto difficile crederlo.
“Perché? Che ti aveva detto?”
Alisa inclina la testa su un lato.
“Diciamo che Jin-senpai dovrebbe avere un po’ di fiducia in più nelle altre persone.” riflette a voce alta.
Però, per essere una ragazza che ha appena iniziato a vivere nella civiltà ha già capito un bel po’ di cose!
“Come va a te invece Lars-san?” chiede poi sorridendomi
“Qui dentro intendi?”
Annuisce.
“Anche se lavoro qui da un po’ non c’eravamo mai incontrati prima d’ora.” spiega “È la prima volta che ti vedo col camice.”
Non so bene cosa rispondere, ma non ho neanche il tempo di pensarci troppo a lungo.
“Ragazzi!” una voce che arriva dall’altra estremità del corridoio ci costringe ad interrompere la conversazione.
Ci voltiamo e vediamo Jun che viene frettolosamente verso di noi cercando qualcosa dentro alla borsa.
“Siete pronti?” chiede quando arriva davanti a noi, guardandoci distrattamente.
Senza lasciarci il tempo di rispondere, riprende subito a parlare.
“Sono in un ritardo terribile!” spiega “Stasera c’è la cena aziendale alla G Corp, ma ho finito cinque minuti fa di sistemare il cuore ad un cavallo!”
Io e Alisa ci alziamo immediatamente.
Mi sfilo il camice.
“Ok, vado a prendere la mia roba nello stipetto.” dico gettando il bicchiere vuoto del caffè nel cestino a fianco al distributore automatico.
“Sì, Lars, ti prego fa presto!”
Qualche minuto dopo siamo in auto, pronti a lasciare il parcheggio della clinica.
“Non che Kazuya tenga particolarmente a questo genere di cose, anzi lui le definisce delle vere e proprie pagliacciate.” riprende Jun come se sentisse la necessità di giustificarsi “Continua ad organizzare serate di questo genere soltanto per conquistarsi la simpatia dei clienti. Ma non ho comunque alcuna intenzione di mancare!”
Prende il telefono in mano e inizia a digitare freneticamente.
“Ti prego Michelle guardati il telefono una buona volta!” sussurra tra i denti.
Si sistema il cellulare tra la spalla e l’orecchio e accende l’auto.
“Non ho il tempo di tornare a casa a cambiarmi.” mi informa lanciandomi un’occhiata fugace “Devo inventarmi qualcos’altro.”
“Come?” chiedo confuso.
“Pronto Michelle! Oh, grazie al cielo hai risposto finalmente!” esclama mentre esce dal parcheggio “Sei a casa? Ho bisogno che mi presti un vestito, sto arrivando da te.”
Chiude la chiamata e lascia cadere il telefono dentro alla borsa.
Poi mi guarda per un attimo con un sorriso colpevole.
“So che non si dovrebbe parlare al telefono mentre si guida.” dice un po’ in imbarazzo guardando per un attimo anche Alisa nel sedile posteriore “Sarei grata se non lo raccontaste a Jin.”
“Certo, come vuoi.” rispondo con naturalezza.
“Sapete, faccio del mio meglio per sembrare una cittadina perfetta davanti a lui.”
Come ci inoltriamo nel traffico, com’era prevedibile, il nervosismo di Jun sale esponenzialmente.
“Oh per l’amor del cielo!” batte un colpo sul volante “Se devi andare a venti all’ora vai a piedi!” sbraita all’ennesimo malcapitato.
Poi con un’agile e un po’ azzardata manovra lo supera e procede accelerando.
È almeno la terza persona che manda a quel paese, mi volto un momento e scambio un’occhiata fugace con Alisa, che dal sedile posteriore si tiene alla maniglia con un’espressione un po’ preoccupata.
Arriviamo a casa di Michelle una decina di minuti dopo. È un tranquillo quartiere residenziale con delle casette tutte uguali. Jun lascia l’auto nel primo spiazzo che trova e ci invita a fare presto e a seguirla mentre percorre il vialetto di casa.
Arriva davanti alla porta e suona insistentemente il campanello.
Poco più tardi la porta si apre e una donna più o meno della sua età si mette da parte per lasciarci entrare in casa.
“Michelle, sono in ritardissimo per la serata della G. Corp., posso prendere in prestito la tua doccia e un tuo vestito?” dice Jun sfilandosi le scarpe all’ingresso.
Per poco non me ne scalcia una addosso.
“Oh cavolo! Devo essere lì tra un’ora!” continua dando un’occhiata all’orologio.
“Certo, ho capito benissimo la situazione.” fa Michelle agitando una mano “Ti ho già selezionato qualche vestito che credo possa andarti. Sono sopra il letto in camera mia, vai pure!”
“Michelle come farei senza di te?” dice Jun piena di gratitudine raggiungendo in fretta le scale e sparendo al piano di sopra.
Michelle ridacchia fra sé e sé, poi si concentra su me e Alisa, che siamo ancora all’ingresso.
“Entrate, prego!” sorride la donna.
Io e Alisa ringraziamo educatamente ed entriamo in casa.
“Mi fa piacere rivederti, Alisa. Spero che ti stia trovando bene a scuola.”
“È un piacere anche per me.” risponde Alisa gentilmente “A scuola va tutto bene, grazie.”
Michelle si volta verso di me.
“Ho già conosciuto Alisa all’associazione, mentre non credo di aver ancora incontrato te.” riflette a voce alta “Sei quello del laboratorio, giusto?”
“Sì, esattamente.” annuisco “Mi chiamo Lars Alexanderson.”
“Oh, ecco.” sorride “Vieni dalla Svezia se non ricordo male.”
“Esattamente.”
Si avvicina di qualche passo e mi porge la mano.
“Io sono Michelle Chang, una vecchia amica di Jun e co-presidentessa dell’associazione.”
Le stringo la mano.
“Molto piacere.”
In quel momento accade qualcosa che non riesco a spiegarmi.
Non appena le nostre dita si toccano, per qualche ragione il volto di Michelle si irrigidisce di colpo, come se avesse avvertito una sorta di scossa o qualcosa di simile al contatto con la mia mano. Il sorriso le si spegne dalle labbra e mi guarda per una manciata di secondi con un’espressione di vero e proprio turbamento.
Sto per chiederle se c’è qualcosa che non va, quando lentamente ritrae la mano e distoglie lo sguardo, sforzandosi di apparire normale.
Come se le stranezze non bastassero, uno scaccia-spiriti appeso al lampadario del soggiorno oscilla improvvisamente tintinnando delicatamente.
È una situazione assolutamente surreale.
“Jin è al piano di sopra.” dice Michelle con un sorriso forzato “Sta studiando con mia figlia Julia per una specie di gioco che ha a che fare con la matematica. Perché non andate ad avvisarlo che sua madre è qui?”
Sia io che Alisa rimaniamo in silenzio confusi da questo improvviso cambio di atteggiamento.
“Salite pure.” ci fa cenno con una mano verso le scale “Non potete sbagliare, è la porta in fondo al corridoio.”
Come ci suggerisce allora, iniziamo a salire le scale e lei ci segue subito dietro.
“Io intanto vado a vedere se Jun ha bisogno di qualcosa.” ci informa con un sorriso tirato non appena ci voltiamo a guardarla.
Raggiungiamo il piano di sopra.
“L’ultima porta in fondo.” ci ricorda indicando la porta con un dito, prima di entrare in una stanza e di richiudersi la porta alle spalle.
È una situazione decisamente strana e per certi versi anche imbarazzante.
Che cosa c’è che non va? Perché ha avuto quella reazione dopo la mia stretta di mano?
“Lars-san.” dice piano Alisa non appena ci troviamo di nuovo soli “Che cosa…”
“Non ne ho idea.” rispondo a bassa voce.
Ci muoviamo verso la porta indicata da Michelle.
La porta è aperta, ma busso comunque per richiamare l’attenzione dei due ragazzi.
Non è una piccola stanza, ma il fatto che sia cosparsa di fogli e quaderni per la maggior parte della sua superficie la fa sembrare molto più stretta di quanto non sia.
Jin è seduto a terra con un blocco di fogli sulle gambe, mentre la ragazza è in piedi che commenta a voce alta i passaggi di un calcolo che ha scritto su una lavagna bianca al centro della stanza.
“Non capisco dove stiamo sbagliando!” dice seccata “Questo non deve dare un risultato negativo! Non può e basta, e non te ne andrai finché non troviamo l’errore, chiaro?!”
Jin sospira con aria esausta e alza lo sguardo, poi ci nota e ci guarda spaesato.
“E voi che diavolo ci fate qui?”
Julia ci guarda un secondo con poco interesse.
“Sono amici tuoi?” chiede, poi riprende subito a pensare all’esercizio.
“Tua madre aveva bisogno di un vestito perché deve partecipare alla serata della G Corporation e se n’è ricordata solo poco fa e…” cerca di spiegare velocemente Alisa.
“Oh, ottimo!” commenta “Vuol dire che posso evitare di tornare a casa con la metro?”
“Hey! Chi ha parlato di tornare a casa? Dobbiamo finire l’esercizio!” gli ricorda Julia voltandosi di scatto.
“Hai visto che ore sono?” ribatte Jin.
“Hai intenzione di gettare la spugna in questo modo… solo perché sei stanco?” gli chiede Julia sconcertata.
“Julia devi accettare che ci sono cose più importanti di queste nella vita.” risponde esasperato ”Come per esempio il benessere psico-fisico!”
“Esagerato.” borbotta Julia “Non mi pare che tu sia così delicato!”
Jin alza ancora gli occhi al soffitto.
Solo in quel momento ci rendiamo tutti conto che Alisa si è avvicinata alla lavagna e ha cancellato un intero passaggio.
Si volta da Julia, che la guarda sconcertata.
“Posso?” chiede Alisa con tono gentile, facendole cenno di passarle il pennarello.
Julia glielo porge un po’ titubante e rimane a bocca aperta quando Alisa riscrive l’intero passaggio con delle piccole modifiche che le permettono di risolvere in due minuti il problema.
Scritto il risultato, si torna a voltare e restituisce il pennarello a Julia.
“Diventa molto più semplice se raccogli questo a fattore. Così il limite non ti da un risultato indefinito.”
“In… incredibile” balbetta Julia mentre legge i passaggi alla lavagna.
Alisa si volta da me e mi guarda con un minuscolo sorrisetto compiaciuto.
Impossibile non ricambiarle il sorriso.
Anche Jin si è alzato e si avvicina alla lavagna con sguardo stupito, poi guarda Alisa con un risolino.
“Sai fare questo genere di calcoli?”
“Mio padre mi ha impartito lezioni di analisi matematica per anni.” risponde lei alzando le spalle timidamente.
Jin e Julia si scambiano una strana occhiata, poi Julia lo scansa per piazzarsi davanti a noi.
“Chiedo scusa per non essermi presentata prima.” dice mordendosi un labbro “Ma prendo molto sul serio lo studio e odio dover interrompere un ragionamento in corso. Comunque sono Julia Chang, piacere di conoscervi.”
“Lars Alexanderson.”
“Alisa Bosconovitch.”
“Alisa…” ripete Julia con un velo d’ammirazione “… è incredibile quello che hai appena fatto.”
Alisa sorride un po’ imbarazzata.
“Sai io e Jin dovremo partecipare ad una gara a scuola e…”
Sembra che Julia stia per aggiungere qualcos’altro, quando Jin interviene.
“…e stiamo studiando un sacco.” conclude il discorso di Julia guardandola con un’occhiata torva “Ma dato che l’esercizio è risolto, possiamo finalmente tornare a casa ora.” dice dirigendosi verso la porta.
Fa cenno a me e ad Alisa di seguirlo.
Usciamo nel corridoio e ci troviamo Jun che ci viene incontro indossando un elegante abito nero e i capelli ancora umidi.
“Ragazzi, il mio taxi per la G Corp arriverà tra un quarto d’ora.” ci informa “Lars, prenderai tu la macchina così potrete tornare tutti a casa, ok?”
Mi porge le chiavi dell’auto.
“Va bene.” rispondo afferrando il portachiavi a forma di scoiattolo.
Noto in quel momento che Michelle mi guarda ancora con sospetto appoggiata a quella che presumo sia la porta della sua stanza. Come i nostri sguardi si incrociano, fa finta di niente e si volta a guardare da un’altra parte.
“Perfetto, allora noi andiamo.” ripete Jin.
“Jin, mi raccomando!” lo avverte sua madre “Non litigare con Asuka mentre non ci sono!”
Jin fa una smorfia e la supera senza rispondere, poi Jun guarda me.
“Lars, conto su di te.” mi sussurra quando gli passo a fianco “Se le cose si mettono male, fai pure quel che c’è da fare.”
La guardo perplesso per qualche secondo chiedendomi cosa mai abbia voluto dire con quella frase e cosa mai si aspetti che faccia, poi mi saluta con un cenno della mano e torna in bagno.
 

“Lars, non capisci! Manji no Tatakai è assolutamente il programma TV più figo che abbiano mai inventato!” mi spiega Asuka entusiasta dal suo posto nel divano a fianco a me, poi fa un piccolo cenno con la testa verso la cucina “Persino Jin ne va matto!”
È quasi ora di cena e le cose procedono abbastanza bene a casa Mishima/Kazama. Jin e Asuka sembrano entrambi tranquilli e la cosa mi rincuora dato che a quanto pare, mi è stato dato l’incarico del babysitter.
Il merito di questa apparente tranquillità potrebbe essere dovuto all’attesissimo nuovo episodio della settima stagione di Manji no Tatakai che stanno per trasmettere in prima visione.
Da quel che ho capito, si tratta di una serie tv estremamente popolare tra i giovani giapponesi e sia Jin che Asuka l’adorano.
“Non lo metto in dubbio.” rispondo “È che semplicemente non ne avevo mai sentito parlare.”
Asuka fa un gran sorriso e si mette comoda a gambe incrociate.
“Tranquillo, ti spiego io tutto quello che ti serve sapere.” propone “Così potrai seguire anche tu la nuova stagione!”
Credo di non avere scelta e rispondo con un piccolo sorriso.
“La cena è pronta!” esclama Alisa, mentre entra nel soggiorno assieme a Jin.
Hanno in mano due barattoli di ramen istantaneo a testa. Abbiamo optato per la cena più veloce e semplice possibile, dato che nessuno di noi pare avere grandi capacità culinarie, ma soprattutto perché c’è Manji no Tatakai in TV e non si poteva di certo rischiare di perdere tempo con la preparazione della cena!
Ci raggiungono, porgono i due barattoli in più a me e ad Asuka, e prendono posto con noi sul divano.
“Alisa, ascolta anche tu!” dice Asuka prendendo il suo barattolo e spezzando le bacchette “Sto per spiegare brevemente la storia.”
“Oh, sì grazie.” annuisce Alisa riconoscente.
“Anno 4986, la civiltà sulla terra come la conosciamo oggi non esiste più. La popolazione umana è ridotta a poco più di qualche decina di migliaio di abitanti. Terremoti, inondazioni, meteoriti, guerre, epidemie e altre catastrofi naturali e hanno fatto sì che, per sopravvivere, i pochi esseri umani rimasti sulla terra, si unissero in gruppi, che denominano appunto clan. Non esistono più differenze di nazionalità, razza, stato sociale, religione e altre cose di questo tipo, esiste solo l’istinto di sopravvivenza collettiva. Mi seguite?”
Sia io che Alisa annuiamo.
“I problemi nascono quando questi clan entrano in contrasto gli uni con gli altri e si instaurano tutta una serie di meccanismi che…”
“La serie prende esempio dallo stato di caos che si era creato durante il periodo delle invasioni barbariche in Europa nell’alto medioevo.” interviene Jin a dare una sua interpretazione.
“Lascia parlare me!” lo rimprovera Asuka, che poi riprende frettolosamente “Comunque, il clan Manji è il clan protagonista della serie e il suo capo, Yoshimitsu, è un ninja mezzo alieno. Perché… giusto! Ho dimenticato di dirvi che fra le varie catastrofi, sono arrivati pure gli alieni e…”
Aggrotto le sopracciglia. Questa storia inizia a diventare un po’ troppo assurda e complicata per i miei gusti.
“Non erano i classici alieni che volevano invadere la terra, era un gruppo di alieni esploratori dalle intenzioni pacifiche.” interviene ancora Jin a precisare.
“Sì… e Yoshimitsu è l’ultimo superstite di questa razza, nonostante sia umano per metà, e ha la capacità di poter cambiare il suo aspetto come vuole.” riprende Asuka “Gli altri alieni, i membri della sua famiglia sono stati sterminati completamente da quello che è attualmente il clan più malvagio e potente di tutta l’Eurasia, il clan XIII, che ha a capo un certo Bryan Fury che è, per farla breve, un totale psicopatico. Il clan XIII è il rivale numero uno del Manji.”
Non so bene cosa dovrei rispondere. Non sono amante di questo genere di storie, non intendo in alcun modo smontare l’entusiasmo, ma ho seri dubbi che questa serie mi piacerà.
“Ecco, nell’ultimo episodio dell’ultima stagione, si scopre che, Kunimistu, il braccio destro di Yoshimitsu, nonché più cara e fedele alleata, in realtà è stata per tutto il tempo una spia del clan XIII!!” spiega Asuka enfatizzando l’ultima parte della frase.
“Complimenti, gli hai appena dato lo spoiler più grande di tutta la serie!” le fa notare Jin “Se dopo oggi decidessero di vederla per intero, ormai gli hai comunque rovinato il colpo di scena migliore di tutto lo show.”
Asuka lo fulmina con lo sguardo.
“Scusami tanto, grande genio del male, ma se adesso seguiranno questa nuova stagione con noi, come potevo non dirglielo?”
“Kunimitsu ormai è partita per la missione al di là del Pacifico, non si parlerà di lei fino almeno a metà stagione.”
“Sì, certo! E tu come fai ad esserne tanto sicuro? L’ultima volta che ho controllato il tuo nome non c’era nella lista degli sceneggiatori!”
“Ovvio che non posso saperlo per certo, ma nel dubbio era meglio evitare di parlarne!”
“Non potevo non parlare di Kunimitsu! Tanto sicuramente qualcuno nella puntata di oggi l’avrebbe nominata e…”
“Sta zitta, sta cominciando.” la interrompe Jin alzando il volume del televisore.
Alisa, al mio fianco si gira verso di me e mi guarda con aria un po’ confusa.
“Finalmente vedrò una serie tv.” dice entusiasta a bassa voce “Anche se non sono sicura di aver capito di cosa parli.”
“Tranquilla, nemmeno io.” sibilo con un mezzo sorriso.
La puntata comincia ed è il caos totale.
Scenari post-apocalittici, foreste impenetrabili, armi rudimentali contro quel che resta di equipaggi bellici. Combattimenti dalle coreografie esagerate e improbabili, cattivi ultra-stereotipati e tempi di narrazione troppo lenti e monotoni.
Non so se sono troppo cresciuto, ma la mia prima impressione su questo show è tutt’altro che positiva e faccio davvero fatica a capire l’entusiasmo che si riflette sulle facce di Jin e Asuka.
Per la prima volta conversano e dialogano in toni del tutto amichevoli.
Qualche volta riescono persino ad essere d’accordo sulle considerazioni dell’altro.
Vederli chiacchierare pacificamente è uno spettacolo quasi più interessante della serie!
A fine puntata entrambi convengono nel dire che questa nuova stagione è iniziata nel modo migliore possibile e che Bryan che ha trovato una vecchia armeria che contiene degli ordigni nucleari tra i ghiacci della Siberia non preannuncia niente di buono.
“Cosa ne pensate?” chiede Asuka a me e ad Alisa con un sorrisone stampato in faccia.
“Beh…” non so bene cosa rispondere “… sicuramente è uno show ricco d’azione.”
Questa non è una bugia, i combattimenti, per quanto assurdi, erano fatti con una certa cura.
“È fantastico!” esclama Alisa entusiasta.
Mi volto sorpreso verso di lei.
Ha ancora lo sguardo incollato alla televisione e un sorriso estasiato sulle labbra.
Non me lo aspettavo, ma dopotutto non ha mai visto una serie di questo tipo, quindi è comprensibile, per quanto mediocre possa essere, che ne sia rimasta impressionata.
Asuka ridacchia soddisfatta mentre si alza per ritirare i barattoli vuoti del ramen.
“Ma non ho capito alcune cose…” riprende Alisa ragionando a voce alta.
Poi inizia a fare domande riguardo alla trama della serie, citando cose che io mi sono già dimenticato di aver visto. Jin risponde con precisione ai suoi dubbi e ogni tanto Asuka interviene urlando per farsi sentire dalla cucina.
“Chissà se le mie amiche lo guardano.” si chiede sognante Alisa poco più tardi.
Poi fa come se si fosse appena ricordata qualcosa.
“A proposito! Xiao-san ti manda i saluti, senpai.”
Jin, che sta guardando distrattamente la TV, si gira e la guarda dubbioso per qualche istante.
“Mmh.” risponde semplicemente riprendendo a guardare lo schermo.
“Xiao-san?” chiede Asuka a voce alta mentre torna dalla cucina e si lascia cadere sul divano.
“E ha detto che domani verrà ad allenarsi con te.” aggiunge invece Alisa ancora rivolgendosi a Jin.
Lui si volta di nuovo con aria un po’ confusa, ma non risponde subito.
“Ti ha detto altro?” chiede poi distrattamente.
“No.” risponde Alisa scuotendo la testa.
“Aspetta!” si intromette Asuka “Xiao-san… come Xiaoyu-san?”
“Sì, proprio lei!” risponde Alisa.
Asuka si volta da Jin guardandolo stupita.
“Da quando ti manda i saluti? Credevo ti odiasse.” gli chiede ridacchiando “Non l’avevi anche fatta cadere da una scala o qualcosa del genere?”
Jin alza lo sguardo al soffitto e sbuffa.
“È una lunga storia, lascia perdere.”
“Sarà pure una lunga storia…” osserva Asuka “... ma di certo è interessante! Prima quasi la uccidi e ora vuole allenarsi con te?”
“Non l’ho quasi uccisa! Non si è fatta niente!” precisa Jin.
“Magari poi viene fuori che è la stessa con cui ti hanno visto a scuola.” continua Asuka con un sorrisetto cattivo.
Jin la guarda estremamente contrariato.
Asuka scoppia a ridere.
“Non dirmelo!” riprende poco dopo “Era lei davvero?”
Jin sospira.
“Io ci rinuncio.” dice prendendo il telecomando e cambiando canale “Non vale neanche la pena provare a farti ragionare.”
“Oh certo!” continua a ridere Asuka “Questo è il tuo atteggiamento tipico di quando non sai più cosa dire! Sono Jin Kazama, siete tutti imbecilli, mi fate schifo, andate al diavolo.” prosegue cercando di imitare la voce del cugino.
Jin la guarda con atteggiamento di superiorità.
“Molto matura come sempre, Asuka. Complimenti.” commenta “Come al solito dimostri di avere il cervello di una bambina di quattro anni.”
“Asuka…” intervengo rivolgendole uno sguardo eloquente, un chiaro invito a darci un taglio.
Non voglio che la situazione degeneri e che inizino a litigare seriamente. Non ho intenzione di fare da maestro d’asilo a questi due.
Asuka non mi risponde. Il telefono le ha appena vibrato e ancora sogghignante controlla il display.
Non so che cosa abbia visto, ma è bastato a farle cambiare umore improvvisamente. Il sorriso le si spegne rapidamente, lasciando spazio ad un’espressione agghiacciata.
Si alza di scatto.
“Asuka?” chiedo “Tutto bene?”
Lei mi guarda con una stranissima espressione, a metà tra lo stupore e la paura.
“Oh… sì! Mi sono appena ricordata che ho un capitolo di storia da ripassare.” dice quella che con tutte le probabilità è una bugia “Buona notte!”
“Hey, dove credi di scappare?” la richiama Jin mentre lei fugge su per le scale “Oggi tocca a te lavare le bacchette!”














NOTE:
Ok, ci tenevo un sacco ad inserire  in questo delirio anche qualche personaggio difficilmente interpretabile in un contesto realistico come Bryan e Yoshimitsu. Questo è il risultato! XD
Come ricorderete il clan Manji esiste davvero nel gioco e Manji no Tatakai dovrebbe voler dire semplicemente Battaglie di Manji, ma so molto poco di giapponese quindi potrei anche essermi sbagliata.
Nome trash per uno show trash.
 

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Capitolo 11
*** Meet the Number One Student (Jin) ***


11
Meet the Number One Student 

(Jin)


 

“Non possiamo chiedere a Alisa di partecipare alla gara di matematica con noi. Quella ragazza…” esito un momento, non è semplice spiegare la situazione “Non è come una studentessa qualsiasi.”
Julia continua a camminare al mio fianco.
Annuisce, ma evita il mio sguardo.
“Intendo dire” riprendo “è chiaro che abbia ricevuto un’istruzione molto diversa dalla nostra e…”
“Prenderla in squadra sarebbe come sfruttarla per i nostri comodi e in un certo senso barare. Me l’hai già detto, ho capito.” Julia finisce la frase al posto mio con un tono un po’ brusco.
“Esattamente.” commento.
“Va bene.” annuisce Julia “Useremo soltanto le nostre forze.”
“Quindi, siamo d’accordo?” chiedo un’ultima conferma.
“Siamo d’accordo.” annuisce Julia affrontando finalmente il mio sguardo “Non chiederò ad Alisa di entrare in squadra.”
“Bene.” rispondo tornando a guardare avanti.
È una buona cosa che Julia si sia mostrata comprensiva.
Avere Alisa in squadra non sarebbe corretto prima di tutto nei suoi confronti, né in quelli degli altri partecipanti. Insomma, in termini sportivi sarebbe come far gareggiare un campione olimpico nel torneo di dilettanti della città e non mi sembra corretto. È una questione di dignità, non mi abbasserei mai a questo livello.
Arriviamo davanti alla rampa di scale e seguo Julia verso il piano superiore.
“Ma dov’è che stiamo andando di preciso?” domando.
“L’insegnante responsabile delle iscrizioni alla gara è Chaolan. Stiamo andando al suo ufficio.” risponde.
“Chaolan.” ripeto a bassa voce.
“Già.” Julia mi guarda di sfuggita “Qualche problema?”
Sospiro.
“No, certo che no.”
Non c’è alcun problema, se non il fatto che preferirei vederlo il meno possibile.
I rapporti di Heihachi con Lee non sono poi così migliori di quelli tra lui e Kazuya, mi chiedo perché mai gli abbia dato una cattedra nella sua scuola. Se Lee non fosse un mio insegnante non voglio per forza dire che la mia vita sarebbe migliore, ma probabilmente le cose a scuola sarebbero leggermente più semplici. E non mi farebbe schifo se qualcosa relativo alla mia vita fosse più semplice.
Giungiamo davanti all’ufficio, Julia bussa alla porta e io aspetto dietro a qualche passo di distanza.
Spero che sia indaffarato e che si limiti a registrare le nostre iscrizioni e nient'altro. Niente stranezze, niente discorsi imbarazzanti, niente di niente. Per favore.
Si sente la voce di Lee dall’interno dell’ufficio che ci invita ad entrare.
Julia apre la porta, entra e improvvisamente lancia un urlo di terrore.
Fa un piccolo balzo verso di me e per poco non mi finisce su un piede.
“Ma che succede?” mi sporgo verso la porta con confusione e sussulto per la sorpresa.
Un robot dalle proporzioni umane che, con una fluidità di movimenti incredibile, è intento a spazzare il pavimento all’interno dell’ufficio.
Si muove esattamente come un essere umano e a primo impatto fa effettivamente un po’ impressione.
Capisco la reazione iniziale di Julia, anche se una volta superato il momento di confusione, c’è da ammettere che è qualcosa di assolutamente fantastico! La fluidità dei movimenti è incredibile, quasi da fantascienza! Credo che potrei stare a guardarlo per ore! È una figata incredibile! Mi sento quasi come se mi fossi ritrovato di colpo nel mondo di Star Wars!
Lee è seduto dietro l’enorme schermo di un computer sul lato destro della scrivania.
“Prego, entrate.” dice ridacchiando.
Presumo sia divertito dalla reazione di Julia.
Richiudo la porta alle mie spalle senza riuscire a smettere di ammirare quella meraviglia.
Julia lo osserva con diffidenza, camminando a debita distanza. Ha ancora un’espressione un po’ sconvolta. Credo che non si sia ancora ripresa del tutto dallo spavento.
Io invece faccio qualche passo verso il robot per osservarlo meglio. L’androide si volta verso di me e sembra mettermi a fuoco con quei bottoni rossi che gli fanno da occhi.
“Vi presento Combot.” dice Lee continuando a digitare qualcosa al computer “Il mio ultimo giocattolo.”
E così questo è il suo nome.
È stupendo! Un fottuto capolavoro.
“È in grado di elaborare più di 10^9 comandi e risolvere altrettanti problemi complessi. Ma è anche un ottimo dispositivo per le pulizie e un eccellente spaventa-marmocchi.” continua Lee sogghignando.
Dandosi la spinta con i piedi, fa scorrere la sedia da ufficio all’indietro fermandosi più o meno al centro della scrivania.
“Spaventa-marmocchi?” ripete Julia vagamente infastidita mentre prende posto davanti a lui.
“Non ti sarai mica offesa, Chang!”
“Certo che no!” ribatte lei borbottando “Ma niente toglie il fatto che sia qualcosa di incredibilmente inquietante.”
Lee appoggia i gomiti sulla scrivania e si spinge in avanti incrociando le dita davanti alla faccia.
“Inquietante tu dici?” chiede a Julia rivolgendole un sorriso crudele.
“Io lo trovo inquietante.” ripete lei abbassando lo sguardo.
“E per quale motivo?” chiede Lee con un tocco d’arroganza.
Julia non risponde, alza le spalle con fare vago.
“Avanti, sono curioso di sentire la tua opinione.” insiste lui “Perché tu e Combot non potete andare d’accordo?”
Julia apre la bocca per parlare, poi esita e sembra cambiare idea.
“Possiamo cambiare discorso?” chiede.
“No, Chang.” insiste Lee facendosi più o meno serio “Non prima di aver sentito la tua opinione.”
Vado a prendere posto nella sedia vicino a quella di Julia. Di tanto in tanto mi volto per tenere d’occhio Combot.
“A Jin sembra essere piaciuto.” commenta Lee richiamando la mia attenzione.
Mi volto verso di lui e mi rendo conto in quel momento di non essere riuscito a trattenere un piccolo sorriso d’approvazione per tutto il tempo.
Cerco di tornare serio. Non voglio dargli la soddisfazione di avermi impressionato.

“Non mi piacciono questo genere di cose.” risponde finalmente Julia “E…”
Si blocca ancora e scuote leggermente la testa come per scacciare un’idea.
“E…?” ripete Lee.
“Beh…” Julia si gira ad osservare il robot.
Prende coraggio, inspira a fondo e si decide a continuare il discorso.
“Credo che in un periodo di crisi economica ed ecologica come quello in cui ci troviamo, l’ultima cosa di cui l’umanità ha bisogno è di dividere i propri impieghi con dei robot.” spiega con un tono un po’ critico.
Si appoggia allo schienale della sedia e affronta con un punta d’orgoglio lo sguardo di Lee.
Lui, d’altra parte, scoppia a ridere qualche secondo dopo. Una risata cattiva, derisoria.
“E così fai parte di quella scuola di pensiero!” osserva scuotendo la testa e guardandola con aria di sufficienza “Screditi i progressi della tecnologia in certe direzioni perché li consideri non necessari, vero?”
“Non ho detto questo.” risponde Julia scuotendo la testa.
“Fammi indovinare, sei una di quelle persone che passano il tempo a fare questo genere di propagande di ritorno alla natura servendosi di blog e forum su internet, non è così?”
“Ma che c’entra questo con…” prova a dire Julia contrariata.
Lee punta un dito contro Combot.
“Tanto per fare un esempio, grazie a sistemi come questo, è stato possibile fare completare una moltitudine di complicate missioni spaziali che hanno aperto le strade per importantissime scoperte scientifiche.” spiega tagliente “O preferisci parlare dell’applicazione di queste tecnologie nel campo dell’ingegneria biomedica?”
Julia inarca le sopracciglia infastidita dalla sua arroganza.
“Io non ho criticato niente di tutto questo!” si lamenta “Ho detto solo che mi fa impressione vedere un robot che fa le pulizie!”
Ascolto lo scambio di battute in silenzio e devo ammettere che è una scena abbastanza interessante.
Lee mostra un nuovo sorriso cattivo, poi appoggia allo schienale incrociando le braccia sul petto.
“Le persone come te, Chang, sono le stesse che demonizzavano il treno dopo la rivoluzione industriale un secolo e mezzo fa.” continua con aria di sufficienza “Fosse per voi staremo ancora a muoverci in calesse.”
Julia alza gli occhi al soffitto, poi mi guarda come per cercare supporto.
Mi dispiace per lei, ma non ho la minima intenzione di prendere parte a questa conversazione.
“Comunque, come mai siete qui?” chiede poco più tardi Lee cambiando finalmente discorso.
Lancio un’occhiata a Julia. È stata lei a decidere di partecipare a questa gara, è giusto che sia lei a parlare.
“Volevamo partecipare alla gara di matematica.”
“Ma tu guarda!” esclama Lee sogghigando “La matematica! La base di tutto lo sviluppo tecnologico!”
L’ho detto e lo ripeto, Lee Chaolan sa essere un vero stronzo quando vuole.
E dato che non riesco a trattenere una mezza risata, lo sono anche io.
Mi dispiace per Julia, ma ben le sta! Così forse finalmente smetterà, quando mi capiterà di lamentarmi ancora di Lee, di difenderlo sempre e comunque per partito preso!
“Io non ho mai detto niente contro lo sviluppo tecnologico!” commenta infastidia.
“Lo so, Chang. Sto scherzando.” dice con un tono poco convincente “È meglio finirla qui, non vorrei che ti mettessi a piangere.”
Lo guarda spalancando la bocca per l'umiliazione.
“Dunque, sì… la gara di matematica.” riflette Lee a voce alta togliendo fuori una cartella dal cassetto.
La apre, tira fuori un foglio e ce lo porge.
“Compilate questo modulo con i vostri nomi e i vostri dati. Potete iscrivervi come singoli o come team, il team può avere al massimo quattro persone, il resto delle regole le trovate sul sito internet, andatevele a leggere da soli.” dice tutto d'un fiato come se fosse una frase standard.
“Beh, siamo solo noi due. Possiamo compilarlo anche subito, così sistemiamo tutto oggi.” propongo.
Non ho intenzione di tornare in quello studio una seconda volta, e ho l’impressione che a questo punto anche Julia sia dello stesso avviso.
“Prego.” dice Lee porgendoci una penna dall'aspetto costoso.
La prendo e inizio a scrivere i miei dati. Non è neanche passato un minuto quando qualcuno bussa alla porta.
“Avanti!”
La porta si apre e mi volto un momento per vedere entrare un ragazzo biondo che non conosco. Torno a concentrarmi sul foglio quando Lee parla di nuovo.
“Oh, Fox! Hai finito di scrivere l’articolo?”
Ho sentito bene? Fox? Steve Fox?
Smetto di scrivere e mi volto di nuovo da quel ragazzo, poi guardo Julia. È impallidita improvvisamente e lo osserva senza battere le palpebre.
Dev’essere lui. Non credo che a scuola ci siano altre persone con quel cognome.
E così finalmente il numero uno della scuola ha un volto.
“Finito e revisionato.” risponde Fox avvicinandosi alla scrivania.
Porge una busta di plastica trasparente contenente dei fogli stampati a Lee.
“Le ho portato una copia per avere un suo parere.”
Lee prende la busta ed estrae il fascicolo.
“Vedo che siete impegnati, posso passare in un altro momento.” dice poi Fox notando la presenza mia e di Julia.
“No no, rimani pure.” fa Lee con un mezzo sorriso “Non vi conoscete?”
“No.” dice lui.
“No.” confermo io.
“Jin Kazama, Julia Chang, Steve Fox.” dice Lee presentandoci reciprocamente.
“Piacere.” rispondiamo sia io che Fox. Julia mormora qualcosa di indecifrabile.
È sconvolta. La persona che le ha soffiato il titolo di migliore della scuola, rovinandole l’umore per tutto l’anno, si trova a pochi passi da lei.
“Ragazzi, avete davanti a voi il primo studente di questa scuola che ha avuto il privilegio di scrivere un saggio per una rivista scientifica americana.”
“Non è così terribile come sembra, giuro.” scherza Fox “È solo che si tratta di un argomento che mi interessa in modo particolare e ho avuto la fortuna di vincere il posto.”
Un articolo per una rivista americana! Addirittura? E lui sembra pure minimizzare come se fosse una cosa da poco? Ok, se non è stato il punteggio degli esami, sarà sicuramente questo a dare il colpo di grazia a Julia.
Lei è come in trance. Non spiccica parola ed è bianca come un cencio.
Mi volto di nuovo a guardare Fox che scambia qualche battuta in tono amichevole con Lee.
È strano, di solito non sono un tipo che si lascia influenzare dagli stereotipi, ma mi sarei immaginato il primo della scuola come una persona completamente diversa. Sembra un ragazzo in gamba, sicuro di sé, carismatico e con delle buone capacità sociali.
Beh, per lo meno sembrano migliori di quelle mie e di Julia.
Torno a concentrarmi sul modulo e aggiungo gli ultimi miei dati. Passo il foglio a Julia e ho bisogno di darle una piccola gomitata per risvegliarla dal suo stato di confusione mentale.
Prende il foglio e inizia a compilarlo il più velocemente possibile, come se non vedesse l’ora di poter lasciare quello studio.
“Poco fa parlavo con la signorina Chang riguardo ai contro del progresso tecnologico.” butta poi Lee più o meno per caso.
Steve ridacchia e guarda in direzione di Julia.
“Davvero?”
Lei smette immediatamente di scrivere e solleva rigidamente il capo.

“Sai Chang, per combinazione quello di cui discutevamo era proprio l’argomento su cui Steve ha concentrato il saggio di cui si parlava poco fa.” spiega Lee con un ghigno crudele.
“Allora?” le domanda Fox in tono gentile “Che opinioni hai a riguardo?”
Il volto di Julia cambia di nuovo colore, dal bianco passa improvvisamente al fuxia, poi di nuovo al bianco. Il cambiamento è così repentino ed evidente che inizio a preoccuparmi che possa svenire da un momento all’altro.
"Non ti piaceranno temo." sogghigna Lee "Prima stava facendo dei discorsi un po' da hippie dei nostri tempi."  
“Non è... vero io…” balbetta lei rivolgendo a Lee uno sguardo colmo d’odio, senza riuscire a finire la frase.
Ok, è abbastanza. Forse è davvero arrivato il momento di intervenire in suo soccorso.
“Dovremo tornare a lezione.” dico alzandomi in piedi “Non è il caso di iniziare ora un discorso così complesso.”
Julia mi guarda con occhi pieni di gratitudine e si alza a fianco a me.
Fox da un’occhiata all’orologio.
“Oh! Hai ragione.” commenta “Non mi ero accorto che fosse già così tardi, devo tornare a lezione anche io.”
“Beh, avrete sicuramente occasione di parlarne meglio alla gara di matematica allora.” continua Lee continuando a guardare Julia con quel ghigno antipatico “Dato che parteciperete tutti e tre.”
Fox sorride.
“Davvero? Ci sarete anche voi? Ci si vede lì allora.” dice prima di lasciare lo studio “Buona giornata!”
Io e Lee ricambiamo il saluto, Julia mormora qualcosa di incomprensibile.
È la prima volta che la vedo così a disagio con qualcuno. L’hanno proprio annientata, poveraccia.
“Allora, avete scritto tutto?” chiede Lee cercando di sbirciare nel modulo di iscrizione che Julia ha ancora tra le mani “Avete scritto anche i numeri di matricola? Non ho voglia di andarmeli a cercare io per voi.”
Invece di porgerglielo, Julia lo trattiene verso di sè.
“Lo consegno tra qualche giorno.” dice con mia grande sorpresa.
La guardo stupito.
Cosa ha in mente? Perché non consegna subito?
Ha davvero intenzione di tornare in questo studio un altro giorno quando potrebbe non farlo?
Una cosa è certa, io non la accompagno più. Se lo può scordare!
“Come preferisci.” dice Lee “C’è tempo fino a lunedì prossimo.”
Julia annuisce.
“Arrivederci.” borbotta e scappa via dallo studio.
Mi metto le mani in tasca e la seguo verso l'uscita dello studio. Do un’ultima occhiata a Combot, che ha iniziato a pulire gli scaffali di una libreria contro la parete.
Ho già detto che è fantastico?
Usciamo dallo studio e richiudo la porta dietro di noi.

“Perché non gli hai dato il foglio?”
“Perché dobbiamo convincere Kamiya a partecipare!” risponde evitando il mio sguardo “Non possiamo battere Fox da soli!”
Detto questo si volta e se ne va via furente di rabbia.
La seguo con lo sguardo mentre si si allontana lungo il corridoio. È talmente arrabbiata che mi aspetto di vedere il pavimento prendere fuoco ad ogni suo passo.
Non ho intenzione di seguirla, di consolarla o altro. Mi farò come sempre gli affari miei. Deve accettare l’idea di poter non essere la migliore in tutto quello che fa, ma soprattutto deve finalmente ammettere che quando mi lamentavo del comportamento di Lee non stavo affatto esagerando!
Sto per andarmene anche io quando noto la persona seduta in una panchina poco distante.
“Asuka?”
Che cosa ci fa lei qui?
Asuka alza la testa e mi guarda. È strana, è insolitamente seria e sembra quasi… preoccupata? Avrà preso un brutto voto?
No, impossibile. Asuka non ha mai dato troppo peso a queste cose.
Mi guarda con aria confusa.
“Jin?”
“Che ci fai qui?” la interrogo.
Mi guarda perplessa a bocca aperta, poi si alza in piedi di colpo. Guarda l’orologio, poi si morde un labbro e prende la borsa mettendosela in spalla.
“Ehm, niente… ho preso un’insufficienza con Lee e pensavo di chiedergli un compito di recupero.” farfuglia nervosamente prendendo dei libri che aveva appoggiato sulla panchina “Ma si è fatto tardi, devo tornare a lezione.”
Dato i suoi movimenti frenetici, un libro le scivola dalle mani e finisce a terra.
“Oops.” dice forzando una risata.
C’è qualcosa di strano. Il suo comportamento non mi convince per niente. Credo ci sia qualcosa che sta evitando di dirmi.
Che si sia di nuovo messa a litigare con qualcuno?
“Asuka.” la richiamo mentre se ne sta per andare.
“Hmm?” si volta guardandomi come se niente fosse.
“Tutto bene?”
Annuisce.
“Ceeeerto!” ridacchia roteando gli occhi “Un’insufficienza non è mica la fine del mondo! O almeno non lo è per noi gente con la testa a posto!”
Mi rivolge un sorrisetto provocatorio, tornando più simile alla Asuka che conosco.
“Sì, come no.” borbotto.
Lei continua a ridacchiare e se ne va.
Era ovviamente una bugia, ma sono affari suoi. Che si arrangi!
Mi sono mostrato anche fin troppo interessato.


Accosto l’auto al marciapiede, tiro il freno a mano, imposto la marcia e spengo il motore.
Mi volto da mia madre, seduta a fianco a me, che è rimasta in silenzio fin troppo a lungo.
“Qual è il problema?” chiedo preparandomi al peggio.
Ho appena finito una guida di circa un’ora e ho come la sensazione che ciò che sto per sentire non mi piacerà.
“Non lo so Jin, ti vedo troppo impulsivo. Sei troppo frettoloso… nervoso…”
“Senti, so che lo dico spesso” la interrompo “ma ho avuto una giornata particolarmente stressante a scuola e sì, potrei essere nervoso, ma…”
“No, non è solo quello!” riprende mia madre “È che non hai pazienza e…” sospira e mi rivolge quello sguardo di quando sta per dire qualcosa che potrei non gradire “…tuo padre ha ragione quando dice che sei poco incline ad ascoltare i consigli.”
Inorridisco.
La guardo a bocca aperta.
Poco incline ad ascoltare i consigli?
È questo che dice Kazuya?!
Sollevo le mani e le lascio ricadere sul volante.
Questa sì che è bella!
Mi lascio sfuggire una risatina amara mentre scuoto la testa e faccio per aprire lo sportello.
“Aspetta.” mi blocca mia madre guardandomi negli occhi “Non prenderla male. Non abbiamo finito di parlar…”
“Si sta facendo tardi.” la interrompo facendo un cenno con la testa alla palestra alla nostra sinistra “E con tutto il rispetto, per te almeno, non ho intenzione di sentire cos’altro pensa Kazuya.”
“Jin, non fare così.”
“L’unica volta che quello stronzo ha provato ad insegnarmi qualcosa, mi ha lasciato a piedi in mezzo al traffico!” le ricordo alzando la voce “Non credo si possa permettere di lamentarsi delle mie carenze come allievo, dato che senza ombra di dubbio lui è un terribile insegnante!”
Apro lo sportello e scendo dall’auto prendendo lo zaino dal sedile posteriore.
Anche mia madre scende e fa il giro dell'auto.
Sta per dire qualcos’altro, ma l’anticipo io.
“L’esame è vicino. Si vedrà allora cosa so o cosa non so fare.” mi metto lo zaino su una spalla e mi volto per iniziare a percorrere la stradina che dà al complesso della Mishima Zaibatsu “A dopo.”
“A dopo.” sento rispondere lei con un sospiro.
Bene, spero che ora si senta in colpa.
Mi dispiace per lei, ma non può pretende di parlarmi di ciò che Kazuya pensa di me e credere che io non abbia niente da ribadire.
Mi fermo, mi volto e la guardo mentre rientra in macchina e si prepara ad andar via.
Non volevo che ci rimanesse male, ma non doveva tirare in causa Kazuya, punto. D’altronde che ne sa lui di me? Come si permette di giudicarmi?
Ha iniziato a piovere, tiro su il cappuccio della felpa e accelero il passo.
Arrivo all’entrata della palestra, apro la porta e mi incammino lungo il corridoio principale. Incrocio due o tre membri della squadra di tirapiedi di Heihachi che chiacchierano davanti ad un distributore automatico, li saluto con un rapido cenno del capo e continuo ad andare per la mia strada.
Mi alleno in questa palestra fin da quando ero un bambino.
Nonostante non ci siamo mai piaciuti reciprocamente, ho imparato a combattere sotto la guida di quell’uomo terribile che è mio nonno Heihachi.
I miei genitori non hanno mai avuto abbastanza tempo per allenarmi e per Heihachi dover sopportare la mia presenza durante le lezioni era comunque un peso minore della vergogna di un nipote che non sa combattere. Mi ha insegnato lo stile di karate che la nostra assurda famiglia si tramanda di generazione in generazione.
Fortunatamente, dopo diversi anni di addestramento, ho iniziato ad allenarmi per conto mio, così da non dover più sopportare gli insulti e le continue cattiverie di quel pazzo che mi ritrovo come nonno.
È così che le ore di allenamento hanno iniziato ad essere davvero piacevoli.
Adoro allenarmi, è il momento migliore della giornata. Posso finalmente dimenticarmi per qualche ora dei miei problemi e sfogare tutta la negatività delle mie assurde giornate.
Arrivo alla fine del corridoio e sto per aprire la porta quando mi rendo conto che la luce dentro la saletta in cui mi alleno di solito è accesa.
La palestra della Mishima Zaibatsu ha diverse sale in cui è possibile allenarsi. La maggior parte di queste vengono usate dagli scagnozzi di Heihachi, ma in genere nessuno usa mai la saletta in fondo al corridoio del pian terreno. L’ambiente è piuttosto piccolo rispetto a quello delle altre sale. È sempre vuota, per questo mi ci alleno io.
Ci manca solo questo, persino Heihachi aveva detto che potevo usare quella sala senza quegli idioti dei suoi sottoposti in mezzo alle palle!
Apro appena la porta per sbirciare all’interno e riconoscere la persona che fa esercizi di stretching a terra.
È vero! Alisa mi aveva avvisato che oggi sarebbe venuta.
Xiaoyu si volta e mi guarda per un momento, poi torna a stirarsi i muscoli.
“Eccoti finalmente.” dice “Iniziavo a pensare che non venissi più.”
Entro e richiudo la porta dietro di me.
“Come mai sei qui?” domando aggrottando le sopracciglia mentre vado ad appoggiare la mia roba su una panca.
Si alza e si volta.
Non ci vediamo da quello strano giorno del parco dei divertimenti.
Che abbia cambiato idea e le sia tornata voglia di ricattarmi?
Mi irrigidisco pensando a quella possibilità.
“Si avvicinano le selezioni per le nazionali.” spiega evasiva “Ed è passato un sacco di tempo da l’ultima volta che mi sono allenata con qualcuno.”
Solo questo? Veramente?
Anche Asuka deve partecipare a quelle stesse gare, ma dato che è convinta di essere una forza della natura, non è minimamente preoccupata.
“Ah.” rispondo confuso “Sei preoccupata per le gare quindi?”
Inclina la testa su un lato e distoglie lo sguardo.
“Forse.”
C’è qualcosa di strano, ma non riesco a capire cosa. Sembra decisamente più seria del solito, come se fosse davvero preoccupata per qualche ragione. Ho l’impressione che mi stia sfuggendo qualcosa.
“Ok.” rispondo un po’ incerto.
La raggiungo al centro della sala per cominciare il riscaldamento e lei rimane inspiegabilmente silenziosa per tutto il tempo.
Ormai ne sono certo, c’è senz’altro qualcosa di strano.
È insolitamente seria ed evita il mio sguardo per la maggior parte del tempo, ma è il suo insolito silenzio a preoccuparmi in modo particolare! 
Che sia davvero di nuovo arrabbiata con me?
Ma perché? Si è forse diffusa qualche altra voce a scuola? 
“Iniziamo?” mi chiede risvegliandomi da questi pensieri.
Annuisco un po’ diffidente e ci mettiamo in posizione di guardia.
Qualsiasi cosa sia, qualsiasi cosa succeda, mi inventerò un modo per risolvere la situazione. Come sempre.
Ci muoviamo in silenzio, in una fluida combinazione di attacchi e contrattacchi. Lei è esattamente come me la ricordavo, veloce, precisa e decisamente snodata. Ma c'è qualcosa di strano anche nel suo modo di combattere oggi. Mi attacca con un impeto e un'aggressività insolita, tanto che non sembra neanche un allenamento!
Di certo non sembra essere una persona insicura riguardo alle sue capacità. Che cosa le sta passando veramente per la testa?
Ce l’ha con me, me lo sento. Mi odia e sta elaborando un piano diabolico per rovinarmi la vita.
Sì, dev'essere così! Devo fare molta attenzione e cercare di prevedere le sue mosse future. 

“A cosa stai pensando?” mi chiede più tardi durante una pausa.
Ci siamo affrontati per circa un’ora ed è stato sicuramente uno degli allenamenti più intensi che abbiamo mai fatto insieme. Siamo in silenzio, seduti ai lati estremi di una panca, mentre riprendiamo fiato.
“Come?”
“Mi stavi fissando.” mi fa notare un po’ imbronciata.
Accidenti, non me n’ero accorto.
Distolgo lo sguardo a terra e bevo un sorso d’acqua.
“Mi chiedevo come mai hai così tanta paura di queste selezioni.” rispondo camuffando.
Mi guarda di sbieco.
“Ti sembra così strano?”
Torno a scrutarla dubbioso.
“Sì.”
Scrolla le spalle e mi guarda confusa.
“E perché dovrebbe essere così strano?”
“Come fa la stessa persona che ha battuto da sola una squadra di sicurezza della Mishima Zaibtatsu ad avere paura di una stupida selezione sportiva?”
La mia domanda la coglie di sorpresa e mi guarda imbambolata per qualche istante.
“Cosa c’entra adesso questo?” bofonchia in imbarazzo dopo un po’ “Sono due cose completamente diverse.”
“Non ne hai mai parlato.” osservo cogliendo anche l’occasione di capirne di più su qualcosa che mi ha sempre incuriosito “Non ho mai capito come sia andata di preciso, ma immagino che ci voglia un bel coraggio per fare qualcosa di così azzardato!”
“Come mai oggi sei in vena di chiacchiere?” dice inarcando le sopracciglia “Ti senti bene?”
“Non sono in vena di chiacchiere.” rispondo un po’ accigliato “Dico solo che mi sembra strano che tu abbia paura per queste gare. Ed è strana anche quella tua storia con la squadra della Zaibatsu.”
Come strano è il suo comportamento di oggi.
“Sì, infatti. Quella è una storia un po' strana e complicata e non so se mi va di parlartene.” risponde borbottando.
Alzo le spalle cercando di apparire distaccato.
“Come vuoi.”
Non che mi interessi così tanto alla fine! Che sia chiaro!
“Allora? Riprendiamo?” chiede alzandosi e rimettendosi in guardia.
La guardo dubbioso.
“Ancora?” chiedo “Direi che per oggi abbiamo fatto abbastanza.”
“Andiamo, non ti sarai già stancato!” commenta lei forzando un risolino.
“No, ma ora ho intenzione di fare degli esercizi per conto mio.” spiego.
“Per favore.” insiste lei provando a chiedermelo in tono gentile.
Aggrotto le sopracciglia.
“Ok, diamoci un taglio.” la scruto interrogativo “Perché non mi dici che cosa hai in testa realmente?”
“Cosa?”
“Mi hai capito benissimo.” rispondo “Che cosa ti prende?”
Distoglie lo sguardo e rimane a riflettere un po’ in difficoltà.
“Voglio soltanto allenarmi.” ripete poco dopo tornando a guardarmi cautamente “Davvero, non capisco perché non mi vuoi credere.”
“Ok, allora! Penso che la tua preparazione sia più che sufficiente per quelle selezioni.” rispondo alzandomi “Non credo di poterti essere d’aiuto ulteriormente, quindi ora continuo per conto mio. Buon proseguimento!”
“Non hai neanche combattuto seriamente!” mi rinfaccia un po’ contrariata.
“Certo che no!” rispondo come se fosse più che ovvio “Era un allenamento!”
“Perfetto, ho capito.” risponde lei indispettita “Vuol dire che proverò a chiedere a qualche ragazzo della squadra della Zaibatsu.”
“Cosa?” chiedo incerto di aver capito bene.
Alza gli occhi al soffitto.
“Niente.” mormora “Come non detto.”
Inizia a ritirare le sue cose, decisa probabilmente ad andarsene.
“Non hai paura di quelle stupide selezioni, non sei venuta ad allenarti con me per quello!” asserisco avvicinandomi lentamente “Che cosa stai nascondendo?”
Non mi risponde.
Mi lancia un’occhiataccia, prende la sua roba e mi passa a fianco, puntando in direzione della porta.
Lo realizzo in quel momento. Non è arrabbiata, è preoccupata.
“Aspetta!” la fermo prendendole un polso.
Mi guarda infastidita.
“Cosa vuoi ancora?”
“Non ti sei messa in qualche casino, vero?”
Lei si divincola e mi costringe a mollare la presa.
Rimaniamo a guardarci negli occhi in silenzio per diverso tempo.
“Hanno… hanno rapito Panda.” dice infine.
“Cosa?” chiedo strabuzzando gli occhi.
“E io ho intenzione di andarmela a riprendere.” aggiunge piena di sicurezza.
“Sei seria?” chiedo incredulo.
Mi guarda senza rispondere, ma è il suo viso a parlare. È serissima.
Hanno rapito il panda.
Di certo non era assolutamente il tipo di casino che mi immaginavo.
“Ricordi quando ho picchiato Ishikawa e sono finita in punizione con te?” chiede “Ricordi che tu mi avevi suggerito che avrebbe potuto farmela pagare? Beh, complimenti! Avevi ragione.”
“Aspetta un attimo.” la fermo “Hanno rapito il tuo panda. Come si fa a rapire… un panda?!”
Xiaoyu alza le spalle.
“Non ne ho idea!” risponde “Si sarà fatta corrompere con il bambù! Ho cercato in mille modi di insegnarle a non accettare cibo dagli sconosciuti, ma non c’è verso! Ogni volta che vede del bambù non c’è modo di farla ragionare!”
Ignoro l’assurdità della situazione e decido di ignorare anche il fatto che stia parlando del panda quasi come se fosse un essere umano e vado avanti con le mie domande.
“Ma… sei proprio sicura che ci siano loro di mezzo?”
Annuisce.
“Non vedo Panda da ieri sera e stamattina ho trovato un biglietto nell’armadietto.” risponde “In pratica sono stata invitata a presentarmi domani sera a casa di Ishikawa a porgere le mie scuse.”
“A porgere le tue scuse.” ripeto senza intonazione.
“Così hanno scritto.” commenta con una smorfia sarcastica.
“Ma non puoi andare.” ragiono a voce alta “Quella è gentaglia! Non sai cosa possono avere intenzione di fare!”
“Non farmi ridere!” mi interrompe guardandomi con una mezza smorfia “Andrò eccome!”
“Ma potrebbe essere una trappola per attirarti e farti del…”
“Kazama, piantala! Non ho paura di quei quattro deficienti.” risponde con convinzione “Come dicevi anche tu, ho battuto un’intera squadra della Mishima Zaibatsu. Non mi faccio di certo intimidire da un gruppo di bulletti delle superiori.”
“Sì, ma intanto sei venuta a chiedermi di allenarmi con te!” ribatto “Vuol dire che un minimo di paura, o buon senso, ce l’hai.”
“Non ho paura.” borbotta “Volevo solo essere prudente ed essere preparata.”
Alzo gli occhi al soffitto e sospiro.
“In ogni caso non penso che si spingano così in fondo da provare a farmi effettivamente del male.” riprende poco dopo “Sono soltanto dei mocciosi con i capelli tinti che giocano a fare i duri!”
Scuoto la testa.
“Non dovresti andare.” ripeto con convinzione “Perché non ti rivolgi alla polizia?”
“Non ho intenzione di coinvolgere la polizia in questa storia.” risponde decisa “Non vorrei che possano nascere problemi riguardo alla permanenza di Panda con me.”
Sospiro ancora.
“Andrò avanti e risolverò questa faccenda da me.” dichiara con sicurezza “Non c’è bisogno di coinvolgere nessun altro.”
Detto questo riprende a muoversi verso la porta.
“Davvero non ti rendi conto di quanto possa essere pericoloso?” chiedo seguendola.
Si ferma e si volta di nuovo d me guardandomi con aria triste.
“Stiamo parlando di Panda.” risponde “Non posso abbandonarla.”
Abbassa lo sguardo a terra.
Sospiro di nuovo.
È inutile, sapevo che sarebbe finita così.
Per quanto vorrei una vita tranquilla e per quanto cerchi di stare fuori dai casini, in qualche modo gli altri finiscono sempre per coinvolgermi nei loro problemi.
“E va bene, ti accompagno.” dico piano.
So che forse me ne pentirò. So che non è da me mettermi in mezzo a queste cose. Ma che dovrei fare? Se poi a questa succede qualcosa come farò a non sentirmi in colpa per non averla aiutata?

Lei sgrana gli occhi.
“Cosa?”
“Ho un senso civile anche io, per quanto a tutti voi possa sembrare strano!” asserisco “Non posso starmene così con le mani in mano sapendo che ti stai mettendo in pericolo in questo modo.”
“Ma non ce n’è bisogno!” esclama lei quasi offesa.
“Non posso lasciarti andare da sola.” rispondo “Tu sei matta!”
“Che c’è? Non credi sia in grado di cavarmela senza il tuo aiuto?!” mi accusa.
La guardo per un po’ senza sapere cosa rispondere.
“Lo sapevo, sei un bugiardo!” parlotta a voce bassa “Avevi detto che ero più che pronta per le selezioni.”
“Uno stupido evento sportivo non è paragonabile ad una specie di spedizione punitiva! Te ne rendi conto?” protesto.
Continua a guardarmi con il broncio.
“Perché vuoi aiutarmi?”
Perché mi sto immaginando l’articolo di giornale che non vorrei mai leggere il giorno dopo. 
“Perché questo si chiama essere una persona decente.” rispondo acido “E poi perché… quel povero panda non c’entra niente in tutto questo. Non è giusto che debba pagare perché tu non sai tenerti fuori dai guai.”
Xiaoyu mi guarda in silenzio per qualche secondo, poi improvvisamente rilassa l’espressione e sorride.
“Che c’è adesso?” chiedo accigliato.
“D’accordo. Se vuoi, puoi venire.” dice tornando a muoversi verso la porta.
Si ferma poco prima di uscire.
“Sia chiaro, non ho bisogno del tuo aiuto, ma in effetti in due potrebbe diventare più divertente.”



 






 

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Capitolo 12
*** Guess Who's Back (Jun) ***


12
Guess Who's Back

(Jun)

 

“La festa è andata bene, tutti hanno passato una serata piacevole e l’affare è andato a buon fine.” racconto immergendo il cucchiaino nel mio tè “Persino Kazuya sembrava più rilassato del solito.”
Michelle annuisce seduta sulla poltrona davanti alla mia.
“Anna ha portato i suoi famosi dolcetti al cioccolato e peperoncino.” aggiungo parlando a denti stretti “Sono stati un successo e lei non ha fatto altro che vantarsi per tutta la serata.”
Michelle sogghigna.
“Non la sopporti proprio, eh?”
Sollevo le spalle.
“Non fraintendermi, io non avrei niente contro di lei. È solo che non mi piace il suo comportamento, troppo da…”
Mi fermo. Non voglio essere troppo offensiva, devo cercare un modo carino per dirlo.
“La conosci anche tu, Michelle!” mi arrendo poco dopo con uno sbuffo “Hai capito cosa intendo. Non mi piace come si atteggia.”
Michelle ridacchia e annuisce.
“Avresti dovuto vedere che razza di vestito aveva indosso.” continuo alzando lo sguardo al soffitto “Metà degli ospiti la stavano mangiando con gli occhi e ovviamente a lei la cosa sembrava far piacere.”
Mi porto la tazzina alle labbra e sorseggio un po’ di tè.
È ottimo e caldo al punto giusto.
“A proposito di vestiti!” mi ricordo improvvisamente “Non so davvero come ringraziarti.”
Indico con un piccolo cenno del capo la busta della lavanderia che ho appoggiato accanto a me sul divano.
“Il tuo vestito mi ha salvato la serata.”
“Figurati.” risponde lei.
Beve un po’ del suo tè, poi appoggia la tazza sul tavolino da caffè.
“Piuttosto…” dice cambiando espressione.
Incrocia le mani sulle ginocchia e mi guarda seria.
“Ricordi quella cosa di cui abbiamo parlato quella sera poco prima che uscissi?”
“Riguardo a Lars? Il mio assistente?” chiedo ridacchiando fra me e me “Certo, mi ricordo bene.”
Michelle mi guarda con espressione grave.
“Jun, credo che tu non capisca la serietà della cosa.”
“Ne abbiamo già parlato abbastanza.” dico appoggiando anche la mia tazza sul tavolino “Lars è un bravissimo ragazzo ed è un ottimo professionista. Non ho intenzione di licenziarlo solo perché tu, con tutto il rispetto che ho per te, hai avuto una delle tue…” mi avvicino e parlo sottovoce “... impressioni.”
“Ma non capisci!” protesta la mia amica “Non sono delle semplici impressioni, sono delle rivelazioni!”
“Giusto, rivelazioni! È così che le definisci.” annuisco.
“Jun, la mia famiglia ha questa sorta di rivelazioni da centinaia di anni, è un dono che si trasmette di generazione in generazione. Per quanto ti possa sembrare incredibile, io so di cosa sto parlando.”
Non è la prima volta che Michelle tenta di convincermi con una di queste storie, ma l’esito della discussione è sempre lo stesso.
“Sì, mi hai parlato mille volte degli spiriti e tutto il resto, e io stessa mi ritengo una persona dalla veduta piuttosto aperta riguardo a questo tipo di argomenti, ma... ” sospiro guardandola con aria poco convinta “Michelle, io ti voglio bene e non voglio mancarti di rispetto, né a te, né alle credenze della tua cultura. Ma ti prego di rispondermi in tutta onestà, quante volte hai avuto queste rivelazioni e quante volte ci hai azzeccato?”
Michelle evita il mio sguardo.
Mi dispiace, non vorrei averla ferita, ma meglio essere onesti.
“D’accordo, ma stavolta era diverso.” dice seria dopo qualche istante di silenzio.
“Diverso.” ripeto “Per quale motivo?”
Michelle sospira nervosamente.
“Di solito sono vaghe percezioni, difficili da interpretare. Ammetto di aver frainteso più di una cosa in passato, ma… non appena ho toccato la mano di quell’uomo io… non ne avevo mai avuta una così forte e chiara! Quel Lars nasconde qualcosa, ne sono certa!”
Una folata di vento dalla finestra fa risuonare i numerosi caccia-spiriti indiani appesi in diverse parti della stanza.
Un tempismo ironicamente perfetto. Quasi da brividi!
“Michelle, apprezzo molto che ti preoccupi per me e per la mia famiglia.” dico poco dopo “Ma… non ho alcun motivo di credere che Lars mi stia nascondendo qualcosa, o che tanto meno possa costituire una minaccia per la mia famiglia.”
“D’accordo, non ti dico di licenziarlo ma…”
“Certo che no!” ribatto con un sorriso “Io adoro quel ragazzo!”
“Ma ti prego, tieni gli occhi aperti!” conclude Michelle sembrando realmente preoccupata “Solo un’altra volta ho avuto una sensazione così chiara e decisa ed è stato quando…”
Michelle si blocca e si mordicchia il labbro inferiore.
“Quando?” la invito a continuare.
“Beh, quando ho incontrato Heihachi Mishima per la prima volta.” sussurra.
Inspiro a fondo, poi annuisco.
“Ho capito. Va bene, ti prometto che farò attenzione.”
“Jun, è pur sempre uno sconosciuto che ti sei portata in casa.” mi fa notare Michelle “Cosa sai del suo passato?”
“Sto già prestando la dovuta attenzione, non preoccuparti.” rispondo forzando un sorriso.
Non voglio affrontare questo argomento con lei, spero non insista ulteriormente.
Si apre la porta di casa e entra Julia. Ci saluta riservatamente e si dilegua quasi subito su per le scale, ma non posso fare a meno di notare una strana espressione sul suo volto. Sembrava sul punto di scoppiare a piangere.
“Tutto bene con Julia?” chiedo a Michelle cogliendo la palla al balzo per cambiare discorso “È un po’ che non la vedo alle riunioni del circolo.”
“Sta studiando molto, come sempre, ed è troppo stressata.” risponde la mia amica con un po’ di rassegnazione “E ora che c’è di mezzo questa storia di quella specie di gioco della matematica ancora di più.”
“Gioco della matematica?” chiedo curiosa.
“Sì, è una cosa di scuola a cui sta partecipando assieme a Jin!” mi informa “Non te l’ha detto?”
Scuoto la testa con fare rassegnato.
“Non che mi ricordi.” ammetto “Ma ultimamente parliamo solo per discutere.”
Sospiro e abbasso lo sguardo.
“Non ricordo l’ultima volta in cui ci siamo fatti una chiacchierata normale.” riprendo a bassa voce “Sarà questo esame di guida a renderlo così nervoso?”
“Jun, con tutto il rispetto, tuo figlio è nervoso da quando è nato.” osserva Michelle con una piccola smorfia.
Come darle torto! L’esame di guida non c’entra una mazza e lo so benissimo anche io.
Forzo un altro sorriso.
Prendo di nuovo la tazzina e bevo l’ultimo sorso di tè, poi controllo l’orologio.
“Si è fatto tardi. Devo andare a comprare qualcosa per cena.” commento alzandomi in piedi e afferrando la borsa “Ti ringrazio ancora per il vestito, per il tè e per la compagnia.”
“È stato un piacere.”
Michelle mi accompagna all’ingresso in silenzio.
“Quindi mi prometti che farai attenzione con quel Lars?” mi chiede mentre mi infilo le scarpe.
Mi volto verso di lei e cerco di rivolgerle uno sguardo rassicurante.
“Farò attenzione.” rispondo annuendo “Ci vediamo, Michelle.”

 

Rientro a casa con le buste della spesa e avverto subito la solita situazione di tensione.
Sospiro esausta.
In salotto trovo i ragazzi, Lars e Alisa compresi. Jin e Asuka come al solito dibattono. L’argomento di oggi, mi pare di capire, riguarda quello che stanno guardando in televisione.
Saluto tutti velocemente e mi dileguo in cucina a sistemare la spesa.
Lars mi segue chiedendomi se ho bisogno di una mano.
È un ragazzo così educato e premuroso, nessuno sospetterebbe mai che possa nascondere qualcosa.
“Spero che quei due non ti stiano annoiando troppo con i soliti battibecchi.” borbotto riferendomi a Jin e Asuka.
“Finché discutono fra di loro senza tirarmi in ballo, non mi crea alcun problema.” risponde con un sorriso.
Infilo lo sformato di patate e zucchine del supermarket nel microonde e mi accorgo che anche Jin è entrato in cucina.
“Posso ehm… dare una mano?” chiede timidamente.
Mi volto a studiarlo con attenzione.
Lo conosco fin troppo bene, c’è qualcosa che lo turba.
Ha una strana espressione, come se fosse assorto in qualche strano pensiero. Che gli succede? Si sarà cacciato in qualche guaio?
Sì, certamente deve dirmi qualcosa di grosso. Dubito che voglia soltanto scusarsi per come mi ha risposto qualche ora fa quando l’ho portato a fare la guida.
Un brivido freddo mi corre lungo la schiena. Cosa sarà mai?
“Tutto bene?” gli chiedo preoccupata.
“Sì.” risponde lui con una scrollata di spalle.
Guardo Lars, lui capisce la mia perplessità e decide di lasciare la stanza.
“Volevi dirmi qualcosa?” domando allora a mio figlio.
Lui alza ancora le spalle.
“In effetti c’è qualcosa che vorrei chiederti.” confessa “È più che altro una curiosità.”
“Dimmi pure.” lo invito a parlare.
“Mi chiedevo… beh… certi tipi di animali selvaggi non si potrebbero tenere come animali da compagnia no? Però… qualcuno li tiene comunque e…”
Aggrotto le sopracciglia.
Oh mio dio! Che animale ha deciso di portarsi a casa?
Spero che non sia un serpente! O una tarantola!
Amo tutti gli animali, ma fai che non sia una tarantola, ti prego!
“Dove vuoi arrivare scusa?” chiedo impaziente.
“Intendo dire… prendi Kuma, ad esempio!” continua quel discorso molto vago “Ci sono i permessi per tenerlo oppure no? E se la polizia dovesse decidere di fare qualcosa a riguardo?”
Nessun serpente dunque?
Bene, forse la sua era davvero solo una curiosità. Una curiosità decisamente strana comunque.
Rifletto velocemente sul contenuto della sua domanda.
“Beh, se sei un cittadino normale non è così semplice ottenere il permesso di poter tenere un animale di quel tipo in casa!” rispondo “Poi c’è tuo nonno, che dubito che abbia fatto le cose in regola, ma lui fa comunque tutto quello che vuole.”
Faccio una smorfia e sbuffo.
“Per quanto la cosa sia squallida, è talmente potente che non credo la polizia oserebbe mettergli i bastoni fra le ruote per qualcosa di così stupido.”
Faccio una pausa e sospiro.
“Te lo dico per esperienza, non è facile arrestare un Mishima per qualcosa del genere!” riprendo poi “In effetti, tanti anni fa, quando ancora non avevo lo studio e lavoravo per conto della protezione animali, avevamo scoperto un traffico illecito di animali ed ero stata incaricata di…”
Mi fermo. È una storia lunga e forse non è davvero il caso di raccontarla.
Jin mi guarda in silenzio, ascoltando con attenzione.
“Ma come mai me lo hai chiesto?” domando cambiando discorso all’improvviso.
Lui alza le spalle e sta per rispondere qualcosa, quando anche Asuka entra in cucina.
Jin la fulmina con lo sguardo.
“Che diavolo vuoi tu?”
“Volevo solo parlare cinque minuti con mia zia!” risponde acida.
“Ragazzi per favore, non cominciate.” li avverto.
“Beh, come vedi sta già parlando con me.” le fa notare Jin.
Ci manca solo che adesso si mettano a litigare per la mia attenzione.
Per quanto assurda però, devo ammettere che la cosa un po’ mi lusinga.
“Zia Jun, sei ancora in contatto con quel tuo amico poliziotto?” mi chiede Asuka ignorando completamente il cugino.
Mi fermo e la studio sollevando un sopracciglio.
“Quel Lei Wulong?” continua Asuka timidamente.
“Cosa è successo stavolta?” le chiedo con tono serio.
Si stringe nelle spalle.
“Niente, era per un’amica.” mormora guardando altrove “Non per me.”
“Sì, lo immaginavo!” rispondo scocciata “Asuka, non posso chiedergli di chiudere un occhio ogni volta che la tua amica Mami decide di rubare qualcosa dai grandi magazzini. Credevo che avesse superato questa fase! Ha ripreso a rubare? Beh, non è una cosa che ti riguarda, Asuka. La cleptomania è un problema serio e i suoi genitori dovrebbero finalmente decidersi a fare qualcosa!”
“Ma che razza di gente frequenti?” chiede Jin aggrottando le sopracciglia.
Asuka gli risponde con un’occhiata gelida.
Suonano al campanello.
“Vado io!” dice Asuka con una smorfia.
Guardo l’orologio a muro. È tardi, chi sarà mai a quest’ora?
Che Kazuya abbia perso le chiavi di casa?
No, non è da lui.
Sia Jin che io ci affacciamo nel corridoio che dà al soggiorno e osserviamo Asuka che guarda con sgomento lo schermino del videocitofono.
Si volta verso di noi con aria agghiacciata.
“È tornato.” ci dice sottovoce “Il vecchio è tornato dagli Stati Uniti.”
Dei del cielo! No, non anche questo!
“Non aprire! Non aprire!” la intima Jin con voce strozzata.
Asuka lo guarda, poi si volta da me.
“Che faccio?” mi chiede incerta.
“Ti prego!” mormora Jin al mio fianco “Non dobbiamo farlo entrare per forza.”
Sospiro.
Mi piacerebbe potergli dare ragione, ma conosco Heihachi fin troppo bene. Se non gli aprissimo oggi si presenterebbe anche domani, dopodomani e il giorno dopo ancora.
Dopodiché inizierebbe con i dispetti e si renderebbe più fastidioso che mai, solo per il gusto di farcela pagare.
Quest’uomo è pazzo quanto diabolico e purtroppo le periodiche riunioni familiari sono un impegno dal quale non è così semplice scappare.
“Se siamo fortunati sarà stanco e se ne vorrà andare presto.” rispondo con un filo di voce.
“Mamma!” protesta Jin.
“Apri.” dico ad Asuka con rassegnazione.
Asuka annuisce con una smorfia e apre la porta.
“Ciao Heihachi.” lo saluta scostandosi per lasciarlo passare.
“Ciao bastardi!” saluta lui entrando con una fragorosa risata “Vi sono mancato?”
Nessuno ovviamente risponde.
Si guarda intorno e nota subito la presenza di Lars e Alisa.
“Ci sono delle facce nuove, a quanto vedo.” commenta “Chi sono questi due?”
“Salve Heihachi.” mi avvicino cercando di parlare in tono educato “Ti presento Lars, lavora al mio centro e sta vivendo da noi. È arrivato qui dalla Svezia. Lars, ti presento Heihachi Mishima, il padre di Kazuya.”
Noto che Lars lo sta osservando con uno stranissimo sguardo, come se di colpo si fosse pietrificato.
Ammetto che Heihachi può fare un po’ questo effetto agli sconosciuti, soprattutto visto che la sua fama, o infamia che sia, è arrivata praticamente ovunque nel mondo.
Heihachi invece sembra sognante perso in chissà quale dei suoi pensieri.
“La Svezia, eh?” chiede con un sorrisetto “Paese stupendo. Un po’ freddo magari, ma ottimo alcool e bellissime donne.”
Scoppia ancora a ridere, mentre Lars sembra impallidire.
Non posso credere che l’abbia detto davvero.
Sospiro sconsolata e chiedo scusa a Lars comunicando con il labiale.
“Questa è Alisa!” riprendo poi le presentazioni “Alisa è una ragazza russa che vive con noi da qualche tempo.”
Credo sia il caso di evitare di dare altre informazioni su di lei. Non vorrei si lasciasse andare a commenti inopportuni anche sulla sua insolita vita.
Heihachi si lascia cadere rovinosamente sul divano.
“E così finalmente vi siete presi una domestica!” commenta ridacchiando “Finalmente il capo della G Corp può permettersi la servitù in casa!”
Mi sento gelare.
“Ma no! Che cosa hai capito?!” intervengo subito per cercare di chiarire la situazione.
Noto che Jin mi rivolge uno sguardo alla te l’avevo detto.
“Ma almeno ce l’ha il visto regolare?” continua “O è una clandestina?”
“Heihachi!” lo rimprovero “Alisa non è la nostra domestica! È la figlia di Bosconovitch, studia nella tua scuola e lavora part-time da me!”
Il vecchio mi ascolta e poi ride ancora.
Quella sua schifosa, odiosissima risata.
“E così è la figlia di Bosconovitch.” ragiona sogghignando “Molto interessante." Per un istante credo di notare uno strano lampo malvagio negli occhi di quel vecchiaccio, ma poi torna all'espressione odiosa abituale. "Per un momento vi stavo sopravvalutando!" riprende tornando a beffarsi di noi "Non scherziamo, è già troppo se potete permettervi qualcuno che vi poti le piante del giardino!”
Mi impongo di non rispondergli. Stringo forte i pugni, fino a sentire le unghie che premono contro i miei palmi e inspiro a fondo.
Lui ride da solo un’altra volta, poi si volta da Jin.
“Come ci si sente, ragazzino?” gli chiede “Me lo sono sempre domandato.”
“Come ci si sente per cosa?” risponde Jin acidissimo.
“Come ti fa sentire che i tuoi genitori continuano ad adottare gente perché vorrebbero capire cosa significa avere un figlio normale?”
Jin alza gli occhi al soffitto e ovviamente Heihachi scoppia ancora a ridere.
“Heihachi!” lo riprendo con un ringhio.
“Andiamo Jun! So benissimo che è così, perché dopotutto è quello che ho provato a fare anche io.” mi risponde “A proposito, dove è Kazuya? Non è ancora tornato?”
Pur di non sentirlo vado a rifugiarmi in cucina. Appoggio le mani sui bordi del lavello e guardo il mio riflesso sul vetro della finestra, il riflesso di un volto esausto.
Anni e anni di combattimento non mi hanno preparato anche a questo. Sono stanca di dover lottare ogni santo giorno per mantenere un briciolo di ordine e normalità dentro questa improbabile famiglia.
Sento il rumore della porta di casa che si apre. Kazuya è finalmente tornato a casa.
Ascolto il fugace scambio di insulti e battute con suo padre e poi entra in cucina anche lui.
Mi volto da Kazuya, ci scambiamo uno sguardo serio.
“A quanto pare tuo padre ha deciso di tornare con qualche mese d’anticipo.” sussurro.
“Già.” risponde lui con un sibilo.
Si prepara un bicchiere d’acqua, poi si siede a tavola fissando un punto indefinito della parete davanti a sé.
Prendo posto in una sedia a fianco a lui.
“Perché è tornato così presto? Dici che è un caso o ha in mente qualcosa?” chiedo seria.
“Non lo so.” risponde Kazuya parlando piano “Ma non possiamo escluderlo.”
Restiamo in silenzio per qualche secondo ad ascoltare gli insulti di Jin e la risata di Heihachi che rimbomba nel soggiorno.
“Dovremmo trovare il modo di avvelenargli il saké e farlo passare per incidente.” scherzo con una smorfia ironica.
Kazuya sogghigna e chiude la mano sulla mia, sopra al tavolo.
“Adoro sentirti pianificare l’omicidio di mio padre.”

 

Avverando la peggiore delle prospettive, il vecchiaccio si è autoinvitato a cena.
È una serata tremenda. Faccio scorrere lo sguardo attorno al tavolo e noto che abbiamo tutti la stessa espressione di fastidio e sofferenza.
Lars poi sembra essere particolarmente strano. È più pallido del solito e non ha toccato cibo.
“Lars, tutto bene?” chiedo ad un certo punto mentre Heihachi è intento a parlare delle sue avventure durante il soggiorno a Las Vegas.
“Non è niente.” risponde vago senza guardarmi “È solo un po’ di mal di stomaco.”
Avrà mangiato qualcosa di strano a pranzo?
Guardo lo sformato nel vassoio al centro della tavola. Sarà quello?
Per lo meno stavolta non può essere colpa della mia cucina sperimentale, dato che l’ho comprato già pronto al supermercato.
“Avrai preso freddo?” interviene Asuka “Fino a poco fa stava diluviando e c’era un freddo cane in giro.”
“Se vuoi posso dare uno sguardo all’armadietto delle medicine.”
“No, grazie.” risponde lui nervosamente “Non è necessario.”
Nessuno sta più fingendo di essere interessato al racconto di Heihachi, così si ferma di parlare e segue il nostro breve discorso.
“Ah! Questi europei hanno lo stomaco così delicato.” commenta dopo “Una volta ne ho visto uno sputare il suo stesso intestino per aver mangiato del cibo tailandese.”
Jin e Asuka storcono il naso, Kazuya ha uno sguardo impassibile e Alisa studia Heihachi attentamente come se fosse uno strano animale.
Poverina, probabilmente è la prima volta che incontra una persona squallida come lui. Deve essere terribilmente confusa da un tipo così.
“Come vanno gli affari alla G Corp?” cambia poi discorso Heihachi rivolgendosi a Kazuya “A giudicare dai cibi precotti direi che vivete ancora in uno stato di semi povertà.”
“Gli affari vanno alla grande.” risponde Kazuya gelido.
Solo ogni tanto solleva gli occhi sul padre e giuro che, se gli sguardi potessero uccidere, Heihachi stasera non uscirebbe in piedi da casa nostra.
“Alla grande eh? Anche a me le cose vanno meravigliosamente.” commenta Heihachi sogghignando “In America ho fatto affari d’oro. Certo, poi c’è sempre quel piccolo problema nel campo della robotica… quella dannata Violet System sta rovinando il mercato.”
Poi cambia espressione e ci guarda con aria soddisfatta.
“Intanto gli ho reclamato i diritti su dei brevetti riguardo ad alcune tecnologie e ho vinto la causa. Si divertiranno a sborsare qualche milione.”
Scoppia ancora una volta in una fragorosa risata per poi riprendere a vantarsi dei suoi affari per un bel po’. “Vi state continuando ad allenare voi due?” chiede poi a Jin e Asuka cambiando improvvisamente discorso “Tra poco ci saranno le nazionali. Come vanno le selezioni?”
“Le maschili erano il mese scorso.” risponde Asuka, poi fa un cenno verso Jin “È passato. Le femminili sono tra poco.”
“Ottimo.” annuisce Heihachi soddisfatto “Ricordate di tenere alto l’onore della famiglia, sempre.”
Jin sospira e appoggia le bacchette accanto al suo piatto, con fare annoiatissimo.
“Tutto a posto?” gli chiedo bisbigliando notando che anche lui ha mangiato poco e niente.
“Non ho fame.” risponde seccato.
“E questi due combattono?” chiede Heihachi indicando Lars e Alisa “Perché se non sanno combattere è meglio che si muovano ad imparare. Non si può dormire sotto un tetto Mishima, se non si sa picchiare.”
Poi fa una pausa e guarda me e Kazuya.
“Potete adottare chi volete, di qualsiasi colore e nazionalità vogliate, non mi importa.” dice con tono solenne “Ma devono saper fare a botte.”
Poi scoppia a ridere ancora.
Mi chiedo come faccia a non strozzarsi con il cibo a furia di ridere così tanto!
“Per l’ultima volta, non li abbiamo adottati.” sospiro annoiatissima.
Mi guarda con aria beffarda, sembra divertito dalla mia reazione.
Incredibile quanto quest’uomo sappia essere fastidioso!
“Ricordo come se fosse ieri quando ho deciso di portare Lee a casa.” riprende a parlare poco dopo “Sembrava un ragazzo promettente, con un’ottima tecnica. È un vero peccato che si sia rivelato una vera e propria delusione riguardo a tutto il resto.”
Poi si fa serio.
“Proprio come il resto della famiglia biologica.” osserva con un vago disprezzo.
Ecco, ci risiamo.
“Non ho intenzione di parlare di Kazuya, ma tu, ragazzo…” si ferma a guardare Jin “... mi preoccupi! Sei un vero complessato!”
Jin lascia cadere le posate affianco al piatto e affronta lo sguardo del nonno con odio.
Asuka cerca di trattenere una risata e per poco non si soffoca con un boccone.
Jin se ne accorge e lancia un’occhiataccia gelida alla cugina.
“Ti fa tanto ridere?” le chiede sgarbatissimo.
Asuka tossisce e beve un sorso d’acqua cercando di tornare alla normalità. Poi alza lo sguardo sul cugino.
“Sì, mi ha fatto ridere.” risponde con una smorfia sarcastica  “Da quando sei diventato così suscettibile?”
“Sei proprio una povera scema.” commenta Jin sprezzante “Solo tu puoi avere un senso dell’umorismo così infimo da ridere alle sue battute.”
“Hey! Bada a come parli marmocchio!” protesta Heihachi offeso irrigidendosi sulla sedia e puntando un dito contro di lui “Cosa vuoi capirne tu, che il senso dell’umorismo non lo hai mai avuto?!”
Alzo gli occhi al soffitto e mi porto una mano sulla fronte.
Prevedo un’imminente catastrofe.
Asuka sembra particolarmente turbata dal commento di Jin nei suoi confronti.
“Perché non ti calmi un po’?” gli chiede “Mi ha fatto ridere, ma questo non vuol dire che sia d’accordo.”
“Perché ne ho veramente abbastanza della tua risatina idiota!” sbotta Jin acidissimo “Per te è sempre così! Ti diverti un sacco a vedermi al centro dell’attenzione sotto il giudizio di tutti, vero? Perché invece non pensi agli affari tuoi ogni tanto? Come ad esempio che ti sei messa a picchiare un’altra ragazza fuori da scuola?”
Asuka spalanca la bocca incredula e io mi volto a guardarla sconcertata.
“Che cosa?” sgrano gli occhi.
“Senti senti!” ridacchia Heihachi allisciandosi i baffi.
“Ti sei infilata in una rissa?! Di nuovo? Asuka, ne avevamo già parlato o no?” esplodo “Stai fuori dai guai, per l’amor del cielo! Vuoi forse metterti nei casini un’altra volta?!”
Asuka mi guarda in difficoltà, poi si volta da Jin piena di rabbia.
“Te la sei cercata.” dice lui con un sorrisetto cattivo.
“Jin ha ancora la moto!” esclama Asuka a voce alta.
Cala il silenzio nella sala, rotto soltanto dal rumore del cucchiaio con cui Kazuya si sta tranquillamente servendo una porzione di insalata di pomodori.
Jin impallidisce di colpo e si volta da me privo di espressione.
“Che… che cosa?” chiedo sentendomi la testa leggera.
“Sì!” risponde Asuka guardando il cugino con aria di sfida “Non se n’è mai liberato al contrario di quello che vi ha fatto credere.”
Jin si alza in piedi guardando Asuka con odio.
“Te la sei cercata.” sussurra Asuka tra i denti ripetendo la sua frase.
Jin si volta da me.
“È vero?” chiedo con un fino di voce.
Lui abbassa lo sguardo, stringe nervosamente i pugni, poi torna a guardarmi.
“Sì, è vero.”
Mi copro il viso tra le mani.
Non sta succedendo davvero. Non sta succedendo davvero. Adesso mi sveglierò.
La risata di Heihachi rimbomba per tutta la sala.
Questo è uno dei miei incubi peggiori.
“È meglio di un drama coreano!” esclama il vecchio disgustoso battendo le mani.
“Non l’hai… non l’hai mai venduta come mi avevi fatto credere.” ripeto le parole di Asuka.
Sono sconvolta.
Mi sento tradita, ferita e devastata.
“L’ho venduta, ma l’ho ricomprata praticamente subito.” confessa.
Respiro profondamente e cerco di mantenere la calma.
“Jin, perché? Perché mi hai ingannata così?” chiedo senza riuscire a mascherare la rabbia.
Jin si stringe nelle spalle.
“Vuoi la verità?” chiede sogghignando “Perché adoro quella dannatissima moto e non avevo affatto intenzione di darla via così!”
“Non era una decisione che spettava a te.” ringhio.
“Sì, invece!” esplode Jin “E faresti bene a fartene una ragione, perché non ho intenzione di rinunciarci!”
Heihachi continua a ridere come un ossesso ad ogni scambio di battuta.
Il rumore della sua risata non fa che innervosirmi ulteriormente.
“Oh, sì invece che ci rinuncerai!” lo minaccio “E dopo questo i tuoi problemi non si limiteranno a quello, credimi!”
Jin sgrana gli occhi e mi fulmina con lo sguardo.
“Non mi porterai via la moto.” asserisce con arroganza.
“Sei ancora minorenne.” gli ricordo con un sorrisetto cattivo “Per un altro anno la decisione spetta a me.”
Per un momento leggo la disperazione nei suoi occhi.
“MAMMA ADESSO PIANTALA!” sbraita perdendo la calma “Non ti rendi conto che mi stai rovinando la vita con le tue stupide paranoie?!”
Non riesco a credere alla mie orecchie. La sua scontrosità è tale che persino Kazuya lo guarda arcigno.
“Adesso calmati.” lo ammonisce con un sussurro minaccioso.
Mi viene quasi da piangere.
“Sono molto delusa.” ammetto parlando a bassa voce “Evidentemente non posso fidarmi di te come pensavo, non riesco a credere che me l’abbia tenuto nascosto per tutto questo tempo. Sembra che tu abbia dimenticato tutto ciò che ti ho insegnato in questi anni.”
Jin evita il mio sguardo. Trema di rabbia.
“Comunque la mia posizione rimane irremovibile.” concludo irremovibile “E puoi anche scordarti l’autorizzazione per andare a studiare all’estero.”
Non risponde. Mi guarda con rabbia per qualche secondo, poi si concentra su Asuka.
Persino lei è talmente sgomentata da non riuscire a sostenere il suo sguardo.
Jin inspira a fondo e lascia la stanza senza dire niente.
Si instaura un silenzio imbarazzante rotto solo dallo sghignazzare di Heihachi.
Lo sentiamo salire su per le scale, poi andare verso la sua stanza. A quel punto si sente un forte rumore, come se avesse sbattuto qualcosa con forza e infine il boato della porta che si chiude con impeto.
Osservo il suo piatto praticamente lasciato intatto.
“Posso andare anch’io?” mi chiede timidamente Asuka.
Annuisco serissima.
“Comunque non pensare di averla passata liscia.” le sussurro “Domani riprendo il discorso anche con te.”
Fa un cenno d’assenso con la testa e si alza.
“Chiedo scusa, io andrei a stendermi un po’ in camera.” dice Lars che è sempre più pallido “Con permesso.”
“Certo, Lars.” farfuglio “Scusa per l’ennesima scenata. Fammi sapere se hai bisogno di una pastiglia o qualcos’altro per il mal di stomaco.”
Alisa si guarda intorno in imbarazzo.
“Sì, puoi andare anche tu.” la anticipo.
Rimaniamo io, Kazuya e Heihachi. Il vecchio riprende a mangiare ridacchiando tra sé e sé.
“Mi era mancato partecipare ad una delle vostre cene!” commenta il vecchiaccio riempendosi il bicchiere “Mi ero quasi dimenticato di quanto potessero diventare interessanti!”

 

“Ha rotto la porta di camera sua con un pugno.” commento incredula più tardi stendendomi sul letto.
Ho ancora l’immagine chiara davanti agli occhi. Quella crepa sul legno proprio al centro dell’anta superiore.
Abbiamo trovato questa sorpresa qualche minuto fa, passando nel corridoio davanti alla stanza di Jin.
Mi chiedevo in effetti cosa fosse stato quel rumore sordo che si era sentito fino al piano inferiore, ma mai avrei pensato a qualcosa del genere.
Non ho avuto neanche la voglia di aprire la porta per chiedergli spiegazioni. Non dopo la serata di oggi.
Di giornate difficili e di bisticci tremendi questa case ne ha visti a volontà, ma quella di stasera potrebbe tranquillamente vincere il premio come peggiore discussione a tavola di sempre.
Tutta colpa di quell’anatema ambulante di Heihachi.
“Mi rifiuto di sborsare un solo yen per fargliela sostituire.” borbotta Kazuya al mio fianco “Se vuole aggiustarsela se la dovrà pagare di tasca sua.”
“Non si era mai comportato così.” mormoro ancora incredula.
Mi accomodo dentro alle coperte e rifletto sconsolata osservando il cerchio di luce della lampada che illumina il soffitto.
“Non riesco a credere che mi abbia preso in giro per così tanto tempo con la storia di quella moto.” continuo a mezza voce “Ora so di non potermi fidare di lui come pensavo e nel mentre lui mi starà odiando a morte. Come faremo a superare questo?”
“Forse te la stai prendendo troppo.” sussurra Kazuya.
Mi metto a sedere e lo guardo a bocca aperta.
“Me la sto prendendo troppo?!” gli chiedo incredula “Stai scherzando, spero!”
Mi rivolge un’occhiata fugace, poi si volta dall’altra parte per evitare di guardarmi.
Tipico di Kazuya quando non si sente del tutto a suo agio.
Sta veramente prendendo le parti di suo figlio?
Quale strano allineamento di astri c’è oggi?
“Forse dovresti lasciargli più spazio.” riprende a bassa voce.
“Lasciargli più spazio?” ripeto alterata “E permettergli di tenere quella dannata moto?!”
“Perché no?” mi risponde a tono, lasciandomi a bocca aperta.
Si volta giusto il tanto per potermi guardare da oltre la spalla.
“Non è poi così più pericoloso di altre cose.” sussurra “Ed è comunque una sua scelta. Non puoi pretendere di controllargli la vita per sempre, è abbastanza grande da poter prendere le sue decisioni da solo.”
Rimango in silenzio ad ascoltare, ancora con la bocca spalancata per la sorpresa.
“Sarebbe anche ora che ti abitui all’idea, ho l’impressione che si leverà dalle scatole non appena gli sarà possibile.”
Scuoto la testa e torno a infilarmi tra le coperte.
“Non riesco a credere che tu gli stia dando ragione.” borbotto.
“Non gli sto dando ragione.” risponde infastidito “Ma devi lasciargli fare le sue scelte. Tanto le farà comunque, ma almeno non ti odierà.”
Si volta a guardarmi di sbieco.
“Non è il caso che odi anche te.”
Rifletto in silenzio per alcuni secondi.
Viene fuori che in tutta questa situazione sono io ad essere in torto! Sono io che sono la solita madre troppo apprensiva e paranoica che soffoca il figlio, tanto da farlo uscire fuori di testa e fargli sfondare un’anta della porta di camera sua con un pugno.
Sì, il mondo si sta completamente ribaltando.
“Dannazione Kazuya, questo da te non me lo aspettavo.” mi lamento spegnendo la lampada sul comodino.






 

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Capitolo 13
*** Rendez-vous at the Flaming Dragon (Jin) ***


13
Rendez-vous at the Flaming Dragon

(Jin)


Concludo infine ribadendo che conoscere una nuova cultura è un’occasione per vedere il mondo da un nuovo punto di vista, aprire gli orizzonti, arricchirsi. Farei tesoro di una simile esperienza che potrà contribuire a farmi crescere sia come individuo, che come cittadino membro produttivo di una società che si proietta verso il futuro.

Era con questa frase che si concludeva quella stupida pagliacciata della mia lettera motivazionale per la richiesta della borsa di studio per studiare all’estero. Paradossalmente, nonostante odi con tutto me stesso scrivere questo genere di cose, che il più delle volte sono soltanto stronzate e luoghi comuni l’uno dopo l’altro, credevo di aver fatto pure un lavoro anche decente. 
Peccato che dopo la scenata di ieri sera le mie possibilità di poter partire si siano praticamente annullate e adesso questa lettera mi è utile come carta straccia.
Osservo la mia mano destra. Ho le nocche un po’ sbucciate per aver tirato quel pugno contro la porta ieri sera. Sono abituato a fare a pugni, ma di solito non lo faccio senza guanti e soprattutto non contro travi di legno. 
Chiudo e riapro la mano, sentendo un po’ di dolore per la pelle che tira. 
Faccio una piccola smorfia, più per il disappunto che per il dolore. Mi sento un vero idiota. Non so cosa mi sia preso. Non è da me perdere le staffe e prendermela contro il primo oggetto che mi capita sotto tiro. È una cosa da malato mentale, imbarazzante e totalmente insensata. 
Sospiro e scuoto lievemente la testa come per allontanare il ricordo di ieri. Sto facendo del mio meglio per non pensarci e per mantenere la calma, almeno finché sono a scuola, ma è veramente una sfida difficile.
Torno a guardare la lettera sul mio banco. 
Che cosa dovrei farne? Consegnarla lo stesso o darle fuoco direttamente?
Alla sola idea mi sento nervoso. Non è giusto! Non dopo tutto quello che ho fatto per arrivare fino a questo punto!
Sospiro di nuovo e cerco di calmarmi. Non devo perdere la calma, non è la fine.
Potrei comunque andarmene di casa, ci sono altri modi. 
Per esempio potrei raccogliere tutti i miei risparmi, salire in sella alla mia moto, andare al porto e comprare il biglietto per la tratta più lunga.
Mi calmo. Effettivamente questa potrebbe essere una soluzione. 
Certo, in questo modo non finirei gli studi, o per lo meno non subito, ma dopotutto non mi importa così tanto.
Potrei trovare comunque un lavoro. Un lavoro tranquillo, a contatto con la natura magari. Potrebbe essere un’interessante alternativa di vita, e soprattutto un’alternativa di vita che mi tenga lontano dalla mia maledetta famiglia.
“Hey Kazama!” Kamiya mi richiama alla realtà prendendo posto al banco a fianco al mio “Allora vuoi spiegarmi perché non puoi finire la tua parte per il progetto di storia nemmeno stasera?” 
Deve aver letto il mio messaggio. Sembra particolarmente arrabbiato e non posso dire che non me lo aspettassi.
“Avremo già dovuto finire entro questa settimana!” continua a lamentarsi “Dobbiamo anche rivedere tutta la presentazione prima di consegnarla!”
“Hai perfettamente ragione.” lo interrompo “Ti assicuro che entro il fine settimana avrò finito la mia parte, ma oggi ho preso un altro impegno e non posso proprio.”
Purtroppo ancora prima di organizzare il mio progetto di fuga devo rispondere alle mie responsabilità, e ho ancora qualche problema di cui devo occuparmi, oltre ovviamente a finire la mia parte per il progetto di storia.
Mi scruta con la fronte corrugata.
“Che cosa vuol dire che proprio non puoi?!” insiste “È per colpa di quella gara di matematica con Julia, vero? Lasciatevelo dire, questa storia vi sta sfuggendo un tantino di mano, soprattutto a lei.”
Giusto, c’è pure quell’altro problema!
Non posso scappare di casa prima della gara di matematica. Julia sarebbe capace di attraversare mari e monti pur di trovarmi e uccidermi.
“Julia non c’entra niente.” taglio corto “Si tratta di altro.”
Rimane in silenzio per qualche secondo, guardandomi dubbioso.
“E… sarebbe un segreto o cosa?”
“Non sono affari tuoi.” rispondo in automatico.
So che probabilmente risulto insopportabile in questi momenti e so che un giorno o l’altro mi manderà definitivamente a quel paese, ma non posso certo dirgli la verità! Non posso dirgli che ho deciso di partecipare all’operazione di salvataggio di un panda che è stato rapito.
Esatto, perché come se non avessi già abbastanza problemi di mio, ho anche la brutta abitudine di lasciarmi coinvolgere in quelli degli altri.
Kamiya mi guarda furente di rabbia per qualche secondo, ma poi sceglie di ricercare la calma.
“Certo, è ovvio. Non sono affari miei.” borbotta, poi distoglie lo sguardo e inizia a prendere il quaderno per la lezione della prima ora “Non so che dirti però, Kazama. Spero di non dover arrivare a dovermi occupare io anche dei tuoi compiti.”
“Non dovrai fare niente in più del dovuto.” ripeto con decisione “Ti ho detto che finirò entro il fine settimana e così sarà!” 
“Me lo auguro!” continua con tono critico “Se avessi voluto fare il doppio del lavoro tanto valeva che scegliessi un altro compagno qualsiasi. Stai diventando parecchio inaffidabile ultimamente. Un tempo avresti messo lo studio sopra ogni altra cosa, forse a parte gli allenamenti.”
Sospiro a fondo.
Sto per rispondere qualcos’altro per cercare di tranquillizzarlo, che caschi pure il mondo,  finirò il mio lavoro entro il tempo stabilito, quando Lee entra in aula e richiude la porta alle sue spalle sbattendola di colpo.
“Buongiorno.” ci saluta con un tono decisamente più freddo del solito.
Lo guardo attentamente. C’è qualcosa di insolito in lui stamattina. È stranamente cupo in volto, non ha il suo caratteristico sorriso beffardo e la sua fronte è corrugata, si nota addirittura qualche rughetta attorno agli occhi. Oggi potrebbe quasi dimostrare la sua vera età. 
No, non è vero. Solo qualche anno in più del solito.
Che gli sarà successo?
Non è semplicemente di cattivo umore, è letteralmente su tutte le furie.
Guardo la mia lettera motivazionale sul banco.
Se anche decidessi di consegnarla, probabilmente non è il caso di dargliela in questo momento. Gliela lascerò nella cassetta dei messaggi fuori dal suo ufficio, così potrà vederla quando si sarà calmato.
“E comunque, cosa diamine è successo ieri nell’ufficio di Chaolan?” mi sussurra ancora Kamiya sempre con un tono un po’ seccato “Ho incrociato Julia poco fa e mi è sembrata ancora più su di giri dei giorni scorsi!”
“Non me ne parlare!” rispondo con una smorfia “Abbiamo finalmente incontrato Steve Fox e le cose sono andate piuttosto male.” 
“Perché?”
“Perché Fox è un fottuto genio.” rispondo schietto “E a Julia la cosa non va giù.”
“Bene ragazzi, fate silenzio per favore!” ci richiama all’attenzione Lee schioccando due dita “Ho dato uno sguardo ai vostri compiti e credo che abbiate ancora qualche dubbio su alcuni punti.” 
Cala il silenzio sulla classe. Una nuova strage di voti?
È per quello che è così di malumore?
No, a lui non potrebbe importare meno del nostro rendimento scolastico. Ciò che gli interessa è essenzialmente essere ammirato e ben pagato.
“Uno degli esercizi che avete sbagliato quasi tutti è quello sullo studio della traiettoria del razzo.” riprende a parlare.
“Sono sicuro di averlo fatto giusto.” dico a Kamiya con un sussurro nervoso “L’ho ricontrollato un sacco di volte! Se mi trova un errore anche stavolta io…”
In realtà non so cosa farei e lascio in sospeso la frase, ma la prenderei male, questo è certo.
Ma dopotutto chi se ne importa? Tanto ho deciso che questa vita non mi riguarda più. Probabilmente non prenderò più neanche il diploma.
“Il problema chiedeva di studiare la variazione della massa, dovuta alla progressiva combustione del carburante, e la deviazione della sua traiettoria.” riprende a spiegare Lee appoggiandosi ad un angolo della cattedra “Specialmente per quanto riguarda la parte sulla traiettoria avete fatto un casino terribile.”
Si alza dalla classe un coro di delusione e disappunto.
“Sono certo di non aver sbagliato la parte sulla traiettoria!” dico ancora a Kamiya.
Così, giusto per puntualizzarlo. Perché anche se non mi importa più del mio rendimento scolastico, io la fisica la capisco e ci tengo a farlo presente.
Lee alza le mani e ci intima di fare silenzio.
“Aspettate a disperarvi!” continua “È chiaro che abbiate bisogno di un po’ di rivedere ancora questo argomento e dato che sono il professore di fisica più figo di sempre” fa una pausa e ci rivolge un sorriso ammiccante “Ho deciso di preparare per voi una lezione speciale.”
Si alza, cammina verso le finestre e tira verso un lato le tende.
“Vi inviterei a munirvi di un quaderno per gli appunti e a prendere posto qui davanti alla finestra.” dice facendo scorrere un’anta “Lo spettacolo sta per cominciare.”
Ok, che diavolo ha in mente oggi questo esaurito?
Ci scambiamo tutti qualche occhiata perplessa e facciamo come ci dice, spostandoci in massa di fronte alle finestre.
Fuori dalla scuola, in mezzo al prato un bidello ha portato un carrello di metallo, tipo quelli dei supermercati, con dentro un marchingegno che in cima ha proprio quello che sembra un piccolo…
“Un razzo?!” chiede una mia compagna di classe a voce alta.
“Hai perfettamente ragione Hayashi!” risponde Lee guardando la scena sul prato con un sorriso pieno di soddisfazione “È un mini-razzo artigianale costruito appositamente dal sottoscritto per questa esercitazione. Le sue caratteristiche sono esattamente pari a un centesimo di quelle descritte nel vostro problema, quindi avete già a disposizione tutti i dati che vi servono.” 
Incredibile. È veramente incredibile.
“Diamo inizio all’esperimento allora!” batte le mani due volte fuori dalla finestra.
Il bidello risponde con un pollice sollevato e preme un grosso pulsante rosso sul marchingegno dentro al carrello, poi si allontana velocemente.
Il razzo inizia a tremare, si comincia a sentire un rumore di combustione e del fumo gli si solleva progressivamente intorno.
Richiamati da quell’insolito fracasso, anche altri studenti di altre classi sono corsi alle finestre per vedere cosa sta succedendo in giardino.
“Guardate bene adesso!” urla Lee per farsi sentire sopra il rumore dell’esperimento.
Il razzo decolla e inizia il suo tragitto in aria. Accade tutto molto velocemente e ancor più velocemente va a schiantarsi esattamente nella testa dell’enorme, orripilante statua dorata di Heihachi nel giardino della scuola.
Si alza un coro di risate, applausi, fischi ed esclamazioni di ogni tipo. La classe è in subbuglio totale. Ammetto che persino a me sia scappato un accenno di risata. Quella terribile statua ha avuto la fine migliore che avessi mai potuto immaginare!
“D’accordo, d’accordo!” ci richiama Lee invitandoci al silenzio qualche minuto più tardi “Tornate a posto.”
Lui sembra tranquillissimo, come se non fosse per niente sorpreso dal piccolo incidente, anzi sorride. O meglio, sembra che si stia sforzando di non scoppiare a ridere assieme a tutti gli altri. Il malumore di poco fa sembra totalmente svanito.
Riprendiamo i nostri posti e la confusione in classe si attenua appena da permettere a Lee di poter parlare.
“Che disdetta!” commenta con un tono che più falso non si può “Eppure ero convinto di aver calcolato tutto nei minimi dettagli!”
Si alza di nuovo qualche risata dalla classe.
“Adesso capite perché è importante che i calcoli siano precisi al cento per cento?” continua “Avete capito perché è di fondamentale importanza studiare la traiettoria con la maggiore precisione possibile?”
Ancora risate, ma lui non sembra affatto preoccupato e meno che mai dispiaciuto.
“Bene, se avete capito questo concetto posso ritenermi soddisfatto della lezione di oggi.” riprende Lee incrociando le braccia sul petto con uno sguardo soddisfatto “È stato… eccellente!”
“Non ha sbagliato!” sussurro a Kamiya “L’ha fatto apposta.” 
“Dici?” mi chiede. 
È ancora estasiato dell’epicità della scena che ha appena visto. 
Annuisco.
“Il razzo è andato esattamente dove lui voleva che andasse a finire!” asserisco “Non avrebbe mai sbagliato qualcosa di così semplice!” 
Ne sono più che convinto.
“Dici che è nei guai adesso?” chiede ancora Kamiya.
Mi stringo nelle spalle. 
È appena entrata la vice preside in aula che osserva Lee con occhi fuori dalle orbite. 
“Un piccolo errore di calcolo.” dice Lee con naturalezza rivolgendo alla donna un sorriso smagliante.


All’ora della pausa pranzo la notizia del razzo di Lee ha fatto il giro completo della scuola e per i corridoi non si sente parlare di altro. Decine e decine di studenti ancora elettrizzati parlano dell’esperimento, e soprattutto lo raccontano, imbastito di coloriti dettagli fantascientifici decisamente esagerati, a chi si è perso lo spettacolo in diretta. Qualcuno va direttamente in giardino a cercare di vedere più da vicino il luogo dell’incidente. 
Subito dopo l’accaduto sono stati tempestivamente chiamati i vigili del fuoco che hanno provveduto a recintare l’area sottostante la statua per ragioni di sicurezza. Quel che resta della testa d’oro del vecchiaccio infatti potrebbe a quanto pare cedere e cadere a terra.
Osservo la statua da uno dei finestroni del secondo piano con un ghigno malvagio stampato in faccia. È una goduria.
Bentornato a casa, vecchiaccio merdoso.
La cosa più bella e appagante in tutto questo è pensare a quanto questa storia turberà Heihachi. Ha una vera e propria malata ossessione narcisistica e so che teneva tantissimo a quella sua orribile scultura. Pagherei fino al mio ultimo centesimo per poter vedere la sua reazione alla notizia. 
Devo ammetterlo. Se Lee stava cercando, per qualche motivo, di far infuriare Heihachi, credo che ci sia riuscito in pieno. 
È stato davvero un ottimo regalo di bentornato.
Mi infilo le mani in tasca e mi dirigo verso le scale per scendere al piano di sotto.
Tra le altre cose, ovviamente si parla anche di ciò che potrà succedere a Lee dopo questo evento.
Quello di oggi è stato un esperimento non autorizzato, potenzialmente pericoloso, che ha infranto non so quanti protocolli di sicurezza della scuola e non solo.
Le conseguenze potrebbero essere svariate e più o meno gravi, dal semplice ammonimento, alla perdita della cattedra, fino ad arrivare a provvedimenti legali più seri.
Non so che cosa avesse in testa o cosa stesse pensando e neanche mi interessa se verrà licenziato, ma per quanto mi riguarda, dopo le azioni di oggi, ha guadagnato qualche punto in suo favore.
Arrivo al pian terreno e mi fermo davanti ad un distributore automatico per prendere una bottiglietta d’acqua. 
Ho appena infilato la moneta nella fessura della macchinetta, quando mi raggiunge da dietro una voce spiacevolmente familiare.
“Hey! Eccoti finalmente! Ti ho cercato dappertutto!” 
Peccato! Fino ad adesso la giornata era stata, non dico piacevole, ma quanto meno interessante.
C’era una pioggerellina piacevole, non c’era né troppo caldo né troppo freddo e un razzo artigianale si era appena conficcato nella testa della statua di Heihachi.
Sì, era una giornata decente, prima che Asuka decidesse di fare la sua comparsa.
Stringo i denti e ce la metto tutta per ignorarla, mentre digito il codice nel tastierino numerico del distributore automatico.
“Sei uscito all’alba stamattina, vero?” mi chiede “Avrei voluto parlarti.”
Non esiste. Devo convincermi che Asuka non esiste, non è qui e non mi sta parlando.
Se i miei sensi potessero avere un filtro anti-Asuka sono sicuro che la mia vita farebbe un po’ meno schifo.
“Senti, non so come dirtelo.” le trema un po’ la voce e sembra visibilmente imbarazzata “Mi dispiace un sacco per ieri, ok? Ci sto malissimo. Ne possiamo parlare per favore?”
Il braccio meccanico preleva la mia bottiglietta d’acqua e la fa cadere verso l’apertura inferiore, ma siccome l’universo mi odia, la bottiglietta rimbalza e si incastra tra il vetro e la struttura di dietro che mantiene le varie vivande.
Fantastico. 
Chiudo gli occhi e inspiro cercando di contare almeno fino a cinque.
Perché succede tutto a me? E soprattutto perché devo essere bloccato qui con Asuka che mi obbliga a dover sentire la sua irritante voce?
“Aspetta, ci penso io!” sento dire ad Asuka. 
Arrivo a cinque.
Espiro e riapro gli occhi.
Asuka si scaraventa contro la macchinetta riempendola di botte come se non ci fosse un domani.
“Asuka, ma che diamine fai?!” la rimprovero parlando a denti stretti. 
A volte sa essere incredibilmente imbarazzante.
“Non ti sembra di esagerare?” continuo “Ti stanno guardando tutti!” 
Asuka dà un ultimo pugno e convince la macchinetta a restituirmi la bottiglietta.
Lei si china a raccoglierla e me la porge con un grande sorriso, sistemandosi i capelli dietro le orecchie come se niente fosse.
Scuoto la testa e mi prendo la bottiglietta strappandogliela più o meno dalle mani.
È completamente fuori, siamo su due linee parallele che non si incontrano mai, non potremo mai intenderci. 
Faccio per allontanarmi e ovviamente lei mi viene appresso.
“Allora? Ne possiamo parlare?”
“Non c’è niente di cui dobbiamo parlare.” rispondo schietto.
Che non pensi di poter sistemare tutto solo perché ha messo a KO un distributore automatico al posto mio!
“Mi dispiace un sacco.” ripete abbassando la testa “Hai tutte le ragioni per avercela con me. Non avrei dovuto parlare della moto.”
Fa sempre così. Prima fa le stronzate, poi si pente, viene da me a chiedere scusa facendo gli occhioni dolci e spera di rimettere tutto a posto.
“No, non avresti dovuto.” dico con tono velenoso.
Asuka mi segue su per le scale.
“Accetti le mie scuse quindi?” chiede speranzosa.
“No.”
“Perché?” chiede preoccupata.
“Perché quello che hai fatto è imperdonabile.” rispondo grave “Per me non esisti più.”
Quella moto era una parte importante della mia dannata vita. Niente potrà farmi cambiare idea.
Asuka mi supera e si ferma davanti a me.
“Ti supplico!” insiste, congiungendo le mani davanti alla bocca a mo’ di preghiera “Ti prego perdonami, non lo farò mai più!”
Non lo farà mai più? Dubito che anche volendo possa infossarmi nella merda più di così.
Non credo sia umanamente possibile.
Mi guarda come se stesse per mettersi a piangere. Ha gli occhi lucidi e sembra effettivamente molto dispiaciuta.
Sospiro e alzo lo sguardo.
“Asuka…”
“Hm?” fa un minuscolo sorriso.
“Vattene e non rompermi i coglioni!” sbotto alzando la voce e cercando di assumere il tono più cattivo possibile.
La supero e continuo ad andare per la mia strada.
Lei aspetta qualche secondo prima di riprendere a seguirmi.
Sbuffo ancora.
Sarà una giornata lunga e difficile.
“Io non so perché le cose tra noi debbano andare così male.” riprende a parlare con la voce tremolante “In tutti questi anni ho sempre cercato di esserti amica. So che spesso non mi sono comportata bene, ma…” 
Fa una pausa.
E ora che succede? La guardo con la coda dell’occhio.
Non si metterà a piangere, voglio sperare!
Si mordicchia il labbro inferiore, con un espressione triste e colma di risentimento.
“…se solo tu fossi un po’ meno arrogante e orgoglioso forse sarebbe più semplice provare ad andare d’accordo, non pensi?” 
Non ho intenzione di rispondere. Non può far passare la cosa come se fosse sempre colpa mia.
Quello che ha fatto ieri è stata una vera e propria pugnalata alle spalle. Non è assolutamente colpa mia. 
Mi ha rovinato la vita. Non ha assolutamente il diritto di parlarmi così.
“Comunque, spero che ti passerà prima o poi. Sappi che in ogni caso voglio veramente cercare di comportarmi meglio con te.” dice con un sorriso triste “C’è già abbastanza gente da cui devo guardarmi le spalle, vorrei poter stare in pace almeno con le persone a cui voglio bene.”
Detto questo, si volta e se ne va per un’altra strada.
Non mi volto, non le darò questa soddisfazione. Tanto meno ho intenzione di chiederle di che diavolo stesse parlando con quella frase.
Probabilmente non intendeva niente di particolare, come minimo è tutta una strategia per cercare di far tornare le cose come prima.
Non mi interessa più. Per quanto mi riguarda, io con Asuka ho chiuso definitivamente.
Però… che diavolo intendeva dire con quella frase seriamente?
La mia mente ritorna inevitabilmente a ieri sera, quando in cucina ha chiesto a mia madre riguardo a Lei Wulong.
Che non si sia messa di nuovo in guai seri con qualcuno?
Sbuffo a questo pensiero. 
Conoscendola non posso escludere del tutto la possibilità.
Spero non diventi un altro dei motivi per cui rimandare il mio piano di fuga.
Sto ancora ragionando sulle parole di Asuka e sul suo possibile coinvolgimento in qualche casino quando, mentre percorro il corridoio dell’ultimo piano che conduce al tetto, mi si affianca un’altra persona.
Non so perché, ma oggi la scuola mi sembra più affollata del solito.
“Ehm… ciao!” mi saluta Xiaoyu con un’aria vagamente imbarazzata.
“Ciao.” ricambio il saluto cercando di capire la sua espressione.
Si ferma e si guarda intorno. Mi fermo anche io e continuo a studiarla, dubbioso. 
Lei si avvicina ad una delle finestre e guarda verso il giardino.
“Hai visto che roba?” ridacchia facendo un cenno verso la statua di Heihachi.
“Certo, che ho visto.” rispondo “Chaolan stava facendo lezione da noi quando ha fatto l’esperimento.” 
“Oh, capisco.” annuisce e torna a guardare dalla finestra. 
Passano alcuni secondi di silenzio. 
“Ehm, senti… non per metterti fretta, ma io non ho ancora pranzato.” cerco di spiegare facendo un piccolo cenno verso l’uscita che dà alla terrazza “Mi volevi dire qualcosa oppure...”
Xiaoyu mi guarda e aggrotta le sopracciglia.
“Oh… beh, sì… in effetti sì.”
Non capisco perché sia così titubante.
“Dettagli riguardo a stasera?” provo a darle un suggerimento.
Mi guarda intensamente.
“Non ci hai ripensato quindi?” mi chiede a mezza voce come se fosse un po’ sorpresa “Sei… sei ancora deciso a volermi aiutare?” 
“Che c’è? Avevi paura di chiedermelo?” le rivolgo uno sguardo interrogatorio.
Scuote la testa con decisione.
“No, ma potevi averci ripensato e… beh, insomma, non voglio che ti senta in dovere di accompagnarmi se nel mentre ti sei reso che non è il caso di…” farfuglia “Intendo dire, dopotutto tu non c’entri niente e non vorrei che ti sentissi in dovere di dovermi difendere solo perché ieri a bruciapelo mi hai detto così, perché posso farcela benissimo da sola e…”
“Senti, va tutto bene.” la interrompo “Non ho cambiato idea, se questo è quello che ti stavi chiedendo.”
Mi ascolta in silenzio e poi annuisce.
“È che ci ho pensato a lungo e… tu non sembri assolutamente il tipo che vuole mettersi nei guai per qualcosa che non lo riguarda e… tutto questo mi confonde.”
“È esattamente così infatti.” sospiro “Non ho la minima intenzione di mettermi nei guai. Ma è molto più probabile che i tuoi amici ci pensino due volte prima di provare a fare eventuali cazzate se ci presentiamo in due.” 
Xiaoyu aggrotta le sopracciglia e apre la bocca per ribattere qualcosa, ma l’anticipo.
“Oppure potresti ripensarci tu.”
Xiaoyu chiude la bocca e assottiglia le labbra, con un’espressione un po’ offesa.
“Beh, non ti facevo così paladino della giustizia.” borbotta.
“Non è questione di essere un paladino della giustizia.” mi lamento sentendomi un po’ toccato nell’orgoglio “È comune buon senso! Mi hai fatto capire bene cosa avresti avuto intenzione di fare, non posso starmene con le mani in mano. E devi ringraziare che non abbia optato per avvisare direttamente la polizia, cosa che avrebbe risparmiato a tutti un sacco di scocciature.” 
“Sì, va bene! Ho capito… come vuoi.” risponde imbronciata “Conosci il Flaming Dragon?”
“Intendi il locale qui all’angolo?” chiedo facendo un piccolo cenno verso la direzione della strada.
Annuisce.
“Proprio quello. Ci incontriamo lì alle sette e mezza, discutiamo il piano e poi via!” dice con un sorrisetto “Ora devo andare! A stasera!”
Mi fa un cenno di saluto con la mano e inizia a camminare all’indietro. 
“Sii puntale!” si raccomanda.
“Attenta!” bofonchio.
Senza accorgersene infatti, ha raggiunto le scale e per poco non precipita giù. Si aggrappa goffamente alla ringhiera e riacquista l’equilibrio.
Continuo a pensare a quanto sia incredibile che un impiastro del genere possa essere capace delle cose che fa.
“Ops.” dice guardandomi con un sorriso imbarazzato, prima di scappare via.
“Hey aspetta!” cerco di richiamarla “Ma perché dobbiamo incontrarci proprio lì?”
Conosco quel locale, anche se non ci ho mai messo piede. Piace un sacco ad Asuka e alle sue amiche sceme. Adora alla follia un certo milkshake alla fragola che fanno lì. Io non l’ho mai assaggiato, ma ha un odore dolcissimo super nauseante. 
È frequentato da molti studenti della nostra scuola, ma per quanto mi riguarda mi è sempre sembrato un posto per niente invitante e tamarro almeno tanto quanto l’orribile insegna con un drago dorato dagli occhi luminosi che cambiano colore. 
Non so se Xiaoyu non mi abbia sentito o se abbia volontariamente ignorato la mia domanda, ma ormai si è già dileguata giù per le scale. 
Sospiro e mi volto, pronto per uscire sul tetto e poter finalmente mangiare il mio pranzo. O meglio, quello di Julia, sempre che non si sia stancata di aspettare.
Rimango alquanto sorpreso nel vedere chi mi sta aspettando a braccia conserte appoggiato contro una parete.
“Seriamente Kazama?!” mi chiede Kamiya a mo’ di rimprovero “Trascuri lo studio e rimandi i tuoi compiti per uscire con una?”
Alzo gli occhi al soffitto.
Ci mancava solo questa.
“Sei veramente tu o ti hanno rapito gli alieni?” riprende indignato “Perché onestamente non ti riconosco più.”
Sbuffo e lo supero.
“Immagino che tu abbia origliato solo la parte finale della conversazione!” commento sprezzante mentre lui mi segue “Perché come al solito sei arrivato alla conclusione sbagliata.”
“Senti, non mi interessa quello che fai e la gente che frequenti.” risponde lui “Basta che rispetti le scadenze dei progetti che abbiamo in comune, come io ho sempre fatto!”
“E infatti ti ho già detto mille volte che le rispetterò!” sbotto aprendo la porta del tetto con una manata.
Sono vicino al limite, la mia pazienza si sta pericolosamente, lentamente esaurendo.
Mi dirigo verso Julia, che è seduta al solito muretto ed è intenta, ovviamente, a risolvere degli esercizi di matematica.
“Però non accetto questo atteggiamento.” continua Kamiya “Non puoi prendere sotto gamba dei lavori in cui sono coinvolte altre persone. La mia media dipenderà anche da questo voto, porca miseria!”
“Che cosa succede?” chiede Julia distrattamente.
Probabilmente l’accenno all’argomento media di voti deve averla risvegliata dai suoi ragionamenti.
Mi siedo a fianco a lei e bevo finalmente un lungo sorso d’acqua.
Guardo il cielo, le coreografie di nuvole grigie che sovrastano Tokyo questa mattina. Invidio la loro tranquillità e non pensavo che avrei mai pensato qualcosa di così stupido. Si può veramente arrivare ad invidiare le nuvole?
“Succede che non farò più progetti scolastici con lui.” risponde Kamiya.
Gli lancio un’occhiataccia.
Esagerato, non mi sembra il caso di arrivare a questo.
“Oh, e come mai?” Julia alza lo sguardo confusa.
Le porgo il mio pranzo e lei, come ogni giorno, mi offre il suo.
“Perché è in ritardo con la sua parte di un progetto di storia che stiamo facendo insieme e invece di pensare allo studio pensa a vedersi con ragazze.”
Julia strabuzza gli occhi.
“Cosa?!” esclama ridacchiando e mi indica con il tappo della penna “Stiamo sempre parlando di lui?”
“Ti ho detto e ti ripeto, Kamiya, che non hai capito un accidenti.” rispondo con la massima diligenza mentre assaggio un cucchiaino di riso al curry con pollo e verdure super piccante.
Adoro la cucina di Michelle Chang, che saprebbe salvare anche le più improbabili giornate.
“Come no, allora cosa devi fare stasera?” mi domanda Kamiya.
Non rispondo. Non lo riguarda.
Il mio silenzio però viene interpretato da lui come una mia conferma di sconfitta e da Julia come un’ammissione.
Julia sgrana gli occhi e mi osserva a bocca aperta.
“Cioè, aspetta… è vero?” mi chiede allarmata “Ma avevi detto che oggi non potevi studiare matematica con me perché dovevi fare il progetto di storia! Che è questa storia?” 
“Infatti era la verità, ma poi ieri ho dovuto prendere un altro impegno!”
Julia continua a guardarmi mezzo-impanicata e poco convinta.
Sospiro. Non riesco a crederci che siamo arrivati a questo punto.
“Sentite, non è come pensate! È che mi sono lasciato coinvolgere in un mezzo casino, ok?!” sbotto seccato, cercando di controllare il volume della voce.
Giuro che se non la piantano immediatamente li mando a quel paese una volta per tutte.
“Se hai intenzione di abbandonarmi per la gara di matematica dimmelo subito!” dice Julia scattando in piedi.
“Oh Chang, per favore, anche tu dovresti darci un taglio con questa storia!” si lamenta Kamiya “E comunque dopo parleremo anche di quello!”
Julia lo ignora e continua a guardare me aspettando una risposta.
Assurdo. Ora inizia con le paranoie.
“Sentite, per l’ultima volta, non ho intenzione di abbandonare la squadra, né di prendere un brutto voto per il progetto di storia!” li rassicuro guardando prima una poi l’altro.
Queste sono le conseguenze quando ti siedi a pranzo con il gruppo dei secchioni.
“In che tipo di casino ti sei infilato allora? Sentiamo!” vuole sapere a quel punto Kamiya “Vediamo se hai una scusa anche per questo.”
Sospiro e non rispondo, tornando a concentrarmi sul mio cibo.
In realtà mi si è chiuso lo stomaco e non credo che finirò di mangiare. Questo nervoso mi ha rovinato persino l’appetito.
Non ricevendo una mia risposta, Kamiya alza le spalle con una smorfia, come se intendesse dire che se lo stava aspettando.
“Aiuto una ragazza in difficoltà.” rispondo allora in tutta sincerità.
“Aiuti una ragazza in difficoltà.” ripete lui diffidente dopo qualche secondo “In che modo dovresti aiutarla scusa? Vi ho sentito! Vi siete dati appuntamento al locale qui in fondo alla via! Un locale che non ti è mai piaciuto per niente, tra l’altro!”
“Ci incontriamo lì e poi andiamo a…” faccio una pausa, poi espiro “A riprendere qualcosa che l’è stato rubato.”
“Cosa?!” Julia alza un sopracciglio “Sei impazzito? Tutto questo è sempre nei limiti del legale, voglio sperare! Non puoi mica rischiare di finire in galera prima di… beh, non è il caso di finire in galera, punto!”
Kamiya scoppia a ridere, rivolgendomi sempre uno sguardo pieno di diffidenza.
“Cosa è? La trama di un film?!”
“Vorrei tanto che lo fosse, fidati.” borbotto.
Kamiya torna lentamente serio e mi guarda alzando un sopracciglio.
“Cioè, sei serio?” riprende “Non stai scherzando?”
In risposta gli rivolgo uno sguardo serissimo.
“Da quando uno come lui sa come si scherza?” gli risponde Julia con una domanda retorica.
Non so se dovrei sentirmi un po’ offeso da questa affermazione. Questa convinzione generale che io non abbia un senso dell’umorismo inizia a darmi fastidio. Ma poi senti da che pulpito parte la predica!
“Quindi oggi non puoi studiare…” ricapitola Kamiya “perché alla tua amica hanno rubato qualcosa e tu devi aiutarla a recuperarlo.”
Accenno un sì con la testa.
“È… strano.” commenta con una smorfia confusa.
“Ora mi lascerete finalmente in pace?”
“Tu non me la racconti giusta.” continua lui poco convinto “Credi veramente che possa abboccare così?”
Scrollo le spalle.
“Non è un problema mio sinceramente.” rispondo in tutta onestà “È la verità.”
“Quindi…” riprende Kamiya sfidandomi con lo sguardo mettendosi a braccia conserte “Non avresti niente in contrario se ci unissimo anche noi.”
Fa un cenno con la testa come per indicare lui e Julia.
“Hey, non credo proprio!” interviene subito lei per mettere le cose in chiaro “Devo studiare! Con tutto il rispetto, non ho tempo per andare in giro a giocare a guardie e ladri.”
“Bene, allora verrò solo io.” mi sfida ancora Kamiya.
La campana suona, indicando la fine della pausa.
“Ottimo.” rispondo sarcastico lanciandogli un’occhiataccia “Buon divertimento!”



Apro la porta del Flaming Dragon e vengo assalito da un forte odore di fritto e cucina. 
Scendo le scalette all’ingresso del locale. Kamiya mi segue e si ferma affianco a me.
Alla fine non ha ceduto come avevo pensato all’inizio. Non ha cambiato idea, mi ha seguito davvero.
“Benvenuti!” sorride un ragazzo che avrà qualche anno in più di noi da dietro al bancone.
Faccio un piccolo cenno di saluto come risposta.
“Non è ancora arrivata?” chiede Kamiya guardandosi intorno.
“No.” rispondo dopo una rapida occhiata alla sala.
Non c’è ancora molta gente. C’è un quartetto di uomini d’affari, probabilmente colleghi di lavoro, che parlano a bassa voce seduti ad un tavolo vicino all’ingresso, uno strano uomo occidentale con dei capelli assurdi e un abbigliamento da biker che chiacchiera in inglese con il ragazzo dietro al bancone e un gruppo di studenti della nostra scuola che parlano animatamente attorno ad un tavolo sull’altro lato della stanza.
Una ragazza del gruppo di studenti in fondo alla stanza ci vede e noto che dà un colpetto con il gomito all’amica che le siede affianco. In pochi secondi l’intero gruppo è si gira verso di noi e ci guarda con sorpresa.
Alzo gli occhi al soffitto e inspiro a fondo.
“Andiamo a sederci da qualche parte.” borbotto.
Perché proprio io, che odio questo tipo di attenzioni, dovevo nascere in una famiglia come la mia?
Nessuno si ricorderebbe del mio volto, nessuno mi guarderebbe come un alieno quando metto piede in un locale dove non sono abituati a vedermi, nessuno mi farebbe dichiarazioni d’amore senza avermi mai parlato, nessuno mi conoscerebbe come il misterioso nipote del padrone della metà della ricchezza nazionale. Sarei una persona normale, un ordinario studente come tanti altri.
Mi dirigo verso il tavolo che sta contro un angolo della stanza e prendo posto in uno dei divanetti, da quella posizione ho una chiara visuale dell’intero locale.
Kamiya mi segue e si siede davanti a me.
“Spiegami meglio questa storia del panda.” mi chiede all’improvviso.
“Abbassa la voce!” lo intimo guardandomi intorno. 
I ragazzi della nostra scuola sono ad almeno qualche metro di distanza da noi e fortunatamente non ci prestano più attenzione. Sento che parlano riguardo ad una lista di firme per opporsi all’eventuale licenziamento di Lee dopo gli eventi di stamattina. 
Onestamente non so se firmerei quella lista. 
Torno a guardare Kamiya.
“Non avrei neanche dovuto parlartene.” ammetto “E comunque ti ho già detto tutto!”
Lui ridacchia fra sé e sé. Credo che sia stato quello a convincerlo definitivamente a venire. A quanto sembra, l’idea di un panda domestico lo diverte e incuriosisce particolarmente.
“Chi si terrebbe mai un panda in casa?” si chiede a voce alta.
Sollevo le spalle.
“Non so cosa dirti. Io non prenderei mai niente di più ingombrante di un pesce rosso.” borbotto.
Evidentemente persone come Heihachi o Xiaoyu però, non sono della stessa opinione.
Controllo l’orologio a polso.
Sbuffo.
È in ritardo e mi auguro che non ci faccia aspettare a lungo. 
Meno male che ha detto a me di non fare tardi!
Per ingannare il tempo do un’occhiata all’arredamento del locale. 
Sollevo lo sguardo, proprio nella parete a fianco a noi c’è un’illustrazione con delle scritte in cinese. Se non ho capito male i proprietari siano americani d’origine cinese.
La Cina potrebbe essere la prima tappa del mio viaggio-fuga. 
Perché no? Potrei comprare un biglietto nave per Shangai e poi iniziare un viaggio in moto via terra. Potrei passare in Russia, per poi arrivare fino all’Europa. Forse potrei fermarmi a vivere lì. 
Non deve essere male vivere in Europa. È un posto ricco di storia, con una cultura e un’architettura interessante e soprattutto… è lontana dalla mia terribile famiglia.
“Cosa vi porto?” chiede il cameriere parlando con un forte accento inglese disturbando il flusso dei miei pensieri.
L’inglese. È una cosa che dovrò sforzarmi di imparare meglio se davvero voglio fuggire in Europa. 
Prendo uno dei menù sul nostro tavolo e faccio scorrere lo sguardo sulle voci.
In realtà non ho nessuna voglia di bere o mangiare niente di particolare, ma bisogna per forza ordinare qualcosa dal momento che siamo seduti qui.
“Io prendo un doppio cheeseburger e una coca, grazie.” dice Kamiya chiudendo il suo menù.
“Hey, guarda che non siamo venuti qui per andare fuori a cena.” gli ricordo con un sussurro.
“Che problema c’è? La tua amica ancora non si vede.” risponde lui a tono.
Sospiro.
“Un caffè.” mi rivolgo al ragazzo in attesa delle ordinazioni.
Il ragazzo annuisce, si riprende i menù e si allontana di nuovo verso il bancone.
Guardo verso la porta. Nel mentre è arrivata una giovane coppia e un altro gruppo di liceali, ma di Xiaoyu ancora non c’è l’ombra.
“Che mi dicevi del robot che fa le pulizie?” rompe nuovo il silenzio Kamiya.
“Hm?” chiedo distratto.
“Il robot di Chaolan.” ripete Kamiya “Che aspetto aveva?”
Giusto! Ho solo fatto in tempo ad accennargli qualcosa prima della nostra disputa di stamattina.
“Hmm, immaginati una specie di C3PO di Star Wars.” spiego “Un po’ meno rifinito e senza la corazza dorata.”
Kamiya annuisce, ascoltando con interesse.
“Con delle specie di pinze come mani e come testa una specie di secchio rovesciato con occhi di vetro.” proseguo la mia descrizione.
“È anche in grado di parlare?” vuole sapere.
“No.” rispondo dopo averci riflettuto qualche secondo “O almeno, non credo. Ma in ogni caso era davvero incredibile.”
Torna il cameriere e ci lascia le bevande che abbiamo ordinato sul tavolo.
Proprio in quel momento la porta del locale si riapre ed ecco che vedo entrare la persona che meno di tutte oggi avrei voglia di incontrare.
“Cazz…” 
Cerco di spingermi contro il muro per essere meno visibile, dato che c’è un largo pilastro proprio al centro della sala che potrebbe coprirmi, ma non sono abbastanza veloce. Asuka fa in tempo a vedermi e sgrana gli occhi per la sorpresa.
“Ma che diavolo è questo schifo dietetico?” sento Kamiya lamentarsi rigirando fra le mani la sua lattina di coca “Perché mi ha portato una Diet-coke? Ne avevo chiesta una normale!”
Asuka distoglie lo sguardo da me e fa qualche passo verso il bancone, dove probabilmente ordina qualcosa parlando al cameriere che sta tornando in quel momento dopo essere stato al nostro tavolo.
“No!” mi lamento a bassa voce.
Sono riuscito ad evitarla per tutto il giorno. Non ho voglia di sentirla, non ho voglia di vederla. Spero con tutto me stesso che non si avvicini.
“Vado a farmela cambiare!” continua Kamiya parlando della sua bibita.
Si alza e fa per andare verso il bancone.
“No, cazzo! Aspetta!” cerco di richiamarlo.
Asuka si volta di nuovo, dà uno sguardo veloce a Kamiya che cammina attraverso la stanza e poi decide di alzarsi. Gli va incontro, vedo che si salutano e noto che Asuka gli dice qualche altra cosa. Lui alza le spalle e annuisce, ed ecco che Asuka decide finalmente di dirigersi verso di me. 
Ecco, lo sapevo che sarebbe andata a finire così!
Tutto colpa di Xiaoyu che non è capace di arrivare puntuale agli appuntamenti che lei stessa fissa!
“Hey! Come mai anche tu qui?” esordisce con un sorriso, come se non fosse mai successo niente. 
È incredibile. Una faccia tosta incredibile.
“Non ti avevo già detto di starmi alla larga?” ringhio evitando di doverla guardare.
“Sì, ma non credo di averti mai visto in questo locale e l’ho trovato strano!” continua genuinamente sorpresa, ignorando totalmente il mio cattivo umore “È per caso una strategia per… beh, insomma… per evitare di ritornare subito a casa?”
Continuo a non rispondere, lei sospira.
“Non credo che dovresti fare così. Dovresti parlare con zia Jun! Ero con lei poco fa e sembrava piuttosto dispiaciuta. Sono sicura che anche lei ci sta male per il vostro litigio!”
Mi viene quasi da ridere. Mi copro gli occhi con una mano sulla fronte.
Ha veramente una bella faccia da culo per osare a farmi questo discorso.
“O forse… stai cercando di evitare me?”
Su questo non è del tutto fuori strada. La eviterei volentieri se solo ci riuscissi.
Il solo suono della sua voce mi dà sui nervi.
“Asuka, non ne ho voglia veramente.” sussurro “Ti consiglio di lasciarmi in pace, una volta per tutte.” 
Lei rimane in silenzio per un po’. Nel mentre vedo Kamiya, che si è fatto cambiare la bevanda, che guarda la scena da lontano con curiosità.
Idiota di un Kamiya! Asuka deve avergli chiesto di lasciarci soli per un po’.
“Cosa devo fare per farmi perdonare?” insiste.
“Non puoi.” sbotto sgarbato.
Lei sospira e annuisce, il sorriso le svanisce dalle labbra.
“Sì, d’accordo, ho capito. Non sei ancora pronto a perdonarmi.”
Alzo gli occhi al soffitto. Non si è ancora rassegnata.
Forse dovrei veramente evitare di rientrare a casa stasera, se questo dovesse l’unico modo di non doverla rincontrare un’altra volta. Perché sono certo che tenterà un approccio ancora una volta.
Mi fa un cenno di saluto e finalmente gira i tacchi e si allontana, andando in direzione del bancone.
Sospiro per l’ennesima volta.
Quanta pazienza ci vuole ad essere me!
Kamiya torna al nostro tavolo, con la bibita adeguatamente zuccherata, e si risiede al suo posto.
“Tu sei uno stronzo!” gli rinfaccio puntandogli un dito contro.
“Che c’è?” risponde lui con una risatina, facendo finta di niente “Solo perché ho lasciato che avessi un dialogo privato con tua cugina?”
Arriva finalmente il cameriere che gli porta il suo super hamburger finalmente pronto.
“Ah, ottimo!” commenta Kamiya guardando il doppio strato di carne grondante di formaggio.
Non volendo assistere allo spettacolo di Kamiya nell’atto di divorare quel panino, che per la cronaca ha un ottimo aspetto e mi sta facendo ricordare quanto poco abbia mangiato io a pranzo, torno a guardare verso il bancone, con l’intenzione di provare ad incenerire Asuka con lo sguardo. Magari ho sviluppato dei super-poteri senza accorgermene. 
Mi accorgo però di non vederla più.
Aggrotto le sopracciglia.
Dove cavolo è finita? Se n’è andata?
Faccio scorrere velocemente lo sguardo in lungo e in largo per il locale. Non sembra essere da nessuna parte.
Se ne sarà andata davvero?
Guardo verso la porta del locale ed ecco in quel momento che Xiaoyu fa la sua entrata.
“Oh, alla buon ora!” commento.
Scende le scale e si guarda intorno distrattamente, ma sembra non notarci subito. Poi viene distratta dal ragazzo del locale che la saluta calorosamente. Lei si avvicina al bancone e inizia a conversare amichevolmente con il cameriere e lo strano biker dai capelli assurdi.
“Non è possibile.” commento scoraggiato guardando l’orologio “Di questo passo ci vorrà tutta la notte.”
“Oh, è arrivata?” chiede Kamiya voltandosi per cercarla con lo sguardo.
Xiaoyu continua a chiacchierare con quei due, poi le viene preparato un bicchiere di quello che sembra un succo o una spremuta. A quel punto torna a guardarsi intorno facendo scorrere lo sguardo fra i vari tavoli. Le faccio un piccolo cenno con la mano e finalmente mi vede. 
Saluta i suoi interlocutori con un sorriso e, col suo bicchiere tra le mani, viene finalmente verso di noi.
“Hai idea di che ore siano?” le chiedo non appena ci raggiunge.
Si guarda intorno e incrocia lo sguardo di Kamiya, che la saluta con un goffo cenno della mano. Lei sorride, appoggia la sua bevanda sul tavolo e prende posto accanto a me.
“Sì, so di essere un po’ in ritardo. Sono dovuta passare a casa perché non avevo considerato una cosa.” risponde
“E sarebbe?” chiedo diffidente.
“Il mio abbigliamento.” risponde bevendo un sorso della sua bevanda “Ci potrebbe essere bisogno di combattere e non hai idea di quanto scomodo sia doverlo fare con la divisa scolastica.”
In effetti si è cambiata con abiti più comodi.
“Abbiamo già stabilito che non ci sarà bisogno di combattere.” dico mentre lei mi si siede accanto “Risolveremo tutto in altri modi.”
“Ho detto che potrebbe esserci il bisogno.” ribatte “La prudenza non è mai troppa.”
Decido di lasciar cadere il discorso e intanto lei si volta a guardare Kamiya.
“Ehm…  e il tuo amico sarebbe?” chiede abbozzando un sorrisetto confuso.
“Un impiccione.” borbotto a braccia conserte “Ecco cos’è.”
Kamiya ignora il mio commento e le rivolge il suo sorriso migliore.
“Piacere di conoscerti! Sono Shin Kamiya e sono disposto a darti una mano in questa delicata operazione.” dice, poi fa una pausa e mi indica con un cenno del capo “Sono in classe con lui.”
“Ah capisco!” risponde Xiaoyu un po’ confusa. 
Poi mi guarda con un sorrisetto sarcastico. 
“A quanto pare sei più chiacchierone di quanto avessi immaginato, eh?”
Ovviamente dovevo passare io dalla parte del torto.
“Non è colpa mia! Ci ha origliati mentre parlavamo stamattina alla pausa pranzo.” mi affretto a farle sapere.
Kamiya ridacchia.
“È semplicemente che ultimamente non è molto puntuale con i suoi doveri scolastici!” spiega “E volevo capire cosa ci fosse sotto. Cosa fosse a portargli via tutto questo tempo.”
“Oh capisco.” annuisce Xiaoyu “E quindi ti ha spiegato tutto.”
“Sì, beh… se c’è una cosa che ho imparato su di lui in tutti questi anni, è che è pessimo a inventare bugie.” spiega Kamiya “Era costretto a dirmi la verità.”
“Vi ricordo che io sono presente.” li interrompo. 
“Perché vorresti venire?” cambia allora discorso Xiaoyu, rivolgendosi a Kamiya.
“Perché mi sembra interessante.” risponde come se niente fosse “E non ho mai visto un panda domestico.”
Xiaoyu lo guarda pensierosa per qualche secondo.
“Anche se sembra un perfetto idiota, non credo che creerà problemi.” intervengo a bassa voce guardando Xiaoyu “E avresti un numero in più dalla tua parte.”
“Già.” ragiona lei a voce alta “Va bene, allora verrai anche tu.”
Si guarda l’orologio.
“Allora, facciamo così. Alle venti ci presentiamo lì da Ishikawa e…”
“Ishikawa?!” interviene una voce alle mie spalle “Che ha fatto stavolta quell’idiota?”
Spalanco la bocca e mi volto di scatto. Non posso crederci! Non voglio crederci!
“Vengo anche io!”
Non ci posso credere! Ecco dove cavolo era finita! Si era nascosta nel tavolo dietro di noi, completamente coperta dallo schienale dei divanetti.
“Asuka, che diavolo stai facendo?!” chiedo vicino a una crisi di nervi.
Oggi ne ho abbastanza della gente che origlia! Soprattutto se si parla di Asuka.
Lei mi sorride, prende il suo bicchiere con quell’inconfondibile milkshake rosa e viene a sedersi al nostro tavolo, prendendo posto accanto a Kamiya.
“Asuka-san!” esclama Xiaoyu irrigidendosi “Stavi… ascoltando?”
“Premetto che mi dispiace un sacco, e normalmente non avrei mai fatto qualcosa del genere. Io ero venuta qui solo per prendere il mio milkshake preferito. Ne avevo proprio bisogno dopo la giornataccia che ho passato e poi ho visto che c’era anche lui!” fa un cenno verso di me “Andiamo! Jin che viene al Dragon! Dai, è davvero qualcosa di troppo insolito! Ho capito subito che c’era qualcosa di strano sotto e volevo capire che cosa fosse.” 
“Io non ci voglio credere! Questo è stalking! Ti rendi conto di quanto sei pazza?!” esplodo.
Xiaoyu e Kamiya mi guardano stupefatti.
Asuka mi ignora e guarda Xiaoyu.
“Cosa è successo?” riprende “Ho capito bene? Quello scarafaggio di Ishikawa ha fatto qualcosa al tuo panda?”
“Asuka, non ignorarmi! Vattene subito di qui!” le ordino. 
Xiaoyu guarda prima me, poi Asuka, dopodiché annuisce.
“Sì.” risponde, seppure con uno sguardo un po’ confuso.
Non avendo ormai molte alternative, le riassume brevemente la storia.
“Xiaoyu, alzati! Fammi passare che la faccio andare via, a costo di trascinarla fuori!”
Purtroppo dalla mia posizione sono bloccato contro il muro e posso fare ben poco. Non ho intenzione di scavalcare il tavolo, ma dovendo arrivare a mali estremi, non credo che mi fermerei.
Xiaoyu mi guarda con aria severa.
“Hey, vedi di calmarti un po’!” mi apostrofa “Adesso ne parliamo e cerchiamo una soluzione tutti assieme.”
Certo, ovviamente ci passo io per essere matto da legare.
Asuka beve un po’ del suo milkshake dalla cannuccia e mi guarda con un mezzo sorriso.
“Stai attirando l’attenzione di tutti!” aggiunge con una smorfia beffarda.
È insopportabile quando fa così! 
“Vorrei dare una mano anche io.” continua spostando l’attenzione su Xiaoyu.
“No. Se c’è lei, io sono fuori.” dichiaro.
Xiaoyu mi guarda incerta, poi si volta da Asuka.
“Ma che diavolo è successo fra voi due?” borbotta confusa.
Io e Asuka ci scambiamo un’occhiata, ma nessuno dei due risponde.
Ha almeno avuto il buon senso di risparmiarsi la patetica scenata di scuse e piagnisteo davanti agli altri.
“Una persona in più a fare numero potrebbe solo fare comodo.” nota a voce alta Kamiya guardandomi.
Ancora una volta parla a sproposito e non ha capito un accidenti.
“Si vede che non la conosci abbastanza.” rispondo acido “Una persona come lei in questa situazione è l’ultima cosa che ci serve se vogliamo evitare che succedano casini.”
Asuka storce il naso e ridacchia.
“Esagerato. Eppure pensi di conoscermi! Hai una visione completamente distorta di me!”
“Chi è che si è messa a fare a botte nel cortile della scuola l’altro giorno?! Per futili motivi, tra l’altro.”
“Chi è che è finito in punizione non molto tempo fa per aver fatto esattamente la stessa cosa sul tetto?” mi sfida lei.
“Sai benissimo che non era la stessa cosa e non dipendeva da me.” rispondo con un sibilo.
“Per favore, adesso calmatevi tutti e due!” interviene Xiaoyu.
Poi mi osserva in silenzio con espressione incerta. Sembra indecisa sul da farsi. 
Sbuffo e distolgo lo sguardo da tutti. 
“Asuka-san, per me non ci sarebbe alcun problema se ti unissi a noi.” continua poco dopo Xiaoyu “Sono anche io dell’avviso che più siamo, più possibilità abbiamo di riportare a casa Panda il prima possibile.”
La guardo di sbieco.
Sapevo sarebbe finita così.
“Il mio interesse principale è riprendermi Panda.” va avanti “Avrei fatto anche a meno di coinvolgere tutti voi, ma apprezzo il vostro sostegno. Ma se davvero volete darmi una mano, cosa di cui sono felice, per favore facciamo in modo di mettere da parte i rancori personali e concentriamoci sull’obiettivo.” fa una pausa, poi ci guarda un po’ a mo’ di rimprovero “Altrimenti vado da sola come avevo pensato di fare fin dall’inizio e voi potete stare qui a scannarvi come vi pare e piace!”
“Hai assolutamente ragione, Xiao-san.” risponde Asuka “Non è il caso di mettere in mezzo adesso le nostre dispute personali. Dobbiamo salvare Panda, e così faremo!”
Asuka mi guarda come se intendesse rimproverarmi.
Assurdo. Vuole forse farmi passare per il ragazzino immaturo che vuole rompere la serenità del gruppo di lavoro.
Sospiro.
Se riuscirò ad espatriare sarà possibilmente una delle ultime situazioni che dovrò affrontare al fianco di Asuka. Devo solo resistere un altro po’.
“Allora non perdiamo altro tempo.” sussurro stizzito evitando lo sguardo di tutti “Andiamo.” 





 

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Capitolo 14
*** The (not-so) Great Escape (Jin) ***


14
The (not-so) Great Escape
(Jin)

 

La tenuta degli Ishikawa è schifosamente grande e pacchiana, ma non ne sono del tutto sorpreso.
Gli studenti della nostra scuola sono fondamentalmente categorizzabili in due grandi gruppi, quelli le cui famiglie hanno soldi a palate da potersi addossare senza troppi problemi le rette scolastiche dalle cifre criminali di Heihachi e quelli abbastanza brillanti da riuscire a mandare avanti i propri studi grazie a premi di merito.
Non avevo veramente bisogno di vedere il luogo in cui abitava per capire a quale dei due gruppi appartenesse Ishikawa. Quello che non avevo necessariamente previsto però, era come la sua residenza potesse essere in grado di riportarmi alla mente quella di Heihachi.
Siamo davanti al cancello appena socchiuso della tenuta. Il giardino è estremamente vasto e la casa è lontana da noi ed è parzialmente nascosta da siepi di svariate forme artistiche bruttissime. Avranno anche loro mezzi busti di marmo con le loro fattezze sparsi in giro per il giardino?
“Perché hai quella smorfia?” mi chiede Xiaoyu con uno sguardo confuso.
Non mi ero reso conto di aver manifestato il mio disgusto in quel modo.
“Niente.” rispondo tornando alla mia solita espressione.
“Comunque, l’indirizzo è giusto. Direi che la casa è questa.” riprende Xiaoyu rileggendo le indicazioni su un biglietto di carta.
Lo accartoccia e se lo infila in tasca.
“Trovati!” esclama improvvisamente Asuka alle nostre spalle.
Mi volto confuso e noto che ha appena estratto qualcosa dalla sua borsa di scuola.
Dei… binocoli.
Ci guarda con un sorriso soddisfatto stampato in faccia.
“Come mai hai dei binocoli nella borsa di scuola?” chiede Kamiya confuso.
Sospiro. Un’altra delle tante stranezze di Asuka.
Asuka non risponde, si avvicina al cancello e si mette a scrutare attraverso le lenti.
“Da qui non si vede un accidenti.” afferma prima di arrampicarsi alla ringhiera per avere un punto di vista più ampio.
“Giusto per capire, che altro hai nel tuo kit delle giovani marmotte?” chiedo incrociando le braccia al petto.
“Niente che ti riguardi.” risponde secca “Soltanto il necessario per sopravvivere in una città come questa.”
Non capisco se sia un tentativo fallito di sembrare divertente o se sia seria. Conoscendola, non mi stupirei più di tanto.
“Non si sa mai in che situazione potresti ritrovarti.” aggiunge poco dopo a mezza voce.
Aggrotto le sopracciglia e sto per farle ulteriori domande, quando lei mi anticipa di nuovo cambiando totalmente discorso.
“Eccolo lì!” esclama “Riconosco quel maiale del padrone di casa!”
“Vedi anche Panda?” chiede Xiaoyu con un po’ di apprensione.
“Ehm, scusate io non vorrei interrompervi, ma…” interviene Kamiya proprio mentre un’auto ci passa a fianco illuminandoci con i fari “Vi faccio notare che vista da fuori questa scena deve sembrare decisamente ambigua!”
Tre ragazzi fuori da una casa ed una pazza appesa al cancello che sbircia all’interno del giardino con dei binocoli.
Ha ragione, cavolo se ha ragione!
“Asuka, piantala con le tue assurdità e vieni subito giù prima che qualcuno chiami la polizia!” le ordino.
“Finisco subito!” risponde lei infischiandosene totalmente “Non vedo Panda, ma mi sembra di intravedere almeno tre dei suoi amici scemi. Potrebbero essercene anche di più.”
Abbassa leggermente i binocoli e si volta a guardarci.
“C’è la possibilità di essere ancora in inferiorità numerica. Per noi tre non è un problema, dato che siamo addestrati per occuparci di situazioni ben più problematiche, vero?” chiede con un sorrisetto malizioso.
Alzo gli occhi al cielo, come al solito le sue frasi traboccano di una presunzione imbarazzante.
“Ma tu, Shin-kun, eventualmente sai qualcosa di come si fa a botte?” continua Asuka.
“Presumo… di sì?” risponde lui confuso.
Scommetto che sta iniziando a pentirsi di non essere tornato direttamente a casa dopo la scuola. Come biasimarlo?
“Nessuno farà a botte.” ripeto io, anche se ho la sensazione che nessuno mi dia retta.
“Bene!” sogghigna la mia strana cugina tornando a terra con un balzo poco aggraziato.
Rimette i binocoli in borsa e prende il telefono.
“Avviso la zia che oggi forse faremo un po’ tardi.”
“Non dirle cosa stiamo facendo!” la avverto con impeto.
“Non sono mica scema!” mi risponde con un’occhiataccia.
Finisce di scrivere il messaggio e si rinfila il telefono nella borsa.
“Allora andiamo?” chiede poi Xiaoyu guardandoci con un po’ di titubanza.
“Andiamo!” risponde Asuka con un’espressione fiera.
Entriamo nel giardino e inizio ad avere come un brutto presentimento.
Siamo un gruppo troppo improbabile, non abbiamo idea di che cosa abbiano in mente gli altri e… c’è Asuka, che è un elemento altamente imprevedibile.
Mi avvicino a lei e le afferro un braccio strattonandola verso di me.
“Vedi di mantenere la calma e di non dare spettacolo ulteriormente!” le sussurro minacciosamente all’orecchio.
“Di che diavolo parli? Quando mai avrei dato spettacolo?” mi guarda inarcando le sopracciglia.
“Non fare finta di non capire!” continuo “So benissimo che situazioni come queste ti piacciono da morire! Vedi di non esagerare!”
Fa una smorfia e si scansa, liberandosi della mia stretta.
“Asuka, non voglio problemi.” continuo serio.
“Ed è un vero peccato perché, nel caso non te ne fossi accorto, in un problema ci sei già dentro fino al collo.” risponde lei glaciale “Mi sto ancora chiedendo com’è che uno come te si sia spontaneamente immischiato in un affare del genere.”
Sbuffo e continuo a camminare infilando le mani in tasca.
“Potrai pure ingannare gli altri, ma io ti conosco fin troppo bene per capire che c’è sotto qualcosa.” continua guardandomi come se volesse entrare nei miei pensieri.
“Quali strane idee ti stai facendo?”
Asuka ridacchia.
“Tranquillo! So che non sei un tipo sentimentale. La tua psiche è molto più complicata di così. So che c'è qualche motivo per cui ti senti in debito con questa ragazza, ma non ho ancora capito cosa sia.”
Non ho il tempo di rispondere, perché nel mentre ci siamo avvicinati alla villa e siamo stati notati.
“Hey! Che cazzo succede qui? Chi è tutta questa gente?” riconosco la voce idiota di Ishikawa.
Mi volto e dò un’occhiata in giro per studiare la situazione.
Sono sette in tutto. Tre più di noi. Sono seduti ad un tavolo da giardino e, prima della nostra entrata in scena, erano intenti a bere birra e a sghignazzare rumorosamente.
Ishikawa si alza e cammina minacciosamente verso di noi.
“Allora? Che cazzo vuol dire questo? Non ti avevo detto di presentarti da sola?” chiede piazzandosi davanti a Xiaoyu e guardandola dall’alto verso il basso.
“In realtà non l’avevi specificato.” risponde Xiaoyu sostenendo il suo sguardo “E comunque, non badare a loro. Dove è Panda?”
“Sta zitta! Questi non erano i patti!” sputa Ishikawa guardandosi intorno per scrutarci uno per uno.
“Hey! Vedi di calmarti e moderare il tono!” lo ammonisce Xiaoyu.
Ishikawa nel mentre nota la mia presenza e la sua faccia si contorce in un’espressione di disprezzo.
È bello sapere di provocare certe reazioni nelle persone.
“È Jin kazama quello?! Cosa cazzo hai intenzione di fare troia?” chiede tornando a guardare Xiaoyu “Perché cazzo hai portato Jin Kazama casa mia?”
“Hey! Ti ho già detto di moderare i termini, stronzo!” continua Xiaoyu “Ho portato qualche amico come garanzia perché non vogliamo che nessuno si faccia male.”
Ishikawa torna a guardarmi e mi osserva traboccando di rabbia.
Che cazzo gli avrò mai fatto? A mala pena ci conosciamo. Non credo di avergli neanche mai parlato.
“Dove è Panda?” chiede ancora Xiaoyu con fare glaciale.
Ishikawa la guarda con una smorfia malefica.
“Sai, credevo che tenessi di più alla vita del tuo dannato orso.” dice lui con un ghigno malefico “Ma presentarsi ad un incontro per il riscatto con una squadra paraculo non è stata di certo la scelta più intelligente da fare.”
“Incontro per il riscatto.” ripete Xiaoyu vagamente divertita “Cos’è? Ti credi forse in un film, Ishikawa? Beh, sappi che saresti un cattivo patetico.”
“Sta zitta!” ribatte lui sogghignando “Key! Aziona le luci della piscina!”
Un ragazzo con i capelli ossigenati si alza e va ad azionare un interrutore su una parete della villa.
Le luci della piscina si accendono rivelandoci qualcosa che prima non avevamo notato. La piscina è quasi vuota se non fosse per venti centimetri d’acqua o qualcosa del genere.
Panda è sul fondo della piscina con le zampe legate.
il ragazzo che ha azionato le luci poco fa si avvicina al bordo della piscina tenendo in mano un cavo elettrico tagliato ad un’estremità.
“Che cos…?!” mormora Xiaoyu impallidendo di colpo.
“Normalmente la fisica non mi interessa più di tanto, ma devo ammettere che le lezioni di Chaolan a volte si rivelano particolarmente utili.” racconta soddisfatto “È durante una delle sue lezioni che ho avuto questa geniale idea.”
Merda, la situazione è grave.
Sono davvero così psicopatici questi bulletti? Forse l'idea di risolvere il tutto senza dover fare a botte è un'utopia.
“Scommetto che adesso ti stai cagando addosso nanetta, eh?” Ishikawa continua a schernire Xiaoyu.
Poi avvicina il viso alla sua faccia.
“Inginocchiati.” sibila minaccioso.
Xiaoyu è visibilmente in difficoltà e sta tremando di paura.
“Sei… sei uno psicopatico.”
“Forse.” risponde lui con un mezzo sorriso “Fatto sta che dovrai darti da fare per guadagnarti il mio perdono. Adesso inginocchiati e inizia con il baciarmi le scarpe.”
Questo è completamente fuori di testa.
Digrigno i denti e penso in fretta ad una possibile via d’uscita. Non avranno davvero intenzione di friggere Panda, giusto?
Prima che possa intervenire e dire qualcosa, Asuka decide di anticiparmi e per un momento ho paura che le cose andranno a farsi benedire ancora prima del tempo.
Ha lasciato la cartella di scuola per terra e ora cammina ridacchiando fra sè e sè mentre è intenta a scrivere qualcosa al cellulare.
Si ferma a fianco a Xiaoyu e con aria quasi svogliata alza lo sguardo su Ishikawa.
Si libera del telefono lanciandolo con una mira invidiabile sopra la borsa e incrocia le braccia sul petto.
“E così adesso sei sceso a questo livello?” chiede “Devi minacciare di far male a degli animali per farti rispettare dal tuo gruppo di seguaci?”
Poi si sporge verso di lui e gli da una leggera gomitata sulle costole.
“Per far vedere che sei un vero duro, ah?” aggiunge a mezza voce.
“Dì un’altra parola e il panda è morto!” ruggisce Ishikawa.
“Asuka-san, per favore!” la implora Xiaoyu, poi si gira a guardarmi “Kazama!” chiede il mio aiuto.
“Sta tranquilla Xiao-san!” continua Asuka più sicura che mai posandole una mano sulla spalla “Non ha le palle per fare quello che dice. Gente come lui ne ho conosciuto a decine! È soltanto un moccioso viziato che si sente qualcuno solo perché è circondato da stronzi che lo seguono solo perché mamma e papà sono pieni di soldi e hanno un certo prestigio in città.”
“Chiudi quella bocca di merda!” sibila lui irremovibile, mentre cerca di afferrarle un polso.
“Hey!” dice lei schivando la presa “Niente violenza.”
Poi Asuka ridacchia.
“Comunque, non mi dire che ho azzeccato!” riprende.
"Sta zitta, ti ho detto!" sbraita Ishikawa improvvisamente fuori di sé "E poi da quale pulpito arriva la predica! Vogliamo parlare della vostra famiglia? Facile essere all'altezza delle aspettative di tutti quando si è nipoti del padrone della scuola! Facile essere sempre nella vetta della classifica del rendimento scolastico!"
Diventa rosso in volto e mi guarda con odio.
Asuka scoppia a ridere.
"Non mi dire! Sei geloso di Jin! Questo proprio non me lo aspettavo!" ridacchia “Toglimi una curiosità, i tuoi ti fanno per caso mancare l’affetto perché non hai i suoi stessi risultati?”
Ishikawa la guarda furioso e prova a darle un pugno in piena faccia, ma Asuka prontamente lo schiva, gli afferra il braccio, gli dà un calcio dietro agli stinchi e lo fa cadere sulle ginocchia ancor prima che lui se ne possa rendere conto.
Poi si posiziona dietro di lui e tira fuori un coltellino che aveva nascosto dentro la manica del giubbotto e glielo punta alla gola.
“Ho detto niente violenza, pezzo di merda.” dice cambiando improvvisamente tono di voce.
Mi copro la faccia con una mano. Ecco che altro c’era dentro quel kit di sopravvivenza.
C’era da aspettarselo da una pazza con la fissa dei film d’azione come mia cugina. Per una volta nella vita però, forse non è del tutto un male.
“Che cazzo fai?! Key!” grida Ishikawa dando il segnale al ragazzo con il cavo.
La sua voce fa trasparire un principio di disperazione.
Asuka lancia un’occhiata di fuoco al ragazzo di nome Key.
“Fermo dove sei tu!” ruggisce con fare minaccioso “Non hai un minimo di orgoglio? Uccideresti davvero un animale protetto solo per un capriccio di questo pallone gonfiato qui?”
Appoggia la lama del coltello contro la gola di Ishikawa e lui inizia a respirare a fatica per la paura.
“Hai paura Ishikawa? Te la stai facendo addosso davanti ai tuoi amici?” chiede Asuka con uno sguardo da psicopatica. 
“Sei… fuori di testa!” sibila lui cercando di mantenere una voce normale.
“Asuka…” provo a chiamarla.
Capisco che sta recitando la sua parte, ma vorrei farle capire che forse sta un po’ esagerando.
“Tranquillo.” riprende ignorandomi come sempre “Nel peggiore dei casi, farò di nuovo un soggiorno nel carcere minorile. Non sarebbe neanche la prima volta e dopotutto non si sta neanche poi così male. Tu piuttosto…”
“Asuka!” la chiamo di nuovo.
Sta decisamente esagerando.
“Non mi fai paura.” sibila Ishikawa cercando di mantenere la flemma, con un patetico risultato.
“Credi che non ne sia capace?” gli chiede urlando con un’espressione da pazza “Credi che sia la prima volta che sgozzo un coglione come te?”
Inizio davvero a sentirmi in imbarazzo.
“Asuka, va bene così!” intervengo io facendo qualche passo in avanti.
“Avrete sentito tutti che un anno fa ho dovuto lasciare la mia vecchia scuola e città.” continua Asuka continuando a fare come se io non ci fossi “Ovvio che l’avrete sentito. All’epoca non si parlava d’altro a scuola. Di certo c’erano pettegolezzi più interessanti di quelli di oggi. La cosa curiosa però è che la vera ragione per cui ho dovuto cambiare vita non l’avete mai saputa. Ho ucciso un ragazzo che aveva tentato di far del male ad una mia amica. Non ho avuto pietà per quel porco. Gli ho aperto la pancia come un animale da macello. Me la sono cavata con poco, una denuncia per eccesso di difesa. Dopo un breve periodo di carcere, eccomi qui.”
Alzo gli occhi al cielo, poi do un’occhiata in giro. Gli amici di Ishikawa sono pietrificati dalla paura. Cioè, ci stanno veramente credendo?
Asuka avrà dei metodi discutibili, ma in qualche modo questa pazzia sta funzionando. Tanto vale cercare un modo di tirare fuori il panda dalla piscina e tagliare la corda in fretta. Sperando di non ricevere nessuna denuncia o direttamente un mandato di arresto.
“Adesso dì al tuo amico di mettere a terra quel dannato cavo.” continua minacciosa.
“Non sono così stupido. Non hai veramente intenzione di uccidermi!” replica lui.
“Oh, è un vero peccato. Allora aspetteremo ancora un po’.” risponde lei alzando le spalle.
“Aspetteremo cosa?”
In quel momento salta la corrente in tutta la proprietà degli Ishikawa.
“Questo!” dice Asuka, liberando Ishikawa dalla stretta col coltello e spingendolo contro il terreno “Adesso, Xiao-san! Vai a prendere Panda!”
Xiaoyu si risveglia dallo stato di immobilità in cui era caduta e si muove di corsa verso la piscina. Decido di seguirla.
Prima recuperiamo il panda, prima ce ne potremo andare. Si attivano le luci di emergenza e la villa torna ad essere parzialmente illuminata.
Arriviamo di corsa alla piscina e il ragazzo che aveva minacciato di gettare il cavo elettrico nella piscina si piazza davanti a Xiaoyu con l’intenzione di fermarla.
“No! Non credo proprio!” dice lei assestandogli un gancio destro.
Colpisce il ragazzo, che perde l’equilibrio e finisce dentro la piscina. Proprio addosso al panda, che non è affatto contento di sentirselo piombare sopra.
Si sente un ruggito e subito dopo un urlo spaventato.
Che serata improbabile!
Il panda reagisce di impulso e con impeto spezza le corde che lo tengono legato.
“Era… così facile?” chiedo confuso “Perché non si è liberato prima?!”
“Perché a volte sa essere una stupida cicciona!” Xiaoyu si cala giù dentro la piscina.
“Panda!” dice arrabbiata “Come hai fatto a farti rapire da questi buoni a nulla? Ti sei fatta corrompere con il bambù? Non ti ho proprio insegnato niente.”
Nel mentre il ragazzo di nome Key cerca terrorizzato di issarsi al di fuori della piscina in modo totalmente sgraziato.
“Mi sei mancata però!” dice Xiaoyu poi addolcendosi e abbracciando il suo animale da compagnia.
“Hey!” la richiamo interrompendo quel momento “Come facciamo a tirarla fuori?”
Asuka e Kamiya intanto stanno in qualche modo tenendo impegnato il resto del gruppo. Asuka si sta divertendo alla grande.
E io che mi illudevo di poter risolvere la questione a suon di chiacchiere e niente botte.
“Mammina non ti ha detto che è pericoloso giocare con la corrente?!” sento la voce di Asuka, in mezzo a vari rumori di pugni, calci e gemiti di dolore.
“Cerca qualcosa su cui possiamo salire.” mi suggerisce Xiaoyu, rispondendo finalmente alla mia domanda “Panda è più agile di quello che sembra!”
Mi guardo intorno. A qualche decina di metri da noi c’è una scala pieghevole di metallo. Non so se sia la cosa più adatta per fare uscire un panda da una piscina, cosa che sinceramente mai avrei pensato un giorno di dover fare, ma non riesco a trovare soluzioni migliori.
Corro a prenderla e la porto alla piscina.
“Ho trovato solo questa, può andare?” chiedo a Xiaoyu passandogliela.
“Andrà bene!” risponde lei, poi guarda il panda e con un cenno della testa gli indica la scala “Panda!” dice come per incitarlo a salire.
E incredibilmente il panda le dà retta come se avesse capito la sua richiesta.
D’accordo, non è un panda del tutto normale, ma è un mostro da laboratorio creato dalla squadra di scienziati pazzi di mio nonno. È solo che ogni tanto tendo a dimenticarmelo.
Il panda sale le scale e Xiaoyu la segue.
“Andate via di qui il più in fretta possibile.” le dico “Noi li teniamo occupati ancora per un po’ per darvi del vantaggio.”
“Cosa?” fa lei guardandomi incerta “Ma non voglio lasciarvi…”
“Vai!” ripeto “Il tuo panda potrebbe essere ferito o qualcosa del genere e potrebbe non riuscire a difendersi. Portalo via di qui!”
“Sei… sicuro?” chiede lei incurvando le sopracciglia.
“Non perdere tempo!” le ripeto ancora una volta.
“Grazie!” dice lei, poi salta sopra il dorso del panda come se fosse un cavallo e insieme galoppano verso l’uscita della proprietà.
Scena alquanto insolita, che non mi aspettavo di vedere, ma d’accordo. Non sarebbe la cosa più strana della giornata. Forse.
Torno da Asuka e Kamiya, che nel mentre stanno tenendo testa a il gruppetto rimasto.
Asuka mi vede.
“Andiamo, abbiamo finito qui.” le dico.
“Woo!” esclama lei “Missione compiuta!”
Si gira e fa per seguirmi, ma Ishikawa, da terra, le afferra una caviglia e la trattiene.
“Te la farò pagare, puttana!” promette con un sussurro.
Asuka si gira, si abbassa e gli dà un ultimo pugno in faccia.
“Questo lascerà il segno. Non vedo l'ora di vedere la tua faccia quando a scuola si saprà che le hai prese da una ragazza.” gli assicura “E usa i soldi di mamma e papà per comprarti un paio di palle nel mentre.”
“Asuka!” la prendo per il colletto da dietro e la trascino via.
“D’accordo, d’accordo!” dice lei prendendo la cartella di scuola abbandonata sull’erba e seguendomi.
La guardo, è un completo disastro. I capelli sono arruffati, ha un livido bluastro sotto il labbro inferiore e la divisa scolastica è strappata in più punti.
Sospiro.
“Dobbiamo fare in modo che mia madre non ti veda in questo stato.” 
“E dobbiamo anche sperare che quel cagasotto non racconti tutto ai genitori.” ragiona Asuka appena preoccupata “Sarà difficile nascondere quei lividi.”
Ma guarda!
È interessante sapere che ogni tanto si preoccupi delle conseguenze delle sue azioni impulsive.
“Asuka-san, sei pazza furiosa.” dice nel mentre Kamiya che ancora non ci crede.
Alzo gli occhi al cielo mentre Asuka ridacchia soddisfatta per il complimento ricevuto.
“Ti sei divertito ah?” chiede lei “È o non è una bella sensazione fare giustizia?”
“Solo una cosa non mi è chiara.” dice Kamiya a pochi passi dal cancello “Come hai fatto a far saltare la corrente?”
“Oh, giusto!” fa Asuka come se si fosse ricordata improvvisamente qualcosa.
Sto aspettando anche io con una certa curiosità la risposta di Asuka, quando improvvisamente lo noto e in quel momento capisco ogni cosa.
Hwoarang è davanti al cancello, in sella alla sua moto. Ci aspetta.
“Jin, ho chiesto una mano a Hwoarang e l’ho convinto promettendogli che…”
“Promettendogli cosa?” chiedo, anche se non è difficile immaginare che cosa.
“Che avresti combattuto con lui.” risponde mentre usciamo dalla proprietà e raggiungiamo Hwoarang.
“Neanche per sogno.” rispondo a voce alta senza neanche pensarci.
Assolutamente no! Dopo una giornata come questa voglio solo tornarmene a casa e stare in tranquillità!
“Te la stai facendo addosso come al solito Kazama?” chiede Hwoarang con un ghigno stampato sulla faccia.
“Fuori dai coglioni, Hwoarang.” rispondo esasperato “Non è giornata.”
“I patti sono patti, stronzo.”
“Non ricordo di aver fatto alcun patto con te, infatti.”
Hwoarang scende dalla moto e mi si avvicina con fare aggressivo.
“Io e te abbiamo un conto in sospeso!” ringhia “Questo te lo ricordi?”
“Ehm…” interviene Asuka separandoci “Ok, quello che Jin stava cercando di dire è che abbiamo avuto una serata impegnativa e in questo momento non sarebbe al massimo della sua forma per combattere.”
Le lancio uno sguardo che potrebbe incenerirla.
Di certo non era quello che stavo cercando di dire.
Hwoarang sembra notarla in quel momento.
“Che diavolo è successo lì dentro Asuka? Sembra che abbia affrontato un branco di procioni!”
Asuka ridacchia.
“Beh, più o meno.” alza le spalle “Comunque, facciamo così. Questa domenica alle quattro in punto vi incontrerete per pareggiare i conti. Io farò da arbitro.” 
Propone guardando prima Hwoarang, poi me.
“Al vecchio campo da basket dietro alla vecchia sede della scuole medie.” continua Asuka “Lo stesso posto dove tutto è cominciato, no?”
Sono sorpreso. Hwoarang deve averle raccontato più cose di quanto mi aspettassi.
“È ora di chiudere i conti una volta per tutte, non pensate?” 
Dopotutto non sarebbe male finire una buona volta con questo stalking. E anche farlo fuori da orari di scuola o in altri momenti poco comodi sarebbe alla fine la soluzione migliore.
Ci penso qualche secondo, poi mi decido a rispondere.
D’altronde, che mai potrà succedere?
“D’accordo, finiamola una volta per tutte.” dico “Domenica alle quattro al campo da basket e dopo non mi romperai più le palle.”
“Mi assicuri che verrai?” chiede Hwoarang serio.
“Verrò.” confermo con un cenno della testa “E adesso se permetti vorrei tornarmene a casa.”
Li supero e inizio a camminare lungo la via, impaziente di tornare a casa e concludere finalmente questa serata.
Che ennesima giornata assurda! Da quando è che la mia vita si è trasformata in un anime demenziale?
“Ti aspetto Kazama!” mi raggiunge la voce rabbiosa di Hwoarang “Non osare darmi buca! Hai capito stronzo?! Hai capito?!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:
Non sono sicura che passi ancora qualcuno da queste parti, ma va bene lo stesso ahaha.

 

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Capitolo 15
*** Troubled Adolescence (Jun) ***


15
Troubled Adolescence
(Jun)

 

Quello stesso giorno,
qualche ora prima...

 

“E così Jin non vuole parlarti.” sospiro tenendo lo sguardo sulla strada.
Stringo le dita attorno alla superficie ruvida del volante.
“Esatto. Mi ha detto letteralmente di non rompergli i coglioni.” brontola Asuka seduta al mio fianco.
“Asuka!” Le lancio una veloce occhiata di rimprovero.
Sa bene che non mi piace che usi queste parole.
“Che c’è?” chiede lei alzando le spalle “L’ha detto lui, non io!”
Non rispondo.
Deve proprio essere furioso.
Sento una stretta al cuore. Sento di avere esagerato e di essere stata troppo dura con Jin ieri sera. Mi dispiace avergli detto quelle cose e mi dispiace che adesso non voglia parlare con nessuno, ma anche lui ha le sue responsabilità! Accidenti, sembra che ce la stia mettendo tutta per portarmi al limite della sopportazione! Mi ha tenuto nascosto di aver comprato una moto, porca miseria!  
Rabbrividisco. Il solo pensiero mi fa venire i capogiri!
“Ma gli passerà, vedrai!” riprende Asuka notando la mia espressione.
Sembra sicurissima della sua affermazione.
“Fa sempre così.” riprende “Dà i numeri per qualcosa, rimane qualche giorno super-imbronciato, o qualche settimana se la cosa è grave, e poi torna al suo normale livello di imbronciamento.”
“Comunque Asuka.” intervengo poco dopo “Molto astuto da parte tua spostare il discorso su Jin, ma non pensare che questo mi faccia dimenticare dove ci stiamo dirigendo e perché.”
Asuka sposta lo sguardo sulla strada e fa una smorfia.
“Beh, con tutto il rispetto, non sono sicura che questo servirà davvero a qualcosa” commenta imbronciata “Insomma dove siamo, alle elementari? Quella mi odia senza motivo e non saranno certo due chiacchiere a cambiare le cose!”
“Certo, come no! Ce l’hanno tutti con te!” commento sarcastica.
“Zia, tu non conosci quella pazza!” ribatte lei nervosa.
“Va bene, ma tu vedi soltanto di non farti venire uno dei tuoi momenti di rabbia!” la avverto “E gradirei che evitassi di dire tutto quello che ti passa per la testa. Per il resto, lascia fare a me e vedremo di sistemare le cose in fretta.”
Asuka sbuffa, visibilmente infastidita.
“Figurati, farò in modo di non spiccichare proprio parola! Almeno così riusciremo a tornare a casa il prima possibile.” borbotta.
“Benissimo!” rispondo “Comunque dovremmo essere arrivate.”
Lancio uno sguardo veloce allo schermo del navigatore affianco al volante. La residenza dei Rochefort dovrebbe essere proprio qui in zona.
Mi preparo per accostare.
“Non mi dire che è questa specie di castello!” Asuka abbassa la testa per vedere meglio oltre il cristallo della macchina “Sapevo che erano francesi o qualcosa del genere, ma non immaginavo che avessero sradicato un castello dalla Francia e che l’avessero piazzato qua.”
Asuka ridacchia della sua battutina.
La casa è parzialmente nascosta da un alto muro di pietra semicoperto da piante rampicanti, ma, per quel che si vede, sembra in effetti un castello uscito da una fiaba europea.
Usciamo dall’auto e ci dirigiamo verso il cancello.
Asuka sbuffa di nuovo, visibilmente ansiosa.
“Continuo a pensare che stiamo solamente perdendo tempo.” borbotta “Te l’immagini se anche il resto della sua famiglia è fuori di testa come lei?”
“Asuka, adesso piantala!” sbotto premendo il tasto del citofono.
Mi schiarisco la voce, pronta a presentarmi, ma nessuno risponde.
“Non sono in casa?!” mi chiedo a voce alta qualche secondo dopo “Eravamo d’accordo che ci saremo incontrati a quest’ora!”
“Bene! Che gente maleducata!” esclama Asuka cogliendo la palla al balzo. "Andiamocene!”
“Beh, il cancello è stato lasciato aperto.” ragiono a voce alta “Forse il citofono non funziona e questo è un invito ad entrare.”
“Zia!” protesta Asuka “No! Non puoi entrare senza permesso!”
Muovo una delle ante del cancello di ferro per allargare il passaggio.
Si sente un inquietante cigolio. Quando è stata l’ultima volta che questi cardini hanno visto dell’olio?
Mi volto verso di Asuka, che mi guarda perplessa ancora dall’altra parte del cancello.
“Che c’è?” le chiedo impaziente “Andiamo!”
“Ma… non sono sicura che il cancello lasciato aperto sia la stessa cosa di un invito ad entrare!”
“Senti, non sono uscita prima dal lavoro per farmi tirare il pacco!” ribatto con decisione “L’accordo era di incontrarci a casa loro a quest’ora! Sta zitta e seguimi!”
Asuka alza le spalle, poco convinta e finalmente mi segue all’interno del giardino.
“Comunque questo posto è un po’ inquietante.” borbotta guardandosi intorno.
In effetti il giardino è un tantino trascurato e in questo pomeriggio un po’ grigio appare quasi lugubre. Ci sono diverse statue ormai invase dalle piante rampicanti, di quegli strani tipi dal gusto un po’ gotico che vedresti bene in un cimitero all’occidentale.
Passiamo a fianco ad una fontana in disuso da un pezzo. C’è pochissima acqua nel fondo ed è ormai diventata una melma verdastra.
“Senti, in questo posto sembra che nessuno ci metta più piede dal secolo scorso.” mi sussurra Asuka all’orecchio “Siamo sicure che sia la casa giusta?”
“Sì.” mi limito a dire.
“Porca miseria! Sembra il giardino di Dracula.” continua Asuka mentre passiamo a fianco ad una stranissima statua di una sorta di angelo con le corna e lo sguardo indemoniato.
“Ma che dici?!” commento agitando una mano per allontanare il pensiero “È arte!”
“Arte!” ripete Asuka ironica “Ciò non toglie che sia il giardino più strano e inquietante che abbia mai visto!”
“Ora non esagerare!” le dico “Avranno il giardiniere in ferie o qualcosa del genere!”
“Ah! Giardiniere in ferie da cinquant’anni almeno!” esclama Asuka “Anzi, scommetto che è morto qui e ora inciamperemo sul suo cadavere!”
Faccio finta di non sentire.
Arriviamo finalmente davanti alla porta di casa. È un grande portone di legno scuro, con due teste di leone di ferro battuto incastonate nel legno, dalle quali pendono due batacchi.
Chiudo la mano su uno degli anelli e busso energeticamente contro la porta.
Non si sente alcun rumore da dentro, nessuna voce, nessun segno di vita, un solo scatto metallico della serratura e una delle due ante del portone si schiude appena.
Rimango ad aspettare per qualche secondo, studiando la situazione. Asuka mi guarda sempre più confusa.
“Io scapperei finché è possibile.” bisbiglia.
Mi scosto un ciuffo di capelli dalla fronte e rifletto. Sono effettivamente confusa anche io da questo tipo di accoglienza. Nessuno che ci risponde al citofono, nessuno che sembra notare la nostra presenza e una porta che sembra essersi aperta da sola. Che devo pensare?!
Spingo la porta con una mano, questa si muove con un forte cigolio e ci mostra una parte dell’atrio che fa da ingresso alla casa.
Sembra molto buia al suo interno, ma, cosa ben più strana, sembra assolutamente deserta.
Busso ancora contro la porta.
“C’è nessuno?” provo a dire.
La mia voce echeggia nel corridoio buio e vuoto.
“Te lo dico io, non c’è nessuno ed è meglio che ce ne andiamo prima che qualcosa arrivi a berci il sangue!” continua Asuka con un sussurro strozzato “Nessuno sa che siamo qui vero? L’avrei detto a Jin, se solo me l’avesse consentito! Moriremo qui assieme al povero giardiniere e nessuno ci troverà!”
“Asuka, basta! Non sono in vena di scherzare!” dico seria, poi busso ancora una volta.
Sbuffo, sto davvero iniziando a perdere la pazienza. Perché diamine non viene nessuno a riceverci? Odio perdere tempo inutilmente! Sono uscita prima dal lavoro appositamente per questa ragione!
“Permesso?” chiedo aprendo ancora di più la porta e facendo un passo all’interno della stanza.
“Zia Jun!” protesta Asuka “Torna qui!”
Mi guardo intorno. È un lungo corridoio del quale non riesco a vedere l’estremità perché completamente in ombra. Lungo le pareti ci sono diversi quadri e ritratti che hanno tutta l’aria di essere lì da tanto tempo.
“Permesso?” chiedo ancora alzando la voce.
Ormai sto praticamente urlando.
Faccio qualche passo in avanti e Asuka mi segue titubante.
“Sono Jun Kazama, ci siamo sentiti per telefono.”
“Stiamo scherzando?” borbotta Asuka guardandosi attorno sconcertata “Questo posto mette i brividi, veramente! Ma dove siamo finite?”
La ignoro e mi schiarisco la voce, per continuare a parlare.
“Io e mia nipote Asuka siamo qui per parlare del piccolo incidente che ha avuto con la vostra…”
“... con la signorina Lili!” una voce roca e debolissima arriva dal buio in fondo al corridoio, completando la mia frase.
Sobbalzo e cerco di scrutare meglio l’oscurità. Anche Asuka sussulta e mi stringe una mano attorno all’avambraccio.
Riesco finalmente a scorgere la figura esile di un vecchio che si avvicina silenziosamente.
“Benvenute a casa Rochefort.” parla con un soffio di voce, esibendo un forte accento straniero.
Si ferma e, ancora in penombra, solleva un braccio per indicarci una porta a vetri sul lato sinistro del corridoio.
“Vi prego di accomodarvi.”
Faccio qualche passo in avanti, verso la porta indicata e finalmente sono in grado di vedere meglio il mio interlocutore. Rimane in ombra, come se temesse di esporsi alla luce, è molto vecchio e ci osserva con i suoi occhi pallidissimi da dietro le lenti degli occhiali.
L’uomo apre la porta di quello che sembra proprio un salotto francese del diciannovesimo secolo.
“La ringrazio.” dico, ancora un po’ confusa dalla situazione e poi entro nella stanza, andando a sedermi in uno dei divanetti.
Asuka mi segue. È confusa e diffidente, glielo si legge perfettamente in faccia, ma viene a sedersi accanto a me.
Il soggiorno è appena più accogliente del resto della casa vista finora. Una grande vetrata lascia entrare un po’ di luce, sebbene il cielo sia ancora grigio e coperto. I mobili sono eleganti e di gusto antico, fatta eccezione per una stranissima struttura al centro della stanza, come una sorta di altalena che pende dal soffitto.
“Anche lui è un pezzo dell’arredamento?” mi sussurra Asuka riferendosi al vecchio.
“Asuka, non essere maleducata.”
“Hai visto quanto era strano? E perché la porta si è aperta da sola se lui era da tutt’altra parte?” continua bisbigliando, poi si guarda intorno “E ora dove è finito?”
In effetti non ci ha seguito all’interno del salone e non ho la più pallida idea di che fine abbia fatto.
“Starà tornando.” rispondo cercando di essere convincente.
Cerco di reprimere quel poco di irritazione che comunque inizia a turbarmi. Il comportamento di questa gente è alquanto insolito, al di là di possibili differenze culturali, e la loro accoglienza lascia un po’ a desiderare.
Passano alcuni minuti e finalmente il vecchio torna a farsi vedere. Ci raggiunge con un vassoio con una teiera e delle tazze da tè.
“Vogliate perdonare la signorina Lili, è impegnata con la sua routine di ginnastica quotidiana, ma ci raggiungerà quanto prima.” ci informa posando il vassoio sul tavolino davanti a noi “Gradite del tè?”
Routine di ginnastica?! Cerco di elaborare velocemente il concetto.
Sono uscita prima da lavoro per aspettare che una ragazzina completi la sua routine di ginnastica?!
“Sì, grazie. Molto gentile.” rispondo comunque alla domanda.
“Ehm, per me no, grazie.” rifiuta invece Asuka.
Mi chiedo se sia perché sta ancora pensando che ci vogliano succhiare il sangue o qualcosa del genere! Chissà perché i ragazzini di questa età sono così impressionabili! Devono essere tutti quei videogiochi e tutte quelle serie tv che gli mettono in testa queste fesserie!
“I genitori della signorina Lili non sono in casa?” chiedo impaziente prendendo la tazza di tè che mi viene offerta.
L’uomo prende posto in una delle poltrone davanti a noi e prende la sua tazza fra le mani tremolanti.
“Mi dispiace, ma no.” risponde calmo “Messieur e Madame Rochefort al momento si trovano nella loro residenza di Monaco.”
Sorseggio un po’ di tè cercando di mascherare la mia indignazione.
Prima che possa aggiungere altro, però il vecchio riprende a parlare.
“Io sono Sebastian, il capo maggiordomo della residenza giapponese. In assenza dei signori Rochefort sono anche temporaneamente responsabile della custodia della signorina Lili, quindi oggi siederò con voi in qualità di suo tutore.”
“Capisco.” rispondo.
Meglio di niente!
“Beh, mi trovo in una situazione simile.” ragiono a voce alta “I genitori di Asuka vivono a Osaka, e oggi sono qui al posto loro.”
Appoggio la tazza sul tavolino.
Si instaura un silenzio un po’ imbarazzante. E dire che avremo già potuto iniziare il discorso se la ragazza non avesse avuto la sua stupida routine di ginnastica!
“È… ehm… una bella casa.” commento per far passare un po’ di tempo.
Sebastian annuisce.
“Lo è, anche se questa dimora ha visto decisamente tempi migliori.” risponde vagando con lo sguardo lungo i muri “Grandi feste e balli hanno animato le sale di questo palazzo in passato, oramai è difficile mantenere il vecchio splendore.”
Sebastian sospira.
“Del personale della casa sono rimasto solo io e il palazzo è in decadenza.” aggiunge poco dopo con aria sinceramente addolorata.
Appoggia la tazzina sul tavolino e solleva lo sguardo sul lampadario di cristallo sopra di noi.
“Forse la famiglia Rochefort sarà persino costretta a vendere la residenza in un futuro non troppo lontano.”
“Oh…” commento soltanto.
Non mi aspettavo che il mio commento innocente potesse aprire le porte a quello che sembra un argomento delicato come questo.
“I Rochefort hanno perso molti dei loro possedimenti negli ultimi anni.” spiega ancora Sebastian “Ma le cose si sono fatte serie dopo che la Mishima Zaibatsu ha reclamato i propri diritti sulla proprietà di alcuni pozzi petroliferi in nord Europa.”
Asuka mi stringe di nuovo un braccio. Mi volto da lei e noto l’espressione shockata sul suo volto.
Sospiro nervosamente. Spero proprio che non si faccia venire idee strane e che non decida di entrare in questo argomento.
“Capisco. Mi dispiace molto.” intervengo sperando di chiudere la questione il prima possibile.
Prendo ancora la tazza di tè e ne bevo un altro sorso.
Sebastian alza lentamente lo sguardo su di me.
“Mi è parso di capire che voi siete imparentati con il signor Mishima.”
Sussulto. Abbasso la tazza e prendo un fazzoletto di carta per pulirmi la bocca. Per poco non mi è andato di traverso il tè!
“Beh sì, la nostra famiglia ha qualche legame di parentela con… Heihachi Mishima.” rispondo vaga “Ma vorrei sottolineare che noi non abbiamo alcuna connessione con l’attività della Zaibatsu.”
Sebastian annuisce e abbassa gli occhi, con uno sguardo triste.
Si instaura un nuovo silenzio imbarazzante. Asuka mi manda delle strane occhiate, come se cercasse disperatamente di comunicarmi qualcosa, ma non riesco davvero a capire cosa.
Mentre cerco di decifrare l’espressione enigmatica di mia nipote, si apre improvvisamente la porta del salone e una ragazza con dei lunghi capelli biondi fa la sua entrata in scena.
“Sebastian!” esclama con rabbia.
Guarda me e Asuka di sfuggita, poi si volta dal maggiordomo e gli parla in francese. Non sono in grado di capire il contenuto della conversazione, ma dal suo tono intuisco che la ragazza è per qualche motivo piuttosto scocciata.
Sebastian risponde con voce calma, ma Lili sembra letteralmente furiosa. Il maggiordomo sembra cercare di farla ragionare, ma Lili non sembra intenzionata a volersi calmare.
“Vedi che è fuori di testa?” mi bisbiglia Asuka all’orecchio con un’espressione di sufficienza.
Non avrei usato le stesse parole, ma di certo il suo comportamento è un bel po’ maleducato.
Sebastian insiste e finalmente sembra fare ragionare la ragazza. Lei sospira rumorosamente e prende posto nella strana altalena appesa al soffitto.
Non posso non notare la smorfia che si insinua nel volto di Asuka.
Lili ci guarda e forza un sorriso.
“Chiedo scusa se vi ho fatto aspettare.” dice semplicemente “Sebastian non mi aveva avvisato di questo incontro.”
Sebastian la guarda in silenzio e sospira.
Non sono affatto convinta che sia la verità.
“Bene, molto piacere di conoscerti Lili.” comincio “Io sono Jun Kazama, la zia di Asuka.”
Asuka incrocia le braccia al petto e si appoggia allo schienale del divano con un lieve broncio.
“Sono qui per parlare dell’episodio successo a scuola qualche giorno fa.” spiego.
“Oh, capisco.” annuisce Lili con un sorrisetto cattivo “Quindi Asuka è venuta per porgermi le sue scuse?”
Asuka spalanca la bocca, con un’espressione quasi scandalizzata. Le poggio una mano sulla spalla, con la speranza di calmarla prima che possa pensare di rispondere qualcosa.
“Signorina Lili.” interviene Sebastian “Forse è meglio lasciare finire la signora Kazama.”
“Sì, grazie.”  riprendo schiarendomi la voce “Forse è meglio cercare di capire che cosa sia successo tra voi due. Mi pare chiaro che il vostro rapporto è partito con il piede sbagliato e questa è la giusta occasione per cercare di chiarire le incomprensioni che possono esserci state.”
Sorrido.
Lili guarda Asuka, poi torna da me.
“Beh, sì. Potrebbe essere utile.” dice con aria altezzosa “Per esempio vorrei chiedere ad Asuka perché ha preso così male l’idea che io possa dirigere il gruppo di danza al posto suo? Mi pare ovvio che io abbia più esperienza di lei in questo campo.”
Asuka inspira rumorosamente.
“È il mio gruppo!” ringhia “Se pensi di saper fare molto meglio, perché non ne ne organizzi uno anche tu e ti fai una coreografia tutta tua invece di sabotare i gruppi degli altri?”
Lili sospira, poi guarda me.
“Come vede, sua nipote è estremamente permalosa e non accetta l’idea che ci possa essere qualcuno più abile di lei a fare qualcosa.”
“L’hai deciso tu che sei più abile di me!” ribatte immediatamente Asuka “Oltre che bugiarda sei pure presuntuosa!”
Lili ridacchia.
“Ti viene proprio impossibile accettare l’idea che per una volta potresti non essere tu al centro dell’attenzione, vero?”
“Senti chi parla!” sbotta Asuka “Chi è che è seduta su un’assurda altalena da soggiorno in questo momento?”
“Cos’hai da ridire sulla mia balançoire?”
“Per favore ragazze!” mi intrometto “Cercate almeno di venirvi incontro!”
Di questo passo non faremo alcun progresso oggi.
Sebastian sospira.
“La signorina Lili ha sempre avuto problemi a fare amicizia.” ammette con una punta di rassegnazione.
“Sebastian! Ma che diavolo dici?!” esplode Lili, improvvisamente rossa in volto.
“Chissà come mai.” borbotta Asuka sottovoce per farsi sentire solo da me.
“È la verità!” continua Sebastian “Fin dai tempi dell’asilo, quando metteva la colla nelle sedie dei compagnetti!”
“Sebastian, sta zitto!” continua Lili minacciosa “È successo un sacco di tempo fa, non c’entra niente con questo!”
Sorrido.
“Beh, anche Asuka ha un carattere un po’ complicato.” osservo.
Asuka mi guarda come se l’avessi pugnalata alle spalle.
“Che c’è? Vorresti per caso negarlo?” le chiedo “Pensa a tutte le tue innumerevoli bravate!”
Rimane senza parole, a guardarmi in difficoltà.
“In un certo senso voi ragazze non siete poi così diverse.” osserva Sebastian e quasi quasi mi trovo d’accordo.
In effetti Asuka sembra aver trovato una ragazzina testarda e orgogliosa quanto lei.
“Suvvia, perché non lasciate tutto alle spalle e non ricominciate da capo con una stretta di mano?” propongo alle due “Per quanto riguarda il gruppo di danza potreste collaborare e mettere a votazione le questioni sulle quali non vi trovate d’accordo!”
Asuka mi guarda di nuovo come se le avessi chiesto l’impossibile.
“Almeno provateci.” suggerisco “È normale avere delle incomprensioni a questa età. Soprattutto in ambienti come quello scolastico. Queste cose sono normali anche in età adulta! Se penso a tutte le incomprensioni avute a lavoro o persino al circolo…”
Mi volto da Lili e Sebastian. Loro non sanno del circolo, è d’obbligo fornirgli il giusto contesto.
“Sono la co-presidentessa di un gruppo attivista per la salvaguardia dell’ambiente.” sintetizzo con orgoglio.
“Zia, ti prego.” sospira Asuka “Non iniziare!”
Poi si alza e si avvicina a Lili.
Le porge la mano.
“D’accordo.” borbotta “Mi dispiace, Lili. Cancelliamo tutto e ricominciamo da capo.”
Lili osserva la mano di Asuka e sembra rifletterci per qualche secondo, poi mostra un sorriso gentile e la stringe.
“D’accordo Asuka.” dice “Cerchiamo di essere amiche d’ora in avanti?”
Asuka annuisce, sebbene non mi sembri troppo convinta.
“Ci puoi contare.” ripete sibilando tra i denti.
La stretta di mano sembra energica e decisa, così come le espressioni tirate delle due ragazze.
“Ottimo!” commento.
Asuka torna a sedersi e mi guarda con aria impaziente.
“Ora possiamo anche andare…” bisbiglia.
“Signora Kazama.” dice poi Lili servendosi del tè “Mi parli del suo gruppo per la salvaguardia dell’ambiente, la prego.”
Sono sorpresa. Non riesco a trattenere un grande sorriso.
“Oh! Ti interessa sul serio?”


“Insopportabile! Hai visto quanto è odiosa?” si lamenta Asuka agganciando la cintura.
“Oh per l’amor del cielo, Asuka!” la rimprovero mettendo in moto l’auto “Ammetto che inizialmente mi ero fatta una certa idea su di lei, ma poi…”
“Ma poi è stata abbastanza astuta da chiederti del tuo circolo e ha capito come poteva conquistare la tua fiducia!” esplode furente “Cavolo zia, possibile che non ti rendi conto di essere stata manipolata?! Basta che la gente ti chieda di parlare del circolo e diventi un’altra persona!”
“Adesso basta Asuka!” la avverto “Non sono nata ieri e non ti permetto di parlarmi in questo modo!”
Sbuffa e si mette a braccia conserte.
“D’accordo, scusami.” dice un po’ forzatamente “Ma sono sicura al cento per cento che ti ha chiesto del circolo solo per fare una buona impressione su di te, e quindi, alla fine, per metterti contro di me.”
“Asuka! Questo discorso è ridicolo!”
Lei picchia le mani violentemente sulle ginocchia.
“Accidenti, non lo vedi che sta andando tutto esattamente come quella strega ha pianificato?” continua furibonda “Guardaci! Adesso sei arrabbiata con me!”
“Certo che sono arrabbiata con te!” sbotto “Stai praticamente insinuando che mi sono lasciata abbindolare da una ragazzina di quindici anni!”
Mi immetto nel traffico.
“Perché è esattamente quello che è successo!” esplode.
“Asuka, o ti calmi o ti rispedisco dai tuoi genitori in giornata stessa!” la minaccio nervosissima “Perché non ne posso veramente più di dover combattere tutti quanti, tutti i giorni!”
Asuka prende un respiro profondo.
“D’accordo, mi calmo.” dice seccata tanto per accontentarmi.
Inspiro anche io.
“Renditi conto dell’assurdità di ciò che stai dicendo!” ragiono poi cercando di recuperare la calma “Tu staresti insinuando che Lili abbia deciso di fare l’iscrizione ufficiale al mio circolo, per fare un dispetto a te.”
“Sì!” risponde lei sicurissima.
“Non ti passa assolutamente per la testa che forse sia davvero interessata ai nostri temi o che forse… stia cercando di fare amicizia? Dopotutto Sebastian ha detto che ha qualche difficoltà in quel senso.”
Asuka rotea gli occhi all’indietro.
“Senti, te lo dico io, quella mi odia e ce la sta mettendo tutta per farmi venire un esaurimento nervoso!” riprende cercando di parlare più tranquillamente possibile “Ce l’ha con me perché sa che sono in qualche modo imparentata con Heihachi e vuole forse vendicarsi perché lui ha messo sul lastrico la sua famiglia o qualcosa del genere!”
“Oh! Quante sciocchezze, Asuka!” la fermo.
“Non sono sciocchezze!” protesta lei “Quando il maggiordomo ha spiegato la storia della casa e ha parlato della Zaibatsu mi è stato tutto chiaro, finalmente!”
Sbuffa.
“Maledizione! Che poi io non sono nemmeno imparentata con Heihachi!” continua “Perché se la prende con me?!”
“Quindi, mi sembra di capire che la storia della tregua con tanto stretta di mano era tutta una farsa per te.” le rinfaccio “Non mi sembra che tu abbia il benché minimo interesse a cambiare atteggiamento nei suoi confronti.”
Lei alza gli occhi al soffitto dell’auto.
“Certo che era una farsa, zia! E per lei è stato lo stesso! Non mi fiderei neanche un secondo di una così!” ammette “Non siamo alle elementari, rancori di questo genere non si risolvono così con due chiacchiere e una stretta di mano. Quello di cui lei avrebbe bisogno è una seduta psichiatrica, te lo dico io!”
Scuoto la testa.
“Sono profondamente delusa da questo tuo atteggiamento, Asuka.” ammetto con sincera disapprovazione “Non capisco veramente come tu possa essere così prevenuta nei confronti di questa povera ragazza, dalla quale, per inciso, non sei poi così diversa.”
“Ah! Questo è un insulto che proprio non posso accettare.” dice lei con una risata sarcastica.
“Credevo fossi più matura di così, Asuka.” sussurro con profondo rammarico “Sono veramente dispiaciuta.”
Le mie parole sembrano scivolarle addosso, senza neanche toccarla, tanto è convinta di essere dalla parte della ragione.
“In ogni caso, fidati, di certo non mi metterò di nuovo nei guai con lei, anzi le starò più alla larga possibile, a costo di mollare il gruppo di danza.” commenta voltandosi a guardare attraverso il finestrino.
Questo è davvero strano.
Non è assolutamente da lei gettare la spugna e ammettere sconfitta così. Il suo tono di voce poi è strano, la sua voce è improvvisamente tremolante.
“Mollare il gruppo di danza?!” ripeto confusa.
“Lo so, la lascerò vincere, almeno temporaneamente. In questo preciso momento ho altro a cui pensare, non posso occuparmi anche di questo.”
Non capisco. A che si riferisce?
Sarà semplicemente turbata dalla nostra discussione?
Che stia facendo in modo di passare per vittima?
Dopotutto non sarebbe la prima volta.
“Che intendi dire?” chiedo “Sei preoccupata per le verifiche di fine semestre?”
“Esatto.” risponde, poi guarda in avanti e indica un punto all’angolo dell’incrocio “Lasciami pure qui. Vorrei prendermi un milkshake al Dragon prima di tornare a casa. Dopo questo pomeriggio ho proprio bisogno di una dose di zuccheri!”
La guardo pensierosa. Il suo tono sembra essere tornato quello di sempre, ma c’è qualcosa che non mi torna.
Lei mi rivolge un sorrisino innocente.
“Sei sicura?” chiedo conferma “Poi prendi la metro per tornare?”
“Sì. Non preoccuparti.”
L’accontento. Accosto e la faccio scendere. Magari stare un po’ per conto suo l’aiuterà a rinfrescarsi le idee.
Riparto e inizio a pensare che forse avrei bisogno di una pausa anche io.


Apro la porta di casa e a quanto pare sono la prima ad essere rientrata.
Tenendo il telefono tra l’orecchio e la spalla, digito con una mano il codice per la disattivazione dell’antifurto.
“Sì, Michelle. Mandami la documentazione per email, dopo cena gli darò un’occhiata.” parlo al telefono.
Chiudo la porta con il piede e mi sfilo le scarpe. Poi avanzo lungo il corridoio con le buste della spesa ancora in mano.
“No, non sono passata in sede, avevo da fare stasera.” dico ancora al telefono.
Entro in cucina e appoggio le buste del supermercato su due sedie.
“Ma Jun, avevi detto che te ne saresti occupata tu!” mi fa notare Michelle dall’altro capo del telefono.
Mi passo una mano sulla fronte, riavviandomi i capelli.
“Hai perfettamente ragione. Ma indovina un po’?” rispondo non riuscendo a nascondere la mia irritazione “Mia nipote l’altro giorno ha avuto la geniale trovata di picchiare un’altra ragazza nel cortile della scuola e oggi sono uscita prima da lavoro per andare a sistemare la questione!”
Entro in salotto e mi lascio cadere sul divano, sfinita.
“Sono pure dovuta uscire prima da lavoro, lasciandomi un mucchio di cose da fare per domani.” borbotto “Mi sembra di stare per impazzire!”
“Jun, va tutto bene?” chiede Michelle improvvisamente preoccupata.
“Sì, credo. Ho solo un grande mal di testa.” rispondo “A volte penso che avrei solo bisogno di una vacanza lontana da tutto.”
Michelle rimane un po’ in silenzio.
“E con quel Lars come va?” domanda poi diffidente.
“Oh per l’amor del cielo, Michelle!” esclamo “Non pensare più a Lars e piantala con questa tua insensata paranoia!”
“Scusa scusa!” risponde prontamente lei “Era solo per sapere.”
“Se proprio lo vuoi sapere è andato al posto mio a prelevare dei campioni da analizzare in una fattoria fuori città, dato che io non potevo farlo.” spiego, poi sospiro “Spero che non si perda. Quel Lars è un ragazzo d’oro, non so cosa farei senza il suo aiuto.”
“Sì, vabbè.” commenta Michelle diffidente “Comunque, dato che mi sembri molto stanca, ora ti lascio. Fammi sapere se vedi quella roba che ti ho mandato!”
“D’accordo, vedrai che la manifestazione si farà! Ci inventeremo qualcosa come sempre.”
Ci salutiamo e chiudiamo la telefonata.
Come se non avessi altri pensieri, a quanto pare un gruppo industriale vicino alla Mishima Zaibatsu sta cercando di boicottare la nostra prossima manifestazione per l’ambiente.
Accendo la televisione.
Dovrei andare a sistemare la spesa, ma non ho la forza di alzarmi. Non ho mai un attimo di pausa in questa vita!
Quando ero una liceale non era così che immaginavo il mio futuro.
Pensavo che avrei trascorso la mia vita in modo completamente diverso, vivendo in un posto tranquillo, a contatto con la natura e tanti animali. Forse la realtà è che non mi sono mai abituata al caos della vita metropolitana e il fatto di dover combattere pure a casa non rende di certo le cose più semplici.
Ripenso alla discussione con Asuka di poco fa e a quella con Jin di ieri sera.
È vero che Asuka a volte è testarda e ingestibile, ma Jin è totalmente un altro paio di maniche. Ultimamente non passa giorno senza che litighiamo almeno una volta.
Sospiro.
Forse davvero sto sbagliando anche io.
Forse è vero che voglio avere ancora troppo controllo sulla sua vita ed è questa la prima causa dei nostri attriti. Sarebbe così sbagliato dargli l’indipendenza che vuole? D’altronde io alla sua età vivevo già da sola lontana dalla famiglia.
È solo che ho l’impressione che sia ancora troppo impulsivo! Vorrei che prendesse le sue decisioni con saggezza e con meno irruenza.
Forse però se gli dimostrassi di avere fiducia in lui, anche lui si fiderebbe più di me e accetterebbe meglio i miei consigli?
Cambio canale e ne finisco a guardare distrattamente un documentario sui canguri.
L’Australia.
A mente lucida mi rendo conto di avere un po’ esagerato ieri ad avergli precluso la possibilità di andare a studiare all’estero. Dopotutto si sta impegnando tantissimo per accedere a quel corso e non ci ha chiesto un solo centesimo per poter mettere in pratica questo progetto. Sta usando solo interamente le sue forze, il che è indubbiamente molto lodevole.
Stringo i pugni.
Sarei una madre orribile se non gli permettessi di poter ottenere ciò per cui ha lavorato così tanto e gli darei un pessimo esempio.
Deglutisco.
Ormai ho deciso.
Per quanto avrei preferito che lasciasse perdere questa idea, ho deciso di offrire a Jin la possibilità di andare a fare un anno all’estero. Vorrà dire che lo chiamerò spesso e mi assicurerò che stia bene, che mangi e che stia lontano da gente poco raccomandabile.
Sospiro ancora e spengo la TV.
È arrivato il momento di sistemare la spesa.


Sono quasi le nove e Jin e Asuka non sono ancora rientrati a casa. Non mi stupisco più di tanto per Jin, visto che vorrà evitarci il più possibile, ma mi sembra un po’ strano da parte di Asuka.
Siamo comunque seduti a tavola, io, Kazuya e Alisa. Lars mi ha telefonato poco fa, era sulla strada del rientro, ma ha trovato traffico. Sarà qui in un’oretta circa.
Ho l’impressione che Alisa sia un po’ a disagio. Da quando è arrivata non si era mai ritrovata ad essere sola con noi senza nessuno dei ragazzi e ultimamente, quando siamo a casa, passa spesso il tempo con Lars. Mi domando se il fatto di essersi ritrovata da sola oggi possa farla sentire un po’ in imbarazzo.
“Allora, Alisa. Come è andata a scuola?” chiedo cercando di rompere questo difficile silenzio.
“Molto bene!” risponde lei in tono gentile “È stata una giornata interessante.”
“Che bello!” sorrido “Che avete fatto?”
“Beh, il professor Chaolan ha fatto un esperimento in giardino!” continua Alisa “Ha messo in funzione un mini-razzo sul modello di quelli usati nell’industria aerospaziale!”
“Oh!” aggrotto le sopracciglia confusa.
Non sapevo che Lee facesse questo genere di lezioni pratiche. Credo che né Jin, né Asuka me ne abbiano mai parlato.
“L’esperimento non è andato molto bene però.” aggiunge Alisa.
“Ah no?” chiedo.
“Il razzo è andato a schiantarsi contro la grande statua di Heihachi.”
Sia io che Kazuya ci fermiamo momentaneamente di mangiare e guardiamo Alisa.
“Il razzo ha fatto cosa?” chiedo incredula.
“Si è schiantato contro la statua.” ripete Asuka “Gli ha distrutto completamente il volto!”
Io e Kazuya ci lanciamo un’occhiata.
“Ci prendi in giro, ragazzina, o è successo sul serio?” chiede poi Kazuya con un ghigno divertito stampato in volto.
“È successo sul serio, lo giuro!” risponde subito Alisa in atteggiamento quasi difensivo.
Si sente la porta di casa che si apre proprio in quel momento.
Mi alzo.
“Poi ne riparliamo, Alisa!” le prometto “Voglio sapere tutti i dettagli.”
Non riesco a trattenere un sorriso.
La statua del vecchiaccio è stata sfigurata! Appena ho un attimo libero devo ricordarmi di fare una telefonata a Lee.
Esco dalla sala da pranzo e vedo Jin e Asuka che cercavano di dileguarsi su per le scale.
“Ah, eccovi finalmente!” esclamo.
Loro si fermano di scatto.
Si girano e mi guardano come se li avessi appena beccati a fare qualcosa di losco.
Sollevo un sopracciglio.
È vero che hanno fatto più tardi del solito, ma questo atteggiamento sulla difensiva è alquanto strano. Così come è strano il fatto che siano tornati insieme quando fino ad un paio di ore fa, a detta di Asuka, non si parlavano!
“Tutto bene?” provo a tastare il terreno.
“Sì!” risponde Asuka un po’ troppo velocemente.
Mi metto a braccia conserte.
“Avete fatto pace?”
Si guardano in silenzio, un po’ spaesati.
Non me la raccontano giusta questi due, proprio per niente.
“Sì!” risponde Asuka con un sorriso forzato “Ci siamo fermati fuori a chiarirci, per questo abbiamo fatto un po’ tardi.”
“Più o meno.” aggiunge Jin, che non sembra troppo d’accordo con la versione della cugina.
“Immagino abbiate avuto un sacco da dirvi allora!” osservo.
Non ci crederebbe nessuno e sanno benissimo che non sto abboccando.
Non ho la più pallida idea di che cosa stessero combinando, ma forse oggi non lo voglio sapere. Ne ho davvero abbastanza di tutto!
Per oggi ho deciso che li lascerò passare.
Solo per oggi.
Sciolgo le braccia e sospiro.
“Venite a mangiare qualcosa almeno?”
“S-sì! Subito!” risponde Asuka “Vado ad appoggiare la roba e a lavarmi le mani.”
Jin annuisce.
“Anche io.”
Asuka riprende a salire le scale e Jin la segue.
“Jin, aspetta!” lo chiamo.
Lui si ferma, si gira e mi guarda con aria vagamente preoccupata.
“Che c’è?”
“Ci ho ripensato e… ho deciso che…” abbasso lo sguardo mostrando un piccolo sorriso “... hai il permesso di andare in Australia se lo vorrai fare.”
Jin sgrana gli occhi per la sorpresa.











 

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Capitolo 16
*** School of Shattered Dreams (Jin) ***


16
School of Shattered Dreams
(Jin)

 

È mattina presto e la prima ora di lezione inizierà tra poco. C’è poco movimento davanti ai distributori automatici del primo piano, o almeno rispetto a quelli del salone principale al piano di sotto. Sono qui a godermi un po’ di tranquillità, mentre aspetto l’erogazione della mia bevanda.
Sto ancora processando gli avvenimenti di ieri sera, il recupero del panda e il cambio improvviso di idee di mia madre, che inaspettatamente mi ha dato il permesso di andare a studiare all’estero.
Ottimo! Non avrò più bisogno di pianificare nessuna fuga adesso. Non rischierò di essere seguito e riportato a casa con le forze… sembra quasi troppo bello per essere vero!
“Jin! Eccoti!”
Vedo da lontano Julia camminare frettolosamente verso di me. La borsa stracolma di libri la rallenta un po’ e ho l’impressione che il tessuto possa cedere e sparpagliare libri sul pavimento da un momento all’altro.
“Sembri piuttosto felice di vedermi oggi!” commento diffidente quando mi raggiunge.
Lei non risponde e fruga all’interno dello zaino. Estrae un quadernino e me lo appunta contro il petto.
“Ecco!”
“Che diavolo è?” chiedo confuso, prendendolo e sfogliando qualche pagina.
Non ricordo di averle chiesto appunti o cose del genere.
“Sono gli esercizi che ieri non hai fatto! Devi recuperarli!” spiega “Esercizi che non hai fatto perché eri troppo impegnato a fare non ho capito bene cosa!”
Aggrotta le sopracciglia.
“Che cavolo è successo a proposito? Ho visto Kamiya poco fa ed era ancora su di giri!”
Alzo gli occhi al soffitto e prendo con la mano libera il mio bicchiere di tè caldo con limone.
“Lasciamo perdere.” sussurro “Probabilmente se anche te lo raccontassi, non mi crederesti!”
“Vabbè, non è importante.”
Sposta lo sguardo sul quaderno.
“Appena puoi dai un’occhiata al numero 73. Proprio non riesco a capire che cosa stia sbagliando!”
Sospiro e metto via il quaderno, infilandolo dentro la cartella.
“Se avrò tempo lo guarderò.”
Sorseggio un po’ di tè. Questi giorni il mio stomaco è completamente chiuso e il tè è una delle poche cose che mi vanno. Probabilmente è tutta colpa della rabbia e dell’enorme carico di stress che sto accumulando.
Julia non sembra gradire la mia risposta.
“Se avrai tempo?!” ripete “Jin, ho l’impressione che tu non stia prendendo la cosa abbastanza seriamente.”
“Julia, sai che se continui a tormentarmi così dovrai cercarti qualcun’altro che ti dia retta con questa tua dannata ossessione?” chiedo a bassa voce facendo del mio meglio per non sembrare troppo acido.
Mi guarda come se avesse appena visto un fantasma.
“Sai che… che questo non devi dirlo neanche per scherzo, vero?” chiede dopo nervosamente.
“Julia, sai perfettamente che io non scherzo quasi mai, vero?”
Non che mi piaccia necessariamente, ma a quanto sembra ho questa fama. Addirittura c’è gente va in giro a dire che mi manchi proprio un senso dell’umorismo!
Julia spalanca la bocca per la sorpresa, faccio per andarmene, ma lei mi si piazza davanti, chiudendomi la strada.
“Va bene, Jin. Ho lasciato passare tutte le tue stranezze e tutto quanto senza mai entrare nel merito della questione, non erano affari miei e so bene quanto ti piaccia essere riservato, ma adesso basta.” dice calma “Mi spieghi che cavolo ti prende ultimamente?”
Alzo un sopracciglio.
“Che mi prende? Di che parli?”
“Non ti riconosco più!” spiega “Negli ultimi tempi sei perso nei tuoi pensieri, sembra che non ti importi più della scuola e… senza offesa, ma non hai neanche una bella cera! Sei pallido e sembri pure sciupato. Stai mangiando abbastanza?”
Sospiro.
“Non so quali idee ti stia mettendo in testa” rispondo “ma sono semplicemente esausto, ed è esattamente il motivo per cui non ho voglia di essere tormentato.”
Finisco la frase rivolgendole uno sguardo di rimprovero.
Julia alza gli occhi al soffitto.
“D’accordo, ho recepito il messaggio, ma…” dice in tono di resa, poi mi guarda come se mi stesse per supplicare “In tutti questi anni che ci conosciamo non ti ho mai chiesto favori, ma ti prego, aiutami a vincere il primo premio!”
Congiunge le mani a mo’ di preghiera.
Bevo un altro sorso di tè guardandola con sospetto.
Possibile che sia disperata fino a questo punto? Nemmeno ricordo esattamente quale sia il primo premio, ma dubito che sia qualcosa di così importante.
“Allora?” chiede impaziente di avere una mia risposta.
Sospiro, veramente in difficoltà..
“Che diamine, Julia!” mi lamento poco dopo “Non è mica come se da questo dipendesse il tuo successo futuro o qualcosa del genere!”
Mi guarda contrariata.
“Fattelo dire, la tua totale mancanza di ambizione è raccapricciante!”
“Beh, che tu ci creda o no, c’è roba più importante del successo scolastico!” riprendo “La salute mentale, per esempio.”
“Sì, e questo genere di discorsi sono ciò che fa la differenza tra chi si adagia e chi invece vuole cambiare il mondo.” risponde lei di botto.
La guardo in silenzio con una mezza smorfia per qualche secondo.
“Seriamente?” chiedo quasi divertito.
Lei arrossisce e sposta lo sguardo da un’altra parte.
“Beh, ok. Questa mi è uscita così. Non è che penso davvero che un giorno arriverò a cambiare il mondo o qualcosa del genere.” si corregge “Però hai capito che intendo.”
Sospiro e inizio a camminare lungo il corridoio affollato di studenti, Julia mi segue.
“Sì, forse.” rispondo infine.
“Quindi mi aiuterai?”
“Hmm.” rispondo con un minuscolo cenno di assenso.
“Ottimo!” esclama felice “Quindi a pranzo ci mettiamo d’accordo per gli orari dell'esercitazione di stasera?”
“Stasera no!” protesto.
“Stasera sì!” ribatte lei decisa “Jin, non c’è più tempo!”
“Julia, per favore! Non ricordo l'ultima volta in cui ho avuto due dannati minuti liberi per me!” mi lamento “Non dicevi che ti sembravo pallido e sciupato proprio un attimo fa?”
“Sì, ma siamo indietro!” ribatte lei “E comunque si tratta di passare due o tre orette a leggere a fare esercizi, niente di troppo stressante, vedrai che ti rilasserai anche! E ti offro anche il té con i biscotti, se hai fame.”
Roteo gli occhi all’indietro.
“Senti… ne riparliamo dopo.” sibilo “Ora vado in classe.”
Ho bisogno di pensarci.
Julia mi guarda un po’ preoccupata.
“Ok.” risponde a voce bassa, un po’ titubante “Allora a dopo?”
Ci lasciamo e mi dirigo verso la mia classe. Le lezioni inizieranno a breve.
Finisco il tè e getto il bicchiere in un cestino del corridoio.
Entro in classe e vado a sedermi al mio banco.
Kamiya, spuntato da chissà dove, viene a sedersi nel banco a fianco.
“Kazama, credo che dovrò iniziare a frequentare più spesso la gente che ti sta attorno se le vostre uscite sono divertenti come ieri sera!”
“Allora, tanto per cominciare, stai sbagliando tutto alla grande.” rispondo accigliato “Primo, nessuno mi sta attorno, Xiaoyu si allena con me e Asuka purtroppo vive nella mia stessa casa; secondo, non esistono ‘uscite’ e quella di ieri sarà un’esperienza che spero di non dover mai più ripetere; terzo, la tua idea di divertimento è pessima!”
“Ma è stato incredibile! Sembrava di essere in un film!” risponde sprizzando adrenalina da tutti i pori.
“Sì, d’accordo, come vuoi.” taglio corto “Comunque è meglio non parlarne troppo. Non vorrei che questa storia possa finire per crearci dei problemi.”
“Ma quali problemi!” mi schernisce “Ti stai facendo le solite paranoie esagerate!”
Non ho il tempo di spiegarmi meglio nel merito delle mie ‘paranoie esagerate’, perché una bidella fa capolino all’interno della stanza e mi richiama l’attenzione.
“Jin Kazama!” legge il mio nome da un foglio ad alta voce “È presente?”
La classe piomba improvvisamente nel silenzio e avverto fisicamente tutti gli occhi su di me.
“Sono qui.” rispondo confuso.
“Devi venire subito in presidenza.”
Ok, non si preannuncia niente di buono. Che cosa è successo?
Dopo qualche momento di esitazione, mi alzo e attraverso la stanza, facendomi strada tra le occhiate dei miei curiosissimi, pettegolissimi compagni di classe.
Esco dalla classe e seguo in silenzio la bidella lungo il corridoio chiedendomi che mai sarà successo per farmi convocare in presidenza.
Non capisco. Sono nei guai?
O magari è successo qualcosa e mi vogliono comunicare la notizia.
Sobbalzo. Il vecchiaccio avrà avuto un infarto?
No. Scuoto la testa allontanando il pensiero. Quello probabilmente è immortale, deve essere per forza qualcos’altro.
Dopo quello che mi sembra un eterno percorso, arriviamo finalmente all’ufficio del preside.
Il preside, il professor Abel, una delle tante odiose marionette di Heihachi è seduto al di là della sua scrivania e, non appena mi vede, mi rivolge uno sguardo che non promette niente di buono.
Nella stanza sono presenti anche altre persone, tra cui la vicepreside, la psicologa scolastica e… una signora che non conosco che mi guarda come se mi volesse uccidere e Ishikawa con un occhio nero.
Merda! Ho già capito che non andrà bene.
“Kazama-kun, siediti per favore.” dice il preside con la sua voce gracchiante.
Faccio come mi dice e prendo posto, con un certo nervosismo, in una delle sedie libere.
Il professor Abel si schiarisce la voce e prende un foglio in mano, dal quale legge qualcosa.
“Kazama-kun, la signora Ishikawa e Ishikawa-kun, qui presenti, ci hanno informato di un fatto poco piacevole e a dir poco grave accaduto ieri sera.” riprende a parlare.
Fanculo! Lo sapevo!
Ma perché solo io sono stato convocato?
Che diavolo ha raccontato questo stronzo?
Guardo Ishikawa, lui evita il mio sguardo e si osserva nervosamente i piedi.
“Questo fatto spiacevole ti riguarda.” il preside continua posando gli occhi su di me “Vuoi dire qualcosa?”
Incrocio le braccia davanti al petto.
“No.” rispondo.
“Che è successo ieri sera, Kazama-kun?” continua il preside puntandomi addosso uno sguardo penetrante.
Mi volto di nuovo verso Ishikawa che alza timidamente lo sguardo e incontra il mio. Sembra spaventato.
Prendo un po’ di tempo e non rispondo.
Rifletto. Che dovrei fare?
Dire la verità? Chiamare in causa anche tutti gli altri? Rischiare di mettere nei casini il panda?
“Allora?” continua il preside con impazienza.
Tamburella una penna contro la superficie della scrivania.
“Glielo dico io cosa è successo!” esplode la madre di Ishikawa alzandosi in piedi “Questo delinquente ha aggredito mio figlio!”
“Mamma…” biascica Ishikawa nervosamente.
Io… ti avrei aggredito?!” gli chiedo a metà tra l’essere perplesso e furibondo.
“Come osi rivolgergli la parola?!” mi chiede la madre furibonda, puntandomi minacciosamente un dito contro.
“Signora, si calmi per favore.” la intima il preside, facendole cenno di tornare a sedersi.
La signora si siede.
Sospiro.
Che situazione di merda!
“Kazama-kun, è vero quello che ha detto la signora Ishikikawa?”
“No.” rispondo in tutta sincerità “Non gli ho mai messo le mani addosso.”
“Maledetto bugiardo!” sento la signora agitarsi sulla sedia per la rabbia “Tanto come esco di qui ti denuncio, delinquente che non sei altro!”
“Hai visto Ishikawa-kun ieri sera?” continua ad interrogarmi il preside ignorando le minacce della donna.
“Sì.” ammetto.
“Quindi hai effettivamente incontrato Ishikawa-kun, ma sostieni di non averlo aggredito tu. È questo che stai cercando di dire?”
“Sì.”
Il preside increspa la fronte e congiunge le mani incrociando le dita sulla scrivania. Ci guarda pensieroso.
“Allora, vediamo di analizzare meglio quello che è successo.” riprende a parlare poco dopo con fare annoiato “Ishikawa-kun è un tuo amico?”
“No.” rispondo.
“E allora come mai vi siete incontrati e dove?”
Mi volto da Ishikawa.
“Perché non lo fa raccontare a lui?” sibilo tra i denti.
“Ti ho detto di non parlare con mio figlio!” sbotta ancora una volta la madre.
“Kazama-kun, sono io chi decide chi deve rispondere alle domande.”
Sospiro e mi raddrizzo sulla sedia, poi guardo un punto indefinito del soffitto, cercando di riflettere e prendere una decisione velocemente.
“Ci siamo incontrati nel giardino di casa sua.” dico poco dopo.
“Che cosa?!” chiede la madre di Ishikawa guardando il figlio scioccata “È entrato a casa nostra?”
Ishikawa si nasconde la testa tra le mani, in evidente difficoltà.
“È vero?!” insiste la donna che mi guarda furente “Che ci faceva a casa nostra?!”
“Che ci facevi a casa loro, Kazama-kun?” ripete il preside.
Sospiro.
“Lui ha hmm… rubato una cosa… a una persona che conosco e… ho accompagnato questa persona con l’intenzione di risolvere la questione… in modo civile.”
“Quindi non eravate soli.”
“No.” rispondo sicuro voltandomi da Ishikawa “Se dovesse essere necessario, ci sono dei testimoni che potrebbero in effetti confermare la mia versione dei fatti.”
Oddio, almeno spero! Non vorranno mica lasciarmi da solo nella merda ad addossarmi una denuncia, vero?
“Bugiardo!” esplode di nuovo la madre di Ishikawa “Ha intenzione di corrompere altre persone e di comprare le loro testimonianze! È facile quando si è nipoti dell’uomo più ricco del continente, vero?”
Alzo gli occhi al cielo.
Non ne posso più di essere associato a quel nome, seriamente.
Come se mai mi avesse dato un solo vantaggio nella vita!
“E poi, come ti permetti di dare a mio figlio del ladro?!” riprende la donna “Sei soltanto un piccolo insolente, violento e pericoloso! Non c’è posto per te nella società!”
A quel punto interviene anche la vicepreside, altra adepta di Satana.
“In effetti, lo studente Jin Kazama è stato coinvolto in un’altra rissa non troppo tempo fa.” dice con la sua voce da snob “È innegabile che il ragazzo abbia una certa indole violenta.”
“Che cosa?!” protesto “Nell’altro episodio di cui parla, se ben ricorda, sono stato attaccato e mi sono semplicemente difeso!”
Tutta colpa di quello stronzo di Hwoarang!
Possibile che qualsiasi cosa mi si ritorca contro?!
Che vita di merda!
“Sì, ma il fatto che tu sia immischiato in faccende strane con individui poco raccomandabili però la dice lunga sulla tua persona!” ribatte la donna “Chi era quel soggetto? Uno spacciatore a cui dovevi dei soldi o qualcosa del genere?”
“No!” protesto stentando a credere alle mie orecchie “È solo un tipo che mi perseguita… senza un… motivo preciso!”
Cazzo, detta così non mi crederebbe nessuno, ma non è il caso di entrare nei dettagli della mia disputa con Hwoarang adesso.
“Beh, anche se la tua media scolastica gode di un buon punteggio, è innegabile che crei decisamente troppi problemi per passare per uno studente per bene, ne convieni?” insiste la vicepreside guardandomi oltre i suoi occhiali squadrati.
“Non sono io che creo problemi, ma in qualche modo vengo sempre coinvolto!” cerco di difendermi.
La vicepreside accenna una finta risata.
“La scusa più vecchia del mondo!” ironizza “Quindi vorresti dire che non c’entri niente con quello che è successo al povero Ishikawa-kun?”
Sospiro.
“No!” dico esasperato “Giuro che non l’ho neanche sfiorato!”
“Bugiardo!” grida la mamma di Ishikawa isterica “Sei un bugiardo!”
“Mamma, non urlare.” piagnucola lui tirandole una manica.
Una scena veramente patetica. E ridicola.
“E allora come avrebbe fatto a ridursi così?” insiste ancora la vicepreside che ha deciso di odiarmi per qualche ragione.
“Non… non ho intenzione di fare nomi, ma non sono stato io.” affermo con decisione.
Ho ancora una dignità. Non ho intenzione di abbassarmi a fare la spia.
Mi volto da Ishikawa.
“Perché hai detto che sono stato io?!” gli chiedo “Ti vergogni di raccontare davvero come è andata?”
“NON OSARE MINACCIARE MIO FIGLIO!” la madre di Ishikawa per poco non si butta contro di me, ma fortunatamente il figlio la trattiene.
“Mamma, ti prego…”
“Allora! Cerchiamo di mantenere la calma.” interviene di nuovo il preside battendo una mano contro la scrivania per richiamare l’attenzione, ma nessuno gli dà retta.
La mamma di Ishikawa, nel mentre, mi sta riempendo di minacce, mentre la psicologa della scuola aiuta Ishikawa a tenerla ferma.
“Ti denuncio! Vedrai! Ho gli avvocati migliori della città! Tuo nonno non riuscirà a proteggerti! Ti rovinerò!” mi promette urlando “Il carcere è il posto giusto per quelli come te! Delinquente, criminale che non sei altro!”
Certo, con la fortuna che mi ritrovo ultimamente inizio a pensare che in carcere ci potrei finire per davvero!
A quel punto la porta dell’ufficio si spalanca improvvisamente.
“Mi sto perdendo qualcosa di molto interessante, mi pare!” commenta Lee con un ghigno divertito stampato in faccia.
Entra e richiude la porta dietro di sé.
“Buongiorno signori e scusate il ritardo. Stavo finendo di sbrigare alcune commissioni importanti.” dice prendendo posto nella sedia libera poco distante dalla mia.
Fanculo. Adesso sì che sono davvero nella merda.
“Allora, cosa tutto mi sono perso?”
La signora Ishikawa, nel mentre, sembra essersi leggermente calmata e viene invitata a sedersi di nuovo.
Il professor Abel si schiarisce la voce.
“Lo studente Ishikawa ieri è stato vittima di un’aggressione e sostiene che l’autore del pestaggio sia lo studente Kazama, ma lui nega e stiamo cercando di fare luce sulla situazione.” riassume brevemente.
Lee si sporge per guardare meglio Ishikawa.
“È così Ishikawa-kun? È stato lui?” gli chiede.
Ishikawa abbassa lo sguardo.
“Non… non lo so.” risponde.
“Come non lo sai?!” si indigna la madre “Non ti devi fare intimidire da quel prepotente! Non cadere nella sua trappola! Dì la verità senza avere paura, tesoro!”
“Ishikawa-kun.” lo richiama Lee.
Lui alza lievemente lo sguardo, poi torna a guardarsi i piedi.
“Non mi ricordo.” dice infine.
La madre lo guarda a bocca aperta, poi si volta furiosa verso di me.
“Non ti ricordi?” continua a domandare Lee “Vuoi dire che c’erano altre persone oltre a lui che potrebbero averti aggredito e non sai bene chi possa essere stato?”
“Non è così, Chaolan!” interviene l’odiosa vicepreside “Il ragazzo ha fatto il nome di Kazama, poi lui l’ha minacciato! Per forza adesso si è tirato indietro.”
“Io non ho minacciato nessuno!” protesto.
“D’accordo, Ishikawa-kun. Perché allora Kazama-kun, se è stato lui, ti avrebbe aggredito?” chiede dunque Lee sovrastando le altre voci.
“Come?” domanda perplesso Ishikawa.
“Raccontaci come è andata!” lo invita “L’hai fatto arrabbiare? Avete litigato? Ti sarai pur fatto un’idea del perché ti abbiano picchiato!”
“Io…” balbetta senza dire niente di sensato.
“Ma cosa c’entra?!” si inserisce ancora una volta la madre “L’ha fatto perché è un violento! I violenti come lui non fanno le cose per un motivo.”
“Che cosa le ha raccontato?!” Lee si rivolge a questo punto alla signora Ishikawa.
“Come scusi?” chiede lei quasi indignata.
“Suo figlio, cosa le ha raccontato che è successo?” si spiega Lee.
“Ma niente!” risponde lei “Era talmente scosso e spaventato poverino che non è ancora riuscito a parlarne! Ho fatto in modo di tirargli fuori il nome di chi l’aveva conciato così, però! E deve pagare! Per quale ragione dovrebbe mentire?”
“Già, per quale ragione?” ripeto guardando Ishikawa di sbieco.
“STA ZITTO TU! È L’ULTIMO AVVERTIMENTO”
Lui è imbarazzatissimo. È molto diverso dal ragazzaccio prepotente che ieri sera faceva il duro davanti agli amici.
Scommetto che è stata la madre a trascinarlo a forza in questo patetico teatrino.
Porca miseria, Asuka ci ha azzeccato alla grande! È soltanto un finto duro senza palle che non sa tenere testa neanche alla mamma.
Già che c’era però, avrebbe potuto intuire anche che la madre estremamente protettiva avrebbe notato l’occhio nero però!
“Signora, deve capire che tirare fuori un nome così senza riuscire a dare una credibile ricostruzione dei fatti non è abbastanza per incolpare qualcuno.” osserva Lee “È la parola di suo figlio contro quella di un altro studente.”
Quasi non riesco a crederci.
Lee mi sta aiutando?
“Benissimo! Vedremo se alla polizia la penseranno allo stesso modo!” ringhia la donna.
“Probabilmente sì, se il ragazzo non presenterà una versione dei fatti quantomeno credibile. Ma sa che le dico? Forse non ci sarà neanche bisogno di dover disturbare la polizia.”
“Che stai suggerendo Lee?” chiede dubbioso il professor Abel.
“Prima di prendere parte con voi a questa piacevole chiacchierata, ho ascoltato la ricostruzione di un testimone.” spiega “A quanto pare Ishikawa-kun avrebbe minacciato una ragazza della scuola e le avrebbe portato via il suo animale da compagnia che, per la precisione, è un panda che ho preso in custodia personalmente e che ho affidato alla suddetta ragazza.”
Lee fa una pausa e cambia posizione sulla sedia.
“Che diavolo Lee? Un panda?” borbotta Abel corrugando le sopracciglia.
Lee non risponde, si limita a sorridere e annuire.
Lo guardo interdetto.
Come fa a sapere questo?
Ha sentito un testimone. Escludo che possa essere Kamiya. Sarà stata Asuka? Xiaoyu?
Che diavolo ha in mente comunque? Perché ha detto che il panda appartiene a lui?
“Adesso, sorvolando sul fatto che stiamo parlando di un animale protetto, credo che questa storia potrebbe certamente creare più scalpore e problemi di un…” ridacchia “... pugnetto scappato durante una lite tra adolescenti. Questa versione dei fatti, stando alla dichiarazione del mio testimone, sarebbe confermabile da almeno quattro persone presenti sulla scena. Kazama-kun, assieme ad altre tre persone, tra cui la persona responsabile del panda, si sono presentate a casa Ishikawa, sotto invito, per recuperare l’animale. A quanto pare però lui si è rifiutato di collaborare e le cose potrebbero essere un po’ sfuggite di mano.”
“Ma che assurdità!” esclama la madre di Ishikawa scandalizzata.
“Kazama-kun, confermi questa versione dei fatti?” mi chiede Lee.
“Un panda?! Stiamo veramente parlando di un panda?!” chiede la vicepreside confusissima.
“Sì.” rispondo dopo qualche secondo di esitazione “È esattamente quello che è successo.”
Sono confusissimo, ma decido di fidarmi di lui. Non posso fare molto altro, d’altronde.
“Allora, Ishikawa-kun.” dice Lee “Le cose possono chiudersi qui con una stretta di mano, oppure possiamo portare il tutto alle autorità e vedere chi ha ragione.”
“Lee, spero che tu abbia la minima idea di che cosa stai dicendo e che non sia solo un azzardato tentativo di salvare tuo nipote!” esclama Abel diffidente.
“È il nipote?!” la madre di Ishikawa diventa improvvisamente rossa di rabbia “Ora sì che ha tutto senso finalmente! Avrei dovuto immaginarmelo! In questa scuola nessuno si prende le proprie responsabilità, basta avere i parenti al posto giusto!”
“Oh, me la pianti per favore!” risponde Lee con una smorfia “Chiunque tra i miei studenti potrà confermarle che ho sempre trattato tutti i ragazzi allo stesso modo, non ho mai fatto favoritismi per nessuno.”
È vero. Anzi, ho sempre pensato che la parentela fosse nient’altro che uno svantaggio per me.
“Come no! Il preside lo ha appena insinuato!” ribatte la donna “Perché tende a credere alla versione di un testimone, di cui per la cronaca solo lei è certo della sua esistenza, e non a quella di mio figlio?”
“Prima di tutto suo figlio si rifiuta di fornire una versione precisa dei fatti” spiega Lee in tutta calma “Secondo, conosco i miei studenti e so che suo figlio è un bullo di prima categoria e piuttosto inaffidabile!”
La donna spalanca la bocca, offesa.
“Non si permetta!” sibila minacciosa.
“Beh, è vero che Ishikawa-kun si è visto partecipe di vari episodi di bullismo a scuola.” interviene a quel punto la psicologa della scuola.
“Ishikawa-kun.” Lee torna a parlare con lui “Che cosa vuoi fare?”
Si alza in piedi di scatto.
“Voglio finirla qui!” esclama.
La madre lo guarda sconvolta.
“Come sarebbe a dire?!” gli chiede preoccupata.
“Andiamocene e chiudiamo questa storia!” sbotta.
Lee sorride soddisfatto.
“Ottima scelta, Ishikawa-kun.” dice “Spero che questa piccola disavventura ti aiuti a crescere.”
Ishikawa esce dalla stanza, rosso in volto.
La madre lo segue.
“Sappiate che sono profondamente indignata e delusa dalla direzione di questa scuola!” dice velenosa “E annullerò l’iscrizione di mio figlio a questa scuola oggi stesso!”
Esce dalla stanza chiudendo la porta con un botto.
Sono ancora super-confuso.
Apparentemente sono fuori pericolo di denuncia e la scuola si è appena liberata del suo elemento peggiore.
Che sia una buona giornata?
“Ha esagerato Chaolan!” esclama la vicepreside indignatissima “Grazie al suo comportamento abbiamo perso l’iscrizione di uno dei maggiori finanziatori della scuola! Stia molto attento, è già la seconda volta in questa settimana che il suo comportamento non è consono a quello della sua posizione!”
“Ho solo cercato di punire chi effettivamente aveva sbagliato.” risponde a tono Lee “E comunque, non è il caso di affrontare questo discorso davanti ad uno studente.”
Fa un cenno verso di me, poi mi guarda.
“Perciò vediamo di finire con te, ok?” chiede serio “Potrai pure essertela cavata questa volta, ma ciò non toglie che il fatto che tu e i tuoi amici abbiate sbagliato ad agire senza fare presente alla scuola o a qualche adulto la situazione nella quale siete andati a cacciarvi. Poteva finire davvero molto male, ne convieni?”
“Suppongo di sì.” rispondo.
Non so davvero cosa dire.
“È d’accordo professor Abel?” chiede poi “La scuola dovrebbe prendere dei provvedimenti per questa negligenza, non crede?”
“Questo è poco, ma sicuro!” commenta la vicepreside.
“Cosa proponi, Lee?” chiede il preside.
Lee torna a rivolgermi uno sguardo serio.
“Dato che il suo è stato l’unico nome che di fatto è uscito, direi di punire solo lui e la sua punizione sarà d’esempio anche per tutti gli altri coinvolti nella storia.” propone.
“Come scusi?” chiedo incredulo.
Io sarò l’unico ad essere punito perché quello stronzo ha deciso di fare solo il mio nome non si sa per quale motivo? Come può questa essere considerata giustizia?
“Una settimana di sospensione dovrebbe bastare.” commenta il preside dopo averci ragionato qualche istante “E dato che questa è la seconda volta che crei problemi nel giro dello stesso mese, dovrai fare obbligatoriamente una seduta settimanale dalla psicologa della scuola fino alla fine dell’anno scolastico.”
La vicepreside mostra il suo assenso, annuendo soddisfatta. La psicologa mi sorride.
Io guardo le loro facce perplesso, ancora incapace di rendermi conto della realtà.
Una settimana di sospensione e sedute obbligatorie dalla strizzacervelli. Ditemi che è un incubo!
“Mi dispiace Jin.” commenta Lee.
Mi chiama per nome e so che stavolta non è il professor Chaolan a parlarmi, ma mio zio, il fratello di Kazuya, che odia profondamente e odia me di riflesso.
Fa un sorrisetto malvagio.
“Questo andrà ad intaccare notevolmente la tua condotta ed è un vero peccato.” continua “Sai, la tua lettera motivazionale era scritta davvero bene, sono certo che avresti davvero potuto vincere quella candidatura per l’Australia.”
Per un attimo il mondo si ferma.
Non riesco a credere che stia accadendo sul serio.
“Sei libero di andare, Kazama-kun.” mi comunica il preside “Avviseremo immediatamente la tua famiglia. Ci rivediamo tra una settimana esatta.”
Non riesco a muovermi e neanche a pensare.
“Jin…” mi richiama Lee dopo un po’ e mi fa un cenno verso la porta “Torna a casa, non hai una bella cera.”
Avrei preferito davvero il carcere.
Improvvisamente riprendo il controllo delle mie facoltà locomotorie. Mi alzo e me ne vado dalla stanza. Voglio uscire da questo inferno di scuola il prima possibile.
Sono confuso, non riesco a pensare lucidamente, sento solo il sangue che mi ribolle dentro alle vene, la rabbia che mi pervade all’altezza della bocca dello stomaco. Ho ancora il sorriso malvagio di Lee davanti agli occhi.
Tutto il mio lavoro, tutto quello che ho fatto fino ad adesso è stato completamente inutile.
È inutile, per quanto io ci possa provare, ci sarà sempre qualcuno più potente di me pronto a rovinarmi la vita.
Credo di stare per impazzire. Questo è veramente troppo per una persona da sopportare.
Mi dirigo verso gli armadietti.
“Kazama!” sento una voce che mi chiama da qualche parte dietro di me “Kazama, aspetta!”
Xiaoyu mi raggiunge, ma io continuo a camminare per la mia strada, senza voltarmi.
Non ne ho voglia. Non ho veramente voglia di vedere né sentire nessuno in questo momento.
“Cosa è successo?” chiede preoccupata cercando di decifrare la mia faccia “Ho visto Ishikawa arrivare a scuola con la mamma e ho capito che non era un buon segno, poi ho sentito che ti avevano convocato in presidenza e ho pensato di chiedere aiuto a Chaolan!” dice parlando tutto d’un fiato.
Ecco scoperto il testimone di Lee!
“Mi dici cosa è successo?!” chiede ancora.
“Non ho voglia di parlarne.” dico con una voce che non mi sembra neanche la mia.
Arrivo davanti al mio armadietto e lo apro, prendendo le scarpe.
“Che stai facendo?!” chiede Xiaoyu confusa “Te ne stai andando prima?”
La ignoro e inizio a cambiarmi le scarpe.
“Jin! Rispondimi, ti prego!” sbotta lei a voce alta, stufa di essere ignorata.
Sollevo lo sguardo su di lei.
È la prima volta che mi chiama per nome.
“Dimmi qualcosa! Perché stai andando via?” chiede ancora, poi ci arriva da sola e leggo sul suo volto la realizzazione “Oh mio dio, ti hanno sospeso!”
“Jin! Sei qui!” un’altra voce mi raggiunge da dietro.
Asuka irrompe nella scena correndo a perdifiato.
Alzo gli occhi al soffitto. Ci mancava solo lei!
“Ti ho cercato ovunque!” spiega, piegandosi in avanti per riprendere fiato “È una fortuna che tu sia così popolare! La voce della tua convocazione in presidenza si è diffusa in tutta la scuola nel giro di pochi minuti! Stavo copiando i compiti di matematica in bagno, quando ho sentito delle ragazze che ne parlav…”
Improvvisamente sembra notare cosa sto facendo.
“Ma che diavolo è successo?! Te ne stai andando?!” chiede perplessa.
“L’hanno sospeso!” risponde Xiaoyu.
Xiaoyu si siede a terra appoggiando la schiena contro gli armadietti e si copre la fronte con le mani.
“Mi dispiace un sacco, è tutta colpa mia!” piagnucola.
“Ti hanno sospeso davvero?!” chiede Asuka confusa “Ma perché? Perché solo a te?! E Xiao-san, non è assolutamente colpa tua!”
Xiaoyu sospira, poco convinta.
Io scuoto il capo, che ancora fatico a crederci.
“Secondo i metodi educativi di Lee questa sarà una punizione simbolica per tutti voi!” spiego calmo.
“Oh mio dio!” ripete Xiaoyu sempre più in colpa.
“Ma che… che diavolo vuol dire?!” sbotta Asuka.
“Non lo so! Chiedilo a lui!” le urlo esplodendo all’improvviso.
Asuka sobbalza e arretra sorpresa.
“Ishikawa ha un occhio nero e ha deciso di indicare me come responsabile.” sibilo senza distogliere lo sguardo dal suo.
Asuka sgrana gli occhi, fuori di sé.
“COSA HA DETTO?!” chiede in preda alla rabbia “Perché ha detto che sei stato tu?!”
Alzo le spalle.
“Che ne so?! Probabilmente, come hai ipotizzato tu, si vergognava di dire in giro di averle prese da te!”
Asuka emette un ringhio quasi animalesco e in preda alla rabbia dà un calcio ad un armadietto.
“Asuka-san, stai calma!” esclama Xiaoyu.
“Io l’ammazzo quel maledetto!” sbraita Asuka.
Io faccio per andarmene, ma Xiaoyu si alza e mi raggiunge.
“Senti… mi dispiace, non so che cosa dire, ma se c’è… qualsiasi cosa che posso fare qualcosa per aiutarti…”
Alzo gli occhi al soffitto. Questa è buona!
“Aiutarmi? No grazie, l’ultima volta che hai cercato di aiutarmi hai chiesto aiuto a Chaolan e grazie a lui mi sono preso una settimana di sospensione!” rispondo acido “E come se non bastasse, ho perso la possibilità di ambire al corso di studio all'estero per cui mi stavo facendo il culo fin dall’inizio dell’anno!”
“Che cosa?! Lee?!” chiede Asuka che sembra essere sull’orlo di una crisi di nervi “Sentimi bene, adesso vado io a parlare con Lee e gli dico di non fare il coglione! Gli dirò che sono stata io a dare un pugno a quel maiale!”
“Basta!” sbotto ancora “Fatevi gli affari vostri e tornate a lezione!”
Mi guardano entrambe confuse.
“Non lo capite? Lee mi odia, la vice-preside mi odia e credo che mi odi pure il preside!” spiego esasperato “Questo è solo un pretesto! Non cambieranno idea e non potete fare niente per aiutarmi! Ne ho abbastanza di tutto e tutti, statemi lontano e lasciatemi in pace!”
Detto questo, giro i tacchi e mi dirigo verso l’uscita della scuola.










NOTE:
Tutti lo odiano, tutti gli vogliono male!
Non so perché, ma i capitoli di Jin nei panni dell'adolescente frustrato mi divertono sempre un sacco. E sì, nel caso ve lo stiate chiedendo, ci provo un bel po' di gusto nel torturarlo.
Ci rivediamo a settembre, probabilmente a metà mese. (Sto facendo in modo di riuscire ad aggiornare una volta ogni mese! Yaaay!)
Buon proseguimento di vacanze!

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Capitolo 17
*** Borderline Criminal Behaviour (Lars) ***


17
Borderline Criminal Behaviour
(Lars)

 

Ci sono poche informazioni riguardo all’orfanotrofio che la Mishima Zaibatsu ha fondato e finanziato per anni. Una piccola struttura, situata in una zona rurale del Giappone, decisamente fuori dai riflettori dei media.
Apro l’immagine relativa all’articolo che riporta la notizia della sua inaugurazione, venticinque anni fa. È il sito internet di un piccolo giornale regionale e a quanto sembra è l’unico ad aver menzionato l’esistenza di questo orfanotrofio.
La foto ritrae una quindicina di bambini e tre donne dall’aria severa.
Perché Heihachi Mishima avrebbe finanziato questo orfanotrofio? Ci sarà stato di mezzo qualche interesse particolare o sarà stato spinto da un semplice sentimento filantropico? Perché allora farlo così discretamente senza sfruttare l’enorme pubblicità che avrebbe potuto ricavare da un’iniziativa del genere?
E se è stato soltanto spinto da buoni sentimenti, allora perché limitarsi ad una struttura così piccola quando avrebbe potuto sicuramente dare una possibilità di vita migliore a molti più ragazzi?
E soprattutto, cosa è successo quindici anni fa da decretarne la chiusura improvvisa? Una chiusura silenziosa almeno quanto l’inaugurazione.
L’articolo dello stesso quotidiano regionale non si dilunga in accorte spiegazioni. Pare semplicemente che qualcosa non andasse nella direzione di quell’orfanotrofio e si è deciso di chiuderlo. I ragazzi sono stati affidati a delle famiglie e quella casa di campagna è diventata una struttura ricettiva.
Salvo i due articoli nella cartella relativa al caso.
I ragazzi ospiti dell’orfanotrofio dovrebbero essere adulti ormai. Sarebbe interessante riuscire a trovarne uno, potrebbero diventare degli utili testimoni chiave. Se solo ci fosse un modo per risalire a quei nomi!
Credo comunque di essere sulla giusta pista. C’è ancora del lavoro da fare, ma credo di essere vicino a qualcosa di grosso e non ci vorrà ancora tantissimo prima del completamento della missione.
Esco dal browser e chiudo il portatile, spostandolo sul comodino accanto al letto.
Poi sospiro e mi allungo all’indietro, posando la testa sul cuscino.
Le cose procedono a meraviglia eppure… non avevo pensato che avrei avuto a che fare con questo tipo di sentimenti.
Cosa dirò ai Mishima quando la missione sarà completata e dovrò lasciare la casa? Come reagiranno Jun, Asuka… Alisa?
So che sto agendo a fin di bene e che quello che faccio è per un bene maggiore, che in un certo senso lo sto facendo anche per loro, ma…
Questo non cambia il fatto che…
Mi copro gli occhi con un braccio e cerco di allontanare il pensiero.
Sono un bugiardo.
Un vile, sporco bugiardo.
E improvvisamente inizio a non sopportare più di sentirmi così sporco dentro.
Bussano alla porta.
Mi ricompongo e mi metto a sedere.
“Avanti!”
La porta si apre e Alisa fa capolino.
“Ti disturbo?” chiede inclinando leggermente la testa con la sua solita aria innocente.
Ha ancora la divisa scolastica in dosso. Deve essere appena tornata da scuola.
Alisa è sempre così. Con il suo sorriso semplice, innocente, una ragazza dall’animo puro. L’esatto contrario di come mi sento io in questo momento.
“No, dimmi pure.”
“Jun-san mi ha mandato a chiamarti.” mi riferisce “Ha bisogno che tu le faccia un favore.”
Le rivolgo uno sguardo un po’ confuso.
È strano. Oggi è il mio giorno di riposo a lavoro.
“Non ti ha detto che tipo di favore?” chiedo sorpreso.
“Vorrebbe che l’accompagnassi a fare una commissione.”


Il cielo si è coperto di nuovo e le pozzanghere sull’asfalto, illuminate dalla luce dei lampioni, iniziano ad incresparsi ritmicamente.
Ha ripreso a piovere. Una fitta pioggerellina leggera. Sentiamo la sua carezza sulla carrozzeria e il cristallo inizia a puntellarsi di goccioline minuscole.
“Pare che stia arrivando l’inverno.” commento con una punta di ironia.
Pare che stia arrivando tutto nel giro di pochi giorni.
Sia io che Alisa siamo usciti con abiti leggeri, non potevamo aspettarci questo cambio repentino di stagione.
Spero di non dover arrivare ad accendere il riscaldamento dell’auto. Non ho idea per quanto ancora dovremo rimanere qui fermi ad aspettare.
In realtà non ho idea di che cosa stiamo facendo qui. Per qualche motivo a noi non noto, Jun e Kazuya hanno voluto che li accompagnassimo in macchina in questa zona della città. È un quartiere residenziale, non ho la più pallida idea di che cosa siano venuti a fare. Sono semplicemente usciti dall’auto, dicendoci che ci avrebbero messo qualche minuto e poi sono spariti dietro ad una di queste abitazioni.
“Personalmente non mi dispiace il freddo.” dice Alisa dopo qualche secondo di silenzio.
È intenta a guardare la pioggia al di là dal finestrino.
“Mi fa sentire un po’ come a casa.” aggiunge con un sorriso un po’ nostalgico.
Mi perdo nella vista della pioggia anche io.
“Già, anche a me.” ammetto.
Non è passato così tanto tempo da sono venuto ad abitare con i Mishima in realtà, ma sono successe tante di quelle cose che questo periodo sembra essere durato molto di più. Presumo che per Alisa debba essere lo stesso, dopotutto, da questo punto di vista, siamo in una posizione abbastanza simile.
Ma anche drasticamente diversa.
“Chissà se Jin-san è riuscito a coprire la finestra in qualche modo.” sospira Alisa.
“Ti riferisci alla finestra di camera sua che ha sfondato ieri con una scarpa?” chiedo con un sospiro.
È un periodo difficile per Jin e ieri non ha apprezzato il tentativo di Asuka di fare un dialogo-terapeutico tra cugini. Il risultato è che lui l’ha cacciata dalla stanza, lanciandogli contro qualsiasi cosa gli capitasse fra le mani. Una di queste ha trapassato la finestra.
“Esatto.” annuisce un po’ preoccupata guardando il cielo “Credo che farà freddo stanotte.”
“Avrebbe dovuto pensarci prima di farsi venire una crisi isterica.” osservo.
Alisa si volta e mi guarda.
“Lars-san, i suoi sogni si sono infranti davanti ai suoi occhi.” cerca di farmi notare, parlando piano.
Ammirevole da parte sua preoccuparsi di qualcuno che non ha fatto altro che sputare veleno e cattiverie contro chiunque gli capitasse davanti per tutta la settimana!
“Lo giustifichi?” chiedo un po’ sorpreso “Anche dopo come si è comportato questi giorni?!”
“Non ho detto che lo giustifico.” si corregge abbassando lo sguardo “Però un po’ lo capisco. Ma con questo non voglio negare che abbia un certo…” fa una pausa per cercare il termine giusto “caratteraccio.”
Mi scappa un risolino.
“Definirlo caratteraccio è un complimento.” ironizzo con una mezza smorfia “Evidentemente sei una persona migliore di me, Alisa.” commento, e queste parole pesano sul mio cuore come un enorme macigno.
Alisa ridacchia, ignara di ciò che vorrei davvero intendere con questa frase.
“Oh no, non dire così!” risponde lei.
Abbasso lo sguardo davanti a me, serio.
“No, è vero.” ammetto.
Alisa sembra avvertire i miei sentimenti di autocommiserazione e subito mi pento della mia vulnerabilità. Non è da me, proprio non capisco che mi sta prendendo questi giorni.
Devo sembrare patetico in momenti come questi.
“Non dovresti sminuirti Lars-san.” dice Alisa poco dopo. 
Guarda davanti a sé e congiunge le mani incrociandole sulle ginocchia. 
“Ho incontrato tante belle persone finora, alle quali sono infinitamente grata.” spiega allora parlando un po’ timidamente “Jun-san, che mi ha accolto nella sua casa, Xiao-san e Miharu-san, che mi hanno fatto da guida a scuola e grazie a loro ho capito cosa significhi avere delle amiche. Sono grata anche ad Asuka-san, che a suo modo è un’ispirazione anche lei, ma…”
Fa una pausa e mi guarda non riuscendo a mascherare una punta di imbarazzo.
“... non dimenticherò mai il giorno in cui mi hai portato a prendere un milkshake, mentre Jun-san e Kazuya-san discutevano in soggiorno.” ricorda arrossendo un po’ “Era il mio primo giorno in quella casa ed ero così spaesata e… letteralmente terrorizzata.” 
Abbassa di nuovo lo sguardo e stringe le dita contro la stoffa dei jeans.
“Tu mi hai offerto un’ancora di sanità mentale in quel momento così caotico e difficile e… grazie a te, in quel momento, per la prima volta nella mia vita, anche solo per un attimo mi sono sentita come se… fossi una ragazza normale.”
Le sue parole mi travolgono come un treno in corsa e, se prima potevo avere qualche senso di colpa riguardo la mia etica, adesso ho letteralmente il cuore a pezzi.
“Alisa…” sono come paralizzato e per qualche secondo non riesco a dire altro.
Solleva lo sguardo timidamente su di me, le guance le si sono colorate di rosa.
È adorabile e io sono un impostore.
“... tu sei una ragazza normale!”
Alisa mi guarda con un sorriso triste.
“Lo apprezzo molto, Lars-san, ma… no, non lo sono.”
Rimango impalato per qualche secondo, poi sposto lo sguardo sul volante davanti a me, incerto su cosa rispondere. Deglutisco. Sto sudando freddo, non so cosa dire, né fare.
È stato tutto uno sbaglio. Aver accettato questa missione, aver recitato la parte per tutto questo tempo… essermi affezionato a delle persone.
Ho commesso un terribile errore. Non è professionale!
“Lars-san!” Alisa mi richiama dal turbine dei miei pensieri “Eccoli! Stanno tornando!”
Vedo che ha puntato il dito contro il finestrino, in direzione della casa dietro alla quale Jun e Kazuya si sono diretti una decina di minuti fa.
“Ma… quello è…” balbetta Alisa con un’espressione vagamente spaventata. 
Si copre la bocca con una mano.
“Che… ?!” riesco soltanto a dire io, non credendo ai miei occhi.
È un’allucinazione o sta succedendo davvero?
Ne ho viste tante da quando sono arrivato in Giappone, vivendo con quella che chiaramente non rientra esattamente nella definizione di famiglia normale, ma questo… beh, questo decisamente non era qualcosa che non sarei assolutamente stato in grado di prevedere.
Jun e Kazuya, con il viso semicoperto da occhiali da sole scuri, nonostante il sole sia tramontato da un po’, camminano attraverso la pioggia a passo svelto, trascinandosi dietro… beh, un uomo imbavagliato che si dimena con le mani legate dietro la schiena.
Raggiunta la macchina, Kazuya apre uno degli sportelli posteriori e spinge l’uomo all’interno dell’auto con un calcio sul sedere.
Il poveretto cade di pancia sui sedili. Kazuya lo spinge verso il posto del centro e, come se nulla fosse, entra in auto e si siede accanto a lui.
“Che diamine succede?!” chiedo preoccupato.
In che cosa mi stanno immischiando esattamente questi due pazzi?!
“Limitati a guidare e non fare domande.” mi risponde Kazuya con il suo solito tono amichevole.
Jun fa il giro dell’auto ed entra dall’altro sportello posteriore.
“Lars, partiamo!” dice sedendosi dall’altro lato dell’uomo imbavagliato e chiudendo lo sportello.
“Ma…” cerco di protestare.
“Metti in moto!” mi ordina Kazuya impaziente “Vuoi forse che ci veda qualcuno?!”
“Mmmmmhh mmmmmhh!” si lamenta l’uomo imbavagliato, dimenandosi con occhi sgranati.
Kazuya lo trattiene usando entrambe le braccia.
“Ma… chi è questo?! Cosa sta succedendo?!” cerco di chiedere.
“Lars, Alisa, tesori!” dice Jun forzando un sorriso mentre aiuta Kazuya a tenere fermo il prigioniero “Posso assicurarvi che non è quello che sembra! Come torneremo a casa vi spieghiamo tutto, ma adesso metti in moto Lars, ok?”
“Non è quello che sembra?!” chiedo avviando con titubanza il motore della macchina.
Mi tremano le mani e sento il cuore battere all’impazzata contro il petto.
C’è solo una cosa che mi frulla nella testa in questo momento.
Rapimento. Complice di rapimento.
Guardo Alisa. Hanno coinvolto persino lei in questo crimine!
Questi due si sono completamente bevuti il cervello!
“E se ci fermano ad un posto di blocco?” provo a chiedere.
“Con un po’ di fortuna, non succederà.” risponde Jun con troppa fiducia.
Inizio a guidare verso casa. 
Non posso rifiutarmi di aiutarli, se poi litigassimo e mi mandassero via di casa, addio missione!
Con un po’ di fortuna forse, se ci dovesse fermare la polizia, io e Alisa potremo cavarcela dicendo che siamo stati costretti ad aiutarli. Dopotutto sono due artisti marziali che sanno essere piuttosto pericolosi quando vogliono.
Qualcosa mi inventerò, di certo non mi lascerò trascinare nei casini con la legge da questi due psicopatici!
“È… è… il professor Chaolan?” chiede Alisa confusa studiando il povero malcapitato.
Lancio uno sguardo veloce allo specchietto retrovisore.
L’uomo annuisce vehemente riconoscendo Alisa e mugugna qualcosa contro la stoffa che gli blocca la bocca, qualcosa che suona vagamente come una disperata richiesta d’aiuto.
Quindi è un professore della scuola dei ragazzi?
“Lars!” dice Jun sfilandosi gli occhiali da sole e guardando l’uomo con aria minacciosa “Ti presento Lee Chaolan, il fratello adottivo di Kazuya, che oggi abbiamo deciso di invitare a cena!”
“Co… cosa?” chiedo esterrefatto. 
Il fratello adottivo di Kazuya?!
“Quindi è… è una specie di scherzo vero?” 
La speranza è l’ultima a morire.
Jun sorride, ma non ha assolutamente l’aria di una che ha tanta voglia di scherzare.

 


“Siete due pazzi psicopatici!” si lamenta ancora Lee a gran voce.
Jun gli porge un bicchiere d’acqua.
Abbiamo finito di cenare da poco, ed è stata di lunga la cena più strana a cui abbia mai preso parte. Durante la cena nessuno ha parlato della situazione, era meglio pensarci dopo a stomaco pieno, come ha asserito Jun. Lee si è rifiutato di toccare cibo a cena, probabilmente per paura di venire avvelenato e non ha smesso un momento di inveire contro i suoi due rapitori.
Eccoci ora in salotto per l’attesissima resa dei conti.
“Oh per l’amor del cielo, Lee! Quanto la fai lunga!” commenta la donna un po’ infastidita “Da quando sei diventato così delicato?!”
“Lo è sempre stato, non è cambiato di una virgola.” Kazuya si inserisce nel discorso, poi guarda il fratello con una smorfia “Se non per il suo gusto in fatto di abbigliamento, che è decisamente peggiorato nel tempo. Come cazzo ti sei vestito?”
In effetti il suo completo color prugna non è il massimo del buon gusto.
Lee lo ignora e beve il bicchiere d’acqua offertogli da Jun.
“Fatevelo dire, la mezza età vi sta facendo davvero male!” dice dopo averlo mandato giù.
È furente e ancora abbastanza scosso.
“State peggiorando ed è davvero preoccupante se non trovate niente di sbagliato in quello che avete fatto!”
Jun ride sarcastica a braccia conserte.
“Che vuoi fare? Ci vuoi denunciare per sequestro di persona?!” chiede con una smorfia “Non è colpa mia se questo è l’unico modo per poter fare una chiacchierata faccia a faccia con mio cognato!”
Posa le mani sui fianchi, visibilmente adirata.
“È così o non è così Lee?” domanda ancora “Sono giorni che ti chiedo di vederci e tu non fai altro che tirare fuori una scusa dopo l’altra! E lo sai bene che non mi piace che si rifiuti un mio invito!”
“Sei pazza da legare!” borbotta il cognato.
“Oh, certo! Forse sono pazza, o forse ho capito il tuo gioco!” risponde Jun “La verità è che hai la coda di paglia, non è vero?”
Lee alza lo sguardo al soffitto.
“Te l’ho già spiegato. Non ti stavo evitando! Sono solo molto impegnato!”
“Oh certo, eri proprio impegnato quando ti abbiamo trovato a casa tua a sorseggiare il tuo bel vino francese e ad allenarti al biliardo! Ma tutto questo non è più importante adesso!” continua Jun scacciando il pensiero con una mano “Perché ora sei qui e puoi finalmente dedicarci un po’ del tuo prezioso tempo.”
Poi improvvisamente lo guarda seria e incrocia le braccia sul petto.
“E comunque… mezza età? Sul serio?” chiede minacciosa “Se vuoi tornare a casa sano e salvo vedi di fare attenzione alle parole che scegli d’ora in poi.”
Lee la guarda agghiacciato.
“Andiamo, sto solo scherzando!” esclama Jun con un sorriso, mentre prende posto sul bracciolo della poltrona di Kazuya.
“Ehm… Jun!” intervengo “Sei proprio sicura che vuoi che… noi tutti assistiamo alla conversazione?”
“Certo che sì!” risponde prontamente lei “Siamo pur sempre una famiglia no? In una famiglia ci deve essere trasparenza e anche voi ne fate parte adesso, è giusto che siate presenti.”
Alisa, seduta accanto a me, mi rivolge uno sguardo un po’ imbarazzato.
“E perchè c'è bisogno di qualcuno che faccia in modo che le cose non finiscano troppo male.” mi risponde Asuka seduta invece all’altro mio fianco.
È mezzo affondata nel divano ed è intenta a sfogliare una rivista per adolescenti che le copre metà del viso. Non sembra né preoccupata per la situazione, né particolarmente impressionata. È come se non fosse niente di troppo strano per lei, niente che non abbia mai visto.
“Siamo una sorta di garanzia. Se finiscono per combattere dobbiamo fermarli.” aggiunge poi sottovoce, poi mi guarda e fa un sorrisetto “Se siamo fortunati ne vedremo delle belle!”
“Le cose NON finiranno male, Asuka!” la corregge Jun con un sorriso forzato “Andrà tutto bene. Come dicevo, devo solo discutere alcune cose con mio cognato in modo civile!”
“Civile non è un aggettivo che vi si è mai addetto!” si lamenta Lee “Siete dei… barbari!”
Kazuya sogghigna divertito.
“Quale offesa!” lo schernisce.
“Barbari?! Andiamo Lee! Dovresti sapere che la violenza non mi piace per niente!” gli fa notare Jun “Quante volte sono intervenuta per fare da paciere tra te e Kazuya durante i vostri innumerevoli litigi?”
“Il più delle volte finiva per farsi male da solo.” ricorda Kazuya con un ghigno divertito “Come quella volta che dopo averci interrotto è scappato, è inciampato ed è caduto con la faccia contro il muro, rompendosi il naso. Dì un po’ Lee, quanto hai speso in chirurgia estetica per fartelo rimettere a posto?”
“Suvvia Kazuya! Basta così.” interviene di nuovo Jun con tono canzonatorio “Non vorrei che il nostro ospite si sentisse troppo in imbarazzo.”
Lee sospira e cambia posizione nella poltrona.
“Avanti, facciamola finita e dimmi di cosa vuoi parlare.”
Jun torna ad alzarsi e lo guarda intensamente, tornando seria e minacciosa.
“Sai di cosa voglio parlare, Lee.” dice in tono glaciale “Come ho appena detto, detesto la violenza… in questo momento tuttavia, non nego che desidererei prenderti a pugni fino a farti tornare il naso storto dei vecchi tempi.”
Kazuya ridacchia.
“A dire il vero, io non sono particolarmente interessato alla questione. Una punizione ogni tanto non può che fare bene a quello sciagurato, così magari gli passa anche la voglia di spaccare porte e finestre ovunque passi.” spiega Kazuya a bassa voce “Ma è sempre un piacere minacciarti di spaccarti la faccia.”
Conclude con un ghigno malefico.
Lee scuote la testa e decide di ignorarlo.
“Jun, ti ho già detto tutto per telefono! Mi dispiace molto che la stia prendendo così male, ma Jin si è messo in un pasticcio e deve saper accettare che queste sono le conseguenze!”
Asuka chiude il giornale, lo lancia via e per poco non mi colpisce in testa.
“Non è necessariamente per far un favore a quel cafone di Jin, ma non si meritava di essere punito al posto di tutti gli altri! Ora si sente una specie di martire e l’hai reso ancora più insopportabile del normale! Complimenti Lee!”
Lee le fa un cenno con una mano, invitandola a non mettersi in mezzo.
“Tu stanne fuori!” le intima “La cosa non ti riguarda.”
“Ti ho già detto che sono io ad aver dato quel pugno!” sbotta Asuka incollerita “Se permetti, mi riguarda.”
“Ne abbiamo già parlato Asuka, la questione era già stata risolta in presidenza e non era il caso di riaprire il caso!” ribatte Lee “E poi sai bene che con la media che ti ritrovi una sospensione potrebbe anche farti ripetere l’anno. Era questo che volevi?”
Asuka sbianca e guarda altrove in silenzio.
“Quindi per proteggere degli studenti hai deciso di colpirne solo uno?” chiede Jun gelida. “Credimi! Ho solo cercato di agire per fare quello che era meglio per tutti.” risponde Lee.
“Quello che era meglio per tutti?!” ripete Jun per niente convinta “O forse il meglio per tutti all’infuori di Jin!”
“Ti prego, calmati!” dice ancora Lee “Anche se gli altri avessero ricevuto la loro punizione, le cose non sarebbero comunque migliorate per Jin!”
“Non sono assolutamente d’accordo! Mio figlio non si merita di dover essere trattato da capro espiatorio di nessuno!”
“Senti, non sono io ad averlo chiamato in causa!” si giustifica Lee “Io ho solo cercato di ridurre i danni al minimo, non coinvolgendo altri studenti per quella che era… una punizione non necessaria!”
“Non necessaria dunque?!” chiede Jun.
“No! Il ragazzo con cui c’è stato l’incidente è uno dei peggiori elementi che la scuola abbia mai avuto la disgrazia di incontrare! Totalmente indisciplinato e incontrollabile!” spiega Lee “In un certo senso Jin e gli altri ci hanno finalmente liberato da questo fardello! Fosse per me si meriterebbero un premio, più che una punizione.”
“E allora perc…” cerca di chiedere Jun.
“Siamo pur sempre una scuola!” la interrompe Lee “Il nostro compito è trasmettere ai ragazzi l’importanza del rispetto per le regole e della disciplina. È innegabile che i ragazzi abbiano sbagliato ad agire in quel modo, facendo di testa loro e immettendosi in una situazione potenzialmente pericolosa! Dovevamo dare per forza una punizione, seppure simbolica. Il nome di Jin è l’unico che è saltato fuori durante la discussione in presidenza e lui stesso ha preferito non fare il nome di altre persone. Per non parlare poi del fatto che la sua condotta scolastica non è perfettamente immacolata. Insomma è stato sfortunato, per certi versi anche eroico, ma è andata così.” 
“Beh, continuo a pensare che sia un’ingiustizia!” si lamenta Jun con fermezza.
“È solo una dannata settimana di sospensione Jun! Non morirà per questo!”
“Non esce dalla sua stanza da quattro giorni ormai!” ruggisce Jun.
I suoi occhi sono colmi di preoccupazione, oltre che rabbia.
Lee inspira silenziosamente e distoglie lo sguardo.
“Non mangia praticamente niente… non vuole parlare con nessuno, non so più cosa fare!” continua Jun nervosa “Ed è tutta colpa tua.” 
Per un attimo ho paura che possa saltargli addosso e aggredirlo come una leonessa inferocita.
“Beh…” Lee si schiarisce la voce “Non metto in dubbio che Jin ultimamente sia un po’ sotto pressione.” 
Jun alza un sopracciglio ascoltando diffidente.
“A questo proposito abbiamo pensato che possa fargli bene parlare con la psicologa della scuola!” riprende Lee con un gran sorriso con la speranza di farle sbollire un po’ di rabbia.
Tentativo che va a fallire miseramente però.
“La psicologa della scuola?!” urla Jun tornando rossa in volto dalla rabbia “MA SE NON VUOLE PARLARE NEMMENO CON ME!”
“Certo che non vuole parlare con te! HA DICIANNOVE ANNI E TU SEI SUA MADRE!” gli  risponde a tono Lee.
Jun rimane a bocca aperta, confusa, in evidente difficoltà.
Jun e Lee si guardano in silenzio, immobili, per qualche secondo. È Lee il primo a rompere il contatto visivo.
Scuote la testa e alza gli occhi al soffitto.
“È vero che hai sfondato il cranio della statua del vecchio con un razzo?” chiede poi dal nulla Kazuya poco dopo.
Lee rimane inizialmente serio, un po’ confuso dal cambio inaspettato di argomento, poi si scioglie e sogghigna.
“Oh sì!” risponde orgoglioso “Gli è finito dritto in bocca proprio come un enorme…”
“LEE!” sbraita Jun rossa in volto. 
Sembra che voglia aggiungere qualcos’altro, ma sembra trattenersi, poi si volta da noi. 
“Ragazzi, andate pure se volete.” dice con un sorriso meccanico “In effetti sta diventando più imbarazzante di quanto mi aspettassi.” 
Lancia un’occhiata gelida al cognato.
“Lars, già che ci sei potresti portare la cena a Jin?” mi chiede poi mentre mi sto alzando “L’ho lasciata in un ripiano in cucina.”
“C… certo.” rispondo, anche se non ne sono per niente entusiasta.
Di solito se ne occupa lei e Jin è già abbastanza difficile da affrontare nei suoi giorni migliori, figuriamoci in questo momento.
Io, Asuka e Alisa ci alziamo e ci muoviamo verso il corridoio. 
“Kazuya, aiutami a prenderlo.” sento dire a Jun quando usciamo dalla loro visuale.
“Hey, che cazzo volete fare?!” chiede Lee preoccupato.
“Ti riportiamo a casa, idiota!” dice Jun “Ma prima facciamo un giretto in macchina tutti e tre insieme. Da quando è che non organizziamo un’uscita noi tre?”
Mi fermo e guardo Asuka con preoccupazione.
Lei ridacchia e mi rassicura con un cenno della mano.
“Ma no! Non c’è da preoccuparsi!” dice leggendo i miei pensieri. 
Poi sale su per le scale.
Jun, Kazuya e Lee escono dalla casa chiudendosi la porta dietro alle spalle.
Mi volto da Alisa che mi rivolge lo stesso sguardo perplesso che probabilmente ho anche io in questo momento. 
Rimaniamo per qualche secondo a guardarci così, confusi e in silenzio, finché più o meno insieme scoppiamo a ridere.
Non c’è un vero motivo, probabilmente è l’accumulo di tensione e confusione che ci ha attanagliato per tutta la serata e l’ennesima situazione paradossale che questa famiglia ci ha portato a vivere.
È una risata liberatoria, sincera, di sollievo. In questo momento mi sento così bene.
Guardo Alisa, anche lei sembra così spensierata in questo momento.
Vengo pervaso da uno strano calore all’altezza del petto e mi tornano improvvisamente in mente le sue parole di qualche ora prima.
La gioia di quella risata liberatoria si tramuta improvvisamente in orrore e la sensazione di calore, in gelo. La risata si spegne lentamente sulle mie labbra e abbasso lo sguardo a terra.
Conosco bene questo sentimento, e mi odio per questo.
Senso di colpa.
Deglutisco, poi mi rimetto la maschera e torno a guardare Alisa.
Forzo un sorriso.
“Vado a portare la cena a Jin, buonanotte Alisa.” 
“Buonanotte Lars!” risponde lei continuando a ridacchiare e salendo su per le scale.
Entro in cucina e trovo il bento che Jun ha lasciato per il figlio.
Per un attimo scorgo la mia immagine riflessa nel vetro della finestra.
Il riflesso di un bugiardo.



Busso alla porta e non ottengo alcuna risposta.
Potrebbe non avermi sentito. Onestamente ne dubito, ma potrebbe essere una possibilità. 
Ci riprovo, un po' più forte.
Aspetto qualche secondo e ancora nessun invito ad entrare.
Busso un’altra volta e la situazione non cambia.
Sospiro e inizio a perdere la pazienza. Non ho intenzione di perdere ulteriore tempo.

“Senti, ti ho portato qualcosa da mangiare. Sto aprendo la porta!” annuncio allora a voce alta.
Metto una mano sulla maniglia e apro la porta lentamente.
La stanza è quasi completamente buia e la prima cosa che noto è il nastro adesivo per pacchi che copre il buco nel vetro della finestra. 
Poco dopo scorgo la figura di Jin. È seduto con la schiena contro la testiera del letto, intento a leggere. Sul comodino c’è una piccola lampada, unica fonte di luce in quell’oscurità, una bottiglia d'acqua di plastica e una disordinata pila di libri e fumetti. 

Jin si accorge di me e si toglie le cuffie dalle orecchie, rivolgendomi uno sguardo ostile.
Non sono abituato a vederlo così e per un momento stento a riconoscerlo. È spettinato, porta gli occhiali da vista, l'aria stanca, occhiaie evidenti e la barba di qualche giorno.

“Che cazzo vuoi?” chiede infastidito "Chi ti ha detto di entrare?!"
Forzo un sorriso. Non sono né offeso, né sorpreso, era esattamente il tipo di accoglienza che mi aspettavo.
“Ho bussato tre volte e non ho ricevuto risposta.” spiego, poi sollevo il bento che tengo con una mano e glielo mostro “I tuoi genitori sono usciti e tua madre mi ha chiesto di portarti la cena.”
“Potevi anche non disturbarti allora, tanto non ho fame.” brontola, tornando ad immergersi nella lettura.
Niente di nuovo, continua a non voler mangiare!
Sospiro e mi avvicino alla scrivania. D’accordo, è vero che ciò che è successo non è del tutto colpa sua, ma il suo comportamento rimane quello di ragazzino viziato e capriccioso, con manie di vittimismo.
Va bene, stiamo pure al suo gioco! È impossibile che non abbia veramente fame, gli lascerò la cena lì, così potrà servirsi quando me ne sarò andato, lontano da sguardi indiscreti.
Nella stanza e soprattutto sulla scrivania regna un disordine incredibile e mi viene davvero difficile trovare uno spazietto libero dove appoggiare il bento. Questo dannato buio poi di certo non aiuta! Per poco non inciampo in una felpa arrotolata abbandonata sul pavimento!
Jin è di solito un tipo molto preciso e ordinato, questo caos decisamente non è da lui. Perché deve comportarsi in questo modo?!

“Non ti sembra il caso di accendere la luce?!” chiedo nervoso calciando via la felpa.
Jin abbassa il fumetto il tanto che basta per seguire con lo sguardo il movimento della felpa, poi punta gli occhi su di me.
“Lo dico anche per te!” faccio un cenno della mano verso di lui “Non ti fa bene leggere al buio! Vuoi forse rovinarti gli occhi?!”
“Come vedi i miei occhi sono già rovinati e lo è anche la mia vita.” risponde tetro.
Lo guardo confuso.
"Non ti avevo mai visto con gli occhiali."
"Di solito ne faccio a meno." risponde secco senza guardarmi "Sono scomodi e i miei problemi di vista sono poi così seri."
"Beh un'ottima ragione per accendere la luce e continuare a preservare la vista allora!"
Mi lancia un'occhiata truce. Io sospiro.

“Come vuoi, continua pure a stare qua dentro a piangerti addosso coccolato dalle tenebre!” sbotto, pronto a lasciarlo alla sua tanto beneamata solitudine.
Noto qualcosa che si muove però nel suo viso. In qualche modo, credo che la mia ironia gli abbia dato fastidio.
Chiude il libro che stava leggendo e lo posa in cima alla pila sul comodino, poi si raddrizza sulla schiena e mi scruta minaccioso.
“Che cazzo vuoi davvero, Lars? Se per caso ho detto qualcosa che ti ha fatto pensare che mi interessasse avere un tuo consiglio, hai recepito proprio male!”
Sostengo il suo sguardo in silenzio, senza rispondere.
“Perché sei qui?” mi chiede poi.
“Te l’ho già spiegato. Per portarti la cena.”
“Io non ti piaccio.” constata e non capisco dove davvero voglia arrivare “Lo leggo espressamente nel tuo volto, ogni volta che siamo costretti a parlarci. Sopporti la mia presenza a fatica, eppure eccoti qui. Mi hai portato la cena, quando potevi benissimo lasciare che uscissi io dalla stanza per andare a recuperare del cibo.”
“Perché tua madre mi ha chiesto il favore di portarti la cena!” ripeto per l’ennesima volta.
“Ed è proprio qui che voglio arrivare. Perché ti comporti come se fossi la sua marionetta?” chiede con un ghigno malefico.
“Cosa?” rispondo con una mezza smorfia.
“Sei il suo assistente o qualcosa del genere, no?” continua lui “È il tuo capo, ma solo al laboratorio. Tu però, anche all’infuori dell’ambito di lavoro, sei sempre pronto a soddisfare ogni sua richiesta.”
Riduce gli occhi a due fessure, continuando ad osservarmi.
“Nessuno ti paga per portarmi la cena, eppure l’hai fatto.” aggiunge.
Inspiro a fondo e butto fuori l’aria con un soffio spazientito.
“Questo è quello che significa essere delle persone gentili, Jin. Si accetta di fare dei favori.” spiego spazientito riprendendo a camminare verso la porta “E adesso, se permetti, avrei delle altre cose da fare.”
“Gentili.” ripete poco convinto “Certo, questo è un modo di vedere la cosa, personalmente però…”
Sospiro ancora, infastidito, e mi fermo curioso di sentire il seguito della frase.
“... non ho ancora capito se sei più un leccaculo o un senzapalle.” continua con un altro sorriso cattivo.
Ridacchio fra me e me. Mi aspettavo giusto qualche cattiveria di questo genere.
“Ti hanno anche coinvolto per portare qui Lee con la forza vero?” vuole sapere “Sì, li ho sentiti. Hanno fatto un tale casino che era impossibile non accorgersene. Poi sono uscito e ho ascoltato da su in cima alle scale per capire meglio la situazione.”
Mi guarda con aria di sufficienza.
“Dimmi un po’, anche quello era un favore che hai fatto con piacere?” chiede ancora.
“Buonanotte, Jin!” lo saluto gelido.
“Hey dai, aspetta!” cerca di trattenermi guardandomi con il solito ghigno cattivo “Non mi dirai che ti sei offeso?!”
Devo ammettere che è, a suo modo, stranamente loquace. Forse lo stare recluso qua dentro ventiquattr'ore su ventiquattro senza poter sparare cattiverie a nessuno gli fa questo effetto.
In ogni caso non ho intenzione di stare qui a subire gli sfoghi di rabbia di un ragazzino viziato e incollerito col mondo intero.
Esco dalla stanza e chiudo la porta.
Sospiro.
Mi mancheranno tante cose quando dovrò lasciare questa casa, di certo però, non i discorsi con Jin.

 




 

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Capitolo 18
*** Mean Girls (Asuka) ***


18
Mean Girls
(Asuka)


 

“Tre, due, uno, via!” esclama Yui premendo il tasto play dello stereo portatile.
Parte la musica e noi cominciamo a muoverci dalle nostre posizioni.
Lancio un sorriso compiaciuto a Lili, seduta davanti a noi pronta a vedere i risultati della nostra coreografia.
Siamo io, Yui, Mami e Sasaki e ora ti romperemo il culo, Lili! Guarda e impallidisci, oca!
È una bellissima sequenza e sono onestamente molto orgogliosa del risultato finale. I passi sono ispirati alla coreografia del film con l’aggiunta di un pizzico di originalità. Ci abbiamo lavorato tanto e sono certa che faremo un’ottima figura se presenteremo questa esibizione. Inizia la parte della strofa cantata e il ritmo della coreografia accelera.
Giro, slancio e inarcamento della schiena all’indietro. Mi raddrizzo e sorrido con orgoglio, procedendo con la sequenza. Anni di duri allenamenti mi hanno conferito una certa agilità e flessibilità che risulta utile anche per altre attività, come la danza ad esempio.
Cerco di nuovo Lili, sono curiosa di vedere la sua faccia in questo momento!
In un breve momento di pausa, la scorgo sporgersi verso un’altra ragazza seduta accanto a lei e le sussurra qualcosa all’orecchio. Ridacchiano insieme, poi l’altra ragazza addirittura ride piegando la testa all’indietro.
Stanno… ridendo di noi?
Ok, non è decisamente la reazione che mi aspettavo di vedere.
Mi sento pervadere dalla rabbia e per poco non scivolo. Fortunatamente riesco a recuperare l’equilibrio prima che qualcuno se ne possa accorgere.
Non mi perdonerei mai una figura di merda del genere in questo momento!
Eh, no, brutta stronza! Non ti darò questa soddisfazione!
Mi sforzo di non pensare più a quelle due, ignorando la rabbia e vado avanti con la danza.
Un altro giro, lo sguardo mi ricade su Lili.
Ride ancora.
Mi fermo un secondo e la le rivolgo un’occhiataccia.
La stronza ricambia lo sguardo, con un sorriso crudele. Giuro che il suo solo aspetto mi irrita! Vorrei strapparle quelle ridicole extension bionde e quelle stupide ciglia finte! Tanto l’hanno capito tutti che non sono vere!
Riprendo a ballare. Stringo forte le labbra e mi impegno per concentrare tutte le energie nell’esecuzione della coreografia, senza fare caso all’ambiente esterno.
Ci vuole solo un po’ di autocontrollo e tanta concentrazione.
Devo stare calma! Lo sta facendo apposta, non devo cadere nella sua trappola!
Giro e salto. Giro e salto. Giro e salto.
Lili cerca di soffocare una risata con una mano davanti alla bocca, ma non ci riesce molto bene dato che emette un ridicolissimo suono acuto.
Mi fermo di nuovo.
Adesso basta, ne ho veramente abbastanza!
Mi avvicino minacciosamente a lei.
“Asuka, che cavolo fai?” mi chiede Mami che, continuando la coreografia, quasi mi viene addosso.
“Yui, ferma la canzone per piacere!” sollevo la voce per sovrastare il volume della musica.
Yui mi guarda incerta, poi fa come le ho chiesto.
La musica si ferma e io mi siedo a terra davanti alla strega bionda, che mi guarda stranita.
“Allora.” la sfido “Sentiamo cosa c’è di tanto divertente! Sai com’è, è impossibile concentrarsi con la tua risata continua in sottofondo!”
Lili emette un risolino chinando leggermente la faccia. Guarda le sue amiche, che sono sul punto di scoppiare a ridere anche loro.
“Scusaci tanto, non era nostra intenzione offenderti! È che…” inizia a dire prima di scoppiare a ridere nuovamente “...no, lascia stare!”
“Oh, non credere di potertela cavare così!” dico con un ringhio “Stai ridendo di me e sono curiosissima di conoscerne il motivo.”
“Sei davvero sicura di volerlo sapere?” continua lei con un sorrisetto da finta tonta.
“Non sto più nella pelle!”
Lili fa le spallucce.
“Hai ragione, ridevamo di te.” ammette con sguardo altezzoso “Di come ti atteggi da prima ballerina! Evidentemente sei totalmente all’oscuro della…” il sorrisetto lascia spazio ad un’espressione colma di pura malvagità “... tua totale inettitudine per la danza!”
Wow, ha scelto di andarci pesante fin da subito. Sono davvero impressionata!
D’accordo, starò al suo gioco.
“Ah! Questa è buona!” rispondo con una smorfia “Dovrai impegnarti di più se pensi di offendermi così!”
“È la verità! Stare a guardarti è uno spettacolo a dir poco imbarazzante! Ci vuole grazia quando si balla e tu hai la stessa delicatezza di un mammut!” continua con fare altezzoso “La danza non è combattimento! Ogni volta che alzi una gamba sembra che stai prendendo a calci qualcuno, i giri sono troppo veloci e troppo poco armonici e i salti!” le scappa una risata acuta “Non parliamo dei salti! Veramente, un elefante col tutù sarebbe più delicato!”
“Meglio avere la delicatezza di un elefante, che un cervello da gallina!” rispondo prontamente.
Lili mi guarda stupefatta e offesa. Anche le sue amiche reagiscono con sorpresa.
“Asuka dai!” commenta la mia amica Sasaki.
“Che c’è?” chiedo voltandomi “Loro possono insultarmi come vogliono e io non posso difendermi?”
Lili ridacchia ancora portandosi una mano davanti alla bocca e le sue amiche le fanno da coro.
“Gran bella maturità!” commenta ridacchiando “È così che rispondi alle critiche costruttive?!”
Giuro che la sua è la voce più antipatica che abbia mai sentito!
“Critiche costruttive, un paio di palle!” rispondo a tono “Non hai neanche aspettato di vedere la coreografia per intero prima di iniziare ad attaccarmi!”
Lili storce il naso.
“Quanto sei scurrile!” borbotta.
“Oh, mi scuso se sua maestà si sente offesa dal mio modo di parlare!” commento con sarcasmo.
“E comunque sei tu che hai deciso di fermare la musica, non te l’ho mica chiesto io!” osserva Lili “In ogni caso… la coreografia non è niente di che. Ma poi… Flashdance? Seriamente? Gli anni ‘80 sono finiti da un pezzo e… grazie al cielo!”
Fa una pausa e alza gli occhi al soffitto.
Le sue amiche ridacchiano ancora.
“Io proporrei una canzone che sia almeno di quest’anno. Dobbiamo cercare di coinvolgerlo, il pubblico! Non di addormentarlo!”
Le amiche annuiscono.
Inizio a pensare che non siano dotate di un cervello proprio. Lili deve averglielo assorbito e ora non sono più dotate di pensiero autonomo.
“Ovviamente non mi aspetto che una gallina come te abbia rispetto per la cultura cinematografica…” mi alzo in piedi “... piuttosto ancora non capisco cosa mai ti abbia fatto per esserti così antipatica.”
Lili non risponde, ma assottiglia gli occhi e mi guarda con aria truce.
“Ma sai una cosa?” riprendo sottovoce “Ho dovuto imparare a difendermi contro serpenti decisamente più grossi di te e non mi fai la minima paura!”
Si alza anche lei e sostiene lo sguardo. I suoi occhi sono ancora più velenosi della sua lingua biforcuta.
“So che non perdi occasione di fare riferimenti al tuo passato da delinquente, ma non ce n’è alcun bisogno, qui nessuno intendeva minacciarti.” risponde seria.
“Io non ho un passato da delinquente!” ringhio.
“Ragazze, adesso basta!” si intromette Mami separandoci.
Contro certe accuse non si può stare in silenzio.
“Non me ne importa niente del tuo passato!” risponde Lili, ignorandola “Sei tu che per qualche ragione hai sentito il bisogno di tirarlo in ballo adesso. Io ti stavo solo facendo notare che  non sai ballare e la canzone che hai scelto non piace a nessun’altro a parte che te!”
“Questo non è vero!” ribatto “L’abbiamo scelta di comune accordo!”
Mi volto dalle altre per cercare il loro appoggio e quello che vedo non è quello che mi aspettavo.
“Sasaki?” chiedo incredula notando la sua smorfia.
Lei abbassa gli occhi.
“Beh, io in realtà avevo proposto un’altra canzone, ma tu me l’hai bocciata senza neanche ascoltarla!”
Lili e le altre ragazze scoppiano a ridere e mi sento avvampare per la rabbia e per la vergogna.
“Che cosa?!” sbotto.
“Anche per quanto riguarda gli abiti per l’esibizione non sei stata proprio democratica.” mi rinfaccia la mia amica con una delicatezza da carroarmato.
Rimango a bocca aperta, pervasa da tutta una serie di sentimenti che non riesco neanche a catalogare appieno.
“È… questo quello che pensate?” chiedo a bassa voce.
Mi volto da Yui e da Mami. La prima abbassa lo sguardo, la seconda mi guarda con una strana espressione.
“Asuka, devi riconoscere che ultimamente è diventato difficile parlare con te, sei sempre nervosa, hai sempre la testa altrove e… effettivamente non hai ascoltato molto le nostre opinioni.”
Lili e le altre galline continuano a ridere sempre più divertite.
Abbasso lo sguardo e chiudo gli occhi, inspirando a fondo.
Wow. Questo di certo non me lo aspettavo!
Le mie amiche non solo decidono di non sostenermi in un momento come questo, dopo che sono stata offesa sul personale, ma addirittura ne approfittano per rinfacciarmi presunti torti fatti nei loro confronti.
Non potevano proprio trovare un momento più opportuno di questo!
Il gruppo di Lili continua a ridere di me e per la prima volta dall’inizio di quella conversazione, inizio a sentirmi veramente a disagio.
Improvvisamente sono sola, contro tutti.
“Capisco.” dico seria dopo qualche secondo.
Cammino a passi decisi verso la sedia dove ho lasciato le mie cose.
“Fate pure la vostra coreografia come meglio credete, tolgo il disturbo.” dico tranquillamente.
“Asuka ti sei offesa?” chiede Yui sembrando un po’ preoccupata.
Non rispondo e non la guardo neppure.
Le critiche di Lili e delle sue amiche mi possono scivolare addosso come l’olio, ma questo comportamento delle mie presunte amiche mi ferisce sul serio.
“Hey, ma ti sei offesa davvero?” ripete Lili quando smette finalmente di ridere.
Inizia forse a sentirsi vagamente in colpa della sua insensata cattiveria?
Sospiro e mi fermo poco prima di lasciare la palestra e mi volto verso di lei un’ultima volta e forzo un sorriso.
“Figurati!” rispondo “Con la tua opinione mi ci pulisco il culo!”
È una piccola soddisfazione vedere la faccia inorridita del gruppo di galline di Lili e l’espressione disgustata della stessa Lili.
“È sempre così scurrile!” ripete con aria disgustata “Una vera scaricatrice di porto!”
Guardo anche le mie presunte amiche e penso di dover dire qualcosa anche a loro, ma alla fine decido che nessuna parola potrebbe in questo momento esprimere quello che sto provando.
Esco dalla stanza e chiudo la porta.


Non sono offesa. Asuka Kazama non si fa buttare giù da queste cose.
E in fin dei conti non me ne frega niente di quella stupida coreografia. A me neanche interessa così tanto la danza!
Non è mica la danza che ti permette di difenderti dai prepotenti, non è mica con la danza che sono diventata quello che sono.
Però…
Quel voltafaccia da parte delle ‘mie amiche’ proprio non me lo aspettavo.
Per tutta la durata delle lezioni evito ogni possibile contatto con loro e non riesco a concentrarmi granchè sulle lezioni. Lee ha ragione, la mia media è veramente preoccupante quest’anno, ma ultimamente ho avuto tante di quelle preoccupazioni che mi sembra il problema minore.
Noto Yui che di tanto in tanto si volta ad osservarmi in silenzio. Sembra preoccupata, forse rattristata, ma ho deciso che per il momento non mi interessa. Le lancio uno sguardo truce e giro la faccia.
Offesa o meno, è stata una pugnalata alle spalle che non mi aspettavo, non sono ancora pronta a perdonare nessuno.
Dopo il suono della campanella che finalmente annuncia la pausa pranzo ho l’impressione di vederla avvicinarsi al mio banco, ma io ho già messo i quaderni in borsa e sgattaiolo via dall’aula evitando di affrontarla.
Che cavolo, lasciatemi il mio spazio!
In questo momento non ho voglia di vedere né sentire nessuno, proprio nessuno!
Scendo velocemente al piano di sotto, cerco il mio armadietto, lo apro e ci butto dentro tutti i libri.
Accidenti, che casino terribile! Quando è l’ultima volta che ho fatto un po’ di ordine qui dentro?
Sto per chiudere l’anta per evitare che crolli la montagna di libri e quaderni, quando noto un ritaglio di foglio di giornale che scivola via cadendo sul pavimento.
Mi raggelo.
Chiudo lo stipetto con forza proprio un attimo prima che tutto finisca a terra e mi inchino a raccogliere il foglio con dita tremanti.
Lo prendo tra le mani e mi basta leggere l’inizio dell’intestazione per capire di cosa si tratta.
OSAKA: Concessa la libertà condizionata all’autore del colpo al dojo di due anni fa.
Lo accartoccio e mi guardo attorno con sospetto.
Chi può averlo messo dentro lo stipetto?
Chi può avermi seguito fin dentro la scuola?
Rabbrividisco, mi rimetto lo zaino in spalla e me ne vado il più in fretta possibile.
Ho voglia di stare sola a riflettere. Non posso più ignorare queste continue minacce.
Perché non si fanno vedere una buona volta e non mi affrontano faccia a faccia?
Entro dentro la palestra e mi rifugio nel ripostiglio degli attrezzi. Almeno qui ho la certezza di poter stare sola e indisturbata.
Lascio lo zaino da una parte e vado a sedermi su un materasso ginnico sul pavimento, appoggiando la schiena contro una gabbia di palloni da pallavolo.
Vorrei dire che non sono preoccupata e che sono in grado di affrontare chiunque, persino lui se dovesse farsi avanti.
Però non riesco ad ignorare quel brivido che mi corre lungo la schiena nel ricordare quegli orribili occhi iniettati di sangue.
Stringo le ginocchia al petto.
Forse dovrei lasciar da parte l’orgoglio e chiedere una mano a qualcuno. Dopotutto non c’è niente di male nel farsi aiutare da qualcuno. Non sono mica Jin io!
D’accordo, ma con chi potrei parlare?
Con Jin?
Alzo gli occhi al soffitto.
Il tempismo non potrebbe essere più sbagliato. Non posso andare a parlargli dei miei problemi proprio nel bel mezzo di una crisi esistenziale.
Allora con chi? Papà? No, si preoccuperebbe troppo.
Zia Jun? No, ne parlerebbe con papà quasi sicuramente.
Kazuya o Heihachi? Meglio di no, sono troppo strani.
Sento improvvisamente un rumore che arriva da qualche parte dietro di me e mi irrigidisco.
Rimango immobile senza fiatare, con le orecchie tese ad ascoltare.
Qualcuno sta maneggiando la maniglia della porta. Si apre lentamente e noto il triangolo di luce che arriva dalla palestra estendersi lungo il pavimento del ripostiglio buio.
Chi diavolo viene a gironzolare nel ripostiglio degli attrezzi durante la pausa pranzo?!
Coppiette che si vogliono appartare? No, per qualche ragione il mio istinto mi dice che non è così.
Lentamente mi alzo in piedi, attenta a non fare il minimo rumore.
Sento un rumore di passi. Chiunque sia è solo e si sta avanzando molto lentamente dentro la stanza.
Mi hanno vista! Chi ha lasciato quell'articolo di giornale nello stipetto mi ha vista e seguita fin qui. 
Sa che qui non passa mai nessuno durante la pausa. Sanno che nessuno potrebbe venire in mio soccorso.

Il cuore inizia a battere più velocemente. Faccio scorrere lo sguardo attorno a me, alla ricerca di un oggetto contundente con cui potermi eventualmente difendere da un'aggressione.
Cerchi di plastica colorati, palloni e corde per saltare. Ottimo, credo che dovrò contare solo sulle mie forze.
Poi la noto, una bella mazza da baseball su uno scaffale davanti a me.
Sogghigno soddisfatta.
Faccio qualche passo in avanti, stando molto attenta a non fare rumore, mentre continuo ad ascoltare i movimenti della persona che mi cerca.
Mi avvicino allo scaffale e mi allungo in punta di piedi per prendere la mazza.
È molto in alto ed è buio, non vedo un accidenti, afferro la mazza e la faccio scorrere lentamente verso di me. Purtroppo mi accorgo troppo tardi di una dannata palla da baseball, che con il mio movimento faccio rotolare e cadere giù dallo scaffale.
Mi mordo le labbra per non imprecare.
La palla rimbalza sul pavimento con un piccolo, ma distintissimo tonfo.
Torno indietro lentamente e mi appiattisco contro la gabbia dei palloni trattenendo il respiro.
La palla rotola verso il centro della stanza e sento la persona misteriosa dirigersi in direzione dell’origine del rumore.
Ancora pochi passi e sarò finalmente in grado di vederla.
Si ferma, probabilmente si inchina e riesco a scorgere la sagoma di una mano che si chiude sulla pallina.
È il mio momento, uscirò allo scoperto mentre è inchinato e ha una mano occupata dalla pallina.
Salto fuori all’improvviso stringendo saldamente la mazza da baseball tra le mani, pronta a difendermi con tutte le mie forze.
La figura misteriosa mi vede e si lascia sfuggire un grido di sorpresa. Afferra la palla da baseball e me la scaraventa addosso con forza. Istintivamente agito la mazza, che va a colpire la palla con forza, scaraventandola contro il vetro di una delle finestrelle a ridosso del soffitto. Il vetro si frantuma e la pallina finisce fuori dalla stanza.
La persona misteriosa fugge all’indietro andando a premere l’interruttore della luce.
La lampada al neon sul soffitto frizza e si accende illuminando la stanza.
“Asuka!” esclama la figura misteriosa, che finalmente sono in grado di riconoscere.
Emetto un sospiro di sollievo abbassando lentamente la mazza a terra, fino a lasciarla scivolare completamente sul pavimento.
Alzo la testa al soffitto ridacchiando della mia stessa stupidità. 
Torno a guardare la mia interlocutrice.
“Scusami, Xiao-san.” mormoro con aria colpevole “È che non mi aspettavo che venisse nessuno qui e… mi sono spaventata.”
Ora probabilmente penserà che sono una completa psicopatica, ma me lo merito.
Dovrei stare a preoccuparmi del suo giudizio, ma il senso di sollievo è così forte e la situazione così ridicola che non riesco a smettere di ridere.
Xiaoyu mi guarda stranita per qualche secondo, poi scuote la testa e si mette a ridere con me.
Ridiamo insieme per qualche minuto ed è così incredibilmente liberatorio, nonostante la scena sia a dir poco stupida. 
“Andiamo!” dice poi.
Fa un cenno della testa in direzione della finestra col vetro sfondato.
“Potremmo passare dei guai se ci trovassero qui!” spiega con una mezza smorfia "E non mi va di finire di nuovo in punizione."
Annuisco. Prendo lo zaino e la seguo, lasciando di soppiatto la palestra.
“Non ti chiederò cosa stavi facendo da sola al buio nel ripostiglio della palestra.” dice mentre attraversiamo il prato davanti alla scuola “Ma ti ho visto da lontano e ti ho seguito perché volevo parlarti.”
Si volta e alza lo sguardo su di me.
“Ti ho per caso disturbato?” chiede con una punta di indecisione.
Scuoto la testa.
“No, ho solo passato una brutta giornata e volevo stare un po’ per conto mio.” spiego evasiva “Non mi hai disturbato.”
Non è il caso di stare a spiegare delle mie pessime amiche e dei fantasmi del mio turbolento passato ad Osaka.
“Ah, perfetto allora!” esclama lei allegra “Hai già pranzato? Ti va di mangiare con noi oggi?”
“Con noi?” ripeto un po’ confusa.
“Sì, siamo solo io, Miharu e Alisa.” spiega sorridente “Ci stanno aspettando!”
“D’accordo.” rispondo e non posso fare a meno di sorridere a mia volta.
È la prima volta da tempo immemore in cui qualcuno sembra fare qualcosa di carino per me, anche se si tratta soltanto di invitarmi a non passare la pausa pranzo da sola.
“Non ho ancora avuto l’occasione di dirti quanto ti sia riconoscente per quello che hai fatto per me.” continua Xiaoyu “Quello che hai fatto per Panda. Voglio che tu sappia che se mai avessi bisogno di qualcosa, puoi contare su di me.”
Mi sorride.
“Oh, figurati!” rispondo quasi in automatico “È il minimo che potessi fare! Sai… odio tremendamente le inguistizie, certe cose mi vengono praticamente in automatico.” spiego e mi fermo di colpo, realizzando cosa ho appena detto.
Deglutisco.
Non sono più così sicura che sia il caso di andare così fiera di questo tratto del mio carattere, dato tutto quello che mi sta facendo passare.
“Sì.” risponde Xiaoyu “Ho capito che sei una persona incredibilmente onesta, Asuka. Hai mai pensato di provare ad entrare in polizia dopo il diploma?”
Rimango a pensarci in silenzio.
In effetti no. Ero sempre così presa dall’idea di farmi giustizia da sola, che non ci avevo mai pensato.
Non è un’idea così malvagia però dopotutto. Sarei certamente più competente di tanti agenti di mia conoscenza.
“Eccoci qua!” annuncia Xiaoyu in tono squillante raggiungendo Miharu e Alisa. 
Ci aspettano sedute in cima ai primi gradini della scalinata principale.
“Finalmente! Stavamo per dare l'allarme!” scherza Miharu.
Si stringono per farci spazio. Alisa mi sorride, ricambio e mi siedo accanto a Xiaoyu.
“Stavamo giusto osservando come stanno iniziando a smontare il grande colosso!” dice Miharu indicando la grande statua di Heihachi al centro del giardino.
In effetti sono iniziati i lavori per rimuoverla.
“E con Alisa ci chiedevamo se fosse più di cattivo gusto quella o il dipinto stile rinascimentale che c’è nell’atrio principale della scuola.” continua Miharu “Secondo me il ritratto è peggio.”
Alisa non è d’accordo.
“La statua è più brutta.” esprime il suo parere.
Xiaoyu apre la borsa sulle sue ginocchia e inizia a frugarci dentro, cercando qualcosa.
“Anche io voto per la statua.”
Ridacchio.
“E se vi dicessi che esiste di peggio?” sogghigno.
Si voltano a guardarmi.
“Quello che vedete qui a scuola è niente, casa sua è terribilmente peggio!” sussurro sogghignando divertita.
“Sul serio?” ridacchia Miharu.
“E la cosa peggiore in assoluto credo che sia la fontana che ha nel suo giardino con una statua di lui che imita la posa di Napoleone a cavallo.” racconto “Non credo di aver visto niente di più brutto.”
Tutte e tre mi guardano in silenzio sconcertate per un paio di secondi, prima di scoppiare a ridere a crepapelle.
Quando si sono calmate, Xiaoyu estrae dalla borsa delle bustine di carta colorata e ne dà una ad ognuna di noi.
La guardo confusa ricevendo il mio pacchetto.
“Ho fatto dei biscotti!” spiega sorridente “Come ho detto, volevo ringraziarti per quello che hai fatto per me!”
“E già che io e Alisa le abbiamo suggerito l’idea, abbiamo chiesto di poter avere un omaggio anche per noi.” spiega Miharu.
“I biscotti di Xiao-san sono deliziosi.” aggiunge Alisa.
Sorrido.
“Grazie, ma non ce n’era bisogno davvero.” dico aprendo il pacchetto per provare un biscotto.
Xiaoyu sorride, poi abbassa lo sguardo con aria un po’ triste.
“Ovviamente vorrei ringraziare anche Shin-kun e…”
Non finisce la frase, ma so bene a chi si riferisce.
“Alisa mi ha detto che non sta passando un bel momento.” continua a bassa voce.
“Eh sì.” rispondo con un sospiro “L’ha presa decisamente male. Non è facile avvicinarsi a lui in questi giorni.” 
Assaggio il biscotto. È buono. Saporito e non eccessivamente dolce.
“Dovresti provare a parlargli!” dico poi.
Xiaoyu mi guarda alzando un sopracciglio.
“Per rischiare di farlo innervosire ancora di più?” chiede lei “Meglio di no.”
Apro il mio zaino e prendo un quaderno.
“Con te non si innervosirà...” rispondo decisa “... non troppo.”
Apro il quaderno all’ultima pagina e strappo un pezzetto di carta, poi prendo una penna.
“Perché lo pensi?” chiede lei poco convinta.
“Perché lo conosco bene. Si sente in debito con te.” spiego “Non sarà troppo cattivo con te e anzi, magari avrà di nuovo voglia di fare due chiacchiere con un altro essere umano.”
Le porgo il pezzetto di carta con il numero di Jin scritto a penna.
Me lo ricordo ancora a memoria. Quante risate mi sono fatta l’anno scorso a furia di fargli scherzi telefonici anonimi!
“Prova a chiamarlo, al massimo se non è in vena di parlare, ti chiuderà il telefono in faccia.” suggerisco.
Xiaoyu prende il biglietto e lo guarda pensierosa.
“Quello che gli è successo…” osserva preoccupata “...è tutto per colpa mia.”
“Non è colpa tua.” scuoto la testa “Tutto quello che gli è successo è colpa del nome che porta. È lui che si è offerto di aiutarti, tu non c’entri niente.”
Xiaoyu sembra rifletterci su, poi piega il bigliettino e lo mette via.
“Ci penserò.” risponde guardandomi con un sorriso di gratitudine.


Passiamo il resto della pausa a chiacchierare del più e del meno. Parliamo di stupidaggini, argomenti leggeri e ci divertiamo.
È un sollievo non dover stare a pensare a cose come la popolarità, gruppi di ballo e le malefatte di Lili per una volta.
La vita potrebbe essere così molto più facile senza doversi preoccupare di dover piacere alla gente!
Quando suona la campanella che annuncia la ripresa delle lezioni mi sento più leggera e riesco ad affrontare il resto della giornata con un umore decisamente migliore.
È solo a fine giornata, quando ritrovo nella tasca della divisa il ritaglio di giornale stropicciato, che l’ombra di quella preoccupazione torna ad occupare i miei pensieri.
Un anno fa.
Il tempo è volato così in fretta. Ricordo ancora come se fosse ieri il fracasso dei vetri rotti e quelle urla. Un rumore che non dimenticherò mai.
Nella strada di ritorno inizia a piovere.
Mi fermo a guardare una cabina telefonica, sotto la pioggia.
Potrei fermarmi a ripararmi qualche minuto e
 ora che ci penso è tanto che non sento qualcuno di casa.
Entro dentro, infilo qualche spicciolo e compongo il numero di casa.
“Papà!” esclamo sentendo la sua voce dall’altro capo del telefono.
Dio, quanto mi manca!
“Asuka!” risponde sorpreso lui “Da dove stai chiamando?”
“Da… una cabina telefonica fuori da scuola.”
“Come mai? È successo qualcosa?” chiede lui vagamente preoccupato.
“No, avevo solo… voglia di sentirvi! Mi sentivo un po’ nostalgica oggi.” spiego con una risatina, non riuscendo a trattenere una lacrima che mi scivola giù per il viso “Come va la fisioterapia?”
“Ah, si fanno progressi! Anche se lentamente.” risponde “Forse da qui alla fine dell’estate potrò riprendere ad allenarmi. E tu ti stai preparando per le selezioni?” 
“Sì.” rispondo tirando su col naso “Mi sto impegnando a fondo.”
“Brava la mia bambina.”
Restiamo a parlare del più e del meno per quasi mezz’ora e sono costretta ad interrompere la telefonata solo per via del credito limitato.
“Ti voglio papà.”
“Ti voglio bene piccola mia.”
Riaggancio la cornetta ed esco dalla cabina, sotto la pioggia. 
Estraggo ancora una volta dalla tasca il foglio appallottolato. Lo dispiego e lo leggo un’ultima volta.
“D’accordo.” sussurro tra i denti.
Guardo le strade popolate da una folla anonima e inconsistente sotto gli ombrelli e le luci che si riflettono sull'asfalto bagnato.
“Ovunque tu sia.” 
Chiudo a pugno con forza la mano che tiene l’articolo, strappando la carta con le unghie.
“Sono pronta.” 
Getto con un gesto secco la carta in un cestino della spazzatura e, pervasa da un’improvvisa e rassicurante ondata di coraggio, mi incammino verso casa.




 

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Capitolo 19
*** How (and how not) to Open a Door (Jin) ***


19
How (and how not) to Open a Door
(Jin)

 

Un tuono rimbomba in lontananza.
Mi raddrizzo sulla schiena, stanco e ansimante. I miei sensi sono offuscati dall’intenso sapore metallico che mi pervade la bocca.
Passo il dorso della mano sulle labbra, asciugando un rivolo di sangue fresco.
Guardo la bestia davanti a me, illuminata dalla luce tremolante dei focolari. La figura mostruosa è inerme, impotente, finalmente sconfitta.
Ho vinto. Ce l’ho fatta.
Sogghigno con soddisfazione, l’odio fermenta il sangue dentro alle mie vene ed è una stupenda sensazione.
Altri tuoni, sempre più vicini e frequenti.
Sento dei passi provenire da qualche parte dietro di me. Mi volto.
Una figura imponente, semi-nascosta dall’ombra, avanza a passi lenti verso di me.
Stringo gli occhi, per cercare di vedere più chiaramente. Conosco questa persona.
Si ferma a pochi passi da me, dove riesco a vedere il volto finalmente illuminato dal bagliore dei fuochi.
Sto per chiedergli cosa ci fa qui, quando solleva un braccio. La sua mano impugna una pistola e ce l’ha proprio puntata su di me.
Non ho il tempo di protestare, nemmeno di pensare.
Uno sparo.
Finisco a terra, cadendo all’indietro.
La mia mente si oscura, la mia coscienza si dilania. L’odio mi avvolge totalmente in una morsa calda infernale, è accogliente e terrificante al tempo stesso. La mia mente compie dei processi illogici e irrazionali, abbandonando ogni lume di sanità.
Altri tuoni, sempre più vividi e violenti.
Mi alzo in volo, e guardo Heihachi digrignando i denti.
Questo briciolo di coscienza annebbiata che è tutto ciò che resta di me. Sono più forte e più potente che mai, infervorato da un’energia che non fa parte di questo mondo.
Ho sete di sangue. Morte e distruzione è tutto ciò che bramo, è ciò per cui vivo.
Sorrido mentre le mie unghie si chiudono sul collo di Heihachi. I suoi occhi traboccano di stupore e terrore.
Lo scaravento contro la parete di mattoni, che si sbriciola davanti alla mia volontà.
Heihachi precipita a terra, ancora cosciente, guardandomi con orrore.
Io rido. Emetto una risata malvagia, crudele, mentre la morsa attorno all’ultima fiamma della mia umanità si fa più pesante, più soffocante. Tutto diventa confuso, come in un sogno febbricitante, e il buio finalmente mi avvolge completamente.
In lontananza, solo il rumore dei tuoni mi ricorda che ancora esisto.


Mi sveglio di soprassalto.
“Ma che cazz…” borbotto sollevandomi dal cuscino.
Ieri notte devo essermi addormentato sopra il libro che stavo leggendo, di cui ho stropicciato una pagina. Sono crollato per stanchezza in una posizione tanto stupida, quanto scomoda.
“Svegliati stronzo! Apri subito questa dannata porta!” sento urlare da fuori.
Qualcuno pesta violentemente contro la mia porta. Quelli che sentivo rimbombare non erano tuoni.
Mi metto faticosamente a sedere, mi sono addormentato su un braccio e ce l’ho completamente intorpidito.
Ancora questo stupido sogno!
Prendo il libro e lo chiudo, mettendolo via. Niente più storie violente prima di dormire.
“Jin, sto perdendo la pazienza. Sai benissimo che non scherzo, apri immediatamente questa fottutissima porta!”
Sembra ancora meno amichevole del solito.
“Che cazzo vuoi?!” chiedo a voce alta roteando il braccio nel tentativo di recuperare la sensibilità.
Che diavolo ha Kazuya da urlare alla mia porta alle…
Mi allungo per leggere l’orario sulla mia sveglia elettronica, che emerge dalla montagna di oggetti sul mio comodino.
… le otto e un quarto del mattino.
Non dovrebbe essere già uscito per andare al lavoro invece di stare a rompere le palle a me di primo mattino?!

“I miei dannati auricolari. Li hai presi di nuovo!” ringhia con rabbia.
Oh merda!
“Ti sbagli, paranoico del cazzo!” rispondo osservando da lontano i suoi auricolari da centomila yen sulla mia scrivania “Controlla meglio! Non te li ho presi io!”
Sono un idiota. Questa me la sono decisamente cercata.
Kazuya, che ama isolarsi dal mondo almeno quanto me, si è comprato questi stratosferici ultracostosi auricolari l’anno scorso. Non so se valgano davvero tutti i soldi del prezzo, ma sono una vera bomba! E sono fantastici per giocare ai miei videogiochi! 
Peccato che ieri notte ero così cotto che ho dimenticato di riportarli nel suo studio. Ovviamente lui non approva che io li usi e, manco a dirlo, si incazza sempre come una iena quando scopre che invece glieli ho presi.
“Non cercare di prendermi per il culo, coglione!” urla lui “Li hai presi tu e ti conviene non farmi incazzare ulteriormente!”
Pesta ancora contro la porta, che vedo vibrare pericolosamente.
Fortunatamente ho spostato il comò contro la porta, così da evitare le incursioni indesiderate di Asuka o di Lars.
“Li avrai lasciati a lavoro!” rimango al gioco.
Devo riuscire a farlo allontanare per potermi infilare nel suo studio a metterli a posto.
Si ferma improvvisamente dal pestare alla mia porta. 
Senza dire niente inizia a camminare velocemente lungo il corridoio, sento i suoi passi allontanarsi e scendere per le scale.
Se ne va?
Sono davvero riuscito a convincerlo con così poco?
D’accordo. 
Mi sdraio e torno sotto le coperte. Proverò a dormire ancora per un po’.
Mi sto addormentando sempre più tardi questi giorni, mi farà piacere recuperare qualche ora di sonno.
Tutto sommato non è poi così male la vita da sospeso. Hai un sacco di tempo per fare i cavoli tuoi, non sei obbligato a vedere gente e puoi anche permetterti il lusso di stare sveglio fino a tardi a giocare al pc o a leggere fumetti. Tanto puoi sempre dormire la mattina.
Sembra quasi di essere in vacanza, e forse avevo proprio bisogno di prendermene una.
Mentre sono immerso nei miei pensieri e molto vicino a riprendere sonno, vengo distratto dai passi di Kazuya che sta camminando nuovamente sulle scale e poi lungo il corridoio.
È tornato?
Apro gli occhi e mi siedo sul letto, tendendo le orecchie.
Sento che si ferma di nuovo davanti alla mia porta.
“Apri la porta adesso, o giuro che te ne pentirai amaramente.” dice minaccioso.
Che cosa ha in mente?!
Non rispondo, rimango in silenzio ad ascoltare.
“Conto fino a tre.” annuncia. 
Guardo ancora il comò. Qualsiasi cosa abbia intenzione di fare dubito che riuscirà ad aprire la porta finchè c’è un comò di duecento chili che fa da rinforzo.
“Uno.” 
Forse avrei dovuto aggiungere del peso a quel comò però.
D’altronde Kazuya non è un tipo qualunque. In effetti potrebbe anche riuscire a spostarlo.
“Due.”
In effetti io sono riuscito a spingerlo lì davanti senza non troppi problemi. Può riuscire a spostarlo anche lui. 
Cazzo, avrei davvero dovuto mettere qualcosa di più pesante.
Mi guardo intorno velocemente. Cosa potrei usare?
“Tre.” urla e la sua voce viene subito seguita da un forte rumore.
Proprio quello che sembra un… 
… un colpo d’ascia contro la porta?
“Che cazzo stai facendo?!” scalcio via le coperte e mi alzo in piedi.
Un altro colpo e vedo la lama trapassare il legno della porta.
“Sei pazzo!” urlo “Ti rendi conto che sei pazzo da legare?!”
Lui continua e il legno della porta continua a spaccarsi, finchè non è in grado di staccarne un pezzo intero.
C’è un buco, adesso c’è un dannato buco proprio nel bel mezzo della mia porta e sento di stare per impazzire.
Mi porto le mani sopra i capelli, in preda alla disperazione.
La porta della mia stanza, il più prezioso dei miei confini è stato distrutto.
Addio privacy. Addio tranquillità. Addio mondo.
Kazuya abbassa l’ascia a terra e si avvicina allo squarcio nella porta e ci guarda attraverso. È abbastanza largo per mostrare una buona porzione del suo volto.
Vede gli auricolari, si allontana e infila una mano attraverso la porta.
“Gli auricolari, prego.” dice gelido con il palmo aperto verso il soffitto.
Glieli devo dare o so che non si fermerà qui. È pazzo furioso.
Respirando pesantemente mi avvicino alla scrivania, prendo quei fottutissimi auricolari e mi avvicino alla porta, lanciandoglieli bruscamente contro la mano.
Lui li afferra e ritrae il braccio.
“Sei sempre il solito bambino viziato e capriccioso.” commenta sprezzante a bassa voce “Bisogna sempre arrivare alle maniere forti per farti ragionare.”
Maniere forti?
“Mi hai distrutto la porta, bastardo!” ringhio cercando a fatica di trattenere la rabbia.
Sono talmente arrabbiato da avere quasi voglia di vomitare. Può avere senso tutto questo?
“Sì.” risponde lui mentre lo sento raccogliere l’ascia “E farai bene a non tornare a prendere le mie cose senza permesso se vuoi ancora averla una porta.”
“Tu maledettissimo bastardo…”
“E comunque era già malridotta di partenza.” aggiunge ignorandomi. 
Inizia a camminare lungo il corridoio.
Mi avvicino al comò e lo spingo su un lato per liberare la porta.
Afferro la maniglia ed esco dalla stanza. 
Kazuya è già sceso al piano di sotto. Mi dirigo verso le scale, dai primi scalini lo scorgo davanti alla porta di ingresso. Sta indossando il suo cappotto, pronto per tornare a lavoro.
“Mi hai distrutto la mia porta.” ripeto ancora sconvolto.
Lui si gira e mi guarda con aria di sufficienza.
“Vuoi una porta? Compratela o riparatela.” mi risponde.
“Come cazzo dovrei fare per ripararla?” chiedo “Le manca un dannato pezzo!”
Lui si volta dandomi le spalle, sistemandosi il colletto del cappotto davanti allo specchio.
“Nel capanno in giardino trovi attrezzi e una tavola di legno. Puoi usarli per tappare lo squarcio. Scardina la porta e mettila sul pavimento per lavorarci o rischierai di peggiorare il danno.”
Poi si volta e mi guarda con un ghigno.
“Fai attenzione a non perdere qualche dito, a tua madre dispiacerebbe.” dice prima di aprire la porta di casa e andarsene.
Ritrovandomi di nuovo solo, mi sfogo liberando un urlo di rabbia. Poi un altro e un altro ancora.
Poi mi siedo sulle scale e appoggio la fronte contro le mani, chiudo gli occhi e respiro a fondo, cercando di calmarmi.
Perché non fuggire oggi stesso? Perché non mandare tutto e tutti al diavolo e cambiare vita a partire da questo momento?
Sollevo appena il viso, aprendo gli occhi sotto ai miei polpastrelli. 
Inutile. Non sono ancora maggiorenne, chiamerebbero la polizia e mi troverebbero e non avrei fatto altro che rendere la mia situazione ancora più complicata di come già non lo sia.
Abbasso la schiena all’indietro, sdraiandomi sul pavimento e fissando il soffitto.
A tua madre dispiacerebbe.
Lei ci soffrirebbe un sacco. E anche se spesso litighiamo è pur sempre l’unica persona della mia famiglia con cui ho ancora un rapporto più o meno decente.
Non posso farle questo.
Sento la porta di ingresso che si apre.
È tornato qualcuno.
Sarà ancora Kazuya?
Non mi importa. 
Rimango nella mia stupida posizione sul pavimento persino quando l’ignoto inizia a salire le scale. 
Arriva a pochi scalini di distanza da me e lo sento fermarsi.
Sollevo appena la testa per vedere di chi si tratta e vedo Lars che mi guarda con un’espressione vagamente spaventata.
Torno a rilassare i muscoli del collo e a guardare il soffitto, sogghignando divertito.
Deve sicuramente pensare che sia un pazzo.
Mi cammina accanto a passi lenti senza dire niente. 
Apprezzo il fatto che non mi abbia chiesto niente.
Lo sento andare in silenzio verso la sua stanza e chiudere la porta.
Lars. 
Fatico ancora a capirlo, ma più di tutto, non capisco come faccia ancora a resistere in questa gabbia di matti. Volontariamente.
Mi metto a sedere, alcuni ciuffi di capelli mi cadono davanti agli occhi. Sono ancora in pigiama e devo avere un aspetto disgustoso. Imbarazzante che Lars mi abbia visto in questo stato.
Mi alzo e vado in bagno.
Farò una doccia, mangerò qualcosa per placare un po’ questo fastidiosissimo persistente senso di nausea che la mia stessa esistenza mi provoca e passerò la giornata tra serie tv e videogiochi fino a farmi bruciare gli occhi. Come ieri, come avantieri e il giorno prima di avantieri.
Mentre entro nella cabina doccia sento Lars uscire di nuovo di casa.
Perfetto, sono nuovamente solo.
La doccia è certamente una delle poche cose che mi mancherebbero della vita in questa casa, con l’idromassaggio e la funzione sauna.
Sembra stupido, ma sono cose in grado di rendere un po’ meno spiacevole persino una mattina cominciata in un modo tanto pessimo quanto questo.
Che sia questo il motivo per cui Lars non è ancora scappato?
Rimango sotto l’acqua così tanto tempo che quando esco i vetri e lo specchio sono completamente appannati.
Dopo essermi asciugato alla bell’e meglio, lascio da parte l’asciugamano e mi fermo davanti al lavandino. Con il dorso della mano disegno un cerchio sullo specchio per poter vedere il mio riflesso.
Con le mani sul marmo del piano dei lavandini mi sporgo in avanti per osservarmi meglio.
È così che mi sono ridotto alla fine, sembro il fantasma di me stesso. 
Ho gli occhi arrossati e cerchiati di viola per le poche ore di sonno, il volto sciupato, non mi stupirei se dovessi aver perso un po’ di peso nell’ultima settimana, i capelli iniziano ad essere un po’ troppo lunghi ed è più di una settimana che non tocco un rasoio.
Faccio una smorfia.
Di certo è rimasto ben poco del rispettabilissimo studente modello, dalla sì turbolenta condotta, ma perfettamente in grado di raggiungere il terzo posto della classifica di rendimento dei più secchioni della scuola. 
Adesso assomiglio ad una specie di senzatetto.
“Fanculo.” borbotto. 
Prendo un asciugamano e me lo getto sopra la testa.
“Sono tutte stronzate.” continuo a bassa voce.
Non mi importa di stare parlando da solo, al di là del fatto che non ci sia nessuno che possa sentirmi.
Mi massaggio i capelli sotto l’asciugamano e lascio il bagno, camminando nudo nel corridoio.
Non mi è mai importato di essere uno studente modello dall’apparenza rispettabile. Lo facevo solo per arrivare al mio fine ultimo di poter scappare da questa famiglia, ma pure questo non è servito a niente.
Arrivo davanti alla mia stanza, con la porta bucata spalancata come l’avevo lasciata, e varco la soglia, chiudendomi la porta, bucata, alle spalle. 
Al contrario di tutti gli altri studenti di buona famiglia della scuola, di certo non ho mai avuto l’interesse di tenere alto l’onore di casa.
“Potessero marcire all’inferno.” borbotto recuperando qualcosa da mettermi da dentro i cassetti.
A parte mia madre, ovviamente. Il suo unico grande errore nella vita è stato quello di essersi per qualche ragione infatuata di Kazuya.
Ecco, questo è qualcosa che non capirò mai.
Inizio a vestirmi.
Come fanno persone in gamba e intelligenti a perdere letteralmente la testa quando… 
Storco la bocca al pensiero.
… si innamorano?
Dopo essermi vestito, scendo al piano di sotto e prendo una fetta di pane da tostare dalla cucina e l’addento senza aggiungerci altro condimento.
Ultimamente il mio stomaco è sempre chiuso e dolorante e non tollera praticamente niente, dev’essere per colpa di tutto questo dannatissimo stress.
Spero che mi passi prima di dover andare da un medico.
Apro la porta a vetri della cucina, con la fetta del pane sotto ai denti e mi appresto ad uscire.
Come mi aspettavo, i tre segugi infernali di Kazuya vengono a darmi il benvenuto, ringhiando, con le fauci contratte e gli occhi iniettati di sangue.
Gli rivolgo lo stesso sguardo affettuoso, uscendo in giardino e chiudendo la porta dietro di me con un colpo secco.
Sono sicuro che prima o poi questi tre mostri uccideranno qualcuno e quel giorno per Kazuya saranno cazzi amari. 
Mando giù l’ultimo boccone di pane e mi incammino sul vialetto bagnato dalla pioggia. C’è freddo, ma cerco di ignorare i miei capelli ancora umidi che sembrano irrigidirsi e ghiacchiarsi al contatto con l’aria gelida. Tiro su il cappuccio sulla testa e incrocio le braccia contro l’addome per scaldarmi.
Il capanno degli attrezzi è di fianco alla casa. Accelero il passo per raggiungerlo il più in fretta possibile. Sì, ho decisamente sottovalutato il fattore freddo. Se dovessi prendermi una polmonite dopo questo, non potrei far finta di non essermela andata a cercare.
Arrivo al capanno e apro la porta con un calcio, tenendo le mani al caldo sotto i gomiti.
Senza dover fare alcuno sforzo per cercarli, trovo sullo scaffale più in vista martello, una scatola di chiodi e una tavola di legno delle dimensioni giuste.
Ottimo davvero. 
Senza perdere altro tempo, prendo tutto l’occorrente e torno sui miei passi.
I cagnacci sono ancora lì, che mi guardano famelici immaginando di potermi sbranare e spolpare sotto le loro fauci.
“Via!” ne scaccio via uno con un finto calcio.
Quello si sposta e continua ad osservarmi con un ringhio basso e minaccioso.
Torno velocemente dentro casa e vengo finalmente riaccolto dal tepore dell’ambiente interno. Dopo aver chiuso la porta dietro le mie spalle, mi libero degli attrezzi, appoggiando tutto a terra, e sfrego le mani per cercare di riscaldarle. 
Poi guardo la tavola di legno e sospiro.
Sembra che oggi avrò qualcosa di diverso da fare prima di dedicarmi ai soliti videogiochi. Devo prima recuperare la mia preziosa privacy.
“A noi due.” sussurro guardando quella tavola di legno.
 


Mi scosto alcuni ciuffi dalla fronte con una mano.
Sì, devo decisamente ricordarmi di dare una spuntatina ai capelli appena possibile.
Guardo soddisfatto il mio lavoro.
Non è affatto male, dai.
E devo dire che non è stato neanche poi così male lavorarci su. O forse sono talmente annoiato e disperato che persino un lavoro di fai-da-te è una fuga dalla normale routine.
Però è stato inaspettatamente rilassante.
Nonostante l’intrusione di Lars e Alisa che, dopo essere tornati a casa, hanno deciso di ficcare il naso nei miei affari e di ammorbarmi con le loro stranezze. E nonostante abbia rischiato di colpirmi un dito col martello per essermi fatto distrarre dalle domande di Alisa.
Sì, tutto sommato, anche se non lo ammetterò mai a voce alta, mi sono in qualche modo intrattenuto a martellare quei chiodi attraverso il legno. È stato in un certo senso liberatorio.
Ho rimontato la porta sui suoi cardini e lo squarcio è completamente tappato dalla tavola, affissa sul legno come una toppa in un paio di pantaloni strappati. Certo, esteticamente non sarà il massimo, ma mi sono riconquistato i miei confini ed è questo quello che importa. Ho di nuovo il controllo della mia zona sicura.
Apro la porta e torno nel mio mondo, lontano da Lars, da Alisa, dalle loro assurdità, e da quelle di tutti gli altri.
Sorrido guardando il computer. Ora posso dedicarmi ai videogiochi per il resto della sera, finalmente.

Prendo le mie vecchie malridottissime cuffie, oggi dovrò accontentarmi di queste, me le calo sulle orecchie e accendo il pc, sprofondando sulla sedia girevole.
In realtà non passa neanche un’ora quando sento qualcuno aprire la mia porta.
Metto in pausa il gioco e mi volto.
È mia madre, che mi guarda con la solita espressione preoccupata di questi giorni.
Abbasso le cuffie.
“Quello stronzo di Kazuya mi ha sfondato la porta stamattina.” spiego ancora prima che lei possa parlare “Ho dovuto ripararla perchè aveva un dannato buco. Si vedeva attraverso!”
Lei sorride.
“Sì, so tutto.” risponde “Volevo solo… ecco… salutarti prima di partire.”
Già. Me n’ero dimenticato.
“Oh è… è già il sedici?” chiedo confuso.
Sto perdendo completamente la concezione del tempo dentro la mia personale dimensione.
Sapevo che mia madre e Kazuya dovevano partire per un viaggio inerente agli affari della G-Corp, ma non mi ero accorto che fosse così vicino.
Ottimo, per un po’ non rischierò di incontrare Kazuya in giro per casa. La cosa non può che farmi piacere, soprattutto dopo una giornata come quella di oggi.
Certo che se è già il sedici, ciò vuol dire che tra due giorni dovrò pure tornare a scuola.
“Ovviamente voglio che tu sappia che potrai chiamarmi per qualsiasi cosa di cui tu abbia bisogno.” continua lei con aria apprensiva.
“Sì, certo lo so. Fai un buon viaggio allora.” rispondo evasivo con un minuscolo sorriso.
Torno a girarmi verso il pc, continuando a tenere le cuffie abbassate.
Riprendo a giocare.
“Davvero, Jin.” continua lei “Anche… se ti venisse voglia di parlare un po’.”
Sospiro. 
“Mamma, te l’ho già detto mille volte.” rispondo spazientito “Non ho bisogno di parlare con nessuno.”
Lei rimane qualche secondo in silenzio.
“D’accordo. Volevo solo che lo sapessi nel caso cambiassi idea.” risponde “Ti mando un messaggio quando atterriamo.”
“Va bene.” 
Un’altra piccola pausa.
“Allora ciao.” dice.
“Ciao.”
Chiude la porta.
Sospiro. 
Ok, sono uno stronzo. Mi dà fastidio che si preoccupi così tanto per me, ma in effetti non posso biasimarla. Ripenso alla mia immagine nello specchio di stamattina. Lei vede quello ogni volta che guarda suo figlio, un senzatetto smagrito e trascurato che passa le giornate a procrastinare e a spaccare cose. Come posso darle torto se si preoccupa?
Sospiro. Da domani mi do una sistemata e pulisco anche la stanza.
Farò in modo di tornare gradualmente normale per quando tornerà a casa dal viaggio.
Sì, da domani si torna normali. Più o meno.
Mi rimetto su le cuffie.
Passano circa due ore, nel mentre sia Lars, sia Alisa, sia Asuka sono usciti, quando la vibrazione del mio telefono da qualche parte vicino al mio gomito mi disturba e mi costringe a ricordarmi ancora una volta della realtà.
Guardo il cellulare da lontano senza nemmeno sporgermi per vedere chi mi cerca e decido di lasciarlo squillare.
Mia madre e Kazuya dovrebbero già essere in aereo a quest’ora, quindi non può essere lei. Chiunque sia, può aspettare.
Al mio personaggio serve tirare giù una leva per aprire il portone per poter andare avanti nel gioco ed è sicuramente più importante. 
Ecco la leva! Do il comando azione e il telefono smette di vibrare.
“La leva è rotta!” esclama il mio personaggio, suggerendomi poi di cercare un oggetto per poter azione comunque il meccanismo.
“La cazzo di leva è rotta.” ripeto a denti stretti.
Ironico come sia una perfetta metafora della vita.
Una leva rotta, un portone chiuso, una soluzione da trovare e gli zombie che arrancano verso di te, sempre più vicini, mentre inizi a sentire il loro putrido alito sul collo.
Squilla di nuovo il telefono.
“E porca troia!” sbotto, mettendo in pausa il gioco.
Allungo la mano e prendo il cellulare. 
Sospiro leggendo il nome della persona che mi cerca. Alzo gli occhi al soffitto e accetto la chiamata.
“Sì...” rispondo atono.
“Ah! Finalmente ti sei deciso a rispondere!” commenta indispettita “Non posso credere che mi stai lasciando così nella merda!”
“Julia… non è da te usare questo linguaggio.” commento stirandomi all’indietro.
Non vorrei che i giorni passati davanti al computer senza un minimo di allenamento iniziassero a incasinarmi la postura.
Mi sto veramente trasformando nel fantasma di me stesso.
“Beh, perché non mi capita così spesso di arrabbiarmi così con qualcuno!” risponde.
“Senti, non so che dirti.” taglio corto “Non ho la minima intenzione di perdere altro tempo per  studiare per quella stupida gara! Soprattutto ora che non ho più alcun motivo per doverla fare! Non me ne faccio più niente di quei crediti, lo sai...”
“Jin…” prova a farmi ragionare. 
La voce le trema, è veramente disperata.
È incredibile. Questa storia la sta veramente facendo impazzire.
“Per te non cambierà niente, ma per me…” si blocca “... te lo chiedo per favore, Jin.”
“Non ho tempo!” rispondo.
“Non hai tempo?” ribatte lei scettica “E per quale ragione? Di certo non stai studiando e so per certo che non ti stai neanche più allenando! Me l’ha detto tua madre.”
Guardo il monitor.
“Sì, è vero. Ma ho comunque di meglio da fare.”
“Sei uno stupido egoista.”
“Io sarei lo stupido egoista?!” ripeto infastidito.
Questo suo atteggiamento inizia davvero ad irritarmi. Questa gara sta diventando per lei un’insana ossessione oltre il limite della decenza.
“Hai idea della situazione di merda in cui mi trovo?!” esplodo “Tutto ciò per cui mi sono fatto il culo tutto l’anno non ha più senso e secondo te dovrei perdere altro tempo solo per aiutarti a primeggiare contro un tizio qualunque solo affinché tu non ti senta troppo offesa nel tuo orgoglio?” 
“Ok, non volevo dire…” cerca di ritrattare.
Lo sa benissimo che sono nella merda fino al collo. Chi più di lei può capirmi? Proprio lei che tiene così tanto alla scuola?
“Senti, il punto è che ho altre preoccupazioni al momento!” riprendo, cercando di assumere un tono vagamente gentile “Comunque sono sempre iscritto alla gara e parteciperò con te quando tornerò a scuola, ma non ho intenzione di perdere tempo a studiare più di quel che già so, quindi non chiedermelo più, ok?” 
“Sì, ma non vinceremo mai così.” risponde seccata e indispettita.
“E allora dovrai fare pace con il fatto che Steve Fox è più bravo di te!” sbotto, stavolta mandando al diavolo tutti i tentativi di sembrare gentile.
E che cazzo! Prima o poi dovrà pure accettare la realtà!
“Sei… sei cattivissimo.”
“E tu sei un tantino ossessionata.”
La sento sbuffare.
“Beh, Jin fai come vuoi allora!” sbotta “Ci vedremo quando tornerai, ma sappi che non ho intenzione di perdere!”
“Va bene.” rispondo.
Chiude il telefono e io lo lancio sulla scrivania, tornando a concentrarmi sul gioco.
Speriamo che veramente non me lo chieda più! Ora posso riprendere ad occuparmi di cose più importanti.
Sarò pure stato indelicato, ma non ne posso più di questa sua continua insistenza. Ne sta facendo una dannata malattia ed è ora che qualcuno glielo faccia capire.
Trovo finalmente il pezzo di asta che mi farà da leva per azionare l’apertura del portone, ammazzo tre zombie con tre colpi di fucile, sparati con una precisione da cecchino, e torno sui miei passi, pronto ad andare finalmente al prossimo livello. 
Sogghigno. Sto andando benissimo, di questo passo finirò il gioco prima del mio rientro a scuola.
Squilla ancora il cellulare.
Non ci credo.
Oggi non mi vogliono far aprire questa dannatissima porta.
Guardo il telefono e per un attimo mi viene voglia di prenderlo e lanciarlo da qualche parte, ma basta uno sguardo alla finestra rattoppata con lo scotch per farmi cambiare idea. 
Sono decisamente troppo nervoso questi giorni. Devo cercare di darmi una calmata.
Avevo detto che da domani mi sarei impegnato per tornare normale, no?
Prendo il telefono, abbasso le cuffie, me lo metto tra una spalla e l’orecchio e apro la chiamata senza interrompere il gioco.
“Non avevi detto che non mi avresti più disturbato?!” sbotto, al diavolo lo stare calmi “Adesso sto davvero perdendo la pazienza!”
“Ehm… ok, scusa!” risponde una voce confusa dall’altro capo del telefono.
Alzo un sopracciglio e metto in pausa la partita.
Prendo il telefono e guardo il nome di chi ha chiamato. Risulta un numero che non ho in rubrica e quella di certo non è la voce di Julia.
“Quindi non hai voglia di parlare, mi sembra di capire?” chiede ancora la voce. 
Mi avvicino di nuovo il telefono all’orecchio.
“Pronto?” chiede.
“Pronto.” rispondo. 
Ho riconosciuto quella voce, ho capito di chi si tratta. 
“Non ricordavo di averti dato il mio numero.” ragiono.
“Ricordi bene infatti.”
“E allora chi te l’ha dato?” voglio sapere, sfilandomi le cuffie dal collo.
“È davvero così importante?”
Non rispondo. In effetti ormai cambia poco.
“Cosa c’è? Perché hai chiamato?”
“Beh ecco, volevo… parlarti.” inizia a spiegare “Ma immaginavo che non ne avessi voglia… insomma mi sembri il tipo di persona che si spazientisce all’idea di stare a parlare al telefono e infatti…” ridacchia “Rispondi sempre così quando ti chiama qualcuno?”
“Pensavo che fosse qualcun’altro.” mi giustifico un po’ infastidito “Non sono un incivile, è ovvio che non rispondo sempre così!”
Ridacchia ancora.
“Certo, certo. È ovvio.” risponde e ho tutta l’impressione che mi stia prendendo per il culo.
Sospiro.
“Cosa vuoi Xiaoyu?” la invito a tagliare corto. 
Guardo il monitor.
“Sto… uhm… lavorando ad una cosa in questo momento. Non ho troppo tempo.”
Ho una dannata porta per il livello successivo da aprire.
“Eh, come ho detto non mi aspettavo davvero che rispondessi al telefono quindi sono venuta di persona…” 
“Cosa?!” aggrotto le sopracciglia.
“Sì, sono sotto casa tua che socializzo con i tuoi cani!”
“Cosa hai detto?!” scatto in piedi “Sei pazza?! Allontanati subito da quelle dannate bestie!!”
“Ma che dici?! Sono così teneri!”
In men che non si dica mi ritrovo a correre a perdifiato lungo il corridoio e scendo le scale più velocemente possibile. 
Lo dicevo che prima o poi i cani avrebbero ucciso qualcuno, ma non mi aspettavo che sarebbe successo oggi!
Ma è possibile? Quella ragazza ha un minimo di istinto di conservazione? Come potrebbe mai a qualcuno sano di mente saltare in testa di mettersi a socializzare con quei mostri?!
Apro la porta di ingresso e mi incammino per il vialetto, sfidando l’aria gelida della sera. La vedo, inchinata contro la ringhiera, con una mano che tiene il telefono e l’altra che batte un bastoncino contro il terreno. 
Infilo il telefono in tasca e mi dirigo velocemente verso di lei. 
La prendo per un braccio e la strattono all’indietro, costringendola ad alzarsi e ad allontanarsi.  
“Sei pazza? Seriamente, dico… quale è il tuo dannato problema?!” la rimprovero.
Lei mi guarda confusa e scoppia ridere.
“Che ti prende? A me non sembrano affatto pericolosi.” risponde invitandomi a guardare i cani.
Seguo il suo indice e li vedo, a circa una ventina di metri dalla ringhiera, che sonnecchiano e sbattono la coda a destra e a sinistra in quello che sembra esattamente un tentativo di… scodinzolare.
Mi avvicino sconcertato alla ringhiera e strizzo gli occhi per vederci meglio. So bene che prendo un po’ sottogamba il lieve problema di miopia che ho da qualche anno, ma sono certo che i miei occhi non possono starmi ingannando a questi livelli.
“Che diavolo hanno?” chiedo incredulo.
Xiaoyu ridacchia.
“Sono i tuoi cani, sei tu che dovresti conoscerli.”
Ecco, ovviamente sono io a farci la figura del cretino adesso.
Mi volto verso di lei serissimo.
“Non si sono mai comportati così! Sono le bestie più feroci che abbia mai incontrato, solo stamattina mi guardavano come se volessero sbranarmi vivo…”
Mi fermo nel bel mezzo del discorso e ho di colpo l’impressione che Xiaoyu non mi stia più ascoltando. Sembra più che altro incuriosita da…
“Ca… carino il tuo nuovo look.” commenta con un mezzo sorriso come se niente fosse.
Chiudo la bocca e le rivolgo uno sguardo di sufficienza.
Un brivido di freddo mi percorre la schiena. Sento che dopo questa giornata la polmonite è dietro l’angolo.
“Sì, lo so. Sembro un tossico che chiede soldi alla stazione, ma non è un ‘nuovo look’, da domani avevo intenzione di tornare...” mi fermo con le spiegazioni “Comunque non sono affari tuoi, sei venuta solo per sfottermi per il mio aspetto?”
“Nessuno ti stava sfottendo! Volevo solo dire che sei diverso dal solito.” ribatte lei con leggerezza, poi aggrotta la fronte “Perché devi sempre prendere tutto così seriamente?”
Rilasso l’espressione. Già, forse sbaglio. Perché?
Sarà che dopo una settimana che parlo prevalentemente da solo come un pazzo, mi sto completamente disabituando a interagire con altri esseri umani in modo normale? 
Non che sia mai stato un asso in questo comunque.
Un altro brivido. Sento le calze sul vialetto che lentamente assorbono l’acqua del terreno bagnato. Ho i piedi ridotti a due pezzi di ghiaccio.
“Vieni, entriamo in casa.” dico tornando verso la porta di casa.
“Eh? Sicuro? Non è che volevo autoinvitarmi a casa tua! Volevo solo scambiare due parole!”
“Mi sto cagando dal freddo a stare qua fuori vestito così, se hai intenzione di parlarmi seguimi, altrimenti ciao!” rispondo acido sforzandomi di non battere i denti.
Questo dannatissimo freddo! 
“Sei ancora più antipatico del solito!” borbotta Xiaoyu che mi raggiunge.
Prima di entrare, lancio un’ultima occhiata ai cani, che stanno ancora lì a scodinzolare sul prato come dei rincoglioniti.
“Dannate bestiacce!” borbotto entrando finalmente nell’ambiente riscaldato di casa.
“Wow, ma è bellissimo qui!” esclama Xiaoyu guardandosi intorno con ammirazione.
Alzo le spalle, poco convinto dando un’occhiata distratta all’ambiente.
D’accordo, abbiamo delle belle docce in casa, ma non ho mai dato una grande importanza all’arredamento.
Mi sfilo le calze, ormai luride di fango.
“Torno subito.” dico andando verso la lavanderia a disfarmi delle calze sporche e a prenderne un altro paio pulito.
Intanto mi sfrego le mani per riscaldarmi. C’è davvero freddissimo questi giorni e se anche fossi riuscito a scamparmi l’influenza stamattina, difficilmente potrò evitarla dopo quest’altra uscita.
Sbuffo.
Quando torno in soggiorno trovo Xiaoyu che guarda affascinata la collezione di katane da esposizione.
“Io mi faccio un tè caldo.” richiamo la sua attenzione.
Lei si gira e mi guarda.
“Ho bisogno di scaldarmi. Fuori mi sono mezzo-congelato per colpa tua.” aggiungo enfatizzando le ultime parole “Comunque, ne vuoi un po’ anche tu?”
“Té? Uh, o… ok!” risponde “Ma non è stata colpa mia! Non ti ho mica chiesto io di uscire senza giubbotto e scalzo!”
Sospiro e le faccio un cenno con la testa di seguirmi.
Entro in cucina, con Xiaoyu al mio seguito.
Si muove molto timidamente.
“Uhm sicuro che non disturbo?” chiede guardandosi attorno.
È normale questa reazione, credo. È pur sempre casa di Kazuya dopotutto.
Prendo il bollitore e lo riempio d’acqua.
“Siamo soli.” le faccio sapere “I miei genitori sono da qualche parte all’estero e Lars, Alisa e Asuka in giro, non so dove e non mi interessa saperlo.”
Accendo il fornello e mi volto, appoggiandomi all’indietro al banco della cucina. 
Xiaoyu è ancora davanti alla porta della stanza, che si guarda intorno un po’ timidamente.
Le faccio un cenno verso una sedia.
“Puoi sederti eh!” 
Lei annuisce e va a prendere posto al tavolo.
“Allora, di che volevi parlarmi?” chiedo impaziente incrociando le braccia al petto.
“Beh…” inizia un po’ a disagio “In realtà non è così importante.” 
Ridacchia. 
Io assottiglio lo sguardo.
“Come ti ho detto, non c’era davvero bisogno di farmi entrare e…”
Sembra decisamente a disagio. Deglutisce, poi abbassa lo sguardo.
“È che mi sento in colpa per quello che ti è successo.” spiega finalmente.
Alzo gli occhi al soffitto.
“Non tormentarti, non è colpa tua.” dico voltandomi a guardare il bollitore.
“Sicuro?” mi domanda “Perché l’ultima volta che abbiamo parlato non sembravi proprio dello stesso avviso.” 
Aspetta una mia reazione, ma non rispondo.
Non sembravo dello stesso avviso? Onestamente neanche mi ricordo. Ero appena uscito dalla presidenza e ricordo che lei e Asuka mi stavano parlando, ma le mie uniche memorie di quel momento sono un confuso flusso di cattivi pensieri. Potrei in effetti aver detto di tutto, ma non saprei dire di preciso cosa.
“Hai proprio detto che era colpa mia se ti eri preso la sospensione.” riprende allora ricordando puntigliosa.
“Ho davvero detto così?” chiedo senza voltarmi “Lascia perdere, sarà stata la rabbia del momento. Non penso che sia davvero colpa tua.”
“Ah… sicuro?” chiede diffidente “Ok! Buono a sapersi, suppongo.”
Mi volto.
“Tutto qui?” chiedo critico dopo qualche secondo di pausa.
Intanto prendo due tazze pulite, zucchero, due bustine di tè e una teiera.
“Ehm… beh, più o meno… ero anche curiosa di vedere come stavi…”
Appoggio la roba sul tavolo e la scruto dall’alto.
“Come stavo.” ripeto lentamente “E perché ti interessa?”
“Perché non dovrebbe?” borbotta aggrottando le sopracciglia “Sei finito nei casini per aiutarmi! Che tu mi ritenga responsabile o no, mi sento comunque in debito con te.”
Il bollitore inizia a fischiare. Mi avvicino ai fornelli, spengo il fuoco e lo prendo, per poi tornare al tavolo.
Verso l’acqua bollente dentro la teiera e mi siedo su una sedia sul lato del tavolo opposto a Xiaoyu, ad aspettare l’infusione.
La guardo in silenzio per qualche secondo.
“Sto bene.” dico poi, ma suona molto più ridicolo di quanto non mi aspettassi.
Lei mi guarda scettica.
Certo che poi con il mio terribile aspetto devo fare proprio ridere.
“Tutti quelli che ti stanno intorno dicono il contrario però.” osserva.
Le rivolgo un’occhiataccia.
“Gli altri non mi capiscono. Ho detto che sto bene.” insisto gelido “E non ho bisogno delle attenzioni di nessuno.”
“Perché non ti stai allenando?” chiede cogliendomi di sorpresa “Tu adori allenarti, ma nell’ultima settimana non ti sei fatto vedere neanche una volta!”
“Perché…” non so cosa rispondere e questa conversazione inizia a darmi fastidio “Perchè non ne avevo voglia, ma cosa c’entra?! Non sono...”
“Affari miei.” completa lei per me distogliendo lo sguardo. 
Fa una risatina nervosa.
“Ti sto dando fastidio?” chiede poi di punto in bianco tornando a guardarmi “Se vuoi che me ne vada...”
“Cosa?” chiedo confuso.
“... cosa?” ripete lei goffamente.
A volte questa ragazza è incomprensibile. La osservo con una smorfia di confusione.
“Puoi restare.” rispondo incerto “Ma basta che la smetti di rompermi le palle. Se dico che sto bene, vuol dire che sto bene.”
Lei si mette a ridere.
“D’accordo, ho capito. Riferivo solo quello che ho sentito.” risponde alzando i palmi delle mani “Discorso chiuso.”
Si instaura un imbarazzante lungo silenzio.
Sospiro.
“Avevo bisogno di prendermi una pausa da tutto.” spiego brevemente poco dopo “Solo di una pausa. Non avevo voglia di fare niente, nè di vedere gente. Ma tutti mi stanno sempre con il fiato sul collo che a volte mi sembra di impazzire…”
Xiaoyu non risponde subito, ascolta in silenzio e poi annuisce.
“Capisco.” risponde senza guardarmi “Ha senso.” 
“Certo che lo ha! Tutto ciò per cui stavo lavorando è finito nel cesso!” aggiungo brutale “Volete davvero biasimarmi se per un po’ non ho avuto voglia di ascoltare le stronzate della gente?”
Verso il tè nelle due tazze e racchiudo la mia fra le mani. Sono ancora infreddolito e il tepore del tè bollente è molto piacevole finchè non diventa insopportabilmente caldo da bruciarmi.
Xiaoyu mi guarda incerta.
“Ho paura che forse ti arrabbierai se te lo dico, ma non devi pensare che sia per forza tutto perduto.” osserva.
Le lancio un’occhiata di sbieco.
“Insomma, intendo dire… hai lavorato un sacco e hai un ottimo rendimento.” continua girando il cucchiaino nella sua tazza “Troverai sicuramente altre borse disponibili, altre occasioni. Uno studente con degli ottimi voti come i tuoi può ambire a qualsiasi scuola voglia. Diverso per chi, facendo un esempio a caso, ha la fissa insufficienza in matematica…”
“Stai parlando di te?” chiedo dubbioso.
Fa una smorfia imbarazzata.
“Beh, non per forza ma… odio quella dannata materia.” sussurra.
Sogghigno e sorseggio del tè.
Non ha tutti i torti. In realtà ci stavo già pensando anche io, tra momenti di lucidità e progetti di piani di fuga. Posso aver perso l’occasione per quella specifica borsa, ma potrei sempre trovarne delle altre. O iniziare a mettermi in contatto con università straniere.
Forse non è davvero tutto perduto. Forse è ancora possibile trovare un altro modo per fuggire il più lontano possibile da qui.
E se entro la fine dell’anno non dovessi aver trovato niente di interessante, potrei sempre lasciare la scuola e cercarmi un lavoro che mi permetta di vivere autonomamente. Al diavolo i titoli.
Alla fine di questo mio ragionamento silenzioso, noto che Xiaoyu fruga nella sua borsa e toglie fuori un sacchetto di carta.
“Comunque, non pensiamoci più per ora…” dice con un sorriso appoggiando il sacchetto sul tavolo.
“Cosa… ?” chiedo indicando il sacchetto.
“Sono biscotti.” spiega orgogliosa “Li ho fatti io, come segno della mia gratitudine per avermi aiutato a salvare Panda. Ne ho regalato un po’ anche ad Asuka.”
“Biscotti.” ripeto alzando un sopracciglio “Grazie, ma… io non mangio biscotti.”
Si blocca e mi guarda a bocca aperta.
“Non mangi biscotti.” ripete come se avessi detto la cosa più incredibile del mondo “Come non mangi biscotti?!”
Alzo le spalle.
“Di solito non ne mangio, perché è così strano?”
“Sei… terribile!” mi accusa “Che razza di persona non mangia biscotti?”
“Una persona a cui non piacciono i dolci?” rispondo in tono sarcastico.
Mi guarda a bocca aperta, poi spinge il sacchetto con un gesto deciso verso di me.
“Ecco che finalmente capisco quale è il tuo problema, hai bisogno di più zucchero nella tua vita!” esclama ironica “Prova almeno ad assaggiarli. Non ho passato ore a mescolare quell’impasto per sentirmi dire ‘non mangio biscotti’.”
Ripete la mia frase imitando il mio tono di voce.
“Bastava un semplice grazie, nessuno ti ha chiesto di metterti a perdere tempo per fare biscot…”
“Mangia!” insiste sovrastandomi con la voce “Se ti fanno schifo non ti obbligo a mangiarne altri, ma almeno assaggiane uno.”
Guardo il sacchetto.
Sospiro. Ma sì, dopotutto è stata gentile e un assaggio glielo posso concedere.
Tiro fuori un biscotto dal sacchetto e lo addento.
“Contenta adesso?” bofonchio con il boccone in bocca.
“Allora?” chiede lei impaziente sorseggiando un po’ di tè.
“Pensavo peggio.” ammetto “A guardarti si direbbe che sei una a cui piace abbondare con lo zucchero.” 
Mi guarda con un’espressione un po’ imbronciata.
“Che cosa vorrebbe dire questo?”
“Hai più colori addosso di un negozio di caramelle.” rispondo schietto.
Dal modo in cui mi guarda capisco che non è troppo contenta del mio commento.
“Almeno io non sembro un pipistrello.” borbotta.
Sogghigno. Questa non me l’aveva ancora detta nessuno.
Mastico e mando giù, assieme ad un sorso di tè.
Riappoggio la tazza al tavolo e mi godo il calore della bevanda che mi avvolge dall’interno.
“E comunque dicevo… i biscotti non sono estremamente dolci e con l’amaro del tè il gusto tutto sommato sta bene.” riprendo.
“Tutto sommato…” Xiaoyu ripete con un mezzo sorriso “Beh è una reazione migliore di quello che mi aspettavo.”
Come mando giù il secondo boccone mi rendo conto di aver una gran fame. 
Il mio stomaco, rimasto vuoto troppo a lungo, si contrae dolorante.
Mi piego in avanti, con un verso di sofferenza.
“Cosa c’è? Tutto questo zucchero extra è così terribile che ti sta facendo star male?” chiede Xiaoyu confusa.
“Non è niente.” rispondo con un’espressione contratta di dolore. 
Accidenti, a furia di stare a stomaco vuoto devo aver iniziato un processo di autodigestione o qualcosa del genere. Disgustoso oltre che terribilmente fastidioso.
“Hey! Tutto bene?” chiede Xiaoyu seria, notando la mia espressione.
“Ora passa.” la rassicuro continuando a masticare lentamente “Avevo solo dimenticato di mangiare oggi.”
“Eh?” chiede Xiaoyu spaesata “Come è possibile dimenticarsi di mangiare?”
Sinceramente non so che rispondere.
“Certo che tu sei un tipo pieno di stranezze.”
La guardo, con i suoi codini e i suoi accessori super colorati. La ragazza caramella definisce strano me, ma non mi sento neanche di darle torto.
Lentamente mi raddrizzo di nuovo sulla schiena e torno a rilassare i muscoli del mio volto. La fitta sta diminuendo.
Lei beve ancora del tè, poi guarda l’orologio.
“Comunque, volevo chiederti un’altra cosa, poi è anche ora che torni a casa.” dice tornando seria “Così potrai continuare ad occuparti di quello che stavi facendo prima che ti interrompessi.”
Sorride per un momento.
Io ripenso al mio computer con il gioco in pausa e improvvisamente mi sento patetico.
Sospiro.
“Sentiamo.” la incito a continuare.
“Asuka mi ha detto che… probabilmente ti sentivi in debito con me, per questo hai voluto aiutarmi.” spiega “È… vero?”
Asuka, la solita ficcanaso!
Sospiro e bevo dell’altro tè, finendolo.
“Potrebbe. In… un certo senso.” ammetto riappoggiando la tazza vuota sul tavolo. 
“Per quale ragione?” chiede lei.
Le lancio un’occhiata obliqua. 
Davvero non ci arriva?
Scuoto la testa. 
Dannata Asuka, perché deve sempre infilarmi in situazioni imbarazzanti?!
“Beh, una volta mi hai rivelato che io sono stato la prima persona ad avere incontrato qui.” incomincio guardando un punto indefinito oltre le finestre “So bene che i nostri primi incontri devono essere abbastanza demotivanti.” 
Faccio una breve pausa di qualche secondo.
Non so se sia il caso di entrare nei dettagli.
“Stavo ancora uscendo da una fase particolare della mia vita.” spiego infine “Mia madre si era da poco risvegliata dal coma e i miei unici contatti familiari erano Heihachi e Kazuya. Ero, se possibile, una persona ancora peggiore di quella che sono oggi, con addosso molta più rabbia e cattiveria.” 
Torno a guardarla.
“Veniva molto facile sfogare un po’ di questa rabbia disprezzando una ragazzina che aveva volontariamente deciso di seguire Heihachi.”
Lei ascolta in silenzio, con un’espressione incerta.
“Devi… odiare veramente Heihachi.” commenta lei “Eppure a me non è mai sembrato il mostro che descrivi tu!”
“Lui e mio padre mi hanno rovinato la vita.” rispondo brusco “E credimi, Heihachi è in grado di rovinarla a chiunque gli stia a fianco! Anche tu faresti meglio a non fidarti di lui.”
Xiaoyu ascolta in silenzio, anche se non sembra troppo convinta. Sospiro.
“In ogni caso tu non avevi colpa di quello che stavo passando io, e comportandomi così non ho fatto altro che abbassarmi allo stesso livello infimo di quei due.” spiego tornando a voltarmi verso la finestra “Un po’ in effetti continuo a farlo con Alisa, con Lars.” 
Inspiro a fondo.
“Può sembrare irrazionale, ma non capisco come si possa scegliere di voler avere a che fare con una famiglia come questa senza esserci costretti.” spiego “E questo mi irrita da morire. È più forte di me.” 
Stringo le mani a pugno.
“Un sacco di cose mi irritano in realtà. Sono… costantemente arrabbiato. Per colpa della mia maledetta famiglia.” sibilo “Non… riesco a liberarmi di questa sensazione. È come qualcosa che mi ribolle dentro le vene… ho un sogno ricorrente in cui divento un demone e sfogo la mia rabbia spargendo violenza e distruzione e…”
Sobbalzo e improvvisamente mi rendo conto di quello che sto dicendo.
Vengo immediatamente avvolto da un orribile senso di vergogna.
Porca troia, l’autoisolamento forzato di una settimana ti porta ad incasinarti la testa in questo modo. Perché diavolo ho deciso di parlare di queste cose così personali con qualcuno che è poco più di una conoscente?
Mi volto da Xiaoyu preoccupato. Deglutisco. 
Lei mi guarda e sembra ancora più incerta di me.
Mi schiarisco la voce.
“Scusa, ti prego dimentica quello che ho detto.” biascico “Mi sono lasciato trasportare e…”
“No, tranquillo. Non preoccuparti.” risponde lei con tranquillità “Se avevi bisogno di parlare con qualcuno e hai fatto bene a confidarti.”
Anche lei con questa storia. Come mia madre e la sua fissa di dover per forza parlare con qualcuno.
Per quanto mi riguarda, difficilmente mi sento sollevato dopo aver parlato con qualcuno, ma piuttosto molto in imbarazzo. 
O sarà solo una mia percezione?
Mi alzo in piedi e carico tazze vuote e teiera nella lavastoviglie.

“Adesso penserai che sono uno psicopatico.” commento a voce alta senza un particolare risentimento.
Evito il suo sguardo.
“O dato che hai parlato con Asuka, è probabile che te l’abbia già detto lei. Me lo ripete circa venti volte al giorno.”
“Andiamo, dovrei pensare che sei uno psicopatico solo perché ogni tanto sogni di trasformarti in un demone?” la sento ridere di gusto.
“No?” chiedo alzando un sopracciglio e finalmente cercando un contatto visivo.
“Ovvio che no, idiota!” risponde roteando gli occhi “Tutti noi facciamo sogni di cui ci vergognamo! Non vuol dire un accidenti!” 
Beh, almeno non è scappata spaventata. Per ora. 
“Penso che tu sia soltanto estremamente stressato.” continua “Non riesci a sfogare la rabbia per le ingiustizie che ti capitano ed è del tutto normale, credo.”
Ascolto senza rispondere.
Non so, inizio a non esserne tanto sicuro.
“E… no, non credo neanche che tu sia cattivo o roba del genere.” 
Si alza in piedi e prende il cappotto. 
Ecco, lo sapevo! Fa finta di niente, ma in realtà si è spaventata e non vede l’ora di scappare!
“È vero, eri insopportabile appena ti ho conosciuto!” continua infilandosi un paio di guanti dai colori ovviamente accesi.
“Eri veramente detestabile.” mi guarda con uno sguardo un po’ di rimprovero.
Si abbottona il cappotto.
“Ma ora che ti conosco meglio, nonostante le tue stranezze e il tuo caratteraccio… e il fatto che non mangi biscotti… ” mi rivolge un mezzo sorriso “... non penso che tu sia una poi così spiacevole persona.”
Alzo un sopracciglio.
Non ne sarei poi così certo. Ma probabilmente me lo sta dicendo solo perchè sono troppo inquietante.
Sono certo che persino i miei cosiddetti ‘amici’ mi trovino insopportabile. Sono certo che oggi sicuramente Julia sarebbe di questo avviso.
“Non stai andando via perché ti faccio paura o qualcosa del genere?” mi decido a chiedere schietto.
La sua reazione però mi sembra abbastanza sincera.
Mi guarda prima confusa, poi inclina leggermente la testa su un lato.
“Jin, ti prego.” mi rimprovera.
Inarco le sopracciglia.
“Mi chiami così adesso?”
Sono pur sempre suo senpai. Però non si sarebbe presa questa confidenza se fosse davvero spaventata da me.
Si sistema la sciarpa attorno al collo.
“Non dovrei?” chiede sogghignando “Neanche ora che mi hai svelato il segreto del tuo alter ego demoniaco?”
“Molto simpatica!” commento con sarcasmo. 
Ridacchia mentre l'accompagno alla porta.
“Domani verrai ad allenarti?” mi chiede quando siamo sull'uscio di casa.
“Non lo so.” rispondo in tutta sincerità “Non so se ne avrò voglia!”
“D'accordo!” risponde annuendo “Allora… nel caso non ci vediamo, ‘buon rientro a scuola’!” 
Sorride improvvisando due pollici in su.
“Grazie, suppongo…” rispondo un po’ confuso.
A volte se ne esce con questi comportamenti un po' strani ai quali non so bene come rispondere.

“Beh, allora ciao!” sorride ancora salutandomi con un cenno della mano.
Si gira e si avvia lungo il vialetto.
“Xiaoyu!” la chiamo quando è più o meno a metà strada.
Si ferma e si volta a guardarmi.
“Grazie per i biscotti. Li mangerò.”



 









NOTE:
Per scrivere questo capitolo ho fatto delle interessanti ricerche su Amazon e ho scoperto che cuffie e auricolari possono arrivare ad avere dei prezzi che mai avrei immaginato! 
Quante cose utili si imparano a scrivere queste storie! E a me che sembra solo di perdere del tempo!

Comunque, eccoci all'ultimo capitolo dell'anno, un po' più lungo del solito e anche per qualche ragione più faticoso, soprattutto in fase di revisione. Spero che il risultato finale vi piaccia!
Un ringraziamento a tutti voi che avete letto fin qui e un ringraziamento particolare a tutti coloro che hanno aggiunto la storia alle seguite/ricordate/preferite e a chi trova del tempo per lasciare un commento. 

Buone feste, alla prossima!

 

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Capitolo 20
*** Melting Ice and Melting Hearts (Lars) ***


20
Melting Ice and Melting Hearts
(Lars)


 

Quello stesso giorno, 
la mattina presto...



Mi stringo dentro al cappotto mentre una nuova folata di vento mi scompiglia i capelli. Non ho intenzione di sistemarli però. Le mie mani stanno bene dove sono, al caldo delle tasche.
Fa freddo, decisamente. La temperatura questi giorni si è abbassata ulteriormente, più velocemente del previsto in realtà. Non che sia qualcosa a cui non sia abituato, sia chiaro. Anzi, in un certo senso forse mi fa sentire meno la nostalgia di casa.
Ma quando stai in piedi fermo sul marciapiede da oltre venti minuti in balia del vento, una temperatura di tre gradi sotto lo zero diventa qualcosa di molto fastidioso, anche per uno svedese abituato a ben altri numeri negativi.
Mi volto a guardare ancora una volta l’orologio della stazione dietro di me.
Ti passo a prendere alle 7.00 alla stazione! mi è stato detto.
Sono già le 7.26.
Sospiro seccato.
Che abbia avuto degli imprevisti? Plausibile, ma perché non avvisarmi invece di lasciarmi qui ad un lento e logorante processo di assideramento?
Proprio mentre faccio questi pensieri, noto un’auto con i finestrini scuri accostarsi al marciapiede davanti a me.
Mi abbasso leggermente per cercare di vedere qualcosa oltre quei vetri. È l’auto di chi sto aspettando? O non si sono fermati per me?
Faccio con una certa titubanza un passo in avanti.
L’auto continua a stare ferma. 
Mi avvicino ancora. Non riesco a vedere il volto dell’autista, ma sia il colore che il modello corrispondono a quelli del veicolo che mi è stata descritta.
Con una mano provo ad aprire la portiera, ma con mia sorpresa, questa rimane bloccata.
Vengo assalito da un’improvvisa ondata di imbarazzo. 
Ho sbagliato! Non era la macchina giusta!
Faccio subito un passo indietro e alzo le mani per scusarmi. Ed ecco che finalmente il finestrino si abbassa.
Sento una risata familiare provenire dall’interno dell’abitacolo.
“Che ti prende?” mi canzona il guidatore “Hai cambiato idea?”
Anche se non riesco ancora a vedere il suo volto, riesco a riconosce la voce con facilità.
Mi riavvicino e tento ancora una volta di aprire lo sportello.
“Non farmi perdere altro tempo, per favore!” mi lamento “Mi sto congelando a furia di aspettarti qua fuori!”
Il mio collega sblocca la portiera e posso finalmente aprire e prendere posto in macchina.
Tougou mi guarda divertito mentre mi sistemo la cintura di sicurezza.
“Sei in ritardo!” gli rinfaccio infastidito “Mi hai detto che saresti passato mezz’ora fa!”
Lui ignora la mia lamentela e continua a sghignazzare.
“Sì, ma che diavolo ti è preso poco fa?” se la ride sotto i baffi “Avresti dovuto vedere la tua faccia!”
“Ho pensato di aver sbagliato auto! ” taglio corto “Non si vede un accidenti attraverso questi vetri!”
Tougou scuote la testa con un mezzo sorriso e rimette in moto l’auto.
“Sai bene che avremo bisogno di questi vetri scuri…” dice lui “... per quello che ti dovrò consegnare tra poco.”
Sospiro e ci immettiamo nel traffico.
“Come sta andando?” mi chiede poco dopo rivolgendomi un’occhiata veloce “Ti vedo sciupato.”
Sposto lo sguardo fuori dal finestrino, in cui intravedo il mio riflesso.
Non mi verrebbe difficile crederlo.
“Si sta rivelando… più difficile di quanto avessi previsto.” ammetto.
Tanto nasconderlo a questo punto non avrebbe senso.
Sento Tougou sospirare al mio fianco.
“Lars…” 
Lo dice con una sorta di tono compassionevole e non è assolutamente quello di cui ho bisogno adesso.
“Non ha importanza comunque. Non siamo qui per parlare di come mi sento.” ribatto serio “Dobbiamo pensare alla missione.”
“Io… io l’avevo detto che sarebbe stato troppo per… te.”
“Ho detto che si sta rivelando più difficile del previsto, ma non ho assolutamente cambiato idea, Tougou.” insisto tornando a guardarlo.
Tougou tiene gli occhi sulla strada con le labbra serrate e un’espressione preoccupata.
“Dovevo essere io a farlo.” ripeto “Nessun altro.”
“Ti… stai lasciando coinvolgere dai tuoi sentimenti personali.”
“I miei sentimenti personali non ti riguardano.” rispondo secco “Non riguardano nessuno di voi. La missione sta procedendo come previsto e i miei sentimenti non interferiranno con il suo sviluppo.”
Mi sento quasi Jin a rispondere con un tono così brusco. Che mi stia iniziando ad influenzare negativamente?
“Lars... sai che ho la massima fiducia in te in quanto agente…” parla in tono calmo “... e in quanto uomo. Se esprimo i miei dubbi è solo per una mia personale preoccupazione… non da collega, ma da amico.”
Non rispondo. 
Tougou guida fino ad un’impegnatissima area commerciale e ci imbottigliamo nel traffico.
“Ora avremo tempo a sufficienza per parlare. Il traffico è il posto migliore in cui parlare di certe questioni senza dare nell’occhio.” dice Tougou con una mezza smorfia “Adoro l’adrenalina che ti dà questo lavoro!”
Annuisco rispondendo con una smorfia sarcastica.
“Sul sedile posteriore c’è il tuo giocattolo.” continua indicando il retro con un cenno del capo.
Mi volto e vedo una valigetta rigida nera sul sedile posteriore.
Mi sporgo per prenderla e me l’appoggio sulle gambe.
“Hai già lavorato con questi, giusto?” mi chiede “Dai pure un’occhiata, abbiamo i vetri oscurati apposta, ricordi?” 
Sogghigna beffardo, ma io ignoro la provocazione.
Apro la valigetta con un click e sollevo il coperchio giusto il tanto per poter dare un’occhiata al suo interno.
“Sì.” confermo “Ho già lavorato con modelli come questo.”
“Giusto a titolo di ripasso, ventiquattro ore di autonomia dall’applicazione e dal momento dell’accensione avrai circa dodici minuti di copertura.”
“Dodici minuti?!” chiedo sorpreso.
Tougou annuisce.
“Stando ai dati che il nostro informatore della Zaibatsu ci ha fornito, avrai circa dodici minuti di copertura prima che scatti l’allarme di sicurezza.”
“Ma è troppo poco!” protesto “È troppo rischioso!”
“Tranquillo.” sorride “Abbiamo pensato a tutto. Il nostro informatore ci ha fornito una mappa dettagliata dei sistemi della Zaibatsu. Avrai tutto il tempo per studiare il tuo piano d’azione. Dovrai fare attenzione a non perdere neanche un secondo, ma ho buona fiducia nelle tue possibilità.”
Inspiro a fondo e chiudo la valigetta.
Sono nervoso e non è decisamente da me. Ho portato a termine missioni ben più difficili, fatto ben di peggio, o almeno credo, ma è la prima volta in tutta la mia carriera che mi sento così. 
Ma devo farlo. È il mio compito, il mio obiettivo. È troppo importante per il mondo intero. 
E soprattutto non voglio mostrare le mie debolezze all’organizzazione.
“Troverai la mappa e le istruzioni sul fondo della valigia.” aggiunge Tougou “Il giorno della visita, dovrai dirigerti sull’ala ovest del livello C. C’è un bagno in disuso che dà su un corridoio che costituisce un punto cieco del sistema di sorveglianza. Sarà quello il posto ideale per piazzare il dispositivo.”
Ascolto in silenzio con un’espressione ferrea.
“Ma anche questo poi lo leggerai meglio nelle istruzioni che ti abbiamo lasciato.” si volta a guardarmi per un momento “Riguardo al… tuo materiale invece?”
Annuisco.
Infilo la mano in tasca ed estraggo una scheda di memoria.
“È tutto qua dentro.” dico “Ho fatto delle ricerche riguardo ad un ex-orfanotrofio finanziato dalla Zaibatsu, sono quasi certo che sia collegato alla faccenda di cui ci stiamo occupando, ma non sono riuscito a trovare nessun nome.”
“Immaginavo.” risponde Tougou serio.
“Già.” annuisco “Pare abbiano pulito per bene tutte le tracce.”
“Per questo, Lars, l’esito della missione è di fondamentale importanza.” asserisce Tougou “Per quei ragazzi. Devono avere la loro giustizia. È giusto che quei bastardi paghino per quello che hanno fatto!”
Tougou sobbalza improvvisamente e mi rivolge un fugace sguardo imbarazzato.
“Ehm… scusa per il linguaggio…”
“Tougou, ti prego.” rispondo con un cenno della mano “Non c’è bisogno che ti scusi.”
“D’accordo, ma si tratta pur sempre tuo pad…”
“No! Non significa niente per me.” lo interrompo prima che possa concludere la frase.
Non voglio sentire quella parola.
“L’hai… incontrato?” mi chiede poi curioso.
Lo guardo alzando un sopracciglio, un po’ stupito di ricevere questa domanda.
“Sì.” rispondo poi.
“Ed è…”
“Terribile. Esattamente come tutti ne parlano.” 
“Ah.” 
Sospiro e appoggio la schiena contro il sedile, guardando in alto verso il soffitto della macchina.
“Vedi? Questo è il motivo per cui avrei preferito che la storia delle mie origini non fosse venuta mai fuori a lavoro.” mi lamento.
Tougou ridacchia nervosamente.
“Ah! Scusa scusa è che… insomma, devi capire che… cioè, è… uhmm… roba grossa!”
Sospiro.
“Già, che bello!” commento con sarcasmo.
Tougou mi riaccompagna a casa, dopo che riusciamo a sfuggire dal traffico mattutino di Tokyo.
“Mi ha fatto piacere vederti, Lars.” mi dice accostando l’auto a bordo strada.
“Anche a me.” ammetto “Era da tanto che non parlavo con qualcuno senza la pressione degli obblighi della missione.” 
E inizio davvero ad esserne stanco.
“Tougou.” dico poi con una mano sulla maniglia della portiera, pronto ad aprire “Devo avvisarti di una cosa e vorrei che iniziassi a parlarne con i superiori da parte mia.”
Abbasso lo sguardo. È da un po’ che ci penso e sono abbastanza certo di aver preso la giusta decisione.
“Che succede?” chiede lui vagamente preoccupato.
Lo guardo.
“Credo che… questa sarà la mia ultima missione.” ammetto con un mezzo sorriso.
Mi guarda con occhi spalancati mentre apro la portiera ed esco dall’auto.
“Lars!” mi chiama “Aspetta! Torna qua! Parliamone!”
“Ci vediamo Tougou!” lo saluto io chiudendo lo sportello.
“Lars!” insiste.
Con la mia valigetta in mano, mi dirigo verso casa senza voltarmi.
Entro in giardino e percorro il vialetto. I cani mi salutano con il loro abbaio demoniaco da oltre la ringhiera.
Sento la macchina di Tougou che riparte e se ne va. 
Si è arreso, ma probabilmente solo perché non poteva scendere a ripescarmi. Sono certo che proverà a contattarmi presto.
Entro in casa e controllo l’orario. Non sono neanche le nove. Perfetto, dovrebbero essere tutti via a quest’ora, quindi posso portare il dispositivo in camera e nasconderlo senza alcun disturbo.
Mi dirigo verso le scale e inizio a salire mentre ripenso alla conversazione appena avuta con il mio collega.
Non mi accorgo subito della strana figura in cima alla scala e per un momento sobbalzo quando finalmente lo metto a fuoco.
Jin, con ancora indosso una di quelle magliette di gruppi metal dal nome illeggibile che usa come pigiama, disteso a terra ad occhi chiusi sul pavimento del corridoio del primo piano, con le gambe a adagiate sui primi gradini.
Che diavolo succede? Che ci fa qui sdraiato per terra tra pavimento e scale?
Non esce dalla sua stanza quasi mai ultimamente. È forse una sua strana pratica quando nessuno è in casa? Oppure sta male?
Sussulto.
Non sarà mica svenuto!
Non starà mica morendo di fame ed è crollato mentre andava alla ricerca di cibo?
In quel momento solleva la testa giusto il tanto per guardarmi.
No, non è svenuto e dal suo solito sguardo torvo direi che mi sembra piuttosto normale e ben cosciente. 
Ok, stava semplicemente sonnecchiando sul pavimento. Non farò domande riguardo a questo.
Però mi sta guardando! 
Me ne rendo conto in quel momento. La stretta sul manico della valigetta si fa più salda e improvvisamente sono molto conscio del fatto che potrebbe notare che quella valigetta non è mia e non l’ho mai usata prima d’ora. 
Deglutisco.
Lui torna a poggiare la testa all’indietro sul pavimento e richiude gli occhi, come se niente fosse.
Ok, non ha fatto domande. 
Forse non si è accorto di niente e mi sto solo mettendo problemi inutili. 
Perché dovrebbe avere notato che di solito non uso valigette di quel tipo? Non sembra uno molto attento alle abitudini degli altri. Non sembra uno a cui interessi niente degli altri in realtà, quindi perché avrebbe dovuto notare questo dettaglio?
Sono abbastanza convinto e, senza dire una parola, riprendo a salire le scale. Arrivato in cima, sempre in silenzio, gli passo accanto e inizio a dirigermi verso la mia stanza.
Passo davanti alla stanza di Jin, con la porta spalancata e… mi fermo sorpreso. 
Che diavolo è successo a questa dannata porta?!
È sfondata. Ha uno squarcio! Qualcosa che dubito possa essere fatto con un pugno.
Rimango fermo per qualche secondo, poi mi volto a lanciare un’occhiata confusa a Jin, ancora disteso beatamente sul pavimento.
Alzo un sopracciglio. Sono confuso, molto confuso, ma ho deciso che non farò domande. Non con questa valigetta sospetta in mano soprattutto!
Riprendo a camminare e giungo alla mia stanza. Entro e chiudo la porta alle mie spalle. Sospiro grattandomi la testa, riflettendo su dove potrei nascondere la ventiquattrore.
Apro l’armadio e comincio a rovistare. 
Uno dei cassetti interni dell’armadio è ancora vuoto. La lascerò lì e ci metterò della roba sopra per coprirla, nel caso a qualcuno dovesse per qualche oscura ragione venire in mente di mettersi a rovistare tra le mie cose. In ogni caso non riuscirebbero ad aprirla senza combinazione, ma preferisco essere il più cauto possibile.
Chiudo l’armadio e guardo ancora l’orologio.
Ho promesso di andare a sentire l’intervento di Alisa al convegno sullo scioglimento dei ghiacciai dell’associazione ecologica di Jun. Sa che oggi è il mio giorno libero, non posso mancare. Oltre al rischio di sollevare dei sospetti, ci tengo a mantenere la mia promessa.
Mi risistemo il cappotto davanti allo specchio ed esco di nuovo.
Jin non è più a terra in cima alla scala.
Perfetto, ora ho la certezza che non stesse male. Sento dei rumori provenire dal bagno che abbiamo in comune. Benissimo, dev’essere lì a fare le sue cose, vivo e vegeto.
Scendo al piano di sotto e lascio di nuovo la casa.
Entro in garage e prendo l’auto di Jun. Ultimamente lei la sta usando sempre di meno, ha deciso di convertirsi a mezzi di trasporto più ecologici, e mi ha dato il permesso di utilizzarla a mio piacimento.
Metto in moto ed esco in strada, dirigendomi verso l’hotel pluristellato che accoglierà la conferenza.


Michelle Chang ringrazia, al termine del suo discorso finale, e si inchina educatamente davanti al pubblico. Jun oggi non è potuta essere presente. Sta sbrigando l’ultima mole di lavoro prima di partire per un viaggio di affari. È stata la sua socia Michelle a prendere da sola le redini della situazione e devo ammettere che ha fatto un ottimo lavoro.
La conferenza è stata interessante e ben organizzata.
Si alza un applauso generale dentro alla sala convegni. L’incontro è finito. 
Tutti si alzano dalle proprie poltroncine. Alcuni iniziano a confrontare le idee tra di loro riguardo agli argomenti appena sentiti, altri si avvicinano a congratularsi con gli organizzatori. Scorgo Alisa sul piano rialzato che esplora il pubblico con lo sguardo, poi mi intravede e mi fa un cenno con la mano.
Sollevo una mano per ricambiare il saluto.
Lei mi sorride e si avventura tra il pubblico per cercare di raggiungermi.
“Lars-san, grazie per essere venuto!” esclama quando arriva davanti a me. 
Poi cambia espressione e mi guarda con preoccupazione. 
“Credo di aver fatto almeno tre errori grammaticali durante il mio discorso, ci hai fatto caso?” abbassa lo sguardo e arrossisce “Ho cercato di parlare nel modo più naturale possibile, ma credo che la tensione nervosa abbia giocato un brutto scherzo! È stata la prima volta che parlavo davanti ad un pubblico di così tante persone e credo che...” 
È così carina! mi ritrovo a pensare mentre parla nervosamente fra sé e sé.
“Alisa.” la interrompo sorridendo teneramente “Sei andata benissimo, non ti devi preoccupare!” 
Lei mi guarda sorpresa, ancora con le guance colorate di rosso.
“Jun sapeva di potersi fidare di te e puoi stare certa di non aver deluso le sue aspettative!” aggiungo.
Mi sembra leggermente rincuorata e annuisce con un piccolo sorriso di gratitudine.
Mi sta ancora raccontando della scarica di adrenalina provata davanti a tante persone durante il suo discorso, quando viene interrotta da qualcuno che la chiama da dietro.
Alisa si volta ed entrambi cerchiamo di capire chi la sta chiamando.
“Alisa!” esclama ancora Michelle Chang, che si avvicina facendosi strada tra la folla “Complimenti tesoro, sei stata fantast…” 
Quando Michelle nota la mia presenza si gela e smette di colpo di parlare. 
Mi fissa in silenzio con una strana espressione, quasi spaventata, e io inizio ad avvertire una strana sensazione di freddo. 
Il freddo si trasforma presto in un senso di vergogna inspiegabile. 
È come se improvvisamente fossi nudo, lì davanti a tutta quella gente. 
Non so spiegare bene che razza di capacità abbia questa donna, ma è come se riuscisse a leggermi dentro all’anima, a vedere tutti i miei segreti e…
È come se… 
Deglutisco.
… lei sapesse! 
Alisa nota il nostro scomodo contatto visivo e sembra confusa.
“Ehm, voi due vi siete già conosciuti, giusto?” prova a chiedere timidamente.
“Sì.” risponde Michelle guardandomi quasi come se intendesse sfidarmi “Mi ricordo di lui.”
“È un piacere incontrarla di nuovo.” dico io con un sorriso di circostanza “Mi congratulo per la conferenza.”
“Grazie!” risponde lei plastica.
Annuisco ancora con un’espressione forzata.
Non so perché, ma questa donna mi mette i brividi.
Perché diavolo dovrebbe sapere della mia missione? Sono ancora io che mi sto facendo troppi giri mentali? O forse è più di chi dice di essere?
Devo forse chiedere all’organizzazione di tenerla d’occhio?
Michelle distoglie lo sguardo da me e guarda ancora Alisa con un piccolo sorriso.
“Volevo solo dirti che sei stata davvero in gamba!” spiega “Ora… vado a… parlare con…”
Indica qualcuno di indefinito dietro di lei.
Ha tutta l’aria di essere una scusa.
“Mi stanno aspettando!” dice per tagliare corto “Ci vediamo presto, Alisa.”
Poi guarda me.
“Grazie per essere venuto.” dice con un minuscolo cenno di ringraziamento con il capo “Buona giornata.”
Ricambio il saluto e la seguo con lo sguardo. Serissimo.
“Ma che… che le è preso all’improvviso?” si chiede Alisa a voce alta osservandola anche lei.
“Alisa!” esclama qualcun’altro da qualche parte a fianco a noi.
Arriva Julia, la figlia di Michelle, tutta sorridente.
“Alisa, finalmente ti ho trovato! È un po’ che ti cerco!” esclama fermandosi davanti a lei “Sei stata bravissima! Ma ce lo aspettavamo tutti.” 
Poi Julia nota me.
“Ah! Tu sei… ehm…”
“Lars.” le ricordo.
“Lars!” esclama battendo un pugno sul palmo “Giusto!”
Sorride per un secondo, poi diventa seria.
“Ehm… Jin continua a non voler uscire di casa, vero?” chiede “Perché stiamo facendo insieme un lavoro per scuola, ma non riesco a contattarlo da una settimana e mi chiedevo se…”
“Mi dispiace.” scuote la testa Alisa “Neanche noi lo vediamo mai. Non credo che sia cambiato niente.”
“Già.” confermo.
Non è il caso di aggiungere che proprio qualche ora fa l’ho visto spaparanzato sul pavimento e che non sembra ancora interessato a tornare alle sue vecchie abitudini e responsabilità.
“Quello stupido idiota…” borbotta Julia a bassa voce, poi guarda Alisa facendo gli occhioni “Alisa, tu avresti la capacità di sistemare tutto, sai?”
Alisa sbatte le palpebre e si indica con un dito.
“Io?” chiede confusa “Sistemare cosa?”
Julia le mostra un sorriso a trentadue denti.
“Potresti entrare nella nostra squadra per il torneo di matematica e aiutarci a vincere?!” chiede in tono gentile. 
“Come?” chiede Alisa confusa.
“Ormai manca pochissimo e ho capito che non posso più fare affidamento su quell’idiota di Jin! Stasera proverò a chiamarlo di nuovo, ma so già che sarà tutto inutile.” spiega Julia imbronciata “Ho bisogno di una persona seria e affidabile e tu… tu… beh, tu sei bravissima Alisa!”
Congiunge le mani davanti a lei.
“Ti prego, ti prego! Sono disperata! Sei la mia ultima salvezza!” chiede ancora con degli occhioni giganti mentre improvvisa una strana corsetta sul posto “Sento che posso imparare così tanto da te!”
“Io…” mormora Alisa un po’ in imbarazzo “Non so… cosa dire…”
“Mi aiuterai?” domanda ancora una volta Julia.
Alisa mi guarda in difficoltà.
“Va… bene?” risponde titubante.
“Ti ringrazio!” Julia le getta le braccia al collo in un abbraccio, sembra che sia sul punto di commuoversi “Sei fantastica Alisa! Stasera ti spiego tutto per messaggi!”
Dice questo e si allontana saltellando come se improvvisamente fosse al settimo cielo.
“Dici che ho sbagliato ad accettare?” mi chiede Alisa a mezza voce continuando a guardare Julia con incertezza. 
“Non saprei.” rispondo con un’alzata di spalle “Non ti va di aiutarla?”
“Non… non mi piacciono le gare.” ammette lei “Sono in grado di incattivire le persone e fargli perdere la ragione e… mi sembra che Julia-san si stia lasciando coinvolgere un po’ troppo seriamente.” 
Fa una pausa e mi guarda pensierosa.
“Ho come l’impressione di essermi messa in un pasticcio.”


“Quella Michelle, la socia di Jun, che lavoro fa nella vita?” chiedo ad Alisa schiarendomi la voce mentre parcheggio l’auto di Jun nel garage di casa.
Non ho smesso di pensarci un attimo da quando abbiamo lasciato la sala riunioni dell’albergo.
Ho notato che mi guardava di nuovo mentre uscivo dalla sala conferenze con Alisa. Aveva ancora quello stranissimo sguardo penetrante.
“Oh, Michelle-san? Insegna all’università.” risponde Alisa mentre spengo la macchina “Antropologia.”
“Antropologia?” ripeto incerto.
“Sì, sono quasi certa che sia Antropologia Culturale!” annuisce Alisa “È specializzata nello studio della cultura delle popolazioni native americane.”
Scendiamo dall’auto e la seguo verso l’ingresso secondario della casa.
“Nativi americani, eh?” rifletto pensieroso.
Annuisce.
“Conosce un sacco di leggende interessanti.” continua Alisa, poi aggrotta la fronte “Alcune sono davvero da brividi.”
Entriamo in casa, ci togliamo i cappotti e li appendiamo accanto all’ingresso.
“Per qualche ragione tu non sembri piacerle eh?” chiede poi Alisa guardandomi.
Sospiro.
“L’hai notato anche tu, eh?” chiedo con una risatina, cercando di sembrare più naturale possibile.
Alisa annuisce, con un’espressione quasi dispiaciuta.
“Sì, sai forse perché?”
“Non ne ho idea.” rispondo in tutta sincerità. 
Forzo un sorriso.
“Sarà un’antipatia a pelle!” commento cercando di far cadere l’argomento.
In quel momento sentiamo un colpo provenire dal piano di sopra.
Ci guardiamo confusi e Alisa mi segue mentre mi dirigo su per le scale a vedere che succede.
Un altro colpo, poi un altro e un altro ancora. È proprio il rumore che farebbe un martello che viene battuto su… una porta ad esempio.
Arriviamo al piano di sopra e troviamo Jin intento ad inchiodare una tavola di legno contro la sua porta sfondata, scardinata e appoggiata sul pavimento.
Alisa si copre la bocca con le mani.
“Jin-san, cosa è successo? Cosa hai fatto?!” chiede senza rifletterci troppo.
È questione di una frazione di secondo, ma sono in grado di scorgere una scintilla nello sguardo di Jin al suono della parola hai, si volta di scatto a guardare Alisa e per poco non si colpisce un dito col martello.
Stringo i denti accorgendomi del mancato pericolo e subito se ne rende conto anche lui, il che non fa altro che accrescere la sua rabbia ulteriormente.
Sospiro e mi preparo all’eruzione vulcanica di cattiverie.
“Cosa ho fatto?!” ripete lui fulminandola con lo sguardo.
Lascia cadere il martello sul pavimento e si solleva sulle ginocchia.
“Certamente! C’è un qualcosa di rotto in casa e deve essere per forza colpa mia vero?!” chiede acido “Non sono stato io a distruggere questa cazzo di porta Alisa!”
Alisa lo guarda interdetta, con le mani davanti alla bocca, probabilmente maledicendosi per aver parlato.
Sospiro.
“Jin…”
“Stanne fuori tu!” mi zittisce all’istante “Io sono quello che combina i casini e che rompe le cose vero?!” riprende ad inveire contro Alisa “Beh, che tu ci creda o no, è stato Kazuya! E comunque grazie a te stavo per colpirmi un dito! Ti sembra una buona idea disturbare uno che lavora con un martello?!”
“Jin-san, mi dispiace. Non volevo offenderti, né tanto meno rischiare di farti fare male.” si giustifica lei mortificata.
“Alisa, non scusarti! Non hai fatto niente di male!” intervengo io.
“Che cazzo vuoi tu?!” a questo punto Jin si rivolge a me.
“Stai reagendo come un pazzo!” gli faccio notare.
Alisa guarda prima lui poi me, poi mormora un “Mi dispiace!” e va a dileguarsi in camera sua.
“Brava scappa pure, tanto ci pensa Lars come sempre a fare il tuo avvocato!”
“Ma che problema hai?!” lo rimprovero non riuscendo più a trattenere la rabbia “Ti rendi conto che non puoi dare di matto e prendertela con la gente in questo modo?”
Abbassa lo sguardo e sembra riflettere sulla scena appena avvenuta.
“Sono… nervoso, ecco!” dice dopo in tono leggermente più calmo “E volevo mettere in chiaro che non sono sempre io che distruggo le cose.”
Inspira a fondo.
“Kazuya mi ha sfondato la porta stamattina per riprendersi dei dannati auricolari, capisci?!”
Sospiro.
È chiaro da quale parte della famiglia deve aver preso la poca pazienza, suppongo.
Ma tutto sommato ora sembra un attimino essersi calmato, o per lo meno sembra aver ripreso a ragionare come una persona normale. 
Jin recupera il martello, ma prima di riprendere il lavoro si siede di nuovo sul pavimento e mi guarda.
“È vero, sarò pure uno stronzo.” dice dopo un po’ “Però dovresti lasciare che Alisa si difenda da sola qualche volta, non credi?”
Inclino la testa e alzo un sopracciglio.
“L’hai aggredita senza motivo solo perché ha formulato la domanda in un modo che non ti è piaciuto!” gli faccio notare.
Lui serra le labbra e abbassa lo sguardo.
Sembra rifletterci per qualche secondo, poi torna a guardarmi.
“Beh, potrei anche scusarmi se non fosse scappata via a gambe levate.” alza le spalle “Se non ci fosse sempre Lars a risolverle tutti i problemi.” 
Sogghigna.
“Siete inseparabili voi due, ti sei forse preso una cotta per lei?”
Non rispondo. So bene che è una provocazione, ma la sua domanda mi lascia impreparato.
Jin mi guarda confuso, come se fosse stupito dalla mia reazione.
“Oh merda, sul serio?” chiede poco dopo “Io l’ho detto scherzando!”
Non so davvero che cosa rispondere mi odio per la figura da imbecille che sto facendo. Ma non so sul serio che cosa dovrei rispondere.
Jin sembra inizialmente molto confuso, poi piuttosto divertito.
“Questa non me l’aspettavo.” dice con una risatina malvagia abbassando il tono di voce “Insomma, è decisamente la persona più strana che abbia mai conosciuto, ma non discuto i gusti degli altri. Piuttosto, tu non sei un po’ grande per lei? Quanti anni hai? Trenta, almeno. Trentatre?”
Chiudo gli occhi e respiro lentamente, cercando di mantenere la calma e resistere all’impulso di prenderlo a schiaffi.
“Va bene, va bene, vedrà lei.” continua poco dopo “È grande abbastanza per decidere da sola.”
Riapro gli occhi ed è ancora lì con la sua faccia da schiaffi.
“Comunque, ora capisco meglio tante cose.” riprende ancora “Ma sarà pure ora che la ragazza inizi ad avere a che fare da sola col mondo, no? Non ci sarai sempre tu al suo fianco a farle da cavaliere, no?”
Scuoto la testa, sbalordito da tanta arroganza. È un caso senza speranza.
“Sai, mi preoccupa pensare a quanta gente debba avuto aver a che fare con questo tuo odioso atteggiamento!” ammetto “Io sono un adulto e me ne lavo le mani delle cattiverie che mi sputi addosso, ma probabilmente sei del tutto ignaro del peso che le tue parole potrebbero avere su qualcun altro, su delle persone più giovani magari, più insicure.”
Faccio una pausa.
E inaspettatamente, dopo le mie parole, noto che qualcosa inizia a traballare, in quella facciata di cattiveria. Intravedo una sorta di vago senso di colpa.
Devo aver in qualche modo colpito nel segno.
Alzo un sopracciglio.
Inspira e abbassa lo sguardo, tornando a concentrarsi sul suo lavoro. Riprende a martellare l’asse di legno contro la porta.
“Che diavolo vuoi ancora?” chiede non vedendomi andare via.
“Sto aspettando una tua risposta.” rispondo con un sorriso sghembo.
È la prima volta che sembro averlo messo in difficoltà con qualcosa che ho detto. Allora forse c’è ancora speranza anche per lui. 
“Che diavolo ti aspetti, Lars?!” mi chiede “Hai visto che razza di merda mi tocca a sopportare tutti i giorni?! E pretendi anche che vada in giro a regalare sorrisi?” 
Sospira, poi torna a guardarmi.
“Non è niente di personale.” cerca di spiegarsi “Non è mia intenzione demoralizzare la gente. Quando parlo mi limito soltanto a dire quello che penso. Non sono io a chiedervi di essere considerato, quindi se non vi piace quello che dico potete anche benissimo andarvene a cagare e smettere di rompermi i coglioni.”
Alla fine del discorso è di nuovo arrabbiato come prima. Quel tenue lume di senso di colpa di poco fa sembra di nuovo essere scomparso.
Riprende a martellare con forza, come se quasi gli servisse da sfogo per la rabbia.
“Come vuoi.” mi arrendo facendo un cenno con la mano “Ci rinuncio.”
Faccio qualche passo verso la mia stanza, poi mi fermo e mi volto.
“E comunque non ho trent’anni.” puntualizzo “Non sono così più grande di te.”
Non che mi importi troppo della sua opinione, ma sono certo di non sembrare così più vecchio di quello che sono!
Lui mi guarda con un sorriso crudele.
“Come vuoi, ma sei grande lo stesso per lei.” 


Guardo il soffitto, sdraiato sul letto. Gli appunti della missione sono sparsi sul materasso, ma ho bisogno di qualche minuto per riflettere in tranquillità, tanto la porta è chiusa a chiave.
Mi porto una mano davanti agli occhi e li chiudo.
Ti sei preso una cotta per lei? 
Che diavolo mi succede? Non sono più capace di rispondere alle provocazioni di un diciannovenne narcisista in piena crisi giovanile?
Sono un idiota. Perché non ho risposto?
Ora Jin non mi darà pace per questa storia. So che mi tormenterà in tutti i modi possibili e immaginabili.
Perché diavolo non ho saputo trovare una risposta a quella dannata domanda?! 
Già, perché?
Sospiro. 
La verità è che non sono riuscito a negare. 
È davvero questo che mi sta succedendo? 
Mi sono davvero preso una cotta durante una missione? 
Stringo le labbra.
Sono nel peggiore guaio in cui mi sia mai infilato da quando ho cominciato questo lavoro e probabilmente anche da quando ho cominciato a vivere. 
Torno a guardare il soffitto, incrociando le mani sopra il torace. 
È vero, è innegabile che provi un certo tipo di affetto nei confronti di Alisa. Ma è normale, credo. È una ragazza adorabile, in gamba, che ha avuto una vita particolare e non facile e che sta affrontando diverse difficoltà. Ed è… così gentile e carina con gli altri. È impossibile non provare tenerezza per lei, sempre che non sia un Jin senza cuore, ma tutto questo non vuol dire che provi… dell’altro. 
Non vuol dire che Jin debba avere per forza averci visto giusto.
Una cotta, termine odioso tra l’altro, in missione sarebbe qualcosa di terribilmente non professionale. Veramente imperdonabile.
Mi sollevo e mi metto a sedere. 
Anche se fosse, anche se dovessi giungere alla conclusione di avere un certo tipo di interesse di quel tipo nei confronti di Alisa, non cambierebbe comunque niente. 
Al completamento della mia missione, momento tra l’altro abbastanza imminente, mi inventerò un problema di famiglia a casa in Svezia e me ne andrò, uscendo dalle vite dei membri di questa famiglia, e Alisa, per sempre. Sarà meglio per me, meglio per tutti e… meglio per lei.
Anche se forse ci soffrirà per questo.
Lei vede un amico in me, qualcuno di cui potersi fidare.
Mi piego in avanti, nascondendo gli occhi fra le mani.
Ho fatto un disastro. Sono stato un idiota. Non avrei mai dovuto stringere dei legami personali con queste persone. 
Qualcuno bussa alla porta.
“Lars?” mi chiama Jun da fuori.
Sobbalzo e recupero tutti i fogli del fascicolo della missione.
“Sì?” chiedo cercando di sembrare naturale.
“Ho bisogno di parlarti, potresti scendere giù?”
“Arrivo tra un attimo, mi sto cambiando!” rispondo infilando il fascicolo sotto il materasso.
“Ti aspetto di sotto.”


Quando arrivo al piano di sotto, Kazuya è appena rientrato da lavoro e Jun lo sta affrontando.
“Ah, eccoti qui!” gli dice lei con una mano su un fianco “Che diavolo è successo alla porta di Jin?”
Kazuya si toglie il cappotto con nonchalance.
“È ancora bucata?” chiede poco interessato.
“C’è una tavola di legno inchiodata.”
“Ho semplicemente per una volta fatto quello che volevi, Jun.” risponde lui “Ho adempito al mio compito di educatore nei suoi confronti!”
“Che cosa?!” chiede lei incrociando le braccia sul petto.
Non voglio assistere all’ennesima conversazione intrisa di follia di casa Mishima. Non oggi, per favore. Cerco di farmi notare da Jun.
“Torno tra un po’?” le chiedo facendo il cenno di tornare su per le scale.
“No no, aspetta, ci vorrà giusto un attimo!” dice lei facendomi cenno di prendere posto sul divano.
Sospiro. Kazuya mi guarda in cagnesco, ma non commenta.
Scommetto che neanche a lui fa piacere che io rimanga ad ascoltare questo genere di conversazioni familiari.
Arrendendomi mi lascio cadere su uno dei divani a sperare che le cose non degenerino come al solito.
Se iniziano a combattere un’altra volta me ne vado, questo è poco ma sicuro.
“Allora, vuoi spiegarmi cosa è successo?” ripete Jun.
“Perché non lo chiedi a lui?” risponde Kazuya con un ghigno.
Jun sospira.
“Sono stanca, non ci ho ancora parlato, ma Alisa mi ha raccontato che lui ha attribuito la colpa a te di qualsiasi cosa sia successa.” spiega “Gli hai sfondato la porta?”
“Potrei averlo fatto.” risponde l’altro con naturalezza.
Jun alza le braccia.
“E in quale modo questo sarebbe educativo scusa?!” 
Kazuya alza gli occhi al soffitto.
“Il ragazzo aveva un sacco di rabbia repressa e probabilmente ne ha tuttora. Non porta il culo fuori di casa da un bel po’, neanche per andare ad allenarsi, che era una delle poche cose, forse l’unica, che gli permetteva di liberare un po’ del suo tormento da ragazzino cagacazzo che è.” espone brevemente Kazuya. 
“Non… parlare di lui in questi termini, ne abbiamo già discusso!” lo ammonisce Jun infastidita.
Kazuya sospira, poi procede col racconto.
“Stamattina, cogliendo l’occasione per dargli anche una lezione sul fatto che usare le mie cose senza permesso non sia una buona idea, gli ho dato modo di sfogarsi un po’ facendo qualcosa di costruttivo.”
“Che… che cosa?!” Jun chiede con voce strozzata “Anzi no!”
Mette le mani avanti per bloccarlo.
“Ho già sentito abbastanza per ora.” cambia idea “Dobbiamo pensare alle valigie adesso, avremo tempo di approfondire la questione in aereo.”
Kazuya sogghigna e si dirige verso le scale.
Jun fa un respiro profondo, si riavvia i capelli con una mano, poi si volta da me.
“Lars…” si sforza di sorridermi.
Finalmente può occuparsi di me.
“Seguimi in cucina.”
La seguo e chiude la porta dietro di noi. 
“Spero… che le cose andranno meglio questi prossimi giorni.” esordisce mentre va ad aprire l’anta di uno dei pensili sopra la lavastoviglie “Non so davvero come ringraziarti per l’aiuto che mi dai con i ragazzi.”
Fatico per mettere su un sorriso.
Lei nota il mio sguardo in quel momento e si sofferma a guardarmi.
“Ti senti bene?” chiede apprensiva “Non hai una bella cera!”
“Va tutto bene, è solo un periodo un po’ stressante.” mento.
“Oh.” mi guarda con compassione “Mi dispiace. Sicuramente stare in questo manicomio di casa non aiuta.”
“Ma no…” mormoro con un altro sorriso plastico.
Jun tira fuori un barattolo.
“Questo è il cibo per i cani.” spiega “Ce n’è a sufficienza per tutto il periodo in cui staremo via, ma ora devo farti vedere una cosa.”
Poi prende anche una boccetta trasparente nascosta sul fondo del mobile e l’appoggia sul piano.
“Ti svelo un piccolo segreto.” dice “Kazuya questo non lo sa e non dovrà mai saperlo.”
La guardo con sospetto.
“Quei… cani, te ne sarai accorto, non sono dei cani normali, sono delle vere e proprie belve arrivate dall’inferno!”
“Beh, ho notato che hanno una certa indole aggressiva, ma…” provo a dire.
“No, Lars!” mi risponde seria Jun “Cerca di capirmi. Quelli non sono esattamente dei cani. Capisci… cosa intendo?”
La guardo confuso senza rispondere.
Si avvicina chinandosi appena verso di me.
“Tu sai della mia guerra alla Mishima Zaibatsu riguardo certi esperimenti sugli animali che ha condotto diversi anni fa, giusto?” chiede con un sussurro.
“Oh…” è l’unico verso che sono in grado di emettere, mentre inizio a capire cosa sta cercando di dirmi.
Mi volto verso la finestra.
“Quindi anche quelli sono…” inizio a dire.
Jun annuisce.
“Heihachi e le sue pratiche mostruose di ingegneria genetica!” commenta con disprezzo “È riuscito a salvarsi da tutte le accuse, ma puoi starne certo, prima o poi pagherà per quello che ha fatto!”
Stringe la mano a pugno.
“Ehm… e come mai mi stai parlando di questo adesso?” chiedo confuso.
“Oh sì!” torna a prestarmi attenzione “Vedi, noi non ne parliamo mai, perché teoricamente, diciamocelo, bestie del genere non dovrebbero neanche vivere in una città, a contatto con degli esseri umani, ma…” rotea gli occhi all’indietro “...Kazuya per qualche ragione se n’è affezionato e quindi…”
“Oh…” commento di nuovo.
“Ho il sospetto che lui non sia del tutto dispiaciuto riguardo a questa specifica pratica criminale di suo padre.” borbotta fra sé e sé.
Jun prende tre ciotole e inizia a riempirle di cibo per cani.
“Comunque… i ragazzi non sanno niente di questa storia, anche se penso che Jin sospetti qualcosa.” riprende “E ho preferito dirlo a te! Sai, il loro corpo produce un mix di ormoni che li trasforma in delle vere e proprie macchine da guerra, ma…”
Picchietta un dito sulla boccetta.
“Questo è un tranquillante naturale di mia composizione.” spiega con un bisbiglio “È del tutto innocuo, ma è davvero efficace. Un paio di gocce dentro alla ciotola e la loro aggressività scende a livelli quanto meno accettabili, come quelli di un cane aggressivo normale.”
Apre la boccetta e fa cadere qualche goccia in ognuna.
“Così.”
Jun si alza a apre la porta della cucina.
Esce fuori con due ciotole e io la seguo con la terza.
“Eccoli qui.” dice quando i cani si avvicinano con espressione famelica.
“Non te li avevo ancora presentati giusto?” chiede con un mezzo sorriso “Sono Ogre, Devil e Azazel.” 
Sospira.
“I nomi sono tutto un programma.” dice con rassegnazione “Perfetti per dei veri e propri esperimenti di progettazione di macchine da guerra biologiche.”
Posiamo le ciotole e arretriamo di qualche passo, mentre le belve si avvicinano soffiando minacciosi al cibo. Iniziano a mangiare.
“Ma sanno essere anche dolci e carini quando sono calmi!” esclama Jun stentando un sorriso.
Sospiro.
Ci mancavano solo i cani mutanti! Ora credo davvero di aver sentito di tutto.
“Torniamo dentro!” dice Jun.
La seguo dentro casa e mi consegna la boccetta.
“Quindi ricordati, due goccine la sera e…” guarda la boccetta strabuzzando gli occhi “Oh merda!”
“Che succede?!” chiedo.
Non è da lei usare termini del genere.
“Questa è la formula concentrata!” esclama portandosi una mano sulla fronte “Ho dimenticato di diluirlo!”
Corre alla finestra e preme le mani contro il vetro.
“È preoccupante?!” chiedo allarmato.
“No no!” risponde lei “Come ti ho detto è una composizione naturale, del tutto innocua, è solo che… beh potrebbero avere un comportamento insolito oggi.”
“Quindi non è un problema grave, no?” realizzo “Dopo una dormita torneranno quelli di sempre, no?”
“Presumo di sì.” ridacchia nervosamente “Devo solo fare in modo che Kazuya non li noti.” 
Guardo fuori dalla finestra preoccupato.
“Comunque Lars, c’è un’altra cosa di cui devo parlarti!” riprende Jun poco dopo tornando seria “Questa volta riguardo la tua visita alla Mishima Zaibatsu.” 
Mi volto di nuovo a guardarla.
“Questa settimana dovrei riuscire a procurarti un pass da visitatore.” sorride “Sarà interessante per te. Quei laboratori avranno pure creato delle mostruosità, ma è indubbiamente un posto all’avanguardia. Saprai sicuramente fare tesoro di questa esperienza!”
Deglutisco.
Ci siamo dunque.
“Perfetto.” annuisco serio.
Lei sorride di nuovo.
“Beh, vado a prendere le valigie.” dice. 
Poi il sorriso si guasta un po’. 
“E… a salutare Jin. Spero sia di umore migliore oggi.”
La seguo fuori dalla cucina.
“Ah Lars, a proposito!” dice poi voltandosi “So che ti ho chiesto un sacco di favori ma… sai com’è, Jin avrebbe l’esami di guida tra poco e mi chiedevo se, se nei prossimi giorni starà meglio, potresti dargli una mano…?”
Neanche morto!
Mi dispiace, ma questo proprio non posso farlo. Mi rifiuto!
“Ehm…” mi schiarisco la voce “Ho davvero un sacco da fare ultimamente. Non so se sarà fattibile.”
“Oh! Certamente!” risponde subito comprensiva, anche se con un velo di delusione “Come non detto, allora!” 
Poi sospira, un po’ preoccupata.
“Vedrò che cosa potrò fare al mio ritorno!” mormora abbassando lo sguardo.
Detto questo, si gira e sale su per le scale, proprio mentre Alisa scende trascinando dietro di lei Asuka per un polso.
“Dai! Non è il caso, davvero!” borbotta Asuka con un broncio.
“Lars-san, eccoti qui!” la ignora Alisa “Ti cercavamo!”
Alzo un sopracciglio.
“Che succede?”
“Asuka-san è un po’ giù di morale questi giorni perché ha litigato con le sue vecchie amiche.” spiega Alisa “E ho avuto un’idea per tirarla su di morale.”
Asuka sospira, poco convinta.
“Sarebbe?” chiedo confuso.
“Asuka-san non ha mai pattinato sul ghiaccio!” spiega Alisa “E ho pensato che potremmo andarci noi tre insieme! L’aiuterà di certo a ritrovare il sorriso!”
Poi si rabbuia un attimo.
“Lo… chiederei anche a Jin-san, ma…”
“Ah! Figurati se quello vorrebbe venire!” commenta Asuka con un broncio “Ma se ci tieni tanto a farti insultare, vai pure ad invitarlo.”
Alisa scuote violentemente la testa.
“Ehm, ragazze…” intervengo io “Mi piacerebbe molto accompagnarvi, ma… sono piuttosto stanco oggi e…”
Non è davvero il caso di passare altro tempo con loro. Ho già fatto abbastanza casini affezionandomici fino a questo punto.
Alisa mi guarda delusa, forse un po’ ferita.
Deglutisco.
Mi sento subito uno stronzo guastafeste.
“Oh…” mormora triste “... ca… capisco.”
Anche Asuka sembra vagamente delusa. Forse in fondo aveva davvero voglia di uscire e distrarsi. 
In effetti da un po’ di tempo è stranamente giù di morale.
Sospiro.
“D’accordo, ma non facciamo tardi.” cedo infine.
Che altro male può fare, tanto?
Ormai il danno è fatto.
“Fantastico Lars-san!” esclama Alisa radiosa.
Jun e Kazuya scendono al piano di sotto con i loro bagagli. Discutendo.
“Cioè tu mi staresti dicendo che per tutto questo tempo hai volutamente e ripetutamente rincoglionito i miei cani?!” sbotta Kazuya nervoso, trascinando la valigia dietro di sé.
“Non te li ho rincoglioniti!” ribatte Jun al suo seguito “E non te ne saresti mai accorto se non avessero iniziato a fare tutto quel dannato casino, giocando a rincorrersi l’uno con l’altro.”
“Scodinzolando come dei cazzo di barboncini!” aggiunge Kazuya contrariato “Ma che cazzo Jun?! Li hai denaturati!”
“Ho sbagliato le dosi, volevo soltanto calmarli un pochino per evitare che sbranino qualcuno mentre non ci siamo! Perché farla così lunga?” riprende lei “Stanno una meraviglia e probabilmente si stanno divertendo come non mai!”
Si dirigono verso la porta e la aprono.
Jun poi si volta da noi.
“Noi andiamo ragazzi!” ci saluta “Vi faccio sapere quando atterra l’aereo!”
Poi sospira e segue Kazuya fuori di casa.
Le voci continuano ad arrivare da oltre la porta.
“Ma di che accidenti parlavano?!” chiede Asuka a voce alta.


“Quindi in pratica ti sei allenata tutto questo tempo pattinando assieme ai pinguini del polo sud?” mormora Asuka facendo fatica restare in piedi in equilibrio sul ghiaccio “Perdonami Alisa, ma devi ammettere che tutto ciò che ti riguarda è strano forte!”
Alisa sorride. Trascinando Asuka sulla pista di ghiaccio, mentre lei si muove aggraziata pattinando all’indietro.
“Non esattamente, avevamo una piccola pista dentro alla base.” spiega “Ma d’estate se le temperature si alzano abbastanza, si può provare ad andare a pattinare con i pinguini, presumo.”
Mi tiro su la sciarpa davanti alla bocca e pattino in silenzio accanto a loro.
Era da quando ero ragazzino che non andavo in una pista di pattinaggio sul ghiaccio. Questa non è male, all’aperto, nel cuore della città, nel bel mezzo di tutti quegli edifici enormi che non dormono mai.
“Se vuoi, quando tornerò a trovare mio padre, potresti venire con me!” 
Asuka ridacchia nervosamente.
“Grazie, ma credo che declinerò l’invito.” risponde “E in tutta onestà non credo di essere nata per questo sport!”
Detto questo lascia la presa di Alisa e si spinge contro il bordo della pista, facendo uno strano balletto con le mani per non sbilanciarsi all’indietro.
Si aggrappa al sostegno e si volta da noi.
“Ho bisogno di fare una pausa.” dice esausta “Continuate pure senza di me!”
Alisa mi guarda e sorride.
“Andiamo?” 
Inizia a muoversi con naturalità slittando a zig zag davanti a me. Pattina con una grazia e una facilità incredibile. È chiaro che deve aver dedicato molto tempo a questa attività in passato, ma dopotutto non deve aver avuto poi così tanti passatempi lì in Antartide. La seguo, ma non riesco a stare al suo passo, mentre si insinua agilmente in tra i gruppi degli altri pattinatori.
Ad un certo punto si ferma, si volta e mi aspetta, guardandomi con un sorriso.
“Guarda Lars-san!” mi indica qualcosa in alto dietro di me.
Mi volto, su uno dei grattacieli dietro la pista è in corso uno spettacolo luminoso.
Alisa si ferma a fianco a me.
“È bellissimo!” commenta sognante.
E lo è, infatti, così come la pace di questo momento, che non vorrei finisse mai. 
Per un attimo fermo i pensieri e mi perdo a guardare quel grattacielo luminoso. Una cosa così semplice, eppure bella da togliere il fiato.
Mi sento parte di questa immensa, organica città, parte del mondo. Sono qui ad assistere ad uno spettacolo di luci con Alisa e all’improvviso ho la percezione di quanto la vita possa essere bella. Se solo le cose fossero diverse. Se solo non dovessi tenermi questa maschera addosso in ogni momento.
Il mondo è bello, la vita potrebbe essere perfetta.
Guardo Alisa, le luci colorate si riflettono sui suoi occhi. 
Si volta da me, accorgendosi del mio sguardo. Vorrei dirle qualcosa, vorrei dirle che mi dispiace, come sia ingiusto che ci siamo incontrati in queste circostanze. Vorrei dire che mi dispiace e ancora che mi dispiace.
Sorride appena.
“Lars-san.” mi dice piano “Perché sembri così triste?”
E in quel momento vorrei morire.
Alisa mi prende per mano e inizia a muoversi verso il centro della pista, guidandomi verso quelle luci ed è veramente troppo.
Sto per esplodere. Al diavolo la missione, al diavolo tutto.
Ci fermiamo ancora e mi posiziono davanti a lei. Alisa mi guarda con la sua solita aria timida, ma un po’ curiosa.
Le prendo entrambe le mani.
“Alisa, io sono…”
“Asuka-san!” sobbalza Alisa guardando oltre la mia spalla.
Si libera della mia stretta e si porta una mano davanti alla bocca.
“Ha bisogno d’aiuto!” esclama, superandomi e iniziando a pattinare da qualche parte verso di lei.
Il mio cuore sembra in procinto di scoppiare.
Respiro a fondo cercando di calmarmi.
Stai perdendo la ragione Lars.
Che diavolo stavo per fare? Stavo per mandare all’aria la missione? 
Deglutisco.
Non so ancora se Jin abbia ragione, ma devo essere completamente impazzito.
Inspiro a fondo e mi impongo di calmarmi e di riacquistare un po’ di senno.
Poi mi volto e seguo Alisa muovendomi velocemente tra la folla. Raggiungiamo Asuka che è a terra in mezzo alla pista. Come vedo meglio la sua faccia, che sembra che stia per piangere da un momento all’altro, inizio a preoccuparmi sul serio.
Non è da lei.
“Asuka, che succede?”
Come mi avvicino e mi inchino per porgerle un braccio, lei si aggrappa alla mia presa, si tira su e stringe in un abbraccio inaspettato.
Ha il fiato corto e sembra davvero disperata.
Ricambio l’abbraccio, confuso e imbarazzato, mentre Alisa osserva la scena con incredulità e preoccupazione.
Diverse persone intorno a noi si fermano ad osservarci, incuriositi da questa insolita scena.
“Asuka-san…” mormora Alisa preoccupata “... che succede? Cosa c’è che non va?!”
“Ho… ho… creduto di aver visto qualcuno.” risponde Asuka lasciandomi andare arrossendo un po’.
“Hai creduto di aver visto qualcuno?” ripeto alzando un sopracciglio e guardandomi intorno “Chi?”
“Ne… nessuno.” risponde lei scuotendo la testa “Ma vi prego, torniamo a casa.”
“Asuka!” insisto tenendola con le mani sulle sue spalle “Cosa sta succedendo?”
Non è la prima volta che ho la sensazione che stia nascondendo qualcosa di grave, che la preoccupa notevolmente. Sto cominciando ad avere paura che si sia messa in qualche tipo di guaio.
Asuka deglutisce.
“Tempo fa ho… calpestato i piedi a qualcuno… che non avrei dovuto.” spiega evasiva “Ho dovuto lasciare la mia città a causa sua e… mi è sembrato di vederlo tra la folla, ma mi sbagliavo.”
Abbassa lo sguardo ed è chiaro che non abbia voglia di parlarne ulteriormente.
“Mi sono solo spaventata, ma è tutto a posto.” mormora “Torniamo a casa, per favore.”
Sospiro.
Che razza di giornata!

 

 







NOTE: Alisa mi ha sempre ricordato una pattinatrice artistica (sia per outfit che per alcune mosse nel gioco) e prima o poi ci tenevo a inserire una scena del genere.
Per il resto, Lars che ha paura di aver aperto la macchina sbagliata è più o meno la storia della mia vita. Ho alle spalle una non-invidiabile collezione di figure di merda a riguardo di cui non vado troppo fiera, ma cerco almeno di ironizzarci su!

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Capitolo 21
*** Onions (Asuka) ***


21
Onions
(Asuka)

 

Entro in cucina con uno sbadiglio e vengo accolta dal profumino invitante di uova, pancetta e pane abbrustolito.
Alisa e Lars sono davanti ai fornelli. Sentendomi arrivare, Alisa si volta e mi accoglie con un gran sorriso.
“Buongiorno Asuka-san! Ancora qualche minuto e sarà pronto!”
Mi sfrego gli occhi con le nocche delle mani, cercando di svegliarmi. Ho dormito poco e male, in balia di sogni strani e pensieri disturbanti. È stata piuttosto dura abbandonare il cuscino stamattina.
“Non c’era bisogno di preparare anche per me.” bofonchio un po’ a disagio mentre vado a prendere una bottiglia di succo d’arancia dal frigo.
Torno verso il tavolo. Hanno già provveduto ad apparecchiare per la colazione, con tanto di tovagliette e bicchieri. È tutto impeccabile se non fosse per il computer portatile di Lars, appoggiato aperto su un’estremità del tavolo.
“Ieri hai saltato la colazione prima di andare a scuola.” osserva Alisa “E questa non è per niente una buona abitudine!”
“Mi bastano già i rimproveri di mia zia, grazie.” borbotto sedendomi al mio posto.
Alzo gli occhi e noto che Lars mi guarda in silenzio con un aria vagamente preoccupata.
“Dormito bene?” mi chiede.
Distolgo immediatamente lo sguardo.
“Sì, grazie.” mento con un filo di voce.
Non è un caso che ieri abbia saltato la colazione. La verità è che non avevo la minima voglia di affrontare quei due dopo l’imbarazzante scena alla pista di pattinaggio.
Non riesco a perdonarmi la figura di idiota che ho fatto! Che diavolo mi è preso per farmi prendere dal panico in quel modo?!
Mi sento avvampare al solo ricordo.
Posso solo sperare che se ne dimentichino in fretta, soprattutto Lars.
Bevo un sorso di succo e cerco di mandare via il pensiero.
Alisa si volta con un vassoio e si avvicina a tavola, con la colazione finalmente pronta.
“Eccoci qua!” esclama con un sorriso.
La guardo con una briciola di invidia. È sempre così spensierata e positiva.
Lars e Alisa si siedono a tavola e per qualche secondo si instaura un difficile imbarazzante silenzio, rotto soltanto dai rumori della colazione.
Tengo lo sguardo basso mangiando silenziosamente.
Non posso permettere che Lars capisca le mie preoccupazioni. Poi lo direbbe alla zia e a quel punto forse potrei ritrovarmi costretta a cambiare città. Un’altra volta.
Sospiro.
Devo assolutamente cercare di vedermela da sola, finché posso.
“Mmm… sarà il caso di andare ad avvisare Jin-san?” si chiede a voce alta Alisa poco dopo, guardando il quarto posto ancora libero a tavola.
“No!” rispondo decisa felice di cogliere l’occasione di poter parlare di qualcosa che non mi riguardi “Sai come è fatto, meglio non mettergli fretta.”
Alisa annuisce e riprendiamo a mangiare.
Di nuovo quello scomodo silenzio.
Dannazione.
Dovrei continuare a parlare di Jin?
Per fortuna non ce n’è bisogno.
Improvvisamente lo schermo del computer di Lars si illumina e inizia a suonare.
“Jun aveva promesso che avrebbe chiamato stamattina a colazione.” spiega lui sporgendosi verso il pc a digitare qualcosa “Così per poterci trovare tutti insieme.”
Alisa si alza e va a posizionarsi dietro di Lars, poi mi fa un cenno di seguirla.
“D’accordo…” mi alzo anche io un po’ titubante.
Si apre l’immagine e zia Jun ci saluta dalla penombra di una camera d’albergo.
“Hey ragazzi!” dice con un gran sorriso “Come vanno le cose in nostra assenza?”
“Tutto bene, Jun.” risponde Lars “Da voi tutto ok?”
“Oh sì! I viaggi di lavoro della G Corp sono sempre un’ottima occasione per rilassarsi un po’.” risponde “E l’albergo ha una piscina sul tetto che è una meraviglia! Sarebbe stato bello poter portare anche voi.”
Poi sorride, come se le venisse un’improvvisa idea.
“Dovremmo organizzare una vacanza tutti insieme prima o poi!”
“Sul serio?” chiede Alisa congiungendo le mani davanti al viso “Che bello! Non sono mai stata in vacanza!”
Zia Jun mi guarda sempre sorridendo.
“Tu che ne dici, Asuka?” chiede inclinando leggermente la testa su un lato.
Sollevo le spalle.
Per quanto potrebbe sembrare un’idea divertente, ho come l’impressione che una vacanza tutti assieme potrebbe diventare un disastro.
“Ma dove è Jin?” chiede poi la zia senza aspettare una mia risposta “Non doveva tornare a scuola oggi?”
“Sì, oggi dovrebbe tornare a scuola.” annuisce Alisa, poi mi guarda “Volevo chiamarlo per la colazione, ma…”
“Io ho pensato che fosse meglio non disturbarlo.” concludo io “Sappiamo tutti che il suo caratteraccio di certo non migliora di primo mattino.”
La zia corruga la fronte, un po’ preoccupata.
“Come vi è sembrato ieri? Sapete, al telefono non è che sia molto loquace.”
“Bah, sembra essere sulla via della normalità.” rispondo “Ieri è persino sceso a prendersi la cena… e si è tagliato la barba finalmente!”
Ridacchio guardando Alisa e… anche Lars.
È bello poter parlare di Jin, spostare l’attenzione su qualcuno più problematico di me.
Ma sono un essere terribile per questo.
“Oh, che bello.” sorride la zia “Speriamo che la crisi sia passata.”
In quel momento si sentono dei passi sulle scale.
“Sta arrivando.” sussurra Lars allertandoci.
“Oh, presto! Cambiamo discorso!” ci esorta zia Jun “Questa conversazione potrebbe bastare per guastargli l’umore per l’intera giornata!”
Ridacchio.
“Come se ci fosse un modo per evitarlo!” ironizzo.
“Presto!” fa Alisa preoccupata “Ci serve un argomento di cui parlare o sembrerà strano!”
“Hai ragione! Un argomento! Un argomento!” pensa la zia a voce alta.
Troppo tardi, Jin entra in cucina in quel momento.
Siamo tutti in silenzio voltati verso di lui.
Senza un argomento.
Si ferma e ci guarda con una smorfia di fastidio. Tira su con il naso.
“Che cazzo avete da guardare?” chiede con un sussurro tra i denti.
Ha una voce insolitamente nasale, come se fosse raffreddato.
“JIN!” lo rimprovera la madre attraverso lo speaker del computer “Non rivolgerti a loro in questo modo!”
Lui alza un sopracciglio.
“Ah, ci sei anche tu…” commenta “Ciao.”
Poi ragiona in silenzio per qualche secondo.
“Stavate parlando di me?”
Alisa si schiarisce la voce.
“Abbiamo preparato la colazione anche per te, Jin-san.” dice indicando il cibo sul tavolo.
Jin guarda la tavola apparecchiata con sospetto.
“Stavate parlando di me.” conclude camminando verso la tavola.
“Non stavamo parlando di te.” dice zia Jun scimmittando il suo tono critico “Ho solo chiesto come stavi.”
“A meraviglia.” risponde tossicchiando mentre prende posto a tavola e inizia a servirsi da mangiare.
Torniamo a sederci anche io e Alisa, Lars sposta il computer in modo da riprenderci più o meno tutti. Zia Jun ci racconta di Singapore e delle belle cose che ha visto nella città.
Jin continua a tossire e a tirare su con il naso, sembra avere un’evidente difficoltà a respirare col naso.
“Come diavolo hai fatto a raffreddarti senza togliere il naso fuori dalla tua stanza?” gli chiedo a bassa voce mandando giù un boccone.
“Non sono affari tuoi.” borbotta.
“Capito.” rispondo con una mezza smorfia “Devono essere gli spifferi dello squarcio nel vetro della finestra che hai fatto l’altro giorno.”
Mi fulmina con lo sguardo.
“Sto per infilarti una bacchetta su per il naso.” mi minaccia con un grugnito.
“Veramente è il tuo che sembra aver bisogno di uno spazzacamino.” rispondo pronta.
Lui si blocca e alza lo sguardo a mezza altezza, evitando di guardarmi, fingendosi ammutolito dalla mia battutona.
Io non riesco a trattenere una risata.
Sì, è tornato quello di sempre. E sono super felice di questo.
“La tua simpatia non mi è mancata per niente, Asuka.”
“A me è mancato un sacco il tuo muso invece.” dico piantandogli un pugnetto scherzoso sulla spalla.
“Hey che combinate voi due?” chiede Jun notando il nostro confabulare.
“Parlavamo di camini.” rispondo con un mezzo sorriso.
“E della mancata carriera da comica di Asuka.”
Non mi sfugge il lieve sorriso che si intravede sulle labbra di mia zia, nonostante lo schermo e la luce fioca della sua stanza.
Jin è tornato, in tutta la sua scontrosità e antipatia, ma è tornato quello di sempre.
“Va bene, si sta facendo tardi.” dice poi zia Jun “Passate tutti una buona giornata! Ah Lars! Ti unirai ad un gruppo di studenti per una visita ai laboratori della Mishima Zaibatsu giovedì prossimo.”
“Allora sei pronto per tornare alla realtà scolastica?” chiedo a Jin.
“Che bello! Una visita alla Mishima Zaibatsu?” esclama Alisa entusiasta “Posso venire anche io?”
Jin mi guarda bevendo un lungo sorso di succo.
“Com’è che oggi hai così tanta voglia di chiacchierare?” mi chiede con un’occhiata di sbieco.
“Ehm… non saprei Alisa, la Mishima Zaibatsu è solitamente molto riservata riguardo alle persone che ammette all’interno dei suoi spazi.” risponde zia Jun “Per scopi didattici ammettono solo un numero limitato di studenti all’anno…”
“È solo che penso che ci saranno delle novità che ti potranno interessare.” rispondo a Jin.
“Oh! Quindi non posso unirmi?” chiede Alisa delusa.
“Io non… non saprei Alisa.” risponde Lars in difficoltà.
“Beh, vedetevela voi!” taglia corto zia Jun “Devo andare! Ci sentiamo presto, ragazzi!”
Salutiamo tutti e la chiamata si interrompe.
“Sarebbe stato tanto interessante.” riprende Alisa delusa “Ma potrei provare a chiedere se posso essere inserita come tua assistente Lars-san!”
“Di che razza di novità che potrebbero interessarmi stavi parlando?” mi chiede Jin alzando un sopracciglio.
“Io non…” mormora Lars in difficoltà.
“Un momento!” esclama Alisa “Ha detto giovedì? Non sarà mica il giorno delle gare di matematica…”
“Che?!” chiede Jin voltandosi immediatamente da lei “Devi partecipare anche tu?”
Alisa lo guarda confusa.
“Julia-san mi ha chiesto di entrare in squadra con voi.” spiega
“Oh Alisa, imparerai mai ad essere meno ingenua?!” si lamenta Jin a voce alta.
Alisa sembra di colpo improvvisamente offesa.
“Non capisci che ti stai solo facendo sfruttare?!” continua mentre Alisa abbassa lo sguardo “Julia è disperata perché è entrata in un’assurda malata competizione con un certo Steve Fox! Poi spunti tu, che risolvi problemi di matematica come un cazzo di computer! Non capisci di che cosa ti stai rendendo complice?!”
Alisa ascolta atterrita.
“Piantala! Non hai assolutamente il diritto di parlarle in questo modo!” la difende Lars.
“Lars, ti prego, non metterti ulteriormente in imbarazzo. So che è più forte di te, ma stanne fuori una dannata volta!”
Sospiro con un mezzo sorriso.
Eh sì, siamo proprio tornati alla normalità.
“Qual è il problema?!” intervengo “Sei davvero preoccupato per il presunto ‘sfruttamento’ di Alisa o è semplicemente che non vuoi che si veda quanto è più brava di te?” chiedo.
“Che?!” mi guarda sprezzante sgranando gli occhi “No! Da dove ti salta in mente?! Quando mai me ne sarebbe importato qualcosa?”
Sarà pure vero, ma sembra infastidito da questa mia affermazione.
“Come vuoi!” rispondo alzando le spalle “Comunque, si sta facendo tardi.”

Ci alziamo da tavola e cominciamo a rimettere a posto.
Jin è il primo ad uscire dalla stanza. Alisa lo segue poco dopo con aria un po’ affranta.
Sto per uscire anche io per andare a lavarmi i denti di sopra, quando Lars mi si affianca.
“Asuka…” mi guarda con aria seria “Sai che se hai bisogno di parlare puoi farlo, vero?”
Forzo un sorriso.
“Certo!” rispondo come se niente fosse prima di dileguarmi “Ma va tutto bene!”



“Al mondo non c’è giustizia, lo sappiamo, ma a volte c’è bisogno che i prepotenti vengano puniti lo stesso.”
“Asuka, possiamo parlare d’altro?” chiede Jin tirando su col naso camminando al mio fianco, mentre varchiamo i cancelli scolastici “O non parlare proprio?”
“No! È importante!” insisto “Quello che è successo a te non può passare inosservato!”
“Sai com’è, mi piacerebbe lasciarmi tutto questo alle spalle.” grugnisce ancora.
“Ho intenzione di proporre il problema alla prossima assemblea di istituto assieme al club anti-bullismo.” continuo “Sarebbe bello se tu potessi fare un intervento.”
“Toglitelo dalla testa!” protesta lui “Tienimi fuori da questa storia!”
“Alisa, tu che ne pensi?” mi volto a chiedere la sua opinione.
Cammina in silenzio dietro di noi, immersa nei suoi pensieri.
“Alisa?” chiedo ancora.
Solleva lo sguardo distratta.
“Come?”
“Oh, non preoccuparti.” rispondo.
Poverina, sembra ancora offesa per stamattina.
Sospiro e torno a rivolgermi a Jin.
“So benissimo che non hai mai voluto calarti nella parte di paladino della giustizia!” dico “Ma volente o nolente la tua storia ha fatto scalpore! Sei diventato una sorta di simbolo… come di ribellione contro i prepotenti.”
“Non voglio essere nessun simbolo, ok?” risponde, poi si volta verso di me “Non è sempre stato il tuo sogno piuttosto? Perché devo essere io? Io sono lo stronzo che si è preso tutto il tuo merito dopotutto no?”
Sospiro. Non ha tutti i torti e in effetti la cosa mi disturba un po’.
Sto per rispondergli e spiegargli la complicata situazione, quando una ragazza si piazza improvvisamente davanti a noi.
Ci fermiamo tutti, la ragazza guarda Jin con occhi sognanti.
“Ishikawa mi tormentava fin dal primo anno.” mormora “Ti amo.”
Jin fa un passo indietro e la guarda con orrore, a me scappa un principio di risata.
Dopo una manciata di secondi di imbarazzo, la ragazza scappa via seguita dalle amiche.
“Questa è la novità di cui ti parlavo.” spiego mentre riprendiamo a camminare “La gente ti adora… più di prima.”
“Devo… cambiare scuola.” commenta lui agghiacciato varcando la soglia della sala armadietti.
“Beh, pensa alle cose che ti ho detto!” gli dico dandogli una pacca sulla spalla “Ci si vede stasera!”
Mi volto da Alisa.
“Noi ci vediamo a pranzo?” chiedo con un sorriso.
Alisa annuisce e abbozza un sorriso di risposta.
Detto questo ci separiamo. Vado al mio armadietto, mi tolgo le scarpe, poi prendo la mia roba e vado verso il bagno del pian terreno.
La stanchezza della notte semi-insonne che ho passato si fa sentire. Ho bisogno di rinfrescarmi il viso prima di iniziare le lezioni.
Entro in bagno e vado ad aprire il rubinetto di uno dei lavandini.
Mi guardo allo specchio, mentre mi bagno le mani. Ho gli occhi gonfi e cerchiati di scuro.
Sospiro. Posso far finta che tutto vada bene quanto voglio, ma non riuscirò ad ingannare gli altri per molto altro tempo se non faccio qualcosa per risolvere prima i miei problemi.
Per lo meno, non Lars a quanto pare.
Mi bagno il viso e in quel momento sento qualcuno uscire da uno dei cubicoli dietro di me.
La porta si chiude e la persona sconosciuta avanza verso un lavandino alla mia destra.
Sollevo di nuovo la testa e guardo ancora il mio riflesso sullo specchio. 
Poi sposto lo sguardo sul riflesso dell’altra studentessa.
“Che coincidenza, vero?” chiede Lili con un sorriso antipatico “Con tutti i bagni che ci sono a scuola, dovevamo proprio ritrovarci tutte e due qui nello stesso momento!”
“Già, proprio una gran fortuna!” ironizzo con una smorfia.
Lei ridacchia.
“Non sei più venuta alle prove di danza…” dice poi abbassando il tono di voce “... non credevo fossi una che si desse così facilmente per vinta.”
“Sai, forse su qualcosa avevi ragione, non mi è mai piaciuta particolarmente la danza.” spiego “Io sono una persona più diretta, i miei movimenti hanno di solito un preciso obiettivo.”
Lili ascolta senza battere ciglio, poi si volta a guardare il suo riflesso nello specchio.
“Sai, non era poi così male l’idea di Flash Dance.” dice.
“Che?” alzo un sopracciglio.
Questo proprio non me l’aspettavo.
“Ma se hai detto che gli anni ‘80 ti fanno schifo!”
“Mentivo.” risponde abbassando lo sguardo e aprendo il rubinetto per lavarsi le mani “Flash Dance è uno dei miei film preferiti.”
Rimango a pensare confusa per qualche secondo.
Lili chiude il rubinetto e mi guarda, attraverso il riflesso nello specchio.
“Allora, ti va di tornare nel gruppo?” chiede.
Mi scappa una risata ironica.
Roba da non credere.
“Tu sei fuori di testa.” asserisco “E sei ancora più fuori se pensi davvero che possa accettare una cosa del genere.”
Detto questo faccio sgocciolare le mani sul lavandino con un gesto secco e lascio il bagno chiudendomi la porta alle spalle.


 

“E quindi in pratica mi ha detto che sono stata stupida e che mi sono fatta manipolare.” spiega Alisa “O forse semplicemente non mi vuole in squadra con lui.”
È la pausa pranzo e siamo sedute in cima alla rampa di scale dell’uscita posteriore della scuola. Nonostante le temperature si siano abbassate negli ultimi tempi, oggi è una bella giornata e c’è un sole piacevole.
“Non dovrebbe comportarsi così con te!” commenta Xiaoyu “Non va affatto bene!”
Alisa si stringe nelle spalle, con aria dispiaciuta.
“Purtroppo ci sono ancora tante di quelle cose che non capisco di come ci si comporta con la gente. Forse ha ragione e mi sono lasciata usare. Forse in fondo dice queste cose per il mio bene…”
“Potrebbe anche essere vero, ma questo non cambia che dovrebbe cercare di essere più gentile!” continua Xiaoyu.
“Non so, però a questo punto non ho più molta voglia di presentarmi alla gara domani.” mormora Alisa.
“Asuka, tu cosa ne pensi?” chiede allora Xiaoyu.
“Asuka?”
Sollevo lo sguardo dal display del mio telefono e le guardo un po’ distratta.
“Uhm sì?” chiedo distratta
Invio il messaggio.
“Che facevi?” chiede Miharu dall’altro lato con un sorrisetto malizioso “Messaggiavi con qualcuno?”
Ridacchio.
“In realtà sì, ma non è come pensi.” poi lascio cadere il cellulare dentro la borsa e torno a pensare al mio pranzo “Che dicevate? Parlavate di Jin giusto?”
Mi stringo nelle spalle e ridacchio.
“Che vi devo dire?” commento aprendo il pranzo confezionato comprato in mensa “Mio cugino è uno stronzo, sono la prima a dirlo. E sembra anche avere un certo talento nel colpire le persone nei loro punti più deboli.”
Faccio una pausa per mangiare un primo boccone.
“A volte lo fa proprio per cattiveria, altre volte non credo se ne renda neanche conto.” riprendo “Sì, perché fondamentalmente il suo problema è che totalmente privo di capacità sociali.”
Prendo un altro boccone.
“In pratica è un frustrato che non ha mai imparato a relazionarsi in modo normale con le persone, quindi si comporta male con loro.”

Mi guardano tutte e tre in silenzio a bocca aperta per qualche secondo.
“Beh? Che ho detto? Siete voi che avete voluto sapere la mia su questo argomento.”
“Però Asuka…” commenta Xiaoyu “... anche tu sai essere un po’ brutale quando vuoi, eh? Non credi di esagerare un po’? È vero che ha un modo di fare un po’ antipatico, ma in fondo non è cattiv...”
Ma non l’ascolto più, sono distratta da qualcos’altro.
“Che diamine ci fanno ora queste?!” sbotto all’improvviso.
“Eh?” chiede Xiaoyu interdetta seguendo il mio sguardo.
Lili e le sue amiche, tra cui le mie vecchie amiche, sono davanti a noi ai piedi della scalinata. 
Lili si ferma proprio rivolta verso di noi e le altre si dispongono dietro come lungo una piramide immaginaria.
Proprio come se si stessero preparando per…
“Non ci credo…” sibilo.
“Ma che succede?” chiede Miharu confusa “Che fanno?”
“Non ne ho idea.” risponde Xiaoyu.
Parte la musica e le ragazze iniziano a muoversi a tempo di musica.
“Un flash mob?” chiede Miharu a voce alta.
“Cosa vuol dire?” domanda Alisa.
“È quando delle persone organizzano una sorta di spettacolo in segreto da qualche parte.”
“Oh, e chi sono queste persone? A...Asuka-san le conosce?”
Le bacchette del pranzo si spezzano all’interno del mio pugno.
“Sembra… di sì.” dice Xiaoyu un po’ preoccupata. 
“Flash-dance….” dico con un soffio “Questa era la mia canzone… la mia coreografia!”
Non riesco a crederci.
Si alza un coro di esultanza e gruppi di ragazzi sparsi un po’ ovunque nel cortile si avvicinano per vedere.
Lili si muove fiera sui miei passi. Ha la sicurezza e il carisma di una professionista.
Odiosa.
E il fatto che sappia ballare così dannatamente bene la rende ancora più detestabile.
Mi alzo in piedi di scatto, in preda alla rabbia.
A che diavolo di gioco sta giocando? Perché fare questo? Perché continuare a provocarmi in questo modo?
Mi sono fatta da parte! Che altro vuole ancora?
“Asuka…” Xiaoyu si alza al mio fianco “Sta calma, va tutto bene.”
Cerca di posarmi una mano sulla spalla, ma io la fermo e indietreggio di un passo.
“Sto bene.” dico con un sorrisetto nervoso, raccogliendo le mie cose “Ho solo bisogno di andarmene via di qui o non riuscirò a trattenere la tentazione di prenderla a schiaffi.”
Finisco sollevando volontariamente la voce.
Miharu sgrana gli occhi.
“Non dice sul serio vero?” chiede sottovoce ad Alisa.
“Secondo me sì…” risponde lei preoccupata.
“Asuka… veniamo con te!” dice invece Xiaoyu.
“No!” rispondo in modo forse un po’ troppo brusco “Non ce n’è bisogno. Voglio stare un po’ per conto mio.”



È stata una giornata lunga e difficile, che in certi momenti ha messo a dura prova la mia pazienza, ma come anche le più lunghe ed estenuanti giornate, finalmente è arrivata al termine.
Nonostante i venti minuti che sono qui ferma fuori dal cancello ad aspettare.
Finalmente, eccolo che arriva. Lo vedo accostarsi al marciapiede a pochi passi da me.
“Iniziavo a pensare che non avessi ricevuto il messaggio.” dico avvicinandomi alla sua moto ancora accesa.
Hwoarang mi fa cenno di salire dietro di lui con la testa.
“Andiamo, non ho molto tempo a disposizione.” dice “Tra due ore lavoro.”
Sogghigno.
“chi vuoi prendere in giro?” lo sfotto “Queste frasi da adulto responsabile non ti si addicono.”
“Molto simpatica! Ti ricordo che ti sto facendo un favore e che sono sempre in tempo per cambiare idea!”
Sorrido.
Sono contenta di poter contare su di lui.
Salgo in sella alla moto dietro di lui e partiamo.
In breve tempo attraversiamo il quartiere per arrivare in un’area residenziale che non conosco. Le strade sono strette e intricate e sopra di noi il cielo è segmentato da una fitta rete di cavi elettrici.
Ci fermiamo davanti alla serranda chiusa di un negozio di elettrodomestici. Scendiamo dalla moto e seguo Hwoarang su una stretta scala tra due palazzine.
“E così vivi qui…” dico seguendolo dentro all’appartamento dell’attico “Hai una casa allora!”
“Ancora molto divertente, Asuka!”
Mi guardo intorno. È un mono-locale, stretto e super disordinato e all’interno aleggia un forte odore di sigaretta. Le pareti sono quasi completamente coperte da poster e ci sono ovunque i più disparati oggetti, tra cui una tavola da surf, una chitarra, un sacco per i pugni che pende dal soffitto e quella che sembra proprio una di quelle macchine che ci sono nelle sale giochi.
“È una lunga storia!” si limita a dire intercettando il mio sguardo confuso “Una volta ho vinto una scommessa e il tizio non mi poteva pagare.”
Si avvicina e le dà un calcetto.
“In realtà stavo pensando di sbarazzarmene, ma a quanto pare una mia amica la adora e mi ha pregato di non venderla finché non riuscirà a raggiungere l’ultimo livello.”
Ridacchio, poi mi guardo intorno ancora.
“È carino qui.” dico.
E lo penso davvero. Caotico come non mai, ma mi piace. C’è un nonsochè di accogliente.
“Accomodati.” mi dice lui a mò di presa in giro indicando il divano al centro della stanza.
Vado verso il divano e mi siedo, non prima di aver spostato una maglietta stropicciata sul bracciolo.
“Ah…”  commenta Hwoarang con uno sbuffo “... il mio pigiama.”
Sollevo un sopracciglio.
“Ne deduco che sono seduta sul tuo letto!” commento.
Hwoarang si siede su una sedia davanti a me, accendendosi una sigaretta.
“Allora, qui possiamo parlare al sicuro, come mi hai chiesto.” dice “Di che si tratta?”
Sospiro.
Ci siamo finalmente.
“Ti devo chiedere di fare un lavoro per me.” spiego seria.
“Un lavoro?” ripete lui incerto.
Annuisco, poi frugo nella mia cartella. Estraggo un articolo di giornale piegato in due e glielo porgo.
Hwoarang lo prende, lo spiega, mi guarda confuso e inizia a leggere. O almeno, sembra provarci.
“Scusa, è un po’ accartocciato…” inizio a dire.
“È troppo difficile! Che diavolo c’è scritto?” sbotta invece Hwoarang restituendomi il foglio.
“Ma che diamine! Da quanto tempo vivi qui?!” mi scoppia una risata “Non hai ancora imparato a leggere i kanji?”
Sembra offeso.
Sbuffa del fumo.
“Prima di tutto, ho fatto solo quattro anni di scuola qui, prima di andarmene non appena sia stato in grado di farlo.” dice “Secondo, credi che abbia il tempo per mettermi ad imparare un sistema di scrittura tanto assurdo?!”
“Ma non è assurdo!” ribatto, poi sollevo gli occhi al soffitto, sospiro e prendo il foglio.
Leggo l’articolo a voce alta.
Hwoarang ascolta con attenzione.
Poi finisco, ripiego il foglio e lo rinfilo dentro la borsa.
Segue un lungo momento di silenzio. Hwoarang schiaccia la parte restante della sigaretta contro un posacenere sopra il tavolino sbilenco davanti al divano.
“Che significa questo?” chiede.
“Questo è l’articolo di giornale relativo all’incursione al dojo di mio padre, esattamente due anni fa. Mi ero messa in mezzo a delle cose decisamente più grosse di me e, per farla breve, qualcuno ha deciso di farmela pagare.” spiego brevemente.
Sospiro e prendo dalla borsa un secondo articolo di giornale, lo spiego e inizio a leggere anche questo.
Finisco ed emetto un altro lungo sospiro.
“Feng, l’autore dell’incursione e… l’uomo che ha mandato in ospedale mio padre…” nonostante tutti i miei sforzi, non riesco ad evitare che la mia voce tremuli un po’ “Ha ottenuto la libertà condizionata.”
Hwoarang incrocia le braccia sul petto pensieroso.
“Asuka, dove vuoi arrivare?”
“Qualcuno… mi sta mandando questi articoli di giornale.” spiego deglutendo “Ne sto ricevendo a decine! Può… voler dire solo una cosa.”
Sto mostrando molta più emozione di quanto avessi voluto. Pensavo di poter gestire più freddamente questa situazione, ma d’altronde è la prima volta che ne parlo con qualcuno!
“Cosa?” chiede lui con calma.
“Ah! Non ci arrivi?” chiedo un po’ infastidita “Mi ha trovato e vuole ancora farmela pagare!”
Hwoarang alza un sopracciglio.
“Ha già avuto quello che voleva, no?” osserva “Perché dovrebbe fartela ancora pagare?”
“Io… questo non lo so.” ammetto abbassando lo sguardo “Perché per colpa mia è finito in carcere?”
Hwoarang ridacchia scuotendo la testa.
È chiaro che non mi sta prendendo sul serio.

“Ammettiamo anche che sia vero, perché allora dovrebbe mandarti questi articoli? Bruciandosi la carta dell’effetto sorpresa?”
Sbuffo.
“Non lo so.” ripeto “Perché vuole spaventarmi e, in tutta onestà, ci sta riuscendo.”
Hwoarang si alza e si dirige verso la zona cucina.
“Ti stai preoccupando per niente.” dice “Sono tutte paranoie, ma esistono solo dentro la tua testa!”
Scatto in piedi.
“E allora questi come li spieghi?!” urlo lanciando la borsa al centro della stanza “Anche questi sono dentro la mia testa?!”
Hwoarang si volta e mi guarda stupito.
“Chi altro può mandarmi questi articoli di giornale?” riprendo.
Ho il battito accelerato, sento che sto per scoppiare in lacrime da un momento all’altro.
“Non ho mai fatto il nome di Feng con nessuno qui a Tokyo.” vado avanti “Le uniche persone che sanno di lui sono i miei zii, mio cugino… e tu, adesso.”
Hwoarang rimane fermo in silenzio a guardarmi. 
Io intanto mi calmo, riprendo la borsa e torno a sedermi sul divano.
“Allora… se sei così preoccupata…” dice poco dopo riavvicinandosi “... contatta la polizia.”
Scuoto la testa.
“Non ancora.” rispondo “Mi farebbero cambiare città un’altra volta e… vorrei evitare.”
“E allora cosa volevi fare?”
Lo guardo.
“Vorrei che tu mi seguissi per un po’.”
“Che cosa?”
“Sì, insomma, vedi dove vado, mi segui in silenzio da lontano, come una guardia del corpo segreta.” forzo un sorriso “E magari noti se vedi qualcosa di strano.”
“Asuka, ma io non posso! Devo lavorare e devo occuparmi di…”
“Posso pagarti!” insisto “Ho qualcosa tenuto da parte.”
Hwoarang apre la bocca e sospira, in evidente difficoltà.
“Non è questione di i soldi.” dice poco dopo.
“Mi hai… mi hai detto di aver vinto più di cento battaglie.” gli ricordo.
“Questo che c’entra?” distoglie lo sguardo.
“Sei fortissimo, no? Mi sento più sicura se so che tu puoi fare questo per me.” cerco di convincerlo.
“Asuka…” 
“Ti prego!” congiungo le mani davanti alla bocca “Mi sta facendo impazzire! Ultimamente lo vedo… ovunque!”
“Ma io non…”
Hwoarang non finisce la frase, perché io lo bacio sulle labbra senza alcun preavviso.
Dopo un lungo secondo di confusione, mi rendo conto di quello che sto facendo e indietreggio.
Lui mi guarda confuso e aggrotta la fronte.
“Asuka… ma che cazzo fai?” chiede passandosi una mano fra i capelli.
Io indietreggio, tornando lentamente in me e venendo assalita dalla vergogna.
“Hwoarang… mi dispiace, non so proprio cosa mi sia preso.” dico desiderando di poter scavare una buca nel pavimento sotto il divano e di andare a nascondermi lì.
Lui fa qualche passo avanti e indietro, confuso e in imbarazzo almeno quanto me.
“Te l’ho detto che mi sta più o meno facendo impazzire.” borbotto sedendomi timidamente sul divano.
“Sei… decisamente impazzita infatti!”
Annuisco, imbarazzata.
Nel mentre mi passo il dorso della mano sulle labbra.
“Che… caspita avevi mangiato comunque?” mugugno “Cipolle?”
Lui si volta e mi guarda gelido.
“Sì, sai com’è non pensavo di dover baciare nessuno stasera.”
“Mi dispiace così tanto.” piagnucolo.
Hwoarang sospira.
“D’accordo!” dice poi.
“Come d’accordo?” sollevo lo sguardo.
Ti guarderò le spalle per un po’.” promette “Ma sappi che se davvero dovessi vedere qualcosa che non mi piace, non esiterò a chiamare la polizia.”
“Grazie mille.” dico quasi con le lacrime agli occhi.
Hwoarang annuisce, sospira e va a bersi un bicchiere d’acqua.
Avrei sete anche io, ma decido di non chiederglielo.
“Comunque…” dice poi senza guardarmi “Quello stronzo di tuo cugino l’ultima volta ha davvero avuto il coraggio di non presentarsi all’incontro!”
“Oh!” esclamo sorpresa.
È vero! Me n’ero totalmente dimenticata. Non è mai uscito di casa fino a stamattina la settimana scorsa, quindi per forza ha dato buca a Hwoarang.
“Digli che la prossima volta che lo vedo lo ammazzo.”
“Ok.” annuisco.
Mi sembra il minimo che posso fare a questo punto.
Rimaniamo ancora un po’ in silenzio.
“Howarang…” faccio poco dopo.
“Hmm?”
“Siamo ancora amici, vero?”
Ci pensa per un attimo, poi gli scappa una mezza smorfia divertita.
Scuote la testa, ridacchiando fra sé e sé. 
“Certo…” risponde “... anche se sei matta da legare.”










NOTE:
Yo! Rieccomi! Scusate ma ultimamente ho pochissimo tempo libero. Ci si vede presto, spero!

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Capitolo 22
*** Math Disaster (Jin) ***


22
Math Disaster
(Jin)

 

Arrivo davanti al distributore di bevande, seleziono la mia scelta e inserisco la moneta.
I passi dietro di me si fermano, a debita distanza.
Sospiro. Sono stanco, nervoso, mezzo ammalato e voglio soltanto godermi un tè caldo in santa pace.
Non capisco se pensa davvero che non mi sia accorto che mi sta seguendo nei corridoi mezzo vuoti della scuola da quando ho lasciato la palestra o se stia semplicemente cercando di esaurire la mia pazienza.
“Cosa c’è.” soffio impaziente senza neanche voltarmi.
Ho una ridicola voce nasale e odio doverla usare più del necessario.
“Ehm…” la persona che mi ha seguito per gli ultimi dieci minuti si schiarisce la voce e fa timidamente qualche passo in avanti.
Si ferma a fianco a me e mi porge un giornalino super colorato.
Solo a quel punto alzo lo sguardo sulla mia stalker e quello che vedo non è assolutamente quello che mi aspettavo.
È una ragazzina molto giovane, probabilmente delle medie ed è conciata in modo stranissimo, come se fosse appena arrivata direttamente da Harajuku, dove vedi gente che va in giro in modo impresentabile.
“E tu chi diavolo sei?” chiedo.
È vero che non c’è l’obbligo della divisa, ma non sono neanche più sicuro che sia una studentessa di questa scuola a questo punto.
La ragazzina sorride e fa uno strano movimento con le braccia, a cui segue una giravolta.
“Sono Luuuucky Chloe!” annuncia fermandosi in posa con le dita a V a fianco alla fronte.
“Ma che cazzo…”
La guardo allibito ancora con il giornaletto in mano.
Lei sembra sinceramente sorpresa.
“Come! Non mi conosci?” chiede stupita.
“Secondo te dovrei?”
Tiro su col naso, lei mi guarda imbronciata.
“Beh, lavoro per tuo padre dopo tutto!”
Questa è buona! È la cosa più assurda che abbia sentito in tutta la settimana.
Il distributore automatico suona e mi prendo il bicchiere del tè.
“Potevi inventarti qualcosa di meglio.” dico mentre me ne vado.
“Hey, ma è vero!” protesta seguendomi “Lavoro come ballerina e idol per un’agenzia finanziata dalla G-Corp.”
La guardo ancora di sbieco, se fosse vero sarebbe a dir poco sorprendente. Comunque decido che non me ne può importare un accidenti.
“Che diavolo vuoi?” ripeto.
“Hai visto il giornale che ti ho dato?”
Gli ridò una rapida occhiata. È talmente colorato che credo che mi farà aumentare il mal di testa.
“Sì.” rispondo “Uno spreco di carta!”
“Hey!” mi bacchetta strappandomelo dalle mani “Sei molto antipatico, lo sai?”
Faccio una smorfia.
“Mi è stato detto, qualche volta.”
“È il giornalino mensile della scuola di cui mi occupo.” spiega impostando voce e movimenti proprio come uno di quegli idol che si vedono alla tv “Parla di moda, danza, musica, canto, idol, cultura pop…”
Raccappricciante.
“... e di gattini!”
“E mi stai dicendo questo, perchè…” ho quasi paura di chiedere.
“Tu sei diventato piuttosto popolare ultimamente.” ragiona “Tutti ti conoscono, tutti ti rispettano, eppure… tutta la tua persona è avvolta nel mistero!”
Mi fermo, iniziando a cogliere il senso di tutto questo.
“Tipo, nessuno sa quale è il tuo colore preferito o che gusto di succo di frutta bevi di solito, che cantanti ti piacciono, per quale squadra tifi, se preferisci le ragazze con i capelli lunghi o con i capelli corti, oppure se preferisci i ragazzi, qual è l’ultimo film che hai visto, se hai poster in camera tua, di che colore sono le tue calze e se fossi un gatto che tipo di gatto saresti.”
Finisce dopo aver sparato questa notevole quantità di domande ad una velocità davvero incredibile per un non-madrelingua e mi guarda soddisfatta.
“Tipo… soriano, siamese, blu di Russia e…”
“Ho capito, grazie.” la interrompo.
Dopo qualche secondo di confusione, riprendo a camminare.
“Comunque no.” dico soltanto.
“Eh?? No??” domanda lei seguendomi ancora.
“Non ho intenzione di concederti un’intervista.”
“Ma per quale motivo?” chiede “Pensavo che dato che sei il figlio del mio capo…”
“No!” ripeto più forte arrivando davanti alla porta della palestra “Lasciami in pace!”
Entro in palestra e lei fortunatamente non mi segue.
Scuoto la testa tra me e me e bevo un sorso di tè.
La dolce bevanda che mi riscalda è un sollievo per le pareti della mia gola provata dal raffreddore. Sto male, ho mal di testa, respiro a fatica, ho mal di stomaco e devo pure venire importunato da strane ragazzine e le loro domande invadenti.
Torno da Julia e mi siedo sulla panca alla sua destra.
“Ho appena avuto un incontro assurdo.” borbotto bevendo un altro sorso di tè.
Lei mi degna soltanto di una rapida, fredda occhiata, seduta imbronciata a braccia conserte.
“Una ragazzina voleva farmi un’intervista!” mi lamento “Un’intervista! Ti rendi conto?”
Julia si limita ad alzare un sopracciglio.
“Sul loro stupido giornalino per ragazzine della scuola!” riprendo “Perché diavolo la gente dovrebbe chiedermi interviste adesso?! Dò forse l’idea di uno che abbia voglia di raccontare i fatti propri in giro?!”
Tiro ancora su col naso.
Non ricevendo alcuna risposta, mi volto dalla mia presunta interlocutrice.
“Beh? Non dici niente?”
Vorrei un minimo di considerazione.
Lei mi risponde con un’occhiata gelida.
“Ma poverino!” borbotta, poi improvvisa una mia mal riuscita imitazione “Sono troppo popolare, adesso la gente mi adora ancora di più perchè ho liberato la scuola dal suo bullo più temibile! Ho troppe fan! La mia vita è super difficile perché sono troppo figo!”
Ecco, lo sapevo. Ce l’ha ancora con me.
“Non ti è ancora passata, eh?” chiedo “Te lo ripeto per l’ultima volta, io non le ho detto di non venire!”
Julia stringe nervosamente le mani a pugno.
“Sono le dieci meno un quarto, la gara inizierà tra poco e lei ancora non si vede!” ringhia “Se solo ti fossi fatto gli affari tuoi per una buona volta!”
Mi guardo intorno. C’è un bel po’ di movimento in palestra e in effetti credo che i partecipanti delle altre squadre siano già tutti arrivati. Gli organizzatori si stanno occupando degli ultimi preparativi, come la disposizione dei banchi sui quali dovremo lavorare.
“Io non le ho detto di non venire!” ribadisco “Le ho solo detto che si era fatta abbindolare! Se ha deciso di darci buca, non è colpa mia.”
“Farsi abbindolare!” ripete Julia con indignazione “Le ho chiesto soltanto un favore perché non trovavo nessun’altro disposto a gareggiare con noi, dato che anche tu mi hai completamente abbandonata. Ma che diamine! Nessuno le ha chiesto di farsi sfruttare in chissà quale modo! Perché devi sempre rendere tutto così complicato?!”
“Beh, se non si dovesse presentare almeno non dovresti vivere con il peso di aver ottenuto una vittoria solo grazie alle abilità di qualcun’altro.”
Finisco il tè e mi allungo un po’ su un lato per gettare il bicchiere vuoto nel cestino accanto alla panca.
Mi basta una rapida occhiata per capire che Julia non sembra essere d’accordo con me e che invece vorrebbe probabilmente uccidermi.
“Non capisci che se non viene siamo fuori dalla gara?!”
Alzo lo sguardo al soffitto e sospiro.
“Sì, ma almeno avremmo integra la nostra dignità.”
Mi sto davvero sforzando di guardare il lato positivo per una buona volta, ma credo di stare solo peggiorando la situazione. Ho l’impressione che sia ad un passo dal volermi seriamente picchiare.
“Chiamala, per favore.” dice invece cercando di reprimere il nervosismo.
“Impossibile.” rispondo alzando le spalle “La ragazza dell’antartide non ha un cellulare.”
Julia si copre la faccia con le mani, sconsolata.
Io mi stiro la schiena e mi appoggio al muro, osservando gli ultimi preparativi in palestra. Ecco che a quel punto noto una figura familiare muoversi un po’ spaesata verso il centro della sala. Viene quasi investita da due bidelli che trasportano un doppio banco, lei fa un balzo maldestro all’indietro e per poco non perde l’equilibrio.
“Ma che…” mi chiedo corrugando la fronte, confuso.
Ed ecco che a quel punto mi nota e inizia a camminare verso di me.
“Hey!” mi saluta con un sorriso quando è abbastanza vicina.
Julia solleva la testa e la guarda confusa.
“E tu che ci fai qui?” chiedo subito.
Che sia un’altra partecipante alla gara? No, impossibile. Sarebbe più probabile che abbia sbattuto la testa da qualche parte e che si sia recata qui in totale stato confusionale.
“Beh… a quanto pare tu hai offeso Alisa, e lei non voleva più partecipare alla gara.” inizia a raccontare “Però le dispiaceva per l’altra ragazza, non voleva non presentarsi per nulla…”
Julia strabuzza gli occhi.
“E così… la sostituisco io!” conclude Xiaoyu con un altro sorriso.
“Cosa?” chiede Julia immediatamente “Tu sostituisci Alisa?”
“Esatto.”
“Aspetta…” cerco di fare ordine nella mia mente “Tu… sostituisci… Alisa.”
“Sì!” ripete con decisione.
La guardo alzando un sopracciglio. Che abbia davvero sbattuto la testa?
“Sei completamente impazzita per caso?”
Xiaoyu mi guarda a bocca aperta e appoggia le mani ai fianchi.
“Ma che diavolo di problema hai?” mi rimprovera “Perché hai da lamentarti per chiunque ti ritrovi in squadra?”
“Ma voi vi conoscete?” chiede Julia con un sussurro nervoso, poi mi si avvicina per parlarmi all’orecchio “Jin, chi è questa persona?”
Tiro su col naso e guardo Xiaoyu dalla testa ai piedi.
Indossa una tuta sportiva rossa e porta delle scarpe da ginnastica. Abbigliamento piuttosto strano per una gara di matematica, se non fosse che…
Sospiro, senza riuscire a trattenere un’espressione divertita, iniziando ad intuire cosa sia successo.
“Jin, chi è questa persona?” insiste Julia tirandomi la stoffa della manica della divisa scolastica.
Xiaoyu si guarda intorno confusa.
“Comunque di che tipo di gara si tratta?” chiede “Alisa non me l’ha specificato in effetti.”
Poi si volta di nuovo da noi.
“Spero non di pallavolo perché sono proprio negata.” ridacchia, poi si ferma improvvisamente “Ma perché siete tutti in divisa? E… perché ci sono dei banchi in mezzo alla palestra?”
Il sorriso di Xiaoyu improvvisamente si spegne, iniziando ad avvertire la verità.
“Jiiiin…” piagnucola intanto Julia disperata “Si aspettava una gara di atletica?!”
Ho quasi paura di intervenire in questo momento.
“Xiaoyu…” richiamo la sua attenzione a bassa voce, poi mi limito ad indicarle il grande striscione appeso agli spalti.
“Dodicesima competizione scolastica di…” si blocca improvvisamente, poi mi guarda con uno sguardo traboccante d’orrore.
“No…” dice poi come se volesse autoconvincersi di non aver capito.
Fa un passo indietro.
“Sì.” confermo invece io.
“È un competizione di… di matematica?” chiede “Perché qualcosa di tanto tremendo come una gara di matematica dovrebbe esistere in primo luogo?”
Continua ad indietreggiare.
Gran bella trovata, Alisa! Così sì, che hai evitato il disastro.
Mi sembrava di ricordare che Xiaoyu odiasse la matematica, per l’appunto.
Mi alzo. Per restare in gara abbiamo comunque bisogno di un terzo membro.
“Dai, calmati.” provo a dire.
Lei continua ad allontanarsi in preda al panico.
“Alisa mi ha solo detto una gara in palestra!” dice terrorizzata “Perché fare roba di matematica in palestra?! Che senso ha?!”
Cammino piano verso di lei.
“Sta tranquilla e cerchiamo di ragionare.” tento di calmarla.
“Io non posso stare qui!” indietreggia.
Anche Julia si alza e si avvicina, ancora sconvolta, con le mani tra i capelli.
“Abbiamo bisogno di una terza persona per gareggiare.” spiego.
“Ma io non posso proprio!” protesta Xiaoyu “A me fa vomitare la matematica!”
“Però sai risolvere uno studio di funzione, vero?” prova a chiederle Julia.
Xiaoyu ci guarda spaventata.
“A due variabili?” continua Julia “Passando a coordinate polari?”
“Julia…” la fermo “È due anni dietro di noi.”
Per poco a Julia non cedono le ginocchia, si aggrappa al mio braccio, stringendomi la carne con le unghie attraverso la stoffa.
“Io… non posso stare qui.” ripete Xiaoyu.
“Vedete di… darvi una calmata tutte e due!” inizio a perdere la pazienza “Andiamo e parliamone con calma.”
Le prendo entrambe per un braccio e le trascino verso la panca.
“No, io non voglio partecipare!” protesta Xiaoyu cercando di divincolarsi “Non posso partecipare! Non so niente di matematica!”
“Così la prossima volta impari ad accettare impegni senza sapere prima di cosa si tratta.”
Lei mi guarda per qualche secondo, poi si copre la faccia con le mani.
“Sono un’idiota.” piagnucola.
Sospiro.
Julia non dice più niente, non si è ancora ripresa dallo shock.
Come arriviamo alla panca si avvicina Lee con una cartellina e dei fogli.
“Allora, squadra… nove.” dice tenendo lo sguardo fisso sul foglio “Kazama, Chang e…”
Solleva finalmente lo sguardo.
“Ling?!” chiede stupito.
Xiaoyu scuote disperatamente la testa.
Lee si gratta la testa confuso e le chiede qualcosa in cinese. Lei risponde, presumo gli racconti la situazione, con tono disperato.
Nel mentre faccio sedere Julia sulla panchina.
“Ohi, ci sei?” le agito una mano davanti agli occhi.
“Tutto il lavoro di questi mesi…” balbetta con sguardo vacuo “... andato all’aria in un momento.”
Alzo gli occhi al soffitto. Sarà una mattinata davvero tosta.
Lee e Xiaoyu intanto continuano a parlare.
Ad un certo punto Lee mi guarda con sospetto e dice qualcosa, al che Xiaoyu si stringe nelle spalle e risponde qualcos’altro.
“Che state dicendo?” chiedo allora innervosendomi “Se è qualcosa che mi riguarda vorrei saperlo e vorrei avere la possibilità di difendermi, grazie.”
“Decidete cosa volete fare.” taglia corto Lee con un cenno della mano “Partecipate o abbandonate?”
Guardo Xiaoyu.
“Partecipiamo, giusto?”
Lei alza le spalle, combattuta, e fa un leggerissimo sì con la testa.
“Benissimo!” esclama Lee, aprendo una borsa e togliendo fuori tre cartellini con il numero della squadra “Mettetevi questi e buona fortuna.”
Xiaoyu va a sedersi atterrita, accanto a Julia.
“Mi dispiace tanto.” le dice.
Julia solleva appena lo sguardo su di lei, senza dire niente.
“Ma piantatela tutte e due!” esclamo “È soltanto una stupida gara!”
“Piantala tu!” ribatte Xiaoyu accigliata “È chiaro che per lei non è soltanto una stupida gara! Non puoi decidere tu cosa dovrebbe essere importante per gli altri!”
Julia annuisce, guardandomi con risentimento.
Roteo gli occhi all’indietro.
“Ragazzi, prendete posto ai vostri banchi, per favore.” dice Lee a gran voce, dirigendo la folla di studenti.
Facciamo come ci dice. Prendo posto tra Julia e Xiaoyu.
Noto che la presenza di Xiaoyu desta la curiosità di diversi studenti, in primo luogo perché è l’unica ad indossare una tuta sportiva, rossa per giunta, secondo perché sostanzialmente siamo il solito gruppo di secchioni che è sempre tra i primi venti della classifica di rendimento della scuola. Questa gente non è abituata a vedere volti nuovi. Xiaoyu sembra notare tutto ciò e sembra visibilmente a disagio.
“Se siamo fortunati, tra un’oretta sarà già finito tutto.” dico cercando di essere d’aiuto.
Non risponde e sospira preoccupata.
Mi volto da Julia.
Ha gli occhi puntati sulla schiena di Steve Fox, seduto con la sua squadra davanti a noi, e grattuggia nervosamente una matita con l’unghia.
Ok, non abbiamo alcuna speranza di vincere, ma spero che almeno oggi questa assurda, stupida, 
unilaterale rivalità finisca per sempre.
“La prima parte della gara è individuale, dovrete lavorare da soli.” spiega Lee.
Sento un piagnucolio provenire dalla mia sinistra.
“Sta calma!” sussurro a Xiaoyu “Limitati a fare quello che riesci.”
“Cioè niente!” risponde lei con voce strozzata.
“Per la seconda parte del compito invece dovrete lavorare in gruppo.” continua Lee.
Bene. A quel punto io e Julia dovremo cercare di fare il possibile per recuperare il punteggio mancato dal compito di Xiaoyu.
Sospiro.
Sarà difficile, ma possiamo ancora sperare di ottenere un punteggio non troppo imbarazzante.
“Chi sarà beccato ad imbrogliare verrà escluso dalla gara, assieme a tutta la sua squadra, ovviamente.”
Lee fa una pausa e fa scorrere lo sguardo su tutti i partecipanti alla gara, mentre un secondo insegnante passa fra i banchi a distribuire i fogli.
Presumo voglia sembrare minaccioso, ma mi risulta molto difficile prenderlo sul serio dopo averlo sentito piagnucolare l’ultima volta che i miei genitori l’hanno rapito e portato a casa. Sogghigno a quel ricordo.
“Bene.” riprende Lee con un sorriso accattivante “Pronti per iniziare… via!”

 

“Dai, non è andata poi così male.” provo a dire, ma le mie compagne di squadra non sembrano pensarla allo stesso modo.
“Siamo penultimi!” mi fa notare Xiaoyu, poi si corregge “Cioè… siete.”
Julia non risponde proprio, dopo l’impresa disperata di risolvere l’impossibile problema della seconda parte del compito, che abbiamo comunque parzialmente sbagliato, è caduta in uno strano stato di trance.
“Siamo penultimi, ma con la tua parte di compito consegnata in bianco.” preciso “Quindi tutto sommato è un buon risultato.”
“È stato un disastro!” ribatte lei “Perché cavolo ti rifiuti di ammetterlo?!”
“Perché sto cercando di vedere la cosa da un punto di vista più costruttivo, piuttosto che piangermi addosso inutilmente.”
Sbuffo.
Il mal di testa sta peggiorando, voglio una dannata pastiglia.
Julia continua a guardare davanti a sé senza alcuna reazione.
Accidenti, riuscirà a riprendersi?
Una cosa è certa, questa non me la perdonerà molto facilmente.
“Ed eccoci arrivati alla proclamazione del podio!” annuncia Lee a gran voce “Combot porta la busta!”
A quel punto parte una musica elettronica e fa la sua entrata in scena il robot di Lee, quello che avevo visto dentro al suo ufficio. Si muove con dei movimenti scattanti e ritmati, sotto l’ammirazione di tutti i partecipanti alla gara. È una scena un po’ stupida a dire il vero e anche un po’ imbarazzante, ma rimango dell’idea che quel robot sia una figata. Ne vorrei uno personale, da poter usare per trattenere indietro tutte le persone indesiderate che tentano di venire a rovinarmi la giornata.
“Che diavolo è quella roba?!” sobbalza invece Xiaoyu.
“Una meraviglia.” rispondo con un sospiro.
Combot si avvicina a Lee e gli porge una busta da lettera bianca.
Viene sfumata la musica.
“Per restare in tema di matematica ho voluto portare con noi il nostro amico Combot.” spiega Lee orgoglioso mentre prende la lettera “Molti di voi lo conosceranno già, ma credo che altri lo stiano vedendo per la prima volta. Non è bellissimo?”
Si alza nella sala un brusio indistinto.
“Bene, ora pensiamo al podio.” continua Lee aprendo la busta ed estraendo il foglio “Al terzo posto…”
Parte un effetto sonoro di rulli di tamburo.
“Ma è proprio necessaria tutta questa pacchianeria?” si chiede Xiaoyu non troppo entusiasta di questo spettacolo.
“Squadra UNO!” esclama Lee a gran voce.
Si alza un generale applauso e persino Julia, seppur con la minima energia, batte le mani.
“Complimenti ai ragazzi della squadra uno.” dice Lee “Che sono…”
Lee chiama i nomi dei partecipanti e uno per volta si avvicinano a prendere la medaglia di bronzo.
“Al primo posto…” dice Lee mentre il robot si riposiziona in una zona libera dietro a Lee “... con 131 punti su 150, i vincitori della dodicesima edizione della gara di matematica annuale…”
Altro rullo di tamburi.
“Quanto la fanno lunga!” borbotta Xiaoyu.
“del Politecnico Mishima sono…”
“È solo Chaolan che è un esibizionista esagerato!” rispondo.
“La squadraaaaa… SEI!”
Che ovviamente è la squadra di Fox.
Julia si accascia sul banco con un gemito.
“Non puoi crollare adesso!” la tiro su “Devi applaudire.”
È il ritratto della delusione, ma inizia ad applaudire molto debolmente.
Combot intanto ha iniziato una stupida danza sul posto. È strepitoso.
“Steve Fox, Eleonora Kliesen e Robert Richards sono i vincitori di quest’anno!” continua Lee a gran voce, mentre i ragazzi si alzano “Congratulazioni, ragazzi.”
Fox e i suoi due compagni di squadra, una ragazza in divisa maschile con i capelli biondi corti e un altro ragazzo alto biondo in sovrappeso si recano al centro della palestra per ricevere le medaglie.
“Ci… ci tenevo tanto.” balbetta Julia.
“Oh, ti è tornato il dono della parola?” ironizzo tirando su col naso.
“Non essere insensibile!” mi bacchetta Xiaoyu dandomi una gomitata.
Poi si allunga per parlare a Julia
“Senti, mi dispiace un sacco.” dice mortificata.
Julia sospira.
“Tranquilla, non ce l’ho con te.” mormora “Non è colpa tua.”

Finisce la frase posando lo sguardo su di me.
“Cioè invece è colpa mia?” mi lamento.
“Andiamocene.” dice Julia alzandosi “Voglio allontanarmi da qui e dimenticare questo giorno il prima possibile.”
Almeno su questo sono d’accordo.
Mi alzo anch’io e faccio per seguire Julia verso la panca sulla quale abbiamo lasciato le nostre cose.
“Poverina.” dice Xiaoyu camminando al mio fianco “L’ha presa proprio male la tua amica!”
"Niente che non si possa risolvere con una maratona di Discovery Channel." minimizzo, anche se non ne sono del tutto certo.

Julia prende la sua giacca dalla panca e se la infila.
Io prendo il mio zaino e tolgo fuori la scatola delle pastiglie e la bottiglietta dell’acqua. Almeno rimedierò a questo dannato mal di testa.
Come bevo sento una forte fitta allo stomaco, che mi costringe a piegarmi di scatto.
“Hey, ti senti bene?” chiede Xiaoyu dubbiosa.
Annuisco ansimando.
Accidenti, sono un dannato relitto questi giorni.
“In effetti non sembri stare troppo bene.” commenta guardandomi più attentamente “Anzi, diciamo che hai proprio un aspetto terribile.”
Tiro su col naso e tossicchio.
“Tu dici?!” brontolo.
“Hey ragazzi!” ci chiama una voce da dietro.
Ci giriamo per vedere un inaspettato Steve Fox avvicinarsi a noi.
“Congratulazioni, è stata una bella gara.” dice con un sorriso.
Ho paura.
Mi volto da Julia, che a bocca aperta lo fissa. Il suo sguardo si ferma sulla medaglia d’oro che ha al collo, poi si alza sul suo volto.
“Ehm sì… è stata una bella gara.” intervengo “Noi abbiamo avuto un piccolo imprevisto e…”
“In pratica io gli ho fatto perdere un sacco di punti.” si inserisce anche Xiaoyu.
“Oh, la ragazza della tuta.” commenta Fox con un sorriso.
“Ehm sì.” risponde Xiaoyu imbarazzata guardando il suo abbigliamento “Io in realtà non dovevo proprio esserci a questa gara, io odio la matematica! Però c’è stato un terribile equivoco e…”
“Ah, capisco!” dice Fox “Beh, l’importante è partecipare, suppongo.”
Sollevo un sopracciglio. Facile dirlo dalla sua posizione.
“Non sono un tipo a cui interessano questo genere di competizioni in realtà.” dice, poi prende la sua medaglia e la guarda “Ma sarò felice di regalare questa medaglia ad un istituto per orfani nella mia città, in Inghilterra.”
“Oh, che pensiero carino!” commenta Xiaoyu profondamente colpita.
Julia è bianca come un cencio.
Il suo presunto rivale a quanto pare ha un gran cuore e umiltà da vendere.
Poi si volta da Julia.
“Comunque, Julia Chang giusto?” chiede.
Lei annuisce confusa, risvegliandosi dal suo torpore intellettivo.
“Ho letto il saggio che hai scritto l’anno scorso per la rivista scientifica della scuola. Quello riguardo alla deforestazione dell’America centrale. Volevo farti i miei complimenti!”
“Da… davvero?” dice lei sorpresa “Il… mio saggio?”
“A quanto ho capito sei originaria di quelle parti, giusto?” continua “Si percepisce il tuo personale coinvolgimento nella questione. Si vede che è un argomento che ti sta molto a cuore, l’ho trovato davvero d’ispirazione.”
Julia rimane di stucco.
“Beh, grazie…” balbetta, in evidente difficoltà.
“L’ho spedito ad un professore dell’università di Oxford con cui sono in contatto e sarebbe interessato a chiederti di approfondire l’argomento se sei interessata.”
Julia sgrana gli occhi e sembra perdere ancora più colore.
Accidenti, di questo passo potrebbe svenire!
“Cosa?!”
“Sì, e senti… questo sabato ci sarà una conferenza a cui parteciperanno insegnanti di questa scuola e ospiti internazionali, tra cui questo professore. Ci sarà un rinfresco più tardi, a cui parteciperanno anche alcuni studenti. Se ti interessa posso inserire il tuo nome in lista.” continua.
Julia sembra smettere di respirare.
“Ohi.” le dico con una leggera gomitata.
Inizio a preoccuparmi sul serio.
“Tutto bene?”
“Ovviamente, l’invito si estende anche voi.” dice Fox guardando me e Xiaoyu.
“Eh?!” esclama Xiaoyu.
“Sì!” esclama Julia prima che possiamo rispondere qualcosa “Verranno anche loro!”
“COSA?!”
Xiaoyu entra nel panico, poi mi guarda disperata.
Io faccio una smorfia e guardo Julia.
“Ma io forse sarò malato quel giorno.” tossisco.
Lei mi lancia uno sguardo supplichevole.
“Beh, pensateci!” dice Fox alzando le spalle “Ora torno dai miei compagni. Nel caso ci vediamo lì allora?”
Tira fuori da una tasca un biglietto da visita e lo porge a Julia.
“Mandami un messaggio e ti farò avere i dettagli dell’evento.”
“Grazie.” mormora Julia come se le avesse appena salvato la vita.
“Ah…” si ricorda poi Fox guardando la tuta di Xiaoyu “Se venite vestitevi eleganti, ok?”
“Ah, accidenti!” borbotta lei coprendosi la faccia con una mano.
“Buona giornata!” ci saluta.
Fox si allontana e Julia mi si piazza davanti.
“Devi venire!” dice con un tono quasi minaccioso.
“Per quale assurdo motivo?!”
“Perché me lo devi per il disastro di oggi!” risponde immediatamente.
Mi mordo un labbro.
“Merda.” impreco.
Poi Julia chiude gli occhi, rilassa l’espressione e fa un profondo respiro.
“Anzi no…” si corregge poi, e per la prima volta in tutto questo tempo, sembra essersi scrollata la pressione di dosso “Perché te lo chiedo per favore.”
Poi guarda anche Xiaoyu, che lentamente cercava di fuggire camminando all’indietro.
Ve lo chiedo per favore.”
“Eh?” chiede Xiaoyu con una faccia disperata “Ma io che c’entro?”
Julia fa un cenno della testa per indicare me.
“Non mi fido di lui. Potrebbe davvero farsi venire la febbre all’ultimo momento.”
Mi guarda in cagnesco, io sospiro e sposto lo sguardo altrove.
“Tutto questo tempo ero così presa dalla competizione che mi sono comportata come una vera stupida.” riprende Julia poco dopo “E quel ragazzo è riuscito a farmene rendere conto con poche semplici parole. Io… non sono questa che avete visto oggi.” sospira “O quella che sono stata in tutto questo ultimo periodo.”
In effetti su questo sono più o meno d’accordo. Stava letteralmente uscendo fuori di testa.
“Non posso lasciarmi avvelenare da una tossico sentimento di competitività… io avevo un cuore una volta, mi battevo per i miei ideali, per cercare di rendere il mondo un posto migliore e…” ci guarda con occhi pieni di determinazione “... mi impegnerò per tornare a concentrarmi sulle cose che contano davvero!” ci guarda come parlasse con il cuore in mano “Occasioni come queste capitano una volta nella vita e io vorrei tanto andare a quel ricevimento ma…” abbassa lo sguardo un po’ imbarazzata “... mi vergogno da matti ad andare da sola. Ve lo chiedo per favore, verreste a farmi compagnia?”
Solleva gli occhi traboccanti di emozione.
Sbuffo.
Dannazione! Non è che ci lascia molta scelta così!



 
















 

NOTE:
L’inserimento di Lucky Chloe non era assolutamente previsto nella bozza iniziale di questo capitolo, ma è stata un’idea dell’ultimo momento. Mi diverte un sacco che una tipa del genere lavori per la G-Corp.
Altro appunto, Eleonora Kliesen e Robert Richards sono meglio conosciuti nell'universo di Tekken come Leo e Bob.

 

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Capitolo 23
*** Förtroende (Lars) ***


23
Förtroende
(Lars)

Ci siamo arrivati alla fine.
È una bella giornata, particolarmente calma e silenziosa. La timida luce mattutina filtra attraverso le tende per accarezzare le mie coperte.
Il mio zaino è pronto sul letto, impeccabilmente rifatto. Guardo ancora una volta la stanza che mi ha accolto in queste ultime settimane. È difficile uscire da questa porta stamattina, perché da oggi irrimediabilmente qualcosa cambierà. Dopo oggi non si torna indietro.
Mi mordicchio un labbro e mi riavvio i capelli con una mano, ancora bagnati per la doccia mattutina.
Fa proprio un effetto strano il pensiero di dover presto andar via.
Esco dalla mia stanza e chiudo la porta.
Scendo al piano di sotto, sono il primo stamattina. Entro in cucina e apro uno dei pensili in cerca di caffè.
Jin scende e mi raggiunge in cucina poco dopo. È ancora piuttosto raffreddato e non appena entra nella stanza va dritto a frugare nel cassetto dei medicinali, da cui tira fuori una scatoletta di pastiglie.
“Buongiorno.” lo saluto.
Mi risponde con un mugugno indefinito e poco più tardi si siede a tavola, buttando giù la pastiglia assieme ad un sorso di succo d’arancia.
Lo raggiungo qualche minuto dopo, sedendomi con una tazza fumante di caffè. Jin intanto accende la TV.
So di non essergli mai piaciuto. Lui d'altronde non si è mai sforzato di nasconderlo. Nemmeno io a dire il vero nutro particolare simpatia nei suoi confronti. Non ho mai pensato infatti che avrei sentito la sua mancanza in futuro, però arrivati a questo punto, mi fa comunque un senso strano pensare che tra poco potrò non dover più sorbirmi le sue cattiverie.
Probabilmente è per questo che dentro di me sento comunque il bisogno di cercare un contatto con lui stamattina. A mio rischio e pericolo.
Prendo la scatola delle pastiglie per dare un’occhiata.
“Non dovresti prendere queste a stomaco vuoto.” osservo “Sono piuttosto aggressive.”
“Non ho fame.” risponde senza guardarmi prima di soffiarsi il naso e tornare a concentrarsi sulle notizie della mattina.
“Hmm.” rispondo posando giù la scatola.
Anche se non lo ammetterebbe mai, sono sempre più convinto che Jin non sia in grado di badare a sé stesso e il fatto che respinga continuamente chiunque cerchi di dargli una mano potrebbe diventare un problema un giorno.
Sì, in fondo questo mi preoccupa. Nonostante non sia un mio compito e non dovrebbe neanche essere un mio interesse, rimane pur sempre…  
Soffoco quel pensiero. Non è il momento di fare queste considerazioni.
Non devo preoccuparmi, tanto sua madre stanotte tornerà a casa. Sarà lei ad occuparsene.
“Ieri sera non ci siamo visti per cena.” riprendo forzandomi di il flusso dei miei pensieri “Hai ripreso ad allenarti?”
Annuisce.
“E… com’è andata quella competizione di matematica a scuola invece? Alisa mi ha detto che ha mandato un’amica.” continuo.
So che non ama chiacchierare, specialmente di primo mattino, probabilmente si innervosirà e mi insulterà in qualche modo, ma oggi decido che vale la pena correre il rischio.
“Già… gran bella trovata quella di Alisa!” risponde lui “Ha mandato una persona totalmente inadatta per quel genere di cose. Grazie a lei siamo arrivati penultimi.”
Penultimi! Cavoli, la figlia di Michelle non l’avrà presa bene!
Poi Jin si volta finalmente da me.
“A proposito, ad Alisa serve un cellulare.” dice “Dovresti accompagnarla a prenderne uno un giorno di questi.”
Distolgo lo sguardo e bevo un altro sorso di caffè, rattristandomi un po’.
Probabilmente non ci sarà il tempo di farlo.
Distratto dai miei pensieri, non mi accorgo subito che Jin è rimasto qualche secondo ad osservarmi. Quando finalmente me ne rendo conto, alzo lo sguardo per incontrare il suo.
Mi rivolge un ghigno divertito.
“L’altro giorno hai detto di avere meno di trent’anni.” ricorda “Deve avermi ingannato il fatto che stai iniziando a stempiare. Tieni quel taglio di capelli assurdo per cercare di nasconderlo?”
Segue un mio momento di perplessità, alla fine del quale mi lascio sfuggire un risolino amaro.
Ecco la prima cattiveria della giornata!
“Buongiorno!” arrivano anche Alisa e Asuka.
“Ah, eccoti!” borbotta Jin guardando Alisa “Parlavamo proprio di te. Hai fatto un bel pasticcio ieri!”
Asuka prende latte e cereali.
“Si è già scusata con Julia e con Xiaoyu, non essere cattivo.”
“Sono mortificata.” dice Alisa con aria triste “Ero proprio convinta di aver detto che si trattava di una competizione di matematica.”
“Perché non sei in divisa oggi?” chiede poi Jin “Non vieni a scuola?”
Alisa si volta da me con un grande sorriso.
“Oggi accompagno Lars-san ad una visita ai laboratori della Mishima Zaibatsu!” spiega entusiasta.
Già. Forzo un sorriso.
Piccolo imprevisto. Non sono riuscito a dirle di no.
Ma sono più che certo di poter fare in modo che non risulti una complicanza per il successo della mia missione.
“Eh? Accidenti, non potrei venire anche io? Avrei giusto una verifica di letteratura che vorrei saltare oggi.”
“Ci sono i posti limitati, Asuka-san. Lars-san è riuscito ad inserire me in via del tutto eccezionale, potrò andare lì in qualità di sua assistente.”
“Non c’è dubbio riguardo a chi avrebbe avuto questo onore.” commenta Jin sogghignando sotto i baffi.
Gli lancio un’occhiataccia.
“Cosa intendi dire?” chiede Alisa confusa.
“Lascialo perdere.” taglio corto “Sei pronta, piuttosto? Dovremo partire tra poco.”
Alisa annuisce e finisce di bere il suo bicchiere di latte.

“Vado subito a lavarmi i denti!” annuncia entusiasta.

 

Quello per la Mishima Zaibatsu stamattina è un tragitto che vorrei non finisse mai.
È una stupenda mattina invernale, con una luce argentea che illumina la città. Alisa, seduta al mio fianco, muove la testa a ritmo seguendo la canzone trasmessa dalla radio.
“Questa musica moderna è qualcosa di fantastico.” commenta Alisa estasiata “Molto meglio di quelle vecchie canzoni tradizionali che ascoltava mio padre.”
“Dovresti provare ad andare ad un concerto dal vivo un giorno.” dico piano.
Alisa mi guarda e annuisce.
“Già.” risponde “Potremmo andare insieme un giorno. Scegli tu l’artista!”
Sorrido e sento un forte calore inondarmi il petto.
“Va bene.” sussurro.
Vorrei poter mantenere davvero questa promessa.
Svolto ed entro nel parcheggio del complesso Mishima.
La fragilità di questo momento, la possibilità che tutto questo equilibrio possa in qualche modo presto frantumarsi mi distrugge.
Vorrei congelare questo momento per l’eternità e forse non aver mai accettato questa missione.
Invece apriamo gli sportelli e lasciamo l’auto.
All’ingresso veniamo raggruppati assieme ad altri ricercatori e studenti universitari in visita.
Ci viene dato un badge e seguiamo il professore responsabile verso la scalinata centrale che ci porta al primo piano rialzato.
Per tutta la durata della visita non riesco ad ascoltare una singola parola dell’esposizione, preso dal nervosismo. Alisa, d’altra parte, sembra molto interessata alla spiegazione e ascolta con attenzione ogni singola parola.
La visita dura un’ora, durante la quale non ci viene mostrato neanche un decimo di tutto ciò che nascondono in questo edificio. Quello che mi interessa, comunque, l’ho ben evidenziato, come il modo in cui orientarmi all’interno della struttura e le trombe degli ascensori, che mi permetteranno di raggiungere i piani degli archivi.
Alla fine del giro mi ritrovo con un leggero mal di testa. Probabilmente dovuto più che altro al turbine di pensieri che ho in mente.
Dopo saluti e ringraziamenti vari veniamo indirizzati verso l’uscita dell’edificio, mentre si prepara un secondo turno di visitatori.
Prima di fare le scale, mi fermo qualche passo dietro Alisa. Lei si volta e mi guarda con aria interrogativa.
“Vado a cercare un bagno.” le dico “Potrei metterci un po’, incontriamo tra una decina di minuti davanti all’ingresso.”
“Oh, d’accordo!” annuisce Alisa “A dopo, allora.”
La lascio e inizio a camminare velocemente.
Ora non devo assolutamente sbagliare.
Livello C.
Ci si accede tramite una scala diversa da quella principale. In questo labirinto di corridoi, scale e passaggi sospesi.
Raggiungo il livello giusto, muovendomi con totale disinvoltura.
Ala ovest.
Non è difficile da trovare. Gran parte del piano è chiusa per delle manutenzioni, mi infilo in un corridoio laterale e cammino a passo svelto.
Trovo il bagno, chiuso per guasto.
Il corridoio non ha videocamere di sorveglianza.
Mi guardo intorno ed entro al suo interno.
Sospiro e mi sfilo lo zaino di dosso.
Tolgo fuori la scatolina nera e mi guardo rapidamente intorno.
Entro dentro una delle cabine e salgo in piedi sul gabinetto, allungo la mano fin sopra la vaschetta e ci posiziono il dispositivo.
Premo il pulsante di accensione ed emetto un lungo respiro.
Scendo giù. Devo assicurarmi che la scatola non sia visibile dal basso.
“Lars…” dice una voce fin troppo familiare arrivare oltre la porta del cubicolo.
Mi sento raggelare.
Spingo la porta.
“Alisa…”
Mi guarda con un’espressione di gesso, molto diversa dal suo solito sorriso dolce.
“Cosa stai facendo?”
Non rispondo.
“Ho iniziato a seguirti subito dopo che ci siamo lasciati per dirti che avevo visto visto un bagno vicino all’ingresso, ma…” deglutisce “Sembravi essere molto sicuro del tuo tragitto per… questo bagno in disuso.”
Non mi ero proprio accorto che mi stesse seguendo. Deve essersi mantenuta ad una certa distanza quando ha capito che c’era qualcosa di strano nel mio comportamento.
“Cosa hai nascosto lassù?”
Continuo a non rispondere.
“Mi stai facendo paura lo sai?” dice lei indietreggiando.
“Alisa…” mormoro a quel punto.
Faccio qualche passo verso di lei.
Lei indietreggia ancora e sgattaiola via uscendo dalla stanza.
Scatto immediatamente e la seguo fuori dal bagno.
Chiudo la porta e mi guardo intorno.
Tutto regolare. Nessuno sembra aver notato niente.
Vedo Alisa svoltare dietro un muro.
Dannazione!
Il cuore mi batte all’impazzata. Mi dirigo in quella direzione camminando il più velocemente possibile.
Arrivo all’atrio con l’incrocio di scale e passaggi.
Non c’è traccia di Alisa da nessuna parte. Dove può essere andata?
Avrà avvisato qualcuno?
Che idea si sarà fatta?!
Inizio a camminare a passo svelto verso l’entrata dell’edificio. Devo trovarla immediatamente.
Arrivo alla zona centrale, da dove si vede anche l’ingresso. Decine e decine di persone tra cui lavoratori, studenti, ricercatori si muovono disordinatamente in ogni direzione.
Continuo a camminare, facendo a zig zag tra quella moltitudine di persone, sperando di riuscire a scorgere da qualche parte una chioma di capelli rosa.
Devo trovarla!
Continuo a cercarla, per quasi mezz’ora. Alisa non è da nessuna parte, sembra essersi volatilizzata.
Sono nel panico, non so cosa fare.
Decido di uscire e di tornare alla macchina. Non ha più senso restare qui.
Esco dall’edificio e mi dirigo verso la macchina di Jun. Alisa ovviamente non è neanche lì.
Ormai credo che dovunque sia andata, non sia più da queste parti.
Forse è tornata a casa?
Forse dovrei cercare di contattare Asuka e Jin?
Entro in auto e accendo il motore con le mani tremanti. L’autoradio parte in automatico, con la sua musica moderna.
Impreco e lo spengo con una manata.
Metto in moto ed esco dal parcheggio. Inizio così a dirigermi velocemente verso casa.
Al di là di ciò che pensa Alisa, che mi pesa come un macigno sul cuore, devo restare focalizzato sulla missione.
Sono stato visto. Non posso più stare qui. Devo correre a prendere le mie cose, devo assolutamente prendere il computer e spostarmi immediatamente da qualche altra parte. Arrivo a casa, parcheggio in garage ed entro dalla porta secondaria.
“Alisa, sei qui?”
Silenzio assoluto. Non sembra esserci nessuno.
I ragazzi saranno ancora a scuola e Alisa è sparita chissà dove.
Salgo velocemente al piano di sopra ed entro nella mia stanza. Prendo il computer e guardo la valigia. Non ho il tempo di prendere tutto, mi accontenterò di avere a portata di mano giusto qualche indumento di ricambio.
Intanto prendo il telefono e avvio una chiamata a Tougou.
Tenendo il telefono tra la spalla e l’orecchio, mentre infilo velocemente degli indumenti dentro alla valigia, sento il rumore della porta d’ingresso che si apre al piano di sotto.
Mi blocco.
“Merda.” impreco.
Prendo il telefono e chiudo la chiamata.
Mi avvicino silenziosamente all’uscio della porta, con le orecchie tese ad ascoltare.
“Aspettatemi qui.” sento dire a Jin dal piano di sopra.
“No, te lo scordi!” si ribella Asuka “Lo voglio cercare anche io!”
Sospiro e cerco di analizzare rapidamente tutte le possibilità.
Sono stato scoperto e mi stanno cercando.
La missione deve ancora essere conclusa e loro sono un enorme intralcio.
Mi passo una mano tra i capelli, valutando quella che mi sembra l'opzione migliore.
Non sarà semplice, ma non credo di avere un'alternativa migliore.
Con computer e valigia abbandonati sul letto, decido di uscire allo scoperto e mi dirigo verso le scale per scendere al piano di sotto.
Non mi preoccupo di nascondere i miei passi.
Arrivo alla scala e Jin, Asuka e Alisa sono lì al piano di sotto che mi guardano con delle espressioni indecifrabili.
“Ciao ragazzi.” saluto con estrema calma.
Mi soffermo su Alisa, che mi restituisce uno sguardo impenetrabile. Dopo essere uscita dai laboratori deve essersi precipitata a scuola ad avvisare i ragazzi. Era in effetti la cosa più logica che potesse fare, ma nella foga non avevo considerato questa possibilità.
“Devo darvi qualche spiegazione.” dico.
“Ci puoi contare, cazzo!” risponde Jin “Alisa ci ha raccontato tutto, che significa tutto questo? Chi sei veramente?”
Inizio a scendere per le scale.
“Hey, aspetta!” mi intima Asuka “Tieni le mani in alto in bella vista! Come facciamo a fidarci che non sei pericoloso?”
“Non vi voglio fare del male, Asuka.” rispondo mostrando le mani e continuando a scendere “Non potrei mai.”
Arrivo al piano di sotto e i ragazzi mi osservano come se fossi un animale pericoloso dentro ad una gabbia, da debita distanza.
“Allora?” riprende Jin “Chi sei?! Per chi diavolo lavori?! Ci hai preso per il culo per tutto questo tempo?”
“Calmati, Jin.” gli dico “Ora devi ascoltarmi!”
“Io non so neanche se voglio ascoltarti, cazzo! Mia madre si fida di te! Ti rendi conto?! Sarà distrutta quando saprà che quello che abbiamo ospitato per tutto questo tempo era un… criminale!”
È furioso ed è del tutto comprensibile.
“Non sono un criminale!” ripeto parlando con calma “Non ho alcuna intenzione di fare male a nessuno.”
“E perché dovremmo crederti?” sbraita Jin.
“So che è difficile, ma dovete ascoltarmi.” provo a dire.
Jin invece decide di non darmi questa possibilità.
“Asuka, chiama la polizia, io lo tengo fermo.”
"NO!" faccio per protestare, ma Jin c
on un movimento fulmineo mi si piazza davanti e mi attacca.
Mi colpisce con un pugno diretto alla mascella.
Io indietreggio cadendo sul tavolino del soggiorno e facendo rovesciare tutto ciò c’era sopra.
“Jin…” tento di farlo ragionare.
Non mi ascolta e sta per partire con un nuovo attacco.
Mi sposto su un lato, rotolando sui cocci di vetro dei vasi infranti a terra.
Cerco di difendermi, senza colpirlo. Non vorrei combattere, non ha senso.
Nella foga travolgiamo una lampada, una libreria e tutto il suo contenuto, diverse piante e soprammobili. Il soggiorno si sta trasformando in un campo di battaglia.
“Jin!” ripeto per l’ennesima volta “Fermati! Ascoltami!”
“Jin, ascoltiamolo!” interviene ad un certo punto anche Asuka “Abbiamo vissuto insieme per tutto questo tempo… forse non è… cattivo.”
“Asuka sei la solita ingenua!”
Jin si butta un’altra volta all’attacco.
Non ho altra scelta.
Mi sposto verso di lui, gli blocco un braccio e con una contromossa lo faccio cadere a terra.
Mi posiziono sopra di lui, immobilizzandolo.
Cerca di dimenarsi, ma lo convinco a stare fermo spingendogli il braccio oltre l’articolazione.
Si lamenta ad alta voce per il dolore, digrignando i denti con la faccia contro il tappeto.
Asuka sobbalza per la sorpresa.
Li ho colti tutti di sorpresa con questa mia risposta.
“Ti prego non ucciderlo!” si agita Asuka.
Alisa sta per intervenire, ma le faccio cenno di fermarsi.
“Non ho intenzione di ucciderlo, né di fargli male!” dichiaro.
Poi sospiro e lo lascio andare.
Jin sembra sorpreso e si solleva cautamente.
Mi alzo e mi dirigo verso uno dei divani. Mi siedo e mi riavvio i capelli.
“È vero. C’è qualcosa che ho tenuto nascosto a tutti voi, ma non sono un criminale, non ho intenzione di fare del male a nessuno e soprattutto… non ho intenzione di far del male a voi.” li guardo tutti negli occhi.
Jin si solleva ansimante, continuando a guardarmi diffidente.
Non ho altra scelta. La mia missione è compromessa, ma se non li convinco non riuscirò a portarla a termine.
“Racconta, Lars.” dice Alisa con freddezza.
Da dove cominciare?
“Non ho mentito sulla mia identità. Il mio nome lo conoscete e pure la mia provenienza, ma non sono un biologo. O per lo meno, non più da qualche anno.” spiego “Sono il membro di una squadra speciale di un’organizzazione privata di spionaggio.”
“Devi… indagare sulla Mishima Zaibatsu?” chiede Alisa a mezza voce.
“Sì.” rispondo.
“Riguardo a qualcosa che ha a che fare con i laboratori?”
Annuisco.
“Perché ci dici tutto questo?” interviene Jin diffidente.
“Perché… mi fido di voi.”
“O perché dopo ci ucciderai?” chiede ironico.
Lo guardo di sbieco senza rispondere. 
Sono proprio irremovibili su questa idea. I ragazzi di oggi guardano decisamente troppe serie violente.

“E cosa ti aspetti da noi adesso?” chiede Asuka nervosa “Insomma, vuoi che ci facciamo da parte e che ti lasciamo agire come se nulla fosse?”
Annuisco.
“Dovete farlo.” dico.
“Ma Heihachi…” inizia a dire Asuka.
“Perché dovremmo lasciarti fare?” mi sfida Jin.
“Perché si tratta di esperimenti genetici non autorizzati… su degli esseri umani…” spiego “... su dei bambini.”
Segue uno strano silenzio.
Mi guardano agghiacciati. Persino Jin sembra scosso.
“Sul… serio?” chiede.
“Ma in che senso?” chiede Asuka “No, Heihachi non farebbe mai una cosa del genere. Vero?”
“Ho le prove di quello che sto dicendo.” dico “Sono al piano di sopra, nel mio computer.”
Jin mi guarda pensieroso. Asuka sembra sconvolta.
“Questa verità non piace neanche a me, credimi.” le dico.
Alisa ascolta in silenzio, con occhi bassi.
“Asuka, vai a prendere il computer.” dice Jin.
“Ci credi?” gli chiede lei di rimando.
Jin alza le spalle.
“Cosa c’è? Sei tu che ci tenevi ad ascoltare la sua storia no?”
“Ma Heihachi…”
“Asuka, potrei aspettarmi di tutto da una persona come Heihachi.”
Alisa continua a pensare in silenzio in disparte.
Per un attimo, incrocia il mio sguardo.
“Mi dispiace tantissimo.” le dico.
Lei annuisce e sposta lo sguardo altrove.
Alla fine Asuka si convince e sale al piano di sopra a cercare il mio computer.
“Chi erano questi bambini?” vuole sapere poi Jin “Cosa gli avrebbero fatto?”
“Bambini nati in provetta, a seguito di manipolazioni su alcuni geni, per sviluppare degli individui più forti o con caratteristiche specifiche…” spiego “In pratica degli esperimenti viventi.”
“Quindi quello che anni fa faceva con gli animali…” inizia a dire Jin, poi scuote la testa, incredulo “Incredibile pensare di che cosa sia capace quel vecchio pazzo. È così imbarazzante essere imparentati con lui!”
“Già…” rispondo in automatico.
Jin mi guarda alzando un sopracciglio.
“... immagino!” mi affretto ad aggiungere.
Asuka scende con il computer e mostro alcuni dei miei file ai ragazzi. Loro guardano in silenzio, agghiacciati.
“Questo è l’orfanotrofio dove venivano tenute le cavie.” spiego “Poi qualcosa è andato storto, l’orfanotrofio è stato chiuso e tutte le prove nascoste. La mia missione oggi è entrare nella banca dati del laboratorio e cercare il file che provi l’esistenza degli studi sul tipo di gene che è stato elaborato e impiantato in quegli embrioni.”
“Quindi se avrai successo…”
Annuisco.
“Raccoglierò le prove necessarie affinché si faccia chiarezza su questa vicenda.” concludo.
“D’accordo, ti aiuteremo.” dice Jin con decisione.
“Jin!” esclama Asuka con sorpresa.
“Non hai sentito cosa ha detto?” chiede “Non hai… visto quei documenti?! Sembrano autentici, non può esserseli inventati!”
Trema di rabbia.
“Sì, ma…” Asuka deglutisce e mi guarda con diffidenza.
“Lo so che è un bugiardo, ci ha ingannati tutti e non potrò mai perdonarlo per questo.” dice Jin guardandomi con odio “Ma sembra avere delle prove su quello che dice.” sospira “E devo ammettere che la sua storia sembra avere un senso.”
“Ma Heihachi…” ripete Asuka.
“Mi fiderei di più persino di uno come lui piuttosto che di Heihachi.” sbotta Jin.
“E che cosa conti di fare secondo te?” continua Asuka “Senti, i tuoi genitori stanno tornando stanotte, non possiamo sentire che cosa ne pensano loro?”
“Non c’è tempo!” intervengo “Ho azionato il dispositivo, la missione va portata a termine oggi!”
Asuka mi guarda disperata.
“Sentite, non ho bisogno d’aiuto. Non dovrete fare niente.” asserisco alzandomi “Dovete solo farvi da parte e farmi fare il mio lavoro senza creare intoppi.”
“Te lo scordi!” ribatte Jin “Mi fido abbastanza da credere alla tua storia, ma non sono mica scemo. Voglio averti in qualche modo sotto controllo.”
“Jin, ti prego…” dico con quello che suona più come un avvertimento che come una richiesta.
“Andrò io con lui.” interviene finalmente Alisa.
“Cosa?!” chiedo incredulo.
“Cosa?” ripete Jin.
“Alisa, ma…” provo a dire “Non puoi venire con me.”
“Sono stata addestrata ad ogni genere di abilità che possa richiedere un’operazione di spionaggio.” spiega seria.
“No, mi seguirà nessuno.” ribadisco.
“Lars, anche io sono nata in quei laboratori!” rivela a voce alta.
Spalanco la bocca per la sorpresa.
Alisa abbassa lo sguardo a terra.
“Che cosa?!” esclama Asuka mettendosi le mani in testa.
“Alisa… dici sul serio?” riesco a dire nonostante lo shock.
Lei annuisce.
“Non sono ancora pronta però per raccontarvi questa storia.” mormora “Ti prego, lasciami soltanto venire con te.”
Mi risiedo, sgomentato.
Sono in difficoltà. Non mi aspettavo questo risvolto.
Pensare che anche Alisa sia nata in uno di quei laboratori… Sento il sangue ribollire nelle vene al solo pensiero. Ora più che mai devo fare in modo di completare la missione. Distruggerò la Zaibatsu se ce ne fosse bisogno.
“Quale sarebbe il tuo piano?” mi domanda Jin poco dopo “Cosa hai lasciato alla Zaibatsu?”
“Un generatore di campi magnetici.” rispondo “Quando sarò lì, sarò in grado di comandarlo e una volta azionato oscurerà il sistema informatico di sorveglianza per alcuni minuti prima che scatti l’allarme di sicurezza. Mi permetterà di entrare e di riuscire senza essere visto.”
“Bene, allora io e Asuka aspetteremo fuori.” dice Jin, poi punta un dito su Alisa “Lei verrà con te.”
Alisa annuisce.
“Hai detto che sei stata addestrata anche per questo genere di operazioni?” le chiede Jin.
"Sì."
“Pensi di potercela fare senza essergli d’intralcio?”

Alisa annuisce di nuovo, con decisione.
“Bene, allora lo terrai anche d’occhio.” conclude Jin rivolgendomi uno sguardo diffidente.
Sospiro.
Non va bene. Non doveva essere così. Non dovevo trascinare Alisa in questo casino.
Tutto questo non sarebbe mai successo se solo fossi riuscito a… dirle di no.
“Lars…” dice Asuka riportandomi alla realtà “Perché c’era bisogno di mentirci tutto questo tempo?”
Sembra davvero ferita. Mi dispiace così tanto.
“Mi fidavo di te.” aggiunge.
“So che non merito il vostro perdono, ma ho solo seguito gli ordini.” dico “Il nostro cliente ha insistito sulla condizione che mi creassi un falso profilo.”
Mi alzo in piedi un’altra volta.
“Ma a parte la mia missione, tutto il resto era vero. Ve lo posso giurare.”
Guardo specialmente Alisa.
“Mi dispiace tantissimo.”
“Ma che cazzo Lars! Non è il momento per i sentimentalismi adesso!” si scoccia Jin alzando gli occhi al soffitto “Decidi che cosa vuoi fare!”
Mi avvicino ad Alisa guardandola negli occhi.
“Sei sicura di volermi seguire?” chiedo.
Lei annuisce, convinta.
Ho fiducia nelle sue capacità e a questo punto direi che non c’è alternativa.
“D’accordo.” dico “Allora partiamo.”













NOTE:
Non me ne vogliano i fan di Lars, ma la battuta sulla stempiatura è una citazione al filmato finale del dr. Bosconovitch di Tekken Tag 2.
Il titolo di questo capitolo è una parola svedese che significa “fiducia”. Stiamo arrivando ad un punto di svolta nella storia e questo capitolo è stato probabilmente quello che ho trovato più difficile da scrivere fino ad adesso e sono sinceramente ancora un po' insicura riguardo al risultato. Spero non sia troppo male! 🙈


 

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Capitolo 24
*** Family Madness (Jin) ***


24
Family Madness
(Jin)

 

“È pazzesco. Non riesco a credere al pasticcio nel quale ci siamo infilati.” dice Asuka con la fronte contro il finestrino dell’auto.
Siamo parcheggiati in un’area buia, semi-nascosta, poco distante dalla Mishima Zaibatsu. Siamo qui, fermi e loschi come dei cazzo di trafficanti di droga o qualcosa del genere. Lars e Alisa sono usciti da appena dieci minuti, ma sembrano già un tempo interminabile.
“Beh, parli proprio tu che di pasticci dovresti essere esperta.” borbotto cercando di alleggerire un pochino l’atmosfera.
Asuka si volta verso di me, seduto sull’altro lato del sedile posteriore.
“Questo, se permetti, è cento volte più grande di tutti gli altri pasticci nei quali ho avuto la sfortuna di trovarmi!”
Ok, forse su questo ha ragione. È una cosa talmente grossa che ancora stento a crederci. È l’atmosfera forse non può essere alleggerita. Tanto vale allora dare voce alle preoccupazioni.
“Asuka, hai pensato che siamo piuttosto sospetti ad aspettare qui, di notte, in quest’auto nel bel mezzo di una zona industriale?” chiedo “Cosa facciamo se dovesse, che ne so, passare un’auto della polizia? Nessuno dei due ha neanche la patente!”
Asuka alza le spalle.
“Possiamo far finta di essere una coppietta che si è appartata e magari ci lasciano perdere?” suggerisce.
La guardo con orrore.
Primo, che schifo! Secondo, che schifo di nuovo! Terzo, no, non mi sembra un’idea così buona. Ci inviterebbero comunque ad andarcene e potrebbero lo stesso chiederci i documenti.
“Accidenti, avremmo dovuto pensarla meglio questa cosa!” mi lamento.
Lei alza le spalle.
“Non che abbiamo molto tempo per stare a pensarci!” esclama, poi scuote la testa con aria avvilita “Non riesco ancora a credere che Lars…”
Distolgo lo sguardo.
“Nemmeno io.” ammetto.
Insomma, quel tipo non mi è mai piaciuto particolarmente, ma non mi sarei mai aspettato un risvolto di questo tipo.
“Tu… ti fidi di lui?” mi chiede Asuka “Insomma, non è che ci siamo messi in pericolo in qualche modo?”
Sospiro. Ovviamente il dubbio me lo sono messo, ma che altro possiamo fare?
“Beh, la situazione di certo non è normale.” rispondo “Non possiamo saperlo.”
“Insomma…” riprende Asuka “... lui ha detto che non ci avrebbe fatto del male, ma abbiamo comunque scoperto il suo segreto. E se… insomma, dovesse fare in modo di…” deglutisce “... pulire le tracce?”
La guardo serio.
“Cioè intendi…”
“Farci fuori!” spiega Asuka passandosi un dito davanti alla gola.
Inspiro. Ovviamente non possiamo escludere niente, ma sono per qualche ragione portato a credere che almeno su quello Lars sia stato sincero. Nonostante tutto, mi ha dato l’impressione di non avere cattive intenzioni. O forse sono soltanto un coglione ingenuo.
“Non lo so.” ammetto “Perché? Vuoi andartene?”
Asuka non risponde.
Seriamente, che altro potremmo fare?
Chiamare mia madre? Impossibile, dovrebbe già essere in aereo quindi non potrebbe neanche rispondermi.
Chiamare la polizia? No, perché se Lars avesse ragione vorrei davvero che questa storia venisse allo scoperto. Preferisco mettermi in una situazione di merda come questa piuttosto che coprire le malefatte di Heihachi.
Chiamare Lee? Non lo so, è una variabile troppo problematica. Non so come potrebbe comportarsi e per ora sento di non volerlo coinvolgere in questa storia. Ma se più tardi dovessi rendermi conto che la situazione sta prendendo una brutta piega, potrebbe essere un’ultima disperata ancora di salvezza.
“E Alisa è lì con lui…” riprende Asuka poco dopo.
“Non farà del male ad Alisa.” rispondo.
Almeno su questo sono abbastanza sicuro. Quell’idiota è cotto come un pesce lesso di Alisa, e quello di certo non faceva parte dei suoi piani.
Asuka mi guarda seria.
“Hai… sentito cosa ha detto Alisa sul fatto di… essere nata in uno di quei laboratori?”
Segue un lungo momento di silenzio.
“Non so cosa pensare.” rispondo sinceramente.
“Nemmeno io…” ammette Asuka “Dovremo… fare qualcosa per lei?”
Lo sta decisamente chiedendo alla persona sbagliata.
Che cazzo ne posso sapere io di come ci si dovrebbe comportare in una situazione simile?
“Ha detto che non è pronta a raccontare la sua storia.” le ricordo “Aspettiamo che sia lei a parlarne se mai lo vorrà fare.”
Sono dell’idea che nelle situazioni più complicate, le soluzioni più semplici siano le migliori.
“Cavolo però!” sospira Asuka “È vero che tuo nonno non è esattamente un santo, ma… autorizzerebbe davvero cose così?”
“Cosa vuoi che ti dica!” rispondo “L’ha già fatto in passato con animali, non mi sento di escluderlo.”
“Accidenti, mi sembra di impazzire.” mormora.
A chi lo dici!
Asuka torna ad appoggiare la fronte contro il finestrino e riprendiamo ad aspettare in silenzio.
Lars e Alisa ci mettono esattamente un’ora e cinquantatre minuti a tornare all’auto. Le quasi due ore più lunghe in assoluto della mia vita. E fortunatamente non è passata nessuna macchina della polizia da cui doverci nascondere o raccontare chissà quale scusa.
Lars sale al posto di guida e mette in moto.
Anche Alisa entra in auto al sedile passeggero e in men che non si dica siamo già lungo la strada del ritorno. In macchina regna un umore da funerale.
“Allora?!” chiedo impaziente dopo un po’ “Non dite niente?! Come è andata?”
“Ho completato la missione.” risponde Lars rivolgendomi una rapida occhiata attraverso lo specchietto retrovisore.
Sembra molto stanco e incredibilmente provato.
“Quindi siamo contenti?” chiede Asuka titubante.
“Sì, è andato tutto liscio.” precisa Alisa.
Sembra incredibilmente triste.
Asuka emette un lungo sospiro di sollievo e si lascia cadere contro il sedile.
“E adesso che si fa?” chiede poi.
“Torniamo a casa e ne parliamo.” rispondo.
Una ventina di minuti dopo siamo arriviamo finalmente a destinazione, parcheggiamo l’auto in garage ed entriamo nel soggiorno mezzo distrutto.
Sospiro e leggo l’ora sull’orologio.
Le due di notte.
I miei genitori saranno qui tra meno di un’ora e mia madre non sarà di certo felice di trovare questo casino. Anche se purtroppo questa non sarà la delusione più grande che avrà stanotte.
“Sediamoci.” dico.
Mi passo una mano sulla fronte, leggermente sudata.
Che razza di giornata incredibile!
“Adesso aspettiamo che i miei genitori tornino.” dico “È chiaro che tu non possa stare qui come se niente fosse, dopo quello che hai fatto oggi. Devono sapere la verità.”
Lars, seduto sul divano di fronte a me annuisce.
“Sia chiaro, che anche se ho deciso di sostenere la tua causa stasera, ciò non vuol dire che possa perdonare il fatto che tu ti sia infiltrato in casa mia per tutto questo tempo fingendoti una persona che in realtà non eri.”
Lars ascolta in silenzio.
“Hai la vaga idea del casino nel quale ti sei infilato?” continuo “Anche se mia madre dovesse perdonarti, e nonostante la sua forte indole pacifista stavolta non sono del tutto sicuro che lo farà, puoi stare certo che Kazuya non la prenderà affatto bene. Non so come reagirà, ma per la prima volta nella mia vita stasera potrei trovarmi a fare il tifo per lui.”
Finisco con un sorriso inquietante.
“Jin…” mi richiama Asuka “Basta così.”
Il suo viso è provato dal turbinio di emozioni contrastanti con cui probabilmente sta combattendo.
È strano che una pazza impulsiva dal pugno facile come lei si sia tenuta così sulla difensiva stasera. È innegabile che si sia affezionata a Lars in questo ultimo periodo e che non riesca a vederlo in maniera del tutto negativa.
O forse ha semplicemente ancora paura che possa zittirci ammazzandoci tutti.
Guardo Alisa. Anche lei sembra distrutta.
“Che situazione di merda…” commento a denti stretti.
Passano altri quaranta lunghi minuti, prima che il rumore della chiave nella toppa rompa quel pesante, disagevole silenzio.
Ci siamo finalmente e ammetto anche di essere un po’ spaventato.
Insomma, so cosa ho detto prima, che stavolta avrei tifato per Kazuya, ma se… volesse ammazzare Lars?
Per quanto sia arrabbiato con Lars, non vorrei davvero vederlo morto. Anche se a quel punto Kazuya finirebbe in carcere.
Kazuya è il primo a fare capolino in casa. Si ferma a qualche passo dall’ingresso, trascinando i trolley. Si guarda intorno, si sofferma sul soggiorno trasformato a campo di battaglia e sembra soltanto appena sorpreso. Ci degna di una rapida occhiata, come per accertarsi della nostra presenza e poi torna a guardare il casino in salotto.
“Jun, questo non ti piacerà.” dice sogghignando.
A quel punto entra anche mia madre e non appena vede il disastro, spalanca la bocca sconvolta.
“Oh no! Il mio soggiorno…” mormora portandosi le mani ai capelli
Kazuya torna indietro chiude la porta a diverse mandate.
Mi alzo.
“Ehm sì… è un disastro e a questo proposito dobbiamo parlarvi di una cosa importante.” dico.
“Direi proprio di sì.” risponde Kazuya con quella che percepisco come una strana ironia.
“Non posso crederci, persino la mia collezione di pergamene cinesi…” continua mia madre raccogliendo qualcosa dal pavimento.
“Sì, d’accordo. Mi dispiace, ma… non vuoi sapere cosa è successo?” chiedo.
Mia madre continua a prestarmi poca attenzione.
“Il vaso azteco che mi aveva regalato Michelle…”
È possibile? Sono le tre del mattino, siamo tutti in piedi con una faccia da funerale in un salotto distrutto e questi due sembrano non essere particolarmente turbati al di là delle pergamene cinesi?
“Mamma! Non è importante adesso!”
Lei sospira e mi guarda.
Annuisce e si risolleva, togliendosi il cappotto.
“State tutti bene?” chiede con preoccupazione.
“Sì…” rispondo.
“Zia Jun…” inizia a dire Asuka e per poco non scoppia a piangere.
Lars si alza.
“Io vi devo delle spiegazioni.” dice con l’agitazione palpabile nella voce.
Mia madre gli si avvicina e gli mette una mano sulla spalla.
“No, tranquillo Lars. Va tutto bene.” dice dolcemente “Torna pure a sederti.”
“Mamma, è una spia!” esplodo “Non è un vero biologo!”
“Oh, è un ottimo biologo, invece.” risponde lei sorridendo “Incredibilmente bravo per essere una copertura.”
Resto a bocca aperta ed è come se di colpo mi fosse crollato addosso un muro.
“Hai completato la missione?” gli chiede Kazuya.
Asuka mi guarda a bocca aperta. Sembra tanto sconcertata almeno quanto me.
“Lars?” chiede mia madre.
“Ma che significa questo?” mormora Asuka.
“Voi… lo sapevate?” chiedo io non credendo ai miei occhi e alle mie orecchie.
“Che diavolo sta succedendo?” chiede ancora Asuka sconvolta.
Mia madre ci guarda e sospira.
“Mi dispiace tanto ragazzi.” dice amareggiata chinandosi di nuovo a raccogliere un coccio dal pavimento “Non è andata come pensavamo.”
“La missione.” insiste Kazuya rivolgendosi ad un Lars che sembra confuso quanto noi “L’hai completata?”
“Lars, ormai non ha più senso nascondertelo. Siamo stati noi ad averti ingaggiato.” spiega mia madre lasciando cadere a terra i resti di un soprammobile “L’intera indagine è un’operazione segreta della G-Corp.”
Lars la guarda a bocca aperta.
“I dati, Lars. Li hai recuperati?” chiede Kazuya iniziando a perdere la pazienza.
Lars annuisce, confuso.
"Li ho già inviati alla mia base."
Kazuya mostra un inquietantissimo ghigno soddisfatto.
“Non ci posso credere.” mi lamento “Voi siete da ricovero.”
“Jin… sta calmo.” dice mia madre “Ci sono diverse cose che… non puoi capire.”
“Sta calmo un corno!” sbotto “Hai idea di che razza di giornata abbiamo passato oggi?”
Lei si guarda intorno.
“Non proprio una giornatina tranquilla, mi sembra chiaro.” commenta con una punta di ironia.
“Quindi insomma, avete ingaggiato Lars per rubare quei dati dalla Mishima Zaibatsu…” ricapitola Asuka “... ma lui non sapeva di stare lavorando per voi.”
Mia madre annuisce togliendosi il cappotto.
“Voi non avreste mai dovuto saperlo, ma… sì.” risponde “È andata così. E abbiamo insistito affinché l’agente non sapesse di essere costantemente sorvegliato nel suo operato.”
Poi si rivolge direttamente a Lars.
“Spero non te la prenderai per questo, sai com’è, volevamo vederci da vicino, ma senza che tu ti sentissi questa pressione addosso.” gli spiega “Te la sei cavata magistralmente comunque. A parte… sai, questo piccolo intoppo.”
Fa un cenno del capo verso di noi. Noi saremmo il piccolo intoppo?!
“Comunque la cosa più importante è che sei riuscito a portare a termine la missione anche nonostante questi impiccioni.” forza un sorriso “Hai lavorato molto bene, la tua copertura ha funzionato perfettamente. Hai convinto praticamente tutti.” poi ridacchia, come se si ricordasse improvvisamente di qualcosa “A parte Michelle! Lei ha sempre avuto qualche dubbio su di te. Il che è piuttosto strano e se vogliamo anche un po’ inquietante. Non ho mai dato troppo peso alle sue storie su spiriti e sensazioni, ma questa volta devo ammettere che ci ha preso.”
Poi guarda a terra e fa una smorfia.
“E se queste storie sono vere, forse dovrei farmi regalare un altro soprammobile azteco portafortuna…”
Sospira e torna a guardare Lars con aria seria.
“Comunque Lars, dopo aver testato le tue capacità… vorremmo offrirti un posto di lavoro fisso per la G-Corp.”
Lars li guarda perplesso e io pure.
Assurdo. Veramente assurdo.
“Quindi tutto questo tempo ci avete sempre mentito.” intervengo.
Guardo Kazuya
“Anche quando tu ti lamentavi di non voler prendere un estraneo in casa?!”
“Sono stato convincente?” mi risponde con un ghigno.
Incredibile, cazzo. Davvero incredibile. Vorrei strozzarlo! Più del solito, intendo.
“Perché?” chiedo soltanto, incapace di pensare “Perché?”
“Non è chiaro?” chiede a sua volta mia madre con gli occhi che le brillano di un’inquietante entusiasmo “Per farla pagare ad Heihachi una volta per tutte!”
Stringe i pugni.
“Oh, perché questa è roba seria…” continua con un sorriso malvagio che non le ho mai visto fare “Ne uscirà molto male da questa storia. Questo non sarà uno scandalo da cui è facile rialzarsi, sempre che ci si possa rialzare.”
Sia lei che Kazuya odiano Heihachi. D’accordo. Anche io lo odio. Ma non avrei mai pensato che potessero macchinare una cosa del genere. Così alle nostre spalle, poi.
Non so bene come sentirmi a riguardo.
Mi sento confuso e in un certo senso tradito.
“Allora Lars.” continua Kazuya “Quale è la tua decisione?”
“Potrai continuare a vivere qui, se vorrai.” propone mia madre con un sorriso “Sarà tutto come prima, se non che la mattina uscirai con Kazuya invece che con me per andare a lavoro.”
Lars sospira.
“Non so cosa dire…” sussurra.
“Oh, beh… potresti aver bisogno di dormirci su una notte, lo capisco.” risponde mia madre.
Lars scuote la testa.
“No, non credo di averne bisogno.”dice alzandosi.
Ci guarda a turno in silenzio, poi sospira.
“Sono lusingato da questa offerta. Ma avevo già deciso che questa sarebbe stata la mia ultima missione.”
Mia madre sembra molto sorpresa e delusa.
“Ho deciso di lasciare questa professione.” confessa “Per sempre.”
“Ma… Lars… è stato davvero così traumatico questo ingaggio?” si chiede mia madre.
“No, non è quello.” precisa “È soltanto che… d’ora in poi vorrei provare a vivere in modo diverso.”
Mia madre annuisce, seppure visibilmente delusa.
“Se è quello che desideri… fai come preferisci.” dice comprensiva.
“A questo proposito.” continua Lars “Me ne andrò stanotte stessa.”
“Sei sicuro?” continua mia madre “Puoi restare quanto vuoi.”
Lars si guarda intorno, scorre lo sguardo su me, Asuka e infine Alisa.
“È meglio per tutti se me ne vado subito.” ribadisce.
Trascorrono alcuni secondi di silenzio, alla fine dei quali mia madre sospira.
“Bene, allora. Se non possiamo farti cambiare idea…” si arrende.
Qualche minuto dopo Lars è su a prendere le sue cose e a fare le valigie.
Noi nel mentre abbiamo iniziato a risistemare il casino in soggiorno.
Non ho la voglia, né l’energia adeguata per svolgere un compito simile, ma mia madre ha insistito perché aspettassimo Lars per salutarlo come si deve. E dunque, invece di aspettare con le mani in mano, tanto vale iniziare il lavoro.
“Almeno domani possiamo non andare a scuola?” chiede Asuka guardando l’orologio.
Mia madre sembra non sentirla.
“Il mio povero soggiorno.” continua a ripetere con desolazione.
Poi alza lo sguardo.
“Chi è stato ad iniziare la lotta?” chiede alzando un sopracciglio “Asuka?”
Lei in risposta punta subito un dito contro me.
Mia madre mi rivolge uno sguardo inquisitorio, io mi imbroncio e torno a raccogliere cocci, senza rispondere.
È incredibile che in tutta questa follia qualcuno mi voglia persino dare delle colpe. Stavo soltanto cercando di difendere la mia dannatissima famiglia!
Lars scende dopo una decina di minuti, con la valigia e tutta la sua roba a seguito.
“Ti ho chiamato un taxi.” gli dice mia madre con un un sorriso triste.
Lui ringrazia.
“Sei un ragazzo d’oro, Lars. Mi dispiace che ci siamo incontrati in queste circostanze.” ammette “Ma le cose possono sempre cambiare, specialmente ora che non c’è più bisogno di mantenere coperture. Torna pure a trovarci quando vuoi.”
Lars annuisce e le stringe la mano.
Asuka gli si avvicina.
“In tutto questo tempo ho pensato a te come ad uno di famiglia.” dice un po’ impacciata “Dopo oggi mi sento confusa, e… non so cosa dire.”
“Sta tranquilla, Asuka.” la rassicura Lars “E… ricorda che se avrai bisogno di un aiuto io ci sarò sempre, ok?”
Le rivolge uno sguardo un po’ strano, come se alludesse a qualcosa in particolare. Asuka sembra cogliere il suo messaggio. Non risponde, ma annuisce velocemente, abbassando lo sguardo.
Mia madre a quel punto mi dà una leggera gomitata.
“Jin, digli anche tu qualcosa.”
Guardo Lars, che ha sentito e che interviene subito.
“Jun, non ce n’è bisogno.” dice subito.
E lo credo bene!
“No no, è giusto che vi salutiate per bene.” insiste invece mia madre.
Proprio devo?
Lo guardo con un sopracciglio alzato.
“Ma sì! Perché no?” sogghigno, poi lo guardo con disprezzo “Va al diavolo.”
È immediata la pappina sulla nuca.
“Che c’è?!” mi lamento.
“Sei incredibile!” esplode mia madre “Possibile che non riesci mai a tirare fuori qualcosa di carino? Devi essere sempre così inopportuno?”
“Almeno io sono sincero, cazzo!” protesto “Odio gli inganni e le prese per il culo! Come puoi pretendere che dopo quello che è venuto fuori oggi lo saluti come se niente fosse?! Sono furioso! Con lui, con te e…” guardo Kazuya “... beh, con lui sempre!”
Kazuya sogghigna.
“Va tutto bene!” interviene Lars “Non fa niente. Lo capisco benissimo.”
Mi guarda come se capisse le mie critiche.
Va al diavolo di nuovo! Non capisci proprio un accidenti!
“Mi sono trovato molto bene con voi.” dice poi rivolgendosi a tutti quanti “E giorno dopo giorno, sentivo che come mi affezionavo a voi, in egual misura cresceva anche il fardello del mio segreto. Non pretendo e non chiedo il perdono di nessuno.”
Mi guarda con aria colpevole e sembra quasi sincero.
“Non credo di meritarlo.” continua passando poi prima da Asuka e infine da Alisa “Ma ciò non cambierà l’affetto che provo nei vostri confronti.”
Alzo gli occhi al soffitto.
“Grazie per questi giorni.”
Tutto questo miele mi fa venire l’orticaria. Ma era proprio necessaria questa vomitevole manifestazione di buon sentimentalismo?
“Io me ne vado.” mi arrendo, facendo dietro front e andandomene a dormire, finalmente.
Mia madre mi guarda risentita.
“Scusalo! È un maleducato.” le sento dire mentre mi allontano “Lars, sono davvero mortificata per il suo comportamento. A volte si comporta come un bambino di cinque anni!”
Certo come no! Avere un minimo di coerenza e decenza adesso è sinonimo di immaturità?
“Jun non fa niente, davvero.”
“Non mi aspettavo che capisse, ma questo atteggiamento nei tuoi confronti è proprio inaccettabile.”
“Sul serio, non è niente. Lo capisco.”
Sì, certo. Mi capisce!
Salgo le scale in fretta. Voglio andarmene da lì il prima possibile.
“Lars, ti accompagno al taxi.” dice poi Alisa con un soffio di voce.
Perfetto. Così potranno avere il loro addio zuccheroso che fortunatamente io non sarò costretto a sorbirmi.


Dopo quelli che mi sembrano dieci minuti, da quando ho appoggiato la testa sul cuscino, suona la sveglia.
“Fanculo…” la stacco con una manata.
Lentamente tutte le memorie del giorno prima mi riaffollano la mente e sono sempre più consapevole di non aver dormito abbastanza. Non dopo tutto questo casino da processare e metabolizzare.
Mi alzo e vado in bagno. Almeno stamattina non ho il problema di fare a turno con quell’idiota di Lars.
Fa un effetto un po’ strano vedere il bagno senza le sue cose, ma tanto meglio. Più spazio per me!
Quando scendo al piano di sotto mi ritrovo a pensare ancora a lui.
L’ho sottovalutato in effetti, questo devo ammetterlo.
Non credevo potesse essere qualcosa di più dell’assistente zerbino di mia madre. Meno che mai mi sarei aspettato che fosse una sorta di agente segreto in grado di sorprendermi e…  bloccarmi a terra in quel modo impietoso.
Sbuffo. Non ci sarebbe riuscito se non avessi abbassato la guardia così. Dopotutto sapevo che aveva ricevuto un addestramento militare, è stato un mio errore averlo sottovalutato così.
A colazione regna un’atmosfera piuttosto pesante.
Mia madre cerca di tanto in tanto di smorzare la situazione, raccontando aneddoti sul soggiorno suo e di Kazuya a Singapore e le stranezze del loro vicino di posto in aereo, che russava ad occhi aperti. Purtroppo però oggi ci vorrebbe ben altro per tornare ad una situazione di per lo meno apparente normalità.
Abbiamo il permesso di saltare la scuola, ma io onestamente non ho la minima voglia di passare la giornata in casa. So che mia madre tenterebbe di parlarmi, io non sarei disposto al dialogo e le cose precipiterebbero. Alla fine anche Asuka e Alisa decidono di non saltare le lezioni. Alisa per ragioni di dovere scolastico, Asuka probabilmente per non dover ritrovarsi a stare a casa da sola, senza poter parlare della cosa con nessuno.
Lungo la strada per andare a scuola Alisa cammina triste e silenziosa per conto suo, a qualche metro da noi. Asuka invece mi cammina a fianco e ogni tanto cerca di riprendere l’argomento.
“Lo so che non ne puoi più, ma io ho bisogno di parlarne ancora o sento che impazzirò!” dice a bassa voce per non farsi sentire da Alisa.
“Di che diavolo dobbiamo parlare ancora?”
“Te l’aspettavi una cosa del genere?! Intendo il coinvolgimento dei tuoi…”
“Certo che no!” sbotto impedendole di terminare la frase.
Solo il pensiero mi fa ribollire il sangue nelle vene dalla rabbia.
“Mi sembra di impazzire! Come faccio a concentrarmi sulla scuola?” piagnucola Asuka “Stamattina non riuscirò ad ascoltare una singola parola che uscirà dalla bocca di un professore!”
“Cavoli tuoi che non te ne sei rimasta a casa!”
Sospira e scuote la testa.
“E non riesco a smettere di pensare a Lars…” continua.
Già, quello nemmeno io. Non riesco a togliermi dalla mente l’immagine di lui che mi blocca a terra. Che nervoso! Che umiliazione di merda!
“Sembrava così sincero quando ci ha salutato…” riprende Asuka “... non capisco se lo voglio perdonare o no.”
“Non dovresti.” rispondo semplicemente.
Io di certo non ho quel dubbio.
Sospira.
“Avrei dovuto fidarmi del mio istinto fin dall’inizio.” borbotta
“Istinto?” la guardo diffidente.
“Nel senso, mi sarei dovuta fidare della mia prima impressione. Quando… l’ho visto per la prima volta… beh, mi è… sembrato carino.” ammette con un po’ di imbarazzo “E ogni volta che trovo qualcuno carino, va a finire che non è un tipo del tutto raccomandabile.”
Fa una smorfia.
“Almeno stavolta non era uno spacciatore o un rapinatore di banche però…”
La guardo dubbioso per qualche secondo. Dovrei indagare? No, decido che è stata solo una battuta e che io me ne rimango fuori.
“Tanto non saresti stata il suo tipo.” commento amaramente tornando a parlare di Lars.
Asuka alza un sopracciglio.
“Sì, come no! E tu che ne sai?” chiede diffidente “Cioè, non che mi interessi… però, dubito che abbiate parlato di quale sia il suo tipo. Cioè, non ti ci vedo proprio a fare questi discorsi con qualcuno. Tanto meno con lui.”
“Il suo tipo di ragazza è una dai modi delicati, che parla in tono gentile e…” guardo i capelli di Alisa “che apprezza le tonalità pastello.”
Mi volto da Asuka che mi ascolta dubbiosa.
“Praticamente il contrario di una scaricatrice di porto come te.” concludo.
“Ma dici sul serio? Cioè parlavate davvero di queste cose?!”
Non rispondo. Asuka è un’idiota.
Alisa nel mentre continua a camminare davanti a noi.
Poverina! Non so se lei si sia mai accorta dell’interesse di Lars nei suoi confronti, ma c’era senza ombra di dubbio molto affezionata. Credo che lei sarà quella che ne soffrirà più di tutti di questa situazione.
Per non parlare poi del fatto che ha ammesso di essere anche lei frutto di qualche strano esperimento!
“Allora? Me lo dici?” insiste Asuka.


Durante le lezioni stamattina non riesco minimamente a concentrarmi.
Sono stanco, confuso, arrabbiato e, nonostante il raffreddore sia migliorato, ho ancora mal di stomaco.
Lars aveva detto di non prendere le pastiglie a stomaco vuoto. Quello stronzo! Forse almeno su quello avrei dovuto dargli retta.
Alla pausa pranzo mi dirigo con Julia e Kamiya verso il solito posto in terrazza.
Julia parla entusiasta dei saggi che ha raccolto in vista della festa con i professoroni del prossimo sabato. Non sta più nella pelle, ma almeno le è tornato il buon umore.
“Accidenti, ma se avessi saputo che avrebbe potuto aprirmi la porta di chissà quale prestigiosa università, avrei partecipato anch’io a quella dannata gara di matematica!” si lamenta Kamiya “Ma chi se lo poteva aspettare?!”
“Avresti dovuto darmi ascolto, caro mio!” gli rinfaccia Julia.
“Bah, tanto mi sto per trasferire a Kyoto.” risponde lui come se niente fosse.
“Eh? Ma come!” Julia si blocca “E ce lo dici così?”
“Non ve l’avevo detto?” Kamiya si gratta la testa confuso.
“Aspetta, cosa?” chiedo io, risvegliandomi dai miei pensieri “Ti trasferisci a Kyoto?!”
Lui forza un sorriso.
“Ehm, sì… per farla breve… non sono più in grado di pagarmi la retta scolastica qui.” spiega “E ho trovato un’altra scuola dove poter proseguire gli studi.”
Io e Julia rimaniamo in silenzio per qualche secondo.
Sarà strano. Con pregi e difetti, è sempre stato un compagno di scuola fin dai tempi dell’asilo. Abbiamo condiviso stress ed esasperazione. Sarà davvero molto strano d’ora in avanti.
Prima la situazione Lars, poi questo! Questi giorni sto assistendo a fin troppi cambiamenti. La cosa inizia a destabilizzarmi.
“Hey, non fate quelle facce!” si lamenta “Non è da voi e mi state facendo cagare sotto!”
Proprio in quel momento arriva qualcuno dalla mia destra.
“Heylà!” esclama Xiaoyu con un grande sorriso, che si spegne subito quando incontra il mio sguardo.
“Tu…” mi guarda con aria minacciosa “Cercavo proprio te.”
“Perché?” alzo un sopracciglio.
“Non fare il finto tonto!” risponde incrociando le braccia davanti al petto “Non credi di dovere delle scuse a qualcuno?”
“Delle scuse?! Di che accidenti parli?!” chiedo piuttosto convinto di avere la coscienza pulita.
“Alisa! Oggi non è voluta uscire dall’aula per pranzo, era un sacco triste. Sei stato tu!” esclama puntandomi un dito contro “Sono pronta a scommettere che le hai detto un’altra delle tue cattiverie!”
“Beh, allora faresti meglio a non saltare a conclusioni affrettate, perchè io non c’entro proprio niente con il malumore di Alisa.”
“Ah sì?” chiede lei poco convinta “E allora perché quando le ho chiesto cosa avesse mi ha risposto che non me ne poteva parlare e al massimo di andare a chiedere a Jin-san?”
Oh merda! Ma che diamine si mette a dire quella?! Delega a me queste responsabilità? Non faceva prima ad inventarsi un fottuto mal di pancia?
Sospiro.
“Non c’entro niente con il malumore di Alisa.”
“Beh, io non ci credo!” Xiaoyu alza le spalle “Mi spieghi che razza di problema hai con lei? Perché l’hai presa così di mira?”
Alzo gli occhi al soffitto. Non ho voglia di affrontare un processo che non mi merito.
“Senti, adesso non è il momento adatto per parlare di Alisa.” cerco di dissuaderla “Kamiya ha appena detto che…”
“Non ci provare nemmeno!” mi blocca subito lui “Prenditi le tue responsabilità e va a scusarti per la tua cafonaggine!”
“Sì, Jin.” interviene anche Julia con tono tagliente “Non è la prima volta che non ti comporti bene con Alisa.”
Al diavolo! Possibile che nessuno mi prenda mai sulla parola da queste parti? Ma che razza di reputazione mi sono fatto?!
“Vai a scusarti con quella ragazza.” riprende Kamiya “Anche perché iniziavi a mettermi a disagio con quell’aria strana.” aggiunge borbottando “Non ho mica detto che sto per partire in guerra!”
“Partire in guerra?” ripete Xiaoyu confusa.
“Shin si trasferisce a Kyoto.” spiega allora Julia.
Xiaoyu spalanca la bocca, con aria dispiaciuta.
Ottimo! Cambiate discorso, su!
“Shin-kun!” esclama di colpo tristissima “Te ne vai davvero?”
Kamiya le sorride, lusingato da quella reazione.
“Eh, purtroppo sì.” dice a bassa voce con tono drammatico.
“A Kyoto…” ripete Xiaoyu “Cavolo, è lontano!”
“Andiamo, lo conosci appena!” ricordo a Xiaoyu, che sembra lì lì per commuoversi.
“Non c’entra niente!” ribatte lei “Mi dispiace che andrà via!”
“Non se ne sta neanche andando domani!” continuo.
“Fatti gli affari tuoi.” mi ringhia Kamiya sottovoce, che a quanto pare invece apprezza queste attenzioni.
Ecco, dovevo immaginarlo. Fa sempre così non appena qualcuna mostra un minimo innocentissimo di interesse per lui, non perde occasione per fare il cascamorto.
“Dovremmo organizzare un’uscita tutti insieme prima che tu parta!” propone Xiaoyu “Non ti ho ancora ringraziato abbastanza per il favore che mi hai fatto!”
“Oh, che carina!” esclama Kamiya con un sorriso ammiccante “Allora ci conto!”
Io assisto confuso alla scena. Vuole organizzare un'uscita d'addio?! Per uno conosciuto l'altro giorno?
In ogni caso tutto ciò è servito a far cadere l’argomento Alisa.
“Perfetto!” sorride Xiaoyu “Allora poi ci mettiamo d’accordo!” Mi prende per un braccio e mi guarda con un sorrisetto dispettoso “Io e te intanto andiamo a fare due chiacchiere con Alisa!”
Come non detto!
“D’accordo Xiao-chan!” la saluta Kamiya “Insegnagli un po’ di buone maniere!”
Xiaoyu ridacchia, con la presa ancora salda attorno al mio braccio.
Julia e Kamiya si allontanano, dirigendosi verso la terrazza.
“Hai intenzione di lasciarmi il braccio adesso?!” le chiedo annoiato poco dopo.
Lei mi ignora e anzi inizia a trascinarmi dove immagino ci sia la classe di Alisa.
Mi lascio guidare per un po', poi mi fermo.
“Senti… ” dico serio.
Lei si ferma e mi guarda con sospetto.
“Lo so che ti si potrà sembrare strano, ma…  stavolta non c’entro veramente niente con quello che è successo ad Alisa.”
Xiaoyu mi scruta incerta. Il mio tono di voce inizia a convincerla.
“Sei serio?”
Annuisco.
“E allora cosa le è successo? Sembrava davvero giù!” chiede.
Ora più che arrabbiata sembra preoccupata.
Sospiro e mi siedo su una panchina libera del corridoio. Lei mi segue e mi si siede a fianco.
Mi guardo intorno, non sembra esserci nessuno nelle vicinanze. Forse posso darle qualche piccola informazione per tenerla buona per un po’.
“Ti avrà… parlato del ragazzo che viveva a casa con noi, immagino.” inizio tastando il terreno.
“Sì, Lars!” esclama subito lei “Il ragazzo svedese che lavora per tua madre e che…”
“Esatto, lui.” la interrompo facendole cenno di abbassare la voce “Diciamo che… è dovuto andare via all’improvviso.” spiego evasivo “E diciamo anche che… Alisa aveva un rapporto speciale con lui.”
Xiaoyu spalanca la bocca.
“Oh!” esclama sorpresa “Non mi stai prendendo in giro vero?!”
Faccio di no con la testa e mi prendo il pranzo dallo zaino.
“Cavolo… erano così affiatati con Alisa?”
“Praticamente erano sempre insieme.”
Xiaoyu pensa in silenzio.
“Beh, possono sempre sentirsi al telefono o tramite internet no?”
Esito nel rispondere.
“In realtà le cose non sono così semplici.” spiego poco dopo iniziando a mangiare “Ed è probabile che non si sentiranno più.”
Xiaoyu sembra sempre più confusa. Prende il suo pranzo.
“Hanno litigato?!”
“Non proprio.”
“E allora perché…”
“Senti, non posso dirti altro ok?” la blocco.
“Ma…” riprende Xiaoyu poco convinta “Perché Alisa non me ne poteva parlare e mi ha detto di chiedere a te?”
Apro la bocca per rispondere, ma non mi viene in mente niente che possa dire senza che poi la risposta sollevi altri quesiti difficilmente soddisfabili.
“Basta con le domande!” dico allora un po' brusco.
Lei mi guarda accigliata.
“È una situazione delicata e che non mi riguarda!” spiego per giustificarmi “Non posso parlartene nei dettagli!”
“Ok ok.” brontola offesa “Potevi dirlo anche più gentilmente!”
Sospiro.
“Ok, scusa. Ma…” faccio una smorfia “... è un momento molto, molto stressante anche per me.”
Mi guarda stupita.
“Anche tu sei triste per la partenza di Lars?”
“No!” rispondo immediatamente “Ma… è stata una giornata difficile anche per me. È questo quello che succede ad aver a che fare con la mia famiglia! Anche per Alisa sarebbe stato molto meglio se non fosse mai venuta a stare da noi, non avrebbe mai conosciuto Lars e…” mi fermo un momento, poi la guardo “Persino tu! Dovresti pensare di chiudere tutti i ponti con Heihachi il prima possibile! Questo coinvolgimento non può portare a niente di buono e prima o poi…”
Mi fermo improvvisamente.
Ho appena ragionato su una cosa.
Xiaoyu mangia guardandomi con sospetto.
“Beh? Ti sei incantato?”
Quando lo scandalo uscirà la Mishima Zaibatsu come intera azienda potrebbe risentirne e se le cose si mettessero molto male…
“Xiaoyu, tu… vivi nel complesso della Mishima Zaibatsu, giusto?”
Lei alza le spalle.
“Sì, che c’entra adesso?”
“Ehm… come ti paghi le rette scolastiche?”
Mi guarda offesa a bocca aperta.
“E poi sarei io a fare troppe domande?”
“Hai ragione, era una domanda molto invadente. Scusa.” dico.
“Certo che ti vengono delle curiosità proprio strane!” commenta stranita e continua a blaterare qualcosa di quanto sia inopportuno chiedere agli altri di come gestiscono i propri soldi, ma non l’ascolto più.
Se non ricordo male è stato Heihachi ad averle offerto di trasferirsi e di frequentare la scuola qui.
Quindi se non fosse la famiglia a pagarle le rette, se la Zaibatsu dovesse fallire e la gestione della scuola passare a qualche altra società, lei potrebbe dover rinunciare a continuare gli studi qui.
Lei mi agita una mano davanti agli occhi.
“Oi, ci sei?!” chiede “Perchè mi guardi così? Ma si può sapere che ti prende oggi?!”

 

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Capitolo 25
*** Dancing Queens (Asuka) ***


25
Dancing Queens
(Asuka)

 

Calco la matita con troppa pressione e la punta si spezza contro il foglio.
Sbuffo e frugo nell’astuccio per cercare il temperino.
Accidenti! È già la terza volta che mi capita stamattina. Sono nervosa, talmente nervosa che potrei mettermi ad urlare proprio qui, in mezzo all’aula, durante questa inutilissima lezione di letteratura per gridare al mondo intero quanto mi sento confusa.
Lars, perché dovevi farci questo, accidenti?!
Il temperino mi sfugge dalle mani e finisce a terra, sotto la sedia del ragazzo davanti a me. Basta prendere appunti, ci rinuncio!
Lascio cadere la matita sul foglio e mi piego in avanti, con le mani che affondando tra i capelli. Non ha senso prendere appunti di roba che non capisco. La notte scorsa ho dormito sì e no due ore, non riesco a smettere di rivivere le scene di ieri sera e ho la testa che mi sta letteralmente per scoppiare.
Chiudo gli occhi e cerco di fare spazio nella mente, mente una stretta di malinconia mi si stringe attorno al cuore.
Lars, non capisco come mi sento nei tuoi confronti.
Da una parte sono molto arrabbiata per come ci hai ingannato, e capisco Jin, ma dall’altra… alla fine sei una vittima anche tu, credo. Stavi facendo il tuo lavoro, per quanto discutibile sia, e l’hai fatto per una causa in cui credi.
Riapro gli occhi.
Io non voglio credere che sia una persona cattiva. La stessa persona che si è mostrata interessata ai miei problemi e che mi ha offerto il suo aiuto.
“Oi, che diavolo ti prende?!” chiede il ragazzo seduto alla mia destra con una faccia confusa.
Lo guardo a bocca aperta, colta di sorpresa.
In effetti da fuori devo aver avuto un comportamento un po’ strano negli ultimi due minuti.
Allungo un dito verso un punto del pavimento davanti a me.
“Mi è… mi è… caduto il temperino.” farfuglio la prima cosa che mi viene in mente.
Lui mi guarda come se fossi uno strano animale. Si sporge dalla sedia e si allunga ad afferrare il temperino, che poi posa sul mio banco con aria sempre sgomentata.
“Grazie.” forzo un sorriso, mentre la mia fronte inizia a sudare freddo per l’imbarazzo.
Che figura di merda! Ci mancava pure la presunta crisi di nervi per un dannato temperino.
Faccio un respiro profondo e cerco di rilassarmi.
È troppo, troppo difficile.
Perché non posso non considerare che se è giusto avere dei risentimenti verso di Lars, non posso evitare di averne anche verso chi altro ci ha presi in giro allo stesso modo. I miei zii.
È questo il boccone più difficile da ingoiare. Mi sono sempre ciecamente fidata di loro, mi hanno accolto nella loro casa aiutandomi in un momento molto difficile, mi sono sempre sentita parte della loro famiglia. Eppure, improvvisamente li vedo come due astuti manipolatori pronti a mentire anche ai loro più stretti familiari pur di portare avanti i loro scopi. Proprio quello che si dice sui Mishima, insomma.
Sbuffo. Questo non è assolutamente compatibile con il mio imprescindibile, innato senso di giustizia e onestà. È tutta una contraddizione!
Suona la campanella e tiro un sospiro di sollievo.
Sono riuscita a sopravvivere alle lezioni della mattina.
Mi alzo, mi metto uno zaino su per una spalla ed esco dall’aula.
Camminando lungo il corridoio getto lo sguardo oltre la finestra, sulla schiera di auto e moto parcheggiate.
Chissà come se la passa Hwoarang! Questa roba mi ha scosso così tanto che ho persino messo in secondo piano la preoccupazione per Feng e soprattutto… l’imbarazzo per la figuraccia con lui dell’altro giorno. Perché diavolo mi è saltato in mente di baciare quell’idiota? A me manco piace, credo!
Ma ormai persino quello sembra una sciocchezza in confronto a questo casino con Lars!
Scendo al piano di sotto e incrocio da lontano Jin e Xiaoyu che si allontanano da Julia e da Kamiya. Si dirigono da qualche parte insieme.
Da quando si incontrano per il pranzo? Rimango sempre sorpresa quando mi ricordo che dopotutto mio cugino è un minimo capace di legare con altri esseri umani.
Perché sì, è vero che Xiaoyu è un tipo di persona che riuscirebbe a legare persino con una mummia. Ma alla fine, a conti fatti persino un inetto misantropo senza alcuna capacità sociale come Jin probabilmente ha più amici di me.
Continuo a camminare e varco l’ingresso principale della scuola.
Perché un’altra persona con cui Jin passava parte del suo tempo era, a quanto pare, Lars.
Non avrei mai pensato di definirli amici, sembra infatti che non si siano mai piaciuti più di tanto, eppure… hanno addirittura avuto occasione di parlare di cose così personali come i gusti di Lars in fatto di ragazze. Incredibile! Credevo di essere io tra i due ad avere il rapporto migliore con Lars, e invece alla fine a quanto pare non era così.
Passando vicino ad un distributore automatico incontro Miharu.
“Hey!” la saluto avvicinandomi.
“Oh, ciao Asuka!” risponde “Xiaoyu è andata a parlare con tuo cugino, mentre…” si incupisce “Alisa non è voluta uscire dall’aula per andare a pranzo stamattina.”
“Oh cavolo!” borbotto preoccupata.
Alisa è nella stessa classe di Miharu e per un po’ mi ero dimenticata di lei.
Anche se Lars a quanto pare era più vicino a Jin che a me, è innegabile che la persona con la quale ha legato di più durante questi mesi sia stata proprio Alisa. E questo adesso è un altro enorme casino.
“È… molto triste, vero?”
“Sì, ma non ha voluto spiegare perché.” commenta Miharu “Tu ne sai qualcosa per caso?”
Sospiro.
“Potrei… ma ne parlerà lei quando vorrà.”
Cavolo! Almeno su questo sono sicura che Lars sia stato un vero idiota!
Insomma lui e Alisa si sono avvicinati l’uno all’altra così tanto questo periodo ed era chiaro che poi a lei alla fine di tutto si sarebbe spezzato il cuore. Per non parlare poi di quello che ha detto riguardo all’essere parte di quegli esperimenti. Accidenti, questa storia deve per forza aver riportato a galla dei brutti momenti che non posso neanche immaginare! La situazione era già abbastanza traumatica senza questa specie di tradimento di Lars.
Povera Alisa! Non si merita di certo tutto questo.
È una ragazza così sensibile, gentile, delicata…
Sento come un tuffo al cuore.
“Che ama i colori… pastello!” mormoro a voce alta mettendo insieme i pezzi del puzzle.
Miharu mi guarda confusa.
“Come scusa?”
“PORCA MERDA!” esclamo.
Miharu continua a fissarmi perplessa come se fossi impazzita di colpo. E in effetti lo sono.
A Lars piace un tipo di ragazza che ha i modi delicati, parla in tono gentile e apprezza le tonalità pastello, ha detto Jin stamattina.
“Sono… un’... idiota!” arrivo alla constatazione.
“Asuka, ti senti bene? Mi stai preoccupando.” chiede Miharu.
“Devo andare.” dico prima di andarmene “Devo assolutamente chiedere una cosa importante a Jin!”
“Anche tu?” Miharu alza un sopracciglio, ma io ho già iniziato a dirigermi verso le scale.
Inizio a salire, facendo due gradini per volta e nel mentre guardandomi intorno. Dove cavolo potrà essere?
Mi raccolgo una ciocca di capelli dietro l’orecchio, cercando di mettere ordine tra i miei pensieri.
Quindi insomma, Lars aveva dei sentimenti per Alisa? Era a questo a cui alludeva Jin stamattina? Lo sa per certo o è una sua ipotesi? Ma soprattutto, Alisa lo sa?? Perché se così fosse allora forse il problema sarebbe ancora più stratosferico di quanto pensassi!
Sono un’idiota! Come ho potuto metterci ben cinque ore per capire cosa intendeva dire con quella frase?!
Salgo di corsa all’ultimo piano e poi esco in terrazza.
Ci sono Julia e Kamiya, e ovviamente Jin non c’è.
“Hey!” saluto avvicinandomi con il fiatone “Cercavo Jin! Sapete dov’è?”
“No, doveva andare a scusarsi con Alisa per qualche cavolata che le ha detto…” risponde Julia.
“Eh?!” chiedo sorpresa.
“Sì! L’ha portato via Xiaoyu.” aggiunge Kamiya.
“Capisco.” rispondo frettolosamente “Grazie comunque.”
Faccio dietrofront e torno alle scale. Ok, Xiaoyu deve aver frainteso la situazione, ma dubito che siano davvero andati a cercare Alisa, quindi dove cavolo potranno essere?
Inizio a percorrere a caso ogni corridoio che mi capita e nel mentre invio un messaggio a Jin.

Dove sei? Devo chiederti una cosa importante!!!

Peccato che Jin non abbia la fama di essere uno molto attento al cellulare e potrebbe accorgersi del messaggio all’ora di cena! Infatti non ricevo risposta.
La scuola però è troppo grande, non lo troverò mai in tempo prima dell’inizio delle lezioni del pomeriggio. Ma io devo sapere!
Seguo una folla di studenti che per qualche motivo si sta ammassando verso l’atrio principale del pian terreno. Magari è anche lui da quelle parti?
Mi fermo un secondo per cercare di ispezionare quella moltitudine di volti, ma sembra tutto inutile.
In quel momento qualcuno mi supera scontrando una spalla contro la mia.
Mi giro lanciando un’occhiata torva.
È sempre lei, ovviamente, che mi guarda con un sorrisetto beffardo.
“Scusami tanto, non ti avevo vista!”
“Lili oggi non ho tempo per le tue stronzate! Lasciami in pace!”
“Sei venuta alla fine, a vedere l’esibizione di ballo!”
Era oggi? È per quello che c’è tutto questo casino? Ed è per quello che Lili è vestita in modo ridicolo?
“Che ci fai qui tutta sola comunque?” continua “Cosa c’è? Ti hanno mollato anche le tue nuove amiche?”
Intanto una ragazza strana quanto lei, dall’aria a dire il vero poco sveglia, le si affianca e mi fissa con aria allucinata.
Dopo un primo momento di confusione, la ignoro e lancio un’occhiata torva a Lili.
“Sempre la solita simpatica! È proprio un peccato che il senso dell’umorismo sia qualcosa che non si possa comprare con i soldi del papino, vero?”
Ma Lili non ha la reazione che mi aspettavo.
“No, no. Me lo chiedevo sul serio.” risponde senza alcuna ironia “Non vorrei ti abbiano scaricato pure loro.”
La guardo con sospetto.
Sta forse cercando, con dei modi ancora più inopportuni di quelli che avrebbe Jin, di assicurarsi che io stia bene o qualcosa del genere?
“Sembri piuttosto strana stamattina.” continua “Sei pallida, sembri stanca, seria… e sei qui tutta sola. Quindi ho pensato che avessi litigato con quelle nuove ragazze con cui stai a pranzo di solito.”
“Lili, chi è questa tizia?” chiede la sua amica.
Ha uno strano accento straniero, e ora che ci faccio caso sembra quasi una copia di Lili con i capelli scuri e qualche anno in più.
“Ricordi quella ragazza a cui ho fregato il gruppo di danza?” chiede Lili.
L’altra sta annuendo con un mezzo sorriso, quando si blocca di colpo e… inizia a russare.
“Eliza!” la richiama Lili con uno scossone “Non è il momento di dormire!”
“Oh, scusatemi!” si riprende l’altra con una risatina “Mi ero assopita per un attimo.”
Sgrano gli occhi.
A che scena ho appena assistito?
Lili sembra leggermi nella mente.
“È mia cugina Eliza, è appena venuta qui dall’Europa e purtroppo deve ancora smaltire il jet-lag.” spiega un po’ imbarazzata “Ha sempre avuto questo problema quando non dorme abbastanza.”
“Ah, quindi questa è la ragazza a cui hai rovinato la vita!” dice Eliza come se avesse appena avuto un’illuminazione, poi mi guarda “In realtà a Lili dispiace per quello che ti ha fatto! Si sente molto in colp…”
Lili sbotta di colpo. Le impedisce di terminare la frase, aggredendola verbalmente in francese. La ragazza di nome Eliza risponde nella stessa lingua e continuano a battibeccare per un po’, finchè Eliza non si riaddormenta di nuovo. A quel punto Lili si infuria e la risveglia schiaffeggiandole la faccia.
Le urla in faccia qualcos’altro in francese, che sembra non fare troppo piacere all’altra, che risponde con tono altrettanto aggressivo. Tutti nei corridoi della scuola si fermano ad osservare la scena divertiti.
Che diavolo ci faccio ancora con queste due pazze? Io avrei un altro casino in corso di cui occuparmi.
Lentamente mi allontano all’indietro a passi felpati, ma Lili se ne accorge.
“Hey! Aspetta! Stiamo per esibirci!” mi dice “Rimani a vedere?”
E per la prima volta la vedo cimentarsi in quello che dovrebbe essere un goffo sorriso pseudo-amichevole e resto letteralmente sconcertata.


Non so bene perché, ma alla fine decido di darle retta e di restare. Forse perché quello strano sorriso mi ha spiazzato. O forse perché ero talmente confusa da quell’improbabile bisticcio senza sottotitoli a cui ho assistito. O forse semplicemente perché inizio a pensare che in fondo in fondo potrebbe esserci qualcosa di buono in Lili. Magari ho esagerato sul suo conto e può darsi che non sia così cattiva come pensavo. Forse è solo totalmente, irrimediabilmente, socialmente incapace.
D’altronde, oggi più che mai, mi sto rendendo conto che non capisco un accidenti in fatto di persone. Quindi, se chi mi sembrava assolutamente affidabile e sincero alla fine non lo è, è possibile anche che una Lili, che ho sempre trovato una persona terribile, alla fine non sia poi così malvagia come credevo?
Ha senso tutto ciò? Onestamente non lo so più. Ma insomma, è possibile che ci sia anche una remota possibilità che Lili si senta davvero in colpa per le carognate che mi ha fatto?
“Asuka!” Mi chiama una voce da dietro.
Mi volto. Xiaoyu mi si avvicina salutandomi con una mano e che cammina dietro di lei c’è… JIN!
“Sai cosa stanno per fare qui?” chiede Xiaoyu quando mi raggiunge.
“Esibizione di danza.” spiego brevemente, poi guardo Jin, che nel mentre fa una smorfia.
“Ah bene, quindi me ne posso anche andare.” commenta.
Io gli afferro un braccio, come per evitare che possa sfuggire.
“Ti ho cercato ovunque!” esclamo.
Lui mi guarda come se gli si fosse appena appoggiato addosso un brutto insetto e cerca di liberarsi dalla mia stretta. Xiaoyu assiste alla scena curiosa.
“Che diavolo vuoi?”
“Delicata, gentile, color pastello!” dico con uno sguardo quasi spiritato “Ho capito!”
Jin riesce a liberarsi e mi rivolge uno sguardo ambiguo.
“Ok.” risponde “E quindi?”
“E quindi… insomma, a lui piace…” evito di dire il suo nome, ma a questo punto non ce n’è bisogno.
Xiaoyu ci guarda confusissima.
“È probabile.” risponde Jin.
“Probabile?!”
“... quasi certo.” si corregge.
“Ma lei lo sa?”
Jin inspira e sta per rispondere qualcosa, quando parte la musica.
“Continuiamo dopo.” prometto a Jin, voltandomi verso il centro della sala.
“Ma io veramente me ne stavo andando!” protesta lui.
Sono pronta a riacchiapparlo per il braccio se dovesse davvero decidere di riallontanarsi, ma per qualche ragione non ce n’è bisogno e rimane lì buono ad aspettare.
Lili e il suo gruppo, con anche il mio ex-gruppo, si esibiscono nella loro coreografia, con quella stupida canzoncina da top-ten e con quegli stupidi passi da cheerleader americana.
“Bah…” mi sfugge un unico commento.
Che banalità! Sono ancora convinta che i miei suggerimenti e che la mia coreografia sarebbe stata una scelta migliore, ma a questo punto a ognuno il suo!
Alla fine comunque sono brave e stanno piacendo alla gente, che è la cosa più importante.
Finisce la canzone e mi unisco al coro degli applausi. Spero mi vedano. Spero capiscano che sono in grado di passare sopra questa stupida ostilità, questi stupidi dispetti. È ora di andare avanti e di seppellire l’ascia di guerra. È bello liberarsi dell’oppressivo sentimento d’orgoglio. Forse anche Lili la pensa in questo modo e in quel caso ne sarei davvero contenta.
“Tornando a noi!” mi giro di nuovo da Jin “Lei lo sa?”
“Non ne ho idea, io non la capisco.” risponde a bassa voce.
“State parlando di Alisa, vero?” chiede Xiaoyu all’improvviso.
Sia io che Jin la guardiamo scioccati.
Lei alza le spalle.
“Gentile, delicata, tonalità pastello…” ripete “E lui non la capisce.”
Possibile che io abbia dovuto rimuginarci sopra per cinque ore?!
“Ma questo lui di cui parlate chi è?” continua dubbiosa “Non sarà mica… quel Lars?”
Jin la guarda con aria di rimprovero.
“La solita pettegola!”
“Siete voi che avete iniziato a parlarne davanti a me!” gli fa notare lei “E poi, da che pulpito!” risponde al suo sguardo.
“Va bene, ma non parlarne con nessuno!” fa Jin.
“Certo che no! Non sono mica scema!”
“Hey!”
Ci voltiamo e vediamo Miharu che si fa strada tra la folla per raggiungerci.
“Mi sono ricordata all’ultimo che c’era l’esibizione oggi!” spiega con il fiatone “Hanno già iniziato?”
“Alisa non è ancora voluta uscire vero?” chiedo.
“No, è rimasta in classe tutto il tempo.” spiega Miharu.
Ci guardiamo tutti in silenzio, preoccupati.
“So io cosa ci vuole per farle tornare il buonumore!” esclama Xiaoyu con l’aria di chi ha appena avuto un’idea brillante “Bisogna organizzare un’uscita al parco di divertimenti!”
“In effetti potrebbe essere una buona idea!” ammetto “Potrebbe aiutarla a distrarsi.”
“Si potrebbe fare sabato pomeriggio!” continua Xiaoyu.
“Sabato dobbiamo accompagnare Julia a quella sorta di ricevimento di sfigati.” le ricorda Jin.
“Hai ragione! Allora possiamo andare al parco di mattina, così poi di sera possiamo andare alla festa secchiona!”
“Sì, ma perché guardi anche me? Io non ci vengo al parco di divertimenti!” dichiara lui irremovibile.
“Che cosa?!”
Vengono interrotti dalla musica che nel mentre è partita di nuovo. Incuriosita, torno a guardare verso il centro della sala, dove ora c’è un altro gruppo che si esibisce.
Sono delle ragazzine che non conosco, probabilmente un po’ più giovani di me. Si esibiscono su una musica e coreografia di stile tipicamente JPop.
Il pubblico è esploso in un fragoroso applauso. L’esibizione a quanto pare è piaciuta da matti. La ragazza bionda saluta facendo delle strane pose davanti all’entusiasmo degli studenti più giovani e non solo.
“Io la conosco quella tipa!” dice Jin con sguardo truce subito dopo l’esibizione.
Fa un cenno con la testa verso la ragazzina bionda al centro.
“L’altro giorno mi ha importunato!” aggiunge.
“Ma smettila!” commenta Xiaoyu con un principio di risata “È soltanto una ragazzina!”
“Quella è Lucky Chloe!” interviene Miharu “È una cosplayer e idol famosa che frequenta la nostra scuola. Davvero non la conoscete?!”
“Mi ha chiesto un’intervista.” continua Jin con una smorfia.
“Oh, sì!” aggiunge Miharu “È anche la redattrice del giornalino otaku della scuola.”
“E ha pure detto che lavora per mio padre.”
Scoppio a ridere.
“Certo, come no?! Te l’immagini?” dico.
“Non so che dirti, è quello che ha detto.” borbotta lui.
Poco dopo, quando la campanella ci ricorda che dovremmo iniziare a dirigerci verso le nostre classi, intravedo Lili e le mie vecchie amiche, che si allontanano dalla scena.
Oggi che mi sento una persona migliore e più matura, decido di avvicinarmi a salutarle.
“Hey ragazze!”
Si girano e mi guardano senza mascherare una certa sorpresa.
“Siete state molto brave.” dico sinceramente “Complimenti.”
È bello sentire finalmente il cuore leggero.
“G… grazie.” risponde Mimi un po’ a disagio “È bello rivederti.”
Anche Yui e Sasaki sembrano contente.
Guardo Lili, che nel mentre è rimasta indietro. Ha l’espressione contratta in una smorfia di rabbia e si lamenta a voce alta con delle altre ragazze.
“C’è qualcosa che non va?” chiedo a quel punto.
“Oh, Lili!” si lamenta Sasaki “Ci è rimasta male che il gruppo di Lucky Chloe ha oscurato la nostra esibizione. Una vera gallina quella lì! L’anno prossimo facciamo di nuovo il gruppo solo noi insieme, vero Asuka?”
Alzo un sopracciglio.
“Beh, ci dovrei pensare.” mento.
In realtà non ho bisogno di pensare che non ne ho nessunissima intenzione, ma non ho voglia di affrontare il discorso ora.
“Scusatemi un attimo.” dico allora e mi avvicino da Lili.
Come si accorge della mia presenza mi guarda stizzita.
“Che ci fai qui?”
Eliza intanto si è addormentata di nuovo in piedi.
“Sono venuta a farvi i complimenti.” dico io, che sono una brava persona.
“Beh, grazie.” gira subito la faccia.
“Lili… non dovresti prenderla così. Avete fatto un buon lavoro, non dovresti farti logorare dalla competitività, chi se ne frega se quella Lucky…”
Non finisco perchè Lili mi allontana scansandomi violentemente con un braccio per poi allontanarsi subito dopo. Le sue amiche, come un gruppo di esercito di galline, la seguono subito dopo, guardandomi con un vago imbarazzo per il suo atteggiamento. Una torna indietro poco dopo per svegliare Eliza.
Che razza di cretina!
Mi massaggio il braccio, incredula.
E dire che per un attimo avevo davvero pensato che potesse essere una persona decente!
È inutile, io proprio non ho capito un accidenti di come funzionano le persone!








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Capitolo 26
*** Nerd Parties Can Be Fun (Jin) ***


26
Nerd Parties Can Be Fun
(Jin)

 

Brian Fury abbassa il suo fucile, ancora fumante, e guarda verso la videocamera, con il volto distorto da un ghigno colmo di malvagità, mentre la sua risata sadica accompagna gli uscenti titoli di coda.
Al prossimo episodio.
Fantastico. Semplicemente fantastico. Anche visto per la seconda volta.
Ed è davvero deprimente pensare che tra qualche ora verrà mandato in onda il nuovo episodio e che io sarò costretto a perdermelo, per via di un evento a cui non avrei la minima voglia di partecipare.
Do uno sguardo all’orologio.
“Oi, ma avete visto che ore sono?!” chiedo a voce alta per farmi sentire fino al piano di sopra.
Si sente un indistinto parlottare, ma nessuna risposta. Solo il debole tintinnio degli scacciaspiriti che ondeggiano al getto d’aria del condizionatore.
Acavallo la gamba e cambio canale.
Non fa alcuna differenza per me, anzi meno tempo passeremo in quel posto meglio sarà.
È sabato pomeriggio e non sono riuscito a sfuggire alla promessa fatta a Julia. La accompagnerò alla festa dei cervelloni, assieme anche a Xiaoyu. E proprio quest’ultima ieri sera si è improvvisamente ricordata di non avere niente da mettere e, per evitare di riconfermarsi come la ragazza dall’abbigliamento improbabile, ha chiesto salvezza a Julia e a sua madre.
Ed ora mi trovo qui, vestito di tutto punto, seduto sul divano di casa Chang, ad aspettare che quelle due finiscano di prepararsi. Per fortuna ho trovato una replica dell’episodio di Manji no Tatakai della settimana scorsa con cui intrattenermi per parte del tempo.
Finalmente dopo una decina di minuti sento dei passi affrettarsi giù per le scale.
Julia è la prima a fare capolino con un sorrisino imbarazzato, seguita da Xiaoyu che invece ondeggia su delle scarpe dal tacco spaventosamente alto.
Julia ha i capelli sciolti, non porta i soliti occhiali e indossa un vestito lungo verde smeraldo. Xiaoyu ha i capelli ritirati all’indietro e indossa un vestito scuro alle ginocchia.
“Siamo pronte.” dice Julia “Che te ne pare?”
“Non sembrate neanche voi.” commento disorientato.
Non volevo essere antipatico, ma probabilmente non è la risposta che Julia si aspettava, dato che mi guarda con una smorfia arrabbiata.
Xiaoyu in quel momento perde l’equilibrio e si aggrappa al divano per non cadere.
“Adesso sì.”
Mi guarda imbronciata.
“Non sono abituata a camminare con questi.” brontola rialzandosi.
“Devi solo farci l’abitudine.” la rassicura Michelle, dandole una mano.
“Andiamo.” borbotta intanto Julia prendendo la borsa “Si sta facendo tardi.”
Lasciamo la casa e prendiamo posto nella macchina di Michelle.
Xiaoyu per poco non cade di nuovo mentre cerca di entrare in macchina, fortunatamente sono a pochi passi da lei e posso prenderle un braccio in tempo per evitarle la caduta.
“Vedi di stare attenta!” brontolo “Non ho intenzione di raccoglierti tutta la sera!”
“Non lo faccio mica apposta!” si lamenta lei scivolando sul sedile posteriore dell’auto.
Mi siedo anche io e chiudo la portiera.
Xiaoyu mi lancia un'occhiata indispettita. In realtà non sta affatto male così, anche se è strano vederla vestita di nero e senza quelle stupide codine.
"Ora cosa c'è?!" bofonchia notando il mio sguardo "Cosa stai pensando?"
"Cosa?!" rispondo disinvoltamente "Niente!"
Che diavolo mi metto a pensare davvero? Insomma, anche Julia sta bene, probabilmente non la vedevo indossare qualcosa di diverso dalla divisa scolastica o la tenuta comoda da studio a casa dai tempi delle elementari. Sì, penso che stiano entrambe molto bene, ma non possono di certo pretendere che dica certe cose a voce alta!

Durante il viaggio in macchina Julia, seduta davanti a fianco alla madre, prova a ripetere il discorso che si è preparata. Non vede l’ora di incontrare il professore che si è interessato al suo operato da attivista ambientale ed è emozionatissima.
Mentre ripete muove le mani freneticamente e ogni tanto la sua voce salta qualche ottava. D’accordo, sarà pure un’ottima opportunità, ma come al solito ho l’impressione che stia prendendo la cosa un po’ troppo seriamente.
Xiaoyu, seduta con me nei posti di dietro, l’ascolta con una strana espressione di preoccupazione.
“Non… non ci saranno solo discorsi come questi alla festa, vero?” mi chiede sottovoce.
Le rispondo un’occhiata eloquente.
“È una festa tra professori e studenti d’élite. Non mi aspetterei gare di barzellette se fossi in te.”
Mi guarda in silenzio per qualche secondo.
“Ma almeno ci sarà del cibo, vero?” chiede seriamente preoccupata “Sennò cosa dovrei fare tutto il tempo?"


Quando qualche minuto dopo arriviamo finalmente all’hotel a cinque stelle, ovviamente di proprietà Mishima, scopriamo che almeno riguardo a quello, come era prevedibile, Xiaoyu non si era sbagliata. Alla festa c’è da mangiare e da bere a volontà. In realtà sembra che non si sia badato molto a spese. La sala è un ampio salone all’ultimo piano del palazzo, dove gran parte delle pareti sono occupate da delle larghe vetrate, attraverso le quali è possibile ammirare la città illuminata. C’è persino una sorta di fontana al centro della sala. Insomma è decisamente un bel posto e ha l’aria di essere costato un sacco di soldi.
La sala è piuttosto affollata, decine e decine di persone eleganti e dall’aria sofisticata chiacchierano con classe, pizzicando del cibo di tanto in tanto con quell’impostata moderazione tipica dei ricchi viziati.
Julia è rigidissima e il suo nervosismo è palpabile, continua a sistemarsi un ciuffo di capelli che non vuole restare dietro all’orecchio e si guarda attorno con gli occhi di un cagnolino spaventato.
“Datti una calmata.” le dico commentando il suo stato impietoso “O finirai per sudare e sciogliere quella maschera di trucco.”
Per un momento mi guarda terrorizzata, poi capisce che era un tentativo di fare ironia e si tranquillizza.
“Non capisci…” risponde a quel punto a mezza voce “Tu non… tu non puoi capire niente, Jin!”
Faccio una smorfia.
Già, è abbastanza chiaro che non possa capire. Non riesco a concepire che si possa dare così tanta importanza al giudizio di professorissimi tanto da farsi venire il mal di pancia.
“Ci sono i takoyaki! Mi piace questa festa!” esclama felice Xiaoyu tornando dal tavolo del buffet trasportando goffamente un piatto colmo di cibarie di ogni tipo.
“Ecco.” continuo rivolto a Julia “Prendi un po’ di esempio da chi non ha paura di farsi notare subito come il pesce fuor d’acqua.”
“Hey, che intendi dire?” chiede stizzita Xiaoyu quando ci raggiunge.
Non rispondo e disinvoltamente le rubo un takoyaki dal piatto.
“Hey!” protesta “Non ho fatto tutta quella strada su questi trampoli per farmi rubare il cibo da te! Puoi comodamente andare a prendertelo da solo!”
La guardo con un sorrisetto beffardo mentre addento la polpetta.
“Jin Kazama, giuro che a volte sei davvero…”
“Che diavolo ci fa anche lei qui?!” la interrompo notando improvvisamente un viso familiare in mezzo alla folla.
“Chi?! Di chi parli?” chiede subito Julia “Conosci qualcuna di queste persone?”
Mando giù il boccone e mi volto, sperando che non mi abbia notato.
“La donna in rosso.” dico a denti stretti.
“È pieno di gente vestita di rosso, Jin.”
“Capelli castani, a caschetto.” continuo.
“Io continuo a non capire…”
Mi volto ancora un momento per guardarla di nuovo. È pericolosamente vicina a noi.
Devo cercare di allontanarmi e cercare di non dare nell’occhio.
“Spacco… esagerato.” aggiungo tornando a voltarmi in fretta "Scollatura... ancora più esagerata.".
“Spacco esager…” Julia si blocca improvvisamente.
Forse l’ha vista finalmente.
“Ah, io ho capito di chi stai parlando!” esclama Xiaoyu “Ma quello con cui parla non è il ragazzo che ci ha invitato?”
Mi giro ancora. Effettivamente ora sta conversando e scherzando con Steve Fox. Sembrano anche essere piuttosto in confidenza.
Come è piccolo il mondo!
Proprio in quel momento Fox sembra notarci e congeda allora velocemente la sua interlocutrice.
Faccio in tempo a voltarmi di nuovo prima che lei possa girarsi a vedere da chi si sta avvicinando Fox.
“Ciao ragazzi!” ci saluta lui quando arriva “Mi fa piacere che alla fine siate venuti.”
“Già… siamo venuti.” risponde goffamente Julia.
“Oh, c’è anche la ragazza della tuta!” dice notando Xiaoyu.
Lei sorride e saluta con la mano, mentre manda giù un boccone.
“Hai visto?” chiede Xiaoyu con una risatina autoironica “Questa volta mi sono vestita bene però!”
Fox sorride alla battuta.
“Stai molto bene!” dice poi.
“Grazie!” risponde lei con un sorriso prima di riprendere a mangiare “Anche tu stai bene!”
Sospiro. Ecco quello che io non sono riuscito per niente a fare, ecco come funzionano i complimenti di circostanza tra persone normali.
Julia assiste allo scambio di battute con un sorriso di gesso, incapace di inserirsi nel discorso per il troppo nervosismo.
A quanto pare non sono l'unico a sentirsi fuori posto, però Julia... devo dire che il suo comportamento è particolarmente strano. Chissà per quale diavolo di motivo Steve Fox le mette così tanta soggezione!
Fox intanto nota che mi sto più o meno nascondendo, tenendo le spalle alla folla, e mi guarda stranito.
“Tutto bene?” chiede alzando un sopracciglio.
In effetti sono rigido e con la faccia puntata in una direzione in cui non c’è altro che muro. Deve sembrare strano, lo riconosco.
“Sì, tutto bene…” rispondo cercando di prendere tempo.
Non so che scusa inventarmi.
“Sta solo facendo il timido!” sdrammatizza Xiaoyu con un sorrisetto scherzoso.
“Oh, è timido. Capisco.” annuisce Fox.
“No, è solo che…” bofonchio a quel punto “Hai presente quella donna vestita di rosso con cui parlavi poco fa?”
A quel punto Fox si fa improvvisamente serio.
“Sì?”
Mi giro leggermente verso di lui per cercare un contatto visivo.
“La conosci?” indago.
Fox sospira.
“Senti Kazama… So che è una donna attraente e disinvolta, ma… è mia zia e anche se non sembra è un bel po' più grande di noi.”
A bocca aperta, a metà tra l’essere sconcertato e umiliato, mi volto completamente verso di lui.
“Noo!” esclamo indignato “Nooo! Ma che razza di idea ti sei fatto?! È la segretaria di mio padre e se mi dovesse vedere…”
Fox mi guarda sorpreso e vagamente divertito.
“Oh! Capisco! Mi dispiace!” si scusa immediatamente “È che non sai quanti miei amici mi hanno chiesto di presentargliela.” ridacchia imbarazzato “Ma quindi… aspetta, sei figlio di Kazuya Mishima?”
“Jiiiiiin-chaaaaan!”
Oh merda! Mi ha visto!
Torno a voltarmi per cercare di nascondermi. Magari se faccio finta di niente cambia idea.
“Ma che sorpresa!” la sento esclamare a gran voce mentre si avvicina.
Julia mi guarda confusa, Xiaoyu soffoca una risata e per poco non le va di traverso il cibo.
“Ma sei proprio tu?!”
Ok, forse non ne è sicura, non mi ha visto bene. Forse se ne va, forse se ne va.
Valuto anche l’ipotesi di fuggire, ma prima che possa qualsiasi cosa vengo acchiappato con fortissimo pizzicotto sulla guancia che mi costringe a voltarmi e a quel punto so di non avere più scampo.
“Anna, mi fai male!” mi lamento.
Sento le lunghe unghie color vermiglio accarezzarmi la pelle con la delicatezza di un rasoio.
Lei mi guarda con un grande sorriso.
“Zia Anna, parlavamo di te proprio un attimo fa!” si intromette Fox.
Anna sogghigna.
“Brutto furbacchione! Hai fatto finta di non vedermi!” poi sospira, con la faccia di chi la sa lunga “Diventate così timidoni a questa età!”
Mi massaggio la guancia dolente per il pizzico.
“Allora, come stai?” riprende poco più tardi “Non ti vedo da tantissimo tempo! Come è che non vieni più alle feste aziendali?”
“Ho smesso di andarci a dieci anni perché le odiavo.” borbotto.
Ride.
“Ah! Il tuo solito tono da brontolone, certe cose non cambiano mai eh?” chiede “Però sei molto cresciuto! E guarda quanto ti sei fatto carino! Sei sempre più simile a Kazuya, lo sai?”
“Non è vero, ho preso tutto da mia madre!” ribatto immediatamente.
“Certo certo! Come no, tesoro!” risponde lei picchiettandomi su una spalla per farmi fesso e contento “Che coincidenza ritrovarsi qui, vero? Non sapevo conoscessi il mio nipotino preferito!”
Cinge Fox con un braccio dietro alla schiena.
“Sono il tuo unico nipote, zia.” precisa lui con una risatina nervosa.
“Saresti comunque senz’altro il mio preferito.” risponde lei mandandogli un bacio volante.
Lui si gratta il retro della testa con fare imbarazzato.
“Piuttosto…” intervengo io “...tu che ci fai qui in mezzo a tutti questi professori?”
“Mi ha invitato un amico.” spiega Anna evasiva “Ho amici interessanti che mi portano in posti altrettanto interessanti e io ho accettato di venire. È sempre un piacere partecipare a queste feste piene di gioventù, anche se, fatemelo dire, una gioventù un po’ moscia.”
Sospira con occhi sognanti.
“Ah, quando avevo io la vostra età! I fantastici vent’anni! Quelli sì che erano tempi d’oro!” riprende.
Si concentra su Julia e Xiaoyu, che non la conoscono e che possono ascoltare la sua storia. Come se gliene dovesse importare qualcosa!
“Ero appena arrivata in Giappone per seguire mia sorella che aveva appena accettato un lavoro alla Mishima Zaibatsu. Non conoscevo la lingua, non avevo contatti e non sapevo niente di questo paese. Poi sono riuscita a trovare un primo lavoro come insegnante di inglese e dopo qualche tempo sono entrata per una piccola mansione alla G-Corp. Sapete, ho dovuto fare un bel po’ di strada per arrivare dove sono arrivata. Qualche anno dopo che lavoravo per il mio attuale capo poi…” mi guarda con un gran sorriso e mi irrigidisco.
Oddio no! Ti prego no! Fermati!
“... ho conosciuto anche il piccolo Jin-chan.”
Sospiro.
Altro pizzicotto.
“Eh sì!” continua poco dopo “Sono stata la sua baby-sitter per un certo periodo.”
“Sul serio?!” chiede Fox a bocca aperta.
“Bene, ora lo sanno tutti.” taglio corto nervosamente “Cambiamo discorso, su!”
Lei continua a sorridere. Non sembra avere la minima intenzione di cambiare discorso.
“Quante ne avrà combinate!” continua “A vederlo oggi non si direbbe, ma da piccolo era una vera peste! Ne combinava di tutti i colori! Jin, racconta di quella volta quando a tre anni ti sei rasato completamente le sopracciglia!”
Tutti scoppiano immediatamente a ridere. Persino Julia, che era rimasta immobile per tutto il tempo emette una risatina.
“Sul serio?!” chiede.
“Oh sì! L’ha fatto davvero! E poi se l’è ridisegnate con un pennarello! Era simpaticcissimo!”
Mi copro la faccia con una mano, sperando che questo supplizio termini al più presto.
“E quanto gli piaceva dare spettacolo in mezzo al soggiorno!”
“Anna, ti prego… basta parlare di me! È imbarazzante!” la supplico.
Lei sogghigna.
“Sì, d’accordo! Meglio fermarsi qui e non continuare.”
Xiaoyu e Fox stanno ancora cercando di trattenere le risate, mentre Julia è tornata rigida e nervosa e Anna sembra notare che i suoi simpatici aneddoti hanno avuto meno effetto su di lei.
“Tutto bene, cara?” chiede posandole una mano sulla spalla.
Lei annuisce robotica.
“Sei nervosa?” continua Anna “Fammi indovinare, non ti trovi a tuo agio in queste feste sciccose, vero?”
Julia si stringe nelle spalle.
“Ti do un consiglio, tra poco mi hanno promesso che si ballerà! Cercati qualcuno di carino e sciogliti un po’!”
Julia sgrana gli occhi e diventa rossa di colpo.
“Zia!” l’apostrofa il nipote imbarazzato.
Anna porta la testa all’indietro e scoppia in una fragorosa risata.
“Era solo una battuta!” si giustifica lei “Cercavo solo di farle tornare il buonumore!”
Si avvicina a Julia. “Secondo me hai già individuato qualche qualche preda interessante, vero?”
Alzo gli occhi al soffitto. È sempre la solita! Non la vedo da anni, ma non è cambiata di una virgola!
“La stai mettendo in imbarazzo!” ci riprova Fox.
“Ma lo dico per voi, ragazzi!” si difende lei “Il problema di voi studenti diligenti è che a volte vi dimenticate di avere una vita, e di essere giovani! Ci sono cose più importanti di un voto alto in matematica.”
Xiaoyu annuisce, sembrando colpita dal discorso di Anna. Quest’ultima intanto sposta lo sguardo su di me.
“Jin-chan! Dovresti iniziare a seguire i miei consigli anche tu.”
Alzo gli occhi al soffitto.
“Beh, ora vado a prendermi da bere e a recuperare il mio amico!” dice poi Anna facendo un cenno della mano a mo’ di saluto “Ci si vede più tardi!”
Detto questo si allontana, lasciando dietro di lei una scena di palpabile imbarazzo che profuma di acqua di colonia.
“Scusate.” dice Fox infilandosi le mani in tasca poco dopo “Mia zia ha un carattere un po’... esuberante.”
“Già.” rispondo con una smorfia.
Julia è ancora imbambolata e il suo viso è più rosso che mai.
Steve sembra notarlo.
“Ehm, Julia ti va di conoscere il professore di cui ti ho parlato?” chiede dopo qualche secondo di esitazione.
“Oh…” risponde lei sembrando finalmente risvegliarsi “Sì. Perché no?”
Fox le rivolge un sorriso forzato.
Lei poi si volta da me e Xiaoyu e ci guarda senza saper bene cosa dire.
“Ci vediamo più tardi.” le suggerisce Xiaoyu “In bocca al lupo col professore.”
Julia annuisce e accenna un sorriso.
Xiaoyu le mostra un pollice insù. Julia risponde goffamente.
“Ma che diavolo le prende?” mi chiedo a voce alta dopo che i due si allontanano.
Intanto noi cerchiamo due sedie dove andarci a sedere.
“Intendo dire, perché si comporta in modo così strano?”
“Che ne so? Forse le piace quel ragazzo.” ipotizza Xiaoyu.
“Chi? Fox?” chiedo sgomentato.
Xiaoyu mi guarda come se fosse ovvio.
“Ma se l’ha odiato per mesi!”
“Sì, e poi ha scoperto che ha un cuore d’oro e apprezza le sue ricerche!” risponde lei “Sei sicuro di essere sveglio come credi?”
Questa sua battuta mi dà molto fastidio, ma non riesco a trovare una risposta a modo. Anche perché in effetti mi ha fatto pensare a qualcosa che non avevo considerato. Possibile che Julia si comporti in modo così strano in presenza di Steve Fox perché sia… interessata a lui?
“Ah accidenti! Mi sa che ho preso troppa roba!” esclama Xiaoyu guardando il suo piatto ancora mezzo pieno “Non credo che riuscirò a mangiare nient’altro.”
In quel momento realizzo che io non ho ancora mangiato niente, a parte quel takoyaki che le ho rubato prima.
Senza dire niente, le sfilo il piatto dalle mani.
Prendo un tramezzino e inizio a masticare energicamente.
“Prego! Grazie per avermelo chiesto gentilmente…” ironizza Xiaoyu, poi aggiunge con un sorrisetto beffardo “Jin-chan!”
“Piantala!” rispondo imbronciato.
Lei scoppia a ridere divertita, mentre io mando giù il boccone.
Accidenti, ma tu guarda se ad una festa del genere dovevo incontrare proprio Anna! E tra tutti gli argomenti possibili doveva per forza tirare fuori storie della mia infanzia!
“Comunque a Julia non può piacere Fox!” riprendo a ragionare poco dopo, aggrappandomi all’unico altro argomento che mi viene in mente “Dev’essere qualcos’altro.”
“Mmm…” annuisce Xiaoyu, sembrando prendere in considerazione l’ipotesi “O forse no, ed è e proprio quello.” conclude invece scartandola.
La guardo contrariato addentando un altro takoyaki.
“È gentile, intelligente, simpatico... incredibilmente carino.” inizia ad elencare Xiaoyu “E lei non capisce più niente quando lui le si avvicina.”
Con uno sguardo poco convinto cerco Julia e Fox in mezzo alla sala. Li vedo fermarsi a parlare con un signore di mezza età.
“Bah!” commento prendendo un altro tramezzino.
“Sembri ancora scettico… Jin-chan!”
“Ti ho detto di smetterla di chiamarmi così!”
Ride di nuovo.
Accidenti, ho l’impressione che non si dimenticherà di questa storia molto facilmente.
“È soltanto che Julia non è tipa… da queste cose.”
“Che intendi dire?”
“Intendo dire, la conosco da sempre e Julia è Julia. Si interessa solo di cose importanti, come lo studio, le foreste… lo studio.”
“Solo di cose importanti…” ripete Xiaoyu alzando le sopracciglia “Cioè cogliere l’occasione per conoscere un ragazzo carino non sarebbe una cosa importante, secondo te?”
“Mi prendi per il culo?” chiedo serio.
Xiaoyu sospira.
“Ora capisco perché la tua baby-sitter ci tiene così tanto a darvi consigli di vita, a volte voi secchioni saprete pure risolvere equazioni di stelle polari, ma siete una frana nelle cose più banali di questo mondo!”
“Sono equazioni che si risolvono passando ad un sistema di coordinate polari!” la correggo indignato dalla sua ignoranza.
Alza gli occhi al soffitto.
“Lo so! Hai capito il punto!” si lamenta “Esistono altre cose importanti oltre alla scuola, alla carriera, alle foreste… siamo esseri umani! E gli esseri umani hanno il diritto di stare bene e di essere felici.”
Essere felici! Come no! Non ricordo neanche più cosa voglia dire.
“Sì, peccato che la vita non sia facile come un manga shoujo o un drama, dove un discorso come questo ci starebbe a meraviglia!”
“Come scusa?!”
“Ci piace pensare di essere degli esseri speciali, dotati di chissà quale profondità e individualità, ma in realtà siamo delle semplici macchine biologiche. Sì, ovvio, abbiamo sentimenti, che ci danno l’illusione che le semplici reazioni chimiche che avvengono nel nostro cervello siano qualcosa di più del funzionamento di semplici ingranaggi meccanici.” borbotto “E sì, a volte ci sentiamo attratti da altre persone, perché dopotutto siamo schiavi alle leggi della sopravvivenza della specie. E questo ci illude di essere felici e realizzati. Così va a finire che le persone si innamorano, poi magari si mettono insieme e infine si ritrovano intrappolate in una gabbia, senza potersi realizzare. Magari mettono al mondo anche dei figli, finendo per rovinare anche loro. Tutto perché non hanno saputo riconoscere e tenere a bada i loro motori ormonali!”
No, non sto facendo alcun riferimento preciso, anche se in effetti potrei essere arrivato a questa conclusione grazie all’esempio di qualcuno casualmente piuttosto vicino a me.
Xiaoyu ascolta in silenzio, incapace di replicare. Sembra sconvolta.
“Accidenti…” mormora annientata dalla forza delle mie argomentazioni.
È chiaro che non ha alcuna possibilità di poter controbattere ciò che ho detto.
“Se questa è la visione che hai della vita…” riprende “Ora capisco com’è che hai sempre quella faccia e quell’umore da eterno costipato!”
“Che cosa?!” esclamo.
Non era esattamente ciò che mi aspettavo di sentire.
“È terribile, Jin!” continua seria “Non puoi pensare davvero queste cose! Non siamo solo delle macchine!”
Faccio una smorfia e sospiro.
“Sei libera di continuare a vivere come un’ingenua tutta la vita.” brontolo “Però cosa farai se un giorno, ingenuamente, deciderai di voler condividere la tua vita con qualcuno che finirebbe solo per rovinartela?”
Mi guarda sconcertata per qualche secondo, poi sospira.
“Ci rinuncio.” dice soltanto “Vado a prendermi da bere, vuoi qualcosa?”
“Sono un po’ d’acqua.” rispondo.
Si allontana e io nel mentre mi rendo conto che la musica è cambiata e molta gente ha iniziato a ballare. La cosa più sorprendente però, che mi lascia totalmente di stucco, è che anche Julia e Steve Fox si sono uniti alla folla danzante. Julia! Che è sempre rimasta alla larga da questi stupidi riti sociali almeno quanto me!
E invece eccola lì, davanti a Fox, che ridacchiano e ondeggiano assieme a tutti gli altri, spostando il peso del corpo alternativamente da una gamba all’altra.
Questo è quello che si intende per ballare in occasioni come questa. Gran bel divertimento! Loro sì che si godono certamente la vita!
Metto da parte il piatto vuoto e mi metto a braccia conserte, a riflettere sul mondo e sulle sue stranezze e sul fatto che a volte mi sembra proprio di non farne parte.
Persino i secchioni si divertono, o per lo meno fanno finta.
“Bah…” mi lascio sfuggire, ancora in uno stato di sconcerto totale.
Mai e poi mai avrei pensato di assistere ad una scena del genere. Se solo Kamiya fosse qui, mi darebbe certamente ragione!
È vero che ho sempre detto a Julia che la sua ossessione per lo studio era eccessiva anche per i miei metri di giudizio, ma non mi aspettavo un cambiamento così repentino.
Poco dopo cerco con lo sguardo Xiaoyu, che nel mentre non è ancora tornata con l’acqua. Sempre che non sia caduta dai tacchi e rotolata via da qualche parte!
Accidenti, non ci avevo pensato! Forse sarei dovuto andare io al posto suo.
E invece no. Eccola che è ancora al tavolo del rinfresco, intenta a chiacchierare con Anna e… Lee!
Ora mi è tutto improvvisamente chiaro. Ecco chi deve essere l’amico che ha invitato Anna alla festa. So che si conoscono e si più o meno frequentano da tanti anni. Già dai tempi in cui Anna mi faceva da baby-sitter.
Storco il naso al ricordo di quando una volta nella mia ingenuità di bambino avevo chiesto ad Anna se lei e Lee fossero una coppia, dato che li vedevo sempre ronzare l’uno accanto all’altra. Lei allora mi aveva teneramente spiegato che no, erano soltanto amici, ‘amici con benefici’, ma pur sempre soltanto amici. Un giorno capirai cosa vuol dire, tesoro mi aveva allora detto la mia carissima baby-sitter dandomi delle tenere pacche sulla testa.
Anna e Xiaoyu chiacchierano vivacemente, Lee ascolta in silenzio sorseggiando qualcosa da un bicchiere a calice alto e sottile.
Alla fine Xiaoyu sembra cercarmi con lo sguardo, mi individua e dice qualcosa. Anna le tocca affettuosamente una spalla e sembra convincerla ad unirsi alla folla danzante, poi mi guarda con un sorriso che non mi piace per niente. Inizia a camminare verso di me, mentre Lee rimane fermo a godersi la sua bevanda e a guardarmi con un ghigno divertito.
Ho un brutto presentimento. Mi alzo e faccio per andarmene, ma Anna mi intima di fermarmi.
“Non ci pensare neanche!” mi acchiappa con un balzo.
“Che diavolo vuoi Anna?!” cerco di scrollarmela di dosso.
“Sono venuta a portarti l’acqua.” mi dice porgendomi un bicchiere pieno.
Lo prendo e lo annuso.
“Hai messo qualcosa dentro?”
Lei rotea gli occhi.
“Ma per chi mi prendi?!”
L’assaggio. Sembra effettivamente acqua.
“Dopo verrai a ballare con me!” dice con un sorriso minaccioso.
“Cosa?!” sgrano gli occhi “Ma neanche per sogno!”
“Lo faccio per te, Jin-Chan! Devi imparare a divertirti come tutti gli altri!”
“Non credo proprio!” dico appoggiando il bicchiere in un tavolino lì accanto.
Credo proprio che sia arrivato il momento di lasciare la festa. Julia tanto non ha più bisogno di compagnia e anche Xiaoyu sembra divertirsi alla grande!
“Tu non ti muoverai!” promette Anna molto sicura di sé.
Mi prende per un braccio.
“Anna, sul serio levati di mezzo e lasciami andare!”
Lei mette improvvisamente da parte il sorriso e mi rivolge un’occhiata glaciale.
“Non usare questo tono con me e vieni subito a ballare, se non vuoi che racconti ai tuoi amici altre storie imbarazzanti sulla tua infanzia.” mi minaccia “E lo sai che lo faccio. Ho l’imbarazzo della scelta su cosa potrei raccontare!”
Non riesco a crederci che possa ricattarmi con una cosa del genere. Perché tutti mi odiano?
“Sei… perfida!” dico con un mugolio.
Lei sorride e mi prende la mano, trascinandomi verso la pista da ballo. Mi lascio trascinare come un peso morto in mezzo al gruppo di studenti che si muovono ritmicamente, come un’onda umana senza alcun ordine, come delle particelle in balia dell’entropia.
Anna si ferma e molla la presa sulla mia mano, iniziando a muoversi sul posto, con movimenti sinuosi e decisi. Un po’ troppo decisi, rispetto a tutti gli altri. E infatti cattura l’attenzione di parecchi sguardi attorno a noi. Io resto immobile come un cretino a guardarmi intorno con sguardo disperato.
È tutto così incredibilmente imbarazzante. Credo di stare per impazzire. Seriamente, non ho mai avuto una crisi di panico, ma potrei esserci vicino.
Ogni tanto Anna mi guarda con delusione, perché non ci sto nemmeno provando.
Continuo a farle di no con la testa.
“Te l’avevo detto che sarebbe stato completamente inutile.” dice Lee spuntando fuori da qualche parte dietro di me.
Anna allunga con un movimento sinuoso un braccio verso di lui e lo cattura trascinandolo verso di sé, poi mi guarda amareggiata.
“Io ci ho voluto provare, ma proprio preferisce annoiarsi.” la sento commentare appena udibile sopra la musica.
“Mi sarei stupito del contrario.” risponde Lee, che nel mentre ha iniziato a ballare con lei.
Proprio quando mi convinco del fatto che questa situazione non possa essere peggio di così, ecco che vedo mio zio e la sua amica, entrambi non più giovanissimi, cimentarsi in una sorta di danza flirtuosa, mentre discutono sulle mie incapacità sociali. Il tutto davanti ai miei poveri occhi.
Sai una cosa Anna? Non mi interessa, puoi raccontare tutte le storie sulla mia infanzia che vuoi. Niente potrà mai essere peggio di questo.
Giro i tacchi e faccio per andarmene.
“Hey, ma che fai?! Vai via davvero?!”
“Lascialo in pace, dai.”
Devo andarmene! Forse faccio ancora in tempo a prendere la metro.
Vado verso la sala-spogliatoio a prendere il mio giubbotto, quando in quel momento scorgo Xiaoyu, con la sua inconfondibile camminata traballante, che esce in terrazza.
La guardo confuso.
Che diavolo sta andando a fare là fuori che sta facendo un freddo cane questi giorni?!
Guardo il mio giubbotto, e guardo il suo a fianco.
Sbuffo e acchiappo anche il suo.
Esco dallo spogliatoio infilandomi il giubbotto e mi dirigo verso l’uscita per la terrazza. In quel momento passo a pochi metri di distanza da Julia e Steve Fox che sembrano star passando una gran bella serata, ballando e ridacchiando insieme. Sono così presi che nemmeno mi notano.
Esco in terrazza e ovviamente non c’è nessuno in giro perché fa un freddo terribile.
La vedo, seduta su una panchina intenta a guardare davanti a sé.
Mi fermo a qualche passo da lei e le lancio il cappotto addosso.
“Ti prenderai un accidenti scema!”
Lei si gira e ridacchia.
“Grazie.” risponde, infilandosi subito il cappotto "In effetti stavo giusto notando che fa un po' freddo."
“Io me ne vado. Julia sembra essersi ambientata benissimo, non ho più motivo di restare.” dico “Tu che fai?”
“La tua baby-sitter non è riuscita a convincerti a ballare?” chiede in tono beffardo.
“Ovviamente no!” rispondo stizzito “E credo anche di dovermi riprendere da un trauma!”
Ridacchia ancora e torna a guardare le luci della città davanti a noi.
“Allora che fai? Resti qui o vieni via con me?” chiedo ancora “Ormai è tardi per la metro, se vai via anche tu potremo dividerci un taxi.”
Si stringe nelle spalle.
“Non so, si sta così bene qui.”
“Ma sei seria?” chiedo guardando il cielo “Ma se c’è freddo e probabilmente sta anche per piovere!”
“Ma guarda che bello!” continua estasiata.
In effetti è una bella vista, se ti piacciono le distese di palazzi che si disperdono fino all’orizzonte e luci fluorescenti dei più disparati colori.
“Preferisco i boschi.” ammetto.
Si gira e mi guarda entusiasta.
“Ti piacciono i boschi?”
Alzo le spalle.
“Che c’è di strano?”
“Niente!” sorride “Ma hai appena ammesso che ti piace qualcosa! Questo ti rende umano! Sai, inizio a pensare che ti piaccia far finta di non esserlo.”
Sospiro.
“Ti riferisci al discorso di prima, immagino.”
“Era un bel po’ deprimente.” dice tornando a guardare le luci della città.
“Presumo che lo sia stato.” ammetto “Ma non ho mai detto che non mi piace niente.”
“No, solo che siamo delle macchine.” ripete.
Sospiro e infilo le mani in tasca.
“Perché ti turba tanto?” voglio sapere “Non sei obbligata a condividere la mia visione del mondo.”
“Certo che no.” risponde senza voltarsi “È solo che sei un mio amico e mi dispiace che tu veda le cose in questo modo.”
Rimango di stucco.
Non sono abituato a queste manifestazioni affettive, se così possiamo definirla, e tanto meno al fatto che la gente mi consideri un amico.
Questo pensiero mi fa sentire... strano, ma allo stesso tempo inspiegabilmente... lusingato?
Un amico. Da quando pensa a me in questo modo?
Non ci avevo fatto troppo caso, ma in effetti ultimamente abbiamo passato un bel po’ di tempo insieme e devo ammettere che parlare con lei diventa sempre più naturale e…
“Saresti dovuto venire anche tu al parco dei divertimenti stamattina!” aggiunge poi interrompendo il flusso dei miei pensieri.
Si volta appena e mi guarda con un sorrisetto.
“Avresti… decisamente bisogno di divertirti un po’ ogni tanto.”
“Mi ci hai già portato qualche tempo fa.” le ricordo “E per i prossimi vent’anni sono a posto, grazie.”
“Allora… potremmo andare in una sala giochi!” si fa venire un’altra idea “Ti piacciono le sale giochi?!”
“Che?! Ti sei forse messa in testa di dovermi fare da animatrice personale?” alzo un sopracciglio.
“C’è questo nuovo gioco, sta girando massimo da un annetto o due credo, ed è bellissimo! Un mio amico ha una macchina da sala giochi a casa, storia lunga, ed è fantastico! Ho fatto un nuovo record proprio questa settimana!”
“Hey, frena con l’entusiasmo!”
“Perché?!” chiede balzando in piedi “Tanto questa festa ha stancato entrambi, dovremmo proprio andare a cercare una sala giochi qui vicin...oooooh!”
Finisce a terra rovinosamente.
“Xiao! Accidenti!” esclamo facendo qualche passo verso di lei.
Lei si mette a sedere con una smorfia.
“Credo di aver rotto il tacco.” borbotta raccogliendo in effetti il tacco della scarpa troncato di netto.
Sospiro.
“Sei… un disastro!” commento.
“Le scarpe sono della madre di Julia.” si ricorda preoccupata.
“Non preoccuparti per quello, sono sicuro che capirà.” rispondo “Piuttosto, ti sei rotta qualcosa?”
“Non credo.” bofonchia.
“Incredibile!” commento “Se non ti avessi vista combattere penserei che tu abbia qualche problema di coordinazione! Si può essere così imbranati?!”
Lei si risolleva lanciandomi un’occhiata torva.
“Avresti potuto aiutarmi a rialzarmi invece di stare ad infierire!” brontola “E non è colpa mia, prova tu a camminare con queste trappole ai piedi e poi ne riparliamo!”
Si risiede e si toglie anche l’altra scarpa.
“Voglio tornare a casa.” piagnucola.
Improvvisamente l’è passata la voglia della sala giochi.
“Vado ad avvisare Julia e poi andiamo a cercare un taxi.” dico prima di girarmi e camminare verso la festa.
Rientro nella sala, dove l’atmosfera è ancora più accesa di quando l’ho lasciata. Un branco di nerd che perdono ogni dignità esibendosi in movimenti ridicoli. L’atteggiamento snob e riservato della fase iniziale è andato definitivamente a farsi benedire.
Davvero sorprendente.
Individuo Anna e Lee e faccio in modo di tenermi il più lontano possibile da loro, facendo un giro largo, quando per caso improvvisamente scorgo Julia seduta in una sedia un po’ in disparte impegnata in una conversazione sempre con lui, Steve Fox.
Mi avvicino e Fox è il primo a notarmi. Julia a quel punto interrompe il suo infervorato discorso in inglese, che in effetti è la lingua madre di entrambi, sulle energie rinnovabili e solleva lo sguardo su di me.
“Io e Xiaoyu stiamo andando via.” spiego brevemente “È caduta.”
“Oh! Si è fatta male?” chiede subito Julia con un po’ di preoccupazione.
“No, ma ha spezzato un tacco della scarpa di tua madre.”
“Ah… dille non preoccuparsi per quello!” Julia agita una mano come se niente fosse “Ne ha un armadio pieno!”
“Comunque, prendiamo un taxi. Tu che fai?”
“Oh…” Julia appare un momento in difficoltà.
Guarda Fox incerta sul da farsi.
“Ti posso riaccompagnare io più tardi se vuoi.” si offre lui col suo inglese dall’accento britannico “Ho la macchina.”
“Ah! Ok, se per te non è un problema… ovviamente.” risponde lei cortesemente, poi guarda me “Allora facciamo così, voi andate pure.”
Parla con un sorrisino timido.
Accidenti, vuoi vedere che Xiaoyu aveva ragione?!
“Ok…” rispondo allora per tagliare corto e lasciarli di nuovo soli “Allora ci vediamo a scuola lunedì.”
Julia annuisce e ci salutiamo.
Torno in terrazza, dove trovo Xiaoyu che si osserva il ginocchio appena sbucciato.
“Presto, sta iniziando a piovere.” dico dopo aver sentito due gocce sulla faccia.
Il cielo è coperto da un manto di nuvole scuro e minaccioso.
“Hai ragione, sono una frana.” borbotta lei, noncurante della pioggia imminente.
Beh, ora che le prende?
“Ho rovinato la serata.”
Sogghigno.
“Non avrei avuto intenzione di accompagnarti in sala giochi in ogni caso.” le faccio sapere. “Andiamo, sù!”
Lei mi guarda senza muoversi.
“Non posso camminare con una scarpa col tacco spezzato, cadrei di nuovo e stavolta sarebbe il mio collo a finire spezzato.”
“E allora che pretendi di fare?! Che ti vengano a prendere in elicottero qui?”
Lei non risponde, ma mi fissa con uno strano sguardo.
Sto per chiederle che diavolo ha da guardarmi in quel modo, quando finalmente capisco.
“No!” dico deciso “Non puoi essere seria!”


Era seria.
“Sei decisamente più pesante di quanto sembri.” mi lamento, mentre finalmente arriviamo all’ascensore.
“Non è una cosa molto carina da dire, sai.” mi risponde con tono scherzoso vicino al mio orecchio “Ma dato quello che stai facendo, ti perdono.”
“Ti converrà se non vuoi ritrovarti col sedere per terra.” borbotto.
Ebbene sì, alla fine ho accettato di portarla a cavalluccio.
Sarebbe stato piuttosto imbarazzante entrare alla festa con lei a cavalluccio per arrivare al corridoio dell’ascensore, se non fosse che sono certo che nessuno ci abbia notati, tanto erano presi dal divertimento.
Roba da matti.
Intanto arriviamo davanti all’ascensore e Xiaoyu si allunga in avanti per raggiungere il pulsante. Lo spinge con la punta della scarpa, mentre i suoi capelli mi accarezzano la guancia. Profumano di frutta.
Preme il bottone e si ritira indietro, congiungendo di nuovo le mani davanti al mio petto.
Aspettiamo in silenzio l’ascensore, un silenzio che inizia a diventare un po’ strano.
Non sono né abituato, né particolarmente a mio agio riguardo al contatto fisico con altre persone, figuriamoci se si tratta di portare in giro qualcun altro sulla schiena.
Sentire la sua voce così vicina, il suo respiro che come parla mi solletica, non dico che sia qualcosa di spiacevole, ma mi fa sentire strano. È ben al di fuori della mia mia zona di comfort.
“Beh, che hai? Sei arrabbiato?” chiede ad un certo punto.
Faccio un quasi impercettibile cenno di no con la testa.
“Ti senti a disagio, vero?”
Mi volto di qualche millimetro per cercare il suo sguardo. Voglio capire se è una curiosità seria o se stia soltanto cercando di sfottermi.
Non penso al fatto che così facendo i nostri visi arrivano ad essere molto vicini. Estremamente vicini, tanto da poter vedere il disegno di venature delle sue iridi color cioccolato. Questo mi porta ancora più lontano dalla mia zona di comfort.
Comunque sembra seria, sono quasi sicuro che non mi stia prendendo in giro.
“Un po’.” ammetto tornando a guardare avanti e sperando di non darlo troppo a vedere.
Che diavolo mi prende?! Perché improvvisamente sento che c’è troppo caldo per tenere il giubbotto?!
“Perché questo dannato ascensore ci sta mettendo così tanto?” brontolo.
È tanto per parlare di qualcosa e cercare di rompere questa strana tensione, anche se sembro avvertirla solo io.
“Siamo al trentacinquesimo piano. Dagli tempo.”
Giusto. Che idiota!
“Sono davvero così pesante?!” chiede iniziando a preoccuparsi.
Finalmente arriva l’ascensore, dal quale escono diverse persone ben vestite, alcune invece restano al suo interno, ma tutte ci guardano incuriosite e divertite.
Entro all’interno della cabina e aspetto che riparta.
“Mi sono rotta una scarpa.” spiega Xiaoyu alla signora accanto a noi, così che lo sentano anche gli altri.
Le mostra la scarpa e il tacco staccato che tiene in mano.
La signora risponde con un sorrisino e annuisce.
“Chissà se riuscirò a recuperarla!” sospira Xiaoyu “Pensavo di usare un po’ di colla…”
“Io la porterei da un calzolaio.” le consiglia un’altra “Se fai da sola potrebbe rompersi di nuovo e potresti farti molto male!”
Segue una garbata conversazione dai toni eleganti sul da farsi per quelle scarpe. Ma almeno è servito ad alleggerire un po’ la situazione.
In questo momento sono grato che Xiaoyu abbia questo potere di saper rompere il ghiaccio praticamente con chiunque. Riuscirebbe a fare amicizia con tutti. Persino… con me.
Con questo pensiero in mente arriviamo finalmente al piano di terra e, più ci avviciniamo all’uscita dell’albergo, più si fa forte il rumore della pioggia scrosciante sulla città.
“Questa non ci voleva.” commenta Xiaoyu, mentre varchiamo la soglia dell’hotel.
“Dovremo per forza bagnarci un po’.” constato a voce alta.
Ottimo! Proprio ora che stavo guarendo da un brutto raffreddore!
Per fortuna ci sono dei taxi parcheggiati davanti all’hotel, quindi non dobbiamo fare un lungo tratto, ma è comunque abbastanza per bagnarci i capelli come se fossimo stati due minuti sotto una doccia.
Entriamo nell’auto e Xiaoyu indica il suo indirizzo al tassista.
Per il resto, non parliamo molto lungo durante il tragitto. Io mi guardo distrattamente le luci della città distorte attraverso i finestrini rigati di pioggia, mentre ascolto la stazione di radio di musica jazz del taxi. Xiaoyu si scioglie i capelli e li districa, lamentandosi di tanto in tanto di quanto si siano bagnati e che non fa affatto bene andare in giro con i capelli bagnati quando fuori fa così freddo. Per qualche assurda ignota ragione rimango quasi ipnotizzato a vederla muovere così i capelli in quel modo e, quando improvvisamente me ne rendo conto, mi impongo di spostare lo sguardo di nuovo fuori dal finestrino.
Che diavolo mi prende stasera? È vero che non sono abituato né a fare amicizia né alla vicinanza con altre persone, ma è possibile che sentirmi dare dell'amico e quel tratto a cavallino mi stiano confondendo così tanto?
Arriviamo a casa di Xiaoyu e ci dividiamo i soldi per pagare la corsa, scoprendo che viene a costare molto più di quanto ci aspettassimo e in pratica non ho abbastanza soldi per far continuare il tragitto fino a casa mia.
“Non c’è problema!” mi assicura Xiaoyu facendomi cenno di seguirla fuori dal taxi “Vieni con me!”
“Ma come…”
“Ti presto un asciugamano e dei soldi per pagarti un altro taxi!”
Apro la bocca per replicare, ma non trovo una risposta adeguata. Di fatto non ho altra scelta.
Scendo dal taxi e faccio come mi suggerisce, seguendola lungo il vialetto che dà al complesso di appartamenti dove abita.
Lei corre a piedi nudi sul selciato coperto di fango e pioggia.
“Attenta a dove metti i piedi!” la avverto.
Perché se dovesse cadere di nuovo qui sotto la pioggia e magari farsi anche male sarebbe un bel casino.
Un bagliore improvviso illumina la notte per un momento e subito dopo si sente il tuono squarciare l’atmosfera.
Arrivo sotto il portico con la testa praticamente completamente bagnata. Xiaoyu mi sorride, con i capelli fradici appiccicati al viso.
“Ce l’abbiamo fatta.” mormora mentre tira il portachiavi dalla borsetta.
“Già…” commento soltanto, guardando la distanza dalla strada che avrei giurato fosse almeno il doppio.
Un attimo dopo apre la porta e ed entra in casa.
“Accomodati pure” mi dice accendendo la luce e mettendosi da parte per farmi passare.
Siamo finalmente dentro casa, all’asciutto. Ci togliamo i giubbotti bagnati e li lascia appesi ad asciugare su un appendino accanto alla porta.
Io mi tolgo le scarpe e nel mentre mi guardo attorno. È un mini appartamento, molto essenziale, composto da un semplice ambiente con cucina, divano, tv, sul quale danno due porte, che presumo siano bagno e camera da letto.
“Panda?” chiede Xiaoyu ad alta voce aprendo una porta.
Fa capolino con la testa, poi torna indietro e richiude.
“Come immaginavo!” sorride “Si è addormentata sul mio letto!”
“Succede spesso?” chiedo alzando un sopracciglio.
Un animale di quelle dimensioni non dovrebbe sfondarlo un letto?
“Solo ogni tanto, quando non ci sono.” spiega andando ad aprire l’altra porta “Altrimenti le piace dormire nella vasca da bagno per qualche ragione.”
Questo mi sembra ancora più strano, ma non faccio domande.
“Vieni, ti presto un asciugamano.” mi chiama.
La seguo in bagno, dove è davanti allo specchio che si sfrega un asciugamano contro i capelli umidi. Come entro mi lascia un altro asciugamano pulito rosa a fiori.
Lo prendo al volo e inizio ad asciugarmi i capelli anch’io.
Poco dopo mi accorgo che mi guarda dal riflesso dello specchio con un sorrisetto divertito.
“Cosa c’è?”
“È la seconda volta che ti vedo con i capelli che rispettano la gravità.”
Già, anche quando era venuta a casa mia durante il mio periodo di sospensione aveva commentato il mio insolito look.
“E per me è la prima volta che ti vedo senza le tue codine da scema.” ribatto.
Lei sogghigna.
“Codine da scema?” ripete “Mi spiace, ma non accetto consigli da uno che va in giro con i capelli di uno che ha corso troppo controvento.”
La guardo di sbieco. Da dove diavolo le verranno in mente certe cose?!
Mette giù l’asciugamano e si sistema i capelli con una spazzola. Poi fa qualche passo indietro per mettere via l’asciugamano quando si accorge di avere ancora i piedi pieni di fango.
“Ah accidenti! Ma sto facendo un casino sul pavimento!”
“Che arguzia!” sorrido sarcastico.
È da quando siamo tornati che va in giro avanti e indietro per la casa senza curarsene minimamente.
Lei sospira.
“Vai pure a sederti nell’altra stanza, accendi la tv, fa quello che vuoi.” dice “Mi pulisco i piedi, torno tra un attimo. Così poi ti presto i soldi.”
Annuisco e faccio come mi dice.
Torno nella stanza principale.
“Puoi anche prenderti da bere!” dice ancora dal bagno “Ho solo acqua, latte e succo di frutta però.”
“Posso prendere un po’ d’acqua?” chiedo.
Alla fine non sono riuscito a bere niente in tutta la sera da quando Anna mi ha offerto quel bicchiere sospetto. Ho la gola secchissima.
Mi preparo un bicchiere d’acqua e finalmente mi disseto, mentre penso ancora ad Anna. Sono certo che abbia tentato di farmi ubriacare per convincermi a ballare più facilmente. A volte mi chiedo come sia possibile che le abbiano permesso di farmi da baby-sitter per tutti quegli anni!
Bevo un secondo sorso d’acqua e vado a sedermi sul divano.
La tempesta non accenna a voler smettere. È una fortuna che i soldi ci siano bastati per arrivare almeno fino a qui!
Accendo la tv e inizio a fare zapping svogliatamente, passando da notiziari, a talk-show di vario tipo, da anime strani di quelli che mettono dopo una certa ora a… mi rizzo sulla schiena mentre mi viene in mente una cosa.
Guardo l’orologio. A quest’ora dovrebbe esserci la replica del nuovo episodio di Manji no Tatakai!
Cambio canale e becco la sigla iniziale. Oh che bello! Queste sono le piccole cose che salverebbero anche una giornata disastrosa come quella che ho appena passato!
“Eh?! Non mi dire che anche a te piace questa serie stupidissima!” esclama Xiaoyu uscendo dal bagno con indosso un pigiama arancione.
“Serie stupidissima?!” ripeto accigliato “Ma almeno hai mai provato a seguirla?”
“Ho visto qualche pezzo di episodio di tanto in tanto.” risponde vaga lanciando un’occhiata di sbieco alla TV, mentre va davanti ad una finestra.
Mette le mani a coppa contro il vetro e avvicina il viso, per cercare di vedere attraverso l’oscurità.
“Cavolo, sta venendo giù il diluvio universale!” si gira “Se vuoi puoi restare ad aspettare finché non smette un po’.”
Do un’occhiata fuori dalla finestra anche io. In effetti sembra esserci un tempaccio assurdo. È chiaro che mi bagnerei completamente di nuovo se dovessi uscire ancora.
“Sei sicura?” chiedo, non volendo approfittare troppo della sua gentilezza.
Lei si stiracchia, mentre va a mettere dell’acqua in un bollitore.
“Bah, figurati! A me non disturbi.” dice “E poi eri influenzato fino all’altro giorno, non voglio averti sulla coscienza. Ed è il minimo che possa fare, dopo che mi hai trainato in giro come il mio asino personale.”
Sorride.
“Quindi posso… aspettare e guardare l’episodio?” chiedo indicando la TV con il telecomando.
Lei si stringe nelle spalle.
“Fai pure quello che vuoi.”
Perfetto. Posso anche godermi la nuova puntata adesso.
Dopo qualche minuto Xiaoyu viene a sedersi con me nel divano, portando due tazze fumanti di tè verde. Me ne porge una.
“Chi è questa gente? Sono nuovi?” chiede durante la pausa pubblicità.
“Sì, è una novità di questa stagione.” spiego “Un nuovo gruppo di sopravvissuti che hanno accesso ad una tecnologia avanzata. Sono come un gruppo di ninja futuristici. Si sa pochissimo di loro e dei loro obiettivi, per ora conosciamo solo due membri, Raven e il suo capo, quella donna con i dread e la katana. Si sono scontrati con Dragunov e la loro dinamica si è intrecciata a quella di Yoshimitsu e… non hai la minima idea di che cosa stia dicendo, vero?” concludo notando il suo sguardo spaesato mentre sorseggia un po’ di tè.
“No, non ci ho capito niente.”
“Sul serio, dovresti recuperare le vecchie stagioni e guardarla per intero!” le suggerisco a quel punto “È fantastica! Piace anche ad Asuka e ad Alisa!”
Bevo un sorso di tè e noto che lei mi guarda con una strana aria divertita.
“Che c’è?”
“Sembri davvero interessato a questa serie.” osserva a voce alta “Nonostante sia soltanto… un prodotto di intrattenimento, una cosa del tutto ‘non importante’.”
Ho già capito dove vuole arrivare.
“E con questo che vorresti dire? È ovvio che anche io ho degli hobby e degli interessi personali! Io mi riferivo all’importanza di avere il controllo della propria sfera emotiva e biologica, che potrebbe portarti a compiere dei gesti impulsivi che potrebbero portare a decisioni…”
Ridacchia.
“Sì sì, va bene. Ho capito.” mi interrompe “Sei un tipo interessante, Jin-chan!”
Sospiro, ma neanche provo a ripeterle che non mi piace che mi chiami in quel modo. Tanto ormai potrebbe soltanto peggiorare la situazione. Grazie mille Anna!
La pubblicità finisce e riprendiamo a seguire Manji no Tatakai in silenzio. Fuori continua a piovere senza sosta, con lampi e tuoni. Si sta facendo piuttosto tardi.
Forse dovrei avvisare mia madre e farle sapere che non ho ancora intenzione di scappare di casa e che sono solo bloccato nel temporale, ma poi ripenso a quanto sono ancora arrabbiato per la vicenda di Lars e decido che è meglio non farmi sentire. D’altronde è probabile che non si siano neanche accorti del mio non ritorno!
La vicenda di Lars. Ogni volta che ci ripenso mi sento ribollire di rabbia.
Chissà se questo senso di rabbia si allevierà quando lo scandalo della Mishima Zaibatsu salterà fuori e chissà cosa succederà.
Mi volto un attimo da Xiaoyu, che guarda la TV con attenzione. La possibilità che la zaibatsu vada a fondo trascinando anche gente come lei ovviamente continua a preoccuparmi.
E se si ritrovasse a non poter continuare più a vivere qui? E se fosse costretta a tornare in Cina per questo? È una possibilità che non si può escludere per ora.
In quel momento la vedo pendere su un lato e scivolare inerme finendo con la testa contro la mia spalla. Si è addormentata. Ecco perché sembrava di colpo così interessata alla serie.
Deglutisco e rimango immobile sperando che si svegli e che torni in fretta al suo posto, ma questo non succede. Lentamente allora le sfilo la tazza, ormai vuota dalle mani e l’appoggio nel tavolino a fianco al divano, così che non le possa scivolare dalle dita.
Delle ciocche di capelli le ricadono davanti al viso, che sembra così rilassato, così in pace. Ed è così dannatamente carina.
Un momento, cosa ho appena pensato?!
Ancora una volta mi ritrovo trascinato a forza fuori dalla mia zona di comfort.

Torno a guardare la televisione con occhi sbarrati, cercando di spaziare la mente e concentrarmi soltanto in quello che vedo alla TV, ignorando quell’insolito peso sulla spalla e il debole rumore del respiro ritmico di chi dorme serenamente, così pericolosamente vicino.
È la scena finale dell’episodio, Bryan e il suo gruppo sono entrati in azione al fianco di Dragunov e stanno attaccando il gruppo di Raven e il Manji. Intanto, a debita distanza, qualcuno osserva in silenzio la scena dalla cima di un albero. Qualcuno con il volto coperto da una maschera di volpe e dei lunghi capelli rossi che fluttuano al vento. Kunimitsu! È tornata in azione finalmente! Probabilmente avrei reagito con più entusiasmo a questo colpo di scena se non fosse che... in questo momento sono distratto da qualcos'altro. Per quanto mi sforzi di fare come se niente fosse, non posso non notare che questa prossimità sta producendo sul mio corpo e mente degli effetti inaspettati e... onestamente inizio ad impanicarmi. Che significa questo?
Partono i titoli di coda e rimango imbambolato, incapace di pensare a niente di intelligente. Provo ad allentare il nodo della cravatta, che improvvisamente sento troppo stretto. Stupido codice di abbigliamento da feste secchione! Titubante, torno a guardarla. Dorme così profondamente e non sembra intenzionata a cambiare quella comoda posizione. Perché diavolo doveva addormentarsi sopra me però?!
Faccio un respiro profondo e cerco di non farmi prendere dal panico.
Ok, Jin. Sta' calmo, o sei confuso, oppure semplicemente ti piace un pochino. E anche se così fosse? Che cosa sarà mai?! È tutto normale e biologicamente sensato. È semplice attrazione, un banalissimo effetto di quel legame biologicamente indissolubile tra noi, individui evoluti, e il mondo animale, che ha bisogno di far sopravvivere la specie.
Respiro a fondo, cercando di mantenere la calma. Non è niente di cui dovrei preoccuparmi, sono attratto da lei, ma questo non cambierà niente: non ho il minimo interesse in legami di tipo affettivo o di stronzate simili, che sono buone solo per rovinare le vite delle persone. Ho il pieno controllo del mio raziocinio. Mica come Julia, che si scioglie senza ritegno davanti ad un brillante studente britannico qualunque.
Sì, io sono padrone della mia razionalità.
Non voglio dover avere a che fare con sensazioni di questo tipo, ragion per cui adesso mi sposterò e romperò questo contatto.
La guardo ancora e non fa che peggiorare le cose.
Deglutisco.
Devo assolutamente spostarmi un po’ più in là.


Mi sveglia un rumore secco di qualcosa che cade. Apro gli occhi di colpo e vedo soltanto un cuscino, il mio cellulare a terra a fianco alla mia mano e per qualche secondo non ho idea di dove mi trovi.
Sollevo la testa dal cuscino e la coperta mi scivola di dosso.
Sono nel soggiorno di Xiaoyu, illuminato dalle prime luci dell’alba. La tempesta sembra essere definitivamente passata e da oltre le nuvole arriva qualche timido raggio di luce.
Mi metto a sedere mi sfrego gli occhi, gonfi per il poco sonno. Alla fine devo essermi addormentato anche io su questo divano ieri sera. E qualcuno poi deve avermi portato un cuscino e una coperta. Carino da parte sua!
Raccolgo il telefono, che deve essermi scivolato dalla tasca e leggo l’orario. Le sei e mezza del mattino. Per forza mi sento come se fossi stato investito da un treno, avrò dormito sì e no tre ore, in un divano decisamente troppo piccolo.
Sposto la coperta, con una stampa di coniglietti, gattini e altri animali pucciosi e mi alzo, sentendo le ossa della schiena schioccare dolentemente.
Direi che è il caso di tornare finalmente a casa. A quest’ora posso tranquillamente anche usufruire della metropolitana, di cui ho già il biglietto, e non ho neanche bisogno di farmi prestare soldi da nessuno.
Xiaoyu è probabilmente a dormire nel calduccio del suo letto in camera sua. Non è il caso di svegliarla, posso ringraziarla con un bigliettino attaccato al frigo o qualcosa del genere. Prima di andarmene però, ho bisogno di fare una visita urgente al bagno.
Apro la porta del bagno e la richiudo a chiave dietro di me. Come passo davanti al lavandino lancio un’occhiata al mio riflesso allo specchio. Ho dei cerchi scuri intorno agli occhi e i capelli con una piega da idiota, ma chi se ne frega.
Raggiungo il gabinetto e faccio in tempo solo a sbottonarmi i pantaloni, quando un inquietantissimo grugnito mi fa sobbalzare.
Che cazzo era?!
Forse erano soltanto le tubature. No, cazzo. Non era un rumore di tubature, quello!
Mi volto lentamente e noto la tenda della vasca che si muove.
“Che cazzo…” faccio soltanto in tempo a dire, quando con un movimento secco la tenda viene aperta e spostata di colpo su un lato.
Il panda dentro la vasca si alza in tutta la sua altezza e emette un basso ringhio minaccioso. Mi guarda scoprendo appena i denti.
“Oh merda!”
Mai avrei pensato che un panda arrabbiato potesse essere tanto terrificante.
Torno indietro schiantandomi quasi contro la porta, giro velocemente la chiave nella serratura e torno nella stanza principale. Corro verso la camera di Xiaoyu.
Apro la porta e mi rifugio al suo interno.
“Xiaoyu! Svegliati!” la chiamo, con la schiena contro la porta.
Da sotto le coperte arriva un grugnito indefinito.
“Xiaoyu!” insisto “Il tuo dannato orso vuole uccidermi!”
Nel mentre il panda arriva e lo sento colpire violentemente contro la porta. Io mi sposto e cammino verso la parete opposta della stanza.
A quel punto emerge la testa tutta spettinata di Xiaoyu dal cumolo di coperte e si gira verso la porta aggrottando le sopracciglia.
“Ma che succede?!”
Panda spalanca la porta ed emette un lungo ringhio.
“Sono andato in bagno e… quella è saltata fuori da dietro la tenda della vasca!” inizio a spiegare risentito.

Xiaoyu scende dal letto e si avvicina al panda.
“Hey, calmati!” dice accarezzandole la testa “È solo Jin, va tutto bene. È un amico.”
Mi guarda.
“Si è solo spaventata perché non ti conosce!” spiega, continuando ad accarezzare il panda come se fosse un gattino “Dai, vieni a fare amicizia.”
Il panda ha cambiato completamente atteggiamento adesso, così docile e coccoloso.
“Non ci penso nemmeno! Io non mi avvicino a quel mostro!”
“Hey!” mi ammonisce Xiaoyu con un’occhiataccia “È solo diventata molto più diffidente da quando è stata rapita, anche tu lo saresti se avessi passato quello che è successo a lei!”
Poi sposta lo sguardo dal mio viso ad una zona un po’ più giù.
“Comunque hai dimenticato di riallacciarti i pantaloni.” mi comunica tornando ad accarezzare quel mostro dalla doppia personalità.
MERDA!
Mi volto immediatamente e tiro su la zip e mi risistemo. Questa figura di merda e non sono neanche riuscito a fare la pipì! Maledettissimo panda!
lo guardo con un’occhiata gelida, alla quale risponde mostrandomi di nuovo i denti.
Mi odia, ne sono certo, e questa è una dichiarazione di guerra.
Come vuoi, ammasso di pelo.
“Io me ne torno a casa.” borbotto dopo. Offeso, stanco e umiliato.


 






 

NOTE:
Quando ho finito la prima stesura di questo capitolo, il commento della beta è stato “va bene, ma forse hai reso Jin un po’ troppo Sheldon Cooper”. Rileggendolo effettivamente forse avevo reso un po’ troppo strano il suo discorso sull’interpretazione della vita e boh, spero di essere riuscita a sistemarlo un po’. Questo capitolo mi spaventa un po’, onestamente. Ma è stato un po’ complicato immaginare un lato personale di Jin, che non sia il solito incazzoso, specialmente in un AU. Perché no, un Jin socialmente/romanticamente disinvolto è proprio un ossimoro secondo me, ma non voglio neanche trasformarlo in una specie di Sheldon appunto. Quindi boh, spero di essere riuscita a tirare fuori qualcosa di abbastanza convincente alla fine.
(Ah sì! Poi c’è pure quell’accenno di XiaoxJin, pairing che ormai mi pare odino tutti tra quei pochi rimasti da queste parti. Andiamo molto bene quindi! Ahaha *va a nascondersi*)
Dai, scherzi a parte. Spero sia stata una piacevole lettura.
Alla prossima (se non scappate)!

 

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Capitolo 27
*** Sabotage (Asuka) ***


Avviso spoiler: In questo capitolo faccio dei riferimenti a dei particolari importanti della trama canon che vengono rivelati in Tekken 7. Quindi se non ci avete ancora giocato o non vi siete spoilerati i filmati per conto vostro su youtube (come ha fatto la sottoscritta), e ci tenete a non rovinarvi la sorpresa (?), io vi ho avvisato.
 




 

27
Sabotage
(Asuka)


“Asuka!” commenta sorpresa mia zia scendendo dalle le scale “È prestissimo, cosa ci fai già in piedi?!”
Già. Sono le sette del mattino, di domenica e io sono fuori dal mio letto, spalmata sul divano in soggiorno a guardare la TV. Il mondo si è ribaltato. Non mi riconosco più.
“Non avevo sonno.” ammetto cambiando canale alla TV.
Mia zia si avvicina e mi guarda con aria apprensiva.
“Mi stai facendo preoccupare…” mormora appoggiandomi una mano sulla fronte “Non avrai mica la febbre!”
“Sto bene.” mi scanso.
Ed è la verità. Non ho niente che non vada. Per lo meno fisicamente.
Per quanto riguarda la mia stabilità psicologica invece potremmo starne a parlarne per ore.
“Uscite?” chiedo notando il suo abbigliamento e quello di Kazuya che sta scendendo a sua volta dalle scale.
Mia zia sospira guardando la stanza ormai semivuota.
“Abbiamo deciso di rifare da capo il soggiorno.” spiega con una nota amara nella sua voce.
“Tu hai deciso.” la corregge Kazuya.
“Insomma, andremo a vedere qualche negozio.” continua mia zia ignorandolo “E faremo altre commissioni.”
“Hmm.” annuisco.
“Staremo via tutto il giorno.” continua con un piccolo sorriso “Così voi ragazzi potrete passare una giornata senza grandi in casa.”
Credo sia stato uno strano tentativo di fare ironia, ma non mi stupirebbe se lei ci considerasse davvero soltanto dei bambini. Dei bambini a cui non è dato sapere che si sta accogliendo in casa una spia.
“Jun… non hanno dodici anni!” commenta Kazuya.
“Hai ragione, non avrei dovuto dire così.” ammette lei con una risatina nervosa, poi mi guarda seria “Vi prego però, state calmi e non fate casini. Ok?”
Ora che non c’è più il suo braccio destro, baby-sitter, 007 tuttofare sembra essere diventato un grande rischio lasciarci da soli!
“D’accordo.” borbotto tornando a guardare la TV.
Lei in risposta mi accarezza la testa.
“Buona giornata, Asuka!” mi saluta andando verso la porta “Avvisa Jin quando si alza.”
“Buona giornata anche a voi.” rispondo con un sorriso falso di cui loro non si accorgono.
Sì, sono arrabbiata. Arrabbiata e incredibilmente ferita.
Come posso fidarmi ancora di loro?
Stanno andando a comprare un nuovo soggiorno? Dovrei crederci? O stanno andando ad affossare qualche altra azienda o a distruggere un laboratorio di Heihachi? Come posso sapere che ogni volta che qualcosa esce dalla loro bocca non sia una menzogna?
Sbuffo e cambio ancora canale.
“Benvenuti a ‘Moshi moshi Zafina’!” dice una donna dal forte accento straniero alla TV “La rubrica mattutina per chi ha bisogno di confidarsi con qualcuno, con consigli, supporto, e lettura dell’oroscopo.”
Alzo un sopracciglio alla parola oroscopo. C’è davvero ancora gente così ingenua in giro che crede che la nostra vita possa dipendere dalla posizione di pianeti e stelle nel cielo?
La donna di nome Zafina indica il numero per le chiamate e attende col sorriso il primo collegamento della puntata.
Certo che ha un trucco un bel po’ pesante per la mattina!
“Abbiamo una chiamata! Pronto!”
“Pronto.” risponde con poco entusiasmo una voce femminile dall’altra parte.
Anche lei ha un accento straniero.
“Benvenuta! Come ti chiami?”
“Christie.”
“Christie! Da dove chiami, cara?”
“Dal Brasile!”
“Wow! Abbiamo una chiamata internazionale!” esclama Zafina “Che ore sono adesso in Brasile, Christie?”
“Le sette e mezza di sera.”
Non posso fare a meno di notare che la donna brasiliana non sembra avere troppa voglia di voler parlare.
“Come mai ci chiami Christie? Di cosa ci vuoi parlare?”
La donna dall’altro capo del telefono emette un lungo sospiro.
“Non saprei neanche da dove cominciare.” ammette “Chiamo perché ho un messaggio per qualcuno.”
“E chi sarebbe questo qualcuno?” domanda allora Zafina intrigata.
“Eddy.” dice “So che è all’ascolto.”
“Eddy!” esclama la conduttrice “Chi sarebbe questo Eddy?”
“Quell’idiota del mio ragazzo!”
Zafina si sfila gli occhiali e accavalla una gamba sull’altra.
“Fammi capire, Eddy non è lì con te?”
“È in Giappone.” spiega “Ma vorrei che tornasse a casa!”
“Hai sentito Eddy? Christie ti chiede gentilmente di tornare a casa!” ripete Zafina guardando dritto verso la videocamera.
“Eddy! Torna subito a casa, pezzo di deficiente!” esplode Christie non proprio gentilmente “Nonno sta di nuovo male! Abbiamo bisogno di te qui! Lascia perdere la tua assurda idea di fare carriera come ballerino di disco anni ‘70! Torna a casa e cercati un vero lavoro! Metti in testa che quella roba non tornerà mai più di moda!”
Zafina strabuzza gli occhi, a me scappa una risata.
“Se n’è andato per cercare di diventare un ballerino di disco anni ‘70?”
“Sì. È convinto di essere intrappolato nella generazione sbagliata!”
“Oh, poverino!”
“Poverino??! Poverina io!!!”
“D’accordo Christie, ora cerca di calmarti, cara!” dice Zafina cercando di placare i toni “Devi capire che Eddy vuole seguire i suoi sogni, e tu forse dovresti cercare di supportarlo.”
“Che cosa?!” esclama Christie “Faccio due lavori per mantenermi e per pagare le cure del nonno e quello è in giro a ballare dentro una tutina luccicante attillata e con una parrucca afro in testa! Deve ringraziare che non l’abbia ancora lasciato!”
Zafina alza le spalle.
“Forse se Eddy è all’ascolto potrebbe darci la sua versione dei fatti.”
“Certo che è all’ascolto! Adora questa stupidissima trasmissione di pettegoli, visto che è un grandissimo pettegolo anche lui!!!” sbraita Christie prima di chiudere la chiamata.
“Christie?! Christie! Non è affatto carino questo! Non ci si comporta così. Non ti viene in mente che forse Eddy si sia voluto allontanare da te e dalla tua indole aggressiva?”
Rido ancora.
Che razza di programma idiota! Quella Christie ha proprio ragione! Ha usato il termine perfetto, queste sono trasmissioni per gente pettegola!
Sogghigno, immaginandomi una mia possibile telefonata.
Pronto Zafina, sono Asuka. I miei zii sono dei bugiardi e il ragazzo che viveva con noi fino all’altro giorno è anche lui un bugiardo. Era una spia che lavorava, a sua insaputa, per i miei stessi zii, che quindi sono doppiamente dei bugiardi. Tutto ciò per cercare di incriminare il nonno, che è a sua volta un grande bugiardo. Insomma, le persone che mi stanno intorno sono tutte dei bugiardi e io non mi fido più di nessuno.
Le mie labbra tornano alla loro posizione normale. Non c’è più niente di divertente in questo.
“Abbiamo un’altra chiamata, pronto!” dice intanto Zafina.
“Pronto Zafina, sono Eddy!”
“Eddy!” esclama come se avesse ritrovato un vecchio amico “Eccoti qua!”
“Volevo dire a Christie che sto lavorando qui per anche per lei! Un giorno il nome di Tiger Jackson sarà famoso in tutto il mondo! La disco non è morta! Non morirà mai finché ci saranno persone che come me continuano a crederci!”
Ok, credo di averne avuto abbastanza e Eddy è un cretino. Spengo la TV.
Sento in quel momento il rumore della porta di casa che si apre. Un po’ stupita, mi sporgo indietro per vedere chi è.
Saranno Jun o Kazuya che si sono dimenticati qualcosa?
No, è Jin.
Jin?!
Ha indosso i vestiti eleganti che indossava quando è uscito ieri sera ed è completamente spettinato.
“Che diavolo ti è successo?” chiedo balzando in ginocchio sul cuscino del divano “Dove eri?”
Lui mi lancia un’occhiata veloce, mette a posto il giubbotto e inizia a camminare velocemente verso le scale.
“Hai passato la notte fuori?” continuo.
“Sì.”
“Hey! Ma perché? Che è successo? Aspetta, parliamo un po’!”
Lui invece inizia a salire verso il piano di sopra.
“No. Devo pisciare e poi ho bisogno di dormire.” sbotta col suo solito tono antipatico.
“Ma io ho bisogno di parlare!” piagnucolo.
Ho un disperato bisogno di confidarmi con qualcuno e l’unico nella mia stessa situazione è lui. Lui con cui posso esprimermi senza preoccuparmi di stare spargendo in giro informazioni riservate. Certo, ci sarebbe anche Alisa, ma lei è in una situazione troppo delicata.
Jin mi ignora e corre al piano di sopra, lasciandomi nella mia solitudine.
“Che palle!” borbotto a voce alta facendomi cadere all’indietro sullo schienale del divano.
Se solo riuscissi a dormire un po’ anche io!
In quel momento sento di nuovo dei passi sulle scale.
“Jin?”
“No.” risponde Alisa facendo capolino con un minuscolo sorriso che si spegne subito.
“Oh! Buongiorno Alisa!” la saluto, prima di notare che è vestita per uscire “Dove vai?”
“Avevo voglia di stare un po’ fuori.” spiega evasiva “Ho bisogno di… stare un po’ da sola.”
“Oh! Capisco!” annuisco.
Non so bene come comportarmi con lei. Soprattutto ora che so quello che so!
Ieri siamo andate con lei e le altre ragazze al parco dei divertimenti, come aveva suggerito Xiaoyu. Tutto sommato Alisa sembra essersi distratta e anche divertita. Più tardi siamo anche andate a mangiare insieme e poi l’abbiamo accompagnata a comprare un cellulare. Siamo riuscite a passare una mattina diversa alla fine, eppure non posso fare a meno di ricordare quello sguardo triste sulla strada di casa.
“Ok, se hai bisogno tanto ora hai anche il telefono.” sorrido.
Lei annuisce.
“Allora ci vediamo più tardi!” mi saluta andando verso la porta di ingresso.
“A più tardi.”
Torno ancora una volta alla mia solitudine e ai miei pensieri opprimenti.
Mi sdraio sul divano, con lo sguardo puntato sul soffitto.
Uffaaaa!
Sbatto violentemente i piedi sul bracciolo, cercando di sfogare il turbine di emozioni negative che mi opprime. Non mi importa neanche se si rompe, tanto zia Jun ha detto che vuole ricomprare il soggiorno per intero.
Mi porto un braccio sulla faccia, coprendo gli occhi.
E dire che fino a qualche giorno fa ero in crisi per paura di Feng. Oggi per qualche ragione sono quasi portata a non dovermene neanche più preoccupare. Tanto probabilmente mia zia ha già predetto tutto e ha già piazzato un cecchino alle sue calcagna, a mia insaputa.
Sospiro.
È inutile. È una cosa troppo grossa da digerire.
Io, Asuka Kazama, odio le bugie. Anche quelle a fin di bene. E io, Asuka Kazama, sono ad un passo dalla pazzia.
Mi addormento, non so bene per quanto, ma quando mi sveglio il sole è alto nel cielo. La tempesta di ieri notte sembra essere un ricordo lontano.
Mi ha svegliato il rumore di un elicottero che sta passando da qualche parte sopra la nostra casa. Che gran casino che fa!
Mi metto a sedere sul divano e mi stiracchio.
Chissà se qualcuno è tornato mentre dormivo.
“Alisa?” provo a chiamare, senza alcuna risposta.
“Zia Jun?”
Beh, chiaro. L’avevano detto che sarebbero rimasti via tutto il giorno. Almeno su queste piccole cose sono sinceri.
Mi alzo in piedi.
Sono felice di essere riuscita a recuperare qualche ora di sonno e sicuramente anche Jin sarà ben riposato ormai. È arrivato il momento di fare una bella chiacchierata con lui, volente o nolente.
Mi dirigo verso le scale, quando mi fermo di colpo davanti alla vetrata notando che prima di tutto il rumore dell’elicottero sta diventando sempre più forte, secondo, le chiome degli alberi del giardino si muovono come se ci fosse un’improvvisa tromba d’aria o come se… l’elicottero volesse proprio atterrare nello spiazzo in giardino.
“Jiiiiiiiiiiiiiin!” lo chiamo con tutto il fiato che ho in gola.
Che diavolo succede?!
Stanno venendo a rapirmi?
Mi si gela il sangue nelle vene.
Oddio, Feng si è procurato un elicottero.
No! Non Feng! Dev’essere per forza collegato al casino di Lars.
Sì! Sicuramente è così! Sappiamo troppe cose e sono venuti a prenderci per metterci a tacere.
L’elicottero si ferma nel bel mezzo del giardino e le pale iniziano a rallentare il loro moto.
Io nel mentre spio la scena, accucciata dietro la scala.
I cani di Kazuya sbraitano rabbiosi contro il grosso veicolo.
Sì, bravi cani! Difendeteci voi! Fategli vedere!
Per la prima volta mi sento grata che ci siano quei cani inquietanti a sorvegliare il giardino!
Si apre la portiera dell’elicottero e inspiegabilmente i cani tagliano la corda, scappando con la coda in mezzo alle gambe!
“Ma come?!” mi scappa un mugolio.
Esce fuori una strana donna, vestita in abiti tradizionali giapponesi con al seguito una…
Sobbalzo per la sorpresa e cado all’indietro.
Una tigre al guinzaglio!
Esce dall’elicottero anche una seconda persona, un uomo inquietantissimo, di altezza media, ma incredibilmente robusto, con delle braccia grosse come dei tronchi d’albero e le gambe… beh, ancora più grosse. Ha un viso cattivo e spaventoso, incredibilmente brutto e dall’aria ostile.
Non sono sicura se sia la tigre o lui ad aver spaventato i cani poco fa.
La tigre si muove perlustrando il terreno attorno a sé.
La donna tira la catena che le fa da guinzaglio per convincerla a seguirla. Ma chi diavolo porterebbe in giro una tigre al guinzaglio?! E poi che senso ha un guinzaglio? Se volesse quella tigre sarebbe in grado di spezzare il braccio della donna con un’unghiata.
La donna si avvicina alla vetrata e mi vede, a terra, completamente spaesata.
Apre la vetrata e mi guarda. Ora che la vedo da più vicino noto che non è giovane come inizialmente avevo pensato. I suoi capelli sono neri e lucidi, ma la sua pelle è piuttosto raggrinzita attorno agli occhi e alla bocca. Deve avere almeno una sessantina d’anni.
Apre la porta a vetri.
“Tu chi sei, giovane donna?” mi domanda “Dove si trova Kazuya?”
Oltre all’aspetto anche il suo modo di parlare e il suo lessico sembrano un po’ antiquati, ma ormai non riesco più a togliere lo sguardo dalla tigre.
“Co… come?” balbetto sollevando lo sguardo su di lei “Kazuya? È… è uscito.”
La donna mi guarda con austerità. Non riesco a capire se abbia cattive o buone intenzioni.
“Chi… chi è lei?” trovo finalmente il coraggio di chiedere “Perché ha parcheggiato un elicottero nel giardino dei miei zii?!”
“I tuoi zii…” ripete pensierosa.
“E perché si porta appresso quella bestia?!” grido puntando un dito sulla tigre.
“Nonna! Da quanto tempo!” esclama Jin comparendo in cima alle scale.
Nonna?!
La donna alza lo sguardo e per la prima volta sorride sollevando di pochissimi millimetri gli angoli della bocca.
“È tua nonna?!” chiedo incredula.
Perché nessuno me l’ha mai presentata?! Anzi no, perché nessuno mi ha mai detto che va in giro in elicottero e con una tigre?!
“È la madre di Kazuya.” mi risponde Jin scendendo le scale  “E l'ex-moglie di Heihachi. Come vedi, la passione per animali pericolosi da compagnia era uno dei loro tratti in comune.”
Sarà pure, ma preferirei mille volte avere a che fare con quella stupida palla di ciccia e peli di Kuma piuttosto che con una dannata tigre!
La nonna continua a mantenere quello strano ‘sorriso’.
“Jin! Nipote mio, caro!” commenta osservandolo man mano che scende le scale “Sei proprio cresciuto dall’ultima volta che ti ho visto. Ma dimmi un po’! Mica avrai iniziato a farti di steroidi come tuo nonno?”
“Che cosa?!” esclama lui indignato “Nonna! Ma come ti viene in mente?!”
La nonna torna ‘seria’ e mi guarda, mentre mi rialzo.
“Nipote, chi è questa fanciulla?” chiede diffidente “Si è proclamata nipote dei dei padroni di casa… e ha dato della bestia a Tora-san.”
Oh kami, adesso mica mi darà in pasto a Tora-san! Sto per farmela addosso dalla paura!
“È mia cugina Asuka.” spiega Jin arrivando al piano di sotto “Vive con noi da qualche tempo.”
Jin guarda la tigre.
“E te l’ho detto un sacco di volte, non puoi aspettarti di andare in giro con quella al guinzaglio senza che la gente si spaventi.”
La nonna sembra ignorare completamente il commento riguardo alla tigre e continua a fissarmi con una certa ostilità.

“Cugina?” ripete gelida.
Jin alza gli occhi al soffitto.
“Sì. Da parte di mamma.” spiega “Suo padre è fratello di mia madre. Nonna, mettitelo bene in testa una volta per tutte, Heihachi non ha avuto altri figli con nessuno. Non esistono altre donne così coraggiose al mondo! Oltre a te, ovviamente. Ma per fortuna tu te ne sei accorta in tempo.”
“Io me lo sento che prima o poi salteranno fuori dei figli della vergogna.” commenta sprezzante con occhi spiritati “Proprio me lo sento.”
Sembra quasi indemoniata nel pronunciare quelle parole che riecheggiano nella stanza.
Non so bene cosa, ma c’è qualcosa di questa donna che mi mette letteralmente i brividi.
Poi finalmente rilassa l’espressione, mi guarda e solleva ancora gli angoli della bocca in un minuscolo sorriso.
“Sono onorata di conoscerti, Asuka, cugina di mio nipote da parte di madre.” dice in tono dolce “Io sono Kazumi Hachijo Mishima.”
Si inclina un po’ in avanti in segno di rispetto.
“Il… il piacere è tutto mio.” rispondo confusissima, ricambiando il gesto.
“Allora, nonna.” riprende Jin dopo le presentazioni “Qual buon vento ti porta?”
“Volavo per caso a queste latitudini, dopo essere tornata dal mio ultimo viaggio sul deserto del Gobi. Quando mi è arrivata notizia che il disgraziato dovrebbe inaugurare un campo da golf questa settimana.”
“Nonna?” interviene Jin alzando un sopracciglio “Che ti stai mettendo in testa di fare?”
“Ma niente di che!” solleva le spalle lei come se nulla fosse “Pensavo solo di andare a fargli i miei saluti.”
Rimangono a guardarsi seri per qualche secondo.
“È oggi vero?” chiede poi con un mezzo sorriso.
“Si sta svolgendo proprio in questo istante mentre ne parliamo.” risponde la nonna.
Jin sembra rifletterci per un po’, poi sulle sue labbra si insinua un sorrisetto malvagio. Mi guarda.
“C’è qualcun’altro in casa?” vuole sapere.
Faccio di no con la testa e lui si lascia sfuggire una risatina.
“Ok, ci sto.” dice allora alla nonna “A che hai pensato stavolta?”
La signora Kazumi fa di nuovo il suo strano sorriso.
“Oh vedrai! Ne sarai entusiasta!” dice tornando in giardino “Akuma, caro, mostra a mio nipote l’arsenale!”
Jin la segue in giardino. Io non riesco a smettere di guardare la tigre.
Intanto l’omaccione pesante e inquietante, che scopro chiamarsi Akuma, apre la porta posteriore dell’elicottero e mostra.
“Cugina Asuka, ti unisci a noi?” la nonna si volta a chiamarmi.
“Vieni Asuka!” sogghigna Jin invitandomi a seguirli a sua volta “Ti piacerà!”
“Io… io non…” mormoro guardando la tigre.
“Tora-san non è una Panthera tigris come le altre.” mi rassicura la nonna accarezzandola “Non ti farà niente finché ci sono io.”
“Tranquilla Asuka.” mi rassicura Jin con una mezza smorfia “Conosco questa tigre da anni, è più docile di certi panda, fidati.”
Ne dubito fortemente, ma ok.
Provo a fare un passo in avanti e ad uscire in giardino, mantenendomi comunque ancora abbastanza vicina alla porta nel caso la tigre dovesse dar segno di volermi attaccare.
La tigre però non sembra assolutamente essere interessata alla mia carne. Constatando che non mi guarda nemmeno, decido di fidarmi e di raggiungere gli altri, che sono intenti ad osservare qualcosa all’interno dell’elicottero.
Arrivo a fianco a Jin e mi sporgo per vedere l’oggetto di tanto interesse, tenendo d’occhio la tigre di tanto in tanto ovviamente.
All’interno dell’elicottero in realtà c’è una marea di roba, circa una decina di strani fucili, diversi scatoloni e barili che contengono non ho idea di cosa.
“Nonna sei la migliore!” esclama Jin, che mai l’ho visto tanto felice di vedere un suo parente.
“Che… che cosa?” chiedo spaesata.
Che hanno intenzione di fare?
“Ci autoinvitiamo all’inaugurazione di Heihachi!” esclama Jin sogghignando “Vado a chiudere la casa e torno!”
“Che… che cosa?!” rimango lì imbambolata.
“Su, forza cara.” mi invita la nonna “Accomodati dietro!”
“Ma…”
Akuma sale a bordo dell’elicottero sul lato del guidatore e la nonna di Jin si siede nel sedile accanto, con la tigre accovacciata ai suoi piedi.
Jin torna di corsa dopo due minuti e mi spinge praticamente dentro all’elicottero. Sembra insolitamente e inspiegabilmente di buon umore, entusiasta come un bambino nel giorno del suo compleanno. Sono super-confusa.
“Mettetevi le cinture di sicurezza!” esclama la nonna.
Io e Jin ci sediamo e facciamo come dice.
“Jin! Mi vuoi spiegare che diavolo stiamo facendo?!” chiedo mentre l’elicottero si mette in moto.
“Hai mai giocato a paintball?” mi domanda con un ghigno malvagio stampato in faccia.
“Che cosa?!”
“Paintball, guerra simulata con i fucili che sparano colore…”
“Lo so che cosa vuol dire, scemo!” lo interrompo “Ma… ripeto, che cosa?!”
“Andiamo a dare i nostri saluti a Heihachi.”
Guardo i fucili ai nostri piedi.
Ecco come questa nonna sembra essersi guadagnata la stima di Jin.
“Ah… ok.” dico in un primo momento, iniziando a mettere insieme i tasselli del puzzle, poi mi rendo veramente conto di che cosa questo implichi “No, aspetta! Mi state coinvolgendo nel vostro atto di vandalismo?!”
È contro tutti i miei principi, non ho assolutamente intenzione di prendere parte a una cosa del genere. Neanche contro Heihachi.
“Quanto sei rompicoglioni Asuka!” commenta con un broncio “Non so cosa stavo pensando quando ho deciso di portarti con noi.”
Non cambierò idea. Non mi renderò complice di questa malefatta. Però potrebbe essere interessante da vedere.
Guardo verso la cabina di pilotaggio.
“Com’è che non ho mai visto tua nonna?” chiedo “E perché va in giro in elicottero con quel tipo inquietante?”
A vederli così sembrano proprio un duo uscito da un film, lei la cattiva e lui lo scagnozzo grosso, cupo e silenzioso.
“Ah Akuma… non so molto di lui.” ammette Jin “Ma la nonna mi ha detto che tanto tempo fa lei gli ha salvato la vita e da allora lui fa qualche lavoretto per lei.”
“Come scarrozzarla in giro in elicottero?”
“Per esempio.”
“Ok… è più comodo di un taxi, presumo.” rispondo ironica, ancora un po’ confusa “E tua nonna? Che mi dici di lei?”
Jin si stringe nelle spalle.
“Che ti devo dire? Mia nonna è una donna dagli interessi un po’ fuori dal comune.”
Come se ce ne potesse essere ancora il dubbio!
“È stata obbligata a sposare Heihachi dalla sua famiglia…” continua “... per truffarlo alla grande.”
“Eh?” sgrano gli occhi.
“Erano clan rivali.” spiega Jin “Poi però la nonna per qualche ragione si è davvero affezionata ad Heihachi e gli ha confessato la verità. Lui non l’ha presa bene e l’ha cacciata via di casa.”
“Oh.”
Jin annuisce.
“Già. Il problema è che lei non è mai riuscita a dimenticare quel maiale.” aggiunge con una smorfia “E ha una sorta di strano rapporto di amore e odio o qualcosa del genere. Continua a seguirlo e tormentarlo periodicamente.”
“Che cosa?” chiedo sconcertata.
Lui sogghigna.
“È divertente e quindi io le do una mano quando capita!” spiega “È sempre un piacere andare a guastare le feste ad Heihachi.”
“Sì, ma intendo dire…”
“Già, come può una donna brillante come lei avere ancora interesse per uno come Heihachi e rovinarsi la vita in quel modo?” mi risponde ancor prima di sentire la domanda completa “Se non si fosse lasciata coinvolgere sentimentalmente sarebbe riuscita a truffarlo, lui oggi non avrebbe la Zaibatsu e il mondo sarebbe un posto migliore.” sospira amareggiato “Mi sono chiesto tante volte anche io come sia possibile. Così come me lo chiedo per mia madre, ma cosa vuoi che ti dica, ognuno ha i propri difetti!”
“Difetti…” ripeto stupita dalla sua scelta lessicale.
“Già. Non saper tenere a bada i propri impulsi e rovinarsi la vita con relazioni distruttive e del tutto evitabili.” si spiega meglio con una smorfia di disgusto “Se c’è una cosa che ho imparato dalla mia famiglia è che non vorrò mai legarmi a qualcuno in quel senso.”
Wow, ora si spiegano molte cose! La sua famiglia l’ha completamente traumatizzato. È per quello che è così strano.
Comunque è notevole come andare a fare scorribande con la nonna lo entusiasmi a tal punto da renderlo così stranamente loquace.
“I tuoi genitori però stanno ancora insieme e mi sembrano andare alla grande.” osservo poi.
“È solo questione di tempo.” risponde gelido “Anche se ce ne stanno mettendo un po’ troppo.”
“Ok, se lo dici tu.” commento ridacchiando e scuotendo la testa.
Attraversiamo la città e ci dirigiamo verso le campagne fuori dall’area metropolitana. È la prima volta che mi capita di viaggiare in elicottero e di certo non era quello che mi aspettavo dalla giornata di oggi quando mi sono alzata.
Poco dopo la signora Kazumi si arrampica con una sorprendente agilità oltre la barriera che separa le due cabine.
“Ci stiamo appropinquando.” ci annuncia col suo solito fare elegante.
Si inchina, tenendo le pieghe del suo kimono bianco e rosso, e apre una scatola dalla quale estrae delle strane maschere.
Jin si sgancia la cintura e si alza, prende una delle maschere che gli porge la nonna e se la infila.
“Asuka, mettiti gli occhiali di protezione, cara.” dice la signora Kazumi porgendomi una maschera “La sicurezza è importante.”
“Ok…” rispondo e faccio come dice.
Meglio indossare questi così, anche se non intendo partecipare. Meglio evitare possibili incidenti.
L’elicottero sta sorvolando una vasta area di prato verde. Dobbiamo essere arrivati ormai. Noto diverse persone in giacca e cravatta vicino ad una sorta di banchetto all’aperto, nonostante il tempo non troppo affidabile di questi giorni.
All’avvicinarsi dell’elicottero, scorgiamo una figura che avanza tra la folla, un certo vecchio di nostra conoscenza.
“Jin, in posizione.” dice Kazumi posizionandosi davanti ad una delle porte. Chiude la mano saldamente su una delle maniglie laterali. Jin si muove parallelamente a lei e si posiziona davanti all’altra porta.
“Asuka, tieni forte adesso per favore.” mi dice Kazumi con il suo solito microscopico sorriso
“Oddio!” mormoro preoccupata iniziando a capire cosa stanno per fare.
Mi aggrappo ad un palo al centro della cabina, abbracciandolo saldamente.
“Jin, al mio via.” continua la nonna con un’espressione inquietante.
“Ricevuto.” fa lui con un sorrisetto allo stesso modo disturbante.
“Oddio…” ripeto agghiacciata notando l’incredibile somiglianza tra le loro due espressioni.
“Via!” esclama la nonnina.
Subito dopo aprono con un colpo secco le due porte dell’elicottero.
La cabina viene investita da una fortissima corrente che mi scompiglia i capelli in tutte le direzioni. Abbraccio ancora più forte il palo, mentre guardo la nonna abbassarsi e aprire un barattolone di vernice rossa, che scivola via nell’aria e si sparge sul bel prato verde del campo di golf. Jin fa lo stesso con un barattolo di vernice blu.
“KAZUMIIII!” anche se ovattato dall’incredibile fracasso, sono in grado di sentire l’urlo di rabbia di Heihachi.
Vedo la sagoma del vecchio che corre a perdifiato sulle colline verdi, inseguendo l’elicottero, che nel mentre disegna degli ampi cerchi nel cielo, spargendo colore un po’ ovunque nel campo.
Gli invitati di Heihachi rimangono a guardare la scena interdetti, puntando le dita contro l’elicottero e coprendosi le bocce con le mani. Questo non è sicuramente uno spettacolo a cui si assiste ogni giorno!
Jin e la nonna ridono malvagiamente, come se fossero entrambi posseduti dallo stesso spirito malvagio.
“Od...dio!” ripeto per la terza volta nel giro di qualche minuto.
Ormai sono arrivata ad una sconcertante conclusione.
Avevo sempre pensato che Jin e Kazuya avessero ereditato la loro buona dose di pazzia da Heihachi, ma a vedere questi due adesso inizio a ricredermi. È vero che pure Heihachi è pazzo a modo suo, ma in modo diverso. È decisamente da quest’altra parte di famiglia che sia Kazuya che Jin hanno preso quel ghigno terrificante.
Il barattolo di vernice è terminato e la nonna butta giù con un calcione il contenitore vuoto, mentre si appresta ad aprirne subito un secondo.
“Tora-san.” dice intanto chiamando la tigre.
“Ohi!” esclamo in preda al terrore. Mi piaceva avere una piccola anche se totalmente inutile barriera tra me e quella belva.
La tigre salta sopra la divisione e si avvicina alla sua padrona, come un fedele cagnolino.
L’elicottero intanto vira tornando indietro arrivando a volare a pochissimi metri da terra.
“Vai Tora-san!” esclama a gran voce la signora Kazumi dando una pacca di incoraggiamento alla sua tigre “Vai amica mia!”
La tigre balza giù con agilità e inizia a scorrazzare felice per il campo.
Dalla zona rinfresco si alza un coro di urla di terrore. Mi volto a guardare. Gli invitati di Heihachi, terrificati dalla vista della tigre, hanno iniziato una folle, disperata, disordinata corsa verso l’uscita del campo. Cadono, rotolano, si calpestano, ma continuano a correre a perdifiato per mettersi in salvo da una tigre che nel mentre… saltella felice sul prato come un leprotto in un campo di fiori, non mostrando il minimo interesse per la presenza umana nella stessa area.
“KAZUMIIIIIIII” urla ancora Heihachi piantandosi in cima ad una collina guardando furioso in direzione del nostro elicottero. Se le sue orecchie potessero fumare per la rabbia, sarebbero come due vulcani in questo momento.
“Jin, seconda fase.”
“Ricevuto!”
Si liberano anche dei secondi barili di vernice e imbracciano invece i fucili da paintball, l’elicottero cambia ancora direzione, puntando direttamente Heihachi.
“FUOCOOO!” urla la nonna e subito dopo Heihachi viene investito da una raffica di proiettili di vernice che gli marchiano quell’orrendo cappotto leopardato.
Lui emette un urlo di rabbia e inizia a scappare dietro la pioggia di bombe di colore, scivolando un paio di volte sulle pozze di pittura sull’erba.
È uno spettacolo impietoso e non riesco a trattenere una sincera risata. Jin e sua nonna saranno pure dei vandali psicopatici, ma è uno spettacolo dannatamente divertente!
“ME LA PAGHERETEEEE!!” urla ancora il vecchio cadendo a terra sulle ginocchia, arrendendosi “KAZUMIIIII! JIIIIIN!”
Finiscono i proiettili e Jin e la signora Kazumi abbassano i fucili.
Jin saluta il nonno con un ghigno stampato in faccia e un dito medio alzato, prima di richiudere la portiera del velivolo.
Kazumi guarda Heihachi con occhi di una ragazzina alla prima cotta del liceo.
“Addio mio amato Heihachi.” dice prima di mandargli un bacio con un soffio.
L’elicottero a quel punto cambia rotta, andando, immagino, a recuperare la tigre che nel mentre continua a scorrazzare felice sul prato macchiato. Ci abbassiamo di quota.
“Tora-san! Vieni tesoro, si torna a casa!”
La nonna lancia fuori una sorta di rete legata al mio fedele palo, la tigre segue l’elicottero e infine si aggrappa. Jin aiuta la nonna a tirare su il pesante animale, una volta che Tora-san torna a bordo poi, chiudono anche l’altra porta.
Solo a quel punto allento un po’ la presa dal palo.
“È stato fantastico!” dice Jin sollevandosi gli occhiali sulla testa con un ghigno soddisfatto.
La nonna si inchina e accarezza con fare amorevole la sua Tora-san.
“Heihachi sembrava adirato.” dice con quello che inizialmente mi sembra un tono un po’ risentito, poi però le scappa un risolino a bocca chiusa.
Ormai abituata alla presenza non apparentemente minacciosa della tigre, vado a sedermi a fianco a Jin. Mi muovo sempre con cautela, ma con più calma rispetto a prima.
“Nel caso dovessi raccontarlo a tua madre.” dice la signora Kazumi senza alzare lo sguardo “Rassicurala, ho comprato solo vernici ecologiche.”
Jin sogghigna.
“Cosa ne pensi Asuka?” chiede poi Kazumi.
“Credo che sia la cosa più strana a cui abbia mai assistito!” ammetto ancora sconcertata.
“Heihachi ne ha fatte tante.” continua la nonna in tono serio, coccolando la tigre “Tante di quelle cose che una burla simpatica come questa non è niente in confronto.”
Già, questo sarebbe confermato anche dalla teoria di Lars, se dovesse essere vera. A quanto pare oltre ad essere fastidioso e antipatico, è un uomo senza scrupoli.
Kazumi sospira.
“Eh sì! Il caro Heihachi è tanto affascinante quanto complicato.”
Io e Jin reagiamo con una smorfia disgustata.


L’elicottero si parcheggia di nuovo nel giardino posteriore di casa dei miei zii.
Nessuno si è affacciato sentendo il frastuono del velivolo, ciò vuol dire che nessuno è ancora rientrato a casa nonostante sia ormai pomeriggio inoltrato. Non mi sorprende che gli zii siano ancora in giro, ma mi aspettavo che ormai Alisa dovesse già essere tornata a questo punto. Chissà dov’è e cosa sta facendo. Poverina, probabilmente ha proprio bisogno dei suoi spazi adesso.
Scendiamo dall’elicottero ed è una sensazione strana, ma piacevole avere di nuovo la terraferma sotto ai piedi.
Quei cani scemi hanno di nuovo preso ad abbaiare come ossessi, per poi darsela a gambe al ruggito infastidito della tigre che fa capolino dal finestrino.
“È stato bello rivederti nonna!” dice Jin salutando la nonna con un abbraccio.
Io sono a bocca aperta. È la prima volta che vedo Jin esibire un gesto affettuoso di qualunque tipo verso un altro essere umano.
“Ripartirai subito?” chiede poi quando si separano.
La nonna risponde con un quasi impercettibile cenno del capo.
“Ripartirò stasera stessa.” dice “Il Tibet mi aspetta. Tora-san sarà felice di tornare a visitare le sue montagne.”
“Capisco.” risponde Jin “Starai via di nuovo per qualche anno?”
“Sempre che tuo nonno non muoia prima, in tal caso ci vedremo al suo funerale.”
“Eh?” chiedo leggermente turbata.
Che cosa incredibilmente macabra da dire! Persino se riferito ad Heihachi, dai!
“Ma la prossima volta che ci vedremo potresti già essere diventato un uomo di successo che si è realizzato appieno nella vita, nipote mio caro adorato.”
Jin storce un po’ la bocca.
“Non so riguardo a quello.” ammette poco convinto.
Kazumi si gira da me e china il capo in avanti.
“È stato un onore conoscerti, Asuka Kazama.”

“È stato un onore anche per me.” rispondo al gesto.
Di certo non mi dimenticherò facilmente di questa giornata.
“Akuma, possiamo ripartire!”
Lo strano uomo di nome Akuma fa una sorta di ruggito indefinito in segno di assenso e risalgono a bordo del velivolo.
Io e Jin ci allontaniamo e l’elicottero viene rimesso in moto, sollevando di nuovo un tornado di aria e foglie morte.
“Dà un abbraccio a Kazuya da parte mia!” dice la nonna affacciandosi dell’elicottero.
Jin fa una smorfia.
“Gli dirò che sei passata.” le assicura.



 







 

NOTE:
Capitolo un po’ filler per certi versi, ma mi sono divertita molto a scriverlo. Spero abbia fatto divertire almeno un po’ anche voi. Alla prossima!

 

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Capitolo 28
*** What the Hell is a Fanfiction Anyway (Jin) ***


28
What the Hell is a Fanfiction Anyway
(Jin)

 

La luce verde del semaforo si accende e le auto della nostra corsia riprendono a camminare.
“Alisa è uscita presto stamattina eh?” chiede mia madre rimettendo in moto.
“Hm.” rispondo soltanto.
“Peccato, mi sarei offerta di accompagnare anche lei.”
Già, peccato. Così saremmo stati almeno in due a dividerci questa situazione vagamente scomoda.
Asuka ha deciso di saltare un’altra verifica stamattina e mia madre non ha potuto fare altro che assecondarla. Di questo passo quell’idiota non passerà l’anno.
Mia madre abbassa leggermente il volume dell’autoradio.
“Ma Alisa… come ti sembra ultimamente?” continua.
La guardo. Ha proprio una faccia tosta a chiederlo.
“Vedi un po’ tu, la prima persona del mondo reale con cui ha legato, il suo amichetto del cuore…” sottolineo facendo il segno delle virgolette con le dita “... era una spia pagata dai padroni di casa che si sono tanto gentilmente offerti di ospitarla.”
In realtà se proprio dovessi essere sincero credo che Alisa sia sulla strada del miglioramento. Non è ancora tornata come prima, ma rispetto ai primissimi giorni dopo il casino di Lars mi sembra che piano piano stia recuperando la serenità. Non è il caso però di dirglielo adesso. Meglio farla sentire ancora un po’ in colpa.
Torno ad alzare il volume della radio. Sono dell’idea che una buona dose di metal la mattina abbia la capacità di rendere la giornata un po’ meno schifosa.
Mia madre sospira e riabbassa la musica. Le lancio un’occhiata torva.
“Sono mortificata.” dice poi tornando a parlare di Alisa.
“Sì, ok.” taglio corto “Era di questo che volevi parlarmi? È per questo che ti sei offerta di accompagnarmi?”
Scuote la testa.
“No, non solo di questo. Avevo la mattina libera e…” si volta da me per un momento “... ultimamente non abbiamo più molto tempo per parlare, io e te.”
Sospiro, un po’ infastidito.
Capisco che ci stia provando. Capisco che le dispiaccia e che voglia cercare di riacquistare la mia fiducia ma…
“Puoi perdonarmi?” chiede a bassa voce.
Sembra sinceramente dispiaciuta, è innegabile, e anche questo mi riempie di rabbia. Lei non è assolutamente una cattiva persona, non farebbe mai queste cose, se solo non avesse l’influenza negativa di Kazuya. Se solo non l’avesse mai incontrato, sarebbe sicuramente meglio per tutti.
“Ho bisogno di tempo.” rispondo infine, poi mi piego in avanti dolorante.
“Tutto bene?” chiede lei preoccupata notando la mia espressione.
“Sì…” rispondo con un soffio.
“No che non va tutto bene, che ti succede? Stai male?”
“Non è niente, è soltanto un po’ di mal di stomaco.” dico “Tra un po’ mi passa.”
“Mal di stomaco?” chiede lei stupita “Ma da quanto tempo?”
Alzo le spalle.
“Un mesetto o due.”
Mi guarda allarmata.
“Un mesetto o due?!” ripete “Jin, perché non mi hai detto che stavi male?”
Forzo un sorriso e alzo i palmi delle mani.
“Abbiamo avuto un po’ di altre cose a cui pensare!” rispondo ironicamente.
“Ti prendo un appuntamento dal medico per domani!” dice irremovibile.
Non protesto. Forse alla fine mi conviene. In effetti è da qualche giorno che i dolori sono diventati più forti e frequenti. Potrei in effetti essermi trascurato un pochino ultimamente.
Arriviamo davanti alla scuola e mia madre accosta per farmi scendere. Mi saluta con il solito sguardo apprensivo di questi giorni. La chiacchierata probabilmente non è stata poi così d’aiuto come aveva previsto.
Beh, non mi interessa. Un po’ di freddezza è il minimo che si merita dopo quel che ha fatto e non mi sento neanche in colpa se per un po’ mi approfitto della situazione. Ce l’ha messa tutta per non rimproverarmi quando le ho raccontato della scorribanda della domenica con la nonna. Se c’è qualcosa che odia più delle moto sono gli elicotteri, soprattutto quando ti sporgi dalle porte per lanciare vernice o per sparare colore sull’area sottostante.
Arrivo davanti alla mia classe e vengo accolto da Kamiya che è letteralmente piegato in due dalle risate.
“Kazama!” esclama vedendomi “Questo non ti piacerà!”
Fa molta fatica a parlare tanto è preso dalla ridarella.
Io inizialmente lo ignoro e vado a mettere la mia roba a posto nel mio banco.
“Che diavolo hai?” borbotto.
Lui mi segue, ma ancora non riesce a parlare o a funzionare come un normale essere dotato di intelletto.
“Guarda, non è proprio giornata. O mi dici perché stai ridendo oppure piantala!”
Non che sia mai giornata, ma questi giorni con questo malumore e questo mal di stomaco lo è ancora di meno.
“Fai prima a vederlo tu.” riesce a bofonchiare tra una risata e l’altra.
Mi porge un giornalino. Caspita, deve essere proprio una roba spassosissima per ridurlo in questo stato!
Prendo la rivista e riconosco subito il titolo. È lo stesso giornalino che mi ha mostrato quella ragazzina bionda e fastidiosa il giorno della gara di matematica.
“Pagina sedici.” mi indica Kamiya.
“Da quando ti diverti con questa porcheria?” chiedo obliquo.
“Lo vedrai!” promette con un ghigno.
Bah! Andiamo a vedere il motivo di tanto divertimento!
Inizio a sfogliare velocemente, con poco interesse. Arrivo a pagina sedici, ma la supero per sbaglio. Quella porzione di secondo in cui ho la pagina davanti agli occhi però, mi è sufficiente per contorcere ulteriormente il mio già dolorante stomaco.
“Che cazzo?!”
Kamiya non risponde, è letteralmente sdraiato sul suo banco a ridere.
Torno indietro alla dannata pagina sedici, quella in cui sono sicuro di aver visto una foto che mi ritrae e un articolo con cuoricini e scritte di colori vomitevoli.

♡♡♡
Jin Kazama, l’eroe buono della nostra scuola che combatte contro i bulli.  
Ragazzo super modesto, Kazama-kun è più interessato allo studio e alla matematica, che alla popolarità, la quale vive con un atteggiamento serio e maturo.  
Il nostro team però è riuscito ad incontrarlo davanti ad un distributore di bevande e merendine a scuola, dove siamo riuscite a fare due chiacchiere con lui.
Il suo colore preferito è il blu scuro, come il colore del mare. Ai succhi di frutta preferisce una tazza di tè caldo con limone, ma non disdegna il succo di mela.
Ascolta musica J-Pop ed è un grande ammiratore della nostra Lucky Chloe.
Non segue lo sport, ma si interessa solo di arti marziali, che pratica da quando era bambino.
Non ha preferenze particolari riguardo a ragazze o ragazzi e non ha niente in contrario a continuare ad apparire nelle fanfiction sul suo conto.
Quindi continuate pure a scrivere su di lui e shippatelo con chi volete,
a lui non dà fastidio!
Non guarda molti film perché non ha molto tempo libero, tra studio e allenamenti.
Nella sua stanza ha tanti poster di gruppi J-Pop, usa solo calzini neri e se fosse un gatto sarebbe un soriano.

♡♡♡

“Che merda è questa cosa?!” sto praticamente urlando.
Sono tutti girati verso di me.
Una mia compagna mi guarda con un mezzo sorriso.
“È vero?” chiede.
“No!” ululo “No cazzo! Io non ho mai risposto a queste fottutissime domande!”
Quello stronzo di Kamiya continua a ridere.
Io sono furioso, non riesco neanche a ragionare lucidamente.
“Quella mocciosa...” ringhio rileggendo l’articolo “A me fa cagare il J-Pop!!”
“Ah! Direi che quello è il minimo!” esclama la stessa ragazza di prima.
Kamiya è a un passo dal cadere a terra e mettersi a rotolare sul pavimento.
“Non ha preferenze riguardo a ragazze o ragazzi… ma che cazzo?!” rileggo sconcertato “E che diamine è una fanfiction? Cazzo vuol dire… shippare?”
La mia compagna di classe scoppia a ridere e si gira, evitando di rispondermi. Guardo Kamiya, che si stringe nelle spalle.
“Non ne ho idea, ma a quanto pare tu non hai niente in contrario a riguardo!”
“Piantala coglione!” mi lamento “Non so che cazzo voglia dire, ma ho l’impressione che sia qualcosa che non mi piacerà!”
Mi tremano le mani per la rabbia, chiudo il giornale di colpo ed esco dall’aula.
“Oi, dove vai?!” chiede Kamiya “Il prof sta per arrivare!”
Fanculo il prof! Devo prima risolvere una cosa.
Percorro a passi rapidi il corridoio in direzione delle scale. Scendo al piano di sotto e vado dritto spedito verso la classe di Alisa.
Ci sono ancora degli studenti che chiacchierano fuori dalle classi prima dell’arrivo degli insegnanti.
Trovo Alisa che guarda pensierosa fuori da una finestra in corridoio.
“Alisa!” la chiamo.
Lei si gira a guardarmi confusa.
“Jin-san? Come mai sei qui?”
“Dove è quella ragazza con i capelli corti castani che è sempre con voi?” le chiedo avvicinandomi.
“Eh?” Alisa sembra sempre più confusa “Parli di Miharu-san?”
“Oh mio dio! Perché cerchi me?!” sento esclamare da qualche parte dietro di me.
Mi volto.
“Sì, proprio tu!” dico con un ghigno stampato in faccia.
Lei indietreggia e si ferma con le spalle al muro, ha un’espressione preoccupata e spaventata. Probabilmente è spaventata dalla mia espressione. Come darle torto, sono letteralmente furioso!
“Pe… perché ce l’hai con me? Che ho fatto?” balbetta.
Intanto tiro fuori il giornaletto e glielo piazzo davanti agli occhi.
“Hai detto che conoscevi la persona dietro questo schifo!” continuo con un sussurro “La ragazzina bionda e fastidiosa.”
Lei guarda la rivista inizialmente confusa, poi sembra realizzare.
“Hai letto l’intervista.” mormora.
“È tutto falso! Non ho mai risposto a quelle dannate domande.”
“Jin-san che succede?!” chiede ancora Alisa avvicinandosi.
Le porgo il giornaletto e inizia a sfogliare le pagine.
“Allora, quella ragazza…” riprendo guardando Miharu.
“Lucky Chloe?”
Annuisco. Quel nome è talmente stupido che non riesco a tenerlo a mente!
“Dove la posso trovare?” chiedo riducendo gli occhi a due sottili fessure.
Miharu cerca il sostegno di Alisa, poi torna a guardare me.
“Cr… credo che la sua classe sia al primo piano.”
“Al primo piano.” ripeto.
“L’ultima porta del corridoio tutto a destra. Ma… ma… perché? Che vuoi fare?”
“Ottimo, grazie.” rispondo con un ghigno malvagio.
Torno a dirigermi verso le scale.
“Hey, aspetta!” mi segue quella Miharu “È solo una ragazzina delle medie, non dovresti prenderla troppo sul serio!”
“Che diavolo è una fanfiction?” le chiedo mentre iniziamo a scendere le scale.
Lei rompe il contatto visivo.
“Ehm… ok, forse hai ragione ad arrabbiarti un po’.” farfuglia “Ma… non è che la vuoi picchiare o cose del genere?”
Mi blocco e la guardo sbalordito.
“Non sono mica un barbaro!” esclamo offeso.
“No, è solo che…” cerca di giustificarsi “Ho sentito dire che hai un carattere un po’ difficile.”
Beh, frequenta Alisa, Asuka e Xiaoyu. Non mi sorprende che abbia potuto sentire storie del genere su di me.
Arriviamo al corridoio indicatomi da Miharu. Vedendoci arrivare, diversi studenti ci guardano spaesati. In effetti è piuttosto insolito vedere ragazzi della nostra età in quell’ala della scuola dedicata alle classi inferiori. 
Mi fermo fuori dall’ultima aula e mi guardo intorno. La mocciosa non sembra essere da nessuna parte. Mi avvicino ad un ragazzino che si trova per caso vicino alla porta.
“Dove è Lucky Claus?”
Il ragazzino, che mi arriva a malapena alla spalla, mi guarda terrorizzato indietreggiando. Ok, sono arrabbiato, ma possibile che sia davvero così spaventoso?!
Miharu si alza in punta di piedi per mormorarmi qualcosa all’orecchio.
“Chole! Lucky Chloe!”
“Lucky Chloe!” mi correggo infastidito.
Accidenti! Non dovrei dimenticare così facilmente il nome dei miei nemici.
“Choleeee! C’è qualcuno che ti cerca!” strilla il ragazzino, prima di fuggire in fondo all’aula.
“Eh-ehm!” qualcuno cerca di attirare la nostra attenzione da qualche parte alle nostre spalle.
Mi volto.
“Eccoti qui!” dico con un ghigno minaccioso stampato in faccia.
È lei, con lo stesso abbigliamento assurdo dell’altro giorno.
Riprendo il giornalino dalle mani di Alisa e glielo piazzo davanti agli occhi.
“Gradirei delle spiegazioni!”
Lei si stringe nelle spalle con fare infantile.
“Non sei soddisfatto dell’articolo su di te?” chiede facendo finta di niente “Avresti potuto cercare di essere più… preciso nelle risposte allora!”
Finisce guardandomi con un broncio pieno di risentimento.
“Io non ho dato delle risposte! Il problema è proprio quello!”
Si stringe ancora nelle spalle.
“Sai, Jin Kazama, sei una vera e propria delusione! Molte persone, che non hanno mai avuto la spiacevole occasione di parlare con te, si immaginano che tu sia completamente diverso e fattelo dire, sei molto meglio nell’immaginazione che nella realtà! Quindi in un certo senso dovresti ringraziarmi per non aver mostrato alla scuola l’insopportabile maleducato che sei!”
“Ringraziarti?!” sbotto incredulo sentendo quell’enorme quantità di idiozie tutte insieme “Dovrei ringraziarti per aver pubblicato una mia intervista falsa? Sei completamente impazzita?!”
Ok, mi dispiace urlare a quella che è praticamente soltanto una bambina viziata e maleducata, ma porca miseria! C’è la mia faccia e il mio nome su quel dannato giornalino!
Miharu si schiarisce la voce per intervenire.
“Se… se posso dire una parola… Chloe, sono una tua grande fan!” esclama con occhi sbrilluccicosi.
“Hey, ma tu perché diavolo mi hai voluto seguire?” borbotto.
Mi sembrava tutto sommato una persona ragionevole e credevo che sarebbe stata dalla mia parte.
“Sì, lasciami finire.” mi zittisce, poi torna a sorridere alla mocciosa “Dicevo, sono una tua fan, adoro il tuo album Neko-Girl! È semplicemente fantastico! Però… devi ammettere che non è stato molto carino quello che hai fatto.”
Lucky Chloe incrocia le braccia davanti al petto, poco convinta.
“Le lettrici chiedevano un’intervista di questo pallone gonfiato.” fa un cenno del capo verso di me “E io le ho accontentate mettendolo pure in buona luce, non capisco davvero il perché di tante storie!”
“Lui non era d’accordo ad apparire sul tuo giornale.” continua a cercare di farla ragionare Miharu “E hai detto delle cose false sul suo conto, questo non va bene.”
“Non è giusto neanche nei confronti dei tuoi lettori!” interviene anche Alisa “Loro si fidano di te, non è giusto mentirgli così spudoratamente!”
“È soltanto un giornalino che gira dentro la scuola, nessuno lo prende troppo sul serio.” continua lei imperterrita.
Ecco, il punto è che è una ragazzina di dodici anni o giù di lì con il cervello di una bambina di sei, non ha senso cercare di farla ragionare!
“Senti, hai detto che lavori per mio padre, non è così?” passo direttamente al gioco sporco “Mi basterebbe una telefonata per farti licenziare.”
L’altra volta ha dato per scontato che l’avrei aiutata solo perché lavorava per Kazuya, come se dovesse importarmene qualcosa. È ovviamente ignara del nostro terribile rapporto. Non immaginavo che questo mi sarebbe potuto tornare utile un giorno.
A quella minaccia lei spalanca gli occhi.
“No, non puoi farlo!” balbetta iniziando a sembrare preoccupata “Perché… ho un contratto triennale.”
Alzo un sopracciglio.
“Vuoi davvero vedere se posso o non posso farlo?” chiedo sfilando il telefono dalla tasca.
Lei segue il gesto con occhi pieni di terrore.
Tenendola d’occhio, inizio a digitare qualcosa.
“D’accordo!” mi ferma “Cosa vuoi che faccia?”
Sogghigno.
Alla fine non è stato poi così difficile.
“Ferma la circolazione del tuo dannato giornalino e pubblica un nuovo numero in cui spieghi che niente di quell’intervista era vero e che Jin Kazama vuole essere lasciato in pace!”
“E non gli piacciono le fanfiction sul suo conto!” aggiunge Miharu.
Mi giro confuso.
“Ma cosa vuol dir…”
“Fidati! Non ti piacciono!” mi risponde senza lasciarmi finire di parlare.


“E quindi adesso minacci i ragazzini delle medie?” mi stuzzica Julia alla pausa pranzo.
“Avresti fatto di peggio se fosse successo a te!” brontolo mentre usciamo in terrazza.
“Intanto io ho ritagliato e custodito la pagina in un posto sicuro.” sghignazza Kamiya “Una roba del genere merita di essere tramandata ai posteri!”
“Kamiya ti uccido!”
“Hey! Non avevi detto che ti sarei mancato a Kyoto?”
“Io non ho mai detto niente del genere!”
“Sì, vabbè ora basta con questi discorsi scemi!” interviene Julia.
Ci sediamo ai soliti posti, mentre Kamiya studia Julia con sospetto.
“Che hai oggi? Come mai non riesci a smettere di sorridere?” la interroga tirando fuori il pranzo.
“Di che parli?” risponde lei improvvisamente timida.
Distoglie lo sguardo e si sistema un ciuffo di capelli dietro all’orecchio, senza riuscire a… smettere di sorridere appunto!
“Sto solo suggerendo di parlare di qualcosa di un po’ più serio, visto che…”
“Visto che?” continua Kamiya iniziando a mangiare.
“Potrei aver invitato qualcuno a sedersi qui con noi a pranzo, oggi. E vorrei che non mi faceste fare una brutta figura.”
“Cosa hai fatto?” chiede Kamiya sogghignando “Hai davvero invitato Steve Fox a pranzare con noi?”
“Vorrei fingermi sorpreso, ma non ci riesco.” commento.
Ed è vero. È dal giorno della festa che li vedo incontrarsi casualmente in giro per la scuola, chiacchierare, passare del tempo insieme, per poi infine doversi separare controvoglia. Ok, potrei essermene accorto dopo che Xiaoyu mi ha messo la pulce nell’orecchio ai nostri allenamenti, ma dopo averci fatto caso è in effetti innegabile che tra i due ci sia qualcosa di strano in corso.
Diciamo che dopo lo shock del primo giorno adesso ho deciso di prendere la cosa con più filosofia. In effetti Fox sembra un bravo ragazzo e non penso che finirà per intossicare la vita di Julia, anzi direi che sembra decisamente più felice del solito ultimamente, quindi forse, e dico forse… potrebbe anche essere una buona cosa.
“Sta zitto e mangia!” mi ordina Julia porgendomi il suo pranzo e prendendo il mio.
Guardo il bento di Julia, involtini di carne con verdure e spezie piccanti. Adoro questa ricetta di Michelle, peccato che oggi con questo terribile mal di stomaco dubito che riuscirò a mangiare un granché.
“No grazie.” rispondo restituendolo “Non ho molta fame oggi.”
Julia mi guarda pronta a replicare, quando Kamiya riprende a parlare e la distrae.
“Dicci un po’ Julia, è già ufficiale?” chiede in tono beffardo “Insomma, invitarlo a pranzo in terrazza è un grande passo!”
Lei sbuffa.
“Dai, non siate scemi!” dice lei arrossendo “È soltanto un amico!”
“Zitti, è qui.” li avverto, vedendolo arrivare.
Julia si illumina.
“Hey Steve! Siamo qui!” lo saluta agitando un braccio, con il viso di colpo un po’ più rosso del solito.
Fox ci raggiunge.
“Ciao ragazzi!” ci saluta guardandosi intorno “Bel posticino qui! L’ideale per prendere vento d’inverno.”
Julia ridacchia, un po’ imbarazzata.
“È quello che pensano tutti, ma in realtà l'angolo è molto riparato.” spiega.
“Già, l’abbiamo scelto con cura anni fa perché volevamo un posto tranquillo in cui parlare in tranquillità. Sai… di cose intelligenti.” interviene quell’idiota di Kamiya nel poco convincente tentativo di metterci in buona luce davanti a Fox.
“In realtà l’abbiamo scelto per non dover vedere nessuno.” lo correggo.
Inutile mentire. Per quanto mi riguarda è questa la ragione. Quassù non sale mai nessuno a parte noi e qualche studente che viene a fumare di nascosto dagli insegnanti.
“Sì, ok, la state facendo sembrare una cosa da super sfigati.” puntualizza Julia bocciandoci tutti e due “L’abbiamo scelto perché è un posto carino e poi è diventata una sorta di abitudine.”
Fox ride di gusto.
“Però! Sembra divertente starvi a sentire!” dice sedendosi a fianco a Julia “Se le vostre pause pranzo sono sempre così forse dovrei tornare a trovarvi più spesso.”
Il sorriso di Julia si amplifica. Non sta neanche provando a nasconderlo.
Ok, come ho detto, mi fa piacere che sia felice, soprattutto ora che finalmente sembra essere uscita da quel tunnel distruttivo che è lo studio ossessivo compulsivo, però non posso fare a meno di provare ogni tanto delle più o meno violente ondate di imbarazzo di seconda mano.
“Ah Kazama, zia Anna ti manda i suoi saluti!”
Mi scappa una smorfia.
“Gr… grazie!” rispondo poi con un sorriso fintissimo.
“Scusa ancora per come si è comportata l’altro giorno.” aggiunge imbarazzato “Ha una personalità un po’ particolare.”
“Già, non me lo dire…”
“Che serata però, vero?” chiede Julia con un gran sorriso.
“Bah, non avrei mai pensato di dirlo, ma sono sempre più invidioso di non esserci stato.” commenta Kamiya “Ne parlate come se fosse stata la festa più divertente dell’anno!”
Lo guardo di sbieco. Per Anna e Lee o Julia e Steve lo sarà pure stata, io di certo non ne parlo in questi termini.
“E la ragazza che era con voi?” chiede poi Steve “Quella che ha rotto il tacco…”
“Quale ragazza?” chiede Kamiya.
“Xiaoyu.” dice Julia.
“Non si è fatta troppo male vero?” chiede Steve.
“Sta bene.” rispondo “Quella ragazza cade di continuo, ma non si fa male. Ci è abituata.”
“Hey! A proposito di non farsi male! Jin, non ti ho detto che anche Steve combatte!” esclama poi Julia.
“Davvero?” chiedo incuriosito, non mi sembrava il tipo da combattimento “Che stile?”
“Boxe.” risponde.
“Jin pratica un tipo di karate specifico della sua famiglia.” spiega Julia entusiasta.
Ma guardatela! Ha sempre storto il naso per le ore che dedicavo ai miei allenamenti, ore preziose che sottraevo allo studio. Adesso viene fuori che anche Fox ha quell’interesse e improvvisamente non sembra più una perdita di tempo, vero?
“Oh, lo stile Mishima.” annuisce Fox “Ne ho sentito parlare.”
Non mi sorprende. È uno dei tanti motivi di orgoglio di Heihachi, che non fa che tirare fuori ad ogni discorso pubblico che fa.
“Si allena con Xiaoyu tutti i giorni dopo la scuola.” continua Julia.
“Oh! Quindi la vedrai anche oggi!” dice Fox.
“In realtà oggi no.” rispondo senza pensarci più di tanto.
Non penso alle varie implicazioni che solleverà questa semplice risposta.
“Ah no?” chiede Julia un po’ sorpresa “Oggi non ti alleni?”
“No.” rispondo un po’ sorpreso del suo interessamento.
“E come mai? Non salti mai le tue sacrosante sessioni di allenamento. Ho dovuto imparare questa regola quando stavamo studiando insieme!” mi rinfaccia.
Sospiro.
Ma che palle! Non può farsi gli affari suoi? Non mi va di parlarne adesso.
“... ho un altro impegno.” rispondo vago.
“Come mai così misterioso? Che devi fare?” chiede Kamiya prima quasi a mo’ di scherzo, poi non ricevendo risposta inizia ad incuriosirsi seriamente.
Ma perché cazzo devono essere tutti così impiccioni?!
Questa situazione fastidiosa mi fa venire un’altra fitta allo stomaco.
“Stai nascondendo qualcosa Kazama!” osserva Kamiya “Quella è decisamente la tua faccia da sto nascondendo qualcosa!”
“Non sto nascondendo un cazzo.” rispondo infastidito mentre comincio ad irritarmi sul serio.
“Ma perché non ce lo puoi dire?” ci riprova Julia.
“Dai, se non lo vuole dire avrà i suoi motivi.” interviene Fox “Magari ha un appuntamento di cui non vuole parlare.”
“Seeee come no!” ridacchia Kamiya.
“Ho l’esame di guida stasera ok?!” sbotto perdendo la pazienza “Non ne voglio parlare, fine della storia!”
Non ne ho parlato con nessuno, persino mia madre se n’è dimenticata.
Julia mi guarda a bocca aperta.
“Oggi?!”
“Sì.”
“Perché non hai detto niente?! E soprattutto…” mi guarda preoccupata “È da tanto che non te ne lamenti… da quanto tempo non guidi?!”
“Più di un mese.” confesso con un sospiro.
Segue un lungo momento di silenzio.
“Oh cavolo! Ma ti senti pronto?” domanda ancora Julia.
Alzo le spalle.
Ovviamente no, ma nell’ultimo periodo chi ha avuto il tempo di pensarci?!
“Non preoccuparti eccessivamente!” interviene Fox “Io l’ho dato qualche mese fa. So che può sembrare una frase di circostanza, ma non è così terribile come sembra. Devi solo cercare di fingere di non avere un esaminatore a fianco e fare come hai sempre fatto.”
Ok, apprezzo il suo tentativo, ma gli è forse sfuggito il particolare che non tocco un volante da un mese?!
“Sì, Jin!” annuisce Julia “Vedrai che andrà tutto bene e che lo passerai.”
“Hmm.” forzo un sorriso.
Quale parte di non ne voglio parlare fanno fatica a capire?!
“Cambiamo argomento adesso, va bene?” ci riprovo.
“D’accordo, d’accordo!” dice Kamiya, venendo finalmente in mio soccorso.
Lo guardo. Wow, non capita spesso che si schieri dalla mia parte.
“Fox, tu sai che cosa è una fanfiction per caso?”
Kamiya stronzo traditore!
“Una fan-che?”
Un’altra fitta allo stomaco mi costringe a piegarmi.


 

“È la prima volta che lo dai?” chiede un ragazzo che aspetta con me e con un’altra trentina di persone nella sala d’aspetto nel palazzo della motorizzazione.
“Sì.” rispondo con un soffio sofferente.
“Ah, sembri proprio in ansia eh?”
Rispondo con un sorriso fintissimo. In realtà l’esame in questo momento è l’ultimo dei miei problemi. Le mie condizioni fisiche sono peggiorate notevolmente nel corso della giornata. Sto letteralmente uno schifo, sento come se mi avessero pugnalato la pancia, ho una crescente voglia di vomitare e sudo freddo. Devo assolutamente vedere un medico appena esco di qui, patentato o no.
“Non mi sento molto bene.” gli dico “Non è che potresti lasciarmi per conto mio?”
Ok, forse sono stato un po’ troppo diretto, ma non ho assolutamente voglia di instaurare dialoghi con gente random in questo momento.
“Ma no! Devi stare tranquillo! Pensa che io è la terza volta che lo tento!” riprende il ragazzo che ovviamente non mi dà retta “La prima volta mi hanno bocciato per mancata precedenza, la seconda volta semaforo rosso, la terza volta ho litigato con l’esaminatore perché ha iniziato a contestarmi la guida non appena sono partito! Avevo soltanto sbagliato corsia per un piccolo trat…”
Ma porca miseria, gli ho già detto che sto male e sto soffrendo, perché mi sta raccontando di essere un pessimo guidatore, potenziale pericolo pubblico?! Che ho fatto di male per meritarmi anche questo?!
“Mai pensato di comprarti una dannata bicicletta?” lo interrompo bruscamente, senza mettermi troppi scrupoli.
Il tizio mi guarda offeso, sbalordito e poi si allontana con sguardo indignato.
“Che stronzo.” lo sento commentare in lontananza.
Fanculo, io gliel’avevo detto che non ero dell’umore giusto per fare conversazioni.
“Jin Kazama!” mi chiama l’istruttore.
Oh finalmente! Facciamolo subito e mettiamo fine a questo supplizio!
Seguo l’istruttore fino alla macchina, dove faccio conoscenza del mio esaminatore, un uomo grassoccio e imbronciato di mezza età. Mi guarda in faccia giusto il tempo minimo per assicurarsi che sono lo stesso della foto del documento di identità e poi si appresta ad aprire lo sportello di dietro.
“Iniziamo.” bofonchia.
Ci siamo allora.
Apro lo sportello, entro e mi siedo al posto di guida, chiudo lo sportello e mi metto la cintura, tutto come da manuale. Sistemo sedile e specchietti e siamo pronti per partire. Lo stomaco continua a contorcersi provocandomi brividi di dolore, ma sono pronto per affrontare questa cosa.
L’esaminatore mi invita a partire e seguo le sue indicazioni sul percorso. Probabilmente in condizioni normali sarei molto più teso, ma ora come ora l’obiettivo principale è riuscire a sopravvivere fino alla fine della giornata, un’eventuale bocciatura sarebbe una cavolata in confronto.
Seguo il percorso che mi annuncia via via l’esaminatore e devo dire che va tutto piuttosto liscio. Mi chiedono di fare ogni tipo di manovra possibile e immaginabile e sorprendentemente riesco tranquillamente nell’impresa, cosa che mi lascia piuttosto spiazzato.
Ad un certo punto però, è chiaro che ci stiamo avvicinando alla zona del complesso della Mishima Zaibatsu e l’istruttore seduto al mio fianco pensa bene di fare un commento inutilissimo a riguardo.
“Il complesso Mishima!” esclama “Certo che è proprio grande eh!”
Sento subito l’esaminatore brontolare da dietro.
“Già… ricordo bene questo posto.” borbotta con astio “Ci ho lavorato e vissuto per vent’anni.”
Adesso, è piuttosto chiaro dal tono che ha usato che non gli è rimasto esattamente un bel ricordo di quei vent’anni passati al servizio di Heihachi, ma a quanto pare l’istruttore non è abbastanza acuto.
“Hey! Davvero?!” esclama quell’imbecille, poi si gira da me “Tu sei imparentato con Mishima, vero?”
E a questo punto devo davvero impegnarmi per non finire fuori strada.
Gli rivolgo un’occhiata in un infinitesimo di secondo come per mandargli il messaggio che cazzo stai dicendo e perchè?, ma è troppo tardi. È sempre troppo tardi.
“Che cosa?!” esclama di colpo l’esaminatore rizzandosi sulla schiena “Sei parente di Mishima?”
Sospiro senza rispondere.
“Ehm dove devo svoltare adesso?” chiedo arrivando in prossimità di un incrocio, sperando che questo aiuti a lasciar perdere l’argomento.
“Sei parente di Mishima?!” ripete quello mandando al diavolo la mia domanda.
Incrocio per un attimo il suo sguardo nello specchietto retrovisore. I suoi occhi sono iniettati di sangue e ha il fiato corto. È sempre bello trovare un nuovo nemico di Heihachi, peccato che preferirei non dovessero esaminarmi!
“Ok, vado dritto.” sussurro non ricevendo risposta.
“Ma sì! Tu sei il figlio di Kazuya Mishima, no?” mi chiede l’istruttore che o è un sadico o è nato senza un cervello.
“Il figlio di Kazuya Mishima.” ripete l’esaminatore digrignando i denti.
Io deglutisco e continuo ad andare dritto senza una meta, con lo stomaco che mi tortura.
Che cazzo, se ha intenzione di bocciarmi che lo faccia subito o credo che di questo passo morirò su questo sedile.
“Tuo nonno mi ha rovinato la vita!” mi sbraita contro come se fosse colpa mia.
“Anche a me.” mugolo in preda agli spasmi.
“Venti anni!” tuona “Per vent’anni sono stato il suo autista personale!”
Vorrei piangere.
Ma porca troia! Possibile che in una città di tredici milioni di persone mi debba capitare proprio l’ex autista di Heihachi come esaminatore di guida?
Che ho fatto di male per meritare tutte queste sfighe?!
“Finché un giorno…” riprende ansimante come qualcuno che sta per avere una crisi respiratoria “... di punto in bianco, non ha deciso di licenziarmi!”
Lo guardo di nuovo per un attimo. È rosso di rabbia e il collo è gonfio come un palloncino, bloccato dal colletto troppo stretto della camicia. Ho l’impressione che la testa gli possa esplodere dalla rabbia da un momento all’altro.
“Avevo una casa, una famiglia, un lavoro!” continua in preda all’ira “E quel bastardo mi ha portato via tutto! Da un giorno all’altro mi sono ritrovato senza una casa! Mia moglie mi ha lasciato dopo poco tempo e si è portata via tutti i miei soldi! Ho vissuto in un dannato ostello per sei mesi!”
“Ma è terribile!” esclama l’istruttore mortificato.
Io intanto vengo scosso da fremiti, mi sento la bocca improvvisamente secca, la vista è mezzo annebbiata.
“Devo fermarmi.” li avverto con un filo di voce.
“Certo che è terribile!” continua con occhi spiritati “Lo è stato! Tutto perché all’interno del complesso c’era una spia… una spia che passava informazioni riservate a degli esterni. Ma non ero io!” sbraita “Ma quel bastardo non si è fidato! Non si è fidato di me, che l’ho servito fedelmente per tutti quei lunghi anni! È stata una pugnalata alle spalle che non potrò mai dimenticare! E ora… ora…” dice ansimante “... il nipote dell’uomo che mi ha rovinato la vita è qui davanti a me…”
“Ehm signore però il ragazzo non ha colpa di tutto questo!” lo fa ragionare l’istruttore che ha finalmente il buon senso di provare a salvarmi il culo, dopo avermi buttato del baratro.
Ma chi se ne frega, io al momento ho altri problemi.
“Io… devo fermarmi!” ripeto a voce più alta.
“Cosa?! Io non ti ho detto di fermarti!” urla l’esaminatore impazzito, che finalmente sembra darmi retta.
Lo ignoro e avvio la manovra di parcheggio su un lato libero della strada.
“Hey, mi hai sentito?! Che diavolo fai?! Fermati!”
Eseguo il parcheggio più fluido della mia vita, spengo il motore, mi sgancio la cintura e fuggo fuori dall’auto andando a vomitare a bordo strada tutto ciò che ho ingerito nelle ultime ventiquattro ore.
“Oh diamine!” esclama l’istruttore schifato girandosi dall’altra parte “Il ragazzo sembra stare poco bene.”
L’esaminatore mi guarda da dietro al sedile, mentre mi cedono le gambe e per poco non finisco con le ginocchia sulla mia pozza di vomito.
“Accidenti, gli ho messo così tanta paura?” borbotta.
“In effetti è stato piuttosto duro!” gli fa notare l’istruttore “E ha fatto quasi intendere che gli avrebbe boicottato l’esame solo per il suo rapporto di parentela con il suo vecchio capo.”
Mi risollevo e mi volto da loro, debole, con le gambe che tremano e la bocca sporca di vomito. Che schifo.
“Che si fa?” chiedo in quello stato pietoso.
Gli altri due mi guardano schifati.
“Beh…” osserva l’istruttore “Alla fine l’esame l’ha portato a termine no? Senza errori.”
“Sì.” annuisce l’esaminatore “Diciamo che può andar bene così, nonostante questa brusca interruzione.”
Prende i moduli al suo fianco.
La ragazza che dovrà fare l’esame dopo di me, seduta dietro con l’istruttore mi guarda traumatizzata senza battere ciglio.
L’esaminatore apre il finestrino e mi porge una penna e un foglio.
“Ecco, firma qui.”
Sul serio? Ho davvero passato l’esame?
Con la mano tremolante lascio la mia più brutta firma di sempre e gli restituisco il foglio. Lui lo prende schifato toccandolo al minimo, con sole due dita.
“Tieniti pure la penna.” borbotta disgustato.
Mi consegna la tesserina della patente che prendo e mi rigiro tra le mani con uno sguardo da ebete.
“Ehm, dato che sei qui al complesso Mishima che ne dici se ti lasciamo qui e chiedi a tuo nonno se ti porta da un medico?” chiede l’istruttore decisamente poco propenso a farmi rientrare in macchina.
Mi guardo intorno confuso.
“Sai com’è, noi dobbiamo continuare l’esame.” fa un cenno con la testa verso la ragazza seduta dietro “E tu non mi sembri troppo in forma per poter resistere fino a tornare alla motorizzazione.”
La ragazza scende dall’auto e fa il giro per rientrare al posto di guida. Mi guarda con aria sconvolta.
Che figura di merda!
“Ok?” chiede l’istruttore “Siamo d’accordo così?”
Io torno a guardare il tesserino della patente e annuisco.
“Dai, dai parti!” esclama l’esaminatore alla ragazza “Inizia ad arrivarmi la puzza di quello schifo!”
Rimettono in moto e partono lasciandomi lì con la mia patente, che stento ancora a credere di avere fisicamente tra le mani.
Alzo lo sguardo al cielo e lascio che il vento mi accarezzi la faccia. Sorrido.
Ironico, rischio di morire lo stesso giorno in cui prendo la patente.
Inizio a camminare lungo il marciapiede, respirando a fatica. Ogni movimento dell’addome è una pugnalata più forte.
Non posso tornare a casa a piedi in queste condizioni, non posso neanche prendere la metropolitana perché rischierei di vomitare di nuovo, addosso alla gente stavolta.
Prendo il telefono dalla tasca. Chiamerò per farmi venire a prendere.
Guardo il telefono per far partire la chiamata a mia madre, ma mi si spegne tra le mani per la batteria scarica. Mi scappa una risata, che mi costringe a piegarmi subito dopo per il dolore.
Non posso davvero andare a chiedere aiuto ad Heihachi. Mi fermo ansimante e do un altro sguardo al complesso Mishima. Forse c’è un’alternativa.
Cammino per un altro centinaio di metri e imbocco il vialetto verso un certo gruppo di appartamenti. Arrivo davanti ad una delle porte e suono il campanello.
Attendo qualche istante. Non sembra arrivare alcun suono dall’interno della casa.
Ti prego, fa che sia in casa.
Ci riprovo, proprio mentre vengo scosso da un’ennesima fitta.
La porta si apre e Xiaoyu, con la sua tenuta da allenamento, mi guarda sbigottita.
“Jin? Cosa ti è successo?”
“Mi faresti fare una telefonata?” farfuglio “Ho il telefono scarico e ho tanto bisogno di tornare a cas…”
Non ce la faccio, mi volto, torno indietro di qualche passo e vomito ancora proprio in mezzo al vialetto.
“Oh mio dio.” sento dire a Xiaoyu che mi raggiunge.
Guardo lo schifo nel vialetto, poi la sua espressione sgomentata con una mano davanti alla bocca e vorrei morire di vergogna. Non è bello vomitare fuori dalle case delle persone, credetemi, non lo è affatto. Se sopravvivo a questo, sento che potrei comunque morire per l’umiliazione.
Oggi potrebbe essere il peggior giorno della mia vita. Lo stesso giorno in cui mi sono patentato.
“Mi dispiace.” mormoro mortificato.
Ma Xiaoyu sembra più interessata a qualcos’altro.
“È sangue quello?” chiede preoccupata indicando la pozza di vomito.
“Ma che ne so! Non guardare, che schifo!” la rimprovero “Ti prego, fammi mandare qualcuno per venirmi a prendere!”
Lei mi guarda e annuisce.
“Ok, vieni con me.” dice tornando velocemente sui suoi passi e rientrando in casa.
“Ehm, forse è meglio che io resti qui.” dico, temendo di poter vomitare di nuovo.
“Ti prendo un secchio.” risponde lei uscendo dal bagno con un secchio come se niente fosse.
Possibile che prenda la cosa così come se niente fosse? Non è disgustata?
“Hai intenzione di stare lì tutto il tempo?!” dice prendendomi per un polso e trascinandomi di peso verso il divano.
Non ho letteralmente la forza di oppormi, è come se le mie braccia e le mie gambe fossero diventate di gelatina.
Mi siedo sul divano, con il secchio ai miei piedi, mentre Xiaoyu cammina avanti e indietro davanti a me con il telefono all’orecchio.
“Tua madre non risponde.” dice poi abbassandolo.
Sorrido ironicamente. Onestamente a questo punto mi sarei stupito del contrario!
Una nuova fitta, più forte che mai, mi annebbia ancora la vista per qualche secondo.
“Hey!” Xiaoyu se ne accorge e mi si avvicina.
Mi appoggia una mano sulla fronte. È bello il contatto con la sua pelle fresca.
“Sei bollente!” esclama “Non ti sei accorto di avere la febbre alta?!”
“In effetti… non sto tanto bene.” mormoro.
“Non stai tanto bene?!” ripete “Sei… un idiota!”
Mi costringe a sdraiarmi sul divano, mette un cuscino sotto la mia testa e chiudo gli occhi. E devo ammettere che così va un filino meglio.
“Provo a chiamare Alisa.” la sento dire mentre si sposta in un’altra stanza “Alisa, sono io! Jin è casa mia e sta male!”
Sento l’acqua di un rubinetto che scorre.
“Non lo so, ma ha vomitato! Dovete venire subito a prenderlo, ha bisogno di vedere un medico!”
Sento arrivare da un’altra parte il grugnito minaccioso del panda.
Mi odia proprio questo animale. Xiaoyu non gli ha spiegato che mi sono fatto una settimana di sospensione per andarlo a salvare?!
Sogghigno. Se mi vuole aggredire che faccia pure.
“Sono già KO oggi, Panda.” biascico.
“Ho chiamato sua madre, ma non mi risponde.”
“Mangiami pure, bestiaccia…” riprendo a parlare con il panda “So che vuoi farlo… so che mi odi per qualche ragione… mangiami, metti fine a tutto questo.”
“Panda, vai in camera!” ordina Xiaoyu con impeto.
Poi mi arriva un asciugamano umido sulla fronte. Apro gli occhi e mi accorgo che la luce del lampadario mi dà un gran fastidio.
“L’hai smessa di parlare da solo e di dire fesserie?!” Xiaoyu si inchina a fianco a me e inizia a tamponarmi la fronte con quell’asciugamano fresco.
Chiudo gli occhi e mi godo quel contatto piacevole.
“Non devi disturbarti…” mormoro “Non c’è bisogno che tu faccia tutto questo.”
“Sta zitto.”
“Che… ha detto Alisa?”
“Stanno arrivando.”
Annuisco.
Forse quando arriveranno è il caso di andare dritti all’ospedale. Ma forse potrei non arrivarci vivo!
“Ho preso la patente!” ridacchio.
Xiaoyu non risponde.
“Davvero.” aggiungo allora “Non sto delirando, ce l’avevo proprio qui…”
Mi infilo una mano in una tasca, non la trovo e controllo allora nell’altra.
Scoppio a ridere, nervosamente.
“Ho perso la patente.”
“Ma sei serio?!”
Annuisco.
“Tanto non mi servirà…” continuo con un soffio di voce “Se muoio oggi.”
“Jin, non dire fesserie!”
“E se sopravvivo…” riprendo “Mi sa che continuo a preferire le moto.”
Mi contraggo dal dolore, un altro crampo fortissimo.
“Hey!” mi dice Xiaoyu improvvisamente più gentile “Va tutto bene, resisti! Stanno per arrivare.”
“Se muoio…”
“Ma non muori!” insiste lei rifiutandosi di prendermi sul serio.
“Chiedi scusa a mia madre da parte mia.” continuo “Sono stato un pessimo figlio. Anche ad Asuka. Non mi sono comportato bene con lei… per non parlare di Alisa…”
Xiaoyu continua a rinfrescarmi la fronte con l’asciugamano.
“Basta.” mi dice seria “Non mi piace scherzare su queste cose.”
Scherzare? Chi diavolo ha voglia di scherzare in questo momento?!
Un’altra fitta. Mi scappa un gemito di dolore a voce alta.
Xiaoyu mi prende una mano.
“Hey!” esclama.
Stavolta sembra decisamente più allarmata di prima. Non sa cosa dire.
Il dolore passa e mi rilasso di nuovo sul divano ad occhi chiusi, inspirando lentamente. Ricambio la stretta alla mano, mentre con l’altra mi accarezza la fronte, spostandomi i ciuffi bagnati su un lato. È bello il contatto con la sua pelle, fresca e profumata.
Sento la sua vicinanza, il fatto che è qui con me, che sta cercando di alleviarmi il dolore, ha persino allontanato il suo panda. Questo mi fa sentire uno strano piacevole senso di calore, di pace, nonostante lo stato patetico in cui mi trovo.
Non so che cazzo sia, o forse lo so, ma non voglio ammetterlo. Mi piace pensare di essere superiore a tutti gli altri, ma sono soltanto un idiota alla mercé dei propri ormoni come qualsiasi altro sfigato che cammina su questa terra.
Mi piace il contatto delicato della sua pelle sulla mia fronte, mi piace la sua vicinanza, mi piace il tono dolce della sua voce. Posso pensare queste cose quanto voglio finchè non escono dalla mia testa, no?
“Dovrei chiedere scusa anche a te…” bisbiglio.
“Oh, ti prego!”
“... per averti vomitato sul vialetto…” deglutisco e apro gli occhi.
La guardo, mentre mi ascolta con aria preoccupata.
È così carina a preoccuparsi per un idiota come me.
L’altra volta mi ha persino definito suo amico e io ho sempre risposto con acidità e toni stizzosi. Dovrei esprimere in qualche modo la mia gratitudine, finché c’è tempo.
“... e perché non ti ho mai detto che…”
Sei probabilmente la mia migliore amica? Mi piace quando sono con te? Sono uno stronzo che non si merita le attenzioni di una persona come te?
“Jin-san!”
Xiaoyu lascia la mia mano, che scivola contro il pavimento, e scatta in piedi.
Chiudo di nuovo gli occhi.
“Alisa! Siete qui finalmente!” esclama Xiaoyu.
“Cosa è successo?” chiede Alisa entrando in casa.
“Non lo so, ma ha la febbre alta ed è a vomiti.”
Sento degli altri passi, decisamente più pesanti.
“Ho parcheggiato qui fuori.” dice una voce maschile che di certo non mi aspettavo di sentire.
Apro gli occhi e sollevo la testa, per girarmi a guardare. O anche le orecchie sono andate, oppure è proprio la voce di…
“Aiutatemi a caricarlo sul sedile di dietro!”
“Lars?!” chiedo incredulo con un soffio di voce.









NOTE: 
Chiedo scusa ai vostri occhi per il Comic Sans rosa, ma... ho dovuto farlo!
Ci rivediamo tra due settimane! 🙃

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Capitolo 29
*** It Could Be Worse (Jun) ***


29
It Could Be Worse
(Jun)

 

“Jun?!” sento arrivare la voce dall'esterno della casa.
La porta d'ingresso è aperta per permettere il frequente passaggio degli operai.

“Entra pure Michelle!” rispondo dal soggiorno.
La vedo allora fare capolino dentro alla stanza, guardandosi intorno confusa dalla presenza degli operai che stanno portando un altro grosso scatolone all’interno del soggiorno completamente ripulito.
La saluto con un cenno della mano, tenendo nell’altra la mia tazza di tè fumante.
“Ma che…” balbetta.
“Ho deciso di rimodernare il soggiorno!” spiego.
“Eh?” chiede lei stupefatta “Ma se l’avevi cambiato neanche due anni fa!”
“Diciamo che non era a prova… della nostra famiglia.” rispondo con un sussurro e bevo un sorso di tè “Ti offro qualcosa?” chiedo poi.
“No, no.” si affretta a rispondere “Ho poco tempo, ero passata per un saluto veloce.”
Poi si guarda ancora intorno confusa.
“Jin e Kazuya hanno combattuto di nuovo?”
“Già…” mento “Proprio così.”
“Certo che… vado via neanche due settimane, torno e sembra che si sia rivoltato il mondo!” commenta pensierosa.
“Giusto!” colgo la palla al balzo per cambiare argomento “Come sono andate le vacanze negli States?” chiedo con un sorriso “Tutto bene dai tuoi?”
“Sì, sì, stanno bene.” taglia corto “Ma voi piuttosto! Julia mi ha detto di Jin!”
“Oh sì.” bevo un altro sorso di tè.
“Che è successo?! Come sta?!”
“Ma niente, quell’idiota di mio figlio si è solo fatto venire un’ulcera da stress!” rispondo con un sorriso tirato.
“Ma come è stato possibile?!” esclama la mia amica.
“A quanto pare aveva i sintomi da mesi, ma se n’è fregato.” spiego brevemente.
Michelle mi guarda perplessa sgranando gli occhi.
Sospiro.
“Voleva più libertà, più autonomia, diceva che gli stavo troppo con il fiato sul collo e tutti finivano sempre per dargli ragione.” riprendo “D’accordo allora! Mi sono fidata, gli ho dato l’autonomia che tanto desiderava. Proviamo, mi sono detta! Magari è vero, magari ha solo bisogno che gli dia più fiducia! Benissimo! Il tempo di un paio di settimane e ne finisce col vomitare sangue in mezzo alla strada!” racconto tutto nervosamente con il volume della voce in crescendo e non mi rendo conto che ho finito per quasi urlare.
Quando finisco noto che alcuni degli operai si sono fermati per fissarmi.
“Scu… scusate.” dico allora a quel punto.
Loro si scambiano un’occhiata confusa e riprendono a lavorare.
“Jun…” mormora Michelle senza parole.
“Oh, non ti preoccupare.” riprendo “Non è niente di grave, tra qualche giorno lo dimettono.”
“Ma…”
“Il medico ha detto che ci sono tanti fattori.” continuo “Tipo una cattiva alimentazione. A proposito sai che Jin e Julia si scambiano il pranzo a scuola da almeno due anni?!”
“Che cosa?!” esclama Michelle sorpresa “Hey, ma stai dicendo che è colpa della mia cucina?!”
Sospiro.
“No.” scuoto la testa “Probabilmente il colpo di grazia è stato aver preso farmaci a stomaco vuoto per un’influenza avuta qualche tempo fa. Mentre io non c’ero.”
Michelle mi guarda a bocca aperta, senza sapere cosa dire.
“Lo so cosa stai pensando e non hai il coraggio di dire.” rispondo con un sospiro “Sono una pessima madre.”
“No!” esclama Michelle con decisione “Assolutamente no! Non puoi fartene una colpa!”
Bevo ancora del tè, distogliendo lo sguardo.
“Quando ha tentato di chiamarmi per chiedermi aiuto, avevo dimenticato il telefono in ufficio.” racconto “È una fortuna che Lars sia potuto andare a prenderlo per portarlo all’ospedale!”
“Sono cose che possono capitare!” insiste Michelle “Se proprio non fosse riuscito a mettersi in contatto con nessuno, avrebbe chiamato un’ambulanza o qualcosa del genere!”
La mia parte razionale vorrebbe darle ragione, ma non posso fare a meno di continuare a sentirmi in colpa.
“A proposito di quel Lars, comunque…” dice poi Michelle seria.
Alzo gli occhi al soffitto, capendo già dove la conversazione andrà a parare.
“Julia mi ha detto che non vive più con voi.”
“Esatto.” rispondo.
“Come mai?” chiede con sospetto.
“Ha deciso di lasciare il lavoro da me e a quel punto non aveva più senso che restasse qui.”
“Ci sono stati dei problemi a lavoro?” chiede con sguardo penetrante.
“No…”
“È un po’ strano che se ne sia andato così di punto in bianco allora, non ti pare?”
Apro la bocca per rispondere, ma poi cambio idea. Sbuffo.
“Senti.” dico afferrandola per un braccio e trascinandola in cucina.
Qui potremo parlare lontane da orecchie indiscrete.
“Se ti dico un segreto prometti di lasciar perdere questa insensata diffidenza che hai nei confronti di Lars?!” le sussurro all’orecchio.
Lei spalanca gli occhi e mi guarda incerta.
“Un segreto?!” ripete a mezza voce.
Inspiro a fondo.
Kazuya non sarebbe d’accordo, ma so di potermi fidare al cento per cento di Michelle. Le affiderei la mia stessa vita.
“Lars era un agente segreto in incognito ingaggiato da Kazuya.” le spiego all’orecchio.
Michelle sobbalza e mi fissa sconvolta.
“Che cosa?!” ripete.
“Non posso dirti altro, quindi niente domande.” rispondo “Per il resto comunque è una bravissima persona di cui ho molta stima, quindi per favore smetti di avere questo atteggiamento nei suoi confronti.”
Michelle si siede, ragionando tra sé e sé con aria disorientata.
“Questo proprio non me lo sarei mai aspettata.” mormora.
“Beh, avevi avvertito qualcosa di strano e forse per una volta ci hai azzeccato, ma non era quello che probabilmente pensavi.”
“No.” Michelle scuote la testa “Non è questo.”
“Che cosa?” chiedo inarcando le sopracciglia.
“Non essere sciocca Jun! Non posso mica indovinare il mestiere della gente così a pelle!” esclama come se fosse la cosa più scontata del mondo “Non sono mica una strega!”
La guardo a bocca aperta.
“Mi prendi in giro?!” chiedo un po’ stizzita.
Cioè adesso vorrebbe far passare me per la credulona di turno?
Cosa vuol dire che non è mica una strega?! Cioè secondo lei sostenere di avere queste sensazioni non è roba da streghe?
Michelle scuote la testa, mi prende un polso e mi invita a sedermi a fianco a lei.
“Non funziona così.” spiega “Le mie sensazioni non riguardano questi aspetti della vita delle persone. È una cosa più a livello emotivo.”
“Livello emotivo.” ripeto atona.
Annuisce.
“È come se ci fosse un’aura attorno a tutti noi.” spiega “E l’aura di Lars… mi ha dato una brutta sensazione. È come se la sua anima fosse tormentata da delle fortissime emozioni negative.”
Aggrotto le sopracciglia.
"Avevi detto una cosa del genere anche per Kazuya.” osservo “E per Heihachi…”
“E mi sbagliavo forse?!” chiede con un sorrisetto sarcastico “Quei due hanno l’anima completamente corrosa dall’odio che provano l’uno per l’altro.”
“Quindi tu stai cercando di dire che anche Lars odia qualcuno allo stesso modo di Kazuya e Heihachi tanto da avere questa sorta di aura negativa che tu sei in grado di percepire.”
Michelle annuisce, poi alza le spalle.
“Potrebbe essere.”
Alzo gli occhi al soffitto.
“Cosa vuol dire potrebbe essere?!”
“Non lo so!” risponde Michelle “Ma ti dico che quello nasconde qualcosa di strano!”
Sospiro.
“E dire che per una volta pensavo che ci avessi azzeccato, Michelle!” la rimprovero alzandomi.
“Ancora non mi credi vero?” mi guarda un po’ infastidita “Beh, ringrazia che tengo un occhio aperto per te! Presto o tardi quel Lars si rivelerà e spero che non ci siano conseguenze.”
“Come no!” commento ironica.

 

Non sarò mai abbastanza grata a Lars, Alisa e a Xiaoyu.
È una fortuna che Lars non sia ripartito subito in Svezia e che a quanto pare abbia mantenuto qualche contatto con Alisa. Fortunatamente si trovavano insieme quando Xiaoyu ha chiamato per chiedere aiuto.
Entro nel reparto di medicina interna dell’ospedale e mi dirigo verso la stanza di Jin, dentro la quale scopro che i suoi amici sono passati a trovarlo.
“Ciao ragazzi!” li saluto con un sorriso entrando nella stanza “È un piacere vedervi!”
Ci sono Shin Kamiya, Julia, Alisa, Asuka e Xiaoyu.
“Sì, suo figlio ha pensato bene di evitarci facendosi ricoverare, ma ci abbiamo pensato noi a seguirlo fin qui!” esclama Shin con un ghigno beffardo.
“Oh, che pensiero carino!” commento ridacchiando.
“Già…” dice Jin sarcastico seduto con la schiena contro la spalliera del suo letto “Nemmeno con un ricovero riesci ad avere un po’ di tranquillità!”
Sta scherzando. È visibilmente di umore migliore oggi. La visita dei suoi amici gli ha fatto piacere e ne sono contenta.
“Ringrazia che mi hanno bocciato l’idea di portarti fiori e palloncini!” sogghigna Asuka.
Jin la fulmina con lo sguardo.
“Non avresti osato.”
Asuka ridacchia.
“Ne sei proprio sicuro?”
“Dai, non è il caso di aprire un battibecco tra cugini adesso.” interviene Shin “Piuttosto, stavamo raccontando a Kazama le novità.”
Finisce rivolgendo un sorrisetto malizioso a Julia.
“Sei un idiota!” borbotta lei dandogli una spinta sulla spalla.
“Non vuoi raccontargli della tua uscita con Fox?” continua lui.
“No, grazie!”
“Siete usciti?!” chiede Jin stupito “Nel senso, fuori da scuola? Nel senso, usciti usciti?”
Julia si copre la faccia con le mani.
“Sì, li ho beccati seduti dietro di me al cinema.” racconta Shin scoppiando a ridere “Puoi solo immaginarti il colore della faccia di Julia quando li ho visti!”
Anche Jin sogghigna divertito.
“Julia?” intervengo io sorpresa “Stai uscendo con un ragazzo?”
Julia mi guarda con un misto di imbarazzo e preoccupazione, poi inizia a picchiare Shin, che si difende sghignazzando.
“Ehi, ehi!” si lamenta tra una risata e l’altra “Fa’ piano però!”
Nel mentre Jin richiama la mia attenzione e mi porge una tessera che ha sul comodino.
“La mia patente.” dice “Xiaoyu me l’ha riportata.”
La prendo e la osservo. Finalmente ha la patente, finalmente abbandonerà quella stupida moto!
Mi volto da Xiaoyu.
“Grazie cara.” sorrido.
Lei annuisce timidamente.
“Prego.” risponde “Era nel vialetto, vicino a dove… ehm…”
“Mi dispiace di averti vomitato il vialetto.” commenta Jin decisamente a disagio.
Lei ridacchia un po’ in imbarazzo.
“Ma no! Non preoccuparti!” bofonchia.
Jin sembra ancora mortificato e la scruta pensieroso, ma lei distoglie lo sguardo.
“Sembri silenziosa.” osserva lui a quel punto “Ce l’hai con me per il vialetto, lo so!”
“Ma no…” tenta di dire lei.
“Come no! ‘Non preoccuparti’ un accidente! Scommetto che è stato terribile dover pulire quel disastro! Non ci ho pensato, ma avremmo dovuto pagarti una squadra di una qualche agenzia di pulizie!”
“Non essere ridicolo, non ce l’ho con nessuno! E non era niente di così terribile da dover chiamare agenzie di pulizie!” risponde allora Xiaoyu.
“Aaaah!” il grido di Shin Kamiya ci distrae e ci voltiamo tutti a guardarlo lottare con Julia nel pavimento.
“Oh mio dio!” esclamo.
Julia ha finito per bloccarlo a terra con la mano stretta su una sua ciocca di capelli.
“Steve mi ha portato anche a vedere una gara di wrestling, sai?” sibila minacciosa “Non l’avrei mai detto, ma è uno sport moooolto interessante.”
“Julia!” esclamo ammutolita.
Non sono per niente abituata a vederla comportarsi così.
“Ragazzi, però fate silenzio.” li avverte Alisa “Siamo pur sempre in un ospedale!”
“Giusto!” annuisco “Rialzatevi, su! Smettetela di fare i buffoni! Non vorrete mica farvi mandare via da un’infermiera.”
I due ragazzi tornano subito su, e un po’ imbarazzati si allisciano i vestiti.
Il cellulare di Alisa suona e lei lo tira fuori dalla borsa.
“Oh, Lars è qua!” dice a Xiaoyu “Ti serve un passaggio allora?”
Xiaoyu annuisce e le due ragazze si alzano.
“Jin-san, noi andiamo!” dice Alisa.
Lui annuisce.
“Grazie per essere passate.” gli suggerisce Asuka.
“... ehm sì!” dice lui con fare goffo “Grazie.”
Le ragazze lasciano la stanza.
“Che cazzo Asuka, perché mi devi mettere in imbarazzo così!” si lamenta Jin poco dopo.
“Ti sto solo insegnando un po’ di buone maniere, cafone!” risponde lei a braccia conserte “A volte sembri un cavernicolo!”
“Ah, che carina Xiao-chan!” esclama Shin con aria sognante “Mi mancherà a Kyoto!”
“Ti mancherà solo lei?” chiede Julia alzando un sopracciglio.
Shin si massaggia la testa, dove poco prima lei aveva tirato una ciocca di capelli.

“Di certo più di te.” borbotta “Lei è gentile. Mi ha persino regalato dei biscotti qualche tempo fa!” poi fa un sorrisino soddisfatto “Credo di piacerle.”
Jin sogghigna.
“Idiota, i biscotti li ha regalati anche a me e ad Asuka!” lo schernisce “Era per ringraziarci per quella volta che abbiamo…”
Non finisce la frase e mi guarda incerto, valutando se sia il caso di continuare a parlare o meno. Come se non avessi già capito che sta parlando di quella stupida spedizione punitiva che gli è costata una settimana di sospensione!
“Che cosa?!” esclama Shin di stucco “Li ha regalati anche a voi?!”
“Sei un idiota!” ride Julia prendendolo in giro.
“Ma…” mormora lui senza riuscire ad aggiungere altro.
“Bah, comunque è ora di andare anche per me.” riprende Julia dando un’occhiata all’orologio “Si sta facendo tardi e devo rimettermi a studiare.”
Shin sospira.
“Vado anch’io.” dice poi con ancora un certo velo di delusione “Ho un libro intero da ripassare per il recupero di Chaolan.”
“Ha portato i compiti?” chiede Jin.
Shin annuisce.
“L’ho pure passato, ma voglio migliorare il voto.”
“Ecco, bravo! Questo è lo spirito giusto!” sorride Julia orgogliosa.
“Non ha detto il mio voto?” chiede Jin.
Shin scuote la testa.
“Mi spiace, non ce l’ha detto.”
Jin sospira e torna ad affondare sul suo cuscino.
“Tanto tornerai presto, no?” chiede Julia in tono gentile.
Lui annuisce.
“Sì, tra non molto.” bofonchia.
“Allora ti aspettiamo!” sorride ancora Julia.
Dopo saluti e i dovuti ringraziamenti, stavolta senza bisogno del suggerimento di Asuka, i ragazzi lasciano la stanza.
“Ho parlato con il medico.” dico con un piccolo sorriso “Pensano che domani sera potrai già tornare a casa.”
“Mmm.” mi risponde annuendo e ho quasi l’impressione che non ne sia troppo contento.
Mi si stringe il cuore. Nonostante il ricovero questi giorni Jin mi sembra rilassato come non mai. Il suo umore non è mai stato così buono da non so quanto ormai. Sembra persino avermi anche più o meno perdonato. Probabilmente il fatto di stare lontano da casa lo fa stare bene, persino se confinato in un letto di ospedale.
Asuka chiude la porta e si gira guardandoci improvvisamente seria.
“Beh? Che diavolo ti prende ora?!” chiede Jin confuso.
“Shhhh! Abbassa la voce!” si avvicina furtiva “Prima non te ne potevo parlare, perché c’erano gli altri ma… hai sentito le notizie?!”
Lui scuote la testa.
“Asuka!” la rimprovero con un sussurro “Non mi sembra il posto più adatto dove parlarne!”
“Non ci sentirà nessuno qui.” risponde “E lui ha il diritto di sapere, non credi?”
“Di che notizie parlate?!” chiede Jin serio “Questa TV ha problemi all’antenna, accidenti!” spiega indicando il televisore con un cenno della testa “Cosa è successo?!”
Asuka mi guarda, a quel punto mi avvicino a Jin.
“Ci siamo quasi.” dico allora a bassa voce “La notizia dell’indagine alla Mishima Zaibatsu è stata resa pubblica stamattina.”
Jin ci guarda a bocca aperta, poi annuisce.
“Bene!” esclama annuendo.
“Benissimo direi!” lo corregge Asuka “Spero che la verità venga a galla per intero!”
Jin rimane in silenzio per qualche secondo con aria pensierosa.
“C’è qualcosa che non va?” chiedo allora.
“Mi chiedevo solo… che succederà a tutti quelli che stanno intorno alla Zaibatsu?” dice.
Alzo le sopracciglia, confusa.
“Che intendi dire?”
“Intendo dire, se il vecchiaccio va a fondo… ne risentirà anche gente innocente, giusto? Insomma quanta gente vive e lavora attorno al complesso Mishima? È praticamente una sorta di città dentro la città. C’è gente che potrebbe perdere il lavoro, la casa… la propria vita così come la conosce.”
Asuka rimane ad ascoltare ammutolita. Evidentemente non ci aveva pensato.
“È probabile!” annuisco, poi mi faccio seria “Ma ne sarà valsa la pena. È un male necessario. Avete capito cosa c’è in ballo?!”
“E quelle stesse persone poi andranno in giro a sfogare le proprie frustrazioni sui poveri malcapitati.” continua Jin con una smorfia, guardando la tessera della patente sul comodino.
Poi alza lo sguardo, sempre molto pensieroso.
“Forse è per quello che Xiaoyu era così strana oggi.” riprende “Lei vive nel complesso Mishima e credo che Heihachi le paghi le tasse scolastiche. Probabilmente anche lei si ritroverà presto nei casini.”
“Oddio, se così fosse sarebbe terribile!” esclama Asuka preoccupata.
“Ragazzi…” intervengo per cercare di tranquillizzarli.
“Forse le hanno già detto che dovrà perdere la casa e il posto a scuola ed è per quello che oggi era così silenziosa…” continua a ragionare Jin.
“Beh, magari dovrà cambiare scuola, ma zia Jun potrebbe offrirle una stanza, no?” propone Asuka guardandomi “Tanto quella di Lars adesso è libera!”
“Che cosa?!” chiedo confusa.
Sta davvero pensando di invitare altra gente in casa mia?

“Asuka, non correre troppo.” le dico “Non credo che…”
“Glielo devi!” insiste guardandomi severamente “Se dovesse trovarsi coinvolta in questo casino sarebbe anche per colpa vostra!”
“Sì, ma… non credo che ce ne sarà bisogno.” rispondo.
“Perché?” vuole sapere allora.
Sospiro.
“La Zaibatsu non andrà a fondo così facilmente.” spiego parlando sottovoce “Certo, ne uscirà con un notevole danno economico e di immagine, ma distruggerla non è così facile come pensate, specialmente non in un colpo solo. Questo sarà soltanto un primo piccolo passo verso quella direzione.” dico senza riuscire a trattenere una smorfia malvagia “Da qui che staccheremo pezzo per pezzo di quell’impero, sarà una strada lunga e tortuosa. Una vendetta che andrà assaporata fredda, ma sarà dannatamente, deliziosamente soddisfacente.”
Li guardo, mentre ascoltano imbambolati in silenzio.
“Oh, e nel mentre la vostra amica avrà tutto il tempo di cercarsi un’altra sistemazione!” aggiungo con un piccolo sorriso.
“Fattelo dire zia Jun!” sussurra Asuka “A volte penso che dentro di te viva un’entità sconosciuta un po’ terrificante!”
Scoppio a ridere.
“Asuka! Ma che assurdità!”


Poco più tardi anche Asuka torna a casa, per studiare per il compito di inglese. Stavolta non è proprio il caso che lo salti.
Io e Jin rimaniamo soli.
“Sai Jin…” inizio a dire cautamente.
“Hm?” fa lui distrattamente, senza alzare gli occhi dal libro che sta leggendo, un trattato sulle teorie della psicoanalisi di Freud.
“Non dovresti essere così stressato alla tua età.”
Lui a quel punto alza lo sguardo.
“Sono d’accordo?” commenta confuso.
“Intendo dire… cerca di non prendere tutto così in maniera negativa ok?” riprendo “E se proprio vuoi andare a studiare all’estero, anche se non dovessi riuscire a vincere quel concorso possiamo trovare un’altra soluzione sai?”
“Non ho intenzione di chiedere soldi a Kazuya!” dichiara con decisione.
“Non devono essere per forza i suoi!” esclamo “Posso prestarteli io. Anche io ho un mio lavoro, uno stipendio e un conto in banca indipendente!”
“È uguale.” bofonchia “Non voglio chiedere soldi alla famiglia per pagarmi chissà quale retta in chissà quale università di prestigio. Quell'opzione era perfetta proprio perché mi avrebbe permesso di poter continuare a studiare senza dover dipendere totalmente dalla famiglia!”
Sospiro.
“È molto bello che tu voglia farcela da solo, senza il nostro aiuto.” dico “Ma dovresti anche permettermi di aiutarti. Sono tua madre, è naturale.”
Non risponde.
“Io non sarei arrivata dove sono oggi se non avessi avuto il sostegno di qualcuno alle spalle.” spiego “E nemmeno Kazuya avrebbe la sua posizione se non fosse stato supportato da nessuno, cioè da me.”
“Sì, ma io non ho intenzione di farmi supportare da nessuno.” ripete irremovibile.
Segue un momento di silenzio.
“D’accordo.” dico infine “Allora, potrò sempre aiutarti a cercarti un lavoro stagionale estivo.”
Almeno su questo non sembra ribattere.
Forse ci si può ragionare.
“Sai comunque… Kazuya ha chiesto di te.”
Jin mi guarda con sospetto.
“... ha chiesto se stavo morendo o qualcosa del genere?”
“Jin…” lo rimprovero con lo sguardo.
“Che c’è?” alza le spalle “Dopotutto tra poco avrò vent’anni, non sarò più una sua responsabilità a livello legale!”
Poi sospira.
“Per questo devo cercare di finire gli studi il prima possibile, per poter trovare un lavoro e avere finalmente la mia indipendenza economica.” continua con sguardo puntato in un punto indefinito nel vuoto “Ma se riuscissi a trasferirmi in un’università lontano da qui sarebbe l’ideale!”
D’accordo, ci tiene tanto. Ormai l’ho capito e devo accettarlo. Non devo offendermi.
Fa una smorfia.
“Oppure lascio gli studi, prendo la moto e inizio a girare il mondo come un barbone.” dice.
Per un attimo lo prendo sul serio e mi sento rizzare i capelli sulla nuca, ma poi scoppio a ridere, sentendomi stupida per esserci cascata. Non sono abituata a sentirlo scherzare!


 

“Forse sarebbe stato carino farsi vedere.” lancio la frecciatina mentre ripuliamo la cucina dopo la cena.
Kazuya si ferma di colpo davanti alla lavastoviglie e mi guarda increspando la fronte.
“Cosa hai detto?”
“Mi hai sentito benissimo.” sibilo passando uno straccio sul tavolo.
Lui distoglie lo sguardo, visibilmente seccato e riprende a caricare dei bicchieri dentro alla lavastoviglie.
“Devi proprio tirare in ballo il discorso ogni giorno?” borbotta Kazuya caricando la lavastoviglie.
“Ha rischiato di stare male sul serio!” gli ricordo “E non ha neanche creduto che tu abbia chiesto di lui.”
“Che cosa gli hai detto?!” mi guarda furioso “Ho solo chiesto se stava per morire o qualcosa del genere!”
Roteo gli occhi all’indietro. Sono due bambini! E sono uguali!
“Ed è solo per colpa della tua eccessiva apprensione!” continua a brontolare “Stato male sul serio! Non era niente di che, l’hanno rimesso in sesto nel giro di una settimana!”
“Ma come puoi dire questo?!” protesto “Hai idea del dolore che ha passato?!”
“Senti, in questo momento il favore più grande che possa fargli è stargli lontano.” continua lui senza guardarmi “Fattelo bastare!”
Apro la bocca per mandarlo a quel paese, ma poi ci rinuncio. Non ne vale la pena.
Questa scena l’abbiamo vissuta e rivissuta un migliaio di volte e il risultato è sempre lo stesso.
“Perché dev’essere così complicato tra voi?” chiedo soltanto.
Kazuya fa una pausa, poi torna finalmente a guardarmi.
“È il nostro modo di relazionarci.” dice chiudendo con un movimento deciso la lavastoviglie.
Sospiro.
“Quando era piccolo non eravate così.” ricordo con nostalgia.
“Sì.” fa una smorfia “Poi ha imparato a parlare.”
Sospiro e prendo uno strofinaccio per pulire il tavolo.
“Ti ricordo che sono stato io ad essermi impegnato per trovargli una baby-sitter!” dice “Così che tu potessi tornare a lavorare.”
“Capirai!” esclamo “Quella matta da legare della tua segretaria! Quando ripenso che le ho affidato il bambino per tutto quel tempo…”
“Sei sempre stata prevenuta nei confronti di Anna.” commenta Kazuya “Avrà pure un carattere particolare e spesso fastidioso, ma è una lavoratrice affidabile.”
“Sì, vabbè. Tornando a noi…” intervengo per tagliare il discorso “Il punto è che sono stanca di fare costantemente l’arbitro tra te e Jin!” mi lamento “E tutto quello che chiedo è che voi vi possiate sforzare di provare ad avere un rapporto normale!”
“Nessuno ti chiede di dover fare da arbitro.” risponde Kazuya “E comunque, lo sai benissimo che quello che mi chiedi è impossibile!” aggiunge iniziando ad innervosirsi.
Ecco che ci siamo. È impossibile affrontare questo argomento in maniera matura e civile, senza che qualcuno perda la pazienza.
Beh, ma oggi non ho intenzione di arrivare a dover lottare in soggiorno come le altre volte. Non lo stesso giorno in cui sono arrivati i nuovi mobili, per l’amor del cielo!
“C’è un motivo per cui non volevo avere figli.” continua parlando con un soffio.
“Sì, beh, ma è successo e tu non ti sei mai sforzato di imparare!” gli rinfaccio.
“Cosa avrei mai potuto imparare, dopo il rapporto disastroso che ho avuto tutta la vita con mio padre?!” sbotta alzando la voce.
“Lo vedi?!” gli rinfaccio “Sei sempre stato spaventato dal rapporto con tuo padre! E non hai mai neanche voluto provare a cambiare le cose! Non doveva per forza andare così.”
Mi guarda tetro.
“Beh, è troppo tardi.” dice glaciale “Per questi diciannove anni l’ho tenuto al sicuro e ho fatto in modo che avesse il sostegno economico di cui avesse bisogno. Il resto era una tua responsabilità. Questi era il patto che abbiamo stabilito di comune accordo anni e anni fa, non ricordi?”
Lo guardo seria in silenzio.
“Che c’è ora?” mi chiede spazientito.
“Dimmi solo una cosa, Kazuya…” mormoro “... sei almeno un po’ orgoglioso di lui?”
Lui risponde con uno sguardo infastidito e poi si volta, pronto a lasciare la stanza.
Prima di uscire si ferma per un secondo.
“... poteva venire su peggio.” dice soltanto.




 


 

 
 

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Capitolo 30
*** Vodka Tears (Lars) ***


30
Vodka Tears
(Lars)

 

“E quindi con Margaret come è andata?!” chiede in inglese il proprietario del Flaming Dragon mentre asciuga dei bicchieri dietro al bancone.
“Ah, Marshall, che ti devo dire… sono di nuovo qui, lo sai come è andata!” risponde con un borbottio l’uomo di mezza età seduto al bancone.
È un cliente abituale di questo posto, non passa inosservato con la sua solita giacca da motociclista e quella cresta di capelli biondi. Sembra proprio essere stato risucchiato da un’autostrada americana e finito per sbaglio in questo quartiere di business a Tokyo.
Il Flaming Dragon è quasi vuoto a quest’ora tarda del pomeriggio e nel silenzio della sala non posso fare a meno di sentire i discorsi tra questi due particolari personaggi.
“Non ti sarai fatto buttare fuori di casa.” continua il proprietario.
“Sono stato io a rompere con lei.” precisa allora l’altro.
Marshall alza dubbioso un sopracciglio.
Paul storce la bocca e prende il suo bicchiere di birra.
“Tagliati i capelli e cercati un vero lavoro, mi ha detto.”
“Oh…” interviene con sguardo ironico il figlio del proprietario intento a spazzare il pavimento davanti all’ingresso “Non avrebbe dovuto…”
“No, che non avrebbe dovuto!” scuote la testa l’uomo con la cresta “Un lavoro!” esclama poi risentito “Un vero lavoro! Capito?! Come se andare in giro per il mondo sulla mia moto a vincere gare di judo non sia un vero lavoro!”
Prende un lembo della giacca davanti al petto e lo stringe con orgoglio.
“Questo, mia cara - le ho detto - è uno stile di vita! E quello che mi chiedi tu, semplicemente è uno stile che non è il mio!” continua “E me ne sono andato!”
Beve un sorso di birra.
“Mi dispiace tanto, Paul!” commenta Marshall.
“Nah, chi se ne frega!” agita una mano Paul “Sto molto meglio così! Sono uno spirito libero io!”
Il ragazzo che spazza tossisce per richiamare l’attenzione degli altri.
“Però… se posso permettermi Paul, da amico a amico...” dice cautamente per cercare di non offenderlo “Era lei a pagare anche la tua parte d’affitto, o no?”
“Sì, e con questo?” risponde l’altro imbronciato.
“Beh, allora forse effettivamente i premi delle vincite dei tornei non sono sufficienti per poter vivere solo di quello.”
Paul alza le spalle.

“Sono tornato a vivere nel mio garage e sto benissimo così, Forest.” lo interrompe “Ho un tetto sulla testa, un bagno nel retro, qualche soldo per benzina, ma… la cosa più importante è che sono libero!”
“Se per te libertà è andare avanti con gli avanzi della nostra cucina.” commenta Forest sfrontato.
Dopo un momento di incertezza Paul scoppia a ridere divertito.

“Forest!” lo bacchetta suo padre.
“Nah, Marshall! Lo sai che adoro questo ragazzo e il suo modo di parlare senza peli sulla lingua!” commenta Paul sghignazzante “E il suo essere stronzo. Ha carattere il ragazzo! Ha la stoffa di un vero biker! Mi piace davvero!”
Forest scuote la testa.
“Intendo dire Paul…” ci riprova “Lo sai che ti considero uno di famiglia e non mi dispiace darti quegli avanzi o… non farti pagare mai le birre… ma, e lo dico perché ti voglio bene, potrebbe arrivare un giorno in cui beh ecco, potresti pentirti di non aver mai messo qualcosa da parte.”
Paul ascolta poco convinto, ma con un sorriso divertito stampato in faccia.
“Hai visto Marshall, sono queste le idee materialistiche che le scuole mettono in testa ai ragazzi di oggi.” sogghigna “Li convincono ad abbassare la testa davanti alle regole di questa stupida società consumistica.”
Marshall ridacchia e Forest alza gli occhi al soffitto.
“Lasciamo perdere!” borbotta.
In quel momento si apre la porta del locale e intravedo una testa di capelli rosa di mia conoscenza.
“Irasshaimase!” la accoglie subito Forest cambiando lingua “Prendi pure posto dove preferisci e arrivo subito a portarti il menù.”
Alisa ringrazia e la vedo far scorrere lo sguardo per il locale. Alzo una mano per farmi individuare. Mi scorge, mi sorride e mi raggiunge al tavolo.
“Ciao Lars! Scusa se ho fatto un po’ tardi.” dice sedendosi davanti a me “Ero al telefono con Jun-san.”
Annuisco.
“Ha detto che presto Jin-san uscirà dall’ospedale.” continua togliendosi il cappottino.
“Ottimo!” sorrido.
Alisa annuisce.
“Jun-san ha anche proposto di preparargli una specie di festa di bentornato, sai ultimamente sembrava essersi un po’ ammorbidito.” continua “Ma poi Asuka-san ci ha convinti che non è una buona idea e in effetti forse suo cugino non è il tipo da apprezzare questo genere di cose…”
Sogghigno.
“Direi proprio di no.”
Arriva Forest a portare il menù per Alisa e proprio in quel momento comincia il notiziario.
Sia io che Alisa ci voltiamo interessati verso lo schermo della TV.
“Continuano le indagini della polizia sul caso degli esperimenti illegali legati alla Mishima Zaibatsu. È stato arrestato questa mattina il preside della famosa scuola privata Mishima.” dice la giornalista alla TV.
“Hey Marshall! Alza il volume!” esclama Paul “Guarda! Mi sa che alla TV stanno parlando del tuo ristorante!” scoppia a ridere “È proprio questa strada!”
“Non hai capito un accidenti Paul!” esclama Marshall “È la scuola qui davanti! Stanno dicendo qualcosa riguardo alla scuola!”
“Shh! Fate silenzio!” esclama Forest avvicinandosi al televisore “Vent’anni che andate in giro in questo paese e ancora non capite la lingua.”
“Finché ci sei tu per prendere le ordinazioni dei clienti, Forest.” dice il padre facendo le spallucce.
“Il professor Abel, attuale preside della scuola, sarebbe il responsabile di quella serie di ricerche non autorizzate che sarebbero state portate avanti nei laboratori della Mishima Zaibatsu fino a una ventina di anni fa.”
“È roba seria.” esclama Forest corrugando la fronte davanti alle immagini del vecchio preside che viene scortato in manette dagli agenti fin dentro all’auto della polizia.
“La Mishima Zaibatsu si dichiara completamente estranea ai fatti e sostiene di non essere stata al corrente riguardo alla natura degli esperimenti in questione, che non sarebbero quindi mai stati autorizzati dall’azienda.”
“Hanno arrestato qualcuno?!” chiede Paul cercando di interpretare le immagini “Ma qualcuno della scuola?!”
“Con quella brutta faccia dev’essere per forza un professore.” commenta Marshall sogghignando.
“Lo dico io che non c’è da fidarsi di questi insegnanti!”
“Fate silenzio!” ripete il ragazzo.
“L’indagine rimane comunque ancora aperta e si continua a cercare di fare chiarezza sulla presunta non responsabilità della direzione della Mishima Zaibatsu.”
“Fucking Hell!” esclama Forest divertito, poi si gira verso gli altri due “Stavolta Mishima rischia davvero di finire col culo per terra!”
“Ci vuoi dire che accidenti hanno detto o no?!” insiste Paul iniziando a spazientirsi.
“Studiatevi il giapponese, idioti!” gli risponde Forest con un’occhiataccia.
Alisa seduta di fronte a me sospira.
“Jun-san e Kazuya-san sembrano invece certi che Mishima la farà franca.” sussurra verso di me.
Con lo sguardo ancora fisso sul televisore, mi avvicino la tazza di caffè alle labbra.
“Lo credo anche io.” dico a denti stretti.
Davvero una bella mossa, Heihachi. Lavarsene completamente le mani e far ricadere l’intera colpa sul tuo collaboratore. Uno dei tanti pedoni da sacrificare per tenere al sicuro il re.
“E i responsabili non pagheranno.” sospira Alisa. 
La guardo. Odio dover vedere i suoi occhi tristi.
La sera della mia partenza da casa Mishima, Alisa mi ha accompagnato fino al taxi davanti a casa e mi ha rivolto delle semplici parole che non potrò mai dimenticare.
“Grazie per il tempo che hai passato con me in questi ultimi mesi.” mi ha detto con un triste sorriso “Per la prima volta, quando ero con te, mi sono sentita come una ragazza normale.”
Non potevo semplicemente sparire così. Non se lei era pronta a riaccettarmi. 
Allora le ho detto come poteva trovarmi, se avesse voluto. Non sapevo se mi avrebbe cercato, non sapevo se mi avrebbe accettato, ma Alisa mi ha capito e ha deciso di continuare a sostenermi, riponendo ancora fiducia in me e nella mia causa.
So che ho detto di aver chiuso con la mia vecchia vita, ma non posso tirarmi indietro senza completare la missione. Adesso le priorità sono cambiate, non ci sono più solo interessi e motivazioni personali, ma ci sono anche quelle di Alisa. Non ho dimenticato che cosa ha rivelato quella sera. Adesso più che mai sono determinato a fare tutto nelle mie possibilità perché chi ha compiuto quelle azioni malvagie paghi.
“Alisa, ascoltami bene.” dico, andando a raggiungere la sua mano sul tavolo. La raccolgo tra le mie dita e il suo sguardo si solleva per incontrare il mio.
“Ci vorrà del tempo, probabilmente non sarà semplice, ma prima o poi i responsabili verranno puniti per quello che hanno fatto.” le prometto.
Alisa mi rivolge un sorriso triste e annuisce, abbassando gli occhi timidamente.
“Mi dispiace…” mormora “... se ancora non ne parlo, io…”
“Non ce n’è bisogno.” la rassicuro “Lo farai se e quando sarai pronta.”
Annuisce.
Inspiro a fondo.
“Poi anche per me…” inizio “... c’è un’ultima cosa di cui devo ancora parlarti.”
Alisa alza lo sguardo confusa.

 

Arrivo davanti alla casa e alzo lo sguardo per vederla ancora una volta. È ancora come mi era sembrata la prima volta, maestosa, elegante, raffinata. Così lontana dal mio mondo.
Mi stringo nel cappotto e inizio a percorrere il vialetto, dove i tre cani transgenici vengono subito a darmi il benvenuto con le zanne in mostra e gli occhi iniettati di sangue.
Sembra proprio come quel primo giorno di diversi mesi fa ormai. Il giorno in cui la mia esperienza a casa Mishima è iniziata per travolgermi come un uragano.
Suono il campanello. Sono quasi certo che Jun sia in casa. Il mercoledì di solito va in ambulatorio soltanto il pomeriggio.
“Lars?!” riconosco la voce oltre il filtro elettronico del videocitofono.
La porta si apre e Jun fa capolino, con un’espressione stupita stampata sulla faccia.
Sorrido.
“Buongiorno Jun! Possiamo parlare?” chiedo.
Il soggiorno è completamente rinnovato, ha portato i mobili proprio ieri mattina, da come mi racconta. Io ascolto con un pizzico di imbarazzo. Mi sento in parte ancora responsabile per il disastro.
“Non ti ho ancora ringraziato a dovere per aver portato Jin all’ospedale!” dice.
“Figurati!” rispondo, mentre mi invita a sedermi sul divano ancora incelofanato.
“E così ti senti ancora con Alisa!” esclama lei sedendosi in una poltrona davanti a me e incrociando le dita davanti alle gambe.
Alzo le spalle con fare vago.
“Ci siamo incontrati qualche volta.” ammetto.
Jun annuisce.
“Mi fa piacere.” risponde “Penso che tu sia una buona influenza per Alisa. Ero in effetti preoccupata per lei quando te ne sei andato.”
“Proprio a proposito della mia partenza…” mi aggancio al discorso “Sono venuto a chiederti un favore.”
Jun spalanca gli occhi.
“Non avrai mica ripensato all’offerta.”
Scuoto la testa.
“Mi dispiace, ma non ho cambiato idea su quello.” spiego “Però… ho intenzione di continuare a lavorare sul caso per conto mio.”
“Come?” chiede Jun confusa.
“Continuerò ad indagare sui dati che ho raccolto, ho intenzione di continuare a cercare dei testimoni e ho intenzione di portare alla luce ciò che hanno cercato di insabbiare.”
“Per conto tuo…” ripete Jun incerta.
Annuisco.
“Non lo faccio per il compenso, ma più per una questione di principio.” chiarisco “Ma a questo punto avremmo un interesse in comune, quindi anche voi ne trarrete beneficio.”
Jun incrocia le braccia davanti al petto, guardandomi attentamente.
“Dove vorresti arrivare dunque?”
“Mi farebbe comodo tornare ad avere la mia vecchia copertura.” arrivo finalmente al punto.
“Cioè vorresti tornare ad avere il lavoro al laboratorio?” chiede lei.
“Esatto.”
“E anche la tua stanza qui?” continua.
“Beh… no, per quello non c’è problema.” rispondo subito “Ho già contattato delle persone per prendere un appartamento e…”
“Con quello che costano gli appartamenti oggi?! No! Starai qui e non dovrai sborsare mezzo centesimo!” insiste Jun con un sorrisetto “Nel mentre ti forniremo tutti gli aiuti necessari per lo svolgimento delle tue ricerche e tu ci farai sapere se scopri qualcosa di interessante. Che ne pensi?”
“Ehm…” non so bene cosa dire.
Non pensavo davvero di dover tornare in questa casa, di rimettermi in mezzo alle loro caotiche situazioni e… di sentirmi di nuovo… parte della famiglia.
Non riesco a trattenere un sorriso. È tutto così ironico.
“Immagino… che questa sia l’opzione più conveniente.” mi arrendo.
Lo è senz’altro.
“Kazuya sarà d’accordo anche se non ho intenzione di entrare alla G-Corp?”
“Kazuya non sarà un problema!” dice Jun “Ci penso io a convincerlo.”
“E… Jin?” la guardo con una punta di preoccupazione.
“Ah, non devi preoccuparti! Direi che te lo deve dopo che l’hai portato all’ospedale!”
Alzo un sopracciglio, poco convinto.
“Non sono così sicuro che si senta così in debito con me da accettare senza discutere di riavermi in casa.”
“Ma no, vedrai!” sdrammatizza Jun “E poi in ogni caso non è lui che decide, volente o nolente si dovrà adeguare.”


“Che cazzo ci fa lui qui?!”
Jin e sua madre sono appena tornati a casa, dopo le dimissioni dall’ospedale. Non sembra aver gradito la mia presenza, ma di questo non sono minimamente sorpreso.
“Era questa la novità di cui non volevi parlarmi?” chiede Jin voltandosi dalla madre con rabbia “Avevi troppa nostalgia del tuo cagnolino obbediente?!”
Jun sospira.
“Piantala con queste battutine, non sei simpatico. Lars ha intenzione di continuare quello che ha iniziato e ho accettato di dargli una mano.” spiega brevemente, poi assottiglia lo sguardo “Starà qui, che ti piaccia o no.”
Jin resta a bocca aperta per qualche secondo.
“Ma siete tutti completamente fuori di testa?!”
“Jin, calmati.” lo rimprovera Jun “Ricordati cosa ti ha detto il dottore. Devi cercare di evitare stress non necessario.”
“Evitare stress non necessario!” ripete lui indignato e lasciando cadere i bagagli dell’ospedale sul pavimento “Questa è infatti un’ottima trovata per aiutarmi a guarire! Ma dico, se state cercando di uccidermi potreste anche cercare una via più subdola di questa!”
Asuka, dalla sua comoda poltrona, sospira.
“Bentornato a casa, Jin!” commenta ironica mentre madre e figlio continuano a litigare in sottofondo. Un sottofondo piuttosto frequente tra queste mura.
Sì, tutto questo sa proprio di deja-vu. Non potevo immaginare uno scenario diverso per un mio possibile ritorno in questa casa.
Ma d’altronde, a questo punto, non è un affare che mi riguarda. La mia missione è il mio unico interesse. Distolgo lo sguardo e bevo un sorso di tè.
“È incredibile!” esclama Jin “Mi manca già l’ospedale! Spero che mi tornino a ricoverare!”
“Ma ti rendi conto di quello che dici?!”
“Spero soltanto di riuscire a non schiattare prima della fine dell’anno accademico.” borbotta Jin dirigendosi verso le scale “Dopodiché me ne andrò finalmente, via dalle assurde situazioni in cui mi costringete a vivere quotidianamente!”
Sparisce al piano di sopra e lo sentiamo andare a chiudersi in camera sua.
Jun ci guarda con un sorrisino nervoso e sospira.
“Gli passerà.” dice, anche se con poca convinzione “Ci vorrà magari qualche giorno, ma gli passerà.”
Asuka soffoca una risatina sarcastica.
“Come no.” sussurra con amarezza.
Giocherella con il cucchiaino della sua tazza di té, evitando lo sguardo di tutti. Anche se meno apertamente rispetto a Jin, posso avvertire anche da parte sua una sorta di freddezza nei miei confronti e forse anche verso sua zia.
Me lo merito, dopotutto, ma Asuka mi sembra decisamente più disposta al dialogo di Jin. Potrebbe anche riuscire a perdonarmi forse. Prima o poi.
“Forse… sarebbe meglio se vi confrontaste tra di voi.” prova a dire Jun “Stasera noi siamo fuori per affari della G-Corp. Potreste parlarne.”  suggerisce con un altro sorriso triste “Anche se… vi prego state attenti al soggiorno nuovo, ok?”
Sospiro. L’ultimo dei miei desideri è quello di ritrovarmi ancora coinvolto in una rissa al centro del soggiorno. Ma non credo che sia un reale rischio almeno per stasera.
“Non credo che vorrà più mettere piedi fuori dalla sua stanza per oggi.” esprimo il mio giudizio.
“Oh sì, che lo farà invece.” risponde Asuka in automatico, continuando a tenere lo sguardo basso.
“Stasera… c’è Manji No Tatakai.” conclude Alisa per lei.


Asuka conosce molto bene suo cugino e non si sbaglia. Alle nove in punto Jin decide di lasciare la sua camera e si unisce a noi per mangiare e per guardare il nuovo episodio di questa assurda serie TV.
Seduto da una parte sul divano, se ne sta in silenzio a braccia conserte con gli occhi puntati contro il televisore, totalmente inespressivo.
Certo, se escludiamo il quasi impercettibile innalzamento degli angoli della bocca quando Brian Fury ha fatto la sua entrata in scena con un lanciafiamme.
Alla fine dell’episodio Asuka spegne il televisore e cala il silenzio nella stanza.
Jin guarda con sospetto la cugina, che invece tiene lo sguardo basso.
Jin si alza in piedi e fa per andarsene.
“Aspetta.” dico allora cogliendo l’attimo.
Lui si ferma, ma non dice niente.
“Tanto vale provare ad affrontare la cosa una volta per tutte.”
“Non c’è…” dice serio senza voltarsi “... assolutamente niente da affrontare.”
“Beh, io direi il contrario.” rispondo “È chiaro che tu abbia un problema con il fatto che io sia qui. E dato che starò qui ancora per un po’, credo sia il caso di parlarne.”
Jin ridacchia, continuando a darmi le spalle.
“Per quale ragione sei tornato?” domanda glaciale.
“Lo sai benissimo.” spiego “Il mio lavoro non è finito.”
“Sì, che lo è.” si gira finalmente e mi guarda con occhi ridotti a due fessure “Nessuno ti paga più per andare a ficcare il naso nelle faccende di Heihachi, allora perché lo fai?”
Esito prima di rispondere. Alisa mi guarda preoccupata.
Jin lo nota e fraintende. Cambia espressione e mi guarda con sgomento.
“Per stare vicino a lei?!”
“Jin!” lo apostrofa Asuka “Non puoi fare alla gente… queste domande.”
“Ma che dici Asuka?! Non posso chiedere alla gente perché deve stare in casa mia?!”
Mi scambio un’altra occhiata con Alisa.
“Voglio… che Heihachi Mishima paghi per quello che ha fatto.” affermo con convinzione.
“E vorresti farmi credere che lo fai per il bene dell’umanità?” mi prende in giro Jin “Gratis, senza alcuna motivazione, quando nel mentre ci sono squadre di investigatori e professionisti che se ne stanno già occupando per conto loro?”
“Lo faccio per una questione personale.” continuo serio, sostenendo il suo sguardo.
Mi si avvicina con fare minaccioso.
“Non ha alcun senso Lars.” sibila “Potrai prendere per il culo tutti gli altri, ma io non me la bevo.”
“Tutto quello che desidero.” continuo avvicinandomi a mia volta “È che Heihachi paghi per quello che ha fatto.”
“Hey però, niente botte intesi?!” esclama Asuka balzando in piedi pronta ad intervenire “Il soggiorno non ha neanche una settimana!”
“Sai qual è il problema, Lars?” continua Jin ignorando totalmente la cugina “Io lo farei. Investirei senza problemi il mio tempo, i miei soldi e tutte le risorse che un’operazione come questa richiederebbe. Solo per il gusto di farla pagare ad una delle persone più tossiche della mia vita.”
Si ferma davanti a me guardandomi minacciosamente.
“Io avrei una ragione per farlo, una forte, valida, realistica fottutissima ragione per farlo!” aggiunge gelido “Ma non tu. Non uno viziato mercenario, sentimentalmente instabile… come te!”
“Jin!” lo richiama Asuka un’altra volta.
Io semplicemente mi metto a ridere.
“Che cazzo hai da ridere adesso?!” chiede a denti stretti.
Scuoto la testa, poi gli restituisco lo sguardo minaccioso.
“È qui che ti sbagli, ragazzino!”
“Lars…” mormora Alisa preoccupata.
“È ora che lo sappiano anche loro, Alisa.” la rassicuro.
“Sappiano cosa?!” esclama Asuka “Hai altri segreti?”
“È solo una piccola cosa personale di poco conto.” ammetto “Pensavo sarebbe stato meglio per tutti evitare che si sapesse, d’altronde non è così importante per me, ma…”
“Ma?!” mi invita Jin.
“Heihachi Mishima…” inizio.
Chiudo gli occhi, cerco di internare il mio personale risentimento.
“… è mio padre.”
Silenzio, mi avvolge un’atmosfera gelida. Non riesco a credere di averlo detto alla fine.
Riapro gli occhi. Jin e Asuka mi guardano sconvolti.
“Ti sei… rincoglionito del tutto?!” chiede Jin dopo quasi un minuto di silenzio.
Sospiro e torno a sedermi.
“Non ve l’ho detto perché non volevo che vi faceste l’idea sbagliata.” spiego “Non avevo intenzione di rivendicare il mio posto nella famiglia o qualsiasi cosa di questo genere. Io, davvero… non contavo nemmeno di affezionarmi a voi.”
“Cioè, sei serio?!” chiede Asuka, ancora a bocca aperta.
“No, aspetta, fermati un momento.” dice Jin cercando di ritrovare la ragione “Ti aspetti che ti crediamo?!”
Lo guardo e sospiro. Come se mai potessi mentire su una cosa del genere.
“Non… posso provarvelo, ovviamente.” ammetto “Ma è vero, so per certo che è vero.”
“Dice la verità.” mi sostiene Alisa guardandomi negli occhi “Ne ho la certezza.”
“Tu lo sapevi?” chiede Asuka.
Alisa annuisce, seria.
“Come diamine faresti ad essere figlio di Heihachi?” chiede Jin con un soffio.
“Avrai notato… che tuo nonno viaggia tanto per lavoro!” rispondo dopo un momento di esitazione.
“Oh mio dio!” esclama Asuka disgustata.
Jin deglutisce e non risponde.
Abbasso lo sguardo.
“Ho sempre avuto un cattivo rapporto con mia madre.” inizio il mio racconto “È una persona famosa, un’attrice per essere precisi. Ha avuto il suo periodo di maggiore successo negli anni ‘60, dopo aver girato quello che è diventato un vero e proprio film cult in Svezia.”
Asuka e Jin mi ascoltano in silenzio, sebbene con una certa diffidenza.
“Per via della mia nascita, però è stata costretta a prendere un periodo di pausa forzato dalla sua carriera. La gravidanza è stata problematica e ciò l’ha costretta a stare a riposo più a lungo del previsto. Proprio a causa di questo, ha perso l’opportunità di partecipare al sequel del suo film.”
Sopsiro.
“La sua parte venne assegnata ad un’altra attrice, più giovane di lei.” continuo “Il film ottenne un successo ancora più grande del titolo originale e mia madre cadde presto nel dimenticatoio. Per la sua carriera inizia a quel punto un periodo di inarrestabile declino.”
Noto che Jin e Asuka si scambiano uno sguardo teso.
“Passo gran parte della mia infanzia a casa dei miei nonni, mentre mia madre lavora all’estero tra pubblicità e televendite. Un epilogo molto umiliante per un’ex-attrice di cinema.” sottolineo “Durante quei brevi periodi che passiamo insieme è fredda, distaccata, sembra quasi avere dei risentimenti nei miei confronti. Non ottengo mai un gesto d’affetto o una carezza. Solo poche e fredde parole, senza una virgola di emozione.”
Mi fermo un momento, cercando di soffocare i miei sentimenti.
“In tutti questi anni, non riesco a strapparle mai una parola su mio padre.” riprendo “Le sue risposte sono vaghe. Dice che vive all’estero, che tra loro c’è stato solo un gioco senza senso e di smetterla di fare queste stupide domande, perché è un uomo molto impegnato, che tanto non avrebbe il tempo di preoccuparsi per me.”
“Lars…” mormora Asuka mortificata.
Sospiro ancora.
“Finito il liceo, mi trasferisco in Inghilterra, dove mi iscrivo al college. Studio biologia e mi laureo con buoni voti. La mia vita sembra aver finalmente preso una buona piega, lontano dalla mia triste infanzia.” riprendo “In quel periodo si parla spesso al notiziario di un famoso impero finanziario giapponese, che sta affrontando l’ennesima controversia su qualche affare poco lecito.
Proprio pochi giorni dopo la mia laurea ricevo una telefonata da mia madre. È ubriaca e piena di rabbia. Il suo terzo matrimonio è finito e non sta passando un bel periodo. Se quando ero bambino si limitava ad allontanarmi con freddezza, adesso è cattiva, aggressiva e mi incolpa di averle rovinato la vita.”
Alzo lo sguardo.
“Dopo una lunga lite, durante la quale ci rinfacciamo a vicenda di essere stato la rovina l’uno dell’altra, lei mi fa, in un impeto di rabbia, una confessione molto strana.” sussurro mentre un brivido mi sale lungo la schiena al ricordo di quel momento “Mi dice che non la sorprende il fatto che io sia così insensibile e ingrato, dato che ho gli stessi geni malvagi di mio padre. Un uomo talmente malvagio che se per tutto quel tempo lei non aveva voluto rivelarmi la sua identità era solo perché non voleva rischiare che la notizia uscisse. Era tutto un modo per proteggere la sua immagine, per salvare la sua reputazione dalla macchia di… Heihachi Mishima.”
Alisa appoggia una mano sulla mia, per mostrarmi la sua empatia. Mi guarda con occhi tristi.
Asuka chiude le mani davanti alla bocca.
“A quel punto le chiedo spiegazioni, le chiedo se mi sta prendendo in giro. Lei allora decide di raccontarmi finalmente della sera in cui ha commesso l’errore più grande della sua vita.” continuo “Le avevano chiesto di girare uno spot pubblicitario per un marchio di prodotti per la casa derivati dal legno. Un marchio svedese di proprietà di una grossa corporazione giapponese. La sera della fine delle riprese viene organizzata una festa, alla quale partecipa anche il padrone della corporazione che si trova casualmente in Svezia per un viaggio d’affari. E… avete capito di chi sto parlando.”
“Tutto questo è… assurdo.” commenta Jin scuotendo piano la testa sbigottito.
“A quanto pare Heihachi era un grande fan del film in cui aveva recitato mia madre e lei…” aggrotto la fronte “... beh, lei ha sempre avuto un debole per gli uomini… forti, potenti, visti anche i suoi vari mariti, e…” faccio una smorfia “... a quanto pare con Heihachi c’è stato qualcosa.”
“Jin, è quello che tua nonna ha sempre sospettato!” esclama Asuka.
Jin sposta lo sguardo su un punto indefinito, pensieroso.
“La nonna ha sempre ragione riguardo a Heihachi.” mugugna.
Asuka torna a guardarmi.
“Cosa hai fatto dopo? Le hai creduto?”
“Sì. Se ne vergogna a morte adesso che Heihachi è stato al centro delle più svariate indagini negli ultimi anni.” rispondo “Come ho detto, la cosa a cui tiene maggiormente al mondo è la sua reputazione. Non mi avrebbe mai raccontato una storia del genere se non fosse stata vera. E l’unica ragione per cui l’ha fatto è che era furiosa e ubriaca fradicia.” alzo lo sguardo al soffitto “Ha sempre avuto un debole per la vodka. A volte penso che sia davvero notevole che sia riuscita a tenersi stretto quel segreto per tutti quegli anni!”
“E poi?” chiede Jin “Com’è che ne saresti finito qua?”
Non posso fare a meno di notare che il suo tono è leggermente meno aggressivo del solito.
“Dopo aver scoperto questo segreto sulle mie origini…” riprendo il racconto “Sono tornato in Svezia e ho dato una svolta completa alla mia vita. Ho seguito un programma di addestramento militare e sono entrato nella mia organizzazione. In questi anni ho tenuto sott’occhio l’operato della Mishima Zaibatsu in ogni momento. Ho indagato, ho avuto accesso a informazioni riservate sulle indagini sul suo conto, fino ad arrivare all’assegnazione della mia missione. E il resto…” guardo a turno i miei interlocutori, che mi ascoltano bianchi come un cencio “... il resto lo sapete.”









NOTE:
Spero abbiate apprezzato il cameo di Paul, Marshall e Forest e il mio headcanon di Paul che ha delle idee un po’ anarchiche lol. La scena che racconta Paul comunque si rifà al suo finale di T4.
Poi, visto che nel gioco non è ancora venuto fuori (e probabilmente mai verrà, a meno che non possa aggiungere qualcosa alla trama principale), mi sono permessa di inventare un passato drammatico anche per Lars, perché… perché no? Sua madre non dev’essere stata una tipa del tutto a posto per lasciarsi sedurre da Heihachi.
Ringrazio come sempre chi legge, chi commenta e chi aggiunge la storia alle proprie liste. Un abbraccio!

 

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Capitolo 31
*** Metamorphosis (Jin) ***


31
Metamorphosis
(Jin)


“Il figlio di Heihachi…” ripete per l’ennesima volta Asuka andando avanti e indietro per la mia stanza “Il figlio di Heihachi…”
Si ferma e mi guarda con le mani in mezzo ai capelli, come se stesse per avere una crisi isterica.
“Che cosa dovremmo fare?!” chiede “Dobbiamo credergli?”
Seduto sul letto, lancio la palla da baseball in alto in linea retta. La guardo arrivare a sfiorare il soffitto e poi ricadere verso di me.
“Tu gli credi?” domando riacchiappandola al volo.
“Io…” mormora Asuka in difficoltà “... io vorrei credergli. E fidati, lo vorrei con tutto il cuore, ma…”
Cambio posizione e mi spingo all’indietro, poggiando la schiena contro la parete dietro al letto.
“Lo so che è Lars e che ci ha già mentito in passato, ma…” ragiono a voce alta guardando un punto indefinito della finestra tenuta insieme dal nastro adesivo “Hai sentito la sua storia. Perché uno dovrebbe inventarsi una cosa così? Perché uno dovrebbe inventarsi una… parentela con Heihachi?!”
Concludo con una smorfia di disgusto, 
Asuka si siede sul mio letto.
“Non lo so.” ci pensa “Eredità?”
Mi scappa una risata sarcastica.
“Andiamo! Persino Lars non è così stupido!” rispondo “Ti bastano cinque minuti nella stessa stanza con Heihachi per capire che piuttosto che lasciare il suo patrimonio in eredità ad un altro essere umano sarebbe disposto a consumare tutto il suo patrimonio per costruire una piramide d’oro come tomba o qualcosa del genere!”
Lei sorride.
“Non sto scherzando. Me l’ha detto proprio, un giorno.” ricordo con disgusto.
Lancio di nuovo la palla al volo sperando di rilasciare un po’ di stress. Anche se l'ultima volta che l'ho usata con quello scopo ho finito per sfondare il vetro della finestra.
“Quindi… tu ci credi?” mi chiede Asuka tornando seria.
“Io non…” sbuffo e riacchiappo la palla “Non dico che ci credo assolutamente, però… penso che possa essere una possibilità da non escludere. E inoltre…”
Mi fermo per ragionare in silenzio per qualche secondo.
“Inoltre cosa?”
“Alisa.” rispondo “Lei ovviamente gli crede. E… penso che almeno nei suoi confronti quell’idiota di Lars sia sincero.”
Asuka ci ragiona in silenzio per qualche secondo, poi torna a guardarmi seria.
“Facciamo un test del DNA.” suggerisce.
“Un test del DNA?”
Annuisce.
“È la soluzione perfetta. Così avremo una conferma sicura al cento per cento.” risponde “Domani mattina glielo proponiamo e vediamo se è d’accordo. Già dal modo in cui reagirà alla proposta, potremmo intuire qualcosa.”
“Mmm.” annuisco, poi ci ragiono meglio e mi viene in mente un'idea “E nel mentre non diremo niente ai miei genitori." sussurro "Almeno finché non ne sapremo di più.”
Asuka aggrotta le sopracciglia.

“Perché?” 
"Non so come potrebbero reagire alla notizia, ma soprattutto..." sogghigno "
Non sarebbe bello se per una volta fossero loro ad essere all’oscuro di qualcosa?”
Asuka mi guarda poco convinta.
"Vedrai." continuo convincente “Potrebbe tornarci utile prima o poi.”

“Hmm.” risponde, anche se non troppo sicura "Va bene." 
Dopo una breve pausa di silenzio, in cui io continuo a lanciare la palla da baseball, Asuka riprende 
“Certo che… se dovesse essere vero…” deglutisce e poi si volta di scatto da me “Insomma ti rendi conto?! Il figlio di Heihachi!”
Certo, me ne rendo perfettamente conto e Lars inizia a farmi pena.
Sospiro e mi alzo dal letto.
“Sì, Asuka. Ora però dovresti andartene dalla mia stanza.” dico dando uno sguardo all'orario “Domani torno a scuola e ho bisogno dormire. Durante il ricovero mi sono disabituato a svegliarmi presto.”
“Ma come puoi voler dormire?!” borbotta lei “Stiamo parlando di Lars che è figlio di Heihachi! Heihachi ha un figlio segreto! Tua nonna sarà furiosa quando lo scoprirà!”
“E sarà la volta buona che lo ammazzerà.” aggiungo con un sorriso malvagio “Ma ora devo comunque dormire.”
La prendo per un braccio e la trascino alla porta.
“Aspetta!” cerca di dimenarsi “Secondo te prima o poi lo vorrà dire a Heihachi?”
“Non lo so! Ne parliamo domani.”
“Hey no, parliamone adesso! Ancora per un po’!” protesta lei.
“No!” apro la porta e la spingo fuori dalla stanza “Ora vattene a letto e non rompere!”
Spingo la porta e la chiudo con un colpo secco. Meglio anche chiudere a chiave, non si sa mai che decida di venire a svegliarmi nel cuore della notte.
“Buonanotte.” borbotto poi prima di tornare verso il letto.
Sono comunque un ragazzo educato.
Mi cambio e mi infilo finalmente sotto le coperte. Ho esattamente cinque ore e ventisei minuti prima che la sveglia suoni. Ce la metto tutta per concentrarmi e fare in modo di addormentarmi il prima possibile, per sfruttare il momento del riposo al meglio, ma ovviamente non ci riesco.
“Ti odio Lars.” sibilo a denti stretti.
Ma proprio oggi doveva tirare fuori una bomba del genere?!
Mi giro a pancia in su e guardo il soffitto, mi concentro sui triangolini di luce proveniente dalla strada che filtrano attraverso la finestra incerottata.
Se Lars dicesse la verità, ciò farebbe di lui il mezzo fratello di Kazuya e quindi… mio zio.
Lars. Mio zio.
Faccio una smorfia. Non so, mi fa sentire un po’ a disagio sapere che Lars sia mio zio.
E soprattutto che tante delle convinzioni che avevo su di lui, potrebbero essere dei giudizi totalmente sbagliati.
Insomma, fino a qualche ora fa ero convinto che Lars fosse un idiota, viziato, con manie di protagonismo e pure con una sorta di insopportabile sindrome da eroe, ma… se fosse effettivamente figlio di Heihachi, con una storia alle spalle come quella che ci ha raccontato…
Lascio cadere un pugno sulle coperte.
Non sto dicendo che adesso lo rispetto, però… inizio a sentirmi un po’ stronzo, in effetti.
Lars… figlio di Heihachi.
Mi rigiro e chiudo gli occhi, provando ancora a riaddormentarmi.
Niente da fare, il mio cervello oggi sembra non avere intenzione di volersi spegnere.
Ripenso al giorno che ci siamo affrontati e che mi ha immobilizzato a terra.
È vero che l’ho sottovalutato e ho fatto uno stupido errore da principiante, però… indiscutibilmente Lars è forte. Molto forte. Proprio come un… Mishima.
E ha alle spalle una storia piena di disagio. Proprio come un… Mishima.
Porca troia, ha tutte le carte in regola per essere davvero un fottutissimo figlio di Heihachi!
Quando la sveglia suona, ho l’impressione di aver dormito non più di dieci minuti.
E anche quando vado in bagno e vedo il mio riflesso nello specchio, ho lo stesso aspetto di qualcuno che è appena tornato dall’oltretomba.
Apro la porta del bagno per uscire e mi ritrovo improvvisamente la faccia di Asuka davanti.
“Che cavolo vuoi?” faccio un passo all’indietro “Mi tendi gli agguati?!”
“Dobbiamo parlare con Lars!” dice lei, spettinata e con gli occhi gonfi per la mancanza di sonno.
La supero e vado verso la scala.
“Hai un aspetto terribile!” le dico “Hai dormito almeno?”
Mi segue camminando dietro di me.
“Non più di te, credo!" esclama ironica "Comunque, dobbiamo anche evitare che parli prima con tua madre.” dice sottovoce.
“Sì, ma tu hai bisogno di una spazzola!”
Arriviamo al piano di sotto, dove troviamo Lars e Alisa che fanno già colazione. Al contrario di me e Asuka, Lars sembra rilassato e riposato come non mai. Che togliersi quel sassolone dalla scarpa gli abbia dato un certo sollievo? O semplicemente il suo letto qui è così più comodo di quello che aveva all’hotel?
“Lars!” esclama Asuka chiudendo la porta con le spalle e guardandosi intorno.
“Buongiorno!” dice lui come se niente fosse mentre si spalma della marmellata su una fetta di pane.
“Zia Jun e Kazuya sono qui intorno?” chiede ancora Asuka.
“Asuka-san, che cos’hanno i tuoi capelli stamattina?” chiede Alisa aggrottando le sopracciglia.
“Non li ho visti.” risponde Lars.
“Quindi non sanno… di te…”
Lars fa di no con la testa.
“Bene, non dirglielo ancora per il momento.” mi intrometto anche io prendendo la mia colazione e sedendomi a tavola.
“Vogliamo fare un test del DNA.” spiega Asuka avvicinandosi al tavolo “Che ne dici?”
Lars annuisce come se non avesse niente in contrario.
“È comprensibile che vogliate avere una prova.” dice “Per me va bene.”

Mi scambio un’occhiata fugace con Asuka. Sembra collaborativo e assolutamente tranquillo, proprio come chi non ha niente da nascondere.
“Preferirei che non lo raccontassi ai miei genitori per il momento, va bene?” chiedo.
Lars mi degna di un’occhiata veloce.
“Come mai?”
“Beh, è meglio aspettare almeno di avere la conferma, no?” interviene Alisa abbozzando un sorrisetto.
Lars alza le spalle.
“Non ho fretta di dirglielo.” sospira “In realtà non pensavo di dirlo mai a nessuno, se non prima della mia partenza definitiva forse. Non è una cosa così importante per me.”
“Perfetto!” esclama Asuka lanciandomi un’occhiata di complicità.



Sono mancato da scuola per solo una decina di giorni. Certo, nel mentre ci sono state le vacanze invernali, il cambio dell’anno, che ho passato pacificamente in solitudine sul mio letto d’ospedale, certo prima che mia madre, Alisa e Asuka venissero a portarmi coriandoli e palloncini, ma sono in fin dei conti passati solo una decina scarsa di giorni.
Eppure la scuola sembra totalmente diversa.
La statua semi-distrutta di Heihachi è stata completamente rimossa, al suo posto è in costruzione una grande fontana circolare.
“Non male.” commento fra me e me passandoci accanto.
Decisamente un miglioramento dopo quell'obbrobrio di statua.
In giardino ci sono vari addobbi di natale e degli alberi con le palline colorate e…
“Hai saputo la novità?” sento una voce familiare alle mie spalle mentre mi fermo davanti a un poster appiccicato sulla porta di ingresso.
Mi volto.
“Quale novità? Questa?” chiedo a Julia indicando il faccione nel poster.
“Esatto!” sorride “Dopo che Abel è stato arrestato, ecco il nostro nuovo preside.”
“Non ci posso credere… Lee?!” chiedo perplesso “E che cazzo sono questi poster da campagna elettorale?!”
“Ha organizzato una festa qua a scuola in suo onore del suo nuovo incarico. Queste erano le locandine per ricordarci di partecipare! Ce ne sono ancora sparse un po’ in tutta la scuola.” spiega “E tra l’altro, vista la concomitanza, l’ha fatta a tema natalizio. Sai, con lui vestito da babbo natale che cantava canzoni natalizie in inglese.”
Ascolto con una smorfia. Mi sembra di vedere la scena davanti agli occhi.
“Mi sembrava quasi di essere tornata a casa negli Stati Uniti!” commenta Julia ridacchiando, poi mi guarda confusa “Ma… Asuka non te ne ha parlato?”
“No.” rispondo evasivo “Abbiamo avuto… altri argomenti di conversazione ultimamente.”
“È stata sicuramente la festa più strana a cui abbia partecipato da quando studio in questa scuola!” continua Julia mentre camminiamo insieme lungo i corridoi della scuola.
“Non ne dubito.”
“Però è un peccato che fossi ricoverato!!” aggiunge “È stato molto divertente!”
“Di questo ne dubito!” non esito a rispondere.
Poi sospiro.
“Accidenti, ma quindi quell’idiota è diventato preside?”
“Eh sì.” annuisce.
Roteo gli occhi all’indietro.
“Perfetto, adesso avrà ancora più potere e non esiterà a rendermi la vita ancora più difficile di quanto non sia già!”


“Buongiorno a tutti, ragazzi!” Lee fa entra in classe con un sorriso smagliante da divo di Hollywood. Fa pure una piroetta e raggiunge la cattedra accennando qualche passo di moonwalk.
“Ma che diavolo…” mormoro con una buona dose di imbarazzo di seconda mano.
Questo è totalmente rincoglionito!
Gran parte della classe però non sembra pensarla come me e lo accolgono calorosamente.
“Da quando è diventato preside però le sue lezioni sono una figata!” mi spiega Kamiya “Adesso che è lui a fare le regole può fare tutti gli esperimenti che vuole! Ma proprio adesso dovevo trasferirmi cazzo?!”
“Mmm.” rispondo poco entusiasta.
Effettivamente le lezioni di Lee non sono male e i suoi esperimenti sono fantastici il più delle volte, ma riguardo all’idea di Lee come preside sono ancora piuttosto preoccupato. Non è mai un bene mettere troppo potere nelle mani di uno fuori di testa come lui. Non sai mai di cosa potrebbe essere capace.
“Bene, ragazzi! Silenzio! Un attimo d’attenzione!” ci richiama Lee.
Torno a guardarlo per sentire che cosa ha da dire e noto con orrore che ha proprio gli occhi puntati su di me. Mi fissa con un inquietante sorriso ebete che non promette niente di buono.
“Che…” non riesco neanche a mettere insieme una frase.
“Prima di cominciare la lezione, dobbiamo parlare di qualcosa.” continua con un sorriso che ha un non so che di malvagio adesso “Avete visto… chi è appena tornato dall’ospedale?!”
“Che? Chi era in ospedale?” chiede qualcuno da dietro.
Inizia a frugare nella sua borsa e tira fuori dalla borsa uno strano oggetto simile ad fucile ad acqua.
“Ohh cos’è?” chiede qualcuno.
“Dobbiamo dare tutti…” inizia a dire Lee mantenendo la suspence “... il nostro caloroso bentornato al nostro Jin Kazama!!!”
Aziona la pistola che inizia a sparare una miriade di coriandoli su di me, che interdetto rimando ad osservare la scena terrificato.
“Non sta succedendo.” balbetto sperando che sia solo un brutto sogno “Non sta succedendo.”
“Bentornato! Ci sei mancato!!” continua Lee sul punto di commuoversi, poi lancia via la pistola spara coriandoli e inizia ad applaudire.
Nel mentre sento fisicamente tutti gli occhi della classe puntati su di me e alcuni confusi, altri sghignazzanti, ma che si uniscono tutti all’applauso di Lee.
“Era in ospedale?” sento sussurrare.
“E cosa gli è successo?”
“Boooh! Non sapevo niente! Chi sa qualcosa?”
“Ma sta bene?”
“È un po’ pallido e sembra un po’ dimagrito forse.”
“Hai visto quelle occhiaie?”
“Quindi era per quello che non stava più venendo! Pensavo fosse stato sospeso di nuovo!”
“Anch’io! Pensavo avesse picchiato qualche altro bullo!”
“Vieni Kazama-kun! Vieni qui davanti a tutti!” continua Lee pieno di emozione.
“Noo!” rispondo immediatamente, spazzando via i coriandoli sopra la testa con una mano.
Kamiya intanto ride letteralmente spalmato contro il banco.
“Ma no! Non essere timido!” insiste Lee “Vieni!”
“NO!” ripeto fulminandolo con lo sguardo.
“Ma dai! È il nostro modo per dimostrarti che siamo felici che sia uscito dall’ospedale!”
“Mi state facendo venire voglia di tornarci!” esclamo.
Qualcuno ride di gusto, non capendo che non è una cazzo di battuta, ma sono terribilmente serio.
Lee continua a ridersela sotto i baffi. Maledetto stronzo bastardo!
“Dai Kazama!” inizia a dire qualcuno dai posti di dietro.
“Su, tutti insieme!” Lee inizia ad incitare un coro “Ka-za-ma, Ka-za-ma, Ka-za-ma!”
Mi copro la fronte con una mano.
“Non ci posso credere.” sibilo.
“Kazama-kun, non fare il timido su!” continua Lee traboccante di crudeltà.
“Se mi alzo poi la piantate?” gli chiedo con un ringhio.
Lui annuisce.
Sospiro e mi alzo in piedi.
“Vieni, vieni!” mi invita Lee.
Faccio come mi dice e lo raggiungo, mentre mi immagino almeno venti modi diversi per farlo soffrire.
In piedi davanti alla cattedra, come un coglione, ricevo un altro inutilissimo applauso.
Poi finalmente Lee ha la decenza di capire di avermi torturato abbastanza. O almeno credo.
“Non tornare subito a posto.” mi trattiene ancora, frugando di nuovo l’interno della sua borsa.
Sgrano gli occhi e mi preparo al peggio.
Cosa sta per togliere fuori? Uno striscione? Un megafono per coinvolgere anche le altre classi nella mia festicciola di bentornato.
Potrei andare contro la finestra e gettarmi al piano di sotto. Non è così alto, quindi ho buone possibilità di sopravvivere, ma con un pizzico di fortuna potrei riuscire a guadagnarmi un altro mesetto o due di ospedale. Certo, a quel punto forse non potrei più combattere però.
Mentre contemplo la finestra Lee toglie dalla borsa un mazzo di fogli.
“Il tuo compito.” dice rispondendo al mio sguardo perplesso “Non hai visto il voto.”
“Oh.” rispondo ricomponendomi. È vero, Kamiya me ne aveva parlato in ospedale.
Ok, perfetto. Niente salto dalla finestra allora per oggi.
Lee prende il mio compito e me lo porge per farmelo vedere e… non credo ai miei occhi.
“Eh?”
“Qualcosa non ti torna?” chiede Lee alzando un sopracciglio.
Lo guardo inebetito, poi torno a leggere il voto, poi guardo di nuovo lui, poi ancora il voto.
“Com’è possibile?”
“Che vuoi che ti dica?” Lee alza le spalle “Hai messo finalmente il culo nella sedia come si deve e sei riuscito a fare un compito senza errori.”
“Ho preso… il massimo?”
Non riesco a crederci. Come è possibile che Lee non sia riuscito a trovare neanche una virgola fuori posto?
“Ha preso il massimo al compito di fisica!” commenta qualcuno della classe dopo avermi sentito.
“Che secchione!”
“Oltre che figo è anche intelligente!”
“Ce lo vedo a fare il professore in futuro. L’erede di Chaolan.”
“Bene, dato che non hai domande da fare, fila a posto.” dice Lee serio prendendomi il compito “Oh, e hai un coriandolo dentro l’orecchio!”
Mi scrollo via un’altra decina di coriandoli di dosso, compresi quelli dentro alle orecchie, e torno a posto, mentre Lee si siede sul bordo della cattedra.
“Allora, ragazzi!” dice poi con entusiasmo “Chi ha voglia di giocare con i fuochi d’artificio sul tetto?”


“Si respira un’aria diversa adesso che Chaolan è al comando qui.” osserva Kamiya andando a pranzo.
“Per favore! Non voglio più sentire parlare di lui per il resto della giornata.” borbotto.
Spero di essermi tolto di dosso tutti i coriandoli. L’imbarazzo e il fastidio invece credo mi rimarranno addosso per ancora un bel po’.
“No, dai, sai cosa intendo.” insiste serio Kamiya “È come se… fosse finita un’epoca. È come se…”
“La presenza della Mishima Zaibatsu si senta di meno…”
Kamiya annuisce.
“Esattamente!”
Eh sì, questo è decisamente vero. Adesso sembra una scuola quasi normale, se escludiamo le locandine con la faccia sorridente di Lee. Heihachi non sarà stato abbattuto, ma dopo questo duro colpo la Zaibatsu si è decisamente indebolita.
E tutto questo per merito di… Lars. Il mio ‘forse’ zio.
“E non è l’unica cosa ad essere cambiata.” continua Kamiya “È un po’ che non vedi Julia, vero?”
“L’ho vista stamattina prima di entrare in classe, perché?”
“Quindi non hai ancora notato la… metamorfosi.” dice serio.
“Che?!” aggrotto le sopracciglia.
“Eccola là!” dice Kamiya intravedendola da lontano.
È già seduta al nostro posto in compagnia di… Fox e due suoi amici, gli stessi che erano in squadra con lui il giorno della gara di matematica.
“Si siedono con noi ora?” chiedo confuso.
“Ora capirai di che parlo.” mi dice Kamiya mentre ci avviciniamo “Ti sei perso un bel po’ di sviluppi.”
“Ma… Julia e Fox…” inizio a chiedere.
“Sì!” mi anticipa Kamiya “E sembra una cosa pure seria!”
“Davvero?” chiedo sorpreso.
Annuisce.
“Dovevi vederli alla festa di Natale, mentre limonavano sotto il vischio.” sogghigna.
Sgrano gli occhi.
Mi prende per il culo?! Julia che fa queste cose… in pubblico davanti a tutti?
Che cazzo è successo al mondo di colpo?!
“Eccolo qua il nostro amico di ritorno dall’ospedale!” esclama Julia felice vedendoci arrivare.
Rabbrividisco.
“Ti prego, ne ho avuto abbastanza per oggi di feste di bentornato!”
“Ti sei persa una scena fantastica!” sogghigna Kamiya.
“Eh? Che è successo?”
Kamiya racconta della mia disavventura e tutti ovviamente ridono di gusto, amici di Fox compresi, che si presentano come Leo e Bob.
“Beh, dai… è stato carino, però!” commenta Julia riprendendo fiato, di buon umore come non mai.
“Carino quanto un calcio nei coglioni.” brontolo.
“Chaolan sa essere davvero eccentrico e a volte in effetti esagera un po’.” commenta Fox “Ma in fondo è una brava persona.”
“Bah, quando ce l’hai come zio lo è un po’ di meno.” commento.
Fox fa una faccia strana.
“Beh, a volte gli zii hanno un modo strano di mostrare il loro supporto.”
Ci ragiono. Lui ha come zia Anna Williams, quindi in effetti è quello che può capirmi meglio di chiunque altro. Però poi penso anche che Anna Williams non è una sua professoressa, quindi no, sono comunque più sfigato io. Come sempre.
“Allora com’è andato l’allenamento ieri?” chiede ad un certo punto Leo rivolta a Julia.
Lei si illumina.
“Benissimo!” sorride “Ho imparato una nuova mossa!”
“Davvero?” continua Leo “Una presa?”
“Oh sì!” risponde lei alzandosi in piedi “Ti faccio vedere. In pratica ti avvicini all’altro così.” si avvicina a Fox, che divertito sta al gioco e porge il suo pranzo momentaneamente a Bob.
Julia gli mette le braccia attorno al collo.
“Fai così. Poi fai leva e ti dai la spinta e fai una specie di giro attorno alle sue spalle così.” si muove dall’altra parte, sempre restando aggrappata a Fox “E poi lo butti giù.”
Julia e Fox si sorridono, poi le lo libera e torna a sedersi.
Kamiya mi dà una gomitata, mentre io stupefatto cerco di processare cosa cazzo ho appena visto.
“Cosa cazzo ho appena visto…” dico allora a voce alta.
Julia mi guarda con aria distratta.
“Mm? Una nuova mossa, cos’altro può essere.” risponde come se niente fosse, poi improvvisamente sembra rendersi conto che mi manca qualche dettaglio “Oh!” esclama portandosi una mano davanti alla bocca “È vero! Tu non lo sai ancora. Sono entrata in un gruppo di wrestler.” dice come se niente fosse.
“Che cosa?!”
Julia… in un gruppo di wrestler?
Ok, mi ricordo che quando sono venuti a trovarmi in ospedale qualcuno aveva accennato al fatto che con Steve fosse andata a vedere qualche incontro, ma… Julia che fa wrestling?!
Questo è ancora più difficile da immaginare di Julia che limona con Fox sotto il vischio alla festa di natale di Lee.
“Ehm… sì.” risponde imbarazzata sistemandosi i capelli dietro le orecchie “Un giorno Steve mi ha portato dove si allena lui e… c’era anche una squadra di wrestling che utilizza lo stesso ring e…”
“Ha voluto provare e l’è piaciuto.” conclude Steve per lei.
“Te l’ho detto che ti sei perso una metamorfosi.” mi sibila Kamiya all’orecchio.
“Allucinante!” gli rispondo sottovoce.
“È anche molto brava!” continua Steve guardandola con un sorrisetto che ha qualcosa di affettuoso. Lei arrossisce.
Io e Kamiya ci scambiamo al volo un altro sguardo di intesa, che è più che altro di incredulità da parte mia.
“Tra poco sentiremo parlare di Jaycee anche in televisione.” scherza Bob.
“Jaycee.” ripeto stupito.
“È il suo nome di scena.” mi informa Bob.
Guardo Julia.
Ride di gusto, poi si copre il viso con le mani, vergognosa.
“Dai, non esagerare Bob!” dice “Poi ci crederanno davvero!”
Non la riconosco più. Dove è finita la Julia super secchiona e brontolona che conosco?
C’è da dire però che ma mai in vita mia, e ci conosciamo davvero da tanti anni, l’avevo vista così sorridente e spensierata come in questo momento.
“Sai Julia, Chaolan ha portato i compiti di fisica.” decido di provare a fare un test “Ho preso il massimo!”
Adesso farò magicamente tornare la vecchia Julia per un momento, ne sono sicuro.
“Il massimo?” sorride, alza le spalle “Wow! Ottimo, no?”
Per poco non mi cadono le bacchette dalle dita per la sorpresa.
“Oddio…” mormoro.
“Te l’ho detto!” mi dice Kamiya con un sussurro soffocato.
Ho preso il massimo in fisica e lei NON È INVIDIOSA DEL MIO VOTO! Non gliene frega un emerito cavolo!
“Complimenti!” si congratula anche Leo “Tu hai partecipato anche alla gara di matematica se non ricordo male.”
Ancora sgomentato, mi volto ad ascoltare meglio che cosa mi sta dicendo.
“Cosa? La gara di matematica? Sì, certo.” rispondo, poi guardo Julia “Mi ci ha trascinato lei.”
O dovrei dire ‘la vecchia lei’.
Lei ridacchia con sguardo colpevole.
“Sì, mi ricordo!” annuisce Bob “C’era anche quella ragazza strana con voi!”
“Oh sì! Xiaoyu, giusto?” ricorda Steve “Come sta?”
“Sta bene.” rispondo senza rifletterci troppo “Credo.” aggiungo dopo, ricordandomi che in effetti non la vedo da un sacco.
Da quando è venuta a trovarmi con gli altri in ospedale.
Poi stamattina ho avuto talmente tante cose a cui pensare che non ci ho fatto caso, ma… in effetti è strano che non si sia fatta vedere per niente oggi. Non dico che mi aspettavo coriandoli e palloncini stile Lee, ma è strano che non sia venuta a cercarmi.
Forse non è venuta a scuola oggi?
O forse... forse ha avuto problemi con il suo alloggio dopo il casino con la Mishima Zaibatsu e si deve trasferire!
“Sì, Xiao-chan!” esclama Julia “Sta bene! L’ho incontrata proprio prima in bagno.”
Ah no, allora è venuta a scuola.
Julia mi guarda.
“A proposito, mi ha chiesto se sapevo come stavi e se eri tornato a scuola.”
“Ah.” rispondo aggrottando le sopracciglia.
Quindi sa pure che ci sono e chiede come sto.
C’è qualcosa di strano. Una che organizza una dannata festa d’addio per la partenza di Kamiya, con cui ha parlato sì e no cinque giorni, perde l’occasione di venire a rompermi le palle con qualche ‘bentornato, bentornato’ dopo che esco dall’ospedale? Dopo che mi ha pure espressamente definito suo amico?
Insomma, non che ci tenga particolarmente a questo genere di cose, però non posso fare a meno di notare che sia un po’ strano da parte sua.
Alzo le spalle. Probabilmente conta di venire a scocciarmi direttamente stasera agli allenamenti.


“Wow! Primo giro in macchina con il cugino patentato!” esclama Asuka con un sorrisetto.
Metto in moto ed esco dal garage.
“Dobbiamo fare in fretta.” lancio un’occhiata all’orologio “Prima che mia madre torni da lavoro. Se non trova la macchina e capisce che siamo usciti insieme da qualche parte…”
“Penserà che stiamo di nuovo combinando qualcosa di losco.” sogghigna Asuka.
Entro nel traffico e mi dirigo verso il centro commerciale.
“Jin, però altro che fare in fretta! Se continuiamo a questo ritmo si fa notte!” si lamenta Asuka dopo un po’.
“Sta zitta!” rispondo “La sicurezza viene prima di tutto!”
“Ma stai andando a 20 su una strada dove il limite è 50!”
“Se non ti tappi subito torni a piedi e lo sai che lo faccio!” la minaccio.

Un conto è la moto, sopra la quale mi sento il re della strada. Ma con le macchine, non so... non ho ancora preso del tutto confidenza. 
Arriviamo in totale sicurezza al centro commerciale, dove perdo dieci minuti buoni per trovare un angolo di parcheggio.
Finalmente dopo di che usciamo e ci dirigiamo verso l’edificio della farmacia.
Entriamo e ci dirigiamo verso il bancone, dove fortunatamente c’è poca coda.
“Buonasera!” ci saluta la farmacista con un sorriso cordiale quando è il nostro turno.
“Buonasera.” risponde Asuka “Vorremo ehm… uhm… fare un test per il DNA. Come funziona?”
La donna cambia di colpo espressione e ci guarda perplessa.
“Un test per il DNA?” ripete confusa.
“Sì, sa… per sapere chi è il padre di qualcuno.” spiega Asuka sottovoce.
“Un test… di paternità.” suggerisce la farmacista.
“Esatto! Quello!” risponde Asuka.
La signora ci guarda preoccupata, prima Asuka, poi me, poi di nuovo Asuka.
“Dio santo!” mormora “Ma quanti anni avete? Serve il consenso dei tuoi genitori e…” osserva bene Asuka “... per effettuare il test bisogna aspettare almeno la decima settimana.”
“No!” esclamo iniziando a capire l’equivoco e guardo Asuka imbarazzato.
Anche lei cambia di colpo espressione, iniziando a capire.
“Ha pensato che…?” indica prima me poi lei e ridacchia nervosa “Ma nooo!”
Ottimo, Asuka! Davvero persuasiva! Adesso la situazione sembra ancora più losca.
“Dio santo…” commenta di nuovo la donna “Non sai di chi è il bambino?”
“Nooo non è così!”
“Penso che sarebbe meglio se tornaste con i vostri genitori.” continua la donna.
“Senta, lui è mio cugino!” esclama Asuka, peggiorando soltanto la situazione.
Ora la donna ci guarda ancora più agghiacciata.
“Senta, non è come pensa!” intervengo.
“No! Affatto!” ripete Asuka.
“Non è per noi!” mi affretto a dire “E il bambino in questione ha circa trent’anni!”
“Circa trent’anni?” chiede la donna, poi guarda Asuka “Quindi tu no…”
“No!” fa lei con decisione.
La donna rimane a rifletterci per un secondo, poi di colpo si ricompone.
“Oh!” esclama rilassando l’espressione “Quindi il test coinvolgerebbe due adulti!”
Io e Asuka annuiamo all’unisono.
“In pratica il ragazzo alla pari che vive a casa sua…” inizia a spiegare Asuka sottovoce sporgendosi sul bancone “Dice di essere figlio di suo nonno! Quindi fratello di suo padre e suo zio!”
“Asuka, c’è proprio bisogno di spiegare tutta la storia?!” borbotto tra i denti.
“Preferisci continuare con la situazione equivoca di prima?!” ringhia lei in risposta, poi torna a rivolgersi alla farmacista con un sorriso “Tanto esiste il segreto professionale, giusto?”
“Sì, beh… certo.” annuisce lei confusa.
“In pratica vogliamo capire se è vero o se… è soltanto un modo per truffarci l’eredità del nonno!” continua Asuka con una mano vicino alla bocca “Sa, con le cose che si sentono in giro!”
“Oh!” esclama la donna impressionata, ma improvvisamente convinta “Oh! Capisco, sì! Con certe cose che si sentono in giro! In effetti è una storia sospetta! Se è un farabutto bisogna assolutamente smascherarlo!”
Asuka annuisce.
“Eh già!”
Poi mi guarda con aria di rimprovero e mi dà una gomitata quando la farmacista si volta.
“Datti da fare! Sta al gioco!” mi dice con un soffio di voce.
La farmacista torna con una scatola.
“Questo potrebbe fare al caso vostro.” ci spiega “Serve un campione del DNA della persona in questione e uno del presunto padre o fratello.” mi guarda “Serve necessariamente uno dei due, mi dispiace ma quello del nipote è troppo distante.”
“Ah… capisco.”
“Dentro trovate tutte le istruzioni su come prendere e conservare il campione.” continua “Una volta che avete quello che vi serve lo spedite all’indirizzo del laboratorio che troverete all’interno e nel giro di qualche giorno vi spediranno a casa i risultati.”
“Bene!” dice Asuka “Lo prendiamo!”
La farmacista sorride.
“Fanno cinquantamila yen!” [circa 400 Euro, nda]
Io e Asuka ci guardiamo con orrore.


“Non riesco a credere che i miei risparmi se ne sono andati via in questo modo.” piagnucola Asuka con la faccia contro il finestrino.
“Ti ricordo che abbiamo pagato con la mia carta!” brontolo con le mani sul volante “Quindi di fatto sono solo soldi miei per ora!”
“Ovviamente ti ripagherò della metà.” mi promette voltandosi “Insomma l’idea è stata mia dopotutto.”
Sbuffo.
“Ero d’accordo anch’io.”
“È solo che, avevo già delle altre spese nel mentre e…” abbassa lo sguardo preoccupata.
Sospiro.
“Non ti preoccupare. Me li restituirai quando potrai.” dico “Il problema piuttosto ora è un altro. Non possiamo usare il mio DNA, quindi dobbiamo trovare il modo di prendere quello di Kazuya o di Heihachi…”
“... senza farci scoprire.” conclude Asuka con un sospiro “Potrebbe essere un problema.”
“Già…”
“Hey, ma cosa stai facendo?!” chiede Asuka sorpresa, mentre accosto nell’isolato dietro casa “Perché ti fermi?!”
“Ormai saranno per forza tornati.” spiego facendo un cenno verso la casa “Scendi e torna da sola. Se ti chiedono, dì che ci siamo visti all’uscita di scuola e che avevo intenzione di prendere la macchina per andare ad allenarmi.”
“Ok!” Asuka annuisce e scende dall’auto “Allora, ci vediamo più tardi.”
“A più tardi.”
Chiude lo sportello e si incammina lungo la strada. Io riprendo a guidare in direzione della Mishima Zaibatsu.
Non torno da queste parti dal disastrato giorno dell’esame di guida e non è un ricordo esattamente piacevole.
Parcheggio e scendo dalla macchina. Metto il kit del test del DNA al sicuro nel bagagliaio.
Quando tornerò a casa dovrò fare in modo di riuscire a portare la scatola dentro la mia stanza senza che mia madre o Kazuya la notino.
Chiudo la macchina e infilo le chiavi in tasca, mentre mi dirigo verso la palestra. Oggi sono un po’ in ritardo rispetto al solito orario. Probabilmente Xiaoyu è già arrivata e ha già cominciato.
Entro nell’edificio e percorro in lungo il corridoio, arrivando davanti alla porta chiusa della sala dove ci alleniamo di solito.
Apro e sono sorpreso nel trovare la luce spenta. Un po’ confuso, accendo l’interruttore e niente… la sala è completamente vuota e non sembra ci sia ancora stato nessuno stasera.
Entro e chiudo la porta alle mie spalle, pensieroso. Che fine ha fatto Xiaoyu? Che abbia cambiato orari di allenamento? In effetti per tutto questo periodo che sono rimasto in ospedale potrebbe aver cambiato qualche abitudine.
Perché sicuramente sta continuando ad allenarsi, specialmente adesso che a giorni ci sono le ambite selezioni per il torneo nazionale!
È strano.
Che stia cercando di… evitarmi di proposito?
Mi tolgo la giacca e le scarpe e mi preparo per l’allenamento.
Avrò fatto qualcosa che l’ha infastidita? Non riesco a capire. Non ci vediamo dal giorno in ospedale, e in effetti già sembrava strana e silenziosa. E quella volta non ci vedevamo dal giorno del mio ricovero, quando... le ho imbrattato il vialetto di casa di vomito e sangue.
Vengo assalito da un’incredibile ondata di vergogna e imbarazzo.
E io mi chiedo davvero perché mi stia evitando dopo lo schifo che ho fatto?! Avrei voglia di scavare un buco a terra e andarmici a chiudere dentro per sempre per la vergogna.
È vero che il giorno all’ospedale ha detto che non era niente di importante, ma sicuramente ha mentito per educazione. Dopotutto erano presenti anche tutti gli altri in quel momento.
Sospiro nervosamente.
La prossima volta che la vedrò le chiederò scusa di nuovo.
Scuoto la testa.
Sono un idiota. Avrei dovuto pensare subito di mandare una dannatissima impresa di pulizia a sistemare quel pasticcio!











NOTE:
Salve! Negli ultimi tempi ho finito di scrivere la bozza dell'intera storia e ho già un bel po' di capitoli pronti, quindi ho deciso di accelerare gli aggiornamenti per sbrigare un po' le cose. Quindi almeno per i prossimi cinque o sei capitoli, aggiornerò ogni due settimane, probabilmente durante il fine settimana (quindi il prossimo aggiornamento sarà intorno al primo dicembre, per capirci). 
Per la prima volta da quando pubblico in questo sito, credo che riuscirò effettivamente a completare una longfic! Fa un effetto un po' strano!
 


 

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Capitolo 32
*** Just Like in Fiction (Asuka) ***


32
Just Like in Fiction
(Asuka)

 

“E allora gli ho detto ‘provaci di nuovo e la prossima volta ti smutando davanti a tutti in palestra’!” racconto.
“Oh…” Xiaoyu mi guarda colpita, mentre il treno sfreccia addentrandosi nel cuore di Tokyo.
“E avresti dovuto vedere come l’ha smessa il bulletto di avere il pugno facile con i compagni!” riprendo.
“Immagino.” dice Xiaoyu.
“Ma all’epoca era semplice sai, i bulletti delle medie si impressionano con niente!” spiego con un sospiro.
“Asuka, sei una forza!” esclama Xiaoyu ridendo, poi mi guarda con ammirazione “Hai un gran coraggio e si vede proprio che sei una persona con un gran cuore!”
Sorrido lusingata e un po’ imbarazzata.
“Ti ringrazio.” esprimo timidamente la mia gratitudine.
“Le poche volte che ho provato a mettermi io contro i bulli non è finita molto bene.” continua Xiaoyu “L’ultima volta sono finita in punizione e mi hanno pure rapito Panda. Ma tu…con tutte queste storie… non so, hai quasi un tocco professionale!”
“Professionale?” ripeto stupita.
“Sì!” risponde lei “Dovresti cercare di entrare in polizia una volta che finisci la scuola!”
Ci rifletto per qualche secondo in silenzio. Non ci avevo mai pensato, ma non sarebbe una cattivissima idea! No, non sarebbe affatto male continuare a combattere le ingiustizie ed essere pure pagata per farlo!
Il treno curva e inizia a diminuire la velocità, mi stiracchio e mi sporgo a scrutare oltre il finestrino. Tra non molto arriveremo in stazione.
Il tempo è passato piuttosto velocemente tra una chiacchiera e l’altra, ricordando le mie vecchie avventure di Osaka.
“Sono rimasta sorpresa di come Heihachi-san abbia trovato il tempo di chiamarci per sapere l’esito delle selezioni stamattina!” esclama poco dopo Xiaoyu cambiando discorso “Sai, visto il pasticcio incredibile in cui si trova…”
Dal suo tono di voce sembra un po’ triste per Heihachi.
“Mmm.” annuisco io con fare vago.
Però in effetti neanche io mi aspettavo che ci chiamasse. È stato puntualissimo invece, come se si fosse messo una sveglia solo per ricordarsi di quello.
“Ci tiene davvero tanto alle nostre gare!” continua Xiaoyu.
Io faccio una smorfia.
“Ci tiene che il nome della zaibatsu non faccia mai una brutta figura.” preciso con un borbottio “Anche se si tratta solo di tornei di arti marziali.”
A quel punto Xiaoyu mi scruta dubbiosa e io mi irrigidisco.
Sono sorpresa anche io dalla mia affermazione che è venuta fuori quasi senza che me ne accorgessi. Avevo sempre avuto un minimo di rispetto per Heihachi, almeno prima degli eventi di quest’anno e invece ora eccomi qui, a parlare come Jin senza neanche rendermene conto.
“Anche tu hai una cattiva opinione di Heihachi-san?” indaga Xiaoyu.
Non rispondo. È chiaro che lei creda nella sua innocenza, ma questo non è proprio il luogo ideale per mettersi a fare questo genere di discorsi.
A quel punto, inoltre, mi ricordo di una cosa a cui mi ha fatto pensare Jin un po’ di tempo fa.
“A proposito di quello che gli è successo… sono felice che tu non abbia subito brutte conseguenze.” ammetto.
“Mm?” fa lei confusa.
“Beh…” mi avvicino per parlare sottovoce “Avevamo pensato al fatto che forse avresti potuto avere problemi anche tu se le cose si fossero messe troppo male per la zaibatsu… tipo, che ne so, perdere la casa… Vivi in un appartamento del complesso Mishima no?”
“Oh!” esclama Xiaoyu, poi scuote la testa “No, non ti preoccupare. Nessuno mi sta buttando fuori di casa. Almeno credo.”
“Ma… potrebbe succedere in futuro?” chiedo seria.
Xiaoyu mi guarda un po’ in difficoltà.
“Dovresti… iniziare a pensare ad un’alternativa. Nel caso le cose si mettano male.” aggiungo.
Mi guarda con sospetto.
“Perché? Tu pensi… che le cose possano mettersi davvero così male?” chiede lei vagamente preoccupata.
Esito qualche secondo, poi decido di ammorbidire un po’ l’atmosfera.
“No, probabilmente hai ragione. Non volevo spaventarti.” la rassicuro “Non sta succedendo sicuramente dall’oggi al domani.” aggiungo, poi forzo una risatina “Tu solo… magari inizia a pensare ad un piano B, giusto per sicurezza.”
Mi guarda non del tutto convinta.
“È solo che…” riprendo con un sospiro “Se le cose per la zaibatsu dovessero andare peggio, insomma non vorrei che dovessi perdere un posto dove stare!”
“Oh…” mormora “Grazie, ma non c’è bisogno che ti preoccupi per me. Insomma, Heihachi-san non c’entrava niente con quella brutta storia che è successa, no? È tutto finito no?”
Forzo un altro sorriso.
“Certo, sono io che mi sto preoccupando eccessivamente!” faccio una risatina nervosa “Sarà l’emozione post-vittoria. Abbiamo vinto, che bello!” finisco improvvisando una danzetta stupida per alleggerire l’atmosfera. Patetico tentativo!
È dannatamente stressante cercare di mettere in guardia la gente per cose di cui non puoi parlare apertamente! Soprattutto se sembrano avere troppa fiducia nella persona da cui dovrebbero riguardarsi!
“In ogni caso, se mai dovessi trovarti nei casini, fammelo sapere!” riprendo poco dopo ricomponendomi “Posso sempre chiedere a mia zia se possiamo trovarti una sistemazione. Certo, ora che è tornato Lars non c’è più quella stanza, ma…”
Xiaoyu alza un sopracciglio.
“È tornato Lars?”
“Oh…” mi blocco.
Accidenti! Questo lo potevo dire?
“Sì. È tornato. Deve ancora ehm… finire la tesi… del ehm… praticantato o qualsiasi cosa stia facendo?” mi schiarisco la voce “Jin… non te ne ha parlato?”
Accidenti di nuovo! Se non gliene ha parlato lui, forse non avrei dovuto dirlo!
Xioayu fa di no con la testa e distoglie lo sguardo.
“Non mi è capitato di vederlo in questi ultimi giorni.” risponde seria.
“Ah no?!” chiedo sorpresa “Non vi allenate più insieme?”
Continuando a guardare fuori dal finestrino fa di no con la testa.
“Ah, beh… capisco…”
Cavolo, non so quanto e cosa Jin o Alisa le abbiano detto su Lars. Cosa dico se mi fa altre domande? Accidenti a me che ho sfiorato questo argomento!
“Asuka…”
“Sì?” chiedo timidamente preparandomi al peggio.
Io non so niente. Lars è soltanto il tipo che vive a casa nostra, ma non so neanche di preciso cosa faccia. Non mi ricordo neanche quanti anni ha o il suo difficilissimo cognome.
Non so niente! E devo sembrare convincente!
“C’è una persona che ci fissa.” dice sottovoce continuando a guardare dal finestrino.
“Che?!” mi raggelo e tutti i nervi scattano improvvisamente all’erta “Chi?”
“La vedo nel riflesso del finestrino. È seduta in fondo al vagone e non fa altro che fissarci.”
Cerco di voltarmi senza dare troppo nell’occhio e incontro lo sguardo di qualcuno che non mi aspettavo di vedere. Lei subito con un’aria snob gira la faccia da un’altra parte.
“Ma che problemi ha?!” mi chiedo con una smorfia tornando a guardare avanti.
“La conosci?” chiede Xiaoyu.
“Non è nessuno di particolare!” spiego alzando gli occhi al soffitto “È solo Lili, una ragazza che frequenta la nostra scuola. È matta da legare.”
Xiaoyu si sporge un po’ per vederla meglio.
“Attenta a non guardarla in faccia, potrebbe pietrificarti!”
Sorride alla mia battuta.
“Ma chi è?” insiste.
Roteo gli occhi.
“È l’oca che mi ha fatto buttare fuori dal gruppo di danza.” spiego “E per qualche ragione ce l’ha con me.”
“Ah, ecco perché mi sembrava un viso conosciuto.” continua Xiaoyu “L’abbiamo vista il giorno delle esibizioni.”
“È una dannata psicopatica con manie di protagonismo!” brontolo “Ed è piena di cattiveria!”
“Dici sul serio?” chiede Xiaoyu tornando a guardarla “A vederla così, seduta in silenzio sola e soletta non sembra affatto cattiva!”
“Beh, perché non la conosci.” rispondo imbronciata “A vederla da fuori sembra pure tranquilla, ma in realtà è una psicopatica!”
“Non è che semplicemente non vi siete capite?” ipotizza.
“No! Fidati! Ci ho provato, ma non c’è speranza di poter ragionare con quella!”
Xiaoyu aggrotta le sopracciglia.
Certo, mi rendo conto che sia strano spiegare a chi non la conosce bene come funziona le mente di Lili.
“Ma se ne sta lì tutta sola… sembra pure triste…”
“Che se ne stia lì.”
“Ma mi fa un po’ pena!” insiste Xiaoyu “Non è che vorrebbe sedersi con noi ma è troppo timida per chiedercelo?”
“Timida quella?!” ripeto “Xiaoyu, fidati, tu semplicemente non la conosci!”
“Quindi… non vuoi proprio che la inviti a sedersi qui con noi? Così chiarite.”
“Sei pazza?!” sgrano gli occhi “Non pensarci nemmeno!”
Lei scoppia a ridere.
“Stavo scherzando.” mi rassicura “Io non sono affatto come te, non mi piace mettermi in mezzo ai bisticci degli altri.”
Il treno arriva in stazione cinque minuti più tardi.
Come mi avvicino alla porta per uscire sul binario, manco a farlo apposta, ecco Lili che mi si affianca.
“Scusami!”
Mi si piazza davanti tagliandomi la strada e calpestandomi pure un piede. Apposta! Con forza!
“Ma brutta oca maledetta!” ringhio.
“Asuka!”
Xiaoyu mi trattiene impedendomi di andarla a seguire.
“Hai visto cosa mi ha fatto?!” le chiedo.
“Sì, ho visto.” risponde seria e confusa.
“Mi viene voglia di strapparle i capelli!” sbotto nervosa.
“Mi ha dato come l’impressione che…” Xiaoyu mi guarda pensierosa “Fosse molto arrabbiata con te. Sei sicura di non averle fatto niente?”
“Io?! A quella?! Ma se è lei che sembra mettercela tutta per complicarmi la vita!” ripeto “Non c’è un perché! È scema e basta!”
Xiaoyu mi guarda confusa.
“Io comunque continuo a pensare che dovreste chiarirvi.” dice ancora.
Io alzo gli occhi al cielo.
“E sarebbe come parlare ad un muro, credimi!” ripeto “Ci ha provato persino mia zia a farci chiarire! È inutile, è pazza.”
Lei alza le spalle poco convinta.
“Se lo dici tu!” si arrende Xiaoyu “Beh, allora io vado a prendere l’autobus! Ci vediamo in questi giorni!”
“Ok, ciao!” la saluto.
Guardo l’orologio. È ancora presto.
Prima di tornare a casa potrei passare a fare una cosa che sto rimandando da un po’. Sempre se non mi perdo.


Suono il campanello e aspetto.
Sarà a casa? Forse sarebbe stato più furbo chiederglielo prima invece di presentarmi qui a sorpresa.
Non ne sono proprio sicura, ma mi sembra di ricordare di averlo sentito parlare di qualche sorta di lavoro, oltre a quell’altra attività di combattimenti clandestini. Quindi è possibile che sia impegnato o…
Mentre faccio questi ragionamenti la porta si apre.
“Asuka?” chiede Hwoarang facendo capolino in mutande.
“Wow.” esclamo guardandolo da testa a piedi “È così che vai in giro per casa… d’inverno?!”
Lui si gratta la testa.
“Stavo dormendo deficiente!”
“Dormendo?” controllo l’orologio “Non ti facevo tipo da pisolino pomeridiano!”
Si sposta per lasciarmi entrare e chiude la porta dietro di me.
“Non era un pisolino pomeridiano… non mi ero ancora svegliato stamattina!” brontola.
“Ah! Capisco! Hai fatto tardi ieri sera, eh?”
Hwoarang torna al suo divano che gli fa da letto, e da sotto una coperta pesante afferra una felpa e poi un paio di pantaloni lasciati a penzoloni su un bracciolo.
“Mmm.” risponde iniziando a vestirsi.
“Stavi… lavorando?” chiedo.
“Mmm.”
“Stavi… combattendo?”
Si blocca un attimo e mi guarda, poi riprende ad allacciarsi i pantaloni.
“Cosa volevi Asuka?”
Sorrido e mi siedo su una sedia.
“Ho passato le selezioni!” annuncio soddisfatta “Gli incontri erano stamattina a Chiba. Sto tornando proprio adesso. Anche la mia compagna di squadra è passata, anche se lei è un anno più grande di me e siamo in due categorie diverse.”
“Buono!” dice lui poco impressionato “Andrai alla fase finale delle nazionali quindi?”
“Esatto!” cinguetto con un gran sorriso.
Dopo essersi infilato la felpa mi guarda con sospetto.
“Ma non sei venuta fin qui per parlarmi dei tuoi successi di oggi.”
“Ehm, in realtà no.” rispondo in tutta onestà “Volevo ehm, sapere se avevi trovato qualcosa.”
Va verso la cucina e inizia a scaldare dell’acqua su un pentolino.
“Senti, è da quando ci siamo parlati l’ultima volta che ti seguo e ti tengo d’occhio.” inizia “Proprio come mi avevi chiesto.”
“E??” chiedo impaziente.
“E niente!”
“Niente?!”
Si gira e mi guarda.
“Niente.” ripete “Non c’è nessuno che ti segue o che si muove in modo sospetto intorno a te.”

“Ma…” faccio per protestare.
“E non è finita qui!” prosegue tornando verso il centro della stanza.
Si inchina e infila un braccio sotto al divano per cercare qualcosa, poi si rialza tirando fuori dei fogli di giornale.
“Bastava una semplice ricerca.” dice porgendomeli e mostrandomi un articolo evidenziato “Gli è stata revocata la scarcerazione e anzi! Sembra che addirittura stiano pensando di rispedirlo in Cina.”
Leggo l’articolo, una e due volte, poi abbasso il foglio, stupefatta.
“Come è possibile?” mi chiedo “Ma allora chi mi mandava quei ritagli di giornale?!”
Hwoarang alza le spalle.
“Qualcuno deve averti giocato uno scherzo.” conclude “Un brutto scherzo, non lo metto in dubbio, ma Feng Wei non c’entra.”
“Ma…” torno a leggere l’articolo “... tutto questo non ha alcun senso. Non ho mai parlato a nessuno di lui… neanche alle mie migliori amiche.”
“Ehm… senti.” dice Hwoarang “Non vorrei metterti fretta, ma… tra qualche giorno verrà il tizio dell’affitto e… sai com’è, ho davvero speso molto tempo ed energie per questo tuo incarico e… per non parlare di quell’articolo che ho dovuto decifrare… ci ho messo giorni per farlo...”
“Ah!” esclamo capendo al volo “Certo, i tuoi soldi.”
Prendo il portafogli dalla borsa e tiro fuori un mazzetto di banconote.
“Questo è quello che posso darti per ora.”
Sospiro. Devo pure restituire i soldi per il test genetico a Jin!
“Bene!” esclama Hwoarang contando i soldi compiaciuto, poi mi guarda “Devo continuare a seguirti?”
Faccio di no con la testa.
“Non credo ce ne sia bisogno.” ammetto “Ultimamente in effetti non ho più ricevuto niente.”
Hwoarang si infila i soldi nella tasca dei pantaloni e incrocia le braccia al petto, pensieroso.
“Senti, non volevo dirtelo, ma… io ho pensato una cosa.”
“Hai pensato una cosa?”
“Sì, ma… è solo un’ipotesi.” premette.
“Sentiamo.”
“Beh… sai quando la gente fa cose… e poi se ne dimentica subito dopo… ed è come se due persone diverse abitassero nello stesso corpo…?”
“... sì?” chiedo confusa.
“Beh… magari la persona non se ne rende conto e inizia a pensare di essere perseguitata da qualcuno, ma in realtà… si lascia i bigliettini da sola e…”
Spalanco la bocca offesa e sconcertata.
“Hwoarang, mi stai dando della pazza?!”
“Hey, nessuno ha usato quella parola!” si affretta a dire “Sono semplicemente dei… disturbi. Possono essere causati da un trauma o qualcosa così…”
“Ma che cazzo dici Hwoarang!” sbotto.
Prendo una ciabatta dal pavimento e gliela scaravento addosso.
“Ahi!” si lamenta lui beccandosela in piena faccia “Sta’ calma! Ho solo visto un film da poco in cui succedeva una cosa simile e ci ho pensato, tutto qui.”
“No!” affermo “Non è quello! Non sono stata io o un’altra mia personalità!”
“Sei… sei sicura?” chiede lui ancora sospettoso.
Alzo gli occhi al soffitto.
“Sei un imbecille!” mi lamento riafferrando il giubbotto “Ma che diavolo mi è saltato in testa quando ho deciso di chiedere aiuto ad uno scemo come te!”
“Hey, dai! Calmati!” dice lui cercando di sdrammatizzare “Non essere così permalosa!”
“Permalosa un corno!” brontolo “Ti chiedo aiuto e tu te ne esci con queste idiozie ‘perché l’hai visto in un film’!” finisco scimmiottando la sua voce.
“Dai, cambiamo discorso!” fa lui allora prendendo l’acqua bollente per preparare del tè “Quello stronzo di tuo cugino si è ripreso dall’ospedale? Posso già andare a picchiarlo?”
Ecco che finisce sempre a parlare di lui. Sempre!
Mi porge una tazza con una bustina di tè in infusione. Io la prendo e lo guardo con un sorrisetto cattivo.
“Cosa c’è di divertente adesso?” mi chiede perplesso.
“Niente. Stavo notando che… ti piace un sacco parlare di Jin.”
Lui aggrotta le sopracciglia.
“Non è che mi piaccia parlare di lui, è che lo stronzo ha un debito con me, lo sai.” risponde.
Alzo le spalle e mi sporgo a prendere lo zucchero per il té.
“Sì…” rispondo “Oppure potrebbe esserci dietro un altro tipo di interesse.”
Mi guarda interdetto.
“Ma che accidenti stai dicendo, Asuka?!”
Non rispondo e lo guardo con un sorrisetto crudele.
Lui finalmente capisce e mi godo la sua espressione che passa da uno sguardo confuso ad uno sguardo agghiacciato.
“Ma che diavolo ti sei messa in testa, Asuka?! Quel tipo di interesse per quello stronzo?!” sbotta “Ma dico, sei rincoglionita?! Io lo odio quel bastardo!! Hai capito?! Io lo odio!”
Giro il cucchiaino dentro alla tazza con un sorrisetto innocente.
“Suvvia, era solo un’ipotesi! Non essere permaloso!” lo prendo in giro e sorseggio un po’ di tè “Però si spiegherebbero tante cose! Forse non te ne sei reso conto nemmeno tu ancora. Sai quando la gente si comporta in un modo ed è convinta di certe cose, ma nel loro inconscio in realtà vorrebbero qualcosa di diverso? Sai, anche questo si vede spesso nei film…”
“Ho capito il tuo giochetto!” sogghigna “Ci sei rimasta proprio male per quella cosa che ho detto e adesso ti stai vendicando, vero?”
Alzo le spalle.
“Dico solo che potrebbe essere una spiegazione.” continuo.
“Ma piantala!” borbotta lui sorseggiando del tè “Ma tu guarda che cazzo mi tocca a sentire?!”
“Non ci sarebbe niente di male!” continuo a stuzzicarlo “Mio cugino è un tipo affascinante… suppongo…” finisco con una smorfia.
Non capirò mai perché, ma indubbiamente Jin ha un’enorme popolarità a scuola!
Hwoarang mi guarda ancora contrariato e noto che sta iniziando ad infastidirsi sul serio. Ben gli sta!
“Asuka, il nostro è un dannato rapporto di rivalità!” sbotta “Mi deve una cazzo di rivincita! E se non fosse così codardo da fuggire in continuazione, questa storia sarebbe già chiusa per sempre una buona volta! Non c’è altro! E sicuro come la morte, non sono interessato a quello stronzo in quel senso!”
Scoppio di nuovo a ridere.
“Dai, tranquillo! Stavo scherzando!” lo fermo guardandolo con un ghigno “Anche se… se reagisci in questo modo però… potrei iniziare a pensare che ci sia qualcosa di vero!”
Lui scuote la testa offeso e sorseggia il suo tè. O meglio, praticamente se lo versa in faccia con impeto, bagnandosi muso, maglietta e pavimento.
Ridacchio appoggiando la mia tazza vuota sul tavolo. Poi controllo l’ora.
“Credo che andrò via adesso. Ho delle cose a cui devo pensare.”
“Mmm.”
Probabilmente non vede l’ora che me ne vada e che lo lasci in pace.
Poi però mi viene in mente una cosa.
“Per cambiare discorso, Hwoarang… Non è che hai mai preso un campione di DNA di qualcuno senza farti scoprire?!” provo a chiedergli.
Lui sgrana di nuovo gli occhi.
“Che?! Chi diavolo vuoi incriminare, piccola delinquente?!”
“Incriminare?” ripeto io ridendo “Ma no è…”
“Dubito che tu abbia intenzione di clonare qualcuno…” mi interrompe lui “Quindi se non è per quello a che diavolo ti serve un pezzo di DNA di qualcuno?!”
“Il DNA non si prende a pezzi…” roteo gli occhi.
“Hai deciso di uccidere qualcuno e vuoi far passare me come colpevole forse?” chiede tutto preoccupato.
“No… è solo…”
“Forse ce l’hai davvero una seconda personalità…” mi ignora, parlando tra sé e sé.
“Hwoarang, tu guardi decisamente troppi film!” lo rimprovero “O forse frequenti gente veramente brutta.”
“Hai deciso di far fuori qualcuno però, vero?!” riprende “Non posso aiutarti! Fuori da casa mia! E vai anche a farti vedere da uno strizzacervelli, da uno bravo però!”
“Hwoarang, basta! Fammi parlare!” alzo la voce “Non devo incriminare nessuno, brutto idiota! Dicevo così per dire!”
Mi guarda interdetto per un po’, senza dire niente.
“Come cazzo si fa a dire una cosa del genere così per dire?”


Sono a casa finalmente, dopo essere più o meno riuscita a dissipare i sospetti di Hwoarang. Il fatto che pensi che io sia capace di immischiarmi in qualcosa di losco mi fa sentire quasi offesa. Possibile che creda seriamente che sia una specie di piscopatica, solo perché gli ricordo qualcuno di qualche film che ha visto?! Proprio io che faccio tanti discorsi sull’importanza della giustizia?! A volte sembra che non mi conosca per niente!
Non incontro nessuno al piano di sotto, quindi mi dirigo con lo zaino sulle spalle e la musica nelle orecchie direttamente alla mia stanza.
Il fatto di essere uscita di casa di domenica alle sei del mattino inizia a pesarmi. Passerò il resto della sera a smaltire la stanchezza leggendo fumetti e ascoltando musica.
Sto per entrare nella mia stanza, quando la porta semidistrutta di Jin si apre e lui fa capolino dalla sua stanza. Mi dice qualcosa.
Mi tolgo una cuffia dall’orecchio.
“Mm?” chiedo di ripetere.
Dalla sua stanza arriva un sottofondo di quella solita musica infernale. Non capirò mai cosa ci sia di piacevole nell’ascoltare quel casino senza un senso né un perché.
“Ho detto, come sono andate le selezioni?”
Lo guardo stranita. È insolito da parte sua che voglia fare spontaneamente conversazione.
“Sono passata!” rispondo come se fosse ovvio.
Non voglio essere presuntuosa, ma andiamo! Lui dovrebbe avermi visto un bel po’ di volte all’opera.
Annuisce.
“Bene.” risponde “Xiaoyu?”
“Passata anche lei.”
“Perché ci hai messo tanto a tornare?!” chiede aggrottando la fronte.
Faccio le spallucce.
“Ho incontrato Hwoarang e ho fatto una chiacchierata con lui.” spiego raccontando una mezza bugia “Sai, ogni volta mi chiede di te. Sembra proprio che senta la tua mancanza.” poi sogghigno “Credo che abbia una cotta per te.”
Te lo meriti Hwoarang! Così impari a darmi della schizzata!
Jin fa una smorfia, ma ovviamente non la prende sul serio.
“Deve avercela ancora per quella volta che non mi sono presentato all’incontro.” borbotta.
“Decisamente sì, non l’ha presa troppo bene. Comunque… volevi parlarmi di qualcosa?” chiedo poco dopo.
Jin esita un po’, poi con uno sguardo serio mi fa un cenno con la testa per invitarmi a seguirlo nella sua stanza.
“Ok.” rispondo un po’ confusa.
Entro velocemente nella mia camera, lascio il cappotto e lo zaino e torno nel regno di Jin, dove risuona la voce di un tizio che urla come se lo stessero squartando vivo in un sottofondo di chitarre e percussioni impazzite.
Jin abbassa appena il volume di quel fracasso e va a prendere il foglietto ripiegato sulla scrivania davanti al computer. Me lo porge.
“L’ho letto attentamente e ho fatto delle ricerche.” dice serio “La cosa è più complicata del previsto.”
È il foglietto di istruzioni per il test genetico.
“Se il campione è contaminato il test potrebbe non funzionare.”
“E quindi…” faccio leggendo velocemente le prime righe.
“E quindi dovremmo trovare il modo di infilare un tampone nella bocca di Kazuya senza che lui si opponga o faccia domande a riguardo!” va a sedersi scoraggiato sulla sedia della scrivania.
“È così semplice contaminare il campione?” chiedo.
“Non lo so.” alza le spalle “Ma sai com’è, preferirei non rischiare di dover sborsare di nuovo quella cifra perché il test non ha funzionato!”
“A proposito!” esclamo subito “Ti renderò i soldi appena possibile, ma ho appena avuto una grossa spesa e…”
“Sì, non fa niente. Me li rendi quando puoi.” taglia corto lui.
Annuisco, meno male che è comprensivo.
“Potremmo prendergli un capello.” propongo poco dopo.
“Sì, e dovremmo strappargliene giusto sei o sette e assicurarci che abbiano tutti la radice.” mi risponde Jin, poi alza un sopracciglio “Vuoi provarci tu?”
Ovviamente no.
Ragiono in silenzio pensando ad un’altra soluzione.
“Se li prendiamo dalla sua spazzola?” propongo.
“Ci ho già pensato io.” fa Jin “Ma Kazuya è un dannato maniaco della pulizia, la pulisce immediatamente ogni volta che la usa.”
“Mmm.” torno a ragionare.
“La saliva sarebbe la soluzione più semplice.” riprende Jin “Ma dobbiamo fare in modo di conservare subito il campione in modo che non si contamini o rovini.”
“Potremmo usare un bicchiere?”
“E sfilarglielo subito dalla bocca sperando che il materiale non si deteriori?” Jin mi guarda come se fossi stupida.
“Sì!” rispondo invece seria.
Lui inarca le sopracciglia.
“Sei impazzita completamente?”
Sorrido e scuoto la testa.
“No, ho avuto un’idea!” esclamo “Sarà come in un film!”

 

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Capitolo 33
*** Some Really Shitty Idea (Jin) ***


33
Some Really Shitty Idea 
(Jin)


“È una pessima idea.” borbotto nervoso scrutando dall’altra parte del muro Kazuya, intento a leggere il giornale in soggiorno.
“Hai un’alternativa migliore?” spunta fuori Asuka da dietro di me.
Faccio una smorfia.
No, per il momento non ce l’ho e lo sa bene.
“Lo capirà.” affermo sicuro “E noi ci faremo scoprire come due idioti.”
“No! Non andrà così!” ribatte Asuka “Perché tu, sotto consiglio di tua madre, stai solo cercando di instaurare un dialogo con tuo padre, un punto di contatto dopo tanti anni di conflitto e incomunicabilità.”
Mi viene da vomitare.
“Ti prego piantala!” la fermo.
“Lui sarà confuso e non penserà che ci sia sotto qualcosa.” continua “Sfrutteremo l’effetto sorpresa!”
Ci rifletto su per qualche secondo.
“A me sembra proprio una pessima idea.” confermo la mia opinione.
“Non è una pessima idea!” protesta lei.
“No, è proprio un’idea del cazzo infatti!”
Asuka sbuffa.
“Senti, il problema è che tu ti senti troppo coinvolto e non riesci a vedere le cose in maniera oggettiva.” cerca di spiegarmi con calma, poi mi guarda seria “Non abbiamo alternative migliori, lo capisci che o è questo o gli dovremmo strappare i capelli?!”
Torno a guardare Kazuya.
“O forse dobbiamo lasciar perdere e credere a Lars sulla parola.” mormoro.
“Che cosa?!” esclama Asuka guardandomi a bocca aperta “Sei serio?! Decidi di fidarti così? Proprio… tu?”
Non rispondo.
“Potevi fartelo venire in mente prima che spendessimo tutti quei soldi!” mi rinfaccia allora Asuka.
Le lancio un’occhiata di sbieco.
“Fino a prova contraria sono ancora tutti miei soldi.” rispondo.
“Sì, ma ho detto che ti ripagherò il debito.” ripete a mezza voce “Prima o poi.”
“Potremmo… pensarci ancora qualche giorno.” propongo tornando a guardare Kazuya.
Proprio non mi va di farlo, è un’idea stupida e imbarazzante!
“Ma perché aspettare?!” rotea gli occhi Asuka, iniziando a perdere la pazienza “Avanti, se funziona bene! Altrimenti… bene lo stesso e ci inventeremo qualcos’altro!”
Sbuffo nervoso abbassando lo sguardo sul bicchiere d’acqua nella mia mano. Poi mi volto ancora verso Asuka.
“Perché non puoi farlo tu?” chiedo alzando un sopracciglio.
Asuka scuote la testa con impeto.
“No, no!” risponde “Non creerebbe lo stesso effetto confusione con me e poi… io non ho tutta questa confidenza con lui. Sarebbe strano!”
“Confidenza?!” sibilo tra i denti “Mi prendi per il culo?! Io secondo te invece avrei una grande amicizia con Kazuya?!”
“Non la definirei amicizia.” precisa “Ma il rapporto tra lui e te è decisamente più ehm… definito di quello tra me e lui, nel bene o nel male. Più nel male, che nel bene a dire il vero, ma… su vai e basta con queste storie!”
Mi spinge improvvisamente in avanti e per poco non rovescio l’acqua sul pavimento.
Cazzo, ormai sono nel soggiorno. Se Kazuya alza lo sguardo dal giornale mi vede.
“Brutta stronza traditrice…” borbotto voltandomi all’indietro.
Lei mi fa un un gran sorriso e un cenno per incitarmi ad andare avanti.
Guardo di fronte a me e deglutisco.
Massì, chi se ne frega?! Al massimo mi crederà impazzito!
Sbuffo e raggiungo Kazuya, lentamente, e mi fermo a pochi passi da lui.
“Che vuoi?” brontola senza neanche alzare lo sguardo “Hai di nuovo combinato qualche casino a scuola? Tua madre starà per tornare, parlane con lei.”
Mi curvo in avanti e appoggio il bicchiere d’acqua sul tavolino davanti a lui.
A quel punto Kazuya abbassa il giornale e con un’aria molto confusa mi guarda.
“Che…”
“È solo un bicchiere d’acqua.” dico con la gola improvvisamente secca.
Questa roba è più imbarazzante che mai, molto più di quanto avessi pensato e solo ora mi rendo conto che al mille per mille questa idea del cazzo non ha la minima possibilità di funzionare. Perché non mi sono fidato subito del mio istinto?!
“Un bicchiere d’acqua?” ripete Kazuya con sospetto.
Annuisco deglutendo.
“Ho pensato…” mi fermo.
Che diavolo dovevo dire? Avevo provato la frase con Asuka prima, ma il mio cervello è completamente in tilt in questo momento. Non me la ricordo più.
Che idea del cazzo!
“È per te. Bevi.” dico goffamente.
Sono un coglione, sono un coglione.
“Ma che cazzo ti prende?!” chiede Kazuya piegando il giornale e mettendolo da parte.
Mi guarda con un’espressione indecifrabile, ma che è comunque un misto di tante emozioni negative, tra cui orrore e disgusto.
“Sto solo cercando, per una volta, di comportarmi in modo normale con te.” dico meccanicamente con un soffio e vorrei accartocciarmi dalla vergogna.
“E quindi mi hai portato dell’acqua.” risponde “Questo ti sembra normale?!”
“Sei vecchio, nel caso non te ne sia accorto.” continuo con un sibilo “Alla tua età dovresti fare in modo di restare idratato.”
“Mi vuoi avvelenare.” sussurra Kazuya guardando il bicchiere con orrore.
“No…” scuto la testa con un filo di voce ridicola.
Lui torna a guardarmi con disgusto.
“Lo sapevo che eri un coglione, ma non fino a questo punto!” commenta “Pensi davvero che io possa cascare in un tranello così idiota? Se proprio hai deciso di provare ad uccidermi, almeno inventati un piano che possa funzionare, no?!”
“Non ti voglio avvelenare.” ringhio “O almeno, non oggi e non in questo modo.”
“Come hai pensato di liberarti del corpo?!” continua, alzandosi e facendo qualche passo minaccioso verso di me “Sei pronto a correre il rischio di finire in carcere a vita?!”
È notevole come non sembri tanto sconvolto per il mio possibile intento omicida, ma piuttosto sembra estremamente contrariato per la stupidità del piano.
“È soltanto acqua, cazzo!” mi lamento sostenendo il suo sguardo “Non voglio avvelenarti!”
Noto Asuka con la coda dell’occhio, mi guarda delusa e arrabbiata.
“È incredibile. Io l’ho sempre pensato che nella tua testa ci fosse qualcosa che non andava e Jun non mi ha mai creduto.” continua Kazuya “Non puoi davvero essere così stupido!”
“È soltanto un fottutissimo bicchiere d’acqua!” sbotto.
Lo prendo dal tavolino con un gesto secco e me lo scolo tutto d’un fiato.
“Ecco, ci credi adesso?!” chiedo poi asciugandomi la bocca con il dorso della mano che ho libera.
Lui mi guarda stranito. Appoggio di nuovo con forza il bicchiere vuoto sul tavolino.
Lui lo prende e lo odora.
“Ora ti prendi un antidoto o devo chiamare un’ambulanza? O devo far finta di accorgermene quando sarà già successo?” chiede poi alzando un sopracciglio “Lo sai che non posso lasciarti morire, tua madre non me lo perdonerebbe.”
“Te l’ho già detto! Era soltanto un fottutissimo bicchiere d’acqua!” ripeto, girando i tacchi e tornando in direzione della scala.
Voglio chiudermi in camera mia per un po’.
Asuka, ancora semi-nascosta da dietro la parete della scala mi guarda con disapprovazione.
“Hai incasinato tutto!” le leggo il labbiale.


“Jin! Dove cavolo stai andando adesso?! Aspetta!”
Asuka mi segue sul selciato fuori di casa.
“Vattene! Lasciami in pace!” brontolo, ancora di pessimo umore.
Mi afferra un braccio e per forzarmi a fermarmi. Sospiro e decido di concederle giusto un paio di secondi. Mi volto e le rivolgo uno sguardo annoiato.
Mi ha seguito fuori sulla strada bagnata con le pantofoline di casa. Ottima idea, Asuka! Ora insozzerai tutta la casa.
Si stringe le braccia attorno al corpo, come per cercare di scaldarsi.
“Hai… fatto un disastro!” sibila guardandomi preoccupata “Perché diavolo non hai rispettato le battute che abbiamo provato insieme?!”
“Io te l’avevo detto che era un’idea del cazzo!” rispondo con un ringhio “Comunque lo so da me che ho fatto un disastro, grazie tante. Ora torna dentro e lasciami in pace!”
“Non capisco come abbia potuto sbagliare così tanto! Da come ti sei comportato chiunque avrebbe sospettato che avessi messo qualcosa nell’acqua!” continua Asuka sconcertata “Poco fa ha preso il bicchiere e l’ha messo dentro una bustina di plastica. Scommetto che lo farà analizzare o qualcosa del genere!”
“Bene, abbiamo finito?!” sbotto al culmine dell’irritazione.
“No! Cosa facciamo adesso?!” chiede lei preoccupata.
“Non lo so e non me ne frega un accidenti!” sbotto, voltandomi e riprendendo a camminare.
“E cosa vuoi fare allora?!” mi richiama Asuka “Lasci perdere così?! Hey! Jin!”
Esco dal cancello e mi allontano lungo la strada. Per evitare di impazzire dalla rabbia stasera ho proprio bisogno delle due cose che amo più di tutte, la moto e le arti marziali.
Vado a recuperare la mia adorata moto al garage e mi immetto subito nel traffico, sfrecciando sull’asfalto ancora umido. Quanto mi è mancata!
La macchina sarà pure un mezzo più comodo per mille ragioni, ma la moto… la moto! Quella sensazione indescrivibile di quando accendi il motore e inizi a muoverti sulla strada, quel mix di relax, adrenalina, euforia è qualcosa che solo la moto ti sa dare.
Arrivo al complesso Mishima e parcheggio, con l’umore già decisamente migliore.
Adesso ho solo voglia di prendere a colpi un sacco da combattimento fino ad esaurire le energie.
La palestra è quasi completamente vuota di domenica sera, c’è solo qualche luce accesa ai piani superiori. Entro, lascio le scarpe agli armadietti, e mi incammino subito verso la mia solita stanza. Apro la porta, accendo la luce e vado verso il bagno per cambiarmi. Più o meno quando mi trovo al centro della sala però, calpesto qualcosa di solido che mi costringe a fare un balzo indietro.
“Ma che cazzo…?!” esclamo a voce alta alzando subito la pianta del piede dolorante.
Mi inchino per raccogliere lo strano oggetto che mi ha quasi bucato un piede.
È un testa di panda grande più o meno come una pallina da ping pong con un mazzo di chiavi attaccate.
C’è solo una persona che frequenta queste palestre che se ne andrebbe in giro con un oggetto del genere.
Alzo un sopracciglio. Allora come pensavo non ha smesso di allenarsi qui, ha soltanto cambiato gli orari di allenamento.
Mi rigiro l’oggetto tra le dita e rifletto tra me e me.
Mi sta evitando per qualche ragione, ormai è chiaro. E d’accordo, capisco che sia arrabbiata e ha pure tutte le ragioni di esserlo, però perché diavolo non può dirmelo chiaro e tondo?!
Altre volte non si è messa poi così tanti problemi per dirmi quello che pensava, quindi possibile che si sia offesa al punto da volermi evitare completamente senza neanche una parola?!
Ecco che vengo raggiunto da una nuova ondata di malumore. Sì, perché questa situazione è decisamente fastidiosa. Non che mi interessi particolarmente quello che pensano gli altri di me, ma mi ero fatto un’idea diversa su di lei. Insomma, ero arrivato a pensare che fosse una persona su cui potessi un minimo contare. Dato che non ne ho poi così tante nella mia vita. Ma questo atteggiamento è alquanto irritante e… sì, deludente!
Guardo il mazzo di chiavi appese alla testa di panda. Saranno le chiavi di casa? Con una testa perennemente tra le nuvole come la sua non mi sorprenderebbe se fossero le chiavi del suo appartamento. Perdere le chiavi di casa è un casino, devi far cambiare completamente la serratura.
Ci rifletto un attimo, poi prendo la mia decisione e me le infilo in tasca.
Ora le mostrerò come si comporta una persona matura in questi casi. Riprendo lo zaino in spalla e torno fuori agli armadietti delle scarpe.
Riporterò le chiavi a quella svampita immatura, e nel mentre le darò una lezione riguardo a quanto sia stupido tenere rancore per cose come queste! Sono certo che si sentirà molto scema dopo che le avrò parlato! E io avrò avuto la mia piccola vendetta personale.
Esco dalla palestra e attraverso la strada verso l’area residenziale del complesso Mishima. In lontananza scorgo l’imponente residenza di Heihachi e sogghigno. Chissà quanta bile starà ingoiando il vecchiaccio questi giorni, dopo gli ultimi risvolti!
Quella è una delle poche soddisfazioni di questo periodo e anche se non lo ammetterei mai a voce alta, sono grato a Lars per questo. Non so ancora del tutto sicuro se sia giusto o no fidarsi di lui, ma… test del DNA o meno, gli sarò sempre grato per questa bacchettata coi fiocchi ad Heihachi.
Arrivo sul vialetto che porta all’appartamento di Xiaoyu e noto la luce accesa in soggiorno. Bene, è in casa.
Raggiungo la porta di ingresso e suono il campanello.
Pochi secondi dopo la porta si apre, svelandomi una visione piuttosto… comica. Ha una fascetta colorata sulla fronte e le codine a due altezze diverse, dalle quali sfuggono diversi ciuffi in tutte le direzioni, ma soprattutto… soprattutto… indossa una sorta di pigiamone-tutone improponibile. È grosso, pelliccioso e dai colori accesi, la fa sembrare una sorta di panda radioattivo o qualcosa del genere.
Avevo tutte le intenzioni di presentarmi serio e infastidito, ma davanti a questa visione non riesco a trattenere uno sbuffo di risata. È una visione davvero troppo stupida!
Lei mi guarda, sgrana gli occhi e diventa rossa di colpo.
“Carino questo look!” la schernisco con una smorfia cattiva.
Lei spinge la subito la porta, facendola chiudere con un colpo secco.
“Che… che ci fai qui?” chiede con una vocina stridula dall’altra parte della porta “Pen… pensavo che fosse Miharu, stava passando per prendere degli appunti!”
“Questo è il motivo per cui dovresti sempre guardare dallo spioncino prima di aprire.” sogghigno.
Non risponde e passano alcuni secondi di silenzio.
“Dai apri.” torno serio “Sono venuto a riportarti una cosa. E già che ci sono devo anche dirti un'altra cosa.”
Lei, molto cautamente, riapre la porta e sbircia fuori da uno spiraglio appena largo quanto metà faccia. È comunque abbastanza per avere uno scorcio di quello strano tutone orrendo.
Non ce la faccio, ridacchio di nuovo.
“Ma da quale pianeta hai tirato fuori questo coso inguardabile?!”
“Dai! Piantala!” protesta lei ancora rossa in volto “È un pigiama ed è carino! Ed è molto caldo e comodo per queste giornate gelide!”
Ha osato definirlo carino. Non mi intendo minimamente di moda, ma definire quel sacco colorato carino mi sembra decisamente un paradosso. Sto per dirglielo, ma poi una folata improvvisa di vento mi ricorda che c’è freddo davvero e che forse farei bene ad arrivare in fretta al punto se non voglio prendermi un ennesimo malanno.
Tiro fuori la testa di panda con le chiavi a penzoloni e la porto all’altezza dei suoi occhi.
“Sono venuto a riportarti questo.” dico reprimendo un brivido.
Xiaoyu le guarda e spalanca la bocca sorpresa.
A quel punto apre la porta di qualche grado in più.
“Gra… grazie.” mormora “Le ho cercate ovunque.”
Le prende tra le mani come se fossero un qualche oggetto sacro.
“Per fortuna la vicina ne aveva un doppione, quindi sono riuscita a rientrare a casa oggi.” continua con un po’ di imbarazzo “Ma pensavo già di dover far fare una nuova serratura.”
“Dovresti fare più attenzione a cose importanti come queste.” puntualizzo “Certo, aiuterebbe se non avessi costantemente la testa fra le nuvole.”
Lei mi guarda con aria un po’ imbarazzata, e non risponde alla provocazione.
“Grazie.” mormora “Che… altro dovevi dirmi?”
Bene, da dove cominciare? Dovrei forse essere educato e scusarmi di nuovo? Dire che mi sento affogare in un mare di vergogna ogni volta che mi ricordo che ho sporcato l’esterno della casa di qualcuno con il contenuto del mio stomaco bucato?
“Certo che non ti facevo così permalosa!” le rinfaccio invece con tono acido “Te la sei proprio legata al dito eh?!”
Lei alza le sopracciglia, guardandomi confusa.
“Che cosa?!”
“Sì, dannazione! In che lingua te lo devo dire che mi dispiace?!” continuo “Ti ho anche detto che ti avrei pagato un’impresa di pulizie, ma mi è venuto in mente troppo tardi! Porterai rancore per tutta la vita per questa storia?!”
Ok, per un momento avevo davvero pensato di scusarmi e di essere educato, ma non prendiamoci per il culo! È lei che sta avendo un atteggiamento assurdo! E ce la sta mettendo tutta per farmi sentire di merda, manco le avessi dato fuoco alla casa! Non è giusto! È lei ad essere in torto adesso, fino a prova contraria.
Xiaoyu corruga la fronte.
“Ma di che caspita parli?!” chiede spingendo la porta un altro po’.
“Mi stai evitando perché sei ancora arrabbiata con me perché ti ho sporcato il vialetto.” sbotto “Non sono stupido, me ne sono accorto! Hai cambiato orari di allenamento per non dovermi vedere e a scuola mi eviti come la peste! Non che me ne freghi qualcosa, sia chiaro, ma che problema hai a comportarti così con la gente?!”
Lei rilassa l’espressione e abbassa lo sguardo in un punto indefinito.
“Non è come pensi.” dice a voce bassa.
“Che cosa?!” la sfido a ripetere.
“Non sono arrabbiata per quello stupido vialetto, Jin!” alza gli occhi al soffitto “Mi è bastato usare i trucchi del nonno, nel giro di dieci minuti avevo già finito di pulire!”
“Da… davvero?!” chiedo stupito.
“Sì.” risponde lei esasperata “E poi comunque non potrei mai darti la colpa per una cosa del genere! Non sono arrabbiata per quel dannato vialetto.”
Segue un imbarazzante momento di silenzio. Da entrambe le parti.
“Allora…” ho un po’ paura di continuare, ma devo saperlo “... perché mi stai evitando?”
Fa le spallucce, visibilmente nervosa.
“Non ti stavo evitando, semplicemente non è capitato di incontrarci.” dice in modo molto poco convincente.
“Sì, come no!” alzo un sopracciglio “E casualmente hai deciso di non farti vedere più agli allenamenti?”
“Ero sempre impegnata a quegli orari.” tenta.
“Andiamo, basta con le prese per il culo!” perdo la pazienza “Mi stai evitando, punto. E non solo, sei diventata strana con me ultimamente. Di colpo sei… timida e stupida? E le cose sono cambiate da quando sono stato ricoverato. Dev’essere successo qualcosa quella sera… qualcosa che ti ha disturbato. E se non è il vomito…”
Xiaoyu abbassa di nuovo lo sguardo.
“... dev’essere qualcosa che ho detto.” realizzo abbracciando appieno la paura.
Ho dei ricordi molto confusi di quel momento. Ricordo di aver parlato e di aver pensato molte cose. Molte di queste piuttosto imbarazzanti. Ora, sono quasi sicuro di essere riuscito a controllarmi abbastanza bene e di non aver detto niente di troppo compromettente, ma se i miei ricordi non fossero attendibili?
Beh, avevo la febbre alta e deliravo in quel momento. Forse potrei aver detto a voce alta delle cose che sono convinto di aver solo pensato.
Non le avrò mica detto che mi piace o qualcosa del genere, vero?! Vero?!
“È così?! Ho detto qualcosa?!” mi impongo di stare calmo “Che cazzo ho detto?! Anzi, no. Forse è meglio che non me lo dica. Ma sai che deliravo in quel momento, no? Quindi qualsiasi cosa abbia detto, potresti per favore dimenticarla e andare avanti come se niente fosse mai successo nulla?”
Xiaoyu mi guarda confusa.
“Cos’è che hai così tanta paura di aver potuto dire?” domanda a voce bassa.
Mi blocco e deglutisco.
Cos’è? Una trappola?
“Sì, hai detto qualcosa in quel momento.” riprende a parlare “Pensavi di morire e a quel punto hai detto delle cose carine su tua madre, su Asuka, su Alisa…”
“Non… non ho detto nient’altro?” chiedo molto cautamente.
Lei fa di no con la testa.
“Non che mi ricordi.”
Sospiro. Ok, sembra sincera. Se non ho detto altro, allora posso stare tranquillo.
“E allora perché ce l’hai con me?” chiedo allora poco dopo, iniziando veramente a snervarmi.
“Io non ho mai detto di avercela con te, è che…” abbassa ancora lo sguardo.
Questo atteggiamento da timida che non le appartiene è veramente fastidioso. Non può dirmi che cazzo di problema ha con me una volta per tutte?!
“È che?” la invito a continuare impaziente.
“Non… non è niente… ero un po’ incasinata per i fatti miei questi ultimi giorni e…” farfuglia “... non mi andava di vedere gente…”
Basta. C’è freddo e ne ho davvero le palle piene di questa storia.
“Benissimo, è chiaro che non abbia intenzione di collaborare. Ho già perso abbastanza tempo con te.” mi rompo definitivamente “Arraggiati, addio!”
Giro i tacchi e me ne vado.
“No, aspetta!” cerca di richiamarmi.
La ignoro e cammino lungo quel famigerato vialetto.
“Jin!” la sento che mi segue fuori per qualche passo.
Sospiro e mi fermo.
“Ti sei presa almeno le chiavi appresso?!” chiedo voltandomi “Se hai sia le tue che il doppione della vicina dentro casa e la porta si chiude con te fuori ti toccherà chiamare i vigili del fuoco. E dovranno vederti con quel ridicolo pigiamone addosso!”
“Sono stata un’idiota!” dice lei ignorandomi e guardandomi con sguardo distrutto “Scusami.”
Sembra davvero dispiaciuta.
“Ti ho evitato perché… perché avevo troppa paura di incasinare le cose ora che…” deglutisce senza concludere la frase, mi guarda “Non te ne volevo parlare perché sapevo che reazione avresti avuto e che ti saresti allontanato e… e non volevo che succedesse, io voglio essere tua amica, ma…”
“Ma che diavolo stai farneticando?!” la interrogo ancora infastidito.
“... ma alla fine sembra che ti allontanerai lo stesso perché ho fatto un pasticcio e… tanto vale dirtelo…” balbetta, poi deglutisce e dopo mi guarda incredibilmente a disagio “... mentre eri sdraiato dolorante sul mio pavimento mi sono resa conto che…”
Ok, forse ci siamo. Finalmente sta per sputare il rospo.
“Che?” ripeto quando sembra essersi bloccata di nuovo.
Inspira a fondo, poi distoglie lo sguardo.
“... che provo… qualcosa per te.” ammette infine.
Un brivido freddo mi sale lungo la schiena, congelandomi. Non so se sia la folata di vento freddo che fa chiudere la porta di casa di Xiaoyu o il fatto che questa confessione mi lascia totalmente agghiacciato.
“Nel senso che… eri preoccupata, giusto?” chiedo con un sorriso nervoso “Non vuoi che muoia, giusto? È normale, sei una brava ragazza e…”
“Lo sai che non intendo quello, idiota.” borbotta lei abbassando lo sguardo.
“No.” asserisco cercando di convincere più che altro me stesso “Devi essere solo confusa.”
“Non sono confusa.”
“Sì, che lo sei!” insisto “Tu non sei come le altre oche che mi vanno dietro a scuola. Tu… mi conosci, sai chi sono! Sai che razza di casino sono! Sai anche che faccio dei sogni inquietanti e che sono pazzo, porca miseria!”
“Non è così difficile come credi volerti bene.” borbotta lei.
Non è possibile. È un incubo. Lei è pura, innocente, non si merita questo destino!
“Che cosa c’è che non va in te?” chiedo a quel punto disperato.
“Stai tranquillo.” mi risponde tenendo lo sguardo basso “Ricordo benissimo il tuo discorso su come vedi la vita. Lo so che non potresti mai ricambiare e io non mi aspetto niente da te.”
Poi sospira, come se in un certo senso si sia tolta un peso di dosso.
“Mi dispiace di averti evitato questi giorni, ma… questo ha colto di sorpresa anche me e…” riprende “Stavo solo cercando di abituarmi alla cosa per poter tornare a comportarmi in modo normale con te.”
“Cioè…” provo a dire.
“Mi piace essere tua amica.” risponde con un sorriso che mi colpisce come un treno in corsa “E vorrei che le cose tornassero come prima.”
Alza lo sguardo sul mio e mi sorride ancora, con gli occhi un po’ lucidi.
“Ovviamente se lo vuoi.” aggiunge piano.
Sono così avvilito. Non so neanche che cosa dire.
“Hai… hai dei gusti terribili.” mormoro sgomentato.
Lei ridacchia nervosamente, poi alza le spalle.
“Beh, comunque adesso lo sai.” dice dopo.
Fa un cenno con la testa verso la casa.
“Io rientro… inizia a fare freddo.” dice prima di voltarsi e tornare sui suoi passi.
Per fortuna le chiavi le aveva messe nella tasca del pigiamone panda-radioattivo. Mi fa un cenno con la mano prima di sparire dentro all’appartamento. Sollevo una mano per rispondere e dopo rimango immobile a pensare, sperando che il freddo mi geli il cervello. Per sempre.


Sfreccio senza meta lungo le strade del quartiere. Ma per scrollarmi di dosso le ultime ore temo neanche un viaggio in moto possa essere sufficiente. Che razza di giornata di merda! Più del solito! Prima la scena con Kazuya e adesso questo! Per una volta che nella vita riesco ad instaurare un rapporto di amicizia quasi normale con qualcuno, devo rovinarlo in questo modo! Guastando e intossicando chiunque tenti di avvicinarsi a me.
Mi fermo ad un semaforo rosso e appoggio un piede sull’asfalto. Noto in quel momento un’altra moto che mi si affianca, il guidatore è girato verso di me.
Che cazzo vuole adesso questo?!
Lo guardo a mia volta, aspettando un qualche tipo di reazione, quando oltre la visiera riesco a scorgere quella faccia da cazzo di Hwoarang.
Ma porca troia, tutte oggi mi capitano?!
Torno a guardare avanti, sotto la luce rossa del semaforo. Sarà dura seminarlo, ma dovrò riuscirci.
Scatta il verde e ingrano subito la prima marcia, sfrecciando a sorpresa verso un anonimo vicoletto. Hwoarang prontamente mi segue e riesce ad infilarsi nella stradina. Continuo ad insinuarmi nei più svariati vicoletti seguendo percorsi contorti, ma niente. Quello stronzo è un ottimo guidatore, dai riflessi d’acciaio ed è chiaro che non abbia la minima intenzione di levarsi dalle palle stasera.
Guardo un attimo l’edificio davanti a me. La nostra vecchia scuola media. Frequentavo una banalissima scuola pubblica prima di entrare al Mishima Polytechnic High. Prima che entrassi in un brutto giro e mia madre al risveglio dal coma decidesse di farmi cambiare ambiente. Fu a quel punto che mi iscrisse in quella che è l’unica scuola privata della zona, nonostante sia roba di quello stronzo di mio nonno. Io ovviamente ero disposto ad accettare anche quello. In quel momento ero così felice che si fosse risvegliata che avrei fatto qualsiasi cosa per lei. Anche lasciare il mio vecchio giro, le mie vecchie abitudini.
Guardo Hwoarang dallo specchietto retrovisore, mi sta sempre alle calcagna.
E d’accordo, dopotutto chi se ne fotte? Accontentiamolo pure una buona volta! Magari dopo una giornata del genere è quel che ci vuole anche per me.
Entro nel parcheggio dietro la palestra vecchia della scuola. Questa palestra è abbandonata da anni, ormai la scuola utilizza un altro edificio sul lato opposto, e nel frattempo questo si è trasformato in un punto di ritrovo per deliquentelli e gente poco raccomandabile, soprattutto dopo una certa ora. Ogni angolo di muro è occupato da graffiti e pasticci vari. C’era un tempo anche un campo da basket, ma ormai le linee sono quasi del tutto cancellate. Ci sono ancora i due tabelloni, ma ovviamente i canestri sono stati strappati via parecchio tempo fa.
Ha ripreso a gocciolare, data la giornata fredda non c’è quasi nessuno in giro.
Questo è il posto ideale per fare quel che dobbiamo fare, senza che nessuno chiami la polizia o qualcosa del genere.
Fermo la moto in un angolo e aspetto che Hwoarang mi raggiunga. Parcheggia anche lui e si toglie subito il casco guardandomi con un ghigno soddisfatto stampato in volto.
“Ce ne hai messo di tempo eh? Stronzo!”
Senza rispondere, mi tolgo il casco anche io.
“Oggi chiudiamo finalmente i conti, ah?!” continua l’imbecille “Ti pesterò talmente tanto che poi non riuscirai ad alzarti dal letto per una settimana!”
Mi viene da sorridere. È ingenuo da fare schifo!
Mi preparo, mi tolgo il giubbotto e mi stiro un po’ i muscoli in silenzio.
Quella bocca di merda ovviamente continua a blaterare fesserie.
“Avevi paura eh, coglione! Stavi sperando che me ne dimenticassi, vero?! Scappando come un cagnolino cagasotto!”
“Tappati il cesso, Hwoarang.” mi posiziono in guardia davanti a lui con sguardo truce “Ho avuto una giornata di merda. Non ho voglia di stare a sentire la tua voce più del dovuto. Facciamo quello che dobbiamo fare e basta.”
Lui sogghigna e si mette in guardia.
Niente arbitri, niente regole, contatto pieno, combattimento in strada. Mi sembra di essere tornato a qualche anno fa. Sento un brivido di adrenalina che mi avvolge da testa a piedi fin dai primissimi movimenti.
Hwoarang usa il Taekwondo, quindi devo assolutamente fare attenzione alle sue gambe. Non è più forte di me, ma è estremamente agile e veloce, quindi non è un avversario da sottovalutare. Anzi, diciamo pure che è una spina nel culo, non posso perdere neanche un attimo di concentrazione.
Ci scambiamo una prima serie di colpi e non c’è un vero e proprio vantaggio da parte di nessuno. I suoi calci fanno male, è vero, ma anche le mie mosse sembrano aver avuto un certo effetto. Riprendiamo fiato per una manciata di secondi, poi ripartiamo entrambi all’attacco. Riesco a schivare un suo attacco, mi sposto su un lato e faccio per contrattaccare, lui però se ne accorge, mi afferra e cerca di caricare un calcio a martello. Fortunatamente anche io me ne rendo conto in tempo e riesco a spingerlo per fargli perdere l’equilibrio. Ci separiamo e ci guardiamo per qualche altro secondo, ansimanti e doloranti.
La lotta continua così per altri diversi minuti. Prendiamo pugni, calci, ne assestiamo a nostra volta, ma ormai è chiaro che non c’è mai un netto vantaggio di uno dei due.
“Hwoarang…” sussurro in un momento di pausa.
Ho un labbro spaccato e la mia bocca sa di ferro.
Deve accettarlo anche lui prima o poi.
“Sta zitto, continuiamo!” sbotta invece con un urlo improvviso.
Ha un rivolo di sangue che gli scende dal naso fino ad arrivare sotto al mento, un occhio nero e si tiene una spalla ansimante.
“Hwoarang… non voglio mandarti all’ospedale.” insisto.
Nemmeno io sono messo troppo bene e in realtà all’ospedale vorrei evitare di tornarci anch’io. Lo so che ho detto che ci stavo meglio che a casa, ma non ho intenzione di farmi un mese al letto con qualche costola rotta o qualcosa del genere.
Hwoarang non apprezza la mia battuta e si spinge in avanti alla carica con un pugno a tutta forza, rispondo al gesto e ci piazziamo un pugno a vicenda in pieno volto.
Entrambi barcolliamo all’indietro e, doloranti e senza più un briciolo di energia per continuare, finiamo a terra sulle pozzanghere.
“Direi che… è un altro pareggio.” dico con un soffio.
Hwoarang, che ormai non può far altro che accettare l’esito dell’incontro, si lascia andare ad un altro urlo di rabbia, pestando un pugno contro l’asfalto bagnato.
Coglione, come se non fosse già abbastanza rotto di suo.
Urla qualcosa di incomprensibile, probabilmente qualche imprecazione in coreano. Lo lascio sfogare, mentre riprendo fiato guardando la pioggia, che aumenta lentamente di intensità.
Prima di rimetterci in sella alle moto decidiamo entrambi di aspettare che la pioggia cali un po’. Rimaniamo al riparo sotto al binario del tram che sorvola la parte laterale dello spiazzo. Abbiamo ormai più o meno recuperato le minime energie e il fiato da un pezzo, ma nessuno ha ancora detto una parola. Fradici, doloranti e infreddoliti.
Hwoarang sfila un pacchetto di sigarette da una tasca e se ne accende una. Poi si volta da me.
“Che cazzo guardi?” borbotta con il primo sbuffo di fumo “Ne vuoi una?”
Ci penso un attimo, non ne tocco una da due anni, ma oggi è stata davvero una giornata strana. Faccio un minuscolo cenno di assenso col capo.
Quella era stata un’altra delle richieste di mia madre. Nemmeno Heihachi con le sue punizioni da psicopatico era riuscito a convincermi a smettere di fumare. Il vecchio tra l’altro non era neanche interessato alla mia salute, ma solo alle mie prestazioni da lottatore, in funzione delle gare finanziate da lui, ovviamente.
Ma avevo smesso subito anche con quello quando me l’aveva chiesto mia madre dopo il coma. Ed è stata comunque una buona cosa.
Hwoarang mi lancia il pacchetto, che acchiappo al volo. Prendo una sigaretta, poi mi allungo verso Hwoarang per farmela accendere.
Inspiro la prima boccata dopo anni, riempendo i polmoni di quell’aria velenosa piena di catrami e altre sostanze altamente nocive, poi soffio via.
“Credevo avessi smesso.” osserva Hwoarang.
“Ho smesso infatti, quando ho cambiato scuola.” rispondo atono “E dovresti farlo anche tu. Questa merda ti sta rendendo lento.”
Hwoarang sogghigna.
“Fanculo stronzo, sono più veloce di te nonostante questa merda.” fa una pausa “Tu piuttosto, ti stai rammollendo a furia di fare soltanto le tue gare sportive da coglione!”
“Ma piantala!” ribatto “Se oggi non ti ho massacrato è solo perché sono appena uscito dall’ospedale.”
“E allora perché ci hai messo così tanto a deciderti a combattere? Perché sei così restio a combattere sul serio?” mi guarda sprezzante “Vorresti farmi credere che tutto questo non ti ha dato soddisfazione? Non ti ha fatto… sentire vivo? Cazzate, Kazama. Lo sai benissimo anche tu.”
Mi riporto la sigaretta alle labbra e inspiro.
Sentirmi vivo. Per quanto odi ammetterlo, Hwoarang ha in parte ragione. Avevo dimenticato quanto potesse essere incredibile la scarica di adrenalina di un vero combattimento da strada. Il crudele seducente piacere dell’autodistruzione.
“Forse, ma non vuol dire che ne valga la pena.” gli concedo poco dopo “Ho già abbastanza problemi di mio, non ho intenzione di rischiare di essere indagato per averti procurato un trauma cranico o qualcosa del genere.”
“Ma sentilo! Trauma cranico!” mi sfotte lui mettendosi a ridere “Ti piacerebbe stronzo, come se ti permettessi di sfiorare il mio cervello.”
“Il tuo cervello è marcio. Forse proprio a furia di prendere tutte queste botte.”
“È inutile che rispondi con insulti da marmocchio dell’asilo!” sogghigna Hwoarang “Sei un rammollito, Kazama.”
“No, Hwoarang. Sono serio!” ribatto allora io “Oggi ce la siamo cavata con qualche livido e occhio nero, ma sai che prima o poi potresti rischiare di farti male veramente!”
“Risparmiami la tua predica da cagnolino ammaestrato, Kazama!” commenta disgustato “Che cazzo di ragionamento da senza-palle! Non sembri neanche più tu!”
“Si chiama crescere Hwoarang e dovresti pensare di farlo anche tu prima o poi!” alzo la voce.
Hwoarang scuote la testa disgustato e non risponde, riportandosi la sigaretta alle labbra.
“Cosa hai intenzione di fare, sul serio?” chiedo ancora “Continuerai con le lotte clandestine per tutta la vita? O solo finché un giorno non finirai per venire ammazzato o per ammazzare tu qualcuno?”
Lui sbuffa del fumo, senza guardarmi.
“Lo sai che se ti arrestano ti rispediscono subito in patria a calci in culo, vero?”
Mi guarda sprezzante.
“Sarebbe comunque una vita più interessante della tua.” risponde serio.
Rimango sorpreso da questa risposta, soprattutto per la sua serietà e dal suo disgusto nei miei confronti. Non è neanche un altro tentativo di sfottermi, ne è proprio convinto.
“Proprio… non ti va giù che abbia lasciato la banda, eh?” chiedo distogliendo lo sguardo anch’io.
Non risponde. Me l’aspettavo. L’ho sempre saputo, dopo tutto.
“Era un brutto periodo per me, lo sai.” spiego “Mi sarei aggrappato a qualsiasi cosa che mi avesse permesso di sfuggire dalla realtà che stavo vivendo.”
Persino andare a sputare sangue in strada, a massacrare gente e a farmi massacrare per soldi di cui non avevo neanche bisogno.
“Tua… tua madre ora si è ripresa, giusto?” chiede Hwoarang guardandomi di sbieco.
Annuisco.
“Sì, sta bene. Il nostro rapporto è un po’ più problematico di come era qualche anno fa… ma c’è." e non sarò mai grato abbastanza al destino per questo "Ed è stata lei che mi ha salvato da quella strada autodistruttiva che avevo intrapreso.”
Hwoarang non risponde e abbassa lo sguardo.
“Ci sono novità riguardo il tuo maestro?” chiedo a quel punto cautamente.
“È sempre in coma.” risponde subito senza lasciar trasparire alcuna emozione.
Prendo un’altra boccata di fumo e rimango in silenzio.
Alla fine, e l’ho sempre saputo, io e Hwoarang siamo molto più simili di quanto entrambi vogliamo dare a credere. Baek, il maestro di arti marziali di Hwoarang è l’unica figura genitoriale presente nella sua vita. Anche lui è rimasto vittima di un incidente due anni fa ed è in coma da allora.
Ho sempre trovato quasi inquietante la somiglianza tra le nostre situazioni. A volte il destino fa degli scherzi incredibili!
E forse quella dei combattimenti di strada, che è partita come una cazzata da ragazzini immaturi tanti anni fa, è diventata per Hwoarang una delle poche occasione per evadere dalla drammaticità di quello che sta vivendo.
Ma è chiaro che Hwoarang non abbia intenzione di stare a parlarne e cambia di nuovo discorso.
“Dimmi un po’ però…” riprende guardandomi con sospetto “Come mai oggi hai accettato di combattere?”
“Avevo bisogno di schiarirmi le idee.” mi limito a dire.
Hwoarang alza un sopracciglio.
“È successo qualcosa?”
“… è solo stata una giornata di merda.”
“Kazama, tu lo dici tutti i giorni.” mi fa notare lui, ed è un po’ ironico come dimostri di conoscermi così bene “Allora? Che cazzo ti è successo?!”
Quanto cazzo è pettegolo?!
“Ho fatto una figura di merda con mio padre…” inizio a spiegare “... e poco più tardi ho ricevuto una sorta… di dichiarazione.”
Non so neanche perché abbia deciso di dirglielo.
Hwoarang scoppia a ridere, io mi riporto la sigaretta alle labbra.
“Una dichiarazione? E quale sarebbe il problema?!” esclama “Succede fin da quando eri alle medie, le ragazzine si lasciano affascinare dalla tua faccia da coglione, ma tu te ne sbatti il cazzo e le scarichi come se niente fosse!”
Mi infastidisce che liquidi la cosa come se nulla fosse. Non ha assolutamente niente in comune con le scene che può aver visto alle medie! Sapevo che sarebbe stato un errore lasciarmelo sfuggire.
“Stavolta è diverso.” puntualizzo allora soffiando via il fumo.
“E perché sarebbe diverso?” mi canzona lui.
“Perché... è un’amica.” rispondo tra i denti “E adesso basta parlarne!”
“Un’amica?!” ripete Hwoarang storcendo la bocca “Hai altre amiche oltre alla tipa secchiona con gli occhiali?”
Gli rispondo con un’occhiataccia.
“Aspetta, è la tipa secchiona con gli occhiali?!” fraintende Hwoatang.
“No!”
“Ah, bella situazione di merda comunque!” commenta Hwoarang “Insomma tu non ricambi, ma è tua amica e ti dispiace scaricarla giusto?”
“Ho detto basta parlarne!” ripeto scocciato.
“Ma qual è il problema?!” mi ignora Hwoarang dopo averci riflettuto un po’ su “Insomma… se è tua amica vuol dire che almeno ti conosce, a differenza di quelle altre.”
Sbuffo, sempre con meno pazienza.
“E se anche tu la definisci tua amica, vuol dire che un minimo la sopporti anche tu.” riprende lui “E sì, magari rischierai di rovinare l’amicizia, ma bisogna anche saper cogliere l’attimo in questa vita, dove un giorno ci sei e il giorno dopo chi lo sa. Non so se mi spiego.”
Lo guardo confuso.
“Ma che cazzo stai dicendo?”
“Sto dicendo, che non ti farebbe male farti una scopata ogni tanto!” dice “Forse ti aiuterebbe a non avere più quella faccia di merda da perenne costipato!”
Alzo ancora gli occhi al cielo. Ricevere consigli di vita da un cretino come Hwoarang era l’ultima cosa che mi sarei aspettato da una giornata come quella di oggi.
“Allora…” riprende lui “Qual è il problema? È brutta? È matta?”
“No, non è brutta e neanche matta, è che…”
Ripensandoci forse un po' matta lo è invece. Una persona normale non si sarebbe mai interessata ad uno come me.
“E allora se non è brutta e non è neanche matta che diavolo aspetti a fartela?!” insiste lui guardandomi come se ci fosse qualcosa che non va in me.
E non c’è nulla di troppo strano. Non mi aspetto che uno con un cervello marcio come il suo possa capire che ci sono cose più complicate dell’appagamento dei semplici istinti primordiali. E che se seguissi i suoi suggerimenti, se dovessi avvicinarmi a lei, finirei per rovinarle la vita e…
“Aspetta Kazama, forse ti piacciono gli uomini?” domanda a quel punto alzando un sopracciglio.
“Che?” chiedo confuso.
Ok, questa domanda non me l’aspettavo! Ma è un’ottima occasione per ribaltare la situazione e uscire da questa stupida conversazione.
“Hwoarang, mi dispiace.” inizio a dire “Asuka me l’ha anche detto, ma…”
Lui strabuzza gli occhi.
“Ma di che diavolo stai parlando?!” poi la sua espressione inizia a cambiare “Aspetta! Che diavolo ti ha detto quella psicopatica visionaria di tua cugina?!”
“Non prenderla male, ma… mi dispiace, non sono interessato a te.” gli dico.
Hwoarang spalanca occhi e bocca.
“Non te l’ho chiesto mica per quello, coglione! Ma che diavolo di problemi ha quella scema di Asuka?! E che razza di problemi hai tu?! Sgonfia un pochino il tuo ego, neanche io sono interessato ad un coglione pallone gonfiato come te!!” esclama “Cos'è?! Sei talmente popolare che adesso pensi che tutti ti debbano venire per forza dietro?! Ma che cazzo, Kazama?!”
“Però è vero che mi stalkeri.” gli faccio notare quando finisce “E che sembri un po’ ossessionato da me.”
“Voglio solo prendermi quella dannata rivincita!!” replica “È importante per me... e tu lo sai benissimo!”
“Sì, lo so…" ammetto con un sorrisetto colpevole "E so benissimo quanto mi detesti, per poter credere ad una cosa così. Ma è divertente che Asuka abbia frainteso.”
Hwoarang scuote la testa e torna a sedersi.
“Non ha frainteso proprio un accidenti!” brontola lui “L’ha fatto a posta! Ce l’ha con me!”
Comunque ha funzionato, sono riuscito a svincolarmi da quella conversazione che non avrebbe portato altro che imbarazzo.
“Passate un bel po’ di tempo insieme tu e Asuka comunque.” osservo.
“Sì, e fattelo dire, tua cugina non ha tutte le rotelle a posto! Dovreste portarla a farla controllare!” risponde Hwoarang.
“Addirittura?!” alzo un sopracciglio, riportandomi la sigaretta tra le labbra.
"Sì, credo che abbia anche una doppia personalità o qualcosa del genere!" risponde Hwoarang.
Mi scappa quasi da ridere.
“Se le hai detto una cosa del genere non mi sorprende che se la sia presa con te!” gli faccio notare.
“Ma è vero! Mi ha persino chiesto se conoscevo un metodo per prendere il DNA di qualcuno senza farsi accorgere!” continua "Ci rendiamo conto?! A che diavolo le serve sapere una cosa così?"
“Già! Roba da pazzi!” ironizzo, poi mi libero i polmoni dall'ultima boccata di fumo e schiaccio quel che resta della sigaretta contro l’asfalto umido, per spegnerla.
“Beh, si sta facendo tardi." dico alzandomi e dando un'occhiata all'orologio.
Tutto sommato sono riuscito a scaricare un po' di tensione alla fine stasera. Anche se a costo di un bel po' di lividi e capillari rotti.
“Mmh.” risponde Hwoarang “Comunque siete due stronzi, tu e tua cugina!” ci tiene a ricordarmi.
“Sì, lo so.” rispondo, tornando davanti alla mia moto.
Mi metto in sella e accendo il motore.
“Grazie per queste!” con un sorriso crudele mi infilo il pacchetto di sigarette che non gli avevo ancora restituito nella tasca del giubbotto “Alla prossima!”
“Ma tu guarda che pezzo di merda…” è l’ultima cosa che gli sento borbottare, prima di andarmene.


 





 





NOTE:
Nella storia canon Jin e Hwoarang si sono affrontati prima del terzo torneo, in maniera del tutto non ufficiale, quindi in questa storia mi sono inventata che Jin facesse proprio parte di quel gruppo di brutti ceffi tra cui c'era anche Hwoarang (e anche perché il primo concept art di Jin di T3 con quell'aspetto da tipo poco raccomandabile era una figata!).

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Capitolo 34
*** Let Me Treat You, Sweetheart (Jin) ***


34
Let Me Treat You, Sweetheart
(Jin)

 

Suona la sveglia e finalmente svanisce quel mondo di figure, ombre inquietanti e demoni alati che accompagnano abitualmente il mio sonno. Ritorno lentamente alla realtà e apro gli occhi faticosamente. Tra pensieri disturbanti, emozioni negative e dolori vari sparsi in tutto il corpo ho dormito molto poco.
Sfilo un braccio da sotto le coperte e lo allungo per raggiungere la sveglia. Una forte fitta alla spalla mi fa emettere un gemito.
Merda!
Riesco a sollevarmi molto faticosamente e stacco finalmente quell’arnese dal trillo infernale. Sul cuscino c’è una chiazza di sangue secco, mi tocco il labbro, gonfio e pulsante.
Merda!
“... mi sono resa conto che… che provo... qualcosa per te.”
Come se non bastassero le fitte in tutto il corpo, il ricordo di quelle parole della sera prima mi investe con lo stessa violenza di un treno in corsa.
merda.
Sospiro e mi alzo. Vado a guardarmi allo specchio dietro l’anta dell’armadio.
Oltre al labbro gonfio, ho un occhio nero che oggi sarà impossibile nascondere.
Ieri sono tornato a casa e ho avuto abbastanza fortuna da evitare di incrociare gente in casa, ma per non farmi vedere neanche oggi dovrò fare molta, molta attenzione.
Non oso neanche immaginare la crisi che si farebbe venire mia madre se mi vedesse in questo stato.
È chiaro che prima o poi dovrà capitare, ma devo fare in modo che succeda il più tardi possibile.
Esco dalla stanza solo dopo essermi assicurato di non sentire rumore di movimenti in corridoio e scappo di corsa in bagno, portandomi appresso tutto ciò che mi serve per la giornata.
Qui mi lavo, rimuovo tutti i residui di sangue, mi disinfetto e mi medico come posso e cerco di modellarmi i capelli in modo da coprire l’occhio gonfio il più possibile. Indosso la divisa scolastica e un paio di occhiali da sole.
Con lo zaino sulle spalle, faccio ancora una volta attenzione prima di riaprire la porta e uscire.
Sento le voci di madre e Asuka che discorrono su qualcosa, mentre camminano lungo il corridoio. Superano il mio bagno, le sento dirigersi verso le scale, poi scendono al piano di sotto.
Bene!
Apro la porta e… mi ritrovo Lars davanti.
Merda!
“Hai finito finalmente?” mi chiede distrattamente intento a controllarsi il telefono.
“Sì.” rispondo sgattaiolando via, cercando di nascondere il viso il più possibile.
“Mmm.” risponde lui entrando in bagno continuando a non prestarmi attenzione.
Per una volta nella vita la fortuna sembra essere dalla mia parte. Non mi ha visto! Non mi ha visto!
Mi dirigo il più velocemente possibile verso le scale, quando improvvisamente Lars riprende a parlare.

“Hey, ma come mai ti sei portato lo zaino in bagno?” chiede confuso. 
Ormai sono di spalle, quindi non può vedermi e io di certo non mi volterò!
“Devo parlare con un professore prima delle lezioni, sto già uscendo.” mento scendendo i primi scalini “Avvisi tu mia madre se non la vedo?”
“Mmm… ok.” risponde distrattamente e sento che entra in bagno e chiude la porta.
Tiro un sospiro di sollievo e raggiungo in silenzio il piano di sotto. Mi appiattisco dietro la scala per studiare la situazione.
Sento le voci di Asuka, Alisa e mia madre provenire dalla cucina. Kazuya legge il giornale da solo in soggiorno.
Il ricordo della mia ultima imbarazzantissima conversazione di Kazuya mi contorce lo stomaco. 
Non. Deve. Vedermi!
In queste condizioni poi, meno che mai.
Do un’occhiata alla vetrata. Se faccio piano dovrei riuscire ad uscire da lì senza che se ne accorga.
Mi avvicino a passi felpati e molto lentamente faccio scorrere la porta a vetri su un lato, il tanto necessario per poter infilare il mio corpo di traverso, poi lo zaino e infine lentamente richiuderla dietro di me. Perfetto, silenzioso come un ninja.
È una fortuna che mia madre e Kazuya abbiano l’abitudine di comprare i meccanismi più costosi e silenziosi possibili.
Una volta in giardino, mi nascondo dietro la parete e tiro fuori le scarpe dallo zaino. In quel momento arrivano quei cani infernali ad abbaiarmi contro facendo un casino terribile, rischiando di mandare a monte la mia delicata missione.
“Andate via, mostri puzzolenti!” ringhio a bassa voce, e a quel punto inizio a correre lungo il perimetro della casa inchinato in avanti per non farmi vedere dalle finestre.
Quegli stupidi cani mi inseguono minacciosi, afferro un bastone e glielo tiro contro. Ovviamente non serve a niente.
Cazzo, se continuano così Kazuya si insospettirà e andrà a vedere con cosa o con chi ce l’hanno. Corro a perdifiato verso il lato anteriore del giardino e mi lancio contro il muro di recinzione, per arrampicarmici sopra. L’impatto tra il mio corpo già dolorante e il muro mi strappa un mugolio, ma non mi fermo, mi isso e mi lancio subito dall’altra parte. Cado a terra, ma non sono abbastanza pronto per restare in piedi e finisco sopra un cespuglio di rose.
“Merda…” brontolo rialzandomi. 
Sono grato che mi abbiano risparmiato un altro doloroso impatto col terreno e soprattutto che siano rose senza spine, ma ora c’è un buco nel cespuglio che mia madre non potrà non notare.
Sospiro nervosamente e mi allontano in fretta verso la strada, ignorando le fitte, e mi incammino verso la scuola.



“Che caspita ti è successo?!” esclama Julia guardandomi preoccupata.
Sbuffo. Speravo di non incontrare nessuno almeno fino alle lezioni.
“Sono caduto… su un cespuglio di rose.”
Julia alza un sopracciglio.
Sono pessimo ad inventare scuse in fretta e sotto pressione.
“Hai… lottato con qualcuno?” chiede facendo per sollevarmi gli occhiali da sole, io le blocco la mano.
Aspetto qualche secondo prima di rispondere, poi faccio un broncio.
“L’altro è messo peggio.”
“Ma sei impazzito?!” chiede lei spalancando la bocca “È il solito tizio con i capelli arancioni vero?! Ma dico, siete matti?! Volevate finire all’ospedale?!”
Non rispondo. In effetti non mi ero reso conto di essere messo così male e dubito che se ne sia reso conto anche Hwoarang. Sempre che non ci sia finito proprio all’ospedale.
“Hai idea di quanto sia pericoloso?!” continua la mia seconda mamma “E se aveste un qualche tipo di trauma o emorragia interna?! Non ci hai pensato?! Non dovresti andare a farti vedere da un dottore?!”
Non rispondo e mi incammino verso la sala centrale.
“Hey, dove credi di andare?!”
“Non ho fatto colazione.” rispondo secco “Vado a prendere qualcosa da mangiare.”
“Dicevo…” riprende Julia camminando al mio fianco “Sei un cretino! Tua madre cosa ti ha detto?!”
“Non mi ha visto.”
Julia spalanca la bocca.
“Jin Kazama! Sei peggio di un bambino!”
“Dov’è Kamiya?” chiedo tanto per cambiare discorso.
Julia sospira e si arrende, ha capito che tanto è inutile stare a parlarne adesso.
“È andato nella nuova scuola di Kyoto per portare dei documenti per il trasferimento.”
“Ah…” dico soltanto.
Ormai manca poco al trasferimento. Roba di una settimana o poco più.
“E comunque, a proposito di trasferimenti.” sorride Julia “In realtà ti stavo cercando per darti la buona notizia prima di notare il tuo aspetto di oggi… indovina??”
Mi guarda con un gran sorriso.
Buona notizia?! Perché ho come il presentimento che abbia a che fare con Fox?
“Cosa… dovrei indovinare?” chiedo cautamente.
“Mi hanno accettato a Oxford!” esclama al settimo cielo.
“Oh…” mormoro sorpreso “Intendo dire… wow, congratulazioni!”
Lei sprizza di gioia.
“Grazie!”
“Wow, è fantastico.” continuo ragionandoci su “È uno dei tuoi sogni che si realizza no?”
“Lo è!” annuisce felicissima “Dopo l’estate mi trasferisco. Non vedo l’ora!”
“Avevi… mandato una lettera di presentazione giusto?” chiedo cercando di ricordare.
Lei annuisce.
“Sì, tempo fa. E poi Steve mi ha aiutato ad ottenere un colloquio il giorno della festa, ricordi?”
“Già…” rispondo riflettendo sul fatto che io sono un bel po’ di tempo che non mi preoccupo più di pensare ad un modo per sfuggire da questa scuola.
“Anche Steve frequenterà lì l’anno prossimo!” continua Julia con un sorriso.
Sorrido ancora, anche se ho un ombra di malinconia.
Sono realmente felice per lei, ma non posso negare che in un certo senso questa notizia mi rattrista. Kamiya si sta trasferendo questi giorni e lei se ne andrà l’anno prossimo. Ciò che ho sempre dato per scontato mi sta sfuggendo senza che neanche me ne accorga.
È in un certo senso un po’ destabilizzante. Ho sempre pensato di essere un individuo che non aveva bisogno di nessuno, ho sempre pensato di essere al di sopra di queste cose eppure...
Arriviamo ai distributori automatici e ci mettiamo in fila. La persona davanti a noi sbuffa spazientita, ci rinuncia e se ne va, rivelandoci una… Xiaoyu che litiga con il portafoglio.
“Hey, avevo quasi finito!” brontola lei diretta al ragazzo spazientito.
“Xiaoyu! Ciao!” esclama Julia tutta felice.
Lei alza lo sguardo, vede Julia e le sorride. Poi sposta lo sguardo su di me e si irrigidisce come se avesse visto un fantasma. Ci fissiamo per qualche secondo, impietriti, poi lei sembra iniziare a fare caso alle condizioni della mia faccia e sembra… confusa.
“Cosa ti è…” mormora senza terminare la frase.
“Ha fatto a botte con qualcuno.” risponde Julia a denti stretti.
“Ma… quando?” chiede incredula con un mormorio.
“Ieri sera. Prima di tornare a casa.” rispondo dopo una breve pausa.
A Xiaoyu sfugge dalle mani il portafogli, un borsellino rosa con i pom pom colorati, che va ad infilarsi nello spazio tra il distributore di merendine e il pavimento.
“Oh accidenti!” piagnucola dovendosi inginocchiare a terra.
Infila un braccio sotto per cercare di riacchiapparlo, lo afferra e lo tira fuori.
È incredibile l’imbranataggine di questa ragazza.
“Ehm, tutto bene?” chiede Julia.
“Sì!” dice lei tornando in piedi e scuotendo il braccio schifata per liberarsi dalla polvere “È solo che…” fa una smorfia imbarazzata “Stavo cercando di prendere un pacchetto di crackers, ma ho fatto male i calcoli e mi mancano 5 yen e stavo guardando se trovavo un’altra monetina in una di queste tasche… credo però di non avere altri spiccioli e…”
“Oh, ma c’è il tasto per farti sputare fuori i soldi e puoi prendere qualcos’altro.” dice Julia.
“Sì, ma oggi quel tasto non sembra funzionare!” spiega Xiaoyu premendolo più volte “Vabbè, ma non fa niente, tanto non avevo molta fame…”
Sospiro e prendo il portafogli.
“Hey, che stai facendo?!” chiede Xiaoyu guardandomi preoccupata.
Prendo una monetina da 5 yen e gliela porgo.
“Sì, infatti, Xiaoyu.” osserva Julia “Te li possiamo prestare noi.”
“No, ma… no! Non ce n’è bisogno!” replica Xiaoyu imbarazzata.
“Avanti, prendila!” insisto.
“Nooo.”
E a quel punto perdo la pazienza!
Non sopporto questo dannato atteggiamento improvvisamente timido e vergognoso nei miei confronti. L’ho guastata cazzo! L’ho rovinata per sempre! Non mi sarei mai dovuto avvicinare ad una persona pura e innocente come lei. Ama i panda e gli unicorni per l’amor del cielo!
“È una stupidissima monetina da 5 yen, Xiaoyu! Vale meno di niente!” sbotto prendendole la mano e forzandola ad accettare la monetina “Prendila, mangiati i crackers e ti prego vai a farti ipnotizzare o qualcosa del genere… devi dimenticartene!”
Poi sono talmente nervoso che mi giro e me ne vado.
“Hey!” mi segue Julia confusa “Non avevi detto di aver fame?”
“Mi è passata di colpo.” sibilo tra i denti.
Julia si guarda indietro disorientata, poi torna a scrutare me.
“C’è forse qualcosa che non va tra te e Xiaoyu?” chiede “Perché dovrebbe farsi ipnotizzare? Cosa è che dovrebbe dimenticare? E soprattutto, perché ti sei arrabbiato?”
“Non è successo niente e non sono arrabbiato.” sbotto andando a pesso svelto verso la mia classe “A dopo.”


Sono stato un idiota e sono stato sgarbato senza un vero motivo, lo so. Ma se questo dovesse aiutarla ad aprire gli occhi su di me ben venga! Forse capirà che uno come me non si merita niente, figuriamoci attenzioni di quel tipo!
Io ci provo. È tutta la vita che cerco di essere una persona migliore di mio padre o di mio nonno, ma niente da fare. Per quanto io ci possa tentare, il sangue è quello. Rimango comunque un pessimo elemento, con problemi di gestione della rabbia, affetto da pessimismo cronico e che ogni tanto entra in modalità berserk… o demone, che dir si voglia.
Lei è esattamente l’opposto di quello che sono io. Che diavolo mai ci potrà trovare in me?!
“Bene, la lezione di oggi è terminata e se farete i buoni la settimana prossima vi mostrerò una nuova mia invenzione.” promette Lee dopo il suono della campanella.
Ci guarda con un sorriso smagliante.
“Potete andare!”
Pausa pranzo. Finalmente posso andare a cercarmi del cibo. Mi rinfilo gli occhiali da sole e mi alzo.
“Kazama, aspetta un momento. Ho bisogno di parlarti.” mi richiama Lee proprio mentre sto per lasciare l’aula dietro ai miei compagni di classe.
Mi fa un cenno per avvicinarmi alla cattedra.
Faccio come mi dice.
“Prima cosa… mi vuoi dire che diamine ti prende?!” chiede sibilando tra i denti dopo che gli ultimi studenti escono dalla stanza.
“Cosa?” faccio confuso.
“Oggi non hai ascoltato una sola parola della mia lezione.” osserva “E perché mai avresti la faccia in quelle condizioni?”
“Sono caduto.”
Lee assottiglia gli occhi e si mette a braccia conserte.
“Sì, come no!” esclama, poi si alza in piedi e mi guarda da vicino “Credi che sia un idiota?”
Sogghigno.
“Se rispondo sinceramente a questa domanda cosa fai?” lo sfido “Mi sospendi?”
“Fossi in te farei meno lo spiritoso!” mi minaccia con un’espressione che non promette niente di buono “I tuoi genitori lo sanno?”
“Sì.” mento.
“Bene, allora non ci saranno problemi se più tardi farò una telefonatina a Jun per sapere come è successo.”
Che stronzo.
“Seconda cosa, la tua punizione l’altra volta prevedeva che andassi almeno una volta alla settimana dalla psicologa della scuola.”
Ancora più stronzo.
Chiudo gli occhi e cerco di reprimere la rabbia.
“Non mi risulta che tu ci sia mai andato, e dato che è evidente che il tuo comportamento violento stia persistendo…” indica la mia faccia “Penso proprio che tu abbia bisogno di farci due chiacchiere.”
Segue un momento di silenzio.
“Non ho bisogno di nessuna psicologa, Lee.” ringhio.
“Oh io credo di sì, invece.” continua lui serio “E non te lo dico solo da professore, Jin. Ci stai preoccupando.”
Ridacchio. Ridicolo, ora fa pure finta di comportarsi da zio apprensivo?
“Vi state preoccupando per niente allora.” ripeto seccato “Non è colpa mia se la sfortuna sembra perseguitarmi!”
Lee si mette a ridere.
“Sfortuna! Ma fammi il piacere!” risponde “Un brillante studente di materie scientifiche come te non può davvero credere a cose come la sfortuna! Esiste il caso, certo. Ma poi siamo noi a destreggiarci nello spettro delle infinite probabilità.”
“Ma che…”
“In altre parole, Jin, i guai te li vai a cercare!” sbotta “Dubito che tu ieri ti sia ritrovato casualmente in una rissa mentre ti facevi gli affari tuoi.”
Roteo gli occhi.
“Sì, d’accordo.” gli concedo “Ma non sono stato io ad iniziare. E comunque non capiterà più.”
Lee mi guarda in silenzio per qualche secondo, poi torna a sedersi.
“Potrebbe anche essere vero, ma credo sia comunque opportuno che tu veda la psicologa.” insiste mettendosi a braccia conserte “Non mi va a genio che un esperto di arti marziali vada in giro con un’indole violenta come la tua! Come scuola abbiamo l’obbligo di intervenire in qualche modo.”
“Che cosa?! Io non sono violento!” cerco di giustificarmi.
Lee alza un sopracciglio poco convinto.
“È tutta colpa di un tizio che mi perseguita, sempre lo stesso, e…”
“Se c’è qualcuno che mina alla tua incolumità dovresti parlarne con la polizia.” mi interrompe Lee con un sorrisino odioso.
Poi il sorriso prende una piega severa.
“Dalla psicologa!” mi ordina “Adesso.”
Sbuffo, resisto alla tentazione di lanciargli un banco addosso e inizio a camminare in direzione della porta.
“Ah Jin, aspetta un secondo.” mi ferma Lee quando sto per uscire.
Mi volto e gli lancio una generosa occhiata colma d’odio.
“Quel ragazzo, Lars, è tornato a vivere da voi?” chiede con uno strano sorriso.


Non ho idea del motivo per cui Lee sia interessato a Lars, ma neanche mi interessa più di tanto. Insomma, Lee è strano e comunque anche se dovesse sospettare qualcosa su di lui, non sarebbe d’intralcio, dato che ha tutto l’interesse anche lui ad infossare Heihachi il più possbile.
Arrivo davanti allo studio della psicologa e busso alla porta.
Nel giro di pochi secondi, la donna viene ad aprirmi.
“Ehm… sono stato mandato dal professor Chaolan per…”
“Benvenuto Kazama-kun.” sorride lei che a quanto pare si ricorda bene chi sono “Ti aspettavo.”
Si sposta per farmi entrare.
Lo studio è uno stanzino accogliente, con tanti fiori e librerie colme di libri.
Mi indica un divanetto contro la parete.
“Prego, accomodati pure.”
Sospiro e vado a sedermi dove mi ha indicato.
Lei prende posto su una poltrona davanti a me.
“Mi chiedevo quando saresti venuto a trovarmi.”
Sospiro.
“Ho avuto… altro a cui pensare.”
Lei annuisce apprensiva.
“Ho saputo che sei stato in ospedale.” risponde “Mi dispiace.”
Faccio le spallucce e non rispondo.
“Allora…” dice quindi lei poco dopo “Come ti senti adesso?”
“Normale.” rispondo in automatico.
Lei inclina la testa su un lato rivolgendomi uno sguardo penetrante.
“Normale?” ripete scettica “Non è successo proprio niente di ‘anormale’ nelle ultime ore?”
Mi appoggio all’indietro contro lo schienale, schiarendomi le idee. È chiaro dove abbia intenzione di andare a parare e forse a questo punto è meglio collaborare, così magari riuscirò a non bruciarmi tutta la pausa pranzo.
“Ho avuto uno scontro con un altro ragazzo.” ammetto “Ma non c’è molto altro da dire.”
La donna si sistema gli occhiali sul naso.
“Vuoi raccontarmi meglio che cosa è successo?”
Distolgo lo sguardo e mi concentro su uno strano quadro sulla parete alla mia destra.
“È un tipo che mi segue da anni, dice di avere un conto in sospeso con me e di voler dimostrare di essere più forte di me.” spiego brevemente “Ieri mi sono deciso a dargli quello che voleva.”
“Quindi… c’è un ragazzo che ti segue da anni…” ripete lei prendendo degli appunti “... perché vuole dimostrare… di essere più forte di te?”
Sospiro.
“Sì, lo so che sembra ridicolo, ma… sì, più o meno la situazione è questa.”
“E tu hai sempre declinato l’offerta, giusto?”
“Io non picchio la gente senza un motivo.” mi viene da rispondere in automatico “Cioè, in realtà non picchio mai nessuno.” mi correggo subito dopo “Ma meno che mai per un motivo futile come questo.”
La psicologa annota qualcosa sul suo quaderno, poi lo abbassa tornando a studiarmi con lo sguardo.
“Come mai allora questa volta hai ceduto alla sua richiesta?”
“Perché…” comincio, ma non so cosa inventarmi.
Mi blocco e sorrido amaramente, totalmente sconfitto. Fanculo, se vogliono psicoanalizzarmi, che lo facciano pure! E se mi rinchiudono da qualche parte, ben venga pure quello! Tanto ormai non ho più niente per cui valga la pena restare qua.
“Volevo sfogarmi.” ammetto con un sorriso inquietante.
La psicologa non sembra però particolarmente colpita dalla mia confessione.
“Volevi sfogarti.” ripete prendendo nota, poi mi guarda ancora “Per quale ragione hai sentito questo bisogno? Ti senti forse stressato?”
Passano alcuni secondi di silenzio, poi mi scappa una risata.
“Ah, mi chiede se mi sento stressato?!” ripeto quasi divertito “Mi sono scavato un buco nello stomaco per lo stress! Certo, poi c’era anche un’infezione batterica in corso e ho preso dei farmaci particolarmente aggressivi per curare un’influenza, ma… sì…” annuisco tornando serio “Fondamentalmente sono… abbastanza stressato.”
La donna si sistema ancora gli occhiali.
“Ma che cos’è che ti provoca tutto questo stress?” vuole sapere.
Ancora, mi scappa quasi da ridere.
“Non saprei da dove cominciare.” rispondo distogliendo lo sguardo.
“Inizia pure da dove vuoi.” mi dice con un sorriso amichevole “Sono qui per ascoltarti.”
Sospiro. Tutto quello che dirò qui resterà tra queste mura. Forse potrebbe farmi stare meglio sfogarmi una buona volta.
“È iniziato dal giorno in cui sono nato.” decido di aprire la diga di parole “La mia famiglia è un covo di serpenti! Tutti odiano tutti! E per tutta la vita non ho fatto altro che subire le loro continue cattiverie! Mia madre è l’unica a posto, ma per qualche ragione è stata stregata da mio padre e non si è mai resa conto di che razza di pessimo elemento sia! In sintesi non l’ha ancora lasciato. Per quanto mi riguarda, finché ho memoria sono sempre stato arrabbiato, questa rabbia perpetua mi ha impedito di imparare a rapportarmi in modo normale con la gente. Ho tipo tre amici in tutto, a cui non sono del tutto sicuro di piacere sul serio. Comunque, due di loro si trasferiranno presto e l’altra…” mi incupisco “lasciamo perdere l’altra. Ma ho imparato tempo fa a diffidare della gente in generale, perché la maggior parte vede soltanto la mia famiglia e il mio nome quando mi guardano. C’è chi mi stima affascinato da chissà quale mito di potenza o ricchezza, c’è chi mi odia perché appartengo a quella stessa famiglia che odio anche io. Per me è impossibile vivere una vita normale. Non sarò mai normale e la cosa che più mi spaventa è che mi rendo conto, giorno dopo giorno, di stare diventando come loro… come i miei dannati parenti!” mi fermo per riprendere fiato “Io vorrei… vorrei… rinascere in un’altra famiglia. In una casa normale… con problemi normali.”
Non so neanche io cosa tutto ho detto in questo flusso di pensieri, non credo di aver mai parlato così a lungo negli ultimi anni, non so neanche se sia possibile trovare un senso a tutto quello che ho detto, ma… è come se la testa mi si fosse un po’ alleggerita.
La donna si schiarisce la voce.
“Capisco.” dice “Non ti senti compreso.”
La guardo incerto.
“È evidente che la tua famiglia non è riuscita a darti il supporto di cui avresti avuto bisogno durante la tua crescita.” dice “Questo ti provoca uno stato di smarrimento e tanta rabbia repressa nei loro confronti.” poi sorride amichevolmente “Ma non è colpa tua e non dovresti essere così duro con te stesso. Sei uno studente brillante e un bravo ragazzo. Hai dei principi. Lo dimostra il fatto che ti sei rifiutato per tanto tempo di affrontare quel ragazzo che ti dava fastidio o come hai affrontato il bullo della scuola.” poi si toglie gli occhiali “Devi cercare di trattarti meglio. Inizia a volerti bene, Kazama-kun. Tu non sei come loro, e solo il fatto che ti preoccupa l’idea di assomigliargli ti rende diverso. Però devi cercare di essere più aperto nei confronti delle altre persone, devi dare loro la possibilità di aiutarti.”
“Ma non voglio coinvolgerle con i casini della mia vita.” ribatto.
“Kazama-kun, non ti è mai passato per la mente che anche tu potresti dare loro qualcosa di positivo?”
Abbasso lo sguardo, riflettendo su quelle parole.
“Ma di questo magari approfondiremo meglio in un altro momento, alla prossima seduta magari. Adesso ascoltami bene.” dice la donna “Per stasera ti do un piccolo compito.”
Torno a guardarla confuso.
“Prima di tornare a casa, passa al centro commerciale e fatti un regalo o mangia il tuo cibo preferito.” sorride “Concediti un sorriso ogni tanto.”


Non è che credo davvero a ciò che mi ha detto la psicologa, ma è vero che io per lo meno la volontà di non essere come mio nonno o mio padre ce la metto. E adesso, non so quanto l’idea di farmi un regalo possa realmente aiutarmi a sentirmi meglio, ma dopotutto male non può fare, no?
D’altronde non ricordo più l’ultima volta che mi sono regalato qualcosa. E poi, più tardi torno a casa, più tardi mi vedranno la faccia pestata e meglio sarà per me.
È anche per questo che ho deciso di accettare il consiglio della psicologa e sono davvero andato a fare un giro al centro commerciale dopo la scuola.
Dopo circa un’ora passata in giro per vari negozi di elettronica e videogiochi, mi fermo fuori da un chiosco per leggere la lavagna con il listino prezzi e le specialità. Sto giusto pensando a che cosa potrei prendermi per cena, quando un richiamo improvviso mi fa gelare sul posto.
“Jin-chaaaan!”
Mi volto preoccupato.
La mia ex baby-sitter si avvicina. Avanza tra la folla con il suo cappotto pelliccioso aperto sul davanti, una maglia con una scollatura estrema, minigonna molto mini, tacchi vertiginosi e borse da shopping che stanno per esplodere.
“A… Anna?” chiedo sgomentato.
“Che sorpresa! Ci rincontriamo di nuovo!” esclama con un sorrisetto fermandosi davanti a me.
“Già, che sorpresa!” ripeto con un filo di voce.
“Che combini qui?” chiede guardando il chiosco dietro di me.

“Mi era… venuta fame?” rispondo vago.
A quel punto Anna stringe gli occhi facendo attenzione al mio viso. 
Io indietreggio, ma lei appoggia le borse con gli acquisti a terra e allunga una mano per spostare i miei occhiali.
“No, non ce n’è bisogno.” le devio la mano con un sorrisetto nervoso.
Anna però non ne vuole sapere. 
“Sta’ zitto!”
Mi schiaffeggia la mano spostandomela via, e mi solleva gli occhiali a forza.
“Per l’amor del cielo, Jin!” esclama seria “Che diavolo hai combinato?!”
Sospiro, scansandomi e riabbassandomi gli occhiali.
“Non avrai mica ripreso a combattere per strada!” continua lei con tono severo.
“È stato solo un episodio isolato.” rispondo serio “Non capiterà più.”
Anna mi guarda in silenzio per qualche secondo.
“A casa ti hanno già visto?” chiede.
Faccio di no con la testa.
Lei annuisce, poi sorride.
“Voglio fidarmi di te.” dice poi piano “E per questo da brava baby-sitter ti darò una mano!”
Indica i sacchetti dei suoi numerosi acquisti a terra.
“Sù! Dammi una mano a portare quelli alla macchina!”
Sospiro e faccio come mi chiede.
L’accompagno al parcheggio, carico come un mulo. Ci saranno almeno dieci chili di roba dentro queste buste. Il che è davvero notevole per una che di solito si veste con così poca stoffa!
“Anna, hai deciso di rifarti l’intero guardaroba?!” borbotto raggiungendo finalmente la decappottabile rossa.
“No, tesoro!” dice lei con un sorrisetto sollevando il portellone del bagagliaio con una mano “Ho solo fatto qualche acquisto in vista della prossima serata aziendale. Incontriamo un importante cliente la settimana prossima! Avevo bisogno di qualcosa di sofisticato.”
“Ah…” soffio iniziando a sistemare la roba a bordo “E hai avuto bisogno di andare a svuotare venti negozi diversi per trovare questo qualcosa?”
Lei risponde con un risolino.
“Quanto sei simpatico Jin-chan!” esclama “Ti darei un pizzicotto sulla guancia se non avessi tutta la faccia pestata.”
Chiudiamo il portellone e andiamo a prendere posto in auto.
“Dove mi vuoi portare?” chiedo richiudendo lo sportello.
Anna è intenta a ripassarsi il rossetto sulle labbra guardandosi allo specchietto retrovisore.
“Tu non devi preoccuparti di niente.” risponde riponendo il rossetto nel beautycase del cruscotto.
Poi mette in moto e si prepara ad uscire dal parcheggio.
“Lascia che la tua babysitter si prenda cura di te!”
“Lo sai che questo mi preoccupa, vero?” 
Lei sorride e mi manda un bacio volante.
“Tu pensa solo a metterti la cintura, tesoro!”
Sospiro e faccio come mi dice. Lasciamo il centro commerciale a suon di classici pop degli anni ‘80.
“Non è che siccome adesso sei grande e grosso non ti debba più coccolare Jin-chan!” riprende Anna poco dopo. 
Sta praticamente urlando per farsi sentire attraverso la musica.
“Anzi, sai una cosa, dovremmo vederci più spesso!” aggiunge “Ormai praticamente ci incontriamo solo per caso… ed è un peccato.”
Sospiro. Inizio a chiedermi se ho fatto bene ad accettare di seguirla. Ma è stata quella dannata seduta dalla psichiatra che mi ha totalmente confuso. Non sono abituato a parlare di me così a lungo, tutto ciò mi ha fatto sentire strano e destabilizzato.
Ad un certo punto Anna muove leggermente la rotella del volume con un’unghia laccata di rosso per abbassare la musica.
“Hai detto di avere fame prima, eh?” si ricorda “Conosco un posticino interessante. Inizia a pensare a che cosa vorresti mangiare!”
E Anna si dirige verso una sorta di chiosco drive-thru da cui ordiniamo… insalatine di pollo senza condimento, in accordo con ciò che mi hanno ordinato i medici.
“Mi dispiace tanto che tu non possa ancora mangiare qualcosa di più gustoso Jin-chan!” dice Anna dispiaciuta guardandomi con apprensione.
“Non fa niente.” rispondo cupo bevendo acqua minerale dalla cannuccia “Non avevo davvero voglia di mangiare qualcosa di buono stasera.”
“Ero così dispiaciuta quando Lee mi ha detto che eri stato ricoverato!” continua “Purtroppo ero a Los Angeles per un viaggio d’affari in quei giorni, altrimenti sarei certamente passata a trovarti, cucciolotto mio!”
“Figurati!” rispondo con una mezza smorfia “Non ce n’era bisogno.”
“Comunque devi avere più cura di te stesso!” puntualizza lei “Non va mica bene che ti strapazzi in questo modo e poi finisci in ospedale facendo venire un colpo a tutti!”
“Mmm.” rispondo bevendo un altro sorso dalla cannuccia.
Poco dopo ci apprestiamo ad entrare nel parcheggio di un palazzo in centro.
“Dove siamo?!” chiedo guardandomi intorno confuso.
Non sembra una zona che conosco. 
Anna tira il freno a mano, poi mi guarda con un altro sorriso.
“Questo è il palazzo dove abito, sciocchino!” risponde con una risatina “Devi aiutarmi a portare su tutti i miei acquisti, no?”
Qualche minuto dopo esco dall’ascensore carico di tutti gli acquisti di Anna e la seguo verso la porta del suo appartamento.
Apre e si sposta per lasciarmi passare.
“Lascia pure tutto lì accanto al divano, Jin-chan!” mi dice richiudendo la porta.
Raggiungo il divano il più velocemente possibile e lascio finalmente quella montagna di borse.
“Oh, guarda chi è venuta a salutarmi!” sento esclamare Anna dietro di me.
Mi volto e la vedo prendere in braccio una gattina siamese. Anna l’accarezza dietro alle orecchie, mentre lei si struscia contro il suo braccio in cerca di attenzioni.
“Diventa sempre così affettuosa quando porto un uomo a casa.” mi spiega Anna “Immagino che sia un po’ gelosa.”
Detto questo la posa delicatamente a terra.
“Allora!” dice poi con un gran sorriso togliendosi il cappotto e scendendo dai tacchi “Vogliamo mangiare la nostra insalatina dietetica?”
“Non c’era bisogno che ordinassi questo anche tu.” commento prendendo un’altra forchettata di quell’insalata senza sapore “Non mi sarei mica offeso!”
Anna aggrotta le sopracciglia.
“Ma per chi mi prendi! Non avrei mai potuto fare questo al mio cucciolotto!”
Si versa un bicchiere d’acqua.
“E poi non è diverso da quello che mangio tutti i giorni, dopotutto.” aggiunge increspando un po’ la fronte “Lo so che non si direbbe, ma ho una certa età Jin-chan, devo fare attenzione alla mia alimentazione!”
Beve il bicchiere d’acqua e poi rimane ad osservarmi per qualche secondo con uno strano sorrisetto.
“Che c’è?” chiedo allora poco dopo.
“Non me lo vuoi ancora dire?”
“Dire cosa?”
Anna ridacchia.
“Tesoro, hai accettato di passare un po’ di tempo con la tua cara vecchia baby-sitter senza dire mezzo ba.” osserva a voce alta “Non è certamente da te. Non penserai che Anna non l’abbia notato!”
Sospiro, rigirando la forchetta nell’insalata.
“Tanto probabilmente verrai a saperlo comunque da lui.” dico con una smorfia “Il tuo caro amico del cuore ha deciso di mandarmi dalla psicologa della scuola.”
“Sul serio?”
“Sì, e… lei mi ha consigliato di… cercare di essere più aperto nei confronti di quelli che si preoccupano per me o qualcosa del genere.” borbotto con un filino di imbarazzo.
“Oh quanto sei dolce, Jin-chan!” squittisce lei congiungendo le mani davanti al viso.
“Piantala, sto iniziando a pensare che non sia stato un buon consiglio!” mi tiro subito indietro.
Lei sorride e riprende a mangiare.
“È stato un ottimo consiglio, sciocchino!” mi corregge “E appena finiamo di mangiare, vedrò di fare qualcosa per sistemare il tuo faccino.”
Dopo cena mi fa sdraiare a pancia in su sul divano, mentre lei procura la sua valigetta del pronto soccorso. Inizia lavandomi il viso con una salvietta umida.
“Devi promettermi però che non lo farai più.” dice seria a bassa voce, mentre aspetto ad occhi chiusi.
“Mmm.”
“Non c’è bisogno che ti ricordi quanto possa essere pericoloso, giusto? Soprattutto andarci così pesante.”
Inizia a spalmarmi una cremina sulla zona gonfia vicino all’occhio.
“Però ricordo che anche tu ci andavi piuttosto pesante quando litigavi con tua sorella, Anna.” rispondo tagliente.
Per un attimo si ferma, poi riprende a spalmare la medicina con movimenti circolari.
“Una memoria da elefante!” commenta poco dopo con una risatina un po’ nervosa.
“Ho una buona memoria solo per i dettagli che trovo interessanti.” preciso.
“Beh sì… È vero. Io e mia sorella ce le siamo date di santa ragione più volte in passato.” ammette “Ma! Ed è un grosso ma! Non vuol dire che sia stata una buona idea.”
Poi sospira.
“Ma devi ringraziare quel periodo lì se ho imparato a medicare i lividi così bene.” continua “Quelle chiazze violacee sono così antiestetiche!”
Finisce con la pomata e la sento richiudere il tubetto.
“Va meglio?” mi domanda.
Riapro gli occhi.
“Sì, mi sembra di sentire un po’ di sollievo.” rispondo.
Anna mi porge il tubetto di pomata.
“Prendila pure.” mi dice “Dovresti metterla due volte al giorno.”
“Grazie.” mugugno cercando di rimettermi a sedere, ma lei mi ferma spingendomi con una mano contro il petto.
“Ma che…”
“Non abbiamo mica finito!” fa lei con un sorriso sghembo mentre prende un altro borsello “Questo unguento si asciuga in un attimo, quindi ora possiamo subito procedere per la seconda fase.”
“Seconda fase?! Cos’altro vuoi farmi?” chiedo accigliato.
E lei a quel punto toglie fuori degli strani prodotti dalla borsa.
“È… è trucco?!” chiedo mettendo meglio a fuoco.
“Sta’ zitto!” mi blocca lei tenendomi giù “O vuoi che tua mamma si preoccupi più del dovuto?”
Apro la bocca per protestare, ma lei è già partita in quarta con una strana roba verde.
“Applichiamo un po’ di correttore verde per neutralizzare il rossore.”
“Non ci credo…” brontolo, mentre vengo truccato per la prima volta nella vita “Non avrei dovuto dare retta alla psicologa!”
Lei ridacchia, poi mette via quel prodotto e ne prepara un altro.
“E ora, il fondotinta!”
Bagna una spugnetta con una crema color pelle e me la tampona dolcemente sull’area livida.
“Certo non è esattamente il colore giusto per te, ma è meglio di niente.”

Poi sorride e mi porge uno specchio. Mi guardo e… devo dire che l’aspetto del mio occhio è migliorato parecchio, sembra quasi normale.
“Sei brava a sistemare queste cose!” commento alzando un sopracciglio.
Lei mi rivolge un sorriso un po’ triste, rialzandosi in piedi.
“Come ti ho detto, ho una certa esperienza.” dice recuperando la roba e riportandola in bagno.
Mi metto a sedere sul divano, nel mentre guardo il gatto che mi osserva da sopra il bracciolo. Allungo una mano verso di lei, che accoglie l’invito e si fa subito coccolare.
Anna torna dal bagno.
“Allora Jin, ti metto pomata e trucchi dentro un sacchetto e poi ti riaccompagno a casa!” dice andando a recuperare quei prodotti.
“Va bene la pomata, ma non ho intenzione di rimettermi il fondotinta domani mattina!” protesto “Tienitelo!”
“Oh, macché!” dice lei agitando una mano “Ne ho un sacco! Magari cambi idea. Fatti aiutare da tua cuginetta, magari.”
“Come no.” brontolo.
“E cerca di fare un sorriso ogni tanto!” continua spostandosi in camera sua “Sei sempre così triste e arrabbiato! Non scherzavo il giorno di quella festa quando dicevo che dovresti imparare a goderti di più la vita! Insomma… quanti anni hai adesso? Sedici?”
“Diciannove…”
Sospiro e continuo a giocare con il gatto.
“A diciannove anni uno deve essere felice e spensierato! Non scorbutico e imbronciato come un sessantenne!” riprende lei dall’altra stanza “Te l’avranno detto anche i medici all’ospedale! Oltre alle insalate quello che davvero può farti stare meglio è un po’ di buon umore.”
Anna torna dalla sua stanza con un sacchetto regalo colorato in mano.
“Ecco qua, ti ho messo la pomata, un po’ di trucchi…”
Alzo gli occhi al soffitto.
“Ti ho detto che non li volevo i trucchi, non li so usare!”
Mi ignora.
“E un altro regalino da parte mia. Poi vedrai che cos’è.” conclude con una strizzatina d’occhio.


Rientro a casa e riesco a sgattaiolare al piano di sopra senza essere visto, ma non riesco a sfuggire da Asuka che si accorge come passo davanti alla sua stanza.
Spalanca la porta e mi guarda accigliata.
“Dove cavolo eri finito?!” mi chiede “La zia è molto arrabbiata! Lee le ha detto tutto! Hai combattuto con qualcuno?”
“Che stronzo…” sibilo con un soffio continuando ad andare verso la mia stanza.
Asuka mi segue fin dentro alla camera.
Lancio il sacchetto di Anna sul letto e lo zaino di scuola sul pavimento.
“Era Hwoarang, vero?” vuole sapere.
“Sì…”
“E… ? Come è finita?” chiede ancora “Non avete esagerato, vero?”
“Decisamente sì.” rispondo “Per quello che Lee se n’è accorto. Sembro abbastanza normale solo perché Anna ha insistito per mettermi del fondotinta.”
“Anna?” ripete Asuka confusa “Anna Williams?”
Annuisco.
“Cioè, eri con lei?” continua, poi guarda il sacchetto sul letto “È lei che ti ha fatto un regalo?”
“Non è un regalo.” rispondo aprendo l’armadio e togliendo fuori dei vestiti “C’è una pomata e dei trucchi che mi ha dato per coprire i lividi, che però butterò dato che non ho intenzione di usarli.”
“Oh, trucchi? Se non li vuoi li prendo io!” esclama lei andando a recuperare il sacchetto.
“Sì, come vuoi, ma te ne vuoi andare?! Dovrei cambiarmi! Ho questa divisa tutto il giorno!”
“Ma dobbiamo parlare di… quella cosa!” dice alzando le sopracciglia con aria losca.
Oh perfetto! Perché ora doveva farmi ripensare a quella cosa? E di conseguenza alla mia conversazione con Kazuya.
“Non ho intenzione di parlare di quella cosa!”
“Perché? Hai intenzione di gettare la spugna e di perdere tutti i soldi che hai speso per il kit?!”
La spingo fuori dalla stanza!
“Lasciami in pace, Asuka! Sono stanco.”
Chiudo la porta e vado a cambiarmi. Il tempo di spogliarmi e di infilarmi un altro paio di pantaloni e quella scema ha già riaperto la porta con un ghigno da ebete stampato in faccia.
“Cazzo vuoi ancora Asuka?! Mi lasci vestire in santa pace?!” chiedo infilandomi la maglietta.
“Hai detto che Anna ti ha dato questo sacchetto?” chiede ridacchiando, mentre richiude la porta alle sue spalle.
“Sì!” ripeto.
“Ok…” dice lei riaprendolo “Capisco la pomata…” la toglie fuori e la lancia sul letto “Pure il correttore e il fondotinta che ti ho già rubato, ma…” toglie fuori una scatolina rettangolare “Come mai ti ha dato questi?”
“Che diamine è?!” mi avvicino confuso.
Prendo in mano la scatola e impallidisco di colpo.
Asuka scoppia in una risata fragorosa.
"Dovresti imparare a goderti di più la vita!"
Quelle parole di Anna mi rimbombano di colpo nella testa.
Quella matta della mia babysitter mi ha regalato una scatola di preservativi!
Solo lei potrebbe fare una cosa del genere!
“Oddio Jin! Dovresti vedere la tua faccia!” Asuka si tiene la pancia in preda alle risate “Sei fortunato ad avere una babysitter così premurosa, che non ha mai smesso di preoccuparsi per te!”
“Asuka, esci fuori!” esplodo.
Le strappo la scatolina dalle mani e la spingo di nuovo fuori dalla mia camera.
“Jiiiin!” sento intanto la voce di mia madre venire da qualche altra parte della casa.
Deve essersi accorta del mio ritorno.
Sbuffo.
D’accordo, è arrivato il momento di affrontare anche questo.
Nascondo la scatola di preservativi lanciandola dentro all'armadio.
“Arrivo!” rispondo lasciando la mia camera.
E adesso prepariamoci al peggio.





 

 





NOTE:
Felice anno nuovo! :D

 

 

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Capitolo 35
*** The Man in Purple (Lars) ***


35
The Man in Purple
(Lars)

“A domani Lars!” mi saluta il custode della clinica veterinaria.
“A domani!” rispondo aprendo la porta e uscendo.
Mi stringo nel cappotto e inizio a camminare lungo la strada. Ho lasciato la macchina nell’isolato a fianco. È una zona piuttosto trafficata quella, dove non sempre è facile trovare parcheggio vicino.
Un’altra giornata è finita al mio lavoro di copertura. Ora tornerò a casa e procederò ad analizzare dei dati su una nuova pista che sto seguendo. Pare non ci sia la minima traccia dei vecchi scienziati impiegati dalla Mishima Zaibatsu, sembrano essere spariti nel nulla. Voglio appunto indagare su questo fatto.
Svolto l’angolo e rimango colpito dalla presenza di una limousine nera in sosta. È una cosa piuttosto insolita in questa zona della città, che è un semplice quartiere di classe media, ma chissà! Probabilmente, dato che c’è vicino un centro commerciale, qualche vip di passaggio dev’essersi accorto di aver dimenticato il dentifricio o qualcosa del genere e sarà sceso a cercare ciò di cui aveva tanta urgenza.
Passo oltre e percorro qualche decina di metri, prima di accorgermi che la limo si è messa in moto e cammina a passo d’uomo pochi metri dietro di me.
Mi fermo e osservo la scena, stupito. L’auto di lusso continua a camminare lentamente, mi supera e quando lo sportello posteriore è più o meno alla mia altezza eccolo aprirsi.
“Lars Alexandersson?” chiede una voce vagamente familiare.
“Ma chi…” cerco di sbirciare all’interno dell’abitacolo.
“Prego, lascia che ti offra un drink.” continua lo sconosciuto, finalmente palesandosi nella penombra all’interno dell’auto.
Rimango di stucco. Lee Chaolan? Sì, è inconfondibilmente lui. È però in una strana versione di sé che mi lascia senza parole.
Indossa un completo elegante bianco e viola sotto un pesante cappotto dal dubbio gusto sempre viola. Porta degli occhiali da sole scuri nonostante l’ora tarda e ha in testa quella che sembra inconfondibilmente… una parrucca di capelli ancora viola!
“Prego!” ripete facendomi cenno di salire a bordo, poi vista la mia esitazione sembra innervosirsi un pochino “Lars, andiamo.” aggiunge tirando un po’ il sorriso “Non possiamo stare tutta la sera qui, dai sù!”
Ancora totalmente spiazzato decido di accettare l’invito, spinto più che altro dalla curiosità. Entro nella limo e chiudo lo sportello dietro di me. Lee sorride e si rilassa.
“Lars Alexandersson.” dice alzando un bicchiere da cocktail con una bevanda arancione “Ci conosciamo finalmente.” poi indica con un cenno della testa una sorta di tavolino bar sulla lato destro dell’auto “Prego, serviti pure da bere.”
“No, grazie. Sto bene così.” declino l’offerta. 
Mi accomodo sul sedile, impaziente di conoscere le ragioni di questo improbabile incontro.
“Piacere di fare la tua conoscenza, Lars.” dice allora “Lascia che mi presenti…”
“Ci conosciamo.” preciso “Ci siamo già incontrati.”
Lui sgrana gli occhi dietro le lenti scure ed esita, evidentemente colto alla sprovvista dalla mia affermazione.
“No, non mi pare.” insiste allora un po’ turbato “Non mi hai mai visto.”
Sono sempre più confuso e spiazzato, ma se c’è una cosa di cui sono certo è che quello è Lee Chaolan e sì, ci siamo già visti e conosciuti.
Non crederà mica che questo suo strano travestimento mi impedisca di riconoscerlo?
“Sì, Lee Chaolan.” dico allora “Ci siamo già conosciuti perché… ehm… ero io a guidare quel giorno che Jun e Kazuya ti hanno rapito. Ricordi?”
Insomma, come potrei dimenticare il volto dell’uomo che mi hanno costretto a quasi sequestrare?
Lui fa una smorfia agghiacciata e gli occhiali gli scivolano leggermente dal naso. Se li risistema tempestivamente.
“No. Non so di cosa tu stia parlando.” mente nervosamente.
Resto a guardare la scena interdetto per qualche secondo. Avevo avuto in effetti l’impressione che Lee fosse un tipo un po’ strano ed eccentrico, ma evidentemente non avevo capito fino a che punto.
“Sì, che lo sai.” ripeto irremovibile poco dopo.
Lui incrocia le braccia sul petto, visibilmente infastidito.
“Va bene, d’accordo. Sono io.” ammette a voce bassa.
“Credevi seriamente che con una parrucca e degli occhiali da sole non ti avrei riconosciuto?!” chiedo perplesso “E che ci fai in una limousine?”
L’avrà affittata? Non voglio fare i conti in tasca a nessuno, ma una limousine mi sembra un po’ oltre le possibilità di un insegnante di scuola privata.
“Non potevo immaginare che avessi una memoria così ferrea!” borbotta indispettito “Io onestamente neanche mi ricordavo che stessi guidando tu quel giorno.”
Beh, suppongo che fosse troppo preoccupato a fare altri pensieri per fare attenzione al guidatore.
A quel punto si sfila gli occhiali, li ripiega e li mette da parte.
“D’accordo, Lars.” parla serio “Parliamo faccia a faccia. Sono qui per proporti un affare.” 
“Un affare?” chiedo confuso.
Lui annuisce.
“So della tua missione e ho intenzione di darti una mano.” spiega riassuntivo.
A quel punto sono io ad irrigidirmi.
“Cosa?” chiedo mentre il mio battito cardiaco prende improvvisamente ad accelerare.
Come può sapere della mia missione? Era un affare segretissimo. La mia organizzazione e anche la G-Corp hanno garantito la massima discrezione per tutta l’operazione.
“Sì, la tua missione.” ripete “So benissimo che cosa hai fatto, perché… io sono stato a fianco della G-Corp nell’organizzazione di questa missione!”
Sono sempre più confuso.
“Che cosa?!” chiedo più forte.
Non ha assolutamente senso, ma Lee sorride. 
“Chi credi che abbia progettato il gioiellino di ultima generazione che ti ha permesso di entrare dentro la Mishima Zaibatsu quella sera?” chiede orgoglioso. 
Non ricevendo una mia risposta, riparte lui.
“Esatto! Veniva direttamente dalle mie fabbriche.” si punta un pollice contro il petto “La Mishima Zaibatsu non può competere con il nostro livello di tecnologia.” ridacchia malignamente “Proprio non può! Specialmente ora che il dottor Bosconovitch non lavora più per loro.”
Ascolto a bocca aperta.
“Le tue fabbriche?”
Qualcosa non torna. Prima di tutto, di quali fabbriche parla? Secondo, non mi risulta che Lee fosse in qualche modo collegato alla G-Corp. C’è senz’altro qualcosa che mi sfugge.
Lui sembra leggere le mie perplessità, poi si schiarisce la voce e si avvicina leggermente.
“Adesso ascoltami bene, Lars. Perché questo dovrà essere il nostro piccolo segreto.” spiega a bassa voce “Jun e Kazuya non dovranno mai sapere della nostra conversazione di oggi. Soprattutto loro non dovranno sapere che hai incontrato Lee Chaolan.”
“Ma se hai appena detto che hai collaborato con la G-Corp per l’organizzazione della missione…” 
“Esatto! L’ho detto!” esclama lui “Ma loro non sanno che sono stato proprio io ad aver lavorato con loro, non so se mi spiego.”
Lo guardo perplesso, poi scuoto la testa. No, di certo non si sta spiegando.
“Vedi Lars, loro hanno collaborato con la Violet System, altra azienda che desidererebbe distruggere la Mishima Zaibatsu almeno quanto la G Corp, ma…” si ferma e solleva un indice “Ed è un grosso ma… non hanno mai interagito con il presidente in persona!” sorride “In realtà il presidente della Violet System non si è mai fatto vedere in pubblico. Nessuno sa che faccia abbia.”
Lo fisso sconcertato, finalmente mettendo insieme i vari punti.
“Tu sei il presidente della Violet System?!” domando incerto di starci capendo qualcosa “Ed è un segreto…?”
Lee abbozza un sorrisetto.
“Esatto! Hai davanti il presidente, segreto, della Violet System!” dice prima di bere un sorso del suo drink.
Mi porto una mano davanti alla fronte. Sono interdetto. Mi sta dicendo che in pratica dirige una doppia vita? 
Ok, è matto da legare.
“Ma perché ti nascondi?!”
Lee sembra rifletterci qualche secondo.
“Nessuna ragione in particolare. Se non che tengo alla mia privacy e perché è… divertente.” sogghigna “Per tutti sono un semplice insegnante, nessuno a parte i miei collaboratori sanno della mia vita segreta.” poi sogghigna malvagiamente “E Heihachi, che odia la Violet System, non ha idea che a guidarla ci sia il suo figlio adottivo, lo stesso che ha sempre sottovalutato.” 
Fa una pausa di qualche secondo, mentre guarda in silenzio un punto indefinito. Sul suo viso si legge una chiara espressione di rabbia e odio crescente.
“Tu che sei un ex-soldato potrai convenire su questo fatto, Lars.” riprende poco dopo “È molto importante far sì che il tuo nemico conosca sempre meno cose di te, rispetto a quante tu ne conosca di lui.”
Beve un altro sorso di cockail e poi poggia via il bicchiere.
“Comunque, ti sarai chiesto perché sei qui.” riprende incrociando le gambe una sopra l’altra.
“Sì, beh… me lo sono chiesto.” ammetto guardandomi intorno.
“So che stai continuando ad indagare sulla Zaibatsu e credo che dovremmo collaborare.”
Sospiro, temevo che alla fine saremo arrivati a questo punto.
“Mi dispiace Lee, ma non ho intenzione di lavorare per te.” declino immediatamente.
Lui ride.
“No, no. Non ti sto chiedendo di firmare contratti o roba del genere.” spiega “Voglio soltanto che mio padre affondi più il velocemente e il più a fondo possibile.” ammette con un ghigno inquietante “E sono disposto a tutto pur di far sì che succeda.”
“Quindi in pratica vuoi solo… aiutarmi?”
“Esattamente!” esclama Lee con un sorriso a trentadue denti “Adesso, ti spiego. Quei cani della Zaibatsu sono stati bravi a ripulire le tracce del loro casino. Gran parte dei loro ex-scienziati, dopo il fallimento dell’esperimento, sono stati spediti in giro per il mondo. Gli sono stati forniti nuovi nomi e nuovi passaporti. Alcuni hanno presumibilmente subito interventi di chirurgia plastica per non essere più individuati. In pratica, è estremamente difficile se non impossibile trovarli, ma…” sorride “Uno lo conosciamo. L’unico che non ha mai avuto bisogno di cambiare identità. L’unico che si è tirato indietro prima che gli esperimenti cominciassero e di fatto non rappresenta un pericolo per la Zaibatsu, perché non ha visto abbastanza.” Lee solleva il mento e mi guarda con aria solenne “Qualcuno che la Zaibatsu ha esiliato per quasi vent’anni in una base in Antartide.”
Sgrano gli occhi.
“Bosconovitch?! Heihachi Mishima ha esiliato Bosconovitch in Antartide?” 
“Incredibile vero?” risponde Lee “Mio padre sa essere spaventosamente convincente quando ci si mette.” 
Aggrotta la fronte e sposta lo sguardo verso il finestrino.
“Comunque...” riprende dopo qualche secondo di silenzio “Avrai modo di porgere le tue dovute curiosità al dottor Bosconovitch in persona.”
“Come?!” chiedo sorpreso.
Lee fa un mezzo sorriso.
“Da quanto tempo non avete sue notizie?” vuole sapere “In casa con voi dovrebbe esserci anche la figlia, non è così?”
“Alisa…” mormoro “Non so, non parla spesso di suo padre. In realtà non ho idea di dove sia.”
“È tornato in una delle sue residenze in Russia, in un villaggio rurale ad ovest degli Urali.” spiega “È una distanza notevole, non lo nego, ma con uno dei miei jet privati dovresti riuscire a viaggiare in pieno comfort.”
“Come?!” ripeto ancora più confuso.
“Quando intendi partire?” continua “Per me è uguale, riesci ad essere pronto per partire tra due giorni?”
Davanti al mio sguardo perplesso, Lee si affretta ad aggiungere “Ovviamente non dovrai preoccuparti di ripagarmi. Cosa vuoi che sia?!” ridacchia superbo “Questo e altro per distruggere quel verme.” conclude cambiando tono di voce e con gli occhi che brillano di malvagità “Considerami uno sponsor.” aggiunge poco dopo.
Mi porto una mano sulla fronte e cerco di fare spazio tra i miei pensieri.
“Quindi pensi che Bosconovitch possa aiutarci ad incastrare Heihachi.”
Lee mi guarda serio.
“Non c’è dubbio che il dottor Bosconovitch abbia delle informazioni preziose, ma si rifiuta di cantare.” dice con un sussurro “Tu devi convincerlo a farti dare un nome. Il nuovo nome sul passaporto dello scienziato che coordinava l’operazione.”
“Ma sei sicuro che sia una pista giusta?” chiedo scettico, non sono troppo convinto “Come dovrei convincerlo se non avesse intenzione di collaborare?!” 
“Per questo ti suggerisco di chiedere alla tua amichetta di accompagnarti.” sorride Lee “Lei lo conosce meglio di chiunque altro, saprà sicuramente quali tasti è meglio toccare per convincerlo a parlare.”
“Alisa?!” chiedo “No, non credo sia il caso di chiederle questo, insomma è pur sempre suo pad…”
“Suo padre infatti!” mi interrompe “Ah chissà come sentirà la sua mancanza!” esclama facendo il finto sentimentale “Non si vedono da tanto tempo ormai! Ma è pur sempre poco più che una ragazzina, scommetto che non vedrà l’ora di salire a bordo del jet con te!”
“Ma…” cerco di dire.
“Allora siamo d’accordo Lars!” sorride ancora, mentre la limousine si ferma “Ci vediamo tra due giorni! Ah, ricorda di mettere vestiti pesanti in valigia!” 
“Hey aspetta, ma…” cerco di dire.
Lee si rinfila gli occhiali e allunga una mano per aprire lo sportello.
“Ma che dico! Tu saprai meglio di me come è giusto vestirsi per quelle temperature! Sei svedese giusto?” continua ignorandomi. 
Apre la portiera, io la guardo confuso.
Ha dunque proprio deciso che la nostra conversazione è finita dunque? Mi sta letteralmente buttando fuori dalla macchina.
“Se non ti dispiace Lars…” dice con un sussurro “Ho una montagna di compiti sulle equazioni di Maxwell da correggere e tu non hai proprio idea di quante assurdità generi la fantasia dei ragazzini che studiano poco.”
“Dove… dovremmo incontrarci tra due giorni?” chiedo rassegnato.
“Passerò a prenderti alla stazione del tuo quartiere alle dieci in punto.” sorride “Sii puntuale!”
Annuisco.
“D’accordo.” faccio con un sospiro.
“Ah, Lars!” mi chiama Lee “Posso contare su di te, vero? Non dirai a nessuno del mio segreto, vero?”


Apro la porta di casa ed entro nell’avvolgente calduccio dell’ambiente domestico.  Sono ancora confuso per la strana scena a cui ho preso parte meno di mezz’ora fa.
“Non ho più intenzione di stare a sentire i tuoi piani ridicoli!” sento dire a Jin dall’altra parte del muro.
“Sta zitto!” lo blocca tempestivamente Asuka, che poi si avvicina all'ingresso.
Sospiro. Siamo alle solite.
Asuka mi vede e sembra risollevata.
“Ok, è solo Lars.” fa sapere al cugino.
“Sì, ma non ho comunque intenzione di continuare questa conversazione inutile!” dice Jin che intravedo dalla sua postazione sul divano.
Il suo volto è ancora un po’ livido, dopo la scazzottata di qualche giorno fa che ha fatto quasi venire una crisi di nervi a sua madre, ma sta lentamente tornando alla normalità.
Asuka lo ignora, sorride e si rivolge a me.
“Hey Lars!” mi saluta.
“Hey.” rispondo togliendomi le scarpe.
“Sai con Jin stiamo avendo un po’ di… divergenze… a proposito di…” farfuglia un po’ imbarazzata.
La guardo con un mezzo sorriso.
“Non sapete come fare per prendere un campione di DNA da Kazuya.”
Asuka ridacchia e alza le spalle.
“Bingo.” dice timidamente.
“Posso capire che non sia una passeggiata.” ammetto.
“Non lo è per niente!” ammette Asuka alzando gli occhi, poi mi guarda un po’ incerta “Ehm senti Lars, tu ovviamente non è che ti sei offeso perché abbiamo deciso di fare questo test, vero?” mi segue mentre mi dirigo verso la scala.
“No…” rispondo tranquillizzandola “è comprensibile.”
Lo penso davvero, d'altronde dopo quello che è successo qualche tempo fa, non posso pretendere che mi credano sulla parola su tutto. Soprattutto per una storia così strana.
“Insomma, con tutto il rispetto…” continua Asuka “È anche possibile che tua madre non abbia detto la veri…”
“Asuka…” Jin interviene, distraendosi momentaneamente dalla televisione.
Asuka si gira e lo guarda. Jin sembra suggerirle con lo sguardo di non andare avanti con quel discorso.
In effetti non è molto delicato suggerire a qualcuno che la loro madre possa aver mentito sull’identità del loro padre. 
Asuka mi guarda preoccupata, rendendosi conto del suo commento potenzialmente offensivo, poi abbozza un sorrisetto.
“Scusa. Vado a fare i compiti.” dice prima di fuggire al piano di sopra.
Ovviamente non ce l’ho con Asuka, è soltanto una ragazzina dai modi qualche volta un po’ goffi, ma è una brava ragazza in fondo. Quello che mi sorprende però è come Jin abbia avuto questo senso di riguardo nei miei confronti.
Ci scambiamo una rapida occhiata, poi lui abbassa lo sguardo e fa una strana espressione, come un segno di tacito assenso e torna a guardare la televisione.
Mi lascio sfuggire un minuscolo sorriso, ora che sono certo non possa vedermi. 
Vuoi vedere che adesso che conosce la verità sta iniziando a capirmi meglio e… a non odiarmi del tutto?
“Lars!” Alisa arriva dal piano di sopra “Asuka mi ha detto che eri tornato. Ho visto il tuo messaggio, dicevi che avevi urgente bisogno di parlarmi?”
Ed ecco che Jin torna a voltarsi e mi rivolge una mezza smorfia, tornando esattamente il Jin che conosco bene.
“Sì.” rispondo ad Alisa, facendo del mio meglio per ignorare la silente provocazione di Jin.
“È successo qualcosa?” chiede ancora Alisa.
“No, niente di che... è solo che… sto indagando su una nuova pista e avrei bisogno di un tuo parere.” spiego brevemente.
“Una nuova pista?” si intromette Jin tornando serio.
Ci guardiamo di nuovo e dopo averci ragionato in silenzio per qualche secondo, decido che…  
“È meglio se io e Alisa ne parliamo da soli in cucina.” 
Jin alza una mano interdetto e contrariato.
“Perché lei può sentire e io no?” chiede, mentre Alisa mi segue verso la cucina. 
Io rispondo con un’occhiataccia.
Lui scuote la testa e torna a guardare la TV.
“Una pista, come no…” lo sento borbottare, mentre chiudo la porta.
Alisa deve averlo sentito perché ha un’espressione un po’ imbronciata.
“A volte Jin-san sa essere un po’ spiacevole.” commenta andando a prendere un bicchiere d’acqua.
Mi viene da sorridere. Alisa è sempre fin troppo gentile nei suoi giudizi.
“Dimmi tutto.” mi sorride poco dopo tornando serena.
“Ehm… sì.” dico iniziando a sentirmi vagamente nervoso “Sediamoci.”
Prendiamo entrambi posto a tavola. Mi ritrovo ad evitare il suo sguardo, un po’ impacciato. 
Non è esattamente semplice spiegarle che mi è stato suggerito di andare a interrogare suo padre.
“Come ho già anticipato riguarda… le mie ricerche.” esordisco dopo qualche secondo.
Lei annuisce.
“Ci sono novità?” vuole sapere “Hai avuto qualche nuova informazione?”
Sospiro e sposto lo sguardo verso la finestra.
“Non esattamente.” rispondo “Diciamo che più che altro mi è stato offerto un aiuto.”
“Un aiuto?” ripete Alisa aggrottando la fronte “Da chi? Qualcun altro sa di queste ricerche?”
“Sì, ma non… non è importante questo adesso. è… un personaggio alquanto strano che ha collaborato con la G Corp per organizzare la mia prima missione.” mi limito a dire “Ma ho motivo di ritenere che la sua pista possa essere valida.”
“Fantastico allora!” esclama lei entusiasta, ma c’è qualcosa nel mio sguardo serio che la frena “Qual è il problema?”
“Alisa…” inizio a dire “Dovrò andare a cercare qualcuno che potrebbe avere delle informazioni importanti.”
“Oh…” mormora. 
Io mi mordo un labbro e aspetto a braccia conserte. Anche lei esita per qualche secondo.
“E questo qualcuno sarebbe?” aggiunge dopo seria, ma ho il sospetto che abbia già capito.
La osservo in silenzio, lei abbassa gli occhi.
“Ho capito. È mio padre, vero?” chiede piano.
“Alisa, pensi… che possa sapere qualcosa di importante?” le domando.
“Non… non so se sia una buona idea, Lars.” continua Alisa “Papà ha un carattere strano e non parla mai del suo lavoro. Con nessuno. Specialmente degli affari della zaibatsu.”
Ripenso alle parole di Lee. Ha proprio detto che Bosconovitch è stato esiliato in Antartide da Heihachi per tutto questo tempo. Dubito che Alisa lo sappia e sento una forte malinconia a questo pensiero. 
“Questo informatore ritiene che lui possa indirizzarci da una persona che potrebbe fornirci una preziosissima testimonianza per la nostra missione.” continuo “Ma… ho bisogno di sapere che cosa ne pensi tu, Alisa.”
Lei si stringe nelle spalle.
“Certo, si potrebbe tentare, ma…” sospira “Potrebbe anche essere un errore, non so…”
Annuisco.
“Alisa… so cosa significa avere genitori difficili…” forzo un sorriso “Ma se anche ci fosse una possibilità che il dottore possa aiutarci a portare a galla la verità, credo che dovrei almeno provare a parlarci.”
Alisa continua a guardare in basso.
“Presumo… di sì.” dice con un sospiro. Poi cautamente alza gli occhi “Sai, non ci sentiamo da parecchio tempo. Per quanto possa sembrare ironico, papà non si è ancora abituato alle novità del mondo e… comunichiamo tramite posta.”
Sospira.
“Non so neanche dove sia in questo momento. Sto ancora aspettando la lettera con il suo nuovo indirizzo.”
“So che è tornato da qualche parte in Russia.”
“Oh.” annuisce Alisa “Immaginavo.”
“Sì.” deglutisco “E… io partirò tra due giorni.”
“Hai intenzione di andare quindi?!” chiede subito Alisa.
Esito qualche secondo, poi annuisco.
“Devo almeno provarci.” ripeto.
“Non puoi andare senza di me.” asserisce lei a quel punto.
La guardo preoccupato.
“Alisa, sei sicura?”
Lei fa di sì con la testa.
“Assolutamente.” 
risponde, poi sorride teneramente “D'altronde è da tanto che non lo vedo, gli farà piacere ricevere una mia visita.” fa una pausa e sospira “E forse renderà un pelino più semplice anche il resto.”
“Bene.” annuisco a mia volta “Perfetto, allora più tardi avviserò Jun che partiremo presto per una piccola trasferta.”











NOTE:
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto (e non vi sia sembrato troppo stupido), io a dire il vero l'ho un po' odiato, dato che ho cambiato idea quindicimila volte mentre lo scrivevo. Comunque, stiamo finalmente arrivando in quella fase della storia per cui sono un po’ più insicura, ma spero di non deludervi o di non annoiarvi. Ormai lo posso dire, la storia dovrebbe avere in tutto cinquanta capitoli (sì, ne mancano ben altri quindici ora siete liberi di scappare! XD), li ho scalettati praticamente tutti e ho già scritto quello finale, yay! Vorrei riuscire a pubblicarli tutti entro quest’anno, ma sto seguendo diversi progetti nella mia vita reale e il mio tempo libero ultimamente è molto poco. Comunque ringrazio come sempre chi ancora legge e chi aggiunge la storia alle preferite/seguite/ricordate. Oltre a lasciarmi sempre un po’ sorpresa (perché penso chi diavolo ha voglia di leggere una stupida storia del genere con così tanti capitoli?! XD), mi migliora sempre notevolmente la giornata vedere che si è aggiunto un nuovo follower. ❤ 
Detto questo, vi saluto! Credo che riemergerò di nuovo verso la fine del mese.

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Capitolo 36
*** How She Met His Father (Jun) ***


36
How She Met His Father
(Jun)

“Hey ragazzi, come va la festa?” Anna ci raggiunge al tavolo del banchetto della sala ricevimenti della G-Corp gremita di uomini e donne d’affari.
Io e Kazuya, momentaneamente in disparte, ci stiamo versando da bere quando veniamo raggiunti dalla prima assistente.
“Ciao cara, come stai?” mi chiede con il suo solito tono un po’ falso “Stai veramente bene stasera, adoro il tuo vestito, però il trucco… ah!” fa una faccia come se avesse appena assaggiato un limone “Non offenderti cara, ma temo che questo finish non vada bene per la tua pelle… la prossima volta dovresti optare per un fondotinta più opaco.”
La guardo a bocca aperta sconcertata e un pochino offesa. A volte questa donna è davvero spiazzante, era proprio necessario questo commento?
“Basta con questi discorsi inutili.” si intromette Kazuya “Anna, hai fatto quel che ti ho chiesto?”
“Certo, capo!” risponde piano con un sorrisetto malvagio “Ho lasciato il nostro ospite con Bruce. Gli sta mostrando l’archivio al piano di sotto e sembra avere intenzione di firmare il contratto. Gli ho detto che potrà incontrarti più tardi per parlare direttamente con te.”
“Bene. E…” Kazuya abbassa il tono di voce “... quell’altro compito che ti avevo affidato?” finisce guardandola serio.
“Oh… sì, certo!” risponde Anna come se nulla fosse.
A quel punto, con assoluta nonchalance, infila una mano dentro la spallina del vestito e sotto il mio sguardo inorridito estrae un bigliettino ripiegato dalla coppa del reggiseno.
“L’ho tenuto al sicuro.” ci informa, poi porge il bigliettino a Kazuya tenendolo tra due dita. Kazuya lo afferra, lo dispiega e ne legge il contenuto senza commentare.
“Sembra che ci siano effettivamente delle cose fuori posto.” spiega Anna a bassa voce scorrendo lo sguardo sugli ospiti e sorridendo con nonchalance.
Kazuya finisce di leggere, poi piega il foglietto e me lo passa. Con un po’ di titubanza lo prendo. È ancora caldo per il prolungato contatto con la pelle. Torno a guardare Anna con aria critica, lei mi sorride come se niente fosse. Sospiro. Non capirò mai questa donna e ancora mi chiedo come abbia potuto affidarle il bambino per tutti quegli anni. Dispiego il biglietto e leggo anch’io il contenuto.
“Ottimo lavoro, Anna.” dice serio Kazuya “Più tardi andrò a parlare anche con lui.”
Anna, che intanto si è servita con un bicchiere di vino bianco pregiato, sorride ancora.
“Per te questo e altro, capo.” dice con un sorrisetto malvagio.
Intanto io richiudo il foglietto e lo conservo al sicuro dentro la mia borsa.
“Non è stato affatto facile convincerlo a parlare. Tuo padre deve aver comprato il suo silenzio molto profumatamente.” continua Anna sorseggiando un po’ di vino “Ma alla fine io e Bruce siamo stati convincenti e si è deciso a darci quello che volevamo.” finisce, mentre il suo sorriso prende una piega vagamente inquietante.
“Ottimo lavoro. Ma non dobbiamo abbassare la guardia.” l’avverte Kazuya “La strada è ancora lunga e insidiosa.”
“E io non vedo l’ora di intraprendere questo insidioso ed eccitante viaggio!” risponde a bassa voce spingendo il suo bicchiere contro quello di Kazuya come per un brindisi, poi solleva il bicchiere e sorride “Giusto il tempo di finire questo drink.”
Si bagna le labbra con un po’ di vino e torna a guardare me.
“Allora, cara! Come va?” chiede cordialmente.
“Bene, grazie.” rispondo atona appoggiando il mio bicchiere vuoto sul tavolo.
“Ho visto vostro figlio qualche giorno fa.” racconta “Gli ho offerto la cena! Abbiamo passato una bella serata, come ai vecchi tempi!”
Questo effettivamente mi lascia parecchio sbigottita.
“Cosa? Davvero?!” chiedo incredula.
È vero che Anna è stata per anni la babysitter di Jin, ma non credevo avessero ancora contatti.
“Oh, guardate! Sta arrivando la nostra mascotte!” cambia poi argomento guardando da qualche parte verso la folla di invitati.
“Mascotte?”
Perché cambiare discorso proprio adesso?
“Anna, che mi dicevi di Jin?” insisto, ma ormai lei non mi ascolta più.
“La nostra Lucky Chloe!” esclama facendo un cenno di saluto verso una ragazzina con due lunghissime codine bionde e uno strano vestito da gatto “Chloe! Vieni un attimo cara!”
La ragazzina ci guarda e sembra di colpo pietrificarsi.
“Qualche tempo fa ho convinto il capo ad investire anche nell’industria dell’intrattenimento.” mi spiega Anna “Bisogna stare al passo con i tempi!”
Kazuya fa una smorfia.
“Buffonate inutili, ma che in qualche modo portano soldi.” liquida lui la questione molto semplicemente “Finché se ne occupa Anna e gli investimenti funzionano, non ho niente in contrario!”
“Oh, e gli investimenti funzionano alla grande!” continua Anna, poi rivolta alla povera ragazza che avanza lentamente con sguardo terrorizzato dice “Vieni cara! Vieni, ti presento il capo!”
“Anna…” ringhia Kazuya a bassa voce, molto contrariato.
A Kazuya certamente non piacciono queste cose, non è certamente quello che si definirebbe un tipo socievole. Non sono in molti, tra i dipendenti della G-Corp, che possono vantarsi di avergli parlato di persona.
“Questa ragazzina vale un bel po’ di milioni di yen, capo, dovresti salutarla!” insiste Anna a denti stretti, prima di andare a recuperarla di peso.
“Chloe! Questo è il signor Mishima, cara! Il presidente supremo del nostro gruppo.” dice Anna trascinandola verso di noi per un braccio “E questa è la sua compagna, la dottoressa Kazama.”
La ragazzina ci guarda terrorizzata.
Capisco che l’idea di incontrare il capo in persona la possa mettere un po’ a disagio, soprattutto se il capo è una persona come Kazuya, tuttavia trovo la sua reazione un po’ esagerata.
“Tutto bene, cara?” chiedo allora alla ragazzina, che sembra essere sempre più vicina ad una crisi di panico.
Lancio un’occhiataccia a Kazuya, forse le ha rivolto uno dei suoi soliti sguardi minacciosi. Gliel’ho detto mille volte che quelle occhiatacce possono spaventare i bambini! Però Kazuya sembra a malapena guardarla, mentre si serve distrattamente dal tavolo del banchetto.
“Forse la nostra Chloe è emozionata di conoscere la famiglia del capo?” chiede Anna aggrottando le sopracciglia, notando anche lei una certa tensione “Hanno anche un figlio, sai? È un po’ più grande di te, ma forse l’avrai visto qualche volta a scuola.”
La ragazzina a questo punto sembra sull’orlo di scoppiare in lacrime e io inizio a pensare che più che Kazuya, possa essere Jin ad avere qualcosa a che fare con il terrore di questa ragazzina.
“Lo conosci vero?” chiedo allora severa.
“È un peccato che non ci sia…” borbotta Anna “Per qualche ragione pensa di essere troppo cresciuto per farsi vedere a queste feste! Ma come si fa a perdere l’occasione di vestirsi bene e di bere del buon vino, dico io!”
“Io… io… mi dispiace tanto!” esclama la ragazzina, arretrando in preda al panico “Mi dispiace per quell’intervista! Io non intendevo offendere nessuno, scusate!” si inchina con impeto davanti a me e per poco non si sbilancia in avanti “Vi giuro che non accadrà più! Vi prego di darmi un’altra possibilità!”
Restiamo tutti e tre inebetiti a guardare la scena, poi la ragazzina si solleva di nuovo di colpo, ci guarda un’ultima volta impaurita e poi si allontana frettolosamente.
“Qualcuno ha capito di che diavolo stava parlando?” ci chiede Anna confusa.
“Ha nominato un’intervista?” rifletto confusa.
Kazuya aggrotta le sopracciglia.
“In quella dannata scuola deve stare girando un qualche tipo di droga molto strana che sta facendo impazzire i ragazzini.” brontola prima di tornare a servirsi.
Anna alza le spalle.
“Vado a cercare di capire cosa è successo.” dice poi appoggiando il bicchiere sul tavolo “Quando l’abbiamo scritturata, vi giuro che sembrava una tipa a posto!”
Si allontana, seguendo i passi di Lucky Chloe e io e Kazuya ci ritroviamo di nuovo da soli.
“Qualsiasi cosa sia quella droga…” riprende Kazuya con quell’assurda idea “... sono certo che la stia prendendo anche Jin!”
Lo guardo indignata.
“Kazuya! Come puoi insinuare una cosa del genere?!” chiedo arrabbiata.
Cose del genere non le voglio neanche sentire per scherzo. Jin non si drogherebbe mai. Il mio bambino non lo farebbe mai!
“Sai benissimo di cosa parlo!” risponde lui parlando tra i denti.
“Ancora per quella stupida scena del bicchiere d’acqua?! Quanto la stai facendo lunga!” esclamo roteando gli occhi.
“Jun, il ragazzo ha chiaramente qualcosa che non va!” insiste Kazuya serio “L’ho fatto analizzare quel dannato bicchiere!”
Sospiro e lo guardo in attesa del verdetto.
“Acqua!!” sbotta lui “Della banalissima acqua minerale! Mi ha davvero offerto un bicchiere d’acqua! Non è normale! Non lo è per niente!”
Di certo è strano vedere Kazuya così turbato per qualcosa relativo a Jin. Questa storia del bicchiere d’acqua l’ha completamente disorientato.
Rifletto e abbasso lo sguardo con aria triste. In realtà che Jin sia più strano del solito lo sto pensando anche io ultimamente. Soprattutto dopo che ho scoperto che ha combattuto ancora una volta con Hwoarang e dopo che, qualche giorno più tardi, l’ho sorpreso a fumare in giardino.
Adesso poi saltano fuori altri inspiegabili comportamenti come l’aver cenato con Anna e la storia del bicchiere d’acqua che ha offerto a Kazuya. Ma questo non vuole per forza dire che sia un drogato, no? Il solo pensiero mi provoca un capogiro. No, certo che no. C’è sicuramente un’altra spiegazione. Un’altra razionale spiegazione.
“Gli parlerò.” prometto “E cercherò di capire cosa diavolo gli frulla nella mente.”
Kazuya mi guarda serio.
“Non ho intenzione di pagare per un dannato centro di riabilitazione!”
“Kazuya!” lo rimprovero.
“Sul serio! Se dovessimo trovare qualcosa, sbatto quel tossico fuori di casa dall’oggi al domani!”
“Hey! Non ti permetto di parlare così di lui!” lo rimprovero “Basta, cambiamo discorso. Hai visto dove Anna teneva il foglio?” chiedo a quel punto.
Kazuya sospira.
“Sì, certo che ho visto.” risponde annoiato.
“Io non riesco a capirla quella donna!” commento “È così… volgare!”
E Jin ha cenato con lei.
“Lo sarà pure, ma è brava in quel che fa.” dice Kazuya “Solo lei riesce ad ottenere quello che le chiedo, quando glielo chiedo.” poi mi guarda molto serio “Ti ricordo cosa è riuscita a procurarci oggi.” dice con un sussurro appena udibile.
“D’accordo, quello è vero, ma…”
“Preferivi quando al suo posto c’era Ganryu?” mi chiede con un sorrisetto ironico.
“Per l’amor del cielo, no!” esclamo agghiacciata.
Quel tipo inquietante perseguitava Michelle con rose e lettere d’amore anni fa! Meglio che se ne stia nella sua scuola di sumo.
“Bene.” dice Kazuya sistemandosi la cravatta “Adesso andiamo a incontrare il nostro ospite.”


“Si sta sgonfiando.” dico piano guardando la pelle violacea intorno all’occhio di Jin “Continua a mettere quella crema che hai comprato, ti sta facendo bene.”
Bene, le pupille sono dilatate al punto giusto e il suo aspetto non sembra avere niente fuori dal normale. Mi vergogno di me stessa per aver anche pensato a quella possibilità, ma no! Ne sono certa! Mi fido di Jin, ultimamente è solo un po’ strano, ma avrà i suoi motivi e Kazuya può andarsene al diavolo con le sue strampalate teorie che mi mettono ansie inutili!
“Mmm.” risponde Jin poco interessato, continuando a leggere il suo libro seduto sul suo letto “Non l’ho comprata io la medicina, me l’ha data Anna.”
Ascolto sorpresa. Anna l’ha aiutato a medicarsi? Sento una punta di invidia al pensiero che sia andato da lei prima che da me, ma d’altronde sapeva quanto mi sarei arrabbiata, quindi in un certo senso è comprensibile.
“Anna?” colgo l'occasione per indagare un po’ “Lo stesso giorno che avete cenato insieme?”
Lui annuisce senza alzare lo sguardo dal libro.
“Me ne ha parlato ieri alla festa aziendale. Sono rimasta… sorpresa, non sapevo che continuaste a sentirvi.”
“Sei venuta a dirmi qualcosa in particolare?” chiede alzando finalmente gli occhi.
Sembra un po’ spazientito e infastidito dalla mia presenza.
“No, volevo solo parlare un po' con te. Ultimamente… mi sembra di non riuscire a capirti più.”
Jin sospira e si sistema meglio seduto contro la testiera del letto.
“Di cosa vuoi parlare?” chiede con una calma che in qualche modo mi sorprende.
“Non so…” rispondo impreparata “Come va a scuola?”
“Normale.” risponde lui con un tono privo di qualsiasi emozione.
“Julia come sta?” chiedo “È da tanto che non la vedo al circolo. Ultimamente ho avuto così poco tempo.”
“Già, ultimamente il tuo lavoro extra di First Lady della G-Corp ti prende tanto tempo eh!” commenta lui con una punta di sarcasmo.
Sto per spiegargli che quello che faccio con la G-Corp va a vantaggio di tutti noi e anche suo, ma lui parte già con l’altro pezzo della risposta.
“Julia sta alla grande.” riprende “Sta con un tipo inglese e si sta appassionando al wrestling.”
A quel punto rimango veramente sorpresa. Frequenta un tipo e si sta appassionando al wrestling? Stiamo parlando della stessa Julia che conosco io?!
Questo è un cambiamento decisamente più grosso di quello di Jin. Che le due cose possano essere in qualche modo collegate?
“Wow!” rispondo senza parole “Julia! Sul serio?!”
Jin annuisce tornando a guardare il libro.
“... e l’anno prossimo si trasferisce in Europa.” conclude.
“Oh…” rispondo, poi realizzo “Aspetta cosa?! Sul serio?!”
Lui annuisce ancora.
“Ad Oxford.” aggiunge.
Resto a bocca aperta.
“Wow… Michelle non mi ha detto niente.” commento un po’ spiazzata, poi ci rifletto meglio “È una cosa bellissima! Sono molto felice per lei.”
“Hmm.” Jin annuisce ancora.
“Che… mi dici di Kamiya invece?” domando ancora cercando altri argomenti di conversazione.
“Si sta trasferendo a Kyoto.”
“A Kyoto?!”
E in quel momento mi è tutto chiaro finalmente, o meglio, forse. I suoi due amici storici se ne stanno andando entrambi e lui non è riuscito ad ottenere la borsa di studio per l’Australia.
Questo deve farlo sentire piuttosto a terra. Spiegherebbe in effetti parte dei suoi comportamenti strani, poverino! Probabilmente si sente così solo che è andato a ricercare Hwoarang e quelle vecchie tossiche compagnie. Mi sento rabbrividire. No, non posso permettere una cosa del genere! Se è di nuovi amici che ha bisogno, posso aiutarlo io!
“Che hai da guardarmi così?!” chiede alzando un sopracciglio.
“Niente!” forzo un sorriso, imponendomi di stare calma e di non destare sospetti “E a te le cose come vanno?”
Devo trovare un modo per aiutarlo, senza dargli l’idea di soffocarlo.
“Te l’ho detto, normale.” ripete distogliendo ancora lo sguardo “Solo molto impegnato. Devo finire di leggere questo per la settimana prossima.”
Diretto e chiaro come sempre.
“Capisco.” dico dopo qualche secondo “Ti sto… disturbando?”
Lui mi guarda incerto e alza le spalle. Non vuole dirmelo direttamente, ma è chiara la risposta ed è come ricevere una pugnalata.
Sorrido e mi dirigo in silenzio verso la porta della sua stanza, sperando che cambi idea e che mi chieda di restare, cosa che ovviamente non succede.
“Vuoi qualcosa di particolare per cena?” chiedo in un ultimo disperato tentativo.
“Ho molto da fare, ceno qui per conto mio stasera.” risponde senza nenche guardarmi “Ho già ordinato qualcosa a domicilio.”
“Capisco.” forzo un sorriso.
Poi sospiro ed esco, richiudendo la porta disastrata alle mie spalle. Rimango ferma a riflettere per qualche secondo, appoggiando la schiena al muro del corridoio.
Ormai non ci sono più dubbi. Il nostro rapporto non è più quello di una volta. Non sono più in grado di capirlo.
Ho sempre dato la sua comprensione per scontata. Ho sempre pensato che il nostro rapporto di fiducia reciproca sarebbe rimasto lo stesso per sempre, ma a questo punto non sono più in grado di capire cosa gli passi veramente per la mente.
E so perfettamente come siamo arrivati a questo punto. Se qualche mese fa il nostro rapporto poteva già essere un po’ in stallo, il colpo definitivo è arrivato dopo la disastrosa rivelazione del nostro piano con Lars.
E purtroppo Jin non è l’unico ad aver perso un po’ di fiducia in me.
“Zia Jun?”
Sollevo lo sguardo e noto Asuka che esce dal suo bagno con un asciugamano sulla testa.
Non mi ero accorta che fosse lì.
“Tutto bene?” mi chiede preoccupata.
Annuisco e sorrido, cercando di mettere via questo senso di rimorso che mi attanaglia il cuore.
“Certo, tesoro.” rispondo “Stavo solo riflettendo.”
“O...ok.” risponde lei poco convinta, riprendendosi a tamponarsi i capelli umidi.
Sta per entrare nella sua stanza, quando mi viene un’idea. È da tanto che non mi concedo un po’ di tempo per me. Un po’ di tempo per riflettere.
“Asuka!” la fermo.
Si gira.
Anche se non è esplicita come Jin, so che anche lei si sente tradita da me. Vorrei… fare in modo di poter rimediare almeno un po’.
“Devi fare qualcosa adesso?” chiedo con un piccolo sorriso “Ti va di passare un po’ di tempo insieme?”


“È qualcosa di… sublime!” ripete Asuka ad occhi chiusi in mezzo alle bollicine della piscina idromassaggio.
Sorrido.
A quanto pare Asuka non era mai stata in un centro benessere prima di oggi e pare abbia apprezzato la mia idea.
“Sono felice che ti sia piaciuto.” esclamo sorseggiando il mio tè verde.
“Scherzi?” apre gli occhi “È la cosa più fantastica del mondo! La sauna, quelle docce profumate, la piscina e ora… questo!”
Non riesce a contenere la felicità, ma è molto più rilassata e meno frenetica del solito.
“Era da tanto che non facevamo qualcosa insieme io e te.” continuo un po’ tristemente.
Asuka mi guarda seria.
“Già.” risponde alzando un sopracciglio “Ultimamente hai avuto… tanto da fare.”
Non mi sfugge la frecciatina, ma l’accolgo senza problemi.
“Ogni tanto è giusto anche passare un po’ di tempo in totale tranquillità.” dico.
“Questo è vero!” esclama Asuka “Ogni tanto bisogna scaricare un po’ lo stress… o si diventa come Jin.”
Ridacchia della sua battuta. Io sospiro.
“Già… ultimamente trovo sempre più difficile parlare con lui.”
“È colpa del suo caratteraccio.” borbotta Asuka “Pensa che ha fatto esasperare persino Xiaoyu!”
Mi volto sorpresa.
“Che è successo con Xiaoyu?!”
Asuka alza le spalle.
“Non lo so di preciso, ma per qualche ragione non si parlano più.”
Rimango a riflettere in silenzio per qualche secondo.
Oltre a Julia e a Shin ha perso perfino Xiaoyu!
Ormai non ho più dubbi, è per questo che sta cercando compagnia da altre parti. Da Anna… e dalla combriccola di Hwoarang! Non posso permetterlo!
“Jin è molto irritabile in questo periodo.” riprende Asuka risvegliandomi dai miei pensieri “Non mi stupirebbe se le avesse detto qualcosa di stupido.”
“Capisco…” mormoro.
“Insomma… sai com’è Jin.” continua a ragionare Asuka “È fatto così… e poi…” mi guarda di sbieco “Quel fatto lì è stato proprio il colpo di grazia!”
Certo, quel fatto lì.
Ancora una frecciatina, colpita e affondata.
Sospiro.
“Dovete aver pensato che siamo delle persone terribili.” continuo, appoggiando il bicchiere sul bordo della vasca.
“Non dico persone terribili, ma… non sarei onesta se negassi che ora vi vedo in modo un po’ diverso da prima.” ammette Asuka.
“Non ti biasimo.” mormoro “È normale che tu la veda così.”
“Dici?!” chiede con una punta di sarcasmo.
“Probabilmente… io stessa avrei reagito esattamente come te molti anni fa.” ammetto.
Asuka mi guarda incuriosita.
“Intendi dire che sei cambiata nel tempo?”
Ci rifletto.
“Non direi cambiata. Ma ho iniziato a vedere le cose da altre prospettive ad un certo punto della mia vita.” spiego “E ho capito che le cose non sono bianche o nere. È molto più complicato di così, Asuka.”
Mi guarda in silenzio per qualche secondo, pensierosa.
Poi le sorrido.
“Ti ho mai raccontato di come ho conosciuto Kazuya?”
“Non credo?”
“Il mio primo lavoro è stato agente di forestale.” inizio “All’epoca ero ancora una studentessa di veterinaria.”
Chiudo gli occhi, facendomi cullare dall’idromassaggio.
“Avevo sempre vissuto nella nostra casa di campagna in Kansai e adoravo vivere a contatto con la natura. Tuo padre ti avrà parlato della nostra casa d’infanzia…”
“Sì, in effetti ne ha parlato spesso.” conferma Asuka.
“Bene, un bel giorno mi viene assegnato il compito di andare a Tokyo per indagare su una certa corporazione che pareva aver messo in pratica degli esperimenti poco ortodossi con alcuni animali.”
Mi volto a lanciarle un’occhiata, Asuka ascolta a tutt’orecchie.
“Avrai già capito di che corporazione si trattava!” dico con un mezzo sorriso “Beh, ecco all’epoca Kazuya lavorava ancora per la Mishima Zaibatsu e, per coincidenza, fu proprio lui a ricevermi.”
Asuka mi guarda a bocca aperta.
“Ebbene sì, è in quel giorno che ho incontrato per la prima volta quello che sarebbe diventato il mio futuro compagno di vita.” riprendo con un sorrisetto “Lo stesso giorno in cui l’ho arrestato!”
“Non è possibile!” esclama Asuka incredula.
“Oh sì!” continuo “Ma come potrai immaginare se l’è cavata nel giro di qualche ora, con il pagamento di una cauzione e una diffida dal continuare con quel tipo di ricerche.”
“Ma come avete fatto a finire…” chiede Asuka lasciando la frase in sospeso.
“Beh, io non mi sono data per vinta. Volevo fargliela pagare cara a quello sbruffone con i capelli a punta.” sorrido nostalgica “E così, da quel momento l’ho più o meno perseguitato.”
“Eh?!” Asuka fa una smorfia confusa.
“Lo seguivo ovunque, non gli davo tregua! Volevo che pagasse per le sue responsabilità!” spiego “Ma nel mentre cominciavo anche a conoscerlo meglio, a capirlo. Ad andare oltre la prima impressione negativissima che mi ero fatta.” sospiro “Ho capito che in fondo non era una cattiva persona, c’era del buono in lui, ma era vittima di quel criminale di suo padre.” poi la guardo “Certo, per quanto anche lui non fosse proprio un santo, ovviamente.”
“Già…”
“Ma era Heihachi che aveva tirato fuori il peggio di lui.” continuo seria “E in quel momento ho deciso che… aveva bisogno del mio aiuto.”
“Il tuo aiuto?!”
“Sì.” annuisco riprendendo il bicchiere dal bordo della vasca “Ho deciso che l’avrei salvato. L’avrei aiutato a fare emergere il buono in lui e di relegare e incatenare quella negatività che gli inquinava il cuore.”
“Oddio.” commenta Asuka con un’espressione quasi disturbata.
“Sì, beh… poi prima della fine di quello stesso anno ho scoperto di essere incinta e il resto lo sai.” concludo sorseggiando ancora il mio tè.
“Oddio.” ripete Asuka ancora più disturbata.
Metto via di nuovo il bicchiere, con uno sguardo un po’ amareggiato.
“La mia famiglia non ha preso molto bene che avessi una relazione con quello che loro hanno sempre visto come un criminale.” spiego tristemente “È per questa ragione che con tuo padre non ci parliamo da anni.”
La guardo.
“Deve essere proprio stato preoccupato infatti, a decidere di mandarti a stare da noi.” osservo.
“È… è molto grato che l’abbiate fatto.” ammette Asuka un po’ imbarazzata.
“Ma figurati, tesoro!” le dò un pizzicotto sulla guancia “Questo e altro per la mia nipotina! Sei come una figlia per me!”
Lei mi sorride dolcemente.
“Comunque, ti ho raccontato questa storia Asuka per farti capire che non sempre è facile distinguere tra buoni o cattivi.” spiego.
Mi volto di nuovo a guardarla intensamente.
“Ti sembrerà che quello che abbiamo fatto e che stiamo facendo non sia corretto, ma… credimi, è per una giusta causa.”
Asuka deglutisce e distoglie lo sguardo.
“Comunque…” controllo l’orario “Si sta facendo tardi per la cena. Dovremo iniziare ad andare.”
Mi alzo e faccio per uscire.
“A proposito...” continuo “Che ne dici se invito Xiaoyu a cena da noi uno di questi giorni?”

 

 

“KAZUYA!”
Mi stavo rilassando leggendo un buon libro, quando quell’urlo inconfondibile mi ha fatto rivoltare la cena dentro allo stomaco.
Mi alzo di scatto e corro fuori nel corridoio.
Anche Kazuya esce dal suo studio.
“Perché diavolo è qui?!” chiedo digrignando i denti.
Ci lanciamo un’occhiata eloquente e, senza aggiungere altro, scendiamo al piano di sotto in fretta.
Anche Asuka ci segue fino al pian terreno.
“Che succede?!” chiede spaesata.
“Torna a fare i compiti, tesoro.” le dico sbrigativa “Le cose potrebbero mettersi male, stasera!”
“Eh?!” chiede lei preoccupata.
Arriviamo finalmente in soggiorno.
“Mi dispiace.” borbotta Jin al centro della stanza con un bento di carta tra le mani “Avevo ordinato la cena a domicilio e il vecchiaccio è sgattaiolato dentro casa come ho aperto la porta al fattorino delle consegne!” spiega facendo un cenno della testa verso il nonno.
“Sei il solito imbecille!” ringhia Kazuya contrariato.
Jin fa una smorfia e se ne va in cucina, ignorando l’insulto.
Sbuffo nervosamente. Accidenti, Jin!
Questo è tutto perché si è rifiutato di cenare assieme a noi!
“Cosa ci fai qui?!” Kazuya sfida suo padre.
“Lo sai benissimo, figlio degenere!” gli si avvicina minacciosamente “Cosa diavolo stai tramando adesso?! Perché diavolo la tua segretaria ha incontrato il nostro vecchio avvocato quattro volte nell’ultima settimana?!”
Kazuya sogghigna.
“La cosa non ti riguarda.”
“Lo so che ci sei tu anche dietro la storia del laboratorio.” dice Heihachi alzando un indice minacciosamente “Ma fidati, qualsiasi cosa tu abbia in mente, riuscirò a cavarmela come ho sempre fatto e prima o poi ti annienterò per sempre! Ti schiaccerò come un insetto!”
“Non vedo l’ora che tu ci provi.” lo sfida Kazuya facendo un altro passo verso di lui.
“Hey!” li allerto iniziando ad avvertire un'atmosfera un po’ troppo tesa “Non vorrete mica combattere nel mio soggiorno, vero? L’abbiamo appena risistemato!”
“E allora ti accontento subito!” esplode Heihachi cercando di acchiappare Kazuya con una presa.
“HEY!” urlo “ANDATE FUORI!”
Ma mi ignorano, il vecchio malefico e Kazuya si sono già buttati in una battaglia disperata in soggiorno.
“Noo!” mormoro guardandomi intorno e portandomi le mani ai capelli.
Asuka guarda la scena immobile dai primi gradini della scala, Jin si gode lo spettacolo mangiando il contenuto del suo bento appoggiato di schiena alla porta della cucina.
La cucina! Certo! Ecco cosa posso fare!
Corro verso la cucina, scanso Jin.
“Hey!” protesta lui costretto a spostarsi di qualche passo.
Corro verso il ripiano sotto la finestra, lo apro e inizio a frugare tra le mie boccette.
Dal soggiorno continuano ad arrivare rumori di lotta, dovrò fare in fretta.
Preparo la freccetta, chiudo la canna e mi dirigo a passi pesanti verso il soggiorno. Questo vecchio bastardo mi ha proprio fatto perdere la pazienza.
Torno in salotto con il fucile e mi preparo a sparare.
“Zia Jun!” urla Asuka vedendomi.
“Mamma che cazzo fai?!”
Premo il grilletto.
Un centro perfetto, in piena chiappa. Il vecchio lancia un ululato piegando la testa all’indietro e cadendo a terra sulle ginocchia.
“Non… nel mio… salotto!” ripeto con un ringhio.
“Che cazzo mi hai sparato stronza?!” urla il vecchiaccio sfilandosi la freccetta dalla natica.
Kazuya mi guarda confuso, riprendendo fiato, poi mi rivolge uno di quei sorrisi che mi fanno impazzire.
“È un tranquillante per calmare animali pericolosi!” spiego “Come te.”
“Wow, per un attimo ho pensato che…” mormora Jin disorientato, poi torna a guardare il nonno e ridacchia, riprendendo a mangiare.
Heihachi si accascia a terra, cercando di lottare per stare sveglio.
“Puoi starne certa anche tu…” sibila con un rantolo “Ve la farò pagare… a tutti quanti voi…” Cerca di muovere gli arti, ma ci rinuncia con uno sbuffo.
“Quanto… dura… l’effetto?” biascica.
“Ti farai una bella dormita, Heihachi. Domani mattina sarai come nuovo.”
Fa una smorfia di rabbia, poi si volta faticosamente da Jin e poi da Asuka.
“Ero venuto anche per… ricordarvi dell’allenamento speciale… in vista delle finali.” li avvisa “Sto preparando la sessione… vedete di tenervi… pronti.”
E a quel punto inizia a russare rumorosamente, disteso a pancia in su sul tappeto del mio nuovo amato salotto.
“Vado a mettere a posto lo spara-tranquillanti.” dico facendo un cenno verso la cucina “Voi iniziate a caricarlo in macchina, lo lasceremo davanti al cancello di casa sua.”




 

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Capitolo 37
*** Family Demons (Jin) ***


37
Family Demons
(Jin)


Mia madre sistema i fiori al centro del tavolo della sala da pranzo e guarda con aria soddisfatta il proprio lavoro. Poi alza lo sguardo su di me, che osservo la scena appoggiato di schiena ad uno stipite della porta, e sorride.
“Che c’è? Hai deciso di venire a darmi una mano?” chiede con fare dolce, ma non senza una nota di sospetto.
Posso capire perché sia sorpresa. Negli ultimi giorni mi sono fatto vedere il meno possibile in giro per casa e ho evitato di avere conversazioni con gli altri membri della famiglia -ancora più del solito- ed ora invece mi presento qui, di mia spontanea volontà, senza un apparente motivo.
“In realtà… c’è una cosa che vorrei chiederti.” rispondo con fare cauto.
Ho riflettuto a lungo sul da farsi, ma sono venuto alla conclusione che affrontare direttamente la cosa sia il modo migliore di venire a capo della questione.
“Lo immaginavo.” annuisce andando a prendere dal mobile il servizio di piatti migliore di casa.
“Stavo ripensando all’ultima volta che Heihachi è venuto a... trovarci.” arrivo dritto al punto. “Hmm.” risponde lei soltanto, senza guardarmi direttamente “Proprio non mi vuoi dare una mano, quindi?”
Solo a quel punto incrocia il mio sguardo, rivolgendomi un sorrisetto furbo.
“Non preferirai mica aiutare Kazuya in cucina?” aggiunge poi.
Faccio una smorfia. Mia madre sa decisamente come giocare bene le sue carte!
Lei Wulong, il suo amico poliziotto è arrivato ieri da Hong Kong per un breve viaggio d’affari in Giappone. Ci raggiungerà per cena assieme a Michelle e Julia. Non capita spesso di avere ospiti a cena che non siano improvvisi o gente che viene poi a trasferirsi in casa, ma quando succede, mia madre ci tiene a fare le cose in grande. Ha persino coinvolto Kazuya nella cosa e lo ha convinto a cucinare per tutti, e credetemi se normalmente non amo stare intorno a Kazuya, ancora di meno gli starei trai piedi mentre affetta un filetto di manzo con un coltellaccio da macellaio.
“D’accordo.” mi arrendo allora “Dimmi cosa devo fare.”
“È bello che torniamo a fare qualcosa insieme.” sorride a quel punto iniziando a distribuire i piatti.
Certo, come se fosse spontaneo e non mi avesse appena incastrato!
“Prendi i bicchieri.” mi indica poi il servizio di cristallo sul mobile “Fai attenzione, mi raccomando!”
Faccio come mi dice e lei riprende a parlare.
“Di cosa volevi parlarmi Jin?” chiede “Non sarai mica preoccupato per il nonno, vero?”
“Come no!” rispondo quasi offeso. Come se potesse veramente fregarmi qualcosa di quel vecchiaccio, che comunque si è fatto solo una lunga dormita.
“Comunque sei… sei stata davvero notevole con quel fucile a sonniferi!” colgo l’occasione di dirle.
Questo glielo devo proprio concedere. È stata una scena esilarante vederlo starnazzare al terreno in quel modo patetico.
“Ti ringrazio.” risponde lei sistemando le bacchette e i tovaglioli.
“Però, non ho potuto fare a meno di sentire quello che ha detto Heihachi.” continuo serio “Il motivo per cui si è intrufolato in casa.”
“Hmm.” fa lei evitando di guardarmi e tornando seria.
“Perché era tanto arrabbiato che Anna abbia incontrato un avvocato per conto vostro?” continuo scrutandola attentamente.
Non risponde.
Io finisco di posizionare l’ultimo bicchiere.
“Mamma…” continuo serio con sguardo accusatorio “State macchinando qualcos’altro, vero? Lo state facendo di nuovo!”
Torna finalmente a guardarmi.
“Forse.” ammette con un sorrisino innocente, poi si fa di nuovo seria “Ma stavolta non abbiamo portato nessuna spia in casa, quindi la cosa non vi toccherà minimamente.”
“Sì, ma… non puoi dirmi che cosa state architettando?” insisto.
Lei sistema meglio le tovagliette.
“Fidati di noi Jin. E meno ne sai per ora, meglio è.” dice con un sussurro.
“Devo chiederlo ad Anna?” alzo un sopracciglio.
Non che abbia seriamente intenzione di provarci, ma so quanto mia madre non abbia simpatia per Anna e sono conscio del fatto che non apprezza che io e lei possiamo continuare ad avere un rapporto di confidenza.
E infatti non mi sfugge l’increspatura sulla sua fronte.
“Non essere stupido, Jin! Anna è una professionista.” risponde eccessivamente infastidita “Non ti dirà niente che non abbia il permesso di riferire.”
Non so se lo pensi sul serio o se sia solo per cercare di convincermi a lasciar perdere l’idea, ma subito dopo riprende a parlare con tono serio.
“Jin, questa è una cosa delicata che riguarda solo Kazuya ed Heihachi.” spiega “Quello di coinvolgervi anche indirettamente in questo genere di faccende è stato un errore che non ho intenzione di ripetere.”
Insomma, un gentile ma chiaro invito a farmi i cazzi miei.
“Non sono un bambino e anche io faccio parte della famiglia.” le ricordo “... Mio malgrado.”
Lei alza gli occhi al soffitto.
“Dovrei avere il diritto di sapere che cosa state combinando.”
“Si tratta solo di avere un po’ di pazienza.” ribatte lei “Tra non molto potrai sapere tutto anche tu e se le cose andranno come spero… sarà eccezionale!”
E a quel punto, anche se solo per un breve attimo, riesco a vedere che i suoi occhi brillano di un’eccitazione malvagia, quasi inquietante, che mi lascia di stucco.
È incredibile quanto in certi momenti riesca ad essere così spaventosa, quasi come se avesse un’entità oscura che ogni tanto prende il sopravvento. Siamo una dannata famiglia di demoni in incognito o qualcosa del genere?!
“E se le cose non andassero come speri?” ipotizzo allora “Se dovesse essere Heihachi a vincere la guerra?”
“Jin… devi stare tranquillo e fidarti di noi.” dice con molta tranquillità “Vedrai che tra non molto Heihachi avrà quel che si merita.”
La guardo in silenzio, pensieroso.
“Giusto per capire, dovrei iniziare a cercarmi un’altra sistemazione nel caso… che ne so, voi due finiate in galera prima della fine dell’anno accademico?”
“Avevi comunque intenzione di andare a studiare all’estero, no?” risponde mia madre come se niente fosse “Ah, sistema anche quelle ciotole, grazie!”
“Te l’ho detto, ormai ho perso qualsiasi speranza di vincere quella borsa di studio!” ribatto andando a prendere le ciotole “Ma… intendi dire che c’è davvero quel rischio?!”
Lei alza le spalle.
“No, non credo. Sei tu che hai parlato di quella possibilità!” risponde “Anche in quel caso comunque tu e Asuka potreste continuare a stare qui a casa anche senza di noi.”
“E se… non so, doveste perdere tutto? Tipo se Heihachi vi facesse confiscare la casa e tutto quello che avete per qualche ragione?!”
“Jin… stai correndo troppo con la fantasia! Non succederà niente di tutto questo.” sorride tranquilla finendo di sistemare l’ultimo bicchiere.
Sospiro.
È chiaro che tanto non riuscirei a strapparle di bocca altre informazioni e ci rinuncio.
La guardo in silenzio, demoralizzato. Come diavolo ha fatto una brava ragazza come Jun Kazama a finire in questa situazione?! Insomma, una donna con un gran cuore, premurosa, che si batte per la salvaguardia dell'ambiente, gli animali, così 
in gamba, con una carriera brillante... che ha fatto il terribile errore di scegliere un uomo come Kazuya!
È veramente deprimente!

Sospiro e finisco di fare il giro del tavolo per sistemare le ciotole. Solo a quel punto mi rendo conto di una cosa, ci sono otto posti a tavola.
“Hai sbagliato, c’è un posto in più.” osservo a voce alta, prima che mia madre possa lasciare la stanza. Lei si ferma, si volta, dà uno rapido sguardo alla tavola e scuote la testa.
“No, ho contato bene.” sorride “È giusto così!”
“Ma non ci sono né Alisa né Lars.” continuo confuso “Siamo sette!”
Lei mi rivolge un mezzo sorriso e io a quel punto capisco.
“Julia porta anche Fox?!” chiedo sgranando gli occhi “Sono già a quel punto della relazione?!”


“Abbiamo un ospite in più.” borbotto sedendomi a fianco ad Asuka sul divano “E non mi ha voluto dire chi è. Giuro che se è una nuova persona che vuole far venire a vivere qui io prendo tutto e me ne vado stanotte stessa. Ne ho veramente abbastanza!”
Asuka, senza sollevare lo sguardo dal fumetto che sta leggendo, ridacchia.
“Oh certo! E dove andresti?” mi schernisce.
Non le rispondo, in ogni caso non andrei a rivelarlo a lei.
“Ho pensato fosse Fox, ma mi ha detto che non è lui!” continuo invece.
“Chi?!” Asuka aggrotta le sopracciglia.
“Steve Fox. Il ragazzo di Julia.” spiego velocemente “Ma non è questo il punto, il fatto che non mi abbia voluto dire chi sia è strano.” abbasso la voce e guardo di sbieco la cucina “Tra l’altro quei due stanno tramando di nuovo qualcosa, ora ne ho la certezza.”
“Hmm.” fa Asuka continuando a leggere.
“E se stasera avessero intenzione di presentarci quello che faranno passare come il nuovo giardiniere o qualcosa del genere, mentre invece si tratta di una nuova pedina di questo loro strano gioco?” continuo “Sarebbe una mossa alquanto saggia farlo lo stesso giorno che è presente l’amico poliziotto a casa, giusto per non destare sospetti. Certo, poi mi ha detto che avrebbe fatto in modo di non coinvolgerci più nelle loro malefatte contro Heihachi, ma se fosse tutto un bluff?”
“Hmm.” risponde ancora Asuka.
Questa scema non mi sta prestando la minima attenzione e io mi sto innervosendo.
Sbuffo e le strappo il manga dalle mani.
“Hey, brutto idiota! Ridammelo!” sbotta lei scattando in avanti per riprendersi il volumetto.
“Ti sto parlando di una cosa seria!” sbotto scansandomela di dosso “E tu non mi ascolti per leggere queste stupidaggini!”
“Mi hai fatto perdere il segno, brutto idiota!” si lamenta lei, dandomi una manata, che non mi aspetto, in piena faccia.
Cogliendomi di sorpresa riesce a riprendersi il manga.
“È solo Xiaoyu, idiota!” borbotta tornando al suo posto “E adesso piantala con i tuoi discorsi complottistici!”
“Xiaoyu?!” chiedo incredulo risedendomi composto.
“Xiaoyu!” ripete lei come se fossi stupido.
Ho bisogno di qualche secondo per rifletterci su. La cosa non ha assolutamente alcun senso.
“Ma perché Xiaoyu?!” continuo sempre più confuso “Che cosa ci fa?!”
“Potrei aver detto a zia Jun che negli ultimi tempi non andate più tanto d’accordo.” mi risponde con un ghigno.
“Che cosa?!” spero di stare capendo male.
Asuka continua a guardarmi con aria malvagia.
“E lei ha pensato che era un peccato, dato che era una delle poche persone normali con cui riuscivi ad avere un rapporto di quasi amicizia. Per questo ha deciso di darvi una mano per cercare di farvi riappacificare e oggi ha invitato anche lei.”
Chiudo gli occhi e mi porto una mano davanti, cercando di soffocare l’istinto di iniziare ad urlare parolacce.
“Asuka, perché non me l’hai detto prima?” cerco di chiedere con più calma e autocontrollo possibile.
Non è il caso di cedere alla rabbia adesso, non è il caso di far uscire il demone che è in me in questo momento. Devo restare calmo, devo sforzarmi di restare calmo. Nonostante il disastro di serata che si profila all’orizzonte.
Lei alza le spalle e ridacchia.
“Perché avrei dovuto?!” chiede con quel sorrisetto insopportabile “Jin, devi capire che è anche normale che tua madre si preoccupi per te! Sei un tale disastro in fatto di rapporti sociali!”
Ma sentitela! Da che pulpito!
“E soprattutto, con il fatto che non troppo tempo fa ne sei tornato a casa tutto rotto, ha il terrore che tu possa riprendere quella vecchia brutta strada. Sai com’è, preferisce che socializzi con Xiao, piuttosto che con Hwoarang e la sua banda!”
“Non sto riprendendo nessuna brutta strada!” ribatto indignato “Ho solo dato a Hwoarang una lezione! Lo sai benissimo anche tu quanto mi rompe i coglioni!”
“Hai pure ripreso a fumare!” continua lei guardardomi con sdegno.
“Non ho ripreso a fumare!”
È la verità, sto solo finendo il pacchetto che ho rubato a Hwoarang. Ho la situazione perfettamente sotto controllo.
“E comunque questi sono affari miei!” aggiungo poco dopo “Come sono affari miei chi decido o meno di frequentare!”
“Su questo hai ragione.” mi concede Asuka “Per quanto riguarda Xiaoyu, anche secondo me non era esattamente una buona idea obbligarvi ad incontrarvi. In generale penso che non sia il caso di mettersi in mezzo ai bisticci degli altri. Neanche sappiamo che diavolo le hai detto…”
“Che diavolo le avrei detto scusa?!”
“Non lo so, Jin. Ma se avete litigato deve essere per forza stata colpa tua.” asserisce con convinzione “Avrai sicuramente detto qualcosa di stupido!”
Ovviamente. Dev’essere sempre colpa mia.
Questa insinuazione mi dà tremendamente fastidio. Mi alzo in piedi di scatto, deciso ad andarmene e a terminare lì quella conversazione.
“Hey!” ridacchia lei “Dove vai?! Ho toccato un tasto dolente o qualcosa del genere?!”
Sto per mandarla a cagare definitivamente, quando ecco suonare il campanello di casa. 
Sospiro e mi impongo di mantenere la calma. 
Non è il caso, Jin.
Reprimi tutto come sempre.
Soffoca la rabbia dentro di te, Jin.
Un altro sospiro.
Ci vuole solo pazienza, tanta pazienza. 

Che vita di merda!
“Arrivo!” cinguetta mia madre arrivando dalla cucina e precipitandosi ad aprire la porta.
Asuka si alza, abbandona il suo fumetto idiota sul divano e mi prende per il braccio.
“Andiamo a salutare, Jin! Gli ospiti sono arrivati. Non essere maleducato!”

La scanso via e resisto alla tentazione ancora una volta di insultarla pesantemente. Lo faccio solo perché sento la voce di Wulong e, dato che lui mi piace, lo rispetto. Voglio risparmiargli di dover assistere a una scenata imbarazzante.
Mi avvicino all’ingresso, cercando di sembrare normale e di tenere a bada tutte le mie emozioni negative, e mi mantengo il più lontano possibile da Asuka.
Wulong, Michelle e Julia sono appunto arrivati e si stanno togliendo le scarpe all’ingresso.
“Sono così felice di rivederti!” dice mia madre appoggiando una mano sulla spalla di Wulong.
Lui sorride.
“È passato un bel po’ dall’ultima volta!” dice “Abbiamo un sacco di cose da raccontarci!”
“Ci puoi contare!” sorride lei.
“Racconta a Jun di come hai fermato quel borseggiatore al chiosco del ramen!” interviene Michelle “Ce ne stava parlando in macchina mentre venivamo qua, roba da non credere!”
“Ho semplicemente dato vita a quello che potrebbe essere un nuovo sport! Il salto dello sgabello!” risponde Wulong ridacchiando ed è a quel punto nota me e Asuka “Ciao ragazzi! Come state?!” chiede con un grande sorriso.
“Ciao Wulong!” mi avvicino a salutarlo.
Lui sembra essere rimasto lo stesso di sempre, con la sua risata contagiosa e il suo aspetto da protagonista di film di kung fu. Wulong è un po’ come lo zio divertente che non ho mai avuto, un poliziotto che ha sempre le storie più strane da raccontare, appassionato di cinema e videogiochi vintage, con il quale mi sono fatto tante chiacchierate interessanti fin da quando ero bambino.
“Jin, caro…” Michelle mi si piazza davanti e mi osserva da vicino “Hmm mi sembri ancora un po’ pallido e sciupatino. Stai mangiando abbastanza?”
“Ma che razza di strane domande fai, Michelle?!” chiede Wulong scoppiando a ridere.
“Jin è stato in ospedale per un bel po’ durante le vacanze!” lo informa allora Michelle "Non lo sapevi?"
“È stato in ospedale?!” chiede Wulong immediatamente preoccupato.
“Sì! Ed è tutta colpa della mia cucina troppo speziata!” aggiunge Michelle mortificata.
“Ma no!” intervengo allora in imbarazzo “Non sapevi neanche che stavo mangiando le cose che preparavi!”
“Già…” fa mia madre incrociando le braccia al petto “Non è colpa certo colpa di Michelle! Alla sua età poi uno dovrebbe essere in grado di capire da solo come prendersi cura del proprio corpo. E evitare scelte poco salutari…”
Asuka soffoca una risata, io e mia madre ci scambiamo un’occhiata glaciale. Wulong, Julia e Michelle ci guardano in silenzio con un velo di imbarazzo.
Era proprio necessaria questa frecciatina davanti agli altri, mamma? Poi davvero ti sorprendi che ultimamente non riusciamo più a parlare?!
“Infatti alla mia età dovrei essere in grado di gestire la mia vita senza intromissioni di nessun tipo.” ribatto gelido “Anche per quanto riguarda chi decido di frequentare.” sottolineo l’ultima parte della frase.
Mia madre a quel punto guarda Asuka con aria interrogativa.
Sì, cara. Asuka ha sputato il rospo.
Mia cugina alza le spalle, un po’ a disagio.
Durante questa strana conversazione telepatica, che i nostri ospiti restano a guardare ammutoliti, suona ancora il campanello.
Tempismo perfetto!
Mia madre a quel punto sorride, facendo finta di niente.
“È arrivata anche l’ultima ospite!” esclama andando ad aprire la porta.
Ci siamo dunque. È arrivata.
Abbasso lo sguardo in un punto indefinito del pavimento, con le mani dentro alle tasche.
“Mamma e figlio hanno avuto un po’ di contrasti ultimamente.” sussurra Michelle all’orecchio di Wulong, ma sono perfettamente in grado di sentire anch’io “È tristissimo, ma non vanno più d’accordo come un tempo!”
Mi accorgo che Wulong mi guarda un po’ preoccupato, ma io continuo a guardare basso.
“Mamma, sta’ zitta!” Julia le dà uno strattone.
Dev’essersi accorta che il volume di voce della madre era un po’ troppo alto.
Sento la porta che si apre.
“Ben arrivata Xiaoyu-chan! Sono felice che alla fine sia venuta!” esclama mia madre.
Poverina! Chissà quanto deve averla stressata per convincerla a venire stasera!
“Grazie!” la sento rispondere timidamente.
Mi impongo di tenere lo sguardo basso. Se riusciamo ad ignorarci per tutta la sera forse non sarà per forza una cosa troppo imbarazzante. Meglio evitare completamente lo sguardo.
“Dai Jin!” Wulong mi appoggia una mano sulla spalla e si avvicina al mio orecchio “So come possono essere le madri a volte, ma non preoccuparti! Faremo in modo di parlare di cose leggere stasera, ok? Evitiamo qualsiasi argomento scomodo!” alzo lo sguardo “Ho un bel po’ di nuove storie di polizia da raccontare che ti piaceranno, vedrai!” finisce con una strizzatina d’occhio.
Deve aver pensato che il mio pessimo umore sia legato all’inappropriatezza di mia madre di poco fa. Sta un po’ sottovalutando la situazione, ma ok. Per lo meno apprezzo il pensiero. È questa una delle cose che mi sono sempre piaciute di lui.
Accenno un sorriso a mo’ di ringraziamento e in quel momento di distrazione lo sguardo mi sfugge oltre la sua spalla e raggiunge Xiaoyu!
Sta sorridendo, ascoltando chissà cosa le sta dicendo mia madre, mentre l’aiuta a togliersi il cappotto. Anche Michelle si è unita alla conversazione ed è proprio in quel momento che Xiao si accorge che la sto guardando. Ed ecco che va in fumo il piano di ignorarci tutta la sera! Incuriosita, ha ricambiato lo sguardo e si è fatta lentamente seria, come se non sentisse più la conversazione intorno.
Non è neanche così tanto tempo che ci evitiamo, ma sembra comunque un'eternità e… mi sento uno stupido a pensarlo, ma mi rendo conto in quel momento di quanto la sua compagnia mi manchi
.
Lo scambio è breve, ma ho l’impressione, azzeccata o meno che sia, che è come se ci stessimo comunicando un sacco di cose. Sarà pure perché a volte parlo un po' troppo ed è capitato di averle detto un po' più di me di quello che normalmente mi piace andare a raccontare in giro, ma ho l'impressione che lei sia l’unica qua dentro ad aver capito un briciolo di come sono veramente. Ed è anche per questo motivo che vorrei poterle urlare di scappare! Di fuggire, di mettersi in salvo una buona volta dalla follia dei Mishima! 
Ma mi sento un idiota, perché sta avvenendo tutto dentro alla mia testa.
“Wulong, ti presento Ling Xiaoyu!” esclama mia madre guidandola verso di lui “Forse parlate anche la stessa lingua?”

Interrotto il contatto visivo mi giro, sospiro nervosamente e mi allontano, andando a buttarmi sul divano, a braccia conserte.
Julia mi segue e si siede a fianco a me.
“Wow, oggi sembri ancora più di malumore del solito!” commenta “Che è quel muso lungo? È successo qualcosa?”
“No.” rispondo meccanico coprendomi gli occhi con una mano “Niente di particolare.”
“Jin!” si avvicina anche Asuka con fare arrabbiato “Dovevi proprio fare lo stronzo poco fa?!” mi rimprovera con un sussurro “Perché diavolo hai fatto capire a zia Jun che ti ho detto… quella cosa?!”
“Senti Asuka, stammi alla larga per favore!” sbotto “Lasciami in pace!”
Lei sbuffa indispettita.
“Beh, certo! È sempre così con te vero?” replica “Sei solo uno stupido ingrato! La prossima volta ti arrangi!”
Julia ci guarda perplessa.
“Ragazzi!” ci chiama mia madre a gran voce “Su, venite a tavola!”
“Oi, tutto bene?” mi chiede Julia.
Annuisco e mi alzo in piedi.
“Andiamo a tavola.” dico.
Entriamo in sala da pranzo, dove Wulong sta salutando Kazuya.
Se con mia madre Wulong ha sempre avuto un rapporto di fiducia e amicizia, con Kazuya le cose sono state sempre decisamente più tese. Cosa che è in effetti fisiologica, dato che Wulong è un poliziotto e Kazuya ha certamente i suoi scheletri nell’armadio.
Durante i saluti, infatti, è palpabile un po’ di freddezza da entrambe le parti.
“Bene, sediamoci!” ci invita mia madre.
Lei e Kazuya si siedono a capotavola e io subito prendo posto al centro del lato lungo del tavolo, in modo da non essere direttamente vicino ad uno dei miei genitori.
A quel punto non posso fare a meno di notare che mia madre suggerisce in silenzio a Xiaoyu di andare a sedersi a fianco a me e la cosa mi fa letteralmente infuriare.
Non tanto per la cosa in sé. Siamo in otto in un tavolo relativamente piccolo, di fatto siamo tutti vicini a tutti, ma l’idea che ricorra a queste mosse con la pretesa di voler controllare le vite e le azioni della gente, e la mia soprattutto, come se fosse una burattinaia proprio non la posso sopportare.
Xiaoyu esita, ma nel mentre Asuka prende posto sull’unica altra sedia disponibile, lasciando come unico posto libero per Xiaoyu quello accanto a me. Mi guarda con un ghigno, come se mi avesse fatto chissà quale grande dispetto. Sospiro e distolgo lo sguardo.
Xiaoyu non può fare altro quindi che a sedersi sull’unica sedia rimasta, quella tra me e Kazuya. Wow, che serata divertente si preannuncia anche per lei!
“Allora, Wulong! Ci stavi raccontando questa fantomatica storia del chiosco del ramen.” gli ricorda mia madre.
“Giusto!” esclama lui “È successo durante un giorno di riposo, mi ero fermato per pranzo ad un chiosco nel mercato del quartiere dove abito ad Hong Kong…”
Sedendosi, Xiaoyu mi sfiora inavvertitamente una mano con la sua. Dopo il contatto, entrambi la ritraiamo all’istante, come se avessimo preso la scossa o qualcosa del genere. Il suo tocco è un qualcosa di tanto banale quanto insensato, ma è abbastanza per farmi di nuovo frullare il cervello e mi perdo pure la storia del chiosco di ramen di Wulong.
Perché ha accettato di venire? Perché non si è finta malata o qualcosa del genere?
Ci stiamo evitando da quasi un mese ormai, perché mettersi in questa situazione imbarazzante?
Sbircio di nuovo verso di lei. Ascolta con interesse la storia di Wulong e partecipa alla risata generale dopo la sua ultima battuta. Solo io e Kazuya rimaniamo seri.
Xiaoyu tutto sommato sembra tranquilla, forse non si sente poi così a disagio allora. Forse sto esagerando e sta succedendo anche questo tutto e solo dentro la mia testa.
Nel mentre comunque iniziamo il pasto e partiamo dalla zuppa di miso.
Wulong continua a raccontare storie riguardo il suo lavoro, quando Michelle fa una domanda decisamente più personale.
“Come mai stavolta non hai portato anche Chou?”
Wulong si incupisce di colpo.
“Ci siamo lasciati due mesi fa.” risponde serio.
“Oh mio dio, non lo sapevo!” esclama mia madre.
“Mi dispiace!” esclama invece Michelle a bocca aperta “Non ne avevo idea!”
Wulong sospira.
“Ultimamente mi sono impegnato molto con il lavoro e credo di aver trascurato un po’ tutto il resto.” ammette.
“Oh, mi dispiace Wu. Ne vuoi parlare?!” chiede allora mia madre.
E Wulong a quel punto inizia ad entrare nei dettagli dell’epilogo della sua relazione.
Nel mentre, dall’altra parte del tavolo, accade qualcosa di incredibile che mi lascia a bocca aperta.
“Questa zuppa è incredibile!” esclama Xiaoyu a bassa voce estasiata.
Non so neanche di preciso a chi fosse indirizzato il commento, probabilmente a nessuno in particolare e stava semplicemente esprimendo un pensiero a voce alta. Insomma, un momento alla Xiaoyu come tanti altri. La cosa che però mi lascia di stucco è che Kazuya la sente, la osserva stranito per qualche secondo, come se si fosse accorto della sua presenza in quel momento, e infine risponde con un “Grazie” e un ghigno soddisfatto.
Insomma, non lo ammetterei mai a voce alta, ma Kazuya, al contrario di mia madre, è un cuoco niente male. E lui oltre ad esserne consapevole, è pure molto orgoglioso delle sue abilità. Ma che abbia veramente pronunciato un grazie (una parola gentile per la miseria!), che abbia parlato con una sconosciuta senza che fosse necessario… in un tono quasi amichevole…
Ok, probabilmente è solo un po’ spiazzato e divertito da questa ragazza dai modi di fare un po’ strani, dall’aria un po’ molto svampita, che sembra uscita da un cartone animato, con gli elastici delle codine rosa shocking. Sì, dev’essere semplicemente che Kazuya non ha mai visto nessuno del genere.
Xiaoyu si volta da lui e gli rivolge un gran sorriso, come se non fosse un uomo inquietante.
“Mi ricorda quella che mangiavo da piccola.” continua con aria sognante “Ci sono anche le aringhe affumicate, vero?”
E come se la situazione non fosse già abbastanza strana, Kazuya cambia di nuovo espressione. La guarda stupito adesso.
“Mi sorprende che te ne sia accorta, la maggior parte della gente di solito non lo nota.” ammette “Comunque sì, il segreto è aggiungere un po’ di aringhe affumicate grattuggiate…”
“... ma solo a fine cottura per non alterare troppo il sapore.” termina Xiaoyu con un sorrisetto soddisfatto.
Kazuya è sconcertato e io, che osservo la scena, lo sono ancora di più!
“Anche mio nonno la cucina così!” spiega Xiaoyu.
Kazuya a quel punto la guarda incuriosito.
“Chi sei tu, ragazzina?” chiede a quel punto.
E solo un padrone di casa terribile come lui potrebbe fare una domanda del genere ad una persona che è ospite a cena a casa sua.
“Oh, io sono Ling Xiaoyu!” risponde subito con disinvoltura.
Lui la guarda ancora con un’espressione confusa.
“Ehm… forse si ricorderà che suo padre ha preso una ragazza in custodia qualche tempo fa…” dice allora Xiaoyu.
Noto una lieve increspatura sulla fronte di Kazuya al suono delle parole ‘suo padre’, e per un momento smetto di respirare, preparandomi ad una reazione spiacevole, ma poi torna a rilassarsi. E riprendo a respirare normalmente anch’io.
“Ricordo.” risponde soltanto, serissimo.
Xiaoyu abbozza un sorriso.
“Eccomi qua!” esclama sempre sorridente.
“Vuole farti entrare nella Tekken Force?” chiede subito Kazuya “Devi aver un gran talento nelle arti marziali se ha deciso di offrirti questa opportunità!”
Xiaoyu arrossisce.
“Beh… non saprei.” fa la finta modesta “Ma me la cavicchio, sì.”
“Non lo fare.” continua Kazuya con uno sguardo tetro.
“Come?” chiede lei sorpresa.
“Non accettare niente di quello che ti propone quel vecchiaccio.” continua con un sussurro inquietante.
E su questo sono assolutamente d’accordo con il suo giudizio.
Xiaoyu lo guarda incerta.
“Non… non ho ancora deciso se entrare o no nella squadra.” ammette.
“Bene, allora c’è ancora tempo.” commenta Kazuya tornando a ricomporsi.
“Tempo?” ripete Xiaoyu confusa.
“Chi ti ha allenato, ragazzina?” Kazuya cambia discorso e io non riesco a crederci.
Sto veramente assistendo ad un dialogo tra le due persone più diverse possibili tra loro?! Insomma Kazuya e Xiaoyu, che potrebbero essere gli antipodi del genere umano, sono qui a conversare davanti a me, come se nulla fosse.
“Mio nonno, Wang Jinrei!”
Kazuya si ferma e la guarda sbigottito in silenzio per qualche secondo.
“Wang Jinrei.” ripete “Sei veramente la nipote di Wang Jinrei?”
Xiaoyu annuisce.
E a quel punto succede davvero l’impossibile: Kazuya solleva gli angoli della bocca di mezzo centimetro!
Sta sorridendo! Sotto il mio sguardo inorridito. È un sorriso normale, non uno dei suoi soliti ghigni malvagi. Un sorriso. Un cazzo di sorriso da essere umano! Il mondo sta per finire!
Mi va di traverso quello che sto mangiando e inizio a tossire violentemente.
Xiaoyu mi guarda per un attimo, ma poi Kazuya riprende a parlare.
“Il vecchio Wang!” esclama col tono di voce più socialmente normale che gli abbia mai sentito “Era il nostro giardiniere!”
“Sì, il nonno mi ha parlato di quando lavorava per voi!” sorride Xiaoyu.
“Ora mi spiego come mai hai riconosciuto la zuppa di miso.” realizza Kazuya.
Xiaoyu sorride ancora.
“Come sta il vecchio Wang? Non lo vedo da almeno venticinque anni!”
“Il nonno sta bene. Alla grande se consideriamo la sua età giurassica!” ironizza lei “Viene a trovarmi spesso da quando vivo qui in Giappone. Non gli è mai andato a genio che abbia deciso di accettare l’offerta di Heihachi-san!”
“E lo credo bene!” commenta Kazuya sprezzante “Mi chiedevo infatti come fosse possibile che Wang avesse permesso a sua nipote di vivere sotto la custodia di quel vecchio bastardo.”
Xiaoyu sembra colpita dalla sua scelta di parole, ma poi riprende subito il discorso.
“È stata una mia decisione!” spiega “Heihachi-san ha detto che potrebbe aiutarmi a realizzare il mio sogno e…”
“Non devi fidarti di lui!” la interrompe Kazuya con aria tetra.
Xiaoyu lo scruta perplessa.
“Qualsiasi cosa ti abbia detto, non devi fidarti di lui.”
“Ma…” inizia a dire lei.
“Potresti entrare nella G-Corp piuttosto.” dice allora Kazuya come se niente fosse.
“Ma io non so ancora… Un momento! G-Corp?! Cosa?!” Xiaoyu sgrana gli occhi.
“Cosa?!” chiedo io che nel mentre ho finito di tossire e stento a credere alle mie orecchie.
“Fatti gli affari tuoi, tu.” mi liquida Kazuya con un’occhiata gelida.
Poi sorseggia un bicchiere di vino bianco.
È incredibile. Kazuya che arriva al punto di proporre posti di lavoro alla gente in maniera così casuale.
“Dico sul serio.” continua rivolgendosi ancora a Xiaoyu “Nella squadra di sicurezza della G-Corp si potrà sempre trovare un posto per qualcuno che ha ricevuto l’addestramento di Wang Jinrei.”
Sono senza parole, ascolto a bocca aperta. O un alieno l’ha mangiato e ha preso il suo posto o è impazzito.
No, a parte gli scherzi. Non so se sia davvero come segno di rispetto per questo nonnetto o perché semplicemente la trova simpatica o perché ancora vuole soffiare Xiaoyu ad Heihachi, ma questo sicuramente non è un comportamento che mi sarei aspettato di vedere mai da Kazuya. Non in questa vita. Non in questo universo.
“Kazuya! Insomma, Kazuya!” esclama mia madre interrompendo il discorso “Sono cinque minuti che ti chiamo!”
“Che c’è? Non vedi che sto parlando?!” esclama lui un po’ contrariato.
“Sì, lo so, scusate la maleducazione, ma questa devi sentirla assolutamente!” continua mia madre dall’altro lato del tavolo “Sapevi che Nina Williams ha un figlio?!”
Kazuya fa una smorfia.
“Certo che lo sapevo! Ti ricordo che la sorella è la mia assistente, che va in giro ad esibire le foto di suo nipote ogni volta che ne ha l’occasione!”
“Che cosa?!” esclama mia madre quasi offesa “E non mi hai mai detto niente?!”
“Non vedo come avrei dovuto immaginare che la cosa poteva interessarti!”
“Insomma questo ragazzo dovrebbe avere vent’anni ormai e io scopro solo adesso della sua esistenza, parlando per caso con Wulong, quando tu lo sapevi da chissà quanto?!”
Intanto guardo Julia che si fa piccola piccola.
Poi guardo di nuovo gli altri che parlano del ragazzo di Julia come se fosse un pinco pallino qualsiasi.
Nessuno ha realizzato la cosa?
Julia incrocia il mio sguardo e mi fa il cenno di stare in silenzio, con un dito davanti alla bocca. No, è chiaro che nessuno ha realizzato la cosa. Ok, mi farò gli affari miei.
"Non vedo perché avrei dovuto parlartene."

“Ma come?! È Nina Williams! Insomma, chi se lo aspettava?!” insiste mia madre.
“Jun, se è per quello la gente probabilmente non si aspettava neanche… di lui!” ribatte Kazuya e indica me, come se nulla fosse.
In realtà non mi dà neanche particolarmente fastidio, dato che in un certo senso sono d’accordo. Non ho mai capito come i miei genitori, così diversi tra loro, siano potuti finire a stare insieme e con un figlio al seguito addirittura! Immagino che all’epoca la notizia della mia esistenza abbia confuso un bel po’ di persone!
“Kazuya…” sibila mia madre imbarazzata, guardando prima me, poi gli altri.
Noto che Wulong e Michelle si scambiano una strana occhiata. Ecco! Non ho dubbi, Kazuya ci ha azzeccato in pieno.
“Passiamo alla seconda portata, su!” dice in fretta mia madre per cambiare argomento.


Il resto della cena si svolge più o meno allo stesso modo. Xiaoyu ringrazia Kazuya per l’invito a lasciare il curriculum alla G-Corp dopo il diploma, dicendo che valuterà l’offerta. Poi chiacchierano insieme, come se fossero amici di vecchia data, sui vari stranissimi metodi di allenamento di Wang Jinrei, tipo arrampicate su e giù per le montagne, esercizi ginnici sugli alberi, pescare nei fiumi a mani nude per migliorare i riflessi e altre stranezze da film. Racconta poi di quanto sia grata al suo nonnino, che praticamente l’ha cresciuta e che le ha pure pagato l’istruzione in una scuola privata giapponese a Pechino - ecco perché era in grado di parlare e capire il giapponese così bene fin dal suo primo arrivo! - e tutta la conversazione si svolge sotto il mio costante sguardo sgomentato.
Wulong nel mentre racconta varie storie di inseguimenti polizieschi tra un pettegolezzo e l’altro su gente che il più delle volte neanche conosco. Io passo la maggior parte del tempo in silenzio, ascoltando un po’ da una parte un po’ dall’altra, e spaziando tra i miei oscuri pensieri.
Ogni tanto noto lo sguardo inquisitore di mia madre, che evidentemente è delusa dall’insuccesso del suo piano e mi guarda con aria di rimprovero, come volesse in qualche modo farmi pesare che non mi sto impegnando abbastanza per fare pace con Xiaoyu.
Ma che cosa pretende! Se anche fossi disposto a fregarmene dell’orgoglio, in ogni caso lei sarebbe troppo presa dalla chiacchierata con Kazuya, per pensare di parlare con me!
Dopo il dolce, decide che è arrivato il momento per i vecchi di andare a giocare a poker nella stanza dei liquori, lasciando noi giovani liberi di fare quel che vogliamo in salotto.
Julia si prepara per uscire, tra qualche minuto passerà Fox a prenderla. A quanto pare è il compleanno del loro amico Bob e andranno a bere qualcosa per festeggiare.
Incredibile come Julia sia passata dalla ragazza secchiona sempre in casa a studiare ad una che si gode giustamente la sua età. E sembra indubbiamente più felice adesso.
“Forse dovrei andare anch’io.” dice Xiaoyu guardando l’orologio.
“Ma no, rimani! È ancora presto! Non lasciarmi sola con quello scorbutico!” esclama Asuka prendendola per un braccio “Vieni, cerchiamo qualcosa di divertente da vedere da guardare in TV!”
Xiaoyu non protesta e si lascia trascinare fino al divano.
Io intanto accompagno Julia all’ingresso.
“E quindi non hai ancora detto a tua madre chi è il tuo ragazzo?” le chiedo appoggiandomi ad una parete.
“No, non si sono ancora visti e non le ho detto niente riguardo a quelle sue parentele.” spiega a bassa voce, mentre si infila il giubbotto “Vorrei evitare pettegolezzi finché posso e poi… a Steve non piace particolarmente parlare della sua storia familiare. Sai, è un argomento che lo mette un po’ a disagio.”
“Hmm.” annuisco.
“E poi… beh, non ha un vero e proprio rapporto con la madre biologica.” spiega a bassa voce “Anche se in compenso la zia…”
Ridacchia, lasciando in sospeso la frase. Sorrido anche io. Anna di certo non si limita per quanto riguarda le dimostrazioni di affetto.
“Non vedo l’ora di conoscere la sua famiglia adottiva.” riprende poi Julia “Quando andremo in Inghilterra l’anno prossimo. Sembrano tutte persone molto carine, da quello che mi racconta Steve.”
La guardo con un piccolo sorriso. Sembra così entusiasta e spensierata. Sono onestamente contento per lei.
“Sai, all’inizio ero un po’ perplesso, ma… sei molto più serena da quando lo frequenti.” ammetto “Credo ti abbia fatto bene trovare qualche altro interesse che non sia lo studio o l'attivismo.”
Mi guarda imbronciata.
“Parli quasi come se fossi stata una secchiona noiosa che non faceva altro che pensare a cose serie.”
“Julia, tu eri una secchiona noiosa che non faceva altro che pensare a cose serie!” le faccio notare alzando un sopracciglio.
Mi guarda poco convinta, ma non ha argomenti per controbattere il mio.
“Tu piuttosto…” dice improvvisamente seria “Ultimamente mi preoccupi un po’, sai?”
Distolgo lo sguardo, un po’ infastidito. Non ne posso più di sentire questa frase.
“Non vedo perché, sono quello di sempre.” rispondo secco.
“È vero che è da quando ti conosco che sei sempre stato un po’ irascibile e orso.” ammette “Ma ultimamente sembri più che altro… triste.” dice con un velo di preoccupazione.
Non rispondo e la guardo imbronciato. Insomma, che dovrei dire?! No, sono al settimo cielo. Come sempre.
“Beh, ricordati che… insomma, io ci sono sempre se hai voglia di parlare.” aggiunge un po’ goffamente.
E la situazione è super-imbarazzante. Apprezzo il suo voler fare l’amica disponibile, ma né lei, né tantomeno io siamo veramente adatti a questo genere di cose.
Fortunatamente il telefono di Julia suona e lei si affretta a guardarlo.
“Steve è qua fuori!”
“Ok.”
Le apro la porta.
“Ci vediamo a scuola!” mi saluta uscendo “Buon proseguimento di serata!”
“Anche a te.” rispondo atono, guardandola allontanarsi lungo il vialetto.
Noto una mano che si alza in segno di saluto dal sedile del guidatore dell’auto ferma davanti al cancello.
Rispondo al saluto, poi guardo Julia salire a bordo. La macchina si rimette in moto e se ne va. E io torno solo. Nel mio mondo scuro, come un cielo notturno senza stelle.
Sollevo lo sguardo sul cielo di Tokyo, che col bagliore diffuso per via delle troppe luci della città, non è mai completamente buio.


Rientro dentro casa e mi infilo il giubbotto e scarpe, Xiaoyu e Asuka stanno guardando uno dei programmi preferiti di Asuka. Una tarocchissima trasmissione in cui una specie di squadra di acchiappafantasmi va a visitare posti apparentemente infestati. È ben poco credibile, anche a detta di Asuka, ma per qualche ragione adora questo genere di programmi scemi.
Attraverso la stanza e vado verso la porta a vetri per il giardino.
“Dove vai?” Asuka si sporge dallo schienale del divano e mi interroga.
Anche Xiaoyu si volta a guardarmi.
Non rispondo ed esco in giardino.
“Lasciamolo perdere…” sento Asuka lamentarsi “Oggi è più spiacevole che mai!”
Richiudo la porta a vetri e cammino sul prato, sforzandomi di godermi la mia solitudine. Oggi non ci sono neanche quei cagnacci rompipalle in giro, dato che in occasione degli ospiti a cena, Kazuya ha avuto il buon senso di lasciarli nel loro recinto.
Solitudine completa, sia fisica che mentale. Dovrebbe darmi un senso di pace, ma oggi per qualche ragione persino la compagnia di me stesso mi irrita.
Qualche minuto dopo essermi abbandonato alla negatività dei miei pensieri, prendo il pacchetto di sigarette di Hwoarang dalla tasca dei pantaloni. Ne è rimasta una sola. La prendo, me la infilo tra le labbra e l’accendo, accartocciando il pacchetto vuoto che mi ricaccio in tasca.
Mi avvicino al laghetto, guardo l’acqua sulla quale balla il riflesso delle luci delle lanterne automatiche e nel mentre rifletto sull’insensatezza della mia vita.
Guardo la sigaretta tra le mie dita, il simbolo di quella strada che ho lasciato alle spalle.
Alla fine n’è valsa veramente la pena? Ho davvero il diritto di giudicare uno come Hwoarang per le sue discutibili scelte di vita? È vero, forse prima o poi potrà finire in carcere o addirittura ucciso con quei combattimenti illegali, ma in fin dei conti io mi trovo veramente nella posizione di poter dire che sta sbagliando e che la mia vita è veramente migliore della sua?
Rimango così in silenzio per non so bene quanto tempo, quando il rumore di passi leggeri sull’erba mi distrae dai miei pensieri. Mi volto e vedo Xiaoyu che cammina a lentamente verso di me.
Rimango un po’ sorpreso di vederla lì. I nostri sguardi si incontrano di nuovo, ed è ancora una volta un contatto un po’ nostalgico, ma rassicurante.
Sono io il primo a spezzarlo. Mi volto, tornando a darle le spalle, e aspiro un altro tiro di sigaretta.
“Che ci fai qui?” chiedo con tono distaccato, soffiando via la boccata di fumo.
“Sto per andare via, ma prima volevo…” inizia a dire, poi si ferma, qualche passo dietro di me “... chiederti scusa, suppongo.”
Mi volto appena, giusto il tanto per riuscire a guardarla di sbieco.
“Chiedermi scusa…” ripeto, sempre con tono freddo.
Non vedo il perché dovrebbe scusarsi.
“Sì, beh… ho l’impressione che tua madre mi abbia invitato per farci riavvicinare o qualcosa del genere.”
Mi volto del tutto.
“Hai l’impressione?!” alzo un sopracciglio.
“Lei ha detto che voleva semplicemente sdebitarsi per averti aiutato il giorno che ti hanno ricoverato.” spiega “E ha insistito così tanto che alla fine ho dovuto accettare, ma poi oggi ho avuto l’impressione appunto che…”
Sospiro.
“Sì, ti ha invitato principalmente per quello.” le dico “Mi dispiace che ti abbia coinvolta in questa cosa. Io non ne sapevo niente fino a poco prima della cena.”
“No, figurati.” risponde con un’alzata di spalle “Non è stato male per me!”
Beh, lei di certo non si è annoiata, vista la chiacchierata che si è fatta con Kazuya!
“Ma… tu come stai piuttosto?” mi chiede con una punta di preoccupazione.
“Alla grande.”
“Beh, è chiaramente una bugia, dato che è ovvio che la serata sia stata terribile per te.” dice lei.
“Non peggio di altre.” rispondo atono.
Aspiro l’ultimo tiro e getto a terra la sigaretta, prima di spegnerla sotto la punta della scarpa.
Sì, poi la raccoglierò e la getterò nella spazzatura prima di tornare dentro, perché se Kazuya dovesse trovarla nel suo giardino sarebbe la volta buona che mi fa sbranare dai suoi cani.
“Comunque… da quando avresti iniziato a fumare?” chiede Xiaoyu guardando la mia scarpa.
“Non ho iniziato a fumare. Era solo un pacchetto che ho rubato a uno.” spiego velocemente “Ma questa era l’ultima e non ne comprerò altre.”
Probabilmente.
Lei mi guarda confusa. In effetti è una scusa strana, specialmente la parte del furto, ma decide comunque di non indagare oltre.
“Dove è Asuka?” voglio sapere a quel punto.
“La puntata era finita, quindi le ho detto che sarei tornata a casa e lei è andata in bagno.” risponde “Poi dopo essermi messa il cappotto però… ho pensato di venire a chiederti scusa.”
Faccio una mezza smorfia. Meno male che poi Asuka ha il coraggio di dare a me del maleducato. Se n’è andata in bagno invece di accompagnarla alla porta!
“Senti…” riprende poi distogliendo lo sguardo “... lo so che le cose sono state molto strane e imbarazzanti ultimamente, ma…” sospira “E se facessimo finta che non sia successo niente?”
Guardo altrove anche io.
“Non so, tu hai intenzione di riprendere a comportarti in modo normale?” chiedo, forse un po’ troppo brusco.
Lei spalanca la bocca.
“Aspetta, quindi sarei io quella che si sta comportando in modo anormale?!” chiede poco dopo infastidita.
E sì, probabilmente sono stato un po’ troppo acido e sgarbato. E non ho neanche scelto le parole migliori, ma…
“D’accordo, anche io non mi sono comportato bene, ma… hai idea della posizione scomoda in cui mi hai messo?!” cerco allora di spiegarmi meglio, ma questa domanda non fa altro che peggiorare la situazione.
“Tu in una posizione scomoda?!” ripete con voce acuta “Hai la minima idea di come mi senta io?!”
“Ovviamente no, ma…” inizio a rispondere.
“Ti rendi conto di che cosa ti ho detto quella sera?! Erano pensieri estremamente privati, lo capisci?! Ti rendi conto di come ci si possa sentire a dire certe cose a… uno come te?!”
Sospiro.
No, ma se è per quello non capisco neanche come sia possibile arrivare a sentirsi in quel modo per uno come me.
“Mi dispiace, forse sarebbe stato meglio se non me l’avessi detto.” ammetto.
E ovviamente questo la infastidisce ancora di più.
“Ma sei tu che sei venuto a casa mia per sapere che cosa stesse succedendo!” ribatte lei con il volto paonazzo “E io sono stata scema abbastanza da pensare che… avresti capito!”
Non capisco se sia sul punto di piangere o di prendermi a schiaffi.
Non rispondo.
“Hai una vaga idea dell’umiliazione che si possa provare dopo una cosa simile?!” riprende dopo un po’ con voce tremante “O è chiedere troppo perché sei troppo concentrato a pensare a te stesso come sempre?!”
Pensare a me stesso come sempre?! Se mi sono allontanato l’ho fatto solo e unicamente per il suo bene!
“Questo non è vero.” ribatto infastidito.
“Ovviamente tu non puoi capire! Tu sei una macchina, vero?!” chiede con amaro sarcasmo ricordando la nostra conversazione del giorno della festa “Beh, per te potrà essere pure essere facile, ma gli altri esseri umani, quelli che provano dei sentimenti, non lo è affatto!”
No, questo non lo accetto. Essere me non è facile per un cazzo!
“Tu non hai assolutamente idea di quello che stai dicendo!” ribatto indignato facendo un passo in avanti.
Lei mi affronta alzando il mento con sguardo deciso.
“Non sono uno psicopatico! Anche io ho dei sentimenti, ho solo imparato a gestirli!” sussurro acido.
Lei mi studia in silenzio per un po’, poi sogghignare amaramente, come se trovasse ridicola la mia risposta.
“Certo, qualche sentimento lo avrai di sicuro!” continua sottovoce “Rabbia, fastidio e disgusto… ma io sto parlando di altri tipi di emozioni!”
No accidenti!
Non accetto di essere paragonato ad una specie di Bryan Fury di Manji no Tatakai. Solo perché riesco ad avere un controllo razionale su esse, non vuol dire che non abbia o non capisca le emozioni! Certo, di solito sono negative, ma questo è perché la mia vita è una merda!
“Parlavo anche io di altri tipi di emozioni!” sibilo velenoso.
E improvvisamente mi sento avvolgere dal panico. Che cazzo ho appena detto?! 
Lei alza un sopracciglio, guardandomi come se avesse appena sentito un’assurdità.
“Cosa?!” ridacchia come se avessi fatto una battuta.
Fortuntamente non mi ha preso sul serio, almeno.
"Cosa?!" ripeto anche io confuso e spaventato.
No, ho sbagliato. Non dovevo dire quello!
Notando la mia espressione di terrore e non ricevendo risposta, anche lei si fa seria e mi guarda confusa.

“Stai forse suggerendo che...” inizia parlando piano piano “... sei in grado di provare quel genere di cose?” 
Non rispondo, agghiacciato e sconcertato per quell’errore che non avevo previsto.
“Ti piace qualcuno Jin?” continua lei ancora incerta se prendermi sul serio o meno.
Non mi sono mai ritrovato così disarmato, così a nudo.
“Ne sei capace?!” riprende, poi sgrana gli occhi e agghiacciata anche lei sussurra “Oddio!”
Si porta una mano davanti alla bocca. 
“Cosa?” riesco a chiedere con un filo di voce, non capendoci un accidenti.
“Ho capito.” dice lei.
Sospiro e chiudo gli occhi, sentendomi affogare in un mare di vergogna.
"Forse... ora dovresti andare a casa." mormoro.
È pure una cosa abbastanza maleducata da dire, ma non so proprio come gestire la situazione.
Lei comunque ignora deliberatamente la mia richiesta.
"
Adesso in effetti un sacco di tuoi strani comportamenti hanno improvvisamente senso!” continua, balbettando sotto shock.
Io trattengo il respiro.
Dice sul serio? Quali comportamenti?! Cosa mi sono lasciato sfuggire?!
“Sono una stupida!” esclama “Come ho potuto non capirlo prima!”
Non lo so. Avrebbe davvero potuto capirlo prima?!
"Basta così." ordino, anche se è più una specie di implorazione.

“Ti piace… Julia!” esclama come se fosse giunta alla conclusione più ovvia possibile “E sei invidioso di Steve!”
Passano alcuni secondi di silenzio.
Mi piace Julia. E sono invidioso di Steve. 
Ora tutti i miei strani comportamenti hanno senso.
Mi rivolge un sorrisetto compiaciuto, io ho bisogno di riprendere il possesso delle mie facoltà mentali, perché dopo questa credo di essere diventato di colpo più stupido.
“Avresti potuto dirmelo subito, idiota.” mi rinfaccia “Avrei ovviamente capito. Avremmo anche potuto parlarne… dopotutto… siamo in una situazione un po' simile.”
Una folata di vento smuove le foglie dei ciliegi ornamentali attorno a noi e increspa l’acqua del laghetto.
“È così, vero?” sorride amichevolmente.
Non rispondo. Non me l’aspettavo e non so che dire. Devo valutare in fretta le varie opzioni. Potrei sfruttare a mio vantaggio l’equivoco e rispondere che è vero e che è esattamente così. Mi piace Julia. Le chiederei di tenere il segreto - sono certo che sappia mantenere un segreto - e di dimenticare questa conversazione. La vita tornerebbe quella di sempre… oppure… 
“Stai tranquillo, mica glielo vado a dire!” sorride amichevolmente per cercare di smorzare un po’ l’atmosfera “Devo ammettere che sei stato bravo a mascherarlo, mi avevi davvero fatto credere di essere davvero un pezzo di ghiaccio totalmente immune a questo genere di cose… tutti quei tuoi discorsi sull’evoluzione e il nostro essere schiavi degli ormoni sessuali per il proseguimento della specie e tutte quelle altre cose su cui ti piace blaterare… ma in effetti alla festa hai iniziato a parlarne solo dopo aver visto Julia e Steve! Che stupida che sono stata!”
Chiudo gli occhi e cerco di recuperare le mie facoltà mentali. Devo essere lucido. Giocare d’astuzia e adeguarmi al fraintendimento o…
“Certo che è un bel problema, ti capisco.” continua “Mi dispiace, insomma… Julia è tua amica, ma ormai la cosa con Steve sembra seria. Forse però dovresti dirglielo lo stesso, sai?” ragiona a voce alta “Insomma come ho fatto io… sono certa che Julia saprà capire meglio di te, ma è meglio che lo sappia anche se non succederà niente e lei rimanesse con Steve. Sì, dovresti parlargliene! Posso darti una mano se vuoi!”
No, che idea terribile! Ci manca solo quello!

“No.” rispondo deciso.
“Cosa no?” fa lei confusa.
“Non hai…” sibilo con il mio usuale tono amaro “... capito un dannato accidenti. Julia non c'entra niente e non deve sapere niente!”
Riapro gli occhi.
Xiaoyu mi ascolta perplessa.

“Cioè? Non è... Julia?” prova poco dopo.
Scuoto la testa.
E a quel punto si instaura uno strano silenzio, ci fissiamo a vicenda e Xiaoyu sembra farsi più nervosa ogni secondo che passa.
“Jin ti prego dì qualcosa, perché non ci sto capendo niente e se stai a guardarmi così in silenzio sembra quasi che intenda che ti piaccio io e la cosa non so come mi faccia sentire.” dice ad un certo punto con un improvviso fiume di parole.
Io so esattamente invece come la cosa mi fa sentire, inadeguato, stupido e coglione. Forse anche folle. Sì, perché questa è decisamente una follia.
Non ricevendo una risposta negativa, Xiaoyu 
sgrana gli occhi. 
“Mi prendi in giro?” balbetta poi “O sei completamente impazzito?”
Rispondo con una smorfia.
Sì, probabilmente sono impazzito.
“Ti decidi a dire qualcosa?!” insiste lei dopo il mio silenzio.

“Gli ormoni rincoglioniscono le persone e i sentimenti le fottono irrimediabilmente...” rispondo secco a quel punto “Ma anche io sono un essere umano e non ho mai detto di esserne immune!” 
Xiaoyu mi guarda incredula.
“È un po' che mi sono accorto che... insomma... mi piaci un po'... in quel senso.” ammetto con un sibilo, mi costa tantissimo dover confessare certe debolezze ad alta voce "Ma non per questo mi sono lasciato confondere o mi sono illuso di voler...” 
Mi fermo perché Xiaoyu mi guarda in modo strano e mi si sta avvicinando lentamente.
“Hey, che ti prende?!”  aggrotto le sopracciglia allarmato “Ho detto che... ma non vuol dire che...” 
Si avvicina, si alza in punta di piedi e mi bacia.
Maledizione. Questo non doveva succedere!
Insomma, quello che ho detto era a solo titolo informativo, non era assolutamente un invito a scambiarci effusioni fisiche. Perché tra noi non deve succedere niente! Io non posso permettermi di trascinare qualcuno in quel casino che è la mia vita. Non va bene! È sbagliato! Xiaoyu non deve fare mica l'errore di mia madre!
Ma... quello con le sue labbra è un tocco dolce e delicato, un po’ incerto, ma ha la capacità di fare esplodere i miei sensi e mandarmi totalmente in tilt. Partecipo attivamente al bacio e di colpo si attenua persino il turbine di pensieri contorti e angosciosi che dimorano nella mia testa. 
Potrei forse concedermi qualche secondo e abbandonarmi a quel desiderio di contatto fisico che ho cercato a tutti i costi di soffocare in tutto questo tempo?
Xiaoyu alza una mano e mi sfiora la guancia, mentre continuiamo a cercarci l’uno con l’altra.

Niente ha più senso, il mondo finirà stasera. La logica dell’universo si è infranta. Il raziocinio ha fallito, ma forse va bene così.
Solo qualche secondo non sarà poi così pericoloso in fondo. Tra un attimo metterò le cose in chiaro, mi scuserò per questa indecenza -anche se è stata lei a mettermi in trappola- e nel mentre potrei per sempre custodire la memoria di questo momento.
“Jiiiiin, dove sei?!” mi chiama Asuka.
Merda!
Mi risveglio di colpo nella fredda e cupa realtà della mia vita.
Ci separiamo all’istante, io mi irrigidisco e mi volto verso la casa. Asuka ancora non si vede, ma sento i suoi passi che si avvicinano. Torno a guardare Xiaoyu. Lei mi fissa con un misto di stupore e di shock. Ha ancora la mano all’altezza del mio viso, la ritrae immediatamente.
Che cazzo è appena successo?! È stato un pessimo, pessimo errore.
Facciamo entrambi qualche passo indietro e ci ricomponiamo.
“Che… che diavolo vuoi Asuka?!” chiedo a voce alta cercando di avere pieno controllo del mio tono di voce. 
Devo riuscire a sembrare normale.
“Vado… a nascondermi da qualche parte!” bisbiglia Xiaoyu e prima che possa dire qualsiasi cosa o persino riflettere sull’idea, è già sparita dietro un ciliegio una decina di metri più avanti.
Ok, forse è meglio così. Vedrò io di liquidare Asuka il prima possibile e poi io e Xiaoyu dovremo parlare. Urgentemente. Devo sistemare questo terribile errore.
Emetto un sospiro angosciato e raccolgo da terra il mozzicone di sigaretta di poco prima.
“Cosa stai facendo qui a casino?” chiede Asuka comparendo da dietro un ciliegio.
Mi sollevo e le mostro ciò che resta della sigaretta, forzando un’aria un po’ colpevole. La mano mi trema cazzo! Me ne accorgo e l’abbasso subito, prima che Asuka possa farci caso. La situazione è strana, io sono strano, ma devo fare il possibile perché Asuka non lo noti.
Lei mi guarda con aria di rimprovero e incrocia le braccia davanti al petto. Ok, diamo pure il via alla ramanzina per il fumo! Magari sorvolerà su tutto il resto.
“Jin!”
“Era l’ultima.”
Lei continua a guardarmi come una mamma arrabbiata.
“So come Heihachi ha cercato di convincerti a smettere l’ultima volta! Ti ha rapito e lasciato su un’isola deserta per un giorno giusto?” chiede “Sei ancora un atleta della sua squadra, non hai paura che possa farti di nuovo qualcosa del genere se lo scoprisse?”
Aggrotto le sopracciglia. Non mi aspettavo che Asuka conoscesse questa vecchia storia. È successo prima che mia madre si risvegliasse dal coma, e persino Kazuya all’epoca l’aveva trovata un’azione un po’ esagerata!
“Sono molto meno ingenuo adesso.” rispondo “Non accetterei mai di partecipare a delle gite in elicottero con lui.”
Lei sospira.
“Comunque…” rotea gli occhi “Lo so che oggi non sei in vena di parlare, ma… ascoltami, ho appena avuto un’idea!”
“Un’idea?”
“Abbiamo un poliziotto a casa!” 
La guardo confuso. Molto confuso.
“Wulong! È ancora qui!” spiega “Ho pensato… prima che se ne vada, potremmo chiedergli qualche informazione su come funzionano le tracce di DNA!”
La guardo qualche secondo senza capire. È inutile, sto sentendo le sue parole, senza riuscire ad ascoltare.
“Mi hai capito?”
“Sì.” rispondo io, che nel mentre sto ancora cercando di rimettere in moto il cervello “Vuoi chiedergli come funzionano le tracce di DNA.” ripeto cercando di concentrarmi sul significato delle parole “No, ma che cazzo dici Asuka?! Sei impazzita?!” me ne rendo conto improvvisamente riacquistando parte delle mie capacità intellettive “Come hai intenzione di fare una domanda del genere senza destare strani sospetti?!”
“Questo non lo so ancora, ed è per questo che volevo avere un tuo parere!” risponde lei con una smorfia.
Qualcuno a caso starnutisce da dietro un albero a caso. 
Mi raggelo. 
Asuka resta immobile e in silenzio.
Magari… non ha sentito.
“Oddio!” sussurra Asuka sgranando gli occhi “Hai sentito?!”
Ti pareva.
“No.” scuoto la testa cercando di essere convincente “Sentito cosa?!”
“Un rumore! Da quella parte!” indica un punto a caso nell’oscurità “Era tipo uno starnuto!”
Seguo la direzione del suo dito.
“Sarà stato uno scoiattolo.” rispondo con un sorriso forzato.
“Scoiattolo un corno!” insiste Asuka, poi mi prende per un braccio “Si è introdotto qualcuno in giardino! Torniamo dentro!”
“Non è niente…” la liquido rifiutandomi di muovermi.
“Perché queste cose succedono sempre dopo che vedo Ghost Discovery?!” piagnucola lei tentando di trascinarmi.
“Tranquilla Asuka, sono io!” esclama quel qualcuno a caso che viene fuori dall’ombra.
Xiaoyu fa alcuni passi verso di noi e sorride.
“Oddio Xiaoyu, mi hai fatto prendere un colpo!” esclama Asuka portandosi una mano davanti al petto “Credevo te ne fossi andata!”
“Sì, stavo andando via, ma poi ho pensato che dovevo dire una cosa a lui e…” spiega.
“Oh…” Asuka aggrotta le sopracciglia “avete fatto pace?”
Io e Xiaoyu ci scambiamo uno sguardo.
“Più o meno?” mi chiede lei incerta.
“Più o meno.” ripeto.
“Oh, ottimo!” dice Asuka, poi aggiunge a mezza voce “Wow, il piano di tua madre ha funzionato! È davvero incredibile a volte, eh?”
Alzo le spalle. Presumo che lo sia.
“Ehm… ma che ci facevi lì dietro?” continua poi Asuka parlando con Xiaoyu “Insomma io non mi sono accorta che eri qui e mi sono messa a parlare di cose che probabilmente ti saranno sembrate strane!” mi guarda allarmata e con disappunto “Jin, perché non me l’hai detto?!” aggiunge parlando tra i denti.
Lo so. Avrei dovuto fermarla, ma in questo momento sono alquanto stupido.
“Ehm… mentre lui fumava, sono andata a vedere… il laghetto più da vicino.” racconta goffamente Xiaoyu, poi guarda il laghetto e annuisce “È molto bello! Anche se… immagino debba attirare tante zanzare d’estate vero?” 
Non rispondiamo, poi Xiaoyu si schiarisce la gola.
“Comunque… tranquilli! Ho sentito parlare solo di DNA, poliziotti, e che vuoi che sia?! Non è come se doveste fare qualcosa di losco, no?!” ridacchia nervosamente, poi si ferma e ci guarda preoccupata “No?”
“No!” esclama subito Asuka.
“No!” faccio anch’io.
“Okay, adesso però mi state mettendo un po’ paura.” mormora Xiaoyu “State pensando di fare fuori qualcuno?” ridacchia nervosamente.
“No.” risponde di nuovo Asuka.
“No.” ripeto di nuovo anche io.
Xiaoyu ci guarda dubbiosa, poi si concentra su Asuka.
“Giusto per curiosità, ha a che fare con le strane domande sui metodi per addormentare un vecchietto?” le chiede a mo’ di scherzo.
“Cosa?!” faccio io voltandomi da Asuka con fare interrogativo.
“Che c’è?” fa mia cugina un po’ in difficoltà.
“Hai coinvolto Xiao?!” 
“No, le ho solo chiesto se aveva qualche consiglio su come fare addormentare un vecchietto, tutto qui.” risponde a bassa voce “Viveva con il nonno dopotutto.” poi si volta da Xiaoyu con un grande sorriso “Per fare uno scherzetto ad Heihachi! Niente di che!”
Ma Xiaoyu non la beve e si fa seria.
“Ragazzi, io pensavo che tutta questa cosa fosse uno scherzo, ma ora mi state iniziando a spaventare.” dice “Mica state pianificando davvero qualcosa di losco?”
Non rispondiamo e ci guardiamo in difficoltà.
“Ragazzi?!”
“Non è niente di losco!” l’assicura Asuka tornando a voltarsi da lei “È solo un’analisi genetica.”
“Analisi genetica?” ripete Xiaoyu confusa.
“Sì.” annuisce Asuka “Roba di parentele tra persone.”
“Certo, capisco.” ridacchia ancora Xiaoyu “E… vi serve addormentare Heihachi perché…”
Non termina la frase. Asuka mi guarda in difficoltà.
“C’è qualcuno che sostiene di essere imparentato con lui.” spiego a voce bassa arrendondomi “E volevamo capire se era vero facendo un’analisi genetica. Ma lo sappiamo solo noi e non vogliamo coinvolgere né i miei genitori, né Heihachi. Quindi è molto importante che non ne parli con nessuno, ok?!”
“Certo!” si affretta a rispondere Xiaoyu “A chi mai dovrei dirlo?” poi ci ragiona “È qualcuno che conosco, vero?!”
Io e Asuka ci guardiamo di nuovo.
“È quel Lars che vive da voi, vero?” riprende dopo Xiaoyu e ci lascia completamente agghiacciati.
Come diavolo l’ha capito?! Guardo Asuka con aria di rimprovero, perché è chiaro che deve averle detto qualcos’altro. Asuka mi guarda con aria totalmente confusa e innocente.
“Ho indovinato vero?” chiede Xiao con un sorrisetto soddisfatto “Ho sempre pensato che un po’ vi assomigliasse.”
Rimango di stucco.
“Che cosa?”
Xiaoyu annuisce.
“Si vede un po’ l’aria di famiglia, dai.” ribatte convinta.
“Aria di famiglia?!” chiedo sbigottito “Lars?!” 
“Sicura che stiamo parlando della stessa persona?” chiede anche Asuka spiazzata almeno quanto me.
Lei annuisce convintissima.
“Sì, certo… è un po’ biondo, con gli occhi azzurri…” dice come se fossero piccoli dettagli da niente “... ma ha le stesse sopracciglia arrabbiate dei Mishima! Non l’avete mai notato?”
“Le sopracciglia.” ripete Asuka incredula “L’hai capito per via delle sopracciglia.”
“Sopracciglia arrabbiate?” ripeto anche io, incerto di aver persino capito cosa intenda dire.
Xiaoyu alza le spalle, come se non fosse niente di strano.
“Che figo comunque!” commenta poco dopo, ragionandoci divertita “È un intrigo degno di una soap-opera!”
“Xiao, possiamo fidarci di te?” le chiede Asuka seria.
“Ma certo!” risponde l’altra con un grande sorriso rassicurante “State tranquilli! Il vostro segreto è al sicuro!” poi guarda l’orologio “Comunque si sta facendo tardi e dovrei davvero tornare a casa ora. Panda sarà in pensiero!”
“Ti… do un passaggio in macchina.” dico prontamente.
Dobbiamo assolutamente parlare in privato. Devo assolutamente mettere in chiaro delle cose, prima che sia troppo tardi.



Accosto l’auto al marciapiede e spengo il motore. Il tragitto da casa mia all’appartamento di Xiaoyu non è così lungo, ma per qualche ragione oggi ho l’impressione che sia durato un’eternità.
Ci siamo finalmente. Sgancio la cintura e mi preparo mentalmente. Affrontiamo questo pasticcio!
Mi volto a sinistra da Xiaoyu, che mi fissa con un mezzo sorriso dal sedile passeggero.
“Perché diavolo mi guardi così adesso?!” chiedo preoccupato.
“Così..." risponde come se niente fosse "Ripensavo a prima... Sei un po' fuori di testa, lo sai vero?”
“Xiao.” inizio in difficoltà portandomi una mano davanti alla fronte “Mi dispiace. Quello che ho detto in quel momento è stato solo per dimostrarti che non sono immune come pensi a… questo genere di cose… ma…”
"Mmm?" fa lei poco convinta.
Torno a guardarla e affronto il suo sguardo fare deciso.
“Mi dispiace, ma quello che è successo oggi non deve cambiare assolutamente niente fra noi!" asserisco "Voglio evitare fraintendimenti. Ho sbagliato a cedere, ma... sia chiaro, non era un invito a iniziare una relazione o qualcosa del genere.”

Xiaoyu mi ascolta in silenzio, con un'espressione che non riesco a decifrare.
“Dico sul serio. È per il tuo bene. Non potrebbe portare a niente di buono.” aggiungo “Insomma adesso… sappiamo entrambi di questo... effetto-che-abbiamo-l'uno-sull'altra, e potremmo continuare ad essere amici se vuoi, ma fine della storia.”
“Per il mio bene…” ripete lei e ho la netta impressione che mi stia prendendo poco sul serio.
“Sì, diamine!” ripeto “È per quello che ho cercato di prendere le distanze da te in questo periodo! Era per cercare di farti guarire da questa stupida cosa che senti per me!”
Al che lei ridacchia sotto il mio sguardo contrariato.
“Xiao! Sono serio!” mi lamento “Non c’è niente da ridere! La mia influenza sarebbe tossica per te!”
“Scusa…” risponde lei cercando di soffocare la risate “È solo che mi sembri un pochino…  paranoico.”
Sospiro.
“Senti, cerca di venirmi incontro, ok?” la prego “Io sto facendo il possibile per salvarti perché… perché… sono preoccupato per te… non voglio rovinarti la vita, d’accordo? E fidati, devi stare lontana da me… dalla mia famiglia… perché chiunque si avvicini a noi viene risucchiato in questo vortice… cosa c’è adesso?”
Mi interrompo vedendola sorridere teneramente.
“Mi hai praticamente appena detto che mi vuoi bene.” chiede.
“Eh?!” non riesco né a dire altro e né a negare “Senti, sono serio.” ripeto dopo un po’ cercando di ignorare il crescente imbarazzo “Tu… meriti di meglio. Cento volte meglio! Mille volte meglio! Tu meriteresti un bravo ragazzo… della specie di Steve Fox. Possiamo chiedere a Julia se ti presenta un amico?” propongo stupidamente.
Lei scoppia giustamente a ridere.
“Jin ti prego!” mi ferma “Piantala di dire queste stupidaggini!”
Sospiro. In effetti quest’ultima potevo risparmiarmela.
“Scusa.” mi affretto a dire “Il punto è che io non sono fatto per stare a contatto con gli altri.” riprendo “Ormai l’ho capito da tempo. Io sono destinato a diventare uno stronzo pezzo di merda come il resto dei miei parenti!” ammetto quella che è la mia più grossa paura “Tutti loro hanno finito di intossicare delle brave persone che gli stavano accanto! Insomma, guarda mia madre!” esclamo “Lei era una brava ragazza, poi si è messa con Kazuya e..." non concludo, deglutisco "Io… io… credo di non essere poi così diverso da loro! È genetico, non posso farci niente, non posso sfuggire da questo destino. Certo, detesto Kazuya e soprattutto detesto Heihachi, ma in fin dei conti… ogni giorno che passa… ho paura di diventare sempre più simile a loro!”
“Dai, ora stai esagerando!” dice e ho la netta sensazione che le dispiaccia quasi per me.
Per la pessima considerazione che ho di me stesso.

Non mi capisce, sta decisamente sottovalutando la situazione. Io sono perduto.
“Dentro di me vive una specie di demone, lo capisci?!” insisto decidendo di ricorrere alle metafore “È la maledizione della mia famiglia. Siamo tutti destinati a finire così!”
Non risponde, si sporge lentamente verso di me, fino a raggiungermi e a baciarmi di nuovo.
Oh merda. La carezza delle sue labbra è piacevole e un po’ meno strana e goffa di quella di prima. È… bello, è indiscutibilmente una bella sensazione, ma…
La allontano indietro di qualche centimentro.
“Hai ascoltato una sola parola di quello che ti ho detto?!” chiedo a mo’ di rimprovero.
“Certo, hai un demone dentro!” ripete lei appoggiando la fronte contro la mia, poi aggiunge con un sorrisetto timido “Non ho paura dei demoni.”
“Xiao…” sibilo.
Io ce la sto mettendo tutta, ma… lei sembra ostinata a non voler collaborare.
Si riavvicina lentamente, molto lentamente. Chiudo gli occhi, abbasso le difese ancora una volta. Mi lascio avvolgere da quella carezza calda.
Perché deve essere tutto sempre così dannatamente difficile?!










NOTE:
Eccoci qui! Trentasette capitoli per la prima scena più o meno shipposa per Jin. Ho cercato di interpretare la tensione XiaoJin nell'ambiente di questa AU trasformando l'ostacolo del Devil in qualcosa di più metaforico, spero che il risultato sia decente. Ultimamente ho avuto qualche ripensamento per alcune parti che riguardano il futuro sviluppo della storia, che mi hanno portato a fare qualche modifica anche a questo capitolo (è una delle ragioni per cui ci ho messo un po' più tempo del solito). Spero che comunque sia stata una lettura piacevole.
Ci si vede!

PS: Il prossimo capitolo sarà un po' particolare lol.
 

 

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Capitolo 38
*** And This is Why You Should Always Call Before You Show Up to People’s Houses (Lars) ***


38
And This is Why You Should Always Call Before You Show Up to People’s Houses
(Lars)

La neve continua a cadere silenziosa lungo quella strada semideserta. È quasi mezzogiorno, ma il sole è coperto da una fitta coltre di nubi e riesce a filtrare solo una luce argentea che illumina fiocamente la città.
Alisa cammina davanti a me, tenendo la mappa della città con le indicazioni scritte con caratteri cirillici.
Si ferma e si volta. Alcuni fiocchi di neve le si sono posati sui ciuffi di capelli che le sfuggono da sotto la cuffia.
“Dietro questo incrocio dovrebbe esserci una locanda. Potremo chiedere lì per delle informazioni.” indica l’ennesimo complesso di appartamenti rettangolare sulla destra “Sempre che non sia cambiato qualcosa dal…” legge la data di stampa di quella mappa “... 1984.”
Sospiro. Purtroppo non abbiamo trovato niente di più recente al chiosco della stazione.
“Beh, non possiamo far altro che controllare.” dico.
Riprendiamo a camminare con gli zaini in spalla in quel mondo sbiadito. La foresta di conifere si estende minacciosa dietro a quello schema di scatoloni di cemento, quasi a contornare quel paesaggio quasi irreale e senza tempo. Perché sì, sembra davvero che il tempo si sia fermato qualche decennio fa in questo villaggio di poco più di diecimila abitanti.
Svoltiamo finalmente l’angolo e Alisa indica davanti a lei con un gran sorriso.
“È lì!” dice “È quell’insegna gialla!”
L’insegna della locanda brilla di colore in mezzo a tutto quel grigiore uniforme.
Acceleriamo il passo e raggiungiamo la porta della suddetta locanda.
Alla porta è legato un campanello che segnala il nostro arrivo. Entriamo in una stanza semi-buia e piuttosto affollata. 
“Vado a prendere una stanza per stanotte.” dice Alisa avvicinandosi al bancone.
La seguo e noto un vecchio dall’aria assonnata che si avvicina a servirci.
Bofonchia qualcosa in russo e inizia uno scambio di battute per me incomprensibili con Alisa.
Poi lei sorride, dice qualcosa accompagnato da un piccolo cenno di assenso e prende i soldi per procedere al pagamento.
“Hanno una stanza libera.” mi informa poi.
Non mi sorprende. Non credo che questo villaggio sia una meta tanto amata dai turisti.
Il vecchio ci offre una chiave e seguo Alisa al piano di sopra.
“Primo piano, camera di destra. Non possiamo sbagliare, ha detto.”
La scala cigola in maniera inquietante sotto i nostri passi e ho come l’impressione che nessuno debba esserci passato per molto tempo. 
Arriviamo al piano di sopra e davvero non possiamo sbagliare, dato che ci sono soltanto due porte, una a destra e una a sinistra. 
Alisa apre la nostra camera ed entriamo. È una stanzetta minimale, con due letti gemelli, due comodini, un piccolo comò. L’aria a dire il vero puzza un po’ di chiuso, ma posso sorvolare. 
Alisa lascia lo zaino a terra, si toglie guanti, cuffia e sciarpa e va a dare un’occhiata al bagno. Torna indietro con una smorfia.
Mi avvicino a vedere anche io e sospiro. Non è esattamente il migliore bagno d’albergo che abbia visto, ma…
“Ho visto di peggio.” commento a voce alta per cercare di sdrammatizzare un po’.
“Spero che… tutto questo ne valga la pena.” commenta Alisa togliendosi il cappotto e andando a sedersi su uno dei lettini. Si rabbuia un po’ e abbassa lo sguardo “Insomma, mio padre non ha un carattere facile. È vero che non conosco tante famiglie e di certo i Mishima non sono l’emblema della normalità, ma… mio padre non mi ha nemmeno lasciato un indirizzo dove poterlo trovare. Non credo neanche questa sia una cosa tanto normale!”
Non posso fare a meno di notare una sottile nota di rancore nelle sue parole.
Scuoto la testa. Inutile mentire. Neanche io sono nella posizione di poter vantare parentele normali, ma Alisa ha ragione, neanche la sua situazione è affatto normale.
“L’unico contatto che ho di mio padre è un numero di casella postale.” continua lasciandosi cadere all’indietro sul letto e guardando il soffitto “... e delle lettere ogni due mesi circa.” dice con un soffio “E ci sono così tante cose che non so di lui… mio padre è sempre stato un mistero.” poi mi guarda un po’ preoccupata “Lars… non sono sicura che accetterà di aiutarci.”
“Non ti preoccupare. Noi faremo del nostro meglio per convincerlo.” sorrido cercando di sembrare rassicurante “E se non funzionerà, per lo meno ci avremo provato!” 
Alisa annuisce e torna a guardare il soffitto.
Qualche decina di minuti dopo scendiamo di nuovo nel locale con l’intenzione di indagare per scoprire dove può risiedere il dottor Bosconovitch. Stando alle indicazioni di Lee, o Violet, che dir si voglia, sappiamo per certo che si trova qui da qualche parte nei dintorni, ma non abbiamo idea di dove sia.
Alisa chiede informazioni all’uomo al bancone. Non sono ovviamente in grado di capire la sua domanda, ma posso comunque captare il nome Bosconovitch e a quel punto noto un sussulto nel vecchio della locanda.
Si ferma, alza lo sguardo, guarda Alisa a bocca aperta e risponde qualcosa biascicando le parole.
“Che succede?” chiedo a bassa voce.
“Dice… che non ha mai sentito quel nome.” mi traduce Alisa con aria diffidente.
Guardo il vecchio con sospetto. Sembra quasi spaventato.
“Ha reagito in modo piuttosto strano.” commento a voce alta.
Alisa alza le spalle.
“In realtà non mi sorprende.” ammette con un po’ d’amarezza “Papà è un tipo che potrebbe incutere un certo tipo di timore nelle persone… ed è probabilmente lo scienziato pazzo del villaggio.”
Riusciamo all’esterno e riprendiamo a camminare lungo le strade.
“Ci fermeremo ad ogni tipo di attività.” dice Alisa “Prima o poi troveremo qualcuno che abbia il coraggio di dirci dove si trova, no?!”
Ma dopo aver provato in un ufficio postale, un negozio di ortaggi, in un chiosco di giornali e in una sartoria e avendo ricevuto reazioni tutte simili a quella del vecchio della locanda, iniziamo a perdere un po’ le speranze.
“Di questo passo non riusciremo a trovarlo neanche se bussassimo ad ogni casa del paese…” brontola Alisa con disappunto.
“Alisa…” dico io a quel punto notando qualcosa di molto strano. Davanti a noi si è appena fermata una donna di mezza età che ci osserva, o meglio, osserva Alisa come se stesse vedendo un fantasma.
“A… Alisa?” ripete la donna.
Alisa si volta e la guarda incerta.
La donna impallidisce, indietreggia e per poco non perde l’equilibrio.
“Ti… conosce?” chiedo perplesso.
“Sembrerebbe, ma io non ho idea di chi sia.” mormora. 
A quel punto però Alisa avanza e le fa qualche domanda in tono educato. La donna la guarda sconcertata, deglutisce e scuote la testa.
Alisa continua con la frase che ormai ho imparato a riconoscere.
“Stiamo cercando il dottor Bosconovitch. È molto importante, può aiutarci?”
La donna la guarda ancora, con occhi vacui, poi si volta e alza tremolante un dito verso la fine della strada. Dice qualcosa.
Bene, forse ci siamo!
Detto questo, la donna prende le mani di Alisa, la guarda per un momento, con gli occhi che le si riempiono di lacrime e improvvisamente si allontana velocemente, lasciandoci senza parole.
“Cosa... è appena successo?” mi chiedo a voce alta.
Alisa la segue con lo sguardo, poi abbassa gli occhi, con un’espressione un po’ triste.
“Alisa?” chiedo “Cosa ti ha detto?”
“Mi ha detto di seguire quella strada… e di cercare una casa nella foresta.” risponde a bassa voce.


Per tutto il tragitto lungo la foresta non parliamo dello strano episodio con quella donna, ma sono assolutamente certo che Alisa abbia capito meglio di me che cosa sia successo. Per qualche ragione però, non sembra a suo agio nel volerne parlare. E io decido di rispettare la sua decisione.
Quando raggiungiamo quella che con tutta probabilità è la dimora del dottor Bosconovitch ormai il sole è tramontato e con l’oscurità l’edificio assume un aspetto ancora più spettrale di quello che dovrebbe avere di mattina. 
È una casa molto grande, antica, tetra, quasi un piccolo castello dall’aspetto minaccioso. Ha diversi piani e una moltitudine di finestre. Sono quasi tutte buie, fatta eccezione per un debole lume che si intravede in una delle finestre dei piani più alti.
“È proprio… nello stile di mio padre.” mormora Alisa osservando la dimora.
“Tuo padre ha un’inclinazione per l’horror?” chiedo a mo’ di battuta, dato che questa potrebbe passare per la casa delle vacanze di Dracula.
“Qualcosa del genere.” risponde lei.
Arriviamo davanti al portone e Alisa muove il battente in ferro. È talmente impolverato e incrostato di ruggine che mi sorprende che sia ancora in grado di muoversi. È come se non lo toccasse nessuno da almeno vent’anni. Immagino che il dottore non riceva spesso delle visite.
I tonfi contro l’enorme porta di legno risuonano minacciosi, ma non arriva nessun suono dall’interno della casa.
“Forse… non è in casa.” ipotizzo.
“Mio padre non esce mai di casa.” risponde Alisa con sicurezza.
“Beh, immagino che in Antartide doveva essere così, ma magari…”
“È molto vecchio e debole.” riprende Alisa con sguardo basso “E ha un numero illimitato di allergie. Odia stare in giro all’aria aperta quando non è necessario.”
Sospiro.
“D’accordo, allora è chiaro che non intende avere visite.” dico “Che facciamo?”
Alisa alza lo sguardo e osserva i piani superiori della casa.
“Il ramo di quell’albero è abbastanza vicino alla finestra laterale…” ragiona a voce alta “Se riuscissimo ad arrampicarci fin lassù e a sfondare il vetro dovremmo poter entrare facilmente.”
La guardo sgranando gli occhi. Non riesco a credere che sia seria!
“Alisa?! Vuoi davvero irrompere in questo modo in casa di tuo padre?!” chiedo perplesso “Come se fossimo… dei ladri?!”
Lei sorride.
“È anche casa mia dopotutto, non è così sbagliato.” risponde “E mio padre non se la prenderà per un vetro rotto! Quando mi vedrà sono certa che sarà felice e ci perdonerà.”
“Ma…” cerco di replicare.
“Lui mi ha insegnato a ragionare in questo modo.” continua Alisa tornando ad osservare la finestra bersaglio “A trovare sempre una soluzione ad ogni ostacolo che si pone tra me… e il mio obiettivo.”
Poi mi guarda ancora con un piccolo sorriso.
“Sei… sei davvero sicura?” chiedo.
Lei annuisce con decisione.
“D’accordo.” mi arrendo “Seguiamo il tuo piano.”
Ha ricominciato a nevicare. 
Seguo Alisa che si issa agilmente sul primo ramo dell’albero. Lo strato di neve che ricopre la superficie dei rami non semplifica le cose, dobbiamo muoverci molto cautamente per non scivolare giù. 
Alisa si sposta con un balzo sul secondo ramo, si aggrappa con le braccia poi dandosi lo slancio con le gambe riesce a sollevarsi su, rimanendo inginocchiata sull’albero. 
“Tuo padre ti ha insegnato anche questo?” chiedo, stupito davanti a tanta agilità.
Lei mi guarda con un sorriso triste.
“Ho fatto questo genere di esercizi per tutte le mattine della mia infanzia e adolescenza.” ammette “Dovevo essere pronta a difendermi in ogni modo nel caso… ce ne fosse la necessità.”
La seguo sul secondo ramo, mentre lei sta già scalando il terzo.
“Di cosa aveva paura tuo padre esattamente?” continuo “Veramente era solo perché temeva potessi ritrovarti in mezzo ad una terza guerra mondiale?!”
Alisa si alza in piedi sul ramo.
“Qualcosa del genere.” risponde vaga, poi osserva la finestra a pochi metri da lei “Da qui dovremmo riuscire a raggiungere la finestra.” 
Si tira su il cappuccio del parka.
“Cosa… hai intenzione di fare?!” chiedo, mentre la guardo prepararsi a saltare “Alisa, aspetta!”
Ma Alisa si è già tuffata in avanti contro la finestra, con le braccia incrociate davanti al viso, a mo’ di protezione. Il vetro si frantuma con fragore, spargendo cocci tutto intorno.
“Alisa!” la chiamo ancora preoccupato, sentendo il cuore che accelera.
Lei, con un’abile capriola in avanti, si rialza sul pavimento della casa e si scuote per far cadere i frammenti di vetro dal cappotto.
“Sto bene.” conferma voltandosi verso di me come se niente fosse “Per fortuna abbiamo guanti, cuffia e vestiti invernali a proteggerci!”
Tiro un sospiro di sollievo e mi preparo a copiare il suo salto. Raggiungo il davanzale, facendo attenzione a non calpestare i frammenti di vetro più grossi, che mi farebbero scivolare. Facendo attenzione a non toccare quel che resta della finestra, mi infilo all’interno della casa, raggiungendo Alisa.
“Alisa… sei matta, avresti potuto farti molto male.” mi avvicino togliendole un frammento di vetro dalla cuffia.
Lei mi rivolge un goffo sorriso e si sfila il cappotto ancora coperto da frammenti e polvere di vetro.
“Dobbiamo portare a termine la missione.” dice come se fosse una timida giustificazione, poi lascia cadere il parka a terra “Forse è meglio lasciare qui i cappotti e il resto, per non rischiare di farci male con le schegge di vetro.”
Annuisco e faccio come lei.
Non abbiamo neanche il tempo di guardarci intorno e di esplorare la stanza completamente buia, che subito sentiamo dei forti rumori metallici, come dei pesanti passi ritmati che si avvicinano pericolosamente.
“Cosa diavolo è questo rumore?!” chiedo allarmato guardandomi intorno lasciando cadere il cappotto ai miei piedi.
“Jack!” esclama Alisa rimanendo all’erta. 
Io non ho la minima idea di che cosa significhi.
La stanza è in completa oscurità, fatta eccezione per l’area dietro la finestra, dove ci troviamo, debolmente illuminata dalla luna.
“Jack?!” ripeto confuso.
“Una delle invenzioni più riuscite di papà.” spiega Alisa “È un modello di soldato meccanico. Ti prego, Lars, fai attenzione.”
“Un soldato… meccanico?!” ho il tempo di dire. 
“Lars giù!” urla Alisa spingendomi a terra.
Il pugno di un braccio metallico arrivato da chissà dove nell’oscurità fende l’aria sopra la mia testa. Io sgrando gli occhi dalla sorpresa e dalla paura.
“Presto, scappiamo!” insiste Alisa tirandomi su per un braccio. 
Goffamente mi rialzo in piedi e la seguo, sgattaiolando alla cieca verso la parte sinistra della stanza.
Sento il robottone che ci segue e parte per un nuovo attacco. Riesco a schivarlo, ma a quel punto mi rendo conto che non è un solo Jack a seguirci, ma riesco a distinguere i passi di almeno tre di loro. È a quel punto che inizio a preoccuparmi sul serio.
“Alisa, come facciamo a fermare questi cosi?!” 
Schivo gli attacchi e cerco di seguirla nell’ombra. I robottoni sono alti e incredibilmente pesanti, tanto che ho l’impressione che il pavimento si pieghi sotto ogni loro passo. 
Alisa non mi risponde, ma è chiaro che non si possono fermare. Affrontarli in una sfida corpo a corpo è lo stesso fuori discussione, sarebbe come prendere a pugni un'auto per evitare che ti investa. L’unica via d’uscita sarebbe riuscire ad evitarli abbastanza a lungo da riuscire a metterci al riparo da qualche parte. Fortunatamente i loro movimenti sono piuttosto lenti e legnosi, quindi se evitiamo di fermarci forse saremo in grado di fuggire.
Riesco a ritrovare Alisa, mi prende per un braccio.
“Da questa parte!” esclama trascinandomi in quella direzione. 
La seguo camminando nell’oscurità, mano nella mano, mentre i Jack ci seguono a passi ritmati sempre più veloci. I miei occhi iniziano ad adattarsi al buio, ma è comunque ancora troppo scuro per avere una visione chiara di ciò che ci circonda.
Come diavolo riesce Alisa a muoversi in maniera così spedita?
Non ho il tempo di chiederglielo, ovviamente, ma arriviamo presto davanti ad una parete.
“C’è una porta!” esclama Alisa e poi sento dei rumori come di tasti che vengono premuti.
Tocco la superficie della porta con una mano, è metallica, come una porta di un ascensore. 
C’è una sorta di tastierino numerico. Alisa digita qualcosa e la porta si apre, rientrando lateralmente dentro alla parete. 
“Per fortuna papà utilizza sempre la stessa password!” dice mentre entriamo dentro alla nuova stanza. 
La porta metallica si richiude dividendoci dall’esercito di Jack.
Anche la nuova stanza è completamente buia, ma per lo meno c’è silenzio e non sembrano esserci minacce imminenti.
“Tuo padre ha dei sistemi molto particolari di antifurto!” commento riprendendo fiato.
E questa casa pure non è quello che mi aspettavo. Insomma, una casa in pieno stile gotico ottocentesco con porte elettroniche e soldati meccanici che fanno la guardia!
“Mi sembrava di essere finiti in un episodio di quella serie TV che vi piace tanto.” aggiungo.
“Non hai tutti i torti!” commenta Alisa ridacchiando “Andiamo” dice poi facendomi strada.
Ma abbiamo il tempo di fare giusto qualche passo, quando improvvisamente scatta un allarme assordante e una luce lampeggiante rossa illumina ritmicamente la stanza. 
“Oh merda…” mi lascio sfuggire.
Che diavolo succede adesso?!
Finalmente, grazie alla luce rossa, sono in grado di avere un’impressione della stanza in cui ci troviamo. Sembra un lungo corridoio, le pareti sono spoglie e ricoperte di lamiere metalliche.
“Cosa…” ho il tempo di farfugliare, prima che una botola nel pavimento si apra esattamente sotto il punto in cui c’è Alisa.
Lei urla e inizia a scivolare nel vuoto sottostante.
“Alisa!” urlo.
Alisa perde la stretta con la mia mano e finisce giù inghiottita dal buio.
Mi butto a terra e cerco di riafferrarla con entrambe le braccia, ma è tutto inutile, ormai è caduta.
“Alisa!!!” urlo ancora con tutto il fiato che ho in gola.
Sto per calarmi giù anche io per seguirla, ovunque sia finita, ma la botola si richiude di colpo, impedendomi di passare.
“Nooo!” sbraito colpendo violentemente il pavimento.
L’allarme continua imperterrito, coprendomi la voce, e sento che la porta metallica che mi separa dall’esercito di soldati meccanici si riapre.
Subito mi rialzo e mi volto, vedendo il primo Jack fare capolino oltre la porta.
“Dannazione…” sibilo tra i denti.
Mi volto e mi metto a correre lungo il corridoio, la luce intermittente mi permette di avere una vaga idea della traiettoria che sto seguendo e di non finire contro il muro. 
Lungo questo corridoio ci sono diverse porte, tutte metalliche, tipo quella della prima stanza, e tutte accompagnate da un tastierino numerico. Insomma tutte le porte sono sigillate da una password che solo Alisa conosce! I Jack continuano a seguirmi con i loro pesanti passi meccanici, il suono dell’allarme mi rimbomba nelle orecchie, la preoccupazione per Alisa mi divora dall’interno. 
Noto a quel punto che il corridoio è costellato di telecamere, che si muovono al mio passaggio, seguendo i miei movimenti.
“Aiuto!!” cerco di urlare rivolto alle telecamere mentre corro a perdifiato “Dottor Bosconovitch! Alisa! Sua figlia… sua figlia Alisa è qui!”
Arrivo alla fine del corridoio e freno la mia corsa, spingendo entrambe le mani contro la parete, come in un disperato tentativo di spingerla e spostarla. 
Inutile, ovviamente la parete è ben salda. Mi volto e mi appiattisco contro il muro, guardando i Jack camminare pericolosamente verso di me. 
È finita, penso con il cuore in gola. Non ho alcuna possibilità di salvarmi.
Guardo una delle telecamere puntate verso di me.
“È sua figlia!!” urlo ancora con tutto il fiato che ho in gola “Alisa Bosconovitch!!”
Ma niente. Non sono neanche sicuro che chi sia dietro quelle telecamere abbia la possibilità di sentirmi.
Guardo ancora i Jack, ancora qualche secondo e mi raggiungeranno. Soltanto pochi metri mi separano dalla mia ormai inevitabile morte. 
Sto per arrendermi al fato, quando noto una piccola finestra di un condotto di areazione, poco più indietro della telecamera. È coperta da una griglia di metallo ed è piuttosto stretta, ma dovrebbe essere alta abbastanza da permettermi di infilarmici dentro.
Non ho il tempo di stare a contemplare troppo l’idea, spinto da un’improvvisa scarica di adrenalina, mi lancio contro la finestrella. Mi appendo alla griglia con entrambe le mani, con tutta la forza che ho in corpo e facendo leva con le gambe piantate contro il muro, spingo in un tentativo disperato.
Lancio un urlo per scaricare la tensione e incredibilmente riesco a staccare la griglia, finendo a terra sul pavimento. Ho giusto qualche paio di secondi per dare un’occhiata ai Jack, che ormai mi hanno quasi raggiunto. Con uno scatto improvviso torno ad alzarmi e salto per issarmi su per quella finestrella. Ce l’ho quasi fatta e cerco di scivolare lungo il condotto, quando mi sento afferrare per una scarpa.
Lancio un urlo di rabbia. 
Sento che il Jack inizia a tirarmi giù e mi stritola il piede con una forza bruta. Mi aggrappo ad un tubo che corre lungo il soffitto del condotto. Per fortuna è saldo abbastanza da permettermi di fare un po’ di resistenza, anche se non sarò in grado di resistere a lungo.
Cerco di scalciare via la presa del soldato meccanico, ma è impossibile liberarmi, riesco a malapena a muovermi.
Lancio un altro grido disperato di dolore, mentre il Jack rafforza la sua presa e mi frantuma le ossa del piede sotto la sua stretta meccanica.
A quel punto però, mi viene una nuova idea. Senza stare troppo a rifletterci, lascio la presa con la mano sinistra e mi piego all’indietro, cercando freneticamente di sfilarmi lo scarpone. È l’ultima carta che posso giocarmi. Se non funziona questo sono spacciato. 
Riesco a slacciarmi la scarpa e tiro su il piede. Il dolore straziante del piede fratturato mi fa esplodere in un nuovo grido di disperazione, ma cerco di resistere e sfilo il piede dalla scarpa, che si accartoccia sotto la presa di Jack.
Ce l’ho fatta. Col cuore martellante, cerco di trascinarmi in avanti con le braccia il più rapidamente possibile. 
Sento il Jack che scaraventa via la mia scarpa vuota e infila un braccio meccanico all’interno della fessura per cercare di riafferrarmi. Continuo a muovermi camminando in avanti sui gomiti il più velocemente possibile, trascinandomi il piede fratturato a peso morto.
Uno strano rumore metallico mi suggerisce di voltarmi per un secondo e scorgo il braccio meccanico che si allunga e cerca pericolosamente di raggiungermi. Continuo a muovermi in avanti, spinto dalla forza della disperazione.
Il braccio sembra aver raggiunto il massimo dell’estensione, la mano si piega all’indietro e inizia a sentirsi un bip ritmato, sempre più veloce, come una sorta di timer.
Stringendo i denti continuo a camminare il più velocemente possibile, fino ad arrivare ad un bivio nel corridoio, mi trascino a sinistra, scelgo una direzione a caso e non mi fermo, continuo ad avanzare. 
Il timer arriva alla fine del suo conteggio e il condotto viene attraversato da una violenta sfiammata viola, che fortunatamente non riesce a raggiungermi, se non per l’ondata di calore che mi fa accapponare la pelle.
Non mi fermo, continuo ad avanzare a ritmo frenetico. Dopo qualche decina di metri, avanzando di nuovo nell’oscurità più totale, non sento più i rumori dei Jack e anche il suono dell’allarme si è fatto più lontano. È ancora presto perchè mi senta al sicuro però. Non posso escludere di ritrovarmi davanti qualche altro tipo di trappola mortale da un momento all’altro. 
Devo tra l’altro riuscire a raggiungere Alisa, ovunque sia finita! Devo riuscire a passare nei piani inferiori della casa, o ovunque Alisa sia caduta, e certamente non sarà semplice farlo passando da un condotto di aerazione.
Appena mi accorgo di essere davanti ad un’altra griglia, la afferro con le mani e cerco di spingere con tutte le forze. È un po’ più difficile farlo stavolta, data la mia posizione non ottimale e l’impossibilità di fare leva opponendo il piede rotto, ma dopo il decimo tentativo riesco finalmente a spingerla via sul pavimento. 
Tiro fuori la testa per dare un’occhiata. È un’altra stanza buia, ma dalla luce che filtra dalla finestra riesco a scorgere dei mobili, come delle librerie e delle poltroncine impolverate.
Non ho lo spazio per potermi girare, ma fortunatamente una di quelle poltroncine è proprio sotto il condotto, quindi potrò provare ad atterrare lì per evitare di ferirmi ulteriormente.
Mi spingo in avanti e riesco a cadere sulla poltrona, come pianificato, ma finisco subito dopo rovinosamente a terra, riuscendo comunque ad attutire la caduta con le mani. 
Il piede fratturato urta lo schienale della poltrona, facendomi avvertire una terribile fitta che sento penetrare fino al midollo. Soffoco un lamento di dolore e chiudo gli occhi, cercando di ignorare quelle sempre più dolorose dolorose pulsazioni. 
Riapro gli occhi poco dopo e mi trascino verso la finestra, dove c’è una maggiore visibilità. Sfilo la calza del piede infortunato e osservo il disastro. Il piede è gonfio e violaceo. Devo avere diverse fratture all’altezza del tarso e del metatarso.
Digrigno i denti. Alla faccia della legittima difesa, Bosconovitch!
Tiro fuori un coltellino dalla tasca e strappo la calza, improvviso una sorta di fasciatura provvisoria, stringendola forte attorno al piede. In questo modo forse riuscirò a muoverlo più facilmente.
Avrei potuto usare un pezzo di tenda, se solo non fosse così impolverata. Sembra che questa stanza non veda pulizie da almeno dieci anni. Bosconovitch non potrebbe addestrare i suoi Jack anche come robot da pulizie piuttosto che antifurti mortali? 
Torno a guardarmi intorno e intravedo una candela su un mobile vicino alla finestra. È una candela bianca, quasi del tutto consumata, ma forse è ancora utilizzabile.
Facendo attenzione, mi alzo cercando di caricare il peso del corpo solo sul tallone, e mi trascino a fatica verso il mobile. Prendo la candela e tiro fuori il mio accendino militare. Un alone di luce finalmente illumina debolmente il resto della stanza.
Come avevo già intuito, si tratta di una sorta di vecchia biblioteca e sulla parete opposta a quella della finestra c’è una porta, una normale porta di legno, non come quelle automatizzate di poco fa. 
Cammino lentamente verso quell’uscita, illuminandomi il cammino con la candela. 
Quando finalmente raggiungo la porta, afferro cautamente la maniglia, poi spingo appena, per aprire un varco di soli due centimetri. La porta dà su un altro corridoio buio, con varie porte di legno. Ha un aspetto diverso però rispetto al corridoio di prima. Le pareti sono coperte da una carta da parati a fiori e sono appesi vari quadri e ritratti. Questa parte dell’abitazione ha decisamente un aspetto più ‘casalingo’ rispetto a quello di poco fa.
La situazione sembra tranquilla, c’è silenzio e tutto sembra fermo. Non ci sono neanche videocamere appese al soffitto. 
Sempre molto cautamente spingo la porta per allargare il varco, poi esco lentamente sul corridoio e infine richiudo la porta alle mie spalle. 
Nessun allarme e nessun rumore di Jack. 
Bene, posso cercare Alisa adesso. Ho bisogno di raggiungere delle scale o qualcosa che mi permetta di scendere ad un piano inferiore. Il corridoio sembra essere cieco, sia da un’estremità che dall’altra, ci sono solo queste numerose, anonime porte.
Apro la prima e guardo al suo interno, illuminando l’interno con l’aiuto della candela. Un’altra biblioteca, librerie e scaffali ovunque, ma nessuna scala o ascensore. 
Chiudo e passo alla porta successiva. La apro e faccio luce su una sala semi spoglia con un grande pianoforte a coda e un lampadario di cristallo che pende dal soffitto. 
Niente di utile per la mia ricerca, chiudo e mi trascino claudicante verso la porta successiva ancora.
Faccio irruzione in una vecchia camera da letto, un bagno, altre due biblioteche, ma ancora niente scale. 
Arrivo dunque alla penultima porta del corridoio, la apro, accosto la candela per illuminare l’interno e scorgo l’ombra di un altro letto a baldacchino, un’altra camera da letto. Faccio per richiudere la porta e passare alla successiva, se ci sono delle scale, devono per forza essere dietro quell’ultima porta, quando improvvisamente noto qualcosa di strano che mi convince a dare una seconda occhiata a quella stanza. 
Tutte le stanze che ho controllato finora avevano qualcosa in comune, erano tutte impolverate e abbandonate come se nessuno ci mettesse piede da anni. Questa camera da letto invece è pulita e ben tenuta. Entro dentro e mi guardo meglio intorno. La trapunta a fiori è pulita e ben stirata sul letto. Alla mia sinistra c’è una scrivania con un mobile con diverse mensole, con vari oggetti e fotografie. Sull’altro lato della stanza c’è un grande armadio e delle mensole con una collezione di bambole di porcellana. 
A prima vista sembrerebbe la stanza di una ragazzina. Possibile che ci viva qualcuno qui dentro?
Mi avvicino alla scrivania. La superficie del legno è lucida e pulita. C’è quello che sembra un album fotografico adagiato sul piano. 
Allungo cauto una mano, indeciso se sfogliarlo o meno. 
Potrebbe aiutarmi a capire in che razza di posto sono finito e perché questa stanza è così diversa dalle altre, ma allo stesso tempo è come se stessi andando a ficcare il naso negli affari privati di persone estranee e la cosa mi mette a disagio.
Sollevo la copertina e inizio a curiosare tra le prime pagine. Come avevo pensato, è un album di fotografie. Le prime foto, secondo le date annotate a fianco, risalgono alla fine degli anni ‘50. Sono delle foto di famiglia, ma la maggior parte di queste ritrae una bambina piccola e i suoi genitori. Sarà la famiglia Bosconovitch? E la bambina sarà la proprietaria di questa stanza? Se queste foto sono degli anni ‘50 dovrebbe essere piuttosto avanti con l’età a questo punto, ma Alisa non ha mai parlato di altri parenti oltre a suo padre. È davvero possibile che questo sia Bosconovitch e che Alisa abbia una sorella molto più grande di cui non ha mai parlato?
Continuo a sfogliare le pagine. Si passa agli anni ‘60, la bambina cresce, ci sono i primi giorni di scuola, le lezioni di danza classica, le foto dei compleanni con amici e parenti, le foto a Mosca alla piazza rossa. C’è qualcosa che non va però in queste immagini, qualcosa di disturbante che mi sta lentamente facendo gelare il sangue nelle vene. Continuo a sfogliare le pagine, con la mia crescente agitazione. Arriviamo ai ‘70, la ragazza inizia le scuole superiori e il mio sospetto è sempre più forte, pagina dopo pagina, foto dopo foto, anno dopo anno. 
Arrivo all’ultima foto, datata 1974, la sollevo con dita tremanti per guardarla più da vicino.
“Non… può essere…” mormoro con un soffio. 






NOTE:
Capitolo decisamente "particolare", dato che è di un genere un po' diverso rispetto allo slice of life predominante nel resto della storia. Spero abbiate apprezzato nonostante appunto questa piccola differenza.

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Capitolo 39
*** Cursed Superhero (Jin) ***


39
Cursed Superhero
(Jin)

Do un’occhiata all’orologio da polso e inspiro spazientito. Poi torno ad affacciarmi dentro casa.
“Asuka!” la chiamo a gran voce “Vuoi muoverti?! Si sta facendo tardi!”
Dal piano di sopra arriva un forte boato, come se il contenuto di un intero cassetto fosse stato appena riversato sul pavimento.
“Sei liberissimo di andartene senza di me se devi stare a rompere!” mi risponde da su con voce stizzita che riecheggia per tutto il salone “Te l’ho già spiegato! Devo trovare il mio compito! Senza compito non posso andare a scuola!”
“Sai benissimo che non posso semplicemente prendere e andarmene!” rispondo a quel punto.
Perché sì, in qualità di cugino maggiore ci si aspetta, o per lo meno mia madre si aspetta, che mi assicuri che quel disastro a rischio bocciatura di Asuka non si assenti da scuola di nascosto. Cosa che, a quanto pare, ha già fatto almeno cinque volte negli ultimi due mesi.
Non so se credere ad Asuka. Non so se questa ricerca di storia effettivamente esista e sia stata davvero così stupida da averla persa chissà dove o se questa sia semplicemente tutta una scusa per cercare di marinare un’altra volta la scuola. Non lo so e non mi interessa. Quello che mi interessa è che se oggi Asuka dovesse saltare la scuola avremmo scocciature entrambi, e io non ho assolutamente intenzione di avere nuove scocciature.
“Asuka, se non scendi tra cinque minuti, con o senza ricerca vengo a prenderti di peso!” la avverto con tono drammatico.
“Certo, come no! Come se ne fossi capace!” sbotta con una finta risata “Dovrai prima mettermi a KO per poterlo fare e non credo che tu sia in grado di farlo! Sarai pure grande e forzuto, ma io sono decisamente più agile e più svelta di te!”
Roteo gli occhi e scuoto la testa. È incredibile!
“Cinque minuti!” ripeto prima di chiudere la porta con un colpo secco.
Mi appoggio di schiena al pilastro a fianco all’ingresso e aspetto a braccia conserte. So già che i cinque minuti diventeranno almeno dieci e sì, probabilmente dovrò davvero trascinarla a scuola di peso, ma sarò pronto a farlo.
In questo momento, non avrei mai pensato di dirlo, ma vorrei che Alisa fosse qui. Potrei delegare a lei il compito di badare ad Asuka per oggi, e probabilmente con la sua voce pacata e gentile sarebbe pure in grado di convincere Asuka a mettersi l’anima in pace e andare a scuola.
Sospiro. È strano essere tornati ad essere solo io e Asuka. Lars e Alisa sono ancora in viaggio e non abbiamo loro notizie da quando sono partiti. Non so neanche di preciso dove siano o su che cosa stiano indagando esattamente. Mi chiedo se saranno davvero in grado di trovare qualche informazione utile per incastrare Heihachi.
Mentre vago tra i miei pensieri mi accorgo di non essere del tutto solo.
Aggrotto le sopracciglia osservando Devil, uno dei cani di Kazuya, che mi fissa in silenzio da oltre la recinzione.
“Che hai da guardare bestiaccia?” borbotto.
Non posso fare a meno di notare che ci sia qualcosa di un po’ insolito in quella bestia. Prima di tutto è solo, non ci sono i suoi due compagni a fargli da spalla, e quei tre dannati mostri non si separano quasi mai. Secondo, il modo in cui mi guarda è un po’ diverso dal solito.
In genere ho l’impressione di essere soltanto una semplice bistecca che cammina davanti ai suoi occhi, ma oggi… non so, ho l’impressione che ci sia qualcosa di diverso in quegli occhi iniettati di sangue.
Intendo dire, è sempre minaccioso e spaventoso, ma… è quasi come se… ci fosse qualcosa di ancora più inquietante del solito. Ho l’impressione di trovarmi davanti ad una vera e propria creatura dell’inferno che mi guarda con un nonsoché di… intelligente. E il solo pensiero è tanto assurdo quanto raccappricciante.
“Che diavolo ti prende oggi, Devil?” chiedo sinceramente stranito.
Inizio a camminare lentamente verso la rete. Il cane non cambia atteggiamento, continua a guardarmi intensamente, respirando con un soffio lento e regolare. Le fauci sono leggermente aperte, mostrando le punte dei denti affilate come spade e nei suoi occhi brilla una inquietante luce demoniaca.
Devil, il più grosso dei tre cani di Kazuya, è anche quello che dei tre ho sempre trovato più terrificante. Non so spiegare bene perché, ma c’è qualcosa di terribilmente oscuro in quella specie di lupo. È una strana e inspiegabile percezione, ma è come se quella bestia transgenica fosse una dannata incarnazione del male.
Raggiungo la recinzione, il cane continua a fissarmi, con un ringhio basso e grave. Sollevo cautamente una mano e l’allungo verso il suo muso.
Quegli occhi, che ardono di primitiva malvagità, stanno come stabilendo un contatto con me.
“Sto… uscendo fuori di testa, vero?” penso con un principio di smorfia, come se stessi davvero comunicando telepaticamente con Devil.
“Anni di negatività accumulata… pressioni su pressioni… un normale essere umano non può sopportare tutto questo e rimanere sano…”
Sto per sfiorare il muso del cane, sono a pochi millimetri dal suo pelo, riesco a sentire la sensazione del soffio caldo sulle mie dita, quando improvvisamente si ritrae.
Aguzza le orecchie, si gira da qualche parte alla mia sinistra, poi si fionda di colpo verso l’entrata del giardino con un tipico comportamento da… cane.
Ritraggo la mano, confuso e un po’ imbarazzato. Per un attimo ho seriamente creduto di trovarmi davanti ad una specie di demone con un’intelligenza più alta di quella di un cane?!
O era semplicemente tutto frutto della mia fantasia, una proiezione della mia personale negatività sull’essere più demoniaco che conosco?
Quegli altri due idioti di Azazel e Ogre intanto lo seguono a ruota, arrivando da chissà dove.
Mi volto per capire quale sia la ragione della loro reazione e… lo vedo.
Uno strano individuo, con cappello, occhiali scuri e impermeabile a circa metà strada del vialetto che porta davanti all’ingresso di casa.
La persona sconosciuta non sembra lasciarsi intimidire dalla presenza delle belve oltre la rete, ma di certo reagisce una volta notata la mia presenza.
Mi schiarisco la voce e cerco di assumere un’espressione normale.
“Posso aiutarla in qualche modo?” chiedo ad alta voce.
In condizioni normali non sarebbe così assurdamente strano vedere uno sconosciuto nel vialetto di casa. Quella parte del giardino fino al patio davanti all’ingresso è aperta così che la gente possa entrare e arrivare a suonare il campanello di casa. Le circostanze di questa strana visita però sono parecchio insolite.
Non solo per l’abbigliamento assurdo, classico travestimento da chi non vuole farsi riconoscere, ma soprattutto per il fatto che invece di rispondere alla mia domanda, la persona sconosciuta gira i tacchi e inizia a camminare nervosamente verso il cancello.
In quel momento la porta di casa si apre e mi raggiunge anche Asuka.
“Eccomi! Il foglio era caduto sotto al letto e non me ne ero accorta!” dice uscendo in giardino con lo zaino in spalla.
Si blocca di scatto notando prima la mia espressione e poi l’intruso, che nel mentre, accorgendosi della presenza anche di Asuka, si volta di nuovo e decide poi di accelerare la sua fuga.
“Che succede?!” mi chiede Asuka lanciandomi un’occhiata confusa “Chi è?!”
Alzo le spalle.
“Non lo so, andiamo a chiederglielo.” rispondo prima di mettermi a seguire a passo svelto la persona.
E ho il presentimento che non porterà a niente di buono.
Perché sempre a me?! Perché non posso mai avere una giornata normale?!
Asuka annuisce, chiude la porta e mi segue.
“Hey! Fermati!” esclama mia cugina con fare minaccioso “Chi diamine sei?! Che ci fai nel nostro giardino?!”
“Andiamo Asuka… magari ha semplicemente sbagliato casa.” rispondo a denti stretti “Non saltiamo a conclusioni affrettate prima di avergli parlato.”
“Oh certo! Sbagliato casa! E allora perché starebbe scappando senza rispondere?!” risponde mia cugina alzando progressivamente la voce.
La persona accelera.
“Hey! Vogliamo solo parlarti…” intervengo io ad alta voce “Chi stavi cercando?”
Lo sconosciuto inizia a quel punto letteralmente a correre.
“Sbagliato casa! Come no!” esclama Asuka iniziando a correre a perdifiato “Che diavolo avevi intenzione di fare?!”
Senza pensarci due volte la seguo.
“Hey!” continua Asuka “Sai che così ci stai dando una serie di buone ragioni per chiamare la polizia?!”
L’individuo misterioso esce dal cancello di casa e svolta a destra. Acceleriamo e lo seguiamo, facendo slalom tra la gente.
Sì, effettivamente se fosse semplicemente qualcuno che ha sbagliato casa, perché non fermarsi e spiegare la situazione come una persona normale?
Deglutisco. E perché ho la netta sensazione che questa strana cosa abbia a che vedere con una delle trovate da pazzo di mio nonno?!
“Hey!” lo richiamo, mentre lo seguiamo dentro ad un parco giochi “Fermati per favore!”
Poi mi viene un’idea.
“Asuka…” la fermo prendendole un braccio.
“Che diavolo vuoi?!” protesta lei dimenandosi.
“Conosco questo posto come le mie tasche.” le spiego velocemente.
Ho trascorso in quel parco gran parte dei pomeriggi estivi della mia infanzia, Anna adorava sfoggiare i suoi cappelli estivi e flirtare con padri single, e io ho imparato a conoscere ogni angolo di quelle aree giochi durante le gare di nascondino con gli altri bambini della zona.
“C’è una sola altra uscita.” continuo “E possiamo raggiungerla se tagliamo saltando oltre quel muro. Se sta andando lì gli taglieremo la strada.”
Lo indico con un cenno del capo.
Asuka si illumina.
“Ottimo, che aspettiamo allora?!” mi lancia un sorrisetto d’intesa “Fammi strada.”
Senza dire altro mi incammino lungo la scorciatoia, mi arrampico sul muro e salto dall’altra parte. Asuka si muove agilmente dietro di me.
Non posso fare a meno di notare quanto sembri elettrizzata da questa situazione. Asuka vive per sentirsi l’eroina di qualche sorta di storia d’azione in cui i buoni trionfano sui cattivi.
“Asuka mi raccomando, non farti trasportare dalla tua fantasia… dobbiamo soltanto capire chi manda questa persona e perché…”
“Sta zitto e nasconditi qui!” mi zittisce lei spingendomi letteralmente dentro una siepe.
“Ma che cazzo Asuka!” protesto faticando per non perdere l’equilibrio, ma lei mi ignora e va a nascondersi dietro ad un albero sull’altro lato del sentiero.
Qualche secondo dopo iniziamo a sentire i passi in avvicinamento e la persona misteriosa compare da dietro una siepe correndo verso l’uscita.
“Hey!” Asuka salta allo scoperto piazzandosi davanti a lui.
Lo sconosciuto sobbalza, ma cerca di deviarla andando verso la mia parte. A quel punto esco e l’affronto anche io.
“Chi sei?” chiedo “Perché eri fuori da casa nostra?!”
E a quel punto succede tutto molto in fretta. La persona si spaventa, si copre il viso, già semicoperto, con una mano e cerca di calciare via Asuka. Lei arretra di qualche passo per schivare il colpo.
“Hey!” lo ammonisco “Che cazzo fai?!”
Lo sconosciuto allora prova a calciare anche me, ma io riesco a bloccargli la gamba. Allungo una mano per prendergli il cappello, riesco a spostarlo di qualche centimetro, giusto il tanto per rivelare la fronte e qualche ciocca di capelli. Un secondo dopo però lui infila le mani in tasca e tira fuori degli oggetti che getta a terra verso i miei piedi.
Iniziano a scoppiettare e io salto all’indietro per la sorpresa. Lo sconosciuto si risistema velocemente il cappello sulla testa.
“Che cazzo…” bofonchio confuso.
Ma non è finita qui, la persona toglie fuori una sorta di bomboletta che stappa e fa cadere a terra. Inizia ad uscire del fumo bianco che in men che non si dica ci avvolge completamente. Una sorta di… fumogeno da stadio?! Sul serio?
E a questo punto, mentre sto comunque per riacchiapparlo, tira fuori uno spray che… mi spruzza contro! Poi si volta e attacca anche Asuka.
“Aargh…” brontolo arretrando, mi porto le mani davanti agli occhi, ma è troppo tardi.
Inizio a tossire violentemente, con gli occhi in fiamme.
Sento Asuka gridare qualche insulto, poi inizia a tossire anche lei. Dei passi veloci intanto si allontanano. È scappato, chiunque fosse, ormai è scappato. Ma in questo momento abbiamo un problema più urgente.
“Jin?!” mi chiama Asuka da qualche parte a fianco a me.
Apro gli occhi per un attimo, mi bruciano da impazzire, ma almeno riesco ancora a vedere.
“Asuka dove sei?!” tossisco “Ha preso anche te?!”
“Sì…” mi risponde tra un colpo di tosse e l’altro.
Non riesco a tenere gli occhi aperti per più di un secondo, la cerco alla cieca continuando a tossire.
Riusciamo in qualche modo a trovarci camminando alla cieca, mi afferra un braccio e insieme ci allontaniamo da quella nuvola tossica.
Camminiamo senza riuscire a tenere gli occhi aperti per più di qualche secondo e infine ci buttiamo sull’erba, tra tosse e lacrime, aspettando di riprenderci.
“Ho… una bottiglietta d’acqua.” dice Asuka poco dopo, poi la sento armeggiare con la sua borsa.
“Riesci ad aprire gli occhi?” mi chiede.
“Solo per pochi secondi.” rispondo prendendo la bottiglietta che mi porge.
“Credo che a te abbia colpito più da vicino.” osserva Asuka “Ci… ci vedi ancora vero?”
Annuisco.
“Non mi ha accecato.” rispondo con un soffio “O almeno credo.”
Ci laviamo a turno gli occhi con un po’ d’acqua e sbattiamo le palpebre il più possibile per stimolare la lacrimazione e lavare i bulbi oculari per quanto possibile.

“Cosa tutto aveva nelle tasche?! Cosa diavolo è successo?!” borbotta poi Asuka quando riusciamo di nuovo a tenere gli occhi aperti abbastanza a lungo.
“Deve averci attaccato con uno spray urticante o qualcosa del genere… poi è scappata.” rispondo.
“Scappata?” chiede Asuka “Era una donna?”
Annuisco.
“Sono riuscito a vederla per un momento come le ho tolto il cappello.” spiego “Era una donna. Bionda. Lineamenti caucasici, direi. Ma non sono riuscito a capire di più. La maggior parte del viso era comunque nascosta.”
“Ma chi era? E che diavolo voleva?” si lamenta Asuka “E non dire di nuovo che era una che aveva semplicemente sbagliato casa perché ti sarai accorto che non è normale andare in giro con tutto quell’arsenale in tasca!”
“No, ovviamente no.” rispondo secco “Comunque non lo so, ma ho il sospetto che Heihachi c’entri qualcosa.”
“Heihachi?” ripete Asuka “Dici?”
Annuisco e tiro su col naso.
“I miei genitori stanno di nuovo cercando di incastrarlo in qualche modo.” spiego con un bisbiglio “E lui lo sa, e dubito che lui se ne starà con le mani in mano. Ti ricordi cosa è successo l’ultima volta che è venuto a farci visita?”
Asuka riflette in silenzio per qualche secondo.
“E quindi pensi che abbia mandato quella… a fare che cosa?” chiede poi.
“Non lo so…” ammetto “Ma è l’unica cosa che mi è venuta in mente.”
Mi alzo. Riesco finalmente a tenere gli occhi un po’ più a lungo. Almeno il tanto giusto per riuscire a camminare.
“Dobbiamo andare a scuola.” dico asciugandomi le lacrime con il dorso delle mani “È tardissimo.”
“Io me ne tornerei a casa!” protesta Asuka guardandomi contrariata “Insomma, siamo stati aggrediti Jin! Abbiamo il diritto di saltare la scuola per una ragione come questa!”
Cerco di prenderla per un braccio per tirarla su, ma lei si scansa.
“Dico sul serio!” insiste “E non ho intenzione di farmi vedere da tutti in queste condizioni! Guardami, non riesco a smettere di piangere!”
“Non stiamo piangendo.” la correggo.
“Qual è la differenza?!” controbatte lei “I nostri occhi non smettono di lacrimare, stiamo piangendo! Dovremmo chiamare tua madre e stare a casa per oggi.”
Tiro su con il naso e mi asciugo ancora le lacrime che imperterrite non smettono di colare.
“L’effetto starà per finire.” la tiro su di peso “Andiamo a scuola e non fare storie!” 
“Sei assurdo…” brontola dimenandosi “Il secchione più noioso che esista!”


La psicologa mi guarda con sospetto e si sistema gli occhiali sul naso. Io mi sistemo i miei.
“Come mai oggi indossi degli occhiali scuri Kazama-kun?”
“Ho una terribile allergia.” mento forzando un minuscolo sorriso “Non smetto di lacrimare da stamattina.”
“Sembra una cosa seria.” commenta lei “Sei andato in infermeria?”
Rispondo con un sorrisetto nervoso.
“Non ce n’è bisogno. Passerà.”
Sì, d’accordo l’effetto non è ancora del tutto passato e sì, comincio anche a pensare che non sia del tutto normale e col senno di poi forse oggi sarebbe stato meglio restare a casa come aveva proposto Asuka. Tra l’altro mi ero completamente dimenticato di avere un incontro-punizione con la psicologa proprio stamattina.
Non ho intenzione però, se riesco ad evitarlo, di andare a rispondere a domande scomode in infermeria. Perché penserebbero sicuramente che mi sono infilato di nuovo in qualche litigio e non ho voglia di affrontare la cosa. Per questo ho deciso di aspettare almeno fino alla pausa pranzo. Se non mi sarà ancora passato per quell’ora, andrò a farmi vedere in infermeria.
“Posso… posso dare un’occhiata?” insiste la donna, con aria un po’ diffidente.
Sospiro, smontando di colpo il sorriso.
“Perché?” chiedo forse un po’ troppo brusco “Non mi sento a mio agio, non mi va di farmi vedere nello stato in cui sono.”
“Ho paura di dover insistere, Kazama-kun.”
“Perché è così importante vedere i miei occhi?” continuo “Gliel’ho detto. Ho solo una brutta allergia!”
“Kazama-kun…” abbassa la voce e si fa seria “Devo vedere che tu non mi stia nascondendo un altro occhio nero.”
Sospiro. Me lo aspettavo, appunto. È questo quello che succede quando ti fai la fama del cattivo ragazzo.
“È questo quindi…” sussurro “Pensa che mi sia immischiato in un’altra rissa o qualcosa del genere?!”
“Kazama-kun, abbiamo già parlato di questo. Insomma, abbiamo stabilito che per sfuggire allo stress spesso sei portato a rifugiarti in delle situazioni che…”
“Non ho fatto a botte con nessuno!” asserisco alzando gli occhi al soffitto e tirando su col naso.
Tutta questa lacrimazione mi sta facendo colare il naso come non mai.
“Allora non dovresti avere problemi a sfilarti gli occhiali.” ripete lei con un sorriso amichevole.
Sospiro.
“D’accordo.” mi arrendo.
Prendo gli occhiali e me li tolgo, mostrando il mio orripilante stato.
“Vede?” chiedo.
Spero sia contenta adesso.
La donna sgrana gli occhi e si copre la bocca con una mano.
“Nessun occhio nero!” aggiungo con una smorfia.
Lei mi guarda con espressione impietrita, abbassando la mano fino al petto.
“Kazama-kun… i tuoi occhi.” mormora sgomentata.
Wow, certo. Sono brutto stamattina, ma non mi aspettavo di spaventarla in questo modo.
“Sì, gliel’ho detto che avevano un aspetto terribile.” dico un po’ confuso.
“Non credo che questa sia un’allergia.” dice lei nervosa.
Io mi irrigidisco.
“In che senso?” chiedo serio.
La donna non risponde, si alza e tira su la cornetta del telefono sulla sua scrivania.
“Kazama-kun, capisco che lo stress ti attanagli, ma questo… questo è illegale! È inaccettabile!” compone velocemente il numero sull’apparecchio.
Aggrotto le sopracciglia, ascoltando confuso.
“È una cosa seria…” riprende lei bianca come un cencio “Le politiche della scuola sono molto chiare a riguardo… sono… sono costretta ad avvisare il preside immediatamente, mi dispiace.”
“Illegale?” ripeto perplesso “No, un momento. Che c’entra avvisare il preside?!”
La donna non mi risponde, mi guarda improvvisamente distante, fredda, come se fossi un chissà quale criminale.
“Professor Chaolan?” dice poi serissima portandosi la cornetta più vicina alla bocca “Mi scusi per il disturbo, ma abbiamo un problema. Un grosso problema.”
Non smette di fissarmi, io intanto mi risistemo cautamente gli occhiali da sole sul naso.
“Sono qui con lo studente Kazama Jin e… temo ci sia un problema. Un grosso problema.” ripete esattamente con lo stesso tono glaciale di poco prima.
La donna fa una pausa, ascoltando la risposta dall’altro capo del telefono, poi torna a guardarmi, con aria quasi di sdegno.
“Credo di aver sottovalutato il problema del ragazzo.” riprende a spiegare “Credo che… faccia uso di sostanze stupefacenti illegali.”
“CHE COSA?!” balzo in piedi, stentando a credere alle mie orecchie.


“Senti Lee, è tutto assurdo, quella donna è pazza!” dico furioso entrando nel suo studio “È lei che avrebbe bisogno d’aiuto!”
Dovrò contare nella sua buona volontà per non rischiare di essere espulso definitivamente dalla scuola.
Sono nella merda. Sono nella merda. Sono ad un passo dal vedere la mia carriera scolastica chiudersi definitivamente e sono ad un passo dalla vita del senzatetto. Ci ho scherzato su tante volte, ma mai mi sarei aspettato di arrivarci davvero così vicino. In tutta la mia vita non sono mai stato in una montagna di merda grande come questa.
Lee mi accoglie dentro al suo studio con uno dei suoi soliti calorosi sorrisi e mi fa cenno di andare a sedermi.
“Non è assolutamente vero quello che dice la psicologa!” ripeto mentre lui chiude la porta “Non ho preso nessuna sostanza illegale!”
Senza dire niente mi accompagna con una mano sulla spalla alla mia sedia, poi anche lui prende il suo posto.
“Lee, ti prego, dì qualcosa.” lo supplico.
Lui mi guarda con il suo stupido sorriso ancora stampato sulle labbra.
“Vediamo questi occhi.” si sporge oltre la scrivania per vedermi più da vicino.
Mi irrigidisco e mi protendo istintivamente all’indietro.
“Senti Lee, c’è una spiegazione per i miei occhi rossi.” inizio “Stamattina sono uscito di casa e… ero con Asuka…” mi blocco “Asuka! Chiedi anche ad Asuka! Lei potrà confermare la mia versione dei fatti!”
Lee continua ad osservare i miei occhi e ho l’impressione che non mi stia ascoltando.
“Lee…” cerco di richiamare la sua attenzione “... ti prego ascoltami!”
Lui mi guarda con un sorrisetto, come di chi la sa lunga, poi sospira.
“Jin… Jin…” si appoggia all’indietro contro lo schienale della sua poltrona e scuote la testa incrociando le braccia davanti al petto “Mi metti in una posizione molto difficile sai?! Non è mia intenzione giudicare le tue scelte personali, ma… anche tu sei poco furbo! Perché farlo proprio prima di venire a scuola?”
Digrigno i denti.
“Tu non mi ascolti!” sbotto “Non ho preso assolutamente niente! Non ho mai toccato quella roba in vita mia!”
Lee sta in silenzio, ondeggiando nella sua sedia girevole, con un sorrisetto da idiota sulle labbra. Ho come la sensazione che si stia divertendo un mondo, alle mie spalle.
“Ascoltami, ti prego! Stamattina, mentre uscivamo per andare a scuola, una persona è entrata nel nostro giardino...” inizio a raccontare “Quando abbiamo chiesto a questa persona chi fosse e perché fosse entrata in casa nostra…”
“Non in casa… nel giardino.” mi corregge Lee.
“Sì, beh… fa poca differenza. Era pur sempre la nostra proprietà.” deglutisco “Comunque, questa persona era molto sospetta e si rifiutava di risponderci, poi ha iniziato a scappare e…”
“E?” Lee incrocia le braccia sul petto.
“L’abbiamo seguita e a quel punto… ci ha attaccato con uno spray.” concludo la storia.
“Mmmm.” risponde Lee senza disfarsi di quel sorrisetto scemo.
“Puoi chiedere anche ad Asuka.” riprendo “Lee… è la verità.”
Lee abbassa lo sguardo e finge un colpetto di tosse.
“Ti sei proprio messo in un bel guaio Jin-chan!” sogghigna.
“Non… chiamarmi in quel modo.”
“Non sei nella posizione di poter fare queste richieste mi pare.” ribatte di colpo gelido.
Inspiro e mi irrigidisco contro la sedia.
“Jin-chan…” riprende lo stronzo con fare pensieroso.
Poi scoppia a ridere e scuote la testa.
“Insomma, non fraintendermi, io non ho assolutamente niente in contrario in materia!” riprende mettendosi quasi a ridere “Ho fatto l’università negli Stati Uniti ed erano gli anni ottanta!” scoppia a ridere “Sarei un ipocrita a farti la predica adesso!”
Mi rivolge un sorrisetto colpevole, mentre io lo guardo stupefatto.
“Anzi, io sarei proprio per la liberalizzazione…” continua “Finché si parla di cose leggere, ovviamente.” si affretta a precisare “Ma che vuoi che ti dica Jin-chan? Le regole sono regole e non sono io a fare le leggi!”
Poi si ferma a riflettere, osservando un punto indefinito dietro di me.
“Non ho mai pensato di entrare in politica…” ragiona a voce alta “È un peccato che il lavoro non mi lasci mai un momento libero…”
“Lee!” lo richiamo riprendendomi dal mio stato di confusione, dopo questa confessione non richiesta “Hai frainteso tutto! Si tratta di un grande equivoco! Non ho usato nessuna droga! E poi non avrebbero senso le lacrime! Insomma non fa mica questo effetto!” sbotto indicandomi la faccia.
Se lui ha tutta questa esperienza che dice di avere lo dovrebbe sapere, cavolo!
Lee mi guarda in silenzio, serio, immobile, con uno sguardo penetrante, per una lunga manciata di secondi, poi scoppia a ridere.
“Certo che no…” esclama, scuotendo la testa.
“Come?” chiedo incerto.
“Ho detto ‘certo-che-no’!” ripete come se stesse parlando con un bambino di tre anni.
“Aspetta… quindi mi credi o mi stai prendendo in giro?!” chiedo leggermente infastidito.
Lee alza gli occhi al soffitto, poi mi indica gli occhi con una mano.
“Andiamo! È ovvio che ti sto prendendo in giro! Non so se ti aspetti che davvero creda alla tua storia assurda, ma quello che hai non deve essere più di una stupida allergia o qualcosa del genere!” risponde finalmente “Non credo che la psicologa abbia la minima idea di che cosa stia dicendo.”
“Ah… bene.” mi rilasso improvvisamente, tirando un mezzo sospiro di sollievo.
“Sì, la dottoressa ha decisamente esagerato ed è saltata a conclusioni un po’ troppo affrettate.” ripete “Ma devi anche capirla, ormai tu hai la fama di delinquente qui a scuola!” continua Lee con un ghigno malvagio “Ma… realisticamente parlando, nemmeno tu saresti così stupido da fare certe cose prima di venire a scuola!”
Scoppia a ridere di gusto.
“Beh… grazie per la stima, suppongo.” rispondo con una smorfia.
“Che diavolo ti è successo comunque?” vuole sapere tornando ad incrociare le braccia davanti al petto “Intendo… sul serio.”
“Te l’ho detto! È tutto vero! Io e Asuka siamo stati aggrediti!” completo la frase.
“Cioè siete davvero stati aggrediti da una persona sospetta che girava nel vostro giardino?!” ripete diffidente.
“Sì!” esclamo a gran voce.
Lee cerca di trattenere una risata, ma fallisce miseramente. Scoppia a ridere di gusto.
Sbuffo.
“Sì, molto divertente.” brontolo “Allora, visto che abbiamo appurato che non mi sono fatto di nessuna sostanza illegale a scuola, posso tornare in classe?!”
Lee continua a ridere, super divertito, per almeno altri due minuti buoni.
Io aspetto in silenzio che si riprenda.
“Sì, certo.” dice poi con una scrollata di spalle, tornando di nuovo serio “Ma forse faresti meglio a passare prima in infermeria.”


Alla pausa pranzo vedo Xiaoyu da lontano mentre sto per uscire in giardino dalla porta principale.
Non appena mi nota anche lei, inizia a camminare velocemente verso di me.
Mi fermo ad aspettarla, sistemandomi al meglio gli occhiali da sole.
“Heylà!” esclama raggiungendomi, raggiante e allegra come sempre.
“Ciao.” rispondo io, tetro e di malumore come al solito.
Mi guarda pensierosa cercando di scrutare oltre le lenti scure.
“Ho incontrato Asuka prima, mi ha detto che avete avuto un piccolo problemino stamattina.” dice studiandomi con attenzione.
“Già. Un problemino che sta durando più del previsto.”
Riprendiamo a camminare entrambi, dirigendoci verso l’uscita. Lei mi cammina davanti, senza smettere di studiarmi, senza avere una chiara visuale di dove stia camminando.
“Posso vedere sotto gli occhiali?”
“No!” rispondo deciso.
“Daaaai!” insiste “Perché no?”
“Lo stato dei miei occhi è orribile e disgustoso. Non c’è niente da vedere.”
“Non è il caso che ti faccia vedere da un medico allora?” chiede alzando un sopracciglio.
“Sono appena stato in infermeria.” spiego “E col culo che mi ritrovo devo avere una qualche intolleranza e la reazione sta durando più del normale.”
Tiro ancora su per il naso e mi asciugo la pelle sotto gli occhi con un dito. Questi dannati occhi non smettono di lacrimare.
“Mi hanno detto di avere pazienza! Che prima o poi passerà!” ripeto le parole degli infermieri “E tu… tu dovresti smettere di camminare all’indietro!”
Le afferro un braccio per evitare che vada a scontrarsi con un’insegnante che trasporta una pila di libri in mano.
Come la sposto, le faccio perdere l’equilibrio e per un attimo mi finisce addosso. Vengo scosso da una rapida scarica elettrica durante questo breve, accidentale contatto, che mi ricorda, non che l'avessi mai dimenticato in realtà, che le cose sono un bel po’ strane tra noi negli ultimi tempi.
Inspiro, cercando di non sembrare turbato e mi guardo intorno per studiare la situazione. Xiaoyu si raddrizza e arretra di qualche passo.
“Ops.” dice con un sorrisetto con le guance che le si colorano un po’.
Riprendiamo a camminare.
“Niente pranzo in terrazza oggi?” riprende Xiaoyu.
“Julia non c’è. È ad un raduno di wrestling.” spiego “Sì, ha saltato la scuola per quello, la cosa è incredibile anche per me! E Kamiya… beh, ha già smesso di venire.”
Xiaoyu spalanca la bocca per l’entusiasmo. Conosco quell’espressione, le è appena venuta quella che crede che sia una grande idea.
“No Xiao…”
“Ma allora puoi venire a pranzare con…”
“Non ho intenzione di di unirmi a te, Miharu e Asuka.”
Si blocca e mi guarda accigliata.
“Perché no?!”
“Perché non ci faccio niente con voi! Dai, lo sai anche tu!”
“Ma sei solo.” osserva con una smorfia “È triste!”
“Non è triste.” ribatto.
“Disse l’uomo che piange.” sogghigna.
La guardo accigliato.
“Hey! Non è carino prendermi in giro per la mia condizione!”
“Sei incredibile!” scuote la testa cambiando discorso “Preferiresti davvero stare da solo?!”
“Stare da solo non è mai stato un problema per me.” asserisco “Lo dici sempre anche tu no? Sono noioso e asociale.”
“Lo sei.”
“Lo so. E dato che sono noioso e asociale…” continuo e indico un punto davanti a noi “... quella panchina isolata da tutti fa perfettamente al caso mio.”
Xiaoyu guarda la panchina, poi torna a voltarsi verso di me.
“E non posso restare neanche io a farti compagnia?” chiede con un mezzo sorriso, inclinando il viso con aria da finta innocente. Cercando di essere più adorabile possibile.
Inspiro nervosamente e mi guardo di nuovo intorno. È una bella giornata e c’è un gran numero di studenti che pranza in giardino oggi.
“Che diavolo fai?” chiedo con un sussurro.
“Niente!” ridacchia lei, poi si fa seria e abbassa la voce “Rilassati, non c’è niente di strano a pranzare insieme. L’abbiamo fatto tante altre volte prima.”
“Ok, ma… lo sai, ricordati le regole. Dobbiamo fare molta più attenzione adesso.” continuo “Meno interagiamo in pubblico, meglio è.”
“Siamo soltanto due amici che si siedono insieme a pranzo, smetti di fare il paranoico!” continua lei alzando gli occhi al cielo, poi torna guardarmi beffarda “Oppure puoi sempre raggiungermi da Asuka e Miharu!”
Guardo altrove.
“Ok, ma solo per oggi.” le concedo.
Arriviamo alla panchina, mi siedo prima io, poi lei. E mi si siede vicino. Molto vicino. Troppo vicino.
La guardo perplesso e un po’ imbarazzato. Lei sembra divertita, come al solito. Lo so, non sta prendendo la cosa minimamente sul serio e potrebbe diventare un problema.
Mi sposto un po’ a lato, lasciando quel minimo di spazio appropriato fra noi.
“La pianti?!” la rimprovero “Vuoi forse finire paparazzata sul giornaletto di Lucky Claire?!”
Xiaoyu scoppia sonoramente a ridere.
“È Lucky Chloe, Jin! Perché diavolo non ti rimane in testa?!”
“Va bene, il senso del discorso non cambia!” ribatto.
“Sì, d’accordo. Ma alla fine chi se ne frega di quello che pensano gli altri?!” risponde con un sospiro mentre prende il suo pranzo “Secondo certe voci che girano a scuola dovremmo stare insieme da mesi! E ricordi come avevi risposto proprio tu quando si era diffusa quella stupida voce? Una scrollata di spalle e un grande chi-se-ne-frega!”
“Era diverso! Non fare finta di non capire!” rispondo a denti stretti aprendo il mio bento “All’epoca… non c’era niente di vero! E te l'ho già spiegato, se la voce arrivasse a Heihachi potresti avere dei problemi.”
“All'epoca non c'era niente di vero. Ora invece cosa c'è di vero?” chiede con un sorrisetto furbo.
“Lo sai benissimo.” preciso, mi ha teso una trappola.
Sogghigna e inizia a mangiare il suo pranzo.
“Certo che lo so!” risponde poco dopo abbassando il tono di voce e diventando progressivamente seria “Potrebbe essere così semplice, ma...” sospira “Tu sei un’influenza troppo negativa per me, e io sono troppo ingenua e presa dalle mie fantasie romantiche giovanili per capirlo, mi rovinerei la vita a stare appresso a te e bla, bla, bla!” finisce con un’occhiata di rimprovero.
“Non è bla, bla, bla!” ripeto imitando il suo tono “È vero! Prendi delle pessime decisioni!”
Annuisce, poi si stringe nelle spalle.
“Non davi l’idea di considerarla una pessima decisione ieri sera dopo l’allenamento.” mi ricorda tagliente.
Sbuffo nervosamente e prendo un boccone di riso.
“E avantieri, e il giorno prima di…” continua Xiao.
“Sì, d’accordo, ho recepito il messaggio grazie!” la interrompo “E comunque neanche in quei momenti ho pensato che fosse una buona idea!”
È vero, ho ceduto qualche altra volta dopo la sera della cena a casa mia, diciamo pure più o ogni volta che ci siamo ritrovati insieme e lontani da sguardi indiscreti. Lo so, non avrei dovuto, è contro ogni logica ed è un grosso errore. È vero, ogni tanto lascio che la mia razionalità venga sopraffatta da… altre cose, ma sto cercando di fare il possibile per arginare e risolvere il problema il prima possibile. Lo sa benissimo anche lei, è solo una stupida fase passeggera. Una cosa che è destinata a finire così velocemente come è cominciata. Perché non ha alcuna logica, alcun senso, alcun motivo di essere presa sul serio. È una fase. È solo una stupida fase.
Prendo un altro boccone.
“È una pessima idea, infatti!” ribadisco poco dopo “E dovresti impegnarti anche tu per cercare di capirlo e soprattutto non dimenticartelo. La cosa sta già sfuggendo abbastanza di mano così.”
La guardo, ma ho l’impressione che non mi stia più ascoltando. Mi sta fissando con di nuovo quell’espressione di quando qualcosa le sta frullando nella mente.
“Cosa c’è adesso?!” chiedo un po’ preoccupato.
“Pensavo che… potresti farmi vedere i tuoi occhi.” risponde.
“Mentre mangi?!” chiedo “Che problemi hai?!”
“Se è una visione così orribile come dici, potrebbe schifarmi al punto da convincermi a stare lontana da te per sempre.” continua con un sorrisino.
È matta. Vive con un panda, ha una cotta per me e vuole vedere i miei occhi irritati e cisposi durante il pranzo.
Ma sì, d’accordo! Accontentiamola, così impara!
“Vuoi davvero vedere?” chiedo tetro.
Fa sì con la testa.
“L’hai voluto tu.” rispondo.
Prendo la stecchetta degli occhiali li sollevo fino alla fronte, mostrando il disastro in tutto il suo schifore.
Ma mi basta guardarla per un momento per capire che la visione non ha avuto l’effetto sperato.
“Che diavolo ti prende?!” chiedo confuso.
Non ha un’espressione disgustata, affatto.
Mi sorride intenerita!
È irrecuperabile. Ormai ne sono certo.
Si porta le mani davanti alla bocca.
“Sei così carino!” mormora.
“No!” torno ad abbassare gli occhiali un po’ imbarazzato “E tu non stai bene! Che diavolo di problema hai?!”
Tiro su col naso. Lo sapevo già che aveva gusti terribili, ma il fatto che mi trovi carino in una giornata come oggi, incasinato come sono, proprio mi fa capire che sia senza speranza.
“Ma sì! Sei così tenero con gli occhi tutti lucidi! Sembra che stai piangendo, poverino!” dice “Oddio, quanto vorrei abbracciarti!”
Mi irrigidisco.
“Xiao, ma che cavolo?! Che diavolo c’è di carino?! E non azzardarti ad avvicinarti!” per sicurezza mi sposto un altro po' “Che problemi hai comunque? Non c’è niente di carino!” mi rispondo da solo alla domanda di prima, poi mi indico gli occhi “Questo è il genere di cose che mi succedono quotidianamente… e non sono cose carine! Ma è quello che succede a me e alla mia maledetta famiglia! C’è gente che mi aggredisce per non so quale motivo per esempio! Ed è esattamente il motivo per cui dovresti starmi lontana! Perché vorresti stare intorno ad uno a cui succedono cose del genere?!”
Lei mi guarda con gli occhi di chi sta guardando un cucciolo indifeso o qualcosa del genere.
“Mi stai… almeno ascoltando?” chiedo tirando su col naso.
Sbuffo e infilo una mano in tasca per cercare i fazzoletti. Ottimo, li ho finiti.
“Hai un fazzoletto per favore?”
Lei fruga nella borsa e mi porge i suoi.
“Grazie. Dicevo…” riprendo dopo essermi soffiato il naso.
Che schifo! Carino un corno!
“Se Heihachi dovesse scoprire di questa nostra… cosa…” proseguo dando voce ad una delle mie tante preoccupazioni “E se volesse farmela pagare per qualche motivo, potrebbe decidere di… non so, prendersela con te per giocare sui miei sensi di colpa o cose così.”
Lei sembra almeno prendere in considerazione la mia ipotesi.
“Non credo che nonno Heihachi mi farebbe torti di qualche genere.” risponde poco dopo “Gli piaccio.”
“Gli piaci?” ripeto scettico.
“Sì.” risponde decisa “Sono una sconosciuta a cui ha praticamente deciso di fare da tutore. Gli piaccio, Jin!”
“Oh certo, sei molto sicura di te stessa vedo! Peccato che ad Heihachi non piaccia nessuno! Ed è chiaro che tu non lo conosca abbastanza bene visto che pensi il contrario!” rispondo.
“No, sul serio! Da poco mi ha detto che avrebbe voluto una nipote come me, piuttosto che…” si blocca e mi guarda immobile per qualche secondo “Nessuno…” si schiarisce la voce un po’ in difficoltà “Ha detto che avrebbe voluto una nipote come me, nient’altro.”
Alzo gli occhi al cielo.
“Sì, d’accordo… probabilmente preferirebbe avere te come nipote piuttosto che me. Questo te lo concedo, ma non pensare che questo basti a farti entrare nelle grazie di Heihachi!” riprendo “Perché Heihachi semplicemente non ha grazie!”
“Senti, io e Heihachi abbiamo un patto ok?” ribatte lei seria “Ha deciso di darmi una mano per la realizzazione del mio sogno. E io ho deciso di fidarmi di lui.”
“Si può sapere che diavolo è questo patto? Cosa ti ha fatto credere quell’idiota?”
“Non te lo voglio dire.” bofonchia lei imbarazzata “Ma ha promesso di aiutarmi a lanciare il mio business.”
“Il tuo business?” ripeto dubbioso.
“È troppo presto per parlarne adesso!” taglia corto arrossendo “Ma Heihachi mi ha detto che le cose stanno andando avanti. Quando sarà il momento te ne parlerò, ma non adesso.”
La scruto in silenzio per un momento, seriamente preoccupato.
“Xiao… qualsiasi cosa ti abbia detto…” sospiro, poi faccio una pausa “Io ormai ho perso il conto di tutte le volte che ho provato a fartelo capire, Heihachi non è la brava persona che credi!”
“Senti…” riprende lei “Non prenderla male, ma… parli allo stesso modo anche di tuo padre. Eppure quando ci ho parlato non mi è sembrato la persona così spiacevole che descrivi.”
Ho bisogno di qualche minuto per processare quello che ho appena sentito.
E mi ritorna alla mente il ricordo della strana simpatia instauratasi tra Xiaoyu e Kazuya durante la cena a casa nostra.
“Farò finta di non aver sentito.” sibilo dopo un po’ cercando di scacciare via quel ricordo disturbante “Comunque…” forzo un cambio discorso “Lo dico… nel tuo interesse. Dovresti stare alla larga da chiunque abbia a che fare con la famiglia Mishima. E questo include me!”
Lei fa una smorfia.
“Xiao… ormai hai capito come mi sento.” continuo chiudendo gli occhi, come se così potesse magicamente rendere la cosa meno imbarazzante “Non avrei motivo di respingerti se non fosse che…” riapro gli occhi e cerco di guardarla oltre il velo di lacrime che mi sta di nuovo offuscando la vista “... sto cercando di proteggerti.”
Mi asciugo di nuovo la pelle sotto agli occhi.
Lei ascolta seria, poi annuisce decisa. E per un attimo mi illudo che mi stia dando effettivamente retta.
“Hai la sindrome da supereroe.”
“Che cos…” mi blocco e la guardo con aria di rimprovero “Xiao, sto cercando di parlare seriamente io!”
“Da supereroe maledetto, aggiungerei.” precisa ignorandomi.
“Ti senti maledetto, pericoloso, ma in fondo hai un cuore tanto buono!” dice con un tono che mi sa molto di presa per il culo mentre mi appoggia una mano sul petto.
Io mi guardo intorno nervosamente, mentre la prendo e gliela sposto con un movimento deciso. Lei ridacchia divertita, poi prosegue.
“Sei buono e ti senti in dovere di aiutare gli altri, senza però avvicinarti troppo a loro, perché li metteresti in pericolo. Insomma sei il tipo di personaggio che in una storia finirebbe per sacrificarsi per il bene di tutti o qualcosa del genere.”
Resto ad ascoltare in silenzio, cercando di connettere i pensieri.
“Che razza… di storie segui?!”
“Ammettilo, ci ho azzeccato, vero?” chiede tutta orgogliosa della sua teoria.
Poi mi sorride con tenerezza.
“Ma vorrei anche io fare qualcosa per te.” aggiunge.
Non è più un sorriso sciocco come prima, è sentito, sincero. E io mi maledico pesantemente, mentre sento che qualcosa dentro di me si scioglie. È in momenti come questi che il mio cervello smette di funzionare correttamente. Distolgo lo sguardo e sospiro nervosamente.
“So da cosa stai cercando di scappare, di come la tua vita sia uno stress continuo, ma… non devi per forza affrontare tutto questo da solo.” continua “E so badare a me stessa, non ho paura dei problemi in cui potresti trascinarmi. Tanto ti seguirei comunque.”
Poi fa come se le venisse in mente un’altra ottima argomentazione.
“E poi ho un panda come guardia del corpo!” esclama convintissima “Non devo temere niente!”
La guardo stupito. Quest’ultima uscita non me l’aspettavo. In effetti quel panda ha un caratteraccio ed è una sorta di guardia del corpo, dato che mi odia e temo che un giorno mi mangerà.
Mi scappa un accenno di risata a quel pensiero.
“Wow! Ti ho fatto ridere!”
Quel minuscolo movimento non è passato inosservato a quanto vedo.
“No.” mi affretto a puntualizzare riprendendo il controllo dei miei muscoli facciali “Hai visto male.”
Mi arriva una gomitata sulle costole.
A quel punto cambia argomento e inizia a parlare del più e del meno. Incredibile come questa ragazza riesca a trovare sempre argomenti su cui ha un milione di cose da dire. Ha pure cominciato a vedere Manji no Tatakai, mi dice, ammette pure che non è poi così male e che forse l'aveva giudicato male un po' troppo in fretta. Continua dicendomi che Brian è un figo ed è decisamente il suo personaggio preferito, anche se è così cattivo! È così dunque, non c'è niente da fare, deve avere una sorta di debole per gli uomini pericolosi.
La pausa sta per finire e il giardino si svuota gradualmente.
Non è poi così male stare qui a sentire Xiao che parla di cose poco importanti, in una stupida giornata come questa, in cui i miei occhi non smettono di lacrimare. È proprio questa sensazione di comfort, una normalità e una leggerezza che non sono abituato a conoscere, che mi rende così difficile mantenere quella distanza necessaria fra noi.
Non mi ritraggo subito nemmeno quando ad un certo punto allunga la mano sulla mia, inerme sulla panchina.
Guardo allarmato prima le nostre mani, poi lei, che fa finta di niente e continua a parlare come se niente fosse. Dovrei spostarla, ma esito. Mi guardo intorno.
Quel semplice contatto… ha la capacità di irradiarmi una sorta di energia positiva che fino a poco tempo fa non credevo neanche di poter conoscere. Per un breve momento è capace di placare parte di quella negatività che mi avvelena giorno dopo giorno.
Lancio un'altra occhiata fugace all'ambiente circostante.
Dopotutto non c’è molta gente e di certo nessuno sta guardando noi. Per qualche altro secondo quel contatto può continuare. Possiamo far finta di essere in un universo in cui le cose sono più semplici ancora per un po’.


“Lee, finalmente rispondi a questo dannato telefono!” esclama mia madre camminando avanti e indietro per il salotto “Sono mezz’ora che cerco di chiamarti!”
“Quanto manca ancora?” borbotto coricato a pancia in su sopra il divano con una benda sopra gli occhi.
“Ancora qualche minuto.” mi risponde Asuka.
“Dato che adesso sei preside della scuola dovresti fare più attenzione a chi metti a capo dell’infermeria!” continua mia madre arrabbiatissima “Che razza di incompetente non è in grado di trattare un’irritazione agli occhi?!” e qualunque sia la risposta di Lee, sembra non piacerle “No, no, Lee! Non è così! Ritieniti fortunato se non deciderò di fare causa contro la scuola.”
Mia madre non ha per niente gradito la negligenza con cui l’infermeria della scuola ha gestito la mia condizione stamattina ed è leggermente furiosa.
“È stato male praticamente tutto il giorno per colpa dell’incompetenza della vostra infermeria!” riprende mia madre “No, non mi interessa! Lo so benissimo che non è un pronto soccorso, ma avrebbero anche potuto dargli un dannato collirio! Con quello che paghiamo di tasse Lee, credo che sarebbe il minimo se avessimo la garanzia che i nostri ragazzi siano in buone mani!”
“Posso riaprire gli occhi adesso?” ci riprovo.
“Ancora un minuto.” risponde Asuka.
“Sì, certo che ora sta bene! Dopo che l’ho curato io!” ribatte mia madre al telefono, poi aggiunge con tono più apprensivo “Non lo so! Deve aver ereditato gli occhi delicati di Kazuya, lui vive praticamente con una congiuntivite cronica!”
“Questo a Lee non interessa.” ringhia Kazuya dall’altro divano.
“Ok, ora puoi riaprire gli occhi!” mi annuncia Asuka.
Metto via la benda e apro finalmente gli occhi, sbattendo le palpebre per riabituarmi alla luce dopo l’effetto della medicina.
“Ci vedi?” vuole sapere Asuka.
“Certo.” brontolo mettendomi a sedere.
“E come va?” mi chiede allora sedendosi a fianco a me a gambe incrociate.
“Forse va già un po’ meglio.” ammetto.
Kazuya si schiarisce la voce e incrocia le braccia davanti al petto.
“Ora vuoi spiegarmi più precisamente cosa è successo?” mi chiede “E soprattutto perché hai pensato che fosse un’offensiva di Heihachi?”
“Non lo so, ma per esclusione chi altro potrebbe essere?!” borbotto.
“Uno dei tuoi amici delinquenti per esempio?” ipotizza lui riferendosi a Hwoarang e alla sua cerchia.
Non capisco se stia parlando seriamente o mi stia soltanto prendendo per il culo.
“Non sono miei amici e comunque sono certo che non sono loro.” rispondo sicuro.
“E quindi secondo te Heihachi avrebbe mandato qualcuno in impermeabile, cappello e occhiali da sole per poi attaccarvi con dei petardi, un fumogeno e uno spray urticante?” Kazuya alza un sopracciglio “Questo è fin troppo assurdo e stupido persino per uno come lui.”
“E tu ne sei sicuro?!” lo sfido “Qualsiasi cosa voi stiate facendo gli sta dando fastidio, questo è certo. Quindi, non so, non ho idea di che cosa abbia pensato di fare… forse voleva solo spaventarci… forse è un messaggio… non ne ho idea.”
“Un messaggio? Se Heihachi avesse davvero voluto lanciare un messaggio, avrebbe fatto in modo che fosse inequivocabilmente comprensibile.” osserva tagliente.
Asuka deglutisce.
“Oppure potrebbe essere per me.” interviene abbassando gli occhi.
Sia io che Kazuya ci voltiamo a guardarla.
“Che intendi dire?” chiede Kazuya, seppur poco convinto.
“Intendo dire che… come sapete, mi sono fatta dei nemici ad Osaka e…”
“Andiamo, gli yakuza che ti attaccano con dei petardi! È ancora più improbabile dell’idea di Jin!” la smonta subito Kazuya.
“Ma… in realtà ho notato tutta una serie di altri dettagli strani ultimamente e…” prova ad aggiungere Asuka balbettando.
Ma sì, è un’idea totalmente insensata. Su questo sono d’accordo con Kazuya.
Invece non mi va giù che non abbia preso sul serio la mia ipotesi. Insomma, la mente del vecchio è malvagia e contorta! Io non mi sentirei di escludere niente così in fretta.
“È stato Heihachi! Me lo sento.” insisto interrompendo Asuka “Era una donna caucasica e bionda e se non sbaglio Heihachi ha ancora qualcuno che corrisponde a quella descrizione che lavora per lui.”
Kazuya mi guarda con una mezza smorfia.
“Stai parlando di Nina Williams?” chiede come se avessi detto la cosa più stupida del mondo “Ti rendi conto dell’enorme assurdità che stai dicendo?! Hai idea di che cosa faccia Nina Williams per Heihachi?”
Asuka ci guarda perplessa.
“Chi è questa persona?” chiede incerta e vagamente preoccupata “Cosa fa per Heihachi?!”
“Infatti non ho detto che era lei!” rispondo a Kazuya “Probabilmente non lo era, ma è possibile che Heihachi abbia mandato una persona che le assomiglia per spaventarci.”
Lui mi guarda poco convinto.
Mia madre chiude la telefonata e ci raggiunge soddisfatta.
“Lee prenderà provvedimenti contro il personale dell’infermeria alla fine! E giustizia sarà fatta!” annuncia “Non è possibile affidare i ragazzi di una scuola a dei simili incompetenti! Incredibile! Con la retta che paghiamo non è assolutamente accettabile una situazione del genere!” poi mi guarda e scuote la testa “Hanno preso mio figlio per un drogato!”
Si scambia un’occhiata veloce con Kazuya, che non riesco bene ad interpretare, poi si siede a fianco a me e mi mette una mano sulla spalla con aria apprensiva.
“Ovviamente tu non lo faresti mai, vero?” chiede con tono dolce, continuando a lanciare delle occhiate di rimprovero a Kazuya “Intendo dire… a drogarti, vero?”
“Mamma?!” la guardo indignato “Che diavolo di idee ti fai venire?! Certo che no! Sono stato aggredito! C’era anche Asuka testimone!”
Asuka, tirata in causa, alza una mano e annuisce, confermando la mia affermazione.
Mia madre fa uno strano sorriso e mi dà una pacca sulla spalla, poi torna a guardare Kazuya, che intanto sospira e incrocia le braccia al petto.
“Di che parlavate comunque?” cambia poi argomento mia madre.
“Crede che Heihachi abbia chiesto alla Williams di rapinare un hooligan, rubargli petardi, fumogeni e poi l’abbia mandata a spaventarli.” riassume poi Kazuya parlandone come se fosse la cosa più ridicola del mondo.
Jun sgrana gli occhi ed evidentemente non è la reazione che Kazuya si aspettava.
“Jun! È ovviamente una cosa che non sta né in cielo, né in terra!” aggiunge allora Kazuya.
“Qualcuno vuole dirmi cosa fa questa Nina Williams?” insiste Asuka.
Mia madre mi guarda riflettendo.
“Perché no?” chiede “Per me ha senso invece. Sappiamo quanto tuo padre sia pazzo! Voleva spaventarli, ma non troppo. Ha mandato un messaggio… la prossima volta invece dello spray e del fumogeno potrà esserci…”
“Jun, ti rendi conto che non ha assolutamente senso?!”
“Come fai ad escluderlo?!” insiste lei.
“Ecco, infatti!” aggiungo io.
“Chi è Nina Williams?” chiede ancora Asuka.
“Abbiamo il sospetto che fosse l’addetta ai lavori sporchi di Heihachi.” le rispondo finalmente.
“Cosa?!” Asuka sgrana gli occhi “Lavori sporchi?!”
“Abbiamo il sospetto?” ripete Kazuya guardandomi di sbieco.
“Beh, non mi risulta ci siano mai state prove schiaccianti…” spiego “Ma dopotutto non mi dite mai niente di importante che dovrei sapere, quindi chissà! Magari sono davvero diventato il suo nuovo obiettivo e prima o poi mi farà fuori!”
Mia madre sgrana gli occhi.
“Kazuya, voglio che Bruce faccia da guardia del corpo ai ragazzi!” esclama mia madre interrompendomi.
“Cosa?!” quasi urlo “Io non voglio nessuna guardia del corpo!”
“Ma sei seria?!” la guarda Kazuya contrariato.
“Ce n’è davvero bisogno?!” chiede Asuka preoccupata.
“No!” esclamiamo io e Kazuya all’unisono e la cosa mi mette molto, molto a disagio.
“Jun ti stai facendo prendere dal panico e non stai ragionando lucidamente.” risponde in maniera più completa Kazuya “Conosco bene Heihachi e sono certo che questa non sia una sua mossa. Andiamo, aggeggi da stadio?! Non è il suo stile. Il vecchio odia tutti gli sport in cui non sono ammessi i pugni! Se fosse stata opera sua, avrebbe reso la cosa più… personale. Avrebbe aggiunto il suo tocco inconfondibile.”
“Ma potrebbe averlo fatto proprio per confonderci!” prova ad argomentare mia madre.
Kazuya esita e ci ragiona.
“Se anche fosse, non se la prenderebbe con i ragazzi!” riprende poco dopo “Soprattutto non prima che gareggino con il nome della Mishima Zaibatsu alle gare nazionali.”
“Questo l’ho pensato anche io.” ammette Asuka annuendo “Sembra tenere molto a quelle gare.”
“Per lui è un’ossessione, infatti.” la guarda Kazuya confermando la sua idea “Non toccherebbe mai i ragazzi prima delle gare.”
“Allora se non fosse stato Heihachi…” ragiona mia madre “Chi altro potrebbe essere?!”











NOTE:
Sì, ho trasformato l'occhio rosso del Devil di Kazuya in una congiuntivite, credo che mi incenerirebbe per questo! 
E sì, sono consapevole che schifore non sia una parola. Dovrebbe essere chiaro, ma non si sa mai! :D
Comunque, ho scritto e riscritto parti di questo capitolo tante di quelle volte ormai che non mi rendo più conto se questa versione definitiva abbia una qualche coerenza. Spero di sì, in caso contrario sono ovviamente aperta ai suggerimenti!
Alla prossima!
 

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Capitolo 40
*** Guilty Memories (Lars) ***


40
Guilty Memories
(Lars)

Se camminare con un piede rotto in piano poteva sembrare doloroso, dover scendere giù per delle scale è una vera e propria tortura.
Mi trascino lentamente, passo dopo passo, scalino dopo scalino e sento la fitta farsi sempre più acuta e più penetrante.
Ma al di là di questo dolore insopportabile, c’è qualcos’altro che attanaglia ora la mia mente, qualcosa che non riesco a togliermi dalla mente. Continuo a vedere quelle immagini nitide, chiare, davanti agli occhi.
Quello che era nato come uno strano sospetto è stato come confermato da quell’ultima fotografia. Una fotografia di tre ragazze di cui, quella centrale, ha inequivocabilmente, indiscutibilmente gli stessi connotati di Alisa.
Diversi capelli certo, tenuti lunghi e di un naturale color castano e diverso stile, ma stesso identico viso di Alisa.
Una foto risalente all'aprile 1974.
1974.
Alisa ha una sorella più grande dunque?
Sarebbe la spiegazione più plausibile certo, però quella non era una semplice somiglianza. Le due ragazze sono identiche, è qualcosa che va al di là della semplice somiglianza tra sorelle! È come se si trattasse di due gemelle omozigoti, ma allora com’è possibile che quella foto sia del 1974?!
Arrivo finalmente al piano di sotto e mi ritrovo in un’ampia sala spaziosa. Cerco di illuminare l’ambiente circostante con il debole lume della mia candela. Devo aver raggiunto la sala d’ingresso, scorgo quello che sembra il portone principale. Mi trascino strisciando contro le pareti, per sorreggermi e nel mentre cercare delle porte o delle altre vie d’uscita. Devo riuscire a trovare Alisa, ma non ho idea di dove possa essere caduta e non posso muovermi normalmente, è una situazione snervante e angosciante al tempo stesso.
Raggiungo la prima porta, cerco di aprirla, ma sembra sigillata, mi spingo avanti verso la seconda. Stesso problema.
Emetto un sospiro esasperato e continuo il mio giro d’esplorazione. Trovo altre due porte, ovviamente bloccate. Batto un colpo con una mano sull’ultima porta, in preda all’irritazione, e poi mi lascio scivolare con la schiena fino a terra, per riprendere le energie e per riflettere su cos’altro potrei provare a fare.
Ma non ho molto tempo a disposizione per pensare. Infatti non passa neanche un minuto, che improvvisamente risuona di nuovo un allarme tipo quello di prima, con tanto di intermittenti lampi di luce rossa.
Chiudo gli occhi e digrigno i denti, imprecando tra me e me.
I Jack stanno tornando.
Dovevo aspettarmelo, era questione di tempo prima che mi ritrovassero!
Sento in lontananza i passi pesanti e ritmati dell’esercito di robottoni. Mi metto a gattoni e mi guardo intorno per cercare una possibile via di salvezza. Non ho molto tempo, scorro disperatamente lo sguardo nell’ambiente intorno a me e a quel punto vedo quella che potrebbe diventare la mia disperatissima soluzione di salvataggio.
C’è un grosso camino spento nella parete di fronte al portone. Se riuscissi a raggiungerlo potrei nascondermi al suo interno e provare ad arrampicarmi, sempre sperando che i Jack non arrivino prima, mi vedano e mi facciano arrosto con un’altra delle loro fiammate. Non sembra esserci nessun’altra alternativa, o per lo meno non riesco a trovare un’idea migliore. È l’unico disperato tentativo che posso fare.
Striscio rovinosamente sul pavimento, muovendomi in una angosciata corsa contro il tempo. Raggiungo finalmente il camino, mi infilo al suo interno, non c’è cenere, né residui di fuochi recenti, soltanto polvere e fitte ragnatele. Spero che sia un buon segno.
Mi addentro all’interno del focolare e tasto la parete del fondo per cercare un appiglio in cui potermi arrampicare. Il suono dei passi dei Jack che rieccheggiano sembrano andare a ritmo con il battito martellante del mio cuore.
Riesco finalmente a trovare qualcosa che posso afferrare. È una sorta di gancio metallico nascosto dentro la canna fumaria. Ottimo! Posso fare leva con quello per issarmi almeno il tanto giusto per potermi nascondere. Non sarà facile con il piede infortunato, ma devo almeno tentare.
Afferro il gancio con tutte le mie forze, ma inaspettatamente cede sotto il mio peso, mentre il fondo del camino si apre rivelando una nuova botola.
“Cos…”
Era una leva!
Prima che abbia la possibilità di rendermene conto, mi ritrovo a cadere e rotolare giù in una sorta di scivolo stretto, buio e incredibilmente sporco.
Continuo a prendere velocità e nonostante provi a fare attritto con le mani, non riesco comunque a frenare il violento, inevitabile arrivo che mi porta ad urtare il piede già fratturato contro il pavimento di una stanza illuminata con dei lampadari al neon.
“Aaaaargh!” lancio uno straziante urlo di dolore, andando a raccogliere il piede dolorante con entrambe le mani.
Cerco di adattare gli occhi alla nuova luminosità, ma questa luce è fin troppo intensa e non riesco a tenerli aperti per più di pochi secondi.
Sento dei passi lenti e strisciati venire verso di me.
Apro gli occhi ancora una volta e vedo come prima cosa delle babbucce a quadri che si muovono lentamente verso di me.
Una voce roca poi mi chiede qualcosa.
“Ja nje gavarju pa russki.” rispondo allora con l’unica frase in russo che sono in grado di pronunciare.
La voce continua a parlare, sempre in russo, nonostante abbia appena affermato la mia non conoscenza della lingua.
“Dottor Bosconovitch?” chiedo allora riuscendo ad aprire meglio gli occhi.
Sono in una sorta di laboratorio, con strani strumenti sparsi un po’ per tutta la stanza. Un uomo anziano, molto anziano mi guarda con un’espressione enigmatica.
“Sono un amico di sua figlia Alisa.” gli dico allora proseguendo in giapponese “Vengo in pace.”
“Mia figlia Alisa?” ripete lui con un forte accento.
“Sì!” esclamo “Anche lei era con me! Ci siamo introdotti in casa perché abbiamo bussato, ma non abbiamo ricevuto risposta.”
Il dottore mi ascolta incerto, poi si gratta la fronte con un indice.
“Non ricevo mai visitatori.” risponde, poi mi guarda con aria malvagia “Ma molti ladri o curiosi vengono spesso a trovarmi e ho dovuto adattare alcune misure di sicurezza.”
“Misure di sicurezza?!” gli rimprovero “Quei Jack mi hanno quasi ucciso! E mi hanno rotto un piede!”
Il dottore abbassa lo sguardo sul mio piede, poi alza le spalle.
“Non è mai morto nessuno qui.” sibila “Almeno, non per via dei Jack.”
“Mi hanno sparato contro un dannato lanciafiamme!” ribatto.
Il dottore si gratta ancora la fronte.
“Quella è una mia modifica recente!” sorride soddisfatto, poi ci ripensa "Forse è un po’ estrema?”
“Un po’ troppo estrema?” ripeto sbigottito “Mi hanno quasi fatto arrosto!”
Il dottore si stringe nelle spalle.
“Il mio obiettivo è tenere lontano i ladri, ma non intendo ucciderli. Potrei anche passare dei problemi. Forse. Chi lo sa.” poi si ferma e ragiona fra sé e sé “Potrei sostituire il fuoco con dell’acqua ghiacciata… o con un getto di azoto liquido.” poi si blocca ancora e prende a guardarmi con sospetto “Come conosci il loro nome comunque?”
“Dei Jack, intende?” chiedo “Gliel’ho detto, sua figlia Alisa era con me!”
“Alisa?” ripete il vecchio, poi scuote la testa e si spinge gli occhiali sul naso “Impossibile, la mia Alisa si trova in Giappone in questo momento.”
“Perché l’ha affidata a Jun Kazama ed è andata a vivere con loro. È lì che ci siamo conosciuti.” rispondo “Ma adesso Alisa è qui con noi in questa casa.”
Il dottore mi guarda diffidente.
“E dove sarebbe adesso? Perché non è con te?!”
“Si è aperta una botola al piano di sopra! Proprio subito dopo che si è attivato il primo allarme!” racconto “E a quel punto Alisa è caduta sotto, non so dove. La stavo cercando fino ad adesso.”
“Hai lasciato la mia povera Alisa da sola.” mi accusa.
Sul serio?! Ora sarebbe colpa mia?!
“Ci siamo divisi perché una botola si è aperta all’improvviso sul pavimento!” ripeto “Come avrei potuto prevederlo?!”
Il dottore mi guarda pensieroso.
“Perché dovrei fidarmi di quello che dici, sconosciuto?”
“Perché…” mi fermo, non so cosa dire “Troviamo Alisa per prima cosa, poi sarà lei a spiegarle chi sono.”
Il dottore ci pensa un po’, poi si gratta la fronte.
“Presumo che trovare Alisa sia la prima cosa da fare.” ne conviene “Sempre se dici il vero. Sempre se si trova davvero qui.”
“È davvero qui!” ripeto per l’ennesima volta.
Il dottore mi squadra in silenzio da testa a piedi, poi si schiarisce la voce.
“Ragazzo…” dice poi, non badando alla mia risposta “... credo che il tuo piede abbia qualcosa che non va.”
Abbasso lo sguardo sul mio piede, livido e piegato in maniera decisamente non naturale.
“Sì, l’ho notato.” borbotto.
“Vuoi che… dia un’occhiata dopo che troviamo Alisa?” chiede distrattamente, avvicinandosi ad una serie di monitor sulla parete a fianco a noi.
“Ehm.. ok?” rispondo confuso.
Lui interagisce con una tastiera i vari monitor si accendono, attivando le immagini di quello che presumo sia una sorta di sistema di videosorveglianza.
“Oh Alisa!” emette poi con un rantolo, portandosi una mano davanti alla bocca.
“Che succede?!” scatto seduto cercando di intravedere nelle immagini del monitor “Sta bene?!”
Il dottore non risponde, e lascia la stanza di fretta.
“Hey!” lo chiamo “Aspetti! Che succede?!”
Silenzio.
“Dottor Bosconovitch!”
Mi trascino a gattoni sul pavimento e cerco di sbirciare anche io negli schermi della videosorveglianza.
Il cuore mi batte all’impazzata per l’ansia. Cosa è successo ad Alisa?! Perché il dottore ha reagito in quel modo?! Cosa ha visto?!
Raggiungo gli schermi e mi appoggio al ripiano per issarmi su e poter vedere meglio.
Faccio scorrere velocemente lo sguardo su tutti i monitor e cerco di individuare la figura di Alisa da qualche parte.
Niente, da questi schermi si riesce a malapena a scorgere qualche sagoma, ma mi sembra comunque di non riuscire a vedere niente di vagamente simile ad una figura umana.
Stringo la mano a pugno, contro il ripiano freddo del tavolo da lavoro.
Dove cavolo è finita Alisa?!
Sta bene?!
Sono io ad averla trascinata in questa assurda missione. Se dovesse esserle successo qualcosa non me lo perdonerei mai.
“Lars!” sento poi da qualche parte dietro di me.
Mi volto e noto Alisa che entra nella stanza e corre in mia direzione.
“Alisa!” esclamo con un misto di sollievo e sorpresa.
Lei mi raggiunge e mi si butta addosso con le braccia attorno al collo, costringendomi ad arretrare un pochino e ad appoggiare il peso sul piede rotto.
Mi lascio sfuggire un gemito di dolore e lei sobbalza all’indietro.
“Lars, che succede?!”
“Il ragazzo ha un piede rotto.” risponde il dottore entrando in quel momento.
Alisa guarda il piede a bocca aperta.
“Oh mio dio!” mormora “Ti ho fatto male?! Mi dispiace!”
“Non è niente!” la rassicuro mettendole le mani sulle spalle e studiandola “Tu, piuttosto… stai bene?”
Lei annuisce con decisione.
“Sono scivolata giù fino allo scantinato, ma sto bene. Fortunatamente sono finita su un vecchio divano che mi ha attutito la caduta.” spiega “Ma tu… devi assolutamente farti aiutare da papà!”
Alisa si volta dal padre e lo guarda per assicurarsi una conferma e il dottore annuisce.
Alisa mi aiuta a sedermi sul banco sotto ai monitor di sorveglianza e il dottore si avvicina con una valigetta per il pronto soccorso.
Rimaniamo in silenzio durante la mia visita e non riesco a trattenere un urlo di dolore quando il dottore fa pressione sul piede per ‘rimettere le ossa al loro posto’, prima di procedere alla fasciatura.
“Lars…”
Apro gli occhi, Alisa è a fianco a me che mi guarda preoccupata.
“È tutto a posto ora.” mi sussurra dolcemente.
Chiudo gli occhi e annuisco, intontito dal dolore.
“Sicuro di non volere un antidolorifico?” chiede ancora Alisa.
Scuoto la testa. Sono sicurissimo. Non è il caso di dirlo ad Alisa, ma non mi fido per niente degli intrugli prodotti da suo padre che che si è offerto di farmi bere. Non appena tornerò in città farò una visita alla farmacia, fino ad allora sarò forte e eviterò di impazzire per il dolore.
“Bene.” dice il dottore sistemando gli attrezzi per la fasciatura dentro alla valigetta “Adesso potrei sapere perché vi siete introdotti nella mia casa come dei malintenzionati? Avreste potuto anche farvi male.”
Deglutisco. Già, avremmo potuto.
“Papà…” inizia allora Alisa con tono di rimprovero “Hai decisamente bisogno di comprarti un telefono! Ti avremmo avvisato della nostra visita e Lars non si sarebbe rotto un piede!”
Il dottore la guarda stupito, poi si sistema gli occhiali.
“Le buone vecchie lettere funzionano alla grande, mia cara.” risponde plastico.
“Sì, se non fosse che le lettere intercontinentali arrivano dopo un mese!” polemizza Alisa, poi rivolgendosi a me aggiunge “Papà non si fida di tutte le invenzioni che non ha progettato lui.”
“Questo non è vero.” il vecchio scuote la testa indispettito “Ma Alisa, da quando sei diventata così impertinente? Le generazioni di oggi ti stanno corrompendo con la loro inaudita presuntuosità, come temevo.”
A quel punto mi intrometto con un colpo di tosse.
“Alisa, Dottor Bosconovitch…” forzo un sorriso “Forse dovremmo concentrarci sul motivo per cui siamo qui.”
“Papà…” dice Alisa a quel punto “Stiamo indagando sugli esperimenti genetici della Mishima Zaibatsu. Devi dirci quello che sai!”
Il dottore impallidisce di colpo e arretra, per poco non gli cade la valigetta dalle mani.
“Alisa?!” esclama sgomentato, quasi ferito.
“Forse… è meglio se ci sediamo tutti e…” provo a dire schiarendomi la voce.
Non vorrei che il dottore avesse un mancamento.
“Papà, è molto importante.” insiste Alisa “E tu…”
“Alisa!” esclama il dottore improvvisamente severo “Lasciami parlare da solo con questo giovane!”
“Cosa?!” chiede lei appena contrariata e guarda me in cerca di sostegno.
Non sono del tutto contrario all’idea del dottore in effetti. Potrei anche cogliere l’occasione per chiedergli di quelle foto.
“Facciamo come dice.” le suggerisco.
Alisa torna a guardare il padre, con espressione dubbiosa, poi torna da me.
“D’accordo, ma Lars… se ti fa del male urla e verrò a salvarti!” dice come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Deglutisco e mostro un sorriso tirato, non sapendo se doverla considerare una battuta o meno. Ma mi ricordo ben presto che Alisa non scherza quasi mai e sospiro nervosamente mentre lei lascia la stanza. Coraggio Lars, hai superato situazioni ben più complicate di questa!
“Sono veramente indignato!” esclama il dottore sprezzante una volta che siamo soli “Parlare di quegli esperimenti di fronte alla povera Alisa! È roba di così tanti anni fa! Perché riaprire adesso certe vecchie, dolorose ferite!”
“Perché è giusto fare luce su ciò che è successo!” spiego, ma il dottore sembra non avere voglia di ascoltarmi.
“Devi andartene da questa casa.” mi guarda con disprezzo “E Alisa resterà qui! È stato un errore permetterle di vivere con dei Mishima.”
“Mi ascolti!” gli ordino sovrastandogli la voce “Non può più decidere lei per Alisa!” lui sembra furioso “Vuole veramente negarle ancora una volta di vivere la sua vita?!”
“Io… ho solo cercato di proteggerla!” risponde il dottore.
“Certo! Tenendola dentro una campana di vetro per tutta la sua giovinezza!” ribatto “Impedendole di vivere come una ragazza normale!”
“Almeno era al sicuro…” dice il dottore adesso con una vena di tristezza, poi scuote la testa “Tu non sai niente, non puoi capire.”
Sembra sofferente, immerso nei suoi pensieri, abbassa lo sguardo.
Esito, poi riprendo a parlare con tono più calmo.
“Mi faccia capire allora.” dico “Qual è esattamente il legame tra Alisa e quegli esperimenti?”
“Io ho solo cercato di proteggerla.” ripete il dottore, come se stesse cercando più che altro di convincere sé stesso.
“Dottor Bosconovitch perché al piano di sopra ho trovato delle foto di una ragazza identica ad Alisa… degli anni ‘70?” chiedo serio.
Il dottore mi guarda adesso con orrore.
“Cosa hai… sei entrato nella stanza…” farfuglia con evidente rabbia crescente.
“Non era mia intenzione frugare tra le sue cose.” mi scuso “Stavo cercando una via d’uscita e… ho trovato per caso quell’album di fotografie.”
Il dottore abbassa lo sguardo e deglutisce.
“Io… dovevo fare in modo di sistemare le cose…” riprende a voce tremante “Doveva esserci un’altra possibilità…”
Si sfila gli occhiali e si copre gli occhi con una mano.
Sembra sul punto di mettersi a piangere.
“Dottore?” chiedo cautamente, non sapendo bene come comportarmi.
Di certo non mi aspettavo questa reazione.
Il dottore sospira, poi scuote la testa e si scopre gli occhi. Evitando di guardarmi inizia a pulire le lenti degli occhiali con la stoffa del suo camice.
“Tu… tu sembri essere affezionato ad Alisa.” osserva poi “E lei sembra essere affezionata a te.”
Non rispondo, non capisco dove voglia andare a parare.
“Sai Alisa non aveva mai alzato la voce con me.” continua rinforcando gli occhiali e finalmente torna a guardarmi “Quasi non la riconoscevo quando mi ha parlato poco fa!” poi emette un lungo sospiro con una specie di rantolo “Mi ha quasi ricordato l’altra Alisa…”
“L’altra Alisa?” ripeto incerto.
Il dottore annuisce.
“Mia figlia Alisa è nata il 27 agosto 1958.” inizia il dottore facendomi salire un brivido di gelo lungo la schiena “Ed è morta per una malattia congenita alla fine dell’autunno del 1975, a poco più di diciassette anni.”
“Che cosa significa questo?” chiedo cautamente.
“Per tutti questi anni non mi sono mai dato pace…” riprende il dottore quasi balbettando “Non ero riuscito a salvarla, nonostante i miei sforzi… le mie cure…”
Il dottore si siede.
“Ma anche dopo la sua morte, ho lavorato diversi anni per la Mishima Zaibatsu e per tutto quel tempo non ho mai smesso di cercare un modo, una cura per quella malattia che aveva portato via la vita di mia figlia.” continua con quello che sembra un rantolo struggente.
Faccio veramente fatica a decifrare le parole di questo discorso lamentoso.
“Poi… Heihachi ha finanziato una ricerca genetica e io…” respira a fatica.
“Che è successo a quel punto?” chiedo.
“Ho… sfruttato segretamente quelle ricerche per correggere il DNA di Alisa…” riprende, poi mi guarda “... l’ho aggiustato, invece di trovarne una cura, ho eliminato quel difetto genetico che me l’aveva portata via.”
Inspiro a fondo, arrivando finalmente alla conclusione.
“Lei… ha clonato sua figlia…” realizzo a voce alta.
Lui annuisce con aria colpevole e abbassa lo sguardo.
“Heihachi però non la prese bene….” riprende il dottore “Era troppo rischioso, Alisa era morta da troppo poco tempo. Chi aveva conosciuto la prima avrebbe potuto intuire cosa era stato fatto e Heihachi temeva che questo potesse portare l’attenzione sul suo principale progetto e dunque…” il dottore corruga e si gratta la fronte “Mi licenziò dal progetto e mi assegnò ad un gruppo di ricerca in Antartide, dove era sicuro nessuno avrebbe potuto scoprire cosa era stato fatto.” continua il suo racconto “Era… l’unica possibilità per poter stare con Alisa, o me l’avrebbe portata via.”
E a quel punto inizia a piangere.
“Non potevo…” dice asciugandosi le lacrime “Non potevo perderla di nuovo. L’ho portata in Antartide con me… dove le ho insegnato a difendersi e a sopravvivere in un mondo così pericoloso e pieno di insidie. Le ho insegnato tutto ciò che dovesse sapere, in previsione di quando si sarebbe trovata ad affrontare il mondo reale. Perché il mondo è pericoloso… si può morire e…”
Il dottore si blocca di nuovo, inspira e lentamente si calma.
“L’Alisa che conosci anche tu ha scoperto la verità su sé stessa la mattina del suo dodicesimo compleanno.” riprende pochi secondi dopo “Temevo una sua reazione o che potesse ribellarsi, ma lei stessa, non avendo mai conosciuto una vita diversa da quella che aveva condotto fino a quel momento, fu comprensiva. Stabilimmo che avremmo aspettato almeno fino ai suoi diciotto anni, prima di tornare nel mondo reale. Gli esperimenti della zaibatsu ormai erano stati cancellati, quindi anche Heihachi non avrebbe avuto niente in contrario ad un nostro ritorno.”
Chiudo gli occhi e inspiro a fondo, cercando di soffocare quel turbine di pensieri e di emozioni che mi stanno facendo urlare internamente.
“Ora… mi spiego come possa un padre aver deciso di far vivere la propria figlia relegata in quel modo per tutti quegli anni.” confesso.
“Io ho solo cercato di proteggerla…” ripete il dottore quasi ossessivamente.
E io non posso più accettare di sentire questa frase.
“Lei non ha riportato in vita la sua Alisa…” gli faccio notare tagliente “Ne ha semplicemente creato una copia che poi ha costretto a una vita finta!”
Il dottore mi guarda, pallido in volto, con l’ombra di un attanagliante senso di colpa che emerge dai suoi occhi. Sa che ho ragione!
“Le ha negato un’infanzia, un’adolescenza… momenti che non potrà recuperare mai più!” sottolineo e mi fermo soltanto perché il dottore adesso ha un’espressione talmente sofferente che arriva a farmi pena.
“La cosa peggiore…” dice poi Bosconovitch con un filo di voce “È che ti do ragione, ma l’ho capito troppo tardi.” poi abbassa lo sguardo “Questo il mio fardello… quello che mi porterò dietro fino al giorno della mia morte.”
“Deve… fare in modo che Alisa viva il suo futuro come meglio crede.” riprendo allora poco dopo “È la cosa migliore che può fare per lei. Deve vivere più lontana possibile dal suo controllo.”
Il dottore non risponde, ma annuisce e va a sedersi su una sedia.
Si copre ancora il volto con le mani.
Passano dei lunghi minuti di silenzio, nei quali ripenso ossessivamente alla conversazione appena avuta.
“Presumo che… Alisa voglia aiutarti per vendicarsi di me… di Heihachi e di chi ha permesso la realizzazione di questo esperimento.” ricomincia poi Bosconovitch.
Lo guardo.
“Credo di sì.” ammetto “Adesso capisco decisamente meglio le sue ragioni.”
Il dottore sospira.
“Presumo che… sia opportuno che io faccia la mia parte.”
“Direi che sarebbe il minimo che possa fare.” rispondo forse un po’ troppo acidamente.
Mi rendo conto che il dottore è devastato dal suo senso di colpa, ma è più forte di me. Non riesco a non essere adirato con lui.
Il dottore annuisce.
“Purtroppo sono uscito dal progetto fin troppo presto e non ho molti dati a mia disposizione.” continua.
“Sarà comunque meglio di niente.” rispondo “E oltre alla sua testimonianza, quello di cui abbiamo bisogno è un nome.” aggiungo “Il nome dello scienziato che coordinava quell’operazione. Il suo nuovo nome.”
Il dottore mi guarda confuso.
“Il mio informatore è convinto che lei possa conoscerlo.”
Bosconovitch apre la bocca, con evidente preoccupazione.
“Cosa volete farle?” domanda poi serio “È una brava persona, non voglio che le facciate del male… correrà qualche pericolo?”
“Assolutamente no.” gli assicuro “Me ne occuperò io personalmente e farò in modo che non si creino situazioni di pericolo. Quello che ci interessa è soltanto la sua testimonianza.”
Il dottore ci riflette a lungo, poi sospira.
“Non ci sentiamo da parecchio tempo, non so neanche dove viva, ma ha cambiato nome più volte… anche per sfuggire alla zaibatsu… l’ultima volta che l’ho incontrata… si faceva chiamare Emma Kliesen.”
“Emma Kliesen…” ripeto.
È stata dura, mi è costato un piede rotto, ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Abbiamo ottenuto questo nome.
“Perfetto.” dico annotando il nome, poi lo guardo seduto con le mani che coprono ancora gli occhi.
Dovrei ringraziarlo
“Bosconovitch…” esordisco poco dopo “Ha fatto la scelta giusta.”
Il dottore alza appena lo sguardo.
“Lars, sono felice che Alisa abbia incontrato una persona come te.” dice con lo sguardo di un padre in pena “Spero potrai prenderti cura di lei.”


Mezz’ora dopo esco dalla stanza con l’aiuto di due stampelle, il dottore mi ha fornito alcuni dettagli interessanti, posso ritenermi pienamente soddisfatto dell’esito della mia missione. Mi incammino lungo un corridoio buio ed entro in una specie di vecchio soggiorno polveroso.
Alisa è seduta in una poltrona accanto alla porta.
Alza timidamente gli occhi su di me.
“Avete parlato a lungo…” commenta.
Sospiro e annuisco, andando a prendere posto a fianco a lei.
Alisa deglutisce.
“Ti ha… detto quello che volevamo sapere?” chiede.
“Sì, alla fine sì.” annuisco “Abbiamo ottenuto un bel po’ di materiale utile.”
Alisa evita di guardarmi e gioca nervosamente con le mani.
“Ti ha anche… detto di me, suppongo.” dice titubante “Immagino sia per questo che abbia voluto che uscissi dalla stanza.”
Serio in volto, annuisco.
“Sì, mi ha spiegato tutto.” ammetto “Mi dispiace tanto, Alisa.”
Lei si stringe nelle spalle.
“Scusa se non sono mai riuscita a parlartene ma…”
“Non devi assolutamente scusarti.”
“È che… non sono altro che… un esperimento inquietante.” continua lei sull’orlo delle lacrime “Hai visto anche tu quella donna in strada stamattina… deve aver conosciuto la vecchia Alisa… era come se avesse visto un fantasma… io sono il risultato di qualcosa di innaturale e di spaventoso, io… mi sono sentita quasi come una persona normale in questi mesi a casa di Jun-san e… in un certo senso avrei preferito che non lo scoprissi mai, Lars!”
“Alisa…” mormoro sconvolto, poi la tiro verso di me e l’abbraccio forte “No! Non devi neanche pensare queste cose!”
Alisa ricambia l’abbraccio e la sento singhiozzare contro la mia felpa.
Le accarezzo i capelli.
“Alisa non è importante come sei nata, come hai vissuto per tutto questo tempo o quale sia il tuo codice genetico… non devi dire che non sei una ragazza normale, perché lo sei a tutti gli effetti! In questi mesi ti sei fatta amare e apprezzare per quella che sei.” le sussurro “Da me, dalle tue amiche…” sorrido “Da quella pazza famiglia con cui viviamo… niente potrà mai cambiare i legami che hai saldato in questo periodo. E non di certo una storia di cui tu non hai assolutamente alcuna colpa.”
Alisa mi guarda abbozzando un sorriso, dal quale vedo trasparire la sua gratitudine. Poi si stringe ancora saldamente a me, mentre continuo ad accarezzarle i capelli.
“Andrà tutto bene, Alisa.” le sussurro “Il passato non si può più cambiare, ma devi solo pensare a vivere la tua vita nel miglior modo possibile d’ora in poi. E ricordati che…” faccio una pausa “...potrai sempre contare su di me.”










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Capitolo 41
*** Tea Parties Can Be Fun Too (Asuka) ***


41
Tea Parties Can Be Fun Too
(Asuka)

“Buon pomeriggio Xiao!” esclamo.
“Asuka?” risponde lei dall’altro capo del telefono.
“Sì, sono io!” confermo “Ti ho chiamato perché… sai che questo periodo sono un sacco incasinata con lo studio e con i corsi di recupero, no?”
“Mm... sì?” fa lei un po’ confusa.
“Ecco… Il punto è che con tutto questo studio mi sono completamente dimenticata di domani… e non abbiamo più parlato di...” 
“Domani?” chiede lei confusa.
“Domani abbiamo l’allenamento con Heihachi no?” le ricordo.
“Sì. E quindi?”
“Ecco ehm…” cambio orecchio e comincio a passeggiare per la stanza “Avevi detto che ci avresti aiutato per… quella cosa.”
“Quella cosa?” ripete confusa.
“Xiao!” mi acciglio “Quella cosa! Non dirmi che te ne sei dimenticata!”
“Oh! Aiutarti a far addormentare Heihachi?” sembra ricordarsene solo adesso.
“Esatto!” rispondo “Hai pensato ad un piano?”
“Piano!” ripete poco convinta “Asuka non è che ci sia un vero e proprio piano… io ho detto solo che c’è un metodo che funziona sempre -o quasi sempre- con mio nonno, e presumo che possa funzionare anche con i nonni degli altri ma…” 
“E… la tua idea sarebbe?”
“Allora, tanto per cominciare, se vuoi far addormentare un nonnetto devi chiedergli di parlare del suo passato.”
“Cosa?!” 
“Sì, i vecchi adorano rivivere le storie della loro gioventù! E una volta che cominciano non si fermano più.” 
Aggrotto le sopracciglia e cambio di nuovo orecchio. Se è questo è tutto quello che abbiamo sono molto, molto scettica. 
“Xiao, dobbiamo addormentarlo, non ho alcuna intenzione di stare a sentire le avventure del baldo giovane Heihachi!”
“Aspetta, non ho finito!” riprende lei “Sai cos’altro adorano i nonnetti?”
“Cosa?” chiedo poco convinta.
“Il sake.”
“Il sake.” ripeto io perplessa “Vuoi fare ubriacare Heihachi facendogli raccontare storie del suo passato?”
“Beh, l’idea era quella.”
Sospiro.
“Xiao, è di Heihachi che parliamo! Io credo che...”
“Beh, come ti ho detto questo era il mio metodo per uscire di nascosto quando ero in punizione. Mi fingevo tanto pentita, convincevo mio nonno a raccontarmi di quando era giovane, una cosa tira l’altra e il giorno dopo neanche ricordava...”
“Xiao… stai forse dicendo che hai portato tuo nonno all’alcolismo?!” 
“Hey! Non ho detto questo!” ribatte lei, poi ci ripensa un secondo “Oddio…”
Alzo gli occhi al soffitto.
“Dunque, facendo il piano della situazione. Domani abbiamo l’occasione perfetta per avvicinarci al bersaglio, ma non abbiamo un vero piano.” riprendo “Non riusciremo mai a fare questo dannato test!”
“Ma… è così importante per voi?” chiede Xiaoyu.
“Come?”
“Intendo dire, tu e Jin non siete direttamente coinvolti nella cosa, perché ci tenete così tanto ad avere la conferma che Lars sia veramente…”
“Xiao, per una volta la possibilità di sapere qualcosa sulla famiglia che nessun’altro sa…” inizio a rispondere cercando di spiegare, ma poi decido che è meglio evitare “Lasciamo stare… tu non ti immagini come siano le cose qui, non potresti capire.” 
“O...kay?” fa lei confusa.
“Grazie comunque per il tuo aiuto.” riprendo con un sospiro “Domani proviamo ad avvicinarci a lui come dici tu, poi ci inventeremo… mi inventerò qualcosa che possa funzionare.”
Xiaoyu inizia a rispondere qualcosa, ma un rumore alle mie spalle mi distrae.
“Asuka…” 
Mi volto, Jin ha aperto la porta della mia stanza.
“Che vuoi?!” chiedo abbassando il cellulare “Sono al telefono!”
Mi guarda con la sua solita aria annoiata, con le mani dentro alle tasche dei pantaloni.
“Lars e Alisa sono tornati.” mi informa monotono.
Al che rispondo con un gran sorriso.
Riavvicino il telefono all’orecchio.
“Lars e Alisa sono tornati!” condivido la notizia anche con Xiao.
“Oh wow!” risponde lei.
“Finalmente!” esclamo felice. 
In tutto ciò Jin mi guarda con una smorfia come se stesse osservando uno strano brutto animale. 
“La cosa ti rende davvero così felice?” chiede stupito.
Come cavolo fa questo essere a riamanere sempre impassibile a tutto? Possibile che non gli siano mancati neanche un pochino?!
“Vuoi scherzare?!” rispondo alzando un sopracciglio “Finalmente avrò di nuovo qualcuno con cui condividere due chiacchiere a casa!”
Mi riporto il telefono all’orecchio.
“Xiao, ci vediamo domani! Ora devo assolutamente andare a riabbracciarli. Ciaociao!”
click
Lancio il telefono sul letto e mi fiondo fuori dalla stanza, scansando Jin dalla soglia con uno spintone.
“Lars! Alisa!” Jin mi incenerisce con lo sguardo come lo tocco, ma me ne frego alla grande “Siete tornati finalmente!!” 
Loro sono lì, alla fine del corridoio, che hanno appena portato le valigie al piano superiore.
“Asuka-san!” sorride Alisa nel vedermi.  
“Non potete immaginare quanto mi siate mancati! Le giornate erano così grigie in questa casa senza di voi!” dico lanciando un’occhiataccia a Jin. 
Davvero! Negli ultimi tempi mi ero talmente abituata alla compagnia di Lars e Alisa a casa che avevo dimenticato quanto fosse noiosa e irritante la compagnia di Jin. 
“Anche tu ci sei mancata, Asuka-san.” risponde Alisa con il suo solito tono gentile, venendo poi ad abbracciarmi.
Poi imbarazzata guarda Jin, probabilmente riflettendo se sia il caso di ripetere il gesto con lui, ma Jin prontamente l’anticipa.
“No.” sussurra acido, togliendole ogni dubbio.
Alisa deglutisce e annuisce velocemente, con quella che sembra anche un’espressione vagamente risollevata.
Io gli do un pugnetto sulla spalla, ma ormai non mi sorprendo più. Mio cugino è totalmente senza speranze, un iceberg asociale che non capirà mai niente in fatto di rapporti umani.
Lasciando perdere la maleducazione di quell’idiota di mio cugino, mi avvicino intanto ad abbracciare anche Lars, che solo ora noto avere un piede ingessato. 
“Hey, ma che ti è successo?!” chiedo preoccupata.
“Niente di che… solo una piccola frattura cadendo da… beh, è una lunga storia.” farfuglia con un sorriso.
“Come è andata la spedizione?” chiedo allora.
Lui e Alisa si scambiano un’occhiata silenziosa.
“Piuttosto bene.” dice poi Lars “Abbiamo portato a casa qualche informazione utile per la mia ricerca.”
“Oh ottimo!” esclamo con un sorriso “Un momento, dov’è che eravate?”
“Quindi Heihachi avrà quel che gli spetta?” mi sovrasta Jin incrociando le braccia al petto.
Lars esita qualche secondo, poi guarda Alisa, e infine decide di rispondere.
“È presto per dirlo, ma abbiamo il nome di una persona che potrebbe darci una mano.” spiega.
“Beh, è solo questione di tempo quindi, giusto?” chiedo io.
“Me lo auguro.” risponde Jin “Anche perché… il vecchio potrebbe avere in mente qualcosa di strano.”
Lars alza un sopracciglio.
“Sì, qualche giorno fa io e Jin siamo stati seguiti da qualcuno.” spiego a quel punto tornando seria.
“Siete stati seguiti da qualcuno?” ripete Lars allarmato.
Jin annuisce.
“Ci ha anche aggredito in un certo senso.” continua Jin “È stato molto strano. Kazuya dubita che Heihachi abbia a che fare con questo episodio dato che… beh, sembrava piuttosto… come dire… “mal improvvisato” come inseguimento, ma a rigor di logica chi altro potrebbe esserci dietro se non il vecchiaccio?!”
Lars lo guarda dubbioso.
“Comunque, chi è la persona che dovete cercare?” riprende Jin.
Lars e Alisa si scambiano un’occhiata silenziosa.
“Allora?” insiste Jin con una certa impazienza “Abbiamo davvero qualcosa di concreto o no?”
“Il problema è che la persona che cerchiamo potrebbe aver cambiato ancora il suo nome.” spiega vaga Alisa “Quindi… l’operazione potrebbe richiedere più tempo del previsto. È meglio che non ci facciamo troppe aspettative per il momento.”
Jin aggrotta la fronte.
“Davvero?! Quindi in pratica non abbiamo ancora niente.” constata secco. 
“Forse è meglio che ora ci lasciate risistemare i bagagli e…” prova a dire Lars.
“Chi sarebbe questa persona?” insiste ancora Jin.
Lars sospira.
“Una ricercatrice che ha lavorato al progetto.” risponde poi.
Jin alza le spalle.
“E quale sarebbe questo nome?!” continua “Magari Kazuya o mia madre la conoscono.”
“Ne dubito, era un nome falso, ma comunque…” inizia a dire Lars.
“... Emma Kliesen.” risponde Alisa nel mentre.
Passa qualche secondo di silenzio, durante il quale Alisa sembra pentirsi della sua risposta.
“Non dovevo dirlo?” chiede timidamente a Lars, ma lui la tranquillizza con un piccolo sorriso.
“Emma Kliesen…” ripete Jin pensieroso.
Lars alza lo sguardo su di lui.
“Ti dice qualcosa?” chiede scrutandolo “Non era il nome che usava durante il suo periodo trascorso alla Zaibatsu, per questo dubito che Kazuya possa conoscerla.”
“No, ma è strano perché…” riflette Jin a voce alta “... questo nome in effetti mi dice qualcosa.”
“Sul serio?!” esclamo io fiduciosa.
“Ma non riesco a ricordare cosa.” conclude.
“Wow, sei molto utile allora!” borbotto.
“Cioè hai già sentito questo nome?” gli domanda allora Lars.
Jin ci riflette ancora un po’ in silenzio.
“Sì, credo non sia la prima volta che lo sento, ma non ne sono sicuro.” 
“Probabilmente si sta sbagliando.” alzo gli occhi al soffitto “Jin sente i nomi stranieri tutti allo stesso modo! Non riesce neanche a ricordarsi il nome di Lucky Chloe!”
“Sta’ zitta!” sbotta lui scocciato “So di cosa sto parlando! Credo davvero di conoscere questo nome!”
“Davvero?” chiede ancora conferma Lars.
“... beh, credo.” sottolinea ancora Jin.
“... quindi non lo sapremo mai.” aggiungo io con una mezza smorfia.
Lui sbuffa.
“Mi verrà in mente!” sbotta, prima di riinfilarsi le mani in tasca e andare a chiudersi dentro la sua stanza.
Lars riprende a zoppicare verso la sua camera, trascinando la valigia.
“Ehm lascia che ti aiuti!” esclamo, offrendogli un sostegno.
“Senti Lars…” riprendo poco dopo mentre entriamo nella sua stanza “Domani ci vedremo con Heihachi e cercheremo… di rubargli un po’ di DNA.” termino sottovoce.
Lui esita un po’ prima di portare la valigia sul letto.
“Così finalmente sapremo se mia madre ha detto la verità.” dice con un sorriso amaro.
Sospiro.
“Ecco, per l’appunto… ci ho pensato molto.” riprendo abbassando lo sguardo “All’inizio sai, sentivo di non potermi più fidare di te e volevo fare questo test per capire se avevi detto la verità, ma…”
Mi guarda dubbioso mentre apre la zip e inizia a disfare i bagagli.
“Insomma, io ti credo e…” mostro un piccolo sorriso “Se tu non vuoi che andiamo avanti con questa storia devi dircelo. Dopotutto si tratta del tuo DNA. È una cosa tua personale e…”
Lars sorride.
“Non ti preoccupare, Asuka. Dopotutto ho tradito la vostra fiducia, è comprensibile che vogliate avere la conferma. E poi d’altronde…” esita, forza un sorriso “Anche io non ho altro che la parola di mia madre… dentro di me è sempre rimasto un piccolo barlume di speranza che… si possa essere sbagliata.”
“Lars…” dico seria “Sei sicuro?”
Annuisce con decisione.
“Fatemi sapere se riuscirete a spedire il test.” sorride convinto.


Dover recuperare l’irrecuperabile alla fine dell’anno scolastico è un incubo senza precedenti. Mai nella vita mi sono ritrovata a dover cercare di recuperare così tante materie tutte insieme per evitare la bocciatura. E d’accordo, so che è stata colpa mia e di nessun altro. So benissimo che non avrei dovuto trascurare la scuola e che se mi fossi impegnata di più non mi sarei ritrovata in questa situazione disperata e bla, bla, bla.
Ma! È anche vero che ho passato uno degli anni più incredibili della storia dell’umanità. O per lo meno della mia vita. 
La ragazza è intelligente, ma sembra costantemente distratta, dicono i miei insegnanti. Ed è proprio questo il problema, con tutto quello che mi è successo ultimamente credo che sia un tantino comprensibile aver perso un po’ la concentrazione!
Insomma, sono un essere umano io, al contrario di Jin! Su di me, le cose che mi succedono intorno hanno un certo impatto! Io non riesco ad essere sempre distaccata, lasciar fuori qualsiasi cosa e studiare come se niente fosse. 
Purtroppo io non sono come lui e non riesco a mantenere una media perfetta anche dopo che la casa diventa un vero e proprio manicomio! Abbiamo visto tutti come Jin sia il tipo che preferisce arrivare a bucarsi lo stomaco dallo stress, piuttosto che perdere una posizione nella classifica dei secchioni della scuola. Beh, io purtroppo non sarò mai così!
Con questi pensieri sospiro ed entro nel bagno del primo piano, dopo l’ennesimo sabato mattina passato a scuola a seguire corsi di recupero.
Entro in uno dei camerini e inizio a cambiarmi. Lancio una rapida occhiata al mio orologio da polso e sbuffo. Sono un po’ in ritardo, oggi la lezione è finita un po’ oltre il suono della campanella. Al posto della divisa scolastica mi cambio in tuta da allenamento, infilo velocemente la divisa dentro allo zaino ed esco di nuovo nell’anticamera del bagno dove davanti ad un lavandino, intenta a mettersi il rossetto, trovo… Lili.
Mi guarda per un secondo, attraverso il riflesso dello specchio. Lei impeccabile come sempre, io con occhiaie, capelli in disordine e tuta da ginnastica. Mi squadra da testa a piedi, fa una smorfia e poi torna a concentrarsi sulle sue labbra.
Sospiro e faccio per lasciare subito la stanza, ma ovviamente Lili non può accontentarsi di lasciarmi andare così.
“Hai intenzione di dileguarti così facendo finta di niente?” chiede senza voltarsi.
Mi fermo la scruto confusa, mentre lei curva le labbra per distendere meglio il colore.
“Cosa vuoi Lili?” chiedo allora spazientita “Sappi subito che non ho tempo per le tue idiozie.”
Non risponde subito e ho l’impressione che lo stia facendo apposta. Chiude il rossetto e lo fa cadere dentro alla sua trousse di perline, che ha tutta l’aria di costare un bel po’, ed evita sempre di guardarmi.
“Non credi che sia il caso di risolvere la nostra disputa una volta per tutte?” chiede poi.
La guardo confusa.
“Disputa? Quale disputa Lili?! Ti rendi conto che è tutto nella tua testa?”
Solo a quel punto lei decide di degnarmi di un suo sguardo e mi rivolge un risolino antipatico.
“Sei seria?!” chiede fingendosi divertita “A chi vuoi darla a bere?” 
Alzo gli occhi al soffitto e torno a guardare nervosamente l’orologio.
“So benissimo che tu ti ritieni migliore di me.” dice con un sussurro carico di veleno “E penso che sia arrivato il momento di sfidarci e di stabilire una volta per tutte chi sia la migliore delle due.”
“Sfidarci?” ripeto perplessa “Una sfida di che tipo?”
“Di qualsiasi tipo, sono certa di poterti battere in qualsiasi campo!” continua impertinente.
Sono scioccata e ne ho davvero abbastanza.
“Lili, mettitelo in testa una volta per tutte, non mi interessa minimamente fare a gara con te!” dico allora “Perché sei così ossessionata dal voler essere migliore di me?! Non è salutare!”
Ed è a quel punto che mi rendo conto di quanto questa ossessione di Lili mi ricordi la stessa di qualcun altro di mia conoscenza.
“Oh... mio... dio…” mormoro arrivando a quella conclusione. 
Ebbene sì, Lili è la mia Hwoarang!
“Ti tiri indietro così quindi?” continua con tono secco e per un attimo me la immagino con i capelli arancioni “Non ti facevo così codarda, Asuka!”
Indietreggio, quasi spaventata.
“Fatti curare!” borbotto poi, prima di andarmene in fretta da lì.
È abbastanza disturbante, specialmente perché non me ne ero mai resa conto prima di adesso. 
Percorro velocemente il corridoio della scuola e mi dirigo in fretta verso l’uscita, mentre rifletto ancora sbigottita sulla cosa.
Quello che più mi lascia perplessa è che, al contrario di Hwoarang, che un motivo per volersi misurare con Jin, per quanto stupido, ce l’ha pure, io non ho mai avuto davvero a che fare con Lili prima che nascesse questa sorta di rivalità unilaterale.
Insomma, cosa mai potrò averle mai fatto per meritare questa antipatia?!
Con questi pensieri, raggiungo abbastanza presto il complesso della Mishima Zaibatsu, dove tra un quarto d’ora (sono in super ritardo!) avremo l’appuntamento con Heihachi per iniziare il super allenamento.
Jin e Xiaoyu, che -beati loro- non hanno corsi di recupero di inglese da seguire il sabato mattina, dovrebbero già essere in palestra, dove abbiamo appuntamento per riscaldarci insieme. Ed è ovviamente l’occasione giusta per parlar loro del mio piano, che è decisamente più affidabile di quello di Xiaoyu! 
Sogghigno accarezzando la tasca del mio giubbotto. Non ho ancora avuto il tempo poterlo spiegare a quei due, ma ho avuto una trovata geniale per il successo della nostra missione!
Entro nell’edificio della palestra e mi dirigo verso la sala al pian terreno dove si allena di solito Jin, una di quelle più sfigate, con un pezzo di pavimento rotto e che non usa mai nessuno. Non mi stupirebbe se quell’asociale avesse scelto proprio quella sala per incappare in altra gente il meno possibile.
Di sabato mattina queste palestre sono poco frequentate, c’è piuttosto silenzio, ma sento del vociare provenire proprio da quella sala.
“Incredibile, quasi venti minuti di ritardo!” sento dire a Jin.
“Ma starà arrivando!” risponde Xiaoyu “Poverina, aveva anche i corsi di recupero stamattina!”
“I corsi sono finiti da un pezzo!” risponde Jin “Si deve essere fermata a perdere tempo con qualcuno!”
E trovo questa mancanza di fiducia decisamente fastidiosa, nonché offensiva.
Non è mica colpa mia se il prof ha deciso di continuare a spiegare qualche minuto dopo il suono della campanella.
“Provo a chiamarla.” lo sento dire a quel punto.
E il cellulare nella mia tasca comincia a vibrare. Risentita, decido di fermarmi e di aspettare, senza rispondere, per sentire quali altri gentili parole mio cugino vorrà dedicarmi.
“Non risponde.” dice poco dopo staccando la chiamata “Come al solito.”
Da che pulpito! Proprio lui che non è mai raggiungibile!
“Dai, magari ha finito più tardi del previsto a scuola.” prova a farlo ragionare Xiaoyu “In fondo sono solo venti minuti! Non è così tanto. Non essere sempre così duro con lei!” 
“Non è così tanto?!” ripete lui sdegnato.
Mi avvicino a passi felpati alla porta e mi sporgo giusto il tanto per riuscire a vedere qualcosa.
Jin cammina nervosamente avanti e indietro con le mani in tasca, mentre Xiaoyu fa stretching a terra.
Jin poi si ferma e sospira irrequieto.
“E poi non è che sono necessariamente duro con lei…” sussurra “... potrei anche essere…”
Si ferma, al che Xiaoyu si gira a scrutarlo.
“Potresti essere cosa?”
“Niente, lascia stare.” brontola Jin riprendendo a camminare.
“No, cosa stavi dicendo?!” insiste Xiaoyu con un mezzo sorriso, mettendo le gambe in posizione di riposo.
“Non stavo dicendo niente!”
“Potresti essere… preoccupato?” conclude lei al posto suo “È così?”
Jin si ferma di nuovo, la guarda in silenzio, poi va a sedersi sulla panca a bordo sala. 
Non l’ha negato! Se lo conosco bene, e lo conosco come le mie tasche, questo vuol dire che sì, Jin è preoccupato per me!
Xiaoyu lo guarda sorpresa. Io spalanco la bocca, ancora più stupita di lei.
“Ma dai! Tu così apprensivo?” osserva “Questa sì che è una novità!”
“C’è poco da essere ironici! Ricordi cosa è successo a me e a lei non troppo tempo fa, no?” dice lui a denti stretti “Il giorno in cui siamo stati aggrediti con lo spray urticante. È in ritardo e non risponde al telefono! Cosa diavolo devo pensare?! E se l’avessero riattaccata?! Certo che sono preoccupato! Come potrei non esserlo?!”
Spara tutte quelle parole ad una velocità notevole, come se volesse far durare quel momento il meno possibile, per essere meno imbarazzante. Io intanto non ho proprio idea di come dovrei sentirmi. Mio cugino, l’iceberg asociale incapace di provare sentimenti positivi ha appena ammesso di essere preoccupato per me.
Questo vuol dire che in fondo in fondo mi… mi… vuole bene?
Rimango pietrificata. 
Intanto Jin sbuffa e tira fuori il telefono dalla tasca. Lo osserva.
Xiaoyu si alza e lo raggiunge.
“Fammi capire, c’è davvero bisogno di preoccuparsi?” chiede seria.
Lui a quel punto le rivolge un’occhiata strana.
“Sì.” risponde gelido “Come ti ho già detto innumerevoli volte, se hai a che fare con la mia famiglia non puoi mai escludere eventuali pericoli.” aggiunge serissimo “Sono sempre, costantemente preoccupato… e non solo per lei.”
Si scambiano un lungo sguardo silente. Poi Xiaoyu sospira, si siede a fianco a lui e… appoggia una mano sopra quella di Jin. 
Ok, questo è strano.
Lui intanto non solo non sposta la mano, ma nemmeno sembra reagire. 
Alzo un sopracciglio. Ok, questo è ancora più strano. Possibile che sia davvero così preoccupato per me? Al punto da non fiatare nemmeno se qualcuno lo prende quasi per mano?! Esagerato! Manco fossimo già al mio funerale! 
“Ok, probabilmente non è successo niente e ha semplicemente fatto tardi a scuola.” dice Xiaoyu cercando di rassicurarlo “Ma forse potremmo chiedere a qualcuno se l’ha vista. Conosci qualcuno che segue i corsi con lei?” chiede poi.
“No.”
Ok, so che dovrei uscire allo scoperto, così che possano rassicurarsi entrambi. Soprattutto dato che sono già arrivati al punto di doversi fare forza a vicenda mano sulla mano. Ma sono davvero troppo sconvolta da questa rivelazione che Jin si preoccupa segretamente per me e ho ancora bisogno di qualche momento prima di riaffrontarlo e senza sentirmi troppo in imbarazzo!
“D’accordo, forse con un giro di telefonate riesco a trovare qualcuno che l’ha vista.” riflette Xiaoyu allungandosi per prendere il suo telefono che era stato lasciato sull’estremità della panca.
Il tutto senza che nessuno dei due sposti ancora la mano.
Jin a quel punto la guarda, poi guarda il telefono e noto un velo di imbarazzo sul suo volto.
“Sì, beh, aspetta però… non è che sia così preoccupato.” cerca improvvisamente di riaggiustare le sue precedenti dichiarazioni e ritrae finalmente la mano “Chi hai intenzione di chiamare?!”
“Miharu, segue i corsi di fisica di sabato mattina. Potrebbe averla incontrata.” 
Vero, infatti ci siamo bevute una cioccolata insieme all’intervallo.
“No, aspetta.” riprende Jin “Forse non è il caso di chiamare gente. Sicuramente non le è successo niente e non è il caso di preoccuparci.” dice non riuscendo comunque a mascherare un certo nervosismo, come se non fosse del tutto sicuro della sua stessa ipotesi.
Xiaoyu lo guarda sbigottita.
“Sei sicuro? Sei stato tu a parlare di aggressioni!” gli fa notare.
“Lo so, questo è perché…” sbotta, poi si blocca, sbuffa e riprende cercando di imporsi di stare più calmo “Quell’idiota è in ritardo, probabilmente non è successo niente però… dico solo che sarebbe stato carino avvisare, visti i recenti avvenimenti!”
“Ok, e allora perché non chiamare così magari ci togliamo il dubbio?” continua Xiaoyu confusa.
“Perché la parte razionale di me è certo che non le sia successo niente e…” 
“... e?”
“E se non fosse successo niente, che sarebbe comunque lo scenario più plausibile, e se nel mentre Asuka dovesse scoprire che mi sono preoccupato per lei sarebbe…” non conclude.
“Jin!” lo rimprovera accigliata Xiaoyu capendo quale doveva essere il resto della frase “Non c’è niente di imbarazzante ad avere delle normali emozioni umane!”
“Tu non capisci!” sbotta “La delicata stabilità del mio rapporto con Asuka si basa sul fatto che ci sopportiamo a malapena. Se dovesse scoprire una cosa del genere… probabilmente non riusciremmo più a guardarci in faccia!”
“Ma per favore!” Xiaoyu rotea gli occhi all’indietro “Vuoi bene a tua cugina e in quanto cugino maggiore sei protettivo nei suoi confronti! Capirai che vergogna!”
Posso letteralmente vedere Jin rabbrividire al suono di quelle parole.
“Hey, io non mi sono espresso in questi termini!” protesta lui “Perché ti diverte tanto travisare sempre quello che dico per mettermi a disagio?!”
“Sai benissimo anche tu che era proprio quello che intendevi dire, invece.” risponde Xiaoyu “Ed è molto carino da parte tua!”
“Ok, ne ho abbastanza. Chiudiamo adesso questa conversazione.” sbotta disgustato alzandosi e spostandosi di qualche passo, come se cercasse letteralmente di allontanarsi dall’argomento di quella conversazione “Per sempre!”
“Perchè devi reagire così?” chiede Xiaoyu con tono cantilenante.
Si alza anche lei e lo raggiunge. Lui si ferma e la guarda con aria di rimprovero.
“Perché tu devi fare così piuttosto?!” le rinfaccia Jin.
“Mm?” chiede lei.
“Non fare la finta tonta.” risponde lui “Sembra che cercare di farmi impazzire sia diventato il tuo intrattenimento preferito ultimamente.” aggiunge a mezza voce, appena appena udibile dalla mia posizione.
Xiaoyu ridacchia, poi gli si avvicina, molto. Troppo. Decisamente oltre il confine di spazio personale di Jin. Si solleva un po' in punta di piedi, per essere più vicina. 
“Non sto cercando di farti impazzire.” ribatte lei a pochissimi centimetri dalla sua faccia “Ti sto solo aiutando a ricordare che sei un essere umano dopo tutto.”
Detto questo gli dà un buffetto sulla guancia. Lui corruga appena la fronte, brontola qualcosa di incomprensibile ma per il resto non si allontana, né si infastidisce in altro modo. Il che è proprio assurdo.
Xiaoyu sta praticamente sfiorando la punta del naso contro la sua, ma lui sembra più che altro turbato dalle sue parole e non dalla situazione. 
Qualche secondo dopo, sempre come se niente fosse, Xiaoyu si riallontana, con un sorrisetto soddisfatto, e va a prendere la sua borraccia lasciata sulla panca. Jin intanto controlla l’orologio, sospira e torna a sfilare il telefono dalla tasca dei pantaloni.
“Si sta facendo davvero tardi. Provo a richiamarla.” dice serio “Se ancora non risponde chiamo mia madre perché io non so che altro fare.”
Io sono ancora sconvolta per la scena a cui ho assistito poco fa. Mi sto perdendo qualcosa?
O mio cugino è stato rapito dagli alieni e questa è una strana copia mal riuscita oppure… 
Deglutisco.
… oppure Jin ha dei lati di sé che è molto abile a nascondere. E questo francamente mi inquieta ancora più degli alieni.
Non solo ha, seppur indirettamente, ammesso di volermi bene e di preoccuparsi per me, ma ha anche evidentemente uno strano legame con Xiaoyu che onestamente è la cosa che più di tutto mi lascia di stucco.
Guardo Jin, poi Xiaoyu, poi di nuovo Jin, poi ancora Xiaoyu. 
Che cosa mi sono persa? Sono semplicemente amici molto a loro agio con la prossimità fisica o… deglutisco al solo pensiero… c’è dell’altro?
Intendo dire, non è il caso di saltare subito a conclusioni affrettate, no? Mano sulla mano e conversazioni quasi naso contro naso non vuol dire per forza che quando sono soli fanno chissà cos'altro, giusto?
“Mio dio…” sussurro impercettibilmente.
Passano un sacco di tempo insieme, da mesi e mesi ormai. Cosa diamine fanno quando sono soli?
Oltre all'essere sbigottita e ovviamente raccapricciata da questo pensiero mi sento anche in un certo senso… ferita. Se c'era qualcosa tra questi due, perché non me l’hanno detto?! 
Il mio telefono ha ripreso a vibrare e questo mi ricorda che sono in un certo senso dispersa da mezz’ora. Vorrei scappare, tornare a casa e urlare tutto il mio shock contro il cuscino, ma… devo uscire allo scoperto. Devo farmi vedere, prima che Jin denunci davvero la mia scomparsa.
Deglutisco di nuovo, forzo un sorriso, faccio il possibile per sembrare spontanea e normale… ed entro nella stanza.
“Hey ragazzi! Scusate il ritardo!” dico con una voce ben più acuta del solito.
Mi sento goffa e insolitamente timida e sono certa che in una certa misura si noti, ma… è già troppo difficile impormi di non urlare per lo shock in questo momento.
“Asuka!” Xiaoyu viene immediatamente verso di me “Dove eri finita?! Eravamo preoccupati!” 
“Asuka?” Jin aggrotta la fronte e chiude la chiamata.
“Ehm… abbiamo finito un po’ tardi con i corsi di recupero e… era molto importante che restassi fino alla fine della lezione, sapete.” spiego parlando molto velocemente.
“Asuka, tutto bene?!” mi scruta Xiaoyu.
“Ma certo.” rispondo con il mio migliore finto sorriso di sempre “Sono solo… preoccupata per la scuola. Ho un sacco da studiare.”
Xiaoyu non sembra convinta del tutto.
“La scuola… sei sicura?”
“Ok, perfetto.” la sovrasta Jin evitando il mio sguardo “Ora che sei qui non perdiamo altro tempo e iniziamo il riscaldamento. Heihachi verrà a prenderci a momenti.”


La palestra personale di Heihachi si trova all’interno del giardino della sua abitazione privata. Non capita spesso che il vecchio ci inviti ad entrare nelle aree di sua proprietà, io in effetti  ho avuto l’occasione di entrarci solo un paio di volte, ma questa è decisamente un’occasione particolare. La palestra è un dojo enorme in stile tradizionale all’interno di quel parco nel cuore della metropoli. È talmente ampio e sconfinato che non sembra per niente di essere ancora a Tokyo, certo se escludiamo gli aerei che si vedono attraversare il cielo di tanto in tanto.
Heihachi, che indossa per l’occasione una tenuta da allenamento tradizionale bianca, ci fa strada all’interno dell’ambiente della palestra. La stanza sarebbe completamente buia, se non fosse per le traballanti fiamme dei vari focolari disposti lungo il perimetro della sala.
È qui che si sono allenati gli esponenti della famiglia Mishima per generazioni e generazioni e in effetti questo ambiente sembra essere venuto fuori direttamente da qualche secolo del passato.
Il riscaldamento di poco fa è stato il più strano e il più imbarazzante della mia vita, almeno per i primi minuti. Ma alla fine loro davanti a me non si comportano diversamente da come hanno sempre fatto. E se mi impegno per non pensare a quella scena in effetti le cose non sembrano poi così cambiate. Certo… non posso fare a meno di pormi qualche domanda di tanto in tanto, ma… non è il momento giusto per questo. Non ora, non oggi. Per oggi facciamo finta che tutto sia come è sempre stato.
“Vi starete chiedendo cosa ho organizzato per voi stasera!” esclama Heihachi sogghignante, fermandosi più o meno al centro della sala. 
“Aspettate pure dove siete, ora vi spiegherò tutto quel che c’è da sapere.” continua “Sapete, ci lavoro da un bel pezzo, e credetemi… non resterete delusi!”
“Che intendi dire?” chiede Jin dubbioso “Cioè non sarà il solito allenamento?!”
In effetti sono confusa anche io. Da quando vivo a Tokyo e da quando prendo parte alle gare con la squadra della Mishima Zaibatsu, Heihachi si è sempre preso la briga di farci un allenamento speciale prima degli incontri, roba che serviva più che altro per testare la nostra preparazione e ricordarci come lui alla nostra età fosse anni luce più forte e più preparato di noi. Sono sorpresa anche io da questa novità, qualsiasi essa sia.
“In cosa consiste il solito allenamento?” ci chiede Xiaoyu confusa. 
Per lei in effetti è la prima volta che prende parte a questo torneo. Fino a questo momento era ancora in quella che Heihachi definisce fase di preparazione, senza prendere parte agli incontri ufficiali. 
Non abbiamo il tempo di rispondere, che subito Heihachi riprende a parlare. 
“No, non sarà il solito stupido allenamento.” annuncia “Oggi sarete sottoposti ad un tipo di prova diversa!Il vostro obiettivo sarà quello di raggiungere questa sala!”
Ci guardiamo intorno confusi.
“Taglia corto vecchiaccio e spiegati meglio!” brontola Jin “Che diavolo vuol dire? Siamo già in questa sala!”
Heihachi piega la testa all’indietro e scoppia in una risata fragorosa, poi schiaccia improvvisamente un piede con forza contro il pavimento e solo allora scorgo quello che sembra proprio una sorta di pedale mimetizzato tra le travi di legno.
“Che??!” urlo mentre il pavimento sotto di noi si apre.
Siamo sopra una botola gigante.
“Aaaah vecchio di merda!” urla Jin mentre cadiamo nel vuoto.
Fortunatamente il vecchio pazzo ha avuto il buon senso di piazzare un materassone sotto la botola, non poteva di certo rischiare che ci frantumassimo qualche osso.
Rettifico, adesso la palestra non sembra più uscita dall’epoca feudale.
“Ora non lo siete più!” esclama Heihachi rispondendo alla domanda di Jin “Vedete di ritrovare la strada per tornare qui prima del tramonto.”
Detto questo il pavimento si richiude, togliendo Heihachi dalla nostra vista, ma siamo ancora in grado di sentire la sua risata fragorosa. Il vecchiaccio si sta divertendo un mondo alle nostre spalle! 
“Io non ci sto capendo niente.” mugugna Xiaoyu “Mi aspettavo un allenamento normale con sacchi e roba così!”
“Di solito lo era infatti!” borbotta Jin guardandosi intorno con sospetto.
Siamo in una sorta di sala quadrata senza porte, illuminata da una luce giallastra sul soffitto apribile, racchiusa da delle pareti di carta di riso con disegni tradizionali. Nessuna porta o via d’uscita.
“Che diavolo vorrebbe dire che dobbiamo tornare nella sala di prima?” continua Xiaoyu.
“Shh.” la fermo tendendo le orecchie “Avete sentito?”
“No? Che cosa?” risponde Xiaoyu confusa.
“Anche io ho sentito qualcosa.” conferma Jin a bassa voce.
Poi scende dal materassone di salvataggio e si mette in piedi.
“State in guardia.” suggerisce.
Di nuovo quei rumori, come se ci fosse qualcuno che si muove da qualche parte oltre quelle pareti.
Ci chiudiamo come a formare un triangolo con le nostre schiene guardandoci le spalle a vicenda. Teniamo gli occhi fissi sulle pareti intorno a noi e poi lo vedo finalmente.
“Sono qui!” esclamo a gran voce indicando la parete davanti a me.
La parete di carta viene tranciata di netto e si infilano all’interno della stanza almeno una decina di uomini con il capo coperto. Ovviamente ci attaccano e iniziamo il combattimento.
“Seriamente?!” sbotta Jin togliendosene uno di mezzo con un calcio “La Tekken Force?!”
Ebbene sì, Heihachi ha deciso, come allenamento di preparazione, di farci sfidare niente po’ di meno che la Tekken Force.
I membri dell’esercito personale di Heihachi, vestiti in tuta nera e con il volto coperto, hanno addosso una sorta di pettorina elettronica, che si illumina di rosso una volta ricevuti un tot di colpi, a quel punto si tolgono di mezzo e si siedono da parte ad assistere alla scena.
“E adesso?!” chiede Jin dopo che li abbiamo affrontati tutti “Che dovremmo fare?!”
“Non è chiaro?” risponde un membro donna “Dovete trovare la strada per arrivare alle scale!”
Ci guardiamo intorno.
“Vuol dire che… dobbiamo sfondare altre pareti per creare il nostro percorso?” chiedo indicando i divisori di carta di riso.
“Esattamente… dovreste iniziare ad andare, comunque. Il signor Mishima vi sta cronometrando!” spiega un altro.
“Ci sta cronometrando?! Ma che diavolo di problemi ha?!” si lamenta Jin.
“Io sono molto confusa.” continua a dire Xiaoyu “Non mi aspettavo questa specie di caccia al tesoro!”
“Non parlare come se fosse un gioco simpatico. Non lo vedi che è un dannato pazzo?! Non ci ha nemmeno spiegato le regole di questa cosa!” borbotta Jin.
“Tutto questo piano è diviso in quadrati di stanze come questa?!” chiedo io alla Tekken Force cercando di raccogliere altre informazioni.
“Sì, ma non tutte le stanze contengono la stessa quantità di soldati, dovrete fare bene le vostre scelte.” risponde la donna di prima con un risolino malvagio “Buon divertimento con la vostra caccia al tesoro!”
“Grazie.” risponde Xiaoyu balbettando. 
Jin alza gli occhi al soffitto.
“Dev’essere la demenza senile che avanza, non c’è altra spiegazione.” brontola.
“E se sosterete più a lungo del dovuto arriveranno rinforzi.” aggiunge un altro “Fareste meglio a muovervi.”
“Andiamo!” dico allora dirigendomi verso una parete a caso “Prima finiamo questa farsa, meglio sarà!”
E prima il vecchiaccio avrà la sua speciale ricompensa, penso ridacchiando tra me e me.


“Due ore e ventisette minuti!” sogghigna Heihachi vedendoci finalmente solcare la soglia della sala centrale del dojo, stanchi e ansimanti “Cominciavo a pensare di avervi sopravvalutato.”
Scoppia a ridere fragorosamente, seduto a braccia conserte al centro della stanza.
Io mi butto a terra sulle ginocchia, esausta. Xiaoyu sembra avere il mio stesso quantitativo di energie e si siede a terra, persino Jin è talmente stanco da non avere voglia di rispondere alla provocazione di Heihachi.
Heihachi si alza e ci guarda con aria soddisfatta.
“Almeno adesso siete degni di portare il nome della vostra squadra.” 
Intanto noto che Xiaoyu cerca il mio sguardo, poi mi fa un sorrisino di complicità. 
“È arrivato il momento di… mettere in atto il nostro piano.” bisbiglia tra un respiro e l’altro.
“Piano?!” ripete Jin con un sibilo “Che diavolo… che diavolo avete in mente di fare voi due?!”
Sorrido e annuisco a Xiaoyu.
Lei si schiarisce la voce e ancora col fiato corto dice “Heihachi-san, devo dire che sono rimasta molto sorpresa da questo tuo allenamento! Non ho mai partecipato a niente del genere.” sorride “È un’idea originalissima!”
Jin la fulmina con lo sguardo. Heihachi sorride compiaciuto.
“Beh, mi piace definirmi come uno che pensa fuori dagli schemi.” commenta orgoglioso “È stato divertente, vero?”
A quel punto sto al gioco e annuisco anche io con un sorriso.
“Assolutamente!” esclamo “Faticoso, certo, ma divertente!”
“Lo so… annientare tutti quegli avversari l’uno di seguito all’altro.” continua Heihachi.
“Immagino tu abbia fatto molti di questi allenamenti speciali da ragazzo…” continua Xiaoyu.
“Hmm beh… non sono proprio paragonabili, ora ci sono tante di quelle norme di sicurezza da rammolliti che ti costringono a mettere a freno la creatività… diciamo che ai miei tempi era tutto molto più autentico ecco, dolore compreso.”
“Wow!” esclama Xiaoyu colpita “Sicuramente hai delle storie interessanti da raccontare.”
“Seriamente?! Mi volete prendere per il culo?!” sibila Jin.
Lo zittisco schiacciandogli un piede.
“Maledetta.” sussurra tra i denti.
Heihachi sembra prendere in considerazione l’idea, poi incrocia le braccia al petto.
“Potreste in effetti prendere qualche spunto da qualche mia storia, mentre riprendete il fiato.” sogghigna “Vi ho mai raccontato di quando mi hanno sparato e i proiettili hanno rimbalzato sui miei pettorali?!”
“Andiamo Heihachi, non puoi essere serio!” esclamo continuando a stare al gioco.
In realtà ho già sentito questa storia almeno altre due volte, ma ad Heihachi piace riproporla periodicamente. È decisamente meno mitologica rispetto a come gli piace presentarla. I proiettili che rimbalzano contro i pettorali è il suo modo molto creativo di dire che i proiettili non hanno raggiunto nessun organo vitale.
“Sono serio quanto il chirurgo che mi ha visitato dopo!” risponde Heihachi.
Visitato in questo caso significa ovviamente ricucito.
“Questa me la pagate… tutte e due.” promette Jin minaccioso.
“Venite, andiamo nell’altra stanza. Prepariamo il tè!” propone Heihachi.
 

Tè, niente alcool. Primo intoppo del ‘piano perfetto’ di Xiaoyu.
In effetti potevo prevederlo, non conosco le abitudini del nonno di Xiaoyu, ma Heihachi non è mai stato propriamente un bevone. Gli piace mantenere il controllo della situazione, anche fin troppo.
Comunque almeno siamo riusciti ad avvicinarci a lui, nella sala da pranzo della sua casa, e almeno su qualcosa Xiaoyu aveva effettivamente ragione: anche a lui piace vantarsi delle esperienze passate, dato che appunto adora dipingersi come una sorta di eroe dalla forza sovrumana. 
Gli piace al punto da sopportare un non necessario tè in nostra compagnia.
“Heihachi-san! Non sapevo che ne avessi passate così tante!” esclama Xiaoyu sinceramente colpita.
Mi schiarsico la voce. Dovrò ricordarmi di spiegare a Xiaoyu più tardi che non deve assolutamente credere a tutte le frottole di Heihachi, o almeno al settanta percento di esse.
Lui sogghigna soddisfatto, prima di bere un sorso di tè.
Io e Xiaoyu ce la stiamo giocando abbastanza bene, è a suo agio e non sembra sospettare ci sia niente di strano. 
Jin se ne sta imbronciato a sorseggiare il suo tè in silenzio. Ogni tanto ci lancia uno sguardo risentito, è chiaro che vorrebbe essere ovunque fuorché lì, ma fortunatamente se ne sta buono a fare la sua parte.
Osservo la tazzina di Heihachi come la riposa sul tavolino. Se riuscissimo a rubarla potremmo anche risolvere la cosa così, senza necessarie evoluzioni. Anche se, sposto lo sguardo sui suoi ciuffi di capelli che gli partono da dietro le orecchie, sarebbe molto meglio se riuscissimo a mettere le mani su uno di quei capelli!
“E non vi ho raccontato di quella volta che durante un’escursione in una foresta svedese ho messo in fuga un branco di alci arrabbiati!” riprende poco dopo.
“Svedese.” sottolinea Jin con una smorfia “Ti devi essere proprio divertito durante il tuo soggiorno svedese...”
Heihachi ovviamente non può cogliere quella tagliente ironia, e ignora il commento di suo nipote.
Mi schiarisco la voce.
“Gli alci sono degli animali molto grandi!” riprendo su quell’argomento.
Heihachi annuisce. 
“E molto territoriali, sai che sono molto più pericolosi degli orsi?”
“Probabilmente non dei tuoi orsi transgenici.” sibila Jin.
Gli tiro un calcio sul ginocchio per zittirlo. 
Andiamo Jin! Sei rimasto buono fino ad adesso, che diavolo fai?!
“Naaa, dubito che quell’idiota di Kuma potrebbe anche solo torcere un pelo di uno di quei bestioni!” risponde Heihachi convinto.
“Heihachi-san, hai mai pensato di scrivere un libro con tutte queste tue storie eroiche?” domanda Xiaoyu.
Heihachi posa di nuovo la sua tazza sul tavolino e sembra rifletterci su, poi sorride pieno di orgoglio.
“Non sarebbe una cattiva idea in effetti. Potrei ingaggiare qualcuno per scrivere la mia biografia.” esclama “Sarebbe un successo!”
“Oh per favore! Lo sai che la leggeresti solo tu.” grugnisce Jin.
Heihachi lo ignora e guarda Xiaoyu compiaciuto.
“Mi piacciono le idee di questa ragazzina!” commenta “E non è nemmeno la prima volta che mi suggerisce qualcosa di interessante.”
Xiaoyu si irrigidisce e beve il suo té, arrossendo visibilmente.
“In che senso?” chiede Jin, che ha notato anche lui la strana reazione di Xiaoyu.
“Beh, Xiaoyu mi ha dato una grande idea per un tipo di business in cui non avevo mai pensato di investire.” spiega Heihachi.
“Un tipo di business?” ripete Jin scrutando Xiaoyu.
“Certo! È la ragione per cui mi ha contattato in primo luogo!” risponde Heihachi dando una piccola pacca sulla spalla di Xiaoyu “Davvero non l’avevi mai detto a questi due?!” 
Lei intanto tiene gli occhi bassi, rossa in volto, visibilmente a disagio.
“No, non ne volevo parlare prima che… la cosa fosse pronta.” dice con un filino di voce.
“Ma che tipo di business?” domando allora io, molto confusa.
“Industria del tempo libero.” risponde Heihachi.
“Tempo libero.” ripete Jin confuso continuando a lanciare occhiate a Xiaoyu.
“Parchi di intrattenimento!” spiega ancora Heihachi “Ero scettico anche io inizialmente, ma dopo un’indagine di settore viene fuori che potrebbe non essere una così cattiva idea. Quei posti possono diventare una vera macchina sputa soldi!”
“Quindi, ricapitolando…” riprende Jin cercando di fare il punto della situazione “Xiaoyu è venuta da te, ha messo KO la tua scorta attirando la tua attenzione perché… voleva proporti di aprire un parco a tema?”
Heihachi ridacchia.
“Più o meno è quello che è successo, non è vero?!” si rivolge a Xiaoyu “E la ragazza non è si è mica presentata a mani vuote! Ha portato pure un progetto fatto interamente da lei!”
“E tu ovviamente le hai fatto credere che avresti sviluppato il suo progetto.” continua Jin.
“Beh, sì ovviamente i miei esperti hanno rielaborato un po’ le cose in base all’analisi della domanda e offerta, ma diciamo che la ragazza mi ha dato un utile spunto.” rettifica Heihachi.
Xiaoyu scorre lo sguardo su di noi con aria sempre più imbarazzata.
“Lo so che messa così può sembrare una mossa totalmente folle, soprattutto la parte di affrontare le guardie, ma…” dice poi abbassando lo sguardo “Aprire un parco dei divertimenti tutto mio è sempre stato il mio sogno ed… ero estremamente impulsiva fino a qualche anno fa.”
“Può sembrare una mossa folle, dici?” ripete Jin con sarcasmo che si taglia con il coltello.
Xiaoyu evita il suo sguardo e si imbroncia.
“Ecco perchè finora ho evitato di raccontarlo!” risponde infastidita “E comunque Heihachi-san lo sta realizzando davvero, quindi non è stata poi così assurda come cosa, no?” 
Solo a quel punto Xiao alza gli occhi e sfida lo sguardo di Jin, palesemente risentita.
Guardo prima uno poi l’altra e mi schiarisco la gola.
“Forse è meglio cambiare discorso.” provo.
Non credo sia solo una mia impressione, la situazione sta prendendo una piega un po’ antipatica e non è proprio il caso di continuare con questo discorso. D’altronde non siamo venuti qui a fare un tea party con Heihachi per assistere a litigi tra fidanzatini o qualsiasi cosa sia, Xiaoyu aveva in teoria un piano ben preciso, ma sembra non ricordarselo in questo momento.
“No, fidati. È assurda.” riprende Jin a denti stretti, rispondendo alla provocazione di Xiaoyu “E il fatto che mantieni questa storia segreta significa che almeno in parte ne sei consapevole anche tu.”
“Beh, staremo a vedere se è così assurda come dici.” dice lei in tono velenoso.
Io sospiro, alzando gli occhi al cielo. 
“Xiao…” cerco di richiamare la sua attenzione “... ricordati che siamo qui per passare un bel pomeriggio piacevole tutti insieme.”
“Fatti gli affaracci tuoi tu! Non capisco perchè cerchi continuamente di mettermi la gente contro!” mi sovrasta Heihachi rimproverando Jin “Xiaoyu, dovresti lasciar perdere i commenti di questo stupido! Non ha il minimo fiuto per gli affari… per questo non potrei mai lasciargli la Zaibatsu!”
“Non me ne faccio niente della tua Zaibatsu di merda.” risponde lui stizzito.
Heihachi scoppia a ridere di gusto.
“Come no, stupido ragazzino! Vorresti forse farmi credere che soldi e potere ti facciano schifo? Tu sei più speciale e migliore di tutti noi, vero?” lo sfotte “O pensi che il tuo paparino ti lascerà la sua corporazione? Perché se è così, sappi che, sicuro come la morte, non erediterai mai neanche un centesimo da Kazuya!”
“Preferirei vivere sotto un ponte piuttosto che mettere le mani sui vostri sporchi affari!” ribadisce Jin irremovibile.
Heihachi si fa serio per un momento.
“Ma sentilo!” sogghigna “Hai forse una vaga idea di quello che dici? Certo, è facile parlare di situazioni che non si conoscono, quando si vive ancora a carico dei propri genitori miliardari. Ne riparleremo tra un paio di anni, moccioso viziato, stupido figlio di papà! Non riusciresti a vivere neanche un giorno da povero!” continua Heihachi con un sorriso crudele.
Booom. Colpito e affondato.
Io e Xiaoyu restiamo ammutolite, mentre l’imbarazzo ci avvolge palpabilmente.
Jin vorrebbe chiaramente rispondere, ma sembra non trovare una giusta risposta. Basta guardarlo per capire che è letteralmente furioso.
Ottimo! Ci mancava solo questa adesso! Ma d’altronde ci si poteva aspettare di meglio da un tè con Heihachi?
È decisamente arrivato il momento di intervenire anche per me. 
“Heihachi, non dovresti parlare come se la vita in questa famiglia fosse facile!” puntualizzo “I soldi non c’entrano proprio niente! Perché avere a che fare con tutti voi, con te, non è neanche lontanamente semplice!”
Heihachi aggrotta le sopracciglia e mi guarda scocciato.
“Che diavolo vuoi tu, Asuka? Fai a malapena parte della famiglia, devi solo ringraziare quella hippy di tua zia che ti ha portato a casa. Stanne fuori!”
“Oh certo! Non faccio parte della famiglia, ma intanto l’aggressione me la sono subita lo stesso!”
“Aggressione?! Non so di che accidenti stai parlando! E smetti subito di usare questo tono con me! Ti ricordo che ho già avuto molta pazienza con te, non ho dimenticato che hai partecipato anche tu a quella scorribanda con questo idiota e a quella pazza della mia ex-moglie il giorno che avete fatto irruzione nel mio golf-club!”
“Oh certo! Fai finta di non ricordare che hai mandato qualcuno a seguire me e Jin? E che questo qualcuno ci ha aggredito quando ci siamo accorti di essere seguiti?!”
Jin mi guarda attentamente in silenzio, poi scruta Heihachi curioso della sua reazione.
Heihachi è molto bravo a fingersi perplesso.
“Ripeto, non ho la più pallida idea di ciò di cui tu mi stia accusando, maledetta allucinata!”
Mi alzo di colpo in piedi e assottiglio gli occhi, con aria di sfida.
“Ah no?” dico “Forse questo ti risveglierà la memoria allora.”
Detto questo tiro fuori il flaconcino dalla tasca e spruzzo il contenuto dello spray urticante dritto negli occhi del vecchio.
Heihachi urla, gettandosi all’indietro per la sorpesa. Mi arrivano insulti di vario genere, ma non mi lascio intimidire.
“Asuka!” esclama Xiaoyu alzandosi in piedi anche lei “Ma che diavolo fai?!”
Jin mi guarda confuso a bocca aperta, anche se lentamente l’espressione di confusione inizia a far spazio ad un sorrisetto compiaciuto.
“Se l’è cercata!” borbotto facendo il giro del tavolo. 
Raggiungo Heihachi, che tossisce e cerca di pulirsi gli occhi con le mani.
“Non è una bella sensazione vero?” mi inchino affianco a lui “Neanche noi ci siamo divertiti l’altro giorno. Ma tranquillo, tra un po’ passerà.”
“Piccola peste, maledetta. Sei matta come tua zia! Voi Kazama siete una famiglia di psicopatici! Ti faccio rinchiudere in un carcere minorile!” biascica camminando sulle ginocchia, cercando di orientarsi a tastoni.
“Heihachi-san!” Xiaoyu va a soccorrere Heihachi, lo aiuta a rialzarsi.
Passerà preso, Heihachi, fin troppo presto. La prossima sorpresa invece, in effetti potrebbe essere un po’ più dolorosa.
“Asuka, che diavolo vuoi fare?!” chiede Xiaoyu contrariata, mentre cerca di spingermi via.
Credo abbia già intuito le mie intenzioni. Lascio cadere la pellicola a terra.
“Cosa vuole fare?!” sbotta Heihachi preoccupato “Cosa ha intenzione di fare quella piccola delinquente?!”
Troppo tardi, Heihachi-san! Xiaoyu non riesce ad impedirmi di appicciccare e premere la striscia di carta sul lato destro della bocca di Heihachi.
“Aaarg! Che diavolo è?!” esclama lui.
Xiaoyu spalanca la bocca e sgrana gli occhi. Anche Jin capisce le mie intenzioni e impallidisce.
Heihachi infastidito prende un lembo del foglio.
“Che diavolo è?!” sbraita infastidito.
“Heihachi-san! Nooo!” cerca disperatamente di fermarlo Xiaoyu, ma è troppo tardi. L’istinto è troppo forte. Si strappa via il foglio di ceretta dalla faccia con un colpo secco, sradicando via l’intera sezione destra dei suoi baffoni bianchi.
Per un momento sembra pietrificarsi, poi gonfia il petto ed emette un urlo a metà tra il dolore e la rabbia.
Io prontamente prendo il foglio di ceretta a freddo carico di DNA e decido che è il caso di levare le tende.
“Mi dispiace Heihachi, ma te la sei cercata! Non avresti dovuto mandare quella persona a inseguirci e spaventarci!” dico prima di dileguarmi.
“Heihachi-san, mi dispiace tanto. Ho cercato di fermarla, ma…” dice Xiaoyu mentre varco la soglia.
“Fuori di qui, tutti e tre.” sento Heihachi rispondere con un soffio “Anche tu, Xiaoyu.” 
Nel corridoio, incrocio il maggiordomo di Heihachi che mi guarda perplesso, confuso sicuramente dalle urla.
“Credo che il signor Mishima abbia bisogno di lei. Porti del ghiaccio.” dico soltanto, con un finto sorriso.
Xiaoyu e Jin intanto mi raggiungono. Camminano in silenzio, ancora increduli.
“Diamine Asuka, quando vuoi sai essere diabolica!” si esprime finalmente Jin quando lasciamo la villa “È stato fantastico!”
Wow, tra le varie rivelazioni di oggi, Jin che si complimenta con me è la ciliegina sulla torta.
“Che diavolo di problema avete voi due?!” sbotta Xiaoyu indignatissima “Trattare un povero vecchio in questo modo sarebbe fantastico?! Ma dico, non avete un minimo di empatia?!”
“Povero vecchio!” ripete Jin sarcastico.
“Xiao, capisco che tu abbia sempre visto un’altra versione di Heihachi, ma fidati lui non è affatto un povero vecchio.” rispondo.
“Non volevo essere coinvolta in questo!” scuote la testa arrabbiata mentre passiamo a fianco alla palestra “Non era assolutamente quello per cui avevo accettato di aiutarti Asuka!”
“È solo quello che lui ha fatto a noi... più una ceretta. Gli passerà.” dico convinta.
“Ma dico, hai idea di quanto deve avergli fatto male?!” insite Xiaoyu.
“Cosa vuoi che sia una ceretta ai baffi per uno che fa rimbalzare i proiettili contro i pettorali?!”
“Giusto.” sogghigna Jin.
“... incredibile!” ripete Xiaoyu per niente convinta.
Poveretta, non è abituata a queste scene. È normale che reagisca così. Anche per me le prime volte è stato uno shock, ma poi quando si viene nostro malgrado coinvolti nella guerra, ci si deve abituare.
“Si incazzerà come una iena.” osserva Jin “Probabilmente cercherà di vendicarsi in qualche modo. Ma prima o poi gli passerà.”
“Xiao, non se la prenderà con te, ha capito che tu non c’entravi niente.” riprendo, cercando di tranquillizzarla.
“Beh, io non ne sarei così sicura.” dice lei “Ha mandato via anche me!”
“Oh sta' tranquilla, la vostra amicizia non è compromessa.” ironizza Jin.
“Oh, sta’ zitto tu!” lo tronca Xiaoyu con un tono estremamente sgarbato.

Jin la guarda un po' stupito da questa reazione un po' troppo brusca. È chiaro che Xiaoyu non abbia del tutto gradito la sua intromissione nel discorso riguardo al parco a tema.
Jin sembra voler dire qualcosa, ma non risponde subito. 

Sospiro. Forse è il caso di lasciargli un po’ di spazio. A quanto pare Jin fa vedere una versione un po' migliore di sé quando non è sotto i riflettori.
“Beh, io devo passare a prendere degli appunti da una mia compagna di classe.” dico con un sorriso “È meglio che vada. Mi aspetta una lunga serata poi! Devo spinzettare un po’ di baffi da quella striscia di ceretta e preparare il kit per spedirlo.”
Mi guardano entrambi con aria disgustata.
“Ehm riguardo a questo... Xiao, mi dispiace averti coinvolto in questa faccenda, ma non è che potrei mettere casa tua come indirizzo a cui spedire i risultati del test? Sarebbe molto più comodo sai, così non rischierebbero di trovarlo i miei zii.”
Xiaoyu sbuffa e alza gli occhi al cielo.
“Lo prendo come un sì?” chiedo alzando un pollice.
Di fatto Xiaoyu non mi nega il permesso e io decido che lo prenderò come un sì.
“Beh, allora io vado! Ci vediamo!”
Inizio ad incamminarmi. Lentamente. Molto lentamente.
Perché sotto sotto sono una gran pettegola.
“Non volevo offenderti prima, vorrei solo farti capire che stai facendo un grosso sbaglio a fidarti di lui.” sento dire a Jin “Devi capire che non è il generoso benefattore che fa finta di essere.”
Xiaoyu risponde qualcosa che non riesco bene a captare.
“Va bene. Ho esagerato.” risponde Jin poco dopo, poi aggiunge a voce sommessa un debolissimo "Mi dispiace."
Mi dispiace. Un suono appena udibile, ma inequivocabile. Sono così poco abituata a sentire quella parola dalle sue labbra che mi vengono i brividi.
“Mio… dio…” sussurro ancora tra me e me, allontanandomi fino a perdere traccia della conversazione.
Allora esiste davvero una versione un po' migliore di Jin di cui non mi ero mai accorta?






NOTE:
Yay! Avevo questo capitolo in cantiere da rieditare da mesi, ma ero sempre un po' indecisa su alcune scene e stavo aspettando una maggiore ispirazione. Spero che il risultato sia di vostro gradimento, mi rendo conto poi che ogni tanto si sfoci nel semi-demenziale, ma questa storia non ha mai avuto la pretesa di essere seria lol.
Ho voluto inserire in questo capitolo un riferimento al mini gioco della Tekken Force dei vecchi giochi, vi ricordate? Non credo di essere mai riuscita a completare quello di T3, che ho sempre trovato super difficile, ma in quello di T4 (che poi mi sa è l'ultimo che hanno fatto) me la cavavo decisamente meglio. La scena di questo capitolo è un riferimento proprio ad uno dei livelli del Tekken Force di T4, chi ci ha giocato credo non farà fatica a riconoscerlo.
Aaaah! *sospiro nostalgico* Ripensare a quel livello per scrivere questo capitolo mi ha riportato alla mente un sacco di ricordi legati al periodo in cui ero entrata in fissa con T4 e avevo scoperto per la prima volta questo sito. Bei tempi!

 

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Capitolo 42
*** Under Fake Stars (Jun) ***


42
Under Fake Stars
(Jun)

“Capisci cosa intendo, Asuka?! C’è una bella differenza tra il mio e il tuo incidente!” spiego spingendo la porta d’ingresso con una spalla “Il mio era un atto difensivo, il tuo un deliberato attacco. Le due cose non sono minimamente paragonabili!”
Entro in casa trasportando l’enorme, splendido vaso di fiori che mi è stato recapitato stamattina come regalo. Mi seguono Kazuya e Asuka, carichi di spesa. 
Ho chiesto ad Asuka di venire con noi stamattina per la spesa del sabato. Ho deciso di optare per qualcosa di leggero per punirla per la sua cattiveria nei confronti di Heihachi. Meglio una lunga, estenuante chiacchierata-ramanzina a quattr’occhi piuttosto che punizioni più pesanti. Volevo lanciarle un messaggio con questa scelta, a volte il potere della parola è più potente di qualsiasi ripicca. Ma non sembra che la mia idea stia funzionando troppo. Asuka ancora non sembra condividere il mio punto di vista.
“Tu gli hai sparato addosso del tranquillante per elefanti!” borbotta Asuka “Quello che ho fatto io a confronto è poco più che un solletico!”
“Non era un tranquillante per elefanti!” preciso attraversando il soggiorno.
“Però è vero che la ragazza ha avuto una brava maestra.” sogghigna Kazuya dietro di noi.
Mi fermo, mi volto e lo guardo offesa oltre i tulipani del mio vaso regalo. 
Kazuya dannazione, da che parte stai?! 
Certo, capisco che il pensiero del padre a cui viene forzata una ceretta ai baffi lo diverte ancora, e ci sta. Ammetto di aver sorriso anche io dopo aver sentito il racconto di questa malefatta, ma Asuka deve capire che un comportamento simile ai danni di un uomo anziano, per quanto sia la persona che meno tollero a questo mondo, non è assolutamente accettabile! 
Ma educare qualcuno quando la tua fedina penale non è del tutto immacolata non è la cosa più semplice di questo mondo. Però io avrò pure i miei peccati alle spalle, ma non per questo Asuka deve seguire la mia strada!
Scuoto la testa con indignazione e continuo a camminare.
“Va bene.” decido di ignorare Kazuya, sistemerò le cose con lui più tardi, e torno a rivolgermi a mia nipote “Quello che ho fatto io è decisamente più grave… visto fuori contesto.”
Asuka sta per rintervenire, ma la blocco.
“MA! Ed è un grosso ma... ti ripeto che nel mio caso lui si era intrufolato in casa mia senza essere invitato col solo intento di creare disordine! È ben diverso da quello che hai fatto tu, che è stato un vero e proprio dispetto, gratuito e fine a sé stesso!”
“Non sentite un rumore strano?” chiede Kazuya aggrottando le sopracciglia.
“Gratuito e fine a sé stesso?!” riprende Asuka ancora non disposta a darmi ragione “Ma se ceretta a parte lui ha fatto indirettamente la stessa cosa, quando ha fatto aggredire me e Jin con lo spray!”
“Non è stato lui.” ripete Kazuya con convinzione.
“Potrebbe non essere stato lui.” rettifico io.
Mi inchino per appoggiare il vaso di fiori a fianco alla vetrata in cucina e lo ammiro in tutta la sua bellezza. È sempre una soddisfazione quando qualcuno si mostra così riconoscente per il mio lavoro.
Come mi rialzo, in un breve momento di silenzio, inizio a notare anche io uno strano rumore di sottofondo, come una specie di ronzio. Ci sarà qualche guasto elettrico? Forse il frigo? Decido che indagherò più tardi.
“In ogni caso, Asuka…” riprendo il mio discorso “Se lo aggredisci in quel modo, lui passa automaticamente dalla parte della ragione. E non è proprio il caso, ne convieni?”
Lei si imbroncia ancora di più appoggiando le buste della spesa sul tavolo.
“Presumo di sì.” borbotta in risposta.
“E comunque mi ferisce che tu abbia fatto paragoni con il mio episodio. Non voglio darti un cattivo esempio!” ammetto togliendo la plastica di rivestimento dai fiori.
“Dai, ma per così poco! Tra una settimana se ne sarà già dimenticato!” borbotta lei.
“Il vecchio non dimentica. Si vendicherà prima o poi, questo è certo.” riprende Kazuya “Ma voi non sentite questo rumore?” 
“In effetti ultimamente gliene sono state fatte troppe.” sospiro “Stiamo giocando col fuoco. Il raid di Kazumi-san, il tranquillante, adesso pure questo. Deve essere furioso. Dobbiamo aspettarci un’altra visita di cortesia da un momento all’altro.”
“Sì, vabbè. Cambiando discorso…” riprende Asuka avvicinandosi ai fiori “Questi chi te li manda? Hai di nuovo salvato il barboncino di qualche ricca vecchietta?”
Poi alza la testa e si guarda intorno.
“Ora sì che lo sento questo rumore!” aggiunge con aria confusa “Che cos’è?!”
Getto nel bidone per il riciclo l'involucro dei fiori e torno davanti al vaso per ammirarlo ancora.
“Non sono ancora riuscita a trovare il bigliettino in realtà.” dico allungando il collo per cercare qualche segno di riconoscimento “Non so chi me li abbia mandati.”
“Non sai chi te li ha mandati?!” ripete Kazuya.
“Oh, ecco il biglietto!” esclama Asuka “L’hanno messo proprio in fondo!”
La vedo infilare una mano in mezzo alle foglie e ai petali colorati.
“Jun, dove hai trovato questi fiori?” chiede di nuovo Kazuya un po’ allarmato.
“Sta attenta però, tesoro!” avverto Asuka che sembra un po’ troppo poco delicata con le sue mani.
Poi mi rivolgo a Kazuya.
“Erano qua fuori quando siamo rientrati!” rispondo “Il corriere non deve aver trovato nessuno in casa e deve averli lasciati lì.”
Kazuya osserva attentamente Asuka.
“Jin è a casa però, no? Perché non li ha presi lui?”
“Magari sta giocando al computer con le cuffie e non ha sentito?” mi stringo nelle spalle “Che stai pensando, Kazuya? Mi è capitato altre volte di ricevere consegne direttamente a casa! Che c’è di strano?” 
“Preso!” esclama Asuka strappando il bigliettino con forza e sbilanciandosi all’indietro “Caspita quanto era legato bene!”
Improvvisamente il ronzio diventa esponenzialmente più forte… tanto che adesso è chiara l’origine. Scambio uno sguardo d’orrore con Kazuya. 
“Zia?” Asuka mi porge il bigliettino e si allontana di qualche passo.
Lo prendo e leggo la scritta rossa dalla calligrafia elegante.

L'acqua versata non può più tornare nel vassoio. Antico proverbio

“Dobbiamo portare questo vaso fuori di casa.” dico gelandomi “SUBITO!”
Lo raccolgo.
“JUN NO!”
Cattiva idea. È già troppo tardi.
“Zia Jun?!”
Alcuni strani insetti neri fuoriescono dalle foglie della composizione floreale e mi attaccano rimbalzandomi sul viso.
Lancio un urlo e faccio cadere il vaso, cercando di scacciarmeli dal viso.
Non appena il vaso cade a terra si frantuma in mille pezzi, i fiori di spargono sul pavimento e una miriade di insetti scuri e schifosi invadono l’ambiente in un batter d’occhio.
“FUORI DI QUI!! TUTTI FUORI IN GIARDINO!” tuona Kazuya a gran voce, prendendomi per un braccio e trascinandomi nell’altra stanza.


L’impresa di disinfestazione è arrivata in meno di un’ora. Dopo aver fatto un primo giro di ispezione in casa hanno stabilito che non solo si tratta di tipo di falena che non hanno mai visto prima, ma pare che sia pure particolarmente aggressivo e resistente agli insetticidi che normalmente si utilizzano in questi casi.
Il processo di disinfestazione durerà almeno tre giorni interi, durante i quali la casa verrà tenuta chiusa e sottoposta a emissioni di gas velenosi. I successivi tre giorni verranno utilizzati per la totale pulizia e risanamento della casa. Questo sempre se il primo tentativo di disinfestazione si rivelerà efficace, altrimenti si dovrà ripetere la prima procedura.
Quindi non solo per colpa delle sue stupide falene transgeniche non potremo usare la casa per una settimana, ma ci costringerà allo stesso modo ad utilizzare delle misure talmente nocive per l’ambiente, che al solo pensiero mi vengono i capogiri.
Un vero colpo basso, Heihachi.
Siamo seduti nei mobili da giardino, la famiglia al completo, Lars e Alisa compresi, e guardiamo in silenzio il lavoro degli operatori in tuta gialla attraverso le finestre del soggiorno.
Ci hanno fornito una specie di tuta da apicoltore con la quale siamo saliti a turno a prepararci un bagaglio con il cambio per sette giorni. Osservo la fila di borse e valigie davanti a noi. Sembriamo proprio una famiglia che è stata messa alle porte. Una famiglia sfrattata. Sfrattata da un vecchio sadico prepotente. E tutto perché sono stata troppo ingenua a non insospettirmi per quello strano regalo. Non lo posso sopportare.
Anche Kazuya è ovviamente furibondo. Osserva in silenzio la scena, accarezzando la testa di Devil accoccolato contro la sua gamba. Sta letteralmente fumando di rabbia.
“Guardate!” esclama Alisa puntando un dito contro il cielo “Penso sia diretto a… noi.”
Alziamo tutti la testa e osserviamo un aereo che traina uno striscione bianco con un messaggio: Divertitevi a schiacciare gli insetti, sfigati! - MH
“Ricordi quando dicevo che l’aggressione con lo spray al peperoncino non era nello stile di Heihachi?” chiede Kazuya in tono glaciale “Questo è il suo stile. Sganciarci addosso qualche sua bestiola mutante e far sì che recepiamo il messaggio. Questo è il suo perverso stile.”
Asuka sospira.
“Mi dispiace tanto, devo avergli dato il colpo finale in effetti.” dice mortificata “L’ho incattivito io.”
“È vero che non avresti dovuto stuzzicarlo.” ammetto “Ma, questa non è colpa tua, Asuka. Non è assolutamente colpa tua.”
Jin incrocia le braccia sul petto e sospira nervoso.
“Non sarà il caso di andare a prenotare una stanza di albergo?” chiede.
“Mi sembra una buona idea.” osserva Lars “Più aspettiamo e meno avremo la possibilità di trovare disponibilità per stanotte.”
Ci rifletto un secondo.
“No.” dico convinta “Niente albergo.”
“Scusa?” chiede Jin incerto.
Lo guardo con aria decisa.
“Heihachi non ci costringerà a lasciare la nostra casa.”
Segue un momento di silenzio e perplessità.
“Mamma… c’è già riuscito!
indica la vetrata Che cosa avresti intenzione di…”
Kazuya lo invita a desistere con un cenno della mano. Ci penserà lui.
“Jun…” dice tetro “Hai voglia di scherzare in un momento come questo?! Dobbiamo per forza cercarci un hotel.”
“Sono serissima!” mi alzo in piedi e affronto lo sguardo di tutti.
Punto un indice verso la casa.
“Non deve essere lui a vincere! Non ci farà lasciare la nostra casa!” insisto come se fossi ad un comizio politico “Noi staremo qui e combatteremo con lei! Al fianco della nostra adorata casa, a darle forza!”
“Jun…” ci riprova Kazuya
“Tieni a freno le tue fissazioni spirituali, non è il caso.”
“Abbiamo delle tende e dell’attrezzatura da campeggio che non usiamo mai nel capanno.” lo ignoro “Proprio all’inizio di quest’anno mi sono ricordata di quella che volta, quando Jin era piccolino, che noi tre abbiamo dormito in giardino per un episodio vagamente simile. Ed allora non abbiamo più avuto modo né di andare in campeggio, né di fare tante altre vacanze insieme.”
“Ti prego, trova il modo di farla ragionare e alla svelta.” sento Jin che sibila a Kazuya.
È davvero ironico che per una volta sembrino stare dalla stessa parte. Ma io non mi arrenderò tanto facilmente, neanche davanti ad un'improbabile alleanza padre-figlio come questa.
“Trasformeremo questo attacco di Heihachi in un’occasione per legare tra noi e conoscerci meglio.” continuo congiungendo le mani davanti al petto “E sarà fantastico dormire sotto le stelle.”
Asuka scoppia a ridere, poi si ferma davanti al mio sguardo serio.
“Zia Jun… ma allora non stai scherzando?”
“Io penso che sia una buona idea!” esclama Alisa alzandosi in piedi e guardandoci tutti con un gran sorriso “Mi sembra divertente e poi non sono mai stata in campeggio!”
“Grazie cara!” le sorrido
Sarà divertente, vedrai.
“Alisa, no! Non sarà divertente, proprio per niente!” la blocca subito Jin, poi si volta da me e mi parla come se stesse cercando di calmare una pazza “Mamma, è una pazzia. Andiamo in un albergo e stop!”
“Jun… il ragazzo ha ragione.” lo segue a ruota Kazuya parlando nervosamente “Non puoi pretendere davvero che improvvisiamo un camping in giardino.”
Li guardo irremovibile.
“Abbiamo uno splendido giardino, con tanto di bagno, laghetto, barbecue e mobili da giardino che non usiamo mai.” insisto “Il nostro giardino non ha niente da invidiare a tanti camping a 5 stelle che si vedono in giro.”
Kazuya aggrotta la fronte. Sembra in difficoltà.
“Io non mi muovo di qui.” tuono, poi mi dirigo verso il capanno a tirare fuori le tende “Non darò a quel vecchio la soddisfazione di buttarmi fuori di casa!”
“Ripensandoci però ha ragione!” sento dire ad Asuka.
“Oh ma tappati anche tu!” sbotta Jin.
“No, senti! Quello che Heihachi voleva ottenere con questo giochetto era quello di allontanarci dalla casa!” ragiona Asuka “La miglior contromossa che possiamo fare ora è quella di rendere il suo dispetto ineffettivo. Tu ci infesti la casa? Nessun problema, Heihachi! Noi ne approfittiamo per fare campeggio in giardino! La zia ha ragione! Mi piace l'idea!”
Sorrido orgogliosamente avvicinandomi alla finestrella del capanno. Brava Asuka, questo è esattamente il tipo di insegnamento che vorrei trasmetterti. Allora la mia ramanzina non è stata solo uno spreco di fiato! Rispondere ai dispetti con superiorità morale e spirito, questo è il miglior contrattacco!
“Non ci posso credere.” Jin si porta una mano davanti alla fronte “Ditemi che non sta succedendo davvero.”
“Vado ad aiutare Jun-san!” dice Alisa, dirigendosi verso il capanno.
Asuka la segue.
Si avvicina anche Lars.
Mi raggiungono dentro al capanno.
“Abbiamo tre tende!” dico ad Alisa, Asuka e Lars quando mi raggiungono “Una per me e Kazuya, una per le ragazze e una per i ragazzi.”
Lars corruga un momento le sopracciglia. Sì, in effetti Jin probabilmente non è il compagno di tenda ideale, soprattutto non quando è di questo umore, ma purtroppo non sono riuscita a trovare altre tende extra.
“Sarà divertente, vedrete.” riprendo, cercando di rassicurare nello specifico Lars “E se proprio dopo il primo giorno ci troveremo male… andremo in hotel. Ma vedrete che andrà tutto bene e ci divertiremo! Ne sono sicura!”
Sorrido ancora.
“Su, aiutatemi a prendere questa roba e andiamo a montare queste tende!” esclamo poi affrettandomi.
Esco dal capanno, ancora col sorriso sulle labbra e... mi ritrovo davanti Jin e Kazuya intenti a darsele di sana pianta. 
“Fermi…” quasi mi manca la voce.
Una delle sedie di legno stile giardino vittoriano finisce malauguratamente tra il loro scontro e con un calcio da entrambi i lati si spacca in più pezzi, finendo rovinosamente sul prato.
La mia sedia! La mia bellissima sedia del mio grazioso salottino vittoriano da giardino! Lo stesso giorno in cui la mia casa viene invasa da delle schifose bestiacce aliene. 
Mi porto le mani davanti alla bocca e lascio cadere il sacco con la tenda sull'erba, guardando i resti della povera sedia.
Jin a quel punto mi nota e fa un cenno al padre verso la mia direzione. A quel punto i
 miei due idioti smettono di combattere e mi guardano perplessi. Allentano le prese e si allontanano l'uno dall'altro.
“Mi dispiace per... la sedia.” mugugna Jin guardandomi colpevole.
È troppo, è decisamente troppo. Lancio un urlo di rabbia, poi li raggiungo a passi lunghi e veloci, mentre i cani iniziano ad abbaiarmi contro.
“Che diavolo vi è preso?!” chiedo severa “Perché vi stavate picchiando adesso?!”
“Mi ha dato la colpa di aver traviato Asuka nella mia cattiva strada! E per colpa di Asuka, cioè mia secondo lui, Heihachi si è indispettito e lui si ritrova oggi a dover dormire come un barbone!” spiega Jin “Come se fossi responsabile di tutte le strampalate idee che frullano nella testa di quella lì!

“Hey” protesta la cugina arrivando dietro di me.

Come se le avessi dato io l’idea di depilare il vecchiaccio!” aggiunge Jin.
“Ho detto mille volte che mi dispiace, non lo farò più!” borbotta Asuka sentendosi in colpa.
“Ho soltanto detto che se avesse in casa un modello più responsabile da seguire, forse oggi non avremmo avuto questo problema.” specifica Kazuya.
“Andiamo Kazuya, sai anche tu che è improbabile che Heihachi se la sia presa proprio per quel dispetto.” osservo.
Sono ancora molto arrabbiata per la sedia, ma cerco di parlare mantenendo calma e razionalità. 
“È molto più probabile che Heihachi stia pianificando questa vendetta dal giorno in cui l’ho addormentato.”
“In ogni caso, io ne ho abbastanza!” sbotta Jin “Ne ho abbastanza delle vostre follie, non ho intenzione di giocare a fare lo scout con voi, io me ne vado.”
“Fermo lì! Dove vorresti andare secondo te?!” lo interrogo con le mani sui fianchi.
“Non lo so! Ma preferirei dormire sotto un ponte piuttosto che qui con lui!” indica Kazuya, che lo sfotte ridacchiando.
“Sotto un ponte? Ci vediamo domani mattina quando tornerai con la coda tra le gambe.” sogghigna.
E a quel punto Jin ha una sfuriata inaspettata.
“Vaffanculo! Invece non mi rivedrete mai più!”
“Jin…” lo chiamo prima con calma, ma lui mi ignora e parte spedito a prendere il suo borsone da viaggio “Jin!” lo chiamo allora con più enfasi “Dove diavolo credi di andare?!”
“Non lo so! Più lontano possibile!” sbotta voltandosi da me “Per sempre.”
E quello sguardo ardente nei suoi occhi inizia a farmi paura.
“Jin, smettila subito. Mi stai facendo preoccupare.”
“Beh, mi dispiace. Ma ci penso da tanto tempo ormai e adesso ne ho veramente abbastanza. Non ce la faccio più.” dice con voce strozzata dalla rabbia “Io… devo assolutamente andarmene o sento che impazzirò.”
“Smetti di lagnarti come un moccioso che minaccia di scappare di casa.” lo sfotte Kazuya con un ghigno “Hai seriamente le palle per fare ciò che dici?”
Jin sgrana gli occhi.
“Kazuya!” gli lancio un urlo contro.
È impazzito forse?
“Jin, pensaci bene. Non fare pazzie. Non puoi andartene via di casa. Dove avresti intenzione di andare? E come farai se perderai le lezioni?!”
“Al diavolo le lezioni!” dice lui dirigendosi a passo svelto verso il cancello “Al diavolo lo studio!”
Un tuffo al cuore.
“Come sarebbe a dire al diavolo lo studio?!” 
Non risponde. È veramente intenzionato a fare quel che minaccia di fare.
“Jin, hai seriamente intenzione di andartene?”
“Sì!” sbotta “Oggi stesso!”
“Ma… dove?”
“All’estero. Dove non potrete trovarmi!”
Il mio battito accelera. Sembra davvero convinto e determinato. E so bene come la rabbia per i litigi con Kazuya a volte gli faccia perdere la ragione.
“Jin, non posso lasciarti buttare la tua vita! Non puoi andartene, mollare lo studio, pensa a tutto quello che hai costruito finora!”
“Non me ne potrebbe fregare di meno!” 
Siamo quasi arrivati al cancello.
“Jin…” deglutisco. Non vorrei davvero arrivare a questo punto, ma so di non avere scelta. Devo proteggerlo.
“Sai che… fino al tuo ventunesimo anno di età il tuo conto è ancora subordinato al mio, giusto?” chiedo “Sai che posso bloccarlo quando voglio, giusto?”
Si ferma, si volta e mi guarda pietrificato.
“Mi dispiace.” gli dico seriamente dispiaciuta.
Odio davvero dover ricorrere a questi ricatti. Sono mortificata. 
“Non mi lasci altra scelta.” continuo “Non posso lasciarti prendere decisioni come questa in un impeto di rabbia sragionata così. Lo sai che lo faccio per il tuo bene…”
“Non ho bisogno dei vostri soldi.” sibila lui “Non sono un ricco viziato figlio di papà.”
Detto questo apre il cancello e se ne va.


“Se n’è andato davvero?” chiede Kazuya, di nuovo intento ad accarezzare Devil, al mio ritorno. 
Tutti mi guardano curiosi. Ci sono ancora pezzi di sedia e gli attrezzi da campeggio sparsi sul prato.
Sospiro nervosamente. 
“Sì, se n’è andato.” rispondo secca “E ora devo andare a bloccargli il conto prima che faccia davvero la follia di scappare all’estero o qualcosa del genere. Deve riflettere su cosa sta facendo! Come può pensare di mollare gli studi così?!”
Vado a prendere la borsa del PC portatile.
“Gli hai detto che gli avresti bloccato il conto?” sogghigna Kazuya.
“Piantala di ridere!” sbotto “È una cosa seria! Sono molto preoccupata!” 
Deglutisco. Preoccupata e estremamente ferita.
“Mi ha detto non sono un ricco viziato figlio di papà. Ti rendi conto?”
Kazuya mi guarda a bocca aperta per qualche secondo, poi scoppia a ridere amaramente.
“Incredibile Jun, il tuo peggior incubo si concretizza.” esclama ironico “Anni e anni di tuoi discorsi con ideali socialisti, pulizie massacranti della domenica mattina per l’ostinazione di non voler assumere domestici -perché è roba da snob aristocratici-, uno stile di vita fintamente borghese perché non dobbiamo viziare il bambino... perché tutti i figli di miliardari crescono viziati e arroganti, come me... e lui ti ripaga con queste parole!”
“Kazuya, ti prego sta' zitto!”
I ragazzi assistono alla scena ammutoliti e in palese imbarazzo.
“No, non mi sto zitto! Nonostante tutti i tuoi sforzi per farlo crescere più umilmente possibile, più simile a te possibile, lui vuole comunque fuggire dallo status di ricco viziato figlio di papà. Perché è questo che sente di essere continuando a vivere qui.” continua Kazuya che evidentemente non ha ancora finito di togliersi i sassolini dalle scarpe “Non è ironico Jun?!”
“Ehm… se posso permettermi…” interviene timidamente Asuka “Anche questo potrebbe essere per colpa di Heihachi. L’altro giorno l’ha stuzzicato rivolgendogli esattamente quelle parole. A lui ha dato molto fastidio. È per quello che sono intervenuta col mio dispetto!” borbotta “Stavo difendendo Jin.”
Kazuya alza le braccia a mezz’aria, come se avesse avuto la conferma che tanto stava aspettando.
“Hai visto Jun? Ha la coda di paglia il ragazzo!” continua “Non è questione di doversi pulire il cesso o meno. Oltre tutta questa finta umiltà, lui sa benissimo di essere comunque un ricco viziato figlio di papà. Ha sempre avuto tutto quello che desiderava. Ha avuto l’istruzione migliore possibile… che ora ha pure voglia di buttare nel cesso, da ingrato viziato che è!”
Finisco l’operazione al computer, poi chiudo il portatile di colpo. 
“D’accordo, Kazuya.” lo interrompo “Avevi ragione! Vuoi sentirti dire questo?!” 
Lui inarca le sopracciglia.
“Mi dispiace averti costretto a uno stile di vita troppo umile per il tuo status!” ringhio “Vuoi vivere nel lusso sfrenato come tuo padre così da dimostrargli che il tuo conto in banca non è da meno? Fa’ pure! Fa’ quello che vuoi, comprati un castello! Non mi interessa più!”
“Non ho mai detto di voler vivere in un castello di duecento camere come Heihachi, né di volere un esercito di camerieri pronti a lucidarmi le scarpe come varco la soglia di casa.” riprende lui “Dico solo che con una media di quattordici ore di lavoro al giorno e quattro di sonno, non ci avrei visto niente di male nel assumere qualcuno che possa pulire il bagno al posto mio!”
Sbuffo, prendo il portafogli e tiro fuori una carta di credito.
“Asuka, prendi. Andate pure a cercarvi una stanza d’albergo da qualche parte.”
Non devono per forza assistere a questo discorso impietoso.
“Ok… grazie!” mormora Asuka prendendo la carta “Quanto… quanto possiamo spendere?”
Ironico. La domanda casca a pennello.
“Sai cosa ti dico Asuka? Spendi pure tutto quello che vuoi! Andate in un albergo di lusso! Dopo che ho fatto la taccagna per vent’anni, che vuoi che me ne importi?! Vero Kazuya?” 
“Tsk…” Kazuya sogghigna “Ironizza pure quanto vuoi, Jun. Sai benissimo anche tu che ho ragione!”
“Che aspettate ragazzi?!” continuo seria “Andate o rischierete di non trovare stanze libere.”
Guardo Kazuya furiosa.
Questa faccenda riguarda solo noi due e nessun altro. Dobbiamo risolverla da soli.


La vita di coppia è qualcosa di estremamente complicato. Anche dopo più di vent’anni.
Per due persone come noi poi, lo è ancora di più. 
Come ha potuto una ragazza semplice, di grandi e ambiziosi ideali, che ha sempre condotto una vita semplice e frugale, innamorarsi di un ricco capitalista, con un armadio pieno di scheletri che rappresenta l’esatto opposto degli ideali in cui crede?
Nessuno ha mai creduto nel nostro legame. 
I miei amici hanno osservato con confusione e diffidenza il mio rapporto con Kazuya nel costro degli anni. La mia famiglia mi ha direttamente tolto la parola. 
Devo essere completamente impazzita per loro. Non c'è altra spiegazione.
O noi o lui. Fu questo quello che mi dissero quasi vent’anni fa, quando li vidi ad Osaka per l’ultima volta. Al quinto mese di gravidanza. 
E forse in un certo senso sono impazzita davvero ad essermi innamorata di Kazuya. 
Io e lui siamo gli esatti opposti. Il giorno e la notte. Bianco e nero. Yin e Yang. Non abbiamo veramente quasi niente in comune, non la personalità, non il credo politico, non i gusti in fatto di libri o film.
Eppure è quando sono tra le sue braccia, anche dopo l’ennesima lunga litigata, che mi sento inondare di quel misterioso inspiegabile fuoco che mi fa sentire viva come nient’altro in questo mondo. Ed è come se lo scontro delle nostre diversità riaffermasse la nostra individualità.
È questo fuoco che anno dopo anno mi ricorda che quel lontano giorno ad Osaka presi la giusta decisione, anche se spezzò parte del mio cuore. Opposti che si attraggono, una guerra continua di idee contrastanti, che però sono misteriosamente in grado di generare qualcosa di bellissimo.
E mentre guardo Kazuya, la sua schiena muscolosa, cosparsa di cicatrici, seduto di spalle a fianco a me, penso che non c’è nessun altro al mondo per cui potrei sentirmi così.
E se dopo vent’anni di guerra continua continuiamo, nonostante tutto, a fremere in questo modo l'uno al tocco dell’altro, so che per lui deve valere la stessa cosa.
Kazuya si volta e mi porge il mio calice di vino rosso. Mi sollevo, mettendomi a sedere su questo futon da camping consumato dal suo scarso utilizzo e accolgo il bicchiere. Lui solleva appena le labbra in una maschera di sorriso. Uno di quei rari sorrisi non ironici che riserva solo a me.
Avvicina il suo calice e brindiamo in silenzio, davanti alla nostra casa buia e al momento inaccessibile, che osserviamo attraverso la zanzariera della tenda. Non abbiamo bisogno di brindare a niente di particolare, solo al nostro essere noi stessi e aver raggiunto qualche altro nuovo compromesso. Assumeremo qualcuno per avere un po’ di aiuto nelle faccende di casa, ma nel mentre faremo qualche donazione extra, e molto generosa, ad una lista di associazioni umanitarie e ambientaliste di mia scelta. La vita di coppia è complicata, ma quando trovi quello giusto, vale la pena lottare.
“Ne converrai che questo improvvisato camping invernale alla fine non è stato poi così male.” commento assaggiando il vino.
“Direi di no. Soprattutto ora che ci siamo tolti i mocciosi da in mezzo ai piedi.”
Sorrido. È sempre il solito burbero.
Si china all’indietro sui cuscini, passando un braccio dietro le mie spalle. Restiamo così, sotto le coperte a bere il nostro vino, riscaldandoci con il calore dei nostri corpi.
“Dico sul serio, Heihachi starà pensando di averci fatto un gran torto oggi. E invece siamo qui, a sorseggiare vino rosso pregiato, a tenerci caldo a vicenda…” sorrido “... a fare l’amore sotto le stelle.”
Kazuya guarda l’apice della teda, quel rettangolino di zanzariera che che ci divide dal resto del mondo.
“Credo che più che stelle quelle siano luci di aerei di linea. Ma questo non lo rende meno eccelso.”
Rido e mi avvicino ancora, appoggiando la testa contro il suo petto.
“Sai Kazuya, oggi ad un certo punto ho proprio avuto voglia di ucciderti.” riprendo parlando piano.
“Questo è il romanticismo che mi piace.” commenta lui con la sua particolare ironia.
“O comunque ho avuto voglia di lasciarti.” vado avanti “I miei genitori avevano ragione, ho pensato, sono stata pazza in tutti questi anni. Lo lascio oggi stesso.”
“Beh, non sarebbe neanche la prima volta che ne abbiamo avuto la tentazione.” osserva “Entrambi.”
Vero. Mi bagno le labbra con un altro sorso di vino.
“Quell’odioso capriccio da spocchioso aristocratico!” continuo poco dopo “Dio, Kazuya! Eri inascoltabile!"

Mmm. fa lui semplicemente.
Ma poi ho pensato anche che... per un riccaccio viziato come te sopportare tutti questi anni di miei sproloqui socialisti, come li chiami tu, non deve essere stato facile.” proseguo con il mio ragionamento “Intendo dire, uno che mi fa discorsi come quello di oggi, ha comunque accettato di lavarsi il gabinetto per vent’anni… solo per arrivare ad un compromesso… per stare con me.”
Lui emette un lungo sospiro.
“In effetti sai essere davvero insopportabile quando ti ci metti. Ma hai anche qualche pregio.” sogghigna.
Io sorrido ancora, contro la sua pelle.
“Oddio Kazuya, odio l'effetto che hai su di me. Mi sento come se non ti avessi mai amato tanto quanto in questo momento.” sussurro sentendomi arrossire come una liceale che confessa la sua prima cotta.
“E solo qualche ora fa volevi uccidermi.” sussurra accarezzandomi i capelli “Direi che è un notevole miglioramento.”
Tipico suo, continua a smorzare ogni mia sdolcinatezza con l’ironia. Anche per questo siamo così diversi, anche per questo mi sono innamorata di lui.
Non sto scherzando però adesso. Mi metto a sedere e lo guardo intensamente negli occhi.
“Sono seria.”
Lui aggrotta le sopracciglia e si solleva su un gomito.
“Ho deciso che sono pronta per…” sussurro con un sorriso “... tu sai cosa.”
“Jun…?” fa lui cautamente allungando le mani verso il mio bicchiere “Forse dovresti mettere da parte quel bicchiere di vino e…”
Scuoto la testa e sorrido.
“No, non c’entra niente il vino.” continuo.
Metto via il calice.
“In realtà è da un po’ che ci rifletto e… dopo stasera mi sono resa conto che non ha più senso aspettare.” riprendo sottovoce.
Anche lui si mette a sedere e mi guarda sbigottito.
“Ma non hai detto mille volte di stare bene così? Che non sentivi alcun bisogno di…”
“Kazuya, sono sicura.” insisto.
Lui esita ancora e si mette a ridere, un po’ divertito dalla situazione.
“Non ti interessa cosa dirà la gente? Lo troveranno tutti un po’ strano dopo tutto questo tempo…” osserva.
“Non mi interessa minimamente.” rispondo decisa.
“Non ti interessa neanche quello che dirà la tua famiglia? Quello che dirà Jin?” sogghigna “Perché sai che lui non la prenderà per niente bene.”
E posso vedere come il solo pensiero lo diverta già.
“Hai ragione, probabilmente non ne sarà contento.” sospiro seria “Ma se ne farà una ragione. Prima o poi si abituerà.” 
Ne sono fiduciosa. Certo, gli servirà un po’ di tempo per accettarlo, ma tanto ormai il nostro rapporto con Jin è già talmente compromesso, che dubito sarà questo a fare poi così tanta differenza.
“Sei pazza, Jun. Completamente pazza.” sogghigna Kazuya.
Lo guardo con un mezzo sorriso.
“Probabilmente sì.
” rispondo Ed è proprio per questo che mi asseconderai in questa idea, non è vero?” 
“Mi conosci.” sussurra con un ghigno.








NOTE:
Diciamo che dopo questo capitolo non ho granché da dire se non che innanzitutto mi scuso per il trash e poi che questo sarà l’ultimo capitolo narrato interamente da Jun. Almeno lei può già uscire dalle mie grinfie! Buon per lei! XD
Alla prossima!

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Capitolo 43
*** The Spoiled-Rich-Kid Curse (Jin) ***


43
The Spoiled-Rich-Kid Curse

(Jin)

Il messaggio in rosso di conto bloccato: impossibile prelevare lampeggia nello schermino dello sportello automatico.
Come immaginavo non era una minaccia a vuoto. Mia madre l’ha fatto davvero, mi ha lasciato al verde, per impedirmi di fuggire dal paese e rinunciare ai miei studi. Fantastico!
Inspiro a fondo cercando di mantenere la calma. Calmati Jin, tieni a bada il tuo demone interiore. Non puoi fare una sfuriata davanti a tutti in mezzo alla strada.
Riprendo la carta, inutilissima ormai, e la rinfilo nel portafogli. Il mio telefono continua a vibrare contro la mia gamba. Lo prendo e leggo il nome di chi mi sta cercando. Asuka. Come le precedenti quattro chiamate perse.
Sospiro e apro la comunicazione.
“Che vuoi?!” 
“Jin, dove sei?!” chiede lei con impeto “Siamo preoccupati! Dove hai deciso di andare?!”
“Senti Asuka, a meno che tu non abbia deciso di restituirmi i soldi che ancora mi devi, non ho assolutamente voglia di parlare in questo momento.” sbotto “Smettete di chiamarmi!”
Segue un secondo di silenzio, in cui Asuka è probabilmente spaesata dalla mia richiesta.
“Che ti ha detto?” riconosco la voce di Lars in sottofondo “Passami il telefono!”
Roteo gli occhi. Perché cavolo mi devono stare col fiato così sul collo?!
“No!” dico allora “Sto per chiudere.”
“Jin aspetta!” sento Lars dall’altro capo del telefono “Capisco che sei in collera in questo momento, ma non devi fare stupidaggini di cui potresti pentirti in seguito! Parliamone! Siamo all’hotel a 5 stelle che c’è nella parallela della strada della vostra scuola. I tuoi genitori sono rimasti a casa, siamo solo noi tre. Raggiungici e ne parliamo insieme.”
Hotel a 5 stelle? No, non credo proprio.
“No.” rispondo gelido, sento che stanno dicendo altro per cercare di convincermi, ma neanche li ascolto più “Non chiamatemi più. Addio.”
Chiudo la chiamata e blocco i numeri di tutti e tre.
Rimetto il telefono in tasca. Cosa dovrei fare adesso? Con i contanti che ho a disposizione potrei cavarmela un mesetto, due forse.
Lasciare il paese in queste condizioni è da folli persino per qualcuno disperato come me. E poi comunque dove cazzo vorrei andare senza un visto?
Devo per forza cercare un lavoro qui e ritardare la fuga di un po’. Potrei arrivare a vendere la moto per accelerare i tempi, anche se mi piange il cuore al solo pensiero. È un’opzione terribile, ma devo essere pronto a valutare tutte le possibilità.
Sospiro nervosamente e attraverso la strada.
Oppure c’è quell’alternativa, che per il momento non è altro che una fragile speranza.
Il telefono riprende a vibrare, un’altra chiamata. È un numero sconosciuto stavolta. Forse ci siamo.
“Pronto?” rispondo.
“... parco dietro l’istituto Mishima.” risponde poi una voce cavernosa “La collina davanti alla fontana. Tra un’ora.”
Aggrotto le sopracciglia. Certo che la fa sembrare una cosa molto losca così!
“Ok.” rispondo “Ci vediamo lì quindi… pronto?”
Ma quello strano uomo inquietante ha già chiuso la chiamata. Confuso rimetto il telefono in tasca e mi incammino verso il parco. Raggiungo il luogo dell’incontro, ma è ancora presto per l’appuntamento, decido quindi che nel mentre andrò a fare un po' di spazio nella mente su una panchina. Ne individuo una libera e mi muovo a passo svelto in quella direzione. Approfitterò dell’attesa per fare un’altra telefonata, una particolarmente difficile.
Camminando con gli occhi sul telefono ad un certo punto mi ritrovo a finire per sbaglio dentro un cumulo di foglie lasciato poco distante dalla mia panchina.
“Ma che diamine...!”
Preso da un impeto di rabbia improvvisa, lo calcio spargendo foglie un po’ ovunque nel sentiero. Non me ne frega un accidenti.
Mi lascio cadere in una panchina e riprendo il telefono. Resto a osservare il nome di Xiaoyu in rubrica per un minuto buono, riflettendo su cosa dovrei dire e soprattutto come dovrei dirlo. Sospiro. Che situazione di merda! Sono stato un idiota, non sarei mai dovuto arrivare a questo punto!
Mi decido a far partire la chiamata, porto il telefono all’orecchio.
“Pronto?”
“Pronto, ciao.” mi schiarisco la voce “Senti… sto chiamando per avvisarti che non ci sarò all’allenamento stasera.”
Iniziamo da questo.
“Certo, perchè oggi non avevamo in programma di allenarci!” risponde lei.
“No?” rispondo confuso.
“Oggi è il giorno della festa d’addio per Kamiya!!” mi ricorda a quel punto come se fosse la cosa più ovvia del mondo “Non l’avevi dimenticato, vero?”
Figuriamoci se con tutti i miei problemi potevo ricordarmi anche di questo!
“Non ci posso credere! L’avevi dimenticato!” esclama lei non ricevendo risposta “Ma te l’ho detto ieri e pure avantieri! Non dirmi che hai preso altri impegni!”
“Sì.” ammetto atono “Non posso venire.”
“Non posso crederci!” continua arrabbiata “Dopo tutto il casino che ho fatto per trovare un giorno che andasse bene a tutti! Non puoi paccarmi così!”
“Senti, ho già salutato Kamiya quanto basta. E comunque, fidati, ho delle buone ragioni per non poter venire.” 
“Ah sì?” chiede scettica “E sarebbero?!”
“Per esempio dovermi preoccupare della mia nuova condizione di senzatetto!” le faccio sapere con tono tagliente.
Nessuna risposta. Guardo il telefono, poi me lo riporto all’orecchio.
“Oi, ci sei ancora?”
“Cosa hai detto??” per poco non mi sfonda un timpano.
Allontano di colpo il telefono dall’orecchio, poi sospiro e lo riavvicino.
“Sono andato via di casa.” 
“Cosa significa che sei andato via di casa?!”
“Esattamente quello che sembra. Ho finalmente compiuto il passo che avrei dovuto fare diversi anni fa.” sibilo “Quindi mi capirai se stasera ho delle cose urgenti da fare, e non posso venire né ad allenamenti, né a feste d’addio.”
“Sei veramente andato via di casa?” ripete lei con voce tremante “Ma prima scherzavi quando hai detto di essere un senzatetto vero? Ovviamente hai un posto dove andare, vero?!”
Sospiro.
“Ci sto lavorando. Tra poco incontrerò un’altra persona della mia famiglia che potrebbe darmi una mano.” rispondo “In realtà stavo pensando di lasciare il paese, anche se non potrò farlo subito.”
Ascolta senza rispondere, io faccio una pausa prima di riprendere.
“E… a proposito di tutto questo… stasera, quando finisco, o quando tu hai finito con quella festa… dovremmo parlare.” le anticipo serio.
“Parlare?”
“Mi dispiace.” dico allora “Come ho detto potrei aver bisogno di andare via, molto lontano e all’improvviso se sarà necessario e… capirai anche tu che dobbiamo risolvere questa nostra situazione.”
Segue un’altra breve pausa, poi riprendo.
“È colpa mia. Come ho detto tante volte non sarebbe mai neanche dovuta cominciare... tanto meno continuare. Insomma, per quanto abbiamo sempre detto che non era niente di serio e che sarebbe potuto finire in un qualsiasi momento… se poi dovessi sparire così… non vorrei ci restassi male, ecco.”
Probabilmente il mio discorso non ha neanche senso e probabilmente sembro un vero e proprio stronzo.
In quel momento sento una sorta di brontolio provenire da qualche parte dietro di me. Mi volto e vedo prima delle scarpe, dei pantaloni da lavoro. Sollevo lo sguardo e… rimango di sasso.
“Ho capito. Non dire altro.” risponde poi Xiaoyu, con voce sorprendentemente calma “Ne parliamo stasera dopo la festa.”
“D’accordo, ne parliamo stasera.” acconsento.
Chiudiamo la telefonata e posso preoccuparmi per il prossimo problema.
Un addetto alla pulizia del parco, con tanto di bustone e rastrello raccogli foglie, sta osservando le foglie che ho calciato poco fa, tutte sparpagliate sul prato. Si gira e mi guarda con rabbia, come se già fosse sicuro sia io il colpevole di quel casino. E… in realtà non avevo davvero bisogno di vedere il suo volto per capire di chi si trattasse. I ciuffi di capelli di quel colore assurdo che sfuggono da sotto il cappellino erano già un sufficiente campanello d’allarme.
“Kazama…” sibila Hwoarang rabbioso “Sei stato tu?!”
Torno a guardare le foglie sparse un po’ ovunque.
Bene, adesso sono pure un ricco viziato, anche se tecnicamente senza soldi al momento, che ostacola gli operatori ecologici, perché irrispettoso del lavoro altrui. E per di più questo operatore ecologico è Hwoarang! Al di là del fatto che sono abbastanza sorpreso di scoprire che il delinquente ha anche un lavoro normale… non posso fare a meno di sentirmi pervadere da un insopportabile senso di umiliazione. Mi conosce, sa da dove provengo, e sa che sono un odioso ricco, viziato, figlio di papà.
Prima che possa dire altro mi alzo, vado verso di lui e gli strappo letteralmente il rastrello dalle mani.
“Ci penso io.” bofonchio.
Quel che è giusto è giusto.
Hwoarang non fiata, indietreggia e mi guarda confuso, mentre inizio a raggruppare le foglie al posto suo. Ad un certo punto, con un ghigno beffardo, si siede sulla panchina, per godersi la scena più comodamente.
“Non so che cazzo ti sia preso, Kazama.” dice “Ma questo è fottutamente divertente. Uno come te che si abbassa a questi livelli.”
Uno come te. Deglutisco e mantengo il controllo.
“Ma quindi è vero quello che dicevi al telefono poco fa?”
Lo incenerisco con lo sguardo.
“Te ne sei andato di casa?” chiede sogghignante.
“Ma che cazzo Hwoarang!” chiedo a denti stretti “Ti metti ad origliare le telefonate degli altri?!”
“Di solito no. Maaaa… non ho potuto fare a meno di sentire la tua, lo ammetto.” continua con un sorriso da scemo stampato in faccia.
Sbuffo e ancora una volta mi impongo di essere paziente.
“Allora? Che è questo?” continua facendo un cenno al mio lavoro “Non hai più i soldi di mamma e papà e hai deciso di fottermi il lavoro?”
Ha un certo talento per scegliere le cose più fastidiose possibili nei momenti meno appropriati possibili. Ma tu dimmi se proprio oggi questo stronzo doveva venire a parlarmi di soldi! Diventa sempre più difficile trattenere quella vasta gamma di insulti e offese che mi frullano per il cervello e mi impongo di continuare in silenzio il lavoro.
“O stai cercando di imparare ad usare un rastrello perché non hai mai tenuto un attrezzo in mano e hai paura di non essere in grado di fare niente?”
È inutile, è più forte di lui. È un cagacazzo specializzato.
“No! Ho accidentalmente fatto un casino finendo in mezzo a quel cumulo di foglie e sto semplicemente rimediando al problema. Fine della fottuta storia.”
Perché sono un cittadino decente con un senso di civiltà, e non un ricco, snob, classista viziato.
“Sicuro? Perché pensavo… che potresti tornare a combattere se ti servisse uno stipendio. Non si guadagna male dopotutto.” 
Sollevo un sopracciglio, cercando di capire se mi sta prendendo per il culo. Lui risponde al mio sguardo con assoluta serietà. Oddio, ne è convinto davvero. Ma non mi sorprende così tanto in effetti! È molto da lui l’idea di provare a ritrascinarmi nei suoi giri loschi.
“Non si guadagna male?” chiedo ironico “Se così fosse non saresti qui a raccogliere foglie.”
Ok, me ne pento appena finisco di dirlo. Questa in effetti mi è uscita un po’ da ricco viziato, ma per fortuna lui non sembra notarlo. Sogghigna.
“Ho detto che non si guadagna male, non che si guadagna bene.” precisa allora “Ho semplicemente bisogno di più soldi e sto facendo dei lavoretti extra.”
“Buon per te.” borbotto.
“Dicevi che vuoi lasciare il paese quindi?” riprende ad interrogarmi dopo un po’.
Gli lancio un’altra occhiataccia.
Ha ascoltato proprio bene lo stronzo! Ovviamente mi rifiuto di rispondere, non sono affari suoi.
“E che hai una situazione da risolvere con la persona con cui parlavi. Cosa è?”
Assurdo. È un pettegolo incredibile e senza alcun rispetto e pudore!
Scuoto la testa indignatissimo e continuo a rastrellare il prato con movimenti sempre più veloci e decisi. Prima finisco, prima potrò allontanarmi da questa spiacevolissima conversazione.
“Kazama, stavi scaricando qualcuno?! Ma che modi sono?! Non hai un minimo di decenza?! Non si chiude una relazione per telefono!”
Mi fermo di nuovo.
“Che cosa?!” ringhio.
Prima di tutto, come si permette?! Secondo, neanche sa di che cosa sta parlando e si permette di giudicarmi?! Questo cavernicolo ha davvero la faccia di parlarmi di buone maniere?! Dopo aver origliato una mia conversazione privata?!
“Primo, non è una relazione come pensi tu!” sibilo acidissimo “Secondo, e te lo dico per l’ultima volta, chiudi quella bocca e fatti i cazzi tuoi!”
“Non è una relazione come penso io.” ripete le mie parole, ragionando a voce alta “Quindi è una relazione inconsueta? Beh in effetti tu non sembri affatto il tipo da legarsi a qualcuno. Troppo impegnato a pensare a te stesso, troppo narcisista.”
Dovrebbero fare un monumento alla mia pazienza. Grazie mille universo, ci mancava anche questa! Giuro che non prenderò mai più a calci un cumulo di foglie nel prato senza pensare alle conseguenze!
“Quindi… una relazione non propriamente detta.” riprende poi a ragionare a voce alta.
“È un’amica. Con cui ho un rapporto particolare. Fine della storia e adesso piantala.”
“Un’amica…?!”
Scoppia a ridere di gusto. Non ne capisco il motivo, ma continuo a fare il mio lavoro senza chiederglielo.
“Non posso crederci.” sogghigna poi “Alla fine hai seguito il mio consiglio.”
Consiglio? Ma di che cazzo sta parlando questo fulminato?
“Una relazione insolita, un’amica, un rapporto particolare…” mi guarda con l’aria di chi la sa lunga “Ti sei trovato una trombamica, Kazama!”
E lo dice come se fosse la conclusione più scontata del mondo.
Mi ci vogliono un paio di secondi per riconnettere i neuroni e per processare che cosa mi ha appena detto.
Trombamica. Mi vengono in mente Anna e Lee e per un attimo mi sento prendere dal panico. È quella la fine che faremo?
“Cosa?! No! Ma che problemi hai?! No!” ripeto umiliatissimo “Ma come cazzo ti permetti?!”
Poi decido che è meglio smettere di mostrarmi così turbato o penserà di aver centrato il colpo.
Lui continua a ridere, poi scuote la testa con aria di sufficienza.
“Cosa c’è? È un termine troppo volgare per un puritano aristocratico come te?” storce il naso “Beh, si dice così se vai a letto con un’amica senza che nessuno dei due si debba aspettare il regalo a San Valentino!”
Per fortuna ho finito di raggruppare le foglie, quindi lascio cadere il rastrello a terra, mi pulisco le mani sfregandole una contro l’altra e posso finalmente andarmene.
“Andiamo Kazama! Sei davvero così suscettibile?!” tenta ancora di provocarmi “Hey! Ricordati che abbiamo un conto in sospeso! Non azzardarti a scappare dal paese prima di farti pestare!”


No, la cosa non è minimamente paragonabile ad Anna e Lee. È vero, il nostro è un rapporto strano, difficile da definire, basato su un’amicizia e qualcosa in più, nessuna etichetta, nessun impegno, ma non siamo come Anna e Lee!
Per quanto mi riguarda alla base di tutto c’è la ferrea decisione di non voler nessun legame sentimentale con nessuno e… questa parentesi non è altro che un semplice incidente di percorso in via di risoluzione. Il caso di Anna e Lee è totalmente diverso. La loro è una vera e propria scelta di vita. Nessuno dei due vuole limitarsi ad avere un rapporto esclusivo con una sola persona. Non li giudico, ma non sono sicuramente paragonabili a noi.
Sospiro nervosamente e controllo l’orario, mentre un elicottero appare all’orizzonte.
Quando Akuma mi ha detto di farmi trovare qui a quest’ora non mi aspettavo che sarebbe venuto a prendermi in elicottero.
E invece quelli che erano i miei timori si concretizzano definitivamente quando l’elicottero si ferma a mezz’aria sopra di me e una scala viene srotolata fuori.
Sospiro e con finta disinvoltura afferro le corde e inizio a salire per la scaletta, mentre l’elicottero comincia a muoversi. Sorvoliamo la massa di persone che popolano il parco a quest’ora, che guardano stupiti la scena.
Molto ironico. Probabilmente nessuno di loro aveva mai visto un ragazzo ricco e viziato che va a far visita alla nonna in elicottero.
Entro nella cabina e prendo posto a fianco ad Akuma. Bofonchio un ‘ciao’ di cortesia al quale Akuma risponde con un grugnito indefinito. D’accordo, almeno su questo siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Nessuno dei due ama le conversazioni superflue.
Godendomi il silenzio, guardo la città scorrere sotto di noi. Non ho idea di dove mi stia portando. A dire il vero quando ho provato a chiamare al numero di Akuma, che è l’unico modo di potermi mettere in contatto con la nonna che non ama tanto i telefoni, non mi aspettavo di ricevere risposta. È stato proprio un caso che la nonna fosse da queste parti e non in qualche zona remota del mondo.
Il viaggio dura un’oretta buona, voliamo sopra un’ampia zona rurale, foreste e infine raggiungiamo una zona montuosa. L’elicottero atterra in un’area piana del versante di un monte nei pressi di una villa antica.
È tutto molto nello stile di mia nonna, tradizione e lontananza dal resto del mondo, come se vivesse in un’altra dimensione. A parte la villa e l’elicottero non sembrano esserci altri segni di civiltà umana, solo le montagne, la foresta e le nuvole rosate in lontananza.
Forse dovrei fare come lei, allontanarmi da tutto, perdermi a camminare in questi boschi e dimenticare tutti i tormenti della mia vita.
“Seguimi.” brontola Akuma distogliendomi dai miei pensieri.
Ci incamminiamo verso la casa. Entriamo nell’atrio lussuoso e raggiungo la nonna che mi aspetta in salone. La sua fedele tigre sonnecchia a terra a fianco a lei.
“Nipote.” mi saluta la nonna con un breve inchino del capo “Ti aspettavo.”
“Nonna.” ricambio il saluto “Sono felice di essere riuscito a trovarti.”
“Il tuo viso appare stanco, nipote.” osserva.
“Ho avuto una giornata un po’ stressante.” ammetto.
E la cosa migliore è che non è neanche finita!
“Sarei felice di offrirti un momento di ristoro con una tazza di tè.” dice lei mostrandomi con un elegante movimento della mano il bollitore e le tazze.
“D’accordo.” faccio per mettermi comodo, ma la nonna mi blocca con un cenno della mano arricciando le labbra appena percettibilmente.
“Che succede?” chiedo allora confuso.
Noto a quel punto il suo sguardo altezzoso, mentre mi squadra lentamente dalla testa ai piedi.
“Quello del tè è un momento di grande importanza simbolica ed eleganza.” riprende a parlare severa “Non ammetterò nessuna rozzezza cittadina qui in casa mia.”
“Rozzezza cittadina?”
“I tuoi abiti, caro nipote.” spiega in tono casuale accarezzando la testa della tigre “Non sono adeguati.”
“Cosa?”
Apro le braccia e guardando il mio normalissimo outfit di jeans e felpa con cappuccio.
“Perché? Che c’è che non va nel mio abbigliamento?”
“È così…” storce il naso e sceglie con cura il giusto aggettivo “... plateale.”
“E che dovrei fare allora?” chiedo senza riuscire a capire dove voglia arrivare “Non posso mica cambiarmi!”
“Dovresti invece.” risponde lei serissima.
Resto per qualche secondo a bocca aperta, interdetto.
“E che dovrei mettermi?! Non mi sono mica portato appresso un cambio elegante!”
“Credo che i vecchi abiti di tuo nonno possano calzarti bene.” continua lei misurandomi con lo sguardo “Me lo ricordi molto da giovane.”
“Cosa?!” sgrano gli occhi insultato e inorridito al tempo stesso “No! Non se ne parla!”
Ma che diavolo! Non ho intenzione di indossare niente che sia appartenuto al vecchio di merda!
Ma la nonna non ha l’aria di chi è disposto a contrattare.
“Allora niente colloquio!” risponde gelida voltando la faccia.
Sospiro. E io avrei perso un’ora di viaggio in elicottero per vedermi rifiutare una conversazione con mia nonna… per un motivo così stupido?! Ok, è decisamente la mia persona preferita della famiglia Mishima, ma bisogna ammettere che anche lei non scherza in fatto di stranezze! E ci vuole una certa pazienza.
“Perché?!” voglio sapere soltanto “Perché è così importante come sono vestito?!”
La nonna sembra ammorbidirsi un po’.
“Per una volta vorrei avere il piacere di vedere mio nipote vestito come si deve.” mi spiega.
“Come si deve…” ripeto poco convinto.
“Segui pure Akuma, ti porterà al vecchio guardaroba di tuo nonno dove potrai cambiarti.” dice lei accennando ad Akuma, che aspetta sull’uscio della porta.
Sospiro e seguo Akuma come mi chiede. Non riesco a credere di starlo facendo davvero.
Akuma mi fa strada lungo il corridoio, poi si ferma fuori da una porta e mi fa cenno di entrare dentro alla stanza.
“La signora Kazumi ha scelto qualcosa che dovrebbe andarti bene.” grugnisce.
Bene, aveva già programmato tutto prima che arrivassi!
Sospiro ed entro nella stanza.


Quando torno al cospetto di mia nonna, sto ancora facendo del mio meglio per non pensare che sto indossando un vecchio kimono di Heihachi.
“Eccomi.” borbotto, come un bambino punito.
La nonna mi guarda e solleva gli angoli della bocca compiaciuta.
“Adesso sì che sembra un giovane rispettabile, vero Tora-san?” sussurra alla sua fedele compagna a quattro zampe.
La tigre apre gli occhi per un attimo, poi muove la coda e li richiude assonnata.
La nonna procede intanto nel versare il tè nelle nostre tazze ed è incredibilmente elegante anche nel fare qualcosa di così semplice.
Assurdo pensare che lei e quel cafone di Heihachi siano stati una coppia un tempo.
“Ti prego di accomodarti.” mi dà ufficialmente il permesso di poter godere della sua compagnia.
Mi siedo sul tatami e prendo la tazza fumante di tè.
“Mi ha sorpreso che tu abbia ancora i vestiti di Heihachi.” osservo “E che non li abbia… bruciati o qualcosa del genere.”
“Non potrei mai.” inclina la testa prendendo la sua tazza, poi si guarda intorno con occhi sognanti “Sai, caro nipote, questa dimora è stato il regalo di nozze del mio clan. È stato il luogo dove io e Heihachi abbiamo trascorso le estati dei nostri primi anni di matrimonio. Era il nostro… nido d’amore.”
E non solo mi va quasi di traverso il tè, ma a quel punto avrei proprio voglia di vomitare.
“Troppi amorevoli ricordi dentro a queste mura.” continua, portandosi una mano sopra al cuore “Non riuscirei a liberarmi di un solo oggetto custodito qua dentro.”
D’accordo, me la sono andata a cercare. Colpa mia che ho chiesto.
La nonna si fa seria.
“Non mi aspetto che tu possa capire, nipote. Sei vittima di questi tempi volgari.” continua amareggiata “I giovani d’oggi non capiscono il significato del nobile legame dell’amore, è un’epoca in cui la gente si abbandona totalmente ai propri bassi istinti, rifiutando di volersi prendere le proprie responsabilità e legare il proprio destino a quello di qualcun’altro.”
E mi osserva con occhi penetranti, come se stesse mettendo a nudo la mia anima e la colpevolezza mia e di tutta la mia scellerata generazione.
Oggi non è proprio giornata.
“A volte non è così semplice però.” rispondo schietto “A volte è più nobile evitare di legare qualcuno al proprio infausto destino. Per il loro bene.”
La nonna si irrigidisce e mi guarda contrariata.
“Tipo Heihachi…” mi affretto ad aggiungere, prima che possa pensare che stia parlando di me “Sarebbe stato molto meglio se non ti avesse trascinato nel suo lurido mondo!”
La nonna sgrana gli occhi mi guarda offesa.
“Non puoi pensare veramente queste assurdità!” esclama “Io e tuo nonno abbiamo certo qualche divergenza d’opinione, ma non per questo i sentimenti che ci legano non sono sinceri.”
“Divergenza d’opinione?! Ma nonna, siete divorziati da più di quarant’anni e non avete mai smesso di farvi la guerra!” le ricordo “E poi… forse tu senti di essere ancora legata a lui per qualche assurda ragione, ma…” forse non dovrei dirlo, ma quando la sento difendere Heihachi proprio non riesco a starmi zitto “Dubito altamente che lui nel frattempo non si sia approcciato ad altre persone.”
Lei abbassa lo sguardo infastidita e stringe la tazza con talmente tanta forza che le nocche le diventano bianche.
“Questo è probabile, nipote. E quando la nonna ne avrà la certezza sta’ pure certo che tuo nonno ne pagherà le conseguenze.” dice con uno sguardo terrificante.
Sogghigno. Non vedo l’ora.
Sono tentato di dirle che sono quasi sicuro che Heihachi ha avuto un figlio illegittimo per accelerare il processo di vendetta, ma poi penso che dirglielo in questo modo sarebbe decisamente troppo crudele, specialmente dato che non ne abbiamo ancora la certezza definitiva.
“Ma anche se tuo nonno ritiene col divorzio di poter essere libero dal nostro vincolo di fedeltà, non l’avrebbe mai fatto durante il nostro periodo insieme.” sorride teneramente.
“Sì, e poi vi siete lasciati perché evidentemente persino a te ad un certo punto è stato chiaro che razza di un uomo terribile è!”
“Ci sono dei piccoli dettagli che non conosci, nipote. Ed è meglio così.” risponde la nonna, mentre sorseggia altezzosa il suo tè “Ma sappi che anche la nonna potrebbe non essere del tutto innocente come sembra.”
“Sì, come no.” alzo gli occhi al soffitto “Comunque… forse è giunto il momento di parlare del motivo per cui ti ho contattato.” dico, sperando di chiudere definitivamente l’argomento.
“Dimmi pure, caro.”
“Dunque, come già saprai Heihachi e Kazuya sono in guerra. E fin qui non c’è niente di particolarmente nuovo, il punto è che ultimamente le cose mi sembra che stiano un po’ sfuggendo di mano.” spiego “Credo si stia andando un po’ oltre i soliti dispetti. Non so esattamente cosa stiano pianificando l’uno alle spalle dell’altro e non so cosa potrà succedere, ma credo in ogni caso non sarà piacevole. E… normalmente non mi interesserebbe minimamente ciò che può o può non capitare a quei due, ma non vorrei le cose potessero mettersi male per mia madre. Lei, come te, è una vittima in tutto questo. E sarà pur vero che io e lei abbiamo al momento un sacco di problemi, ma nonostante tutto… sono preoccupato per lei. E non voglio che venga trascinata in chissà quale casino per colpa di Kazuya.”
“Sei così sicuro che tua madre sia libera di ogni colpa?” chiede la nonna con aria diffidente.
“Certo che sì! Insomma, il suo unico grande problema è Kazuya!” esclamo “Probabilmente se non fosse per lui andremmo anche molto più d’accordo.”
La nonna mi guarda interessata.
“Penso che tu abbia un punto di vista abbastanza semplicistico, nipote.” risponde poi posando la tazza a terra “Ma capisco le tue preoccupazioni.”
Annuisco.
“C’è dell’altro.” continuo poi “Ti sto parlando di questo oggi perché… io non mi occuperò più di controllare la situazione. Ho chiuso con loro. Sono andato via di casa questo pomeriggio.”
La nonna sbatte le palpebre perplessa.
“Te ne sei andato via di casa?”
Annuisco ancora.
“Semplicemente non potevo continuare a stare lì con loro e a farmi trascinare nelle loro follie. Non so ancora cosa farò, ma so solo che non posso continuare a stare in quella casa… o in quel giardino. Dato che la casa è attualmente inaccessibile per colpa di Heihachi. Storia lunga.” sospiro, poi la guardo serio “Ovviamente non voglio chiederti di occuparti tu di loro al posto mio, ma… So che tieni a Kazuya e… anche ad Heihachi. Ho pensato che fosse giusto avvisarti che la disputa tra i due potrebbe degenerare presto.”
La nonna mi guarda in silenzio, con aria imperscutabile.
“Capisco.” dice seria “Prenderò atto di ciò di cui mi hai parlato e mi occuperò di studiare la situazione dall’ombra.”
“Ti ringrazio.”
“Cosa farai dunque adesso?” mi interroga bruscamente poi.
Rimango sorpreso di questo cambio di tono.
“Ancora non lo so.” ammetto “Mia madre ha deciso di bloccarmi il conto per impedirmi di lasciare il paese, come avevo intenzione di fare inizialmente e…”
E lascio la questione così in sospeso. Non ho veramente il coraggio di chiederle un piccolo prestito, ma magari ci penserà lei ad offrirmene uno?
Mi basta guardarla in faccia per capire che la mia è una speranza molto, molto ingenua.
“La tua è stata una scelta molto coraggiosa, nipote. E ti fa onore in un certo senso.” dovrebbe essere una lode, ma sa decisamente di rimprovero “Hai deciso di allontanarti dalla tua famiglia, e quindi di rinunciare anche al sostegno che da essa ne deriva.”
Distolgo lo sguardo. Non che sia deluso. In realtà non è che ci avessi davvero sperato, però forse mi sarei aspettato un trattamento un minimo più comprensivo.
“Adesso dovrai badare a te stesso. Dovrai contare sulle tue sole forze. È sinonimo di grande responsabilità.” continua, poi mi rivolge un’occhiata particolarmente penetrante “Spero che tu sia all’altezza della tua decisione. Sarebbe deludente se dovessi tornare indietro.”
Wow, come se non fosse già stata abbastanza severa.
Poi rilassa un po’ l’espressione e sorride appena, con il suo solito modo di fare.
“Ma sappi, mio caro nipote, che potrai allontanarti anche di innumerevoli chilometri, come ho fatto anche io… ma, come in un solido legame amoroso, non si sfugge mai al destino di una famiglia.”
Forzo un sorriso. 
“Ti ringrazio del tuo tempo, nonna.” sussurro con una certa angoscia.


Quando scendo dall’elicottero, al rientro in città, è ormai il crepuscolo di questa assurda giornata. Della mia prima giornata da adulto indipendente. O come ragazzo abbandonato al proprio destino. Certo, il colloquio con nonna Kazumi dopotutto non è andato poi così diversamente da come me l'ero prospettato. Però effettivamente il suo modo di dirmi che, come io ho voltato le spalle alla famiglia, non posso aspettarmi altro che la stessa reazione da parte loro, è stato in effetti un po’ disarmante. Direi anche brutale. Abbandonato come un cane rabbioso al proprio destino.
È vero che ho lasciato la famiglia, ma se permettete non è stato esattamente il capriccio di un bambino viziato. Mi hanno letteralmente portato sull’orlo del logoramento sia psicologico  che fisico. Possibile che nessuno possa avere un minimo di comprensione per me?! Beh, a quanto pare no.
E quindi eccomi qui, da viziato figlio di miliardari a senzatetto nel giro di un paio d’ore. Senza la minima idea di che cosa fare. Non posso permettermi di fuggire e iniziare una vita da qualche altra parte, dovrò per forza trovarmi un lavoro e al più presto se non voglio finire davvero nel giro dei combattimenti di strada o qualcos’altro di losco. In realtà forse non sarebbe un’idea così malvagia, la vita mi ha dato tante di quelle batoste che alla fine neanche mi interesserebbe mandare tutto a puttane. Anche se dimostrerei così di non essere stato all’altezza delle mie decisioni impulsive.
Nel turbine dei miei vari pensieri autodistruttivi, mi dirigo verso il Flaming Dragon, dove dovrebbe ancora esserci la cosiddetta festa d’addio per Kamiya. Non ho la benché minima voglia di atmosfera di festa, né di chiacchierare, né di stare in mezzo alla gente. Ma devo assolutamente risolvere il problema di questa relazione-non-relazione con Xiaoyu il prima possibile per poi dedicarmi al disfacimento totale della mia vita.
Arrivo fuori dal locale e trovo il gruppo al completo che si sta salutando. Ottimo, almeno non dovrò aspettare troppo a lungo. Dovrò fingere di stare bene per qualche minuto, finché tutti non se ne saranno andati e poi potrò affrontare quel problema.
“Jin!” Julia è la prima a notarmi “Pensavamo non ti saresti fatto vedere per niente ormai!”
Continuo ad avvicinarmi, con espressione tesa, con le mani in tasca evitando di rispondere.
“Kazama! Carino da parte tua farti vivo, anche se alla fine della serata!” commenta anche Kamiya “È proprio da te!”
Xiaoyu, dal suo fianco, mi guarda in silenzio, con aria vagamente preoccupata.
“Ti sei perso Shin che dava spettacolo al karaoke. Ma è stato decisamente non un grande spettacolo!” aggiunge Julia e Steve ride.
“Hey ti ho sentito!” protesta Kamiya.
“Jin!” ecco che spunta fuori Asuka e mi afferra un braccio.
Mi trascina un po’ in disparte.
Asuka? Era invitata anche lei?
Cerco di dimenarmi, ma lei non sembra decisa a lasciarmi.
“Hai trovato un posto dove stare?” chiede apprensiva a bassa voce.
“... sì.” mento.
“Non immagini che è successo dopo che te ne sei andato! I tuoi genitori si sono messi a litigare un sacco! Sembravano impazziti! Alla fine tua madre ci ha mandato in hotel perché la cosa stava diventando troppo imbarazzante.”
“Magari è la volta buona che si lasciano.” commento con una smorfia, cercando comunque di non illudermi troppo.
“Jin non sto scherzando! Sono seria!”
Nemmeno io stavo scherzando.
“Hey Jin.” si avvicina Julia e costringe Asuka a lasciar perdere l’argomento “Credo che Shin sia di nuovo a caccia di conquiste.”
Mi fa un cenno verso lui e Xiaoyu. Mi giro e osservo la scena. Lui è intento a parlare, parlare, parlare e lei ascolta annuendo di tanto in tanto.
“E quindi il gommone era in avaria, la tempesta si avvicinava...” gli sento dire.
“La storia del naufragio...” commento.
“Sì!” esclama Julia “Le è stato addosso tutta la sera e ora le sta raccontando la storia del naufragio!”
La sua eroica impresa di quando è riuscito a mettere in salvo sé stesso e una famiglia di turisti stranieri dal mare in tempesta. È uno dei suoi pezzi forti, da usare quando vuole fare buona impressione su qualcuno.
“Cosa?! Perché pensate ci stia provando con Xiao?!” chiede Asuka scettica “Che ha di speciale quella storia? L’ha raccontata anche a me appena ci siamo conosciuti.”
“Infatti ci ha provato anche con te, Asuka. Ma tu non te ne sei mai accorta.” le fa notare Julia.
“Cosa?!” Asuka sgrana gli occhi, poi guarda me.
Confermo anche io, con un cenno del capo.
Ricordo bene quel periodo. Kamiya era rimasto particolarmente affascinato da Asuka dopo il suo arrivo a Tokyo. Si era fatto un’idea su di lei totalmente sbagliata. Io provavo a farglielo capire, ma lui non mi ascoltava. E quando ancora Asuka non conosceva nessuno a scuola, ed ero costretto a portarmela appresso per pranzo, Kamiya ci provava con lei spudoratamente, giorno dopo giorno. Era ovvio persino per uno come me, che di queste cose ne ha sempre capito poco e niente, ma evidentemente non per Asuka. Ed è stato solo dopo averla vista picchiare davanti a tutti un bullo dell’ultimo anno di liceo, che Kamiya ha finalmente capito come fosse la vera Asuka. E a quel punto credo proprio che si sia spaventato, dato che dal giorno si è tirato di colpo indietro, prima che lei potesse mai accorgersi di niente.

“Non me ne sono mai accorta!” parlotta Asuka confusa “Perché non mi accorgo mai di queste cose?”
“Julia, dobbiamo andare. Bob e Kliesen ci stanno aspettando!” fa Steve chiudendo il telefono.
Ed ecco che scatta un campanello d’allarme nella mia memoria.
Kliesen. Kliesen! Ma certo! Ecco dove avevo già sentito questo nome.
Mi volto da Asuka, lei guarda Steve con bocca spalancata.
“Bob e chi?!” domanda mia cugina spudoratamente.
“Bob e Kliesen.” risponde Steve stupito da quell’interessamento “I miei amici, non so se hai presente.”
“Oh, sì… certo, certo.” annuisce Asuka facendo finta di niente.
Poi mi guarda come se stesse cercando di mandarmi messaggi telepatici. Io le faccio un cenno per farle capire che sì, ho capito anche io, ma non è il caso di fare quelle facce strane.
Steve e Julia salutano e si allontanano. A quel punto Asuka mi prende di nuovo da parte, mentre Kamiya continua ad ammorbare Xiao con le sue storie.
“Hai sentito?” mi chiede.
“Sì.” dico “Lo sapevo che non era la prima volta che sentivo quel cognome!”
“Potrebbe esserci un collegamento con quella persona.” riflette Asuka “Dobbiamo dirlo a Lars!”
“Diglielo tu, no?” scrollo le spalle.
“Cosa?!”
Non so se dovrei ancora interessarmi a queste storie. Ormai sono fuori dalla famiglia, giusto? Tanto vale uscire anche da queste indagini.
“Onestamente non so se ho ancora voglia di essere coinvolto in questi stupidi casini familiari.”
Asuka mi guarda sconcertata e arrabbiata.
“E vuoi farmi credere che l’idea di farla pagare ad Heihachi non ti interessa più?!” sbotta “Pensi davvero di poter decidere di lavartene le mani in questo modo?”
“Ad essere sinceri sì, è esattamente quello che stavo pensando.”
Mi guarda offesissima.
“Hey ragazzi!” si intromette Kamiya “Mi dispiace interrompere i vostri discorsi tra cugini, ma io sto andando! Il pullman partirà tra poco. Statemi bene tutti quanti!”
“Hai ragione, scusa Shin.” fa Asuka, improvvisamente un po’ impacciata “È stato… un piacere rivederti! Buona fortuna… per tutto.”
“Ti ringrazio Asuka.” risponde lui “Sei un tesoro… certe volte.”
Lei abbassa lo sguardo e sorride un po’ imbarazzata. Immagino che stia ancora pensando alla scomoda rivelazione che ha avuto poco fa.
Poi mi dà una gomitata.
“Tu non saluti?” borbotta.
Ok, presumo sia il mio turno di dire qualcosa.
Sospiro.
“Ciao.” bofonchio “Ci… sentiremo per messaggi… ogni tanto.”
Chissà se potrò ancora permettermi un telefono tra qualche mese.
Kamiya ridacchia e ricambia il saluto, poi si volta da Xiaoyu.
“Mi raccomando, se mai ti andasse di cambiare aria e di vivere l’atmosfera di Kyoto… fammi sapere.”
“Va bene, grazie.” risponde lei con un sorriso timido.
Cioè le sta suggerendo di trasferirsi a Kyoto? Wow!
La cosa peggiore è che a pensarci bene non è neanche un’idea così malvagia, nonostante il fastidio insopportabile che il pensiero mi provoca. Se andasse a Kyoto starebbe sia lontana da me, che dal circolo del vecchiaccio. Il che sarebbe un’ottima cosa per lei.
Kamiya se ne va per la sua strada e rimaniamo noi tre.
“Quindi Jin, dove… hum… sei diretto tu?” indaga Asuka.
“Al mio garage. Devo prendere la moto.” rispondo robotico.
“Mmm.” annuisce Asuka poco convinta “Ma ti farai sentire questi giorni, vero? Lo so che hai bloccato il mio numero! Ti prego sbloccalo!”
Roteo gli occhi.
“Se smetti di chiamarmi cento volte al giorno!”
“Va bene. Però rispondi qualche volta.” dice seria “Ti prego fatti sentire!”

Mi guarda con occhi tristi, colmi di preoccupazione e sono costretto a rompere il contatto visivo.
“Asuka dannazione, mi stai mettendo in imbarazzo!” sibilo tra i denti “Smetti di guardarmi così! Non sto mica andando in guerra!”
Lei non risponde e con mia grande sorpresa mi si lancia addosso e mi abbraccia. Io arretro, mi gelo e la guardo terrificato.
Scambio uno sguardo veloce con Xiaoyu. È ancora seria, ma le sue labbra sono appena visibilmente incurvate all’insù, mentre studia con interesse la mia reazione.
Asuka si stacca da me. Rossa in volto tiene lo sguardo basso, borbotta un ciao generico e si dilegua camminando a passo svelto.
Ho bisogno di qualche secondo di silenzio per scrollarmi di dosso l’imbarazzo per ciò che è appena successo. Per sbaglio incrocio di nuovo lo sguardo con Xiaoyu, che ha ancora la stessa espressione compiaciuta di poco fa. So esattamente cosa sta pensando.
“Non ne voglio parlare.” l’anticipo.
Lei solleva le spalle con fare innocente, poi abbassa il sorriso e mi guarda seria.
“Allora… stai davvero andando al tuo garage?”
Annuisco.
“Andiamo.” dico poi “Facciamo un pezzo di strada insieme.”



 



 

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Capitolo 44
*** Different Kinds of Friendship (Jin) ***


44
Different Kinds of Friendship
(Jin)

“Allora… stai davvero andando al tuo garage?”
Annuisco.
“Andiamo.” dico poi “Facciamo un pezzo di strada insieme.”
Ci incamminiamo in silenzio verso il complesso Mishima, dove vive Xiaoyu.
L’atmosfera è un po’ tesa, sto ancora valutando quali siano le parole migliori per poter strappare il cerotto il più velocemente possibile senza che faccia troppo male.
“È andato bene… qualsiasi cosa tu abbia dovuto fare stasera?” è lei la prima a rompere il silenzio, quando ormai siamo praticamente a metà strada.
Domanda difficile.
“Più o meno.” borbotto.
Da una parte la nonna terrà d’occhio la situazione, poi certo, dall’altra non muoverà un dito per aiutarmi. Ho lasciato la famiglia e sono stato completamente abbandonato al mio destino, ho giusto i soldi per mangiare qualche settimana, ma direi che per metà si può sempre dire che il pomeriggio sia andato… più o meno bene?
“Come è andata la festa?” chiedo allora anche io per alleggerire un po’ la tensione.
“Molto bene.” annuisce “È stata una serata divertente! Kamiya sembrava contento.”
“Mm.” annuisco piano.
“È un bravo ragazzo.” commenta poi.
“Lo è.”
“È proprio un peccato che si debba trasferire.” continua “E poi voi due vi conoscete da così tanto tempo!”
“Credo ci stia provando con te.” dico atono.
Xiaoyu si volta immediatamente guardandomi stranita.
“Cosa?!”
Guardo avanti, un po’ impacciato.
“Ho detto che forse ci sta provando con te.”
Dopo qualche secondo di esitazione, ridacchia divertita, come se avesse appena sentito un’assurdità.
“Certo, come no! Come se tu avessi occhio per queste cose!”
Giusta osservazione.
“Me l’ha fatto notare Julia.” le faccio sapere allora.
Ora il giudizio è più affidabile. Smette di colpo di sorridere, mi osserva incredula per una manciata di secondi, poi sposta lo sguardo davanti a sé pensierosa.
“Oh.” dice soltanto.
“Kamiya è un bravo ragazzo. Migliore di tanti altri.” riprendo “Certo, a volte si comporta un po’ da stupido, ma…”
“Oh per l’amor del cielo, piantala!” sbotta lei intuendo il seguito del discorso “Non ho bisogno che tu mi aiuti a trovarmi un ragazzo!”
“Non… ti sto aiutando a trovarti un ragazzo!” replico immediatamente “Ho solo detto che… è un bravo ragazzo, meglio di… altri.”
Rotea gli occhi all’indietro.
“E così vuoi lasciare il paese!” forza un cambio d’argomento.
“Beh, non so bene quando ma… credo che prima o poi lo farò. Ho bisogno di andarmene il più lontano possibile.” confermo “È l’unico modo per uscire dalla loro influenza una volta per tutte.”
“E quindi presto non ci vedremo più.” aggiunge abbassando lo sguardo.
Segue una breve pausa. Posso notare la tristezza sul suo volto che non fa che peggiorare il mio senso di colpa. Ovviamente è molto più difficile doversi allontanare dopo aver condiviso determinate cose. Sono stato un cretino irresponsabile.
“Mi dispiace.” dico “È colpa mia. Non saremo mai arrivati a questa situazione se solo fossi stato più deciso nel…”
“Non è tutta colpa tua.” rettifica lei con un filo di voce “Hai sempre detto come la pensavi. Hai cercato di tirarti indietro in mille modi… io non ti ho di certo reso le cose facili.”
Abbozza un sorriso, io sospiro nervosamente. In effetti è vero che anche lei non è stata troppo collaborativa, ma comunque la colpa maggiore rimane la mia. Sapevo benissimo di non potermi permettere di giocare ad avere una relazione con qualcuno.
“Cosa farai adesso?” vuole sapere.
Altra domanda difficile.
“Mi hanno bloccato il conto, quindi non potrò andarmene subito.” spiego “Per il momento dovrò cercarmi un lavoro qui, poi procurarmi un visto e…”
In quel momento si gira di scatto come se le fosse appena venuto in mente qualcosa.
“E come farai con lo studio?”
Sono sorpreso da questa domanda. Credevo fosse ovvio.
Il mio sguardo le basta come risposta.
“No!” sgrana gli occhi “Non puoi mollare tutto così! Sei il terzo studente migliore dell’intero politecnico!”
“Sono al verde!” ribatto “Ho bisogno di un lavoro a tempo pieno, lo studio non è più una priorità per me ormai!”
“Ma come puoi buttare all’aria tutto ciò che hai fatto in questi anni?!”
Ennesima domanda difficile.
“Non fa piacere neanche a me, credimi.” ammetto “Ma alla fine la cosa più importante per me è allontanarmi dalla mia famiglia e se questo è il prezzo da pagare sono pronto anche a questo!”
“Ma come farai a trovare un lavoro soddisfacente senza un titolo?!”
“Non mi importa dei titoli!” rispondo un po’ bruscamente “Me la caverò in un modo o nell’altro.”
“Sei sicuro?” chiede preoccupata.
Scosto lo sguardo. No, dopo Asuka non sono pronto per un’altra scenata di apprensione.
“Insomma, non so cosa sia successo con la tua famiglia, ma… sei sicuro che tua madre non possa cambiare idea e decidere di riaprirti il conto?” chiede cauta “Dopotutto sono i tuoi soldi! Potresti vivere da un’altra parte e continuare anche con lo studio.”
“No!” rispondo secco “Non ho intenzione di chiedere più niente a nessuno di loro! A costo di finire a vivere sotto un ponte o di dovermi vendere!”
Xiaoyu sgrana gli occhi di nuovo e si ferma.
“Non dici sul serio.” mormora inorridita.
A quel punto mi rendo conto che è necessario fare qualche passo indietro.
“Intendevo… vedere la mia compagnia.” specifico subito “ Tipo in uno di quegli orribili host club… anche se… chi vorrebbe mai pagare per la mia compagnia? Forse alla fine avrei più fortuna nel vendere… altro.”
Lo dico per fare un po’ di cruda ironia, ma lei non la coglie e mi guarda con orrore.
“Tua madre deve assolutamente aprirti il conto! Se solo sapesse che hai anche soltanto pensato a certe cose!”
“Hey calma! Era una battuta! Credevo fosse ovvio!” mi affretto a precisare, poi aggrotto le sopracciglia sorpreso “Credi davvero che possa considerare realmente certe cose?!”
Lei non mi risponde. Ok, ho sempre saputo che scherzare non fosse il mio forte, ma non pensavo neanche di esserne così negato!
“Scherzavo!” ripeto ancora una volta “Hai così poca fiducia nelle mie capacità di sapermela cavare?!”
Lei sospira.
“No.” ammette “Non mi spaventa che tu non te la sappia cavare.”
“Allora?” alzo un sopracciglio, aspettandomi una precisazione.
“Mi spaventa il tuo lato oscuro!” risponde in brutale onestà.
E dopo questo non ho più tanta voglia di scherzare. Le mie labbra si distendono e smetto di camminare.
“La tua rabbia accecante, la tua tendenza all’autodistruzione…” continua ad elencare a mo’ di rimprovero “Il volerti ostinare a fare tutto da solo senza mai chiedere l’aiuto di nessuno, a costo di sacrificare te stesso!”
Segue una breve pausa. Le codine le dondolano al vento, resta a poco passi da me, con occhi che sembrano iniziare a farsi lucidi.
“Mi spaventa questo di te!” aggiunge con un filo di voce “Non deve… per forza andare così, lo sai.”
Altra pausa.
“Non devi per forza affrontare tutto da solo.”
Non ho apprezzato questa sorta di intrusione nei miei spazi personali. Ma non è niente di nuovo, è sempre la solita vecchia divergenza di opinioni. E so che a modo suo sta soltanto cercando di esprimermi la sua vicinanza. Cosa che non mi lascia di certo indifferente, sotto la mia corazza di pietra.
Le rivolgo un piccolo sorriso, sincero. Colmo di gratitudine.
“Io decisamente non merito neanche la tua amicizia, figuriamoci il resto.” sussurro “E ti sono grato per come hai cercato di aiutarmi.”
E proprio per la gratitudine e il rispetto che nutro nei suoi confronti, devo allontanarmi da lei.
Spengo il sorriso.
“Ma questa è la mia guerra personale, è una cosa che devo affrontare da solo. ” continuo serio “Hai sempre saputo anche tu che questo momento prima o poi sarebbe arrivato.”
Per qualche secondo ci guardiamo in silenzio, senza dire niente. Ci sarebbero certamente mille altre cose da dire, ma d’altra parte sono certo non c’è realmente bisogno di sentirle a voce alta.
“È questo che vuoi veramente?” chiede con un soffio “Che mi faccia da parte?”
“Sarebbe meglio così.” rispondo senza esitazione.
Fa un piccolo cenno d’assenso con la testa, mentre una lacrima le scivola lungo la guancia. “Buona… fortuna allora.” dice con un filo di voce.
Mi abbraccia.
Rispondo al gesto e resto per qualche secondo in silenzio a sentire quel calore per l’ultima volta, prima di abbandonarmi per sempre alla solitudine. Ci separiamo e senza dire altro mi volto e inizio a camminare per la mia strada. Cerco di soffocare nell’oscurità la parte più umana e più debole di me che mi implora di tornare indietro e di cercare un’altra soluzione. Non sento passi dietro di me. Sono un po’ sorpreso, ma apprezzo che mi stia davvero lasciando andare alla fine. Spero che capisca e che mi possa dimenticare un giorno. Andrà avanti con la sua vita normale, circondandosi di persone normali, come merita. Al pensiero della sua vita normale cerco di ignorare quel buco in mezzo al petto. Sospiro e mi concentro per convincermi di stare facendo la cosa giusta.


Passare la notte in un garage non è poi così male, cerco di ripetermi. Non prendiamoci in giro, è sporco, scomodo, triste e sei costretto a dormire per terra con un borsone come cuscino. Però hai un tetto sopra la testa e quattro mura intorno a ripararti dal freddo della notte. Poteva andarmi decisamente peggio!
Sbuffo e mi muovo per passare da una scomoda posizione ad un’altra vagamente più tollerabile. Sono troppo viziato per riuscire a dormire in un posto del genere, nonostante sia letteralmente a pezzi dopo la dura giornata che ho passato, sia fisicamente, che mentalmente. E poi c’è il fatto che non ho ancora mandato giù del tutto il senso di colpa per Xiao, cosa a cui mi ritrovo a ripensare continuamente. È davvero strano mi abbia lasciato andare così facilmente! Probabilmente l’ho ferita così tanto che non ha neanche cercato di fermarmi! Chissà a cosa starà pensando poverina! Deglutisco e mi giro dall’altra parte.
Perché anche se non le abbiamo dato un nome, quella era una relazione. E non una cosa da trombamici, un coinvolgimento affettivo c’era bello e buono!
Mi giro di nuovo, imponendomi di spegnere il cervello, quando un un rumore improvviso mi fa rizzare a sedere. Tendo le orecchie e lo sento un’altra volta. Non mi sono sbagliato, dunque.
Cerco a tastoni il telefono per accendere la luce. Si sente una terza volta. Illumino la serranda del garage. È qualcosa che sbatte sulla serranda da fuori.
Che diavolo sta succedendo? Nessuno sa che sono qui, neanche il padrone del garage che abita qua sopra. Pago una quota mensilmente per poter lasciare la moto (cosa che tra l’altro adesso non potrò più permettermi), ma non credo sarebbe felice di trovarmi qui mentre cerco di dormire come un barbone infiltrato!
Sarà lui? Mi avrà notato arrivare?
Mi isso su uno scaffale per arrivare alla finestrella che sfiora il soffitto per poter sbirciare fuori e… quello che vedo mi lascia senza parole.
“Non ci posso credere.” commento scendendo dallo scaffale.
Vado a recuperare le mie chiavi lasciate sul pavimento e attivo il pulsante che comanda la serranda, per farla alzare di circa un metro.
Mi inchino.
“Che ci fai qui?!” chiedo cercando di fare il meno rumore possibile.
Xiaoyu si inchina dall’altra parte della serranda.
“Ciao.” dice come se niente fosse, poi assottiglia gli occhi “Non avrai mica pensato che non mi sarei assicurata che stessi bene!”
Spalanco la bocca, sconcertato. Sono arrabbiato, ma una parte di me, che tengo molto nascosta, è felice di rivederla e soprattutto di vedere che sembra stare abbastanza bene.
Sbircia dentro al garage e si sofferma sul giaciglio improvvisato. Sgrana gli occhi. In un baleno sgattaiola dentro e si avvicina per vedere meglio.
“Hey! Non ti ho dato il permesso di entrare!”
“Questo sarebbe il tuo letto?!” chiede con tono inquisitorio.
Mi guarda spalancando la bocca.
“Lo sapevo che non avevi nessun posto dove stare!” mi rinfaccia.
Mi parla come se le avessi fatto un torto personale.
“Mi hai preso in giro!” le rinfaccio allora io “Credevo mi avessi capito!”
“Ti ho capito perfettamente infatti, idiota.” borbotta “E avevo intenzione di lasciarti andare come avevi chiesto… ma non prima di assicurarmi che stessi bene!”
Alzo gli occhi al soffitto.
“Quindi dopo un piccolo pianto…” continua gelida “Mi sono asciugata le lacrime e ho deciso di seguirti fino qua. Ti ho visto entrare, ma quando dopo più di mezz'ora ho capito che non saresti più uscito dal garage mi è stato tutto chiaro! Hai mentito ad Asuka, non dovevi prendere la moto per andare chissà dove. Avevi intenzione di passare la notte qui!”
“È vero. Ho mentito ad Asuka.” rispondo “Non ho un posto dove stare al momento, ho evitato di prendere una stanza d’albergo per risparmiare i soldi, almeno per oggi… ma da domani avrei cercato una sistemazione! Oggi semplicemente non ne ho avuto il tempo!”
“Jin, fatti aiutare!”
“Non voglio l’aiuto di nessuno!”
Lei mi guarda accigliata, ma a quanto pare non ha proprio voglia di starmi a sentire.
“Se credi che me ne starò da una parte a guardare mentre ti distruggi la vita, sei un idiota!” dice incrociando le braccia davanti al petto, decisa a non andarsene.
“E che avresti intenzione di fare, secondo te, per aiutarmi?!” inasprisco il tono di voce.
Mi rivolge un mezzo sorriso, come se la risposta fosse ovvia.
“Starai da me stanotte, in una casa vera.”
E per un attimo mi viene quasi da ridere.
“Se domani, come dici,  troverai un altro posto dove andare, che non sia questa topaia antigenica...” continua “... ti dò la mia parola che non ti seguirò più contro la tua volontà.”
Poi abbassa gli occhi.
“E se non vorrai più vedermi, ti lascerò in pace come desideri.”
“Non è questione di cosa desidero, lo sai!”
“Allora?” continua convintissima.
Sono allibito.
“Xiao, non puoi essere seria! Non puoi davvero credere che starò a una proposta del genere. Dormire da te?! Dopo che ti ho chiaramente detto che dobbiamo prendere le distanze l’uno dall’altra?! È già abbastanza difficile così com’è senza il bisogno di andare ad aggiungere ulteriori complicazioni.”
“Non ho detto dormire con me.” risponde puntigliosa “Puoi stare sul divano, sul pavimento o dove vuoi.”
“Lo sai che non è quello il punto, è questione di vicinanza… di stare nella stessa casa!”
“Ma almeno non dormiresti su delle chiazze di olio!”
Sospiro.
“No.” taglio corto con decisione “Non ho bisogno del tuo aiuto. Non voglio l’aiuto di nessuno.”
“Jin…” prova a replicare.
“È la mia ultima parola!” la blocco “E ora per favore torna a casa, sono esausto, voglio riposare.”
Torno a buttarmi sul mio giaciglio.
“Fai in fretta ad uscire che sta entrando freddo.”
Chiudo gli occhi e rimango in attesa, con le chiavi a portata di mano per poter chiudere la serranda appena se ne sarà andata.
Silenzio, poi qualche passo… e infine un peso improvviso contro il mio fianco.
Mi volto arrabbiato.
“Che diamine fai?!”
Molto disinvoltamente mi si è praticamente coricata a fianco e mi guarda come se non ci fosse niente di strano. Con la punta del suo naso a pochi centimetri dal mio, abbozza un sorriso.
“Io non me ne vado.” dice con assoluta convinzione “Si è fatto tardi, ho paura di tornare a casa da sola.”
Bugiardissima. Per arrivare lì però non si è messa nessun problema!
Scosto la testa per evitare di guardare il suo viso così da vicino, che mi fa fare ragionamenti strani.
“Quindi, o mi ospiti tu… o ti ospito io. A te la scelta.” insiste.
Detto questo si sistema cercando una posizione più comoda, praticamente addosso a me. Molto furba, veramente molto furba la ragazza!
“Sei… incredibile.” rispondo a denti stretti, terribilmente indispettito.
“Avanti, dimmelo pure! So cosa stai pensando, sono una ficcanaso, invadente, fastidiosa… una rompicoglioni…”
“Sicuramente che non sei del tutto normale di testa!” aggiungo profondamente irritato.
“Probabile.” ridacchia per un attimo, poi torna seria “Ma da qui io non me ne vado.”
Rompe il contatto visivo e torna a guardare il soffitto, con le mani sopra alla pancia.
Io chiudo gli occhi e mi abbandono alla tempesta di emozioni contrastanti che mi dilania dall’interno.
“... allora?” chiede dopo un po’ sollevando la testa in cerca di una risposta.
“Ho forse altra scelta?”


“Perché sei così nervoso? Qual è il problema?” mi chiede sorridendo mentre camminiamo verso casa sua.
Sembra esserle tornato il buonumore e sembra molto soddisfatta della sua vittoria, una vittoria non del tutto pulita ci terrei però a sottolineare.
“Qual è il problema?!” ripeto alzando un sopracciglio.
Non è quindi solo una mia impressione, la ragazza non sembra ancora aver capito il problema di base.
“Sto andando a casa tua, in piena notte, con un bagaglio, nel quartiere dove vivono tutti i dipendenti di Heihachi. Un branco di leccaculo che gli scodinzolano dietro come dei cagnolini fedeli!” elenco “Se Heihachi dovesse scoprire qualcosa che tra me e te c’è una cosa strana… e di questo passo, se continuo a starti intorno, prima o poi succederà…”
Lei alza gli occhi al cielo.
“Ma rilassati per favore!”
“Non è ma rilassati! Te l’ho detto mille volte, solo per torturarmi con i sensi di colpa potrebbe decidere di prendersela con te!” sussurro tra i denti “E questa è una delle ragioni principali per cui non posso starti troppo intorno!”
“Heihachi non scoprirà un bel niente.” dice quasi con presunzione “Sto offrendo un posto dove stare ad un amico in difficoltà. Capirai, manco fossi il primo!”
Sbuffo e scuoto la testa.
“Dubito che gli altri tuoi amici abbiano problemi personali con il vecchiaccio.” sbotto.
“Ok, ma anche se dovesse andare come dici tu. Metti che si convinca che sei il mio fidanzato segreto e decide di fartela pagare, che potrebbe farmi?” ragiona.
“Fidanzato segreto?” ripeto incerto.
Non mi piace la definizione, ma è pur sempre meglio di trombamico.
“Mi toglierebbe l’alloggio? L’iscrizione al suo istituto?” alza le spalle “Posso sopravvivere a queste cose!”
Scuoto la testa continuando a tenere lo sguardo vigile intorno a noi.
“No!” replico “Per quanto io pensi che rompere ogni legame con Heihachi sarebbe un vantaggio per te… se dovessi perdere la possibilità di studiare al Mishima per colpa mia… non potrei sopportarlo!”
È pur sempre un eccellente istituto. Potrebbe avere una brillante carriera se completasse lì la sua educazione! Io posso anche mandare al diavolo il mio futuro, dato che sarebbe comunque un futuro vincolato al resto della mia famiglia, ma lei… non deve finire nel baratro insieme a me!
“Beh, se dovessi perdere la scuola potrei sempre andare a lavorare per la G-Corp!” osserva lei.
Mi blocco per qualche secondo con un’espressione d’orrore in volto.
“Oggi hai proprio deciso di giocare sporco allora!”
“Sto scherzando!” si affretta a precisare vedendo la mia espressione.
La cosa peggiore però è che ha ragione. Ricordo fin troppo bene il momento in cui Kazuya le ha casualmente offerto un posto di lavoro davanti al mio sguardo incredulo.
Raggiungiamo il suo appartamento e sembra non esserci nessuno in circolazione. La seguo velocemente dentro casa, sperando di non essere stato notato da nessuno.
“Scommetto che non hai nemmeno mangiato.” mi osserva Xiaoyu mentre si sfila le scarpe.
Inutile mentire ancora, arrivati a questo punto. Faccio di no con la testa.
“Ok, andarti a ripescare ha fatto tornare fame anche a me. Faccio portare qualcosa!”
Appende il cappotto e poi va a salutare Panda seduta sul divano davanti alla TV.
“Hey Panda!” le cinge le braccia attorno al testone “Guarda chi è venuto a trovarci!” mi indica.

Ma Panda ovviamente si era già accorta della mia intrusione e non sembra affatto felice di vedermi. Spezza con rabbia il ramo di bambù che tiene tra le zampe e gira offesa il muso da un’altra parte.
“Sì, lo so benissimo anch’io, Panda!” brontolo appendendo il mio cappotto “Per una volta siamo perfettamente d’accordo. Non dovrei essere qui!”
Xiaoyu si alza e si imbroncia.
“Non capirò mai perché non riusciate ad andare d’accordo!” commenta prendendo il telefono.
“È un panda dall’intelligenza soprannaturale che ti fa da guardia del corpo.” le faccio notare “Persino lei ha capito che faresti meglio a starmi lontana!”
“Credo piuttosto che sia il tuo caratteraccio ad infastidirla!” risponde aggrottando la fronte.
“Caratteraccio?! Ma se l’ho sempre ignorata!” 
“Appunto! A Panda piacciono le coccole.” si mette il telefono all’orecchio “Ti va bene il sushi?” 
“... sì.”
Chiama un servizio di sushi a domicilio e ordina due menù.
Aspetto che chiuda la chiamata per riprendere a parlare.
“Comunque sono molto arrabbiato!” le ricordo “Non mi sta bene che fai come se niente fosse, come se fossimo ad un pigiama-party o… peggio!”
“Peggio tipo… un appuntamento?” fa un sorrisetto inclinando leggermente la testa.
Mi volto offeso.
“Vado a farmi una doccia.” brontolo.
“Ottima idea!” sorride “Prendi pure un asciugamano dall’armadietto.”
Prendo alcuni vestiti di ricambio dal mio bagaglio e mi chiudo in bagno.
Apro l’armadietto e cerco un asciugamano pulito da usare. Impossibile trovare qualcosa che non abbia cuoricini, farfalle o animaletti simpatici e quindi ripiego su quello in cima, bianco con fiorellini, ovviamente rosa.
Mi spoglio ed entro finalmente in doccia, pronto a togliermi di dosso sudore e stanchezza di una giornata stressante e interminabile come questa.
Il tocco dell’acqua tiepida è piacevole sulla mia pelle e resto a rilassarmi per qualche secondo, chiudendo gli occhi e cercando di svuotare la mente per un po’. Cero, non è andata come avevo pianificato, ma ho ancora la situazione sotto controllo. Sarà soltanto una notte, non sarà poi così un problema.
Frugo tra i flaconi di sapone nel cestinetto rosa appeso alla parete della doccia. La scelta è tra shampoo allo zucchero filato, ai marshmallow o cioccolato e cocco. Sospiro e scelgo l’ultimo, sperando che non abbia un odore troppo intenso.
Magari sui suoi capelli questi profumi non sono neanche male, ma personalmente non mi va di avere la testa che emana odore di caramella o cioccolatino ad ogni movimento di ciuffo.
Quando finalmente finisco con i capelli ho paura di procedere alla scelta del bagnoschiuma. Le opzioni a mia disposizione si rivelano essere: aranciata(!) e caramello.
“Ma che…” biascico, prendendo il primo per osservarne meglio l’etichetta.
Dove si è mai visto un bagnoschiuma all’aranciata? E soprattutto, a chi verrebbe mai voglia di comprarlo superati gli otto anni?! Sospiro. Sperando che sappia di arancia e che sia possibilmente un po’ aspro e non troppo dolce, lo apro e faccio per prenderne una noce. Quello che esce dal flacone però è soltanto una bolla che libera nell’aria un odore che effettivamente ricorda quello dell’aranciata. Cerco di spremere di più il flacone, ma niente da fare, sembra proprio finito.
A malincuore dovrò ripiegare sul caramello. Perfetto, uscirò da qui che avrò la testa che sa di cioccolato e cocco e il corpo di caramello. In pratica la ricetta perfetta per un gelato ipercalorico in forma umana. 
Prendo la bottiglia del bagnoschiuma al caramello e… noto che anche questa sembra leggerina. Apro e cerco di fare uscire il prodotto, ma stavolta non escono nemmeno le bolle.
Rimetto a posto il bagnoschiuma al caramello e torno a leggere tra le varie etichette. Ci sono i tre shampoo di prima e poi le più svariate cose tipo balsamo, olio e maschere per capelli, scrub… ma niente bagnoschiuma.
“Non è possibile…” sibilo. 
Non c’è bagnoschiuma? Non posso finire la doccia?!
“Xiao?” chiamo.
Nessuna risposta.
“Xiao!” chiamo a voce più alta.
Niente.
Sospiro, esco dalla doccia e mi avvolgo l’asciugamano con i fiorellini rosa attorno alla vita.
“Xiao! È finito il bagnoschiuma!” dico aprendo la porta “Non ne hai altro?”
A una decina di metri da me, Xiaoyu sta pagando il ragazzo delle consegne del sushi.
Entrambi si voltano nella mia direzione e… 
Non è possibile! Ma questa è una persecuzione. Quanti mestieri ha questo idiota?! E soprattutto perché devo ritrovarmelo ovunque?!
Rientro in bagno e chiudo violentemente la porta, girando la chiave.
“AH?!” esclama Hwoarang dall’altra stanza.
“Il bagnoschiuma?” sento ripetere a Xiaoyu “Ma se l’ho appena ricomprato. Aspet… PANDA! Torna subito qui!”
Si sente un mugugno di Panda e il rumore pesante dei suoi passi da macigno! 
“Non ci credo! Hai di nuovo giocato a fare le bolle con il bagnoschiuma! Torna subito qui!”
“No, no, no, no, no… feeermi tutti!” si inserisce Hwoarang “Xiao-chan, che diavolo ci fa Kazama mezzo nudo nel tuo bagno?!”
Oddio! Si conoscono?! Perché si conoscono?
“Eh? Vi conoscete?!” anche lei sembra sorpresa.
“Certo che ci conosciamo! È… è… è Kazama! La mia nemesi!” spiega Hwoarang con voce strozzata “Perché è nel tuo bagno?!”
“Oddio! Il tizio che devi assolutamente battere di cui mi parli da sempre?! È lui?!” esclama stupita “Wow! Come è piccolo il mondo!”
“Sì, ma perché è qui?!” insiste lui.
“Ehm… gli ho prestato… la doccia.” spiega “Lunga storia. Comunque ora ha bisogno di un bagnoschiuma.”
Sento che si avvicina alla porta.
“Jin? Hai provato quello al caramello?” chiede al di là della porta “Certo, il profumo non è il massimo, ma…”
“Finito anche quello.” le comunico.
“Mm capisco.” fa lei “Ok, perfetto. Non ne ho altro. Ma tranquillo! Vado a comprarlo al conbini qui all’angolo. Ci metto un due minuti!”
Sospiro.
“Hwoarang io vado, tieni pure il resto. Ci vediamo presto ok?”
Sento la porta di casa che si chiude e dei passi che si avvicinano minacciosamente. Hwoarang a quanto pare non è ancora uscito.
“Che cazzo significa questo, Kazama?!” chiede sputando letteralmente le parole “Che ci fai a casa di Xiao-chan?!”
Che giornata di merda! 
Non rispondo.
“Rispondi!” batte un colpo sulla porta “Non riesco a crederci Kazama, porca merda, ERA LEI?!”
“Senti…” dico allora “Non so a che cosa cazzo tu stia pensando, ma cerca di calmarti e…”
“Lo sai a cosa cazzo sto pensando!” esplode “È lei la tua trombamica?!”
Ecco, il solito coglione. Spero solo che Panda non l’abbia sentito. Oh perché quel panda capisce. Eccome se capisce!
“Senti, piantala con questa storia e soprattutto vedi di calmarti!” rispondo usando un tono più aggressivo anche io “Mi ha solo… prestato la sua doccia! Non c’è niente tra noi!”
“Kazama… giuro che stavolta ti uccido!” ringhia “Ti uccido!”
“Ti vuoi calmare, pezzo d’idiota?!” continuo “Come la conosci? Perché stai avendo questa reazione da pazzo?!”
“Xiaoyu è come una sorellina per me e… non posso sopportare che…” dalla voce credo che stia per avere una crisi di nervi.
“Hwoarang, calmati! Hai come sempre frainteso tutto! Tra me e lei non c’è assolutamente niente di quello che ti stai immaginando!”
“Oh piantala con le cazzate! Ti sembro forse un coglione?!” sbraita.
“Smetti di urlare!”
“So che stai dicendo cazzate, perché anche lei mi ha parlato di te!”
Mi gelo. Che cosa?!
“Ovviamente non ha mai fatto il tuo nome, quindi neanche nei miei incubi peggiori avrei mai potuto immaginare che il ragazzo compicato, sfuggevole di cui mi parlava ultimamente… potessi essere tu… ma dopo averti visto qui… e mettendo insieme le cose che hai detto questo pomeriggio… dovevi incontrare la tua amica per sistemare le cose.”
“Hwoarang frena la fantasia, io...” provo di nuovo a farlo ragionare.
“Hai provato a scaricarla per telefono, pezzo di merda, io ti ammazzo!” dà un altro colpo alla porta.
Poi lo sento inspirare rumorosamente come un toro inferocito. 
“Io… ora devo andare… purtroppo devo continuare a lavorare, ma… insomma, non pensavo che avrei mai potuto trovare un’altra ragione per volerti pestare a sangue… eppure, congratulazioni! Sei riuscito anche in questo intento!” 
Sembra esitare però prima di andarsene.
“Perché?!” chiede dopo serio “Non avete niente in comune!”
A quel punto si sentono dei passi svelti e una porta che sbatte.
Resto perplesso qualche secondo a contemplare questa incredibile serie di coincidenze. Xiaoyu è come una sorellina per Hwoarang. Come può uno come Hwoarang affezionarsi ad una come Xiaoyu? Insomma sarà pure vero che io e Xiao non abbiamo molto in comune, ma con Hwoarang sono ancora più opposti! Che diavolo mi sta sfuggendo?
Poco dopo sento il rumore della porta di ingresso che si riapre e mezzo minuto dopo sento bussare alla porta del bagno. Giro la chiave e riapro. Xiao mi porge il bagnoschiuma… all’aranciata! Ha ricomprato esattamente lo stesso bagnoschiuma che è appena finito!
“Ma comprare bagnoschiumi per adulti ti sembra tanto brutto?!” borbotto.
“Ma se è buonissimo!”
Chiudo la porta e torno in doccia. Scopro con piacere che è praticamente un bagnoschiuma all’arancia, senza una componente zuccherosa troppo forte. O per lo meno non è così forte da irritarmi le mucose nasali.
Finisco di lavarmi, mi asciugo, mi rivesto e la raggiungo in salotto. Xiaoyu è seduta sul divano che mi aspetta con i bento consegnati a domicilio da Hwoarang. Attraverso la stanza, raggiungo il divano e mi siedo all’altra estremità, ben lontano da lei. Perché sono ancora arrabbiato e questo non è un appuntamento col suo fidanzato segreto!
Lei mi porge bacchette e cena come se niente fosse.
“Come conosci Hwoarang?” la interrogo aprendo il mio bento.
“È una lunga storia. Ma è stato il primo amico che mi sono fatta dopo essere arrivata qui!” 
“Andiamo, seriamente… Hwoarang il tuo primo amico qua?!” la guardo stranito “Ma è mai possibile che tu non riesca a stringere amicizie con gente normale?!”
“Ho anche un sacco di amici normali per tua informazione!” 
Intanto assaggio il mio cibo. Dio, non mi ero reso conto di come stessi letteralmente morendo di fame! Sono stato praticamente da una parte all’altra tutta la giornata e non tocco cibo dall’ora di colazione.
“Comunque, neanche con Hwoarang siamo andati subito troppo d’accordo.” riprende il racconto “Ma poi si è ritrovato in un momento difficile, anche lui era senza un posto dove stare e… ho deciso di dargli una mano. È a quel punto ci siamo avvicinati.”
“Hai ospitato anche lui?” chiedo stupito.
“Te l’ho detto che non eri il primo amico in difficoltà a cui offrivo un posto dove stare!”
La guardo in silenzio per qualche secondo.
“E quando dici avvicinati intendi…”
Capisce al volo e inarca le sopracciglia.
“Frena la fantasia, Kazama! Hwoarang è il fratellone che non ho mai avuto. Nient’altro.” 
E la cosa peggiore è che la frase suona esattamente come se fosse uscita dalle labbra della sorellina di Hwoarang. Cosa che mi fa un po’ impressione.
“Non sarai mica geloso?” chiede poi con un sorrisetto beffardo.
“No!” rispondo subito, ora è lei a dover frenare la fantasia “Sono solo preoccupato della tua vicinanza con quello! Insomma, non che io sia un bel tipo, ma anche lui non scherza!”
“Ma che dici?! Hwoarang è una delle persone più carine e in gamba che conosco!”
Questa è la cosa più ridicola che ho sentito in tutta la giornata.
“Sai che è un teppista delinquente, vero?!”
Guarda davanti a sé infastidita, poi appoggia il suo bento sul tavolino, si volta accigliata mettendosi seduta a gambe incrociate davanti a me.
“Sì, lo so benissimo. So anche che ha una pericolosa ossessione per i combattimenti da strada. Anche io credo che dovrebbe smettere, ma… sai che oltre a quello fa ben tre lavori?” mi interroga alzando tre dita “E sai che li fa per poter pagare le cure del suo maestro?”
Rimango di stucco. In effetti questo non lo sapevo. Ma ha anche totalmente senso. 
Ho trovato strano che Hwoarang avesse tutti questi lavori, e sapevo che il suo maestro fosse ancora in ospedale. Come ho fatto a non arrivarci da solo?! Sono forse davvero un po’ troppo prevenuto nei suoi confronti? Sono troppo abituato a considerarlo come un delinquente litigioso e rissoso che mi sorprende così tanto che possa avere delle buone qualità?
“Hwoarang è una bellissima persona.” Xiaoyu si riprende bento e le bacchette “E onestamente mi dispiace che non andiate d’accordo voi due.”
“Dubito che le cose tra noi possano andare molto meglio dopo oggi.” sospiro.
“Perché?”
“Perché l’idiota si è convinto che tu sia la mia trombamica.” spiego non senza un certo imbarazzo “E l’idea non gli è piaciuta.”
Lei ha bisogno di qualche secondo per prendere atto della mia frase, poi inizia a tossicchiare. Qualcosa sembra esserle andato di traverso.
“Che cosa?!” chiede paonazza “Che diavolo gli hai detto?!”
“Io non gli ho detto niente! Ma questo pomeriggio il tuo fratellone, quel ragazzo modello, ha origliato la nostra telefonata. Ora mi ha visto qui e si è fatto questa idea! Ma tu piuttosto che gli hai raccontato?” assottiglio gli occhi “Mi ha detto che anche tu gli hai parlato di me.”
Distoglie lo sguardo imbarazzata.
“Niente di che.” borbotta.
“Sul serio? Hai parlato con lui della situazione con me?” faccio davvero fatica a capire.
“Senti, gli ho detto solo che avevo una strana situazione con uno strano ragazzo! Tutto qui.”
Modo interessante di descrivere la situazione.
“Non potevo neanche parlarne con le mie solite amiche, dato che Asuka e Alisa non dovevano assolutamente sapere niente!”
Sospiro e riprendo a mangiare.
“Mi dispiace che non ne abbia potuto parlare con le tue solite amiche.” ammetto “In ogni caso non devi più preoccuparti, perché… presto uscirò definitivamente dalla tua vita e potrai dimenticarmi. Quindi anche per quanto mi riguarda il fratellone, digli che può mettersi l’anima in pace!”
Non risponde. Le lancio un paio di occhiate di nascosto per assicurarmi che abbia capito.  
Continua a mangiare in silenzio, con espressione neutra. Poi ad un certo punto sospira, abbandona il bento sul tavolino, e continua a guardare pensierosa davanti a sé.
“Che c’è!” ho il dovere di chiedere a quel punto.
“Sei molto arrabbiato con me?”
Sospiro, concentrandomi sulla mia cena.
“Beh, avrei preferito non ti fossi messa in mezzo!” ammetto con una punta di irritazione.
Sbircio un’altra volta nella sua direzione. Continua a fissare un punto in silenzio con aria un po’ triste. 
“Ti farai sentire ogni tanto?” chiede con un soffio “Intendo… quando sarai all’estero e avrai la tua nuova vita…”
Sospiro e metto via il bento anche io.
“Senti, la mia vita è davvero un casino e penso sia giusto che tu vada avanti con la tua senza pensare a me… anzi, faresti meglio a dimenticarmi e…” 
“Non c’è niente di più noioso dell’idea di una vita facile, senza complicazioni.” borbotta lei interrompendomi “Se avessi voluto quel tipo di vita non sarei mai salita su quella nave e non mi troverei qui in questo momento!”
Mi volto da lei, mi guarda imbronciata.
“Scegliere la via più facile.” ripete come se fosse un’assurdità “Una vera noia!”
“E quindi cosa staresti proponendo di fare?!” la interrogo.
“Continuare a vederci ora e relazione a distanza quando te ne andrai.” ribatte senza neanche doverci pensare.
Chiaramente stava riflettendo su quell’ipotesi già da un po’. Mi ci vogliono un paio di secondi per riconnettere.
“Oh per favore!” dico poi.
Mi sta davvero mettendo in difficoltà stasera. È seriamente convinta di quello che dice?! 
“E tu vorresti davvero complicarti così tanto la vita per andare appresso ad uno come me?!”
Lei mi guarda come se fosse la cosa più scontata del mondo.
Emetto un lungo sospiro, appoggiandomi stanco contro lo schienale del divano.
Ed è chiaro che avremmo mille altre cose da dirci, altri scontri di vedute e opinioni da buttar fuori, ma nessuno dei due ha voglia di ricominciare a dibattere. Quello che è più importante adesso è che lei ha espressamente detto che vorrebbe continuare a stare con me e io non sto scartando a priori l’idea. 
“Non mi hai detto di no.”
Ovviamente non si è lasciata sfuggire questo dettaglio.
“Xiao, è una pessima idea…”
“Tu dici di volerti allontanare da me per il mio bene!” riprende lei “Ma quello che penso io non ha un peso? Non sono in grado di poter scegliere da me?”
“Il punto è che credo che tu non ti renda conto.”
“Jin, dimmi che vuoi stare lontano da me perché lo vuoi e ti lascerò in pace definitivamente.”
Non lo dirò, non voglio dover mentire. Lei sorride, sa già di aver vinto la battaglia. 
Si avvicina lentamente sul divano, si ferma a fianco a me.
“Sai anche tu che in un mondo ideale starei con te senza mettermi problemi, ma...”
Ci avviciniamo ulteriormente.
“... ma?” sussurra a pochi millimetri dalle mie labbra. 
Poi cambia improvvisamente espressione.
“Waaah!”
Si spinge improvvisamente all’indietro, guardando allarmata qualcosa a fianco a noi.
Più confuso che mai alzo lo sguardo e sobbalzo notando una grossa ombra scura che si staglia minacciosa davanti al divano.
“Panda no!” sento il rimprovero di Xiaoyu.
Panda mi rivolge un ghigno malvagio, mentre sta per sedersi proprio nel punto del divano  dove siamo noi! Facciamo giusto in tempo a scappare prima che il culone di Panda ci schiacci.
“Panda?! Ma che diavolo fai?!” la rimprovera Xiaoyu balzando sul pavimento “Non lo vedi che non ci stai se ci siamo già noi?!”
Per quanto mi riguarda, sono certo che l’orsona sia ben conscia delle sue dimensioni e questa improvvisa voglia di sedersi davanti alla televisione non sia un caso.
“Molto furba Panda.” le riconosco a gattoni sul pavimento “Davvero molto furba.”
Mi risollevo lentamente e Panda è ancora lì, con gli occhi vigili su di me, con un umanissimo sguardo di rimprovero.
“Il tuo panda vuole uccidermi!” l’accuso.
Xiaoyu alza gli occhi al soffitto, si avvicina e mi prende per mano.
“Non dire assurdità e vieni! Andiamo a parlare in camera mia.” borbotta trascinandomi via “Dobbiamo stabilire come dobbiamo gestire questa situazione una volta per tutte, senza altre intromissioni!”

 



 




 

NOTE:
In realtà questo e il precedente dovevano essere un unico capitolo, ma data la lunghezza eccessiva ho dovuto spezzarlo in due.
Comunque se non cambio di nuovo idea (ma non credo anche perché non ho né tempo né voglia di ripensarci) dopo questo mancano altri quattro capitoli per concludere la storia completamente!

 

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Capitolo 45
*** Girl Talk (Asuka) ***


45
Girl Talk
(Asuka)

La vita ha un dei colori e dei profumi più belli quando dopo tempo immemore vivi qualche giorno in un ambiente sano e tranquillo, senza liti, urla, minacce di morte. E ha un profumo ancora migliore quando ti hanno appena consegnato il compito di inglese e hai scoperto di aver recuperato l’insufficienza, nonostante tutto lo stress e la follia delle ultime settimane.
Apro l’armadietto e infilo a forza i libri delle lezioni appena finite della mattina. Non sono mai stata una tipa troppo ordinata, altra caratteristica che mi distingue da quel nevrotico di mio cugino, e dopo mesi in cui ti dimentichi di dare una sistemata al tuo armadietto, pieno di fogli di appunti, quaderni finiti, libri dimenticati, diventa un po’ problematico.
“Perché diamine non ti chiudi?!” sibilo tra i denti cercando di spingere l’anta metallica.
E dopo un altro forte strattone, salta fuori e finisce a terra un piccolo oggetto che evidentemente era la ragione per cui lo sportello era bloccato.
Posso finalmente chiudere l’armadietto, e lo faccio appena prima che l’interno possa rovesciarsi fuori sul pavimento. Poi mi abbasso per vedere cosa è caduto.
“Eh?!”
Lo raccolgo. È un rossetto o un lucidalabbra che non ho mai visto e certamente non ho mai comprato.
Non è mio. Mi guardo intorno confusa. Come è possibile che sia finito qui?
Qualcuno ha sbagliato armadietto?
“Hey, qualcuno ha perso un rossetto?” provo a chiedere a voce alta alle persone intorno a me.
Un paio di ragazze a poca distanza da me mi guardano confuse e scuotono la testa.
“Ho trovato questo, ma non è mio.” dico confusa rigirandomelo tra le dita “Forse qualcuno l’ha infilato nel mio armadietto per sbaglio.”
Continuo a studiare quell’astuccetto nero e oro.
“Cosa dovrei fare secondo voi?”
Una ragazza mi si avvicina curiosa.
“È nuovo!” osserva “Guarda, ha ancora il sigillo di plastica. Non è ancora stato aperto.”
Annuisco. In effetti l’avevo notato anche io.
“E non è mica un rossetto qualsiasi questo! È uno Chanel!!” esclama la tipa a bocca aperta.
“Qualcuno avrà voluto farti un regalo!” ipotizza un’altra “Forse hai un ammiratore segreto!”
“Certo, come no!” ridacchio amaramente.
“Sì, tu sei la ragazza che picchia i bulli, no?” sorride la prima “Sei molto conosciuta a scuola. Avrai sicuramente schiere di ammiratori!”
“Io? Schiere di ammiratori?” ripeto sarcastica “No, non credo proprio! Sono più la tipa che si fa nemici piuttosto che ammiratori. E che riceve ricatti e minacce piuttosto che regali.”
Le altre ragazze mi guardano a disagio, io annuisco con aria drammatica.
“Oh sì.” confermo con voce drammatica “Fare quello che faccio io mi procura non pochi problemi. E anche a proposito di ammiratori, quei pochi che ho cambiano idea subito dopo avermi conosciuta meglio!”
Sogghigno. Impossibile non ripensare a ciò che mi è stato detto recentemente riguardo al presunto interesse che Shin Kamiya avrebbe avuto un tempo nei miei confronti. E non che ci sia rimasta male o altro. In realtà non mi è neanche mai interessato lui come ragazzo, però da un punto di vista strettamente di vanità personale un po' mi turba il fatto che sia stato quasi spaventato dal mio carattere.
Facendo questo tipo di considerazioni infilo il rossetto dentro la borsa. Non so ancora cosa farci, ma ci penserò più tardi. Mi rimetto la borsa in spalla e mi incammino verso l’uscita della sala armadietti. Raggiungo l’atrio principale e individuo Alisa e Xiaoyu che mi aspettano vicino al portone d’ingresso. Miharu oggi non sarà delle nostre per via dell’esame di recupero di fisica.
Le raggiungo e andiamo a sederci nel nostro solito posto sulla scalinata.
“Mi è appena successa una cosa molto strana.” esordisco accomodandomi sul gradino “Qualcuno deve aver per sbaglio infilato un rossetto dentro il mio armadietto!”
“Sul serio?” chiede Alisa stupita.
“Mmm.” annuisco.
“E lo porterai in bidelleria?”
Faccio una smorfia pensierosa.
“In realtà non so cosa fare, perché secondo delle ragazze con cui ho parlato nella sala degli stipetti potrebbe essere un regalo.” spiego tirando fuori il rossetto per farlo vedere anche a loro “Voi che ne pensate? A me sembra molto strano.”
Xiaoyu lo prende e lo osserva.
“È pure un rossetto costoso!” commenta stupita.
Annuisco.
“Già!” rispondo “Se qualcuno l’ha perso lo starà sicuramente cercando! Non so proprio che fare.”
“Magari è davvero un regalo!” ragiona Xiaoyu “Non hai trovato un bigliettino o qualcosa del genere?”
“In effetti no, ma c’è un tale casino dentro il mio armadietto che mi ci vorrebbe un bel po’ di tempo per controllare.” ammetto con un sorrisino imbarazzato, poi ragiono su una cosa “In effetti per quanto ne so questo rossetto potrebbe essere stato lì da chissà quanto tempo… da mesi magari! Me ne sono accorta solo perché prima è finito in mezzo alla cerniera e non riuscivo a chiudere lo sportellino.”
“Se pensi che qualcuno possa averlo perso, penso che dovresti portarlo in bidelleria.” Alisa ribadisce la sua opinione, la più corretta ed imparziale.
“Alisa, nessuno perde un rossetto Chanel appena comprato senza andare a cercarlo in giro!”
“Magari lo sta cercando e noi non possiamo saperlo!”
“No, non credo!” Xiaoyu mi guarda con un sorrisetto furbo “Secondo me qualcuno ha davvero voluto farti un regalo, Asuka. Io me lo terrei.”
Lo guardo con sospetto.
“Bah, anche se così fosse non lo userei mai. Sicuramente è avvelenato!” commento rassegnata.
“Cosa?!” fa Xiaoyu.
“Ma che dici, Asuka-san?!”
“Ma è sigillato! Come fa ad essere avvelenato?” ribatte Xiaoyu.
“Ma è molto più grave il fatto che pensi che qualcuno la voglia avvelenare!” ragiona Alisa “Perché pensi una cosa del genere?!”
“Lunga storia!” mi limito a dire con un borbottio.
Rimetto a posto il rossetto dentro la borsa e tolgo fuori il pranzo.
“Ma ho imparato col tempo che mi è molto più semplice risultare antipatica alla gente che simpatica.” riprendo “Per questo non lo userò finché non saprò da dove viene.”
“Esagerata!” commenta Xiaoyu.
“Asuka-san?” Alisa continua a guardarmi preoccupata “È tutto a posto?”
Annuisco e per affrettare il cambio di argomento, faccio la domanda del giorno.
“Allora Xiao, continui a non avere ancora nessuna notizia di Jin?”
Lei assume la sua solita faccia indifferente e inizia a mangiare il suo cibo.
“No.” risponde con tranquillità “Te l’ho già detto, non l’ho più visto dalla sera della festa di Kamiya. Non ho idea di dove sia. Perché me lo chiedi tutti i giorni, Asuka?”
Alzo un sopracciglio. Sarà pure una brava attrice, ma non abbastanza per fregare me.
“Perché sono convinta che a te quell’idiota avrebbe potuto dire dove diavolo si sta nascondendo!”
“E perché avrebbe dovuto dirlo a me?” continua lei “Nemmeno Julia sa dove sia finito!”
Perché avrebbe dovuto dirlo a te?! Vediamo… forse perché vi ho beccati ad accarezzarvi le mani mentre lui ti confessava una cosa così imbarazzante e personale come il fatto che in fondo in fondo mi vuole bene e che si preoccupa per me?! O forse perché ho visto come si è preoccupato di averti offesa e non solo ha riconosciuto la sua stronzaggine, ma ti ha persino chiesto scusa, dopo averti rinfacciato con la sua solita delicatezza da elefante di esserti fidata un po’ troppo precipitosamente di Heihachi!
Che cavolo, Xiao! Sarò pure poco attenta a notare questo genere di dinamiche normalmente, ma quando fenomeni così insoliti mi capitano sotto il naso persino io capisco che c’è sotto qualcosa!
“Asuka perché mi stai guardando così?!” mi chiede Xiaoyu stranita.
“Lascia perdere!” borbotto offesa girandomi dall’altra parte.
Capisco che vogliano mantenere segreta la loro speciale amicizia, ma avrebbero potuto dirlo almeno a me! Sono amica di Xiaoyu e ho condiviso già un sacco di segreti con Jin. Perché nessuno dei due mi vuole dire niente?! Mi sento tradita da entrambi i lati.
“Io comunque sto continuando a cercarlo.” borbotto riprendendo a mangiare “Ma l’idiota sembra aver smesso di frequentare tutti i posti dove andava di solito. Certo, non sono poi così tanti, dato che passava a casa e in palestra la maggior parte del suo tempo.”
“Abbiamo persino cercato al garage dove teneva la moto.” continua Alisa spiegandolo a Xiaoyu “Ma a quanto pare non la tiene più lì.”
“I messaggi li legge, ma risponde solo ogni tanto e a monosillabi.” proseguo “Senza mai dare indicazioni su cosa stia facendo o su dove stia dormendo.”
Xiaoyu annuisce e continua a mangiare.
“Beh, sono certa che prima o poi tornerà a farsi vedere.” dice Xiaoyu.
“Sei certa?” la interrogo alzando un sopracciglio.
“Beh… penso!” si corregge guardandomi sorpresa “Asuka, te l’ho detto! Non so niente, dicevo così per dire!”
“Mmm.” torno a mangiare anche io, guardandola con aria un po’ diffidente.
Guarda caso l’amichetta del cuore di Jin non sembra minimamente preoccupata! Ma fammi il piacere!
“Asuka!”
Xiaoyu mi richiama nel mondo reale.
“Sì?”
“Sei sporca di maionese… sulla guancia.” mi informa “E comunque mi spieghi perché continui a guardarmi in modo così strano oggi?”
Guardo da un’altra parte.
“Scusa, ero un po’ assorta. Pensavo… chissà che volto ha il mio ammiratore segreto!” mi pulisco la guancia e torno abilmente all’argomento di prima.
“Eh?” fa Alisa confusa “Ma se hai detto che non pensi di avere un ammiratore.”
“Asuka, senza offesa ma sei proprio strana stamattina!” borbotta Xiaoyu.
“Beh sì, ma è un pensiero intrigante, no?” continuo io con disinvoltura “Chissà chi è. Che aspetto ha.”
Xiaoyu guarda Alisa confusa.
“È caduta dal letto stamattina?”
Alisa ride, poi guarda davanti a sé con aria sognante.
“In effetti lo è però.” commenta sorridendo timidamente “Un pensiero intrigante, intendo.”
“Ecco, ho ragione no?” dico, lanciando un’occhiata obliqua a Xiaoyu, che continua a non essere troppo convinta.
“Sì.” ripete Alisa.
Sono convintissima che non ci sia nessun ammiratore segreto, ma facciamo finta di continuare a sognare ad occhi aperti.
“In realtà…” riprende Alisa con un soffio di voce dopo un po’ “C’è una cosa che mi chiedo da un po’.”
“Mmm?” chiedo io.
“Cosa si prova a baciare qualcuno?” chiede con un timido sorriso.
Xiaoyu manda giù il boccone e inizia a guardarla intenerita.
“Oh Alisa, quanto sei adorabile!” esclama come se si trovasse davanti ad un cucciolo di panda “Ti piace qualcuno?”
E a quella domanda io faccio un mezzo sorriso.
“Forse.” risponde Alisa arrossendo un po’.
Ecco un’altra che fa il possibile per tenere segreta la sua palesissima cotta per il figone svedese. Talmente palese che penso che persino Xiaoyu sappia su chi stia fantasticando Alisa.
Certo che comunque è una faticaccia conoscere i segreti di tutti e non mai poter dire niente!
“Dipende.” rispondo alla curiosità di Alisa “Non è sempre bello a prescindere come sembra nei film! Dipende da tante cose, come per esempio se ha le labbra screpolate o se ha mangiato pesante…” faccio una smorfia “Tipo, se ha mangiato cipolle non è proprio piacevole!”
Xiaoyu mi guarda stranita.
“Cavolo Asuka, così la fai sembrare una cosa disgustosa!” esclama “A chi stavi pensando?!”
“A nessuno che conosci.” borbotto abbassando lo sguardo.
Sì, beh… il mio bacio con Hwoarang non è stato il massimo. Anzi, diciamo che è stato proprio orribile. Oddio, non che fosse un bacio vero, mi serviva solo qualcosa per disorientarlo, ma di certo quel breve contatto mi è bastato per capire che non mi verrà mai voglia di provarci una seconda volta.
“Alisa, se hai qualcosa di speciale con quella persona è una sensazione magica.” le spiega Xiaoyu con gli occhi che le brillano “Le prime volte che baci qualcuno è come se ti sentissi trasportare in un altro luogo… ti senti la testa leggera, ti sembra quasi di volare.”
“Mio dio, ti prego!” esclamo scoppiando a ridere sonoramente.
Non so se sono più divertita o disgustata nel pensare che quasi sicuramente, dicendo queste assurdità sdolcinate, sta pensando a quel caso umano di mio cugino!
Non riesco davvero a smettere di ridere. Altro che volare! Ad ogni bacio di Jin sarebbe più plausibile che si apra una buca nel terreno che li faccia sprofondare insieme verso l’inferno.
“Asuka, ma che cavolo ti prende oggi?!” Xiaoyu mi guarda con le sopracciglia alzate, poi torna a cercare l’attenzione di Alisa “Alisa, non starla ad ascoltare!”
Io intanto mi calmo e mi asciugo le lacrime.
“Scusa scusa.” dico “È solo che io ho un approccio molto meno idealista e sentire parlare di volare mi ha fatto un po’ ridere.”
“Bah, certo che se vai a pensare a baci che sanno di cipolle!”
“Comunque, una cosa è certa. Sembri avere un bel po’ di esperienza in fatto di baci.” commento sogghignante.
Lei mi guarda con sospetto.
“Mi devo offendere?” chiede ironica.
“Ma no! È solo che sembravi parlare con così tanta emozione e mi chiedevo solo… quando è stata l’ultima volta che hai baciato qualcuno?” indago “Non ci hai parlato di ragazzi che hai baciato di recente.”
Riprende a mangiare con palpabile imbarazzo.
“Non lo so…” risponde vaga “L’anno scorso forse.”
Forse. Come no! E si aspetta pure che me la beva? Come se ci si potesse dimenticare di un bacio da fiaba come quello che ha appena descritto.
“E dimmi un po’ Xiao…” mi azzardo ad indagare ulteriormente “Fin dove ti sei spinta con un ragazzo?”
Mi guarda a bocca aperta e diventa rossa di colpo. Persino Alisa arrossisce un po’ di rimbalzo.
“Asuka, seriamente perché oggi sei così strana?!” chiede poi facendo finta di ridere, ma con una voce insolitamente acuta.
“Era solo una curiosità! Puoi anche non rispondere se vuoi.” mi stringo nelle spalle “Ma tra amiche non è mica strano parlare di queste cose!”
Le lancio un’occhiata un po’ risentita. Spero che colga il mio messaggio.
“Beh, ma se ne parla se si ha voglia di farlo!” risponde bofonchiando “E io non mi trovo molto a mio agio a parlare di certi argomenti.”
Sorrido innocentemente.
“Beh, non ti ho chiesto mica i dettagli!” rispondo “Dico solo che se io mi vedessi con qualcuno, a te lo racconterei.”
Torno seria e abbasso lo sguardo sul mio pranzo.
Avverto che Xiaoyu mi scruta pensierosa per un po’ e forse inizia a mettere insieme i pezzi del puzzle.
“Asuka…” inizia seria “C’è qualcosa di preciso che vuoi chiedermi?”
“Ragazze…” dice poi Alisa “Non vorrei interrompere la conversazione, ma c’è una che ci guarda tutto il tempo!”
Ci voltiamo per vedere di chi sta parlando e la vediamo lì, ai piedi delle scale che fissa me con la sua solita aria di sfida. Sposta lo sguardo non appena si accorge di essere stata notata.
“Oddio Lili!” brontolo.
“Mi ricordo di lei! È la stessa che ci guardava in treno quella volta!” ricorda Xiaoyu “E che poi ti ha dato una spallata scendendo sul binario.”
“Già… Lili.” ripeto con un soffio.
“Chi?!” chiede Alisa confusa.
“Una che ce l’ha con me per qualche ragione!” spiego velocemente “Mi odia e non capisco perché.”
“Però poverina.” commenta Xiaoyu “Lì da sola a mangiare con quell’aria triste!”
“Poverina?!” ripeto.
“Forse ci fissava perché vorrebbe essere invitata.” ipotizza Xiaoyu.
“No, ci fissava perché vuole sfidarmi! Te l’ho detto, è malata di competizione!”
Xiaoyu appoggia il bento sulla borsa, si pulisce la bocca con un fazzoletto e si alza.
“Hey, che diavolo vuoi fare?!” le lancio un’occhiataccia.
“L’altra volta in treno non hai voluto che la chiamassi.” mi ricorda “Adesso vado e la invito a sedersi con noi!”
“Non osare!” la guardo contrariata.
“Invece oso, Asuka!” mi risponde lei con aria furba “Perché mi dispiace per quella ragazza e perchè mi sono un po’ indispettita per le tue domande di prima!”
“Ma quanto sei permalosa!” mi lamento.
Xiaoyu si volta e inizia a scendere per le scale.
“Esagerata!” mi lamento con Alisa “Tutto perché le ho fatto due o tre domandine innocenti?!”
Alisa mi guarda non troppo convinta.
“Sì, ho capito. Sei d’accordo con lei.” bofonchio.
“Dico solo che io non le avrei chiesto certe cose, Asuka-san.” dice arrossendo di nuovo.
Xiaoyu si avvicina da Lili e le parla. Lili alza le spalle e risponde qualcosa. Si instaura una specie di conversazione, Xiaoyu dice le cose, Lili sembra rispondere a monosillabi ed evita di ricambiare il suo sguardo, come se fosse molto in imbarazzo. Poi ecco l’inequivocabile cenno di Xiaoyu per invitarla a raggiungerci. Lili si stringe ancora nelle spalle e non sembra essere interessata.
“Figurati se accetta!” borbotto riprendendo a mangiare.
E invece, con mia grande sorpresa Lili prende la sua borsa e iniziano a risalire insieme la scalinata.
“Oddio!” quasi mi va di traverso il pranzo.
Xiaoyu ci raggiunge e torna a sedersi al suo posto.
“Asuka, Lili ha da dirti qualcosa!” la introduce, mentre la spilungona bionda si ferma a qualche gradino di distanza da me.
Alzo un sopracciglio con diffidenza.
“Non ho intenzione di partecipare a gare stupide, risse o cose di questo genere.” metto in chiaro fin da subito.
“Sono qui per chiederti scusa!” dice invece lei tutto d’un fiato “Mi dispiace tantissimo!”
E rimango senza parole. Ci ragiono per qualche secondo, ho sentito bene?
Guardo anche Alisa e Xiaoyu, poi torno a concentrarmi su di lei.
“Scusa?”
“Inizialmente è partito come un gioco, volevo semplicemente misurarmi con te, ma poi… ho esagerato e non me ne sono resa conto subito.”
Trova il coraggio di guardarmi.
“Scusa, non sto capendo di che stai parlando.” dico con un sorriso incerto.
“Tu pensi che ti odio, ma… non è così.”
Sono sempre più confusa.
“Ti ho notata quando sono arrivata in questa scuola, ti ho visto un giorno come picchiavi dei bulletti fuori dall’aula di informatica.” spiega “Sono rimasta molto colpita. Il modo in cui sei riuscita a farti rispettare e come hai messo in riga quei ragazzi così più grossi di te. Ho fin da subito capito che… sarei voluta diventare come te, Asuka.”
“Che cosa?” mormoro stranita.
“Ascoltami bene, perché non lo ripeterò mai più a voce alta. Tu sei la mia ispirazione.” confessa con una palpabile tristezza negli occhi “E volevo solo conquistare il tuo rispetto.”
Guardo per un momento Alisa e Xiaoyu. Xiaoyu mi lancia uno strano sguardo.
“Volevi conquistare il mio rispetto?”
“Mi dispiace tanto!” continua “Come ho detto, ho iniziato questa stupida guerra con te un po’ per gioco.”
Abbozza un sorriso colpevole, poi abbassa lo sguardo e quasi le viene da piangere.
“Ma ho giocato sporco. Sono andata a scavare nel tuo passato… ho pagato un investigatore privato e beh, ho scoperto delle cose interessanti che non sapeva nessuno e… ho pensato di prenderti un po’ in giro.”
Alisa e Xiaoyu mi guardano confuse.
Io spalanco la bocca non credendo alle mie orecchie.
“Eri tu?!” balzo in piedi “Tutti quegli articoli di giornale, quei bigliettini… eri tu?!”
“Mi dispiace tantissimo!” ripete mortificata “Non mi ero resa conto di quanto ti stessi spaventando finché non mi hai inseguito con quel ragazzo sempre arrabbiato con cui vivi!” continua “Mi dispiace avervi attaccato con lo spray al peperoncino, ma eravate in due e sembravate così arrabbiati… quel ragazzo poi, aveva uno sguardo spaventoso! Ho avuto paura, ho dovuto difendermi!”
Mi porto una mano davanti alla bocca per la sorpresa.
Jin aveva detto di aver visto il viso di una donna, bionda e caucasica. Non era Nina Williams, che lavora per Heihachi, chiunque lei sia, era… Lili! Semplicemente Lili!
Torno a sedermi, cadendo quasi come un sacco di patate.
“Mi dispiace moltissimo, non volevo spaventarti così tanto.” continua sempre più sull’orlo delle lacrime “Volevo dirti tutto il giorno che ci siamo viste in bagno, con la scusa della sfida, ma poi tu te ne sei andata, dicendomi di farmi curare e… non sapevo proprio come fare a trovare il coraggio di parlarti di nuovo.”
“Eri tu…” sibilo portandomi una mano sulla fronte.
Non era Feng, non era quella brutta gente di Osaka. Era solo… Lili.
“Non sono mai stata brava ad approcciarmi alle persone.” continua triste “Il mio maggiordomo mi dice sempre che ho degli strani metodi per fare amicizia, ma… potrai mai perdonarmi?” chiede con aria disperata “Non ci dormo più la notte!”
La guardo disorientata. Poi chiudo gli occhi e tiro un lunghissimo sospiro di sollievo.
“Mi denuncerai adesso?”
Scuoto la testa.
“No.” la rassicuro ad alta voce “Credo che dopo il voto di inglese questa sia la notizia migliore della settimana! Vi rendete conto?! Non dovrò cambiare identità!”
“Asuka?” mormora Xiaoyu perplessa.
Anche Alisa sembra molto confusa.
“Non fraintendiamoci Lili, mi hai messo addosso una fifa incredibile! E se in questo momento non mi sentissi così felice probabilmente sarei molto, molto arrabbiata, e probabilmente mi verrebbe una gran voglia di tirarti i tuoi bei capelli biondi uno per uno. Ma in questo momento…”
Mi guardo intorno, ammirando la scuola, il giardino, gli alberi e gli studenti con la consapevolezza di non essere in pericolo, di non dovermene andare via.
“In questo momento mi sento come se potessi piangere di gioia da un momento all’altro!” dico con un sospiro.
“Quindi… mi perdoni?” mormora Lili confusa.
Ma io mi alzo in piedi e prima che possa aggiungere altro la abbraccio con forza. Lei si irrigidisce tra le mie braccia.
“Wow.” sento il commento di Xiaoyu.
“Non provare mai più a farmi uno scherzo del genere o te ne farò pentire sul serio, ma grazie, grazie, grazie per avermelo detto, Lili!” le dico quando ci stacchiamo.
Lei mi guarda sbigottita, un po’ rossa in volto. Annuisce appena.
Torno a sedermi e riprendo a mangiare sentendomi così leggera che adesso potrei veramente spiccare il volo!
Lili è ancora davanti a me, immobile come una statua.
“Spero… spero che il rossetto ti piaccia! È una tonalità che dovrebbe andare bene con il tuo sottotono.” dice abbozzando un sorrisetto, poi prima che possa rispondere qualcosa ci supera, e sale velocemente per le scale.
“Wow!” ripete Xiaoyu con più decisione.
“Abbiamo scoperto chi era il tuo ammiratore segreto, Asuka-san!” commenta Alisa con un sorriso.
“Incredibile vero?!” la guardo a bocca aperta.
Ma Xiaoyu non sembra così sorpresa come noi.
“Incredibile è il modo in cui ti guardava quella ragazza, Asuka!”
“Che intendi dire?” chiedo incerta.
“Intendo dire…” riflette a voce alta “Quella storia, tutto quello che ha fatto per ottenere la tua attenzione… il modo in cui si è irrigidita come l’hai abbracciata e come è scappata via, rossa come un pomodoro!”
Mi faccio seria.
“Xiao, dove vuoi arrivare?”
“Senti, è vero che io non ci prendo sempre con queste cose, ma… quella ragazza ha un’enorme ammirazione per te.” continua sottovoce.
“Lili?! Ammirazione?! Per me?!” ripeto ogni pezzo sempre più incredula.
“Beh Asuka-san, l’ha praticamente detto anche lei!” ragiona anche Alisa.
“Andiamo Asuka, ad un certo punto sembrava quasi una dichiarazione!” continua Xiaoyu.
“Cosa?! Ma sei seria?!”
Oddio, prima Kamiya e adesso pure Lili?! E io continuo a non capire mai niente?!
“Non lo so. Dico solo che chiaramente vuole esserti amica, dovresti andare a parlarle!” riprende Xiaoyu “Quella poveretta è arrivata ad aggredire te e Jin pur di farsi notare!”
“Ti ha regalato pure il rossetto.” osserva Alisa “E non l’hai ringraziata.”
“Certo, è scappata prima che potessi farlo.” bofonchio sempre più confusa “E quindi… dovrei cercarla e dirle che cosa?!”
“Innanzitutto dovresti invitarla a sedersi a pranzo con noi.” dice Xiaoyu “D’altronde poverina ha ammesso anche lei che sta provando a farsi degli amici.”
“Sì, ma intendo dire… riguardo a questa storia dell’ammirazione!”
“Quello dipende da te.” risponde Xiaoyu con un mezzo sorriso “E visto che oggi sei in vena di domande invadenti… fino a che punto ti spingeresti con una ragazza?”


“Lili!”
Finalmente riesco a trovarla alla fine della seconda ora pomeridiana, mentre legge un quaderno su una panchina nel cortile della palestra.
“Non ti ho ancora ringraziato per il rossetto.” esordisco “L’ho provato e mi piace molto. Grazie.”
Lei annuisce alzando di poco lo sguardo dal quaderno.
“Mi fa piacere.” risponde voltando pagina.
“Deve esserti costato un bel po’ di coraggio farmi quel discorso stamattina.” continuo “Insomma, per una orgogliosa come te!”
Mi lancia un’occhiata inquisitoria, ma non risponde.
“E insomma, sono stata sorpresa in un primo momento e pure tanto, intendo! Cerca di capirmi, per tutto questo tempo ero convinta che mi odiassi!”
“Posso capire perché l’hai pensato.” alza le spalle con aria indifferente.
“Comunque, è tutto il giorno che ripenso alle cose che mi hai detto e…” sospiro un po’ in difficoltà “Beh, insomma io ti sto simpatica.”
Lili mi guarda con aria interrogativa.
“Mi hai regalato un rossetto e mi hai fatto morire di paura per cercare di farti notare… insomma, non so come mettertela, ma c’è qualche altro motivo per cui ti hai cercato di attirare la mia attenzione così tanto?” Lili mi guarda sorpresa sbattendo le ciglia “E te lo chiedo semplicemente perché io non sono tanto brava a capire le persone in questo senso e vorrei capire se stai cercando di mandarmi qualche messaggio che non recepisco.”
Lili resta ferma per qualche secondo, poi sorride per un attimo, poi imposta un’aria molto snob e riprende a parlare una versione di lei un po’ più simile a quella che ricordo.
“Non so se ho capito bene a cosa tu stia alludendo Asuka, ma non credi di correre un po’ troppo?!” chiede con fare altezzoso.
“Eh?!” rispondo incredula.
“Ci siamo appena chiarite, ti ho regalato un rossetto ma dobbiamo provare a vedere se possiamo andare o meno d’accordo!” continua con quel suo atteggiamento “E poi insomma, si vedrà! Certe cose, se devono venire, verranno da sole, non credi?! Non sono mai stata una di quelle che si fanno troppi pensieri e aspettative sul futuro! Insomma Asuka, non mettermi ansia! La vita va vissuta così come viene!”
Resto in silenzio per qualche secondo, poi mi viene da ridere.
“Tu sei matta furiosa!” commento ridendo.
“Allora?” chiede poi mettendo da parte quella maschera per un momento e facendo un piccolo sorriso “Vogliamo essere amiche?”
Mi porge una mano. Sorrido a mia volta.
“D’accordo, diamo inizio a questa amicizia!” la stringo “Vieni a pranzo con me e le mie amiche domani?”





 



 

NOTE:
La scena del bacio tra Hwoarang e Asuka ventimila capitoli fa esiste solo esclusivamente in funzione di questa scena, volevo un esempio di bacio terribile da far descrivere ad Asuka in questo capitolo! XD Non ho mai shippato quei due, nel caso qualcuno se lo fosse domandato. 
Mi sono resa conto che questo è forse l’unico capitolo completamente al femminile dall’inizio della storia! Comunque, spero di non aver reso Lili troppo inquietante. XD Quando stavo scrivendo le scene dei “dispetti ad Asuka” un sacco di capitoli fa ero entrata in fissa con Pretty Little Liars e potrei essermi lasciata influenzare un po’ lol.
Questo è anche l'ultimo capitolo narrato da Asuka e adesso ne mancano solo altri tre per finire la storia! (O quattro se uno decido di spezzarlo.) Riaggiorno forse la settimana prossima.

 

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Capitolo 46
*** Flying With You (Lars) ***


 46
Flying With You
(Lars)
 

Il fracasso che arriva dall’ambiente soggiorno della suite imperiale si alza ancora, tanto da sovrastare la musica ambient delle mie cuffie. Aggrotto le sopracciglia e fermo la playlist dal mio computer portatile.
"Ragazze è alto!" provo a dire.
Sento solo altre risate e chiacchiere che non riesco a decifrare per via del volume alto della musica. Probabilmente non mi hanno neanche sentito.
Do uno sguardo all’orologio, è ormai pomeriggio e considerato che ho lavorato senza sosta tutta la mattina, forse posso concedermi una pausa e andare a vedere cosa c’è di tanto divertente dall’altra parte della parete.
Tolgo le cuffie e lascio la mia postazione lavoro 
“Ragazze?” chiedo scendendo gli scalini che dalla mia zona letto portano al salottino. 
Quello che mi si presenta davanti mi lascia un po’ di stucco. 
Asuka e Alisa entrambe agghindate con strani e coloratissimi capi d’abbigliamento si cimentano in una sorta di spettacolo, ballando e cantando assieme alla canzone, come se si esibissero in un concerto.
"Guarda Alisa, così!" le Asuka mostra una sorta di mossa di danza "Heeey Lars!"
“Siete… di nuovo andate a fare shopping stamattina?” chiedo confuso dal loro look.
Continuando a ballare, Asuka mi fa cenno con la mano di raggiungerle. Alisa si gira, mo nota e a quel punto viene a prendermi direttamente.
“No, ragazze! Grazie dell'invito, ma non ho intenzione di partecipare alla festa.” rispondo un po’ imbarazzato “Lo sapete che certe cose non fanno per me!”
"Che c'è? Non ti facevo così timido!" sogghigna Asuka continuando a muoversi a tempo di musica.
“Andiamo, è così divertente! E tu lavori così tanto, Lars!” sorride Alisa da dietro a degli enormi occhiali da sole colorati "Resta un po' con noi."
Mi trascina per mano in mezzo alla pista e inizia ad ondeggiare sempre tenendomi per mano. Resto imbambolato e sento che sto per arrossire. Cammuffo con un sorriso divertito e sposto lo sguardo da un'altra parte.
Asuka intanto mi afferra l’altra mano e a quel punto, approfittando della mia confusione, cercano di coinvolgermi simultaneamente a partecipare alla festa. Le guardo non poco a disagio. Capisco che loro la trovino un’idea divertente, ma mettermi a ballare così dal nulla, soprattutto se non ho bevuto nessun cocktail, non mi riesce tanto facile.
Mi faccia piacere però vedere come si stiano divertendo da matte tra suite super di lusso e carta di credito di Jun. Ha concesso loro di spendere fino a trentamila yen al giorno, si sente terribilmente in colpa per essere stata con molta probabilità la causa scatenante della vendetta di Heihachi. In realtà non sono sicuro che si renda conto che il suddetto disagio, di dover stare in hotel per un po’, si sta rivelando in realtà la migliore e più rilassante settimana da non so quanto tempo! Tranquillità assoluta, nessun litigio, nessuna follia, nessuna stranezza familiare in giro. Solo noi tre, quelli normali, gli estranei, ospiti capitati a casa Mishima quasi per caso e coinvolti nel vortice di assurdità della famiglia, finalmente con la possibilità di prendere una pausa, una ventata d’aria fresca. Godere di un po’ di vita normale.
“Andiamo Lars, lasciati andaaaaaare!” urla Asuka sopra la musica.
Iniziano a correre in tondo, forzandomi a muovermi con loro con in una sorta di girotondo.
Per poco non finisco contro una poltrona e mantengo l’equilibrio per un pelo. Mi lascio sfuggire una risata.
“Sta cedendo!” nota allora Alisa, regalandomi uno splendido sorriso.
Rimango incantato per qualche secondo. Impossibile tirarsi ancora indietro davanti a tanta dolcezza. Ed ecco che torna lo stato di confusione. Alisa sembra così divertita dall'idea di coinvolgermi nel loro gioco.
Ma sì! Che sarà mai lasciarsi un po' andare giusto il tempo di una canzone! 
Rido ancora e mi decido a partecipare attivamente al girotondo a suon di musica.
Aumentiamo la velocità, poi ancora di più, ancora di più, fino a che dietro alle ragazze non vedo solo un vortice di linee colorate senza forme, né senso.
Ci fermiamo solo alla fine della canzone, quando finalmente ci lasciamo le mani e ci fermiamo a riprendere fiato tra una risata e l’altra.
Poi con il volume della musica che sfuma, un colpo di tosse forzato mi mette in allerta. E ancora prima che abbia il tempo di girarmi e di individuare la posizione dell’intruso, scorgo con la coda dell’occhio l’espressione di sgomento di Asuka.
“ODDIO!!” sobbalza guardando dietro di me.
Mi volto e mi irrigidisco.
“Mi dispiace davvero interrompere il vostro divertimento, ma iniziavo a sentirmi a disagio.” dice Jin con aria di sufficienza, senza neanche guardarci, mentre legge le etichette delle bottiglie al tavolo degli alcolici.
“Come sei entrato?!” chiedo sentendomi inondare di imbarazzo.

Lui alza appena lo sguardo, rivolgendomi la sua solita aria di superiorità. Sono certo che non ce lo farà dimenticare MAI.
“Secondo te?”
Asuka, che ha appena spento lo stereo, si toglie gli occhiali da sole.
“Avevo lasciato detto in reception che avrebbero dovuto far salire uno che si sarebbe presentato con il suo nome.” spiega velocemente “Ma non mi aspettavo che sarebbe venuto.” poi si rivolge a lui offesa “Sarebbe carino se rispondessi ai messaggi un po’ più spesso!”
Noto un minuscolo sorriso divertito da parte di Jin. Penso sia lieto di non averlo fatto, così da essersi potuto godere questo ridicolo spettacolo.
“È un piacere vederti comunque, Jin-san!” dice Alisa educamente “Ti trovo bene.”
Lui torna inespressivo e risponde con un’occhiata rapida. 
“Mmm” mormora, poi sceglie una bevanda e se ne versa un assaggio in un bicchiere. 
“Hai trovato un posto dove stare?” chiede subito Asuka.
Una delle nostre maggiori apprensioni in questa settimana è stata proprio quella riguardo al fatto che non eravamo ancora riusciti a capire che fine avesse fatto. Il ragazzo è riuscito a sparire nel nulla. 
All’inizio abbiamo ipotizzato che potesse essere andato a rifugiarsi a casa di qualche amico, per risparmiare in attesa di trovare un lavoro e un appartamento, che non sono per niente economici da queste parti.
“Allora Jin ha in totale due amiche in città. Una è Julia, l’altra è Xiaoyu.” aveva considerato Asuka a inizio settimana “Julia non può averlo ospitato. Uno perché vive con Michelle, che è la migliore amica di Jun, due perché ci ho parlato stamattina ed è molto preoccupata anche lei e soprattutto sconcertata per il fatto che stia mancando dalle lezioni! Riguardo a Xiaoyu…” a quel punto Asuka aveva cambiato espressione “Non me la racconta giusta e sono certa che sappia qualcosa, ma non credo Jin si stia nascondendo nemmeno da lei. Mi sono presentata a sorpresa a casa sua un paio di volte la scorsa settimana e ho anche cercato di indagare un po’. Non ci sono spazzolini sospetti o altre cose fuori posto che mi facciano pensare che qualcuno stia vivendo lì oltre a lei e a Panda.”
Quindi siamo arrivati alla conclusione che quasi sicuramente Jin non è ospite a casa di queste due persone. Potrebbe quindi essere già riuscito a racimolare una somma per pagare la caparra di un alloggio oppure è ospite da qualcuno che non stiamo considerando.
“Sì.” risponde pacato, andandosi ad accomodare.
“Ricorda che potresti sempre venire a stare qui con noi!” lo invita casualmente Asuka.
Mi irrigidisco. È ovvio che vorrei che Jin venisse a stare da noi, se ne avesse davvero bisogno, ma allo stesso tempo non posso fare a meno di pensare che l’atmosfera qui si farebbe decisamente meno più tesa se lui dovesse raggiungerci. 
“No.” risponde lui in automatico, prima di assaggiare il suo drink.
Dentro di me tiro un minuscolo sospiro di sollievo.
In effetti sembra stare bene e almeno per quanto riguarda l’aspetto esteriore è esattamente come al solito. Pulito, curato, perfettamente in ordine, dà l’idea di essere sano e di avere abbastanza da mangiare.
“Hai trovato un lavoro?” continua ad indagare Asuka sedendosi davanti a lui.
“Sì.” risponde lui concentrandosi sul suo bicchiere.
“E di cosa si tratta?” sollecita la cugina.
A quel punto Jin le lancia un’occhiata penetrante.
“Tu cosa mi ci vedresti a fare Asuka?” chiede con un sussurro inquietante.
La cugina rimane impietrita, guarda prima Alisa, poi me.
“Non so, il commesso da Lawson?” si stringe nelle spalle.
Jin finge una mezza risata e risponde con un ghigno inquietante. Asuka lo guarda confusa.
“Che c’è ? Stai facendo lo scemo o mi devo preoccupare? Perché me lo dici in quel modo?”
Sono certo che come al solito si sta semplicemente prendendo gioco degli altri facendo leva sulla sua aura misteriosa.
Jin abbandona il bicchiere sul tavolino.
“Immagino comunque mi abbiate chiamato per parlare di cose più interessanti di cosa faccio o non faccio.” cambia discorso.
Pragmatico come sempre.
“In effetti sì. Abbiamo delle novità.” lo informo. 
Mi sposto un attimo per recuperare la cartellina di carta sulla scrivania. Asuka coglie l’occasione per continuare ad interrogare il cugino.
“Allora mi dici che lavoro stai facendo?” 
“Non posso rivelartelo Asuka, ti metterei nei guai.” continua serissimo.
Segue una pausa silenziosa.
“Dai, dimmi la verità idiota deficiente!”
Torno dagli altri con la cartella, mi siedo e inizio a sfogliare i documenti.
“Avete trovato la dottoressa Kliesen?” mi chiede Jin lasciando perdere Asuka.
“Sì.” rispondo “Deceduta. O almeno, ufficialmente lo è. Il dottor Bosconovitch ha suggerito che potrebbe aver cambiato nome, ma per il momento non abbiamo nessuna traccia da seguire. A parte…”
“Ed è stato un po’ un colpo per tutti noi scoprirlo.” anticipa Alisa con aria preoccupata.
“Abbiamo trovato uno dei bambini.” rivelo a Jin “In realtà non noi, ma la G-Corp, nello specifico… Anna Williams. Ha notato delle particolari corrispondenze con una persona che per puro caso ha un legame personale con lei, dato che si tratta di…”
Tiro fuori la fotografia dalla cartellina e la mostro direttamente a Jin.
“Fox? Steve Fox?” aggrotta le sopracciglia, poi abbassa la fotografia e mi guarda ancora più stranito “Steve Fox è uno dei soggetti dell’esperimento?!”
Annuisco.
“Chiamiamolo pure uno scherzo del destino. Il nipote del braccio destro di Kazuya è nato nei laboratori di Heihachi.” spiego “La sorella di Anna, Nina Williams, dotata già di suo di capacità fisiche eccellenti era stata individuata come genitrice ideale per il progetto.” 
Jin ascolta con interesse.
“Anna ha scoperto solo diversi anni dopo che sua sorella avesse venduto degli ovuli e che tecnicamente avesse avuto un figlio, ma quello che ancora non sapeva era che… beh, era proprio parte di questo progetto.” riprendo.
“E che ha detto Anna?” chiede.
“Non appena l’ha scoperto, ha chiesto di essere estromessa dalla questione. Non vuole essere lei a dover coinvolgere direttamente suo nipote. È comprensibile, teme di poter compromettere la loro relazione, ma… Fox è chiaramente l’unica possibilità che abbiamo per il momento per contattare la dottoressa Kliesen e quindi per poter arrivare ad un possibile testimone.”
Tiro fuori un altro documento.
“Dopo la chiusura del laboratorio, Fox ha vissuto per qualche anno in Germania.” mostro a Jin i risultati delle ricerche “Prima di essere adottato da una famiglia britannica.”
“Pensiamo che la dottoressa Kliesen l’abbia portato in Europa. Come pensiamo che la sua forte amicizia con una persona che di cognome fa Kliesen non debba essere un caso!” conclude Alisa.
Annuisco.
“In pratica vorremo provare a parlargli.” riassumo.
Jin ci guarda incerto per qualche secondo.
“E non l’avete ancora fatto perché… ?”
Tutti lo guardiamo in silenzio per qualche secondo.
“Jin, tu sei quello che lo conosce meglio di tutti noi.” taglia corto Asuka.
Lui alza le sopracciglia, poi gli viene quasi da ridere. 
“Aspetta… volete che glielo dica io?!” chiede “Siete seri?!”
“Siamo arrivati alla conclusione che sei la persona migliore per questo compito, Jin-san.” gli comunica Alisa.
“Io la persona migliore per parlare di una cosa delicata come questa?!” ripete lui iniziando ad innervosirsi “Sentite, quando vi ho visto saltellare allegramente come gnomi in festa ho intuito che un po’ di quella roba vi fosse finita per sbaglio dentro la colazione…” indica il tavolo degli alcolici “Ma da qui a credere che io sia la persona migliore per questo compito… insomma, forse è il caso di andarci piano con l’alcool, non credete?”
“Tu sei la persona meno estranea per lui, tra tutti noi.” inizia ad elencare Alisa analiticamente “Come lui hai anche tu un risentimento personale molto forte nei confronti del responsabile di questa faccenda, e infine…”
“Non te ne frega un accidente di fare buona impressione sugli altri, quindi anche se dovesse risentirsi con te non ci perderesti niente!” conclude Asuka schietta.
“Questo non è vero!” ribatte Jin “Mi piace Fox, non voglio offenderlo! E vi ricordo che è molto vicino ad una persona a cui tengo molto.”
Poi ci guarda con sospetto.
“O dubitate anche che possa importarmi della mia amicizia con Julia?” continua “Insomma, pensate davvero che sia un pezzo di ghiaccio e che non me ne freghi assolutamente niente delle altre persone?! Guardate che non sono Kazuya!”
“Ti sei forse degnato di farci sapere come stavi e che fine avevi fatto?!” lo sfida Asuka.
Segue un silenzio scomodo.
“Non c’entra niente questo!” risponde calmo.
“È proprio questo il punto invece invece!” gli rinfaccia Asuka.
“E quindi, fatemi capire, vorreste che mi presentassi da Fox per dirgli tipo: Hey lo sai, ho scoperto che sei nato in un laboratorio segreto finanziato da quello squilibrato di mio nonno, dove ti hanno manomesso un po’ i geni per tentare di creare una razza di superindividui, sbattendosene delle norme etiche e di tutti i possibili rischi per la salute fisica e mentale delle cavie. Ti andrebbe di vendicarti?”
Sospiro.
“Jin, non è facile, lo capisco. Ma se sei tu a presentargli il problema c’è una maggiore possibilità che possa decidere di fidarsi.” spiego ancora.
“Non mi conosce così bene!”
“Lui no, ma si fida di Julia.” gli faccio notare “E sa che lei ti conosce da sempre. Ai suoi occhi sei probabilmente una persona più affidabile di un perfetto sconosciuto come potrei essere io.”
Jin lascia cadere la testa all’indietro contro lo schienale della poltrona.
“Dunque vado da lui, gli spiego velocemente la cosa per far sì che si fidi di noi e poi… ?” riassume poco convinto.
Sospiro.
“E poi… dobbiamo sperare che possa darci una mano.”
Sperare.” sottolinea critico “È tutto quello che abbiamo? Una speranza?”
“Per ora purtroppo sì.” risponde Alisa “Ma è pur sempre un passo in avanti.” 
Jin non sembra particolarmente convinto.
“Proprio un bel modo di passare l’unico giorno libero della settimana.” commenta poi tagliente “Andare a rovinare quello di qualcun altro, perché chi era di dovere non è stato in grado di trovare un piano migliore.” finisce lanciandomi un’occhiata accusatoria.
Me lo aspettavo che non sarebbe stato semplice convincerlo, era comprensibile.
“Jin, non iniziare con le tue cattiverie!” lo ammonisce seria Asuka.
“Lars ha fatto il possibile!” lo affronta anche Alisa “Abbiamo solo iniziato la ricerca con vent’anni di ritardo! Non è colpa sua se nel mentre le prove sono state affossate!”
“Ragazze…” le fermo con assoluta tranquillità “Non ne vale la pena.” 
Jin alza un sopracciglio, poi sogghigna malignamente.
“Pare che sia in netta minoranza qua dentro. Vedo che la permanenza qui vi ha unito più che mai!” commenta acido.
“Per tua informazione si sta benissimo qui e ci stiamo divertendo un mondo insieme!” replica Asuka.
“Oh posso solo immaginare!” continua lui con un sorriso cattivo “Tra girotondi e battaglie di cuscini… è chiaro che tra tutte queste attività divertenti non resti molto tempo per fare le giuste ricerche!” continua andando a posare lo sguardo su di me.
“Oh per l’amor del cielo Jin, sei insopportabile!” si innervosisce ancora di più Asuka “Smetti di bullizzare Lars!”
“Asuka non ho bisogno che tu mi difenda!” intervengo infastidito, sentendomi un po’ ferito nell’orgoglio “Le sue accuse non mi toccano!”
“Il modo in cui passiamo il tempo qui dentro non ha niente a che vedere con quello che facciamo o non facciamo per il piano!” riprende Asuka.
“A me sembra che neanche ci sia un vero piano!”
“Ma sta’ zitto! Casa ne sai tu che te ne sei direttamente lavato le mani da quando te ne sei andato di casa?!”
“Ragazzi…” cerco di fare da paciere.
“Certo, perché se permetti era lui il professionista!” risponde Jin indicandomi “Non era di certo compito mio fare il suo lavoro!”
“Si può sapere che diavolo di problema hai tu?!” sbotta Asuka veramente arrabbiata “Perché devi sempre sputare cattiveria sugli altri in questo modo?! So che non sei veramente il pezzo di ghiaccio insensibile che fai finta di essere, allora mi chiedo… perché lo fai?! Forse per invidia?!”
Alzo gli occhi al soffitto.
“Asuka, non è il caso.” cerco di fermarla un’altra volta.
“Invidia di che?!” risponde Jin intanto, con aria fintamente divertita “Di non essere stato invitato a giocare al girotondo con voi?”
“Invidioso di come passiamo il nostro tempo insieme, divertendoci!” lo guarda colma di rabbia “Al contrario di te, che non riesci ad aprirti con le persone! Passi il tuo tempo a sentirti una spanna al di sopra tutti gli altri e a far di tutto per sembrare un essere senza sentimenti e indifferente a tutto il resto del mondo!”
Seguono un paio di secondi di silenzio durante il quale io e Alisa ci scambiamo uno dei nostri soliti sguardi di imbarazzo. 
Jin sostiene lo sguardo di Asuka serio, poi fa un ghigno vagamente divertito, come quelle accuse gli fossero letteralmente rimbalzate addosso. O forse non del tutto.
“È semplicemente imbarazzante che tu sia convinta che possa essere invidioso di voi.”
“Adesso basta!” alzo la voce per mettere fine definitivamente a quella disputa “Ne ho abbastanza di questi stupidi battibecchi!” guardo Asuka “Non ne vale la pena.”

Poi mi volto da Jin.
“A te la scelta Jin, o ci aiuti o sei fuori! E se decidi di starne fuori, hai la mia parola che nessuno ruberà più un secondo del tuo tempo con questa storia!”
Mi guarda con sufficienza per qualche secondo, pesando la situazione, poi sospira.
“Non voglio precludermi la possibilità di partecipare alla rovina di Heihachi. E penso anche Fox debba avere la possibilità di potergliela far pagare.” dice “Sono dentro.”


“Come se la caverà?” chiede Alisa sbirciando oltre l’angolo dell’edificio.
“Eh immaginati come può cavarsela quel disastro umano! Oggi poi è particolarmente odioso!” risponde Asuka nascosta dietro un vaso con un cactus contro la ringhiera del corridoio esterno che conduce agli appartamenti di quel piano “Sarà delicato come un carro armato, speriamo solo che Fox abbia abbastanza voglia di riscatto da poter decidere di sorvolare sui suoi modi.”
“Asuka, fa attenzione.” bisbiglio “Parla più piano.”
Una decina di appartamenti più avanti Jin sta salutando, con evidente imbarazzo, uno Steve Fox che è piuttosto sorpreso di esserselo ritrovato davanti a casa.
Alisa rimane in silenzio per qualche secondo, poi avvicina l’orecchio a bordo del muro.
“Fox gli ha chiesto se l’ha mandato sua zia.” dice sottovoce “Ora gli chiede come mai non sta più andando a scuola. Julia è molto preoccupata per le lezioni che sta perdendo.”
“Riesci a sentirli?! Come fai a sentirli?!” chiede Asuka perplessa. 
Guarda più volte i due ragazzi che parlano, poi Alisa.
“Perché hai l’udito da pipistrello Alisa?” si domanda poi perplessa.
Mi sporgo un po’ anche io, oltre Alisa.
Jin alza la testa e sembra vagamente in difficoltà. Probabilmente la domanda riguardo allo studio deve averlo messo un po’ in crisi.
A quel punto noto lo spettro di un’idea folle brillare negli occhi di Asuka. Spinge leggermente il vaso con il cactus davanti a lei e avanza piano piano con dei passetti da formica.
Sgrano gli occhi.
“Asuka! Che hai intenzione di fare?!” la richiamo sottovoce.
“Voglio sentire anche io!” risponde lei semplicemente.
Tira fuori la lingua per la concentrazione e lentamente spinge il vaso di qualche millimetro ancora.
“Asuka-san, no! Ti vedrà!” l’avverte anche Alisa.
“State tranquilli, non può vedermi se rimane dov’è, sull’uscio di casa!”
Mi porto una mano davanti alla fronte. La scena era già abbastanza strana e ridicola con tre tizi nascosti che cercano di sbirciare una conversazione poco più avanti, senza il bisogno di mettersi ad avanzare dietro un cactus come in un cartone animato per bambini.
“Jin sta spiegando che si è allontanato dalla sua famiglia perché è problematica.” riprende ora Alisa “E si sta concentrando su Heihachi-san. Penso ricollegarsi al suo problema da lì.”
“Sì, ma perché non gli chiede di farlo entrare in casa?!” dice Asuka “Vuole parlare di una cosa del genere sulla porta di ingresso?!”
Vedo un’espressione poco convinta sul volto di Asuka e poi riafferra il vaso e lo striscia in avanti un altro po’.
“Asuka…” sussurro, ma so già che non mi ascolterà.
“Aspetta…” dice lei convinta.
Ed ecco che un dislivello sul pavimento però le fa perdere l’equilibrio. Mette una mano in avanti per proteggersi il viso che sta per finire sul cactus e…
“AAAAH!” esclama di dolore come la mano va a schiacciarsi sulla pianta.
Poi cade all’indietro sul sedere. 
Io e Alisa ci spiaccicchiamo contro la parete, oltre l’angolo, ma siamo certi di essere stati visti.
“Che succede?!” chiede Steve Fox a gran voce “Chi era quella gente? Kazama, ma non è tua cugina quella?”
“... purtroppo sì.” risponde Jin con un soffio sofferto.


“Ti ringrazio ancora!” mormora Asuka dolorante e imbarazzata, mentre Leo Kliesen stringe la fasciatura.
“Kliesen è il nostro infermiere personale qui!” sorride Fox portando da bere per tutti.
Appoggia il vassoio con i bicchieri sul tavolino da soggiorno. 
“È una fortuna averlo come coinquilino! Anche se ha deciso che preferisce le rocce ai punti di sutura.” aggiunge.
“Che ci posso fare?” scherza Leo in risposta “Trovo le loro venature più interessanti di quelle degli esseri umani!”
“Scusate ancora per il disturbo!” ripete Jin per l’ennesima volta. 
È incredibilmente imbarazzato.
“Concordo…” mi unisco anche io “Avevamo immaginato una scena un po’ diversa…”
“Già! Senza urla, lacrimoni e spine di cactus conficcate nel palmo di una mano.” rinfaccia Jin alla cugina.
“Scusate…” mugugna lei mortificata.
Alisa le posa una mano sulla spalla e le rivolge uno sguardo rassicurante.
“No, tranquilli!” esclama Fox ridacchiando “La vita è così noiosa in questo quartiere, in un certo senso è stata una variazione interessante!” 
Poi si siede sul bracciolo del divano e incrocia le braccia al petto.
“A questo punto sono curiosissimo di sentire di che cosa volevate parlarci!” esclama ancora divertito.
Jin mi guarda allarmato.
“A questo punto che il ghiaccio è stato rotto, ritengo possa parlarne direttamente io.” mi prendo le responsabilità.
Jin solleva un sopracciglio in segno di approvazione.
“Ma non sarà semplice parlare di questo argomento.” lo avverto “È qualcosa di molto delicato e personale. Ovviamente non continuerò a parlare se vorrete fermarmi, a quel punto ce ne andremo e non vi disturberemo più.”

Inizio dal principio, cercando di parlare più delicatamente possibile. Parlo della mia organizzazione, dalle prime ricerche, arrivando poi al recupero delle prime prove degli studi genetici della zaibatsu e le conseguenti prime ripercussioni legali.
“Ricordo di averlo visto al notiziario.” risponde serio Fox.
Ogni ombra di sorriso ormai è sparita dal suo volto. Leo lo tiene d’occhio di tanto in tanto con un velo di preoccupazione.
Annuisco.
“Ma… ci sono ancora delle persone responsabili che ancora non hanno pagato per i crimini commessi.”
“Giusto.” annuisce Fox.
“Steve, tutto ok?” bisbiglia Leo al suo fianco. 
Lui risponde con un rapido cenno del capo.
Mi schiarisco la voce.
“E poi le ricerche ci hanno portato a te. Sappiamo del tuo passato.” continuo a bassa voce “E di come la dottoressa Kliesen ti abbia aiutato e ha cercato di farti vivere una vita normale.”
Leo si irrigidisce e guarda ancora l’amico.
“Steve, se è troppo per te…” mormora Asuka preoccupata.
“No.” risponde Fox con decisione, poi mostra un piccolo sorriso “Non c’è bisogno di nascondersi. Sono nato in uno di quei laboratori, è vero. E per questo non ho avuto un’infanzia proprio normale.” 
Pausa di silenzio generale.
“In realtà non è che ci trattassero male o altro. Funzionava come un normale orfanotrofio in un certo senso, se non per tutta una serie di test e prove al quale eravamo quotidianamente sottoposti.” ricorda “All’epoca non è che capissimo esattamente che cosa fossero, ma poi… improvvisamente l’istituto venne chiuso. I ricercatori stavano notando che i cosiddetti superpoteri cognitivi diminuivano drasticamente con la crescita fino ad esaurirsi completamente con l'inizio della pubertà. Quindi in pratica abbiamo imparato a leggere un po’ prima degli altri, ma per il resto non c’è alcuna differenza.” fa ancora una pausa “Il progetto si è rivelato totalmente inutile e troppo rischioso da mantenere, e così è stato chiuso definitivamente.” 
“Il nostro obiettivo adesso è quello di riportare alla luce tutto ciò che è stato nascosto finora.” riprendo serio io.  

“Ma cosa vi aspettate da me?” chiede Steve un po’ confuso “Tutta questa storia si è già saputa qualche tempo fa.”
“È vero.” confermo “Ma non tutti i responsabili hanno pagato, qualcuno l’ha fatta franca. E vorremo che si facesse maggiore chiarezza su questo.”
“E quindi…?” Steve mi guarda ancora incerto.
Guardo prima lui, poi Leo. Poi sposto lo sguardo in un punto neutro.
“Un nostro informatore ci aveva indicato il nome della dottoressa Kliesen come un possibile importante testimone.”
Leo mi guarda vigile.
“Mia madre è morta. Tanti anni fa.” ci informa freddo.
“Lo sappiamo e ce ne dispiace molto, ma…” sfilo dalla tasca una busta da lettera “Questa è la lettera di un ex-collega della dottoressa Kliesen, il dottor Bosconovitch. L’avrebbe data a lei. Potete leggerla e decidere se c’è qualcosa che potreste fare per aiutarci.”
Leo continua ad osservarmi attentamente.
“Possiamo anche leggere la lettera, ma dubito fortemente che potremmo fare qualcosa per voi.” dice.
Alisa si alza in piedi improvvisamente.
“Il dottor Bosconovitch è mio padre.” dice a Steve “E anche io sono nata in circostanze simili.”
Lui aggrotta le sopracciglia un po’ confuso.
“Non ho mai vissuto nell’orfanotrofio, ma sono cresciuta in una base in Antartide. La mia è una storia un po’ diversa dalla tua, ma… in un certo senso penso che abbiamo molte cose in comune.” continua abbassando lo sguardo, poi torna a guardare entrambi i ragazzi “Vi chiediamo soltanto di leggere, senza alcun impegno e senza alcuna pressione.”
I due si lanciano uno sguardo silente, poi Steve allunga la mano per prendere la lettera.
“Noi continueremo con le nostre ricerche. Ci vorrà del tempo, ma probabilmente prima o poi arriveremo ad altre tracce.” riprendo anche io “E prima o poi riusciremo a portare alla luce questa faccenda per intero.”
Steve Fox riflette in silenzio, poi alza la testa.
“Leggeremo la lettera.” asserisce serio.
“Steve?” lo guarda Leo con incertezza.
“E se ci verrà in mente qualcosa di utile, vi contatteremo.”

 


“Cosa pensi che faranno?” mi chiede Alisa mentre guardiamo l’appartamento dalla strada.
“Lasciamogli un po’ di tempo per riflettere e digerire la cosa.” dico “Ma penso che alla fine proveranno ad aiutarci in qualche modo.”
“Lo penso anche io.” dice Asuka convinta “Insomma se mi avessero costretto a passare l’infanzia come una cavia da laboratorio, vivrei soltanto per la voglia di riempire di pugni i responsabili!”
“Certo che Fox ha un carattere d’acciaio.” commenta Jin “Nonostante il suo passato riesce ad essere una persona equilibratissima.”
“Mmm.” Asuka annuisce con una strana espressione guardando il cugino, ma almeno ha la decenza di non aggiungere niente.
“Direi che la missione è andata a buon fine.” considera poi Alisa “Noi abbiamo fatto la nostra parte.”
“Nonostante le premesse orribili, devo ammettere anche io che alla fine non è andata poi così male.” concorda anche Jin “E non so davvero come sia possibile. Quando ho visto Asuka cadere sul cactus ho avuto voglia di andarmene all’istante.”
“Ma sta’ zitto.” borbotta la cugina ancora imbarazzata.
Jin la guarda con sufficienza, poi guarda l’orario.
“Comunque, se abbiamo finito io me ne andrei.” dice poi.
“Te ne vai? Di già?” chiede Asuka.
“Quel che dovevamo fare l’abbiamo fatto, mi pare.” osserva lui.
“Seriamente?!” spalanca la bocca offesa “Continui a non volerci parlare di te e di come te la stai cavando?!” 
Asuka guarda anche noi, per cercare collaborazione.
“Te l’ho detto, sto bene e non ho niente da raccontare.”
“Asuka, è chiaro che non abbia voglia di chiacchierare.” mi intrometto anche io.
Tutti noi siamo curiosi di sapere che cosa si sia inventato per sopravvivere e dove sta dormendo, ma è anche vero che ha espresso bene le sue intenzioni. Ha voglia di andarsene e più lo innervosiamo, più c’è la possibilità che si rimetta a sputare cattiverie.
Asuka però sembra non avere proprio voglia di arrendersi.
“Ma hai pure detto che è il tuo giorno libero, qualsiasi cosa tu faccia!” 
“Ho già dei programmi.”
“Sarebbero, devi vedere qualcuno?” indaga la cugina alzando un sopracciglio.
“Asuka, è meglio lasciarlo andare…” ci riprovo.
“No. Ma ho intenzione di giocare ai videogiochi tutta la sera e rilassarmi.” risponde Jin.
Si sta innervosendo. È una bomba pronta ad esplodere.
“Asuka, lascialo in pace.” provo a dire ancora, ma lei è già partita con la risata.
“Sul serio? Sembra una cosa un po’ triste!” esclama Asuka con una smorfia “Perché non ci dici davvero cosa devi fare?!”
Jin la guarda serio, poi guarda me, poi Alisa e infine torna dalla cugina con un ghigno stampato in faccia.
“Sempre meno triste che stare tutto il giorno a fare il terzo incomodo!”
Ed ecco la bomba. Mi sento gelare. Guardo Jin contrariato, lui ricambia lo sguardo con il solito sorrisetto da schiaffi.
Questa frase riesce a zittire finalmente Asuka, che indietreggia, arrendendosi, e lo lascia andare.
“Statemi bene!” saluta Jin inforcando facendo per tornare alla sua moto.
È riuscito a liberarsi di Asuka lasciandoci in una tremenda, scomodissima situazione. 
Sospiro nervoso.
“Ecco perché non era il caso di stare a insistere troppo!” esclamo “Sai che diventa odioso quando viene stuzzicato!”
Stavamo così bene stamattina, possibile che questo ragazzo sia in grado di seminare malumore a piacimento ovunque passi?
“Asuka, comunque non stare a sentirlo!” cerco di recuperare la situazione, nonostante il forte imbarazzo “Non ho idea di che cosa volesse lasciar intendere, ma…”
Ma Asuka si mette a ridere. 
“Certo, come no Lars!” rotea gli occhi.
“Che… cosa?” balbetto imbarazzato.
Almeno non si è offesa.
“Jin è un vero stronzo, ma non ha tutti i torti.” dice facendomi un occhiolino.
“Asuka, non dire idiozie!”
“A parte gli scherzi, Lars... mi è venuta una gran voglia di uscire per conto mio stasera!” continua convinta.
“Asuka-san…” mormora Alisa preoccupata.
“Oh Alisa! Non guardarmi così!” sorride divertita “Ricordati cosa ha detto Xiao riguardo al volare, non sarebbe interessante scoprire se ha ragione?!”
E muove gli occhi come se le stesse comunicando qualcosa tra le righe.
Guardo Alisa confuso. Lei sembra avere una strana reazione. Ma di che diavolo stanno parlando?!
“Cosa? Volare? Hai… hai intenzione di andare dalla vostra amica Xiaoyu?” chiedo allora ad Asuka, assicurandomi di capire dove voglia andare.
Lei ridacchia e scuote la testa.
“No, qualcosa mi dice che anche lei potrebbe già aver programmi stasera!” risponde facendo uno strano sorriso “Chiederò a Lili di accompagnarmi a fare un po' shopping. Ne sa un sacco di moda e io ancora diecimila yen da spendere oggi!”
“Asuka, ma sei sicura?” ripeto.
“Certo che sì!” risponde convinta “Lili sarà anche completamente pazza, ma a suo modo è divertente!”
“Ma…”
“Ci vediamo più tardi!” risponde lei con un sorriso, mentre già inizia ad allontanarsi.
Se ne va, lasciando me e Alisa in un’altra imbarazzante situazione.
“Non ho capito niente di quello a cui stava alludendo, ma…” mi blocco voltandomi verso Alisa e notando il suo sguardo “Alisa, che succede?”
“Lars, mi chiedevo… che farai quando la missione sarà conclusa?”
Rimango sorpreso da questa domanda, proprio in questo momento.
“Come?”
“Intendo dire, se la dottoressa Kliesen ci fornirà la sua testimonianza…” guarda verso la finestra dell’appartamento di Leo e Steve “Il tuo lavoro qui è quasi finito ormai.”
Sospiro nervoso.
“Non ci ho pensato molto in realtà.” rispondo un po’ in difficoltà “Presumo che tornerò in Europa.” abbozzo un sorriso “Per prendermi una pausa da questa famiglia.”
“Non resta molto tempo quindi.” 
Sembra rattristata. Non resta molto tempo per cosa? È perché le mancherò?
“Alisa, di cosa parlavate poco fa con Asuka?”
Alisa abbassa gli occhi timidamente.
“È una curiosità che ho da un po’ di tempo, ma non ho mai avuto il coraggio di provare.”
“Provare?” ripeto confuso.
Lei mi guarda negli occhi, arrossendo un po'. Io inizio a sentirmi strano. Alisa fa un passo verso di me. Io resto immobile col fiato sospeso, col cuore che è sul punto di scoppiare.
Alisa allunga il viso verso il mio. Sta… sta succedendo sul serio quello che penso?
Sollevo lentamente una mano e sfioro il suo viso, accarezzando la pelle delicatamente come se fosse di porcellana.
Lei si solleva sulle punte dei piedi, ci avviciniamo ancora, chiudiamo gli occhi, le nostre labbra si sfiorano. Solo un dolce, delicato tocco.
Alisa si allontana di qualche centimetro e mi guarda dritta negli occhi.
“Era questo che volevo provare.” sussurra con il suo adorabile sorriso. Abbassa gli occhi timidamente, le guance si tingono di rosa.
Suona quasi come una timorosa giustificazione.
“Volevo provare a volare con te.”
È dolcissima, mi sento sciogliere. Le prendo le mani.
“Mi mancherai quando tornerai in Europa, Lars.”
“Alisa… vuoi… vuoi vedere l’Europa con me?”
Lei alza lo sguardo e si illumina.
Sorride e annuisce decisa.
Sorrido anche io, col cuore che corre a mille.
Ci riavviciniamo, chiudiamo gli occhi, cerchiamo l’uno le labbra dell’altra, stavolta con più decisione. Voliamo ancora, voliamo più in alto.








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Capitolo 47
*** Sometimes You Need to Close a Door Behind to Start Healing Your Life (Jin) ***


47
Sometimes You Need to Close a Door Behind to Start Healing Your Life 
(Jin)

Apro la porta dell’appartamento di qualche centimetro e rimango con le orecchie tese ad ascoltare. Buio e silenzio assoluto.
Bene, posso procedere. Apro meglio la porta, entro e la chiudo in silenzio dietro di me.
Noto subito un cappotto nero per terra, a fianco all’attaccapanni, poi una scarpa rossa col tacco rovesciata sopra il mobile.
Siamo alle solite. Normalità dell’appuntamento del venerdì sera.
Mi tolgo scarpe e giacca, risistemo il cappotto sull’attaccapanni e mi avventuro nel soggiorno buio, camminando piano per non disturbare.
La gatta Marilyn mi dà il benvenuto facendo capolino da dietro il divano. Sorrido e mi inchino per accarezzarle la testa, lei in risposta mi si struscia contro la gamba. Ho preso subito in simpatia questa adorabile gattina, al contrario di gran parte dei vari animali da compagnia che ho conosciuto nel corso della mia vita.
Dopo aver doverosamente salutato il gatto, mi alzo e riprendo a camminare verso il bagno.
Dopotutto penso sia stata una buona idea chiedere ad Anna di potermi fermare a stare un po’ da lei, in attesa di raccimolare il tanto per poter prendere in affitto un posto mio. Inizialmente ero un po’ titubante all’idea di piombare così nella sua vita. Ma non avevo davvero molte altre alternative.
“Jin-chan naturalmente puoi rimanere qui quanto vuoi! E sono anche veramente felice che tu sia venuto a chiedere aiuto proprio alla tua cara baby-sitter!” aveva risposto portandosi una mano al cuore, quando le avevo chiesto quel disperato favore.
Poi aveva sollevato un indice facendo un piccolo sorriso.
“Ma ad una condizione!” aveva aggiunto “Non dirò a tuo padre che sei qui se tu… beh, se anche tu terrai un piccolo segreto per me!”
E in quel momento avevo avuto seriamente paura. Non volevo proprio immaginarmi quali segreti potesse avere una come Anna, ma poi la questione si è rivelata molto più semplice di quello che mi aspettavo.
“Sto frequentando qualcuno!”
“Qualcuno?” avevo chiesto “Intendi dire… Lee?”
“No, sciocchino!” aveva riso “Te l’ho detto un sacco di volte, Lee è un amico! Il mio migliore amico. Un amico molto speciale, ma non potrei mai frequentarlo in quel modo. Lui è libero per natura, sai.” poi le erano brillati gli occhi “Il legame che ho con quest'altra persona è qualcosa di totalmente diverso.”
E mentre lo diceva sorrideva come se si trovasse davanti ad una cucciolata di gattini. Ero sconcertato, mai mi sarei aspettato un lato così romantico da una come lei.
“È un mio collega e ogni tanto verrà qui.” aveva continuato “Non ti devi preoccupare, non ti disturberemo, ma… quello che è importante è che nessuno lo dovrà sapere!” aveva detto serissima “A tuo padre non piace che ci siano relazioni dentro al posto di lavoro e fidati, non sarebbe affatto felice se lo dovesse scoprire! Certo, prima o poi glielo dovremo dire, ma per il momento vorremo tenere la cosa segreta.”
“È una cosa così seria?” avevo chiesto a quel punto, incredulo.
Perché Anna sarà pure un po’ edonista, ma è prima di tutto una lavoratrice diligentissima. Non violerebbe mai le regole di Kazuya per frequentare un uomo qualsiasi.
“Sì, Jin.” aveva risposto serissima, con occhi colmi di felicità “Credo proprio di sì.”
E dunque, come ho potuto constatare di prima persona, Anna Williams si è presa una sbandata per qualche pezzo grosso della G-Corp. E non una sbandata qualsiasi, una tanto grossa da farle mettere in secondo piano la sua etica professionale.
“E non nego che il fatto di avere una relazione segreta… proibitissima sia eccitatante di per sé…” aveva detto poi “Ma al di là di questo, penso proprio di aver trovato qualcuno di davvero speciale.”
“Eccitante una relazione segreta?” avevo replicato io per niente convinto “A me sembra solo un enorme, sfaticante stress!”
E Anna si era messa semplicemente a ridere, guardandomi come si guarderebbe un ragazzino ingenuo e inesperto che ha appena detto qualcosa di molto buffo.
Mi ero sentito trattato come un ragazzino anche in occasione del mio primo incontro con il signor Tanaka, aka l’uomo di Anna, il secondo giorno che stavo da lei.
Stavo dando da mangiare a Marilyn, quando loro sono rientrati insieme a casa e mi hanno notato sulla terrazza comunicante col soggiorno.
“Chi è quel ragazzetto palestrato? Tuo nipote?” aveva chiesto l’uomo squadrandomi con una smorfia.
“Tesoro, ti presento il figlio del capo!” gli aveva detto a quel punto Anna, mezzo avvinghiata a lui “Sì, è un po’ come un nipotino per me, gli facevo da baby-sitter quando era piccino.”
E a quel punto gli occhiali da sole dell’uomo erano improvvisamente scivolati sulla punta del naso, mostrando due occhi traboccanti di paura.
Si era irrigidito di colpo, si era risistemato prontamente gli occhiali e sciogliendosi dall’abbraccio di Anna si era inchinato in avanti, un bel po’ più a fondo di come si farebbe durante una normale presentazione.
“Chiedo umilmente perdono.” aveva esclamato con un tono di voce completamente diverso.
E se inizialmente potevo in effetti essermi sentito un po’ infastidito dall’appellativo di ragazzetto palestrato, adesso ero letteralmente disgustato dall’effetto che la rivelazione della mia discendenza familiare aveva provocato.
“Sta tranquillo! Jin non se la prende per queste cose.” aveva detto Anna a quel punto “Sai abbiamo un patto io e lui, ha qualche problema con i genitori e non vuole stare a casa sua per un po’. Noi non vediamo lui, lui non vede noi. Mi fido ciecamente del mio Jin-chan.”
Il compagno di Anna aveva prontamente annuito e da quel momento in poi non ha più osato trattarmi con sufficienza.
Dopo una doccia rilassante, dopo un nuovo lungo turno di lavoro, posso finalmente andare a chiudermi nella stanzetta per gli ospiti di Anna che è attualmente la mia camera. Prendo il telefono e mi butto sul letto. Il tempo di controllare la situazione e poi potrò finalmente dormire.
Ci sono quattro chiamate perse, tre di Asuka e una di mia madre, e sei messaggi non letti, uno di Xiaoyu, quattro di Asuka e uno di mia madre.
Apro il primo messaggio.

Xiao: Hey ghiacciolo, tutto ok? Come procede alla stazione di servizio? 😊
A scuola stasera tutto bene, a parte che Asuka continua a tartassarmi di strane domande sul tuo conto, ormai sono quasi sicura che abbia capito qualcosa, anche se non mi spiego come. Io sono sicura di non aver mai detto niente di equivocabile.
Comunque ora si è messa in testa che potresti esserti immischiato in qualche giro losco. So che c’è il tuo zampino!  Non prenderla in giro così, dai! Si sta preoccupando sul serio! 😒😒
Comunque è arrivata la lettera con i risultati del vostro test genetico. Avviso anche Asuka.
PS: Ci vediamo domani? ❤
PPS: Panda ti manda i suoi saluti. 🐼

Passo ai messaggi di Asuka.

Asuka: Xiao dice che sono arrivati gli esiti del test!!!!! 😱 Quando posso chiamarti? Rispondi!!
Asuka: Ti ho chiamato tre volte, ma continui ad ignorarmi. 😡 Vado da Xiao a prendere la lettera. Rispondi appena puoi!!
Asuka: Ho preso la lettera. Diamine, Jin, ma cosa diavolo stai facendo che non puoi controllarti il telefono due secondi? O mi hai bloccato di nuovo? 😡😡😡 Comunque, sabato scorso eri libero e mi chiedevo… sarai libero anche domani? Nel caso ci vediamo? Così ti faccio vedere il test! Rispondi!!
Asuka: Zia Jun ci ha appena chiamato per avvisarci che la casa è di nuovo accessibile! Da domani si torna alla vecchia vita. Tu che fai? Torni con noi?

Apro infine la conversazione con mia madre.

Mamma: Caro Jin, come stai? Io e tuo padre stiamo bene. Ci ha chiamato la ditta di disinfestazione poco fa. Domani potremo tornare a casa. Spero ti farai vivo anche tu. Ti prego, in ogni caso fatti vedere. Vorrei vederti.

Tornare a vivere a casa con loro? Non se ne parla proprio!
Però in effetti ho ancora tutte le mie cose lì e non sarebbe una poi così cattiva idea passare a prendere altri oggetti e vestiti, in modo da concretizzare un po’ il trasferimento. E sì, perché no, nel mentre anche salutare mia madre, farle sapere che sono vivo, sano, che me la sto cavando egregiamente e soprattutto che non si deve preoccupare.
Rispondo brevemente ad Asuka. Accetto di vederla, a questo punto sono parecchio curioso di leggere i risultati del test, dopo tutto quello che abbiamo passato per scoprirlo.
Rispondo anche a Xiao.
Com'era prevedibile io e lei non abbiamo chiuso, proprio per niente. Diciamo che dopo quella chiacchierata a casa sua è stata chiara quale fosse la sua volontà e quindi chi sono io per scegliere cosa sarebbe giusto per lei? E dunque, dato che è ovvio che nemmeno a me dispiaccia, continuiamo a sentirci regolarmente e pure a vederci quando è possibile. Ovviamente non è cambiato molto e facciamo sempre in modo di mantenere la massima discrezione. Anche se, effettivamente anche io da qualche tempo sospetto che Asuka possa aver intuito qualcosa.
Le rispondo che ci potremo vedere domani pomeriggio dopo la mia commissione a casa. Rispondo anche che non ho intenzione di spiegare ad Asuka che lavoro faccio e che è meglio mantenere un certo livello di discrezione con tutti i membri della famiglia. E nel mentre che male c’è se mi diverto un po’ a farle credere che mi sono dato al crimine?
Infine rispondo a mia madre che passerò a prendere un po’ di roba e che se vuole potremo parlare.
Inviate le risposte, spengo il telefono e mi godo il mio meritato riposo.


Quando riapro il portone della mia casa familiare e avverto un inspiegabile senso di fastidio diffuso. L’aria si fa improvvisamente pesante e mi sento come se stessi avendo una dannata reazione allergica alla vicinanza con la mia famiglia. Non mi ero reso conto di quanto stessi infinitamente meglio a casa di Anna fino all’attimo in cui ho rimesso piede dentro questa casa.
“Jin!” esclama mia madre arrivando in soggiorno “Sono così felice di vederti!”
Mi tolgo la giacca e la metto da parte.
“Grazie.” rispondo piano “Ma voglio mettere da subito in chiaro una cosa, sono venuto a prendere le mie cose. Non ho intenzione di tornare a stare qui.”
Mia madre sorride amaramente, poi viene ad abbracciarmi.
“Lo so.” dice piano “E se questa è la tua scelta, la rispetto.”
Non posso fare a meno di rispondere all’abbraccio. Sebbene mi senta un po’ a disagio in queste dimostrazioni d’affetto, non posso negare che sia mancata anche a me.
“Quindi non proverai a fermarmi?” chiedo perplesso quando ci separiamo.
“No.” risponde con un sospiro, sebbene sembri una risposta sofferta “È una tua scelta e io accetterò qualsiasi cosa tu voglia fare.”
Inarco le sopracciglia.
“Anche se non tornerò a studiare?”
Lei chiude gli occhi per un attimo e posso letteralmente vedere quanto il pensiero la disturbi, ma poi annuisce.
“Anche se non tornerai a studiare.” risponde.
“Wow!” esclamo dubbioso “Mi sto perdendo qualcosa?”
Lei scuote la testa.
“No, genitori e figli non potranno mai essere completamente d’accordo. Ma non è il caso di guastare il nostro rapporto per un motivo come questo, Jin.” dice seria.
La studio in silenzio per qualche minuto, poi annuisco. Credo che questa sua considerazione abbia a che fare con il fatto che lei stessa ha perso quasi completamente i contatti con la sua famiglia d’origine, che giustamente non hanno preso bene la sua decisione di stare con uno come Kazuya.
“Ho sbloccato il tuo conto.” continua e adesso sono veramente sorpreso “E ho anche aggiunto qualcosa.”
“Mamma!” esclamo contrariato.
Le ho detto mille volte che voglio cavarmela da solo senza l’aiuto dei loro soldi!
“È una cosina insignificante! Molto meno di quanto ti avrei voluto dare.” risponde subito lei “Consideralo solo come un regalo per l’inizio della tua nuova vita.”
Sospiro.
“D’accordo.” mi arrendo infine “Ma che sia l’ultimo regalo.”
Lei annuisce con un sorriso.
“JIN!” compare Asuka dal piano di sopra “Sei qui! Vieni, ti aiuto a impacchettare le tue cose!”
Le lancio un’occhiata confusa e poco entusiasta. Cosa le fa pensare che voglia il suo aiuto? Ma poi mi fa l’occhiolino e capisco che intendeva trovare una scusa per parlare della famosa busta.
Sospiro e inizio a salire le scale. Cammiamo in silenzio per il corridoio, fino ad arrivare alla mia vecchia stanza, con la porta sfondata e rattoppata con una trave. Apro, Asuka entra dietro di me e chiudiamo la porta.
Si sfila la busta da dietro la schiena.
“Ta-daaan!” esclama con un sorrisetto dispettoso “Quanto sei curioso?”
Allungo una mano per prenderla, ma lei tira su il braccio.
“Eh no!” mi dice con uno sguardo ostile “Prima mi devi dire che lavoro fai, brutto idiota bugiardo!”
Certo, peccato che sono un bel po’ più alto di lei. Le prendo un polso per impedirle di fuggire e allungo la mano per strappare la busta dalla sua presa. Ma lei, che cerca di liberarsi e non ce la fa, si abbassa e mi mordicchia la mano con cui le tengo il polso!
“Brutta pazza, idiota e fuori di testa!” 
Le piazzo una mano sulla fronte cercando di allontanare la sua testa dalla mia mano.
Lei allora lancia la busta lontana da entrambi, va a finire sul letto.
Ci guardiamo in silenzio per un momento, poi ci separiamo e ci buttiamo entrambi in avanti sul letto per recuperare la busta.
La prendo io, Asuka mi concede la vittoria e si mette a ridere, rigirandosi a pancia in su. Io ho meno voglia di essere allegro, specialmente dato che ho ancora la mano bagnata di saliva!
“Che schifo! Sei incredibile!” borbotto mettendomi a sedere e guardando il segno dei denti sulla mia pelle.
“Però mi mancheranno questi momenti!” dice lei.
“I momenti in cui ti comporti da bambina di cinque anni?!”
“Le nostre lotte!” sorride “Perché a te no?”
La guardo in silenzio.
Non so cosa mi prenda ultimamente, ma sì. Forse un pelino mancheranno anche a me. Faccio per aprire la busta, ma mi accorgo che è già strappata.
“L’hai già aperta!” commento a voce alta.
Guardo dentro la busta e tiro fuori un foglio strappato di quaderno con su scritto idiota bugiardo
Rettifico, non mi mancherà proprio un bel niente!
Asuka scoppia a ridere a crepapelle.
“Dovresti vedere la tua faccia adesso, Jin!”
Sospiro nervosamente.
Bussano alla porta.
“Jin?” chiede Lars da fuori.
“Entra.” rispondo.
Lars apre la porta ed entra.
“Che succede?” chiede guardando la scena.
Asuka gli fa cenno di richiudere la porta e prende la busta della lettera.
“È curioso di leggere i risultati!” spiega poi “Almeno quanto io sono curiosa di sapere che lavoro fa!”
Lars sorride, scuote la testa, poi raccoglie un briciolo di serietà e riprende a parlare.
“Jin, sono tuo zio.” 
Lo scruto attentamente per cercare di capire se mi sta dicendo la verità o meno. Guardo Asuka, lei alza le spalle e annuisce.
“Certo, avrei voluto continuare a divertirmi un altro po’, ma… sì, Jin. È tuo zio.”
“Posso vedere comunque il referto?” chiedo infastidito.
“Cosa c’è, non ti fidi?!” mi domanda Asuka con una smorfia.
“Non tanto!” rispondo a tono “Soprattutto di te!”
Asuka sospira ed esce dalla mia camera.
“Quindi è vero?” chiedo serio a Lars, ritrovandoci soli nella stanza.
Lui annuisce.
“Mi dispiace. Come… ti senti a riguardo?” chiedo a bassa voce.
“Sai che non avevo davvero bisogno di leggere quel referto.”
“Sì, ma almeno prima avevi una piccola speranza che non potesse non essere vero, mentre ora… ti abbiamo in un certo senso forzato ad abbandonare quella speranza.”
“Jin, non è da te essere così apprensivo nei miei confronti!” commenta con una strana espressione.
Sono molto infastidito da quell’affermazione.
“Non è essere apprensivo, deficiente! Ma sei un Mishima! È una notizia terribile e non posso fare a meno di provare un po’ di empatia verso di te!” sbotto.
“Jin, non mi cambia niente.” ribatte con un sorriso colmo di serenità “Io sono quello che sono, indipendentemente da cosa c’è scritto nei miei geni.”
Asuka rientra nella stanza.
“Ecco qua!” mi sbatte il foglio sotto il naso.
Lo apro, ma non sento più davvero il bisogno di avere una conferma.
Leggo il risultato.
“Dice che c’è una possibilità del 99,99%...” ragiono poi guardo Lars “Quindi quello 0.01%...”
“Jin, in biologia quel 99,99% è una certezza matematica.” dice con assoluta convinzione.
Emetto un lungo sospiro.
“Mi dispiace davvero tanto Lars.”
“Suvvia!” Asuka batte le mani “Sbrighiamoci a fare le valigie! Zia Jun ha detto che vuole dirci qualcosa.”

 

“È così bello rivedere la famiglia riunita al completo!” esclama mia madre di spalle alla televisione in soggiorno.
Guarda la formazione completa degli abitanti della casa, più il sottoscritto in qualità di ex-inquilino e sorride.
In tutto questo tempo non ho incrociato lo sguardo con Kazuya neanche una volta, mi viene già fin troppo difficile sopportare il pensiero di stare respirando la stessa aria. Ma dovrò fare un ultimo piccolo sforzo. Le mie valigie sono già pronte davanti all’ingresso. Sentirò ciò che ha da dirci mia madre e poi me ne andrò, probabilmente per sempre.
“È passato un bel po’ di tempo da quando Asuka è arrivata a far par parte della nostra famigliola.” sorride mia madre accarezzando i capelli di mia cugina “Portando allegria e movimento tipici della frizzantezza di quest’età.”
Asuka sorride, sentendosi evidentemente lusingata. Io faccio una smorfia. Avrei aggiunto che Asuka ha portato una vagonata di idiozia, ma meglio tenere questo commento per me.
“Poi è arrivata Alisa.” continua con sguardo tenero “La ragazza più dolce ed educata che io abbia mai avuto il piacere di conoscere.”
Corrugo la fronte, confuso. Mi chiedo se abbia voglia di dire qualcosa a turno su tutti noi.
“E infile Lars… che ha portato equilibrio e razionalità tra queste mura, cosa di cui avevamo decisamente bisogno.” poi aggiunge “Certo, il suo percorso qui è stato particolare e non sono mancate un po’ di complicazioni, ma sono veramente felice che tu sia qui.”
Lars sorride e annuisce anche se con una certa confusione. Probabilmente anche lui si starà chiedendo a cosa serva questo discorso.
“In questi mesi siete entrati a far parte della nostra piccola famiglia.” continua mia madre “Ed è per questo che ho voluto ci foste anche voi qui per sentire quello che sto per dirvi.”
“Oh mio dio! Qualcuno sta morendo?!” chiede subito Asuka allarmata.
Mia madre sorride e scuote subito la testa.
“No no, Asuka! Sta’ tranquilla. È una bella notizia.”
E a quel punto si insinua un’atmosfera davvero strana nella stanza.
Perché d’accordo, nessuno a quanto pare sta morendo, ma mi viene davvero difficile pensare che possa esistere una bella notizia. Inizio improvvisamente a sentire tutti i sintomi dell’allergia alla famiglia che avevo avvertito sulla porta d’ingresso, ma amplificati per dieci. Che diavolo sta succedendo?!
Mia madre cammina verso la poltrona di Kazuya e si siede sul bracciolo a fianco a lui. Appoggia una mano sulla sua spalla.
“Sapete, questo piccolo incidente con le falene ha permesso a me e a Kazuya di passare un po’ di tempo da soli e abbiamo avuto il tempo di riflettere insieme su alcune cose.”
Io mi sento il battito accelerato, ho il fiato corto e ho ragione di credere di essere davvero sull’orlo di un fottuto attacco di panico.
“Immagino che quello che sto per dirvi vi sembrerà un po’ strano.” guarda Kazuya con un sorriso “Insomma, abbiamo entrambi una certa età e vi sembrerà una scelta un po’ insolita per delle persone come noi.”
“Oh mio dio!” mormora Asuka con occhi spalancati.
Ci guardiamo, sono certo che stiamo immaginando la stessa cosa. Per una volta non c’è aria di sfida, dispetti, o altre stupidaggini in questo nostro contatto visivo, ma solo disperata solidarietà. La stessa solidarietà che mi esprimono anche gli sguardi preoccupati Lars e Alisa.
“Ma…” mia madre si prepara a continuare a parlare con un gran sorriso.
“Jun…” mormora Lars guardandomi preoccupato.
“Io e Kazuya…”
Io non respiro più. Guardo basso, un punto a caso nel tappeto, aspettando che mi esploda il cervello.
“... molto presto…”
“Zia Jun…” Asuka congiunge le mani davanti alla bocca, sotto shock.
“... ci sposeremo!” conclude con un sorriso a trentadue denti.


Non ho reagito poi così male come avrei pensato. In quel momento, sentendo quelle parole, qualcosa dentro di me si è rotto. Ci si sarebbe potuto aspettare che mi sarei alzato, avrei iniziato ad urlare, distrutto qualche mobile forse, combattuto con Kazuya, come avrei fatto di solito, ma… niente di questo è successo. 
Mi sono alzato, li ho guardati entrambi con orrore e disgusto e semplicemente me ne sono andato. Ho fatto in modo di non dimenticare di lasciare le mie chiavi di casa sul mobile dell’ingresso e ho chiuso quella porta dietro di me per l’ultima volta. Con la voglia di lasciarmi tutto dietro. 
Ed è solo mentre camminavo di nuovo per strada, nel mondo esterno, che mi è sembrato di tornare a respirare.
Rientro nell’appartamento di Anna trascinando le mie due valigie, con una assoluta e preoccupante passività. Vado direttamente a ritirarmi in camera mia. 
Mi lascio cadere sul letto, inerme a guardare il soffitto con la voglia di non pensare a niente. Dieci minuti buoni passano così, poi per caso abbasso lo sguardo sulla borsa del pc portatile che oggi sono finalmente riuscito a recuperare e mi viene in mente una cosa.
Mi alzo, tiro fuori il computer dalla borsa e lo accendo. Entro nel mio conto, effettivamente ora è stato sbloccato e ne sono l’unico legale padrone. Vado a leggere il saldo e semplicemente non ci vorrei credere. 
Chiudo la pagina, chiudo il pc e torno a buttarmi sopra il letto, cercando di affogare quel mare di sentimenti negativi che inizia a riversarsi dentro di me. Una cosina insignificante?! Un piccolo regalo di incoraggiamento per la mia nuova vita?! O piuttosto un premio di consolazione per la terribile notizia?!
Chiudo gli occhi di nuovo, inspiro ed espiro lentamente, anche stavolta mantengo la calma in maniera sorprendentemente facile. Non ne vale la pena, mi dico. Te ne sei andato, hai lasciato le chiavi lì. Non ne vale la pena, non più.
Suonano al campanello. Mi alzo e vado a vedere chi è.
“Il tuo messaggio mi ha fatto preoccupare. Stai bene?!” chiede Xiaoyu sottovoce come apro la porta.
È praticamente una domanda retorica a questo punto. 
Lancio un attento sguardo al pianerottolo per controllare la situazione. 
“Entra, Anna non c’è.” dico sottovoce.
Xiaoyu entra, chiude la porta dietro di sé e mi segue dentro alla mia stanza. 
Mi siedo sul letto e torno a guardare un punto fisso in silenzio.
“Ho parlato anche con Asuka, mi ha spiegato un po’ meglio la situazione.” dice Xiao togliendosi la giacca.
“Ottimo, così non sarò costretto a dover descrivere quella terribile scena.” dico con una punta di disgusto.
Poi alzo lo sguardo su di lei, un po’ preoccupato.
“Ma sto bene.” asserisco “Molto meglio di quanto avrei pensato.”
“Immagino che per te debba essere una specie di shock.” dice venendo a sedersi sul letto a fianco a me.
“Presumo di sì.” mormoro guardando un punto nel vuoto.
“Io non andrò a quel dannato matrimonio!” aggiungo poi con un sibilo.
“Ma Jin, tua madre…”
“Non ci vado!!” rispondo con fermezza “Sarebbe troppo…”
Non termino la frase. Chiudo la bocca, deglutisco e riprendo poco dopo.
“Se solo le cose fossero andate diversamente, se solo mia madre avesse deciso di vivere lontana da Kazuya, magari io sarei cresciuto in maniera molto diversa, capisci?” 
Xiaoyu sospira e non ribatte.
“Magari avrei avuto un’infanzia normale, un’adolescenza normale, un’inizio di vita adulta normale! Sarei stato più in sintonia con le altre persone, avrei forse avuto un carattere un po’ meno di merda.” 
“Il tuo carattere non è così male, dai!” 
“La tua è un’opinione molto impopolare.” le ricordo immediatamente.
“Sì, ma chi se ne frega di cosa è popolare!”
“Sarei potuto essere un fidanzato decente.” aggiungo a denti stretti.
Lei apre la bocca per rispondere, ma esita e sembra riflettere su come controbattere. Io la guardo alzando un sopracciglio, questa è veramente difficile da contestare.
“Ma… dai.” dice infine.
“Forse mia nonna ha ragione.” riprendo io con un sospiro “Forse sono marchiato a vita e anche se fuggissi dall’altra parte del globo, non potrei mai fuggire dal destino di questa dannata famiglia. Potrò anche andare in capo al mondo, ma sentirò sempre parlare di Heihachi e di Kazuya Mishima. Mi ricorderò di come mi hanno rovinato la giovinezza e… dopo questo pomeriggio non potrò mai dimenticare… che mia madre ha deciso volutamente di legarsi per sempre a lui.” 
Xiaoyu ascolta seria, un po’ preoccupata. 
“Che poi non so neanche perché mi debba dare così fastidio!” riprendo dopo un po’ “Non ha senso! I miei genitori si sposano, dopo aver vissuto come una coppia sposata per più di vent’anni! È soltanto una firma su un foglio di carta, tornati a casa continueranno a vivere come hanno sempre fatto!”
“Beh no, lo capisco che ti dà fastidio.” osserva a quel punto Xiaoyu “Un matrimonio è pur sempre un evento ufficiale.”
Annuisco.
“Sì, lo è. E per quanto stupido possa sembrare, per tutti questi anni di follia familiare c’era sempre stato un piccolo spiraglio di luce, una piccola speranza.” continuo a bassa voce “Il fatto che mia madre non fosse sposata con Kazuya. Il nostro cognome Kazama era ciò che ci distingueva da loro. Ero un Mishima, ma ero anche figlio di Jun Kazama, porca miseria!”
“Ma questo vale ancora!” cerca di farmi notare Xiao.
“Non del tutto!” la correggo “Perché vedi, inizio a pensare che per tutto questo tempo io abbia semplicemente voluto credere che mia madre fosse così diversa da Kazuya!”
Mi guarda un po’ incerta.
“Ho sempre voluto credere che lei fosse una ragazza innocente capitata per caso con uno stronzo senza rendersi conto dell’irrazionalità della cosa.” continuo “Ti ricordi i miei discorsi sulla biologia dell’attrazione e quella roba lì?”
Xiaoyu mi guarda ed è come se avesse appena avuto una rivelazione su come funziona la mia psiche. 
“Ma forse nemmeno lei è poi così innocente!” arrivo al punto “Certo, mia madre non sarà mai paragonabile a Kazuya, non fraintendiamoci!” devo assolutamente precisare “Ma dico che forse è un po’ più complice e meno vittima di quello che pensavo. Lo vuole sposare, cazzo! Vuole unire il suo nome col suo davanti alla legge!”
Sospiro e scuoto la testa con triste rassegnazione.
“Per tutto questo tempo mi sono illuso che lei fosse diversa da loro, per poter credere di avere nei geni… qualcosa che mi distinguesse da loro.” 
“Jin, tu non sei un Mishima!” 
Alzo gli occhi al cielo.
“Oh andiamo, non ho bisogno di un test genetico per…”
“Sì, d’accordo… secondo il tuo DNA lo sei.” mi concede “Ma è da quando ti conosco che combatti con tutte le tue forze per dimostrare che non sei come il resto della tua famiglia!”
La guardo poco convinto, ma interessato a capire meglio cosa intende dire.
“Diamine, hai quasi passato la notte su un sudicio pavimento di garage per dimostrare di non essere come loro! A momenti ti ho dovuto trascinare via per i capelli!” riprende.
“Tu non hai neanche una così cattiva opinione degli altri Mishima.” contesto.
“È vero, tuo padre e tuo nonno sono sempre stati gentili con me, non avevo motivo di pensare male di loro.” non si fa problemi ad ammettere “Ma è innegabile che lo stare a contatto con la tua famiglia ti abbia incasinato completamente la vita e la testa!” sospira “Adesso ho anche capito come sia arrivato a quelle assurde tue convinzioni sulla biologia!”
Alzo gli occhi al soffitto e poi mi lascio cadere all’indietro sul letto, con lo sguardo fisso in alto.
“Ho paura di diventare proprio come loro.” ammetto “Quando mi vedo allo specchio, vedo soltanto il riflesso di un altro Mishima.”
“Sì, e quella è la ragione per cui hai passato gran parte della vita ad odiarti e a punirti.” dice sdraiandosi sui gomiti a fianco a me “E la ragione per cui hai cercato di tenermi lontana.”
Rispondo solo con uno sguardo, è ovvio che lo sia.
Si sdraia di schiena come me e restiamo a fissare il soffitto insieme.
“Non mi importa se vedi un Mishima quando ti guardi allo specchio.” borbotta poi “Io so bene che cosa vedo quando ti guardo… un ghiacciolone col broncio, ma non un Mishima!”
Si avvicina e appoggia affettuosamente la testa sulla mia spalla e mi stringe. Quasi come se si fosse offesa per come ho appena parlato male del suo ghiacciolo.
Chiudo gli occhi e mi lascio sfuggire un sorriso divertito, apprezzando quella vicinanza e il suo tentativo di farmi sentire sempre un po' meglio. Che sia trascinarmi via sotto ricatto da un garage antigenico o il tentativo di convincermi di non essere del tutto un Mishima di merda. 
“Probabilmente dovresti mettere gli occhiali.” dico poi smorzando un po' l'atmosfera.
“Sta’ zitto, fino a prova contraria sei tu il miope che non vuole usarli!” 
Non fa che rinfacciarmelo da quando per caso le ho per sbaglio rivelato questo mio piccolo segreto.
“Te l’ho detto. È una leggerissima miopia, praticamente inesistente. Non me ne sarei mai accorto se non fosse stato per una visita medica che ho fatto per caso!” ribatto "Non ho bisogno di usarli! Posso benissimo farne a meno."
"Mmm." fa lei per niente convinta.
Stiamo così in silenzio per un po', semplicemente sdraiati l'uno accanto all'altra a pensare e a guardare il soffitto. Mi perdo tra mille pensieri, chiedendomi se ci sia davvero speranza per me, se l’aver chiuso la porta dietro di me questo pomeriggio, una porta che non intendo riaprire, possa voler dire qualcosa. E in effetti un po’ mi sento meglio, decisamente meglio. 
“Mi dispiace se ogni tanto cerco di lasciarti.” confesso a bassa voce.
“Non è colpa tua.” dice comprensiva “So che sei un po’ complessato.”
“Mmm.” annuisco abbozzando un sorriso.
E come potrei contraddirla?
Mi volto e cerco il suo sguardo.
Comincia tutto come sempre con un bacio. Gentile, lento.
Dice che non vede un Mishima in me. In realtà faccio ancora molta fatica a capire che cosa veda esattamente in me e forse mai lo capirò. Quel che è certo è che sembra molto convinta della sua opinione, e anche molto decisa a voler stare al mio fianco, a costo di dovermi trascinare via per i capelli ogni volta che sono sul punto di fare una follia. E io da qualche tempo non capisco più se sia giusto o sbagliato, ma stare al suo fianco, una volta abbassate tutte le difese, è una sensazione maledettamente fantastica. 
Passano i minuti e quella carezza inebriante, prima gentile, diventa via via più decisa, avida, quasi elettrica. Cerchiamo il contatto pelle su pelle, presi da un calore quasi febbricitante che ti agita da dentro come un tornado bollente.
“Non sembri tanto infreddolita per essere così vicina a un ghiacciolo.” scherzo sussurrando contro la sua pelle.
“Id…iota.” sibila attraverso un sorriso “E tu sembri piuttosto disinvolto per un… com’è che ti piace definirti?” 
Sogghigno. 
“Razionalista? Nichilista?”
Non ha tutti i torti. Ormai ho perso il conto delle mie più insensate scuse filosofiche. 
Niente di tutto questo rinnega le mie teorie in realtà. Ho soltanto capito che nemmeno io sono poi così immune a certe debolezze come credevo. E quel primo momento, in cui le ho permesso di rubarmi un bacio nel giardino di casa dei miei genitori, è stato l'inizio di questo inevitabile cammino. Forse una condanna, forse una salvezza, ma in fondo va bene così, senza bisogno di dover per forza trovarne un'interpretazione. 
Neanche quando anche l'ultimo indumento finisce sul pavimento e procediamo a mappare, tastare e stimolare i nostri corpi più da vicino.
Dopo anni e anni di veleno, dopo una vita passata a tenermi a distanza da chiunque, mai avrei immaginato di potermi sentire così in connessione con un’altra persona. Così fuori dalle mie rigide imposizioni mentali, così allo scoperto e a mio agio allo stesso tempo. 
Perché il mio cuore sarà pure stato incatenato nella mia fredda razionalità per anni, ma questa nuova irrazionalità mi piace. 
I nostri occhi tornano ad incontrarsi, magneticamente. 
Siamo pronti.
I secondi cominciano presto a scorrere più velocemente, segnati da un ritmo pulsante.
Chiude gli occhi e inclina la testa all'indietro con un sorriso mosso da un brivido di piacere.
E mentre davanti a quella visione credo di poter morire, per ossimoro si riconferma in me un irrefrenabile desiderio di vita, di essere felice, di renderla felice e di poter continuare a perdermi in quegli occhi e in quel sorriso per sempre. 
Al diavolo la mia finta impassibilità.
Perché quest’emozione è più che reale. Un fortissimo, puro affetto a cui non sono abituato e che mi fa sentire indifeso in balia di un brivido irrazionale che non posso più contrastare. 
E la bacio perché vorrei dirlo a voce alta, come vorrei dire che non permetterò che possa soffrire per colpa mia o della follia che mio malgrado mi gravita attorno. 
Non lo permetterò perché… 
Le sue braccia premono forti contro la mia schiena.
… per via di questo sentimento, che ancora non mi azzardo a chiamare per nome, ma che mi dilania il petto e cresce sempre di più, assieme a quell'altra sensazione così stupefacente, così intensa, che quando arriva al culmine ti stordisce e ti offusca la vista per un attimo.
Mi bacia ancora, catturando le mie labbra tremanti.
Al diavolo la ragione, al diavolo qualsiasi cosa.



Speranza. È un'insolita sensazione per me, ma da quando me ne sono andato di casa per l'ultima volta questo pomeriggio, ogni tanto questo pensiero non fa che tornarmi in mente.
Alliscio ancora una volta il copriletto e infilo l'ultimo angolo sotto il materasso, ristabilendo l'ordine perfetto. Mi passo una mano tra i capelli ancora umidi dalla doccia e cammino verso la finestra di camera mia. Mi siedo sul davanzale interno, appoggiando con una spalla contro il vetro. Attraverso le porte aperte di camera mia e del bagno guardo Xiao che si asciuga i capelli davanti allo specchio sul lavandino.
Mi sento strano.
Non era nato per essere qualcosa di serio, l'avevamo messo in chiaro fin dall'inizio, ma non era neanche mai stato un gioco o un passatempo senza significato. 
Era sempre stato certamente qualcosa di fantastico, ma allo stesso tempo problematico. E ogni volta, non appena finito il sogno, arrivava puntuale la coscienza e quel peso sul cuore a ricordarmi di come quello fosse uno sbaglio pericoloso e di come le cose sarebbero potute andare molto male per colpa di questa mia distrazione. Un'ansia tormentosa che mi risvegliava da questo sogno in cui di tanto in tanto mi piaceva rifugiarmi, un sogno dal quale non riuscivo a staccarmi, ma pur sempre un sogno appunto. Qualcosa di fittizio, fasullo. Qualcosa che non potevo permettermi davvero.
Oggi però… oggi ho chiuso quel portone dietro di me per l’ultima volta.
E non avevo idea di come mi avrebbe fatto sentire finché non l'ho provato.
Speranza.
Per la prima volta mi sento più libero e comincio a pensare che le cose potrebbero anche non andare male. Che forse è possibile lasciarsi il passato alle spalle, è possibile tenere chiusi i demoni dietro a quel portone. Insomma, potrò anche non liberarmi mai totalmente dell’influenza mia famiglia, come ha detto la nonna, ma non è detto che le cose non possano in qualche modo… funzionare.
Xiaoyu spegne il phon e mi guarda con un sorrisetto finto innocente.
“Ehm… comunque non ti ho ancora detto una cosa riguardo a stasera.”
Mi sono lasciato convincere a partecipare ad un'uscita di gruppo dopo cena. Ha insistito un sacco, dice che è giusto che veda delle persone della nostra età ogni tanto, ora che non vado neanche più alle lezioni. Io le ho detto e ripetuto che non vale la pena preoccuparsi della mia vita sociale, dato che me la sono cavata per tutti questi anni senza praticamente averne una, ma come è presumibile quella risposta non è l’ha convinta.
“Almeno fai un tentativo! Se poi proprio ti annoi torni a casa.” è stato quello che mi ha detto.
E non appena ho provato a protestare mi ha rinfacciato di essermi perso anche l'uscita d'addio per Kamiya e che quindi non posso mancare pure oggi! 
“Cosa non mi hai detto?” chiedo con sospetto.
“Ci sarà anche Hwoarang.” dice come se niente fosse, tornando sistemarsi i capelli allo specchio.
“Perfetto, adesso ho la ragione perfetta per non venire.” borbotto “Perché l'hai detto anche a lui e soprattutto perché me lo stai dicendo solo ora?!”
“Perché è mio amico e vorrei che provaste ad andare d'accordo.”
Sospiro e mi volto verso la finestra a vedere la città che brilla sotto le luci del tramonto.
“Impossibile. E se lo conosci bene come dici, dovresti saperlo anche tu.”
“Gli ho fatto un discorsetto. Niente combattimenti durante le uscite con amici. Me l'ha promesso.”
La guardo poco convinto.
“No. Mangio qualcosa con te, poi me ne vado.” 
“Non pensarci neanche!” mi guarda accigliata, poi sorride di nuovo “Non ti ho neanche detto che programmi ci sono per dopo!”
“Cioè ci sono altre sorprese?!” alzo un sopracciglio.
Esce dal bagno e mi raggiunge nella stanza.
“Ho avuto la soffiata che il parco di Heihachi è quasi pronto.” dice fermandosi davanti a me tutta contenta.
La guardo stranito.
“Che cosa? Il parco che gli hai suggerito di aprire?”
Lei annuisce entusiasta.
“Me l'ha detto uno dei manager, l'ho incontrato al conbini vicino a casa!”
Che storia è questa? Il vecchiaccio ha davvero mantenuto la sua parola?
“In realtà non ho idea di come sia stato realizzato, per questo stasera pensavo di andare a dare una sbirciatina.” continua radiosa “Con tutti voi. E ovviamente devi esserci anche tu. Non puoi assolutamente mancare!”
Irradia allegria ed entusiasmo da tutti i pori ed è così assurdamente carina quando è felice.
Come si fa a dirle di no?
“Perché mi guardi così ora? A che stai pensando?” 
Che ti amo e che devo proteggere quel sorriso a tutti i costi.
Mi irrigidisco rendendomi conto di cosa ho appena pensato.
“Niente.” bofonchio girandomi alla finestra “Va bene, vengo.”
Lei si avvicina, mi getta le braccia al collo e mi stampa un bacetto sulla guancia a mo' di ringraziamento.
“Ma ti avviso, se Hwoarang inizia a rompere, me ne vado.” 
“Non lo farà!” cantilena tornando in bagno “Me l’ha promesso!”
Guardando sempre fuori dalla finestra, quasi per caso individuo per un attimo un’inconfondibile decappottabile rossa che entra nel parcheggio sotto il palazzo. Aggrotto le sopracciglia, controllo l’orario e mi alzo.
“Ehm Xiao!” richiamo la sua attenzione “Anna sta tornando un po’ in anticipo oggi!”
“Ooops. Ok.” risponde “Tanto avevo più o meno finito.”
Torna dal bagno sistemandosi la frangetta.
“Hai… le codine a due altezze diverse.”
Lei fa una smorfia e se le disfa.
“D’accordo, capelli sciolti stasera.” borbotta mezzo spettinata.
Prende la giacca, lo zainetto a forma di panda e si prepara per uscire.
“Tu devi ancora finire di prepararti, ti aspetto qui giù…” 
Poi passa di nuovo di fronte ad uno specchio e ridacchia, notando i ciuffi in disordine.
“Dovrò finire di sistemarmi usando lo specchietto retrovisore di una macchina o qualcosa del genere.”
Sospiro. 
Abbiamo sempre fatto in modo di non dover incontrare Anna quando Xiao viene a trovarmi qui. Non che avrebbe niente da ridire nel scoprire che ho invitato un’amica a casa, anzi la sua reazione sarebbe probabilmente l’esatto opposto. Ci accoglierebbe con una pioggia di coriandoli e condom e… questo è esattamente ciò che ho sempre voluto evitare, anche se allo stesso tempo dover stare a questa rigida segretezza inizia veramente ad essere snervante.
“Anna non avrebbe niente da dire se anche ti trovasse qui.” mi ritrovo a suggerire a voce alta.
Mi guarda scettica recuperando la sua borsa e infilandosi la giacca.
“Andiamo, hai veramente voglia di affrontare la conversazione che ne seguirebbe, Jin-chan?”
E certo, fino a qualche tempo fa avrei risposto di no senza neanche pensarci, ma a questo punto inizio a credere che forse sarebbe meglio affrontare la cosa e basta e che forse mi sono sempre messo una marea di problemi inutili per niente.
“Inizio a pensare che potrebbe non essere poi così terribile.” dico seguendola verso l’ingresso “E so di potermi fidare di lei.”
“Ma non c’è problema!” continua lei con un sorriso infilandosi le scarpe “Cerca solo di non metterci troppo.”
“Beh, no devo solo asciugarmi un po’ i capelli…” dico, anche se ormai sembra essere ben decisa ad uscire. 
“Lo sappiamo bene entrambi che non è asciugarsi i capelli il problema, ma il mettere il gel.” mi guarda sottecchi.
Sospiro.
“D’accordo, farò in fretta. Se devi usare davvero lo specchietto di una macchina però, stavolta assicurati che non ci sia nessuno dentro!”
“Cercherò di ricordarlo.” si solleva in punta di piedi e mi bacia sulle labbra, poi apre la porta ed esce dall’appartamento. 
Corre veloce verso le scale.
“Fai attenzione sulle scale! Non c’è bisogno di correre!”
Non mi risponde neanche e sparisce giù per gli scalini.
Sospiro e chiudo. Cammino per il corridoio, la gatta Marilyn miagola come le passo a fianco per entrare in bagno. Mi fermo davanti allo specchio e inizio a sistemarmi i capelli ancora umidi dalla doccia. Anna rientra nell’appartamento in quel momento.
“Jin-chan, sei in casa?”
“Sì.” 
“Come è andato il tuo giorno libero?”
Domanda difficile. Ci sono stati picchi in direzioni molto opposte.
“Sono passato a prendere delle cose a casa e… ho visto la famiglia.” rispondo vago giusto per dire qualcosa.
“Oooh.” esclama Anna arrivando davanti alla porta aperta del bagno.
Mi guarda con apprensione. Vedere la famiglia è già un evento abbastanza traumatico di suo, se solo sapesse la notiziona!
“Povero cucciolo.”
“Anna, senti già che ci sono… mi hanno riattivato il conto. Ho di nuovo i miei risparmi.” le faccio sapere “Da domani inizio a cercarmi un posto dove stare, così presto potrò togliere il disturbo.”
Mi guarda sinceramente rattristata.
“Oh Jin-chan, te ne vai così presto?! Mi mancherai!” si mette una mano sopra il cuore.
“Non mancherò a Tanaka, questo è certo!”
Lei ridacchia e scuote la testa.
“Lo metti solo un po’ in soggezione perché sei il figlio del capo, ma sono certa che andreste d’accordo.” sorride.
“Già, il figlio del capo.” ripeto amaramente guardandomi allo specchio.
“Comunque anche io ho una notizia per te!” dice poi con un sorriso “Una cosa che ti riguarda!”
“Mmm?” chiedo stupito.
“Ho incontrato Lee per un caffè poco fa e indovina un po’? Abbiamo parlato di te!”
“Come avete parlato di me?! Non gli avrai detto che sono qui!! Anna?!” la guardo allarmato.
“Tranquillo, ovviamente non gli ho detto niente!” mette subito in chiaro “E comunque Lee è una persona affidabile, con lui potresti parlarne senza problemi!”
“Cosa avete detto di me?”
“È molto dispiaciuto per il fatto che non stai più seguendo le lezioni!” inizia appoggiandosi ad uno stipite della porta “Come tutti d’altronde, sei un ragazzo così intelligente! È un vero peccato che tu voglia smettere di studiare!”
Alzo gli occhi al soffitto, impaziente.
“Sì, d’accordo, abbiamo già parlato abbondantemente di questo.”
“Lee mi ha detto che sei stato selezionato per lo scambio in Australia.”
Per un attimo resto imbambolato.
“Cosa?!” rispondo poi non credendo alle mie orecchie “Ma se mi avevano chiaramente detto che…”
“Sì, Lee mi ha parlato anche di questo!” mi anticipa Anna “Ma nonostante la tua condotta disastrosa, la tua lettera di motivazione è risultata la migliore tra quelle inoltrate, in più hai una buonissima media e… diciamo che hanno voluto anche darti una sorta di risarcimento morale per aver punito solo te quella volta che sei stato sospeso. E insomma, questo è stato il verdetto della commissione.”
“Seriamente?!” 
“Ovviamente non gli ho detto che stai vivendo a casa mia, ma…” Anna inizia a frugare dentro alla sua borsa “... gli ho detto che non avresti rifiutato un caffè con la tua cara dolce ex-babysitter. E che avrei potuto consegnarti personalmente questa.”
Mi porge una busta da lettera.
Allungo le dita e prendo la busta come se fosse un oggetto magico.
“Ti lascio solo, così potrai leggerla con calma.” sorride e si incammina verso la sua stanza.
Neanche rispondo, tanto sono confuso. Apro la busta, estraggo il foglio al suo interno. Leggo e rileggo le prime righe come se di colpo non capissi più le parole. 
Non posso crederci. Ero convintissimo di aver perso tutte le possibilità di poter ancora ambire a questo posto e adesso invece, proprio quando meno me l’aspettavo, viene fuori che sono tra i vincitori del concorso. 
L’Australia, l’obiettivo per cui ho lavorato così tanto per mesi e mesi alla fine mi è caduto tra le mani quando meno me l’aspettavo. 
Dovrei dirlo a Xiaoyu, ma… è così entusiasta di vedere il parco stasera, una notizia come questa potrebbe guastarle l’umore per la serata. 
Per ora forse è meglio aspettare, gliene parlerò al momento giusto.
Prendendo di nuovo un briciolo di coscienza mi affaccio sul corridoio. 
“Anna… grazie.”

 

L’appuntamento è dopo cena in un campo dismesso all’uscita del quartiere. Un’area un po’ strana e poco invitante, e onestamente non avrei scelto questa zona per la costruzione di un parco dei divertimenti. Questo posto è conosciuto per essere un’ex-zona industriale, oggi trasformato in residenziale, ma semi-abbandonato e un po’ bel po’ decadente. Ci sarà un bel po' da fare nell'area circostante se si vorrà davvero attirare la gente qui.
Mi tengo per me queste perplessità e aspetto con Xiao l'arrivo del resto del gruppo. Il magico trio Lars, Alisa e Asuka è il primo ad arrivare. Riconosco l'auto di mia madre che si ferma a pochi passi da noi.
“Guarda chi si è deciso a fare un po’ di vita sociale!” esclama Asuka aprendo lo sportello e guardandomi con una smorfia.
Hwoarang e Asuka nello stesso gruppo, combinazione devastante. Era da tanto che non mi capitava di dover partecipare ad un’uscita dalle premesse così sfaticanti.
“Xiaoyu! Sono colpita! Sei riuscita a tirarlo fuori dalla sua caverna!” continua Asuka con uno strano sorriso “Hai davvero dei superpoteri!”
“Asuka, non hai ancora imparato che non è il caso di stuzzicarlo?!” sento Lars che le parla a denti stretti chiudendo la macchina.
Giusto Lars, diglielo. Convincila a starmi lontano o inizierò a sparare nuove cattiverie.
“Sì, d’accordo la smetto.” assicura Asuka, che poi però mi si avvicina comunque.
“Come va?” chiede mettendo da parte l'ironia “Ti sei ripreso?”
“Eravamo preoccupati per te, Jin-san.” mi raggiunge anche Alisa.
Improvvisamente mi viene da arretrare.
“Sto bene grazie!” rispondo automatico “Non è il caso di parlarne.”
Sto incredibilmente riuscendo a non lasciarmi coinvolgere troppo da questa nuova situazione, ma preferirei comunque evitare di parlarne.
“Beh, è comprensibile ti sia sentito un po’ strano!” commenta Asuka “È stato uno shock totale persino per noi! Ma poi… il modo in cui ce l’ha detto! Insomma, io pensavo che ci stesse per dire…”
“Non dirlo.” la blocco.
“... di essere incinta!”
Ecco fatto. Chiudo gli occhi e rabbrividisco all’idea dello scampato pericolo.
Vi immaginate? Un altro essere umano condannato a dover passare ciò da cui sto appena riuscendo a sfuggire io?
“Asuka-san… credo sia meglio cambiare argomento.” mormora Alisa che evidetemente ha notato la mia espressione.
“Hey!” ci raggiunge anche Miharu, grazie alla quale si può finalmente definitivamente cambiare argomento di discussione “Credevo di aver sbagliato stazione della metropolitana, ma siamo nel posto giusto?”
“Sì!” risponde Xiao “Dovrebbe essere esattamente qui dietro.” 
“Wow! Dovremmo addentrarci in mezzo a questi posti abbandonati?” commenta guardando l’amica con entusiasmo “Si preannuncia un sabato sera decisamente diverso del solito!”
“Un momento, addentrarci qui dietro? Che stiamo andando a fare esattamente?” si chiede Lars, che è evidentemente stato portato lì quasi per caso “Che posto è questo?”
“Xiao-san ha dato ad Heihachi-san un suggerimento per aprire un business.” spiega a quel punto Alisa “Stasera andiamo a dare un’occhiata per vedere che cosa hanno realizzato!”
“In realtà non so bene cosa aspettarmi!” commenta a quel punto Xiaoyu “Insomma, so che l’idea di base è stata un po’ modificata, ma… spero abbiano fatto una cosa carina!”
“Ragazziiii sono qui!” 
Una ragazza bionda che non conosco è appena uscita dal retro di una macchina scura.
“E quella chi è?” chiedo confuso raggiungendo Xiaoyu "Non pensavo ci sarebbero state anche facce nuove."
Asuka le si piazza davanti.
“Come al solito sei in ritardo!” dice alzando le sopracciglia e mettendosi a braccia conserte.
“Ma che vuoi? Stavo finendo di farmi le unghie!” risponde l’altra disinteressata ammirando la manicure.
“Quella è Lili, l'ultima arrivata del nostro gruppo. Lei e Asuka hanno un’amicizia un po’... speciale.” mi informa Xiaoyu.
“Speciale?” chiedo confuso “In che senso?”
Poi improvvisamente mi ricordo.
“Aspetta… non è la tipa che ha picchiato a scuola lo scorso autunno?!” chiedo.
Xiaoyu annuisce.
“Oh! È anche la stessa persona che vi ha aggredito con lo spray al peperoncino.” le viene in mente di dirmi a quel punto. 
“Che cosa?!”
“Sì, ma è stato un incidente, in realtà non aveva cattive intenzioni.” aggiunge come se fosse una cosa da niente.
Sgrano gli occhi e mi concentro di nuovo quella ragazza. È bionda, alta… occidentale.
“Mi prendi in giro?!” chiedo stupefatto “È stata veramente lei?!”
Quindi Nina Williams non c'entrava niente?! Quindi Heihachi non c’entrava niente?!
“Aspetta, cosa vuol dire che non aveva cattive intenzioni?!” riprendo poi “Ci stava seguendo! Perché ci stava seguendo?!”
“Shhh.”  Xiaoyu mi zittisce portandosi un indice davanti alla bocca e trascinandomi qualche passo indietro “Cerca di essere delicato. Se ne vergogna molto e non le va che se ne parli, ok? Non era niente di che, voleva… come dire… fare uno scherzo ad Asuka.
“Uno scherzo?!”
“Sì, una specie di scherzo diciamo, ma le dispiace un sacco. Si è scusata molto con lei.”
“Le dispiace un sacco?!” ripeto sconcertato “E cosa vuol dire che si è scusata con Asuka?! Con me non l’ha fatto! Ti devo ricordare che razza di reazione allergica mi ha provocato?!” mi lamento.
“Sì, beh… hai ragione e sono sicura che si scuserebbe anche con te, ma… non dirle niente, dai! La metteresti in imbarazzo davanti agli altri e sta solo cercando di fare amicizia, poverina.” cerca di convincermi "Ha detto che ti trova un po' spaventoso e… beh, devi capire che il più delle volte non hai esattamente uno sguardo molto amichevole."
“Spaventoso?!” 
Torno a guardare quella strana ragazza che battibecca con Asuka, più confuso che mai.
“Bah, a me non sembra tanto timida!” commento.
“Kazama!” un ringhio fin troppo familiare richiama la mia attenzione.
Alzo gli occhi al cielo. Eccoci qua, dunque. Il momento è arrivato.
“Hey Hwoarang!” lo saluta Xiaoyu agitando un braccio sorridente.
“Xiao-chan! Come stai?” passa improvvisamente ad un insolito tono affettuoso.
“Hwoarang?! Vi conoscete?” chiede Asuka sorpresa come me tempo addietro.
“Mi raccomando!” Xiaoyu mi guarda severa “Non fare l’idiota.”
“Non sono io l’idiota tra i due!” le ricordo mentre si sposta per andare a parlare con Asuka.
"Sì, con Hwoarang ci conosciamo da tempo." le racconta “A volte è piccolo il mondo, vero?”
"Ma dai!"
L’idiota dai capelli arancioni intanto spegne la moto. Mi guarda con aria indispettita e mi fa un cenno di avvicinarmi. Rispondo di no con la testa.
Lui ripete il gesto, ancora più brusco e più arrabbiato.
Sbuffo e mi avvicino di qualche passo per sentire che ha da dire.
“Che vuoi?!” sbotto acido.
“Xiaoyu ti avrà parlato della tregua che mi ha imposto di seguire.” comincia scendendo dalla moto, mi guarda con aria omicida “Te ne avrà parlato sicuramente, dato che voi due siete tanto amici, vero?”
“Ripeto, che diavolo vuoi?”
“Mi ha anche chiesto di non accennare al fatto che ti ho visto gironzolare mezzo nudo per casa sua.” continua con una smorfia “Perché a quanto pare sei un tipo riservato, come ti ha definito lei.”
“Te l’ho già spiegato! Mi stava solo prestando la doccia!” 
Lui mi blocca alzando una mano.
“Non voglio sentire altre cazzate uscire dalla tua bocca.” poi mi guarda ancora più minaccioso “Ma una cosa la vorrei proprio sapere... perché se avevi intenzione di sparire dalla sua vita non lo hai ancora fatto brutto stronzo?!”
Perché dovrei rendere conto a lui di queste cose?!
“Ti ho fatto una domanda, Kazama!”
“Le cose sono cambiate e siamo rimasti in contatto. Qualche problema?!” rispondo secco.
Lui annuisce guardandomi con rabbia.
“Qualche problema in effetti ce l’ho. Lei meriterebbe decisamente di meglio.” si fa serio “Ma se proprio hai deciso di restarle a fianco, farai bene a fare pace con i tuoi pensieri tormentati, a tirar fuori le palle e a prenderti le tue responsabilità. So bene che anche tu hai avuto la tua buona dose di merda dalla vita, Kazama, ed è l'unica ragione per cui non ti sto spezzando le gambe in questo momento… ma prova a farla soffrire e sarà la volta buona che ti ammazzo!”
Ma che cazzo, è diventato un mentalista negli ultimi tempi?!
Rimango stranito da questo che è, a suo modo, un insolito tentativo di incoraggiamento. 
“Comunque sia…” messa da parte la serietà torna al suo solito tono sfottente “Per ora ho intenzione di mantenere la parola data a Xiao-chan e rispetterò la tregua, Kazama. Niente pugni durante le uscite di gruppo. Ma sappi che io non dimentico, io e te…” 
“... abbiamo un conto in sospeso, lo so.” completo io la frase con un mezzo ghigno.
“Bene, ci siamo tutti!” esclama Xiaoyu da qualche metro di distanza “Vogliamo andare a dare un’occhiata? Come vi ho detto non ho la minima idea di come sia e che potrebbe essere un po’ diverso dall’idea originaria, dato che mi è stato detto che… è stata un po’ riadattata in base alle esigenze di mercato e…”
“Su, basta chiacchiere e andiamo a vedere!” esclama decisa la ragazza di nome Lili “E dopo proporrei una bella sfida di coraggio dentro ad uno di questi edifici abbandonati che hanno tanto l’aria di essere infestati.”
Guarda Asuka.
“Ci stai?” le chiede con aria di sfida “O hai paura?”
“Paura?” Asuka finge una risata “Io dico che si preannuncia una serata interessante!”
“Asuka, no! Non è il caso!” interviene a quel punto Lars facendo l’adulto responsabile della situazione “Non ho neanche capito dove dovremmo andare!”
“È proprio qua dietro!” gli spiega Xiaoyu “Dentro la recinzione di questa fabbrica abbandonata. Dovremmo scavalcare il muro per raggiungere il cantiere, ma tanto siamo tutti atletici no? Non è un problema giusto?”
“Certo che no Xiao-chan!” risponde Hwoarang, l’uomo più confidente nelle proprie capacità fisiche del mondo.
“Oh accidenti! Forse non avrei dovuto mettere i tacchi!” commenta di nuovo Lili.
“Beh, era piuttosto chiaro che non stessimo andando a ballare, non per dire!” le fa notare Asuka.
“Beh, ti assicuro che salterò quel muro con o senza tacchi!”
Mentre ci avviciniamo e cerco di filtrare quei discorsi idioti, osservo con sospetto quella fabbrica abbandonata, i muri anneriti, le finestre spaccate. 
Sono sempre più perplesso riguardo a questa zona e la cosa inizia a darmi uno strano sentore.
Xiaoyu inizia l’arrampicata.
Asuka e Hwoarang la seguono come se niente fosse, seguiti a ruota da Lili, nonostante le scarpe poco adatte, e Miharu.
Lars rimane incredulo a guardare.
“Ma che diavolo stiamo facendo?” si chiede a voce alta “Io mi aspettavo un’uscita tranquilla.”
Alisa sorride.
“Beh Lars, non è mica la prima volta che ci addentriamo di nascosto da qualche parte.”
Lars abbozza un sorrisetto ad Alisa, poi mi guarda tornando serio.
“Hai intenzione di entrare anche tu?” mi chiede.
Annuisco.
“Sì, anche se inizio ad avere un brutto presentimento.” 
Scavalchiamo il muro anche noi, persino Lars, e una volta che ci ritroviamo tutti dall’altra parte iniziamo a farci strada tra le erbacce incolte, guidati dal fascio di luce delle torce dei telefoni. 
“Non riesco a credere che lo stiamo facendo davvero!” ripete Lars, decisamente troppo adulto per queste ragazzate.
Sembra essere l’unico a non sentirsi proprio a suo agio. Gli altri sembrano più o meno tutti intrigati da quell’avventura. Hwoarang, da delinquente esperto, ci fa strada camminando davanti a tutti, atteggiandosi da capogruppo. Asuka cammina subito dietro a lui, seguita da Lili che resta un po’ indietro semplicemente per il problema dei tacchi. Miharu, poco abituata a queste stramberie, sembra vivere l’avventura dell’anno.
E poi ci sono io, che non riesco a darmi tregua.
Raggiungo Xiaoyu, le prendo un braccio e la prendo un attimo in disparte.
“Scusami se ti rovino l’entusiasmo, ma non pensi che questo posto sia un po’ strano?” 
Lei corruga la fronte.
“Cioè?”
“Intendo dire, sembra più il posto dove farei una discarica piuttosto che un’attrazione per famiglie!” esprimo le mie preoccupazioni.
Lei fa un’espressione un po’ strana ed è chiaro che in una certa misura l’ha pensato anche lei.
“Ok, la zona non fa impazzire neanche me.” ammette infatti “Ma quando sarà attivo con le luci e tutto il resto avrà sicuramente un altro aspetto.”
Non rispondo, ma lascio la stretta, per niente convinto. Lei sorride e riprende a camminare seguendo il gruppo. Riprendo a muovermi anche io, continuando di tanto in tanto a guardare gli scheletri degli edifici abbandonati intorno a noi.
“Ok.” sentiamo Hwoarang che sta per sbucare dall’altra parte della fabbrica “Dev’essere lì. Vedo degli edifici nuovi!”
Asuka e Lili accelerano il passo e lo seguono dietro all’edificio abbandonato.
“Ma dove sono le montagne russe?” sentiamo la voce Lili.
“Boh, saranno più indietro.” risponde Asuka.
“Ci servirebbe più luce!” dice Hwoarang “Da qui non possiamo capire molto!”
Sospiro e accelero il passo, sempre più preoccupato.
“C’è qualcosa che non va?” chiede Alisa iniziando ad avvertire la situazione un po’ tesa.
Anche Xiaoyu e Miharu spariscono dietro all’angolo della fabbrica.
Le raggiungo anche io e individuo le sagome delle costruzioni nuove a circa un centinaio di metri da noi, oltre tutta una serie di attrezzi e macchine da cantiere.
In effetti è strano. Non si vedono le classiche forme da parco dei divertimenti, con montagne russe, ruote panoramiche e quant’altro, ma solo una serie di edifici rettangolari, cartelloni e insegne.
“Ho trovato questo!” dice Hwoarang sbuffando dalla sigaretta che tiene a penzoloni tra le labbra. 
Cammina trascinando una specie di riflettore da cantiere in braccio, con la torcia sotto l’ascella. Lo appoggia per terra e lo studia con attenzione per capire come accenderlo.
Asuka si inchina a fianco per aiutarlo a capirci qualcosa.
“Ma è a batterie o serve collegarlo ad una presa?” si chiede.
“Non vedo cavi.” risponde Hwoarang.
“Proviamo a premere i pulsanti a caso?” propone Lili.
A Hwoarang sembra piacere l’idea e inizia a pigiare qua e là finché un fascio di luce pontentissimo si accende e ci abbaglia tutti.
Hwoarang inizia a ridacchiare soddisfatto e orienta la luce verso il presunto parco di divertimenti, facendoci scoprire… Hei-Land, l’ultima frontiera dell’intrattenimento. Un luogo per evadere dallo stress della vita metropolitana. Casinò, centro scommesse, pachinko, nightclub, stripclub.
Heihachi stronzo di merda! Queste erano le modifiche che ha apportato per adeguarsi alle richieste di mercato?!
“Xiao…” dico mortificato.
“Oh mio dio!” esclama Miharu a voce alta.
“Ma… era questa la tua idea Xiaoyu?!” chiede Lili sconcertata.
“Ovviamente no, mostra un po’ di tatto!” la bacchetta subito Asuka.
“Quindi presumo tuo nonno si è distanziato un bel po’ dall’idea originaria!” continua Lili rivolta ad Asuka “Altro che esigenze di mercato, che gran porco!”
“Non è mio nonno! Non ha niente a che fare con me!” ci tiene subito a precisare l’altra. 
Giustamente. Beata lei che lo può fare.
“Xiao-san…” mormora anche Alisa.
“Come non è tuo nonno?! Non sei cugina di quello?” Lili fa un cenno della testa verso di me.
“Che significa questo?!” fa Lars sempre più disorientato.
“Sì, ma che c’entra? Siamo cugini, ma dall’altra parte. Io non ho niente a che fare con i Mishima!” spiega Asuka.
“A quanto pare il vecchio ha capito cosa fa veramente girare i soldi.” commenta Hwoarang storcendo il naso “Altro che montagne russe! Che gran pezzo di merda!”
Guardo preoccupato la reazione di Xiaoyu. È a bocca aperta, arrabbiata, pallida come un cencio, senza smettere di fissare quell’orrore. Sento una stretta al petto. Heihachi stronzo pezzo di merda.
“La pagherà.” le dico a voce bassa “Ti assicuro che quel vecchio stronzo di merda presto o tardi pagherà per tutto quel che ha fatto.”
“Sì, ma è comunque un tuo parente acquisito, Asuka!”
Xiaoyu mi restituisce lo sguardo per un attimo, poi torna a guardare quell’orrore.
“Sai, io di solito non sono per la violenza, specialmente contro i nonnetti, ma…” sibila con uno sguardo malvagio che non le ho mai visto prima "... in questo momento lo pesterei con una combo da dieci colpi!"
"Anche io."
Oh e quanto sarebbe bello poterlo fare davvero. Picchiare insieme quel bastardo, fargli sputare sangue e denti.
“Non è un parente acquisito Lili! Abbiamo parenti in comune! È una cosa diversa!”
Hwoarang si affianca a Xiao dall’altra parte. Inspira una lunga boccata di fumo e guarda fisso Hei-Land con l’inconfondibile sguardo di chi sta chiaramente chiaramente macchinando qualcosa.
“Xiao-chan io questo lo considero come un affronto imperdonabile. Chiedo il tuo permesso per poter avviare una sessione di vandalismo!”
Io e Xiaoyu lo guardiamo confusi, poi lei annuisce iniziando ad apprezzare l’idea.
“Hwoarang… fai quel che devi fare!” dice.
“Sul serio?” chiedo.
Lei annuisce con sguardo cattivo.
“Sul serio.”
E chi sono io per criticare la voglia di vendetta contro Heihachi?
“È un parente acquisito, Asuka, che ti piaccia o no!” continua Lili intanto.
Hwoarang sogghigna e non ha bisogno di sentire altro. Getta a terra quel che resta della sigaretta e la schiaccia sotto l’anfibio.
“Vado a prendere l’occorrente!” dice prima di voltarsi e tornare indietro, in direzione della strada.
“Ora capisco perché sei convinta di essere imparentata con i reali d’Inghilterra, non capisci niente di come funzionano i legami familiari, Lili!”
“Xiao-san, possiamo fare qualcosa per aiutarti?” si avvicina Alisa preoccupata, seguita da Miharu che guarda l’amica rattristata.
“Tranquilli, va tutto bene!” dice lei con un sorriso forzatissimo. 
Poi inizia ad indietreggiare.
“Ma credo che me ne starò un attimo qui dietro a… ehm riflettere sulla cosa.” continua tornando indietro “Voglio solo stare un po’ da sola… sapete... per smaltire la rabbia. Per favore, lasciatemi sola per un momento, tutti quanti.”
Sospiro con preoccupazione, Lars nel mentre si ferma a fianco a me.
“Incredibile, come fa quell’uomo ad essere così orribile?! A prendere in giro una ragazzina in quel modo?” commenta con un misto di rabbia e vergogna “Le ha fatto credere che avrebbe costruito un parco dei divertimenti e poi se ne esce con… questo?!”
E Lars, con il 99,99% di possibilità di essere figlio di quel pezzo di merda, che in biologia significa certezza matematica, credo sia veramente l’unico che possa capire il senso di schifo che provo in momenti come questi.
“Lo so.” dico a denti stretti tenendo d’occhio Xiaoyu “E di solito non tiferei mai per Kazuya, ma spero proprio che presto o tardi lo distrugga, qualsiasi cosa stia tramando.”
Xiaoyu sta scalando una specie di ponteggio in disuso a fianco alla fabbrica.
“Oddio, ma dove sta andando?! Può essere pericoloso!” commento, iniziando a camminare verso di lei.
“Eh sì, potrebbe essere arrugginito!” commenta anche Lars seguendomi.
“Xiaoyu, dove vai?!” esclama anche Miharu. 
Fa per unirsi alla compagnia anche lei, ma poi Asuka interviene, mettendo in pausa quella stupida discussione con Lili.
“Miharu, Lars, lasciamo che vada lui.” dice riferendosi a me.
“Sul… sul serio, Asuka?!” chiede Lars sconcertato.
“È bravo con le parole?” chiede Miharu.
“Oh, è pessimo con le parole! Ma… ha delle altre qualità, suppongo.”
“Eh?!”
“Asuka ma…”
“Lasciamo andare lui.”
Lancio un’occhiata di perplessità ad Asuka dopo aver sentito questo strano scambio di battute e lei mi fa una piccola strizzata d’occhio.
Ancora mi chiedo da dove abbia capito, ma per stavolta le sono grato.
Asuka mi sorride e torna a parlare con la bionda. 
“Lili, se fosse come dici tu saremmo tutti parenti nel mondo! Te ne rendi conto?!”
Riprendo a camminare verso il ponteggio.
“Xiao!” dico fermandomi sotto la costruzione di ferro “Vieni giù di lì! Potrebbe non essere stabile!”
“Non mi interessa.” è seduta dando le spalle a Hei-Land e nasconde la faccia contro le ginocchia.
“Dai, scendi e ne parliamo come persone normali, ok?”
“Lasciami in pace.”
“No, non ti lascio in pace!”
“Perché no?! Vuoi che ti dica che avevi ragione?! Che me l’avevi detto?! Beh, avevi ragione!” inizia ad asciugarsi le lacrime “Chiaramente ho sbagliato a fidarmi di quello che per anni ho creduto il mio angelo custode! Sono una stupida!”
Dio quanto vorrei prendere a calci qeul vecchio di merda in questo momento.
“Xiao, non essere ridicola! Non me ne frega niente di avere la ragione.” dico “Non ti lascio in pace perché… guardati intorno! Ora sei tu ad essere seduta su un sudicio ponteggio in disuso! E pure potenzialmente instabile! Sei tu ad avere bisogno del mio aiuto adesso!”
Ebbene sì, per una volta le parti sono invertite. Solleva la testa e mi guarda con occhi arrossati.
“E non sei una stupida!” continuo parlando con sincerità “Hai solo deciso di credere in un sogno. Heihachi è così, è un viscido doppiogiochista senza alcun rispetto per gli altri. Con te si è sempre presentato come il perfetto benefattore e tu hai voluto vedere del bene in lui. Quello stronzo adora fare buona impressione sugli altri, ti ha ingannato, manipolato, ma non puoi fartene una colpa solo perché tendi ad avere fiducia nel genere umano!”
Ascolta con attenzione, poi abbassa gli occhi tristemente.
“No, è colpa mia invece.” ripete “Vivo di troppi sogni e sono troppo ingenua. Mi faccio sempre delle aspettative troppo grandi su tutto e la mia vita è una continua serie di illusioni!” 
“Ti prego smettila con questi discorsi pessimisti e autocommiserativi, sembri me!” commento con orrore.
“Illusioni che poi fanno male.” conclude nascondendo la faccia tra le braccia e le ginocchia “E sai anche a cosa mi riferisco.”
Resto a riflettere su quelle parole per qualche secondo.
“Stai per caso parlando di me?” chiedo poi con quel terribile sospetto.
Solleva un po’ la testa.
“A casa di Anna mi hai chiesto scusa perché ogni tanto cerchi di lasciarmi.” riprende “In realtà inizio a pensare che non sia tu a doverti scusare. Il rapporto con la tua famiglia ti tormenta tantissimo, ormai l’ho capito, e hai detto in tutti i modi che non volevi altre complicazioni… ma io mi sono illusa e ho creduto di poter vivere la favola perfetta con te noncurante del terribile stress e di tutte le preoccupazioni che questa situazione ti mette addosso!”
“Che cosa?!”
Ascolto sbigottito quella marea di assurdità.
“Non essere ridicola, non è mica colpa tua! Ogni tanto cerco di lasciarti perché la mia testa è un casino e non riesco mai decidermi tra cosa ritengo giusto e quel che voglio. Ma tu di certo non mi hai fatto nessun torto!”
“Forse dovrei lasciarti andare e iniziare a vivere nella realtà.” continua tirando su col naso.
Apro la bocca incerto.
“Aspetta… quindi ora sei tu che stai provando a lasciare me?” chiedo serio.
Alza le spalle.
“Non lo so.” dice “Ma vedo come sei terribilmente stressato, in più tutta questa storia della segretezza, il fatto che hai paura che Heihachi possa togliermi la borsa e ti sentiresti in colpa… e insomma, per me andrebbe anche la pena rischiare, ma tu sei uno che quando si stressa sputa sangue e finisce in ospedale! Io non voglio mica ucciderti, dannazione!” scoppia a piangere più forte.
Chiudo gli occhi e sospiro.
“Xiao, smetti di dire queste idiozie e vieni giù da lì!” 
“No.” risponde secca.
“È vero, questa situazione con te all’inizio mi stressava parecchio.” ammetto “Avevo paura che Heihachi potesse toglierti la borsa, l’alloggio e che tu fossi costretta a rinunciare alla tua istruzione. Ed era la ragione per cui volevo tenere tutto segreto, ma…” sospiro “Le cose sono un po’ cambiate ora.”
Mi guarda spaesata per qualche secondo.
“In che senso? Cosa è cambiato?” tira su col naso.
“Nel senso che…” abbasso lo sguardo e lo dico come se fosse la peggiore vergogna del mondo “Da questo pomeriggio avrei i soldi per sostenere la tua istruzione per intero… così come quella di tutte le persone qui presenti messe insieme.”
Apre la bocca sorpresa.
“Che cos…?” mormora.
“Mia madre mi ha riaperto il conto. Ho di nuovo i miei risparmi.” spiego brevemente a voce bassa “E… ha aggiunto anche un piccolo extra. Piccolo si fa per dire ovviamente.”
Tira su di nuovo col naso, guardandomi incerta.
“Ora, io non ho intenzione di usare quei soldi, non li ritengo miei.” riprendo la spiegazione “Voglio cavarmela da solo, andare avanti per conto mio e un giorno restituire tutta la cifra per intero. Però… date le particolari circostanze, penso anche che non ci sia niente di male a tenerli a portata di mano nel caso abbia bisogno di difendermi da un possibile incidente di famiglia, no?”
Aggrotta le sopracciglia, insicura di aver afferrato bene il senso del mio discorso.
“Quindi…?”
“Quindi saranno una sorta di assicurazione.” spiego meglio “Se Heihachi per dispetto ti rifiutasse la borsa, o se ne uscisse con qualche altro scherzo, io potrei teoricamente rimediare al problema.”
Spalanca la bocca sbalordita.
“Aspetta però. C’è un’altra cosa che devi sapere.” aggiungo prima che possa rispondere qualcosa “Non te l’avevo ancora detto perché non volevo rovinarti la serata, anche se poi c’è riuscito qualcun altro…” guardo Hei-Land con disgusto “Comunque… stasera ho scoperto di essere stato accettato all’università di Brisbane in Australia.”
“Sul serio?!” esclama.
Annuisco.
“Sono sorpreso anche io. Pensavo di non aver più nessuna speranza.” dico “Ma Anna mi ha dato la lettera prima di uscire. Ti ricorderai che lei e Chaolan sono molto amici.” 
Lei si asciuga le lacrime con i polsi, si alza e finalmente scende giù dal ponteggio con un salto. Mi guarda con un sorriso pieno di gioia.
“È fantastico!” dice “Congratulazioni!”
Annuisco un po’ disorientato da quella reazione felice.
“Sarebbe l’opzione migliore per cambiare aria e nel mentre non rinunciare agli studi.” ammetto “È che… è così strano.”
Mi guarda confusa, ancora con naso e guance arrossate per il pianto.
“Cosa c’è di strano? Non sei felice?"
Esito nel rispondere, guardo altrove.
“Non lo so.” rispondo “L’ho desiderato talmente tanto e così a lungo, ma poi mi sono rassegnato all’idea che non avrei più avuto la possibilità di farlo e ora… ora non so più come mi faccia sentire. Ultimamente non capisco più niente di come mi sento.”
Xiaoyu mi guarda confusa, poi scuote la testa.
“Jin, probabilmente hai solo bisogno di un po’ di tempo per abituarti all’idea. Perché Jin… questa è una cosa fantastica! È ciò che volevi! Ciò per cui hai lavorato per tantissimo tempo!” mi dice con un piccolo sorriso “E non rischierai di finire a dormire in un garage sporco chissà dove nel mondo.”
“Presumo di sì.” 
“Avevi comunque voglia di fuggire da qui prima o poi, no? E dopo aver visto che effetto ti provoca la vicinanza con la tua famiglia, penso anche io che ti farebbe bene cambiare aria per un po’.” dice seria “Lo penso davvero.” 
Annuisco serio.
“Quindi ora sappiamo quando succederà.” dico poi a bassa voce “L’anno accademico comincia a settembre.”
Xiaoyu forza un sorriso e guarda altrove.
“Già.” risponde con occhi di nuovo lucidi “Ora sappiamo quando è che te ne andrai.”
“Xiao, adesso ascoltami bene.” dico serio appoggiando le mani sulle sue spalle. 
Mi guarda triste e confusa.
“Io sono riuscito a farmi ammettere a quel corso, quando ormai pensavo fosse qualcosa di impossibile. Tu dovrai fare lo stesso.” 
“Eh?”
“Dovrai lavorare anche tu sui tuoi obiettivi e realizzare il tuo sogno. E non hai bisogno di quel vecchio stronzo per riuscirci.” chiudo gli occhi “Sei riuscita ad infilarti nella mia vita, dannazione! Se sei riuscita a fare questo hai la forza e la determinazione per riuscire ad ottenere tutto quello che vuoi!”
Torno ad aprire gli occhi. 
Xiaoyu mi guarda con occhi lucidi e mi si butta addosso senza preavviso in un fortissimo abbraccio che mi fa barcollare.
“Mi mancherai tantissimo.” dice contro la mia spalla, stringendo la stoffa della felpa sulla mia schiena.
Ricambio l’abbraccio. Anche lei mi mancherà. Terribilmente.
“C’è ancora un sacco di tempo da qui a settembre.” la rassicuro “Sono sempre certo che alla fine finalmente ti stancherai di me e sarai felice di vedermi andare.”
“Sei un idiota! Lo sai che è impossibile!” mi bacchetta. 
“Ci sentiremo per telefono, vero?” chiede dopo una piccola pausa “E ci vedremo durante le pause accademiche, vero?”
“Farò del mio meglio. Sempre che tu non proceda a lasciarmi in questo momento.”
Scioglie l’abbraccio e mi guarda stranita.
“Lo stavi per fare poco fa.” le ricordo con un mezzo sorriso “A te la scelta. Puoi lasciarmi adesso, oppure…” 
“Oppure?”
Chiudo gli occhi e prendo finalmente coraggio.
“Oppure posso essere il tuo stupido ragazzo e può saperlo chi vuole.”
Sorride stupita, poi ci voltiamo entrambi in direzione del resto del gruppo davanti a quell’orribile parco del vizio.
“Sei sicuro?” chiede Xiaoyu con un misto di stupore e entusiasmo “Vuoi che lo dica davvero?”
Annuisco.
“Sarà strano dopo tutto questo tempo di segretezza.” osserva.
“Sì, e per i primi minuti sarà insopportabile, avranno tante domande.” 
Mi guarda seria.
“Jin, guarda che io lo dico davvero.”
Annuisco ancora, con decisione.
“Segreti come questi sono uno stress terribile!” mi lamento in un soffio “Dillo a chi vuoi e facciamola finita!”

 

“Hwoarang! Spero tu abbia portato tutto quello che ci serve!” esclama Xiaoyu avanzando minacciosa.
Hwoarang raggiunge il resto del gruppo trasportando uno scatolone di cartone pieno. Anche io e Xiaoyu raggiungiamo gli altri in quel momento.
“Xiao!” esclama Miharu preoccupata “Tutto ok?”
“Xiao-san, tutto bene?” chiede nello stesso momento anche Alisa.
“Oh sì, ma ho una gran voglia di fare la teppista stasera!” dice preparandosi alla guerra.
Lars spalanca la bocca esterrefatto, guarda prima lo scatolone e poi Xiaoyu.
“Vi prego non scherziamo, non vorrete veramente vandalizzare quel muro!” esclama.
“Assolutamente sì.” risponde Xiaoyu come se niente fosse.
“Ma è un reato!”
Hwoarang guarda Lars come se avesse appena sentito l'opinione più impopolare dell'anno poi si volta da me che osservo il contenuto di quella scatola a pochi passi da lui.
“Ma questo è amico tuo questo? È persino più cagacazzo di te con le regole!” si lamenta a bassa voce “Se non fosse biondo penserei che foste imparentati!”
Sorrido. A quanto pare Hwoarang è capace di avere degli inconsci colpi di genio che mi fanno dubitare della sua totale stupidità.
“Xiao-san, sicura che questo sia il modo migliore di vendicarti?” chiede Alisa incerta.
“Assolutamente sì!” ringhia.
“Grande Xiao!” esclama Asuka divertita “Scommetto che la prossima volta che opterò per fargli una ceretta ai baffi non romperai più le scatole, vero?”
“Ci puoi giurare!”
“Hai veramente fatto la ceretta ai baffi di quel vecchietto?” chiede Lili impressionata.
“Oh sì. Ti sorprenderà, ma anche io so essere piuttosto creativa con i dispetti!” risponde Asuka orgogliosa “Vero Jin?”
Lili sembra visibilmente colpita.
“Comunque ovviamente voglio partecipare anche io!” riprende Asuka.
“Non pensarci neanche!” risponde in automatico Lars.
“E anche io!” si unisce alla squadra anche Lili.
“No, ma sul serio!” si rinserisce Lars “E se vi beccassero?! Ci sono delle videocamere di sorveglianza, dio santo!”
“Rilassati biondino, mi hai preso per un dilettante?!” lo bacchetta Hwoarang a tono. 
“Biondino?” mormora Lars sconcertato.
“Ho già individuato un punto cieco dal quale potremmo arrivare a colpire senza problemi… quello!” sogghigna Hwoarang indicando il grande tabellone pubblicitario davanti all'ingresso del parco.
Lars mi guarda disperato in cerca di aiuto.
“Rilassati Lars." gli dico anche io “Hwoarang sarà pure un idiota, ma è un teppista da quando aveva tredici anni e non si è ancora fatto un giorno di prigione.”
Hwoarang distribuisce alle ragazze cappellini e protezioni per la bocca.
“Allora, io capisco che la ragazza sia triste e ci sia rimasta male, ma questo veramente non è la giusta reazione. Non ne vale la pena.” Lars comincia con un’altra paternale.
“Triste?” ripete Xiaoyu poco convinta mentre si sistema il cappellino sulla fronte “No, non sono triste. Certo, appena l’ho visto mi sono sentita triste, ma…”
Mi sorride.
“Le cose sono decisamente migliorate dopo una chiacchierata col mio ragazzo.” conclude prima di infilarsi la maschera di protezione per la bocca.
E manteniamo il contatto visivo per qualche secondo, mentre sto a processare la scena in maniera molto zen. Sento fisicamente tutti gli occhi presenti in quel cantiere che si appoggiano su di me, ma va tutto bene. Lasciamogli pure digerire lo scoop, poi potremo finalmente gustarci questa liberazione.
“Come l’hai appena definito?!” Miharu spalanca la bocca.
Alisa non dice niente, ma guarda Xiao con la stessa aria sorpresa.
“Oh finalmente lo dici a voce alta! Era ora!” esclama Asuka “Io l’avevo capito da un sacco!”
Sì, a quanto pare anche Asuka è meno idiota di come pensavo.
“Perché sembrano tutti così sorpresi?” le chiede Lili confusa.
“Oh beh Lili, tu non conosci Jin!”
“Andiamo, Hwoarang!” dice Xiaoyu trascinandolo per la manica “Siamo pronti?”
Lui fa un passo indietro, mi rivolge un’appena visibile smorfia d’orgoglio. Si sarà convinto di avermi dato chissà quale consiglio di vita con i suoi suggerimenti. Va bene, lasciamoglielo pure credere per questa volta. Rispondo con un appena accennato sorriso. Hwoarang fa un cenno col capo, si copre la bocca e si volta, accompagnando la mia ragazza a delinqueggiare.
“Mi fa piacere che l’idiota si sia finalmente deciso, ma questo ovviamente non cambia le cose tra me e lui, Xiao-chan.” gli sento dire “Io lo devo picchiare comunque, questo lo sai vero?”
“Beh che ti posso dire, è un asociale spigoloso che si comporta come se odiasse tutti e tutto.” Asuka spiega i fondamenti della mia personalità a Lili, mentre si camminano dietro Hwoarang e Xiaoyu.
E devo dire che quella definizione non si discosta poi così tanto dalla realtà. Fino a qualche mese fa, per lo meno, ero un ragazzo solo, arrabbiato e con una famiglia di merda. 
“Un momento…” Lars si riprende in quel momento dal suo shock e mi guarda sconcertato.
Ora mi ritrovo qui, di sabato sera circondato da persone che conosco più o meno bene, dopo aver lasciato le chiavi di casa sul mobiletto davanti all’ingresso, dopo essere stato ammesso ad un prestigioso corso universitario, dopo aver ufficializzato la mia relazione dopo mesi di confusione, ansia e clandestinità e… mi sento incredibilmente libero.
“Ha detto che ha parlato con il suo…”
“Qualcosa non ti è chiaro Lars?” lo interrogo.
Lui continua a guardarmi esterrefatto.
“Ma seriamente? Tu?! Con quella ragazza così delicata e adorabile?!”
Sogghigno.
“Sta andando a vandalizzare un tabellone pubblicitario, Lars.” gli ricordo “E non hai mai visto quanto ci va pesante quando combatte!”
Sono stati dei mesi molto strani e pieni di follia, ma ora sono un ragazzo un po’ meno solo, un po’ meno arrabbiato e… sempre con una famiglia di merda, ok, ma con la quale non vivo più. E forse è finalmente ora di chiudere con i demoni del passato e di provare a vivere il presente e quello che verrà. Perché la vita forse non ha senso, ma già che ci siamo forse vale la pena provare a godersela un po’.
“Questa davvero non me l’aspettavo.” mormora ancora Lars.
Comprensibilissimo. Ma tutti abbiamo dei lati di noi che teniamo nascosti sotto le apparenze.
Quel poveretto ha sempre visto la versione peggiore possibile di me. Ma ora che ho chiuso quella porta alle mie spalle potrei anche decidere di comportarmi un po' meglio con lui e Alisa.
Gli sorrido pensando che se le cose possono cambiare così tanto per un caso disperato come me, allora forse c’è davvero speranza per tutti in questo mondo.






 

NOTE:
Capitolo stralungo, scusatemi! Ho anche pensato di spezzarlo, ma è stato concepito per essere un unico pezzo, con un certo sviluppo di pensiero e ho pensato che troncarlo avrebbe portato a snaturare il discorso. Per il resto, eccoci arrivati al capitolo finale di Jin. Spero vi sia piaciuto, ci si vede presto per l'epilogo!



 

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Capitolo 48
*** Disastrously Ever After ***


48
Disastrously Ever After


“Circa due anni fa mi sono ritrovata in una situazione molto difficile nella mia città natale.”
È una splendida serata di fine giugno, il cielo è limpido e i colori del tramonto si estendono sull’orizzonte dietro il disegno dei grattacieli della metropoli in lontananza. Un’ottima serata per una festa di matrimonio all’aperto, con tavoli tondi, fiori, musica elegante e un banchetto di lusso.
Sopra al palco, vestita di lilla, la damigella d’onore, nipote della sposa, procede con il suo discorso toccante.
“Il mondo mi è improvvisamente crollato addosso e tutto d’un tratto tutte le mie certezze sono svanite.” dice Asuka davanti al suo pubblico con voce carica d’emozione.
“Oh, povera ragazza…” commenta qualcuno.
Asuka fa una pausa e si porta un dito vicino all’angolo dell’occhio, come per raccogliere una lacrima immaginaria.
“Esagerata!” borbotta Jin seduto ad uno dei tavoli in fondo “Crede di essere a teatro o cosa?!”
“Non essere cattivo!” Xiaoyu seduta nel posto a fianco a Jin difende Asuka con aria commossa “Lo sai che per lei quella è stata davvero una situazione difficile.”
“D’accordo, ma la sta chiaramente ingigantendo per commuovere il pubblico!”
“Asuka-san è una ragazza molto sensibile!” si inserisce anche Alisa, seduta a fianco a Xiaoyu “Non mi sembra così strano pensare che si stia davvero commovendo.”
“Oh no, sta proprio recitando invece.” interviene anche Lili al lato di Jin “Però ha una certa classe nel farlo. Potrebbe fare l’attrice, non credete?”
Jin la guarda annuendo. Sua madre era stata molto felice di scoprire che finalmente quelle due mine vaganti di Asuka e Lili avessero fatto pace. Nei primi tempi aveva insistito spesso per invitare Lili a cena a casa loro, al punto che in breve tempo la bionda era diventata una presenza quasi costante in casa Mishima e non era raro che rimanesse anche a dormire. Forse non definivano ancora il loro rapporto in modo chiaro, ma Lili e Asuka erano diventate praticamente inseparabili, una presenza costante nella vita l'una dell'altra. E anche se Jin non frequentava più la sua casa familiare da diverso tempo ormai, aveva avuto occasione di conoscere meglio Lili durante le uscite di gruppo in cui era stato coinvolto sempre più spesso. Nonostante la palese follia di quella ragazza, che era stata in grado di aggredirlo con uno spray al peperoncino e lui di certo non dimenticava, era alla fine arrivato a pensare che non fosse poi così male e in qualche modo gli faceva pure comodo avere qualcuno che tenesse occupata quella peste di Asuka. Ora sua cugina aveva decisamente meno tempo per infastidire lui.
“Ma proprio in quel momento…” riprende Asuka parlando al microfono “Quando tutto mi sembrava perduto, mi è stato offerto l’aiuto dei miei carissimi zii, Jun e Kazuya.” sorride e alza lo sguardo su di loro, al tavolo degli sposi “Per questi due anni ho vissuto con loro, che mi hanno accolto nella loro famiglia ed è stato bellissimo.”
Si alza un applauso commosso. Jun congiunge le mani davanti al petto, con un sorriso amorevole. Kazuya rimane immobile con braccia conserte e lo sguardo nascosto dalle lenti scure degli occhiali da sole.
“Jun… era proprio necessario questo siparietto? È imbarazzante.” borbotta senza cambiare espressione “Perché non potevamo accontentarci di un banchetto privato senza tutti questi fronzoli?”
“Perché ci sono delle regole sociali da rispettare che ti piaccia o no. Sarebbe stato scortese non dare una festa.” risponde la moglie attraverso il sorriso angelico che tiene dall’inizio della giornata “... e una festa come si deve, Kazuya! Offrendo a tutti quelli che conosciamo caviale e champagne. Non potevamo mica fare la figura dei tirchi davanti a questa gente!”
Kazuya increspa appena un sopracciglio.
“Sei… inquietante con quel finto sorriso da brava ragazza stampato in faccia.” commenta “Perché ci tieni tanto che questa gente ti veda come, non so, la donna perfetta dalla purezza d’animo, che sembra incapace di avere sentimenti o reazioni negative di qualche genere?”
Jun lo guarda con una punta di ironia.
“Come tu tieni tanto alla tua immagine da eterno cattivo ragazzo Kazuya, anche io ho i miei capricci.” risponde piano “E data la tua apparenza e la mia… devo dire che dobbiamo sembrare una coppia interessante per chi ci vede da fuori, non credi? Quasi cinematografica… un angelo e un demone.”
Kazuya rimane ad ascoltare con la fronte corrugata.
“D’accordo donna angelo, posso sopportare tutto questo, persino il discorso sdolcinato di tua nipote, ma ricordati che sei in debito con me!”
Jun lascia intravedere per un solo momento un sorrisetto cattivo, dietro quella maschera di finta purezza, prima di sfiorargli le labbra con un bacio delicato.
“Sono… successe tante cose in questi mesi.” riprende Asuka ritirandosi un ciuffo di capelli dietro alle orecchie “Ci sono stati alti e bassi e tante cose che mi hanno portato a riflettere. E proprio grazie a queste difficoltà credo di essere cresciuta molto in quest’ultimo anno. Ora vedo la vita con molta più chiarezza. Credo anche di avere imparato a capire meglio anche me stessa e…” sorride commossa “Sono certa che non ci sarei riuscita senza l’aiuto di questa famiglia fantastica.”
Jin storce la bocca disgustato.
Fantastica?!” ripete “Ha seriamente detto fantastica?! No, sul serio, dopo questo mi è venuta voglia di soffocarmi apposta con la torta.”
“Sarò sempre grata ai miei zii e voglio augurargli il meglio per il futuro!” Asuka fa un inchino con la testa “Tantissimi auguri Jun e Kazuya!”
Si alza un applauso sentito che coinvolge tutta la schiera di invitati.
“Uccidetemi, vi prego.” mormora Jin sempre più schifato.
Lars, seduto a fianco ad Alisa lo guarda accigliato mentre applaude.
“Scusa Jin, hai deciso tu di venire… che ti aspettavi scusa?!”
Lui sposta lo sguardo su sua madre, che si avvicina ad abbracciare la nipote.
Non voleva partecipare a quel matrimonio, ma alla fine aveva capito che se fosse mancato sua madre ci sarebbe stata troppo male. Aveva deciso di compiere quell’enorme sacrificio per lei, per quel rispetto che aveva nei suoi confronti che, nonostante tutto, nonostante quella terribile decisione, ancora persisteva. Dopotutto la mamma è sempre la mamma.
E comunque la festa era quasi agli sgoccioli, pure la torta era stata tagliata. Avrebbe resistito ancora un po’ e poi avrebbe finalmente levato le tende.
“Ora il lancio del bouquet!” grida qualcuno.
“Il lancio del bouquet!” ripete Xiaoyu alzandosi in piedi con gli occhi a cuore.
“Hey, che è tutto questo entusiasmo?!” sussurra Jin aggrottando la fronte.
“Voglio quel bouquet!” risponde lei con determinazione.
“Che la gara abbia inizio allora!” Lili colpendo il tavolo col suo tovagliolo e lanciando uno sguardo di sfida a Xiaoyu “Perché anche io voglio quel bouquet e spero per te che tu sappia saltare in alto!”
“Oh, io faccio dei salti altissimi!” risponde Xiaoyu con un sorriso cattivo.
Alisa guarda le altre due ragazze con aria confusa.
“Oi, datevi una calmata tutte e due, è solo uno stupido mazzolino di fiori." si inserisce Jin.
“Non è solo uno stupido mazzolino di fiori e lo sai benissimo!” risponde prontamente Lili.
“Che succede?” chiede Alisa perplessa “Ha per caso un significato particolare questo bouquet?”
“È una sorta di tradizione.” le spiega brevemente Lars “Si dice che chi riesce a prendere il bouquet sarà la prossima persona a sposarsi.”
Alisa guarda le amiche confusa.
“Ma perché? State già pensando al matrimonio voi due?” chiede sinceramente curiosa.
“Chiaramente no!” risponde Jin “Non siamo mica nell'ottocento! Sono entrambe troppo giovani per pensare a queste stupidaggini!” 
“Beh, che c’entra?” risponde Xiaoyu con un mezzo sorriso “Non deve per forza succedere entro l'anno!”
“Il tempo scorre molto in fretta, Jin.” aggiunge Lili “Il diploma arriva in un attimo, e prima ancora che tu te ne renda conto ti ritrovi a dover coprire i primi capelli bianchi. E potete star tutti certi che io sarò una sposa bellissima, non aspetterò di certo che mi vengano le rughe!”
Xiaoyu sorride approvando quella linea di pensiero, lei e Lili si scambiano un cinque. 
“Nessuno sta dicendo di aspettare di avere le rughe, ma aspettare di avere… che ne so, l'età di Lars?” ribatte ancora Jin “Che non so esattamente quanti anni abbia, ma è grande.” 
Sospira e guarda verso il tavolo dei genitori.
“Che poi di questi tempi a che serve sposarsi?!” riprende rincarando la dose “A un bel niente! È un’inutile formalità e potevano benissimo farne a meno anche loro!”
Ma le due non lo ascoltano più e hanno già incominciato a camminare verso il luogo della sfida.
“Che aspetti, Alisa?!” Xiaoyu chiama l'amica con un cenno della mano “Vieni anche tu!”
Lei si aggiunge al corteo pur con un po' di perplessità.
Lars ride, rimasto da solo al tavolo con Jin ancora pensieroso per la conversazione appena conclusasi.
“Andiamo, che vuoi che sia!” dice Lars “È solo un gioco!”
“Solo un gioco che mette strane idee nella testa della gente!”
Le ragazze della festa si dispongono su tre file, la prima capitanata da un’Anna Williams dallo sguardo piuttosto agguerrito. Jun cammina fino a fermarsi a a circa una decina di metri da loro. Sorride e lancia il mazzolino alle sue spalle.
Il bouquet sorvola la prima fila, le dita di Anna lo sfiorano, ma non riesce ad acchiapparlo, ironicamente va a finire direttamente tra le mani delle ragazze più calme in quel gruppo, l'unica a non aver neanche saltato… Alisa.
Jin ridacchia divertito e guarda Lars, che osserva la scena con un improvviso strano colorito sul viso.
“Che c’è Lars? Sembri improvvisamente un po' teso. È solo uno gioco, no?!”
Le ragazze tornano al tavolo con l’aggiunta di Asuka. 
Alisa guarda imbarazzata il suo mazzolino. Lei e Lars si scambiano un'occhiata veloce e arrossiscono entrambi. Partiranno in Europa la settimana prossima. Le cose vanno alla grande tra loro, ma forse... per il matrimonio c'è ancora tempo.
“Accidenti, non l'ho preso per un pelo!” borbotta Asuka tornando al suo posto tra Lili e Lars.
“Quella donna vestita di rosso sembrava impazzita, per poco non mi schiacciava!” commenta Lili offesa.
“Io mi sono presa una gomitata in testa.” si lamenta triste Xiaoyu massaggiandosi la fronte e tornando al suo posto “Che male!”
Jin sospira.
“Cavolo! L'ho proprio sfiorato! Mi è sfuggito per un paio di millimetri!” continua Asuka.
“Che c'è Asuka? Anche tu non vedi l'ora di metterti l'anello al dito?” chiede dubbioso Jin prendendo la bottiglia ghiacciata di champagne e porgendola a Xiaoyu “Appoggia questa contro la fronte, assorbirà il livido.”
Asuka storce il naso, prendendola quasi come una presa in giro.
“Ma cosa dici, idiota?!” ribatte ridacchiando “È solo un gioco, Jin! Competizione! Mica mi sposo solo perché me lo dice un mazzolino di fiori! Ma poi, sposarmi a questa età? In che epoca siamo?! A volte sei proprio strano!"
Lili la guarda torva.
“Siete proprio cugini voi due!” commenta annoiata “Che noiosi! Non avete un minimo di immaginazione!”
Asuka la guarda confusa.
“Immaginazione?! Cosa dovrei immaginare?! Ho sedici anni! Non voglio pensare a sposarmi almeno per i prossimi… non so, quindici anni almeno!”
Lili alza gli occhi al cielo.
“Fatti con lo stampino proprio.” brontola, poi guarda Alisa con un sorrisetto furbo “Cosa ne pensa invece la vincitrice?”
Alisa diventa rossa di colpo.
“Oh ti prego Lili, lasciala in pace!” brontola Asuka, guardandola di sbieco. 
Poi torna a sorridere e cambia argomento.
“Comunque, come sono andata col mio discorso?”
“Un’interpretazione da Oscar!” risponde Jin sarcasmo.
La cugina sogghigna.
“Lo prendo come un complimento!” risponde “È un peccato che non abbia preparato qualcosa da dire anche tu.”
“Sei pazza Asuka?” borbotta Xiaoyu emergendo da dietro la bottiglia di champagne “Avresti davvero voluto vederlo brutalmente distruggere la festa?!”
“Ragazzi, Jun-san sta per parlare!” li avverte Alisa appoggiando il bouquet al centro del tavolo.
Jun si muove delicata nel suo elegante vestito bianco, cammina sul prato con una grazia quasi ultraterrena. Raggiunge il palchetto dove l’orchestrina ha suonato fino a poco prima, prende tra le mani il microfono e guarda gli ospiti con occhi sognanti.
“Volevo ringraziare tanto mia nipote Asuka per le sue splendide parole.” dice con voce gentile.
Gli ospiti applaudono e Asuka sorride lusingata.
“E… volevo ringraziare anche tutti quanti voi per essere qui con noi stasera.” continua, mentre una brezza leggera le muove i capelli davanti al viso “Aspettavo questo giorno da tanto tempo ed è una gioia per me poter condividere con voi un momento così importante per la nostra famiglia.” fa una piccola pausa “E sempre a proposito di famiglia, volevo spendere due parole riguardo a questo argomento.”
“Credo… di avere una voglia improvvisa di quello champagne!” commenta a quel punto Jin prendendo la bottiglia a Xiaoyu.
“Andiamo, non hai neanche ancora sentito cosa ha da dire!” sogghigna Asuka.
“Famiglia.” ripete Jun mandando avanti il suo discorso “Questa parola ha per tutti noi un significato connotativo un po’ diverso a seconda delle nostre esperienze personali, ma…”
“Famiglia?! Qualcuno ha parlato di famiglia?!” una voce squarcia all’improvviso l’atmosfera.
Tutti gli invitati si voltano alle spalle per vedere l’origine di quell’inaspettato commento.
Il sorriso di Jun appassisce come un fiore in un deserto e le sue dita si contorcono attorno al microfono quando individua la fonte di quella distrazione.
“Tu… cosa ci fai tu qui?” tuona minacciosa.
Heihachi avanza sogghignante in mezzo ai tavoli.
“Ma come Jun, non sei felice di vedermi al matrimonio di mio figlio?!” esclama a gran voce continuando a camminare “Cosa penserà tutta questa bella gente se vede come sei scortese con il tuo povero vecchio suocero?!”
Si alza un brusio generale dai tavoli. 
“Non posso crederci!” esclama Jin portandosi il bicchiere di champagne alla bocca “Non sarò io a distruggere brutalmente la festa!”
Jun digrigna i denti, la pelle della fronte le si contrae in un’espressione colma di rabbia e di disgusto, frantumando la maschera da angelo che aveva portato fino a quel momento. 
“Ah, ma non fare caso a me!” continua Heihachi “Sono proprio curioso di sentire che cosa avevi da dire riguardo alla famiglia!” 
“Non dovresti essere qui.” dice Jun mettendo il tono dolce da parte “Per favore, Heihachi va' via! Non sei gradito.”
Kazuya si alza dal suo posto fissando il padre con aria minacciosa.
Heihachi guarda prima Jun, poi Kazuya e fa un sorriso compiaciuto.
“Non prima di avervi dato il mio regalo di nozze!” continua mostrando una cartellina e poi lanciandola a Jun.
Jun sgrana gli occhi e la acchiappa al volo.
“La mia agenzia investigativa ha fatto un buon lavoro con voi.” sogghigna Heihachi “E credo che tutta questa bella gente abbia il diritto di sapere chi sono veramente queste due persone che li hanno invitati al loro matrimonio.”
Heihachi prende una sedia libera a caso e si accomoda.
“Brave persone, di buon cuore, impegnate in opere di bene. Lei un'icona nazionale per la salvaguardia dell'ambiente, lui impegnato in azioni di carità e filantropia. Promotori di pace!” continua Heihachi ridendosela sotto i baffi.
Kazuya si avvicina velocemente a Jun e controlla i documenti dal suo fianco.
“Ma quanti di loro sapranno anche che la G-Corp così dichiaratamente pacifista negli ultimi anni ha finanziato anche industria e tecnologia bellica?” continua Heihachi ad alta voce parlando agli invitati “Grazie alla quale hanno guadagnato un bel po’ di miliardi?”
Jun e Kazuya si guardano tesi, tenendo quei fogli tra le mani.
Jin nasconde il viso tra le mani.
“E io che entro mezz'ora volevo essere a casa.” sibila.
“Mio dio, dobbiamo fare qualcosa per fermare questo disastro!” dice Asuka allarmata.
“Ho già venduto la notizia e i report alle testate giornalistiche principali.” continua Heihachi con un ghigno crudele “Spero vi godiate una buona luna di miele nella bufera mediatica che ne conseguirà.”
Kazuya guarda severo il padre poi inizia a ridacchiare a voce bassa.
“Molto astuto da parte tua. Veramente molto astuto. Probabilmente disturberà un po’ la nostra luna di miele, ma ce ne faremo una ragione…” dice Kazuya con un ghigno crudele “Dato che ci consoleremo mettendo le mani sulla nostra nuova zaibatsu.” 
Heihachi si fa scuro in volto. Gli invitati seguono la scena come se si trovassero davanti ad una brutta telenovela.
“Che cazzo stai dicendo Kazuya?” rantola il vecchio.
Jun sogghigna.
“Non sei l’unico ad aver fatto i compiti Heihachi.” dice lei con uno sguardo diabolico “Tuo padre ti odiava, ti ha sempre odiato. Non ti avrebbe mai lasciato in mano la zaibatsu.”
Heihachi sgrana gli occhi terrorizzato.
“Era questa l’offensiva che stavano preparando allora!” sibila Jin sgomentato.
“Ti ricordi quando ti chiedevi cosa stessimo facendo con l'aiuto dell'avvocato di famiglia? Bene, vecchiaccio abbiamo le prove che hai manomesso il testamento di tuo padre! Non sei tu il legittimo erede della zaibatsu!” continua Kazuya “Sono io!”
Heihachi si alza in piedi di scatto.
“Vedremo sei davvero riuscirai a dimostrare quello che dici!” lo sfida Heihachi minaccioso “Anche l’ultima volta che hai provato ad incastrarmi non è andata come speravi.”
Qualcuno batte un forte colpo al tavolo dei giovani.
Lars si alza di colpo. 
“No! Non la farai franca, Heihachi!” tuona in tono drammatico.
“Lars? Ti sembra davvero il momento giusto?” piagnucola Asuka davanti allo sfasciarsi della cerimonia.
“E tu chi cazzo sei?! Che diavolo c’entri in questa discussione di famiglia?!” 
Jin sospira e scuote la testa.
“Credo che avrò bisogno di altro champagne per affrontare questo.”
“Sono colui che ha trovato le prove del tuo coinvolgimento nello scandalo del laboratorio." si presenta Lars.
Si alza nuovamente un coro di sorpresa.
“Ho già dimostrato che non c'entro niente con quella storiaccia!” abbaia Heihachi.
“Le cose cambieranno presto però.” continua Lars con un sorriso minaccioso “Abbiamo una testimonianza stavolta, una particolarmente importante!”
“In pratica sei fottuto, mio caro papà!” esclama Lee, emergendo anche lui dal suo tavolo.
Si alza in piedi e si presenta al pubblico con il suo solito sorriso smagliante.
“Lee?!” ringhia Heihachi.
Lars sorride.
“Per le mie ricerche ho avuto la preziosa collaborazione della G-Corp e…”
“... e la mia!” continua Lee orgogliosamente.
“Mi sto perdendo qualcosa?!” chiede Jin aggrottando la fronte e guardando Asuka.
“Sono confusa anche io!” risponde lei “Che c’entra Lee?!”
Persino Jun e Kazuya sembrano sorpresi.
“Cioè, fammi capire.” brontola Heihachi con una certa ironica “Tu… da stupido professore ti sei immischiato in questa storia?!”
Lee si abbassa piazzando le mani sul tavolo e guardandolo con odio.
“Io non sono solo uno stupido professore!” risponde serio, poi ridacchia malignamente “Heihachi, ti trovi davanti al presidente della Violet System!”
Heihachi spalanca la bocca, così come Jun, Kazuya, Jin, Asuka, Alisa e… Anna Williams.
Lili guarda Xiaoyu confusa.
“Tu ci stai capendo qualcosa?” le bisbiglia.
“Praticamente niente.” risponde lei versandosi da bere “Ma è interessante.”
“Non ne sapevo niente, giuro!” dice Anna a Kazuya, lui sospira.
“No! Non è possibile!” esclama Heihachi “Sei tu che stai mandando in rovina le mie industrie di robotica da due anni?!”
Lee emette una risata bassa e inquietante.
“Non l’avresti mai immaginato vero? Non dal tuo stupido professore.” chiede sprezzante.
“È professore, preside e pure ceo di un’azienda?! Come diavolo ha il tempo di seguire tutte queste cose?!” si chiede Jin a voce alta.
“Il supporto di Lee è stato fondamentale per le nostre ricerche.” continua Lars con un sorriso pieno di riconoscenza.
Heihachi torna a guardarlo con rabbia.
“Ma tu si può sapere tu chi cazzo sei?!”
Lars lo guarda serio.
“Mi chiamo Lars Alexandersson, facevo parte di un’organizzazione privata di spionaggio anche se… attualmente lavoro autonomamente, spinto da interessi personali.”
“Oh mio dio Lars!” sibila Asuka guardandolo dal basso “Interessi personali… vuoi… dirglielo?”
Jin sorride pregustando la scena.
Questo sarà interessante.” commenta.
“Interessi personali?!” ripete Heihachi “Che diavolo intendi dire?!”
Lars chiude gli occhi, inspira, poi li riapre, gelidi puntati fissi contro Heihachi.
“Intendo dire… che io sono tuo figlio, Heihachi.”
E a questo punto il pubblico reagisce con ancora più fervore al colpo di scena.
Jun e Kazuya ascoltano agghiacciati, senza parole.
“Che cosa?!” esclama Lee a voce alta, anche lui completamente disorientato.
“Ma… Lars? Ma che dice?!” si chiede poi Jun.
“Non lo so, deve essere impazzito.” risponde Kazuya confuso.
Questo lo sapevo!” fa sapere Xiaoyu a Lili con un sorrisetto compiaciuto.
La gente continua a mormorare, c’è chi ride, chi commenta, a chi è andato di traverso qualcosa. Heihachi scuote la testa e scoppia a ridere.
“Che cazzo hai detto?!” dice poi “Mi sa che hai bevuto un po’ troppo champagne, ragazzo!”
Jin sogghigna.
“Ti piacerebbe, vecchiaccio!” sussurra tra sé e sé. 
Lars non demorde.
“Stoccolma, ventinove anni fa.” tuona Lars “Il mio cognome, Alexandersson, sei sicuro che non ti dica niente?”
“Ecco quanti anni ha!” sussurra Jin davanti alla risposta a quel mistero.
La risata di Heihachi si interrompe di colpo e sgrana gli occhi come se gli fosse improvvisamente venuto in mente qualcosa.
Jin sogghigna, finisce con un sorso il contenuto del suo bicchiere e poi si alza per prendere parte alla conversazione di famiglia.
“Quello che dice Lars è vero! Ho verificato personalmente ed è così come dice.”
Jun guarda il figlio sconcertata.
“Jin?! Sul serio?!” chiede ad alta voce. 
Asuka sospira e si alza anche lei.
“Confermo! Qualche mese fa abbiamo eseguito un test genetico e possiamo dimostrare che è vero.” poi guarda Heihachi “Spero tu non ce l'abbia ancora per la ceretta Heihachi!”
“Asuka?!” esclama Jun sempre più sorpresa.
Heihachi intanto sgrana gli occhi e guarda con rabbia Lars, Jin e Asuka che si schierano in linea davanti al loro tavolo.
“Ne è valsa la pena.” sussurra Asuka con un sorrisetto soddisfatto.
“Oh sì.” concorda Jin “È un momento magnifico!”
“Devo ammettere che anche per me è una liberazione.” sorride Lars.
“Piccoli maledetti bastardi!” sbraita Heihachi.
“Non osare parlare così di mia nipote, di mio figlio e di… Lars!” lo ammonisce Jun con un dito mentre tenendosi la gonna vaporosa cammina velocemente verso il loro tavolo.
“Che c’è Heihachi? Possiamo sempre ripetere il test se ne hai voglia!” lo prende in giro Asuka.
“Che diavolo è questa storia?!” chiede Jun fermandosi davanti ai tre ragazzi.
“Mi dispiace, Jun.” si giustica subito Lars “Non te l’ho detto perché… non volevo rischiare di complicare i nostri rapporti e neanche pensavo fosse necessario che questa storia venisse mai fuori, ma… è così. Heihachi è mio padre.”
Jun guarda il figlio e la nipote incredula.
“E voi due lo sapevate. Da quanto lo sapevate?”
Jin sorride.
“Da un po’. In realtà lo sapevamo io, Asuka… Alisa.” aggiunge all’elenco con un sorrisetto cattivo “E lo sapeva persino Xiao.”
“Ma come…” balbetta Jun.
Il figlio si inchina un po’ in avanti per sussurrarle all’orecchio.
“Non è bello tenere dei segreti così importanti in famiglia, vero?”
Jun lo guarda risentita, ma incapace di ribattere.
“Ommioddio Juuun!” esclama Michelle facendosi strada tra i tavoli e raggiungendo Jun “Era questo, Jun!! Era questa la strana sensazione che percepivo quando mi trovavo davanti a quel ragazzo!! Ora ne sono certa! Te l’avevo detto che sentivo che nascondeva qualcosa, qualcosa di spiacevole! Ed ecco perché era così simile alla sensazione che avevo sentito quando avevo conosciuto Kazuya!! Per forza, sono fratelli!”
Jun si porta una mano sulla fronte, sconcertata.
“Tutto questo è ridicolo!” mormora sedendosi al posto lasciato libero da Lars “Ho bisogno di riprendermi.”
“Ma è fantastico! Ho un fratello preferito adesso!” esclama Lee felice “Perché non me l’hai detto prima?! Andiamo a giocare a golf la settimana prossima?”
Kazuya intanto si avvicina ad Heihachi di qualche passo.
“Proprio un perverso scherzo del destino, ah?” sogghigna “Come ci si sente a scoprire di avere un altro figlio che desidera affossarti almeno quanto tutti noi?”
“Tuuuuuuuu!! Lo sapevo!!” una voce si alza da uno dei tavoli più in disparte.
Tutti alzano lo sguardo per vedere la figura di una donna in abiti tradizionali che emerge da dietro un ombrellino di carta di riso.
“Nonna?!” esclama Jin divertito.
La donna si alza e chiude l’ombrellino di scatto e inizia a camminare severa in direzione di Heihachi.
“Quella è tua nonna?!” chiede Xiaoyu a Jin alzandosi per vedere meglio la scena.
Lui annuisce.
“Oh mio dio!” esclama Jun rialzandosi “Spero non si sia portata dietro la tigre!”
“La tigre?!” ripetono tutti a parte Jin e Asuka.
“Mia nonna ha gusti particolare in fatto di animali da compagnia.” spiega brevemente Jin.
“Tu…” tuona Kazumi puntando un dito ossuto contro il volto di Heihachi “L’ho sempre sostenuto che prima o poi sarebbe comparso un figlio della vergogna!”
“Kazumi… che ci fai qui?!” domanda lui nervoso.
“Potevo forse osare mancare al matrimonio del mio unico figlio?!” gli chiede “Chi è questa donna di Stoccolma?! Come l’hai conosciuta?! Quando l’hai conosciuta?!”
“Datti una calmata, è ovviamente stato molti anni dopo il divorzio e molto prima di risistemare le cose con te!” sussurra. 
Kazuya fa una smorfia disgustato.
“Che cosa?!” sbotta “Cosa vuol dire risistemare le cose con te?! Mica starete di nuovo insieme?!”
Jin guarda sconcertato la nonna.
“Sul serio?!” esclama inorridito “E poi ha la faccia di lamentarsi con me per la mia generazione di giovani scostumati?!”
“Kazumi, hai sentito anche tu, ha detto di avere ventinove anni! È chiaramente successo in quel periodo in cui non avevo nessun vincolo con te.” 
“Kazuya, caro… sta' tranquillo.” dice Jun accompagnando il marito altrove “Cerca di stare calmo…”
“Stanno di nuovo insieme!!” ripete lui terrificato.
“Non ci posso credere!” esclama Jin tornando a sedersi al suo tavolo “Ecco perché insisteva con tutti quei discorsi sull’amore eterno! E io sono pure andato a dirle di tenere d’occhio Heihachi, come un idiota!”
Kazumi intanto osserva Lars, poi piega un po’ la testa.
“Devo ammettere che considerata l’età del ragazzo, sembrerebbe che tu abbia ragione. Quanto sei caduto in basso però, Heihachi caro!” esclama seria “Un figlio di cui non sapevi niente, proprio come in quelle volgari storie in televisione che tanto ti dilettano!”
“Sì, è molto imbarazzante.” sibila l’altro soffiando dal naso “E ne possiamo parlare dopo, se vuoi. Ma prima come puoi vedere devo risolvere un problema. Sai, mi hanno fatto molto arrabbiare stasera!”
La donna annuisce comprensiva.
“Immagino di sì.” gli concede posandogli una mano sulla spalla “Ma mi raccomando, non fare male a Kazuya o a Jin!”
“Kazumi, sai bene anche tu che qui l’unico modo per risolvere la cosa è alla vecchia maniera Mishima!” sbotta.
Kazumi scuote la testa, non approvando del tutto la situazione, ma lasciandolo fare.
Heihachi intanto si avvicina ad un tavolo e con il movimento deciso di un braccio rovescia fiori, stoviglie e bicchieri, costringendo le persone sedute a tavola ad alzarsi e allontanarsi incredule e spaventate.
“Hey, ma che fa?!” chiede qualcuno sgomentato “È impazzito?!”
“Che diamine ti prende adesso vecchio di merda?!” lo apostrofa Kazuya riprendendosi lentamente dallo shock della svelata nuova relazione dei genitori.
Heihachi prende il tavolo e lo solleva sopra la testa, continuando a ringhiare come un animale.
Invitati e camerireri urlano e si allontanano dalla scena spaventati.
“Oh mio dio!” esclama Jun “Kazuya, ti prego fermalo immediatamente. Io torno sul palco e mi invento qualcosa per tranquillizzare la gente!”
Heihachi continua ad urlare rabbioso con il tavolo sopra la testa, mentre lentamente inizia a pressarlo sui lati. Il tavolo si incrina lungo la linea centrale e inizia a spezzarsi.
Kazuya e Lee si avvicinano ad Heihachi e cercando di bloccargli le braccia, mentre lui si dimena con fare animalesco. 
“Ehm… gentili invitati!” esclama Jun con fare gentile al microfono “No, no, guardate me, vi prego! Lasciate perdere quella scena indecente! Ascoltate quello che ho da dirvi!”
Heihachi scaraventa il tavolo contro il prato distruggendolo definitivamente, prima di indirizzare un pugno rispettivamente verso Kazuya e poi Lee.
“Non è cortese dare le spalle ad una sposa, per favore!” continua Jun cercando di distogliere l’attenzione della gente dalla rissa.
Jun sospira e perde improvvisamente la pazienza.
“VI HO DETTO DI ASCOLTARMI!!” urla al microfono. 
A questo punto finalmente si sollevano gli sguardi degli invitati, increduli di vedere quella sposa dal viso angelico parlare con tanta veemenza.
Si schiarisce la voce.
“Scusatemi. Sono molto felice che siate stati qui con noi stasera. È stata una bellissima festa, finché è durata. Ho lavorato giorni e giorni per far sì che tutto fosse perfetto. Dai fiori, alle tovaglie, dai calici alle posate d’argento. Ogni cosa era calcolata, tutto doveva essere perfetto.” abbassa lo sguardo delusa “Eccetto per la cosa più importante di tutte, che purtroppo è sfuggita al mio controllo.”
“Maledetto bastardo, lasciami, lasciami!” grida Lee mentre Heihachi seduto sopra la sua schiena gli sfrega un pugno sulla testa.
“Ti fa male Violet, ah? Ti sei divertito a fottermi sotto il naso per tutto questo tempo vero? Come ti sei divertito a distruggere la mia statua nella scuola con il tuo dannato razzo, vero?!”
Kazuya colpisce Heihachi nella schiena con quel che resta di una delle gambe del tavolo che Heihachi ha distrutto poco prima.
“Ti piace prendertela con i più deboli, non è vero?” lo schernisce Kazuya “Dai, lascialo andare, non lo vedi che non è in grado di difendersi?”
“Che stronzo.” sibila Lee a Kazuya, non apprezzando del tutto questo salvataggio.
Nel mentre Lee riesce ad afferrare una forchetta da dolce caduta sull’erba e la infilza nel piede del vecchio, che tiene ancora Lee inchiodato a terra col suo peso.
Heihachi ulula di dolore e si ritrae all’indietro.
“Come potete vedere…” riprende Jun con un sospiro “La nostra è tutt’altro che una famiglia normale. E il mio errore più grande nell’organizzazione di questa festa è stato proprio quello di aver sottovalutato questo aspetto.” 
Kazuya afferra Heihachi per i capelli e lo costringe a rialzarsi, mentre indietreggia zoppicante, col piede dolorante.
“Facciamo che te ne vai spontaneamente e la finiamo qua.” gli suggerisce Kazuya con voce roca.
Heihachi esita ansimante, traboccante di rabbia, con gli occhi che gli brillano come quelli di un animale selvaggio. Si inchina e toglie via la forchetta dal piede.
“Vedete, ognuno di noi ha dei pregi e dei difetti.” continua Jun “Molti di noi passano tanto tempo lavorando sull’immagine che vogliamo che gli altri abbiano di noi, cercando di nascondere il più possibile ciò che non ci piace, per esaltare ciò che ci rende orgogliosi.”
“Andarmene?” sibila Heihachi ancora col fiatone “Giammai!!” 
Si butta a perdifiato contro il figlio, che cade all’indietro. Rotolano tutti e due per pochi metri, prima di iniziare una lotta a terra.
“Ma la verità è che… per quanto ci possiamo sforzare di sembrare migliori di quello che siamo, prima o poi tutti i nodi vengono al pettine, no?” continua Jun con un mezzo sorriso “Ed ecco quello che è successo qui stasera. I nostri rapporti familiari non sono esattamente normali. E non avrei dovuto cercare di nasconderlo in questo modo.” 
“Kazuya, bastardo! Distruggerò la G-Corp! Ti distruggerò!” 
Jun esita, con aria malinconica. 
“Sì, personalmente sono molto invidiosa delle dinamiche familiari degli altri. Per questo ho a lungo cercato di far finta che anche noi fossimo normali, che anche tra di noi le cose andassero bene.” alza le spalle dando uno sguardo alla rissa “Ma solo ora mi rendo conto di quanto sia stata stupida a cercare di tenere su questa messinscena di normalità, che non ha portato a nulla se non a un costante stress inutile. Che male c’è ad ammetterlo? Non siamo gente normale! Non siamo affatto una famiglia normale!”
“Mio dio ma cosa dice?” sospira Asuka preoccupata.
“Poverina! Teneva così tanto a questa festa!” mormora Alisa.
“Asuka, tira fuori uno dei tuoi monologhi e va' a darle una mano.” dice Jin serio.
“Sì.” dice Asuka rassegnata “C'è proprio bisogno di me qui.”
Alcune persone cominciano a lasciare la festa.
Jin guarda con espressione tesa la rissa tra i suoi parenti.
“Credo che dovrò intervenire anche io tra quelli là!” sussurra.
“Sei sicuro?” chiede Xiaoyu al suo fianco.
Jin sospira.
“Cercherò di farli ragionare senza dover arrivare alle maniere forti.” dice con un sospiro “Anche se la vedo dura.”
A quel punto corruga la fronte con aria vagamente imbarazzata, guarda per un attimo Xiaoyu, poi torna subito a concentrarsi sulla rissa. 
“Non sto dicendo che succederà, ma tra molti, molti, molti anni…" abbassa il tono di voce "... se mai mi venisse in mente di piegarmi a queste stupide formalità e decidessi di sposarmi..."
Xiaoyu lo guarda a bocca aperta.
“Sarà una cerimonia segreta, con pochissimi partecipanti e nessuno dei miei familiari dovrà venire a saperlo… o questo sarebbe il risultato.” Jin finisce in fretta la frase.
Si infila le mani in tasca e comincia a camminare verso il resto dei suoi parenti.
Xiaoyu sorride guardandolo allontanarsi di spalle.
“In un certo senso è un sollievo essersi finalmente liberati di questa maschera di tutto va bene, tutto va bene.” continua intanto Jun in mezzo a quella baraonda “Non è vero! Non va tutto bene! Niente affatto! La nostra vita familiare è completamente, irrimediabilmente intrisa di follia!”
“Zia Jun!” Asuka le prende il microfono dalle mani “Basta così, continuo io!”
“Sì, d’accordo! Continua tu.” acconsente Jun con un cenno della mano “Ho bisogno di bere qualcosa.”
Asuka si porta il microfono davanti alla bocca e decide di prendere il controllo della situazione. Sorride goffamente.
“Ehm… signore e signori ancora una volta buonasera. Ehm… non so bene come dovrei metterla, ma… la festa è finita, direi. Come avrete notato anche voi, l’atmosfera si è un tantino rovinata, ma speriamo che almeno la prima parte del ricevimento vi sia piaciuta, che abbiate mangiato bene e che vi siate divertiti.” sorride.
Kazumi si avvicina a Jun, tornata da sola al tavolo degli sposi.
“È stata una festa meravigliosa finché è durata, cara.” le dice prendendo posto a fianco a lei.
“Grazie Kazumi.” annuisce Jun con gratitudine.
“Come sapete…” riprende Asuka “Gli amici si scelgono, ma la famiglia no. E assieme alla famiglia non si possono scegliere tutti i problemi che questa si trascina. E di questo argomento potrei stare a parlarne per ore!” 
“Tua nipote mi piace!” esclama Kazumi “È molto sveglia.”
Jun annuisce.
“È una ragazza in gamba ed è cresciuta davvero tanto ultimamente.” sorride “Sono molto orgogliosa di lei.”
Kazumi annuisce a sua volta, poi guarda Jun seria.
“Comunque cara, sono certa che vi riprenderete presto dallo scandalo mediatico.” 
Jun annuisce ancora.
“Grazie.”
La donna più anziana sorride, increspando gli angoli della bocca.
“Oh sì, ma non avrete mai la zaibatsu.” aggiunge a voce bassa.
“Ma in definitiva ogni famiglia è strana a suo modo, tutti voi l’avrete pensato della vostra almeno una volta.” ragiona Asuka “Questa forse lo è un po’ di più del normale. Anzi lo è senz’ombra di dubbio, con dei valori familiari decisamente distorti.” 
“Che intendi dire scusa?!” chiede Jun alla suocera.
“Dovete ricontrollare i documenti, cara.” sorride “Kazuya non è l’erede di Jinpachi e posso dimostrarlo.”
Jun sgrana gli occhi.
“Intendi dire che…”
“Oh sì.” sogghigna la signora “La zaibatsu appartiene di diritto alla sottoscritta!”
Jun spalanca la bocca sgomentata.
“Eppure, a suo modo anche questa famiglia ha qualcosa che unisce tutti i suoi membri. Ed è proprio quello che vedete là!” continua Asuka.
“Dai, non vi sembra il caso di smetterla?” chiede Jin avvicinandosi al padre, al nonno e allo zio adottivo che se ne danno ancora di santa ragione “Non siete più dei ragazzini, qui rischiate di farvi male veramente!”
“Mi chiedevo cos’è che stavi aspettando per unirti a noi!” bofonchia Heihachi ansimante.
“No, hai capito proprio male vecchiaccio… io ho chiuso con le vostre follie. Non ho assolutamente intenzione di unirmi a questo patetico spettacolo!” precisa Jin “È solo che questa giornata è stata già abbastanza stressante senza dover per forza chiamare ambulanze, polizia o… pompe funebri.”
Heihachi lo prende e con una mossa fulminea e lo butta a terra con una presa.
“Ah! Maledetto vecchio di merda!” esclama il nipote “Ti ho detto che non ho voglia di lasciarmi coinvolgere nelle vostre cazzate, lasciami!”
“Non ti ho ancora dato quello che ti meriti per aver fatto il lavaggio del cervello a Xiaoyu!” ringhia Heihachi “Dopo tutto quello che avevo investito in lei! Ero pronto a farla entrare nella Tekken Force, ma tu me l’hai aizzata contro e ora non ne vuole più sapere niente!”
“Io non c'entro proprio niente, l'ha capito da sola che razza di stronzo pezzo di merda sei! E so anche che le hai offerto un vero parco dei divertimenti per convincerla a non vedermi più! Ma dico, dopo quello schifo di parco per adulti, ma non ti vergogni almeno un po'?!”
“Tieni fuori il ragazzino, non ho finito con te!” tuona Kazuya gettandosi sul padre e nel mentre travolgendo di riflesso anche Jin.
“Bastardi!” si lamenta Jin cadendo a terra, mentre perde totalmente la pazienza e si unisce attivamente allo scontro “Vi odio! Lo sapevo che non dovevo venire a questo maledetto matrimonio!” 
“Ragazze.” Lili si volta da Alisa e Xiaoyu, le uniche rimaste al loro posto a tavola “Non saremo direttamente legate alla famiglia, ma tutte e tre siamo abbastanza di casa per sentirci in dovere di dare una mano, non credete?”
Xiaoyu inarca le sopracciglia.
“Lili, che stai pensando di fare? Se stai pensando di intervenire nella lotta, non se ne parla.”
“Ma no, quando mai! Quella è una cosa troppo privata, però potremmo aiutare Asuka a distrarre gli invitati mentre lasciano la festa.”
“E che vorresti fare?” chiede incerta anche Alisa.
Lili sorride.
“Ho un'idea!”
“La lotta!” riprende Asuka “Per quanto sbagliato, assurdo, perverso possa essere, quello che unisce questa famiglia è la stessa cosa che la divide. Questo malsano spirito di lotta perpetuo!” 
“Kazuya! Kazuya! Devi venire un attimo qui, per favore!” Jun si avvicina al luogo della rissa.
“Cosa c’è?!” sibila Kazuya intento a schivare un nuovo attacco del padre.
“Tua madre mi ha detto una cosa che dobbiamo urgentemente verificare!” continua Jun nervosa, poi scorge il nuovo partecipante alla rissa “Oddio Lars, hanno coinvolto anche te?!”
“E così sei mio figlio, ah?!” ringhia Heihachi “Vediamo cosa sei capace di fare!”
“Sì, e non sai quanto ho aspettato questo momento!” risponde Lars con un soffio mentre si prepara per un attacco.
“Detto questo…” riprende Asuka “Visto che io non so più che cosa inventarmi e dato che vedo che nemmeno Jin e Lars sono riusciti a mettere a fine alla lite, credo sia arrivato il momento che ci provi io. D'altronde mediare tra litiganti è il mio più grande talento… Ma… Lili?! Che diavolo ci fai qui?!" esclama poi notando la bionda che la raggiunge sul palco.
“Che c'è? Ho pensato di regalare al pubblico una mia esibizione di danza classica.” dice lei mentre si muove disivolta verso il centro della piattaforma.
Asuka aggrotta le sopracciglia e abbassa il microfono.
“Danza classica?” ripete scettica “Lì sul prato ci sono tre generazioni che si pestano a sangue e tu pensi di distrarre il pubblico facendo qualche saltello e piroetta?!”
“Continui a non capirne niente di danza, Asuka! Tu lasciami fare!” risponde Lili sicura di sé, poi cerca con lo sguardo Alisa e Xiaoyu vicino alla console per la musica, pronte a far partire la musica.
Asuka sospira e rialza il microfono.
“Ehm… quindi tra pochi istanti ci sarà un piccolo spettacolo per chi lo vorrà vedere… Lili e… ehm… la sua danza classica…”
“Variazione di Esmeralda. Presentami bene per favore!” precisa Lili sibilando severa attraverso un sorriso.
Asuka scuote la testa esasperata.
“Lili con la sua variazione di Esmeralda.” ripete al microfono, poi se lo allontana di nuovo “Va bene così?!”
L’altra annuisce, mettendosi in posizione.
Asuka torna a rivolgersi al pubblico.
“Beh, allora io vi saluto. Inizio a vedere un po’ troppo sangue e nasi rotti in giro. Il dovere mi chiama!” sorride nervosa “Buon proseguimento di serata, grazie ancora per la vostra partecipazione, e… non dimenticate di prendere le bomboniere!”




 




 

 

Fine








 

NOTE:
Ed eccoci qui finalmente al capitolo conclusivo!
Riflettevo sul fatto che non concludevo una storia a capitoli dalla quinta elementare, quando con la mia compagna di banco scrivevo proto-fanfiction roundrobin (prima ancora di sapere che cosa fossero) su fogli protocollo tenuti insieme con lo scotch.
Tornando a noi, ancora non ho idea di che cosa ne sia venuto fuori, soprattutto perché ho cominciato a scrivere questa storia cinque anni fa (in realtà sei, ma per un po' ho aspettato a pubblicarla) e in un arco di tempo così lungo si hanno inevitabilmente ripensamenti e dimenticanze. Onestamente non so neanche se tutto questo vaneggio possa avere un senso. Quando tra qualche tempo forse la rileggerò, con una visione più distaccata, potrò giudicarla meglio (e imbarazzarmi a morte mentre vengo presa dall’impeto di cancellare l’account, come ogni volta che provo a leggere le mie vecchie cose ahaha).
Comunque sia, nel bene e nel male questa storia è stato un hobby che mi ha accompagnato per un bel po’ di tempo, è stato un ottimo antistress e mi ha fatto riscoprire, cosa che per un po' di tempo avevo dimenticato, quanto mi piaccia scrivere. E non che vi possa venire tanto difficile da credere dato che scrivere 48 capitoli e postarli in una sezione morente come questa di certo non lo si fa con la prospettiva di ricevere attenzioni.
Ebbene sì, non ho la presunzione di saperlo fare, ma adoro scrivere, adoro inventare storie, mi fa stare bene, lo faccio praticamente da sempre e probabilmente continuerò anche quando non pubblicherò più su questo sito.
Ringrazio chiunque sia arrivato a leggere fin qui, e un ringraziamento speciale va a Angel Texas Ranger, che mi ha fatto sentire decisamente meno sola qua dentro e ha sempre seguito la storia pur detestando la coppia principale. 😂
Ogni commento, ogni messaggio, ogni nuovo numeretto di una nuova persona che ha aggiunto la storia alle proprie liste mi ha sempre regalato un sorriso, che spesso era anche in grado di migliorarmi la giornata. Spero di poter aver regalato anch’io qualche sorriso a voi che avete resistito e siete arrivati a leggere fino all'ultimo capitolo di questa trashata.
Un abbraccio,
Bloodred Ridin Hood




 

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