Anni che rispondono

di pamina71
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fratelli ***
Capitolo 2: *** Bonshommes ***
Capitolo 3: *** Enigma in luogo di mare ***
Capitolo 4: *** A che punto è la notte? ***
Capitolo 5: *** Il mantello dell'invisibilità ***
Capitolo 6: *** David e Golia ***
Capitolo 7: *** Crieur ***
Capitolo 8: *** Ovviamente ***



Capitolo 1
*** Fratelli ***


1. Fratelli

 

L'uomo giunse ad un incrocio sulla via principale di Gravelines, dove dinanzi ad una locanda un gruppo di bambinetti stava giocando alla lippa, osservato da lontano da alcune donne intente al cucito all'ombra di una pergola.

Uno dei bambini, sui cinque anni, si rivolse con fare corrucciato ad un altro che ne poteva avere un paio in più, tarchiato ed aggressivo:

- Piantala, Paul! Non puoi sempre vincere, solo perchè sei il più grande!

- E invece sì! Sono il più grande ed il più alto.

L'altro non si lasciò intimorire, fissandolo con gli occhi verdi da sotto una frangetta castana.

- Sei il più alto perchè sei nato prima. Ma quando saremo cresciuti, ti supererò di almeno due palmi. Il mio papà è più alto del tuo, quindi io crescerò di più.

Gli rispose, anche se era evidentemente un suggerimento dato da qualche adulto.

L'uomo osservò con curiosità il battibecco; appariva evidente che la rissa fosse la replica di litigi dei giorni precedenti.

- E poi, il mio papà è più bello del tuo. E tu sei brutto come il tuo. Brutto e cattivo.

Prima che Paul si scagliasse contro il piccolo, l'uomo dagli occhi grigi decise di intervenire, distraendoli.

- Scusatemi, bambini. Sto cercando la casa del Cittadino Grandier.

I contendenti si fermarono, osservando quel tipo alto e magro che li guardava interrogativo. Un altro uomo era rimasto pochi passi indietro.

Mentre si lasciava scrutare dai piccoli, si chiese per l'ennesima volta se avesse fatto bene a fidarsi. Non aveva avuto nessun dubbio ad affidare la propria vita al Comandante Oscar, ma non aveva mai compreso il suo attendente. Non era ancora riuscito a definirlo in altro modo. Serio ed affidabile a Versailles, lo aveva però deluso profondamente seducendo la sua padrona, e dimostrando di non saper stare al proprio posto. E ora gli doveva sostanzialmente affidare la propria salvezza1. E poco importava che gli eventi degli utlimi anni avessero sovvertito definizioni e ranghi. Per lui l'aristocrazia aveva ancora il diritto di predominare sulle altre classi.

Il monellino dagli occhi verdi si riscosse dalla contemplazione e gli si rivolse tutto fiero:

- E' il mio papà.

Quello bello, pensò il Conte, ora si spiega. E tirò la gota destra in un sorriso sghembo.

Quello che lo lasciava perplesso fu il fatto che non solo Oscar avesse gettato alle ortiche la reputazione, come aveva sempre ritenuto, andando a vivere more uxorio con quel roturier, ma avesse anche messo al mondo un illegittimo.

- Vi accompagno io a casa. Devo solo recuperare mio fratello, la mamma non vuole che resti in piazza da solo. E' piccolo.

Due, addirittura! E utilizza il termine mamma, come usa tra la plebe! Certo, che con ciò che è avvenuto in questi anni...

Il marmocchio corse verso un gruppetto di bambinetti più piccoli, seduti sotto la quercia ed intenti ad un gioco tranquillo. Si chinò verso uno dai capelli di un castano un poco più chiaro, e con due occhietti vispi che parevano azzurri.

Dovette tirarlo un paio di volte per un braccio, ma tutto sommato l'altro si convinse abbastanza facilmente. Dopo alcuni istanti furono entrambi vicino ai due uomini. Il più grande parve ricordarsi delle buone maniere.

- Io sono Christophe, e lui si chiama Antoine. E Voi siete gli amici di papà che dormiranno nelle nostra camera, vero?

Il Conte pensò che amico non fosse la definizione migliore, però al momento era la più adatta a mascherare i propri scopi. Anzi, era il termine che avevano convenuto per lettera.

- Sì. E ti ringrazio molto per averla ceduta.

Il bambino annuì gravemente.

- Abbiamo una stanza vuota, quella che era della nonna. Ci dorme lo zio Alain quando viene. Ma ha solo un letto grande, e la mamma dice che due fratelli adulti non va bene che ci dormono. Allora ci staremo io e Antoine.

Intanto stavano percorrendo lentamente la via principale del villaggio fortificato2. Non era lunga, e attraversava la cinta muraria da est verso ovest, ovvero dalla via che giungeva da Dunkerque per congiungersi a quella che portava a Calais. La percorsero per un centinaio di passi, poi svoltarono a destra verso una piccola via che si dirigeva verso il canale ed il mare, dove gli edifici non erano più così ammassati gli uni sugli altri. In altri tempi il Conte avrebbe visitato volentieri le fortificazioni ideate da Vauban, che gli avevano fatto studiare molto tempo prima, ma in quel momento non desiderava altro che superare l'uscio che rappresentava la sua meta di quel giorno.

 

Si arrestarono dinanzi ad una casa bianca con un grande glicine sulla facciata. Il più piccolo dei fratelli si precipitò dentro di corsa, chiamando:

- Mamma! Mamma!

- Sono qui, non gridare.

- Sono arrivati gli amici di papà. - Annunciò Christophe.

Oscar comparve sull'uscio di una stanza a sinistra. Alta e snella come la ricordava. Ma, a differenza di quanto la memoria gli suggeriva, la vide apparire con un abito di mussola bianca, anziché con l'uniforme con la quale la ricordava.

Gli si fece incontro sorridendo:

- Benvenuti! Vedo che non avete avuto problemi di sorta, siete giunti puntualissimi. Anzi, di più, poiché mio marito non è ancora rientrato.

Colui che era stato il Conte di Girodelle le si fece accosto, e colse dalla frase di Oscar anche la maniera con cui fosse meglio rivolgersi.

- Cittadina Grandier! Io e mio fratello siamo davvero lieto di rivedervi. E' passato molto tempo, dall'ultima volta. Talmente tanto da non sapere delle nozze. Vi siete sposati dopo… - ma non terminò la frase, poiché in quel momento vide entrare una giovane domestica. Sapeva da Hortense, la sorella che lo aveva indirizzato a Gravelines per la sua fuga in Inghilterra, che nella sua nuova vita non aveva specificato di essere aristocratica. Ma la Madame de la Lorencie non gli aveva detto che Oscar si fosse sposata. Probabilmente lo aveva dato per scontato.

La cittadina Grandier chiese cortesemente alla ragazza di portare un tè e si soffermò a specificare:

- Ci siamo sposati nel febbraio 1789. Prima di lasciare Parigi. Poi abbiamo fatto un piccolo viaggio verso sud. L'intenzione era quella di passare qualche settimana al tepore della costa e salutare mio zio, che aveva proposto ad André un'adozione, cosa di cui gli eravamo molto grati, sebbene non avessimo poi accettato. Poi, però, l'Ammiraglio si sentì male, e non avemmo cuore di abbandonarlo. Quando morì io ero ormai troppo avanti con la gravidanza per poter viaggiare, e trasferirci qui come era la nostra intenzione primigenia. Ma quando ci muovemmo i primi passi della Rivoluzione erano stati fatti, ed André giudicò, molto saggiamente alla luce di quanto accadde in seguito, di celare il mio nome. Qui sono Fran;oise.

Girodelle la guardò stupito. Non sapeva se a lasciarlo più esterrefatto fosse la lunga spiegazione, il discorso su se stessa più ampio che le avesse mai udito fare o la chiarezza con la quale individuava la propria situazione. Nello stesso tempo, Oscar osservava il suo antico secondo e la trasformazione, anche estetica, che la rivoluzione vi aveva operato. I capelli tagliati sotto le orecchie, una sobria redingote di stile inglese, gli stivali. Le parve che avesse un'aria particolarmente sciupata. Provò un sincero rammarico per l'aristocratico la cui vita era stata così violentemente capovolta dagli eventi. Si prese anche l'agio di osservarne il fratello. Era sempre stato taciturno, ma ora le parve ancora più malmostoso. Non ne aveva, in effetti, udito la voce.

La cameriera, che Oscar chiamò Marotène3, ricomparve con un vassoio recante la teiera, le tazze e la chicchera. Venne rapidamente congedata, con l'incarico di passare dal pescivendolo, ma in realtà per poter discorrere con maggiore agio.

- Come avete detto che si chiama la cameriera? - domandò Girodelle.

- Marotène. E' un nome tipico della Normandia. In questi giorni dovrete abituarvi a nomi che per voi suoneranno un tantino curiosi. - Rispose Oscar, occupandosi della bevanda.

- E, a proposito di curiosità – riprese – sappiate che questo è un piccolo centro. La gente è curiosa ed osservatrice. E gli ultimi anni con il loro carico di eventi dolorosi hanno accentuato questa caratteristica. Anche se non vi porranno mai domande dirette.

Girodelle annuì.

- Dovrete essere cauti. Quasi come alla Reggia. André ha già casualmente fatto sapere in giro che alcuni suoi amici in viaggio per Boulogne-sur-mer soggiorneranno qui un paio di giorni. Vi porterà a vedere la sua barca, il Bonhomme. E' piccola, un sedici piedi, ma mi aspetto che ne tessiate lodi entusiastiche e che esprimiate la curiosità di farci un giro. Farete quindi una breve gita, che troverete divertente. André offrirà allora di accompagnarvi in barca a destinazione. Ne discorrerete alla locanda, in modo che tutti sentano. A metà strada vi abborderà un secondo natante che vi porterà a Dover. André proseguirà comunque per Boulogne-sur-mer, in caso qualcuno del paese dovesse recarsi laggiù.

Oscar sollevò la tazzina e guardò i due uomini negli occhi.

- Questo è quanto. Non ne riparleremo. - Concluse. Ed in quella frase c'era tutto il piglio del comandante.

  

 

1  Cinque anni dopo l'ultima avventura: siamo nel 1794, quindi nel periodo del terrore.

« Sa datation et sa définition restent très fluctuantes. Toutefois, on distingue deux périodes de Terreur. La première débute par la chute de la royautè l2 10 aout 1792 et prend fin avec la réunion de la première session de la Convention Nationale, le 20 septembre 1792. La seconde période débute par l’élimination des députés girondins avec les Journés d'émeute des 31 mai et 2 juin 1793, et s'achève par l’élimination des Robespierristes du 9 au 12 thermidor an II (27-30 juillet 1794).

2  La fortificazione di Gravelines fu restaurata ed ampliata da Vauban (lo stesso che fortificò Briançon, il cerchio si chiude), che ne fu governatore dal 1706, ed un nuovo canale enne iniziato nel 1736.

3  Ho trovato un sito di una associazione culturale Normanna (Magène) che riporta delle interessanti liste di nomi di utilizzo regionale o talvolta addirittura ristretto ad alcuni comuni. E' presnete anche una lista di nomi normanni antichi. Tra i nomi maschili, André pareva essere tipico della zona, e compare addirittura in tre versioni, quella a noi nota, come Andrâ e come Aundraé.

 

 

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Capitolo 2
*** Bonshommes ***


2. Bonshommes.

 

Quando André aprì l'uscio di casa, entrando ebbe la sorpresa di trovare Oscar, che a quell'ora di solito amava suonare per qualche tempo, seduta nel salotto con due uomini che ebbe qualche difficoltà a riconoscere subito come l'ex Maggiore Girodelle e suo fratello minore.

Si salutarono in maniera molto formale. André ricordava perfettamente che il Conte aveva giudicato malissimo quello che ai suoi occhi era parso come un brutto tentativo di scalata sociale attraverso la seduzione della sua padrona. Si augurò che gli eventi degli ultimi anni lo avessero fatto mutare avviso. Per ora, gli parve solo molto teso. Normale, si disse, per qualcuno che vuole espatriare di nascosto.

Invece, Girodelle notò come l'altro fosse invecchiato bene. Qualche rughetta attorno all'occhio, qualche capello color argento nella massa scura e indisciplinata, ma gli parve il ritratto della persona soddisfatta e realizzata. Come più volte durante il viaggio, si chiese di cosa vivessero. La casa era modesta, ma non povera. Lo stesso poteva dirsi dei loro abiti, che riuscì a definire solo come solidamente borghesi. Avevano una o due cameriere, i bambini erano paffuti ed educati. Possibile che fosse tutto frutto della dote (poteva chiamarla così?) di Oscar?

Oscar si alzò vivacemente e gli andò vicino. Si presero le mani e trattennero un bacio, limitandosi ad avvicinarsi molto e quasi a sfiorarsi.

- Come sono andate le cose a La Barrière1? Che ti ha detto il Cittadino Blanchard?

- Tutto molto bene. Mi ha pagato quanto ancora doveva per l'ultimo lavoro. Ha approvato quello che gli ho consegnato il mese scorso. Si farà a breve.

- Benissimo. Allora stasera dobbiamo brindare! - Gli sorrise di rimando la moglie.

André era rimasto volutamente nel vago. In realtà alludeva al proprio mestiere di scrittore, ed al libro pubblicato l'anno precedente, per il quale stava ancora ricevendo ricavi, Point de Lendemain2 ed al nuovo romanzo appena terminato, che l'editore aveva di nuovo accettato di stampare, per il quale aveva in mente il titolo provvisorio di Les Confidences (per fare il verso all'opera di Marivaux Les fausses Confidences).

Ma nel villaggio la conoscenza dei suoi lavori era vaga, si sapeva che passava molto tempo alla scrivania, per recarsi talvolta in città. E non intendeva sbandierarli. Né gradiva esporsi ai commenti da cortigiano del Maggiore. Passò quindi a parlare di altro, sino a che irruppe nella stanza il piccolo Antoine, reclamando a gran voce un abbraccio e chiedendo se il padre fosse tornato con qualche regalo.

- Sì, uno per te ed uno per tuo fratello. Quindi vai a chiamarlo.

Il bambino partì correndo deciso, per tornare dopo pochissimi minuti a ricevere una trottola colorata, mentre Christophe ebbe un sillabario illustrato, rimanendo comicamente indeciso tra l'accettare il dono “da grande” o invidiare quello ricevuto dal fratellino.

 

Dopo la cena, tutti e tre gli uomini furono propensi a ritirarsi presto, stanche per i rispettivi viaggi. Girodelle rimase sveglio dopo che il fratello si era addormentato di botto. Era preoccupato per lo stato mentale di Aurélien. Non si era del tutto ripreso dagli orrori veduti, rimaneva taciturno e perso in un suo mondo. Aveva paura che l'emigrazione in Inghilterra sarebbe stata deleteria per lui. Eppure non avrebbero avuto modo di restare in suolo francese. Si alzò dal letto sul quale era seduto, per andare a chiudere le imposte. In quella casa non avrebbe certo potuto chiedere alla domestica, che la notte tornava a casa propria.

Nel compiere quel gesto intravvide il balcone della stanza accanto, quello dei padroni di casa che, sebbene nascosto da un altro glicine, lasciava indovinare una figura sottile che si godeva l'aria tiepida della primavera, e che venne presto raggiunta da un'ombra maschile, che la strinse in un abbraccio. L'aristocratico si trasse indietro, a quella vista, chiudendo le imposte e ritirandosi meditabondo.

 

La mattina seguente, il Maggiore si svegliò riposato come non gli accadeva da molto tempo. Nonostante fosse ancora in fuga, anzi forse nel punto più pericoloso di tutto il viaggio, così vicino alla traversata, si era trovato a proprio agio in quella casa, certo di non correre il rischio di venire tradito. Il fratello stava ancora dormendo. Dopo gli assalti e il Terrore, pareva tornato bambino. Non parlava, dormiva sino a tardi, da mesi non sorrideva, mangiava a malapena. Per lui, per trarlo via da quella situazione, Victor stava lasciando la Francia. Con nel cuore il dubbio che non sarebbe servito a nulla, che niente gli avrebbe più reso Aurélien così come era cinque anni prima. Sospirò e scese dal letto. Mentre si rivestiva, si rese conto che, nonostante fosse presto, dal basso giungevano voci ed un acciottolio di stoviglie.

Al piano di sotto, André era seduto alla scrivania nel piccolo soggiorno. Oscar, al suo fianco, gli poggiava una mano sulla spalla mentre con la sinistra reggeva un foglio che leggeva con interesse. Alle sue spalle, la tavola era apparecchiata per la colazione e vi sedevano, mangiando intenti, quattro bambini. Christophe ed Antoine imburravano coscienziosamente delle fette di pane, mentre una bimbetta bionda e lentigginosa ed un maschietto magro e riccio si ingozzavano in maniera molto meno composta.

Oscar si chinò verso il marito, commentando a bassa voce quanto aveva letto, per poi volgersi verso i bambini, raccomandandosi con tutti di mangiare più educatamente. In quel momento Girodelle fece il suo ingresso nella stanza. Venne invitato ad accomodarsi al tavolo per la colazione ed Oscar dovette accorgersi del suo sguardo perplesso, perché si affrettò a spiegargli sorridente:

- Per i nostri figli abbiamo scelto un compromesso tra la rigidità dell'educazione che mio padre aveva voluto per me e la libertà di cui André aveva goduto qui a Gravelines.

Il marito aggiunse che la cosa pareva funzionare benissimo, con un tono rapido e tranchant che lasciava intendere di non ammettere commenti in senso contrario. Poi presentò i due piccoli commensali come figli di bottegai che studiavano il violino insieme ai propri figli.

- E' importante che lo studio della musica non sia esclusivamente individuale. E Antoine è troppo piccolo per potersi davvero esercitare con Christophe. Così Adeline e Jaquinot vengono qui un paio di volte a settimana.

Il Maggiore annuì e proseguì in silenzio la colazione, il cui sottofondo sonoro era garantito dal chiacchiericcio dei quattro bambini.

Quando ebbe terminato, André lo invitò ad uscire per vedere la città e poi recarsi al porticciolo per esaminare la barca. Perché la finzione dell'amico in visita potesse reggere era essenziale che si facessero vedere in giro così come avrebbero fatto se davvero fosse stata una gita di piacere.

Venne quindi condotto in giro per la cittadella fortificata, di cui l'ex militare ammirò con sincero interesse la struttura, passando davanti alla Chiesa di Saint Willibrord, al momento convertita in Tempio della Ragione, vagando quasi senza meta per le vie strette e ombreggiate del borgo. Sul finire della mattinata, costeggiarono il fiume Aa diretti verso il piccolo porto alla foce del corso d'acqua. Il percorso fuori dalla città servì ad André per spiegare l'origine dei curiosi nomi di luoghi e persone di quell'angolo di Francia facente quasi parte delle fiandre, e dotato di un curioso dialetto che i confinanti definivano quasi spregiativamente ch'ti 3.

Giunti al porticciolo, André ebbe agio di mostrare a Girodelle la sua piccola barca, con due vele e soli sedici piedi di lunghezza, il “Bonhomme”. Come convenuto, Victor la trovò molto graziosa ed espresse il desiderio di fare una piccola uscita in mare.

André lo condusse alla piccola osteria dei pescatori, da Franchinot, dove, davanti a due bols di sidro, decisero che sarebbe stato meglio rinviare all'indomani l'uscita in mare, facendo notare che, essendo in vacanza, non c'era fretta alcuna.

Durante la loro permanenza all'osteria, Girodelle non poté fare a meno di notare un uomo che lo osservava di sottecchi, da dietro un boccale di peltro, per poi scuotere con sussiego il capo mormorando tra sé.

Sulla via del ritorno, non poté trattenersi dal parlarne ad André, che minimizzò:

- E' solamente Bard. Poveraccio, dopo una notte di tempesta è tornato più morto che vivo, e da allora vede tutto con sospetto. Lo incontreremo ancora. Vedrete che, se dovesse parlarvi, criticherà tutto e tutti. E sparlerà di voi con mezzo paese. Non ve ne preoccupate, è un innocuo bonhomme. - Poi abbassò la voce – Non denuncerà nessuno.

 

1 Ora Saint-Omer. Cittadina a metà strada tra la costa e città grandi come Lille ed Arras. Durante la rivoluzione il nome religioso venne modificato. Come altre città accolse qualche migliaio di patrioti del Nord dei Paesi bassi. Sino al 1800 fu la città più popolata del dipartimento (20109 contro i 19958 di Arras

2  In realtà è il titolo di un racconto di Vivant Denon.

3  Le ch'ti est une langue qui a pour origine la langue d'oil parlée autrefois dans le nord de la Gaule gallo-romaine puis franque. Elle a évolué depuis le latin vulgaire. La dénomination « picard » est apparue plus tard, vers les XIIe/XIIIe siècle quand la différence entre le parler du nord et le parler franceis était désormais flagrante.

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Capitolo 3
*** Enigma in luogo di mare ***


3. Enigma in luogo di mare1.

 

Il mattino seguente Victor De Girodelle si svegliò affaticato. Assorbito il senso di sicurezza dato dalla casa in cui si trovava, cominciò a percepire i difetti della sistemazione. Il letto piccolo perché infantile, il materasso non certo comodo come quelli del suo palazzo natale, i rumori che già dalla prima mattina salivano dalla cucina, tutto gli ricordava il cambio di situazione, l'abbandono della reggia, i rivolgimenti degli ultimi anni, e quel voltafaccia di Oscar che, prima ancora della Bastiglia, aveva abbandonato il suo ceto per un roturier. Nonostante ora dipendesse da loro per la propria salvezza, non riusciva a digerire del tutto quello che tuttora considerava un tradimento verso l'aristocrazia.

Ricacciò indietro quei pensieri fastidiosi, che non poteva permettersi di formulare. La propria salvezza e quella del fratello dipendevano da quel popolano. Dalla sua promessi di far traversare loro la Manica. Questo era l'importante, il resto non aveva valore. Non ora che la Francia era stata capovolta dalla cosiddetta Rivoluzione. Non ora che il suo mondo non esisteva più.

Si rivestì e si preparò a scendere. Quel giorno avrebbero dovuto recarsi nuovamente al porticciolo, prendere la barca ed uscire in mare. Si rammentò che avrebbe dovuto manifestare entusiasmo per rendere credibile l'idea di un viaggio via mare sino a Boulogne-sur-mer, quindi si preparò mentalmente alla bisogna.

 

Scendendo dal piccolo scafo, non ebbe bisogno di fingere. Navigare, anzi quasi volare sui flutti si era dimostrata un'esperienza esaltante. Nemmeno cavalcare si era dimostrata un'esperienza talmente eccitante.

Oscillando leggermente a causa del disequilibrio causato dal rollio, Victor si avviò insieme ad André verso l'osteria di Franchinot per un sidro. Camminando con quell'andatura meno elegante del solito, ebbe modo di scontrarsi con un uomo corpulento, il viso segnato dalle cicatrici di un vaiolo avuto in tenera età, che reagì in malo modo, prendendolo a male parole, pronto alla rissa. Solo l'intervento di André, che evidentemente lo conosceva, riuscì a placarne l'animo. Si allontanò sacramentando pesantemente.

All'osteria, davanti ad un bol di quel sidro di cui Franchinot tanto andava fiero e ad un piatto di frittelle di Camembert2, ripresero la loro finzione, ed André suggerì ostentatamente, di fronte all'entusiasmo, reale e non solamente concordato, dell'ex Maggiore, di accompagnarlo per mare alla sua meta. Un brindisi, che fece voltare versi di loro numerose teste, suggellò l'impegno, e la partenza venne fissata di lì a due giorni.

 

Il resto della giornata trascorse lietamente, nel giardino ombreggiato di casa Grandier. I bambini giocavano tranquilli sotto il glicine, e persino Aurélien Girodelle (il “De” era stato fatto opportunamente sparire) pareva un poco rasserenato da quella vita bucolica.

 

Quella sera era prevista una serata di danze sulla piazza, anticipo della fiera che avrebbe animato il villaggio il giorno seguente. La famiglia Grandier si recò al completo alla festa, con i due bambini eccitati dalla novità che correvano avanti ed indietro, riportando notizie e chiedendo dolcetti. La zia Ninon3 aveva tenuto loro una serie di posti in un tavolo ad una distanza media dalla piccola orchestra che suonava balli popolari. Anche Victor si era recato, mentre Aurélien aveva preferito la calma silenziosa della casa.

Per Victor era la prima occasione per una di quelle caotiche feste, con i danzatori allacciati stretti, il cibo umile, il vino che scaldava gli animi e provocava commenti pesanti e risate grasse. Oscar pareva tutto sommato a proprio agio in quell'ambiente, composta come sempre e sorridente. Non si scompose nemmeno quando i due figli tornarono da uno dei loro infiniti pellegrinaggi insieme agli amici facendosi largo a gran voce:

- Permessoooo…..abbiamo un rospo!

Con cui tentarono di omaggiare una bimbetta dalle trecce scure, che fuggì strillando, rifiutandosi di baciare il potenziale principe.

Solo un momento rischiò di rovinare la serata, quando l'uomo del pomeriggio, chiaramente ubriaco, parve dirigersi verso di loro con intenzioni bellicose. Oscar, vedendolo, ebbe la prontezza di spirito di prendere Victor per un gomito, farlo alzare e voltare, per portarlo via annunciando:

- Venite, dovete assolutamente conoscere Margot Gide, è assolutamente deliziosa.

Mentre si allontanavano, l'aristocratico le chiese chi fosse quell'uomo.

- Un attaccabrighe. Arsène Suger. Anche suo figlio, che ancora è un bambino, già cerca rissa con tutti gli altri.

Il Maggiore lo collegò allora al ragazzino che battibeccava con Christophe il giorno del suo arrivo. Probabilmente solo un ubriacone rissoso. Ma comprese come mai Oscar preferisse evitare di attirare l'attenzione sul loro amico parigino attraverso una scazzottata. A nessuno conveniva farsi notare, in quei giorni precedenti l'espatrio clandestino.

Eppure Arsène pareva non mollare l'osso. Infine un paio d'ore dopo riuscì ad avvicinarsi ad André ed al suo amico, puntando il dito minaccioso, reclamando a gran voce che i due si scusassero per l'episodio del pomeriggio. Ma l'equilibrio, e le numerose pinte di birra che sciabordavano nel suo stomaco, lo tradirono e rovinò a terra. Fu la guardia municipale a rialzarlo, chiamare il figlio Paul e ingiungergli di tornarsene a casa. Ma l'uomo scansò il ragazzino, che tornò a giocare con gli amici, mentre il padre si incamminò ondeggiando lungo la strada che si perdeva nel buio.

Poco più tardi, Victor decise di tornare a casa, era in pensiero per il fratello rimasto solo. Invece i Grandier si trattennero sino alla fine della musica.

 

Fu Marotène a portare la notizia l'indomani.

Arsène, che abitava appena fuori dalla città, nella direzione di Dunkerque non era mai giunto a casa. Era stato trovato all'alba dal lampionaio, accasciato sul lato esterno della cita muraria, in un punto dove l'erba l'alta ed il buio l'avevano celato agli sguardi dei pochissimi che dopo il ballo stavano rientrando a casa in quella direzione, incluso i suio stessi figli, il piccolo Paul ed il maggiore Jean.

La notizia turbò profondamente la casa. In quegli anni, alcune crudeltà avevano toccato la città di Gravelines, ma in misura minore rispetto alle grandi città del resto della Francia. Una morte violenta era ancora in grado di fare notizia e creare scompiglio. Anche in quella dimora, dove pure i proprietari avevano veduto e risolto casi scabrosi, sia prima di lasciare Parigi4, sia lì, quando si era dovuto comprendere cosa fosse accaduto allo sconosciuto rinvenuto morto al porto, fatto nel quale i coniugi Grandier avevano partecipato e contribuito a chiarire.

Ne stavano ancora discorrendo, seduti al tavolo del salotto, mentre i bambini erano stati mandati a giocare nel piccolo cortile, in modo da non udire i commenti degli adulti.

- Con il suo carattere Arsène non era certo benvoluto. Penso al ragazzo che ha lavorato per lui ed è stato cacciato per un diverbio. Gli ha trattenuto settimane di paga. Penso ai litigi continui quando aveva bevuto. - Stava considerando André.

- Spesso batteva la moglie, povera donna. - Aggiunse Oscar, sempre rabbiosa nei confronti dei mariti vigliacchi. - Le cameriere parlano, e la loro ha spesso riferito di lividi e segni. Secondo lei stava attento a colpire solo dove gli abiti potevano celare i suoi misfatti.

- Stando ad alcune voci – riprese André – prestava soldi a strozzo.

Victor ebbe un sorriso amaro:

- Si direbbe che la città non abbia subito poi questa grande perdita…

La conversazione durò ancora qualche tempo, per venire interrotta dall'arrivo di qualcuno alla porta, che si annunciò con un colpo sonoro del battente situato al centro dell'uscio dipinto di verde.

Marotène apparve sulla soglia del salotto annunciando l'arrivo del Cittadino Blanquart, il Gendarme della città5.

- Accomodatevi, Cittadino Blanquart. - Lo accolse Andrè, che lo invitò a sedere mentre la cameriera compariva solerte con la chicchera del caffè.

- Immagino via sia giunta la notizia della morte del Cittadino Suger.

- Certamente. - Rispose il padrone di casa. - Suppongo vogliate sapere se abbiamo udito qualcosa.

- Non propriamente. Vedete, qualcuno mi ha riferito di un diverbio tra il vostro ospite e Suger. Vorrei quindi interrogarlo.

Victor de Girodelle si irrigidì impercettibilmente. Anche lui, dopo anni alla Guardia Reale, aveva acquisito un notevole autocontrollo. Ciò nondimeno, il timore di inciampare alla fine del cammino, lo attanagliò allo stomaco. Si fece tuttavia avanti.

- Certamente, Cittadino, sono a vostra disposizione. Anche se chiamare diverbio quello scambio che ho avuto con la vittima mi pare eccessivo.

Il Gendarme lo guardò in maniera tutto sommato bonaria.

- Pare anche a me. Tuttavia, la cosa è stata notata ed è mio dovere porvi qualche domanda. Siete forestiero, e, come tale, per alcuni dei nostri vecchi, il colpevole più probabile. Come se qui il male non ci fosse. Ma, a mio avviso, Suger si portava il male addosso. Io cercherei tra chi lo conosceva da tempo.

Prese fiato.

- Completiamo questa formalità e vediamo di muoverci per trovare il colpevole. Anzi, se voi, Cittadino Grandier, voleste darmi una mano...

 


1  Il titolo del capitolo è un omaggio a Fruttero e Lucentini e ad uno dei loro libri.

2  Che é un formaggio della Normandia.

3  Vedasi la ff Dune mosse

4  Cfr. Sia le storie gotiche della Ikeda, sia i miei precedenti racconti Il Gigante Armato, Con gli Occhi del Lupo e Una piccola via di Parigi,

5 La storia della polizia e della Gendarmerie ai tempi della Rivoluzione è abbastanza complessa, ma la Gendarmerie venne istituita nel 1791.

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Capitolo 4
*** A che punto è la notte? ***


4. A che punto è la notte1.

 

La morte di Suger non pareva intaccare lo spirito della fiera. Le molte massaie e le poche cameriere della città si aggiravano tra le bancarelle del mercato curiose della merce esposta ma ancora di più degli ultimi pettegolezzi sul morto.

Le voci che si rincorrevano erano sempre le stesse. Suger batteva la moglie. Suger aveva cacciato più di un apprendista dalla sua bottega di fabbro. Suger prestava denaro a strozzo. Suger aveva insidiato una delle sue cameriere ed il fratello di lei gliel'aveva giurata. Suger litigava spesso col figlio maggiore. Ma davvero Suger aveva litigato con l'amico parigino di Grandier?

Insomma, la sua dipartita teneva banco, la sua condotta incuriosiva, ma ben pochi parevano strapparsi i capelli per la sua morte. Inoltre, si erano diffusi alcuni dettagli: era stato trovato nel fosso che circondava la cinta muraria, con la testa spaccata probabilmente da un grosso sasso, che era stato rinvenuto insanguinato nei pressi. Il medico era stato chiamato in fretta e furia per verificare che il colpo fosse stato mortale.

Svolte le formalità dell'interrogatorio di Girodelle, ed in attesa delle informazioni che il Gendarme avrebbe recato loro nel pomeriggio, dato che, stante la situazione, non potevano mostrare apertamente di partecipare alle indagini, André ed Oscar avevano deciso di portare fuori i bambini. Restare in casa avrebbe dato un'impressione sbagliata e non vi erano ragioni per tenere reclusi i piccoli in un giorno di festa.

Così si apprestarono ad uscire. Passeggiavano per le vie occupate dalle bancarelle, che vendevano umili cibi, capi di abbigliamento poco costosi, vino, dolciumi. In uno spiazzo un giocoliere si esibiva con palline e birilli, promettendo che col buio avrebbe dato prova delle proprie abilità di mangia-fuoco. Antoine e Christophe, ognuno con un gaufre in mano, si sedettero nel cerchio di bambini che lo applaudiva. Terminato lo spettacolo, André diede una monetina al minore, perché la porgesse al mediocre artista. Il piccolo si avvicinò compito e buttò il soldino nel boccale di peltro che raccoglieva le donazioni. Christophe si era allontanato verso uno dei suoi amichetti, con cui si era messo a parlare fitto. Poi si girò verso i genitori, chiedendo nel suo tipico staccato, allegretto con brio:

- Mamma, può venire a mangiare da noi? - indicando l'altro bimbetto, i cui vestiti rammendati non lasciavano certo immaginare pasti luculliani a casa sua.

- Certamente, se la sua mamma è d'accordo.

Christophe non ebbe nemmeno il tempo di rispondere, perché dalla via alla sua sinistra irruppe Paul Suger, con la bocca stretta in una smorfia rabbiosa, gli occhi rossi.

- Tu non inviti nessuno! L'amico vostro ha ucciso mio padre! - Gli gridò, spingendolo a terra.

Era più grande del piccolo Grandier, più alto e più robusto. In un attimo gli fu sopra, menando pugni a caso. Alcuni uomini presenti lo sollevarono di peso e lo portarono poco più in là.

Oscar corse dal suo figlio maggiore, sollevandolo e tastando che non avesse nulla più che qualche bozzo. Si impose di non parlare al ragazzino, comprendendo che era già provato dal lutto, sebbene in quel momento come non mai le avesse ricordato il padre. Mentre il primogenito di Suger era schivo, taciturno e molto diverso dal padre violento, il minore pareva averlo preso come massimo esempio di virtù e ne imitava la gestualità irosa e violenta.

Intanto l'uomo che aveva spostato Paul, assicuratosi che fosse calmo, gli aveva lasciato le mani. Una donna cercava di spiegargli che la rabbia contro un altro bambino non avrebbe placato il suo dolore. Il ragazzino annuiva cupo.

- Sono calmo. - Disse, asciugandosi le lacrime ed il moccolo con la manica della camicia.

André si avvicinò a Christophe, chinandosi verso di lui per confortarlo. Al suo fianco Antoine, spaventato dall'accaduto, singhiozzava piano.

Nessuno ebbe la prontezza di riflessi di Paul, che si chinò e raccolse un grosso ciottolo dalla strada, lanciandolo verso Christophe, che si afflosciò come una bambola di pezza.

Per qualche istante nessuno si mosse, poi Oscar si slanciò verso il figlio, atterrando in ginocchio al suo fianco, sollevandogli il capo e cullandolo. Si aspettava che riaprisse gli occhi di lì a poco, ma le sue speranze vennero frustrate. Andrè, lento come se si stesse muovendo in un incubo, la raggiunse mesto.

Fu lo speziale a scuoterlo, a dirgli di portare il bambino a casa e ad avvisarlo che sarebbe andato a cercare il medico.

André, portando in braccio il figlio abbandonato come in una pietà rinascimentale, si mosse verso casa nel tentativo di affrettarsi e contemporaneamente non scuoterlo troppo. Oscar lo seguiva con il più piccolo in collo.

 

Christophe giaceva da ore nel suo lettino, immobile di un sonno troppo profondo per esser naturale. Girodelle aveva lasciato la casa, ritenendo giusto restituire al piccolo ferito il proprio giaciglio, e pazienza se ciò avesse provocato mormorii nella popolazione di Gravelines.

Il fratello minore era stato portato a casa della zia, per distrarlo dall'atmosfera opprimente della casa, che era mantenuta in penombra per non disturbare il piccolo che restava incosciente. I due genitori erano accanto a lui, Oscar seduta sul materasso accanto al piccolo, André accasciato a terra con la schiena al lettino.

Il medico aveva detto che sarebbe stato fuori pericolo se avesse superato la notte. Cosa che avevano udito innumeri volte, riferita a sé stessi, ai soldati, con esiti assolutamente variabili. Ed era proprio questa apparente aleatorietà della guarigione a tenere i due genitori in uno stato di preoccupata e vigile attesa.

Il crepuscolo stava tingendo di turchese il cielo sopra la città, quando qualcuno bussò alla porta. Il Gendarme Blanquart veniva ad informarsi sullo stato del piccolo Christophe. Lo accolse una Oscar pallida e tirata, che per affrontare la veglia ed il dolore aveva indossato una camicia e delle vecchie brache di fustagno. In pratica, aveva indossato se stessa. Non aveva nulla da dire, nulla da recriminare. Inutile prendersela con un bambino male allevato, seppure carnefice del proprio.

Il funzionario si trattenne giusto qualche attimo, messo in ansia dalla mestizia della situazione, dal buio e dal silenzio della casa. Già sull'uscio, pronto a congedarsi, udì dei colpi alla porta. Aprì direttamente, in vece della padrona di casa, trovandosi di fronte la vedova Suger. Era una donna dall'aspetto molto dimesso, non tanto per la povertà dell'abito, che invece era di discreta fattura, quanto per il color grigio topo, per il capo chino, per l'atteggiamento sottomesso.

- Sono venuta a scusarmi per il gesto di Paul. - esordì, con le lacrime agli occhi.

Oscar fece un gesto con la mano, che poteva significare tutto, dal fatto che accettava la scuse, al desiderio di scacciarla come una mosca molesta.

- Spero che Christophe si riprenda. - Continuò. - Forse oggi per la prima volta mio figlio ha compreso la portata della violenza. Prima si limitava a copiare i gesti del padre, che a lui è sempre sembrato un grand'uomo, mentre Jean ha capito da subito che dietro il suo atteggiamento c'era solo un codardo.

Oscar alzò lo sguardo. Il capo chino nascondeva un grosso livido sul lato sinistro del viso. E dal guanto spuntava la pelle del polso, non rosata, ma bluastra. Paul ripeteva ciò che vedeva in casa. Sospirò. Le spiaceva per quel bambino, per quella madre, ma al momento doveva occuparsi di Christophe. Si rivolse alla donna, cercando, di tagliar corto.

- Per ora tornate dai vostri figli. Ci parleremo quando il mio sarà guarito. - Non aggiunse “se si riprenderà”, ma lo pensò.

La donna chinò il capo.

- Solo Jean, dei miei tre figli, non è stato segnato dal destino del padre. Gli altri due pagano le sue colpe.

Poi voltò le spalle ed uscì. Oscar lasciò cadere nel vuoto quelle parole, fece un cenno a Blanquart e risalì nella stanzetta dei bambini.

 


1 Anche questo titolo è un omaggio alla premiata ditta Fruttero e Lucentini

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Capitolo 5
*** Il mantello dell'invisibilità ***


 

5. Il mantello dell'invisibilità.

 

Era quasi l'alba, quando la manina che Oscar teneva nella sinistra ebbe un leggerissimo fremito1, risvegliandola da quello stato di desolata prostrazione in cui era rimasta tutta la notte. Si soffermò ad osservarlo con attenzione, per cogliere altri movimenti. Le parve che tentasse di respirare un poco più a fondo, dilatando le piccole narici.

Artigliò con energia la spalla di André, che nella penombra del camino non aveva veduto quei movimenti minimi. In un attimo le fu accanto, ad osservare il piccolo che lentamente si risvegliava da quel sonno innaturale. Si mosse, poi aprì gli occhi verdi, vide chini su di sé i genitori preoccupati e felici. Non notò le facce stanche, si accorse solamente di essere amato, che era buio e che era al sicuro nel lettino.

- Sono stanco.

Poi si girò sul fianco sinistro, il suo preferito, e si rimise a dormire. Questa volta normalmente.

André ed Oscar si abbracciarono, sfiniti. Non osarono lasciarlo solo, e si strinsero nel lettino di Antoine per riposare un paio d'ore.

 

A metà mattina tutta la città sapeva che il piccolo Christophe si era ripreso, sebbene il medico gli avesse imposto di restare a letto per alcuni giorni. Oscar, anzi, la Cittadina Grandier aveva faticato a tener fuori tutta la gente che avrebbe voluto vederlo. Solo un piccolo drappello di amichetti aveva avuto il permesso di entrare, mentre André, con l'aiuto di Victor, aveva dirottato gli uomini all'osteria dove aveva lasciato detto che venisse offerto da bere a chiunque si fosse presentato entro mezzogiorno, mentre la zia Ninon si era sobbarcata l'incarico di intrattenere le donne, ben sapendo che la moglie di suo nipote le avrebbe mal sopportate.

Cosicché, arrivando a casa loro, il Gendarme Blanquart trovò solo i due coniugi che, nella stanza dei bambini, sedevano in mezzo ad un gruppetto di marmocchi con le mani inzaccherate di marmellata, tentando di mandarli via con le buone dalla stanzetta del figlio.

- So che non è un buon momento, però vorrei parlarvi.

André chiamò Marotène, chiedendole di badare ai piccoli in cucina, cosicché lui ed Oscar potessero parlare col Gendarme.

Seduti al piano di sotto, dopo aver aperto un sidro, ascoltarono Blanquart.

- Per ora la città è sollevata perché vostro figlio si è ripreso, ma la gioia durerà poco, e presto si riprenderà a parlare dell'uccisione di Suger. E presto torneranno a puntare l'attenzione sul vostro amico. Ma io credo che il colpevole sia da ricercare molto più vicino. Aiutatemi, e cerchiamo di fare in fretta.

- Dovremmo parlare con chi ha avuto a che fare con lui per lavoro, e inoltre capire se e a chi ha davvero prestato soldi a strozzo. - Disse André.

- E io sono sicura di dover parlare alla vedova. Qualcosa in quello che ha detto ieri sera mi ha fatto una strana impressione. Ma non saprei cosa, con esattezza. - Sospirò. - Ma non oggi. Adesso devo stare qui. Christophe è vivo, debbo badare a lui. Mezza giornata in più nelle indagini non cambierà gran cosa, ed il nostro amico saprà sopportare sguardi sospettosi per qualche ora ancora.

 

Il mattino seguente, dopo una giornata trascorsa quasi interamente nella stanza dei bambini, André partì relativamente presto per raggiungere l'intendente. Christophe dormiva ancora, di un sonno sereno e sano.

Oscar sarebbe andata più tardi dalla vedova Suger, per parlare con lei. Non era sicura che avrebbe ottenuto qualcosa. Il suo rapporto con le altre donna della città era sempre stato ambivalente. Da un lato il suo essere “forestiera” aveva significato essere accolta con malcelato sospetto, reso più forte dai suoi atteggiamenti particolari, come l'indossare talvolta abiti maschili, per cavalcare come nessuna di loro faceva, per tirare di scherma o andare a vela col marito. Dall'altro, proprio il fatto che arrivasse da Parigi glieli aveva resi possibili, con una impunità dovuta al fatto che, per i chiusi normanni, i parigini erano comunque strani.

Inoltre, il suo riserbo, amplificato dal non dover lasciare intendere le proprie origini aristocratiche, si combinava con la scarsa loquacità della gente di Normandia, facendo sì che negli anni si fosse saputo poco di lei, e che non avesse stretto legami con le donne del luogo.

La sua liberalità le aveva guadagnato una stima silenziosa, ma non la confidenza.

Si recò quindi dalla Cittadina Suger poco prima dell'ora di pranzo, per portarle consolazione e la rassicurazione che il gesto di Paul non aveva avuto conseguenze. Non denaro. Suger lasciava l'officina e una casa. La vita che conducevano non era lussuosa, ma non mancavano di nulla. Forse le voci che lo volevano usuraio non erano così infondate, pensò Oscar entrando nel salottino, arredato con mobili forse un po' troppo solidi rispetto a quanto era abituata a vedere, ma intarsiati con cura. Alcuni quadri alle pareti tentavano di dare lustro alla stanza, una pendola dorata avanzava qualche pretesa di stile.

- Cittadina Grandier! - La accolse la vedova. - Sono davvero lieta che vostro figlio si sia ripreso! Non potete sapere quanto questo mi abbia tenuta in ansia. Mi sentivo responsabile per il gesto del mio. Domani lo manderò a scusarsi. Ma accomodatevi. - Aggiunse, zoppicando attorno alla tavola per preparare delle tazze per offrire un té.

Oscar la osservava. Non pareva eccessivamente addolorata per la morte del marito. Non se ne stupì. I racconti di paese raccontavano di botte e soprusi, di un orco avaro e manesco. Nessuna donna lo avrebbe rimpianto. Un pensiero le passò rapido. E se lo avesse ucciso lei? Immaginò il momento di non ritorno, l'attimo in cui l'odio avrebbe potuto prendere il sopravvento, Guardò le mani minute, il livido in volto, che cominciava a prendere una sfumatura giallastra ai bordi. Avrebbe avuto la forza di gettare un sasso contro il marito, con una forza tale da ucciderlo? Quanto successo a Christophe suggeriva di sì. Ne avrebbe avuto il coraggio? Forse. Il coraggio dei disperati, che si ribellano quando non ne possono più. Ma una donna che ha subito per un decennio, o forse più, si ribellerà mai? Avrà mai questo coraggio? Si chiese, mentre l'altra si affaccendava attorno con la teiera.

Pensò a sé stessa. Lei non avrebbe subito nemmeno per una settimana. E, reagendo subito, non avrebbe portato le cose a un tale grado di sfacelo. Ma era un ragionamento forse poco adatto al contesto. Oppure quella donna minuscola riteneva giusto ciò che le veniva fatto, credeva di meritarselo?

La vedova arrivò con un vassoio recante tazze e teiera, accompagnata da una ragazzina sui quindici anni, che presentò come la figlia Olympe. Oscar si chiese cosa avesse spinto i genitori nella scelta di un nome tanto altisonante, mentre i fratelli ne avevano di molto più comuni.

La ragazza teneva gli occhi bassi, forse più per abitudine che per reale necessità. Oscar , nuovamente, pensò a sé stessa. Un padre rigido, certo, ma né lei né le sorelle avevano mai dovuto assumere un atteggiamento tanto dimesso, tanto tendente all'invisibilità. Un atteggiamento che Olympe indossava coma un mantello.

 


1  Non garantisco sulla verosimiglianza dal punto di vista clinico.

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Capitolo 6
*** David e Golia ***


6. David e Golia

 

Oscar non vedeva l'ora di terminare quella visita dalla vedova Suger e di tornare da Christophe, che si immaginava solo nel suo lettino.

Si accinse a bere il proprio tè nella maniera più rapida consentita dalla buona creanza. In fondo, era lì per indagare, certamente non per intessere nuove amicizie e relazioni.

La voce flebile di Olympe la sottrasse ai propri pensieri.

- Cittadina Françoise, voi non vi siete maritata con nozze combinate, non è vero?

A parte la scarsa abitudine all'appellativo, Oscar si trovò spiazzata dalla domanda così diretta, soprattutto perché posta da una ragazzina di cui quasi nessuno pareva aver udito la voce.

- E' vero. Ho avuto la fortuna di convincere mio padre a darmi in sposa all'uomo con cui desideravo vivere.

- Io non ne sono stata capace. Mi ha promessa al figlio del notaio. Io non lo amo, e lui non mi sopporta e mi disprezza. Eppure sono intrappolata in un fidanzamento non voluto. Se mio padre fosse vivo potrei forse ancora provare a convincerlo, ma così…

Oscar guardò quella figuretta contrita, stretta nelle spalle, che si rigirava tra le mani nervosamente un fazzolettino ricamato. Le venne in mente che c'era ancora una speranza per quella fanciulla.

- Le vostre nozze sono, erano, un mezzo per salire un gradino nella scala sociale. La famiglia del notaio è, perdonatemi la franchezza, più in vista della vostra. Il notaio deve aver accettato per denaro, ma non è detto che rimanga dello stesso parere dopo la morte di vostro padre. Potrebbe arrivare qui con l'intenzione di rompere il fidanzamento.

- Davvero? - chiese Olympe, con una nota di speranza della voce.

- E' solo un'ipotesi. Ma non la escluderei. Oppure vostro fratello Charles potrebbe rompere direttamente il fidanzamento.

Non disse che in città si mormorava che dovesse parecchio denaro a Suger. Non disse che, il giorno del fidanzamento, molti avevano malignato che il fabbro avesse chiesto ed ottenuto le nozze a saldo di un debito. Non disse che avrebbe scommesso sulla rottura della promessa entro il funerale.

Bevve invece il tè in silenzio, per poi accomiatarsi in fretta con la scusa di essere a casa per l'ora di pranzo.

 

Raggiunse la porta di casa nello stesso memento in cui André svoltava l'angolo. Lo attese, felice di poter entrare insieme a lui ed andare direttamente dai bambini. Per un paio d'ore si dedicarono esclusivamente a loro, con un gioco, il pranzo, e solo quando venne l'ora del riposino pomeridiano dei piccoli ripresero a parlare delle indagini.

Oscar raccontò del suo nulla di fatto, se si escludeva il sospetto che era sorto a proposito della vedova, che però le era parso troppo labile per portare a qualcosa.

André raccontò invece di aver girato con l'intendente per la città, sia alla ricerca di testimoni, in maniera più o meno diretta, sia ponendo domande sia ascoltando le conversazioni che si svolgevano in strada e nelle locande. Disse di aver avuto l'impressione che tutta la mattinata fosse stata infruttuosa, un rincorrersi inutile di voci, di pettegolezzi, alcuni colti d'improvviso, altri, gli era parso, pronunziati a bella posta per indirizzarli in qualche maniera.

- Sai una cosa? - concluse André – ad un certo punto mi è parso che l'unico davvero sincero, privo di secondi fini, fosse Bard. In uno dei suoi discorsi accusatori e sconclusionati, ha detto di aver veduto qualcuno parlare con Suger. Più alto di lui, e più magro. Ha anche usato una strana espressione. Ha parlato di David… credo si riferisse al modo in cui Suger è stato ucciso, con un sasso. Come Golia.

- Che strano modo di esprimersi… non sapevo che Bard avesse questa conoscenza dei racconti biblici.

- A modo suo, ha fatto una disamina del caso. Un violento ucciso a sassate. Ci ha detto come vede vittima e assassino.

 

Victor, stanco di rimanere nella propria stanza, scese nella sala comune dell'osteria quando il fratello, infine, si era addormentato, sfinito da quel dolore che non lo abbandonava ormai più. Il cambiamento dalla casa vivace e un poco caotica dei Grandier all'isolamento della stanza alla locanda era stato per entrambi più desolante di quanto avrebbero mai osato ammettere. Aurélien aveva trovato un poco di serenità osservando i bambini, per la prima volta dopo mesi. Victor, nonostante non avesse mai approvato quel matrimonio, si era trovato bene nella dimora che lo ospitava, un ambiente informale e meno rigido di quanto accadesse nei palazzi nobiliari.

Pertanto, si era seduto ad un tavolo della sala, appartato ma non troppo, con una caraffa di sidro accanto a sé: Dalla sua postazione stava osservando un gruppo di tre uomini parlare di pesca. Trovava molto divertente ascoltare i loro dialoghi, che pareva si ripetessero secondo uno schema collaudato. Un tipo robusto, con il volto solcato da innumerevoli rughe, pareva essere l'indiscusso capo del gruppo, e pareva quello che esprimeva le opinioni del gruppo. Un tipo più taciturno, ma altrettanto rugoso, si limitava ad assentire o a rinforzare le opinioni già espresse. Il terzo rinforzava quanto già espresso con esempi e commenti.

Victor ascoltò il ripetersi dello schema a proposito di due o tre argomenti diversi. Poi la conversazione si diresse vero l'argomento del momento: il delitto Suger. Il capo indiscusso del terzetto, che pareva chiamarsi Jaques, o Jaquot, come lo chiamavano i compagni (Girodelle pensò una volta di più a quanto fossero barbaramente arcaici quei nomi) oscillava tra due ipotesi contrastanti, alle quali i suoi amici assentivamo supinamente e alternativamente. Certo, Suger era un testone violento, e quindi il colpevole era qualcuno che lui aveva oppresso. Certo, non era mai capitato nulla prima che arrivassero i due stranieri, e quindi doveva essere colpevole colui che aveva litigato con lui alla festa. Certo, era uno strozzino, lo sapevano tutti, quindi l'assassino era uno di quelli che avevano ricevuto denaro, e magari non riusciva a restituirlo.

A parte un attimo di panico alla bocca dello stomaco nel momento in cui si sentì additare come colpevole, discorso fatto nonostante i tre lo avessero veduto benissimo seduto al tavolo, e riconosciuto, Girodelle si godette quell'ascolto che lo faceva entrare nel modo di pensare di quella comunità chiusa. Poi uno dei tre uomini gli fece un cenno, per invitarlo a bere con loro. In quel tardo pomeriggio erano gli unici avventori, e i normanni non parvero notare l'incongruità di chiamare al proprio tavolo uno che avevano appena accusato come possibile omicida. Victor si spostò, reputando meglio non dare adito ad ulteriori sospetti, e con l'intenzione di cogliere gli umori locali.

Dopo alcuni sorsi in silenzio fu quello che esprimeva i concetti, Jaquot, a dar voce alle curiosità del gruppo.

- Voi allora siete amico del Grandier dai tempi di Parigi?

Dopo aver compreso che quella doveva essere una versione da osteria di un interrogatorio, l'ex Maggiore decise di stare al gioco. In fondo, si trattava di una buona opportunità per sapere cosa si pensasse di lui e per seminare a proprio piacimento informazioni.

- Ci siamo conosciuti moltissimi anni fa, praticamente da ragazzini. - Non insistette sul termine amico.

- Credevo che lavoraste insieme.

- Non proprio insieme. Solamente nello stesso edificio. Avevamo ruoli differenti.

Decisamente un eufemismo per definire i rispettivi incarichi a Versailles.

- E la cittadina Françoise? Molto bella , ma molto...particolare.

- Aveva una certa fama. Padre abbastanza ricco, lei era affascinante e godeva di alcune libertà che non tutti i genitori avrebbero concesso.

- Ma già allora si vestiva da uomo, ogni tanto?

- Il Padre aveva a che fare col commercio di armi. Voleva che sapesse usarle. E lei ha un certo talento. Ha anche istruito dei nobiluomini all'uso della spada. Altro dettaglio che ne accresceva il fascino, almeno per alcuni.

Victor si complimentò con sé stesso per come aveva rigirato la frittata.

- Ma perché l'Intendente chiede sempre al cittadino Grandier di aiutarlo? Non è mica un militare? E farsi aiutare da lei, poi!

- Quando abitava a Parigi André aveva avuto l'occasione di aiutare nella soluzione di un delitto. E lei aveva dato una mano. Forse la voce è arrivata all'intendente...non saprei.

- Parlate di me? - chiese una voce dalla porta.

Con il viso ancora segnato, l'oggetto di tanta curiosità si affacciò alla porta.

Si sedette con gli altri quattro uomini, si servì del sidro e annunciò a Victor che, siccome Christophe stava meglio, lui e il fratello sarebbero potuti tornare a casa loro.

- Ma dovreste utilizzare l'altra camera, se non è un problema dividere il letto con Aurélien.

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Capitolo 7
*** Crieur ***


7. Crieur

 

La mattina seguente, l'Intendente si trovava nuovamente a casa Grandier per una disamina della situazione. La notte non aveva affatto portato consiglio. Nessuna delle informazioni raccolte nella giornata precedente pareva avere una qualche utilità.

Restavano però alcuni supposti clienti dell'usuraio da ascoltare. Non avevano grandi speranze. Il giorno precedente solo un paio di loro avevano faticosamente ammesso di aver ricevuto del denaro da Suger, citando però cifre ridicole, sicuramente molto inferiori a quelle reali.

André e Blanquart ripartirono, sotto un cielo che prometteva pioggia. Avvicinandosi al campanile, udirono il suono di una trombetta. Segnale tipico che annunciava il passaggio di Jean Moreau, il crieur1 della zona. Un certo pubblico si stava raccogliendo intorno all'uomo, ancora intento a raccogliere gli annunci.

Anche l'intendente e Grandier si fermarono per ascoltare. Oltre al fascino indubbio della voce di Jean, che declamava con attenzione quanto veniva richiesto (a tariffe stabilite, più un obolo da chi aveva giudicato interessante quanto riportato), c'era la curiosità di osservare tutto il paese raccolto, con la speranza di cogliere qualche indizio.

Il crieur cominciò con le notizie dal resto del paese, riportando con toni enfatici la decapitazione di Danton il 16 germinal2 precedente. Poi si concentrò sulle notizie locali.

- Una tempesta al largo di Calais ha portato al naufragio della Princesse des sables. Dodici uomini di equipaggio, solamente due sopravvissuti. Un terzo era stato sottratto alle acque ancora in vita, però non è riuscito a superare la notte.

Jean prese fiato e lasciò sfumare i commenti.

- Monsieur Viennot ha un puledro di asino da vendere. Chiunque sia interessato può rivolgersi a me. Il mugnaio di Saint-Folquin cerca un aiutante per un paio di mesi, tempo che suo figlio si ristabilisca dalla frattura al braccio.

Pausa. Il crieur conosceva il suo mestiere. Aveva una buona conoscenza dei tempi degli annunci. Poi passò alle minuterie locali.

- Paul Ventoux vuol far sapere a chi gli ruba sempre le albicocche che quest'anno prenderà a bastonate chiunque gli capiti sotto tiro. La vedova Adamsberg ha sei porcellini da latte da vendere. Jacques Piaubert è lieto di annunziare la nascita del figlio Pierre Auguste.

- Annuncia, ma quando paga da bere? - chiese uno spiritoso dal gruppo.

Jean attese che le risate si placassero prima di riprendere.

- Il Cittadino Le Guern è felice di annunciare le nozze tra suo figlio Charles con l'incantevole Camille Forestier. Come saprete, i funerali di Arsène Suger si celebreranno domani alle ore 9. Ne il fabbro lascia la moglie Marguerite e i figli Charles David, Olympe Aurore e Paul Armand.

André non udì più nulla. Lui e Blanquart si guardarono. Poi uscirono discretamente dal cerchio di uditori, per mettersi a correre non appena fuori dal gruppo di sguardi rivolti al crieur.

- Voi sapevate che si chiama Charles David?- Chiese André.

L'Intendente fece un gesto di dubbia interpretazione. - Devo averlo letto, da qualche parte, per poi dimenticarmene.

- Ma voi credete che Bard abbia detto il vero? Vi sembra possibile che sia un parricida?

- Non saprei – riprese il Gendarme – è un bravo ragazzo. Ama leggere, è un tipo tranquillo. Non ha mai dato fastidio a nessuno…

- Però, se fosse stato lui, si spiegherebbe meglio il modus operandi: essendo suo figlio, ha potuto avvicinarlo. Non ha tirato la pietra, lo ha colpito tenendola in mano.

Nel frattempo erano giunti nei pressi della casa. La Vedova era seduta in giardino con aria dimessa.

Potremmo parlare con vostro figlio Charles? Esordì l'intendente.

- Ve lo chiamo subito. Rispose la donna, senza poter nascondere un leggero tremito alle mani.

Pochi istanti dopo, la porta si riaprì per far entrare un ragazzo alto e magrissimo, un diciassettenne scavato, senza ancora ombra di barba sulle guance, cosa che gli conferiva un aspetto infantile.

- Come l'avete capito? - chiese senza preamboli, e senza tentare di difendersi.

- Siete stato visto.

Il giovane si strinse nelle spalle.

- Non importa. Marcirò in galera, ma mia madre e mia sorella d'ora in poi staranno in pace. E forse anche Paul capirà un giorno che nostro padre era un pessimo padre.

Il Gendarme chiese cosa fosse successo quella notte.

- E' rientrato, ubriaco come al solito. Nostra madre lo aspettava alzata, come sempre. Non che fosse preoccupata per lui, aveva smesso da tempo di preoccuparsi per lui. Si preoccupava solo di lui. Se l'avesse trovata a letto si sarebbe arrabbiato di certo. Invece così sperava di non dargli nessuna motivazione per uno scatto d'ira.

Charles David sospirò.

- Ma con lui non si poteva mai sapere quando e cosa lo avrebbe fatto infuriare. Una volta, avevo dodici anni, mi ruppe il naso tirandomi un volume di Racine che avevo ricevuto in regalo. Lo offendeva che io volessi studiare. Diceva che mi vergognavo di lui, senza sapere quanto avesse ragione. La settimana scorsa ha picchiato Olympe perché non si mostrava sufficientemente felice per il matrimonio. Ma era furbo La colpiva sulle gambe, perché i segni non fossero visibili al di fuori della famiglia.

André trattenne il fiato. Si diceva che fosse brutale. Il quadro che però il ragazzo stava facendo della loro vita familiare era angoscioso.

- L'altra sera è tornato già rabbioso. Ho saputo dopo che aveva avuto uno screzio col forestiero. Non mi stupisce, era un suo fare tipico. Aveva voglia di menar le mani. Quando tornava in quelle condizioni qualsiasi scusa era buona. Mia madre lo sapeva, lo immaginava e quindi era impaurita e tremante. Così, quando le ha chiesto il bicchiere della staffa, lei lo ha fatto cadere. Mio padre non aspettava altro. Le ha urlato in faccia, le ha dato uno schiaffo e poi l'ha colpita, sulle gambe, alla schiena…

Lo sguardo del ragazzo era freddo, perso in immagini che stava tentando di rievocare, nel ricordo di innumerevoli scene simili…

- L'ho aggredito. Non se lo aspettava. Non da me. Lui ama Paul, che gli somiglia. Di me ha sempre pensato fossi un vigliacco. Non si aspettava che reagissi. Mi ha dato un pugno allo stomaco, ha aperto la porta e ha sbraitato che sarebbe tornato alla festa. Poi è uscito. Non appena sono stato di nuovo in grado di respirare l'ho seguito. Gli ho gridato di fermarsi, di parlare da uomo. Si è fermato quando ormai era presso le mura e mi ha deriso. Pieno di rabbia, ho raccolto un sasso da terra, un grosso sasso, più del mio pugno. L'ho tirato. L'ho visto cadere. Ho solo pensato che eravamo finalmente liberi.

Charles David si voltò verso la finestra e così, di spalle, continuò.

- Intendente, sono pronto a seguirvi.


 

1 Il crieur public era una persona che rendeva pubbliche le notizie da un villaggio all'altro, leggendo quanto veniva chiesto. Si anuonciava con un appello sonoro (tamburo, campana, trombetta) e si poneva sul balcone del comune, su una piazza, sul sagrato della chiesa.

25 aprile.

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Capitolo 8
*** Ovviamente ***


8. Ovviamente

 

Blanquart rimase per un poco senza parole. Ovviamente il ragazzo era colpevole. Ovviamente andava punito. Ovviamente il suo dovere sarebbe stato quello di sbatterlo in galera. Eppure non se la sentiva. Per nulla.

Il racconto preciso e pacato del ragazzo aveva aperto un velo su una situazione spaventosa. Su cui lui, Intendente di Gravelines, avrebbe dovuto indagare prima.. Si sentiva in parte responsabile dell'accaduto.

Se avesse fatto finta di nulla, prima o poi si sarebbe saputo. Anche se la famiglia Suger avrebbe coperto Charles, prima o poi la verità sarebbe saltata fuori. Non si nasconde un delitto come i riccioli di polvere sotto al tappeto. E Grandier? Avrebbe potuto fidarsi di lui?

Lo guardò.

Il suo compagno di indagini aveva gli occhi bassi, l'aria cogitabonda. Non pareva certo ansioso di fare giustizia.

- Non so che fare. - Ammise il Gendarme.

- Io un'idea ce l'avrei. - Rispose André, che aveva compreso i dubbi dell'uomo. - Ai limiti della legge, forse anche oltre.

Attese, prima di dire altro. Meglio saggiare il terreno.

- Non potete far finta di nulla. Lasciare il delitto irrisolto non sarebbe una soluzione. E porterebbe guai ai miei amici. D'altra parte stiamo parlando di un parricidio. Ma questo ragazzo che tutte le attenuanti che potrebbero venirmi in mente. Tra una settimana, un mese, Suger avrebbe potuto uccidere la moglie o la figlia.

- E come ne usciamo?

André sospirò.

- Risolvete il caso. Tornate al vostro ufficio pranzate con calma e dopo fate in modo di trovare un colpevole pubblicamente. Poi, nel pomeriggio, venite qui con due gendarmi per arrestare Charles Suger.

Guardò il ragazzo e l'Intendente. - Nel pomeriggio. Tardo pomeriggio.

Blanquart cominciava a capire. - In fondo siano vicini alle Fiandre… La gente penserebbe che è fuggito dopo questo interrogatorio, lo stesso che mi ha permesso di comprendere come stessero le cose.

André riprese: - Andiamo, Cittadino Blanquart. Qualcuno qui deve organizzare un viaggio.

 

La mattina seguente Marotène arrivò al lavoro in ritardo. Come tutto il resto degli abitanti di Gravelines, era stata troppo presa dai commenti all'accaduto. Appena entrata a casa Grandier, non seppe resistere e corse a raccontare la novità.

- Avete saputo? - Disse ai coniugi ed al loro amico che la guardavano attoniti, ringraziando il lungo allenamento alla dissimulazione esercitato a Corte.

Allora la ragazza, dimenticando il suo ruolo nella casa, si sedette al tavolo della colazione e cominciò a raccontare quanto già i tre sapevano o sospettavano. Raccontò di come l'Intendente Blanquart, il pomeriggio precedente, rientrato dall'interrogatorio a casa Suger condotto con André, si fosse messo a consultare i documenti del caso. Poi narrò di come avesse veduto il nome Charles Davide scritto nero su bianco, quel secondo nome che nessuno pronunziava mai e di cui a Gravelines si era persa memoria. A quel punto gli era tornata in mente la conversazione con Bard, e si era affrettato a cercare un altro gendarme per procedere all'arresto.

Di fronte al suo uditorio attento ed ammutolito, proseguì raccontando come Blanquart fosse giunto dai Suger e vi avesse trovato solo la vedova, con il piccolo ed Olimpie. E, infine, completò la storia con l'ammissione della madre, secondo cui Charles avrebbe compreso il giorno precedente, al momento dell'interrogatorio, che ben presto sarebbe stato scoperto,ed avrebbe deciso di fuggire.

Il piccolo uditorio si produsse in una serie di esclamazioni tra lo stupito e lo scandalizzato, lodando André per il contributo alla scoperta, per poi dividersi tra la comprensione alla madre che aveva coperto il figlio e l'accusa di connivenza con ci le aveva ucciso il marito.

Come in tutta la cittadina, ci si interrogò sulla reale o presunta brutalità della vittima, chiedendosi se Charles fosse solo un parricida o colui che aveva salvato la madre da futura morte. Discorsi che avrebbero tenuto banco non per giorni, ma per settimane.

 

Due mattine più tardi, poco dopo il levar del sole, André stava armando le vele del suo Bonhomme. Victor ed Aurélien De Girodelle attendevano sul piccolo molo di legno, ognuno con una sacca di abiti ai propri piedi. Quando il Capitano del minuscolo veliero fece loro cenno, montarono a bordo.

André lasciò la cima, diede una spinta e la barca si mosse. Si allontanò lentamente sul mare calmo, spinta da una brezza abbastanza lieve.

Fece subito rotta verso ovest, in direzione di Boulogne-sur-mer, luogo ove Girodelle aveva detto di essere diretto, premurandosi di non fare il misterioso sulla destinazione del suo viaggio.

I due nobili, nonostante il modo a dir poco spartano in cui stavano conducendo il viaggio, rimasero affascinati dal poter vedere il levar del sole dal largo, in una giornata straordinariamente serena per la Normandia, con i colori vividi dell'alba che si riflettevano mutevoli sull'acqua. Una bellezza differente da quella addomesticata ed artificiale dei giardini cui erano abituati, eppure straordinariamente affascinante. Forse per la prima volta iniziarono a comprendere per quale motivo i loro André e Oscar amassero vivere in quel luogo quieto.

Al largo di Wissant la barca virò decisamente verso nord, incrociando dopo alcuni minuti un altro piccolo natante della stessa stazza, che giungeva dalla direzione opposta. André aveva ritenuto preferibile, quella come le altre volte, non raggiungere il punto più vicino all'Inghilterra, Cap-Gris-nez, per effettuare lo scambio, per correre meno rischi.

L'uomo che si avvicinò parlava un francese dall'accento pesante.

- Rapidi, rapidi. Dobbiamo fare in fretta.

Tese le mani per ricevere le sacche che gli venivano lanciate dal Bonhomme. Poi strinse ulteriormente le cime affinché i due uomini potessero passare senza cadere nelle acque della Manica, ancora gelide in primavera. Aurélien passò, seguito da Victor. L'inglese sciolse la cima e si allontanò.

André osservò per un momento i tre allontanarsi, diretti verso Dover che si poteva scorgere oltre le onde. Poi volse loro le spalle e si mise ad armeggiare con le vele che stavano fileggiando, per raggiungere comunque Boulogne-sur-mer, onde evitare sospetti nel caso qualche suo concittadino vi fosse passato.

 

Antoine stava giocando in giardino, muovendo un turacciolo legato con uno spago davanti ad un gattino grigio, che saltava cercando di prendere quella misera preda. Christophe era seduto all'ombra del glicine ad osservare il sillabario ricevuto qualche giorno prima, e che aveva imparato ad apprezzare in quelle giornata di forzata immobilità dovute alla convalescenza.

Quando udirono cigolare il cancello che li separava dalla strada, alzarono lo sguardo, poi il minore lasciò gatto e turacciolo per correre incontro al papà, che li guardò sorridente.

- Sono tornato

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