sette

di mm07
(/viewuser.php?uid=1044411)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la scomparsa ***
Capitolo 2: *** Il ritrovamento ***



Capitolo 1
*** la scomparsa ***


Non so come sia successo, non ricordo quanto sia durato, un attimo prima parlavo con quel rompipalle di mio fratello, mentre nostra mamma ci diceva di non litigare e l' attimo dopo tutto era scomparso. Pensai di avere qualcosa sugli occhi, era come se qualcuno mi avesse messo una mano sul viso e stesse premendo per impedirmi di vedere. Ancora non sapevo cosa fosse accaduto ma lo avrei scoperto molto presto. Raggi di luce mi ridiedero la vista, e una strano ronzio nel mio orecchio sussurrava una frase:" Alzati, alzati", ma il mio corpo non si muoveva, era pesante e freddo, come se non fosse piú mio. Nonostante gli dicessi di reagire, di muoversi, era come se gli impulsi del mio cervello fossero solo delle parole fastidiose per lui, come quando vuoi dormire, ma tua mamma tira le tende e apre le finestre. Mia mamma? Per la testa balenó un ricordo, fu un attimo, un secondo, tuttavia iniziai a ricordare. Ero in macchina con mio fratello, come al solito stavamo litigando e qualcuno ci diceva di smetterla e di fare silenzio. Eppure nonostante i miei sforzi non riuscivo a trovare l' immaggine giusta, mi ricordai del cane dei vicini, piccolo e nero, del prete che la domenica quando la messa finiva si metteva a salutare tutte le persone, prima di andare via, ripensai a quegli stupidi dei miei compagni che per loro ogni ora era buona per mangiare qualcosa, o dire qualche battutte sconce. Tuttavia piú ripensavo alle persone che riempirono la mia vita, piú facevo fatica a rivederle di fianco a me. Scorgevo le loro facce, sentivo quello che provavano, conoscevo i loro gusti, i loro difetti, le loro ambizioni, i loro sogni e i loro fallimenti. Ma qualcosa mi impediva di avvicinarmi, qualcosa di forte e arrapricciante mi teneva ferma, mi ostacolava, impedendomi di andare oltre. Quando finalmente riuscí a liberarmene, il mio corpo si mosse, cosí come le mie palpebre.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il ritrovamento ***


MAYA

La luce che mi riportò alla realtà, non era quella del sole, calda e rassicurante, ma quella di una stanza di ospedale, non ricordavo come fossi arrivata lì, e purtroppo oltre al mio nome non riuscivo a pensare a nient’ altro. Nella mia testa albeggiava il vuoto totale. Una gentile infermiera dal viso di bambina mi stava cambiando la flebo mentre due voci femminili parlavano accanto al mio letto: “ Le funzioni cerebrali sono ottime, nessun danno ai tessuti o agli organi interni, l’ unico ostacolo riguarda la sua memoria, si ricorda come si mangia, come si parla e quello che ha appresso da quando è nata, tuttavia ha perso i suoi ricordi, dove abitava, con chi, se aveva una famiglia e così via.” Allora iniziò la seconda voce, era più preoccupata, più affannosa, come se avesse appena corso una maratona. “ Qui… quindi sta bene?! Non ha nulla di grave giusto? Posso…”non feci in tempo a sentire il resto della frase che mi ritrovai due paia di occhi su di me. Entrambe mi guardarono con stupore e meraviglia, come se fossi l’ ultimo esemplare rimasto di una specie in via d’ estinzione. “ Ciao cara come ti senti?” la prima a parlare fu la dottoressa, e in seguito, senza lasciarmi il tempo di rispondere, la seconda voce mi rivolse un ansioso: “Tutto a posto? Ti fa male qualcosa?”. Non so per quale strana ragione ma non ebbi la forza di rispondere, mi sentivo vuota, spremuta di qualsiasi energia, l’ unica cosa che volevo era riposare e magari mangiare una bella bistecca.  Capendo, dalla mia reazione, che volevo essere lasciata da sola, le due uscirono e finalmente ritornò il silenzio iniziale.

Quel giorno il sole non c’ era, le nuvole governavano il cielo, e il vento risuonava tra le fronde degli alberi, tutto era calmo e piatto, non c’ erano colori, emozioni, o sensazioni, solo il nulla, fu allora che realizzai che qualcosa  era cambiato dentro di me, tuttavia ancora non sapevo cosa fosse.    

Mi vestii e l’ infermiera mi accompagnò in una stanza lì mi fece sedere di fianco a una signora, era bionda con gli occhi chiari e tristi,  molto magra e minuta e le sue mani erano piccole e rovinate, forse a causa degli anni di lavoro, indossava una camicetta blu  con fiori bianchi, una paio di vecchi jeans e degli scarponcini piuttosto rovinati. Portava i capelli in una coda spettinata, probabilmente fatta di fretta, aveva sulle labbra un filo di lucidalabbra color pesca e al collo un lungo pendente d’ oro. Nonostante la mia curiosità iniziale, riguardo all’ identità della seconda voce, la mia attenzione si posò sul ragazzo alle sue spalle. Era molto carino, e decisamente alto, con il fisico di un giocatore di rugby o di un nuotatore, i capelli erano biondi come pagliuzze d’oro e all’ apparenza morbidi e setosi, mi venne allora l’ istinto di allungare il braccio e dare una toccatina, ma cambiai idea, quando  il suo sguardo si posò su di me. Due occhi di ghiaccio mi perforarono e mi tolsero la capacità di parlare, costringendomi a smettere di guardarlo.  Solo dieci minuti più tardi scoprii che una coppia di anziani  mi aveva trovata, sul ciglio della strada, in un passo di montagna, abbandonata a me stessa con niente addosso, niente documenti, solo io e la strada, e che la signora con il viso stanco appoggiata alla poltrona di quel freddo studio, voleva prendersi cura di me anche se ancora non sapeva nemmeno il mio nome. Così, quando mi chiese quale fosse, fui felice di risponderle: “ MAYA”.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3712197