Twins

di reggina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Solitudine universitaria ***
Capitolo 2: *** Colazione in famiglia ***
Capitolo 3: *** Rimpatriata ***
Capitolo 4: *** Uscita a quattro ***
Capitolo 5: *** Scomode verità ***
Capitolo 6: *** Scendere a patti ***
Capitolo 7: *** Venerdì sera ***
Capitolo 8: *** Coinquilini ***
Capitolo 9: *** Il giorno più lungo ***
Capitolo 10: *** Quando la musica finisce ***
Capitolo 11: *** Al levar del sipario ***
Capitolo 12: *** Triste come un Pierrot ***
Capitolo 13: *** Gita al mare ***
Capitolo 14: *** Sotto il sole ***
Capitolo 15: *** Racconti di fine estate ***
Capitolo 16: *** Mamma & papà ***
Capitolo 17: *** Ventotto ***
Capitolo 18: *** Sole di mezzanotte ***
Capitolo 19: *** Dall'altra parte ***
Capitolo 20: *** Cuori in trasferta ***
Capitolo 21: *** Reparto degli uomini rotti ***
Capitolo 22: *** Amicizia itinerante ***
Capitolo 23: *** Homecoming ***
Capitolo 24: *** Domenica da manuale ***
Capitolo 25: *** Chaos sive Natura ***



Capitolo 1
*** Solitudine universitaria ***


Scende per le scale traballanti della facoltà con lo sguardo un po’ smarrito nel vuoto proprio mentre il sole sta declinando, veloce, oltre le montagne dalle cime ancora innevate . È un tipico tramonto primaverile che mozza il fiato per l’emozione e traccia filigrane di colori e di ombre.

Il parco intorno all’università è appesantito e fradicio per la pioggia caduta durante le ore di luce artificiale in biblioteca; lo zefiro che soffia da ovest piega i fili d’erba e increspa le cime degli alberi che brillano di rosso, di giallo lucido e di verde lussureggiante.

James affretta il passo sulla terra morbida che sembra fatta di argilla scura, supera a balzi i cespugli di kochia e di bambù nano, scompare tra le fidate ombre degli aceri.

L’aria trabocca del vapore umido che sale dalla terra imbevuta d’acqua e si mescola al tiepido e piacevole odore di funghi e di resina.

La rugiadosa primavera, con il suo cielo limpido, l’allegria del sole e delle giornate che si vanno allungando, fanno emergere la vitalità dell’esuberante ragazzo e scacciano l’apatia del lungo letargo invernale.


È strano rientrare nell’appartamento universitario e trovarlo semi vuoto e freddo. Sarà solo per un paio di giorni eppure gli mancheranno le loro mattine standard con l’aroma del caffè nero bollente, preparato da Clifford, che sale leggero e pungente e lo fa svegliare; lo scroscio delle docce interminabili di Jason che dissipano le nebbie del sonno e lo strappano al suo lieve russare.

Soprattutto gli manca Jason!

Sono sempre stati in simbiosi. Si compensano, si arricchiscono e si completano a vicenda. Sono gemelli e si bastano.

Jason ha però due particolarità: ama molto viaggiare e…Zahra, la sua fidanzata storica: una ragazza precisa, premurosa e sempre presente.

- Una gran rompiballe !

Lo prende a volte in giro Clifford. Da sette anni, però, Jason è fedelissimo e molto innamorato.

Ed è per questo che James si ritrova da solo ad affrontare l’ultima sessione di esami prima del ritorno nel nido di famiglia.


Hanno faticato per far sembrare quel buco un appartamento tipicamente universitario: cucina normale – con fornello ovviamente rotto- un piccolo bagno disordinato, salotto arredato con un divano sgangherato e la cassettiera della nonna che stona irrimediabilmente, un tavolino contornato da cinque sedie e da un televisore, tre camere da letto. Una doppia (manco a dirlo condivisa dai due gemelli) e una singola (luogo sacro del possente e fuori-corso Clifford Yuma).


James è tipo da settimane infinite, fitte di impegni, giorni in cui vorrebbe avere tre cloni per districarsi nella gincana di lezioni e studio, amici e compleanni, routine quotidiana. È un vulcano di inquietudine e aspettative.

È fatto per i divertimenti, sia che si tratti di una festa sotto le stelle, sia di party affollati e improvvisati.

Il silenzio ammanta l’aria come una coperta e, con una certa insofferenza, girovaga per lo spazio libero senza lasciare che la noia prenda il sopravvento.


Al secondo squillo a vuoto risponde tradendo una certa urgenza.

“Ehi orso polare finalmente ti sei deciso a rispondermi! Si prospetta una perfetta serata solitaria tra te e il divano, eh?”

La voce allegra e su di giri di Jason, il suo sarcasmo sottile, non passano inosservati nemmeno al telefono.

“Beh, gemellino, è ovvio che me ne resterò a ciondolare in tuta e ciabatte, mi laverò viso e denti giusto perché mi rispetto! Ho un paio di film che ho registrato, in frigo resistono ancora, miracolosamente, quattro dei muffin al cioccolato con pere e cannella di quattro giorni prima e quindi non mi manca nulla! Posso sopravvivere alla guerra nucleare nel mio bunker!”

Basta una battuta perché siano in simbiosi, come sempre, trascinati nel loro mondo scanzonato a ridere dei loro scherzi e dei loro giochi.

“I nostri vicini sono molto soddisfatti di questa prima sera di bonaccia dopo tanto tempo!”

Sente lo schiocco di un bacio di Zahra, poi Jason ride sommessamente come fa sempre quando parla con lui, e James può immaginarlo a strofinarsi la nuca.

“La nostra sarà pure una casa rumorosa, magari non troppo pulita, non troppo bella – accidenti dobbiamo assolutamente sbarazzarci di quell’orrenda carta da parati!- ma è viva!”

James sorride dentro di sé: deve essere genetico vivere la vita con una semplicità e una leggerezza che fanno stare bene, planare sulle cose dall’alto, vivere in un guscio di noce e sentirsi i re dell’infinito .

È un periodo che li sta ripagano con grosse soddisfazioni.

Nella loro vita va tutto bene. Sono felici.

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Capitolo 2
*** Colazione in famiglia ***


Jason è un artista ai fornelli. Nella casa di Akita, tra le foreste di cedro e le risaie limitrofe, la cucina è regno suo.

Annoda il grembiule bianco, sbatte pentole, frigge uova e bacon per viziare la famiglia con una colazione all’americana.

James si trascina in infradito e pantaloncini per la casa, arriva in cucina con l’aria un po’ imbambolata di chi si è appena alzato dal letto.

“È rimasto un po’ di caffè?”

Chiede tra uno sbadiglio e un uhmmm che suo fratello non si sforza di decifrare. Quando James si ferma accanto ai fornelli, getta un’occhiata scettica alla padella, ispeziona il bacon sfrigolante , solleva i coperchi e controlla il contenuto con aria meditabonda, il cuoco di casa scatta sulla difensiva come un bambino che vuole difendere i suoi giocattoli.

“Devo ricordarti che è merito mio se siamo due studenti fuorisede che non muoiono di fame?”

Il gemello scansafatiche si stringe nelle spalle, prende la caffettiera e versa un po’ del liquido bollente in una tazza aggiungendo zucchero e latte.

Si siede appoggiando i gomiti sulla tavola e il suo viso diventa radioso quando arriva l’ sms tanto atteso.

“I tuoi occhi si sono illuminati come quelli di una gatta in calore!”

Lo stuzzica Jason prendendosi una piccolissima rivincita.

“Ultimamente mi sveglio sempre felice! Chi può dirci se sei stato più fortunato tu che hai trovato il primo amore e sei riuscito a farlo durare o io che l’ho vissuto in tutte le sue facce?”


Lydia Una bella liceale con i lineamenti europei e i lunghi capelli raccolti in una treccia alla greca: è il terzo amore di James. Libero da favole romantiche e sogni ad occhi aperti, non più altalena emotiva fatta di rabbia, bugie e manipolazioni. È un amore quieto, senza aspettative spensierato. Lo rende felice solo per la semplicità con cui tutto accade.


Quando Sumire rientra, con ancora addosso la sua divisa color pastello e il rossetto neutro sulle labbra all’ingiù, dimentica tutta la stanchezza del turno di notte e si sente di nuovo mamma completa tra i borsoni, i panni sporchi, la confusione e l’allegria di cui si riempie la casa quando i ragazzi tornano dall’università.

Il quadretto che l’accoglie le riempie il cuore di tenerezza: i suoi figli ridono fragorosamente tra il vapore, il fumo, i piatti e le padelle sferraglianti.

“Buongiorno mammina!”

Jason si volta euforico, salutandola con un mestolo di legno e spargendo pezzi d’uovo sui fornelli.

“Sei davvero la più bella nella tua divisa da infermiera!”

Fa eco James che si è preso l’onere di apparecchiare. Sumire lancia la cuffietta da lavoro sul divano e scoppia in una risata da folletto.

“Tutti questi complimenti fanno bene alla mia autostima!”

Non glielo dicono troppo spesso ma sono immensamente orgogliosi di questa mamma coraggiosa e tenace che ha deciso di tornare a scuola, riaprire l’astuccio con le penne e mettere la borsa sulle spalle dei suoi quarant’anni.

Si è laureata e, poco dopo, è stata assunta in una casa di riposo.


“Concordo ragazzi! Vostra madre è una donna meravigliosa, la donna più incredibilmente bella che conosca. E questo è un po’ anche merito vostro: avere due gemelli è stata una sfida, una gran fatica. A volte una specie di gara di Decathlon…”

Jimon, nella sua tuta da idraulico , una cassetta degli attrezzi tra le mani callose e forti e un sorriso da innamorato, è pronto per una nuova giornata di lavoro.

“E tu, Super Mario, cos’hai pensato quando il dottore ti ha detto che eravamo due?”

Indaga curioso Jason, finendo di preparare i pancake e decidendo il lunch box per il pranzo del genitore.

“Avrà pensato: papà è nei guai!”

Sghignazza allegro James, mentre cerca di recuperare da un cassetto le tovagliette all’americana.

“Non fare lo spiritoso, Jamie. Papà mi ha detto: per questo ti sentivi enorme ! Comunque una cosa è vera: avete fatto risparmiare alla mamma i costi per mantenersi in forma! Non ho avuto bisogno di fare ginnastica, l’esercizio fisico me lo avete regalato voi!”


È bello ricordare i momenti felici e importanti del loro passato, sfogliarli come le pagine impolverate di un album di fotografie.

E per i due genitori è curioso notare come i gemelli siano sincronizzati anche quando si siedono a fare colazione insieme: James sbriciola il pane con la mano destra e mangia con la sinistra, Jason sbriciola con la sinistra e mangia con la destra. È così preciso il coordinamento dei loro movimenti che non sembrano due fratelli seduti uno difronte all’altro ma, piuttosto, un trucco di specchi.

“E poi per la mamma e il papà volete mettere doppi baci e doppi abbracci?”

Fa loro l’occhiolino Sumire concedendosi all’effetto sveglia del caffè e all’armonia della sua famiglia unita.

Non ci sono ricette nazionali, si sentono a casa : è il loro ritmo naturale, una sensazione di benessere e di relax.

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Capitolo 3
*** Rimpatriata ***


Il campetto di terra rossa mista a sabbia, all’estrema periferia di Akita, è sempre uguale come se il tempo non fosse mai passato da quelle parti.

James e Jason hanno rindossato le loro tenute da gioco verde oliva – il colore di una passione – e le loro scarpette nere con i tacchetti senza fronzoli; sono montati in sella alle loro vecchie biciclette un po’ arrugginite- dei veri pezzi d’epoca- e hanno pedalato spensierati verso quell’appuntamento con il passato.

La rimpatriata con i vecchi amici è ormai un appuntamento fisso all’inizio dell’estate: non hanno bisogno di fare i salti mortali per incontrarsi, per cazzeggiare tutti quanti sui vecchi ricordi adolescenziali, ridere insieme su quel campetto dove si sono incrociate decine di storie e dire puntualmente: “ Oh non lasciamo passare un altro anno !

E infatti passa puntualmente almeno un anno prima che qualche ex calciatore dell’Hot Dog si prenda la briga di organizzare.


I copertoni delle bici stridono sull’asfalto quando i gemelli frenano sollevando un sottile strato di polvere.

“Ti ricordi come, in breve tempo, questo divenne il nostro terreno di casa dove accoglievamo le squadre del vicinato? E di quella partita improvvisata all’ultimo secondo, quando riuscimmo addirittura a procurarci la calce per tracciare le linee del campo, le porte senza rete e le bandierine agli angoli? Una meraviglia!”

I ricordi si allungano come ombre, improvvisamente fanno un balzo nel passato, un brivido a fior di pelle li catapulta nel loro ieri.

“Hai ragione Jason: è bello tornare bambini, almeno per un pomeriggio.

Al tempo che un pallone ci durava una, massimo tre partite, perché finiva puntualmente per bucarsi in un’inferriata; quando ritornavamo sporchi di terra e di fango e mamma ci aspettava brontolando, già con il sapone in mano… Ci tagliavamo, ci rompevamo le ossa, perdevamo i denti e dopo, a casa, ci davano pure il resto! ”

“È proprio lì che mi faccio tenerezza! Nel ripensare a quanto tempo perso, a quante idee svanite, a quante paure infondate. È una sensazione strana: mi sembra di rivedere un film in cui i protagonisti eravamo noi!”


Ippei Kobayashi è già schierato in porta: è diventato un ragazzone dalle mani enormi, accompagnato da sempre dalla fama di quando segnò da porta a porta.

“Ancora ci domandiamo tutti perché avete deciso di piantarla lì con il calcio, scimmiette del Giappone! Era davvero uno spettacolo vedervi giocare!”

Jonathan Stubbing è sempre il possente giocatore delle scuole medie ed è rimasto un ragazzo positivo e simpatico mentre stringe i gemelli dalle spalle in un abbraccio scherzoso.

“Perché senza di te a fornirci assist eravamo come due cateti senza l’ipotenusa!”

Sta al gioco James.

“Eh ci siete diventati due secchioni: ma davvero economia e management sono più interessanti delle catapulte infernali, di tiri incrociati e tiri combinati?”

Si intromette anche Kota.

“Non abbiamo più l’età per fare certe pazzie!”


Ci sono davvero tutti e, dopo una scorpacciata di ricordi, si ritrovano e tutto riprende dallo stesso punto.

I Derrick si muovono in campo come due funamboli, tecnicamente formidabili come già lo erano a dodici anni, in sintonia. In una parola: gemelli. Impossibile distinguerli.

James riceve palla spalle alla porta, gira velocissimo su sé stesso e scatta puntando dritto verso l’area avversaria, bruciando sul tempo un paio di centrocampisti. Jason accompagna il contropiede.

Suo fratello irride con leggerezza due difensori, evita con un guizzo una carica in recupero da dietro, dribbla anche il portiere ed entra palla al piede in porta. Gol.

Alcuni dei suoi compagni di squadra corrono su di lui, lo abbracciano, gli fanno festa. Onde di calore si alzano tremule ma nessuno sembra far caso a quel sole già arroventato.

Soltanto Jason nota una smorfia appena accennata su quel viso sudato identico al suo e, come un sinistro presagio, il suo fratellino gli sembra una foglia in balia di una tempesta.

Cerca di scacciare quella sensazione incontrollabile e inappropriata e riprende a giocare.


Vincono loro, con una doppietta personale di James che è il primo ad infilarsi sotto la doccia. Canticchia fingendo di non sentire al tatto quel rigonfiamento duro. Quella tumefazione che nasconde già da un paio di mesi e che adesso è diventata anche dolorosa.

Chiude gli occhi sperando che sia solo una sua fisima, un incubo da cui si risveglierà presto.

Fuori i rumori sono tanti: le voci degli altri calciatori, il suono inconfondibile dei tacchetti sul cemento, quelle urla un po’ selvagge e un po’ ridicole che ci si scambia sempre prima di entrare e dopo essere usciti dal campo.

Tutto lo riporta improvvisamente al qui e ora. Si guarda allo specchio e si asciuga la faccia prima che diventi di ghiaccio.

“Jamie ma quanto ci metti a prepararti? Lo so che vuoi farti bello per la tua Lydia…Ma se continui a perdere tempo le ragazze perderanno la pazienza e ci daranno buca!”

Jason, ignaro, lo incalza da fuori con voce allegra. James vede i suoi occhi riflessi, sente una vocina che gli sale dentro e lentamente sulle labbra si scolpisce il sorrisetto di uno che la sa lunga.

“Tanto tu non mollerai mai!”

Ammette a sé stesso. Si infila la maglietta ancora bagnata, senza sentirla più fredda, fa chiarezza nelle sue idee e riprende il controllo di sé stesso.

Adesso è pronto per uscire.

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Capitolo 4
*** Uscita a quattro ***


Zahra è ormai un’esperta di calcio: sta insieme a Jason da così tanto tempo da sapere che per il fidanzato quello sport è quasi un’ancora di salvezza; un respiro a pieni polmoni.

Si diverte ad andare insieme a lui allo stadio, appassionandosi a storie dal vero e proprio sapore di miracolo sportivo. La entusiasmano i cori, le piccole imprese, l’amalgama armonioso di sciarpe levate al vento.

Pure oggi, sui gradoni in cemento armato del vecchio stadio comunale, ha osservato i pochi altri spettatori, il gioco e il senso di unione sul campo con occhi da futura sociologa.


Anche Lydia, cresciuta nel mondo sofisticato e allo stesso tempo spietato della danza, conosce bene quel calderone sconnesso e impastato di paure, speranze e sferzate di adrenalina ad intermittenza.

Non è tifosa, non capisce nulla di calcio (le uniche cose che ha imparato gliele hanno insegnate i gemelli e Zahra, a partire dal significato degli striscioni) e perciò si sente un po’ come una bambina, a far domande in continuazione. Però è felice, come dopo aver assaggiato un dolce nuovo, quando ha la conferma che James è stato il migliore in campo.

Le fidanzate dei gemelli non potrebbero essere più diverse: tanto è estroversa e pronta a far follie Zahra, tanto è romantica, sognatrice e riservata Lydia.


I fratelli escono insieme dagli spogliatoi e si fermano qualche minuto a salutare gli amici di tante battaglie sportive. Sempre insieme poi si incamminano per raggiungere le ragazze sugli spalti.

Jason sfila una sigaretta dal suo pacchetto e l’accende sotto lo sguardo contrariato di James.

“Lo sai che il fumo è nemico delle buone performance ? Sport e sigaretta non è un accoppiata vincente!”

L’altro ridacchia, spiazzato da rimproveri e perle di saggezza dispensate da uno scavezzacollo come James.

“Rilassati Jamie, le nostre carriere sui rettangoli verdi sono finite da un pezzo. E poi sai bene che bevande energetiche e nicotina sono i miei più preziosi alleati quando le sessioni di esami sono vicine!”

Regge su una spalla il borsone da palestra nero, il braccio che si tende e fa forza, mentre con l’altra mano gioca a scontrarsi con James.

Si fermano qualche istante sui gradoni più bassi: il sorriso di Jason è aperto, accattivante e intrigante quando incrocia i lisci capelli neri, le labbra carnose e gli occhi ambiziosi dietro gli occhiali da sole quadrati con cornice rosa.

“Non sono stato bravo, fratellino? Io e Zahra siamo cresciuti insieme, siamo riusciti a far crescere il nostro amore e a farlo durare. Lei è la mia casa!”

James si scansa il ciuffo dagli occhi e il suo sguardo velato di un’oscura apprensione, diventa raggiante dinnanzi a alla figura vivace da ballerina, con un che di frizzante nei suoi modi di fare.

Non c’è da stupirsi se la bellezza acqua e sapone di Lydia e il suo profumo delicato abbiano sedotto il più esuberante di casa Derrick in un batter di ciglia.

“Non ti invidio affatto sai! Io continuo a pensare alla ragazza più dolce, più delicata che ho avuto la fortuna di conoscere. La sogno, la desidero, la voglio accanto…”


Le sue brame vengono soddisfatte immediatamente perché Lydia gli vola incontro, felice più che mai, poggiando i pugni sul suo petto muscoloso.

“Complimenti!”

“Grazie mia Gilda Grey ! ”

Non si china a baciarla e lei non fa la parte della permalosa anche perché, nel frattempo, si avvicina anche Zahra.

“E tu? Ci hai incitato per novanta minuti nemmeno fosse un’arena di gladiatori!”


Certe volte i gemelli e Zahra sono allegri come bambini che giocano, cercano ricordi, ognuno ne ha uno in particolare e da questo si agganciano ad un altro e così le loro uscite a quattro si alternano tra racconti e parecchie situazioni goliardiche.

Tra i discorsi di tante avventure e battaglie sportive enfatizzate, Lidya si sente un pesce fuor d’acqua: con un taglio rettilineo divide in parti uguali la sua pizza e comincia a spiluccarla dal bordo. Mangia come un uccellino mentre il fidanzato sbrana la sua in pochi minuti e fa il bis con l’altra metà che lei lascia intatta.

James sa che ogni allusione a quel passato che non hanno in comune la mette a disagio e ogni volta la prende per mano, incrocia le dita con le sue e non le lascia più.

Anche gli altri due ragazzi fanno di tutto per eliminare questi rari momenti di imbarazzo.

“Siamo una gran bella squadra noi quattro!”

Sorride Jason, brindando con la terza birra media della serata.

“Con il tuo fidanzato diventerai anche tu un’esperta di calcio…E di cani!”

Fa eco Zahra, strizzando l’occhio all’altra ragazza che non potrebbe desiderare una compagnia migliore di questa: uscire tutti e quattro insieme le piace davvero molto.


Come d’abitudine, quella sera quando si infilano nei loro letti, i gemelli tengono la televisione accesa senza audio mentre ,alla luce fioca dell’abat-jour, Jason è concentrato a scrivere un messaggio.

James guarda le figure sullo schermo e, anche se suo fratello non lo ascolta, inizia a parlare per non addormentarsi: in realtà vuole riempire la stanza con qualcos’altro che non siano i suoi pensieri.

“Lo sai che esiste il teorema della pizza? Un teorema di geometria che si dovrebbe imparare alle elementari!”

Butta li all’improvviso. “Davvero interessante! Va bene che a dividere in parti uguali la tua capricciosa ci mensa la tua Lydia!”

Forse per la birra, forse perché allegro uno e nervoso l’altro, i due fratelli sono molto più loquaci del solito. È come tornare ai tempi del liceo quando restavano a ridere e a parlare sottovoce nel loro linguaggio in codice, per ore intere, finché la mamma spazientita faceva tacere le loro vocine insistenti.

“Potremmo fare un matrimonio doppio!”

Propone di punto in bianco Jason, con uno sbadiglio, mettendosi pancia sotto. James scoppia a ridere.

“Non correre troppo, Jay!”

“Non chiamarmi così!”

“Ti chiamo Jay se mi va. Ti chiamavo così da bambini, ricordi?”

Attento a tutti i segnali, Jason percepisce qualcosa di insolito, quasi una vena di tristezza, nella provocazione di suo fratello. James, però, già dorme scomposto: il braccio penzoloni fuori dal letto e il lenzuolo arrotolato ad un ginocchio.


Viene svegliato da un fortissimo dolore alla schiena. Si tira subito a sedere come spinto da un’ondata di sensazioni troppo forti.

Jason sembra aver dormito con gli occhi aperti, quasi fosse restato vigile nel sonno, perché subito accende l’abat-jour e gli punta addosso i suoi occhi scrutatori e assonnati.

“Sarà una banale contrattura muscolare!”

Cerca di minimizzare James ma il dolore si fa sempre più acuto.

“Sarà come dici tu ma appena fa giorno la prima cosa che faccio è accompagnarti al Pronto-Soccorso!”

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Capitolo 5
*** Scomode verità ***


Nel cuore della notte James si è alzato, ha preso una dose doppia di antidolorifici, è tornato a letto e ha chiuso gli occhi sperando che il dolore gli desse tregua.

La sveglia suona all’improvviso nel peggiore dei modi e dei momenti possibili: ingoia la saliva amara, tentando di controllare la tempesta che gli imperversa dentro e gli arriva fin nelle viscere, di distogliersi dai pensieri che lo risucchiano come un vortice.

“Alzati, è ora!”

Guarda quel corpo identico al suo, cercando un appiglio per riagganciarsi alla realtà.

Jason, il viso rasato di fresco e già vestito di tutto punto, è in piedi di fianco al suo letto . In una mattina ordinaria, James lo prenderebbe in giro per la sua immutabile collezione di t-shirt blue, di camicie bianche un po’ sgualcite e, soprattutto, per il suo gilet di maglia e per i capelli ispidi dritti sulla testa. Adesso, invece, nella stanza silenziosa serra forte i denti e farfuglia qualcosa che il gemello non riesce a capire poi, rassegnato, si alza.

Escono di casa senza far colazione e, per loro fortuna, non c’è la mamma a rimbeccarli che è una pessima idea saltarla!

Kin, il massiccio e affettuoso akita inu della famiglia Derrick , si avvicina ai ragazzi e punta i suoi occhi piccoli e scuri sul padrone, sfregando contro i suoi jeans il tartufo nero che ha per naso. Quasi percepisse la tristezza e la tensione che aleggiano nella mattina che profuma di fieno fresco, non fa le feste con mille scodinzolii ma si accontenta di coccole molto più discrete.

“Ok dammi le chiavi, guido io!”

James obbedisce senza fiatare e si siede dal lato del passeggero. Suo fratello guida bene e lui si lascia cullare.


Jason tiene lo sguardo dritto sulla strada , anche se a quell’ora c’è poco traffico, ma in realtà è concentrato sulle sue emozioni.

Per la prima volta James si sente in imbarazzo perché ha permesso che ci fossero dei segreti tra loro, e anche se suo fratello ha l’aria di uno che non vuol parlare e lui non vorrebbe infastidirlo, inizia a svuotare il suo cuore inquieto, partendo dal principio con orgoglio e dignità.

“Sono già un paio di mesi che sento un dolore e un senso di pesantezza all’inguine, soprattutto se sto molto in piedi. La prima volta che ho tastato questa specie di pallina dura è stato sotto la doccia…Allora ho iniziato a preoccuparmi davvero!”

Per un momento Jason lascia la presa sul volante e si volta verso di lui.

“Perché non mi hai detto prima che c’è qualcosa che non va. La tempestività è tutto quando c’è in gioco la salute e perdere tempo è la cosa più stupida che tu potessi fare!”

“Non è facile mettere al bando imbarazzi e pudori!”

“ Ti vergognavi di me ? Noi siamo più che fratelli, tu sei l’altro me! Jamie siamo sempre stati in simbiosi: abbiamo trascorso nove mesi uniti nel pancione di mamma e quando siamo venuti al mondo, quando ci hanno messo uno di fianco all’altro, ci siamo stretti le manine e non ce le siamo più lasciate!”

Ha ragione: c’è sempre stato qualcuno pronto a spalleggiarlo, a consolarlo, a spronarlo, a proteggerlo e a difenderlo e non sa cosa replicare.

Quando arrivano a destinazione, Jason tira dritto come un mulo tanto che James fatica a stargli dietro: oltrepassa le auto nel parcheggio a pagamento, le ambulanze con il loro lampeggiare blu, non si lascia aggredire dal caos del pronto soccorso e dal viavai di barelle.

Suo fratello ha il fiatone un po’ per il passo veloce e un po’ per l’inquietudine che lo sta divorando e che diventa imbarazzo puro quando deve seguire la dottoressa di turno per il lungo e piccolo corridoio che conduce alla sala-visite.


Rimasto da solo, Jason si avvicina al distributore e prende una bibita: le mani, però, gli tremano così tanto che ne versa un po’ sul tavolino della sala- d’attesa che ripulisce prontamente in maniera maldestra.

L’ansia gli monta dentro come un soufflé e in men che non si dica si trova a digitare i primi numeri della sua rubrica sul cellulare.

Non sa quanto tempo passi prima che Sumire prenda un fazzoletto dalla borsa e glielo strofini sulle mani appiccicose, nonostante l’ansia le si sia infilata nel cuore come una spada.

Si sente più forte adesso insieme a sua madre e a Jimon pensieroso, nella sua tuta da lavoro bisunta e, nonostante tutto, gli angoli della bocca gli disegnano un sorriso.


Dopo circa mezz’ora James è seduto nello studio dell’urologa: ha i capelli un po’ scompigliati e il viso vermiglio per la visita a cui si è appena sottoposto ma riesce ad abbozzare un sorriso quando vede entrare la sua famiglia.

Forse si è agitato per niente, forse il suo spavento è stato eccessivo…

Ci sono soltanto altre due poltroncine che occupano i suoi genitori mentre la dottoressa va a prendere uno sgabello per Jason che si sistema affianco a suo padre: è così impacciato perché non è abituato a bazzicare studi di professori della medicina che a suo fratello quasi scappa da ridere.

La tensione, invece, prende il sopravvento perché sa che il suo futuro dipende da quella donna precisa e con i capelli tirati indietro, con il rossetto rosa, le scarpe a mezzo tacco e il camice bianco.

“All’inizio sospettavamo una semplice varicocele ma l’ecografia ha mostrato una formazione nodulare. Faremo ulteriori analisi per escludere che il tumore abbia già dato metastasi ai linfonodi dell’addome…”


Si dice che il momento emotivamente più duro è quello della scoperta: James e tutta la famiglia Derrick vengono assaliti da uno sconforto incredibile e non riescono a darsi delle risposte.

Il pensiero che gli martella in testa è chiedersi come è possibile che tutto questo stia accadendo a lui, a loro.

La dottoressa si accorge del loro smarrimento e cerca di rassicurarli con la sua voce leggera.

“Hai ottime chance di guarire. Questa è la neoplasia più frequente tra i giovani maschi e non c’è nessun motivo per temere il peggio: anche se dovesse nascere qualche imprevisto abbiamo molte frecce al nostro arco!”

In questo momento, però, James non riesce ad essere ottimista: in una sola giornata tutto si è capovolto e la sua vita è cambiata. Per sempre.

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Capitolo 6
*** Scendere a patti ***


“Vieni Kin che ti metto il guinzaglio. Usciamo! Andiamo a fare una passeggiata!”

Il cucciolo drizza le orecchie e mordicchia un po’ il cuoio prima di lasciarsi preparare. James cerca di soffocare il riso quando la sua lingua ruvida gli fa il solletico e tira con impazienza verso la porta.

In casa ancora dormono tutti e lui si muove in punta di piedi senza far rumore. Il giardino, con i profumati gerani di Sumire, è investito dai colori rosati che stirano anche il cielo e preannunciano una bella giornata.

James si sente sollevato nonostante gli sfugga un gemito. Cammina muovendosi a scatti, con i denti che mordono nervosamente il labbro inferiore e con la sola compagnia di Kin che non lo fa sentire abbandonato da tutti e da tutto.

Vuole tornare a casa prima che gli altri si sveglino ma ha bisogno di quell’atto di egoismo, di un momento solo per sé .


Si siede sulla panchina del parco adiacente al liceo scientifico di Akita , semideserto, e si mette ad osservare un paio di donne che fanno jogging per i viali alberati. Il tempo a quest’ora è ancora incerto e i loro pantaloni di tuta sembrano troppo pesanti per la primavera inoltrata. Hanno il fiatone e una di loro si sfila la fascia di cotone che le trattiene i lunghi capelli e le fa prudere la testa. James sorride tra sé e sé come se stesse seguendo un suo pensiero divertente.

“Ciao ragazzo carino e meditabondo. Ti da fastidio se mi siedo accanto a te?” Se lo aspettava e per questo ha fatto questo tragitto eppure quella liceale perfetta, con la sua divisa stirata di fresco, lo zaino rosso sulla spalla destra e i capelli tenuti indietro da una coda di cavallo, arriva come un miraggio, come un’attrazione magnetica.

“No assolutamente, si sieda pure incantevole Gilda Gray! Ho portato il mio cane a sgranchirsi un po’ i muscoli!”

Lei ride stando al gioco. È splendida come il sole.

Quando Lydia ha chiamato , ieri sera, James non è riuscito a mentirle e le ha urlato per telefono il suo problema, non riuscendo ad usarle maggiore delicatezza.

Kin corre verso di lei, le lecca la faccia e la fa quasi cadere poi si immobilizza di colpo, richiamato non tanto dall’ordine imperioso del padrone ma attirato dal volo di una tortora orientale: si lancia all’inseguimento con la sua corsa sbilenca, da cucciolo, che fa ridere i due ragazzi.

“E lo hai portato proprio qui? Sì, in effetti c’è molto spazio perché possa correre e divertirsi!”

Tacciono per alcuni minuti. Seguono una bolla di sapone che brilla iridescente, si libra nell’aria e poi va a scoppiare sull’orlo della gonna grigia dell’uniforme scolastica di Lydia.


“Credo che non potrò venire al tuo saggio di danza!”

Lo zaino le scivola via da una spalla e le labbra le si bloccano in un sorriso imbarazzato. Gli occhi di James sfuggono il viso tondeggiante con lineamenti ancora in parte infantili.

Serra le mani tra le ginocchia e, con riluttanza, lascia che la mano proporzionata della sua ragazza gli sollevi il mento costringendolo a sostenere il suo sguardo per un momento, prima che si volti e lo sposti verso un punto indefinito.

“Lo so. So anche che ti abbatterai in certi momenti ma non mollerai e ne uscirai meglio di prima. Anzi ne usciremo meglio di prima perché chi combatte vince sempre…E noi siamo insieme anche in questa battaglia, vero?”

“Dovrò partire, probabilmente per Tokyo. Si ,dovrò andare a quasi cinquecento chilometri lontano da casa per curarmi. Sono venuto a salutarti!”

Il silenzio, teso e allungato, sembra farsi sottile. La voce che sembra strozzata, lo stomaco che si contrae in uno spasmo e l’espressione avvilita di lui sono un colpo al cuore per Lydia.

Poggia la testa contro la maglia della tuta stinta e liscia e si rannicchia contro il petto di James, tremando come una foglia e tirando su con il naso.

“Non ti lascio Jamie. L’amore è anche questo, no? Ci ha dato tante gioie e adesso ci vuole mettere alla prova regalandoci anche qualche difficoltà e un periodo brutto !”

Lui le sfrega il pollice sul labbro inferiore , come per trasformare la sua espressione in un sorriso.

“Nonostante tutto sono un ragazzo fortunato! Sono fortunato perché ho te nella mia vita!”


Per la famiglia Derrick non c’è stato verso di dormire stanotte, un sobbalzare continuo di Jimon ha tenuto sveglia anche Sumire e, nella stanza accanto alla loro, Jason si è girato e rigirato senza posa tra le coperte, cosciente dell’insonnia anche del fratello. Lo ha sentito alzarsi praticamente all’alba e uscire con le scarpe in mano ma ha fatto finta di niente.

Arriva in cucina proprio mentre la mamma sta ultimando la colazione: yogurt e cereali per lui, latte e cacao con i biscotti per James.

La tazza del caffè che il papà tiene in mano, invece, tintinna lievemente. Come il giorno prima, Jason si sente sicuro e protetto: i genitori sono il suo nido, la sua tana.

Si siede e appoggia la testa al tavolo mentre i ricordi si affollano, incalzano, prendono forma nei suoi occhi assonnati.

“Non posso credere che stia accadendo proprio a Jamie. Lui è il collante, il sale e il prezzemolo della nostra famiglia. È la mascotte di casa…”

Si riesce a dare un nome ad un’esperienza soltanto quando la si vive in pieno, eppure quella parola è troppo dura perché Jason riesca a pronunciarla a voce alta.


In quel momento Kin arriva a razzo come una palla di cannone, va dritto in cucina e si piazza davanti alla sua ciotola aspettando, impaziente, che James si sfila la giacca della tuta e gli versi le crocchette.

Non è semplice affrontare questa delicata situazione e tutti, per quanto condividano i pensieri e le paure di James e siano preoccupati per lui, temono di dire la cosa sbagliata.

Il più esuberante dei gemelli si siede a tavola e inzuppa un biscotto nel latte tiepido: tocca a lui essere coraggioso, superare ogni tabù e parlare dell’argomento apertamente.

“ Mi stavo preparando per dare un esame all’università senza dirvi niente, per farvi una sorpresa. Da un giorno all’altro mi ritroverò ad affrontare, all’improvviso, tac, risonanze magnetiche, esami, visite fino ad un intervento di asportazione?”

Questa verità è scomoda, inaspettata per i due genitori che vedono, impotenti, deviare dai binari ordinari il futuro del figlio; un futuro quanto mai incerto.

“Ho un tumore, si può dire! E posso anche accettarlo, come si accetta che la terra ruoti intorno al sole: ma non significa che mi ci rassegno!”

Jason rimesta i cereali nel suo yogurt: è sopraffatto dallo sforzo di comprendere la malattia del fratello, dagli effetti che avrà sulla loro famiglia, dal desiderio di essergli utile. Non sa come comportarsi e ci vuole un pezzo prima che riesca a guardarlo con amore imbarazzato.

C’è una sintonia emotiva di fondo tra i due e, come sempre, James lo legge nel pensiero.

“So che vorresti accompagnarmi ma anche tu hai una bella gatta da pelare: matematica finanziaria, vero?”


È irremovibile , dimostra una forza insuperabile, ed è impossibile contraddirlo.

“Va bene Jamie! Io prenderò il mio bel trenta e tu tornerai a casa guarito…Mamma e papà saranno orgogliosi di noi!”

Si strizzano l’occhio complici di un antico patto e tutti e quattro si trovano avvinghiati in una grossa palla in cui ognuno avvolge l’altro in un caldo abbraccio che profuma di latte, limone, vaniglia e fiori di lavanda. Profuma di casa.

Accettare la realtà non significa abbandonarsi al suo corso ma ripartire da quello che c’è, che si dà e che si ha: e la sua famiglia, con la forza di un’armata, è la stabilità e il tesoro più grande di James.

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Capitolo 7
*** Venerdì sera ***


Jason e Zahra amano cucinare insieme e sperimentare tra pentole e fornelli perciò, la sera prima della partenza di James e dei genitori per Tokyo, decidono di preparare una cena di commiato.

Con il suo solito senso pratico, il ragazzo ha preso in mano la situazione: si è dedicato alla spesa, scegliendo prodotti buoni e freschi, ed è ben felice di fiondarsi in cucina e prendere in giro la fidanzata per quel grembiule di Sumire che le sta un po’ largo e che ha annodato alla polinesiana.

James si è limitato a spiarli da lontano: è suo fratello che si occupa dei pasti quando sono fuori casa. Lui sa a malapena cuocere una bistecca mentre Clifford si accontenterebbe di mangiar solo hamburger e patatine fritte.

Quando ha tentato di insegnargli qualcosa, Jason non ha avuto molto successo: ha avuto più fortuna con Zahra che si è dimostrata un’ottima allieva.

È bello vederli all’opera insieme: giocano a fare gli chef, canticchiano e mescolano gli ingredienti, non si parlano quasi mai ma si intendono alla perfezione.

Passare una serata tutti insieme, per distarsi un po’, è la ricetta vincente.


Quando rientrano, i coniugi Derrick sono accolti da un profumo di buono, di vecchia Inghilterra: mangeranno fish and chips, come fa la gente felice il venerdì sera.

“Ma non doveva cucinare Jamie?” Chiede Jimon, divertito e scanzonato, lasciando fuori dalla porta tutti i grattacapi e il nervosismo.

“Confesso che non vedevo l’ora di vederlo soffrire in cucina ma non volevo saltare la cena con qualcosa di immangiabile, anche se preparare l’insalata dovrebbe essere alla sua portata!”

Il diretto interessato alza gli occhi al cielo, sospira e affonda una patatina nel ketchup uscendosene con un diplomatico:

“Io non sono portato per questo genere di cose!”

Nessuno è in vena di fare battute, anzi tutti cercano di nascondere le loro debolezze e camuffare l’espressione dei visi.

“Tutto squisito tesoro!”

Si complimenta Sumire, pulendosi la bocca con l’angolo del tovagliolo e togliendosi le briciole che le sono finite addosso.

“Beh mammina credo sia il modo di Jay per dirci che ci vuole bene! Alcuni pomeriggi, mentre io fingo di studiare, questi due pasticcioni passano il tempo a provare nuovi intrugli che poi mi propinano la sera: sono la loro cavia preferita!”


James è un maestro nell’arte di disegnare faccine con il cibo nel piatto ma quando alza lo sguardo e incrocia quello di Lydia è come se avessero un dialogo muto in cui si dicono che gli mancherà tutto questo. L’espressione con cui lei lo guarda è così tenera da fargli desiderare di prenderla tra le braccia.

Annuisce e inspira profondamente, cercando di sembrare ottimista.

“Allora cosa farete tu e Cliff lunedì? Salterete la lezione?”

Jason asciuga sui pantaloni le dita rese scivolose dall’olio e prende dell’altro pesce. Lo addenta ed è come tornare indietro nel tempo, a quando lui e Zahra hanno mangiato per la prima volta insieme fish and chips sulla spiaggia di Brighton Beach e sono stati quasi sbranati dai gabbiani.

“Oh non faremo nulla di particolare! Io ho lezione di pomeriggio.”

“Beh io credo che, per quell’ora, sarò già completamente fuori di testa!”

Per qualche secondo si sente soltanto il cozzare delle posate sui piatti e nessuno sa come riempire quel silenzio imbarazzante. James vorrebbe alzarsi, correre in camera e ricomparire, dopo qualche minuto, vestito da pagliaccio per far ridere tutti.

Non si è mai perso d’animo, però, e ha deciso di restare concentrato su ciò che deve fare per guarire: in questo momento la priorità è affrontare l’intervento.

“Per mia fortuna ho avuto poco tempo per metabolizzare. È successo tutto così in fretta che , nel giro di pochi giorni, mi ritroverò in sala operatoria!”

Con tono forzato, triste e un po’ infantile recupera tutto l’entusiasmo perduto qualche istante prima e, ritrovando nuovo slancio, propone che siano lui e Lydia a preparare un dolce da principianti, facile anche per chi-non-sa-cucinare-ma-sa leggere.

Alla fine tocca a Zahra, con una risata che da libero sfogo alla tenerezza e alla tensione, raccontare di come, quella prima volta, gli uccelli avessero beccato le dita di Jason quando aveva cercato di salvare le sue patatine.


Sicuro di non riuscire a chiudere occhio, James passa la notte sul divano, continuando a muoversi per trovare una posizione comoda, e quando Jason esce dalla loro camera per prendersi da bere lo vede agitarsi, illuminato dalla luce bianca della luna che filtra dalla finestra.

Arriva il momento di partire: i genitori caricano in auto il trolley di Jamie e due grandi borse con le loro cose, le ragazze hanno gli occhi tristi e lucidi.

Il viso di Lydia è una continua smorfia: sta facendo un grande sforzo per non piangere, intanto Zahra fa del suo meglio per distrarla ma senza grossi risultati. Si morde continuamente le labbra, poi passa alle unghie: è nervosa, tesa e terribilmente spaventata.

“Se sei forte tu, lo sono anch’io!”

Saluta così James, sorridendo tra le lacrime che hanno cominciato a colarle giù per il naso e sfiorandogli le labbra con un bacio fulmineo.

Jason, invece, tamburella nervosamente sulla capote dell’auto. C’è un filo invisibile tra i gemelli: sono abituati ad intendersi senza bisogno di parole.

“Vola alto e non aver paura! E ricordati: quando senti che il tuo avversario è molto più forte di te l’unica soluzione è resistere. Testa bassa e avanti, nascondendo i punti deboli”

Sumire insiste per far sedere suo figlio davanti: James abbassa il finestrino e saluta, fino alla fine del vialetto, Jason, Zahra e Lydia che si sbracciano finché la casa diventa piccola e scompare dietro la cortina di pioggia calda che è iniziata a cadere.

Si mette comodo sul sedile e guarda avanti anche se una parte dei suoi pensieri resta impigliata a loro.

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Capitolo 8
*** Coinquilini ***


Non è facile riprendere la routine universitaria fatta di lezioni ad orari assurdi, segreterie ed esami diventati la norma. Soprattutto è difficile far finta che tutto vada bene senza James, la mancanza gli pesa e Jason riprova lo stesso disagio della prima notte passata al campus: si sentiva piccolo come una formica difronte a quel mondo del tutto nuovo e da scoprire.

La porta di un marrone brutto cigola e si ritrova nel familiare disordine dell’appartamento universitario che, da tre anni, è la sua seconda casa: un inconfondibile e pungente puzza di muffa gli da il bentornato. Ci sono macchie di umidità perenni e James ha avuto la pessima idea di ripulire quei graffi neri sulla parete intonacata con una spugna grondante acqua.

A scaldare il cuore di Jason e a farlo sentire meno solo è, però, il volto abbronzato di Clifford, con la sua consueta espressione energica e risoluta che da l’idea di una grande forza: è seduto al tavolo della minuscola cucina e sta consumando la sua colazione a base di tè e salumi in vaschetta.

Con il suo caro amico e compagno di mille avventure, il neo arrivato si sente fuori dal tempo, in una specie di area protetta. Sembra essere passata una vita da venerdì.

“Dove hai lasciato quel party addicted di tuo fratello? "

Jason dovrebbe dire qualcosa ma si limita a scrollare le spalle e, allora, deve sorbirsi le lamentele del coinquilino che comincia a parlare come un fiume in piena.

“Ha lasciato questo posto un porcile! Quello sbadato non ha nemmeno buttato il sacco dell’immondizia e dire che gli avevo lasciato un bigliettino sul tavolo e lui, in risposta alle mie esortazioni, mi ha detto di smetterla di essere così pesante. E indovina un po’ adesso a chi tocca convincere l’allevamento di vermi a sloggiare dalla cucina? Per non parlare dei residui di cibo nella pentola ormai buoni per il gatto…”

Clifford deve flettere le dita per non strappare il bigliettino incriminato e buttarglielo in faccia e la cosa fa sorridere Jason suo malgrado.

“Tu non hai un gatto! E poi ci sono post-it seminati in ogni angolo come foglie d’autunno; persino sui tovaglioli scriviamo. Può succedere che un avviso ci sfugga!”

Il roccioso ex difensore dell’Hirado allarga le braccia e alza gli occhi al cielo: non l’avrà mai vinta uno contro due!


Il sole scalda i vetri dell’appartamento con impietosa intensità e, dopo un paio d’ore, Clifford si aggira per la stanza con una buona dose di esami in ritardo sulla tabella di marcia.

Per la prima volta anche Jason trova noiosa la lezione che dovrebbe studiare e, inoltre, prova fastidio per un sacco di dettagli insignificanti che prima a malapena notava e che adesso lo irritano.

Non ha voglia di far niente e così sta fermo ad arrovellarsi su cosa fare per non sentirsi così instabile.

Nel tentativo di sfuggire a quel forno cubico, i due studenti hanno riempito frigo e freezer di bottiglie d’acqua, non prima però di averlo ripulito di una mezza dozzina di yogurt scaduti.


Apri e chiudi. Apri e chiudi.

Prima di mezzogiorno, riescono a malapena a cavare lo spazio per tirar fuori il pranzo.

Stipate in freezer ci sono provviste per un reggimento di soldati, dal vasetto di sugo pronto incastrato in un angolino fino alla vaschetta di lasagne dimenticate ad invecchiare al gelo.

E a salvarli è proprio il motto di James : “Cucina oggi, mangia tra tre mesi!”

Clifford sbuffa e, brandendo un coltello da macellaio, si avvicina con tutta l’intenzione di picconare selvaggiamente il ghiaccio accumulato.

“Aspetta!”

“Posso provare con gli insulti che si scambiano i lottatori di sumo prima del combattimento?”

“Ci penso io!”

Jason finalmente ha qualcosa da fare: stacca la spina e introduce una bacinella d’acqua calda per accelerare il processo di scongelamento.

“Potremmo usare la granella ghiacciata sul pavimento per improvvisare dei mojito!”

Non ride alle battute del coinquilino: è pensieroso e distratto da quando si sono rivisti e Cliff intuisce che c’è qualcosa che non va.

Il suono di una notifica e Jason si mette a smanettare sul cellulare.

Ecco! Sono appena arrivato e mi hanno già fregato con un prelievo !!!

L’ sms di James è imprevedibile come lui, lo spiazza e, finalmente, dopo giorni sente che gli si smuove qualcosa dentro.

Il buonumore e il controllo che suo fratello è riuscito a mantenere rendono Jason consapevole di tutte le sue preoccupazioni. È un momento malinconico in cui capisce quanto la sua famiglia sia importante, nonostante le centinaia di kilometri che li separano e si dice che, in fondo, le urla della mamma per convincerli a mettere in ordine la loro stanza non suonavano poi tanto sgradevoli.

Si lascia cadere sul vecchio divano sgangherato, con un piede a terra e l’altro sul cuscino e si accende una sigaretta aspirando profondamente.

“Allora cos’è questa faccia? Escludo che tu abbia litigato con Miss Peperina ed è ancora troppo presto perché tu ciondoli per casa come uno zombie, armato di pigiamone della nonna e occhiaie pre-esami!”


I fuori sede sono quelle bestiole che vivono in gruppo e che frequentano altri fuori sede, amici dell’adolescenza, che si sentono un po’ spaesati, un po’ senza regole, un po’ uguali a te…

Clifford non è il peggiore con cui convivere ma nemmeno il più tranquillo. Ha la fisionomia da amico leale e aperto e Jason gli affiderebbe pure un tesoro.

La sigaretta che tiene accesa in un angolo delle labbra gli fa socchiudere un occhio, il fumo crea dei piccoli anelli nell’aria.

“James ha un tumore!”

Alla fine dice a voce alta quelle tre parole che schiaffeggiano come un romanzo di mille. Non vede nulla, ha come un velo davanti agli occhi.

Vuole solo liberarsi di queste lacrime che gli offuscano la vista, sputare la saliva che gli riempie la bocca.

Cliff non sa cosa dire e vuole evitare banalità e luoghi comuni. Non gli resta che adeguarsi agli sbalzi d’umore dell’amico; non è il momento di fare troppe domande.

“Stasera quegli incivili del quinto piano danno una festa. Andiamo a fare un po’ di vita sociale fuori da queste mura di cartapesta dietro cui viviamo?”

È un tentativo maldestro di tirargli su il morale ma Jason lo apprezza e abbozza un sorriso perché tutto ciò di cui ha bisogno è una spalla su cui piangere e quella di Clifford è abbastanza grossa per accontentarsi.

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Capitolo 9
*** Il giorno più lungo ***


Tokyo sembra una città costruita con i Lego, con pezzi presi da collezioni differenti. È un melograno che snocciola chicchi di un rosso acceso ad ogni cambio della metro. Città nella città collegate da una lunga collana di rotaie.

James ,però, non ha il tempo di spaccarne il guscio per scoprirle.

Giusto una settimana dopo l’incontro con l’urologa, l’ efficientissimo e ordinato ospedale della capitale gli apre le porte attraverso le mani di un infermiere molto gentile.

Avverte la stessa malinconia infantile della fine di un giro in giostra e, allo stesso tempo, sente la spinta che lo fa partire verso un viaggio che non avrebbe mai voluto fare.

Alle tredici e quaranta, in anticipo rispetto all’orario previsto, è già pronto per entrare in sala-operatoria. Nonostante il momento poco piacevole non ha perso la sua vena ironica e scherza con il barelliere , con Jimon e Sumire, nonostante il groppo che gli attanaglia la gola.

“Comincia la mia settimana al Luna Park!”

I suoi genitori cercano di dargli forza ma James vede la loro voglia di piangere, vede che stanno male per lui e non gli resta altro da fare se non attaccarsi un sorriso forzato con lo scotch perché crede sia necessario essere ottimista a tutti i costi.

Tuttavia una lacrima dispettosa scende a bagnargli la guancia e, in quel momento, pensa che quella lacrima sia il cuore di mamma e di papà che entra con lui in sala-operatoria.


L’istinto di sopravvivenza lo protegge dalla paura e lo fa abituare anche alle situazioni più disagevoli.

James non si è mai pianto addosso e affronta a testa alta tutto: l’anestesista di turno che gli cosparge la schiena di un liquido freddo e rossastro e lo fa piegare in avanti, la leggera puntura e l’immediato calore alle gambe. Un formicolio e un tremore.

Lo fanno sdraiare.

Giù pantaloni e slip, coprono tutto con un telo verde: non vedrebbe nulla di quello che gli fanno se non fosse per il riflesso sulla lampada.

Lui però preferisce guardare il soffitto, vede passare mille immagini e tutto sembra surreale.

L’operazione dura una ventina di minuti, un attimo a suo parere. Ne è meravigliato ma felice.


In meno di mezz’ora si ritrova disteso sul letto della sua camera, in quell’evanescente stato di grazia di pochi minuti, in cui tutti i problemi sembrano lontani.

La mano grande e calda di Jimon gli trasferisce un senso di sicurezza tale da farlo sentire protetto contro ogni male. È incredibile l’infinità di sensazioni ed emozioni che scorrono attraverso la stretta delle loro dieci dita.

Sumire, da buona infermiera, esegue scrupolosamente la raccomandazione di applicare una borsa del ghiaccio sulla zona operata, per evitare il gonfiore.

Sono lì a consolarlo, a fare tutto quello che possono per aiutarlo.

“È maligno?”

Sua madre si sdraia accanto a lui e le sue parole suonano come una dolce musica rassicurante.

“Non pensarci adesso, andrà tutto bene. Tu mettici tutta la volontà che possiedi e vedrai che guarirai alla perfezione. Pensa che sia una partita da vincere!”

“È strano come ci si abitui al dolore, alla malattia…davvero strano!”

La sua famiglia è tutto ciò che un ragazzo può desiderare e grazie a quell’amore senza ostacoli ogni traguardo sembra possibile.

Ha un solo pensiero fisso adesso: fare pipì.

Suo padre lo sorregge e lo fa camminare lungo il corridoio della corsia e, alla fine, anche quell’ansia è risolta.

“Vado giù al bar a prendermi un caffè!”

Quando il cielo si tinge di rosso, nel tramonto caldo e umido Jimon cerca di sdrammatizzare quella situazione. Suo figlio, però, ha un’idea migliore.

“Apprezzo le vostre premure, davvero, ma così rischiate di diventare appiccicosi come due cozze. Prenditi mamma , procuratevi una mappa e una bussola e, per stasera, trasformatevi in dei tipici turisti per caso! Io me la caverò!”


Rimasto da solo non è proprio triste ma all’improvviso è svuotato di energie e scoraggiato e sa di dover stringere i denti per arrivare fino a sera.

Quando il cellulare inizia a squillare sobbalza per lo spavento: non ha avuto testa per silenziarlo e non ha ancora cambiato quell’orribile suoneria. Sorride per tutti i tintinnii di attenzione, per tutti gli sms volanti che gli sono arrivati quando non poteva rispondere: un modo per dirgli non posso chiamarti ma ti penso .

Poi si decide a rispondere alla videochiamata in arrivo.

Lo smartphone risucchia due volti con espressioni neutre e due sorrisi appena abbozzati: per un momento si sente a casa, si ricorda che lì fuori c’è il suo mondo che lo aspetta e si convince che tutte le cose torneranno al loro posto.

“Siete più brutti di quanto vi ricordassi ma siete il mio premio dopo una giornata andata storta!”

È difficile consolare un dolore che non si conosce ma Jason e Clifford sono simbolicamente lì a dargli coraggio, nonostante si muovano imbarazzati dal divano di rattan sul quale sono sprofondati e, aguzzando la vista, James ci nota sopra un graffio nuovo.

“Ma sta un po’ zitto che è come se ti stessi guardando allo specchio!”

Lo contraddice suo fratello, riavendosi dallo smarrimento e leggendo nei brevi silenzi sintomi della stanchezza di James.

“Come ti senti?”

La domanda di Clifford non è retorica, da per scontato che si senta distrutto, ma è fatta con il cuore. Deve dire qualcosa e quella domanda va bene come qualunque altra.

“Sopravvivo, amicone mio! Non sono triste, solo un po’ impaziente. Mi conoscete!”

Fanno finta di bersi quella rassicurazione perché sanno che l’unica cosa che possono fare adesso per James è regalargli un po’ di spensieratezza, qualche risata onesta e sincera.

“Eh allora cosa sono quelle facce abbattute? Non mi piacete così seri, raccontatemi qualcosa che mi tiri un po’ su!”

Il ragazzo si sistema meglio contro i cuscini, cercando di raddrizzarsi: sul suo viso compare una smorfia di dolore e di fatica che cerca di dissimulare. A Jason si spezza il cuore nel vederlo così ma è il più disinvolto possibile quando risponde.

“Cosa vuoi che ti racconti? Non mi viene in mente niente!”

“Qualcosa di buffo che vi è capitato!”

La faccenda non è affatto buffa ma ha bisogno di qualcuno che la butti sul ridere. Ci vuole Clifford, abile a raccontare barzellette che non fanno ridere.


“Ieri sera siamo stati ad un toga-party! Niente fighetti ma solo sfascioni, come noi!”

“Finalmente Jason ha capito che la vita universitaria non è fatta solo di libri e di esami ma, anche, di musica, amici e divertimento!? E poi? Vi siete lasciati sopraffare dal senso di libertà, esagerando con l’alcool e mio fratello si è ritrovato nudo nel corridoio con scritte su tutto il corpo?”

Yuma sghignazza mentre il soggetto messo in ridicolo scuote il capo.

“Niente performance imbarazzanti! Mancavi tu…”

“Ti dico soltanto che gli inquilini di tre alloggi hanno deciso di aprire, in concomitanza, le loro case e mixavano la musica da un balcone. Jason si è avvolto in un lenzuolo per non scervellarsi alla ricerca del vestito perfetto!”

A James scappa da ridere e dimentica l’impercettibile delusione per essere un malato piuttosto che l’anima della festa.

“Non ti sei sentito un po’ un cretino vestito da senatore romano, Jay?”

Jason bofonchia una risposta incomprensibile, James promette che al suo ritorno si godranno solo cose belle, Clifford è una fonte di informazioni inesauribile e, quando chiudono la videochiamata, invia all’amico una miriade di foto, alcune compromettenti.

I pensieri neri cominciano ad alleggerirsi e James vede la luce nel buio più profondo. Si addormenta e sogna.

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Capitolo 10
*** Quando la musica finisce ***


Zahra fa un giro intorno all’auto e getta uno sguardo sui sedili posteriori dove accanto a due peluche, cianfrusaglie del loro passato , sono sparse alla rinfusa alcune fotocopie e un libro di matematica finanziaria con problemi già risolti.

Sale a bordo con un sorriso studiatamente interrogativo e scruta di sottecchi Jason che mastica un chewing-gum, continuamente e rabbiosamente, come un antistress.

“Vuoi fare a gara con tuo fratello a chi è più disordinato?”

Lui non la degna di uno sguardo e la ragazza resta perplessa e inquietata da questa versione inedita del suo fidanzato. La luce negli occhi di Jason è strana: fende il parabrezza come una lama e si proietta verso un punto fisso lungo la strada dritta, come se scagliasse i pensieri il più lontano possibile.

Zahra è abituata a quegli occhi placidi come un laghetto di montagna, scintillanti come il suo sorriso quasi infantile ed è spiazzata da questo Jason torbido, insondabile.

“Cos’è successo?”

Gli chiede con calma. Fa per posargli la mano sul braccio ma lui la scaccia, schivando le auto meno ingombranti della sua con una guida brusca, nervosa.


Il tragitto di ritorno verso Akita si preannuncia lungo e perciò diventa fondamentale avere il giusto sottofondo: quando è alla guida, sulla sua auto la radio è sempre accesa e Jason ha sempre in mente la playlist delle canzoni da viaggio adatte ad ogni situazione e umore.

Oggi cerca quella perfetta per sfogare la tensione…Quando la musica finisce, si fa consumare dal senso di colpa per come sta evitando Zahra.

“Hai presente quando entri in un negozio, c’è la musica in filodiffusione e ti metti a curiosare?”

Lei non resiste e, smorzando l’aria tesa della loro conversazione , si schiarisce la voce e sbandiera una curiosità letta su una rivista.

“Sai che ricerche di consumo dimostrano che la musica in sottofondo può farci spendere di più?”

Jason storce il naso a quella battuta da sociologa ma poi, pensando a scontrini incrementati e carte di credito prosciugate, storce le labbra in un sorriso stentato.

“ Allora immagina di fermarti qualche minuto in più tra gli scaffali perché hai beccato la canzone giusta. Ti imbatti in quella maglietta che volevi: hai la sensazione che se la comprerai ti sentirai felice. Poi la musica si spegne e avverti un senso di disfatta, come un calo di tensione. Finisce che la maglietta la compri lo stesso però ti senti uno schifo come prima!”

È inutile che cerchi di allontanarla o di ingannarla con i suoi paragoni astrusi: lei pare leggergli nel pensiero.

È con Zahra, ragazza che non fa mai drammi e capace di scorgere il lato umoristico in ogni cosa , che un tipo serioso come Jason ha imparato ad affrontare la vita con maggior buonumore e a mettere lo stesso impegno tanto nel lavoro quanto nel divertimento.


“Hai cannato! Capita!”

Indovina infatti lei con voce leggera , lievemente canzonatoria.

Abbassa il finestrino, sorprendendosi di sentire quanto sia piacevole l’aria di giugno.

Da parte sua ce la mette sempre tutta per incoraggiarlo, sia nel superare un esame sia nelle altre sfide della vita. Nelle ultime settimane poi ha cercato di essere presente come un ombra e di non lasciarlo solo.

La mano di Jason si muove veloce ad aprire il cruscotto e a porgerle il suo libretto universitario: un documento che riassume anni di studi e fatica, di sogni e progetti.

Quello che colpisce è la sua firma, con la J che somiglia ad un uncino e il resto del nome scritto con rotondità precise.

Non c’è però il voto dell’esame che avrebbe dovuto dare oggi.


“Io oggi ero passato. Con il minimo ma era andata bene. Quel brutto voto , però, proprio non lo volevo, non mi piaceva. Lì davanti all’assistente che mi guardava e mi chiedeva se andava bene, la prima cosa che avevo davanti agli occhi era la faccia delusa di James quando gli avrei detto che non avevo fatto la mia parte. Non ho mantenuto la promessa che gli avevo fatto…”

Il bello di Zahra è che con lei le parole non sono mai troppo poche perché è capace di leggere anche i suoi silenzi e le timide emozioni che vi si nascondono. Non perde mai la sua euforia e la sua positività e sa sempre trovare le parole giuste per consolarlo.

“Amore mio sono certa che non c’erano lacune nella tua preparazione ma hai avuto tante distrazioni in quest’ultimo periodo. Dormi sereno e allenta le redini perché spesso sono le situazioni incerte e impreviste a portare i premi e le sorprese maggiori.

Hai dato il meglio di te, come sempre: James questo lo sa, capirà e ti perdonerà! ”

La mano tozza di Jason si posa sulla leva per scalare marcia e, in un gesto spontaneo, quella calda di Zahra ci scivola sopra scuotendolo e da lì non si muove per il resto del viaggio.

È giusto avere degli obiettivi ma perseguirli con fervore può far si che anche le più piccole battute d’arresto sembrino degli ostacoli enormi.

Occorrerà agire tempestivamente e nel giusto modo per trasformare l’abbattimento in una spinta che lo porti a far meglio, a recuperare quel votaccio, ma la sua ragazza lo sta già aiutando a riabilitarsi.


“Per quanto possa essere spiacevole questa non è la fine del mondo. C’est la vie!

C’est la vie ! Ma quella di uno studente universitario è una continua sorpresa…”

Il sorriso di risposta di Jason è foriero di messaggio. Sembra voler dire: mi è passato, non sono più di cattivo umore !

Adesso che sono di nuovo complici, Zahra si rilassa sul sedile, mette le mani dietro la testa e chiacchiera con voce allegra.

“Possiamo andare a piedi fino al teatro. È una sorta di escursione ma sarà piacevole!”

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Capitolo 11
*** Al levar del sipario ***


I fari del piccolo teatro di Akita si accendono sulla scena disegnando sui volti in movimento un gioco di ombre. In sottofondo una sinfonia di Bach.

Luci soffuse, scena vuota eccetto una decina di ballerine impegnate in una coreografia che gioca ora sull’uniformità dei colori, ora sul loro contrasto.

Pancia in dentro, bacino in avanti, spalle dritte, collo alto, sguardo rivolto verso la mano…Le ragazze sono padrone di ogni parte del proprio corpo; si muovono eteree e romantiche seguendo l’armonia del brano, quasi creando un insieme astratto.

Ad un tratto la musica si spegne e un riflettore più potente degli altri si accentra e illumina la figura slanciata di Lydia.

Ha un aspetto impeccabile: indossa il tutù con quell’eleganza che le è innata e agita la mano in segno di saluto come una piccola regina , avendo riconosciuto Jason e Zahra.

È composta e sembra assolutamente padrona di sé stessa.

È da quella lezione dopo le vacanze di Natale che la musica, i passi nuovi, la coreografia, le misure dei costumi…tutto ha parlato dello spettacolo tanto atteso di questa sera.

Con una punta di malinconia ripensa a quel pomeriggio di pioggia passato alla ricerca della colonna sonora insieme a James.

Quella composizione non riusciva proprio a uscirle dalla testa, quasi c’avesse un jukebox dentro e continuava a fischiettarla come una melodia sincopata finché avevano trovato un rimedio insieme tra cd e vinili, tra cuffie e baci rubati tanto che avevano iniziato a canticchiare in un duetto improvvisato e improbabile il motivetto da cui lei era ossessionata fino a farlo diventare un pezzo della loro storia.


La prova generale è quella che la agita di più ma riesce a restare impassibile e ad aiutare le compagne nei ritocchi dell’ultimo secondo: fissare le posizioni, rivedere le entrare, provare gli inchini…

Quel misto di lacca per capelli, di scarpette di pelle, la polvere e l’umidità, i retroscena del teatro stesso oggi sembrano appartenere ad un mondo estraneo e tra lampi di luce, rumori sconnessi e suoni metallici, Lydia vorrebbe abbandonarsi ad un pianto sommesso.

La bolgia, il caldo, le risate, il ticchettio delle punte sul pavimento del palco, il calore delle luci dietro le quinte…Tutto è lontano mentre raggiunge il camerino alla ricerca del suo cerchietto rivestito di raso.

Prima di entrare si blocca, fiutando l’atmosfera che pare irreale: riconosce il profumo di fiori freschi, di primavera, di allegria e di casa.

Ad accoglierla c’è un bouquet di girasoli, rose rosse e margherite.

Il suo sguardo vaga come una farfalla inquieta, cercando qualcuno, e le sue mani tradiscono una certa agitazione quando scartano il bigliettino di accompagnamento del mazzolino di fiori .


Non riuscirei a dirti nemmeno solo la metà di ciò che riesco a dire con una lettera forse perché alcune emozioni si vivono con talmente tanta intensità per cui le parole non trovano spazio. Non esiste un modo per dirti grazie , per tutto l’amore che mi dai, per la tua sensibilità, per la splendida che sei. Che il tuo cammino insieme a me sia sempre come una danza: elegante e armonioso .

Da quando è innamorata non c’è niente che possa intristire Lydia ma credeva che, nella sua attuale tristezza, niente potesse renderla felice. Il cuore le batte come un tamburo nel petto per l’emozione che si trasforma in una felicità autentica e totale quando, inaspettata, giunge quella voce familiare a confonderla.

“Mi piacciono i girasoli perché girano sempre nella direzione del sole. Sono un autentico raggio di gioia!”


James, proprio James, le viene incontro zoppicando lievemente.

Le anche ambrate della ragazza , nel tutù rosa e nella gonnellina velata bianca, volano leggere verso di lui come una nuvola di cipria.

“Sei venuto?”

Articola in un soffio di voce , fa un giro su sé stessa sollevandosi appena sulla punta dei piedi come la ballerina di un carillon e gli si aggrappa al collo lasciandosi stringere in un abbraccio più forte di qualsiasi bacio.

“E ti ho portato anche i fiori!”

Ride James. Non è la sua solita risata contagiosa; è spenta e sembra la risata di qualcuno che fa fatica a trovare qualcosa per cui ridere.

Lydia non riesce a distogliere lo sguardo da quel viso pallido ma non gli farà mai capire che anche lei ha paura: intuisce che Jamie abbia fatto i salti mortali per esserci stasera e indovina anche la complicità di Jason e di Zahra per la sorpresa riuscita. Vede che è stanco, per il viaggio e per quello che sta affrontando, e non vuole subissarlo di domande.

Lui è lì, e basta.


Il ragazzo si muove goffo ma dribbla con una disinvoltura che rende quasi invisibile il suo handicap le premure sottili di Lydia.

“Ecco perché mi sono messo insieme ad una ballerina! Almeno una metà della nostra coppia è aggraziata nei movimenti!”

Lei lo abbraccia con prontezza da sopra la testa, baciandogli la guancia e dandogli uno scappellotto scherzoso sulla spalla che fa ridere James di puro piacere.

“Sei un cretino!”

La sua voce emozionata e ironica da sollievo a James. Fa un po’ la civetta e poi nasconde l’imbarazzo contro il petto del fidanzato: quella creatura dolce e trasparente è ancora più bella con le gote imporporate.

“ Vai adesso e danza come una libellula. Io sarò in prima fila ad applaudire e ad ammirare le tue piroette e tutti quei volteggi intricati , Gilda Grey!”

Lydia risponde con una risata leggera che stenta a uscirle dalla gola, senza lasciargli la mano.

“Prima che si levi il sipario ho bisogno di compiere il mio gesto scaramantico!”

Lui ammicca e sta al gioco. Ricorda tutte le prove, tutte le volte che si è messa davanti lo specchio di casa con le gambe in quinta posizione e, nel silenzio della stanza, iniziava a muoversi elegante e austera.

“Permettimi di farlo insieme a te, allora. Com’è? Merda, merda, merda !”

La ballerina scuote il capo, spensierata con il suo chignon e accenna un sorriso incantato e prolungato che le regala una piccola piega su un lato della bocca e fa venire a James una voglia matta di baciarla. Allora lei si solleva sulle scarpette da mezzapunta e gli lascia un bacio pulito sulle labbra frementi.

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Capitolo 12
*** Triste come un Pierrot ***


Il giorno dopo l’operazione James torna a casa senza nessun tipo di raccomandazione particolare se non il foglio di dimissioni con il nome dell’antibiotico da assumere.

In realtà non riesce quasi a muoversi ma la dottoressa gli ha detto di non esagerare nello zoppicare e di farsi coraggio.

Gestire il ritorno alla normalità non è semplice: la protesi non gli da fastidio ma per dominare i continui timori e l’ansia di quell’attesa che lo distrugge ci vuole pazienza.

Il ragazzo cerca di restare il più tranquillo possibile mentre aspetta i referti dell’istologico, studia statistiche e fa un’attenta ricerca sul tipo di terapia che dovrà seguire. Cerca di capire qualcosa in più smanettando su internet ma, da ignorante in materia, il tutto gli mette ancora più paura.

Non cede allo sconforto e, faticando non poco, cerca di pensare anche ad un futuro più remoto.

Per distrarlo, per riderci un po’ su, per il sabato successivo i suoi tre moschettieri organizzano una delle loro classiche uscite a quattro.


Il circo è in città e a Jason è sembrata un’ottima idea comprare quattro biglietti in prevendita per ricercare quella sensazione di tornare bambini in un ambiente che non cambia mai, che resta uguale a sé stesso in modo quasi rassicurante.

“Si dice, ma io credo sia una leggenda, che il primo clown fu un ubriaco entrato per caso sulla pista durante uno spettacolo. Inciampò e fece ridere il pubblico.”

Zahra racconta quell’aneddoto curioso padroneggiando l’arte della narrazione e coinvolgendo gli altri tanto che Jason quasi si infervora in un’appassionata disquisizione filosofica sul ridere della tragedia dell’uomo e ha un aspetto quasi comico mentre suo fratello ha l’espressione raggiante di un bambino e una vena di tristezza residua nel sorriso disteso: abbraccia Lydia e sotto le dita percepisce un fremito leggerissimo che si riverbera nel suo cuore.

“Ehi Jay ti ricordi quando, da bambini, ci portavano al circo e dicevamo che avremmo voluto che il nostro super potere fosse quello di volare come i trapezisti? Forse è stato dopo uno di quegli spettacoli che abbiamo iniziato a pensare alla nostra catapulta infernale !”

Jason scuote la testa divertito, quindi si ferma davanti a lui e inizia a parlare come se dovesse ricordare le loro fantasie più sfrenate e assurde in un attimo solo.

“Non siamo stati dei bambini modello, è vero. Eravamo dei piccoli diavoletti scatenati. Quanto hanno dovuto sudare mamma e papà per tenerci a bada! Però abbiamo fatto restare con il naso all’insù parecchi avversari!”

Strizza l’occhio al fratello con complicità e i loro cuori si disperdono nel ricordo vivido di quelle estati trascorse sul prato davanti casa con un’anguria gigantesca e freschissima. Facevano a gara a chi sputasse i semini neri più lontano e intanto parlavano di cose sensate e importanti: si impegnavano a prendere con la stessa serietà tanto il progetto di vincere il prossimo torneo di Yomiuri Land tanto quello di cambiare il mondo insieme.

Poi era il momento di esercizi impensabili, di acrobazie bellissime con tanto di accenni di salti mortali all’indietro per loro elastici come la gomma e duttili come l’oro.

“Un paio di volte abbiamo rischiato di finire davvero in ortopedia! Poi il fascino del proibito si è spento come un cerino che brucia fino a consumarsi.”

Per James i colori dell’infanzia sono una magia che piano piano si è spenta quando hanno iniziato a ragionare come gli adulti.


Vengono accolti da un odore di popcorn caldi misto al truciolato della pista. Il fil rouge dello spettacolo è le avventure di Alice nel paese delle meraviglie: le atmosfere sono surreali e gli artisti hanno raggiunto uno status leggendario spingendo le proprie abilità oltre l’immaginabile.

La noia esitante di Lydia e di Zahra si trasforma in autentico stupore e ammirazione quando sulla scena compare una giovane acrobata appesa a delle semplici strisce di stoffa. Tutti e quattro seguono con gli sguardi avidi di curiosità il lanciatore di coltelli, l’equilibrista dal talento fisico straordinario, contorsionisti e giocolieri.

“Vado a prendere lo zucchero filato per tutti!”

Quello di James è un pretesto per allontanarsi e Jason non perde l’occasione per seguirlo.

“Vengo con te. Sicuramente non hai spiccioli e avrai difficoltà a farti dare il resto!”


La bancarella dello zucchero filato è a destra, fuori dal tendone. I bambini fanno la fila e osservano completamene incantati l’uomo che ruota la mano dentro il pentolone e ne tira il bastoncino con attaccata una sorta di nuvola bianca soffice come cotone.

Il dolore si è riacutizzato e James non ce la fa davvero più a stare in piedi.

“Ci sediamo qualche minuto lì in fondo al prato, senza far niente e godendoci solo questo momento di normalità?”

È sofferente ma determinato a farcela e Jason lo segue senza dire niente ma soffermandosi a guardare i bambini che giocano a rincorrersi.

“Sei triste e smunto come un Pierrot!”

Nonostante dal suo ritorno abbia cercato di essere quello di sempre non può mascherare quell’allegria di facciata, bilanciata da una malinconia strisciante, a Jason che conosce i suoi punti deboli e quelli forti.

“Non sono arrabbiato anche se ho il cuore un po’ incupito, ho capito che piangersi addosso è inutile. Ci sono delle micro metastasi, dovranno rimuovere i linfonodi retroperitoneali.”

È un’altra doccia fredda ma per il gemello che ha conosciuto i suoi segreti, le sue intolleranze, le sue prime cotte ancor prima che lui se ne rendesse conto non è una sorpresa.

Vorrebbe dirgli qualcosa di incoraggiante ma James lo anticipa con uno sfogo di cui ha assolutamente bisogno.

“L’umiliazione del giorno dell’operazione me la ricordo ancora, Jason, come il bruciore di una strisciata di medusa. Dovrò, di nuovo, spogliarmi al freddo, senza pantofole e senza pigiama, con un’illuminazione da stadio e una confusione in proporzione?!”

Ha gli occhi lucidi e suo fratello gli da una pacca sulla spalla e gli accarezza la schiena.

Restano in silenzio. Non è un silenzio imbarazzato ma piuttosto uno di quelli che ti fanno sentire rilassato e protetto allo stesso tempo.

“Una volta te ne sei uscito fuori con un: da grande vado via anch’io, con il circo ! Ti ho guardato con gli occhi sbarrati perché temevo lo avresti fatto per davvero.”

James sorride e si sente rassicurato, come sempre, dalla presenza eterna della loro infanzia serena.

“Abbiamo lasciato un discorso in sospeso prima che io partissi per Tokyo…”


Jason è a disagio per quella promessa infranta, per un altro dispiacere che dovrà dare a suo fratello e non ha messo in conto che anche lui sa leggergli nell’anima.

“Così tu non hai preso il tuo bel trenta e io non sono guarito. Non ancora! Siamo soltanto stati rimandati!”

Come sempre non ingigantisce i problemi e non li tratta con superficialità: semplicemente affronta ogni cosa con leggerezza e serenità.

“Sai quand’è il momento degli acrobati?! Rimango sempre con il fiato sospeso e con l’angoscia che possano cadere nel vuoto sebbene ci siano le reti. Per loro quel salto non riuscito, quell’azione mancata, è un fallimento!”

“Tu non sei un fallimento Jason! Il punto non è il risultato: quello è irrilevante. Non demoralizzarti, gli errori, gli insuccessi capitano. È come in quell’acrobazia in cui in un attimo devono convergere mille forze…”

Anche James adesso osserva affascinato e triste i bambini furbi e spavaldi che rendono viva la collinetta adiacente e le bambine di un’intelligenza e di una fierezza che le rende indomabili.

“Coraggio passerà! Anche tu avrai dei bambini, avrai una famiglia e una vita normale e questo sarà soltanto un brutto ricordo da rinchiudere in un cassetto e da non riaprire mai più. Il percorso potrà essere ancora più o meno lungo ma posso dirti una cosa: tu guarirai!”

Sono le prime parole che Jason riesce a dire senza più considerare l’argomento tabù e rasserenano James: si fida di lui.

I due fratelli sono poco inclini all’humor dopo quella bordata di emozioni ma tendono a sdrammatizzare per ritrovare leggerezza, complicità e fiducia indispensabili per allontanare i problemi.

“Allora andiamo a prendere lo zucchero filato prima che quei mocciosi ci lascino a secco?”

James tira fuori dalle tasche dei biglietti sgualciti e inizia a contarli mentre lo studente di economia alza gli occhi al cielo.

“Sei un caso unico al mondo! Perché non usi un portafogli invece di arrotolare le banconote nelle tasche come se fossero cartastraccia?”

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Capitolo 13
*** Gita al mare ***


L’estate non ha avuto un buon esordio e dopo i turbamenti delle ultime settimane i due fratelli superano le loro ritrosie e si allontanano malvolentieri da casa per rispettare una sorta di tradizione che dura da anni.

Sandy ha affittato una casa al mare e li ha invitati tutti per un weekend lungo: tre giorni di sano divertimento in una specie di festa dell’amicizia.

“Andare al mare è bello, farlo con gli amici è meglio!”

È da sempre lo slogan di James e Jason si convince che il sole e il mare limpido come vetro possano rinnovare la sua forza.

Partono il venerdì mattina. Jason ha buttato in uno zaino due teli da mare, un settimanale di sudoku trovato in casa con una biro e le carte da scala quaranta. Si è vestito già con il costume sotto i pantaloncini, una t-shirt bianca e ai piedi le ciabatte con lo strappo.

“Non abbiamo la crema solare! Poco importa tanto Sandy ne avrà di diversi tipi!”

James non può trattenere un riso allegro e irrefrenabile perché quando suo fratello sale in macchina si accorge di non riuscire a guidare con le ciabatte e deve cedere il posto a lui che indossa le scarpe da ginnastica.

Grato per quella parvenza di normalità che fa bene ad entrambi, durante il viaggio Jason non smette un attimo di parlare.

“L’altro giorno vicino casa ho trovato della menta profumatissima. Una di queste sere ti cucinerò un pollo con i funghi da impazzire oppure ti farò dei bocconcini con salsa tandoori all’uso indiano!”

“Dovrò trovare una buona scusa per rifiutare!”

In realtà con quei piatti lo ha già preso per la gola ma la tentazione di provocare e di stuzzicare suo fratello è più forte . Dà una controllata agli specchietti e, per protesta, si prende un rimprovero per la sua guida decisamente sportiva e un po’ spericolata.

“Tranquillo Jay, ti condurrò sano e salvo dai nostri sirenetti!”


La spiaggia è mediamente affollata e si riesce a camminare senza rischiare di inciampare sulla testa di qualcuno.

Sandy, Clifford e Bruce, abbronzati e con i capelli al vento, cercano di accogliere i gemelli con tutto il calore e la naturalezza possibili.

“Ehilà! Birretta?”

Sandy li riceve con la solita battuta. Ha da poco compiuto i ventidue anni e non ne dimostra uno di più anche perché è bassino di statura; non è il ragazzo più bello sulla spiaggia ma è dolce e spontaneo e ha uno sguardo vivace e penetrante.

Clifford ha dato dei rapidi suggerimenti agli altri due sugli atteggiamenti e le frasi da evitare con James e, alla fine, hanno convenuto che la cosa migliore sia fingere che vada tutto bene e comportarsi come se niente fosse cambiato.

“Una birra ci starebbe proprio bene con questo caldo!”

“Più tardi! Di prima mattina fa acidità e poi siamo a stomaco vuoto!”

Jason lo fulmina con lo sguardo e James alza gli occhi al cielo per nulla intenzionato a passare i prossimi giorni sotto controllo e a subire ramanzine.

“E poi non vorrai passare le prossime ore in continui viaggi di disimpegno al wc?!”

Bruce è fantastico: sempre allegro, amante sfrenato degli scherzi e della buona compagnia fin da bambino. Stare con lui è uno spasso; vien da sé che è il loro giullare inconsapevole.

Adesso, però, si morde le labbra avvedendosi di quella frase scollata a sproposito e cerca di rabberciare quei brutti versi. In realtà non c’è niente di offensivo nella sua battuta perché non è rivolta a nessuno in particolare ma lui ha l’impressione di aver fatto una gaffe.

James però mantiene un’invidiabile nonchalance e inizia a prendere in giro Clifford che si è presentato vestito con camicia hawaiana, bandana in testa e bermuda multicolore.

“Sembri un venditore di cocco!”

“Se è per il suo indubbio cattivo gusto so che si veste sempre in giacca e cravatta per venire in facoltà!”

Gli dà man forte Sandy.

“Non si sa mai chi potrei finire per incontrare!”

Risponde pacato Cliff, con voce calma e sicura. Con un sorriso un po’ inebetito maschera il suo imbarazzo e, in fondo, anche il suo sollievo.

“Magari quella bella ragazza lì in fondo, che di spalle, guarda il mare con nient’altro addosso che un tanga!”

Yuma rimane incantato da quella bellezza sconosciuta e, diventato rosso come un peperone, si agita e picchia l’aria con le mani.

È un gran imbranato con le ragazze ma, da quando James ha cominciato a dargli consigli , è riuscito ad avvicinarle, ad entrare nell’universo femminile e capire perché a volte sia affascinante e altre difficile da gestire.

“Oggi dobbiamo pensare solo a divertirci, a prendere il sole sulla spiaggia e a nuotare!”


Quando il sole smette di scottare l’acqua si trasforma in un gigantesco luna park tutto per loro. Si sono portati dietro tutto ciò che occorre per divertirsi e giocano una partita con i racchettoni a beach tennis finché, tra tuffi e risate, Bruce non si esibisce in un improbabile balletto sexy tra le onde.

James prova un certo disagio e preferisce restare a riva, seduto con le gambe ammollo, sorseggiando una limonata e cercando di schivare gli schizzi degli altri. La spensieratezza degli anni scorsi non c’è più; c’è la sua presenza fisica ma non c’è quella mentale: seppur si sforzi di non pensarci e cerca di svagarsi il suo pensiero torna sempre lì.

Nemmeno Jason riesce più a concentrarsi molto sul gioco, adesso che sono passati ad una sfida a pallanuoto, perché il suo sguardo corre sempre verso il punto in cui suo fratello si è messo a costruire un castello di sabbia.

“Che fai sogni ad occhi aperti?”

Il richiamo di Clifford non serve ad evitargli di ricevere una dolorosissima pallonata sul naso. È costretto a tornare sotto l’ombrellone e tamponare il sangue con delle salviettine di fortuna.

“Come stai?” Chiede al gemello che si è avvicinato per sincerarsi che non ci siano fratture e che, prontamente, gli pizzica la radice del naso e gli appoggia l’altra mano sulla nuca.

“Per la millesima volta oggi ti dico che sto bene. Tu piuttosto come ti senti?”

Allunga la mano per aiutarlo a ritrovare l’equilibrio.

“Sono solo un po’ indolenzito. Mettiti all’ombra, non prendere troppo sole!”

Allo sbuffo di risposta per il suo eccessivo spirito di protezione capisce di non dover interferire troppo e che suo fratello non ha bisogno di nessuna campana di vetro anzi si ripromette di interagire con lui senza essere più troppo invadente.


Niente pensieri pesanti. I ragazzi capiscono che James è parecchio giù anche se non lo da a vedere e così cercano di distrarlo: tirano in ballo ogni discorso , parlando dei loro sogni, dei loro progetti futuri e della prossima moto che Sandy vuole comprarsi: niente enduro stradali di grossa cilindrata ma una custom con la sella bassa, giusta per un pilota diversamente alto e ha l’umiltà di chiedere consiglio agli amici.

“Altezza mezza bellezza!”

Lo prende di mira Bruce sfoderando un proverbio a favore di persone di notevole statura, che fanno già una buona impressione trasmettendo autorevolezza a prescindere dalla loro effettiva bellezza.

Sandy, però, è abile a ribaltarne il significato a proprio favore.

“ L’invidia è una brutta bestia e poi, con il tempo, si finisce per accettarsi per quello che si è. Io comunque acquisto con il cervello anziché con il cuore.”

“Uhm giacca, cravatta e moto però fanno un po’ a cazzotti!”

Lo sfotte Clifford e scoppiano tutti a ridere.

“Dovrò comprare casco e guanti perché il primo giro lo farai fare a me, vero?”

James sbatte le ciglia e sfodera un sorriso splendente e ruffiano come fa sempre per ottenere tutto ciò che vuole.

“Certo! Ma sappi che ogni danno è a carico tuo!”

“ E anche ogni trauma. Rischio inchiodate brusche, buche e dossi come avviene regolarmente in città. Insomma là sotto balla tutto !”

Ancora una volta la lingua è più veloce del pensiero e Jason travisa intenzionalmente e ad arte le parole equivoche di Bruce ed è un bene.

“ Lo vedi Fast James ?! Lo sanno tutti che alla guida sei un pericolo pubblico!”

Non ha permesso che sia l’imbarazzo a dettar legge viziando i loro momenti camerateschi e James gliene è grato: gli risponde con una linguaccia ma poi gli fa l’occhiolino guardando con divertimento esasperato e tenero e con profondo affetto i momenti di inettitudine e di goffaggine degli amici.

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Capitolo 14
*** Sotto il sole ***


Quando, la mattina dell’ultimo giorno di vacanza, James apre gli occhi appiccicosi e assonnati si sveglia finalmente sereno: dopo aver resistito il più possibile, fino a notte fonda ,a parlare con Clifford di tutte le stupidaggini che gli venivano in mente ; è sprofondato in un sonno beato nonostante il caldo soffocante.

Per buona parte della notte hanno cercato di difendersi dall’attacco delle zanzare che si sono infiltrate dal balcone, lasciato spalancato per far passare un filo di vento. La luce filtra a lame dalle persiane, l’aria è umida e appiccicosa : un misto di sale e di fresco.

Respira lentamente e con regolarità come un uccellino in un nido sicuro: sorride perché, per dormire con Lucifero, Bruce si è sdraiato direttamente sul pavimento di piastrelle come un cucciolo.

“Quanto sarebbe bella una casa di quelle che apri la porta e sei direttamente sulla spiaggia!”

Cliff, corpulento com’è, fa gemere il materasso sotto il suo peso e gli da il buongiorno con la sua alacre fantasia e con quell’idea improponibile accolta da una risata genuina.

“Un abuso edilizio?”

Si intromette Jason con voce lamentevole e acuta, con la faccia sepolta nel cuscino di piume.

Bastano due battute perché le distanze e i tempi si annullino e si ritrovino quelli di sempre: complici a cui basta poco per star bene insieme.

Piano piano, con le gole secche e i capelli appiccicati alla fronte, alzando le braccia a stropicciarsi gli occhi, tutti si mettono in moto.

Oggi è l’ultimo giorno di mare e ne vogliono approfittare a piene mani.


Riempiono le loro borse da spiaggia all’inverosimile e si concedono una sosta al forno del villaggio per acquistare pizza e pane caldi.

Nei loro occhi stanchi e arrossati, nel sapore dolce ed esotico delle creme solari ormai quasi finite si legge il senso del ritorno, la malinconia di un arrivederci.

La pelle di Clifford è diventata così scura che molti lo scambiano per uno straniero mentre quella di Sandy è così delicata da costringerlo ad applicare una crema ad alta protezione.

“Attento! La cinquanta compie il processo inverso e ti fa diventare albino!”

È un amicizia goliardica la loro e quello è uno sfottò fatto con leggerezza, tipico di James .

Si mettono a chiacchierare seguendo il sole come papaveri, spostando le sedie a sdraio e gli asciugamani per avere un’abbronzatura uniforme e non da muratore.

Alla fine si sdraiano tutti a pancia in giù e presto James, Clifford e Bruce si appisolano.

Jason viene divorato dalle paranoie che gli impediscono di abbandonarsi completamente al relax: da sempre teme quei ragazzini che gli passano affianco, di corsa, coprendolo di sabbia senza che lui possa ammonirli con sguardi furiosi o con uno sgambetto dispettoso.

C’è troppo sole e troppa luce e, prima che gli venga un mal di testa da impazzire, scivola via piano cercando di sfilare delicatamente la mano intorpidita dal peso della testa di James.

“Andiamo a fare un bagno?”

Propone Sandy, l’unico a tenere alta la guardia insieme a lui temendo che arrivi l’ amicone a fargli lo scherzone : la scorsa estate si è svegliato decorato con la crema solare con disegni artisticamente osceni su tutta la schiena quando Cliff e Bruce lo hanno ridestato con un secchio di acqua gelida.


Il mare è quasi piatto e l’acqua è fresca: si tuffano dopo cinque passi. Vanno al largo e per un po’ galleggiano come i cani.

“Facciamo una gara a stile libero?”

Jason raggiunge a nuoto la riva infuocata e torna con uno dei suoi sandali di gomma; lo tira più lontano che può: quello sarà il traguardo.

Dopo due bracciate ha già superato Sandy di due lunghezze, si rilassa, rallenta e si fa addirittura superare tanto che riesce a vincere solo per un pelo, in uno sprint finale in cui accelera dando fondo ai polmoni.

“Credevi di essere la lepre contro la tartaruga? Ti avevo quasi battuto! Anzi, visto che sono più basso e piccolo di te, facciamo che siamo arrivati pari!”

Sandy si ferma dove si tocca e va un secondo sott’acqua con la testa.

“Questa supposizione su che basi scientifiche si appoggia?”

Jason parla e rischia di bere l’acqua salata. Sono a corto di fiato, troppo stanchi e timorosi di fare brutte figure, perché gli conceda la rivincita.

Tornano a riva e degli altri tre non c’è traccia.


Per buona parte della giornata James è rimasto bocconi sull’asciugamano, a quattro metri dall’acqua, guardandosi intorno mentre il sole sfumava di rosa il verde del mare.

Ha osservato una coppia di fidanzati giocare con le racchette di legno, i piedi abbronzati e le dita arricciate nelle infradito, e la mancanza di Lydia gli ha tolto il respiro.

In questi due giorni ha preferito spesso restarsene per conto suo, raggiungendo raramente gli altri: ha ascoltato la musica nascondendosi dietro le cuffie grosse che ha comprato da un venditore ambulante, quelle che isolano e tengono bene il suono.

Le hanno escogitate tutte per riportarlo alla sua antica vitalità e James si assoggetta di buon grado all’ultimo escamotage: fare programmi adesso non lo interessa, l’importante è non restare più da solo.

Affittano un pedalò e Bruce e Clifford remano scoordinatamente facendo il triplo della fatica che farebbe un professionista. La vista è eccezionale: le scogliere, le spiagge sembrano angoli di paradiso e quella tranquilla escursione sul mare , tutta quella bellezza naturale provocano a James una fitta di tristezza al cuore.

“Grazie per avermi permesso di prendermi una pausa. Avevo davvero bisogno di fuggire da tutto almeno per un paio di giorni anche se, all’inizio, temevo mi avreste accolto con occhiate stupite e curiose!”

Non è facile scrollarsi di dosso lo stigma della malattia e anche gli amici devono fare uno sforzo per vincere il primo imbarazzo, adeguandosi alla mutata condizione ed evitando atteggiamenti che possano ferire James.

“Non volevamo fare più danno che altro. Ho detto loro che avrebbero passato dei guai se si fossero avvicinati a te con frasi banali come poverino, devi stare proprio male ! E di fare attenzione a complimenti forzati come Stai benissimo. Non sembra che tu sia malato !”

“Sai Cliff dovresti iscriverti a psicologia!”

Lo stuzzica Jamie, distendendo le labbra in un sorriso che non arriva ad illuminargli gli occhi tristi.

“Anche se le dichiarazioni per il tuo coraggio servono a poco io però vorrei dirti che ti ammiro per come stai affrontando tutto!”

“Grazie Bruce ma preferirei la salute all’eroismo!”

Non è da loro affrontare discorsi così seri e Bruce cerca un appiglio per mitigare un po’ quella cappa severa, magari anche con una smorfia o un sorriso da babbeo per riportare tutti sulla giusta rotta dell’ottimismo.

“Che sfiga però! Deve essere stata dolorosissima la ceretta sotto la cintura!”

Con la sua solita aria tragicomica alla Harper sfata ogni tabù. Adesso James sa che sfogarsi e ascoltare può rinsaldare le amicizie.

Essere veri amici significa talora non parlare, accompagnare in silenzio. È la disponibilità a stargli vicino e a non fuggire per la paura di confrontarsi con lui.

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Capitolo 15
*** Racconti di fine estate ***


Quando il sole inizia a tramontare la gente si ritira dalla spiaggia: si sciacquano i secchielli, si rincorrono i bambini testardi che scappano di nuovo in acqua, si riempiono i portabagagli e i sedili posteriori delle auto parcheggiate male sui marciapiedi.

In realtà è quello il momento migliore per restare.

Jason e Sandy sono a riva, con le gambe nell’acqua, a godersi il fresco del mare e il caldo del sole. Sotto un ombrellone ,poco distante da loro, due sorelline, sedute sulla stessa sdraio, sgranocchiano le patatine dallo stesso sacchetto andando a ritmo: prima ne pesca una la più grande poi una la minore , in un’armonia perfetta che a Jason ricorda lui e James quando mangiano insieme , ma le patatine sono dispari e le bambine finiscono per litigarsi l’ultima.

“Scommetto che tu e James non avete mai litigato per simili idiozie! Ho sempre invidiato il legame permanente, profondo e affascinante che unisce le vostre vite!”

Osserva Sandy con voce tranquilla, indovinandone i pensieri.

“È vero: anche se avere un gemello non è sempre semplice , stiamo bene solo se siamo vicini e ci conosciamo così tanto che bastano un paio di gesti e alcune parole abbozzate per capirci al volo! A James, in questi giorni, sarebbe bastato anche un semplice ciao ma sono certissimo che abbia apprezzato molto i vostri tentativi di distrarlo, anche quelli più maldestri!”

Sandy sorride compiaciuto, cercando di nascondere se non la delusione l’imbarazzo di una realtà che tutti loro vorrebbero diversa.

“Guarda una nave di pirati!”

Al richiamo sconnesso, Jason si porta una mano davanti agli occhi per ripararli dai raggi crepuscolari e aguzza la vista: all’orizzonte non c’è nessuna nave che issi una Jolly Roger.

“Ah li vedo i pirati e come sono brutti! Il capitano è quello sfaticato di Bruce!”

James salta giù mentre il loro pedalò dondola ancora sulle piccole onde e si butta panciolle sul suo telo da mare rosso.

“Ehilà! Avete fatto un bagno così lungo che temevo vi spuntassero le branchie e le pinne!”

È il solito ragazzo allegro e divertente, anzi sembra aver acquistato ancor più sicurezza. Non può ignorare le occhiate preoccupate che gli lancia suo fratello e, alla fine, si arrende.

“Confesso di essermi divertito davvero molto ma mi sembra di essere stato insieme a voi per sei mesi filati! Adesso ho bisogno di un po’ di riposo: magari sul divano a sfidarvi ai videogames!”


Il programma è di lavarsi dal sale e di concludere la mini-vacanza mangiando gli spaghetti con i ricci di mare.

Clifford e Sandy sono ai nastri di partenza di una nuova stagione fantacalcistica e approfittano di quell’ora di buco per analizzare possibili sorprese, potenziali top player e affari low cost.

Bruce, ancora in costume da bagno, si improvvisa commis di cucina e dà una mano a Jason che va molto fiero dei suoi piatti e ci tiene a dare personalmente il suo tocco finale.

James si intrattiene a riporre nella borsa gli scontrini degli ultimi gelati, le conchiglie e i sassi levigati che andranno ad incrementare i souvenir nella scatola da scarpe in cui conserva tutti i ricordi delle vacanze.

Una lagna di Bruce , per la sua pelle di un rosso aragosta, gli giunge come un suono indistinto che arriva da lontano.

“Il sole bacia i belli. Ti ha visto e ti ha preso di mira!”

La voce scanzonata di Jason.

“Si però ha un po’ esagerato!”

“Cosa ci troverà mia cugina in un insulso gamberetto come te?!”

La complicità della devastante ex coppia dell’Hirado. Il suono del mare, l’illusione più bella, è sostituito dal ritmo del coltello che batte sul tagliere. Come un mantra il rumore comincia a farsi spazio dentro di lui fino ad espandersi per tutta la vastità del suo pensiero: guarda gli amici ridere in disparte e, per un momento, si sente estraneo a quella leggerezza, perfino a sé stesso.

Cercando di riprendere il controllo James entra con disinvoltura in cucina.


“Ehi Cliff non ti sembra di respirare l’atmosfera della nostra casa degli studenti ?”

“Vuoi dire quell’appartamento così grazioso ridotto ad una topaia da coinquilini caotici, disordinati e allergici ai fornelli?”

Lo corregge Jason con una punta di stizza e di rivincita personale.

“Diamo a Cesare quel che è di Cesare: è merito di Jason se io e te siamo gli unici fuorisede che non devono accontentarsi di pasta e tonno!”

Cliff cerca di rabbonire l’amico con la sua abilità diplomatica.

“Piuttosto è merito mio se non fate la fame!”

In quel momento un bip di notifica del cellulare lo distrae, si ferma un attimo e lo cerca nella tasca del grembiule: fissa lo schermo come uno stupido innamorato , accarezzandolo con le dita.

Per occupare quelle ore snervanti e monotone, Sumire ha portato le ragazze a trascorrere un pomeriggio alternativo in un negozio di oggetti di seconda mano. Come testimonia la foto inviata da Zahra, non si sono prese troppo sul serio con i loro abbinamenti eccentrici.

“Aspetta, ti faccio vedere la tua Lydia!”

James cerca di portargli via il telefono e si incanta davanti a quell’espressione, falsamente imbronciata, tipica delle top model.

“Insieme a quelle due fashioniste la mamma sembra una teenager!”

Il gemello rubacuori e un po’ mammone lascia trasparire tutta l’ammirazione e il bene che prova per Sumire.

“Ah l’amore ai tempi dell’università! Romanticismo, petali di rosa e cuoricini ovunque… È così vivere con questi prototipi di Valentino, eh Cliff?”

Ridacchia Bruce, accentuando situazioni un po’ troppo sdolcinate. Clifford si frega le mani, gongolando per il suo ruolo di bocca della verità: lui è l’amico dei selfie ignoranti , quello che infischiandosene manda video talmente stupidi che quasi se ne vergognano i destinatari , è quello che li ha visti nelle condizioni peggiori.

È lui che, quando James ha chiuso una relazione turbolenta, è arrivato in piena notte con il gelato, un paio di bottiglie di vino e hanno dato fondo a qualsiasi tipo di dolce esistente in casa finché, all’alba, si sono ritrovati seduti sul pavimento a ridere di non si sa esattamente cosa.

“Non fatevi ingannare dal viso d’angioletto di questi due latin lover! Quando sono insieme possono essere il giorno e la notte, il diavolo e l’acqua santa. Jason è un secchione standard, quello che vuole sempre approfondire su qualsiasi argomento. James, invece, a lezione stempera la tensione lanciando palline di carta: è attivamente impegnato nell’organizzazione di aperitivi e festeggiamenti post-esame!”

Una specie di fastidio si insinua sotto la pelle di James; gli manca la sua vita di prima, la vita di un semplice studente: i posti sempre occupati, le macchinette del caffè che non funzionano e l’ansia degli esami sempre dietro l’angolo…


No, no mangiate pure io mi farò una limonata !”

È Jason a fargli il verso con la frase che si sono sentiti ripetere più spesso quando non ha lezione e trascorre il giorno a riprendersi dalla notte precedente.

Ormai lui e Cliff non si stupiscono più se a casa loro ci sono spesso feste e se lo sentono rientrare nel bel mezzo della notte facendo cadere oggetti e tant’altro.

James deve darsi una piccola sferzata con l’elastico che tiene largo intorno al polso perché il presente non gli faccia tornare il malumore: un trucco per non pensare che gli ha insegnato Jason quando ha tentato di smettere di fumare.

Ridono tutti come pazzi al racconto di alcuni divertenti aneddoti sulla permanenza al campus: la tabella di marcia delle pulizie settimanali non rispettata, la casa in preda al caos e la vendetta brutale di Jason che aveva usato le lenzuola dei letti dei coinquilini come stracci per spolverare.

James che, in piena sessione d’esami, teneva la televisione sempre accesa sull’ultimo film d’azione in uscita, ovviamente in dolby surround. All’alba di domenica qualcuno aveva pensato bene di passre l’aspirapolvere davanti alla sua camera cantando a squarciagola : I want to break free !

“Caro fratellino fancazzista la vita universitaria non è tutta feste, telefilm e pizze d’asporto. È diventare grandi: sei tu responsabile di te stesso!”

“La vita universitaria è ben diversa da quella di un topo di biblioteca!”

Il divergente scambio di opinione tra i gemelli è interrotto da una suoneria impostata che li fa sussultare. Mentre armeggia con il cellulare, l’ilarità scompare dal viso di James: lo stomaco si strozza in uno spasmo e quando si allontana per rispondere è come in sospeso.


Le parole diventano sussurri e l’attesa consuma anche Jason; tamburella nervosamente con le dita e, a questo punto, non sa nemmeno lui cosa augurarsi. Un sesto senso, un istinto inspiegabile come quella volta che ha avvertito una fitta al dente quando l’altro era dal dentista a farsi trapanare un molare, gli anticipa che sarà un risveglio amaro.

Quando Jamie chiude la telefonata è bianco come un lenzuolo messo in candeggina, Jason lo guarda spaesato: vorrebbe abbracciarlo, confortarlo ma è trafitto dalla sua espressione fredda e tagliente quindi si trattiene.

I pensieri che gravitano intorno alla testa di James sono satelliti fuori orbita, pesanti e lenti, proprio come le parole che gli escono di bocca.

“Hanno chiamato da Tokyo!”

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Capitolo 16
*** Mamma & papà ***


Sumire gli toglie la tazzina del caffè di mezzanotte cercando di non svegliarlo ma, accidentalmente, gli urta il gomito e Jason solleva la testa di soprassalto. Apre gli occhi e ci mette qualche secondo a capire dove si trovi: ieri pomeriggio si è messo sui libri molto presto senza riuscire a concentrarsi , non facendo altro che sospirare e pensare a cosa sarebbe successo adesso…Ma doveva studiare per mettersi in pari con il programma e, dopo cena, si è risieduto alla scrivania.

Nonostante la dose extra di caffeina deve essersi addormentato, senza accorgersene ,tra penne, matite ed evidenziatori.

“Stavo solo riposando gli occhi!”

Si giustifica con un borbottio: in realtà non ha nessuna voglia di iniziare questa giornata e ha la sensazione di non aver dormito affatto.

“Oh certo!”

Sua madre lo guarda poco convinta, accarezzandogli il volto e ravvivandogli i capelli. È premurosa e comprensiva come sempre e ha un sorriso radioso, che solo in un angolo fa intuire un residuo di angoscia trattenuta, e in automatico fa sorridere anche lui.

“Non devi cercare di essere sempre perfetto, perché ti do una buona notizia: nessuno lo è!”

È sempre molto attenta, loro due si sono sempre capiti su tutto e, quando Sumire si siede e lo guarda alzando un sopracciglio invitando tacitamente la sua confidenza senza filtri, per Jason è impossibile fare il difficile e non dirle apertamente quello che ha dentro.

“Ho tanti pensieri negativi in testa e non riesco a controllarli! Paradossalmente ho più paura di prima: paura di illudermi, paura che l’operazione su cui abbiano riposto tanta fiducia non sia efficace, paura che possa soffrire ancora e io non possa fare niente per lui.”

Il viso di Sumire si rattrappisce, come se stesse succhiando da una cannuccia, perché le paure di Jason sono quelle di tutta la famiglia.

“Come ci riesci tu, mamma, a mantenere la calma in ogni situazione? A non dover sfogare la rabbia o reprimerla?”

Quella leonessa dormiente fa un ballo con le inquietudini che le si rompono dentro , in mille pezzi, come quando giri un caleidoscopio. I suoi figli sono, in automatico, dietro ad ogni sua domanda e ad ogni sua risposta.

“Con il passare del tempo scopri che riesci a vivere con il terremoto. Sai cosa faccio quando vado a nuotare alla piscina comunale? Immagino di essere in un videogioco e di dover catturare tutti i pensieri positivi disseminati tra i galleggianti che dividono le corsie!”

Gli parla con un linguaggio semplice e universale, quello del cuore, con un sottinteso sono qui io, non ti preoccupare ! E il respiro di Jason smette di tremare.

“Jamie non ha bisogno di scene topiche o di momenti intensi di amore dichiarato ogni cinque minuti. Ha bisogno di normalità, ha bisogno che tu sia quello di sempre! Sei un buon esempio per chi ti sta intorno, soprattutto per tuo fratello…”

La spontaneità e la sincerità di quelle parole lo avvolgono con dolcezza, come una carezza cucita su misura per lui.

La mamma gli sfila il libro da sotto il naso, in un gesto assodato nei numerosi pomeriggi di studio insieme: ore che scorrevano veloci in un continuo confronto, in una critica costruttiva di questo o di quello.

“Sono abbastanza arrugginita in matematica ma, se ti va, possiamo provare a ripetere insieme!”


Quando, questa mattina, è arrivata la telefonata di una signora che aveva bisogno di un intervento per riparare un lavandino e ha osservato Jimon indossare la sua tuta blu, a James è scappato da ridere.

Quanto era ingenuo da bambino! E come galoppava la sua fantasia nel fondere l’immagine di suo padre con quella di un omino in pixel dai baffi neri e dal naso a patata!

Forse, quando usciva di casa, anche papà saltellava e brandiva un martello per andare a liberare principesse in pericolo?

Si è risvegliato, con una punta di nostalgia, da quei ricordi di infanzia arrivati con facilità.

“Ehi Super Mario posso essere il tuo apprendista per oggi?”

Venti minuti dopo Jimon si trova innanzi alla distinta padrona di casa con una valigetta degli attrezzi nuova e con il suo ragazzo che viene squadrato da capo a piedi.

Si mette subito all’opera allineando sul pavimento gli strumenti che dovrà usare ed esaminando il sifone rotto e incrostato dal calcare. James gli sta dietro come un’ombra: gli passa il seghetto ma dimentica la canapa e la signora gli sorride con indulgenza.

“Questo ragazzo non ha molta esperienza, vero?”

“No, però ci mette molta passione!”

Le parole di suo padre e i suoi occhi che si illuminano quando lo racconta ad altri, riempiono di amor proprio James. Compiaciuto da quel riconoscimento, se ne resta di guardia dietro le spalle di Jimon e, abituato a chiacchierare a vanvera su qualsiasi argomento, inizia a commentare le notizie del telegiornale della sera prima.

A lavoro ultimato è bello vedere il lavandino riempirsi fino all’orlo e, tolto il tappo, l’acqua non scivolare dentro il tubo ma praticamente volarci dentro!


È stato un lavoro semplice ma eseguito in maniera impeccabile e James è orgoglioso del suo papà. Cammina verso casa con il mento alto e il naso all’insù, con Jimon che quasi lo tallona come una guardia del corpo, quando tira fuori una delle sue battute spiritose.

“Lo sai qual è il colmo per un idraulico? Non capirci un tubo!”

Si nasconde dietro ad un sorriso ma sotto quella corazza di sicurezza si nasconde un ragazzo dolce e fragile.

“E tu ti senti capito da noi?”

La domanda, che ne racchiude in sé altre mille, apparentemente semplice spiazza Jamie: gli tremano le gambe, le mani e forse un po’ anche l’anima.

Riflette qualche minuto prima di rispondere e sposta lo sguardo su un muro di mattoni ricoperto da buganvillee, in realtà guardando il vuoto.

Suo padre è un buon ascoltatore: capace di sentire i suoi pensieri e di accogliere i suoi dubbi. È un amico, una guida e un buon consigliere.

Dalla tasca della sua tuta da lavoro spunta un guanto di protezione anti-taglio ed è proprio quel piccolo accessorio a dare il là allo sfogo di James.

“In questo momento vedo la mia vita come un guanto sporco! Per quanto me lo ripeta e mi ci prepari non mi sento mai davvero pronto per tornare in ospedale e affrontare quell’avversario capace di farmi abbassare la testa!”

“Sapevamo che questo sarebbe stato lo step successivo…”

Jimon cerca di incoraggiarlo e rassicurarlo ma suo figlio scuote la testa e sbotta indispettito.

“Sì, ma la verità è che ho una fifa pazzesca! E se questa linfoadenectomia non fosse un’alternativa valida alla chemio? E se la malattia dovesse ritornare?”

Tutti quei se , le ipotesi più catastrofiche, si piantano nello stomaco di Jimon come un macigno.

“Mi fa rabbia scoprirmi così fragile e sgomento difronte all’incertezza per l’esito di questa nuova battaglia da combattere! E poi ci siete voi che siete più spaventati di me e io non vorrei mai essere la causa della vostra tristezza!”

Ha ragione: è un’anima arrabbiata , ma anche bella, perché è James allo stato puro. Non si nasconde.

Jimon sente un nodo alla gola stringersi ,sempre più forte. Vorrebbe poter lasciar scorrere le lacrime ma suo figlio ha bisogno di equilibrio e positività.

“È ingiusto che la vita di abbia messo sulle spalle un fardello così pesante, Jamie. Ma io ti conosco e so che, anche se ti logora e ti stanca, non permetterai che sia lui a decidere i tuoi sorrisi, le tue gioie e i tuoi pensieri!”

“Dici che ce la farò ad uscirne?”

James è solo un ragazzo spaventato con le sue guance rosse e con quella domanda impregnata da una forte carica di speranza . È l’ottimismo di un giovane adulto che ha conservato quella del bambino con tutta la sua voglia di vivere.

Jimon vorrebbe tanto dirgli che andrà tutto bene ma non sa mentire ai suoi figli. Gli dà un bacio sul dorso della mano e gli accarezza la fronte, nello stesso ordine di quando era piccolo e toccava a lui addormentarlo la sera.

“Zoppicano le tue certezze ma non le tue gambe! Tutto il dolore, tutta la rabbia che provi in questo momento possono diventare combustibile!”

Si scambiano un mezzo sorriso, come complici di un gioco di dadi, illudendosi che tutto sia sotto controllo quando, invece, non lo è proprio.


Essersi sfogato con suo padre è stato un vero toccasana. James si sente compreso, alleggerito, e tutto gli sembra superabile.

Per non restare così tesi, portatori entrambi di intime emozioni, decide di ringraziare il genitore a modo suo.

“Anche se, dopo essere stati sotto un lavandino intasato, non richiamiamo di certo una fragranza Blu de Chanel …Ti va se ci fermiamo in pasticceria a comprare dei rakugan per mamma e per Jason?”

Quella gentilezza improvvisa ha un doppio fine: anzi due dorayaki extra tutti per lui!

Li ingoia avidamente, spalmandosi la marmellata su tutta la bocca, mentre Jimon beve il suo caffè, in uno dei tre tavolini rotondi dell’angolo che affacciano sulla strada azzurro- fumo di una mattino di Akita.

Questo, però, sarà il loro piccolo segreto!

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Capitolo 17
*** Ventotto ***


Il tempo passa in fretta quando è necessario asportare delle micro metastasi: più tempo restano attaccate al tuo corpo più danni possono fare.

Il tempo passa in fretta anche quando hai un esame da recuperare.

Jason è arrivato all’università con largo anticipo e, prima di raggiungere l’aula-magna, si concede una sosta alla caffetteria interna all’ateneo distraendosi nell’osservare gli altri studenti che circolano intorno a quel punto di ristoro. Affidandosi all’istinto e ad un buono spirito di osservazione gioca ad indovinare la facoltà che frequentano: quel tizio lì, tutto incravattato, con le scarpe lucide e una valigetta di pelle in mano è di sicuro un futuro principe del foro; e quei due pensatori con i loro occhiali enormi…Beh quelli fanno sicuramente filosofia! E vogliono cambiare il mondo.

Speriamo che ci riescano !

A interrompere Jason da quel decifrare futuri mestieri, proprio quando si è impelagato in un guazzabuglio di giapponese, inglese e spagnolo con alcune studentesse di lingue, è il bip del telefono.

In bocca al lupo. Oggi spacchi di sicuro !!!”

L’ sms di Zahra è scontato ma anche una bella miscela di ottimismo e di fiducia. Risponde veloce con due emoticon: mostra i muscoli in un sottinteso sono indistruttibile e lo smile romantico del cuore vicino alla bocca. È ora di riporre libro e quaderni nello zaino e di affrontare l’enorme scalinata in granito che sale fino al dipartimento di economia.


L’ambiente è molto luminoso, arredato con piante da interni e con un pavimento in parquet. Guardandosi intorno si rimane piacevolmente sorpresi ma oggi Jason avanza a passo spedito senza soffermarsi su nessun particolare. Nemmeno sulle due grandi bacheche affisse su un lato del muro e invase da cumuli stratificati di annunci diversi: gente che cerca e altra che affitta alloggio, ripetizioni private, vendita di libri usati…

Indugia un momento davanti alla porta dell’aula: il contrasto tra la vivacità dell’atmosfera per i corridoio e la calma inerte che regna lì dentro è piuttosto netto.

Sceglie un posto a caso, non troppo isolato ma nemmeno troppo vicino agli altri, e si siede. Recupera le dispense e, accertatosi che nessuno dei fogli spillati abbia fatto le orecchie , opta per un ultimo ripasso non prima però di aver fatto una panoramica di tutti i volti presenti.

L’aula inizia a riempirsi e qualcuno si siede anche vicino a lui…


“Tra le lacune della mia preparazione c’è anche questo argomento!”

Non lo ha notato subito finché il ragazzo, suo vicino di posto, non addita l’argomento su cui Jason è fermo da dieci minuti buoni e allora deve cercare una risposta fiduciosa per vincere le insicurezze dello sconosciuto e renderselo un po’ meno estraneo.

“Ho sentito dire che è rara come domanda!”

Ha fatto tutto quello che poteva perciò decide di smettere e di fare un po’ di conversazione per rilassarsi. Con il tipo non è il caso: è troppo teso e ha l’aria di avere ancora qualcosa da leggere; quindi tenta con le coppia di ragazze alla sua sinistra ma finisce per scambiarci soltanto due chiacchiere di circostanza. James sarebbe stato sicuramente più bravo di lui, affabile e spontaneo, avrebbe finito per trattarle da vecchie amiche. E avrebbe rimediato pure i loro numeri di telefono che sarebbero tornati utili, se non a lui, per lo meno per combinare un appuntamento a Clifford!

Jason valuta l’ipotesi e scuote la testa divertito e in quel momento arrivano il prof e i suoi assistenti.

Si comincia.


Esce tutto tronfio con il suo libretto adesso un po’ più pieno.

Zahra lo sta aspettando nel soffocante pomeriggio di fine luglio, trovando riparo dagli ardori del sole all’ombra di un vecchio salice. La sua sagoma in controluce è bloccata, quasi sull’attenti, ma il suo sorriso è sfacciato e bellissimo difronte allo stupore di Jason nel trovarla lì.

“Mi hanno tartassato di domande ma non mi sono fatto fregare: non mi sono limitato a ripetere le nozioni lette sul libro; gli ho fatto anche le spiegazioni sentite a lezione. Ho usato le sue stesse parole, i suoi stessi concetti. È andato tutto benissimo!”

Zahra scoppia a ridere, si lascia contagiare dal suo entusiasmo e gli salta al collo raggiante, forse più bella del solito. Jason non può che apprezzare quello slancio d’affetto, forse anche più di quei jeans attillati e di quella magliettina un po’ scollata.

“Stasera ristorante al sorriso ? Dobbiamo festeggiare!”

Lo stuzzica mentre lui, con il pollice, disegna il contorno di quelle labbra a cuore con l’arco di Cupido ben definito.

“Perché non festeggiamo da me?”

Prende l’iniziativa, protraendosi in avanti e baciando quelle labbra che ama.

Un bacio d’amore che pulsa come i loro cuori.

Il tremendo squillo del telefono interrompe il meraviglioso idillio. Jason si fruga nelle tasche e appena legge il nome sul display cambia espressione, levando gli occhi al cielo.

“Maledetto scocciatore!”

Bofonchia seccato mentre Zahra ridacchia e si allontana verso una delle panchine in pietra serena dove gli studenti trascorrono le pause tra una lezione e l’altra approfittandone per socializzare.

“Salutami quello scavezzacollo!”

Mormora al fidanzato prima di lasciargli un po’ di privacy.


“Allora secchione li hai stesi tutti questa volta?”

La voce trepidante di James giunge dall’altro capo del Giappone, squillante come sempre.

“È andata e tutto si è concluso con un bel ventotto!”

È orgoglioso di quel genio di suo fratello, della bravura e della determinazione che mette nelle cose che fa ma…Accidenti quanto è permaloso!

“E comunque prendere buoni voti non è una cosa da secchioni, non prendere sul serio lo studio potrebbe avere impatti negativi sul tuo futuro!”

James storce il naso immaginando che quella filippica sia rivolta a lui e, per fortuna, Jason non può vedere il suo sbadiglio annoiato.

“Io ho poca propensione per la matematica!”

Replica con la massima nonchalance. Le sue parole sono disinvolte ma il tono della voce non lascia spazio a dubbi: quella telefonata è un piacevole diversivo per distrarsi dal continuo Sali e scendi della giornata tra la sua camera (rigorosamente a due letti) e l’ambulatorio.

“Sei un gran rompiscatole, Jay! Stamattina mi hanno messo un ago nel braccio e mi hanno succhiato un numero imprecisato di provette di sangue, tra poco mi faranno stendere su un lettino e mi attaccheranno decine di elettrodi sul petto. Sinceramente, in questa giornata di merda, mi ci manca soltanto la tua ramanzina da supplente delle elementari!”

James è sorpreso e anche un po’ imbarazzato dal suo stesso sfogo, da quel tentativo di trovare sollievo ad una situazione difficile che sta cercando di affrontare con un ammirevole forza d’animo.

Dall’altro capo del telefono un lungo silenzio. James ha toccato un nervo scoperto e lo sa benissimo.

Lui è quello forte, quello che riesce sempre a mettere a posto le cose. Per Jason è strano che lasci trasparire i suoi limiti eppure capisce benissimo la sua tristezza, le sue recriminazioni ma questo non è suo fratello!

Tuttavia, a scuola di frecciatine, è una delle poche persone che riesce a non prendersela e a rispondere a tono al sarcasmo.

“Ti hanno scritturato per il remake di Dracula?”

Lo sfogo di tensione, il momento di crisi è passato e riprendono a sfottersi e punzecchiarsi come sempre, come due fratelli uniti.


“Allora spiritosone hai casa libera! Che programmi hai per stasera e, soprattutto, per stanotte?”

L’allusione non è neanche troppo velata e un improvviso rossore infiamma il viso di Jason nel momento meno opportuno. Ha la pessima idea di voltarsi a guardare Zahra: non sa dove e quando la ragazza abbia comprato quel ghiacciolo al limone con cui si sta rinfrescando. Quello con lo stecco di liquirizia di fronte al quale, di solito, si tira indietro, arricciando il naso di disgusto. Sa che quel bastoncino sarà riservato a lui.

Sentendosi osservata, lei abbozza un saluto con la mano.

“Sono un bravo ragazzo io!”

James è divertito da quella puntualizzazione e gode nello stuzzicarlo ancora.

“Oh tranquillo Zahra lo sa che non mordi mica!”

Adesso le guance di Jason brillano di un bel rosso acceso come la cresta dei galli, tuttavia quella risata contagiosa, da bimbo, fa sbollire tutta la sua rabbia.

Incredibile: suo fratello sta ridendo di lui e si sente felice!

È il momento di chiudere la conversazione ma prima vuole dirgli qualcosa che gli sta davvero a cuore.

“James…”

Il nome per intero, senza vezzeggiativi, prelude a un discorso più profondo e anche il chiamato in causa si ricompone tornando completamente serio.

“Io ce l’ho fatta. Adesso tocca a te!”

Deve strappargli quella promessa, anche se è ben consapevole che non dipenderà soltanto da James, ma non può restare fermo, non può far spegnere la speranza. Deve scacciare la possibilità che suo fratello faccia brutti scherzi.

“Ci proverò con tutto me stesso. Te lo prometto!”

La voce di Jamie è rotta dalla commozione ma c’è tutto il loro legame incrollabile e indistruttibile quando all’unisono pronunciano quel motto, diventato immancabilmente un portafortuna in casa Derrick prima di ogni partita dell’Hot Dog.

“E chi se ne frega del risultato, se darai il massimo avrai già vinto!”

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Capitolo 18
*** Sole di mezzanotte ***


Zahra è in piedi, nel giardino degli oleandri, accanto alla tavola già apparecchiata per la loro cenetta romantica. Jason ha preparata tutto ad hoc con il runner bianco ed elegante , un centrotavola con petali e candele galleggianti senza dimenticare gli zampironi per evitare che il loro tête-à-tête si trasformi in una danza contro gli insetti estivi.

Si avvicina al rustico braciere in pietra e, quando lancia a Jason un’occhiata di sfida, lui riconosce perfettamente le dispense che nasconde dietro la schiena.

“Sei sicura?”

Per l’ennesima volta mette in dubbio quel rituale che lo lascia perplesso ma la ragazza scrolla le spalle, certa del fatto suo.

“Fuoco alle braci e accendiamo un bel barbecue!”

Prende una sola pagina di appunti, la fa a brandelli e poi la getta nel fuoco: simbolicamente il fidanzato capisce di aver sconfitto i suoi demoni, di essersi liberato di quel mattone che lo ha fatto ammattire per mesi.

Lo stato d’animo sereno e rilassato si riflette anche nella camminata di Zahra, conferendo ai suoi passi un’elasticità che la fa saltellare come una bambina. Anche Jason si sente sorprendentemente leggero, con il cuore libero dalle ansie e dalle incertezze che lo hanno gravato per giorni: non resiste ed inizia a rincorrerla, cercando di acchiapparla mentre lei guizza da tutte le parti e lo schiva per un pelo.

Si ferma con il fiatone e con il viso acceso dalla corsa nel punto in cui il riverbero della sua figura, alla luce della luna piena, è affascinante e antico. Le sottili zaffate ( un po’ velenose) di quei fiori bianchi, semplici e grandi, non possono lasciarla indifferente.


Sono due oleandri, fratelli gemelli, provenienti dalla stessa pianta madre: da quel grande arbusto piantato circa quarant’anni prima da nonno Derrick in un giardino poco distante dal mare. Quando Sumire era fidanzata adorava il vialetto fuori casa di Jimon con quei petali di velluto e un profumo che la stordiva e, quando era rimasta incinta, suo suocero aveva deciso di moltiplicarli nel modo più semplice e casereccio: aveva tagliato una punta della grossezza di una matita e l’aveva lasciata in una bottiglia piena d’acqua per tre settimane, finché le radici erano diventate abbastanza lunghe e aveva potuto mettere la piantina nel terriccio umido.

Da quando sono nati Jason e James, quei due oleandri vivono rigogliosi e fioriferi uno accanto all’altro.

“Ti arrendi?”

Il profumo di mandorle amare è forte e seducente e arrivano refoli di vacanze passate ma Zahra nulla può, bloccata dal corpo di Jason, vittima di quelle dita che iniziano a scorrerle lungo le costole decise a farla morire di solletico.


La serata è fresca ma i ragazzi non rientrano in casa finché non iniziano a tremare e allora Zahra si muove nella cucina di casa Derrick, come se fosse sempre stata lì. E Jason rimane per qualche secondo incredibilmente inebetito a guardarla mentre Kin si precipita e lei gli riempie la ciotola d’acqua, usando una brocca che salta fuori da dietro la macchinetta del caffè.

“Perché mi guardi così?”

Jason fa spallucce e il suo sorriso si allarga un po’.

“Stavo pensando che ti ho conosciuta alla fermata dell’autobus e da allora sei stata il mio mondo!”

Zahra ripone le posate nel cassetto e i piatti ben ammonticchiati nella credenza.

“ Veramente ci siamo conosciuti in coda al supermercato. Io ero carica di borse e mi hai fatto passare avanti e poi mi hai pure accompagnata alla fermata dell’autobus!”

Rettifica.

“Era un giorno di pioggia e io non avevo l’ombrello allora mi hai accompagnata sotto il tuo. Avevo un aspetto terribile: ero bagnata, avevo i capelli in disordine…”

“Ma io ti ho chiesto ugualmente il tuo numero di telefono!”

“Eri molto timido ma mi sembravi un ragazzo simpatico e gentile!”

“ È un po’ strano vero?! Pensare che una persona che si è conosciuta da così giovani possa restare la più importante per tutta la vita! Quando la viviamo pensiamo che magari poi passerà, che è solo una cotta, che tra dieci o vent’anni ci guarderemo indietro e sorrideremo della nostra ingenuità…”

“Invece quella persona resta e continua ad essere il centro del nostro mondo!”

Insieme sentono di avere tutto.

“Tu sei il mio sole di mezzanotte, Zahra!”


Jason scalcia via le scarpe, si siede e afferra il telecomando. Anche Zahra scalza le ballerine e si mette comoda ma a distanza di sicurezza al lato opposto del divano alla turca. Arrossisce e lo manda fuori di testa.

“Metto un film?”

“Purché non sia un horror!”

Gli piace il suo essere ironica e tagliente, schietta, quanto l’arrossire un minuto dopo. È così vera e frizzante!

Jason striscia lentamente verso di lei e i loro gomiti che si toccano sono attraversati da scariche di piacere.

“Possiamo baciarci per tutta la notte. A meno che tu non voglia solo sesso come in Pretty Woman!”

“Lo sai che è uno dei miei film preferiti!”

“E che macchinona aveva Richard Gere!”

Curva come se fosse sulle rotaie !”

Zahra tira fuori la battuta cult della bellissima Julia Roberts alle prese con un cambio manuale su una Lotus Esprit.

“È ufficiale: sei la mia ragazza preferita!”

“Credevo di essere la tua unica ragazza!”

La risata di Zahra è sublime: è un riso sfrenato tanto è naturale e vola dappertutto. Jason, però, la interrompe posando le labbra sulle sue.

Sullo schermo il film continua a scorrere inosservato.

Le sfila la maglietta e lei non si oppone, resta con il reggiseno a fascia e la catenina di perline al collo mentre le dita di Jason percorrono la pelle della pancia candida e tesa. Adora le sue gambe toniche, da sportiva, ma prima che le possa toccare, Zahra gli accarezza le braccia e lui le acchiappa le mani e se la tira più vicina.

Non si fanno troppi problemi se ormai sono seminudi.


Sono le sette e mezzo del mattino e la casa è avvolta dal più assoluto silenzio. Jason allunga un braccio, quasi con stizza, per far tacere quella che più che una sveglia sembra il suono della tromba del settimo cavalleggeri.

Zahra dorme avvolta nel lenzuolo che le lascia scoperta una spalla, i capelli corvini sciolti e sparsi sul cuscino: la luce sembra non darle fastidio.

A Jason non è mai sembrata così bella. È un oasi circondata dal deserto, un angolo di colore in un mondo in bianco e nero.

Inizia a passare in rassegna ogni centimetro di pelle bianca e liscia che il lenzuolo lascia scoperta e si ferma al punto del letto in cui i piedi di lei spuntano fuori, dà un rapido bacio sulla caviglia e lei ride con il viso leggermente arrossato. I suoi occhi socchiusi esprimono felicità.


Kin abbaia e gratta alla porta freneticamente. James lo vizia troppo quel cane !

Jason si volta verso Zahra che si è tirata il cuscino sul viso e non ha nessuna intenzione di alzarsi allora si decide a scendere per vedere che diavolo vuole il suo akita: magari ha soltanto fame!

Kin ha avvertito l’arrivo di qualcuno molto prima del suono del campanello e corre verso la porta.


Lydia china il capo, bruciante per l’imbarazzo, nel trovarsi Jason davanti in boxer e fa scorrere lo sguardo sul cagnolino che comincia a scodinzolare e a farle le feste. Quando poi arriva anche Zahra, avvolta in un accappatoio, la terza incomoda si sente sola come un eremita armeno.

Doveva passare nel primo pomeriggio a portare il biglietto del treno prenotato online e Jason non riesce proprio a capire cosa ci faccia lì praticamente all’alba e, finalmente, si accorge del trolley rosa pastello che accompagna la fidanzata di suo fratello.

Poi si rivolge a lui con una determinazione che non ammette repliche.

“Non mi importa di quello che dice Jamie! Ho prenotato due biglietti sullo shinkansen per Tokyo: io parto con te!”

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Capitolo 19
*** Dall'altra parte ***


Passano due lunghi mesi di paure, notti insonni e domande senza risposte. Per un contrattempo l’intervento è posticipato di qualche giorno: James è nervosissimo e il chirurgo gli concede una serata libera, non autorizzata dall’ospedale ma soltanto da lui.

Ne approfitta per andare a fare una passeggiata in centro insieme ai suoi affetti più cari. Ha cercato di evitare la mobilitazione di tutta la famiglia con frasi come: sarò un fantasma di persona e sicuramente non sarò in grado di intrattenermi in pubbliche relazioni ! Così da quando sono arrivati, inaspettati, anche Jason e Lydia è di umore nero.

Meglio tenere il muso che sfoderare un sorriso finto!

Arrivando di sera da Roppongi si vede in lontananza una sorella della Torre Eiffel: è curioso il contrasto della torre illuminata che si protende verso l’alto sopra il profilo avvolto nelle tenebre del corpo centrale dello Zōjō-ji, l’antico tempio della famiglia dei Tokugawa.

Non appena si accendono le luci della sera il profilo di Tokyo, che si estende ai piedi della Torre, si riveste di un magico alone che toglie il fiato a Jason; non perde occasione per catturare degli scatti stupendi con il suo iPhone e fare un po’ di invidia a Clifford.

James, invece, cattura nervosamente aria e la rilascia con furia dalle narici. Gli altri si sbafano un bel gelato mentre l’unica eccezione concessa dalla sua black-list pre-intervento è un insapore succo di mela. Gioca con una cialda biscotto facendola a pezzettini e quando Lydia lo osserva con espressione tanto seria ma con il viso impiastricciato di crema al cioccolato non ci riesce proprio a tenerle il broncio.

Se sorride così, come una bambina che sa la lezione, e gli da un pizzicotto sul fianco, è impossibile essere arrabbiato con lei!

Si scambiano attenzioni sotto forma di sguardi, di intese, di coccole e di baci furtivi. Jason, Sumire e Jimon restano in disparte perché hanno capito che da quando è arrivata lei il viso di James ha cambiato espressione: gli occhi tristi sono diventati sorriso del suo cuore.

Lydia fa un passo avanti e appoggia delicatamente la testa sul petto del fidanzato mentre i suoi capelli gli stuzzicano la pelle nuda del braccio; lui la stringe a sé e finalmente il nodo allo stomaco che ha avuto nelle ultime settimane scompare e si riempie i polmoni del profumo inebriante della ragazza, concedendosi di assaporare quel momento.

Alla fine la notte delle paure si trasforma in un breve viaggio d’amore.


La prima cosa che la mattina dopo Jason nota sul cabinet della stanza del fratello è una foto che testimonia quanto sentisse, in realtà, la mancanza di Lydia, non soltanto del suo corpo ma della sua presenza; è la sua foto preferita: Jamie è dietro di lei, le braccia abbronzate che le stringono le spalle e il mento posato nell’incavo del suo collo, e sorride all’obiettivo. Lydia, appoggiata all’indietro al suo petto ride, forse per qualcosa che lui le ha detto.

“Mi sento ridicolo!”

James, seminudo, guarda con disappunto quel ruvido camice verde, freddo e leggero che ha appena indossato in silenzio: ha già il voltastomaco però non lo dice.

Jason lo aiuta ad allacciarlo sulla schiena. Cerca di far finta di niente, di restare estraneo al turbamento del gemello ma non ci riesce troppo bene, gli tremano le dita ma impone alla sua voce di restare salda.

“Faresti una figura niente male con questa mise da ET alla prossima festa in casa che organizzerete tu e Cliff!”

James sorride forzatamente, come sovrappensiero, assente e preoccupato. Come ritorna in sé si affretta a rispondere con una stoccata alla battuta del fratello.

“Almeno non sarei lo spettro di un senatore romano avvolto in un lenzuolo!”


In quel momento arriva un sms: è di Zahra. James non si aspettava una sua telefonata, infatti non è arrivata.

Gli ha invece inviato una foto di Kin: con la sua faccia curiosa, con il suo corpo buffo e irresistibilmente comico che dà più l’aria di un cartone animato che di un cucciolo. Ha rubato uno dei calzini di Jamie e lo sta rosicchiando pigramente sulla soglia di casa. Lo accompagna una didascalia di incoraggiamento: Forza! Noi facciamo il tifo per te !

Tra poco verranno a prenderlo con il lettino a rotelle e James sprigiona nervosismo da tutti i pori. Il suo sguardo punta insistentemente la porta perché vorrebbe un momento con Lydia prima della preanestesia.

“Ti devi accontentare di me!”

Ironizza Jason facendo spallucce.

“Non fare scherzi e riprenditi in fretta perché abbiamo tutti bisogno di te. Tu sei un leone!”

“Quindi mi stai dicendo che non ho scelta?”

“Senza di te le nostre giornate sarebbero grigie, monotone e noiose. Tu sei l’anima della festa e, quando tornerai in pista, non ti limiterai soltanto ad organizzarle...Ti farò fare carriera e diventerai anche quello che, alla fine, ripulisce tutto!”

James finge di gonfiare i muscoli mettendoli in bella mostra.

“Ti farò vedere io cosa combina questo fratellino quando esce da questo maledetto ospedale!”

Entrambi trattengono le risate che si mescolano alle lacrime e che rendono tutto una tipica scena da sit-com americana. James stritola suo fratello in un abbraccio che sa di promessa, una promessa che non romperà tanto facilmente.


Lydia li osserva con discrezione nella penombra, ha un attimo di esitazione e poi entra nella stanza. Jason le fa un sorriso d’intesa e li lascia da soli.

Lei socchiude piano la porta alle sue spalle e si avvicina lentamente al letto, sul quale James si è seduto, come un animale che studia un territorio sconosciuto.

“Ciao!”

“Ciao!”

Risponde, non sanno bene da dove iniziare. Lei preferirebbe vagare con la mente su mille altre cose e non concentrarsi su questa situazione precaria. Con le mani serrate finge disinvoltura ma in realtà cerca rassicurazioni e osserva James come se fosse un misterioso oggetto di studio.

“Cosa c’è?”

Le domanda lui sorpreso.

“Un’espressione strana che fai ogni tanto. Ti assenti come se corressi dietro un desiderio lontano, irraggiungibile.”

Lo scruta socchiudendo gli occhi a fessura.

“Questa strana malinconia ti rende ancora più bello!”

“Questa cosa non me l’aveva mai detta nessuno!”

Osserva Jamie mascherando il suo turbamento dietro un sorriso.

“È un complimento!”

Ribatte Lydia sorridendo a sua volta e arrossisce come se fosse imbarazzata per le parole che le sono sfuggite.

“Beh grazie del complimento allora: è il primo regalo che ricevo oggi!”


Il momento di andare in sala-operatoria James trema dal freddo e dalla paura e i piccoli gesti di quei momenti non se li scorderà mai: una carezza sulla guancia da parte di Sumire, il batti-cinque di Jimon, l’occhiolino di Jason…Lydia lo saluta per ultima stupendolo con un bacio a fior di labbra.

“Ci vediamo tra poco. Stai tranquilla, io lo sono. Ti amo!”

Lei è spaventata ma si è addestrata ad essere coraggiosa.

“Mi fido di te. So che vincerai. Ti amo anch’io guerriero!”

È incredibile quanto una battuta, un sorriso, un gesto di comprensione fatti nel modo giusto e nel momento giusto rendano James, in questo momento drammatico, la persona più solare del mondo!


Le tre ore successive sono le più interminabili e angoscianti; sia per la sua famiglia seduta lì fuori su piccole seggiole di ferro sia per i suoi amici, quei mattacchioni che gli vogliono bene, che in questa mattina consumano dieci anni di vita.

Nella sala d’attesa Jimon versa tre bicchierini di caffè e ne porge uno a sua moglie, uno a suo figlio e un altro a Lydia che scuote il capo e rifiuta.

L’aria si riempie di quell’aroma intenso e per Jason è surreale essere lì con loro: con i genitori e con Lydia che è buffa e tenerissima con addosso la felpa fuori misura di James, con le maniche arrotolate ai gomiti.

Sumire si lascia cadere su una sedia e fa un lungo sospiro. La ragazza, preoccupata, le si siede accanto e le mette un braccio sulle spalle.

“Andrà tutto bene!”

La donna le sorride.

“Lo so piccola ma non smetterò mai di stare in pena per i miei figli. Temo sia il destino di tutte le madri!”

L’attesa è qualcosa che li distrugge, li logora dentro poco a poco, li consuma. Ad un certo punto Jason non ce la fa più a camminare avanti e indietro per la piccola sala .


Jimon gli concede quindici minuti di solitudine prima di andare a cercarlo.

La rabbia ha invaso il sangue di Jason come l’onda di uno tsunami e la sta sfogando sulla pulsantiera dell’ascensore . Rimane senza fiato quando suo padre gli piomba addosso: gli cattura il viso tra le mani, che poi scivolano sulle spalle mentre gli occhi spenti lo controllano da capo a piedi.

“Stai bene?”

“Me la cavo!”

Jimon gli indica il corridoio e Jason lo segue verso l’esterno, verso una boccata d’aria di cui hanno disperatamente bisogno. Fa scivolare la mano nella sua, come quando aveva cinque anni, e la stringe come se l’operazione di James dipendesse da quel contatto.

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Capitolo 20
*** Cuori in trasferta ***


Il risveglio non è dei migliori. James è intontito come dopo aver ricevuto un pugno sulla punta del mento ma quando lo risalgono su in reparto in barella e li trova tutti davanti all’ascensore, tutti con gli occhi un po’ lucidi, li saluta con un bel pollice in su.

I suoi parenti gli sorridono ma James sa che stanno peggio di lui.

Le prime ore passano in un loop dove si sveglia e si addormenta di continuo, in preda a forti dolori addominali. Non sa se siano reali, effetto dei farmaci o ombre quei volti che vanno e vengono, parole che girano, mani che lo toccano…Tuttavia riconosce sempre i parenti che, a turno, lo presidiano.

Sumire dirige l’organizzazione: è sempre accanto al suo letto ma riesce anche a tranquillizzare suo marito, che è terreo e non parla più, e Jason la cui voce è ferma ma le cui mani se non gesticolano tremano.

Lydia, invece, entra nella stanza, si commuove appena guarda il suo Jamie e poi si chiude in bagno a piangere .

Nel dormiveglia James vede sua madre che ogni tanto gli mette la mano sulla fronte, come quando era bambino, per accertarsi che non abbia la febbre alta. Questa presenza è la sua unica consolazione.

Non ha versato una sola lacrima né proferito un singolo lamento. È stato una vera roccia: nonostante il mal di testa e il senso di nausea che lo stordiscono, nonostante abbia vomitato dal dolore o forse dalla lunga anestesia, nonostante abbia ancora addosso quel gran freddo della sala-operatoria che serve a far morire i germi…E forse un po’ anche l’anima delle persone che vi entrano.


Non è ancora completamente lucido, nonostante abbia recuperato un briciolo di energia, e l’effetto dell’anestesia non è ancora del tutto svanito quando è in grado di sostenere una prima conversazione.

Lydia è struccata ma è di una bellezza inconcepibile: fragile, sottile e luminosa come se il sole sfolgorasse dentro di lei.

Ha i capelli sciolti, il viso preoccupato e un palloncino da regalargli mentre le dita della mano libera stropicciano nervosamente il jersey della sua gonna.

Jamie è seduto sul letto, con i cuscini bianchi dell’ospedale a tenerlo su: la osserva divertito mentre attorciglia il palloncino di pronta guarigione, pieno di elio e con su disegnato un orsetto , all’asta porta-flebo e mentre si muove nella sua felpa gigante che lo fa sorridere da quanto è buffa.

“Ti ho detto quanto mi sei mancata?”

Lei fa timidamente cenno di no con la testa, osservando quel bagliore divertito nei suoi occhi stanchi.

“Mmm…Direi di no!”

Con le dita ghiacciate sfiora il viso pallido di James, tracciando ogni contorno fino a fermarsi sulla guancia rossa e bollente.

Prima che possa rivolgergli quella domanda scontata, a cui non saprebbe come rispondere sinceramente, il ragazzo la anticipa.

“Non chiedermi come sto ma raccontami una storia: di te bambina, di come ci siamo conosciuti…”

Lydia gli stringe la mano e se la porta alle labbra baciandone il dorso. Gli sorride, un sorriso dolce che però cela una volontà di ferro.

“Ero appena stata lasciata dal mio primo fidanzatino e la mia migliore amica, per distrarmi, mi ha invitata alla partita di calcio di suo fratello. Faceva freddo ed eravamo quasi le uniche spettatrici. Ero intirizzita e mi annoiavo da morire finché non ho incontrato i tuoi occhi…”

“Quando ti ho vista di spalle ho pensato: fa che non sia bella come sembra, invece…”

Quando ricordano il loro primo incontro sorridono e si emozionano come se tutto fosse accaduto soltanto ieri. James rivive le stesse, forti, sensazioni che lo hanno fatto innamorare di lei; mentre Lydia ricorda bene di come si era offesa la sera del loro primo appuntamento perché lui non l’aveva baciata.

“Continua a raccontare che adesso viene la parte divertente!”

La ragazza eviterebbe volentieri quella parte del racconto ma Jamie è un riuscito cocktail di savoir faire e astuzia, trova sempre le parole giuste per mettere gli altri a proprio agio ed è bravo a non perdere l’occasione per richiamare l’attenzione su di sé. Lo guarda con due occhi immensi e fiduciosi e poi sbotta.

“Quanto mi stavi antipatico all’inizio! Giuro proprio non ti sopportavo a pelle con la tua aria da pallone gonfiato e quel ciuffo osceno che continuavi a scuotere mentre correvi per il campo!”


“Per fortuna non ho uno specchio perché devo fare proprio paura!”

James serra forte le palpebre per il dolore e per la stanchezza e si appoggia ai cuscini con la schiena. Dopo quei pochi minuti di illusione anche il viso di Lydia torna serio e di un pallore spettrale tanto che tocca a James minimizzare.

“Va tutto bene, va tutto bene piccola! Sono soltanto sei piccoli fori sulla pancia.”

“Tesoro mio!”

La ragazza ha venature rosse nel bianco degli occhi, segno che è esausta e vorrebbe piangere, ma gli accarezza la guancia e il sollievo è evidente nei suoi lineamenti delicati. Restano così per un po’ di tempo, quello che serve ad entrambi per riflettere.

La presenza di Lydia è rassicurante: è il mare in cui ha deciso di navigare, il suo equilibrio e il suo rifugio.


“Non mi piace l’ospedale!”

Sbotta all’improvviso James.

“Dovrebbe. Ci sono un sacco di dottoresse carine!”

Cerca di farlo ridere lei.

“Soltanto tirocinanti con l’aria da secchione!”

La ragazza allunga il braccio e prende il libro appoggiato sul comodino , come per cambiare discorso o prendere tempo. È guida galattica per gli autostoppisti , capolavoro evergreen della letteratura umoristica: glielo ha regalato lei prima che partisse per Tokyo, per tirarlo un po’ su di morale. Lo sfoglia e si sofferma sulle pagine dove ci sono delle note aggiunte a matita.

“Lo stai leggendo per davvero? Allora non era una bugia per fare l’intellettuale!”

“Non sono uno che mente!”

James le rivolge un sorrisetto furbo.

“Soprattutto alla ragazza che afferma che non si possono leggere Dante o Shakespeare in giapponese!”

“La letteratura classica cerco sempre di leggerla in originale!”

Scatta sulla difensiva, riappoggia il libro e sorride anche lei.

“Ti invidio! Io faccio fatica anche in inglese!”

James la guarda mentre la ragazza fissa davanti a sé imbarazzata.

“Lydia la smetti di arrossire? Anche se quel rossore è molto sexy!”

Lei sente le guance avvampare ancor di più.

“Piantala! Così non mi aiuti di certo!”

Sussurra e gli allunga un buffetto scherzoso sul braccio, facendolo ridere.


“Ti ho fatto prendere uno bello spavento oggi ma avevi ragione tu: nell’incertezza preferisco averti vicino e non sul mio comodino con una foto che non renderà mai giustizia al tuo sorriso!”

È vero: preferisce colmare lo spazio tra le sue dita.

Preferisce essere sostenuto dalle sue braccia, una fortezza, un’unica certezza nella tempesta che sta attraversando.

“Tuttavia non tollero l’idea che tu mi veda sopportare tutto questo!”

“E io non tollero l’idea che tu soffra!”

Controbatte lei con voce soffocata, con le mani appoggiate sui fianchi e decisa a sostenerlo con una forza che non sapeva di avere.

“Ma questo è l’unico modo di liberarci di questo maledetto intruso. Ce la faremo, qualunque cosa succeda. Ce la faremo, non ci sono alternative!”

James abbozza un mezzo sorriso poco convinto: in questo momento sembra fragile e indifeso come non mai.

“Sei straordinaria! Me lo fai quasi credere!”

“Devi crederlo!”

Insiste Lydia prima di baciarlo sulle labbra.

“Quello che abbiamo è troppo prezioso per perderlo!”

Questa volta James non si vergogna di confessarle che ha bisogno di lei: gli occorre il suo amore, il suo aiuto, la sua forza e la sua bellezza.

Glielo dice e vede i suoi occhi brillare d’amore.

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Capitolo 21
*** Reparto degli uomini rotti ***


Quando finalmente le corsie offrono un senso di calma, di certo solo apparente, e anche il dolore è acquietato grazie alle medicine che stanno assolvendo ai loro compiti come dei bravi soldati, Jason insiste per tenere ancora un po’ di compagnia a suo fratello.

James ha finito la flebo. È sfinito ma lui vuole comunque accertarsi che eviti sforzi, stia tranquillo e che riposi.

“Resto un po’ qua poi appena ti addormenti vado via!”

È rimasto piantato così, immobile, per un po’ di tempo al capezzale del letto e ora si avvicina discretamente alla poltroncina in simil cuoio posando la sua mano su quella di James.

“Va bene Jay. Siediti qui vicino a me: meglio essere storditi dalle tue chiacchiere che dagli antidolorifici!”

È distrutto, supino sotto le lenzuola forse nel momento più vulnerabile della sua intera esistenza, ma ha sempre la battuta pronta.

Jason dal canto suo non vuole compatirlo e non può stranirsi, così decide di iniziare a parlare del più e del meno per regalare al gemello uno spaccato di normalità. James gli fa domande stupide e le sue risposte sono ancora più stupide, si raccontano aneddoti divertenti e ridono, anche se sotto quelle risate rimane nascosta un’ombra.

Alla fine Jamie crolla, addormentandosi con un sospiro, al magico potere della loro routine serale.


Lo desta la luce delle prime ore del mattino, che filtra attraverso le veneziane semiabbassate, interrompendolo nel bel mezzo di un sogno: stava correndo in un campo di calcio assolato, in una giornata caldissima. Correva, correva senza riuscire mai a raggiungere la porta avversaria; la gola secca sembrava andare a fuoco…Piano, piano il sogno si dilegua.

James sbatte le palpebre e finalmente si ricorda dov’è, lasciandosi scappare un’imprecazione irripetibile. Qualcosa gli opprime il ventre, fa caldo e tutta l’umidità della stanza non lo lascia respirare.

Volta la testa sul cuscino e si accorge di Jason, addormentato su quella poltroncina in finta pelle bianca, con la testa che gli ciondola sul petto.

È stata una notte lunghissima anche per lui che l’ha trascorsa rotolando continuamente tra uno sbadiglio e l’altro, fingendo di leggere una rivista settimanale ma, in realtà, controllando ogni gesto, ogni centimetro del corpo di James.

Il gemello si solleva a fatica nel letto, facendo forza sulle braccia, con un fiotto di tenerezza e un moto di affetto per tutti quei gesti di attenzione ma appena si accorge che Jason sta aprendo piano gli occhi, con un mugugno, si lascia riscivolare sul materasso e serra le palpebre, facendo finta di dormire, in quello stesso gioco che facevano entrambi da bambini quando sentivano uno dei genitori avvicinarsi alla loro camera.

Jason non si lascia abbindolare e gli pizzica le dita del piede attraverso le coperte.

“Che rabbia il tuo bel faccino riposato!”

Protesta, con un lungo e sonoro sbadiglio. In realtà gli occhi smorti di James raccontano tutt’altra storia: il suo viso è un vero campo di battaglia e la sua espressione stropicciata è sorella di quella di quando passa le notti fuori a fare baldoria.

“Questa volta me la sono vista davvero brutta fratellino!”

Non serve aggiungere altro con Jason , il suo migliore amico. Basta l’empatia tra due persone che si vogliono veramente bene per capire che è un momento no, che c’è qualcosa che non va come dovrebbe.

Entrambi si sentono un po’ malinconici, giù di corda, tristi in quella stanza tinteggiata di un giallo denso e acceso. Succubi di questo brutto ospedale, un territorio sconosciuto, che cominciano a sentirsi addosso come un vestito sporco.

Il silenzio non è da loro così tocca a Jason cercare di animare questa situazione squilibrata.

“Tra le regole non scritte di un ospedale c’è che ti devi alzare al più presto dal letto. Per non lasciarti andare, per dare un segnale al tuo organismo…”

È il suo modo di spronarlo, di incoraggiarlo, di farlo reagire un po’ di più.

I punti in catgut cromico, il drenaggio da sopportare altre ventiquattro ore, la dieta liquida del giorno dopo sarebbero tutte scuse valide per sottrarsi a quell’invito per giusto motivo. Tuttavia James preferisce fare orecchie da mercante e cambiare discorso.

“Appena torno a casa devo comprare una pettorina per Kin. Sarà una valida alternativa al collare, così Zahra non rischia di strozzarmelo quando lo porta a spasso e lui spinge forte!”

Jason ingoia la delusione per la reazione indifferente di Jamie ma decide di non insistere troppo e di non forzarlo.

“Se non ti interessa quello che dico puoi farmelo presente invece di inventarti queste cretinate!”

Non può tuttavia trattenersi dallo sbottare risentito, soprattutto in difesa della fidanzata.


“Allora è vero che in tutti i luoghi del mondo i fratelli litigano! Perché, giovanotto, a meno che tu non ti sia sdoppiato o io ci veda doppio direi che questo è tuo fratello!”

Il dottor Parker è sulla quarantina o poco più e ha un’aria così cordiale e simpatica da attirare subito l’attenzione dei ragazzi.

Jason scatta in piedi pronto a defilarsi, arrossendo di brutto: è consapevole di aver trasgredito l’orario di visite ma il medico non è così fiscale e, per questa volta, decide di chiudere un occhio.

Non esiste il clone di nessuno e l’occhio clinico dell’uomo ha già capito che quei ragazzi, come tutti i gemelli, sono diversi anche nell’essere identici. E per quanto possa esserci sintonia ognuno ha la sua storia, la sua vita.

“Allora James, ieri l’anestesia ha avuto l’effetto di un calice di champagne a stomaco vuoto!”

“Facciamo anche due!”

Con un portablocco in mano, il dottor Parker fa cliccare di continuo la penna a sfera e intanto sfoglia quella che immagina sia la sua cartella clinica e scribacchia qualcosa.

“Come ti senti oggi?”

Nervoso, stanco, impaurito

Meglio che si concentri: per qualsiasi cosa lo stia valutando , vuole un buon voto. Vuole tornare a casa.

“Secondo lei come sto?”

Chiede di rimando il suo paziente, con un po’ di sfrontatezza che mette in imbarazzo Jason.

“Bene. Tutto considerato direi che non c’è male!”

L’uomo nel suo camice verde acqua sorride, è quieto. Parla come se quella fosse la situazione più normale del mondo e infatti anche James si calma un po’.

Finora quelle battute sono state una pezza d’appoggio, una boccata d’ironia per alleggerire l’ansia e proseguire un discorso ben più serio con più tranquillità. Il dottor Parker, infatti, intuisce che c’è un’unica domanda bloccata nella gola del ragazzo.

A Jason fa uno strano effetto vedere il gemello che si impappina, ammutolisce e diventa piccino, piccino.

“Vuoi che aspettiamo i tuoi genitori?”

La mascella di James si serra ma gli occhi non fissano nulla, ricacciando indietro la paura.

“C’è mio fratello con me!”

Jason non si è scollato da lui per tutta la notte, per consolarlo, per dargli il suo sostegno .La sua sola presenza lo rassicura, lo fa sentire a casa, e gli basta allungare la mano per sentirne il calore.

Con lui al suo fianco può reggere qualsiasi cosa anche se i movimenti dell’altro sono irreali e lo distraggono al punto che dimentica di non essere a suo agio ed ha una sensazione di rilassamento.

“Il tumore era maligno per oltre il 70%!”

James studia gli occhi color caffè nero del dottor Parker. Dopo essere sopravvissuto a tutto questo pensava di essere praticamente invincibile ma non è preparato a ricevere ancora brutte notizie.

La stretta di incoraggiamento , così ferrea, del fratello sul suo braccio gli da conforto.

“Alla fine però abbiamo vinto noi! Siamo riusciti a rimuovere tutti i focolai di linfonodi residui invasi da cellule estranee!”

Nonostante una vertigine di gioia, un pezzo di sole, James mantiene una postura rigida e dignitosa. Improvvisamente Jason gli avvolge un braccio intorno alle spalle, accogliendolo nella stretta del suo petto solido.

Non sa come fa a soffocare il grido di gioia che gli sale in gola ma l’entusiasmo del suo sguardo incontra il trionfo negli occhi di suo fratello.

E anche il dottor Parker se la ride quando i piccoli Derrick rispolverano la loro esultanza, un brand quando facevano faville nelle nazionali giovanili giapponesi: pollici e indici tesi all’infuori, le altre dita chiuse, fanno mulinare le mani su e giù per due volte.


Con il cuore alleggerito e con una marcia in più, adesso James decide di dar retta alle parole dell’anestesista, a quelle di Jason, che gli dicevano di cercare di camminare per riattivare l’ambaradan.

Che bello vederlo in piedi! Trascina i piedi con quelle ciabatte volutamente molleggiate.

Che bello vedere la determinazione dietro il suo sorriso! Jason lo sostiene per un braccio e non lo lascerà cadere per nulla al mondo.

Sono arrivati anche i genitori e Lydia a fare il tifo per i suoi piccoli traguardi e la ragazza capisce benissimo che quell’andatura scattante è tutta scena. Lo sta facendo apposta, lo sta facendo per loro.

Ed è un balsamo vederlo tornare con naturalezza verso la poltrona.

“Sono una mamma fortunata: con due figli meravigliosi su tutti i fronti!”

Le parole commosse di Sumire inteneriscono tutti e in quel reparto degli uomini rotti, a cui non funzionano dei pezzi e sanno che ne perderanno altri, si allarga il più sottovalutato dei sentimenti: il sollievo.

Da lì in poi è tutta una raccolta di scherzi, battute e frasi simpatiche tanto che tocca a James, stanco e sciupato ma abbastanza sereno, ricordargli che l’orario di visite è scaduto.

“Devo trovare un modo di sbarazzarmi di voi! Adesso andate altrimenti chiamo l’infermiere e gli dico che mi state facendo stalking!”

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Capitolo 22
*** Amicizia itinerante ***


Hikaru Utada è da sempre la cantante preferita di James: la sua voce poliedrica ed emozionante è l’unica cosa a rilassarlo in questo tempo in sospeso, una lunga e interminabile sequenza di respiri, istanti che scivolano via con una lentezza infinita.

Passati i primi momenti di panico ha trovato un buon equilibrio e le ore trascorrono abbastanza serenamente in quel punto di universo, senza foto o quadri appesi alle pareti, dove lo ha scagliato la mano di qualche dio beffardo.

Da quando Jason e Lydia sono ripartiti sa che non può accadere nulla nella sua stanza d’ospedale al di fuori dell’attesa: l’attesa dei suoi genitori, del giro visite dei medici, dello studente catapultato al suo letto per misurargli la pressione…Attesa di quando uscirà da lì.

Sta ascoltando in cuffia, a tutto volume, le strofe essenziali e pure della popstar giapponese, incantevoli come il tramonto di una giornata di sole, ma non riesce a svuotare del tutto la mente. Forse è meglio che mandi un messaggio a Lydia per dirgli che sta bene!

Ignora gli sms e le chiamate perse ma decide di rispondere a quella in arrivo: è di Bruce.

“Ehi piccolo Frankenstein!”

Bruce Harper non è tipo da belle frasi di pronta guarigione ma a chi non tornerebbe il buonumore ascoltando le sue battute semplicemente irresistibili?!

“Ha parlato King Kong!”

James lo punge con la stessa ironia: sta al gioco e la tecnica del prendersi in giro funziona.

“Ti sei ripreso abbastanza in fretta, il che è una fortuna! Non farti venire un colpo quando aprirai la sorpresina che ti ho inviato!”

Spinto dalla curiosità adesso Jamie è impaziente di chiudere la telefonata ma Bruce temporeggia sottoponendo l’amico ad un piccolo quiz.

“Prima di riagganciare toglimi una curiosità: cosa provi quando guardi quel poster gigantesco che tieni in camera tua?”

La domanda è così estranea a quello che prova ora, senza logica, che lo spiazza: si appoggia allo schienale della poltroncina e intreccia le dita della mano libera dietro la nuca.

“A passione e desiderio!”

Tra alcune curiosità di James gli amici sanno che gli piace il colore arancione, che tifa per i semiprofessionisti BlauBlitz, i fulmini blu di Akita , che è un fan sfegatato di quella icona J-pop di cui tiene un poster a grandezza naturale e della quale ripropone le canzoni in significative performance live, perforando i timpani dei compagni fin dai tempi della Nazionale.

“E quando pensi a Lydia?”

Bruce non può vederlo ma, appena ha sentito il nome della fidanzata, un sorriso ebete si è stampato sul viso di James per non lasciarlo più.

“Direi alle stesse cose. Ma ci aggiungerei l’amore!”

“Questa è la chiave per goderti al meglio il mio personale regalo di pronta guarigione!”

Sghignazza il ragazzo di Fujisawa con aria da cospiratore.

Jamie resta di sasso per la sorpresa. Dopo un paio di click è proprio la bella Hikaru Utada ad apparire sullo schermo del suo cellulare con un messaggio telegrafico esclusivamente per lui: forza James, i veri guerrieri non mollano mai !

Gli tremano le mani e le gambe: è una sorpresa così grande da trovarlo senza parole ed è emozionato come un bambino che riceve un regalo inatteso la mattina di Natale e non la finisce più di sfregarsi dappertutto.

Quello di Bruce a Fujisawa, nell’isola dedicata a Benzaiten dea della musica e della letteratura, è stato un avvistamento di puro caso e fortuna. Intraprendente com’è se ne è infischiato del forte desiderio di privacy della cantante e l’ha avvicinata per chiederle un autografo, un ricordo che James custodirà come una reliquia, e quando poi la giovane celebrità si è mostrata disponibile e gentile ha arrischiato a chiederle pure di registrare quel breve video messaggio.

- La prossima volta che viene in villeggiatura nella tua città ringraziala da parte mia! .

La risposta di Bruce a quel sms è un elogio all’ottimismo, una convinzione che quando si è fiduciosi si ottengono ottimi risultati.

- Anche se tra vip ci si intende, la ringrazierai di persona. Perché la prossima volta saremo insieme! .

È un incoraggiamento che viene dritto dal cuore e Jamie ci si abbandona commosso e felice: ha degli amici davvero fantastici!


Non sa che, a qualche chilometro di distanza, il gemello è in uno stato d’animo del tutto opposto al suo. Da quando sono in stazione, infatti, Jason ha cominciato a camminare sotto e sopra, si è acceso una sigaretta soffiando davanti a sé il fumo azzurro: lui fa così solo se è preoccupato sul serio!

Spipacchia il più velocemente possibile ma, sebbene lei cerchi di concentrarsi sulla lettera di accettazione all’università e i moduli di iscrizione che tiene sulle ginocchia, alla fine incontra il duro sguardo di condanna di Lydia.

Non c’è motivo per il quale debba giustificarsi con lei ma ci prova lo stesso.

“Questa è l’ultima, da domani smetto!”

Hanno brancolato nei dubbi per così tanto che si sentono ancora un po’ smarriti, alla deriva, e temono anche l’incertezza del certo: il male di Jamie, che li ha sequestrati dalle loro sicurezze e dalla loro routine, è un pericolo scampato che li fa felici ma che ha lasciato degli strascichi.

Lydia, seduta sulla banchina e con i capelli tenuti su da una matita usata come fermaglio, accenna un sorriso tiepido. Esita ma riconosce in Jason l’unica persona che può capirla e ascoltarla.

È come togliere un tappo: le parole si rovesciano fuori tutte insieme, attorcigliandosi, accavallandosi, arrotondando le vocali.

“Prima che partissimo per Tokyo ho letto di tutto. Ho avuto paura che Jamie rientrasse in quei casi in cui l’intervento laparoscopico è stato convertito in un intervento a cielo aperto per la comparsa di complicanze intraoperatorie. Ero terrorizzata dalle possibilità peggiori!”

Un sottofondo di singhiozzi veloci e affannati. Jason non credeva potessero arrivare a capirsi così bene: lui trema ancora al ricordo e sa che questi ultimi giorni sono stati una lotteria e loro molto fortunati.

“Per fortuna è andato tutto bene!”

La rincuora con quella complicità che unisce solo chi ha combattuto e vinto insieme. Sollevati da un peso, viene in automatico dare un’occhiata alle scartoffie che Lydia si è portata nella borsa ma, proprio quando le sta dando qualche dritta , il telefono di Jason inizia a vibrare.

“E a proposito di vita universitaria, ecco i contro: il mio coinquilino!”

“Ehi Jason abbiamo pagato le ultime tre mensilità dell’affitto? Sai non vorrei rischiare lo sfratto!”

Clifford attacca come un bufalo imbizzarrito ma l’amico sa che è una scusa: il gigante buono la prende sempre un po’ alla larga quando deve guadagnare tempo e studiarsi la parte.

“Ciao anche a te Cliff, ti hanno mai insegnato il galateo della telefonata?”

“Non esiste un bon ton della telefonata! A parte i fondamentali: io non chiamo mai all’alba o di notte!”

La voce è quella di Sandy che ha afferrato la cornetta e ha protestato senza alcuna alterazione.

“Sono a Hirado insieme al piccoletto!”

Spiega Cliff riprendendo la linea e Jason ha una conferma di quale sia il vero motivo della loro chiamata.

“James sta meglio! Con lui ci siamo stati io, mamma, papà e Lydia. Zahra, invece, è rimasta a casa! ”

L’ex coppia del backspin pass era un po’ in pensiero perché Jamie oggi si è reso irreperibile ma con quella precisazione Jason si è attirato un’inevitabile provocazione.

“Allora possiamo essere sicuri che niente andrà storto!”

Lydia sorride lasciandosi andare all’atmosfera di quegli affettuosi battibecchi telefonici: sembra che punzecchiarsi sia il loro divertimento principale e prende un’inaspettata iniziativa chiedendo la parola.

“Ciao ragazzi!”

Clifford e Sandy restano ammutoliti: hanno sentito parlare così tanto della fidanzata di James da convincersi che fosse una creatura fantastica.

“Tra qualche giorno Jamie sarà dimesso dall’ospedale e a me e a Jason piacerebbe dargli il bentornato con un piccolo party. Sarete dei nostri?”

Immaginano sia bellissima e, dalle poche parole che scambiano, è così gentile, ben educata e mite che il gigante della difesa e l’attaccante tascabile non hanno nessuna esitazione a dirle di si.


Quanta nostalgia struggente per il suo mondo rimasto a casa e che le visite dei familiari o le telefonate gli riportano a pezzetti in quello stanzone con il pavimento di linoleum e alluminio ovunque, metallo e lenzuola a perdita d’occhio!

Il colpo di telefono di Zahra è come un raggio di sole addomesticato che illumina il volto corrucciato di James.

“Ehi cognatino ho una bella notizia per te: ho insegnato il riporto a Kin!”

Poiché la sensibilità alla gioia è la stessa che al dolore l’esuberante allegria della ragazza, che contrasta con il carattere malinconico di quella stanza, contagia subito anche lui.

“Come ci sei riuscita?”

“Con una pallina da tennis e un taglierino: ho fatto un taglio trasversale e ho inserito un bocconcino come ricompensa all’interno della pallina, gliel’ho lanciata e l’ho incoraggiato a correre per riportarmela indietro!”

Da quando si conoscono James la ammira moltissimo per il suo spirito d’iniziativa, per la sua determinazione. È un amica molto sincera.

“Sai inizio ad essere geloso del vostro feeling!”

La comunicazione sembra cadere in un punto morto come se non ci fosse più niente da dire ma Zahra capisce di dover ascoltare e basta. Il ragazzo ha bisogno di sfogarsi.

“Va tutto bene Jamie?”

È una domanda banale che lo sveglia da un altro mondo: non ce la fa più a ribattere con una risposta standard senza pensarci, vuole essere sincero e non Superman e si fida di Zahra a tal punto che non gli importa di mostrarle i suoi punti deboli.

“Non è facile essere forti sai?! Tutti si aspettano molto da me e io continuo sempre a sorridere, ad avere l’aria di chi non molla mai. Non sai invece quanto in questi mesi sarei voluto crollare, avrei voluto piangere!”

La ragazza sorride amara e sollevata da quella confessione: quante volte anche lei , prima di uscire di casa, ha cercato nei cassetti un bel sorriso da indossare per affrontare la vita!

“Il problema più grande delle persone forti è che nessuno sa che abbiamo bisogno di qualcuno che ci dica ci sono io con te ! Perché, per quanto possa essere dura la nostra corazza, non siamo nati per essere soli e noi siamo stati fortunati a trovare due persone speciali!”

“Non vorrei sembrare ingrato ma puoi avere tutti gli amici del mondo, la famiglia più calorosa però quando sei in ospedale tu sei solo, con i tuoi sintomi e con i tuoi pensieri!”

Si è scoperto così tanto che il suo castello di calma e sangue freddo crolla in un’impazienza indicibile.

“Voglio solo essere dimesso! Tornare a casa, fare una doccia di mezz’ora, dormire nel mio letto, mangiare decentemente. Non essere svegliato alle sette per prendermi un ago nella pancia!”

È una situazione delicata che finora James ha gestito perfettamente e Zahra sa che c’è un unico modo per riuscire a tranquillizzarlo: farlo sorridere.

“Non so quanto ci guadagnerai a dormire, di nuovo, nella stessa stanza con Jason. Tuo fratello, a volte, la notte sembra una pentola a pressione pronta ad esplodere!”

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Capitolo 23
*** Homecoming ***


Jason si sveglia bello, riposato e felice come un’allodola: è di buon umore senza un motivo particolare, o forse il motivo è evidente.

Scende dal letto e si fionda sotto il getto dell’acqua calda , usando il soffione della doccia come microfono intona qualsiasi canzone gli passi in mente, anche quelle di cui non conosce le parole…Magari se le inventa!

Ha appena attaccato il ritornello quando uno spiffero d’aria lo fa gelare, sposta la tenda e trova Zahra seduta sul coperchio chiuso del water.

“Mi piace la gente che canta di prima mattina! È rassicurante!”

Sorride, per nulla imbarazzata dalla sua irruzione in bagno e si tira le ginocchia fino al petto.

“Cantare fa bene, riduce lo stress. In fondo la felicità è gratis!”

Risponde Jason, reso ancora più allegro dalla sua presenza: come sa provocarlo lei nessuno mai, gli lancia occhiate ammiccanti e gli toglie il fiato. Zahra è il suo sole e il suo uragano.

Le soffia un bacio sulle dita insaponate e chiude la tenda per risciacquarsi.

“Hanno suonato alla porta!”

“Non m’importa!”

Il ragazzo strofina energicamente la cute lavando via la schiuma.

Che tempismo perfetto che hanno quegli scocciatori!

“Ti ricordo che abbiamo deciso di invaderti casa per aiutarti mia adorabile cinciallegra!”

Zahra ride e gli tira dietro la paperella porta-saponetta che sta sul lavello, lo colpisce leggermente perché bloccata dalla tenda.

“Antipatica!”


Da Fujisawa Bruce ed Evelyn hanno portato bocconcini di pasta di mandorle avvolti come caramelle nella carta velina colorata che daranno vivacità ai vassoi di dolci misti. Da Hirado, invece, Clifford e Sandy hanno portato una ventata di rumorosa allegria e Riley, la piccola di casa Winter.

Sono rimasti senza parole ad ammirare Lydia quando è venuta ad aprirgli la porta ma lei li ha messi immediatamente a proprio agio, cosicché si sono persi in piacevoli conversazioni.

Ovviamente spetta a Jason, con il suo innato spirito organizzativo, suddividere i compiti e le responsabilità tra gli aiutanti: così mentre lui continua a cercare sull’agenda i numeri che gli potrebbero essere sfuggiti e Bruce, più che preoccuparsi degli eventuali preparativi pensa per lo più a rifocillarsi, Zahra si dedica allo striscione per James.

È brava a disegnare e, prima di procedere con la bomboletta spray, traccia con il pennarello la scritta bentornato . Cliff più che collaborare ne approfitta per stuzzicarla.

“Ehi Jason scommetto che è Miss Peperina a preparare gli striscioni quando la porti allo stadio! Con lei di sicuro la genialità non manca sugli spalti!”

Per tutta risposta la ragazza apre la bocca, tira fuori la lingua e arriccia il naso: la smorfia è talmente buffa da far ridere tutti.

Jason continua a depennare nomi, Lydia e Sandy stanno adornando muri e finestre con festoni colorati, in una piccola gara a tempo Riley aiuta Evelyn nella preparazione dei drink…Ognuno fa la sua parte e in tutto quel da fare la ciarliera Davidson non perde occasione per chiacchierare.

È una ragazza frizzante e le piace far spazio alle notizie positive, parlando a raffica di cronaca rosa. È molto astuta e si diverte a scoprire i segreti delle altre persone.

“Mi sento un’impicciona! Come quelle vecchie signore che attaccano bottone in farmacia o sui mezzi pubblici!”

“La nostra gossip girl!”

La prende in giro suo cugino. A Zahra Evelyn piace perché non ama sparlare alle spalle e preferisce dire le cose in faccia…E poi non vuole perdersi l’occasione per ribattere a Cliff!

“Mi dispiace deluderti ma guarda che, spesso e volentieri, anche voi maschietti state lì a confabulare. Anzi, di solito, siete più curiosi di noi!”

Li interrompe Bruce che non ha saputo resistere ai manicaretti di Jason e torna dalla cucina con la bocca piena.

“Harper non fare il cafone davanti alle signore!”

Lo riprende Sandy.

“Concordo! Con tutte queste belle ragazze questa casa è un Eden terrestre!”


Si continua improvvisando copioni di botta e risposta conditi dal pepe più esilarante. Gli amici di suo fratello sono davvero dei tipi spassosi, che sanno far ridere gli altri a colpo sicuro, e Riley non si sente affatto un’intrusa.

“Sicuri che James impazzisca per le feste a sorpresa?”

Chiede di punto in bianco.

“Lui impazzisce per ogni tipo di festa!”

Risponde Jason prima di sottrarsi a loro e catapultarsi in auto, insieme alla fidanzata, per andare a ritirare la torta.

Lydia approfitta del momento di quiete per cambiarsi d’abito nel piccolo spogliatoio improvvisato e Riley le si avvicina mentre sta dando gli ultimi ritocchi all’illuminazione: le sembra una ragazza dolce ma allo stesso tempo forte, è attratta dalla sua semplicità e le pare di conoscerla da sempre.

“Come ci sei finita in questo covo di matti?”

Cliff, poco lontano, osserva le ragazze: è davvero cresciuta la piccola Ray-Ray ! È così somigliante a Sandy con il suo carattere spigliato, pronto e un po’ ribelle! Suo fratello cerca di non farle mancare niente e, anche se sa di viziarla un po’ troppo, la accontenta su tutto.

È davvero carina con il suo visetto tondo e fresco, gli occhi luminosi, tanto che a Yuma vien voglia di passarle le dita tra i corti capelli e scompigliarglieli. Si avvicina e risponde al posto di Lydia.

“Si è innamorata del più matto di tutti!”


Fuori da quei corridoi illuminati al neon sembra quasi che la vita abbia un colore diverso.

Tornare a casa ! Non c’è auspicio più bello per James, impaziente di tornare alla normalità, alle abitudini di sempre, a quelle stanze vissute e abitate per anni…

“Casa dolce casa! Ecco un proverbio sicuramente azzeccato!”

Scende dall’auto con un sorriso, tenendosi la mano sulle ferite non ancora completamente cicatrizzate mentre Jimon si occupa dei bagagli e Sumire gli afferra l’altra mano per infondergli coraggio.

C’è un silenzio irreale e James, che ha voglia di tutto tranne che di una festa movimentata e rumorosa, sospetta che abbiano architettato qualcosa alle sue spalle.

“Cosa mi state combinando?”

Sta al gioco, avanzando tra i gerani di sua madre. Non ha nessuna risposta e allora, con tono più deciso e serio, continua.

“Lydia, Jason, Zahra…Kin. Venite fuori! Lo scherzo è bello quando dura poco!”

Ed è proprio allora, quando è sulla porta, come in una classica scena da film americano da dietro il divano sbucano fuori tutti gli amici urlando: Sorpresa !!!

Di sorpresa in sorpresa: ci sono proprio tutti, anche gli ex compagni dell’Hot Dog. Jamie vorrebbe abbracciarli uno per uno solo che dapprima è sopraffatto, poi si emoziona nel ritrovare tutte le persone che gli vogliono bene nella stessa stanza e allora resta lì fermo a guardarli con aria stupefatta.

“Finalmente hai trovato il modo di lasciarlo senza parole!”

Mormora Jonathan Stubbing ad un Jason emozionato quasi quanto il fratello.

Come se avesse capito che è il momento giusto, Kin fa la sua avanzata trionfale: appena fiuta James impazzisce di gioia e lo dimostra con la frenesia dei cani: gli salta addosso e lo fa vacillare.

“Sono un gran, gran casino eh Kin?”

Dice a voce alta il padrone, per rassicurare tutti, con il suo accento spumeggiante. Il fuori onda lo aiuta a riprendersi per ringraziare tutti alla sua maniera.

“Mi sento una star di Hollywood! Come se avessi gli occhiali da sole che non ho!”

Jason, Clifford, Sandy, Bruce, gli amici di una vita. Sono loro che guarda negli occhi con la certezza di non essere giudicato ma solo compreso.

Sono le persone con cui più si è arrabbiato, a cui ha urlato improperi che nemmeno gli ultras delle tifoserie più scatenate conoscono ma sono gli stessi che…Guai a chi glieli tocca!

È sé stesso: si presenta a Riley, è amichevole con le ragazze, si interessa alle conversazioni, fa i complimenti a Cliff per le sue scarpe stringate. Si muove come può e cerca di interagire con più gente possibile: ha una battuta per tutti.

“Non so dove tuo fratello trovi la forza ma è l’anima della festa!”

Jimon si complimenta con Jason per la sorpresa ben riuscita.

Insomma! James non tirerà fuori il suo lato folle, non salterà in una piscina inesistente o non si butterà in pista come se nessuno guardasse, ma anche se si limita a raccontare qualche barzelletta si mette in gioco.

“No. Lui è l’anima della nostra famiglia!”


Lydia lo ha lasciato ostaggio degli amici e si è defilata in silenzio sulla veranda che profuma di limone e di miele.

“Ciao incanto!”

In realtà James ha seguito con lo sguardo tutti i suoi spostamenti e, adesso che sono da soli, finalmente la può salutare come si deve!

“Ti amo!”

Senza studiare punti e virgole lei glielo dice. Kin, che abbaia alle farfalle, è l’unico testimone di quella dichiarazione senza remore o esitazioni, senza tempo.

“Se non fossi ancora così malconcio ti abbraccerei e ti solleverei fino a farti volare!”

È questo che l’ha fatta innamorare di James: lui è leggerezza! Ama il suo fanciullesco modo di vivere, senza entrare dentro le cose per vedere come se la passano. Non c’è domani se non l’oggi.

E con lui l’oggi si estende.

“Io ti trovo in forma soldato!”

“E tu sei più bella che mai!”

Continuano quel gioco di sguardi, di labbra socchiuse e premute contro in un gioco di provocazioni e di esplorazioni che fanno accelerare i battiti dei loro cuori.

La stringe forte assaporando quel contatto e soltanto quando Lydia gli solleva la t-shirt e sente le sue dita afferrare la pelle del basso ventre, James la ferma.

Quelle ferite chirurgiche sono il suo tallone d’Achille: mettono in evidenza la sua fragilità.

“Sei sempre tu Jamie! E se hai qualche cicatrice in più non preoccuparti: non c’è vittoria senza una ferita di guerra!”


Tornano al rinfresco, agli abbracci degli amici, tenendosi per mano.

James vuole evitare teatrini e svicolare dai discorsi di rito nel momento clou così prende di mira Jason.

“Ehi Jay finalmente ho una torta esclusivamente tutta per me: questa è la prima in oltre vent’anni che taglio da solo!”

Come c’era da aspettarsi è un momento fuori dagli schemi e la torta la distrugge completamente tirando una porzione di panna e crema sul viso del fratello.

La battaglia a colpi di dessert non risparmia nemmeno un piagnucolante Bruce con Jason che cerca di fargli accettare con filosofia quello strano gioco.

“In fondo tu ci metti e ci rimetti sempre la faccia!”

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Capitolo 24
*** Domenica da manuale ***


La malattia di James è stata come una pietra precipitata al centro di un tranquillo lago di montagna. L’allentamento della tensione ha un effetto curioso: per circa due settimane lui e Jason non fanno altro che dormire; nessuno dei due riesce a star sveglio dopo le nove di sera e la cosa diverte i loro genitori.

Quella domenica mattina Jason si sveglia di soprassalto per un improvviso rumore in lontananza. Crede sia un tuono.

Al secondo tonfo i suoi sensi si amplificano e il buon profumo di caffè lo ridesta completamente. Non c’è niente che lo faccia sentire più coccolato di alzarsi dal proprio letto e seguire, quasi in uno stato di sonnambulismo, l’inebriante aroma che lo condurrà dritto in quell’angolo di casa dove qualcuno ha provveduto a preparare la moka e metterla sul fuoco al posto suo.

Jimon lo ha preceduto trascinandosi, sbadigliando con due occhi semichiusi che si sono spalancati per la sorpresa.

La cucina è un disastro, in barba alle regole non scritte di Sumire: detergenti sotto il lavello, pentole e padelle nel ripiano più vicino ai fornelli, zona grigia in cui accumulare senza cura particolare i contenitori che usa per conservare i cibi.

Stamattina il lavello è strabordante di piatti da lavare, c’è farina dappertutto e l’aria, calda e carica di profumi fino ad un momento fa, si sta trasformando in puzza di bruciato.

Ci sono due impronte di piedi nudi sulla farina sparsa sul pavimento.

James si stacca dal cellulare e gli sorride inclinando la testa con un cenno leggero.

“Ho trovato il quaderno con le ricette di Jason!”

Spiega quella che più che come una bella iniziativa suona come una minaccia.

“E hai deciso di cucinarci quello?”

La voce è proprio di Jason che entra, lancia un’occhiata scettica al piano cottura, addenta un biscotto e si appresta a versarsi il caffè nella sua tazza personalizzata.

Suo fratello però è più lesto ad afferrare la caffettiera.

“Accomodati! Vuoi un espresso? O forse è meglio una camomilla?”

Li raggiunge anche Sumire, avvolta nella sua morbida vestaglia colorata tutta svolazzante, e sorride raggiante.

“Buongiorno mammina!”

Cinguetta Jamie. È uno spettacolo vederlo con le maniche della camicia arrotolate sopra i gomiti e quel buffo grembiule blu e bianco annodato sui fianchi: sta disponendo su un vassoio fette biscottate spalmate di marmellata, il timer del forno elettrico ticchetta, sul fuoco sobbolle qualcosa di indefinito…

“Buongiorno piccolo!”

Risponde la mamma con voce assonnata baciandolo sulla fronte.

Jason ha sempre avuto la sensazione che se il buongiorno si vede dal mattino allora questa sarà una giornata da ricordare, una di quelle che si cerchiano di rosso sul calendario anche se non accadrà nulla di particolare.

Alla vista di suo fratello così dinamico, pieno di vita, avverte lo stomaco stringersi di piacere. James sembra essersi rimesso completamente in sesto: il suo corpo non è più smunto e la stanchezza, che gli ha segnato il viso per settimane, ha lasciato il posto ad uno sguardo placido.

“Non riuscivo a dormire così ho pensato che la colazione oggi ve la preparavo io!”

La sua energia è esplosiva, contagiosa e infonde bellezza ad ogni suo gesto, ad ogni piccola attenzione.

“Perché non riuscivi a dormire?”

Indaga Jimon con un velo di apprensione.

James si siede vicino a suo fratello, afferra la forchetta e inizia a spezzettare il muffin che ha nel piatto.

“Sono stato felice di svegliarmi all’alba. Ho notato che c’era sole e non tirava vento: si preannunciava una mite giornata d’autunno. Niente di più incantevole, una mattina da manuale. Non riuscivo proprio a restarmene fermo a letto…”


È un caos ma è bellissimo. Le famiglie perfette non esistono ma i Derrick si sono saputi migliorare giorno dopo giorno.

Questi gesti d’affetto aggiunti sono il modo in cui James cerca di ringraziarli senza parole ma sa che non è abbastanza.

Quando all’improvviso il movimento della sua vita ha ricevuto uno stop, come il fermo immagine di un film, è stato proprio quell’alone di amore e sostegno intorno a lui a dargli la forza di accettare quello che gli è caduto addosso, stordendolo.

Tiene tra le mani il suo dolcetto, incide la calotta semisferica e inizia a sbocconcellarlo.

Dice sempre quello che gli passa per la testa ma certi discorsi gli vengono difficili e gli ci vuole un po’ per dar via libera alle emozioni.

“Mi sembra incredibile! Appena un mese fa ero in ospedale a rischiare la pelle e adesso…”

“E adesso la fai rischiare a noi?”

È Jason a venirgli in soccorso, impegnato com’è a dividere con la forchetta un pancake mezzo abbrustolito: uno sgorbietto poco cotto da una parte e troppo dall’altra.

È quella complicità fraterna a dargli il coraggio di proseguire fino in fondo in un discorso che, da quando è uscito dall’ospedale, ha sempre evitato come un tabù.

Respira a fondo e muove lentamente le mani come per accompagnare quelle parole che non può più tenere solo per sé.

“Sono un ragazzo fortunato, nonostante tutto. Fortunato perché ho avuto vicino a me persone che mi hanno dato la forza, fortunato per aver scoperto la malattia in tempo. So che, anche se non c’è più, sono sempre considerato a rischio.

All’inizio sottoporsi a tutti questi controlli sarà pesante ma mi ci abituerò e, in ogni caso, è positivo perché ho la possibilità di sapere subito se c’è qualcosa che non va. Affronterò i prossimi cinque anni, questa fase di follow up , con qualcosa di buono che mi ha lasciato la malattia: adesso sono molto più forte!”

Sono parole così belle, così profonde, che è impossibile anche pensare ad una replica. Vale anche il silenzio di quegli attimi.

L’ottimismo di Jamie è incontenibile, contagioso: non vede il bicchiere mezzo pieno, lui vede il bicchiere pieno anche quando è vuoto e poi finisce per riempirlo.

Jason deve dissimulare la sua grande felicità dietro un attacco di tosse adesso che si intravede un luccichio negli occhi di tutti.

E in quel coinvolgimento emotivo l’ironia è, ancora una volta, la sua arma in più.

“Mi commuovi sai, fratellino? Non è da te usare parole difficili come follow up !”


Felpa con cappuccio, lettore mp3 e in mano quelle scarpe da ginnastica che si è comprato almeno due anni fa senza mai calzarle: è il tardo pomeriggio quando James decide di dedicarsi a quello che sta rimandando da almeno due settimane.

Apre la porta che dà sul giardino e trova Jason a giocare con Kin: non gli ha dato molte attenzioni ultimamente e il cucciolo impazzisce, in una sorta di nascondino, a fiutare e scovare i suoi giochi e il peluche che il ragazzo gli ha nascosto tra le siepi.

“Io vado a fare jogging! Devi scaricare definitivamente tutto lo stress e la tensione negativa accumulati. Venite con me?”

Sumire li osserva dalla finestra della cucina: l’impulsivo e impaziente James litiga con uno dei lacci; il saggio e riflessivo Jason, canottiera, pantaloncini e occhiali da sole tradizionali, è chinato e lentamente, con cura, si annoda la stringa.

È convinta che questa sia stata la medicina più efficace per Jamie, quella in cui si mettono tutto il cuore e l’amore, quella che solo la sua famiglia ha potuto somministrargli.


È autunno ma si sta ancora bene. I due corridori marciano a ritmo sostenuto, in prossimità del parco il fiato diventa nuvolette di vapore fuori dalla bocca.

Sono fuori allenamento e, dopo un po’, i loro muscoli freddi iniziano a tirare. Meglio spostarsi dal vialetto d’asfalto sulla terra: è più morbida e fa meno male!

Nei giorni scorsi ha piovuto e perciò i due fratelli scivolano un po’ sulle foglie e sul fango mentre Kin ci sguazza tutto contento.

Il parco di Akita è una bell’area con alberi, panchine, un curato prato all’inglese e uno specchio d’acqua: c’è chi prende il sole, chi passeggia con il cane al guinzaglio, chi legge comodamente un libro, chi usa impropriamente in fontanile come una piscina…

I gemelli imboccano il vialetto che porta al lago e si fermano alla fontana verde per bere.

“Correre è un assurdo passatempo con cui sfinirsi!”

Ansima Jason, asciugandosi l’acqua e il sudore dalla faccia. James da il via libera a Kin: trascorrerebbe ore a giocare ininterrottamente al parco e ha già fatto amicizia con un bassotto. Probabilmente ha bisogno di sfogarsi anche lui.


“La prossima settimana me ne torno all’università!”

Butta lì come una nota discordante accompagnata da un mezzo sorriso. È tempo di rialzarsi, di riprendere in mano la propria vita e Jason è immensamente fiero di suo fratello.

“Credevo che i tuoi corsi non iniziassero prima di metà ottobre!”

Si appoggia ad una ringhiera e inizia gli esercizi di stretching, simulando disinteresse.

“Anticipo la partenza. C’è l’appartamento da risistemare, la concentrazione nello studio da migliorare…Insomma, voglio imparare ad organizzare il mio tempo!”

L’incubo è finito. È uscito bene dalla malattia perché sono stati bravi i dottori e dal canto suo è cresciuto molto e adesso ha un atteggiamento più consapevole.

Si mette accanto a Jason e lo imita, allungandosi fino a toccarsi la punta dei piedi.

“Non è facile pensare che tutto sia finito e tornare a vivere senza paura!”

Ogni tempesta ha una fine. E ci sono le ultime nuvole da scacciare, gli ultimi effetti collaterali, anche per Jason.

“È stata un’esperienza troppo forte e potente per poter essere dimenticata! Il futuro però non mi spaventa, anzi non vedo l’ora che arrivi per viverlo!”

Con questa mentalità non fallirà qualsiasi cosa gli riservi il futuro perché la sua forza non è stata nel vincere ma nel non arrendersi.

Il cuore di Jason si gonfia di gratitudine, immerge la testa nell’aria e avverte una sensazione particolare: ad un tratto si sente leggero, colmo di uno straordinario entusiasmo.

Scompiglia i capelli a Jamie con una risata.

“Facciamo una gara a chi arriva per primo a casa?”

Testa dritta, braccia ad angolo retto, James lo brucia sul tempo e scatta in avanti.

“Correre Jay! Muoviti schiappa!”

Quella gioia per lo sport che condividono da sempre è risvegliata. Anche Kin percepisce che è tempo di tornare a casa e si avvicina a fiutare il padrone per la loro corsa insieme a sei zampe.

“Ehi non dobbiamo mica correre la maratona di New York!”

Jason è esausto: stare dietro a suo fratello oggi è sfiancante. Se continua così gli ci vorrà la rianimazione!

Poi decide di rallentare, senza badare alla distanza, alla velocità, al terreno: correre oggi è libertà, pura e semplice.

È un po’ come ripartire. Riannodare il filo da dove il destino lo aveva interrotto.

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Capitolo 25
*** Chaos sive Natura ***


Scarpe e giacche sparse ovunque nell’ingresso, briciole di pane e pentole sporche in cucina, in un angolo del tavolo in equilibrio precario quei piatti dozzinali che ha comprato Cliff perché non gli piacevano quelli raffinati prestati dai genitori e poi bicchieri scompagnati, mucchi di vestiti nelle loro camere, libri ovunque.

“Benvenuta nella mia umile dimora!”

James si sente completamente a suo agio da quando ha fatto ritorno al nido e ci ha messo ben poco per rimetterlo in disordine. Lydia gli lancia uno sguardo perplesso ora che ha scoperto pezzi di vita nascosti nel caos di un appartamento di studenti.

“Che carino il mosaico del bagno!”

Fa quella disinvolta, non lo lascia vedere ma sotto, sotto è un pochino schifata.

“Ah quello è un bell’enigma! Dovresti essere una psicologa per capirne il senso!”

Sono queste le mura in cui ha desiderato ardentemente far ritorno dal suo brutto viaggio, queste le finestre da cui guardare la pioggia scrosciante, questi i pavimenti freddi su cui stendersi quando fuori fa molto caldo.

Il piacere di ritrovarsi con Cliff è stato accompagnato dalla necessità dello studio, dal gusto della trasgressione, dalla ricerca dell’ironia, della compagnia e dell’avventura. Sono tornati i festaioli di sempre e, inconsapevolmente, si sono ritrovati anche a partecipare ad un compleanno: Yuma stenta ancora a credere ai cinquecento yen a cui ha dovuto dire addio per contribuire al regalo del festeggiato!

Ma il momento migliore è stato ieri l’altro quando James, in piedi sul divano, ha declamato le regole della serata: vietati moti autocommiserativi e autodistruttivi . Loro due da soli, due bottiglie di vino, tre pizze e una serie tv talmente scema che ad un certo punto hanno smesso di guardarla per darsi alle chiacchiere.


“Ci sono delle regole di convivenza?”

Lydia ispeziona la pila ingiallita di giornali sportivi mentre, ogni volta che apre l’acqua, un odore solforico risale gorgogliante dai tubi.

“C’erano all’inizio ma sono durate più o meno una settimana, da quel giorno ognuno fa quel che gli pare. Diciamo che è una casa ordinata ad ondate, quando non c’è Jason e durante i weekend si trasforma. Durante la settimana invece ci si può anche studiare o mangiare senza rischiare di prendere malattie!”

James si aspettava che lei rimanesse sopraffatta dinnanzi ad un tale abbandono invece si accorge che questa sfida sembra riempirla di energia. Si rimbocca le maniche e propone delle pulizie d’autunno . Ovviamente senza Clifford perché non è un caso che i gemelli lo abbiano soprannominato il mago per la sua capacità di sparire quando c’è da sgobbare!

James non si è mai impegnato tanto grazie a Lydia, la sua cartina di tornasole: tocca a lei insegnargli che della carta di giornale e un po’ d’aceto sono la cosa migliore per pulire i vetri.

Coperti di polvere, dopo un’ora passata a smistare e legare insieme i giornali, tutte le dita delle due mani del ragazzo affondano un solletico nei fianchi di Lydia.

“Temevo avremmo dovuto allertare una squadra di disinfestazione!”

Tiene una mano sulla sua nuca e con l’altra gli accarezza il mento.

“In effetti questa casa era il tao del disordine!”

“Siamo stati proprio bravi, invece! Che ne dici se per premiarci stasera usciamo insieme? C’è la festa delle matricole!”

Sono così vicini che James sente il fiato e il calore sprigionato dal corpo che ama. La voce e la delicatezza della mano che gli accarezza la guancia lo ipnotizzano.

“Il mio viveur preferito! Non è che queste feste di piazza oltre musica, scherzi e divertimento nascondano di più?”

“Sai che a me non è mai piaciuto il silenzio, la solitudine. Io sono più per il casino!”

“Buono a sapersi!”

Sposta la mano dietro il collo di Lydia per attirarla a sé e incontrare le labbra di lei. È un bacio delicato, quasi esitante, un leggero sfioramento ma la giovane vi si abbandona e Jamie sembra non aspettare altro perché il secondo bacio è tutt’altro che esitante. La bocca di lui si impadronisce di quella della fidanzata che gli avvolge le braccia intorno al collo.


“Prima che andiate a fondo con il vostro bacio alla francese tenete conto della presenza del sottoscritto!”

La voce sorniona di Clifford li interrompe, si staccano rossi in volto. Lydia tiene gli occhi bassi mentre lo sguardo beato di James può far pensare che sia su di giri per effetto dei detersivi - vero che l’odore di ammoniaca si sente fin dal piano di sotto- ma è palese che la sua gioia scaturisca dal cuore.

“Avete avuto una buona giornata? Mi chiedo perché vi ostiniate a pulire questo posto…”

Li prende in giro Cliff.

“Crediamo nel duro lavoro!”

Risponde Lydia rimettendosi una ciocca di capelli sotto la bandana che si è legata in testa.

“Tocca a me rendere questo posto abitabile per dar prova del mio valore a te e a mio fratello!”

Rincara James. In effetti quando lo ha saputo Jason ha riso perché era convinto che non ce l’avrebbe fatta.

Una volta finito di sistemare il casino superficiale la ragazza si allontana con la scusa di andare a fare rifornimento di viveri .


“È bello rivederti così! Con l’arcobaleno dentro!”

Jamie si siede sulla poltrona sgangherata, con un bicchiere di limonata in mano. Guarda Cliff che lascia cadere una pallina da tennis spelacchiata sulle assi regolari del pavimento.

“Non è stato facile lasciarsi dietro tutte le sensazioni, i malesseri che hanno abbracciato i miei stati d’animo in questa lunga estate! Mi mancava tutto questo, il mio vecchio io. Mi mancavo se fosse possibile!”

La palla rotola seguendo una linea retta, traccia una curva lungo un tappeto sbiadito ed entrambi ne seguono la traiettoria.

“È stata una gran batosta! Hai perso una parte di te ma non ti sono mai mancate la voglia e la forza di combattere!”

La pallina rotola attraverso la porta e finisce in camera di Cliff. Lui balza in piedi e la segue come se fosse una preda viva, con dei movimenti così buffi che il suo coinquilino inizia a ridere di cuore.

Lo distrae una notifica. Apre la sua pagina facebook incuriosito da quel tag e resta incredulo difronte all’umiltà, o ego smisurato, di Jason…

“James hai fatto sparire le mie cose? Dov’è finita la mia collezione di incarti di lecca-lecca?”

Meglio lasciare a Cliff il lusso della rabbia! Gli ululati di collera provenienti dalla stanza pulita stranamente gli sono di conforto.


Ogni mamma ha partorito un bambino tranne la mia. Lei ha partorito una leggenda. Batti cinque mamma. Capito James?! Tu sei stato adottato !!!

Jason si frega le mani con un sorrisetto beffardo e furbo perché con quel post appena pubblicato è certo di smitizzare un po’ il legame tra gemelli. Se non altro è un modo per interagire con il fratello perché, nonostante tutto, gli manca.

Lui e Zahra si stanno godendo mari e spiagge da cartolina, nel parco marino protetto a est di Kuala Lumpur, nell’isola di Redang.

Autenticità mozzafiato con la barriera corallina dominata da coralli blu e quell’immersione alla scoperta dei relitti di due navi inglesi affondate dai giapponesi durante la seconda guerra mondiale.

Si sta gustando la spiaggia dell’isola più incontaminata della Malesia quando la vede arrivare. Zahra è a dir poco magnifica: indossa un costume nero appena coperto da un pareo che esalta le sue forme toniche e slanciate, i capelli sciolti danzano ai suoi movimenti.

“Sei bella come un angelo!”

Lei si leva gli occhiali da sole ed è davvero da togliere il fiato.

“Credevo fossi bella come un gol al novantesimo!”

“Sono un romantico d’altri tempi io!”

Sono così ubriachi di felicità che, strillando come due bambini scapestrati ed evitando gruppi di persone che dormono accanto ai falò spenti, giocano a rincorrersi fino all’acqua.

Arrivano al ruscello che scorre attraverso la spiaggia e decidono di attraversarlo a nuoto perché si sentono avventurosi. Arrivano dall’altra parte, quasi al termine della foce, si siedono ansimando sulla riva. Jason riprende fiato un po’ dopo di Zahra.

“Non è che mi muori qua, eh?”

Scherza lei.

“Credo di sì!”

Risponde il ragazzo e si lancia su di lei. Sono entrambi zuppi mentre le mani scivolano lungo i fianchi, sulla pelle abbronzata, e sul bordo degli short del bikini.

Molto film romantico.


Quando tornano al resort, Zahra si aggiudica il diritto di essere la prima a fare una doccia calda. Jason, non avendo nulla da fare, approfitta di quel momento di relax nel loro bungalow per coricarsi con il telefono in mano.

Non ci mette troppo prima che inizi a squillare.

“Ehi Sandokan non ti hanno ancora sbranato le tigri di Mompracem?”

Quella voce polemica, da oltre cinquemila chilometri di distanza, gli è fin troppo nota.

“No gemellino! Ho visto soltanto pesci pagliaccio!”

“Ah quindi i fratellini di Nemo! O…i parenti di Bruce?”

È inutile per loro fingere che tutto sia tornato alla normalità perché quest’esperienza li ha segnati lasciando strascichi che si protrarranno nei prossimi anni e cicatrici per sempre. Ma sapere che James sta riprendendo la vita e le abitudini precedenti gli riscalda il cuore.


“Come va con lo studio?”

“Benone! È così bello essere un universitario. Sto facendo un corso accelerato di recupero spensieratezza, serate con gli amici e giornate trascorse a parlare di esami e calcio. Non mi è pesato nemmeno svegliarmi alle sei di mattina e poi ritrovarmi, comunque, a fare la fila in segreteria o pranzare in mensa con Cliff!”

“Te lo meriti Jamie! Meriti di essere felice, fratellino!”

L’intenso momento viene interrotto dai commenti che continuano ad arrivare al post di Jason. Bruce, per smentirlo, ha postato una foto dei gemelli ai tempi di Yomiuri Land: due ragazzini uguali nella divisa dell’Hot Dog, naso camuso ed espressione di chi ha appena ricevuto una padellata in pieno viso.

Ma è un’altra la risposta che li spiazza, del tutto inaspettata.

“Jason?!”

“James?!”

“Da quando la mamma usa i social network?”

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Probabilmente non conosceremo mai la risposta di Sumire, lascio a voi libera interpretazione! La prima parte del post di Jason l’ho trovata navigando su Internet…Poi l’ho personalizzato. E così, incredibile ma vero, sono arrivata alla fine di questa avventura e come accade spesso c’è un misto di gioia e orgoglio e di nostalgia per questi personaggi che mi hanno tenuto e ci hanno tenuto compagnia per 8 mesi. È doveroso ringraziare chi ha voluto accompagnarmi in questo “lavoro” commentando, consigliandomi, semplicemente leggendo. Allora un grazie davvero grande, grande a: AmilyRoss : Ma come avrei fatto senza di te? Ci siamo talmente “innamorate” dei nostri gemellini da fare pure eventuali casting per scritturarli…Ci siamo dette già tante di quelle cose in privato che non saprei davvero cosa aggiungere se non…Grazie per esserci sempre!

Mahlerlucia: Cara trovare la tua prima recensione è stata una grande gioia e confesso di aver aspettato le altre e di averle lette con il sorriso…Sono contenta di averti conosciuto grazie a questa storia, mi hai fatto sentire meno sola sapendo che non sono l’unica a preferire i personaggi secondari. E chissà magari un giorno anche Sandy avrà il suo momento di gloria!

Un grazie di cuore anche a Susieprice, lolly19 e Krys: grazie ragazze per le vostre recensioni appassionate e partecipi. A presto <3

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