Real love

di Stardust85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Al primo sguardo ***
Capitolo 2: *** Il ballo ***
Capitolo 3: *** Inseguendo una chimera ***
Capitolo 4: *** Tormenti ***
Capitolo 5: *** Parlami di te ***



Capitolo 1
*** Al primo sguardo ***


Al primo sguardo

La prima volta al Cavern Club, fu anche la prima in cui lo vidi. Non ero mai stata in quel locale. Se i miei lo avessero saputo mi avrebbero rinchiusa in casa per il resto della vita.
Phil e i ragazzi sorseggiavano pinte di birra seduti a un tavolo. Io, Kate e Eleonor eravamo ansiose di ballare e nessuno di loro ci dissuase dal farlo. Il gruppo che si stava esibendo si faceva chiamare Beatles. Avevo sentito vociferare di loro. Il loro sound era fantastico, qualcosa che non avevo mai sentito. Ci divertimmo talmente tanto al ritmo di quella musica che danzammo spensierate per tutto il tempo. La sala era piena di gente.
A un tratto la musica cambiò accelerando il tempo. Perfino la voce del cantante era differente. Il testo, dolcissimo. Mi fermai ad ascoltare completamente rapita. Senza accorgemene, mi ero spinta quasi fin sotto al palco, lasciando il mondo intero alle mie spalle. Fu allora che lo vidi. Era chino sul suo basso elettrico. Aveva un viso perfetto, incorniciato da un folto caschetto castano. Il suo sguardo, concentratissimo sulle corde del basso che faceva vibrare. Era bellissimo. Aveva il viso completamente imperlato di sudore e questo mi eccitò segretamente. Di colpo alzó lo sguardo e si voltò diritto verso di me.
Nello stesso istante in cui i nostri sguardi si intrecciarono, fui attraversata da una scarica elettrica che scosse ogni parte del mio essere. Ciò che desiderai in quel momento non ebbi il coraggio di confessarlo neanche a me stessa. Poteva mai suscitare così tanto un semplice sconosciuto? Lui accennò un sorriso divertito, probabilmente per avermi colta a fissarlo più di quanto fosse concesso dalle buone maniere. Arrossí violentemente e abbassai subito lo sguardo.
Prima di avere il coraggio di alzare di nuovo il viso, chiusi gli occhi e contai fino a tre, poi mordendomi il labbro inferiore, azzardai a guardarlo di nuovo. Aveva un sorriso sornione stampato sulla faccia, e prima che potessi sprofondare completamente nel turbine di emozioni nel quale stavo annegando, mi schioccò l'occhiolino.
Fu quello il momento esatto... L'attimo fatale in cui capì. Che ero completamente pazza di lui. Le ragazze giunsero a me e ridendo mi trascinarono via da lui, da tutto. "È 
tardissimo. Se non ci muoviamo i nostri vecchi ci ammazzeranno". 
Mi voltai solo un attimo per guardarlo ancora, prima che sparisse, forse per sempre, dalla mia vita. 
A casa quella notte mi girai e rigirai tra le lenzuola. Avevo tutto di lui 
impresso nella mente. Le sue parole, il suo sguardo, la sua musica che ancora elettrizzava ogni centimetro del mio corpo.
Ma chi volevo prendere in giro. Io ero una ragazza di buona famiglia, lui un'artista, un cantante rock. Non l'avrei mai più rivisto. Era certo. Una lacrima segreta scivolò via intentando un salto nel vuoto senza ritorno e finì per bagnare il cuscino. 
Non mi accorsi neppure che stavo piangendo, quando stupita portai la mano al viso cancellando via quella traccia appena accennata sul mio viso.
Mi sollevai di scatto e guardai l'abito blu notte di chiffon che i miei avevano 
acquistato come regalo per il mio compleanno. "È stato confezionato apposta per te. Tuo padre ha detto che sono delle sarte italiane davvero talentuose. Volevamo che per il ballo studentesco fossi la più bella", disse mia madre qualche settimana prima. 
Il ballo... 
Io ero nel comitato studentesco con Eleonor. Non eravamo riusciti a trovare qualcuno disposto a suonare, neppure i ragazzi del corso musicale. Avremmo potuto convincere gli altri in assemblea a chiamare loro. Erano eccezionali. Di certo chi li aveva giá sentiti suonare, non ci avrebbe mai negato questa innocente richiesta.
Era perfetto. Mi compiacqui con me stessa per il mio piano. Ora avrei dovuto solo resistere fino al mattino seguente. 
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
NdA
Salve a tutti. Amo i Beatles da una vita, ma solo di recente mi sono appassionata in modo particolare. Sono diventati quasi un'ossessione per me X°D ( e non sto scherzando, perfino la pubblicità mi perseguita; ovunque sento loro canzoni). L'estate appena trascorsa è stata per me la mia "summer of love". È come se la Beatlemania mi avesse travolta a distanza di 50 anni.
Per questo è nato questo racconto. Per me è come fare un sogno ad ogni aperti. Un sogno in bianco e nero al ritmo di rock'n roll. In particolare amo la storia di McCartney e di sua moglie Linda, ma volevo immaginarla in modo un po' rivisitato (e per rivisitato intendo più spudoratamente romantico). 
Spero in qualche modo che io possa riempire  piacevolmente un po' del vostro tempo e della vostra attenzione, con le mie fantasie di carta (anzi no digitali X'D).
Ad ogni modo, buona lettura.
^///^

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Capitolo 2
*** Il ballo ***


Il ballo

(Lei)

Quella sera ero al settimo cielo. L'aria era frizzante. Era solo un rito di passaggio ma ci avevamo messo mesi ad organizzarlo e solo nell'ultima settimana avevamo definito gli ultimi dettagli. Tra cui la musica. Sorrisi complice con la ragazza che mi scrutava riflessa dall'altra parte dello specchio. Ero stata brava. E nessuno aveva sospettato nulla. Avevo raccolto i capelli in una acconciatura molto delicata, che evidenziava il collo sottile e metteva in risalto il delicato decolté. Il vestito non aveva spalline, ma fasciava il busto in modo impeccabile. La gonna ampia lasciava scoperte le caviglie; sotto lo chiffon, tanti strati di velo morbido, la rendevano sfumata come una nuvola blu.
Mio padre entrò nella stanza con un cofanetto blu vellutato in una mano e un fiore nell'altra. Lo guardai meravigliata. "Ancora regali. Papà non dovevi". "La mia unica figlia merita di andare al ballo con in dosso il fiore più bello. È un'orchidea. È rara. Come te. E renderesti molto fiera di te tua madre se volessi indossare anche queste." Dal cofanetto vellutato estrasse un collier di perle bianche molto piccole. Erano quelle della mia amata nonna. Lo guardai commossa e sorrisi di gioia, abbracciandolo.
Adesso era tutto perfetto.

(Lui)

Quando varcò il portone per entrare in sala, il mio cuore sussultò. Avevo già visto quella ragazza.
Il vestito di chiffon delineava ogni curva, sebbene accennata del suo corpo esile e sinuoso. Avevo conosciuto, anche fisicamente, ragazze più appetibili. Ma nessuna aveva il suo sguardo dolce, innocente.
La prima volta che la vidi, mi colpì come uno schiaffo inaspettato. Era bella e aveva un viso talmente ingenuo che, burlandomi di lei, le schioccai un occhiolino. Fu sorprendentemente tenero il modo in cui arrossí. Conoscevo il mio ascendente sulle donne... Il fascino del cantante rock. Ma all'improvviso mi sembrò quasi ovvio che con lei avrei avuto molte difficoltà a portarla subito a letto. Non era il tipo di ragazza che si sarebbe svenduta per poco. In lei tutto esprimeva delicatezza, soprattutto quegli occhioni verdi, incorniciati da sprazzi di lentiggini.
Appena fece il suo ingresso nella sala da ballo, molti ragazzi si voltarono a guardarla. Lei non se ne accorse neppure. Chissà se sapeva quanto fosse bella. Si muoveva come se non avesse la piena consapevolezza di quanta luce irradiasse intorno a sè.
Io la osservai divertito. Ero appoggiato al mio basso. Mi rivolsi a Jhon. "Suoniamo... " Lui mi seguí subito a ruota su "I Saw Her Standing There". Fu come se cantando potessi chiamarla per nome, un nome a me sconosciuto. Voltati verso di me strana e misteriosa ragazza dallo sguardo smarrito. Non mi vedi... sono qui. All'improvviso come se le note del mio basso l'avessero svegliata da uno strano torpore, nei suoi occhi saettò una scintilla. Il suo sguardo si accese di interesse e iniziò a cercarmi con gli occhi. Con l'espressione incuriosita, si fece largo tra la folla che piano piano e a stento si aprí per farla passare.
Cosa mi stai facendo? Perché voglio essere guardato da te?... Perché ti sto desiderando così forte da stare male?
La folla si aprì piano e apparve intera di fronte a me... Ed era tanto bella da mozzare il fiato. Mi guardò come i bambini guardano la neve per la prima volta.
La mia sola consapevolezza era che fosse là sotto solo per me. Quindi non mi ero sbagliato. La cosa mi diede alla testa. Quegli occhi... Cosa mi stava facendo. Iniziai a cantare. Ringo batteva il tempo, Jhon e George mi facevano da coro. Il pezzo che stavamo eseguendo era mio. Ne avevo scelto ogni singola parola, ma ora tutto ciò che pronunciavo assumeva un senso differente. Era come se quella canzone, come una sottoveste trasparente, le calzasse a pennello.
Stavo delirando per la gioia. Mi sentii un Dio di fronte a lei, almeno fino a quando non osservai con più attenzione le sue labbra socchiuse. Piano piano quasi impercettibilmente si morse il labbro inferiore. La cosa mi mandò letteralmente il sangue al cervello. Dovevo parlarle. Dovevo fare qualcosa. Una cosa qualsiasi.

(Lei)

Quando riconobbi il suono del suo basso mi affrettai. Era lì... E io ero finalmente a un passo dal rivederlo. Con le mani cercavo di farmi spazio tra la folla. Era difficile arrivare sotto il palco, ma l'ultimo muro di persone che mi ostacolavano dal giungervi, si aprì piano, lasciandomi giusto lo spazio per passare. Lui mi guardò. Era come se mi avesse tenuta d'occhio per tutto il tempo. Aveva un'aria cosí divertita. Mi sentì vulnerabile come se fossi stata colta in flagrante a rubar qualcosa. Distolsi per poco lo sguardo per poi pian piano tornare a guardarlo; Osservai le sue mani, specialmente la sinistra, muoversi velocemente sulle corde. Desiderai di essere accarezzata da quelle dita affusolate con la stessa dolcezza con cui sfiorava quelle corde. Alzai lentamente lo sguardo verso di lui e con mio immenso stupore mi stava ancora fissando. Come era possibile? C'erano più di 300 persone che danzavano lì nell'immenso salone, tra cui ragazze bellissime di quelle che non puoi non girarti ad osservare meglio. Eppure era me che continuava a fissare. Cantò a squarciagola... "Well she looked at me And I, I could see That before too long I'd fall in love with her She wouldn't dance with another..." ...come se quelle parole fossero state pronunciate apposta. D'istinto morsi il labbro inferiore. Un vecchio vizio che non ero mai riuscita ad abbandonare. L'istante seguente sbagliò una nota credo... Ad ogni modo il suono ne uscì distorto e stonato. Ci furono dei risolini divertiti di qualcuno. Era Jhon, l'altra voce del gruppo. La risatina risuonò al microfono in tutta la sala. Era troppo per me. Colta in fallo, mi voltai e presto lasciai alle spalle tutta la band e quel ragazzo, l'unico per il quale avessi mai provato attrazione, per poi sparire tra la folla.

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Capitolo 3
*** Inseguendo una chimera ***


Inseguendo una chimera

(Lui)

Sbagliai una nota. Il mio Hofner stridette in un suono acuto e Jhon rise divertito. Lo guardai truce mentre con la mano copriva il suo microfono e rivolgendosi a me disse sarcastico "La tua bambolina se ne sta andando". 
Nonostante il volume molto alto dei nostri strumenti, colsi al volo il suo messaggio. Mi voltai di scatto, ma la folla l'aveva inghiottita. Dov'era andata, maledizione!
Il brano non era giunto nemmeno a metà. Non potevo certo lasciare i ragazzi così e correrle dietro, ovunque lei fosse.
Appena la canzone terminò, annunciai al gruppo che potevano eseguire il prossimo pezzo senza di me. 
Non attesi la loro risposta e senza neanche guardarli, immaginai le loro facce sgomente alle mie spalle. Eccetto Jhon. Lui mi conosceva troppo bene da prevedere ogni 

mia mossa. Disse soltanto "Sei sempre il solito. Sempre a correre dietro a un paio di mutandine. Questa che numero è?!". 
Non meritava una risposta. Infondo ero già lontano quando pronunciò le ultime battute e avevo altro a cui pensare. Maledizione. Dov'era finita?
Si era vero. avevo collezionato un numero abbastanza soddisfacente di storielle. Ragazze facili che per me avrebbero fatto qualsiasi cosa. Ma questa misteriosa sconosciuta... Volevo sapere tutto di lei. Volevo che lei sapesse tutto di me. non avevo mai desiderato tanto conoscere qualcuno. Le donne venivano a me come le api al miele. Non mi ero mai trovato nella circostanza contraria, e la cosa rendeva tutto più eccitante.
Mentre percorrevo ogni centimetro dell'enorme e maestoso palazzo, un college alquanto prestigioso per famiglie più che altro borghesi, con lo sguardo ero alla disperata ricerca di lei.


Ricordo bene la prima volta che la vidi. Quella sera ci stavamo esibendo al Cavern. Lei era in compagnia di un paio di amiche. Non l'avevo mai vista lì prima di quel momento. Ero lì che accordavo il mio basso quando la sua risata allegra richiamò la mia attenzione. Attraversò in un istante il mio orizzonte come una cometa. Correva dietro alle sue amiche con l'aria innocente ma anche un po maliziosa di una bambinetta che ha fatto una marachella e lo vuole nascondere. Suonammo. La osservai per tutto il tempo muoversi felice a tempo di musica. 
Appariva delicata, forse anche troppo per stare in un posto così. Cosa diavolo ci faceva lì. Doveva essere a casa, nella sua camera da letto, a spazzolare le sue bambole.  Sembrava una bambina eppure era evidente che tutto in lei stava fiorendo. Era come un germoglio sbocciato anzitempo.Troppo fragile e delicato perfino da guardare. 
Non c'erano uomini accanto a loro. Forse per questo lei e le sue amiche si guardavano come tre complici. Ciascuna di loro avrà inventato una cena o forse un pigiama party a casa dell'altra e così ora come tre gattine disobbedienti si beavano della loro ritrovata libertà.
Iniziammo a suonare "She loves you". Diedi tutto me stesso. Eravamo scatenati. Ricordo che lei rallentò e poi si fermò completamente immobile in quella folla danzante. Mi piacque ciò che vidi. Mi fece sentire potente. 


Ma ora dov'era... Mi ritrovai a cercarla come un matto tra la folla e per quelle immense sale, sperando solo di scambiare una parola. La mia vita in cambio del suo nome. Almeno ora sapevo che scuola frequentava. Mi sarei appostato davanti all'Istituto anche ogni giorno, fino a che non l'avrei ritrovata.
Nella mia testa fantasticavo e pianificavo ogni dettaglio. Lasciai perdere il ballo. Era chiaro che non fosse più lì. Così mi precipitai fuori. Percorsi rapidamente una delle due rampe dell'enorme scalinata. Si poteva dire tutto, tranne che quel ballo non fosse stato organizzato in grande stile. Una serie di lucine percorrevano 

tutta la balconata fino a raggiungere i piedi delle scalinate. Candele erano sistemate ovunque. Ad un tratto eccola, la mia chimera. Fu come essere colpito da un pugno nello stomaco. Lei era là, splendida in quel suo lungo abito di chiffon blu notte, e un altro ragazzo lì con lei le sbottò qualcosa addosso. Ero pronto a correre giù a gonfiarlo di botte. Ma prima che muovessi un muscolo, quell'estranea e ingombrante presenza, la abbracciò forte a sè. E lei non fece niente. Restò immobile come un giocattolo inanimato tra le sue avide braccia.

Strinsi i pugni finchè le nocche non divennero quasi livide e rientrai  sconfortato. Jhon era appena fuori dall'ingresso, un pò di lato. Aveva in bocca una sigaretta e ovviamente aveva assistito a tutta la scena. "Ne vuoi una?", non risposi, in silenzio allungai la mano verso il pacchetto che mi veniva posto davanti. Ne estrassi una e la portai alla bocca. Parai una mano davanti per non far spegnere la fiamma dell'accendino che vibrò al vento, e senza ancora emettere un suono, guardai Jhon che mi osservava con un sorriso sornione. "Cosa vuoi Lennon!" ma la domanda suonò piuttosto come una secca affermazione. ero scazzato di brutto. "Sei un coglione McCartney" e ancora una volta mi irritò quel suo modo di parlarmi, come se fosse il leader anche fuori dal gruppo.
Un moto di rabbia salì improvviso da una parte molto recondita di me. Lo afferrai dal bavero della giacca " Che cazzo vuoi dire". "Esattamente ciò che ho detto" fece una pausa, poi continuò "Perdi continuamente la testa per queste ragazzine. Ma poi tanto lo sai che ti stancherai presto, anche di lei". Fece un'ulteriore pausa, stavolta il suo tono sarcastico non c'era più, "E' una brava ragazza. Non fa per te... lasciala perdere. Merita qualcosa di più di una sveltina con te".
Jhon era sempre troppo pratico nel parlare. Gli volevo bene come ad un fratello, sapevo che infondo dietro la maschera dell'ironia, celava anche lui una grande insofferenza. Non era in grado di costruire rapporti duraturi con le donne, non era in grado di amare nè farsi amare come facevano gli altri. Per quelli come noi, l'amore era solo piacere fisico, e i sentimenti ci erano preclusi in partenza. Tuttavia per una volta aveva detto qualcosa di giusto, e la cosa mi bruciava tremendamente. Io non ero abbastanza per lei. 

Gettai fuori dai polmoni un enorme sbuffo di fumo. Osservai la polvere che il vento aveva sollevato nel punto in cui poco prima c'era stata lei, posarsi sempre più piano a terra. Tutto  era tornato quieto. Anche il mio cuore.
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

NdA
Salve a tutti. A breve seguiranno altri capitoli! Sono quasi pronti. Nel frattempo spero che continuerete a seguirmi. ^.^

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Capitolo 4
*** Tormenti ***


Tormenti


(Lui)
Lasciala perdere...
Quelle parole risuonavano a vuoto dentro di me, mentre sudato mi giravo 
e rigiravo nel mio letto. Cosa avrei dovuto fare, dimenticare il suo viso? 
Immaginare di non averla mai incontrata? Si, forse avrei dovuto, se questo
 fosse servito a lenire almeno una piccola parte di quel dolore al
 centro del petto. In fin dei conti che senso aveva insistere,
 se nella sua vita c'era già quel damerino arrogante. Sarebbe stato
 facile lasciar perdere tutto... E invece no. Non riuscivo neppure a dormire. 
Mi alzai con uno scatto e mi vestii subito. Scesi in strada quando l'aria era ancora
fredda e umida; il sole sarebbe sorto di lì a poco. Salii in macchina e guidai
senza una meta, prima che la mia attenzione venisse catturata dall'insegna luminosa
 ancora accesa di un vecchio pub. Appena varcai la soglia vidi un paio di ubriaconi
 collassati sui loro boccali di birra ormai scolati. C'era un bel tepore che 
mi tranquillizzò subito, nonostante mi domandai perchè mai volessi bere alle quattro del mattino.
Ordinai uno scotch e per ben due volte rimasi a fissare a lungo il 
mio bicchiere svuotato troppo in fretta.
Restai seduto al bancone a ripensare a loro due. Dopo quella pietosa immagine nel
 vialetto dell'istituto , li avevo visti ritornare insieme al ballo. Lui le sorrideva in modo smagliante,
lei indossava un sorriso composto. 
Ma sapevo cosa avevo visto per tutta la serata. Avevo visto una ragazza ballare
con un uomo che non amava. Non era possibile! Non dal momento che il sorriso gentile
e cortese che rivolgeva a
lui, era vuoto e non trascendeva alcuna emozione. Non come gli sguardi
furtivi che rivolse più volte a me.
Perché tutto di lei, tutto era totalmente e follemente desiderabile. Cosa
aveva lei che un'altra non avrebbe potuto darmi. Chi lo sa... forse l'amore? 
Bravo. Bella risposta del cazzo. E ora che il sospetto si era insinuato, come avrei potuto 
vivere con la consapevolezza di dovermi lasciare quella possibilità alle spalle?
Mi faceva troppa rabbia, non potevo tollerare la presenza di quell'individuo 
nè di chiunque altro accanto a lei. Strinsi i pugni.
La cameriera fu carina. Il secondo giro me lo offrì praticamente gratis.
Aveva amoreggiato con me per tutto il tempo senza dissuadermi dal
pensare a lei... lei soltanto. Mi strizzó l'occhiolino, e piegandosi per versarmi
il secondo bicchiere, lasciò intravedere  nella scollatura.
"Alle sei stacco. Sembri piuttosto triste. Ci facciamo un bicchierino da me?".
L'offerta mi piacque e non me lo feci ripetere. Volevo provare a me stesso
che non ero incatenato a quella ragazza bambina. A quella pelle vellutata. A
quel sorriso innocente. A quegli occhi. Quella bocca che mordeva troppo
spesso per la mia sanità mentale.
Accennai un sorriso vuoto alla ragazza che avevo di fronte e risposi solo
 "Ho la macchina qui fuori".
La situazione era piuttosto familiare. Di lì a poco avrei ottenuto del buon
sesso di sicuro. La ragazza sapeva il fatto suo. Appena entrai nel suo
appartenento mi saltò addosso come una gatta. Le misi subito una mano
sotto la gonna per poi salire piano fino a trovare l'elastico delle sue
mutandine. Non riuscì e ritentai con la sua camicetta bianca da cameriera.
Quando fu seminuda davanti a me non riuscì ad andare oltre. Provai a
lasciarmi andare. Ma non provai alcun trasporto. Lei provò a toccarmi... 
Poi mi guardò delusa. "Forse è il caso che tu vada". Non le dissi nulla.
 Mi sentì solo uno stupido. Abbottonai i pantaloni e uscii dalla stanza
lasciandola lì dov'era.
Mi ritrovai di nuovo solo in strada. Mi accesi una sigaretta e mi infilai in
macchina senza una meta. Senza che me ne rendessi conto venti minuti dopo ero di fronte
alla sua scuola.
Fumai almeno altre  quattro sigarette prima di vederla arrivare. Erano le sette e
mezza del mattino. Era mattiniera. Meglio così. Avrei avuto il tempo per
parlarle. Scesi dalla macchina. Lei aveva un viso crucciato; una piccola ruga
le si era increspata proprio lì in mezzo tra le sopracciglia e i suoi occhi
sembravano pensierosi.
Non indugiai altrimenti. Mi feci avanti. Lei praticamente non mi vide
neanche. Quasi mi venne addosso prima di voltarsi e guardarmi.


(Lei)
Quella notte non chiusi occhio.
E ora camminavo lungo il sentiero che portava a scuola totalmente assorta 
nelle mie fantasie. Nella mia mente c'era
soltanto lui. Per tutta la notte avevo fantasticato su noi due. Mi sentì le
guance bruciare. Poi mi tornò in mente che ero stata pizzicata a guardarlo,
probabilmente senza troppo candore. Qualcuno dei suoi amici non si era
perso la scena e ci si era fatto su anche due risate. La mia fuga per la
vergogna. E dopo tutto questo ci mancava anche Phil e la sua stupida
scenata. "Dovevamo andare al ballo insieme." mi accusò "E invece scappi via. Mi eviti e sei evasiva.
Dimmi almeno perché?". Come dirgli la verità. Come giustificare il fatto che per 
nessuna ragione volevo esser vista insieme a lui davanti a... Come potevo dirgli che
era stato solo la scusa per avere il permesso di andare al ballo? Il mezzo che mi serviva
per vedere lui... McCartney?
E poi la sua proposta inaspettata. "Sai che siamo perfetti insieme. Perché
non mi vuoi? Permettimi di amarti. Quando usciamo con gli amici, sembra
quasi che io non esista per te."
Phil era uno apposto, dopotutto. Era un bravo ragazzo e di buona famiglia. I suoi erano
amici dei miei da molti anni. Era quasi scontato che avremmo finito per
fidanzarci e poi sposarci. Era dato ormai per certo. All'inizio la cosa non mi
dispiacque. Non che ammassi Phil. In un certo senso gli volevo anche bene.
Ma era bello avere il permesso per uscire di casa con lui e altri nostri amici
in comune. Tutto sommato, se non fosse stato per lui, la sera del mio
compleanno non mi avrebbe mai portata al Cavern Club. Disse ai miei che
saremmo andati tutti al cinema. E invece, con aria furbetta, arrivati in auto
esordì dicendo "Stasera ti porto a ballare. C'è un posto bellissimo dove
suonano un sacco di gruppi forti. Vedrai... Ti piacerà".
Ripensavo a tutto questo, quando urtai il braccio a un tizio. Non l'avevo
affatto visto. Ma da dove era sbucato? Mi voltai per scusarmi e restai per un
attimo senza parole.
Un paio di occhi marroni, i più belli che avessi mai visto, mi fissavano divertiti. Sghignazzó appena per non essere troppo scortese
e poi si ricompose, continuando però a sorridere in maniera gentile.
"Chiedo scusa" fu tutto ciò che dissi.
"Ma no. Sta tranquilla. Sei tu che devi scusarmi. Non ridevo di te. Anzi... A
dire il vero ti stavo aspettando. Sei in ritardo".
Strabuzzai gli occhi. " In ritardo io? Per cosa?" accennai un sorrisetto
imbarazzato "Non ti conosco nemmeno!" mentii spudoratamente. "Beh, per cominciare io son qui
dalle sei e mezza. Sono le sette e mezza. Sei in ritardo di un'ora. Ma ti
perdono non preoccuparti". Risi nervosamente. "Perdonarmi? Ma cos'è? Sei
forse ubriaco?" Abbassai lo sguardo e gli girai intorno per proseguire il mio
cammino mentre sotto i baffi non riuscì a trattenere il sorriso.
Lui non esitò ad affiancarmi e a percorrere la strada con me. "Beh... Sono già due volte
che ci incontriamo senza darci un appuntamento.
Ho pensato che visto che ormai siamo praticamente amici dovremmo darci, 
se non altro, un orario. Non mi piace aspettare sai?".
" OK. Adesso davvero non ti seguo." Camminavo senza più guardarlo. Lo
sguardo fisso davanti a me per non ridere. Il passo più veloce. Un lieve rossore sulle
guance.
"Beh. Non volevo deluderti. Ho notato che ammiri molto la mia musica e ho
pensato che dal momento che la scorsa notte sei fuggita sul più bello, avrei potuto fare un concerto in privato solo per te".
"OK ti giuro che adesso urlo" mi feci seria.
"Ti prego ti prego ti prego. sono un idiota. Non intendevo quello." mi si parò davanti. "Non volevo offenderti. Ma
tu... Mi confondi le idee." si schiarì la voce. Mi guardò preoccupato. Lo fissai
per un istante troppo breve prima di scoppiare a ridere.
Lui si rilassò e disse "Scusami. Non era mia intenzione essere sconveniente, giuro. 
Ti volevo parlare ma non sapevo cosa dirti."
"Beh... Intanto potresti iniziare scusandoti anche tu." abbassai lo sguardo. Quando lo rialzai 
verso di lui aveva il volto preoccupato in attesa di una sentenza.  "Ti aspettavo da molto anch'io".
Il suo volto angelico  si illuminò all'istante. Ci guardammo complici di quello stranoscambio di battute
e del  significato che stava prendendo. Non riuscì a reggere oltre  il suo sguardo e arrossendo 
strinsi più forte a me i libri.

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Capitolo 5
*** Parlami di te ***


Cap 4 (Lui) "Facciamo un giro con la mia auto. Ti porto a fare colazione in un posto carino". " Ehm... Ricordi? Io ho la scuola alle otto". "Allora dove andiamo?" mi guardò stranita "Dove vorresti andare?" e poi si rabbuió. "Hai capito male. Io vorrei solo passare un pó di tempo con te". Lei fece un sorriso bellissimo. "E va bene. C'è un parco qui vicino dove passo un pó di tempo a ripetere, prima di entrare a scuola. Mi fai compagnia?". Non potevo chiedere di meglio. "Qual'è il tuo nome?" "Mi chiamo Jude". " Non vuoi sapere come mi chiamo io?" "Ma tu sei Paul McCartney" disse proseguendo dritto senza guardarmi. Mi spiazzò. "Come conosci il mio nome? " La sera al Cavern Club, ricordi?" esitó "E poi sei piuttosto popolare qui a Liverpool. Tutti i ragazzi della tua band lo sono". " Scrivi tu le tue canzoni?" "Io e Jhon a dire il vero." "Da quanto vi conoscete?" "Da un pó". Non disse nulla, fui io a continuare " Entrambi abbiamo perso le nostre madri. Fu una cosa che ci unì molto. E da allora siamo inseparabili." Ma perché glielo stavo raccontando? Mi guardò con gli occhi pieni di comprensione. "Non dev'essere stato facile." Bene... Adesso provava pena per me. "Sei stato forte!" "Cosa?" mi sorprese. "Si. Farsi coraggio e andare avanti. Non è semplice. È per questo che c'è una vena di malinconia in alcune tue canzoni?" Una pausa, poi continuò "Hai dentro una rabbia e una dolcezza infinita. Sei un sentimentale. Metti nelle canzoni tutto quello che hai dentro. Mi piace come sei". Anche tu ragazza... Anche tu mi piaci. (All've go to do) Maggio volgeva al termine. L'aria fredda del mattino si stava ormai scaldando. L'erba era fresca e lei vi si adagiò come se fosse parte di quegli stessi fiori, di quell'erba e di quel cielo incredibilmente azzurro. Era una dea. Mi sedetti accanto a lei. Si tolse le scarpe. "Cosa fai?" domandai incuriosito. " Non hai mai provato il piacere di stare a piedi nudi nell'erba?". "Certo che si" poi ci ripensai... "No credo di no". Lei rise " È una sensazione bellissima, perché non provi?". Mi liberai in fretta dei miei stivaletti. "Ecco fatto". Lei accennò ad un sorriso a denti stretti. Poi lo rifece. Si morse quel labbropieno e gonfio, e senza che potessi accorgermene provai un morso allo stomaco. Per un istante smisi di respirare. La guardai serio. Era come me l' ero immaginata. Dolce e pura. Chissà se le sue labbra avevano già ricevuto il primo bacio. Desiderai essere io il primo. Poi mi ricordai di mr perfettino. E mi tornò il malumore. Guardai altrove. Lei si sporse in avanti per guardarmi. " Va tutto bene?" mi volta di scatto a guardarla. Si era fatta improvvisamente vicina. I suoi grandi occhi spalancati su di me. Un mare che avrei voluto esplorare meglio. "Ma si. Va tutto bene" mentii. Dovevo sapere. "Il tuo ragazzo potrebbe ingelosirsi se ci trovasse ora qui insieme." Lo dissi guardando nel vuoto piuttosto che guardare lei che arossí all' improvviso. "Phil non è il mio ragazzo, o meglio non ancora". Phil... È così che si chiamava il bastardo. " Che cosa vuol dire? " esitò poi parlò. "Beh... Siamo praticamente cresciuti insieme. I nostri genitori sono molto amici. In un certo senso è come se fossimo promessi..." fece una pausa "...è un brav' uomo. E gli voglio bene certo... Ma..." distolse lo sguardo per poi aggiungere "...non mi fa battere il cuore". Lo disse e si girò verso di me. Ecco l'ondata che stavo aspettando. Mi travolse completamente. Cosa avrei dovuto fare? Volevo baciarla lì all'istante. Sarebbe stato semplice. La mia mente volò velocemente oltre. Immaginai qualcosa su quel prato che non avrei potuto raccontare a nessuno. Ma prima che prendessi qualsiasi decisione lei si alzò di scatto. "Sono in ritardo per la scuola". Ah già... La scuola. Si stava infilando le scarpe barcollando. "Resta con me. Fai sega a scuola." Mi guardò e rise di gusto " Davvero non posso". Corse via con i libri in mano, inciampò due volte, poi si bloccò e tornò indietro da me, rimasto lì ancora seduto per terrà a guardarla. Si chinò su di me e si fermò un istante. Mi si fermò il cuore. Prese respiro e mi diede un bacio leggero sulla guancia. Poi si alzò e corse via. Restai inebetito a guardarla allontanarsi in fretta. Portai le mani agli occhi e iniziai a ridere come uno stolto. Corsi alla mia macchina e volai via come una scheggia. Improvvisamente mi sentì ispirato. Le parole venivano a me da sole. Dovevo solo afferrarle e tenerle strette, come avrei voluto tenere stretta lei. Lei che era la cosa più bella che potesse capitarmi.

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